GRANDE RESET della CRICCA DI DAVOS.

 L’ITALIA e IL PIANO del GRANDE RESET

della CRICCA DI DAVOS.

 

 

ALEKSANDR DUGIN: “IL GRANDE RESET

È FALLITO. È L’ORA DEL GRANDE RISVEGLIO

Comedonchisciote.org- Jacopo Brogi e Alessandro Fanetti-(27 Gennaio 2022 )- ci dice :

 

Intervista esclusiva di CDC al grande filosofo sulla Russia ed il destino del mondo: “Questa è una lotta dell’umanità contro l’anti umanità”.

 L’Italia? “Nessuno peggio di Draghi”.

MOSCA – Da anni e anni, di media in media, l’hanno etichettato come “Il più pericoloso filosofo del mondo”; “Il Rasputin di Putin: la mente pericolosa” .

“Ultranazionalista e ultraconservatore, un guru per gli attivisti di estrema destra”, le cui idee sarebbero “rabbiosamente anti-occidentali, anti-liberali, totalitarie e socialmente arretrate” .

E arriviamo al 2020, in piena era Covid: “Mentre le democrazie mondiali litigano, Putin e il suo squilibrato filosofo complottano per realizzare un ordine mondiale autocratico”  .

Davvero Aleksandr Dugin, forse il più grande intellettuale russo della nostra epoca, si sarebbe inventato un’ideologia minacciosa per il mondo, ossia “un miscuglio di precedenti pensieri antibolscevichi, fascisti italiani e nazisti tedeschi, adattati alle circostanze attuali della Russia  ?

ComeDonChisciotte.org lo ha incontrato a Mosca nella sede del Movimento Internazionale Eurasiatista, che si trova all’interno del Ministero dell’Istruzione. E forse abbiamo capito i perché di tanta propaganda occidentale: la miglior difesa è sempre l’attacco.

Aleksandr Dugin è riuscito ad elaborare una nuova teoria politica che, se attuata diffusamente, potrebbe spazzar via in un sol colpo il liberismo che domina il mondo, comprese le due fameliche tigri di cartone che oggi gli consentono ancora di governare: comunismo e fascismo, ormai stanchi ologrammi mediatici usati per legittimare i poteri dominanti e delegittimare i dissidenti.

“There is no alternative”. Non esiste altra alternativa: Margaret Thatcher aveva parlato chiaro e, da allora, tutto è rimasto ovunque così, o quasi. Dalla Russia sembra però arrivare un vento nuovo.

Visto da qui, il “Grande Reset” ossia il cambiamento epocale in corso in Occidente ha già il fiato corto: “sta affogando”. Così esordisce Dugin. E fa un appello ai popoli: “ci serve l’aiuto di tutti perché venga definitivamente sconfitto”.

Il grande pensatore russo vede la gestazione in corso di un Grande Risveglio: un nuovo mondo, multipolare, dove ogni popolo potrà scegliere liberamente come vivere e come progredire, al di là dei diktat delle multinazionali, sanciti da quei poteri tecnocratici che li rappresentano e che ci rendono moderni schiavi.

Il Modello da seguire? Ognuno troverà il suo, secondo la propria cultura e la propria Storia, a partire dalla Russia. Forse è per questo che in Occidente, Aleksandr Dugin è considerato un nemico pubblico.

Per ottenere il definitivo controllo del globo, è proprio Heartland che manca all’appello: il cuore della Terra.

 Professore, cosa significa “Eurasiatismo”?

“L’Eurasiatismo ha radici lontane. È una filosofia politica formatasi cento anni fa in seno all’immigrazione russa.

Più nel dettaglio, è una visione del mondo molto profonda che si basa sul pensiero dei grandi slavofili come Konstantin Nikolaevič Leont’ev e nei tradizionalisti del conservatorismo russo.

In primis, Eurasiatismo significa considerare la Russia non come un Paese (europeo o altro) ma come una civiltà a sé stante. Una civiltà che non deve orientarsi verso est o verso ovest perché essa ha una sua specifica identità. Un’ identità dai tratti sia europei che asiatici: quindi, la Russia è al tempo stesso una sintesi e una cosa a sé stante. Questa è la nostra vocazione, nonché la profezia politica e intellettuale dell’Eurasiatismo: la filosofia russa patriottica che ci spiega cos’è la civiltà russa.”

 Oggi, l’Eurasiatismo potrebbe essere preso a modello anche in altre società?

“Nella mappa geopolitica del mondo creata dagli anglosassoni, è chiara e netta la divisione tra “Sea Power” & “Land Power”.

L’Eurasiatismo è certamente “Land Power”, cioè continentalismo.

In altre parole, il nostro è il multipolarismo contrapposto all’unipolarismo voluto dalle potenze marittime: TELLUROCRAZIA vs TALASSOCRAZIA.

E dunque uno dei ruoli fondamentali dell’Eurasiatismo è la protezione che esso esercita contro il globalismo eurocentrico. É in questo senso che puo’ essere utile anche in altri contesti ed in altre regioni del globo.

Chiunque accetti l’esistenza di varie identità, culture, logos… è vicino al pensiero eurasiatico.

Per quanto riguarda l’Europa, va tenuto a mente che essa è Occidente, ma dal punto di vista eurasiatico essa dovrebbe invece improntarsi sulla sua unicità in alternativa al modello americano e alle altre culture. In sostanza, in alternativa al globalismo.

Dunque, in questo caso specifico, si dovrebbe parlare di euro-continentalismo, in quanto l’Europa dovrebbe valorizzare i propri ideali e promuovere un modello a sé stante.

Euro-continentalismo, quindi, accanto a molti altri “continentalismi” in giro per il mondo: islamico, giapponese, asiatico, latinoamericano e africano.

Come abbiamo visto di recente, esiste persino un continentalismo occidentale Americano: durante l’“era Trump” gli USA avevano focalizzato i loro sforzi negli affari interni, per certi versi affievolendo la loro “politica egemonica globale”.

Quindi, in linea generale, l’Eurasiatismo può essere applicato anche ad altre regioni, però va sempre tenuto a mente che esso è da considerarsi come un concetto vasto del continentalismo.

In sostanza, si parla del continentalismo come di idee e costruzioni sociali basate su radici e identità specifiche e diverse, in aperta opposizione alla civiltà marittima dell’industria e del capitalismo (ossia alla civiltà tecnocratica).

Parafrasando Marx, potremmo dire: eurasiatisti di tutto il mondo unitevi.”

 Parliamo di storia russa: dal punto di vista eurasiatico, come valuta le tre diverse grandi fasi della vostra storia contemporanea, dall’esperimento sovietico fino all’epoca di Putin?

“La filosofia eurasiatica si è dimostrata come quella più vicina alla realtà rispetto a fatti storici ormai conclamati. Gli eurasiatisti, prima che si formasse l’Unione Sovietica, avevano già predetto cosa sarebbe successo al momento della sua caduta, ossia la strada sulla quale la Russia avrebbe dovuto muoversi nell’epoca post sovietica.

In altre parole, quando la guerra civile era ancora in corso è stato predetto che l’URSS – anche se creata sulle ideologie universalistiche occidentali di Marx – sarebbe comunque andata verso il continentalismo. Essa avrebbe comunque seguito la strada verso la costruzione di un gigante eurasiatico continentalista.

Nessuno la pensava così, nemmeno i bolscevichi o l’immigrazione bianca russa (essi pensavano ad un modello universale valido per tutto il mondo).

Però è andata come predetto dagli eurasiatisti.

Quindi, dal punto di vista di questi ultimi, l’Urss era lo stato eurasiatico vero e per questa stessa ragione essa era in opposizione alla civiltà occidentale del capitalismo e del mare. Una versione al tempo stesso universalistica perché basata sulle idee socialiste di Marx, ma anche continentalista di fatto.

Questa è stata una delle tappe dell’evoluzione eurasiatica, anche se non completa e non perfetta, ma che comunque andava verso l’Eurasiatismo reale.

I primi eurasiatisti degli anni ‘20 avevano dunque predetto che ad un certo punto l’Unione Sovietica, per la sua opposizione alla religione e alle tradizioni, sarebbe caduta.

E dicevano anche che quando ciò sarebbe successo, avremmo avuto soltanto due strade di fronte a noi: liberalismo o Eurasiatismo.

 La scelta fu fatta nel 1991: atlantismo, in direzione opposta rispetto all’Eurasiatismo. La Russia del tempo, atlantista e liberale, andava dunque verso la civiltà del mare.

Per questo, tutta la critica degli anni ‘90 si abbina cosi bene con la nostra percezione dell’identità interiore. Noi siamo eurasiatici e la Russia degli anni ‘90 è stata una deviazione dalla nostra missione.Negli anni ’90, dopo la caduta dell’idea comunista, il nostro gruppo ha creato, con me a capo, la scuola di geopolitica e abbiamo iniziato a insegnare l’idea eurasiatica. L’idea che è diventata molto famosa tra i Siloviki: il pensiero politico istituzionale gli diceva che noi russi eravamo ormai uniti con l’Occidente, ma l’espansione della Nato verso est continuava comunque.

E quindi cercavano una spiegazione: ad esempio, conoscevo di persona il ministro della difesa di Eltsin, Igor Rodionov, il quale aderì all’idea eurasiatica. Quindi, negli anni ’90, la politica ufficiale di Eltsin era atlantista, mentre gli ufficiali dell’esercito iniziavano a diventare eurasiatisti.

Durante il governo di Putin, il pensiero atlantista è stato accantonato e quello eurasista è diventato preponderante: con l’avvio dell’era di Putin, la Russia è tornata sulla strada dell’Eurasiatismo.

Però l’epoca di Eltsin è stata molto importante e pericolosa, perché i posti al vertice conquistati da questi personaggi (atlantisti, globalisti) sono stati molti e importanti. E nemmeno Putin è riuscito a liberarsene del tutto.

Ora ci stiamo muovendo verso l’Eurasiatismo: da qui nasce il conservatorismo e l’idea del controllo sull’area post sovietica. Anche il ricongiungimento con la Crimea, la questione del Donbass e nel Caucaso.

In concreto, ad oggi possiamo dire che la Russia è una “via di mezzo” tra atlantismo ed Eurasiatismo.

É un dato di fatto che non si possa dire che l’Eurasiatismo abbia vinto: la vera età eurasiatica della Russia è ancora tutta da vedere.”

 Quali sono oggi in Russia le tendenze politico culturali preponderanti?

“È una domanda molto difficile, in quanto il popolo è spaccato: una parte di esso vuole il conservatorismo, la potenza forte, il nazionalismo, un ruolo importante per la religione, un riconoscimento vero per la Storia, etc.

Un’altra parte, però, segue ancora le tendenze sorte negli anni ‘90 verso l’Occidente, soprattutto tra i giovani.

Quindi le frontiere russe sono aperte alle idee occidentali e per questo in tutte le famiglie e fra i russi c’è una continua lotta tra queste e le idee eurasiatiche.

Se prendiamo, ad esempio, la questione cultura, qui prevale l’Occidente e l’atlantismo. Mentre la maggioranza della popolazione russa e la parte cosciente dei giovani si orienta verso l’Eurasiatismo.

Quindi, dal punto di vista occidentale, può sembrare che Putin sia un conservatore integrale e che la Russia sia conservatrice, ma se si guarda la cosa più da vicino vediamo che non è certamente così.

La nostra élite intellettuale va verso i valori occidentali: la teoria gender, il femminismo, l’influenza nel cinema, nel teatro, etc.

Quindi, anche se i valori tradizionali hanno prevalso nelle ultime votazioni, col via libera alla riforma in tal senso della Costituzione, i valori occidentali liberali purtroppo prevalgono tra i giovani.

Se prendiamo la cultura contemporanea di massa in questo Paese, essa è russofoba, occidentale e globalista. L’odio per tutto ciò che è russo è un biglietto di ingresso per entrare a far parte dell’élite culturale russa di oggi.

Questo succede perché Putin fa tutto a metà: in geopolitica è molto forte, ma per ciò che riguarda la cultura, fa gestire quasi tutto alla sua cerchia (dove sono quasi tutti pro Occidente).

“Ho acceso la tv e ne sono rimasto disgustato”, disse Putin qualche tempo fa. Quindi il Presidente lascia fare alla televisione ciò che lui stesso disgusta. Per questo è politicamente bipolare.

È uno dei problemi più grandi della Russia di oggi: siamo poco lontani dagli esempi più disgustosi della cultura occidentale, cioè di quello che è diventata.”

Qual è attualmente il peso dell’influenza della cultura occidentale e del suo sistema di valori all’interno del sistema scolastico e universitario russo?

“Domanda difficile, in quanto siamo in una situazione ambigua: da una parte, la maggior parte degli insegnanti ha avuto una formazione sovietica e dunque anche se non sono più marxisti, sono comunque dei materialisti che non hanno mai dato molto peso ai valori spirituali.

 Questo materialismo che già dava troppa poca importanza ai valori spirituali, è stato poi peggiorato molto dal liberalismo degli anni ‘90 che ha annientato qualsiasi valore spirituale residuo:

quasi tutti i nostri professori e insegnanti è come se fossero diventati dei mostri. Tutti questi professori – essendo stati contagiati dal covid ideologico degli anni ‘90 – non riescono più a trasmettere nessuna ideologia spirituale: i valori che loro propongono sono quelli liberal-capitalisti.

Proprio per questo, Putin non ha nemmeno toccato il campo dell’educazione: perché queste sono le posizioni di quasi tutti i professori.

Ad esempio, da quando hanno accettato il cosiddetto “Processo di Bologna” e i Test di Stato sono stati unificati, essi hanno perso la possibilità di valutare i ragazzi in merito alla loro vera preparazione circa le singole materie; e questo ha provocato un collasso di tutto il pensiero scolastico russo, soprattutto nel ramo umanistico.

Inoltre, nel nostro sistema educativo è arrivato il pensiero occidentale LGBTQI+, di genere, Transgender etc.

Sono arrivate le idee dei tecnocrati e di alcuni degenerati e depravati che continuano a sostenere tecnologie e ideologie anti umane. E di questi intellettuali disagiati ce ne sono molti nella nostra società.

Ecco perché in Russia la situazione – soprattutto in campo umanistico – è pietosa.”

Perché l’attuale governo permette tutto ciò?

“Questo è uno dei problemi principali. Tempo fa ho scritto un libro dal titolo “Putin contro Putin” dove racconto del disordine bipolare del nostro Leader. Non nel senso psichiatrico (non è ovviamente schizofrenico) ma a livello politico.

È una questione di “visione del mondo”. Putin rafforza la visione eurasiatica ma, allo stesso tempo, va verso la visione occidentale nella cultura, nell’educazione, nella sfera umanistica in generale.

Insomma, queste due visioni sopravvivono nella stessa persona che ha un potere assoluto.

Questo super potere, ovviamente, non proviene dall’alto ma siamo noi popolo che abbiamo bisogno di una potenza monarchica. Questa potenza assoluta gli è stata concessa, mentre questa doppiezza fa parte di lui.

Se andassimo a leggere i suoi testi (visto che non lo fa nessuno), noteremmo che ci sono delle grandi contraddizioni, anche in questioni cruciali, per esempio, della difesa.

“In vista di accordi globali sulla difesa, la Russia deve essere indipendente”. Ciò, in tutta evidenza, è una contraddizione. Così sono costruiti tutti i suoi documenti. E così è il suo governo: diviso tra liberal (Dem Usa) e conservatori.

È difficile costruire un futuro con questa visione bipolare. Si può costruire il presente, ma non il futuro.

Putin accetta questo bipolarismo perché pensa che sia possibile andare avanti così.

Questa modalità di agire e governare continuerà fino a che Putin ci sarà; quando Putin non ci sarà più, queste due parti si scontreranno e una di esse prevarrà.”

Perchè i valori liberal (Dem Usa) prendono sempre più piede rispetto a quelli tradizionali?

“Innanzitutto, è bene sottolineare che essere giovani non è una malattia. Tutti lo siamo stati, per poi invecchiare.

Ai giovani serve sempre un esempio da seguire.

La questione è che i genitori e i nonni hanno vissuto in un periodo storico decadente, dove c’era disfacimento e degrado: era il tempo della dissoluzione dell’Unione Sovietica, per poi passare ai disastrosi anni novanta. Quando i giovani di oggi guardano i loro genitori vedono spesso dei manager o dei banditi, e tanti divorziati: valori in decomposizione.

Persone depravate, degenerate, corrotte e pervertite. E loro non possono essere un esempio positivo per i giovani. Per questo, la nostra società attraversa così tanti problemi.

Mancano figure che possano essere d’esempio, sia nella vita privata che in quella pubblica, così come nella cultura. Avete mai visto una serie tv russa? Raffigura solo degli sfigati o gente spietata: in sostanza, è solo spazzatura.

Questi sfigati della tv e della vita reale vissuti post ’91 spesso fanno ribrezzo pure agli spettatori più giovani, che quindi si affidano a internet per trovare qualcosa di decente. E qui peggio che mai: film americani e occidentali, inclusi tutti i loro show. I valori tradizionali, dunque, non sono nemmeno lì ed, in sostanza, è tutto uno schifo.

Per questo, troppo spesso i giovani tendono ad abbandonare la loro individualità per divenire parte di una rete neurale globale basata sulla tecnologia. Si omologano alla tecnologia, perdendo così la loro capacità di essere individui.

Questo vale anche per la società europea e, in generale, per le società occidentali, dove non c’è più nessuna contrapposizione a questa società post umanistica.

É da sottolineare che però, da noi c’è ancora una resistenza a questa deriva.

In Russia, Sia la Chiesa che Putin sono contrari a queste tendenze, anche se – in generale – nella nostra società prevale l’atmosfera del degrado. Ad esempio, uno dei valori che sembra prevalere è quello di restare giovani il più possibile per sempre. E ciò significa rimanere sostanzialmente sempre stupidi (in quanto giovani traviati da modelli errati). Vedi, per esempio, anche le nonne che iniziano a usare Tik Tok.

Ecco che scompare l’idea della crescita personale positiva: tutti rimangono dei banditi e dei depravati e si preparano a far parte di una società post umanistica e virtuale.

 Purtroppo, Putin non fa abbastanza contro questo perché non sta dietro alle reti sociali e se sa qualcosa lo sa grazie a Peskov (Dmitrij Sergeevič Peskov è il portavoce del capo del Cremlino, ndr).

È lui che gli dice se sulle reti sociali c’è qualcosa da sapere, altrimenti il Presidente non ne saprà niente.

Putin vive nel suo mondo e non comprende fino in fondo che la società – di cui é responsabile – non va verso il bene, non riesce ad accorgersi che i giovani vanno verso l’oscurità.

In Russia abbiamo ancora dei valori, ma non è l’isola della salvezza. Non siamo ancora al nulla dell’Europa e degli Stati Uniti ma ci stiamo muovendo in questa direzione.

Non siamo su una strada diversa dall’Occidente, è soltanto una questione di velocità: noi andiamo più lenti.

Nessuno si occupa dei nostri giovani. Nemmeno Putin, che è l’unico ad avere l’ultima parola.”

 L’Occidente, con l’impronta del World Economic Forum, detto anche “Forum di Davos”, sta cercando di attuare quello che il suo fondatore Klaus Schwab ha chiamato “Great Reset” globale : economico e demografico, anche usando l’emergenza Covid-19. Stanno imponendo ai popoli il capitalismo globalista  di quarta generazione.

L’Italia, per esempio, è un epicentro di queste politiche che hanno drammatiche conseguenze politiche, economiche e sociali sulla collettività nazionale.

Secondo lei, anche la Russia fa parte di questo quadro o essa può essere invece considerata quella che un tempo si sarebbe definita come una nazione “non allineata” e che si trova, quindi, in una posizione alternativa rispetto al Grande Reset mondiale?

“Il Grande Reset è la reazione disperata dei globalisti che vedono come il mondo stia diventando multipolare.

Questo progetto, nonostante la contrarietà della maggior parte dei popoli del globo, vuole arrivare al suo obiettivo puntando molto anche sulla pandemia.

Il Grande Reset arriva dai primi anni 2000, quando i globalisti hanno cominciato a sentire la perdita della loro forza e dunque hanno cercato e cercano in tutti i modi di recuperare una situazione positiva per loro.

Ad esempio, l’élite liberal(Dem Usa) ha imposto lo stato di emergenza per recuperare il potere sulla mente delle persone, in quanto sempre più esseri umani si stanno allontanando dal disegno globalista.

L’élite liberal (Dem Usa), nonostante si sia dimostrata incapace di gestire l’emergenza Covid, vuole comunque usare questa cosa (e lo stato di emergenza) per rimanere ai vertici.

Tutto questo sembra piuttosto un’ “agonia liberal (Dem USA)” e personalmente penso che il Grande Reset sia affogato.

Questo anche perché se le restrizioni occidentali e lo stato di emergenza sono usate dall’élite liberal(Dem Usa) per mantenere il potere e per difendere il globalismo, la Russia e la Cina hanno dimostrato che delle giuste misure di contenimento del virus possono essere usate però solamente per i propri interessi sovrani (contrari al globalismo): misure simili ma con visioni diverse.

L’Italia è stata la più sfortunata di tutti perché ha scelto il peggior Presidente possibile. Non immagino nessuno peggio di Draghi.

Quest’ultimo non porta nessuna promessa con sé, ma è uno che sta lì per garantire il puro status quo.

E questa è la cosa più spaventosa: non cambiare niente – nelle tendenze di oggi – è il delitto più grave.

Draghi incarna perfettamente l’élite liberal(Dem Usa).

Nonostante il Grande Reset sia sostanzialmente fallito, comunque, è chiaro che alcuni territori siano ancora sotto il controllo dell’élite liberal(Dem Usa).

Quest’ultima che, insieme ai monopoli tecnocratici che non si sottopongono a nessun potere politico, hanno usato l’emergenza coronavirus da un lato per mantenersi al potere e dall’altro per cercare di rafforzare la propria influenza ed il loro dominio.

Al Grande Reset, però, si oppone il “Grande Risveglio”. E questa fase, iniziata da poco, si sta sviluppando come una guerra tra due visioni contrapposte.

In concreto, le popolazioni da un lato e l’élite liberal(Dem Usa) dall’altro.

Questa non sarà una guerra tra nazioni, ma una guerra – in Europa ed in tutto il mondo – tra la popolazione che è per il Grande Risveglio, e le loro élite che sono per il Grande Reset.

Se parliamo del ruolo della Russia in questa guerra civile, essa sarà dalla parte del Grande Risveglio anche se i tentacoli del Grande Reset ce li abbiamo ancora dentro; ad esempio, il nostro Gref (Herman Gref, Presidente di Sberbank, il principale gruppo bancario del Paese) sarebbe come il vostro Draghi.

 La differenza fondamentale è che noi lo abbiamo lasciato dov’è, mentre voi l’avete messo a capo della Banca Centrale Europea e ora alla testa del Governo italiano.

L’influenza globalista dentro la Russia è molto forte ed è presente soprattutto nel potere economico: se l’anima della Russia è col Grande Risveglio, per le questioni più concrete non è interamente così.

Quindi la Russia è in una posizione di “neutralità ostile” verso il Grande Reset e anche questo è già un buon segno.

Per noi ortodossi, il Grande Reset significa il progetto dell’Anticristo. Dunque, tutti quelli che sono davvero contro l’Anticristo sono dei santi. E la Russia di Putin ha quasi preso la posizione di leader in questo circolo dei santi che sono contro l’Anticristo.

In generale, va sempre tenuto presente che nessuno può risolvere questo problema se non le persone stesse. Se un italiano o un francese non si rialzano contro il male globale che ha il volto di Draghi o di Macron, nessun altro lo farà per loro. Non importa se siano pro Le Pen o Mélenchon, ad esempio; l’importante è muoversi contro Macron.

Questo vale anche per gli statunitensi: se non si rialzeranno e non difenderanno la loro identità, nessun altro lo farà per loro, nemmeno Putin.

Questa è una lotta dell’umanità contro l’anti umanità. Nonostante il mostro globalista stia affogando, ci serve – a maggior ragione – l’aiuto di tutti perché venga definitivamente sconfitto.

In questa lotta, pure una persona da sola (anche andando contro la famiglia o il fratello, come dice il Vangelo) potrà cambiare la bilancia del mondo. Anche un piccolo granello può fare la differenza.”

 

Quali sono i segnali di questo fallimento globale?

