AD UN PASSO DAL BARATRO.
AD UN PASSO DAL BARATRO.
QUAL’ È LA RAGIONE DELL'INTRIGO
TRA TAIWAN E
CINA?
Falauniversidades.com.br-Livia
Vardasca Miranda-(11-8-2020)- ci dice :
L'ORIGINE.
In primo luogo, Taiwan. L'isola di 36.000 km²,
situata in Asia orientale, ha attraversato il dominio di diversi paesi nel
corso della sua storia, come Spagna, Paesi Bassi e Giappone. Quest'ultimo la
dominò a lungo fino a quando dovette restituire l'isola alla Cina come
conseguenza della sconfitta giapponese nella seconda guerra mondiale.
È proprio in questo periodo finale della guerra
che si trova l'origine del conflitto cinese: una disputa tra comunisti e
nazionalisti.
Il Partito Nazionalista del Kuomintang, il
sovrano dell'epoca, tirò un lato della corda, mentre Mao Tse-Tung guidò le
forze comuniste, tirando dall'altro.
Nel 1949, deciso il tiro alla fune (meglio
conosciuto come la rivoluzione cinese) con la vittoria comunista, il paese ha
subito la scissione politica che dura fino ad oggi. Sulla terraferma, c'è la
Repubblica popolare cinese e, dall'altra parte dello stretto, sull'isola di
Taiwan, abbiamo la Cina nazionalista o semplicemente Taiwan.
Chian Kai-shek, presidente deposto nella
Rivoluzione, si rifugiò sull'isola insieme ai suoi seguaci e allo Stato
Maggiore, dove stabilì un governo capitalista con sede nella città di Taipei e
il sostegno degli Stati Uniti.
D'altra parte, nel contesto della Guerra
Fredda, la parte continentale si è poi alleata con l'URSS.
L'ostilità in quel momento era tale che dopo un
bombardamento della Cina popolare contro Taiwan, quest'ultima firma un trattato
di mutua difesa (1954) con gli americani – una mossa strategica dato il momento
storico.
Taiwan e Cina
Il conflitto tra Taiwan e Cina è antico.
PERCHÉ IL CONFLITTO TRA TAIWAN E CINA ESISTE
ANCORA?
Sebbene la Cina comunista abbia vinto il primo
tiro alla fune, non si può dire che la corda si sia rotta e la guerra sia
finita – i due paesi coesistono, ciascuno con il proprio sistema politico,
valuta e forze armate, ma anche se sono collegati tra loro, vivono in un
costante conflitto di parole e interessi.
Fino al 1970, Taiwan era il rappresentante
della Cina nel mondo, ma già nel 71, Pechino decise di rivendicare la sua
rappresentanza diplomatica presso le Nazioni Unite e quindi ci riuscì, rendendo
la sovranità di cui Taiwan godeva in pratica non più riconosciuta in tutto il
mondo.
Ciò portò, nel 79, alla rottura del Trattato di
Difesa tra l'Isola e gli Stati Uniti, che mirava ad un riavvicinamento
diplomatico con la parte comunista.
Nonostante questo, gli americani sono ancora
impegnati nella protezione di Taiwan, cioè se c'è qualche offensiva
militare contro di loro.
RIUNIFICAZIONE
La Repubblica Popolare, pur considerando Taiwan
un'estensione del proprio territorio, li spinge costantemente per la
riunificazione. Sebbene i taiwanesi abbiano dimostrato il loro desiderio di
indipendenza, questo è un evento molto improbabile che si materializzi, in
quanto è fortemente scoraggiato dal governo continentale.
In un approccio più pacifico, la Cina ha fatto
la proposta di "un paese, due sistemi", in cui l'isola avrebbe avuto
una certa autonomia (anche per mantenere il suo regime capitalista), a
condizione che accettasse di riannettersi alla terraferma, ma la proposta è
stata rifiutata.
Come detto, Taiwan ha mostrato il suo interesse
per l'indipendenza eleggendo rappresentanti che hanno espresso la stessa
volontà e questo è quello che è successo nelle prime 2 elezioni degli anni
2000.
Così, continuando i suoi attacchi nel 2005, la
legge anti-secessione è stata approvata in Cina, il che rende il conflitto
cinese un po 'più ostile deliberando l'uso di "approcci non pacifici"
nel caso di un movimento separatista taiwanese.
2020.
Con tutti questi conflitti e gli interessi
antagonisti dei due paesi, perché continuano a insistere su questo tiro alla
fune, senza soluzione?
Bene, ci
sono due ragioni che creano una certa stagnazione nella questione
chino-taiwanese.
Il primo è il Consenso del 1992, osserva che
entrambi fanno parte di un'unica Cina, ma dà libertà alle parti coinvolte di
interpretare cosa significherebbe questa unificazione. Questo termine apre lo
spazio a Taiwan per difendere la sua sovranità e anche alla Cina per intendere
l'unificazione letteralmente come l'unione dei due territori, mantenendo
stagnante il tiro alla fune.
L'altra ragione sono i legami economici tra i
due paesi. C'è una certa interdipendenza economica, che finisce per creare
alcuni legami in questa relazione, dal momento che oggi ci sono diverse società
taiwanesi installate e che operano in Cina.
Più tardi quest'anno – secondo Valor Econômico
– dopo la rielezione del presidente taiwanese Tsai Ing-wen, la Cina ha
continuato a ribadire il suo discorso e impegno anti-separatista, ma questa
volta il primo ministro cinese ha lasciato fuori dal suo discorso il Consenso
del 1992 e la parola "pacifico".
Tale atteggiamento, considerato una
provocazione, ha generato reazioni da parte del presidente, che ha esortato la
Cina a rispettare la sua democrazia e sovranità.
(Lívia Vardasca Miranda).
TERZA GUERRA MONDIALE/ “Giappone e Usa hanno
messo in angolo la Cina su Taiwan”.
Il sussidiario.net- int. Francesco Sisci-(08.07.2021)-
ci dice:
Le dichiarazioni del vicepremier giapponese
Taro Aso su Taiwan, passate quasi inosservate in occidente, aprono uno scenario
inedito di importanza mondiale
In una situazione, quella asiatica, di forti
tensioni è giunta come una bomba una dichiarazione del vicepremier giapponese
Taro Aso che di fatto apre scenari inediti e molto pericolosi, tenendo anche
conto che il Giappone dopo la Seconda guerra mondiale ha dovuto rinunciare a
ogni pretesa di usare il suo esercito per scopi militari offensivi. Si chiamano
infatti Forze giapponesi di auto-difesa: non possono uscire dai confini giapponesi,
anche se hanno partecipato a missioni di pace e di soccorso durante emergenze
internazionali. “Se la Cina dovesse invadere Taiwan il Giappone si schiererebbe
a fianco degli Stati Uniti per difendere l’isola.
Non è sorprendente, perché è l’ultimo passo, in
ordine di tempo, di una deriva che dura da molto tempo. Il punto politico è che
con queste dichiarazioni, probabilmente anche concordate con gli Usa, si pone
fine all’ambiguità strategica che c’era intorno a Taiwan. Una questione che è
stata cruciale per 40 anni nei rapporti fra Cina e Stati Uniti dopo il viaggio
di Nixon a Pechino nel 1972.
Possiamo ricostruire brevemente questo snodo?
Dopo il viaggio di Nixon a Pechino all’inizio
del 1972 per circa otto anni si è avviato un processo molto lungo e laborioso,
in cui Usa e Cina, portandosi dietro anche il Giappone, elaborarono
un’ambiguità strategica in cui la Cina popolare veniva riconosciuta come
l’unica Cina, ma allo stesso tempo c’era il riconoscimento di Pechino di una
indipendenza di fatto di Taiwan. Questo status era rafforzato dal fatto che
gradualmente Taiwan non ebbe più accesso a tutti gli armamenti che poteva avere
nella fase precedente e soprattutto non aveva la garanzia certissima di un
impegno americano in caso di tentativo di attacco da parte di Pechino.
E da parte cinese?
Il punto fondamentale è che per Pechino questo
è un grosso smacco, davanti al quale può reagire in due modi.
Quali?
Uno è alzare ancora la posta sfidando queste
dichiarazioni, cosa che aumenterebbe ancora le tensioni e ci porterebbe in un
terreno molto pericoloso. L’altro è compiere un arretramento strategico, che
nei fatti significherebbe rinunciare alla riunificazione. Questo arretramento
eventuale a sua volta potrebbe avere due conseguenze, una interna per la Cina e
una relativa a Taiwan.
Quanto alla Cina?
In Cina potrebbe cominciare una ricerca del
colpevole: chi ha portato a questa situazione? La reazione più superficiale
sarebbe dare la colpa a Xi Jinping, che oggi subisce questo smacco. Però tale
analisi forse non è corretta. Io ritengo invece che questa situazione venga da
lontano, da un atteggiamento percepito come “arrogante” della Cina dopo la
crisi finanziaria del 2008 in cui Pechino non si è resa conto di un nervosismo
crescente in America e in Asia nei suoi confronti. In quegli anni esisteva una
leadership collettiva mantenuta dal presidente di allora Hu Jintao ma a cui
partecipava anche il predecessore Jiang Zemin. Tale nervosismo crescente è
stato trascurato da tutti per oltre un decennio.
Taiwan invece come giocherà questa partita?
Taipei in teoria potrebbe stare zitta oppure
potrebbe alzare a sua volta la posta, a questo punto per ottenere il
riconoscimento di un’indipendenza formale. Ciò apre dinamiche ancora più
complicate. Siamo in una situazione molto delicata, che potrebbe portare se non
a una guerra certamente a momenti di alta tensione.
Giappone e Stati Uniti si sono coordinati per
mettere in angolo la Cina?
Certamente. Hanno aumentato la pressione sulla
Cina, ma è importante capire che gli Usa e il Giappone pensano che la Cina
abbia a sua volta aumentato le pressioni su di loro. Se una Cina integrata nel
mondo occidentale si fosse riunificata pacificamente con Taiwan non sarebbero
cambiati gli equilibri strategici mondiali, soprattutto non ci sarebbero state
conseguenze sul Giappone. Se viceversa la Cina, ponendosi come un avversario,
si riprendesse Taiwan, soffocherebbe o potrebbe soffocare l’economia
giapponese, che, ricordiamo, per il 70% dipende dall’energia e per il 50% dagli
alimentari che transitano per il canale di Taiwan. Quindi l’aumento di tensioni
con gli Usa cambia il senso di una riunificazione della Cina con Taiwan e
quindi tutta le conseguenze internazionali.
(Marco
Tedesco) .
La Cina e il terremoto Aukus.
