“Le multinazionali bancarie concedono prestiti con denaro creato dal nulla.”

 “Le multinazionali bancarie concedono prestiti

 con denaro creato dal nulla.”

 

Le banche creano soldi dal nulla?

Ilpost.it-Redazione- (22 DICEMBRE 2019)- ci dice:-

Non le banche centrali, quelle commerciali che usiamo tutti: se ne è parlato tra gli addetti ai lavori per via di un discusso articolo di due economisti.

Uno strano dibattito ha coinvolto in questi giorni economisti, studiosi e persino un ex vicepresidente della Banca Centrale Europea. Il dibattito è nato da un articolo pubblicato sul sito Vox.eu, uno dei più importanti siti internet dove si discute di politica europea, a cui in breve hanno risposto in moltissimi. Il tema del dibattito suona abbastanza bizzarro, ma è in realtà una questione molto seria: le banche creano soldi dal nulla?

Non si parla di banche centrali, che come sappiamo tutti il denaro lo creano eccome (anche se in modo un po’ più complicato di come verrebbe da pensare), ma di banche commerciali, le banche private nelle quali ciascuno deposita il proprio stipendio e dalle quali preleva con il suo bancomat.

Che queste banche creino denaro e che, anzi, la maggior parte del denaro in circolazione venga creato da loro, non è in discussione: quando una banca riceve 100 euro in deposito e poi presta 90 di quegli euro a un altro cliente, infatti, ha di fatto “creato” 90 euro. Prima c’erano 100 euro in circolazione, ora ce ne sono 190: i cento del deposito, che il cliente può ritirare in qualsiasi momento, più i 90 prestati al secondo cliente (ci sono poi altre discussioni su come avvenga questa creazione).

Ma gli autori dell’articolo che ha dato inizio al dibattito, Pontus Rendahl e Lukas B. Freund, due studiosi di economia dell’Università di Cambridge, sostengono che è sbagliato pensare che questa creazione avvenga “out of thin air”, cioè dal nulla. Sostengono anche che questa credenza sia molto diffusa e citano articoli pubblicati su riviste scientifiche, quotidiani internazionali, ma sembrano prendersela anche con alcune pubblicazioni ufficiali realizzate dalle banche centrali.

Secondo i due economisti, sostenendo che le banche creino denaro “dal nulla” si finisce con l’introdurre una metafora pericolosa, quella del “magico albero della moneta” che produce denaro a volontà. La realtà, sostengono, è ben diversa: le banche non creano moneta dal nulla ma grazie ai loro “asset”, ossia grazie a ciò che possiedono, la loro affidabilità diffusa tra i clienti, i beni che possiedono e il denaro liquido che hanno nelle loro casseforti.

Per spiegare cosa intendono, i due economisti fanno l’esempio di uno studente di Cambridge di nome Lukas (che è anche il nome di uno dei due autori dell’articolo) che prova a pagare una birra in città con una cambiale, una promessa di pagamento.

Difficilmente il pub gli venderà la birra: i gestori non conoscono Lukas e non sanno se possono fidarsi della sua capacità di ripagare la cambiale. Ma Lukas è fortunato, e il suo supervisore Pontus (che è il nome dell’altro autore dell’articolo) decide di cambiare il pagherò di Lukas con una sua cambiale personale. Pontus è molto più conosciuto e rispettato in città, e quindi Lukas riesce finalmente a ottenere la sua birra. Non solo: Pontus è così conosciuto che il pub usa la cambiale per pagare il birrificio da cui si rifornisce di birra.

In un certo senso, Pontus ha creato del denaro: Lukas prima non aveva soldi con cui comprare una birra, ma li ha ottenuti grazie al suo intervento e quel “denaro” è stato poi usato dal pub anche per pagare una terza parte, il birrificio. Secondo i due autori, questo esempio dimostra che la creazione di moneta non è avvenuta “dal nulla”: Pontus ha una serie di “asset” che gli hanno permesso di creare moneta. La fiducia della comunità, la sua capacità di valutare se Lukas gli restituirà i soldi e infine un conto corrente con denaro contante che potrà utilizzare nel caso in cui il pub dovesse esigere il suo pagherò prima che Lukas finisca di ripagargli il suo debito.

Con le banche, concludono gli autori, funziona nella stessa maniera. La loro capacità di creare moneta facendo prestiti deriva essenzialmente dal fatto che possiedono asset: beni che gli garantiscono che saranno in grado di ripagare i loro debiti (per esempio i nostri conti correnti). Se i clienti iniziassero a sospettare della qualità degli asset di una banca (come il pub potrebbe sospettare della solidità economica di Pontus), nessuno depositerebbe soldi sui suoi conti e la banca finirebbe presto nei guai.

Questo articolo ha suscitato numerose reazioni soprattutto per via delle implicazioni che gli autori non esprimono direttamente. In particolare, visto che l’articolo sottolinea i limiti della creazione di moneta, gli hanno risposto molti di coloro che invece sostengono che questi limiti non esistano, o che siano più deboli di quanto si pensi di solito.

 Per esempio ha suscitato molte risposte tra i sostenitori della MMT, una teoria economica non ortodossa secondo la quale finché i fattori produttivi non sono pienamente sfruttati (cioè fino a che ci sono disoccupati e risorse non utilizzate) si può, e si deve, stampare tutto il denaro che si vuole.

Ma l’articolo ha attirato anche i commenti di personaggi molto più inseriti nella corrente principale dell’attuale pensiero economico, per esempio Vitor Constâncio, ex vice presidente della Banca Centrale Europea. In un thread su Twitter molto commentato, Constâncio ha definito “strano” l’articolo dei due economisti. Anche se non considera le loro puntualizzazioni necessariamente sbagliate, Constâncio si chiede cosa le abbia motivate e se siano effettivamente utili al dibattito. Per lui il problema infatti è che i due economisti sembrano dare per scontato che l’espressione “le banche creano denaro dal nulla” significhi che possono farlo senza limiti. I limiti invece esistono, e sono prima di tutto i limiti imposti dai regolamenti finanziari messi in atto dalle varie banche centrali e dalle autorità pubbliche.

Stabilito che le banche non possono creare denaro a volontà, rimane il fatto che le banche lo creano effettivamente dal nulla, o quasi. Constâncio ricorda che se nell’esempio classico (quello del deposito da 100 euro usato dalla banca per fare un prestito da 90 euro che abbiamo visto sopra) il deposito precede il prestito, la realtà è molto diversa. Nessuna banca oggi aspetta il denaro di un deposito prima di fare un prestito. Se necessario, infatti, può ricorrere a molti altri modi di finanziarsi: chiedendo prestiti alla banca centrale, sfruttando il mercato dei prestiti interbancari, emettendo strumenti finanziari propri come obbligazioni.

Nella moderna industria finanziaria, insomma, non c’è bisogno che qualcuno da qualche parte risparmi fisicamente del denaro e lo versi poi sul suo conto per permettere alla banca di fare prestiti, e quindi creare denaro. Ciò che rappresenta il vero vincolo alla produzione di denaro sono invece i regolamenti, per esempio quelli che stabiliscono quante riserve la banca è obbligata a mantenere in rapporto ai prestiti che concede. Ma è possibile, e accade di frequente, che una banca si esponga molto prestando molti soldi e, in un secondo momento, le autorità di vigilanza chiedano ai suoi manager di aumentare le sue riserve, per esempio raccogliendo nuovi depositi o utilizzando altri strumenti.

 

Secondo Constâncio è importante ricordare questa sequenza (e cioè che la creazione di denaro può arrivare prima dei depositi) poiché è una delle ragioni per cui i regolamenti e la supervisione delle banche sono così importanti. Anche se non viene detto apertamente dai due autori dell’articolo su Vox.eu, infatti, quello che la loro spiegazione rischia di suggerire è che i limiti alla creazione di denaro da parte delle banche siano limiti imposti automaticamente dalle forze del mercato: dagli asset che la banca possiede e quindi dalla fiducia che i clienti e concorrenti hanno nella sua capacità di restituire i depositi.

Insomma, il rischio è suggerire che non servano altre regole, poiché il sistema sarebbe in grado di fare da solo. «Spero che l’articolo in questione», conclude Constâncio, «non venga interpretato come un tentativo di mettere in questione le vedute più diffuse a proposito della creazione di moneta. Ma, in caso che questo rischio esista, ci sono questi tweet».

 

Quanti soldi sono “abbastanza soldi”?

Ilpost.it- Davide Maria De Luca-(8 GIUGNO 2019)-

In uno dei dibattiti contemporanei più importanti si discute di quanti soldi si possono stampare per stimolare l'economia prima di fare danni e su chi decide quando è tempo di fermarsi.

Vi siete mai chiesti quanti soldi esistono al mondo? Se sommiamo tutte le monete esistenti, tutte le banconote e i conti correnti arriviamo a circa 40 mila miliardi di dollari, migliaio di miliardi di dollari in più o in meno.

 Questi sono tutti i soldi che esistono in forma “liquida”, cioè immediatamente accessibile. Tutti sanno che si tratta di una grandezza importante. Il denaro consente gli scambi che rendono possibile la moderna economia e la quantità di denaro in circolazione deve essere attentamente controllata. Troppa e si crea inflazione e i prezzi aumentano, troppo poca e i prezzi calano e l’economia ristagna.

Questa regola generale, chiamata “teoria quantitativa della moneta”, però non è molto d’aiuto quando governi e banche centrali devono decidere concretamente quanti soldi mettere in circolazione. Esagerando in un senso ci si è trovati davanti l’iperinflazione come quella sperimentata in questi anni dal Venezuela. Quando invece si sono fatte scelte eccessivamente prudenti si è rischiato il collasso per le ragioni opposte, come è accaduto in Europa durante la crisi dell’eurozona.

Espressa in termini accademici è la questione di quanti stimoli monetari si possono dare senza rischiare iperinflazione o peggio. Ma in parole più semplici si può riassumere in una domanda: quanti soldi sono “abbastanza soldi”?

Banche centrali ed eurozona.

L’ultima volta in cui in Europa ci siamo posti questa questione è stato lo scorso marzo quando il governatore della BCE Mario Draghi ha annunciato un nuovo stimolo monetario sotto forma di prestiti al sistema bancario ad un tasso di interesse molto conveniente (praticamente un sussidio, ha detto lo stesso Draghi).

Il prestito si chiama TLTRO ed è una manovra “espansiva” che cioè contribuisce ad aumentare il denaro in circolazione (in gergo si dice anche che è una mossa “dovish”, ossia da “colomba”).

In questo suo essere “espansivo” il prestito è molto simile a un’altra operazione straordinaria fatta dalla BCE, il famoso Quantitative Easing, terminato a fine 2018, con il quale la BCE ha creato 2.500 miliardi di nuovi euro che ha poi usato per comprare obbligazioni e altri titoli direttamente dai portafogli delle banche: un sistema ritenuto ancora più diretto rispetto al TLTRO per mettere soldi in circolazione e con il beneficio aggiuntivo che contribuiva a sostenere il prezzo dei titoli di stato.

Ma come tutte le mosse espansive da “colombe”, anche il TLTRO ha i suoi avversari: quelli secondo cui l’inflazione va evitata ad ogni costo e la stabilità dei prezzi è il valore più importante da difendere, quelli che generalmente vengono chiamati “falchi”. Questi ultimi guardano con sospetto alle manovre espansive, TLTRO o QE che siano, e preferirebbero un ritorno ai vecchi tempi, quando le banche centrali si limitavano a manipolare il tasso di interesse. In Europa non c’è nessuno più falco della Bundesbank, la banca centrale tedesca, e il falco per eccellenza è il suo presidente, Jens Weidmann. Al culmine della crisi, quando i governi europei faticavano a raccogliere le risorse necessarie a creare un fondo salva stati davvero in grado di evitare il default di paesi come Spagna e Italia, Weidmann fu l’unico membro del consiglio direttivo della banca ad opporsi al piano del presidente Mario Draghi, che consentiva la stampa di denaro senza limiti per salvare uno stato membro dell’eurozona. Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman ha scritto che le decisioni di Weidmann all’epoca, se ascoltate, avrebbero potuto «distruggere l’unione monetaria europea».

Da allora la Bundesbank è stata costantemente messa in minoranza dalla maggioranza formata dalle “colombe” nel consiglio direttivo della BCE e Weidmann ha finito con il moderare il suo atteggiamento – secondo molti con l’obiettivo non secondario di migliorare le sue possibilità di diventare il successore di Draghi. Negli ultimi anni ha votato a favore del QE e dei vari prestiti TLTRO, compreso quello dello scorso marzo. La divisione tra i sostenitori delle due posizioni, però, rimane. Il mandato di Draghi scade a novembre e in molti si domandano quale sarà il futuro della BCE. Se l’economia dovesse continuare a ristagnare o se ci dovesse essere una nuova crisi, il nuovo presidente avrà il coraggio di intraprendere nuove misure di espansione monetaria originali e mai sperimentate? O preferirà la prudenza, l’austerità e la ristrettezza?

L’arte del banchiere centrale.

Il problema è che non esiste una legge, una regola o un modello che ci aiuti a capire con assoluta certezza quando il denaro è abbastanza. Se a questo si aggiunge anche il fatto che creare denaro è solo il primo problema, poiché una volta creato bisogna trovare il modo di metterlo in circolazione, si comprende come quella monetaria, più che una scienza, è spesso a un’arte.

Tutti sono d’accordo nel dire che Mario Draghi è il miglior banchiere centrale al mondo, ma nessuno saprebbe descrivere esattamente cosa lo rende tale. Lo stesso si potrebbe dire a proposito di Michelangelo e la scultura.

Tuttavia per la gran parte della storia umana la risposta alla nostra domanda è stata abbastanza ovvia. Anzi, la domanda stessa non aveva molto senso. La quantità di denaro era fissa, vincolata alla quantità di oro in circolazione, o a quella dell’argento o di qualsiasi altro oggetto usato in un certo momento come moneta (in Africa e Asia monete-conchiglie sono state usate fino all’inizio dell’Ottocento, mentre sono ancora considerate valuta legale in alcune zone della Papua Nuova Guinea).

La storia dell’umanità e della moneta, infatti, è stata per gran parte la storia di un sistema metallico, in cui il denaro disponibile coincideva con la quantità di oro e argento in circolazione. In un sistema come questo non c’è molto che si possa fare quando la moneta è troppa o troppo scarsa. Nei lunghi secoli di caos e disordine seguiti alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, ad esempio, la scarsità di metallo prezioso strangolò l’economia europea che in molti luoghi fu costretta a tornare al baratto. Mille anni dopo, quando i conquistadores tornarono in Spagna con navi cariche dell’oro e dell’argento saccheggiato nel Nuovo Mondo, l’Europa fu travolta dall’inflazione e i prezzi si moltiplicarono nel giro di pochi decenni.

 

Col passare dei secoli la crescente complessità del sistema finanziario permise in parte  di ovviare al problema. I cambiavalute, che per lungo tempo avevano custodito l’oro dei loro clienti in cambio di pagherò e cambiali, scoprirono che potevano aumentare il denaro in circolazione se stampavano “pagherò” per un valore superiore a quello dell’oro e dell’argento che avevano fisicamente in deposito – nel farlo contavano sul fatto che fosse molto improbabile che tutti i loro clienti chiedessero contemporaneamente la restituzione dei loro depositi. Gli stati cominciarono presto a interessarsi a questo fenomeno, chiamato “riserva frazionaria” poiché i cambiavalute, divenuti oramai moderne banche commerciali, tenevano in riserva solo una “frazione” del denaro ricevuto in deposito mentre prestavano il resto.

Alle banche commerciali furono imposte regole su quanto e come prestare e su quante riserve tenere da parte. Furono create banche centrali, delle banche delle banche che per lungo tempo rimasero istituti privati sottoposti a speciali controlli. Con il tempo i loro poteri si accrebbero fino a diventare, insieme alle zecche, le uniche autorizzate a stampare banconote.

Le banche commerciali continuarono ad avere il potere di creare moneta, ma lo facevano non più stampando direttamente banconote, ma semplicemente facendo credito (esempio: se una banca ha ricevuto versamenti di valore 100 e fa un prestito di valore 50, in circolazione ci sarà in tutto un valore di 150). Le nuove banche centrali e i governi potevano influenzarle in questo processo, ad esempio modificando i requisiti per le riserve frazionarie modificando i tassi di interesse con cui prestavano loro i soldi (alzandoli, ad esempio, rendono più costoso il denaro e ne riducono la quantità in circolo, abbassandoli ottengono invece l’effetto opposto).

Insomma, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, le innovazioni finanziarie avevano reso più flessibile il sistema metallico, ma senza cancellarne completamente la rigidezza di fondo. La massa monetaria rimaneva più o meno fissa, vincolata alla quantità di oro detenuto nei forzieri del paese in questione. In tempo di crisi era relativamente frequente sospendere temporaneamente la convertibilità in oro della propria valuta (il Regno d’Italia lo fece in due occasioni poco dopo l’unificazione) e quando alla fine della Prima guerra mondiale l’Europa si trovò in rovina, piena di debiti e bisognosa di denaro, il sistema basato sull’oro fu abbandonato in massa.

 Il valore delle valute non era più agganciato a qualcosa di reale, l’oro oppure un’altra moneta a sua volta agganciata all’oro, ma era soltanto frutto della volontà degli stati di imporne la circolazione.

Era moneta fiat, denaro che esisteva in virtù della pura volontà dello stato. Improvvisamente i soldi non erano più una quantità finita. La moneta fiat poteva in teoria essere stampata all’infinito.

Questo primo periodo di moneta fiat fu caratterizzato da anarchia, instabilità e guerre monetarie in cui furono messi in mostra tutti i pericoli che può avere gestire in maniera poco accorta la quantità di denaro in circolazione. Il caso più noto è quello della Germania che nel tentativo di ripagare le enormi riparazioni che le erano state imposte dai vincitori della Prima guerra mondiale stampò milioni e milioni di marchi, generando una delle più spettacolari iperinflazioni della storia. Per comprare un marco d’oro nel 1918 era necessario un marco di carta. Nel 1923, al picco dell’inflazione, per acquistare un marco d’oro servivano mille miliardi di marchi di carta. Sostanzialmente, le banconote avevano smesso di avere un qualsiasi valore. Pochi anni dopo, allo scoppio della crisi del 1929 accadde l’esatto opposto. Nel frattempo diversi paesi erano ritornati al sistema aureo, mentre altri non ne erano mai usciti. All’arrivo della recessione, si trovarono tutti impossibilitati dal vincolo aureo a crea la moneta necessaria a salvare le banche in crisi e a sostenere l’economia, con il risultato di rendere ancora più gravi e duraturi gli effetti della Grande Depressione.

Fu in quegli anni che iniziò ad affermarsi quello che ancora oggi rappresenta un’importante aggiunta alla teoria quantitativa della moneta (quella secondo cui troppo denaro causa inflazione, troppo poco produce deflazione). Ossia l’idea elaborata soprattutto dal grande economista John Maynard Keynes che in tempi di recessione e rallentamento economico stati e banche centrali devono intraprendere misure espansive per sopperire alla sparizione di domanda privata dall’economia. Alla fine della Seconda guerra mondiale queste intuizioni furono inserite nel complesso sistema di istituzioni e regole finanziarie internazionali uscito dagli accordi di Bretton Woods  che Keynes ebbe una parte importante nel perfezionare (anche se probabilmente non importante come avrebbe voluto).

Quello nato con Bretton Woods e diffuso in tutto il mondo occidentale (l’Italia entrò a farne parte negli anni Sessanta) era un sistema parzialmente legato all’oro, nel senso che il valore di tutte le monete dei paesi che ne facevano parte era vincolato al dollaro, il quale era a sua volta vincolato e convertibile in oro (ed era l’unica moneta ad esserlo). In questo modo il dollaro, sostenuto dalla potenza economica, finanziaria e militare degli Stati Uniti, finì con il diventare una sorta di sostituto dell’oro stesso: il mezzo di scambio di maggiore affidabilità e quindi necessario agli scambi internazionali tra paesi con monete differenti.

Fin dagli anni Sessanta, però, il sistema che legava l’oro al dollaro aveva cessato di aver qualsiasi valore che non fosse simbolico. Come tutti i sistemi aurei precedenti, anche Bretton Woods si era trovato di fronte alla necessità di superare la ristrettezza nelle riserve auree mondiali. Bisognava scegliere: o accettare che nel mondo non ci fossero abbastanza dollari per rendere possibile il commercio internazionale, o accettare che non ci fosse abbastanza oro per rendere convertibili tutti i dollari in circolazione. Com’era prevedibile venne fatta la seconda scelta e a partire dagli anni Sessanta gli americani non avevano più abbastanza oro con cui coprire le emissioni di dollari.

 

All’inizio degli anni Settanta, sotto la spinta di pressioni interne e internazionali, il presidente americano Richard Nixon decise di ammettere che il sistema basato sull’oro non esisteva più. Quando nel 1971 annunciò la fine della convertibilità dei dollari in oro, Nixon diede inizio alla nuova epoca di moneta fiat nella quale ci troviamo ancora oggi.

 In quest’epoca di “moneta della volontà” sono spariti i limiti che un tempo costringevano le politiche monetarie. Senza vincoli a metalli preziosi non ci sono più confini alle possibilità di creare moneta, con tutte le opportunità e i rischi che questo comporta. Le banche centrali sono divenute capaci di fantastiche operazioni come il QE della BCE, con cui la banca centrale europea ha creato 2.500 miliardi di euro in tre anni, o l’ancora più ambizioso piano della Banca Centrale del Giappone, che puntava raddoppiare in due anni la quantità di denaro in circolazione in tutto il paese. Ma quando quelle che si maneggiano sono quantità di denaro così grandi diviene inevitabile porsi alcune domande. Quanto denaro è abbastanza, ovviamente. Ma anche chi è che decide come spenderlo. E chi è il fortunato che lo riceve.

Il banchiere centrale oggi.

«C’era un tempo non troppo lontano in cui fare il banchiere centrale era considerato un lavoro noioso e poco eccitante». Nell’aprile del 2013, un anno e mezzo dopo essere diventato presidente della BCE, Mario Draghi si rivolgeva così agli studenti e professori dell’Università di Amsterdam. Dopo una delle sue pause teatrali che lo hanno reso famoso, Draghi proseguì: «Posso dire con certezza che quel tempo è passato».

 

Il discorso di Draghi è arrivato poco meno di un anno dopo il famoso “whatever it takes”, l’annuncio fatto al culmine della crisi dell’eurozona con cui il presidente della BCE avvertiva gli speculatori che sarebbe stato disposto a fare “qualsiasi cosa si fosse rivelata necessaria” pur preservare l’euro. L’annuncio fu seguito poco dopo dall’approvazione dell’OMT, il piano straordinario che prevedeva la stampa di denaro senza limiti per acquistare titoli di stato di un paese in crisi.

Il prezzo della misura è che il paese oggetto dell’aiuto si impegni ad accettare un pacchetto di specifiche riforme politiche ed economiche da concordare con la Commissione Europea.

Dalla fine di Bretton Woods le cose però sono cambiate parecchio. Dopo il decennio da incubo che erano stati gli anni Settanta, quando una serie di crisi politiche, economiche, finanziarie e internazionali aveva contribuito a far schizzare l’inflazione verso l’alto, i banchieri centrali decisero che senza più l’oro a tenere a freno la fame di moneta degli stati, sarebbero stati loro ad ergersi a guardiani dei prezzi.

Con gli anni Ottanta cominciò il trentennio che oggi va sotto il nome di Grande Moderazione, un periodo di prudenza e austerità monetaria, iniziata quando i banchieri centrali misero freno all’inflazione (o credettero di farlo) imponendo draconiane misure anti-inflazione (come l’innalzamento dei tassi di interesse).

