“Le multinazionali bancarie concedono prestiti con denaro creato dal nulla.”
“Le multinazionali bancarie concedono prestiti
con denaro creato dal nulla.”
Le
banche creano soldi dal nulla?
Ilpost.it-Redazione-
(22
DICEMBRE 2019)- ci dice:-
Non le
banche centrali, quelle commerciali che usiamo tutti: se ne è parlato tra gli
addetti ai lavori per via di un discusso articolo di due economisti.
Uno
strano dibattito ha coinvolto in questi giorni economisti, studiosi e persino
un ex vicepresidente della Banca Centrale Europea. Il dibattito è nato da un articolo
pubblicato sul sito Vox.eu, uno dei più importanti siti internet dove si
discute di politica europea, a cui in breve hanno risposto in moltissimi. Il tema del dibattito suona
abbastanza bizzarro, ma è in realtà una questione molto seria: le banche creano soldi dal nulla?
Non si
parla di banche centrali, che come sappiamo tutti il denaro lo creano eccome
(anche se in modo un po’ più complicato di come verrebbe da pensare), ma di banche commerciali, le banche
private nelle quali ciascuno deposita il proprio stipendio e dalle quali
preleva con il suo bancomat.
Che
queste banche creino denaro e che, anzi, la maggior parte del denaro in
circolazione venga creato da loro, non è in discussione: quando una banca riceve 100 euro in
deposito e poi presta 90 di quegli euro a un altro cliente, infatti, ha di
fatto “creato” 90 euro. Prima c’erano 100 euro in circolazione, ora ce ne sono 190: i cento del deposito, che il cliente
può ritirare in qualsiasi momento, più i 90 prestati al secondo cliente (ci sono poi altre discussioni su
come avvenga questa creazione).
Ma gli
autori dell’articolo che ha dato inizio al dibattito, Pontus Rendahl e Lukas B.
Freund, due studiosi di economia dell’Università di Cambridge, sostengono che è
sbagliato pensare che questa creazione avvenga “out of thin air”, cioè dal nulla. Sostengono anche che questa credenza
sia molto diffusa e citano articoli pubblicati su riviste scientifiche,
quotidiani internazionali, ma sembrano prendersela anche con alcune pubblicazioni
ufficiali realizzate dalle banche centrali.
Secondo
i due economisti, sostenendo che le banche creino denaro “dal nulla” si finisce
con l’introdurre una metafora pericolosa, quella del “magico albero della
moneta” che produce denaro a volontà. La realtà, sostengono, è ben
diversa: le
banche non creano moneta dal nulla ma grazie ai loro “asset”, ossia grazie a
ciò che possiedono, la loro affidabilità diffusa tra i clienti, i beni che
possiedono e il denaro liquido che hanno nelle loro casseforti.
Per
spiegare cosa intendono, i due economisti fanno l’esempio di uno studente di
Cambridge di nome Lukas (che è anche il nome di uno dei due autori
dell’articolo) che prova a pagare una birra in città con una cambiale, una promessa di
pagamento.
Difficilmente
il pub gli venderà la birra: i gestori non conoscono Lukas e non sanno se
possono fidarsi della sua capacità di ripagare la cambiale. Ma Lukas è
fortunato, e il suo supervisore Pontus (che è il nome dell’altro autore
dell’articolo) decide di cambiare il pagherò di Lukas con una sua cambiale
personale.
Pontus è molto più conosciuto e rispettato in città, e quindi Lukas riesce finalmente
a ottenere la sua birra. Non solo: Pontus è così conosciuto che il pub usa la
cambiale per pagare il birrificio da cui si rifornisce di birra.
In un
certo senso, Pontus ha creato del denaro: Lukas prima non aveva soldi con cui
comprare una birra, ma li ha ottenuti grazie al suo intervento e quel “denaro”
è stato poi usato dal pub anche per pagare una terza parte, il birrificio. Secondo i due autori, questo esempio
dimostra che la creazione di moneta non è avvenuta “dal nulla”: Pontus ha una serie di “asset” che
gli hanno permesso di creare moneta. La fiducia della comunità, la sua
capacità di valutare se Lukas gli restituirà i soldi e infine un conto corrente
con denaro contante che potrà utilizzare nel caso in cui il pub dovesse esigere
il suo pagherò prima che Lukas finisca di ripagargli il suo debito.
Con le
banche, concludono gli autori, funziona nella stessa maniera. La loro capacità di creare moneta
facendo prestiti deriva essenzialmente dal fatto che possiedono asset: beni che gli garantiscono che
saranno in grado di ripagare i loro debiti (per esempio i nostri conti
correnti). Se
i clienti iniziassero a sospettare della qualità degli asset di una banca (come
il pub potrebbe sospettare della solidità economica di Pontus), nessuno
depositerebbe soldi sui suoi conti e la banca finirebbe presto nei guai.
Questo
articolo ha suscitato numerose reazioni soprattutto per via delle implicazioni
che gli autori non esprimono direttamente. In particolare, visto che
l’articolo sottolinea i limiti della creazione di moneta, gli hanno risposto
molti di coloro che invece sostengono che questi limiti non esistano, o che
siano più deboli di quanto si pensi di solito.
Per esempio ha suscitato molte risposte tra i
sostenitori della MMT, una teoria economica non ortodossa secondo la quale finché
i fattori produttivi non sono pienamente sfruttati (cioè fino a che ci sono
disoccupati e risorse non utilizzate) si può, e si deve, stampare tutto il denaro che si
vuole.
Ma
l’articolo ha attirato anche i commenti di personaggi molto più inseriti nella
corrente principale dell’attuale pensiero economico, per esempio Vitor Constâncio, ex vice
presidente della Banca Centrale Europea. In un thread su Twitter molto
commentato, Constâncio ha definito “strano” l’articolo dei due economisti. Anche se non considera le loro
puntualizzazioni necessariamente sbagliate, Constâncio si chiede cosa le abbia
motivate e se siano effettivamente utili al dibattito. Per lui il problema infatti è che i
due economisti sembrano dare per scontato che l’espressione “le banche creano
denaro dal nulla” significhi che possono farlo senza limiti. I limiti invece esistono, e sono
prima di tutto i limiti imposti dai regolamenti finanziari messi in atto dalle
varie banche centrali e dalle autorità pubbliche.
Stabilito
che le banche non possono creare denaro a volontà, rimane il fatto che le
banche lo creano effettivamente dal nulla, o quasi. Constâncio ricorda che se
nell’esempio classico (quello del deposito da 100 euro usato dalla banca per
fare un prestito da 90 euro che abbiamo visto sopra) il deposito precede il prestito, la
realtà è molto diversa. Nessuna banca oggi aspetta il denaro di un deposito prima di
fare un prestito. Se necessario, infatti, può ricorrere a molti altri modi di finanziarsi:
chiedendo prestiti alla banca centrale, sfruttando il mercato dei prestiti
interbancari, emettendo strumenti finanziari propri come obbligazioni.
Nella
moderna industria finanziaria, insomma, non c’è bisogno che qualcuno da qualche
parte risparmi fisicamente del denaro e lo versi poi sul suo conto per
permettere alla banca di fare prestiti, e quindi creare denaro. Ciò che rappresenta il vero vincolo
alla produzione di denaro sono invece i regolamenti, per esempio quelli che stabiliscono
quante riserve la banca è obbligata a mantenere in rapporto ai prestiti che
concede.
Ma è possibile, e accade di frequente, che una banca si esponga molto prestando
molti soldi e, in un secondo momento, le autorità di vigilanza chiedano ai
suoi manager di aumentare le sue riserve, per esempio raccogliendo nuovi
depositi o utilizzando altri strumenti.
Secondo
Constâncio è importante ricordare questa sequenza (e cioè che la creazione di denaro può
arrivare prima dei depositi) poiché è una delle ragioni per cui i regolamenti e la
supervisione delle banche sono così importanti. Anche se non viene detto
apertamente dai due autori dell’articolo su Vox.eu, infatti, quello che la loro spiegazione
rischia di suggerire è che i limiti alla creazione di denaro da parte delle
banche siano limiti imposti automaticamente dalle forze del mercato: dagli asset che la banca possiede e
quindi dalla fiducia che i clienti e concorrenti hanno nella sua capacità di
restituire i depositi.
Insomma,
il rischio è suggerire che non servano altre regole, poiché il sistema sarebbe
in grado di fare da solo. «Spero che l’articolo in questione», conclude
Constâncio, «non venga interpretato come un tentativo di mettere in questione le
vedute più diffuse a proposito della creazione di moneta. Ma, in caso che questo
rischio esista, ci sono questi tweet».
Quanti
soldi sono “abbastanza soldi”?
Ilpost.it-
Davide Maria De Luca-(8 GIUGNO 2019)-
In uno
dei dibattiti contemporanei più importanti si discute di quanti soldi si
possono stampare per stimolare l'economia prima di fare danni e su chi decide
quando è tempo di fermarsi.
Vi
siete mai chiesti quanti soldi esistono al mondo? Se sommiamo tutte le monete
esistenti, tutte le banconote e i conti correnti arriviamo a circa 40 mila miliardi di
dollari, migliaio di miliardi di dollari in più o in meno.
Questi sono tutti i soldi che esistono in
forma “liquida”, cioè immediatamente accessibile. Tutti sanno che si tratta di una
grandezza importante. Il denaro consente gli scambi che rendono possibile la
moderna economia e la quantità di denaro in circolazione deve essere attentamente
controllata. Troppa e si crea inflazione e i prezzi aumentano, troppo poca e i prezzi
calano e l’economia ristagna.
Questa
regola generale, chiamata “teoria quantitativa della moneta”, però non è molto d’aiuto quando
governi e banche centrali devono decidere concretamente quanti soldi mettere in
circolazione. Esagerando in un senso ci si è trovati davanti l’iperinflazione come
quella sperimentata in questi anni dal Venezuela. Quando invece si sono fatte scelte
eccessivamente prudenti si è rischiato il collasso per le ragioni opposte, come è accaduto in Europa durante la
crisi dell’eurozona.
Espressa
in termini accademici è la questione di quanti stimoli monetari si possono dare
senza rischiare iperinflazione o peggio. Ma in parole più semplici si può
riassumere in una domanda: quanti soldi sono “abbastanza soldi”?
Banche
centrali ed eurozona.
L’ultima
volta in cui in Europa ci siamo posti questa questione è stato lo scorso marzo
quando il
governatore della BCE Mario Draghi ha annunciato un nuovo stimolo monetario
sotto forma di prestiti al sistema bancario ad un tasso di interesse molto
conveniente (praticamente un sussidio, ha detto lo stesso Draghi).
Il
prestito si chiama TLTRO ed è una manovra “espansiva” che cioè contribuisce ad
aumentare il denaro in circolazione (in gergo si dice anche che è una mossa
“dovish”, ossia da “colomba”).
In questo
suo essere “espansivo” il prestito è molto simile a un’altra operazione
straordinaria fatta dalla BCE, il famoso Quantitative Easing, terminato a fine
2018, con
il quale la BCE ha creato 2.500 miliardi di nuovi euro che ha poi usato per
comprare obbligazioni e altri titoli direttamente dai portafogli delle banche: un sistema ritenuto ancora più
diretto rispetto al TLTRO per mettere soldi in circolazione e con il beneficio
aggiuntivo che contribuiva a sostenere il prezzo dei titoli di stato.
Ma
come tutte le mosse espansive da “colombe”, anche il TLTRO ha i suoi avversari: quelli secondo cui l’inflazione va
evitata ad ogni costo e la stabilità dei prezzi è il valore più importante da
difendere, quelli che generalmente vengono chiamati “falchi”. Questi ultimi guardano con sospetto
alle manovre espansive, TLTRO o QE che siano, e preferirebbero un ritorno ai
vecchi tempi, quando le banche centrali si limitavano a manipolare il tasso di
interesse.
In Europa non c’è nessuno più falco della Bundesbank, la banca centrale
tedesca, e il falco per eccellenza è il suo presidente, Jens Weidmann. Al culmine della crisi, quando i
governi europei faticavano a raccogliere le risorse necessarie a creare un
fondo salva stati davvero in grado di evitare il default di paesi come Spagna e
Italia, Weidmann fu l’unico membro del consiglio direttivo della banca ad
opporsi al piano del presidente Mario Draghi, che consentiva la stampa di
denaro senza limiti per salvare uno stato membro dell’eurozona. Il premio Nobel per l’economia Paul
Krugman ha scritto che le decisioni di Weidmann all’epoca, se ascoltate, avrebbero potuto «distruggere
l’unione monetaria europea».
Da
allora la Bundesbank è stata costantemente messa in minoranza dalla maggioranza
formata dalle “colombe” nel consiglio direttivo della BCE e Weidmann ha finito
con il moderare il suo atteggiamento – secondo molti con l’obiettivo non
secondario di migliorare le sue possibilità di diventare il successore di
Draghi.
Negli ultimi anni ha votato a favore del QE e dei vari prestiti TLTRO, compreso
quello dello scorso marzo. La divisione tra i sostenitori delle due posizioni, però,
rimane. Il
mandato di Draghi scade a novembre e in molti si domandano quale sarà il futuro
della BCE. Se
l’economia dovesse continuare a ristagnare o se ci dovesse essere una nuova
crisi, il nuovo presidente avrà il coraggio di intraprendere nuove misure di
espansione monetaria originali e mai sperimentate? O preferirà la prudenza,
l’austerità e la ristrettezza?
L’arte
del banchiere centrale.
Il
problema è che non esiste una legge, una regola o un modello che ci aiuti a
capire con assoluta certezza quando il denaro è abbastanza. Se a questo si aggiunge anche il
fatto che creare denaro è solo il primo problema, poiché una volta creato bisogna
trovare il modo di metterlo in circolazione, si comprende come quella
monetaria, più che una scienza, è spesso a un’arte.
Tutti
sono d’accordo nel dire che Mario Draghi è il miglior banchiere centrale al
mondo, ma nessuno saprebbe descrivere esattamente cosa lo rende tale. Lo stesso
si potrebbe dire a proposito di Michelangelo e la scultura.
Tuttavia
per la gran parte della storia umana la risposta alla nostra domanda è stata
abbastanza ovvia. Anzi, la domanda stessa non aveva molto senso. La quantità di denaro era fissa,
vincolata alla quantità di oro in circolazione, o a quella dell’argento o di
qualsiasi altro oggetto usato in un certo momento come moneta (in Africa e Asia
monete-conchiglie sono state usate fino all’inizio dell’Ottocento, mentre sono
ancora considerate valuta legale in alcune zone della Papua Nuova Guinea).
La
storia dell’umanità e della moneta, infatti, è stata per gran parte la storia
di un sistema metallico, in cui il denaro disponibile coincideva con la
quantità di oro e argento in circolazione. In un sistema come questo non c’è
molto che si possa fare quando la moneta è troppa o troppo scarsa. Nei lunghi secoli di caos e disordine
seguiti alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, ad esempio, la scarsità di
metallo prezioso strangolò l’economia europea che in molti luoghi fu costretta
a tornare al baratto. Mille anni dopo, quando i conquistadores tornarono in
Spagna con navi cariche dell’oro e dell’argento saccheggiato nel Nuovo Mondo, l’Europa fu travolta
dall’inflazione e i prezzi si moltiplicarono nel giro di pochi decenni.
Col
passare dei secoli la crescente complessità del sistema finanziario permise in
parte di ovviare al problema. I cambiavalute, che per lungo tempo
avevano custodito l’oro dei loro clienti in cambio di pagherò e cambiali,
scoprirono che potevano aumentare il denaro in circolazione se stampavano
“pagherò” per un valore superiore a quello dell’oro e dell’argento che avevano
fisicamente in deposito – nel farlo contavano sul fatto che fosse molto
improbabile che tutti i loro clienti chiedessero contemporaneamente la
restituzione dei loro depositi. Gli stati cominciarono presto a interessarsi a
questo fenomeno, chiamato “riserva frazionaria” poiché i cambiavalute, divenuti
oramai moderne banche commerciali, tenevano in riserva solo una “frazione” del denaro
ricevuto in deposito mentre prestavano il resto.
Alle
banche commerciali furono imposte regole su quanto e come prestare e su quante
riserve tenere da parte. Furono create banche centrali, delle banche delle banche
che per lungo tempo rimasero istituti privati sottoposti a speciali controlli. Con il tempo i loro poteri si
accrebbero fino a diventare, insieme alle zecche, le uniche autorizzate a stampare
banconote.
Le
banche commerciali continuarono ad avere il potere di creare moneta, ma lo
facevano non più stampando direttamente banconote, ma semplicemente facendo
credito (esempio: se una banca ha ricevuto versamenti di valore 100 e fa un
prestito di valore 50, in circolazione ci sarà in tutto un valore di 150). Le nuove banche centrali e i governi
potevano influenzarle in questo processo, ad esempio modificando i requisiti
per le riserve frazionarie modificando i tassi di interesse con cui prestavano
loro i soldi (alzandoli, ad esempio, rendono più costoso il denaro e ne
riducono la quantità in circolo, abbassandoli ottengono invece l’effetto
opposto).
Insomma,
tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, le innovazioni finanziarie
avevano reso più flessibile il sistema metallico, ma senza cancellarne
completamente la rigidezza di fondo. La massa monetaria rimaneva più o meno fissa,
vincolata alla quantità di oro detenuto nei forzieri del paese in questione. In
tempo di crisi era relativamente frequente sospendere temporaneamente la
convertibilità in oro della propria valuta (il Regno d’Italia lo fece in due
occasioni poco dopo l’unificazione) e quando alla fine della Prima guerra
mondiale l’Europa si trovò in rovina, piena di debiti e bisognosa di denaro, il
sistema basato sull’oro fu abbandonato in massa.
Il valore delle valute non era più agganciato
a qualcosa di reale, l’oro oppure un’altra moneta a sua volta agganciata
all’oro, ma era soltanto frutto della volontà degli stati di imporne la
circolazione.
Era
moneta fiat, denaro che esisteva in virtù della pura volontà dello stato.
Improvvisamente i soldi non erano più una quantità finita. La moneta fiat
poteva in teoria essere stampata all’infinito.
Questo
primo periodo di moneta fiat fu caratterizzato da anarchia, instabilità e
guerre monetarie in cui furono messi in mostra tutti i pericoli che può avere
gestire in maniera poco accorta la quantità di denaro in circolazione. Il caso più noto è quello della
Germania che nel tentativo di ripagare le enormi riparazioni che le erano state
imposte dai vincitori della Prima guerra mondiale stampò milioni e milioni di
marchi, generando una delle più spettacolari iperinflazioni della storia. Per
comprare un marco d’oro nel 1918 era necessario un marco di carta. Nel 1923, al picco dell’inflazione,
per acquistare un marco d’oro servivano mille miliardi di marchi di carta. Sostanzialmente, le banconote avevano
smesso di avere un qualsiasi valore. Pochi anni dopo, allo scoppio della
crisi del 1929 accadde l’esatto opposto. Nel frattempo diversi paesi erano
ritornati al sistema aureo, mentre altri non ne erano mai usciti. All’arrivo della recessione, si
trovarono tutti impossibilitati dal vincolo aureo a crea la moneta necessaria a
salvare le banche in crisi e a sostenere l’economia, con il risultato di rendere ancora
più gravi e duraturi gli effetti della Grande Depressione.
Fu in
quegli anni che iniziò ad affermarsi quello che ancora oggi rappresenta
un’importante aggiunta alla teoria quantitativa della moneta (quella secondo cui troppo denaro
causa inflazione, troppo poco produce deflazione). Ossia l’idea elaborata soprattutto
dal grande economista John Maynard Keynes che in tempi di recessione e
rallentamento economico stati e banche centrali devono intraprendere misure
espansive per sopperire alla sparizione di domanda privata dall’economia. Alla fine della Seconda guerra
mondiale queste intuizioni furono inserite nel complesso sistema di istituzioni
e regole finanziarie internazionali uscito dagli accordi di Bretton Woods che Keynes ebbe una parte importante nel
perfezionare (anche se probabilmente non importante come avrebbe voluto).
Quello
nato con Bretton Woods e diffuso in tutto il mondo occidentale (l’Italia entrò
a farne parte negli anni Sessanta) era un sistema parzialmente legato all’oro,
nel senso che il valore di tutte le monete dei paesi che ne facevano parte era
vincolato al dollaro, il quale era a sua volta vincolato e convertibile in oro
(ed era l’unica moneta ad esserlo). In questo modo il dollaro, sostenuto dalla potenza
economica, finanziaria e militare degli Stati Uniti, finì con il diventare una
sorta di sostituto dell’oro stesso: il mezzo di scambio di maggiore
affidabilità e quindi necessario agli scambi internazionali tra paesi con
monete differenti.
Fin
dagli anni Sessanta, però, il sistema che legava l’oro al dollaro aveva cessato
di aver qualsiasi valore che non fosse simbolico. Come tutti i sistemi aurei
precedenti, anche Bretton Woods si era trovato di fronte alla necessità di
superare la ristrettezza nelle riserve auree mondiali. Bisognava scegliere: o accettare
che nel mondo non ci fossero abbastanza dollari per rendere possibile il
commercio internazionale, o accettare che non ci fosse abbastanza oro per
rendere convertibili tutti i dollari in circolazione. Com’era prevedibile venne fatta la
seconda scelta e a partire dagli anni Sessanta gli americani non avevano più
abbastanza oro con cui coprire le emissioni di dollari.
All’inizio
degli anni Settanta, sotto la spinta di pressioni interne e internazionali, il
presidente americano Richard Nixon decise di ammettere che il sistema basato
sull’oro non esisteva più. Quando nel 1971 annunciò la fine della convertibilità dei
dollari in oro, Nixon diede inizio alla nuova epoca di moneta fiat nella quale ci
troviamo ancora oggi.
In quest’epoca di “moneta della volontà” sono spariti
i limiti che un tempo costringevano le politiche monetarie. Senza vincoli a metalli preziosi non
ci sono più confini alle possibilità di creare moneta, con tutte le opportunità
e i rischi che questo comporta. Le banche centrali sono divenute capaci di fantastiche
operazioni come il QE della BCE, con cui la banca centrale europea ha creato
2.500 miliardi di euro in tre anni, o l’ancora più ambizioso piano della Banca
Centrale del Giappone, che puntava raddoppiare in due anni la quantità di
denaro in circolazione in tutto il paese. Ma quando quelle che si maneggiano
sono quantità di denaro così grandi diviene inevitabile porsi alcune domande.
Quanto denaro è abbastanza, ovviamente. Ma anche chi è che decide come
spenderlo. E chi è il fortunato che lo riceve.
Il
banchiere centrale oggi.
«C’era un tempo non troppo lontano in
cui fare il banchiere centrale era considerato un lavoro noioso e poco
eccitante».
Nell’aprile del 2013, un anno e mezzo dopo essere diventato presidente della
BCE, Mario
Draghi si rivolgeva così agli studenti e professori dell’Università di
Amsterdam.
Dopo una delle sue pause teatrali che lo hanno reso famoso, Draghi proseguì: «Posso dire con
certezza che quel tempo è passato».
Il
discorso di Draghi è arrivato poco meno di un anno dopo il famoso “whatever it
takes”, l’annuncio fatto al culmine della crisi dell’eurozona con cui il
presidente della BCE avvertiva gli speculatori che sarebbe stato disposto a
fare “qualsiasi cosa si fosse rivelata necessaria” pur preservare l’euro. L’annuncio fu seguito poco dopo dall’approvazione dell’OMT, il piano
straordinario che prevedeva la stampa di denaro senza limiti per acquistare
titoli di stato di un paese in crisi.
Il
prezzo della misura è che il paese oggetto dell’aiuto si impegni ad accettare
un pacchetto di specifiche riforme politiche ed economiche da concordare con la
Commissione Europea.
Dalla
fine di Bretton Woods le cose però sono cambiate parecchio. Dopo il decennio da
incubo che erano stati gli anni Settanta, quando una serie di crisi politiche,
economiche, finanziarie e internazionali aveva contribuito a far schizzare
l’inflazione verso l’alto, i banchieri centrali decisero che senza più l’oro a
tenere a freno la fame di moneta degli stati, sarebbero stati loro ad ergersi a
guardiani dei prezzi.
Con
gli anni Ottanta cominciò il trentennio che oggi va sotto il nome di Grande
Moderazione, un periodo di prudenza e austerità monetaria, iniziata quando i banchieri
centrali misero freno all’inflazione (o credettero di farlo) imponendo
draconiane misure anti-inflazione (come l’innalzamento dei tassi di interesse).