Come una dichiarazione di guerra su Taiwan.
Huffingtonpost.it-Marco Lupis-(16-9-2021)- ci
dice:
Reazione veemente contro Usa ("stanno
perdendo la testa") e Australia ("Sono lacché, se attaccano li
puniremo senza pietà").
Per Pechino si tratta di una decisione
“estremamente irresponsabile” che “danneggerà irreparabilmente la pace e la
stabilità regionale” con il risorgere di un “clima da Guerra Fredda”.
In
Australia l’hanno definita “la decisione strategica più drammatica che il
nostro Paese abbia compiuto da generazioni”.
Ma anche tra gli alleati di Washington c’è chi
non l’ha presa per niente bene. Come la Francia che, letteralmente infuriata,
ha dichiarato che si tratta di una “decisione deplorevole”. L’annuncio
ufficiale della nascita di Aukus – il nuovo patto per la sicurezza dell’area
Indo Pacifico, tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, ha scosso l’Asia
come un vero e proprio terremoto geopolitico.
Chi – dopo il disastroso ritiro
dall’Afghanistan - pensava che Joe Biden si fosse guadagnato a pieno titolo il
poco lusinghiero soprannome di “sleepy Joe”, ha dovuto oggi ricredersi:
studiato e portato avanti in gran segreto, Aukus rappresenta forse, almeno per
il momento, la più dura reazione politico-militare possibile allo strapotere di
Pechino e soprattutto alle ambizioni politiche economiche e territoriali della
Cina nel suo stesso “cortile di casa”, l’area dell’Indo-Pacifico, appunto. Uno
schiaffo in piena faccia al Dragone.
Silenzio, per ora, dal vero “convitato di
pietra” di questa vicenda, l’ “isola ribelle” o “provincia rinnegata” (come
piace a Pechino etichettarla) di Taiwan, ovvero la piccola democrazia cinese
che da tempo è ormai diventata simbolo e ago della bilancia dello scontro
epocale tra Occidente e Cina: è per tutelare lei e per difendere le acque del
Pacifico tutt’attorno - rivendicate aggressivamente ormai da tempo da Pechino –
che, con ogni evidenza, nasce questa dirompente alleanza tra
A(ustralia)-UK(Regno Unito) e US(a): AUKUS, appunto.
La nuova alleanza strategica prevede, in
primis, la fornitura all’Australia di sottomarini a propulsione nucleare, ed è
proprio questo che ha scatenato la rabbia francese, non tanto perché estromessa
da questa nuova intesa politico-militare che “parla inglese”, ma soprattutto
perché vede sfumare da un giorno all’altro una commessa di forniture militari
siglata a suo tempo col governo di Canberra, definita da Parigi “il contratto
del secolo”: la fornitura alla marina di Canberra di 12 sommergibili costruiti
nei cantieri della francese NavalGroup (oltretutto insieme all’italiana
Fincantieri) nella joint-venture Naviris.
“Una pugnalata alle spalle degna di Trump”, ha
dichiarato molto poco diplomaticamente stamattina un insolitamente infuriato
Jean-Yves Le Drian, Ministro degli Esteri francese.
Sarà infatti l’industria americana a fornire
all’Australia i sommergibili, mossi però da reattori nucleari e non da
propulsione convenzionale, come prevedeva il contratto con NavalGroup.
Nei prossimi 18 mesi, gli Stati Uniti e il
Regno Unito “sosterranno il desiderio dell’Australia di acquisire sottomarini a
propulsione nucleare”, ha affermato oggi a Casa Bianca. Nei cantieri
australiani di Adelaide arriverà presto un team di tecnici di tutti e tre i
paesi per lavorare alla costruzione dei sottomarini. Questi sottomarini
consentiranno all’Australia di “schierarsi per periodi più lunghi”, sono “più
silenziosi”, “molto più capaci” e consentiranno “di sostenere e migliorare la
deterrenza in tutto l’Indo-Pacifico”, ha affermato Biden nel corso della
presentazione di AUKUS.
Tutti e tre i leader si sono preoccupati di
sottolineare che l’Australia non ha intenzione costruire armi nucleari, sebbene
la capacità di produrle si svilupperà necessariamente insieme ai progetti per
la propulsione dei nuovi sommergibili. Ma l’irritazione francese, per quanto
dai toni molto accesi, non è nulla rispetto alla furia della Cina, e alle
inevitabili conseguenze che arriveranno puntuali da Pechino.
Furia, rabbia e indignazione cinesi affidati
oggi ad un editoriale “al vetriolo” del Global Times, la testata governativa
che esprime le posizioni del Partito Comunista cinese (come del resto qualsiasi
Media in Cina) al potere ormai da oltre 70 anni.
E i toni
a dir poco bellicosi, si sprecano. “Washington sta perdendo la testa”,
esordisce senza mezzi termini l’opinionista cinese, “cercando di radunare i
suoi alleati contro la Cina, creando antagonismo e distruzione al di fuori del
suo stesso controllo”.
“Gli Stati Uniti e i loro alleati stanno
mettendo a soqquadro il mondo”, insiste l’editoriale del Global Times,
“spingendosi fino a mettere in discussione il fondamento della Pace mondiale:
la non proliferazione delle armi nucleari”. Ma dove la reazione cinese si fa
letteralmente furiosa, è nei confronti dell’Australia, definita “lacchè” (“running
dog”, letteralmente “cane da corsa”, traduzione del termine cinese
dispregiativo zou gou) degli Stati Uniti, che la Cina “punirà senza pietà” se
“oserà provocare la Cina o peggio attaccarla militarmente”.
Lo scopo del governo di Canberra”, insiste
l’articolo, “è quello di inviare truppe nello Stretto di Taiwan se scoppia una
guerra”, ma “le consigliamo di non illudersi di avere la capacità di intimidire
la Cina acquisendo sottomarini a propulsione nucleare e missili offensivi: se
lo farà” conclude nel modo più minaccioso possibile l’editoriale del giornale
del PCC, “è molto probabile che le truppe australiane siano anche il primo
gruppo di soldati occidentali a sprecare la propria vita nel Mar Cinese
Meridionale”.
In Australia però, non sembrano per nulla
intimoriti dalle aperte minacce che arrivano da Pechino, e la posizione di
Canberra la si può leggere in un altro importante editoriale, apparso oggi a
firma di Cameron Stuart su The Australian”, dove definisce l’adesione ad Aukus
da parte dell’Australia e la costruzione dei sottomarini nucleari “una buona
cosa, perché aumenterà in modo incrementale la deterrenza contro la Cina.
Gli
strateghi e i leader cinesi dovranno valutare il rischio” insiste l’editoriale,
“e presumibilmente saranno meno propensi a decidere di varcare la soglia della
guerra”. “La speranza” conclude Stuart, “è che una maggiore deterrenza renda la
posta in gioco più alta per i cinesi e le prospettive di successo in caso di
attacco, più basse”.
L’intesa firmata oggi, però, rappresenta per
l’Australia anche un decisivo – e dalle conseguenze imprevedibili – “salto di
qualità” in termini di aggressività militare, soprattutto perché significa che
se gli Stati Uniti entrassero in un conflitto nella regione indo-pacifica,
sarebbe molto più difficile per l’Australia non essere direttamente e quasi
automaticamente coinvolta.
l’Australia non aveva un’industria nucleare
civile e l’acquisizione di sottomarini a propulsione nucleare era
precedentemente considerata impensabile dal governo di Canberra, sia
politicamente che praticamente, più che mai convinto che gli Stati Uniti o il
Regno Unito non avrebbero mai condiviso la loro tecnologia nucleare più
preziosa e segreta. Senza contare che il governo era convinto che gli
australiani non fossero pronti per un dibattito su questa delicata questione.
Ora, la firma del trattato della neonata
alleanza AUKUS, imprime un’incredibile accelerazione a tutto questo, resa
possibile da una vera e propria “tempesta perfetta” di eventi simultanei. In
primis l’ascesa di una Cina belligerante e la sua ricerca di un’egemonia
illegale nel Mar Cinese Meridionale; le recenti tensioni e i veri e propri
scontri che hanno opposto Canberra e Pechino praticamente su tutto, dalla
spinosa questione delle responsabilità cinesi sull’origine della pandemia -
sollevate con forza dall’Australia - alle lotte commerciali culminate nella
cosiddetta “guerra del Carbone”.
Poi la crescente frustrazione per il progetto
del sottomarino francese e il desiderio del governo Morrison di rafforzare
l’alleanza con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna e intrecciarli più
strettamente con l’Indo -Pacifico.
Solo il tempo dirà se, d’ora in poi, l’area
asiatica, e il Mondo intero, saranno un luogo più sicuro, come pretende Joe
Biden e i suoi alleati che hanno firmato questa nuova alleanza, oppure la
scintilla che porterà alla definitiva caduta dell’Occidente, come pretendono Xi
Jinping e i suoi.
(Marco Lupis-Journalist).
Incursione record di 38
jet
militari cinesi su Taiwan.
msn.com-Ansa-(2 ottobre 2021)- ci dice:
(ANSA) - TAIPEI, 02 OTT - Un numero record di
38 aerei militari di Pechino è entrato nelle ultime ore nella zona di
identificazione della difesa aerea di Taiwan, ha annunciato Taipei, che oggi ha
reagito, accusando Pechino di "bullismo" e di atti che
"danneggiano la pace".
Ieri, in occasione della Festa nazionale
cinese, 38 aerei militari cinesi, fra cui caccia J-16 e bombardieri con
capacità nucleare H-6 sono entrati nello spazio di difesa e identificazione
taiwanese in due separate incursioni: una di 25 e una seconda di 13 velivoli la
scorsa notte. Taipei ha subito facendo levare in volo alcuni dei suoi caccia e
allertato i sistemi di difesa antimissile.
"La Cina ha un atteggiamento bellicoso e
dannoso per la pace regionale e compie atti di bullismo", ha dichiarato il
premier taiwanese, Su Tseng-chang, in una conferenza stampa.
"E' evidente che il mondo, la comunità
internazionale, respinge con forza un simile comportamento da parte della
Cina", ha aggiunto il capo del governo dell'isola, che Pechino considera
semplicemente come una provincia cinese ribelle ed è pronta a riunificarla a sé
anche con l'uso della forza, se necessario.
Dalla salita al potere della presidente Tsai Ing-wen,
la Cina ha intensificato la pressione militare e politica su Taipei, che, al
contrario, ha rafforzato la sua convinzione di essere un Paese indipendente,
libero e democratico.
(ANSA).
Le basi per controllare l’Oceano Indiano.