Il denaro da mettere in circolo veniva calcolato sulla base di precise formule e modelli: abbastanza da favorire gli scambi e assecondare la crescita economica, ma non tanto da causare il superamento di una soglia simbolica di inflazione, fissata di comune accordo al 2 per cento (nei paesi in via di sviluppo in genere viene fissata in genere al 3-4 per cento, per tenere conto di una crescita mediamente più dinamica). Questo principio è scritto nelle convenzioni internazionali e nei trattati europei che impongono l’indipendenza delle banche centrali dal potere politico che andò affermandosi in tutto il mondo sviluppato negli anni Ottanta. Questi principi di prudenza e austerità, sostenuti nell’accademia dalla cosiddetta scuola di Chicago, uniti alla lezione di Keynes sulla necessità di stimolare l’economia in tempi di recessione, produssero un trentennio di stabilità e crescita economica.

La Grande Moderazione, però, è terminata con la crisi finanziaria del 2007-2008 a cui è seguita una delle peggiori recessioni da un secolo a questa parte. Le opinioni divergono sul perché di questo fallimento.

 Per alcuni economisti la colpa è del progressivo allontanarsi dalla prudenza monetaria, iniziato dalla FED nei primi anni Duemila. Per altri invece la Grande Moderazione è stata un successo molto meno spettacolare di quanto si creda, poiché avrebbe contribuito a preparare il terreno alla crisi, permettendo alle diseguaglianze di allargarsi e creando un fragile strato di sottoccupati.

Quello su cui tutti concordano è che la crisi ha messo duramente alla prova l’ortodossia raggiunta nei noiosi e poco eccitanti decenni citati da Draghi nel suo discorso di Amsterdam.

La crisi è stata così profonda che le banche centrali sono dovuto ricorrere a tutto il loro arsenale e hanno utilizzato le loro armi in modi che fino a poco tempo fa si ritenevano possibili solo in teoria. Il tasso di interesse, ad esempio, è stato portato sotto lo zero e oggi si discute di come portarlo ancora più in basso in caso di nuova recessione. Quando gli strumenti tradizionali non sono bastati se ne sono creati di nuovi, come i Quantitative Easing, operazioni a “mercato aperto” con cui le banche centrali hanno creato migliaia di miliardi di euro per acquistare titoli di stato e altre obbligazioni a lungo termine direttamente dal portafogli di alcuni selezionati istituti finanziari.

 

Tra 2007 e 2008, la FED americana ha fornito al sistema bancario americano in crisi una sorta di “assegno in bianco” prestando tutto il denaro necessario, in termini estremamente generosi, per evitare il disastro (arrivando nel momento culminante a prestare mille miliardi di dollari al sistema).

Grazie ai vari QE, tra il 2008 e il 2014, è passata da possedere 800 miliardi di dollari in titoli di stato ad averne oltre 2.000. La Banca del Giappone, la Banca d’Inghilterra e tutte le altre principali banche del mondo l’hanno seguita su questa strada.

La BCE, sotto l’influenza della Bundesbank, è stata l’ultima a percorrere questo sentiero espansivo, ma alla fine anche lei ha ceduto al QE ed è arrivata a raddoppiare il suo bilancio. Oggi la BCE possiede da sola circa 4 mila miliardi di euro in obbligazioni e altri titoli, una cifra che è circa il doppio dell’intero debito pubblico dell’Italia.

Ma anche questo continua a non sembrare abbastanza. Dopo anni di stimoli monetari straordinari gli Stati Uniti hanno raggiunto il tasso inflazione obiettivo del 2 per cento, ma sembra che faranno fatica a restarci se allenteranno e le misure espansive come previsto.

 In Giappone raddoppiare i soldi in circolazione e mantenere il deficit pubblico intorno al 5 per cento negli ultimi anni non è riuscito a portare l’inflazione all’uno per cento e l’Europa non è messa molto diversamente, nonostante decine di milioni di persone rimangano disoccupate o sottoccupate. Oggi le aspettative di un rialzo dell’inflazione sono più basse rispetto a quando la BCE doveva dispiegare tutti i suoi nuovi mezzi espansivi nel 2011 e 2012.

L’apparente scomparsa dell’inflazione e le possibilità e i rischi che comporta sono stati al centro dell’ultimo forum di Sintra, in Portogallo, dove ogni anno la BCE raduna economisti e banchieri centrali per discutere di problemi monetari. A Sintra, come in altri dibattiti in questi anni, sono state fornite varie spiegazioni per questo fenomeno. Secondo i più tradizionali, siamo di fronte a un semplice “ritardo” nella trasmissione delle politiche monetarie. Non appena le masse monetarie create negli ultimi anni inizieranno a circolare, ossia non appena l’economia reale si accorgerà di quanto sono aumentati i soldi in circolazione, l’inflazione riprenderà a muoversi e le banche centrali potranno, almeno in parte, ritornare al loro vecchio e noioso lavoro.

Per alcuni invece i problemi sono altri. Ad esempio, l’invecchiamento della popolazione, la crescente precarizzazione e la decadenza dei sindacati che hanno indebolito la capacità dei lavoratori di ottenere salari più alti. Con gli stipendi fermi ai livelli di prima della crisi (e in paesi come l’Italia da oramai un ventennio), una delle principali spinte all’inflazione si è indebolita. Il commercio mondiale la concorrenza dell’Asia avrebbero contribuito a tenere basso il prezzo del lavoro e quello dei beni, mentre il calo nel prezzo del materie prime (in particolare quello del petrolio) hanno ulteriormente indebolito le spinte inflattive.

Chi ritiene che l’inflazione sia soltanto in ritardo e che il rischio di esplosione dei prezzi rimanga comunque in agguato, pronto ad aggredire quei paesi che avranno politiche monetarie troppo lasche, appartiene di solito ai falchi.

All’estremo opposto si trovano coloro secondo i quali, visti i cambiamenti degli ultimi anni, lo spazio per aumentare i soldi in circolazione è ancora parecchio. I più radicali tra loro sono i sostenitori della Modern monetary theory, o MMT, una dottrina economica non ortodossa che negli ultimi anni è stata discussa in maniera sempre più seria (anche se in genere per liquidarla come sbagliata da parte degli economisti più ortodossi).

Secondo i sostenitori, uno stato può sempre stampare tutto il denaro di cui ha bisogno e può usarlo per generare piena occupazione o per investirlo in grandi progetti infrastrutturali o ambientali. L’inflazione, sostengono, nasce soltanto quando l’economia raggiunge una barriera allo sviluppo non più superabile: ad esempio quando raggiunge la piena occupazione, oppure quando raggiunge un limite alle risorse naturali che impedisce di aumentare ulteriormente la produzione.

A grandi linee, moltissimi economisti e banchieri centrali sono d’accordo con questi principi e spesso è difficile distinguere in cosa i più moderati proponenti della MMT differiscano da economisti progressisti che propugnano pratiche più espansive di quelle attuate dalle attuali banche centrali.

Oggi, la posizione dei falchi, secondo i quali le banche centrali dovrebbero occuparsi quasi esclusivamente della stabilità dei prezzi senza rischiare di immischiarsi in altre questioni, è minoritaria sia tra gli accademici che tra gli stessi banchieri centrali.

La posizione “mainstream”  è probabilmente una via di mezzo tra l’estremismo austero dei falchi e l’eccessiva generosità dei sostenitori della MMT. Il consenso è che di fronte a nuove crisi o a un’ulteriore persistenza della stagnazione le banche centrali dovranno continuare le loro politiche espansive e, se necessario, ricorrere anche a nuovi e originali strumenti per trasmettere il denaro creato all’economia reale. Come ricordava qualche tempo fa il Financial Times, «sperimentale» non è una parola alla quale di solito i banchieri centrali vogliono essere associati, ma potrebbe essere quello di cui l’Europa – e forse il resto del mondo – ha bisogno.

Ma se sarà questa la strada che verrà percorsa, una strada che porterà a un coinvolgimento ancora più diretto delle banche centrali nella vita politica, sociale ed economica dei nostri paesi, le domande con cui abbiamo aperto questo articolo diventeranno ancora più impellenti.

 Chi deciderà come spendere le migliaia di miliardi che le banche centrali continueranno a stampare? A chi spetterà il compito di stabilire chi dovrà riceverli e a quali condizioni? Negli ultimi decenni l’indipendenza delle banche centrali è divenuto un assioma dal quale nessun leader politico od opinionista ragionevole si è voluto discostare.

Ma mano a mano che il potere delle banche centrali è cresciuto, di pari passo si è fatta più forte la richiesta che il loro operato sia sottoposto a un controllo democratico. È in parte inevitabile che accada quando una banca centrale raddoppia o triplica il suo bilancio e la circolazione di moneta in un paese: creando e distribuendo nella società miliardi e miliardi di euro, aumentano le richieste che questo immenso potere sia sottoposto a un qualche tipo di controllo.

 

 È questo, secondo molti, il modo di leggere le crescenti interferenze del potere politico nella gestione delle banche centrali che si vedono in molte parti del mondo. Da Donald Trump negli Stati Uniti, che ha criticato la FED per aver alzato i tassi di interesse, al Regno Unito, dove il Partito Laburista ha inserito nel suo programma un “QE del popolo”, la proposta di varare un programma di investimenti nelle comunità locali finanziato dalla Banca d’Inghilterra.

Al centro del Green New Deal, proposto tra gli altri dalla deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez, c’è proprio in piano di investimento in tecnologie ambientali finanziato dalla FED.

La maggior parte dei banchieri centrali reagisce con un certo orrore a queste proposte. Pochi mesi fa, in un discorso all’Università del Sudafrica di Pretoria, Weidmann ha ricordato che la crisi ha spinto molte persone ad attribuire «superpoteri» alle banche centrali e ora questa credenza ne minaccia l’indipendenza. Per questo, sostiene, è bene che la BCE e le altre banche centrali tornino il prima possibile alla normale amministrazione e rinuncino ai loro “superpoteri”, così da scoraggiare i tentativi di limitarne l’indipendenza e sottoporle a un controllo pubblico.

Banchieri centrali più moderati, come Benoît Cœuré, un alleato di Draghi all’interno del consiglio direttivo della BCE, ammettono che i nuovi poteri impongono alle banche centrali nuovi doveri di trasparenza e comunicazione, ma anche loro rimangono determinati nel difendere l’indipendenza delle banche centrali.

Difficile oggi prevedere cosa accadrà, ma in ogni caso non sembra che la nostra domanda iniziale sia destinata ad avere una risposta semplice nel prossimo futuro. In molti sembrano d’accordo sul fatto che fino a che ci saranno decine di milioni di disoccupati significherà che di soldi in circolazione non ce ne sono abbastanza. Questo però non ci aiuterà molto a prevedere in anticipo qual è la quantità esatta da creare, né il modo migliore per metterla in circolazione. Quello che forse sarà deciso con maggiore chiarezza è a chi spetterà il compito di deciderlo. E se fino ad oggi l’astro delle banche centrali indipendenti è sembrato splendere con forza, il futuro appare oggi sempre più politico. Bene o male che sia.

 

 

 

La BCE ha preso due decisioni a sorpresa.

Ilpost.it-Redazione-(7 MARZO 2019)- ci dice :

Ha annunciato che i tassi di interesse rimarranno invariati fino alla fine del 2019 e nuovi finanziamenti a lungo termine per le banche, per contrastare il rallentamento dell'economia dell'eurozona.

 

La Banca Centrale Europea ha annunciato a sorpresa due importanti decisioni di politica monetaria. La prima è che lascerà i tassi di interesse invariati non solo fino alla fine dell’estate, come era stato annunciato in precedenza, ma fino alla fine del 2019.

La seconda è che dal prossimo settembre e fino a marzo 2021, ogni tre mesi, ci saranno nuovi Targeted Long Term Refinancing Operations (TLTRO), i finanziamenti a lungo termine che la BCE concede alle banche per dare loro la possibilità di ristrutturarsi e rafforzarsi.

Il presidente della BCE Mario Draghi ha detto che ci troviamo «in un periodo di continua debolezza e incertezza pervasiva» e che le due misure servono a stimolare la crescita dell’eurozona. Draghi ha detto che le decisioni sono state prese dal consiglio della BCE all’unanimità, il che significa che anche il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, solitamente contrario a misure di stimolo come i TLTRO e tendenzialmente favorevole a tenere i tassi alti, ha dato il suo assenso.

 

«Le misure annunciate sono andate oltre quello che la maggior parte degli investitori si aspettava – ha scritto il Financial Times – e rivelano la preoccupazione della BCE per il modo in cui la crescita dell’eurozona sembra essersi smorzata negli ultimi mesi». Una serie di nuove stime pubblicate dalla Commissione Europee e dall’OCSE nelle ultime settimane hanno infatti mostrato un brusco rallentamento dell’economia europea. L’Italia, in particolare, dovrebbe concludere il 2019 in recessione e anche la crescita della Germania, il paese più importante dell’area euro, è dimezzata rispetto alle previsioni dell’anno scorso.

Di fronte a questa situazione, Draghi ha quindi deciso di rinviare l’aumento dei tassi di interesse fissato in precedenza per la fine dell’estate 2019 e di dare il via a una nuova operazione di prestiti alle banche. Una nota della BCE ha spiegato che i tassi resteranno «su livelli pari a quelli attuali almeno fino alla fine del 2019 e in ogni caso finché sarà necessario per assicurare che l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine».

 Ogni prestito TLTRO, ha annunciato Draghi, avrà una scadenza di due anni e avrà lo scopo di spingere le banche a fare prestiti a condizioni favorevoli. Tutti questi interventi sono definiti in gergo “espansivi” perché portano ad un aumento della quantità di moneta in circolazione nella speranza che questo sostenga la crescita economica.

Per certi aspetti si tratta di un’inversione di rotta rispetto all’ultima mossa decisa dalla BCE, quella di confermare la sospensione del programma Quantitative Easing, la misura straordinaria adottata nel 2015 che ha iniettato centinaia di miliardi di euro nell’economia europea tramite l’acquisto di titoli di stato e altre obbligazione (per un valore fino a 90 miliardi di euro al mese al momento culminante). Dopo essere rimasto attivo per quasi 4 anni, il QE è stato sospeso a partire dal primo gennaio 2019, in parte per la preoccupazione delle banche centrali tedesche e del Nord Europa che una prosecuzione del piano avrebbe potuto causare la creazione di bolle finanziare oppure innescare una spirale di inflazione.

 

 

 

Cos’è il “Quantitative Easing”, spiegato bene.

Ilpost.it- Emanuele Menietti-(19 GENNAIO 2015)- ci dice:

 

Una guida per chi vuole capire il piano che la BCE presenterà giovedì, secondo analisti e stampa specializzata: uno dei più importanti da quando è iniziata la crisi.

Giovedì 22 gennaio la Banca Centrale Europea (BCE) dovrebbe annunciare l’avvio di un piano molto atteso di “Quantitative Easing” (QE, “alleggerimento quantitativo”), cioè di acquisto di titoli di stato e di altro tipo dalle banche per immettere nuovo denaro nell’economia europea, incentivare i prestiti bancari verso le imprese e far crescere l’inflazione – oggi pericolosamente bassa – verso il 2 per cento. La BCE non ha ancora confermato né smentito il piano, ma la maggior parte degli analisti e della stampa specializzata internazionale concorda sul fatto che si procederà con un QE – si tratta di un’ipotesi discussa ormai da molti anni – e che questa operazione sarà una delle più importanti e impegnative mai assunte dalla Banca da quando è iniziata la crisi economica. Il presidente della BCE, Mario Draghi, dovrebbe annunciare il piano in una conferenza stampa, ma non è ancora chiaro se in quell’occasione darà tutti i dettagli su come intende procedere con l’acquisto dei titoli.

Che cos’è il Quantitative Easing (QE).

Per avere quindi denaro per sostenere la loro economia, i loro servizi e le loro attività, gli stati emettono titoli che possono essere acquistati dai cittadini e dalle imprese, banche comprese.

Semplificando: periodicamente, uno stato offre titoli che costano X con una scadenza, e si impegna a restituire i soldi a chi gli ha comprato quei titoli aggiungendo una percentuale di interessi quando questi sono scaduti. Chi acquista i titoli non può riavere il denaro investito più gli interessi fino alla loro scadenza, ma se vuole può venderli sul mercato o per ricavarci qualcosa o per non perderci troppo, nel caso ci siano rischi concreti che i titoli non possano essere ripagati alla loro scadenza da chi li ha emessi.

Tra i principali acquirenti di questi titoli ci sono le banche, che hanno quindi grandi quantità di denaro immobilizzate perché investite nei titoli (non solo di stato). Per creare moneta, e cioè fare in modo che ci sia più denaro in circolazione per ottenere prestiti dalle banche e attivare investimenti più facilmente, una banca centrale può decidere di ricorrere al QE. In pratica propone alle banche di ricomprarsi i titoli, di solito a condizioni vantaggiose, sperando che con il denaro ottenuto dalla vendita i singoli istituti bancari rendano più semplice l’accesso al credito, cioè la possibilità per i loro clienti – cittadini e imprese – di prendere denaro in prestito più facilmente e a tassi di interesse più bassi.

Il Quantitative Easing ha diverse conseguenze, di solito legate al contesto economico in cui viene realizzato. Tra le più comuni c’è l’impatto sull’andamento del costo della vita e del potere di acquisto della moneta. In breve: mettendo più denaro in circolazione con operazioni come il QE si riduce il valore della moneta (si svaluta: ce n’è di più e questo incide sulla domanda) e di conseguenza i prezzi aumentano perché il denaro con cui si fanno gli acquisti vale meno. Per questo motivo sale l’inflazione: una cosa generalmente percepita come negativa, perché fa aumentare i prezzi, ma le banche centrali sanno bene che un minimo di inflazione è positivo per evitare che si finisca in deflazione, cioè a una progressiva diminuzione dei prezzi. Oggi per l’UE e l’eurozona lo scenario più vicino e pericoloso è sicuramente la deflazione, più che l’inflazione.

La deflazione è molto rischiosa perché innesca un circolo vizioso dannoso per l’economia: consumatori e aziende rimandano i loro acquisti non indispensabili perché vedono che i prezzi continuano a scendere e si aspettano quindi altri cali, di conseguenza la domanda si mantiene debole e i produttori di beni e servizi riducono ulteriormente i prezzi, sperando che qualcuno acquisti. Le imprese di conseguenza registrano meno ricavi, avviano tagli e provano a ridurre i costi partendo da quelli che più influiscono sui loro bilanci, che di solito sono i dipendenti. Smettono inoltre di chiedere prestiti alle banche, perché non vogliono fare altri investimenti e avendo meno ricavi non saprebbero come pagare gli interessi.

Secondo diversi economisti, una delle soluzioni più efficaci per uscire dalla deflazione è proprio il ricorso all’alleggerimento quantitativo. Il sistema permette, almeno teoricamente, di incidere rapidamente sull’andamento dell’inflazione, facendo in modo che torni a salire riavviando i meccanismi economici. La strada del QE è seguita da tempo dalla Banca del Giappone, che già a partire dagli ultimi anni Novanta avviò una campagna di acquisto di titoli dalle banche per contrastare la deflazione.

Un paio di anni fa la politica del QE è stata rafforzata con un piano molto ambizioso, e costoso, per fare aumentare l’inflazione in Giappone: è la cosiddetta “Abenomics”, la politica economica seguita dal primo ministro giapponese Shinzō Abe. La Federal Reserve, cioè la banca centrale degli Stati Uniti, ha attuato politiche di QE che secondo diversi osservatori hanno contribuito alla ripresa dell’economia statunitense registrata negli ultimi mesi (PIL e tasso di occupazione in crescita).

Che cosa vuole fare la BCE.

Tra il 2011 e il 2012 la Banca Centrale Europea fece già qualcosa di simile al Quantitative Easing con il cosiddetto “Piano di rifinanziamento a lungo termine”, una serie di interventi finanziari con i quali la BCE concesse prestiti di denaro con scadenza a 3 anni alle banche che ne fecero fatto richiesta, ricevendo in cambio come garanzia titoli di stato dei paesi europei. Questo meccanismo ha permesso di evitare una crisi bancaria in Europa che avrebbe avuto conseguenze drammatiche, ma non ha contribuito molto a rilanciarne l’economia. Si è trattato di una soluzione ibrida e non una applicazione di un QE vero e proprio.

Il piano realizzato da Mario Draghi e dai tecnici della BCE per la nuova politica di QE non è ancora del tutto chiaro, e bisognerà attendere probabilmente giovedì per avere qualche elemento in più. Bloomberg, tra le più grandi agenzie di informazioni economiche al mondo, ha intervistato decine di analisti e consultato giornalisti economici europei per fare il punto su cosa preveda il piano. Draghi sarebbe intenzionato a fare in modo che le varie banche centrali nazionali europee, che rispondono direttamente alla BCE, condividano il rischio legato all’operazione di acquisto facendo in modo che ogni banca si occupi del debito del proprio paese.

Stando alle informazioni circolate finora, si ipotizza che ogni banca centrale possa acquistare al massimo il 20-25 per cento del debito del suo paese, attraverso l’acquisto dei titoli posseduti dalle banche. Dall’operazione potrebbe essere esclusa la Grecia, paese in cui la crisi economica ha avuto effetti drammatici, e i cui titoli non sono ancora considerati in grado di offrire garanzie sufficienti. Secondo i media tedeschi, Mario Draghi avrebbe scelto queste condizioni per tranquillizzare la Germania, il paese che ha subìto meno gli effetti della crisi e che di conseguenza è meno interessato al QE e più scettica verso l’operazione (molti suoi rappresentanti politici sono esplicitamente contrari all’operazione di acquisto). Le trattative sono ancora in corso e secondo alcuni osservatori c’è il rischio che l’intero piano per il QE sia annacquato per soddisfare le richieste del governo tedesco.

Costi e benefici.

Anche sulla base di come sono andate le cose storicamente in altri paesi, si possono ipotizzare diversi effetti che avrebbe il Quantitative Easing in Europa. Grazie alla maggiore disponibilità di moneta, i tassi d’interesse che i paesi europei garantiscono per i loro titoli a chi li acquista dovrebbero diminuire per quanto riguarda le nuove emissioni (e per quelli a tasso variabile), contribuendo quindi a creare meno nuovo debito nei paesi interessati (promettendo meno interessi, i soldi da restituire alla scadenza del titolo sono inferiori). Le cose sono diverse per i debiti già contratti con i titoli emessi in passato: in questo caso facendo ripartire l’inflazione il denaro costa meno e diventa meno costoso ripagare il debito.

I governi europei potrebbero quindi permettersi di spendere più denaro, aumentando la spesa pubblica per diverse attività legate al breve termine e al medio-lungo periodo. Nel primo caso politiche per incentivare e stimolare occupazione e consumi, nel secondo investendo denaro nella costruzione di infrastrutture, dalle strade alle ferrovie passando per quelle per le telecomunicazioni (la ormai leggendaria, per l’Italia, “banda larga”).

L’effetto positivo di riportare l’Europa fuori dalla deflazione facendo aumentare l’inflazione verso il 2 per cento, ritenuto il punto ottimale dalla BCE, può essere comunque rischioso al momento in cui si dovesse uscire dalla fase più acuta della crisi economica. I prezzi potrebbero iniziare a salire rapidamente e improvvisamente, con il rischio di una forte inflazione. A oggi, comunque, è opinione diffusa tra gli economisti che questo scenario non si possa verificare nel medio periodo e che non ci siano quindi particolari rischi.

Un’altra conseguenza del QE dovrebbe essere una svalutazione dell’euro. Questo significa che i beni che esportano i paesi europei costeranno di meno, cosa positiva per fare aumentare il livello delle esportazioni, ma al tempo stesso l’euro avrà un minore potere d’acquisto. Alcuni beni potrebbero costare di più, per esempio il petrolio (ora ai suoi minimi) perché il suo prezzo è in dollari e c’è quindi di mezzo il cambio con la valuta statunitense (se gli euro si svalutano, ce ne vogliono di più per cambiarli in dollari). I consumi, soprattutto nei paesi che importano molti beni, potrebbero risentirne, specialmente se all’aumento dell’inflazione non sarà corrisposto un aumento dell’occupazione.

Funzionerà?

