“La vita politica al cannocchiale”.
“La vita politica al cannocchiale”.
"Riciclaggio
e finanziamento illecito":
i 5S
finiscono sotto inchiesta.
Ilgiornale.it-
Alessandro Ferro-(28 Ottobre 2021)- ci dice :
La procura
di Milano indaga da oltre un anno sui milioni illeciti che il Movimento 5
Stelle avrebbe ottenuto dal console venezuelano nel 2010: la figura chiave è
Carvajal.
Sullo
scandalo venezuelano che avrebbe visto il Movimento 5 Stelle ricevere una
mazzetta da tre milioni e mezzo di euro nel 2010, stanno indagando anche i
pubblici ministeri di Milano. Come pubblicato da ilGiornale.it, l'ex capo dei
servizi segreti Carvajal sarebbe pronto a vuotare il sacco facendo nomi e
cognomi in cambio di protezione.
Quali
sono le accuse.
Parallelamente,
la Procura di Milano vuole vederci chiaro ed ha iniziato le indagini:
riciclaggio e finanziamento illecito le potenziali accuse che contiene il
fascicolo aperto oltre un anno fa, nel giugno 2020, con tutti i dettagli di quanto
accaduto agli albori della nascita del M5S. L'inchiesta partì grazie al
quotidiano spagnolo Abc che scoprì come quella somma sarebbe stata destinata al
defunto Gianroberto Casaleggio: Maduro, che fu ministro degli Esteri di Chàvez,
avrebbe fatto recapitare la valigetta con il bottino tramite Gian Carlo di
Martino, console del Venezuela a Milano.
L'atto
che incastra i 5Stelle.
Dopo
le accuse, il figlio di Gian Roberto, Davide Casaleggio, ha denunciato il
giornalista Marcos Rey, l'autore dell'inchiesta, per diffamazione. Come riportato da La Stampa, Rey ha
detto tutto quello che sapeva all'interrogatorio al quale è stato sottoposto
qualche settimana fa non rivelando il nome della fonte che gli diede lo scoop
con quel prezioso documento. La persona chiave di tutta la vicenda, comunque, resta
Carvajal (soprannominato El Pollo), tant'è che i quotidiani spagnoli hanno
fatto riferimento ad alcune rivelazioni dell'ex capo dei servizi segreti. Come si legge su Open, un atto che
possiedono le autorità spagnole incastrerebbe il Movimento ed è quello che la
procura di Milano sta cercando di scoprire con le accuse di cui abbiamo parlato
in apertura. In questa fase così delicata, chiaramente, vige il massimo riserbo
e non trapela nulla, né in una direzione né in un'altra.
Cosa
ha detto Di Maio.
L'ex
capo politico del M5S e attuale Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a seguito
di un'interrogazione parlamentare del deputato di Fratelli d'Italia, Francesco
Lollobrigida, sui finanziamenti illeciti ha risposto in maniera ironica senza
mai nominare il suo ex partito.
"Il
documento del fantomatico finanziamento illecito venezuelano ad una forza
politica italiana lo hanno dichiarato falso più volte", ha dichiarato Di
Maio, sottolineando come il governo italiano non subisce alcuna intromissione
nel definire la sua politica estera "né per quanto riguarda il Venezuela,
né su qualsiasi altro tema".
Sarà,
ma in questo momento la spada di Damocle è sulla testa dei grillini,
dell'allora neonato partito che oggi è quasi sparito: cosa accadrebbe se le
accuse di El Pollo troverebbero altre solida fondamenta?
Il ddl
Zan,
spiegato articolo per articolo.
Wired.it-Kevin
Carboni-(4-5-2021)- ci dice:
L'obiettivo
della proposta di legge è estendere la norma sui reati d'odio a discriminazioni
verso la comunità lgbt+, le donne e le persone con disabilità.
Le
polemiche attorno al disegno di legge Zan per il contrasto
all’omolesbobitransfobia, alla misoginia e all’abilismo – ossia,
rispettivamente, gli atteggiamenti discriminatori verso la comunità lgbt+, le
donne e le persone con disabilità – hanno creato molta confusione su cosa
effettivamente dica il ddl.
La Lega, che in Senato esprime il presidente
della commissione presso cui la proposta, già approvata alla Camera, è
incardinata, Andrea Ostellari, autonominatosi relatore del testo, dice di voler
intervenire sul documento. In realtà il ddl Zan (dal cognome del primo
firmatario, il deputato Alessandro Zan, ospite del prossimo appuntamento del
Wired Next Fest) è abbastanza chiaro e il suo obiettivo è di estendere la
portata della normativa già esistente sui reati d’odio ad attacchi e
comportamenti dovuti all’orientamento sessuale, al genere e all’identità di
genere.
Le
modifiche richieste in sintesi .Sono tre le principali modifiche alla normativa
già esistente richieste dal ddl Zan. La prima riguarda l’aggiunta dei
reati di discriminazione basati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento
sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità” all’articolo 604-bis e
604-ter del codice penale, che puniscono l’incitazione alla violenza e alla
discriminazione per motivi “razziali, etnici, religiosi o di nazionalità”.
La
seconda modifica riguarda l’articolo 90-quater del codice di procedura penale
in cui viene definita la “condizione di particolare vulnerabilità della persona
offesa”.
Attualmente l’articolo contiene solo la specifica relativa all’odio razziale.
Mentre il ddl Zan prevede di aggiungere le parole “fondato sul sesso, sul
genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.
L’ultima modifica riguarda il decreto legislativo del
9 luglio 2003, numero 215, sulla parità del trattamento degli individui
indipendentemente dal colore della pelle o dalla provenienza etnica, al quale
aggiunge alcune misure di prevenzione e contrasto delle discriminazioni legate
all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Gli articoli Il ddl Zan è composto
da 10 articoli, di cui i primi sei riguardano l’ambito penale e gli altri
quattro introducono alcune azioni positive di intervento per prevenire e
contrastare le discriminazioni.
L’articolo
1
introduce e definisce i termini sesso, genere, orientamento sessuale, identità
di genere, come suggerito dalla Commissione affari costituzionali, per evitare
qualunque ipotesi di incostituzionalità della legge.
L’articolo
2 pone
sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità tra i
moventi dei reati d’odio contenuti dell’articolo 604-bis del codice penale,
diretto a tutelare il rispetto della dignità umana e del principio di
uguaglianza. In particolare è stabilita una multa fino a 6mila euro o la
reclusione fino a un anno e 6 mesi per chi istiga a commettere atti di
discriminazione fondati su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di
genere o disabilità. Mentre per chi istiga o commette atti violenti, per le
stesse motivazioni, è prevista la reclusione da 6 mesi fino a 4 anni.
L’articolo
3 stabilisce
come circostanza aggravante il commettere reati in ragione del sesso, genere,
orientamento sessuale, identità di genere o disabilità della vittima, tramite
la modifica dell’articolo 604-ter del codice penale.
L’articolo
4 è
dedicato alla salvaguardia della libertà di opinione e di scelta, per tutelare
la libertà di parola e recita “sono fatte salve la libera espressione di
convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al
pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a
determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o
violenti”. Ossia,
la libertà di espressione non deve mai sconfinare nell’istigazione all’odio e
alla violenza.
L’articolo
5 riguarda
prevalentemente alcune specifiche rispetto alle pene previste dagli articoli
604-bis e 604-ter. L’articolo 6 riporta le modifiche all’articolo 90-quater del
codice di procedura penale in cui viene definita la “condizione di particolare
vulnerabilità della persona offesa” e il riconoscimento delle donne e delle
persone Lgbtq+ come persone “vulnerabili” e quindi, potenzialmente vittime.
Gli
articoli dal 7 al 10 dispongono invece delle indicazioni positive. L’articolo 7 istituisce la data del
17 maggio come Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbo-fobia, la bifobia
e la transfobia, per promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione e
contrastare pregiudizi e violenze.
L’8 incarica l’Ufficio nazionale
antidiscriminazioni razziali di elaborare una strategia nazionale per la
prevenzione e il contrasto delle discriminazioni.
Il 9 istituisce un fondo di 4 milioni di
euro per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, con
l’istituzione di centri contro le discriminazioni.
Infine
il 10 prevede
che l’Istat realizzi, almeno ogni tre anni, una rilevazione per descrivere lo
stato delle discriminazioni e delle pratiche violente, e che serva come base
per pensare e attuare politiche di contrasto.
PERCHÉ
LA CANCEL CULTURE E IL POLITICAMENTE CORRETTO ESISTONO (E SERVONO).
Glistatigenerali.com-Mattia
Marasti-(31
Luglio 2021)- ci dice :
C’è
stato un tempo in cui certe idee erano relegate alla cultura di destra
reazionaria e libertaria americana- una strana coppia. Una cultura che aveva eretto a loro
idoli Ben Shapiro, Charlie Kirk, Jordan Peterson e altri personaggi pubblici in
grado di aizzare i loro sostenitori con argomentazioni fiacche, logicamente
scorrette, infarcite di cherry picking, di una comprensione superficiale di
argomenti scientifici e di “straw man argument”.
Uniti
nel nome di una battaglia contro il marxismo economico e culturale: alle precedenti battaglie per la
giustizia sociale e l’uguaglianza economica, secondo questa congiunzione, il marxismo aveva affiancato
battaglie culturali per l’uguaglianza tra i sessi, contro la discriminazione
nei confronti di gay-lesbiche-bi-trans-non binary, a fianco della lotta di
liberazione delle minoranze razziali.
In un
paese come gli Stati Uniti d’America, ancora profondamente segnato dalla lotta
per i diritti civili e che nonostante i progressi fatti mostra anche oggi una
preoccupante violenza nei confronti degli afroamericani, questo tipo di
polarizzazione era pressoché scontata.
A
rendere la situazione ancora più complessa fu il movimento #MeToo. Nell’autunno del 2017 emersero varie
accuse di molestie sessuali nei confronti di Harvey Weinstein, noto produttore
cinematografico. Si trattava dell’elefante nella stanza: quella che era nata come una
lieve perturbazione si trasformò in una tempesta. Alyssa Milano, attrice nota per il
suo ruolo nella sitcom Who’s the Boss, scrisse un tweet in cui invitava a
condividere le storie di molestie sessuale usando l’hashtag #metoo.
Presto
quel tweet divenne virale, raccogliendo esperienze di persone più disparate. In
seguito emersero accuse contro il premio Oscar Kevin Spacey, che in un primo
momento minimizzò, sfruttando la campagna per fare apertamente coming out.
Presto però la mole di accuse divenne gravosa: Spacey fu estromesso dalla serie “House
of Cards”, le sue scene nel film Tutti i Soldi del Mondo vennero rigirate,
sostituito da Christopher Plummer.
SE
L’AMERICA STARNUTISCE L’EUROPA SI PRENDE UN RAFFREDDORE.
Presto
la battaglia americana contro il Politicamente Corretto e la Cancel Culture è
arrivata anche nel vecchio continente. Qualche mese fa il noto giornalista
Enrico Mentana paragonò la cancel culture al rogo dei libri dei nazisti- un caso da manuale di Legge di
Godwin. Il
giornale di destra reazionaria Il Foglio- che nonostante tutto ospita esponenti
del cosiddetto centro-sinistra- si è fatto portavoce di questa lotta, in
particolare attraverso gli articoli di Giulio Meotti. Ogni lunedì, infatti, Meotti cura
una rassegna di opinioni dalla stampa estera con “punti di vista che nessun altro vi
farà leggere“. Anche
Linkiesta, secondo
polo d’attrazione della strana coppia libertari e reazionari che non sanno di
esserlo, si
è ultimamente lanciata in rocambolesche accuse nei confronti delle
contraddizioni e dell’ipocrisia dei sostenitori della cancel culture.
Annarita
di Giorgio, collaboratrice de Il Foglio e noto volto della bolla liberale italiana tanto da esser considerata da Fausto
Panunzi “la più informata commentatrice politica italiana”, scrive “ma se non si può mettere manco più
una mano sulla coscia, precisamente uno come ci prova?”
Nelle
stanze di risonanza della destra italiana- che spesso si considera di sinistra- i pericoli del “Politicamente
Corretto” e della” Cancel Culture” vengono tirati fuori periodicamente,
paragonati a una sorta di nuova religione del silenzio o a minacce di censura.
Un
caso eclatante è stato il monologo di Pio e Amedeo di questa primavera: uno
spettacolo becero e insulso, condito da stereotipi ormai fuori tempi,
applaudito come “baluardo della resistenza contro la dittatura del politicamente
corretto“.
Evento
che precede, di poco, il discorso di Fedez sul Palco del Primo Maggio: dal Palco l’influencer si scagliò contro la Lega di Matteo
Salvini, accusata di tenere in ostaggio il DDL Zan prima che a tenerlo in
ostaggio fossero i renziani di Italia Viva. Il discorso, che la Rai cercò di
censurare, esponeva le affermazioni controverse fatte da esponenti della Lega
nel corso degli anni riguardanti gli omosessuali. Si parlò a quel tempo di una
dittatura del politicamente corretto e del pensiero unico perché “discorso
senza contraddittorio”, sorvolando sulla difficoltà di trovare qualcuno
disposto a fare da contraddittorio difendendo frasi come “se avessi un figlio
gay lo brucerei nel forno“.
Posizioni
più moderate sostengono invece che da una battaglia per il riconoscimento dei
diritti della comunità LGBTQI+, per l’uguaglianza tra i generi e il rispetto
delle diversità si stia passando a una vera e propria ideologia.
Una
tesi che più che moderata appare ridicola: ogni cosa è ideologia.
TUTTO
È CANCEL CULTURE, TUTTO È POLITICAMENTE CORRETTO, QUINDI NULLA LO È DAVVERO.
Da
tutte queste affermazioni emerge con forza un dettaglio: tutto può rientrare all’interno della
categoria del politicamente corretto o della cancel culture.
Per
questo non ha senso lanciarsi in mirabolanti discussioni sul significato e sui
limiti della cancel culture o del politicamente corretto. Questi due termini, nel panorama
italiano e non solo, vengono agitati come uno spauracchio cercando di
ricollegarli a termini come censura, pensiero unico, ideologia.
Perché?
Semplice, perché come scriveva Jennifer Egan il tempo è un bastardo, no?
L’utilizzo
di questi due termini ha come ragion d’essere l’intento di smorzare il
conflitto tra il vecchio e il nuovo, tra il cambiamento delle nostre abitudini,
la comprensione che quello che un tempo ritenevamo normale non lo è affatto.
Come
esseri umani, il nostro comportamento non è libero e scisso dalla società in
cui ci ritroviamo a vivere. Lasciare il posto a una persona più anziana
sull’autobus è buona norma; ringraziare quando si riceve un regalo è buona
norma; fumare in presenza di bambini e bambini è invece considerato errato e
sconveniente.
Le
norme che governano il nostro agire sociale non sono fissate nell’ambrosio, ma
subiscono cambiamenti, evolvono, mutano.
Comprendere
questa agitazione significa comprendere il modo in cui funzionano le società
umane.
Fino a
qualche decennio fa era considerato normale definire gli omosessuali “storti“. Così come era normale sottoporre a
punizioni fisiche gli studenti inadempienti. Oggi sarebbero entrambe
considerate azioni deplorevoli, o almeno spero sia così.
In
questi anni, per un qualche motivo, abbiamo compreso che certe norme che
consideravamo normali e innocue nella nostra società erano in realtà inique,
discriminatorie e umilianti. O meglio, una parte delle persone, soprattutto quelle più
giovani o più istruite, lo hanno compreso.
E così
certe azioni che portavano un beneficio a chi le compiva sono diventate azioni
da stigmatizzare. L’esempio più eclatante- proprio nella sua banalità- risulta
essere quello citato da Annarita di Giorgio nel tweet sopra. La mano sulla coscia o comunque
manifestazioni di attrazione sessuale che coinvolgevano l’oltrepassare la
barriera del corpo senza prima aver appurato il mutuo consenso è ora da
considerarsi una forma di molestia, come altre tecniche di seduzione che
lasciavano trasparire una presunta superiorità dell’uomo e la dimensione del
possesso della persona.
Ciò
rimette in discussione non tanto il rapporto tra i generi, ma il nostro
rapporto con quel simbolo culturale che è l’uomo bianco eterosessuale cisgender
con tutti gli attributi che la società occidentale gli ha conferito. Non a caso, proprio perché la
nostra società si basa su quello che Bourdieau definiva “il dominio maschile“, questa mutazione può essere
ostacolata e incompresa.
Questo
vuol dire che la battaglia contro il politicamente corretto e la cancel culture
sia sbagliata? Non esistono battaglie sbagliate. Esistono valori che condividiamo e
riteniamo giusti e, seguendo Kant, crediamo debbano diventare legge universale.
Il
mondo non procede per giusto o sbagliato, come se fosse un film della Disney. La storia è sempre una storia di
lotta: sia essa di classe, di genere, di etnia. Per questo è necessario stare
in guardia da chi vorrebbe depurarsi dall’ideologia: i famosi bayesiani con i
bias degli altri.
Virus,
vaccini, clima, 5G, Ufo:
perché
proprio adesso?
Libreidee.org-
Giorgio Cattaneo-(30/10/2021)- ci dice :
Perché
proprio adesso? La domanda può sembrare fuori luogo, ma probabilmente non lo è.
Il pianeta è sottoposto a uno stress-test senza precedenti, nella storia
contemporanea.
Una
congiuntura più che allarmante, fatta di eventi concentrici e convergenti, spesso
traumatici, comunque sconcertanti. Tutti eventi pressoché contemporanei, a
partire dal più problematico: perché l’operazione Covid è scattata proprio
adesso?
Un
piano dal respiro planetario, che tende a instaurare un controllo totale sulle
persone, attraverso la gestione ultra-emergenziale di una strana epidemia
influenzale.
E perché proprio adesso una certa élite spinge
per la digitalizzazione sistematica dell’essere umano, utilizzando – come primo
passo – proprio la schedatura di massa ottenuta con la leva “vaccinale”? E poi: perché proprio adesso imporre
l’inoculo di un preparato genico controverso e ancora sperimentale, ben poco
efficace come misura di protezione, nei confronti – oltretutto – di un
patologia molto meno pericolosa di tante altre, facilmente curabile nella
maggior parte dei casi?
Inoltre:
perché, proprio adesso, introdurre la prassi “vaccinale” universale, in previsione
della ventilata, progressiva diffusione di nano-chip corporei? Qualcuno dirà: è il progresso,
tutto qui. Altri alzeranno barricate, evocando il Grande Reset annunciato a
Davos: non
un oscuro complotto, ma – al contrario – un progetto di ingegneria sociale (e
bio-politica) apertamente esposto.
Colpiscono le concomitanze, piuttosto ridondanti, che
fanno da corollario all’avvento dell’Era Pandemica: per esempio l’estensione della
copertura Internet in ogni angolo del globo e la capillare diffusione della
rete wireless 5G, supportata da milioni di antenne e migliaia di satelliti.
Altra
domanda: perché proprio adesso – parallelamente – è diventata ormai vistosa
l’attività di geoingegneria atmosferica, condotta attraverso il rilascio
quotidiano (da parte degli aerei) di scie biancastre e persistenti, fino a
velare regolarmente il cielo sereno? Ancora: perché proprio adesso – dopo
decenni di “negazionismo” ufficiale – viene improvvisamente sdoganata la
presenza, sempre nei cieli, di oggetti volanti definiti “non identificati”,
cioè teoricamente non rispondenti ad alcunché di noto, a livello terrestre?
In
questo mosaico di fenomenologie non ancora del tutto spiegate in modo
convincente, c’è chi include anche l’anomalia dell’atteggiamento del Vaticano. Ovvero: perché, in un momento come
questo, la Santa Sede ha avallato – senza esitazioni – tutte le ferree
imposizioni dei governi, che hanno provocato enormi sofferenze sociali? E infine: perché, proprio adesso,
viene imposta ufficialmente la narrazione ecologistica incarnata dal
personaggio Greta Thunberg?
E’
notorio, purtroppo, l’impatto antropico sull’ecosistema terrestre: le attività
industriali e i consumi di massa hanno aggravato in modo drammatico l’inquinamento
dell’aria, delle acque e dei terreni. E allora perché non concentrarsi
sull’avvelenamento della Terra? Perché puntare il dito sulle variazioni
climatiche, storicamente sempre avvenute per effetto dell’attività solare?
E’ possibile che nell’alterazione delle temperature vi
sia anche il (minimo) concorso dell’umanità; ma perché dichiarare che, invece,
sia l’uomo il vero responsabile del riscaldamento? Perché – proprio adesso –
lasciare che venga messo in disparte il vero problema (l’inquinamento,
l’erosione delle risorse naturali) per collegare il clima alla soluzione
preconfezionata dalla finanza, cioè il “reset” globale emblematizzato dall’auto
elettrica?
Clima,
ambiente, virus e obblighi vaccinali, digitalizzazione universale, “scie
chimiche” e reti wireless. E poi Ufo, cibernetica, “quarta rivoluzione
industriale”.
Su ogni singolo aspetto dell’assillante attualità di oggi, l’establishment
fornisce risposte reticenti o contraddittorie, censurando volentieri ogni voce
critica.
Il
che, inevitabilmente, alimenta anche i più fantasiosi “complottismi”, che
finiscono per intorbidire la corretta percezione delle analisi eterodosse,
quelle scomode perché serie e documentate. Il clima? Tutta colpa nostra. Il
Covid-19? Uno sfortunato incidente. I “vaccini” genici? L’unica soluzione
possibile (scartando quindi le terapie: che invece funzionano benissimo).
Il Green Pass? Inevitabile. Le scie nel cielo?
Niente di cui preoccuparsi: sciocchezze. Le antenne 5G? Innocue. L’interazione uomo-macchina, tramite
nano-tecnologie anche inoculabili, oltre che inseribili nel corpo umano
mediante microchip? Tutte straordinarie opportunità. Gli Ufo? E’ vero, esistono:
ma si chiamano Uap, e non si ha idea di cosa possano essere. Astronavi aliene?
Forse. Dunque
esistono, gli alieni?
Certo: lo ha dichiarato il generale Haim Eshed, già a
capo della sicurezza aerospaziale israeliana.
Secondo i teorici della paleo-astronautica, gli alieni sono qui da
sempre e controllano i destini dell’umanità. Il sumerologo Zecharia Sitchin rileva
la presenza della “fabbricazione aliena” dell’Homo Sapiens nei testi
mesopotamici.
Parallelamente,
il biblista Mauro Biglino riscontra nella Genesi una analoga “fabbricazione”,
sempre genetica, da parte della comunità degli Elohim. Niente di così strano, osserva
Biglino: tutti i “racconti delle origini” alludono al ruolo dei Figli delle
Stelle nella nascita dell’umanità, che poi ha voluto chiamare dèi i suoi “padri
celesti”, trasformandoli in materia religiosa.
Chi
segue con attenzione questi contributi culturali sa benissimo che ci staremmo
avvicinando a un momento fatidico, l’inizio del 2024: un possibile punto di
svolta.
Gli studiosi di astrologia confidano nel carattere “rivoluzionario”
dell’ingresso di Plutone in Acquario. Tra chi osserva il cielo dal punto di
vista astronomico, invece, non manca chi parla dell’avvento di una nuova “era
precessionale”, tale da mutare il corso della storia in termini pluri-millenari
Uno
degli argomenti più controversi è il presunto avvicinamento del misterioso
Pianeta X, il Nibiru dei Sumeri: lo sfioramento orbitale – si teme – potrebbe
comportare cataclismi devastanti. Altri ancora sono convinti che dal 2024
potrebbe non essere più occultabile la presenza di nuovi visitatori dallo
spazio, probabilmente ostili a quelli che – secondo l’ufologo Roberto Pinotti –
sono attualmente presenti sulla Terra (come confermato dallo stesso Eshed) e
controllano direttamente l’azione dei governi.
Eshed parla addirittura di “basi condivise”,
nell’ambito di una Federazione Galattica, localizzate sul nostro pianeta ma
anche sulla Luna, su Marte e su altri corpi celesti del Sistema Solare.
In ambito mitologico, poi, la tradizione dei Misteri Eleusini (che permeò segretamente anche il
Rinascimento italiano, tramite le fratellanze orfiche e pitagoriche) parla in
modo esplicito del ritorno dei Titani, le divinità che secondo Esiodo sarebbero
state “sfrattate” dagli dèi olimpici dell’antica Grecia, quelli descritti nei
poemi omerici.
I
Titani? Si tratterebbe di “divinità” extraterrestri provenienti da Tau-Ceti.
Ebbene: 80.000 anni fa avrebbero dato vita a un particolare progenitore
dell’uomo bianco occidentale, il Cro-Magnon, diffusosi a partire dall’Atlantide minuziosamente
descritta da Platone nel “Timeo” e nel “Crizia” sulla scorta di precise fonti
egizie.
Nulla
che oggi sia politicamente spendibile, s’intende: l’archeologia ufficiale si rifiuta
categoricamente di concorrere a una possibile riscrittura dei nostri esordi,
nonostante la scoperta dell’origine americana del rame presente a Creta,
proveniente dalle miniere dell’Isle Royale sul Lake Superior (Michigan) fondate
nel 3700 avanti Cristo.
E’
ancora “archeologia proibita” quella che propone la reale datazione delle
piramidi, molto più antiche della civiltà dei faraoni, mentre – per fortuna –
alcuni siti emersi recentemente (come quello di Göbekli Tepe in Turchia)
costringono anche le università ad arrendersi all’evidenza: sul nostro pianeta
era presente una civiltà evolutissima e molto più anziana di quelle
mesopotamiche o di quelle della Valle dell’Indo.
Proprio
l’archeologia non ufficiale, che ha rinvenuto in Bosnia piramidi datate 30.000
anni (e in Sudafrica gli indizi di una possibile “metropoli mineraria” fondata
addirittura 200.000 anni fa) sta compiendo passi da gigante, intrecciando le
sue scoperte con il lavoro di geologi e climatologi, epigrafisti, astronomi,
palentologi.