Il
denaro da mettere in circolo veniva calcolato sulla base di precise formule e
modelli: abbastanza
da favorire gli scambi e assecondare la crescita economica, ma non tanto da
causare il superamento di una soglia simbolica di inflazione, fissata di comune
accordo al 2 per cento (nei paesi in via di sviluppo in genere viene fissata in
genere al 3-4 per cento, per tenere conto di una crescita mediamente più
dinamica). Questo
principio è scritto nelle convenzioni internazionali e nei trattati europei che
impongono l’indipendenza delle banche centrali dal potere politico che andò
affermandosi in tutto il mondo sviluppato negli anni Ottanta. Questi principi di prudenza e
austerità, sostenuti nell’accademia dalla cosiddetta scuola di Chicago, uniti
alla lezione di Keynes sulla necessità di stimolare l’economia in tempi di
recessione, produssero un trentennio di stabilità e crescita economica.
La
Grande Moderazione, però, è terminata con la crisi finanziaria del 2007-2008 a
cui è seguita una delle peggiori recessioni da un secolo a questa parte. Le
opinioni divergono sul perché di questo fallimento.
Per alcuni economisti la colpa è del
progressivo allontanarsi dalla prudenza monetaria, iniziato dalla FED nei primi
anni Duemila. Per altri invece la Grande Moderazione è stata un successo molto meno
spettacolare di quanto si creda, poiché avrebbe contribuito a preparare il
terreno alla crisi, permettendo alle diseguaglianze di allargarsi e creando un
fragile strato di sottoccupati.
Quello
su cui tutti concordano è che la crisi ha messo duramente alla prova
l’ortodossia raggiunta nei noiosi e poco eccitanti decenni citati da Draghi nel
suo discorso di Amsterdam.
La
crisi è stata così profonda che le banche centrali sono dovuto ricorrere a
tutto il loro arsenale e hanno utilizzato le loro armi in modi che fino a poco
tempo fa si ritenevano possibili solo in teoria. Il tasso di interesse, ad esempio,
è stato portato sotto lo zero e oggi si discute di come portarlo ancora più in
basso in caso di nuova recessione. Quando gli strumenti tradizionali non sono bastati
se ne sono creati di nuovi, come i Quantitative Easing, operazioni a “mercato aperto” con
cui le banche centrali hanno creato migliaia di miliardi di euro per acquistare
titoli di stato e altre obbligazioni a lungo termine direttamente dal
portafogli di alcuni selezionati istituti finanziari.
Tra
2007 e 2008, la FED americana ha fornito al sistema bancario americano in crisi
una sorta di “assegno in bianco” prestando tutto il denaro necessario, in
termini estremamente generosi, per evitare il disastro (arrivando nel momento culminante
a prestare mille miliardi di dollari al sistema).
Grazie
ai vari QE, tra il 2008 e il 2014, è passata da possedere 800 miliardi di
dollari in titoli di stato ad averne oltre 2.000. La Banca del Giappone, la Banca
d’Inghilterra e tutte le altre principali banche del mondo l’hanno seguita su
questa strada.
La
BCE, sotto l’influenza della Bundesbank, è stata l’ultima a percorrere questo
sentiero espansivo, ma alla fine anche lei ha ceduto al QE ed è arrivata a
raddoppiare il suo bilancio. Oggi la BCE possiede da sola circa 4 mila miliardi di euro
in obbligazioni e altri titoli, una cifra che è circa il doppio dell’intero
debito pubblico dell’Italia.
Ma
anche questo continua a non sembrare abbastanza. Dopo anni di stimoli monetari
straordinari gli Stati Uniti hanno raggiunto il tasso inflazione obiettivo del
2 per cento, ma sembra che faranno fatica a restarci se allenteranno e le
misure espansive come previsto.
In Giappone raddoppiare i soldi in
circolazione e mantenere il deficit pubblico intorno al 5 per cento negli
ultimi anni non è riuscito a portare l’inflazione all’uno per cento e l’Europa
non è messa molto diversamente, nonostante decine di milioni di persone
rimangano disoccupate o sottoccupate. Oggi le aspettative di un rialzo
dell’inflazione sono più basse rispetto a quando la BCE doveva dispiegare tutti
i suoi nuovi mezzi espansivi nel 2011 e 2012.
L’apparente
scomparsa dell’inflazione e le possibilità e i rischi che comporta sono stati
al centro dell’ultimo
forum di Sintra, in Portogallo, dove ogni anno la BCE raduna economisti e banchieri
centrali per discutere di problemi monetari. A Sintra, come in altri dibattiti
in questi anni, sono state fornite varie spiegazioni per questo fenomeno.
Secondo i più tradizionali, siamo di fronte a un semplice “ritardo” nella
trasmissione delle politiche monetarie. Non appena le masse monetarie create
negli ultimi anni inizieranno a circolare, ossia non appena l’economia reale si
accorgerà di quanto sono aumentati i soldi in circolazione, l’inflazione riprenderà
a muoversi e le banche centrali potranno, almeno in parte, ritornare al loro
vecchio e noioso lavoro.
Per
alcuni invece i problemi sono altri. Ad esempio, l’invecchiamento della
popolazione, la crescente precarizzazione e la decadenza dei sindacati che
hanno indebolito la capacità dei lavoratori di ottenere salari più alti. Con gli stipendi fermi ai livelli
di prima della crisi (e in paesi come l’Italia da oramai un ventennio), una
delle principali spinte all’inflazione si è indebolita. Il commercio mondiale la concorrenza
dell’Asia avrebbero contribuito a tenere basso il prezzo del lavoro e quello
dei beni, mentre il calo nel prezzo del materie prime (in particolare quello
del petrolio) hanno ulteriormente indebolito le spinte inflattive.
Chi
ritiene che l’inflazione sia soltanto in ritardo e che il rischio di esplosione
dei prezzi rimanga comunque in agguato, pronto ad aggredire quei paesi che
avranno politiche monetarie troppo lasche, appartiene di solito ai falchi.
All’estremo
opposto si trovano coloro secondo i quali, visti i cambiamenti degli ultimi
anni, lo spazio per aumentare i soldi in circolazione è ancora parecchio. I più
radicali tra loro sono i sostenitori della Modern monetary theory, o MMT, una dottrina economica non ortodossa
che negli ultimi anni è stata discussa in maniera sempre più seria (anche se in
genere per liquidarla come sbagliata da parte degli economisti più ortodossi).
Secondo
i sostenitori, uno stato può sempre stampare tutto il denaro di cui ha bisogno
e può usarlo per generare piena occupazione o per investirlo in grandi progetti
infrastrutturali o ambientali. L’inflazione, sostengono, nasce soltanto quando l’economia
raggiunge una barriera allo sviluppo non più superabile: ad esempio quando raggiunge la piena
occupazione, oppure quando raggiunge un limite alle risorse naturali che
impedisce di aumentare ulteriormente la produzione.
A
grandi linee, moltissimi economisti e banchieri centrali sono d’accordo con
questi principi e spesso è difficile distinguere in cosa i più moderati
proponenti della MMT differiscano da economisti progressisti che propugnano
pratiche più espansive di quelle attuate dalle attuali banche centrali.
Oggi,
la posizione dei falchi, secondo i quali le banche centrali dovrebbero
occuparsi quasi esclusivamente della stabilità dei prezzi senza rischiare di
immischiarsi in altre questioni, è minoritaria sia tra gli accademici che tra
gli stessi banchieri centrali.
La
posizione “mainstream” è probabilmente
una via di mezzo tra l’estremismo austero dei falchi e l’eccessiva generosità
dei sostenitori della MMT. Il consenso è che di fronte a nuove crisi o a un’ulteriore
persistenza della stagnazione le banche centrali dovranno continuare le loro
politiche espansive e, se necessario, ricorrere anche a nuovi e originali
strumenti per trasmettere il denaro creato all’economia reale. Come ricordava qualche tempo fa il
Financial Times, «sperimentale» non è una parola alla quale di solito i
banchieri centrali vogliono essere associati, ma potrebbe essere quello di cui
l’Europa – e forse il resto del mondo – ha bisogno.
Ma se
sarà questa la strada che verrà percorsa, una strada che porterà a un
coinvolgimento ancora più diretto delle banche centrali nella vita politica,
sociale ed economica dei nostri paesi, le domande con cui abbiamo aperto questo
articolo diventeranno ancora più impellenti.
Chi deciderà come spendere le migliaia di
miliardi che le banche centrali continueranno a stampare? A chi spetterà il
compito di stabilire chi dovrà riceverli e a quali condizioni? Negli ultimi
decenni l’indipendenza delle banche centrali è divenuto un assioma dal quale
nessun leader politico od opinionista ragionevole si è voluto discostare.
Ma
mano a mano che il potere delle banche centrali è cresciuto, di pari passo si è
fatta più forte la richiesta che il loro operato sia sottoposto a un controllo
democratico.
È in parte inevitabile che accada quando una banca centrale raddoppia o
triplica il suo bilancio e la circolazione di moneta in un paese: creando e distribuendo nella società
miliardi e miliardi di euro, aumentano le richieste che questo immenso potere
sia sottoposto a un qualche tipo di controllo.
È questo, secondo molti, il modo di leggere le
crescenti interferenze del potere politico nella gestione delle banche centrali
che si vedono in molte parti del mondo. Da Donald Trump negli Stati Uniti,
che ha criticato la FED per aver alzato i tassi di interesse, al Regno Unito,
dove il Partito Laburista ha inserito nel suo programma un “QE del popolo”, la proposta di varare un programma di
investimenti nelle comunità locali finanziato dalla Banca d’Inghilterra.
Al
centro del Green New Deal, proposto tra gli altri dalla deputata democratica
Alexandria Ocasio-Cortez, c’è proprio in piano di investimento in tecnologie
ambientali finanziato dalla FED.
La
maggior parte dei banchieri centrali reagisce con un certo orrore a queste
proposte. Pochi mesi fa, in un discorso all’Università del Sudafrica di
Pretoria, Weidmann ha ricordato che la crisi ha spinto molte persone ad
attribuire «superpoteri» alle banche centrali e ora questa credenza ne minaccia
l’indipendenza. Per questo, sostiene, è bene che la BCE e le altre banche centrali
tornino il prima possibile alla normale amministrazione e rinuncino ai loro
“superpoteri”, così da scoraggiare i tentativi di limitarne l’indipendenza e
sottoporle a un controllo pubblico.
Banchieri
centrali più moderati, come Benoît Cœuré, un alleato di Draghi all’interno del
consiglio direttivo della BCE, ammettono che i nuovi poteri impongono alle
banche centrali nuovi doveri di trasparenza e comunicazione, ma anche loro
rimangono determinati nel difendere l’indipendenza delle banche centrali.
Difficile
oggi prevedere cosa accadrà, ma in ogni caso non sembra che la nostra domanda
iniziale sia destinata ad avere una risposta semplice nel prossimo futuro. In molti sembrano d’accordo sul fatto
che fino a che ci saranno decine di milioni di disoccupati significherà che di
soldi in circolazione non ce ne sono abbastanza. Questo però non ci aiuterà molto a
prevedere in anticipo qual è la quantità esatta da creare, né il modo migliore
per metterla in circolazione. Quello che forse sarà deciso con maggiore chiarezza è a chi
spetterà il compito di deciderlo. E se fino ad oggi l’astro delle banche centrali
indipendenti è sembrato splendere con forza, il futuro appare oggi sempre più
politico. Bene o male che sia.
La BCE
ha preso due decisioni a sorpresa.
Ilpost.it-Redazione-(7 MARZO 2019)- ci dice :
Ha
annunciato che i tassi di interesse rimarranno invariati fino alla fine del
2019 e nuovi finanziamenti a lungo termine per le banche, per contrastare il
rallentamento dell'economia dell'eurozona.
La
Banca Centrale Europea ha annunciato a sorpresa due importanti decisioni di
politica monetaria. La prima è che lascerà i tassi di interesse invariati non solo fino
alla fine dell’estate, come era stato annunciato in precedenza, ma fino alla
fine del 2019.
La
seconda è
che dal prossimo settembre e fino a marzo 2021, ogni tre mesi, ci saranno nuovi
Targeted
Long Term Refinancing Operations (TLTRO), i finanziamenti a lungo termine che
la BCE concede alle banche per dare loro la possibilità di ristrutturarsi e
rafforzarsi.
Il
presidente della BCE Mario Draghi ha detto che ci troviamo «in un periodo di
continua debolezza e incertezza pervasiva» e che le due misure servono a
stimolare la crescita dell’eurozona. Draghi ha detto che le decisioni sono state prese
dal consiglio della BCE all’unanimità, il che significa che anche il presidente
della Bundesbank Jens Weidmann, solitamente contrario a misure di stimolo come
i TLTRO e tendenzialmente favorevole a tenere i tassi alti, ha dato il suo
assenso.
«Le
misure annunciate sono andate oltre quello che la maggior parte degli
investitori si aspettava – ha scritto il Financial Times – e rivelano la
preoccupazione della BCE per il modo in cui la crescita dell’eurozona sembra
essersi smorzata negli ultimi mesi». Una serie di nuove stime pubblicate dalla
Commissione Europee e dall’OCSE nelle ultime settimane hanno infatti mostrato
un brusco rallentamento dell’economia europea. L’Italia, in particolare, dovrebbe
concludere il 2019 in recessione e anche la crescita della Germania, il paese
più importante dell’area euro, è dimezzata rispetto alle previsioni dell’anno
scorso.
Di
fronte a questa situazione, Draghi ha quindi deciso di rinviare l’aumento dei
tassi di interesse fissato in precedenza per la fine dell’estate 2019 e di dare
il via a una nuova operazione di prestiti alle banche. Una nota della BCE ha spiegato che i
tassi resteranno «su livelli pari a quelli attuali almeno fino alla fine del
2019 e in ogni caso finché sarà necessario per assicurare che l’inflazione
continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel
medio termine».
Ogni prestito TLTRO, ha annunciato Draghi,
avrà una scadenza di due anni e avrà lo scopo di spingere le banche a fare
prestiti a condizioni favorevoli. Tutti questi interventi sono definiti in gergo
“espansivi” perché portano ad un aumento della quantità di moneta in
circolazione nella speranza che questo sostenga la crescita economica.
Per
certi aspetti si tratta di un’inversione di rotta rispetto all’ultima mossa
decisa dalla BCE, quella di confermare la sospensione del programma
Quantitative Easing, la misura straordinaria adottata nel 2015 che ha iniettato
centinaia di miliardi di euro nell’economia europea tramite l’acquisto di
titoli di stato e altre obbligazione (per un valore fino a 90 miliardi di euro
al mese al momento culminante). Dopo essere rimasto attivo per quasi 4 anni, il QE è
stato sospeso a partire dal primo gennaio 2019, in parte per la preoccupazione
delle banche centrali tedesche e del Nord Europa che una prosecuzione del piano
avrebbe potuto causare la creazione di bolle finanziare oppure innescare una
spirale di inflazione.
Cos’è
il “Quantitative Easing”, spiegato bene.
Ilpost.it-
Emanuele Menietti-(19 GENNAIO 2015)- ci dice:
Una
guida per chi vuole capire il piano che la BCE presenterà giovedì, secondo
analisti e stampa specializzata: uno dei più importanti da quando è iniziata la
crisi.
Giovedì
22 gennaio la Banca Centrale Europea (BCE) dovrebbe annunciare l’avvio di un
piano molto atteso di “Quantitative Easing” (QE, “alleggerimento
quantitativo”), cioè di acquisto di titoli di stato e di altro tipo dalle
banche per immettere nuovo denaro nell’economia europea, incentivare i prestiti
bancari verso le imprese e far crescere l’inflazione – oggi pericolosamente
bassa – verso il 2 per cento. La BCE non ha ancora confermato né smentito il
piano, ma la maggior parte degli analisti e della stampa specializzata
internazionale concorda sul fatto che si procederà con un QE – si tratta di
un’ipotesi discussa ormai da molti anni – e che questa operazione sarà una
delle più importanti e impegnative mai assunte dalla Banca da quando è iniziata
la crisi economica. Il presidente della BCE, Mario Draghi, dovrebbe annunciare il
piano in una conferenza stampa, ma non è ancora chiaro se in quell’occasione
darà tutti i dettagli su come intende procedere con l’acquisto dei titoli.
Che
cos’è il Quantitative Easing (QE).
Per
avere quindi denaro per sostenere la loro economia, i loro servizi e le loro
attività, gli stati emettono titoli che possono essere acquistati dai cittadini
e dalle imprese, banche comprese.
Semplificando:
periodicamente, uno stato offre titoli che costano X con una scadenza, e si
impegna a restituire i soldi a chi gli ha comprato quei titoli aggiungendo una
percentuale di interessi quando questi sono scaduti. Chi acquista i titoli non può riavere
il denaro investito più gli interessi fino alla loro scadenza, ma se vuole può
venderli sul mercato o per ricavarci qualcosa o per non perderci troppo, nel
caso ci siano rischi concreti che i titoli non possano essere ripagati alla
loro scadenza da chi li ha emessi.
Tra i
principali acquirenti di questi titoli ci sono le banche, che hanno quindi
grandi quantità di denaro immobilizzate perché investite nei titoli (non solo
di stato). Per
creare moneta, e cioè fare in modo che ci sia più denaro in circolazione per
ottenere prestiti dalle banche e attivare investimenti più facilmente, una
banca centrale può decidere di ricorrere al QE. In pratica propone alle banche di
ricomprarsi i titoli, di solito a condizioni vantaggiose, sperando che con il
denaro ottenuto dalla vendita i singoli istituti bancari rendano più semplice
l’accesso al credito, cioè la possibilità per i loro clienti – cittadini e
imprese – di prendere denaro in prestito più facilmente e a tassi di interesse
più bassi.
Il
Quantitative Easing ha diverse conseguenze, di solito legate al contesto
economico in cui viene realizzato. Tra le più comuni c’è l’impatto
sull’andamento del costo della vita e del potere di acquisto della moneta. In breve: mettendo più denaro in
circolazione con operazioni come il QE si riduce il valore della moneta (si
svaluta: ce n’è di più e questo incide sulla domanda) e di conseguenza i prezzi
aumentano perché il denaro con cui si fanno gli acquisti vale meno. Per questo motivo sale l’inflazione:
una cosa generalmente percepita come negativa, perché fa aumentare i prezzi, ma le banche centrali sanno bene che
un minimo di inflazione è positivo per evitare che si finisca in deflazione,
cioè a una progressiva diminuzione dei prezzi. Oggi per l’UE e l’eurozona lo
scenario più vicino e pericoloso è sicuramente la deflazione, più che l’inflazione.
La
deflazione è molto rischiosa perché innesca un circolo vizioso dannoso per
l’economia:
consumatori e aziende rimandano i loro acquisti non indispensabili perché
vedono che i prezzi continuano a scendere e si aspettano quindi altri cali, di conseguenza
la domanda si mantiene debole e i produttori di beni e servizi riducono
ulteriormente i prezzi, sperando che qualcuno acquisti. Le imprese di
conseguenza registrano meno ricavi, avviano tagli e provano a ridurre i costi
partendo da quelli che più influiscono sui loro bilanci, che di solito sono i
dipendenti.
Smettono inoltre di chiedere prestiti alle banche, perché non vogliono fare
altri investimenti e avendo meno ricavi non saprebbero come pagare gli
interessi.
Secondo
diversi economisti, una delle soluzioni più efficaci per uscire dalla
deflazione è proprio il ricorso all’alleggerimento quantitativo. Il sistema permette, almeno
teoricamente, di incidere rapidamente sull’andamento dell’inflazione, facendo
in modo che torni a salire riavviando i meccanismi economici. La strada del QE è seguita da tempo
dalla Banca del Giappone, che già a partire dagli ultimi anni Novanta avviò una
campagna di acquisto di titoli dalle banche per contrastare la deflazione.
Un
paio di anni fa la politica del QE è stata rafforzata con un piano molto
ambizioso, e costoso, per fare aumentare l’inflazione in Giappone: è la
cosiddetta “Abenomics”, la politica economica seguita dal primo ministro giapponese
Shinzō Abe.
La Federal Reserve, cioè la banca centrale degli Stati Uniti, ha attuato
politiche di QE che secondo diversi osservatori hanno contribuito alla ripresa
dell’economia statunitense registrata negli ultimi mesi (PIL e tasso di
occupazione in crescita).
Che
cosa vuole fare la BCE.
Tra il
2011 e il 2012 la Banca Centrale Europea fece già qualcosa di simile al
Quantitative Easing con il cosiddetto “Piano di rifinanziamento a lungo
termine”,
una serie di interventi finanziari con i quali la BCE concesse prestiti di
denaro con scadenza a 3 anni alle banche che ne fecero fatto richiesta, ricevendo in cambio come garanzia
titoli di stato dei paesi europei. Questo meccanismo ha permesso di evitare una crisi
bancaria in Europa che avrebbe avuto conseguenze drammatiche, ma non ha
contribuito molto a rilanciarne l’economia. Si è trattato di una soluzione ibrida
e non una applicazione di un QE vero e proprio.
Il
piano realizzato da Mario Draghi e dai tecnici della BCE per la nuova politica
di QE non è ancora del tutto chiaro, e bisognerà attendere probabilmente
giovedì per avere qualche elemento in più. Bloomberg, tra le più grandi agenzie
di informazioni economiche al mondo, ha intervistato decine di analisti e
consultato giornalisti economici europei per fare il punto su cosa preveda il
piano. Draghi
sarebbe intenzionato a fare in modo che le varie banche centrali nazionali
europee, che rispondono direttamente alla BCE, condividano il rischio legato
all’operazione di acquisto facendo in modo che ogni banca si occupi del debito
del proprio paese.
Stando
alle informazioni circolate finora, si ipotizza che ogni banca centrale possa
acquistare al massimo il 20-25 per cento del debito del suo paese, attraverso
l’acquisto dei titoli posseduti dalle banche. Dall’operazione potrebbe essere
esclusa la Grecia, paese in cui la crisi economica ha avuto effetti drammatici,
e i cui titoli non sono ancora considerati in grado di offrire garanzie
sufficienti. Secondo i media tedeschi, Mario Draghi avrebbe scelto queste
condizioni per tranquillizzare la Germania, il paese che ha subìto meno gli
effetti della crisi e che di conseguenza è meno interessato al QE e più
scettica verso l’operazione (molti suoi rappresentanti politici sono
esplicitamente contrari all’operazione di acquisto). Le trattative sono ancora in corso e
secondo alcuni osservatori c’è il rischio che l’intero piano per il QE sia
annacquato per soddisfare le richieste del governo tedesco.
Costi
e benefici.
Anche
sulla base di come sono andate le cose storicamente in altri paesi, si possono
ipotizzare diversi effetti che avrebbe il Quantitative Easing in Europa. Grazie
alla maggiore disponibilità di moneta, i tassi d’interesse che i paesi europei
garantiscono per i loro titoli a chi li acquista dovrebbero diminuire per
quanto riguarda le nuove emissioni (e per quelli a tasso variabile),
contribuendo quindi a creare meno nuovo debito nei paesi interessati
(promettendo meno interessi, i soldi da restituire alla scadenza del titolo
sono inferiori). Le cose sono diverse per i debiti già contratti con i titoli emessi in
passato: in questo caso facendo ripartire l’inflazione il denaro costa meno e
diventa meno costoso ripagare il debito.
I
governi europei potrebbero quindi permettersi di spendere più denaro,
aumentando la spesa pubblica per diverse attività legate al breve termine e al
medio-lungo periodo. Nel primo caso politiche per incentivare e stimolare
occupazione e consumi, nel secondo investendo denaro nella costruzione di
infrastrutture, dalle strade alle ferrovie passando per quelle per le
telecomunicazioni (la ormai leggendaria, per l’Italia, “banda larga”).
L’effetto
positivo di riportare l’Europa fuori dalla deflazione facendo aumentare
l’inflazione verso il 2 per cento, ritenuto il punto ottimale dalla BCE, può
essere comunque rischioso al momento in cui si dovesse uscire dalla fase più
acuta della crisi economica. I prezzi potrebbero iniziare a salire rapidamente
e improvvisamente, con il rischio di una forte inflazione. A oggi, comunque, è opinione diffusa
tra gli economisti che questo scenario non si possa verificare nel medio
periodo e che non ci siano quindi particolari rischi.
Un’altra
conseguenza del QE dovrebbe essere una svalutazione dell’euro. Questo significa che i beni che
esportano i paesi europei costeranno di meno, cosa positiva per fare aumentare
il livello delle esportazioni, ma al tempo stesso l’euro avrà un minore potere
d’acquisto.
Alcuni beni potrebbero costare di più, per esempio il petrolio (ora ai suoi
minimi) perché il suo prezzo è in dollari e c’è quindi di mezzo il cambio con
la valuta statunitense (se gli euro si svalutano, ce ne vogliono di più per
cambiarli in dollari). I consumi, soprattutto nei paesi che importano molti beni,
potrebbero risentirne, specialmente se all’aumento dell’inflazione non sarà
corrisposto un aumento dell’occupazione.
Funzionerà?