It.insideover.com-
Lorenzo Vita-(1 OTTOBRE 2021)-ci dice:
Dal Golfo Persico all’Australia, passando per
l’hub strategico più importante dell’Oceano Indiano: Diego Garcia. Le forze
aeronavali del Regno Unito e degli Stati Uniti stanno blindando le loro basi
nelle acque a sud dell’Asia per costruire una vera e propria cintura di fuoco e
di controllo delle principali rotte oceaniche. Quelle che collegano i grandi
porti dell’Estremo Oriente all’area più vicina all’Africa e e che lambisce
anche l’area di azione delle potenze europee.
L’accordo Aukus tra Regno Unito, Stati Uniti e
Australia, quello che riguarda anche (se non soprattutto) la vendita di
sottomarini a propulsione nucleare a Canberra, è solo l’ultimo atto di una
serie di azioni messe in piedi da Londra e Washington.
L’obiettivo è quello di controllare i flussi
commerciali e militari provenienti o diretti verso le basi cinesi, ma anche un
segnale. Un avvertimento nei confronti di Pechino che quanto accade nel
Pacifico riguarda anche un altro oceano, quello Indiano, che il Pentagono ha
“unito” al primo formando quella grande regione chiamata Indo-Pacifico.
Un’invenzione che non è solo una finzione strategica, ma un chiaro messaggio
politico: il nome implica un destino, una lettura, una precisa narrazione.
Se non c’è un solo oceano, ma due oceani, vuol
dire che non c’è solo una potenza, ma tante: il mare, per definizione senza
confini, diventa così palcoscenico per tutti gli attori di una regione più
grande, indissolubilmente legati nelle azioni e nei destini. Parlare di
Pacifico significa parlare di Estremo Oriente e Oceania. Parlare di
Indo-Pacifico, significa inserire immediatamente l’India ma guardare anche
oltre, verso le coste occidentali di quell’enorme specchio d’acqua che lambisce
le coste africane e mediorientali.
Di qui la necessità per Stati Uniti e Regno
Unito di costruire una trama strategica che non sia limitata nello spazio a
categorie superate dalla prassi.
Duqm, in Oman, non è solo una base
mediorientale, ma un centro nevralgico che collega la proiezione di forza
anglo-americana nel Vicino Oriente fino alle profondità oceaniche. Il 12
settembre del 2020, il segretario alla Difesa britannico Ben Wallace annunciò
lo stanziamento di 23,8 milioni di sterline per l’espansione della base omanita
affermando che avrebbe triplicato le dimensioni facilitando “gli schieramenti
della Royal Navy nell’Oceano Indiano”.
Un
segnale particolarmente interessante dal momento che un avamposto militare nel
Mare Arabico veniva ampliato espressamente per proiettarsi sull’Oceano Indiano
nonostante gli enormi interessi britannici e soprattutto americani nel Golfo
Persico e nell’area verso Bab el Mandeb.
Parole che implicano non tanto disinteresse
verso il Golfo e quelle rotte (impossibile anche solo per la storia della Gran
Bretagna e per gli obiettivi degli Usa) ma semmai unità di scacchiere. Nulla,
nella fluidità dell’Indo-Pacifico, è lasciato al caso.
Del resto, come ricorda il Washington
Institute, anche l’India ha confermato e rafforzato l’accordo di difesa con
l’Oman inviando nella stessa base di Duqm sottomarini e aerei P-8I. Ed è
assolutamente lecito ritenere che quello possa essere uno dei principali
avamposti americani per eventuali operazioni di soffocamento dell’azione cinese
nella regione.
A migliaia di chilometri di distanza da Duqm,
un’altra base tra i Territori britannici nell’Oceano Indiano, Diego Garcia,
rappresenta un altro anello della catena per blindare la Cina e il controllo
del mare. Immersa completamente all’interno di questo enorme specchio d’acqua a
sud dell’India, l’isola, condivisa dalle forze Usa e britanniche, rappresenta
ormai un hub strategico di fondamentale importanza.
Soprattutto dopo l’investimento di Londra e
Washington in Aukus ma anche con la decisione di Boris Johnson di inviare la
propria flotta in modo permanente nelle acque dell’Indo-Pacifico. Una svolta
impressa con la spedizione del gruppo d’attacco della portaerei Queen
Elizabeth.
Lo ha
spiegato anche Alessio Patalano, professore del King’s College di Londra, a
Nikkei Asia. “Diego Garcia opera come il collante che mantiene l’Oceano Indiano
occidentale collegato, operativamente, alla parte orientale della regione
dell’Oceano Indiano” ha spiegato il professore. Punto di congiunzione perfetto
tra l’est e l’ovest dell’oceano.
L’Australia offre a questo punto il terzo polo
perfetto per una forma di soffocamento delle mire cinesi nella regione
indo-pacifica. Canberra ha da tempo evidenziato di voler allontanarsi dalla
pressione cinese in vista di una maggiore prossimità agli obiettivi Usa. E per
questo motivo la firma dell’accordo con Washington e Londra va letta, più che
in chiave anti-francese, come l’ultimo gesto di sfida nei confronti di Pechino.
Tanto più che molti segnalano che la questione
sottomarini debba essere posta sia nell’ottica del rafforzamento australiano,
all’interno della nuova strategia di coinvolgimento alleato nota come
“Integrated Deterrence”, sia per l’aumento della stessa proiezione Usa nel Pacifico
e nell’area dell’Oceania.
Proprio per questo motivo, alcuni analisti
sostengono che Aukus possa implicare, quantomeno nel medio termine, l’utilizzo
da parte del Pentagono delle basi australiane per i sottomarini nucleare della
Us Navy.
Non più quindi solo la rotazione di bombardieri
e forze di terra, ma anche un maggiore utilizzo del territorio australiano come
enorme rampa di lancio e torre di controllo dell’Indo-Pacifico: a partire dalla
base di Perth, individuata da diversi esperti come uno dei veri fulcri di
questa nuova strategia marittima anglo-americana.
(LORENZO VITA).
Germania: ecco le possibili maggioranze
e cosa
significherà per noi.
Scenarieconomici.it-Giuseppe Perlasca-(27
settembre 2021)- ci dice:
Le
elezioni tedesche sono finite ed abbiamo le possibili maggioranze che governeranno, a torto o a
ragione, quello che è il motore economico ed il Dominus politico (finché gli
altri glielo permetteranno di fare) dell’Europa. Ora vogliamo presentarvele e darvi
qualche piccolo commento in materia.
I possibili scenari risultanti sono indicati da
questo grafico:
1) “Semaforo” SPD+Verdi+FDP: 416/735 seggi
2) Jamaica (CDU + Verdi+FDP): 406/735 seggi
3) Grosse Koalition (CDU+SPD): 402/735 seggi
4) Rosso Rosso verde (Linke +spd+Verdi): non ha
la maggioranza per pochissimi voti.
vediamo le alternative:
“Semaforo” appare, in questo momento, l’opzione
più probabile, almeno do come appare dai
colloqui post elettorali. Appare ovvio
il maggior problema in campo: i Verdi al governo con la FDP.
le differenze sono molto forti, con i primi
aventi una visone anti-mercato, ed i secondi difensori stretti del liberismo.
FDP è
stato molto critico sulle politiche climatiche richieste dai verdi e sicuramente
avremmo una loro razionalizzazione ed una diminuzione del loro peso dal punto
di vista fiscale.
Un’intesa non facile, che avrebbe come base il
desiderio di farla finita con la lunga era Merkel e con l’apparato di potere
della CDU: Perché le sedie sono importanti anche in Germania…
“Jamaika”: il nome deriva dai colori della
bandiera giamaicana, ed è già stato tentato in passato, anche se senza nessun
successo.
All’epoca fu la FDP a tirarsi indietro facendo
nascere l’ultima versione della Grosse Koalitione.
Anche in questo caso si tratterebbe di trovare
un equilibrio fra FDP e Verdi, mentre la CDU sarebbe di suo già felice di
difendere una parte del proprio blocco di potere:
“Grosse Koalitione”: la soluzione più semplice,
perché non è che la prosecuzione di quella precedente, e quella meno probabile
perché, appunto, non segnerebbe quella frattura che la SPD non può che
desiderare.
Scholz deve segnare una frattura e questa non
può che venire da un cambio politico secco. Poi, se le altre soluzioni si
rivelassero impercorribili, magari per un irrigidimento dei verdi, allora
potrebbe ritornare in campo prima del voto anticipato;
“Rosso- Rosso Verde”: non ha i numeri per una
manciata di voti, e difficilmente può prendere appoggi da CDU o FDP. Però,
chissà.
COSA SUCCEDERA’ IN EUROPA. Se la CDU fosse esclusa dalla maggioranza in Germania è inutile negare che ci sarebbero dei contraccolpi anche in Europa.
Il
gruppo del PPE, già di per se diviso fra mediterranei (Spagnoli, Italiani, ma
non solo) sarebbero ancora maggiormente spinti a segnalare la loro opposizione
a una maggioranza sempre più rossa e verde, in cui contano sempre meno.
Il Colpo
alla CDU potrebbe portare a risistemazione nei gruppi europei e qualcuno
potrebbe essere spinto a chiedere un avvicinamento a ECR ed I>D, piuttosto
che ai socialisti.
Un bel problema per la Von Der Leyen.
COSA SUCCEDE PER L’ITALIA? Nulla.
La presenza della FDP è garanzia di una forte
rigidità sulla materia monetaria ed avremmo ancora una maggiore pressione a far
uscire la BCE da una politica di morbidezza monetaria, mentre ci sarebbe una
spinta sempre maggiore verso il rientro in azione dei parametri di Maastricht.
Caccia nucleari cinesi su Taiwan:
è la replica ai patti dell’Indo-Pacifico.
Msm.com-Gianluca Modolo-(2-10-2021)- ci dice:
PECHINO - Quale modo migliore per festeggiare i
72 anni della fondazione della Repubblica popolare cinese se non quello di
mandare 58 caccia a sorvolare la zona di difesa aerea di Taiwan, la
"provincia ribelle" al di là dello Stretto di Formosa? Quella che è
andata in scena tra venerdì e sabato alza l'asticella rispetto alle incursioni
precedenti: mai così tanti aerei dell'Esercito di liberazione si erano alzati
in volo vicino all'isola (tra cui bombardieri con capacità nucleare H-6) nel
giro di così poche ore. E mai esercitazioni così frequenti c'erano state come
nelle ultime settimane.
L'Aukus,
il nuovo patto tra Usa, Regno Unito e Australia, e il Quad - l'alleanza tra
Washington, Canberra, New Delhi e Tokyo - con un solo obiettivo: contenere
l'avanzata di Pechino nell'Indo-Pacifico.