“I segni del fallimento dell’élite globalista li vediamo, ad esempio, nel frenetico ritiro degli Usa dall’Afghanistan, così come dalla Siria. I talebani hanno dato un calcio in culo alle armate invincibili nordamericane che ritirandosi hanno lasciato il caos generale: ovunque esse vanno, infatti, non portano più ordine ma soltanto distruzione.

Ad esempio, tutti quegli Stati post sovietici ai quali gli Usa hanno promesso di dare assistenza, in cambio hanno perso la propria integrità territoriale.

Gli americani non possono più essere i possessori del mondo e la loro politica è inadeguata sotto ogni aspetto.

Questi sono i segnali più evidenti di questo fallimento.

Dunque, anche se i globalisti riescono ancora a mantenersi al potere, essi non hanno nessuna idea seducente per le persone; possono usare la paura e spaventare tutti, possono introdurre il Green Pass e mettere le telecamere di sorveglianza ovunque, ma non offrono nessuna idea di futuro.

Ad esempio, se guardiamo i film americani incentrati sul nostro prossimo futuro, essi finiscono tutti male. Non c’è futuro, come in “Mad Max” ed altre pellicole. L’idea, infatti, è sempre la stessa: moriranno tutti o sopravviveranno in pochi ma in malo modo, magari come uomini rettili totalmente disumanizzati.

Quindi, come possiamo vedere chiaramente, i globalisti non hanno alcuna idea di futuro e le civiltà senza un’idea di futuro sono civiltà in agonia, come sempre lo sono state.

Essi cercano di rimanere al potere con i denti, stringendolo forte con le mani, ma il potere gli sta sfuggendo ugualmente.

Un altro esempio è la Cina: la volevano sottomettere, ma è uscita dal loro controllo.

Il PCC (Partito Comunista Cinese) ha resistito e non è stato annullato. Anche Pechino cerca dunque di proteggere la propria identità.

E Putin sta facendo lo stesso fin dall’arrivo al potere nel 1999, quando ha iniziato (ed è riuscito) a rimettere la Russia sulla propria strada: quella della sua identità.

In conclusione, è possibile affermare che nel futuro emergeranno sempre più poli a livello mondiale e dunque i globalisti stanno fallendo e ora sono in agonia.”

 Aleksandr Dugin è portatore di una nuova idea di futuro: in cosa consiste la “Quarta Teoria Politica” e che tipo di società aspira a costruire?

“E’ la teoria che mette in dubbio l’universalismo eurocentrico (occidentalocentrico): la storia contemporanea europea si basa sull’idea di essere l’avanguardia dell’umanità.

 Il concetto è quello di ritenersi il centro dell’umanità e non soltanto una delle parti di essa. Secondo questa ottica, tutte le società devono seguire questo unico modello. E quando non lo fanno, vengono in qualche modo costrette.

L’ideologia occidentale si basa sul razzismo di due tipi: quello territoriale e quello temporale.

Dal punto di vista territoriale, l’Europa si considera come il fulcro e tutti gli altri sono considerati come quei popoli non civilizzati che devono adeguarsi.

Il razzismo temporale invece dice che tutto ciò che è nuovo è buono, mentre tutto il vecchio è cattivo. L’idea del progresso si basa sul razzismo contro il proprio passato.

Non solo, tutti gli altri popoli del mondo vengono visti come dei barbari, e anche la storia passata dell’Europa stessa (rispetto a quella contemporanea), come il medioevo, deve essere vista come inferiore.

In questo clima, si sono formate le tre grandi teorie politiche: il comunismo, il fascismo e il liberalismo (Dem Usa).E tutte queste teorie politiche sono alla loro base razziste, come dimostra benissimo John Atkinson Hobson.

Quindi tutti e tre, e cioé il liberalismo(Dem Usa) che mette in cima l’individuo, il comunismo la società, e il nazifascismo la Nazione, sono ideali europei e intrinsecamente razzisti (sia temporali che territoriali).

La Quarta Teoria Politica scarta questa visione del mondo eurocentrico (nella più ampia accezione del termine) e dice che non esistono:

• La gerarchia tra le società.

• La contrapposizione Occidente – Oriente

• La contrapposizione Moderno – Antico. Ad esempio, anche la società medievale aveva le sue cose belle (in primis non era totalitaria), così come le società non europee di oggi.

Quando parliamo di costruire un futuro diverso, dunque, dobbiamo superare queste tre ideologie antiumanistiche e razziste (come dimostrato anche da Hannah Arendt), questi tre totalitarismi.

La principale caratteristica dell’età contemporanea è il totalitarismo.

Tra queste tre ideologie ci sono ovviamente delle differenze, ma quella più grande è che solo il liberalismo (Dem Usa) è rimasto in piedi, mentre le altre due sono tramontate.

Rimanendo l’unico attore in campo, il liberalismo (Dem Usa) incarna tutto questo doppio razzismo.

L’oggi ci dimostra che il mondo di Orwell “1984” non era la faccia del comunismo ma quella del liberalismo (Dem Usa). Il mondo di Orwell non viene dall’Oriente mistico ma dall’Occidente liberal(DemUsa).

A dimostrazione dell’eurocentrismo dilagante, poi, basti vedere che per demonizzare i loro oppositori, i liberal(Dem Usa)i li chiamano fascisti o comunisti (secondo loro è un’offesa, ma che rimane sempre nell’alveo delle creazioni occidentali) e non possiamo dire niente contro il liberalismo se non vogliamo essere additati come comunisti o fascisti. Se non è totalitarismo questo!

Bene, tutto ciò accade perché la politologia si basa solo su queste tre ideologie.

E noi non possiamo criticare in pieno il liberalismo(Dem Usa) se rimaniamo incatenati a queste tre ideologie eurocentriche, che hanno una base razzista “comune”, e che non possono dare risposte alle vere necessità del mondo.

La Quarta Teoria Politica ci dice di prendere le tre teorie precedenti – create dagli occidentali e realizzate in giro per il mondo – e di gettarle nel sacco della spazzatura. Ma da sole, non ci finiranno mai e quindi dobbiamo spingercele noi.

Siamo noi che dobbiamo far rialzare tutta l’umanità contro l’Occidente.

La Quarta Teoria Politica ci dice come noi russi possiamo vivere: possiamo vivere costruendo la nostra monarchia russa. Ma lasciando liberi gli altri popoli di vivere come meglio credono.

Il mondo islamico può vivere sotto le regole musulmane mentre la Cina sotto le regole del confucianesimo.

Ancora, in India da sempre ci sono le caste e non possiamo nasconderle sotto la pseudo-democrazia.

Dobbiamo riconoscere e ammettere come vivono le varie società ed è in questo senso che possiamo trovare anche persone in Occidente che supportano la Quarta Teoria Politica.

Ma lì in Occidente c’è un grave pericolo: se rinunciassero al liberalismo (Dem Usa) potrebbero cadere di nuovo nel comunismo o nel fascismo.

E per non cadere in tutto ciò, devono accettare la Quarta Teoria Politica, cioè ammettere tutta la varietà delle culture e delle civiltà, senza “obbligarsi” al progresso tecnologico (come se fosse per forza il destino di tutti) oppure che la parità di genere sia insieme alla tecnologia avanzata il solo e unico modo di progredire per l’umanità.

Anche l’Occidente deve saper recuperare i propri valori, accantonando le ideologie che l’hanno ridotto così agonizzante: comunismo, fascismo e liberalismo (Dem Usa).

Oggi, invece, se non sei un liberal(Dem Usa) tendi a dover essere cancellato, proprio come un semplice canale eliminato da you tube che viola la loro policy aziendale.

Dunque la “Cancel Culture” è una chiara dimostrazione del volto del totalitarismo liberal (Dem Usa).

Come sostenitori della Quarta Teoria Politica, abbiamo capito che il comunismo ed il fascismo vengono adesso utilizzati soltanto per far avanzare il liberalismo(Dem Usa).

Noi proponiamo di risvegliarsi ed utilizzare la Quarta Teoria Politica in tutte le culture. Non esiste quindi un futuro unico per tutto il mondo ma ogni cultura si costruisce il proprio e lo fa grazie alla propria storia, alle proprie tradizioni, alla propria religione.

Ognuno deve trovare il proprio modello.

Dunque, mondo multipolare creato dai seguenti poli: Eurasia e mondi musulmano, europeo, africano, americano. Questo è il multipolarismo.

Tra tutte queste civiltà, ovviamente, anche se si baseranno sulla Quarta Teoria Politica, ci potranno essere più o meno unità e collaborazione o più o meno screzi.

Grazie alla Quarta Teoria Politica, comunque, si risolve l’annoso problema dell’altro che è sbagliato perché non rispecchia i canoni occidentali; egli è invece da considerarsi semplicemente diverso e, proprio per questo, merita il nostro rispetto.

La percezione occidentale dell’altro come identico, o come inferiore, è sbagliata: esso andrebbe invece considerato semplicemente come un altro e basta.

La Quarta Teoria Politica si basa infatti sulla valutazione positiva dell’altro; noi sappiamo di non essere cinesi, ma nemmeno i cinesi vogliono farci assomigliare a loro. Questo principio andrebbe applicato a tutti e magari noi russi sceglieremmo lo zar, la religione e qualcos’altro tipo la vita contadina.

Quindi noi russi sceglieremo ciò che vorremo, senza dover subire i diktat di nessun altro: né dei musulmani, né dei commissari europei. Quando dovremo fare questa scelta storica, non faremo entrare nessuno nelle nostre faccende.

E con la Quarta Teoria Politica noi raccomandiamo a tutti di fare così, seguendo questo “metodo”.

Anche l’Europa dovrà scegliere ciò che gli piace ma a condizione di non ritrovarsi di nuovo regole prescritte dall’ élite come la democrazia liberal(Dem Usa) ed i diritti umani occidentalocentrici: ad esempio, se vi piace il pensiero LGBTQI+ prendetelo e usatelo, ma non obbligate noi ad interiorizzarlo.

La Quarta Teoria Politica dice che tutti possono e devono costruire il proprio mondo basato sui propri valori. Quindi, dobbiamo negare il liberalismo (Dem Usa) e le altre due ideologie eurocentriche: il comunismo e il fascismo.

La Quarta Teoria Politica è un invito ad una “creatività libera” verso il proprio futuro.”

 

ALEKSANDR DUGIN (Mosca, 1962), filosofo e sociologo. Fondatore della scuola geopolitica russa e del Movimento Eurasiatico. Dugin è considerato uno dei più importanti esponenti del pensiero conservatore russo moderno in linea con la tradizione della corrente filosofica, politica e letteraria degli slavofili. Dugin è dottore in Sociologia e Scienze Politiche, PhD in Filosofia e Sociologia. Per 6 anni (2008 – 2014) è stato a capo del Dipartimento di Sociologia delle Relazioni Internazionali della Facoltà di Sociologia dell’Università Statale di Mosca. È autore di oltre 40 libri. Dal 2018 insegna all’Università Fudan​ di​ Shanghai. Attualmente è anche direttore artistico del Teatro dell’Arte di Mosca.

Articolo e intervista a cura di Jacopo Brogi e Alessandro Fanetti per ComeDonChisciotte.org

GLI AUTORI : Aleksandr Dugin: “Il Grande Reset è fallito. È l’ora del Grande Risveglio.”

Jacopo Brogi, autore e documentarista; freelance United Photo Press. “La realtà ha bisogno di più testimoni. Per mostrarla e per cambiarla.”

Alessandro Fanetti, studioso di geopolitica e relazioni internazionali, autore del libro Russia: alla ricerca della potenza perduta (Edizioni Eiffel, 2021).

 

Magaldi: avviso di sfratto a Draghi,

ecco il vero Salvini.

Libreidee.org-Gioele Magaldi - (01/2/2022)- ci dice :

 

E se adesso Draghi e Mattarella – magari spinti da Salvini – si mettessero a fare l’esatto contrario di quello che hanno fatto finora?

 Cioè: fine del rigore, finanziario e sanitario?

 A buttarla lì è Gioele Magaldi, autore di “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt.

Esponente del circuito massonico progressista, Magaldi è stato tra i più feroci detrattori del “vecchio” Draghi, quello del Britannia e del “pilota automatico”, che dal vertice della Bce intervenne solo fuori tempo massimo, quando ormai i paesi in difficoltà per gli spread erano stati commissariati (l’Italia, da Monti).

Poi, due anni fa, la svolta annunciata da Draghi: la manifestata intenzione di tornare alle origini post-keynesiane, abbandonando i sodali massonici neoliberisti e “neoaristocratici”.

Magaldi lo prese in parola: il “nuovo” Draghi va messo alla prova.

 Bilancio, dopo un anno a Palazzo Chigi: deludente.

Nessuna vera iniezione nell’economia e nessun cambio di paradigma nella gestione del Covid. Anzi: le ultime restrizioni (obblighi, Green Pass) paiono letteralmente stomachevoli, inutilmente vessatorie e rovinose per la salute socio-economica del paese.

Nonostante ciò, nel fronte massonico-progressista, Magaldi è stato tra i supporter di Draghi nella corsa al Colle.

Motivo: grazie al suo prestigio, l’ipotetico “nuovo” Draghi (ancora solo virtuale) sarebbe stato una carta potenzialmente utile, per il rilancio dell’Italia, in Europa e non solo.

Missione fallita, per ora: colpa anche di Draghi, troppo presuntuoso e poco empatico con i suoi ipotetici grandi elettori.

 Ma attenzione, avverte Magaldi: non crediate alla stampa, che dipinge uno scenario politico allo sbando, con partiti ridottisi a implorare Mattarella di accettare il re-incarico.

Era esattamente quello che il presidente uscente sperava accadesse.

 Lo show del trasloco e degli scatoloni al Quirinale? Una recita perfetta, dice Magaldi.

 Non solo: incaricando Draghi a Palazzo Chigi, già nel 2021 – aggiunge sempre l’autore di “Massoni” – Mattarella sapeva benissimo di complicargli deliberatamente la strada per la presidenza della Repubblica.

Se avesse evitato di impelagarsi nei meandri governativi, oggi probabilmente Draghi sarebbe stato eletto in carrozza, acclamato come padre nobile.

E c’è di più: per un attimo, Draghi ha rischiato di venire defenestrato anche dal governo.

Lo racconta Magaldi su YouTube, a “Border Nights” con Fabio Frabetti e poi a “Mrtv” con Roberto Hechich.

E’ accaduto quando Salvini – fingendosi in stato confusionale – dopo aver bruciato svariati candidati perdenti ha fatto di nome di Elisabetta Belloni, incassando l’ok di Conte e della Meloni.

 Tradotto: i numeri per nuovo governo “gialloverde”, esteso a Fratelli d’Italia, che avrebbe comportato il “licenziamento” di Draghi.

E’ stato proprio Super-Mario, a quel punto, a chiedere a Mattarella di restare al suo posto, risparmiandogli quella che sarebbe stata un’umiliazione.

 Lo stesso Salvini, all’ultimo minuto, avrebbe evitato il crash finale.

 Ammette Magaldi: una parte dei massoni progressisti hanno “punito” volentieri Draghi per il suo primo anno di governo.

Ora dimostri che non scherzava, quando parlava di cambio di paradigma. Mattarella? Fino a ieri è stato funzionale al mainstream neoliberista.

Ma se Draghi cambiasse registro, potrebbe affiancarlo: mai dire mai. Il banco di prova?

Ci penserà Salvini, ancora: chiede 30 miliardi di ristori, pronta cassa.

Altro segno di buona volontà: fine dell’emergenza, delle restrizioni e degli obblighi. Se Draghi risponderà picche, dice Magaldi, si avvierà (come Monti) verso un anonimo declino.

 Se invece cambiasse passo, potrebbe finalmente scrivere una nuova storia.

 

 

 

 

Siamo lo zimbello del mondo:

vogliono far esplodere l’Italia.

Libreidee.org- Michele Giovagnoli - (01/2/2022)- ci dice :

Ve ne siete accorti?

Ormai siamo diventati lo zimbello del mondo.

Tutti stanno andando in una certa direzione, ogni Stato smantella un po’ alla volta queste restrizioni, e noi no.

Il governo continua a fare Consigli dei Ministri per rafforzare e restringere: non si va più in Posta, in banca; e poi, un po’ alla volta, vedrete, ne faranno anche altre.

E questo è tutto normale. Lo sappiamo: il nostro è un paese speciale, nel quale sta avvenendo – letteralmente – un esperimento sociale, in cui si vuol vedere fino a che punto l’umanità può sopportare le vessazioni (soprattutto l’umanità italiana, che è molto particolare: perché ha un enorme potere erotico inespresso).

Chi ci amministra, dunque, sta spingendo: questi non mollano, e insistono.

 Noi abbiamo imparato a gestire quegli stimoli: non con delle reazioni, ma con delle interiorizzazioni.

 Il mio invito a “stare fermi” è costante, affinché avvenga una crescita, dentro di noi. Questo ci ha permesso di giungere sin qui, con 7 milioni di persone che sono rimaste integre.

Abbiamo preservato una qualità genetica: dentro, abbiamo ancora del sangue “solare”, mentre in altri corpi stanno scorrendo altre tipologie di sangue.

Noi abbiamo conservato una nostra essenza naturale, oltre ad aver protetto una nostra integrità morale: siamo stati l’esempio di ciò che la parola “dignità” esprime.

Da una parte, oggi, si sta delineando un contesto sociale dilaniato: mai, prima d’ora, la socialità individuale era stata così compromessa.

Poi c’è la socialità collettiva: pensiamo alle grandi separazioni che sono avvenute all’interno delle famiglie, delle coppie, dei gruppi di amici; nelle aziende, nelle scuole.

Tutto è difficoltoso, alterato: anche fare un acquisto in un negozio, o mangiare una pizza, o andare a pagare una bolletta. E il governo continua a premerci in quella direzione.

Ebbene, tutto questo crea grosse lacerazioni: alcune persone sono convintissime che il Green Pass sia la soluzione di tutti i mali, la chiave d’accesso al paradiso, e non si fanno problemi a discriminare e perseguitare chi invece ha fatto una scelta diversa.

Pensate, hanno persino educato i bambini a fare controlli sul pulmino, per vedere chi ha il Green Pass.

In tutto questo c’è una crisi economica mostruosa, che ora si farà sentire: le bollette aumenteranno del 50%, e un’intera area produttiva non potrà più lavorare.

 Stiamo andando incontro a una situazione che viene fatta peggiorare, di giorno in giorno, dai continui interventi da parte del governo.

Non c’è un solo intervento che vada nella direzione di ridare libertà al popolo italiano.

Ma il quadro non può peggiorare in eterno: la pazienza prima o poi finisce.

 E dato che il governo non intende recedere, a breve si arriverà inevitabilmente alla rottura di questo equilibrio.

 L’elastico teso non potrà resistere all’infinito: e la rottura potrà creare anche reazioni violente.

Questi pseudo-governanti stanno portando la popolazione, letteralmente, ad uno scontro: lo intravedo entro la fine di questo mese.

Si arriverà allo scontro perché una parte dei perseguitati non avranno più intenzione di continuare a essere seviziati in questo modo.

 Se ti spiegano che non potrai più andare in banca a prelevare i tuoi soldi, capisci che in questo non c’è più niente, di sanitario (non ce n’è mai stato, fin dall’inizio). E se ti guardi attorno, adesso scopri che tutti gli altri paesi stanno smantellando le restrizioni.

Alcuni paesi cominciano a portare in piazza una certa energia: abbiamo visto quello che sta succedendo in Canada, dove il premier è dovuto letteralmente scappare.

Lo stesso sta accadendo in Olanda, dove si cominciano a creare manifestazioni differenti.

Se chi governa non cambia atteggiamento, prima o poi allo scontro si arriva.

E a me sembra che siano proprio loro, a volerlo: viceversa, solo una persona priva della capacità di intendere e volere potrebbe insistere nel molestare la gente all’infinito, pensando di non subire conseguenze.

A un certo punto, capite, tutti possono sentirsi legittimati a “perdere la brocca”. Ecco, io la sento crescere fortemente, questa tensione.

Sabato ero a Torino e ho visto la nostra piazza: così stabile e matura, così ferma, così già orientata a costruire il nuovo.

Ma c’è una quota di umanità che necessita di fare altre esperienze. Chi non ha la nostra cultura della gestione energetica non elabora le esperienze come abbiamo fatto noi, è ancora nella fase reattiva.

Un po’ come nel calcio: c’è chi sa tenere palla, e c’è l’attaccante che tocca un solo pallone ma fa goal.

Sta succedendo anche in Italia: una quota di umanità è diventata letteralmente una polveriera. Ci sono piazze stabili, come le nostre, e ci sono autentiche polveriere. Cosa racconti, a una persona che ha un’impresa e ora si trova a dover fallire, perché un po’ alla volta non circola più un quattrino nell’economia reale?

Cosa gli racconti, che c’è ancora un’emergenza sanitaria?

Noi, sì, abbiamo investito in altro: siamo quella parte di umanità che sta già costruendo il nuovo. Ma c’è una parte di umanità che invece è pronta a saltare per aria per far finire il vecchio, per raderlo al suolo.

 E nessuno ha il potere di fermarla, perché sono dinamiche più grosse dell’umanità e del singolo individuo.

 Quando scoppia – passatemi il termine – una rivoluzione, è perché esplodono dinamiche più forti delle persone.

In Italia sto vedendo questo: una inesorabile, ineluttabile deriva verso uno scenario anche cruento.

E allora penso alla mia parte, a chi è rimasto fermo.

Penso a noi 7 milioni, che abbiamo permesso alla magistratura di muoversi avendo le spalle un po’ più larghe. Penso ai nostri medici, ai nostri avvocati. Penso cioè a chi ha scelto di resistere, conservare l’umano e, parallelamente, costruire il nuovo.

 A tutti loro continuo a dire: stiamo fermi.

Ovvero: continuiamo a sviluppare il nuovo tipo di società che stiamo creando. Sull’altra parte, invece, non ho potere.

Non posso esortare nessuno a stare fermo. Non posso intervenire su chi ha una diversa struttura animica.

 Non posso oppormi a un flusso che è più grande di noi. Il governo sta continuando a togliere mattoni, quindi tra un po’ l’edificio crolla.

E visto che non ha la minima intenzione di invertire la rotta, lo dico: questo governo è l’unico responsabile di tutto quello che potrebbe accadere.

E badate: ci sono milioni di italiani che stanno facendo di tutto, per arrivare a questo scontro.

Quando il titolare di un ristorante continua a tenere aperto, pur sapendo di esser stato preso in giro e pur sapendo che stanno facendo del male a tante persone, e però se ne frega altamente, be’, anche lui sta andando in quella direzione.

Migliaia di aziende hanno finto che non fossero mai stati calpestati alcuni diritti: non solo diritti dei lavoratori, anche diritti umani.

E hanno sposato appieno questa situazione, che – anzi – a qualcuno ha fatto anche comodo.

 Ecco: quelle aziende sono pienamente compartecipi di quello che sta succedendo. O almeno, lo sono fino a un certo punto: perché il governo, se volesse, avrebbe sempre la capacità di smantellare le restrizioni e creare condizioni diverse.

Ma dietro al governo ci sono intelligenze superiori, rispetto a quelle umane: non pensate che sia Speranza, a gestire la sanità italiana. Sicché, mi viene da pensare – ripeto – che siano proprio loro, a volerci portare a questo: in fondo, è un’esperienza che l’Italia non ha mai vissuto.

Se qualcuno pensa che questa situazione si possa ancora risolvere con una discussione fatta a tavolino, si sbaglia di grosso.

Cosa pensare, quando vedi che gli studenti universitari vengono presi a bastonate? Non è lo scontro, che il governo cerca?

 Fino alla fine, io vi esorterò a portare le nostre energie nella costruzione del nuovo. Però posso mettere nero su bianco – qui, adesso – che, se loro continuano a mantenere queste restrizioni, e ad aumentarle (nonostante non vi sia più alcuna emergenza sanitaria, nonostante lo dica anche la scienza, nonostante il resto del mondo stia ormai facendo il contrario dell’Italia), allora temo che non si possa che andare a uno scontro molto violento: perché c’è una quota di umanità italiana che ha bisogno di vivere quel tipo di esperienza.

Quindi prepariamoci un po’ a tutto, perché lo scenario mi sembra molto chiaro.

(Michele Giovagnoli, video-intervento su Facebook il 31 gennaio 2021).

 

 

 

 

 

L’irrilevanza autoritaria italiana,

sull’orlo del finimondo.

