Caos e dazi.
Caos e
dazi.
Caos
dazi, niente intesa scritta Usa-Ue: «Forse slitta». La sinistra francese: «Von
der Leyen sottomessa a Trump, sfiduciamola.»
Msn.com
– Open.online – (31 – 7 – 2025) - Storia di Gianluca Brambilla – ci dice:
Restano
solo una manciata di ore al fatidico 1° agosto, giorno in cui entreranno in
vigore i dazi sanciti nelle lettere firmate da Donald Trump e inviate nelle
scorse settimane a decine di Paesi.
E l’Unione europea, che pure sembrava aver
raggiunto un accordo con la Casa Bianca, ancora non sa cosa succederà.
L’intesa
annunciata dal presidente americano e da Ursula von der Leyen a Burberry, in
Scozia, prevede un dazio del 15% su buona parte dell’export europeo, ma
quell’accordo non è ancora stato firmato.
Non è
chiaro, quindi, quale aliquota sarà applicata da domani alle merci europee che
arrivano alle dogane statunitensi: sarà del 15% (come prevede l’accordo
politico raggiunto da Usa e Ue) oppure del 30% (come minacciato da Trump nella
lettera inviata a Bruxelles nelle scorse settimane)?
Il documento
congiunto che potrebbe slittare.
L’obiettivo
di Washington e Bruxelles è di pubblicare una dichiarazione congiunta e non
vincolante prima del del 1° agosto.
Eppure, a poche ore da quella scadenza,
restano ancora parecchi nodi da sciogliere nella trattativa tra Usa e Ue, al
punto che sono gli stessi portavoce della Commissione europea a dire
chiaramente che il documento potrebbe slittare.
«Nel caso in cui servisse più tempo per
finalizzare la dichiarazione congiunta, dopo il 1° agosto, l’Ue ha la chiara
aspettativa che gli Usa attuino i dazi generalizzati concordati al 15% e le
esenzioni delineate dalla presidente von der Leyen domenica scorsa.
Gli
Usa hanno preso questi impegni:
ora sta agli Usa attuarli, la palla è nel loro
campo», ha detto senza mezzi termini il portavoce “Olof Gill” durante il
consueto briefing con la stampa.
I
punti dell’accordo ancora in sospeso.
I nodi
da sciogliere nei negoziati tra Washington e Bruxelles sono ancora parecchi: i
dazi su acciaio e alluminio, i settori che saranno esentati dalle tariffe, ma
anche le normative europee sulle Big Tech – dall’antitrust alla moderazione dei
contenuti – su cui l’Ue non è disposta a cedere.
Uno dei temi che più hanno fatto litigare i
negoziatori durante le trattative è quello relativo alle imposte sui colossi
digitali che l’Unione europea potrebbe introdurre nei prossimi anni.
Una di
queste è la cosiddetta “fair share tax”, ovvero l’equo contributo che le Big
Tech potrebbero vedersi costrette a pagare in cambio dell’uso delle reti.
«L’Ue e i Paesi membri hanno il diritto
sovrano di legiferare sulle attività economiche in Europa, comprese le
infrastrutture digitali», ha spiegato oggi un portavoce della Commissione
europea.
Ma
«imporre una tassa di rete» digitale, ha precisato, «non è una soluzione
praticabile».
Anche
per quanto riguarda i settori esenti da dazi, c’è ancora tanta confusione.
La
Casa Bianca non ha ancora garantito che l’aliquota del 15% non sarà applicata
anche sui farmaci.
Stesso
discorso per il settore di vini e liquori, che Bruxelles non si aspetta che
«siano inclusi tra il primo gruppo di esenzioni annunciate domani dagli Stati
Uniti. Pertanto questo settore, come tutti gli altri settori economici, sarà
soggetto al 15%», ha spiegato il portavoce della Commissione europea.
Trump
glorifica i dazi: «Rendono l’America grande e ricca».
Ma la
scadenza del 1° agosto non riguarda solo l’Unione europea.
Nelle
prossime ore, la Casa Bianca comincerà ad applicare tariffe specifiche per
ciascun Paese con cui non ha raggiunto un accordo commerciale.
«I
dazi stanno rendendo l’America di nuovo grande e ricca. Sono stati usati con
successo contro gli Stati Uniti per decenni ma ora la tendenza è completamente
cambiata e l’America ha contrastato con successo questo assalto di dazi usati
contro di essa», ha scritto Donald Trump sul suo social “Truth”, glorificando
la politica commerciale introdotta dalla sua amministrazione.
«Un
anno fa – ha continuato il presidente americano – l’America era un Paese morto,
ora è il Paese più caldo del mondo. Congratulazioni a tutti!».
Von
der Leyen rischia di nuovo la sfiducia?
Nel
frattempo, continua a serpeggiare un certo malumore in diversi Paesi europei
per l’accordo siglato da Ursula von der Leyen in Scozia e interpretato da molti
come una resa alle minacce di Trump.
Dopo
le critiche di diversi capi di governo (Macron e Merz in testa), in queste ora
è la sinistra a guidare il fronte più ostile all’intesa sui dazi siglata da
Bruxelles.
Al punto che la “France Insoumise”, la forza
politica francese guidata da “Jean-Luc Mélenchon” che un anno fa ha portato a
Strasburgo 9 eurodeputati, ha lanciato un appello alle forze di sinistra al
Parlamento europeo per sottoscrivere una nuova mozione di censura – dopo quella
presentata dalla destra polacca – contro la Commissione europea.
La
colpa della presidente dell’esecutivo Ue, almeno secondo la sinistra francese,
è di «aver accettato di sottomettersi agli Stati Uniti di Donald Trump».
(L'articolo
Caos dazi, niente intesa scritta Usa-Ue: «Forse slitta». La sinistra francese:
«Von der Leyen sottomessa a Trump, sfiduciamola» proviene da Open.)
Giorgia
al Quirinale
sarebbe
un passo avanti.
Msn.com
– Il Giornale - Storia di Vittorio Feltri - Rosa De Bernardo – (01 – 08 – 2025)
– ci dice:
Caro
direttore Feltri,
che ne
pensa di questo pettegolezzo che vorrebbe Giorgia Meloni al Quirinale nel 2029?
Non le
sembra un'ipotesi azzardata?
Lei la vede bene come presidente della
Repubblica?
(Rosa
De Bernardo).
Cara
Rosa,
Ipotesi
azzardata? No, tutt'altro, piuttosto inevitabile.
E dirò
di più: suggestiva.
Giorgia
Meloni al Quirinale sarebbe l'ennesimo primato di una donna che, piaccia o no,
ha riscritto la grammatica del potere in Italia.
Leader dei conservatori europei, fondatrice e
guida del primo partito del Paese per numero di consensi, unica premier donna
nella storia della Repubblica, alla testa di uno degli esecutivi più longevi e
stabili degli ultimi decenni, e non certo in tempi facili, elemento che non
viene mai sottolineato.
Che
altro deve fare, forse cucinare, per dimostrare di essere adatta?
Nel
2029, quando scadrà il secondo mandato di Sergio Mattarella, Meloni avrà 52
anni, quindi potrebbe ricoprire il ruolo.
Sarebbe,
in tal caso, tra i presidenti più giovani mai eletti.
Ma
l'età conta relativamente.
Quello
che conta è la statura.
E lei, questa statura, se l'è costruita
centimetro dopo centimetro, insulto dopo insulto, battaglia dopo battaglia.
La chiamavano «pescivendola», la trattavano da
fenomeno folkloristico,
e oggi la vedono a Bruxelles come un
interlocutore imprescindibile.
Ora,
se mi si chiede se la vedo bene come capo dello Stato, rispondo: perché no?
Certo, io l'ho sempre vista più a suo agio nei ruoli esecutivi, a maneggiare
leve, non a fare inchini.
Eppure non si può negare che avrebbe il
profilo istituzionale giusto.
Anzi,
perfetto.
È
cresciuta dentro le istituzioni, sa come funzionano, conosce il cerimoniale e
la sostanza.
È concreta, asciutta, determinata.
E,
lasciatemelo dire, anche esteticamente sarebbe una bella novità: un presidente
donna, sobrio ma autorevole, elegante senza fronzoli.
Che
non è un criterio politico, d'accordo.
Ma
dopo decenni di grigiore quirinalizio, anche l'occhio vuole la sua parte.
Che
poi l'ipotesi venga da voci estive poco importa.
In politica le indiscrezioni valgono quanto i
programmi.
E se davvero Giorgia Meloni decidesse di
giocarsi quella carta, avrebbe tutte le credenziali per farlo.
Ha
dominato la scena per anni, ha resistito agli attacchi, ha costruito un partito
personale che non si è sbriciolato appena è arrivata al governo.
E ha saputo, cosa rara, far convivere la
fiamma tricolore con la prudenza istituzionale.
Se il
Quirinale dovesse aprirsi a un profilo così, sarebbe una rivoluzione.
E magari, per una volta, l'Italia sarebbe
avanti, non indietro.
Trump
conferma i dazi al 15% con l’Ue,
le tariffe al Canada alzate dal 25 al 35%.
Msn.com
- la Stampa – Redazione – (01- 08 – 2025) – ci dice:
WASHINGTON.
Le
granitiche certezze che la Casa Bianca ha ostentato sino all’ultimo «domani
(oggi, n.d.r.) entreranno in vigori i dazi reciproci», si squagliano quando
Washington è attovagliata e il tempo mangia le ultime ore del giorno.
Il tanto atteso ordine esecutivo di Donald
Trump – stavolta lontano dalle telecamere e dalle domande dei reporter – divide
il mondo in tre parti:
ci
sono nuove misure tariffarie per i Paesi con cui gli Usa hanno chiuso accordi
commerciali e per quelle con cui c’è un’intesa – come la Ue – ma non ancora
ratificata e da colmare nei dettagli.
Infine c’è l’affondo contro il Canada che si
vede affibbiare un dazio del 35%, Ottawa paga l’intransigenza negoziale e forse
nell’ultimo miglio anche la decisione di sostenere la nascita dello Stato
palestinese.
Si va
quindi da imposte da un minimo del 10% sino al 41% della Siria.
La vera sorpresa è che non sono entrate in
vigore alle 00:01 ora americana, come previsto e sbandierato ai quattro venti
da tutti gli esponenti dell’Amministrazione, bensì fra una settimana, il 7
agosto.
Ma non
tutte, anche qui l’eccezione è notevole.
Le
tariffe doganali restano invariate per le merci spedite via nave entro il 5
ottobre.
A
conti fatti la stragrande maggioranza delle spedizioni europee non pagherà
l’aliquota del 15% sino al prossimo autunno.
L’accordo
quindi fra Trump e Ursula von der Leyen con stretta di mano duplice in Scozia
domenica scorsa ha tenuto.
Si dà
alle parti, senza l’angoscia di balzelli cresciuti, di completare la lista
delle esenzioni e di trattare sulle parti – come i prodotti farmaceutici, i
semiconduttori – ancora aperte.
A
pagare la furia trumpiana è invece il Canada, le tariffe balzano dal 25% al 35%
mentre il Messico già ieri in giornata era stato esentato.
Novanta giorni di tregua prima
dell’introduzione dei dazi reciproci, la decisione dopo una telefonata fra
Claudia Sheinbaum e Donald Trump.
Restano
in vigore le tariffe su Fentanyl (25%) auto (50%) e metalli (50%).
Trump
ha raccontato invece – a proposito del vicino del Nord – che Carney l’ha
cercato ma lui non ha risposto.
Scatterà
probabilmente la rappresaglia canadese.
Mercoledì il governatore dell’Ontario ha messo
nel mirino Starlink e cancellato il contratto stipulato in novembre con la
società di Elon Musk.
La
Casa Bianca ha diffuso l’executive order e un allegato.
C’è un
elenco di 92 Paesi soggette a tariffe più elevate del 10%, che resta – come
annunciato il 2 aprile – la base uguale per tutti.
Il Brasile pagherà il, 40%, la lista lo dà
erroneamente al 10.
Perché
Ursula von der Leyen
sta
facendo a pezzi il Green Deal.
Energiaoltre.it – (27 Giugno 2025) – Antonino
Neri – ci dice:
Le
ultime elezioni europee hanno portato ad una maggioranza alternativa di destra
al Parlamento europeo, e il presidente del PPE, Manfred Weber, l’ha utilizzata
per prendere di mira il Green Deal.
La
presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sembra voler
distruggere il Green Deal.
L’agenda verde europea è sotto attacco da una
coalizione eterogenea di lobbisti aziendali, agitatori di estrema destra e la
stessa famiglia politica di von der Leyen, il Partito Popolare Europeo (PPE),
di centrodestra.
Von
der Leyen è fermamente convinta di voler salvare il Green Deal, anche se ciò
significa privarlo di alcune componenti.
Dopotutto,
VDL considera la normativa green uno dei suoi più importanti successi politici.
“Siamo fermi sul Green Deal europeo, il
cambiamento climatico non scomparirà”, ha dichiarato la portavoce capo della
Commissione europea,” Paula Pinho”.
LE
ORIGINI DEL GREEN DEAL.
Lanciato
all’inizio del suo primo mandato come presidente della Commissione europea nel
2019, il Green Deal prometteva di rivoluzionare completamente l’economia
dell’Unione europea, riducendo a zero l’inquinamento che causa il riscaldamento
climatico, rimodellando agricoltura, trasporti ed energia e portando industria,
aziende e cittadini in armonia con la natura.
Le
elezioni europee dello scorso anno, però, hanno portato ad una maggioranza
alternativa di destra al Parlamento europeo, oltre a quella centrista che aveva
sostenuto il secondo mandato von der Leyen.
Da
allora, il presidente del PPE, Manfred Weber, ha utilizzato questa maggioranza
di destra per prendere di mira la normativa green.
LE
MODIFICHE AL GREEN DEAL DECISE DA VON DER LEYEN.
In
risposta, von der Leyen ha sostenuto delle norme più flessibili sulle emissioni
delle auto, semplificato la regolamentazione aziendale e riorientato i fondi
verdi, solo per citarne alcune.
Finora,
però, il nucleo del Green Deal – l’obiettivo delle zero emissioni nette entro
il 2050 e le leggi per realizzarlo – non è cambiato.
Ed è
questa la strategia di von der Leyen.
“Siamo
in una situazione molto diversa da quella dell’inizio del primo mandato” del
2019, ha affermato un funzionario della Commissione a cui è stato concesso
l’anonimato per proteggere i suoi rapporti.
“La presidente resta fedele al Green Deal, che
ora deve solo incorporare alcune di queste mutate realtà”.
FOCUS
SU CAMBIAMENTI CLIMATICI E GAS SERRA.
Nel
2020 von der Leyen affermò che il Green Deal riguardava “molto più che ridurre
le emissioni”.
Eppure,
i funzionari europei e i consulenti della presidente ora affermano che la sua
visione si è allontanata da una spinta onnicomprensiva alla sostenibilità a
tutti i livelli.
Sebbene
alcuni di quegli obiettivi più ampi rimangano, l’enfasi oggi è posta sul
preservare ciò che von der Leyen considera il nucleo del Green Deal:
le leggi sui cambiamenti climatici e gli
sforzi Ue per eliminare l’inquinamento da gas serra entro il 2050.
Elementi
più vicini a ciò che anche Weber è disposto ad accettare.
Questo
cambiamento ha guidato von der Leyen a scendere a compromessi su una serie di
norme ambientali, spesso con il pretesto di alleggerire il carico burocratico
per le aziende.
“La
semplificazione è nell’interesse del Green Deal europeo: se diventa troppo
complessa, non verrà realizzata”, ha spiegato “Pinho”.
GLI
INTERVENTI SU RENDICONTAZIONE DELLE AZIENDE ED EMISSIONI DELLE AUTO.
La
Commissione Ue ha eliminato gli obblighi per le aziende di rendicontare il loro
impatto ambientale e l’esposizione ai rischi climatici, ha indebolito il
divieto di vendita di veicoli con motore a combustione interna entro il 2035 e
ha affossato una legge che controlla i pesticidi.
E
l’elenco potrebbe continuare.
La
frustrazione è cresciuta tra i gruppi politici che vogliono preservare una
visione completa del Green Deal, secondo cui le istanze per il clima, la natura
e la responsabilità aziendale siano tutte interconnesse, e le aziende e i
cittadini dovrebbero ricevere una chiara direzione.
LA
BAGARRE SULLA MISURA ANTI-GREENWASHING.
Nel
frattempo, gli impatti della perdita di biodiversità, degli habitat naturali e
della stabilità climatica peggiorano di giorno in giorno.
Venerdì
scorso von der Leyen è sembrata fare la sua più eclatante concessione alle
richieste di Weber:
dopo
che il PPE e i gruppi di estrema destra hanno spinto la Commissione ad
abbandonare una misura anti-greenwashing, l’esecutivo Ue sembrava indicare che
avrebbe ritirato il disegno di legge.
Ne è
seguita un’enorme polemica, con i partiti di centro e di centrosinistra che
hanno accusato von der Leyen di essere subordinata a Weber e all’agenda
anti-verde dell’estrema destra.
“VDL
deve rimettere in riga il PPE”, ha affermato il socialista europeo “Tiemo
Wölken”, che ha lavorato alla legge, aggiungendo che il PPE “sta cercando di
annientare tutto ciò che riguarda l’agenda per la sostenibilità”.
A sorpresa, però, si è scoperto che la
Commissione non aveva fatto sul serio, o che si era espressa male.
IL
GREEN DEAL E IL NUOVO OBIETTIVO CLIMATICO UE AL 2040.
E la
posizione di von der Leyen, come riportato martedì scorso da Politico, è di
sostenere la proposta, a patto che le regole del greenwashing non si applichino
alle aziende più piccole.
Mentre
il conflitto prosegue, un nuovo attacco diretto alla missione climatica
fondamentale del Green Deal sta prendendo piede.
La
prossima settimana Bruxelles presenterà il suo obiettivo climatico per il 2040,
ma una coalizione di Paesi sta spingendo per impedire che l’obiettivo influisca
sugli sforzi climatici a breve termine.
Ciò
potrebbe ritardare ulteriormente i tentativi dell’Ue di raggiungere un
traguardo fondamentale, che è già molto in ritardo, e indebolire altri sforzi
climatici nel frattempo.
Anche
il PPE esprime lamentele sull’obiettivo del 2040, chiedendo maggiore
flessibilità su come i Paesi possano raggiungerli.
La Commissione sta ascoltando.
Secondo
una bozza della proposta dell’esecutivo Ue per il 2040, i Paesi potranno
esternalizzare alcuni tagli alle emissioni ai Paesi più poveri.
Tuttavia,
sembra che l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 90%, il preferito da
von der Leyen, resterà invariato.
Un’altra
concessione fatta per salvare l’obiettivo generale.
Dazi,
per l’UE è “un accordo che
ha i
contorni della resa anticipata.”
Rsc.ch – (28 -7-2025) – Analisi – Andrea Ostinelli – ci dice:
Per il
corrispondente della RSI da Bruxelles Andrea Ostinelli “la stretta di mano in
serata fra Ursula von Der Leyen e Trump disegna una relazione commerciale
asimmetrica, a svantaggio dell’Europa.”
Stati
Uniti e Unione Europea hanno raggiunto nella serata di ieri, in Scozia, un
accordo commerciale che evita una guerra dei dazi fra le due sponde
dell’Atlantico, fissando il prelievo generale sulle merci provenienti dall’Ue
al 15 per cento. L’intesa raggiunta sarà però pesante da digerire per l’Europa
dei 27.
Per il
corrispondente della RSI a Bruxelles Andrea Ostinelli, “il maggior accordo
commerciale finora raggiunto, come lo considera il presidente statunitense
Donald Trump, è buono soprattutto per la sua politica protezionistica:
che
riesce a imporre all’Europa dei 27, il principale partner commerciale degli
Stati Uniti, nonostante il suo mercato da 450 milioni di consumatori e un
volume di scambi di oltre 1’500 miliardi di euro raggiunti nel 2023”.
Dazi:
l'accordo UE-USA.
Il
maggior accordo commerciale finora raggiunto, come lo considera il presidente
USA Donald Trump, è buono soprattutto per la sua politica protezionistica.
“La
stretta di mano in serata fra Ursula von Der Leyen, presidente delle
Commissione europea, e lo stesso Trump, disegna una relazione commerciale
asimmetrica - a svantaggio dell’UE - con dazi generali unilaterali, sulle merci
europee, pari al 15%”, prosegue Ostinelli.
“Non
solo: secondo quanto annunciato dal presidente americano, l’UE s’impegna anche
ad acquistare energia dagli USA per 750 miliardi di dollari - in tre anni - e
ad aumentare gli investimenti di 600 miliardi di dollari. Non sono stati
inoltre quantificati gli acquisti di equipaggiamenti militari dagli USA che
Bruxelles si è impegnata a fare”, aggiunge Andrea Ostinelli.
Restano
inoltre dazi del 50 per cento su acciaio e alluminio; ancora non è chiaro quale
sarà in concreto il regime riservato al settore automobilistico.
Nonostante
tutto, la presidente della Commissione saluta l’intesa:
“È
un’intesa importante. Molto importante. Porterà stabilità. Porterà
prevedibilità. Questo è molto importante per le nostre imprese su entrambe le
sponde dell’Atlantico”, ha commentato Von der Leyen”.
La
leader europea è “apparsa incredibilmente contenta per un accordo che ha i
contorni della resa anticipata”, conclude Ostinelli.
Mancano
gli accordi con Messico, Canada, Cina e Svizzera.
L’accordo
per scongiurare una guerra dei dazi dunque c’è, anche con l’Unione europea, e
segue quelli già annunciati con Regno Unito, Giappone, Indonesia, Vietnam e
Filippine.
Siamo
ancora lontani dai 90 accordi in 90 giorni che Donald Trump si era posto come
obiettivo tre mesi fa, mancano in particolare intese con tre partner
fondamentali come Messico, Canada e Cina.
Con la
Cina sono previsti proprio oggi e domani incontri in Svezia, sul cui esito il
presidente statunitense si è detto particolarmente fiducioso.
Si è
anche in attesa dell’annuncio di una eventuale intesa anche con la Svizzera.
Usa-Russia,
Donald Trump evoca la guerra atomica:
«Schiero due sottomarini nucleari».
Tensione altissima: cosa succede.
Msn.com – Corriere Adriatico - Storia di
Redazione Web – (1-8-2025) - ci dice :
Donald
Trump passa alle minacce.
Dopo le parole del falco di Vladimir Putin,
l'ex presidente russo Dmitry Medvedev («i suoi ultimatum sono un passo
ulteriore verso la guerra», aveva detto), il tycoon ha annunciato sul suo
social Truth:
«Sulla base delle dichiarazioni altamente
provocatorie dell'ex presidente russo Dmitry Medvedev, ora vicepresidente del
Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, ho ordinato il posizionamento
di due sottomarini nucleari nelle regioni appropriate, nel caso in cui queste
dichiarazioni insensate e provocatorie fossero più di questo.
Le
parole sono molto importanti e possono spesso portare a conseguenze
indesiderate; spero che questo non sia uno di quei casi».
Trump-Putin
ai minimi storici: la situazione.
Donald
Trump, che aveva promesso di porre fine alla guerra in un'ora dopo la sua
elezione, ha cambiato atteggiamento nei confronti della Russia con il passare
delle settimane.
Dopo
aver cercato di mediare con Putin, mettendo anche alle strette il presidente
ucraino Zelensky, ha dovuto fare i conti con la realtà dei fatti.
«Forse Putin non vuol fermare la guerra, mi
sta prendendo in giro», aveva ammesso.
Ieri, 31 luglio, aveva commentato così
l'ultimo attacco missilistico su Kiev che ha provocato undici morti, tra cui un
bambino di 6 anni e sua mamma:
«Disgustoso
quello che sta facendo la Russia», ed ha fatto capire che passerà all'azione
dopo i numerosi ultimatum al Cremlino: «Imporrò sanzioni».
Anche
se, per sua stessa ammissione, «non so se servirà».
Perché
«non credo che a Putin importi».
Cosa
aveva detto Medvedev.
Come
detto, a scatenare l'ira di Putin sono state le parole di Dmitry Medvedev:
«Se alcune parole dell'ex presidente della
Russia provocano una reazione così nervosa in un presidente degli Usa così
temibile, significa che la Russia ha ragione su tutto e continuerà a seguire la
sua strada», ha scritto su Telegram Medvedev, attuale vice segretario del
Consiglio di Sicurezza nazionale.
Trump, ha aggiunto, «si ricordi dei suoi film
preferiti sugli zombie, e anche di quanto possa essere pericolosa la
leggendaria 'mano morta'».
Un riferimento ad un sistema segreto
semi-automatico dell'era sovietica capace di lanciare missili nucleari se la
leadership di Mosca fosse stata eliminata in un attacco nemico.
Tutto
ciò che c’è da sapere sui
dazi
di Trump: le ripercussioni in UE.
Orizzontipolitici.it
– Redazione – Carioni Miriana e Landi Iris – (11 Aprile 2025) ci dicono:
(Fonte:
BBC).
Con
l’annuncio di pesanti dazi contro più di 100 paesi, il presidente degli Stati
Uniti Donald Trump ha aperto quella che è già stata definita una «guerra
commerciale globale».
Dietro
la retorica protezionista, si profila il rischio di indebolire le economie di
numerosi partner e di ridisegnare gli equilibri del commercio internazionale.
Se la Cina è al momento il principale
bersaglio delle misure americane, anche l’UE è finita nel mirino, con
ripercussioni significative sull’interscambio transatlantico.
Un po’
di ordine: cosa sta succedendo e quali sono i dazi in vigore.
Sabato
5 Aprile e Mercoledì 9 Aprile, a seguito di svariati annunci del presidente
degli Stati Uniti Donald Trump, prima fatti in campagna elettorale, e poi nelle
scorse settimane a suon di “Liberation Day”, sono entrati in vigore i dazi
americani verso il resto del mondo.
I
secondi, tuttavia, sono rimasti in vigore di fatto solo per un giorno: Trump ha
infatti deciso di sospenderli per 90 giorni, fino a luglio, in seguito agli
effetti disastrosi sulle borse di tutto il mondo.
L’unica eccezione rimane la Cina, per cui le
tariffe, inizialmente pari al 125% e poi aumentate al 145%, sono ancora in
vigore.
I dazi
attualmente in vigore per l’Unione europea, dunque, sono quelli del 25% già
imposti negli scorsi mesi su acciaio e alluminio (e prodotti derivati),
automobili importate e un dazio base del 10 per cento (quello appunto entrato
in vigore il 5 aprile).
Le
eccezioni in termini di prodotti, diffusi dal governo degli Stati Uniti, sono
petrolio greggio e prodotti petroliferi, farmaci, uranio, titanio e
semiconduttori.
Ciò
non significa che tuttavia questi prodotti saranno totalmente esenti da dazi:
sembra
infatti che il governo statunitense stia valutando altri dazi più specifici.
La
seconda ondata, invece, quella che è stata poi ritirata in meno di un giorno ed
è ora sospesa, consiste nei cosiddetti “dazi reciproci”.
Questi
dazi, infatti, sono chiamati così perché, secondo il presidente Trump,
sarebbero andati a compensare la penalizzazione che gli Stati Uniti avrebbero
nel commercio con i Paesi terzi.
Di
conseguenza, essi hanno importi diversi a seconda di questo rapporto:
si va
da un minimo del 10%, al 20% contro l’Unione europea, fino a un massimo del 50%
contro il Lesotho, e si applicano a tutte le merci importate da questi Paesi,
senza distinzioni.
Va
detto, tuttavia, che la formula utilizzata dagli economisti americani per
calcolare le tariffe è piuttosto contestato.
I
dazi, infatti, sono stati ottenuti dividendo il deficit commerciale verso un
paese (e cioè la differenza negativa tra quanto gli Stati Uniti esportano e
quanto importano), per il totale delle importazioni dei prodotti di quel Paese.
Questo
valore viene poi diviso per due, in modo da essere “scontato” in un segno di
“gentilezza” da parte degli Stati Uniti verso il resto del mondo.
Il
problema della formula sta nel fatto che, seppur vero che gli Stati Uniti
soffrono di un deficit commerciale nei confronti degli altri Stati, non vuol
dire che ciò sia perché gli altri Stati mettono in atto delle pratiche
commerciali sleali, ma ha a che fare con altri fattori, ben più complessi da
gestire, come le preferenze dei consumatori, la capacità delle imprese di
produrre merci a sufficienza, ecc.
Inoltre,
nella formula si tiene conto solo dei beni, ma non dei servizi, su cui invece
gli Stati Uniti hanno un surplus commerciale nei confronti degli altri Paesi
(cioè, esportano di più di quanto importino). Ovviamente, non calcolarlo è un
vantaggio per gli Stati Uniti, perché permette di mantenere il dazio più alto.
L’idea
di deficit commerciale non è una novità per Trump:
per il presidente statunitense, infatti, è
sempre stato un sinonimo di debolezza degli Stati Uniti, che comprano più dagli
altri Paesi di quanto gli altri Paesi comprino da loro.
Perciò,
già nel primo mandato presidenziale, dal 2017 al 2021, Trump aveva adottato una
politica commerciale fortemente protezionistica, sotto lo slogan di “America
first”, imponendo dazi nei confronti degli altri Paesi.
Nel 2018, per esempio, l’amministrazione Trump
aveva imposto dazi del 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% su quelle di
alluminio, colpendo non solo la Cina ma anche alleati storici come l’Unione
Europea.
Nel
2019, aveva poi imposto dazi del 10% sui velivoli Airbus e aumenti su prodotti
come vino, formaggi e olio d’oliva.
Gli
effetti immediati dei dazi.
Questa
decisione ha avuto grosse conseguenze economiche:
dopo le grosse perdite già subite a causa
degli annunci, a seguito dell’entrata in vigore le borse sono crollate in tutto
il mondo.
A
risentirne, sono state peraltro proprio le borse statunitensi, che non avevano
visto perdite così fin dalla pandemia di Covid-19.
Lo stesso valore del dollaro si è ridotto,
mentre il rendimento dei titoli di Stato americani ha iniziato ad aumentare,
segnalando la perdita di fiducia nei confronti dell’economia americana.
In Asia, i mercati hanno visto le peggiori
perdite dalla crisi finanziaria del 2008.
In Europa, dove i cali sono stati
generalizzati, la borsa peggiore è stata quella di Milano, che è arrivata a
perdere il 6,5% del proprio valore.
In alcuni momenti, la borsa è arrivata a
perdere più di quanto avesse perso nella giornata dell’attacco alle Torri
Gemelle, nell’11 settembre 2001.
Le
borse hanno reagito così perché gli investitori hanno iniziato a vendere in
massa i titoli delle aziende più esposte al commercio con gli Stati Uniti e di
chi invece rischia di essere più impattato da una eventuale recessione, cioè le
banche.
Non a caso, a Piazza Affari i settori più
colpiti sono stati quelli relativi alle auto, come Stellantis, all’industria, e
le banche stesse.
Nel
settore delle materie prime, invece, il petrolio è arrivato a scendere di circa
il 7%, cosa che succede solitamente quando gli investitori temono una possibile
recessione, in cui le materie prime sarebbero usate meno e quindi i profitti
sarebbero peggiori.
Questi
effetti immediati improvvisi sull’economia sembrano essere una delle cause per
cui Trump ha deciso, all’improvviso, di sospendere tutti i dazi reciproci.
Il
presidente ha infatti dichiarato che “la gente si stava spaventando un po’
troppo” e “stava diventando troppo agitata”.
In effetti, subito dopo l’annuncio della
sospensione dei dazi, le borse hanno iniziato a risalire e giovedì 10 aprile
hanno aperto con un rialzo. L’effetto migliore si è visto proprio sulle borse
statunitensi, che per via del fuso orario erano ancora aperte mercoledì 9
aprile – quando c’è stato l’annuncio di sospensione dei dazi – e che hanno
chiuso in grande rialzo, segnando, per alcuni indici, uno dei migliori rialzi
nella stessa giornata dal secondo dopoguerra.
Nonostante questo, gli indici, i titoli di
stato e il valore del dollaro non sono ancora tornati ai livelli pre-annunci
delle tariffe da parte di Trump. Di fatto, ciò simboleggia che gli investitori
continuano a non fidarsi dell’economia statunitense e soprattutto delle scelte
di Trump.
Un
passo indietro: cosa sono i dazi, chi li paga e chi ci guadagna.
Presentati
i fatti e cosa sta succedendo, è necessario chiarire bene cosa siano i dazi e
come funzionano concretamente, per capire il loro impatto sull’economia reale.
I dazi
sono di fatto un’imposta che si applica sulle merci importate da un Paese
terzo.
Concretamente, a pagare questa imposta è chi
importa la merce dall’estero.
Per esempio, se un grossista statunitense in
questo momento volesse importare una merce dall’Unione europea che vale 100.000
dollari, dovrebbe pagare non solo questi 100.000 dollari, ma aggiungere il 10%
in più (visti i dazi del 5 aprile).
Il grossista pagherà quindi alla dogana
statunitense, al momento del ritiro della merce, 110.000 dollari, ovvero 10.000
dollari in più di quello che avrebbe pagato senza dazio.
Ovviamente,
il grossista dovrà scaricare il costo aggiuntivo altrove, vendendo a un prezzo
più elevato di quello a cui avrebbe venduto la merce senza dazi.
Di
conseguenza, a pagare i dazi sono i consumatori finali della merce, che la
pagheranno ad un prezzo più elevato, e non le imprese estere, come talvolta
erroneamente si pensa.
Questo
aumento generale dei prezzi, infine, provoca una crescita dell’inflazione, che
penalizza soprattutto i cittadini meno abbienti. L’effetto sui cittadini è
dunque sicuramente negativo.
Fin
qui il dazio sembrerebbe quindi una scelta controproducente, che di fatto
penalizza i cittadini del proprio Paese – e, in effetti, l’Organizzazione
Mondiale del Commercio, a cui anche gli Stati Uniti aderiscono, ha cercato di
portare ad una riduzione dei dazi nel lungo periodo.
La
logica tuttavia è che i consumatori, vedendosi imporre un prezzo più alto,
decideranno di comprare altri prodotti che costino meno. Considerato che in
questo momento tutti i Paesi terzi subiscono un dazio di almeno 10% nei
confronti degli Stati Uniti, gli unici prodotti che effettivamente potranno
costare meno sono quelli statunitensi. In questo modo, quindi, Trump spera di
avvantaggiare le imprese statunitensi e di ridurre il deficit commerciale verso
i Paesi terzi.
Tuttavia,
al momento le imprese subiranno solo un rincaro della merce o sosterranno a
loro volta costi più alti senza farli ricadere sul consumatore.
Il
loro guadagno, quindi, è dubbio, anche perché nella scelta di ciò che comprano
i consumatori il prezzo non è l’unica variabile: i cittadini statunitensi
potrebbero continuare a comprare in ogni caso merce importata perché la
preferiscono a quella statunitense, ad esempio. Un altro scenario è che le
imprese nazionali, a fronte di un aumento della domanda interna, non abbiano
sufficienti risorse per farne fronte (ad esempio in termini di personale o
macchinari).
In questo caso, dovranno fare degli
investimenti, che verranno ripagati però solo nel lungo periodo: di
conseguenza, nel breve scaricheranno il prezzo sui consumatori, che vedranno un
rincaro generale dei prezzi anche sulle merci nazionali.
Chi
invece guadagnerà sicuramente dai dazi è il governo statunitense, che incassa
direttamente l’imposta alla dogana.
Infatti,
quei 10.000 dollari in più, nell’esempio precedente, vanno direttamente allo
Stato.
Durante
il primo mandato di Trump, ad esempio, le entrate doganali trimestrali
raddoppiarono, passando da 39 miliardi di dollari del primo trimestre del 2017
a 81 miliardi nel primo trimestre del 2021.
Le
relazioni commerciali UE–USA: numeri e settori chiave.
Con un
valore complessivo di oltre 1.600 miliardi di euro nel 2023, le relazioni
commerciali tra Unione Europea e Stati Uniti rappresentano una delle
partnership economiche più importanti al mondo, comprendendo quasi il 30% degli
scambi mondiali di beni e servizi e il 43% del PIL mondiale.
Una tale interdipendenza rende qualsiasi
azione protezionistica potenzialmente destabilizzante per entrambe le economie.
In particolare, i dati Eurostat confermano come gli Stati Uniti siano stati,
nel 2024 il principale partner commerciale dell’UE per le esportazioni (il
20,6% dell’export totale) e il secondo partner (dopo la Cina) per le
importazioni (il 21,3% dei beni importati nell’UE proviene dalla Cina, seguiti
dagli Stati Uniti per il 13,7%).
(chart
visualization).
Le
prime 5 categorie di prodotti più esportate nel 2024 rappresentano la metà
(49,5%) delle esportazioni totali verso gli Stati Uniti secondo la
Classificazione Standard del Commercio Internazionale (SITC).
Tra questi, medicinali e prodotti farmaceutici
(22,5%), veicoli stradali (9,6%), macchinari e attrezzature industriali
generali (6,4%), macchinari elettrici, apparecchi e parti elettriche (6,0%) e
macchinari specializzati per industrie particolari (5,0%).
Per
quanto riguarda i Paesi maggiormente coinvolti negli scambi commerciali con gli
USA, nel 2024 i tre maggiori importatori nell’UE sono Germania (69 miliardi di
euro), Paesi Bassi (68 miliardi di euro) e Francia (44 miliardi di euro).
Sempre
secondo i dati Eurostat, l’Italia è il quinto importatore in Europa e il terzo
esportatore verso gli Stati Uniti, raggiungendo la cifra record di 117 miliardi
nel 2022, diventando il diciannovesimo maggiore esportatore in Usa al mondo.
Guardando
i numeri, il legame economico tra Unione Europea e Stati Uniti appare solido,
anche se è proprio in questa profondità che si nasconde una fragilità
strutturale.
Il
disavanzo commerciale europeo continua ad allargarsi, mentre interi settori
strategici, dall’energia alla tecnologia, dipendono in modo crescente dalle
dinamiche americane.
In questo contesto, basta poco per incrinare
le certezze: un tweet presidenziale, una conferenza stampa inattesa, un ordine
esecutivo firmato sull’onda dell’emergenza politica interna, e quell’equilibrio
transatlantico rischia di trasformarsi in una pericolosa altalena geopolitica...
Gli
obiettivi economici e politici di Trump.
Fin
qui quindi rimane difficile comprendere la decisione di Donald Trump di imporre
dei dazi, considerato il loro effetto negativo sui propri cittadini e dubbio
sulle proprie imprese, e lo stretto legame fra gli Stati Uniti e l’Unione
europea.
Perché
quindi Trump ha comunque deciso di far entrare in vigore i dazi? E perché ha
deciso di sospenderli subito dopo?
La
prima categoria di obiettivi di Trump per l’imposizione dei dazi sono
economici.
Ad
esempio, uno che è già stato ricordato è quello di ridurre il deficit
commerciale con i Paesi terzi.
Un altro obiettivo è quello di rivitalizzare
l’industria americana, non solo proteggendo le imprese internamente, ma anche
spingendo le imprese americane che, per ridurre i costi di produzione, si erano
delocalizzate all’estero, a tornare negli Stati Uniti.
Infine,
Trump vorrebbe ripianare il deficit federale americano, che ad oggi ammonta a
1.800 miliardi di dollari.
Secondo Trump, infatti, i dazi riuscirebbero a
coprire il deficit e anche a rifinanziare una manovra di taglio delle tasse,
che arriverebbe a scadenza quest’anno e che avrebbe dunque bisogno di nuovi
fondi.
Va detto, però, che molti economisti si sono
detti scettici riguardo alla realizzazione di questi obiettivi.
Sulla possibilità di coprire il deficit
federale, ad esempio, sono gli stessi dati a contraddire Trump:
uno
studio di ISPI infatti mostra come, nei prossimi dodici mesi, gli Stati Uniti
potrebbero raccogliere 280 miliardi di dollari in dazi (cifra che ora va
ridotta, considerando che i dazi reciproci sono stati sospesi).
Dunque,
questa cifra non riuscirebbe mai a coprire i 1.800 miliardi sopra citati di
deficit.
Anzi,
se Trump volesse davvero rifinanziare il taglio delle tasse, non solo ciò non
sarebbe possibile con i dazi, ma anzi, ciò provocherebbe un aumento del deficit
stesso, fino a 2.000 miliardi.
Se
economicamente, dunque, gli obiettivi prefissati da Trump non sembra saranno
raggiunti, potrebbero però riuscirci gli obiettivi politici. In effetti, Trump
stesso ha dichiarato che i leader stranieri lo stavano chiamando “morendo dalla
voglia di trovare un accordo” e la portavoce della Casa Bianca, Bianca Leavitt
ha parlato della cosiddetta “art of the deal”, ovvero l’arte di fare affari.
È
questo il motivo che la Casa Bianca sta in effetti spingendo per non far
apparire la sospensione come un dietrofront nella decisione di Trump di imporre
i dazi, che altrimenti sarebbe semplicemente un errore.
Invece,
in quest’ottica, i dazi vengono usati come un mezzo negoziale: gli Stati Uniti
impongono dei dazi, i Paesi colpiti chiedono di ridurli o toglierli, e in
cambio devono offrire qualcosa.
Bisognerà
vedere se effettivamente ciò avverrà in questi mesi, o se Trump imporrà di
nuovo i dazi reciproci, come da lui annunciato, a luglio.
La
risposta dell’Europa (e dell’Italia) ai dazi di Trump.
La
risposta dell’UE alla furia tariffaria di Donald Trump è ancora in fase di
negoziazione.
Nonostante
le ingenti conseguenze per aziende e consumatori, l’Unione europea è tutt’altro
che la vittima più colpita dai dazi che l’America ha implementato a partire dal
9 aprile:
l’aliquota
dell’UE è ora fissata al 10%, ben al di sotto della Cina o del Vietnam.
Nonostante
ciò, il crollo dei mercati azionari mondiali e le pesanti contro-tariffe della
Cina potrebbero aver già offerto a Trump il risultato politico desiderato.
A
differenza degli Stati Uniti, l’UE continua però a beneficiare di un accesso
stabile ai mercati internazionali.
Questa
continuità è una risorsa preziosa:
le imprese europee possono ancora
reindirizzare risorse e scambi verso altre aree – dall’ASEAN all’America Latina
– limitando i danni.
Come
sottolinea Álvaro Muñoz, CEO del gruppo spagnolo AMFRESH, il vero gioco oggi è
“riassegnare risorse e mercati”.
La
burocrazia europea, spesso accusata di lentezza, si rivela ora un fattore di
stabilità: un meccanismo prevedibile in un mondo sempre più dominato
dall’imprevedibilità.
Sul
fronte politico, la Commissione ha adottato un profilo istituzionalmente
solido:
rigetto
delle misure unilaterali, appello al rispetto del diritto internazionale e
apertura alla trattativa.
Già a
Marzo di quest’anno, in conseguenza ai primi dazi sulle importazioni di acciaio
e alluminio nell’UE, la Commissione si è espressa, ritenendole “ingiustificate,
dirompenti per il commercio transatlantico e dannose per le imprese e i
consumatori”.
Di
conseguenza, a partire dal 1° aprile 2025, l’UE ha riattivato i dazi sospesi,
colpendo una serie di prodotti statunitensi (tabacco, tessili, articoli in
ferro e acciaio) con tariffe tra il 10% e il 25%.
Una
seconda ondata di ritorsioni, prevista per il 15 aprile, estenderà le misure a
ulteriori 18 miliardi di euro di merci USA.
Lo
scorso 7 aprile, durante una conferenza stampa con il premier norvegese Jonas
Gahr Støre, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha
rilanciato una proposta che pare aperta al confronto:
l’eliminazione reciproca dei dazi su tutti i
beni industriali, secondo il principio del “zero per zero”.
Ma
mentre Bruxelles tende la mano al dialogo, Trump ha invece chiesto maggiori
importazioni europee di energia americana e un allentamento delle normative
europee, condizioni difficilmente accettabili da Bruxelles che ha allo stesso
tempo preparato un piano di difesa.
Oltre
al Regolamento 2021/167, già usato per le ritorsioni tariffarie, l’arma più
potente potrebbe essere l’Anti-Coercion Instrument (ACI), entrato in vigore nel
2023.
Pensato
inizialmente per contenere la pressione economica della Cina, l’ACI consente
all’UE di reagire a misure coercitive con un ampio ventaglio di contromisure:
da
tariffe mirate all’esclusione da appalti pubblici, fino a restrizioni su
servizi, proprietà intellettuale e finanza.
E soprattutto, può essere attivato con una
maggioranza qualificata, aggirando l’unanimità spesso paralizzante tra i 27
Stati membri.
Il
commissario al Commercio “Maroš Šefčovič” ha ulteriormente sottolineato il
divario con Washington:
“l’Unione
europea agirà nello stesso modo in cui gli Stati Uniti curano i propri
interessi: proteggeremo sempre le aziende, i lavoratori e i consumatori europei
da pressioni ingiustificate”.
Šefčovič ha poi ribadito l’importanza di
stabilire regole condivise su commercio digitale e dati con partner come la
Corea del Sud (con cui l’UE ha un accordo in vigore dal 2011 e scambi record
nel 2022 (132 miliardi di euro) e la Thailandia.
Ma
anche i leader nazionali hanno fatto sentire la propria voce.
Macron ha dichiarato che “tutti gli strumenti
sono sul tavolo”, mentre Pedro Sánchez ha ribadito l’intenzione di rispondere
con “proporzionalità, unità e forza”.
Giorgia
Meloni, intanto, prepara un viaggio a Washington per portare un messaggio
europeo condiviso, anche se il rischio è che venga percepita come voce
nazionale, più che comunitaria.
In vista dell’incontro alla Casa Bianca con
Donald Trump il 17 aprile, la presidente del Consiglio prepara le sue mosse su
due tavoli:
quello
della diplomazia internazionale e quello della politica economica interna.
Al
centro della strategia italiana c’è l’azzerare i dazi bilaterali sui beni
industriali, rilanciando il principio del “zero per zero”.
Una
sfida parallela pare quindi essere quella di mantenere l’unità politica.
La
strategia di Trump, almeno in apparenza, non ha prodotto divisioni evidenti.
Trattando
l’UE come un blocco unico, cosa che è legalmente, ha evitato di alimentare
rivalità interne.
Ma
sotto la superficie, le tensioni restano.
