“La vita politica al cannocchiale”.

 “La vita politica al cannocchiale”.

 

"Riciclaggio e finanziamento illecito":

i 5S finiscono sotto inchiesta.

Ilgiornale.it- Alessandro Ferro-(28 Ottobre 2021)- ci dice :

 

La procura di Milano indaga da oltre un anno sui milioni illeciti che il Movimento 5 Stelle avrebbe ottenuto dal console venezuelano nel 2010: la figura chiave è Carvajal.

Sullo scandalo venezuelano che avrebbe visto il Movimento 5 Stelle ricevere una mazzetta da tre milioni e mezzo di euro nel 2010, stanno indagando anche i pubblici ministeri di Milano. Come pubblicato da ilGiornale.it, l'ex capo dei servizi segreti Carvajal sarebbe pronto a vuotare il sacco facendo nomi e cognomi in cambio di protezione.

Quali sono le accuse.

Parallelamente, la Procura di Milano vuole vederci chiaro ed ha iniziato le indagini: riciclaggio e finanziamento illecito le potenziali accuse che contiene il fascicolo aperto oltre un anno fa, nel giugno 2020, con tutti i dettagli di quanto accaduto agli albori della nascita del M5S. L'inchiesta partì grazie al quotidiano spagnolo Abc che scoprì come quella somma sarebbe stata destinata al defunto Gianroberto Casaleggio: Maduro, che fu ministro degli Esteri di Chàvez, avrebbe fatto recapitare la valigetta con il bottino tramite Gian Carlo di Martino, console del Venezuela a Milano.

L'atto che incastra i 5Stelle.

Dopo le accuse, il figlio di Gian Roberto, Davide Casaleggio, ha denunciato il giornalista Marcos Rey, l'autore dell'inchiesta, per diffamazione. Come riportato da La Stampa, Rey ha detto tutto quello che sapeva all'interrogatorio al quale è stato sottoposto qualche settimana fa non rivelando il nome della fonte che gli diede lo scoop con quel prezioso documento. La persona chiave di tutta la vicenda, comunque, resta Carvajal (soprannominato El Pollo), tant'è che i quotidiani spagnoli hanno fatto riferimento ad alcune rivelazioni dell'ex capo dei servizi segreti. Come si legge su Open, un atto che possiedono le autorità spagnole incastrerebbe il Movimento ed è quello che la procura di Milano sta cercando di scoprire con le accuse di cui abbiamo parlato in apertura. In questa fase così delicata, chiaramente, vige il massimo riserbo e non trapela nulla, né in una direzione né in un'altra.

Cosa ha detto Di Maio.

L'ex capo politico del M5S e attuale Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a seguito di un'interrogazione parlamentare del deputato di Fratelli d'Italia, Francesco Lollobrigida, sui finanziamenti illeciti ha risposto in maniera ironica senza mai nominare il suo ex partito.

"Il documento del fantomatico finanziamento illecito venezuelano ad una forza politica italiana lo hanno dichiarato falso più volte", ha dichiarato Di Maio, sottolineando come il governo italiano non subisce alcuna intromissione nel definire la sua politica estera "né per quanto riguarda il Venezuela, né su qualsiasi altro tema".

Sarà, ma in questo momento la spada di Damocle è sulla testa dei grillini, dell'allora neonato partito che oggi è quasi sparito: cosa accadrebbe se le accuse di El Pollo troverebbero altre solida fondamenta?

 

 

 

Il ddl Zan, spiegato articolo per articolo.

Wired.it-Kevin Carboni-(4-5-2021)- ci dice:

L'obiettivo della proposta di legge è estendere la norma sui reati d'odio a discriminazioni verso la comunità lgbt+, le donne e le persone con disabilità.

Le polemiche attorno al disegno di legge Zan per il contrasto all’omolesbobitransfobia, alla misoginia e all’abilismo – ossia, rispettivamente, gli atteggiamenti discriminatori verso la comunità lgbt+, le donne e le persone con disabilità – hanno creato molta confusione su cosa effettivamente dica il ddl.

 La Lega, che in Senato esprime il presidente della commissione presso cui la proposta, già approvata alla Camera, è incardinata, Andrea Ostellari, autonominatosi relatore del testo, dice di voler intervenire sul documento. In realtà il ddl Zan (dal cognome del primo firmatario, il deputato Alessandro Zan, ospite del prossimo appuntamento del Wired Next Fest) è abbastanza chiaro e il suo obiettivo è di estendere la portata della normativa già esistente sui reati d’odio ad attacchi e comportamenti dovuti all’orientamento sessuale, al genere e all’identità di genere.

Le modifiche richieste in sintesi .Sono tre le principali modifiche alla normativa già esistente richieste dal ddl Zan. La prima riguarda l’aggiunta dei reati di discriminazione basati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità” all’articolo 604-bis e 604-ter del codice penale, che puniscono l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi “razziali, etnici, religiosi o di nazionalità”.

 

La seconda modifica riguarda l’articolo 90-quater del codice di procedura penale in cui viene definita la “condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa”. Attualmente l’articolo contiene solo la specifica relativa all’odio razziale. Mentre il ddl Zan prevede di aggiungere le parole “fondato sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.

 L’ultima modifica riguarda il decreto legislativo del 9 luglio 2003, numero 215, sulla parità del trattamento degli individui indipendentemente dal colore della pelle o dalla provenienza etnica, al quale aggiunge alcune misure di prevenzione e contrasto delle discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Gli articoli Il ddl Zan è composto da 10 articoli, di cui i primi sei riguardano l’ambito penale e gli altri quattro introducono alcune azioni positive di intervento per prevenire e contrastare le discriminazioni.

L’articolo 1 introduce e definisce i termini sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere, come suggerito dalla Commissione affari costituzionali, per evitare qualunque ipotesi di incostituzionalità della legge.

L’articolo 2 pone sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità tra i moventi dei reati d’odio contenuti dell’articolo 604-bis del codice penale, diretto a tutelare il rispetto della dignità umana e del principio di uguaglianza. In particolare è stabilita una multa fino a 6mila euro o la reclusione fino a un anno e 6 mesi per chi istiga a commettere atti di discriminazione fondati su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità. Mentre per chi istiga o commette atti violenti, per le stesse motivazioni, è prevista la reclusione da 6 mesi fino a 4 anni.

L’articolo 3 stabilisce come circostanza aggravante il commettere reati in ragione del sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità della vittima, tramite la modifica dell’articolo 604-ter del codice penale.

L’articolo 4 è dedicato alla salvaguardia della libertà di opinione e di scelta, per tutelare la libertà di parola e recita “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Ossia, la libertà di espressione non deve mai sconfinare nell’istigazione all’odio e alla violenza.

L’articolo 5 riguarda prevalentemente alcune specifiche rispetto alle pene previste dagli articoli 604-bis e 604-ter. L’articolo 6 riporta le modifiche all’articolo 90-quater del codice di procedura penale in cui viene definita la “condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa” e il riconoscimento delle donne e delle persone Lgbtq+ come persone “vulnerabili” e quindi, potenzialmente vittime.

Gli articoli dal 7 al 10 dispongono invece delle indicazioni positive. L’articolo 7 istituisce la data del 17 maggio come Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbo-fobia, la bifobia e la transfobia, per promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione e contrastare pregiudizi e violenze.

 L’8 incarica l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali di elaborare una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni.

 Il 9 istituisce un fondo di 4 milioni di euro per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, con l’istituzione di centri contro le discriminazioni.

Infine il 10 prevede che l’Istat realizzi, almeno ogni tre anni, una rilevazione per descrivere lo stato delle discriminazioni e delle pratiche violente, e che serva come base per pensare e attuare politiche di contrasto.

 

 

 

PERCHÉ LA CANCEL CULTURE E IL POLITICAMENTE CORRETTO ESISTONO (E SERVONO).

Glistatigenerali.com-Mattia Marasti-(31 Luglio 2021)- ci dice :

           

C’è stato un tempo in cui certe idee erano relegate alla cultura di destra reazionaria e libertaria americana- una strana coppia. Una cultura che aveva eretto a loro idoli Ben Shapiro, Charlie Kirk, Jordan Peterson e altri personaggi pubblici in grado di aizzare i loro sostenitori con argomentazioni fiacche, logicamente scorrette, infarcite di cherry picking, di una comprensione superficiale di argomenti scientifici e di “straw man argument”.

Uniti nel nome di una battaglia contro il marxismo economico e culturale: alle precedenti battaglie per la giustizia sociale e l’uguaglianza economica, secondo questa congiunzione, il marxismo aveva affiancato battaglie culturali per l’uguaglianza tra i sessi, contro la discriminazione nei confronti di gay-lesbiche-bi-trans-non binary, a fianco della lotta di liberazione delle minoranze razziali.

In un paese come gli Stati Uniti d’America, ancora profondamente segnato dalla lotta per i diritti civili e che nonostante i progressi fatti mostra anche oggi una preoccupante violenza nei confronti degli afroamericani, questo tipo di polarizzazione era pressoché scontata.

A rendere la situazione ancora più complessa fu il movimento #MeToo. Nell’autunno del 2017 emersero varie accuse di molestie sessuali nei confronti di Harvey Weinstein, noto produttore cinematografico. Si trattava dell’elefante nella stanza: quella che era nata come una lieve perturbazione si trasformò in una tempesta. Alyssa Milano, attrice nota per il suo ruolo nella sitcom Who’s the Boss, scrisse un tweet in cui invitava a condividere le storie di molestie sessuale usando l’hashtag #metoo.

 

 

Presto quel tweet divenne virale, raccogliendo esperienze di persone più disparate. In seguito emersero accuse contro il premio Oscar Kevin Spacey, che in un primo momento minimizzò, sfruttando la campagna per fare apertamente coming out. Presto però la mole di accuse divenne gravosa: Spacey fu estromesso dalla serie “House of Cards”, le sue scene nel film Tutti i Soldi del Mondo vennero rigirate, sostituito da Christopher Plummer.

SE L’AMERICA STARNUTISCE L’EUROPA SI PRENDE UN RAFFREDDORE.

Presto la battaglia americana contro il Politicamente Corretto e la Cancel Culture è arrivata anche nel vecchio continente. Qualche mese fa il noto giornalista Enrico Mentana paragonò la cancel culture al rogo dei libri dei nazisti- un caso da manuale di Legge di Godwin. Il giornale di destra reazionaria Il Foglio- che nonostante tutto ospita esponenti del cosiddetto centro-sinistra- si è fatto portavoce di questa lotta, in particolare attraverso gli articoli di Giulio Meotti. Ogni lunedì, infatti, Meotti cura una rassegna di opinioni dalla stampa estera con “punti di vista che nessun altro vi farà leggere“. Anche Linkiesta, secondo polo d’attrazione della strana coppia libertari e reazionari che non sanno di esserlo, si è ultimamente lanciata in rocambolesche accuse nei confronti delle contraddizioni e dell’ipocrisia dei sostenitori della cancel culture.

Annarita di Giorgio, collaboratrice de Il Foglio e noto volto della bolla liberale italiana tanto da esser considerata da Fausto Panunzi “la più informata commentatrice politica italiana”, scrive “ma se non si può mettere manco più una mano sulla coscia, precisamente uno come ci prova?”

Nelle stanze di risonanza della destra italiana- che spesso si considera di sinistra- i pericoli del “Politicamente Corretto” e della” Cancel Culture” vengono tirati fuori periodicamente, paragonati a una sorta di nuova religione del silenzio o a minacce di censura.

 

Un caso eclatante è stato il monologo di Pio e Amedeo di questa primavera: uno spettacolo becero e insulso, condito da stereotipi ormai fuori tempi, applaudito come “baluardo della resistenza contro la dittatura del politicamente corretto“.

Evento che precede, di poco, il discorso di Fedez sul Palco del Primo Maggio: dal Palco l’influencer si scagliò contro la Lega di Matteo Salvini, accusata di tenere in ostaggio il DDL Zan prima che a tenerlo in ostaggio fossero i renziani di Italia Viva. Il discorso, che la Rai cercò di censurare, esponeva le affermazioni controverse fatte da esponenti della Lega nel corso degli anni riguardanti gli omosessuali. Si parlò a quel tempo di una dittatura del politicamente corretto e del pensiero unico perché “discorso senza contraddittorio”, sorvolando sulla difficoltà di trovare qualcuno disposto a fare da contraddittorio difendendo frasi come “se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno“.

Posizioni più moderate sostengono invece che da una battaglia per il riconoscimento dei diritti della comunità LGBTQI+, per l’uguaglianza tra i generi e il rispetto delle diversità si stia passando a una vera e propria ideologia.

Una tesi che più che moderata appare ridicola: ogni cosa è ideologia.

 

TUTTO È CANCEL CULTURE, TUTTO È POLITICAMENTE CORRETTO, QUINDI NULLA LO È DAVVERO.

Da tutte queste affermazioni emerge con forza un dettaglio: tutto può rientrare all’interno della categoria del politicamente corretto o della cancel culture.

Per questo non ha senso lanciarsi in mirabolanti discussioni sul significato e sui limiti della cancel culture o del politicamente corretto. Questi due termini, nel panorama italiano e non solo, vengono agitati come uno spauracchio cercando di ricollegarli a termini come censura, pensiero unico, ideologia.

 

Perché? Semplice, perché come scriveva Jennifer Egan il tempo è un bastardo, no?

L’utilizzo di questi due termini ha come ragion d’essere l’intento di smorzare il conflitto tra il vecchio e il nuovo, tra il cambiamento delle nostre abitudini, la comprensione che quello che un tempo ritenevamo normale non lo è affatto.

Come esseri umani, il nostro comportamento non è libero e scisso dalla società in cui ci ritroviamo a vivere. Lasciare il posto a una persona più anziana sull’autobus è buona norma; ringraziare quando si riceve un regalo è buona norma; fumare in presenza di bambini e bambini è invece considerato errato e sconveniente.

Le norme che governano il nostro agire sociale non sono fissate nell’ambrosio, ma subiscono cambiamenti, evolvono, mutano.

Comprendere questa agitazione significa comprendere il modo in cui funzionano le società umane.

Fino a qualche decennio fa era considerato normale definire gli omosessuali “storti“. Così come era normale sottoporre a punizioni fisiche gli studenti inadempienti. Oggi sarebbero entrambe considerate azioni deplorevoli, o almeno spero sia così.

In questi anni, per un qualche motivo, abbiamo compreso che certe norme che consideravamo normali e innocue nella nostra società erano in realtà inique, discriminatorie e umilianti. O meglio, una parte delle persone, soprattutto quelle più giovani o più istruite, lo hanno compreso.

E così certe azioni che portavano un beneficio a chi le compiva sono diventate azioni da stigmatizzare. L’esempio più eclatante- proprio nella sua banalità- risulta essere quello citato da Annarita di Giorgio nel tweet sopra. La mano sulla coscia o comunque manifestazioni di attrazione sessuale che coinvolgevano l’oltrepassare la barriera del corpo senza prima aver appurato il mutuo consenso è ora da considerarsi una forma di molestia, come altre tecniche di seduzione che lasciavano trasparire una presunta superiorità dell’uomo e la dimensione del possesso della persona.

Ciò rimette in discussione non tanto il rapporto tra i generi, ma il nostro rapporto con quel simbolo culturale che è l’uomo bianco eterosessuale cisgender con tutti gli attributi che la società occidentale gli ha conferito. Non a caso, proprio perché la nostra società si basa su quello che Bourdieau definiva “il dominio maschile“, questa mutazione può essere ostacolata e incompresa.

Questo vuol dire che la battaglia contro il politicamente corretto e la cancel culture sia sbagliata? Non esistono battaglie sbagliate. Esistono valori che condividiamo e riteniamo giusti e, seguendo Kant, crediamo debbano diventare legge universale.

Il mondo non procede per giusto o sbagliato, come se fosse un film della Disney. La storia è sempre una storia di lotta: sia essa di classe, di genere, di etnia. Per questo è necessario stare in guardia da chi vorrebbe depurarsi dall’ideologia: i famosi bayesiani con i bias degli altri.

 

 

 

 

Virus, vaccini, clima, 5G, Ufo:

perché proprio adesso?

Libreidee.org- Giorgio Cattaneo-(30/10/2021)- ci dice :

 

Perché proprio adesso? La domanda può sembrare fuori luogo, ma probabilmente non lo è. Il pianeta è sottoposto a uno stress-test senza precedenti, nella storia contemporanea.

Una congiuntura più che allarmante, fatta di eventi concentrici e convergenti, spesso traumatici, comunque sconcertanti. Tutti eventi pressoché contemporanei, a partire dal più problematico: perché l’operazione Covid è scattata proprio adesso?

Un piano dal respiro planetario, che tende a instaurare un controllo totale sulle persone, attraverso la gestione ultra-emergenziale di una strana epidemia influenzale.

 E perché proprio adesso una certa élite spinge per la digitalizzazione sistematica dell’essere umano, utilizzando – come primo passo – proprio la schedatura di massa ottenuta con la leva “vaccinale”? E poi: perché proprio adesso imporre l’inoculo di un preparato genico controverso e ancora sperimentale, ben poco efficace come misura di protezione, nei confronti – oltretutto – di un patologia molto meno pericolosa di tante altre, facilmente curabile nella maggior parte dei casi?

Inoltre: perché, proprio adesso, introdurre la prassi “vaccinale” universale, in previsione della ventilata, progressiva diffusione di nano-chip corporei? Qualcuno dirà: è il progresso, tutto qui. Altri alzeranno barricate, evocando il Grande Reset annunciato a Davos: non un oscuro complotto, ma – al contrario – un progetto di ingegneria sociale (e bio-politica) apertamente esposto.

 Colpiscono le concomitanze, piuttosto ridondanti, che fanno da corollario all’avvento dell’Era Pandemica: per esempio l’estensione della copertura Internet in ogni angolo del globo e la capillare diffusione della rete wireless 5G, supportata da milioni di antenne e migliaia di satelliti.

Altra domanda: perché proprio adesso – parallelamente – è diventata ormai vistosa l’attività di geoingegneria atmosferica, condotta attraverso il rilascio quotidiano (da parte degli aerei) di scie biancastre e persistenti, fino a velare regolarmente il cielo sereno? Ancora: perché proprio adesso – dopo decenni di “negazionismo” ufficiale – viene improvvisamente sdoganata la presenza, sempre nei cieli, di oggetti volanti definiti “non identificati”, cioè teoricamente non rispondenti ad alcunché di noto, a livello terrestre?

In questo mosaico di fenomenologie non ancora del tutto spiegate in modo convincente, c’è chi include anche l’anomalia dell’atteggiamento del Vaticano. Ovvero: perché, in un momento come questo, la Santa Sede ha avallato – senza esitazioni – tutte le ferree imposizioni dei governi, che hanno provocato enormi sofferenze sociali? E infine: perché, proprio adesso, viene imposta ufficialmente la narrazione ecologistica incarnata dal personaggio Greta Thunberg?

E’ notorio, purtroppo, l’impatto antropico sull’ecosistema terrestre: le attività industriali e i consumi di massa hanno aggravato in modo drammatico l’inquinamento dell’aria, delle acque e dei terreni. E allora perché non concentrarsi sull’avvelenamento della Terra? Perché puntare il dito sulle variazioni climatiche, storicamente sempre avvenute per effetto dell’attività solare?

 E’ possibile che nell’alterazione delle temperature vi sia anche il (minimo) concorso dell’umanità; ma perché dichiarare che, invece, sia l’uomo il vero responsabile del riscaldamento? Perché – proprio adesso – lasciare che venga messo in disparte il vero problema (l’inquinamento, l’erosione delle risorse naturali) per collegare il clima alla soluzione preconfezionata dalla finanza, cioè il “reset” globale emblematizzato dall’auto elettrica?

Clima, ambiente, virus e obblighi vaccinali, digitalizzazione universale, “scie chimiche” e reti wireless. E poi Ufo, cibernetica, “quarta rivoluzione industriale”. Su ogni singolo aspetto dell’assillante attualità di oggi, l’establishment fornisce risposte reticenti o contraddittorie, censurando volentieri ogni voce critica.

Il che, inevitabilmente, alimenta anche i più fantasiosi “complottismi”, che finiscono per intorbidire la corretta percezione delle analisi eterodosse, quelle scomode perché serie e documentate. Il clima? Tutta colpa nostra. Il Covid-19? Uno sfortunato incidente. I “vaccini” genici? L’unica soluzione possibile (scartando quindi le terapie: che invece funzionano benissimo).

 Il Green Pass? Inevitabile. Le scie nel cielo? Niente di cui preoccuparsi: sciocchezze. Le antenne 5G? Innocue. L’interazione uomo-macchina, tramite nano-tecnologie anche inoculabili, oltre che inseribili nel corpo umano mediante microchip? Tutte straordinarie opportunità. Gli Ufo? E’ vero, esistono: ma si chiamano Uap, e non si ha idea di cosa possano essere. Astronavi aliene? Forse. Dunque esistono, gli alieni?

 Certo: lo ha dichiarato il generale Haim Eshed, già a capo della sicurezza aerospaziale israeliana.  Secondo i teorici della paleo-astronautica, gli alieni sono qui da sempre e controllano i destini dell’umanità. Il sumerologo Zecharia Sitchin rileva la presenza della “fabbricazione aliena” dell’Homo Sapiens nei testi mesopotamici.

Parallelamente, il biblista Mauro Biglino riscontra nella Genesi una analoga “fabbricazione”, sempre genetica, da parte della comunità degli Elohim. Niente di così strano, osserva Biglino: tutti i “racconti delle origini” alludono al ruolo dei Figli delle Stelle nella nascita dell’umanità, che poi ha voluto chiamare dèi i suoi “padri celesti”, trasformandoli in materia religiosa.

Chi segue con attenzione questi contributi culturali sa benissimo che ci staremmo avvicinando a un momento fatidico, l’inizio del 2024: un possibile punto di svolta. Gli studiosi di astrologia confidano nel carattere “rivoluzionario” dell’ingresso di Plutone in Acquario. Tra chi osserva il cielo dal punto di vista astronomico, invece, non manca chi parla dell’avvento di una nuova “era precessionale”, tale da mutare il corso della storia in termini pluri-millenari

Uno degli argomenti più controversi è il presunto avvicinamento del misterioso Pianeta X, il Nibiru dei Sumeri: lo sfioramento orbitale – si teme – potrebbe comportare cataclismi devastanti. Altri ancora sono convinti che dal 2024 potrebbe non essere più occultabile la presenza di nuovi visitatori dallo spazio, probabilmente ostili a quelli che – secondo l’ufologo Roberto Pinotti – sono attualmente presenti sulla Terra (come confermato dallo stesso Eshed) e controllano direttamente l’azione dei governi.

 Eshed parla addirittura di “basi condivise”, nell’ambito di una Federazione Galattica, localizzate sul nostro pianeta ma anche sulla Luna, su Marte e su altri corpi celesti del Sistema Solare.

 In ambito mitologico, poi, la tradizione dei Misteri Eleusini (che permeò segretamente anche il Rinascimento italiano, tramite le fratellanze orfiche e pitagoriche) parla in modo esplicito del ritorno dei Titani, le divinità che secondo Esiodo sarebbero state “sfrattate” dagli dèi olimpici dell’antica Grecia, quelli descritti nei poemi omerici.

I Titani? Si tratterebbe di “divinità” extraterrestri provenienti da Tau-Ceti. Ebbene: 80.000 anni fa avrebbero dato vita a un particolare progenitore dell’uomo bianco occidentale, il Cro-Magnon, diffusosi a partire dall’Atlantide minuziosamente descritta da Platone nel “Timeo” e nel “Crizia” sulla scorta di precise fonti egizie.

Nulla che oggi sia politicamente spendibile, s’intende: l’archeologia ufficiale si rifiuta categoricamente di concorrere a una possibile riscrittura dei nostri esordi, nonostante la scoperta dell’origine americana del rame presente a Creta, proveniente dalle miniere dell’Isle Royale sul Lake Superior (Michigan) fondate nel 3700 avanti Cristo.

E’ ancora “archeologia proibita” quella che propone la reale datazione delle piramidi, molto più antiche della civiltà dei faraoni, mentre – per fortuna – alcuni siti emersi recentemente (come quello di Göbekli Tepe in Turchia) costringono anche le università ad arrendersi all’evidenza: sul nostro pianeta era presente una civiltà evolutissima e molto più anziana di quelle mesopotamiche o di quelle della Valle dell’Indo.

Proprio l’archeologia non ufficiale, che ha rinvenuto in Bosnia piramidi datate 30.000 anni (e in Sudafrica gli indizi di una possibile “metropoli mineraria” fondata addirittura 200.000 anni fa) sta compiendo passi da gigante, intrecciando le sue scoperte con il lavoro di geologi e climatologi, epigrafisti, astronomi, palentologi. Sta prendendo forma una possibile verità alternativa, sulla nostra vera storia? Parrebbe.

E il processo sembra perfettamente speculare rispetto alle tappe della clamorosa “disclosure” aliena, avviata dal Pentagono.

