AD UN PASSO DAL BARATRO.

 AD UN PASSO DAL BARATRO.

 

QUAL’ È LA RAGIONE DELL'INTRIGO 

TRA TAIWAN E CINA?

 

Falauniversidades.com.br-Livia Vardasca Miranda-(11-8-2020)- ci dice :

 Il nucleo dell'intrigo tra Taiwan e Cina è facile da capire, ma di sviluppi complicati e risoluzione incerta.

L'ORIGINE.

In primo luogo, Taiwan. L'isola di 36.000 km², situata in Asia orientale, ha attraversato il dominio di diversi paesi nel corso della sua storia, come Spagna, Paesi Bassi e Giappone. Quest'ultimo la dominò a lungo fino a quando dovette restituire l'isola alla Cina come conseguenza della sconfitta giapponese nella seconda guerra mondiale.

È proprio in questo periodo finale della guerra che si trova l'origine del conflitto cinese: una disputa tra comunisti e nazionalisti.

Il Partito Nazionalista del Kuomintang, il sovrano dell'epoca, tirò un lato della corda, mentre Mao Tse-Tung guidò le forze comuniste, tirando dall'altro.

Nel 1949, deciso il tiro alla fune (meglio conosciuto come la rivoluzione cinese) con la vittoria comunista, il paese ha subito la scissione politica che dura fino ad oggi. Sulla terraferma, c'è la Repubblica popolare cinese e, dall'altra parte dello stretto, sull'isola di Taiwan, abbiamo la Cina nazionalista o semplicemente Taiwan.

Chian Kai-shek, presidente deposto nella Rivoluzione, si rifugiò sull'isola insieme ai suoi seguaci e allo Stato Maggiore, dove stabilì un governo capitalista con sede nella città di Taipei e il sostegno degli Stati Uniti.

D'altra parte, nel contesto della Guerra Fredda, la parte continentale si è poi alleata con l'URSS.

L'ostilità in quel momento era tale che dopo un bombardamento della Cina popolare contro Taiwan, quest'ultima firma un trattato di mutua difesa (1954) con gli americani – una mossa strategica dato il momento storico.

Taiwan e Cina

Il conflitto tra Taiwan e Cina è antico.

PERCHÉ IL CONFLITTO TRA TAIWAN E CINA ESISTE ANCORA?

Sebbene la Cina comunista abbia vinto il primo tiro alla fune, non si può dire che la corda si sia rotta e la guerra sia finita – i due paesi coesistono, ciascuno con il proprio sistema politico, valuta e forze armate, ma anche se sono collegati tra loro, vivono in un costante conflitto di parole e interessi.

Fino al 1970, Taiwan era il rappresentante della Cina nel mondo, ma già nel 71, Pechino decise di rivendicare la sua rappresentanza diplomatica presso le Nazioni Unite e quindi ci riuscì, rendendo la sovranità di cui Taiwan godeva in pratica non più riconosciuta in tutto il mondo.

Ciò portò, nel 79, alla rottura del Trattato di Difesa tra l'Isola e gli Stati Uniti, che mirava ad un riavvicinamento diplomatico con la parte comunista.

Nonostante questo, gli americani sono ancora impegnati nella protezione di Taiwan, cioè se c'è qualche offensiva militare  contro di loro.

RIUNIFICAZIONE

La Repubblica Popolare, pur considerando Taiwan un'estensione del proprio territorio, li spinge costantemente per la riunificazione. Sebbene i taiwanesi abbiano dimostrato il loro desiderio di indipendenza, questo è un evento molto improbabile che si materializzi, in quanto è fortemente scoraggiato dal governo continentale.

In un approccio più pacifico, la Cina ha fatto la proposta di "un paese, due sistemi", in cui l'isola avrebbe avuto una certa autonomia (anche per mantenere il suo regime capitalista), a condizione che accettasse di riannettersi alla terraferma, ma la proposta è stata rifiutata.

Come detto, Taiwan ha mostrato il suo interesse per l'indipendenza eleggendo rappresentanti che hanno espresso la stessa volontà e questo è quello che è successo nelle prime 2 elezioni degli anni 2000.

Così, continuando i suoi attacchi nel 2005, la legge anti-secessione è stata approvata in Cina, il che rende il conflitto cinese un po 'più ostile deliberando l'uso di "approcci non pacifici" nel caso di un movimento separatista taiwanese.

2020.

Con tutti questi conflitti e gli interessi antagonisti dei due paesi, perché continuano a insistere su questo tiro alla fune, senza soluzione?

 Bene, ci sono due ragioni che creano una certa stagnazione nella questione chino-taiwanese.

Il primo è il Consenso del 1992, osserva che entrambi fanno parte di un'unica Cina, ma dà libertà alle parti coinvolte di interpretare cosa significherebbe questa unificazione. Questo termine apre lo spazio a Taiwan per difendere la sua sovranità e anche alla Cina per intendere l'unificazione letteralmente come l'unione dei due territori, mantenendo stagnante il tiro alla fune.

L'altra ragione sono i legami economici tra i due paesi. C'è una certa interdipendenza economica, che finisce per creare alcuni legami in questa relazione, dal momento che oggi ci sono diverse società taiwanesi installate e che operano in Cina.

Più tardi quest'anno – secondo Valor Econômico – dopo la rielezione del presidente taiwanese Tsai Ing-wen, la Cina ha continuato a ribadire il suo discorso e impegno anti-separatista, ma questa volta il primo ministro cinese ha lasciato fuori dal suo discorso il Consenso del 1992 e la parola "pacifico".

Tale atteggiamento, considerato una provocazione, ha generato reazioni da parte del presidente, che ha esortato la Cina a rispettare la sua democrazia e sovranità.

(Lívia Vardasca Miranda).

 

 

 

 

 

TERZA GUERRA MONDIALE/ “Giappone e Usa hanno messo in angolo la Cina su Taiwan”.

Il sussidiario.net- int. Francesco Sisci-(08.07.2021)- ci dice:

 

Le dichiarazioni del vicepremier giapponese Taro Aso su Taiwan, passate quasi inosservate in occidente, aprono uno scenario inedito di importanza mondiale

In una situazione, quella asiatica, di forti tensioni è giunta come una bomba una dichiarazione del vicepremier giapponese Taro Aso che di fatto apre scenari inediti e molto pericolosi, tenendo anche conto che il Giappone dopo la Seconda guerra mondiale ha dovuto rinunciare a ogni pretesa di usare il suo esercito per scopi militari offensivi. Si chiamano infatti Forze giapponesi di auto-difesa: non possono uscire dai confini giapponesi, anche se hanno partecipato a missioni di pace e di soccorso durante emergenze internazionali. “Se la Cina dovesse invadere Taiwan il Giappone si schiererebbe a fianco degli Stati Uniti per difendere l’isola.

 Qualsiasi problema che riguarda Taiwan, potrebbe trasformarsi in una situazione di pericolo per la stessa sopravvivenza del Giappone”, ha detto Taro Aso. Secondo Francesco Sisci, sinologo ed ex corrispondente de La Stampa dalla Cina, “si chiude con queste parole una stagione di ambiguità strategica che durava dagli anni 70, quando in cambio del riconoscimento da parte americana della Cina popolare come unica realtà, Pechino a sua volta garantiva di non perseguire con la forza la riunificazione con Taiwan”. Questo equilibrio adesso viene a saltare, ci ha detto ancora, con conseguenze molto preoccupanti “visto che è intervenuto anche Kurt Campbell, ex consigliere di Barack Obama per l’Estremo Oriente e adesso con lo stesso ruolo per Joe Biden, dicendo che ogni mossa cinese contro Taiwan avrebbe conseguenze catastrofiche”.

 Dichiarazione sorprendente quella del vicepremier nipponico, che invoca il diritto a schierarsi militarmente con gli Stati Uniti nel caso in cui la Cina dovesse invadere Taiwan. Come vanno lette queste parole?

Non è sorprendente, perché è l’ultimo passo, in ordine di tempo, di una deriva che dura da molto tempo. Il punto politico è che con queste dichiarazioni, probabilmente anche concordate con gli Usa, si pone fine all’ambiguità strategica che c’era intorno a Taiwan. Una questione che è stata cruciale per 40 anni nei rapporti fra Cina e Stati Uniti dopo il viaggio di Nixon a Pechino nel 1972.

Possiamo ricostruire brevemente questo snodo?

Dopo il viaggio di Nixon a Pechino all’inizio del 1972 per circa otto anni si è avviato un processo molto lungo e laborioso, in cui Usa e Cina, portandosi dietro anche il Giappone, elaborarono un’ambiguità strategica in cui la Cina popolare veniva riconosciuta come l’unica Cina, ma allo stesso tempo c’era il riconoscimento di Pechino di una indipendenza di fatto di Taiwan. Questo status era rafforzato dal fatto che gradualmente Taiwan non ebbe più accesso a tutti gli armamenti che poteva avere nella fase precedente e soprattutto non aveva la garanzia certissima di un impegno americano in caso di tentativo di attacco da parte di Pechino.

E da parte cinese?

 La Cina accettava che non avrebbe forzato la mano con tentativi di riunificazione attuati con la forza. Erano tutti elementi di una ambiguità strategica non scritta. Questa ambiguità, che già si era sfilacciata negli ultimi anni, oggi si è rotta, dato che il Giappone dice che la sicurezza di Taiwan è anche una questione di sicurezza sua e che interverrebbe in caso di attacco. Ciò di fatto rende impossibile la riunificazione senza il rischio di una guerra mondiale. Tale ambiguità, come dicevamo, era sfilacciata da anni a causa di tensioni crescenti, ma adesso è finita e si apre un’altra fase.

 

 Che cosa succederà?

Il punto fondamentale è che per Pechino questo è un grosso smacco, davanti al quale può reagire in due modi.

Quali?

Uno è alzare ancora la posta sfidando queste dichiarazioni, cosa che aumenterebbe ancora le tensioni e ci porterebbe in un terreno molto pericoloso. L’altro è compiere un arretramento strategico, che nei fatti significherebbe rinunciare alla riunificazione. Questo arretramento eventuale a sua volta potrebbe avere due conseguenze, una interna per la Cina e una relativa a Taiwan.

Quanto alla Cina?

In Cina potrebbe cominciare una ricerca del colpevole: chi ha portato a questa situazione? La reazione più superficiale sarebbe dare la colpa a Xi Jinping, che oggi subisce questo smacco. Però tale analisi forse non è corretta. Io ritengo invece che questa situazione venga da lontano, da un atteggiamento percepito come “arrogante” della Cina dopo la crisi finanziaria del 2008 in cui Pechino non si è resa conto di un nervosismo crescente in America e in Asia nei suoi confronti. In quegli anni esisteva una leadership collettiva mantenuta dal presidente di allora Hu Jintao ma a cui partecipava anche il predecessore Jiang Zemin. Tale nervosismo crescente è stato trascurato da tutti per oltre un decennio.