La Francia invita le sue imprese a sospendere
gli investimenti negli USA, suscitando malumori, mentre i funzionari tedeschi
temono che le imprese possano fare pressioni per ottenere favori a Washington,
minando la risposta collettiva dell’UE.
Il
nodo non è solo politico, ma anche giuridico: mentre le tariffe sono competenza
della Commissione, misure più incisive richiedono l’approvazione degli Stati
membri, e alcune leve, come la tassazione delle big tech, restano in mano ai
singoli governi.
Il
coordinamento europeo si muove quindi tra limiti istituzionali e interessi
nazionali.
Scenari
futuri.
In
conclusione, le nuove tariffe imposte da Donald Trump rischiano di aprire un
capitolo turbolento nel commercio globale.
Secondo
il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la guerra commerciale innescata da
Washington danneggerà non solo le esportazioni ma anche gli investimenti e il
commercio nella maggior parte delle economie avanzate.
La
Cina potrebbe mancare l’obiettivo di crescita del 5% entro il 2025, mentre la
Germania è a rischio recessione.
Il
Regno Unito, pur relativamente protetto, vedrà comunque un impatto sul PIL pari
a -0,1 punti percentuali quest’anno, con costi di finanziamento ancora alti e
una fiducia dei consumatori in calo.
Sul
fronte monetario invece, si prevede che le banche centrali europee e
britanniche inizieranno a tagliare i tassi di interesse per sostenere la
crescita, mentre la Federal Reserve resta in attesa, ma potrebbe intervenire se
l’inflazione, attualmente al 2,8%, dovesse salire verso il 4,5%, come previsto
da alcune stime.
L’approccio
dell’amministrazione Trump conferma una tendenza ormai consolidata:
l’uso
delle tariffe come leva negoziale più che come misura permanente. Spesso,
infatti, le restrizioni vengono imposte per poi essere sospese una volta
avviate trattative con i Paesi colpiti, rendendo il quadro altamente instabile.
In questo contesto, l’evoluzione delle misure tariffarie resta dinamica e
imprevedibile, e richiede un monitoraggio costante da parte di governi, imprese
e operatori economici per non perdere di vista emendamenti o sospensioni che
possono modificare rapidamente lo scenario.
Per
l’Unione Europea, la partita resta aperta:
la
scelta finora è stata quella di mantenere una linea ferma, ma senza forzare lo
scontro.
Più
che una semplice reazione ai dazi, potrebbe trattarsi di un passaggio chiave
per capire se l’UE è davvero in grado di muoversi con coerenza e autonomia in
uno scenario internazionale sempre più complesso, proteggendo i propri
interessi con strumenti credibili e, soprattutto, con una direzione politica
chiara e condivisa.
(Carioni
Miriana e Landi Iris)
Come
l’Europa può rispondere
a
Donald Trump.
Internazionale.it
-The Economist – Redazione – (25.3.2025) – ci dice:
(La
visita di Stéphane Séjourné, commissario europeo per il mercato interno e i
servizi, all’acciaieria Thyssenkrupp a Duisburg, in Germania, 20 marzo 2025.)
“Dobbiamo
agire in modo audace e determinato”, ha dichiarato a inizio marzo Ursula von
der Leyen.
La
presidente della Commissione europea si riferiva alla risposta dell’Unione
europea al presidente statunitense Donald Trump, che rinnega “impegni
inviolabili” e minaccia “i valori europei”.
“In
tempi straordinari bisogna adottare misure straordinarie”, ha aggiunto von der
Leyen.
Finora
però la risposta europea a Trump è stata tutto tranne che straordinaria.
Il 12 marzo, quando Washington ha imposto dazi
del 25 per cento sulle importazioni di acciaio e alluminio, l’Ue ha minacciato
di rispondere con tariffe su otto miliardi di euro di importazioni statunitensi
a partire dal 1° aprile, più altre da metà aprile.
Nonostante
la retorica belligerante di von der Leyen, è evidente che l’Europa non vuole
un’escalation della guerra commerciale con gli Stati Uniti e spera ancora che
gli istinti più aggressivi di Trump possano essere smorzati.
Se però lo scontro dovesse intensificarsi, il
vecchio continente può contare su un numero sorprendentemente alto di strumenti
per fare pressione sull’imprevedibile alleato.
I dazi.
La
risorsa geopolitica più preziosa dell’Ue è sicuramente il suo vasto mercato.
Includendo anche Regno Unito, Norvegia e Svizzera, il pil europeo raggiunge i
24.500 miliardi di dollari, una cifra che si avvicina al pil degli Stati Uniti
(29mila miliardi).
Evidentemente
le aziende statunitensi, dai produttori di birra alle banche, vorrebbero
continuare a fare affari con gli europei.
Questa è la premessa dei dazi “vendicativi”
programmati dall’Europa, che inizialmente colpiranno beni facilmente
sostituibili come le moto Harley Davidson e il whisky.
Il
problema è che i dazi e le restrizioni sulle importazioni provenienti
dall’altra sponda dell’Atlantico, oltre a colpire gli esportatori statunitensi,
colpirebbero anche i consumatori europei.
Un
caso emblematico è quello dell’energia, in cima alla lista delle importazioni
europee dagli Stati Uniti.
L’anno
scorso l’Europa ha comprato il 35 per cento delle esportazioni americane di
greggio e petrolio raffinato, oltre alla maggior parte del gas naturale
liquefatto.
La
domanda proveniente dall’Europa, che secondo le previsioni dovrebbe continuare
ad aumentare anche nel prossimo decennio, è una premessa fondamentale di buona
parte dei progetti multimiliardari statunitensi basati sull’esportazione del
gas.
Quindi
se l’Europa limitasse l’acquisto di gas naturale liquefatto, molte aziende
energetiche statunitensi finirebbero nei guai.
Ma per
gli europei sarebbe quasi impossibile fare un passo simile senza assestare un
colpo devastante alla propria economia già in crisi o diventare nuovamente
dipendenti dalla Russia, una morsa da cui il continente si è appena sottratto.
Il
settore tecnologico.
Un
bersaglio più plausibile, anche se per il momento del tutto ipotetico, sono le
grandi aziende statunitensi del settore tecnologico.
È
molto probabile che l’Europa possa sopravvivere senza Instagram, mentre la Meta
subirebbe un colpo durissimo dalla perdita degli introiti europei.
Anche senza ricorrere al bando dai mercati
europei, il continente ha diversi strumenti per complicare la vita delle
aziende della Silicon Valley, comprese la tassazione e le norme sulla
concorrenza.
Questa
varietà permetterebbe all’Unione di calibrare la sua risposta.
Il
fatto che i giganti della tecnologia paghino pochissime tasse in Europa è stato
uno dei punti cruciali del burrascoso rapporto transatlantico negli ultimi
anni.
In
parte la colpa degli scarsi introiti fiscali ricade sull’Unione, che ha
permesso all’Irlanda e ad altri paesi di comportarsi come paradisi fiscali.
La risposta degli stati europei è arrivata
sotto forma di tasse sulla pubblicità online e su altri servizi digitali, che
hanno permesso ai governi nazionali di mettere le mani su una parte dei ricavi
colossali di quelle aziende.
Il
tentativo di trovare un accordo generale su queste imposte è attualmente
sospeso, perché Trump non ha intenzione di proseguire su questa strada.
A
questo punto i singoli paesi potrebbero alzare le tasse, o in alternativa
l’Unione potrebbe rilanciare l’idea di un’imposta complessiva, al momento
accantonata. L’introduzione di una tassa a livello europeo richiederebbe
l’unanimità tra gli stati, un risultato solitamente difficile da raggiungere,
ma che potrebbe essere possibile se la situazione diplomatica dovesse
complicarsi.
La
Commissione europea ha un enorme potere normativo nei confronti delle aziende
tecnologiche statunitensi.
Bruxelles può sanzionare la concorrenza
sleale, ordinare la rimozione di contenuti inappropriati e imporre il rispetto
delle leggi sulla privacy.
Anche
se le autorità europee si preoccupano di rispettare lo stato di diritto e non
vogliono lanciare un attacco politicamente motivato, una posizione più
inflessibile rispetto alle norme esistenti sarebbe sufficiente a ottenere
l’effetto desiderato.
Anche
le società finanziarie americane potrebbero essere colpite dalle istituzioni
europee. In questo caso alcuni degli strumenti a disposizione dell’Ue sono
talmente potenti che con ogni probabilità non saranno mai usati.
Per
esempio il sistema centrale dei pagamenti è gestito dalla Società per la
telecomunicazione finanziaria interbancaria mondiale (Swift), che ha sede in
Belgio e ogni anno trasmette circa otto miliardi di messaggi elettronici tra
undicimila istituzioni finanziarie.
Gli
enti di controllo europei esercitano una forte influenza sulle operazioni della
Swift, ma resta il fatto che interferire con l’accesso delle banche
statunitensi al sistema significherebbe scatenare un caos finanziario, che
danneggerebbe sia le banche europee sia quelle americane.
Le
regole sulla concorrenza sono uno strumento meno rischioso per fare pressione
sulle società finanziarie statunitensi.
In
quest’ottica le istituzioni di controllo dell’Unione e del Regno Unito stanno
già indagando sulla posizione dominante di Mastercard e Visa all’interno del
mercato dei pagamenti europeo.
L’introduzione
di norme cautelari è un altro strumento per fare leva sulle aziende
statunitensi.
Per esempio le banche e i fondi d’investimento
stranieri potrebbero essere costretti a investire più capitali per finanziare
le loro operazioni in Europa.
Un
rapporto che sarà pubblicato a breve dal centro studi “European council on
foreign relations” sottolinea che un rafforzamento delle leggi sulla
conservazione dei dati sensibili e altre norme simili potrebbero rivelarsi
utili.
Anche
se gli statunitensi potrebbero rispondere con la stessa moneta, una guerra sui
servizi penalizzerebbe più loro che l’Europa.
Gli
Stati Uniti esportano in Europa più servizi di quelli che importano (con un
surplus di cento miliardi di euro).
Una
situazione diversa rispetto al commercio di beni, in cui l’Europa ha un surplus
di almeno duecento miliardi di euro l’anno.
Le
dimensioni del mercato non sono l’unica risorsa in mano all’Europa per
esercitare una pressione economica.
Il continente potrebbe anche limitare
l’accesso degli statunitensi a beni e servizi in cui mantiene una posizione
dominante.
Un
recente rapporto del centro studi francese “Cepii” individua una serie di
categorie di beni che sono prodotti soprattutto in Europa e che gli Stati Uniti
importano in grandi quantità, a cominciare da quelli farmaceutici e dai
composti chimici.
Detto
questo, l’Unione non metterà mai in ginocchio gli americani limitando le
vendite di “Wegovy”, un farmaco per la perdita di peso prodotto dall’azienda
danese “Novo Nordisk”.
Ma c’è un ambito strategico su cui l’Unione ha
un controllo pressoché totale: quello delle macchine usate per produrre i
microchip più sofisticati.
I
microchip.
L’”Asml,”
azienda con sede nei Paesi Bassi, è l’unica al mondo in grado di costruire
macchinari per produrre chip di grandezza pari o inferiore a sette nanometri,
quelli usati dall’intelligenza artificiale più avanzata.
L’Asml inoltre controlla il 90 per cento del
mercato delle macchine che producono chip leggermente più grandi (14
nanometri).
Una
limitazione delle esportazioni della Asml non sarebbe un gesto senza
precedenti:
nel
2023 i Paesi Bassi hanno vietato all’azienda di vendere i suoi sistemi più
avanzati alla Cina.
Ma l’Europa potrebbe decidere di imporre agli
Stati Uniti lo stesso trattamento solo se i rapporti dovessero diventare
estremamente conflittuali.
Inoltre,
esattamente come nel caso della “Swift”, la modifica della filiera di
distribuzione dei chip potrebbe avere conseguenze disastrose e imprevedibili
che colpirebbero duramente anche l’Europa.
Le
materie prime.
Un
altro strumento di pressione deriva dal domino europeo nel mercato globale
delle materie prime.
L’Europa non è un esportatore di materie prime
paragonabile agli Stati Uniti, ma è un intermediario indispensabile nel
contesto mondiale.
La
scarsità di risorse naturali, la posizione centrale e la lunga tradizione di un
mercato relativamente aperto hanno permesso all’Europa di controllare buona
parte delle attività legate al movimento dei prodotti, come le spedizioni
marittime e le coperture assicurative.
Una
pesante frattura con l’Europa renderebbe molto più difficile per gli Stati
Uniti la vendita delle materie prime, non solo nel continente ma anche in altre
zone del mondo.
L’Europa è la patria delle più grandi aziende
di commercio di materie prime del mondo.
Solo
la Svizzera ne conta circa novecento, compresi giganti come la Glencore, la
Gunvor, la Mercuria e la Vitol.
Anche
il Regno Unito e i Paesi Bassi sono snodi importanti nel commercio delle
materie prime.
Nel
corso dei decenni le aziende europee hanno creato una vasta rete di fornitori,
meccanismi di stoccaggio, infrastrutture per i trasporti e rapporti con le
banche che gli consente di mettere in contatto i produttori con i consumatori
in ogni punto del pianeta.
Collegare miniere e aziende agricole remote a
città e fabbriche distanti migliaia di chilometri è un’attività estremamente
complessa che non sarebbe facile replicare.
Le più
grandi aziende che gestiscono le navi da carico – come la Maersk, la Msc e la
Cma Ggm – sono europee.
La
Oldendorff, prima azienda mondiale nel campo delle spedizioni a bordo di
portarinfuse – navi usate per trasportare carichi come cereali, carbone,
minerale grezzo, cemento – è tedesca.
Gli
armatori greci controllano più del 30 per cento delle petroliere e più di un
quinto (per capienza) della flotta che trasporta gas naturale liquefatto.
L’industria dei trasporti marittimi è molto
sviluppata anche in Asia, ma in questo campo l’Europa sorpassa di gran lunga la
quota di mercato degli Stati Uniti.
Inoltre,
le società finanziarie europee, diversamente da quelle statunitensi, hanno un
ruolo di primo piano nel commercio delle materie prime.
Londra, con la sua rete di broker e
assicurazioni, assicura più del 40 per cento delle attività energetiche
off-shore del mondo.
I
dodici club che si occupano delle assicurazioni P&I (Protection and
Indemnity) e formano il “British international group” coprono la grande
maggioranza delle petroliere a livello globale.
Le
banche europee sono molto presenti negli aspetti finanziari del commercio delle
materie prime, mentre gli istituti di credito statunitensi sono sostanzialmente
assenti.
Di
recente l’Europa ha cercato di sfruttare la sua influenza per colpire la Russia
dopo l’invasione dell’Ucraina, vietando alle aziende che commerciano in materie
prime, alle banche, alle navi e alle assicurazioni europee di fare affari con
il petrolio russo, a meno che non fosse venduto per meno di sessanta dollari al
barile.
Anche
se Mosca ha trovato il modo di aggirare questo tetto, la stretta imposta
dall’Europa ha provocato un aumento dei costi per le aziende russe e dunque ha
ridotto gli introiti per la Russia in questo settore.
Questo
non significa che l’Europa oserebbe ricorrere a tattiche simili contro gli
Stati Uniti, ma sarebbe possibile immaginare un sistema di rincari o imposte
meno aggressivo rispetto alle sanzioni russe che possa comunque far lievitare i
costi del commercio internazionale per le aziende statunitensi.
In ogni caso si tratterebbe di una decisione
aggressiva e ostile, concepibile solo nel contesto di una rottura dei rapporti.
È
chiaro che anche davanti a un Trump senza freni, l’Europa non tratterebbe mai
gli Stati Uniti come ha fatto con la Russia, a prescindere da quanto possa
diventare violenta una battaglia commerciale.
La
difesa.
Il
campo in cui il rapporto transatlantico è più squilibrato è senz’altro quello
della difesa.
L’Europa
dipende molto dal sostegno militare di Washington, quindi avrebbe molto da
perdere nel caso in cui gli accordi dovessero saltare.
Come
ha dichiarato Trump di recente, gli Stati Uniti sono protetti “da un grande e
bellissimo oceano”.
Ma
questa protezione non è assoluta, e il fatto che l’Europa sia in posizione
subordinata non significa che non abbia voce in capitolo.
Cominciamo
da quel grande e bellissimo oceano, che gli Stati Uniti non possono proteggere
senza l’aiuto degli europei.
I sottomarini russi che entrano nell’Atlantico
dalle loro basi artiche devono attraversare una serie di restringimenti
conosciuti come “Giuk gap” (dai nomi di Regno Unito, Groenlandia e Islanda).
Per decenni gli Stati Uniti e i loro alleati
hanno monitorato insieme la zona attraverso una serie di sensori sottomarini
collegati a strutture sulla terra ferma, oltre che con radar posizionati a
bordo delle fregate e degli aerei di pattugliamento marittimo che decollano dal
Regno Unito, dall’Islanda e dalla Norvegia.
Gran
parte dei dati raccolti in queste missioni è probabilmente elaborata nel
quartier generale della Nato, nella periferia di Londra.
Se
questo meccanismo dovesse interrompersi, per Washington sarebbe molto più
difficile seguire il percorso dei sottomarini russi.
Gli
Stati Uniti avrebbero molte meno probabilità di rilevare la presenza dei
sottomarini diretti verso le loro coste e questo permetterebbe alla Russia di
piazzare una grande quantità di missili in posizioni abbastanza vicine da
colpire bersagli statunitensi.
Anche
se Trump riuscisse in qualche modo ad annettere la Groenlandia agli Stati
Uniti, le forze statunitensi non potrebbero comunque coprire interamente il
gap.
E se le navi della marina americana fossero
inviate nel Pacifico per gestire una crisi o una guerra, la dipendenza degli
Stati Uniti dalla collaborazione con l’Europa potrebbe crescere ulteriormente.
Il “Giuk
gap” è solo un esempio di un fenomeno più grande:
la potenza militare degli Stati Uniti deriva
anche dall’accesso al territorio europeo. Per esempio nella base aerea di
Qaanaaq, in Groenlandia, la “United States space force “mantiene una stazione
radar per rilevare la presenza di missili russi in avvicinamento verso il
Nordamerica.
Senza un accesso a quel radar, gli Stati Uniti
perderebbero la possibilità di ricevere un allarme su una minaccia missilistica
imminente.
Sul
fianco meridionale della Nato, nel Mediterraneo, l’aeronautica statunitense sta
valutando la possibilità di espandere una base a Cipro, che ha avuto una grande
importanza per le operazioni statunitensi in Medio Oriente, a cominciare dalla
consegna di aiuti a Gaza.
Forse
il più importante snodo degli Stati Uniti in Europa è la Germania, dove
Washington ha più di cinquantamila soldati.
Il
comando europeo e africano del Pentagono, che gestisce ogni soldato, carro
armato, aereo da guerra e nave nella regione, si trova a Stoccarda.
Il
quartier generale dell’esercito americano in Europa è a Wiesbaden.
La
Germania ospita cinque delle sette guarnigioni europee del Pentagono, compresa “Grafenwöhr”,
la più grande base delle forze armate americane all’estero.
“Ramstein”,
una grande base dell’aeronautica, è stata per anni uno snodo per la gestione
degli attacchi dei droni in Afghanistan, Pakistan, Somalia e Yemen. L’ospedale
militare di “Landstuhl” ha curato 95mila soldati americani feriti in Iraq e
Afganistan.
Almeno
il 40 per cento delle attività statunitensi in Germania serve a sostenere
operazioni in altre parti del mondo.
Le forze speciali che hanno ucciso Osama bin
Laden in Pakistan nel 2011, per esempio, erano partite da Ramstein.
Il
potere che ha l’Europa nei confronti degli Stati Uniti non deriva solo
dall’accesso al suo territorio.
Le aziende europee sono infatti profondamente
integrate nella filiera di distribuzione della difesa degli Stati Uniti.
Un
quarto dei componenti dei caccia F-35 è prodotto in Europa, mentre il Regno
Unito fornisce competenze di alto livello per il programma nucleare di
Washington.
Poi
c’è l’intelligence.
Il
Regno Unito fa parte dell’”alleanza Five eyes” (insieme a Stati Uniti,
Australia, Regno Unito, Canada e Nuova Zelanda), creata per raccogliere e
condividere informazioni riservate.
Gli
Stati Uniti generano il 75-80 per cento di queste informazioni, quindi guidano
l’alleanza, ma il restante 20-25 per cento ha un grande valore e permette agli
statunitensi di essere più efficienti, di condurre le loro operazioni e di
agire in luoghi che altrimenti sarebbero inaccessibili, come le basi
britanniche a Cipro.
Donald
Trump ha smantellato l’agenzia del governo statunitense che finanziava progetti
umanitari in tutto il mondo.
La
decisione colpirà milioni di persone.
E rivela un’idea delle relazioni
internazionali basata sulla forza.
George
Packer.
I
servizi di sicurezza statunitensi collaborano anche con altri paesi europei.
All’inizio del decennio scorso, per esempio, l’”Agenzia per la sicurezza
nazionale statunitense” (Nsa) ha cooperato con la Danimarca per spiare alcuni
importanti politici europei attraverso i cavi in fibra ottica che attraversano
il territorio danese.
Nel
2015 sono stati i servizi d’intelligence olandesi ad allertare gli Stati Uniti
sui tentativi degli hacker russi di influenzare il risultato delle imminenti
elezioni. Naturalmente gran parte di questa collaborazione sopravviverebbe
anche a un grave scontro transatlantico.
In
ambiti come l’antiterrorismo, per esempio, i servizi di sicurezza lavorano con
tutti, anche con quelli di paesi rivali.
Tuttavia,
l’Europa potrebbe far pesare la sua influenza sugli Stati Uniti anche senza interrompere
del tutto i legami transatlantici.
Lo ha già fatto in passato.
Nel
1973 il Regno Unito si rifiutò di permettere agli statunitensi di far decollare
gli aerei U2 dalle basi britanniche e cipriote durante la guerra dello Yom
Kippur, mentre nel 1986 Francia, Spagna e Italia hanno vietato il passaggio nei
loro cieli o l’uso delle loro basi aeree durante i bombardamenti sulla Libia,
costringendo gli statunitensi a seguire un percorso più lungo e tortuoso.
Nel
2003 la Turchia ha vietato a Washington di usare il suo territorio per lanciare
un’invasione dell’Iraq, impedendogli di attaccare Baghdad da nord.
Queste
schermaglie sono abbastanza normali in un’alleanza, ma se gli europei dovessero
decidere di tenere testa a Trump, i veti potrebbero creare una frizione
considerevole negli ingranaggi del potere americano.
Come
in ambito economico, anche nel contesto militare è difficile che l’Europa
eserciti il suo potere a pieno.
Quasi tutte le misure che potrebbe adottare,
infatti, avrebbero ripercussioni negative per il continente, anche se il danno
per gli Stati Uniti sarebbe sicuramente maggiore.
Questo è uno dei motivi per cui è difficile
immaginare che i leader europei, non esattamente inclini a trovare un accordo
tra loro anche nei momenti migliori, possano concordare una risposta comune
all’aggressività di Trump.
Ma se davvero decidessero di reagire, gli
strumenti per farlo non mancherebbero.
(Traduzione
di Andrea Sparacino).
COMMENTI
IN AGGIORNAMENTO – ACCORDO USA-UE PER DAZI AL 15%.
DAZI: TRUMP
HA FIRMATO.
Agrapress.it
– (1° agosto 2025) – bit.iy/40gt8gk – Redazione – ci dice:
L’ORDINE
ESECUTIVO.
Nella
serata del 31 luglio il presidente degli stati uniti ha firmato l’ordine
esecutivo che fissa le tariffe doganali.
(Prosegue il documento pubblicato sul sito
della casa bianca).
DAZI:
FINI (CIA), CON ACCORDO UE-TRUMP VINO SOTTO
ATTACCO
ORA INDENNIZZI PER MAGGIORAZIONE COSTI.
“Mai
come oggi il vino e’ sotto attacco. dopo l’accordo Ue-Trump sui dazi, l’impatto
sara’ totalmente svantaggioso per uno dei prodotti simbolo del made in italy:
ogni bottiglia sullo scaffale in Aamerica potra’ costare fino al 20% in piu'”.
E’
quanto dichiara Cristiano FINI, presidente di Cia-agricoltori italiani,
ricordando che gli usa sono attualmente la prima piazza mondiale per il nostro
export vitivinicolo, con circa 1,9 miliardi di euro di fatturato nel 20242″.
lo rende noto un comunicato di Cia., che cosi’
prosegue:
“‘l’accordo
raggiunto penalizza di fatto solo l’unione europea: non si puo’, dunque,
parlare di accordo positivo, essendo questo – di fatto – un accordo
unilaterale’, aggiunge FINI. il comparto non e’ solo un’eccellenza produttiva,
ma un vero motore economico per tutto il settore agricolo nazionale.
L’introduzione
di nuovi dazi su un mercato chiave come quello degli stati uniti avrebbe un
impatto diretto soprattutto sulle piccole e medie imprese che hanno investito
per anni su qualita’, internazionalizzazione e sostenibilita’.
Ora
tutti questi viticoltori rischiano di vedere compromessi i risultati raggiunti.
per FINI serve un’azione politica forte e unitaria a livello nazionale ed
europeo per indennizzare le nostre imprese dei maggiori costi che dovranno
essere sostenuti per le esportazioni verso gli usa.
Queste
risorse possono essere straordinarie o dovranno essere reperite
nell’ordinarieta’ dei fondi comunitari, non interamente spesi.
‘Sarebbe un modo – dice FINI – per
indennizzare le aziende dell’effetto dumping, che sara’ superiore alle attese,
considerando l’incremento dei costi lungo la filiera distributiva e la
svalutazione del dollaro’.
A
dipendere maggiormente dagli stati uniti per il proprio export sono i vini
bianchi dop del trentino-alto adige e del friuli-venezia giulia, con una quota
del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi
toscani dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi dop (31%, 121 milioni)
e il prosecco dop (27%, 491 milioni). grandi numeri che i dazi possono
scombinare lasciando strada libera ai competitor. per compensare l’effetto
negativo dei dazi, cia chiede anche di introdurre una nuova comunicazione sul
vino, attraverso i fondi dell’Ocm promozione.
‘bisogna fare meno leva su elementi classici
come il terroir e puntare di piu’, invece, su concetti semplici e immediati, in
grado di arrivare a quel target giovane che rappresenta il consumatore del
futuro’.”
DAZI:
BERTINELLI, CON ORDINE ESECUTIVO TRUMP X PARMIGIANO REGGIANO SI PASSA DA 25% A
15% MA OGNI BARRIERA LIMITA CRESCITA.
“Con
la firma dell’ordine esecutivo da parte di TRUMP sembra ormai chiaro che il
dazio sul parmigiano reggiano si attestera’ al 15% e che si tratta di un dazio
sostitutivo e non aggiuntivo rispetto a quanto gia’ grava sul nostro prodotto.
ricordiamo che dagli anni ’60 il parmigiano reggiano paga un dazio del 15% e
che, dall’aprile 2025, a questo, si e’ aggiunto un ulteriore 10% portando il
dazio al 25%. dal prossimo 7 agosto torneremmo pertanto a un 15% all-inclusive.
Pur
riconoscendo che la tariffa e’ migliorativa, ritengo che qualsiasi barriera al
libero commercio rappresenti un limite ingiusto alla crescita e alla
cooperazione economica. il libero commercio e’ da sempre una forza positiva:
favorisce l’innovazione, la concorrenza, la scelta consapevole dei consumatori
e il dialogo tra nazioni. come abbiamo piu’ volte sottolineato, la nostra dop
non e’ in reale concorrenza con i parmesan americani, dato che copre meno
dell’8% del mercato dei formaggi duri e viene venduto a un prezzo piu’ che
doppio rispetto al formaggio prodotto dai farmer americani. negli stati uniti
chi lo compra fa una scelta consapevole: ha infatti un 92% di di alternative
sul mercato che costano molto meno. imporre dazi su un prodotto come il parmigiano
reggiano aumenta solo il prezzo per i consumatori americani, senza proteggere
realmente i produttori locali: e’ pertanto una scelta che danneggia tutti.
inoltre, nonostante non sia previsto un incremento dei dazi, ai livelli
attuali, il prezzo reale per il consumatore americano entro i primi mesi del
2026 subira’ inevitabilmente un’ulteriore crescita, poiche’ si riverseranno sul
consumo sia i rilevanti aumenti registrati all’origine, sia l’effetto
moltiplicatore del cambio dollaro/euro, superando ampiamente i 55 dollari al
kg”. lo ha dichiarato in un comunicato stampa nicola BERTINELLI, presidente del
consorzio parmigiano reggiano. “ricordiamo – conclude il comunicato – che per
il parmigiano reggiano gli stati uniti sono il primo mercato estero pari al 22,5%
della quota export totale: nel 2024 sono state esportate oltre 16.000
tonnellate, con un aumento del +13,4% sul 2023”
DAZI:
ECVC, COMMISSIONE UE ANCORA UNA VOLTA DA’
PRIORITA’
A COMMERCIO NON A BENESSERE CITTADINI.
il “coordinamento
europeo via campesina” (ecvc) con un comunicato “esprime indignazione per il
disastroso accordo commerciale tra Ue e Stati uniti, siglato da Donald TRUMP e Ursula
VON DER LEYEN”.
Con
questo accordo – sostiene ecvc – la commissione europea ha deciso di dare
priorita’ agli interessi commerciali rispetto all’interesse generale delle
popolazioni europee, perche’ con questo accordo l’ue sta abbassando i propri
standard di qualita’ per consentire l’ingresso dei prodotti statunitensi nel
mercato europeo. nella sua fretta di firmare questo e altri accordi di libero
scambio, insieme alle riduzioni dei bilanci della PAC – denuncia ecvc -, la
commissione continua a tradire e ignorare gli agricoltori nel momento in cui
hanno piu’ bisogno di protezione e sostegno.
DAZI:
VERSIONE USA ACCORDO.
questo
il comunicato apparso sul sito della casa bianca dopo l’accordo sui dazi
raggiunto con l’unione europea. “SCRIVENDO LA STORIA GLOBALE: ieri il
presidente donald j. TRUMP ha annunciato un accordo commerciale con l’unione
europea (ue), riequilibrando radicalmente i rapporti economici tra le due
maggiori economie mondiali. l’accordo segna una modernizzazione generazionale
dell’alleanza transatlantica e garantira’ agli americani livelli di accesso al
mercato dell’unione europea senza precedenti. l’accordo rafforza l’economia e
le capacita’ produttive degli stati uniti. l’ue acquistera’ 750 miliardi di
dollari in energia statunitense e realizzera’ nuovi investimenti per 600
miliardi di dollari negli stati uniti, il tutto entro il 2028. grazie a una
leadership decisa e a un impegno incrollabile nei confronti dei lavoratori
americani, il presidente TRUMP ha raggiunto un altro accordo che posiziona gli
stati uniti come la destinazione principale al mondo per investimenti,
innovazione e produzione avanzata.
RAGGIUNGIMENTO
DI UN ACCORDO COMMERCIALE STORICO:
l’accordo
del presidente TRUMP con l’unione europea realizza riforme strutturali e
impegni strategici storici che andranno a beneficio dell’industria americana,
dei lavoratori e della sicurezza nazionale per generazioni: gli stati uniti e
l’unione europea hanno raggiunto un accordo di cooperazione sul commercio
reciproco, equo ed equilibrato. questo colossale accordo consentira’ ad
agricoltori, allevatori, pescatori e produttori statunitensi di incrementare le
esportazioni statunitensi, ampliare le opportunita’ commerciali e contribuire a
ridurre il deficit commerciale con l’unione europea. l’ue eliminera’ dazi
doganali significativi, tra cui l’eliminazione di tutti i dazi ue sui prodotti
industriali statunitensi esportati nell’ue, creando enormi opportunita’ per i
prodotti realizzati e coltivati negli stati uniti di competere e affermarsi in
europa. questo nuovo accesso al mercato stimolera’ la crescita dell’economia
americana, alimentando le esportazioni, espandendo la produzione e consentendo
alle aziende americane di ogni dimensione di raggiungere milioni di nuovi
clienti oltreoceano. nell’ambito della strategia del presidente TRUMP per un
commercio equilibrato, l’unione europea paghera’ agli stati uniti un’aliquota
tariffaria del 15%, che includera’ anche auto e ricambi, prodotti farmaceutici
e semiconduttori. tuttavia, i dazi settoriali su acciaio, alluminio e rame
rimarranno invariati: l’ue continuera’ a pagare il 50% e le parti discuteranno
sulla sicurezza delle catene di approvvigionamento per questi prodotti. questo
nuovo regime tariffario generera’ decine di miliardi di dollari di entrate
all’anno e contribuira’ a colmare il persistente squilibrio commerciale tra
stati uniti ed europa, incoraggiando l’approvvigionamento locale, riportando la
produzione in patria e garantendo che i produttori stranieri contribuiscano
equamente all’economia americana. ulteriori termini chiave dell’accordo tra
stati uniti e unione europea includeranno: ingenti investimenti dell’ue negli
stati uniti: l’ue investira’ 600 miliardi di dollari negli stati uniti durante
il mandato del presidente TRUMP. questo nuovo investimento si aggiunge agli
oltre 100 miliardi di dollari che le aziende dell’ue gia’ investono negli stati
uniti ogni anno. sfruttare l’energia americana: l’ue raddoppiera’ gli sforzi
per affermarsi come superpotenza energetica negli stati uniti, acquistando 750
miliardi di dollari di esportazioni energetiche statunitensi entro il 2028.
cio’ rafforzera’ il predominio energetico degli stati uniti, ridurra’ la dipendenza
dell’europa da fonti contrapposte e ridurra’ il nostro deficit commerciale con
l’ue. barriere tariffarie: l’unione europea collaborera’ con gli stati uniti
per eliminare i dazi in vari settori e fornira’ quote significative per altri
prodotti che, combinate, creeranno opportunita’ di accesso al mercato
commercialmente significative per una quantita’ significativa di merci
esportate dagli stati uniti verso l’unione europea, sostenendo posti di lavoro
americani di alta qualita’. barriere non tariffarie per le esportazioni
industriali statunitensi: l’unione europea si impegnera’ per affrontare una
serie di preoccupazioni degli stati uniti relative a vari requisiti dell’ue che
risultano onerosi per gli esportatori statunitensi, in particolare per le
piccole e medie imprese, anche attraverso sforzi per eliminare la burocrazia
che gli esportatori statunitensi devono affrontare quando fanno affari
nell’unione europea. barriere non tariffarie per le esportazioni agricole
statunitensi: gli stati uniti e l’unione europea intendono collaborare per
affrontare le barriere non tariffarie che incidono sul commercio di prodotti
alimentari e agricoli, tra cui la semplificazione dei requisiti per i
certificati sanitari per la carne di maiale e i prodotti lattiero-caseari statunitensi.
niente free rider: gli stati uniti e l’unione europea stabiliranno rigide
regole di origine per garantire che i benefici di questo accordo vadano
direttamente agli stati uniti e all’unione europea, non a paesi terzi. barriere
al commercio digitale: gli stati uniti e l’unione europea intendono affrontare
le barriere ingiustificate al commercio digitale. a tale riguardo, l’unione
europea conferma che non adottera’ ne’ manterra’ tariffe per l’utilizzo della
rete. inoltre, gli stati uniti e l’unione europea manterranno zero dazi
doganali sulle trasmissioni elettroniche. sicurezza economica: stati uniti e
unione europea concordano di rafforzare l’allineamento in materia di sicurezza
economica per migliorare la resilienza e l’innovazione della catena di
approvvigionamento. le due parti adotteranno misure complementari per
affrontare le politiche non di mercato di terze parti, oltre a collaborare in
materia di revisione degli investimenti in entrata e in uscita, controlli sulle
esportazioni e evasione doganale. accordi commerciali: gli stati uniti e
l’unione europea hanno stipulato una serie di importanti accordi commerciali in
settori chiave, tra cui energia e semiconduttori, che amplieranno ulteriormente
le esportazioni statunitensi verso il mercato europeo. equipaggiamento
militare: l’unione europea ha accettato di acquistare ingenti quantita’ di
equipaggiamento militare statunitense. il programma economico america first del
presidente TRUMP mira a ripristinare la nostra potenza industriale, a garantire
il predominio energetico e a fare degli stati uniti la destinazione principale
per gli investimenti industriali e manifatturieri avanzati. in soli sei mesi,
il presidente TRUMP ha riaffermato gli stati uniti come la destinazione piu’
attraente al mondo per gli investimenti e leader indiscusso nell’innovazione,
nella ricerca e nella produzione avanzata. altri presidenti americani hanno
tentato, senza successo, di raggiungere un accordo commerciale significativo
con l’unione europea. con quest’ultimo accordo, il presidente TRUMP ha
dimostrato ancora una volta che una leadership coraggiosa, la forza economica e
una determinazione incrollabile producono risultati che nessun altro leader
avrebbe potuto raggiungere.
LIBERARE L’AMERICA DALLE PRATICHE COMMERCIALI
SLEALI:
fin dal primo giorno, il presidente TRUMP ha
messo in discussione il presupposto secondo cui i lavoratori e le aziende
americane debbano tollerare pratiche commerciali sleali che li hanno
svantaggiati per decenni e hanno contribuito al nostro storico deficit
commerciale. il 2 aprile, il presidente TRUMP ha dichiarato lo stato di
emergenza nazionale in risposta all’ampio e persistente deficit commerciale
degli stati uniti causato dalla mancanza di reciprocita’ nelle relazioni
commerciali bilaterali, da barriere tariffarie e non tariffarie ingiuste e
dalle politiche economiche dei partner commerciali statunitensi che limitano i
salari e i consumi interni. il presidente TRUMP continua a promuovere gli
interessi economici e di sicurezza nazionale del popolo americano rimuovendo le
barriere tariffarie e non tariffarie e ampliando l’accesso al mercato per gli
esportatori americani. l’annuncio di oggi apre uno storico accesso al mercato
per la seconda economia piu’ grande del mondo, ristabilendo il solido rapporto positivo
a lungo termine tra gli stati uniti e il suo alleato chiave, l’unione europea.
”DAZI:
SICOLO (ITALIA OLIVICOLA), TORNARE A INVESTIRE.
IN
GIAPPONE OLIVICOLTORI ITALIANI DANNO BUON ESEMPIO.
“Da 4
mila tonnellate negli anni 1990 fino alle 60 mila tonnellate di oli di oliva
importanti in Giappone nel 2024/25.
La
crescita tumultuosa del mercato giapponese, unitamente alle crescenti tensioni
per i dazi dell’amministrazione TRUMP negli stati uniti, stanno orientando le
scelte di investimenti verso i mercati internazionali”. lo rende noto un
comunicato di italia olivicola, che cosi’ prosegue: “‘i dati di mercato
indicano in maniera evidente che il consumo di oli di oliva in giappone cresce
tanto piu’ si fanno azioni di comunicazione e di promozione – afferma Gennaro
SICOLO, presidente di italia olivicola e vicepresidente nazionale di
cia-agricoltori italiani – ecco perché’ abbiamo tenuto alla nostra presenza a Osaka,
attraverso i partner strategici Alce nero e Finoliva.
Nel
giro di tre anni, dal 1993 al 1995, il consumo di olio di oliva in Giappone e’
triplicato.
Poi ci
sono voluti 10 anni perché’ raddoppiasse.
Oggi i
dati del consiglio oleicolo internazionale dicono che i consumi si sono
stabilizzati a 55-60 mila tonnellate.
Occorre
tornare a investire e gli olivicoltori italiani danno il buon esempio’.
Italia
olivicola e’ infatti stata presente in occasione dell’expo di Osaka in uno
spazio Eataly dove ha fatto apprezzare le peculiarita’ dell’extravergine
italiano.
Un
percorso di valorizzazione delle eccellenze che e’ stato riconosciuto anche dal
ministero della sovranita’ alimentare che ha nominato alce nero quale
ambasciatore della cucina italiana nel mondo, ambito riconoscimento ritirato da
Koto YASAKI, come product manager Alce nero.
‘In giappone, l’olio d’oliva e’ spesso
utilizzato come olio da cucina, ma in Italia l’olio extravergine d’oliva viene
utilizzato come condimento per apprezzarne il gusto e l’aroma.
In
occasione di questo evento, abbiamo proposto alcuni modi per ampliare la gamma
di utilizzi dell’olio extravergine d’oliva, apprezzandone il gusto e l’aroma –
ha affermato YASAKI – la promozione ha permesso ai visitatori di sperimentare
il ricco sapore dell’olio extravergine di oliva italiano e i diversi sapori di
ciascuna varieta’ (fruttato, dolce, monocultivar carolea), trasmettendo il
fascino dell’olio extravergine di oliva italiano e di alce nero ai visitatori’.
Punto
di forza di alce nero e’ offrire ai giapponesi un olio extravergine di oliva
biologico, controllato e da filiera certificata.
L’ Italia,
secondo i dati sinab, e’ leader dell’olivicoltura biologica insieme con Tunisia
e Spagna e con una crescita delle superfici del 37,7% dal 2015 a oggi”.
DAZI:
RISPOSTE GIORGETTI AL QUESTION TIME.
Il
ministro dell’economia Giancarlo GIORGETTI (lega) ha risposto oggi in aula alla
camera, durante il question time, a interrogazioni del (m5s
tinyurl.com/5cbyasyh) (bit.ly/40HsV12) e Iv (tinyurl.com/3t2wv272),
(bit.ly/45bmmoV).
DAZI:
PRANDINI (COLDIRETTI), STANGATA DA OLTRE 1 MILIARDO
SUL
MADE IN ITALY VON DER LEYEN INADEGUATA.
“L’introduzione
di dazi al 15% da parte degli stati uniti sui prodotti agroalimentari italiani
rischia di far perdere oltre 1 miliardo di euro al comparto, frenando una
crescita costante che ha visto il nostro cibo imporsi come sinonimo di qualita’
oltreoceano.
E’
quanto emerge da un’analisi coldiretti su dati del centro studi divulga, che
mette in luce la vulnerabilita’ delle nostre filiere di fronte alla nuova
politica commerciale americana”. lo rende noto un comunicato della Coldiretti,
che cosi’ prosegue:
“con
un valore che nel 2024 ha sfiorato gli 8 miliardi di euro, gli usa
rappresentano il primo mercato extra-ue per l’agroalimentare italiano.
Negli
ultimi cinque anni, l’export verso gli stati uniti e’ cresciuto in media
dell’11% l’anno, arrivando a toccare un +17% solo nell’ultimo anno. una
dinamica positiva che ora rischia di invertirsi bruscamente.
Il
vino e’ il primo prodotto agroalimentare esportato negli stati uniti, con 1,9
miliardi di euro, con i dazi subira’ un impatto stimato in oltre 290 milioni di
euro. Poi l’olio extravergine di oliva.
L’export
verso gli usa vale oltre 937 milioni di euro.
I dazi
avranno un peso stimato in piu’ di 140 milioni di euro.
Andra’
male anche per la pasta di semola, ad oggi esente da dazi: pesera’ 74 milioni
di euro.
Restano
stabili, invece, molti dei formaggi, che erano gia’ tra il 10% e il 15%, ma
l’incertezza sull’abolizione delle quote rischia di incidere sull’export, che
nel 2024 ha superato i 486 milioni di euro.
La
presidente della commissione europea Ursula VON DER LEYEN si sta dimostrando
totalmente inadeguata al ruolo che ricopre – dichiara il presidente di
coldiretti Ettore PRANDINI – dopo aver gia’ colpito duramente il mondo agricolo
con tagli senza precedenti alla pac, oggi assistiamo all’ennesimo danno
provocato da una gestione improvvisata e debole del negoziato commerciale con
gli stati uniti.
L’accordo
siglato con Washington e’ chiaramente piu’ vantaggioso per l’economia americana
che per quella europea;
stiamo
assistendo anche al fatto che il documento a base dell’accordo non coincide
nemmeno con quello statunitense, una situazione lesiva della credibilita’
stessa dell’Europa.
VON DER LEYEN – conclude PRANDINI – ha mancato
ancora una volta l’obiettivo di difendere la produzione europea, il lavoro
degli agricoltori e la sovranita’ alimentare dell’unione.
A
pagare il prezzo di questa politica remissiva non sara’ solo l’agricoltura, ma
l’intero sistema produttivo europeo.
Serve
una reazione decisa per ottenere l’esclusione dei prodotti agroalimentari di
eccellenza dalla lista dei dazi e garantire sostegno economico alle filiere
piu’ colpite e fa bene il nostro governo a spingere perché’ si arrivi a questo
per salvaguardare un comparto strategico come quello agricolo”. “non possiamo
rimanere a guardare questa deriva autocratica dell’europa – afferma il
segretario generale di coldiretti Vincenzo GESMUNDO –
VON
DER LEYEN ancora una volta dimostra di essere forte con i deboli e debole con i
forti.
Questo
accordo penalizza proprio i prodotti simbolo del made in italy, che hanno
conquistato il consumatore statunitense grazie a qualita’, tracciabilita’ e
legame con il territorio.
Il
rischio e’ un calo delle vendite e un’impennata dell’Italian sounding, con
gravi danni per i nostri produttori e per l’immagine dell’agroalimentare
italiano e a pagarne il prezzo saranno imprese, lavoratori e consumatori su
entrambe le sponde dell’atlantico”.
DAZI:
CAPUA (AGCI AGROALIMENTARE), IL RISCHIO NON E’ SOLO ECONOMICO MA E’ ANCHE
SOCIALE.
“Il
prezzo dei dazi non si misura solo in miliardi, ma in vite professionali
spezzate e territori indeboliti. il nostro sistema agroalimentare, in
particolare, gia’ sotto pressione, rischia di subire un colpo durissimo. la
perdita di posti di lavoro non e’ una proiezione teorica:
e’ una realta’ che colpira’ le filiere piu’
esposte, dal vino all’olio, dai formaggi alla pasta. senza un piano di sostegno
immediato, il rischio e’ quello di una crescita in affanno e di un made in
italy sempre piu’ marginalizzato sui mercati internazionali”, ha dichiarato in
un comunicato il presidente di agci agroalimentare, Antonello CAPUA, in merito
all’accordo commerciale tra ue e stati uniti sui dazi. “i dazi imposti
colpiscono trasversalmente tutti gli ambiti produttivi italiani,
dall’agroalimentare, alla moda all’automotive, dalla meccanica di precisione
all’arredamento. in un mercato sempre piu’ competitivo, una penalizzazione
doganale puo’ significare la perdita di commesse, clienti e posti di lavoro. la
filiera del made in italy, che si regge sulla qualita’, sull’artigianalita’ e
sull’export, potrebbe subire un indebolimento sistemico, con effetti devastanti
sulla tenuta sociale delle aree produttive. nonostante il grande lavoro
diplomatico governativo, l’assenza di strumenti compensativi e politiche
industriali mirate, il rischio e’ che l’italia non riesca a difendere la
propria leadership internazionale in settori chiave.