La Cina, nel giorno della sua festa nazionale,
fa capire allora che Taiwan è "roba sua": da riunificare a tutti i
costi. Se necessario, anche con la forza. Rispondendo così, pure, a quei
"disegni sinistri" della Gran Bretagna che qualche giorno fa ha
mandato una nave da guerra nello Stretto.
Un messaggio politico rivolto tanto a Londra
quanto a Washington, lo storico rivale e il principale sostenitore della
democratica Taipei, che tradotto suona così: non immischiatevi nei nostri
affari interni. Del resto, riprendere il controllo dell'isola è uno degli
obiettivi che Xi Jinping si è dato in vista del 2049 quando il Paese festeggerà
i 100 anni della Repubblica, per diventare "prospero e potente".
"Atti di bullismo che danneggiano la pace", ha risposto ieri il primo
ministro taiwanese, Su Tseng-chang, aggiungendo: "Il mondo e la comunità
internazionale respingono con forza un simile comportamento".
Ragioni storiche, geostrategiche ed economiche
sono alla base della retorica cinese dell'annessione. A Taiwan, due mesi dopo
la vittoria dei comunisti nel '49, si rifugiarono i nazionalisti continuando a
governare la Repubblica di Cina. E allora "risolvere la questione e
realizzare la riunificazione è un impegno irremovibile del Partito", come
ebbe a dire il 1° luglio Xi, in occasione del centenario del Pcc. "Nessuno
può mettere in discussione l'integrità territoriale della Cina".
Ma i fronti aperti con Pechino che preoccupano
l'Occidente sono pure geopolitici: le rivendicazioni sulle isole del Mar cinese
orientale, la linea dei nove punti più a sud - dove Pechino dice di controllare
l'80% delle acque, ricche di giacimenti petroliferi (11 miliardi di barili di
petrolio) - fino alla "prima catena di isole" che è quella che
"imprigiona" i sogni di potenza del Dragone.
Ecco
perché Taiwan è così importante: la riconquista darebbe la possibilità di fare
breccia in questa catena e da lì proiettare tutta la sua forza verso i grandi
oceani. Infine, i semiconduttori, che a Pechino tanto servono e che sono di
Taiwan il fiore all'occhiello dell'industria nazionale: tassello fondamentale
della sfida tecnologica - e quindi militare ed economica - tra Usa e Cina.
Da anni l'isola si prepara a difendersi da
un'eventuale invasione, anche grazie alle armi comprate dagli americani,
mettendo sul piatto nel 2021 24 miliardi di dollari (briciole, però, in
confronto agli oltre 200 di Pechino).
Molti esperti escludono un intervento militare:
per la Cina non sarebbe conveniente. Ma la retorica della "riunificazione
a tutti i costi" si fa più forte e le esercitazioni in cielo sempre più
frequenti.
Sbarchi senza fine. L'ira di Salvini:
"Da mesi chiedo un vertice".
Ilgiornale.it- Federico Garau -(3 Ottobre 2021)-ci
dice :
L'hotspot di Lampedusa è di nuovo al collasso:
solo ieri altri 14 sbarchi sull'isola. Salvini chiede un incontro con Draghi e
Lamorgese
Sbarchi senza fine a Lampedusa. L'ira di
Salvini: "Da mesi chiedo un vertice".
Non c'è pace per l'isola di Lampedusa, da tempo
presa d'assalto da immigrati clandestini decisi a raggiungere le coste
italiane. A partire dalla mezzanotte, secondo quanto riferito da Adnkronos, si
sono verificati ben 14 sbarchi, per un totale di circa 400 extracomunitari. Un
lavoro immane per gli uomini della Guardia di finanza, che con le loro
motovedette hanno portato avanti una vera e propria staffetta dal molo
Favaloro.
La prima ad intervenire è stata l'imbarcazione
Cp286, che a 15 miglia dalla più grande delle isole Pelagie ha recuperato 60 cittadini
stranieri, fra cui 6 minori dichiarati, che si trovavano su un natante lasciato
alla deriva. Poi è stata la volta di due barchini, intercettati all'ingresso
del porto. In questa occasione, le Fiamme gialle hanno recuperato 21 e 13
extracomunitari, fra i quali si trovavano anche 4 donne e 7 minori. Un altro
gruppo composto da 15 persone è invece riuscito ad eludere i controlli, ma è
stato successivamente fermato subito dopo lo sbarco al molo Madonnina.
La notte è poi proseguita con ulteriori sbarchi.
Moltissimi si sono registrati intorno alle 3 del mattino: in poco tempo diversi
approdi hanno interessato il molo Favaloro. La Capitaneria di porto ha infatti
intercettato 4 barchini lasciati alla deriva, con a bordo 12, 20, 18 e 15
stranieri, fra i quali anche 6 minori dichiarati.
È stata quindi la volta dello sbarco più
massiccio: ben 95 extracomunitari, a bordo di una carretta, ha raggiunto le
coste dell'isola. A bordo, ben 35 minorenni. Successivamente, a raggiungere la
nostra Penisola sono stati altri 3 barchini, che trasportavano cittadini di
nazionalità tunisina. Il primo trasportava 12 nordafricani, il secondo 51 (fra
cui 4 donne) ed il terzo 17 ( fra cui 2 donne ed un minorenne). Altri due
sbarchi, infine, si sono verificati alle prime luci dell'alba. Si parla di una
carretta del mare trasportava a bordo ben 27 persone, tra cui 3 donne e 2
minori, e di un'altra imbarcazione.
Tutti quanti i cittadini stranieri sono stati
accolti, accompagnati al centro di controllo per un primo triage sanitario e poi
trasportati all'hotspot di contrada Imbriacola, già al collasso. Soltanto ieri,
la struttura aveva ricevuto 245 migranti. Proprio oggi, fra l'altro, a
Lampedusa vengono ricordati i 368 migranti morti nel naufragio del 2013.
A Lampedusa sbarca pure... una pecora
Le parole di Salvini.
Il problema sbarchi che interessa l'Italia non
sembra trovare soluzione, malgrado i ripetuti appelli di alcuni rappresentanti
politici. Ancora una volta l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini ha fatto
sentire la propria voce, ricordando di stare da tempo aspettando una risposta
da parte dell'attuale inquilino del Viminale.
"Ho
chiesto da mesi un incontro con Draghi e Lamorgese per bloccare il traffico di
esseri umani, bloccare sbarchi e salvare vite.
Ma dopo 50.000 arrivi clandestini, tutto tace.
E anche dopo la condanna del sindaco buonista Lucano, che secondo il Tribunale
rubava sfruttando gli immigrati, tutto tace.
Cui
prodest?”, ha attaccato il leader della Lega, commentando gli sbarchi che sono
verificati nelle ultime ore.
Presto arriverà una Nuova Emergenza
e le
Misure restrittive saranno analoghe a quelle attuali.
Conoscenzealconfine.it- Diego Fusaro-(4 Ottobre
2021)- ci dice:
(Telegram).
Davvero tutto senza eccezioni sembra lasciar
intendere che la nuova emergenza sarà in un futuro non troppo remoto di ordine
climatico.
La nuova emergenza prevederà misure
emergenziali che per molti versi saranno analoghe a quelle che abbiamo visto
nell’emergenza epidemiologica. L’emergenza è divenuta la nuova normalità. Più
precisamente, l’emergenza perpetua si è mutata in una nuova razionalità
politica che viene gestita dal blocco anarchico neoliberale ad usum sui.
Le classi dominanti utilizzano l’emergenza per
governare meglio le popolazioni, per fare le riforme di cui hanno bisogno loro
e per ristrutturare integralmente la società, la sanità e la politica. Questo è
il segreto dell’emergenza.
L’ex BCE Mario Draghi ha per altro asserito
l’analogia tra crisi epidemiologica ed emergenza di tipo climatico, ponendo in
evidenza la relazione nient’affatto secondaria tra le due se non altro di
ordine temporale.
“L’emergenza climatica non è meno grave di
quella epidemiologica” ha asserito l’unto dei signori. E in
questa stessa direzione pare andare il ritorno in scena immancabile della
piccola e immarcescibile Greta Thunberg. Il ruolo di quest’ultima consiste nel
denunciare l’emergenza e prospettare “soluzioni” che rientrino nell’ordine
governamentale del potere dominante di ordine neoliberale.
Chissà ancora come interpretare l’incontro tra
Mario Draghi e Greta Thunberg che si è tenuto proprio in Italia. Ci sembra
ragionevolmente di dover affermare che l’emergenza durerà assai a lungo: si
cristallizzerà anche in una nuova normalità e si muterà sempre di nuovo in
nuove figure dell’emergenza stessa, come quella climatica.
Dovrebbe essere ormai chiaro, per non altro,
visto che viviamo in una situazione di emergenza perpetua dal 2001, dalla
caduta delle Torri Gemelle. L’emergenza per l’ordine
neoliberale del turbo capitalismo apolide non è una perturbazione accidentale,
bensì è condizione essenziale di esistenza e riproduzione, il fondamento di un
nuovo paradigma governamentale di gestione delle cose e delle persone, la base
solidissima di una nuova razionalità politica che necessita dell’emergenza
infinita per mantenere vive le infinite misure di emergenza e dunque per la
riorganizzazione autoritaria e verticistica del modo della produzione.
Che sia l’emergenza terroristica, finanziaria,
sanitaria o prossimamente quella climatica, la ratio ultima dell’emergenza
rimane sempre la stessa: porre a rischio la vita e giustificare le misure
inaccettabili, quelle che in una situazione di normalità verrebbero respinte
dalla popolazione e che invece vista la situazione di emergenza e di pericolo
per la vita vengono accettate, anzi subite, con una resa colma di gratitudine.
(Diego Fusaro- RadioAttività-
radioradio.it).
Tsunami, clima e potere:
dalle Canarie alle Tre Gole(Cina).
libreidee.org-Redazione-(03/10/2021)-
Ipotesi mega-tsunami: uno in America, l’altro
in Cina.
E’ singolare, la simmetria incarnata da due
eventi lontanissimi nello spazio, ma contemporanei: alla preoccupante, anomala
eruzione del vulcano Cumbre Vieja alle Canarie fa eco l’ennesima alluvione che
sta mettendo sotto pressione la mastodontica Diga delle Tre Gole situata
nell’Hubei, la provincia di Wuhan.