Per chi ama divertirsi a “unire i puntini”, nel dubbio che passato e futuro possano arrivare a toccarsi, sembra prossima l’ora di rivelazioni definitive, a una manciata di mesi dal fatidico 2024. Nel frattempo, lo spettacolo di fronte ai nostri occhi non è equivocabile, almeno sotto l’aspetto cronologico.

 I virus e i “vaccini digitali”, la possibile cyber-umanità. E poi le scie nel cielo, gli Ufo, le treccine di Greta. Perché adesso, tutto insieme, di colpo? Perché tanta fretta? Che bisogno c’è, di far precipitare il mondo in un’emergenza infinita, utilizzata per imporre cambiamenti planetari e immediati?

 

 

 

«L’ideologia gender esiste e porta

 a forzature nei bambini sull’identità sessuale»

Ravennaedintorni.it-Federica Angelini-(21-2-2020)-ci dice:

 

La professoressa Giorgia Brambilla, docente di Morale e Bioetica all’Ateneo pontificio Regina Apostolorum, a Ravenna il 21 febbraio per un convegno promosso da una serie di associazione cattoliche

Organizzata da una serie di associazioni cattoliche, venerdì 21 febbraio alle 21, all’Ostello Galletti Abbiosi a Ravenna, una serata dal titolo “La teoria del gender – attualità e risvolti culturali”. Per capire meglio di cosa si tratti abbiamo parlato con Giorgia Brambilla, docente di Morale e Bioetica all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, che interverrà insieme a Pierluigi Pavone, docente di filosofia dello stesso ateneo.

 

Dottoressa Brambilla, che cosa si intende per teoria o addirittura ideologia gender? Esiste davvero?

«Si intende un pensiero che nasce dal connubio tra l’ambito filosofico-politico, con autori come Marcus e De Beauvior, quello sessuologo, penso a Kinsey e Money, e quello femminista radicale di Butler e Firestone e che ha portato anche ai cosiddetti “Gender Studies” nelle università, quelli che recentemente sono stati smentiti dal punto di vista metodologico da Dummitt, uno studioso proprio di questa materia.

Sostanzialmente secondo questa ideologia viene negata la dimensione sessuata dell’essere umano fin dalla sua costituzione e si vuole dimostrare che la differenza tra uomo e donna è solo determinata da una costruzione sociale. Uso il termine ideologia perché si tratta di una teoria che non è supportata da dati scientifici di alcun tipo, al contrario le neuroscienze stanno sempre più dimostrando che la caratterizzazione sessuata dell’individuo presente fin dalla vita intrauterina riguarda anche il cervello, tanto da poter parlare di cervello maschile e femminile».

Ma tolto l’ambito accademico, in quali situazioni questa cosiddetta” ideologia gender “potrebbe rappresentare un pericolo? Perché affrontare il tema davanti a un pubblico di famiglie? Vi preoccupano in particolare le scuole, vero?

«Ci sono ambiti, e la scuola è uno di questi, dove per smantellare lo stereotipo del maschile e femminile se ne propone un altro e lo si fa negando l’evidenza del dimorfismo sessuale che non è una costruzione sociale. In particolare nelle scuole c’è un crescendo di progetti, approvati anche dalla Regione, che magari nascono con obiettivi giusti e condivisibili, per esempio combattere la violenza di genere o il bullismo, ma che hanno questa impronta antropologica che nega l’evidenza del dimorfismo sessuale, diventando quindi diseducativi se non dannosi».

Qualche esempio? Anni fa a Ravenna arrivò lo spettacolo Fa’afafine, dove un bambino maschio voleva vestirsi da femmina…

«Questo ne è un esempio; circolano anche libretti di questo tipo per bambini piccoli e si sentono casi di scuole in cui le maestre hanno fatto vestire i bambini da femmine e le bambine da maschio, provocando imbarazzi e forzature. Perché spingere a sperimentare qualcosa che va fuori dall’evidenza del bambino che fin da piccolissimo sa di appartenere a un genere?».

E però penso per esempio a un ragazzino che si scopre omosessuale, uno spettacolo come Fa’afafine non può servire a farlo sentire meno diverso? O a un ragazzino che non si sente a proprio agio nel suo corpo?

«Non mi occupo specificatamente di omosessualità, non credo che nessuno si “scopra” omosessuale e in ogni caso non può accadere prima della pubertà. E una persona che è attratta da persone dello stesso sesso, appartiene comunque a un genere, è maschio o femmina. Diversa è la disforia di genere (il malessere percepito da chi non si riconosce nel proprio sesso), un tema delicatissimo che va trattato senza banalizzazione. La letteratura scientifica ci mostra che in gran parte dei casi con l’avanzare dell’età si risolve, si tratta di ascoltare e capire il disagio del bambino; dunque, anche favorire il cosiddetto “cambiamento di sesso” mi sembra una forzatura più che la ricerca del bene integrale della persona».

Da Ravenna è partita una petizione per chiedere di abbassare l’età in cui sia possibile assumere i farmaci normalmente utilizzati durante la transizione sessuale anche sulla spinta della vicenda di una ragazzina delle medie che ha avuto rilevanza nazionale…

«Non conosco nei dettagli la vicenda, ma si tratta certamente di una tendenza pericolosa, tanto che sappiamo che ci sono anche tanti casi in cui, dopo aver intrapreso un processo di transizione, la persona vuole tornare alla sua condizione originaria.

Ma soprattutto mi chiedo come ragazzini di 11-12 anni possano avere la maturità per intraprendere una scelta di questo tipo e una terapia con notevoli effetti collaterali? Inoltre, dal punto di vista della bioetica c’è l’enorme tema dell’intervento medico sul corpo senza che vi sia una malattia e questo coinvolge il clinico anche dal punto di vista del significato stesso della Medicina, se non addirittura da un punto di vista deontologico».

Lei dice che l’ideologia gender nega le differenze innate tra maschi e femmine, e però sembra difficile negare che ci siano condizionamenti culturali nei ruoli che si affidano a uomini e donne. Penso ai tanti libri di scuola dove ancora si vede la mamma che cucina mentre il padre lavora o basta entrare in un negozio di giocattoli…

«Penso che viviamo in una società dove ormai non c’è più troppo la gabbia del ruolo, il bambino ha una visione semplificata e magari anche se sa che mamma è al lavoro mentre lui è a scuola, preferisce pensarla in cucina perché questo lo tranquillizza.

Il metodo per parlare di uguaglianza non può essere l’annullamento dell’identità sessuata che c’è ed esiste. Per quanto riguarda i giocattoli, gli studi hanno dimostrato come non sia il giocattolo a fare la differenza, ma il modo di giocare. Le attitudini genere specifiche al gioco sono innate. Basta vedere come i bambini giocano con oggetti che non sono propriamente giocattoli: con essi esprimeranno il loro essere maschi o femmine in modo naturale e non orientato dall’adulto».

Lei dice che non c’è la gabbia dei ruoli eppure proprio alla cultura maschilista e patriarcale dominante vengono imputati tanti femminicidi. Lei condivide questa analisi piuttosto diffusa? E come si dovrebbe intervenire?

«Io penso che in generale bisogna lavorare con il bambino su un altro piano, non di genere, ma sulla gestione della propria aggressività e della frustrazione, aiutarlo a e mentalizzare i propri istinti, cosa che avviene sempre meno. Nella nostra generazione (Brambilla è del 1981) non c’è uno svilimento della donna, che anzi ha grande considerazione».

Quindi per lei la parola “femminicidio” non ha ragione di esistere?

«Credo che possa forse servire a descrivere qualche caso, ma in generale parlerei appunto di violenza in senso più ampio a partire da una visione svilente dell’essere umano più ampia. E mi preoccuperei soprattutto del livello di aggressività di tanti messaggi a cui sono esposti i bambini soprattutto tramite la tecnologia (TV, videogiochi…)».

 

Nella visione che voi proponete basata sulle differenze di sesso, come si colloca la famiglia omogenitoriale?

«Ogni bambino, qualunque sia il nucleo in cui vive, ha una madre e un padre biologico e penso sia importante per un bambino interfacciarsi con la sua mamma e con il suo papà, ossia con il simile e con il differente, per la strutturazione della sua identità. Quando si dice che ci sono “due mamme”, si sta negando l’evidenza, la mamma è una soltanto e il bambino ha necessità di confrontarsi anche con il papà.

E anche quando sento gli slogan che dicono “Solo l’amore conta”, penso che invece l’amore sia carico di responsabilità personali e non può prescindere dal dato di realtà».

(Giorgia Brambilla sarà tra i relatori anche del convegno “Il vivere e il morire. La dignità e i diritti” sul tema del fine vita e in particolare sulla legge 219/2017 sulle disposizioni anticipate di trattamento. A organizzare l’evento – in programma sabato 22 febbraio dalle 9 al cinema Corso di via di Roma, a Ravenna – sono il Movimento per la Vita di Ravenna, Scienze e Vita Ravenna, Associazione Culturale San Michele Arcangelo, Comitato Verità e Vita e il Centro di Aiuto alla Vita di Ravenna-Cervia. Oltre a Brambilla interverranno Massimo Gandolfini, neurochirurgo e psichiatra, Giacomo Rocchi, magistrato, consigliere della Suprema Corte di Cassazione e Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo metropolita di Ravenna-Cervia. Modererà l’incontro la giornalista Raffaella Frullone.)

Diego Fusaro: “L’ideologia gender mira a

distruggere la famiglia e le regole della Natura.”

Inuovivespri.it-Diego Fusaro- (7 settembre 2017)- ci dice:

 

Stamattina, vicino La Spezia, in alcune scuole è comparso un cartello in cui si minacciano gli insegnanti “del gender”.  Ma che cosa è esattamente? Perché i genitori la temono?

 Ce lo spiega il giovane filosofo designato nel ruolo di assessore regionale alla Cultura dalla lista Noi Siciliani con Busalacchi- Sicilia Libera e Sovrana.

Con l’avvicinarsi della riapertura delle scuole, riesplode la polemica sulla introduzione di teorie gender nei programmi didattici.  E riesplode con forza: stamattina in alcune scuole di Lerici, in provincia di La Spezia, sono stati trovati dei cartelli affissi sui cancelli con su scritto: “Uccideremo gli insegnanti del gender che vanno nelle scuole ad imbastardire i nostri figli”.

Del caso è stato subito informato il ministro della giustizia, lo spezzino Andrea Orlando (PD), che oltre a rassicurare il corpo docente dice: “Evocare il pericolo di introduzione di inesistenti “teorie gender” è un modo violento per spaventare le famiglie rispetto a questioni che nulla hanno a che vedere con l’attività formativa svolta nei diversi gradi dell’istruzione.

Questo episodio, si inserisce in una campagna in atto da qualche tempo, che intende proporre l’odio nei confronti delle differenze in risposta alla necessità che si formino i bambini e i ragazzi al rispetto della dignità di tutte le persone, indipendentemente dalla loro provenienza, sesso, credo”.

Ma perché si parla tanto di teoria gender in Italia? Perché spaventa i genitori?  Cosa è esattamente? A cosa mira?

(Ce lo spiega in questo video il giovane filosofo Diego Fusaro che, come ormai saprete, è stato designato nel ruolo di assessore regionale alla Cultura dalla lista Noi Siciliani con Busalacchi- Sicilia Libera e Sovrana.)

 

 

 

 

DDL ZAN. RAUTI: È GRIMALDELLO PER

AFFERMARE IDEOLOGIA GENDER IN ITALIA .

Fratelli-italia.it-Isabella Rauti-(9 Giugno 2021)- ci dice :  

“Lo scopo principale del DDL Zan non è quello dichiarato, della tutela delle vittime delle discriminazioni basate sull’ orientamento sessuale, principio condivisibile e già previsto nel nostro ordinamento; la finalità ulteriore è ben altra ” ha dichiarato la Senatrice Isabella Rauti, Responsabile del Dipartimento Pari Opportunità, Famiglia, e Valori Non Negoziabili di Fratelli d’Italia, in sala Nassirya al Senato durante il convegno organizzato dall’associazione Pro Vita per presentare il “Report sulle violazioni delle libertà fondamentali causate dalle leggi sull’omotransfobia”.

“Da un’ analisi più attenta dell’articolato del Disegno di legge emerge , infatti, con chiarezza la portata ideologica dell’operazione ed anche il potenziale rischio rispetto alla libertà di pensiero e di espressione di chi dissente. Inoltre, il perimetro del nuovo reato che si vuole introdurre , quello di omofobia, è descritto in modo labile ed indefinito , lasciando – quindi – ampia discrezionalità al giudicante ed è difficile prevedere fino a che punto potrebbe spingersi il giudizio sanzionatorio rispetto all’affermazione delle proprie opinioni , ad esempio sulla maternità surrogata, le adozioni gay , i diritti dei bambini ad avere un padre ed una madre e che non ci sono “persone incinte” ma che solo le donne partoriscono.

 Un altro aspetto molto critico è quello sull’identità di genere; tale aspetto non solo porta nelle aule dei tribunali dove il DDL vuole condurre tutti quelli che non si allineano al pensiero gender ma soprattutto coinvolge i luoghi dell’istruzione , dell’educazione e della formazione , togliendo ai genitori la libertà di scelta educativa per i propri figli” ha proseguito Rauti.

“Assistiamo, in paesi come la Germania e in altri in cui sono in vigore Leggi simili al Ddl Zan, ad arresti di genitori “rei” di non aver fatto frequentare ai propri figli discutibili corsi sull’autodefinizione di genere e sull’indifferenza sessuale.

È sempre più evidente che l’obiettivo di questa legge sia l’imposizione dell’ideologia gender fluid che conduce verso una infinita molteplicità di generi .

Prevedendo come principio base la “percezione” della propria identità sessuale e un’autodichiarazione per definirsi uomo o donna o altro non binario, si aprono questioni immense ; con ricadute imprevedibili come – a titolo di solo esempio – nella pratica sportiva agonistica in cui i transgender uomini possono competere nei settori femminili.

Questo Disegno di Legge, vuole punire come reato di odio chi non si allinea al pensiero unico; insomma è un grimaldello per affermare in modo pervasivo l’ideologia gender e Fratelli d’Italia continuerà a battersi , nelle sedi parlamentari e nelle piazze , perché non venga approvata.” conclude la Vice Capogruppo al Senato di FdI.

 

 

 

 

Il ddl Zan è morto, ma il gender nelle scuole no.

It.sputniknews.com-Tatiana Santi-(27.10.2021)- ci dice:

Affossato il ddl Zan al Senato, il disegno di legge contro l’omotransfobia torna così in Commissione Giustizia, da dove molto probabilmente non uscirà più. Esultano il centrodestra, i movimenti Pro Vita e le associazioni contro il gender che da mesi si battevano contro il ddl.

Il Senato, a scrutinio segreto, ha optato per la cosiddetta “tagliola” proposta da Lega e Fratelli d’Italia per il ddl Zan. L’esame del testo si ferma qui. Secondo Alessandro Zan Italia Viva “ha tradito il patto politico, le responsabilità sono chiare”. “Sconfitta l’arroganza Pd e 5 stelle Salvini”, così dal canto suo canta vittoria il leader della Lega Salvini.

Il ddl contro l’omotransofia puntava anche sull’identità di genere, uno dei fattori più divisivi del testo da mesi criticato dalle associazioni Pro Vita e dai movimenti contro il gender nelle scuole.

 Il ddl Zan è morto, ma il gender nelle scuole no. Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista in merito Giusy D’Amico, presidente dell’associazione “Non si tocca la famiglia”.

DDL Zan, votazione al Senato: 154 voti contro 131, è stop all'esame.

— Il risultato di oggi sicuramente è un risultato che ci riempie di gioia perché hanno prevalso il buonsenso, il diritto, il principio di libertà con cui il nostro Paese è connotato. Ha prevalso anche il principio di costituzionalità: coloro che sono stati chiamati a votare hanno ragionato sugli aspetti che hanno spaccato un fronte molto compatto alla Camera. Questo fronte si è sgretolato di fronte ad un dibattito sempre più ampio nella società civile, culturale e politica. Tutta la campagna che è stata fatta in modo trasversale anche da un punto di vista scientifico da associazioni, politici, partiti ha fatto fallire un progetto senza fondamenti. Basti pensare all’inconsistenza dell’identità di genere che si voleva portare in forma obbligatoria nelle scuole attraverso l’articolo 7.

Inoltre era assolutamente improbabile pensare di poter giudicare una espressione, un pensiero, un modo di vedere la realtà oggettivo come nel caso della differenza fra maschio e femmina; non si sarebbe potuto condannare l’utero in affitto come una mercificazione del corpo delle donne e via dicendo. Come minino avremmo ricevuto lo stigma di omofobi, in seconda battuta se fossimo stati giudicati dal primo giudice di turno probabilmente saremmo stati sanzionati, se non addirittura mandati in carcere. Oggi siamo soddisfatti perché ha prevalso il buon senso.

— Anche senza una legge nuova il gender era già entrato nelle scuole e continuerà a farlo. Quali saranno i vostri prossimi passi in merito? Come vi muoverete?

— Innanzitutto l’uso del consenso informato preventivo, la nota circolare MIUR del 2018, era un libero esercizio della propria libertà di scelta educativa in merito ai temi trattati a scuola. Questo fino ad oggi era possibile. Saltando questo impianto ideologico continua a permanere una modalità già in uso nella scuola. Una vittoria di noi associazioni, che abbiamo visto però vacillare, questa libertà con il ddl Zan sarebbe stata messa all’angolo.

Noi ci siamo occupati di lavorare tutta l’estate con una squadra di esperti di altissimo livello ad una elaborazione di linee guida sulla fertilità, sulla sessualità e sull’educazione affettiva nelle scuole come risposta in ordine a contenuti e modalità a quelle che sono state le linee guida dalla Regione Lazio a giugno, da noi bloccate come associazione di genitori e di famiglie alzando la voce. Il MIUR ha ritirato la circolare finita in tutte le scuole sulle “strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere”.

Davanti a noi il gender è ancora uno spettro perché è entrato in tutte le scuole o quasi con varie modalità. Dobbiamo fare un grande plauso a tutti i genitori sentinella che in Italia ad oggi fanno un servizio di vigilanza nelle scuole e denunciano casi preoccupanti di matrice ideologica.

Matteo Renzi - Sputnik Italia, 15.07.2021

Ddl Zan, Renzi: "Ferragni qualunquista. Via gender e scuole per portare a casa il risultato"

— Vi sono sempre più trans, non binari, omosessuali nei cartoni animati, si parla ai più piccoli di fluidità di genere, la Lego ha abolito i giochi per bambini e bambine introducendo il concetto di “neutro”. La propaganda gender è ovunque. Non è ancora una battaglia vinta la vostra. Che cosa dovrebbero fare i genitori?

— Premetto che noi come associazione siamo dalla parte di tutta la lotta che va contro le discriminazioni, anche un solo caso di discriminazione verso una persona con l’orientamento omosessuale per noi sarebbe inaccettabile. Non vanno emessi giudizi sulla vita privata delle persone: ognuno è libero di pensare, agire e muoversi come crede. Altra cosa è instillare continuamente nella fascia infantile, quella dell’età evolutiva in cui fino all’età dell’adolescenza avanzata il terreno per costruire la propria identità è fragilissimo. Se a fronte di questo disagio si instillano nei bambini teorie di questo tipo - quando possiamo scegliere oggi di essere maschi, domani femmine, dopodomani di essere entrambe le cose - il bambino viene disorientato.

In questo senso diciamo alle famiglie di essere vigilanti sulle proposte che vengono fatte ai figli nelle scuole, è possibile attivare il parental control nei telefonini, bisogna tenere i più piccoli lontani da piattaforme come Tik Tok, Instagram e Facebook. I genitori per primi devono formarsi, le scuole devono essere garanzia della formazione e dell’informazione. Le famiglie devono essere vigili. Un genitore disattento o peggio consenziente non può preservare i figli da questo tipo di ondata ideologica. Ci vuole un lavoro di sinergia per proteggere l’infanzia e l’adolescenza.

 

 

 

Pensiero unico? La bestia nera  del nuovo millennio.

Nazionefutura.it- Ferrante De Benedictis-(6 Ottobre 2020)- ci dice :

La “moderna globalizzazione”, ha assunto sempre più un’azione modellante e disgregante delle abitudini e della cultura dei popoli, attraverso una crescente omologazione dei costumi e delle abitudini dei cittadini.

Omologazione annientatrice delle identità nazionali e avente come scopo quello di annichilire il pensiero critico e trasformare il cittadino, inteso come colui che non solo abita ma partecipa attivamente alla vita della polis, in mero consumatore bulimico ed inconsapevole.

Nasce così il consumatore globale, tanto più servile ed utile, tanto più sradicato e apolide, un consumatore che perde i connotati di cittadino e annulla ogni capacità di pensare altrimenti, di offrire uno sguardo critico del presente ed uno slancio trasformativo per il futuro.

Se da un punto di vista economico si può certamente parlare di globalizzazione come teatro del neoliberismo, nel campo politico, sociale e più in generale di pensiero, più che di globalizzazione si dovrebbe parlare di mondialismo, inteso come progetto totalitario, che ha come scopo quello di creare un unico mercato mondiale assoggettato alle sole logiche del consumo e della finanziarizzazione dell’economia.

La globalizzazione così per la prima volta nella storia porta alla ribalta quello che viene definito pensiero unico, e che in realtà di pensiero ha ben poco. Una mentalità unica pronta ad etichettare chi non si allinea con termini dalla chiara accezione negativa quali estremista, razzista, xenofobo, omofobo, maschilista, etc.

Ma cosa c’è alla base del pensiero unico? Certamente l’idea di condizionare innanzitutto il linguaggio, stabilendo a priori quali forme e quali termini possano definirsi consoni e quali invece no.

La guerra ai termini è più in generale una guerra alla libertà di pensiero e di espressione; stiamo assistendo, senza forse neppure rendercene conto, ad una deriva Orwelliana che vede nel reato di psico-polizia il trionfo della mentalità mainstream e del politically correct.

Esempio ne è il decreto Zan-Scalfarotto, una legge pericolosa oltre che palesemente contraria ai principi costituzionali e che mira a punire anche penalmente chi liberamente vorrebbe esprimere la propria idea ed il proprio giudizio, colpevole ad esempio di porsi a difesa della famiglia tradizionale.

Con la globalizzazione abbiamo così assistito ad una crescente affermazione del pensiero unico, un pensiero che sconfessa le Nazioni, che mira a distruggere le identità, ed a sfaldare le comunità locali e tutto in nome di una magmatica ideologia global progressista.(Dem USA!).

Per queste ragioni il rivendicare la propria sovranità significa innanzitutto ridare ossigeno alla libertà di pensiero e alla democrazia, ristabilendo i normali equilibri tra economia e politica, tra economia reale e finanza, tra capitale e lavoro, tra capitale e territorio.

 

Ma cosa vuol dire sovranità, sovranità non è da confondere con il termine nazionalismo, ma da intendere come sacrosanta difesa dei legittimi interessi nazionali, oggi più che mai minacciati da un’economia dominata dalla finanza, dai potentati globali e dal pensiero unico.

Cosa sta succedendo oggi? certamente il Covid-19 ha rappresentato e rappresenta uno di quei fatti in grado da solo di cambiare il corso della storia, un incidente della storia appunto, una discontinuità capace di catalizzare improvvisamente i processi storici e politici.

Così davanti ad un’epidemia dal carattere così globale sono tanti i potenziali processi di cambiamento in atto, che potrebbero rappresentare una grande opportunità per ristabilire quei normali equilibri di cui si accennava.

Occorre però considerare che le opportunità potrebbero essere colte anche dagli altri, e così se da un lato la pandemia determinerebbe la fine della globalizzazione, da un altro punto di osservazione potrebbe invece significare il potenziamento di un modello globalista ed il concretizzarsi di un governo mondiale sulla spinta della tutela della salute pubblica globale.

Ricorderemo certamente che da quando l’economista americano Milton Friedman teorizzò le nuove idee neoliberiste, di cui la globalizzazione ha rappresentato e rappresenta lo strumento più potente ed efficace per la sua progressiva affermazione, il modello neoliberista ha sempre saputo cogliere i momenti di crisi accrescendo il suo dominio.

A tal proposito fanno un certo effetto le parole di Mario Monti nel Febbraio del 2011 :

“Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono cessioni di parti delle sovranità nazionali…”

È chiaro che Monti facesse riferimento a quello che in psicologia delle masse si chiama la teoria dello shock, di cui la comunicazione mainstream si serve con grande abilità oggi.

Ma esiste anche la speranza che possa vincere la seconda ipotesi, ossia quella che la pandemia possa rappresentare la fine del modello global progressista (DEM USA!) con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni.

 

 

 

Perché diciamo no alla dittatura

del pensiero unico.

Intgerris.it. -Massimo Gandolfini- (Luglio 21, 2020)- ci dice :

 

“Il giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una causa ed un regime: è libero perché nell’ambito delle leggi del regime può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica e di propulsione”.