Taiwan invece come giocherà questa partita?

Taipei in teoria potrebbe stare zitta oppure potrebbe alzare a sua volta la posta, a questo punto per ottenere il riconoscimento di un’indipendenza formale. Ciò apre dinamiche ancora più complicate. Siamo in una situazione molto delicata, che potrebbe portare se non a una guerra certamente a momenti di alta tensione.

Giappone e Stati Uniti si sono coordinati per mettere in angolo la Cina?

Certamente. Hanno aumentato la pressione sulla Cina, ma è importante capire che gli Usa e il Giappone pensano che la Cina abbia a sua volta aumentato le pressioni su di loro. Se una Cina integrata nel mondo occidentale si fosse riunificata pacificamente con Taiwan non sarebbero cambiati gli equilibri strategici mondiali, soprattutto non ci sarebbero state conseguenze sul Giappone. Se viceversa la Cina, ponendosi come un avversario, si riprendesse Taiwan, soffocherebbe o potrebbe soffocare l’economia giapponese, che, ricordiamo, per il 70% dipende dall’energia e per il 50% dagli alimentari che transitano per il canale di Taiwan. Quindi l’aumento di tensioni con gli Usa cambia il senso di una riunificazione della Cina con Taiwan e quindi tutta le conseguenze internazionali.

(Marco Tedesco) .

 

 

 

 

La Cina e il terremoto Aukus.

Come una dichiarazione di guerra su Taiwan.

Huffingtonpost.it-Marco Lupis-(16-9-2021)- ci dice:

 

Reazione veemente contro Usa ("stanno perdendo la testa") e Australia ("Sono lacché, se attaccano li puniremo senza pietà").

Per Pechino si tratta di una decisione “estremamente irresponsabile” che “danneggerà irreparabilmente la pace e la stabilità regionale” con il risorgere di un “clima da Guerra Fredda”.

 In Australia l’hanno definita “la decisione strategica più drammatica che il nostro Paese abbia compiuto da generazioni”.

Ma anche tra gli alleati di Washington c’è chi non l’ha presa per niente bene. Come la Francia che, letteralmente infuriata, ha dichiarato che si tratta di una “decisione deplorevole”. L’annuncio ufficiale della nascita di Aukus – il nuovo patto per la sicurezza dell’area Indo Pacifico, tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, ha scosso l’Asia come un vero e proprio terremoto geopolitico.

Chi – dopo il disastroso ritiro dall’Afghanistan - pensava che Joe Biden si fosse guadagnato a pieno titolo il poco lusinghiero soprannome di “sleepy Joe”, ha dovuto oggi ricredersi: studiato e portato avanti in gran segreto, Aukus rappresenta forse, almeno per il momento, la più dura reazione politico-militare possibile allo strapotere di Pechino e soprattutto alle ambizioni politiche economiche e territoriali della Cina nel suo stesso “cortile di casa”, l’area dell’Indo-Pacifico, appunto. Uno schiaffo in piena faccia al Dragone.

Silenzio, per ora, dal vero “convitato di pietra” di questa vicenda, l’ “isola ribelle” o “provincia rinnegata” (come piace a Pechino etichettarla) di Taiwan, ovvero la piccola democrazia cinese che da tempo è ormai diventata simbolo e ago della bilancia dello scontro epocale tra Occidente e Cina: è per tutelare lei e per difendere le acque del Pacifico tutt’attorno - rivendicate aggressivamente ormai da tempo da Pechino – che, con ogni evidenza, nasce questa dirompente alleanza tra A(ustralia)-UK(Regno Unito) e US(a): AUKUS, appunto.

La nuova alleanza strategica prevede, in primis, la fornitura all’Australia di sottomarini a propulsione nucleare, ed è proprio questo che ha scatenato la rabbia francese, non tanto perché estromessa da questa nuova intesa politico-militare che “parla inglese”, ma soprattutto perché vede sfumare da un giorno all’altro una commessa di forniture militari siglata a suo tempo col governo di Canberra, definita da Parigi “il contratto del secolo”: la fornitura alla marina di Canberra di 12 sommergibili costruiti nei cantieri della francese NavalGroup (oltretutto insieme all’italiana Fincantieri) nella joint-venture Naviris.

“Una pugnalata alle spalle degna di Trump”, ha dichiarato molto poco diplomaticamente stamattina un insolitamente infuriato Jean-Yves Le Drian, Ministro degli Esteri francese.

Sarà infatti l’industria americana a fornire all’Australia i sommergibili, mossi però da reattori nucleari e non da propulsione convenzionale, come prevedeva il contratto con NavalGroup.

Nei prossimi 18 mesi, gli Stati Uniti e il Regno Unito “sosterranno il desiderio dell’Australia di acquisire sottomarini a propulsione nucleare”, ha affermato oggi a Casa Bianca. Nei cantieri australiani di Adelaide arriverà presto un team di tecnici di tutti e tre i paesi per lavorare alla costruzione dei sottomarini. Questi sottomarini consentiranno all’Australia di “schierarsi per periodi più lunghi”, sono “più silenziosi”, “molto più capaci” e consentiranno “di sostenere e migliorare la deterrenza in tutto l’Indo-Pacifico”, ha affermato Biden nel corso della presentazione di AUKUS.

Tutti e tre i leader si sono preoccupati di sottolineare che l’Australia non ha intenzione costruire armi nucleari, sebbene la capacità di produrle si svilupperà necessariamente insieme ai progetti per la propulsione dei nuovi sommergibili. Ma l’irritazione francese, per quanto dai toni molto accesi, non è nulla rispetto alla furia della Cina, e alle inevitabili conseguenze che arriveranno puntuali da Pechino.

Furia, rabbia e indignazione cinesi affidati oggi ad un editoriale “al vetriolo” del Global Times, la testata governativa che esprime le posizioni del Partito Comunista cinese (come del resto qualsiasi Media in Cina) al potere ormai da oltre 70 anni.

 E i toni a dir poco bellicosi, si sprecano. “Washington sta perdendo la testa”, esordisce senza mezzi termini l’opinionista cinese, “cercando di radunare i suoi alleati contro la Cina, creando antagonismo e distruzione al di fuori del suo stesso controllo”.

“Gli Stati Uniti e i loro alleati stanno mettendo a soqquadro il mondo”, insiste l’editoriale del Global Times, “spingendosi fino a mettere in discussione il fondamento della Pace mondiale: la non proliferazione delle armi nucleari”. Ma dove la reazione cinese si fa letteralmente furiosa, è nei confronti dell’Australia, definita “lacchè” (“running dog”, letteralmente “cane da corsa”, traduzione del termine cinese dispregiativo zou gou) degli Stati Uniti, che la Cina “punirà senza pietà” se “oserà provocare la Cina o peggio attaccarla militarmente”.

Lo scopo del governo di Canberra”, insiste l’articolo, “è quello di inviare truppe nello Stretto di Taiwan se scoppia una guerra”, ma “le consigliamo di non illudersi di avere la capacità di intimidire la Cina acquisendo sottomarini a propulsione nucleare e missili offensivi: se lo farà” conclude nel modo più minaccioso possibile l’editoriale del giornale del PCC, “è molto probabile che le truppe australiane siano anche il primo gruppo di soldati occidentali a sprecare la propria vita nel Mar Cinese Meridionale”.

In Australia però, non sembrano per nulla intimoriti dalle aperte minacce che arrivano da Pechino, e la posizione di Canberra la si può leggere in un altro importante editoriale, apparso oggi a firma di Cameron Stuart su The Australian”, dove definisce l’adesione ad Aukus da parte dell’Australia e la costruzione dei sottomarini nucleari “una buona cosa, perché aumenterà in modo incrementale la deterrenza contro la Cina.

 Gli strateghi e i leader cinesi dovranno valutare il rischio” insiste l’editoriale, “e presumibilmente saranno meno propensi a decidere di varcare la soglia della guerra”. “La speranza” conclude Stuart, “è che una maggiore deterrenza renda la posta in gioco più alta per i cinesi e le prospettive di successo in caso di attacco, più basse”.

L’intesa firmata oggi, però, rappresenta per l’Australia anche un decisivo – e dalle conseguenze imprevedibili – “salto di qualità” in termini di aggressività militare, soprattutto perché significa che se gli Stati Uniti entrassero in un conflitto nella regione indo-pacifica, sarebbe molto più difficile per l’Australia non essere direttamente e quasi automaticamente coinvolta.

 l’Australia non aveva un’industria nucleare civile e l’acquisizione di sottomarini a propulsione nucleare era precedentemente considerata impensabile dal governo di Canberra, sia politicamente che praticamente, più che mai convinto che gli Stati Uniti o il Regno Unito non avrebbero mai condiviso la loro tecnologia nucleare più preziosa e segreta. Senza contare che il governo era convinto che gli australiani non fossero pronti per un dibattito su questa delicata questione.

Ora, la firma del trattato della neonata alleanza AUKUS, imprime un’incredibile accelerazione a tutto questo, resa possibile da una vera e propria “tempesta perfetta” di eventi simultanei. In primis l’ascesa di una Cina belligerante e la sua ricerca di un’egemonia illegale nel Mar Cinese Meridionale; le recenti tensioni e i veri e propri scontri che hanno opposto Canberra e Pechino praticamente su tutto, dalla spinosa questione delle responsabilità cinesi sull’origine della pandemia - sollevate con forza dall’Australia - alle lotte commerciali culminate nella cosiddetta “guerra del Carbone”.

Poi la crescente frustrazione per il progetto del sottomarino francese e il desiderio del governo Morrison di rafforzare l’alleanza con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna e intrecciarli più strettamente con l’Indo -Pacifico.

Solo il tempo dirà se, d’ora in poi, l’area asiatica, e il Mondo intero, saranno un luogo più sicuro, come pretende Joe Biden e i suoi alleati che hanno firmato questa nuova alleanza, oppure la scintilla che porterà alla definitiva caduta dell’Occidente, come pretendono Xi Jinping e i suoi.

(Marco Lupis-Journalist).

 

 

 

 

 

 

Incursione record di 38

 jet militari cinesi su Taiwan.

msn.com-Ansa-(2 ottobre 2021)- ci dice:

 

(ANSA) - TAIPEI, 02 OTT - Un numero record di 38 aerei militari di Pechino è entrato nelle ultime ore nella zona di identificazione della difesa aerea di Taiwan, ha annunciato Taipei, che oggi ha reagito, accusando Pechino di "bullismo" e di atti che "danneggiano la pace".