Sta prendendo forma una possibile verità alternativa, sulla nostra vera storia?
Parrebbe.
E il
processo sembra perfettamente speculare rispetto alle tappe della clamorosa
“disclosure” aliena, avviata dal Pentagono.
Per
chi ama divertirsi a “unire i puntini”, nel dubbio che passato e futuro possano
arrivare a toccarsi, sembra prossima l’ora di rivelazioni definitive, a una
manciata di mesi dal fatidico 2024. Nel frattempo, lo spettacolo di fronte ai nostri
occhi non è equivocabile, almeno sotto l’aspetto cronologico.
I virus e i “vaccini digitali”, la possibile
cyber-umanità. E poi le scie nel cielo, gli Ufo, le treccine di Greta. Perché adesso,
tutto insieme, di colpo? Perché tanta fretta? Che bisogno c’è, di far precipitare
il mondo in un’emergenza infinita, utilizzata per imporre cambiamenti planetari
e immediati?
«L’ideologia gender esiste e porta
a forzature nei bambini sull’identità sessuale»
Ravennaedintorni.it-Federica
Angelini-(21-2-2020)-ci dice:
La
professoressa Giorgia Brambilla, docente di Morale e Bioetica all’Ateneo
pontificio Regina Apostolorum, a Ravenna il 21 febbraio per un convegno
promosso da una serie di associazione cattoliche
Organizzata
da una serie di associazioni cattoliche, venerdì 21 febbraio alle 21,
all’Ostello Galletti Abbiosi a Ravenna, una serata dal titolo “La teoria del gender – attualità e
risvolti culturali”. Per capire meglio di cosa si tratti abbiamo parlato con
Giorgia Brambilla, docente di Morale e Bioetica all’Ateneo Pontificio Regina
Apostolorum, che interverrà insieme a Pierluigi Pavone, docente di filosofia
dello stesso ateneo.
Dottoressa
Brambilla, che cosa si intende per teoria o addirittura ideologia gender?
Esiste davvero?
«Si
intende un pensiero che nasce dal connubio tra l’ambito filosofico-politico,
con autori come Marcus e De Beauvior, quello sessuologo, penso a Kinsey e
Money, e quello femminista radicale di Butler e Firestone e che ha portato
anche ai cosiddetti “Gender Studies” nelle università, quelli che recentemente
sono stati smentiti dal punto di vista metodologico da Dummitt, uno studioso
proprio di questa materia.
Sostanzialmente
secondo questa ideologia viene negata la dimensione sessuata dell’essere umano
fin dalla sua costituzione e si vuole dimostrare che la differenza tra uomo e
donna è solo determinata da una costruzione sociale. Uso il termine ideologia perché si
tratta di una teoria che non è supportata da dati scientifici di alcun tipo, al contrario le neuroscienze stanno
sempre più dimostrando che la caratterizzazione sessuata dell’individuo
presente fin dalla vita intrauterina riguarda anche il cervello, tanto da poter
parlare di cervello maschile e femminile».
Ma
tolto l’ambito accademico, in quali situazioni questa cosiddetta” ideologia
gender “potrebbe rappresentare un pericolo? Perché affrontare il tema davanti a
un pubblico di famiglie? Vi preoccupano in particolare le scuole, vero?
«Ci
sono ambiti, e la scuola è uno di questi, dove per smantellare lo stereotipo
del maschile e femminile se ne propone un altro e lo si fa negando l’evidenza
del dimorfismo sessuale che non è una costruzione sociale. In particolare nelle scuole c’è un
crescendo di progetti, approvati anche dalla Regione, che magari nascono con
obiettivi giusti e condivisibili, per esempio combattere la violenza di genere
o il bullismo, ma che hanno questa impronta antropologica che nega l’evidenza
del dimorfismo sessuale, diventando quindi diseducativi se non dannosi».
Qualche
esempio? Anni fa a Ravenna arrivò lo spettacolo Fa’afafine, dove un bambino
maschio voleva vestirsi da femmina…
«Questo
ne è un esempio; circolano anche libretti di questo tipo per bambini piccoli e
si sentono casi di scuole in cui le maestre hanno fatto vestire i bambini da
femmine e le bambine da maschio, provocando imbarazzi e forzature. Perché
spingere a sperimentare qualcosa che va fuori dall’evidenza del bambino che fin
da piccolissimo sa di appartenere a un genere?».
E però
penso per esempio a un ragazzino che si scopre omosessuale, uno spettacolo come
Fa’afafine non può servire a farlo sentire meno diverso? O a un ragazzino che
non si sente a proprio agio nel suo corpo?
«Non
mi occupo specificatamente di omosessualità, non credo che nessuno si “scopra”
omosessuale e in ogni caso non può accadere prima della pubertà. E una persona che è attratta da
persone dello stesso sesso, appartiene comunque a un genere, è maschio o
femmina.
Diversa è la disforia di genere (il malessere percepito da chi non si riconosce
nel proprio sesso), un tema delicatissimo che va trattato senza banalizzazione.
La
letteratura scientifica ci mostra che in gran parte dei casi con l’avanzare
dell’età si risolve, si tratta di ascoltare e capire il disagio del bambino; dunque, anche favorire il cosiddetto
“cambiamento di sesso” mi sembra una forzatura più che la ricerca del bene
integrale della persona».
Da
Ravenna è partita una petizione per chiedere di abbassare l’età in cui sia
possibile assumere i farmaci normalmente utilizzati durante la transizione
sessuale anche sulla spinta della vicenda di una ragazzina delle medie che ha
avuto rilevanza nazionale…
«Non
conosco nei dettagli la vicenda, ma si tratta certamente di una tendenza
pericolosa, tanto che sappiamo che ci sono anche tanti casi in cui, dopo aver
intrapreso un processo di transizione, la persona vuole tornare alla sua
condizione originaria.
Ma
soprattutto mi chiedo come ragazzini di 11-12 anni possano avere la maturità
per intraprendere una scelta di questo tipo e una terapia con notevoli effetti
collaterali? Inoltre, dal punto di vista della bioetica c’è l’enorme tema
dell’intervento medico sul corpo senza che vi sia una malattia e questo
coinvolge il clinico anche dal punto di vista del significato stesso della
Medicina,
se non addirittura da un punto di vista deontologico».
Lei
dice che l’ideologia gender nega le differenze innate tra maschi e femmine, e però sembra difficile negare che
ci siano condizionamenti culturali nei ruoli che si affidano a uomini e donne. Penso ai tanti libri di scuola dove
ancora si vede la mamma che cucina mentre il padre lavora o basta entrare in un
negozio di giocattoli…
«Penso
che viviamo in una società dove ormai non c’è più troppo la gabbia del ruolo,
il bambino ha una visione semplificata e magari anche se sa che mamma è al lavoro
mentre lui è a scuola, preferisce pensarla in cucina perché questo lo
tranquillizza.
Il
metodo per parlare di uguaglianza non può essere l’annullamento dell’identità
sessuata che c’è ed esiste. Per quanto riguarda i giocattoli, gli studi hanno dimostrato
come non sia il giocattolo a fare la differenza, ma il modo di giocare. Le
attitudini genere specifiche al gioco sono innate. Basta vedere come i bambini
giocano con oggetti che non sono propriamente giocattoli: con essi esprimeranno
il loro essere maschi o femmine in modo naturale e non orientato dall’adulto».
Lei
dice che non c’è la gabbia dei ruoli eppure proprio alla cultura maschilista e
patriarcale dominante vengono imputati tanti femminicidi. Lei condivide questa analisi
piuttosto diffusa? E come si dovrebbe intervenire?
«Io
penso che in generale bisogna lavorare con il bambino su un altro piano, non di
genere, ma sulla gestione della propria aggressività e della frustrazione,
aiutarlo a e mentalizzare i propri istinti, cosa che avviene sempre meno. Nella nostra generazione (Brambilla è
del 1981) non c’è uno svilimento della donna, che anzi ha grande
considerazione».
Quindi
per lei la parola “femminicidio” non ha ragione di esistere?
«Credo
che possa forse servire a descrivere qualche caso, ma in generale parlerei appunto di
violenza in senso più ampio a partire da una visione svilente dell’essere umano più
ampia. E
mi preoccuperei soprattutto del livello di aggressività di tanti messaggi a cui
sono esposti i bambini soprattutto tramite la tecnologia (TV, videogiochi…)».
Nella
visione che voi proponete basata sulle differenze di sesso, come si colloca la
famiglia omogenitoriale?
«Ogni
bambino, qualunque sia il nucleo in cui vive, ha una madre e un padre biologico
e penso sia importante per un bambino interfacciarsi con la sua mamma e con il
suo papà, ossia con il simile e con il differente, per la strutturazione della
sua identità. Quando si dice che ci sono “due mamme”, si sta negando l’evidenza, la
mamma è una soltanto e il bambino ha necessità di confrontarsi anche con il
papà.
E
anche quando sento gli slogan che dicono “Solo l’amore conta”, penso che invece
l’amore sia carico di responsabilità personali e non può prescindere dal dato
di realtà».
(Giorgia
Brambilla sarà tra i relatori anche del convegno “Il vivere e il morire. La
dignità e i diritti” sul tema del fine vita e in particolare sulla legge
219/2017 sulle disposizioni anticipate di trattamento. A organizzare l’evento –
in programma sabato 22 febbraio dalle 9 al cinema Corso di via di Roma, a
Ravenna – sono il Movimento per la Vita di Ravenna, Scienze e Vita Ravenna,
Associazione Culturale San Michele Arcangelo, Comitato Verità e Vita e il
Centro di Aiuto alla Vita di Ravenna-Cervia. Oltre a Brambilla interverranno
Massimo Gandolfini, neurochirurgo e psichiatra, Giacomo Rocchi, magistrato,
consigliere della Suprema Corte di Cassazione e Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo
metropolita di Ravenna-Cervia. Modererà l’incontro la giornalista Raffaella
Frullone.)
Diego
Fusaro: “L’ideologia
gender mira
a
distruggere
la famiglia e le regole della Natura.”
Inuovivespri.it-Diego
Fusaro- (7 settembre 2017)- ci dice:
Stamattina,
vicino La Spezia, in alcune scuole è comparso un cartello in cui si minacciano
gli insegnanti “del gender”. Ma che cosa
è esattamente? Perché i genitori la temono?
Ce lo spiega il giovane filosofo designato nel
ruolo di assessore regionale alla Cultura dalla lista Noi Siciliani con
Busalacchi- Sicilia Libera e Sovrana.
Con
l’avvicinarsi della riapertura delle scuole, riesplode la polemica sulla
introduzione di teorie gender nei programmi didattici.
E riesplode con forza: stamattina in alcune scuole di Lerici, in
provincia di La Spezia, sono stati trovati dei cartelli affissi sui cancelli
con su scritto: “Uccideremo gli insegnanti del gender che vanno nelle scuole ad
imbastardire i nostri figli”.
Del
caso è stato subito informato il ministro della giustizia, lo spezzino Andrea
Orlando (PD), che oltre a rassicurare il corpo docente dice: “Evocare il
pericolo di introduzione di inesistenti “teorie gender” è un modo violento per
spaventare le famiglie rispetto a questioni che nulla hanno a che vedere con
l’attività formativa svolta nei diversi gradi dell’istruzione.
Questo
episodio, si inserisce in una campagna in atto da qualche tempo, che intende proporre l’odio nei
confronti delle differenze in risposta alla necessità che si formino i bambini
e i ragazzi al rispetto della dignità di tutte le persone, indipendentemente
dalla loro provenienza, sesso, credo”.
Ma
perché si parla tanto di teoria gender in Italia? Perché spaventa i
genitori? Cosa è esattamente? A cosa
mira?
(Ce lo
spiega in questo video il giovane filosofo Diego Fusaro che, come ormai
saprete, è stato designato nel ruolo di assessore regionale alla Cultura dalla
lista Noi Siciliani con Busalacchi- Sicilia Libera e Sovrana.)
DDL
ZAN. RAUTI: È GRIMALDELLO PER
AFFERMARE
IDEOLOGIA GENDER IN ITALIA .
Fratelli-italia.it-Isabella
Rauti-(9 Giugno 2021)- ci dice :
“Lo
scopo principale del DDL Zan non è quello dichiarato, della tutela delle
vittime delle discriminazioni basate sull’ orientamento sessuale, principio
condivisibile e già previsto nel nostro ordinamento; la finalità ulteriore è ben altra ”
ha dichiarato la Senatrice Isabella Rauti, Responsabile del Dipartimento Pari
Opportunità, Famiglia, e Valori Non Negoziabili di Fratelli d’Italia, in sala
Nassirya al Senato durante il convegno organizzato dall’associazione Pro Vita
per presentare il “Report sulle violazioni delle libertà fondamentali causate
dalle leggi sull’omotransfobia”.
“Da
un’ analisi più attenta dell’articolato del Disegno di legge emerge , infatti,
con chiarezza la portata ideologica dell’operazione ed anche il potenziale rischio
rispetto alla libertà di pensiero e di espressione di chi dissente. Inoltre, il perimetro del nuovo
reato che si vuole introdurre , quello di omofobia, è descritto in modo labile
ed indefinito , lasciando – quindi – ampia discrezionalità al giudicante ed è
difficile prevedere fino a che punto potrebbe spingersi il giudizio
sanzionatorio rispetto all’affermazione delle proprie opinioni , ad esempio sulla maternità surrogata,
le adozioni gay , i diritti dei bambini ad avere un padre ed una madre e che
non ci sono “persone incinte” ma che solo le donne partoriscono.
Un altro aspetto molto critico è quello sull’identità
di genere;
tale aspetto non solo porta nelle aule dei tribunali dove il DDL vuole condurre tutti
quelli che non si allineano al pensiero gender ma soprattutto coinvolge i luoghi
dell’istruzione , dell’educazione e della formazione , togliendo ai genitori la libertà di
scelta educativa per i propri figli” ha proseguito Rauti.
“Assistiamo,
in paesi come la Germania e in altri in cui sono in vigore Leggi simili al Ddl
Zan, ad arresti di genitori “rei” di non aver fatto frequentare ai propri figli
discutibili corsi sull’autodefinizione di genere e sull’indifferenza sessuale.
È
sempre più evidente che l’obiettivo di questa legge sia l’imposizione dell’ideologia
gender fluid che conduce verso una infinita molteplicità di generi .
Prevedendo
come principio base la “percezione” della propria identità sessuale e
un’autodichiarazione per definirsi uomo o donna o altro non binario, si aprono
questioni immense ; con ricadute imprevedibili come – a titolo di solo esempio –
nella pratica sportiva agonistica in cui i transgender uomini possono competere
nei settori femminili.
Questo
Disegno di Legge, vuole punire come reato di odio chi non si allinea al
pensiero unico; insomma è un grimaldello per affermare in modo pervasivo l’ideologia
gender e Fratelli d’Italia continuerà a battersi , nelle sedi parlamentari e
nelle piazze , perché non venga approvata.” conclude la Vice Capogruppo al
Senato di FdI.
Il ddl
Zan è morto, ma il gender nelle scuole no.
It.sputniknews.com-Tatiana
Santi-(27.10.2021)- ci dice:
Affossato
il ddl Zan al Senato, il disegno di legge contro l’omotransfobia torna così in
Commissione Giustizia, da dove molto probabilmente non uscirà più. Esultano il
centrodestra, i movimenti Pro Vita e le associazioni contro il gender che da
mesi si battevano contro il ddl.
Il
Senato, a scrutinio segreto, ha optato per la cosiddetta “tagliola” proposta da
Lega e Fratelli d’Italia per il ddl Zan. L’esame del testo si ferma qui.
Secondo Alessandro Zan Italia Viva “ha tradito il patto politico, le
responsabilità sono chiare”. “Sconfitta l’arroganza Pd e 5 stelle Salvini”,
così dal canto suo canta vittoria il leader della Lega Salvini.
Il ddl
contro l’omotransofia puntava anche sull’identità di genere, uno dei fattori più divisivi del
testo da mesi criticato dalle associazioni Pro Vita e dai movimenti contro il
gender nelle scuole.
Il ddl Zan è morto, ma il gender nelle scuole
no.
Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista in merito Giusy D’Amico, presidente
dell’associazione “Non si tocca la famiglia”.
DDL
Zan, votazione al Senato: 154 voti contro 131, è stop all'esame.
— Il
risultato di oggi sicuramente è un risultato che ci riempie di gioia perché
hanno prevalso il buonsenso, il diritto, il principio di libertà con cui il
nostro Paese è connotato. Ha prevalso anche il principio di costituzionalità:
coloro che sono stati chiamati a votare hanno ragionato sugli aspetti che hanno
spaccato un fronte molto compatto alla Camera. Questo fronte si è sgretolato di
fronte ad un dibattito sempre più ampio nella società civile, culturale e
politica. Tutta la campagna che è stata fatta in modo trasversale anche da un
punto di vista scientifico da associazioni, politici, partiti ha fatto fallire
un progetto senza fondamenti. Basti pensare all’inconsistenza dell’identità di genere che
si voleva portare in forma obbligatoria nelle scuole attraverso l’articolo 7.
Inoltre
era assolutamente improbabile pensare di poter giudicare una espressione, un
pensiero, un modo di vedere la realtà oggettivo come nel caso della differenza
fra maschio e femmina; non si sarebbe potuto condannare l’utero in affitto come una
mercificazione del corpo delle donne e via dicendo. Come minino avremmo ricevuto lo
stigma di omofobi, in seconda battuta se fossimo stati giudicati dal primo
giudice di turno probabilmente saremmo stati sanzionati, se non addirittura
mandati in carcere. Oggi siamo soddisfatti perché ha prevalso il buon senso.
—
Anche senza una legge nuova il gender era già entrato nelle scuole e continuerà
a farlo.
Quali saranno i vostri prossimi passi in merito? Come vi muoverete?
—
Innanzitutto l’uso del consenso informato preventivo, la nota circolare MIUR
del 2018, era un libero esercizio della propria libertà di scelta educativa in
merito ai temi trattati a scuola. Questo fino ad oggi era possibile. Saltando
questo impianto ideologico continua a permanere una modalità già in uso nella
scuola. Una
vittoria di noi associazioni, che abbiamo visto però vacillare, questa libertà
con il ddl Zan sarebbe stata messa all’angolo.
Noi ci
siamo occupati di lavorare tutta l’estate con una squadra di esperti di
altissimo livello ad una elaborazione di linee guida sulla fertilità, sulla
sessualità e sull’educazione affettiva nelle scuole come risposta in ordine a
contenuti e modalità a quelle che sono state le linee guida dalla Regione Lazio
a giugno, da noi bloccate come associazione di genitori e di famiglie alzando
la voce. Il
MIUR ha ritirato la circolare finita in tutte le scuole sulle “strategie di
intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con
varianza di genere”.
Davanti
a noi il gender è ancora uno spettro perché è entrato in tutte le scuole o
quasi con varie modalità. Dobbiamo fare un grande plauso a tutti i genitori sentinella
che in Italia ad oggi fanno un servizio di vigilanza nelle scuole e denunciano
casi preoccupanti di matrice ideologica.
Matteo
Renzi - Sputnik Italia, 15.07.2021
Ddl
Zan, Renzi: "Ferragni qualunquista. Via gender e scuole per portare a casa
il risultato"
— Vi
sono sempre più trans, non binari, omosessuali nei cartoni animati, si parla ai
più piccoli di fluidità di genere, la Lego ha abolito i giochi per bambini e
bambine introducendo il concetto di “neutro”. La propaganda gender è ovunque. Non
è ancora una battaglia vinta la vostra. Che cosa dovrebbero fare i genitori?
—
Premetto che noi come associazione siamo dalla parte di tutta la lotta che va
contro le discriminazioni, anche un solo caso di discriminazione verso una
persona con l’orientamento omosessuale per noi sarebbe inaccettabile. Non vanno
emessi giudizi sulla vita privata delle persone: ognuno è libero di pensare,
agire e muoversi come crede. Altra cosa è instillare continuamente nella fascia
infantile, quella dell’età evolutiva in cui fino all’età dell’adolescenza
avanzata il terreno per costruire la propria identità è fragilissimo. Se a fronte di questo disagio si
instillano nei bambini teorie di questo tipo - quando possiamo scegliere oggi
di essere maschi, domani femmine, dopodomani di essere entrambe le cose - il
bambino viene disorientato.
In
questo senso diciamo alle famiglie di essere vigilanti sulle proposte che
vengono fatte ai figli nelle scuole, è possibile attivare il parental control
nei telefonini, bisogna tenere i più piccoli lontani da piattaforme come Tik
Tok, Instagram e Facebook. I genitori per primi devono formarsi, le scuole devono
essere garanzia della formazione e dell’informazione. Le famiglie devono essere
vigili. Un
genitore disattento o peggio consenziente non può preservare i figli da questo
tipo di ondata ideologica. Ci vuole un lavoro di sinergia per proteggere
l’infanzia e l’adolescenza.
Pensiero
unico? La
bestia nera del nuovo millennio.
Nazionefutura.it-
Ferrante De Benedictis-(6 Ottobre 2020)- ci dice :
La
“moderna globalizzazione”, ha assunto sempre più un’azione modellante e
disgregante delle abitudini e della cultura dei popoli, attraverso una
crescente omologazione dei costumi e delle abitudini dei cittadini.
Omologazione
annientatrice delle identità nazionali e avente come scopo quello di
annichilire il pensiero critico e trasformare il cittadino, inteso come colui
che non solo abita ma partecipa attivamente alla vita della polis, in mero
consumatore bulimico ed inconsapevole.
Nasce
così il consumatore globale, tanto più servile ed utile, tanto più sradicato e
apolide,
un consumatore che perde i connotati di cittadino e annulla ogni capacità di
pensare altrimenti, di offrire uno sguardo critico del presente ed uno slancio
trasformativo per il futuro.
Se da
un punto di vista economico si può certamente parlare di globalizzazione come
teatro del neoliberismo, nel campo politico, sociale e più in generale di
pensiero, più che di globalizzazione si dovrebbe parlare di mondialismo, inteso
come progetto totalitario, che ha come scopo quello di creare un unico mercato
mondiale assoggettato alle sole logiche del consumo e della finanziarizzazione
dell’economia.
La
globalizzazione così per la prima volta nella storia porta alla ribalta quello
che viene definito pensiero unico, e che in realtà di pensiero ha ben poco. Una mentalità unica pronta ad
etichettare chi non si allinea con termini dalla chiara accezione negativa quali
estremista, razzista, xenofobo, omofobo, maschilista, etc.
Ma
cosa c’è alla base del pensiero unico? Certamente l’idea di condizionare
innanzitutto il linguaggio, stabilendo a priori quali forme e quali termini
possano definirsi consoni e quali invece no.
La
guerra ai termini è più in generale una guerra alla libertà di pensiero e di
espressione; stiamo assistendo, senza forse neppure rendercene conto, ad una deriva Orwelliana che vede nel
reato di psico-polizia il trionfo della mentalità mainstream e del politically
correct.
Esempio
ne è il decreto Zan-Scalfarotto, una legge pericolosa oltre che palesemente contraria
ai principi costituzionali e che mira a punire anche penalmente chi liberamente vorrebbe
esprimere la propria idea ed il proprio giudizio, colpevole ad esempio di porsi
a difesa della famiglia tradizionale.
Con la
globalizzazione abbiamo così assistito ad una crescente affermazione del
pensiero unico, un pensiero che sconfessa le Nazioni, che mira a distruggere le
identità, ed a sfaldare le comunità locali e tutto in nome di una magmatica
ideologia global progressista.(Dem USA!).
Per
queste ragioni il rivendicare la propria sovranità significa innanzitutto
ridare ossigeno alla libertà di pensiero e alla democrazia, ristabilendo i
normali equilibri tra economia e politica, tra economia reale e finanza, tra
capitale e lavoro, tra capitale e territorio.
Ma
cosa vuol dire sovranità, sovranità non è da confondere con il termine
nazionalismo, ma da intendere come sacrosanta difesa dei legittimi interessi
nazionali, oggi più che mai minacciati da un’economia dominata dalla finanza,
dai potentati globali e dal pensiero unico.
Cosa
sta succedendo oggi? certamente il Covid-19 ha rappresentato e rappresenta uno
di quei fatti in grado da solo di cambiare il corso della storia, un incidente
della storia appunto, una discontinuità capace di catalizzare improvvisamente i
processi storici e politici.
Così
davanti ad un’epidemia dal carattere così globale sono tanti i potenziali
processi di cambiamento in atto, che potrebbero rappresentare una grande
opportunità per ristabilire quei normali equilibri di cui si accennava.
Occorre
però considerare che le opportunità potrebbero essere colte anche dagli altri,
e così se da un lato la pandemia determinerebbe la fine della globalizzazione, da un altro punto di osservazione
potrebbe invece significare il potenziamento di un modello globalista ed il
concretizzarsi di un governo mondiale sulla spinta della tutela della salute
pubblica globale.
Ricorderemo
certamente che da quando l’economista americano Milton Friedman teorizzò le
nuove idee neoliberiste, di cui la globalizzazione ha rappresentato e
rappresenta lo strumento più potente ed efficace per la sua progressiva
affermazione, il modello neoliberista ha sempre saputo cogliere i momenti di
crisi accrescendo il suo dominio.
A tal
proposito fanno un certo effetto le parole di Mario Monti nel Febbraio del 2011
:
“Non
dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi per fare passi
avanti. I passi avanti dell’Europa sono cessioni di parti delle sovranità
nazionali…”
È
chiaro che Monti facesse riferimento a quello che in psicologia delle masse si chiama
la teoria dello shock, di cui la comunicazione mainstream si serve con grande
abilità oggi.
Ma
esiste anche la speranza che possa vincere la seconda ipotesi, ossia quella che
la pandemia possa rappresentare la fine del modello global progressista (DEM
USA!) con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni.