Secondo i detrattori, il piano del Quantitative Easing potrebbe non avere gli effetti sperati dalla BCE: sostengono che negli Stati Uniti questo sistema non ha funzionato bene, che i tassi di interesse in Europa sono già piuttosto bassi, che le banche europee con l’aria che tira continueranno a non concedere facilmente prestiti. Altri ritengono che se dovesse essere confermato il piano di condivisione del rischio – e cioè di acquisto da parte di ogni banca centrale dei titoli che riguardano il debito del suo paese – il sistema finanziario nell’area euro sarebbe ulteriormente frammentato e disomogeneo. Il problema di fondo, dicono i più critici, è che negli Stati Uniti il QE è stato reso possibile dal fatto che la banca centrale fa riferimento a un unico stato centrale, che in Europa invece continua a non esistere.

Come si sostiene ormai da anni, senza unione politica, la sola unione monetaria con l’euro non è sufficiente per garantire l’efficacia di misure su larga scala e impegnative come un alleggerimento quantitativo.

In sintesi.

La BCE vuole attuare un piano di Quantitative Easing per comprare titoli posseduti dalle banche e di conseguenza mettere in circolazione più denaro, confidando che in questo modo: siano concessi più facilmente prestiti, che i governi europei attuino politiche espansive (più spesa, senza rimetterci troppo) portando l’Europa fuori dalla deflazione.

 

 

 

Bussola contro il buio dello spirito

dove l’eco-religione ci fa smarrire.

Laverita.info-Robert Redeker-(12-11-2021)- ci dice:

 

La verità ci propone ampi stralci del  volume “IL DIO VERDE .Ecolatria  e ossessioni apocalittiche” .Con l’introduzione di Robert Redeker: “Il Nuovo Regno”.                                           

Il libro è stato scritto da Giulio Menotti ,saggista e giornalista.

Robert Redeker :

L’adorazione della natura è il nuovo oppio dei popoli: garantisce la salvezza collettiva preservando il clima a costo di sacrificare la storia della civiltà. Un “Dio verde” che considera l’uomo il più malvagio dei viventi.

L’illusione marxista e progressista ha avuto una evoluzione : dal comunismo  e dall’idolatria della tecnoscienza  è passata all’ambientalismo .

Questa ideologia riveduta e corretta è un modo con cui si contesta il m ondo sviluppato ,l’industria e in definitiva l’intero capitalismo.

L’illusione progressista è cambiata nei contenuti: è passata dal comunismo all’ecologismo. E’ uno dei più recenti eventi di portata globale : nell’immaginario del mondo, la salvezza collettiva ha assunto un nuovo significato.

Questa importante evoluzione è uno dei temi principali scandagliati dal libro di Giulio Meotti, lucida bussola per il nostro avvenire.

La storia ,hanno affermato tutti i progressisti degli ultimi  due secoli ,soprattutto nel solco del marxismo , è il livello della nostra salvezza .Essa prometteva di condurre a un equivalente terreno del Regno , per mezzo del prometeismo e anche  a costo  di passare per lo stadio della violenza purificatrice .

La salvezza , si credeva si sarebbe dispiegata grazie alla scienza e alla tecnica ;

avrebbe portato con se la certezza della venuta di un nuovo mondo.                                      Sulle ceneri   di questo approccio al destino dell’umanità ,l’ecologia impone una svolta : la parola “salvezza” riacquista il suo significato primitivo, tanto che non si tratta più di portare  a compimento  ciò che é in “nuce “,bensì di salvare ciò che già c’è da tempo .

Ciononostante ,guarda caso  ,si tratta della conservazione degli animali ,della natura -e ciò è senza dubbio lodevole  ,nonché assolutamente necessario- ma non delle  civiltà ,degli stili di vita ,delle nazioni. Questo nuovo ecologismo è ,in maniera ossimorica,  un conservatorismo distruttore: vuole conservare la natura , ma distruggere la storia e le sue tracce, civilizzazione compresa.

Nel cuore dell’ambientalismo oggi di moda  abita un disprezzo della razza umana. L’uomo è convocato dinanzi ad un tribunale che lo accusa di essere cattivo ,di essere il più malvagio dei viventi sulla Terra. Persino  l’opera civilizzatrice dell’uomo viene biasimata  da questa corrente.

Il ventunesimo secolo ,quasi sulla via di un ritorno al paganesimo ,feticizza tutto ciò che può essere etichettato come naturale. L’ìncantatoria invocazione alla natura pervade “ad nauseam” i social network ,i mass meda ,l’opinione pubblica ,ivi comprese le conversazioni ordinarie ,testimoni di questa sorta di religione ecologica che, per dirla con l’autore , è il nuovo oppio dell’Occidente post-cristiano.

Un’ondata di superstiziosa religiosità del naturale diviene il neo-conformismo obbligato che fa da passaporto non solo per navigare sui social network , ma anche per essere accettati nella società, per poter conferire con i vicini ,per non  doversi arrabbiare con gli amici. Mostrare senza un approccio critico di amare la natura ,di odiare l’inquinamento ,di maledire le cause del riscaldamento globale ,così come riempire di elogi l’agricoltura “bio” e felicitarsi per al moda del localismo vi pone dalla parte della buona società ,delle persone generose e responsabili  sul valorizzante lato del “Bene “,permettendovi allo stesso tempo di rifuggire ogni  sospetto di intolleranza. Questa DOXA sogna ad occhi aperti a gran voce un nuovo stato di natura.

Lo stato di natura riappare come un’utopia confusa e gelatinosa  più che come un’idea degna di tale nome. Dappertutto si fa appello a un ritorno alla natura ,al naturale -termine assurto a parola d’ordine - ma in nessun caso si scruta il concetto da vicino , né si esplicitano le questioni a esso connesse. Un utilizzo simile della natura è soltanto polemico ,imbastito per accusare indifferentemente l’industria ,i prodotti artificiali ,l’economia liberale, il capitalismo, la finanza ,l’Occidente ,gli uomini.

La parola “natura” è dunque nient’altro che un sorta di tribunale pomposo ,deputato all’identificazione dell’attività industriale con il peccato originale. Anche quest’ultima tendenza è analizzata da Meotti: siamo tutti peccatori di energia ,ci tiene a ricordare. Sotto l’egida  della religione ecologica  e della sua parodia del peccato originale, il mondo si pasce di  catastrofismo e apocalittismo  a buon mercato.

Ma di quale natura stiamo parlando? Innanzitutto ,in ogni discorso ecologista , la natura è l’opposto. Essa è il contrario di tutto ciò che quei discorsi odiano, di tutto ciò che tentano di convincerci a odiare. E’ il polo auspicabile in un dualismo polemico molto in voga ,nel quale la tecnica occupa il polo del deprecabile .La promozione dell’ecologia si è accompagnata in una inversione dei ruoli nella coppia natura-tecnica: tempo addietro la natura suscitava terrore , mentre la tecnica rassicurava e sembrava rassicurarci dalla violenza della natura; oggi la tecnica è temuta come lo era allora la peste  e la natura ci rassicura. Sempre più alcuni nostri consimili diffidano dell’artificio ,ad esempio dei vaccini , nonostante esso procuri tanti benefici.

Così la natura è diventata la patina esterna dell’oggetto del nostro odio  , che fino a poco tempo fa era rappresentato dal  proletariato. Essa diviene contemporaneamente un criterio selettivo della CANCEL CULTURE  ,questo recentissimo tropismo eliminatorio. Allo stesso modo in cui, per molti occidentali di una certa epoca , fu tale il concetto di classe operaia.

La “classe “è un concetto abilitante a una visione complessiva della storia. E’ quanto ci insegna il Manifesto comunista: “La storia di ogni società  esistita fino a questo momento , è storia di lotta di classe”, postula. Uno dei punti in comune tra le parole “classe “ e “ natura” è l’opposizione, più  o meno esplicita ,al capitalismo.

“Coloro che le pronunciano si oppongono al medesimo mondo ,sebbene con termini e contenuti diversi.  La natura ,nel ventunesimo secolo ,sostituisce il concetto di classe del ventesimo. Seguendo a sua volta il destino della classe operaia , la natura è una sorta di Grande Rifiuto “, della tecnica ,dell’industria ,del capitalismo e, per estensione ,dell’uomo in quanto predatore.

La natura è per l’uomo contemporaneo ,quel che la classe fu per l’uomo dei due secoli precedenti al nostro.  O più precisamente : la natura è l’equivalente simbolico ,nell’immaginario dell’uomo contemporaneo , di quello che fu la classe nell’immaginario dell’uomo di due secoli fa. Ricordiamo l’entusiasmo  che accendeva la parola “classe” . I sogni che a essa si aggrappavano . Ricordiamo il pensiero di Georges Sorel , l’anarco-sindacalista di “Reflexions sur la violence”  ,opera paradigmatica di tale “logolatria”: lo sciopero generale degli operai rappresenta l’anticipazione qui e ora del meraviglioso futuro dell’umanità.

L’apocalittico sciopero generale era l’incarnazione   profetica di quel futuro ,ovvero il comunismo.

Ricordiamo l’accecante ebbrezza che si impossessò dell’intelligenza di “Jean- Paul Sartre”, quando l’appellativo “classe operaia “ comparì sotto la sua penna. Ma cos’era questa classe ? Un’invenzione di Karl Marx. Il cui genio introdusse il termine  nel vocabolario filosofico attribuendogli una funzione quali magica.

Tuttavia il termine “classe “ non era solamente un concetto filosofico. Era una reazione e una ricusazione ,dunque un valore. Esattamente come la natura ai nostri giorni.

Nominare la classe borghese era una tacita accusa in nome di un valore: il proletariato ; nominare la classe operaia ,equivaleva a esaltarla. Allo stesso modo parlare di natura é accusare  il mondo sviluppato ,l’industria ,in nome di un valore .

 

 

 

 

Il Berliner Zeitung evidenzia il numero

“insolitamente grande” di Giocatori di calcio

recentemente Collassati in campo

conoscenzealconfine.it- Cesare Sacchetti-(12 Novembre 2021)-ci dice:

(TelegramTwitterFacebook)

Il fenomeno senza precedenti è iniziato dopo la distribuzione dei sieri sperimentali genici e alcuni medici hanno fatto notare la diretta correlazione proprio con questi farmaci.

I calciatori che si sentono male sul campo da gioco sono vittima di attacchi cardiaci nonostante tutte le analisi precedenti avevano certificato il loro perfetto stato di salute. La correlazione tra queste patologie cardiache e i sieri sperimentali è stata accertata in diverse occasioni e i calciatori sono caduti anche loro vittime dei cosiddetti vaccini.

Tutto questo comunque ci porta a considerare che il potere finanziario che gestisce il mondo del calcio non ha più interesse alcuno a mantenere questo enorme carrozzone che costa miliardi di euro e che rende sempre meno. La fase espansiva del calcio e dello sport più in generale è terminata.

La finanza internazionale e le grandi corporation in passato hanno rilevato le grandi squadre di calcio, perché il calcio negli ultimi quarant’anni ha assolto ad una funzione specifica. Quella di distrarre le masse. Negli ultimi quarant’anni siamo stati letteralmente sommersi da trasmissioni spazzatura sul calcio, che ci dicevano tutto dell’infortunio di un giocatore che guadagna 10 milioni di euro all’anno, mentre non ci dicevano nulla di come la finanza di Londra e di New York e il regime dell’Unione europea ci portavano via la nostra ricchezza, strappandoci la sovranità monetaria e radendo al suolo la nostra industria tra le più floride e solide al mondo.

Il calcio in questo senso è stato il vero oppio dei popoli che ha addormentato e anestetizzato le masse. Ora però siamo giunti ad una nuova fase. Il mondialismo non vuole più spendere altri soldi per tenere in vita la sua creatura. Molte persone si sono allontanate e non seguono più il calcio per mancanza di risorse economiche e per perdita di interesse.

Lo sport ha perso quella funzione di controllo delle masse che aveva un tempo e il potere mondialista ha iniziato a disfarsene, mandando al macello anche i giocatori che fino a ieri pagava milioni. (Cesare Sacchetti).

(Riferimenti: summit.news/2021/11/09/german-newspaper-highlights-unusually-large-number-of-soccer-players-who-have-collapsed-recently/).

 

 

 

 

"Russia pronta a invadere l'Ucraina".

Mosca smentisce ma è scontro con la Nato.

Affaritaliani.it-Redazione-(12 novembre 2021)- ci dice:

Intanto Pechino sembra appoggiare le rivendicazioni di Putin. E gli analisti immaginano una doppia azione, potenzialmente inarrestabile, tra Ucraina e Taiwan.

TRA RUSSIA E UCRAINA E' DI NUOVO CRISI VERA,

GLI USA: "MOSCA PRONTA A INVADERE".

Sul fronte orientale la partita si fa sempre più insidiosa. E sempre più estesa. Mentre si vanno a delineare delle partnership che danzano sulla sottile linea rossa che le separa dal diventare alleanze. Gli Stati Uniti sostengono che la Russia possa invadere l'Ucraina. Di nuovo. Poco più di sette anni dopo quanto accaduto in Crimea, evento che ha allontanato in maniera drastica Mosca all'occidente. Un nuovo episodio del genere segnerebbe probabilmente la fine dei rapporti tra Russia, Europa e Stati Uniti. Gettando Vladimir Putin tra le braccia di Xi Jinping dopo il lunghissimo flirt degli ultimi anni. Una crisi dei migranti che in realtà è crisi politica, quella al confine tra Bielorussia e Polonia, e che coinvolge anche altri attori. Dall'Unione europea alla Nato, con l'apparizione finale di Pechino.

LA RUSSIA SMENTISCE: "NON INVADEREMO NESSUNO, MA..."

Migranti, Lukashenko copia Erdogan. Ma dietro ci sono Putin e la Polexit

Il Cremlino, per ora, smentisce tutto. "Nessuno dovrebbe preoccuparsi del fatto che le truppe russe vengano spostate sul loro proprio territorio nazionale", ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, rispondendo alla stampa che chiedeva se fosse a conoscenza del fatto che gli Stati Uniti hanno avvertito i colleghi dell'Ue sui presunti possibili piani per un'invasione russa dell'Ucraina. "Non si tratta della prima pubblicazione in questo senso e neppure la prima volta che gli Stati Uniti si dicono preoccupati per il movimento delle nostre forze armate nel territorio della Federazione Russa", ha ricordato Peskov, "abbiamo ripetutamente affermato a tale proposito che il movimento delle nostre forze armate intorno al territorio nazionale territorio non dovrebbe riguardare nessuno". A qualcuno non è però sfuggito il fatto che si parli di truppe russe e "territorio nazionale". Quando è noto che alcune zone amministrate da Kiev siano rivendicate da Mosca.

 

"La Russia non rappresenta una minaccia per nessuno", ha aggiunto Peskov, avvisando però che Mosca "se necessario, adotta misure per garantire la sicurezza nazionale quando i suoi avversari svolgono attivita' provocatorie vicino ai propri confini". Il riferimento è alla Nato, sempre più vicino ai confini russi, con il pensiero per esempio allo spiegamento navale degli Stati Uniti nel Mar Nero e i voli sempre più frequenti di intelligence di funzionari americani e dell'Alleanza atlantica nei paesi dell'area, dalla Romania alla Moldova.

DIETRO LA CRISI LA TENSIONE TRA RUSSIA E NATO, SEMPRE PIU' AMPIA A EST.

La stessa Nato ha parlato della vicenda, dicendo di essere "vigile" e di monitorare "regolarmente i movimenti delle forze russe. E' importante garantire la trasparenza ed evitare errori di calcolo". A dare fuoco alla miccia era stato il segretario di Stato Usa Antony Blinken, il quale ha avvertito l'Unione europea della possibilità che Mosca possa pensare di ripetere l'operazione militare messa in piedi già nel 2014, quando ammassò le truppe al confine e poi oltrepassò la linea. Non sono stati ancora forniti elementi di prova precisi a suffragio di tali indicazioni, ma si citano soprattutto i movimenti militari al confine, contestuali alla cosiddetta crisi dei migranti in Bielorussia.

LA TENSIONE RUSSIA-UCRAINA ESPLODE INSIEME ALLA CRISI DEI MIGRANTI BIELORUSSIA-POLONIA E ALLA VICENDA DEL GAS RUSSO.

Già negli scorsi mesi c'erano stati episodi simili, con il direttore della Cia Bill Burns che era andato a Mosca per parlare con Putin. Ciclicamente la tensione però si rialza, visti gli equilibri irrisolti non solo e non tanto tra Russia e Ucraina ma semmai tra Russia e Nato. Il Cremlino da parte sua protesta per il presunto utilizzo da parte dell'Ucraina di droni da combattimento, in violazione di un precedente accordo sull'attività militare nel mar Nero. "Le informazioni che abbiamo finora" in merito alla presenza di forze militari russe al confine con l'Ucraina "è piuttosto preoccupante ed è stata oggetto di discussione con i partner transatlantici, come gli Usa e il Regno Unito, per vedere come evolve la situazione. Alla luce degli sviluppi, siamo pronti a valutare ulteriori passi necessari da compiere assieme ai partner menzionati", ha  dichiarato invece Peter Stano, portavoce della Commissione europea.

LA CINA APPOGGIA IMPLICITAMENTE MOSCA.

La maggiore preoccupazione della vicenda è che la tensioni si alzi proprio durante la più che delicata situazione al confine tra Bielorussia e Polonia, nonché mentre la situazione delle forniture di gas russo è ancora tutt'altro che risolta. Una miscela potenzialmente esplosiva alla quale si aggiunge l'inedito interesse della Cina. Sul Quotidiano del Popolo, espressione del Partito comunista cinese, è apparso un articolo nel quale si raccontava dell'incidente del golfo del Tonchino del 1964, preso come esempio della scusa utilizzata dagli Stati Uniti per iniziare la guerra in Vietnam. Una rivisitazione non giustificata da anniversari o ricorrenze, e così alcuni analisti l'hanno messa in relazione con quanto sta accadendo in Ucraina. Un appoggio implicito alle mosse russe, insomma. Che d'altronde aveva anticipato il favore dicendo di appoggiare quelle della Cina su Taiwan lo scorso mese.

Nella sua “Sinocism”, Bill Bishop arriva a chiedersi che effetto farebbe una potenziale doppia invasione simultanea: russa in Ucraina e cinese a Taiwan. Un'azione coordinata forse imprevedibile e anche difficile da immaginare. Ma che potrebbe mandare in tilt qualsiasi strategia americana.

 

 

Ridurre debito e disuguaglianze?

Basta togliere alle banche il potere di creare moneta dal nulla.

Lastampa.it- MARIA GRAZIA BRUZZONE-(12 giugno 2014)- ci dice :

 

L'idea circola ai più alti livelli. E in Svizzera si raccolgono le firme per un referendum.

Interdire le banche private,  impedire loro di creare moneta dal nulla. Sembra un’idea folle, oltre che poco comprensibile ai più. E però  circola sempre di più, non dalle parti del M5S, dell’Ukip, o di qualche altro partito populista  (che pure sarebbero d'accordo). Ma ai più alti livelli: Financial Times, Banca d’Inghilterra, Fondo Monetario, economisti vari. Sulla scia di proposte che risalgono agli anni '30.

Presi dai problemi italiani, dalle elezioni europee, dagli scandali nostrani, ci si è fatto poco caso (qui l’unica eccezione, a parte un blog). Forse si temeva di confondere le idee, di togliere enfasi alle riforme di cui l’Italia ha comunque bisogno, di tirare la volata ai partiti “sovversivi” che queste idee sostengono.

Perché di un’idea davvero sovversiva si tratta.

Idea non nuova, in realtà.   Da tempo in varie forme fa proseliti fra economisti americani ed europei, preoccupati di una prossima crisi sistemica, più devastante della precedente.

La vera sovversione sta nel fatto che a sponsorizzarla sia stato, qualche settimana fa, il più autorevole quotidiano economico del mondo, il Financial Times, da sempre pilastro della cultura economica neoliberale.

In un commento firmato dall’illustre  Martin Wolf .

Titolo: “ Spogliare le banche private del potere di creare denaro”.

Questo l’esordio: “Stampare banconote false è illegale ma creare denaro privatamente non lo è.   L’interdipendenza fra lo stato e i business che fanno proprio questo è la fonte molta dell’instabilità delle nostre economie. Potrebbe - e dovrebbe - finire”.

Come funzionano le banche? L’opinione pubblica ha un’idea ingenua di come funzionano le cose. Immagina che le banche prendano in carico i soldi dei depositanti - risparmi stipendi pensioni, altre rendite – e li prestino a loro volta a chi li chiede – imprenditori o cittadini che accendono mutui. Ed è convinta che a battere moneta siano gli stati attraverso le loro banche centrali - che si crede siano tutte pubbliche (con la BCE le cose sono un po’ cambiate, si intuisce, ma non si sa bene come).

La verità è un’altra: le banche non prestano denaro a partire dai depositi dei clienti.

Quando una banca vi concede un mutuo o un altro prestito, non va a vedere se in cassa c’è abbastanza denaro. Ma digita quasi magicamente su vostro conto un deposito, un credito per la banca, con l’ammontare che vi serve per comprarvi la casa.

Questo deposito a credito è automaticamente denaro creato dal nulla dalla banca.

Sono proprio le banche private la maggior fonte della creazione di denaro, ribadisce un recente studio della Bank of England  (“La creazione di denaro nella moderna economia”) che spiega come le banche, “lungi dal fungere da intermediari siano nel business della creazione di moneta”, sintetizza Business Insider, citando lo studio nel suo lungo e articolato post sull’onda di Wolf.

“In pratica – scrive B of E - la creazione di denaro differisce dai malintesi popolari: le banche non funzionano semplicemente da intermediari, dando in prestito i soldi depositati presso di loro, ma creano moneta. Tutte le volte che una banca fa un prestito simultaneamente crea un deposito equivalente sul conto di chi prende a prestito e in questo modo crea nuovo denaro” .

In questo modo, col consenso degli Stati, di fatto è il sistema bancario a battere moneta(anche se non lo fa non fisicamente).  Nel Regno Unito il 97% della massa monetaria è creato dal nulla in questo modo, informa l’autore.

Con effetti pesantemente negativi e destabilizzanti sull’intera economia – sottolinea Wolf.

(Disastri diretti: es bolle speculative destinate a scoppiare. O indiretti: impropri interventi pubblici: la gente si aspetta che nelle banche i propri soldi siano al sicuro, cosicché quando queste prendono troppi rischi il governo si sente costretto a intervenire per salvare il sistema, indebitando lo Stato a spese dei cittadini tutti).

(In gergo tecnico, le banche operano  in quel si chiama regime di riserva frazionale, dove per riserva si intende la quantità di denaro che una banca presta in rapporto al denaro che possiede.

Per es una riserva al 3%, significa che quando la banca riceve in deposito 3 euro ne può prestare 100 all’imprenditore che chiede un fido, ricavando gli interessi su quei 100 fittizi: un “beneficio” chiamato signoraggio – che non è un’invenzione complottistica . Va da sé che se i depositanti di una banca andassero di colpo tutti insieme a ritirare il proprio malloppo, la banca dovrebbe chiudere gli sportelli per non andare fallita.

  Più la riserva frazionale è bassa più stabile sarà l’economia.  Una “leva” eccessiva da parte delle banche è stata riconosciuta come una delle maggiori cause della Grande Depressione degli anni ’30 nonché della crisi del 2008. Tanto che negli ultimi anni si sta cercando di imporre alle banche una riserva di almeno l’8%, il 6% di capitale di qualità).

"Cosa bisognerebbe fare? Riservare esclusivamente allo stato il potere di creare denaro", propone Wolf. Ed è la risposta massima .La minima - dice - sarebbe rendere molto più stretta la regolamentazione sulle banche (e chissà che non sia questo il vero obiettivo del commentatore: ammorbidire le banche riottose, minacciandole).

Alle banche private verrebbe lasciata la funzione di intermediazione tra risparmiatori e investitori-mutuatari, la custodia dei depositi, i pagamenti.

La moneta tornerebbe ad essere un bene pubblico.

L’autore si richiama al Chicago Plan, avanzato negli anni ’30 da un gruppo di economisti fra i quali il famoso Irving Fisher, che al tempo della Grande Depressione volevano creare un sistema più stabile..