Ieri, in occasione della Festa nazionale cinese, 38 aerei militari cinesi, fra cui caccia J-16 e bombardieri con capacità nucleare H-6 sono entrati nello spazio di difesa e identificazione taiwanese in due separate incursioni: una di 25 e una seconda di 13 velivoli la scorsa notte. Taipei ha subito facendo levare in volo alcuni dei suoi caccia e allertato i sistemi di difesa antimissile.

"La Cina ha un atteggiamento bellicoso e dannoso per la pace regionale e compie atti di bullismo", ha dichiarato il premier taiwanese, Su Tseng-chang, in una conferenza stampa.

"E' evidente che il mondo, la comunità internazionale, respinge con forza un simile comportamento da parte della Cina", ha aggiunto il capo del governo dell'isola, che Pechino considera semplicemente come una provincia cinese ribelle ed è pronta a riunificarla a sé anche con l'uso della forza, se necessario.

Dalla salita al potere della presidente Tsai Ing-wen, la Cina ha intensificato la pressione militare e politica su Taipei, che, al contrario, ha rafforzato la sua convinzione di essere un Paese indipendente, libero e democratico.

 (ANSA).

 

 

 

 

 

Le basi per controllare l’Oceano Indiano.

It.insideover.com- Lorenzo Vita-(1 OTTOBRE 2021)-ci dice:

 

Dal Golfo Persico all’Australia, passando per l’hub strategico più importante dell’Oceano Indiano: Diego Garcia. Le forze aeronavali del Regno Unito e degli Stati Uniti stanno blindando le loro basi nelle acque a sud dell’Asia per costruire una vera e propria cintura di fuoco e di controllo delle principali rotte oceaniche. Quelle che collegano i grandi porti dell’Estremo Oriente all’area più vicina all’Africa e e che lambisce anche l’area di azione delle potenze europee.

L’accordo Aukus tra Regno Unito, Stati Uniti e Australia, quello che riguarda anche (se non soprattutto) la vendita di sottomarini a propulsione nucleare a Canberra, è solo l’ultimo atto di una serie di azioni messe in piedi da Londra e Washington.

L’obiettivo è quello di controllare i flussi commerciali e militari provenienti o diretti verso le basi cinesi, ma anche un segnale. Un avvertimento nei confronti di Pechino che quanto accade nel Pacifico riguarda anche un altro oceano, quello Indiano, che il Pentagono ha “unito” al primo formando quella grande regione chiamata Indo-Pacifico. Un’invenzione che non è solo una finzione strategica, ma un chiaro messaggio politico: il nome implica un destino, una lettura, una precisa narrazione.

Se non c’è un solo oceano, ma due oceani, vuol dire che non c’è solo una potenza, ma tante: il mare, per definizione senza confini, diventa così palcoscenico per tutti gli attori di una regione più grande, indissolubilmente legati nelle azioni e nei destini. Parlare di Pacifico significa parlare di Estremo Oriente e Oceania. Parlare di Indo-Pacifico, significa inserire immediatamente l’India ma guardare anche oltre, verso le coste occidentali di quell’enorme specchio d’acqua che lambisce le coste africane e mediorientali.

Di qui la necessità per Stati Uniti e Regno Unito di costruire una trama strategica che non sia limitata nello spazio a categorie superate dalla prassi.

Duqm, in Oman, non è solo una base mediorientale, ma un centro nevralgico che collega la proiezione di forza anglo-americana nel Vicino Oriente fino alle profondità oceaniche. Il 12 settembre del 2020, il segretario alla Difesa britannico Ben Wallace annunciò lo stanziamento di 23,8 milioni di sterline per l’espansione della base omanita affermando che avrebbe triplicato le dimensioni facilitando “gli schieramenti della Royal Navy nell’Oceano Indiano”.

 Un segnale particolarmente interessante dal momento che un avamposto militare nel Mare Arabico veniva ampliato espressamente per proiettarsi sull’Oceano Indiano nonostante gli enormi interessi britannici e soprattutto americani nel Golfo Persico e nell’area verso Bab el Mandeb.

Parole che implicano non tanto disinteresse verso il Golfo e quelle rotte (impossibile anche solo per la storia della Gran Bretagna e per gli obiettivi degli Usa) ma semmai unità di scacchiere. Nulla, nella fluidità dell’Indo-Pacifico, è lasciato al caso.

Del resto, come ricorda il Washington Institute, anche l’India ha confermato e rafforzato l’accordo di difesa con l’Oman inviando nella stessa base di Duqm sottomarini e aerei P-8I. Ed è assolutamente lecito ritenere che quello possa essere uno dei principali avamposti americani per eventuali operazioni di soffocamento dell’azione cinese nella regione.

A migliaia di chilometri di distanza da Duqm, un’altra base tra i Territori britannici nell’Oceano Indiano, Diego Garcia, rappresenta un altro anello della catena per blindare la Cina e il controllo del mare. Immersa completamente all’interno di questo enorme specchio d’acqua a sud dell’India, l’isola, condivisa dalle forze Usa e britanniche, rappresenta ormai un hub strategico di fondamentale importanza.

Soprattutto dopo l’investimento di Londra e Washington in Aukus ma anche con la decisione di Boris Johnson di inviare la propria flotta in modo permanente nelle acque dell’Indo-Pacifico. Una svolta impressa con la spedizione del gruppo d’attacco della portaerei Queen Elizabeth.

 Lo ha spiegato anche Alessio Patalano, professore del King’s College di Londra, a Nikkei Asia. “Diego Garcia opera come il collante che mantiene l’Oceano Indiano occidentale collegato, operativamente, alla parte orientale della regione dell’Oceano Indiano” ha spiegato il professore. Punto di congiunzione perfetto tra l’est e l’ovest dell’oceano.

L’Australia offre a questo punto il terzo polo perfetto per una forma di soffocamento delle mire cinesi nella regione indo-pacifica. Canberra ha da tempo evidenziato di voler allontanarsi dalla pressione cinese in vista di una maggiore prossimità agli obiettivi Usa. E per questo motivo la firma dell’accordo con Washington e Londra va letta, più che in chiave anti-francese, come l’ultimo gesto di sfida nei confronti di Pechino.

Tanto più che molti segnalano che la questione sottomarini debba essere posta sia nell’ottica del rafforzamento australiano, all’interno della nuova strategia di coinvolgimento alleato nota come “Integrated Deterrence”, sia per l’aumento della stessa proiezione Usa nel Pacifico e nell’area dell’Oceania.

Proprio per questo motivo, alcuni analisti sostengono che Aukus possa implicare, quantomeno nel medio termine, l’utilizzo da parte del Pentagono delle basi australiane per i sottomarini nucleare della Us Navy.

Non più quindi solo la rotazione di bombardieri e forze di terra, ma anche un maggiore utilizzo del territorio australiano come enorme rampa di lancio e torre di controllo dell’Indo-Pacifico: a partire dalla base di Perth, individuata da diversi esperti come uno dei veri fulcri di questa nuova strategia marittima anglo-americana.

(LORENZO VITA).

 

 

 

 

 

Germania: ecco le possibili maggioranze

 e cosa significherà per noi.

Scenarieconomici.it-Giuseppe Perlasca-(27 settembre 2021)- ci dice:

 

 Le elezioni tedesche sono finite ed abbiamo le possibili  maggioranze che governeranno, a torto o a ragione, quello che è il motore economico ed il Dominus politico (finché gli altri glielo permetteranno di fare) dell’Europa. Ora vogliamo presentarvele e darvi qualche piccolo commento in materia.

I possibili scenari risultanti sono indicati da questo grafico:

1) “Semaforo” SPD+Verdi+FDP: 416/735 seggi

2) Jamaica (CDU + Verdi+FDP): 406/735 seggi

3) Grosse Koalition (CDU+SPD): 402/735 seggi

4) Rosso Rosso verde (Linke +spd+Verdi): non ha la maggioranza per pochissimi voti.

vediamo le alternative:

“Semaforo” appare, in questo momento, l’opzione più probabile, almeno  do come appare dai colloqui post  elettorali. Appare ovvio il maggior problema in campo: i Verdi al governo con la FDP.

le differenze sono molto forti, con i primi aventi una visone anti-mercato, ed i secondi difensori stretti del liberismo.

 FDP è stato molto critico sulle politiche climatiche richieste dai verdi e sicuramente avremmo una loro razionalizzazione ed una diminuzione del loro peso dal punto di vista fiscale.

 Un’intesa non facile, che avrebbe come base il desiderio di farla finita con la lunga era Merkel e con l’apparato di potere della CDU: Perché le sedie sono importanti anche in Germania…

“Jamaika”: il nome deriva dai colori della bandiera giamaicana, ed è già stato tentato in passato, anche se senza nessun successo.

All’epoca fu la FDP a tirarsi indietro facendo nascere l’ultima versione della Grosse Koalitione.

Anche in questo caso si tratterebbe di trovare un equilibrio fra FDP e Verdi, mentre la CDU sarebbe di suo già felice di difendere una parte del proprio blocco di potere:

“Grosse Koalitione”: la soluzione più semplice, perché non è che la prosecuzione di quella precedente, e quella meno probabile perché, appunto, non segnerebbe quella frattura che la SPD non può che desiderare.

Scholz deve segnare una frattura e questa non può che venire da un cambio politico secco. Poi, se le altre soluzioni si rivelassero impercorribili, magari per un irrigidimento dei verdi, allora potrebbe ritornare in campo prima del voto anticipato;

“Rosso- Rosso Verde”: non ha i numeri per una manciata di voti, e difficilmente può prendere appoggi da CDU o FDP. Però, chissà.

 

 COSA SUCCEDERA’ IN EUROPA. Se la CDU fosse esclusa dalla maggioranza in Germania è inutile negare che ci sarebbero dei contraccolpi anche in Europa.

 Il gruppo del PPE, già di per se diviso fra mediterranei (Spagnoli, Italiani, ma non solo) sarebbero ancora maggiormente spinti a segnalare la loro opposizione a una maggioranza sempre più rossa e verde, in cui contano sempre meno.

 Il Colpo alla CDU potrebbe portare a risistemazione nei gruppi europei e qualcuno potrebbe essere spinto a chiedere un avvicinamento a ECR ed I>D, piuttosto che ai socialisti.

Un bel problema per la Von Der Leyen.

COSA SUCCEDE PER L’ITALIA? Nulla.