Perché
diciamo no alla dittatura
del
pensiero unico.
Intgerris.it.
-Massimo Gandolfini- (Luglio 21, 2020)- ci dice :
“Il
giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una causa ed un regime: è
libero perché nell’ambito delle leggi del regime può esercitare, e le esercita,
funzioni di controllo, di critica e di propulsione”.
10
ottobre 1928, discorso di Benito Mussolini ai giornalisti. Inizia così la
stagione della censura fascista, con la repressione delle libertà di pensiero,
opinione e associazione che culminerà nelle tragiche “leggi razziali” del 1938.
Forti di questa dolorosa esperienza, dovremmo avere
ben chiaro che ogni forma di dittatura, culturale e politica, ha sempre avuto e
avrà sempre un grande nemico: la libertà di pensiero e di opinione.
Chi
esce dal coro, chi non si allinea ai canoni del pensiero unico, chi
pervicacemente crede che la verità non può essere manipolata a piacimento e che
ci sono valori e principi fondanti l’umano, che rendono una società “civile”,
oggi viene emarginato e ghettizzato dai “salotti” del potere culturale e
mediatico, e domani potranno scattare le manette. Già, perché il pensiero unico
tollera solo servi e schiavi della “verità” unica che esso stesso produce.
Certamente
sono tinte fosche, per nulla rassicuranti, che da tempo colorano l’orizzonte
del nostro vivere quotidiano, ma che a parer mio stanno presentando una
pericolosa accelerazione: stiamo passando dalla dittatura del relativismo – certamente
dannosa, ma che garantiva, anzi pretendeva, spazi di libertà alle opinioni del
singolo – al totalitarismo del pensiero che non ammette repliche, non
disdegnando di blindare il proprio potere ricorrendo al codice penale.
Lo
stiamo vivendo in questi giorni, con la vicenda del ddl Zan sulla cosiddetta
“omotransfobia”: dietro la maschera dell’alto valore di etica pubblica rappresentato dal
contrasto ad ogni forma di discriminazione, ci sta la realtà di voler vietare
ogni libertà di opinione e di manifestazione del pensiero su temi di enorme
portata culturale, sociale, morale e religiosa quali l’affettività, la
sessualità, la famiglia e l’educazione delle nuove generazioni.
E’ ben
assurdo che in questo nostro tempo contrassegnato dal trionfo del libero
arbitrio e della autodeterminazione senza limiti, si cerchi di imporre una
visione della vita relazionale, opponendosi alla quale devono scattare le
manette e la rieducazione “mentale”!
Non passa giorno in cui non si senta dire che viviamo
in un mondo globale, multietnico, multiculturale, multireligioso, in cui la
tolleranza reciproca è regola indispensabile, e poi ci troviamo ad essere
etichettati come “fascisti, seminatori d’odio, violenti discriminatori” –
passibili di carcerazione – se in una pubblica piazza, in una scuola, in un
convegno o dibattito si sostiene che l’adozione omogenitoriale è un’assurdità,
l’utero in affitto è un incivile abominio, la natura ci offre due sessi e due
generi e l’ideologia gender è “uno sbaglio della mente umana” (Papa Francesco),
la famiglia naturale è una sola, con mamma, papà e figli.
Chi
rivendica la libertà di pensare ed agire in modo esattamente opposto, non può
imbavagliare a suon di codice penale chi non condivide, perché questo è il
“sugo” della democrazia. Nel ddl Zan questa è la posta in gioco: il futuro del
pensiero libero. La narrazione dominante ci parla di “emergenza omofobica”, che
esige una “legge speciale” per arginare queste vergognose condotte.
Domandiamoci: ci sono individui spregevoli che
offendono, picchiano, diffamano persone omosessuali? Certamente sì. Ci sono
leggi che puniscono i colpevoli di questi reati e tutelano i cittadini
italiani, omosessuali o eterosessuali che siano? Certamente sì. Ci sono già
stati casi di condanna per le condotte delittuose sopra descritte? Certamente
sì.
L’ordinamento
della Repubblica Italiana, a partire dalla Costituzione, si è dotata di tutti
gli strumenti giuridici necessari a garantire la dignità di ogni persona, la
difesa da ogni possibile violazione dei suoi diritti e la condanna degli autori
di azioni delittuose. Ecco perché questa legge – anche a prescindere dalla
evidente deriva antidemocratica e liberticida – è inutile. Anzi dannosa, perché
– proponendosi come antidiscriminatoria – in realtà crea una nuova
discriminazione, quella dei cittadini italiani che non essendo persone
omosessuali non godranno delle stesse super-garanzie riservate a queste.
Nel
’68 uno slogan molto diffuso recitava “la fantasia al potere”; parafrasando,
oggi viviamo tempi di “assurdità al potere”! La prova?
Chi è omofobo deve essere rieducato prestando lavoro
gratuito presso associazioni LGBTQ+ con l’aggiunta che gli verranno ritirati
patente e passaporto! Sarà un caso, ma è proprio quanto fece il KGB con Alexander
Solgenitsin quando vinse il premio Nobel. Si realizza la previsione di un
“profeta” di sinistra e omosessuale, Pierpaolo Pasolini: “Il nuovo potere
utilizzerà le vostre parole libertarie per creare una nuova inquisizione, un
nuovo conformismo, e i suoi chierici saranno chierici di sinistra”.
“#restiamoliberi
è la parola d’ordine che sta riempiendo le piazze di tutt’Italia: gli italiani
sanno molto bene quanto sangue e lacrime è costato ai propri padri e nonni
riconquistare la libertà di pensiero e di associazione. Non penso di chiedere la luna nel
pozzo se pretendo di essere libero di dire che vedere due persone dello stesso
sesso che si baciano in pubblico “non MI piace” ed insegno a non farlo, a chi
mi vuole ascoltare.
Discorso
d’odio? Per i fautori di questo assurdo ddl, certamente sì. E non pensate che non ci sarà
qualche giudice, in qualche tribunale, zelante sostenitore di teorie
genderiste,
che non brinderà a questa grande occasione di condannare un omofobo?
La dittatura dell’assurdo si impone attraverso leggi
persecutorie, e si legittima attraverso campagne di menzogna: dai cristiani incendiari di Roma,
agli ebrei predatori del mondo; dalla superiorità degli ariani,
all’omotransfobia. #RESTIAMOLIBERI.
“NON
SIAMO PIÙ IN DEMOCRAZIA,
QUESTA
È UNA DITTATURA SANITARIA”.
Byoblu.com-
Francesca Donato- Michele
Crudelini-(15 Ottobre 2021 )-ci dicono:
Nella
lunga diretta di “Byoblu” dedicata all’introduzione del green pass obbligatorio
per i lavoratori è intervenuta l’europarlamentare Francesca Donato per
commentare i fatti della giornata.
L’onorevole
Donato ha spiegato in particolare come la situazione italiana sia un unicum in
Europa, dove il green pass non ha trovato finora particolare fortuna.
Sono
pochi gli Stati che lo utilizzano per limitare gli accessi in determinati
luoghi, nessuno però lo ha mai introdotto per il posto di lavoro.
Dal
primo aprile 2021 ad oggi abbiamo speso un milione di euro. Le spese più grosse
sono state quelle per acquistare il canale TV sul digitale terrestre: 150mila
euro più qualche decina di migliaia di euro in burocrazia e spese legali. Poi
ci sono quasi 50mila euro di spese di trasmissione ogni mese, per illuminare
tutte le case d’Italia. Il resto sono stipendi, tasse e contributi, consulenze
legali, attrezzature, anticipi per la nuova sede, per le scenografie, i
cablaggi… È tanto? Nelle televisioni che vogliamo sfidare, con mezzo milione ci
fanno mezza puntata di uno spettacolo serale. Le trimestrali Mediaset relative
a gennaio, febbraio, marzo 2021 parlano di 115 milioni di euro soltanto di
spese per il personale. Riuscite ad immaginare quanto Davide si stia dando da
fare per sfidare Golia?
La TV
dei cittadini sta crescendo: siamo gli unici a darvi conto delle posizioni del
30% del paese, che sui grandi media non vengono rappresentate o vengono
strumentalizzate quando non umiliate. Questa televisione è anche dedicata a
loro, quelli che oggi vengono considerati terroristi o criminali, ma sono
cittadini rispettosi della legge, con gli stessi diritti di tutti gli altri.
L’unico modo per continuare ad avere una TV libera e indipendente è il micro-finanziamento
diffuso. Con un piccolo contributo a testa, tutti quanti, non ci sono problemi.
Sappiamo che per qualcuno anche quel poco può essere tanto. Per questo non
chiediamo niente per guardare la TV dei cittadini. È una responsabilità
collettiva tenerla in vita. Noi siamo contro qualsiasi obbligo ingiusto:
pagherete solo l’abbonamento volontario che vi sentite e che potete. Nel
frattempo, per sostenere la tv dei cittadini ci stiamo impegnando a fondo per
trovare piccole medie imprese, etiche e coerenti con il nostro messaggio, che
abbiano voglia di acquistare spazi pubblicitari. E quando ci riusciremo, il
nostro sogno è quello di devolvere le donazioni a tutti quei blogger
indipendenti che fanno un’informazione coraggiosa e che ne hanno bisogno per
continuare a farla.
Ma nel
frattempo dobbiamo aumentare i giornalisti (ne abbiamo solo cinque, che
lavorano per venti), aumentare i tecnici per coprire tutte le manifestazioni e
gli eventi che ogni giorno organizzate nel Paese, realizzare programmi di
approfondimento degni della prima serata, far partire il marketplace (è tutto
pronto, speriamo che a settembre si parta), realizzare infrastrutture per
proteggere il sito dagli attacchi informatici e da quelli dei grandi censori.
Una
televisione dei cittadini fondata interamente dal basso non è mai esistita. Se
esiste oggi, è solo grazie a voi. Avete partecipato a una delle più grandi
imprese della storia. Ed è sui libri di storia che ne parleranno, quando la
veemenza degli interessi sporchi che divorano il presente si sarà placata e,
diradatosi il fumo, il mondo sarà pronto per guardarsi con lucidità alle
spalle. Il cammino, quindi, è lungo, e noi dobbiamo diventare sempre più
interessanti ed utili. Oppure chiudere. Ma se chiuderemo, beh… sarà un vero
peccato! Quando ricapiterà un’altra occasione simile: quella di avere una
televisione semplicemente di tutti, per tutti?
E
allora coraggio, continuate a darci una mano, che stiamo andando fortissimi.
Siamo a tanto così dalla cima! Abbiamo fatto trenta, se volete fare trentuno,
mandateci qualcosa. Qualunque cosa. Farà la differenza!
I 23
bias cognitivi che
ti incasinano la vita.
Efficacemente.com-
Andrea Giuliodori-(25-10-2021)-ci dice:
Hai
mai sentito parlare di bias cognitivi? Che tu li conosca o meno, posso
assicurarti che hanno un impatto rilevante sulla tua vita. È tempo di prenderne
consapevolezza.
“Mentire
a noi stessi è ben più radicato nella nostra anima del mentire agli altri.”
(F.
Dostoevsky.)
Ti è
mai capitato di avere quella fastidiosa sensazione di essere il peggior nemico
di te stesso? Ti consideri una persona mediamente intelligente, sai distinguere
ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, eppure ti ritrovi, più spesso di
quanto vorresti, a prendere decisioni stupide:
sgarri
alimentari che ti riempiono di sensi di colpa,
acquisti
impulsivi che si dimostrano inutili,
impegni
procrastinati che non fanno altro che generare stress.
La
nostra mente è senza dubbio una delle più raffinate creazioni della natura,
eppure ogni tanto va in “tilt” e ci fa comportare come degli asini totali.
Perché? È evitabile? Come possiamo prendere decisioni migliori, decisioni che
ci avvicinino ai nostri traguardi, invece che allontanarcene?
Tutta
colpa dei bias cognitivi (e del gatto obeso della zia Pina).
Wikipedia
definisce i “bias cognitivi” come: “giudizi (o pregiudizi) che non corrispondono
necessariamente alla realtà, sviluppati sulla base dell’interpretazione delle
informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse
tra loro e che portano dunque ad un errore di valutazione o mancanza di
oggettività di giudizio.“
Tradotto,
i bias cognitivi rappresentano il modo con cui il nostro cervello distorce la
realtà. La domanda a questo punto è: perché diamine lo facciamo? Perché
distorciamo la realtà che ci circonda?!
La
risposta, come spesso accade, è legata alla nostra evoluzione.
Se hai
letto “Autostima Passo Passo” ricorderai probabilmente il capitolo sulle “euristiche del giudizio“: sì, esattamente, quello in cui ti
ho fatto l’esempio del gatto obeso della zia Pina! Fondamentalmente, il nostro
cervello è bombardato ogni giorno da centinaia di migliaia di input sensoriali
e per far emergere i segnali (soprattutto i segnali di pericolo) dal rumore di fondo,
ha imparato, nel corso dei millenni, ad adottare alcune scorciatoie mentali.
Queste
scorciatoie sono per la maggior parte corrette e ci consentono di interpretare
la realtà in maniera rapida ed efficiente. Tuttavia, c’è una percentuale di
queste euristiche che ci conduce verso dei vicoli ciechi, delle conclusioni
errate sul mondo che ci circonda: i bias cognitivi appunto.
Nell’articolo
di oggi ho selezionato per te una lista di quelli che sono i 23 bias cognitivi più
frequenti e pericolosi. Liberartene completamente è impossibile, ma se imparerai a
riconoscerli, avrai un’arma in più per evitare decisioni stupide nei tuoi studi, nel
tuo lavoro e, in generale, nella tua vita.
La
lista di bias cognitivi che ti fregano più spesso (e come evitarli).
Gli
studiosi hanno individuato decine e decine di bias cognitivi e nuovi ne vengono
scoperti ogni anno. Lo studio dei bias cognitivi è particolarmente importante per
chi si occupa di marketing, finanza e gestione aziendale. Nella lista qui di seguito ho scelto
quei “percorsi
mentali errati” che hanno la capacità di influenzare radicalmente la nostra vita
quotidiana, ostacolando spesso il nostro percorso di crescita personale.
Eccoli.
1.
Euristica dell’influenza (affect heuristic).
Ipotizziamo
che recentemente tu abbia deciso di acquistare una nuova auto: scommetto uno
pneumatico che stai iniziando a vedere quell’auto ovunque. Ho ragione o dico
giusto?
Il
bias dell’euristica dell’influenza spiega come la nostra percezione della
realtà sia significativamente influenzata da ciò che desideriamo in quel dato
momento.
All’interno
del libro “Scarcity: why having too little means so much” è riportato un
interessante esperimento sull’affect heuristic: a due gruppi di persone è stato
chiesto di riconoscere alcune parole mostrate su uno schermo per una frazione
di secondo.
Le parole in questione erano: porta, torta, corta. Gli individui del primo gruppo
hanno individuato le 3 parole con una frequenza simile: per capirci, alcuni
hanno riconosciuto la parola “porta”, altri la parola “torta” e altri ancora la
parola “corta”. Gli individui del secondo gruppo invece hanno individuato nell’80% dei casi
esclusivamente la parola “torta”. La differenza tra i 2 gruppi? Il primo è stato
sottoposto all’esperimento dopo pranzo, il secondo prima di pranzo .
Vallo
a spiegare ai fan della Legge di Attrazione che se riescono a trovare il
posteggio dell’auto è grazie all’euristica dell’influenza e non alle vibrazioni
quantico-cosmiche.
2.
Bias del carro della banda musicale (bandwagon bias).
Il
“bandwagon” in inglese indica il carro su cui viaggia la banda musicale durante
le parate o altre manifestazioni pubbliche. Il bandwagon bias indica la nostra tendenza a
sviluppare una convinzione, non tanto sulla base della sua effettiva
veridicità, ma quanto piuttosto in relazione al numero di altre persone che
condividono quella stessa convinzione.
Insomma,
siamo dei gran pecoroni.
Ti
faccio un esempio legato allo sviluppo personale: sei sicuro che le convinzioni
che hai su te stesso siano proprio tue? Non è che agisci in un determinato modo
perché è esattamente il comportamento che gli altri si aspettano da te? Così,
per dire…
3.
Ancoraggio (anchoring bias).
Spontaneamente
facciamo troppo affidamento sulle prime informazioni che ci vengono fornite.
Immagina
ad esempio di trovarti a trattare il prezzo di un bene o di un servizio: in
questi casi, l’intera trattativa verterà intorno alla prima cifra proposta da
una delle due controparti. Se sei sveglio e fai l’offerta per primo, magari un’offerta
ridicolmente a tuo favore, avrai delle buone chances di fare un ottimo affare (come detto il giochino funziona
laddove ci sono margini di trattativa).
4.
Bias di conferma (confirmation bias).
Questa
“scorciatoia
mentale errata” si verifica in particolar modo tra i sostenitori di partiti politici o
altre ideologie (vedi i fanatici delle “diete alimentari”). Nello specifico, è nella nostra
natura dare maggiore rilevanza alle sole informazioni in grado di confermare la
nostra tesi iniziale.
Questo
è un altro motivo per cui il “confronto”, soprattutto quello online, è spesso
sopravvalutato.
5.
Bias della scelta (choice-supportive bias).
Cugino
stretto del confirmation bias è il choice-supportive bias, che spiega la nostra tendenza a
razionalizzare le scelte fatte, anche se tali scelte sono state impulsive o
sono state fatte sulla base di gravi lacune informative.
Insomma,
piuttosto che ammettere di aver fatto una ca*#!ta, ci inventeremo la qualunque
per dimostrare quanto brillante sia stata la nostra decisione. Il problema è che nella maggior
parte dei casi ci ritroveremo a prendere in giro noi stessi (hai presente le 3
bugie che ci raccontiamo ogni giorno? Stessa solfa).
6.
Illusione dello schema (clustering illusion).
(bias-cognitivi-ritardatari)
.Una delle armi più potenti del nostro cervello è la capacità di individuare
dei “pattern”, ovvero degli schemi, attraverso i quali giungere rapidamente a
delle conclusioni.
Il
problema è che spesso vediamo questi schemi laddove non esistono.
Un
esempio classico? I numeri “ritardatari” del lotto: siamo convinti che se un numero non
esce da così tante estrazioni, avrà sicuramente una maggior probabilità di
essere estratto. FALSO: ad ogni nuova estrazione TUTTI e 90 i numeri hanno esattamente
la stessa probabilità di uscire (1/90).
7.
Euristica della disponibilità (availability heuristic).
Questo
bias consiste nel sovrastimare le informazioni a nostra disposizione.
“Non è
vero che fumare fa male! Mio nonno ha fumato un pacchetto di sigarette al
giorno fino a 90 anni ed era sano come un pesce“.
Mi
spiace, ma l’esperienza di tuo nonno non ha validità statistica circa la
salubrità del fumo: tuo nonno ha avuto solo un gran c*#o ;-)
8.
Illusione della frequenza (frequency illusion).
Molto
simile all’euristica dell’influenza, la frequency illusion spiega perché iniziamo a vedere
ovunque conferme di quanto abbiamo recentemente appreso. Te ne accorgerai nei
prossimi giorni: inizierai a vedere bias cognitivi neanche fossero delle Grandi Punto della
Fiat!
9.
Bias del pavone (self-enhancing transmission bias)
Tutti
noi siamo portati a condividere maggiormente i nostri successi, rispetto ai
nostri fallimenti.
Hai
bisogno di prove? L’intero Facebook ruota attorno al bias del pavone: le frasi
e le immagini più condivise riguardano vacanze incredibili, party selvaggi,
amori passionali. Beh, la realtà è “leggermente” diversa. Un video la fotografa in tutta la sua cruda
freddezza.
10.
Bias del “senno di poi” (hindsight bias).
Siamo
tutti geni col “senno di poi”. Nel trading come nell’innovazione tecnologica
l’hindsight bias spiega perché riteniamo scontate certe evoluzioni solo dopo
che si sono verificate.
Immagina
di essere nel 2006 e cercare di convincere il management di Nokia, che Apple e
Google saranno i due player fondamentali del mercato mobile negli anni a
venire.
Good
luck!
11.
Attualizzazione iperbolica (hyperbolic discounting).
L’hyperbolic
discounting è un termine scientifico complesso per indicare un atteggiamento che i
lettori di EfficaceMente conoscono fin troppo bene, ovvero la propensione a scegliere,
sempre e comunque, il piacere immediato rispetto alla felicità a lungo termine.
Questo
atteggiamento è particolarmente presente in 3 aree della nostra vita:
L’alimentazione.
I
risparmi.
Lo
studio/lavoro.
In un
esperimento del 1998 ai partecipanti fu chiesto di scegliere tra un frutto sano
e uno snack al cioccolato. Quando la scelta era spostata nel futuro, il 74%
degli individui sceglieva la frutta. Quando invece la scelta riguardava il
momento presente, il 70% degli individui sceglieva il goloso snack al
cioccolato.
Il
punto è che tendiamo inevitabilmente a sovrastimare le capacità del nostro “Io
futuro”, come se fosse una sorta di superuomo o superdonna che sarà in grado di
mangiare ultra-sano, risparmiare ogni centesimo e studiare o lavorare senza
distrazioni per zilioni di ore.
Indovina
un po’: il tuo “Io futuro” è indisciplinato, svogliato e spendaccione
esattamente come il tuo “Io presente”, anzi, anche un pelino di più. Se vuoi
controbilanciare l’hyperbolic discounting, DEVI leggere questo post
sull’akrasia.
12.
Escalation irrazionale (irrational escalation).
Prendere
decisioni irrazionali solo per tenere fede a decisioni razionali prese in
passato.
Se di recente ti è capitato di farti prendere la mano in un’asta Ebay, sai
esattamente di cosa sto parlando.
13.
Bias della negatività (negativity bias)
bias-cognitivi-roccia-orso.
“Preferisco
essere ottimista e avere torto, che pessimista e avere ragione.”
(A. Einstein.).
Consiste
nel dare maggior peso agli aspetti negativi rispetto a quelli positivi.
Naturalmente
anche questo bias cognitivo ha una sua spiegazione evoluzionistica: per i nostri antenati, infatti, era
decisamente meglio confondere una roccia per un orso, piuttosto che un orso per
una roccia.
Per
quanto ci riguarda, pensare che aver fallito quell’esame o aver mancato quella
promozione significhi la fine della nostra esistenza, forse è un tantino
esagerato.
14.
Bias dell’inazione (omission bias).
Indica
la tendenza a preferire l’inazione rispetto a qualsiasi azione, anche la più
piccola.
La
prossima volta che ti ritrovi con il c*#o incollato al divano, incapace di
sostenere il ben che minimo impegno, ricorda che il bias dell’inazione è in…
azione. Come batterlo? Ti consiglio di utilizzare il segreto dei 3 minuti.
15.
Effetto struzzo (ostrich effect)
Se il
confirmation bias ci spinge a dare maggior importanza alle sole informazioni a
sostegno della nostra tesi, l’effetto struzzo ci porta a nascondere la testa nella sabbia
quando ci vengono presentati dati che contrastano con le nostre convinzioni.
Qualcosa
mi dice che ti è capitato più di una volta di avere a che fare con degli…
“struzzi”.
16.
Effetto placebo (placebo effect.)
L’effetto
placebo è uno dei bias cognitivi più conosciuti in assoluto e a dirla tutta non
è del tutto negativo: consiste infatti nell’influenzare l’avverarsi di un evento
attraverso la convinzione che quell’evento debba verificarsi.
Questo
bias, più che dimostrare un difetto di progettazione del nostro cervello, mette
in evidenza quanto potenti possano essere le nostre convinzioni.
17.
Errore di pianificazione (planning fallacy).
Come
visto al bias #11 le nostre capacità di fare previsioni accurate sul futuro
sono a dir poco imbarazzanti. Questo è particolarmente vero quando ci ritroviamo a
pianificare lo studio o un progetto di lavoro. Volenti o nolenti siamo sempre
troppo ottimisti sul tempo che impiegheremo per realizzare i nostri obiettivi.
Come
si contrasta la planning fallacy? Te l’ho già spiegato al punto 4 di questo
articolo.
18.
Reattanza (reactance).
(bias-cognitivi-bambini-)Scommetto
che gli ingegneri
elettronici sono andati in un brodo di giuggiole appena hanno letto il termine
reattanza. In
realtà, nella psicologia cognitiva la reattanza rappresenta il desiderio di
fare il contrario di ciò che gli altri vorrebbero che facessimo.
Se sei
un genitore che ha a che fare con bimbi piccoli o figli adolescenti, ho il vago
sospetto che tu conosca perfettamente questo comportamento: forse lo conosci con il più comune
nome di “capricci“.
Come
possiamo evitare questa risposta istintiva? La reattanza nasce dalla volontà
dell’individuo di difendere la propria libertà di scelta: invece di imporre un’unica scelta
(la nostra) è molto più efficace offrire un ventaglio di opzioni che, guarda
caso, vanno nella direzione desiderata.
19.
Bias dell’avversione alle perdite (loss-aversion bias).
A
parità di cifre (ma anche in caso di guadagni sostanzialmente più elevati), preferiamo di gran lunga evitare le
perdite, piuttosto che ottenere dei guadagni.
20.
Bias informativo (information bias).
Ti è
mai capitato di dover prendere una decisione e ritrovarti a raccogliere
tonnellate di informazioni senza poi agire? Questa nostra insicurezza è
giustificata dall’information bias, ovvero la convinzione che più informazioni
recupereremo, più la nostra decisione sarà oculata. La verità è che una sovrabbondanza di
informazioni non sempre ci porta a realizzare azioni efficaci. Anzi…
Se hai
difficoltà a prendere decisioni, ti consiglio di adottare la tecnica della
bussola.
21.
Errore dello scommettitore (gambler’s fallacy).
Diciamo
che la mente umana non è progettata per prendere decisioni statistiche in modo
razionale.