Coincidenze? Qualcuno sarebbe tentato di
pensare che, in tempi di fanta-climatologia (con 50.000 giovani in piazza a
Milano al seguito di Greta Thunberg), eventuali malintenzionati potrebbero
anche approfittare della situazione, calcando la mano su eventi naturali, al
punto da forzarne gli effetti. Un’ipotesi estrema, vagliata da Tom Bosco a
“L’Orizzonte degli Eventi”, il 28 settembre, insieme a Nicola Bizzi e Matt
Martini.
Tema: le catastrofiche conseguenze che i
geologi attribuiscono virtualmente all’eruzione delle Canarie, nel caso l’isola
occidentale di La Palma smottasse nel mare. In parallelo, si evoca
l’altrettanto spaventosa ondata che si abbatterebbe sul territorio cinese se
dovesse cedere l’immenso impianto delle Tre Gole, il più imponente che sia mai
stato costruito dall’uomo.
A colpire i vulcanologi, sottolinea Bizzi, è il
carattere estremamente superficiale del cosiddetto “ipocentro” dei terremoti
innescati dall’eruzione alle Canarie: appena 500 metri di profondità, quando
invece il centro sotterraneo del sisma è normalmente collocato a decine o più
spesso centinaia di chilometri, nel sottosuolo.
Si può sospettare che l’evento possa non essere
di origine naturale – dice Bizzi – se l’ipocentro è situato anche solo a 5
chilometri sotto la superficie terrestre: e in questo caso si parla addirittura
di poche centinaia di metri.
Tom Bosco ricorda i dossier illustrati dal
generale Fabio Mini in materia di geoingegneria: secondo i dati presentati dall’ex
comandante della Nato nei Balcani, infatti, attraverso specifiche emissioni
d’onda (come quelle alla portata del sistema Haarp, in Alaska) sarebbe
possibile anche provocare terremoti e altri eventi traumatici, incluse
gigantesche “bombe d’acqua” capaci di originare alluvioni.
Che la
Terra sia letteralmente in subbuglio, da qualche anno, non è un mistero:
l’attività sismica è in costante crescita, così come quella vulcanica. Si
tratta di fenomeni di origine naturale, che documenterebbero un “grande riassetto”
del pianeta, i cui poli magnetici sono in rapidissimo movimento.
Per contro, di Grande Reset si parla ormai
ininterrottamente, dopo gli annunci di Davos e la manipolazione mondiale
dell’epidemia influenzale ribattezzata Sars-Cov-2, utilizzata per cambiare lo
stile di vita dell’Occidente, assottigliando ulteriormente la democrazia e
abolendo parecchie libertà personali, proprio in ossequio al recente modello
cinese varato da Deng Xiaoping in accordo con le élite neoliberiste occidentali
allora incarnate da Kissinger.
Quanto
ha funzionato, l’Operazione Corona? La partita non è chiusa: vasti settori
dell’Occidente si stanno ribellando allo schema di dominio 2.0 inaugurato con
l’alibi della presunta emergenza sanitaria “infinita”. Un caso di scuola sembra
essere rappresentato dall’Italia di Mario Draghi, che ha vincolato l’eventuale
“ripartenza” economica alla campagna di digitalizzazione di massa introdotta in
modo surrettizio con il Green Pass, previo inoculo (sostanzialmente obbligatorio)
di terapie geniche sperimentali. Alle Nazioni Unite, lo
stesso Draghi ha disegnato il cambio di scenario in arrivo: dall’emergenza
Covid si passerebbe direttamente all’emergenza climatica, la nuova “clava” da
impugnare per “resettare” la società.
Avverte Bizzi: c’è già chi evoca la possibilità
di “lockdown climatici”, dopo aver incassato – anche in questo caso – il
risultato di una colossale falsificazione, almeno secondo illustri esponenti
della comunità scientifica (tra cui Premi Nobel come Carlo Rubbia).
Denunciano l’invenzione dell’origine antropica
dei cambiamenti climatici, anche repentini e traumatici: in realtà sono sempre
avvenuti, nella lunga storia della Terra, per effetto dell’azione solare. La
vera emergenza – questa sì, drammatica – riguarda invece la tenuta
dell’ecosistema, sottoposto a un inquinamento senza precedenti.
La soluzione imbracciata come arma di
persuasione di massa – ridurre le emissioni, quindi le attività e anche il
bilancio demografico – risuona in modo un po’ sinistro con la teoria scolpita
nel granito delle Georgia Guidestones: «Mantieni
l’Umanità sotto i 500.000.000 in perenne equilibrio con la natura».
In altre
parole: 7 miliardi di persone sarebbero di troppo? Secondo alcuni studiosi, il
nostro pianeta potrebbe ospitare stabilmente una popolazione di 15 miliardi di
individui, a patto però di “ripulire” le modalità di produzione. Si calcola che
la sola riduzione della filiera della carne (monoculture per mangimi ad
altissimo consumo di terreni e di acqua) garantirebbe un effetto dalla portata
virtualmente risolutiva.
L’ambientalismo ha un cuore nobile: in molte
sue declinazioni non è solo sinonimo di saggezza, ma esprime anche una visione
nonviolenta dell’esistenza, basata sulla ricerca di una maggiore armonia.
Non stupisce
che, da svariati decenni, se ne siano impossessate determinate élite di potere,
che abbracciano cenacoli come la Fabian Society e il Club di Roma, pronti a
colpevolizzare invariabilmente la popolazione mondiale.
In
questo c’è chi individua radici lontanissime, come il pensiero del pastore
anglicano Thomas Robert Malthus, nato nella seconda metà del Settecento:
ossessionato dalla crescita demografica percepita come calamità, Malthus è
considerato il precursore della moderna sociologia.
Sono dunque i nipotini di Malthus a maneggiare
l’ecologismo in termini apocalittico-catastrofistici, per poi puntare – come
avviene oggi – a nuovi modelli di business finanziario, progettati per una
società orwelliana e popolata di individui iper-controllati, proprio come i
sudditi di Xi Jinping?
Di certo
è ancora la Cina, a giganteggiare all’orizzonte, nonostante i regolamenti di
conti che le tante oligarchie mondiali, in guerra tra loro, hanno avviato a
margine dell’affare-Covid.
Colpisce, in proposito, anche l’acquiescenza
del Vaticano: il silenzio di Bergoglio sulla “dittatura sanitaria” sembra
speculare rispetto all’altro grande silenzio del suo controverso pontificato:
la cessione al regime di Pechino del potere di nomina dei vescovi cattolici in
Cina.
Un accordo rinnovato nel 2020 nonostante il
clamoroso altolà pronunciato a Roma da Mike Pompeo, segretario di Stato di
Donald Trump. I fatti sono noti: con un pretesto diplomatico, il Pontefice
rifiutò di ricevere Pompeo (quasi sapesse già come sarebbero finite, le presidenziali
che avrebbero determinato la “vittoria” di Biden grazie al voto postale e agli
algoritmi di Dominion). Pompeo, peraltro, è l’uomo che all’inizio del fatidico
2020 – appena prima dell’esplosione dell’infodemia di Wuhan – aveva
precipitosamente rivendicato la stranissima uccisione illegale, a Baghdad, del
generale Qasem Soleimani: un atto di pirateria internazionale concepito per
assassinare l’eroe nazionale iraniano, protagonista (con i siriani, i russi e i
libanesi di Hezbollah) della liberazione della Siria dal terrore scatenato
dalle milizie dell’Isis, cresciute come funghi sotto la presidenza Obama.
Il brutale omicidio di Soleimani – ucciso da
chi, realmente? – può aver dato la sensazione di una sorta di sacrificio umano,
rituale, se lo si mette in relazione con quanto sarebbe avvenuto, nel mondo, di
lì a poco.
A questo
filone di gesti apparentemente incomprensibili, forse, può appartenere anche la
recente decisione degli Usa di lasciare di colpo l’Afghanistan nelle mani dei
Talebani. L’importante, nel frattempo, è che la popolazione occidentale
“sappia” che, come ha detto Draghi, «se non ti vaccini, muori», e che – come
sostiene l’eminente climatologa Greta – le variazioni climatiche sono
apocalittiche nonché assolutamente causate da noi.
Ergo:
faremo bene ad accettare, senza protestare, qualunque misura “green” ci venisse
imposta, dai grandi reggenti del pianeta (o almeno, del suo emisfero
occidentale). Qualche catastrofe altamente spettacolare potrebbe rafforzare il
concetto? Alcuni studiosi calcolano che l’eventuale, malaugurato smottamento di
una parte dell’isola di La Palma, alle Canarie, potrebbe anche provocare uno
tsunami devastante, capace di colpire le coste britanniche e persino quelle
della Florida.
Guardando al nuovo allarme che investe la Diga
delle Tre Gole, Tom Bosco si spinge a ipotizzare la possibilità – teorica – di
una sorta di guerra clandestina, geologico-climatica: da una parte si farebbe
“esplodere” un vulcano per provocare un’ondata oceanica, dall’altra si
scatenerebbe un maxi-nubifrago per far collassare lo sbarramento dello Yangtze,
a valle del quale vivono milioni di cinesi.
Fantasie? Canarie emergenza vulcanica-Canarie,
Bizzi non esclude neppure la possibilità (del tutto virtuale, ovviamente) che
quella strana attività vulcanica – con terremoti clamorosamente superficiali –
possa testimoniare il tentativo di provocare una sorta di “eruzione
controllata”, destinata a sventare il peggio, cioè a disinnescare gradualmente
il potenziale distruttivo del Cumbre Vieja, notoriamente temuto dai
vulcanologi.
Domande
destinate a restare senza risposta, per ora, in un mondo in cui le spiegazioni
non sono più di casa. Emblematico, il nuovo “whatever it takes” dell’ex drago
della Bce: “Se non ti vaccini, muori” sembra una
sintesi perfetta della Neolingua corrente, basata sul capovolgimento geometrico
della verità.
Immancabilmente, c’è anche chi si lamenta dei
cosiddetti complottisti, i cui deliri – molto spesso – sono preziosissimi, per
gettare discredito su chiunque si ponga domande. Per contro, anche le fantasie
più iperboliche sono sistematicamente innescate dalla reticenza plumbea di un
potere apolide, senza volto, che utilizza le sue pedine – Greta e Bill Gates,
lo stesso Zuckerberg, l’immaginifico Elon Musk – per disegnare paradisi
artificiali da coniugare con il contrappasso di uno stravagante inferno
domestico, ipertecnologico e bio-cibernetico, in un pianeta irto di antenne 5G
e trattato quotidianamente con l’aerosol rilasciato dai voli di linea.
Chissà, magari esiste pure la possibilità di
ricavare un’equazione matematica che leghi i peggiori incubi del
cospirazionismo al tasso di inattendibilità delle fonti ufficiali. La prova del
nove, comunque, è piuttosto intuitiva: se gli eventi controversi venissero
spiegati in modo esauriente, le relative dietrologie si ridurrebbero a fenomeno
residuale, fisiologicamente patologico e del tutto trascurabile.