Libreidee.org-Giorgio Cattaneo- (31/1/2022)- ci dice :

Una settimana di votazioni a vuoto, per poi passare da Mattarella a Mattarella lasciando Draghi a Palazzo Chigi, con tutte le supercazzole para-virologiche trasformate in dogma religioso (con tanto di obbligatorietà, ricatti e vessazioni). In tanti hanno commentato l’autopsia della politica italiana nella sua forma più desolatamente spettacolare: un’esibizione di impotenza perfetta, interpretata da partiti-fantasma e leader di cartone, incapaci di incidere minimamente in uno spartito imbarazzante.

Una sceneggiatura normalmente dettata dall’alto, secondo traiettorie più o meno inconfessabili, ma in fondo ricorrenti da qualche decennio.

Nella fattispecie: la necessità di congelare lo scenario politico italiano, per ultimare l’euro-normalizzazione del paese secondo i dettami del più che vincolante programma che i dominus hanno affidato a Bruxelles, per questa parte di Occidente.

Invece, il resto del mondo – Russia, India, Giappone, paesi arabi, Africa, Sudamerica, gran parte dell’Asia – sembra uscito dall’ipnosi psico-sanitaria ispirata dagli stregoni di Davos e dai loro libracci.

Oggi, Greta ricompare direttamente dal benzinaio al momento di fare il pieno: la sua auto elettrica, nuova fiammante, sembra l’ultimo regalo di un destino tragicomico e, forse, drammaticamente preoccupante, almeno quando il rumore di cingoli e ferraglia che risuona lungo le frontiere orientali dell’Europa.

 E mentre gli ultimi scossoni (senza precedenti) oggi arrivano dal Canada in subbuglio, dopo che persino il “laboratorio Israele” annuncia un ripensamento radicale delle imposizioni farmacologiche, rivelatesi nella migliore delle ipotesi completamente inutili, l’Italia politica in agonia – urne disertate lo scorso ottobre da oltre metà degli elettori – ripropone a inizio 2022 una sorta di resa, di genuflessione senza parole, gesti, idee, pensieri, progetti, analisi e programmi.

 Palazzo Chigi resta nelle mani di un terminale (dichiarato) del massimo potere ordoliberista: il suo prestigio personale sembra l’unica chance, virtuale, per un ipotetico cambio di rotta, di cui però finora non s’è vista traccia.

Anzi: sulla carta, la decretazione sommaria delle peggiori restrizioni non lascia sperare, francamente, in nulla di buono.

Chi ha visto di cosa sono stati capaci, gli ultimi governatori del Belpaese (rigorosamente non eletti, e con mano libera su tutto nel silenzio assordante dei partiti e delle massime istituzioni) non può che tendere a “verticalizzare” le spiegazioni, in cerca di una qualche possibile riposta.

Torna in mente la Struttura evocata da Paolo Rumor nel libro “L’altra Europa”: una casta di prescelti, già re-sacerdoti, agli ordini di padroni non terrestri. L’arte – recente – della politica?

Solo un raffinato espediente per cementare un po’ di consenso? E i famosi superpoteri sovranazionali?

E poi le sigle altisonanti, le consorterie occulte: solo livelli intermedi, anch’esse, di un potere sovrastante e non negoziabile?

Gli studiosi della paleo-satronutica, ferrati anche nel monitoraggio della testualità dei libri antichi (spesso definiti “sacri” dopo la fabbricazione delle religioni, una volta spariti gli antichi signori cosmonautici) dicono che quanto avviene oggi è sempre accaduto, in fondo: manipolazione genetica del Sapiens e manipolazione del gregge umano mediante narrazioni favolistiche.

Analogie: la vera ratio dell’operazione planetaria scattata nel 2020 – il dominio possibilmente assoluto sugli individui – ormai ridonda ovunque, tracimando dai social e ormai arrivando a lambire lo stesso ignobile mainstream.

Dopo il Covid il mitico pseudo-vaccino, il distanziamento universale permanente, la patente di cittadinanza a punti (vincolata alla sottomissione), e nel frattempo la narrazione della crisi climatica per spingere la riconversione produttiva e finanziaria in salsa ecologica, da accelerare con l’impennata folle dell’inflazione, il rincaro inaudito dalle materie prime, l’incubo dell’interruzione dei rifornimenti, il panico energetico, magari anche qualche bella cannonata.

Se questo è il quadro, non richiede commenti l’ultima performance della politica italiota, messa in scena (come se fossimo in tempo di pace) da ex partiti ormai palesemente inservibili.

Milioni di cittadini, intanto, vedono e soffrono: la loro sfiducia ha raggiunto evidenze impensabili.

Molti, poi, si domandano: perché tutto questo? Perché tutto insieme? E perché proprio adesso? E leggono, là dove è ancora possibile, notizie di questo tenore: da mesi, alcune strutture di intelligence terrebbero frequenti riunioni per esaminare la possibilità concreta che, a partire dal 2024, la Terra venga visitata da forze ostili, rispetto a quelle – non terrestri, anch’esse – che deterrebbero segretamente il controllo dei maggiori paesi.

Come regolarsi, di fronte ipotesi di questo tenore? Non è manchino del tutto di una sorta di teorica coerenza: la narrazione di eventuali ingerenze esterne sembra effettivamente speculare al cataclisma in corso, difficilmente spiegabile con motivazioni ordinarie, storiche, socio-economiche.

Il cittadino medio (non dormiente) si è anche accorto di un aspetto inquietante e ambivalente: il potere attuale lo sta letteralmente perseguitando. Come se – in ultima analisi – temesse un possibile risveglio di massa, propiziato proprio dai maltrattamenti inflitti alla mandria: finora docile, per lo più, ma per quanto ancora?

 

 

 

OTTAWA NON MOLLA:

 IL QUARTO GIORNO DI PROTESTE .

Comedonchisciotte.org- Marco Di Mauro-(01 Febbraio 2022 )-ci dice :

 

Continua il presidio dei canadesi liberi, che ormai occupano tutta la city, mentre le istituzioni tacciono e i media, capitanati da Trudeau, urlano allo sgombero violento. Si intensifica il blocco del confine Coutts, che però apre una corsia.

In questo momento a Parliament Hill, Ottawa uomo sventola bandiera "Fuck Trudeau".

In questo momento sono le 21 a Ottawa e il distretto parlamentare, comprese tutte le strade che vi portano, sono completamente bloccate e inaccessibili via auto.

Migliaia di cittadini accorsi da tutto il Canada sfilano tra le file interminabili di auto e camion e si sente uno strombazzare continuo di clacson.

Tutto il centro città è completamente occupato dalle vetture parcheggiate, e la polizia ha bloccato completamente i due ponti di accesso alla downtown, ponte Alexandra e ponte du Portage, mentre il ponte Cartier-McDonald, mediante il quale si accede dall’autostrada, ha una sola corsia funzionante, perché il resto è occupato dai camion bloccati dalla polizia, che gli impedisce di entrare in città.

Traffico nel centro di Ottawa in questo momento: il ponte più a nord è il Cartier-McDonald, seguono lungo il corso del fiume Ottawa i ponti du Portage e Alexandra.

Nonostante il freddo polare e le cataste di neve accumulate sui marciapiedi, ci sono soprattutto famiglie serene, ragazzi e bambini con aria festante che cantano “Freedom! Freedom!”, e non come una rivendicazione, ma come la gioia di rivedere una vecchia amica da tempo perduta.

Anche il quarto giorno di proteste si svolge all’insegna della festa, e i canadesi tornano a respirare, mentre i media scioccati sbavano il loro biasimo sulle “folle smascherinate” che hanno costretto il centro commerciale Rideau a chiudere.

Persino le vetture della polizia sono tranquillamente accostate a parlare con i manifestanti, nelle corsie riservategli dalle migliaia e migliaia di camion e vetture parcheggiate per strada.

Mentre dalle numerose dirette che in questo momento pullulano sui social vediamo giovani che suonano grancasse improvvisate, cantano e ballano al ritmo delle sirene, ci verrebbe da chiedere al primo ministro Trudeau: dov’è la violenza?

Possiamo perdonarti il non esserti accorto, quando eri con i Black Lives Matter, che hanno abbattuto e decapitato quasi tutte le statue dei padri fondatori del Canada.

Eri in ginocchio, e la visuale non è buona da lì, quindi ti perdoniamo di aver definito giuste le proteste dell’estate 2020, che hanno portato a incendiare interi quartieri, saccheggiare centri commerciali, linciare passanti inermi con la sola colpa di essere bianchi.

 Ma la violenza dei 50mila canadesi che si stanno riappropriando della loro vita nelle strade di Ottawa, caro pupazzetto nelle mani dei globalisti, dove la vedi?

Ieri il capo della polizia canadese Peter Sloly ha riferito che, dall’ingresso dei primi camion venerdì 28 gennaio alle immense manifestazioni che sono seguite, ad oggi c’è stato un solo arresto, e nessun ferito.

E anche in questo momento la situazione a Parliament Hill è del tutto pacifica, con canti balli e abbracci, completamente diversa da un’altra Hill occupata, la CHAZ di Seattle dei Black Lives Matter amati da Trudeau, nella quale si è registrato un aumento esponenziale di crimini e violenze dopo pochissimi giorni di occupazione.

Ma non dimentichiamoci il dato fondamentale: BLM piace a Trudeau perché finanziata da Soros e Rockefeller, mentre il Freedom Convoy è una protesta reale, e non c’è niente che la sinistra prog dei nostri giorni odi più delle vere lotte dei veri lavoratori. Nonostante tutto, GoFundMe è stato costretto a rilasciare ai camionisti uno degli 8 milioni di dollari ormai raccolti dalle donazioni dei sostenitori.

Aumentato a perdita d’occhio, è proseguito il blocco iniziato ieri del confine Coutts, tra Montana e Alberta, con diverse centinaia di camion e vetture solidali che impedivano il passaggio di merci e cittadini.

Tuttavia oggi, di fronte alle minacce della polizia, i resistenti hanno deciso di conformarsi alle leggi sullo sciopero locali, che prevedono la legalità dell’azione se si libera una corsia.

Questa la situazione descritta a Come Don Chisciotte dal nostro corrispondente dal Canada, C0rv0:

 

I trucker canadesi hanno ora iniziato a bloccare le autostradali fra Canada e USA.

Gli Italioti abituati alla vita facile tengano presente che questo movimento si tiene con una temperatura media di -20 gradi sotto lo zero.

 In Alberta, al confine col Montana, sono a -35 (!). La situazione è molto tesa, la polizia in piena tenuta anti-sommossa si rifiuta di trattare con in pacifici camionisti, tuttavia non ha risorse sufficienti per un atto di forza.

Così hanno detto i camionisti a Rebel News: “apriremo una corsia e faremo passare quelli che vengono dagli USA.

 Ma ci aspettiamo che gli americani aprano il loro lato e facciano passare chi vuole venire qui.

Non vogliono negoziare con noi, ma apriremo una corsia e poi vedremo se vogliono un compromesso. La polizia quando siamo andati a parlare non era pronta a negoziare.

Secondo la legge [sullo sciopero ] se apriamo una corsia possiamo stare legalmente, e questo è ciò che faremo.”

Il premier è uscito dal suo nascondiglio e dichiarato che ha il COVID (tre volte vaccinato), contraddicendo le forze di sicurezza che avevano dichiarato lui fosse stato “portato in salvo”.

Il movimento sembra intenzionato a continuare, mentre il governo non tratta e tenta di criminalizzarli in tutte le possibili maniere.

Qui in Nuova Scozia, da dove scrivo, i governanti locali hanno proibito di dimostrare, di manifestare sostegno o perfino di inviare soldi al movimento. La pena è di 3,000 $ (sic!).

Questa la situazione finora: mentre il premier e i media paventano sempre di più lo sgombero forzato, pesa sempre di più il totale rifiuto delle istituzioni canadesi di avviare qualsivoglia dialogo con i manifestanti.

Intanto, domani il parlamento ha una seduta, e gli sgherri della dittatura sanitaria che vi siedono, per andarci, dovranno camminare in mezzo ai camion.

 

Per il forum dei miliardari di Davos

 il Covid-19 è l'occasione per resettare

l'economia mondiale, ma a vantaggio di pochi.

Italiaoggi.it-Tino  Oldani- (4-11-2020)- ci dice :

 

Incredibile, ma vero: c'è chi vede nella pandemia mondiale da Covid-19, con i suoi milioni di contagi e i tanti morti, un'occasione irripetibile per avere più ricchezza e più potere.

 Una visione cinica, con l'ambizione di essere nello stesso tempo un punto di riferimento culturale per le élites mondiali del potere finanziario e politico.

La prova? Basta leggere i passaggi chiave del rapporto «Covid-19. The Great Reset», ordinato dal World economic forum (Wef), il club esclusivo che ogni anno riunisce a Davos, in Svizzera, i supermiliardari e i leader politici del mondo per tracciare gli scenari futuri e come affrontarli.

 Il rapporto è firmato da Klaus Schwab, 82 anni, da sempre grande regista del club di Davos, e da un suo collaboratore, Thierry Malleret, direttore del Global risk network, che opera all'interno del Wef.

Un libro preparato in vista del prossimo meeting di Davos, che solitamente si tiene a gennaio, rinviato però a metà maggio 2021 (dal 18 al 21) a causa della pandemia, con sede non più a Davos, ma a Burgenstock, cittadina vicino a Lucerna.

Questa nuova bibbia dei supermiliardari non cela affatto il cinismo, ma usa un linguaggio chiaro, perfino spietato: «Molti si chiedono quando torneremo alla normalità. La risposta è concisa: mai. Ci sarà sempre un'epoca di 'prima del Coronavirus' e 'dopo il Coronavirus'.

 Il peggio della pandemia deve ancora venire». Ancora: «Affronteremo le sue ricadute per anni e molte cose cambieranno per sempre. Ha provocato sconvolgimento economici di proporzioni monumentali, e continuerà a farlo.

Nessuna azienda sarà in grado di evitare l'impatto dei cambiamenti futuri. O tutti si adatteranno all'Agenda del Great Reset, o non sopravviveranno. Milioni di aziende rischiano di scomparire, soprattutto quelle di dimensioni piccole. Soltanto poche saranno abbastanza forti da sopportare il disastro».

Grazie alla blogger francese, Virginie Février, che ha fatto una sintesi del rapporto citando i passaggi più incisivi, è possibile capire che cosa Schwab e Malleret intendono per grande riassetto:

«Alcuni industriali e alcuni quadri superiori rischiano di confondere il reset con un re-inizio.

Ma non sarà un re-inizio, non può succedere.

Le misure di distanziamento sociale e fisico rischiano di persistere ben al di là della scomparsa della pandemia. E questo servirà per giustificare la decisione di numerose aziende nei più svariati settori di accelerare l'automatizzazione. Non è affatto sicuro che la crisi del Covid-19 faccia pendere la bilancia a favore del lavoro contro il capitale. Politicamente e socialmente sarebbe possibile, ma il dato tecnologico cambia tutto».

Così, ecco qualche squarcio illuminante sui cambiamenti attesi per il futuro: «Fino all'86% dei posti di lavoro nella ristorazione, il 75% dei posti di lavoro nel commercio al dettaglio e il 59% dei posti di lavoro nei giochi e divertimenti potrebbero essere automatizzati entro il 2035. Fino al 75% dei ristoranti indipendenti potrebbero non sopravvivere al confinamento e alle misure di distanziamento sociale ulteriori. Nessuna industria o azienda sarà risparmiata».

Le ricadute sul modo di governare l'economia investiranno tutti i paesi, costringendo i governi a prenderne atto, fermo restando un principio cardine per il club di Davos: «La governance mondiale è al cuore di tutte le altre questioni».

È facile prevedere che una frase simile scatenerà i cosiddetti «complottisti», che da anni vedono nel World economic forum il fautore di un Nuovo ordine mondiale, dove a comandare saranno, più di oggi, le élites del potere finanziario.

Ma il rapporto di Schwab e Malleret se ne infischia dei complottisti, e va giù piatto: «La tirannia della crescita del pil finirà. La fiscalità aumenterà. Come nel passato, la logica sociale e la giustificazione politica alla base degli aumenti delle imposte saranno basati sulla narrativa dei 'paesi in guerra' (ma questa volta contro un nemico invisibile)». Risultato: la classe media sarà spolpata, mentre aumenteranno i redditi di cittadinanza.

Confermando quanto è già accaduto con i primi lockdown, il rapporto del Wef vede lo statalismo in crescita: «Il controllo pubblico delle aziende private aumenterà. Le aziende non aderiranno a queste misure perché le considerano 'buone', ma piuttosto perché il prezzo da pagare per non sottomettersi sarà troppo alto in termini di collera dei militanti».

 Quali militanti? Ovvio: i giovani che, come Greta Thunberg, scendono in piazza per il clima, o quelli che lo fanno per i diritti sessuali. È su di loro che i supermiliardari di Davos contano per fare passare la loro nuova dottrina:

«L'attivismo dei giovani aumenta nel mondo, essendo rivoluzionato dalle reti sociali che accentuano la mobilitazione a un livello che sarebbe stato impossibile precedentemente. Assume diverse forme, dalla partecipazione politica non istituzionale alle manifestazioni e proteste, e affronta questioni diverse, come il cambiamento climatico, le riforme economiche, la parità dei sessi e i diritti Lgbt. La nuova generazione è fermamente all'avanguardia del cambiamento sociale. Non ci sono dubbi che sarà il catalizzatore del cambiamento sociale e una fonte di slancio critico per il Great Reset».

Gli unici ostacoli, conclude il rapporto, saranno il sovranismo e la religione, «un miscuglio tossico», che è così descritto: «Con il lockdown, il nostro attaccamento ai prossimi si è potenziato con un sentimento rinnovato di apprezzamento per tutti coloro che amiamo: la famiglia e gli amici. Ma il lato oscuro è lo scaturire di sentimenti patriottici e nazionalistici, con considerazioni religiose ed etniche preoccupanti. Questo miscuglio tossico ha messo in risalto il peggio di noi stessi in quanto gruppo sociale».

Populisti, sovranisti, e ora anche il papa e i preti, si considerino avvisati.

 

(Ma chi ha autorizzato il Governo italiano a farsi scolaro obbediente per eseguire gli ordini impartiti a Davos da   un gruppo di psicopatici miliardari che hanno ottenuto l’ubbidienza  incondizionata sul rispetto delle obbligazioni insite in un PIANO demenziale e  distopico creato solo per la distruzione dell’umanità ? Ndr).

 

 

 

 

Origini e deliri della teoria del Grande Reset.

Huffingtonpost.it- Sofia Ventura - (20 Settembre 2021)- ci dice :

 

L'ennesimo complotto mondiale evocato da Carlo Freccero e le responsabilità degli intellettuali.

Il Grande Reset è in via di attuazione. Così scrive Carlo Freccero in una lettera a La Stampa, dove spiega il suo sostegno alla raccolta di firme per un referendum abrogativo delle norme relative al Green Pass.

L’espressione fu coniata dal Principe Carlo nel maggio 2020 per sintetizzare le riflessioni del World Economic Forum (WEF) dello stesso anno su nuove politiche globali per un capitalismo più sostenibile, alla luce dell’esperienza in corso della pandemia del Covid-19.

Immediatamente, però, “The Great Reset” si è trasformato nell’ennesima teoria cospirazionista costruita e divulgata dalla composita galassia complottista che abita le nostre democrazie.

 QAnon in testa.

 Come ha scritto lo studioso Sebastian Schuller

“A partire da un breve videoclip nel quale il Primo ministro Justin Trudeau spiegava le linee del programma del WEF, nell’universo degli utenti Twitter si interpretavano i limitati piani di riforma del medesimo come la prova di una macchinazione mondiale comunista che apertamente dichiarava il suo obiettivo di eliminare il sistema capitalistico basato sulla libera impresa.

A sua volta, questa lettura entrava nella mitologia di QAnon e diveniva un tema cruciale della estrema destra libertaria”.

 L’incontro di leader politici, religiosi, dei media, di organizzazioni non governative per discutere delle pericolose contraddizioni nel funzionamento del mondo globale, rese manifeste dalla pandemia, ha – in altre parole – rappresentato un’occasione troppo ghiotta per i complottisti delle varie latitudini.

Un’occasione che non si sono lasciati scappare per disegnare una nuova cospirazione delle élite mondiali per controllare l’economia e la vita sociale globali e trasformarle secondo un modello ‘collettivista’. 

Naturalmente, seguendo i medesimi schemi narrativi delle tante teorie complottiste che hanno visto la luce e si sono diffuse tra Sette, Otto e Novecento.

Perché le teorie complottiste altro non sono che narrazioni, che non hanno bisogno di prove, ma semplicemente di segni, di parole pronunciate, di schegge di fatti.

Tutti reinterpretati in modo funzionale alla storia che si racconta.

 Si tratterebbe di pure letteratura fantastica, utopica o distopica, se non fosse che quelle parole sono maledettamente performative, costruiscono mondi ai quali in tanti credono, per poi agire conseguentemente.

Proprio qualche giorno fa il filosofo Giorgio Agamben ha immaginato la concretizzazione della resistenza alla “tirannide senza scrupoli” che ci governa e usa strumentalmente la pandemia, attraverso la creazione di una nuova forma di clandestinità “una società nella società, una comunità degli amici e dei vicini dentro la società dell’inimicizia e della distanza”.

 Insomma, sia nel pensiero di Freccero sia in quello di Agamben il Green pass è quel segno che ci rivela ciò che chi detiene il potere ci nasconde: la bramosia di controllo tendenzialmente totale. “Dietro il Green Pass c’è molto di più” ha appunto scritto Freccero.

Ha ragione il direttore Massimo Giannini nella breve replica alla sua lettera, laddove afferma che non trova “alcun fondamento concreto nella realtà dei fatti” alla teoria del Grande Reset.

È ovvio che non lo trovi: quel fondamento non esiste.

Non vi è la benché minima prova che questo complotto sia in atto. Esistono solo reinterpretazioni, veri e propri slittamenti di significato, di una riflessione comune avviata a livello internazionale e che è stata sviluppata, ad esempio, nel volume di Klaus Schwab e Thierry Malleret:

“Covid-19: The Great Reset”.

Citato da Freccero nientemeno che come ‘prova’  del Gran Reset in atto. Un segno. Un segno che viene ‘montato’ insieme ad altri segni (il Green pass, ad esempio) per costruire la fiaba nera del complotto.

Un grande disegno di conquista e dominio che – come ha ad esempio ben spiegato Alessandro Campi nei suoi scritti sul tema, ben distinguendo tra la natura metafisica dei complotti e la concretezza delle semplici congiure di cui è piena la storia – ancor prima che privo di ogni fondamento empirico, manca di ogni fondamento logico.

 Questo come altri complotti, infatti, presupporrebbe una vastità e complessità di accordi, dei livelli di segretezza, un’onnipotenza degli artefici della trama, una capacità di controllo sul mondo tali che può esistere solo nell’universo delle fiction.

Però in tanti ci credono, perché come tanti psicologi hanno spiegato, il funzionamento della nostra mente ci induce ad aderire a spiegazioni soddisfacenti del mondo, soddisfacenti perché forniscono un senso (e l’uomo è alla continua e disperata ricerca di senso) e coinvolgono le nostre emozioni, specie quando esse scaturiscono dalle nostre frustrazioni.

 

Gli intellettuali possono inserirsi in modi diversi in questi processi. Possono tentare di introdurre elementi di razionalità nel discorso pubblico, ad esempio rimarcando la complessità dei fenomeni, il loro essere spesso esito di incroci casuali e anche inintenzionali.

Senza necessariamente sminuire la dimensione emotiva e valoriale della partecipazione alla discussione collettiva, possono fornire e giustificare scale di valori compatibili con il funzionamento di una società liberale. Possono spiegare la complessità del vivere in comunità e l’inevitabile dialettica tra valori, che ci costringe sempre a interrogarci su come contemperarli, libertà e sicurezza in primis. E così via.

Oppure possono cavalcare la paura, la rabbia, l’ostilità, la manichea divisione del mondo tra élite malvagie e popolo buono e bistrattato, tra poteri occulti e l’innocente uomo comune.

In altri termini, possono cavalcare la deriva irrazionalista che sempre incombe sul sentire condiviso delle società, esattamente come fanno i tanti leader populisti di questa nostra epoca, miscelando appunto logiche populiste e logiche complottiste, le seconde consequenziali alle prime, nella misura in cui la macchinazione oscura è strumento delle élite per soggiogare il popolo.

Quel popolo che non a caso Freccero richiama nella sua lettera, entità indefinibile, ma utile a chi vuole farsene portavoce, leader politico o intellettuale che sia.