Il cuore della proposta era la Riserva del 100% sui depositi: le banche potrebbero prestare solo quel che hanno in deposito.   Che è un altro modo per dire che non potrebbero più creare moneta. Prestino soltanto quel che hanno in deposito, e nulla più.

All’epoca Fisher sosteneva che ciò avrebbe grandemente ridotto i cicli economici (gli andamenti ciclici negativi-positivi), posto fine alle corse agli sportelli, nonché ridotto drasticamente il debito pubblico.

Potrebbe funzionare anche oggi, sostiene uno studio del FMI del 2012, sottolinea il FT (qui e qui un commento di Evans Pritchard che lo condivise). E cita altri economisti che propongono idee uguali o simili. Altri ancora di unversità prestigiose li cita Business Insider, il Washington's Blog che si è stupito per l'uscita del FT, ne propone un elenco dagli anni ’30 a oggi sottolineando che si tratta spesso di economisti conservatori.

“La riserva frazionale – avvisava Fisher citato da BI - dà alle migliaia di banche commerciali il potere di aumentare o diminuire il volume di denaro in circolazione aumentando o diminuendo prestiti e investimenti.  In questo modo le banche esercitano quello che, giustamente, è considerata una prerogativa del potere sovrano.  Se ogni banca lo esercita indipendentemente e senza un controllo centralizzato, i cambiamenti nel volume del circolante diventano un azzardo.

(Ecco perché oggi  le banche centrali - Fed, Bce, Bank of England ecc. anche tramite la BRI - si sforzano almeno di regolare, orientare, supervisionare, compensare il sistema, dopo aver provveduto a “salvarlo”  a spese dei contribuenti. Con quali esiti è un altro discorso).

La transizione a un sistema in cui la creazione di denaro è separata dall’intermediazione finanziaria sarebbe complessa ma fattibile, secondo Wolf.  Che elenca gli enormi vantaggi:

  si potrebbe aumentare la massa monetaria senza incoraggiare la gente a indebitarsi fino al collo coi prestiti;

si metterebbe fine alle banche-troppo-grandi-per-fallire;

  il signoraggio – “cioè i benefici che derivano dal creare denaro”, così lo definisce Wolf – verrebbe trasferito al settore pubblico. E il governo potrebbe giovarsene per finanziare la spesa pubblica senza bisogno di tasse e prestiti, per fare pagamenti ai cittadini, per riscattare debiti pubblici e privati.

  E sull’effetto- riduzione dei debiti, pubblici e privati  insiste anche lo studio (del 2012) dei due economisti del FMI. Mentre due economisti austriaci - intervistati  da ZeroHedge - dimostrano che la riserva frazionale sia causa delle disuguaglianze (in polemica con Thomas Piketty, l'economista francese star del  momento).

L’economia morirebbe per mancanza di credito sostengono gli oppositori. Lo pensavo anch’io, confessa l’autore.  In realtà – spiega - solo circa il 10% di quanto prestano le banche nel Regno Unito va a  finanziare investimenti  in settori diversi dall’immobiliare”.

(Come dire che il 90% del denaro delle banche è impiegato in speculazioni varie, compreso quel settore immobiliare che in Gran Bretagna e ormai visto come una bolla a rischio di esplodere. Impieghi ben più redditizi che prestare all’“economia reale” – cosiddetta forse per distinguerla dall’economia finanziaria virtuale).

Un’altra obiezione l’ha sollevata Paul Krugman : “Ci sarebbero semplicemente più attività nel sistema bancario ombra”, ha scritto sul NYT. Oltre a sottolineare la difficoltà dell’operazione. Ma Wolf  ignora il tema.  E conclude:

“Il nostro sistema finanziario è così instabile perché lo Stato prima gli ha concesso di creare quasi tutto il denaro che circola nell’economia, poi si è visto costretto a sostenerlo nello svolgimento di tale funzione. Questo è un buco gigantesco nel cuore delle nostre economie di mercato.

  Un buco che potrebbe essere colmato separando la fornitura di moneta, funzione strettamente dello stato, dalla fornitura di finanza, funzione del settore privato.

Non succederà ora. Ma ricordate la possibilità: quando la prossima crisi arriverà – e succederà sicuramente – dobbiamo essere pronti” .

Una previsione non proprio tranquillizzante.

Il piano di Chicago allora non venne applicato, causa l’opposizione strenua delle banche, già allora fortissime, e la morte – per incidente aereo - di un senatore democratico particolarmente ostinato e battagliero, scrive il W Blog  linkando uno studio su quel periodo.

E però Franklin Delano Roosevelt in quegli anni, vincendo le resistenze di Wall Sreet,   riuscì a far passare il famoso Glass Steagall Act   che condusse a separare nettamente le banche commerciali (gestione depositi, prestiti ecc) dalle banche di investimento.

Una normativa abolita nel 1999 sotto Bill Clinton, che varie proposte di legge americane ed europee negli ultimi anni post crisi si sono sforzate di riesumare in varie forme. Invano.

Troppo grande il potere delle banche Too-Big-Too-Fail, troppo grandi per fallire, e troppo grandi per essere controllate, troppo grandi per essere messe in carcere.

E tuttavia troppo grandi per essere ignorate,  è ancora Wolf a scrivere in un altro commento.

Troppo grandi, e anzi sempre più grandi e concentrate e interconnesse; e sempre più potenti con le loro schiere di centinaia di avvocati a libro paga per difenderle da tutti gli imbrogli commessi, e per suggerire alla politica (lautamente da loro foraggiata, negli Usa ma pure in Europa) come modificare le leggi a loro vantaggio.

E di imbrogli ne anno commessi davvero tanti : hanno truccato di tutto, tassi interbancari e tassi valutari,  prezzi di oro, metalli preziosi e materie prime, per non dire delle vere e proprie truffe, dai derivati imbottiti di mutui subprime avariati che hanno innescato la crisi , agli schemi ponzi come quello di Bernie Madoff, e forse dimentichiamo qualcosa. Il tutto senza che sia stato condannato, ma neppure cacciato, un solo banchiere.

E che dire delle decine di trilioni di dollari, sterline, euro creati dal nulla (centinaia di trilioni, considerando i derivati) che drogano le economie, fanno salire le Borse ma non la produzione industriale, né l’occupazione né i consumi, a tutto vantaggio dell1% dei più ricchi, e delle stesse banche in primo luogo? 

Intanto il debito sale: dai primi segni della crisi il debito globale è salito del 40%, fino a toccare la fantastica cifra di 100 trilioni di dollari, $100.000 miliardi, più del PIL globale del mondo che nel 2012 arrivava a$71.83 trilioni ($84.97 trilioni a parità del potere d’acquisto.

€12 trilioni il solo debito Usa,  vedi Bloomberg su dati Banca dei Regolamenti Internazionali.

A indebitarsi sarebbero soprattutto i governi (centrali e locali) per tirar fuori le loro economie dalla recessione. Tutto grasso che cola per le mega-banche, già salvate coi soldi pubblici, che ora lucrano sui debiti statali.

Il Referendum Svizzero. Come che sia, in Svizzera – dove di mega-banche se ne intendono – è nata Initiative Monnaie Pleine o Vollgeld Initiative: cittadini comuni stanno raccogliendo centomila firme per una riforma che “restituisca la creazione di moneta in esclusiva alla Banca Nazionale”, per arrivare a proporre un referendum alla popolazione.  Al momento sono a quota   68.000, vedi il sito.

 

 

 

Il denaro e' creato dal nulla.

Mondos-porco.blogspot.com-David Icke-(15 agosto 2021)- ci dice :

 

IL POTERE DI CREARE DENARO È TROPPO DEVASTANTE PER ESSERE LASCIATO NELLE MANI DI PRIVATI CHE LO UTILIZZANO A FINI PRIVATI .

Hanno creato questa CRISI GLOBALE PER ESPROPRIARE TUTTE LE RICCHEZZE ALL'INTERA UMANITA' .

Basterebbe mettere il denaro in circolazione per fare ripartire l'economia e creare il lavoro, MA STANNO FACENDO IL CONTRARIO.

PIU' SI IMPOVERISCE L'UMANITA' E PIU' SI ARRICCHISCONO LORO. Soprattutto aumenta il loro potere devastante ...

DENARO DAL NULLA.

Tratto da il segreto più nascosto di David Icke.

Oggi gli iniziati e gli uomini della Elite controllano la politica, le banche, gli affari, i servizi segreti, la polizia, gli eserciti, l'istruzione e i media di tutto il mondo. Forse il più importante di questi settori, in termini di controllo, è quello delle banche. La creazione e la manipolazione del denaro.

Si basa sulla creazione di denaro che non esiste e che viene prestato a persone ed aziende in cambio di interessi. Ciò crea un debito enorme per i governi, le aziende e la popolazione in generale, che sono così più facilmente controllabili. Essenziale in tutto questo è stato permettere ai banchieri di prestare denaro di cui non sono in possesso. Funziona così: se io o voi abbiamo un milione di sterline, possiamo prestare un milione di sterline. Semplicissimo.

Ma se una banca possiede un milione di sterline, può prestare dieci volte tanto e più, e gravare quei soldi di interesse. Se anche solo un numero esiguo di quelle persone che teoricamente hanno i "soldi" depositati nelle banche andassero oggi a ritirarli, le banche chiuderebbero i battenti in mezz'ora perché quei soldi non ce li hanno. Il denaro delle banche è un mito, un'altra truffa. Quando andate in banca a chiedere un prestito, la banca non stampa neanche una banconota nuova, né conia nuove monete. Si limita a digitare la somma del vostro prestito sul vostro conto corrente. Da quel momento in poi pagate alla banca interessi su ciò che non è altro che denaro digitato sullo schermo (denaro virtuale). Eppure, se non riuscite a rimborsare il prestito che non esiste, la banca può intervenire e, in tutta legalità, espropriarvi beni che invece esistono, come la casa, la macchina, la terra e tutto quello che possedete, per un valore pari a quello che compare sullo schermo. Inoltre, poiché il denaro non viene messo in circolazione dai governi, ma dalle banche private che concedono prestiti ai clienti, le banche controllano la quantità di denaro in circolazione.

Più prestiti decidono di elargire, più denaro viene messo in circolazione. Qual è la differenza tra un boom economico e una depressione economica? Solo una: l'ammontare del denaro in circolazione. Tutto qui. E, attraverso questo sistema, le banche private, controllate da quelle stesse persone, decidono quanti soldi saranno in circolazione. Così possono creare periodi di prosperità e di crisi a loro piacimento. Lo stesso succede con le borse, i cui agenti spostano miliardi di miliardi di dollari al giorno nell'ambito dei mercati finanziari e bancari, determinandone così l'ascesa o la caduta, lo sviluppo o il controllo. I crolli della borsa non accadono così per caso, accadono perché qualcuno li fa accadere.

La maggior parte del "denaro" in circolazione non è denaro materiale, banconote e monete. E' costituito da cifre che passano elettronicamente da un conto corrente su un computer ad un altro, attraverso bonifici bancari, carte di credito e libretti di assegni.

Più denaro, elettronico o di altra natura, è in circolazione, maggiori attività economiche possono svolgersi e, quindi, più prodotti vengono comprati e venduti, maggiore è il reddito di cui dispongono le persone, e maggiori sono i posti di lavoro disponibili. Ma la cricca finanziaria ha sempre cercato di creare dei boom elargendo molti prestiti e poi staccando la spina. Economisti e giornalisti economici strapagati, la maggior parte dei quali non ha idea di quello che sta accadendo, vi diranno che i boom economici e le crisi rientrano nel cosiddetto "ciclo economico". Balle! Si tratta invece di una manipolazione sistematica messa in piedi dalla Elite per appropriarsi della vera ricchezza del mondo. Durante un boom molte persone finiscono per indebitarsi ancora di più. Un'attività fiorente implica che le aziende chiedano ulteriori prestiti per comprare nuovi macchinari ed incrementare così la produzione. La gente chiede prestiti per comprarsi una casa più grande e una macchina nuova e più cara, perché ha fiducia nel suo futuro economico. Poi, nel momento più conveniente, i maggiori banchieri, coordinati dalla rete di società segrete, alzano i tassi di interesse per diminuire la richiesta di prestiti e iniziano a richiedere il pagamento dei prestiti già accesi.

Così facendo, i prestiti diminuiscono e ciò ha come conseguenza la sparizione dalla circolazione di unità monetarie (il denaro nelle sue varie forme). Questo fa diminuire la domanda e comporta anche una riduzione dell'occupazione perché non ci sono abbastanza soldi in circolazione per alimentare l'attività economica. Così le persone e le aziende non guadagnano abbastanza da rimborsare i loro prestiti e finiscono per fallire. A questo punto le banche si appropriano delle loro vere ricchezze, le loro aziende, la casa, la terra, la macchina, in cambio del mancato pagamento di un prestito che non è mai stato niente di più che delle cifre digitate su uno schermo.

Gli Stati Uniti per esempio, invece di crearsi del denaro proprio privo di interesse, i governi lo prendono in prestito dal cartello di banche private e rimborsano sia l'interesse che il capitale tassando la popolazione. Le somme fantastiche di denaro che pagate sotto forma di tasse vanno dritte alle banche private per rimborsare prestiti che i governi potrebbero crearsi da soli, emettendo denaro privo di interessi. Perché non lo fanno? Perché l'Elite controlla i governi tanto quanto le banche.

Ciò che chiamiamo "privatizzazione" è la svendita dei beni dello Stato al fine di impedire la bancarotta causata dal debito creato dalla banche. I paesi del Terzo Mondo stanno cedendo il controllo della loro terra e delle loro risorse ai banchieri internazionali poiché non sono in grado di rimborsare i grossi prestiti elargiti loro, di proposito, dalle banche proprio per intrappolarli in questa situazione.

 

 

Il sistema bancario: il funzionamento

di massima di G.F.

Comprendereilmondomoderno.com-G.F.-(29 settembre 2019)-ci dice:

Una volta capito che cos’è e come funziona la moneta, bisogna capire come questa viene distribuita, quindi bisogna comprendere il sistema bancario.

1. Come è costituito il sistema bancario.

Le banche sono quell’organo del sistema che ha il compito di gestire l’erogazione del credito. Il sistema bancario è costituito da due tipi di banche:

– La Banca Centrale (che fa parte del settore governativo).

– Le banche commerciali (che fanno parte del settore privato).

La Banca Centrale va a gestire la monetizzazione della spesa dello Stato, cioè gli IOU di Stato, mentre le banche commerciali erogano credito al settore privato espandendo l’offerta di moneta della Banca Centrale.

Ricordando il concetto di piramide dell’accettabilità, bisogna subito capire che non tutta la moneta emessa dalle banche ha la stessa qualità perché gli IOU di Stato sono più accettabili degli IOU emessi dalle banche commerciali. Infatti mentre gli IOU emessi dallo Stato e monetizzati dalla Banca Centrale sono esattamente quelli in cima alla piramide, il credito erogato dalle banche commerciali è emesso direttamente da loro sulla base delle richieste del settore privato.

Per base monetaria si intende l’insieme di tutte le monete e banconote monetizzate Banca Centrale più tutte le attività finanziarie immediatamente convertibili in moneta di Stato. Questo tipo di moneta, denominata in gergo tecnico HPM (dall’inglese high powered money, cioè moneta ad alto potenziale) è in pratica divisa in denaro circolante e riserve bancarie (queste ultime depositate in toto presso la Banca Centrale).

Uno dei punti più importanti di tutto il sistema rappresenta l’illusione della capacità di prestito delle banche commerciali. Le banche commerciali non prestano i soldi che hanno in deposito presso di loro: non prestano i soldi dei correntisti. Questa è una realtà che bisogna comprendere per non cadere nella trappola neoclassica del moltiplicatore monetario. Le banche commerciali hanno un conto presso la Banca Centrale espresso in “riserve bancarie”, mentre i conti dei correntisti sono depositati presso le banche commerciali e non sono costituiti da riserve. Ma vediamo nello specifico come funziona il meccanismo e quali sono i ruoli delle banche.

2. Le banche commerciali.

Le banche commerciali, come abbiamo detto prima, erogano mutui e prestiti, gestiscono prodotti finanziari di risparmio e tengono i conti correnti dei soggetti facenti parte del settore privato.

Nonostante le banche commerciali siano in grado di creare moneta dal nulla, in realtà la moneta da esse creata non introduce ricchezza al netto nel sistema. Infatti le banche commerciali quando erogano un prestito conducono una transazione orizzontale. Infatti il denaro creato da nulla dalla banca commerciale viene nullificato alla restituzione e anzi addirittura l’operazione porta ad un profitto per la banca perché la somma degli interessi complessivamente versati da chi ha richiesto il prestito sono un attivo netto della banca.

All’interno dei bilanci di una banca commerciale:

– I depositi sui conti correnti dei clienti sono una passività per la banca e un attivo per il cliente. Allo stesso modo, gli interessi maturati dai clienti su quei depositi sono anch’essi dei passivi per la banca.

I prestiti sono anch’essi il passivo della banca. Infatti la banca commerciale quando eroga un prestito apre un conto corrente a nome del beneficiario del prestito e rende disponibile quel denaro (emettendo moneta sta emettendo il suo debito nei confronti del beneficiario). Tuttavia quel prestito va restituito, quindi gli IOU della banca commerciale vanno restituiti uno per uno dal beneficiario del prestito. Quando quella persona ha estinto il prestito, alla fine avrà restituito alla banca commerciale tutto il denaro che gli ha prestato più una piccola parte che è l’interesse. Mentre gli IOU creati con il prestito vengono distrutti alla restituzione, l’interesse è denaro in più che il beneficiario del prestito trasferisce alla banca commerciale come “costo dell’aver reso disponibile quel denaro”. Le banche commerciali quindi guadagnano con gli interessi sui prestiti e non è un caso che i tassi di interesse sui prestiti siano maggiori rispetto a quelli sui depositi.

Infatti mentre il prestito è ancora aperto, gli IOU che la banca ha creato rappresentano il suo passivo. Se il beneficiario del prestito è insolvente e non può ripagare in alcun modo quegli IOU, la banca si ritroverà un passivo permanente pari a quell’ammontare. Dunque il profitto di una banca commerciale, per quanto riguarda il processo di gestione ed erogazione del credito, proviene esclusivamente dalle differenze nei tassi di interesse applicati.

Ancora, le banche traggono profitto sul mercato interbancario prestandosi riserve bancarie tra di loro.

Poi le banche commerciali possono avere anche altri attivi-passivi, come ad esempio detenere titoli di Stato (ottenendo profitto dal tasso di interesse su quei titoli).

Infine, grazie alla concomitanza tra l’abolizione del Glass-Steagal Act e i vincoli imposti dal regolamento di Basilea, le banche commerciali possono trarre profitto anche da attività finanziarie di tipo speculativo.

3. La Banca Centrale.

La Banca Centrale invece assolve al ruolo di controllore e di collaboratore della gestione monetaria dello Stato. Le sue principali funzioni sono tre:

– Monetizzazione della spesa dello Stato: è colei che produce il denaro (in tutte le sue forme), cioè come si suol dire “monetizza” la spesa dello Stato. Dopo che lo Stato sovrano decide di fare spesa pubblica, si serve sempre e solo della Banca Centrale per realizzare quella spesa.

– Gestione del tasso di interesse target: Attraverso la politica monetaria, la Banca Centrale fissa il tasso di interesse target che fa da riferimento per il corridoio dei tassi di interesse delle banche commerciali sul mercato interbancario.

– Gestione delle riserve bancarie: Le riserve delle banche sono collocate tutte presso la Banca Centrale sotto forma di c/c. Nelle procedure di pareggiamento le banche commerciali vanno ad attingere lì le riserve per pareggiare con altre banche (stiamo parlando di quella procedura che permette il passaggio di denaro tra due conti corrente presso banche diverse).

Per quanto riguarda la gestione dei tassi di interesse, questa avviene gestendo tre tipi di tassi:

 

– Il tasso di interesse sui titoli di Stato,

– Il tasso sui prestiti overnight,

– Il tasso sui depositi overnight.

Il mercato overnight è il mercato interbancario in cui la banche si prestano riserve (tipicamente per soddisfare i requisiti di riserva). Il tasso sui prestiti overnight è quello con cui le banche commerciali possono chiedere prestiti di riserve bancarie alla Banca Centrale con orizzonte temporale di 24h; il tasso sui depositi overnight è il tasso di interesse con cui la Banca Centrale remunera i depositi in riserve che le banche commerciali hanno presso di essa.

Senza andare troppo nel dettaglio basti sapere che le banche sono soggette ad un requisito di riserva che devono soddisfare a fine giornata: in pratica le loro riserve ogni giorno devono essere pari almeno ad un certo valore di soglia. Questo valore potrebbe tranquillamente essere nullo, ma in molti paesi questo requisito è in vigore ed è conosciuto come riserva frazionaria.

Lasciate perdere tutte le trattazioni complottiste dietro questa parola perché sono tutte fregnacce che distolgono solo l’attenzione sul focus dell’argomento.

Se a fine giornata una banca ha più riserve di quanto serve, può prestarle sul mercato interbancario ad una banca che ne ha di meno di quanto richiestole. La banca lo fa perché mentre tenere le riserve presso la Banca Centrale remunera secondo il tasso sui depositi, prestarle remunera secondo il tasso sui prestiti, che è più alto. Se non riesce a prestarle può sempre investire quelle riserve in attività più remunerative (come titoli per esempio).

Allo stesso modo la banca che ha meno riserve del target, può chiederle in prestito alla Banca Centrale o al mercato interbancario.

La Banca Centrale va a fissare dunque il corridoio dei tassi entro cui si muovono questi valori, i quali hanno entrambi come base il tasso di interesse sui titoli di Stato.

Fissare il tasso di interesse sui titoli di Stato per la Banca Centrale significa fissare il “peso” degli interessi sul debito governativo nei periodi successivi e quindi quello che si chiama servizio del debito.

Sulla base dei tassi di interesse decisi dalla Banca Centrale, le banche commerciali stabiliscono dei tassi di interesse sui depositi e sui prestiti elargiti al settore privato i più alti rispetto ai tassi stabiliti dalla Banca Centrale).

In definitiva:

– Lo Stato sovrano immette riserve bancarie nella Banca Centrale creandole da nulla attraverso la spesa pubblica.

– La Banca Centrale monetizza la spesa pubblica dello Stato e decide il tasso di interesse su ogni nuovo debito emesso, in funzione delle condizioni macroeconomiche del paese.

– La Banca Centrale, fissando il corridoio dei tassi di interesse interbancari, gestisce le riserve bancarie a fronte delle varie richieste di pareggiamento/clearing tra banche.

– Le banche commerciali gestiscono l’erogazione del credito al settore privato. I requisiti minimi di riserve che ogni banca commerciale deve rispettare vengono mantenuti ogni giorno prestandosi tra loro le riserve (all’interno di un corridoio di tassi decisi dalla Banca Centrale) oppure chiedendole direttamente alla Banca Centrale.

4. Cosa succede materialmente con i nostri soldi?

L’espansione dello stato patrimoniale della banca non dipende dalla quantità di riserve che possiede. Infatti sono i prestiti a creare i depositi, che vengono coperti da riserve successivamente.

La Banca Centrale non può controllare ciò che viene gestito autonomamente dalle banche commerciali quando concedono prestiti, quindi la Banca Centrale non può controllare l’offerta di moneta. Questo sembrerebbe controintuitivo, ma è la realtà dei fatti. Pertanto se l’inflazione dipendesse dalla quantità di moneta circolante, come sostenuto dai monetaristi, la Banca Centrale non sarebbe comunque in grado di controllare la quantità di moneta circolante perchè non è in grado di gestire l’erogazione del credito ai cittadini (cosa che compete invece alle banche commerciali). Questo aspetto è cruciale, infatti secondo il fondatore della MMT,  Warren Mosler, la mancanza di competenza sull’argomento da parte di parecchi economisti sta contribuendo alla perdita di progresso e civiltà.