10 ottobre 1928, discorso di Benito Mussolini ai giornalisti. Inizia così la stagione della censura fascista, con la repressione delle libertà di pensiero, opinione e associazione che culminerà nelle tragiche “leggi razziali” del 1938.

 Forti di questa dolorosa esperienza, dovremmo avere ben chiaro che ogni forma di dittatura, culturale e politica, ha sempre avuto e avrà sempre un grande nemico: la libertà di pensiero e di opinione.

Chi esce dal coro, chi non si allinea ai canoni del pensiero unico, chi pervicacemente crede che la verità non può essere manipolata a piacimento e che ci sono valori e principi fondanti l’umano, che rendono una società “civile”, oggi viene emarginato e ghettizzato dai “salotti” del potere culturale e mediatico, e domani potranno scattare le manette. Già, perché il pensiero unico tollera solo servi e schiavi della “verità” unica che esso stesso produce.

Certamente sono tinte fosche, per nulla rassicuranti, che da tempo colorano l’orizzonte del nostro vivere quotidiano, ma che a parer mio stanno presentando una pericolosa accelerazione: stiamo passando dalla dittatura del relativismo – certamente dannosa, ma che garantiva, anzi pretendeva, spazi di libertà alle opinioni del singolo – al totalitarismo del pensiero che non ammette repliche, non disdegnando di blindare il proprio potere ricorrendo al codice penale.

Lo stiamo vivendo in questi giorni, con la vicenda del ddl Zan sulla cosiddetta “omotransfobia”: dietro la maschera dell’alto valore di etica pubblica rappresentato dal contrasto ad ogni forma di discriminazione, ci sta la realtà di voler vietare ogni libertà di opinione e di manifestazione del pensiero su temi di enorme portata culturale, sociale, morale e religiosa quali l’affettività, la sessualità, la famiglia e l’educazione delle nuove generazioni.

E’ ben assurdo che in questo nostro tempo contrassegnato dal trionfo del libero arbitrio e della autodeterminazione senza limiti, si cerchi di imporre una visione della vita relazionale, opponendosi alla quale devono scattare le manette e la rieducazione “mentale”!

 Non passa giorno in cui non si senta dire che viviamo in un mondo globale, multietnico, multiculturale, multireligioso, in cui la tolleranza reciproca è regola indispensabile, e poi ci troviamo ad essere etichettati come “fascisti, seminatori d’odio, violenti discriminatori” – passibili di carcerazione – se in una pubblica piazza, in una scuola, in un convegno o dibattito si sostiene che l’adozione omogenitoriale è un’assurdità, l’utero in affitto è un incivile abominio, la natura ci offre due sessi e due generi e l’ideologia gender è “uno sbaglio della mente umana” (Papa Francesco), la famiglia naturale è una sola, con mamma, papà e figli.

Chi rivendica la libertà di pensare ed agire in modo esattamente opposto, non può imbavagliare a suon di codice penale chi non condivide, perché questo è il “sugo” della democrazia. Nel ddl Zan questa è la posta in gioco: il futuro del pensiero libero. La narrazione dominante ci parla di “emergenza omofobica”, che esige una “legge speciale” per arginare queste vergognose condotte.

 Domandiamoci: ci sono individui spregevoli che offendono, picchiano, diffamano persone omosessuali? Certamente sì. Ci sono leggi che puniscono i colpevoli di questi reati e tutelano i cittadini italiani, omosessuali o eterosessuali che siano? Certamente sì. Ci sono già stati casi di condanna per le condotte delittuose sopra descritte? Certamente sì.

L’ordinamento della Repubblica Italiana, a partire dalla Costituzione, si è dotata di tutti gli strumenti giuridici necessari a garantire la dignità di ogni persona, la difesa da ogni possibile violazione dei suoi diritti e la condanna degli autori di azioni delittuose. Ecco perché questa legge – anche a prescindere dalla evidente deriva antidemocratica e liberticida – è inutile. Anzi dannosa, perché – proponendosi come antidiscriminatoria – in realtà crea una nuova discriminazione, quella dei cittadini italiani che non essendo persone omosessuali non godranno delle stesse super-garanzie riservate a queste.

Nel ’68 uno slogan molto diffuso recitava “la fantasia al potere”; parafrasando, oggi viviamo tempi di “assurdità al potere”! La prova?

 Chi è omofobo deve essere rieducato prestando lavoro gratuito presso associazioni LGBTQ+ con l’aggiunta che gli verranno ritirati patente e passaporto! Sarà un caso, ma è proprio quanto fece il KGB con Alexander Solgenitsin quando vinse il premio Nobel. Si realizza la previsione di un “profeta” di sinistra e omosessuale, Pierpaolo Pasolini: “Il nuovo potere utilizzerà le vostre parole libertarie per creare una nuova inquisizione, un nuovo conformismo, e i suoi chierici saranno chierici di sinistra”.

“#restiamoliberi è la parola d’ordine che sta riempiendo le piazze di tutt’Italia: gli italiani sanno molto bene quanto sangue e lacrime è costato ai propri padri e nonni riconquistare la libertà di pensiero e di associazione. Non penso di chiedere la luna nel pozzo se pretendo di essere libero di dire che vedere due persone dello stesso sesso che si baciano in pubblico “non MI piace” ed insegno a non farlo, a chi mi vuole ascoltare.

Discorso d’odio? Per i fautori di questo assurdo ddl, certamente sì. E non pensate che non ci sarà qualche giudice, in qualche tribunale, zelante sostenitore di teorie genderiste, che non brinderà a questa grande occasione di condannare un omofobo?

 La dittatura dell’assurdo si impone attraverso leggi persecutorie, e si legittima attraverso campagne di menzogna: dai cristiani incendiari di Roma, agli ebrei predatori del mondo; dalla superiorità degli ariani, all’omotransfobia. #RESTIAMOLIBERI.

 

 

 

 

“NON SIAMO PIÙ IN DEMOCRAZIA,

QUESTA È UNA DITTATURA SANITARIA”.

Byoblu.com- Francesca Donato- Michele Crudelini-(15 Ottobre 2021 )-ci dicono:

Nella lunga diretta di “Byoblu” dedicata all’introduzione del green pass obbligatorio per i lavoratori è intervenuta l’europarlamentare Francesca Donato per commentare i fatti della giornata.

L’onorevole Donato ha spiegato in particolare come la situazione italiana sia un unicum in Europa, dove il green pass non ha trovato finora particolare fortuna.

Sono pochi gli Stati che lo utilizzano per limitare gli accessi in determinati luoghi, nessuno però lo ha mai introdotto per il posto di lavoro.

Dal primo aprile 2021 ad oggi abbiamo speso un milione di euro. Le spese più grosse sono state quelle per acquistare il canale TV sul digitale terrestre: 150mila euro più qualche decina di migliaia di euro in burocrazia e spese legali. Poi ci sono quasi 50mila euro di spese di trasmissione ogni mese, per illuminare tutte le case d’Italia. Il resto sono stipendi, tasse e contributi, consulenze legali, attrezzature, anticipi per la nuova sede, per le scenografie, i cablaggi… È tanto? Nelle televisioni che vogliamo sfidare, con mezzo milione ci fanno mezza puntata di uno spettacolo serale. Le trimestrali Mediaset relative a gennaio, febbraio, marzo 2021 parlano di 115 milioni di euro soltanto di spese per il personale. Riuscite ad immaginare quanto Davide si stia dando da fare per sfidare Golia?

La TV dei cittadini sta crescendo: siamo gli unici a darvi conto delle posizioni del 30% del paese, che sui grandi media non vengono rappresentate o vengono strumentalizzate quando non umiliate. Questa televisione è anche dedicata a loro, quelli che oggi vengono considerati terroristi o criminali, ma sono cittadini rispettosi della legge, con gli stessi diritti di tutti gli altri. L’unico modo per continuare ad avere una TV libera e indipendente è il micro-finanziamento diffuso. Con un piccolo contributo a testa, tutti quanti, non ci sono problemi. Sappiamo che per qualcuno anche quel poco può essere tanto. Per questo non chiediamo niente per guardare la TV dei cittadini. È una responsabilità collettiva tenerla in vita. Noi siamo contro qualsiasi obbligo ingiusto: pagherete solo l’abbonamento volontario che vi sentite e che potete. Nel frattempo, per sostenere la tv dei cittadini ci stiamo impegnando a fondo per trovare piccole medie imprese, etiche e coerenti con il nostro messaggio, che abbiano voglia di acquistare spazi pubblicitari. E quando ci riusciremo, il nostro sogno è quello di devolvere le donazioni a tutti quei blogger indipendenti che fanno un’informazione coraggiosa e che ne hanno bisogno per continuare a farla.

Ma nel frattempo dobbiamo aumentare i giornalisti (ne abbiamo solo cinque, che lavorano per venti), aumentare i tecnici per coprire tutte le manifestazioni e gli eventi che ogni giorno organizzate nel Paese, realizzare programmi di approfondimento degni della prima serata, far partire il marketplace (è tutto pronto, speriamo che a settembre si parta), realizzare infrastrutture per proteggere il sito dagli attacchi informatici e da quelli dei grandi censori.

Una televisione dei cittadini fondata interamente dal basso non è mai esistita. Se esiste oggi, è solo grazie a voi. Avete partecipato a una delle più grandi imprese della storia. Ed è sui libri di storia che ne parleranno, quando la veemenza degli interessi sporchi che divorano il presente si sarà placata e, diradatosi il fumo, il mondo sarà pronto per guardarsi con lucidità alle spalle. Il cammino, quindi, è lungo, e noi dobbiamo diventare sempre più interessanti ed utili. Oppure chiudere. Ma se chiuderemo, beh… sarà un vero peccato! Quando ricapiterà un’altra occasione simile: quella di avere una televisione semplicemente di tutti, per tutti?

E allora coraggio, continuate a darci una mano, che stiamo andando fortissimi. Siamo a tanto così dalla cima! Abbiamo fatto trenta, se volete fare trentuno, mandateci qualcosa. Qualunque cosa. Farà la differenza!

 

 

 

 

I 23 bias cognitivi che

 ti incasinano la vita.

Efficacemente.com- Andrea Giuliodori-(25-10-2021)-ci dice:

Hai mai sentito parlare di bias cognitivi? Che tu li conosca o meno, posso assicurarti che hanno un impatto rilevante sulla tua vita. È tempo di prenderne consapevolezza.

“Mentire a noi stessi è ben più radicato nella nostra anima del mentire agli altri.”

(F. Dostoevsky.)

Ti è mai capitato di avere quella fastidiosa sensazione di essere il peggior nemico di te stesso? Ti consideri una persona mediamente intelligente, sai distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, eppure ti ritrovi, più spesso di quanto vorresti, a prendere decisioni stupide:

sgarri alimentari che ti riempiono di sensi di colpa,

acquisti impulsivi che si dimostrano inutili,

impegni procrastinati che non fanno altro che generare stress.

La nostra mente è senza dubbio una delle più raffinate creazioni della natura, eppure ogni tanto va in “tilt” e ci fa comportare come degli asini totali. Perché? È evitabile? Come possiamo prendere decisioni migliori, decisioni che ci avvicinino ai nostri traguardi, invece che allontanarcene?

Tutta colpa dei bias cognitivi (e del gatto obeso della zia Pina).

Wikipedia definisce i “bias cognitivi” come: “giudizi (o pregiudizi) che non corrispondono necessariamente alla realtà, sviluppati sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro e che portano dunque ad un errore di valutazione o mancanza di oggettività di giudizio.“

Tradotto, i bias cognitivi rappresentano il modo con cui il nostro cervello distorce la realtà. La domanda a questo punto è: perché diamine lo facciamo? Perché distorciamo la realtà che ci circonda?!

La risposta, come spesso accade, è legata alla nostra evoluzione.

Se hai letto “Autostima Passo Passo” ricorderai probabilmente il capitolo sulle “euristiche del giudizio“: sì, esattamente, quello in cui ti ho fatto l’esempio del gatto obeso della zia Pina! Fondamentalmente, il nostro cervello è bombardato ogni giorno da centinaia di migliaia di input sensoriali e per far emergere i segnali (soprattutto i segnali di pericolo) dal rumore di fondo, ha imparato, nel corso dei millenni, ad adottare alcune scorciatoie mentali.

Queste scorciatoie sono per la maggior parte corrette e ci consentono di interpretare la realtà in maniera rapida ed efficiente. Tuttavia, c’è una percentuale di queste euristiche che ci conduce verso dei vicoli ciechi, delle conclusioni errate sul mondo che ci circonda: i bias cognitivi appunto.

Nell’articolo di oggi ho selezionato per te una lista di quelli che sono i 23 bias cognitivi più frequenti e pericolosi. Liberartene completamente è impossibile, ma se imparerai a riconoscerli, avrai un’arma in più per evitare decisioni stupide nei tuoi studi, nel tuo lavoro e, in generale, nella tua vita.

La lista di bias cognitivi che ti fregano più spesso (e come evitarli).

Gli studiosi hanno individuato decine e decine di bias cognitivi e nuovi ne vengono scoperti ogni anno. Lo studio dei bias cognitivi è particolarmente importante per chi si occupa di marketing, finanza e gestione aziendale. Nella lista qui di seguito ho scelto quei “percorsi mentali errati” che hanno la capacità di influenzare radicalmente la nostra vita quotidiana, ostacolando spesso il nostro percorso di crescita personale.

Eccoli.

1. Euristica dell’influenza (affect heuristic).

Ipotizziamo che recentemente tu abbia deciso di acquistare una nuova auto: scommetto uno pneumatico che stai iniziando a vedere quell’auto ovunque. Ho ragione o dico giusto?

Il bias dell’euristica dell’influenza spiega come la nostra percezione della realtà sia significativamente influenzata da ciò che desideriamo in quel dato momento.

All’interno del libro “Scarcity: why having too little means so much” è riportato un interessante esperimento sull’affect heuristic: a due gruppi di persone è stato chiesto di riconoscere alcune parole mostrate su uno schermo per una frazione di secondo. Le parole in questione erano: porta, torta, corta. Gli individui del primo gruppo hanno individuato le 3 parole con una frequenza simile: per capirci, alcuni hanno riconosciuto la parola “porta”, altri la parola “torta” e altri ancora la parola “corta”. Gli individui del secondo gruppo invece hanno individuato nell’80% dei casi esclusivamente la parola “torta”. La differenza tra i 2 gruppi? Il primo è stato sottoposto all’esperimento dopo pranzo, il secondo prima di pranzo .

Vallo a spiegare ai fan della Legge di Attrazione che se riescono a trovare il posteggio dell’auto è grazie all’euristica dell’influenza e non alle vibrazioni quantico-cosmiche.

2. Bias del carro della banda musicale (bandwagon bias).

Il “bandwagon” in inglese indica il carro su cui viaggia la banda musicale durante le parate o altre manifestazioni pubbliche. Il bandwagon bias indica la nostra tendenza a sviluppare una convinzione, non tanto sulla base della sua effettiva veridicità, ma quanto piuttosto in relazione al numero di altre persone che condividono quella stessa convinzione.

Insomma, siamo dei gran pecoroni.

Ti faccio un esempio legato allo sviluppo personale: sei sicuro che le convinzioni che hai su te stesso siano proprio tue? Non è che agisci in un determinato modo perché è esattamente il comportamento che gli altri si aspettano da te? Così, per dire…

3. Ancoraggio (anchoring bias).

Spontaneamente facciamo troppo affidamento sulle prime informazioni che ci vengono fornite.

Immagina ad esempio di trovarti a trattare il prezzo di un bene o di un servizio: in questi casi, l’intera trattativa verterà intorno alla prima cifra proposta da una delle due controparti. Se sei sveglio e fai l’offerta per primo, magari un’offerta ridicolmente a tuo favore, avrai delle buone chances di fare un ottimo affare (come detto il giochino funziona laddove ci sono margini di trattativa).

4. Bias di conferma (confirmation bias).

Questa “scorciatoia mentale errata” si verifica in particolar modo tra i sostenitori di partiti politici o altre ideologie (vedi i fanatici delle “diete alimentari”). Nello specifico, è nella nostra natura dare maggiore rilevanza alle sole informazioni in grado di confermare la nostra tesi iniziale.

Questo è un altro motivo per cui il “confronto”, soprattutto quello online, è spesso sopravvalutato.

5. Bias della scelta (choice-supportive bias).

Cugino stretto del confirmation bias è il choice-supportive bias, che spiega la nostra tendenza a razionalizzare le scelte fatte, anche se tali scelte sono state impulsive o sono state fatte sulla base di gravi lacune informative.

Insomma, piuttosto che ammettere di aver fatto una ca*#!ta, ci inventeremo la qualunque per dimostrare quanto brillante sia stata la nostra decisione. Il problema è che nella maggior parte dei casi ci ritroveremo a prendere in giro noi stessi (hai presente le 3 bugie che ci raccontiamo ogni giorno? Stessa solfa).

6. Illusione dello schema (clustering illusion).

(bias-cognitivi-ritardatari) .Una delle armi più potenti del nostro cervello è la capacità di individuare dei “pattern”, ovvero degli schemi, attraverso i quali giungere rapidamente a delle conclusioni.

Il problema è che spesso vediamo questi schemi laddove non esistono.

Un esempio classico? I numeri “ritardatari” del lotto: siamo convinti che se un numero non esce da così tante estrazioni, avrà sicuramente una maggior probabilità di essere estratto. FALSO: ad ogni nuova estrazione TUTTI e 90 i numeri hanno esattamente la stessa probabilità di uscire (1/90).

7. Euristica della disponibilità (availability heuristic).

Questo bias consiste nel sovrastimare le informazioni a nostra disposizione.

“Non è vero che fumare fa male! Mio nonno ha fumato un pacchetto di sigarette al giorno fino a 90 anni ed era sano come un pesce“.

Mi spiace, ma l’esperienza di tuo nonno non ha validità statistica circa la salubrità del fumo: tuo nonno ha avuto solo un gran c*#o ;-)

 

8. Illusione della frequenza (frequency illusion).

Molto simile all’euristica dell’influenza, la frequency illusion spiega perché iniziamo a vedere ovunque conferme di quanto abbiamo recentemente appreso. Te ne accorgerai nei prossimi giorni: inizierai a vedere bias cognitivi neanche fossero delle Grandi Punto della Fiat!

9. Bias del pavone (self-enhancing transmission bias)

Tutti noi siamo portati a condividere maggiormente i nostri successi, rispetto ai nostri fallimenti.

Hai bisogno di prove? L’intero Facebook ruota attorno al bias del pavone: le frasi e le immagini più condivise riguardano vacanze incredibili, party selvaggi, amori passionali. Beh, la realtà è “leggermente” diversa. Un  video la fotografa in tutta la sua cruda freddezza.

10. Bias del “senno di poi” (hindsight bias).

Siamo tutti geni col “senno di poi”. Nel trading come nell’innovazione tecnologica l’hindsight bias spiega perché riteniamo scontate certe evoluzioni solo dopo che si sono verificate.

Immagina di essere nel 2006 e cercare di convincere il management di Nokia, che Apple e Google saranno i due player fondamentali del mercato mobile negli anni a venire.

Good luck!

11. Attualizzazione iperbolica (hyperbolic discounting).

L’hyperbolic discounting è un termine scientifico complesso per indicare un atteggiamento che i lettori di EfficaceMente conoscono fin troppo bene, ovvero la propensione a scegliere, sempre e comunque, il piacere immediato rispetto alla felicità a lungo termine.

Questo atteggiamento è particolarmente presente in 3 aree della nostra vita:

 

L’alimentazione.

I risparmi.

Lo studio/lavoro.

In un esperimento del 1998 ai partecipanti fu chiesto di scegliere tra un frutto sano e uno snack al cioccolato. Quando la scelta era spostata nel futuro, il 74% degli individui sceglieva la frutta. Quando invece la scelta riguardava il momento presente, il 70% degli individui sceglieva il goloso snack al cioccolato.

Il punto è che tendiamo inevitabilmente a sovrastimare le capacità del nostro “Io futuro”, come se fosse una sorta di superuomo o superdonna che sarà in grado di mangiare ultra-sano, risparmiare ogni centesimo e studiare o lavorare senza distrazioni per zilioni di ore.

Indovina un po’: il tuo “Io futuro” è indisciplinato, svogliato e spendaccione esattamente come il tuo “Io presente”, anzi, anche un pelino di più. Se vuoi controbilanciare l’hyperbolic discounting, DEVI leggere questo post sull’akrasia.

12. Escalation irrazionale (irrational escalation).

Prendere decisioni irrazionali solo per tenere fede a decisioni razionali prese in passato. Se di recente ti è capitato di farti prendere la mano in un’asta Ebay, sai esattamente di cosa sto parlando.

13. Bias della negatività (negativity bias)

bias-cognitivi-roccia-orso.

“Preferisco essere ottimista e avere torto, che pessimista e avere ragione.”

(A. Einstein.).

Consiste nel dare maggior peso agli aspetti negativi rispetto a quelli positivi.

Naturalmente anche questo bias cognitivo ha una sua spiegazione evoluzionistica: per i nostri antenati, infatti, era decisamente meglio confondere una roccia per un orso, piuttosto che un orso per una roccia.

Per quanto ci riguarda, pensare che aver fallito quell’esame o aver mancato quella promozione significhi la fine della nostra esistenza, forse è un tantino esagerato.

14. Bias dell’inazione (omission bias).

Indica la tendenza a preferire l’inazione rispetto a qualsiasi azione, anche la più piccola.

La prossima volta che ti ritrovi con il c*#o incollato al divano, incapace di sostenere il ben che minimo impegno, ricorda che il bias dell’inazione è in… azione. Come batterlo? Ti consiglio di utilizzare il segreto dei 3 minuti.

15. Effetto struzzo (ostrich effect)

Se il confirmation bias ci spinge a dare maggior importanza alle sole informazioni a sostegno della nostra tesi, l’effetto struzzo ci porta a nascondere la testa nella sabbia quando ci vengono presentati dati che contrastano con le nostre convinzioni.

Qualcosa mi dice che ti è capitato più di una volta di avere a che fare con degli… “struzzi”.

16. Effetto placebo (placebo effect.)

L’effetto placebo è uno dei bias cognitivi più conosciuti in assoluto e a dirla tutta non è del tutto negativo: consiste infatti nell’influenzare l’avverarsi di un evento attraverso la convinzione che quell’evento debba verificarsi.

Questo bias, più che dimostrare un difetto di progettazione del nostro cervello, mette in evidenza quanto potenti possano essere le nostre convinzioni.

17. Errore di pianificazione (planning fallacy).

Come visto al bias #11 le nostre capacità di fare previsioni accurate sul futuro sono a dir poco imbarazzanti. Questo è particolarmente vero quando ci ritroviamo a pianificare lo studio o un progetto di lavoro. Volenti o nolenti siamo sempre troppo ottimisti sul tempo che impiegheremo per realizzare i nostri obiettivi.

Come si contrasta la planning fallacy? Te l’ho già spiegato al punto 4 di questo articolo.

18. Reattanza (reactance).

(bias-cognitivi-bambini-)Scommetto che gli ingegneri elettronici sono andati in un brodo di giuggiole appena hanno letto il termine reattanza. In realtà, nella psicologia cognitiva la reattanza rappresenta il desiderio di fare il contrario di ciò che gli altri vorrebbero che facessimo.

Se sei un genitore che ha a che fare con bimbi piccoli o figli adolescenti, ho il vago sospetto che tu conosca perfettamente questo comportamento: forse lo conosci con il più comune nome di “capricci“.

Come possiamo evitare questa risposta istintiva? La reattanza nasce dalla volontà dell’individuo di difendere la propria libertà di scelta: invece di imporre un’unica scelta (la nostra) è molto più efficace offrire un ventaglio di opzioni che, guarda caso, vanno nella direzione desiderata.

19. Bias dell’avversione alle perdite (loss-aversion bias).

A parità di cifre (ma anche in caso di guadagni sostanzialmente più elevati), preferiamo di gran lunga evitare le perdite, piuttosto che ottenere dei guadagni.

20. Bias informativo (information bias).

Ti è mai capitato di dover prendere una decisione e ritrovarti a raccogliere tonnellate di informazioni senza poi agire? Questa nostra insicurezza è giustificata dall’information bias, ovvero la convinzione che più informazioni recupereremo, più la nostra decisione sarà oculata. La verità è che una sovrabbondanza di informazioni non sempre ci porta a realizzare azioni efficaci. Anzi…

Se hai difficoltà a prendere decisioni, ti consiglio di adottare la tecnica della bussola.

 

21. Errore dello scommettitore (gambler’s fallacy).

Diciamo che la mente umana non è progettata per prendere decisioni statistiche in modo razionale. Lo abbiamo già visto con l’esempio dei numeri “ritardatari” del lotto. In generale quando dobbiamo stimare la probabilità di accadimento di un evento ci facciamo influenzare troppo dagli eventi accaduti in precedenza, anche se questi sono statisticamente indipendenti.