La presenza della FDP è garanzia di una forte rigidità sulla materia monetaria ed avremmo ancora una maggiore pressione a far uscire la BCE da una politica di morbidezza monetaria, mentre ci sarebbe una spinta sempre maggiore verso il rientro in azione dei parametri di Maastricht.

 

 

 

 

 

Caccia nucleari cinesi su Taiwan:

è la replica ai patti dell’Indo-Pacifico.

Msm.com-Gianluca Modolo-(2-10-2021)- ci dice:

 

PECHINO - Quale modo migliore per festeggiare i 72 anni della fondazione della Repubblica popolare cinese se non quello di mandare 58 caccia a sorvolare la zona di difesa aerea di Taiwan, la "provincia ribelle" al di là dello Stretto di Formosa? Quella che è andata in scena tra venerdì e sabato alza l'asticella rispetto alle incursioni precedenti: mai così tanti aerei dell'Esercito di liberazione si erano alzati in volo vicino all'isola (tra cui bombardieri con capacità nucleare H-6) nel giro di così poche ore. E mai esercitazioni così frequenti c'erano state come nelle ultime settimane.

 Quest'anno siamo già a 500 mezzi: contro i 380 dello scorso anno, che già erano un record. Il motivo ha un nome: anzi, due sigle.

 L'Aukus, il nuovo patto tra Usa, Regno Unito e Australia, e il Quad - l'alleanza tra Washington, Canberra, New Delhi e Tokyo - con un solo obiettivo: contenere l'avanzata di Pechino nell'Indo-Pacifico.

La Cina, nel giorno della sua festa nazionale, fa capire allora che Taiwan è "roba sua": da riunificare a tutti i costi. Se necessario, anche con la forza. Rispondendo così, pure, a quei "disegni sinistri" della Gran Bretagna che qualche giorno fa ha mandato una nave da guerra nello Stretto.

Un messaggio politico rivolto tanto a Londra quanto a Washington, lo storico rivale e il principale sostenitore della democratica Taipei, che tradotto suona così: non immischiatevi nei nostri affari interni. Del resto, riprendere il controllo dell'isola è uno degli obiettivi che Xi Jinping si è dato in vista del 2049 quando il Paese festeggerà i 100 anni della Repubblica, per diventare "prospero e potente". "Atti di bullismo che danneggiano la pace", ha risposto ieri il primo ministro taiwanese, Su Tseng-chang, aggiungendo: "Il mondo e la comunità internazionale respingono con forza un simile comportamento".

Ragioni storiche, geostrategiche ed economiche sono alla base della retorica cinese dell'annessione. A Taiwan, due mesi dopo la vittoria dei comunisti nel '49, si rifugiarono i nazionalisti continuando a governare la Repubblica di Cina. E allora "risolvere la questione e realizzare la riunificazione è un impegno irremovibile del Partito", come ebbe a dire il 1° luglio Xi, in occasione del centenario del Pcc. "Nessuno può mettere in discussione l'integrità territoriale della Cina".

Ma i fronti aperti con Pechino che preoccupano l'Occidente sono pure geopolitici: le rivendicazioni sulle isole del Mar cinese orientale, la linea dei nove punti più a sud - dove Pechino dice di controllare l'80% delle acque, ricche di giacimenti petroliferi (11 miliardi di barili di petrolio) - fino alla "prima catena di isole" che è quella che "imprigiona" i sogni di potenza del Dragone.

 Ecco perché Taiwan è così importante: la riconquista darebbe la possibilità di fare breccia in questa catena e da lì proiettare tutta la sua forza verso i grandi oceani. Infine, i semiconduttori, che a Pechino tanto servono e che sono di Taiwan il fiore all'occhiello dell'industria nazionale: tassello fondamentale della sfida tecnologica - e quindi militare ed economica - tra Usa e Cina.

Da anni l'isola si prepara a difendersi da un'eventuale invasione, anche grazie alle armi comprate dagli americani, mettendo sul piatto nel 2021 24 miliardi di dollari (briciole, però, in confronto agli oltre 200 di Pechino).

Molti esperti escludono un intervento militare: per la Cina non sarebbe conveniente. Ma la retorica della "riunificazione a tutti i costi" si fa più forte e le esercitazioni in cielo sempre più frequenti.

 

 

 

 

Sbarchi senza fine. L'ira di Salvini:

"Da mesi chiedo un vertice".

Ilgiornale.it- Federico Garau -(3 Ottobre 2021)-ci dice :

 

L'hotspot di Lampedusa è di nuovo al collasso: solo ieri altri 14 sbarchi sull'isola. Salvini chiede un incontro con Draghi e Lamorgese

Sbarchi senza fine a Lampedusa. L'ira di Salvini: "Da mesi chiedo un vertice".

Non c'è pace per l'isola di Lampedusa, da tempo presa d'assalto da immigrati clandestini decisi a raggiungere le coste italiane. A partire dalla mezzanotte, secondo quanto riferito da Adnkronos, si sono verificati ben 14 sbarchi, per un totale di circa 400 extracomunitari. Un lavoro immane per gli uomini della Guardia di finanza, che con le loro motovedette hanno portato avanti una vera e propria staffetta dal molo Favaloro.

La prima ad intervenire è stata l'imbarcazione Cp286, che a 15 miglia dalla più grande delle isole Pelagie ha recuperato 60 cittadini stranieri, fra cui 6 minori dichiarati, che si trovavano su un natante lasciato alla deriva. Poi è stata la volta di due barchini, intercettati all'ingresso del porto. In questa occasione, le Fiamme gialle hanno recuperato 21 e 13 extracomunitari, fra i quali si trovavano anche 4 donne e 7 minori. Un altro gruppo composto da 15 persone è invece riuscito ad eludere i controlli, ma è stato successivamente fermato subito dopo lo sbarco al molo Madonnina.

La notte è poi proseguita con ulteriori sbarchi. Moltissimi si sono registrati intorno alle 3 del mattino: in poco tempo diversi approdi hanno interessato il molo Favaloro. La Capitaneria di porto ha infatti intercettato 4 barchini lasciati alla deriva, con a bordo 12, 20, 18 e 15 stranieri, fra i quali anche 6 minori dichiarati.

È stata quindi la volta dello sbarco più massiccio: ben 95 extracomunitari, a bordo di una carretta, ha raggiunto le coste dell'isola. A bordo, ben 35 minorenni. Successivamente, a raggiungere la nostra Penisola sono stati altri 3 barchini, che trasportavano cittadini di nazionalità tunisina. Il primo trasportava 12 nordafricani, il secondo 51 (fra cui 4 donne) ed il terzo 17 ( fra cui 2 donne ed un minorenne). Altri due sbarchi, infine, si sono verificati alle prime luci dell'alba. Si parla di una carretta del mare trasportava a bordo ben 27 persone, tra cui 3 donne e 2 minori, e di un'altra imbarcazione.

Tutti quanti i cittadini stranieri sono stati accolti, accompagnati al centro di controllo per un primo triage sanitario e poi trasportati all'hotspot di contrada Imbriacola, già al collasso. Soltanto ieri, la struttura aveva ricevuto 245 migranti. Proprio oggi, fra l'altro, a Lampedusa vengono ricordati i 368 migranti morti nel naufragio del 2013.

A Lampedusa sbarca pure... una pecora

Le parole di Salvini.

Il problema sbarchi che interessa l'Italia non sembra trovare soluzione, malgrado i ripetuti appelli di alcuni rappresentanti politici. Ancora una volta l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini ha fatto sentire la propria voce, ricordando di stare da tempo aspettando una risposta da parte dell'attuale inquilino del Viminale.

 "Ho chiesto da mesi un incontro con Draghi e Lamorgese per bloccare il traffico di esseri umani, bloccare sbarchi e salvare vite.

Ma dopo 50.000 arrivi clandestini, tutto tace. E anche dopo la condanna del sindaco buonista Lucano, che secondo il Tribunale rubava sfruttando gli immigrati, tutto tace.

 Cui prodest?”, ha attaccato il leader della Lega, commentando gli sbarchi che sono verificati nelle ultime ore.

 

 

 

 

 

Presto arriverà una Nuova Emergenza

 e le Misure restrittive saranno analoghe a quelle attuali.

Conoscenzealconfine.it- Diego Fusaro-(4 Ottobre 2021)- ci dice:

(Telegram).

 

Davvero tutto senza eccezioni sembra lasciar intendere che la nuova emergenza sarà in un futuro non troppo remoto di ordine climatico.

La nuova emergenza prevederà misure emergenziali che per molti versi saranno analoghe a quelle che abbiamo visto nell’emergenza epidemiologica. L’emergenza è divenuta la nuova normalità. Più precisamente, l’emergenza perpetua si è mutata in una nuova razionalità politica che viene gestita dal blocco anarchico neoliberale ad usum sui.

Le classi dominanti utilizzano l’emergenza per governare meglio le popolazioni, per fare le riforme di cui hanno bisogno loro e per ristrutturare integralmente la società, la sanità e la politica. Questo è il segreto dell’emergenza.

L’ex BCE Mario Draghi ha per altro asserito l’analogia tra crisi epidemiologica ed emergenza di tipo climatico, ponendo in evidenza la relazione nient’affatto secondaria tra le due se non altro di ordine temporale.

“L’emergenza climatica non è meno grave di quella epidemiologica” ha asserito l’unto dei signori. E in questa stessa direzione pare andare il ritorno in scena immancabile della piccola e immarcescibile Greta Thunberg. Il ruolo di quest’ultima consiste nel denunciare l’emergenza e prospettare “soluzioni” che rientrino nell’ordine governamentale del potere dominante di ordine neoliberale.

Chissà ancora come interpretare l’incontro tra Mario Draghi e Greta Thunberg che si è tenuto proprio in Italia. Ci sembra ragionevolmente di dover affermare che l’emergenza durerà assai a lungo: si cristallizzerà anche in una nuova normalità e si muterà sempre di nuovo in nuove figure dell’emergenza stessa, come quella climatica.

Dovrebbe essere ormai chiaro, per non altro, visto che viviamo in una situazione di emergenza perpetua dal 2001, dalla caduta delle Torri Gemelle. L’emergenza per l’ordine neoliberale del turbo capitalismo apolide non è una perturbazione accidentale, bensì è condizione essenziale di esistenza e riproduzione, il fondamento di un nuovo paradigma governamentale di gestione delle cose e delle persone, la base solidissima di una nuova razionalità politica che necessita dell’emergenza infinita per mantenere vive le infinite misure di emergenza e dunque per la riorganizzazione autoritaria e verticistica del modo della produzione.