In
gioco non c’e’ solo l’economia: c’e’ il valore stesso della produzione
italiana”, ha aggiunto CAPUA.
DAZI:
GUARDA (VERDI-AVS), VON DER LEYEN E TRUMP MASSACRANO AGRICOLTURA MELONI
APPLAUDE.
“I
dazi statunitensi al 15% ed il taglio del 20% ai fondi pac costituiscono un mix
letale per la nostra agricoltura.
A
farne le spese saranno le piccole aziende agricole, i contadini ed i braccianti
che producono il nostro cibo.
Con
l’inchino a TRUMP la commissione di Ursula VON DER LEYEN, la piu’ a destra
della storia Ue, ha definitamente voltato le spalle al mondo agricolo.
E il
governo meloni, che sostiene l’accordo, era quello che parlava di sovranita’
alimentare”.
Lo
afferma in un comunicato Cristina GUARDA (verdi/avs), componente della
commissione agricoltura del parlamento europeo.
“Gli
industriali sono sul piede di guerra per i dazi, devastanti per la manifattura
italiana: hanno ragione.
Ma non
si dimentichi che anche l’agricoltura sara’ colpita: nella mia regione, il
veneto, oltre 14.500 aziende agricole rischiano di essere travolte dal
combinato disposto tra dazi e tagli alla pac”, aggiunge.
GUARDA.COMMISSIONE UE SPIEGA L’ACCORDO
COMMERCIALE
TRANSATLANTICO
UE-USA 2025.
Con un
comunicato la commissione europea spiega l’accordo commerciale transatlantico Ue-Usa
2025.
Nel
comunicato si legge: “il 27 luglio 2025 la presidente della commissione europea
Ursula VON DER LEYEN e il presidente degli stati uniti Donald TRUMP hanno raggiunto un accordo su tariffe e
commercio.
La
partnership transatlantica e’ un’arteria chiave del commercio globale ed e’ la
relazione bilaterale di commercio e investimento piu’ significativa al mondo.
il commercio di beni e servizi tra ue e usa e’ raddoppiato nell’ultimo
decennio, superando i 1,6 trilioni di euro nel 2024, con 867 miliardi di euro
di commercio di beni e 817 miliardi di euro di commercio di servizi. cio’
significa oltre 4,2 miliardi di euro di beni e servizi che attraversano
l’atlantico ogni giorno. questa partnership profonda e completa e’ sostenuta da
investimenti reciproci. nel 2022, le aziende dell’ue e degli stati uniti hanno
investito 5,3 trilioni di euro nei rispettivi mercati. questo accordo politico
ripristina stabilita’ e prevedibilita’ per i cittadini e le imprese su entrambe
le sponde dell’atlantico. l’accordo garantisce l’accesso continuo delle
esportazioni dell’ue al mercato statunitense, preservando catene del valore
profondamente integrate – molte delle quali si affidano alle pmi – e
salvaguardando efficacemente i posti di lavoro. fornisce inoltre la base per
una collaborazione continua tra l’ue e gli stati uniti. nell’accordo politico
del 27 luglio 2025, i presidenti VON DER LEYEN e TRUMP hanno concordato i
parametri chiave della relazione commerciale ue-usa. si tratta del primo passo
di un processo che sara’ ulteriormente ampliato nel tempo per coprire aree
aggiuntive e continuare a migliorare l’accesso al mercato. gli impegni chiave
di entrambe le parti includono:
#
ISTITUZIONE DI UN’UNICA, ONNICOMPRENSIVA SOGLIA TARIFFARIA STATUNITENSE DEL 15%
PER I BENI DELL’UE.
A
partire dal 1° agosto, gli stati uniti applicheranno questa tariffa massima
sulla stragrande maggioranza delle esportazioni dell’Ue.
Si
tratta di un’aliquota tariffaria onnicomprensiva e rappresenta una soglia
massima, includendo la tariffa statunitense di nazione piu’ favorita (mfn) che
in precedenza si aggiungeva a tariffe aggiuntive introdotte dagli stati uniti.
La
soglia del 15% si applica a quasi tutte le esportazioni dell’Ue attualmente
soggette a tariffe reciproche (tranne dove la tariffa mfn statunitense supera
il 15%, nel qual caso si applica solo la tariffa mfn senza tariffe aggiuntive).
La
soglia del 15% si applica anche ad auto e ricambi auto, attualmente soggetti a
un’aliquota tariffaria fino al 25% con una tariffa mfn aggiuntiva del 2,5%,
fornendo un sollievo tariffario immediato.
La
soglia del 15% si applichera’ anche a eventuali tariffe future su prodotti
farmaceutici e semiconduttori, inclusi quelli basati sulla sezione 232. fino a
quando gli stati uniti non decideranno se imporre tariffe aggiuntive su questi
prodotti ai sensi della sezione 232, essi rimarranno soggetti solo alle tariffe
mfn statunitensi.
#FORNITURA
DI UN TRATTAMENTO SPECIALE PER PRODOTTI STRATEGICI.
A
partire dal 1° agosto 2025, le tariffe statunitensi su aeromobili e parti di
aeromobili dell’Ue, alcune sostanze chimiche, alcuni farmaci generici o risorse
naturali torneranno ai livelli precedenti a gennaio.
Cio’
fornira’ un sollievo tariffario immediato per le industrie chiave dell’Ue,
mentre l’Ue e gli stati uniti hanno concordato di continuare a lavorare per
aggiungere piu’ prodotti a questa lista.
# Unire le forze per proteggere i settori
dell’acciaio, dell’alluminio e del rame dalla concorrenza sleale e distorsiva.
La sovra capacita’ globale minaccia sia
l’industria dell’Ue che quella degli stati uniti.
Insieme,
l’Ue e gli stati uniti stabiliranno quote tariffarie per le esportazioni dell’Ue
a livelli storici, tagliando le attuali tariffe del 50%, garantendo
congiuntamente una concorrenza globale leale.
# LIBERALIZZAZIONE DI ALCUNI SCAMBI DI MUTUO
INTERESSE DAGLI STATI UNITI VERSO L’UE.
Gli
importatori e i consumatori dell’Ue risparmieranno circa 5 miliardi di euro in
dazi ogni anno, mentre le sensibilita’ industriali e agricole chiave dell’Ue
rimarranno protette. –
Eliminazione
dei dazi gia’ bassi sui beni industriali.
Le
tariffe mfn dell’Ue sui beni industriali sono generalmente basse;
l’Ue
eliminera’ ora questi restanti dazi di basso livello sui beni industriali dagli
stati uniti. –
Migliore
accesso al mercato dell’Ue per quantita’ limitate di prodotti ittici
statunitensi.
Questa
ulteriore apertura del mercato per prodotti statunitensi tra cui il merluzzo d’Alaska,
il salmone del pacifico e i gamberetti – tutti soggetti a quote tariffarie
(trq) – avvantaggia l’industria di trasformazione dell’Ue. –
Migliore
accesso al mercato per alcune esportazioni agricole statunitensi non sensibili
per un valore di 7,5 miliardi di euro.
Prodotti
come l’olio di soia, i semi da semina, i cereali o la frutta secca, cosi’ come
alimenti trasformati come ketchup di pomodoro, cacao e biscotti, avranno un
accesso migliore al mercato dell’ue – tutti soggetti a trq -, riducendo i costi
su alcuni input per i nostri agricoltori e trasformatori, proteggendo al
contempo le sensibilita’ agricole dell’Ue.
# RIDUZIONE DELLE BARRIERE NON TARIFFARIE,
ANCHE ATTRAVERSO LA COOPERAZIONE SU STANDARD AUTOMOBILISTICI E MISURE SPS
(SANITARIE E FITOSANITARIE), E FACILITANDO IL RICONOSCIMENTO RECIPROCO DELLE
VALUTAZIONI DI CONFORMITA’ IN SETTORI INDUSTRIALI AGGIUNTIVI. #
Rafforzamento
della cooperazione sulla sicurezza economica.
L’Ue e
gli stati uniti miglioreranno la resilienza della catena di approvvigionamento
e affronteranno politiche e pratiche non di mercato. continueranno inoltre a
cooperare sullo screening degli investimenti e sui controlli delle
esportazioni.
# Garanzia di accesso affidabile a energia
critica e forniture orientate al futuro. l’Ue intende procurarsi gas naturale
liquefatto, petrolio e prodotti di energia nucleare dagli stati uniti con un
prelievo previsto di 750 miliardi di dollari (circa 700 miliardi di euro) nei
prossimi tre anni.
Cio’
contribuira’ a sostituire il gas e il petrolio russi sul mercato dell’Ue.
L’Ue
intende inoltre acquistare 40 miliardi di euro di chip di intelligenza
artificiale essenziali per mantenere il vantaggio tecnologico dell’Ue.
# Promozione e facilitazione degli
investimenti reciproci su entrambe le sponde dell’atlantico.
Le
aziende dell’Ue hanno espresso interesse a investire almeno 600 miliardi di
dollari (circa 550 miliardi di euro) in vari settori negli stati uniti entro il
2029, rafforzando ulteriormente gli investimenti esistenti gia’ significativi
di 2,4 trilioni di euro.
L’ACCORDO
POLITICO RAGGIUNTO TRA IL PRESIDENTE VON DER LEYEN E IL PRESIDENTE TRUMP SERVE
I PRINCIPALI INTERESSI ECONOMICI DELL’UE IN RELAZIONI COMMERCIALI E DI
INVESTIMENTO STABILI E PREVEDIBILI TRA L’UE E GLI STATI UNITI. ALLO STESSO
TEMPO, RISPETTA PIENAMENTE LA SOVRANITA’ NORMATIVA DELL’UE E PROTEGGE AREE
SENSIBILI DELL’AGRICOLTURA DELL’UE, COME LA CARNE BOVINA O IL POLLAME.
L’ACCORDO POLITICO DEL 27 LUGLIO 2025 NON E’
LEGALMENTE VINCOLANTE. OLTRE AD INTRAPRENDERE LE AZIONI IMMEDIATE CONCORDATE,
L’UE E GLI STATI UNITI NEGOZIERANNO ULTERIORMENTE, IN LINEA CON LE LORO
PROCEDURE INTERNE PERTINENTI, PER ATTUARE PIENAMENTE L’ACCORDO POLITICO”.
DAZI:
MAMMI, CON 10 MILIARDI DI EURO EMILIA-ROMAGNA
E’ LA
REGIONE CHE ESPORTA DI PIU’ NEGLI STATI UNITI.
“l’Emilia-Romagna
e’ la regione che esporta di piu’ negli stati uniti: se venissero confermate le
anticipazioni sui contenuti dell’accordo, sarebbe necessario mettere in campo
misure compensative per i comparti colpiti. siamo preoccupati per tutte le
nostre dop e igp e per il vino:
auspico
fortemente che ci saranno esenzioni a questi nuovi dazi.
Adesso
serve un contrattacco deciso che punti a potenziare l’export e a tutelare le
filiere colpite e i redditi dei lavoratori”.
Lo
afferma in un comunicato l’assessore regionale all’agricoltura e ai rapporti
con l’unione europea, Alessio MAMMI, commentando l’annuncio sull’accordo sui
dazi tra Stati uniti ed Europa.
“Al
momento non sappiamo se le tariffe del 15% saranno comprensive dei dazi
precedenti o andranno ad aggiungersi a questi andando a comporre un quadro che
sarebbe molto preoccupante – prosegue l’assessore -.
Ma
anche nel caso fossero onnicomprensivi, danneggerebbero comunque l’economia,
italiana e mondiale, perché’ essendo tasse aumenteranno l’inflazione e faranno
calare il potere d’acquisto, e fanno prevedere a Confindustria un calo
dell’export pari a 22 miliardi di euro.
A
questa situazione vanno sommati anche gli aumenti che imprese e famiglie stanno
affrontando a causa della situazione geopolitica e la svalutazione del dollaro,
senza considerare quello che resta l’aspetto piu’ grave: la mancanza di
chiarezza sulla reciprocita’ dei dazi e l’indecisione nell’introduzione della
cosiddetta web tax che andrebbe a colpire le big tech, che continuano a
beneficiare di condizioni fiscali incomprensibili se paragonate a quelle delle
aziende manifatturiere che creano posti di lavoro e ricchezza in Europa”.
“Sul
piano piu’ strettamente politico – sottolinea ancora MAMMI – e’ venuta a
mancare un’azione davvero unitaria, forte e condivisa da parte dell’unione
europea, che avrebbe permesso di ottenere condizioni migliori, ad esempio
facendo rientrare nell’accordo i comparti dei servizi, della finanza,
dell’energia, della difesa avrebbe riequilibrato lo squilibrio sulla bilancia
commerciale e reso il negoziato piu’ agevole”.
“Adesso e’ necessario pensare a soluzioni –
continua l’assessore – e prevedere interventi compensativi a favore delle
filiere colpite dai dazi che possiamo mettere in campo come paese e come unione
europea. servirebbe possibilmente un nuovo Next generation Eu, finanziato con
debito comune europeo per sostenere le manifatture ad essere competitive.
Nel
solco indicato dai rapporti DRAGHI e LETTA per la creazione di un vero mercato
comune.
Agire
sulla riduzione del costo del lavoro, la semplificazione e la competitivita’
delle imprese investendo su logistica, energia, tecnologie, dati, ricerca e
favorire il rientro di ricercatori, medici, professionisti della conoscenza.
Bisogna,
inoltre, continuare ad investire negli stati uniti, mercato fondamentale e
irrinunciabile e che ama i nostri prodotti, e dove l’Emilia-Romagna ha record
assoluto di export pro capite, ma contemporaneamente esplorare nuovi mercati,
come l’asia del Giappone e della corea del sud ed il sud America.
Ma per
aiutare le nostre imprese ad affrontare il duro colpo dei dazi dobbiamo far
ripartire la domanda interna, soprattutto in Italia.
Perche’
il 70% dell’economia del paese e’ legato alla domanda interna, quindi e’
fondamentale attuare una politica di sostegno dei redditi di chi lavora”.
DAZI:
MAGI (+EUROPA), MELONI E FDI SACRIFICANO MADE IN ITALY
AL
SOVRANISMO. M5S, DANNI PER 1,5 MLD PER NOSTRI PRODOTTI.
“Ve lo
immaginate cosa avrebbero fatto MELONI e fratelli d’Italia se, di fronte ai
dazi al 15%, ci fosse stato in Italia un governo di qualsiasi altro colore
politico?
Barricate,
proclami, urla, grida, rivendicazioni, annunci di marce e marcette su Bruxelles,
vesti stracciate, immaginari pugni sbattuti su immaginari tavoli,
rivendicazioni e chissa’ cosa altro ancora.
E
invece, ora che sono al governo, accettano passivamente la decisione di TRUMP
che costera’ migliaia di posti di lavoro in Italia e in Europa e un forte calo
del pil nazionale.
Ma il
progetto e’ chiaro: MELONI e Fdi hanno deciso di sacrificare il made in Italy
sull’altare dell’internazionale sovranista”: lo afferma in un comunicato il
segretario di Piu’ Europa riccardo MAGI.
“L’accordo sui dazi, venduto da Giorgia MELONI
come il migliore possibile per il nostro paese, rischia al contrario di essere
un colpo esiziale per le nostre imprese.
Il
settore enogastronomico, in particolare, autentica eccellenza del made in Italy,
dovra’ sopportare un danno previsto da oltre 1,5 miliardi.
Nel
2024 l’agroalimentare vantava quasi 8 miliardi di export verso gli Usa, secondo
mercato di sbocco per i nostri prodotti.
Insomma,
il governo MELONI conferma di tenere al made in Italy solo quando si tratta di
dare il nome ai ministeri, dimenticandolo invece quando il suo compito e’
quello di difendere imprenditori e lavoratori del settore”, affermano in un
comunicato i parlamentari m5s Alessandro CARAMIELLO, Susanna CHERCHI, Sergio GCOSTA,
Dolores BEVILACQUA, Sabrina LICHERI e Gisella.
NATURALE.DAZI VON DER LEYEN, ACCORDO AL 15%
CREA CERTEZZA. CONCORDATE ANCHE TARIFFE ZERO-ZERO PER ALCUNI PRODOTTI AGRICOLI.
La
commissione europea ha diffuso la seguente dichiarazione della presidente Ursula
VON DER LEYEN dopo il raggiungimento dell’accordo con gli stati uniti: abbiamo
raggiunto un accordo sui dazi e sul commercio con gli stati uniti. L’accordo di
oggi crea certezza in tempi incerti.
Offre
stabilita’ e prevedibilita’, per cittadini e imprese su entrambe le sponde
dell’atlantico. si tratta di un accordo tra le due maggiori economie mondiali.
scambiamo 1,7 trilioni di dollari all’anno.
Insieme
siamo un mercato di 800 milioni di persone. e rappresentiamo quasi il 44% del
pil globale. a poche settimane dal vertice nato, questo e’ il secondo tassello
fondamentale, che riafferma il partenariato transatlantico.
Permettetemi
di entrare nei dettagli. ci siamo stabilizzati su un’unica aliquota tariffaria
del 15% per la stragrande maggioranza delle esportazioni dell’Ue.
Questa
aliquota si applica alla maggior parte dei settori, compresi quelli
automobilistico, dei semiconduttori e farmaceutico.
Questo
15% rappresenta un limite massimo chiaro.
Nessun
cumulo. Tutto compreso.
Quindi,
fornisce la necessaria chiarezza ai nostri cittadini e alle nostre imprese. Questo
e’ assolutamente cruciale.
Oggi
abbiamo anche concordato dazi zero-per-zero su una serie di prodotti
strategici.
Tra
questi rientrano tutti gli aeromobili e i relativi componenti, alcuni prodotti
chimici, alcuni farmaci generici, apparecchiature a semiconduttore, alcuni
prodotti agricoli, risorse naturali e materie prime essenziali.
Continueremo
a lavorare per aggiungere altri prodotti a questo elenco.
Per
quanto riguarda acciaio e alluminio, l’Ue e gli stati uniti si trovano ad
affrontare la sfida esterna comune della sovra-capacita’ globale.
Lavoreremo
insieme per garantire una concorrenza globale leale.
E per
ridurre le barriere tra noi, i dazi saranno ridotti e verra’ istituito un
sistema di quote.
Aumenteremo
anche la nostra cooperazione energetica.
Gli
acquisti di prodotti energetici statunitensi diversificheranno le nostre fonti
di approvvigionamento e contribuiranno alla sicurezza energetica dell’Europa.
Sostituiremo
il gas e il petrolio russi con significativi acquisti di gnl, petrolio e
combustibili nucleari statunitensi.
I chip
di intelligenza artificiale statunitensi contribuiranno ad alimentare le nostre
giga-factory di intelligenza artificiale e aiuteranno gli stati uniti a
mantenere il loro vantaggio tecnologico.
Oggi,
con questo accordo, stiamo creando maggiore prevedibilita’ per le nostre
aziende.
In
questi tempi turbolenti, questo e’ necessario affinche’ le nostre aziende
possano pianificare e investire.
Stiamo
garantendo un’immediata riduzione dei dazi.
Cio’
avra’ un chiaro impatto sui profitti delle nostre aziende.
E con
questo accordo, ci assicuriamo l’accesso al nostro piu’ grande mercato di
esportazione.
Allo
stesso tempo, offriremo un migliore accesso ai prodotti americani nel nostro
mercato.
Cio’
andra’ a vantaggio dei consumatori europei e rendera’ le nostre aziende piu’
competitive.
Questo
accordo fornisce un quadro che ci consentira’ di ridurre ulteriormente i dazi
su un maggior numero di prodotti, affrontare le barriere non tariffarie e
cooperare per la sicurezza economica.
Perche’
quando l’Ue e gli stati uniti lavorano insieme come partner, i benefici sono
tangibili per entrambe le parti.
Allo
stesso tempo, stiamo costruendo una vera politica economica estera.
E per
questo abbiamo iniziato a livello nazionale.
Stiamo
intraprendendo azioni coraggiose per rendere l’Europa piu’ competitiva, piu’
innovativa e piu’ dinamica.
Il
nostro mercato unico, con i suoi 450 milioni di consumatori, e’ la nostra
risorsa piu’ preziosa e il nostro porto sicuro, soprattutto in periodi di
turbolenza.
Stiamo
anche creando nuove partnership commerciali in tutto il mondo, ampliando le 76
che gia’ abbiamo.
Negli
ultimi mesi abbiamo concluso negoziati con Mercosur, Messico e Indonesia. In un
mondo instabile, l’Europa e’ un partner affidabile.
E
continueremo a concludere accordi che contribuiscono a salvaguardare la nostra
prosperita’.
Infine,
desidero ringraziare personalmente il presidente TRUMP per il suo impegno
personale e la sua leadership nel raggiungere questa svolta.
E’ un
negoziatore tenace, ma e’ anche un vero e proprio mediatore.
Desidero
ringraziare il commissario Maroš ŠEFCOVIC e la sua squadra per il loro
instancabile lavoro e la loro abile guida; hanno svolto la maggior parte del
lavoro piu’ impegnativo. e desidero ringraziare i nostri stati membri per la
loro fiducia e il loro impegno.
La
nostra unita’ e’ la nostra forza, in patria e all’estero.
Continueremo
a lavorare sodo per il bene di tutti gli europei.
”DAZI:
DICHIARAZIONE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO,
MELONI,
E DEI VICEPRESIDENTI TAJANI E SALVINI.
Dichiarazione
del presidente del consiglio, Giorgia MELONI, e dei vicepresidenti Antonio
TAJANI (Fi) e Matteo SALVINI (lega) in relazione all’accordo usa-Ue sui dazi:
“il
governo italiano accoglie positivamente la notizia del raggiungimento di un
accordo tra unione europea e stati uniti sui dazi e le politiche commerciali,
che scongiura il rischio di una guerra commerciale in seno all’occidente, che
avrebbe avuto conseguenze imprevedibili.
La
soluzione negoziata e’ un risultato a cui le istituzioni europee e gli stati
membri, inclusa l’Italia, hanno lavorato con grande impegno e facendo squadra
comune, evitando di cadere nella trappola di chi chiedeva di alimentare uno
scontro frontale tra le due sponde dell’atlantico.
L’accordo
garantisce stabilita’, aspetto fondamentale per i rapporti tra due sistemi
economici e imprenditoriali fortemente interconnessi tra loro, come sono quelli
dell’unione europea e degli stati uniti.
Nelle
more di valutare i dettagli dell’intesa, giudichiamo sostenibile la base
dell’accordo sui dazi al 15%, soprattutto se questa percentuale ricomprende e
non si somma ai dazi precedenti, come invece era previsto inizialmente.
Allo
stesso tempo, continuiamo a lavorare a Bruxelles per rafforzare il mercato
unico, semplificare le nostre regole, tagliare la burocrazia, diversificare le
relazioni commerciali e ridurre le nostre dipendenze.
Infine,
siamo pronti ad attivare misure di sostegno a livello nazionale, ma chiediamo
che vengano attivate anche a livello europeo, per quei settori che dovessero
risentire particolarmente delle misure tariffarie statunitensi.
Il
governo italiano continuera’ a perseguire l’obiettivo di mantenere salda
l’unita’ dell’occidente, con la consapevolezza che ogni divisione ci renderebbe
tutti piu’ deboli ed esposti alle sfide globali”.
DAZI:
SEFCOVIC, CON USA MIGLIOR ACCORDO POSSIBILE PER STABILITA’.
“L’accordo
Ue-usa porta una rinnovata stabilita’ e apre le porte a una collaborazione
strategica”: lo ha dichiarato il commissario al commercio Maros SEFCOVIC
durante la conferenza stampa tenuta oggi a Bruxelles, aggiungendo che “il
valore del commercio transatlantico, pari a 1,7 trilioni di dollari, sottolinea
quanto fosse alta la posta in gioco”.
“Data la profondita’ dell’integrazione e
dell’interdipendenza delle nostre economie, era essenziale prendersi il tempo
necessario per fare le cose per bene, per calibrare un risultato che
funzionasse sia per l’Ue che per gli stati uniti e che garantisse la
continuita’ degli scambi commerciali tra noi”, ha aggiunto, sottolineando che
“una guerra commerciale, pur potendo sembrare allettante per alcuni,
comporterebbe gravi conseguenze. con un dazio di almeno il 30 %, il nostro
commercio transatlantico si fermerebbe di fatto, mettendo a rischio quasi
cinque milioni di posti di lavoro, compresi quelli nelle Pmi.
Le
nostre imprese, invece – ha proseguito il commissario -, ci avevano inviato un
messaggio unanime:
evitare
l’escalation e lavorare per trovare una soluzione che portasse un sollievo
immediato.
Apprezzo
il fatto che diversi gruppi imprenditoriali abbiano accolto con favore i
contorni dell’accordo”.
L’accordo,
come ormai noto, prevede un tetto tariffario unico del 15%, 750 miliardi di
dollari in acquisti strategici e ulteriori 600 miliardi di dollari in
investimenti privati previsti nell’economia statunitense.
“Oltre a cio’ – ha detto SEFCOVIC -, vorrei
sottolineare i seguenti tre punti.
In
primo luogo, negli ultimi mesi abbiamo acquisito una migliore comprensione
reciproca delle sensibilita’ di ciascuna parte, come l’obiettivo di
reindustrializzare l’economia statunitense, poiche’ noi stessi perseguiamo lo
stesso obiettivo.
Ecco
perche’ l’accordo prevede un elenco significativo di beni sui quali entrambe le
parti applicheranno un’aliquota tariffaria pari a zero, laddove e’ nel nostro
interesse comune rafforzare il nostro commercio.
E’
importante sottolineare che questo elenco rimane aperto a ulteriori
integrazioni.
In
secondo luogo, riteniamo anche che alcuni aspetti della politica commerciale
globale necessitino di un cambiamento fondamentale.
Ad
esempio, la sovraccapacita’ non di mercato sta distruggendo anche l’industria
siderurgica dell’Ue.
Ecco
perche’ l’accordo prevede chiare prospettive di azione congiunta su acciaio,
alluminio, rame e loro derivati in quella che mi piace chiamare ‘un’alleanza
dei metalli’, creando di fatto una barriera comune attorno alle nostre
rispettive economie attraverso contingenti tariffari a livelli storici con
trattamento preferenziale.
Stabiliremo
inoltre un approccio comune per affrontare le economie di origine della
sovraccapacita’.
Oltre
a cio’, stiamo riducendo le tariffe sulle nostre automobili dall’attuale 27,5%
al 15%, consentendo al contempo alle case automobilistiche dell’Ue di espandere
le loro esportazioni dagli stati uniti.
Cio’
migliorera’ la loro posizione globale e rafforzera’ la nostra catena del
valore, poiche’ numerose Pmi europee sostengono le attivita’ di produzione
negli stati uniti.
In
terzo luogo, riteniamo necessario pensare in modo strategico alle tecnologie
del futuro.
Ecco
perche’ l’accordo prevede anche acquisti strategici di gas, petrolio, energia
nucleare, ma anche chip di intelligenza artificiale statunitensi.
L’obiettivo
– ha sottolineato il commissario concludendo la presentazione dell’accordo – e’
rafforzare il nostro vantaggio tecnologico in modo proficuo per entrambe le
parti”.
Per
SEFCOVIC, quindi, “nel complesso, si tratta di un accordo che dovrebbe generare
benefici significativi e reciproci e spero che costituisca un trampolino di
lancio per un accordo commerciale e di investimento piu’ ampio tra l’Ue e gli
stati uniti in futuro, promuovendo al contempo i nostri sforzi congiunti per
affrontare le sfide globali urgenti, come la tanto necessaria riforma
dell’organizzazione mondiale del commercio”.
Rispondendo
ai giornalisti che evidenziavano commenti secondo i quali l’accordo sarebbe
squilibrato a favore degli usa, il commissario ha risposto che “il mondo che
c’era prima del 2 aprile non esiste piu’; dobbiamo adattarci, dobbiamo
affrontare le sfide che derivano da questo nuovo approccio e credo che la
cooperazione strategica con gli Usa sia un risultato migliore rispetto a una
guerra commerciale totale”.
SEFCOVIC ha infine affermato di essere
assolutamente convinto che “salvare il commercio, salvare i flussi commerciali,
salvare i posti di lavoro in Europa e aprire un nuovo capitolo nelle relazioni Ue-usa
su come adeguare i nostri modelli commerciali reciproci in questa nuova era di
geoeconomia e geopolitica sia una risposta politica molto importante, perche’
non si tratta solo di commercio, ma anche di sicurezza, riguarda l’ucraina,
riguarda l’attuale instabilita’ geopolitica. Non posso entrare nei dettagli di
cio’ che e’ stato discusso – ha detto -, ma posso assicurare che non si e’
parlato solo di commercio.
Ritengo
quindi che sia importante che le due maggiori economie e i due alleati piu’
stretti possano discutere apertamente tutte le questioni delicate e, a
giudicare dalla discussione di ieri, si e’ trattato in gran parte delle
questioni geopolitiche di attualita.”
DAZI:
COLDIRETTI, CON IL 15% SERVONO COMPENSAZIONI UE PER
I
SETTORI PIU’ COLPITI. ATTESA PER CAPIRE “TARIFFE 0“.
‘L’accordo
con tariffe al 15% e’ sicuramente migliorativo rispetto all’ipotesi iniziale
del 30% che avrebbe causato danni fino a 2,3 miliardi di euro per i consumatori
americani e per il made in Italy agroalimentare.
Tuttavia,
il nuovo assetto tariffario, avra’ impatti differenziati tra i settori e deve
essere accompagnato da compensazioni europee per le filiere penalizzate anche
considerando la svalutazione del dollaro.
Dobbiamo
aspettare di capire bene i termini dell’accordo e soprattutto di leggere la
lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero sui quali ci auguriamo che la
commissione Ue lavori per far rientrare, ad esempio, il vino che altrimenti
sarebbe pesantemente penalizzato’.
E’
quanto afferma il presidente della coldiretti Ettore PRANDINI, commentando
l’accordo trovato tra Europa e usa dopo l’incontro di ieri tra il presidente
degli stati uniti Donald TRUMP e la presidente della commissione europea Ursula
VON DER LEYEN”.
Lo rende noto un comunicato della Coldiretti,
che cosi’ prosegue: “come gia’ ribadito, coldiretti sottolinea che non possono
essere ammessi in Italia prodotti agroalimentari che non rispettano gli stessi
standard sanitari, ambientali e sociali imposti alle imprese europee.
E’
fondamentale che l’unione europea continui a difendere con fermezza il sistema
delle indicazioni geografiche, che rappresentano una garanzia di qualita’ e
origine, e un presidio culturale ed economico del nostro cibo.
‘Abbiamo
sempre spinto per un accordo e per superare l’incertezza che stava creando
danni seri alle nostre imprese.
Gli
stati uniti restano un mercato fondamentale, dove dobbiamo proteggere i
consumatori dalle imitazioni del falso made in Italy – dichiara il segretario
generale della coldiretti, Vincenzo GESMUNDO – in un mercato gia’ invaso da
prodotti come il Parmesan o il romano Cheese made in usa, dobbiamo portare
avanti un’azione strutturale per promuovere il made in Italy autentico e
contrastare l’Italian sounding, che negli stati uniti provoca ogni anno perdite
stimate in oltre 40 miliardi di euro’.”
DAZI:
GARDINI (CONFCOOPERATIVE), CON ACCORDO STOP A INCERTEZZA MA PREOCCUPAZIONI. ORA
DIMOSTRARE LEADERSHIP E VISIONE POLITICA.
“L’accordo
raggiunto tra unione europea e stati uniti mette fine ad una fase di incertezza
dopo mesi di instabilita’ che hanno rischiato di portarci a una guerra
commerciale che le nostre imprese non avrebbero potuto reggere.
Tuttavia,
non possiamo nascondere le nostre preoccupazioni: i dazi al 15%, seppur piu’
contenuti rispetto alle minacce iniziali del 50% e successivamente del 30%,
oltre alla svalutazione del dollaro costituiscono comunque un fardello
significativo per il tessuto produttivo europeo”.
Lo
afferma in un comunicato Maurizio GARDINI, presidente di Confcooperative.
“La realta’ e’ che molte delle nostre
cooperative e imprese, gia’ messe alla prova da anni di sfide economiche,
faticheranno ad assorbire questo impatto.
Non
tutte – aggiunge GARDINI – avranno le spalle larghe per sostenere questi costi
aggiuntivi, e il rischio e’ quello di vedere indebolita la competitivita’ di
interi settori”.
Secondo
il presidente di Confcooperative, “ora piu’ che mai e’ fondamentale un
riassetto strategico del mercato che tenga conto non solo delle nuove aliquote
tariffarie, alcune delle quali sono ancora in fase di definizione, ma anche
delle dinamiche valutarie, con particolare attenzione alla svalutazione del
dollaro che sta ridisegnando gli equilibri commerciali globali.
“l’Europa non puo’ permettersi di restare a
guardare”, afferma GARDINI, che prosegue: “e’ il momento di dimostrare
leadership e visione politica.
Dal
piano della commissione Ursula VON DER LEYEN alle decisioni di politica
monetaria della Bce, ogni strumento deve essere mobilitato per costruire un’Europa
piu’ forte e competitiva.
Non
parliamo solo di proteggere il mercato interno, ma di creare un ecosistema che
permetta alle nostre imprese di prosperare e innovare”.
“L’Unione europea deve trasformarsi da
semplice regolatrice a vera architetta del bene comune europeo, mettendo al
centro la sostenibilita’ economica delle imprese e la competitivita’ del
sistema produttivo continentale”, sottolinea GARDINI, che conclude:
“il
momento storico e’ propizio: dopo anni di navigazione a vista, e’ arrivato il
tempo per l’Europa di spiccare definitivamente il volo e assumere il ruolo di
protagonista che le compete nello scacchiere economico mondiale.”
DAZI:
GAMBERINI (LEGACOOP), ACCORDO PREOCCUPA PER ELEVATO IMPATTO SU EXPORT.
INDISPENSABILI SOSTEGNI E COMPENSAZIONI.“
‘Un
accordo che ci preoccupa molto per l’elevato impatto che avra’ sulle nostre
principali esportazioni e, di conseguenza, sulla produzione.
Scongiurare
una ‘guerra commerciale’ non puo’ significare un’accettazione totale delle
condizioni che gli usa intendono imporre.
E’
indispensabile prevedere sostegni e compensazioni per le imprese colpite,
insieme con una rapida riattivazione del tavolo sull’export per mettere
concretamente a disposizione i 25 miliardi assicurati dal Governo’.
Simone
GAMBERINI, presidente Legacoop, commenta cosi’ l’accordo sui dazi raggiunto
ieri dalla presidente della commissione europea Ursula VON DER LEYEN con il
presidente degli usa Donald TRUMP”.
Lo
rende noto un comunicato di Legacoop.
“Una valutazione piu’ compiuta sara’ possibile
quando sara’ reso noto l’elenco dettagliato dell’accordo, ma al momento vediamo
all’orizzonte molte ombre e poche luci, considerando anche gli impegni assunti
dalla Ue nell’acquisto di gas, armamenti ed investimenti da effettuare negli
usa”, afferma GAMBERINI, che prosegue:
“in attesa di conoscere la lista delle
esenzioni per i beni che avranno una riduzione percentuale del dazio, siamo
preoccupati per l’impatto del 15% di tariffe che si aggiunge alla svalutazione
del dollaro rispetto all’euro, determinando un aumento dei costi per gli
importatori e consumatori americani stimato in circa il 20%.
Cio’
produrra’, quasi sicuramente, una riduzione dei volumi delle esportazioni e, di
conseguenza, una contrazione delle produzioni, con un generale impatto negativo
su una crescita gia’ debole”.
“Forte
preoccupazione, da parte di Legacoop, per gli effetti sull’intero settore
agroalimentare, in particolare vino, formaggi ed olio ed anche sul settore
meccanico e dei macchinari e, piu’ in generale, sulle produzioni tipiche del
made in Italy”, aggiunge il comunicato.
“Auspichiamo che il governo italiano lavori in
sede europea per introdurre i beni italiani dell’agroalimentare nella lista
delle esenzioni dai nuovi dazi”, sottolinea il presidente di legacoop, che
conclude: “siamo inoltre convinti che il tema dazi debba essere affrontato sia
dal versante italiano, con una nuova ed adeguata politica industriale che possa
aiutare la reazione a questo impatto, sia con una diversa strategia europea di
apertura di nuovi mercati quali asia e america latina rafforzando il mercato
unico europeo. nel frattempo, occorre attrezzarsi nella ue anche per
fronteggiare le conseguenze che altre economie riverseranno sul mercato
europeo, ad iniziare dalle produzioni industriali cinesi che sono alla ricerca
di mercati alternativi a quello statunitense.”
DAZI:
DREI (FEDAGRIPESCA), TEMIAMO GRAVE IMPATTO SU
FILIERE
PRODUTTIVE UE RIVEDA TAGLI AD AGRICOLTURA.“
‘Anche
se non si conoscono ancora i dettagli, quello annunciato ieri non e’
sicuramente un buon accordo per le nostre imprese:
temiamo possa avere un grave impatto sulla
competitivita’ delle nostre filiere agroalimentari’.
E’
netto il commento del presidente di Fedagripesca Confcooperative Raffaele DREI,
secondo il quale ‘le aziende che operano nel comparto agroalimentare saranno
costrette ad affrontare un incremento delle tariffe sulle loro esportazioni, a
cui si aggiunge l’effetto della svalutazione del dollaro, senza riuscire ad
assorbirne l’impatto perche’ non godono di marginalita’ cosi’ alte'”.
Lo
rende noto un comunicato di Fedagripesca Confcooperative, che cosi’ prosegue:
“‘siamo molti preoccupati per la tenuta del sistema – spiega DREI – e anche per
l’inevitabile contraccolpo sul mercato interno. per questo il nostro auspicio
e’ che si continui in queste ore a lavorare sulla lista dei prodotti a dazio
nullo, cercando di includere prodotti come vino e formaggi’.
‘E’ un momento assai delicato per il settore –
sottolinea DREI -.
I
nuovi dazi arrivano a pochi giorni dalla presentazione della proposta per il
nuovo bilancio dell’unione Europea che risulta assai penalizzante per il
comparto e che e’ stata fortemente criticata da tutte le associazioni agricole.
Non
possiamo piu’ reggere il doppio colpo.
L’Europa
assuma decisioni e studi contromisure che possano riuscire a far recuperare
competitivita’ alle filiere’.
‘Dalla presidente VON DER LEYEN ci aspettiamo
che riveda la proposta inaccettabile di tagli al bilancio agricolo, decisione
apparsa non coerente con la volonta’ espressa a inizio mandato di dare
centralita’ al settore agroalimentare.
Piu’
in generale, chiarisca quale strategia intende perseguire per il settore
agroalimentare.
Si
continuano a fare scelte in tema di standard produttivi attraverso normative ai
limiti della sostenibilita’, contrariamente a cio’ che avviene nel resto del
mondo.
Se si
continua cosi’, il settore rischia il tracollo’.”
DAZI:
BATTISTA (COPAGRI), PER AGROALIMENTARE RICADUTE
PESANTI
NONOSTANTE GRANDE LAVORO DIPLOMATICO.“
‘In
attesa di conoscere e approfondire i dettagli dell’accordo sui dazi tra gli
stati uniti e l’unione europea, con particolare riferimento ai regimi speciali
con zero dazi reciproci previsti per alcuni prodotti agroalimentari, la cui
lista sara’ definita nelle prossime settimane, e’ bene ricordare il rischio
concreto che gravava sul nostro agroalimentare, per il quale tra pochi giorni
sarebbero scattate tariffe del 30%; in tale ottica, essere riusciti grazie alla
diplomazia a contenere i danni e ridurli della meta’ e’ certamente un fatto
positivo’.
E’
quanto sottolinea il presidente della Copagri Tommaso BATTISTA, all’indomani
dell’intesa tra due delle maggiori economie del mondo per l’imposizione di
barriere tariffarie al 15%”.
Lo
rende noto un comunicato della Copagri.
“Sotto
altro aspetto, pero’, appare evidente come i dazi siano piu’ che triplicati
rispetto alle percentuali attuali, di poco inferiori al 5%, con un incremento
che avra’ pesanti ricadute su molte produzioni di punta del made in Italy
agroalimentare, soprattutto se sommato alla svalutazione del dollaro
americano”, prosegue BATTISTA, spiegando che “questo balletto dei numeri avra’
ripercussioni piu’ significative sui prodotti che godevano di una tassazione
piu’ bassa e una minore incisivita’ per le produzioni che gia’ scontavano dazi
analoghi”.
“Un ragionamento a parte va fatto per il
capitolo dei vini, sui quali pesa la grande incognita della mancanza di
decisioni, che come chiarito dalla presidente della commissione Ue Ursula VON
DER LEYEN verra’ sciolta nei prossimi giorni”, aggiunge il presidente, secondo
cui “trattandosi di una delle produzioni di maggior peso in termini di export
negli usa, un dazio del 15% si tradurrebbe in centinaia di milioni di euro di
perdite”.
“in ogni caso, per un comparto come
l’agroalimentare, che fa dell’export uno dei suoi punti di forza e che ha
proprio negli stati uniti uno dei principali mercati di sbocco, le ricadute
saranno certamente pesanti; basti pensare che le esportazioni agroalimentari
dell’Italia verso gli usa ammontano a quasi 8 miliardi di euro, pari al 25% di
quelle comunitarie e a circa un decimo dell’export agroalimentare complessivo
del belpaese, che a fine 2024 ha sfiorato i 70 miliardi di euro in valore”,
precisa BATTISTA, ad avviso del quale, “oltre a continuare a ragionare
sull’apertura di nuovi sbocchi commerciali, bisogna valutare l’attivazione di
misure di sostegno di carattere nazionale e comunitario per i settori che
risulteranno maggiormente colpiti”.
“In questo scenario di forte incertezza, dove
molto alto e sentito era il rischio di una vera e propria guerra commerciale,
lascia ben sperare il fatto che la percentuale del 15% rappresenta un tetto
massimo ai dazi; in altre parole, come chiarito dalla presidente dell’esecutivo
comunitario, non ci saranno ‘cumuli’ con le barriere tariffarie precedenti,
come era stato invece ipotizzato nelle settimane scorse”, conclude BATTISTA.
DAZI:
ASSITOL, PER OLIO D’OLIVA TARIFFE ANCORA SOSTENIBILI
MA
TIMORI PER DOLLARO DEBOLE E INFLAZIONE.
“I
dazi al 15% sono da considerarsi sostenibili, ma preoccupano i rischi legati
alla debolezza del dollaro e all’inflazione.
E’
questo il commento di Assitol, l’associazione italiana dell’industria olearia
aderente a Federalimentare e Confindustria, sull’accordo tariffario appena
raggiunto tra usa e Ue”.
Lo
rende noto un comunicato di Assitol, che cosi’ prosegue:
“‘i
dazi non piacciono a nessuno – afferma Anna CANE, presidente del gruppo olio
d’oliva dell’associazione -.
Tuttavia,
questa percentuale, che vale per tutti i produttori europei, consente al nostro
export di lottare ad armi pari con gli altri competitors europei ed extra Ue’. Negli
ultimi anni, il settore ha vissuto difficili campagne di produzione, a causa
del cambiamento climatico e delle tensioni internazionali, che hanno provocato
aumenti dei costi e quotazioni in crescita.
‘Questo periodo complesso ci ha insegnato a
resistere – osserva Anna CANE – se i dazi non superano questa soglia, le
aziende possono continuare a lavorare, confermando la nostra storica
propensione all’export’.
A
pesare, pero’, saranno anche il valore del dollaro, oggi piu’ debole rispetto
all’euro, e il rischio inflazione proprio a causa dei dazi.
‘Per questa ragione, auspichiamo l’intervento
dell’unione europea sui principali nodi della competitivita’ delle imprese,
come burocrazia, energia e accesso al credito’, aggiunge CANE.
Per l’Italia,
gli stati uniti sono un mercato fondamentale.
A
livello mondiale, infatti, rappresentano il maggior acquirente di olio d’oliva:
per rispondere alla domanda dei consumatori americani, sempre piu’ attenti alla
salute, sono obbligati a importare il 95% dell’olio d’oliva di cui hanno
bisogno.
‘Gli usa sono un caso da manuale – spiega la
presidente degli imprenditori – utilizzano un “claim salutistico” per indicare
che questo prodotto e’ un’alternativa salutare per il cuore rispetto ai grassi
di origine animale’.
Gli States
sono anche il secondo consumatore al mondo di questo prodotto, con una media di
circa 370mila tonnellate l’anno:
entro il 2030 potrebbero superare addirittura
i consumi dell’Italia.
In
pratica, questo alimento, capace di regalare gusto e benessere al nostro
organismo, e’ scelto per le sue qualita’ salutistiche e nutrizionali.
‘In
virtu’ di queste caratteristiche, gli americani sono disposti a pagare un costo
non proprio economico per il nostro extra vergine, accettando quindi anche i
dazi, se sono ragionevoli.
Il
nostro augurio e’ che proprio le qualita’ salutistiche dell’olio d’oliva siano
riconosciute, inserendolo nella lista dei prodotti esenti da questa tassa’.
Anche
grazie all’extra vergine d’oliva, l’Italia e’ al decimo posto nella classifica
dell’export alimentare.
Secondo
Assitol, ‘sono ormai decine gli studi che dimostrano come l’olio sia un ottimo
investimento sulla nostra salute.
In
futuro, la nostra promozione all’estero dovra’ puntare soprattutto su questo
aspetto, sempre piu’ rilevante per i consumatori’.
Un
dato rilevante e’ che la tariffa al 15% mette alla pari tutti i produttori
europei, mentre nel mediterraneo altri competitors affrontano dazi molto
superiori. Secondo il consiglio oleicolo internazionale, l’olio d’oliva
rappresenta appena il 4% del consumo totale di grassi alimentari nel mondo.
‘C’e’
ancora molto da lavorare per il nostro extra vergine – conclude la presidente
del gruppo olio di oliva dell’associazione -.