Domandina semplice semplice: se lanciassi una monetina in aria per 9 volte di seguito e ottenessi sempre “testa”, la probabilità che esca “croce” al 10° lancio è minore, maggiore o la stessa?

22. Bias dell’ordine di grandezza (order of magnitude bias)

Non solo andiamo nel pallone quando si tratta di valutare eventi indipendenti, ma in generale abbiamo serie difficoltà nello stimare correttamente i diversi ordini di grandezza. Non mi credi?! Facciamo un piccolo esperimento?

Senza pensarci troppo, se ti dico che sono trascorsi 1 milione di secondi, quanti giorni sono passati? 1 giorno? 10 giorni? 100 giorni? 1.000 giorni? Su, prova ad indovinare… sono circa 12 giorni.

Se ti dicessi invece che sono trascorsi 1 miliardo di secondi, quanti anni sono passati? 1 anno? 10 anni? 100 anni? 1.000 anni? Spara il tuo numero, non ci pensare troppo… sono circa 32 anni.

Allora, ci sei andato vicino? Neanche un po’, vero?. Tieni presente questo bias ogni volta che ti ritrovi a fare delle stime numeriche.

23. Effetto Galatea (Galatea effect).

“Che tu creda di farcela o di non farcela avrai comunque ragione.”

(Henry Ford.)

Probabilmente avrai sentito spesso parlare di profezia auto-avverante. L’effetto Galatea è un derivato dalla self-fulfilling prophecy e si verifica quando il successo (o l’insuccesso) di una persona è influenzato dalle sue convinzioni sulle proprie abilità.

In altre parole una parte consistente delle nostre prestazioni (nello studio, nello sport, nel lavoro) è determinata da ciò che pensiamo di noi stessi e delle nostre capacità.

Se vuoi approfondire questo tema ti consiglio di rileggere il capitolo sull’autoefficacia che trovi all’interno del manuale “Autostima Passo Passo”. Se poi sei uno studente, il test del Professore e dell’Ultras ti farà ricredere su molte delle tue convinzioni sullo studio.

Conclusioni.

Allora? Quale tra questi bias cognitivi ti è piaciuto di più? Quale ti ha incasinato la vita più spesso? Fammelo sapere nei commenti di questo articolo.

Per il resto, come ti ho spiegato all’inizio del post, l’obiettivo non è certo sbarazzarci di questi “cortocircuiti mentali“: è impossibile, fanno parte della nostra natura. Tuttavia, anche solo conoscerli e averne consapevolezza, può fare un’enorme differenza nel nostro percorso di crescita personale.

Ecco, questa settimana vorrei che ti appuntassi quei 2-3 bias cognitivi che ti hanno fatto pensare “cavoli, questo sono io!“. Rileggili, se nella loro descrizione ho linkato dei post di approfondimento, leggi anche questi ultimi, ma soprattutto impegnati ad avere maggior consapevolezza di questi bias: osservali, guarda come influenzano le tue decisioni e le tue giornate e infine impara a gestirli… (EfficaceMente).

Per il momento è tutto: stavo per salutarti con un imbarazzante… “byes byes”, ma mi sono trattenuto .

Buona settimana!

 

 

Il consulente della FDA spiega perché si è astenuto

 dal voto sul vaccino COVID-19 di Pfizer per i bambini.

Zerohedge.com- Tyler Durden-(29 OTT 2021)-ci dice :

(Zachary Stieber - The Epoch Times).

L'unico membro del comitato consultivo sui vaccini della Food and Drug Administration ad astenersi da un voto importante questa settimana che ha essenzialmente autorizzato il vaccino COVID-19 di Pfizerper bambini di 5 anni ha dichiarato di averlo fatto a causa dei dati limitati di sicurezza ed efficacia.

Tutti gli altri 17 hanno votato per consigliare all'amministrazione, o alla FDA, di autorizzare il jab per i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. L'agenzia ha già sostenuto di farlo e si prevede che formalizzerà presto l'autorizzazione. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie avrebbero quindi deciso quali bambini avrebbero dovuto ottenere il colpo(vaccino).

SPIEGAZIONE: I bambini statunitensi e il vaccino COVID-19.

Pfizer afferma che il colpo di richiamo è efficace al 95,6% per gli individui completamente vaccinati.

Il voto è stato preceduto da quasi otto ore di discussioni e presentazioni, con più membri che hanno espresso preoccupazione per gli scarsi dati su come il vaccino influenzerà la fascia di età.

Ma il dottor Michael Kurilla, un esperto di malattie infettive e patologia che dirige una divisione all'interno del National Institutes of Health, è stato l'unico a non sostenere la raccomandazione.

Kurilla ha detto a Epoch Times in una e-mail che si opponeva alla formulazione specifica e binaria della domanda, che apre la possibilità che qualsiasi bambino tra i 5 e gli 11 anni sarà in grado di ottenere il vaccino Pfizer.

Era anche preoccupato per il follow-up più lungo per lo studio clinico che coinvolgeva la fascia di età a soli tre mesi, i dati che mostrano che i bambini sperimentano casi gravi di COVID-19 molto meno spesso degli adulti e come una grande fetta di loro abbia già avuto la malattia, dando loro un certo livello di immunità.

Se l'autorizzazione passa come previsto, almeno una parte della fascia di età sarà in grado di ottenere due dosi di 10 microgrammi ciascuna, distanziate di tre settimane l'una dall'altra.

Lo stesso intervallo di dosaggio, con un livello di dosaggio tre volte più alto, è attualmente in vigore per gli adulti. Ma gli adulti hanno visto diminuire l'efficacia, specialmente contro le infezioni, spingendo la recente autorizzazione di dosi di richiamo.

Poiché l'intervallo è lo stesso, si può prevedere che l'efficacia diminuirà anche nei bambini, ha detto Kurilla. Il livello di dosaggio più basso, nel frattempo, mette in discussione se la protezione contro le malattie gravi e il ricovero in ospedale sarà forte come negli adulti.

"Le prove del mondo reale che coinvolgono gli adulti suggeriscono che l'intervallo di dosaggio di 3 settimane non è ottimale in termini di durata ed è probabile che sia simile nei bambini, portando a un calo dell'immunità entro 4-6 mesi".

Kurilla ha detto.

"Poiché il vaccino Pfizer offre protezione contro gravi malattie anche dopo che i titoli anticorpali sono diminuiti, c'è qualche altra base per l'immunità, ma alla dose più bassa nei bambini, non ci si aspetta che quegli stessi processi immunitari si comportino in modo simile alla dose più alta per adulti".

(Le nuove fiale del vaccino pediatrico COVID-19 di Pfizer - BioNTech sono viste in questa foto di dispense non datata. Pfizer via Reuters).

Basso tasso di ospedalizzazione.

Durante l'incontro, i membri hanno sentito che tra i bambini dai 5 agli 11 anni negli Stati Uniti, ci sono stati oltre 1,9 milioni di infezioni dall'inizio della pandemia, ma solo lo 0,4%, o 8.400 di questi casi, hanno richiesto cure ospedaliere.

 E solo 94 di loro hanno finito per morire.

 

Hanno anche sentito che circa il 20% dei bambini ospedalizzati è stato ricoverato per un motivo oltre a COVID-19 e che quasi sette su 10 dei bambini avevano gravi condizioni di salute esistenti come le malattie cardiache, illustrando quanto poco rischio COVID-19 rappresenti per i bambini sani.

Inoltre, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) stimano che il 40% dei bambini nella fascia di età abbia già avuto COVID-19. Il recupero da COVID-19 conferisce un certo livello di immunità, gli studi dimostrano, con più studi che indicano che il livello è in realtà superiore a quello fornito dai vaccini.

"Si presume che il beneficio qui sia la prevenzione di malattie gravi, che è ciò che tutti speriamo", Kurilla ha detto durante l'incontro.

Ma tra i guariti, ha aggiunto in seguito, "La domanda diventa davvero, questo vaccino offre loro qualche beneficio?"

Kurilla ha segnalato che avrebbe votato "sì" se la FDA avesse proposto di aprire l'accesso al vaccino a un sottogruppo del gruppo 5-11.

Ha anche spiegato perché si è astenuto.

"La mia astensione si basava sulla domanda specifica posta dalla FDA. Un voto 'no' sarebbe stato frainteso come la mia opinione sul vaccino", ha detto a The Epoch Times. "Ci sono gruppi ad alto rischio all'interno della fascia di età 5-11 che trarrebbero beneficio dal vaccino, suggerendo un approccio più personalizzato".

Altri mettono in dubbio l'uso diffuso.

Altri membri del panel si sono apertamente chiesti se tutti i bambini piccoli dovrebbero ricevere il vaccino.

"Sono lacerato. Da un lato, sappiamo che molte madri, padri e genitori sono desiderosi di somministrare questo vaccino ai bambini perché sono così spaventati, forse eccessivamente, ... che stanno davvero anticipando di avere accesso a questo vaccino nei bambini ", ha detto il dottor Cody Meissner, direttore delle malattie infettive pediatriche presso il Tufts Medical Center.

"D'altra parte, penso che abbiamo visto che circa il 68% dei bambini ricoverati in ospedale con COVID-19 ha comorbidità sottostanti. Ciò significa che circa il 32% non lo fa. E poi se dovessimo prendere il 40% di quel gruppo che potrebbe già avere l'immunità, stiamo scendendo a una percentuale molto piccola di bambini altrimenti sani di età da 6 a 11 anni che potrebbero trarre qualche beneficio ",ha aggiunto.

Ma altri hanno detto di aver visto la necessità della vaccinazione. La protezione che offre impedirebbe ulteriori ricoveri e garantirebbe che le scuole rimangano aperte, hanno sostenuto alcuni.

"Non vogliamo che i bambini muoiano di COVID, anche se sono molti meno bambini degli adulti, e non li vogliamo in terapia intensiva", ha detto la dott.ssa Amanda Cohn, un funzionario del CDC.

Jeannette Lee, professore di biostatistica presso l'Università dell'Arkansas per le scienze mediche, ha detto di essere rimasta colpita dai dati presentati da Pfizer, che si basava su un approccio chiamato immuno-bridging. In questo caso, lo studio di Pfizer ha mostrato che il vaccino ha innescato anticorpi nei bambini. Gli anticorpi sono stati confrontati con quelli suscitati nei gruppi più anziani e questo è stato usato come prova che il vaccino proteggerà i bambini da COVID-19.

Kurilla, tuttavia, ha espresso disapprovazione per l'approccio, dicendo ai colleghi "che si basa su un marcatore di immunogenicità che sappiamo diminuire".

Ha detto che sperava in una maggiore flessibilità nell'autorizzazione, compresa una singola dose per alcuni bambini e nessuna dose per altri, in base a fattori come l'infezione precedente.

"Ci sono individui ad alto rischio e penso che abbiano bisogno di essere assistiti, che abbiamo bisogno di fornire un vaccino per loro. Ma per molti altri, una dose o nessuna dose, anche, se hanno avuto una precedente infezione da COVID. Penso che potrebbero non aver bisogno di nient'altro", ha detto.

Effetti collaterali.

I casi di infiammazione cardiaca dopo aver ricevuto i vaccini Pfizer e Moderna sono più alti nei giovani, specialmente nei ragazzi nella loro adolescenza. Sulla base dei rapporti presentati al Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) gestito a livello federale, i casi sono più alti del previsto nei maschi di età compresa tra 12 e 49 anni dopo la seconda dose di Pfizer e nelle femmine da 12 a 24 dopo la seconda dose di Pfizer.

Oltre la metà dei bambini con miocardite o pericardite confermata studiati nel sistema di sorveglianza Vaccine Safety Datalink ha richiesto cure ospedaliere, anche se non sono stati confermati decessi post-vaccinazione a causa delle condizioni, secondo le autorità federali.

Pfizer ha detto che nessuno dei bambini dai 5 agli 11 anni nei suoi studi ha avuto un'infiammazione cardiaca post-vaccinazione. L'uso di un terzo della quantità di quella data alle persone anziane è, in parte, un tentativo di frenare gli effetti collaterali, anche se non si sa come ciò alla fine si rivelerà.

Gli scienziati della FDA hanno affermato di aver determinato che il vaccino avrebbe impedito più casi di COVID-19, ricoveri e decessi tra la fascia di età rispetto ai casi di infiammazione cardiaca legata al vaccino, ai ricoveri e ai decessi. Hanno ipotizzato un'efficacia vaccinale del 70% contro i casi di COVID-19 e un'efficacia dell'80% contro i ricoveri legati alla malattia. Tra i giovani maschi, "i benefici sembrano superare i rischi", ha detto ai membri Hong Yang, uno scienziato della FDA. Tra le giovani donne, "i benefici superano chiaramente i rischi", ha aggiunto.

"Quale sarà l'effettivo tasso di miocardite in questi bambini più piccoli?" Il dottor Ofer Levy, direttore del Precision Vaccines Program al Boston Children's Hospital, si è chiesto. Quel gruppo "potrebbe essere meno suscettibile alla miocardite, ma in questo momento è una speculazione", ha aggiunto. "Non lo sappiamo con certezza."

Anche i membri del pubblico hanno espresso preoccupazione, sostenendo che i dati di sicurezza non erano sufficienti per autorizzare il vaccino per i bambini così giovani.

Ma altri membri hanno sottolineato i dati dello studio, il fatto che sono arrivati meno rapporti per i giovani dai 12 ai 15 anni rispetto ai 16 e 17 anni e come, in generale, meno bambini più piccoli sperimentano l'infiammazione cardiaca rispetto a quelli più grandi.

"Non sono così preoccupata per la miocardite in questa fascia di età come lo sono nei bambini più grandi", ha detto la dottoressa Melinda Wharton, un altro funzionario del CDC.

I sistemi di sorveglianza come VAERS aiuteranno a rilevare se l'infiammazione diventa un problema nei bambini più piccoli, hanno detto i membri.

"Se i sistemi di sorveglianza iniziano a vedere esiti gravi e morti per vaccinazione, sono abbastanza fiducioso che quei sistemi di sorveglianza ci diranno che dobbiamo fermarci come abbiamo fatto con il vaccino J & J per avere davvero una buona idea di quali siano gli effetti della vaccinazione in questa fascia di età", ha detto il dottor Patrick Moore, professore presso l'Università di Pittsburgh Cancer Institute.

In questa immagine dal video, il Dr. Eric Rubin (L) spiega perché voterà per consigliare alla FDA di autorizzare il vaccino COVID-19 di Pfizer per i bambini piccoli durante una riunione del comitato consultivo della FDA il 26 ottobre 2021. (The Epoch Times via FDA).

I voti "Sì".

In definitiva, la maggior parte dei membri ha affermato che i benefici e i benefici previsti del vaccino nei bambini dai 5 agli 11 anni hanno superato i rischi e i potenziali rischi.

"Penso che questo vaccino sarà probabilmente efficace nel ridurre il COVID pediatrico in questa fascia di età e potrebbe anche aiutare a ridurre la trasmissione. Per quanto riguarda la sicurezza, sono incoraggiato dalla dose più bassa, ... trovare una dose immunogenica e non aveva troppo in termini di reattagenicità ", ha detto il dottor Ofer Levy, direttore del programma di vaccini di precisione presso il Boston Children's Hospital.

Il dottor Eric Rubin, professore a contratto presso la Harvard TH Chan School of Public Health, ha detto che voleva dare ai genitori la scelta di vaccinare i loro figli, immaginando di avere un figlio che era un ricevente di trapianto, anche se si è unito ad altri nel dire che probabilmente ci sono alcuni bambini più piccoli che non dovrebbero ottenere il vaccino.

"La questione di quanto ampiamente usarlo, però, penso sia sostanziale. E so che non è la nostra domanda, ma io – e so che lo stiamo puntando [al comitato consultivo del CDC] – ma penso che sia una chiamata relativamente vicina ", ha detto.

Poco dopo, in un commento che è stato ampiamente distribuito online, ha aggiunto: "Non impareremo mai quanto sia sicuro questo vaccino a meno che non iniziamo a averlo. Questo è proprio il modo in cui va. È così che abbiamo scoperto rare complicazioni di altri vaccini, come il vaccino contro il rotavirus".

Rubin ha dichiarato a The Epoch Times in una e-mail, rispondendo alle critiche: "La sperimentazione clinica del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 nei bambini non ha mostrato eventi avversi. Tutti i dati fino ad oggi indicano che è sicuro. Impedirà il ricovero in ospedale di bambini con malattie gravi, come fa con gli adulti. Il vaccino funziona e salva vite umane".

 

 

 

 

Un transumanesimo biotecnologico?

Cittanuova.it- Victoria Gómez- Albert Cortina- (29 OTTOBRE 2021)- ci dicono:   

 

Intervista di Victoria Gómez ad Albert Cortina.

Parliamo con Albert Cortina, avvocato e urbanista, esperto in transumanesimo, diritti umani ed etica applicata alle tecnologie esponenziali. Docente, ricercatore e autore di varie pubblicazioni su questi argomenti (estratto dall’intervista).

Come è nato il suo interesse per il tema del transumanesimo?

All’inizio sembra un argomento di fantascienza, con sfumature apocalittiche. Un ulteriore approfondimento ti porta a studiare l’umanesimo e più specificamente l’umanesimo cristiano, e lo contrapponi alla visione del transumanesimo o umano aumentato (H+). I loro ideologi vogliono lasciare indietro l’umanità, ma il nostro impegno è approfondirla e renderci più umani (+H) come creature connesse con il cosmo e con il Creatore.

La questione non è ancora di pubblico dominio. Dobbiamo prenderla sul serio?

Non è in piazza con il segno H+, ma sì, attraverso potenti tecnologie con cui viviamo: aggeggi per aumentare le nostre capacità, la robotica, l’intelligenza artificiale… Bisogna provocare il dibattito nella società: dobbiamo superare l’umano? Queste nuove ideologie propongono l’evoluzione migliorata della specie umana, attraverso la scienza, la tecnologia, la nanotecnologia, l’ibridazione con l’IA, la trasformazione in cyborg… Tutto questo, sebbene non articolato, è già culturalmente interiorizzato. Ritengo pericoloso affermare che approfondire l’umano (valori, educazione…) richieda processi troppo lunghi. Il meglio che abbiamo fatto nella storia degli ultimi secoli come civiltà è il risultato di processi derivati dalla cultura e dall’educazione!

Si dice che la singolarità tecnologica porterà a un salto evolutivo irreversibile verso il postumano…

Che sia irreversibile richiede un dibattito, perché il progetto umano è aperto; non siamo predeterminati solo verso una determinata umanità. Quindi, i transumanisti propongono di migliorare in quell’evoluzione irreversibile, perché viviamo in continua evoluzione per crescere in umanità. L’evoluzione non è costretta ad andare irreversibilmente in peggio, ma piuttosto verso un miglioramento e un aumento delle capacità umane, con gli strumenti offerti dalla tecnologia e dalle biotecnologie. Ecco perché mi piace la parola irreversibile: ci mette in azione. Il pericolo sta nel buttarsi in braccio alla tecnologia e finire schiavi e scartati perché obsoleti, dipendenti da quella creatura che l’essere umano stesso ha costruito.

Migliorare è un desiderio permanente dell’umanità. Dov’è il trucco?

L’H+ si presenta non solo come un’ideologia, ma come una nuova tecno-religione. Ho cominciato a capirlo studiando il pensiero di alcuni filosofi di Oxford e dopo aver capito la visione futuristica sulla tecnologia di alcuni guru della Silicon Valley. La loro visione antropologica e culturale, dall’idea del cyborg a quella del transgender, trans-specie, transumano e postumano. Tutto questo sta penetrando anche nelle sfere religiose, anche mistiche e spirituali, come promessa di salvezza, di una nuova divinità: la Super-intelligenza. Dobbiamo ricordare però che tutte le tecnologie sono solo strumenti per renderci più umani, e magari anche per avvicinarci a Dio. Dobbiamo approfondire ciò che abbiamo di “serie” come esseri umani: coscienza e spiritualità, perché la nostra mente collegata al cuore può fare cose impressionanti, ma dall’umano. Non prescindendo dall’umano o emarginandolo.

Continuiamo a soffrire per la pandemia, che ha relativizzato il sentimento di onnipotenza e di fiducia nel progresso infinito, ma bisogna vincere la battaglia contro quest’umiliazione universale…

Vedo questa crisi sanitaria come un avvertimento da cui imparare, come una cura per l’umiltà. Un virus insignificante ha trasformato il mondo che si stava costruendo a livello globale, come la Torre di Babele.

Il transumanesimo si propone come ideologia del Nuovo Ordine Mondiale post-pandemia, trasferendo il dibattito della comunità scientifica ai cittadini, e annunciando l’avvento di un nuovo uomo cibernetico.

All’inizio di ottobre, il 15° vertice mondiale Transvisión, dei guru H+, si è riunito nella sede dell’Ordine dei medici di Madrid. Punto all’ordine del giorno: prolungare la vita a tempo indeterminato, fino all’amortalità.

 Lo studio dell’invecchiamento è una linea di ricerca seguita da scienziati seri, ed è molto buona. Il problema sorge quando la pseudo-religione transumanista viene messa alla base e profetizzano di renderci immortali.

E c’è da preoccuparsi quando si afferma che la pandemia non costituisce né una parentesi né un’umiliazione, ma la grande opportunità per accelerare il piano programmato.

(Link all’intervista completa in spagnolo pubblicata da Ciudad Nueva España.).

 

 

 

 

Il multilateralismo è la migliore risposta

ai problemi che affrontiamo oggi.

Lastampa.it-Mario Draghi-(30 ottobre 20219-ci dice :

 

Dobbiamo continuare a investire in ricerca, eliminare le barriere commerciali che riguardano i vaccini anti COVID-19, e migliorare la prevedibilità nella loro consegna.

(MARIO DRAGHI).

 

Cari colleghi,è un piacere darvi il benvenuto oggi a Roma per questo Vertice del G20.

Innanzitutto, vorrei dire che è splendido vedervi tutti qui, dopo alcuni anni difficili per la comunità globale.

Abbiamo affrontato il protezionismo, l’unilateralismo, il nazionalismo. La pandemia ci ha tenuti distanti - e lo ha fatto con tutti i nostri cittadini. Ma non dobbiamo fare errori.

Il multilateralismo è la migliore risposta ai problemi che affrontiamo oggi.

Per molti versi, è l’unica soluzione possibile.

Dalla pandemia, al cambiamento climatico, a una tassazione giusta ed equa, fare tutto questo da soli, semplicemente, non è un’opzione possibile.

Dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per superare le nostre differenze.

E dobbiamo riaccendere lo spirito che ci ha portati alla creazione e al rafforzamento di questo consesso.

A circa due anni dall’inizio della pandemia, possiamo finalmente guardare al futuro con più ottimismo.

Campagne vaccinali di successo e azioni coordinate da parte dei governi e delle banche centrali hanno permesso la ripresa dell’economia globale.

Molti dei nostri Paesi hanno lanciato dei piani di ripresa per dare impulso alla crescita, ridurre le diseguaglianze, promuovere la sostenibilità.

Insieme, stiamo costruendo un nuovo modello economico, e tutto il mondo ne beneficerà.

Tuttavia, dobbiamo stare attenti alle sfide che affrontiamo collettivamente.

La pandemia non è finita e ci sono disparità sconvolgenti nella distribuzione globale dei vaccini.

Nei Paesi ad alto reddito, oltre il 70% della popolazione ha ricevuto almeno una dose.

Nei Paesi più poveri, questa percentuale crolla a circa il 3%.

Queste differenze sono moralmente inaccettabili, e minano la ripresa globale.

Siamo molto vicini a raggiungere l’obiettivo posto dall’OMS di vaccinare il 40% della popolazione globale entro la fine del 2021.

Ora dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per raggiungere il 70% entro la metà del 2022.

Dobbiamo anche continuare a investire in ricerca, eliminare le barriere commerciali che riguardano i vaccini anti COVID-19, e migliorare la prevedibilità nella loro consegna.

E dobbiamo rafforzare le catene di approvvigionamento globali, aumentando al contempo la capacità produttiva a livello locale e regionale.

Come Presidenza del G20, l’Italia ha lavorato per promuovere una ripresa più equa.

Il Global Health Summit di Roma ha visto Paesi e aziende impegnarsi generosamente per fornire vaccini ai Paesi più poveri: dobbiamo essere sicuri di onorare le promesse.

Abbiamo raggiunto un accordo storico per un sistema di tassazione internazionale più equo ed efficace.

Abbiamo supervisionato l’allocazione di 650 miliardi di dollari come nuovi Diritti Speciali di Prelievo e abbiamo promosso la possibilità di redistribuirli ai Paesi che ne hanno più bisogno.

Questi risultati ci ricordano con forza i risultati che possiamo raggiungere insieme.

Ci devono incoraggiare ad essere altrettanto ambiziosi in tutte gli ambiti in cui lavoriamo insieme.

(Intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi alla sessione 1 G20 di Roma).

 

 

 

 

 

(PREMIO IAI 2021).

Globalizzazione e multilateralismo:

la posta in palio dopo il Covid-19.