Le teorie mainstream del moltiplicatore monetario sono quindi sbagliate : le banche non prestano i soldi che hanno in deposito presso di loro e soprattutto la riserva frazionaria (cioè la quota parte minima di riserve che le banche devono detenere per erogare prestiti) non è un meccanismo in grado di controllare l’offerta di moneta. E non è nemmeno quello strumento che, secondo le teorie del complotto, sarebbe alla base della truffa del secolo. Queste sono solo fantasie.

 

D’altronde il concetto di riserva frazionaria nasce in un’epoca in cui il denaro era vincolato ad altre condizioni. Nel medioevo infatti i banchieri si accorsero che soltanto una parte minima dei clienti che depositavano l’oro in cambio di banconote tornava poi in banca per attuare il suo diritto alla convertibilità (cioè a farsi dare indietro dell’oro in cambio delle banconote). Quindi i banchieri dell’epoca individuarono una riserva “minima” che fungesse da deposito per non essere totalmente sprovvisti a fronte delle richieste.

Da quando è stata abolita la convertibilità con l’oro, la riserve frazionaria non avrebbe più senso di esistere perché non si può più andare in banca con del denaro e pretendere che la banca converta quel denaro in altrettanto oro e ve lo consegni.

I contanti che noi cittadini depositiamo in banca vengono inviati direttamente alla Banca Centrale ed hanno un corrispettivo in riserve in un conto della banca commerciale presso la Banca Centrale stessa. I contanti inviati lì vengono distrutti e il conto in riserve della banca commerciale del depositante viene aggiornato (alla Banca Centrale costa di più custodire la carta che stampare nuovo denaro all’occorrenza visto che ha un contatore elettronico del credito in riserve).

Quando si deposita un assegno o si ricevono soldi da un bonifico funziona allo stesso modo (sebbene il processo coinvolga il mercato interbancario): infatti la banca accredita su quel conto corrente l’ammontare di quell’assegno o bonifico in termini contabili e poi quelle due banche si scambiano IOU di Stato (riserve) nel mercato interbancario.

La banca che riceve il deposito da parte del risparmiatore dunque si ritrova ad avere un’eccedenza di riserve bancarie rispetto a quella minima richiesta (riserva frazionaria) e da lì poi decide cosa farne per ottenere il maggior profitto possibile per sé.

Ecco che le banche non prestano il denaro dei correntisti.

Tra l’altro, se all’improvviso cessasse di esistere il requisito minimo di riserva e quindi il meccanismo della riserva frazionaria, non cambierebbe quasi nulla.

Considerate che molti economisti credono ancora alla storiella del moltiplicatore monetario e quindi trattano la moneta come se la moneta fosse una merce.

 

 

 

Il 95% del denaro è creato

da banche private.

Ariannaeditrice.it- Enric Duran - (09/10/2008)- ci dice:

(polaris.moviments).

Lo creano dal nulla attraverso i crediti però ce lo fanno restituire con gli interessi.

Casa de la Moneda y del Timbre, Madrid (la “Zecca dello Stato” in Italia).

E’ già più di un anno che la crisi finanziara è una notizia. Da quando scoppió negli Stati Uniti, con il nome di crisi subprime, si è pubblicato molto, spiegando con più o meno precisione e successo, come si è prodotta questa crisi negli aspetti più concreti. Quello che non si è spiegato granché, e per nulla nei mezzi di comunicazione di massa, è come la necessità di crescita esponenziale dell’attuale sistema finanziario è la causa di fondo della bolla speculativa, e per tanto della stessa crisi, oltre ad avere una relazione diretta con le crisi energetica e alimentare. Così, dunque, approfitteremo di questa opportunità di arrivare al pubblico, per spiegare non già la crisi creditizia quanto lo sfondo che fa sì che il sistema finanziario attuale sia una gran truffa per la gente lavoratrice, cosí come un pericolo per la sostenibilità della vita sul nostro pianeta. Capiremo in questo modo il ruolo che giocano le banche come principali responsabili di tutto, in definitiva.

Storia della creazione del denaro.

L’origine della banca risale a quando l’oro era il denaro vero e proprio e, come tale, lo custodiva l’orefice nel suo magazzino. Siccome l’oro era molto pesante e scomodo da muovere, il denaro in circolazione erano partecipazioni di questo denaro metallico. Un giorno, l’orefice pensò che poteva chiedere interessi per il prestito di queste partecipazioni e per compensarlo cominciò a pagare un interesse minore ai depositari di quest’oro; così cominciò in Europa il business bancario.

Questo sistema aveva il problema che la possibilità di prestar denaro era chiaramente limitata dalla quantità d’oro in circolazione; allora gli orefici, già convertiti in banchieri, inventarono il sistema di riserva frazionaria, che consiste nel fatto che ci sia solo come riserva una parte di quello che realmente si presta. O, detto in altra maniera, a partire da un denaro reale si crea denaro dal nulla in una proporzione che, tenendo conto che non ritireranno tutti il loro denaro in una volta, non pone mai in difficoltà i banchieri al momento di restituire i depositi. Questa proporzione abitualmente era del 10%, ovvero 10 unità in circolazione per ogni unità di oro esistente nella riserva.

Quest’aumento di denaro in circolazione favorì l’espansione commerciale nel mondo e, una volta conosciuta dagli stati, invece di essere proibita fu regolata. Per tenere sotto controllo il rischio che questo significava se si sapeva che non c’era denaro da restituire a tutti, si creò il sistema di banche centrali, che disponessero di riserve d’oro addizionali da poter prestare alle banche nei momenti di crisi.

La creazione del denaro attualmente.

Con il tempo, il sistema di banche centrali e di riserva frazionaria è diventato dominante nel mondo; l’oro che garantiva il denaro in circolazione andò diminuendo fino a che nel 1971 venne fatto sparire il riferimento all’oro. Ciò vuol dire che si smise di usare l’oro come base reale del denaro.

Pur cambiando questo aspetto fondamentale del sistema monetario, le banche centrali e il sistema di riserva frazionaria continuarono, però con riserve che consistono soltanto in annotazioni bancarie create in un certo momento dalle banche centrali; riserve che significavano soldi però che non erano garantite per nessuna moneta che avesse una base materiale. Questo cambia completamente la natura del denaro perché tutto quello che abbiamo attualmente in circolazione viene dal nulla e pertanto è un puro contratto, che ha valore soltanto perché tutti gliene danno.

Il denaro che si crea al giorno d’oggi, si crea fondamentalmente a partire dai prestiti, ovvero in forma di debiti, che sia pubblica, commerciale, esterna o privata. Non solo: quando si restituiscono i debiti, questo denaro sparisce, in maniera che il sistema finanziaro disponga di un strumento per ampliare o ridurre i soldi in circolazione.

Il denaro lo creano le banche centrale e le banche private. Solo fra il 3 e il 5% del denaro in circolazione è stato creato dalle banche centrali, il resto lo creano le banche private attraverso i crediti, così come (e ogni volta di più) attraverso complessi sistemi di speculazione finanziaria.

Al giorno d’oggi, la creazione di denaro è limitata solo da un regolamento che indica in quali condizioni le banche possono prestare denaro e come devono far quadrare i conti nel loro bilancio per farlo.

Nel caso dell’Unione Europea, il regolamento che vincola le banche con la BCE (Banca Centrale Europea), dice che devono tenere come riserva come minimo il 2% del totale del denaro; l’altro 98% lo possono prestare e investire. Il denaro depositato per un periodo uguale o superiore a 2 anni non è considerato da questa norma, e si può investire al 100%. Tutto questo lo si può constatare all’articolo 4 del Regolamento (CE) nº 1745/2003 (BCE/2003/9).

Gli stati prima della creazione privata del denaro.

Se il denaro non è più oro (questa era la giustificazione con cui venne creato il sistema della banca commerciale e le banche centrali, come responsabili di conservare l’oro e convertirlo in moneta circolante), com’è che continuano ad essere solo le banche le uniche a poter creare denaro? E perché lo fanno solamente sotto forma di debito da restituire con interessi?

Detto in altro modo: perché gli Stati devono pagare interessi alla loro banca centrale per poter così finanziare la spesa pubblica, quando è denaro che potrebbero creare direttamente gli Stati al momento di realizzare queste spese?

Forse l’unica risposta logica che ci può venire in mente è che è la banca che controlla i governi e non il contrario...vero?

Mayer Rothschild, membro della dinastia europea di banchieri più potente, è ricordato per un motto che recitava: “Lasciatemi emettere e controllare la creazione del denaro di una nazione e non mi importerá chi ne faccia le leggi”..

Gli interessi e la necessità della crescita esponenziale.

Quando una banca concede un credito sta creando la somma principale del credito, però non il denaro corrispondente agli interessi che la banca farà pagare al debitore durante la vita del prestito. Dato che tutto il denaro in circolazione si crea sotto forma di debito con interesse, possiamo concludere che il denaro per restituire tutti gli interessi del debito semplicemente non esiste.

Allora, com’è che il sistema finanziario è sopravvissuto tanto tempo? Fondamentalmente per due ragioni.

1. Perché si finanzia con l’indebitamento crescente, cioè il denaro in circolazione deve andar aumentando costantemente in modo che si possano pagare gli interessi dei debiti e il sistema non collassi. Questo ha a che vedere col modo in cui il sistema incita ogni volta di più tutti quanti ad indebitarsi; cominciando dalle persone, con ipoteche, prestiti personali facili e rapidi, carte di credito; però anche le imprese e gli stati. Parliamo dunque di crescita esponenziale, dell’economia e della spoliazione delle risorse naturali del pianeta.

2. Perché c’è chi non restituisce la somma principale del debito e paga solo l’interesse. Questo è il caso del debito pubblico degli stati più potenti, o di diverse imprese e istituzioni potenti che hanno delle condizioni privilegiate; o probabilmente anche per tutte le invenzioni tipo polizze e carte di credito, nelle quali nemmeno si restituisce la somma principale ed è normale rinnovare il contratto anno dopo anno in maniera indefinita.

In ogni caso, questo ci da ad intendere fino a che punto il sistema finanziario necessita di debiti in aumento, e come si può arrivare a mettere in relazione l’aumento delle ipoteche e dei crediti al consumo con il mantenimento del sistema finanziario attuale.

Pertanto, dentro il contesto globale tutto il mondo è indebitato, e la differenza è solo fra chi deve restituire i debiti e chi no.

La banca e la bolla immobiliare.

Se 15 anni fa era impensabile che si concedesse una ipoteca a più di 15 o 20 anni, questa possibilità è stata precisamente raddoppiata, da parte di banche e casse, fino ai 35 e 40 anni di ipoteca attuali. Con questa azione tanto semplice quanto perversa, la banca ha facilitato e provocato l’innalzamento del prezzo della casa, giacché aumentando la capacità di indebitamento delle persone ha fatto crescere i prezzi che abbiamo capacità di pagare.

Di ciò ha beneficiato la banca perché, con le ipoteche, ha potuto creare denaro e chiedere interessi in una quantità molto alta e con un indice di morosità minimo, grazie alla caratteristica di necessità basica costituita dalla casa. Con l’aumento dei prezzi, ha provocato la crescita esorbitante dei benefici delle principali aziende costruttrici e inmobiliari dello Stato e così i suoi propri benefici, giacché i principali azionisti della maggioranza di queste imprese sono banche e soprattutto casse di risparmio.

 

L’inflazione come furto silenzioso del nostro potere d’acquisto.

Nel creare denaro e chieder un interesse su di esso, le banche stanno creando inflazione, ovvero stanno aumentando la quantità di denaro disponibile senza aumentare allo stesso tempo l’offerta di beni e servizi. Se aumentassimo la quantità di moneta circolante al doppio senza aumentare la quantità di prodotti in modo equivalente, non diventeremmo il doppio più ricchi, giacché, essendoci gli stessi beni, anche i prezzi raddoppierebbero.

Questa sovra-creazione di un denaro che siamo obbligati a utilizzare ci riguarda tutti (clienti o no delle banche), e quando questo privilegio si mantiene in esclusiva per un gruppo di istituzioni private, possiamo concludere che si tratta di un furto legalizzato a causa del quale i soldi perdono valore in ogni momento in cui li abbiamo in mano. Tutto considerato, significa un’immensa somma rubata.

In più, l’inflazione serve anche per chiudere il cerchio, giacché fa sì che il denaro abbia un solo luogo sicuro dove rifugiarsi dalla perdita di valore, e questo luogo è una banca. Così le persone, e specialmente quelle che risparmiano, sono forzate a proteggersi dalla svalutazione cercando rifugio in una banca, che con questa nuova entrata potrà creare più denaro e produrre più inflazione facendo in modo che la ruota non si fermi. L’inflazione intrappola i nostri soldi nel sistema bancario ed è il miglior incentivo che ha per captare depositi.

Una delle conseguenze di questo processo è l’espropriazione che soffrono i pensionati. I lavoratori, ritiratisi, vedono come pur avendo passato una vita intera dedicata al lavoro, alla fine della loro vita produttiva si trovano davanti al fatto che la pensione concede loro un potere d’acquisto ogni volta più basso. Precisamente l’età della vita in cui dovrebbero poter godere di tutto lo sforzo realizzato, risulta essere quella in cui possiedono di meno.

Il furto finanziario in ambito internazionale.

Il finanziamento interviene anche nel contesto degli scambi economici internazionali, cioè delle importazioni e delle esportazioni di materie prime e prodotti manufatturieri. Se un paese ha una bilancia dei pagamenti negativa, cioè paga più per quello che importa di quanto incassi per quello che esporta, non potrebbe comprare tutto quello che vuole se non si indebitasse.

Il debito estero pertanto è conseguenza del deficit commerciale delle imprese e del governo di un paese nella sua bilancia dei pagamenti internazionali.

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale questo commercio internazionale si fa fondamentalmente in dollari e dal 1971, quando eliminando il riferimento all’oro, la Federal Reserve Americana (FED), ha la completa libertà mettere o togliere dalla circolazione i dollari che vuole, giacché non deve dare spiegazioni a nessuno né mostrare nessuna garanzia; e lo stesso vale, ma per 3/4, per la banca privata negli Stati Uniti, con l’unico limite della frazione di riserva che deve mantenere. In questo modo, controllando la creazione dei dollari, una minoranza finanziaria (ricordiamo che la FED è un ente privato) controlla i valori delle relazioni economiche internazionali. In questa maniera gli USA possono comprare tutto ciò che vogliono, all’estero, mentre gli altri paesi contraggono debiti che devono pagare. I poteri internazionali approfittano di questi debiti per obbligare i paesi debitori ad assumere determinate politiche di apertura delle frontiere alle loro mercanzie e alla speculazione finanziaria, spingendo a che i potenti si approprino delle loro produzioni e risorse naturali a prezzi irrisori.

Il denaro, per come è concepito, è uno strumento a partire dal quale determinati poteri finanziari si appropriano di tutte le risorse naturali e umane del pianeta.

Crescita infinita versus Pianeta finito

Questo sistema finanziario dipende della concessione di sempre maggiori quantità di denaro in prestito. I prestiti si traducono infine in un impatto ambientale, dato che la gente li chiede per comprarsi un’auto, per viaggiare, per ampliare un’azienda o per costruire case, per esempio. Possiamo vedere, quindi, che questo sistema di crescita dell’economia mediante il prestito dipende dalla conversione constante e crescente di risorse naturali in CO2 e residui. Pertanto, in un momento in cui stiamo arrivando ai limiti della crescita della produzione di energia a causa del declino del petrolio e quando allo stesso tempo si avvicinano i limiti di molte estrazioni minerarie, possiamo concludere che questo sistema creato più di 300 anni fa sulla base del credito crescente, non può continuare tale per come ora lo conosciamo.

Questa riflessione coincide con una grande crisi finanziaria globale, così che ci azzardiamo a domandarci: la crisi attuale significa la fine del sistema finanziario basato sulla crescita?

Guerre e finanza.

Forse non vi sorprenderà sentire che dietro a tutte le guerre ci sono interessi dell’industria degli armamenti per vendere più armi e intascare molti soldi. La creazione di necessità dove non ce n’erano è comune a tutte le pratiche del capitalismo attuale. Che siano armi, nuovi televisori, sistemi di videovigilanza o elettrodomestici, ci troviamo sempre a che fare con interessi commerciali alle spalle.

Meno nota al grande pubblico è l’utilizzazione delle guerre da parte del mondo della finanza. La banca utilizza le guerre almeno in due modi fondamentali. Da una parte le spese astronomiche che genera una guerra permettono al potere finanziario di accaparrarsi il controllo dei paesi in lotta: questi dovranno far fronte per molti e molti anni al al debito estero contratto, come storicamente è stato il caso di Nicaragua, Filippine, Nigeria, Camerun, Costa d’Avorio e Zaire. D’altra parte le guerre in cui intervengono le principali potenze, come gli USA, permettono di creare una gran quantità di soldi sotto forma di debito pubblico, di cui si pagano soltanto gli interessi, e in questa maniera si da al sistema la liquidità di cui necessita. La guerra in Iraq ha permesso alle banche statunitensi di creare 3 miliardi di dollari dal suo inizio. Questo è stato il costo della guerra per gli USA e quindi è la cifra di cui è aumentato il loro debito nazionale nello stesso periodo, che attualmente è vicina ai 10 miliardi di dollari. Sono dei soldi che non pagano i cittadini nordamericani, ma quelli di tutto il mondo, attraverso l’inflazione.

 

 

Le banche e il potere di creare moneta.

Rifondazione.it-Redazione-(20-5-2021)- ci dice:

“Tutto quello che avete imparato sulla moneta dai libri di testo di economia è sbagliato”. Parola della Banca Centrale d’Inghilterra  che rimette in discussione le teorie classiche riconoscendo che, all’opposto di quanto solitamente considerato, non sono le banche centrali ma quelle commerciali a creare moneta ogni volta che concedono un prestito e a determinare la quantità di moneta circolante. In pratica i prestiti concessi dalle banche non sono legati alla massa di depositi a disposizione, ma è il contrario. Quando una banca concede un prestito non preleva la somma dai conti dei correntisti ma “crea” del denaro. Tale denaro scompare successivamente dal sistema con il ripagamento del prestito (come avviene con il pagamento delle rate di un mutuo). Alla fine ci sarà un saldo pari agli interessi pagati.

Con il diffondersi delle cartolarizzazioni tale quantità di denaro creata può crescere a dismisura. Semplificando, una cartolarizzazione permette di trasformare un credito in un titolo finanziario da rivendere sui mercati. In pratica la banca concede un mutuo, ma non aspetta mese dopo mese il rimborso delle rate. Costruisce invece un’obbligazione che dipende dal pagamento di queste rate. I vantaggi per la banca sono diversi: da un lato si disfa del rischio che il mutuatario smetta di pagare (sono ora gli acquirenti delle obbligazioni a farsi carico di tale rischio), dall’altro toglie dai propri bilanci il mutuo, e rientra immediatamente dei capitali corrispondenti, potendoli utilizzare per un nuovo prestito, e quindi per nuova creazione di moneta.

Chiaramente le banche centrali continuano a mantenere un ruolo di primo piano, e la quantità di denaro creata dipende dalle politiche monetarie, sia fissando i tassi di interesse (il cosiddetto “costo del denaro”) sia tramite operazioni di quantative easing (ovvero l’emissione di moneta da parte di una banca centrale per acquistare titoli). Di fatto, però, oggi oltre il 90% della moneta circolante viene creato dalla finanza privata, non da quella pubblica.

Il “Chicago Plan”

Partendo da tali considerazioni già negli anni ’30 dello scorso secolo alcuni economisti pubblicarono un “Programma per la riforma monetaria” e un memorandum successivamente conosciuto come “Chicago Plan” che proponeva tra le altre cose di abolire la riserva frazionaria e di obbligare le banche ad avere il 100% di riserve sui depositi. Di fatto, obbligare le banche ad avere 100 di depositi per potere prestare 100 equivaleva a rimettere in questione la possibilità che le banche private possano creare denaro, restituendo tale prerogativa delle banche centrali.

Alla luce dei disastri degli ultimi anni e dell’evidente ipertrofia della finanza, proposte analoghe sono ora tornate prepotentemente in primo piano. Sono quelle portate avanti dal movimento Positive Money  , e addirittura recentemente riprese dal FMI. (3) È però ancora più clamoroso che le stesse idee siano state rilanciate nei giorni scorsi dal Financial Times, in un articolo intitolato “togliete alle banche private il loro potere di creare moneta” a firma di Martin Wolf, uno dei suoi giornalisti più importanti.

Già dall’attacco la posizione è chiara: “stampare banconote false è illegale, ma creare moneta privata no. L’interdipendenza tra lo Stato e il privato che rende ciò possibile è la fonte di gran parte dell’attuale instabilità delle nostre economie. Potrebbe – e dovrebbe – essere terminata”. Secondo Wolf addirittura il 97% della moneta viene oggi creata dalla finanza privata. La soluzione più forte sarebbe come accennato quella di obbligare le banche ad avere il 100% di riserve sui depositi. Già gli estensori dell’originale “Chicago Plan” degli anni ’30 segnalavano come questo avrebbe enormemente ridotto i problemi associati ai cicli economici, le crisi bancarie e il debito pubblico.

Danno o vantaggio per l’economia?

Se sono diversi i vantaggi che potrebbero derivare da un tale cambiamento, la critica che viene più spesso ripetuta riguarda i presunti impatti sull’economia a seguito di un crollo nell’erogazione di credito. Se le banche private per concedere un prestito devono interamente dipendere dalla moneta messa in circolazione dalle banche centrali e dai depositi dei correntisti, non si rischia un drastico taglio, se non una vera e propria paralisi, nel finanziamento alle imprese e ai cittadini?

In realtà la mancanza di credito per le imprese e l’economia esiste ed è drammatica anche con l’attuale sistema, che si dimostra del tutto incapace di operare nell’interesse generale. Da un lato abbiamo una sterminata massa di denaro alla continua ed esasperata ricerca del massimo profitto nel minore tempo possibile, dall’altra parte moltissime imprese e attività sono escluse dai servizi finanziari. Il problema nell’erogazione del credito non è quindi quanta moneta venga creata e da chi, ma più propriamente come assicurarsi che il denaro messo in circolo finisca alla “economia reale”.

Tale evidenza sembra rafforzare la considerazione che creazione di moneta ed erogazione di credito sono due cose separate. La prima non ha ricadute positive sulla seconda, mentre la crescita a dismisura della moneta circolante esaspera instabilità e crisi, e sottrae strumenti di politica monetaria e finanziaria a Stati e banche centrali.

Riguardo l’accesso al credito, la questione è quindi come riportare la finanza a essere uno strumento al servizio dell’economia e delle persone, e non un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi e come incanalare il denaro verso i bisogni dell’economia e non verso finalità speculative. In questa direzione sono diverse le proposte sul tavolo, sia per tenere distinte le diverse attività, come avverrebbe con la separazione tra banche commerciali e banche di investimento, sia disincentivando e rendendo meno convenienti le operazioni speculative, per indirizzare il denaro verso l’intermediazione creditizia e l’economia produttiva (vanno in questa direzione una tassa sulle transazioni finanziarie, dei limiti sui derivati, la chiusura del sistema bancario ombra e altre proposte analoghe).

Quali politiche monetarie.

Un problema del tutto simile si pone anche per le banche centrali e l’efficacia delle attuali politiche monetarie, posta l’ipertrofia e l’instabilità intrinseca di una finanza che assorbe sempre più capitali. Come fare si che la liquidità arrivi all’economia e non rimanga “incastrata” in una finanza autoreferenziale? Per riprendere le parole con cui Keynes illustrava la trappola della liquidità, “puoi portare un cavallo al fiume ma non puoi obbligarlo a bere”. Dal 2008 le banche centrali hanno inondato di liquidità i mercati nel tentativo prima di salvare il sistema finanziario dalla crisi che aveva provocato, e poi di fare ripartire l’economia. Il primo obiettivo è stato raggiunto, il secondo molto meno. Basta vedere la situazione in Italia, dove le banche hanno ottenuto 250 miliardi all’1% tramite il LTRO della BCE (5) ma prosegue il credit crunch .