Che sia l’emergenza terroristica, finanziaria, sanitaria o prossimamente quella climatica, la ratio ultima dell’emergenza rimane sempre la stessa: porre a rischio la vita e giustificare le misure inaccettabili, quelle che in una situazione di normalità verrebbero respinte dalla popolazione e che invece vista la situazione di emergenza e di pericolo per la vita vengono accettate, anzi subite, con una resa colma di gratitudine.

(Diego Fusaro- RadioAttività- radioradio.it).

 

 

 

 

 

Tsunami, clima e potere:

dalle Canarie alle Tre Gole(Cina).

libreidee.org-Redazione-(03/10/2021)-

 

Ipotesi mega-tsunami: uno in America, l’altro in Cina.

E’ singolare, la simmetria incarnata da due eventi lontanissimi nello spazio, ma contemporanei: alla preoccupante, anomala eruzione del vulcano Cumbre Vieja alle Canarie fa eco l’ennesima alluvione che sta mettendo sotto pressione la mastodontica Diga delle Tre Gole situata nell’Hubei, la provincia di Wuhan.

Coincidenze? Qualcuno sarebbe tentato di pensare che, in tempi di fanta-climatologia (con 50.000 giovani in piazza a Milano al seguito di Greta Thunberg), eventuali malintenzionati potrebbero anche approfittare della situazione, calcando la mano su eventi naturali, al punto da forzarne gli effetti. Un’ipotesi estrema, vagliata da Tom Bosco a “L’Orizzonte degli Eventi”, il 28 settembre, insieme a Nicola Bizzi e Matt Martini.

Tema: le catastrofiche conseguenze che i geologi attribuiscono virtualmente all’eruzione delle Canarie, nel caso l’isola occidentale di La Palma smottasse nel mare. In parallelo, si evoca l’altrettanto spaventosa ondata che si abbatterebbe sul territorio cinese se dovesse cedere l’immenso impianto delle Tre Gole, il più imponente che sia mai stato costruito dall’uomo.

A colpire i vulcanologi, sottolinea Bizzi, è il carattere estremamente superficiale del cosiddetto “ipocentro” dei terremoti innescati dall’eruzione alle Canarie: appena 500 metri di profondità, quando invece il centro sotterraneo del sisma è normalmente collocato a decine o più spesso centinaia di chilometri, nel sottosuolo.

Si può sospettare che l’evento possa non essere di origine naturale – dice Bizzi – se l’ipocentro è situato anche solo a 5 chilometri sotto la superficie terrestre: e in questo caso si parla addirittura di poche centinaia di metri.

Tom Bosco ricorda i dossier illustrati dal generale Fabio Mini in materia di geoingegneria: secondo i dati presentati dall’ex comandante della Nato nei Balcani, infatti, attraverso specifiche emissioni d’onda (come quelle alla portata del sistema Haarp, in Alaska) sarebbe possibile anche provocare terremoti e altri eventi traumatici, incluse gigantesche “bombe d’acqua” capaci di originare alluvioni.

 Che la Terra sia letteralmente in subbuglio, da qualche anno, non è un mistero: l’attività sismica è in costante crescita, così come quella vulcanica. Si tratta di fenomeni di origine naturale, che documenterebbero un “grande riassetto” del pianeta, i cui poli magnetici sono in rapidissimo movimento.

Per contro, di Grande Reset si parla ormai ininterrottamente, dopo gli annunci di Davos e la manipolazione mondiale dell’epidemia influenzale ribattezzata Sars-Cov-2, utilizzata per cambiare lo stile di vita dell’Occidente, assottigliando ulteriormente la democrazia e abolendo parecchie libertà personali, proprio in ossequio al recente modello cinese varato da Deng Xiaoping in accordo con le élite neoliberiste occidentali allora incarnate da Kissinger.

 Quanto ha funzionato, l’Operazione Corona? La partita non è chiusa: vasti settori dell’Occidente si stanno ribellando allo schema di dominio 2.0 inaugurato con l’alibi della presunta emergenza sanitaria “infinita”. Un caso di scuola sembra essere rappresentato dall’Italia di Mario Draghi, che ha vincolato l’eventuale “ripartenza” economica alla campagna di digitalizzazione di massa introdotta in modo surrettizio con il Green Pass, previo inoculo (sostanzialmente obbligatorio) di terapie geniche sperimentali. Alle Nazioni Unite, lo stesso Draghi ha disegnato il cambio di scenario in arrivo: dall’emergenza Covid si passerebbe direttamente all’emergenza climatica, la nuova “clava” da impugnare per “resettare” la società.

Avverte Bizzi: c’è già chi evoca la possibilità di “lockdown climatici”, dopo aver incassato – anche in questo caso – il risultato di una colossale falsificazione, almeno secondo illustri esponenti della comunità scientifica (tra cui Premi Nobel come Carlo Rubbia).

 Denunciano l’invenzione dell’origine antropica dei cambiamenti climatici, anche repentini e traumatici: in realtà sono sempre avvenuti, nella lunga storia della Terra, per effetto dell’azione solare. La vera emergenza – questa sì, drammatica – riguarda invece la tenuta dell’ecosistema, sottoposto a un inquinamento senza precedenti.

La soluzione imbracciata come arma di persuasione di massa – ridurre le emissioni, quindi le attività e anche il bilancio demografico – risuona in modo un po’ sinistro con la teoria scolpita nel granito delle Georgia Guidestones: «Mantieni l’Umanità sotto i 500.000.000 in perenne equilibrio con la natura».

 In altre parole: 7 miliardi di persone sarebbero di troppo? Secondo alcuni studiosi, il nostro pianeta potrebbe ospitare stabilmente una popolazione di 15 miliardi di individui, a patto però di “ripulire” le modalità di produzione. Si calcola che la sola riduzione della filiera della carne (monoculture per mangimi ad altissimo consumo di terreni e di acqua) garantirebbe un effetto dalla portata virtualmente risolutiva.

L’ambientalismo ha un cuore nobile: in molte sue declinazioni non è solo sinonimo di saggezza, ma esprime anche una visione nonviolenta dell’esistenza, basata sulla ricerca di una maggiore armonia.

 Non stupisce che, da svariati decenni, se ne siano impossessate determinate élite di potere, che abbracciano cenacoli come la Fabian Society e il Club di Roma, pronti a colpevolizzare invariabilmente la popolazione mondiale.

 In questo c’è chi individua radici lontanissime, come il pensiero del pastore anglicano Thomas Robert Malthus, nato nella seconda metà del Settecento: ossessionato dalla crescita demografica percepita come calamità, Malthus è considerato il precursore della moderna sociologia.

Sono dunque i nipotini di Malthus a maneggiare l’ecologismo in termini apocalittico-catastrofistici, per poi puntare – come avviene oggi – a nuovi modelli di business finanziario, progettati per una società orwelliana e popolata di individui iper-controllati, proprio come i sudditi di Xi Jinping?

 Di certo è ancora la Cina, a giganteggiare all’orizzonte, nonostante i regolamenti di conti che le tante oligarchie mondiali, in guerra tra loro, hanno avviato a margine dell’affare-Covid.

Colpisce, in proposito, anche l’acquiescenza del Vaticano: il silenzio di Bergoglio sulla “dittatura sanitaria” sembra speculare rispetto all’altro grande silenzio del suo controverso pontificato: la cessione al regime di Pechino del potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina.

Un accordo rinnovato nel 2020 nonostante il clamoroso altolà pronunciato a Roma da Mike Pompeo, segretario di Stato di Donald Trump. I fatti sono noti: con un pretesto diplomatico, il Pontefice rifiutò di ricevere Pompeo (quasi sapesse già come sarebbero finite, le presidenziali che avrebbero determinato la “vittoria” di Biden grazie al voto postale e agli algoritmi di Dominion). Pompeo, peraltro, è l’uomo che all’inizio del fatidico 2020 – appena prima dell’esplosione dell’infodemia di Wuhan – aveva precipitosamente rivendicato la stranissima uccisione illegale, a Baghdad, del generale Qasem Soleimani: un atto di pirateria internazionale concepito per assassinare l’eroe nazionale iraniano, protagonista (con i siriani, i russi e i libanesi di Hezbollah) della liberazione della Siria dal terrore scatenato dalle milizie dell’Isis, cresciute come funghi sotto la presidenza Obama.

Il brutale omicidio di Soleimani – ucciso da chi, realmente? – può aver dato la sensazione di una sorta di sacrificio umano, rituale, se lo si mette in relazione con quanto sarebbe avvenuto, nel mondo, di lì a poco.

 A questo filone di gesti apparentemente incomprensibili, forse, può appartenere anche la recente decisione degli Usa di lasciare di colpo l’Afghanistan nelle mani dei Talebani. L’importante, nel frattempo, è che la popolazione occidentale “sappia” che, come ha detto Draghi, «se non ti vaccini, muori», e che – come sostiene l’eminente climatologa Greta – le variazioni climatiche sono apocalittiche nonché assolutamente causate da noi.

 Ergo: faremo bene ad accettare, senza protestare, qualunque misura “green” ci venisse imposta, dai grandi reggenti del pianeta (o almeno, del suo emisfero occidentale). Qualche catastrofe altamente spettacolare potrebbe rafforzare il concetto? Alcuni studiosi calcolano che l’eventuale, malaugurato smottamento di una parte dell’isola di La Palma, alle Canarie, potrebbe anche provocare uno tsunami devastante, capace di colpire le coste britanniche e persino quelle della Florida.

Guardando al nuovo allarme che investe la Diga delle Tre Gole, Tom Bosco si spinge a ipotizzare la possibilità – teorica – di una sorta di guerra clandestina, geologico-climatica: da una parte si farebbe “esplodere” un vulcano per provocare un’ondata oceanica, dall’altra si scatenerebbe un maxi-nubifrago per far collassare lo sbarramento dello Yangtze, a valle del quale vivono milioni di cinesi.

 Fantasie? Canarie emergenza vulcanica-Canarie, Bizzi non esclude neppure la possibilità (del tutto virtuale, ovviamente) che quella strana attività vulcanica – con terremoti clamorosamente superficiali – possa testimoniare il tentativo di provocare una sorta di “eruzione controllata”, destinata a sventare il peggio, cioè a disinnescare gradualmente il potenziale distruttivo del Cumbre Vieja, notoriamente temuto dai vulcanologi.

 Domande destinate a restare senza risposta, per ora, in un mondo in cui le spiegazioni non sono più di casa. Emblematico, il nuovo “whatever it takes” dell’ex drago della Bce: “Se non ti vaccini, muori” sembra una sintesi perfetta della Neolingua corrente, basata sul capovolgimento geometrico della verità.