Affariinternazionali.it- Irene Paviotti-(22 Ott 2021)  -ci dice:

 

Qual’ è stato l’impatto della pandemia di Covid-19 sui due elementi caratterizzanti delle relazioni internazionali, globalizzazione e multilateralismo? Prendendo in considerazione l’emblema della globalizzazione odierna, ovvero le catene di valore globale (Gvcs – Global Value Chains) che distribuiscono le fasi produttive in molteplici regioni del mondo, la pandemia ha inferto un duro colpo.

A causa dell’interruzione nella produzione di dispositivi di protezione personale in Cina a inizio 2020, nei mercati serviti dall’offerta cinese questi beni essenziali sono mancati nel momento in cui il virus cominciava a diffondersi. La dipendenza di alcuni Paesi dalla produzione manufatturiera estera è stata così esposta, portando alcuni governi a dichiarare di voler riportare questi processi industriali all’interno dei propri confini (reshoring) per poter meglio affrontare crisi future. In aggiunta alle tensioni geopolitiche e la chiusura dei confini durante la pandemia, alcuni osservatori hanno ritenuto questi eventi l’inizio della fine della globalizzazione.

Una ripresa rassicurata, ma a filiera corta.

Ciononostante, la globalizzazione non è scomparsa: dopo una caduta nel primo semestre 2020, gli scambi commerciali globali hanno raggiunto i livelli pre-Covid nell’ottobre 2020.

Ci sono chiari motivi per cui i Gvcs, quindi la globalizzazione, continueranno ad esistere. Decidere di delocalizzare parte della propria produzione comporta significativi investimenti materiali e immateriali per una multinazionale, rendendo difficile tornare sui propri passi. Le aziende penseranno al “reshoring” solamente quando shock esterni quali la pandemia siano percepiti come permanenti. Grazie alle campagne vaccinali in corso, è probabile che la situazione attuale sia percepita come temporanea invece, rendendo il reshoring improbabile.

Ci saranno però delle modifiche. Per aumentare la propria resilienza nei confronti di shock come il Covid-19, aziende e governi saranno disposti a sacrificare la massimizzazione dell’efficienza produttiva finora dominante in favore di scorte di emergenza in loco e catene di produzione più brevi e regionali, come suggerisce la Commissione europea. Non si possono però dimenticare i fattori politici che influiscono sulla globalizzazione: essa risentirebbe di politiche protezionistiche attuate in risposta allo shock economico della pandemia. Affinché essa quindi possa continuare, è necessario mantenere in vita il sistema multilaterale alla sua base. Si può dire che questo goda ancora di buona salute?

Nessuno per tutti, ognuno per sé.

In un sistema multilaterale, le decisioni vengono prese sulla base di interessi comuni e reciprocità, condannando comportamenti unilaterali che mirano a proteggere solo l’interesse nazionale. Le disuguaglianze nella distribuzione di vaccini sono un esempio dell’unilateralismo da Covid-19. Ad aprile 2020, l’alleanza Covax fu lanciata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per distribuire 2 miliardi di dosi di vaccini nel mondo ed assicurarne a tutti un equo accesso. Ad oggi Covax è molto indietro rispetto alle campagne vaccinali di alcuni Paesi ad alto reddito: con gli attuali tassi di distribuzione, la maggior parte dei Paesi sviluppati saranno vaccinati entro metà 2022, mentre 85 Paesi in via di sviluppo dovranno attendere il 2023 nel migliore dei casi.

Questo fallimento del sistema multilaterale in ambito sanitario è rinforzato dal caso del dibattito sulla sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale su vaccini e trattamenti anti-Covid. A eccezione degli Stati Uniti, i Paesi a più alto reddito, sede di aziende farmaceutiche produttrici di questi beni, si sono opposti, rallentandone così la produzione e distribuzione per proteggere i propri profitti.

Chi la fa l’aspetti.

A gennaio 2021 il direttore generale della Oms denunciò l’emergente disparità vaccinale come un “catastrofico fallimento morale”, che avrebbe annullato qualsiasi sforzo per contenere il virus. I suoi moniti sembrano essere passati inosservati, dal momento che la maggior parte della popolazione mondiale è stata lasciata indietro in una corsa volta ad assicurare che il proprio Paese sia al sicuro prima di tutto – il tipo di comportamento unilaterale che dovrebbe essere sanzionato nell’attuale sistema multilaterale. Grazie ad acquisti e donazioni bilaterali, i tassi di vaccinazione probabilmente aumenteranno nei Paesi in via di sviluppo.

Tuttavia, questi Paesi hanno sottoscritto volontariamente le regole del multilateralismo perché più vantaggioso dell’unilateralismo – ma come già accaduto in passato, le loro aspettative sono state deluse. Questo potrebbe causare risentimento, e portarli a preferire in futuro azioni unilaterali oppure relazioni bilaterali con quei partner che hanno dimostrato di agire secondo il principio di reciprocità. Il futuro del multilateralismo sarebbe così messo in discussione, mettendo in dubbio anche la tenuta della globalizzazione.

 

Se vogliamo preservare il sistema internazionale che ha portato meno conflitti, è necessario agire per riparare questi squilibri. Il Covid-19 rappresenterebbe così un vero periodo di svolta.

(Il PremioIAI è stato realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ai sensi dell’art. 23- bis del DPR 18/1967).

 

 

 

 

 

Genetica.

Scienza che studia l’ereditarietà, normale e patologica.

Starbene.it. Redazione-(22-10-2021)-ci dice:

 

 La genetica analizza e permette di prevedere la trasmissione dei caratteri ereditari, la quale obbedisce ad alcune leggi, scoperte alla fine del XIX secolo dal botanico austriaco Gregor Johann Mendel. L’avvento della biologia molecolare, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso per i batteri, all’inizio degli anni ’70 per gli eucarioti (esseri viventi, compresi i mammiferi, le cui cellule sono dotate di nucleo), ha permesso di analizzare la struttura molecolare e l’organizzazione dei geni, i meccanismi della loro espressione e le loro alterazioni.

Attualmente i genetisti si occupano in particolare dei caratteri complessi (che dipendono da numerosi geni), e le loro ricerche permettono lo studio dei fattori di predisposizione genetica a malattie comuni (per esempio diabete, asma, psoriasi).

I primi passi della genetica.

Già secoli prima dell’era cristiana, i greci avevano supposto che alcune caratteristiche fisiche degli individui, oggi chiamate caratteri, si trasmettessero dai genitori ai figli. Tuttavia fu necessario attendere la metà del XIX secolo perché, con gli studi di Gregor Mendel (1822-1884), venissero enunciate le prime leggi che regolano la trasmissione ereditaria (1865).

Le scoperte di Mendel.

Le ricerche di Mendel consistevano nell’incrociare piante di pisello di colori e forme diverse e nell’osservare le caratteristiche degli esemplari ottenuti da una generazione all’altra. Dagli esperimenti di Mendel derivano due delle nozioni cardine della genetica: da una parte, i concetti di fenotipo (insieme dei caratteri fisici e biologici di un individuo) e genotipo (insieme dei caratteri scritti nel patrimonio genetico di un individuo, che si traducano o meno nel suo fenotipo); dall’altra, quelli di carattere dominante (che per manifestarsi nel bambino deve essere trasmesso da un solo genitore) e recessivo (che per manifestarsi nel bambino deve essere trasmesso sia dal padre che dalla madre). Tuttavia, le leggi dell’ereditarietà enunciate da Mendel caddero nell’oblio e furono riscoperte solo grazie ai lavori dello statunitense Thomas Morgan (1866-1945).

DNA: 100 anni di storia.

L’esistenza dei cromosomi (elementi del nucleo della cellula a forma di bastoncello e organizzati in coppie, visibili soltanto durante la divisione cellulare) era nota già dalla fine del XIX secolo, ma all’epoca non era stato dimostrato che essi contenessero l’informazione ereditaria. I lavori di Mendel hanno permesso di appurare l’esistenza di elementi che condizionano la trasmissione e la manifestazione dei caratteri ereditari: i geni. Alla fine del primo quarto del XX secolo, una prima associazione di queste due scoperte fu stabilita da Morgan, che dimostrò la localizzazione dei geni sui cromosomi.

Nel 1944 tre biologi statunitensi, Avery, Mac Leod e Mac Carthy, scoprirono che la molecola responsabile della trasmissione dei caratteri ereditari era la molecola dell’acido deossiribonucleico (DNA). In realtà, il DNA era già noto, seppure indirettamente, dal 1889, anno in cui una sostanza chiamata acido nucleico fu estratta dal nucleo. La sua composizione fu analizzata nei primi decenni del XX secolo, ma i particolari della sua organizzazione furono chiariti solo nel 1953 da due biologi britannici, James Watson e Francis Crick. Essi dimostrarono che la molecola di DNA è costituita da due filamenti, ciascuno dei quali è formato da una lunga catena di molecole di acido fosforico e deossiribosio alternati. A ciascuna molecola di deossiribosio è associata una delle quattro sostanze dette basi: adenina (A), timina (T), citosina (C) e guanina (G). Le due catene sono avvolte a elica l’una intorno all’altra e collegate a livello delle basi. Questo modello spiega non solo come l’informazione venga codificata all’interno dei geni, ma anche come sia possibile trasmettere tale informazione da una generazione all’altra.

L’informazione genetica.

La molecola di DNA è quindi costituita da una concatenazione di basi. Il principio della codifica dell’informazione è lo stesso delle lingue e l’insieme dei geni di un individuo, detto genoma, può essere paragonato a un romanzo. Il “linguaggio” dei geni è basato sulla combinazione di quattro lettere, le basi ATGC, e il loro ordine forma le “parole”, rappresentate dai geni stessi. Così come un errore di ortografia può cambiare il senso di una parola, e quindi quello del messaggio, allo stesso modo una mutazione può alterare l’informazione di cui il gene è portatore: tale modifica si traduce in una malattia genetica.

Ogni carattere è dato da una proteina, concatenazione di piccole molecole dette aminoacidi di cui esistono 20 tipi. L’informazione necessaria per la costituzione di questa proteina è contenuta nel gene preposto alla sua sintesi, ma l’alfabeto dei geni non coincide con quello delle proteine (formato da 20 “lettere”), ed è quindi necessario effettuare una decodifica dell’informazione contenuta nei geni. Tale operazione viene svolta dalla cellula in due fasi, dette trascrizione e traduzione. Nel corso della prima fase, all’interno del nucleo cellulare si effettuano copie dell’informazione contenuta nel gene; tali copie sono costituite da un acido nucleico (l’RNA, acido ribonucleico) che presenta lievissime differenze rispetto al DNA. L’RNA fabbricato, detto RNA messaggero, esce dal nucleo e raggiunge il citoplasma della cellula. A questo punto ha luogo la fase di traduzione, in cui l’informazione viene letta e decodificata per la fabbricazione della proteina corrispondente.

La molecola di DNA, strutturata in due catene complementari, può replicarsi e dare origine a due molecole figlie identiche in tutto e per tutto. Secondo la legge detta della complementarità, l’A di un filamento può associarsi solo a una T dell’altro, e lo stesso avviene per la G e la C. La cellula è dotata di un sistema che permette di separare i due filamenti di DNA e di fabbricare filamenti complementari a quelli disciolti, ponendo le A di fronte alle T, e le G di fronte alle C.

 Questo fenomeno, detto replicazione, dà origine a due molecole del tutto identiche a quella di partenza.

La genetica molecolare, una straordinaria speranza.

Le leggi della genetica formulate da Mendel permettevano di fare previsioni statistiche riguardo all’insorgenza di una malattia ereditaria in seno a una famiglia, ma non di avanzare previsioni individuali, potevano cioè determinare un rischio, ma non cioè dare certezze. Queste si sarebbero ottenute solo con l’esame non già del fenomeno (il soggetto è affetto dalla malattia?), ma del genotipo (la mutazione responsabile della malattia è presente nei suoi cromosomi?).

 

A partire dalla metà degli anni settanta del secolo scorso lo sviluppo delle tecniche di biologia molecolare (clonazione, lettura delle sequenze di basi, modifica e correzione del messaggio genetico ecc.) ha permesso di studiare in dettaglio la molecola di DNA, costitutiva dei geni. L’insieme di queste tecniche va sotto il nome di genetica molecolare.

Per alcune malattie ereditarie in cui il gene responsabile è stato isolato, è oggi possibile proporre alle coppie interessate la ricerca nel feto del difetto genetico in causa (diagnosi genotipica prenatale).

I progressi della genetica molecolare lasciano sperare che un giorno si arriverà a isolare la totalità dei geni responsabili delle malattie genetiche (più di 5000, secondo i calcoli). Si potrà allora formulare una diagnosi prenatale di tutte queste malattie, e forse ottenerne la guarigione definitiva sostituendo in ogni cellula il gene alterato con la sua copia normale (terapia genica).

 L’identificazione del gene coinvolto non è comunque sufficiente perché una malattia si presti a un tentativo di terapia genica. Allo stato attuale della tecnologia, occorre che questa patologia sia conseguenza di un difetto relativo a un unico gene, che questo non sia preposto alla sintesi di una proteina tossica per l’organismo e che siano noti i fattori coinvolti nella sua attività. Il primo tentativo di terapia genica, realizzato nel 1990 dagli statunitensi French Anderson e Michael Blaese, ha avuto per oggetto una malattia genetica assai rara, caratterizzata dalla mancata produzione di un enzima, l’adenosina-deaminasi (ADA). Poiché questo fenomeno determina un grave deficit immunitario, il gene mancante è stato introdotto nei linfociti del malato, trasportato da un retrovirus inoffensivo per l’uomo.

Un altro tentativo di terapia genica riguarda il trattamento del cancro: negli Stati Uniti, Steven Rosenberg ha sperimentato, in un paziente affetto da melanoma (cancro della pelle), un “vaccino antineoplastico”, costituito da cellule tumorali prelevate dal paziente e coltivate introducendovi un gene, il fattore di necrosi tumorale (TNF, Tumor Necrosis Factor). Queste cellule, una volta reiniettate, provocherebbero una reazione immunitaria di difesa contro le cellule neoplastiche.

Genetica e problemi etici.

Lo sviluppo della genetica molecolare ha suscitato accesi dibattiti, che vertono in particolare sul rischio di eseguire pratiche di tipo eugenetico. L’aborto terapeutico effettuato in seguito alla scoperta che il feto è affetto da una grave malattia ereditaria, o la decisione di non impiantare in utero (nel corso di una fecondazione in vitro) embrioni portatori di tale malattia devono essere considerati eccessi miranti a migliorare la razza umana eliminando alcuni individui?

 Se un giorno le terapie geniche si applicassero alle cellule trasmesse alla discendenza, si rischierebbe di deteriorare il patrimonio genetico umano? La possibilità di scoprire assai precocemente una predisposizione a questa o quella patologia rischia di venire sfruttata a danno dell’individuo? Sono tutti interrogativi ai quali la legislazione dei vari Paesi non ha ancora dato una risposta definitiva.

La sfida del genoma umano.

I progressi della genetica molecolare hanno permesso di redigere la mappa completa del genoma umano, ossia dei geni contenuti in ogni molecola di DNA della specie umana. Questo lavoro, intrapreso dall’équipe del francese Daniel Cohen e portato a termine alla fine del 1993, costituiva un presupposto indispensabile per isolare i geni.

Parallelamente, negli Stati Uniti è stato varato nel 1986 un vasto programma di ricerca, che mirava a determinare la totalità della sequenza di basi del genoma umano. Questo progetto, terminato nel 2001, ha mostrato che esso contiene circa 35.000 geni. Le ricerche fanno sperare che nei prossimi anni molte malattie genetiche potranno essere individuate e trattate precocemente.

I misteri del genoma.

Poco dopo aver individuato la struttura della molecola di DNA, i ricercatori scoprirono con stupore che il genoma delle cellule dotate di nucleo contiene materiale 20 volte maggiore del necessario: i geni rappresentano infatti solo il 5% di tale molecola. L’esatto ruolo di questo DNA apparentemente inutile, chiamato DNA egoista, rimane in parte ignoto. Si sa soltanto che esso interviene nella costruzione e nel mantenimento della struttura del nucleo.

Alla fine degli anni settanta del secolo scorso i ricercatori hanno constatato che l’informazione utilizzata per la sintesi delle proteine è frammentata all’interno dei diversi geni, i quali sono costituiti da un’alternanza di sequenze codificanti e non codificanti; gli studiosi non sono però stati in grado di fornire una spiegazione di questo fenomeno.

 

 

 

Il complicato rapporto tra i progressisti e la genetica.

Ilpost.it-Paige Harden-(13 settembre 2021)- ci dice:

 

Da tempo vengono segnalati i limiti dell'approccio prevalente nella sinistra, secondo cui è solo l'ambiente a determinare il comportamento di una persona.

Paige Harden è una giovane e apprezzata psicologa e genetista comportamentale americana, docente all’Università del Texas, a Austin, dove dirige un laboratorio di genetica del comportamento evolutivo. È considerata una delle più autorevoli scienziate nell’ambito degli studi più recenti sull’influenza dei geni sullo sviluppo delle persone, sia per quanto riguarda i tratti caratteriali che i risultati nella vita, inclusi il livello di istruzione, il reddito e l’inclinazione alla criminalità.

 Nel 2017 ha ricevuto dalla American Psychological Association, la più grande associazione di psicologi negli Stati Uniti, un ambito riconoscimento – quello destinato agli psicologi nelle prime fasi della loro carriera – per le sue ricerche su «come integrare la conoscenza genetica con le intuizioni cliniche ed evolutive classiche nel comportamento umano».

L’idea che fattori genetici siano alla base di una parte più o meno significativa dei nostri comportamenti in età adulta è un argomento molto controverso, che da decenni alimenta un dibattito vivace e molto polarizzato – a volte causa di ostilità esplicite – tra teorici di opposti modelli di analisi della natura umana. Da una parte ci sono gli studiosi che ritengono rilevanti e meritevoli di indagine scientifica soltanto le correlazioni tra l’individuo e l’ambiente in cui nasce e cresce. Alla parte opposta ci sono quelli che ritengono prevalente o largamente dominante l’influenza dei geni.

( Leggi anche: Quanto è libero il libero arbitrio?)

È una discussione complessa e articolata, intorno alla quale esistono ideologie radicate anche nei contesti accademici, e con ripercussioni sul modo e sui criteri con cui valutiamo – e di fatto sono fondate – le nostre società, dall’istruzione pubblica alle politiche sociali. Harden – alla quale il New Yorker ha recentemente dedicato un lungo articolo – sostiene che la ricerca genetica sulle differenze individuali umane sia compatibile con obiettivi sociali progressisti ed egualitari, ed è considerata da molti suoi colleghi la scienziata più impegnata nel tentativo ambizioso di integrare e sintetizzare attraverso la ricerca genetica tradizioni e scuole di pensiero divergenti.

 

Nel suo libro più recente, The Genetic Lottery: Why DNA Matters for Social Equality, che sarà pubblicato a settembre dalla Princeton University Press, Harden scrive:

«Sì, le differenze genetiche tra due persone qualsiasi sono minuscole rispetto ai lunghi tratti di DNA arrotolati in ogni cellula umana. Ma queste differenze incombono pesantemente quando si cerca di capire perché, per esempio, un bambino ha l’autismo e un altro no; perché uno è udente e un altro no; e, come descriverò in questo libro, perché un bambino avrà difficoltà con la scuola e un altro no.

Le differenze genetiche tra di noi sono importanti per le nostre vite. Causano differenze nelle cose a cui teniamo. Costruire un impegno per l’egualitarismo sulla nostra uniformità genetica equivale a costruire una casa sulla sabbia».

Harden ha raccontato al New Yorker che in seguito alla pubblicazione dei risultati delle sue prime ricerche, nel 2015, cominciò a percepire di essere sgradita in diversi contesti pubblici e formali, tra sociologi, economisti e altri scienziati. Molti di loro, soprattutto quelli vicini alle posizioni della sinistra americana, sembravano certi che qualsiasi ricerca sulla genetica del comportamento – anche se ben intenzionata – conducesse verso l’eugenetica. Ma Harden riteneva che quelle diffidenze provenissero da un’era ormai passata, in cui i geni erano descritti «in termini di codifica del destino individuale».

Ne ebbe conferma quando in una lunga conversazione via email con colleghi della Russell Sage Foundation ricevette da alcuni di loro, tra i più illustri, diverse contestazioni dopo aver condiviso i risultati di un’importante collaborazione internazionale guidata dal medico Daniel Belsky, docente alla Duke University School of Medicine. La ricerca, condotta su un campione di persone neozelandesi di discendenza nordeuropea, aveva identificato parti del genoma che mostravano una correlazione statisticamente significativa con il livello di istruzione.

In pratica, il gruppo guidato da Belsky aveva utilizzato quei dati per compilare una sorta di “punteggio poligenico” – una somma ponderata delle varianti genetiche rilevanti di un individuo – in base al quale sarebbe stato possibile spiegare in parte le differenze all’interno della popolazione nella capacità di lettura. Già dalle risposte ricevute in quella occasione, Harden si rese conto dell’esistenza di approcci difficili da conciliare. Da una parte, c’erano quelli inclini a insistere sul fatto che i geni non contino davvero; dall’altra, quelli che sospettano che i geni siano anzi le uniche cose che contano.

La storia della genetica del comportamento, sintetizza il New Yorker, «è la storia del tentativo di ogni generazione di tracciare una via di mezzo». All’inizio degli anni Sessanta, quando questa disciplina cominciò a formarsi, il rischio dell’eugenetica era avvertito come reale e concreto soprattutto per effetto del ricordo molto vivo delle atrocità naziste. Il modello dominante nella spiegazione dello sviluppo umano era il comportamentismo, sostenuto dai principi progressisti del dopoguerra e in parte fondato sulla speranza che modificare l’ambiente potesse produrre qualsiasi risultato.

(– Leggi anche: Per valutare il successo bisogna considerare il “pregiudizio di sopravvivenza”).

Partendo dalla constatazione della distribuzione non uniforme delle capacità umane, scrive il New Yorker, i primi genetisti del comportamento assunsero che «la nostra natura non è né perfettamente fissata né perfettamente plastica, e che questa era una cosa buona». E diedero priorità agli studi sugli animali, per evitare che i loro interessi scientifici potessero essere fraintesi e utilizzati al di fuori dei contesti accademici.

Nel 1965, le ricerche del genetista John Paul Scott e dell’etologo John L. Fuller – alla cui memoria è dedicato il premio Fuller-Scott, assegnato ogni anno dalla Behavior Genetics Association – mostrarono che, nonostante le differenze genetiche riconoscibili tra le razze canine, non sembravano esserci distinzioni categoriche utili a concludere che, per esempio, i pastori tedeschi siano più intelligenti dei labrador. Le variazioni più significative si verificano piuttosto a livello individuale, e l’ambiente era importante tanto quanto le qualità innate, se non di più.

Ma qualche anno più tardi Robert Jensen, psicologo e docente dell’Università della California a Berkeley, pubblicò sulla rivista Harvard Educational Review un articolo intitolato “How Much Can We Boost IQ and Scholastic Achievement?” (“Quanto possiamo aumentare il Quoziente Intellettivo e il rendimento scolastico?”), ritenuto ancora oggi uno dei più controversi articoli nella psicologia americana. Jensen sostenne l’esistenza di un divario nel QI delle diverse popolazioni americane, la cui ragione era almeno in parte genetica e immutabile. Definiva quindi sostanzialmente inefficaci gli interventi politici mirati a contrastare quelle che considerava differenze naturali.

Le tesi di Jensen avviarono un dibattito pubblico molto acceso e anche violento, scrive il New Yorker, da cui scaturirono «proteste studentesche, minacce di morte e accuse di totalitarismo intellettuale». Le stesse controversie di allora alimentano ancora oggi, in forme diverse e meno violente, un dibattito incentrato su diverse questioni irrisolte e approfondite da studi successivi a quelli di Jansen. In ambito accademico, i suoi critici sostenevano che i percorsi sociali che dai geni portano a tratti complessi fossero talmente contorti e insondabili da rendere inadatta e sostanzialmente stupida qualsiasi nozione di “causalità genetica”.

(– Leggi anche: Dovremmo essere meno d’accordo con noi stessi).

Nel 1972, il sociologo americano Christopher Jencks, dell’Università di Harvard, obiettò che l’affermazione in base alla quale i geni spiegherebbero le differenze tra gli individui nei punteggi dei test del QI non implica necessariamente che i geni influenzino la capacità di apprendimento di un individuo. E propose un esperimento mentale, per spiegare questo concetto. «Se, per esempio, un paese si rifiuta di mandare a scuola i bambini con i capelli rossi, si potrebbe dire che i geni che causano i capelli rossi abbassino i punteggi di lettura. Questo non ci dice che i bambini con i capelli rossi non possono imparare a leggere».