Secondo
i detrattori, il piano del Quantitative Easing potrebbe non avere gli effetti
sperati dalla BCE: sostengono che negli Stati Uniti questo sistema non ha funzionato bene,
che i tassi di interesse in Europa sono già piuttosto bassi, che le banche
europee con l’aria che tira continueranno a non concedere facilmente prestiti.
Altri ritengono che se dovesse essere confermato il piano di condivisione del
rischio – e cioè di acquisto da parte di ogni banca centrale dei titoli che
riguardano il debito del suo paese – il sistema finanziario nell’area euro
sarebbe ulteriormente frammentato e disomogeneo. Il problema di fondo, dicono i più
critici, è che negli Stati Uniti il QE è stato reso possibile dal fatto che la
banca centrale fa riferimento a un unico stato centrale, che in Europa invece
continua a non esistere.
Come
si sostiene ormai da anni, senza unione politica, la sola unione monetaria con
l’euro non è sufficiente per garantire l’efficacia di misure su larga scala e
impegnative come un alleggerimento quantitativo.
In
sintesi.
La BCE
vuole attuare un piano di Quantitative Easing per comprare titoli posseduti
dalle banche e di conseguenza mettere in circolazione più denaro, confidando
che in questo modo: siano concessi più facilmente prestiti, che i governi
europei attuino politiche espansive (più spesa, senza rimetterci troppo)
portando l’Europa fuori dalla deflazione.
Bussola
contro il buio dello spirito
dove l’eco-religione
ci fa smarrire.
Laverita.info-Robert
Redeker-(12-11-2021)- ci dice:
La
verità ci propone ampi stralci del
volume “IL DIO VERDE .Ecolatria e
ossessioni apocalittiche” .Con l’introduzione di Robert Redeker: “Il Nuovo
Regno”.
Il
libro è stato scritto da Giulio Menotti ,saggista e giornalista.
Robert
Redeker :
L’adorazione
della natura è il nuovo oppio dei popoli: garantisce la salvezza collettiva
preservando il clima a costo di sacrificare la storia della civiltà. Un “Dio
verde” che considera l’uomo il più malvagio dei viventi.
L’illusione
marxista e progressista ha avuto una evoluzione : dal comunismo e dall’idolatria della tecnoscienza è passata all’ambientalismo .
Questa
ideologia riveduta e corretta è un modo con cui si contesta il m ondo
sviluppato ,l’industria e in definitiva l’intero capitalismo.
L’illusione
progressista è cambiata nei contenuti: è passata dal comunismo all’ecologismo.
E’ uno dei più recenti eventi di portata globale : nell’immaginario del mondo, la
salvezza collettiva ha assunto un nuovo significato.
Questa
importante evoluzione è uno dei temi principali scandagliati dal libro di
Giulio Meotti, lucida bussola per il nostro avvenire.
La
storia ,hanno affermato tutti i progressisti degli ultimi due secoli ,soprattutto nel solco del
marxismo , è il livello della nostra salvezza .Essa prometteva di condurre a un
equivalente terreno del Regno , per mezzo del prometeismo e anche a costo di passare per lo stadio della violenza
purificatrice .
La
salvezza , si credeva si sarebbe dispiegata grazie alla scienza e alla tecnica
;
avrebbe
portato con se la certezza della venuta di un nuovo mondo. Sulle
ceneri di questo approccio al destino
dell’umanità ,l’ecologia impone una svolta : la parola “salvezza” riacquista il
suo significato primitivo, tanto che non si tratta più di portare a compimento
ciò che é in “nuce “,bensì di salvare ciò che già c’è da tempo .
Ciononostante
,guarda caso ,si tratta della
conservazione degli animali ,della natura -e ciò è senza dubbio lodevole ,nonché assolutamente necessario- ma non
delle civiltà ,degli stili di vita
,delle nazioni. Questo nuovo ecologismo è ,in maniera ossimorica, un conservatorismo distruttore: vuole
conservare la natura , ma distruggere la storia e le sue tracce, civilizzazione
compresa.
Nel
cuore dell’ambientalismo oggi di moda
abita un disprezzo della razza umana. L’uomo è convocato dinanzi ad un
tribunale che lo accusa di essere cattivo ,di essere il più malvagio dei
viventi sulla Terra. Persino l’opera
civilizzatrice dell’uomo viene biasimata
da questa corrente.
Il
ventunesimo secolo ,quasi sulla via di un ritorno al paganesimo ,feticizza
tutto ciò che può essere etichettato come naturale. L’ìncantatoria invocazione alla
natura pervade “ad nauseam” i social network ,i mass meda ,l’opinione pubblica
,ivi comprese le conversazioni ordinarie ,testimoni di questa sorta di
religione ecologica che, per dirla con l’autore , è il nuovo oppio
dell’Occidente post-cristiano.
Un’ondata
di superstiziosa religiosità del naturale diviene il neo-conformismo obbligato
che fa da passaporto non solo per navigare sui social network , ma anche per
essere accettati nella società, per poter conferire con i vicini ,per non doversi arrabbiare con gli amici. Mostrare
senza un approccio critico di amare la natura ,di odiare l’inquinamento ,di
maledire le cause del riscaldamento globale ,così come riempire di elogi
l’agricoltura “bio” e felicitarsi per al moda del localismo vi pone dalla parte
della buona società ,delle persone generose e responsabili sul valorizzante lato del “Bene “,permettendovi
allo stesso tempo di rifuggire ogni
sospetto di intolleranza. Questa DOXA sogna ad occhi aperti a gran voce
un nuovo stato di natura.
Lo
stato di natura riappare come un’utopia confusa e gelatinosa più che come un’idea degna di tale nome.
Dappertutto si fa appello a un ritorno alla natura ,al naturale -termine
assurto a parola d’ordine - ma in nessun caso si scruta il concetto da vicino ,
né si esplicitano le questioni a esso connesse. Un utilizzo simile della natura
è soltanto polemico ,imbastito per accusare indifferentemente l’industria ,i prodotti
artificiali ,l’economia liberale, il capitalismo, la finanza ,l’Occidente ,gli
uomini.
La
parola “natura” è dunque nient’altro che un sorta di tribunale pomposo ,deputato
all’identificazione dell’attività industriale con il peccato originale. Anche
quest’ultima tendenza è analizzata da Meotti: siamo tutti peccatori di energia
,ci tiene a ricordare. Sotto l’egida
della religione ecologica e della
sua parodia del peccato originale, il mondo si pasce di catastrofismo e apocalittismo a buon mercato.
Ma di
quale natura stiamo parlando? Innanzitutto ,in ogni discorso ecologista , la
natura è l’opposto. Essa è il contrario di tutto ciò che quei discorsi odiano,
di tutto ciò che tentano di convincerci a odiare. E’ il polo auspicabile in un
dualismo polemico molto in voga ,nel quale la tecnica occupa il polo del
deprecabile .La promozione dell’ecologia si è accompagnata in una inversione
dei ruoli nella coppia natura-tecnica: tempo addietro la natura suscitava
terrore , mentre la tecnica rassicurava e sembrava rassicurarci dalla violenza
della natura; oggi la tecnica è temuta come lo era allora la peste e la natura ci rassicura. Sempre più alcuni
nostri consimili diffidano dell’artificio ,ad esempio dei vaccini , nonostante
esso procuri tanti benefici.
Così
la natura è diventata la patina esterna dell’oggetto del nostro odio , che fino a poco tempo fa era rappresentato
dal proletariato. Essa diviene
contemporaneamente un criterio selettivo della CANCEL CULTURE ,questo recentissimo tropismo eliminatorio.
Allo stesso modo in cui, per molti occidentali di una certa epoca , fu tale il
concetto di classe operaia.
La
“classe “è un concetto abilitante a una visione complessiva della storia. E’
quanto ci insegna il Manifesto comunista: “La storia di ogni società esistita fino a questo momento , è storia di
lotta di classe”, postula. Uno dei punti in comune tra le parole “classe “ e “
natura” è l’opposizione, più o meno
esplicita ,al capitalismo.
“Coloro
che le pronunciano si oppongono al medesimo mondo ,sebbene con termini e
contenuti diversi. La natura ,nel
ventunesimo secolo ,sostituisce il concetto di classe del ventesimo. Seguendo a
sua volta il destino della classe operaia , la natura è una sorta di Grande Rifiuto “, della tecnica ,dell’industria ,del
capitalismo e, per estensione ,dell’uomo in quanto predatore.
La
natura è per l’uomo contemporaneo ,quel che la classe fu per l’uomo dei due
secoli precedenti al nostro. O più
precisamente : la natura è l’equivalente simbolico ,nell’immaginario dell’uomo
contemporaneo , di quello che fu la classe nell’immaginario dell’uomo di due
secoli fa. Ricordiamo l’entusiasmo che
accendeva la parola “classe” . I sogni che a essa si aggrappavano . Ricordiamo
il pensiero di Georges Sorel , l’anarco-sindacalista di “Reflexions sur la violence” ,opera paradigmatica di tale “logolatria”: lo sciopero
generale degli operai rappresenta l’anticipazione qui e ora del meraviglioso
futuro dell’umanità.
L’apocalittico
sciopero generale era l’incarnazione profetica di quel futuro ,ovvero il comunismo.
Ricordiamo
l’accecante ebbrezza che si impossessò dell’intelligenza di “Jean- Paul Sartre”, quando l’appellativo “classe operaia “
comparì sotto la sua penna. Ma cos’era questa classe ? Un’invenzione di Karl Marx. Il cui genio introdusse il
termine nel vocabolario filosofico
attribuendogli una funzione quali magica.
Tuttavia
il termine “classe “ non era solamente un concetto filosofico. Era una reazione
e una ricusazione ,dunque un valore. Esattamente come la natura ai nostri
giorni.
Nominare
la classe borghese era una tacita accusa in nome di un valore: il proletariato
; nominare la classe operaia ,equivaleva a esaltarla. Allo stesso modo parlare
di natura é accusare il mondo sviluppato
,l’industria ,in nome di un valore .
Il
Berliner Zeitung evidenzia il numero
“insolitamente
grande” di Giocatori di calcio
recentemente
Collassati in campo
conoscenzealconfine.it-
Cesare Sacchetti-(12 Novembre 2021)-ci dice:
(TelegramTwitterFacebook)
Il
fenomeno senza precedenti è iniziato dopo la distribuzione dei sieri
sperimentali genici e alcuni medici hanno fatto notare la diretta correlazione
proprio con questi farmaci.
I
calciatori che si sentono male sul campo da gioco sono vittima di attacchi
cardiaci nonostante tutte le analisi precedenti avevano certificato il loro
perfetto stato di salute. La correlazione tra queste patologie cardiache e i sieri
sperimentali è stata accertata in diverse occasioni e i calciatori sono caduti
anche loro vittime dei cosiddetti vaccini.
Tutto
questo comunque ci porta a considerare che il potere finanziario che gestisce
il mondo del calcio non ha più interesse alcuno a mantenere questo enorme
carrozzone che costa miliardi di euro e che rende sempre meno. La fase
espansiva del calcio e dello sport più in generale è terminata.
La
finanza internazionale e le grandi corporation in passato hanno rilevato le
grandi squadre di calcio, perché il calcio negli ultimi quarant’anni ha assolto
ad una funzione specifica. Quella di distrarre le masse. Negli ultimi quarant’anni
siamo stati letteralmente sommersi da trasmissioni spazzatura sul calcio, che
ci dicevano tutto dell’infortunio di un giocatore che guadagna 10 milioni di
euro all’anno, mentre non ci dicevano nulla di come la finanza di Londra e di New York e
il regime dell’Unione europea ci portavano via la nostra ricchezza,
strappandoci la sovranità monetaria e radendo al suolo la nostra industria tra
le più floride e solide al mondo.
Il
calcio in questo senso è stato il vero oppio dei popoli che ha addormentato e
anestetizzato le masse. Ora però siamo giunti ad una nuova fase. Il mondialismo non vuole più spendere
altri soldi per tenere in vita la sua creatura. Molte persone si sono
allontanate e non seguono più il calcio per mancanza di risorse economiche e
per perdita di interesse.
Lo
sport ha perso quella funzione di controllo delle masse che aveva un tempo e il
potere mondialista ha iniziato a disfarsene, mandando al macello anche i
giocatori che fino a ieri pagava milioni. (Cesare Sacchetti).
(Riferimenti:
summit.news/2021/11/09/german-newspaper-highlights-unusually-large-number-of-soccer-players-who-have-collapsed-recently/).
"Russia pronta a invadere
l'Ucraina".
Mosca
smentisce ma è scontro con la Nato.
Affaritaliani.it-Redazione-(12
novembre 2021)- ci dice:
Intanto
Pechino sembra appoggiare le rivendicazioni di Putin. E gli analisti immaginano
una doppia azione, potenzialmente inarrestabile, tra Ucraina e Taiwan.
TRA
RUSSIA E UCRAINA E' DI NUOVO CRISI VERA,
GLI
USA: "MOSCA PRONTA A INVADERE".
Sul
fronte orientale la partita si fa sempre più insidiosa. E sempre più estesa.
Mentre si vanno a delineare delle partnership che danzano sulla sottile linea
rossa che le separa dal diventare alleanze. Gli Stati Uniti sostengono che la
Russia possa invadere l'Ucraina. Di nuovo. Poco più di sette anni dopo quanto
accaduto in Crimea, evento che ha allontanato in maniera drastica Mosca
all'occidente. Un nuovo episodio del genere segnerebbe probabilmente la fine
dei rapporti tra Russia, Europa e Stati Uniti. Gettando Vladimir Putin tra le
braccia di Xi Jinping dopo il lunghissimo flirt degli ultimi anni. Una crisi
dei migranti che in realtà è crisi politica, quella al confine tra Bielorussia
e Polonia, e che coinvolge anche altri attori. Dall'Unione europea alla Nato,
con l'apparizione finale di Pechino.
LA
RUSSIA SMENTISCE: "NON INVADEREMO NESSUNO, MA..."
Migranti,
Lukashenko copia Erdogan. Ma dietro ci sono Putin e la Polexit
Il
Cremlino, per ora, smentisce tutto. "Nessuno dovrebbe preoccuparsi del fatto
che le truppe russe vengano spostate sul loro proprio territorio
nazionale", ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov,
rispondendo alla stampa che chiedeva se fosse a conoscenza del fatto che gli
Stati Uniti hanno avvertito i colleghi dell'Ue sui presunti possibili piani per
un'invasione russa dell'Ucraina. "Non si tratta della prima pubblicazione in
questo senso e neppure la prima volta che gli Stati Uniti si dicono preoccupati
per il movimento delle nostre forze armate nel territorio della Federazione
Russa",
ha ricordato Peskov, "abbiamo ripetutamente affermato a tale proposito che
il movimento delle nostre forze armate intorno al territorio nazionale
territorio non dovrebbe riguardare nessuno". A qualcuno non è però
sfuggito il fatto che si parli di truppe russe e "territorio
nazionale". Quando è noto che alcune zone amministrate da Kiev siano rivendicate da
Mosca.
"La
Russia non rappresenta una minaccia per nessuno", ha aggiunto Peskov, avvisando
però che Mosca "se necessario, adotta misure per garantire la sicurezza
nazionale quando i suoi avversari svolgono attivita' provocatorie vicino ai
propri confini". Il riferimento è alla Nato, sempre più vicino ai confini
russi, con il pensiero per esempio allo spiegamento navale degli Stati Uniti
nel Mar Nero e i voli sempre più frequenti di intelligence di funzionari
americani e dell'Alleanza atlantica nei paesi dell'area, dalla Romania alla
Moldova.
DIETRO
LA CRISI LA TENSIONE TRA RUSSIA E NATO, SEMPRE PIU' AMPIA A EST.
La
stessa Nato ha parlato della vicenda, dicendo di essere "vigile" e di
monitorare "regolarmente i movimenti delle forze russe. E' importante garantire la
trasparenza ed evitare errori di calcolo". A dare fuoco alla miccia era
stato il segretario di Stato Usa Antony Blinken, il quale ha avvertito l'Unione
europea della possibilità che Mosca possa pensare di ripetere l'operazione militare
messa in piedi già nel 2014, quando ammassò le truppe al confine e poi
oltrepassò la linea. Non sono stati ancora forniti elementi di prova precisi a
suffragio di tali indicazioni, ma si citano soprattutto i movimenti militari al
confine, contestuali alla cosiddetta crisi dei migranti in Bielorussia.
LA
TENSIONE RUSSIA-UCRAINA ESPLODE INSIEME ALLA CRISI DEI MIGRANTI
BIELORUSSIA-POLONIA E ALLA VICENDA DEL GAS RUSSO.
Già
negli scorsi mesi c'erano stati episodi simili, con il direttore della Cia Bill
Burns che era andato a Mosca per parlare con Putin. Ciclicamente la tensione
però si rialza, visti gli equilibri irrisolti non solo e non tanto tra Russia e
Ucraina ma semmai tra Russia e Nato. Il Cremlino da parte sua protesta per il
presunto utilizzo da parte dell'Ucraina di droni da combattimento, in
violazione di un precedente accordo sull'attività militare nel mar Nero.
"Le informazioni che abbiamo finora" in merito alla presenza di forze
militari russe al confine con l'Ucraina "è piuttosto preoccupante ed è
stata oggetto di discussione con i partner transatlantici, come gli Usa e il
Regno Unito, per vedere come evolve la situazione. Alla luce degli sviluppi,
siamo pronti a valutare ulteriori passi necessari da compiere assieme ai
partner menzionati", ha dichiarato
invece Peter Stano, portavoce della Commissione europea.
LA
CINA APPOGGIA IMPLICITAMENTE MOSCA.
La
maggiore preoccupazione della vicenda è che la tensioni si alzi proprio durante
la più che delicata situazione al confine tra Bielorussia e Polonia, nonché
mentre la situazione delle forniture di gas russo è ancora tutt'altro che
risolta.
Una miscela potenzialmente esplosiva alla quale si aggiunge l'inedito interesse
della Cina.
Sul Quotidiano del Popolo, espressione del Partito comunista cinese, è apparso
un articolo nel quale si raccontava dell'incidente del golfo del Tonchino del
1964, preso come esempio della scusa utilizzata dagli Stati Uniti per iniziare
la guerra in Vietnam. Una rivisitazione non giustificata da anniversari o
ricorrenze, e così alcuni analisti l'hanno messa in relazione con quanto sta
accadendo in Ucraina. Un appoggio implicito alle mosse russe, insomma. Che d'altronde aveva anticipato il
favore dicendo di appoggiare quelle della Cina su Taiwan lo scorso mese.
Nella
sua “Sinocism”, Bill Bishop arriva a chiedersi che effetto farebbe una
potenziale doppia invasione simultanea: russa in Ucraina e cinese a Taiwan. Un'azione coordinata forse
imprevedibile e anche difficile da immaginare. Ma che potrebbe mandare in tilt
qualsiasi strategia americana.
Ridurre
debito e disuguaglianze?
Basta
togliere alle banche il potere di creare moneta dal nulla.
Lastampa.it- MARIA GRAZIA BRUZZONE-(12 giugno 2014)-
ci dice :
L'idea
circola ai più alti livelli. E in Svizzera si raccolgono le firme per un
referendum.
Interdire
le banche private, impedire loro di
creare moneta dal nulla. Sembra un’idea folle, oltre che poco comprensibile ai
più. E però circola sempre di più, non
dalle parti del M5S, dell’Ukip, o di qualche altro partito populista (che pure sarebbero d'accordo). Ma ai più alti livelli: Financial
Times, Banca d’Inghilterra, Fondo Monetario, economisti vari. Sulla scia di
proposte che risalgono agli anni '30.
Presi
dai problemi italiani, dalle elezioni europee, dagli scandali nostrani, ci si è
fatto poco caso (qui l’unica eccezione, a parte un blog). Forse si temeva di confondere le
idee, di togliere enfasi alle riforme di cui l’Italia ha comunque bisogno, di
tirare la volata ai partiti “sovversivi” che queste idee sostengono.
Perché
di un’idea davvero sovversiva si tratta.
Idea
non nuova, in realtà. Da tempo in varie
forme fa proseliti fra economisti americani ed europei, preoccupati di una
prossima crisi sistemica, più devastante della precedente.
La
vera sovversione sta nel fatto che a sponsorizzarla sia stato, qualche
settimana fa, il più autorevole quotidiano economico del mondo, il Financial Times, da sempre
pilastro della cultura economica neoliberale.
In un
commento firmato dall’illustre Martin
Wolf .
Titolo:
“ Spogliare le banche private del potere di creare denaro”.
Questo
l’esordio: “Stampare banconote false è illegale ma creare denaro privatamente non lo
è. L’interdipendenza fra lo stato e i
business che fanno proprio questo è la fonte molta dell’instabilità delle
nostre economie. Potrebbe - e dovrebbe - finire”.
Come
funzionano le banche? L’opinione pubblica ha un’idea ingenua di come funzionano
le cose. Immagina
che le banche prendano in carico i soldi dei depositanti - risparmi stipendi
pensioni, altre rendite – e li prestino a loro volta a chi li chiede –
imprenditori o cittadini che accendono mutui. Ed è convinta che a battere moneta
siano gli stati attraverso le loro banche centrali - che si crede siano tutte
pubbliche (con
la BCE le cose sono un po’ cambiate, si intuisce, ma non si sa bene come).
La
verità è un’altra: le banche non prestano denaro a partire dai depositi dei
clienti.
Quando
una banca vi concede un mutuo o un altro prestito, non va a vedere se in cassa
c’è abbastanza denaro. Ma digita quasi magicamente su vostro conto un deposito, un credito per la banca, con
l’ammontare che vi serve per comprarvi la casa.
Questo
deposito a credito è automaticamente denaro creato dal nulla dalla banca.
Sono
proprio le banche private la maggior fonte della creazione di denaro, ribadisce
un recente studio della Bank of England
(“La creazione di denaro nella moderna economia”) che spiega come le
banche, “lungi dal fungere da intermediari siano nel business della creazione
di moneta”, sintetizza Business Insider, citando lo studio nel suo lungo e articolato
post sull’onda di Wolf.
“In
pratica – scrive B of E - la creazione di denaro differisce dai malintesi
popolari: le banche non funzionano semplicemente da intermediari, dando in
prestito i soldi depositati presso di loro, ma creano moneta. Tutte le volte che una banca fa un
prestito simultaneamente crea un deposito equivalente sul conto di chi prende a
prestito e in questo modo crea nuovo denaro” .
In
questo modo, col consenso degli Stati, di fatto è il sistema bancario a battere
moneta(anche se non lo fa non fisicamente).
Nel Regno Unito il 97% della massa monetaria è creato dal nulla in
questo modo, informa l’autore.
Con
effetti pesantemente negativi e destabilizzanti sull’intera economia – sottolinea
Wolf.
(Disastri
diretti: es bolle speculative destinate a scoppiare. O indiretti: impropri
interventi pubblici: la gente si aspetta che nelle banche i propri soldi siano
al sicuro, cosicché quando queste prendono troppi rischi il governo si sente costretto
a intervenire per salvare il sistema, indebitando lo Stato a spese dei
cittadini tutti).
(In gergo tecnico, le banche
operano in quel si chiama regime di
riserva frazionale, dove per riserva si intende la quantità di denaro che una
banca presta in rapporto al denaro che possiede.
Per es
una riserva al 3%, significa che quando la banca riceve in deposito 3 euro ne
può prestare 100 all’imprenditore che chiede un fido, ricavando gli interessi
su quei 100 fittizi: un “beneficio” chiamato signoraggio – che non è
un’invenzione complottistica . Va da sé che se i depositanti di una banca andassero di
colpo tutti insieme a ritirare il proprio malloppo, la banca dovrebbe chiudere
gli sportelli per non andare fallita.
Più la riserva frazionale è bassa più stabile
sarà l’economia. Una “leva” eccessiva da parte
delle banche è stata riconosciuta come una delle maggiori cause della Grande
Depressione degli anni ’30 nonché della crisi del 2008. Tanto che negli ultimi anni si sta
cercando di imporre alle banche una riserva di almeno l’8%, il 6% di capitale
di qualità).
"Cosa bisognerebbe fare? Riservare
esclusivamente allo stato il potere di creare denaro", propone Wolf. Ed è la risposta massima .La minima
- dice - sarebbe rendere molto più stretta la regolamentazione sulle banche (e
chissà che non sia questo il vero obiettivo del commentatore: ammorbidire le
banche riottose, minacciandole).
Alle
banche private verrebbe lasciata la funzione di intermediazione tra
risparmiatori e investitori-mutuatari, la custodia dei depositi, i pagamenti.
La
moneta tornerebbe ad essere un bene pubblico.
L’autore
si richiama al Chicago Plan, avanzato negli anni ’30 da un gruppo di economisti fra i
quali il famoso Irving Fisher, che al tempo della Grande Depressione volevano
creare un sistema più stabile..