Lo abbiamo già visto con l’esempio dei numeri “ritardatari” del lotto. In
generale quando dobbiamo stimare la probabilità di accadimento di un evento ci facciamo influenzare troppo dagli
eventi accaduti in precedenza, anche se questi sono statisticamente
indipendenti.
Domandina
semplice semplice: se lanciassi una monetina in aria per 9 volte di seguito e
ottenessi sempre “testa”, la probabilità che esca “croce” al 10° lancio è minore,
maggiore o la stessa?
22.
Bias dell’ordine di grandezza (order of magnitude bias)
Non
solo andiamo nel pallone quando si tratta di valutare eventi indipendenti, ma in generale abbiamo serie
difficoltà nello stimare correttamente i diversi ordini di grandezza. Non mi credi?! Facciamo un piccolo
esperimento?
Senza
pensarci troppo, se ti dico che sono trascorsi 1 milione di secondi, quanti
giorni sono passati? 1 giorno? 10 giorni? 100 giorni? 1.000 giorni? Su, prova
ad indovinare… sono circa 12 giorni.
Se ti
dicessi invece che sono trascorsi 1 miliardo di secondi, quanti anni sono
passati? 1 anno? 10 anni? 100 anni? 1.000 anni? Spara il tuo numero, non ci
pensare troppo… sono circa 32 anni.
Allora,
ci sei andato vicino? Neanche un po’, vero?. Tieni presente questo bias ogni volta
che ti ritrovi a fare delle stime numeriche.
23.
Effetto Galatea (Galatea effect).
“Che
tu creda di farcela o di non farcela avrai comunque ragione.”
(Henry
Ford.)
Probabilmente
avrai sentito spesso parlare di profezia auto-avverante. L’effetto Galatea è un derivato
dalla self-fulfilling prophecy e si verifica quando il successo (o
l’insuccesso) di una persona è influenzato dalle sue convinzioni sulle proprie
abilità.
In
altre parole una parte consistente delle nostre prestazioni (nello studio,
nello sport, nel lavoro) è determinata da ciò che pensiamo di noi stessi e
delle nostre capacità.
Se
vuoi approfondire questo tema ti consiglio di rileggere il capitolo
sull’autoefficacia che trovi all’interno del manuale “Autostima Passo Passo”. Se
poi sei uno studente, il test del Professore e dell’Ultras ti farà ricredere su
molte delle tue convinzioni sullo studio.
Conclusioni.
Allora?
Quale tra questi bias cognitivi ti è piaciuto di più? Quale ti ha incasinato la
vita più spesso? Fammelo sapere nei commenti di questo articolo.
Per il
resto, come ti ho spiegato all’inizio del post, l’obiettivo non è certo
sbarazzarci di questi “cortocircuiti mentali“: è impossibile, fanno parte della
nostra natura. Tuttavia, anche solo conoscerli e averne consapevolezza, può
fare un’enorme differenza nel nostro percorso di crescita personale.
Ecco,
questa settimana vorrei che ti appuntassi quei 2-3 bias cognitivi che ti hanno
fatto pensare “cavoli, questo sono io!“. Rileggili, se nella loro descrizione ho linkato dei post
di approfondimento, leggi anche questi ultimi, ma soprattutto impegnati ad
avere maggior consapevolezza di questi bias: osservali, guarda come influenzano
le tue decisioni e le tue giornate e infine impara a gestirli… (EfficaceMente).
Per il
momento è tutto: stavo per salutarti con un imbarazzante… “byes byes”, ma mi
sono trattenuto .
Buona
settimana!
Il
consulente della FDA spiega perché si è astenuto
dal voto sul vaccino COVID-19 di Pfizer per i bambini.
Zerohedge.com-
Tyler Durden-(29 OTT 2021)-ci dice :
(Zachary Stieber - The Epoch Times).
L'unico
membro del comitato consultivo sui vaccini della Food and Drug Administration ad astenersi da un voto importante
questa settimana che ha essenzialmente autorizzato il vaccino COVID-19 di Pfizerper
bambini di 5 anni ha dichiarato di averlo fatto a causa dei dati limitati di
sicurezza ed efficacia.
Tutti
gli altri 17 hanno votato per consigliare all'amministrazione, o alla FDA, di
autorizzare il jab per i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. L'agenzia ha già sostenuto di farlo
e si prevede che formalizzerà presto l'autorizzazione. I Centri per il controllo e la
prevenzione delle malattie avrebbero quindi deciso quali bambini avrebbero
dovuto ottenere il colpo(vaccino).
SPIEGAZIONE:
I bambini statunitensi e il vaccino COVID-19.
Pfizer
afferma che il colpo di richiamo è efficace al 95,6% per gli individui
completamente vaccinati.
Il
voto è stato preceduto da quasi otto ore di discussioni e presentazioni, con più membri che hanno espresso
preoccupazione per gli scarsi dati su come il vaccino influenzerà la fascia di
età.
Ma il
dottor Michael Kurilla, un esperto di malattie infettive e patologia che dirige
una divisione all'interno del National Institutes of Health, è stato l'unico a non sostenere la
raccomandazione.
Kurilla
ha detto a Epoch Times in una e-mail che si opponeva alla formulazione
specifica e binaria della domanda, che apre la possibilità che qualsiasi
bambino tra i 5 e gli 11 anni sarà in grado di ottenere il vaccino Pfizer.
Era
anche preoccupato per il follow-up più lungo per lo studio clinico che
coinvolgeva la fascia di età a soli tre mesi, i dati che mostrano che i bambini
sperimentano casi gravi di COVID-19 molto meno spesso degli adulti e come una
grande fetta di loro abbia già avuto la malattia, dando loro un certo livello
di immunità.
Se
l'autorizzazione passa come previsto, almeno una parte della fascia di età sarà
in grado di ottenere due dosi di 10 microgrammi ciascuna, distanziate di tre
settimane l'una dall'altra.
Lo
stesso intervallo di dosaggio, con un livello di dosaggio tre volte più alto, è
attualmente in vigore per gli adulti. Ma gli adulti hanno visto diminuire
l'efficacia, specialmente contro le infezioni, spingendo la recente
autorizzazione di dosi di richiamo.
Poiché
l'intervallo è lo stesso, si può prevedere che l'efficacia diminuirà anche nei
bambini, ha detto Kurilla. Il livello di dosaggio più basso, nel frattempo, mette in
discussione se la protezione contro le malattie gravi e il ricovero in ospedale
sarà forte come negli adulti.
"Le
prove del mondo reale che coinvolgono gli adulti suggeriscono che l'intervallo
di dosaggio di 3 settimane non è ottimale in termini di durata ed è probabile
che sia simile nei bambini, portando a un calo dell'immunità entro 4-6
mesi".
Kurilla
ha detto.
"Poiché
il vaccino Pfizer offre protezione contro gravi malattie anche dopo che i
titoli anticorpali sono diminuiti, c'è qualche altra base per l'immunità, ma alla dose più bassa nei bambini,
non ci si aspetta che quegli stessi processi immunitari si comportino in modo
simile alla dose più alta per adulti".
(Le
nuove fiale del vaccino pediatrico COVID-19 di Pfizer - BioNTech sono viste in
questa foto di dispense non datata. Pfizer via Reuters).
Basso
tasso di ospedalizzazione.
Durante
l'incontro, i membri hanno sentito che tra i bambini dai 5 agli 11 anni negli
Stati Uniti, ci sono stati oltre 1,9 milioni di infezioni dall'inizio della pandemia, ma solo lo 0,4%, o 8.400 di questi
casi, hanno richiesto cure ospedaliere.
E solo 94 di loro hanno finito per morire.
Hanno
anche sentito che circa il 20% dei bambini ospedalizzati è stato ricoverato per
un motivo oltre a COVID-19 e che quasi sette su 10 dei bambini avevano gravi condizioni di
salute esistenti come le malattie cardiache, illustrando quanto poco rischio
COVID-19 rappresenti per i bambini sani.
Inoltre,
i Centers
for Disease Control and Prevention (CDC) stimano che il 40% dei bambini nella fascia di età
abbia già avuto COVID-19. Il recupero da COVID-19 conferisce un certo livello di
immunità, gli studi dimostrano, con più studi che indicano che il livello è in
realtà superiore a quello fornito dai vaccini.
"Si
presume che il beneficio qui sia la prevenzione di malattie gravi, che è ciò
che tutti speriamo", Kurilla ha detto durante l'incontro.
Ma tra
i guariti, ha aggiunto in seguito, "La domanda diventa davvero, questo vaccino offre
loro qualche beneficio?"
Kurilla
ha segnalato che avrebbe votato "sì" se la FDA avesse proposto di
aprire l'accesso al vaccino a un sottogruppo del gruppo 5-11.
Ha
anche spiegato perché si è astenuto.
"La
mia astensione si basava sulla domanda specifica posta dalla FDA. Un voto 'no'
sarebbe stato frainteso come la mia opinione sul vaccino", ha detto a The
Epoch Times. "Ci sono gruppi ad alto rischio all'interno della fascia di
età 5-11 che trarrebbero beneficio dal vaccino, suggerendo un approccio più
personalizzato".
Altri
mettono in dubbio l'uso diffuso.
Altri
membri del panel si sono apertamente chiesti se tutti i bambini piccoli
dovrebbero ricevere il vaccino.
"Sono
lacerato. Da un lato, sappiamo che molte madri, padri e genitori sono
desiderosi di somministrare questo vaccino ai bambini perché sono così
spaventati, forse eccessivamente, ... che stanno davvero anticipando di avere
accesso a questo vaccino nei bambini ", ha detto il dottor Cody Meissner,
direttore delle malattie infettive pediatriche presso il Tufts Medical Center.
"D'altra
parte, penso che abbiamo visto che circa il 68% dei bambini ricoverati in ospedale
con COVID-19 ha comorbidità sottostanti. Ciò significa che circa il 32% non lo
fa. E poi
se dovessimo prendere il 40% di quel gruppo che potrebbe già avere l'immunità,
stiamo scendendo a una percentuale molto piccola di bambini altrimenti sani di
età da 6 a 11 anni che potrebbero trarre qualche beneficio ",ha aggiunto.
Ma
altri hanno detto di aver visto la necessità della vaccinazione. La protezione che offre impedirebbe
ulteriori ricoveri e garantirebbe che le scuole rimangano aperte, hanno
sostenuto alcuni.
"Non
vogliamo che i bambini muoiano di COVID, anche se sono molti meno bambini degli
adulti, e non li vogliamo in terapia intensiva", ha detto la dott.ssa Amanda
Cohn, un funzionario del CDC.
Jeannette
Lee, professore di biostatistica presso l'Università dell'Arkansas per le
scienze mediche, ha detto di essere rimasta colpita dai dati presentati da
Pfizer, che si basava su un approccio chiamato immuno-bridging. In questo caso, lo studio di Pfizer
ha mostrato che il vaccino ha innescato anticorpi nei bambini. Gli anticorpi sono stati
confrontati con quelli suscitati nei gruppi più anziani e questo è stato usato
come prova che il vaccino proteggerà i bambini da COVID-19.
Kurilla,
tuttavia, ha espresso disapprovazione per l'approccio, dicendo ai colleghi
"che si basa su un marcatore di immunogenicità che sappiamo
diminuire".
Ha
detto che sperava in una maggiore flessibilità nell'autorizzazione, compresa
una singola dose per alcuni bambini e nessuna dose per altri, in base a fattori
come l'infezione precedente.
"Ci
sono individui ad alto rischio e penso che abbiano bisogno di essere assistiti,
che abbiamo bisogno di fornire un vaccino per loro. Ma per molti altri, una dose o
nessuna dose, anche, se hanno avuto una precedente infezione da COVID. Penso
che potrebbero non aver bisogno di nient'altro", ha detto.
Effetti
collaterali.
I casi
di infiammazione cardiaca dopo aver ricevuto i vaccini Pfizer e Moderna sono
più alti nei giovani, specialmente nei ragazzi nella loro adolescenza. Sulla base dei rapporti presentati
al Vaccine
Adverse Event Reporting System (VAERS) gestito a livello federale, i casi
sono più alti del previsto nei maschi di età compresa tra 12 e 49 anni dopo la
seconda dose di Pfizer e nelle femmine da 12 a 24 dopo la seconda dose di Pfizer.
Oltre
la metà dei bambini con miocardite o pericardite confermata studiati nel
sistema di sorveglianza Vaccine Safety Datalink ha richiesto cure ospedaliere,
anche se non sono stati confermati decessi post-vaccinazione a causa delle
condizioni, secondo le autorità federali.
Pfizer
ha detto che nessuno dei bambini dai 5 agli 11 anni nei suoi studi ha avuto
un'infiammazione cardiaca post-vaccinazione. L'uso di un terzo della quantità di
quella data alle persone anziane è, in parte, un tentativo di frenare gli
effetti collaterali, anche se non si sa come ciò alla fine si rivelerà.
Gli
scienziati della FDA hanno affermato di aver determinato che il vaccino avrebbe
impedito più casi di COVID-19, ricoveri e decessi tra la fascia di età rispetto
ai casi di infiammazione cardiaca legata al vaccino, ai ricoveri e ai decessi. Hanno ipotizzato un'efficacia
vaccinale del 70% contro i casi di COVID-19 e un'efficacia dell'80% contro i
ricoveri legati alla malattia. Tra i giovani maschi, "i benefici sembrano
superare i rischi", ha detto ai membri Hong Yang, uno scienziato della
FDA. Tra le giovani donne, "i benefici superano chiaramente i
rischi", ha aggiunto.
"Quale
sarà l'effettivo tasso di miocardite in questi bambini più piccoli?" Il dottor Ofer Levy, direttore del
Precision Vaccines Program al Boston Children's Hospital, si è chiesto. Quel gruppo "potrebbe essere
meno suscettibile alla miocardite, ma in questo momento è una
speculazione", ha aggiunto. "Non lo sappiamo con certezza."
Anche
i membri del pubblico hanno espresso preoccupazione, sostenendo che i dati di
sicurezza non erano sufficienti per autorizzare il vaccino per i bambini così
giovani.
Ma
altri membri hanno sottolineato i dati dello studio, il fatto che sono arrivati
meno rapporti per i giovani dai 12 ai 15 anni rispetto ai 16 e 17 anni e come,
in generale, meno bambini più piccoli sperimentano l'infiammazione cardiaca
rispetto a quelli più grandi.
"Non
sono così preoccupata per la miocardite in questa fascia di età come lo sono
nei bambini più grandi", ha detto la dottoressa Melinda Wharton, un altro
funzionario del CDC.
I
sistemi di sorveglianza come VAERS aiuteranno a rilevare se l'infiammazione
diventa un problema nei bambini più piccoli, hanno detto i membri.
"Se
i sistemi di sorveglianza iniziano a vedere esiti gravi e morti per
vaccinazione, sono abbastanza fiducioso che quei sistemi di sorveglianza ci
diranno che dobbiamo fermarci come abbiamo fatto con il vaccino J & J per
avere davvero una buona idea di quali siano gli effetti della vaccinazione in
questa fascia di età", ha detto il dottor Patrick Moore, professore presso
l'Università di Pittsburgh Cancer Institute.
In
questa immagine dal video, il Dr. Eric Rubin (L) spiega perché voterà per
consigliare alla FDA di autorizzare il vaccino COVID-19 di Pfizer per i bambini
piccoli durante una riunione del comitato consultivo della FDA il 26 ottobre
2021. (The Epoch Times via FDA).
I voti
"Sì".
In
definitiva, la maggior parte dei membri ha affermato che i benefici e i benefici
previsti del vaccino nei bambini dai 5 agli 11 anni hanno superato i rischi e i
potenziali rischi.
"Penso
che questo vaccino sarà probabilmente efficace nel ridurre il COVID pediatrico
in questa fascia di età e potrebbe anche aiutare a ridurre la trasmissione. Per
quanto riguarda la sicurezza, sono incoraggiato dalla dose più bassa, ...
trovare una dose immunogenica e non aveva troppo in termini di reattagenicità
", ha detto il dottor Ofer Levy, direttore del programma di vaccini di
precisione presso il Boston Children's Hospital.
Il
dottor Eric Rubin, professore a contratto presso la Harvard TH Chan School of
Public Health, ha detto che voleva dare ai genitori la scelta di vaccinare i
loro figli, immaginando di avere un figlio che era un ricevente di trapianto,
anche se si è unito ad altri nel dire che probabilmente ci sono alcuni bambini
più piccoli che non dovrebbero ottenere il vaccino.
"La
questione di quanto ampiamente usarlo, però, penso sia sostanziale. E so che
non è la nostra domanda, ma io – e so che lo stiamo puntando [al comitato
consultivo del CDC] – ma penso che sia una chiamata relativamente vicina
", ha detto.
Poco
dopo, in un commento che è stato ampiamente distribuito online, ha aggiunto:
"Non
impareremo mai quanto sia sicuro questo vaccino a meno che non iniziamo a
averlo. Questo è proprio il modo in cui va. È così che abbiamo scoperto rare
complicazioni di altri vaccini, come il vaccino contro il rotavirus".
Rubin
ha dichiarato a The Epoch Times in una e-mail, rispondendo alle critiche:
"La sperimentazione clinica del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 nei
bambini non ha mostrato eventi avversi. Tutti i dati fino ad oggi indicano che
è sicuro. Impedirà il ricovero in ospedale di bambini con malattie gravi, come
fa con gli adulti. Il vaccino funziona e salva vite umane".
Un
transumanesimo biotecnologico?
Cittanuova.it-
Victoria Gómez- Albert Cortina- (29 OTTOBRE 2021)- ci dicono:
Intervista
di Victoria Gómez ad Albert Cortina.
Parliamo
con Albert Cortina, avvocato e urbanista, esperto in transumanesimo, diritti
umani ed etica applicata alle tecnologie esponenziali. Docente, ricercatore e
autore di varie pubblicazioni su questi argomenti (estratto dall’intervista).
Come è
nato il suo interesse per il tema del transumanesimo?
All’inizio
sembra un argomento di fantascienza, con sfumature apocalittiche. Un ulteriore
approfondimento ti porta a studiare l’umanesimo e più specificamente
l’umanesimo cristiano, e lo contrapponi alla visione del transumanesimo o umano
aumentato (H+). I loro ideologi vogliono lasciare indietro l’umanità, ma il nostro
impegno è approfondirla e renderci più umani (+H) come creature connesse con il
cosmo e con il Creatore.
La
questione non è ancora di pubblico dominio. Dobbiamo prenderla sul serio?
Non è
in piazza con il segno H+, ma sì, attraverso potenti tecnologie con cui
viviamo: aggeggi per aumentare le nostre capacità, la robotica, l’intelligenza
artificiale… Bisogna provocare il dibattito nella società: dobbiamo superare
l’umano? Queste nuove ideologie propongono l’evoluzione migliorata della specie
umana, attraverso la scienza, la tecnologia, la nanotecnologia, l’ibridazione
con l’IA, la
trasformazione in cyborg… Tutto questo, sebbene non articolato, è già culturalmente
interiorizzato. Ritengo pericoloso affermare che approfondire l’umano (valori,
educazione…) richieda processi troppo lunghi. Il meglio che abbiamo fatto nella
storia degli ultimi secoli come civiltà è il risultato di processi derivati
dalla cultura e dall’educazione!
Si
dice che la singolarità tecnologica porterà a un salto evolutivo irreversibile
verso il postumano…
Che
sia irreversibile richiede un dibattito, perché il progetto umano è aperto; non
siamo predeterminati solo verso una determinata umanità. Quindi, i transumanisti propongono di
migliorare in quell’evoluzione irreversibile, perché viviamo in continua
evoluzione per crescere in umanità. L’evoluzione non è costretta ad andare
irreversibilmente in peggio, ma piuttosto verso un miglioramento e un aumento
delle capacità umane, con gli strumenti offerti dalla tecnologia e dalle
biotecnologie. Ecco perché mi piace la parola irreversibile: ci mette in
azione. Il
pericolo sta nel buttarsi in braccio alla tecnologia e finire schiavi e
scartati perché obsoleti, dipendenti da quella creatura che l’essere umano
stesso ha costruito.
Migliorare
è un desiderio permanente dell’umanità. Dov’è il trucco?
L’H+
si presenta non solo come un’ideologia, ma come una nuova tecno-religione. Ho cominciato a capirlo studiando il
pensiero di alcuni filosofi di Oxford e dopo aver capito la visione futuristica
sulla tecnologia di alcuni guru della Silicon Valley. La loro visione antropologica e
culturale, dall’idea del cyborg a quella del transgender, trans-specie,
transumano e postumano. Tutto questo sta penetrando anche nelle sfere religiose,
anche mistiche e spirituali, come promessa di salvezza, di una nuova divinità:
la Super-intelligenza. Dobbiamo ricordare però che tutte le tecnologie sono solo
strumenti per renderci più umani, e magari anche per avvicinarci a Dio. Dobbiamo approfondire ciò che
abbiamo di “serie” come esseri umani: coscienza e spiritualità, perché la
nostra mente collegata al cuore può fare cose impressionanti, ma dall’umano. Non prescindendo dall’umano o
emarginandolo.
Continuiamo
a soffrire per la pandemia, che ha relativizzato il sentimento di onnipotenza e
di fiducia nel progresso infinito, ma bisogna vincere la battaglia contro
quest’umiliazione universale…
Vedo
questa crisi sanitaria come un avvertimento da cui imparare, come una cura per
l’umiltà. Un virus insignificante ha trasformato il mondo che si stava
costruendo a livello globale, come la Torre di Babele.
Il
transumanesimo si propone come ideologia del Nuovo Ordine Mondiale
post-pandemia, trasferendo il dibattito della comunità scientifica ai
cittadini, e annunciando l’avvento di un nuovo uomo cibernetico.
All’inizio
di ottobre, il 15° vertice mondiale Transvisión, dei guru H+, si è riunito
nella sede dell’Ordine dei medici di Madrid. Punto all’ordine del giorno:
prolungare la vita a tempo indeterminato, fino all’amortalità.
Lo studio dell’invecchiamento è una linea di ricerca
seguita da scienziati seri, ed è molto buona. Il problema sorge quando la
pseudo-religione transumanista viene messa alla base e profetizzano di renderci
immortali.
E c’è
da preoccuparsi quando si afferma che la pandemia non costituisce né una
parentesi né un’umiliazione, ma la grande opportunità per accelerare il piano
programmato.
(Link
all’intervista completa in spagnolo pubblicata da Ciudad Nueva España.).
Il
multilateralismo è la migliore risposta
ai
problemi che affrontiamo oggi.
Lastampa.it-Mario
Draghi-(30 ottobre 20219-ci dice :
Dobbiamo
continuare a investire in ricerca, eliminare le barriere commerciali che
riguardano i vaccini anti COVID-19, e migliorare la prevedibilità nella loro
consegna.
(MARIO
DRAGHI).
Cari
colleghi,è un piacere darvi il benvenuto oggi a Roma per questo Vertice del
G20.
Innanzitutto,
vorrei dire che è splendido vedervi tutti qui, dopo alcuni anni difficili per
la comunità globale.
Abbiamo
affrontato il protezionismo, l’unilateralismo, il nazionalismo. La pandemia ci
ha tenuti distanti - e lo ha fatto con tutti i nostri cittadini. Ma non
dobbiamo fare errori.
Il
multilateralismo è la migliore risposta ai problemi che affrontiamo oggi.
Per
molti versi, è l’unica soluzione possibile.
Dalla
pandemia, al cambiamento climatico, a una tassazione giusta ed equa, fare tutto
questo da soli, semplicemente, non è un’opzione possibile.
Dobbiamo
fare tutto ciò che possiamo per superare le nostre differenze.
E
dobbiamo riaccendere lo spirito che ci ha portati alla creazione e al
rafforzamento di questo consesso.
A
circa due anni dall’inizio della pandemia, possiamo finalmente guardare al
futuro con più ottimismo.
Campagne
vaccinali di successo e azioni coordinate da parte dei governi e delle banche
centrali hanno permesso la ripresa dell’economia globale.
Molti
dei nostri Paesi hanno lanciato dei piani di ripresa per dare impulso alla
crescita, ridurre le diseguaglianze, promuovere la sostenibilità.
Insieme,
stiamo costruendo un nuovo modello economico, e tutto il mondo ne beneficerà.
Tuttavia,
dobbiamo stare attenti alle sfide che affrontiamo collettivamente.
La
pandemia non è finita e ci sono disparità sconvolgenti nella distribuzione
globale dei vaccini.
Nei
Paesi ad alto reddito, oltre il 70% della popolazione ha ricevuto almeno una
dose.
Nei
Paesi più poveri, questa percentuale crolla a circa il 3%.
Queste
differenze sono moralmente inaccettabili, e minano la ripresa globale.
Siamo
molto vicini a raggiungere l’obiettivo posto dall’OMS di vaccinare il 40% della
popolazione globale entro la fine del 2021.
Ora
dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per raggiungere il 70% entro la metà del
2022.
Dobbiamo
anche continuare a investire in ricerca, eliminare le barriere commerciali che
riguardano i vaccini anti COVID-19, e migliorare la prevedibilità nella loro
consegna.
E
dobbiamo rafforzare le catene di approvvigionamento globali, aumentando al
contempo la capacità produttiva a livello locale e regionale.
Come
Presidenza del G20, l’Italia ha lavorato per promuovere una ripresa più equa.
Il
Global Health Summit di Roma ha visto Paesi e aziende impegnarsi generosamente per fornire
vaccini ai Paesi più poveri: dobbiamo essere sicuri di onorare le promesse.
Abbiamo
raggiunto un accordo storico per un sistema di tassazione internazionale più
equo ed efficace.
Abbiamo
supervisionato l’allocazione di 650 miliardi di dollari come nuovi Diritti
Speciali di Prelievo e abbiamo promosso la possibilità di redistribuirli ai
Paesi che ne hanno più bisogno.