L’auspicio
e’ che, con l’aiuto delle istituzioni e di concerto con la filiera, si possa
costruire un’autentica conoscenza dell’alimento, attraverso campagne di
promozione e divulgazione internazionale.
Piu’
si conosce l’olio, piu’ lo si consuma.”
DAZI:
FEDERPRIMA (ASSALZOO, ASSOCARNI, ITALMOPA), EVITATA
ESCALATION
MA RESTANO TROPPE INCOGNITE PER AGROINDUSTRIA.
“L’accordo
raggiunto tra unione europea e stati uniti evita un’escalation tariffaria che
avrebbe rischiato di compromettere ulteriormente gli scambi commerciali
transatlantici.
Tuttavia, non possiamo ignorare le molteplici
incognite che gravano sull’agroindustria italiana”.
Lo dichiara in un comunicato Silvio FERRARI,
presidente di Federprima, la federazione italiana delle imprese dei cereali,
della nutrizione animale e delle carni costituita da Assalzoo, Assocarni e Italmopa,
aderente a Confindustria, commentando l’intesa sul nuovo assetto doganale tra Bruxelles
e Washington.
“L’accordo – prosegue il comunicato – introduce un
dazio armonizzato del 15% su una vasta gamma di prodotti europei esportati
negli stati uniti.
Le prime indicazioni segnalano che tale aliquota
dovrebbe sostituire e non sommarsi ai dazi preesistenti, ma resta da chiarire
l’ambito settoriale di applicazione, in particolare per comparti sensibili come
quello agroalimentare, gia’ soggetto a misure non tariffarie e a complesse
barriere fitosanitarie.
L’intesa fa inoltre riferimento a un principio di
dazio zero reciproco su determinate categorie merceologiche, elemento che, se
attuato in modo coerente, potrebbe rappresentare un passo avanti nella
liberalizzazione degli scambi”.
“Si tratta
certamente di un principio significativo – osserva FERRARI – ma prima di trarne
valutazioni positive e’ fondamentale comprendere quali settori ne beneficeranno
concretamente, e se l’agroindustria italiana sara’ inclusa tra questi”. In
assenza di dati ufficiali e di una chiara definizione delle categorie esentate,
non e’ possibile esprimere una valutazione realistica sull’impatto economico
dell’accordo:
“chiediamo massima trasparenza da parte delle
istituzioni e l’apertura immediata di tavoli di confronto con le rappresentanze
produttive – conclude FERRARI – e’ necessario monitorare con attenzione sia lo
sviluppo delle misure applicative, sia i termini dell’accordo in materia di
importazione delle commodities energetiche dagli stati uniti e, se del caso,
prevedere strumenti di sostegno per i comparti piu’ esposti, a partire proprio
dall’agroindustria”.
“E’ infine
indispensabile che – conclude il comunicato – nell’ambito degli accordi sui
dazi, si tenga conto delle numerose barriere non tariffarie sanitarie, tecniche
e amministrative che continuano a ostacolare gli scambi e penalizzano in modo
strutturale l’export italiano”.
DAZI: FINI (CIA), CONTO SALATO PER MADE IN ITALY
AGROALIMENTARE
PIU’
CHE UN ACCORDO SEMBRA UNA RESA.
“Piu’
che un accordo, l’intesa sui dazi al 15% sembra una resa.
Ora l’export del made in Italy agroalimentare
verso gli usa (7,8 miliardi di euro nel 2024) rischia grosse perdite in settori
chiave come vitivinicolo, olio, pasta e riso, caseario, senza ottenere niente
in cambio. oltre all’impatto diretto, si corre il pericolo anche di un grave
danno all’intero indotto agroindustriale, con pesanti ripercussioni
sull’occupazione.
Cosi’
il presidente di cia-agricoltori italiani, Cristiano FINI, commenta l’accordo
fra la presidente della commissione Ue, Ursula VON DER LEYEN e il presidente
usa, Donald TRUMP”, informa un comunicato della Cia.
“Nonostante sia stata evitata la tariffa al
30%, resta una grande preoccupazione per l’impatto reale di questi dazi, ma
prima di trarre conclusioni definitive vogliamo aspettare gli sviluppi dei
prossimi giorni, con la definizione ufficiale delle liste doganali”, continua
FINI.
“il
rischio concreto di un calo dell’export e’ molto alto, con danni a comparti
strategici e un aumento dei costi per le imprese italiane, che tenderanno a
perdere margini di profitto oppure a dover trasferire parte di questi costi sui
consumatori, rischiando di ridurre la domanda nel mercato usa.
L’effetto
combinato di dazi e fluttuazioni del cambio euro-dollaro non potra’ che
aggravare l’impatto delle misure doganali, traducendosi in costi aggiuntivi
reali per le aziende nazionali e rendendo meno competitivo il made in Italy.
Per il
vino, gli usa sono la prima piazza mondiale con circa 1,9 miliardi di euro di
fatturato nel 2024. a dipendere maggiormente dagli stati uniti per il proprio
export sono i vini bianchi dop del Trentino-alto adige e del Friuli-venezia
giulia, con una quota del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel
2024; i vini rossi toscani dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi dop
(31%, 121 milioni) e il prosecco dop (27%, 491 milioni).
Grandi
numeri che i dazi possono scombinare lasciando strada libera ai concorrenti:
dal Malbec argentino allo Shiraz australiano fino al Merlot cileno”, spiega il
comunicato.
“Per quanto concerne il mondo dell’olio, il
dazio al 15% rischia di ridurre la competitivita’ dell’extravergine italiano a
favore di oli piu’ economici provenienti da paesi terzi che godono di tariffe
piu’ basse, come la Turchia, il sud America o la Tunisia.
Come
conseguenza, il consumatore medio usa sara’ indotto a utilizzare altri oli,
come quelli di semi tradizionali (girasole, soia, mais). al momento, gli stati
uniti rappresentano il principale mercato extra-Ue per l’olio tricolore, con
una quota di circa 100 mila tonnellate l’anno e un valore vicino a 1 miliardo,
ovvero il 32% del nostro export.
C’e’
paura anche perche’ questi nuovi dazi colpiranno trasversalmente tutti i
principali paesi produttori europei Italia, Spagna, Grecia) con la conseguenza
di un possibile eccesso di offerta sul mercato interno, che porterebbe a un
deprezzamento generale dell’olio italiano.
Nel
settore caseario, invece, i dazi colpiranno soprattutto i” formaggi dop” come
la mozzarella di bufala, oltre al pecorino romano utilizzato oltreoceano
dall’industria alimentare per aromatizzare patatine in busta e altri snack.
In
pericolo anche pasta, riso e farine, tra i prodotti piu’ amati dal mercato usa,
con un export annuo di circa 2 miliardi e quasi mezzo milione di tonnellate
inviate oltreoceano. anche in questo settore, si rischiano potenziali ricadute
occupazionali qualora i dazi non vengano mitigati con accordi o misure di
sostegno”, conclude la Cia.
DAZI:
DE PASCALE (EMILIA-ROMAGNA), ACCORDO ASIMMETRICO
E
PENALIZZANTE PER MIGLIAIA DI IMPRESE IN REGIONE.
“Dopo
mesi di negoziati si e’ arrivati a un accordo asimmetrico e penalizzante che
rischia di mettere in forte difficolta’ la nostra economia.
Siamo
una delle regioni italiane che esportano di piu’ e con il piu’ alto export pro
capite verso gli usa”, ha dichiarato in un comunicato il presidente della
regione Emilia-romagna,Michele DE PASCALE, all’annuncio dell’accordo sui dazi
tra usa ed Europa.
“Quando saranno diffusi i contenuti di
dettaglio, comprenderemo meglio quanto sara’ grave l’impatto di quella che,
come ha scritto giustamente questa mattina l’ex commissario europeo GENTILONI,
e’ una supertassa sui nostri prodotti, un macigno per il nostro export su cui
non si puo’ minimizzare.
Una
barriera che si ripercuotera’ negativamente sulla bilancia dei pagamenti e
sull’economia reale, anche in termini di posti di lavoro.
Al
momento non possiamo quindi condividere i toni ottimistici con cui e’ stata
annunciata l’intesa dalla presidente della commissione europea, VON DER LEYEN,
e dalla presidente del consiglio, Giorgia MELONI.
Ci
aspettiamo che il governo italiano esca dall’angolo e si faccia parte attiva in
questa vicenda, individuando fin da subito le contromisure per sostenere e
compensare i settori piu’ colpiti, oltre a definire un perimetro chiaro sui
tempi di intervento.
Per l’Emilia-romagna
si apre uno scenario complesso che, visto il legame commerciale e di
interscambio profondo con gli stati uniti, rischia di avere ricadute durissime
su un tessuto produttivo sano che conta migliaia di imprese e di lavoratori.
La
regione Emilia-romagna sara’ al fianco della propria manifattura con tutti gli
strumenti a sua disposizione per affrontare questa ennesima sfida”, ha aggiunto
DE PASCALE.
“Nel 2024, l’Emilia-romagna ha esportato negli
stati uniti beni per un valore di quasi 10,5 miliardi di euro, pari al 16,2%
del totale delle esportazioni italiane nel mercato americano (64,8 miliardi di
euro), la seconda regione per valore assoluto dopo la Lombardia (con il 21,2%
dell’export nazionale negli Usa), prima di Toscana (15,8%) e Veneto (11,2%) e
prima in Italia per valore pro capite.
Gli
stati uniti rappresentano il 12,5% dell’export complessivo dell’Emilia-romagna
(83,6 miliardi di euro) con oltre 6mila imprese interessate.
I
principali settori per valore di esportazioni sono: i mezzi di
trasporto/automotive (quasi 3,3 miliardi di euro esportati, pari al 31%
dell’export regionale verso gli usa), i macchinari e gli apparecchi industriali
(3,1 miliardi di euro, pari al 29%), l’industria alimentare e delle bevande
(986 milioni di euro, pari al 9,4%), e il settore della farmaceutica (circa 650
milioni di euro, pari al 6,2%)”, conclude il comunicato.
DAZI:
DE CASTRO (NOMISMA), ACCORDO HA EVITATO SCENARI PEGGIORI
MA UE
DEVE ORA PROSEGUIRE LUNGO STRATEGIA NEGOZIALE.
“La
notizia del raggiungimento di un accordo con i dazi fissati al 15% allontana
una guerra finanziaria e commerciale con gli stati uniti.
Possiamo
ammettere che si e’ evitato il peggio e che i 95 miliardi di contromisure
europee ed il conseguente botta e risposta con gli usa avrebbe certamente
generato una periodo di fortissima instabilita’ dall’impatto notevole.
Se
prendiamo alla lettera le parole della presidente VON DER LEYEN, l’applicazione
di un dazio massimo al 15% dovrebbe valere anche per quei prodotti
agroalimentari italiani, quali il formaggio o la pasta, che pagavano un dazio
rispettivamente del 15 e del 16% gia’ prima dell’arrivo di TRUMP, a cui si e’
aggiunto un 10% a partire dal 2 aprile!
Per
questi prodotti, se il livello del 15% comprende tutti, l’accordo raggiunto e’
un risultato molto positivo, ma un giudizio complessivo deve anche tenere in
considerazione gli effetti su quei prodotti, quali il vino, che prima
prevedevano dazi inferiori.
Adesso
attendiamo anche che venga pubblicata la lista di prodotti a dazio zero di cui
non sono ancora state fornite informazioni di dettaglio”, ha commentato paolo
DE CASTRO, presidente di nomisma.
“Sebbene questo accordo abbia evitato scenari
peggiori per il benessere commerciale e finanziario degli stati membri, ritengo
che adesso l’Europa debba proseguire lungo la sua strategia complessiva di
negoziazione per risollevare quanto possibile l’instabilita’ del mercato.
Occorre
allargare la nostra presenza anche nei mercati meno convenzionali: Giappone, Indonesia,Vietnam
e altre importanti economie asiatiche, infatti, stanno gia’ dimostrando un
forte interesse verso il made in Italy.
Nomisma
ha gia’ condotto diversi studi in questa direzione, indirizzandosi specialmente
alle aziende italiane che pagheranno il prezzo piu’ alto e preparandole a un
pronto e chiaro intervento”, ha concluso DE CASTRO.
DAZI:
MARTINANGELO (AGROCEPI), RISULTATO INSODDISFACENTE
SERVE
SUBITO PIANO EUROPEO DI SOSTEGNO.
“Il
negoziato tra stati uniti e Ue si sarebbe attestato con tariffe del 15% per le
produzioni made in Italy nonche’ con un accordo su gas ed investimenti
(soprattutto armi) molto a favore degli usa”, ha dichiarato in un comunicato il
presidente di Agrocepi Corrado MARTINANGELO che prosegue affermando che “la
chiusura del negoziato sembra frutto di compromessi molto a ribasso per l’ Europa,
con possibili ricadute economiche negative non solo per l’ Italia e anche per
l’agroalimentare.
Pur
dovendo ancora fare degli approfondimenti, in particolare per i prodotti
esentati dai dazi, ci troviamo non piu’ in una collaborazione rispettosa e
paritaria tra stati uniti e ue ma in una sorta di sudditanza economica”.
“Data
questa premessa, e’ ancora piu’ necessario un progetto di radicale innovazione
che punti a costruire realmente gli stati uniti d’Europa: serve un piano
europeo di sostegno finanziario per i settori che saranno maggiormente colpiti
dai dazi”, ha concluso MARTINANGELO.
DAZI:
AGCI AGROALIMENTARE, QUADRO STABILE MA
TROPPO
INCERTO PER UN GIUDIZIO POSITIVO.
“Agci
agroalimentare esprime una perdurante preoccupazione per il recente accordo
commerciale tra unione europea e stati uniti, che prevede una tariffazione
fissa del 15%”.
Lo
rende noto un comunicato di Agci agroalimentare, che cosi’ prosegue:
“se da un lato si registra un superamento
dello stallo negoziale, dall’altro la mancanza di elementi chiari e di misure
compensative concrete lascia spazio a forti dubbi sull’impatto reale per il
sistema agroalimentare nazionale.
Filiere
esposte e necessita’ di protezione immediata la soglia attuale, seppur
inferiore rispetto al 30% inizialmente ipotizzato, rappresenta comunque una
penalizzazione significativa per settori strategici come vino, olio, pasta e
formaggi. in particolare:
il rafforzamento dell’euro accentua la perdita
di competitivita’;
il vino, fiore all’occhiello dell’export
italiano, rischia una contrazione delle vendite per oltre €400 milioni; il
rischio di aumento delle imitazioni low cost mina il valore del made in Italy.
Il
quadro normativo appare poco definito e non pienamente coerente con i principi
regolatori del commercio internazionale. In un momento delicato per
l’equilibrio geopolitico e industriale, e’ essenziale rafforzare la tutela
delle indicazioni geografiche, delle norme di qualita’ e delle pratiche
ambientali che distinguono il modello produttivo italiano.
‘Finalmente si parla di stabilizzazione, cio’
non esclude che alcune delle nostre filiere possano subire danni rilevanti.
Il
quadro appare troppo confuso e frammentario per poter esprimere un giudizio
netto e positivo sull’accordo. E’ evidente un orientamento verso una logica di
riequilibrio che privilegia altri modelli economici e lascia le imprese
italiane in una posizione marginale.
Un
accordo e’ davvero efficace solo se tutte le parti lasciano il tavolo
soddisfatte. In questo caso, la vera buona notizia sarebbe stata un’intesa a
dazi zero, equa e condivisa.
Il
fatto che le borse abbiano risposto positivamente alla notizia, infine, non e’
indice di ‘bonta” dell’accordo.
Le
borse, pur essendo uno strumento di misurazione dell’economia interna ed
internazionale, sono comunque anche uno strumento di speculazione finanziaria e
bisogna dire che da quando i dazi sono stati annunciati la prima volta ad oggi,
gli speculatori finanziari hanno portato a casa ottimi guadagni’, dichiara Antonello
CAPUA, presidente di Agci agroalimentare.
Agci
agroalimentare chiede l’attivazione urgente di un tavolo di confronto con le
istituzioni italiane ed europee per definire strumenti di supporto chiari,
efficaci e coerenti con le esigenze delle imprese.
Solo
attraverso un lavoro di squadra sara’ possibile mitigare gli impatti del nuovo
accordo e trasformare questa fase in una vera opportunita’ per il settore
agroalimentare”.
DAZI:
COLPIZZI (CONFAGRICOLTURA FIRENZE), CON RIFORMA
PAC
DOPPIA MAZZATA PER AGRICOLTURA PROVINCIA.
“le
ricadute della riforma della pac sull’agricoltura fiorentina rischiano di
essere pesantissime, con una riduzione delle risorse disponibili stimata di
poco meno di 80 milioni in sette anni.
Se a
questo aggiungiamo i possibili effetti del nuovo accordo sui dazi con gli stati
uniti, nel caso in cui la barriera del 15% sia confermata anche per i vini, per
i nostri prodotti di punta si profila una doppia mazzata”.
Lo ha
detto il presidente dell’unione provinciale degli agricoltori di Firenze Francesco
COLPIZZI durante l’assemblea dell’associazione ‘agricoltura fiorentina tra
vitalita’, resistenza e coraggio’, che si e’ svolta stamani all’auditorium
della camera di commercio di Firenze.
Lo
rende noto un comunicato di Confagricoltura Firenze che cosi’ prosegue:
“all’evento hanno partecipato Patrizio Giacomo LA PIETRA (sottosegretario di
stato al ministero dell’agricoltura, sovranita’ alimentare e foreste), Giuseppe
SALVINI (segretario generale della camera di commercio di Firenze), Paola
GALGANI (vicesindaco di Firenze), stefania SACCARDI (vicepresidente della
regione toscana e assessora alle politiche agroalimentari), Dario NARDELLA (coordinatore s&d commissione agricoltura
parlamento europeo) e Luca BRONDELLI di BRONDELLO (vicepresidente Confagricoltura)”.
COLPIZZI ha puntato il dito contro la proposta
di riforma della politica agricola comune del quadro finanziario 2028-2034
presentata dalla commissione europea, che riduce il budget agricolo da 378 a
294 miliardi di euro, mentre il bilancio complessivo dell’unione aumenta:
“la riduzione di oltre il 20% degli
stanziamenti dimostra come la commissione non ritenga il nostro settore
strategico, proprio mentre si riscrivono le regole del gioco globale.
Smantellare
la pac significherebbe disinvestire in un settore cruciale – spiega il
presidente dell’unione agricoltori di Firenze – mettendo in crisi gran parte
delle aree agricole del nostro continente, a partire dalle aree interne come
quelle della nostra provincia”.
Secondo
COLPIZZI, i tagli avrebbero effetti immediati sulle aziende fiorentine: “meno
fondi da destinare alle produzioni biologiche, al turismo rurale, agli
investimenti nelle industrie agrarie, ai vigneti, alla forestazione, ai
giovani.
Altro
che rilancio: qui si rischia il collasso di un intero settore”.
COLPIZZI
si e’ soffermato anche sull’accordo raggiunto tra usa e Ue sui dazi sulle
esportazioni europee:
“il
fatto che le tariffe sono scese al 15% e’ sicuramente un passo avanti, ma resta
comunque una misura pesante per il nostro export, che gia’ soffre per costi di
produzione molto piu’ alti rispetto ai concorrenti extraeuropei come argentina
e cile.
Per il
vino e per l’olio toscano – ha ricordato COLPIZZI – il mercato americano
rappresenta oltre un terzo delle vendite: se nei prossimi giorni il dazio del
15% sara’ confermato anche per i vini, il rischio per il comparto toscano e’
una perdita di competitivita’ e in una contrazione delle esportazioni”.
COLPIZZI
ha auspicato nuove politiche strutturali sia nazionali che europee: “servono
misure di sostegno per le imprese esportatrici e una strategia europea che
difenda i nostri prodotti di qualita’ sui mercati internazionali, puntando su
accordi bilaterali intelligenti e strumenti di finanza agevolata per
l’internazionalizzazione”.
DAZI:
MARETTI (LEGACOOPAGROALIMENTARE), 15% NON
SODDISFACENTE
PER IL NOSTRO AGROALIMENTARE.
Legacoop
agroalimentare ha diffuso una dichiarazione del presidente dopo l’annuncio
dell’accordo usa-Ue sui dazi.
«La
percentuale del 15% non puo’ che vederci insoddisfatti.
L’atteggiamento
che l’alleato storico come gli stati uniti d’America ha tenuto in questa
trattativa con la Ue non e’ compatibile con i sentimenti di amicizia che hanno
contraddistinto gli 80 anni del secondo dopoguerra».
E’
categorico Cristian MARETTI, presidente di Legacoop agroalimentare, nel
commentare l’accordo raggiunto da Ursula VON DER LEYEN e Donald TRUMP.
«Non
possiamo fare finta che il tema dei dazi sia solo un questione “contabile”,
soprattutto tenendo conto del deprezzamento del dollaro negli ultimi mesi e
della relativa incertezza che un metodo negoziale incomprensibile ha reso un
gigantesco problema per le nostre esportazioni.
E in
ogni caso, l’accordo avra’ delle ripercussioni anche sui consumatori usa»,
continua MARETTI.
MARETTI
conclude con tuttavia e’ «da sottolineare l’aver raggiunto un accordo con un
paese importante come lo sono gli stati uniti.
Ma
tuttavia, l’Europa deve pensare ad un sostegno per quei settori che saranno
piu’ colpiti».
Tuttavia,
la speranza, «che rende tollerabile l’accordo di oggi e’ che si possano
raggiungere presto migliori risultati fino ad arrivare ad una completa
soppressione dei dazi».
DAZI:
BONACCINI (PD), RESA A TRUMP COSTERA’ MILIARDI.
“I
dazi al 15% sono meglio del 30% ma peggio di zero. Ma soprattutto VON DER LEYEN
ha ceduto a TRUMP e dunque non va bene.
Anche
perche’ i dazi costeranno decine di miliardi di euro al nostro paese. Intanto
oggi abbiamo la conferma che la vantata amicizia di Meloni con TRUMP non e’
servita a evitarli”.
Lo ha
detto l’europarlamentare Stefano BONACCINI (s&d) (pd) intervenendo alla
festa de l’unita’ di aquileia (udine).
“Bisogna diversificare i mercati, aprire nuove
possibilita’ per prodotti che sono molto apprezzati – ha detto BONACCINI
precisando che “era giusto approvare l’accordo commerciale con il Canada” e ha
auspicato la firma dell’accordo Mercosur indicando che “le preoccupazioni su
alcune tipologie merceologiche devono essere affrontate ma quel mercato ci
serve.”
“Bene ha fatto VON DER LEYEN ad andare in
india, auspicando di aprire anche quel mercato”, ha chiuso l’europarlamentare
dem.
DAZI:
TRUMP, ALL’UNIONE EUROPEA DA PRIMO AGOSTO TARIFFA DEL 30%.
A
partire dal primo agosto caricheremo sull’unione europea una tariffa di solo il
30% su tutti i prodotti spediti negli stati uniti…il 30%e’ un limite molto
inferiore di quello di cui abbiamo bisogno per eliminare il deficit
commerciale».
scrive
il presidente degli stati uniti Donald TRUMP nella lettera inviata all’unione Europea.
DAZI:
MASCARINO FEDERALIMENTARE), SE 15% UNICO COMPROMESSO
POSSIBILE,
URGENTE INTERVENTO UE PER RIDURRE DAZI INTERNI.
“Se
fosse confermato l’accordo commerciale tra l’unione europea e gli stati uniti,
l’industria alimentare si trovera’ schiacciata nella morsa tra i dazi al 15%,
la svalutazione del dollaro e i costi dei dazi interni alla Ue:
chiediamo dunque alla Ue un intervento urgente
a tutela della competitivita’ della sua industria”.
Lo
dichiara in una nota il presidente di Federalimentare, Paolo MASCARINO.
“Se da
un lato e’ vero che questo possa essere l’unico compromesso possibile,
dall’altro lato e’ altresi’ vero che l’intreccio tra l’impatto dei dazi usa al
15% e la svalutazione del dollaro, che oggi vale altri 13 punti percentuali,
non sara’ sostenibile per diversi settori – continua Mascarino – e a tutela
delle imprese chiediamo alla Ue un intervento della mano pubblica: cosi’ come
gli stati uniti hanno fatto con i dazi, che di fatto e’ un intervento pubblico
per proteggere la loro industria, anche noi chiediamo urgenti interventi
strutturali per rafforzare la nostra capacita’ competitiva riducendo i dazi
interni alla Ue: snellire il carico burocratico sulle imprese, riformare i
mercati dell’energia per garantire una riduzione dei prezzi, facilitare
l’accesso al credito.
In tal
senso, proseguire con maggior decisione sulla strada del taglio dei tassi di
interesse nell’area euro potrebbe aiutare la crescita economica”.
“In
questo scenario di forte incertezza auspichiamo che le trattative fra la
commissione Ue e gli usa proseguano e che nel tempo si possa arrivare
progressivamente a definire un’area di libero scambio euroatlantica a dazi
zero.
Sarebbe
la risposta piu’ logica da adottare sia per le nostre economie fortemente
interconnesse, che nei confronti delle altre economie globali che potrebbero
approfittare di un occidente debole e impegnato in una guerra commerciale”,
riprende MASCARINO.
“l’industria
alimentare italiana e’ fortemente orientata all’export: gli usa sono la seconda
destinazione del nostro export, e valgono (nel 2024) 7,7 miliardi di fatturato,
pari al 14% del totale delle nostre esportazioni.
Prima
degli stati uniti abbiamo solo la Germania, che vale 7,9 miliardi. dunque –
conclude MASCARINO – gli usa restano un mercato davvero molto importante, e
resta prioritario favorire la presenza delle nostre imprese sostenendone la
competitivita’”.
DAZI:
PORTAVOCE COMMISSIONE UE, APPROVATO PACCHETTO DI CONTROMISURE, IN VIGORE DAL 7
AGOSTO IN MANCANZA DI ACCORDO.
“Una
lista unica di contromisure ai dazi usa e’ stata proposta dalla commissione
europea, e’ stata adottata a larghissima maggioranza dagli stati membri e
verra’ adotta oggi dalla commissione.
Entrera’ in forza domani con la pubblicazione
sulla gazzetta ufficiale dell’unione europea, ma non si puo’ fare alcuna
ipotesi su quando entrera’ in vigore perche’ l’Ue continua ad essere
focalizzata sui negoziati.
Le
contromisure entreranno in vigore automaticamente il 7 agosto se non si
trovera’ un accordo prima, ma c’e’ sempre l’opzione di continuare a tenerle
sospese o sospenderle se necessario”.
Lo ha
dichiarato oggi durante il briefing con la stampa a Bruxelles il portavoce
della commissione Ue “olof GILL”.
Il
pacchetto di contromisure ha un valore di 93 miliardi di euro.
“Crediamo
– ha aggiunto GILL – che un accordo con gli usa sia a portata di mano e stiamo
lavorando con tutte le nostre forze per realizzarlo, per i cittadini Ue, per le
aziende e per i consumatori”.
DAZI:
COLDIRETTI, CON INCERTEZZA SCENDE EXPORT MADE
IN
ITALY DA +11% A +0,4%, CROLLA L’OLIO EVO -17%.
“L’incertezza
legata all’evolversi della situazione e i dazi aggiuntivi minacciati dal
presidente TRUMP hanno fermato la crescita in valore dell’export agroalimentare
italiano in usa, che a maggio e’ crollata al +0,4%, con risultati peraltro
negativi per tutti i prodotti piu’ esportati, dal vino all’olio fino a formaggi
e passata.
E’
quanto emerge dall’analisi della coldiretti su dati Istat diffusa in occasione
dell’assemblea, momento di confronto – sottolineano i vertici – sul futuro
dell’agricoltura italiana ed europea alla luce delle scelte di bilancio
dell’unione, con il taglio del 20% dei fondi pac 2028-2034, e dell’impatto dei
dazi americani sull’economia del paese e sulla vita dei cittadini.
Secondo
l’analisi coldiretti “dopo un primo trimestre dell’anno dove le esportazioni
agroalimentari hanno fatto segnare una crescita media in valore dell’11%, da
aprile (primo mese di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10%), si e’ passati
al +1,3%, per poi scendere ulteriormente a maggio.
A
pesare e’ anche il fatto che le tariffe aggiuntive sono andate a sommarsi a
quelle gia’ esistenti, penalizzando in particolar modo alcune filiere cardine.
Attualmente
i formaggi pagano un dazio al 25%, il pomodoro trasformato e le marmellate e
confetture al 22%, i vini intorno al 15%, la pasta farcita al 16%.
Il
risultato e’ che a maggio sono calate le esportazioni in valore per alcuni dei
prodotti simbolo, dall’olio extravergine d’oliva (-17%) ai formaggi (-4%) fino
al pomodoro trasformato (-17%), mentre sul fronte del vino si segnala un
recupero del 3% rispetto al dato negativo di aprile. , spiega Eettore PRANDINI,
presidente dell’organizzazione:
“la
diminuzione dei consumi sul mercato americano non e’ data solo dall’incertezza
dei dazi: c’e’ l’inflazione in aumento e c’e’ anche una svalutazione del
dollaro nei confronti dell’euro che rende i nostri prodotti piu’ cari.
Se
andiamo a sommare tutto questo al 30% di dazi minacciato ora in particolare
sugli alimentari abbiamo un effetto quasi insostenibile per la nostra economia,
visto che per l’agroalimentare il mercato usa e’ il secondo per importanza a
livello globale.
Detto
cio’, mi pare chiaro che la risposta non possono essere i controdazi bensi’ un
accordo tra pari”.
“Serve
trovare un accordo che tuteli le nostre imprese senza fare cedimenti sul fronte
della qualita’ e della sicurezza alimentare, con un cambio di passo rispetto a
una situazione attuale dove la presidente della commissione Ue VON DER LEYEN
non si e’ letteralmente vista, incapace di mettere sul piatto le numerose
aperture e concessioni fatte agli usa negli ultimi mesi su molteplici fronti, a
partire dal forte aumento del contributo europeo alle spese nato ci ritroviamo
cosi’ a vivere una situazione paradossale e asimmetrica nei nostri rapporti con
l’America che rischia di infliggere un colpo mortale al nostro export”,
denuncia il segretario generale dell’organizzazione Vincenzo GESMUNDO.
DAZI:
FRANTELLIZZI (LACTALIS), SOMMATI A SVALUTAZIONE
DOLLARO
EQUIVALGONO A DAZIO AGGIUNTIVO DEL 50%.
“Accogliamo
con preoccupazione la notizia dell’introduzione di un dazio del 30% sui
prodotti agroalimentari italiani da parte dell’amministrazione statunitense”.
Lo
afferma in un comunicato Mauro FRANTELLIZZI, general manager di “Lactalis Italia
export, che cosi’ prosegue:
“gli
stati uniti rappresentano il primo mercato extra-Ue per l’agroalimentare
italiano, nonche’ il terzo mercato per il nostro export dopo Germania e Francia.
Il
legame con il made in Italy si e’ rafforzato costantemente negli ultimi anni
fino ad oggi: nel 2024 l’export di formaggi italiani verso gli usa ha
registrato una crescita superiore al 10% sia a volume che a valore,
raggiungendo un record storico.
All’aggravio
annunciato da TRUMP si aggiunge la recente svalutazione del dollaro rispetto
all’euro – parliamo del 23% rispetto allo scorso anno – che rischia di generare
un costo ancora piu’ proibitivo per il cliente finale e una conseguente
drastica diminuzione delle nostre esportazioni.
Con lo
scenario attuale, ci aspettiamo che il calo dell’export possa essere doppio
rispetto al 2019/2020 quando raggiunse il 20% per l’introduzione dei primi dazi
statunitensi.
Se si
sommano le nuove tariffe di TRUMP pari al 30% alla svalutazione del dollaro che
supera il 20%, per l’agroalimentare italiano sarebbe come imporre un dazio
aggiuntivo del 50%, a cui si dovrebbe anche aggiungere, per alcune tipologie di
formaggio, la tassa attuale al 10%.
Cio’
significa che oggi un importatore americano che compra formaggi ‘made in Italy’
potrebbe pagare un ‘dazio’ pari a oltre il 60%.
Ma le
conseguenze potrebbero essere gravi anche per i numerosi ristoranti di cucina
italiana che si affidano a ingredienti autentici per offrire un’esperienza di
qualita’ ai propri clienti.
Pensiamo
a prodotti come il mascarpone, da sempre apprezzato soprattutto nel canale
della ristorazione per la preparazione di dolci iconici come il Tiramisu’, o il
Pecorino romano utilizzato in tantissime preparazioni soprattutto di primi
piatti italiani, che rischiano di diventare molto meno accessibili,
compromettendo una relazione storica e virtuosa tra il consumatore americano e
il nostro patrimonio gastronomico.
lactalis italia confida nel lavoro delle istituzioni
italiane ed europee per tutelare il valore dell’export agroalimentare e
garantire la competitivita’ delle nostre eccellenze nel mondo ed e’ disponibile
ad offrire tutta la collaborazione possibile”.
DAZI:
COTTI (ARAER), GRAVE MINACCIA A ECCELLENZE ITALIANE COME PARMIGIANO REGGIANO E
GRANA PADANO.
“Siamo
molto preoccupati. e non potrebbe essere diversamente.
I dazi
al 30% che TRUMP introdurra’ sui prodotti europei a partire dal 1 agosto
prossimo rappresentano una gravissima minaccia per le eccellenze
dell’agroalimentare made in Italy, in primis parmigiano reggiano e grana
padano’. E’ quanto afferma Luca COTTI, neopresidente di Araer (associazione
regionale allevatori dell’Emilia romagna) nel commentare senza esitazione il
tema che sta scuotendo l’intera economia del vecchio continente, e in
particolare quella italiana che, se le trattative in corso a livello europeo
non sfoceranno in un accordo meno penalizzante, subirebbe un durissimo colpo
proprio a uno dei settori piu’ importanti qual e’ quello agroalimentare”.
Lo
rende noto un comunicato di Araer, che cosi’ prosegue:
“‘il parmigiano reggiano destinato agli usa –
continua COTTI – che per inciso rappresenta il nostro mercato estero piu’
importante, e’ gia’ gravato da dazi al 15%.
Con
quelli che dovrebbero partire il primo agosto, e analogo discorso riguarda il
grana padano, si andrebbe al 45%.
Una
spada di Damocle che si ripercuoterebbe innanzitutto sui produttori e
sull’intera filiera, ma anche sul consumatore medio americano che potrebbe non
essere piu’ in grado di acquistare un prodotto venduto a prezzi vertiginosi’.
Pur
auspicando un esito del negoziato in corso a Bruxelles piu’ favorevole, il
presidente di Araer molto realisticamente sottolinea che ‘purtroppo quello che
dice TRUMP va preso sul serio e continuare a dire che si tratta di una boutade
finalizzata a una trattativa tra usa e ogni singolo paese europeo non ci deve
illudere.
Per
questo occorre intercettare altri mercati internazionali che, come il Giappone
e l’Australia, stanno dimostrando un crescente interesse per un’eccellenza come
il parmigiano reggiano.
Stiamo
poi registrando un fenomeno molto positivo – conclude Luca COTTI – diverse
compagnie di navi da crociera, in gran parte statunitensi, richiedono il nostro
re dei formaggi per la preparazione dei piatti a bordo di queste grandi navi e
per organizzare durante la navigazione appuntamenti che hanno come protagonista
il parmigiano reggiano.
Si
tratta di iniziative che stanno riscuotendo grande successo e che ovviamente
rappresentano un ottimo strumento di comunicazione in grado di coinvolgere una
fascia sempre piu’ ampia di popolazioni internazionali”.
DAZI:
DE CASTRO, BRUXELLES HA MARGINI PER TRATTARE
ANCHE
L’AMERICA HA BISOGNO DI NOI.
“Bruxelles
ha margini per trattare. Anche l’America ha bisogno di noi”: e’ il titolo di
un’interessante intervista di Paolo DE CASTRO, presidente di Nomisma, a Sara
TIRRITO de “la stampa”.
“Le
tariffe al 30% spiazzano il nostro agroalimentare. Si tratta di una tariffa
annunciata per essere negoziata, si abbassera’”, sostiene DE CASTRO che ritiene
impossibile uno scenario con i dazi al 30%.
Per l’ex ministro dell’agricoltura, “il
comportamento di TRUMP e’ incomprensibile, sta facendo male all’economia”.
DE
CASTRO sconsiglia la strada delle contromisure, almeno per ora, e si dichiara
fiducioso nel lavoro del commissario europeo SEFCOVIC:
“se si
arrivasse a un accordo al 10%, pur facendo male, lo possiamo accettare”.
riguardo alla trattativa, DE CASTRO ricorda anche che importiamo centinaia di
milioni di tonnellate di soia americana, mais e riso ed inoltre “loro hanno
bisogno di noi per vendere i servizi. Gli spazi per un accordo ci sono”.
DAZI:
CARAMIELLO (M5S), DANNO GRAVISSIMO PER SUD E SETTORE AGROALIMENTARE.
“E’
inaccettabile che, nonostante gli sbandierati ottimi rapporti con
l’amministrazione TRUMP, il governo MELONI non abbia ancora adottato misure
efficaci per tutelare il settore agroalimentare di fronte ai nuovi dazi del
30%.
il
nostro sud, gia’ alle prese con criticita’ sociali ed economiche profonde, si
trova ora di fronte a un’ulteriore minaccia: la perdita di un mercato
fondamentale per le aziende locali”.
Lo
scrive in un comunicato stampa Alessandro CARAMIELLO, capogruppo del movimento
5 stelle in commissione agricoltura alla camera, che prosegue:
“la
nostra mozzarella, la pasta, l’olio extravergine d’oliva, le conserve di
pomodoro e altri prodotti tipici rischiano di diventare troppo cari e quindi
meno competitivi, minando la sopravvivenza di molte imprese e mettendo a
rischio posti di lavoro che rappresentano il cuore pulsante delle nostre
comunita’.
E non
si tratta solo di alimentari: anche il settore farmaceutico, elettronico e
automotive, sviluppati nel mezzogiorno, sono destinati a soffrire a causa della
mancanza di alternative commerciali efficaci.
Le
cifre parlano chiaro: gli stati uniti rappresentano il 25% dell’export dop e
igp italiano, pari a quasi 3 miliardi di euro all’anno.
Un
aumento dei dazi potrebbe provocare un crollo delle vendite, con conseguenze
devastanti anche per l’agricoltura e il settore vitivinicolo
centrosettentrionale. Denominazioni come chianti, prosecco, amarone, barbera e
friulano rischiano di perdere competitivita’, con ripercussioni negative anche
sull’immagine e sulla fiducia degli investitori e degli importatori americani.
Questa
crisi mette a rischio il patrimonio enogastronomico italiano, con danni che
potrebbero estendersi anche al settore vitivinicolo, gia’ gravemente
minacciato.
E’ ora
che il governo agisca con decisione, tutelando il sud e il nostro
agroalimentare, pilastri della nostra identita’ e della nostra economia.”
DAZI:
SEFCOVIC, CONTINUIAMO A TRATTARE MA PRONTI A DIFENDERE NOSTRE AZIENDE E NOSTRA
ECONOMIA.
“Gli
stati membri giudicano inaccettabile i dazi del 30% decisi dagli usa nei
confronti dell’Ue e chiedono trattative per una soluzione soddisfacente, ma
sono pronti a sostenere contromisure proporzionate”, lo ha dichiarato il
ministro danese Lars LOKKE RASMUSSEN, attuale presidente di turno del consiglio
dei ministri europei degli esteri, in apertura della conferenza stampa che oggi
pomeriggio ha chiuso una seduta dedicata al commercio.
Da
parte sua, il commissario europeo per il commercio e la sicurezza economica Maros
SEFCOVIC ha sottolineato il contesto internazionale sempre piu’ difficile e
sottolineato il forte sostegno espresso dai paesi dell’Ue alla commissione.
“Nella prossime settimane – ha spiegato –
dovremo concentrarci su diverse aree: lavorare per arrivare a una soluzione
negoziata con gli usa per ritrovare una situazione di stabilita’ e
cooperazione, ma siamo pronti in ogni caso ad adottare misure proporzionate per
ricreare una situazione di riequilibrio; tenere i canali aperti con partner che
la pensano come noi; impegnarci ad aprire a nuovi mercati con accordi nel
sud-est asiatico e non solo – l’ultimo accordo di libero scambio e’ stato
siglato oggi con l’Indonesia – e a chiudere entro fine anno le trattative per
un’intesa con l’India, oltre a proseguire i colloqui con gli emirati arabi
uniti e per rafforzare l’accordo globale e progressivo per il partenariato
transpacifico (cptpp); esplorare misure specifiche per ridurre i tempi di
applicazione degli accordi; riequilibrare i rapporti con la Cina”.
Sempre
riguardo alla firma di nuovi accordi di libero scambio, LOKKE RASMUSSEN ha
dichiarato di essere impegnato affinche’ l’Ue chiuda entro la sua presidenza i
negoziati con i paesi del Mercosur.
Rispondendo
ad alcune domande dei giornalisti, il commissario SEFCOVIC ha ribadito che l’Ue
non vuole un conflitto con gli usa e un accordo di principio era vicino ma non
era ancora stato raggiunto al momento del ricevimento della lettera con la
comunicazione dei dazi che gli stati uniti intendono applicare all’Ue a partire
da agosto.
“Continuiamo a dire – ha concluso il
commissario – che vogliamo privilegiare il negoziato, ma quanto proposto dagli
usa e’ inaccettabile per qualsiasi tipo di commercio.
Se non
arriveremo a un accordo per noi accettabile, difenderemo le nostre aziende e la
nostra economia con misure di riequilibrio”.
Gia’
stasera SEFCOVIC parlera’ con i suoi interlocutori statunitensi e proseguiranno
tutti i contatti ad alto livello. il resoconto dei principali risultati del
consiglio dei ministri degli esteri
europei e’ disponibile a questo link (tinyurl.com/242cbpdj).
DAZI:
MAMMI, EMILIA-ROMAGNA TRA REGIONI PIU’ A
RISCHIO
AGROALIMENTARE SETTORE PIU’ COLPITO.
“i
dazi sono a tutti gli effetti tasse che si pagano allo stato americano. Se
questo provvedimento verra’ confermato, l’Emilia-romagna sara’ una delle
regioni che paghera’ il prezzo piu’ alto:
il
nostro export e’ tra i piu’ apprezzati nel mondo e siamo la regione che esporta
di piu’ negli stati uniti.
Servono
contromisure solide e rapide: chiediamo all’unione europea e al governo una
strategia unitaria, forte e ragionata per difendere la presenza sul mercato
statunitense delle nostre produzioni, azioni che al momento mancano”.
Lo
afferma in un comunicato l’assessore all’agricoltura, Alessio MAMMI,
commentando l’annuncio dell’amministrazione degli stati uniti che prevede
l’applicazione di dazi e tariffe doganali al 30% per i prodotti europei a
partire dal primo agosto”.
“i
dazi sono, a tutti gli effetti, tasse: aumentano il costo dei prodotti,
generano sfiducia e incertezza nei mercati, comprimono le economie, fanno
salire l’inflazione ed erodono il potere d’acquisto, sia dei cittadini europei
sia degli americani – prosegue l’assessore. –
Non
c’e’ solo un impatto immediato sui prezzi, ma puo’ generarsi un rischio di
rallentamento delle economie, perdita di valore delle borse, e conseguenze
negative nel medio e lungo periodo: questi soldi finiscono nelle casse dello
stato americano, ma non vanno ne’ alle imprese ne’ ai lavoratori.
Inoltre,
nella lettera inviata dagli stati uniti si sceglie di ignorare l’enorme valore
dei servizi, dei fondi di investimento e della finanza americana che gia’
beneficia enormemente del mercato europeo”.
Dunque,
continua MAMMI, “rappresentano un problema molto serio per l’Italia e
particolarmente pesante per la nostra regione, che e’ tra quelle che esportano
di piu’ negli stati uniti, oltre 10,5 miliardi di euro.
Serve,
quindi, una reazione forte, ragionata e unitaria da parte dell’Europa e del
governo italiano. occorre inoltre constatare che non ci sono relazioni
‘speciali’ tra Italia e stati uniti, come il governo ha provato a far credere
in questi mesi: siamo tutti europei, tutti nella stessa situazione, e nessuno
puo’ permettersi approcci individuali o fughe in avanti”.
“Accanto alla reazione diplomatica e
commerciale – aggiunge l’assessore – serve subito anche un piano concreto di
sostegno alle imprese e alle filiere piu’ colpite, per aiutarle a essere piu’
competitive e assorbire il contraccolpo dei dazi.
A
partire dalla riduzione degli oneri fiscali e sul lavoro, da misure per
migliorare la logistica e l’energia, garantendo vantaggi soprattutto per le
aziende energivore, e dal sostegno per promuovere il made in Italy negli stati
uniti, un mercato fondamentale che non possiamo permetterci di perdere, anche
grazie alla forte domanda e alla presenza di 20 milioni di cittadini che
vantano origini italiane. e, mentre difendiamo la nostra presenza negli stati
uniti – conclude MAMMI -, dobbiamo anche guardare avanti: investire su nuovi
mercati, come sud America e Asia, per aprire nuovi sbocchi commerciali, senza
rinunciare a quello americano, oggetto al momento di una fase molto
perturbata”.
“Con
un valore di 10 miliardi e mezzo di euro di prodotti esportati nel 2024 –
prosegue il comunicato – gli stati uniti sono il primo mercato di destinazione
dei beni prodotti dalle imprese emiliano-romagnole.Di questi circa un miliardo
(985 milioni) arriva dai prodotti agroalimentari. una tendenza confermata anche
nel primo trimestre del 2025, con esportazioni pari a 263,1 milioni di euro,
pari al 10,4% dell’export regionale negli stati uniti, l’11,9% in piu’ rispetto
al 2024. Secondo una stima di coldiretti i prezzi al consumo dei prodotti
italiani negli usa subirebbero rincari del 45% per i formaggi, del 35% per i
vini e del 42% per conserve e marmellate. Che potrebbero costare alle famiglie
americane e al settore agroalimentare nazionale 2,3 miliardi di euro.
Sempre
secondo Coldiretti, al danno immediato in termini di calo delle esportazioni,
si aggiungerebbe quello della mancata crescita di un settore che puntava per
quest’anno a superare quota 9 miliardi di esportazioni. Alcune aziende hanno
gia’ cominciato a rafforzare la produzione sul suolo americano, mentre chiedono
all’Ue una semplificazione delle regole per restare competitive in un contesto
globale sempre piu’ instabile.