Il
cuore della proposta era la Riserva del 100% sui depositi: le banche potrebbero
prestare solo quel che hanno in deposito.
Che è un altro modo per dire che non potrebbero più creare moneta. Prestino soltanto quel che hanno in
deposito, e nulla più.
All’epoca
Fisher sosteneva che ciò avrebbe grandemente ridotto i cicli economici (gli
andamenti ciclici negativi-positivi), posto fine alle corse agli sportelli,
nonché ridotto drasticamente il debito pubblico.
Potrebbe
funzionare anche oggi, sostiene uno studio del FMI del 2012, sottolinea il FT
(qui e qui un commento di Evans Pritchard che lo condivise). E cita altri
economisti che propongono idee uguali o simili. Altri ancora di unversità
prestigiose li cita Business Insider, il Washington's Blog che si è stupito per
l'uscita del FT, ne propone un elenco dagli anni ’30 a oggi sottolineando che si tratta
spesso di economisti conservatori.
“La
riserva frazionale – avvisava Fisher citato da BI - dà alle migliaia di banche
commerciali il potere di aumentare o diminuire il volume di denaro in
circolazione aumentando o diminuendo prestiti e investimenti.
In questo modo le banche esercitano quello che, giustamente, è
considerata una prerogativa del potere sovrano.
Se
ogni banca lo esercita indipendentemente e senza un controllo centralizzato, i
cambiamenti nel volume del circolante diventano un azzardo.
(Ecco
perché oggi le banche centrali - Fed,
Bce, Bank of England ecc. anche tramite la BRI - si sforzano almeno di
regolare, orientare, supervisionare, compensare il sistema, dopo aver
provveduto a “salvarlo” a spese dei
contribuenti. Con quali esiti è un altro discorso).
La
transizione a un sistema in cui la creazione di denaro è separata
dall’intermediazione finanziaria sarebbe complessa ma fattibile, secondo
Wolf. Che elenca gli enormi vantaggi:
si potrebbe aumentare la massa monetaria
senza incoraggiare la gente a indebitarsi fino al collo coi prestiti;
si
metterebbe fine alle banche-troppo-grandi-per-fallire;
il signoraggio – “cioè i benefici che derivano dal
creare denaro”, così lo definisce Wolf – verrebbe trasferito al settore
pubblico.
E il governo potrebbe giovarsene per finanziare la spesa pubblica senza bisogno
di tasse e prestiti, per fare pagamenti ai cittadini, per riscattare debiti
pubblici e privati.
E sull’effetto- riduzione dei debiti,
pubblici e privati insiste anche lo
studio (del 2012) dei due economisti del FMI. Mentre due economisti austriaci -
intervistati da ZeroHedge - dimostrano
che la riserva frazionale sia causa delle disuguaglianze (in polemica con
Thomas Piketty, l'economista francese star del
momento).
L’economia
morirebbe per mancanza di credito sostengono gli oppositori. Lo pensavo
anch’io, confessa l’autore. In realtà – spiega - solo circa il
10% di quanto prestano le banche nel Regno Unito va a finanziare investimenti in settori diversi dall’immobiliare”.
(Come
dire che il 90% del denaro delle banche è impiegato in speculazioni varie,
compreso quel settore immobiliare che in Gran Bretagna e ormai visto come una
bolla a rischio di esplodere. Impieghi ben più redditizi che prestare all’“economia reale”
– cosiddetta forse per distinguerla dall’economia finanziaria virtuale).
Un’altra
obiezione l’ha sollevata Paul Krugman : “Ci sarebbero semplicemente più
attività nel sistema bancario ombra”, ha scritto sul NYT. Oltre a sottolineare la difficoltà
dell’operazione. Ma Wolf ignora il tema. E conclude:
“Il
nostro sistema finanziario è così instabile perché lo Stato prima gli ha
concesso di creare quasi tutto il denaro che circola nell’economia, poi si è
visto costretto a sostenerlo nello svolgimento di tale funzione. Questo è un buco gigantesco nel cuore
delle nostre economie di mercato.
Un buco che potrebbe essere colmato separando
la fornitura di moneta, funzione strettamente dello stato, dalla fornitura di
finanza, funzione del settore privato.
Non
succederà ora. Ma ricordate la possibilità: quando la prossima crisi arriverà –
e succederà sicuramente – dobbiamo essere pronti” .
Una
previsione non proprio tranquillizzante.
Il
piano di Chicago allora non venne applicato, causa l’opposizione strenua delle
banche, già allora fortissime, e la morte – per incidente aereo - di un
senatore democratico particolarmente ostinato e battagliero, scrive il W
Blog linkando uno studio su quel periodo.
E però
Franklin Delano Roosevelt in quegli anni, vincendo le resistenze di Wall
Sreet, riuscì a far passare il famoso
Glass Steagall Act che condusse a
separare nettamente le banche commerciali (gestione depositi, prestiti ecc)
dalle banche di investimento.
Una
normativa abolita nel 1999 sotto Bill Clinton, che varie proposte di legge
americane ed europee negli ultimi anni post crisi si sono sforzate di riesumare
in varie forme. Invano.
Troppo
grande il potere delle banche Too-Big-Too-Fail, troppo grandi per fallire, e
troppo grandi per essere controllate, troppo grandi per essere messe in
carcere.
E
tuttavia troppo grandi per essere ignorate,
è ancora Wolf a scrivere in un altro commento.
Troppo
grandi, e anzi sempre più grandi e concentrate e interconnesse; e sempre più potenti con le loro
schiere di centinaia di avvocati a libro paga per difenderle da tutti gli
imbrogli commessi, e per suggerire alla politica (lautamente da loro foraggiata,
negli Usa ma pure in Europa) come modificare le leggi a loro vantaggio.
E di
imbrogli ne anno commessi davvero tanti : hanno truccato di tutto, tassi
interbancari e tassi valutari, prezzi di
oro, metalli preziosi e materie prime, per non dire delle vere e proprie
truffe, dai derivati imbottiti di mutui subprime avariati che hanno innescato
la crisi , agli schemi ponzi come quello di Bernie Madoff, e forse
dimentichiamo qualcosa. Il tutto senza che sia stato condannato, ma neppure cacciato,
un solo banchiere.
E che
dire delle decine di trilioni di dollari, sterline, euro creati dal nulla
(centinaia di trilioni, considerando i derivati) che drogano le economie, fanno
salire le Borse ma non la produzione industriale, né l’occupazione né i
consumi, a
tutto vantaggio dell1% dei più ricchi, e delle stesse banche in primo
luogo?
Intanto
il debito sale: dai primi segni della crisi il debito globale è salito del 40%, fino a
toccare la fantastica cifra di 100 trilioni di dollari, $100.000 miliardi, più
del PIL globale del mondo che nel 2012 arrivava a$71.83 trilioni ($84.97
trilioni a parità del potere d’acquisto.
€12
trilioni il solo debito Usa, vedi
Bloomberg su dati Banca dei Regolamenti Internazionali.
A
indebitarsi sarebbero soprattutto i governi (centrali e locali) per tirar fuori
le loro economie dalla recessione. Tutto grasso che cola per le mega-banche, già salvate
coi soldi pubblici, che ora lucrano sui debiti statali.
Il
Referendum Svizzero. Come che sia, in Svizzera – dove di mega-banche se ne
intendono – è nata Initiative Monnaie Pleine o Vollgeld Initiative: cittadini comuni stanno raccogliendo
centomila firme per una riforma che “restituisca la creazione di moneta
in esclusiva alla Banca Nazionale”, per arrivare a proporre un referendum alla popolazione. Al momento sono a quota 68.000, vedi il sito.
Il
denaro e' creato dal nulla.
Mondos-porco.blogspot.com-David
Icke-(15 agosto 2021)- ci dice :
IL
POTERE DI CREARE DENARO È TROPPO DEVASTANTE PER ESSERE LASCIATO NELLE MANI DI
PRIVATI CHE LO UTILIZZANO A FINI PRIVATI .
Hanno
creato questa CRISI GLOBALE PER ESPROPRIARE TUTTE LE RICCHEZZE ALL'INTERA
UMANITA' .
Basterebbe
mettere il denaro in circolazione per fare ripartire l'economia e creare il
lavoro, MA STANNO FACENDO IL CONTRARIO.
PIU'
SI IMPOVERISCE L'UMANITA' E PIU' SI ARRICCHISCONO LORO. Soprattutto aumenta il
loro potere devastante ...
DENARO
DAL NULLA.
Tratto
da il segreto più nascosto di David Icke.
Oggi
gli iniziati e gli uomini della Elite controllano la politica, le banche, gli
affari, i servizi segreti, la polizia, gli eserciti, l'istruzione e i media di
tutto il mondo. Forse il più importante di questi settori, in termini di
controllo, è quello delle banche. La creazione e la manipolazione del denaro.
Si
basa sulla creazione di denaro che non esiste e che viene prestato a persone ed
aziende in cambio di interessi. Ciò crea un debito enorme per i governi, le aziende
e la popolazione in generale, che sono così più facilmente controllabili. Essenziale in tutto questo è stato
permettere ai banchieri di prestare denaro di cui non sono in possesso. Funziona così: se io o voi abbiamo un
milione di sterline, possiamo prestare un milione di sterline. Semplicissimo.
Ma se
una banca possiede un milione di sterline, può prestare dieci volte tanto e
più, e gravare quei soldi di interesse. Se anche solo un numero esiguo di
quelle persone che teoricamente hanno i "soldi" depositati nelle
banche andassero oggi a ritirarli, le banche chiuderebbero i battenti in
mezz'ora perché quei soldi non ce li hanno. Il denaro delle banche è un mito,
un'altra truffa. Quando andate in banca a chiedere un prestito, la banca non stampa
neanche una banconota nuova, né conia nuove monete. Si limita a digitare la somma del
vostro prestito sul vostro conto corrente. Da quel momento in poi pagate alla
banca interessi su ciò che non è altro che denaro digitato sullo schermo
(denaro virtuale). Eppure, se non riuscite a rimborsare il prestito che non
esiste, la banca può intervenire e, in tutta legalità, espropriarvi beni che
invece esistono, come la casa, la macchina, la terra e tutto quello che
possedete, per un valore pari a quello che compare sullo schermo. Inoltre,
poiché il denaro non viene messo in circolazione dai governi, ma dalle banche
private che concedono prestiti ai clienti, le banche controllano la quantità di
denaro in circolazione.
Più
prestiti decidono di elargire, più denaro viene messo in circolazione. Qual è la differenza tra un boom
economico e una depressione economica? Solo una: l'ammontare del denaro in
circolazione. Tutto qui. E, attraverso questo sistema, le banche private, controllate
da quelle stesse persone, decidono quanti soldi saranno in circolazione. Così
possono creare periodi di prosperità e di crisi a loro piacimento. Lo stesso
succede con le borse, i cui agenti spostano miliardi di miliardi di dollari al
giorno nell'ambito dei mercati finanziari e bancari, determinandone così
l'ascesa o la caduta, lo sviluppo o il controllo. I crolli della borsa non
accadono così per caso, accadono perché qualcuno li fa accadere.
La
maggior parte del "denaro" in circolazione non è denaro materiale,
banconote e monete. E' costituito da cifre che passano elettronicamente da un
conto corrente su un computer ad un altro, attraverso bonifici bancari, carte
di credito e libretti di assegni.
Più
denaro, elettronico o di altra natura, è in circolazione, maggiori attività
economiche possono svolgersi e, quindi, più prodotti vengono comprati e
venduti, maggiore è il reddito di cui dispongono le persone, e maggiori sono i
posti di lavoro disponibili. Ma la cricca finanziaria ha sempre cercato di creare dei boom
elargendo molti prestiti e poi staccando la spina. Economisti e giornalisti economici
strapagati, la maggior parte dei quali non ha idea di quello che sta accadendo,
vi diranno
che i boom economici e le crisi rientrano nel cosiddetto "ciclo
economico". Balle! Si tratta invece di una manipolazione sistematica messa in
piedi dalla Elite per appropriarsi della vera ricchezza del mondo. Durante un
boom molte persone finiscono per indebitarsi ancora di più. Un'attività
fiorente implica che le aziende chiedano ulteriori prestiti per comprare nuovi
macchinari ed incrementare così la produzione. La gente chiede prestiti per
comprarsi una casa più grande e una macchina nuova e più cara, perché ha
fiducia nel suo futuro economico. Poi, nel momento più conveniente, i maggiori
banchieri, coordinati dalla rete di società segrete, alzano i tassi di
interesse per diminuire la richiesta di prestiti e iniziano a richiedere il
pagamento dei prestiti già accesi.
Così
facendo, i prestiti diminuiscono e ciò ha come conseguenza la sparizione dalla
circolazione di unità monetarie (il denaro nelle sue varie forme). Questo fa
diminuire la domanda e comporta anche una riduzione dell'occupazione perché non
ci sono abbastanza soldi in circolazione per alimentare l'attività economica. Così le persone e le aziende non
guadagnano abbastanza da rimborsare i loro prestiti e finiscono per fallire. A questo punto le banche si
appropriano delle loro vere ricchezze, le loro aziende, la casa, la terra, la
macchina, in cambio del mancato pagamento di un prestito che non è mai stato
niente di più che delle cifre digitate su uno schermo.
Gli
Stati Uniti per esempio, invece di crearsi del denaro proprio privo di
interesse,
i governi lo prendono in prestito dal cartello di banche private e rimborsano
sia l'interesse che il capitale tassando la popolazione. Le somme fantastiche di denaro che
pagate sotto forma di tasse vanno dritte alle banche private per rimborsare
prestiti che i governi potrebbero crearsi da soli, emettendo denaro privo di
interessi. Perché non lo fanno? Perché l'Elite controlla i governi tanto quanto le
banche.
Ciò
che chiamiamo "privatizzazione" è la svendita dei beni dello Stato al
fine di impedire la bancarotta causata dal debito creato dalla banche. I paesi del Terzo Mondo stanno
cedendo il controllo della loro terra e delle loro risorse ai banchieri
internazionali poiché non sono in grado di rimborsare i grossi prestiti
elargiti loro, di proposito, dalle banche proprio per intrappolarli in questa
situazione.
Il
sistema bancario: il funzionamento
di
massima di G.F.
Comprendereilmondomoderno.com-G.F.-(29
settembre 2019)-ci dice:
Una
volta capito che cos’è e come funziona la moneta, bisogna capire come questa
viene distribuita, quindi bisogna comprendere il sistema bancario.
1.
Come è costituito il sistema bancario.
Le
banche sono quell’organo del sistema che ha il compito di gestire l’erogazione
del credito. Il sistema bancario è costituito da due tipi di banche:
– La
Banca Centrale (che fa parte del settore governativo).
– Le
banche commerciali (che fanno parte del settore privato).
La
Banca Centrale va a gestire la monetizzazione della spesa dello Stato, cioè gli
IOU di Stato, mentre le banche commerciali erogano credito al settore privato
espandendo l’offerta di moneta della Banca Centrale.
Ricordando
il concetto di piramide dell’accettabilità, bisogna subito capire che non tutta
la moneta emessa dalle banche ha la stessa qualità perché gli IOU di Stato sono
più accettabili degli IOU emessi dalle banche commerciali. Infatti mentre gli
IOU emessi dallo Stato e monetizzati dalla Banca Centrale sono esattamente
quelli in cima alla piramide, il credito erogato dalle banche commerciali è emesso
direttamente da loro sulla base delle richieste del settore privato.
Per
base monetaria si intende l’insieme di tutte le monete e banconote monetizzate
Banca Centrale più tutte le attività finanziarie immediatamente convertibili in
moneta di Stato. Questo tipo di moneta, denominata in gergo tecnico HPM (dall’inglese
high powered money, cioè moneta ad alto potenziale) è in pratica divisa in
denaro circolante e riserve bancarie (queste ultime depositate in toto presso
la Banca Centrale).
Uno
dei punti più importanti di tutto il sistema rappresenta l’illusione della
capacità di prestito delle banche commerciali. Le banche commerciali non prestano i
soldi che hanno in deposito presso di loro: non prestano i soldi dei
correntisti.
Questa è una realtà che bisogna comprendere per non cadere nella trappola
neoclassica del moltiplicatore monetario. Le banche commerciali hanno un conto
presso la Banca Centrale espresso in “riserve bancarie”, mentre i conti dei
correntisti sono depositati presso le banche commerciali e non sono costituiti
da riserve. Ma vediamo nello specifico come funziona il meccanismo e quali sono
i ruoli delle banche.
2. Le
banche commerciali.
Le
banche commerciali, come abbiamo detto prima, erogano mutui e prestiti,
gestiscono prodotti finanziari di risparmio e tengono i conti correnti dei
soggetti facenti parte del settore privato.
Nonostante
le banche commerciali siano in grado di creare moneta dal nulla, in realtà la moneta da esse creata
non introduce ricchezza al netto nel sistema. Infatti le banche commerciali
quando erogano un prestito conducono una transazione orizzontale. Infatti il denaro creato da nulla
dalla banca commerciale viene nullificato alla restituzione e anzi addirittura l’operazione porta
ad un profitto per la banca perché la somma degli interessi complessivamente versati da
chi ha richiesto il prestito sono un attivo netto della banca.
All’interno
dei bilanci di una banca commerciale:
– I depositi sui conti correnti dei
clienti sono una passività per la banca e un attivo per il cliente. Allo stesso modo, gli interessi
maturati dai clienti su quei depositi sono anch’essi dei passivi per la banca.
– I prestiti sono anch’essi il passivo
della banca.
Infatti la banca commerciale quando eroga un prestito apre un conto corrente a
nome del beneficiario del prestito e rende disponibile quel denaro (emettendo
moneta sta emettendo il suo debito nei confronti del beneficiario). Tuttavia
quel prestito va restituito, quindi gli IOU della banca commerciale vanno
restituiti uno per uno dal beneficiario del prestito. Quando quella persona ha estinto il
prestito, alla fine avrà restituito alla banca commerciale tutto il denaro che
gli ha prestato più una piccola parte che è l’interesse. Mentre gli IOU creati con il prestito
vengono distrutti alla restituzione, l’interesse è denaro in più che il
beneficiario del prestito trasferisce alla banca commerciale come “costo
dell’aver reso disponibile quel denaro”. Le banche commerciali quindi
guadagnano con gli interessi sui prestiti e non è un caso che i tassi di
interesse sui prestiti siano maggiori rispetto a quelli sui depositi.
Infatti
mentre il prestito è ancora aperto, gli IOU che la banca ha creato rappresentano
il suo passivo. Se il beneficiario del prestito è insolvente e non può ripagare in alcun
modo quegli IOU, la banca si ritroverà un passivo permanente pari a
quell’ammontare. Dunque il profitto di una banca commerciale, per quanto riguarda il
processo di gestione ed erogazione del credito, proviene esclusivamente dalle
differenze nei tassi di interesse applicati.
Ancora,
le banche traggono profitto sul mercato interbancario prestandosi riserve
bancarie tra di loro.
Poi le
banche commerciali possono avere anche altri attivi-passivi, come ad esempio
detenere titoli di Stato (ottenendo profitto dal tasso di interesse su quei
titoli).
Infine,
grazie alla concomitanza tra l’abolizione del Glass-Steagal Act e i vincoli
imposti dal regolamento di Basilea, le banche commerciali possono trarre
profitto anche da attività finanziarie di tipo speculativo.
3. La
Banca Centrale.
La
Banca Centrale invece assolve al ruolo di controllore e di collaboratore della
gestione monetaria dello Stato. Le sue principali funzioni sono tre:
–
Monetizzazione della spesa dello Stato: è colei che produce il denaro (in tutte
le sue forme), cioè come si suol dire “monetizza” la spesa dello Stato. Dopo
che lo Stato sovrano decide di fare spesa pubblica, si serve sempre e solo
della Banca Centrale per realizzare quella spesa.
–
Gestione del tasso di interesse target: Attraverso la politica monetaria, la
Banca Centrale fissa il tasso di interesse target che fa da riferimento per il
corridoio dei tassi di interesse delle banche commerciali sul mercato
interbancario.
–
Gestione delle riserve bancarie: Le riserve delle banche sono collocate tutte
presso la Banca Centrale sotto forma di c/c. Nelle procedure di pareggiamento
le banche commerciali vanno ad attingere lì le riserve per pareggiare con altre
banche (stiamo parlando di quella procedura che permette il passaggio di denaro
tra due conti corrente presso banche diverse).
Per
quanto riguarda la gestione dei tassi di interesse, questa avviene gestendo tre
tipi di tassi:
– Il tasso di interesse
sui titoli di Stato,
– Il tasso sui
prestiti overnight,
– Il tasso sui
depositi overnight.
Il
mercato overnight è il mercato interbancario in cui la banche si prestano
riserve (tipicamente per soddisfare i requisiti di riserva). Il tasso sui prestiti
overnight è quello con cui le banche commerciali possono chiedere prestiti di
riserve bancarie alla Banca Centrale con orizzonte temporale di 24h; il tasso
sui depositi overnight è il tasso di interesse con cui la Banca Centrale
remunera i depositi in riserve che le banche commerciali hanno presso di essa.
Senza
andare troppo nel dettaglio basti sapere che le banche sono soggette ad un
requisito di riserva che devono soddisfare a fine giornata: in pratica le loro
riserve ogni giorno devono essere pari almeno ad un certo valore di soglia.
Questo valore potrebbe tranquillamente essere nullo, ma in molti paesi questo
requisito è in vigore ed è conosciuto come riserva frazionaria.
Lasciate
perdere tutte le trattazioni complottiste dietro questa parola perché sono
tutte fregnacce che distolgono solo l’attenzione sul focus dell’argomento.
Se a
fine giornata una banca ha più riserve di quanto serve, può prestarle sul
mercato interbancario ad una banca che ne ha di meno di quanto richiestole. La
banca lo fa perché mentre tenere le riserve presso la Banca Centrale remunera
secondo il tasso sui depositi, prestarle remunera secondo il tasso sui
prestiti, che è più alto. Se non riesce a prestarle può sempre investire quelle
riserve in attività più remunerative (come titoli per esempio).
Allo
stesso modo la banca che ha meno riserve del target, può chiederle in prestito
alla Banca Centrale o al mercato interbancario.
La
Banca Centrale va a fissare dunque il corridoio dei tassi entro cui si muovono
questi valori, i quali hanno entrambi come base il tasso di interesse sui
titoli di Stato.
Fissare
il tasso di interesse sui titoli di Stato per la Banca Centrale significa
fissare il “peso” degli interessi sul debito governativo nei periodi successivi
e quindi quello che si chiama servizio del debito.
Sulla
base dei tassi di interesse decisi dalla Banca Centrale, le banche commerciali
stabiliscono dei tassi di interesse sui depositi e sui prestiti elargiti al
settore privato i più alti rispetto ai tassi stabiliti dalla Banca Centrale).
In
definitiva:
– Lo
Stato sovrano immette riserve bancarie nella Banca Centrale creandole da nulla
attraverso la spesa pubblica.
– La
Banca Centrale monetizza la spesa pubblica dello Stato e decide il tasso di
interesse su ogni nuovo debito emesso, in funzione delle condizioni
macroeconomiche del paese.
– La
Banca Centrale, fissando il corridoio dei tassi di interesse interbancari,
gestisce le riserve bancarie a fronte delle varie richieste di
pareggiamento/clearing tra banche.
– Le
banche commerciali gestiscono l’erogazione del credito al settore privato. I
requisiti minimi di riserve che ogni banca commerciale deve rispettare vengono
mantenuti ogni giorno prestandosi tra loro le riserve (all’interno di un
corridoio di tassi decisi dalla Banca Centrale) oppure chiedendole direttamente
alla Banca Centrale.
4.
Cosa succede materialmente con i nostri soldi?
L’espansione
dello stato patrimoniale della banca non dipende dalla quantità di riserve che
possiede. Infatti sono i prestiti a creare i depositi, che vengono coperti da
riserve successivamente.
La
Banca Centrale non può controllare ciò che viene gestito autonomamente dalle
banche commerciali quando concedono prestiti, quindi la Banca Centrale non può
controllare l’offerta di moneta. Questo sembrerebbe controintuitivo, ma è la
realtà dei fatti. Pertanto se l’inflazione dipendesse dalla quantità di moneta
circolante, come sostenuto dai monetaristi, la Banca Centrale non sarebbe
comunque in grado di controllare la quantità di moneta circolante perchè non è
in grado di gestire l’erogazione del credito ai cittadini (cosa che compete
invece alle banche commerciali). Questo aspetto è cruciale, infatti secondo il
fondatore della MMT, Warren Mosler, la
mancanza di competenza sull’argomento da parte di parecchi economisti sta
contribuendo alla perdita di progresso e civiltà.