Questi
risultati ci ricordano con forza i risultati che possiamo raggiungere insieme.
Ci
devono incoraggiare ad essere altrettanto ambiziosi in tutte gli ambiti in cui
lavoriamo insieme.
(Intervento
del presidente del Consiglio Mario Draghi alla sessione 1 G20 di Roma).
(PREMIO
IAI 2021).
Globalizzazione
e multilateralismo:
la
posta in palio dopo il Covid-19.
Affariinternazionali.it-
Irene Paviotti-(22 Ott 2021) -ci dice:
Qual’
è stato l’impatto della pandemia di Covid-19 sui due elementi caratterizzanti
delle relazioni internazionali, globalizzazione e multilateralismo? Prendendo in considerazione l’emblema
della globalizzazione odierna, ovvero le catene di valore globale (Gvcs –
Global Value Chains) che distribuiscono le fasi produttive in molteplici
regioni del mondo, la pandemia ha inferto un duro colpo.
A
causa dell’interruzione nella produzione di dispositivi di protezione personale
in Cina a inizio 2020, nei mercati serviti dall’offerta cinese questi beni
essenziali sono mancati nel momento in cui il virus cominciava a diffondersi. La dipendenza di alcuni Paesi dalla
produzione manufatturiera estera è stata così esposta, portando alcuni governi a dichiarare
di voler riportare questi processi industriali all’interno dei propri confini
(reshoring) per poter meglio affrontare crisi future. In aggiunta alle tensioni
geopolitiche e la chiusura dei confini durante la pandemia, alcuni osservatori hanno ritenuto
questi eventi l’inizio della fine della globalizzazione.
Una
ripresa rassicurata, ma a filiera corta.
Ciononostante,
la globalizzazione non è scomparsa: dopo una caduta nel primo semestre 2020, gli scambi
commerciali globali hanno raggiunto i livelli pre-Covid nell’ottobre 2020.
Ci
sono chiari motivi per cui i Gvcs, quindi la globalizzazione, continueranno ad
esistere.
Decidere di delocalizzare parte della propria produzione comporta significativi
investimenti materiali e immateriali per una multinazionale, rendendo difficile
tornare sui propri passi. Le aziende penseranno al “reshoring” solamente quando shock
esterni quali la pandemia siano percepiti come permanenti. Grazie alle campagne vaccinali in
corso, è probabile che la situazione attuale sia percepita come temporanea
invece,
rendendo il reshoring improbabile.
Ci
saranno però delle modifiche. Per aumentare la propria resilienza nei confronti di shock
come il Covid-19, aziende e governi saranno disposti a sacrificare la
massimizzazione dell’efficienza produttiva finora dominante in favore di scorte
di emergenza in loco e catene di produzione più brevi e regionali, come
suggerisce la Commissione europea. Non si possono però dimenticare i fattori politici che
influiscono sulla globalizzazione: essa risentirebbe di politiche protezionistiche
attuate in risposta allo shock economico della pandemia. Affinché essa quindi possa
continuare, è necessario mantenere in vita il sistema multilaterale alla sua base. Si può dire che questo goda ancora di
buona salute?
Nessuno
per tutti, ognuno per sé.
In un
sistema multilaterale, le decisioni vengono prese sulla base di interessi comuni e
reciprocità, condannando comportamenti unilaterali che mirano a proteggere solo
l’interesse nazionale. Le disuguaglianze nella distribuzione di vaccini sono un
esempio dell’unilateralismo da Covid-19. Ad aprile 2020, l’alleanza Covax fu
lanciata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per distribuire 2
miliardi di dosi di vaccini nel mondo ed assicurarne a tutti un equo accesso. Ad oggi Covax è molto indietro rispetto
alle campagne vaccinali di alcuni Paesi ad alto reddito: con gli attuali tassi
di distribuzione, la maggior parte dei Paesi sviluppati saranno vaccinati entro
metà 2022, mentre 85 Paesi in via di sviluppo dovranno attendere il 2023 nel
migliore dei casi.
Questo
fallimento del sistema multilaterale in ambito sanitario è rinforzato dal caso del dibattito
sulla sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale su vaccini
e trattamenti anti-Covid. A eccezione degli Stati Uniti, i Paesi a più alto reddito,
sede di aziende farmaceutiche produttrici di questi beni, si sono opposti,
rallentandone così la produzione e distribuzione per proteggere i propri
profitti.
Chi la
fa l’aspetti.
A
gennaio 2021 il direttore generale della Oms denunciò l’emergente disparità
vaccinale come un “catastrofico fallimento morale”, che avrebbe annullato qualsiasi
sforzo per contenere il virus. I suoi moniti sembrano essere passati inosservati, dal
momento che la maggior parte della popolazione mondiale è stata lasciata
indietro in una corsa volta ad assicurare che il proprio Paese sia al sicuro
prima di tutto – il tipo di comportamento unilaterale che dovrebbe essere sanzionato
nell’attuale sistema multilaterale. Grazie ad acquisti e donazioni bilaterali, i tassi
di vaccinazione probabilmente aumenteranno nei Paesi in via di sviluppo.
Tuttavia,
questi Paesi hanno sottoscritto volontariamente le regole del multilateralismo
perché più vantaggioso dell’unilateralismo – ma come già accaduto in passato,
le loro aspettative sono state deluse. Questo potrebbe causare
risentimento, e portarli a preferire in futuro azioni unilaterali oppure
relazioni bilaterali con quei partner che hanno dimostrato di agire secondo il
principio di reciprocità. Il futuro del multilateralismo sarebbe così messo in
discussione, mettendo in dubbio anche la tenuta della globalizzazione.
Se
vogliamo preservare il sistema internazionale che ha portato meno conflitti, è
necessario agire per riparare questi squilibri. Il Covid-19 rappresenterebbe così un
vero periodo di svolta.
(Il
PremioIAI è stato realizzato con il contributo del Ministero degli Affari
Esteri e della Cooperazione Internazionale ai sensi dell’art. 23- bis del DPR
18/1967).
Genetica.
Scienza
che studia l’ereditarietà, normale e patologica.
Starbene.it.
Redazione-(22-10-2021)-ci dice:
La genetica analizza e permette di prevedere
la trasmissione dei caratteri ereditari, la quale obbedisce ad alcune leggi,
scoperte alla fine del XIX secolo dal botanico austriaco Gregor Johann Mendel. L’avvento della biologia
molecolare, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso per i batteri,
all’inizio degli anni ’70 per gli eucarioti (esseri viventi, compresi i
mammiferi, le cui cellule sono dotate di nucleo), ha permesso di analizzare la
struttura molecolare e l’organizzazione dei geni, i meccanismi della loro
espressione e le loro alterazioni.
Attualmente
i genetisti si occupano in particolare dei caratteri complessi (che dipendono
da numerosi geni), e le loro ricerche permettono lo studio dei fattori di
predisposizione genetica a malattie comuni (per esempio diabete, asma,
psoriasi).
I
primi passi della genetica.
Già
secoli prima dell’era cristiana, i greci avevano supposto che alcune
caratteristiche fisiche degli individui, oggi chiamate caratteri, si
trasmettessero dai genitori ai figli. Tuttavia fu necessario attendere la
metà del XIX secolo perché, con gli studi di Gregor Mendel (1822-1884),
venissero enunciate le prime leggi che regolano la trasmissione ereditaria
(1865).
Le
scoperte di Mendel.
Le
ricerche di Mendel consistevano nell’incrociare piante di pisello di colori e
forme diverse e nell’osservare le caratteristiche degli esemplari ottenuti da
una generazione all’altra. Dagli esperimenti di Mendel derivano due delle nozioni
cardine della genetica: da una parte, i concetti di fenotipo (insieme dei caratteri fisici e
biologici di un individuo) e genotipo (insieme dei caratteri scritti nel patrimonio genetico di un
individuo, che si traducano o meno nel suo fenotipo); dall’altra, quelli di carattere
dominante (che
per manifestarsi nel bambino deve essere trasmesso da un solo genitore) e recessivo (che per manifestarsi nel bambino
deve essere trasmesso sia dal padre che dalla madre). Tuttavia, le leggi dell’ereditarietà
enunciate da Mendel caddero nell’oblio e furono riscoperte solo grazie ai
lavori dello statunitense Thomas Morgan (1866-1945).
DNA:
100 anni di storia.
L’esistenza
dei cromosomi (elementi del nucleo della cellula a forma di bastoncello e organizzati
in coppie, visibili soltanto durante la divisione cellulare) era nota già dalla fine del XIX
secolo, ma
all’epoca non era stato dimostrato che essi contenessero l’informazione
ereditaria.
I lavori di Mendel hanno permesso di appurare l’esistenza di elementi che
condizionano la trasmissione e la manifestazione dei caratteri ereditari: i
geni. Alla
fine del primo quarto del XX secolo, una prima associazione di queste due scoperte fu
stabilita da Morgan, che dimostrò la localizzazione dei geni sui cromosomi.
Nel
1944 tre biologi statunitensi, Avery, Mac Leod e Mac Carthy, scoprirono che la
molecola responsabile della trasmissione dei caratteri ereditari era la
molecola dell’acido deossiribonucleico (DNA). In realtà, il DNA era già noto,
seppure indirettamente, dal 1889, anno in cui una sostanza chiamata acido
nucleico fu estratta dal nucleo. La sua composizione fu analizzata nei primi
decenni del XX secolo, ma i particolari della sua organizzazione furono chiariti
solo nel 1953 da due biologi britannici, James Watson e Francis Crick. Essi dimostrarono che la molecola di
DNA è costituita da due filamenti, ciascuno dei quali è formato da una lunga
catena di molecole di acido fosforico e deossiribosio alternati. A ciascuna molecola di
deossiribosio è associata una delle quattro sostanze dette basi: adenina (A),
timina (T), citosina (C) e guanina (G). Le due catene sono avvolte a elica
l’una intorno all’altra e collegate a livello delle basi. Questo modello spiega non solo come
l’informazione venga codificata all’interno dei geni, ma anche come sia
possibile trasmettere tale informazione da una generazione all’altra.
L’informazione
genetica.
La
molecola di DNA è quindi costituita da una concatenazione di basi. Il principio della codifica
dell’informazione è lo stesso delle lingue e l’insieme dei geni di un individuo,
detto genoma, può essere paragonato a un romanzo. Il “linguaggio” dei geni è basato
sulla combinazione di quattro lettere, le basi ATGC, e il loro ordine forma le
“parole”, rappresentate dai geni stessi. Così come un errore di ortografia può
cambiare il senso di una parola, e quindi quello del messaggio, allo stesso modo una mutazione può
alterare l’informazione di cui il gene è portatore: tale modifica si traduce in
una malattia genetica.
Ogni
carattere è dato da una proteina, concatenazione di piccole molecole dette
aminoacidi di cui esistono 20 tipi. L’informazione necessaria per la costituzione di
questa proteina è contenuta nel gene preposto alla sua sintesi, ma l’alfabeto
dei geni non coincide con quello delle proteine (formato da 20 “lettere”), ed è
quindi necessario effettuare una decodifica dell’informazione contenuta nei
geni. Tale
operazione viene svolta dalla cellula in due fasi, dette trascrizione e
traduzione. Nel corso della prima fase, all’interno del nucleo cellulare si
effettuano copie dell’informazione contenuta nel gene; tali copie sono
costituite da un acido nucleico (l’RNA, acido ribonucleico) che presenta
lievissime differenze rispetto al DNA. L’RNA fabbricato, detto RNA
messaggero, esce dal nucleo e raggiunge il citoplasma della cellula. A questo punto ha luogo la fase di
traduzione, in cui l’informazione viene letta e decodificata per la fabbricazione
della proteina corrispondente.
La
molecola di DNA, strutturata in due catene complementari, può replicarsi e dare
origine a due molecole figlie identiche in tutto e per tutto. Secondo la legge detta della
complementarità, l’A di un filamento può associarsi solo a una T dell’altro, e lo stesso avviene per la G e la C.
La cellula
è dotata di un sistema che permette di separare i due filamenti di DNA e di
fabbricare filamenti complementari a quelli disciolti, ponendo le A di fronte
alle T, e le G di fronte alle C.
Questo fenomeno, detto replicazione, dà origine a due molecole del tutto
identiche a quella di partenza.
La
genetica molecolare, una straordinaria speranza.
Le
leggi della genetica formulate da Mendel permettevano di fare previsioni
statistiche riguardo all’insorgenza di una malattia ereditaria in seno a una
famiglia, ma non di avanzare previsioni individuali, potevano cioè determinare
un rischio, ma non cioè dare certezze. Queste si sarebbero ottenute solo con l’esame non già del fenomeno (il soggetto è affetto dalla
malattia?), ma del genotipo (la mutazione responsabile della malattia è presente nei suoi
cromosomi?).
A
partire dalla metà degli anni settanta del secolo scorso lo sviluppo delle
tecniche di biologia molecolare (clonazione, lettura delle sequenze di basi,
modifica e correzione del messaggio genetico ecc.) ha permesso di studiare in
dettaglio la molecola di DNA, costitutiva dei geni. L’insieme di queste
tecniche va sotto il nome di genetica molecolare.
Per
alcune malattie ereditarie in cui il gene responsabile è stato isolato, è oggi
possibile proporre alle coppie interessate la ricerca nel feto del difetto
genetico in causa (diagnosi genotipica prenatale).
I
progressi della genetica molecolare lasciano sperare che un giorno si
arriverà a isolare la totalità dei geni responsabili delle malattie genetiche
(più di 5000, secondo i calcoli). Si potrà allora formulare una diagnosi prenatale di
tutte queste malattie, e forse ottenerne la guarigione definitiva sostituendo
in ogni cellula il gene alterato con la sua copia normale (terapia genica).
L’identificazione del gene coinvolto non è
comunque sufficiente perché una malattia si presti a un tentativo di terapia
genica. Allo
stato attuale della tecnologia, occorre che questa patologia sia conseguenza di
un difetto relativo a un unico gene, che questo non sia preposto alla sintesi
di una proteina tossica per l’organismo e che siano noti i fattori coinvolti
nella sua attività. Il primo tentativo di terapia genica, realizzato nel 1990 dagli
statunitensi French Anderson e Michael Blaese, ha avuto per oggetto una
malattia genetica assai rara, caratterizzata dalla mancata produzione di un
enzima, l’adenosina-deaminasi (ADA). Poiché questo fenomeno determina un grave deficit immunitario, il gene mancante è stato introdotto
nei linfociti del malato, trasportato da un retrovirus inoffensivo per l’uomo.
Un
altro tentativo di terapia genica riguarda il trattamento del cancro: negli Stati Uniti, Steven Rosenberg
ha sperimentato, in un paziente affetto da melanoma (cancro della pelle), un “vaccino antineoplastico”, costituito da cellule tumorali
prelevate dal paziente e coltivate introducendovi un gene, il fattore di necrosi
tumorale (TNF, Tumor Necrosis Factor). Queste cellule, una volta
reiniettate, provocherebbero una reazione immunitaria di difesa contro le
cellule neoplastiche.
Genetica
e problemi etici.
Lo
sviluppo della genetica molecolare ha suscitato accesi dibattiti, che vertono
in particolare sul rischio di eseguire pratiche di tipo eugenetico. L’aborto terapeutico effettuato in
seguito alla scoperta che il feto è affetto da una grave malattia ereditaria, o
la decisione di non impiantare in utero (nel corso di una fecondazione in
vitro) embrioni portatori di tale malattia devono essere considerati eccessi
miranti a migliorare la razza umana eliminando alcuni individui?
Se un giorno le terapie geniche si
applicassero alle cellule trasmesse alla discendenza, si rischierebbe di
deteriorare il patrimonio genetico umano? La possibilità di scoprire assai
precocemente una predisposizione a questa o quella patologia rischia di venire
sfruttata a danno dell’individuo? Sono tutti interrogativi ai quali la legislazione dei
vari Paesi non ha ancora dato una risposta definitiva.
La
sfida del genoma umano.
I
progressi della genetica molecolare hanno permesso di redigere la mappa
completa del genoma umano, ossia dei geni contenuti in ogni molecola di DNA
della specie umana. Questo lavoro, intrapreso dall’équipe del francese Daniel
Cohen e portato a termine alla fine del 1993, costituiva un presupposto
indispensabile per isolare i geni.
Parallelamente,
negli Stati Uniti è stato varato nel 1986 un vasto programma di ricerca, che
mirava a determinare la totalità della sequenza di basi del genoma umano. Questo progetto, terminato nel
2001, ha mostrato che esso contiene circa 35.000 geni. Le ricerche fanno
sperare che nei prossimi anni molte malattie genetiche potranno essere
individuate e trattate precocemente.
I
misteri del genoma.
Poco
dopo aver individuato la struttura della molecola di DNA, i ricercatori
scoprirono con stupore che il genoma delle cellule dotate di nucleo contiene
materiale 20 volte maggiore del necessario: i geni rappresentano infatti solo
il 5% di tale molecola. L’esatto ruolo di questo DNA apparentemente inutile, chiamato DNA egoista, rimane in parte
ignoto. Si
sa soltanto che esso interviene nella costruzione e nel mantenimento della
struttura del nucleo.
Alla
fine degli anni settanta del secolo scorso i ricercatori hanno constatato che
l’informazione utilizzata per la sintesi delle proteine è frammentata
all’interno dei diversi geni, i quali sono costituiti da un’alternanza di
sequenze codificanti e non codificanti; gli studiosi non sono però stati in
grado di fornire una spiegazione di questo fenomeno.
Il
complicato rapporto tra i progressisti e la genetica.
Ilpost.it-Paige
Harden-(13 settembre 2021)- ci dice:
Da
tempo vengono segnalati i limiti dell'approccio prevalente nella sinistra,
secondo cui è solo l'ambiente a determinare il comportamento di una persona.
Paige
Harden è una giovane e apprezzata psicologa e genetista comportamentale
americana, docente all’Università del Texas, a Austin, dove dirige un
laboratorio di genetica del comportamento evolutivo. È considerata una delle più
autorevoli scienziate nell’ambito degli studi più recenti sull’influenza dei
geni sullo sviluppo delle persone, sia per quanto riguarda i tratti
caratteriali che i risultati nella vita, inclusi il livello di istruzione, il
reddito e l’inclinazione alla criminalità.
Nel 2017 ha ricevuto dalla American Psychological
Association, la più grande associazione di psicologi negli Stati Uniti, un
ambito riconoscimento – quello destinato agli psicologi nelle prime fasi della
loro carriera – per le sue ricerche su «come integrare la conoscenza genetica
con le intuizioni cliniche ed evolutive classiche nel comportamento umano».
L’idea
che fattori genetici siano alla base di una parte più o meno significativa dei
nostri comportamenti in età adulta è un argomento molto controverso, che da
decenni alimenta un dibattito vivace e molto polarizzato – a volte causa di
ostilità esplicite – tra teorici di opposti modelli di analisi della natura
umana. Da
una parte ci sono gli studiosi che ritengono rilevanti e meritevoli di indagine
scientifica soltanto le correlazioni tra l’individuo e l’ambiente in cui nasce
e cresce. Alla
parte opposta ci sono quelli che ritengono prevalente o largamente dominante
l’influenza dei geni.
(
Leggi anche: Quanto è libero il libero arbitrio?)
È una
discussione complessa e articolata, intorno alla quale esistono ideologie
radicate anche nei contesti accademici, e con ripercussioni sul modo e sui
criteri con cui valutiamo – e di fatto sono fondate – le nostre società,
dall’istruzione pubblica alle politiche sociali. Harden – alla quale il New Yorker ha
recentemente dedicato un lungo articolo – sostiene che la ricerca genetica
sulle differenze individuali umane sia compatibile con obiettivi sociali
progressisti ed egualitari, ed è considerata da molti suoi colleghi la
scienziata più impegnata nel tentativo ambizioso di integrare e sintetizzare
attraverso la ricerca genetica tradizioni e scuole di pensiero divergenti.
Nel
suo libro più recente, The Genetic Lottery: Why DNA Matters for Social
Equality, che sarà pubblicato a settembre dalla Princeton University Press,
Harden scrive:
«Sì,
le differenze genetiche tra due persone qualsiasi sono minuscole rispetto ai
lunghi tratti di DNA arrotolati in ogni cellula umana. Ma queste differenze
incombono pesantemente quando si cerca di capire perché, per esempio, un
bambino ha l’autismo e un altro no; perché uno è udente e un altro no; e, come
descriverò in questo libro, perché un bambino avrà difficoltà con la scuola e
un altro no.
Le
differenze genetiche tra di noi sono importanti per le nostre vite. Causano
differenze nelle cose a cui teniamo. Costruire un impegno per l’egualitarismo
sulla nostra uniformità genetica equivale a costruire una casa sulla sabbia».
Harden
ha raccontato al New Yorker che in seguito alla pubblicazione dei risultati
delle sue prime ricerche, nel 2015, cominciò a percepire di essere sgradita in
diversi contesti pubblici e formali, tra sociologi, economisti e altri
scienziati.
Molti di loro, soprattutto quelli vicini alle posizioni della sinistra
americana, sembravano certi che qualsiasi ricerca sulla genetica del
comportamento – anche se ben intenzionata – conducesse verso l’eugenetica. Ma Harden riteneva che quelle
diffidenze provenissero da un’era ormai passata, in cui i geni erano descritti
«in termini di codifica del destino individuale».
Ne
ebbe conferma quando in una lunga conversazione via email con colleghi della Russell Sage Foundation ricevette da alcuni di loro, tra i
più illustri, diverse contestazioni dopo aver condiviso i risultati di
un’importante collaborazione internazionale guidata dal medico Daniel Belsky,
docente alla Duke University School of Medicine. La ricerca, condotta su un campione
di persone neozelandesi di discendenza nordeuropea, aveva identificato parti
del genoma che mostravano una correlazione statisticamente significativa con il
livello di istruzione.
In
pratica, il gruppo guidato da Belsky aveva utilizzato quei dati per compilare
una sorta di “punteggio poligenico” – una somma ponderata delle varianti genetiche rilevanti di
un individuo – in base al quale sarebbe stato possibile spiegare in parte le
differenze all’interno della popolazione nella capacità di lettura. Già dalle
risposte ricevute in quella occasione, Harden si rese conto dell’esistenza di
approcci difficili da conciliare. Da una parte, c’erano quelli inclini a insistere sul
fatto che i geni non contino davvero; dall’altra, quelli che sospettano che i
geni siano anzi le uniche cose che contano.
La
storia della genetica del comportamento, sintetizza il New Yorker, «è la storia del tentativo
di ogni generazione di tracciare una via di mezzo». All’inizio degli anni Sessanta,
quando questa disciplina cominciò a formarsi, il rischio dell’eugenetica era
avvertito come reale e concreto soprattutto per effetto del ricordo molto vivo
delle atrocità naziste. Il modello dominante nella spiegazione dello sviluppo umano
era il comportamentismo, sostenuto dai principi progressisti del dopoguerra e in
parte fondato sulla speranza che modificare l’ambiente potesse produrre
qualsiasi risultato.
(–
Leggi anche: Per valutare il successo bisogna considerare il “pregiudizio di
sopravvivenza”).
Partendo
dalla constatazione della distribuzione non uniforme delle capacità umane,
scrive il New Yorker, i primi genetisti del comportamento assunsero che «la nostra natura non è né perfettamente
fissata né perfettamente plastica, e che questa era una cosa buona». E diedero priorità agli studi sugli
animali, per
evitare che i loro interessi scientifici potessero essere fraintesi e
utilizzati al di fuori dei contesti accademici.
Nel 1965,
le ricerche del genetista John Paul Scott e dell’etologo John L. Fuller – alla
cui memoria è dedicato il premio Fuller-Scott, assegnato ogni anno dalla
Behavior Genetics Association – mostrarono che, nonostante le differenze genetiche
riconoscibili tra le razze canine, non sembravano esserci distinzioni
categoriche utili a concludere che, per esempio, i pastori tedeschi siano più
intelligenti dei labrador. Le variazioni più significative si verificano piuttosto a
livello individuale, e l’ambiente era importante tanto quanto le qualità innate,
se non di più.
Ma
qualche anno più tardi Robert Jensen, psicologo e docente dell’Università della
California a Berkeley, pubblicò sulla rivista Harvard Educational Review un
articolo intitolato “How Much Can We Boost IQ and Scholastic Achievement?” (“Quanto possiamo aumentare il
Quoziente Intellettivo e il rendimento scolastico?”), ritenuto ancora oggi uno dei più
controversi articoli nella psicologia americana. Jensen sostenne l’esistenza di un
divario nel QI delle diverse popolazioni americane, la cui ragione era almeno
in parte genetica e immutabile. Definiva quindi sostanzialmente inefficaci gli
interventi politici mirati a contrastare quelle che considerava differenze
naturali.
Le
tesi di Jensen avviarono un dibattito pubblico molto acceso e anche violento,
scrive il New Yorker, da cui scaturirono «proteste studentesche, minacce di
morte e accuse di totalitarismo intellettuale». Le stesse controversie di allora
alimentano ancora oggi, in forme diverse e meno violente, un dibattito
incentrato su diverse questioni irrisolte e approfondite da studi successivi a
quelli di Jansen. In ambito accademico, i suoi critici sostenevano che i percorsi sociali
che dai geni portano a tratti complessi fossero talmente contorti e insondabili
da rendere inadatta e sostanzialmente stupida qualsiasi nozione di “causalità
genetica”.
(–
Leggi anche: Dovremmo essere meno d’accordo con noi stessi).
Nel
1972, il sociologo americano Christopher Jencks, dell’Università di Harvard,
obiettò che l’affermazione in base alla quale i geni spiegherebbero le
differenze tra gli individui nei punteggi dei test del QI non implica
necessariamente che i geni influenzino la capacità di apprendimento di un
individuo.