Gli intellettuali possono scegliere, dunque. E le loro scelte non sono prive di conseguenze per la collettività.

Ognuno si assume le proprie responsabilità.

 

 

 

 

ELIMINAZIONE DEL GRAN RESET:

LA LOTTA IMMINENTE CHE CI ATTENDE.

Toba.com-Kevin Smith- ( 12-5-2021)- ci dice:

Non è’ difficile immaginare come prima o poi si vengano a creare tutti i presupposti per uno scontro finale, rimane la questione su chi saranno i contendenti, si sa benissimo che l’1% della popolazione mondiale non potrà mai confrontarsi con il 99% rimasto.

La strategia  è una sola, mettere in competizione la maggioranza su ogni cosa, che siano i vaccini, uno schieramento politico o la stronzata megagalattica di chi ora ci mette di mezzo pure i gay e le lesbiche per una conflittualità’ che non potrà mai essere risolta nemmeno con l’avvento di un nuovo Messia.

I polli ci cascano sempre, fosse anche per rivendicare il diritto alla propria libertà’ che poi finisce per essere spesso a scapito di qualcun altro che inevitabilmente viene privato di qualcosa.

L’1% non muoverà’ un solo dito e non farà nulla, tutto il fardello lo lascerà al resto della popolazione che oggettivamente non sa che pesci pigliare.

Torniamo un pò indietro nel passato, ma chi rompeva i coglioni agli ebrei al tempo della repressione razziale nel periodo nazista, Adolf Hitler? Herman Goering? Joseph Goebbels? Heinrich Himmler?

Macche! Ognuno di loro era preso a giocare a baracche e burattini e puttane insieme ai panzer sul fronte.

Il Ruolo primario lo aveva il droghiere, il pasticcere, l’operaio della Thissen o la mite massaia della porta affianco che implorava la Gestapo di intervenire per liberarla da quegli sporchi ebrei rei di avergli rovinato il pedigree razziale.

Ci troviamo in una fase interlocutoria in cui ancora non si hanno ben chiare le dinamiche inerenti i reali meccanismi politici economici e sociali venutosi a creare.

 

In questo momento il nemico è l’inquilino della porta affianco che non si fa il vaccino, o il ribelle che non usa la mascherina, o il complottista che nota qualcosa di strano e si comporta in modo diverso.

Gli immigrati africani ora sono un perfetto baluardo per una guerra santa, i meridionali del passato ve li ricordate, quelli che la Lega Nord portavoce della razza perfetta che li definiva sporchi, fannulloni e puzzolenti e ora sono stati sostituiti da una pletora di disperati che si sono pentiti amaramente di aver dato ascolto a quel’ 1% che gli ha promesso la luna.

Sono tutti qua i nodi al pettine, la strumentalizzazione di una guerra che nelle intenzioni di chi tiene le redini del potere deve avere un unico comune denominatore.

Cambiare tutto per non cambiare nulla.

La Lotta Imminente che ci Attende.

Qualche tempo fa ho scritto un articolo in cui spiegavo il mio viaggio di apprendimento verso l’agenda del Grande Reset. In quel pezzo ho detto che pensavo che questo spettacolo dell’orrore sarebbe continuato per qualche tempo, ma alla fine sarebbe fallito, ma a grande costo per la nostra società e per tutti noi.

Più recentemente ho cercato informazioni sui nuovi ‘vaccini’ e come altri, ora mi chiedo seriamente se questo fa parte di qualcosa di sinistro e forse anche più di una minaccia alla nostra stessa esistenza.

Come sollievo dalla follia e dalla lettura pesante degli studi scientifici, guardo molto le presentazioni online di Ivor Cummins, del dottor Mike Yeadon e del dottor Sucharit Bhakdi, che sono professionali, chiare e potenti. La recente intervista del dottor Bhakdi qui è brillante, ma anche la più terrificante che ho visto riguardo ai vaccini.

Ci sono alcuni esperti là fuori con vera passione, intelligenza e un’incredibile capacità di tagliare attraverso le complessità. Dovremmo essere tutti grati di avere persone così coraggiose che espongono i fatti.

Naturalmente, molti di questi esperti e commentatori hanno un accesso limitato al cosiddetto mainstream. Sono stati censurati senza sosta. È facile avvilirsi per il fatto che i fatti ormai ovvi su Covid-19, le chiusure e i vaccini non vengono ancora ascoltati.

Alla fine della lettura non sarai più’ la stessa persona.

Per me, è la frustrazione che il pubblico sia ancora in gran parte ignaro dell’imminente incubo che sta per abbattersi su di loro e sulle loro famiglie. E l’impotenza di fermarlo, come un incidente d’auto al rallentatore.

Dottor Reiner Fuellmich.

Proprio di recente, sono stato attratto da alcune presentazioni e interviste che coinvolgono un importante avvocato tedesco, Reiner Fuellmich. Parecchi lettori qui potrebbero aver visto lo stesso materiale.

È ben noto per aver intrapreso in precedenza azioni legali di successo contro grandi aziende, Volkswagen, per i suoi dati fraudolenti sulle emissioni e anche Deutsche Bank per uno scandalo finanziario.

L’anno scorso la sua attenzione è stata attirata verso la risposta alla cosiddetta crisi del Coronavirus e, con molti altri, ha istituito il comitato investigativo tedesco Corona per indagare. Ora, questo comitato ha condotto gran parte delle sue indagini e sta procedendo con azioni legali a livello globale.

Penso che valga la pena riassumere alcuni di questi fatti qui.

Inoltre, anche se molti di noi sono a conoscenza di molte delle ragioni, motivazioni, tempistiche del cosiddetto Grande Reset, penso che le intuizioni e i pensieri di Reiner siano interessanti e forniscano collettivamente una comprensione più completa di ciò che c’è dietro tutto questo. E forse c’è un po’ di luce alla fine del tunnel.

Qui sotto c’è la mia recensione e alcuni pensieri sulle clip di cui sopra, l’approccio di Reiner, le osservazioni e le scoperte, con alcuni dei miei pensieri.

Background. Reiner ha istituito il comitato di indagine nel luglio 2020. Questo è un buon riassunto della linea temporale, delle preoccupazioni e delle domande sollevate e delle conclusioni che sono seguite.

 

Hanno deciso che le tre domande principali a cui rispondere nel contesto di un approccio giudiziario alle questioni del coronavirus erano:

C’è una pandemia di coronavirus o c’è solo una pandemia da test PCR? In particolare, un risultato positivo del test PCR significa che la persona testata è infettata dal Covid-19, o non significa assolutamente nulla in relazione all’infezione da Covid-19?

Le cosiddette misure anti-corona, come l’isolamento, le maschere obbligatorie, l’allontanamento sociale e le norme di quarantena, servono a proteggere la popolazione mondiale dalla corona, o queste misure servono solo a far entrare la gente nel panico in modo che creda senza fare domande – che la sua vita sia in pericolo, in modo che alla fine le industrie farmaceutiche e tecnologiche possano generare enormi profitti dalla vendita di test PCR, test antigene e anticorpi e vaccini, così come la raccolta delle nostre impronte genetiche?

È vero che il governo tedesco è stato massicciamente pressato, più di ogni altro paese, dai principali protagonisti di questa cosiddetta pandemia di corona, il signor Drosten, virologo dell’ospedale di beneficenza di Berlino; il signor Wieler, veterinario e capo dell’equivalente tedesco del CDC, il RKI; e il signor Tedros, capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità o OMS; perché la Germania è conosciuta come un paese particolarmente disciplinato e quindi doveva diventare un modello per il resto del mondo per la sua rigorosa e, naturalmente, riuscita aderenza alle misure corona?

Nell’esaminare questi punti e per capire meglio il quadro generale, Reiner dice di aver parlato con più di cento esperti e di aver raccolto testimonianze. Da scienziati, medici, psicologi e molti altri esperti nei loro campi, compresi gli informatori con conoscenza del Grande Reset.

Reiner afferma con fiducia nell’intervista di avere un buon caso per dimostrare che la combinazione di decisioni e misure di isolamento in risposta ai test Covid-19 e PCR e altre prove, è uno scandalo su vasta scala e il più grande crimine contro l’umanità, mai.

 

Senza ripetere tutti gli eventi degli ultimi 14 mesi (che sono in gran parte coperti all’interno dei link di cui sopra), è ormai ovvio che praticamente ogni governo occidentale ufficiale, narrazione scientifica e misure è stato il completo opposto di come affrontare una vera crisi di salute pubblica. È chiaro che Covid-19 viene usato per inaugurare un regime di controllo completo su di noi.

Opportunità legali.

Reiner spiega nell’intervista che le azioni legali sono in fase di pianificazione e saranno a più livelli e condotte attraverso le giurisdizioni internazionali. Crede che alla luce delle sentenze favorevoli in Portogallo e Austria riguardo all’inefficacia del test PCR, questo sia un buon approccio.

Spiega anche che poiché l’agenda di reset non è limitata a una sola giurisdizione, ha un buon senso da questo punto di vista.

Mi sembra che, solo in base ai fatti, avrebbe un caso forte in qualsiasi tribunale equo. Ma penso che tutti abbiamo visto esempi di tribunali europei che hanno emesso decisioni inspiegabili o che hanno evitato un giudizio su questioni enormemente importanti su un punto di diritto o di giurisdizione.

Reiner dice che forse le migliori possibilità di successo legale sono nei sistemi legali degli Stati Uniti e del Canada con cui ha familiarità, che permettono azioni collettive. Le azioni collettive possono essere unite da individui che credono di essere stati svantaggiati da decisioni dello stato o di una grande azienda, per esempio, per frode, negligenza o discriminazione.

Reiner afferma durante l’intervista che i sistemi statali nazionali potrebbero non essere adatti a questo tipo di caso a causa dell’enorme portata della frode Covid-19 e alla fine prevede uno scenario da ‘Norimberga 2’.

Alcune persone potrebbero pensare che il processo legale, anche se non è stato comprato e pagato dai globalisti responsabili di questi crimini, richiederà troppo tempo per fermare ciò che sta accadendo. Penso che questo sia un pericolo, ma molto lavoro è già stato fatto dal Comitato Investigativo Tedesco Corona e molte prove sono già di dominio pubblico e casi in arrivo.

In ogni caso, credo che sarà interessante osservare questi eventi, forse nel contesto del continuo orrore della distruzione sanitaria, sociale ed economica in corso e dell’agenda del Grande Reset. Tale crescente consapevolezza pubblica potrebbe determinare l’esito, come questi casi procedono o sono giudicati, o anche se procedono affatto.

Gli interessi che guidano il Grande Reset: il punto di vista di un avvocato.

CEX.IO Bitcoin Exchange.

 

Ciò che è stato più interessante dall’intervista è ciò che Reiner ha detto sulle persone coinvolte in questa agenda e le possibili motivazioni dietro di essa. Mentre io e molti di noi abbiamo una discreta idea di quali siano, e sembra che ce ne siano molti, penso che facciamo fatica a capire la struttura dietro a tutto questo, come funziona insieme e come attribuire la responsabilità ad ogni parte in movimento (finanziaria e bancaria, big pharma, organizzazioni mondiali, agenda del cambiamento climatico, professione medica, magistratura ecc.)

Le osservazioni di Reiner su questo sono interessanti e penso che forniscano alcune basi per l’ottimismo.

Dice che da quello che ha imparato pensa che ci sono circa 3.000 persone nel mondo più direttamente complici che agiscono contro una popolazione di circa 8 miliardi.

Si riferisce a loro come alla ‘cricca di Davos’. Dice, tuttavia, che stima che tra il 10 e il 20% delle persone nel mondo si sono svegliate a questa agenda e probabilmente molte altre sono sulla strada della scoperta.

Quindi sono 3.000 criminali incalliti contro forse 1,5 miliardi, finora.

Reiner dice anche che questi criminali sono composti da persone con interessi contrastanti e dove avvengono lotte intestine. Questo, secondo lui, può essere un’opportunità per respingere proprio nello stesso modo in cui loro ci hanno diviso. Sembra che gli informatori abbiano fornito informazioni e, man mano che questa terrificante agenda si sviluppa, questo dovrebbe aumentare.

Allo stesso modo, quando gli viene chiesto chi sono queste persone e quali sono i motivi combinati, spiega che sono costituiti dai “soliti sospetti” delle organizzazioni mondiali come l’OMS, il WEF, il FMI, i tecnocrati miliardari, i giganti farmaceutici, le grandi piattaforme dei media, le banche e i fondi di investimento.

Dice che il motivo non è principalmente finanziario, perché queste persone sono già scandalosamente ricche. Lo descrive più come un controllo sull’umanità. Questo opera sotto l’apparenza di diversi motivi e programmi, autoconservazione e consolidamento, Covid e vaccini, ideologia del cambiamento climatico, ma essenzialmente si tratta di potere. Ma il loro denaro è ciò che alimenta il macchinario sotto di loro.

Penso che forse la struttura che Reiner e altri hanno descritto è come una piramide. Lui dice che questi culti elitari hanno fatto filtrare il denaro verso il basso per ungere le varie catene di comando sotto di loro, come i governi, i partiti di opposizione, i media, gli scienziati, le università, i trust degli ospedali e così via.

Reiner dice che crede anche che alcuni individui nel governo potrebbero essere stati corrotti, costretti o minacciati per cooperare. Abbiamo visto possibili segni di questo altrove, come in Bielorussia, Tanzania e Burundi.

Immagino che più si scende in basso nella piramide, più si arriva ai ‘middle manager’ e ai ‘foot-soldiers’. Alcuni che vengono corrotti con sovvenzioni di finanziamento. Alcuni che sospettano qualcosa ma hanno troppa paura di parlare. Alcuni che sono ignari di quello che sta succedendo.Non è difficile immaginare che con tutte le forze di cui sopra che tirano insieme, consapevolmente o meno, possa iniziare un’impresa così grande di un colpo di stato globale. La mia analogia è simile alla Germania nazista e la struttura di comando sembra molto simile.

Reiner ha anche menzionato due scenari interessanti che non avevo considerato così tanto. Dice che gli è stato detto da un informatore che il piano originale era di introdurre il reset nel 2050. Questo è stato anticipato al 2030 e poi ad oggi perché alcuni elementi all’interno di questo gruppo sono diventati impazienti. Dice che crede che il fatto che questo sia stato affrettato ora è il motivo per cui stanno facendo così tanti errori evidenti che possono essere sfruttati.

Hosting WordPress.

Inoltre Reiner dice che gli è stato detto che l’Europa è il campo di battaglia dove stanno cercando di ottenere il maggior controllo. Questo perché l’Europa e la banca centrale sono essenzialmente in bancarotta e in particolare i grandi fondi pensione che per ovvie ragioni non vogliono che la gente lo sappia. Pensano che spingere la loro agenda con la scusa delle pandemie, del cambiamento climatico, dei conflitti e di altre crisi distrarrà il pubblico e quando si sveglieranno, avranno il pieno controllo.

Dopo che le stesse persone hanno causato il precedente crollo finanziario, ci hanno rassicurato che tutto era di nuovo a posto, ma da allora stanno stampando denaro e saccheggiando di più.

Reiner ritiene che, poiché il sistema finanziario ha iniziato a mostrare segni di implosione di nuovo nel 2019, questo è stato il momento in cui i globalisti hanno deciso di incontrarsi e hanno concordato di spingere la narrazione del Coronavirus e verso il Grande Reset.

 

Quali sono le possibilità di fermare la loro presa di potere?

 

Reiner è abbastanza fiducioso che questo possa accadere e che possa emergere un mondo migliore e lontano dal globalismo che ha creato i problemi del mondo. Dice che, se falliamo, potrebbe essere la fine dell’umanità, quindi non possiamo fallire. Condivido questa valutazione e il cauto ottimismo.

Personalmente, penso che i culti globalisti possano aver morso più di quanto possano masticare in una volta sola. A causa del fatto che l’agenda generale è un obiettivo condiviso tra diversi interessi, ma combinato con molte agende più piccole all’interno di questi gruppi (che a volte sono in conflitto), penso che sia difficile da portare a termine.

Credo che i tribunali, in teoria, offrano rimedi finché sono indipendenti o c’è una possibilità, almeno, che i globalisti possano fare marcia indietro o accordarsi se vedono che le prove contro di loro sono schiaccianti e la consapevolezza cresce.

Gli informatori potrebbero iniziare a farsi avanti più spesso, forse a causa di un evento inaspettato o di un’opposizione di cui le élite non hanno tenuto conto o di ulteriori errori che commettono. Quindi, c’è un forte elemento psicologico in questa battaglia.

Allo stesso modo, molte più persone di quanto ci rendiamo conto ora potrebbero essere sul punto di svegliarsi e una scintilla da qualche parte, forse grandi disordini civili potrebbero causare un contagio. Le élite potrebbero perdere i loro nervi, diventare troppo avide, le divisioni e le lotte intestine potrebbero seguire portando all’autodistruzione.

Ma credo che le élite potrebbero raddoppiare con ulteriori crisi generate. Problemi con la catena alimentare, interruzioni di corrente, nuove varianti e altre distrazioni. Ci potrebbe essere il male che non abbiamo considerato.

La tragedia per l’umanità è che se la gente non si sveglia ora, potrebbe non rendersi conto fino a quando non sarà nell’incubo, dove non possederanno nulla e ci si aspetta che siano felici, o molto peggio.

Cosa possiamo fare?

Reiner dice che non vale la pena cercare di persuadere attivamente le persone che sembrano aver spento il cervello e rimboccato le maniche. Piuttosto concentrati sulla diffusione del messaggio e connettiti con individui che la pensano come te o con quelli che hanno semplicemente dei dubbi su quello che sta succedendo.

Nella mia mente ci sono due cose che dobbiamo fare come individui. Vincere e resistere fino a quando non ci riusciamo.

Il mio pensiero è di prendere un giorno alla volta, di non pensare troppo all’impensabile. La mia opinione è anche quella di diffondere i potenti messaggi, i gravi dubbi sui vaccini, i passaporti, le valute digitali, evidenziando il Grande Reset e ciò che questo significherà per la vita di tutti noi se accettiamo il pieno controllo da parte di un gruppo di criminali stile Bond Villain.

Usate un linguaggio forte, chiamate questa agenda per quello che è. Comunismo, fascismo, eco-autoritarismo o analogie con la Germania nazista.

Usate la paura della loro vera, terrificante agenda, proprio come hanno usato la paura di un “virus” che non è una minaccia, contro di noi. Nel diffondere queste informazioni usate immagini, ridicolo e umorismo.

Infine, per me, una parte molto avvincente dell’intervista di Reiner aveva a che fare con la spiritualità che ha menzionato in alcune parti del suo clip verso la fine e che vale la pena ascoltare.

Dice che non è religioso, ma è arrivato a credere che alcune persone hanno forse un dono o una capacità di vedere cose che la maggioranza non può o non vuole. Credo che stesse suggerendo qualcosa al di là della ricerca degli eventi. Forse più una percezione superiore degli eventi, una spiritualità, o un istinto naturale ben al di sopra della generale capacità umana di percepire o razionalizzare le cose – che lui sente essere rilevante per questo e per la connessione con l’altro.

Reiner ha fatto l’esempio di un amico che descriveva il proprio figlio in compagnia di altri bambini, lui che era diverso dagli altri.

 

Questo è qualcosa a cui posso riferirmi, nella direzione della mia vita che è stata in gran parte senza meta e insoddisfatta e che oggi combatte l’ingiustizia ovunque io la veda.

Sento che c’è una dimensione spirituale e la percepisco con altri che combattono questa e altre cause simili. Che sia spirituale o che ci sia un’altra spiegazione, penso che l’essenza di ciò che Reiner sta dicendo sia molto vera e risuonerà con molte persone, sia che si tratti di opporsi alle guerre straniere o di lottare contro la guerra che le élite globali e i loro burattini hanno ora scatenato su tutta l’umanità sotto la maschera di Covid-19.

Alla fine dell’intervista, l’intervistatore chiede a Reiner se la storia guarderebbe ora con affetto a lui e agli altri che hanno preso parte a questa lotta. Reiner risponde “assolutamente, naturalmente”.

Reiner è chiaramente una persona di grande integrità, passione e intelligenza. Una delle tante persone eccellenti che hanno combattuto per noi.

(Kevin Smith- off-guardian).

 

 

 

 

Le radici totalitarie del neoliberismo.

 I : Le ambigue origini nel Colloquio Lippmann.

Cittafutura.al.it - Nicola Boidi -(21/07/2021)- ci dice:

 

Il termine «neoliberismo», e la dottrina economica, politica e filosofica che esso si porta dietro, sono oggi oggetto di grande controversia.

Ciò è dovuto agli sviluppi che tale termine e dottrina hanno conosciuto, tanto a livello teorico quanto a livello di prassi, in particolare dalla fine degli anni settanta del novecento, a partire dall’Occidente «transantlantico» (statunitense-europeo) per poi estendersi progressivamente a livello del globo terracqueo, attraversando un passaggio decisivo con la caduta del sistema comunista dell’Europa orientale nel corso del 1989.

A cominciare dagli anni novanta del secolo scorso il neoliberismo è diventato così sinonimo di «globalizzazione» o «mondializzazione», come un sistema, un elemento che assume il ruolo di una totalità .

La tesi che qui si vuole dimostrare è che tale totalità, sia a livello ideologico che come prassi, che dal campo dell’economia si fa modello onnicomprensivo della politica, del diritto e della cultura, non si presenta, ne nel corso del suo sviluppo, ne tanto meno al suo stato attuale, come un «universalismo » inclusivo di tutte le sue componenti, capace di articolarsi come un organismo vivente in grado di dare spazio e vita a tutti i suoi organi, quell’universalismo «concreto» erede della migliore tradizione dell’idealismo( l’«universalismo concreto» hegeliano), ma piuttosto come una nuova forma di totalitarismo, che provvisoriamente denomineremo «totalitarismo nichilista» ripromettendoci di qualificarlo più compiutamente in seguito.

Tale nuovo totalitarismo, come i suoi predecessori novecenteschi del fascismo, del nazismo, o, sul fronte del comunismo di Stato, dello stalinismo, è caratterizzato dalla più o meno rapida o progressiva «cannibalizzazione» di tutte le istanze, le componenti, le figure e i ruoli sociali, economici, politici, e culturali che il sistema della democrazia liberal -sociale era stato faticosamente e dolorosamente in grado di istituire nel corso di alcuni secoli.

Il sintagma «liberal-sociale » non è in questo contesto casuale perché ciò che è entrato in crisi profonda in questi ultimi decenni è proprio il modello della democrazia in grado di alimentarsi e sorreggersi solo sulla base di un virtuoso compromesso tra diritti civili o individuali e diritti sociali o collettivi.

Lo spezzarsi di quel sintagma, causa di questa crisi, è stato imputato proprio a quella dottrina neoliberista diventata nel frattempo egemone su tutto il giro d’orizzonte.

Tale egemonia è riassumibile, in modo schematico e sommario, come l’affermazione della legge del valore di scambio della merce sul libero mercato della offerta e della domanda che si fa principio pervasivo e onnicomprensivo, per cui «il libero mercato » si fa fondamento di ogni aspetto della vita umana, individuale e collettiva, in economia come nelle relazioni sociali, nelle istituzioni politiche come nelle intraprese culturali, invadendo infine anche il campo della psiche individuale e collettiva, delle pulsioni, sentimenti e affetti.

Un’egemonia che si fonda su due pilastri fondamentali, due postulati assunti con ugual grado di idolatria : «esistono solo gli individui e non la società»( per dirla alla Margaret Tatcher) e «il possesso, il governo e il controllo dell’emissione e distribuzione del denaro è l’unico principio di potere che conta, l’unica meta da raggiungere ». Sintetizzando all’estremo il monetarismo in economia e l’individualismo radicale sul piano filosofico s’impongono come imperativi categorici di questa nuova religione o ideologia totalitaria.

Da tali postulati derivano conseguenze fatali per le attuali sorti della democrazia liberal-sociale in giro per il mondo. Innanzitutto gli individui sono portati a rapportarsi reciprocamente come competitori, come nemici l’uno all’altro( l’ homo homini lupus assunto come comandamento da uno dei più scomodi antichi padri del pensiero giusnaturalista, matrice originaria del pensiero liberale, Thomas Hobbes) in nome della ricerca dell’interesse e del successo personali, del guadagno, anche a scapito degli altri individui.