In altre parole, le attuali politiche monetarie delle banche centrali sembrano inefficaci per fare ripartire il credito e l’economia, e addirittura all’opposto rischiano di porre le basi per un’ulteriore espansione della sfera finanziaria, fino all’inevitabile formazione di bolle.

Per superare il problema sono stati fatti diversi tentativi di “fare bere il cavallo”. La Banca d’Inghilterra ha vincolato alcuni prestiti a tassi bassissimi alle banche all’erogazione di crediti, altre banche centrali hanno imboccato percorsi diversi, in particolare accettando in garanzia titoli frutto di cartolarizzazioni per fornire liquidità al sistema bancario, sperando così di incentivare quest’ultimo ad aumentare i crediti erogati.

Una sorta di quantitative easing in cui la banca centrale emette liquidità non per comprare titoli di Stato, ma obbligazioni frutto di operazioni di cartolarizzazione (in gergo Asset Backed Securities o ABS). È in questa direzione, o in quella di un nuovo LTRO per le banche, che sembrerebbe oggi volersi muovere la BCE di fronte a una Europa sull’orlo della deflazione.  Il rischio evidente è quello di aumentare ulteriormente la massa di denaro in circolazione, e di replicare e amplificare gli attuali problemi e instabilità finanziaria, senza che il denaro immesso vada dove serve.

Oltre alla creazione di moneta, quindi, è centrale anche esaminare i meccanismi con cui la stessa moneta creata viene poi immessa nel sistema economico. Oggi è evidentemente fallimentare l’idea dello “sgocciolamento” o trickle down, per cui i soldi immessi nel sistema bancario o finanziario finiranno poi a imprese e cittadini. In questo senso – dati per assodati i disastri provocati dalle politiche di austerità – appare decisamente pericolosa l’idea che sembra oggi circolare in Europa di un intervento espansivo della BCE tramite un quantitative easing inteso come strumento meramente monetario. In direzione opposta sarebbe necessario mettere in campo tali operazioni come strumenti fiscali. Non aumentare tout court la massa di moneta circolante, ma permettere agli Stati di operare in deficit per un rilancio degli investimenti e dell’occupazione, nella direzione di una riconversione ecologica dell’economia.

Cambiare strada.

Da qui bisogna ripartire per un cambiamento di rotta radicale, nel senso etimologico del termine: rimettendo in questione le stesse radici su cui poggia l’attuale sistema monetario e finanziario, a partire dalla considerazione che le banche e il sistema finanziario privato controllano la fornitura di due beni essenziali ma molto diversi. Da un lato la funzione di creazione di moneta, dall’altro quella di intermediazione finanziaria. Le banche sono nate per raccogliere denaro ed erogarlo, facendosi carico di gestire tempi e rischi. Solo successivamente a questa funzione si è affiancata quella di creare moneta “dal nulla”. Non ci sono motivi per cui le due funzioni debbano coesistere e non debbano essere tenute ben separate, lasciando in particolare la creazione di moneta unicamente al pubblico.

Oggi è lo stesso Financial Times a ricordarci che l’attuale situazione in cui la finanza privata crea oltre il 90% della moneta circolante è niente di meno che “un gigantesco buco al cuore delle nostre economie di mercato. Potrebbe essere chiuso separando l’offerta di denaro, una funzione propriamente dello Stato, dall’offerta finanziaria, una funzione del settore privato”.

In altri termini, uno dei problemi centrali, se non il principale, è un eccesso di denaro nel sistema finanziario e una sua carenza in quello economico. La crisi non è dovuta al fatto che non ci sono soldi, ma che ce ne sono troppi. Solo che sono (quasi) tutti dalla parte sbagliata. Una finanza che non solo non è in grado di svolgere il proprio compito di strumento al servizio delle attività economiche, ma che all’opposto è diventata un insostenibile fardello che condiziona le vite di tutti noi.

Argomenti che andrebbero esaminati anche alla luce delle tesi riportate nel libro probabilmente più discusso nelle ultime settimane, ovvero “Capital in the Twenty-First Century” di Thomas Piketty, secondo il quale il capitale, e il denaro che produce, si accumulano più velocemente della crescita dell’economia. Un andamento che è diventato ancora più predominante dagli anni ’80 del secolo scorso in poi. La tendenza dell’attuale modello è quindi un accumulo sempre maggiore delle ricchezze in sempre meno mani e una crescita delle disuguaglianze, a un ritmo sempre più veloce. Secondo l’autore per invertire la rotta è necessaria “una tassazione progressiva e globale, fondata sulla tassazione della proprietà privata. È l’unica soluzione civile. Le altre soluzioni, credo, sono molto più barbare – con questo intendo l’istituzione di un sistema oligarchico quale quello russo, nel quale non credo, o l’inflazione, che in realtà è unicamente una tassa sui poveri”.

Queste considerazioni dovrebbero essere alla base dell’attuale dibattito: chi crea moneta, come questa viene immessa nel sistema, quanto rimane in circuiti meramente finanziari rispetto a quella a disposizione delle imprese e dei cittadini, quali sono gli impatti sulle nostre vite e sulla distribuzione della ricchezza. Non è detto che le proposte di tassazione avanzate da Piketty siano praticabili, cosi come non è detto che quelle monetarie sostenute da movimenti come Positive Money e riprese dal Financial Times siano le uniche, ne le migliori possibili. La domanda è però se per cambiare rotta rispetto ad un sistema monetario e finanziario inefficace quanto inefficiente sia davvero necessario aspettare nuove bolle e nuove inevitabili crisi.

 

 

 

Prof. Zibordi:"Le banche creano denaro

dal nulla ma Padoan non lo sa."

Giacintoauriti.com-Redazione-(4 novembre 2014)-ci dice:

 (questo articolo è tratto dall'articolo del prof. Zibordi cobraf.com/forum/coolpost.php?topic_id=5067&reply_id=123569488&topicGroupID=1 ).

 

Padoan-tasse giù.

E' un grande economista...Cioè non capisce un 'azzo.

 

Non sa, o fa finta di non sapere pur essendo professore, che nell'economia moderna lo Stato incassa di tasse solo soldi che ha prima creato. E quindi è assurdo, ridicolo e demenziale dire che lo stato è senza soldi.

Nella realtà pratica lo Stato si fa sempre accreditare i soldi dalla Banca Centrale, che li crea dal niente. Lo Stato non riceve contabilmente soldi da nessun conto bancario. Quando cioè compri un BTP lo stato non riceve materialmente, contabilmente, soldi che avevi presso la banca.

Il motivo ovviamente è che spesso questi soldi NON ESISTONO.

Perché le banche moderne operano per il 95-93% con soldi a debito, non con soldi loro e quindi i tuoi "soldi in banca" in realtà a loro volta la banca li ha quasi tutti impiegati, per cui non si sa se (contabilmente) ci sarebbero quando dai un ordine di comprare BTP o altro.

Per fortuna però il 98% del denaro di solito rimane a circolare all'interno del sistema bancario del paese per cui i pagamenti tra privati si compensano... Ma quando compri titoli pubblici è diverso, contabilmente i soldi escono dal sistema bancario e vanno sul conto dello stato. Di conseguenza lo Stato, in tutti i paesi moderni, si fa accreditare sul suo conto presso la Banca Centrale i soldi che deve spendere e la Banca Centrale li crea "dal niente" e glieli accredita (e per far quadrare la contabilità segna nel suo passivo una voce apposita: "riserve").

Qual'è il senso di tutti questi giri contabili ?

Che il denaro vero è come dice Ray Dalio un 5% del totale e il resto è debito e il sistema sta in piedi solo perché si ha fiducia, si suppone, che in caso di bisogno lo stato crei denaro fresco e lo fornisca. E avendo questa fiducia non lo si richiede quasi mai.

Ho impiegato un anno a scrivere il libro per Hoepli perché ho controllato queste cose cinquanta volte. Avevo sempre paura di avere preso una cantonata, è una storia così incredibile che pensi la prima volta che la impari che sia una bufala. Ma poi piano piano leggendo documenti, libri, papers, articoli sia di cento anni fa che di oggi ti convinci che funziona così. Cioè che il denaro nell'economia moderna è una finzione, un "trucco contabile basato sulla fiducia". Fiducia in cosa ? Nelle banche, di cui hai fiducia solo nella misura in cui hai fiducia che siano sostenute dallo Stato a loro volta.

Quindi alla fine il denaro è una convenzione, una finzione contabile, dei numeri che appaiono nei conti bancari di cui si ha fiducia solo perché si pensa che alla fine in ogni caso lo Stato possa stampare lui il denaro necessario e fornirlo alle banche.   ( come diceva il nostro Giacinto Auriti - n.d.r. )

MA DA QUESTO DERIVA CHE E' ASSURDO, RIDICOLO, DEMENZIALE PARLARE DI UNO STATO CHE RIMANGA SENZA SOLDI.

Come invece fanno dal mattino alla sera sui giornali i "grandi economisti" come il buon Padoan.

...Nel sistema monetario attuale, quando lo stato spende o quando vende titoli di stato, non usa moneta come quella che utilizzano i privati, ma quella della Banca Centrale, una moneta di cui il 99% dei cittadini non ha mai sentore perché non circola tra loro, ma di cui si è cominciato a parlare sui giornali da quando c’è stata la crisi finanziaria e le banche centrali ne hanno creato per 9mila miliardi di dollari.

Anche se le leggi attuali impongono allo stato di indebitarsi sul mercato quando ha un deficit, dal punto di vista contabile invece quando vende titoli di stato riceve un accredito dalla Banca Centrale, con denaro che lei stessa crea “dal niente” (chiamato “riserve”). E viceversa, quando lo stato spende, la Banca Centrale addebita il suo conto e crea un accredito per la banca in cui viene depositato l’assegno del governo. Quando il governo vende titoli di stato la Banca Centrale presta riserve alle banche e quando lo stato spende le vengono restituite.

Il fatto che nel sistema attuale, dal punto di vista operativo, quando il governo vende titoli di stato riceve denaro che la Banca Centrale ha creato appositamente può sembrare un dettaglio di contabilità, perché alla fine chi ha comprato ad es 1000 di BTP vede un addebito di 1000 e il conto dello stato presso la Banca Centrale aumenta di 1000. Ma se compri titoli di stato usando soldi che hai sul tuo conto, perché la banca deve simultaneamente riceverne dalla Banca Centrale ? 

Quando si compra un BTP inviando un bonifico si immagina che la banca trasferisca l’importo esistente nel conto ad un conto dello stato, come per ogni altro pagamento. In realtà il Tesoro riceve i soldi dalla Banca Centrale, la quale accredita da una parte l’importo allo stato e dall’altra parte però accredita anche lo stesso importo alla banca. Hai una moltiplicazione contabile, chi ha comprato BTP li trova nel conto deposito, mentre il suo conto corrente si riduce di 100, lo stato riceve un accredito di 100 nel suo conto presso la banca centrale e si è indebitato di 100, ma appare anche un saldo di 100 nel bilancio della banca come prestito della banca centrale.

Quello che succede è che la Banca Centrale interviene creando un deposito per lo stato e un prestito per la banca, per cui in effetti operativamente è lei che finanzia la vendita di BTP. I soldi non vengono dalla Banca per conto del cliente, ma dalla Banca Centrale, e quando lo stato poi spende i soldi ricevuti la banca restituisce il prestito di riserve alla Banca Centrale.

Questo è come funziona operativamente il finanziamento dello Stato quando vende titoli di Stato in tutti i paesi. Non stiamo parlando qui di una “teoria” monetaria, ma di una descrizione del meccanismo reale, operativo e contabile, di come gli stati nella realtà si finanziano da decenni. In questo senso quindi si può affermare che lo Stato si INDEBITA con soldi che lui stesso crea .

 

 

 

Claudio MARCONI- L’odore dei soldi

 e ‘la morte in banca’.

 Scriptandbooks.it-Claudio Marconi-(12-10-2015)- ci dice:

 

Difficile mettere ordine tutti i tasselli dell’affare -denaro, quasi sempre fondato su velati raggiri – Il  primo concetto di cui impossessarsi (per capire le subite vessazioni) è quello di Signoraggio – Quel che è accaduto fra Banca Etruria, Banca delle Marche ecc. (già ‘suffragate’ da salvataggi mirati e dal suicidio d’un pensionato di Civitavecchia finito sul lastrico) impongono un’analisi che risalga alla radice dello ‘sgozzamento’ finanziario, capitalista, oligarchico- Concepito per essere quel che di fatto è: una sopraffazione contro bisognevoli, sprovveduti, aspiranti speculatori.

Secondo la nostra Costituzione, lo Stato, come emanazione politica del Popolo, ha il potere e il dovere costituzionale di esercitare la sovranità politica e monetaria nell’interesse supremo dei cittadini dai quali ha ricevuto il mandato popolare.

L’articolo 1 della Costituzione al comma 2 stabilisce che “La Sovranità appartiene al Popolo, (anche se) la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti    dalla                            costituzione.” Allora è del tutto evidente che se il Popolo è Sovrano, di fatto dovrebbe esercitare la sua sovranità anche e soprattutto sulla emissione della propria moneta!

Infatti la maggior parte delle persone è convinta che il nostro denaro sia emesso per decreto dal governo o dalla zecca dello Stato. Purtroppo  però  le   cose   non   stanno   assolutamente   così. In realtà lo Stato ha consentito alla Banca Centrale, controllata da privati, di esercitare in sua vece il potere sovrano di creare moneta e gestire il credito, di conseguenza le banche hanno acquisito il monopolio sull’emissione della moneta e attraverso la gestione “privatistica” del credito e il controllo del debito pubblico, determinano e condizionano il sistema monetario e quindi: il destino economico del nostro   paese.                                                                         

Attualmente il nostro sistema bancario è in mano a un ristretto gruppo di banchieri privati che, in perfetta sintonia e complicità con la classe politica corrotta e attraverso vari sotterfugi istituzionali, è riuscito ad assumere il totale controllo sull’emissione della moneta divenendo di fatto proprietario e gestore di tutto il denaro in circolazione.

Questo colossale inganno ha permesso al sistema bancario privato di acquisire il monopolio sulla creazione della moneta trasformando il Popolo da Sovrano in eterno “debitore” e schiavo di questo sistema bancario fondato sulla truffa monetaria del Signoraggio primario e secondario.

È fondamentale capire che il Signoraggio è lo strumento utilizzato dai banchieri per imporre ai popoli il proprio dominio ed è praticamente sconosciuto alla stragrande maggioranza delle persone che a causa di questa “ignoranza”, voluta e programmata dallo stesso  potere bancario,     lo     subisce       passivamente.

Uno Stato, defraudato della propria Sovranità monetaria, non può dirsi davvero Indipendente e Sovrano e un Popolo, privato della sua moneta, automaticamente cessa di essere libero e diventa schiavo di chiunque,  al  di  fuori  del  popolo  stesso,  detenga  il  monopolio   dell’emissione                                                                           monetaria. Il meccanismo del Signoraggio è maledettamente geniale proprio per la sua diabolica semplicità.

La B.C.E. (Banca Centrale Europea), per conto della Banca d’Italia, mette in circolazione le euro/banconote stampate a costo zero “prestandole” agli Stati, in cambio di titoli del tesoro (B.O.T o C.C.T) ma attenzione: non “accreditando” bensì “addebitando” agli stati sovrani, ovvero cedendo le banconote non al costo tipografico ma al valore nominale (50, 100, 500 euro), gravandole poi degli interessi, al tasso che la stessa Banca Centrale decide in totale autonomia e senza alcun reale controllo da parte delle istituzioni pubbliche.

Tutti possono “prestare” il proprio denaro, ad esclusione della Banca Centrale di emissione poiché non ne ha la proprietà.  Alla banca centrale, infatti, appartiene solamente il valore intrinseco della banconota che è pari al suo costo di produzione (carta e inchiostro).   Le banche però sono autorizzate a mettere in circolazione denaro senza valore in virtù di leggi e provvedimenti di comodo approvati in parlamento dai politici compiacenti se non direttamente coinvolti nella colossale truffa del Signoraggio.

Inoltre, questo è possibile grazie alle direttive impartite dal famigerato, nonché incostituzionale, “Trattato di Maastricht”, (trattato sulla moneta unica europea) entrato in vigore il 1° novembre 1993. La Banca Centrale Europea, quando “fabbrica” una qualunque banconota, sostiene un costo materiale di soli 0.3 centesimi di euro.

La differenza tra il costo di stampa e il valore facciale delle banconote viene comunemente definito “Reddito da Signoraggio”e viene attribuito alla Banca  Centrale  per  la  sua  funzione  di  emissione. Ad esempio: su un biglietto da 100 la Banca Centrale incamera 100 euro più gli interessi, diciamo del 2,50%, meno il costo di produzione di circa 3 centesimi, perciò il guadagno da Signoraggio per la banca è pari a euro 102.47, che in parte vanno ad incrementare il debito pubblico e in parte vengono incassati come interessi dalla stessa Banca Centrale.

Ora non rimane che moltiplicare questa semplice operazione contabile per il valore totale delle banconote in circolazione e si avrà l’entità reale della truffa monetaria che la B.C.E./Banca d’Italia realizza frodando lo Stato “consenziente” e truffando tutti i cittadini pressoché ignari dell’inganno.

In effetti, la Banca Centrale Europea non è altro che una normalissima “tipografia” ma si comporta e trae cospicui benefici dalla stampa delle   banconote come se  fosse  “proprietaria  della  moneta” Questo espediente contabile procura alla Banca Centrale e ai suoi azionisti privati enormi profitti che andrebbero perlomeno tassati dal fisco.

Gli utili reali però vengono “occultati” attraverso semplici e collaudati artifici                                                                             contabili.  In effetti si falsificano i bilanci, iscrivendo nelle poste passive il “valore nominale” delle banconote in circolazione e nell’attivo il controvalore dei titoli di stato avuti in cambio dal Ministero del Tesoro, ottenendo così un finto “pareggio di bilancio” che produce l’occultamento della maggior parte del reddito da Signoraggio.

La banca per regola dovrebbe iscrivere nelle passività solo il costo di produzione delle banconote in circolazione e non il valore nominale, così facendo si avrebbe, per un biglietto da 100 euro, una passività di 0,3 centesimi e non di 100 euro e nelle attività si registra giustamente il valore “nominale” dei titoli di stato emessi dal Tesoro cioè 100 euro perché questo è l’introito effettivo a fronte dei titoli che la banca realizza     (più    gli   interessi). Ecco come si occultano gli utili di bilancio.

In altri termini, un credito cioè il titolo di stato del valore di 100 euro viene pareggiato con il controvalore nominale della banconota da 100 euro che in realtà è costato alla banca solo 0,3 centesimi perciò: 100 (banconota) meno 100 (titolo di stato) = (falso) pareggio di bilancio. Il calcolo corretto dovrebbe essere invece: 100 (titolo di stato) meno 0,3 cent. (costo banconota) = guadagno 99,70 più interessi.

 

 

Il falso in bilancio consiste nel dichiarare come reddito solo gli interessi, che sono decine di miliardi di euro all’anno, ma allora come andrebbero contabilizzati in bilancio i 1.900 miliardi di debito pubblico che in larghissima parte gli italiani hanno contratto con la Banca Centrale e più in generale col sistema bancario nazionale e internazionale?

Quindi i conti non tornano, infatti non vengono tassati dal fisco i 99,70 euro più gli interessi bensì solo gli interessi (meno le spese) e, visto che gli importi occultati sono davvero notevoli, la Banca Centrale, falsificando il proprio bilancio, ottiene enormi e illeciti profitti anche dalla conseguente evasione fiscale.

Quanto poi alle banconote in circolazione, non si possono considerare un debito per la Banca Centrale, lo sarebbero se la stessa emettesse moneta a fronte di una riserva aurea, ma così non è dal 1971 con l’abolizione degli accordi di Breton Wood, da allora infatti tutte le Banche Centrali emettono moneta creandola dal nulla, cioè senza riserva, insomma…cartastraccia.

In Italia la Banca Centrale di emissione è denominata “Banca d’Italia” ma in realtà non è “pubblica” o “dello Stato” come ingenuamente è indotta a credere la gente comune, soprattutto per la generica ma ingannevole definizione di “Istituto di diritto pubblico” contenuta nel suo statuto.

La banca d’Italia in pratica è e si comporta come una S.p.A. ed è gestita da privati e anche se continua ad apparire a tutti come “la Banca Centrale dello Stato Italiano”, in realtà Bankitalia è “di fatto privata” perché controllata per il 90%, attraverso “le quote”, dalle maggiori banche private italiane e da alcune grandi Assicurazioni come “Le Generali” e solamente il 5% di quote è posseduto dall’INPS come “ente   pubblico”   (più   una   parte   trascurabile   dall’I.N.A.I.L.). Tutto questo è in contrasto con quanto stabiliva lo stesso Statuto di Bankitalia che all’Art. 3, recitava: “in ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale da parte di Enti pubblici”.

Il 16 dicembre 2006 il Governo Prodi approva una modifica dell’Art. 3 dello Statuto, che ora recita così: “il trasferimento delle quote avviene, su proposta del Direttorio, nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto”. Cioè la Banca stessa decide chi può detenere le quote/azioni, sia esso pubblico o privato, senza dover rendere conto di nulla a nessuno.

 

Se la Banca Centrale non fosse stata di fatto “privatizzata” e fosse lo Stato ad emettere la “nostra moneta”,  il cosiddetto “reddito da Signoraggio” tornerebbe allo Stato e non sarebbe sottratto al Popolo sotto forma di interessi sul tristemente famoso “debito pubblico”. Lo Stato Italiano infatti è oberato da un debito pubblico che ormai supera 1.900 miliardi di euro proprio a causa di questo perverso indebitamento statale in larga parte nei confronti della Banca Centrale e per pagare gli interessi sul debito pubblico, il governo tassa impunemente i cittadini, il lavoro, i servizi, i beni primari e tutto ciò che è tassabile.

La triste realtà è che i cittadini italiani sono costretti a sborsare, su questo debito pubblico inventato da politici e banchieri, oltre 80 miliardi di euro di interessi all’anno, estorti dal Governo con l’imposizione fiscale e attraverso il prelievo forzoso di innumerevoli tasse        e        odiose       gabelle. In definitiva, è allo Stato che spetta il compito di emettere “tutta” la nostra moneta.

Se  fossimo  Cittadini  e  non  sudditi,  dovremmo  opporci  attivamente contro lo strapotere delle banche e questa classe politica corrotta, il  paese avrà pure diritto a un Governo in cui il cittadino si riconosca pienamente e non lo avverta invece come una “minaccia”, come una presenza aliena, ostile ed estranea. Sarebbe troppo pretendere un governo in grado di esercitare la propria Sovranità politica e monetaria nell’interesse sovrano del Popolo ?

Ma la parte peggiore della faccenda è che solo il 10% della massa monetaria è costituito da denaro fisico, ossia banconote emesse dalla    B.C.E.     e      monete      metalliche      coniate      dallo      Stato. Il restante 90% della moneta viene messo in circolazione dalle banche ordinarie o commerciali, sotto forma di “credito”, ovvero “denaro virtuale”: assegni, carte di credito e cifre sulla memoria informatica di un computer, cioè moneta fittizia/fasulla perché senza copertura, che non costa nulla alla banca ma che trasforma i cittadini, solo perché obbligati a spendere questa moneta “privata”, in eterni schiavi del debito ma, in compenso, fa diventare ricchi e potenti gli adoratori del dio denaro.

Ora è chiaro che il denaro viene letteralmente creato dal nulla dalle banche, infatti sulla base degli accordi interbancari di Basilea 2, le suddette banche “ordinarie” o “commerciali” si sono date come regola quella di detenere come riserva obbligatoria “a garanzia” soltanto il 2% dei depositi per poi prestare il restante 98% ad altri clienti, ma si badi bene, non utilizzando il denaro depositato dai correntisti, bensì “inventandolo” ad ogni successiva richiesta, sotto forma di denaro creditizio ovvero nuovo credito, “sulla base” del deposito iniziale moltiplicato quasi all’infinito. Facciamo un esempio: se depositiamo,  1.000 euro in una banca, il “sistema bancario” nel suo insieme, sulla base di quei 1.000 euro, può prestare, creando altro denaro dal nulla sotto forma di “credito”, con la moltiplicazione del valore dei depositi, fino a 50.000 euro per ogni 1.000 depositati, (questo meccanismo in gergo bancario è noto col nome di “moltiplicatore monetario”).