Se poi
è l’Istat ad annunciare che – in base a proiezioni statistiche – la popolazione
italiana si dimezzerà fino a ridursi ad appena 32 milioni di persone, è perfettamente
inutile aspettarsi che qualcuno spieghi quali potrebbero essere, le ragioni di
un depopolamento così drastico, fondato sulla denatalità.
La Cina chiude le fabbriche e
il commercio marittimo si inceppa.
visionetv.it-Don Quijote - (4-10-2021)- ci dice
:
Sembra una buona notizia: invece probabilmente
è un pessimo segno. Nel fine settimana sono improvvisamente crollati i costi
per spedire via mare le merci dalla Cina agli Stati Uniti: quasi dimezzati nel
giro di poche ore, anche se le cifre sono comunque cinque o sei volte superiori
a quelle pre-Covid.
Il traffico marittimo inceppato, i suoi costi
stratosferici, le navi portacontainer in coda davanti ai porti come a un
casello autostradale a Ferragosto sono stati una delle cause alla base dei
rincari delle materie prime, diventate scarse e introvabili. E dunque questo
calo improvviso sembrerebbe una gran bella cosa.
Ma il punto dolente è il motivo principale per
il quale i costi del trasporti merci si sono afflosciati – chissà se il trend
continuerà – alla velocità con cui “si siede” un soufflé tirato fuori dal forno
troppo presto. Questo motivo, secondo gli analisti,
risiede nel fatto che la Cina sta chiudendo le fabbriche. E la Cina è la
fabbrica del mondo. Ovvero, far viaggiare la merce costa meno perché c’è meno
merce da far viaggiare.
Ufficialmente, in diverse province cinesi le
attività produttive sono rallentate e intere città sono rimaste al buio per
l’aumento dei costi del carbone (in Cina è la principale fonte utilizzata per
produrre energia elettrica) e per il desiderio di limitare le emissioni. Il
Governo cinese ha reagito ordinando di comprare combustibili per generare
energia – carbone compreso – a qualsiasi prezzo. E questo causa l’aumento del
prezzo del carbone, del gas e del petrolio, con conseguenti difficoltà per il
resto del mondo e soprattutto per l’Europa dove il prezzo del gas già da mesi
sta aumentando più che altrove.
Ma soprattutto, il rallentamento delle
fabbriche cinesi causa la scarsità e il rincaro delle merci la cui produzione
avviene in Cina. Bloccata l’esportazione dei fertilizzanti fosfati, ferme
alcune fabbriche che riforniscono Tesla e Apple, tagliata la produzione
dell’umile magnesio – indispensabile però all’industria automobilistica e
aerospaziale – che in un solo giorno, la settimana scorsa, in Europa è
rincarato dell’80%.
Sono solo esempi. Al momento, le ripercussioni
sistemiche della grana cinese sull’economia dell’Occidente e dell’Italia si
possono semmai intuire: non tratteggiare. I
grandi media italiani sono troppo impegnati a parlare di ripresa e non hanno
molto tempo per indagare.
(DON QUIJOTE).
GAVI: La prossima pandemia: Marburg?
Stateofthenation.co-Redazione( Priya Joi -22
aprile 2021) -(3-10-2021)- ci dice:
(Facebook)- gavi.org.
Cugino mortale dell'Ebola, Marburg può uccidere
nove persone su dieci che infetta, e i viaggi internazionali lo hanno portato
dall'Africa all'Europa due volte negli ultimi 40 anni. La crescente
globalizzazione renderà questo virus più probabile che esploda in tutto il
mondo?
Nell'agosto del 1967, un gruppo di pazienti a
Marburgo e Francoforte, in Germania e a Belgrado (allora Jugoslavia, ora
Serbia), iniziò a mostrare sintomi di una malattia infettiva: febbre alta,
brividi, dolori muscolari e vomito. I pazienti sono peggiorati nei giorni
successivi, fino a quando non hanno iniziato a sanguinare da ogni orifizio nel
loro corpo, comprese le ferite da puntura d'ago.
In
totale 31 persone sono morte.
Tre mesi dopo questa epidemia, i virologi di
Marburg avevano scoperto il primo filovirus, un cugino dell'altrettanto mortale
virus Ebola.
Il virus
era stato trasportato da scimmie verdi africane infette dall'Uganda.
Evitare di maneggiare o mangiare carne
selvatica è anche fondamentale per evitare qualsiasi potenziale infezione che
potrebbe diffondersi dagli animali.
Dopo questo primo avvistamento, il virus è
stato poi visto principalmente nei paesi africani, nelle grotte infestate dai
pipistrelli o nelle miniere. Circa 40 anni dopo, tuttavia, il virus è riemerso
in Europa attraverso una viaggiatrice di ritorno nei Paesi Bassi da un viaggio
in Uganda dove aveva visitato le grotte.
Il più grande focolaio noto del virus Marburg,
in Angola nel 2004, ha infettato oltre 250 persone e ha avuto un tasso di mortalità
del 90%.
Il virus di Marburg può persistere negli occhi
e nei testicoli delle persone che si sono riprese, e nelle donne in gravidanza
può persistere nella placenta e nel liquido amniotico e nel latte materno.
Questo può essere estremamente pericoloso. All'inizio
del 2021, ci sono state segnalazioni che l'Ebola, strettamente correlata a
Marburg, potrebbe essere dormiente nelle persone solo per emergere molti mesi
dopo la fine di un'epidemia, innescando un'altra epidemia.
MALATTIA: MARBURG
Dove circola? La maggior parte dei focolai sono
stati in Africa, con casi segnalati in Angola, Repubblica Democratica del
Congo, Kenya, Sud Africa, Uganda e Zimbabwe. Tuttavia, ci sono stati focolai in
Europa e negli Stati Uniti.
Minaccia pandemica:
Poiché il virus Marburg può diffondersi da uomo a uomo attraverso il contatto
di fluidi corporei, proprio come Ebola. Come le epidemie in Europa e negli
Stati Uniti hanno già dimostrato, l'aumento della globalizzazione e dei viaggi
internazionali significa che il rischio di diffusione globale è elevato,
soprattutto quando il periodo di incubazione potrebbe arrivare fino a tre
settimane. Questo potrebbe essere disastroso dato il suo alto tasso di
mortalità.
Come si diffonde? I pipistrelli egiziani della
frutta rousette spesso ospitano il virus. Le scimmie verdi africane hanno in
passato diffuso il virus alle persone in Uganda, ma i maiali possono anche
essere infettati e possono essere una fonte di infezione. Il virus Marburg si
diffonde attraverso il contatto diretto (attraverso la pelle rotta o le mucose)
con il sangue, le secrezioni, gli organi o altri fluidi corporei delle persone
infette, e anche attraverso qualsiasi materiale come la lettiera, che sono
stati contaminati dai fluidi infetti.
Di conseguenza, gli operatori sanitari sono
stati spesso infettati trattando pazienti con il virus di Marburg. Le cerimonie
di sepoltura in cui le persone hanno un contatto diretto con il corpo possono
anche guidare la diffusione del virus.
Tasso di mortalità dei casi: Marburg
è uno dei virus più letali che conosciamo, uccidendo fino all'88% delle persone
che infetta.
Periodo di incubazione: L'incubazione varia da
un breve di due giorni a un massimo di 21 giorni, anche se alcuni studi hanno
suggerito che il virus può incubare fino a 26 giorni.
Sintomi: Il virus Marburg inizia con febbre,
forte mal di testa e dolori muscolari. Questo è spesso seguito da diarrea
acquosa, mal di stomaco, nausea e vomito, accompagnati da esaurimento estremo e
letargia. Molte persone continuano a sviluppare una grave febbre emorragica
virale e, nei casi più gravi, hanno sangue nel vomito e nelle feci e possono
sanguinare dal naso, dalle gengive e dalla vagina. L'assalto del virus è così
estremo che la maggior parte delle persone muore 8-9 giorni dopo l'infezione,
spesso a causa di un'estrema perdita di sangue.
Diagnosi: Marburg può essere difficile da
distinguere clinicamente da altre malattie, come la malaria, la febbre tifoide,
la meningite e altre febbri emorragiche virali. La diagnosi può essere confermata
utilizzando tecniche che rilevano la presenza di risposta immunitaria al virus,
come il saggio immuno assorbente enzimatico a cattura anticorpale (ELISA) o la
presenza di virus nelle persone che presentano sintomi, tramite test di
rilevamento della cattura dell'antigene, test di reazione a catena della
polimerasi della trascrittasi inversa (RT-PCR) o isolamento del virus mediante
coltura cellulare.
Tuttavia, spesso nessuno di questi strumenti
diagnostici è disponibile nei paesi a più alto rischio di epidemie di Marburg.
Oltre ad avere a disposizione i test diagnostici, i paesi devono avere
laboratori in grado di garantire le massime condizioni di contenimento
biologico a causa del fatto che i campioni sono un rischio estremo di rischio
biologico.
Ci sono vaccini o trattamenti o ricerca e
sviluppo in corso?
Attualmente non ci sono terapie specifiche per
il virus Marburg. Tuttavia, le cure di supporto, compresa la reidratazione con
liquidi per via orale o endovenosa, possono migliorare la sopravvivenza. Ciò
può significare mantenere lo stato di ossigeno e la pressione sanguigna,
sostituire il sangue perso e i fattori di coagulazione e trattare eventuali
infezioni complicate. Potenziali trattamenti, tra cui emoderivati, terapie
immunitarie e terapie farmacologiche, sono attualmente in fase di valutazione.
I
candidati vaccini contro il virus di Marburg sono in fase di studio e nel 2019,
ad esempio, IAVI (International AIDS Vaccine Initiative) ha iniziato a
ricercare un vettore di virus della stomatite vescicolare ricombinante (VSV)
candidato vaccino contro il virus di Marburg, chiamato rVSVΔG-MARV-GP.
Un altro candidato vaccino MVA-BN Filo
contenente antigeni del virus Marburg ed Ebola potrebbe potenzialmente
proteggere da entrambi i virus emorragici. Attualmente è in fase 3 di
sperimentazione e sembra innescare una buona immunità contro il ceppo Ebola
Zaire, ma non è ancora stato testato contro il virus Marburg.
COME POTREMMO RIDURRE IL RISCHIO CHE DIVENTI
UNA PANDEMIA?