Le
teorie mainstream del moltiplicatore monetario sono quindi sbagliate : le
banche non prestano i soldi che hanno in deposito presso di loro e soprattutto
la riserva frazionaria (cioè la quota parte minima di riserve che le banche
devono detenere per erogare prestiti) non è un meccanismo in grado di
controllare l’offerta di moneta. E non è nemmeno quello strumento che, secondo
le teorie del complotto, sarebbe alla base della truffa del secolo. Queste sono
solo fantasie.
D’altronde
il concetto di riserva frazionaria nasce in un’epoca in cui il denaro era
vincolato ad altre condizioni. Nel medioevo infatti i banchieri si accorsero
che soltanto una parte minima dei clienti che depositavano l’oro in cambio di
banconote tornava poi in banca per attuare il suo diritto alla convertibilità
(cioè a farsi dare indietro dell’oro in cambio delle banconote). Quindi i
banchieri dell’epoca individuarono una riserva “minima” che fungesse da deposito
per non essere totalmente sprovvisti a fronte delle richieste.
Da
quando è stata abolita la convertibilità con l’oro, la riserve frazionaria non
avrebbe più senso di esistere perché non si può più andare in banca con del
denaro e pretendere che la banca converta quel denaro in altrettanto oro e ve
lo consegni.
I
contanti che noi cittadini depositiamo in banca vengono inviati direttamente
alla Banca Centrale ed hanno un corrispettivo in riserve in un conto della
banca commerciale presso la Banca Centrale stessa. I contanti inviati lì
vengono distrutti e il conto in riserve della banca commerciale del depositante
viene aggiornato (alla Banca Centrale costa di più custodire la carta che
stampare nuovo denaro all’occorrenza visto che ha un contatore elettronico del
credito in riserve).
Quando
si deposita un assegno o si ricevono soldi da un bonifico funziona allo stesso
modo (sebbene il processo coinvolga il mercato interbancario): infatti la banca
accredita su quel conto corrente l’ammontare di quell’assegno o bonifico in
termini contabili e poi quelle due banche si scambiano IOU di Stato (riserve)
nel mercato interbancario.
La
banca che riceve il deposito da parte del risparmiatore dunque si ritrova ad
avere un’eccedenza di riserve bancarie rispetto a quella minima richiesta
(riserva frazionaria) e da lì poi decide cosa farne per ottenere il maggior
profitto possibile per sé.
Ecco
che le banche non prestano il denaro dei correntisti.
Tra
l’altro, se all’improvviso cessasse di esistere il requisito minimo di riserva
e quindi il meccanismo della riserva frazionaria, non cambierebbe quasi nulla.
Considerate
che molti economisti credono ancora alla storiella del moltiplicatore monetario
e quindi trattano la moneta come se la moneta fosse una merce.
Il 95%
del denaro è creato
da
banche private.
Ariannaeditrice.it-
Enric Duran - (09/10/2008)- ci dice:
(polaris.moviments).
Lo
creano dal nulla attraverso i crediti però ce lo fanno restituire con gli
interessi.
Casa
de la Moneda y del Timbre, Madrid (la “Zecca dello Stato” in Italia).
E’ già
più di un anno che la crisi finanziara è una notizia. Da quando scoppió negli
Stati Uniti, con il nome di crisi subprime, si è pubblicato molto, spiegando
con più o meno precisione e successo, come si è prodotta questa crisi negli
aspetti più concreti. Quello che non si è spiegato granché, e per nulla nei mezzi
di comunicazione di massa, è come la necessità di crescita esponenziale
dell’attuale sistema finanziario è la causa di fondo della bolla speculativa, e
per tanto della stessa crisi, oltre ad avere una relazione diretta con le crisi
energetica e alimentare. Così, dunque, approfitteremo di questa opportunità di
arrivare al pubblico, per spiegare non già la crisi creditizia quanto lo sfondo che
fa sì che il sistema finanziario attuale sia una gran truffa per la gente
lavoratrice, cosí come un pericolo per la sostenibilità della vita sul nostro
pianeta. Capiremo in questo modo il ruolo che giocano le banche come principali
responsabili di tutto, in definitiva.
Storia
della creazione del denaro.
L’origine
della banca risale a quando l’oro era il denaro vero e proprio e, come tale, lo
custodiva l’orefice nel suo magazzino. Siccome l’oro era molto pesante e
scomodo da muovere, il denaro in circolazione erano partecipazioni di questo
denaro metallico. Un giorno, l’orefice pensò che poteva chiedere interessi per
il prestito di queste partecipazioni e per compensarlo cominciò a pagare un
interesse minore ai depositari di quest’oro; così cominciò in Europa il
business bancario.
Questo
sistema aveva il problema che la possibilità di prestar denaro era chiaramente
limitata dalla quantità d’oro in circolazione; allora gli orefici, già
convertiti in banchieri, inventarono il sistema di riserva frazionaria, che
consiste nel fatto che ci sia solo come riserva una parte di quello che
realmente si presta. O, detto in altra maniera, a partire da un denaro reale si
crea denaro dal nulla in una proporzione che, tenendo conto che non ritireranno
tutti il loro denaro in una volta, non pone mai in difficoltà i banchieri al
momento di restituire i depositi. Questa proporzione abitualmente era del 10%,
ovvero 10 unità in circolazione per ogni unità di oro esistente nella riserva.
Quest’aumento
di denaro in circolazione favorì l’espansione commerciale nel mondo e, una
volta conosciuta dagli stati, invece di essere proibita fu regolata. Per tenere
sotto controllo il rischio che questo significava se si sapeva che non c’era
denaro da restituire a tutti, si creò il sistema di banche centrali, che
disponessero di riserve d’oro addizionali da poter prestare alle banche nei
momenti di crisi.
La
creazione del denaro attualmente.
Con il
tempo, il sistema di banche centrali e di riserva frazionaria è diventato
dominante nel mondo; l’oro che garantiva il denaro in circolazione andò
diminuendo fino a che nel 1971 venne fatto sparire il riferimento all’oro. Ciò
vuol dire che si smise di usare l’oro come base reale del denaro.
Pur
cambiando questo aspetto fondamentale del sistema monetario, le banche centrali
e il sistema di riserva frazionaria continuarono, però con riserve che
consistono soltanto in annotazioni bancarie create in un certo momento dalle
banche centrali; riserve che significavano soldi però che non erano garantite
per nessuna moneta che avesse una base materiale. Questo cambia completamente
la natura del denaro perché tutto quello che abbiamo attualmente in
circolazione viene dal nulla e pertanto è un puro contratto, che ha valore
soltanto perché tutti gliene danno.
Il
denaro che si crea al giorno d’oggi, si crea fondamentalmente a partire dai
prestiti, ovvero in forma di debiti, che sia pubblica, commerciale, esterna o
privata. Non solo: quando si restituiscono i debiti, questo denaro sparisce, in
maniera che il sistema finanziaro disponga di un strumento per ampliare o
ridurre i soldi in circolazione.
Il
denaro lo creano le banche centrale e le banche private. Solo fra il 3 e il 5%
del denaro in circolazione è stato creato dalle banche centrali, il resto lo
creano le banche private attraverso i crediti, così come (e ogni volta di più)
attraverso complessi sistemi di speculazione finanziaria.
Al
giorno d’oggi, la creazione di denaro è limitata solo da un regolamento che
indica in quali condizioni le banche possono prestare denaro e come devono far
quadrare i conti nel loro bilancio per farlo.
Nel
caso dell’Unione Europea, il regolamento che vincola le banche con la BCE
(Banca Centrale Europea), dice che devono tenere come riserva come minimo il 2%
del totale del denaro; l’altro 98% lo possono prestare e investire. Il denaro
depositato per un periodo uguale o superiore a 2 anni non è considerato da
questa norma, e si può investire al 100%. Tutto questo lo si può constatare
all’articolo 4 del Regolamento (CE) nº 1745/2003 (BCE/2003/9).
Gli
stati prima della creazione privata del denaro.
Se il
denaro non è più oro (questa era la giustificazione con cui venne creato il
sistema della banca commerciale e le banche centrali, come responsabili di
conservare l’oro e convertirlo in moneta circolante), com’è che continuano ad
essere solo le banche le uniche a poter creare denaro? E perché lo fanno
solamente sotto forma di debito da restituire con interessi?
Detto
in altro modo: perché gli Stati devono pagare interessi alla loro banca
centrale per poter così finanziare la spesa pubblica, quando è denaro che
potrebbero creare direttamente gli Stati al momento di realizzare queste spese?
Forse
l’unica risposta logica che ci può venire in mente è che è la banca che
controlla i governi e non il contrario...vero?
Mayer
Rothschild, membro della dinastia europea di banchieri più potente, è ricordato
per un motto che recitava: “Lasciatemi emettere e controllare la creazione del denaro di
una nazione e non mi importerá chi ne faccia le leggi”..
Gli
interessi e la necessità della crescita esponenziale.
Quando
una banca concede un credito sta creando la somma principale del credito, però
non il denaro corrispondente agli interessi che la banca farà pagare al
debitore durante la vita del prestito. Dato che tutto il denaro in circolazione
si crea sotto forma di debito con interesse, possiamo concludere che il denaro
per restituire tutti gli interessi del debito semplicemente non esiste.
Allora,
com’è che il sistema finanziario è sopravvissuto tanto tempo? Fondamentalmente
per due ragioni.
1.
Perché si finanzia con l’indebitamento crescente, cioè il denaro in
circolazione deve andar aumentando costantemente in modo che si possano pagare
gli interessi dei debiti e il sistema non collassi. Questo ha a che vedere col
modo in cui il sistema incita ogni volta di più tutti quanti ad indebitarsi;
cominciando dalle persone, con ipoteche, prestiti personali facili e rapidi, carte
di credito; però anche le imprese e gli stati. Parliamo dunque di crescita
esponenziale, dell’economia e della spoliazione delle risorse naturali del
pianeta.
2.
Perché c’è chi non restituisce la somma principale del debito e paga solo
l’interesse. Questo è il caso del debito pubblico degli stati più potenti, o di
diverse imprese e istituzioni potenti che hanno delle condizioni privilegiate;
o probabilmente anche per tutte le invenzioni tipo polizze e carte di credito,
nelle quali nemmeno si restituisce la somma principale ed è normale rinnovare
il contratto anno dopo anno in maniera indefinita.
In
ogni caso, questo ci da ad intendere fino a che punto il sistema finanziario
necessita di debiti in aumento, e come si può arrivare a mettere in relazione
l’aumento delle ipoteche e dei crediti al consumo con il mantenimento del
sistema finanziario attuale.
Pertanto,
dentro il contesto globale tutto il mondo è indebitato, e la differenza è solo
fra chi deve restituire i debiti e chi no.
La
banca e la bolla immobiliare.
Se 15
anni fa era impensabile che si concedesse una ipoteca a più di 15 o 20 anni,
questa possibilità è stata precisamente raddoppiata, da parte di banche e
casse, fino ai 35 e 40 anni di ipoteca attuali. Con questa azione tanto
semplice quanto perversa, la banca ha facilitato e provocato l’innalzamento del
prezzo della casa, giacché aumentando la capacità di indebitamento delle
persone ha fatto crescere i prezzi che abbiamo capacità di pagare.
Di ciò
ha beneficiato la banca perché, con le ipoteche, ha potuto creare denaro e
chiedere interessi in una quantità molto alta e con un indice di morosità
minimo, grazie alla caratteristica di necessità basica costituita dalla casa.
Con l’aumento dei prezzi, ha provocato la crescita esorbitante dei benefici
delle principali aziende costruttrici e inmobiliari dello Stato e così i suoi
propri benefici, giacché i principali azionisti della maggioranza di queste
imprese sono banche e soprattutto casse di risparmio.
L’inflazione
come furto silenzioso del nostro potere d’acquisto.
Nel
creare denaro e chieder un interesse su di esso, le banche stanno creando
inflazione, ovvero stanno aumentando la quantità di denaro disponibile senza
aumentare allo stesso tempo l’offerta di beni e servizi. Se aumentassimo la
quantità di moneta circolante al doppio senza aumentare la quantità di prodotti
in modo equivalente, non diventeremmo il doppio più ricchi, giacché, essendoci
gli stessi beni, anche i prezzi raddoppierebbero.
Questa
sovra-creazione di un denaro che siamo obbligati a utilizzare ci riguarda tutti
(clienti o no delle banche), e quando questo privilegio si mantiene in
esclusiva per un gruppo di istituzioni private, possiamo concludere che si
tratta di un furto legalizzato a causa del quale i soldi perdono valore in ogni
momento in cui li abbiamo in mano. Tutto considerato, significa un’immensa
somma rubata.
In
più, l’inflazione serve anche per chiudere il cerchio, giacché fa sì che il
denaro abbia un solo luogo sicuro dove rifugiarsi dalla perdita di valore, e
questo luogo è una banca. Così le persone, e specialmente quelle che
risparmiano, sono forzate a proteggersi dalla svalutazione cercando rifugio in
una banca, che con questa nuova entrata potrà creare più denaro e produrre più
inflazione facendo in modo che la ruota non si fermi. L’inflazione intrappola i
nostri soldi nel sistema bancario ed è il miglior incentivo che ha per captare
depositi.
Una
delle conseguenze di questo processo è l’espropriazione che soffrono i
pensionati. I lavoratori, ritiratisi, vedono come pur avendo passato una vita
intera dedicata al lavoro, alla fine della loro vita produttiva si trovano
davanti al fatto che la pensione concede loro un potere d’acquisto ogni volta
più basso. Precisamente l’età della vita in cui dovrebbero poter godere di
tutto lo sforzo realizzato, risulta essere quella in cui possiedono di meno.
Il
furto finanziario in ambito internazionale.
Il
finanziamento interviene anche nel contesto degli scambi economici
internazionali, cioè delle importazioni e delle esportazioni di materie prime e
prodotti manufatturieri. Se un paese ha una bilancia dei pagamenti negativa,
cioè paga più per quello che importa di quanto incassi per quello che esporta,
non potrebbe comprare tutto quello che vuole se non si indebitasse.
Il
debito estero pertanto è conseguenza del deficit commerciale delle imprese e
del governo di un paese nella sua bilancia dei pagamenti internazionali.
Dalla
fine della Seconda Guerra Mondiale questo commercio internazionale si fa
fondamentalmente in dollari e dal 1971, quando eliminando il riferimento
all’oro, la Federal Reserve Americana (FED), ha la completa libertà mettere o
togliere dalla circolazione i dollari che vuole, giacché non deve dare
spiegazioni a nessuno né mostrare nessuna garanzia; e lo stesso vale, ma per
3/4, per la banca privata negli Stati Uniti, con l’unico limite della frazione
di riserva che deve mantenere. In questo modo, controllando la creazione dei
dollari, una minoranza finanziaria (ricordiamo che la FED è un ente privato) controlla
i valori delle relazioni economiche internazionali. In questa maniera gli USA
possono comprare tutto ciò che vogliono, all’estero, mentre gli altri paesi
contraggono debiti che devono pagare. I poteri internazionali approfittano di
questi debiti per obbligare i paesi debitori ad assumere determinate politiche
di apertura delle frontiere alle loro mercanzie e alla speculazione
finanziaria, spingendo a che i potenti si approprino delle loro produzioni e
risorse naturali a prezzi irrisori.
Il
denaro, per come è concepito, è uno strumento a partire dal quale determinati
poteri finanziari si appropriano di tutte le risorse naturali e umane del
pianeta.
Crescita
infinita versus Pianeta finito
Questo
sistema finanziario dipende della concessione di sempre maggiori quantità di
denaro in prestito. I prestiti si traducono infine in un impatto ambientale,
dato che la gente li chiede per comprarsi un’auto, per viaggiare, per ampliare
un’azienda o per costruire case, per esempio. Possiamo vedere, quindi, che
questo sistema di crescita dell’economia mediante il prestito dipende dalla
conversione constante e crescente di risorse naturali in CO2 e residui.
Pertanto, in un momento in cui stiamo arrivando ai limiti della crescita della
produzione di energia a causa del declino del petrolio e quando allo stesso
tempo si avvicinano i limiti di molte estrazioni minerarie, possiamo concludere
che questo sistema creato più di 300 anni fa sulla base del credito crescente,
non può continuare tale per come ora lo conosciamo.
Questa
riflessione coincide con una grande crisi finanziaria globale, così che ci
azzardiamo a domandarci: la crisi attuale significa la fine del sistema
finanziario basato sulla crescita?
Guerre
e finanza.
Forse
non vi sorprenderà sentire che dietro a tutte le guerre ci sono interessi
dell’industria degli armamenti per vendere più armi e intascare molti soldi. La
creazione di necessità dove non ce n’erano è comune a tutte le pratiche del
capitalismo attuale. Che siano armi, nuovi televisori, sistemi di
videovigilanza o elettrodomestici, ci troviamo sempre a che fare con interessi
commerciali alle spalle.
Meno
nota al grande pubblico è l’utilizzazione delle guerre da parte del mondo della
finanza. La banca utilizza le guerre almeno in due modi fondamentali. Da una
parte le spese astronomiche che genera una guerra permettono al potere
finanziario di accaparrarsi il controllo dei paesi in lotta: questi dovranno
far fronte per molti e molti anni al al debito estero contratto, come
storicamente è stato il caso di Nicaragua, Filippine, Nigeria, Camerun, Costa
d’Avorio e Zaire. D’altra parte le guerre in cui intervengono le principali
potenze, come gli USA, permettono di creare una gran quantità di soldi sotto
forma di debito pubblico, di cui si pagano soltanto gli interessi, e in questa
maniera si da al sistema la liquidità di cui necessita. La guerra in Iraq ha
permesso alle banche statunitensi di creare 3 miliardi di dollari dal suo
inizio. Questo è stato il costo della guerra per gli USA e quindi è la cifra di
cui è aumentato il loro debito nazionale nello stesso periodo, che attualmente
è vicina ai 10 miliardi di dollari. Sono dei soldi che non pagano i cittadini
nordamericani, ma quelli di tutto il mondo, attraverso l’inflazione.
Le
banche e
il potere di creare moneta.
Rifondazione.it-Redazione-(20-5-2021)-
ci dice:
“Tutto
quello che avete imparato sulla moneta dai libri di testo di economia è
sbagliato”. Parola della Banca Centrale d’Inghilterra che rimette in discussione le teorie
classiche riconoscendo che, all’opposto di quanto solitamente considerato, non
sono le banche centrali ma quelle commerciali a creare moneta ogni volta che
concedono un prestito e a determinare la quantità di moneta circolante. In
pratica i prestiti concessi dalle banche non sono legati alla massa di depositi
a disposizione, ma è il contrario. Quando una banca concede un prestito non
preleva la somma dai conti dei correntisti ma “crea” del denaro. Tale denaro
scompare successivamente dal sistema con il ripagamento del prestito (come
avviene con il pagamento delle rate di un mutuo). Alla fine ci sarà un saldo
pari agli interessi pagati.
Con il
diffondersi delle cartolarizzazioni tale quantità di denaro creata può crescere
a dismisura. Semplificando, una cartolarizzazione permette di trasformare un
credito in un titolo finanziario da rivendere sui mercati. In pratica la banca
concede un mutuo, ma non aspetta mese dopo mese il rimborso delle rate.
Costruisce invece un’obbligazione che dipende dal pagamento di queste rate. I
vantaggi per la banca sono diversi: da un lato si disfa del rischio che il
mutuatario smetta di pagare (sono ora gli acquirenti delle obbligazioni a farsi
carico di tale rischio), dall’altro toglie dai propri bilanci il mutuo, e
rientra immediatamente dei capitali corrispondenti, potendoli utilizzare per un
nuovo prestito, e quindi per nuova creazione di moneta.
Chiaramente
le banche centrali continuano a mantenere un ruolo di primo piano, e la
quantità di denaro creata dipende dalle politiche monetarie, sia fissando i
tassi di interesse (il cosiddetto “costo del denaro”) sia tramite operazioni di
quantative easing (ovvero l’emissione di moneta da parte di una banca centrale
per acquistare titoli). Di fatto, però, oggi oltre il 90% della moneta
circolante viene creato dalla finanza privata, non da quella pubblica.
Il
“Chicago Plan”
Partendo
da tali considerazioni già negli anni ’30 dello scorso secolo alcuni economisti
pubblicarono un “Programma per la riforma monetaria” e un memorandum
successivamente conosciuto come “Chicago Plan” che proponeva tra le altre cose
di abolire la riserva frazionaria e di obbligare le banche ad avere il 100% di
riserve sui depositi. Di fatto, obbligare le banche ad avere 100 di depositi
per potere prestare 100 equivaleva a rimettere in questione la possibilità che
le banche private possano creare denaro, restituendo tale prerogativa delle
banche centrali.
Alla
luce dei disastri degli ultimi anni e dell’evidente ipertrofia della finanza,
proposte analoghe sono ora tornate prepotentemente in primo piano. Sono quelle
portate avanti dal movimento Positive Money
, e addirittura recentemente riprese dal FMI. (3) È però ancora più
clamoroso che le stesse idee siano state rilanciate nei giorni scorsi dal
Financial Times, in un articolo intitolato “togliete alle banche private il
loro potere di creare moneta” a firma di Martin Wolf, uno dei suoi giornalisti
più importanti.
Già
dall’attacco la posizione è chiara: “stampare banconote false è illegale, ma
creare moneta privata no. L’interdipendenza tra lo Stato e il privato che rende
ciò possibile è la fonte di gran parte dell’attuale instabilità delle nostre
economie. Potrebbe – e dovrebbe – essere terminata”. Secondo Wolf addirittura
il 97% della moneta viene oggi creata dalla finanza privata. La soluzione più
forte sarebbe come accennato quella di obbligare le banche ad avere il 100% di
riserve sui depositi. Già gli estensori dell’originale “Chicago Plan” degli
anni ’30 segnalavano come questo avrebbe enormemente ridotto i problemi
associati ai cicli economici, le crisi bancarie e il debito pubblico.
Danno
o vantaggio per l’economia?
Se
sono diversi i vantaggi che potrebbero derivare da un tale cambiamento, la
critica che viene più spesso ripetuta riguarda i presunti impatti sull’economia
a seguito di un crollo nell’erogazione di credito. Se le banche private per
concedere un prestito devono interamente dipendere dalla moneta messa in
circolazione dalle banche centrali e dai depositi dei correntisti, non si
rischia un drastico taglio, se non una vera e propria paralisi, nel
finanziamento alle imprese e ai cittadini?
In
realtà la mancanza di credito per le imprese e l’economia esiste ed è
drammatica anche con l’attuale sistema, che si dimostra del tutto incapace di
operare nell’interesse generale. Da un lato abbiamo una sterminata massa di
denaro alla continua ed esasperata ricerca del massimo profitto nel minore
tempo possibile, dall’altra parte moltissime imprese e attività sono escluse
dai servizi finanziari. Il problema nell’erogazione del credito non è quindi
quanta moneta venga creata e da chi, ma più propriamente come assicurarsi che
il denaro messo in circolo finisca alla “economia reale”.
Tale
evidenza sembra rafforzare la considerazione che creazione di moneta ed
erogazione di credito sono due cose separate. La prima non ha ricadute positive
sulla seconda, mentre la crescita a dismisura della moneta circolante esaspera
instabilità e crisi, e sottrae strumenti di politica monetaria e finanziaria a
Stati e banche centrali.
Riguardo
l’accesso al credito, la questione è quindi come riportare la finanza a essere
uno strumento al servizio dell’economia e delle persone, e non un fine in sé
stesso per fare soldi dai soldi e come incanalare il denaro verso i bisogni
dell’economia e non verso finalità speculative. In questa direzione sono
diverse le proposte sul tavolo, sia per tenere distinte le diverse attività,
come avverrebbe con la separazione tra banche commerciali e banche di
investimento, sia disincentivando e rendendo meno convenienti le operazioni
speculative, per indirizzare il denaro verso l’intermediazione creditizia e
l’economia produttiva (vanno in questa direzione una tassa sulle transazioni
finanziarie, dei limiti sui derivati, la chiusura del sistema bancario ombra e
altre proposte analoghe).
Quali
politiche monetarie.
Un
problema del tutto simile si pone anche per le banche centrali e l’efficacia
delle attuali politiche monetarie, posta l’ipertrofia e l’instabilità
intrinseca di una finanza che assorbe sempre più capitali. Come fare si che la
liquidità arrivi all’economia e non rimanga “incastrata” in una finanza
autoreferenziale? Per riprendere le parole con cui Keynes illustrava la
trappola della liquidità, “puoi portare un cavallo al fiume ma non puoi
obbligarlo a bere”. Dal 2008 le banche centrali hanno inondato di liquidità i
mercati nel tentativo prima di salvare il sistema finanziario dalla crisi che
aveva provocato, e poi di fare ripartire l’economia. Il primo obiettivo è stato
raggiunto, il secondo molto meno. Basta vedere la situazione in Italia, dove le
banche hanno ottenuto 250 miliardi all’1% tramite il LTRO della BCE (5) ma
prosegue il credit crunch .