 

La quantità di denaro in proprio possesso, oltre che la posizione sociale acquisita, la «carriera» o il ruolo sociale conquistati, attraverso dimostrazioni di efficienza e performance raggiunte, diventano di conseguenza i parametri assoluti di valutazione di tale postulato individualistico, di costruzione di una immaginaria identità individuale a cui viene ridotta l’idea stessa di natura umana, di persona. (“La cricca di Davos” .Ndr).

E’ l’individuo astratto, atomistico, irrelato, la monade senza finestre, che nella veste ( o «sotto la pelle ») dell’ homo homini lupus nel campo delle relazioni sociali ed economiche si presenta come la semplice sopraffazione del più forte sul più debole.

Tale individuo è l’incarnazione del nuovo totalitarismo nichilista del 21° secolo, nichilista perché fa sprofondare tutto il mondo dei valori tradizionali rendendolo un deserto in cui si afferma l’individuo forte, in realtà maschera ideologica di lobbies, consorterie e cricche di potere (di ristretti gruppi oligarchici).

Niente di più lontano da questo modello individualistico della concezione marxiana della persona secondo cui «ad ognuno secondo le sue necessità e da ognuno secondo le sue possibilità».

Ma una concezione dell’individuo lontanissima anche dall’accezione hegeliana del soggetto pienamente inteso, dalla sua natura e dai suoi legami innatamente comunitari, a cominciare dalla comunità familiare per giungere infine alla comunità politica, lo “zoon politikon “di aristotelica memoria.

Quando questa introiezione esistenziale individualistica viene proiettata sul piano delle relazioni sociali e delle istituzioni politiche, inevitabilmente, ne deriva l’accettazione – a secondo del contesto o del «ruolo in commedia » che si svolge – o convinta ed entusiasta, o passiva e fatalistica, della totale deregolamentazione dell’economia di mercato, di un altro assunto, altrettanto mitologico e idolatrico, che «il sistema economico si regola da sé », che «il mercato economico è un equilibratore».

 

A dimostrare la natura mitologica di tale assunto sarebbe sufficiente la constatazione dei cosiddetti «cicli » dell’economia capitalistica, come li definiscono gli economisti, e cioè il fatto incontrovertibile che periodicamente nel processo economico, a fasi di crescita, espansione e sviluppo fanno seguito fasi di crisi radicali che bloccano e paralizzano l’intero sistema e richiedono per la loro risoluzione l’intervento di un «agente esterno» non previsto dalla filosofia dell’autoregolamentazione del mercato economico: lo Stato nazionale, purché dotato di tutte le leve della sovranità economica .

Anche l’osservatore più sprovveduto in materia di teoria economica avrà constatato come ciò sia quello che è accaduto storicamente nelle due ultime grandi crisi dell’economia di mercato capitalistica: dopo la grande depressione del 1929 e dopo la grande recessione del 2008, entrambe frutto di gigantesche fluttuazioni del processo economico, più precisamente di bolle speculative dell’economia finanziaria, ed entrambe combattute dall’interventismo in prima persona nei processi economici dei governi nazionali sostenuti dalle loro banche centrali .

L’ ultima grande crisi finanziaria, la cosiddetta crisi da «prestiti subprime» del 2008, permette di fare una rapida riflessione sull’attuale egemonia della dottrina e della prassi neoliberiste nel mondo . Tale egemonia non si manifesta in maniera e misura uguale in tutte le aree geografiche del mondo.

Propria nelle situazioni di crisi il neoliberismo è costretto a venire a patti con l’altro modello economico e sociale, che ha conosciuto a sua volta una breve egemonia nel corso del novecento, il keynesismo, basato sull’interventismo dello Stato nazionale in economia e sul suo ruolo di regolatore e «terapeuta» delle storture del sistema economico capitalista globalista.

In questi contesti e in queste aree geografiche, in cui lo Stato nazionale non è stato ancora esautorato dalla sua sovranità economica, la tendenza totalitaria del modello neoliberista non può compiutamente attuarsi, ma questo dipende dalla natura delle istituzioni politiche e giuridiche con cui essa viene a confrontarsi. Potremmo dire, anticipando il discorso che svolgeremo prossimamente riguardo alla versione tedesca del neoliberismo, l’«ordoliberismo», che il totalitarismo neoliberista può compiutamente realizzarsi unicamente là dove non solo il processo economico si è svincolato dalle regolamentazioni statuali, ma addirittura il mercato si fa Stato, impone le sue regole alle istituzioni politiche e giuridiche nazionali, sorpassa ed esautora le costituzioni scritte dei singoli Stati( in Europa occidentale a partire dal dopo guerra tutte improntate a principi keynesiani), e prepara il terreno per la spoliazione dalle ricchezze e la de-pauperizzazione di interi popoli da parte dei «manovratori» del gigantesco Monopoli, le multinazionali e i potentati finanziari (la cricca di Davos-Ndr).

Al lettore più attento non sarà sfuggito l’evidente riferimento all’attuale situazione dell’ Unione europea e dell’ Eurozona, un vero e proprio «esperimento in vitreo» del totalitarismo neoliberista .

Anche qui l’ortodossia neoliberista non è perseguita in ugual misura in tutti gli Stati soggetti al governo dell’euro ( e di conseguenza della BCE ) e dell’Unione europea, ma si differenzia a seconda dei contesti  e delle aree geografiche .

Potremmo dire che l’ esperimento neoliberista compiutamente riuscito sia quello dell’attuale economia e società greche, e pericolosamente prossime ad esso siano la situazione italiana, spagnola e portoghese. La diversità del grado di attuazione di tale modello dipende dal differente grado di collaborazione in tale direzione dato dalle differenti istituzioni e governi degli Stati membri.

Anche la penosa e sofferta vicenda della pandemia mondiale da virus respiratorio Covid 19 Sars 2, tutt’ora in atto, è difficile pensare, e lo sarebbe persino per l’Alice nel Paese delle Meraviglie di Carrol o per il Candide o il migliore dei mondi possibili di Voltaire, che sia del tutto estranea a questo processo globale.

E’ difficile pensare a una sua estraneità per tutte la folla d’ interrogativi che l’emergenza sanitaria attuale suscita a fronte di poche, deficitarie e contraddittorie risposte che essa ha trovato, tanto sul piano delle misure sanitarie che di quelle economiche e sociali che di quelle politiche, che del modello di comunicazione e informazione di massa messo in campo per un evento del genere.

Sul ruolo di veicolo di propaganda totalitaria da parte del “sistema main stream dei mass media”, propaganda di un pensiero emergenziale o di stato d’eccezione, un pensiero unico securitario o «biopolitico» per usare termini cari a Michel Foucault, possiamo riportare qui l’affermazione del filosofo Gianluca Magi, autore del saggio Goebbels, 11 tattiche oscure di manipolazione.

In questo saggio Magi mette in relazione le tattiche di manipolazione del ministro della propaganda nazista con le attuali tattiche manipolatorie dei media nello stato di emergenza da Covid 19 e osserva al riguardo: «Se oggi, da una serena distanza osserviamo i fatti degli ultimi 13 mesi, che cosa osserviamo?

Osserviamo mostrificazione, denigrazione e patologizzazione del dissenso, censura, propaganda, limitazione allo spostamento, domicili coatti, coprifuoco, limitazione del diritto al lavoro, ribaltamento delle fonti del diritto, trattamenti sanitari obbligatori, elementi di spicco della finanza internazionale non eletti da nessuno e che sono a capo del governo, osserviamo la mancata partecipazione del popolo alla vita della Repubblica. Se noi dovessimo chiamare le cose con il loro nome, come c’invitava a fare Confucio 6 secoli prima di Cristo, come dovremmo chiamare questo stato di cose, democrazia o totalitarismo? »

A fronte di gravi crisi epocali quale quella attuale è sempre buona « profilassi mentale » chiedersi Cui prodest ? « A chi giova ?» La risposta a questo elementare ma altrettanto essenziale quesito la si potrà ricavare facilmente osservando i dati di crescita esponenziale di profitto economico che le multinazionali del farmaco e le società high tech dell’informatica hanno ricavato in quest’ultimo anno, dall’inizio della emergenza sanitaria in poi.

Non solo, ma questi attori, protagonisti della scena mondiale insieme ai potentati finanziari, hanno potuto condizionare e indirizzare le decisioni, manovre e i decreti leggi dei singoli governi a tal punto che, di fatto, questa rete securitaria sanitaria, informatica, mediatica e giuridica, è riuscita a minimizzare se non annullare tutti gli altri ambiti di vita associata ( delle relazioni economiche, sociali e culturali).

La natura contraddittoria e problematica del processo sviluppatosi nell’ultimo anno, nonché il gigantesco apparato da esso messo in moto, di cui la misura «biopolitica» dell’obiettivo della vaccinazione di massa della popolazione è solo l’ultimo stadio, è assai difficile credere che siano il frutto del caso o di «un destino cinico e baro».

D’altra parte quegli attori protagonisti, veri e propri domini della scena mondiale, non sono solo pragmatici, scaltri e cinici beneficiari della crisi in atto, ma tra le loro fila annoverano gli ideologi di un progetto globalista che afferisce alla cosiddetta «quarta rivoluzione industriale» e al «transumanesimo» o «postumanesimo», il cosiddetto Grande Reset della società contemporanea di cui si è reso profeta e sacerdote l’ingegnere Klaus Schawb, gran cerimoniere dell’annuale World Economic Forum di Davos, il forum dei miliardari più potenti della terra.

Questo, che potrebbe essere considerato l’approdo finale del modello totalitario del neoliberismo, dovrà essere oggetto della nostra indagine in futuro.

Al momento però il lungo preambolo qui presentato è servito a dare un quadro d’orizzonte su quale sia la natura e lo stato dell’arte attuale dell’ideologia e della prassi del neoliberismo. Proprio sulla base di questa constatazione non risulterà forse un vano esercizio di arte retorica porsi le seguenti domande che dovrebbero sorgere spontanee : «Come siamo giunti qui? » « Come è stato possibile passare dal modello economico keynesiano degli accordi di Bretton Woods all’attuale regime neoliberista? » .

Per poter rispondere a questi quesiti e capire che si è trattato di un processo a più fasi e a più stadi, sarà necessario partire dalla nascita e sviluppo della dottrina neoliberista, dai suoi inizi teorici avvenuti negli anni trenta del novecento, inizi per nulla lineari, bensì di per se contraddittori e ambigui.

La prima tappa da ripercorrere, che costituisce anche l’attraversamento di un simbolico punto di partenza, è il cosiddetto Colloquio Lipmann, un convegno tra tutti i maggiori intellettuali di estrazione liberale, convegno organizzato a Parigi dal filosofo francese Louis Rougier nell’agosto del 1938.

Il convegno fu intitolato così in onore del giornalista e politologo statunitense Walter Lippmann, autore di un celebre saggio La giusta società( The Good Society), saggio pubblicato nel 1937 e reso esplicito oggetto di analisi durante il convegno.

Tra i convenuti più celebri vi furono Von Mises e Von Hayek della scuola economica neoclassica austriaca; Wilhem Ropke e Alexander Rustow della scuola economica tedesca; il filosofo francese Raymond Aron, gli economisti francesi Marijolin e Rueff, oltre che naturalmente Rougier e Lippmann. Un altro economista tedesco, Walter Eucken, futuro celebre fondatore della rivista Ordo, da cui prenderà il nome la corrente economica dell’ «ordoliberismo», fu impedito di partecipare al convegno dallo Stato nazista.

L’intento del convegno fu quello di, una volta preso atto del fallimento profondo del modello del liberalismo classico in seguito alla grande crisi o Grande Depressione del 1929, rifondare e far risorgere dalle proprie ceneri il liberalismo economico e filosofico attraverso l’elaborazione di una nuova strada, una strada che sarà denominata dall’economista tedesco Rustow “new liberalism” ( tradotto in italiano «neoliberismo »). Su questo progetto teorico si confrontarono le diverse scuole alla ricerca di un punto di mediazione o compromesso tra le differenti posizioni assunte riguardo il ruolo che avrebbero dovuto rispettivamente avere in futuro il mercato economico e lo Stato nazionale, nelle loro reciproche relazioni, in economia e in politica.

Una mediazione andava ricercata innanzitutto rispetto all’ambigua posizione tenuta tanto da Rougier e Lippmann che dai futuri ordoliberisti tedeschi, per i quali le storture del laissez faire economico precedente( paralisi del sistema con conseguente deflazione monetaria, occupazionale e retributiva) dovevano sì essere sanate dall’intervento dello Stato ma senza che quest’ultimo interferisse sulla libera formazione dei prezzi delle merci sul mercato( compreso il prezzo della merce più preziosa di tutte in quanto mediatrice di ogni compravendita di merci, ossia del denaro), proprio quel meccanismo monetario o «monetarismo economico» considerato il mantra equilibratore e autoregolatore del sistema dalla precedente teoria economica neoclassica, e che pure era entrato in crisi nel 1929.

Secondo quest’ottica lo Stato politico avrebbe sì dovuto intervenire per impedire la disoccupazione e conseguente proletarizzazione delle masse senza che però questo bloccasse i «liberi giochi» dell’economia finanziaria( delle borse e delle banche private) , proprio quei giochi o fluttuazioni che nei fatti si erano dimostrati in grado di gonfiarsi a bolle speculative finanziarie tali da giungere al punto di rottura.

Uno Stato «interventista» in economia, ma tale che il suo compito consistesse, secondo la definizione data da M.De Carolis ( Il rovescio della libertà. Tramonto del neoliberalismo e disagio della civiltà, ed. Quodlibet), nel: «assicurare la riproduzione dell’ordine spontaneo del mercato, riconoscendolo allo stesso tempo come il risultato di un’azione di governo capillare, tecnicamente avanzata e apertamente intenzionata a penetrare in ogni minimo recesso della vita».

Un interventismo di natura economica e non solo, ma anche sociale e politica, che però, attraverso una definita cornice giuridica istituzionale, avesse come obiettivo la ricostruzione delle dinamiche spontanee del mercato, atte a fare di ogni individuo un privato proprietario o capitalista, un imprenditore di se stesso, e di sconfiggere tanto la crisi dei valori materiali ( la paralisi e crollo dello sviluppo economico) che la crisi dei valori spirituali dell’individuo( la sua atomizzazione e privazione di ogni legame comunitario, il suo essere gettato in una condizione di «anomia » o anarchia giuridica e sociale).

L’obbiettivo era far rinascere il liberalismo dalle sue proprie ceneri senza fuoriuscire dai confini della democrazia formale, istituendo un ordine politico che garantisse la riproduzione del capitalismo attraverso la spoliticizzazione della società ( ossia attraverso la neutralizzazione del conflitto o lotta di classe).

Il modello del governo a cui aspirare avrebbe dovuto consistere nella capacità di coniugare il controllo delle masse con il loro disciplinamento al lavoro.

 Uno Stato e un governo capaci di, attraverso un opportuno corpus di leggi e istituzioni, coniugare l’apparente dicotomia tra ordine spontaneo del mercato e interventismo economico, sociale e giuridico dello Stato.

Lo stesso Lippmann nel suo saggio politologico mostrava la consapevolezza che questo nuovo modello neoliberale, per affermarsi, avrebbe comportato un mutamento antropologico, se è vero che in un passo di “The good society” affermava: «compito del liberalismo non è ne più ne meno che l’adattamento della razza umana a un nuovo modo di esistenza».

Si rendeva necessario il passaggio definitivo da «un sistema primitivo in comunità relativamente autarchiche ad un sistema di vita rappresentato da una grande società di specialisti interdipendenti».

 Il mutamento antropologico corrispondente all’ordine del mercato per Lippmann avrebbe dovuto garantite la produzione e la riproduzione di quella forma di vita che identifica l’uomo con un dinamico imprenditore di se stesso, guidato in permanenza dall’ethos dell’autovalorizzazione.

L’economista tedesco Rustow, coniatore del termine “new liberalism” e futuro membro della corrente dottrinaria dell’«ordoliberismo»,osservò in occasione del Colloquio che, nella presa d’atto della crisi del modello liberale classico, non era tanto da rigettare la teoria liberale del mercato quanto la teoria della politica e della società liberali.

Rustow pospone, e questo è significativo se non sintomatico, la crisi di valori materiali economici e sociali, alla crisi di civiltà seguita alla Grande depressione del 1929, ponendo in sott’ordine la proletarizzazione della grande massa della popolazione, tra le cause della crisi della democrazia liberale e dell’avvento del totalitarismo nazifascista.

Per Rustow si tratta principalmente di una crisi «d’integrazione della vita dell’essere umano», il fatto che la disintegrazione della vita in comunità dell’uomo, la sua atomizzazione in individuo umano scisso dal popolo, che si muove all’interno di meri gruppi d’interesse, è stato il frutto dell’estensione illimitata della logica del mercato.

Per invertire questo processo, riportare l’individuo dalla sua atomizzazione e disintegrazione sociale a una rigenerazione comunitaria, Rustow ritiene essenziale l’intervento dello Stato con una nuova politica sociale, che qualche anno dopo lo stesso Rustow chiamerà “Vitalpolitik”.

Neutralizzando la lotta di classe tra capitale e lavoro, il nuovo ruolo che Rustow assegna al futuro Stato liberale è quello di reintegrare gli operai in un ordine sociale gerarchicamente coeso e privo di ogni elemento di conflittualità, un ordine spoliticizzato.

Questo nuovo ordine sociale dovrà avere come fondamenti la restaurazione dei valori della cittadinanza, della famiglia, della religione, della solidarietà ( anche d’impresa).

Solo in questo nuovo universo i lavoratori supereranno l’insicurezza simbolica ed esistenziale (accentuati da Rustow rispetto all’insicurezza materiale) che può renderli facili prede del fascismo o del comunismo ( accomunati indistintamente tra di loro ) e potranno vivere come tanti soggetti indipendenti che si realizzano nel meccanismo del mercato, in cui «tutti i giocatori» devono stare alle regole del gioco, ossia comportarsi come tanti “homines oeconomici “che rispettano «le regole puramente razionali del gioco della concorrenza ».

In questo, come in tutti gli altri passaggi fondamentali di quella che diventerà la nuova dottrina ordoliberista tedesca, si ribadisce la necessità di ricostruire a livello statale quell’ordine della concorrenza basato sulle leggi dell’economia neoclassica.

Tali leggi avevano come assunto fondamentale la libera formazione dei prezzi delle merci sul libero mercato dell’offerta e della domanda, architrave della dottrina «marginalista» intenta a disegnare un diagramma matematico dell’economia quale combinazione dell’utilità marginale decrescente nella curva della domanda e dei costi marginali crescenti nella curva dell’offerta.

Quelle stesse leggi però, come osservò in quegli stessi anni J.M. Keynes, si erano dimostrate incapaci di leggere l’andamento reale dell’economia, e conseguentemente di prevedere e d’impedire il crollo repentino del sistema capitalistico presso la borsa di Wall Street nel 1929.

L’altro economista tedesco presente al Colloquio, Ropke, concentra invece la sua riflessione critica delle cause del fallimento del liberalismo sul «gigantismo industriale », ( il capitalismo delle multinazionali, degli oligopoli e monopoli) che causa lo sradicamento e induce alla proletarizzazione delle masse.

L’adesione entusiasta delle masse al nazionalismo politico ed economico, propria dei regimi totalitari, non è per Ropke una semplice reazione istintiva alla crisi, ma ci parla invece «dei mutamenti interni alla struttura economica e sociale», ed è una risposta pronta seppur perversa, al dilagare della proletarizzazione e alla «disintegrazione dello Stato stesso ad opera dei partiti e degli interessi particolari».Solo fornendo una risposta adeguata alle cause di tale deriva ( il fallimento della dottrina liberale classica) il nazionalismo e il totalitarismo potranno essere sconfitti.

Questa risposta adeguata è individuata da Ropke in una «politica di società» che de-prolaterizzi le masse sradicate dal capitalismo delle multinazionali, che assimili i proletari stessi al resto della nazione, li «imborghesisca», che faccia dei proletari altrettanti proprietari.

Il contributo dato in prima persona al dibattito del Colloquio Lippmann da uno dei suoi organizzatori, il filosofo liberale francese Rougier, si può riassumere nelle seguenti osservazioni relative alla configurazione prossima ventura del nuovo sistema politico, economico e sociale:

esso dovrà svilupparsi entro «un quadro giuridico che fissa il regime della proprietà, dei contratti, dei brevetti d’invenzione, del fallimento, lo statuto delle associazioni professionali e delle società commerciali, la moneta e la banca» .

Tutti questi elementi, elencati in modo un po rapsodico e senza precisarne la loro auspicata configurazione, per Rougier non si presentano come leggi naturali ma leggi del consorzio umano.

 Dunque il campo del giuridico non rimaneva a livello di una superficiale «sovrastruttura» ma entrava a far parte della struttura economico -sociale, come elemento fondamentale della sua corretta forma .

Ciò che accomuna le posizioni di questi intellettuali liberali messe a confronto nel convegno parigino del 1938 è la profonda convinzione che la crisi del capitalismo di quel tornante della storia non era dovuta alla sua logica profonda – la logica della concorrenza non ritenuta contraddittoria– bensì alla forma concretamente assunta dall’ultimo capitalismo storicamente dato .

 Solo la costituzione di un nuovo dispositivo politico-giuridico avrebbe ridato fiato al capitalismo abbandonando una volta per tutte l’autonomia dell’economico dal politico e dal giuridico.

 E a sua volta solo un capitalismo ricostituito dalle sue ceneri, con una tale nuova configurazione, avrebbe potuto evitare che le masse si rivolgessero a regimi dittatoriali, a economie corporativistiche e a economie pianificate. L’esito totalitario per i convenuti al Convegno Lippmann era la conseguenza diretta del fallimento del liberalismo e del capitalismo.

 

Private della fiducia nel regime liberale le masse avevano illusoriamente creduto che «l’economia pianificata potesse loro garantire un minimo vitale, anche se questo minimo è una gavetta, una caserma e un’uniforme».

Il nuovo modello di Stato e di società liberali per Rougier dovrà invece «sbloccare i fattori che autoregolano l’equilibrio …della macchina economica» (in una virtuosa convergenza giuridica tra direzione statale e autoregolazione del mercato economico).

Osserva ancora Rougier che il capitalismo della concorrenza «è una macchina che richiede sorveglianza esterna e regolazione costante».

Nell’Agenda del liberalismo, il documento di sintesi finale del convegno, Rougier, Lippmann, Rustow e Ropke nel presentare un compendio di queste loro elaborazioni, tennero conto della necessità di una posizione di compromesso e mediazione rispetto alla ferma resistenza alle loro proposizioni da parte degli economisti della scuola neoclassica austriaca Von Mises e Von Hayek.

La posizione dei quattro intellettuali era indebolita proprio dalla natura contraddittoria delle loro formulazioni.

 Ad esempio si richiedeva una regolazione dell’economia di mercato da parte delle autorità giuridiche e statuali ma senza che ciò intaccasse i fondamentali meccanismi di funzionamento del mercato libero e del libero formarsi dei prezzi delle merci sulla base di un diagramma di autoregolazione automatica del mercato, tra l’utilità decrescente del consumatore e il costo crescente di produzione del produttore( la cosiddetta «dottrina marginalista»), senza tenere conto che tale autoregolazione e posizione di equilibrio invocate erano proprio ciò che consentiva agli attori economici delle imprese di dimensioni gigantesche di costituire monopoli o oligopoli, minando alle fondamenta e stravolgendo tali meccanismi.

Dietro il richiamo al libero formarsi del prezzo delle merci si sottintendeva il ruolo centrale della moneta quale «automatico regolatore » dei flussi di moneta sul mercato economico tra investimenti e risparmi dei privati cittadini, dunque si affermava una teoria meramente quantitativa della moneta, senza tenere in alcun conto una sua teoria «qualitativa», secondo cui la moneta può essere trattenuta dai suoi reinvestimenti nel sistema di produzione e consumo , può essere cioè tesaurizzata ( naturalmente da coloro che ne sono in possesso in misura adeguata) per interessi e scopi di finanza speculativa, il che può causare a sua volta gigantesche bolle speculative dalle conseguenze disastrose, come osservò acutamente Keynes in quegli stessi anni.

Se Lippmann, Rougier e i due economisti tedeschi, volevano preservare per lo Stato e la società liberali del futuro, sul piano politico e giuridico, il modello della democrazia rappresentativa, a tutela del principio formale della sovranità popolare, oppure sul piano sociale e antropologico reintegrare la «natura comunitaria dell’individuo dalla sua perdita nell’anomia della giungla di un mercato deregolamentato», questi alti propositi cozzavano però con «quella cornice immodificabile del sistema economico che assicura il massimo dell’utilità e del profitto dalla produzione» ,cornice ancorata proprio a quelle dottrine economiche neo classiche del marginalismo e dei liberi prezzi di mercato .