Poiché il virus Marburg può diffondersi tra le
persone, sono necessarie misure di controllo delle infezioni estremamente
rigorose per evitare che le persone siano in contatto tra loro, per garantire
che tutti i campioni di laboratorio vengano smaltiti con cura e per garantire
procedure di sepoltura sicure. Evitare di maneggiare o mangiare carne selvatica
è anche fondamentale per evitare qualsiasi potenziale infezione che potrebbe
diffondersi dagli animali. I viaggi internazionali sono un importante fattore
di rischio per la diffusione del virus Marburg oltre l'Africa e sarà importante
una diagnostica rapida per garantire che i casi vengano raccolti prima che le
persone portino il virus in altri paesi.
Per ulteriori informazioni sulla malattia da
virus di Marburg, ecco la scheda informativa dell'OMS:
(who.int/news-room/fact-sheets/detail/marburg-virus-disease).
La Nuova Zelanda proclama
lo Stato di Emergenza Climatica.
Conoscenzealconfine.it- Redazione-(5 Ottobre
2021)- ci dice:
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Conoscenze al Confine
Il Parlamento della Nuova Zelanda ha proclamato
lo stato di emergenza climatica, pur con i voti contrari dell’opposizione
conservatrice.
La Nuova Zelanda ha proclamato lo stato di
emergenza climatica. L’annuncio è arrivato direttamente dal primo ministro
Jacinda Ardern, che ha preso la parola di fronte al Parlamento della propria
nazione, sottolineando la necessità di agire in modo rapido ed efficace,
nell’interesse nelle future generazioni.
“Dobbiamo stare dalla parte giusta della
Storia”
“Siamo di fronte ad una minaccia per la vita”,
ha affermato la dirigente. Aggiungendo che “se non reagiremo ai cambiamenti
climatici, continueremo a dover fronteggiare situazioni di emergenza sulle
nostre coste”.
Per
questo, prima del voto, Jacinda Ardern ha esortato i deputati a “stare dalla
parte giusta della storia. Per far parte della soluzione che occorre trovare
collettivamente”.
Il testo che proclama l’emergenza climatica è
stato approvato, alla fine, con 76 voti favorevoli e 43 contrari. A schierarsi
per il “no” sono stati i membri del Partito nazionale neozelandese,
l’opposizione di centro-destra ai progressisti che sostengono il primo
ministro. Secondo la loro opinione, infatti, la
dichiarazione potrebbe risultare controproducente, perché – ha spiegato a Radio
New Zealand la leader conservatrice Judith Collins – “potrebbe far credere alle
persone che sia stato già fatto qualcosa di concreto, quando in realtà non è
così”.
Le critiche delle Ong alle Politiche climatiche
della Nuova Zelanda.
Va detto però che la nazione insulare si è
impegnata anche a raggiungere la “carbon neutrality”, ovvero l’azzeramento
delle emissioni nette di gas ad effetto serra, entro il 2050.
Il governo ha inoltre promesso di effettuare
una “transizione energetica” che porti ad una produzione basata al 100 per
cento su fonti rinnovabili, entro il 2035.
Al contempo, tuttavia, secondo l’associazione
Climate Action Tracker, la Nuova Zelanda ha adottato fin qui politiche
“insufficienti” per centrare gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi.
Inoltre, Greenpeace sottolinea che nel piano sulla carbon neutrality è stato
escluso il metano, al fine di preservare il settore degli allevamenti. Eppure
tale gas è uno dei più dannosi per il clima.
Dieci Nazioni nel mondo hanno dichiarato l’Emergenza
climatica
Ciò nonostante, le dichiarazioni di “emergenza
climatica” – per quanto simboliche – rappresentano un modo per ricordare quanto
la crisi legata al riscaldamento globale sia grave.
Secondo
The Climate Mobilisation, gruppo di pressione americano che spinge affinché i
Parlamenti adottino tali dichiarazioni, sono ad oggi una decina quelli che lo
hanno fatto. Il primo caso, in ordine di tempo, è stato quello della Gran
Bretagna, con una votazione che risale al 1 maggio del 2019.
In sostanza… stanno iniziando a caricare la
molla della nuova finta emergenza, quella climatica, probabilmente in attesa
del prossimo finto virus!
(lifegate.it).
I seguaci di Greta non
sanno fare i conti.
Entro 35 anni serve il doppio dell’energia.
Laverita.info-Franco Battaglia-(5 ottobre
2021)- ci dice :
I giovani sono stregati dalle bugie sullo
sviluppo sostenibile .
Ma se le loro richieste diventeranno realtà resteranno
al buio.
(…) il fatto è che :
1)- nessuna crescita ,a qualunque ritmo (anche estremo)
può essere sostenibile;
2)-se le risorse sono finite ,non esiste una
loro speciale distribuzione che garantisca la sostenibilità;
3)-il problema è il numero delle persone , perché la terra non è infinita.
Ma a Rio ,nel 1992 ,si invocò-testuale-la
necessità di “mettere a punto programmi di informazione
e di istruzione al pubblico per convivere con l’incremento inevitabile della
popolazione mondiale. “
Con la parola “inevitabile “ automaticamente”
si dichiarava che nulla può essere fatto per evitare quell’incremento.
Ci sarebbe da chiedersi : se nulla può essere
fatto ,a cosa servirebbero l’informazione e l’istruzione ?
Naturalmente non manca, infine ,chi semplicemente
nega l’intero problema e la sua esistenza ,e rilancia con accattivanti affermazioni
del tipo :
“Le persone sono una risorsa e non un problema”.
A noi non interessa essere politicamente
corretti , né fare affermazioni accattivanti ; non ci interessa piacere né a
questo né a quello e neanche a noi stessi. Chiediamoci allora : è possibile una crescita durevole nel
tempo ?
Il segreto della risposta risiede in una
semplice formuletta : T= 70/K.
A parole : una cosa
che cresce al ritmo del K% l’anno
,raddoppia in T= 70/K anni.
Consideriamo ,per esempio,
la crescita demografica. Può essere sostenibile?
Se la popolazione mondiale crescesse al ritmo dell’1%
all’anno , la nostra formuletta ci dice che sulla Terra ci saranno 15 miliardi
di abitanti fra 70 anni e 7.000 miliardi di abitanti fra 700 anni.
7oo anni sembrano
moltissimo tempo -è il tempo che ci separa da Dante - ma esso inesorabilmente
arriverà.
E se la crescita
dovesse mantenersi al ritmo dell’1% l’anno , con 7.000 miliardi di anime la totalità
delle terre emerse sarà come una enorme Roma ,dieci volte più popolata dell’odierna.
Detto sottovoce : il
ritmo di crescita della popolazione è dell’1,1 % l’anno.
Vediamo allora che
lo sviluppo demografico non può essere sostenibile: verrà il momento in cui -ci piaccia o no-il numero dei morti uguaglierà quello dei nati
e la crescita demografica
si arresterà.
Come avverrà quell’arresto
è un’altra faccenda. Ma avverrà : ce lo dice l’aritmetica!
Possiamo applicare
la nostra formuletta in ogni circostanza .Per esempio:
la domanda di energia
elettrica cresce al ritmo del 2 % l’anno ?
Fra 70/2 = 35 anni avremo bisogno del doppio di tutti gli impianti che abbiamo oggi disponibili.
Io fra 35 anni non
ci sarò e non mi cale , ma i bambini “Gretini”
che oggi manifestano ,belando come pecore ,dietro una mocciosa con qualche
problema psichico ,semi analfabeta in climatologia ,lo sappiamo.
Con i tempi che corrono non si sa mai , lo sappiamo: se otterranno anche solo un decimo di quello che chiedono ,fra 35 anni avranno di che divertirsi e avranno modo di ringraziare i mercanti di bambini che li stanno trascinando nel mondo dei balocchi .
Parlo degli ambientalisti , dannosi come locuste perché ignoranti.
Vagheggiano la riduzione degli usi d’energia aumentandone
l’efficienza: anche le capre sanno che l’uso
di ogni bene se esso è disponibile con maggiore efficienza.
Oppure
vaneggiano di lasciare disponibili alle generazioni
future beni che sono finiti ,promuovendone
il risparmio ; anche le capre sanno che è privo di senso privarsi ,con
lo scopo di risparmiarlo ,di un bene che è finito.
Per
dire : se un bene si esaurisce in cento anni ,si esaurirà in 110 anni se ne
risparmi il 10 %. Con buona pace delle generazioni future.
(…)Oltre
ai cambiamenti climatici -che ci stanno come il prezzemolo -si propongono ,entro
il 2030 di sconfiggere povertà ,fame, diseguaglianze ,e poi di promuovere
salute ,benessere ,istruzione, parità di genere ,acqua ed energia pulita ,pace
e giustizia ,lavoro dignitoso per tutti.
Peccato
non ci fossi anch’io nell’austera assise dei redivivi EINSTEIN : avrei fatto aggiungere
i propositi di sconfiggere la tristezza e di promuovere l’allegria.
(Franco
Battaglia).
Usa "privatamente" in contatto con
Pechino
dopo il sorvolo di 52 aerei militari su Taiwan.
msn.com-La Repubblica-Redazione-(5-10 -2021)-ci
dice :
L'amministrazione del presidente Usa Joe Biden
sta "comunicando privatamente" con la Cina, dopo che ieri, 4 ottobre,
ben 52 aerei militari cinesi hanno violato la zona di identificazione per la
difesa aerea di Taiwan. Lo ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca, Jen
Psaki, denunciando le intrusioni analoghe dello scorso fine settimana, da parte
di 93 velivoli delle Forze armate cinesi un atto di "coercizione nei
confronti di Taiwan". Psaki ha ribadito che l'impegno degli Usa a fianco
dell'Isola e' "solido come una roccia", ed ha affermato che
Washington e' stata chiara in proposito "sia pubblicamente che
privatamente". "Siamo in contatto (con il governo cinese) anche
privatamente, e inviamo messaggi chiari tramite i canali diplomatici", ha
detto la portavoce.
Altri 52 aerei dell'Esercito popolare di
liberazione cinese sono stati rilevati ieri nella Zona di identificazione della
difesa (Adiz) di Taiwan, la piu' grande incursione mai rilevata finora in un
solo giorno. Lo rende noto il ministero della Difesa di Taipei sul proprio
account Twitter, sottolineando che la nuova violazione e' stata condotta con 34
caccia Shenyang J-16, 2 caccia Su-30, due aerei da guerra antisommergibile
Shaanxi Y-8 (Y- 8 Asw), 12 bombardieri Xian H-6 e altri aerei.