In
altre parole, le attuali politiche monetarie delle banche centrali sembrano
inefficaci per fare ripartire il credito e l’economia, e addirittura
all’opposto rischiano di porre le basi per un’ulteriore espansione della sfera
finanziaria, fino all’inevitabile formazione di bolle.
Per
superare il problema sono stati fatti diversi tentativi di “fare bere il
cavallo”. La Banca d’Inghilterra ha vincolato alcuni prestiti a tassi
bassissimi alle banche all’erogazione di crediti, altre banche centrali hanno
imboccato percorsi diversi, in particolare accettando in garanzia titoli frutto
di cartolarizzazioni per fornire liquidità al sistema bancario, sperando così
di incentivare quest’ultimo ad aumentare i crediti erogati.
Una
sorta di quantitative easing in cui la banca centrale emette liquidità non per
comprare titoli di Stato, ma obbligazioni frutto di operazioni di
cartolarizzazione (in gergo Asset Backed Securities o ABS). È in questa
direzione, o in quella di un nuovo LTRO per le banche, che sembrerebbe oggi
volersi muovere la BCE di fronte a una Europa sull’orlo della deflazione. Il rischio evidente è quello di aumentare
ulteriormente la massa di denaro in circolazione, e di replicare e amplificare
gli attuali problemi e instabilità finanziaria, senza che il denaro immesso
vada dove serve.
Oltre
alla creazione di moneta, quindi, è centrale anche esaminare i meccanismi con
cui la stessa moneta creata viene poi immessa nel sistema economico. Oggi è
evidentemente fallimentare l’idea dello “sgocciolamento” o trickle down, per
cui i soldi immessi nel sistema bancario o finanziario finiranno poi a imprese
e cittadini. In questo senso – dati per assodati i disastri provocati dalle
politiche di austerità – appare decisamente pericolosa l’idea che sembra oggi
circolare in Europa di un intervento espansivo della BCE tramite un
quantitative easing inteso come strumento meramente monetario. In direzione
opposta sarebbe necessario mettere in campo tali operazioni come strumenti
fiscali. Non aumentare tout court la massa di moneta circolante, ma permettere agli
Stati di operare in deficit per un rilancio degli investimenti e
dell’occupazione, nella direzione di una riconversione ecologica dell’economia.
Cambiare
strada.
Da qui
bisogna ripartire per un cambiamento di rotta radicale, nel senso etimologico
del termine: rimettendo in questione le stesse radici su cui poggia l’attuale
sistema monetario e finanziario, a partire dalla considerazione che le banche e
il sistema finanziario privato controllano la fornitura di due beni essenziali
ma molto diversi. Da un lato la funzione di creazione di moneta, dall’altro
quella di intermediazione finanziaria. Le banche sono nate per raccogliere
denaro ed erogarlo, facendosi carico di gestire tempi e rischi. Solo
successivamente a questa funzione si è affiancata quella di creare moneta “dal
nulla”. Non ci sono motivi per cui le due funzioni debbano coesistere e non
debbano essere tenute ben separate, lasciando in particolare la creazione di
moneta unicamente al pubblico.
Oggi è
lo stesso Financial Times a ricordarci che l’attuale situazione in cui la
finanza privata crea oltre il 90% della moneta circolante è niente di meno che
“un gigantesco buco al cuore delle nostre economie di mercato. Potrebbe essere
chiuso separando l’offerta di denaro, una funzione propriamente dello Stato,
dall’offerta finanziaria, una funzione del settore privato”.
In
altri termini, uno dei problemi centrali, se non il principale, è un eccesso di
denaro nel sistema finanziario e una sua carenza in quello economico. La crisi
non è dovuta al fatto che non ci sono soldi, ma che ce ne sono troppi. Solo che
sono (quasi) tutti dalla parte sbagliata. Una finanza che non solo non è in
grado di svolgere il proprio compito di strumento al servizio delle attività
economiche, ma che all’opposto è diventata un insostenibile fardello che
condiziona le vite di tutti noi.
Argomenti
che andrebbero esaminati anche alla luce delle tesi riportate nel libro
probabilmente più discusso nelle ultime settimane, ovvero “Capital in the
Twenty-First Century” di Thomas Piketty, secondo il quale il capitale, e il
denaro che produce, si accumulano più velocemente della crescita dell’economia.
Un andamento che è diventato ancora più predominante dagli anni ’80 del secolo
scorso in poi. La tendenza dell’attuale modello è quindi un accumulo sempre
maggiore delle ricchezze in sempre meno mani e una crescita delle
disuguaglianze, a un ritmo sempre più veloce. Secondo l’autore per invertire la
rotta è necessaria “una tassazione progressiva e globale, fondata sulla
tassazione della proprietà privata. È l’unica soluzione civile. Le altre
soluzioni, credo, sono molto più barbare – con questo intendo l’istituzione di
un sistema oligarchico quale quello russo, nel quale non credo, o l’inflazione,
che in realtà è unicamente una tassa sui poveri”.
Queste
considerazioni dovrebbero essere alla base dell’attuale dibattito: chi crea
moneta, come questa viene immessa nel sistema, quanto rimane in circuiti
meramente finanziari rispetto a quella a disposizione delle imprese e dei
cittadini, quali sono gli impatti sulle nostre vite e sulla distribuzione della
ricchezza. Non è detto che le proposte di tassazione avanzate da Piketty siano
praticabili, cosi come non è detto che quelle monetarie sostenute da movimenti
come Positive Money e riprese dal Financial Times siano le uniche, ne le
migliori possibili. La domanda è però se per cambiare rotta rispetto ad un
sistema monetario e finanziario inefficace quanto inefficiente sia davvero
necessario aspettare nuove bolle e nuove inevitabili crisi.
Prof.
Zibordi:"Le banche creano denaro
dal
nulla ma Padoan non lo sa."
Giacintoauriti.com-Redazione-(4
novembre 2014)-ci dice:
(questo articolo è tratto dall'articolo del prof.
Zibordi cobraf.com/forum/coolpost.php?topic_id=5067&reply_id=123569488&topicGroupID=1
).
Padoan-tasse
giù.
E' un
grande economista...Cioè non capisce un 'azzo.
Non
sa, o fa finta di non sapere pur essendo professore, che nell'economia moderna
lo Stato incassa di tasse solo soldi che ha prima creato. E quindi è assurdo,
ridicolo e demenziale dire che lo stato è senza soldi.
Nella
realtà pratica lo Stato si fa sempre accreditare i soldi dalla Banca Centrale,
che li crea dal niente. Lo Stato non riceve contabilmente soldi da nessun conto
bancario. Quando
cioè compri un BTP lo stato non riceve materialmente, contabilmente, soldi che
avevi presso la banca.
Il
motivo ovviamente è che spesso questi soldi NON ESISTONO.
Perché
le banche moderne operano per il 95-93% con soldi a debito, non con soldi loro
e quindi i tuoi "soldi in banca" in realtà a loro volta la banca li
ha quasi tutti impiegati, per cui non si sa se (contabilmente) ci sarebbero
quando dai un ordine di comprare BTP o altro.
Per
fortuna però il 98% del denaro di solito rimane a circolare all'interno del
sistema bancario del paese per cui i pagamenti tra privati si compensano... Ma
quando compri titoli pubblici è diverso, contabilmente i soldi escono dal
sistema bancario e vanno sul conto dello stato. Di conseguenza lo Stato, in tutti i
paesi moderni, si fa accreditare sul suo conto presso la Banca Centrale i soldi
che deve spendere e la Banca Centrale li crea "dal niente" e glieli
accredita (e per far quadrare la contabilità segna nel suo passivo una voce
apposita: "riserve").
Qual'è
il senso di tutti questi giri contabili ?
Che il
denaro vero è come dice Ray Dalio un 5% del totale e il resto è debito e il
sistema sta in piedi solo perché si ha fiducia, si suppone, che in caso di
bisogno lo stato crei denaro fresco e lo fornisca. E avendo questa fiducia non
lo si richiede quasi mai.
Ho
impiegato un anno a scrivere il libro per Hoepli perché ho controllato queste
cose cinquanta volte. Avevo sempre paura di avere preso una cantonata, è una storia
così incredibile che pensi la prima volta che la impari che sia una bufala. Ma poi piano piano leggendo
documenti, libri, papers, articoli sia di cento anni fa che di oggi ti convinci
che funziona così. Cioè che il denaro nell'economia moderna è una finzione, un
"trucco contabile basato sulla fiducia". Fiducia in cosa ? Nelle banche, di cui hai fiducia solo
nella misura in cui hai fiducia che siano sostenute dallo Stato a loro volta.
Quindi
alla fine il denaro è una convenzione, una finzione contabile, dei numeri che
appaiono nei conti bancari di cui si ha fiducia solo perché si pensa che alla
fine in ogni caso lo Stato possa stampare lui il denaro necessario e fornirlo
alle banche. ( come diceva il nostro
Giacinto Auriti - n.d.r. )
MA DA
QUESTO DERIVA CHE E' ASSURDO, RIDICOLO, DEMENZIALE PARLARE DI UNO STATO CHE
RIMANGA SENZA SOLDI.
Come
invece fanno dal mattino alla sera sui giornali i "grandi economisti"
come il buon Padoan.
...Nel
sistema monetario attuale, quando lo stato spende o quando vende titoli di
stato, non usa moneta come quella che utilizzano i privati, ma quella della Banca Centrale, una
moneta di cui il 99% dei cittadini non ha mai sentore perché non circola tra
loro, ma di cui si è cominciato a parlare sui giornali da quando c’è stata la
crisi finanziaria e le banche centrali ne hanno creato per 9mila miliardi di
dollari.
Anche
se le leggi attuali impongono allo stato di indebitarsi sul mercato quando ha
un deficit, dal punto di vista contabile invece quando vende titoli di stato
riceve un accredito dalla Banca Centrale, con denaro che lei stessa crea “dal
niente” (chiamato
“riserve”). E viceversa, quando lo stato spende, la Banca Centrale addebita il suo
conto e crea un accredito per la banca in cui viene depositato l’assegno del
governo.
Quando il governo vende titoli di stato la Banca Centrale presta riserve alle
banche e quando lo stato spende le vengono restituite.
Il
fatto che nel sistema attuale, dal punto di vista operativo, quando il governo
vende titoli di stato riceve denaro che la Banca Centrale ha creato
appositamente può sembrare un dettaglio di contabilità, perché alla fine chi ha
comprato ad es 1000 di BTP vede un addebito di 1000 e il conto dello stato
presso la Banca Centrale aumenta di 1000. Ma se compri titoli di stato usando
soldi che hai sul tuo conto, perché la banca deve simultaneamente riceverne
dalla Banca Centrale ?
Quando
si compra un BTP inviando un bonifico si immagina che la banca trasferisca
l’importo esistente nel conto ad un conto dello stato, come per ogni altro
pagamento. In
realtà il Tesoro riceve i soldi dalla Banca Centrale, la quale accredita da una
parte l’importo allo stato e dall’altra parte però accredita anche lo stesso
importo alla banca. Hai una moltiplicazione contabile, chi ha comprato BTP li
trova nel conto deposito, mentre il suo conto corrente si riduce di 100, lo
stato riceve un accredito di 100 nel suo conto presso la banca centrale e si è
indebitato di 100, ma appare anche un saldo di 100 nel bilancio della banca
come prestito della banca centrale.
Quello
che succede è che la Banca Centrale interviene creando un deposito per lo stato
e un prestito per la banca, per cui in effetti operativamente è lei che
finanzia la vendita di BTP. I soldi non vengono dalla Banca per conto del
cliente, ma dalla Banca Centrale, e quando lo stato poi spende i soldi ricevuti
la banca restituisce il prestito di riserve alla Banca Centrale.
Questo
è come funziona operativamente il finanziamento dello Stato quando vende titoli
di Stato in tutti i paesi. Non stiamo parlando qui di una “teoria” monetaria, ma di una descrizione del meccanismo
reale, operativo e contabile, di come gli stati nella realtà si finanziano da
decenni. In
questo senso quindi si può affermare che lo Stato si INDEBITA con soldi che lui
stesso crea .
Claudio
MARCONI- L’odore dei soldi
e ‘la morte in banca’.
Scriptandbooks.it-Claudio Marconi-(12-10-2015)- ci
dice:
Difficile
mettere ordine tutti i tasselli dell’affare -denaro, quasi sempre fondato su
velati raggiri – Il primo concetto di
cui impossessarsi (per capire le subite vessazioni) è quello di Signoraggio –
Quel che è accaduto fra Banca Etruria, Banca delle Marche ecc. (già
‘suffragate’ da salvataggi mirati e dal suicidio d’un pensionato di
Civitavecchia finito sul lastrico) impongono un’analisi che risalga alla radice
dello ‘sgozzamento’ finanziario, capitalista, oligarchico- Concepito per essere
quel che di fatto è: una sopraffazione contro bisognevoli, sprovveduti,
aspiranti speculatori.
Secondo
la nostra Costituzione, lo Stato, come emanazione politica del Popolo, ha il
potere e il dovere costituzionale di esercitare la sovranità politica e
monetaria nell’interesse supremo dei cittadini dai quali ha ricevuto il mandato
popolare.
L’articolo
1 della Costituzione al comma 2 stabilisce che “La Sovranità appartiene al
Popolo, (anche se) la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalla costituzione.” Allora è del tutto
evidente che se il Popolo è Sovrano, di fatto dovrebbe esercitare la sua
sovranità anche e soprattutto sulla emissione della propria moneta!
Infatti
la maggior parte delle persone è convinta che il nostro denaro sia emesso per
decreto dal governo o dalla zecca dello Stato. Purtroppo però
le cose non
stanno assolutamente così. In realtà lo Stato ha consentito alla
Banca Centrale, controllata da privati, di esercitare in sua vece il potere
sovrano di creare moneta e gestire il credito, di conseguenza le banche hanno
acquisito il monopolio sull’emissione della moneta e attraverso la gestione
“privatistica” del credito e il controllo del debito pubblico, determinano e
condizionano il sistema monetario e quindi: il destino economico del
nostro paese.
Attualmente
il nostro sistema bancario è in mano a un ristretto gruppo di banchieri privati
che, in perfetta sintonia e complicità con la classe politica corrotta e
attraverso vari sotterfugi istituzionali, è riuscito ad assumere il totale
controllo sull’emissione della moneta divenendo di fatto proprietario e gestore
di tutto il denaro in circolazione.
Questo
colossale inganno ha permesso al sistema bancario privato di acquisire il
monopolio sulla creazione della moneta trasformando il Popolo da Sovrano in
eterno “debitore” e schiavo di questo sistema bancario fondato sulla truffa
monetaria del Signoraggio primario e secondario.
È
fondamentale capire che il Signoraggio è lo strumento utilizzato dai banchieri
per imporre ai popoli il proprio dominio ed è praticamente sconosciuto alla
stragrande maggioranza delle persone che a causa di questa “ignoranza”, voluta
e programmata dallo stesso potere
bancario, lo subisce passivamente.
Uno
Stato, defraudato della propria Sovranità monetaria, non può dirsi davvero
Indipendente e Sovrano e un Popolo, privato della sua moneta, automaticamente
cessa di essere libero e diventa schiavo di chiunque, al
di fuori del
popolo stesso, detenga
il monopolio dell’emissione
monetaria. Il meccanismo del Signoraggio è maledettamente geniale
proprio per la sua diabolica semplicità.
La
B.C.E. (Banca Centrale Europea), per conto della Banca d’Italia, mette in
circolazione le euro/banconote stampate a costo zero “prestandole” agli Stati,
in cambio di titoli del tesoro (B.O.T o C.C.T) ma attenzione: non
“accreditando” bensì “addebitando” agli stati sovrani, ovvero cedendo le
banconote non al costo tipografico ma al valore nominale (50, 100, 500 euro),
gravandole poi degli interessi, al tasso che la stessa Banca Centrale decide in
totale autonomia e senza alcun reale controllo da parte delle istituzioni
pubbliche.
Tutti
possono “prestare” il proprio denaro, ad esclusione della Banca Centrale di
emissione poiché non ne ha la proprietà.
Alla banca centrale, infatti, appartiene solamente il valore intrinseco
della banconota che è pari al suo costo di produzione (carta e
inchiostro). Le banche però sono
autorizzate a mettere in circolazione denaro senza valore in virtù di leggi e
provvedimenti di comodo approvati in parlamento dai politici compiacenti se non
direttamente coinvolti nella colossale truffa del Signoraggio.
Inoltre,
questo è possibile grazie alle direttive impartite dal famigerato, nonché
incostituzionale, “Trattato di Maastricht”, (trattato sulla moneta unica
europea) entrato in vigore il 1° novembre 1993. La Banca Centrale Europea,
quando “fabbrica” una qualunque banconota, sostiene un costo materiale di soli
0.3 centesimi di euro.
La
differenza tra il costo di stampa e il valore facciale delle banconote viene
comunemente definito “Reddito da Signoraggio”e viene attribuito alla Banca Centrale
per la sua
funzione di emissione. Ad esempio: su un biglietto da 100
la Banca Centrale incamera 100 euro più gli interessi, diciamo del 2,50%, meno
il costo di produzione di circa 3 centesimi, perciò il guadagno da Signoraggio
per la banca è pari a euro 102.47, che in parte vanno ad incrementare il debito
pubblico e in parte vengono incassati come interessi dalla stessa Banca
Centrale.
Ora
non rimane che moltiplicare questa semplice operazione contabile per il valore
totale delle banconote in circolazione e si avrà l’entità reale della truffa
monetaria che la B.C.E./Banca d’Italia realizza frodando lo Stato
“consenziente” e truffando tutti i cittadini pressoché ignari dell’inganno.
In
effetti, la Banca Centrale Europea non è altro che una normalissima
“tipografia” ma si comporta e trae cospicui benefici dalla stampa delle banconote come se fosse
“proprietaria della moneta” Questo espediente contabile procura
alla Banca Centrale e ai suoi azionisti privati enormi profitti che andrebbero
perlomeno tassati dal fisco.
Gli
utili reali però vengono “occultati” attraverso semplici e collaudati
artifici
contabili. In effetti si
falsificano i bilanci, iscrivendo nelle poste passive il “valore nominale”
delle banconote in circolazione e nell’attivo il controvalore dei titoli di
stato avuti in cambio dal Ministero del Tesoro, ottenendo così un finto
“pareggio di bilancio” che produce l’occultamento della maggior parte del
reddito da Signoraggio.
La
banca per regola dovrebbe iscrivere nelle passività solo il costo di produzione
delle banconote in circolazione e non il valore nominale, così facendo si
avrebbe, per un biglietto da 100 euro, una passività di 0,3 centesimi e non di
100 euro e nelle attività si registra giustamente il valore “nominale” dei
titoli di stato emessi dal Tesoro cioè 100 euro perché questo è l’introito
effettivo a fronte dei titoli che la banca realizza (più
gli interessi). Ecco come si
occultano gli utili di bilancio.
In
altri termini, un credito cioè il titolo di stato del valore di 100 euro viene
pareggiato con il controvalore nominale della banconota da 100 euro che in
realtà è costato alla banca solo 0,3 centesimi perciò: 100 (banconota) meno 100
(titolo di stato) = (falso) pareggio di bilancio. Il calcolo corretto dovrebbe
essere invece: 100 (titolo di stato) meno 0,3 cent. (costo banconota) =
guadagno 99,70 più interessi.
Il
falso in bilancio consiste nel dichiarare come reddito solo gli interessi, che
sono decine di miliardi di euro all’anno, ma allora come andrebbero
contabilizzati in bilancio i 1.900 miliardi di debito pubblico che in
larghissima parte gli italiani hanno contratto con la Banca Centrale e più in
generale col sistema bancario nazionale e internazionale?
Quindi
i conti non tornano, infatti non vengono tassati dal fisco i 99,70 euro più gli
interessi bensì solo gli interessi (meno le spese) e, visto che gli importi
occultati sono davvero notevoli, la Banca Centrale, falsificando il proprio
bilancio, ottiene enormi e illeciti profitti anche dalla conseguente evasione
fiscale.
Quanto
poi alle banconote in circolazione, non si possono considerare un debito per la
Banca Centrale, lo sarebbero se la stessa emettesse moneta a fronte di una
riserva aurea, ma così non è dal 1971 con l’abolizione degli accordi di Breton
Wood, da allora infatti tutte le Banche Centrali emettono moneta creandola dal
nulla, cioè senza riserva, insomma…cartastraccia.
In
Italia la Banca Centrale di emissione è denominata “Banca d’Italia” ma in
realtà non è “pubblica” o “dello Stato” come ingenuamente è indotta a credere
la gente comune, soprattutto per la generica ma ingannevole definizione di
“Istituto di diritto pubblico” contenuta nel suo statuto.
La
banca d’Italia in pratica è e si comporta come una S.p.A. ed è gestita da
privati e anche se continua ad apparire a tutti come “la Banca Centrale dello
Stato Italiano”, in realtà Bankitalia è “di fatto privata” perché controllata
per il 90%, attraverso “le quote”, dalle maggiori banche private italiane e da
alcune grandi Assicurazioni come “Le Generali” e solamente il 5% di quote è
posseduto dall’INPS come “ente
pubblico” (più una
parte trascurabile dall’I.N.A.I.L.). Tutto questo è in
contrasto con quanto stabiliva lo stesso Statuto di Bankitalia che all’Art. 3,
recitava: “in ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della
partecipazione maggioritaria al capitale da parte di Enti pubblici”.
Il 16
dicembre 2006 il Governo Prodi approva una modifica dell’Art. 3 dello Statuto,
che ora recita così: “il trasferimento delle quote avviene, su proposta del
Direttorio, nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto”.
Cioè la Banca stessa decide chi può detenere le quote/azioni, sia esso pubblico
o privato, senza dover rendere conto di nulla a nessuno.
Se la
Banca Centrale non fosse stata di fatto “privatizzata” e fosse lo Stato ad
emettere la “nostra moneta”, il
cosiddetto “reddito da Signoraggio” tornerebbe allo Stato e non sarebbe
sottratto al Popolo sotto forma di interessi sul tristemente famoso “debito
pubblico”. Lo Stato Italiano infatti è oberato da un debito pubblico che ormai
supera 1.900 miliardi di euro proprio a causa di questo perverso indebitamento
statale in larga parte nei confronti della Banca Centrale e per pagare gli
interessi sul debito pubblico, il governo tassa impunemente i cittadini, il
lavoro, i servizi, i beni primari e tutto ciò che è tassabile.
La
triste realtà è che i cittadini italiani sono costretti a sborsare, su questo
debito pubblico inventato da politici e banchieri, oltre 80 miliardi di euro di
interessi all’anno, estorti dal Governo con l’imposizione fiscale e attraverso
il prelievo forzoso di innumerevoli tasse
e odiose gabelle. In definitiva, è allo Stato che
spetta il compito di emettere “tutta” la nostra moneta.
Se fossimo
Cittadini e non
sudditi, dovremmo opporci
attivamente contro lo strapotere delle banche e questa classe politica
corrotta, il paese avrà pure diritto a
un Governo in cui il cittadino si riconosca pienamente e non lo avverta invece
come una “minaccia”, come una presenza aliena, ostile ed estranea. Sarebbe
troppo pretendere un governo in grado di esercitare la propria Sovranità
politica e monetaria nell’interesse sovrano del Popolo ?
Ma la
parte peggiore della faccenda è che solo il 10% della massa monetaria è
costituito da denaro fisico, ossia banconote emesse dalla B.C.E.
e monete metalliche coniate dallo
Stato. Il restante 90% della moneta viene messo in circolazione dalle
banche ordinarie o commerciali, sotto forma di “credito”, ovvero “denaro
virtuale”: assegni, carte di credito e cifre sulla memoria informatica di un
computer, cioè moneta fittizia/fasulla perché senza copertura, che non costa
nulla alla banca ma che trasforma i cittadini, solo perché obbligati a spendere
questa moneta “privata”, in eterni schiavi del debito ma, in compenso, fa
diventare ricchi e potenti gli adoratori del dio denaro.
Ora è
chiaro che il denaro viene letteralmente creato dal nulla dalle banche, infatti
sulla base degli accordi interbancari di Basilea 2, le suddette banche
“ordinarie” o “commerciali” si sono date come regola quella di detenere come
riserva obbligatoria “a garanzia” soltanto il 2% dei depositi per poi prestare
il restante 98% ad altri clienti, ma si badi bene, non utilizzando il denaro
depositato dai correntisti, bensì “inventandolo” ad ogni successiva richiesta,
sotto forma di denaro creditizio ovvero nuovo credito, “sulla base” del
deposito iniziale moltiplicato quasi all’infinito. Facciamo un esempio: se
depositiamo, 1.000 euro in una banca, il
“sistema bancario” nel suo insieme, sulla base di quei 1.000 euro, può
prestare, creando altro denaro dal nulla sotto forma di “credito”, con la
moltiplicazione del valore dei depositi, fino a 50.000 euro per ogni 1.000
depositati, (questo meccanismo in gergo bancario è noto col nome di
“moltiplicatore monetario”).