Immancabilmente, c’è anche chi si lamenta dei cosiddetti complottisti, i cui deliri – molto spesso – sono preziosissimi, per gettare discredito su chiunque si ponga domande. Per contro, anche le fantasie più iperboliche sono sistematicamente innescate dalla reticenza plumbea di un potere apolide, senza volto, che utilizza le sue pedine – Greta e Bill Gates, lo stesso Zuckerberg, l’immaginifico Elon Musk – per disegnare paradisi artificiali da coniugare con il contrappasso di uno stravagante inferno domestico, ipertecnologico e bio-cibernetico, in un pianeta irto di antenne 5G e trattato quotidianamente con l’aerosol rilasciato dai voli di linea.

Chissà, magari esiste pure la possibilità di ricavare un’equazione matematica che leghi i peggiori incubi del cospirazionismo al tasso di inattendibilità delle fonti ufficiali. La prova del nove, comunque, è piuttosto intuitiva: se gli eventi controversi venissero spiegati in modo esauriente, le relative dietrologie si ridurrebbero a fenomeno residuale, fisiologicamente patologico e del tutto trascurabile.

 Se poi è l’Istat ad annunciare che – in base a proiezioni statistiche – la popolazione italiana si dimezzerà fino a ridursi ad appena 32 milioni di persone, è perfettamente inutile aspettarsi che qualcuno spieghi quali potrebbero essere, le ragioni di un depopolamento così drastico, fondato sulla denatalità.

 

 

 

 

La Cina chiude le fabbriche e

il commercio marittimo si inceppa.

visionetv.it-Don Quijote - (4-10-2021)- ci dice :

 

Sembra una buona notizia: invece probabilmente è un pessimo segno. Nel fine settimana sono improvvisamente crollati i costi per spedire via mare le merci dalla Cina agli Stati Uniti: quasi dimezzati nel giro di poche ore, anche se le cifre sono comunque cinque o sei volte superiori a quelle pre-Covid.

Il traffico marittimo inceppato, i suoi costi stratosferici, le navi portacontainer in coda davanti ai porti come a un casello autostradale a Ferragosto sono stati una delle cause alla base dei rincari delle materie prime, diventate scarse e introvabili. E dunque questo calo improvviso sembrerebbe una gran bella cosa.

Ma il punto dolente è il motivo principale per il quale i costi del trasporti merci si sono afflosciati – chissà se il trend continuerà – alla velocità con cui “si siede” un soufflé tirato fuori dal forno troppo presto. Questo motivo, secondo gli analisti, risiede nel fatto che la Cina sta chiudendo le fabbriche. E la Cina è la fabbrica del mondo. Ovvero, far viaggiare la merce costa meno perché c’è meno merce da far viaggiare.

Ufficialmente, in diverse province cinesi le attività produttive sono rallentate e intere città sono rimaste al buio per l’aumento dei costi del carbone (in Cina è la principale fonte utilizzata per produrre energia elettrica) e per il desiderio di limitare le emissioni. Il Governo cinese ha reagito ordinando di comprare combustibili per generare energia – carbone compreso – a qualsiasi prezzo. E questo causa l’aumento del prezzo del carbone, del gas e del petrolio, con conseguenti difficoltà per il resto del mondo e soprattutto per l’Europa dove il prezzo del gas già da mesi sta aumentando più che altrove.

Ma soprattutto, il rallentamento delle fabbriche cinesi causa la scarsità e il rincaro delle merci la cui produzione avviene in Cina. Bloccata l’esportazione dei fertilizzanti fosfati, ferme alcune fabbriche che riforniscono Tesla e Apple, tagliata la produzione dell’umile magnesio – indispensabile però all’industria automobilistica e aerospaziale – che in un solo giorno, la settimana scorsa, in Europa è rincarato dell’80%.

Sono solo esempi. Al momento, le ripercussioni sistemiche della grana cinese sull’economia dell’Occidente e dell’Italia si possono semmai intuire: non tratteggiare. I grandi media italiani sono troppo impegnati a parlare di ripresa e non hanno molto tempo per indagare.

(DON QUIJOTE).

 

 

 

GAVI: La prossima pandemia: Marburg?

Stateofthenation.co-Redazione( Priya Joi -22 aprile 2021) -(3-10-2021)- ci dice:

(Facebook)- gavi.org.

Cugino mortale dell'Ebola, Marburg può uccidere nove persone su dieci che infetta, e i viaggi internazionali lo hanno portato dall'Africa all'Europa due volte negli ultimi 40 anni. La crescente globalizzazione renderà questo virus più probabile che esploda in tutto il mondo?

Nell'agosto del 1967, un gruppo di pazienti a Marburgo e Francoforte, in Germania e a Belgrado (allora Jugoslavia, ora Serbia), iniziò a mostrare sintomi di una malattia infettiva: febbre alta, brividi, dolori muscolari e vomito. I pazienti sono peggiorati nei giorni successivi, fino a quando non hanno iniziato a sanguinare da ogni orifizio nel loro corpo, comprese le ferite da puntura d'ago.

 In totale 31 persone sono morte.

Tre mesi dopo questa epidemia, i virologi di Marburg avevano scoperto il primo filovirus, un cugino dell'altrettanto mortale virus Ebola.

 Il virus era stato trasportato da scimmie verdi africane infette dall'Uganda.

Evitare di maneggiare o mangiare carne selvatica è anche fondamentale per evitare qualsiasi potenziale infezione che potrebbe diffondersi dagli animali.

Dopo questo primo avvistamento, il virus è stato poi visto principalmente nei paesi africani, nelle grotte infestate dai pipistrelli o nelle miniere. Circa 40 anni dopo, tuttavia, il virus è riemerso in Europa attraverso una viaggiatrice di ritorno nei Paesi Bassi da un viaggio in Uganda dove aveva visitato le grotte.

Il più grande focolaio noto del virus Marburg, in Angola nel 2004, ha infettato oltre 250 persone e ha avuto un tasso di mortalità del 90%.

Il virus di Marburg può persistere negli occhi e nei testicoli delle persone che si sono riprese, e nelle donne in gravidanza può persistere nella placenta e nel liquido amniotico e nel latte materno. Questo può essere estremamente pericoloso. All'inizio del 2021, ci sono state segnalazioni che l'Ebola, strettamente correlata a Marburg, potrebbe essere dormiente nelle persone solo per emergere molti mesi dopo la fine di un'epidemia, innescando un'altra epidemia.

MALATTIA: MARBURG

Dove circola? La maggior parte dei focolai sono stati in Africa, con casi segnalati in Angola, Repubblica Democratica del Congo, Kenya, Sud Africa, Uganda e Zimbabwe. Tuttavia, ci sono stati focolai in Europa e negli Stati Uniti.

 

Minaccia pandemica: Poiché il virus Marburg può diffondersi da uomo a uomo attraverso il contatto di fluidi corporei, proprio come Ebola. Come le epidemie in Europa e negli Stati Uniti hanno già dimostrato, l'aumento della globalizzazione e dei viaggi internazionali significa che il rischio di diffusione globale è elevato, soprattutto quando il periodo di incubazione potrebbe arrivare fino a tre settimane. Questo potrebbe essere disastroso dato il suo alto tasso di mortalità.

Come si diffonde? I pipistrelli egiziani della frutta rousette spesso ospitano il virus. Le scimmie verdi africane hanno in passato diffuso il virus alle persone in Uganda, ma i maiali possono anche essere infettati e possono essere una fonte di infezione. Il virus Marburg si diffonde attraverso il contatto diretto (attraverso la pelle rotta o le mucose) con il sangue, le secrezioni, gli organi o altri fluidi corporei delle persone infette, e anche attraverso qualsiasi materiale come la lettiera, che sono stati contaminati dai fluidi infetti.

Di conseguenza, gli operatori sanitari sono stati spesso infettati trattando pazienti con il virus di Marburg. Le cerimonie di sepoltura in cui le persone hanno un contatto diretto con il corpo possono anche guidare la diffusione del virus.

Tasso di mortalità dei casi: Marburg è uno dei virus più letali che conosciamo, uccidendo fino all'88% delle persone che infetta.

Periodo di incubazione: L'incubazione varia da un breve di due giorni a un massimo di 21 giorni, anche se alcuni studi hanno suggerito che il virus può incubare fino a 26 giorni.

Sintomi: Il virus Marburg inizia con febbre, forte mal di testa e dolori muscolari. Questo è spesso seguito da diarrea acquosa, mal di stomaco, nausea e vomito, accompagnati da esaurimento estremo e letargia. Molte persone continuano a sviluppare una grave febbre emorragica virale e, nei casi più gravi, hanno sangue nel vomito e nelle feci e possono sanguinare dal naso, dalle gengive e dalla vagina. L'assalto del virus è così estremo che la maggior parte delle persone muore 8-9 giorni dopo l'infezione, spesso a causa di un'estrema perdita di sangue.

Diagnosi: Marburg può essere difficile da distinguere clinicamente da altre malattie, come la malaria, la febbre tifoide, la meningite e altre febbri emorragiche virali. La diagnosi può essere confermata utilizzando tecniche che rilevano la presenza di risposta immunitaria al virus, come il saggio immuno assorbente enzimatico a cattura anticorpale (ELISA) o la presenza di virus nelle persone che presentano sintomi, tramite test di rilevamento della cattura dell'antigene, test di reazione a catena della polimerasi della trascrittasi inversa (RT-PCR) o isolamento del virus mediante coltura cellulare.

Tuttavia, spesso nessuno di questi strumenti diagnostici è disponibile nei paesi a più alto rischio di epidemie di Marburg. Oltre ad avere a disposizione i test diagnostici, i paesi devono avere laboratori in grado di garantire le massime condizioni di contenimento biologico a causa del fatto che i campioni sono un rischio estremo di rischio biologico.

 

Ci sono vaccini o trattamenti o ricerca e sviluppo in corso?

Attualmente non ci sono terapie specifiche per il virus Marburg. Tuttavia, le cure di supporto, compresa la reidratazione con liquidi per via orale o endovenosa, possono migliorare la sopravvivenza. Ciò può significare mantenere lo stato di ossigeno e la pressione sanguigna, sostituire il sangue perso e i fattori di coagulazione e trattare eventuali infezioni complicate. Potenziali trattamenti, tra cui emoderivati, terapie immunitarie e terapie farmacologiche, sono attualmente in fase di valutazione.

 I candidati vaccini contro il virus di Marburg sono in fase di studio e nel 2019, ad esempio, IAVI (International AIDS Vaccine Initiative) ha iniziato a ricercare un vettore di virus della stomatite vescicolare ricombinante (VSV) candidato vaccino contro il virus di Marburg, chiamato rVSVΔG-MARV-GP.