Si tratta della quarta incursione consecutiva
nell'ultima settimana, giunta a seguito di 16 aerei rilevati ieri, 39 lo scorso
2 ottobre e 38 il primo ottobre, in occasione del 72mo anniversario della
Repubblica popolare cinese. Il governo di Taipei ha risposto alle sortite
facendo decollare i propri aerei militari e, nella giornata di oggi, il
ministro degli Esteri dell'isola, Joseph Wu, ha auspicato colloqui con
l'Australia per "preparare l'isola ad affrontare lo stato di guerra".
Le dichiarazioni sono state rilasciate alla piattaforma di notizie "Abc's
China" e, a conclusione del suo intervento, Wu si e' detto certo della
"tremenda sofferenza della Cina" in caso di un ipotetico attacco
contro Taiwan.
Il dipartimento di Stato Usa ha espresso ieri
"forte preoccupazione" per "le attivita' militari provocatorie
della Cina nei pressi di Taiwan", dopo un mese di violazioni pressoche'
quotidiane della zona di identificazione aerea dell'Isola ad opera di velivoli
militari cinesi. "Gli Stati Uniti sono molto preoccupati dalle attivita ‘
militari provocatorie della Repubblica Popolare Cinese nei pressi di Taiwan,
che destabilizzano, rischiano di causare errori di calcolo e minano la pace e
la stabilita' regionali", recita una nota del portavoce del dipartimento
di Stato, Ned Prince. "Sollecitiamo Pechino a
porre fine alle sue pressioni militari, diplomatiche ed economiche su Taiwan",
aggiunge la nota.
I media statali cinesi etichettano George Soros
come un "terrorista."
Unz.com- ANDREW
ANGLIN-(11 SETTEMBRE 2021)- ci dice :
Un motivo in più per una guerra contro la Cina:
sono antisemiti!
Asia Times:
Il portavoce cinese Global Times ha etichettato
il miliardario americano di origine ungherese George Soros come un
"terrorista economico globale" in uno scambio tit for tat che si
svolge in editoriali duellanti che sottolineano l'aumento della temperatura
nelle relazioni USA-Cina.
L'articolo, pubblicato il 4 settembre e senza
citare alcuna prova, ha accusato il gestore di hedge fund e filantropo di
fornire finanziamenti al proprietario del giornale di Hong Kong Jimmy Lai per
sostenere le proteste anti-Pechino della città nel 2019.
Non hai nemmeno bisogno di prove per
quell'affermazione.
Soros ha sostenuto le proteste di sinistra in
tutto il mondo, e non è davvero credibile che non stesse incanalando denaro
verso un movimento di protesta grande come quello di Hong Kong.
Era letteralmente una replica esatta delle
rivolte BLM-Antifa in America.
Ora, sono sicuro che il frocio gay Paul
"Joseph" Watson difenderà George Soros, perché "piccolo occhio
giallo uomo cattivo".
Detto questo: penso che probabilmente abbiano
prove.
Poco dopo, Soros ha scritto un editoriale per
il Wall Street Journal che ha affermato che il recente investimento in fondi
comuni di BlackRock con sede a New York da 6,7 miliardi di yuan(1miliardo di
dollari) in Cina è stato un "tragico errore" e probabilmente
perderebbe denaro per i clienti del gestore patrimoniale.
Soros ha scritto che l'investimento di
BlackRock "mette in pericolo gli interessi di sicurezza nazionale degli
Stati Uniti".
Ciò ha fatto seguito a un editoriale del 30
agosto di Soros pubblicato sul Financial Times che ha affermato che il giro di
vite del presidente cinese Xi Jinping sulle imprese private è stato "un
freno significativo all'economia cinese" e "potrebbe portare a un
crollo".
Il miliardario ha esortato il Congresso degli
Stati Uniti ad approvare una legislazione che limiti gli investimenti dei
gestori patrimoniali a "società in cui le strutture di governance
effettive sono trasparenti e allineate con le parti interessate".
Rapporti precedenti affermavano che l'hedge
fund di Soros aveva ceduto tutta la sua esposizione alle attività cinesi
all'inizio di quest'anno.
Soros, 91 anni, che secondo quanto riferito ha
un patrimonio netto di $86 miliardi e finanzia la filantropica Open Society
Foundations che fornisce sostegno finanziario alle organizzazioni non
governative di tutto il mondo, ha un rapporto di amore-odio di lunga data con
la Cina.
Durante la crisi finanziaria asiatica nel
1997-98, ha cercato di rompere l'ancoraggio del dollaro di Hong Kong al dollaro
USA, ma alla fine è stato sconfitto dal governo di Hong Kong, che è intervenuto
pesantemente sui mercati per proteggere l'ancoraggio. A Soros fu dato il
soprannome di "coccodrillo finanziario" dai media locali dell'epoca.
È un classico tropo antisemita che gli ebrei
siano rettiliani.
In effetti, il tropo virulento contiene
elementi simili a canard.
Nel settembre 2001, Soros è stato invitato a
visitare la Cina e ha incontrato l'allora premier cinese Zhu Rongji a Pechino. Ma
dopo la crisi finanziaria globale del 2008, Soros ha detto ai media
nell'ottobre 2009 che la Cina dovrebbe fare un passo avanti come leader di un
nuovo ordine economico globale.
È stato intervistato da diversi media cinesi
nel 2009 e nel 2010, condividendo le sue esperienze come investitore globale.
Nel gennaio 2016, Soros ha detto a un pubblico
a cena a margine del World Economic Forum di Davos che "un
atterraggio duro è praticamente inevitabile" per l'economia cinese.
Pochi giorni dopo, il Quotidiano del Popolo,
portavoce del Partito Comunista Cinese, ha avvertito che "la guerra di
Soros al renminbi e al dollaro di Hong Kong non può avere successo – su questo
non ci possono essere dubbi". Ma l'etichetta di
"terrorista economico" del Global Times sembra attingere ad accuse
non provate contro il miliardario.
Nell'agosto 2017, una petizione che chiedeva
che Soros fosse dichiarato un "terrorista domestico" ha ottenuto
oltre 100.000 firme sul sito web della Casa Bianca con l'accusa di aver
finanziato proteste liberali(Dem USA) negli Stati Uniti.
Nel novembre 2018, Soros è stato accusato dal
presidente turco Recep Tayyip Erdoğan di sostenere e finanziare
"terroristi" nelle proteste di Gezi Park del 2013.
Nel gennaio 2019, Soros ha affermato che il
presidente cinese Xi Jinping era "il nemico più pericoloso" delle
società libere per aver presieduto un regime di sorveglianza ad alta
tecnologia. Ha detto: "La Cina non è l'unico regime autoritario al mondo,
ma è il più ricco, il più forte e tecnologicamente più avanzato".
Vedete: queste persone non sono serie.
Soros sta dicendo che la Cina è
"autoritaria" mentre sostiene il regime del virus dell'Occidente, che
farà sembrare il sistema di credito sociale cinese come torte di tortino.
Ha detto che i giganti cinesi delle
telecomunicazioni ZTE e Huawei non dovrebbero essere autorizzati a dominare il
lancio dell'infrastruttura 5G mondiale.
Il commento del Global Times, intitolato
"Questo terrorista economico globale sta fissando la Cina!", ha
affermato che Soros ha iniziato a criticare la Cina solo perché ha provato
rammarico dopo aver smaltito tutti i suoi investimenti in Tencent Music, Baidu
e Vishop all'inizio di quest'anno.
Ha aggiunto che le sue Open Society Foundations
hanno finanziato Human Rights Watch, che ha affermato diffonde "voci"
contro la Cina su questioni recenti a Hong Kong e nello Xinjiang, nonché
sull'origine della pandemia di Covid-19.
Senza fornire alcuna prova, il commento del
Global Times ha affermato che Soros era colluso con il fondatore di Apple Daily
Jimmy Lai per cercare di avviare una "rivoluzione colorata" a Hong
Kong nel 2019. Ha anche descritto Soros come "la
persona più malvagia del mondo" e "il figlio di Satana".
Qualcun altro l'ha detto.
I cinesi stanno finalmente cominciando a capire
la gravità della situazione, a quanto pare.
L'articolo è stato ampiamente ripubblicato dai
siti web continentali e citato dai media di Hong Kong e Taiwanesi negli ultimi
giorni.
Ma mentre il Global Times (cinese) ha dato voce
alle teorie della cospirazione di lunga data che giravano intorno a Soros,
compresa la sua presunta mano nascosta nello scatenare "rivoluzioni
colorate" in Africa, Europa orientale e Sud-Est asiatico, è stato più
probabile che la sua critica al massiccio nuovo investimento di BlackRock in
Cina e al giro di vite normativo di Xi abbia colpito un nervo scoperto.
Nell'aprile 2021, il presidente di BlackRock
Larry Fink ha scritto in una lettera agli azionisti che "il mercato cinese
rappresenta un'opportunità significativa per aiutare a raggiungere gli
obiettivi a lungo termine degli investitori in Cina e a livello
internazionale" e offre alla società l'opportunità di aiutare ad affrontare
la sfida della pensione per milioni di persone in Cina.
Tutti questi ebrei avevano una visione positiva
della Cina prima che il leader Xi Jinping prendesse il sopravvento.
La gente mi accusa di essere uno scellino per i
cinesi, ma quello che in realtà sono più specificamente è uno scellino di Xi
Jinping.
Xi è un grande uomo di storia e sta cambiando
l'intero modo in cui funziona il mondo. Sta minando l'intero ordine occidentale
governando la Cina con abilità e intelligenza.
Questi ebrei non sanno cosa fare.
Fondamentalmente, l'intera agenda globalista
dipendeva dal fatto che la Cina faceva parte del sistema del Nuovo Ordine
Mondiale. Dall'acquisizione del paese da parte di Xi,
la Cina non è più a bordo di questo programma. Soros
sta cercando di trovare una qualche soluzione, ma è troppo vecchio e debole.
Il resto dei globalisti sta semplicemente
andando avanti con il piano, come se questo problema cinese non fosse apparso.
Il piano era quello di far implodere le
economie occidentali e costringere tutti in schiavitù. Se
la Cina fosse a bordo, allora continuerebbe nel suo ruolo di produttore
globale, e non interferirebbe con l'agenda globalista occidentale, e
trasformerebbe il proprio paese in una democrazia femminista e anale. Ma
ora, i cinesi stanno agendo da soli, sotto la guida di Xi, e non si adescheranno
a queste potenze occidentali.
Così ora, distruggendo il posto degli Stati
Uniti sulla scena globale, tutto ciò che stanno facendo è consegnare il mondo
ai cinesi.
Ecco il fatto: i cinesi saranno migliori
amministratori del globo di quanto lo siano stati gli ebrei.
(The Daily Stormer).
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