Anche
l’associazione origin italia sottolinea come gli stati uniti rappresentino il principale
mercato extra-ue per le produzioni “dop” e” igp” italiane dove assorbono circa
il 25% dell’export totale del comparto certificato.
In
valore assoluto, lo scorso anno la quota di prodotti top venduti oltreoceano ha
sfiorato i 3 miliardi di euro sui 12 miliardi di esportazioni nel resto del
mondo”.
DAZI:
GAMBERINI (LEGACOOP), UE PROSEGUA NEGOZIATO MA FAVORISCA
RIVITALIZZAZIONE
MERCATO INTERNO E REINDUSTRIALIZZAZIONE.
“A
fronte dell’ultimo annuncio del presidente degli stati uniti, difficile dire se
realmente definitivo e che comunque continua a produrre un dannoso stato di
incertezza sui mercati internazionali, di un’imposizione di dazi al 30% alle
esportazioni del nostro continente, e’ indispensabile che le istituzioni
dell’unione europea proseguano il negoziato con sangue freddo e determinazione
per giungere ad un accordo che scongiuri una guerra commerciale con gli usa; ma
accanto a questo e’ necessario che favoriscano una rivitalizzazione del mercato
interno, eliminando le barriere doganali che ne limitano la crescita, e che
definiscano una strategia di reindustrializzazione attraverso interventi da
finanziare con debito comune’.
A
dirlo e’ il presidente di Legacoop, Simone GAMBERINI”.
lo rende noto un comunicato di Legacoop.
“L’impegno
a proseguire le trattative con gli stati uniti per arrivare ad un accordo deve
comunque essere accompagnato dall’attivazione, da subito, di concrete misure di
sostegno alle imprese delle filiere e dei settori piu’ colpiti dall’imposizione
delle tariffe, a partire dall’agroalimentare e dall’automotive”, prosegue
GAMBERINI, che aggiunge:
“occorre, inoltre, perseguire con maggiore
forza l’obiettivo di una diversificazione dei mercati internazionali di sbocco
per l’export”.
“Non va inoltre dimenticato che agli effetti
dei dazi usa sull’export dell’eurozona si sommano quelli della svalutazione del
dollaro sull’euro, che potrebbe estendersi anche ad altre valute che seguono la
divisa statunitense, allargando l’effetto negativo per il nostro export anche
ad altri mercati”, sottolinea il presidente di Legacoop.
“Da una rilevazione effettuata in questi
giorni su un campione rappresentativo della platea delle cooperative aderenti a
Legacoop, emerge che il 30% si dichiara preoccupato per un potenziale
incremento dei dazi sulle esportazioni verso il mercato statunitense, con punte
del 45% per le cooperative del centro Italia e del 57% per quelle del settore
agroalimentare”, rileva il comunicato, che precisa: “inoltre, il 19% del
campione vede il maggiore impatto dei dazi sull’acquisto delle materie prime.
per quanto riguarda le strategie per mitigare il possibile impatto dei dazi,
solo il 3% delle aziende sta gia’ pensando di adottare misure specifiche, come
il cambio fornitori, la delocalizzazione o la diversificazione dei mercati.
Un’ampia
quota, pari al 39%, dichiara di ‘non sapere ancora’ se adottera’ tali
strategie, mentre la maggioranza, il 58%, non sta pianificando alcuna azione.
insomma, la preoccupazione non si e’ ancora tradotta in una diffusa
pianificazione di contromisure concrete: occorrono, percio’, politiche di
sistema all’altezza di questa urgenza”.
“Uno
scenario preoccupante che impone comune senso di responsabilita’ e unione di
intenti da parte di tutti i paesi dell’unione per giungere ad un’intesa che
scongiuri conseguenze pesanti per la crescita economica e per l’occupazione”,
conclude GAMBERINI.
DAZI:
BATTISTA (COPAGRI), AGROALIMENTARE ITALIANO RISCHIA CONTRACCOLPO DURISSIMO.
‘Il
pericolosissimo ‘balletto’ dei dazi messo in scena dall’amministrazione
statunitense non fa altro che influenzare negativamente i mercati, incidendo
concretamente sulla serenita’ e sulla capacita’ di programmazione delle imprese
e rischiando di assestare un colpo durissimo all’agroalimentare italiano’,
sottolinea il presidente della Copagri Tommaso BATTISTA a proposito della lettera inviata
dagli stati uniti alla presidente della commissione europea Ursula VON DER
LEYEN”.
Lo
rende noto un comunicato della Copagri.
“Bisogna
sempre tener presente che le tariffe aggiuntive del 30% recentemente
annunciate, e in vigore dall’inizio del mese di agosto, si andrebbero a sommare
a quelle gia’ esistenti, sulle quali peserebbero, inoltre, la svalutazione del
dollaro e l’aumento delle tasse doganali usa, per un totale decisamente piu’
pesante del mero dazio”, fa notare il presidente, evidenziando che “a destare
ulteriore preoccupazione c’e’ poi la minaccia di ulteriori ritorsioni
economiche messa nero su bianco proprio dall’amministrazione statunitense”.
“in
ogni caso, parliamo di misure che andrebbero a colpire numerosi prodotti
simbolo della dieta mediterranea, quali vino, formaggi e olio extravergine
d’oliva, che nel 2024 hanno fatto registrare una crescita a doppia cifra negli
usa, con un aumento complessivo del 17% circa”, prosegue BATTISTA, secondo cui
“questa percentuale da’ la misura della strategicita’ del mercato degli stati
uniti, secondo a livello mondiale per l’export agroalimentare tricolore, con
esportazioni che nel 2024 hanno superato gli 8 miliardi di euro, pari a oltre
il 20% del totale di tutta l’unione europea”.
“Per
tutte queste ragioni, e per moltissime altre, oltre a continuare a lavorare sul
versante diplomatico per arrivare a una risposta forte e compatta a livello di
unione europea, a partire dall’odierno vertice straordinario dei ministri del
commercio dell’Ue, e’ bene accelerare il ragionamento in atto sull’apertura di
nuovi mercati, con particolare riferimento ai paesi del Mercosur e a quelli del
sud-est asiatico, tenendo sempre in debita considerazione l’importanza della
reciprocita’”, conclude BATTISTA, ricordando che “nelle “trade wars” non ci
sono ne’ vincitori ne’ vinti, poiche’ si perde tutti”.
DAZI:
ITALMOPA, RISVOLTI MOLTO PESANTI PER INDUSTRIA MOLITORIA IN CASO DI GUERRA
COMMERCIALE USA-UE.
“Italmopa-associazione
industriali mugnai d’Italia, aderente a Federprima e a Confindustria, ribadisce
la profonda preoccupazione del comparto molitorio italiano nei riguardi della
possibile applicazione, con decorrenza 1° agosto, di dazi al 30% sui prodotti
originari dell’unione europea e destinati al mercato statunitense”.
Lo
rende noto un comunicato di Italmopa.
“E’ opportuno in primis ricordare che la
comunicazione del presidente TRUMP appare finalizzata ad aprire un’ulteriore
fase della trattativa e ci auguriamo che, a fronte del rischio di un’escalation
di una guerra commerciale alimentata da reciproche e crescenti ritorsioni,
prevalga la volonta’ di privilegiare un approccio di natura negoziale”,
evidenzia Vincenzo MARTINELLI, presidente Italmopa, che prosegue:
“in
caso contrario, l’industria molitoria sarebbe pesantemente colpita sia
direttamente, con l’applicazione di dazi sulle nostre farine e semole esportate
verso gli stati uniti, sia indirettamente in quanto tali dazi saranno comminati
anche ad altri prodotti del ‘made in Italy’ alimentare – a mero titolo
esemplificativo, la pasta alimentare o i prodotti della biscotteria e i
lievitati – per i quali le farine e le semole risultano essere l’ingrediente
principale”.
“Nel
2024, le sole esportazioni italiane di farine e semole di frumento tenero e di
frumento duro verso gli stati uniti hanno raggiunto complessivamente 46.500
tonnellate, con una crescita del 24% rispetto al 2023 e del 135% nell’arco
dell’ultimo decennio, ponendo gli stessi stati uniti ai vertici dei paesi extra
Ue destinatari dei nostri sfarinati”, sottolinea il comunicato.
“Peraltro,
le possibili contromisure comunitarie nei riguardi degli usa prevedono
l’applicazione di dazi sull’importazione di frumento tenero e di frumento duro,
ovvero di materie prime delle quali siamo strutturalmente e fortemente
deficitari”, fa notare MARTINELLI, che conclude:
“le
nostre importazioni dagli stati uniti riguardano, peraltro, frumento di
altissima qualita’, circa mezzo milione di tonnellate nel 2024, non reperibile
nelle quantita’ adeguate sul mercato nazionale o comunitario e pertanto
difficilmente sostituibile. in questo contesto appare chiaro che, per
l’industria molitoria, l’unica via percorribile rimane quella del buon senso”.
DAZI:
FORATTINI (PD), DEVASTANTI PER AGROALIMENTARE
MELONI
DIMOSTRI AUTONOMIA E LOLLOBRIGIDA AGISCA.
“i
dazi americani al 30%, sommati a quelli gia’ in essere, avranno un effetto
devastante sul nostro sistema agroalimentare e su tutti i comparti piu’
rappresentativi del made in Italy e del settore manifatturiero.
La
narrazione di ‘MELONI amica di TRUMP’ sta rivelando tutta la sua inconsistenza,
esponendo l’export nazionale a una crisi senza precedenti e trascinando nel
baratro imprese e posti di lavoro”.
Lo
dichiara in un comunicato Antonella FORATTINI, capogruppo del partito
democratico in commissione agricoltura alla camera, commentando l’ipotesi di
nuovi dazi statunitensi sui prodotti italiani.
“I formaggi – sottolinea l’esponente dem –
pagano gia’ dazi del 15%, che salirebbero al 45%.
La
pasta oggi paga il 16%, che salirebbe al 46%.
Dirompenti
anche le ricadute sul vino, che genera un export di 2 miliardi destinato agli
stati uniti.
L’Europa
deve continuare a trattare, senza complessi di sudditanza e meloni deve
dimostrare di avere l’autorevolezza e l’autonomia necessarie per tutelare il
made in I’Italy.
“In
questo scenario – conclude FORATTINI – e’ estremamente preoccupante l’ipotesi
di tagli alla “nuova pac”: e’ bene che il ministro francesco LOLLOBRIGIDA
smetta di fare il passacarte e agisca concretamente, insieme al collega FITTO,
per scongiurare questa inaccettabile eventualita’”.
DAZI:
MAGI (+EUROPA), DA LOLLOBRIGIDA ATTO SOTTOMISSIONE A TRUMP CONTRO CIBO ITALIANO.
“Dov’e’
finito il ministro francesco LOLLOBRIGIDA che sventolava la battaglia del cibo
italiano e vietava la ricerca sulla carne coltivata?
Dov’e’
il ministro LOLLOBRIGIDA che fa la guerra al grano canadese, alle olive
tunisine e all’olio di palma, sempre in nome della tutela dell’agroalimentare
italiano?
Oggi
il ministro dell’agricoltura ha chiesto all’Ue di aumentare gli acquisti di
fonti proteiche per alimenti e mangimi dagli stati uniti.
Alimenti
e mangimi spesso vietati dall’unione europea perché’ dannosi o perché’ la
produzione non rispetta gli standard ambientali. in pratica, ai dazi del 30%
verso l’Ue di TRUMP, l’Italia risponde con un atto di sottomissione, chiedendo
di aprire il nostro mercato ai prodotti proteici americani.
LOLLOBRIGIDA e’ passato dalla sovranita’
alimentare al discount di alimenti americani.
Se
questo e’ patriottismo”. Lo afferma in un comunicato stampa il segretario di
+europa, riccardo MAGI.
DAZI:
GIANSANTI (CONFAGRICOLTURA), SI RISCHIA UN CAOS GLOBALE L’EUROPA GIOCHI AD ARMI
PARI.
“Nessuno
si aspettava i dazi americani al 30%:
Donald
TRUMP ci ha applicato dazi corrispondenti a quelli del Messico e del Sudafrica,
e francamente noi europei, che siamo una grande potenza economica e politica e
un grande alleato degli stati uniti, ci aspettavamo un trattamento diverso’’.
E’
quanto ha dichiarato Massimiliano GIANSANTI, presidente di Confagricoltura e
alla guida dei 22 milioni di agricoltori europei, nell’intervista di oggi al ‘Corriere
della sera’”.
Lo
rende noto un comunicato di Confagricoltura, che cosi’ prosegue:
“GIANSANTI
ha espresso forte preoccupazione per le ricadute delle nuove tariffe
statunitensi sull’intero comparto agroalimentare europeo.
‘mi auguro un ripensamento americano – ha
precisato – i dazi a questi livelli creerebbero un caos globale, non solo nei
rapporti tra Ue e usa’.
Secondo
il presidente di Confagricoltura, la chiave per disinnescare la crisi potrebbe
essere l’apertura di un confronto sulle barriere non tariffarie, ancora molto
diffuse nel settore agricolo.
Ma la
questione va ben oltre il semplice scambio di merci:
‘l’obiettivo americano non e’ tanto imporre
maggiori dazi, ma riuscire ad aprire il mercato europeo e rafforzare l’economia
americana.
E’
altrettanto evidente che il nostro interesse e’ proteggere il nostro mercato
che si’, e’ fatto di standard molto elevati.
Questi
sono una difficolta’ per le imprese americane, ma se non si ragiona in termini
di reciprocita’, anche con il Mercosur, non ci sara’ mai la disponibilita’ al
confronto degli agricoltori.
Dobbiamo
giocare ad armi pari’.
Sulla
possibilita’ di rivedere la regolamentazione europea, il presidente non chiude
del tutto le porte:
‘su
alcuni comparti produttivi come la soia, ci puo’ essere uno spazio importante,
ma se parliamo di un’apertura tout court del mercato a prodotti Usa che non
hanno il nostro standard, o che richiamano impropriamente il nostro sistema di
denominazione e di origine, verrebbero sconvolte tradizioni plurisecolari di
molti territori europei’.
‘Sarebbe molto difficile sostituire gli stati
uniti.
E’
vero che l’unione europea sta trattando dei nuovi accordi commerciali con Indonesia,
Thailandia e Iindia, che sono mercati molto promettenti, ma non particolarmente
attraenti per l’agroalimentare’.
GIANSANTI,
quindi, ha sottolineato la necessita’ di spingere sul mercato europeo, che alla
fine e’ quello che da’ maggiori soddisfazioni alle imprese, e di fare uno
sforzo anche per rafforzare il mercato italiano. quanto all’impegno della
commissione europea, ha aggiunto: ‘o la Ue dimostra di essere veramente
solidale con una politica economica in grado di sostenere il suo sistema
produttivo, oppure resteremo solo un grande condominio’.
BATTISTA
(COPAGRI), PAC E DAZI USA DISCUSSI NELL’INCONTRO
A
BRUXELLES CON V. PRESIDENTE COMMISSIONE FITTO.
“Il
paventato taglio al bilancio agricolo dell’unione europea e le pesantissime
ricadute delle nuove barriere tariffarie annunciate dall’amministrazione
statunitense rischiano di assestare un colpo irreversibile alla tenuta delle
migliaia di aziende agricole che rappresentano la vera e propria spina dorsale
dell’economia italiana, con evidenti e non trascurabili ricadute
socioeconomiche sullo sviluppo delle aree interne e rurali del belpaese”.
Lo ha
sottolineato il presidente della Copagri Tommaso BATTISTA, che insieme al
vicepresidente della confederazione Giovanni BERNARDINI, ha incontrato oggi il
vicepresidente esecutivo della commissione europea Raffaele FITTO (Fdi).
Llo
rende noto un comunicato stampa della Copagri.
“Respingiamo
con fermezza ogni ipotesi relativa a eventuali tagli al bilancio agricolo, da
cui dipende direttamente non solo la sicurezza alimentare di tutta l’Europa, ma
anche la sostenibilita’ ambientale e sociale di un comparto che storicamente
fornisce un apporto insostituibile in termini di tutela e di presidio del
territorio”, ha proseguito BATTISTA, secondo cui “allo stesso modo va rispedita
al mittente la sempre piu’ probabile istituzione di un fondo unico e di un
programma nazionale che vadano a sostituire l’attuale impostazione
caratterizzata da piani separati per agricoltura e pesca, anch’essa
assolutamente dannosa, poiche’ espone il primario al concreto rischio di una
rinazionalizzazione delle politiche agricole Ue”.
“Ad
aggravare ulteriormente la gia’ delicata situazione dell’agricoltura – ha
aggiunto il presidente – stretta nella morsa tra la bassa redditivita’ e i
costi di produzione alle stelle, c’e’ poi la spada di Damocle dei dazi
statunitensi, che entreranno in vigore dal prossimo mese di agosto e andranno a
colpire numerosi prodotti di eccellenza dell’agroalimentare nazionale, primi
fra tutti i vini, i salumi, i formaggi e l’olio evo, che nel 2024 hanno fatto
registrare una crescita a doppia cifra negli stati uniti, con un aumento
complessivo del 17%”.
“Per tutte queste ragioni, nel prossimo quadro
finanziario pluriennale dell’Ue, e’ fondamentale mettere in campo ogni
possibile sforzo, continuando a lavorare per individuare delle misure
strutturali che nel medio-lungo periodo possano andare a rendere il settore
piu’ competitivo, contribuendo contestualmente a contrastare lo spopolamento
delle aree rurali”, ha suggerito BATTISTA, trovando la piena condivisione di
FITTO, al quale e’ stato consegnato un ampio e articolato documento contenente
le proposte della Copagri.
“Ringraziamo FITTO, che ha tra i suoi compiti
proprio il rafforzamento della competitivita’, della resilienza e della
sostenibilita’ del settore agroalimentare, per la grande sensibilita’ e
l’attenzione mostrate verso le istanze delle migliaia di produttori agricoli
italiani”, ha concluso il presidente, ricordando che “la Copagri riunira’ il
proprio esecutivo il prossimo 16 luglio a Bruxelles, in concomitanza con la
presentazione del prossimo bilancio pluriennale dell’Ue e della proposta
legislativa sulla “pac post2027”.
DAZI:
FEDERDOC, FORTE PREOCCUPAZIONE PER VINI A DENOMINAZIONE D’ORIGINE.
“La
confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle
denominazioni dei vini italiani-Federdoc intende esprimere la propria seria
preoccupazione in merito all’eventuale introduzione di dazi da parte degli
stati uniti sul vino italiano, con particolare riferimento ai vini a
denominazione d’origine, prodotti di eccellenza che rappresentano l’ identita’
e la cultura dei territori di origine”.
Lo rende noto un comunicato di Federdoc.
“per questo, Federdoc sollecita il governo
italiano e le istituzioni europee a intensificare il dialogo con le autorita’
statunitensi, per trovare soluzioni condivise che evitino l’applicazione di
misure tariffarie penalizzanti”, prosegue il comunicato, nel sottolineare che
“la cooperazione internazionale e la diplomazia commerciale devono prevalere,
al fine di tutelare un settore vitale per l’economia e la cultura italiane”.
“Federdoc
conferma la propria disponibilita’ a collaborare con tutte le parti coinvolte
per salvaguardare il futuro dei vini a denominazione d’origine e delle
comunita’ che li producono, convinta che solo attraverso un impegno condiviso
sia possibile garantire la continuita’ di un patrimonio di qualita’
riconosciuto a livello globale”, conclude il comunicato.
DAZI:
VON DER LEYEN, PRONTI PER ACCORDO ENTRO 1/8.
ALLO
STESSO TEMPO ADOTTEREMO MISURE NECESSARIE PER SALVAGUARDIA INTERESSI UE.
La
presidente della commissione europea Ursula VON DER LEYEN ha dichiarato:
“prendiamo atto della lettera inviata dal presidente degli stati uniti TRUMP
che delinea una revisione delle tariffe doganali e una nuova tempistica.
Imporre
dazi del 30% sulle esportazioni dell’Ue perturberebbe le essenziali catene di
approvvigionamento transatlantiche, a scapito di imprese, consumatori e
pazienti su entrambe le sponde dell’atlantico.
Poche
economie al mondo eguagliano il livello di apertura e di rispetto delle
pratiche commerciali eque dell’unione europea.
L’Ue ha costantemente dato priorita’ a una
soluzione negoziata con gli stati uniti, a dimostrazione del nostro impegno per
il dialogo, la stabilita’ e un partenariato transatlantico costruttivo.
rimaniamo pronti a continuare a lavorare per raggiungere un accordo entro il 1°
agosto.
Allo
stesso tempo, adotteremo tutte le misure necessarie per salvaguardare gli
interessi dell’Ue, inclusa l’adozione di contromisure proporzionate, se
necessario. Nel frattempo, continuiamo ad approfondire le nostre partnership
globali, saldamente ancorate ai principi del commercio internazionale basato su
regole”.
DAZI:
GOVERNO, RIMANERE FOCALIZZATI SUI NEGOZIATI EVITANDO POLARIZZAZIONI CHE
RENDEREBBERO PIU’ COMPLESSO RAGGIUNGERE INTESA.
Palazzo
Chigi ha diffuso il seguente comunicato “il governo italiano continua a seguire
con grande attenzione lo sviluppo dei negoziati in corso tra unione europea e
stati uniti, sostenendo pienamente gli sforzi della commissione europea che
verranno intensificati ulteriormente nei prossimi giorni.
Confidiamo
nella buona volonta’ di tutti gli attori in campo per arrivare a un accordo
equo, che possa rafforzare l’occidente nel suo complesso, atteso che –
particolarmente nello scenario attuale – non avrebbe alcun senso innescare uno
scontro commerciale tra le due sponde dell’atlantico.
Ora e’
fondamentale rimanere focalizzati sui negoziati, evitando polarizzazioni che
renderebbero piu’ complesso il raggiungimento di un’intesa”.
DAZI:
MASCARINO (FEDERALIMENTARE), BALZELLO CHE SUPERA TOLLERABILITA’, URGENTE
INTERVENTO UE PER RIDURRE TARIFFE INTERNE.
“Sulla
proposta di dazi al 30% su tutti i prodotti europei in entrata negli stati
uniti da parte del presidente TRUMP, il presidente di Federalimentare, Paolo
MASCARINO, ha dichiarato:
“ogni
dazio fa male al commercio e avremmo preferito un’area di libero scambio
euroatlantica, a dazi zero:
l’imposizione di un dazio al 30% supera ogni
soglia di tollerabilita’ per le imprese, aumentando il rischio di un calo
significativo delle esportazioni, anche alla luce dell’attuale svalutazione del
dollaro”.
“Il
combinato disposto dell’impatto dei dazi usa e della svalutazione del dollaro
non sara’ sostenibile per diversi settori – continua MASCARINO – e a tutela
delle imprese chiediamo alla Ue un intervento della mano pubblica:
cosi’
come gli stati uniti hanno fatto con i dazi, che di fatto e’ un intervento
pubblico per proteggere la loro industria, anche noi lo chiediamo. non pensiamo
pero’ a sussidi, ma ad urgenti interventi strutturali per rafforzare la nostra
capacita’ competitiva riducendo i dazi interni alla Ue:
snellire il carico burocratico sulle imprese,
riformare i mercati dell’energia per garantire una riduzione dei prezzi,
facilitare l’accesso al credito.
in tal
senso, proseguire con maggior decisione sulla strada del taglio dei tassi di
interesse nell’area euro potrebbe aiutare la crescita economica.”
“Resta
comprensibile – prosegue il presidente MASCARINO – che la Ue voglia dare una
risposta politica ai dazi americani, per dignita’ istituzionale e affinche’ non
sia mortificata da questa decisione dell’amministrazione TRUMP:
ma
questa risposta della Ue riteniamo debba essere prudente e ancora aperta al
negoziato, visto il rischio di un ulteriore 30% in caso di ritorsione.
Il
presidente Meloni sta conducendo una complessa azione in Europa per contenere
tutti coloro che vorrebbero una risposta muscolare alla minaccia dei dazi usa,
una strategia che rischierebbe di essere autolesionista per l’Europa e in
particolare per l’Italia.”
“L’industria alimentare italiana e’ fortemente
orientata all’export: gli usa sono la seconda destinazione del nostro export, e
valgono (nel 2024) 7,7 miliardi di fatturato, pari al 14% del totale delle
nostre esportazioni.
Prima
degli stati uniti abbiamo solo la Germania, che vale 7,9 miliardi. dunque –
conclude MASCARINO – gli usa restano un mercato davvero molto importante, e
resta prioritario favorire la presenza delle nostre imprese sostenendone la
competitivita’’.
DAZI:
MARETTI (LEGACOOP AGROALIMENTARE), 30% METTE IN GRANDE DIFFICOLTA’ EXPORT.
PROPOSTA INACCETTABILE OCCORRE RISPOSTA DECISA DA UE.
«Il
30% di dazi usa mette in grande difficolta’ l’export Ue e italiano».
Con
queste parole Cristian MARETTI, presidente di Legacoop agroalimentare, commenta
la lettera dell’amministrazione TRUMP che annuncia tariffe aggiuntive
all’unione europea del 30% a partire dal 1° agosto.
Per
MARETTI “la questione e’ prevalentemente politica”.
«Tutti
questi cambi di direzione di TRUMP degli ultimi mesi rischiano di essere una
foglia di fico per nascondere la volonta’ politica di colpire un alleato
storico come l’Europa», osserva MARETTI che “chiede una risposta adeguata da
parte della Ue”.
«Certo,
noi saremo sempre dalla parte di chi evita di buttare benzina sul fuoco.
Ma se
un nostro alleato e “amico” di parte politica da’ fuoco al nostro fienile, non
possiamo certo usare i guanti bianchi e il fioretto per ragionare con lui»,
sottolinea.
«Con i
limitati margini che le cooperative agroalimentari hanno, sara’ impossibile
tutelare completamente le produzioni agricole dei nostri soci.
Ma
effetti si avranno anche in Europa e negli stessi usa.
Nessuno
pensi che i dazi saranno un problema solo per chi esporta.
Le
ricadute sui consumi americani e sul mercato interno europeo saranno
inevitabili», conclude MARETTI.
DAZI:
CONFAGRICOLTURA, IL 30% INACCETTABILE, AFFOSSA
L’ECONOMIA
DI INTERI PAESI. AGIRE UNITI COME EUROPA.
“I
dazi al 30% all’Europa annunciati dal presidente degli stati uniti Donald TRUMP
vanno oltre ogni piu’ cupa previsione e sono assolutamente inaccettabili.
Per
l’agricoltura europea, e per quella italiana, sarebbero una condanna che va a
colpire non solo il settore primario, ma l’economia di interi paesi”.
Lo ha
detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano GIANSANTI, commenta la
lettera di annuncio dei dazi usa inviata alla presidente della commissione Ue, Ursula
VON DER LEYEN.
“Le nostre imprese – aggiunge GIANSANTI – non
potrebbero sopportare un carico di questo tipo, e la questione non riguarda
solo la filiera agroalimentare.
Come Europa
dobbiamo essere uniti nel negoziato e trovare una soluzione che non affossi
l’economia del nostro continente e che non metta in discussione i sistemi
produttivi sul tema delle barriere non tariffarie”.
DAZI:
COLDIRETTI, 30% COLPO MORTALE DA OLTRE 2,3 MLD PER CIBO
MADE
IN ITALY, TROVARE ACCORDO E METTERE FINE A INCERTEZZA.
“I
dazi al 30% annunciati dal presidente usa Donald TRUMP sui prodotti europei
potrebbero costare alle famiglie statunitensi e all’agroalimentare italiano
oltre 2,3 miliardi di euro.
E’
quanto emerge da una stima coldiretti, effettuata sulla base dell’impatto per
le filiere nazionali gia’ sperimentato in occasione delle tariffe aggiuntive
imposte dal tycoon nel suo primo mandato, che aveva portato a un calo delle
vendite a doppia cifra per i prodotti colpiti.
L’impatto
in termini di prezzi maggiorati per i consumatori americani si tradurrebbe
inevitabilmente in ricadute anche sulle aziende italiane, vista la richiesta di
“sconti” da parte degli importatori riscontrata nelle scorse settimane. la
diminuzione dei consumi porta inevitabilmente a prodotto invenduto per le
imprese tricolori, costrette a dover cercare nuovi mercati.
Il
tutto senza dimenticare il pericolo falsi, con gli stati uniti primo produttore
mondiale di falso cibo made in Italy.
L’eventuale
scomparsa di molti prodotti italiani dagli scaffali rappresenterebbe un assist
per la gia’ fiorente industria del tarocco, stimata in un valore di 40
miliardi. Al danno immediato in termini di un probabile calo delle esportazioni
andrebbe ad aggiungersi quello causato dalla mancata crescita, con il cibo made
in Italy in usa che quest’anno puntava a superare il traguardo dei 9 miliardi
di euro, dopo aver raggiunto lo scorso anno il valore record di 7,8 miliardi di
euro, grazie a un incremento delle vendite del 17% rispetto al 2023, secondo
l’analisi coldiretti su dati Istat.
A
pesare e’ anche il fatto che le nuove tariffe aggiuntive andrebbero a sommarsi
a quelle gia’ esistenti, penalizzando in particolar modo alcune filiere
cardine, a partire da quelle gia’ sottoposte a dazio.
Con il
dazio al 30%, le tariffe aggiuntive per alcuni prodotti simbolo del made in Italy
arriverebbero al 45% per i formaggi, al 35% per i vini, al 42% per il pomodoro
trasformato, al 36% per la pasta farcita e al 42% per marmellate e confetture
omogeneizzate, secondo una proiezione coldiretti”, informa un comunicato stampa
dell’organizzazione.
“Imporre
dazi al 30% sui prodotti agroalimentari europei – e quindi italiani – sarebbe
un colpo durissimo all’economia reale, alle imprese agricole che lavorano ogni
giorno per portare qualita’ e identita’ nel mondo, ma anche ai consumatori
americani, che verrebbero privati di prodotti autentici o costretti a pagarli
molto di piu’ oltre ad alimentare il fenomeno dell’Italian Sounding.
Purtroppo
non possiamo che constatare, laddove dovessero essere confermati i dazi il 1° Agosto
2025, il totale fallimento della politica esercitata dalla VON DER LEYEN a
danno dei settori produttivi e delle future generazioni.
La
presidente deve spendersi per una soluzione vera, come non ha ancora fatto.
In un momento delicatissimo per gli equilibri
geopolitici ed economici globali, colpisce la totale assenza di coraggio e di
visione strategica da parte dell’Europa. Mentre il mondo si riarma, le filiere
si ricompongono e le grandi potenze investono nel rafforzamento della propria
sovranita’ alimentare ed energetica, Bruxelles pensa a tagliare risorse proprio
ai settori produttivi piu’ strategici come l’agricoltura e dell’economia
reale”, afferma il presidente di Coldiretti Ettore PRANDINI.
“Dopo la decisione europea di aumentare il
proprio contributo alla Nato per superare quello degli stati uniti la scelta
americana di colpire il nostro agroalimentare con dazi punitivi appare
profondamente ingiusta e del tutto asimmetrica.
Non si
puo’ chiedere all’Europa maggiore responsabilita’ strategica e poi penalizzarla
economicamente sul commercio.
Serve
uno scatto di lucidita’ da parte di tutti: ci auguriamo che un supplemento di
razionalita’, non solo diplomatica, riporti la discussione sul terreno del buon
senso e dell’equilibrio tra alleati”, afferma il segretario generale di Coldiretti
Vincenzo GESMUNDO.
DAZI:
GARDINI (CONFCOOPERATIVE), TARIFFE AL 30% COLPO DA KO TECNICO. TRUMP
DISSEMINATORE DI TEMPESTE, DA UE SOLITA INEFFICACIA.
“I
dazi al 30% annunciati da TRUMP sono un colpo da” ko tecnico” per il nostro
export e per una parte dei distretti produttivi.
Con i
dazi al 10% avevamo calcolato con il Censis un contraccolpo pesante per
l’occupazione con 68.000 occupati in meno e la perdita di 18 miliardi di euro
di valore export, pari al 25% dell’export complessivo.
TRUMP
dimostra di essere un disseminatore di tempesta e di discordia, la Ue la sua
solita inefficacia.
Occorre
insistere ancora per le vie diplomatiche e salvare il salvabile, ma la Ue ne
tenga conto in vista della “nuova pac “e dei “fondi di coesione”.
Agisca
con intelligenza e non con miopia tecnocratica.
Il
mercato usa non e’ ne’ veloce ne’ facile da sostituire”.
Lo ha
detto Maurizio GARDINI, presidente di Confcooperative commentando la
comunicazione di TRUMP sui dazi imposti sui prodotti made in Ue esportati negli
Usa.
DAZI:
GRANA PADANO CONTRO I NUOVI DAZI USA AL 30% ,“ATTO
DI
GUERRA, TRUMP UN NEMICO, NON UN CONCORRENTE”.
”Un
comunicato stampa del consorzio di tutela del grana padano rende noto che: “‘Trump
ha fissato i dazi al 30% sui prodotti dell’unione europea.
La sua
decisione equivale ad una vera dichiarazione di guerra economica.
Quindi,
da oggi l’Europa non puo’ piu’ considerarlo un competitor, ma cosi’ diventa un
nemico”.
Duro e
chiaro il commento di Stefano BERNI, direttore generale del “consorzio tutela
grana padano”, alla pubblicazione fatta dal presidente americano sul suo social
‘truth’ della lettera inviata alla presidente della commissione Ue ursula VON
DER LEYEN, in cui si annunciano dazi al 30% sulle merci provenienti dai paesi
europei.
Le
tariffe saranno imposte dal 1° agosto e non ammettono repliche:
‘se
adotterete misure di ritorsione, le aumenteremo’, scrive TRUMP nella lettera. ‘E’
necessario ricordare a tutti che grana padano da tanti anni sta scontando un
dazio storico che era del 15% nelle esportazioni verso gli stati uniti –
sottolinea BERNI – una gabella che dopo i primi mesi di presidenza TRUMP, e’
salita al 25% che quindi oggi incide per quasi 6 dollari al kg.
Per il
direttore generale del consorzio grana padano, ad una prima stima ‘il dazio ora
salirebbe a circa 10 dollari al chilogrammo di grana padano.
Ma gli
importatori e i distributori americani mettono in vendita al consumatore il
grana padano moltiplicando per 2 il prezzo di partenza e tutti i costi
logistici che hanno negli Usa.
Cio’
vuol dire che oggi lo pongono in vendita poco sotto i 40€ al kg; ma con un
ulteriore dazio aggiuntivo del 30% che quindi portera’ quello totale al 45%, il
prezzo al consumo superera’ ampiamente i 50 dollari al chilogrammo’.
E’
pesantissimo quindi il quadro che si profila per la filiera del “formaggio dop”
piu’ consumato nel mondo che ha negli usa il suo terzo mercato mondiale con
oltre 220 mila forme esportate nel 2024.
‘Con
un tale dazio saranno ovviamente ridotti i nostri consumi negli stati uniti –
conclude BERNI – e questo drammatico errore sara’ anche un danno per il
consumatore americano che comunque consumera’, anche se di meno, grana padano,
tanto che negli anni i consumatori usa ci hanno premiato con una continua
crescita del consumo.
Ma
contro l’Europa TRUMP ha compiuto un autentico e pesante atto di guerra,
condotto con miope tracotanza e che rischia di sconvolgere anche gli equilibri
geopolitici generali.
E’ evidente che gli europei cosi’ perdono un
paese amico’.
Il
direttore generale del consorzio grana padano si appella alle istituzioni e
alla politica.
‘Trump
e’ un tycoon volubile e aggressivo. speriamo che Giorgia MELONI gli faccia fare
alcuni passi indietro sfruttando la sua volubilita’.
Ma se
le cose rimanessero cosi’ per noi, gli stati uniti diventeranno un paese molto
difficile finche’ verra’ governato da questo Trump'”.
DAZI:
DE PASCALE (EMILIA ROMAGNA), IN EUROPA E’ IL MOMENTO
DI
ABBANDONARE LA TATTICA POLITICA PER UN’AZIONE CONCRETA.
“Una
lettera in cui il presidente TRUMP, con toni provocatori e una buona dose di
affermazioni non vere, annuncia per l’ennesima volta dazi pesantissimi
sull’export europeo, colpendo principalmente l’Italia e in particolare l’Emilia-romagna,
regione nel nostro paese con il piu’ alto export pro capite verso gli stati
uniti, superando i 10 miliardi di euro”.
Llo ha
detto il presidente della regione Emilia-romagna, Michele de PASCALE, che
osserva:
“ovviamente e’ urgente una risposta coesa ed
efficace a livello europeo e nazionale, ma e’ evidente che finora le reazioni
di VON DER LEYEN e MELONI siano state totalmente insufficienti”.
“Se c’e’ una strategia della commissione
europea – prosegue De PASCALE – nessuno finora l’ha capita e sinceramente anche
il nostro governo sembra piu’ interessato a non incrinare i rapporti politici
con TRUMP, sacrificando gli interessi commerciali delle nostre imprese”.
“Durante
la recente missione a New York – sottolinea ancora De PASCALE – anche il
ministro francesco LOLLOBRIGIDA , come noi, ha potuto nuovamente ascoltare la
preoccupazione degli espositori italiani e ha usato parole molto piu’
preoccupate del solito.
E’ il
momento in tutta Europa di abbandonare la tattica politica e mettere in campo
una reazione concreta”.
DAZI:
SCORDAMAGLIA (FILIERA ITALIA), NON CEDERE ALLA ENNESIMA PROVOCAZIONE NEGOZIALE,
MA CONTINUARE A TRATTARE CON NERVI SALDI.
Un
comunicato stampa di Filiera Italia rende noto che: “‘non cedere all’ennesima
provocazione, che si spera abbia il significato di una nuova mossa negoziale,
ma continuare a trattare mantenendo i nervi saldi’ cosi’ Luigi SCORDAMAGLIA,
amministratore delegato di Filiera Italia reagisce al nuovo annuncio del
presidente TRUMP sui dazi per l’Ue ‘dazi al 30% che si andrebbero a sommare
alla svalutazione del dollaro e che arriverebbero in totale a pesare ad es. il
58% su un prodotto come il parmigiano reggiano, con effetti devastanti sulle
nostre esportazioni agroalimentari compromettendo la capacita’ di acquisto di
una grande fascia di consumatori americani’ ha proseguito SCORDAMAGLIA.
‘L’Europa deve mantenere la calma, negoziare
su eventuali dazi, superiori agli attuali, ma non certo del 30%, che
equivarrebbe ad un divieto di esportazione dei nostri prodotti.
Si
negozi anche aumentando le importazioni dagli Usa per riequilibrare la bilancia
commerciale dei prodotti, anche con prodotti agricoli, ma senza derogare
ovviamente ai requisiti di sicurezza previsti per i consumatori europei’, ha
detto ancora l’amministratore delegato che ha concluso ‘non si smetta di
ricordare invece che la bilancia commerciale e’ nettamente a favore degli usa
sui servizi, soprattutto digitali per oltre 148 miliardi.
E ci
si prepari, dopo le concessioni del “g7 “sulla “global minimum tax”, ad avere
un atteggiamento pragmatico anche sulla “digital tax”, tanto invisa a TRUMP,
visto che” IA” del web e del cloud sono
in mano a imprese corporate americane a cui il presidente tiene
particolarmente'”.
DAZI: “AGCI
AGROALIMENTARE”, TUTELARE IL MADE IN ITALY, SENZA BARRIERE COMMERCIALI.
Agci
agroalimentare “esprime forte preoccupazione per i nuovi dazi doganali
introdotti su specifici prodotti del comparto agroalimentare e, in particolare,
per la decisione degli stati uniti di applicare dazi fino al 30%, definita
“inaccettabile” dall’associazione.
Secondo
Agci, misure di tale portata rischiano di affossare l’economia di interi paesi
e di colpire in modo significativo produttori e imprese.
Pur
riconoscendo la necessita’ di tutelare alcune filiere strategiche,
l’organizzazione sottolinea come queste politiche tariffarie rischino di
compromettere l’equilibrio dei rapporti commerciali internazionali e la tenuta
del comparto agroalimentare europeo.
Antonello
CAPUA, presidente “Agci agroalimentare”, ha dichiarato:
‘le nuove misure rappresentano un ostacolo
alla competitivita’ delle nostre imprese sui mercati globali.
Il
dazio usa al 30% e’ inaccettabile e rischia di compromettere l’economia di
interi paesi.
Siamo
certi che il governo, in dialogo con le associazioni di categoria, sapra’
valutare soluzioni condivise e che l’Europa sappia farsi trovare unita
nell’affrontare queste sfide.
La
tutela del made in Italy non puo’ tradursi in nuove barriere, ma deve essere
parte di una strategia equilibrata e lungimirante.
’’ Agci
agroalimentare ribadisce il proprio impegno a seguire l’evolversi della
situazione e invita le istituzioni europee a promuovere un confronto
costruttivo per una revisione delle misure tariffarie che tenga conto delle
esigenze dell’intero sistema agroalimentare”.
DAZI:
FEDERVINI, MISURA GRAVISSIMA E INGIUSTIFICATA COLPISCE SISTEMA ECONOMICO
INTEGRATO E VITALE PER ENTRAMBE LE ECONOMIE.
Un
comunicato stampa informa che: “Federvini esprime profonda preoccupazione per
l’annunciata introduzione, da parte dell’amministrazione statunitense, di un
dazio del 30% su tutte le merci provenienti dall’unione europea, a partire dal
prossimo 1° agosto.
Una
misura gravissima e ingiustificata, che rischia di compromettere un equilibrio
costruito nel tempo, fondato sulla fiducia reciproca, sul dialogo commerciale e
sulla condivisione di valori tra partner storici.
Gli
stati uniti rappresentano da anni un mercato strategico per l’export italiano,
in particolare per i nostri prodotti di eccellenza, che hanno saputo
conquistare la fiducia dei consumatori americani e contribuire in modo
significativo alla crescita economica sia nazionale che transatlantica.
L’introduzione
di un dazio di questa entita’ metterebbe seriamente a rischio la competitivita’
delle imprese italiane, con pesanti ricadute anche sulle controparti
statunitensi.
‘l’imposizione di un dazio generalizzato del
30% colpisce in modo indiscriminato settori ad alto valore aggiunto, come il
nostro – dichiara Giacomo Ponti, presidente di Federvini -.
E’ una
misura gravissima e ingiustificata, che penalizza non solo i produttori
europei, ma anche gli operatori economici americani che fanno parte integrante
della nostra filiera commerciale.
’ Federvini
osserva come le relazioni economiche tra unione europea e stati uniti siano
profondamente interconnesse, in particolare nei settori legati
all’agroalimentare, alla distribuzione e alla ristorazione’.
Misure
unilaterali come questa, adottate senza consultazione o confronto,
compromettono il principio di reciprocita’ su cui si basa il commercio
internazionale e rischiano di produrre conseguenze durature e dannose da
entrambe le parti.
Negli
stati uniti, il sistema distributivo a tre livelli – importazione,
distribuzione e vendita – genera valore aggiunto anche grazie alla presenza dei
prodotti europei. Per ogni dollaro speso in beni europei di qualita’, si
attivano fino a 4,50 dollari nell’economia americana, tra occupazione,
fiscalita’ e crescita del comparto horeca.
‘Non
si tratta solo di proteggere il nostro export – prosegue Ponti – ma di tutelare
un interesse economico comune.
Le
nostre eccellenze sono parte di un ecosistema economico e culturale condiviso:
ostacolarne l’accesso al mercato statunitense significa danneggiare anche le
filiere e i lavoratori americani che, da anni, ne sono parte attiva.’
Federvini
accoglie con convinzione l’impostazione costruttiva espressa dalle istituzioni
europee, che hanno riaffermato la centralita’ del dialogo transatlantico e la
necessita’ di tutelare gli interessi comuni nel rispetto delle regole
internazionali.
‘E’ fondamentale – afferma la Federazione –
che l’Europa si presenti con una voce unita e determinata per tutelare le
proprie filiere strategiche e gli operatori economici colpiti da scelte
unilaterali e sproporzionate.’
La
federazione chiede una risposta immediata, chiara e coordinata da parte delle
istituzioni italiane ed europee, con l’obiettivo di riaprire il confronto a
livello bilaterale e multilaterale, nel pieno rispetto delle regole del
commercio e della cooperazione internazionale.
‘E’ in gioco la sopravvivenza di migliaia di
imprese e la stabilita’ di un ecosistema virtuoso che ha generato valore e
occupazione su entrambe le sponde dell’atlantico.
Occorre
agire subito, con spirito costruttivo, visione strategica e una voce europea
forte e coesa.’
‘Federvini
continuera’ a operare in stretto contatto con le autorita’ italiane, le
istituzioni europee e i partner internazionali, per contribuire a una soluzione
equa, sostenibile e coerente con i principi che hanno ispirato fino a oggi la
relazione tra Europa e stati uniti”.
GIANSANTI
(CONFAGRICOLTURA), NO FONDO UNICO PAC. NO DAZI.
AL
10%. UE SI RISCOPRA POTENZA ECONOMICA E POLITICA.
“In un
mondo imperfetto, fatto di guerre e competizione selvaggia, oltre che sleale,
l’Europa ripropone il refrain che pensavamo abbandonato con la nuova
commissione:
la
politica Ue non punta alla produttivita’ e alla competitivita’ ma a una logica
redistributiva e senza merito delle risorse, e non aumenta gli investimenti
nella sicurezza alimentare.
Al
contrario le risorse dell’agricoltura usate per alimentare le armi.
Forse
scopriremo che il problema non era TIMMERMANS, ma qualcun altro’.
Il
presidente di Confagricoltura Massimiliano GIANSANTI commenta cosi’ l’ipotesi di fondo unico per la
pac in un’intervista uscita oggi sul sole 24 ore”.
Lo
rende noto un comunicato di Confagricoltura, che cosi’ prosegue:
“la
bocciatura del presidente GIANSANTI rispetto all’ipotesi di fondo unico per la “pac”
e’ netta:
‘i
rumors ci dicono che i fondi per l’agricoltura saranno meno di quelli attuali,
che ci sara’ una riduzione dovuta’ anche ‘alle spese per il riarmo’.
‘Avevamo
chiesto almeno di recuperare l’inflazione, sembra non ci sara’ nemmeno quello.