E propose un esperimento mentale, per spiegare questo concetto. «Se, per
esempio, un paese si rifiuta di mandare a scuola i bambini con i capelli rossi,
si potrebbe dire che i geni che causano i capelli rossi abbassino i punteggi di
lettura. Questo
non ci dice che i bambini con i capelli rossi non possono imparare a leggere».
A
questa forma di determinismo genetico si oppose fortemente anche il biologo
evoluzionista e genetista statunitense Richard Lewontin, che utilizzò
un’analogia diversa. Supponiamo, scrisse Lewontin, di acquistare un sacchetto di
semi di mais e di coltivarne una manciata in un ambiente attentamente
controllato, con illuminazione uniforme e soluzioni nutritive uniformi, e
un’altra manciata in un terreno altrettanto illuminato ma povero di nutrienti. Le piante varieranno in altezza
all’interno di ciascuno dei due gruppi, ma nel secondo saranno tutte
scarsamente sviluppate e l’altezza media del gambo sarò inferiore a quella
relativa al primo gruppo.
Ciò
che Lewontin intendeva mostrare con questo esempio era la possibilità che rispetto
a un determinato risultato finale, interamente determinato dall’ambiente, la
predisposizione genetica comune sia del tutto ininfluente. In questo senso la tesi razziale di
Jansen era, sotto molti punti di vista, ingiustificata: era assurdo pensare che, nell’America
del 1969, persone di differenti origini etniche godessero delle stesse
condizioni.
I critici di quel modello non negavano che i test sul QI potessero misurare
qualcosa di reale, ma sostenevano che qualsiasi dato tratto da quei test non dovesse
essere considerato come un dato puramente biologico e immutabile.
(–
Leggi anche: Un disonesto studio sull’onestà.).
La
proliferazione degli studi sui gemelli durante gli anni Ottanta, scrive il New
Yorker, contribuì fortemente a cambiare un approccio teorico basato in parte su
intuizioni di tipo morale prive di fondamento. Quando la schizofrenia e l’autismo,
per esempio, si rivelarono in gran parte ereditari, la comunità scientifica
abbandonò definitivamente alcune dannose teorie che associavano quei disturbi a
un presunto rapporto inadeguato del bambino o della bambina con i genitori (la teoria delle cosiddette “madri
frigorifero”).
Per
alcuni tratti come l’intelligenza, i progressisti continuarono tuttavia a
insistere sul fatto che le differenze – non solo a livello di gruppo ma anche a
livello individuale – fossero semplicemente l’effetto di un ambiente diseguale. I conservatori, scrive il New
Yorker, sottolinearono che quel tipo di approccio selettivo rispetto alle
scoperte scientifiche fosse intellettualmente disonesto.
Nel
1997, un influente psicologo del Dipartimento di Psicologia dell’Università
della Virginia pubblicò un breve saggio intitolato “The Search for a
Psychometric Left” (“La ricerca di una sinistra psicometrica”), in cui invitava i suoi colleghi
progressisti a non respingere le valutazioni quantitative ottenute dai più
recenti metodi d’indagine psicologica. L’autore di quel saggio è Eric
Turkheimer, di cui Harden è stata allieva e che è oggi considerato uno dei più
importanti genetisti comportamentali della sua generazione. In conclusione del
saggio, Turkheimer scrisse:
«Una
sinistra psicometrica riconoscerebbe che l’abilità umana, le differenze
individuali nell’abilità umana, le misure dell’abilità umana e le influenze
genetiche sull’abilità umana sono tutte reali ma profondamente complesse,
troppo complesse perché si possano imporre su di esse schemi biogenetici o politici.
[…] L’opposizione al determinismo, al riduzionismo e al razzismo, nelle loro forme
estreme o moderate, non deve dipendere dal rifiuto generale di fatti innegabili
– anche se facilmente interpretati nel modo sbagliato – come l’ereditarietà».
Già all’epoca
Turkheimer era abbastanza noto per la sua convinzione che le spiegazioni
biologiche del comportamento umano difficilmente avrebbero soppiantato quelle
culturali e psicologiche. Sosteneva l’idea che i processi rilevanti nello sviluppo
degli individui fossero troppo disordinati per essere chiariti e fissati a
livello molecolare. Con questo non intendeva che la genetica del comportamento
fosse inutile, ma insisteva sul bisogno di una prospettiva più modesta riguardo
ai risultati che era possibile ottenere grazie a essa.
Gli
studi sui gemelli potrebbero non spiegare mai come un dato genotipo possa
rendere più probabile la depressione, per esempio, ma possono servire a evitare
il tipo di inferenze che negli anni Sessanta attribuivano ai genitori e all’ambiente
le responsabilità di determinate patologie. Il lavoro di Harden, scrive il New
Yorker, è pienamente all’interno di questa tradizione di studi. Per esempio,
Harden ha utilizzato uno studio sui gemelli per dimostrare che l’idea della “pressione sociale”
(“peer pressure”) come motore dell’abuso di sostanze tra gli adolescenti fosse,
nella migliore delle ipotesi, un’eccessiva semplificazione di correlazioni
estremamente complesse tra geni e ambiente.
I
primi anni di specializzazione di Harden coincisero con un periodo di
importanti scoperte scientifiche e con un massiccio ingresso dei genetisti in
un campo di ricerca a lungo dominato dagli psicologi. Nel 2003, gli scienziati annunciarono
di aver completato la prima mappatura completa del genoma umano, da molti
ritenuti il più grande e complesso progetto di ricerca biologica nella storia. Conoscere nel dettaglio le
informazioni che compongono il DNA umano permise, per esempio, di attribuire
alcune malattie come quella di Huntington alla mutazione di un singolo gene, e
questo contribuì a diffondere l’idea che anche i tratti complessi della
personalità potessero essere derivati altrettanto chiaramente.
Alcuni
studi riuscirono a individuare un gene associato all’aggressività, altri alla
depressione, ma gli esperimenti non furono replicati, e in breve tempo fu
chiaro che i tratti complessi possono essere associati a più geni e che i
singoli geni possono appartenere a una varietà di attributi. E ancora oggi una delle principali
difficoltà delle ricerche sulla genetica del comportamento consiste
nell’individuazione di quali geni influenzino un dato comportamento e di come
ciò avvenga.
(–
Leggi anche: Quanto siamo prevedibili).
Nel
periodo in cui Harden stava finendo la sua tesi specialistica i ricercatori
cominciarono ad avviare una serie di cosiddetti studi di associazione genome-wide (genome-wide association
study, o GWAS), basati sulla possibilità di identificare nel genoma umano centinaia o
migliaia di punti in cui le differenze nelle sequenze del DNA potrebbero essere
correlate a tratti complessi o a un determinato risultato. Dopo alcuni primi risultati
deludenti, gli studi GWAS negli ultimi cinque anni si sono rapidamente evoluti.
I
“punteggi poligenici” possono oggi rappresentare una buona parte della varianza
di una popolazione in altezza e peso, e servire a prevedere malattie
cardiovascolari e altre patologie come il diabete. I ricercatori hanno inoltre
scoperto collegamenti tra geni e tratti comportamentali complessi. Il più grande studio GWAS sui livelli
di istruzione ha identificato nel genoma quasi 1.300 punti correlati al
successo scolastico, e ha permesso di formulare punteggi con validità
predittiva.
Le persone con i punteggi più alti avevano circa cinque volte più probabilità
di laurearsi rispetto a quelle con i punteggi più bassi: che è una stima con un
livello di accuratezza paragonabile, scrive il New Yorker, a quelle basate
sulle tradizionali variabili delle scienze sociali, come il reddito dei
genitori.
(–
Leggi anche: L’incredibile storia dell’esperimento Kentler)
Parlando
con il New Yorker, Harden è stata molto cauta rispetto alle conclusioni che è
possibile trarre dai suoi studi e molto chiara riguardo ai limiti dei GWAS. Sostiene che queste ricerche
forniscano semplicemente un quadro di come i geni siano correlati al successo,
o alla salute mentale, o alla criminalità, «per particolari popolazioni, in una
particolare società, in un particolare momento storico». Non avrebbe quindi senso,
sostiene, confrontare risultati tra popolazioni di paesi o di epoche diverse.
Inoltre
i punteggi poligenici hanno uno scarso valore predittivo per quanto riguarda i
risultati individuali. Negli studi GWAS sul successo scolastico, per esempio, tra
le persone con i punteggi più bassi ce ne sono molte che proseguono gli studi
universitari, e tra quelle con i punteggi più alti ce ne sono molte che non
arrivano a prendere il diploma di scuola superiore.
Ed
esistono poi casi in cui i risultati di studi GWAS possono non essere
particolarmente significativi, più o meno nello stesso senso in cui non lo sono
le conclusioni sui bambini con i capelli rossi nell’esperimento mentale di
Jencks. Uno studio sull’utilizzo delle bacchette a San Francisco, fa l’esempio
il New Yorker, scoprirebbe prevedibilmente che questa abilità è geneticamente
correlata a gruppi con origini asiatiche, «che è ben lontano dall’essere una
scoperta su una destrezza innata con un particolare utensile».
Secondo
Harden, uno dei principali limiti del dibattito sulla genetica del
comportamento è che è ancora in larga parte basato su una distinzione superficiale tra
cause genetiche immutabili e cause ambientali duttili. E sarebbe preferibile, secondo lei,
accettare che nel comportamento umano tutto è legato a un lungo intreccio
causale di geni, personalità e cultura, e quanto più si riesce a comprendere di
questo intreccio, tanto più efficaci potrebbero essere i nostri interventi.
Harden,
conclude il New Yorker, non è l’unica scienziata a condividere l’auspicio di
Turkheimer di una “sinistra psicometrica”. Argomenti simili ai suoi sono stati
trattati dai sociologi americani Dalton Conley e Jason Fletcher nel libro The
Genome Factor, del 2017, dal sociologo dell’Università di Stanford Jeremy
Freese e dallo scrittore socialista Fredrik deBoer, autore del recente libro
The Cult of Smart. Opinioni simili a quelle della cosiddetta «sinistra
ereditaria», come la definisce il New Yorker, sono state attribuite anche allo
psichiatra e saggista californiano Scott Alexander e al filosofo Peter Singer.
«Le
argomentazioni etiche di Harden sono quelle che ho sostenuto per molto tempo.
Se ignori queste cose che contribuiscono alla disuguaglianza, o se fai finta
che non esistano, rendi più difficile raggiungere il tipo di società che
apprezzi», ha detto Singer al New Yorker. «Ma c’è una sinistra politicamente
corretta che non è ancora aperta a queste cose», ha aggiunto.
La
prospettiva della «cecità genetica», ha detto Harden al New Yorker, «perpetua
il mito che quelli di noi che hanno “successo” nel capitalismo del ventunesimo
secolo lo hanno ottenuto principalmente a causa del duro lavoro e dello sforzo,
e non perché ci è capitato di essere i beneficiari di incidenti di nascita, sia
ambientali che genetici».
Con il
Green Pass via alla dittatura
europea:
sanitaria e digitale.
Lagazzettadilucca.it-Redazione-
Marina Mascetti-(30 luglio 2021)-ci dice:
Ida
Magli: «Ci
troviamo ormai davanti a dei nuovi martiri: quelli che si sono sacrificati e
che debbono sacrificarsi.... Ci troviamo davanti all'abbandono di ogni
razionalità, di ogni possibilità umana di dubbio, di alternativa, di scelta,
ossia davanti a un puro fenomeno di «sacralità»: sacrificarsi, morire, ma non
venire meno».
Si
riferiva ai sacri parametri di Maastricht, ma oggi per l'iniezione il
meccanismo è esattamente lo stesso: è un dogma di fede di cui è vietato
dubitare.
Giorgio
Agamben: «Nel Green pass non è in gioco la
salute, ma il controllo della popolazione».
Maurizio
Blondet:
«Stasera 22 luglio 2021, in tv Draghi e Speranza hanno ufficialmente proclamato
la dittatura. Come in ogni regime... è essenziale il controllo della
popolazione... si discrimina quella parte della popolazione che si dimostra
refrattaria. Ieri la stella gialla, oggi il pass "verde". Sottomissione o
discriminazione».
E
aggiunge: «[Draghi] è il perfetto
rappresentante e braccio esecutivo dell'élite finanziaria globale. La
democrazia, già da anni in agonia, oggi muore definitivamente».
Nel
2002, quasi vent'anni fa, Ida Magli fondò l'associazione Italiani Liberi, per
combattere l'incombente Dittatura Europea, da lei denunciata fin dal 1997 col
libro "Contro l'Europa" e infiniti altri articoli pubblicati sul sito
e sui principali giornali. Come sempre aveva visto lungo, e prima degli altri.
Nell'estate 2011 pubblicò "La Dittatura
Europea", in cui a ragione profetizzava che Mario Monti oppure Mario
Draghi sarebbero andati al governo, coi risultati che sono sotto gli occhi di
tutti: la
distruzione e la svendita dell'Italia passo dopo passo.
Quanto
sta avvenendo rispecchia fedelmente le parole di Jean Claude Juncker: «Noi prendiamo una decisione, la
mettiamo sul tavolo e vediamo che cosa succede. Se nessuno fa delle storie –
perché la maggior parte della gente non capisce ciò che è stato deciso –
continuiamo passo dopo passo, fino a quando non si può tornare indietro».
Bisogna
saper guardare oltre l'immediato e avere una visione a lungo termine. Oggi tutti discutono del Green Pass e
non si rendono conto che è solo uno dei piccoli passi di Juncker che portano
alla fine della nostra libertà. Ciò sta avvenendo in modo graduale e impercettibile, con la
nostra stessa collaborazione: convinti che sia solo un piccolo sacrificio temporaneo,
rinunciamo a sempre più cose, fino a quando ci ritroveremo tutti in catene, e
sarà troppo tardi. «Obbedisci sperando che finisca, ma proprio perché lo fai non finirà
mai» era scritto su un cartello durante le manifestazioni contro il Green Pass
che si sono svolte il 24 luglio in più di ottanta città italiane. Pura verità.
Da un
anno e mezzo stiamo andando avanti così. Prima il terrore puro e lock down
durissimo; poi
le zone colorate in attesa del Vaccino Salvifico, nuovo sacramento. Adesso il Green pass perché diventi
di fatto obbligatorio, rendendo la vita impossibile a chi non vuole o non può
farlo. Chi
lo farà riceverà il bollino (verde) come le banane, con le quali condivide lo
stesso tipo di spirito critico.
Riccardo
Cascioli ammonisce che «chi si sta vaccinando pensando di riacquistare la
libertà, avrà presto un'amara sorpresa. Dire di no al Green pass e
all'obbligatorietà dei vaccini è ormai una battaglia di libertà, contro un
regime che si sta affermando tra gli applausi entusiasti delle sue vittime».
Ida
Magli affermò che il Potere mente e inganna i sudditi per sua stessa natura. Lo ammise anche Jean Claude
Juncker, ai tempi della crisi della Grecia: «Quando le cose diventano serie
bisogna mentire».
Lo ha imitato Mario Draghi quando ha detto
spudoratamente: «Non ti vaccini? Ti ammali e muori, oppure fai morire, contagiando
qualcuno».
Maurizio Blondet ha commentato così: «Draghi giustifica la dittatura
sanitaria con la Menzogna, e finge di non
sapere che sono i vaccinati quelli che infettano».
Ormai
si è capito che i vaccini non danno immunità: ti puoi ammalare lo stesso,
tutt'al più riducono i sintomi. Molti diventano positivi o addirittura si ammalano dopo
averlo fatto. Gli eventi avversi letali sono numerosissimi (dati USA: oltre 4000 morti nel solo
2021, a
fronte di 4000 per tutti gli altri tipi di vaccini nei vent'anni precedenti).
Impossibile calcolare il rapporto rischi benefici: obiezioni e domande vengono
censurati dai media e dalle piattaforme, cancellando video e post non
ortodossi. Perché
c'è questo fuoco di sbarramento mediatico contro chiunque abbia dei dubbi?
Ma, in
fondo, perché dubitare? L'onnisciente Mario Draghi ha detto che «Il Green pass è una
misura con cui gli italiani possono continuare a esercitare le proprie
attività, a divertirsi, andare al ristorante, a partecipare a spettacoli
all'aperto, al chiuso. Con la garanzia però di ritrovarsi tra persone che non
sono contagiose"».
Garanzia?
L'importante quindi è che possano divertirsi, ballare spensierati sulla tolda
del Titanic (o meglio del Britannia), in attesa della galera già programmata
per ottobre, quando ricomincerà l'allarme per i contagi: si darà la colpa alla movida, agli
assembramenti e, naturalmente, agli untori della peste che non si son fatti
l'iniezione. La ricreazione è finita.
Ida
Magli (La Dittatura Europea) scrisse: «È stato messo in atto, con l'aiuto
delle tecnologie, un meccanismo di controllo e di "possesso" di ogni
cittadino, spogliato di tutto il suo "privato", quale nessuna
dittatura aveva mai realizzato. Con la giustificazione della
"trasparenza" e della "tracciabilità"... il concetto di
"privato", nell'uguaglianza-unificazione europea, è stato abolito».
Prima
l'uovo o la gallina? Il Green pass nasce per obbligare a fare il vaccino,
oppure il vaccino diventa obbligatorio per spingere la gente a lasciarsi
schedare e tracciare come mai prima d'ora?
Ricordiamo
che fin dal 2015 si parla di Identità Digitale universale, dove verranno stivati tutti i nostri
dati (fiscali, sanitari, legali, bancari ecc.). Il progetto, denominato ID2020, si deve ai soliti filantropi che
leggono sempre il futuro: Fondazione Rockefeller, Bill & Melinda Gates e la GAVI
(Alleanza Globale per i vaccini di cui fanno parte lo stesso Gates e le grandi
multinazionali farmaceutiche), come riportato da Panorama.
Come
spiega Giorgio Agamben, la schedatura biometrica universale viene giustificata
con la "biosicurezza", che ha trasformato il "diritto alla
salute" in "obbligo alla salute".
Le
oligarchie globaliste «hanno ancora bisogno degli attuali simulacri di stati-nazione
perché sono i soli che possano prendere misure coercitive tipo lock down o
Green pass. Spacciate come gesti di altruismo e di senso civico».
La
strada è già segnata, passo dopo passo. Il primo è il Green pass(o) anche al
supermercato: così si obbligano i renitenti confinati in casa a far la spesa
on-line, e solo con carta di credito. Seguirà l'abolizione del contante, con la creazione delle Criptovalute
delle Banche Centrali (ne ha già parlato mammina Ursula con la Lagarde).
Infine, i dati del Green pass confluiranno
nell'Identità Digitale, per approdare al "sistema a punti alla cinese": o ti comporti bene (e fai
qual che vogliono loro), o ti bloccano i fondi e hai chiuso per sempre. Avrai il reddito di sopravvivenza,
"non avrai nulla e sarai felice".
I
"vaccini" a RNA sono l'ultima trovata dell'ingegneria genetica. Cosa sappiamo degli effetti a lungo
termine, specie sui giovani in materia di fertilità?
È
inquietante ricordare che Bill Gates li ha definiti "soluzione
finale", e nel 2015 (ben prima del Covid), ha detto: «Se facciamo un buon
lavoro con i nuovi vaccini, la sanità e la salute riproduttiva, possiamo
diminuire la popolazione mondiale del 10-15%; solo un genocidio salverà il
mondo».
Concetti
pericolosi, che ricordano l'eugenetica nazista e le sperimentazioni di Mengele
sui bambini, nonché Malthus col "depopolamento", necessario perché
siamo in troppi. Nei giorni scorsi in Francia un articolo su "Le Monde" comincia a sdoganare
il concetto di riduzione della popolazione mondiale (eufemismo chic per
genocidio), per salvare il Pianeta dal riscaldamento globale; qualcuno si
illuderà che quelli da "ridurre di numero" siano gli altri e non noi.
Suvvia,
non siate complottisti! Restiamo coi piedi per terra e seguiamo la pista del
denaro, che funziona sempre. Vaccinare qualche miliardo di persone, più volte all'anno
per tutta la vita, è un bel business per le Case Farmaceutiche, che finanziano
"l'informazione responsabile" (la pubblicità in TV al 50% è di
medicinali) e la "vera ricerca scientifica" (purché dia i risultati
auspicati e remunerativi).
Siate
grati! Bill Gates e George Soros sono generosi "filantropi" di fama
mondiale, sempre attenti al Bene dell'Umanità. Insieme hanno appena creato il Global Access Health (Gah), con l'obiettivo di «rafforzare la diffusione della
tecnologia medica su scala globale». Si preparano inoltre a fornire «test rapidi ed economici per il
Covid-19 ... che segnalano in tempi brevi persone che possono non avere
sintomi, ma sono comunque in grado di infettare altri». Segno che prevedono tamponi a vita
per tutti, oltre ai vaccini. Altro bel giro d'affari.
E
naturalmente bisogna pensare al Terzo Mondo e all'Africa, anche lì ci sono vite
da salvare! L'OMS (o WHO, Organizzazione Mondiale della Sanità, di cui Gates è il
primo finanziatore) riporta che «solo 18 milioni di africani sono vaccinati: appena
l'1,5% della popolazione del continente». Bisogna intervenire subito e portare
anche a loro i benefici dell'iniezione: naturalmente potremo contare su quei
filantropi paladini della salute per farlo il più rapidamente possibile.
Concludiamo
col Green Pass: è veramente la Linea del Piave della nostra libertà. Se ci sottomettiamo sarà finita per
sempre. Se rifiuteremo di farlo, potremo percorrere passo dopo passo,
faticosamente, la strada indicata dal Mahatma Gandhi: « Prima ti ignorano, poi ti deridono,
poi ti combattono... poi vinci».
Genealogia
di Bill Gates.
Maurizioblondet.it-
Maurizio Blondet-(5 aprile 2020)- ci dice:
(Pubblicato
da Lino-6Viola.wordpress.com).
(maurizioblondet.it/genealogia-di-bill-gates-eugenetici-malthusiani-vaccinatori/)
GENEALOGIA
DI BILL GATES – eugenetici, malthusiani, vaccinatori
“Non
vogliamo avere molte persone guarite …”
Così
Bil Gates a minuto 33.45 della intervista alla TED, una tv non profit. “Per
essere chiari, stiamo provando – attraverso la chiusura negli Stati Uniti –
a ad avere meno dell’uno per cento della
popolazione infetta”.
Confessando
così che il suo scopo è di non avere gente immunizzata naturalmente, ma gente
in pericolo di essere infettata, a cui
somministrare i vaccini. Che sta
preparando.
Ne dà tante di interviste in questi giorni. E parla come fosse lui il
presidente. Intimando: “Lockdown, lockdown!”
Un’abitudine
al comando che gli viene dalla famiglia.
Sta
cominciando ad emergere la sua
genealogia, al di là della narrativa
leggendaria che lo vuole un giovinetto geniale, figlio di nessuno, che in un garage fa le sue prime scoperte di
software.
S’introduca
il nonno, il pastore battista Frederick Taylor Gates (1853-1929) co-azionista
della Standard Oil, ed intimo consigliere i John D. Rockefeller, per il quale inventò, organizzò secondo una precisa ideologia il sistema di “donazioni filantropiche” esentasse del
miliardario.
In
Usa, le donazioni in beneficenza sono esenti da tasse. Sono anche deducibili
dai redditi, il che consente ai miliardari di ridurre il loro imponibile,
evitando lo scaglione superiore di prelievo. Per questo praticano così attivamente la
“beneficenza” (charity).
Assillato
dai richiedenti da quando era diventato una celebrità, John D. Rockefeller, il
capostipite padrone della Standard Oil
versava 100 dollari qua e 200 là, alla vedova e all’orfano.
Errore, gli spiegò l’amico Gates: bisogna versare con continuità somme
ragguardevoli organizzazioni
filantropiche appositamente create, onde dare continuità alle loro
attività. Che non è sfamare la vedova e l’orfano
al dettaglio, bensì attuare
politiche “sociali” e sanitarie nel
senso voluto – voluto dai miliardari.
E’
stato quindi nonno Gates a creare, nel
1913, la Rockefeller Foundation:
il primo strumento in cui, sotto la voce beneficenza, i miliardari
americani attuano la forma di “ingegneria sociale”
e di politica che desiderano imporre ai
governi.
Ogni
altra “foundation” , fino alla Open Society di Soros, sono create su quel modello originale. Di fatto, prestigiosi uffici studi (basti dire che la Rockefeller ha selezionato e promosso personalità come
Henry Kissinger) al servizio del padronato, ma in
regime di paradiso fiscale. Quando leggete “no profit foundation”, è di quello che si tratta.
E
sotto la direzione di nonno Gates, che fu il ”fiduciario” della
Rockefeller Foundation fin dalla sua fondazione
nel 1913, la filantropica istituzione finanziò
tre filoni : le cattedre di
medicina, quelle di “scienze sociali” (il controllo dell’opinione pubblica attraverso
la sociologia) e l’eugenetica.
L’eugenetica,
la selezione scientifica dei
“migliori” (in senso darwiniano) e la sterilizzazione dei “peggiori”, fu notoriamente
praticata in Usa molto prima che nella Germania hitleriana. Nel 1909 almeno tre stati (fra
cui la California) si diedero leggi che
imponevano la sterilizzazione di elementi “inadatti” delle classi subalterne. La Carnegie Institution, la
Rockefeller Foundation e la
famiglia Harriman (ferrovie) finanziavano sistematicamente le cattedre di
“scienza eugenetica” che perciò
spuntavano come funghi a Stanford, a Yale, ad Harvard e a Princeton.
In
Mein Kampf , pubblicato nel 1924, Hitler cita
con lode l’ideologia eugenica
americana. Fin dal 1926
la Rockefeller Foundation
finanziò ampiamente il Kaiser Wilhelm Institute of Anthropology, Human Heredity
ed Eugenics di Berlino, che in seguito ispirò e condusse esperimenti di
eugenetica nel Terzo Reich .