A questa forma di determinismo genetico si oppose fortemente anche il biologo evoluzionista e genetista statunitense Richard Lewontin, che utilizzò un’analogia diversa. Supponiamo, scrisse Lewontin, di acquistare un sacchetto di semi di mais e di coltivarne una manciata in un ambiente attentamente controllato, con illuminazione uniforme e soluzioni nutritive uniformi, e un’altra manciata in un terreno altrettanto illuminato ma povero di nutrienti. Le piante varieranno in altezza all’interno di ciascuno dei due gruppi, ma nel secondo saranno tutte scarsamente sviluppate e l’altezza media del gambo sarò inferiore a quella relativa al primo gruppo.

Ciò che Lewontin intendeva mostrare con questo esempio era la possibilità che rispetto a un determinato risultato finale, interamente determinato dall’ambiente, la predisposizione genetica comune sia del tutto ininfluente. In questo senso la tesi razziale di Jansen era, sotto molti punti di vista, ingiustificata: era assurdo pensare che, nell’America del 1969, persone di differenti origini etniche godessero delle stesse condizioni. I critici di quel modello non negavano che i test sul QI potessero misurare qualcosa di reale, ma sostenevano che qualsiasi dato tratto da quei test non dovesse essere considerato come un dato puramente biologico e immutabile.

(– Leggi anche: Un disonesto studio sull’onestà.).

La proliferazione degli studi sui gemelli durante gli anni Ottanta, scrive il New Yorker, contribuì fortemente a cambiare un approccio teorico basato in parte su intuizioni di tipo morale prive di fondamento. Quando la schizofrenia e l’autismo, per esempio, si rivelarono in gran parte ereditari, la comunità scientifica abbandonò definitivamente alcune dannose teorie che associavano quei disturbi a un presunto rapporto inadeguato del bambino o della bambina con i genitori (la teoria delle cosiddette “madri frigorifero”).

Per alcuni tratti come l’intelligenza, i progressisti continuarono tuttavia a insistere sul fatto che le differenze – non solo a livello di gruppo ma anche a livello individuale – fossero semplicemente l’effetto di un ambiente diseguale. I conservatori, scrive il New Yorker, sottolinearono che quel tipo di approccio selettivo rispetto alle scoperte scientifiche fosse intellettualmente disonesto.

Nel 1997, un influente psicologo del Dipartimento di Psicologia dell’Università della Virginia pubblicò un breve saggio intitolato “The Search for a Psychometric Left” (“La ricerca di una sinistra psicometrica”), in cui invitava i suoi colleghi progressisti a non respingere le valutazioni quantitative ottenute dai più recenti metodi d’indagine psicologica. L’autore di quel saggio è Eric Turkheimer, di cui Harden è stata allieva e che è oggi considerato uno dei più importanti genetisti comportamentali della sua generazione. In conclusione del saggio, Turkheimer scrisse:

«Una sinistra psicometrica riconoscerebbe che l’abilità umana, le differenze individuali nell’abilità umana, le misure dell’abilità umana e le influenze genetiche sull’abilità umana sono tutte reali ma profondamente complesse, troppo complesse perché si possano imporre su di esse schemi biogenetici o politici. […] L’opposizione al determinismo, al riduzionismo e al razzismo, nelle loro forme estreme o moderate, non deve dipendere dal rifiuto generale di fatti innegabili – anche se facilmente interpretati nel modo sbagliato – come l’ereditarietà».

Già all’epoca Turkheimer era abbastanza noto per la sua convinzione che le spiegazioni biologiche del comportamento umano difficilmente avrebbero soppiantato quelle culturali e psicologiche. Sosteneva l’idea che i processi rilevanti nello sviluppo degli individui fossero troppo disordinati per essere chiariti e fissati a livello molecolare. Con questo non intendeva che la genetica del comportamento fosse inutile, ma insisteva sul bisogno di una prospettiva più modesta riguardo ai risultati che era possibile ottenere grazie a essa.

Gli studi sui gemelli potrebbero non spiegare mai come un dato genotipo possa rendere più probabile la depressione, per esempio, ma possono servire a evitare il tipo di inferenze che negli anni Sessanta attribuivano ai genitori e all’ambiente le responsabilità di determinate patologie. Il lavoro di Harden, scrive il New Yorker, è pienamente all’interno di questa tradizione di studi. Per esempio, Harden ha utilizzato uno studio sui gemelli per dimostrare che l’idea della “pressione sociale” (“peer pressure”) come motore dell’abuso di sostanze tra gli adolescenti fosse, nella migliore delle ipotesi, un’eccessiva semplificazione di correlazioni estremamente complesse tra geni e ambiente.

I primi anni di specializzazione di Harden coincisero con un periodo di importanti scoperte scientifiche e con un massiccio ingresso dei genetisti in un campo di ricerca a lungo dominato dagli psicologi. Nel 2003, gli scienziati annunciarono di aver completato la prima mappatura completa del genoma umano, da molti ritenuti il più grande e complesso progetto di ricerca biologica nella storia. Conoscere nel dettaglio le informazioni che compongono il DNA umano permise, per esempio, di attribuire alcune malattie come quella di Huntington alla mutazione di un singolo gene, e questo contribuì a diffondere l’idea che anche i tratti complessi della personalità potessero essere derivati altrettanto chiaramente.

Alcuni studi riuscirono a individuare un gene associato all’aggressività, altri alla depressione, ma gli esperimenti non furono replicati, e in breve tempo fu chiaro che i tratti complessi possono essere associati a più geni e che i singoli geni possono appartenere a una varietà di attributi. E ancora oggi una delle principali difficoltà delle ricerche sulla genetica del comportamento consiste nell’individuazione di quali geni influenzino un dato comportamento e di come ciò avvenga.

(– Leggi anche: Quanto siamo prevedibili).

Nel periodo in cui Harden stava finendo la sua tesi specialistica i ricercatori cominciarono ad avviare una serie di cosiddetti studi di associazione genome-wide (genome-wide association study, o GWAS), basati sulla possibilità di identificare nel genoma umano centinaia o migliaia di punti in cui le differenze nelle sequenze del DNA potrebbero essere correlate a tratti complessi o a un determinato risultato. Dopo alcuni primi risultati deludenti, gli studi GWAS negli ultimi cinque anni si sono rapidamente evoluti.

I “punteggi poligenici” possono oggi rappresentare una buona parte della varianza di una popolazione in altezza e peso, e servire a prevedere malattie cardiovascolari e altre patologie come il diabete. I ricercatori hanno inoltre scoperto collegamenti tra geni e tratti comportamentali complessi. Il più grande studio GWAS sui livelli di istruzione ha identificato nel genoma quasi 1.300 punti correlati al successo scolastico, e ha permesso di formulare punteggi con validità predittiva. Le persone con i punteggi più alti avevano circa cinque volte più probabilità di laurearsi rispetto a quelle con i punteggi più bassi: che è una stima con un livello di accuratezza paragonabile, scrive il New Yorker, a quelle basate sulle tradizionali variabili delle scienze sociali, come il reddito dei genitori.

(– Leggi anche: L’incredibile storia dell’esperimento Kentler)

Parlando con il New Yorker, Harden è stata molto cauta rispetto alle conclusioni che è possibile trarre dai suoi studi e molto chiara riguardo ai limiti dei GWAS. Sostiene che queste ricerche forniscano semplicemente un quadro di come i geni siano correlati al successo, o alla salute mentale, o alla criminalità, «per particolari popolazioni, in una particolare società, in un particolare momento storico». Non avrebbe quindi senso, sostiene, confrontare risultati tra popolazioni di paesi o di epoche diverse.

Inoltre i punteggi poligenici hanno uno scarso valore predittivo per quanto riguarda i risultati individuali. Negli studi GWAS sul successo scolastico, per esempio, tra le persone con i punteggi più bassi ce ne sono molte che proseguono gli studi universitari, e tra quelle con i punteggi più alti ce ne sono molte che non arrivano a prendere il diploma di scuola superiore.

Ed esistono poi casi in cui i risultati di studi GWAS possono non essere particolarmente significativi, più o meno nello stesso senso in cui non lo sono le conclusioni sui bambini con i capelli rossi nell’esperimento mentale di Jencks. Uno studio sull’utilizzo delle bacchette a San Francisco, fa l’esempio il New Yorker, scoprirebbe prevedibilmente che questa abilità è geneticamente correlata a gruppi con origini asiatiche, «che è ben lontano dall’essere una scoperta su una destrezza innata con un particolare utensile».

Secondo Harden, uno dei principali limiti del dibattito sulla genetica del comportamento è che è ancora in larga parte basato su una distinzione superficiale tra cause genetiche immutabili e cause ambientali duttili. E sarebbe preferibile, secondo lei, accettare che nel comportamento umano tutto è legato a un lungo intreccio causale di geni, personalità e cultura, e quanto più si riesce a comprendere di questo intreccio, tanto più efficaci potrebbero essere i nostri interventi.

Harden, conclude il New Yorker, non è l’unica scienziata a condividere l’auspicio di Turkheimer di una “sinistra psicometrica”. Argomenti simili ai suoi sono stati trattati dai sociologi americani Dalton Conley e Jason Fletcher nel libro The Genome Factor, del 2017, dal sociologo dell’Università di Stanford Jeremy Freese e dallo scrittore socialista Fredrik deBoer, autore del recente libro The Cult of Smart. Opinioni simili a quelle della cosiddetta «sinistra ereditaria», come la definisce il New Yorker, sono state attribuite anche allo psichiatra e saggista californiano Scott Alexander e al filosofo Peter Singer.

«Le argomentazioni etiche di Harden sono quelle che ho sostenuto per molto tempo. Se ignori queste cose che contribuiscono alla disuguaglianza, o se fai finta che non esistano, rendi più difficile raggiungere il tipo di società che apprezzi», ha detto Singer al New Yorker. «Ma c’è una sinistra politicamente corretta che non è ancora aperta a queste cose», ha aggiunto.

 

La prospettiva della «cecità genetica», ha detto Harden al New Yorker, «perpetua il mito che quelli di noi che hanno “successo” nel capitalismo del ventunesimo secolo lo hanno ottenuto principalmente a causa del duro lavoro e dello sforzo, e non perché ci è capitato di essere i beneficiari di incidenti di nascita, sia ambientali che genetici».

 

 

 

Con il Green Pass via alla dittatura

europea: sanitaria e digitale.

Lagazzettadilucca.it-Redazione- Marina Mascetti-(30 luglio 2021)-ci dice:

Ida Magli: «Ci troviamo ormai davanti a dei nuovi martiri: quelli che si sono sacrificati e che debbono sacrificarsi.... Ci troviamo davanti all'abbandono di ogni razionalità, di ogni possibilità umana di dubbio, di alternativa, di scelta, ossia davanti a un puro fenomeno di «sacralità»: sacrificarsi, morire, ma non venire meno».

Si riferiva ai sacri parametri di Maastricht, ma oggi per l'iniezione il meccanismo è esattamente lo stesso: è un dogma di fede di cui è vietato dubitare.

Giorgio Agamben: «Nel Green pass non è in gioco la salute, ma il controllo della popolazione».

Maurizio Blondet: «Stasera 22 luglio 2021, in tv Draghi e Speranza hanno ufficialmente proclamato la dittatura. Come in ogni regime... è essenziale il controllo della popolazione... si discrimina quella parte della popolazione che si dimostra refrattaria. Ieri la stella gialla, oggi il pass "verde". Sottomissione o discriminazione».

E aggiunge:  «[Draghi] è il perfetto rappresentante e braccio esecutivo dell'élite finanziaria globale. La democrazia, già da anni in agonia, oggi muore definitivamente».

Nel 2002, quasi vent'anni fa, Ida Magli fondò l'associazione Italiani Liberi, per combattere l'incombente Dittatura Europea, da lei denunciata fin dal 1997 col libro "Contro l'Europa" e infiniti altri articoli pubblicati sul sito e sui principali giornali. Come sempre aveva visto lungo, e prima degli altri.

 Nell'estate 2011 pubblicò "La Dittatura Europea", in cui a ragione profetizzava che Mario Monti oppure Mario Draghi sarebbero andati al governo, coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti: la distruzione e la svendita dell'Italia passo dopo passo.

Quanto sta avvenendo rispecchia fedelmente le parole di Jean Claude Juncker: «Noi prendiamo una decisione, la mettiamo sul tavolo e vediamo che cosa succede. Se nessuno fa delle storie – perché la maggior parte della gente non capisce ciò che è stato deciso – continuiamo passo dopo passo, fino a quando non si può tornare indietro».

Bisogna saper guardare oltre l'immediato e avere una visione a lungo termine. Oggi tutti discutono del Green Pass e non si rendono conto che è solo uno dei piccoli passi di Juncker che portano alla fine della nostra libertà. Ciò sta avvenendo in modo graduale e impercettibile, con la nostra stessa collaborazione: convinti che sia solo un piccolo sacrificio temporaneo, rinunciamo a sempre più cose, fino a quando ci ritroveremo tutti in catene, e sarà troppo tardi. «Obbedisci sperando che finisca, ma proprio perché lo fai non finirà mai» era scritto su un cartello durante le manifestazioni contro il Green Pass che si sono svolte il 24 luglio in più di ottanta città italiane. Pura verità.

Da un anno e mezzo stiamo andando avanti così. Prima il terrore puro e lock down durissimo; poi le zone colorate in attesa del Vaccino Salvifico, nuovo sacramento. Adesso il Green pass perché diventi di fatto obbligatorio, rendendo la vita impossibile a chi non vuole o non può farlo. Chi lo farà riceverà il bollino (verde) come le banane, con le quali condivide lo stesso tipo di spirito critico.

Riccardo Cascioli ammonisce che «chi si sta vaccinando pensando di riacquistare la libertà, avrà presto un'amara sorpresa. Dire di no al Green pass e all'obbligatorietà dei vaccini è ormai una battaglia di libertà, contro un regime che si sta affermando tra gli applausi entusiasti delle sue vittime».

Ida Magli affermò che il Potere mente e inganna i sudditi per sua stessa natura. Lo ammise anche Jean Claude Juncker, ai tempi della crisi della Grecia: «Quando le cose diventano serie bisogna mentire».

 Lo ha imitato Mario Draghi quando ha detto spudoratamente: «Non ti vaccini? Ti ammali e muori, oppure fai morire, contagiando qualcuno». Maurizio Blondet ha commentato così: «Draghi giustifica la dittatura sanitaria con la Menzogna, e finge di non  sapere che sono i vaccinati quelli che infettano». 

Ormai si è capito che i vaccini non danno immunità: ti puoi ammalare lo stesso, tutt'al più riducono i sintomi. Molti diventano positivi o addirittura si ammalano dopo averlo fatto. Gli eventi avversi letali sono numerosissimi (dati USA: oltre 4000 morti nel solo 2021, a fronte di 4000 per tutti gli altri tipi di vaccini nei vent'anni precedenti). Impossibile calcolare il rapporto rischi benefici: obiezioni e domande vengono censurati dai media e dalle piattaforme, cancellando video e post non ortodossi. Perché c'è questo fuoco di sbarramento mediatico contro chiunque abbia dei dubbi?

 

Ma, in fondo, perché dubitare? L'onnisciente Mario Draghi ha detto che «Il Green pass è una misura con cui gli italiani possono continuare a esercitare le proprie attività, a divertirsi, andare al ristorante, a partecipare a spettacoli all'aperto, al chiuso. Con la garanzia però di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose"».

Garanzia? L'importante quindi è che possano divertirsi, ballare spensierati sulla tolda del Titanic (o meglio del Britannia), in attesa della galera già programmata per ottobre, quando ricomincerà l'allarme per i contagi: si darà la colpa alla movida, agli assembramenti e, naturalmente, agli untori della peste che non si son fatti l'iniezione. La ricreazione è finita.

Ida Magli (La Dittatura Europea) scrisse: «È stato messo in atto, con l'aiuto delle tecnologie, un meccanismo di controllo e di "possesso" di ogni cittadino, spogliato di tutto il suo "privato", quale nessuna dittatura aveva mai realizzato. Con la giustificazione della "trasparenza" e della "tracciabilità"... il concetto di "privato", nell'uguaglianza-unificazione europea, è stato abolito».

Prima l'uovo o la gallina? Il Green pass nasce per obbligare a fare il vaccino, oppure il vaccino diventa obbligatorio per spingere la gente a lasciarsi schedare e tracciare come mai prima d'ora?  Ricordiamo che fin dal 2015 si parla di Identità Digitale universale, dove verranno stivati tutti i nostri dati (fiscali, sanitari, legali, bancari ecc.). Il progetto, denominato ID2020, si deve ai soliti filantropi che leggono sempre il futuro: Fondazione Rockefeller, Bill & Melinda Gates e la GAVI (Alleanza Globale per i vaccini di cui fanno parte lo stesso Gates e le grandi multinazionali farmaceutiche), come riportato da Panorama.

Come spiega Giorgio Agamben, la schedatura biometrica universale viene giustificata con la "biosicurezza", che ha trasformato il "diritto alla salute" in "obbligo alla salute".

Le oligarchie globaliste «hanno ancora bisogno degli attuali simulacri di stati-nazione perché sono i soli che possano prendere misure coercitive tipo lock down o Green pass. Spacciate come gesti di altruismo e di senso civico».

La strada è già segnata, passo dopo passo. Il primo è il Green pass(o) anche al supermercato: così si obbligano i renitenti confinati in casa a far la spesa on-line, e solo con carta di credito. Seguirà l'abolizione del contante, con la creazione delle Criptovalute delle Banche Centrali (ne ha già parlato mammina Ursula con la Lagarde).

 Infine, i dati del Green pass confluiranno nell'Identità Digitale, per approdare al "sistema a punti alla cinese": o ti comporti bene (e fai qual che vogliono loro), o ti bloccano i fondi e hai chiuso per sempre. Avrai il reddito di sopravvivenza, "non avrai nulla e sarai felice".

I "vaccini" a RNA sono l'ultima trovata dell'ingegneria genetica. Cosa sappiamo degli effetti a lungo termine, specie sui giovani in materia di fertilità?

È inquietante ricordare che Bill Gates li ha definiti "soluzione finale", e nel 2015 (ben prima del Covid), ha detto: «Se facciamo un buon lavoro con i nuovi vaccini, la sanità e la salute riproduttiva, possiamo diminuire la popolazione mondiale del 10-15%; solo un genocidio salverà il mondo».

Concetti pericolosi, che ricordano l'eugenetica nazista e le sperimentazioni di Mengele sui bambini, nonché Malthus col "depopolamento", necessario perché siamo in troppi. Nei giorni scorsi in Francia un articolo su "Le Monde" comincia a sdoganare il concetto di riduzione della popolazione mondiale (eufemismo chic per genocidio), per salvare il Pianeta dal riscaldamento globale; qualcuno si illuderà che quelli da "ridurre di numero" siano gli altri e non noi.

Suvvia, non siate complottisti! Restiamo coi piedi per terra e seguiamo la pista del denaro, che funziona sempre. Vaccinare qualche miliardo di persone, più volte all'anno per tutta la vita, è un bel business per le Case Farmaceutiche, che finanziano "l'informazione responsabile" (la pubblicità in TV al 50% è di medicinali) e la "vera ricerca scientifica" (purché dia i risultati auspicati e remunerativi).

Siate grati! Bill Gates e George Soros sono generosi "filantropi" di fama mondiale, sempre attenti al Bene dell'Umanità. Insieme hanno appena creato il Global Access Health (Gah), con l'obiettivo di «rafforzare la diffusione della tecnologia medica su scala globale». Si preparano inoltre a fornire «test rapidi ed economici per il Covid-19 ... che segnalano in tempi brevi persone che possono non avere sintomi, ma sono comunque in grado di infettare altri». Segno che prevedono tamponi a vita per tutti, oltre ai vaccini. Altro bel giro d'affari.

E naturalmente bisogna pensare al Terzo Mondo e all'Africa, anche lì ci sono vite da salvare! L'OMS (o WHO, Organizzazione Mondiale della Sanità, di cui Gates è il primo finanziatore) riporta che «solo 18 milioni di africani sono vaccinati: appena l'1,5% della popolazione del continente». Bisogna intervenire subito e portare anche a loro i benefici dell'iniezione: naturalmente potremo contare su quei filantropi paladini della salute per farlo il più rapidamente possibile.

Concludiamo col Green Pass: è veramente la Linea del Piave della nostra libertà. Se ci sottomettiamo sarà finita per sempre. Se rifiuteremo di farlo, potremo percorrere passo dopo passo, faticosamente, la strada indicata dal Mahatma Gandhi: « Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono... poi vinci».

 

 

 

 

Genealogia di Bill Gates.

Maurizioblondet.it- Maurizio Blondet-(5 aprile 2020)- ci dice:

(Pubblicato da Lino-6Viola.wordpress.com).

(maurizioblondet.it/genealogia-di-bill-gates-eugenetici-malthusiani-vaccinatori/)

GENEALOGIA DI BILL GATES – eugenetici, malthusiani, vaccinatori

“Non vogliamo avere molte persone guarite …”

Così Bil Gates a minuto 33.45 della intervista alla TED, una tv non profit. “Per essere chiari, stiamo provando – attraverso la chiusura negli Stati Uniti – a  ad avere meno dell’uno per cento della popolazione infetta”.

Confessando così che il suo scopo è di non avere gente immunizzata naturalmente, ma gente in pericolo  di essere infettata, a cui somministrare i vaccini.  Che sta preparando.

Ne  dà tante di interviste  in questi giorni. E parla come fosse lui il presidente. Intimando: “Lockdown, lockdown!”

Un’abitudine al comando che gli viene dalla famiglia.  Sta cominciando  ad emergere la sua genealogia, al di là della  narrativa leggendaria che lo vuole un giovinetto geniale, figlio di nessuno,   che in un garage fa le sue prime scoperte di software.

S’introduca il nonno, il pastore battista Frederick Taylor Gates (1853-1929) co-azionista della Standard  Oil, ed intimo  consigliere i John  D. Rockefeller, per il quale inventò, organizzò   secondo una precisa ideologia  il sistema di “donazioni filantropiche”  esentasse del  miliardario.

In Usa,  le donazioni in beneficenza  sono esenti da tasse. Sono anche deducibili dai redditi, il che consente ai miliardari di ridurre il loro imponibile, evitando lo scaglione superiore di prelievo. Per  questo praticano così attivamente la “beneficenza” (charity).

Assillato dai richiedenti da quando era diventato una celebrità, John D. Rockefeller, il capostipite  padrone della Standard Oil versava 100 dollari qua e 200  là, alla  vedova e all’orfano.

 Errore, gli spiegò l’amico Gates:  bisogna versare con continuità somme ragguardevoli organizzazioni  filantropiche appositamente create, onde dare continuità alle loro attività.  Che non è sfamare la vedova  e l’orfano  al dettaglio,   bensì attuare politiche  “sociali” e sanitarie nel senso voluto  – voluto dai miliardari.

E’ stato  quindi nonno Gates a creare, nel 1913, la  Rockefeller Foundation:  il primo strumento in cui, sotto la voce beneficenza, i miliardari americani  attuano la forma di “ingegneria sociale” e  di politica che desiderano imporre ai governi.

Ogni altra “foundation” , fino alla Open Society di Soros,   sono create su quel modello originale.  Di fatto, prestigiosi uffici studi (basti dire che  la Rockefeller  ha selezionato e promosso personalità come Henry Kissinger)  al servizio del padronato, ma in regime di paradiso fiscale. Quando leggete “no profit foundation”, è  di quello che si tratta.

E sotto la direzione di nonno Gates,   che fu il ”fiduciario” della Rockefeller Foundation fin  dalla sua fondazione nel 1913,    la filantropica istituzione  finanziò   tre filoni : le  cattedre di medicina,   quelle di  “scienze sociali”  (il controllo dell’opinione pubblica attraverso la sociologia)  e  l’eugenetica.

L’eugenetica, la selezione scientifica  dei “migliori”  (in senso darwiniano)  e la sterilizzazione dei “peggiori”, fu  notoriamente  praticata in Usa molto prima che nella Germania hitleriana. Nel 1909 almeno tre stati (fra cui  la California) si diedero leggi che imponevano la sterilizzazione di elementi “inadatti” delle classi subalterne. La Carnegie Institution, la Rockefeller Foundation e  la famiglia  Harriman (ferrovie)  finanziavano sistematicamente le  cattedre di  “scienza eugenetica”  che perciò spuntavano come funghi a Stanford, a Yale, ad Harvard e a Princeton.

In Mein Kampf , pubblicato nel 1924, Hitler cita  con lode  l’ideologia eugenica americana.  Fin dal 1926  la Rockefeller Foundation  finanziò ampiamente il Kaiser Wilhelm Institute of Anthropology, Human Heredity ed Eugenics   di Berlino,  che in seguito ispirò e condusse esperimenti di eugenetica nel Terzo Reich .

 E continuò  fino al 1939,  quando le felice collaborazione in  scienze razziali fu interrotta dalla guerra.  Ma riprese dopo. Nel 1949  un prestigioso esponente fuoriuscito del Kaiser Wilheml Institute di Berlino, Otmar Freiherr von Verschuer,   fu nominato  membro corrispondente della nuova società americana di genetica umana, organizzata da eugenologi e genetisti americani.  Verschuer  era il maestro di Joseph Mengele,  il ben noto medico e  pediatra.