Così
il sistema bancario, indebitando i cittadini, incassa interessi, non sui mille
euro iniziali e che, peraltro non sono nemmeno suoi ma del correntista, bensì
sui 50.000 creati con poca fatica e a costo zero. Questo meccanismo di
espansione della massa monetaria, nell’oscura terminologia bancaria, viene
definita “Riserva frazionaria” o Signoraggio secondario. Non tragga in inganno il termine “secondario”
poiché in quanto a danni e potere distruttivo per la comunità esso non è
certamente secondario ma anzi è ben maggiore del Signoraggio primario sulle
banconote che fa capo alla B.C.E./Bankitalia.
La
banca concede prestiti con denaro che non possiede e che inventa sul momento
moltiplicando numeri e pezzi di carta senza valore reale, ma poi il debitore
deve restituire alla banca denaro “vero” guadagnato lavorando con fatica e sudore e persino sotto
il ricatto del pignoramento dei beni dati a garanzia in caso di “insolvenza”. Infatti, come se non bastasse,
la banca concede il prestito solamente se esso è “garantito” dai beni materiali
dei cittadini. La banca stampa denaro falso e lo presta a usura accumulando
enormi profitti sottraendoli a chi lavora e produce vera ricchezza.
La
ricchezza di un Paese è prodotta dal Popolo, la moneta è stata inventata per
“agevolare” gli scambi dei beni e dei servizi prodotti col lavoro dai
cittadini, quindi la moneta ha valore solo perché gli stessi cittadini la
accettano e la fanno circolare usandola come mezzo di scambio dei beni. Le banche non producono nessuna “vera
ricchezza” ma solo “l’unità di misura” dei beni oggetto dello scambio, esse
creano dal nulla il nostro denaro, ne assumono illecitamente la proprietà e poi
ce lo prestano lucrando enormi profitti con l’applicazione di un interesse !
Perché lo permettiamo?
Oggi
mi sento italiano e lotto
per
salvare la vostra democrazia.
Laverita.info-Federico
Novella -intervista a Robert F. Kennedy Jr-(13-11-2021)- ci dicono:
L’avvocato
,nipote di JFK : “scendo in piazza a Milano contro l’emergenza infinita e gli attacchi
alla libertà”.
(Anche Cacciari tiene una lezione: “ difenderò la
costituzione”. “Col Virus ,accentramento dei poteri surrettizio”.
“Con la
pandemia si è affermato un progressivo accentramento dei poteri nel governo che
surrettiziamente si va consolidando”.
L’ha
detto Massimo
Cacciari ,ieri,
all’Università di Pavia, lamentando che Regioni ed Enti locali “sonio sempre
meno considerati. Continuerò a difendere la Costituzione contro l’attuale accentramento dei poteri”.(Martino Cervo-La Verità). ).
Robert
F. Kennedy Jr è sbarcato in Italia e si prepara
a
guidare la protesta “no pass” in questo sabato di tensione. Il guru “ no vax “,figlio
di Bob Kennedy e nipote del celebre presidente americano John Fitzgerald K., oggi
manifesta a Milano contro la gestione governativa della pandemia.
Avvocato
,67 anni ,censurato dai social network come
propalatore di fake news , ha di recente
pubblicato negli Stati Uniti un libro scottante : “The Real Antony Fauci” , dedicato a quelle
che lui considera le eminenze grigie dell’emergenza sanitaria. Diversi membri della
Famiglia Kennedy si sono pubblicamente
dissociati dalle sue posizioni estreme ,
ma lui tira dritto.
Mister
Kennedy ,il governo italiano ha limitato le manifestazioni no pass. In questo clima,
come si sta preparando all’evento di oggi a Milano ?
“Ho
accettato volentieri l’invito degli italiani ,che a Milano e nel resto d’Italia
,stanno lottando per ripristinare la loro democrazia. Farò tutto ciò che posso
per aiutarli. Immagino che oggi verremo trasferiti in qualche altro posto
rispetto a quello previsto ,ovviamente con l’approvazione delle forze dell’ordine”.
Perché
è convinto che il green pass danneggi la democrazia?
“E’
solo l’ultimo strumento di un armamentario volto a sferrare un attacco totale
al sistema democratico . Si somma alla limitazione alla libertà di
espressione e di stampa: è chiaro a
tutti che ogni voce critica nei confronti delle politiche del governo viene
vilipesa e censurata. Non mio ritengo un no vax: chiedi solo che ci sia un
dibattito libero”.
Su
quali punti ?
“E’
normale aver consentito ad alcune aziende farmaceutiche di declinare qualsiasi
responsabilità sugli eventi avversi di prodotti sostanzialmente obbligatori? E’
normale accettare intrusioni senza precedenti del potere pubblico nella sfera privata degli individui? Senza contare che qui
in Italia avete vissuto un’incredibile aggressione alla proprietà privata:
migliaia di attività commerciali sono state chiuse senza adeguati risarcimenti
.Insomma ,sono stati calpestati numerosi diritti costituzionali. Il green pass è
un po' l’emblema di questa situazione: permetterà ai governi non solo di
limitare i movimenti delle persone , ma anche di tracciarli e controllarli “.
John
Fitzgerald Kennedy negli anni Sessanta firmò un gigantesco programma di vaccinazione
di massa contro la polio. Con queste sue
uscite non pensa di gettare alle ortiche l’eredità di JFK ?
“All’epoca
il vaccino era considerato un’invenzione miracolosa, ma non credo che oggi JFK
approverebbe ciò che sta accadendo. Lui odiava ogni forma di restrizione alla
libertà d’espressione. Pensava che fosse il primo passo verso il totalitarismo.
L’emergenza
sanitaria in Italia diventerà permanente ?
“Certo
e non solo in Italia. Nessun governo nella storia ,avendo avuto l’occasione di
accumulare potere ,vi rinuncia volontariamente .Io sono semplicemente convinto che
il vaccino non sia perfetto , e che la vaccinazione di massa alimenti la
nascita di varianti del virus. Se ci affidiamo solo a questo strumento ,ogni
volta che arriverà una nuova variante, i
governi avranno un preteso per fabbricare nuovi vaccini e attuare l’ennesimo
giro di vite sui diritti della popolazione . Come in un circolo vizioso non ne usciremo
mai “.
Che ne
pensa dell’idea di estendere il vaccino ai bambini ?
“Sarebbe
una scelta criminale. Nessuno è più in grado di sostenere che questo vaccino
previene la trasmissione del virus .Ormai non lo dice neppure Antony Fauci,o i
capi di Pfizer e Moderna. E allora , per quale motivo dovremmo vaccinare i bambini?
Non esistono bambini sani che vengono contagiati in maniera letale dal Covid. Esistono piuttosto bambini che sviluppano un’immunità naturale
,acquisendo una protezione addirittura
migliore”.
E’
accusato di essere uno dei sacerdoti supremi del complottismo ,di diffondere scientemente
falsità. A chi converrebbe questa pandemia ?
“Non
sono un complottista ,pubblico fatti: il mio libro ha più di 2.000 note
bibliografiche. Da quando è iniziata l’emergenza c’è stato un enorme
spostamento di ricchezza,3,8 trilioni di dollari : una massa di denaro che è stata trasferita dai lavoratori a un piccolo gruppo di miliardari
che oggi gestiscono il pianeta. Bill Gates , Mark Zuckerberg , Michael
Bloomberg : sono le stesse persone che
oggi silenziano ogni voce critica contro la politica lockdown . Per questo
torno a ripetere che occorre una discussione pubblica trasparente”.
Il
presidente Kennedy davanti al muro di Berlino durante la guerra fredda disse :
io sono berlinese.
“ Certo perché la fratellanza va oltre
la nazionalità. Deriva da valori condivisi . E oggi condivido con gli italiani
l’amor per la libertà, per assicurare un futuro luminoso e democratico alle generazioni
future”.
Le
banche creano denaro
dal
nulla e lo confessano.
Nicoletatforcheri.wordpress.com-Nicoletta
Forcheri-( 31-7-2013)- ci dice:
Salvatoretamburro.blogspot.it-
Salvatore Tamburro-(31-7-2013)-ci dice:
Molti
di voi sapranno cosa sia la riserva frazionaria, metodo attraverso cui le banche
creano denaro ex nihilo, praticamente dal nulla attraverso un semplice click su
un computer.
Qualora
voi foste i correntisti di una stessa filiale bancaria, provate ad andare tutti
insieme allo sportello di banca a richiedere il vostro denaro depositato.
Sapete cosa accadrebbe? L’impiegato allo sportello sarebbe costretto a
comunicarvi che i vostri soldi non sono disponibili e di ritornare tra qualche
giorno su invito della banca.
Il
motivo? I vostri soldi in quella banca NON ESISTONO fisicamente.
La
riserva frazionaria, che rende possibile alle banche di svolgere legalmente
un’attività criminale molto profittevole, rende così il sistema economico
strutturalmente instabile e cioè necessariamente esposto a cicli economici di
boom e crisi.
Come è
possibile che un banchiere svolga un’attività criminale senza finire in
prigione? Eppure
se un semplice cittadino domattina provasse a stampare moneta e provasse a
metterla in circolazione potrebbe essere arrestato per violazione del Codice
Penale (TITOLO VII: DEI DELITTI CONTRO LA FEDE PUBBLICA – Capo I: DELLA FALSITÀ
IN MONETE, IN CARTE – Art. 455 — Spendita e introduzione nello Stato, senza
concerto,di monete falsificate), con una pena da 1 a 3 anni di reclusione.
Non me
la prendo più di tanto con i giornalisti, visto che la maggior parte di solo
sono degli insignificanti guitti del sistema bancario, proni a rispettare il
diktat imposto da banche e corporations, rendendo l’informazione completamente
assente; però mi chiedo perché la magistratura continui nel ruolo della grande
assente, personificando di fatto il motto giapponese delle tre scimmiette
sagge: “non
vedere il male, non sentire il male, non parlare del male“.
Questo
sistema attraverso cui si arricchiscono le banche private e si impoveriscono i cittadini
(attraverso condizioni economiche\contrattuali spesso illecite e con interessi
passivi ancora più spesso usurai) è ormai avvalorato anche nelle dichiarazioni
e nei documenti ufficiali delle Banche Centrali o del Fondo Monetario
Internazionale.
Eccovi
di seguito alcune prove e leggete con attenzione le fonti di tali
dichiarazioni:
“Nell’attuale
sistema bancario non c’è bisogno di aspettare che appaiano i correntisti per
rendere i fondi disponibili, per poterli dare in prestito o intermediarli. Piuttosto, il sistema bancario di
fatto crea fondi propri, depositi, all’atto del prestito stesso. Questo meccanismo può essere
verificato nella descrizione del sistema di creazione del denaro in molte
dichiarazioni delle Banche Centrali ed è evidente per chiunque abbia chiesto in
prestito denaro, creando le voci di bilancio risultanti da esso.“
The
Chicago Plan Revisited, Jaromir Benes and Michael Kumhof, IMF Working Paper August
2012.
(imf.org/external/pubs/ft/wp/2012/wp12202.pdf)
“Le
banche creano il denaro nel momento in cui lo prestano“
Money
Banking & Monetary Policy – Federal
Reserve Bank of Dallas, May 2007
(scribd.com/doc/152574897/Money-Banking-Dallas)
“Le
banche estendono il credito con la creazione di denaro “.
Quarterly
Bulletin, Q1 Vol 48. No. 1. Bank of England, 2008
(scribd.com/doc/152564364/Bank-of-England-Ist-Quarterly-Report-2008-p-103-Bottom-Left-Para)
“Quello
che fanno quando concedono prestiti è accettare impegni di restituzione rateale
in cambio di credito sul conto dei mutuatari.“
Modern
Money Mechanics – Dorothy M. Nichols – Federal Reserve Bank of Chicago, May
1961
(scribd.com/doc/139840664/Modern-Money-Mechanics
)
“Il
credito delle rate di restituzione (in buona sostanza degli impegni
contrattuali con le banche), ovvero la moneta di conto, diventa denaro non
appena le banche lo contabilizzano, con l’intento di trattarlo come denaro
contante.“
Walker
F. Todd. Affidavit, Chagrin Falls, Ohio, USA, 05 Dec 2003. (20yrs as attorney
& legal officer of Federal Reserve Bank of New York & Cleveland)
(scribd.com/doc/152571851/Walker-Todd-Affidavit
)
“Le
banche commerciali creano denaro rendicontato ogni volta che concedono un
prestito, semplicemente aggiungendo nuovi dollari in deposito sui loro libri
contabili a fronte dello IOU di un mutuatario“.
I Bet
You Thought – Friedman, David H. Federal Reserve Bank of New York, Dec 1977
(scribd.com/doc/152567532/I-Bet-You-Thought
)
(Arringa dell’europarlamentare Godfrey Bloom
contro le banche centrali al Parlamento Europeo.) (Salvatore Tamburro).
Il
neoliberismo ci ha indotti a credere
a
delle favole sulla provenienza del denaro.
Attivismo.info-
Mary Mellow-(6 Agosto 2019)- ci dice:
Non
c’è nulla di naturale nel denaro. Non esiste nessun collegamento a una qualche forma
essenziale di denaro che ponga un limite alla sua creazione. Può essere
costituito da comune metallo, da carta o da dati elettronici: nessuna di queste
cose è merce rara.
Allo
stesso modo, nonostante ciò che potreste aver sentito in merito alla necessità
di austerità e alla mancanza di “alberi degli zecchini” generatori di
liquidità, non esiste un livello “naturale” di spesa pubblica. Le dimensioni e
la portata del settore pubblico sono una questione di scelta politica. Il che
mette in questione l’austerità, l’abbattimento della spesa nell’economia
pubblica.
Per
alcuni paesi, come la Grecia, l’impatto dell’austerità è stato devastante. Le
politiche di austerità persistono nonostante numerosi studi sostengano che
siano state del tutto sbagliate, basate su di una scelta politica piuttosto che
sulla logica economica. Ma il caso economico dell’austerità è egualmente
sbagliato: è basato su qualcosa che potremmo meglio chiamare “economia delle
favole”.
Quali
sarebbero quindi le giustificazioni per l’austerità? La Gran Bretagna, per esempio, vive
in regime di austerità dal 2010, quando il governo
conservatore-liberal-democratico che si insediò ha cambiato le politiche sul
lavoro a causa dell’aumento del livello di spesa pubblica, in risposta alla
crisi finanziaria del 2007-2008. La crisi aveva creato una tempesta perfetta:
il salvataggio delle banche richiedeva alti livelli di spesa pubblica, mentre
la contrazione economica riduceva il gettito fiscale. Il motivo dell’austerità
era che i contribuenti non potevano sostenere un livello più alto di spesa
pubblica. Questa decisione fu supportata dall’ “economia della borsellino”, che
adotta l’analogia fra gli stati e le famiglie, dipendenti dal reddito di un
capofamiglia (ovvero il settore privato).
Sotto
il giogo dell’economia della borsa, gli stati sono tenuti a limitare le loro
spese a quello che si ritiene il contribuente possa permettersi. Gli stati non
devono tentare di aumentare la spesa prendendo in prestito denaro dal settore
finanziario (privato) o “stampando moneta” (sebbene le banche siano state
salvate con lo stesso metodo, ma usando un nome diverso, “quantitative easing”,
la creazione di moneta elettronica). L’ideologia di tale economia sostiene che
il denaro deve essere generato solo attraverso l’attività di mercato e che ce
ne sia sempre poco. La richiesta di aumento della spesa pubblica incontra quasi
invariabilmente la stessa risposta “da dove li prendiamo i soldi”? Di fronte ai
salari bassi del Servizio Sanitario Nazionale, il Primo Ministro inglese (ora
ex) Theresa May ha notoriamente dichiarato, “non esiste un albero magico che
produce il denaro”.
Allora,
da dove proviene il denaro? E che cosa è?
COS’E’
IL DENARO?
Fino a
circa 50 anni fa la risposta sembrava ovvia: il denaro era rappresentato dai
contanti (banconote e monete). Quando il denaro era tangibile, non sembravano esserci dubbi
sulla sua origine o sul suo valore. Le monete venivano coniate, le banconote
stampate. Entrambe le cose erano autorizzate dai governi o dalle banche
centrali.
Ma
cosa è il denaro oggi? Nelle economie più ricche l’uso dei contanti sta diminuendo
rapidamente. La maggior parte delle transazioni monetarie è costituita da
trasferimenti da un conto a un altro: non è coinvolto denaro fisico. In vista
della crisi finanziaria, il ruolo dello stato in relazione al denaro detenuto
nei conti bancari è stato ambiguo. Il settore bancario era un’attività
monitorata e autorizzata con un certo livello di garanzie statali sui depositi
bancari, ma l’atto effettivo di creare conti bancari era ed è visto come una
questione privata. Ci sono probabilmente regolamenti e limitazioni, ma non
esiste un controllo dettagliato dei conti e dei prestiti bancari. Tuttavia,
come ha dimostrato la crisi bancaria del 2007-2008, quando i conto bancari
entrarono nel mirino essendo le banche sull’orlo del fallimento, gli stati e le
banche centrale dovettero intervenire e garantire la sicurezza di tutti i conti
in deposito. La garanzia del denaro dei conti bancari, non di investimento, si
dimostrò essere di pubblica responsabilità quanto il denaro contante. Questo
solleva delle questioni fondamentali sul denaro come istituzione sociale. E’
giusto che il denaro possa essere generato da una decisione privata di
contrarre un debito, che poi diventa poi una responsabilità dello Stato
garantire in caso di crisi economica?
Ma
lungi dal vedere il denaro come una risorsa pubblica, sotto l’economia
neoliberista “del borsellino” la creazione e la circolazione del denaro sono
viste sempre di più come una funzione del mercato.
Il
denaro viene “prodotto” esclusivamente nel settore privato. La spesa pubblica è vista come una
perdita di quel denaro, il che giustifica l’austerità al fine di rendere il
settore pubblico il più limitato possibile. Questa posizione si basa, comunque,
su un completo fraintendimento della natura del denaro, supportato da una serie
di falsi miti profondamente radicati.
FALSI
MITI SUL DENARO.
L’economia
neoliberista “del borsellino” deriva da due miti fondamentali sull’origine e la
natura del denaro.
Il
primo mito è che il denaro sia nato da una economia di mercato precedente
basata sul baratto.
Il
secondo mito è che esso venisse originariamente realizzato in metallo prezioso.
Si
sostiene che il baratto si sia rivelato molto inefficiente perché ogni
compratore-venditore aveva la necessità di trovare un’altra persona che
corrispondesse esattamente alle sue esigenze. Una cappellaia potrebbe barattare
un cappello per un paio di scarpe di cui ha bisogno, ma cosa succede se il
calzolaio non ha bisogno del cappello? La soluzione a questo problema, così
dice la storia, fu di scegliere una merce che tutti potessero desiderare e che
quindi fungesse da mezzo di scambio. Il metallo prezioso (oro e argento) fu la
scelta più ovvia perché avevano un loro valore e potevano essere facilmente
suddivisi e trasportati.
Questa
visione sull’origine della moneta risale almeno al XVIII secolo, l’epoca
dell’economista Adam Smith.
Questi
miti hanno portato a due assunti sul denaro che sono ancora oggi ritenuti
validi.
In
primo luogo che il denaro sia collegato e generato dal mercato.
In
secondo luogo che la moneta moderna, come la sua forma ideale e originale, sia
sempre scarsamente reperibile.
Da qui
l’affermazione neoliberista secondo la quale la spesa pubblica sarebbe una
riduzione della capacità del mercato di creare di ricchezza e che essa debba
essere sempre limitata per quanto possibile.
Il
denaro è visto come uno strumento commerciale, che ha una funzione di base, di
mercato, tecnica, transazionale, senza alcuna forza sociale o politica.
Ma la
vera storia del denaro è molto diversa.
Le
prove dell’antropologia e della storia ci dicono che non vi era un baratto
diffuso prima che si sviluppassero i mercati basati sul denaro e che il conio
con metalli preziosi vide la luce molto prima delle economie di mercato. Vi
sono state anche molte altre forme di denaro oltre alle monete in metallo
prezioso.
Il
DENARO COME TRADIZIONE.
Qualcosa
che ha avuto la stessa funzione del denaro è esistito nella maggior parte, se
non in tutte le società umane. Pietre, conchiglie, perline, tessuti, aste di
ottone e molte altre forme sono stati i mezzi per confrontare e riconoscere il
valore comparativo. Ma questo veniva fatto raramente in un contesto di mercato.
La
maggioranza delle prime comunità umane si sostentavano direttamente con i
frutti della terra, con la caccia, la pesca, la raccolta e facendo l’orto. Il
denaro consueto in tali comunità veniva usato principalmente per celebrare
eventi sociali propiziatori o come soluzione di conflitti sociali.
Ad
esempio la popolazione Lele, che stava in quella che oggi è la Repubblica
Democratica del Congo, ancora negli anni 1950 misurava i valori usando dei
tessuti di rafia intrecciati. Il numero di capi richiesto per le diverse
occasioni veniva stabilito dall’usanza. 20 capi dovevano essere dati al padre
da un figlio al raggiungimento dell’età adulta e un importo analogo dato alla
moglie alla nascita di un figlio. L’antropologa Mary Douglas, che ha studiato i
Lele, scoprì che erano restii all’utilizzo dei tessuti nelle transazioni con
gli estranei, indicando che i capi avevano una rilevanza culturale specifica.
Ancora
più interessante è la grossa moneta in pietra del popolo Yap della Micronesia.
Enormi dischi di pietra circolari potevano pesare fino a quattro tonnellate.
Non certo qualcosa da potersi portare in tasca per andare in un negozio.
Ci
sono molte altre prove antropologiche come questa sparse in tutto il mondo,
tutte indicano il fatto che il denaro, nella sua forma primitiva, serviva a uno
scopo sociale piuttosto che di mercato.
IL
DENARO COME POTERE.
Per la
maggior parte delle società tradizionali l’origine di una particolare forma di
moneta è andata perduta nelle nebbie del tempo. Ma l’origine e l’adozione del
denaro come istituzione sono diventate molto più evidenti con l’avvento degli
stati.
Il
denaro non ebbe origine come conio di metalli preziosi insieme allo sviluppo
dei mercati. Di fatto, l’invenzione del conio di metallo prezioso avvenne
intorno al 600 a.C., quando la moneta fu impiegata e controllata dai sovrani
per costruire i loro imperi facendo la guerra.
Il più
importante fu Alessandro Magno, che regnò dal 336 al 323 a.C. Si dice
utilizzasse mezza tonnellata di argento al giorno per finanziare il suo
esercito, in gran parte mercenario, piuttosto che una parte del bottino di
guerra (il modo tradizionale di pagare i mercenari).
Aveva
più di venti zecche che battevano monete, recanti immagini di dei ed eroi e la
parola Alexandrou (Alessandro).
Da
quel momento i nuovi regimi al potere tendevano ad annunciare il loro arrivo
con un nuovo conio. Più di mille anni dopo l’invenzione del conio, il “Sacro
Romano Imperatore” Carlo Magno (742-814 d.C.), che governò gran parte
dell’Europa occidentale e centrale, sviluppò quella che divenne la base del
sistema monetario pre-decimale britannico: sterline, scellini e pence. Carlo
Magno istituì un sistema monetario basato su 240 centesimi coniati da una
libbra d’argento. I centesimi si affermarono come denier in Francia, pfennig in
Germania, dinero in Spagna, denari in Italia e penny in Gran Bretagna. Quindi
la vera storia del denaro come moneta non è quella di barattattori e
commercianti: è scaturita da una lunga storia di politica, guerre e conflitti.
Il denaro fu attore nella costruzione degli stati e degli imperi, non una
passiva rappresentazione del prezzo sul mercato. Il controllo dell’offerta di
moneta rappresentava un grande potere dei sovrani: un potere sovrano. Il denaro
era creato e messo in circolazione dai governanti o per via diretta, come
Alessandro, o attraverso la tassazione o attraverso il sequestro di
possedimenti privati di metallo prezioso.
Il
denaro degli inizi non era peraltro necessariamente basato sui metalli
preziosi. Anzi, il metallo prezioso era relativamente inutile per la
costruzione degli imperi, perché scarseggiava. Anche in epoca romana, venne
usato del metallo normale e la nuova moneta di Carlo Magno alla fine si svalutò.
In
Cina, oro e argento non venivano utilizzati e il denaro di carta era in uso già
nel XIX secolo. Quello che l’economia di mercato ha introdotto è una nuova
forma di denaro: il denaro come debito.