Tali postulati economici erano in quel consesso pacificamente considerati come gli unici in grado di permettere «un’organizzazione della produzione suscettibile di fare il migliore uso dei mezzi di produzione e di condurre alla massima soddisfazione dei desideri degli uomini».

Dal che si rivelano due ambiguità fondamentali nelle formulazioni dell’Agenda del liberalismo, atto conclusivo del Colloquio Lippmann.

 

1)-la massimizzazione del processo di accumulazione del capitale non dovrà affatto essere frenata, irregimentata, e moderata dall’interventismo economico in prima persona dello Stato nazionale, come invece auspicato senza ambiguità in quegli stessi anni da J.M. Keynes, affinché fossero tutelati la piena occupazione, una funzione equilibrata del sistema monetario ( ne deflazione ne inflazione) e un autentico ruolo paritario e plurale degli attori del mercato; al contrario per i neoliberali quel processo capitalistico dovrà essere garantito dalle leggi e istituzioni dello Stato.

2)- La tanto auspicata reintegrazione antropologica della natura dell’uomo, il che richiederebbe la riaffermazione del suo essere zoon politikon( animale politico o comunitario) e del suo essere «animale simbolico»( animale dotato di linguaggio complesso) viene infine sacrificata e ridotta al concetto d’individuo portatore di pulsioni e desideri.

Le due polarità, il sistema economico di mercato da una parte, e l’individuo che appaga le sue pulsioni e i suoi desideri attraverso il suo ruolo di produttore e consumatore di merci, dall’altra, s’integrano perfettamente in questa nuova dottrina neoliberale, una dottrina che compendia economia, politica ed antropologia filosofica.

Di conseguenza l’antropologia dell’appagamento individuale dei desideri non potrà che svilupparsi all’interno del sistema del mercato economico, dell’ordine proprietario e della concorrenza, un ‘ordine che richiederà una forma esistenziale di adattamento da parte dell’individuo stesso.

Il punto primo dell‘Agenda non a caso prevede la realizzazione dei desideri degli uomini così come «essi li provano realmente» nel mondo esistente, non «come un autorità centrale pretende di stabilirli in nome loro».

Il mondo esistente degli individui per i neoliberali è quello del capitale, non contemplando una possibilità mediana tra, da una parte, le dinamiche pulsionali dell’individuo produttore-consumatore– ad es. il ruolo della «persona umana » o «soggetto » filosofico– e il suo indottrinamento ideologico da parte di un ‘autorità statuale, dall’altra parte.

Viene contrabbandato l’adattamento dinamico alla propria individuale pulsionalità come fosse «la piena realizzazione della persona umana », di cui ad es. ci parla l’artic. 3 della Costituzione della Repubblica italiana.

All’altro polo della Weltaschaung neoliberista, il funzionamento corretto, liscio e garantito del sistema dell’economia di mercato, il ruolo dello Stato sarà proprio quello d’impedire che il capitalismo si esponga alla sua costitutiva, «naturale» fragilità – alla possibilità di gravi crisi, come i fatti storici attestano– d’intervenire terapeuticamente sulla sua possibile degenerazione patologica.

A questo scopo ci sono passi dell’Agenda del liberalismo che fanno concessioni a un ruolo «socialista» dello Stato, per cui si potrà prevedere «la destinazione a fini di ordine collettivo di una parte del reddito nazionale distratta dal consumo individuale»; inoltre sarà contemplato l’intervento dello Stato in materia di difesa nazionale, sicurezza sociale, servizi sociali, scuola, ricerca scientifica.

Questi passaggi dell’Agenda paiono fare concessioni alla teoria e alla prassi all’epoca in ascesa dell’economia keynesiana.

 Ma lo fanno in maniera rapsodica, generica e non ulteriormente precisata, rispetto alle ben più definite e pragmatiche coeve dottrine economiche di Keynes. E non poteva essere diversamente se i postulati dell’economia neoclassica precedentemente richiamati dovevano essere salvaguardati, e se a sua volta questa difesa era la “conditio sine qua non” per raggiungere un compromesso scritto con le posizioni molto distanti degli economisti della scuola austriaca .

Questo ambiguo, strano centauro liberal statalista, quale emerge dalle formulazioni del neonato neoliberalismo, per la sua intrinseca contraddittorietà e debolezza dottrinarie, non poteva che essere costitutivamente preda dei più accesi paladini dell’anima del libero mercato, quali appunto Von Mises e Von Hajek .

 In particolare Von Hajek, constatando la confutazione, tanto nella teoria che nei processi storici in atto, della dottrina economica neoclassica da lui strenuamente difesa, riprenderà con forza l’antropologia filosofica e la filosofia politica neoliberali che prevedono l’individuo come eroe eponimo della storia.

Se l’Agenda del liberalismo ammetteva la concorrenza sul mercato quale unico principio di coordinazione possibile delle azioni dei singoli individui, capace di controllare e incanalare le libertà formali e le pulsioni individuali verso la valorizzazione del capitale, verso la «transustanziazione» della forma impresa nel corpo sociale, verso la trasformazione dei membri di una massa, proletarizzata dalla giungla del mercato deregolamentato, in altrettanti imprenditori di se stessi, bè tutti gli elementi erano allestiti per l’elaborazione di un epopea dell’individuo nella storia.

In questa impresa si gettò anima e corpo Von Hajek durante gli anni di guerra, in quello che fu unanimamente considerato dai suoi ammiratori il suo lascito testamentario più duraturo e la sua opera più celebre : The road to serfdorm.

Come vedremo la prossima volta, “Verso la schiavitù” non è un trattato di economia ma un saggio di filosofia politica e antropologia filosofica, un saggio in cui l’antropologia dell’individuo protagonista della storia, la nuda roccia primigenia della natura dell’individuo, deve essere la pietra angolare, l’idealismo liberale su cui potere riedificare l’edificio del tempio del liberalismo economico e politico andato in frantumi, un necessario passaggio in attesa che i tempi mutino nuovamente e tornino favorevoli a livello sociale ed economico.

BIBLIOGRAFIA :

Aleksandr Dugin : La quarta teoria politica, ed. Aspesis

Diego Fusaro : Storia e coscienza del precariato. Servi e signori della globalizzazione, ed . Bompiani

Ilaria Bifarini : Il grande Reset : dalla pandemia alla nuova normalità

Massimo Citro Della Riva : Eresia. Riflessioni politicamente scorrette sulla pandemia di Covid 19 . ed Byoblu.

Walter Lippmann : La Giusta società, ed. Einaudi.

Alessandro Simoncini : Un neoliberale a Parigi . Walter Lippmann e gli ordoliberali.

Rivista Scienza e Politica

Gianfranco Sabattini: La crisi della democrazia secondo Walter Lippmann, l‘Avanti on line

Davide Maria de Luca : Dobbiamo parlare di neoliberismo, rivista Economia.

Friedrich Von Hajek: Verso la schiavitù . Pianificazione e democrazia, sicurezza e libertà, la fine della verità, ed. Rizzoli.

 

 

 

Cancellare il Great Reset:

La lotta imminente davanti a noi.

Orazero.org- Kevin Smith- Jean Gabin -(2 Maggio 2021)- ci dice :

 

Anche se molti di noi sono a conoscenza di molte delle ragioni, dei motivi e della tempistica del cosiddetto Great Reset, penso che le intuizioni e i pensieri di Reiner siano interessanti e nel complesso forniscono una comprensione più completa di ciò che c’è dietro tutto questo.

E forse c’è anche qualche luce alla fine del tunnel.

Qualche tempo fa, ho scritto un articolo in cui spiegavo il mio viaggio di studi verso l’agenda del “Great Reset”.

Ho detto che pensavo che questo spettacolo dell’orrore sarebbe continuato per qualche tempo, ma alla fine sarebbe fallito, ma con un grande costo per la nostra società e per tutti noi.

Più recentemente ho cercato informazioni sui nuovi ‘vaccini’ e come altri, ora mi chiedo seriamente se questo fa parte di qualcosa di ancora più sinistro che minaccia la nostra stessa esistenza.

Come sollievo dalla follia e dalla lettura pesante degli studi scientifici, guardo molte delle presentazioni online di Ivor Cummins, del dottor Mike Yeadon e del dottor Sucharit Bhakdi, che sono professionali, chiare e potenti. La recente intervista del dottor Bhakdi qui è brillante, ma anche la più terrificante che ho visto riguardo ai vaccini.

Ci sono alcuni esperti là fuori con vera passione, intelligenza e un’incredibile capacità di delucidare attraverso le complessità. Dovremmo essere tutti grati di avere persone così coraggiose che espongono i fatti.

 

Naturalmente, molti di questi esperti e commentatori hanno un accesso limitato al cosiddetto mainstream. Sono stati censurati senza sosta. È facile avvilirsi per il fatto che i fatti ormai ovvi sul Covid-19, le chiusure e i vaccini non vengono ancora ascoltati.

Per me, è grande la frustrazione che il pubblico sia ancora in gran parte ignaro dell’imminente incubo che sta per abbattersi su di loro e sulle loro famiglie. E l’impotenza di fermarlo, è come un incidente d’auto al rallentatore.

(Dr. Reiner Fuellmich).

Proprio di recente, sono stato attratto da alcune presentazioni e interviste di un importante avvocato tedesco, Reiner Fuellmich. Parecchi lettori qui potrebbero aver visto lo stesso materiale.

È ben noto per aver intrapreso in precedenza azioni legali di successo contro enormi aziende, Volkswagen, per i suoi dati fraudolenti sulle emissioni e anche Deutsche Bank per uno scandalo finanziario.

L’anno scorso la sua attenzione è stata attirata verso la risposta alla cosiddetta crisi del Corona virus e, con molti altri, ha istituito il Comitato Investigativo Tedesco Corona per esaminarla. Ora questo comitato ha condotto gran parte delle sue indagini e sta procedendo con azioni legali a livello globale.

Penso che valga la pena riassumere alcuni di questi atti.

Inoltre, anche se molti di noi sono a conoscenza di molte delle ragioni, dei motivi e dei tempi del cosiddetto Great Reset, penso che le intuizioni e i pensieri di Reiner siano interessanti e forniscano collettivamente una comprensione più completa di ciò che sta dietro a tutto questo. E forse c’è un po’ di luce alla fine del tunnel.

Qui sotto c’è la mia comprensione dell’approccio, delle osservazioni e delle scoperte di Reiner, con alcuni dei miei pensieri.

 

Reiner ha istituito la commissione d’inchiesta nel luglio 2020. Questo è un buon riassunto della cronologia, delle preoccupazioni e delle domande sollevate e delle conclusioni che sono seguite.

Hanno deciso che le tre domande principali a cui rispondere nel contesto di un approccio giudiziario alle questioni del coronavirus erano:

Esiste una pandemia di coronavirus o esiste solo una pandemia da test PCR?

 In particolare, un risultato positivo del test PCR significa che la persona testata è infettata dal Covid-19, o non significa assolutamente nulla in relazione all’infezione da Covid-19?

Le cosiddette misure anti-corona, come l’isolamento, le maschere obbligatorie, l’allontanamento sociale e le norme di quarantena, servono a proteggere la popolazione mondiale dal Corona, o queste misure servono solo a far entrare la gente nel panico in modo che creda – senza fare domande – che la sua vita sia in pericolo, in modo che alla fine le industrie farmaceutiche e tecnologiche possano generare enormi profitti dalla vendita di test PCR, test antigene, anticorpi e vaccini, così come la raccolta delle nostre impronte genetiche?

È vero che il governo tedesco è stato massicciamente pressato, più di ogni altro paese, dai principali protagonisti di questa cosiddetta pandemia di corona, il signor Drosten, virologo dell’ospedale di beneficenza di Berlino; il signor Wieler, veterinario e capo dell’equivalente tedesco del CDC, il RKI; e il signor Tedros, capo dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità o OMS; perché la Germania è conosciuta come un paese particolarmente disciplinato e doveva quindi diventare un modello per il resto del mondo per la sua rigorosa e, naturalmente, riuscita aderenza alle misure corona?

Nell’esaminare questi punti e per capire meglio il quadro generale, Reiner dice di aver parlato con oltre un centinaio di esperti e di aver ascoltato la testimonianza di scienziati, medici, psicologi e molti altri esperti nei loro campi, compresi gli informatori che sono a conoscenza del Great Reset.

Reiner afferma con fiducia nell’intervista di avere un buon caso per dimostrare che il processo decisionale combinato e le misure di isolamento in risposta ai test Covid-19 e PCR e altre prove, è uno scandalo su vasta scala, e il più grande crimine contro l’umanità di tutti i tempi.

Senza ripetere tutti gli eventi degli ultimi 14 mesi (che sono in gran parte coperti all’interno dei link di cui sopra), è ormai ovvio che praticamente ogni governo occidentale ufficiale, usa la narrazione scientifica nella misura che è stata sbagliata ed è il completo opposto di come affrontare una vera crisi di salute pubblica.

 È chiaro che il Covid-19 viene usato per inaugurare un regime di controllo totale su di noi.

Opportunità legali.

Reiner spiega nell’intervista che le azioni legali sono state pianificate e saranno a più livelli e condotte attraverso le giurisdizioni internazionali.

Crede che alla luce delle sentenze favorevoli in Portogallo e Austria riguardo all’inefficacia del test PCR, questo sia già un buon approccio. Spiega anche che poiché l’agenda del grande reset non è limitata a una sola giurisdizione, ed ha un buon senso da questo punto di vista.

Mi sembra che sui fatti avrebbe un caso forte in qualsiasi tribunale equo, ma penso che abbiamo visto esempi in cui i tribunali europei hanno emesso decisioni inspiegabili o hanno evitato un giudizio su questioni enormemente importanti su un punto di diritto o giurisdizione.

Reiner dice che forse le migliori possibilità sono negli Stati Uniti e in Canada, sistemi legali con cui ha familiarità, che permettono azioni collettive. Le azioni collettive possono essere intentate da individui che credono di essere stati svantaggiati da decisioni dello stato o di una grande azienda, per esempio, per frode, negligenza o discriminazione.

Reiner afferma durante l’intervista che i sistemi statali nazionali potrebbero non essere adatti a questo tipo di caso a causa della portata della frode Covid-19 e alla fine prevede uno scenario da ‘Norimberga 2’.

Qualcuno potrebbe pensare che i processi legali, anche se non sono stati comprati e pagati dai globalisti responsabili di questi crimini, richiederanno troppo tempo per fermare ciò che sta accadendo. Penso che questo sia un pericolo, ma molto lavoro è già stato fatto dalla Commissione Investigativa Tedesca Corona e molte prove sono già di dominio pubblico, mentre altre sono in arrivo.

In ogni caso, credo che sarà interessante osservare questi eventi, forse nel contesto del continuo orrore della distruzione sanitaria, sociale ed economica in corso e dell’agenda del Great Reset. Tale crescente consapevolezza pubblica potrebbe determinare il risultato, come questi casi procedono o saranno giudicati, o anche se non procedono affatto.

Quali interessi stanno guidando il Great Reset? Il punto di vista di un avvocato.

Ciò che è stato più interessante dalle interviste è ciò che Reiner ha detto sulle persone coinvolte in questa agenda e sui motivi che ci sono dietro.

Mentre io e molti di noi abbiamo una discreta idea di quali siano, e sembra che ce ne siano molti, penso che facciamo fatica a capire la struttura dietro a tutto questo, come funziona insieme e come attribuire la responsabilità ad ogni parte in movimento (finanza e banche, Big Pharma, organizzazioni mondiali, agenda del cambiamento climatico, professione medica, magistratura ecc.)

 

Le osservazioni di Reiner su questo sono interessanti e penso che forniscano alcune basi per essere ottimisti.

Dice che da quello che ha imparato pensa che ci sono circa 3.000 persone nel mondo più o meno direttamente complici che agiscono contro una popolazione di circa 8 miliardi.

 Si riferisce a loro come alla ‘cricca di Davos’.

 Dice però che stima che tra il 10 e il 20% delle persone nel mondo si sono svegliate da questa agenda e forse molte altre sono sulla strada della scoperta. Quindi sono 3.000 criminali incalliti contro forse almeno 1,5 miliardi, finora.

 

Reiner dice anche che questi gruppi criminali sono composti da persone con interessi contrastanti e dunque vi hanno luogo lotte interne intestine. Questo crede che possa essere un’opportunità per respingerli proprio nello stesso modo in cui loro ci hanno diviso. Sembra che gli informatori abbiano fornito dettagliate informazioni e, man mano che questa terrificante agenda si sviluppa, questo dovrebbe prendere piede.

Allo stesso modo, quando gli viene chiesto chi sono queste persone e quali sono i motivi combinati, spiega che sono costituiti dai “soliti sospetti” delle organizzazioni mondiali come l’OMS, il WEF, il FMI, i tecnocrati miliardari, i giganti farmaceutici, le grandi piattaforme dei media, le banche e i fondi di investimento.

Dice che il motivo non è principalmente finanziario perché queste persone sono già scandalosamente ricche. Lo descrive più come un controllo sull’umanità. Questo opera sotto la maschera di diversi motivi e agende, autoconservazione e consolidamento, Covid e vaccini, ideologia del cambiamento climatico, ma essenzialmente riguarda il potere. Ma è il loro denaro ciò che alimenta il macchinario sotto di loro.

Penso che forse la struttura che Reiner e altri hanno descritto è come una piramide. Lui dice che questi culti elitari hanno fatto filtrare il denaro verso il basso per ungere le varie catene di comando sotto di loro, come i governi, i partiti di opposizione, i media, gli scienziati, le università, i trust degli ospedali e così via.

Reiner crede anche che alcuni individui nel governo potrebbero essere stati corrotti, costretti o minacciati per cooperare. Abbiamo visto possibili segni di questo altrove come Bielorussia, Tanzania e Burundi.

Immagino che più si scende in basso nella piramide, dove si ottengono i ‘middle manager’ e i ‘foot-soldiers’, alcuni che sono stati corrotti con sovvenzioni come con il finanziamento. Alcuni che sospettano qualcosa ma hanno troppa paura di parlare fino a quelli che sono ignari di quello che sta succedendo.

Non è difficile immaginare che con tutte le forze di cui sopra che tirano insieme, in modo consapevole o meno può iniziare una tale enorme impresa di un colpo di stato globale. La mia analogia è simile alla Germania nazista e la struttura di comando sembra molto simile.

Reiner ha anche menzionato due scenari interessanti che non avevo considerato così tanto. Dice che gli è stato detto da un informatore che il piano originale era di introdurre il reset nel 2050. Questo è stato anticipato al 2030 e poi ad oggi perché alcuni elementi all’interno di questo gruppo sono diventati impazienti. Dice che crede che il fatto che questo sia stato affrettato, ora è il motivo per cui stanno facendo così tanti evidenti errori sciatti e che possono essere sfruttati.

Inoltre Reiner dice che l’Europa è il campo di battaglia su cui stanno cercando di ottenere il maggior controllo. Questo perché l’Europa e la Banca Centrale Europea sono essenzialmente in bancarotta e in particolare i grandi fondi pensione, che per ovvie ragioni non vogliono che la gente lo sappia.

Pensano che spingere la loro agenda sotto la maschera delle pandemie, del cambiamento climatico, dei conflitti e di altre crisi distrarrà il pubblico, e quando si sveglieranno, saranno dipendenti, compiacenti e sotto pieno controllo.

Dopo che le stesse persone, che hanno causato il precedente crollo finanziario, ci hanno rassicurato che tutto era di nuovo a posto, ma da allora hanno continuato a stampare denaro e a saccheggiare sempre di più.

Reiner crede che il sistema finanziario abbia iniziato a mostrare segni di implosione di nuovo nel 2019. Questo è stato quando i globalisti hanno deciso di incontrarsi e hanno concordato di spingere la narrazione del Coronavirus verso il Great Reset.

Quali sono le possibilità di fermare la loro presa di potere?

Reiner è abbastanza fiducioso che questo possa accadere e che possa emergere un mondo migliore e lontano dal globalismo che ha creato i problemi del mondo. Dice che se falliamo, potrebbe essere la fine dell’umanità, quindi non possiamo fallire.

Condivido questa valutazione e il cauto ottimismo. Personalmente, penso che i culti globalisti possano aver morso troppo di più di quanto possano masticare in una volta sola. Dato che l’agenda generale è un obiettivo condiviso tra diversi interessi, ma sono in realtà molte le agende all’interno di questi gruppi, penso che sia difficile da portare a termine.

 

Credo che i tribunali, in teoria, offrano rimedi, purché siano indipendenti, o c’è una possibilità almeno che i globalisti possano fare marcia indietro o accordarsi se vedono che le prove contro di loro sono schiaccianti e la consapevolezza cresce.

Gli informatori potrebbero iniziare a farsi avanti più spesso, forse a causa di un evento inaspettato o di un’opposizione di cui le élite non hanno tenuto conto o di ulteriori errori che commettono o commetteranno in futuro.

Allo stesso modo, molte più persone di quanto ci rendiamo conto ora potrebbero essere sul punto di svegliarsi e una scintilla da qualche parte, [Ndt: in Francia?] forse grandi disordini civili, potrebbe causare un contagio. Le élite potrebbero perdere la loro presa, diventare troppo avide, le divisioni e le lotte intestine potrebbero seguire portandoli all’autodistruzione.

Quindi, c’è un forte elemento psicologico in questa battaglia.

Ma credo che le élite potrebbero anche raddoppiare con ulteriori crisi generate. Problemi di catena alimentare, interruzioni di corrente, nuove varianti e altre distrazioni. Ci potrebbe essere anche il male che non abbiamo considerato.

La tragedia per l’umanità è che se la gente non si sveglia ora, potrebbe non rendersi conto fino a quando non si troverà nell’incubo, dove non possederanno nulla e ci si aspetta che siano felici, o molto peggio.

Cosa possiamo fare?

Reiner dice che non vale la pena cercare di persuadere attivamente le persone che sembrano aver spento il cervello e rimboccarsi le maniche. Piuttosto concentrati sulla diffusione del messaggio e connettiti con individui che la pensano come te o con quelli che hanno semplicemente dei dubbi su quello che sta succedendo.

Nella mia mente ci sono due cose che dobbiamo fare come individui. Vincere e resistere fino a quando non ci riusciamo.

Il mio pensiero è di prendere un giorno alla volta, di non pensare troppo all’impensabile. La mia opinione è anche quella di diffondere i potenti messaggi, i gravi dubbi sui vaccini, i passaporti, le valute digitali, evidenziando il Great Reset e ciò che questo significherà per la vita di tutti noi se accettiamo il pieno controllo da parte di un gruppo di criminali stile James Bond.

Usate il linguaggio giusto, chiamate questa agenda per quello che è. Comunismo, fascismo, eco-autoritarismo o analogie con la Germania nazista.

Usate la paura della loro vera, terrificante agenda, come hanno usato la paura di un virus che non è una minaccia, contro di noi. Quando diffondete queste informazioni, usate immagini, ridicolizzateli, usate l’umorismo.

Infine, per me una parte molto avvincente dell’intervista di Reiner aveva a che fare con la spiritualità che ha menzionato in alcune parti del suo clip verso la fine e che vale la pena ascoltare.

Dice che non è religioso, ma è arrivato a credere che alcune persone hanno forse un dono o una capacità di vedere cose che la maggioranza non può o non vuole.

Credo che stesse suggerendo qualcosa al di là della ricerca degli eventi. Forse più una percezione superiore degli eventi, una spiritualità, o un istinto naturale ben al di sopra della generale capacità umana di percepire o razionalizzare le cose, e lui sente che è rilevante per questo la connessione con l’altro.

Reiner ha fatto l’esempio di un’amica che descriveva il suo bambino in compagnia di altri bambini, lui che era diverso a livello spirituale o di consapevolezza.

Questo è qualcosa a cui posso riferirmi nella direzione della mia vita, da una che era in gran parte senza meta e insoddisfatta ad oggi che combatte l’ingiustizia ovunque io la veda.

Sento che c’è una dimensione spirituale, e lo sento con altri che combattono questa e altre cause simili. Che sia spirituale o che ci sia un’altra spiegazione, penso che l’essenza di ciò che Reiner sta dicendo sia molto vera e risuonerà con molte persone, sia che si tratti di opporsi alle guerre straniere o di lottare contro la guerra che le élite globali e i loro burattini hanno ora scatenato su tutta l’umanità sotto la maschera del Covid-19.