Così il sistema bancario, indebitando i cittadini, incassa interessi, non sui mille euro iniziali e che, peraltro non sono nemmeno suoi ma del correntista, bensì sui 50.000 creati con poca fatica e a costo zero. Questo meccanismo di espansione della massa monetaria, nell’oscura terminologia bancaria, viene definita “Riserva frazionaria” o Signoraggio secondario.  Non tragga in inganno il termine “secondario” poiché in quanto a danni e potere distruttivo per la comunità esso non è certamente secondario ma anzi è ben maggiore del Signoraggio primario sulle banconote che fa      capo       alla        B.C.E./Bankitalia.

La banca concede prestiti con denaro che non possiede e che inventa sul momento moltiplicando numeri e pezzi di carta senza valore reale, ma poi il debitore deve restituire alla banca denaro “vero” guadagnato  lavorando con fatica e sudore e persino sotto il ricatto del pignoramento dei beni dati a garanzia in caso di  “insolvenza”. Infatti, come se non bastasse, la banca concede il prestito solamente se esso è “garantito” dai beni materiali dei cittadini. La banca stampa denaro falso e lo presta a usura accumulando enormi profitti sottraendoli a chi lavora e produce vera ricchezza.

La ricchezza di un Paese è prodotta dal Popolo, la moneta è stata inventata per “agevolare” gli scambi dei beni e dei servizi prodotti col lavoro dai cittadini, quindi la moneta ha valore solo perché gli stessi cittadini la accettano e la fanno circolare usandola come mezzo di scambio dei beni.    Le banche non producono nessuna “vera ricchezza” ma solo “l’unità di misura” dei beni oggetto dello scambio, esse creano dal nulla il nostro denaro, ne assumono illecitamente la proprietà e poi ce lo prestano lucrando enormi profitti con l’applicazione di un interesse ! Perché lo permettiamo?

 

Oggi mi sento italiano e lotto

per salvare la vostra democrazia.

Laverita.info-Federico Novella -intervista a Robert F. Kennedy Jr-(13-11-2021)- ci dicono:

L’avvocato ,nipote di JFK : “scendo in piazza a Milano contro l’emergenza infinita e gli attacchi alla libertà”.

(Anche Cacciari tiene una lezione: “ difenderò la costituzione”. “Col Virus ,accentramento dei poteri surrettizio”.

“Con la pandemia si è affermato un progressivo accentramento dei poteri nel governo che surrettiziamente si va consolidando”.

L’ha detto Massimo Cacciari ,ieri, all’Università di Pavia, lamentando che Regioni ed Enti locali “sonio sempre meno considerati. Continuerò a difendere la Costituzione  contro l’attuale accentramento dei poteri”.(Martino Cervo-La Verità).  ).

Robert F. Kennedy  Jr è sbarcato in Italia e si prepara   a guidare la protesta “no pass” in questo sabato di tensione. Il guru “ no vax “,figlio di Bob Kennedy e nipote del celebre presidente americano John Fitzgerald K., oggi manifesta a Milano contro la gestione governativa della pandemia.

Avvocato ,67 anni ,censurato  dai social network come propalatore  di fake news , ha di recente pubblicato negli Stati Uniti un libro scottante  : “The Real Antony Fauci” , dedicato a quelle che lui considera le eminenze grigie dell’emergenza sanitaria. Diversi membri della Famiglia Kennedy  si sono pubblicamente dissociati  dalle sue posizioni estreme , ma lui tira dritto.

Mister Kennedy ,il governo italiano ha limitato  le manifestazioni no pass. In questo clima, come si sta preparando all’evento di oggi a Milano  ?

“Ho accettato volentieri l’invito degli italiani ,che a Milano e nel resto d’Italia ,stanno lottando per ripristinare la loro democrazia. Farò tutto ciò che posso per aiutarli. Immagino che oggi verremo trasferiti in qualche altro posto rispetto a quello previsto ,ovviamente con l’approvazione delle forze dell’ordine”.

Perché è convinto che il green pass danneggi la democrazia?

“E’ solo l’ultimo strumento di un armamentario volto a sferrare un attacco totale al sistema democratico . Si somma alla limitazione alla libertà di espressione  e di stampa: è chiaro a tutti che ogni voce critica nei confronti delle politiche del governo viene vilipesa e censurata. Non mio ritengo un no vax: chiedi solo che ci sia un dibattito libero”.

Su quali punti ?

“E’ normale aver consentito ad alcune aziende farmaceutiche di declinare qualsiasi responsabilità sugli eventi avversi di prodotti sostanzialmente obbligatori? E’ normale accettare intrusioni senza precedenti del potere pubblico nella sfera  privata degli individui? Senza contare che qui in Italia avete vissuto un’incredibile aggressione alla proprietà privata: migliaia di attività commerciali sono state chiuse senza adeguati risarcimenti .Insomma ,sono stati calpestati numerosi diritti costituzionali. Il green pass è un po' l’emblema di questa situazione: permetterà ai governi non solo di limitare i movimenti delle persone ,   ma anche di tracciarli e controllarli “.

John Fitzgerald Kennedy negli anni Sessanta firmò un gigantesco programma di vaccinazione  di massa contro la polio. Con queste sue uscite non pensa di gettare alle ortiche l’eredità di JFK ?

“All’epoca il vaccino era considerato un’invenzione miracolosa, ma non credo che oggi JFK approverebbe ciò che sta accadendo. Lui odiava ogni forma di restrizione alla libertà d’espressione. Pensava che fosse il primo passo verso il totalitarismo.

L’emergenza sanitaria in Italia diventerà permanente ?

“Certo e non solo in Italia. Nessun governo nella storia ,avendo avuto l’occasione di accumulare potere ,vi rinuncia volontariamente .Io sono semplicemente convinto che il vaccino non sia perfetto , e che la vaccinazione di massa alimenti la nascita di varianti del virus. Se ci affidiamo solo a questo strumento ,ogni volta che arriverà  una nuova variante, i governi avranno un preteso per fabbricare nuovi vaccini e attuare l’ennesimo giro di vite sui diritti della popolazione . Come in un circolo vizioso non ne usciremo mai “.

Che ne pensa dell’idea di estendere il vaccino ai bambini ?

“Sarebbe una scelta criminale. Nessuno è più in grado di sostenere che questo vaccino previene la trasmissione del virus .Ormai non lo dice neppure Antony Fauci,o i capi di Pfizer e Moderna. E allora , per quale motivo dovremmo vaccinare i bambini? Non esistono bambini sani che  vengono  contagiati in  maniera letale dal Covid. Esistono piuttosto  bambini che sviluppano un’immunità naturale ,acquisendo  una protezione addirittura migliore”.

E’ accusato di essere uno dei sacerdoti supremi  del complottismo ,di diffondere scientemente falsità.  A chi converrebbe  questa pandemia ?

“Non sono un complottista ,pubblico fatti: il mio libro ha più di 2.000 note bibliografiche. Da quando è iniziata l’emergenza c’è stato un enorme spostamento di ricchezza,3,8 trilioni di dollari  : una massa di denaro  che è stata trasferita  dai lavoratori a un piccolo gruppo di miliardari che oggi gestiscono il pianeta. Bill Gates , Mark Zuckerberg , Michael Bloomberg : sono le  stesse persone che oggi silenziano ogni voce critica contro la politica lockdown . Per questo torno a ripetere che occorre una discussione pubblica trasparente”.

Il presidente Kennedy davanti al muro di Berlino durante la guerra fredda disse : io sono berlinese.

Certo perché la fratellanza va oltre la nazionalità. Deriva da valori condivisi . E oggi condivido con gli italiani l’amor per la libertà, per assicurare un futuro luminoso e democratico alle generazioni future”.

 

 

Le banche creano denaro

dal nulla  e lo confessano.

Nicoletatforcheri.wordpress.com-Nicoletta Forcheri-( 31-7-2013)- ci dice:

Salvatoretamburro.blogspot.it- Salvatore Tamburro-(31-7-2013)-ci dice:

Molti di voi sapranno cosa sia la riserva frazionaria, metodo attraverso cui le banche creano denaro ex nihilo, praticamente dal nulla attraverso un semplice click su un computer.

Qualora voi foste i correntisti di una stessa filiale bancaria, provate ad andare tutti insieme allo sportello di banca a richiedere il vostro denaro depositato. Sapete cosa accadrebbe? L’impiegato allo sportello sarebbe costretto a comunicarvi che i vostri soldi non sono disponibili e di ritornare tra qualche giorno su invito della banca.

Il motivo? I vostri soldi in quella banca NON ESISTONO fisicamente.

La riserva frazionaria, che rende possibile alle banche di svolgere legalmente un’attività criminale molto profittevole, rende così il sistema economico strutturalmente instabile e cioè necessariamente esposto a cicli economici di boom e crisi.

Come è possibile che un banchiere svolga un’attività criminale senza finire in prigione? Eppure se un semplice cittadino domattina provasse a stampare moneta e provasse a metterla in circolazione potrebbe essere arrestato per violazione del Codice Penale (TITOLO VII: DEI DELITTI CONTRO LA FEDE PUBBLICA – Capo I: DELLA FALSITÀ IN MONETE, IN CARTE – Art. 455 — Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto,di monete falsificate), con una pena da 1 a 3 anni di reclusione.

Non me la prendo più di tanto con i giornalisti, visto che la maggior parte di solo sono degli insignificanti guitti del sistema bancario, proni a rispettare il diktat imposto da banche e corporations, rendendo l’informazione completamente assente; però mi chiedo perché la magistratura continui nel ruolo della grande assente, personificando di fatto il motto giapponese delle tre scimmiette sagge: “non vedere il male, non sentire il male, non parlare del male“.

Questo sistema attraverso cui si arricchiscono le banche private e si impoveriscono i cittadini (attraverso condizioni economiche\contrattuali spesso illecite e con interessi passivi ancora più spesso usurai) è ormai avvalorato anche nelle dichiarazioni e nei documenti ufficiali delle Banche Centrali o del Fondo Monetario Internazionale.

Eccovi di seguito alcune prove e leggete con attenzione le fonti di tali dichiarazioni:

“Nell’attuale sistema bancario non c’è bisogno di aspettare che appaiano i correntisti per rendere i fondi disponibili, per poterli dare in prestito o intermediarli. Piuttosto, il sistema bancario di fatto crea fondi propri, depositi, all’atto del prestito stesso. Questo meccanismo può essere verificato nella descrizione del sistema di creazione del denaro in molte dichiarazioni delle Banche Centrali ed è evidente per chiunque abbia chiesto in prestito denaro, creando le voci di bilancio risultanti da esso.“

The Chicago Plan Revisited, Jaromir Benes and Michael Kumhof, IMF Working Paper August 2012.

(imf.org/external/pubs/ft/wp/2012/wp12202.pdf)

“Le banche creano il denaro nel momento in cui lo prestano

Money Banking & Monetary Policy –  Federal Reserve Bank of Dallas, May 2007

(scribd.com/doc/152574897/Money-Banking-Dallas)

“Le banche estendono il credito con la creazione di denaro “.

Quarterly Bulletin, Q1 Vol 48. No. 1. Bank of England, 2008

(scribd.com/doc/152564364/Bank-of-England-Ist-Quarterly-Report-2008-p-103-Bottom-Left-Para)

“Quello che fanno quando concedono prestiti è accettare impegni di restituzione rateale in cambio di credito sul conto dei mutuatari.“

Modern Money Mechanics – Dorothy M. Nichols – Federal Reserve Bank of Chicago, May 1961

(scribd.com/doc/139840664/Modern-Money-Mechanics )

“Il credito delle rate di restituzione (in buona sostanza degli impegni contrattuali con le banche), ovvero la moneta di conto, diventa denaro non appena le banche lo contabilizzano, con l’intento di trattarlo come denaro contante.“

Walker F. Todd. Affidavit, Chagrin Falls, Ohio, USA, 05 Dec 2003. (20yrs as attorney & legal officer of Federal Reserve Bank of New York & Cleveland)

(scribd.com/doc/152571851/Walker-Todd-Affidavit )

“Le banche commerciali creano denaro rendicontato ogni volta che concedono un prestito, semplicemente aggiungendo nuovi dollari in deposito sui loro libri contabili a fronte dello IOU di un mutuatario“.

I Bet You Thought – Friedman, David H. Federal Reserve Bank of New York, Dec 1977

(scribd.com/doc/152567532/I-Bet-You-Thought )

 (Arringa dell’europarlamentare Godfrey Bloom contro le banche centrali al Parlamento Europeo.) (Salvatore Tamburro).

Il neoliberismo ci ha indotti a credere

a delle favole sulla provenienza del denaro.

Attivismo.info- Mary Mellow-(6 Agosto 2019)- ci dice:

Non c’è nulla di naturale nel denaro. Non esiste nessun collegamento a una qualche forma essenziale di denaro che ponga un limite alla sua creazione. Può essere costituito da comune metallo, da carta o da dati elettronici: nessuna di queste cose è merce rara.

Allo stesso modo, nonostante ciò che potreste aver sentito in merito alla necessità di austerità e alla mancanza di “alberi degli zecchini” generatori di liquidità, non esiste un livello “naturale” di spesa pubblica. Le dimensioni e la portata del settore pubblico sono una questione di scelta politica. Il che mette in questione l’austerità, l’abbattimento della spesa nell’economia pubblica.

Per alcuni paesi, come la Grecia, l’impatto dell’austerità è stato devastante. Le politiche di austerità persistono nonostante numerosi studi sostengano che siano state del tutto sbagliate, basate su di una scelta politica piuttosto che sulla logica economica. Ma il caso economico dell’austerità è egualmente sbagliato: è basato su qualcosa che potremmo meglio chiamare “economia delle favole”.

Quali sarebbero quindi le giustificazioni per l’austerità? La Gran Bretagna, per esempio, vive in regime di austerità dal 2010, quando il governo conservatore-liberal-democratico che si insediò ha cambiato le politiche sul lavoro a causa dell’aumento del livello di spesa pubblica, in risposta alla crisi finanziaria del 2007-2008. La crisi aveva creato una tempesta perfetta: il salvataggio delle banche richiedeva alti livelli di spesa pubblica, mentre la contrazione economica riduceva il gettito fiscale. Il motivo dell’austerità era che i contribuenti non potevano sostenere un livello più alto di spesa pubblica. Questa decisione fu supportata dall’ “economia della borsellino”, che adotta l’analogia fra gli stati e le famiglie, dipendenti dal reddito di un capofamiglia (ovvero il settore privato).

Sotto il giogo dell’economia della borsa, gli stati sono tenuti a limitare le loro spese a quello che si ritiene il contribuente possa permettersi. Gli stati non devono tentare di aumentare la spesa prendendo in prestito denaro dal settore finanziario (privato) o “stampando moneta” (sebbene le banche siano state salvate con lo stesso metodo, ma usando un nome diverso, “quantitative easing”, la creazione di moneta elettronica). L’ideologia di tale economia sostiene che il denaro deve essere generato solo attraverso l’attività di mercato e che ce ne sia sempre poco. La richiesta di aumento della spesa pubblica incontra quasi invariabilmente la stessa risposta “da dove li prendiamo i soldi”? Di fronte ai salari bassi del Servizio Sanitario Nazionale, il Primo Ministro inglese (ora ex) Theresa May ha notoriamente dichiarato, “non esiste un albero magico che produce il denaro”.

Allora, da dove proviene il denaro? E che cosa è?

COS’E’ IL DENARO?

Fino a circa 50 anni fa la risposta sembrava ovvia: il denaro era rappresentato dai contanti (banconote e monete). Quando il denaro era tangibile, non sembravano esserci dubbi sulla sua origine o sul suo valore. Le monete venivano coniate, le banconote stampate. Entrambe le cose erano autorizzate dai governi o dalle banche centrali.

Ma cosa è il denaro oggi? Nelle economie più ricche l’uso dei contanti sta diminuendo rapidamente. La maggior parte delle transazioni monetarie è costituita da trasferimenti da un conto a un altro: non è coinvolto denaro fisico. In vista della crisi finanziaria, il ruolo dello stato in relazione al denaro detenuto nei conti bancari è stato ambiguo. Il settore bancario era un’attività monitorata e autorizzata con un certo livello di garanzie statali sui depositi bancari, ma l’atto effettivo di creare conti bancari era ed è visto come una questione privata. Ci sono probabilmente regolamenti e limitazioni, ma non esiste un controllo dettagliato dei conti e dei prestiti bancari. Tuttavia, come ha dimostrato la crisi bancaria del 2007-2008, quando i conto bancari entrarono nel mirino essendo le banche sull’orlo del fallimento, gli stati e le banche centrale dovettero intervenire e garantire la sicurezza di tutti i conti in deposito. La garanzia del denaro dei conti bancari, non di investimento, si dimostrò essere di pubblica responsabilità quanto il denaro contante. Questo solleva delle questioni fondamentali sul denaro come istituzione sociale. E’ giusto che il denaro possa essere generato da una decisione privata di contrarre un debito, che poi diventa poi una responsabilità dello Stato garantire in caso di crisi economica?

Ma lungi dal vedere il denaro come una risorsa pubblica, sotto l’economia neoliberista “del borsellino” la creazione e la circolazione del denaro sono viste sempre di più come una funzione del mercato.

Il denaro viene “prodotto” esclusivamente nel settore privato. La spesa pubblica è vista come una perdita di quel denaro, il che giustifica l’austerità al fine di rendere il settore pubblico il più limitato possibile. Questa posizione si basa, comunque, su un completo fraintendimento della natura del denaro, supportato da una serie di falsi miti profondamente radicati.

FALSI MITI SUL DENARO.

L’economia neoliberista “del borsellino” deriva da due miti fondamentali sull’origine e la natura del denaro.

Il primo mito è che il denaro sia nato da una economia di mercato precedente basata sul baratto.

Il secondo mito è che esso venisse originariamente realizzato in metallo prezioso.

Si sostiene che il baratto si sia rivelato molto inefficiente perché ogni compratore-venditore aveva la necessità di trovare un’altra persona che corrispondesse esattamente alle sue esigenze. Una cappellaia potrebbe barattare un cappello per un paio di scarpe di cui ha bisogno, ma cosa succede se il calzolaio non ha bisogno del cappello? La soluzione a questo problema, così dice la storia, fu di scegliere una merce che tutti potessero desiderare e che quindi fungesse da mezzo di scambio. Il metallo prezioso (oro e argento) fu la scelta più ovvia perché avevano un loro valore e potevano essere facilmente suddivisi e trasportati.

Questa visione sull’origine della moneta risale almeno al XVIII secolo, l’epoca dell’economista Adam Smith.

Questi miti hanno portato a due assunti sul denaro che sono ancora oggi ritenuti validi.

In primo luogo che il denaro sia collegato e generato dal mercato.

In secondo luogo che la moneta moderna, come la sua forma ideale e originale, sia sempre scarsamente reperibile.

Da qui l’affermazione neoliberista secondo la quale la spesa pubblica sarebbe una riduzione della capacità del mercato di creare di ricchezza e che essa debba essere sempre limitata per quanto possibile.

Il denaro è visto come uno strumento commerciale, che ha una funzione di base, di mercato, tecnica, transazionale, senza alcuna forza sociale o politica.

Ma la vera storia del denaro è molto diversa.

Le prove dell’antropologia e della storia ci dicono che non vi era un baratto diffuso prima che si sviluppassero i mercati basati sul denaro e che il conio con metalli preziosi vide la luce molto prima delle economie di mercato. Vi sono state anche molte altre forme di denaro oltre alle monete in metallo prezioso.

Il DENARO COME TRADIZIONE.

Qualcosa che ha avuto la stessa funzione del denaro è esistito nella maggior parte, se non in tutte le società umane. Pietre, conchiglie, perline, tessuti, aste di ottone e molte altre forme sono stati i mezzi per confrontare e riconoscere il valore comparativo. Ma questo veniva fatto raramente in un contesto di mercato.

La maggioranza delle prime comunità umane si sostentavano direttamente con i frutti della terra, con la caccia, la pesca, la raccolta e facendo l’orto. Il denaro consueto in tali comunità veniva usato principalmente per celebrare eventi sociali propiziatori o come soluzione di conflitti sociali.

Ad esempio la popolazione Lele, che stava in quella che oggi è la Repubblica Democratica del Congo, ancora negli anni 1950 misurava i valori usando dei tessuti di rafia intrecciati. Il numero di capi richiesto per le diverse occasioni veniva stabilito dall’usanza. 20 capi dovevano essere dati al padre da un figlio al raggiungimento dell’età adulta e un importo analogo dato alla moglie alla nascita di un figlio. L’antropologa Mary Douglas, che ha studiato i Lele, scoprì che erano restii all’utilizzo dei tessuti nelle transazioni con gli estranei, indicando che i capi avevano una rilevanza culturale specifica.

Ancora più interessante è la grossa moneta in pietra del popolo Yap della Micronesia. Enormi dischi di pietra circolari potevano pesare fino a quattro tonnellate. Non certo qualcosa da potersi portare in tasca per andare in un negozio.

Ci sono molte altre prove antropologiche come questa sparse in tutto il mondo, tutte indicano il fatto che il denaro, nella sua forma primitiva, serviva a uno scopo sociale piuttosto che di mercato.

IL DENARO COME POTERE.

Per la maggior parte delle società tradizionali l’origine di una particolare forma di moneta è andata perduta nelle nebbie del tempo. Ma l’origine e l’adozione del denaro come istituzione sono diventate molto più evidenti con l’avvento degli stati.

Il denaro non ebbe origine come conio di metalli preziosi insieme allo sviluppo dei mercati. Di fatto, l’invenzione del conio di metallo prezioso avvenne intorno al 600 a.C., quando la moneta fu impiegata e controllata dai sovrani per costruire i loro imperi facendo la guerra.

Il più importante fu Alessandro Magno, che regnò dal 336 al 323 a.C. Si dice utilizzasse mezza tonnellata di argento al giorno per finanziare il suo esercito, in gran parte mercenario, piuttosto che una parte del bottino di guerra (il modo tradizionale di pagare i mercenari).

Aveva più di venti zecche che battevano monete, recanti immagini di dei ed eroi e la parola Alexandrou (Alessandro).

Da quel momento i nuovi regimi al potere tendevano ad annunciare il loro arrivo con un nuovo conio. Più di mille anni dopo l’invenzione del conio, il “Sacro Romano Imperatore” Carlo Magno (742-814 d.C.), che governò gran parte dell’Europa occidentale e centrale, sviluppò quella che divenne la base del sistema monetario pre-decimale britannico: sterline, scellini e pence. Carlo Magno istituì un sistema monetario basato su 240 centesimi coniati da una libbra d’argento. I centesimi si affermarono come denier in Francia, pfennig in Germania, dinero in Spagna, denari in Italia e penny in Gran Bretagna. Quindi la vera storia del denaro come moneta non è quella di barattattori e commercianti: è scaturita da una lunga storia di politica, guerre e conflitti. Il denaro fu attore nella costruzione degli stati e degli imperi, non una passiva rappresentazione del prezzo sul mercato. Il controllo dell’offerta di moneta rappresentava un grande potere dei sovrani: un potere sovrano. Il denaro era creato e messo in circolazione dai governanti o per via diretta, come Alessandro, o attraverso la tassazione o attraverso il sequestro di possedimenti privati di metallo prezioso.

Il denaro degli inizi non era peraltro necessariamente basato sui metalli preziosi. Anzi, il metallo prezioso era relativamente inutile per la costruzione degli imperi, perché scarseggiava. Anche in epoca romana, venne usato del metallo normale e la nuova moneta di Carlo Magno alla fine si svalutò.

In Cina, oro e argento non venivano utilizzati e il denaro di carta era in uso già nel XIX secolo. Quello che l’economia di mercato ha introdotto è una nuova forma di denaro: il denaro come debito.