Il
DENARO COME DEBITO
Se si
osserva una banconota da 20 sterline si noterà la scritta: “Prometto di pagare al portatore su
richiesta la somma di venti sterline”. Questa è una promessa fatta
originariamente dalla Banca di Inghilterra di scambiare banconote con la valuta
sovrana. La banconota era una nuova forma di denaro. A differenza del denaro
sovrano, non era una dichiarazione di valore, ma una promessa di valore. Una
moneta, anche se fatta di metallo comune, era scambiabile di diritto: non
rappresentava un’altra “superiore” forma di denaro. Ma quando le monete furono
inventate, esse la rappresentavano.
L’invenzione
di queste cambiali scaturì dalle esigenze del commercio nel XVI e XVII secolo.
Le
banconote (“note di banco”) venivano utilizzate per confermare la ricevimento
di prestiti o di investimenti e l’obbligo di ripagarli attraverso i frutti di
future transazioni. Un compito importante dell’emergente professione bancaria
era di emettere periodicamente queste promesse l’una di fronte all’altra e
verificare chi doveva cosa e a chi.
Questo
processo di “compensazione” significava che una gran quantità di impegni
cartacei si riduceva a dei trasferimenti reali, netti, di denaro rilevantemente
inferiori.
La
liquidazione finale avveniva tramite pagamento con denaro sovrano (monete) o
un’altra cambiale (banconota).
Alla
fine, le banconote divennero godevano di una tale fiducia che furono trattate
come denaro a sé stante. In Gran Bretagna divennero equivalenti al conio, in
particolare quando vennero unificate sotto lo stendardo della Banca
d’Inghilterra.
Se
oggi portate una banconota presso la Banca d’Inghilterra, ve la cambiano con
un’altra esattamente identica.
Le
banconote non sono più solo promesse di pagamento, sono diventate esse stesse
valuta.
Non
c’è nessun denaro “vero” dietro.
Quello
che il denaro moderno conserva è la sua associazione con il debito.
A
differenza del denaro sovrano, che veniva creato e messo in circolazione, il
“denaro moderno” viene in gran parte preso in prestito tramite il sistema
bancario.
Questo
processo trova riparo dietro un altro mito, cioè che le banche agiscano
semplicemente come intermediarie fra risparmiatori e debitori.
Di
fatto le banche creano il denaro.
Ed è
solo nell’ultimo decennio che questo potente mito è stato messo a tacere dalle
autorità bancarie e monetarie.
E’
oggi riconosciuto dalle autorità monetarie, come il Fondo Monetario
Internazionale, la Federal Reserve americana e la Banca d’Inghilterra, che le
banche creano nuova moneta quando concedono prestiti. Non prestano i soldi degli altri
titolari di conti correnti a coloro che chiedono un prestito.
I
prestiti bancari consistono in denaro creato dal nulla, in una convenzione per cui il nuovo
denaro viene accreditato sul conto dei mutuatari, con l’accordo che
quell’importo verrà ripagato con gli interessi.
Le
implicazioni politiche di una moneta di uso pubblico, creata dal nulla e
prestata ai mutuatari su base puramente commerciale, non sono state ancora
prese in considerazione.
Né lo
si è fatto per l’alternativa di basare l’emissione della moneta di uso pubblico
sul debito, piuttosto che permettere allo stato sovrano di creare e far
circolare denaro direttamente, senza una creazione di debito.
Il
risultato è che invece di usare il proprio potere sovrano sulla creazione di
moneta, come fece Alessandro Magno, gli stati sono diventati debitori del
settore privato. Laddove c’è spesa pubblica a deficit o bisogni di spese future
su larga scala, ci si aspetta che lo stato prenda in prestito il denaro o che
aumenti le tasse, invece di crearsi il denaro da sè.
DILEMMI
DEL DEBITO
Basare
un’offerta di moneta sul debito è problematico dal punto di vista ecologico,
sociale ed economico.
C’è un
problema ecologico, in quanto la necessità di ripagare il debito potrebbe
portare a una crescita potenzialmente dannosa: la creazione di moneta basata
sul rimborso del debito con gli interessi deve implicare una crescita costante
dell’offerta di moneta. Se questo lo si ottiene solo attraverso l’aumento della
capacità produttiva, ci sarà inevitabilmente una pressione sulle risorse
naturali, per aumentare la produzione.
Basare
l’offerta di denaro sul debito è anche socialmente discriminatorio, perché non
tutti i cittadini sono in grado di assumersi un debito. L’andamento
dell’offerta di moneta tenderà a favorire chi è già ricco o gli speculatori che
si assumono un alto rischio. Gli ultimi decenni, ad esempio, hanno visto
un’enorme quantità di prestiti da parte del settore finanziario per aumentare i
propri investimenti.
Il
problema economico è che l’offerta di denaro dipende dalla capacità dei vari
elementi dell’economia (pubblici e privati) di farsi carico del debito. E così,
mentre i paesi sono diventati sempre più dipendenti dal denaro creato dalle
banche, le bolle di debito e le crisi di credito sono diventate più frequenti.
Questo
perché l’economia “del borsellino” crea un compito impossibile da adempiere per
il settore privato: dover generare tutto il denaro circolante attraverso il
debito emesso dalle banche e poi ripagare la stessa cifra, più gli interessi.
Deve
finanziare completamente il settore pubblico e generare profitto per gli
investitori. Ma quando l’offerta di denaro guidata dalle banche privatizzate viene
a mancare, i poteri dello stato di creare denaro tornano a essere protagonisti.
Questo
è stato particolarmente evidente nella crisi del 2007-2008, quando le banche
centrali crearono nuova moneta in quel processo noto come Quantitative Easing.
Le banche centrali utilizzarono il potere sovrano per creare denaro privo di
debito da immettere direttamente nell’economia (comprando il debito pubblico
esistente ed altri asset finanziari, ad esempio).
La
domanda che viene spontanea è la seguente: se lo Stato, rappresentato dalla
banca centrale, può creare denaro dal nulla per salvare le banche, perché non
può farlo per salvare le persone?
DENARO
PER IL POPOLO.
I
falsi miti sul denaro ci hanno portato a guardare alla spesa pubblica ed alla
tassazione nel modo sbagliato.
La
tassazione e la spesa, così come i prestiti bancari e le restituzioni, sono in
costante evoluzione. L’economia “del borsellino” presuppone che sia la
tassazione (del settore privato) a raccogliere fondi per finanziare il settore
pubblico. Quella tassazione prende i soldi direttamente dalle tasche dei
contribuenti.
Ma la
lunga storia politica del potere sovrano sul denaro dimostra che il flusso di
denaro può andare nella direzione opposta. Allo stesso modo in cui le banche
possono far materializzare denaro dal nulla per fare prestiti, gli stati
possono farlo per finanziare la spesa pubblica.
Le
banche creano denaro aprendo conti bancari, gli stati lo fanno stanziando
bilanci.
Quando
i governi stabiliscono le manovre finanziarie, non vedranno più quanti soldi
hanno nel salvadanaio, grazie alla precedente tassazione.
La
legge di bilancio assegnerà impegni di spesa che potranno corrispondere o meno
alla quantità di denaro proveniente dalla tassazione.
Tramite
i suoi conti presso il Tesoro e presso la Banca Centrale, lo Stato spende e
riceve denaro continuamente.
Se
spende più soldi di quanti ne riceve, lascia più denaro nelle tasche delle
persone. Ciò crea un disavanzo di bilancio e quello che è effettivamente uno
scoperto alla Banca Centrale.
E’ un
problema?
Sì, se
lo Stato viene trattato come se fosse un qualsiasi altro detentore di un conto
corrente, come la famiglia che dipende dall’economia “del borsellino”.
Non lo
è, se è visto come una “sorgente di denaro” indipendente da quanto ha incassato
tramite la raccolta fiscale.
Gli
stati non devono attendere le elemosine dal settore commerciale.
Gli
stati sono l’autorità che sta dietro al sistema monetario. Il potere esercitato
dalle banche di creare denaro dal nulla è un potere sovrano.
Non
c’è più bisogno di battere moneta come Alessandro Magno, il denaro può essere
creato a colpi di tastiere. Non vi è alcun motivo per cui questa cosa debba
essere monopolio del settore bancario per creare nuovo denaro pubblico a
debito.
Considerare
la spesa pubblica equivalente al debito bancario, nega al settore pubblico, al
popolo sovrano in una democrazia, il diritto di avere accesso al proprio denaro
senza dover contrarre alcun debito.
RIDEFINIRE
IL DENARO.
Questa
scorreria nella storia e nell’antropologia del denaro dimostra che le credenze
di lunga data, per le quali il denaro sarebbe nato da una precedente economia
di mercato basata sul baratto, e per le quali il denaro era originariamente
fatto di metallo prezioso, sono solo delle favole.
Dobbiamo
rendercene conto.
E
dobbiamo sfruttare la capacità pubblica di creare moneta.
D’altra
parte è anche importante riconoscere che il potere sovrano di creare denaro non
è in sé una soluzione.
La
capacità degli stati e delle banche di creare moneta presenta vantaggi e
svantaggi.
Entrambi
sono esposte all’abuso.
I
prestiti sconsiderati del settore bancario, per esempio, portarono quasi al
tracollo il sistema monetario e finanziario americano ed europeo.
D’altra
parte nei paesi in cui non esiste un settore bancario sviluppato, l’offerta di
denaro rimane nelle mani dello stato, ciò lascia ampio spazio a corruzione e
mala gestione. La risposta deve essere quella di assoggettare entrambe le forme
di creazione del denaro, della banca e dello Stato, alla responsabilità
democratica.
Lungi
dall’essere uno strumento tecnico e commerciale, il denaro può essere
considerato come un costrutto sociale e politico che ha un grande potenziale
radicale.
La
nostra capacità di ottenere il meglio da questo è ostacolata, se non capiamo
cosa è il denaro e come funziona.
Il
denaro deve diventare il nostro servitore, non il nostro padrone.
(theconversation.com/neoliberalism-has-tricked-us-into-believing-a-fairytale-about-where-money-comes-from-113783).
Conti
correnti e nuove regole: da gennaio
chi va
in rosso diventa cattivo pagatore.
Ilsole24ore.com-
Lucilla Incorvati-(29 dicembre 2020)-ci dice:
Le
conseguenze.
Dal
primo gennaio scatta il termine ultimo per le banche di adeguarsi al
Regolamento Eba sui requisiti di capitale. Il correntista che va in rosso
rischia di essere segnalato se la sua esposizione è un “non performing loan”.
Ma è
proprio vero che basterà uno sconfinamento di 100 euro per essere segnalati in
default e diventare cattivo pagatore anche se non è mai accaduto prima? Lo sconfinamento deve superare la “soglia di rilevanza”, cioè superare contemporaneamente
sia una soglia assoluta (100 o 500 euro, se si è privato nel primo caso, se si
è impresa nel secondo) sia una relativa (1% dell'esposizione totale); inoltre lo sconfinamento deve
protrarsi per oltre 90 giorni consecutivi (in alcuni casi come per le
amministrazioni pubbliche, 180 giorni).
Da
gennaio regole più stringenti.
A
rispondere così è Bankitalia intervenuta con un chiarimento sulla questione
relativa all’entrata in vigore del Regolamento Eba ( 1 gennaio 2021) relativo
alle regole sui requisiti di capitale che dal primo gennaio potrebbe cambiare
(in quegli istituti dove le novità non sono state ancora ratificate) i rapporti
tra clienti e banche. Le nuove regole sono il frutto di un compromesso
negoziale europeo e per l'Italia introducono criteri differenti da quelli
attualmente utilizzati per alcuni aspetti più stringenti. Il cliente rischia di
finire nella lista nera per effetto di una nuova classificazione di default.
A
partire dal 1° gennaio prossimo, gli intermediari devono classificare in stato
di default il cliente che non adempie per tre mesi alle proprie obbligazioni
creditizie vantate dal gruppo bancario o finanziario nei suoi confronti qualora
l'ammontare dell'inadempimento è superiore sia a 100 euro sia all'1% del totale
delle obbligazioni creditizie complessivamente vantate dalla banca. In sostanza, da gennaio gli
addebiti automatici potrebbero non essere più consentiti sui conti correnti se
non coperti da liquidità sufficienti. Per molti italiani, soprattutto alle
prese con le conseguenze economiche subite a causa dell'epidemia da Covid-19,
si potrebbe prospettare il rischio di uno stop ai pagamenti di utenze,
stipendi, contributi previdenziali, rate di finanziamenti.
Quando
lo sconfinamento è consentito.
Queste
nuove regole non vietano che si possano consentire sconfinamenti: come già ora,
le banche, nel rispetto delle proprie policy, possono consentire ai clienti di
sconfinare oltre la disponibilità presente sul conto ovvero, in caso di
affidamento, oltre il limite di fido . La possibilità di sconfinare non è un
diritto del cliente, ma una facoltà concessa dalla banca, che può anche
applicare commissioni (la cosiddetta CIV, commissione di istruttoria veloce). Dal 1° gennaio, come già oggi, le
banche potranno continuare a consentire ai clienti utilizzi del conto, anche
per il pagamento delle utenze o degli stipendi, che comportino uno
sconfinamento.
Si
tratta tuttavia di una scelta discrezionale della banca, che può consentire
oppure rifiutare lo sconfinamento. È quindi importante conoscere bene il contratto
stipulato con la propria banca e dialogare con essa.. Per questo motivo è
importante che gli intermediari forniscano informazioni e assistenza ai propri
clienti, per sensibilizzarli sulle implicazioni della nuova disciplina,
aiutarli a comprendere il cambiamento in atto e adottare comportamenti coerenti
con la nuova disciplina. La Banca d'Italia ha chiesto nei giorni scorsi a banche e
intermediari finanziari di adoperarsi in tal senso e di chiarire ai clienti .
Debito
e inflazione, perché sono i nemici da combattere nei prossimi mesi
di
Dino Pesole.
Monitoraggio
costante e esortazione a controllare i saldi dei conti.
UniCredit,
Intesa e Banca Sella dal mese di marzo hanno iniziato ad allertare la clientela
sia con invio di informativa via posta sia con un’informativa sul sito. Da
UniCredit fanno sapere che l’addebito passa nei termini degli sconfinamenti già
concordati (se hai un fido e la spesa è coperta dal fido non hai problemi) . Se
si supera la spesa massima non ci sono veri automatismi e in primis si cerca di
sensibilizzare la clientela affinché siano sempre sotto controllo i saldi dei
conti correnti. Ovviamente con la stretta in corso chi aveva la tendenza ad
essere moroso forse non la farà franca. Diverso il caso di chi invece si
ritrova in questa situazione per la prima volta. La banca provvede a pagare bollette e
scadenze ma poi esorta il cliente a rimettere a posto la sua situazione
debitoria entro il termine per evitare di essere segnalato.
Buffonata-Covid, siamo ai tempi supplementari: ecco
perché.
Libreidee.org-Nicola
Bizzi-(13/11/2021)- ci dice:
Qualcosa
si è inceppato, qualcuno non è stato ai patti: è l’unica ragione per cui siamo
ancora alle prese con la narrazione Covid, che doveva chiudersi entro fine
anno.
Lo
afferma lo storico Nicola Bizzi nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”,
con Tom Bosco e Matt Martini. La scorsa primavera, Bizzi aveva ampiamente
anticipato i segnali della de-escalation, programmata per aprile, poi
puntualmente giunti a partire dalla Gran Bretagna, decisa a mettere
gradualmente fine al “terrorismo sanitario”.
Poi
però qualcosa è andato storto: a luglio, dice Bizzi, il piano per uscire
dall’incubo (politico-mediatico) della “pandemia” è stato disatteso da alcuni
player, come i poteri che in Italia si esprimono attraverso Draghi.
Il
punto – osserva Bizzi – è che l’emergenza sanitaria “doveva” essere sostituita
con l’emergenza climatica permanente, che però non sta funzionando: vi si
oppongono svariate potenze, a livello mondiale.
Ergo:
i gestori della paura sono tornati all’emergenza-1, quella sanitaria. Da cui
però non saprebbero più come uscire, vista anche la marea montante del
dissenso, di fronte al Green Pass e alla follia “vaccinale”.
«L’aver deciso addirittura di vietare
le manifestazioni nel cuore delle città è l’estrema ammissione di debolezza, da
parte di un potere che ormai teme il popolo».
Vero, il coro dei media mainstream è
invariato: continuano a raccontare che di Covid si muore, come se le cure non
esistessero (e le terapie domiciliari non sono ancora state introdotte nella
medicina di base: all’ospedale finisce solo chi non è stato curato per tempo, a
casa).
Verità
scandalose: è lo stesso Istituto Superiore di Sanità ad ammettere che sono
stati appena 3.783 (non 130.000) gli italiani morti a causa del solo Covid,
cioè non affetti anche da patologie gravissime compresenti. Nulla però che, per il momento,
incrini il granitico consenso di media e partiti, Confindustria e sindacati, a
supporto delle scellerate politiche sanitarie tuttora in vigore.
Ma
attenzione: sono i semplici cittadini, ormai, a dire basta. Alle amministrative di ottobre, un
italiano su due ha disertato le urne (e ai ballottaggi ha votato solo un
elettore su tre). Non solo: l’Ansa annuncia che oltre il 54% degli italiani non
guarda più la Tv in prima serata. In compenso, segnala Tom Bosco, si registra
una strana impennata nella vendita libri, come pare non si vedesse dagli anni
Settanta.
«C’è
una maggioranza silenziosa – dice Bizzi – che farà pesare la sua contrarietà,
di fronte alle ultime, deliranti coercizioni dittatoriali: questo governo ha contro un buon
70% degli italiani, che rifiuteranno la “terza dose” e l’imposizione del Green
Pass a tempo indeterminato».
Non sarà facile fermare le proteste, nonostante le
ingiunzioni di stampo “cileno” per blindare le città. A proposito: non è casuale che arrivi
proprio oggi a Milano (centro nevralgico della protesta) un testimonial del
peso di Robert Kennedy Junior, capace di denunciare l’impostura-Covid e i
rischi connessi alla campagna “vaccinale” effettuata con sieri genici che starebbero
producendo una vera e propria strage, oscurata dai media.
Non si
contano più i casi di pericardite sopraggiunti dopo l’inoculo, e il bilancio
delle vittime sarebbe molto diverso da quello ufficialmente ammesso. In un recente convegno a Bolzano, un
luminare della patologia come il professor Paolo Bellavite ha parlato di oltre
600 morti, solo in Italia, nel giro di pochi mesi. E per la farmacovigilanza dell’Ema,
ad agosto erano già 24.000 le morti sospette, in Europa, correlabili con
l’iniezione C-19.
«Non
sanno più come uscirne», insiste Bizzi: «Tale Sergio Brignani, del cosiddetto
Comitato Tecnico-Scientifico, promette 5-10 anni di copertura immunologica, con
la “terza dose”.
Toni che ricordano una svendita di pentole da
cucina». Dal
canto suo, Matt Martini cita il virologo televisivo Roberto Burioni: «S’è messo
a dire che non serve, fare il dosaggio anticorpale prima della “terza dose”,
perché non ci sarebbe correlazione tra la presenza di anticorpi e la copertura
immunitaria.
Ma così – dice Martini – si negano le basi della stessa immunologia.
Ed è
l’ennesima conferma del fatto che, dietro l’intera narrazione Covid-vaccini,
non vi sia proprio niente di scientifico». La riprova sembra arrivare da
altri paesi, che dimostrano il vero tenore della sfida in corso, interamente
politica: negli
Usa l’obbligo vaccinale decretato da Biden è stato bloccato dalla magistratura.
E sempre i giudici, in Spagna, hanno costretto
il governo a rinunciare alle restrizioni, definite incostituzionali. In Italia,
invece, si può tutto?
Molto
dipenderà dall’atteggiamento dei singoli cittadini, come quelli che il 14
novembre a Firenze si stringeranno attorno alla coraggiosa Nunzia Alessandra
Schilirò, emarginata dal governo e pure oggetto di amenità complottistiche
(come lo stesso Stefano Puzzer) da parte dei paranoici sempre pronti a
chiedersi “chi c’è dietro” la determinazione di chi osa rivendicare il proprio
diritto alla libertà.
Tra i
supporter di “Nandra”, per contro, si schierano gli agenti delle forze
dell’ordine che – a migliaia – hanno aderito all’associazione “Osa”, che
contesta apertamente la “dittatura sanitaria”.
Nicola
Bizzi accenna a precise segnalazioni da parte di “sensitivi”: «I loro presagi
non sono da prendere per oro colato, beninteso: però annunciano grandi eventi di
segno positivo, per noi, a partire dalla fine di novembre».
Se qualcuno si mette a ridere, di fronte alla parola
“sensitivi”, vale la pena ricordare – a proposito di affermazioni veramente
surreali – quelle
pronunciate da Draghi, secondo cui «se non ti vaccini muori, e fai morire chi è
vicino a te».
Funzionano
così bene, i non-vaccini C-19, che dopo due dosi si pensa già di imporre la
terza. Se
qualcuno immagina che l’Italia sia popolata da 60 milioni di imbecilli,
probabilmente ha sbagliato i conti.
La manifestazione di Firenze, “Venere
Vincerà”, schiera in prima linea le donne, e non a caso: si prevede infatti che
facciano argine di fronte all’infamia definitiva, cioè la pretesa di inoculare
il siero genico sperimentale anche ai bambini di 5 anni.
Certo,
con questo potere post-democratico non si scherza. «Il decreto sul Green Pass –
osserva Matt Martini – sarà convertito in legge il 20 novembre: in quella data
ci sarà un’eclissi lunare, fatto per noi teoricamente infausto, sul piano
astrologico.
Come
se anche quella data fosse stata scelta di proposito, per potenziare gli
effetti dell’imposizione». Sottolinea Bizzi: «Non c’è un solo atto del governo
Draghi che sia stato compiuto senza prima consultare il calendario astrologico». Si ricorderà la scelta del 15
ottobre per varare il Green Pass obbligatorio, in coincidenza con
l’inaugurazione alle Scuderie del Quirinale della mostra su Auguste Rodin e la
sua Porta dell’Inferno.
A
proposito di allusioni simboliche: durante il G20, il lancio delle monetine
nella Fontana di Trevi – dice ancora Martini – è sembrato un auspicio: la fine del cash, da sostituire con
la moneta digitale.
Si sa
che il momento della foto-ricordo dei “grandi della Terra” davanti alla celebre
fontana è stato turbato dal terribile spettacolo di un gabbiano che ha assalito
e ucciso una cornacchia, tingendo l’acqua di sangue.
Episodio, annota lo stesso Martini, che è
stato collegato alla strage delle colombe bianche liberate qualche anno fa da
Bergoglio e subito aggredite da corvi e gabbiani. «Stavolta, corvi e gabbiani si
scannano tra loro: come se due grandi poteri, ieri alleati, fossero arrivati ai
ferri corti».
Nicola Bizzi cita un vescovo cristiano-ortodosso: non è vero che il Cremlino
abbia cambiato posizione sul Covid (in Russia non esistono obblighi vaccinali
né Green Pass).
Il
boom dei contagi, di cui parlano i media? «I casi riguardano soprattutto
regioni della Siberia centro-meridionale, che Boris Eltsin cedette
sciaguratamente “in comodato d’uso” alla Cina, per via delle risorse del sottosuolo:
e pare che i cinesi vi stiano seppellendo rifiuti tossici, possibile vera causa
di tanti decessi recenti».
Ormai
la verità salta agli occhi, a chi non è obnubilato dalle menzogne ufficiali: il governo italiano ha messo da parte
diritti umani e Costituzione, rifiutando di curare i pazienti per arrivare a
imporre il Green Pass dopo il fatale inoculo.
L’Italia resta una trincea decisiva: mezza Europa è in
bilico, tentata di seguire la via (suicida) imboccata da Conte e Draghi, con il
placet di Bergoglio. Altri paesi – dalla Spagna alla Svezia, passando per il
Regno Unito – si sono lasciati alle spalle l’orrore, basato sulla falsificazione dei dati
e sulla criminale rinuncia alle cure precoci. A
ltra
notizia: la strage silenziosa provocata dagli inoculi mRna sta perforando il
silenzio complice dei media. Ed è in crescita esponenziale il numero di cittadini non più
disposti a subire il brutale ricatto imposto dal governo Draghi. Come reagire? Semplice: disertando il lavoro.
Lo
propone l’alchimista Michele Giovagnoli: «Stiamo fermi per 21 giorni, a partire
dall’11 dicembre, e vediamo chi dovrà cedere». Scontato: ci attendono altri
giorni convulsi. E l’esecutivo stesso sa benissimo che sta imponendo qualcosa di
inaccettabile. «Siamo arrivati ai “tempi supplementari” della faccenda Covid»,
sintetizza Bizzi: «Questa pagliacciata dovrà finire. Vedremo quando, e come».
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