Alla fine dell’intervista, l’intervistatore ha chiesto a Reiner se la storia guarderà con affetto a lui e ad altri che hanno preso parte a questa lotta. Reiner ha risposto “assolutamente, naturalmente”.

Reiner è chiaramente una persona di grande integrità, passione e intelligenza. Il suo lavoro merita di essere seguito.

(Kevin Smith- oneworld.press/?module=articles&action=view&id=2018).

 

 

 

 

Il Silenzio attorno alla Torcia Umana:

l’indifferenza, il fuoco della protesta

e il buio mediatico di chi protesta.

Orazero.org-Alessia C.F.(Alka)- (2 Febbraio 2022)- ci dice :

I monaci si danno fuoco.

Solo in un anno più di 24 tibetani (almeno 27 dal 2009), fra cui moltissimi giovani, hanno scelto di darsi fuoco.

Tutti hanno voluto manifestare contro lo stretto controllo imposto da Pechino, che sorveglia anche la pratica del culto, l’apertura e la chiusura dei monasteri, e per chiedere il ritorno del leader spirituale dei tibetani.

Di contro, il Dalai Lama ha sempre sottolineato di “non incoraggiare” queste forme estreme di protesta, ma ha elogiato il “coraggio” di quanti compiono l’estremo gesto, frutto del “genocidio culturale” che è in atto in Tibet ad opera della Cina… (asianews.it/notizie-it/Ngaba,-due-monaci-tibetani-si-danno-fuoco.-La-polizia-blocca-i-soccorsi-24394.html).

30 MARZO 2012 – I tibetani che si danno fuoco.

Sono trenta dall’anno scorso a oggi, in mezzo a mesi di proteste e manifestazioni, ma la comunità internazionale non pare avere intenzione di occuparsene. Dall’inizio del 2011 a oggi 30 tibetani – uomini e donne, monaci e laici – si sono dati fuoco per protestare contro la repressione cinese in Tibet… (ilpost.it/2012/03/30/i-tibetani-che-si-danno-fuoco/).

I monaci tibetani si danno fuoco nell’indifferenza del resto del mondo che fa affari con la Cina – I nostri intellettuali un tempo attenti alle istanze libertarie oggi tacciono, la Cina comunista paga in nostro silenzio e noi chiniamo la testa alle esigenze dell’economia e del Partito.(totalita.it/articolo.asp?articolo=2156).

“In prima fila molti intellettuali italiani, che di quel sacrificio fecero oggetto di cronache appassionate e di campagne di protesta. Italo Calvino vide in quei monaci, insieme agli “uomini giusti e pazienti di Hanoi” (sic) e alla guerriglia dei Vietcong, simboli estremi “che per gridare la parola pace più forte dei rumori della guerra”, fanno parlare “le fiamme dei loro corpi irrorati di benzina”.

Aldo Capitini, l’organizzatore, nel 1961, della prima “marcia della pace” Perugia-Assisi, commentando il rogo dei bonzi vietnamiti, scrisse che “il suicidio diventa l’estremo tentativo di protesta scegliendo tra la morte dell’altro e la propria – come se al sommo una morte ci voglia per mutare la situazione – la propria morte”. Parte dal sacrificio dei bonzi vietnamiti l’indignazione contro la guerra nei Vietnam, segnata da decine di appelli, sottoscritti da centinaia di uomini di cultura, dalle opere dei vari Guttuso, dall’indignazione del mondo accademico.” (totalita.it/articolo.asp?articolo=2156).

Un gesto di ribellione, una nota stonata fuori dal coro dello Stato, uno scatto non troppo casuale diventato icona del Novecento. È il 10 giugno del 1963 e nella città di Saigon, nel Vietnam del Sud, sono circa le nove di mattina.

Una macchina avanza lungo la strada, seguita da monaci e monache buddhisti che marciano insieme tra slogan e cartelli che inneggiano, in vietnamita e in inglese, all’uguaglianza religiosa.

 Arrivata a un incrocio, l’automobile si ferma e un monaco, sedendosi a terra nella posizione del loto e recitando il mantra del Buddha Amitābha, attende che un confratello gli versi sul capo e sul corpo una tanica di benzina.

 Il fuoco divampa, il fiore di loto umano si brucia, ma continua la meditazione con il mantra “Nam Mô A Di Đà Phật“, mentre la polizia cerca di disperdere la  folla e manifestanti. Al tramonto migliaia di abitanti di Saigon dichiareranno di aver visto in cielo l’immagine di Buddha piangente. (pochestorie.corriere.it/2017/04/22/quando-un-monaco-buddista-si-diede-fuoco-a-saigon/).

Dopo i monaci un tuffo nel passato post sovietico.

Jan Palach, Josef Hlavaty, Jan Zajíc e Evžen Plocek si diedero fuoco, decisero di manifestare il loro dissenso attraverso una scelta estrema: immolare le proprie vite suicidandosi. Erano simboli della resistenza anti-sovietica.

Nel 1968 Ryszard Siwiec, si cosparse di benzina e s’immolò nello Stadio di Varsavia per protesta contro l’intervento dell’esercito polacco al fianco dei sovietici in Cecoslovacchia.

Il 5 novembre successivo Vasyl Makuch si diede fuoco in una strada del centro di Kiev contestando la repressione sovietica nel suo Paese e in Cecoslovacchia.

Torniamo al presente:

“Spiace che siano state diffuse notizie infondate circa le motivazioni del gesto e che si stia speculando su una vicenda che richiederebbe il giusto rispetto e un doveroso silenzio”.

Il gesto – aggiungono nella nota i familiari – non è’ in alcun modo riconducibile ad una protesta per il mancato Green pass, visto che al nostro parente erano gia’ state inoculate le prime due dosi di vaccino e si era in attesa della terza. (CatanzaroInforma).

Parla il cugino dell’insegnante che si è dato fuoco a Rende: “è contro il Green Pass ma non ha perso il lavoro, tragico gesto per sofferenze psicologiche”.

“Il suo gesto sarebbe dovuto a problemi psicologici causati, a quanto pare, da traumi del passato“, riporta Cultura e Identità. “Proprio oggi sulle nostre pagine abbiamo riportato la denuncia di un malato oncologico al quale è stato negato l’accesso in ospedale perché sprovvisto di green pass.” (Stretto web).

Marcello Veneziani in “Il buio intorno alla torcia umana“:

<<Se cercate un Che Guevara nella lotta per la patria e la libertà contro l’oppressione, andate a Praga. L’immagine speculare di Che Guevara è un ragazzo di vent’anni, Jan Palach, l’unico sessantottino che pagò la Contestazione con la vita. Il 16 gennaio del 1969, Jan si dette fuoco in Piazza Venceslao davanti ai carri armati sovietici che avevano invaso la Cecoslovacchia. A differenza del Che, non esistono in giro magliette che ricordino il volto e il gesto di Jan Palach, non ci sono santini né agiografie. Alle spalle di Jan Palach non c’è la fabbrica internazionale degli idoli, ma solo la memoria stinta, solitaria e sommersa di pochi ragazzi del suo tempo.

Eppure lui fu l’esempio più bruciante della rivolta contro il totalitarismo e l’oppressione dei popoli, il simbolo vivente – e morente – dell’amore di libertà fuso insieme all’amor patrio e il primo segno di annunciazione al mondo del crollo del comunismo, quando il 68 si rovesciò nell’89 e cadde il Muro, scoppiò in Cina piazza Tienamen e a Praga ci fu la rivoluzione di velluto.

La sua disperata speranza ebbe un effetto dirompente nei Paesi oltre la Cortina di ferro, ma anche in una fetta d’Europa. Per la prima volta 600mila persone si dettero appuntamento a Praga per rendere omaggio a quel ragazzo.

Ci andarono anche dall’Italia, ricorda orgoglioso Gino Ragno, molti giovani anticomunisti.

Gente che arrivava persino a piedi perché nei treni e nei mezzi pubblici i militari sovietici e i poliziotti li avrebbero bloccati.

Faceva freddo come ogni gennaio praghese. In alcune zone pioveva a dirotto, in altre nevicava; ma la gente arrivò in corteo a Praga per un giorno in mano agli studenti.

Una pagina indimenticabile ma dimenticata.

Tutto rimosso, come il comunismo. (solo opere di  bene-Ndr).

Tutti inneggiano alla libera circolazione dei capitali e dei turisti a Praga ed esaltano l’allargamento dell’Europa a est.

Dimenticano che alle origini d’entrambi i fatti – e perfino del McDonald’s che c’è ora in piazza San Venceslao – c’è il tragico gesto di quel ragazzo che decise di dare la vita per sollevare i popoli contro i carri armati sovietici.

 Mai un Vinto riuscì a vincere in modo così maestoso e sconfinato, anche se postumo.

 La censura comunista cercò di cancellare quel mito e demolire la sua biografia; fece sparire perfino la lapide sul luogo della sua sepoltura, meta di pericolosi pellegrinaggi.

E sparirono dai media i ragazzi che seguirono il suo gesto.

L’oltraggio dell’indifferenza a volte eguaglia quello dell’intolleranza; l’uno reprime la memoria e la libertà, l’altro la deprime, ma gli esiti si somigliano maledettamente.

In un recente dibattito avevo ricordato l’omertà del Pci sulla rivolta, il silenzio della sinistra su Jan Palach, il disprezzo verso gli insorti e il silenzio del partito e de L’Unità sui dissidenti, come Jiri Pelikan, che fu poi adottato dal Psi di Craxi.

 Fassino mi fece notare che, al contrario, il Pci aveva sostenuto il premier Dubcek e il socialismo dal volto umano.

Certo, fino a quando Dubcek fu al potere, tollerato dall’Unione Sovietica… Ma dopo, quando arrivarono i carri armati, e ci fu la rivolta, calò l’imbarazzato silenzio e prevalse la tesi ortodossa, sostenuta proprio dalla destra comunista di Amendola e Napolitano, che chi solidarizza con gli insorti fa il gioco della solita reazione in agguato Come dissero a Budapest nel ’56, e a Danzica e Stettino nel ’70.

Non dobbiamo del resto dimenticare che fino al ’78 i finanziamenti al Pci e all’Unità continuavo a provenire dall’Urss, e continuavano ad arrivare i contributi dell’Associazione italo-cecoslovacca. Su Praga e Jan Palach il mea culpa non devono farlo solo i contestatori e gli extraparlamentari di sinistra…

Prima di uccidersi, Jan Palach aveva scritto su un quaderno scolastico a righe “Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprime la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo – Patria e Libertà – è composto di volontari, pronti a bruciarsi per la causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero uno, è mio diritto scrivere la prima lettera…”. Firmato: la torcia n. 1.

Quel gesto scosse i miei tredici anni e mi suscitò all’impegno militante; fu uno di quei traumi che ti fanno uscire dall’infanzia e ti fanno entrare nell’età adulta e nell’inverno del nostro scontento.

C’è pure il male dell’ingiustizia e la morte giovane per passione di verità.

Compresi quanto abissale fosse la differenza tra chi metteva in gioco tutto se stesso nel nome della patri e della libertà e chi da noi si limitava a mettere in giuoco la libertà borghese altrui di andare a teatri o indossare le pellicce.

Nel mio libro sul ’68 osservai che i sessantottini incendiarono il mondo pensando a se stessi, mentre Palach incendiò se stesso pensando al mondo, come Josef Kudelka che si pose inerme davanti ai panzer sovietici.

In una vignetta di Giovanni Mosca due borghesi commentano così lo studente Palach che si è appiccato il fuoco: “Gioventù bruciata”.

Dall’incomprensione di allora alla rimozione di oggi: la torcia n.1 dista anni luce dallo sgargiante black out di oggi.

Buona notte, coscienza globale. Insinua la ragion cinica dei nostri anni: ma Palach ha davvero trionfato oppure la sua resta una tragedia sepolta nell’oblio? Ha senso modificare il corso della storia spezzando il corso della propria vita?

Secondo il paradigma presente, fondato sul deserto di simboli e ideali e l’ironia sugli eroi, sarebbe stato meglio avere oggi un ignoto sessantenne di nome Jan Palach, professore di filosofia sulla via della pensione, piuttosto che un mito semidimenticato nelle stanze diroccate della storia.>>

( Il buio oltre la torcia. M.V., Libero, 16 gennaio 2009).

In quell’articolo Marcello Veneziani evidenziò l’oblio che ricade intorno a chi in segno di protesta si incendia pensando al mondo.

Dal vecchio mondo post sovietico, ai monaci che si sono dati fuoco (chi in Vietnam e chi in Tibet), ecco che la memoria di questi uomini viene spazzata via dalla storia, viene sempre trattata con indifferenza, cala il sipario – e la nebbia – su chi sacrifica la propria vita sull’altare dei propri ideali.

La torcia umana invece merita un ricordo costante, sono questi uomini che nei momenti più disperati dovrebbero farci riflettere sulla nostra condotta di vita.

“i sessantottini incendiarono il mondo pensando a se stessi”, i vaxxati incendiano il mondo vaxxandosi e non pensando a cosa stanno mettendo in atto, perché il green pass non è il sistema per sconfiggere la pandemia ma bensì per introdurre il Social Credit System.

Oggi sul caso di Rende dobbiamo interrogarci perché urla in modo orrendo – come lo stesso Marcello Veneziani ben descrisse in” Il buio intorno alla torcia umana” – il silenzio degli organi di stampa.

Non vi è la necessità di parlare di depressione o di scontro sociale, ma semmai dell’immediato silenziamento della notizia.

Perché darsi fuoco davanti a una Caserma non è semplice depressione.

Studiando i monaci e chi combatté contro l’ex Unione Sovietica, emerge chiaramente che non è una follia, ma è un lucido evidente segno di protesta.

Fatto da una persona che ben conosceva questa espressione di massima protesta quando i “popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprime la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo”.

Osservando la odierna fabbrica internazionale degli idoli, se vinceranno LORO, ogni protesta verrà dimenticata. Tutto rimosso.

( Alessia C. F. -ALKA).

 

 

 

 

I nuovi Padroni del Mondo.

Marcelloveneziani.com-Marcello Veneziani- ( 20-1-2022)-ci dice :

Chi sono oggi i Potenti della Terra?

 In altri tempi avremmo indicato i nomi dei principali Capi di Stato, più i grandi comandanti degli apparati militari delle Superpotenze.

Ma i leader delle democrazie sono di passaggio, vulnerabili e con limitati poteri, ben riassunti dall’impacciata leadership di Biden; molti autocrati di potenze regionali hanno grande peso nella loro nazione e nella loro zona di influenza ma non possono dirsi Potenti della Terra.

Ad eccezione di Xi Jin Ping, e solo in parte di Putin, i veri potenti della Terra gestiscono risorse chiave del mondo globale.

Oggi i Potenti della Terra sono soprattutto i giganti planetari della Finanza, i padroni dei grandi colossi tecno-economici, nel regno della comunicazione e della distribuzione, delle fonti energetiche o di Big Pharma, che hanno visto raddoppiare i loro profitti nell’epoca del Covid. Ma il loro potere non deriva semplicemente dalla loro ricchezza in espansione e non è quella a suscitare la maggiore preoccupazione: si possono definire Potenti della Terra coloro che dispongono di imperi transnazionali e hanno l’ambizione e i mezzi per condizionare il futuro dell’umanità.

Nei giorni scorsi è stato pubblicato dall’Oxfam un rapporto intitolato La pandemia delle disuguaglianze in occasione del summit dell’economia e della finanza che si tiene a Davos.

Tutti i media del mondo hanno ripreso i dati e i nomi di questi superricchi, soffermandosi dal punto di vista delle diseguaglianze, sottolineando cioè che mentre mezzo mondo, anche in Occidente, si impoveriva o viveva in difficoltà con la pandemia, c’era chi si arricchiva smisuratamente.

Il sottinteso era il tema, eticamente indiscutibile ma praticamente irrisolvibile, di condannare l’ingiusta concentrazione della ricchezza, rispetto alle povertà sempre più vaste e diffuse, e di auspicare una distribuzione più equa dei beni nel pianeta.

I loro nomi e i loro marchi sono famosi in tutto il mondo: Jeff Bezos di Amazon, Elon Musk di Tesla e Space X, Mark Zuckenberg di Facebook-Meta, Bill Gates di Microsoft, Larry Page e Sergey Brin di Google, e poi il francese Bernard Arnault e il suo impero famigliare; Larry Ellison, Steve Ballmer, Warren Buffet e altri giganti cinesi, indiani, giapponesi, arabi. I dieci uomini più ricchi del mondo hanno raddoppiato i loro patrimoni da 700 a 1.500 miliardi di dollari, nel giro di pochi mesi.

Ma il tema della super ricchezza, pur così importante, è secondario rispetto alla concentrazione della potenza nelle loro mani, che è poi il vero tema in gioco per i destini dell’umanità.

Ovvero, i grandi super ricchi inquietano non tanto perché si arricchiscono smisuratamente in un momento di disgrazia planetaria; ma perché alcuni di loro fanno pesare la loro potenza finanziaria, industriale, commerciale e mediatica in ambiti che modificano pesantemente la vita dell’umanità.

Quando si considerano i progetti di Elon Musk e di Jeffy Bezos, di Bill Gates e di Zuckenberg, o di Soros, ci rendiamo conto che la loro ambizione va ben oltre i profitti aziendali; è quella di mutare i comportamenti e gli orientamenti dei cittadini-consumatori.

Non tutti i super-ricchi perseguono questi obbiettivi: ad esempio, il primo super ricco italiano è la famiglia Ferrero, al quarantesimo posto nella classifica dei paperoni planetari: ma Ferrero vuol vendere i suoi prodotti, non intende modificare il pianeta e le sorti dell’umanità a colpi di… Nutella.

Diverso se l’ambito di partenza già attiene la comunicazione, l’infotainment, la distribuzione a domicilio di ogni genere di prodotto, facendo saltare ogni filiera commerciale legata al territorio. Si delinea un altro modello di società e di info-sfera.

Ma chi dovrebbe controllare la loro vertiginosa espansione, la loro influenza in ambiti assai delicati, in campo tecno-scientifico, spaziale, neurologico, e sui temi che attengono all’intelligenza artificiale?

Dovrebbe farlo la comunità internazionale, con i suoi organismi sovranazionali, che però appaiono farraginosi e impotenti. O dovrebbero farlo gli Stati, singoli o confederati. Che sono come scavalcati, soverchiati dal potere extraterritoriale di queste multinazionali, spesso inafferrabili anche dal punto di vista fiscale; figuriamoci sul piano delle strategie planetarie perseguite.

Già sono inquietanti le notizie di usi e abusi della ricerca scientifica da parte degli Stati.

 L’ultima di cui si è parlato riguarda la cosiddetta sindrome dell’Avana che avrebbe colpito decine di diplomatici, militari, agenti segreti statunitensi; si tratta di neuro-armi in grado di “pilotare la mente”, alterandone le funzioni.

Un’evoluzione più sofisticata e devastante di quello che un tempo veniva chiamato “lavaggio del cervello”.

La denuncia è venuta dal segretario di stato americano, Antony Blinken e dalla commissione Usa di esperti di guerra psicologica, istituita allo scopo di studiarne gli effetti e proporre i rimedi. Si tratta di applicazioni già usate dagli stessi apparati militari statunitensi e ora in uso dai cinesi, con risvolti ancora inimmaginabili, non solo in campo difensivo o militare.

Già gli Stati, che sono dentro una rete di relazioni e controlli, nel quadro giuridico internazionale, presentano risvolti così inquietanti; figuriamoci se queste ricerche e sperimentazioni fanno capo all’inafferrabile Volontà di Potenza di singoli imprenditori che non rispondono a nessuno, tantomeno a una sovranità popolare e ai controlli istituzionali; rispondono solo alla propria indole e al fatturato della propria azienda.

Siamo in balia del loro delirio di onnipotenza.

 

 

 

 

Maastricht e la falsa Europa.

Marcelloveneziani.com-Marcello Veneziani- (26-1-2022)- ci dice :

 

Trent’anni fa, a Maastricht, nasceva il Trattato che avrebbe dato vita all’Europa Unita e morte alle sovranità nazionali.

 La pandemia ha sepolto da due anni ogni critica all’Unione Europea e ne ha congelato assetti e funzioni.

Mentre veniva eletta alla presidenza del Parlamento europeo una popolare in passato anti-abortista, Emmanuel Macron chiedeva che l’aborto diventasse un diritto tra quelli fondamentali dell’Ue, insieme all’ambiente.

E la neopresidente, la maltese Roberta Matsola, si affrettava al suo insediamento a garantire che il suo peccato originale, aver criticato l’aborto, verrà accantonato nel suo ruolo di presidente dell’Europarlamento.

C’è una Maastricht ideologica a senso unico che accompagna sottotraccia la Maastricht economico-finanziaria del Trattato firmato nel ’92; a cui si è piegato anche il maggior partito europeo, il Popolare, d’ispirazione cristiana.

 L’Europa oggi è un reticolo di prescrizioni, divieti, obblighi che sovrastano gli stati nazionali; pure i prestiti e i sostegni sono condizionati al “comportamento” dei governanti locali.

In tema d’Europa è uscito ora un libro, Roger Scruton, a cura di Luigi Iannone e Gennaro Malgieri (ed. Giubilei Regnani, pp.330), dedicato al filosofo inglese scomparso due anni fa.

Sono raccolti vari contributi interessanti sul filosofo conservatore e sono pubblicati due testi importanti.

Uno è dello stesso Scruton.

Parlando di Democrazia globale in una sala del Parlamento italiano, Scruton notava che “la maggior parte delle leggi che sono imposte dall’Unione europea vengono scritte da burocrati che nessuno ha mai eletto e che a nessuno rendono conto dei propri errori”.

 E la stessa cosa accade con le decisioni che riguardano la nostra vita promanate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

 Riguardano la materia religiosa, i diritti civili, le identità culturali e sessuali; investono direttamente la civiltà europea e le tradizioni giuridiche degli Stati. Un’élite transnazionale per Scruton confisca le decisioni; e la forte spinta verso la governance mondiale allontana dalla democrazia e dalle sovranità popolari.

Scruton auspicava che la politica controbilanciasse questa spinta, che è al tempo stesso gestione dall’alto e uniformazione nel basso a un modello derivato da una ben precisa ideologia progressista e correttiva.

L’Unione europea, notava il filosofo, non resiste alla globalizzazione ma ne è anzi una sua forma. Perfino il principio di sussidiarietà sbandierato nei trattati comunitari è in realtà un modo per esercitare “un controllo onnipervasivo” dei vertici unionisti e delle commissioni, fino a privare gli Stati nazionali dei poteri legislativi.

Ancora più importante è la Dichiarazione di Parigi che Scruton e altri studiosi di tutta Europa (mancavano solo gli italiani) sottoscrissero nel 2017 e che viene qui pubblicata.

Si tratta di un appello a favore dell’Europa che esordisce così: “L’Europa ci appartiene e noi apparteniamo all’Europa”.

L’Ue appare una caricatura a senso unico dell’Europa, nutrita da un pregiudizio invincibile contro il suo passato. Una falsa Europa ci minaccia, grida l’appello, un’Europa tirannica e utopica, che ripudia le sue radici cristiane e quelle classiche, greche e romane.

 L’Europa vera è una comunità di nazioni, con lingue, tradizioni e confini propri. La sua unità nella diversità è naturale e la sua rappresentazione storica più coerente fu l’impero; ma dopo il suo tramonto ci sono rimasti gli Stati-nazione, “segno distintivo dell’Europa”.

L’Europa, avvertono i firmatari, non è iniziata con l’illuminismo né può ridursi a quell’universalismo “spurio” che impone la perdita della memoria e il ripudio di sé. “I padrini dell’Europa falsa costruiscono la loro fasulla cristianità di diritti umani universali e noi perdiamo la nostra casa”.

 Ad essa si aggiunge la liberazione da ogni freno, le libertà sessuali, l’edonismo libertino, l’individualismo e i frutti del ’68 che “ha distrutto ma non ha costruito”.

 Ma al contempo si restringe la libertà di parola, aumenta la tirannia tecnologica, viene colpito ogni dissenso, viene promosso un egualitarismo che sfocia nella “colonizzazione delle nostre patrie”.

 I ceti intellettuali, notano Scruton e gli altri studiosi, sono in preda alla boria dell’Europa falsa e ritengono che pensiero critico voglia dire solo “ricusazione del passato”.

Così “l’Europa è dominata da un materialismo privo di obiettivi, incapace di motivare gli uomini e le donne a generare figli e a formare famiglie”, mascherato nei surrogati pseudocristiani di una religione umanitaria.