Un altro candidato vaccino MVA-BN Filo contenente antigeni del virus Marburg ed Ebola potrebbe potenzialmente proteggere da entrambi i virus emorragici. Attualmente è in fase 3 di sperimentazione e sembra innescare una buona immunità contro il ceppo Ebola Zaire, ma non è ancora stato testato contro il virus Marburg.

COME POTREMMO RIDURRE IL RISCHIO CHE DIVENTI UNA PANDEMIA?

Poiché il virus Marburg può diffondersi tra le persone, sono necessarie misure di controllo delle infezioni estremamente rigorose per evitare che le persone siano in contatto tra loro, per garantire che tutti i campioni di laboratorio vengano smaltiti con cura e per garantire procedure di sepoltura sicure. Evitare di maneggiare o mangiare carne selvatica è anche fondamentale per evitare qualsiasi potenziale infezione che potrebbe diffondersi dagli animali. I viaggi internazionali sono un importante fattore di rischio per la diffusione del virus Marburg oltre l'Africa e sarà importante una diagnostica rapida per garantire che i casi vengano raccolti prima che le persone portino il virus in altri paesi.

Per ulteriori informazioni sulla malattia da virus di Marburg, ecco la scheda informativa dell'OMS:

(who.int/news-room/fact-sheets/detail/marburg-virus-disease).

 

 

 

 

 

La Nuova Zelanda proclama

lo Stato di Emergenza Climatica.

Conoscenzealconfine.it- Redazione-(5 Ottobre 2021)- ci dice:

 

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 Conoscenze al Confine

Il Parlamento della Nuova Zelanda ha proclamato lo stato di emergenza climatica, pur con i voti contrari dell’opposizione conservatrice.

La Nuova Zelanda ha proclamato lo stato di emergenza climatica. L’annuncio è arrivato direttamente dal primo ministro Jacinda Ardern, che ha preso la parola di fronte al Parlamento della propria nazione, sottolineando la necessità di agire in modo rapido ed efficace, nell’interesse nelle future generazioni.

“Dobbiamo stare dalla parte giusta della Storia”

“Siamo di fronte ad una minaccia per la vita”, ha affermato la dirigente. Aggiungendo che “se non reagiremo ai cambiamenti climatici, continueremo a dover fronteggiare situazioni di emergenza sulle nostre coste”.

 Per questo, prima del voto, Jacinda Ardern ha esortato i deputati a “stare dalla parte giusta della storia. Per far parte della soluzione che occorre trovare collettivamente”.

Il testo che proclama l’emergenza climatica è stato approvato, alla fine, con 76 voti favorevoli e 43 contrari. A schierarsi per il “no” sono stati i membri del Partito nazionale neozelandese, l’opposizione di centro-destra ai progressisti che sostengono il primo ministro. Secondo la loro opinione, infatti, la dichiarazione potrebbe risultare controproducente, perché – ha spiegato a Radio New Zealand la leader conservatrice Judith Collins – “potrebbe far credere alle persone che sia stato già fatto qualcosa di concreto, quando in realtà non è così”.

 

Le critiche delle Ong alle Politiche climatiche della Nuova Zelanda.

Va detto però che la nazione insulare si è impegnata anche a raggiungere la “carbon neutrality”, ovvero l’azzeramento delle emissioni nette di gas ad effetto serra, entro il 2050.

Il governo ha inoltre promesso di effettuare una “transizione energetica” che porti ad una produzione basata al 100 per cento su fonti rinnovabili, entro il 2035.

Al contempo, tuttavia, secondo l’associazione Climate Action Tracker, la Nuova Zelanda ha adottato fin qui politiche “insufficienti” per centrare gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi. Inoltre, Greenpeace sottolinea che nel piano sulla carbon neutrality è stato escluso il metano, al fine di preservare il settore degli allevamenti. Eppure tale gas è uno dei più dannosi per il clima.

 

Dieci Nazioni nel mondo hanno dichiarato l’Emergenza climatica

Ciò nonostante, le dichiarazioni di “emergenza climatica” – per quanto simboliche – rappresentano un modo per ricordare quanto la crisi legata al riscaldamento globale sia grave.

 Secondo The Climate Mobilisation, gruppo di pressione americano che spinge affinché i Parlamenti adottino tali dichiarazioni, sono ad oggi una decina quelli che lo hanno fatto. Il primo caso, in ordine di tempo, è stato quello della Gran Bretagna, con una votazione che risale al 1 maggio del 2019.

In sostanza… stanno iniziando a caricare la molla della nuova finta emergenza, quella climatica, probabilmente in attesa del prossimo finto virus!

(lifegate.it).

 

 

 

 

I seguaci di Greta non sanno fare i conti.

Entro 35 anni serve il doppio dell’energia.

Laverita.info-Franco Battaglia-(5 ottobre 2021)- ci dice :

 

I giovani sono stregati dalle bugie sullo sviluppo sostenibile .

Ma se le loro richieste diventeranno realtà resteranno al buio.

(…) il fatto è che :

 

1)- nessuna crescita ,a qualunque ritmo (anche estremo) può essere sostenibile;

2)-se le risorse sono finite ,non esiste una loro speciale distribuzione che garantisca la sostenibilità;

3)-il problema è il numero delle  persone , perché la terra non è infinita.

Ma a Rio ,nel 1992 ,si invocò-testuale-la necessità di “mettere a punto programmi di informazione e di istruzione al pubblico per convivere con l’incremento inevitabile della popolazione mondiale. “

Con la parola “inevitabile “ automaticamente” si dichiarava che nulla può essere fatto  per evitare quell’incremento.

Ci sarebbe da chiedersi : se nulla può essere fatto ,a cosa servirebbero l’informazione e l’istruzione ?

Naturalmente non manca, infine ,chi semplicemente nega l’intero problema e la sua esistenza ,e rilancia con accattivanti affermazioni  del tipo :                                                                               “Le persone sono una risorsa e non un problema”.

A noi non interessa essere politicamente corretti , né fare affermazioni accattivanti ; non ci interessa piacere né a questo né a quello e neanche a noi stessi.  Chiediamoci  allora : è possibile una crescita durevole nel tempo ?

Il segreto della risposta risiede in una semplice formuletta : T= 70/K.

A parole : una cosa che cresce al ritmo  del K% l’anno ,raddoppia in T= 70/K anni.

Consideriamo ,per esempio, la crescita demografica. Può essere sostenibile?

 Se la popolazione mondiale crescesse al ritmo dell’1% all’anno , la nostra formuletta ci dice che sulla Terra ci saranno 15 miliardi di abitanti fra 70 anni e 7.000 miliardi di abitanti fra 700 anni.

 

7oo anni sembrano moltissimo tempo -è il tempo che ci separa da Dante - ma esso inesorabilmente arriverà.

E se la crescita dovesse mantenersi al ritmo dell’1% l’anno  , con 7.000 miliardi di anime la totalità delle terre emerse sarà come una enorme Roma ,dieci volte più popolata dell’odierna.

Detto sottovoce : il ritmo di crescita della popolazione è dell’1,1 % l’anno.

 

Vediamo allora che lo sviluppo demografico non può essere sostenibile: verrà il momento in cui -ci piaccia o no-il  numero dei morti uguaglierà quello dei nati

e la crescita demografica si arresterà.

Come avverrà quell’arresto è un’altra faccenda. Ma avverrà : ce lo dice l’aritmetica!

 

Possiamo applicare la nostra formuletta in ogni circostanza .Per esempio:

la domanda di energia elettrica cresce al ritmo del 2 % l’anno ?  

Fra 70/2 = 35 anni     avremo bisogno del doppio di tutti gli impianti   che abbiamo oggi disponibili.   

Io fra 35 anni non ci sarò   e non mi cale , ma i bambini “Gretini” che oggi manifestano ,belando come pecore ,dietro una mocciosa con qualche problema psichico ,semi analfabeta in climatologia ,lo sappiamo.                             

  Con i tempi che corrono non si sa mai , lo sappiamo: se otterranno anche solo un decimo di quello che chiedono ,fra 35 anni avranno di che divertirsi e avranno modo di ringraziare  i mercanti di bambini che li stanno trascinando nel mondo  dei balocchi .

Parlo degli ambientalisti  , dannosi come locuste perché ignoranti.

Vagheggiano la riduzione degli usi d’energia aumentandone l’efficienza: anche le capre  sanno che l’uso di ogni bene se esso è disponibile con maggiore efficienza.

Oppure vaneggiano  di lasciare disponibili alle generazioni future beni che sono finiti ,promuovendone  il risparmio ; anche le capre sanno che è privo di senso privarsi ,con lo scopo di risparmiarlo ,di un bene che è finito.

Per dire : se un bene si esaurisce in cento anni ,si esaurirà in 110 anni se ne risparmi il 10 %. Con buona pace delle generazioni future.

(…)Oltre ai cambiamenti climatici -che ci stanno come il prezzemolo -si propongono ,entro il 2030 di sconfiggere povertà ,fame, diseguaglianze ,e poi di promuovere salute ,benessere ,istruzione, parità di genere ,acqua ed energia pulita ,pace e giustizia ,lavoro dignitoso per tutti.

Peccato non ci fossi anch’io nell’austera assise  dei redivivi EINSTEIN : avrei fatto aggiungere i propositi di sconfiggere la tristezza e di promuovere l’allegria.

(Franco Battaglia).

 

 

 

 

Usa "privatamente" in contatto con Pechino

dopo il sorvolo di 52 aerei militari su Taiwan.

msn.com-La Repubblica-Redazione-(5-10 -2021)-ci dice :

L'amministrazione del presidente Usa Joe Biden sta "comunicando privatamente" con la Cina, dopo che ieri, 4 ottobre, ben 52 aerei militari cinesi hanno violato la zona di identificazione per la difesa aerea di Taiwan. Lo ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, denunciando le intrusioni analoghe dello scorso fine settimana, da parte di 93 velivoli delle Forze armate cinesi un atto di "coercizione nei confronti di Taiwan". Psaki ha ribadito che l'impegno degli Usa a fianco dell'Isola e' "solido come una roccia", ed ha affermato che Washington e' stata chiara in proposito "sia pubblicamente che privatamente". "Siamo in contatto (con il governo cinese) anche privatamente, e inviamo messaggi chiari tramite i canali diplomatici", ha detto la portavoce.

Altri 52 aerei dell'Esercito popolare di liberazione cinese sono stati rilevati ieri nella Zona di identificazione della difesa (Adiz) di Taiwan, la piu' grande incursione mai rilevata finora in un solo giorno. Lo rende noto il ministero della Difesa di Taipei sul proprio account Twitter, sottolineando che la nuova violazione e' stata condotta con 34 caccia Shenyang J-16, 2 caccia Su-30, due aerei da guerra antisommergibile Shaanxi Y-8 (Y- 8 Asw), 12 bombardieri Xian H-6 e altri aerei.