Eugenetica e   malthusianesimo   sono dunque la vera passione e  scopo filantropico  della famiglia Gates. Vi sono perfino studi che accusano nonno Gates di essere il colpevole della epidemia di influenza “spagnola”, che nel 1918 uccise più uomini di quanti  ne uccise la grande guerra.  Come noto, la “spagnola” non venne dalla Spagna, e nemmeno dai fronti europei; la portarono  soldati americani già infetti.

Come  dimostrato dalle autopsie sui morti riesumati,    non furono uccisi dal virus influenzale,  bensì da una infezione polmonare batterica, di streptococchi. E la Fondazione Rockefeller  aveva distribuito ampiamente (anche nel Regno Unito)  una quantità di vaccini, fra cui quello anti-meningococco,   per prevenire le epidemie fra la truppa. Vaccini del tutto sperimentali, rozzamente concepiti e  fabbricati.

Il primo caso di “spagnola”   fu rilevato a Fort Riley, nel Kansas nel 1918.  Ora, proprio lì la Rockefeller Foundation somministrò il vaccino promosso da  nonno  Gates contro la meningite batterica a  4.700 soldati, un siero  tratto dal cavallo.

Lo stesso Frederick Gates ne dà relazione:

UN RAPPORTO SULLA VACCINAZIONE E SULLE OSSERVAZIONI DELL’ANTIMENINGITE SUGLI AGGLUTININI NEL SANGUE DEI CARRIERI DEL MENINGOCOCCO CRONICO.

di Frederick L. Gates

dell’ospedale di base, Fort Riley, Kansas e del Rockefeller Institute for Medical Research, New York.

Ricevuto il 1918 il 20 luglio.

A Fort Riley la malattia si manifestò subito, lo stesso giorno della terza vaccinazione, ed in forma esplosiva.

Un precedente molto sinistro. Che non può non  essere  noto e raccontato nelle  cronache familiari, il Bill Gates nipote così imperativamente assertivo sulla  necessità di vaccinare “tutti”  e nel frattempo, di rinchiudere tutti.

Può averglielo raccontato il papà, William Gates sr,., il figlio di Frederick.  Avvocato ,rimasto intimo della nuova generazione Rockefeller,  papà Gates è stato a lungo nel consiglio direttivo della Planned Parenthood,  la “filantropica”  fondazione promotrice della legislazione sull’aborto, oggi fabbrica di aborti e delle vendite di materiale estratto dai feti abortiti.

Una passione condivisa da  un altro miliardario:

(controinformazione.info/soros-la-crisi-del-coronavirus-mostra-che-e-tempo-di-abolire-la-famiglia/).

 

Blondet ritorna sulla biografia di Bill Gates con l’articolo seguente:

 

 

DOVERE DI MEMORIA.

(maurizioblondet.it/dovere-di-memoria/)

Maurizio Blondet -28 Aprile 2020.

Di Withney Webb ( bravissima ricercatrice).

Ricordi la volta in cui si seppe che Jeffrey Epstein stava discutendo con la Gates Foundation e JPMorgan per creare un “fondo di beneficenza globale per la salute”? Ricordi quando Bill Gates disse che lo stile di vita di Jeffrey Epstein era “a  modo suo  ‘intrigante”?

Dal Daily Beast, 12 ottobre  2019:

“Il miliardario Bill Gates, che ha ripetutamente minimizzato i suoi legami con Jeffrey Epstein , ha visitato il condannato per reati sessuali più volte negli anni successivi al rilascio di Epstein, secondo un’indagine del New York Times – … “Il miliardario Bill Gates, che ha ripetutamente minimizzato i suoi legami con Jeffrey Epstein , ha visitato il condannato per reati sessuali più volte negli anni successivi al rilascio di Epstein, secondo un’indagine del New York Times pubblicata sabato. Gates, il co-fondatore di Microsoft,  ed Epstein si sono incontrati ripetutamente a partire dal 2011, tra cui almeno tre volte nella casa di città di Epstein a Manhattan, secondo un rapporto del Times  […]

L’ indagine di Ronan Farrow su The New Yorker ha scoperto che Epstein ha “diretto” una donazione di $ 2 milioni da Gates al MIT Media Lab nell’ottobre 2014 (insieme ad altri $ 5,5 milioni dall’investitore Leon Black).  [..]

“Media Lab ha continuato a prendere i suoi soldi [anche dopo la condanna di Epstein] , contrassegnando il donatore come anonimo e persino “consultandolo sull’uso dei fondi”.

“Gates vorrebbe contribuire  al nostro eccezionale programma scientifico per martedì prossimo”, presumibilmente Epstein scrisse in una e-mail a Joi Ito, direttore del laboratorio. In un’e-mail interna, Ito ha scritto: “Questo è un regalo da 2 milioni di dollari di Bill Gates girato da Jeffrey Epstein”.

Ricordate quando si scrisse molto sul fatto che Epstein era affascinato dell’eugenetica e “affascinato”  dagli studi sul DNA e dall’ingegneria genetica?

[…]  Il New York Times ha pubblicato un rapporto sul suo desiderio di “seminare la razza umana con il suo DNA” […].

(eu.usatoday.com).

Ricordate quel tempo in cui le fondazioni di filantropi miliardari  come la Rockefeller Foundation finanziarono  apertamente gli studi eugenetici anche  nella Germania Nazista?

(L’articolo  del Jerusalem Post del 30 dicembre 2012 che racconta la “connessione” Rockefeller col Terzo Reich).

( jpost.com).

Ricordate quando la  Gates Foundation si è unita in partenariato con la  Rockefeller Foundation  per fondare il  GAVI – Global Alliance for Vaccines and Immunization? – e  che GAVI e in partenariato con l’OMS, che è parimenti finanziato dalla Gates Foundation?

L’ articolo del Guardian ,15 gennaio 2016, che si chiedeva:

Gates e Rockefeller stanno usando la loro influenza per stabilire l’agenda nei paesi poveri?

Uno studio identifica le fondazioni di Bill e Melinda Gates e Rockefeller tra i donatori ricchi che sono vicini al governo e che potrebbero distorcere le priorità.

Il citato  importante studio (pdf)  era  commissionato da  Misereor e Brot für die Welt , due gruppi ecclesiali tedeschi che lavorano in gran parte in Africa .

 

 …. Di gran lunga il più grande donatore, affermano gli autori, è la Bill and Melinda Gates Foundation , che nel 2012 ha donato $ 2,6 miliardi.   Si faccia  il paragone  con $ 1,2 miliardi dei prossimi nove maggiori fondi statunitensi.

… 137 miliardari di 14 paesi si sono ora impegnati a dare a cause filantropiche . Includono l’ex sindaco di New York City Michael Bloomberg , il regista statunitense George Lucas e il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg .

“Lo studio afferma che queste donazioni enormi consentono ai paesi ricchi e alle loro società di raggiungere i propri fini nei paesi in via di sviluppo, dalla creazione di partenariati pubblico-privato con aziende farmaceutiche alla promozione di alcuni tipi di agricoltura aziendale e l’uso della bio-tecnlogia per la salute e l’agricoltura. “

(theguardian.com)

Ricordate   quando la Rockefeller Foundation  simulò lo scenario chiamato “Lock-step”   su come una Pandemia Globale avrebbe generato uno Stato di polizia globale iniziato dalla Cina, ma che  dopo che la pandemia cessa “non solo resta in vigore , ma si intensifica”?

Si tratta delle  importantissime e misconosciute   simulazioni- “previsioni” della Fondazione Rockefeller , riportate nella   sua pubblicazione “Scenarios for the Future of Technology and International Development” e pubblicato   nel  maggio 2010.

(nommeraadio.ee)

Come rafforzare la globalizzazione anche dopo una pandemia globale?

Ricordate quando un ex capo programmatore di Gates  confessò di aver accumulato  e scambiato oltre 6400 video di “stupri sui bambini” mentre lavorava in casa di Bill Gates?

 

(Ne parlò il  Daily Mail il 1 gennaio 2015:

“….La polizia è andata a cercarlo a casa sua nel quartiere Ballard di Seattle … ma Jones è stato finalmente rintracciato  nel  suo posto di lavoro nella proprietà sul lungomare da  $ 147 milioni di dollari del miliardario tecnologico Bill Gates  a Medina, Washington”.

(dailymail.co.uk)

Ricordate quando Bill Gates  fu definito “un  mestatore  spietato  che umilia e svilisce i suoi dipendenti” dal cofondatore della Microsoft, Paul Allen?

Dall’articolo sull’Independent, 31  marzo 2011:

Bill Gates è uno spietato intrigante  che ha sminuito i suoi dipendenti e ha cospirato per derubare il suo socio in affari, secondo un memoriale scritto dal co-fondatore di Microsoft, Paul Allen.

… La loro società ha creato quello che sarebbe diventato l’onnipresente software operativo del personal computer e si è trasformata in un business che ora vale $ 220 miliardi (£ 137 miliardi).

(independent.co.uk).

Ricordate quando Bill Gates  ha promosso una   strana  campagna di circoncisione dei maschi in Africa?

Gli africani parlano contro la campagna di circoncisione di massa.

KAMPALA, Uganda , 1 dicembre 2016 / PRNewswire / – Giornata mondiale contro l’AIDS – La Fondazione Bill & Melinda Gates, Organizzazione mondiale della sanità, UNAIDS, USAID, PEPFAR e numerose ONG hanno circonciso 12 milioni di africani per rallentare la diffusione dell’HIV / AIDS.

Il mondo non ha sentito una parola da loro fino ad ora. Il VMMC Experience Project ha inviato telecamere in Uganda e in Kenya per documentare le realtà del programma di circoncisione di massa.

Gli investigatori locali hanno condotto interviste con 90 uomini e donne colpiti e hanno scoperto:

Agli africani viene detto che la circoncisione rende immuni dall’HIV.

2. L’uso del preservativo è ai minimi storici e l’AIDS è in aumento.

3. Il programma sta uccidendo proprio le persone che dovrebbe aiutare.

4. Nessuna circoncisione post follow-up (approccio cut-and-release).

5. Risentimento e indignazione tra gli africani.

(prnewswire.com).

La Fondazione Gates  all’inizio si  chiamava “Bill & Melinda Gates Institute for Population Control”.

Esiste il video in cui  Laurie Schwab Zabi, che è stata nella direzione di Planned Parenthood con Bill Gates sr. (il padre), riferisce di un  interessante  dettaglio:

 “Someone misnamed an organisation (1:25), then got corrected (4:33)”

Gates impose all’India  un programma di vaccinazione antipolio che consisteva di  50 iniezioni su bambini inferiori ai 5 anni. Risultato: 450 mila ragazzi indiani  colpiti da paralisi.

Robert Kennedy jr.:

“Con la promessa di una donazione  di $ 1,2 miliardi per sradicare la polio, Gates ha assunto il controllo del National Technical Advisory Group on Immunization (NTAGI) indiano che ha imposto fino a 50 dosi (Tabella 1) di vaccini contro la poliomielite attraverso i programmi di immunizzazione sovrapposti ai bambini prima dell’età di cinque.

 I medici indiani incolpano la campagna Gates per una devastante epidemia di paralisi flaccida acuta non polio (NPAFP) che ha paralizzato 490.000 bambini oltre i tassi previsti tra il 2000 e il 2017. Nel 2017, il governo indiano ha richiamato il regime vaccinale di Gates e ha chiesto a Gates e alle sue politiche sui vaccini lasciare l’India. I tassi di NPAFP sono scesi a  quasi nulla.

Nel 2010, Gates ha impegnato 10 miliardi di dollari con l’OMS dicendo: “Dobbiamo fare di questo il decennio dei vaccini”. Un mese dopo, Gates ha dichiarato in un Ted Talk che i nuovi vaccini “potrebbero ridurre la popolazione”.

Nel 2014, la Catholic Doctors Association del Kenya ha accusato l’OMS di sterilizzare chimicamente milioni di donne keniote non volontarie  con una campagna di vaccinazione  pretesa  contro il “tetano” .

 I laboratori indipendenti hanno trovato una  componente che dà  sterilità in ogni vaccino testato. Dopo aver negato le accuse, l’OMS ha finalmente ammesso di aver sviluppato i vaccini per la sterilità per oltre un decennio. Accuse simili arrivarono dalla Tanzania, dal Nicaragua, dal Messico e dalle Filippine .

(globalresearch.ca).

Ricordate?  Epstein  investì  nella “Carbyne 911”, una strana  applicazione  high-tech per  le chiamate ai centri d’emergenza, che però (secondo l’FBI)  ha un’area grigia che gli conferiva un accesso senza precedenti alle informazioni private, con grande potenziale di abuso della privacy.  Presidente di Carbyne è stato  Ehud Barak , ex primo ministro israeliano.  In una complessa vicenda in cui Epstein era associato ad Eric Prince, il capo  dell’agenzia di mercenari  a noleggio ex Black-water, Human Rights Watch ha rivelato  che le autorità cinesi hanno iniziato a utilizzare un’applicazione molto simile a Carbyne per sorvegliare gli uiguri.

 

“L’app di sorveglianza cinese monitora ogni aspetto della vita di un utente, comprese le conversazioni personali, il consumo di energia, l’attivazione della videocamera e del microfono e persino il monitoraggio dei movimenti di un utente.

Si ipotizza che la tecnologia di Carbyne sia stata trasferita in Cina tramite il co-fondatore, l’israeliano  Lital Leshem, azionista di Carbyne.

(trtworld.com).

 

 

 

Controllo mentale e schifezze naziste

con i soldi Rockfeller.

Rrigamonti.com-crimibank-(12-3-2020)

 

ARTICOLO LUNGO MA VERAMENTE MOLTO INTERESSANTE, SOPRATUTTO VERSO LA FINE.

(rrigamonti.com/controllo-mental...ldi-rockfeller/).

Manchurian2.

Il 2004 ha visto l’uscita nelle sale cinematografiche di “The Manchurian Candidate“, il remake del film interpretato da Frank Sinatra nel 1962. Basato sull’omonimo romanzo scritto nel 1959 da Richard Condon, narra di un soldato americano catturato in Corea dai comunisti e sottoposto al lavaggio del cervello che lo riduce allo stato di uno zombi-killer pronto ad uccidere il principale candidato alle presidenziali americane. L’anno dopo, a seguito dell’assassinio del presidente americano J. F. Kennedy a Dallas, il film venne ritirato dalle sale cinematografiche dallo stesso Sinatra.

La spaventosa realtà descritta nel libro (e nel film) riaffiorò con l’assassinio di Bobby Kennedy, nel 1968 mentre si apprestava anch’egli a vincere le presidenziali americane, diventando improvvisamente chiara negli anni ‘70, quando vennero resi pubblici alcuni documenti sul programma MKULTRA della C.I.A., sfuggiti per errore alla loro distruzione totale ordinata nel 1973 dall’allora direttore della C.I.A. Richard Helms.

I documenti testimoniavano che il programma MKULTRA:

«…riguardava la ricerca e lo sviluppo di materiale chimico, biologico e radiologico da potersi utilizzare in operazioni clandestine per controllare il comportamento umano [...] furono tracciate ulteriori strade per il controllo del comportamento umano, da investigarsi sotto l’ombrello protettivo dell’MKULTRA, incluso radiazioni, elettroshock, vari campi della psicologia, sociologia e antropologia, grafologia, sostanze molestanti, materiali e dispositivi paramilitari.»

Il programma includeva l’uso di esseri umani ignari per la sperimentazione di L.S.D. (dietilamide dell’acido lisergico), lavaggio del cervello e tecniche di interrogazione. Ufficialmente MKULTRA fu creato per ricercare il modo di controllare la mente umana allo scopo di contrastare le presunte attività di manipolazione mentale (lavaggio del cervello) attribuite ai regimi comunisti, in particolar modo di Corea, Cina e Unione Sovietica.

Nel 1953, a seguito di tali dicerie, il direttore della C.I.A., Allen Dulles (che diresse la C.I.A. fino al 1961), autorizzò il programma MKULTRA finanziando diversi progetti intesi a realizzare il controllo mentale degli esseri umani tramite l’uso di ipnosi, droghe psicotrope, elettroshock, lobotomie, suggestioni subliminali indotte, nonché combinazioni varie di queste tecniche tra loro.

Nonostante la prova di attività illecite e flagranti violazioni alla Costituzione Americana e alla carta dei Diritti dell’Uomo, nonostante le prove e le confessioni di uso indiscriminato di L.S.D. su soggetti ignari, la Commissione Senatoriale, istituita nel 1975 dal presidente Gerald Ford, non portò a decisioni significative e ben poco mutò all’interno della C.I.A. La Commissione era presieduta dal vice-presidente americano Nelson Rockefeller, il che dette origine al diffuso punto di vista sarcastico che “la volpe era stata nominata a guardia dell’ovile”. Rockefeller… un nome da tenere a mente!

Ma partiamo dall’inizio per capire come si sia potuta realizzare, solo qualche anno fa, tanta aberrazione nel nome della democrazia, della pace e del benessere del genere umano, e chi l’abbia potuta realizzare. Seguiremo un percorso abbastanza lungo e poco “divertente”, ma che reputiamo necessario per capire a fondo i meccanismi che hanno portato a MKULTRA, quali pericoli si possono celare nel futuro dell’umanità e, possibilmente, come porvi rimedio. Il primo e più importante dei rimedi è la conoscenza della verità! Si presti particolare attenzione al ripetersi di certi nomi e di certe sigle, poiché sono loro, un pugno di criminali che, nel nome della scienza e invocando propositi umanitari, cercano di controllare e dominare il resto di noi.

Nel 1860 John D. Rockefeller iniziò l’attività petrolifera usando capitali britannici, nacque così la Standard Oil Co., oggi denominata ExxonMobil. In seguito nacque la Rockefeller Foundation, più o meno contemporaneamente alla nascita della Federal Reserve (di ispirazione britannica), dell’IRS (Internal Revenue Service, l’ufficio delle imposte americano) e dell’F.B.I. (Federal Bureau of Investigation). Anni dopo il ramo discendente da William Rockefeller, fratello di John D., entrò nella National City Bank (l’attuale Citibank con filiali un po’ ovunque, Italia inclusa)[2]. Nel 1911 William ingaggiò in forma privata l’alto ufficiale dei servizi segreti britannici Claude Dansey. Poiché gli Stati Uniti si stavano preparando a partecipare alla Prima Guerra Mondiale al fianco dell’ex nemico, la Gran Bretagna, Dansey in persona riorganizzò i servizi segreti dell’esercito statunitense facendone un distaccamento dei servizi segreti britannici. Il discepolo americano di Dansey, generale Marlborough Churchill, un lontano parente di Winston Churchill, fu nominato direttore dei servizi segreti dell’esercito USA. Alla fine della guerra Churchill diresse la Black Chamber, un gruppo di spionaggio con sede a New York, che offriva i propri servigi al Dipartimento di Stato, all’esercito USA e ai finanzieri privati leali alla Gran Bretagna.

Negli anni ’20 la Rockefeller Foundation finanziò i progetti tedeschi di genetica psichiatrica, vale a dire i progetti criminali denominati purificazione della razza, igiene razziale o miglioramento della razza, sviluppati inizialmente nei laboratori londinesi della Galton e nelle sue derivate Società di Eugenetica in Inghilterra e in America. A Monaco, l’Istituto Kraeplin fu ribattezzato Istituto di Psichiatria Kaiser Wilhelm e da allora fu finanziato con i fondi della Rockefeller Foundation e diretto da uomini della Fondazione. Fu anche creato l’Istituto di Antropologia, Eugenetica ed Ereditarietà Umana Kaiser Wilhelm. A capo di entrambi gli istituti fu posto lo psichiatra filo-nazista svizzero Ernst Rudin. Inizialmente ci fu un finanziamento di 11 milioni di marchi effettuato da Gustav Krupp von Bohlen und Halbach (rappresentante della famiglia Krupp che faceva affari nel campo dell’acciaio e delle armi) e da James Loeb, un americano proveniente dalla famiglia di banchieri Kuhn-Loeb, che continuò a finanziare l’istituto anche in seguito, coinvolgendo i suoi amici ebrei americani. Da notare che James Loeb era cognato di Paul Warburg e che i Warburg erano proprietari della Kuhn-Loeb Bank ed erano partner in affari con William Rockefeller. Alla lista dei finanziatori si aggiunse la famiglia Harriman, la quale usava per i propri affari i fondi messi a disposizione da Sir Ernst Cassel, il banchiere personale della famiglia reale britannica. Nel 1925 la Rockefeller Foundation stanziò a favore dell’Istituto Psichiatrico di Monaco la somma iniziale di 2,5 milioni di dollari, nel 1928 stanziò altri 325.000 dollari per la costruzione di un nuovo edificio e continuò a finanziare l’istituto e il suo direttore Rudin. Negli anni 1930-35 pagò per un’indagine antropologica riguardante la popolazione mondiale in termini eugenetici, condotta dagli eugenetisti nazisti tra cui Rudin, Verschuer, Eugen Fischer.

All’inizio degli anni ’30 gli esperti in psicologia e purificazione razziale della famiglia Rockefeller crearono la Josiah Macy Foundation, un’organizzazione per la ricerca medica che “lavorava” sia per conto dei Rockefeller che dei servizi segreti Britannici, a dirigere la quale fu chiamato il generale Marlborough Churchill, già capo dei servizi segreti dell’esercito americano.

Nel 1932 il movimento di eugenetica, ispirato da esponenti britannici, dette vita alla Federazione Mondiale di Eugenetica nominando alla carica di presidente il dottor Ernst Rudin, dell’Istituto Psichiatrico di Monaco. Il movimento, al tempo, si proponeva l’uccisione o la sterilizzazione degli individui che, per motivi ereditari, potevano essere un pesante fardello sociale o una minaccia nazionale (come nel caso degli ebrei in Germania).

Il 1933 vide l’ascesa al potere di Adolf Hitler. Il Governatore della Banca d’Inghilterra, Montagu Norman, s’incaricò di dar corso alle strategie dei fans di Hitler, le famiglie Rockefeller, Warburg e Harriman, finanziando gli armamenti della Germania nazista. Pochi mesi dopo la propria nascita, la Federazione Mondiale di Eugenetica divenne una sezione dello stato nazista e Rudin fu nominato a capo della Società di Igiene Razziale e, in qualità di facente parte della squadra di “Esperti in Ereditarietà” capeggiati dal gerarca delle SS Heinrich Himmler, redasse la legge sulla sterilizzazione che, descritta come una legge modello americana, fu adottata nel luglio 1933 e orgogliosamente stampata nel settembre dello stesso anno con la firma di Hitler (Eugenetical News – USA). Il gruppo Rockefeller redasse altre leggi razziali basate, come lo fu la legge sulla sterilizzazione, sullo statuto vigente nel Commowealth della Virginia. Otmar Verschuer e il suo assistente dottor Josef Mengele scrissero i rapporti utilizzati dalle corti speciali per imporre le leggi sulla purezza razziale di Rudin.

Nel 1934 la Massoneria del Rito Scozzese (l’ala americana della Massoneria britannica, antagonista alla Massoneria del Gran Oriente praticata in Italia con la quale non è da confondere,  affiancò i Rockefeller nel finanziamento delle ricerche di eugenetica psichiatrica. Il Rito Scozzese (che durante la Guerra di Secessione sostenne gli Stati del Sud contro il Nord di Abraham Lincoln), fautore di progetti per la supremazia razziale dei bianchi quali il famigerato Ku Klux Klan, riconosceva come capo assoluto il Gran Maestro della Gran Loggia Madre dei Massoni nel Mondo, che era anche il Gran Maestro della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, il Duca di Connaught, figlio della regina Vittoria e fratello di Re Enrico VII.

Suo padre era il principe tedesco Albert Coburg e grazie a lui il Duca di Connaught coltivò simpatie filo-tedesche che lo portarono ad accogliere come membro della famiglia Connaught un giovane turista tedesco, Joachim von Ribbentrop. Lo stesso che in età adulta diventò ambasciatore tedesco nel Regno Unito e lavorò in perfetta sintonia di vedute con il Duca di Connaught e con suo nipote Edoardo VIII, dichiaratamente filo-nazista, oltre che con il Governatore della Banca d’Inghilterra Montagu Norman.

Lo psichiatra genetista tedesco Franz J. Kallmann, che lavorò sotto il protettorato di Ernst Rudin alla Rockefeller Foundation in Germania studiando la degenerazione ereditaria, dichiarò al Congresso sulla Scienza della Popolazione, tenutosi a Berlino nel 1935, che per debellare la schizofrenia bisognava sterilizzare sia i malati che i loro parenti “apparentemente” sani, in modo da eliminare il rischio di propagazione ereditario. Poiché Kallmann risultò essere un “mezzo-ebreo”, nel 1936 fu forzato ad emigrare negli Stati Uniti, dove continuò le proprie ricerche presso l’Istituto di Psichiatria dello Stato di New York di cui divenne direttore della ricerca. A dirigere l’Istituto c’era il dottor Nolan D.C. Lewis, referente del Rito Scozzese per quanto riguardava la ricerca sulla schizofrenia. Il Rito finanziò Kallmann per condurre uno studio su oltre 1000 casi di schizofrenia al fine di dichiarare l’ereditarietà dei disordini mentali. Lo studio di Kallmann fu pubblicato simultaneamente nel 1938 sia negli Stati Uniti che in Germania e fu usato da quest’ultima come pretesto per iniziare, nel 1939, l’uccisione dei malati affetti da disturbi mentali e da varie altre “deficienze”, procurando la morte ad oltre 200.000 persone nelle camere a gas o tramite iniezioni letali. Nella prefazione del suo lavoro Kallmann ringraziò il Rito Scozzese e il suo mentore Ernst Rudin.