Il DENARO COME DEBITO

Se si osserva una banconota da 20 sterline si noterà la scritta: “Prometto di pagare al portatore su richiesta la somma di venti sterline”. Questa è una promessa fatta originariamente dalla Banca di Inghilterra di scambiare banconote con la valuta sovrana. La banconota era una nuova forma di denaro. A differenza del denaro sovrano, non era una dichiarazione di valore, ma una promessa di valore. Una moneta, anche se fatta di metallo comune, era scambiabile di diritto: non rappresentava un’altra “superiore” forma di denaro. Ma quando le monete furono inventate, esse la rappresentavano.

L’invenzione di queste cambiali scaturì dalle esigenze del commercio nel XVI e XVII secolo.

Le banconote (“note di banco”) venivano utilizzate per confermare la ricevimento di prestiti o di investimenti e l’obbligo di ripagarli attraverso i frutti di future transazioni. Un compito importante dell’emergente professione bancaria era di emettere periodicamente queste promesse l’una di fronte all’altra e verificare chi doveva cosa e a chi.

Questo processo di “compensazione” significava che una gran quantità di impegni cartacei si riduceva a dei trasferimenti reali, netti, di denaro rilevantemente inferiori.

La liquidazione finale avveniva tramite pagamento con denaro sovrano (monete) o un’altra cambiale (banconota).

Alla fine, le banconote divennero godevano di una tale fiducia che furono trattate come denaro a sé stante. In Gran Bretagna divennero equivalenti al conio, in particolare quando vennero unificate sotto lo stendardo della Banca d’Inghilterra.

Se oggi portate una banconota presso la Banca d’Inghilterra, ve la cambiano con un’altra esattamente identica.

Le banconote non sono più solo promesse di pagamento, sono diventate esse stesse valuta.

Non c’è nessun denaro “vero” dietro.

Quello che il denaro moderno conserva è la sua associazione con il debito.

A differenza del denaro sovrano, che veniva creato e messo in circolazione, il “denaro moderno” viene in gran parte preso in prestito tramite il sistema bancario.

Questo processo trova riparo dietro un altro mito, cioè che le banche agiscano semplicemente come intermediarie fra risparmiatori e debitori.

Di fatto le banche creano il denaro.

Ed è solo nell’ultimo decennio che questo potente mito è stato messo a tacere dalle autorità bancarie e monetarie.

E’ oggi riconosciuto dalle autorità monetarie, come il Fondo Monetario Internazionale, la Federal Reserve americana e la Banca d’Inghilterra, che le banche creano nuova moneta quando concedono prestiti. Non prestano i soldi degli altri titolari di conti correnti a coloro che chiedono un prestito.

I prestiti bancari consistono in denaro creato dal nulla, in una convenzione per cui il nuovo denaro viene accreditato sul conto dei mutuatari, con l’accordo che quell’importo verrà ripagato con gli interessi.

Le implicazioni politiche di una moneta di uso pubblico, creata dal nulla e prestata ai mutuatari su base puramente commerciale, non sono state ancora prese in considerazione.

Né lo si è fatto per l’alternativa di basare l’emissione della moneta di uso pubblico sul debito, piuttosto che permettere allo stato sovrano di creare e far circolare denaro direttamente, senza una creazione di debito.

Il risultato è che invece di usare il proprio potere sovrano sulla creazione di moneta, come fece Alessandro Magno, gli stati sono diventati debitori del settore privato. Laddove c’è spesa pubblica a deficit o bisogni di spese future su larga scala, ci si aspetta che lo stato prenda in prestito il denaro o che aumenti le tasse, invece di crearsi il denaro da sè.

DILEMMI DEL DEBITO

Basare un’offerta di moneta sul debito è problematico dal punto di vista ecologico, sociale ed economico.

C’è un problema ecologico, in quanto la necessità di ripagare il debito potrebbe portare a una crescita potenzialmente dannosa: la creazione di moneta basata sul rimborso del debito con gli interessi deve implicare una crescita costante dell’offerta di moneta. Se questo lo si ottiene solo attraverso l’aumento della capacità produttiva, ci sarà inevitabilmente una pressione sulle risorse naturali, per aumentare la produzione.

 

Basare l’offerta di denaro sul debito è anche socialmente discriminatorio, perché non tutti i cittadini sono in grado di assumersi un debito. L’andamento dell’offerta di moneta tenderà a favorire chi è già ricco o gli speculatori che si assumono un alto rischio. Gli ultimi decenni, ad esempio, hanno visto un’enorme quantità di prestiti da parte del settore finanziario per aumentare i propri investimenti.

Il problema economico è che l’offerta di denaro dipende dalla capacità dei vari elementi dell’economia (pubblici e privati) di farsi carico del debito. E così, mentre i paesi sono diventati sempre più dipendenti dal denaro creato dalle banche, le bolle di debito e le crisi di credito sono diventate più frequenti.

Questo perché l’economia “del borsellino” crea un compito impossibile da adempiere per il settore privato: dover generare tutto il denaro circolante attraverso il debito emesso dalle banche e poi ripagare la stessa cifra, più gli interessi.

Deve finanziare completamente il settore pubblico e generare profitto per gli investitori. Ma quando l’offerta di denaro guidata dalle banche privatizzate viene a mancare, i poteri dello stato di creare denaro tornano a essere protagonisti.

Questo è stato particolarmente evidente nella crisi del 2007-2008, quando le banche centrali crearono nuova moneta in quel processo noto come Quantitative Easing. Le banche centrali utilizzarono il potere sovrano per creare denaro privo di debito da immettere direttamente nell’economia (comprando il debito pubblico esistente ed altri asset finanziari, ad esempio).

La domanda che viene spontanea è la seguente: se lo Stato, rappresentato dalla banca centrale, può creare denaro dal nulla per salvare le banche, perché non può farlo per salvare le persone?

 

DENARO PER IL POPOLO.

I falsi miti sul denaro ci hanno portato a guardare alla spesa pubblica ed alla tassazione nel modo sbagliato.

La tassazione e la spesa, così come i prestiti bancari e le restituzioni, sono in costante evoluzione. L’economia “del borsellino” presuppone che sia la tassazione (del settore privato) a raccogliere fondi per finanziare il settore pubblico. Quella tassazione prende i soldi direttamente dalle tasche dei contribuenti.

Ma la lunga storia politica del potere sovrano sul denaro dimostra che il flusso di denaro può andare nella direzione opposta. Allo stesso modo in cui le banche possono far materializzare denaro dal nulla per fare prestiti, gli stati possono farlo per finanziare la spesa pubblica.

Le banche creano denaro aprendo conti bancari, gli stati lo fanno stanziando bilanci.

Quando i governi stabiliscono le manovre finanziarie, non vedranno più quanti soldi hanno nel salvadanaio, grazie alla precedente tassazione.

La legge di bilancio assegnerà impegni di spesa che potranno corrispondere o meno alla quantità di denaro proveniente dalla tassazione.

Tramite i suoi conti presso il Tesoro e presso la Banca Centrale, lo Stato spende e riceve denaro continuamente.

Se spende più soldi di quanti ne riceve, lascia più denaro nelle tasche delle persone. Ciò crea un disavanzo di bilancio e quello che è effettivamente uno scoperto alla Banca Centrale.

E’ un problema?

Sì, se lo Stato viene trattato come se fosse un qualsiasi altro detentore di un conto corrente, come la famiglia che dipende dall’economia “del borsellino”.

Non lo è, se è visto come una “sorgente di denaro” indipendente da quanto ha incassato tramite la raccolta fiscale.

Gli stati non devono attendere le elemosine dal settore commerciale.

Gli stati sono l’autorità che sta dietro al sistema monetario. Il potere esercitato dalle banche di creare denaro dal nulla è un potere sovrano.

Non c’è più bisogno di battere moneta come Alessandro Magno, il denaro può essere creato a colpi di tastiere. Non vi è alcun motivo per cui questa cosa debba essere monopolio del settore bancario per creare nuovo denaro pubblico a debito.

Considerare la spesa pubblica equivalente al debito bancario, nega al settore pubblico, al popolo sovrano in una democrazia, il diritto di avere accesso al proprio denaro senza dover contrarre alcun debito.

RIDEFINIRE IL DENARO.

 

Questa scorreria nella storia e nell’antropologia del denaro dimostra che le credenze di lunga data, per le quali il denaro sarebbe nato da una precedente economia di mercato basata sul baratto, e per le quali il denaro era originariamente fatto di metallo prezioso, sono solo delle favole.

Dobbiamo rendercene conto.

E dobbiamo sfruttare la capacità pubblica di creare moneta.

D’altra parte è anche importante riconoscere che il potere sovrano di creare denaro non è in sé una soluzione.

La capacità degli stati e delle banche di creare moneta presenta vantaggi e svantaggi.

Entrambi sono esposte all’abuso.

I prestiti sconsiderati del settore bancario, per esempio, portarono quasi al tracollo il sistema monetario e finanziario americano ed europeo.

D’altra parte nei paesi in cui non esiste un settore bancario sviluppato, l’offerta di denaro rimane nelle mani dello stato, ciò lascia ampio spazio a corruzione e mala gestione. La risposta deve essere quella di assoggettare entrambe le forme di creazione del denaro, della banca e dello Stato, alla responsabilità democratica.

Lungi dall’essere uno strumento tecnico e commerciale, il denaro può essere considerato come un costrutto sociale e politico che ha un grande potenziale radicale.

La nostra capacità di ottenere il meglio da questo è ostacolata, se non capiamo cosa è il denaro e come funziona.

Il denaro deve diventare il nostro servitore, non il nostro padrone.

(theconversation.com/neoliberalism-has-tricked-us-into-believing-a-fairytale-about-where-money-comes-from-113783).

 

 

 

Conti correnti e nuove regole: da gennaio

chi va in rosso diventa cattivo pagatore.

Ilsole24ore.com- Lucilla Incorvati-(29 dicembre 2020)-ci dice:

 

Le conseguenze.

Dal primo gennaio scatta il termine ultimo per le banche di adeguarsi al Regolamento Eba sui requisiti di capitale. Il correntista che va in rosso rischia di essere segnalato se la sua esposizione è un “non performing loan”.

Ma è proprio vero che basterà uno sconfinamento di 100 euro per essere segnalati in default e diventare cattivo pagatore anche se non è mai accaduto prima? Lo sconfinamento deve superare la “soglia di rilevanza”, cioè superare contemporaneamente sia una soglia assoluta (100 o 500 euro, se si è privato nel primo caso, se si è impresa nel secondo) sia una relativa (1% dell'esposizione totale); inoltre lo sconfinamento deve protrarsi per oltre 90 giorni consecutivi (in alcuni casi come per le amministrazioni pubbliche, 180 giorni).

Da gennaio regole più stringenti.

A rispondere così è Bankitalia intervenuta con un chiarimento sulla questione relativa all’entrata in vigore del Regolamento Eba ( 1 gennaio 2021) relativo alle regole sui requisiti di capitale che dal primo gennaio potrebbe cambiare (in quegli istituti dove le novità non sono state ancora ratificate) i rapporti tra clienti e banche. Le nuove regole sono il frutto di un compromesso negoziale europeo e per l'Italia introducono criteri differenti da quelli attualmente utilizzati per alcuni aspetti più stringenti. Il cliente rischia di finire nella lista nera per effetto di una nuova classificazione di default.

A partire dal 1° gennaio prossimo, gli intermediari devono classificare in stato di default il cliente che non adempie per tre mesi alle proprie obbligazioni creditizie vantate dal gruppo bancario o finanziario nei suoi confronti qualora l'ammontare dell'inadempimento è superiore sia a 100 euro sia all'1% del totale delle obbligazioni creditizie complessivamente vantate dalla banca. In sostanza, da gennaio gli addebiti automatici potrebbero non essere più consentiti sui conti correnti se non coperti da liquidità sufficienti. Per molti italiani, soprattutto alle prese con le conseguenze economiche subite a causa dell'epidemia da Covid-19, si potrebbe prospettare il rischio di uno stop ai pagamenti di utenze, stipendi, contributi previdenziali, rate di finanziamenti.

Quando lo sconfinamento è consentito.

Queste nuove regole non vietano che si possano consentire sconfinamenti: come già ora, le banche, nel rispetto delle proprie policy, possono consentire ai clienti di sconfinare oltre la disponibilità presente sul conto ovvero, in caso di affidamento, oltre il limite di fido . La possibilità di sconfinare non è un diritto del cliente, ma una facoltà concessa dalla banca, che può anche applicare commissioni (la cosiddetta CIV, commissione di istruttoria veloce). Dal 1° gennaio, come già oggi, le banche potranno continuare a consentire ai clienti utilizzi del conto, anche per il pagamento delle utenze o degli stipendi, che comportino uno sconfinamento.

Si tratta tuttavia di una scelta discrezionale della banca, che può consentire oppure rifiutare lo sconfinamento. È quindi importante conoscere bene il contratto stipulato con la propria banca e dialogare con essa.. Per questo motivo è importante che gli intermediari forniscano informazioni e assistenza ai propri clienti, per sensibilizzarli sulle implicazioni della nuova disciplina, aiutarli a comprendere il cambiamento in atto e adottare comportamenti coerenti con la nuova disciplina. La Banca d'Italia ha chiesto nei giorni scorsi a banche e intermediari finanziari di adoperarsi in tal senso e di chiarire ai clienti .

Debito e inflazione, perché sono i nemici da combattere nei prossimi mesi

di Dino Pesole.

Monitoraggio costante e esortazione a controllare i saldi dei conti.

UniCredit, Intesa e Banca Sella dal mese di marzo hanno iniziato ad allertare la clientela sia con invio di informativa via posta sia con un’informativa sul sito. Da UniCredit fanno sapere che l’addebito passa nei termini degli sconfinamenti già concordati (se hai un fido e la spesa è coperta dal fido non hai problemi) . Se si supera la spesa massima non ci sono veri automatismi e in primis si cerca di sensibilizzare la clientela affinché siano sempre sotto controllo i saldi dei conti correnti. Ovviamente con la stretta in corso chi aveva la tendenza ad essere moroso forse non la farà franca. Diverso il caso di chi invece si ritrova in questa situazione per la prima volta. La banca provvede a pagare bollette e scadenze ma poi esorta il cliente a rimettere a posto la sua situazione debitoria entro il termine per evitare di essere segnalato.

 

 

 

Buffonata-Covid, siamo ai tempi supplementari: ecco perché.

Libreidee.org-Nicola Bizzi-(13/11/2021)- ci dice:

 

Qualcosa si è inceppato, qualcuno non è stato ai patti: è l’unica ragione per cui siamo ancora alle prese con la narrazione Covid, che doveva chiudersi entro fine anno.

Lo afferma lo storico Nicola Bizzi nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, con Tom Bosco e Matt Martini. La scorsa primavera, Bizzi aveva ampiamente anticipato i segnali della de-escalation, programmata per aprile, poi puntualmente giunti a partire dalla Gran Bretagna, decisa a mettere gradualmente fine al “terrorismo sanitario”.

Poi però qualcosa è andato storto: a luglio, dice Bizzi, il piano per uscire dall’incubo (politico-mediatico) della “pandemia” è stato disatteso da alcuni player, come i poteri che in Italia si esprimono attraverso Draghi.

Il punto – osserva Bizzi – è che l’emergenza sanitaria “doveva” essere sostituita con l’emergenza climatica permanente, che però non sta funzionando: vi si oppongono svariate potenze, a livello mondiale.

Ergo: i gestori della paura sono tornati all’emergenza-1, quella sanitaria. Da cui però non saprebbero più come uscire, vista anche la marea montante del dissenso, di fronte al Green Pass e alla follia “vaccinale”.

«L’aver deciso addirittura di vietare le manifestazioni nel cuore delle città è l’estrema ammissione di debolezza, da parte di un potere che ormai teme il popolo».

 Vero, il coro dei media mainstream è invariato: continuano a raccontare che di Covid si muore, come se le cure non esistessero (e le terapie domiciliari non sono ancora state introdotte nella medicina di base: all’ospedale finisce solo chi non è stato curato per tempo, a casa).

Verità scandalose: è lo stesso Istituto Superiore di Sanità ad ammettere che sono stati appena 3.783 (non 130.000) gli italiani morti a causa del solo Covid, cioè non affetti anche da patologie gravissime compresenti. Nulla però che, per il momento, incrini il granitico consenso di media e partiti, Confindustria e sindacati, a supporto delle scellerate politiche sanitarie tuttora in vigore.

Ma attenzione: sono i semplici cittadini, ormai, a dire basta. Alle amministrative di ottobre, un italiano su due ha disertato le urne (e ai ballottaggi ha votato solo un elettore su tre). Non solo: l’Ansa annuncia che oltre il 54% degli italiani non guarda più la Tv in prima serata. In compenso, segnala Tom Bosco, si registra una strana impennata nella vendita libri, come pare non si vedesse dagli anni Settanta.

«C’è una maggioranza silenziosa – dice Bizzi – che farà pesare la sua contrarietà, di fronte alle ultime, deliranti coercizioni dittatoriali: questo governo ha contro un buon 70% degli italiani, che rifiuteranno la “terza dose” e l’imposizione del Green Pass a tempo indeterminato».

 Non sarà facile fermare le proteste, nonostante le ingiunzioni di stampo “cileno” per blindare le città. A proposito: non è casuale che arrivi proprio oggi a Milano (centro nevralgico della protesta) un testimonial del peso di Robert Kennedy Junior, capace di denunciare l’impostura-Covid e i rischi connessi alla campagna “vaccinale” effettuata con sieri genici che starebbero producendo una vera e propria strage, oscurata dai media.

Non si contano più i casi di pericardite sopraggiunti dopo l’inoculo, e il bilancio delle vittime sarebbe molto diverso da quello ufficialmente ammesso. In un recente convegno a Bolzano, un luminare della patologia come il professor Paolo Bellavite ha parlato di oltre 600 morti, solo in Italia, nel giro di pochi mesi. E per la farmacovigilanza dell’Ema, ad agosto erano già 24.000 le morti sospette, in Europa, correlabili con l’iniezione C-19.

«Non sanno più come uscirne», insiste Bizzi: «Tale Sergio Brignani, del cosiddetto Comitato Tecnico-Scientifico, promette 5-10 anni di copertura immunologica, con la “terza dose”.

 Toni che ricordano una svendita di pentole da cucina». Dal canto suo, Matt Martini cita il virologo televisivo Roberto Burioni: «S’è messo a dire che non serve, fare il dosaggio anticorpale prima della “terza dose”, perché non ci sarebbe correlazione tra la presenza di anticorpi e la copertura immunitaria. Ma così – dice Martini – si negano le basi della stessa immunologia.

Ed è l’ennesima conferma del fatto che, dietro l’intera narrazione Covid-vaccini, non vi sia proprio niente di scientifico». La riprova sembra arrivare da altri paesi, che dimostrano il vero tenore della sfida in corso, interamente politica: negli Usa l’obbligo vaccinale decretato da Biden è stato bloccato dalla magistratura.

 E sempre i giudici, in Spagna, hanno costretto il governo a rinunciare alle restrizioni, definite incostituzionali. In Italia, invece, si può tutto?

Molto dipenderà dall’atteggiamento dei singoli cittadini, come quelli che il 14 novembre a Firenze si stringeranno attorno alla coraggiosa Nunzia Alessandra Schilirò, emarginata dal governo e pure oggetto di amenità complottistiche (come lo stesso Stefano Puzzer) da parte dei paranoici sempre pronti a chiedersi “chi c’è dietro” la determinazione di chi osa rivendicare il proprio diritto alla libertà.

Tra i supporter di “Nandra”, per contro, si schierano gli agenti delle forze dell’ordine che – a migliaia – hanno aderito all’associazione “Osa”, che contesta apertamente la “dittatura sanitaria”.

Nicola Bizzi accenna a precise segnalazioni da parte di “sensitivi”: «I loro presagi non sono da prendere per oro colato, beninteso: però annunciano grandi eventi di segno positivo, per noi, a partire dalla fine di novembre».

 Se qualcuno si mette a ridere, di fronte alla parola “sensitivi”, vale la pena ricordare – a proposito di affermazioni veramente surreali – quelle pronunciate da Draghi, secondo cui «se non ti vaccini muori, e fai morire chi è vicino a te».

Funzionano così bene, i non-vaccini C-19, che dopo due dosi si pensa già di imporre la terza. Se qualcuno immagina che l’Italia sia popolata da 60 milioni di imbecilli, probabilmente ha sbagliato i conti.

 La manifestazione di Firenze, “Venere Vincerà”, schiera in prima linea le donne, e non a caso: si prevede infatti che facciano argine di fronte all’infamia definitiva, cioè la pretesa di inoculare il siero genico sperimentale anche ai bambini di 5 anni.

Certo, con questo potere post-democratico non si scherza. «Il decreto sul Green Pass – osserva Matt Martini – sarà convertito in legge il 20 novembre: in quella data ci sarà un’eclissi lunare, fatto per noi teoricamente infausto, sul piano astrologico.

Come se anche quella data fosse stata scelta di proposito, per potenziare gli effetti dell’imposizione». Sottolinea Bizzi: «Non c’è un solo atto del governo Draghi che sia stato compiuto senza prima consultare il calendario astrologico». Si ricorderà la scelta del 15 ottobre per varare il Green Pass obbligatorio, in coincidenza con l’inaugurazione alle Scuderie del Quirinale della mostra su Auguste Rodin e la sua Porta dell’Inferno.

A proposito di allusioni simboliche: durante il G20, il lancio delle monetine nella Fontana di Trevi – dice ancora Martini – è sembrato un auspicio: la fine del cash, da sostituire con la moneta digitale.

Si sa che il momento della foto-ricordo dei “grandi della Terra” davanti alla celebre fontana è stato turbato dal terribile spettacolo di un gabbiano che ha assalito e ucciso una cornacchia, tingendo l’acqua di sangue.

 Episodio, annota lo stesso Martini, che è stato collegato alla strage delle colombe bianche liberate qualche anno fa da Bergoglio e subito aggredite da corvi e gabbiani. «Stavolta, corvi e gabbiani si scannano tra loro: come se due grandi poteri, ieri alleati, fossero arrivati ai ferri corti». Nicola Bizzi cita un vescovo cristiano-ortodosso: non è vero che il Cremlino abbia cambiato posizione sul Covid (in Russia non esistono obblighi vaccinali né Green Pass).

Il boom dei contagi, di cui parlano i media? «I casi riguardano soprattutto regioni della Siberia centro-meridionale, che Boris Eltsin cedette sciaguratamente “in comodato d’uso” alla Cina, per via delle risorse del sottosuolo: e pare che i cinesi vi stiano seppellendo rifiuti tossici, possibile vera causa di tanti decessi recenti».

Ormai la verità salta agli occhi, a chi non è obnubilato dalle menzogne ufficiali: il governo italiano ha messo da parte diritti umani e Costituzione, rifiutando di curare i pazienti per arrivare a imporre il Green Pass dopo il fatale inoculo.

 L’Italia resta una trincea decisiva: mezza Europa è in bilico, tentata di seguire la via (suicida) imboccata da Conte e Draghi, con il placet di Bergoglio. Altri paesi – dalla Spagna alla Svezia, passando per il Regno Unito – si sono lasciati alle spalle l’orrore, basato sulla falsificazione dei dati e sulla criminale rinuncia alle cure precoci. A

ltra notizia: la strage silenziosa provocata dagli inoculi mRna sta perforando il silenzio complice dei media. Ed è in crescita esponenziale il numero di cittadini non più disposti a subire il brutale ricatto imposto dal governo Draghi. Come reagire? Semplice: disertando il lavoro.

Lo propone l’alchimista Michele Giovagnoli: «Stiamo fermi per 21 giorni, a partire dall’11 dicembre, e vediamo chi dovrà cedere». Scontato: ci attendono altri giorni convulsi. E l’esecutivo stesso sa benissimo che sta imponendo qualcosa di inaccettabile. «Siamo arrivati ai “tempi supplementari” della faccenda Covid», sintetizza Bizzi: «Questa pagliacciata dovrà finire. Vedremo quando, e come».

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