Ci
opporremo. Protesteremo’. E aggiunge:
‘Il “copa” (comitato delle organizzazioni
professionali agricole della comunita’ europea) ha lavorato bene, compattando
il fronte degli agricoltori europei: abbiamo trovato nel consiglio europeo e
nell’europarlamento dei partner forti; venti ministri dell’agricoltura si
oppongono al fondo unico’.
Infine,
rispetto ad un’ipotesi di dazi usa al 10% GIANSANTI spinge l’Europa a non
sottovalutare la propria forza, rifiutando un compromesso di questo tipo:
‘io non sarei contento per nulla.
L’Ue
e’ forte e ha tutti gli strumenti per far valere i propri diritti.
l’unione europea e’ una grande potenza
economica e politica.
Io
credo che la forza dell’Ue non sia ancora stata esplorata fino in fondo’.”
COLDIRETTI/FILIERA
ITALIA, 9MLD OBIETTIVO EXPORT 2025 DEL CIBO MADE IN ITALY IN USA MA PESANO DAZI
E DOLLARO DEBOLE.
“Raggiungere
i 9 miliardi di euro di esportazioni agroalimentari negli stati uniti e’
l’obiettivo secondo Coldiretti e Filiera Italia, anche se pesano i dazi e il
dollaro debole”.
Lo
afferma un comunicato della Coldiretti, che cosi’ prosegue:
“il
primo mese di applicazione dei dazi usa ha drasticamente ridotto la crescita
delle esportazioni di cibo made in Italy negli States, crollata al +1,3%
rispetto al +28,7% dell’anno precedente.
Un
campanello d’allarme da tenere in considerazione rispetto alle trattative in
corso tra unione europea e stati uniti.
Ad
affermarlo e’ una analisi Coldiretti su “dati istat” diffusa in occasione
dell’apertura del “Fancy food a New york”, con l’incontro su ‘l’eccellenza del
modello alimentare italiano’ organizzato da Coldiretti e Filiera Italia al
padiglione Italia (level 3 – stand no. 2718), con la presenza di Vincenzo
GESMUNDO, segretario generale Coldiretti, Ettore PRANDINI, presidente Coldiretti,
Francesco LOLLOBRIGIDA, ministro dell’agricoltura, della sovranita’ alimentare
e delle foreste, luigi SCORDAMAGLIA, amministratore delegato Filiera Italia, Matteo
ZOPPAS, presidente Ice, l’ambasciatore Maurizio MASSARI, rappresentante
permanente d’Italia alle nazioni unite a New york, Michele CANDOTTI, “chief of
staff and director of the executive office of the united nations development
program (undp), Iacopo MORRONE, presidente della commissione parlamentare di
inchiesta sulle attivita’ illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri
illeciti ambientali e agroalimentari.
Ad
aprile, quando sono entrate in vigore le tariffe aggiuntive sulle merci di
importazioni europee volute dal presidente Donald TRUMP (prima al 20%, dal 2
all’8 del mese, e poi dimezzati al 10%), la crescita delle esportazioni
agroalimentari negli stati uniti e’ drasticamente diminuita rispetto allo
stesso mese dell’anno precedente.
Mma il
confronto e’ negativo anche rispetto al primo trimestre del 2025, dove si e’
avuto un incremento dell’11%, perfettamente in linea con l’andamento medio
decennale.
Per un
bilancio piu’ chiaro si dovranno comunque aspettare i dati di maggio e giugno,
quando l’effetto ‘scorte’ sara’ sicuramente finito.
Dopo
la corsa di fine 2024 a fare incetta di cibo italiano nell’attesa di capire
quali sarebbero state le mosse di TRUMP, il 2025 si e’ aperto, infatti, ancora
con il segno positivo anche se col passare delle settimane ha iniziato a
prevalere l’incertezza.
I
primi segnali negativi sono arrivati dal vino.
Secondo
l’analisi Coldiretti su “dati “Eurostat, ad aprile si e’ registrato un calo in
valore del 9%, a fronte di un +18,1% dell’aprile 2024.
Le
vendite di formaggi restano, invece, con il segno positivo nello stesso mese
(+7%), ma lontano dal +24,5% registrato ad aprile 2024.
Per
l’olio d’oliva si passa dal +75% d’aprile 2024 (legato all’aumento dei prezzi)
al -17% attuale.
Ma i
dazi impattano anche cui consumatori americani, con l’aumento dell’inflazione
che ne erode il potere d’acquisto, con l’indebolimento del dollaro.
Se il
dazio al 10% dovesse rimanere, cio’ comporterebbe un aggravio di spesa per i
cittadini statunitensi di quasi 800 milioni di euro, che si tradurrebbero
inevitabilmente in ricadute anche sulle aziende italiane, vista la richiesta di
‘sconti’ da parte degli importatori riscontrata nelle scorse settimane.
La
diminuzione dei consumi si traduce inevitabilmente in prodotto invenduto per le
imprese tricolori, costrette a dover cercare nuovi mercati.
Il
tutto senza dimenticare il pericolo falsi.
Gli
usa si piazzano in testa alla classifica dei maggiori taroccatori con una
produzione di Italian Sounding che ha superato i 40 miliardi in valore e che
vede come prodotto di punta i formaggi.
Un
fenomeno che potrebbe trovare una ulteriore spinta dall’eventuale imposizione
di dazi sull’agroalimentare made in Italy.
L’aumento
dei prezzi degli ‘originali’ potrebbe portare i consumatori americani a
indirizzarsi su altri beni piu’ a buon mercato, proprio a partire dai
cosiddetti ‘italian fake’.
‘E’ importante che l’Ue trovi una soluzione
diplomatica condivisa per evitare i danni causati dalle guerre commerciali ma
e’ ugualmente essenziale che all’interno dell’unione si apra un confronto su
temi che fanno altrettanti danni alle nostre imprese, a partire dalla burocrazia.
Un
vero e proprio costo occulto che appesantisce la vita e i bilanci delle aziende
italiane – sottolinea il presidente di Coldiretti Ettore PRANDINI -.
E
serve anche che si eliminino una volta per tutte tutti quei ‘dazi’ interni che
non permettono in molti casi una competizione leale all’interno delle stesse
imprese Ue’.
‘I dazi usa rischiano di avere un peso
rilevante per l’economia nazionale, poiche’ parliamo di un mercato
straordinariamente importante per il nostro paese.
A
pagarne le conseguenze potrebbero essere tutti i cittadini italiani, non solo
le imprese che operano sul mercato statunitense – evidenzia Vincenzo GESMUNDO,
segretario generale di Coldiretti -. un aspetto di cui ogni trattativa dovra’
tener conto, anche se resta chiaro che non saremo disposti in alcun modo a
tollerare compromessi al ribasso rispetto alla tutela delle nostre aziende
cosi’ come della salute dei consumatori’.
‘L’incontro
era finalizzato anche a contrastare la riduzione in atto delle nostre
esportazioni su quel mercato evidenziando come il cittadino americano sia
sempre piu’ interessato al nostro modello alimentare, alla nostra dieta
equilibrata in quanto vero toccasana contro le malattie non trasmissibili
legate soprattutto consumo di alimenti ultra-processati ed ultra formulati
lontanissimi dal nostro modello alimentare e che l’Onu ha messo quest’anno al
centro della sua strategia’, ha aggiunto Luigi SCORDAMAGLIA amministratore
delegato di Filiera Italia.
Secondo
un’analisi coldiretti su Dati Istat, i dazi imposti durante la prima presidenza
TRUMP su una serie di prodotti agroalimentari italiani avevano portato a una
diminuzione del valore delle esportazioni (confronto annuale tra 2019 e 2020)
che e’ andata dal -15% per la frutta al -28% per le carni e i prodotti ittici
lavorati, passando per il -19% dei formaggi e delle confetture e il -20% dei
liquori. Ma anche il vino, seppur non inizialmente colpito dalle misure, aveva
fatto segnare una battuta d’arresto del 6%”.
DAZI
USA: MASCARINO (FEDERALIMENTARE), 10% COMPROMESSO
SOSTENIBILE
PER GARANTIRE ACCESSO AL MERCATO.
“Sulla
proposta di dazi al 10% su tutti i prodotti europei in entrata negli stati
uniti da parte del presidente TRUMP, il presidente di Federalimentare, Paolo
MASCARINO, ha dichiarato:
‘l’industria
italiana e’ fortemente orientata all’export (circa 50% della produzione
industriale viene esportata, e gli usa valgono il 10% del nostro export):
questo
e’ vero anche per il settore alimentare:
gli
usa sono la seconda destinazione del nostro export, e valgono (nel 2024) 7,7
miliardi di fatturato, pari al 14% del totale del nostro export.
Prima
degli stati uniti, abbiamo solo la Germania, che vale 7,9 miliardi.
Dunque,
gli usa restano un mercato per noi davvero molto importante, e resta
prioritario garantirne l’accesso alle nostre imprese, limitando le barriere
all’ingresso’.”
Lo rende noto un comunicato di Federalimentare.
“Resta
comprensibile che la Ue voglia dare una risposta politica ai dazi americani,
per dignita’ istituzionale e affinche’ non sia mortificata da questa decisione
dell’amministrazione TRUMP:
ma
questa risposta della Ue riteniamo debba essere prudente ed equilibrata, aperta
al negoziato, e senza rispondere dazio contro dazio”, ha affermato MASCARINO,
nel sottolineare che “nel negoziato tra Ue e stati uniti, auspichiamo il
rilancio dell’idea di un’area di libero scambio euroatlantica, a dazi zero, che
dia alle nostre imprese accesso al piu’ grande e moderno mercato mondiale”.
“Premesso
che ogni dazio fa male al commercio e in definitiva alle economie dei paesi
coinvolti, se questo scenario non sara’ percorribile riteniamo che un dazio al
10% sia comunque un compromesso sostenibile, in quanto potrebbe essere
assorbito, in tutto o in parte, da produttori e importatori, ovvero essere
ribaltato, in tutto o in parte, sui consumatori americani limitando i rischi di
riduzione della domanda rispetto alla minaccia di dazi al 20%”, conclude il
presidente di Federalimentare.
CAMERA:
ALL’ODG DELL’AULA MOZIONE IV SU DAZI USA.
Al
terzo punto dell’aula della camera, e’ previsto l’avvio della discussione sulle
linee generali della mozione n. 1-00434, a prima firma Maria EIena BOSCHI (Iv),
su iniziative volte a salvaguardare il sistema produttivo nazionale in
relazione alla prospettata applicazione dei dazi da parte degli stati uniti d’America
(tinyurl.com/bdez4vs4).
DOPO
BILATERALE VON DER LEYEN/TRUMP AL LAVORO PER POTENZIALE
ACCORDO
ENTRO IL 9 LUGLIO INFORMA PORTAVOCE COMMISSIONE UE.
“Con
gli usa dobbiamo trovare un accordo comune.
Questo
e’ il nostro obiettivo, quindi i negoziati sono in corso.
C’e’
stato un incontro bilaterale a margine del g7 tra la presidente Ursula VON DER
LEYEN e il presidente Donald TRUMP, che per la presidente ha portato a una
discussione intensa e produttiva.
Entrambi
i team di negoziatori sono stati invitati ad accelerare il proprio lavoro per
trovare un potenziale accordo entro il 9 luglio come inizialmente previsto”, ha
dichiarato il portavoce della commissione Ue Thomas REGNIER a Bruxelles durante
l’odierno briefing con la stampa.
“la stessa presidente VON DER LEYEN – ha
aggiunto il portavoce Stefan DE KEERSMAECHER – ha sottolineato in un’intervista
il fatto che si tratta ovviamente di negoziati complessi, tenendo conto del
fatto che le relazioni commerciali tra l’unione europea e gli stati uniti sono
le piu’ grandi al mondo – stiamo parlando di 1,5 trilioni di euro -, ma stiamo
andando avanti”.
Riguardo
alla proposta di accordo 0 a 0, “REGNIER” ha ribadito che “questa era l’offerta
iniziale dell’Ue.
Stiamo
ancora lavorando per trovare il miglior accordo possibile per gli europei”. al
momento – e’ stato ribadito durante la conferenza stampa – non e’ previsto
alcun incontro bilaterale durante il prossimo vertice nato del 24 e 25 giugno.
DAZI:
UIV, NEGLI USA AD APRILE -7,5% VINO ITALIANO, IN EXTRA-UE A -9% NEL
QUADRIMESTRE.
“L’export
di aprile del vino italiano verso gli stati uniti ha registrato un calo del
7,5% a volume e del 9,2% a valore (a quasi 154 milioni di euro), con un
decremento del prezzo medio del 2%.
E’
quanto rileva l’osservatorio di unione italiana vini (Uiv), che ha elaborato i
dati export relativi al primo mese soggetto ai dazi dell’amministrazione TRUMP
(dal 2 all’8 aprile al 20%, in seguito al 10%)”.
Lo
rende noto un comunicato di Uiv, che cosi’ prosegue:
“la
caduta di aprile fa contestualmente scendere il consuntivo delle spedizioni nel
quadrimestre verso gli usa in linea di galleggiamento (+0,9% a volume) dopo
l’exploit dell’ultimo semestre caratterizzato da una corsa alle scorte
pre-dazi.
Nel
periodo si dimezza anche la performance a valore (+6,7%, 666 milioni di euro:
appena un mese prima il saldo era +12,5%).
Un
crollo annunciato, rileva Uiv, che rende ancor piu’ problematica la situazione
complessiva nei mercati extra-ue: -9% i volumi e -2,4% i valori.
Secondo
l’osservatorio, senza il traino statunitense, il saldo nel quadrimestre della
domanda extraeuropea a volume scenderebbe da -9% a -15% (-10% il valore), con
decrementi in doppia cifra nell’area asiatica (Giappone e Cina, in crescita la Corea
del sud) e in Russia (-65%).
Peggiora
anche il terzo mercato al mondo, il “regno unito” che cede 5 punti a volume e
oltre 6 a valore, mentre sono stabili il quarto e quinto buyer del made in Italy
(Svizzera e Canada, che pero’ cresce in volume di oltre l’8%)”.
DAZI:
FOCUS CENSIS-CONFCOOPERATIVE, PER GARDINI A RISCHIO 70MILA POSTI LAVORO E 25%
EXPORT VERSO USA.
“I
dazi americani mettono a rischio 68.280 posti di lavoro e potrebbero costare
all’Italia 18 miliardi di euro di produzione:
il 25% del totale dell’export verso gli usa’,
dice Maurizio GARDINI, presidente di Confcooperative, commentando il focus
censis Confcooperative ‘l’Italia stretta tra dazi e dipendenza strategica’ che
quantifica il rischio di impatto occupazionale ed economico della guerra
commerciale scatenata da Donald TRUMP”.
Lo
rende noto un comunicato congiunto di Confcooperative, che cosi’ prosegue: “‘in
questo balletto di annunci di TRUMP’, dice GARDINI, lo studio disegna uno
scenario preoccupante per il tessuto produttivo nazionale.
A
pagare il prezzo piu’ alto potrebbero essere il food con 6.380 posti a rischio
tra produzione e industria alimentare; la fabbricazione di macchinari e
apparecchiature, (5.000 posti a rischio), la produzione di metalli (-4.950), il
tessile e l’abbigliamento (-4.800). ‘bisogna lavorare su due fronti – continua
GARDINI – da un lato l’azione diplomatica e’ l’unica che possa sciogliere
questo nodo.
Dall’altra
occorre un lavoro incessante di governo, istituzioni e imprese per aprire nuovi
mercati, con la consapevolezza che quello statunitense non e’ ne’ facile ne’
veloce da sostituire’.
‘All’Europa continua a mancare una visione
politica ed economica di sistema.
Se
riuscisse ad abbattere le barriere interne, la produttivita’ aumenterebbe del
7% nel lungo periodo – aggiunge GARDINI – riducendo il gap con l’economia
americana.
Un
traguardo che richiederebbe pero’ una maggiore integrazione normativa e
infrastrutturale.
il
mercato unico Ue resta ancora incompiuto e le barriere interne frenano la
nostra crescita’.
Secondo
il Fmi, infatti, gli ostacoli burocratici e normativi equivalgono a un dazio
del 44% sugli scambi di beni tra stati membri e del 110% sui servizi come
segnalato sia da Mario DRAGHI sia dalla presidente del consiglio Giorgia
MELONI.
Il
paradosso, evidenziato da mario DRAGHI e’ che mentre la globalizzazione
riduceva le barriere esterne, quelle interne sono rimaste elevate.
Dal
1995 i costi commerciali per i servizi sono calati del 16% negli scambi
extra-ue, ma solo dell’11% all’interno dell’unione.
L’impatto
non si fermerebbe all’industria.
Il
report evidenzia come i dazi colpirebbero trasversalmente l’economia italiana,
investendo anche settori apparentemente lontani dal commercio internazionale. Tra
i piu’ esposti figurano infatti la produzione agricola (-3.560 posti a cui
vanno aggiunti i -2.820 dell’industria alimentare), il commercio all’ingrosso
(-3.260), i servizi amministrativi e di supporto alle imprese (-3.210) e
persino i servizi legali e contabili (-2.630).
‘Non
si tratta solo di numeri – sottolinea il focus – questi settori rappresentano
interi territori produttivi, spesso costituiti da piccole e medie imprese, dove
la perdita anche di poche centinaia di posti puo’ tradursi in chiusure
aziendali e impoverimento strutturale’. (tab. 1 shorturl.at/UPk0A)
Il
focus Censis-Confcooperative lancia cosi’ un allarme che va oltre i numeri:
e’ a rischio la tenuta di interi sistemi
locali, che reggono su reti cooperative, artigiane e industriali costruite in
decenni di politiche di export e di internazionalizzazione.
In un
momento in cui l’incertezza e’ diventata ‘condizione strutturale’.
L’Italia
si trova a dover fare i conti con una nuova stagione in cui ‘la fluttuazione
sara’ la regola, e la resilienza il presupposto di ogni azione economica’.
Il
quadro si inserisce in un contesto gia’ complesso per l’export italiano.
L’effetto
attesa sta giocando oggi un ruolo determinante nel condizionare i comportamenti
economici, anche prima che le misure vengano effettivamente applicate. e
infatti a febbraio si e’ registrata una contrazione del -9,6% dell’export
italiano verso gli usa rispetto allo stesso mese del 2024, a marzo +41,2%, e
infine ad aprile -1,9%. una dinamica tipica dei contesti ad alta volatilita’:
una
forma di stress commerciale indotto non dai dazi in se’, ma dalla loro semplice
possibilita’.
Un
segnale che si riflette nell’indice di incertezza sulla politica commerciale
globale, schizzato a marzo 2025 a 603 punti (contro una media storica di 40)
per poi raddoppiare ad aprile, toccando quota 1.151.
L’eventuale
introduzione di dazi colpirebbe duramente il surplus commerciale italiano con
gli usa, pari a 38,87 miliardi di euro nel 2024.
I
settori piu’ vulnerabili – secondo l’analisi – perderebbero complessivamente
17,9 miliardi di euro di produzione, con il 71,6% del danno concentrato sui
primi 15 comparti. (tab 2 shorturl.at/qp3WG).
‘L’assenza di un mercato pienamente integrato
conclude GARDINI – rende l’Europa piu’ fragile’.
Secondo
la Bce, quando uno shock colpisce un singolo paese dell’eurozona, deve essere
assorbito per il 70% dallo stato membro, negli stati uniti solo per il 25% per
il singolo stato federale.
La
recente crisi energetica ne e’ l’esempio piu’ evidente:
i
prezzi dell’elettricita’ sono schizzati in modo disomogeneo tra i vari paesi,
dimostrando l’urgenza di una politica energetica comune.
A
rendere ancora piu’ fragile la posizione italiana contribuisce la doppia
dipendenza energetica: dai costi dell’energia elettrica (0,1660 €/kwh contro i
0,1280 della spagna) e dalle terre rare, materiali strategici per l’elettronica
e l’automotive elettrico.
Mentre
la Cina controlla il 69,2% della produzione mondiale di terre rare, l’Iitalia
dipende paradossalmente dagli stati uniti per il 65,7% delle sue importazioni
di questi materiali critici”.
DAZI:
COMMISSIONE UE, NON PREVISTI INCONTRI BILATERALI VON DER LEYEN-TRUMP AL G7.
Nessun
incontro bilaterale e’ stato confermato durante il g7 del 15-17 luglio in Canada,
“non tra il presidente americano e la presidente von DER LEYEN”.
Lo ha
dichiarato la portavoce della commissione europea Paula PINHO durante l’odierno
briefing con la stampa.
La
portavoce ha sottolineato che, in generale, “di solito questi incontri vengono
organizzati all’ultimo minuto, cosi’ al momento non ci sono conferme di nessun
meeting bilaterale”.
DAZI:
COMMISSIONE UE, NON PREVISTI INCONTRI BILATERAI VON DER LEYEN/TRUMP.
I colloqui
per un accordo commerciale sono in corso, “vedremo fino a dove arriveremo.
Per il
momento non e’ previsto un incontro bilaterale” tra la presidente della
commissione europea Ursula VON DER LEYEN e il presidente americano Donald TRUMP
in occasione del summit nato del 24 e 25 giugno all’aia, nei paesi bassi.
Lo ha
affermato la portavoce dell’esecutivo ue Paola PINHO durante l’odierno briefing
con la stampa.
LOLLOBRIGIDA,
INCONTRO CON ROLLINS TESTIMONIA CENTRALITA’ RAPPORTI CON STATI UNITI.
Si e’
svolto il 2 giugno al ministero dell’agricoltura, della sovranita’ alimentare e
delle foreste, l’incontro tra il ministro Francesco LOLLOBRIGIDA e la
segretaria all’agricoltura degli stati uniti d’America, Brooke Leslie ROLLINS.
Ne da’
notizia un comunicato stampa del ministero che cosi’ prosegue:
“L’Italia
e’ il primo paese dell’unione europea visitato ufficialmente dalla segretaria
ROLLINS dall’inizio del suo mandato, a testimonianza della solidita’ e della
centralita’ del rapporto tra Italia e stati uniti.
Tra i
temi affrontati, particolare attenzione e’ stata dedicata alla crescita
dell’interscambio agroalimentare, che nel 2024 ha superato gli 8 miliardi di
euro. L’Italia si conferma il terzo fornitore di prodotti agroalimentari degli
stati uniti, con comparti di eccellenza come vino, olio d’oliva, pasta e
formaggi.
E’
stato inoltre ribadito il ruolo positivo delle esportazioni italiane nella
creazione di valore anche sul territorio statunitense, attraverso filiere
virtuose che generano occupazione e benefici economici per entrambi i paesi.
In
questo quadro, e’ stata annunciata l’apertura di un tavolo tecnico per favorire
l’incontro tra operatori del settore agroalimentare, con l’obiettivo di
rafforzare la cooperazione commerciale.
Un
focus sara’ dedicato alla soia, materia di cui gli stati uniti sono tra i
maggiori produttori e l’Italia ne e’ un importatore importante.
Migliorare
gli scambi commerciali in agricoltura tra due paesi amici significa rendere
piu’ efficienti e competitive le economie.
‘Il dialogo con gli stati uniti rappresenta
per l’Italia un asse strategico di politica agricola estera’, ha dichiarato
LOLLOBRIGIDA.
‘Oggi,
in maniera ancora piu’ solida, c’e’ una maggiore consapevolezza della fase
storica che stiamo vivendo, una fase che ci impone di impegnarci a rafforzare
le economie delle nostre nazioni, le quali condividono comuni valori di
riferimento’, ha aggiunto.
Questo
primo incontro si inserisce in un piu’ ampio percorso di rafforzamento dei
rapporti bilaterali tra italia e stati uniti in ambito agricolo, anche in vista
di future iniziative congiunte e occasioni internazionali di promozione di
questo rapporto”.
ITALIA-USA:
COLDIRETTI/FILIERA ITALIA, STOP GUERRA COMMERCIALE PIU’ SCAMBI RISPETTANDO
REGOLE.
“Il
dialogo tra unione europea e stati uniti e’ oggi piu’ che mai strategico per
garantire sicurezza e prosperita’ a famiglie e imprese su entrambe le sponde
dell’atlantico.
E’
fondamentale sviluppare una strategia congiunta che favorisca l’aumento
dell’interscambio, tutelando allo stesso tempo la salute dei cittadini e il
lavoro degli agricoltori.
In
questo contesto il tavolo tecnico “usa – Italia” annunciato rappresenta un
concreto strumento’.
E’
quanto hanno affermato Coldiretti e Filiera Italia in occasione dell’incontro
tra il ministro dell’agricoltura Francesco LOLLOBRIGIDA e la segretaria
all’agricoltura statunitense Brooke ROLLINS.
Tra i
principali temi su cui coldiretti e filiera italia chiedono sia posta
attenzione e che hanno ribadito a ROLLINS nell’incontro che si e’ tenuto nel
tardo pomeriggio, la necessita’ di mettere fine alla guerra commerciale,
puntando a ridurre le barriere commerciali, ma nel rispetto dei rigidi standard
di sicurezza alimentare europei, perche’ e’ imprescindibile – sottolineano le
due organizzazioni – applicare la reciprocita’ e la tutela della salute dei
cittadini.
‘E’ fondamentale – dichiara il presidente di
coldiretti Ettore PRANDINI – tornare a costruire solide relazioni tra unione
europea e stati uniti, per dare sicurezza alle famiglie e alle imprese.
Le
guerre commerciali non fanno che danneggiare i popoli, alimentando incertezza e
instabilita’.
Per
questo riteniamo strategico tornare a fare un lavoro congiunto anche in sede Onu
per promuovere un nuovo modello alimentare globale che rimetta al centro la
salute dei cittadini, sulla scia del progetto americano ‘Make our children
healthy Again’, sostenuto dal governo TRUMP.
Ma tutto cio’ – conclude PRANDINI – deve
avvenire nel rispetto della reciprocita’, perche’ non accetteremo mai
compromessi al ribasso. per coldiretti e filiera italia e’ fondamentale
continuare a investire, anche in modo congiunto con gli stati uniti, nel
settore delle tea, guardando al futuro della ricerca e delle nuove tecnologie.
Solo
cosi’ possiamo affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici e offrire
risposte concrete alle esigenze dei nostri imprenditori’.
Coldiretti
e Filiera Italia sottolineano la necessita’ di rafforzare la cooperazione su
comparti strategici come carni bovine, cereali e soia, partendo dalle
esperienze gia’ avviate con la national farmers union americana, con
l’obiettivo comune di elevare gli standard qualitativi e ambientali.
Ccoldiretti
e filiera Italia ribadiscono inoltre la volonta’ di favorire la protezione
delle denominazioni tipiche dei formaggi statunitensi venduti in Europa, ma
solo se dall’altra parte ci sia un impegno serio a contrastare ogni forma di
italian sounding ingannevole che mette a rischio il record di export dei
prodotti made in italy.
‘Il modello alimentare italiano basato sulla
distintivita’, salubrita’, stagionalita’ e consumo di prodotti freschi – spiega
il segretario generale di coldiretti Vincenzo GESMUNDO – e’ una risposta
concreta alle malattie non trasmissibili, dall’obesita’ al diabete, che
colpiscono in misura crescente le giovani generazioni a causa di diete
sbilanciate e ricche di cibi ultra formulati.
Ci
vuole una strategia comune per far si’ che questo non accada e per questo
dobbiamo sempre piu’ agire nelle scuole per far capire ai piu’ piccoli i rischi
che corrono mangiando cibi dannosi per la loro crescita’.
‘Ci
sono numerosi interessi comuni tra le filiere produttive italiane e americane –
sottolinea luigi SCORDAMAGLIA, amministratore delegato di Filiera Italia – la
collaborazione su tecniche di agricoltura di precisione e sulla trasparenza
dell’etichettatura dell’origine – oggi sempre piu’ richiesta anche dai
consumatori statunitensi – puo’ rafforzare entrambi i sistemi produttivi,
generando valore lungo tutta la filiera.
Bene
favorire l’internazionalizzazione delle nostre imprese in Usa sull’ultimo
miglio (slicing, porzionatura, confezionamento etc) – conclude – ma deve essere
chiaro che siamo ovviamente contrari ad investimenti in prodotti” italian
sounding” o alla riduzione delle tutele delle nostre indicazioni geografiche in
qualsiasi mercato di paese terzo’.
ITALIA-USA:
MARETTI (LEGACOOP AGROALIMENTARE), INCONTRO LOLLOBRIGIDA-ROLLINS DETERMINANTE
PER EXPORT E RAPPORTI BILATERALI.
In
tempi di dazi e di mercati internazionali diventa strategico il dialogo tra
stati. Per questo il bilaterale italia-usa che si e’ tenuto il 2 giugno al Masaf
e voluto dal ministro Francesco LOLLOBRIGIDA assume un ruolo strategico per i
rapporti con gli stati uniti e per le nostre esportazioni’.
Cristian
MARETTI presidente di Llegacoop agroalimentare, presente all’incontro con la
segretaria all’agricoltura degli stati uniti d’America, Brooke Leslie ROLLINS,
ribadisce l’importanza di una simile iniziativa”.
Lo
rende noto un comunicato di Legacoop agroalimentare.
E’ sotto gli occhi di tutti quanto dialogo e
confronto tra usa e Ue siano fondamentali per l’economia e per la stabilita’
del mondo e soprattutto quanto in questo dialogo sia determinante il settore
agroalimentare”, continua MARETTI. Ecco perche’ “i negoziatori americani ed
europei devono comprendere anche le ragioni l’uno dell’altro per poter
rimediare agli attuali squilibri.
E’
bene che l’Italia sia in prima fila per portare il proprio contributo al
raggiungimento del risultato nell’unione europea”, conclude il presidente di Legacoop
Agroalimentare.
BATTISTA
(COPAGRI), BENE TAVOLO ITALIA-STATI UNITI GUERRE COMMERCIALI DANNEGGIANO TUTTI.
“I
dazi, gli embarghi e le tensioni commerciali sono estremamente pericolosi, in
quanto danneggiano tutti i partecipanti in campo, rappresentando un sensibile
ostacolo alla stabilita’ dei mercati e al benessere mondiale; il rischio di un
rallentamento della crescita globale e’ sempre piu’ dietro l’angolo, come
peraltro gia’ paventato dall’Ocse, il quale ha indicato nelle elevate barriere
commerciali, nelle condizioni finanziarie piu’ restrittive e nell’accresciuta
incertezza politica alcune delle ragioni alla base del peggioramento delle
prospettive economiche globali”.
Lo
sottolinea in un comunicato il presidente della Copagri Tommaso BATTISTA, che
ha partecipato a un incontro tra il ministro dell’agricoltura, della sovranita’
alimentare e delle foreste francesco LOLLOBRIGIDA e la segretaria
all’agricoltura degli stati uniti Brooke Leslie ROLLINS.
“Nelle
“trade wars” non ci sono ne’ vincitori ne’ vinti, poiche’ si perde tutti;
proprio per questo, rinnoviamo il nostro appello alla diplomazia nazionale e
comunitaria, affinche’ faccia ogni possibile sforzo, gia’ a partire dal
confronto, previsto per domani a parigi, tra il commissario europeo al
commercio Maros SEFCOVIC e il suo omologo statunitense Jamieson GREER, per
scongiurare i pesanti dazi imposti dall’amministrazione usa sulle merci
provenienti dall’unione europea”, prosegue il presidente.
“Gli stati uniti sono un mercato strategico
per l’agroalimentare italiano, con esportazioni che nel 2024 hanno superato gli
8 miliardi di euro, pari al 25% del totale comunitario”, ricorda BATTISTA,
facendo notare che “i dazi rischiano di provocare un calo dell’export stimabile
tra il 10% e il 15% nel breve periodo, con punte del 30% per diversi prodotti
simbolo della dieta mediterranea, quali vino, formaggi e olio extravergine
d’oliva, che nel 2024 hanno fatto registrare una crescita a doppia cifra negli
usa, con un aumento complessivo stimabile nell’ordine del 17%; senza contare,
poi, le ricadute nel medio-lungo periodo, legate al rischio concreto che
l’export italiano venga rimpiazzato da quello di altri paesi con dazi piu’
favorevoli”.
“Anche
e soprattutto per questo, e’ certamente positiva l’iniziativa del governo di
procedere con l’apertura di un tavolo tecnico tra le autorita’ nazionali e
l’amministrazione statunitense, nel quale rafforzare il dialogo con gli stati
uniti, promuovendo la cooperazione commerciale e lavorando per favorire
l’incontro tra operatori del settore agroalimentare”, conclude il presidente
della Copagir.
SEGRETARIA
DI STATO USA ROLLINS ANNUNCIA VISITA A ROMA IL 2 E 3 GIUGNO.
“La
segretaria all’agricoltura degli stati uniti, Brooke l. ROLLINS, visitera’ Roma,
in Italia, il 2 e 3 giugno.
Durante
la visita, la segretaria ROLLINS ribadira’ le aspettative dell’amministrazione
per un miglior accesso al mercato agricolo italiano e dell’unione europea, e
incoraggera’ le organizzazioni delle nazioni unite con sede a Roma a dare
priorita’ agli interessi americani, ridurre i costi e concentrarsi sui propri
mandati principali”, lo rende noto un comunicato stampa dell’Usda.
Che
cosi’ prosegue “‘le relazioni degli stati uniti con gli acquirenti e i
consumatori italiani favoriscono decine di miliardi in scambi e investimenti
bilaterali.
Tuttavia,
i protagonisti del settore agricolo statunitense sono stati ingiustamente
penalizzati troppo a lungo dai dazi elevati imposti dall’unione europea e dall’Italia
sui prodotti agricoli americani e da numerosi ostacoli non tariffari”, ha
dichiarato la segretaria Brooke ROLLINS.
‘In
coordinamento con l’ambasciatore Tilman FERTITTA, noi del dipartimento
dell’agricoltura degli stati uniti (Usda) continueremo a lavorare per creare
condizioni eque e ampliare le opportunita’ di mercato con l’Ue e l’Italia per
agricoltori, allevatori, silvicoltori e trasformatori alimentari americani.
’la
segretaria ROLLINS incontrera’ alti funzionari del governo italiano e delle
organizzazioni internazionali, tra cui il ministro dell’agricoltura, della
sovranita’ alimentare e delle foreste Francesco LOLLOBRIGIDA, la vice capo
missione e incaricata d’affari dell’ambasciata usa Marta YOUTH, l’incaricato
d’affari della missione usa presso le agenzie Onu a Roma Rodney HUNTER, il
direttore generale della” fao” Qu DONGYU, e la direttrice esecutiva del
programma alimentare mondiale Cindy MCCAIN.
La
segretaria ROLLINS ha reso prioritaria la difesa dell’agricoltura americana
sulla scena internazionale.
Cio’
significa aumentare l’accesso dei prodotti americani ai mercati esistenti,
aprire nuovi mercati con forte domanda per i nostri prodotti, e garantire che i
partner commerciali trattino in modo equo agricoltori, allevatori e produttori
americani.
Questo
avviene dopo quattro anni di inattivita’ da parte dell’amministrazione BIDEN,
che hanno portato il saldo commerciale agricolo degli stati uniti da un surplus
durante il primo mandato del presidente TRUMP a un significativo deficit sotto
il presidente BIDEN.
Questa
missione commerciale segue il viaggio della segretaria ROLLINS nel Regno Unito
a maggio e precede le prossime missioni commerciali in India, Vietnam, Giappone,
Peru’ e Brasile nei prossimi quattro mesi.
Altre
missioni commerciali dell’Usda previste quest’anno includono Peru’, Repubblica
dominicana, Taiwan, Costa d’avorio e Messico.
Regno unito: il regno unito e’ il
quattordicesimo mercato di esportazione agricola degli stati uniti.
I
produttori americani affrontano dazi sproporzionatamente elevati, bassi volumi
di quote tariffarie e ostacoli non tariffari ingiustificati nelle esportazioni
verso il regno unito.
India:
gli stati uniti sono il sesto fornitore di prodotti agricoli per l’india.
gli
stati uniti hanno un deficit commerciale agricolo di 1,3 miliardi di dollari
con l’india.
Brasile:
gli stati uniti hanno un deficit commerciale agricolo di 7 miliardi di dollari
con il brasile.
Giappone:
il giappone e’ uno dei cinque principali mercati per molte delle principali
materie prime agricole statunitensi, tra cui mais, manzo, maiale, grano, riso e
soia. Vietnam: il vietnam e’ il decimo mercato di esportazione agricola per gli
stati uniti. Gli stati uniti non hanno un accordo commerciale con il Vietnam,
mentre concorrenti importanti come la Cina si’.
Peru’:
il Peru’ e’ il terzo mercato sudamericano piu’ importante per le esportazioni
agricole degli stati uniti, e gli usa restano il secondo fornitore agricolo del
Peru’.
i principali prodotti con prospettive di
esportazione verso il Peru’ includono etanolo, latticini, carne, frutta a
guscio e legumi”.
DAZI:
CORTE APPELLO STATI UNITI SOSPENDE BLOCCO CONTRO MISURE AMMINISTRAZIONE TRUMP.
La
corte di appello degli stati uniti ha accolto il ricorso dell’amministrazione Trump
che chiedeva di sospendere la decisione della “Us court of international trade”
che aveva bloccato i dazi.
La
corte di appello ha sospeso temporaneamente la decisione di blocco dei dazi, in
attesa di valutare la questione.
NELLE
CONSIDERAZIONI FINALI DEL GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA
FABIO
PANETTA AMPIA ANALISI SU CONSEGUENZE DAZI.
Oggi
il governatore della banca d’italia Fabio PANETTA ha presentato le
considerazioni finali in occasione della pubblicazione della relazione annuale
sul 2024.( qui
le considerazioni finali bit.ly/3FAmUvH; qui la sintesi della relazione annuale
sul 2024 bit.ly/4jsZSF1; qui il rapporto annuale sugli investimenti sostenibili
e sui rischi climatici (risc) sul 2024.)
Il governatore ha dedicato ampio spazio alla
questione dei dazi sottolineando che: ” (….) i dazi attualmente in vigore negli
stati uniti, sebbene inferiori a quelli annunciati all’inizio di aprile,
restano i piu’ elevati del secondo dopoguerra e sono causa del sensibile
aumento dei dazi medi a livello mondiale (..) l’inasprimento delle barriere
doganali potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale
nell’arco di un biennio. negli stati uniti, l’effetto stimato e’ circa il
doppio. i dazi potrebbero comportare una minore domanda di lavoro e un aumento
delle pressioni inflazionistiche, in una fase gia’ caratterizzata da
aspettative di inflazione in rialzo. stanno inoltre incidendo negativamente
sulla fiducia di famiglie e imprese, con possibili ripercussioni su consumi e
investimenti. il susseguirsi di annunci, smentite e revisioni alimenta
incertezza e volatilita’ sui mercati. si tratta di condizioni che rischiano di
amplificare l’effetto dei dazi e che potrebbero protrarsi nel tempo, considerata
la complessita’ dei negoziati commerciali, che tipicamente richiedono tempi ben
piu’ lunghi dei 90 giorni di sospensione annunciati. (….)le politiche
protezionistiche stanno spingendo l’economia mondiale su una traiettoria
pericolosa.
I dazi
oggi in vigore potrebbero ridurre il commercio internazionale di circa il 5 per
cento, dando avvio a una riconfigurazione delle filiere produttive globali.
Ne
deriverebbe un sistema di scambi meno integrato e meno efficiente. (….)gli
stati uniti costituiscono il principale mercato di sbocco per i prodotti
dell’area, assorbendo quasi un quinto delle esportazioni. alcuni dei settori
piu’ esposti ai dazi – quali i mezzi di trasporto, i macchinari e le bevande –
mostrano gia’ un peggioramento della fiducia, delle attese sugli ordini e delle
prospettive occupazionali. le barriere doganali potrebbero ridurre la domanda
di prodotti europei anche in modo indiretto, frenando l’economia globale.
Inoltre,
la Cina e alcuni paesi del sud est asiatico, caratterizzati da un eccesso di
capacita’ produttiva e da un ampio surplus commerciale con gli stati uniti,
cercheranno nuovi sbocchi per contrastare l’effetto dei dazi, accentuando cosi’
la pressione competitiva sui mercati europei.
(…)Ssul
fronte dell’inflazione, i prezzi dell’energia sono diminuiti sensibilmente e
l’euro si e’ rafforzato.
In un
contesto di crescita debole e di intensa concorrenza internazionale, questi
sviluppi potrebbero comprimere la dinamica dei prezzi al consumo.
Le
aspettative di mercato indicano un ritorno al di sotto del 2 per cento gia’
nella seconda meta’ di quest’anno e un livello medio dell’1,7 nel 2026.
Si
tratta di un quadro economico non ancora definito.
Un
ulteriore apprezzamento dell’euro, un aumento dell’incertezza o condizioni
finanziarie piu’ restrittive potrebbero amplificare l’impatto recessivo dei
dazi. Inoltre, un incremento maggiore del previsto delle esportazioni cinesi
verso l’europa potrebbe comprimere l’attivita’ produttiva e l’inflazione”.
DAZI:
COLDIRETTI, INSISTERE SU TRATTATIVA, CIBO PRIMO MOTORE DI CRESCITA DEL PAESE.
Coldiretti
rende noto che: “per ogni euro investito in agricoltura si ha un ritorno in
sviluppo di 4 euro ogni euro investito in agricoltura genera un ritorno in
sviluppo di quattro euro, con il cibo che e’ diventato il primo motore di
sviluppo economico paese e che va difeso dai pericoli di tensioni commerciali,
insistendo sulla trattativa per scongiurare il pericolo di una guerra dei dazi.
E’ il
tema al centro dell’incontro organizzato dalla coldiretti al brixia forum di
brescia con la partecipazione del presidente Ettore PRANDINI e del segretario
generale Vincenzo GESMUNDO, assieme al vicepremier e ministro degli affari
esteri e della cooperazione internazionale Antonio TAJANI, impegnato in questi
giorni sul doppio fronte dei dazi e di gaza, del ministro dell’agricoltura e
della sovranita’ alimentare Francesco LOLLOBRIGIDA, e del presidente della
regione lombardia Attilio FONTANA.
presenti
anche l’ad di Filiera Italia Luigi SCORDAMAGLIA, l’ad di bonifiche ferraresi Federico
VECCHIONI, il presidente di Coldiretti Brescia Laura FACCHETTI, il vescovo di
brescia monsignor Pierantonio TREMOLADA e Laura CASTELLETTI, sindaco di
brescia.
il summit cade nel giorno dell’allarme
lanciato il governatore di bankitalia Fabio PANETTA sui rischi legati alla
corsa ai dazi che potrebbero sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita
mondiale nell’arco di un biennio.
Un
pericolo che rafforza la richiesta di coldiretti di lavorare a una soluzione
diplomatica che venga portata avanti in sede europea perche’ solo con una voce
unica e forte e’ possibile tutelare le aziende italiane.
Il
cibo rappresenta il simbolo piu’ noto dell’Italia all’estero e la prima
ricchezza del paese, con una filiera agroalimentare allargata che vale 620
miliardi, dai campi all’industria fino alla ristorazione e alla grande
distribuzione. un sistema – ricorda Coldiretti – che da’ lavoro a 4 milioni di
occupati ed e’ sostenuto dall’impegno quotidiano di 730mila imprese agricole e
da un’agricoltura che e’ la piu’ green d’europa, diventata emblema di qualita’
e sicurezza in italia e nel mondo.
Le
esportazioni di cibo italiano hanno raggiunto la cifra record di 69,1 miliardi
nel 2024, con un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. e nei primi tre
mesi del 2025 le vendite di prodotti agroalimentari italiani sono aumentate
ulteriormente del 6%, il doppio rispetto al dato generale di tutti i settori.
Un
patrimonio dell’economia nazionale che ha tutte le carte in regola per
raggiungere l’obiettivo di portare il valore annuale dell’export agroalimentare
a 100 miliardi nel 2030.
‘La nostra agricoltura ha dimostrato di essere
un motore insostituibile di crescita, capace di generare valore, occupazione e
identita’ – dichiara il presidente di Coldiretti Ettore PRANDINI – e’ un
comparto strategico che va difeso con determinazione da ogni rischio di guerra
commerciale, a partire dall’escalation dei dazi che minaccia le nostre
esportazioni e la competitivita’ delle imprese.
Il
cibo e’ il simbolo piu’ riconoscibile del made in italy nel mondo e la prima
ricchezza nazionale e la nostra filiera guida l’europa per sostenibilita’ e
qualita’.
Non
possiamo permetterci di arretrare.
Serve una risposta unitaria e forte a livello
europeo per tutelare le nostre imprese, promuovendo la via del dialogo e della
diplomazia commerciale.
Solo
cosi’ possiamo garantire futuro e competitivita’ a un settore che ha tutte le
carte in regola per raggiungere l’obiettivo di 100 miliardi di export entro il
2030′”.
DAZI:
A US COURT OF INTERNATIONAL TRADE BLOCCA POLITICA DI TRUMP PERCHE’ VA OLTRE I
SUOI POTERI.
A “Us
court of international trade”, formata da tre giudici, ha bloccato gran parte
della politica dei dazi del presidente Donald TRUMP sulle importazioni da
numerosi paesi, sostenendo che questa politica sta eccedendo i suoi poteri. Secondo
i giudici, il congresso degli stati uniti non delega al presidente un’autorita’
illimitata per utilizzare l’”international emergency economic powers act” del
1977 (Ieepa).
I
giudici hanno quindi bloccato i dazi imposti da TRUMP ai sensi dello stesso Jeepa,
sia quelli annunciati il 2 aprile scorso che quelli precedenti contro Canada, Messico
e Cina.
L’amministrazione “Trump” ha preannunciato
l’appello contro la decisione dei tre giudici che sono stati nominati,
rispettivamente, dagli ex presidenti ronald REAGAN e barack OBAMA e dallo
stesso TRUMP.
DAZI:
FINI (CIA), DECISIONE TRIBUNALE FEDERALE SEGNALE FORTE CONTRO POLITICHE
COMMERCIALI TRUMP.
“Un
segnale forte contro le politiche commerciali di TRUMP.
Qualcosa
si sta muovendo nella giusta direzione”:
e’ la valutazione del presidente Cia, Cristiano
FINI, sullo stop ai dazi usa da parte del tribunale federale.
in una intervista radiofonica FINI ha
sottolineato che comunque, riguardo ai dazi, resta un clima di incertezza che
mette in difficolta’ gli imprenditori agricoli che non sono in grado di
programmare scelte ed investimenti.