E continuò
fino al 1939, quando le felice
collaborazione in scienze razziali fu
interrotta dalla guerra. Ma riprese
dopo. Nel
1949 un prestigioso esponente fuoriuscito
del Kaiser Wilheml Institute di Berlino, Otmar Freiherr von Verschuer, fu nominato
membro corrispondente della nuova società americana di genetica umana,
organizzata da eugenologi e genetisti americani. Verschuer era
il maestro di Joseph Mengele, il ben
noto medico e pediatra.
Eugenetica
e malthusianesimo sono dunque la vera passione e scopo filantropico della famiglia Gates. Vi sono perfino studi che accusano
nonno Gates di essere il colpevole della epidemia di influenza “spagnola”, che
nel 1918 uccise più uomini di quanti ne
uccise la grande guerra. Come noto, la “spagnola” non venne
dalla Spagna, e nemmeno dai fronti europei; la portarono soldati americani già infetti.
Come dimostrato dalle autopsie sui morti
riesumati, non furono uccisi dal virus
influenzale, bensì da una infezione
polmonare batterica, di streptococchi. E la Fondazione Rockefeller aveva distribuito ampiamente (anche nel Regno
Unito) una quantità di vaccini, fra cui
quello anti-meningococco, per prevenire
le epidemie fra la truppa. Vaccini del tutto sperimentali, rozzamente concepiti e fabbricati.
Il
primo caso di “spagnola” fu rilevato a
Fort Riley, nel Kansas nel 1918. Ora,
proprio lì la Rockefeller Foundation somministrò il vaccino promosso da nonno
Gates contro la meningite batterica a
4.700 soldati, un siero tratto
dal cavallo.
Lo
stesso Frederick Gates ne dà relazione:
UN
RAPPORTO SULLA VACCINAZIONE E SULLE OSSERVAZIONI DELL’ANTIMENINGITE SUGLI
AGGLUTININI NEL SANGUE DEI CARRIERI DEL MENINGOCOCCO CRONICO.
di
Frederick L. Gates
dell’ospedale
di base, Fort Riley, Kansas e del Rockefeller Institute for Medical Research,
New York.
Ricevuto
il 1918 il 20 luglio.
A Fort
Riley la malattia si manifestò subito, lo stesso giorno della terza
vaccinazione, ed in forma esplosiva.
Un
precedente molto sinistro. Che non può non
essere noto e raccontato
nelle cronache familiari, il Bill Gates nipote così
imperativamente assertivo sulla
necessità di vaccinare “tutti” e
nel frattempo, di rinchiudere tutti.
Può
averglielo raccontato il papà, William Gates sr,., il figlio di Frederick. Avvocato ,rimasto intimo della nuova
generazione Rockefeller, papà Gates è stato a
lungo nel consiglio direttivo della Planned Parenthood, la “filantropica” fondazione promotrice della legislazione
sull’aborto, oggi fabbrica di aborti e delle vendite di materiale estratto dai
feti abortiti.
Una
passione condivisa da un altro
miliardario:
(controinformazione.info/soros-la-crisi-del-coronavirus-mostra-che-e-tempo-di-abolire-la-famiglia/).
Blondet
ritorna sulla biografia di Bill Gates con l’articolo seguente:
DOVERE
DI MEMORIA.
(maurizioblondet.it/dovere-di-memoria/)
Maurizio
Blondet -28 Aprile 2020.
Di
Withney Webb ( bravissima ricercatrice).
Ricordi
la volta in cui si seppe che Jeffrey Epstein stava discutendo con la Gates
Foundation e JPMorgan per creare un “fondo di beneficenza globale per la
salute”? Ricordi quando Bill Gates disse che lo stile di vita di Jeffrey
Epstein era “a modo suo ‘intrigante”?
Dal
Daily Beast, 12 ottobre 2019:
“Il
miliardario Bill Gates, che ha ripetutamente minimizzato i suoi legami con
Jeffrey Epstein , ha visitato il condannato per reati sessuali più volte negli
anni successivi al rilascio di Epstein, secondo un’indagine del New York Times
– … “Il
miliardario Bill Gates, che ha ripetutamente minimizzato i suoi legami con
Jeffrey Epstein , ha visitato il condannato per reati sessuali più volte negli
anni successivi al rilascio di Epstein, secondo un’indagine del New York Times
pubblicata sabato. Gates, il co-fondatore di Microsoft, ed Epstein si sono incontrati ripetutamente a
partire dal 2011, tra cui almeno tre volte nella casa di città di Epstein a
Manhattan, secondo un rapporto del Times
[…]
L’
indagine di Ronan Farrow su The New Yorker ha scoperto che Epstein ha “diretto”
una donazione di $ 2 milioni da Gates al MIT Media Lab nell’ottobre 2014 (insieme ad altri $ 5,5 milioni
dall’investitore Leon Black). [..]
“Media
Lab ha continuato a prendere i suoi soldi [anche dopo la condanna di Epstein] ,
contrassegnando il donatore come anonimo e persino “consultandolo sull’uso dei
fondi”.
“Gates
vorrebbe contribuire al nostro
eccezionale programma scientifico per martedì prossimo”, presumibilmente
Epstein scrisse in una e-mail a Joi Ito, direttore del laboratorio. In
un’e-mail interna, Ito ha scritto: “Questo è un regalo da 2 milioni di dollari
di Bill Gates girato da Jeffrey Epstein”.
Ricordate
quando si scrisse molto sul fatto che Epstein era affascinato dell’eugenetica e
“affascinato” dagli studi sul DNA e
dall’ingegneria genetica?
[…] Il New York Times ha pubblicato un rapporto
sul suo desiderio di “seminare la razza umana con il suo DNA” […].
(eu.usatoday.com).
Ricordate
quel tempo in cui le fondazioni di filantropi miliardari come la Rockefeller Foundation
finanziarono apertamente gli studi
eugenetici anche nella Germania Nazista?
(L’articolo del Jerusalem Post del 30 dicembre 2012 che
racconta la “connessione” Rockefeller col Terzo Reich).
( jpost.com).
Ricordate
quando la Gates Foundation si è unita in
partenariato con la Rockefeller
Foundation per fondare il GAVI – Global Alliance for Vaccines and
Immunization? – e che GAVI e in
partenariato con l’OMS, che è parimenti finanziato dalla Gates Foundation?
L’
articolo del Guardian ,15 gennaio 2016, che si chiedeva:
Gates
e Rockefeller stanno usando la loro influenza per stabilire l’agenda nei paesi
poveri?
Uno
studio identifica le fondazioni di Bill e Melinda Gates e Rockefeller tra i
donatori ricchi che sono vicini al governo e che potrebbero distorcere le
priorità.
Il
citato importante studio (pdf) era
commissionato da Misereor e Brot
für die Welt , due gruppi ecclesiali tedeschi che lavorano in gran parte in
Africa .
…. Di gran lunga il più grande donatore, affermano gli
autori, è la Bill and Melinda Gates Foundation , che nel 2012 ha donato $ 2,6
miliardi. Si faccia il paragone
con $ 1,2 miliardi dei prossimi nove maggiori fondi statunitensi.
… 137
miliardari di 14 paesi si sono ora impegnati a dare a cause filantropiche .
Includono l’ex sindaco di New York City Michael Bloomberg , il regista
statunitense George Lucas e il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg .
“Lo
studio afferma che queste donazioni enormi consentono ai paesi ricchi e alle
loro società di raggiungere i propri fini nei paesi in via di sviluppo, dalla
creazione di partenariati pubblico-privato con aziende farmaceutiche alla
promozione di alcuni tipi di agricoltura aziendale e l’uso della bio-tecnlogia
per la salute e l’agricoltura. “
(theguardian.com)
Ricordate quando la Rockefeller Foundation simulò lo scenario chiamato “Lock-step” su come una Pandemia Globale avrebbe
generato uno Stato di polizia globale iniziato dalla Cina, ma che dopo che la pandemia cessa “non solo resta in
vigore , ma si intensifica”?
Si
tratta delle importantissime e
misconosciute simulazioni- “previsioni”
della Fondazione Rockefeller , riportate nella
sua pubblicazione “Scenarios for the Future of Technology and International
Development”
e pubblicato nel maggio 2010.
(nommeraadio.ee)
Come
rafforzare la globalizzazione anche dopo una pandemia globale?
Ricordate
quando un ex capo programmatore di Gates
confessò di aver accumulato e
scambiato oltre 6400 video di “stupri sui bambini” mentre lavorava in casa di Bill
Gates?
(Ne
parlò il Daily Mail il 1 gennaio 2015:
“….La
polizia è andata a cercarlo a casa sua nel quartiere Ballard di Seattle … ma
Jones è stato finalmente rintracciato
nel suo posto di lavoro nella
proprietà sul lungomare da $ 147 milioni
di dollari del miliardario tecnologico Bill Gates a Medina, Washington”.
(dailymail.co.uk)
Ricordate
quando Bill Gates fu definito “un mestatore
spietato che umilia e svilisce i
suoi dipendenti” dal cofondatore della Microsoft, Paul Allen?
Dall’articolo
sull’Independent, 31 marzo 2011:
Bill
Gates è uno spietato intrigante che ha
sminuito i suoi dipendenti e ha cospirato per derubare il suo socio in affari,
secondo un memoriale scritto dal co-fondatore di Microsoft, Paul Allen.
… La
loro società ha creato quello che sarebbe diventato l’onnipresente software
operativo del personal computer e si è trasformata in un business che ora vale
$ 220 miliardi (£ 137 miliardi).
(independent.co.uk).
Ricordate
quando Bill Gates ha promosso una strana
campagna di circoncisione dei maschi in Africa?
Gli
africani parlano contro la campagna di circoncisione di massa.
KAMPALA,
Uganda , 1 dicembre 2016 / PRNewswire / – Giornata mondiale contro l’AIDS – La Fondazione Bill & Melinda
Gates, Organizzazione mondiale della sanità, UNAIDS, USAID, PEPFAR e numerose
ONG hanno circonciso 12 milioni di africani per rallentare la diffusione
dell’HIV / AIDS.
Il
mondo non ha sentito una parola da loro fino ad ora. Il VMMC Experience Project
ha inviato telecamere in Uganda e in Kenya per documentare le realtà del
programma di circoncisione di massa.
Gli
investigatori locali hanno condotto interviste con 90 uomini e donne colpiti e
hanno scoperto:
Agli
africani viene detto che la circoncisione rende immuni dall’HIV.
2.
L’uso del preservativo è ai minimi storici e l’AIDS è in aumento.
3. Il
programma sta uccidendo proprio le persone che dovrebbe aiutare.
4.
Nessuna circoncisione post follow-up (approccio cut-and-release).
5.
Risentimento e indignazione tra gli africani.
(prnewswire.com).
La
Fondazione Gates all’inizio si chiamava “Bill & Melinda Gates Institute
for Population Control”.
Esiste
il video in cui Laurie Schwab Zabi, che è stata nella direzione di
Planned Parenthood con Bill Gates sr. (il padre), riferisce di un interessante
dettaglio:
“Someone misnamed an organisation (1:25), then
got corrected (4:33)”
Gates
impose all’India un programma di
vaccinazione antipolio che consisteva di
50 iniezioni su bambini inferiori ai 5 anni. Risultato: 450 mila ragazzi
indiani colpiti da paralisi.
Robert
Kennedy jr.:
“Con
la promessa di una donazione di $ 1,2
miliardi per sradicare la polio, Gates ha assunto il controllo del National Technical Advisory Group on
Immunization (NTAGI) indiano che ha imposto fino a 50 dosi (Tabella 1) di vaccini contro
la poliomielite attraverso i programmi di immunizzazione sovrapposti ai bambini
prima dell’età di cinque.
I medici indiani incolpano la campagna Gates per una
devastante epidemia di paralisi flaccida acuta non polio (NPAFP) che ha
paralizzato 490.000 bambini oltre i tassi previsti tra il 2000 e il 2017. Nel
2017, il governo indiano ha richiamato il regime vaccinale di Gates e ha
chiesto a Gates e alle sue politiche sui vaccini lasciare l’India. I tassi di
NPAFP sono scesi a quasi nulla.
“Nel 2010, Gates ha impegnato 10
miliardi di dollari con l’OMS dicendo: “Dobbiamo fare di questo il decennio dei
vaccini”.
Un mese dopo, Gates ha dichiarato in un Ted Talk che i nuovi vaccini “potrebbero ridurre
la popolazione”.
Nel
2014, la Catholic Doctors Association del Kenya ha accusato l’OMS di
sterilizzare chimicamente milioni di donne keniote non volontarie con una campagna di vaccinazione pretesa
contro il “tetano” .
I laboratori indipendenti hanno trovato una componente che dà sterilità in ogni vaccino testato. Dopo aver negato le accuse, l’OMS
ha finalmente ammesso di aver sviluppato i vaccini per la sterilità per oltre
un decennio.
Accuse simili arrivarono dalla Tanzania, dal Nicaragua, dal Messico e dalle
Filippine .
(globalresearch.ca).
Ricordate? Epstein
investì nella “Carbyne 911”, una
strana applicazione high-tech per
le chiamate ai centri d’emergenza, che però (secondo l’FBI) ha un’area grigia che gli conferiva un
accesso senza precedenti alle informazioni private, con grande potenziale di
abuso della privacy. Presidente di
Carbyne è stato Ehud Barak , ex primo
ministro israeliano. In una complessa
vicenda in cui Epstein era associato ad Eric Prince, il capo dell’agenzia di mercenari a noleggio ex Black-water, Human Rights Watch
ha rivelato che le autorità cinesi hanno
iniziato a utilizzare un’applicazione molto simile a Carbyne per sorvegliare
gli uiguri.
“L’app
di sorveglianza cinese monitora ogni aspetto della vita di un utente, comprese
le conversazioni personali, il consumo di energia, l’attivazione della
videocamera e del microfono e persino il monitoraggio dei movimenti di un
utente.
“Si ipotizza che la tecnologia di
Carbyne sia stata trasferita in Cina tramite il co-fondatore, l’israeliano Lital Leshem, azionista di Carbyne.
(trtworld.com).
Controllo
mentale e schifezze naziste
con i
soldi Rockfeller.
Rrigamonti.com-crimibank-(12-3-2020)
ARTICOLO
LUNGO MA VERAMENTE MOLTO INTERESSANTE, SOPRATUTTO VERSO LA FINE.
(rrigamonti.com/controllo-mental...ldi-rockfeller/).
Manchurian2.
Il
2004 ha visto l’uscita nelle sale cinematografiche di “The Manchurian Candidate“, il remake del film interpretato da
Frank Sinatra nel 1962. Basato sull’omonimo romanzo scritto nel 1959 da Richard
Condon, narra di un soldato americano catturato in Corea dai comunisti e
sottoposto al lavaggio del cervello che lo riduce allo stato di uno
zombi-killer pronto ad uccidere il principale candidato alle presidenziali
americane. L’anno dopo, a seguito dell’assassinio del presidente americano J.
F. Kennedy a Dallas, il film venne ritirato dalle sale cinematografiche dallo
stesso Sinatra.
La
spaventosa realtà descritta nel libro (e nel film) riaffiorò con l’assassinio
di Bobby Kennedy, nel 1968 mentre si apprestava anch’egli a vincere le
presidenziali americane, diventando improvvisamente chiara negli anni ‘70,
quando vennero resi pubblici alcuni documenti sul programma MKULTRA della
C.I.A., sfuggiti per errore alla loro distruzione totale ordinata nel 1973
dall’allora direttore della C.I.A. Richard Helms.
I
documenti testimoniavano che il programma MKULTRA:
«…riguardava
la ricerca e lo sviluppo di materiale chimico, biologico e radiologico da
potersi utilizzare in operazioni clandestine per controllare il comportamento
umano [...] furono tracciate ulteriori strade per il controllo del
comportamento umano, da investigarsi sotto l’ombrello protettivo dell’MKULTRA,
incluso radiazioni, elettroshock, vari campi della psicologia, sociologia e
antropologia, grafologia, sostanze molestanti, materiali e dispositivi paramilitari.»
Il
programma includeva l’uso di esseri umani ignari per la sperimentazione di
L.S.D. (dietilamide dell’acido lisergico), lavaggio del cervello e tecniche di
interrogazione. Ufficialmente MKULTRA fu creato per ricercare il modo di
controllare la mente umana allo scopo di contrastare le presunte attività di
manipolazione mentale (lavaggio del cervello) attribuite ai regimi comunisti,
in particolar modo di Corea, Cina e Unione Sovietica.
Nel
1953, a seguito di tali dicerie, il direttore della C.I.A., Allen Dulles (che
diresse la C.I.A. fino al 1961), autorizzò il programma MKULTRA finanziando
diversi progetti intesi a realizzare il controllo mentale degli esseri umani
tramite l’uso di ipnosi, droghe psicotrope, elettroshock, lobotomie,
suggestioni subliminali indotte, nonché combinazioni varie di queste tecniche
tra loro.
Nonostante
la prova di attività illecite e flagranti violazioni alla Costituzione
Americana e alla carta dei Diritti dell’Uomo, nonostante le prove e le
confessioni di uso indiscriminato di L.S.D. su soggetti ignari, la Commissione
Senatoriale, istituita nel 1975 dal presidente Gerald Ford, non portò a
decisioni significative e ben poco mutò all’interno della C.I.A. La Commissione
era presieduta dal vice-presidente americano Nelson Rockefeller, il che dette
origine al diffuso punto di vista sarcastico che “la volpe era stata nominata a
guardia dell’ovile”. Rockefeller… un nome da tenere a mente!
Ma
partiamo dall’inizio per capire come si sia potuta realizzare, solo qualche
anno fa, tanta aberrazione nel nome della democrazia, della pace e del
benessere del genere umano, e chi l’abbia potuta realizzare. Seguiremo un
percorso abbastanza lungo e poco “divertente”, ma che reputiamo necessario per
capire a fondo i meccanismi che hanno portato a MKULTRA, quali pericoli si
possono celare nel futuro dell’umanità e, possibilmente, come porvi rimedio. Il
primo e più importante dei rimedi è la conoscenza della verità! Si presti
particolare attenzione al ripetersi di certi nomi e di certe sigle, poiché sono loro, un pugno di
criminali che, nel nome della scienza e invocando propositi umanitari, cercano
di controllare e dominare il resto di noi.
Nel
1860 John D. Rockefeller iniziò l’attività petrolifera usando capitali
britannici, nacque così la Standard Oil Co., oggi denominata ExxonMobil. In
seguito nacque la Rockefeller Foundation, più o meno contemporaneamente alla
nascita della Federal Reserve (di ispirazione britannica), dell’IRS (Internal
Revenue Service, l’ufficio delle imposte americano) e dell’F.B.I. (Federal
Bureau of Investigation). Anni dopo il ramo discendente da William Rockefeller,
fratello di John D., entrò nella National City Bank (l’attuale Citibank con
filiali un po’ ovunque, Italia inclusa)[2]. Nel 1911 William ingaggiò in forma
privata l’alto ufficiale dei servizi segreti britannici Claude Dansey. Poiché
gli Stati Uniti si stavano preparando a partecipare alla Prima Guerra Mondiale
al fianco dell’ex nemico, la Gran Bretagna, Dansey in persona riorganizzò i
servizi segreti dell’esercito statunitense facendone un distaccamento dei
servizi segreti britannici. Il discepolo americano di Dansey, generale
Marlborough Churchill, un lontano parente di Winston Churchill, fu nominato
direttore dei servizi segreti dell’esercito USA. Alla fine della guerra
Churchill diresse la Black Chamber, un gruppo di spionaggio con sede a New
York, che offriva i propri servigi al Dipartimento di Stato, all’esercito USA e
ai finanzieri privati leali alla Gran Bretagna.
Negli
anni ’20 la Rockefeller Foundation finanziò i progetti tedeschi di genetica
psichiatrica, vale a dire i progetti criminali denominati purificazione della
razza, igiene razziale o miglioramento della razza, sviluppati inizialmente nei
laboratori londinesi della Galton e nelle sue derivate Società di Eugenetica in
Inghilterra e in America. A Monaco, l’Istituto Kraeplin fu ribattezzato Istituto di
Psichiatria Kaiser Wilhelm e da allora fu finanziato con i fondi della
Rockefeller Foundation e diretto da uomini della Fondazione. Fu anche creato
l’Istituto di Antropologia, Eugenetica ed Ereditarietà Umana Kaiser Wilhelm. A
capo di entrambi gli istituti fu posto lo psichiatra filo-nazista svizzero
Ernst Rudin. Inizialmente ci fu un finanziamento di 11 milioni di marchi
effettuato da Gustav Krupp von Bohlen und Halbach (rappresentante della
famiglia Krupp che faceva affari nel campo dell’acciaio e delle armi) e da
James Loeb, un americano proveniente dalla famiglia di banchieri Kuhn-Loeb, che
continuò a finanziare l’istituto anche in seguito, coinvolgendo i suoi amici
ebrei americani. Da notare che James Loeb era cognato di Paul Warburg e che i
Warburg erano proprietari della Kuhn-Loeb Bank ed erano partner in affari con
William Rockefeller. Alla lista dei finanziatori si aggiunse la famiglia Harriman,
la quale usava per i propri affari i fondi messi a disposizione da Sir Ernst
Cassel, il banchiere personale della famiglia reale britannica. Nel 1925 la Rockefeller Foundation
stanziò a favore dell’Istituto Psichiatrico di Monaco la somma iniziale di 2,5
milioni di dollari, nel 1928 stanziò altri 325.000 dollari per la costruzione
di un nuovo edificio e continuò a finanziare l’istituto e il suo direttore
Rudin. Negli anni 1930-35 pagò per
un’indagine antropologica riguardante la popolazione mondiale in termini
eugenetici, condotta dagli eugenetisti nazisti tra cui Rudin, Verschuer, Eugen
Fischer.
All’inizio
degli anni ’30 gli esperti in psicologia e purificazione razziale della
famiglia Rockefeller crearono la Josiah Macy Foundation, un’organizzazione per la ricerca
medica che “lavorava” sia per conto dei Rockefeller che dei servizi segreti
Britannici, a dirigere la quale fu chiamato il generale Marlborough Churchill,
già capo dei servizi segreti dell’esercito americano.
Nel
1932 il movimento di eugenetica, ispirato da esponenti britannici, dette vita
alla Federazione
Mondiale di Eugenetica nominando alla carica di presidente il dottor Ernst Rudin,
dell’Istituto Psichiatrico di Monaco. Il movimento, al tempo, si proponeva
l’uccisione o la sterilizzazione degli individui che, per motivi ereditari,
potevano essere un pesante fardello sociale o una minaccia nazionale (come nel
caso degli ebrei in Germania).
Il
1933 vide l’ascesa al potere di Adolf Hitler. Il Governatore della Banca
d’Inghilterra, Montagu Norman, s’incaricò di dar corso alle strategie dei fans
di Hitler, le famiglie Rockefeller, Warburg e Harriman, finanziando gli
armamenti della Germania nazista. Pochi mesi dopo la propria nascita, la Federazione
Mondiale di Eugenetica divenne una sezione dello stato nazista e Rudin fu
nominato a capo della Società di Igiene Razziale e, in qualità di facente parte
della squadra di “Esperti in Ereditarietà” capeggiati dal gerarca delle SS
Heinrich Himmler, redasse la legge sulla sterilizzazione che, descritta come
una legge modello americana, fu adottata nel luglio 1933 e orgogliosamente
stampata nel settembre dello stesso anno con la firma di Hitler (Eugenetical
News – USA).
Il gruppo
Rockefeller redasse altre leggi razziali basate, come lo fu la legge sulla sterilizzazione,
sullo statuto vigente nel Commowealth della Virginia. Otmar Verschuer e il suo assistente
dottor Josef Mengele scrissero i rapporti utilizzati dalle corti speciali per
imporre le leggi sulla purezza razziale di Rudin.
Nel
1934 la Massoneria del Rito Scozzese (l’ala americana della Massoneria
britannica, antagonista alla Massoneria del Gran Oriente praticata in Italia
con la quale non è da confondere, affiancò i
Rockefeller nel finanziamento delle ricerche di eugenetica psichiatrica. Il
Rito Scozzese (che durante la Guerra di Secessione sostenne gli Stati del Sud
contro il Nord di Abraham Lincoln), fautore di progetti per la supremazia
razziale dei bianchi quali il famigerato Ku Klux Klan, riconosceva come capo
assoluto il Gran Maestro della Gran Loggia Madre dei Massoni nel Mondo, che era
anche il Gran Maestro della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, il Duca di
Connaught, figlio della regina Vittoria e fratello di Re Enrico VII.
Suo
padre era il principe tedesco Albert Coburg e grazie a lui il Duca di Connaught
coltivò simpatie filo-tedesche che lo portarono ad accogliere come membro della
famiglia Connaught un giovane turista tedesco, Joachim von Ribbentrop. Lo stesso che in età adulta diventò
ambasciatore tedesco nel Regno Unito e lavorò in perfetta sintonia di vedute
con il Duca di Connaught e con suo nipote Edoardo VIII, dichiaratamente
filo-nazista, oltre che con il Governatore della Banca d’Inghilterra Montagu
Norman.