Si tratta della quarta incursione consecutiva nell'ultima settimana, giunta a seguito di 16 aerei rilevati ieri, 39 lo scorso 2 ottobre e 38 il primo ottobre, in occasione del 72mo anniversario della Repubblica popolare cinese. Il governo di Taipei ha risposto alle sortite facendo decollare i propri aerei militari e, nella giornata di oggi, il ministro degli Esteri dell'isola, Joseph Wu, ha auspicato colloqui con l'Australia per "preparare l'isola ad affrontare lo stato di guerra". Le dichiarazioni sono state rilasciate alla piattaforma di notizie "Abc's China" e, a conclusione del suo intervento, Wu si e' detto certo della "tremenda sofferenza della Cina" in caso di un ipotetico attacco contro Taiwan.

Il dipartimento di Stato Usa ha espresso ieri "forte preoccupazione" per "le attivita' militari provocatorie della Cina nei pressi di Taiwan", dopo un mese di violazioni pressoche' quotidiane della zona di identificazione aerea dell'Isola ad opera di velivoli militari cinesi. "Gli Stati Uniti sono molto preoccupati dalle attivita ‘ militari provocatorie della Repubblica Popolare Cinese nei pressi di Taiwan, che destabilizzano, rischiano di causare errori di calcolo e minano la pace e la stabilita' regionali", recita una nota del portavoce del dipartimento di Stato, Ned Prince. "Sollecitiamo Pechino a porre fine alle sue pressioni militari, diplomatiche ed economiche su Taiwan", aggiunge la nota.

 

 

 

 

I media statali cinesi etichettano George Soros come un "terrorista."

Unz.com- ANDREW ANGLIN-(11 SETTEMBRE 2021)- ci dice :

Un motivo in più per una guerra contro la Cina: sono antisemiti!

Asia Times:

Il portavoce cinese Global Times ha etichettato il miliardario americano di origine ungherese George Soros come un "terrorista economico globale" in uno scambio tit for tat che si svolge in editoriali duellanti che sottolineano l'aumento della temperatura nelle relazioni USA-Cina.

L'articolo, pubblicato il 4 settembre e senza citare alcuna prova, ha accusato il gestore di hedge fund e filantropo di fornire finanziamenti al proprietario del giornale di Hong Kong Jimmy Lai per sostenere le proteste anti-Pechino della città nel 2019.

Non hai nemmeno bisogno di prove per quell'affermazione.

Soros ha sostenuto le proteste di sinistra in tutto il mondo, e non è davvero credibile che non stesse incanalando denaro verso un movimento di protesta grande come quello di Hong Kong.

Era letteralmente una replica esatta delle rivolte BLM-Antifa in America.

Ora, sono sicuro che il frocio gay Paul "Joseph" Watson difenderà George Soros, perché "piccolo occhio giallo uomo cattivo".

Detto questo: penso che probabilmente abbiano prove.

Poco dopo, Soros ha scritto un editoriale per il Wall Street Journal che ha affermato che il recente investimento in fondi comuni di BlackRock con sede a New York da 6,7 miliardi di yuan(1miliardo di dollari) in Cina è stato un "tragico errore" e probabilmente perderebbe denaro per i clienti del gestore patrimoniale.

Soros ha scritto che l'investimento di BlackRock "mette in pericolo gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti".

Ciò ha fatto seguito a un editoriale del 30 agosto di Soros pubblicato sul Financial Times che ha affermato che il giro di vite del presidente cinese Xi Jinping sulle imprese private è stato "un freno significativo all'economia cinese" e "potrebbe portare a un crollo".

Il miliardario ha esortato il Congresso degli Stati Uniti ad approvare una legislazione che limiti gli investimenti dei gestori patrimoniali a "società in cui le strutture di governance effettive sono trasparenti e allineate con le parti interessate".

Rapporti precedenti affermavano che l'hedge fund di Soros aveva ceduto tutta la sua esposizione alle attività cinesi all'inizio di quest'anno.

Soros, 91 anni, che secondo quanto riferito ha un patrimonio netto di $86 miliardi e finanzia la filantropica Open Society Foundations che fornisce sostegno finanziario alle organizzazioni non governative di tutto il mondo, ha un rapporto di amore-odio di lunga data con la Cina.

Durante la crisi finanziaria asiatica nel 1997-98, ha cercato di rompere l'ancoraggio del dollaro di Hong Kong al dollaro USA, ma alla fine è stato sconfitto dal governo di Hong Kong, che è intervenuto pesantemente sui mercati per proteggere l'ancoraggio. A Soros fu dato il soprannome di "coccodrillo finanziario" dai media locali dell'epoca.

È un classico tropo antisemita che gli ebrei siano rettiliani.

In effetti, il tropo virulento contiene elementi simili a canard.

Nel settembre 2001, Soros è stato invitato a visitare la Cina e ha incontrato l'allora premier cinese Zhu Rongji a Pechino. Ma dopo la crisi finanziaria globale del 2008, Soros ha detto ai media nell'ottobre 2009 che la Cina dovrebbe fare un passo avanti come leader di un nuovo ordine economico globale.

È stato intervistato da diversi media cinesi nel 2009 e nel 2010, condividendo le sue esperienze come investitore globale.

Nel gennaio 2016, Soros ha detto a un pubblico a cena a margine del World Economic Forum di Davos che "un atterraggio duro è praticamente inevitabile" per l'economia cinese.

Pochi giorni dopo, il Quotidiano del Popolo, portavoce del Partito Comunista Cinese, ha avvertito che "la guerra di Soros al renminbi e al dollaro di Hong Kong non può avere successo – su questo non ci possono essere dubbi". Ma l'etichetta di "terrorista economico" del Global Times sembra attingere ad accuse non provate contro il miliardario.

Nell'agosto 2017, una petizione che chiedeva che Soros fosse dichiarato un "terrorista domestico" ha ottenuto oltre 100.000 firme sul sito web della Casa Bianca con l'accusa di aver finanziato proteste liberali(Dem USA) negli Stati Uniti.

Nel novembre 2018, Soros è stato accusato dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan di sostenere e finanziare "terroristi" nelle proteste di Gezi Park del 2013.

 

Nel gennaio 2019, Soros ha affermato che il presidente cinese Xi Jinping era "il nemico più pericoloso" delle società libere per aver presieduto un regime di sorveglianza ad alta tecnologia. Ha detto: "La Cina non è l'unico regime autoritario al mondo, ma è il più ricco, il più forte e tecnologicamente più avanzato".

Vedete: queste persone non sono serie.

Soros sta dicendo che la Cina è "autoritaria" mentre sostiene il regime del virus dell'Occidente, che farà sembrare il sistema di credito sociale cinese come torte di tortino.

Ha detto che i giganti cinesi delle telecomunicazioni ZTE e Huawei non dovrebbero essere autorizzati a dominare il lancio dell'infrastruttura 5G mondiale.

Il commento del Global Times, intitolato "Questo terrorista economico globale sta fissando la Cina!", ha affermato che Soros ha iniziato a criticare la Cina solo perché ha provato rammarico dopo aver smaltito tutti i suoi investimenti in Tencent Music, Baidu e Vishop all'inizio di quest'anno.

Ha aggiunto che le sue Open Society Foundations hanno finanziato Human Rights Watch, che ha affermato diffonde "voci" contro la Cina su questioni recenti a Hong Kong e nello Xinjiang, nonché sull'origine della pandemia di Covid-19.

Senza fornire alcuna prova, il commento del Global Times ha affermato che Soros era colluso con il fondatore di Apple Daily Jimmy Lai per cercare di avviare una "rivoluzione colorata" a Hong Kong nel 2019. Ha anche descritto Soros come "la persona più malvagia del mondo" e "il figlio di Satana".

Qualcun altro l'ha detto.

I cinesi stanno finalmente cominciando a capire la gravità della situazione, a quanto pare.

L'articolo è stato ampiamente ripubblicato dai siti web continentali e citato dai media di Hong Kong e Taiwanesi negli ultimi giorni.

Ma mentre il Global Times (cinese) ha dato voce alle teorie della cospirazione di lunga data che giravano intorno a Soros, compresa la sua presunta mano nascosta nello scatenare "rivoluzioni colorate" in Africa, Europa orientale e Sud-Est asiatico, è stato più probabile che la sua critica al massiccio nuovo investimento di BlackRock in Cina e al giro di vite normativo di Xi abbia colpito un nervo scoperto.

Nell'aprile 2021, il presidente di BlackRock Larry Fink ha scritto in una lettera agli azionisti che "il mercato cinese rappresenta un'opportunità significativa per aiutare a raggiungere gli obiettivi a lungo termine degli investitori in Cina e a livello internazionale" e offre alla società l'opportunità di aiutare ad affrontare la sfida della pensione per milioni di persone in Cina.

Tutti questi ebrei avevano una visione positiva della Cina prima che il leader Xi Jinping prendesse il sopravvento.

La gente mi accusa di essere uno scellino per i cinesi, ma quello che in realtà sono più specificamente è uno scellino di Xi Jinping.

Xi è un grande uomo di storia e sta cambiando l'intero modo in cui funziona il mondo. Sta minando l'intero ordine occidentale governando la Cina con abilità e intelligenza.

Questi ebrei non sanno cosa fare.

Fondamentalmente, l'intera agenda globalista dipendeva dal fatto che la Cina faceva parte del sistema del Nuovo Ordine Mondiale. Dall'acquisizione del paese da parte di Xi, la Cina non è più a bordo di questo programma. Soros sta cercando di trovare una qualche soluzione, ma è troppo vecchio e debole.

Il resto dei globalisti sta semplicemente andando avanti con il piano, come se questo problema cinese non fosse apparso.

Il piano era quello di far implodere le economie occidentali e costringere tutti in schiavitù. Se la Cina fosse a bordo, allora continuerebbe nel suo ruolo di produttore globale, e non interferirebbe con l'agenda globalista occidentale, e trasformerebbe il proprio paese in una democrazia femminista e anale. Ma ora, i cinesi stanno agendo da soli, sotto la guida di Xi, e non si adescheranno a queste potenze occidentali.

Così ora, distruggendo il posto degli Stati Uniti sulla scena globale, tutto ciò che stanno facendo è consegnare il mondo ai cinesi.

Ecco il fatto: i cinesi saranno migliori amministratori del globo di quanto lo siano stati gli ebrei.

(The Daily Stormer).

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