Nell’intervista
FINI ha anche ribadito il no della Cia al fondo unico che ingloberebbe anche la
pac.
L’intervista completa (youtube.com/watch?v=elbJyL3N-)
FwDAZI:
GIANSANTI (CONFAGRICOLTURA), BASTA PROMESSE UE SU PAC SERVE PRAGMATISMO PER
TORNARE POTENZA PRODUTTIVA
“il
presidente di Confagricoltura, Massimiliano GIANSANTI, e’ intervenuto oggi sui
dazi americani e sulla sicurezza alimentare al convegno
‘
‘effetto TRUMP: cosa cambia per le imprese e per il mondo’, organizzato da Ispi
(istituto per gli studi di politica internazionale)”.
Lo
rende noto un comunicato stampa della confederazione.
“Per quanto concerne l’agroalimentare, gli
stati uniti rappresentano, per la Ue e l’Italia, il principale mercato fuori
dall’Europa.
Pertanto,
siamo preoccupati per i dazi annunciati dal presidente TRUMP – ha detto
GIANSANTI -.
Da un
lato comprendiamo la volonta’ di riequilibrare la situazione a vantaggio del
mercato domestico; tuttavia, questa politica tariffaria aggressiva ottiene
l’effetto opposto, anche all’interno dei confini americani.
Il
valore dei prodotti importati sul mercato Usa genera quattro volte il valore
aggiunto del prodotto, portando maggiore ricchezza interna”.
“il
punto e’ che si tratta di un confronto ad armi pari, tra due colossi
dell’agroalimentare – ha proseguito il presidente riferendosi all’unione
europea e agli stati uniti -.
Paradossalmente
l’unione potrebbe fare a meno degli americani e viceversa.
Ma a
che pro?
Noi
vogliamo ragionare in un’ottica di collaborazione, a vantaggio di tutti.
quel
che e’ certo e’ che, come unione appunto, dobbiamo procedere uniti.
Bisogna
negoziare insieme e ricordare che dazio chiama dazio.
Va
considerato che andiamo sempre di piu’ verso una polarizzazione produttiva:
unione europea e stati uniti sono grandi potenze agricole, il sud america e’
sempre piu’ rilevante nella produzione delle proteine vegetali, l’india si sta
imponendo sul mercato globale, cina e russia sono due player strategici.
il rischio di una grande instabilita’ a
svantaggio dei consumatori e’ reale”.
“il
settore agricolo europeo e’ schiacciato dal peso della burocrazia.
Ancora
oggi, all’interno delle tecnostrutture della Ue, c’e’ una visione che punta
piu’ a un mondo perfetto, irraggiungibile, che alla tutela e allo sviluppo del
mondo produttivo – ha concluso -.
Fare
impresa in un momento di estrema imprevedibilita’ e’ complicato.
Un
esempio: il prezzo della soia e’ uno dei parametri piu’ certi in agricoltura, a
livello globale.
Eppure,
in questo momento nessuno si sente di scommetterci.
Non
possiamo ignorare che comprare generi alimentari al prezzo che il mercato
esprime non e’ mai conveniente per un paese.
La
produzione di cibo corrisponde a un “soft power” nel momento in cui la
sicurezza alimentare rappresenta un tema altamente strategico.
A
livello europeo stiamo assistendo a un arretramento economico spaventoso, che
in questo scenario non possiamo permetterci.
Siamo
stati troppo tesi verso modelli non realistici e l’effetto oggi e’ disastroso. Non
bastano piu’ le promesse, da parte della presidente VON DER LEYEN servono fatti
concreti.
Vanno
certamente preservate le risorse naturali che non sono infinite ma serve
necessariamente un passo deciso verso un sano pragmatismo”.
DAZI:
PORTAVOCE COMMISSIONE, DA TELEFONATA TRUMP-VON DER LEYEN
IMPULSO
A NEGOZIATI; STASERA COLLOQUIO SEFCOVIC-LUTNICK.
La
telefonata tra la presidente della commissione europea Ursula VON DER LEYEN e
il presidente degli stati uniti Donald TRUMP e’ stata oggetto di molte domande
durante l’odierno briefing con la stampa della portavoce capo dell’esecutivo Ue,
Paula PINHO.
Quest’ultima
non ha dato dettagli sui contenuti tecnici nonostante le richieste perche’, ha
sottolineato, la discrezione e’ l’anima dei negoziati.
PINHO
ha evidenziato, invece, la bonta’ della telefonata, che da’ nuovo impulso alle
trattative.
Le
parti hanno infatti concordato di accelerare le negoziazioni commerciali,
rimanendo in stretto contatto.
Nessun
dettaglio e’ stato dato dalla portavoce rispetto a un’eventuale modifica
dell’offerta dell’Ue per evitare una tariffa del 50%, e su cosa abbia portato
al rinvio al 9 luglio della scadenza posta da TRUMP.
il
portavoce del commissario al commercio Maros SEFCOVIC, “Olof GILL” , invece, ha
confermato che rimane sul tavolo delle negoziazioni la proposta di azzerare i
dazi sulle merci industriali (“zero per zero”).
Questa
proposta – ha spiegato – continua ad essere vista dall’Ue come un punto di
partenza interessante per una buona negoziazione, che verra’ riproposto gia’
stasera durante la telefonata tra il commissario SEFCOVIC e il segretario al
commercio usa Howard LUTNICK.
Parallelamente,
pero’ – ha puntualizzato – la commissione lavora anche alla controffensiva
tariffaria nel caso non si arrivasse a un accordo.
La
portavoce PINHO ha rimarcato che VON DER LEYEN e’ in contatto continuo con
tutti i capi di governo dell’Ue e di non avere informazioni riguardo a un
incontro che si starebbe organizzando in Italia tra i leader delle principali
economie europee per coordinarsi in materia di politica commerciale prima del
g7 di meta’ giugno in canada a cui, secondo indiscrezioni, potrebbe partecipare
anche VON DER LEYEN.
DAZI:
SCORDAMAGLIA (FILIERA ITALIA), DOPO DICHIARAZIONI TRUMP –
APPELLO
ALLA CALMA ORA VERO PROBLEMA E’ SVALUTAZIONE DOLLARO.
“Ancora
una volta l’appello e’ alla calma”.
Lo
afferma in un comunicato Luigi SCORDAMAGLIA, amministratore delegato di Filiera
Italia, commentando l’esternazione del presidente TRUMP sul proprio canale “social
truth” dove minaccia dazi del 50% all’Europa a partire dal primo giugno.
“per quanto straniante, siamo di fronte a un
modo di negoziare proprio del presidente Usa – dice SCORDAMAGLIA – la partita
e’ ancora tutta da giocare e non e’ il momento di reagire alle provocazioni via
social network”.
E
prosegue l’amministratore delegato “a fronte di questa instabilita’ dovremo
confrontarci con una massiccia fuga di capitali dall’economia americana e con
una conseguente svalutazione del dollaro, un elemento determinante nella
definizione degli scenari futuri, che rendera’ difficoltosa l’esportazione
delle nostre eccellenze agroalimentari nei prossimi mesi, e forse anni, verso
quel paese”.
“Oggi infatti gli stati uniti – conclude il
comunicato – rappresentano per il settore dell’agroalimentare il secondo
mercato di sbocco e il 2024 ha fatto segnare un record di export pari a 7,8
miliardi di euro”.
PARLAMENTO:
L’INFORMATIVA DEL MINISTRO URSO SU DAZI.
il
ministro delle imprese e del made in italy, Adolfo URSO e’ intervenuto nelle
aule di senato e camera per un’informativa urgente sulle conseguenze sul
sistema produttivo italiano dell’introduzione dei dazi nei confronti dei paesi
europei e sulle iniziative di competenza a tutela delle imprese e dell’occupazione. (qui il testo dell’informativa tinyurl.com/bdcm3zzjPE).
COMMISSIONE “INTA “APPROVA NUOVI DAZI SU
PRODOTTI AGRICOLI E FERTILIZZANTI RUSSI E BIELORUSSI.
La
commissione per il commercio internazionale del parlamento europeo (inta) ha
approvato la proposta di regolamento della commissione Ue di aumentare del 50%
le tariffe su quei prodotti agricoli provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia
che sono ancora esclusi da altri dazi doganali, informa un comunicato.
La
proposta sara’ ora sottoposta al voto della prossima sessione plenaria del
parlamento, che si terra’ a bruxelles il 22 maggio.
I
prodotti che saranno colpiti dalle nuove tariffe includono zuccheri, aceto,
farina e mangimi.
Il
testo approvato prevede anche una tariffa del 6,5% sui fertilizzanti importati
da Russia e Bielorussia, piu’ 40-45 euro di dazi per tonnellata per il periodo
2025-2026.
Questi
ultimi dazi dovrebbero a 430 euro per tonnellata entro il 2028.
Le
misure proposte ridurranno significativamente le importazioni nell’Ue dei beni
in questione originari o esportati direttamente o indirettamente da Russia e Bielorussia.
Cio’-
spiega il comunicato – dovrebbe portare a un’ulteriore diversificazione della
produzione di fertilizzanti nell’Ue.
Il
nuovo regolamento incarica inoltre la commissione di monitorare e agire per
mitigare gli aumenti dei prezzi che potrebbero danneggiare il mercato interno e
il settore agricolo dell’Ue.
MERCOSUR:
URSO, NECESSARIA ACCURATA VALUTAZIONE COSTI-BENEFICI
RIGUARDO
LE ECCELLENZE ITALIANE AGROALIMENTARI.
“Occorre
avviare in via esplorativa negoziati per nuovi accordi di libero scambio con Messico,
Consiglio di cooperazione del golfo, India, Indonesia, Malesia, Filippine e Australia,
oltre al Mercosur, che richiede un’accurata valutazione costi-benefici, avuto
riguardo alle eccellenze italiane della filiera agroalimentare”, lo ha detto il
ministro del made in italy Adolfo URSO nel corso dell’informativa resa al
senato, questa mattina, sull’impatto dei dazi.
DAZI:
DRAGHI, ANCHE SE LE TENSIONI SI ATTENUASSERO, L’INCERTEZZA
RISCHIA
DI PERSISTERE FRENANDO GLI INVESTIMENTI UE.
Con i
dazi «siamo a un punto di rottura».
Servira’
un accordo con gli Usa, «ma non sara’ come prima», ha detto Mario DRAGHI
intervenuto al “XVIII simposio COTEC Europa”.
Essendo
l’unione europea “una grande economia» “e’ fortemente aperta al commercio.
Questa
apertura aumenta notevolmente l’esposizione della nostra crescita e
dell’occupazione alle misure politiche dei nostri partner commerciali e ai
cicli politici che hanno origine al di fuori dell’Eeuropa.
La
nostra esposizione principale e’ verso gli stati uniti.
Cio’
significa che se la domanda statunitense dovesse indebolirsi, anche le
importazioni dei nostri partner dall’Europa diminuirebbero.
le analisi della Bce mostrano che, in caso di
shock al pil statunitense, questi effetti indiretti sull’area dell’euro
sarebbero addirittura superiori a quelli diretti», ha indicato DRAGHI.
A suo
giudizio «le recenti azioni dell’amministrazione statunitense»…. «avranno
quindi sicuramente ripercussioni sull’economia europea. e anche se le tensioni
commerciali dovessero attenuarsi, l’incertezza rischia di persistere e di
frenare gli investimenti in tutto il settore manifatturiero dell’Ue».
CAMERA:
MERCOLEDI’ INFORMATIVA URGENTE URSO SU DAZI.
Mercoledi’
14 maggio, alle 12, il ministro delle imprese e del made in italy, Adolfo URSO,
interviene nell’aula della camera per un’informativa urgente sulle conseguenze
sul sistema produttivo italiano dell’introduzione dei dazi nei confronti dei
paesi europei e sulle iniziative di competenza a tutela delle imprese e dell’Occupazione.
DAZI
USA: COMMISSIONE UE PENSA A CONTROMISURE E PREPARA CONTENZIOSO AL WTO.
La
commissione europea informa con un comunicato di aver avviato una consultazione
pubblica su un elenco di importazioni statunitensi (tra queste vini, bourbon,
semi e panelli di soia, carni, macchinari per l’industria agroalimentare) che
potrebbero essere oggetto di contromisure da parte dell’Ue, qualora i negoziati
in corso tra l’Ue e gli stati uniti non portassero un risultato reciprocamente
vantaggioso e all’eliminazione dei dazi statunitensi .
L’elenco
sottoposto a consultazione (disponibile a questo link tinyurl.com/42t7msxm) – spiega il comunicato – riguarda
importazioni dagli stati uniti per un valore di 95 miliardi di euro e copre
un’ampia gamma di prodotti industriali e agricoli.
La
commissione sta inoltre consultando le possibili restrizioni su alcune
esportazioni di rottami d’acciaio e di prodotti chimici dall’Ue verso gli stati
uniti per un valore di 4,4 miliardi di euro.
La
consultazione riguarda sia i dazi universali statunitensi che i dazi sulle
automobili e sulle parti di automobili.
Da
quando gli stati uniti hanno imposto i loro dazi ingiustificati e dannosi, l’Ue
– sottolinea il comunicato – ha dato priorita’ alla ricerca di una soluzione
equilibrata e reciprocamente vantaggiosa attraverso i negoziati, anche nel
quadro della sospensione parziale dei dazi annunciata dagli stati uniti per 90
giorni.
tali
negoziati sono in corso sia a livello politico che tecnico.
L’Ue
continua comunque a preparare potenziali contromisure per difendere i propri
consumatori e l’industria, di pari passo ai negoziati e nel caso in cui questi
non portino a un risultato soddisfacente.
La
consultazione pubblica e’ un passo necessario in questo processo, ma non
comporta automaticamente l’adozione di contromisure.
Parallelamente,
l’Ue – aggiunge il comunicato – avviera’ una controversia in sede di Wto contro
gli stati uniti in merito alle tariffe universali cosiddette “reciproche” e
alle tariffe sulle automobili e sulle parti di automobili, presentando
formalmente una richiesta di consultazioni.
L’obiettivo
dell’Ue e’ quello di riaffermare che le regole concordate a livello
internazionale sono importanti e non possono essere ignorate unilateralmente da
nessun membro del Wto, compresi gli stati uniti.
infine, la commissione – conclude il
comunicato – continua a monitorare attentamente la potenziale deviazione delle
esportazioni globali verso il mercato dell’Ue, che potrebbe essere causata
dalle tariffe statunitensi imposte ai paesi terzi.
inoltre, la commissione continuera’ a portare
avanti i negoziati con altri partner commerciali per trovare nuovi sbocchi alle
esportazioni e diversificare le fonti di approvvigionamento e proseguira’ anche
a lavorare per ridurre le barriere e rafforzare il mercato unico dell’Ue.
DAZI:
MAMMI, EMILIA ROMAGNA SOSTIENE PROMOZIONE AZIENDE ANCHE UE INVESTA PIU’ RISORSE.
“L’introduzione
agli inizi di aprile del dazio base del 10% da parte degli stati uniti su
diverse tipologie di merce preoccupa le nostre imprese e tutto il sistema
economico.
Dobbiamo
lavorare perche’ venga scongiurata l’applicazione di ulteriori dazi, come
minacciato dall’amministrazione americana”, ha dichiarato l’assessore
all’agricoltura Alessio MAMMI da “Tuttofood”, informa un comunicato.
“Lla
regione Emilia romagna continua a sostenere le imprese agricole e
agroalimentari attraverso bandi e investimenti che sono in uscita e valgono 108
milioni di euro – ha aggiunto MAMMI-.
inoltre, metteremo entro il 2025 altri 5
milioni per le attivita’ di promozione di imprese e consorzi di tutela”.
L’assessore
ha poi ribadito la richiesta al commissario europeo all’agricoltura, Christophe
HANSEN, di investire “piu’ risorse sulla promozione dei prodotti agroalimentari
europei, per dare ancora piu’ fiato all’export. “nel frattempo – conclude
MAMMI- saremo al “summer fancy food” a giugno a Nnew York, a fianco del nostro
sistema agroalimentare, cosi’ come stiamo organizzando una missione di sistema
in Giappone, a Osaka, dove si tiene l’expo 2025, perche’ ci interessa il
mercato del sud-est asiatico, molto attratto dai nostri prodotti
food&wine”.
DAZI
USA: UIV, INSENSATO INSERIRE VINO IN ELENCO CONTRODAZI UE.
“Ribadiamo
la nostra assoluta contrarieta’ e preoccupazione rispetto all’inserimento del
vino – e del whiskey americano – nella lista dei contro-dazi Ue. L’export di
vino europeo verso gli usa vale quasi 5 miliardi di euro l’anno di cui 2
miliardi per l’Italia, quello proveniente da oltreoceano arriva ad appena a 318
milioni di euro:
la disparita’ del rischio appare piuttosto
eloquente”, ha dichiarato in un comunicato il presidente di Unione italiana
vini (uiv), Lamberto FRESCOBALDI.
ETICHETTATURA:
HARRIS (IRLANDA), DUBBI SU INTRODUZIONE
AVVERTENZE
ALCOLICI PER EFFETTO DAZI.
il
vice primo ministro della repubblica d’Irlanda, Simon HARRIS , ha espresso
dubbi sull’introduzione obbligatoria delle etichette di avvertenza sugli
alcolici entro il prossimo maggio, a causa del potenziale impatto che i dazi
statunitensi potrebbero avere sull’industria delle bevande.
Maggiori
particolari sulla “rassegna della stampa estera” di” agra press” che esce
giovedi’ 8 maggio.
TUTTOFOOD:
FILIERA ITALIA/COLDIRETTI, INCONTRO TRA IMPRENDITORI E AMBASCIATORI.
ITALIANI
IN CINA, GIAPPONE E USA AREE STRATEGICHE EXPORT.
“Iin
un momento cruciale per il futuro delle nostre eccellenze, coldiretti e filiera
italia hanno promosso a “tuttofood” un confronto ad alto livello tra
istituzioni, imprese e rappresentanti diplomatici italiani nei paesi chiave per
l’export”.
lo rende noto un comunicato di Filiera Italia,
che cosi’ prosegue:
“un
dialogo strategico per affrontare le sfide globali e cogliere le nuove
opportunita’ di crescita, con l’obiettivo di rafforzare la presenza del cibo
italiano nei mercati internazionali e valorizzare l’autenticita’, la qualita’ e
la sostenibilita’ del nostro modello produttivo.
l’incontro
ha visto la partecipazione, in collegamento, di Massimo AMBROSETTI,
ambasciatore italiano nella repubblica popolare cinese, dell’ambasciatore “Mario
VATTANI, commissario generale per l’italia a expo 2025 Osaka e di Mariangela
ZAPPIA, ambasciatrice italiana negli stati uniti (in collegamento).
Insieme
a loro anche il segretario generale di Coldiretti, Vincenzo GESMUNDO e il
presidente Ettore PRANDINI.
Si
sono susseguiti anche gli interventi di Gianpiero CALZOLARI, presidente di Granarolo
spa, di Renzo COTARELLA, agronomo enologo e amministratore delegato della Marchesi
Antinori e di Alessandro SQUERI, direttore generale della Steriltom.
in un
contesto che vede il nostro settore agroalimentare impegnato ad affrontare
sfide crescenti, dai nuovi dazi di TRUMP ai conflitti ancora in corso in aree
nevralgiche del mondo, Luigi SCORDAMAGLIA, amministratore delegato di filiera
italia, che ha coordinato il panel, ha ricordato come ‘l’instabilita’ politica
e commerciale globale comporti rischi non solo economici, ma anche strategici,
in termini di accesso ai mercati e competitivita’ delle nostre eccellenze’.
SCORDAMAGLIA
ha anche spiegato che ‘la domanda mondiale di made in italy alimentare non solo
resiste, ma continua a crescere.
Questo
successo si fonda su due pilastri fondamentali:
da una parte la qualita’ e l’unicita’ dei
nostri prodotti, dall’altra il valore sempre piu’ riconosciuto del modello
della dieta mediterranea’.
Scenari
complessi che possono diventare opportunita’, come ha tenuto a sottolineare
l’ambasciatrice ZAPPIA, ricordando come il cibo italiano sia ormai un segmento
imprescindibile della cultura enogastronomica Usa, dove e’ riconosciuta e
ricercata l’autenticita’ e l’esclusivita’ dei nostri prodotti agroalimentari.
in particolare, ha anche voluto evidenziare
come sono e saranno sempre di piu’ i giovani a guidare questa ricerca per
prodotti autentici, del territorio, che siano sostenibili e che raccontino in
modo sincero il nostro made in italy.
Analisi
diversa ma non meno ottimistica quella dell’ambasciatore italiano in Cina, Massimo
AMBROSETTI, che vede nello spazio di mercato che ancora dobbiamo conquistare
un’infinita’ di opportunita’ per i nostri prodotti, che sono apprezzati ma non
ancora conosciuti o compresi del tutto.
Da qui
l’importanza di saper comunicare al consumatore, ma anche di educarlo rispetto
al nostro gusto e alla nostra tradizione, non dimenticando l’importanza pero’
di saper anche adattare i nostri prodotti a quello che e’ il gusto e il modo di
apprezzare il cibo del popolo cinese.
Delle
opportunita’ legate ad expo ha parlato l’ambasciatore VATTANI, ricordando che
expo non solo puo’ rappresentare una vetrina d’eccellenza per il nostro modo di
produrre e valorizzare i nostri prodotti agroalimentari, grazie al padiglione
italia, ma che puo’ servire come punto di incontro sempre piu’ solido tra il
popolo giapponese e il cibo italiano, sempre piu’ ri apprezzato e parte della
vita quotidiana.
Iincontri
come questi hanno un rilevanza particolare – ha sottolineato PRANDINI – solo
attraverso il dialogo tra istituzioni e imprese possiamo costruire una presenza
italiana forte, coerente e duratura nei mercati globali’.
Imprese
che hanno a loro volta sottolineato da una parte l’importanza di gestire in
modo appropriato e con cura l’evoluzione della situazione negli stati uniti,
riconosciuto unanimemente come mercato imprescindibile, per il suo grado di
maturita’ e apprezzamento verso il made in italy, dall’altra la necessita’ di
lavorare in modo attento alla costruzione di nuovi sbocchi commerciali,
prestando attenzione ai criteri di reciprocita’ e autenticita’ quando si parla
di mercato cinese, e di esclusivita’ e rappresentativita’ quando si guarda al
mercato giapponese.
E ha
concluso SCORDAMAGLIA ‘Filiera italia insieme a Coldiretti hanno scelto di
essere protagonisti diretti in questa strategia internazionale nella promozione
di quelle aziende e filiere che credono nei valori distintivi delle nostre
eccellenze che sono sinonimo di autenticita’, legami col territorio, sostenibilita’
e lavoro etico:
la base su cui stiamo costruendo il nostro
successo globale.”
MACFRUT:
7/5 CONVEGNO AGROCEPI SU DAZI CON LA
PIETRA,
PROIETTI, BELLANOVA, MARTINANGELO.“
Per
far fronte al tema dei dazi degli stati uniti l’agroalimentare deve rispondere
in maniera forte e compatta. e lo deve fare con un approccio europeo ed
europeista: e’ la chiave piu’ efficace.
Abbiamo
il dovere di essere compatti, di muoverci come unione europea per sostenere i
nostri agricoltori, le nostre aziende e le nostre filiere.
Dobbiamo
alimentare gli stati uniti d’Europa.
Le
guerre commerciali non fanno bene a nessuno e dobbiamo batterci per un clima
diverso, ma la questione che resta e’ quella di un approccio piu’ ampio.
Al
governo chiediamo, intanto, un aiuto concreto per sostenere l’export e dare
impulso al nostro agroalimentare”.
Lo
afferma in un comunicato il presidente di Agrocepi, federazione nazionale
agroalimentare, Corrado MARTINANGELO, a margine dell’apertura di “macfrut 2025”
in corso a Rimini.
“E
sara’ proprio sul tema ‘alimentiamo gli stati uniti d’Europa contro ogni
barriera’ che domani 7 maggio – informa il comunicato – Agrocepi chiamera’ a
confrontarsi il ministero dell’agricoltura e della sovranita’ alimentare con il
sottosegretario Patrizio LA PIETRA (Fdi), il presidente di Ismea, Livio
PROIETTI, e Teresa BELLANOVA, gia’ ministra dell’agricoltura”.
“Un
incontro dal grande valore politico e strategico per discutere il futuro
dell’agricoltura europea in un contesto di nuove sfide globali – aggiunge
MARTINANGELO -.
Riteniamo
necessario avviare un piano straordinario per l’Agrifood che vada oltre la pac
e coinvolga l’intera filiera agroalimentare.
Solo attraverso un’azione coordinata e
integrata, infatti, l’unione europea potra’ rafforzarsi come comunita’
economica, acquisendo maggiore peso sui mercati internazionali e affermando un
modello produttivo fondato su qualita’, sicurezza alimentare e sostenibilita’”.
TUTTOFOOD:
COLDIRETTI, CON SPETTRO DAZI E’ CORSA ACQUISTI AL CIBO MADE IN ITALY (+11%).
“Nei
primi due mesi del 2025 le esportazioni di cibo made in Italy verso gli Usa
sono cresciute in valore dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente, contro un calo generale del 3% di tutti i settori produttivi.
E’
quanto emerge da una analisi coldiretti su “dati Istat” diffusa
all’inaugurazione di “Tuttofood”, la kermesse dedicata all’agroalimentare
aperta alla “fiera di milano rho”, con una esposizione dedicata allo stand c07,
nel padiglione 14”.
Lo
rende noto un comunicato della Coldiretti, che cosi’ prosegue:
“i
dati indicano che ad inizio anno si e’ registrata una crescita degli acquisti
da parte degli importatori statunitensi, con l’obiettivo di ‘fare scorta’ di
prodotti italiani in attesa di capire la mosse di TRUMP sui dazi, annunciati
gia’ in campagna elettorale e dopo il suo insediamento, poi fissati
successivamente al 20%, prima di essere dimezzati e sospesi per 90 giorni.
Se si
prende in esame il solo mese di febbraio, l’aumento e’ stato addirittura del
14% rispetto a un crollo del 10% se si considerano tutti i comparti.
Dal
monitoraggio coldiretti sui prodotti simbolo del made in italy a tavola,
emergono comunque situazioni differenti da filiera e filiera.
Per il
vino, prima voce delle esportazioni agroalimentari tricolori negli States,
arrivano segnali discordanti, tra chi sta registrando una ripresa delle vendite
e chi, invece, rileva un calo almeno a livello di volumi.
l’unico
fattore ad accomunare tutte le cantine – precisa coldiretti – e’ un senso di
incertezza, considerata anche l’estrema mutevolezza degli annunci da parte del
presidente americano Donald TRUMP.
Per i
formaggi, altro simbolo dell’Italian Food, il consorzio del grana padano
segnala un aumento ad inizio anno dell’11% delle forme spedite negli usa, quasi
il doppio rispetto al risultato generale.
Per le
conserve di pomodoro la situazione resta, invece, incerta, anche in
considerazione dell’annunciato calo a doppia cifra della produzione della California
e delle attese rispetto a quella cinese.
‘Nonostante le tensioni commerciali, e’
evidente che il lavoro fatto in questi anni sulla promozione del cibo italiano
negli states ha funzionato e, prescindere da quali saranno le prossime mosse di
TRUMP, occorre ora fare tutto il possibile per evitare un muro contro muro che
finirebbe per danneggiare tutti’, sottolinea il presidente della coldiretti Ettore
PRANDINI.
‘Gli stati uniti rappresentano un mercato di
fondamentale importanza per l’Europa, e in particolare per l’Italia, non solo
per l’agroalimentare ma anche per altri comparti – rileva il segretario
generale di coldiretti Vincenzo GESMUNDO -.
E’
evidente che ci troviamo in un contesto geopolitico profondamente mutato
rispetto a pochi anni fa, dove le tensioni commerciali possono avere
conseguenze rilevanti.
L’auspicio
e’ che l’Italia e l’Europa continuino a portare avanti il dialogo’.
Restano
anche le preoccupazioni sul possibile effetto dei dazi sul fenomeno dell”’italian
sounding”.
Per
l’occasione, nello stand coldiretti e’ stata allestita una mostra sui prodotti
simbolo del made in Italy in America, messi a confronto con le loro imitazioni
che dall’imposizione dei dazi e dal possibile calo di vendite degli ‘originali’
potrebbero trovare una ulteriore spinta.
Non
bisogna, infatti, dimenticare che gia’ oggi gli usa si piazzano in testa alla
classifica dei maggiori taroccatori con una produzione di cibo italiano tarocco
che ha superato i 40 miliardi in valore e che vede come prodotto di punta i
formaggi. Secondo l’analisi della coldiretti su dati USDA, il dipartimento di
stato dell’agricoltura statunitense, si producono negli stati uniti 222 milioni
di chili di Parmesan, 170 milioni di chili di Provolone, 23 milioni di chili di
Pecorino romano oltre a quasi 40 milioni di chili di formaggi “italian style”
di altro tipo, come il friulano.
Senza
dimenticare gli oltre 2 miliardi di chili di mozzarella, che portano il totale
dell”italian cheese’ a quasi 2,7 miliardi di chili.
il 90% dei formaggi ‘tipo italiano’ e’
realizzato in Wisconsin, California e New York e ha superato la produzione dei
veri formaggi statunitensi come cheddar, colby, monterrey e jack.
Il
problema riguarda pero’ tutte le categorie merceologiche a partire dai salumi
piu’ prestigiosi, come le imitazioni del Parma e del San Daniele o la
mortadella bologna o il salame milano, fino al vino”.
UNIONCAMERE:
7 IMPRESE SU 10 SI ATTREZZANO PER FRONTEGGIARE I POSSIBILI DAZI USA.
Sette
imprese su 10 si stanno attrezzando per contrastare gli effetti negativi dei
possibili dazi usa.
E’
quanto emerge da un recente sondaggio di Unioncamere e Centro studi Tagliacarne
che mostra anche che, sebbene le vendite italiane negli states rappresentino
una quota significativa del nostro export, la capacita’ di diversificazione dei
mercati (11 quelli mediamente raggiunti alle aziende italiane) potrebbe
contenere almeno in parte il peso delle nuove barriere economiche.
Ne
hanno discusso oggi i presidenti delle camere di commercio, giunti a Roma per
l’assemblea di Unioncamere”.
Lo
rende noto un comunicato di Unioncamere, che cosi’ prosegue:
“‘il
43% delle imprese interpellate da una analisi di Ipsos resa nota oggi e’
convinto che la camera di commercio possa offrire un valido supporto
nell’accesso ai mercati esteri e quasi la meta’ pensa che le camere di
commercio possano continuare ad essere un punto di riferimento per affrontare
le sfide future’, ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea PRETE.
‘Soprattutto le imprese di piccola dimensione
vanno aiutate visto che, secondo le nostre stime, oltre 7 miliardi di euro di
export aggiuntivo potrebbero venire proprio da queste’.
Il
primo effetto che le barriere commerciali del governo usa potrebbe determinare,
dicono le imprese, e’ la riduzione dell’export (il 56% delle imprese che
subiscono un impatto da queste politiche indica questa limitazione).
Al
secondo posto (26%) c’e’ l’aumento dei costi di approvvigionamento.
Al
terzo posto (22%) e’ segnalata la riduzione delle vendite di beni intermedi e
semilavorati che sono incorporati in prodotti di altri paesi per il mercato
usa.
Circa
un’impresa su cinque (19%), inoltre, si aspetta un aumento della concorrenza da
parte di altre imprese che potrebbero spostare i mercati di vendita dagli stati
uniti all’Ue.
Sette
imprese su 10, pero’, sono pronte a rispondere, aumentando i prezzi di vendita
(ipotesi dichiarata dal 33% delle aziende), ricercando nuovi mercati nella ue
(25%) o extra-ue (18%), aumentando/spostando la produzione negli usa (lo
dichiara solo il 3%).
L’italia
e’ il paese con la piu’ alta quota di imprese esportatrici verso gli usa
(22,3%) dopo la Francia (22,6%).
Dopo Irlanda
(26,7%) e Finlandia (11,1%), il nostro paese e’ al terzo posto per valore
dell’export delle imprese (circa 65 miliardi di euro nel 2024) verso gli stati
uniti sul totale dell’export italiano (10,8%).
Complessivamente,
il 2,9% del fatturato delle aziende made in italy e’ generato dall’export negli
usa, ma con dei picchi notevoli a livello provinciale.
E’ il
caso di Trieste, dove il 36,2% del fatturato delle imprese proviene proprio
dalle vendite negli usa, seguita da l’aquila (17,6%), isernia (16%), grosseto
(12,1%), massa carrara (8,5%), rieti (8,1%), sassari (7,6%), modena (6,9%),
latina (6,6%) e ferrara (5,2%). le imprese italiane nel tempo hanno imparato a
diversificare i propri mercati di sbocco, proprio per essere meglio in grado di
affrontare le turbolenze internazionali.
Le
aziende esportatrici manifatturiere, mediamente, esportano in 11 mercati
diversi.
E piu’
si sale al nord, piu’ la diversificazione aumenta: nel nord-ovest in media ogni
impresa manifatturiera vende in 13 paesi, nel nord-est in 11, al centro in 9 e
nel mezzogiorno in 6. quattro le province da record (reggio emilia, vercelli,
bologna e ravenna), in cui la media di paesi di esportazione per ogni impresa
manifatturiera e’ tra i 15 e i 17”.
GIANSANTI
E CAPONI A EUROFLORA, INNOVAZIONE ED EXPORT NOSTRI PUNTI DI FORZA.
A
euroflora l’italia esalta la sua capacita’ progettuale e produttiva, fatta di
tecnologia, ricerca applicata e innovazione. questo in un momento particolare a
livello globale, in cui gli scambi internazionali sono fortemente influenzati
dalle politiche usa relative ai dazi e alle barriere non tariffarie che molto
incidono sui nostri prodotti agricoli e per i quali chiediamo reciprocita’”: lo
ha detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano GIANSANTI, in visita
ufficiale ad Euroflora di Genova insieme al direttore generale CAPONI.
“A
euroflora l’organizzazione e’ presente con un ampio spazio che ospita incontri,
convegni e attivita’ didattiche a cura della Liguria.
Un’occasione
che va oltre il comparto e abbraccia i grandi temi dell’agricoltura: i mercati,
il ricambio generazionale, il cambiamento climatico.
Focus
approfonditi con enti e istituzioni”, spiega un comunicato di Confagricoltura.
“gli operatori dicono che nel 2050 la liguria avra’ il clima che oggi ha
marrakech. questo significa tropicalizzazione, innalzamento delle temperature,
siccita’ e, parallelamente, fenomeni alluvionali piu’ frequenti.
Di qui
la necessita’ di trovare soluzioni innovative per mantenere il patrimonio
verde, renderlo piu’ resistente per permettere a tutti di continuare a
beneficiarne. il settore florovivaistico italiano vale 3,14 miliardi di euro,
che rappresentano il 4,7% del valore della produzione agricola totale.
l’italia e’ il terzo principale paese
produttore della Ue dopo paesi bassi e spagna. l’export e’ di circa 1,2
miliardi (pari all’1,4% dell’export agroalimentare totale), con francia, paesi
bassi e germania i principali mercati di sbocco”, prosegue confagricoltura.
“La qualita’ delle nostre produzioni e’
apprezzata in tutto il mondo.
Gli
stati uniti, benche’ non siano il nostro primo mercato, rappresentano una
piazza importante per il comparto delle fronde.
I dazi
colpirebbero questo settore, che sta ancora patendo da anni la mancanza del
mercato russo.
L’Italia
vanta tuttavia una tradizione secolare nel campo dell’ibridazione, che nel
tempo ha portato a nuove varieta’ oggi presenti nel mondo.
Ad
esempio, la maggior parte delle rose coltivate in centro america sono di
ibridazione italiana;
cosi’
anche per i garofani e gli anemoni.
Per i
ranuncoli abbiamo individuato cloni che, dall’Italia, sono entrati sul mercato
con una nuova varieta’ nata proprio qui in liguria”, ha spiegato il presidente
della federazione nazionale florovivaismo Luca DE MICHELIS.
USA
CHIEDONO AL MESSICO ELIMINAZIONE DAZI SU SISTEMI
DIFESA
CONTRO VERME A VITE DEL NUOVO MONDO.
il
segretario americano all’agricoltura Brooke ROLLINS ha inviato una lettera alla
sua controparte in Messico, chiedendo che vengano eliminate le restrizioni
sugli aerei dell’Usda e di rinunciare ai dazi doganali sul materiale per
l’eradicazione che stanno ostacolando la risposta degli stati uniti alla
diffusione del verme a vite del nuovo mondo (new world screwworm, la larva della
mosca cochliomyia hominivorax), informa un comunicato.
“Ogni ritardo nel concedere la piena autorita’
operativa e nell’eliminare le barriere doganali mina la nostra capacita’
collettiva di portare avanti questa risposta di emergenza – ha scritto ROLLINS
– e se questi problemi non saranno risolti entro il 30 aprile, l’Usda limitera’
l’importazione di bovini, bisonti ed equini vivi provenienti o in transito dal Messico,
per proteggere gli interessi dell’industria agricola degli stati uniti”.
l’Usda
– spiega il comunicato – continua a intraprendere tutte le azioni necessarie per fermare la diffusione del new
world screwworm nel messico meridionale, al fine di proteggere l’industria
zootecnica americana, l’approvvigionamento alimentare e le popolazioni di
animali selvatici prima che il parassita raggiunga il confine degli stati
uniti.
DEF:
ALLEANZA COOPERATIVE, PIU’ SVILUPPO, TUTELE E LIQUIDITA’
PER
CONSENTIRE A IMPRESE DI AFFRONTARE CRISI DAZI
“il
rispetto degli obiettivi di finanza pubblica certificato dal documento di
finanza pubblica 2025 rappresenta una notizia positiva per la tenuta economica
del paese, grazie anche alle maggiori entrate fiscali.
Tuttavia,
le centrali cooperative dell’alleanza segnalano l’assenza di una strategia
esplicita di riprogrammazione delle risorse pubbliche a sostegno dello
sviluppo, delle imprese e dell’economia sociale.
A
dirlo sono Simone GAMBERINI, presidente di Legacoop, e Marco VENTURELLI,
segretario generale di “confcooperative”, intervenuti, anche in rappresentanza
di Giovanni SCHIAVONE, presidente Agci, all’audizione sul dfp davanti le
commissioni bilancio di camera e senato”.
Lo
rende noto un comunicato di alleanza delle cooperative italiane che cosi’
prosegue:
“la
riduzione della spesa netta nel 2024 e il mantenimento dell’avanzo primario
sono valutati favorevolmente.
Preoccupa,
tuttavia, la debolezza dell’intervento pubblico in ambito sociale e sanitario.
Il comparto
socioassistenziale e’ sottofinanziato, come evidenziato da ufficio parlamentare
di bilancio e banca d’italia.
in assenza di interventi mirati, il sistema
rischia seri squilibri e un’ondata di contenziosi, come nel caso dei ricoveri
per alzheimer, a seguito della recente sentenza della cassazione.
Nel
primo semestre 2025, il sentimento economico tra le cooperative e’ negativo,
anche se si prevede una crescita di fatturato nei settori sociale, sanitario e
agroalimentare.
Persistono
criticita’ strutturali, tra cui il disallineamento tra domanda e offerta di
lavoro e la crisi demografica della cooperazione, con un saldo negativo di
iscrizioni e cessazioni.
Il
movimento sollecita una riflessione sull’evoluzione normativa degli ultimi
vent’anni, affinche’ lo stato torni a promuovere attivamente la cooperazione,
in linea con l’articolo 45 della costituzione.
La
nuova crisi dei dazi statunitensi rischia di travolgere il settore
agroalimentare, in particolare il vino, l’olio evo, i formaggi, i salumi e le
conserve di pomodoro.
Le
cooperative, che esportano negli stati uniti prodotti ad alto valore aggiunto,
non possono delocalizzare e invocano misure di emergenza per evitare perdite di
mercato e occupazione.
Le
stime parlano di rischi occupazionali tra i 18 e i 20 mila posti, con cali
potenziali di export fino al 30% per i vini e al 20% per i salumi.
Le
centrali cooperative avanzano una serie articolata di proposte su quattro assi
principali:
attivazione
di fondi europei e nazionali per sostenere le imprese colpite dai dazi , con
risorse straordinarie, promozione nei nuovi mercati e strumenti digitali per
l’export; ammortizzatori sociali speciali, contenimento della pressione
fiscale, estensione dei benefici alle imprese agricole cooperative, e
semplificazione burocratica; misure di sostegno al credito sul modello del
temporary framework ucraina e moratorie simili a quelle attuate durante il
covid; revisione della disciplina della global minimum tax per renderla
compatibile con le specificita’ delle cooperative e delle imprese sociali; in
vista della legge annuale per le pmi e dell’attuazione della raccomandazione ue
sull’economia sociale, la cooperazione chiede incentivi per gli investimenti
nel capitale delle imprese sociali, un rilancio della fiscalita’ sul patrimonio
indivisibile delle societa’ cooperative e correttivi agli indici sintetici di
affidabilita’.
Sul
fronte degli appalti pubblici, e’ urgente eliminare la disparita’ tra lavori e
servizi nella revisione prezzi.
inoltre, il rinnovo del Ccnl della
cooperazione sociale e i nuovi costi che ne derivano devono essere riconosciuti
dalla pa.
Infine,
e’ indispensabile un intervento coordinato per l’adeguamento delle tariffe dei
servizi sociosanitari, oggi ampiamente insufficienti”.
DAZI:
VANCE, CON MELONI CONTINUEREMO DIALOGO SU NEGOZIATI CON UE.
“Con
MELONI continueremo dialogo su negoziati con Ue»
«vorrei
anche parlare con il primo ministro di alcune relazioni economiche molto
importanti tra l’italia e gli stati uniti.
Ma,
ovviamente, stiamo conducendo importanti negoziati commerciali non solo tra
l’italia e gli stati uniti, ma anche con l’intera unione europea.
Ne
abbiamo parlato a lungo ieri con il presidente e oggi daremo seguito a quelle
conversazioni».
Ha
detto il vicepresidente degli stati uniti, jd VANCE, prima del bilaterale con
la premier Giorgia MELONI a palazzo Chigi.
GIANSANTI
(CONFAGRICOLTURA), BENE INCONTRO MELONI-TRUMP.
ORA
SPERIAMO IN INTESA DEFINITIVA ELUDENDO RISCHIO DAZI“
Come Confagricoltura
sin dall’inizio avevamo chiesto un dialogo forte ed autorevole tra l’Europa e
gli stati uniti.
Il
viaggio oggi della presidente MELONI va nella giusta direzione”.
Lo
afferma il presidente di Confagricoltura Massimiliano GIANSANTI in merito
all’incontro tra la presidente del consiglio Giorgia MELONI e il presidente
degli stati uniti Donald TRUMP.
Dobbiamo evitare guerre commerciali con quello
che per noi e’ il principale mercato al di fuori dell’Europa”, evidenzia
GIANSANTI, che prosegue: “credo che attraverso la diplomazia e, piu’ in
generale, attraverso i buoni rapporti che da sempre caratterizzano le due
sponde dell’atlantico, si possano da un lato creare ancora oggi forti
condizioni per poter garantire la sicurezza alimentare a livello globale, senza
nessuna influenza per quello che riguarda la vita dei consumatori e, dall’altro
lato, incentivare sempre di piu’ la grande capacita’ produttiva sia europea che
americana in una giusta dimensione, ma soprattutto per rispondere a quelle che
sono le sfide del mercato globale che ci chiedono di produrre sempre di piu'”.
“Quindi
bene l’incontro tra la presidente MELONI e TRUMP:
ora
speriamo che si possa trovare un’intesa definitiva eludendo il rischio e la
preoccupazione legati ai dazi, per dare una nuova prospettiva e un nuovo
accordo tra gli stati uniti e l’Europa stessa”, conclude GIANSANTI.
DAZI:
MAMMI (EMILIA ROMAGNA), 12 MILIONI DI EURO PER
RAFFORZARE
PRESENZA AGROALIMENTARE ALL’ESTERO.
Oltre
10,5 miliardi di euro di export verso gli stati uniti, di cui quasi 1 miliardo
solo tra cibo e vino:
numeri
che fanno degli Usa il primo mercato extra-ue per l’agroalimentare emiliano
romagnolo ma che rischiano di essere messi in discussione dall’annuncio di
nuovi dazi usa, rende noto un comunicato della regione emilia romagna.
Una situazione di incertezza – spiega il
comunicato – alla quale la regione risponde con una strategia concreta e mirata
per sostenere l’export e le imprese, mettendo a disposizione oltre 12 milioni
di euro per la promozione, sui mercati internazionali, del vino e dei prodotti “dop”
e” igp”.
A
illustrarla e’ l’assessore regionale all’agricoltura e agroalimentare Alessio
MAMMI, protagonista della settima puntata di “risposte”, il format di
video-interviste alla giunta dell’Emilia romagna, guidata dal presidente Michele
DE PASCALE, che approfondisce alcune delle questioni di maggiore rilievo per la
comunita’ regionale.
BCE:
GARDINI (CONFCOOPERATIVE), TAGLIO 25 PUNTI MISURA
CORAGGIOSA
IN MOMENTO DELICATO AGGRAVATO DA DAZI.
‘Il
nuovo taglio di 25 punti del costo del denaro operato dalla Bce rappresenta un
segnale importante, molto atteso dal sistema produttivo italiano ed europeo.
Una
misura coraggiosa che arriva in un momento delicato di contrazione
dell’economia mondiale dove i dazi hanno aumentato il clima di incertezza’.
E’
quanto afferma Maurizio GARDINI, presidente di Confcooperative, nel commentare
positivamente il taglio operato dalla Bce”.
Lo
rende noto un comunicato di Confcooperative.
“Questa
scelta va nella giusta direzione e risponde alla necessita’ delle imprese di
accedere al credito a condizioni meno onerose”, sottolinea il presidente di Confcooperative,
ad avviso del quale “le cooperative e le imprese in generale hanno bisogno di
poter accedere al credito a condizioni piu’ favorevoli, e questa scelta della Bce
va proprio in questa direzione”.
“E’ fondamentale che le imprese possano
investire e innovare, e un costo del denaro piu’ basso rappresenta
un’opportunita’ per rilanciare l’economia e per sostenere il sistema produttivo
e favorire gli investimenti necessari in questa fase economica complessa”,
prosegue GARDINI, che conclude:
“la decisione della Bce puo’ rappresentare una
boccata d’ossigeno.