La Germania nazista aveva bisogno di carburante per portare avanti le proprie campagne belliche. Il colosso chimico IG Farben, guidato dalla famiglia Warburg, in fusione-simbiosi con la Standard Oil dei Rockefeller, si mise a produrre gasolio utilizzando il carbone. Per realizzare il progetto la IG Farben-Standard Oil costruì nel 1940-41 una gigantesca struttura ad Auschwitz, in Polonia, dove i nazisti concentravano ebrei e altri soggetti deportati da utilizzare come manovalanza gratuita per i lavori di trasformazione del carbone in gasolio, mentre quelli non idonei ai lavori venivano avviati alle camere a gas e ai forni crematori (a sua difesa, la Rockefeller Foundation sostiene di essersi limitata a finanziare i programmi Nazisti di ricerca psichiatrica. Sic!).

Nel 1943 fu nominato dirigente medico di Auschwitz l’assistente di Otmar Verschuer, il dottor Josef Mengele. In qualità di direttore pro-tempore dell’Istituto rockefelliano di Antropologia, Eugenetica ed Ereditarietà Umana Kaiser Wilhelm di Berlino, Verschuer si assicurò che il Consiglio per la Ricerca Tedesco inviasse a Mengele i fondi necessari per gli esperimenti sui prigionieri, con particolare riguardo ai gemelli, il campo di ricerca favorito da Mengele. Sotto la sua guida e la supervisione di Verschuer, al quale venivano inviati giornalmente campioni di sangue per le sue ricerche sulle proteine, furono compiuti scempi orribili nel nome della scienza. Donne sterilizzate, uomini castrati, organi asportati senza anestesia e inviati ai laboratori del gruppo Rockefeller dell’Istituto Kaiser Wilhelm, affinché Verschuer potesse fare i suoi esperimenti. [È interessante notare che, mentre Mengele fu attivamente ricercato per i suoi crimini e viene universalmente dipinto senza mezzi termini per il mostro che era, nessuno si interessò a Verschuer il quale, in virtù della suo alto rango nell'establishment rockefelliano, nel 1947 ottenne di poter continuare la propria "ricerca scientifica" sotto l'egida dell'Ufficio per l'Ereditarietà Umana, che proprio in quell'anno si trasferì da Londra a Copenhagen. Nel 1956, nella sede dell'Ufficio per l'Ereditarietà Umana costruita a Copenhagen con i soldi dei Rockefeller, fu tenuto il primo Congresso post-bellico sulla Genetica Umana. Nel frattempo una vecchia conoscenza, il dottor Kallman, diventato un dirigente della Società Americana di Eugenetica, testimoniò a favore della de-nazificazione del Verschuer. In seguito Kallmann e Verschuer, con altri autorevoli nazisti, crearono la Società Americana di Genetica Umana, la stessa che in seguito dette vita al Progetto Genoma Umano.]

Mentre il conflitto divampava, la Rockefeller Foundation e l’esercito del Canada misero insieme i propri esperti psichiatrici. Facile da realizzare, poiché il comandante medico dell’Esercito Canadese, lo psichiatra Brock Chisholm, fu addestrato nella Clinica Psichiatrica Tavistock di Londra, una dei maggiori beneficiari della Rockefeller Foundation. Nel 1943 la Fondazione creò l’Allen Memorial Institute presso l’Università McGill di Montreal e a dirigere il reparto psichiatrico dell’istituto fu chiamato lo psichiatra-genetista scozzese, immigrato negli U.S.A., dottor Donald Ewen Cameron, un nome che diventerà famoso nell’ambito dell’MKULTRA. Sotto gli auspici e la protezione dell’esercito canadese, della Rockefeller Foundation e della C.I.A., l’Istituto Allen fu teatro di interrogatori coercitivi sperimentali ad opera di Cameron, che prevedevano l’uso “terminale” dell’elettroshock come metodo di tortura tramite la bruciatura del cervello causata dalle scariche elettriche, la psicochirurgia (lobotomia) e il lavaggio del cervello tramite somministrazione di droghe, farmaci e ipnosi. Nel frattempo nell’Ospedale Psichiatrico St. Elizabeth di Washington, D.C., (dove vengono ricoverati gli attentatori dei presidenti) iniziò a circolare la marijuana. Il dirigente psichiatrico dell’ospedale, e militante nel Rito Scozzese, dottor Winfred Overholser, nel 1943 capeggiò la commissione “siero della verità” dell’Ufficio dei Servizi Strategici (O.S.S.). Con il pretesto ufficiale di voler combattere il fascismo, Overholser e il suo staff somministrarono mescalina a vari soggetti cavia e, nella primavera del ’43, giunsero alla giusta miscela di marijuana e tabacco in grado di creare nel soggetto uno “stato di irresponsabilità” tale da “sciogliergli la lingua” e obbligarlo a raccontare la verità. Forti di questa “bella scusa” e con la complicità di agenti del controspionaggio e dell’FBI diretta da J. Edgar Hoover, un altro esponente del Rito Scozzese, Overholser e i suoi somministrarono marijuana ai soldati in tutte le basi americane per aiutare la ricerca di soggetti sovversivi. In seguito, negli anni ’50 e ’60, gli strateghi dell’MKULTRA utilizzarono gli stessi canali per trasformare in drogati un’intera generazione di giovani.

Nel 1944 Montagu Norman, rassegnò le dimissioni da Governatore della Banca d’Inghilterra e iniziò immediatamente un nuovo progetto ironicamente legato ai suoi ripetuti esaurimenti e conseguenti ricoveri: organizzò nella propria abitazione londinese l’Associazione Nazionale per la Salute Mentale britannica (National Association for Mental Health, N.A.M.H.). L’assistente di Norman presso la Banca d’Inghilterra, Otto Niemeyer, divenne il tesoriere dell’Associazione, mentre sua nipote Mary Appleby, che aveva lavorato nella sezione tedesca del Ministero degli Esteri Britannico, fu nominata segretario generale. Presidente dell’Associazione fu Richard Austen Butler, che era stato il vice di Lord Halifax al Ministero degli Esteri e portavoce nel Parlamento Inglese della politica a favore del nazismo. La direzione dell’Associazione toccò al genero di Lord Halifax, mentre la vice-direzione andò alla moglie di Norman, Priscilla Reyntiens Worsthorne Norman, un’attivista dell’eugenetica. Ben presto l’influente gruppo di Norman si espanse ed assunse il controllo della professione psichiatrica mondiale.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale il dottor Donald Ewen Cameron fu chiamato ad aiutare l’unità di guerra psicologica della corona inglese Tavistock nella valutazione della sanità mentale di Rudolph Hess. Ciò valse a Cameron la nomina di esperto nei processi per crimini di guerra di Norimberga. Sembra che il suo vecchio collega all’O.S.S. (Ufficio dei Servizi Strategici dell’Esercito Americano), Allen Dulles, futuro direttore della C.I.A. e fautore dell’MKULTRA, si dichiarò compiaciuto del suggerimento di Cameron di trattare ogni sopra-vissuto tedesco di età superiore ai 12 anni con l’elettroshock, in modo da eliminare le restanti vestigia del nazismo.

Nel 1948 l’Associazione Nazionale per la Salute Mentale di Norman radunò i leader mondiali della psichiatria e della psicologia in un Congresso Internazionale sulla Salute Mentale che si tenne a Londra, presso il Ministero della Sanità del Regno Unito. Durante il congresso fu creata la Federazione Mondiale per la Salute Mentale (World Federation of Menthal Health, tutt’ora in vigore e responsabile della pubblicazione del controverso D.S.M., il Manuale Diagnostico Statistico delle cosiddette malattie mentali).

La signora Norman fu nominata nel consiglio esecutivo, mentre la presidenza della neonata W.F.M.H. toccò al comandante del dipartimento di guerra psicologica dell’esercito inglese e dirigente dell’Istituto Tavistock, il Generale di Brigata dottor John Rawling Rees. Dall’altra parte dell’oceano, a New York, Clarence G. Michalis, un uomo di Montagu Norman, fu chiamato a dirigere il Consiglio di Amministrazione della Josiah Macy Foundation, la quale iniziò a pagare per le attività della Federazione Mondiale per la Salute Mentale e dell’Istituto Tavistock negli Stati Uniti: cioè fornire sostanze stupefacenti e sovvertire gli ideali occidentali.

 Il dirigente medico della Josiah Macy Foundation, dottor Frank Fremont-Smith, fu anche co-direttore permanente con Rees della Federazione Mondiale per la Salute Mentale. La coordinatrice della delegazione statunitense al Congresso, Nina Ridenour, più tardi scrisse nel suo libro “Mental Health in the United States: A Fifty Years History” che la Federazione Mondiale per la Salute Mentale fu creata su consiglio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’UNESCO, entrambe organizzazioni delle Nazioni Unite, poiché c’era la necessità di avere un’ente con cui “co-operare” nel campo della salute mentale che fosse non-governativo (O.N.G.), così da eludere qualsivoglia legge e costituzione.

Il primo direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità fu lo psichiatra canadese Brock Chisholm, cioè colui che creò l’Allen Memorial Institute presso l’Università McGill di Montreal con l’aiuto della Rockefeller Foundation.

L’UNESCO invece fu fondata dal suo primo segretario generale, lo stratega dell’eugenetica e biologo Julian Huxley, nipote del primo editore di Darwin, amico di Rees e fratello dello scrittore e cantore delle droghe sintetiche Aldous Huxley. È interessante notare quali personaggi siano stati nominati a fungere da vice-presidenti della Federazione Mondiale per la Salute Mentale: Cyril Burt, uno psichiatra dell’Istituto Tavistock e attivista eugenetico, noto per le sue “ricerche” sui gemelli; Hugh Chrichton-Miller, fondatore della Clinica Tavistock nonché vice-presidente dell’Istituto Carl G. Jung di Zurigo e dell’Associazione Nazionale per la Salute Mentale britannica; Dame Evelyn Fox, leader del movimento eugenetico e guida di Lady Norman; lo psichiatra genetista Sir David Henderson, operante a Londra, Monaco e New York, insegnante di Donald Ewen Cameron e autore di Psichiatria e Miglioramento della Razza; Lord Thomas Jeeves Horder, presidente della Società di Eugenetica della Gran Bretagna, presidente dell’Associazione per la Pianificazione Familiare, presidente dell’associazione per le Relazioni Pubbliche Anglo-Sovietiche; Carl Gustav Jung, psichiatra curante di Montagu Norman, Paul Mellon e di Allen Dulles, rappresentante della psichiatria tedesca sotto i Nazisti e co-editore del nazista Journal of Psychotherapy; Winfred Overholser, a capo della delegazione americana al Congresso, rappresentante del Rito Scozzese, dirigente dell’Ospedale Psichiatrico St. Elizabeth di Washington, colui che somministrò marijuana ai soldati americani.

Il primo oratore del Congresso fu Margaret Mead che sarebbe diventata presidente della Federazione Mondiale per la Salute Mentale nel 1956-57, in piena attività criminosa dell’MKULTRA.

MKULTRA.

L’MKULTRA, programma post-bellico anglo-americano per il controllo mentale, ebbe in Donald Ewen Cameron il suo personaggio più famoso. Addestratosi all’Ospedale Mentale Reale di Glawgow sotto la guida di Sir David Henderson, Cameron fondò la branchia canadese della Federazione Mondiale per la Salute Mentale presieduta dal suo amico Rees. Inoltre diventò presidente dell’Associazione Psichiatrica Canadese, dell’Associazione Psichiatrica Americana (A.P.A.) e dell’Associazione Psichiatrica Mondiale.

Giunse improvvisamente alla notorietà quando alcuni sopravvissuti ai suoi esperimenti denunciarono la CIA, che era la finanziatrice delle attività di Cameron, la quale pagò cifre milionarie in transazioni extra-giudiziarie pur di far tacere i denuncianti, contando anche sul fatto che i sopravvissuti agli esperimenti di Cameron erano oggettivamente pochi, essendo la maggior parte deceduta a causa degli esperimenti stessi.

A seguito delle indagini compiute sia dalla Commissione Senatoriale istituita nel 1975 dal presidente Gerald Ford che da reporter indipendenti, si scoprì che Cameron somministrava alle sue vittime droghe e farmaci per farle dormire per settimane intere, svegliandole giornalmente solo per sottoporle a scariche di elettroshock al cervello.

Per fare ciò utilizzava il metodo di Page-Russel che consisteva nell’immobilizzare il paziente e somministrargli una scarica iniziale di un secondo, quindi da cinque a nove scariche ulteriori.

 Cameron, però, aumentò il voltaggio previsto e portò la batteria di scariche da una a due e perfino tre volte al giorno. I malcapitati pazienti persero la memoria, chi parzialmente chi in modo totale, alcuni persero anche la capacità di controllare le funzioni corporee e, in certi casi, la capacità di parlare.

Fu accertato che almeno una paziente fu ridotta quasi allo stato vegetale, quindi Cameron le asportò chirurgicamente i centri cognitivi del cervello riuscendo a mantenerla in vita.

Il dottor Cameron fece anche esperimenti con il curaro, il veleno che uccide simulando un attacco cardiaco. Egli, però, sostenne di averlo sempre usato in dosi non letali al solo scopo di immobilizzare ulteriormente i suoi pazienti mentre venivano sottoposti alla privazione sensoriale (cura del sonno) per periodi che arrivavano fino a 65 giorni. (Tutt’oggi l’elettroshock viene chiamato “terapia al curaro” poiché l’irrigidimento dei muscoli causato dal curaro evita che i pazienti si spezzino i denti o si taglino la lingua durante la somministrazione delle scariche elettriche.)

Quindi ai pazienti così trattati veniva somministrato l’LSD al fine di ottenere delle allucinazioni “programmabili”. Una volta che i soggetti erano considerati “pronti”, iniziava la “Guida Psichica”: mediante un auricolare posto sotto il cuscino oppure con delle cuffie inamovibili, veniva riprodotto in continuazione un nastro per imprimere determinate frasi nella memoria residua delle vittime.

Si scoprì che la CIA finanziò questi orrori tramite la Società per gli Studi di Ecologia Umana (Society for the Study of Human Ecology), la quale, al solo scopo di meglio accreditarsi come vera e legittima organizzazione accademica, finanziò anche uno studio sulla circoncisione di bambini turchi, compresi tra i cinque e i sette anni e residenti ad Istanbul, e sui problemi che essi avevano con i loro genitali.

 

Per quanto riguarda gli esperimenti con l’L.S.D., essa veniva veicolata dalla Josiah Macy Foundation tramite il suo dirigente medico Frank Fremont-Smith che nel 1954-55, guarda caso gli anni cruciali per il decollo del programma MKULTRA, fu anche presidente della Federazione Mondiale della Salute Mentale. Frank Fremont-Smith fu iniziato all’L.S.D. da Harold Abramson, uno psichiatra ricercatore alla Columbia University e al centro di eugenetica di Cold Spring Harbor, a Long Island, facente anch’egli parte dei ricercatori dell’MKULTRA.

Abramson fu il primo a somministrare L.S.D. all’antropologo Gregory Bateson, marito di Margaret Mead. Bateson, a sua volta, nel 1959 somministrò L.S.D. al poeta della beat-generation Allen Ginsberg durante un esperimento alla Stanford University.

 Poco dopo l’L.S.D. diventerà la droga simbolo della cultura Hippy e verrà esportata e somministrata ai giovani “contestatori” di tutto il mondo occidentale.

Un altro sperimentatore dell’L.S.D. fu il dottor Paul Hock che, assieme al leader dell’eugenetica nazista Franz Kallmann, co-diresse la ricerca all’Istituto Psichiatrico della Stato di New York, presso la Columbia University. Hock era membro della Società Americana di Eugenetica e fu nominato Commissario di Stato per l’Igiene Mentale dal governatore di New York Averell Harriman e poi ri-nominato dal governatore Nelson Rockefeller (colui che presiedette la Commissione Senatoriale d’indagine sull’MKULTRA).

 Inoltre, fu Hock che causò la morte del tennista newyorchese Harold Blauer mediante iniezioni di derivati della mescalina.

Responsabile di molti progetti MKULTRA, fu il biochimico Sidney Gobblieb, dirigente della Divisione Chimica dei Servizi Tecnici della CIA, creatore di tossine letali, sieri della verità e assiduo sperimentatore di L.S.D., ispiratore del “Dottor Stranamore”, il personaggio creato da Stanley Kubrik e interpretato da Peter Sellers.

Nel giugno 1953 Gobblieb approvò il progetto per lo studio degli aspetti biochimici, neurofisiologici, sociali e di psichiatria clinica dell’acido lisergico dietilamide. Inizialmente l’L.S.D. veniva somministrata al personale interno alla CIA e i risultati venivano inviati a Gobblied per catalogazione e analisi.

Il 19 novembre del 1953 fu somministrata L.S.D. all’ignaro dottor Frank Olson, uno scienziato dell’Esercito americano che lavorava al programma MKULTRA. Olson entrò in un interminabile stato di schizofrenia paranoica, fu portato al cospetto di Abramson che non seppe fare nulla se non convincere Olson a ricoverarsi nel manicomio di Chestnut Lodge a Rockville, Maryland.

Ma la sera prima del ricovero, a una settimana dall’ingestione dell’LSD, Olson volò fuori dalla finestra del decimo piano dell’hotel in cui alloggiava. Suicidio voluto o procurato?

 Non si sa, ma il caso Olson diventò uno scandalo tale da incidere le prime crepe nella segretezza dell’MKULTRA. Fu da allora che i test sull’LSD, precedentemente fatti su soggetti interni alla CIA o al programma MKULTRA, furono fatti su soggetti esterni e completamente ignari, in particolar modo su prigionieri, tossicodipendenti ricoverati in strutture di riabilitazione, internati nei manicomi. Tutta gente che difficilmente avrebbe protestato e ancor più difficilmente sarebbe stata creduta.

Sebbene la storia dell’MKULTRA sia indissolubilmente legata al nome C.I.A., il programma MKULTRA non fu ordito dalla C.I.A. come tale, bensì dal suo direttore Allen Dulles, un paziente di Carl Gustav Jung e vecchio amico ed estimatore di Donald Ewen Cameron, cioè un prodotto psichiatrico lui stesso.

Si tenga presente, inoltre, che le ricerche oggetto dell’MKULTRA erano figlie delle ricerche psichiatriche naziste, che a loro volta erano figlie delle teorie psichiatriche che si andavano sviluppando fin dal secolo precedente.

A riprova di ciò, le ricerche per il controllo mentale dell’uomo non terminarono con la sospensione di MKULTRA, poiché alcuni tra i suoi più importanti ricercatori, cioè i veri responsabili ed esecutori dei crimini, furono riuniti nel 1961 da Robert H. Felix (psichiatra e maestro massone del 33° grado, fondatore del N.I.M.H., National Institute of Mental Health, di cui fu direttore dal 1949 al 1964) sotto l’egida dell’American College of Neuropsychopharmachology: un gruppo di circa 150 persone che includeva psichiatri, biologi, psicologi del comportamento, chimici, farmacisti e neuropsicologi continuò indisturbato il lavoro dei vari Kallmann, Overholser, Mengele, Cameron, Gobblied, Abramson, e così via.

Nel 1967, alla vigilia dell’esplosione della contestazione giovanile dei Figli dei Fiori, dediti all’uso e all’abuso di droghe, il Gruppo di Studio per gli Effetti dei Farmaci Psicotropi sugli Umani Normali (Study Group for the Effects of Psychotropic Drugs on Normal Humans) tenne una conferenza per stabilire il corso degli Stati Uniti verso il 2000. Gli atti della conferenza furono redatti da due protagonisti dell’MKULTRA, il dottor Wayne O. Evans, direttore del U.S. Army Military Stress Laboratory (Laboratorio Militare per lo Stress dell’Esercito Statunitense) nel Massachusetts, e Nathan Kline, un fanatico psichiatra eugenetista, ricercatore presso la Columbia University e praticante di psicologia-woodoo nella sua clinica di Haiti. Nella prefazione agli atti si leggeva che:

«…l’attuale gamma di farmaci utilizzati sembrerà quasi insignificante se la compariamo alla quantità possibile di sostanze chimiche che saranno disponibili per il controllo degli aspetti selettivi della vita dell’uomo del 2000 [...] La cultura Americana [...] si sta muovendo verso una “società sensoriale” [...] Una maggiore attenzione viene data all’esperienza sensoriale, minore invece alle filosofie razionali o a quelle orientate al lavoro.

Una tale visione filosofica abbinata ai mezzi per separare il comportamento sessuale dalla riproduzione o dalla malattia, aumenterà indubbiamente la libertà sessuale [...] Appare ovvio che i giovani di oggi non siano più impauriti né dalla droga né dal sesso. D’altra parte, filosofi e portavoce dell’avanguardia propugnano l’esperienza sensoriale personale come la raison d’être della prossima generazione.

Per terminare, ci stiamo dirigendo verso un’epoca in cui il lavoro significativo sarà possibile solo per una minoranza: in un’epoca simile gli afrodisiaci chimici possono essere accettati come mezzi comuni per occupare il proprio tempo. Sarà interessante vedere se la moralità pubblica nei prossimi 30 anni cambierà nella stessa misura in cui è cambiata negli ultimi 30.

Se noi accettiamo che l’umore, la motivazione e l’emozione umana sono i riflessi di uno stato neurochimico del cervello, allora i farmaci possono fornire un mezzo semplice, rapido e conveniente per produrre qualsiasi stato neurochimico desiderato.

Più presto smetteremo di confondere le asserzioni scientifiche sui farmaci con quelle morali, più presto potremo razionalmente considerare gli stati neurochimici che vogliamo fornire alla gente.»

Si faccia per un attimo mente locale sui propositi asseriti nel 1967 da Evans e Kline comparandoli alla situazione attuale, al proliferare di sostanze chimiche, siano esse droghe da strada oppure psicofarmaci. Lo spinello è normale, l’ecstasy in discoteca è d’obbligo e una “nuova” schiera di psichiatri ha dato vita al M.A.P.S. (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies), che promuove l’ecstasy, l’L.S.D. e altre droghe psicotrope come la soluzione dei problemi dell’uomo (l’ecstasy viene addirittura definita pillola dell’amore in grado di realizzare il comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso”). Ricorrere a psicofarmaci per qualsiasi sciocchezza è diventato normale e altamente pubblicizzato dagli psichiatri e dai loro accoliti, sia in programmi televisivi che sulla carta stampata che su internet.

 Il Prozac è stato ridefinito dal marketing “pillola della felicità”; il Ritalin viene regolarmente somministrato a sei milioni di bambini americani (che gli psichiatri statunitensi hanno dichiarato affetti dal controverso A.D.H.D., Disturbo da Deficit dell’Attenzione con Iperattività) e ora arriva anche in Italia dove professionisti prezzolati, insegnanti incapaci e genitori scansafatiche più interessati alle proprie esperienze sensoriali personali che ai propri figli, sperano di trovare la soluzione per mettere sotto controllo la vivida intelligenza dei bambini che hanno la sfortuna di incontrarli.

Inoltre, direttamente dagli studi targati anni ’50 sulla manipolazione mentale, ecco la pillola per dimenticare, che elimina i brutti ricordi – ciò che Cameron voleva ottenere somministrando elettroshock ai tedeschi sopravissuti – ma elimina anche la responsabilità. Il sesso “disinibito“, infine, è diventato l’argomento principe sia in televisione che su giornali e riviste.

Ci sono telefilm che sembrano scritti da Evans e Kline in persona, mentre i reality format ci mostrano individui alla ricerca della notorietà e del facile guadagno che si fanno rinchiudere per mesi in spazi angusti, ripresi giorno e notte dalle telecamere in una specie di psicoanalisi mediatica collettiva in cui non può mancare lui, il vero protagonista, quello che tutti aspettano e vogliono vedere: il sesso.

A dargli man forte, da qualche anno, viene commercializzato il Viagra, l’immancabile pillola che dovrebbe trasformare tutti i maschi in stalloni. Come enunciato nel 1967, si stanno realizzando i sistemi per occupare il tempo e la mente delle persone, irretendole in un fascio interminabile di esperienze sensoriali, facendo loro credere di essere libere ed emancipate mentre, in realtà, sono sempre meno capaci di prestare seriamente attenzione a ciò che succede loro intorno.

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