Lo
psichiatra genetista tedesco Franz J. Kallmann, che lavorò sotto il
protettorato di Ernst Rudin alla Rockefeller Foundation in Germania studiando
la degenerazione ereditaria, dichiarò al Congresso sulla Scienza della
Popolazione, tenutosi a Berlino nel 1935, che per debellare la schizofrenia
bisognava sterilizzare sia i malati che i loro parenti “apparentemente” sani,
in modo da eliminare il rischio di propagazione ereditario. Poiché Kallmann risultò essere un
“mezzo-ebreo”, nel 1936 fu forzato ad emigrare negli Stati Uniti, dove continuò
le proprie ricerche presso l’Istituto di Psichiatria dello Stato di New York di
cui divenne direttore della ricerca. A dirigere l’Istituto c’era il dottor
Nolan D.C. Lewis, referente del Rito Scozzese per quanto riguardava la ricerca
sulla schizofrenia. Il Rito finanziò Kallmann per condurre uno studio su oltre
1000 casi di schizofrenia al fine di dichiarare l’ereditarietà dei disordini
mentali. Lo studio di Kallmann fu pubblicato simultaneamente nel 1938 sia negli
Stati Uniti che in Germania e fu usato da quest’ultima come pretesto per
iniziare, nel 1939, l’uccisione dei malati affetti da disturbi mentali e da
varie altre “deficienze”, procurando la morte ad oltre 200.000 persone nelle
camere a gas o tramite iniezioni letali. Nella prefazione del suo lavoro
Kallmann ringraziò il Rito Scozzese e il suo mentore Ernst Rudin.
La
Germania nazista aveva bisogno di carburante per portare avanti le proprie
campagne belliche. Il colosso chimico IG Farben, guidato dalla famiglia
Warburg, in fusione-simbiosi con la Standard Oil dei Rockefeller, si mise a
produrre gasolio utilizzando il carbone. Per realizzare il progetto la IG
Farben-Standard Oil costruì nel 1940-41 una gigantesca struttura ad Auschwitz,
in Polonia, dove i nazisti concentravano ebrei e altri soggetti deportati da
utilizzare come manovalanza gratuita per i lavori di trasformazione del carbone
in gasolio, mentre quelli non idonei ai lavori venivano avviati alle camere a
gas e ai forni crematori (a sua difesa, la Rockefeller Foundation sostiene di
essersi limitata a finanziare i programmi Nazisti di ricerca psichiatrica.
Sic!).
Nel
1943 fu nominato dirigente medico di Auschwitz l’assistente di Otmar Verschuer,
il dottor Josef Mengele. In qualità di direttore pro-tempore dell’Istituto
rockefelliano di Antropologia, Eugenetica ed Ereditarietà Umana Kaiser Wilhelm
di Berlino, Verschuer si assicurò che il Consiglio per la Ricerca Tedesco
inviasse a Mengele i fondi necessari per gli esperimenti sui prigionieri, con
particolare riguardo ai gemelli, il campo di ricerca favorito da Mengele. Sotto la sua guida e la supervisione
di Verschuer, al quale venivano inviati giornalmente campioni di sangue per le
sue ricerche sulle proteine, furono compiuti scempi orribili nel nome della
scienza. Donne
sterilizzate, uomini castrati, organi asportati senza anestesia e inviati ai
laboratori del gruppo Rockefeller dell’Istituto Kaiser Wilhelm, affinché
Verschuer potesse fare i suoi esperimenti. [È interessante notare che, mentre
Mengele fu attivamente ricercato per i suoi crimini e viene universalmente
dipinto senza mezzi termini per il mostro che era, nessuno si interessò a
Verschuer il quale, in virtù della suo alto rango nell'establishment
rockefelliano, nel 1947 ottenne di poter continuare la propria "ricerca
scientifica" sotto l'egida dell'Ufficio per l'Ereditarietà Umana, che
proprio in quell'anno si trasferì da Londra a Copenhagen. Nel 1956, nella sede
dell'Ufficio per l'Ereditarietà Umana costruita a Copenhagen con i soldi dei
Rockefeller, fu tenuto il primo Congresso post-bellico sulla Genetica Umana.
Nel frattempo una vecchia conoscenza, il dottor Kallman, diventato un dirigente
della Società Americana di Eugenetica, testimoniò a favore della
de-nazificazione del Verschuer. In seguito Kallmann e Verschuer, con altri
autorevoli nazisti, crearono la Società Americana di Genetica Umana, la stessa
che in seguito dette vita al Progetto Genoma Umano.]
Mentre
il conflitto divampava, la Rockefeller Foundation e l’esercito del Canada
misero insieme i propri esperti psichiatrici. Facile da realizzare, poiché il
comandante medico dell’Esercito Canadese, lo psichiatra Brock Chisholm, fu addestrato nella Clinica
Psichiatrica Tavistock di Londra, una dei maggiori beneficiari della
Rockefeller Foundation. Nel 1943 la Fondazione creò l’Allen Memorial Institute
presso l’Università McGill di Montreal e a dirigere il reparto psichiatrico
dell’istituto fu chiamato lo psichiatra-genetista scozzese, immigrato negli
U.S.A., dottor Donald Ewen Cameron, un nome che diventerà famoso nell’ambito
dell’MKULTRA. Sotto gli auspici e la protezione dell’esercito canadese, della Rockefeller
Foundation e della C.I.A., l’Istituto Allen fu teatro di interrogatori
coercitivi sperimentali ad opera di Cameron, che prevedevano l’uso “terminale”
dell’elettroshock come metodo di tortura tramite la bruciatura del cervello
causata dalle scariche elettriche, la psicochirurgia (lobotomia) e il lavaggio del
cervello tramite somministrazione di droghe, farmaci e ipnosi. Nel frattempo
nell’Ospedale Psichiatrico St. Elizabeth di Washington, D.C., (dove vengono
ricoverati gli attentatori dei presidenti) iniziò a circolare la marijuana. Il
dirigente psichiatrico dell’ospedale, e militante nel Rito Scozzese, dottor
Winfred Overholser, nel 1943 capeggiò la commissione “siero della verità” dell’Ufficio dei
Servizi Strategici (O.S.S.). Con il pretesto ufficiale di voler combattere il fascismo,
Overholser e il suo staff somministrarono mescalina a vari soggetti cavia e,
nella primavera del ’43, giunsero alla giusta miscela di marijuana e tabacco in
grado di creare nel soggetto uno “stato di irresponsabilità” tale da
“sciogliergli la lingua” e obbligarlo a raccontare la verità. Forti di questa “bella scusa” e con
la complicità di agenti del controspionaggio e dell’FBI diretta da J. Edgar
Hoover, un altro esponente del Rito Scozzese, Overholser e i suoi somministrarono
marijuana ai soldati in tutte le basi americane per aiutare la ricerca di
soggetti sovversivi. In seguito, negli anni ’50 e ’60, gli strateghi
dell’MKULTRA utilizzarono gli stessi canali per trasformare in drogati
un’intera generazione di giovani.
Nel
1944 Montagu Norman, rassegnò le dimissioni da Governatore della Banca
d’Inghilterra e iniziò immediatamente un nuovo progetto ironicamente legato ai
suoi ripetuti esaurimenti e conseguenti ricoveri: organizzò nella propria
abitazione londinese l’Associazione Nazionale per la Salute Mentale britannica
(National Association for Mental Health, N.A.M.H.). L’assistente di Norman
presso la Banca d’Inghilterra, Otto Niemeyer, divenne il tesoriere
dell’Associazione, mentre sua nipote Mary Appleby, che aveva lavorato nella
sezione tedesca del Ministero degli Esteri Britannico, fu nominata segretario
generale. Presidente
dell’Associazione fu Richard Austen Butler, che era stato il vice di Lord
Halifax al Ministero degli Esteri e portavoce nel Parlamento Inglese della
politica a favore del nazismo. La direzione dell’Associazione toccò al genero di Lord
Halifax, mentre la vice-direzione andò alla moglie di Norman, Priscilla
Reyntiens Worsthorne Norman, un’attivista dell’eugenetica. Ben presto l’influente gruppo di
Norman si espanse ed assunse il controllo della professione psichiatrica
mondiale.
Alla
fine della Seconda Guerra Mondiale il dottor Donald Ewen Cameron fu chiamato ad
aiutare l’unità di guerra psicologica della corona inglese Tavistock nella
valutazione della sanità mentale di Rudolph Hess. Ciò valse a Cameron la nomina di
esperto nei processi per crimini di guerra di Norimberga. Sembra che il suo vecchio collega
all’O.S.S. (Ufficio dei Servizi Strategici dell’Esercito Americano), Allen
Dulles, futuro direttore della C.I.A. e fautore dell’MKULTRA, si dichiarò
compiaciuto del suggerimento di Cameron di trattare ogni sopra-vissuto tedesco
di età superiore ai 12 anni con l’elettroshock, in modo da eliminare le
restanti vestigia del nazismo.
Nel
1948 l’Associazione Nazionale per la Salute Mentale di Norman radunò i leader
mondiali della psichiatria e della psicologia in un Congresso Internazionale
sulla Salute Mentale che si tenne a Londra, presso il Ministero della Sanità
del Regno Unito. Durante il congresso fu creata la Federazione Mondiale per la
Salute Mentale (World Federation of Menthal Health, tutt’ora in vigore e
responsabile della pubblicazione del controverso D.S.M., il Manuale Diagnostico
Statistico delle cosiddette malattie mentali).
La
signora Norman fu nominata nel consiglio esecutivo, mentre la presidenza della
neonata W.F.M.H. toccò al comandante del dipartimento di guerra psicologica
dell’esercito inglese e dirigente dell’Istituto Tavistock, il Generale di
Brigata dottor John Rawling Rees. Dall’altra parte dell’oceano, a New York,
Clarence G. Michalis, un uomo di Montagu Norman, fu chiamato a dirigere il
Consiglio di Amministrazione della Josiah Macy Foundation, la quale iniziò a
pagare per le attività della Federazione Mondiale per la Salute Mentale e
dell’Istituto Tavistock negli Stati Uniti: cioè fornire sostanze stupefacenti e
sovvertire gli ideali occidentali.
Il dirigente medico della Josiah Macy
Foundation, dottor Frank Fremont-Smith, fu anche co-direttore permanente con
Rees della Federazione Mondiale per la Salute Mentale. La coordinatrice della
delegazione statunitense al Congresso, Nina Ridenour, più tardi scrisse nel suo
libro “Mental Health in the United States: A Fifty Years History” che la
Federazione Mondiale per la Salute Mentale fu creata su consiglio
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’UNESCO, entrambe
organizzazioni delle Nazioni Unite, poiché c’era la necessità di avere un’ente
con cui “co-operare” nel campo della salute mentale che fosse non-governativo
(O.N.G.), così da eludere qualsivoglia legge e costituzione.
Il
primo direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità fu lo psichiatra
canadese Brock Chisholm, cioè colui che creò l’Allen Memorial Institute presso
l’Università McGill di Montreal con l’aiuto della Rockefeller Foundation.
L’UNESCO
invece fu fondata dal suo primo segretario generale, lo stratega
dell’eugenetica e biologo Julian Huxley, nipote del primo editore di Darwin,
amico di Rees e fratello dello scrittore e cantore delle droghe sintetiche Aldous
Huxley. È
interessante notare quali personaggi siano stati nominati a fungere da
vice-presidenti della Federazione Mondiale per la Salute Mentale: Cyril Burt,
uno psichiatra dell’Istituto Tavistock e attivista eugenetico, noto per le sue
“ricerche” sui gemelli; Hugh Chrichton-Miller, fondatore della Clinica
Tavistock nonché vice-presidente dell’Istituto Carl G. Jung di Zurigo e
dell’Associazione Nazionale per la Salute Mentale britannica; Dame Evelyn Fox,
leader del movimento eugenetico e guida di Lady Norman; lo psichiatra genetista
Sir David Henderson, operante a Londra, Monaco e New York, insegnante di Donald
Ewen Cameron e autore di Psichiatria e Miglioramento della Razza; Lord Thomas
Jeeves Horder, presidente della Società di Eugenetica della Gran Bretagna,
presidente dell’Associazione per la Pianificazione Familiare, presidente
dell’associazione per le Relazioni Pubbliche Anglo-Sovietiche; Carl Gustav
Jung, psichiatra curante di Montagu Norman, Paul Mellon e di Allen Dulles,
rappresentante della psichiatria tedesca sotto i Nazisti e co-editore del
nazista Journal of Psychotherapy; Winfred Overholser, a capo della delegazione
americana al Congresso, rappresentante del Rito Scozzese, dirigente
dell’Ospedale Psichiatrico St. Elizabeth di Washington, colui che somministrò
marijuana ai soldati americani.
Il
primo oratore del Congresso fu Margaret Mead che sarebbe diventata presidente
della Federazione Mondiale per la Salute Mentale nel 1956-57, in piena attività
criminosa dell’MKULTRA.
MKULTRA.
L’MKULTRA,
programma post-bellico anglo-americano per il controllo mentale, ebbe in Donald
Ewen Cameron il suo personaggio più famoso. Addestratosi all’Ospedale Mentale
Reale di Glawgow sotto la guida di Sir David Henderson, Cameron fondò la
branchia canadese della Federazione Mondiale per la Salute Mentale presieduta
dal suo amico Rees. Inoltre diventò presidente dell’Associazione Psichiatrica
Canadese, dell’Associazione Psichiatrica Americana (A.P.A.) e dell’Associazione
Psichiatrica Mondiale.
Giunse
improvvisamente alla notorietà quando alcuni sopravvissuti ai suoi esperimenti
denunciarono la CIA, che era la finanziatrice delle attività di Cameron, la
quale pagò cifre milionarie in transazioni extra-giudiziarie pur di far tacere
i denuncianti, contando anche sul fatto che i sopravvissuti agli esperimenti di
Cameron erano oggettivamente pochi, essendo la maggior parte deceduta a causa
degli esperimenti stessi.
A
seguito delle indagini compiute sia dalla Commissione Senatoriale istituita nel
1975 dal presidente Gerald Ford che da reporter indipendenti, si scoprì che
Cameron somministrava alle sue vittime droghe e farmaci per farle dormire per
settimane intere, svegliandole giornalmente solo per sottoporle a scariche di
elettroshock al cervello.
Per
fare ciò utilizzava il metodo di Page-Russel che consisteva nell’immobilizzare
il paziente e somministrargli una scarica iniziale di un secondo, quindi da
cinque a nove scariche ulteriori.
Cameron, però, aumentò il voltaggio previsto e
portò la batteria di scariche da una a due e perfino tre volte al giorno. I
malcapitati pazienti persero la memoria, chi parzialmente chi in modo totale,
alcuni persero anche la capacità di controllare le funzioni corporee e, in
certi casi, la capacità di parlare.
Fu
accertato che almeno una paziente fu ridotta quasi allo stato vegetale, quindi
Cameron le asportò chirurgicamente i centri cognitivi del cervello riuscendo a
mantenerla in vita.
Il
dottor Cameron fece anche esperimenti con il curaro, il veleno che uccide
simulando un attacco cardiaco. Egli, però, sostenne di averlo sempre usato in dosi non
letali al solo scopo di immobilizzare ulteriormente i suoi pazienti mentre
venivano sottoposti alla privazione sensoriale (cura del sonno) per periodi che
arrivavano fino a 65 giorni. (Tutt’oggi l’elettroshock viene chiamato “terapia al curaro” poiché l’irrigidimento dei muscoli
causato dal curaro evita che i pazienti si spezzino i denti o si taglino la
lingua durante la somministrazione delle scariche elettriche.)
Quindi
ai pazienti così trattati veniva somministrato l’LSD al fine di ottenere delle
allucinazioni “programmabili”. Una volta che i soggetti erano considerati “pronti”,
iniziava la “Guida Psichica”: mediante un auricolare posto sotto il cuscino
oppure con delle cuffie inamovibili, veniva riprodotto in continuazione un
nastro per imprimere determinate frasi nella memoria residua delle vittime.
Si
scoprì che la CIA finanziò questi orrori tramite la Società per gli Studi di
Ecologia Umana (Society for the Study of Human Ecology), la quale, al solo scopo di meglio
accreditarsi come vera e legittima organizzazione accademica, finanziò anche
uno studio sulla circoncisione di bambini turchi, compresi tra i cinque e i
sette anni e residenti ad Istanbul, e sui problemi che essi avevano con i loro
genitali.
Per
quanto riguarda gli esperimenti con l’L.S.D., essa veniva veicolata dalla
Josiah Macy Foundation tramite il suo dirigente medico Frank Fremont-Smith che
nel 1954-55, guarda caso gli anni cruciali per il decollo del programma
MKULTRA, fu anche presidente della Federazione Mondiale della Salute Mentale.
Frank Fremont-Smith fu iniziato all’L.S.D. da Harold Abramson, uno psichiatra
ricercatore alla Columbia University e al centro di eugenetica di Cold Spring
Harbor, a Long Island, facente anch’egli parte dei ricercatori dell’MKULTRA.
Abramson
fu il primo a somministrare L.S.D. all’antropologo Gregory Bateson, marito di
Margaret Mead. Bateson, a sua volta, nel 1959 somministrò L.S.D. al poeta della
beat-generation Allen Ginsberg durante un esperimento alla Stanford University.
Poco dopo l’L.S.D. diventerà la droga simbolo
della cultura Hippy e verrà esportata e somministrata ai giovani “contestatori”
di tutto il mondo occidentale.
Un
altro sperimentatore dell’L.S.D. fu il dottor Paul Hock che, assieme al leader
dell’eugenetica nazista Franz Kallmann, co-diresse la ricerca all’Istituto
Psichiatrico della Stato di New York, presso la Columbia University. Hock era
membro della Società Americana di Eugenetica e fu nominato Commissario di Stato
per l’Igiene Mentale dal governatore di New York Averell Harriman e poi
ri-nominato dal governatore Nelson Rockefeller (colui che presiedette la
Commissione Senatoriale d’indagine sull’MKULTRA).
Inoltre, fu Hock che causò la morte del tennista
newyorchese Harold Blauer mediante iniezioni di derivati della mescalina.
Responsabile
di molti progetti MKULTRA, fu il biochimico Sidney Gobblieb, dirigente della
Divisione Chimica dei Servizi Tecnici della CIA, creatore di tossine letali,
sieri della verità e assiduo sperimentatore di L.S.D., ispiratore del “Dottor
Stranamore”, il personaggio creato da Stanley Kubrik e interpretato da Peter
Sellers.
Nel
giugno 1953 Gobblieb approvò il progetto per lo studio degli aspetti
biochimici, neurofisiologici, sociali e di psichiatria clinica dell’acido
lisergico dietilamide. Inizialmente l’L.S.D. veniva somministrata al personale
interno alla CIA e i risultati venivano inviati a Gobblied per catalogazione e
analisi.
Il 19
novembre del 1953 fu somministrata L.S.D. all’ignaro dottor Frank Olson, uno
scienziato dell’Esercito americano che lavorava al programma MKULTRA. Olson
entrò in un interminabile stato di schizofrenia paranoica, fu portato al
cospetto di Abramson che non seppe fare nulla se non convincere Olson a
ricoverarsi nel manicomio di Chestnut Lodge a Rockville, Maryland.
Ma la
sera prima del ricovero, a una settimana dall’ingestione dell’LSD, Olson volò
fuori dalla finestra del decimo piano dell’hotel in cui alloggiava. Suicidio
voluto o procurato?
Non si sa, ma il caso Olson diventò uno
scandalo tale da incidere le prime crepe nella segretezza dell’MKULTRA. Fu da
allora che i test sull’LSD, precedentemente fatti su soggetti interni alla CIA
o al programma MKULTRA, furono fatti su soggetti esterni e completamente
ignari, in particolar modo su prigionieri, tossicodipendenti ricoverati in
strutture di riabilitazione, internati nei manicomi. Tutta gente che
difficilmente avrebbe protestato e ancor più difficilmente sarebbe stata
creduta.
Sebbene
la storia dell’MKULTRA sia indissolubilmente legata al nome C.I.A., il
programma MKULTRA non fu ordito dalla C.I.A. come tale, bensì dal suo direttore
Allen Dulles, un paziente di Carl Gustav Jung e vecchio amico ed estimatore di
Donald Ewen Cameron, cioè un prodotto psichiatrico lui stesso.
Si
tenga presente, inoltre, che le ricerche oggetto dell’MKULTRA erano figlie
delle ricerche psichiatriche naziste, che a loro volta erano figlie delle
teorie psichiatriche che si andavano sviluppando fin dal secolo precedente.
A
riprova di ciò, le ricerche per il controllo mentale dell’uomo non terminarono
con la sospensione di MKULTRA, poiché alcuni tra i suoi più importanti
ricercatori, cioè i veri responsabili ed esecutori dei crimini, furono riuniti
nel 1961 da Robert H. Felix (psichiatra e maestro massone del 33° grado, fondatore del N.I.M.H., National
Institute of Mental Health, di cui fu direttore dal 1949 al 1964) sotto l’egida
dell’American
College of Neuropsychopharmachology: un gruppo di circa 150 persone che includeva
psichiatri, biologi, psicologi del comportamento, chimici, farmacisti e
neuropsicologi continuò indisturbato il lavoro dei vari Kallmann, Overholser,
Mengele, Cameron, Gobblied, Abramson, e così via.
Nel
1967, alla vigilia dell’esplosione della contestazione giovanile dei Figli dei
Fiori, dediti all’uso e all’abuso di droghe, il Gruppo di Studio per gli
Effetti dei Farmaci Psicotropi sugli Umani Normali (Study Group for the Effects
of Psychotropic Drugs on Normal Humans) tenne una conferenza per stabilire il
corso degli Stati Uniti verso il 2000. Gli atti della conferenza furono redatti
da due protagonisti dell’MKULTRA, il dottor Wayne O. Evans, direttore del U.S.
Army Military Stress Laboratory (Laboratorio Militare per lo Stress
dell’Esercito Statunitense) nel Massachusetts, e Nathan Kline, un fanatico
psichiatra eugenetista, ricercatore presso la Columbia University e praticante
di psicologia-woodoo nella sua clinica di Haiti. Nella prefazione agli atti si
leggeva che:
«…l’attuale
gamma di farmaci utilizzati sembrerà quasi insignificante se la compariamo alla
quantità possibile di sostanze chimiche che saranno disponibili per il
controllo degli aspetti selettivi della vita dell’uomo del 2000 [...] La
cultura Americana [...] si sta muovendo verso una “società sensoriale” [...]
Una maggiore attenzione viene data all’esperienza sensoriale, minore invece
alle filosofie razionali o a quelle orientate al lavoro.
Una
tale visione filosofica abbinata ai mezzi per separare il comportamento
sessuale dalla riproduzione o dalla malattia, aumenterà indubbiamente la
libertà sessuale [...] Appare ovvio che i giovani di oggi non siano più
impauriti né dalla droga né dal sesso. D’altra parte, filosofi e portavoce
dell’avanguardia propugnano l’esperienza sensoriale personale come la raison
d’être della prossima generazione.
Per
terminare, ci stiamo dirigendo verso un’epoca in cui il lavoro significativo
sarà possibile solo per una minoranza: in un’epoca simile gli afrodisiaci
chimici possono essere accettati come mezzi comuni per occupare il proprio
tempo. Sarà interessante vedere se la moralità pubblica nei prossimi 30 anni
cambierà nella stessa misura in cui è cambiata negli ultimi 30.
Se noi
accettiamo che l’umore, la motivazione e l’emozione umana sono i riflessi di
uno stato neurochimico del cervello, allora i farmaci possono fornire un mezzo
semplice, rapido e conveniente per produrre qualsiasi stato neurochimico
desiderato.
Più
presto smetteremo di confondere le asserzioni scientifiche sui farmaci con
quelle morali, più presto potremo razionalmente considerare gli stati
neurochimici che vogliamo fornire alla gente.»
Si
faccia per un attimo mente locale sui propositi asseriti nel 1967 da Evans e
Kline comparandoli alla situazione attuale, al proliferare di sostanze
chimiche, siano esse droghe da strada oppure psicofarmaci. Lo spinello è
normale, l’ecstasy in discoteca è d’obbligo e una “nuova” schiera di psichiatri
ha dato vita al M.A.P.S. (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies), che promuove l’ecstasy, l’L.S.D. e
altre droghe psicotrope come la soluzione dei problemi dell’uomo (l’ecstasy
viene addirittura definita pillola dell’amore in grado di realizzare il
comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso”). Ricorrere a psicofarmaci
per qualsiasi sciocchezza è diventato normale e altamente pubblicizzato dagli
psichiatri e dai loro accoliti, sia in programmi televisivi che sulla carta
stampata che su internet.
Il Prozac è stato ridefinito dal marketing “pillola della felicità”; il Ritalin viene regolarmente
somministrato a sei milioni di bambini americani (che gli psichiatri
statunitensi hanno dichiarato affetti dal controverso A.D.H.D., Disturbo da
Deficit dell’Attenzione con Iperattività) e ora arriva anche in Italia dove professionisti
prezzolati, insegnanti incapaci e genitori scansafatiche più interessati alle
proprie esperienze sensoriali personali che ai propri figli, sperano di trovare
la soluzione per mettere sotto controllo la vivida intelligenza dei bambini che
hanno la sfortuna di incontrarli.
Inoltre,
direttamente dagli studi targati anni ’50 sulla manipolazione mentale, ecco la
pillola per dimenticare, che elimina i brutti ricordi – ciò che Cameron voleva
ottenere somministrando elettroshock ai tedeschi sopravissuti – ma elimina
anche la responsabilità. Il sesso “disinibito“, infine, è diventato l’argomento
principe sia in televisione che su giornali e riviste.
Ci
sono telefilm che sembrano scritti da Evans e Kline in persona, mentre i
reality format ci mostrano individui alla ricerca della notorietà e del facile
guadagno che si fanno rinchiudere per mesi in spazi angusti, ripresi giorno e
notte dalle telecamere in una specie di psicoanalisi mediatica collettiva in
cui non può mancare lui, il vero protagonista, quello che tutti aspettano e
vogliono vedere: il sesso.
A
dargli man forte, da qualche anno, viene commercializzato il Viagra, l’immancabile pillola che dovrebbe
trasformare tutti i maschi in stalloni. Come enunciato nel 1967, si stanno
realizzando i sistemi per occupare il tempo e la mente delle persone,
irretendole in un fascio interminabile di esperienze sensoriali, facendo loro credere di essere libere
ed emancipate mentre, in realtà, sono sempre meno capaci di prestare seriamente
attenzione a ciò che succede loro intorno.
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