Le
cooperative, come tutte le imprese, necessitano di liquidita’ a costi
sostenibili per alimentare progetti di sviluppo e innovazione”.
DAZI:
COPAGRI SARDEGNA, RICADUTE DAZI SU DOP NON SONO AL MOMENTO ALLARMANTI.
‘Le
ricadute sul pecorino romano dop dei dazi imposti, salvo poi essere sospesi,
dall’amministrazione statunitense non sono al momento tali da suscitare
allarmismi particolari o che comunque vadano oltre le normali preoccupazioni
che gravano sulle spalle di buona parte dei settori produttivi’.
E’
quanto afferma il presidente della Copagri Sardegna Giuseppe PATTERI in
occasione della visita della premier Giorgia MELONI negli usa, riportando
quanto emerso durante una serie di confronti tra la federazione e numerosi
produttori associati, svoltisi negli ultimi giorni”.
Lo
rende noto un comunicato di opagri sardegna.
“Certamente,
all’indomani della scellerata imposizione delle nuove barriere tariffarie, le
oscillazioni sull’export del pecorino romano verso gli usa sono state
temporaneamente e moderatamente avvertite anche dai trasformatori dell’isola,
ma al netto di questo, ad oggi, la stragrande maggioranza dei produttori non
registra particolari contraccolpi sulle scorte di magazzino”, prosegue il
presidente della Copagri Sardegna, ad avviso del quale “questo si spiega con il
fatto che molti esportatori hanno predisposto per tempo una collocazione
straordinaria di prodotto sul mercato statunitense”.
“Al
netto di cio’, e’ bene evidenziare che i prezzi al consumo del formaggio sul
mercato nazionale mostrano quotazioni decisamente positivi, con quotazioni che
nella vendita al dettaglio da parte della Gdo superano i 25 euro al chilo”,
evidenzia il direttore della Copagri sardegna Mario PUTZOLU, spiegando che “il
trend del pecorino romano continua ad essere positivo sia sul mercato
comunitario che in quello ‘extra usa’”.
“Ii
dazi non stanno influendo neanche sul prezzo all’origine del prodotto a 5 e 8
mesi di stagionatura, che registra addirittura un leggero aumento rispetto al
mese di gennaio”, aggiunge PUTZOLU, facendo inoltre notare che “la produzione
di latte conferito, pur avendo subito una contrazione complessiva rispetto alle
tre campagne precedenti, anche a causa della “blue tongue”, ha fatto registrare
fino a gennaio una crescita del prodotto destinato alla produzione del pecorino
romano”.
“Quello
che bisogna fare, quindi, oltre a evitare pericolosi allarmismi che possano
danneggiare i mercati, e’ valutare la possibile attuazione di misure di
contrasto, quali ad esempio interventi straordinari atti a stabilizzare i
mercati, intervenendo nella peggiore delle ipotesi con operazioni sulle scorte
di magazzino, anche in coordinamento con le istituzioni nazionali”, suggerisce
PATTERI, invitando la regione Sardegna a “muoversi per tempo ed evitare in
questo modo di farsi trovare impreparata”.
DAZI:
VIA CAMPESINA, NO A NUOVI ACCORDI LIBERO
SCAMBIO
RAFFORZARE SOVRANITA’ ALIMENTARE.
“L’agricoltura
sara’ fortemente colpita dalla guerra commerciale di TRUMP, con gravi
ripercussioni sui produttori di beni destinati all’esportazione (vino,
formaggio, olio, ecc.) cosi’ come sugli agricoltori”, afferma il coordinamento
europeo di via campesina (Ecvc).
“in questo contesto – prosegue – alcuni
presentano la rapida ratifica di nuovi accordi di libero scambio come l’unica
soluzione.
Questa
proposta provochera’ decenni di danni agli agricoltori contadini e alle
societa’, mantenendo la vulnerabilita’ dei mercati europei e minando la nostra
auspicata autonomia strategica”.
Secondo
l’Ecvc, “per difendere l’agricoltura, l’alimentazione e i mercati in Europa,
dobbiamo abbandonare il paradigma del libero scambio e rafforzare la sovranita’
alimentare”.
DAZI:
DEMETER ITALIA, TARIFFE STIMOLO PER RAFFORZARE PRODUZIONI LOCALI, SANE E
CERTIFICATE.
“I
dazi annunciati da Donald TRUMP cambiano le regole del gioco del mercato
globale, ma non minacciano le produzioni biodinamiche italiane certificate.
Di
fronte all’altalena del mercato agroalimentare innescata dagli annunci di
TRUMP, “Demeter italia”, l’associazione per la tutela della qualita’
biodinamica, guarda al rovescio della medaglia, all’opportunita’ di incentivare
il mercato locale e di valorizzare le produzioni piu’ sane, ecologiche,
tracciabili e certificate”.
Lo
rende noto un comunicato stampa di “Demeter”.
“Siamo
di fronte a un mercato in grande cambiamento – spiega il presidente
dell’associazione Enrico AMICO – non solo per le dinamiche della politica
internazionale, ma anche per un cambiamento culturale sempre piu’ significativo
nelle scelte di consumo.
L’attenzione
ai prodotti piu’ salutari, rispettosi dell’ambiente e del territorio, del
sociale sta crescendo tra i consumatori e traccera’ le scelte produttive del
futuro.
E in
questa fase e’ possibile un’accelerazione di questo processo che parte dalla
consapevolezza, piu’ o meno acquisita, di quanto l’alimentazione e cio’ che
mangiamo condizioni il nostro stato di salute e, in senso piu’ ampio, quello
dell’ambiente.
Proprio
per questa ragione la tracciabilita’ dei prodotti e la certificazione di
qualita’ biodinamica “demeter”, che segue rigorosi standard di controllo su
ogni azienda licenziataria e ogni produzione, assume grande importanza a tutela
del consumatore”.
Anche
per questa ragione AMICO sottolinea come le aziende biodinamiche esportatrici
reggeranno bene l’urto:
“dopo una prima fase di assestamento il calo
delle vendite sara’ meno pesante di quanto si possa pensare, perche’ i nostri
prodotti a marchio” Demeter” vengono scelti per la loro eccellenza e garanzia
di qualita’, quindi non facilmente imitabili e sostituibili”.
Secondo
il presidente di “Demeter italia” le produzioni biodinamiche certificate sono
in grado di offrire una garanzia di qualita’ anche di fronte al rischio di
invasione delle produzioni cinesi a seguito della guerra dei dazi.
“i
rischi collegati all’importazione di prodotti cinesi – continua AMICO – sono
ben noti:
significa
parlare della presenza di sostanze tossiche e vietate nel nostro paese come in Europa,
contaminazioni dovute agli inquinanti.
Questo
e molto altro ancora.
A
maggior ragione oggi il consumatore ha necessita’ di tutelarsi.
E non
si tratta di un piccolo problema”.
Demeter
italia evidenzia la necessita’ di una visione piu’ ampia del contesto
produttivo agroalimentare, a partire dalla cura del terreno.
“Non si parla mai abbastanza dei rischi per la
salute legati all’alimentazione – conclude AMICO – e spesso un’etichetta non
basta.
E’
necessario sapere come e’ stato prodotto cio’ che finisce sulla nostra tavola,
capire che un alimento sano non puo’ arrivare da un terreno inquinato, che la
cura e l’attenzione dell’agricoltore per cio’ che costituisce l’azienda
agricola, dal terreno fino alle persone, genera sempre un valore.
Per
questa ragione in agricoltura biodinamica l’azienda agricola e’ chiamata
organismo agricolo, perche’ non esiste davvero nulla di non interconnesso”.
GRANA
PADANO: ASSEMBLEA CON LOLLOBRIGIDA
PER IL
70 MO. VIDEOMESSAGGIO DI MELONI.
“Le
minacce dei dazi preoccupano i produttori di grana padano, che oggi hanno
celebrato un 2024 ricco di successi ed il 70esimo anniversario di fondazione
del consorzio di tutela del formaggio a denominazione d’origine protetta piu’
consumato nel mondo nell’assemblea generale che si e’ svolta al centro fiere di
montichiari (bs) ed ha visto la partecipazione del ministro dell’agricoltura,
della sovranita’ alimentare e delle foreste Francesco LOLLOBRIGIDA ed un
videomessaggio di saluto della presidente del consiglio, Giorgia MELONI,
impegnata a Washington nel vertice con il presidente TRUMP”.
Lo
rende noto un comunicato stampa del consorzio.
“il
nostro cibo e’ sinonimo di eccellenza e grana padano ne e’ una delle
espressioni piu’ riconosciute ed apprezzate, con tutto il sistema delle
indicazioni geografiche che non ci stancheremo mai di difendere – ha detto tra
l’altro il presidente del consiglio -.
La
nostra priorita’ e’ favorire l’accesso degli imprenditori ai mercati,
promuovere la qualita’ italiana, ridurre le barriere che ostacolano la nostra
capacita’ di crescere.
Continueremo
in questa direzione anche e soprattutto in questa fase tanto complessa quanto
in continua evoluzione, nella quale e’ necessario ragionare con lucidita’ e
lavorare con concretezza e pragmatismo.
Tra le
tante incertezze voglio darvi una certezza.
Il
governo continuera’ ad essere al vostro fianco, al fianco di chi produce e
difende la nostra identita’, al fianco di chi tiene alta la bandiera del nostro
marchio made in italy nel mondo.
Perche’
l’unica cosa che abbiamo a cuore e’ fare l’interesse dell’italia e degli
italiani”.
“Nel
2024 abbiamo proseguito nella crescita delle produzioni avviate negli ultimi
anni – ha sottolineato il presidente del consorzio di tutela, Renato ZAGHINI –
abbiamo performato ottimamente all’estero e in italia e siamo stati la
destinazione piu’ redditizia al mondo per il “latte da silomais”.
“Il consorzio di tutela – continua il
comunicato -ha fissato ulteriori obiettivi di crescita con i piani pluriennali
produttivo e strategico varanti a fine 2024.
Ma la
guerra dei dazi rischia di imporre modifiche drastiche agli investimenti e non
solo verso gli stati uniti, terzo mercato estero per il grana padano nel 2024
con oltre 215mila forme esportate lo scorso anno, con un incremento di oltre 10
punti percentuali sull’anno precedente”.
“Siamo
fiduciosi che il governo trovera’ il modo di attenuare molto l’impatto delle
misure minacciata da TRUMP – ha sottolineato il direttore generale, Stefano
BERNI -.
Tuttavia,
va sottolineato che il sistema grana padano, indipendentemente dall’avvento dei
nuovi dazi, si sta intensamente impegnando fuori dall’italia secondo precise
strategie che gia’ nel 2024 hanno portato il 51,2% della produzione oltre
confine, puntando anche verso altri paesi oltre gli stati uniti, che comunque
non raggiungono neppure l’8% del totale esportato.
Quindi
non possiamo inventarci nulla di aggiuntivo all’estero.
E come
abbiamo superato l’embargo russo e dazi 2020 di TRUMP, ce la caveremo anche
stavolta.
Ma e’
una grave penalizzazione di cui faremmo molto volentieri a meno”.
“Hanno
portato il loro saluto all’assemblea – prosegue il comunicato – Ettore
PRANDINI, presidente coldiretti, Massimiliano GIANSANTI, presidente
confagricoltura, Raffaele DREI, presidente Fedagri, Gianmichele PASSARINI,
vicepresidente Cia, Tommaso BATTISTA, presidente Copagri, Paolo ZANETTI,
presidente Assolatte, e Nicola Cesare BALDRIGHI, presidente” origin italia”.
Nel
suo intervento LOLLOBRIGIDA ha innanzitutto sottolineato che “il grana padano
e’ un’eccellenza italiana che si e’ affermata sui mercati di tutto il mondo,
stati uniti compresi, e potra’ continuare ad aprire nuovi mercati, perche’ la
sua forza e’ consolidata”.
Sul tema dei dazi ha ricordato che oggi “c’e’
una sospensione prolungata che permette di trattare come il governo vuole fare,
con gli stati uniti, con l’Europa che ha un ruolo molto rilevante per le
competenze assegnate all’unione europea nei rapporti con i paesi terzi sul
sistema tariffario”.
inoltre
ha espresso fiducia sugli sviluppi auspicati da MELONI:
“sui
dazi c’e’ sicuramente preoccupazione, ma anche speranza.
Siamo
una nazione che vuole garantire un rapporto sempre piu’ solido con gli stati
uniti, intesi come alleato strategico, ma anche come mercato importante per le
nostre eccellenze.
Tra
queste il” grana padano” rappresenta un simbolo straordinario.
E’ un
prodotto che ha saputo imporsi sui mercati globali grazie alla qualita’ e al
lavoro prezioso delle nostre imprese, e ha ancora molto da offrire.
il “grana padano” puo’ aprire nuovi mercati e
noi saremo al loro fianco”.
“Ai
‘dazisti’ chiediamo prima di tutto di non danneggiare i loro consumatori, visto
che comunque consumeranno grana padano ugualmente, ma spendendo molto di piu’ –
ha detto ZAGHINI concludendo la sua relazione -.
Ai
consumatori chiediamo che continuino a fidarsi di noi, che meritiamo davvero di
essere il “prodotto dop” piu’ consumato al mondo, perche’, come loro sanno
bene, siamo i migliori nel rapporto qualita’/prezzo. e per questo siamo e
rimarremo i primi”.
“L’assemblea
generale – riprende il comunicato – ha poi approvato all’unanimita’ la
relazione di bilancio per il 2024, il bilancio di sostenibilita’ e la conferma
dell’attivita’ di autocontrollo.
Inoltre
ha valutato la relazione annuale sul piano produttivo, che ha ottenuto il via
libera con l’88,42% di consensi ed ha adottato altri provvedimenti di carattere
tecnico ad ampia maggioranza”.
GRANA
PADANO: DREI (FEDAGRIPESCA): NESSUN CEDIMENTO SU
TUTELA
“IG” SONO L’IMMAGINE PIU’ ALTA DEL MADE IN ITALY“.
Non
bisogna cedere sulla tutela delle indicazioni geografiche che rappresentano per
il nostro paese un patrimonio economico e culturale inestimabile, oltre che
l’immagine piu’ alta del made in italy”.
Lo ha
dichiarato il presidente di Fedagripesca Confcooperative Rraffaele DREI,
intervenendo all’assemblea per i 70 anni del consorzio del grana padano.
Lo
rende noto un comunicato stampa di Confcooperative Fedagripesca.
“Alla
luce del delicato contesto internazionale – ha proseguito DREI – ritengo che il
tema dei dazi non vada ne’ esasperato ne’ sottovalutato.
E’
opportuno a mio avviso compiere un ragionamento piu’ ampio rispetto al rapporto
tra l’italia e gli usa, consapevoli che siamo di fronte ad un nuovo ‘disordine’
mondiale, con una vera e propria minaccia a quello che e’ stato finora
l’equilibrio del commercio globale”.
Diventa
indispensabile pertanto, secondo il presidente di Fedagripesca “attrezzarsi al
piu’ presto per consentire alle nostre imprese di affrontare al meglio i
diversi shock che si vanno a prefigurare, nel contesto internazionale come in
quello nazionale”.
Di qui
l’appello alle istituzioni:
“abbiamo
chiesto e continueremo a chiedere al nostro governo una serie di misure e di
interventi che sostengano la competitivita’ delle nostre imprese”, ha
dichiarato DREI.
Cosi’
come a livello comunitario:
“confidiamo nell’approccio piu’ razionale e
aperto dimostrato dal commissario ue Christophe HANSEN, con il quale speriamo
di aver archiviato definitivamente le politiche estremiste e ideologiche della
passata commissione”.
Alla
luce delle sfide che l’agroalimentare deve affrontare, l’aggregazione e la
concentrazione dell’offerta restano per il presidente DREI delle leve
fondamentali per riuscire a competere sui mercati.
“Bisogna lavorare insieme e coordinati – ha
dichiarato – se vogliamo garantire un futuro al nostro tessuto produttivo.
I 70 anni di successo del consorzio di tutela
del grana padano, che vede il 65% della produzione nelle mani della
cooperazione, sono a tal riguardo un mirabile esempio”.
Un
ultimo accenno e’ stato quello dedicato dal presidente della federazione
agricola alle campagne denigratorie che, come per il vino, colpiscono anche la
zootecnia.
Si
tratta di minacce che DREI considera “ancora piu’ pericolose dei dazi, perche’
mettono a rischio le produzioni di origine animale, fondamentali per la tenuta
del tessuto sociale ed economico del nostro paese nonche’ parte del patrimonio
culturale del nostro paese”.
DAZI:
COMMISSIONE UE, NORMATIVE SU SICUREZZA ALIMENTARE NON SONO NEGOZIABILI.
“Le
relazioni commerciali tra Ue e usa valgono 1,6 trilioni l’anno con enormi
vantaggi per entrambe le parti:
E’
quanto affermato oggi dal portavoce della commissione europea “Olof GILL “durante
il briefing con la stampa che ha fatto il punto dei colloqui sui dazi avuti
ieri a Washington con le controparti statunitensi dal commissario europeo Maros
SEFCOVIC.
“Si
tratta di un fantastico risultato economico”, ha aggiunto, sottolineando anche
che “Ue e Usa investono nelle rispettive economie 1,3 trilioni di euro, mentre
3,4 milioni di lavoratori americani sono occupati grazie agli investimenti
europei negli usa:
non
approfittiamo degli usa come affermato anche ieri dal presidente americano Donald
TRUMP, direi che sembriamo piu’ dei migliori amici”.
Sempre
in riferimento all’affermazione di TRUMP, “riguardo agli scambi agroalimentari “GILL”
ha presentato alcuni dati:
nel
2023 l’Ue ha importato prodotti per 12 miliardi di euro di valore dagli usa e
l’import dell’Ue di prodotti agroalimentari e’ cresciuto del 77% dal 2005;
gli
stati uniti, inoltre, hanno un surplus nell’export di oli di semi e colture
proteiche per un valore di 3,9 miliardi di euro e un surplus per frutta e
frutta in guscio per un valore di 2 miliardi di euro, oltre a un surplus di
input industriali per 362 milioni di euro.
“Quindi
– ha evidenziato GILL – si puo’ tranquillamente affermare che anche in termini
di relazioni commerciali agroalimentari entrambi beneficiamo di buone
relazioni”.
Alla
domanda se il commissario SEFCOVIC avesse proposto dazi 0 anche per i prodotti
alimentari, il portavoce della commissione ha affermato che “E’ vitale
ricordare che l’Ue ha standard particolari relativamente al Food, che sono
sacrosanti e che non sono parte di negoziati.
i nostri cittadini – ha dichiarato – si
aspettano che noi manteniamo i nostri standard i piu’ alti nel mondo e noi lo
faremo”.
DAZI:
COMMISSIONE EUROPEA, DA DOMANI SOSPESE LE CONTROMISURE UE PER DARE SPAZIO AI
NEGOZIATI.
informa
un comunicato della commissione europea che sono sospese da domani le
contromisure sui dazi commerciali ingiustificati degli stati uniti per dare
tempo e spazio ai negoziati Ue-usa.
“La pausa – si legge nel comunicato – e’ stata
annunciata per la prima volta dal presidente della commissione europea Ursula
VON DER LEYEN la scorsa settimana. La decisione, che sospende per un massimo di
90 giorni le contromisure sulle importazioni di acciaio e alluminio – e’ stata
presa in risposta al fatto che gli stati uniti hanno ritardato di 90 giorni le
cosiddette tariffe reciproche.
in totale, le contromisure Ue sospese
riguardano 21 miliardi di euro di esportazioni statunitensi.
nell’ambito
dell’impegno dell’Ue per trovare una soluzione negoziale con gli stati uniti,
il commissario europeo per il commercio Maros SEFCOVIC si trova oggi a “Washington
dc” per incontrare le sue controparti statunitensi al fine di esplorare il
terreno per una soluzione negoziata.
Come
ha chiarito la presidente VON DER LEYEN nella sua dichiarazione, l’Ue vuole
‘dare una possibilita’ ai negoziati’, ma se i colloqui non dovessero rivelarsi
soddisfacenti, scatteranno le contromisure dell’Ue.
Oltre
a queste contromisure, ora sospese, continuano i lavori preparatori per
ulteriori contromisure dell’Ue.
l’Ue –
conclude il comunicato – ritiene che i dazi statunitensi siano ingiustificati e
dannosi, con il rischio di danni economici per entrambe le parti e per
l’economia globale”.
DAZI: “CLAL”,
IMPORTANTE MONITORARE I FLUSSI DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI.
Nei
primi mesi del 2025 con 1 chilogrammo di latte e’ stato possibile acquistare
2,05 chilogrammi di alimentazione, afferma “clal” in un comunicato,
sottolineando che i prezzi contenuti di mais e soia, uniti alla tendenza
positiva del prezzo del latte alla stalla, hanno reso l’alimentazione animale
meno costosa rispetto al passato. Aggiunge “clal” che in questo inizio d’anno
le esportazioni dei principali paesi produttori mondiali di cereali e semi
oleosi evidenziano dati in crescita: gli stati uniti nei primi 2 mesi del 2025
hanno esportato oltre 12 milioni di tonnellate di mais (+26% rispetto allo
stesso periodo del 2024), con l’Ue in forte crescita tra i paesi acquirenti.
A
marzo sono aumentate anche le esportazioni di soia del brasile (+16,5%), con un
nuovo picco nelle quantita’ destinate alla Cina, che ha assorbito il 76% delle
spedizioni mensili.
Conclude
“clal” affermando che in questa fase di stallo sui dazi imposti
dall’amministrazione americana sara’ fondamentale monitorare i flussi di
import/export dei prodotti agroalimentari, che potrebbero approfittare del
contesto per raggiungere piu’ rapidamente i mercati di destinazione.
DAZI:
BANKITALIA, QUALITA’ DELLE IMPRESE ITALIANE OPERANTI
SUL
MERCATO USA POTREBBE MITIGARE CONSEGUENZE.
Le
esportazioni di beni sarebbero tornate a crescere nei primi due mesi di
quest’anno, verosimilmente sospinte anche dall’anticipazione degli acquisti
prima dell’entrata in vigore dei dazi statunitensi;
in
prospettiva le esportazioni risentiranno degli effetti dell’incremento dei
dazi, anche se la composizione settoriale, il posizionamento qualitativo e il
buon livello di profittabilita’ delle imprese italiane operanti sul mercato
statunitense potrebbero mitigare le conseguenze del calo della domanda da parte
degli stati uniti, quantomeno nel breve periodo”, e’ quanto si legge nel
bollettino economico della “banca d’italia” pubblicato oggi.
DAZI:
ROTA (FAI-CISL), PREOCCUPATI DA TRUMP EVITARE CHE SIANO I LAVORATORI A PAGARE.
“E’
comprensibile il richiamo del governo ad evitare allarmismi, ma sarebbe un
grave errore sottovalutare quel che sta accadendo”.
Lo
afferma in un’intervista al quotidiano conquiste del lavoro il segretario
generale della fai-cisl Onofrio ROTA, che prosegue:
“oltre
ai dazi, preoccupano molto le idee e i linguaggi di TRUMP.
Le
imprese italiane in qualche modo riusciranno a cavarsela, e’ gia’ accaduto in
passato durante diverse crisi, pero’ sono processi di medio e lungo periodo,
mentre nell’immediato una ricaduta sulle vendite e sul lavoro non possiamo
escluderla. Basta considerare che l’agroalimentare italiano esportato negli usa
vale 7,8 miliardi, il mercato americano solo per il nostro vino vale 2
miliardi, quasi il 25% del totale, e solo il vitivinicolo da noi occupa in
tutta la sua filiera quasi 900mila addetti”.
Secondo
ROTA “continuare a dialogare con gli usa e’ indispensabile, non solo per
fattori economici, ma per motivi storici, geopolitici e persino morali, ma e’
chiaro che adesso per l’Europa e’ suonata la sveglia:
o ci si muove uniti, evitando spaccature,
nazionalismi, isolamenti, o saremo condannati all’irrilevanza”.
“Poi
nel lungo periodo sara’ doveroso cercare rapporti commerciali anche su altri
fronti, in asia, sud america, africa, purche’ si facciano accordi in grado di
rispettare la reciprocita’ sul piano del lavoro, della sicurezza alimentare,
dell’ambiente”, continua il segretario generale della fai-cisl, nel ricordare
che “questi sono temi che abbiamo attenzionato, ad esempio, per l’accordo tra Ue
e Mercosur, che a differenza di quello con il Giappone non darebbe al momento
abbastanza garanzie su questi aspetti”.
“Alla
luce dei congressi territoriali e regionali e in vista del congresso nazionale
che si terra’ dal 4 al 6 giugno a bologna, il leader della “Fai-cisl “trae
anche un primo bilancio delle spinte che giungono dai territori e dalle
fabbriche: ‘
c’e’
una grande consapevolezza di quanti sforzi dovremo fare per evitare che siano i
lavoratori a pagare il prezzo di uno scenario globale in completo mutamento.
Ma e’
una consapevolezza molto matura, vivace, per nulla rassegnata.
C’e’
tanta volonta’ di partecipazione per aprire una nuova stagione di cambiamenti e
di conquiste sul piano dei salari, delle tutele previdenziali, del benessere e
della sicurezza sul lavoro, della produttivita’, di un’intelligenza artificiale
che dobbiamo trasformare in intelligenza sociale, e della necessita’ di puntare
sulle competenze, sull’occupazione giovanile, sull’inclusione dei tanti
immigrati che tengono in piedi buona parte del made in italy’.”, conclude il
comunicato.
DAZI:
LAURETI (PD), MELONI DEVE CONFRONTARSI, NON SCAPPARE.
“Forse
perche’ la produzione industriale e’ in calo da 25 mesi?
forse
perche’ sui dazi prima ha detto che non sarebbero stati una catastrofe, poi ha
dovuto riconoscere, quando gia’ era in ritardo massimo, la gravita’ della
situazione?
Forse
perche’ al di la’ del gioco delle tre carte sui “fondi pnrr e coesione”, non e’
stato previsto alcun investimento di risorse aggiuntive per far fronte alle
politiche americane, solo temporaneamente congelate?
Forse
perche’ preferisce la strada della fedelta’ all’amico politico TRUMP piuttosto
che l’interesse del paese, il quale si difende con un’Europa unita e forte?
Diciamo
che ha buoni motivi la presidente del consiglio MELONI per sottrarsi al
confronto pubblico e non andare al salone del mobile, incontro importante di un
settore strategico per la nostra economia.
Noi lo
abbiamo gia’ detto, siamo disponibili a dare una mano a questa maggioranza
nell’interesse del paese, in un momento internazionale cosi’ delicato. Ci
ascoltassero e ascoltassero le nostre proposte.
Per
farlo pero’ bisogna confrontarsi e non scappare”.
Lo
afferma in un comunicato Camilla LAURETI, eurodeputata del pd, vicepresidente
di s&d e componente della segreteria del pd.
DAZI:
CONFAGRICOLTURA PIEMONTE, ANCORA INCERTEZZA
FARE
FRONTE COMUNE E APRIRE NUOVI MERCATI
“E’
ormai il tempo di fare sistema, applicando tutte le strategie che mai sono
state messe in atto prima d’ora.
Non
possiamo piu’ considerare l’unione europea e gli stati aderenti come un
territorio protetto” evidenzia Enrico ALLASIA, presidente di Confagricoltura Piemonte,
alla luce degli annunci di TRUMP.
“Auspichiamo una reazione immediata, adeguata
e sostenuta in modo unanime da tutti gli stati membri, con un approccio
condiviso e non emotivo da parte dei singoli, sostiene ALLASIA.
l’ Europa
ha circa 450 milioni di abitanti e potrebbe essere autosufficiente, poiche’
produce di tutto:
dall’automotive al settore farmaceutico, dalle
energie rinnovabili ai prodotti della dieta mediterranea riconosciuti in tutto
il mondo, per i quali l’italia e il piemonte in particolare, sono i maggiori
rappresentanti.
“Confagricoltura
piemonte sottolinea quanto sia importante agire tempestivamente con deterrenti
forti e mirati, con l’introduzione, per esempio, di dazi compensativi,
valutando in maniera preventiva la strategicita’ del prodotto e la scarsa
possibilita’ di sostituzione, per intavolare, poi, una trattativa con gli stati
uniti.
Le
lobby dei distributori americani, costruitesi negli ultimi trent’anni, in
questa parte delle trattative potrebbero costituire – continua il comunicato –
una leva importante su cui puntare per calmierare la guerra commerciale.
Attenzione
particolare, inoltre, va riposta nel prediligere forme alternative di
cooperazione con paesi terzi, individuando partner affidabili che perseguano
politiche commerciali similari, sul lungo periodo, che aprano nuove strade alle
nostre imprese.
Le
repubbliche baltiche, negli ultimi anni, hanno dimostrato maggiore capacita’ di
acquisto e si configurano come mercati piccoli ma con grandi opportunita’:
fortemente integrati a livello commerciale con le macroregioni confinanti,
hanno infrastrutture nuove e continuamente rinnovate, grazie ai finanziamenti Ue;
la
manodopera e’ specializzata e giovane, aperta a cambiamenti e curiosa nei
confronti dell’occidente, al quale guarda soprattutto per la parte del Ffood.
Si
assistera’, quindi e forzatamente, a un cambiamento nella geografia degli
scambi e negli investimenti, che richiedera’ un coordinamento strutturato sulla
massima concretezza per ottenere lo sviluppo di accordi commerciali tra
produttori e importatori di Ffood & Beverage”.
DAZI:
CONFAGRICOLTURA LAZIO, RESISTERE A IMPATTO CON
INTEGRAZIONI
NAZIONALI E AZIONI LIVELLO EUROPEO.
“Confagricoltura
lazio – informa un comunicato – e’ stata invitata a partecipare, oggi, insieme
ai rappresentanti di altre organizzazioni di categoria e sindacali,
all’incontro con i parlamentari e i consiglieri regionali di Italia Viva sul
tema dei dazi che si e’ tenuto alla camera di commercio di Roma”.
Per Confagricoltura
lazio era presente il direttore, Valerio de PAOLIS che ringrazia Italia viva e Marietta
TIDEI “per aver avviato questo ciclo di incontri proprio dal lazio.
Riteniamo
che tutte le occasioni di confronto su temi cosi’ decisivi per il futuro del
settore agricolo sono utili e necessarie.
L’’agroalimentare
italiano nel 2024 ha registrato un export di circa 8 miliardi di euro negli
stati uniti, il 12% del totale delle esportazioni.
il mercato americano e’ significativo anche
per la regione lazio che esporta per 2,64 miliardi di euro, 205 milioni dei
quali riferiti al settore agroalimentare.
Questi
dati sono sufficienti per comprendere quanto il tema oggetto di dibattito in
questi giorni possa essere dirompente per il nostro settore, uno dei principali
del paese.
E’
innegabile che gli effetti dei dazi sono ipoteticamente impattanti e rilevanti,
non soltanto in maniera diretta ma anche in considerazione dei possibili
approdi sul mercato italiano di prodotti di altri paesi colpiti da dazi
statunitensi, a partire dalla Cina.
Aspetti
da non sottovalutare, a nostro avviso, sono poi quelli relativi a possibili
gravi effettivi speculatori che il solo annuncio di dazi puo’ determinare gia’
all’interno del mercato nazionale e la pratica che si sta riscontrando da parte
di alcuni buyer americani di contrattazione diretta con le aziende laziali
anche sulla ripartizione del dazio stesso che dimostra, al contempo, come
l’interesse per il prodotto italiano resista e persista.
infine, dobbiamo ricordare che ormai il nostro
settore agisce anche in maniera trasversale in direzione della
diversificazione, una prospettiva da sviluppare e approfondire sempre di piu’
anche per reagire alle modifiche del mercato.
Ci
troviamo dunque in una situazione complessa e preoccupante che va monitorata
costantemente con attenzione e che, oltre alla risposta unitaria a livello
comunitario di cui gia’ si parla da giorni, deve vedere a nostro avviso una
forte azione di sostegno da parte dello stato nei confronti delle aziende che
potrebbero essere maggiormente colpite a cui deve accompagnarsi anche un’azione
unitaria delle organizzazioni di rappresentanze e del tessuto imprenditoriale
agricolo che deve riuscire a superare una storica frammentazione per diventare
piu’ forte e coeso.
Confagricoltura
ha gia’ proposto a livello nazionale alcune iniziative da mettere in campo:
dal
sostegno alle aziende finalizzato anche ad evitare la possibile
delocalizzazione all’esplorazione piu’ intensiva di mercati alternativi fino al
rafforzamento di politiche intese a promuovere il consumo del made in italy.
Queste
sono le linee guida principali per ambire a reggere l’impatto dei dazi
statunitensi, qualora dovessero concretizzarsi, nel quadro di una cornice
d’azione piu’ generale che non puo’ non essere elaborata e condotta a livello
europeo”.
DAZI:
VON DER LEYEN, VOGLIAMO DARE UNA POSSIBILITA’ AI NEGOZIATI.
“Abbiamo
preso atto dell’annuncio del presidente TRUMP.
Vogliamo
dare una possibilita’ ai negoziati”, ha dichiarato la presidente della
commissione Ue Ursula VON DER LEYEN dopo l’annuncio della sospensione per 90
giorni dei dazi americani.
“Mentre
completiamo l’adozione delle contromisure dell’Ue, che hanno ricevuto un forte
sostegno da parte degli stati membri – ha aggiunto -, le metteremo in attesa
per 90 giorni.
Se i
negoziati non saranno soddisfacenti, scatteranno le nostre contromisure.
il
lavoro di preparazione di ulteriori contromisure continua.
Come
ho gia’ detto – ha concluso VON DER LEYEN -, tutte le opzioni restano sul
tavolo”.
DAZI:
GARDINI (CONFCOOPERATIVE), SPERIAMO PAUSA SI TRADUCA
IN
QUADRO MAGGIORE CERTEZZA RAPPORTI USA-UE.
“‘Siamo
sempre stati contrari ai dazi.
Il
nostro auspicio iniziale era che le trattative negoziali potessero prevalere
sui dazi.
Leggiamo
in questa pausa di 90 giorni una volonta’ di non respingere la strategia
negoziale sperando che possa tradursi in un quadro di maggiore certezza dei
rapporti commerciali tra stati uniti e unione europea’.
Lo ha
detto Maurizio GARDINI presidente di Confcooperative dopo l’ennesimo colpo di
scena annunciato dal presidente TRUMP, in attesa di sapere di piu’ e meglio”.
Lo
rende noto un comunicato di Confcooperative.
DAZI:
COLDIRETTI, PAUSA E’ BUONA NOTIZIA MA VA
DEFINITIVAMENTE
SCONGIURATA ENTRATA IN VIGORE.
“La
pausa sui dazi annunciata da TRUMP e’ una buona notizia, ma serve eliminare
anche il 10%.
Ora
diventa fondamentale riprendere la trattativa europea per scongiurare
definitivamente entrata in vigore di queste tariffe”.
Lo ha
scritto su X la Coldiretti.
DAZI:
MARETTI (LEGACOOP AGROALIMENTARE), TARIFFE
USA
PROBLEMA DA AFFRONTARE MA C’E’ ANCHE ALTRO.
Un
comunicato stampa di Legacoop agroalimentare informa che “e’ stato inaugurato
dal ministro dell’agricoltura Francesco LOLLOBRIGIDA, ha visto la presenza del
commissario europeo all’agricoltura Christophe HANSEN, e’ stato luogo di
incontro di politici e di rappresentanti di enti e istituzioni.
il salotto del vino cooperativo allestito da Legacoop
agroalimentare e Coop Italia all’interno del padiglione Emilia romagna del Vinitaly
che si e’ appena concluso, ha rappresentato un luogo di confronto e di
degustazione di prodotti e vini delle filiere cooperative.
‘il salotto cooperativo di Legacoop ha visto
la condivisione di importanti momenti di confronto con tutte le istituzioni:
regionali, nazionali ed europee e tutti i gruppi politici piu’ importanti.
Non
posso non esprimere soddisfazione per una manifestazione che ha riscosso molto
successo di pubblico e di partecipazione da parte di tutte le istituzioni’,
commenta Cristian MARETTI presidente di Legacoop agroalimentare.
l’edizione
del Vinitaly appena chiusa e’ stata dominata dal tema dei dazi imposti
dall’amministrazione americana e ‘non possiamo che apprezzare il livello di
approfondimento del tema da parte degli interventi politici e dell’Ice, nel
tentativo di non arrestare il moto di crescita dell’export nazionale’, continua
MARETTI.
La
cautela nel cercare di evitare reazioni scomposte da parte della Ue e’
positiva, ma non e’ un percorso che puo’ durare all’infinito nel caso i dazi
venissero confermati interamente, sebbene ieri il presidente Usa, Donald TRUMP
abbia annunciato un loro dimezzamento al 10%.
Anche
la sospensione di 90 giorni della loro applicazione deve essere sfruttata a
maggior ragione per trovare soluzioni politiche.
Legacoop
agroalimentare sostiene tutti gli sforzi attivi nella reazione comune europea.
Illudersi
che da soli si possa ottenere di piu’ riporta agli studi della scuola
elementare, alla storia degli orazi e dei curiazi’.
buona parte degli argomenti del Vinitaly hanno
riguardato la vicenda doganale Usa.
Ma
rimangono altre questioni.
‘il tema dei dazi ha pero’ oscurato in parte i
problemi strutturali che gravano su alcuni comparti del settore vitivinicolo.
Ricordiamo
in sintesi l’impatto dell’evoluzione dei consumi sui vini rossi a maggior
gradazione alcolica, le difficolta’ delle aree collinari che con le basse rese
necessiterebbero di una serie di interventi dedicati, a partire da un focus
sulle loro possibilita’ irrigue’, sottolinea il presidente di Legacoop
agroalimentare. ‘L’occasione del ‘pacchetto’ di misure sul settore vitivinicolo
deve vederci protagonisti in Ue, per evitare che talune disposizioni del
provvedimento diventino una minaccia, interferendo nelle scelte aziendali e, in
particolare, minacciando quei comparti produttivi che realizzano buone
performance, come nel caso delle grandi produzioni destinate al vino da
tavola’, sostiene MARETTI.
‘La redditivita’ degli agricoltori deve essere
un caposaldo di qualunque tipo di intervento ci si voglia dotare nei prossimi
mesi.
E il
lavoro di approfondimento e confronto con la politica, le cooperative e la
filiera svolto da Legacoop agroalimentare durante il Vinitaly e’ a disposizione
di tutti’.
Nel
salotto cooperativo dove hanno transitato centinaia di visitatori, sono stati
degustati i vini delle linee assieme e fiorfiore di coop.
Sono
anche stati proposti abbinamenti tra i vini di Albinea canali (Cantine riunite
& civ), Terre cevico e le chiantigiane con le ostriche offerte dalla
cooperativa miticoltori spezzini e dalla cooperativa blu oltremare, i preparati
dalla casa del pescatore di cattolica e delle cooperative copego e
mariscadoras, ma anche i prodotti di granterre, di granarolo, del gruppo grifo,
e conapi oltre a macelli 44”.
DAZI:
SPAGNA, GOVERNO ANNUNCIA PIANO DI RISPOSTA DA 14,1 MILIARDI.
Il
governo spagnolo ha annunciato nei giorni scorsi un piano di risposta e di
rilancio commerciale da 14,1 miliardi di euro per attenuare l’impatto dei dazi
statunitensi.
Il
piano, incentrato sull’assistenza e la tutela delle imprese e dei posti di
lavoro nonche’ sul riorientamento e il rilancio della capacita’ produttiva
della spagna, mobilitera’ 7,4 miliardi di euro in nuovi finanziamenti e altri
6,7 miliardi di euro da strumenti esistenti, come informa un comunicato del
governo spagnolo.
Il
presidente del governo, Pedro SANCHEZ, ha annunciato l’attuazione del piano per
“attenuare gli impatti negativi della guerra commerciale lanciata
dall’amministrazione trump e creare uno scudo per proteggere la nostra
economia”.
Il
piano mobilitera’ 7,4 miliardi di euro in nuovi finanziamenti e altri 6,7
miliardi di euro da strumenti esistenti.
“il
governo spagnolo non stara’ ad aspettare e vedere cosa succedera’ nei prossimi
giorni.
Risponderemo
in modo proattivo, per essere preparati, con l’immediata attuazione del piano,
in modo che, se la tempesta dovesse scoppiare, la spagna abbia un doppio
ombrello:
quello europeo e quello spagnolo”, ha spiegato
ancora SANCHEZ.
DAZI:
FEDERVINI, BENE RIDUZIONE AL 10% MA INCERTEZZA RIMANE ALTA.
“Federvini
accoglie con favore la dichiarazione con la quale il presidente TRUMP emana una
sospensione temporanea di 90 giorni dei dazi aggiuntivi sui prodotti italiani,
vini, spiriti ed aceti inclusi, evitando che l’aliquota dei dazi passi dal 10%
al 20%.
Si
tratta di un primo segnale di apertura, ma che non modifica, nella sostanza, le
difficolta’ strutturali che il comparto continua ad affrontare.
L’aliquota
del 10% resta una penalizzazione significativa per un settore che non puo’
permettersi di affrontare il mercato con questo livello di incertezza, rendendo
difficile una programmazione articolata delle esportazioni nel lungo periodo”.
Lo
rende noto un comunicato stampa della federazione.
DAZI:
STATI MEMBRI TRANNE UNGHERIA APPROVANO PROPOSTA COMMISSIONE
UE DI
IMPORRE CONTROMISURE COMMERCIALI AGLI USA.
Oggi
in comitato barriere commerciali del Coreper gli stati membri dell’unione
europea, esclusa l’Ungheria, hanno votato a favore della proposta della
commissione europea di introdurre contromisure commerciali contro gli stati
uniti. La proposta – ricorda la commissione europea in un comunicato- “e’ stata
avanzata in risposta alla decisione di marzo degli stati uniti di imporre
tariffe sulle importazioni di acciaio e alluminio dall’Ue.
L’Ue
ritiene che i dazi statunitensi siano ingiustificati e dannosi, in quanto
causano danni economici a entrambe le parti e all’economia globale.
L’Ue
ha dichiarato di preferire chiaramente la ricerca di soluzioni negoziate con
gli stati uniti, che siano equilibrate e reciprocamente vantaggiose.
Il
voto odierno di approvazione da parte degli stati membri significa che – una
volta concluse le procedure interne della commissione e pubblicato l’atto di
esecuzione – le contromisure entreranno in vigore.
i dazi
inizieranno ad essere riscossi a partire dal 15 aprile.
Le
contromisure possono essere sospese in qualsiasi momento, qualora gli stati
uniti accettino un risultato negoziale equo ed equilibrato.”.
DAZI:
CONFAGRICOLTURA, ESCLUSIONE VINO E FORMAGGIO
DA
CONTRODAZI AGEVOLA NEGOZIATO EVITARE ESCALATION.
Con un
comunicato Confagricoltura considera “la proposta della commissione europea di
introdurre ‘controdazi’ progressivi verso gli stati uniti – per un valore
totale di oltre 22 miliardi di euro – un primo passo avanti per l’avvio di una
trattativa.
In
seguito al voto favorevole della maggior parte degli stati membri, la
commissione procedera’, dal 15 aprile in poi, all’introduzione di una tariffa
del 25% su una lista che include diversi prodotti agroalimentari importati
dagli usa.
Si
tratta degli stessi colpiti nel 2018, escluso il “bourbon whiskey”, per evitare
ritorsioni americane sul settore vitivinicolo europeo.
Entro
il 1° dicembre Bruxelles introdurra’ ulteriori ‘controdazi’ su una serie di
prodotti contenuti in una lista oggetto di consultazione pubblica lo scorso
marzo, dalla quale sono stati esclusi vino e altre bevande alcoliche, nonche’
prodotti lattiero-caseari, come richiesto anche da Confagricoltura.
Per
palazzo della valle resta prioritario minimizzare l’impatto sul settore
agricolo in relazione ai prodotti mangimistici importati dagli Usa (come soia e
granturco)”.
DAZI:
ROTA (FAI CISL), BENE APERTURA AL CONFRONTO
DI
MELONI EVITARE CHE LAVORATORI PAGHINO IL CONTO.
“il
settore agroalimentare rischia danni per oltre un miliardo e mezzo di euro e va
evitato che siano i lavoratori a pagare il conto.
Servono
risposte concertate e, da questo punto di vista, e’ positiva l’apertura del
confronto da parte della presidente MELONI, con lo stanziamento di risorse a
tutela delle imprese piu’ vulnerabili.
Bisognera’
negoziare con gli stati uniti per evitare guerre commerciali che
danneggerebbero tutte le parti, pero’ e’ importante farlo attraverso un’Europa
realmente unita e coesa.
nel
lungo periodo sara’ poi necessario aprire anche a nuovi mercati, sempre
garantendo criteri di reciprocita’ negli accordi commerciali a tutela di
imprese, occupazione e qualita’ del lavoro, ambiente, sicurezza alimentare”, ha
dichiarato il segretario generale della fai-cisl nazionale, Onofrio ROTA,
concludendo il congresso regionale dell’Emilia-romagna.
DAZI:
FEDERVINI CHIEDE A GOVERNO PIANO ARTICOLATO, TEMPESTIVO E STRUTTURALE.
“Federvini
ha chiesto al governo un piano articolato, tempestivo e strutturale che si
focalizzi su una risposta unitaria della diplomazia europea, su un piano di
semplificazioni per ridurre quei colli di bottiglia che tanto pesano ancora
sulla competitivita’ delle aziende, accompagnato da una campagna di promozione
che esalti l’unicita’ e la distintivita’ dei prodotti italiani sul mercato
statunitense”.
Lo
rende noto un comunicato stampa della Federazione.
DAZI:
RISSO (TERRA VIVA), AGRICOLTURA A RISCHIO PUNTARE SU PATTO DI SISTEMA.
(…)
DAZI:
MATTARELLA, TASSAZIONE ERRORE PROFONDO, DA UE RISPOSTA COMPATTA, SERENA,
DETERMINATA.
I dazi
statunitensi sono un «errore profondo».
Dal
canto suo l’Europa deve studiare «una risposta compatta, serena, determinata».
Questa
l’opinione del presidente della repubblica, Sergio MATTARELLA, espressa nei
colloqui con l’omologo estone Alar KARIS.
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