 Qualche perplessità desta l’appello quando auspica di “risecolarizzare la vita politica dell’Europa” e “ripristinare un vero e proprio liberalismo”: bisognerebbe meglio intendersi su queste espressioni, considerando che la secolarizzazione e il liberalismo sono stati finora i veicoli di quella perdita di identità e di tradizione della civiltà europea.

Poi l’appello esorta a “resistere al culto della competenza che s’impone a spese della sapienza, del garbo e della ricerca di una vita colta”; si appella alla dignità umana, alla famiglia come fondamento della società civile e auspica che i mercati siano “ordinati verso fini sociali”.

Il populismo è una scorciatoia emotiva e semplicistica ma rappresenta “una sana ribellione contro la tirannia dell’Europa falsa”. Come dire che il populismo è prezioso per quel che combatte e per le ragioni da cui sorge; ma non è efficace come linea di governo e guida per i popoli.

Quest’Europa è falsa perché costruita a rovescio: i piedi diventarono la sua testa – l’economia e la tecnocrazia al posto della politica e dell’identità – e anziché proteggere l’Europa dall’esterno, protegge l’Europa dagli Stati nazionali che la costituiscono.

 Imbelle rispetto al mondo, oppressiva al suo interno. Da qui il suo storico fallimento.

 

 

 

L’umanità finirà per troppa umanità.

Marcelloveneziani.com-Marcello Veneziani-( 29-gennaio 2022)- ci dice:

 

Otto miliardi, siamo otto miliardi di persone sulla Terra.

Quando sono nato, e vi assicuro che non fu mille anni fa, la popolazione della terra era un terzo di quella di oggi. Siamo arrivati galoppando a otto miliardi e c’è da preoccuparsi sul serio. Noi pensiamo a Omicron e ai vaccini, all’Ucraina e al Quirinale, e invece c’è un problema gigantesco che riguarda tutti ma più gigantesca è l’indifferenza generale, la disattenzione globale.

Considerando la crescita esponenziale, la crescita abnorme dell’umanità è la più grande minaccia all’umanità, peggio dell’inquinamento, dei debiti, dei conflitti, di tutti i pericoli e le pandemie messi insieme.

 E fa male associare il rischio di collasso del pianeta alla natalità e a nuove vite che sbocciano al mondo.

Col paradosso aggiuntivo che il pianeta si gonfia mentre l’Italia, e con lei l’Europa, scende nella denatalità e avrebbe bisogno di più figli per darsi una prospettiva futura. Ci vorrebbero due politiche demografiche opposte, una per la denatalità nel mondo, l’altra per la natalità in Italia.

La Terra non può reggere il peso di così tanti abitanti in crescita pazzesca.

Tutti auspichiamo che migliorino le condizioni di vita per l’umanità e per i più poveri che continuano a figliare; ma l’esaurimento delle risorse e l’inquinamento globale per sovraffollamento sono ormai una minaccia letale per tutti.

 Se la popolazione di consumatori dovesse crescere ancora, e il tenore di vita dovesse estendersi ai miliardi di poveri dell’Africa e dell’Asia, sarebbe una catastrofe; è inutile trovare parole più lievi e più ipocrite per dirlo.

Ed è demagogico spostare il problema del sovraffollamento sulla redistribuzione delle ricchezze, come fa Bergoglio, ritenendo che la soluzione sia caricare sulla minoranza benestante il peso crescente del fabbisogno mondiale della maggioranza in povertà.

In giro noto svogliati pensieri e sguardi distratti su questo dato numerico così allarmante.

Quando giorni fa hanno annunciato ai telegiornali che abbiamo varcato la soglia degli otto miliardi, la notizia è stata relegata in secondo piano, tra una smorfia e un cambio immagine, e un attimo dopo sono passati a raccontare minimi o futili fatti di cronaca, come se la cosa non meritasse alcun pensiero se non un frettoloso richiamo statistico, quasi una curiosità bizzarra, del genere “Lo sapevate che”.

E come se la cosa, in fondo, non ci riguardasse. E invece è La Notizia per eccellenza, che mette a rischio ogni altra proiezione del futuro e mette in gioco l’esistenza sul pianeta.

Anche la crudele ipotesi conseguente, ventilata da taluni, di affrettare il decesso della popolazione anziana, magari servendosi anche di pandemie, oltre che disumana e feroce, non serve allo scopo: perché per ogni vecchio ce ne sono sette che anziani non sono e per un vecchio che muore ne arrivano tre al suo posto. Le popolazioni vecchie sono una minoranza sul pianeta rispetto alle popolazioni giovanili o infantili.

L’unico rimedio, piaccia o meno, è il controllo delle nascite.

Ma non si può aspettare che lo facciano di loro iniziativa gli Stati e i poteri locali e tutti allo stesso tempo, con pari efficacia, in tutto il pianeta. Inorridiamo all’idea di pianificare le nascite eppure ci vorrebbe un Organismo internazionale, Potere Sovrastante, un Impero universale che avesse la forza, la capacità e la lungimiranza di regolamentare le nascite, di subordinare gli aiuti al drastico contenimento delle culle.

Anche le ipotesi più avveniristiche, come quella di colonizzare lo spazio, andare a popolare altri pianeti e galassie, sono tecnicamente impraticabili e comunque non sono logisticamente realizzabili trasferimenti di massa di quelle dimensioni; è inimmaginabile deportare miliardi di abitanti della terra, trasportarli fuori dal mondo, in immense navicelle spaziali o in un ponte permanente o su un magico nastro trasportatore… Impossibile oltre che inammissibile violenza, l’espatrio forzato dal pianeta, l’esodo coatto.

Non abbiamo altra scelta se non il rigoroso controllo delle nascite, la loro drastica limitazione; in alternativa c’è solo il fatalismo, andare incontro all’esplosione demografica del pianeta, al consumo letale di aria, acqua, cibo, energia e poi succeda quel che succede; comunque saremo consorti.

O più egoisticamente pensare che intanto noi ce la passiamo bene, tutto sommato, e il big bang non succederà da un giorno all’altro; carpe diem e tiriamo a campare. Ai posteri ci penseranno i posteri.

Non si vede manco uno straccio di Greta che lanci l’allarme nel mondo e intimi ai Potenti della Terra di porvi rimedio o perlomeno attrezzare politiche planetarie efficaci. Pure il Papa tace al riguardo. Niente cortei, mobilitazioni, protocolli mondiali efficaci, come se si trattasse solo di un capriccio statistico di nessuna rilevanza. Che facciamo, ci lasciamo soffocare dall’overdose di umanità nel pianeta, salvo colare la glassa umanitaria per rendere più dolce la fine?

Non mi sto lasciando prendere dal panico o dallo spirito apocalittico: quei dati non sono opinabili, e l’impatto di quei numeri crescenti sul pianeta sarà inevitabilmente devastante e in tempi relativamente rapidi, anche se assumessimo comportamenti giudiziosi nel bere, mangiare, fare sport e raccolta differenziata, vivendo in modo eco-sostenibile:

 la terra non può sopportare un sovraffollamento come questo, va posto rimedio alla radice. Per salvare l’umanità bisogna limitarne il numero. Parole al vento che confermano una brutta verità: le singole intelligenze, accumulandosi nei grandi numeri, formano un’immensa stupidità.

 

 

 

L’Italia imbalsamata come una Mummia.

Marcelloveneziani.com-Marcello Veneziani-( 30 gennaio 2022)- ci dice :

Una sconfitta per l’Italia, per la democrazia, per il futuro, per la libertà.

Riconfermare Mattarella al Quirinale certifica l’impotenza del Parlamento e l’incapacità di fare un solo passo avanti.

Italia imbalsamata, ridotta a Mummia.

Si è confermata l’incapacità di intendere e di volere dei maggiori leader politici nostrani.

Dopo Draghi viene Draghi, dopo Mattarella viene Mattarella, scrivemmo già mesi fa. Con loro rimasti ai loro posti, resta ai loro posti anche il Parlamento.

Dopo la settimana bianca sul Colle, si torna al punto di partenza, Nuvola Bianca resta al Quirinale, salvo suoi sperabili dinieghi.

Non sappiamo se lui volesse davvero andar via come ha finora detto o se non fosse disponibile solo a protrarre il mandato di un annetto per scaldare il posto a Draghi; e invece non si tira indietro se la platea dei parlamentari, a larga maggioranza, lo richiama sul palcoscenico per il bis.

Lo vedremo.

 A me la sua riconferma sembra negativa, anzi avvilente, per ragioni oggettive e soggettive, ovvero sia per il quadro generale delle istituzioni, sia per quel che è stato Mattarella al Quirinale.

Le ragioni oggettive sono lo stallo e la miseria di un Paese che non riesce a uscire dalla situazione in cui è, e di un Parlamento minorenne, per non dire di peggio, che non ha le chiavi di casa e non sa fare un passo senza i genitori, non riesce a trovare un’altra figura per il Quirinale; non sa darsi un futuro che non sia la prosecuzione automatica del presente; non conosce libertà ma solo soggezione al potere vigente, for ever.

Draghi qua Mattarella là, a oltranza. Un paese monarchico nel peggiore dei modi, per conformismo da gregge, non attaccato al valore della continuità simbolica e impersonale di una dinastia ma alla perpetuazione degli assetti politici eurosinistri e al feticismo verso una persona che non è certo un Cavour o un De Gasperi, e che era un gregario di seconda fila nella prima repubblica.

Un paese statico senza essere stabile, conformista per viltà e servilismo e per mantenere gli stessi posti a ogni livello.

La sua rielezione è stata una prova ulteriore dell’arroganza mascalzona della sinistra che dopo aver finto di accettare il ruolo di esploratore (o kingmaker) di Salvini e dopo aver finto di valutare candidature provenienti dall’altro schieramento, ha poi bocciato tutte le figure che di destra propriamente non erano ma che pur provenendo da uno schieramento (come tutti i presidenti della repubblica precedenti, Mattarella e Napolitano inclusi) avevano tuttavia coperto ruoli istituzionali o pubblici con dignità, senza spirito di parte.

Ma è la dimostrazione che ormai tutti gli italiani hanno capito: non sarebbe mai piaciuto uno che non provenisse dai loro ranghi e dalle loro indicazioni.

Se non è dei loro, e se non è deciso da loro, non è super partes.

Si identificano a tal punto con l’establishment che sono loro a certificare chi è e chi non è superpartes e adatto al ruolo presidenziale.

 L’unico criterio guida è la Stasi, cioè lasciare al potere chi è già al potere.

Più la finzione scenica che il Paese a gran voce, all’unanimità, salvo la Meloni e il suo partito (onore a loro, va detto), richiede Mattarella.

Non è così, il paese è spaccato, nonostante il lavaggio del cervello massiccio di ogni giorno. E si allontana ancor più dalla politica, con nausea.

Detto questo, Matteo Salvini ha giocato male anche questa partita, ed ha sbagliato ad andare alla conta sapendo di perdere, e in quel modo poi, con la seconda carica dello Stato. Ed ha finito chinando la testa su Mattarella. Ma è stata davvero insopportabile la supponenza di Letta nei suoi dinieghi e del coro che lo ha accompagnato.

Resta l’immagine fallimentare dei tre protagonisti principali della settimana bianca al Quirinale: Letta, Conte e Salvini si sono mostrati inadeguati e ancora una volta è emerso che il più sveglio nel pollaio resta Matteo Renzi, piaccia o non piaccia.

Ma a parte le ragioni di ordine generale, Mattarella non è stato né un arbitro sopra le parti né un garante, e tutto quel che ha fatto ha sempre coinciso con la volontà e l’interesse del suo partito di provenienza, il Pd, e del sorvegliante, il Padronato europeo.

È stato l’interprete di una nuova stagione del catto-comunismo, o del catto-sinistrismo di casta e di potere, pur nella mimesi andreottiana-democristiana.

Sul piano dell’azione non ha mai detto una parola critica verso i poteri forti, non ha mai difeso l’Italia e la sovranità nazionale quando c’era da dire qualcosa che potesse divergere dall’Unione europea e dall’Alleanza atlantica.

Non ha mai detto nulla sulla deriva liberticida in atto nel nostro Paese, sul regime di restrizioni e di violazioni dei diritti costituzionali che si è instaurato, non ha difeso mai le minoranze discriminate (si è solo accodato a tutelare le altre minoranze protette).

Non ha mai osato toccare la Magistratura neanche quando essa si auto-discreditava in modo clamoroso, coinvolgendo anche il Csm di cui lui è pure il presidente.

 Ha posto veti su personaggi sgraditi a lui e all’establishment (il caso Paolo Savona a Palazzo Chigi è esemplare).

Sul piano dei valori Mattarella è stato la traduzione in borghese del papato di Bergoglio e dei suoi temi.

Sul piano storico si è dimenticato degli orrori del comunismo ma non ha mai mancato le celebrazioni degli orrori del “nazifascismo”, arrivando a dire – con un negazionismo che offende la storia, la realtà e il comune buon senso – che il fascismo non ha avuto alcun aspetto positivo, è dunque solo Male Assoluto (non lo diremmo di nessun fatto storico, nemmeno del comunismo).

Poi, certo, Mattarella ha avuto garbo istituzionale, senso della misura e del decoro, non è mai andato oltre le righe.

È stato il Custode del Palazzo e di tutti gli assetti dell’establishment, ha ripetuto i luoghi comuni del politically correct, fino all’ovvietà e alla narcosi. Sette anni sono lunghi da passare, ma dopo averli passati, immaginarne altri sette così è un supplizio dantesco.

Che voglia di dimettersi da cittadini…

 

 

 

Prigionieri del presente.

Luigiscudella.it- Davide D’Alessandro- Marcello Veneziani- (1-febbraio 2022)-ci dice :

(Huffingtonpost).

 

Scrive anche sulla Verità, ma sa di non possederla. È troppo intelligente, Marcello Veneziani, per ritenere la sua parola ultima e definitiva. Eppure, la sua parola continua a essere illuminante perché giunge dal disincanto, da un mondo altro, da chi ha passione civile e dolore per ciò che vede, per ciò che abbiamo irrimediabilmente perduto. Nella politica e nella vita, nella politica della vita.

Marcello  Veneziani ,stai per uscire, da Marsilio, con “La Cappa. Per una critica del presente”. 

Insomma, questo mondo continua a non piacerti?

“Ne La Cappa sostengo che l’uomo abita cinque mondi: il presente, il passato, il futuro, il favoloso e l’eterno. Vive male se ne perde qualcuno, è folle se ne abita solo uno. E noi da tempo viviamo piegati ‘nell’infinito presente globale’ e non abbiamo altro orizzonte. L’unico modo per pensare il presente è viverlo criticamente, sapendo talvolta immergersi e talvolta emergere dal presente, e ripensarlo con distacco”.

Hai nostalgia degli dei e di cos’altro?

“Gli dei a cui facevo riferimento in un libro di qualche anno fa non erano gli dei del paganesimo ma i principi intramontabili che danno un senso e un destino alla nostra vita.

 Proprio perché siamo di passaggio sulla terra abbiamo bisogno di proiettarci in stelle che non tramontano. Gli dei sono proiezioni e protezioni di cui abbiamo bisogno per compiere il cerchio della vita, per non dissiparla, per dedicarla, giacché ‘vivere non basta’ ”.

Siamo il Paese di Machiavelli, ma dov’è finita la politica?

“Da troppo tempo la politica ha perso il suo regno. Non produce decisioni né partecipazione perché non trova motivazioni oltre gli interessi momentanei e individuali. Non ha convinzioni ma convenienze. Da tempo la politica è commissariata dall’economia finanziaria e dalla tecnocrazia.

 Eppure, con tutti i suoi limiti e i suoi errori e orrori del passato, la politica resta pur sempre il campo in cui si rappresentano i valori, i bisogni e gli interessi generali, sia quelli condivisi sia quelli conflittuali.

La perdita della politica non riguarda, come pensiamo, solo i politici di professione; è una perdita per tutti. Vituperiamo Machiavelli per il suo cinismo al servizio del potere; ma lui ha teorizzato che il principe, il politico, deve sacrificare all’amor patrio anche l’amor di sé, inclusa la sua anima”.

Angelo Panebianco sostiene che con governi istituzionalmente deboli, senza organizzazioni di partito forti, che abbiano solide culture politiche e un buon radicamento sociale, alla democrazia italiana servono, eccome se servono, i cosiddetti intrusi. Che stiano al Quirinale o a Palazzo Chigi. Concordi?

“Come si fa a non essere d’accordo? Il problema è che si sono essiccate le fonti della politica e della democrazia: se non c’è motivazione e visione, se non c’è formazione e selezione del ceto politico, poi nulla si oppone alla colonizzazione della politica da parte di figure tecnocratiche o antipolitiche, comunque estranee alla ricerca del bene comune, che solitamente rispondono ad altre molle e ad altri poteri non trasparenti, non rappresentativi a livello popolare. È una conseguenza inevitabile”.

So che sei poco interessato alla destra come targa, come icona. Eppure, è fuor di dubbio che un sentimento popolare forte, sui contenuti politici associati alla destra, esiste e resiste ma senza trovare una guida che lo incarni e rappresenti. Quali sono le ragioni profonde che fanno della destra italiana la grande incompiuta?

“La destra politica in Italia è sempre partita dalle piazze e in piazza poi ha concluso il suo percorso. Non tenta strategie di respiro più ampio, non dà peso alla cultura politica, non ha mai cercato di incidere sulla mentalità e sui luoghi in cui si forma il consenso e la visione della gente. Ha tentato la via breve di rappresentare le emozioni e le istanze del momento o si è appellata a nobili repertori antichi, senza lo sforzo di rielaborarli nel presente e renderli calzanti.

Continuo a pensare che sia preferibile questa destra al resto, ovvero all’antipolitica, ai tecnici e al mainstream politically correct di sinistra, ma non riesco ad andare oltre questa preferenza preliminare. Anche perché temo che una volta al governo della nazione, non avrebbe la forza, la determinazione e la strategia per opporsi o affrontare i cosiddetti poteri forti; sarebbe soccombente, accondiscendente o spazzata via in breve tempo”.

Silvio Berlusconi è stato più un problema o una risorsa giocata male?

“Berlusconi ha avuto il gran merito di polarizzare la nostra democrazia, fino a generare le basi per l’alternanza; ha rimesso in gioco gli outsider, la destra e la Lega, e ha respinto il giochino ricattatorio che viene di solito imposto ai moderati: rompi con i radicali del tuo schieramento; così indebolito, perdi la partita con l’establishment. Berlusconi è andato avanti. Ma i suoi risultati politici sono stati deludenti e il suo universo politico è puramente egocentrico. Resta un Monarca, in cui lo Stato si riduce a Fatto Personale”.

Gianfranco Fini ha mancato l’occasione o non l’ha mai avuta?

“Fini non ha mai avuto capacità di grande leader ma solo di grande speaker. In tv era credibile, affidabile, anche nelle sue ovvietà, che riflettevano il livello medio della popolazione. ‘Ovviamente’ era il suo intercalare più frequente, e più indicativo. Fino a che qualcuno lo guidava – Almirante, Tatarella o la subalternità a Berlusconi – è cresciuto. Quando si è messo in proprio e ha pensato di poter attaccare Berlusconi e nello stesso tempo disfarsi della sua destra, compiacendo il mainstream e la sinistra, ha mostrato i suoi limiti ed è sparito”.

Giorgia Meloni ha il quid per durare o la consideri di passaggio?

“Meloni è oggi il leader politico più in forma e più incisivo. L’opposizione le ha giovato, ma la lungodegenza all’opposizione può logorarla. Grande leader sul piano della comunicazione e della vis tribunizia, ma non scommetterei sul suo partito e sui suoi ranghi per governare il paese”.

Una volta c’erano i consiglieri che sussurravano ai politici, oggi rischiano di non trovare a chi sussurrare?

“Oggi il politico non vuole consiglieri ma truccatori, incantatori di serpenti, ghost writer, social manager, insomma figure che non concorrono a fondare e indirizzare la sua linea ma a potenziare il suo effetto nel teatrino. Non c’è spazio per Platone e Aristotele, ma manco per Richelieu e Mazarino, bastano La Bestia e Casalino”.

Quale dev’essere, senza scomodare Julien Benda, il ruolo dell’intellettuale nella società contemporanea?

“L’intellettuale dovrebbe essere colui che ci spinge a non accontentarci di quel che passa il convento, andare oltre il presente e la sua dominazione, far capire che esistono anche altri mondi, come quelli che citavo agli inizi; e altri modi di vedere e capire la realtà. È colui che sa leggere dentro la realtà, come dice l’etimo di intelligenza. Ma spesso intellettuale è la caricatura iperbolica di intelligente, è il kitsch dell’intelligenza”.

Quanto ti appassiona la corsa verso il Quirinale? Anche tu hai un nome da proporre?

“Mi appassiona poco, avrei preferito il Re… Ho proposto Draghi, pur respingendo quasi tutto quel che è, pensa e rappresenta, perché è il più autorevole e credibile a livello internazionale e la sua figura può bilanciare e persino ‘coprire’ un governo politico più audace. Con realismo dico che anziché avere premier finto-populisti, che poi vanno col cappello in mano e strisciano davanti ai poteri forti e alla finanza, meglio avere al posto di un inserviente avventizio, uno della Casa, che almeno non tratta dal basso con i suoi Pari”.

Un elettore su tre nel 2018 ha votato M5S. Il Movimento ha rappresentato l’ultima delusione della (non) politica italiana?

“Era un bluff facilmente prevedibile: non si possono costruire castelli di rabbia, non bastano l’odio e il rancore a fondare una linea politica, a saper governare un paese e saper resistere alle inevitabili tentazioni corruttive del potere.

All’opposizione magari potevano anche servire da stimolo, ma al governo è stato un disastro, e costoso. In realtà sono stati l’antipolitica dal basso, che ha legittimato da una parte il rimpianto della vecchia politica (la prima repubblica) e dall’altro l’avvento dell’antipolitica dall’alto, come dominio dei tecnici. Grillo fa rimpiangere Andreotti e fa invocare Draghi”.

Roberto Esposito, riflettendo su pandemia e immunità, si è soffermato sulla morte che sembra stringerci da tutte le parti. Ma la pandemia può essere una buona opportunità per riconsiderare il nostro modo di vivere o, fra un po’, ce la lasceremo alle spalle ricordandola ogni tanto?

“Ho molti dubbi che la lasceremo alle spalle.

 Ne La Cappa mi sono soffermato sulla Commutazione, ovvero sulla traslazione di atteggiamenti, posizioni e mentalità restrittive indotti dal regime sanitario nella vita pubblica corrente.

Vedo una pericolosa restrizione del nostro orizzonte, delle nostre libertà primarie, vedo l’incombere di una cappa soffocante, sorta sempre con l’alibi della paura e della sicurezza, per proteggere i cittadini.

Quando l’orizzonte supremo è la vita a ogni prezzo, tutti i compromessi sono possibili, tutte le mortificazioni. Di fatto viviamo ormai da due anni la Mezza Vita, perché sono dimezzate le nostre possibilità, i nostri spazi, i nostri diritti, le nostre relazioni”.

Qualche anno fa hai scritto una lettera agli italiani. Ma, in fondo, hai capito chi sono, chi siamo?

“Non solo, feci anche 80 comizi d’amore all’Italia in tutta la penisola e qualcuno all’estero. Oggi sono ancora più sconsolato, ho qualche esitazione persino ad appellarmi agli ‘italiani’. Siamo in ritirata: demografica, civile, sociale – Spopolo d’Italia – ma anche culturale, spirituale e morale. La pandemia è riuscita perfino a peggiorare la nostra decadenza. Più morti che nati, più vecchi che giovani, più pensionati e assistiti che lavoratori”.

Ho nel cuore il tuo “Imperdonabili. Cento ritratti di maestri sconvenienti”. Hai diviso i capitoli in giganti, idee che mossero il secolo, intelligenze pericolose, spiriti inquieti, sismografi di un’epoca, maestri veri e controversi, penne che lasciano il segno, presenze oniriche e assenze profetiche. Ammetti di avere un debole, tra loro, per Giuseppe Prezzolini?

“No, non ho un debole per Prezzolini, semmai con Prezzolini scopro il mio lato debole: con lui scopro il disincanto, il non nutrire fiducia negli italiani, nel presente, nel mondo circostante. Si diventa conservatori per disillusione, per salvare il salvabile, che è poi la civiltà. Gli Imperdonabili li amo tutti, o quasi, come direbbe Filomena Marturano dei suoi figli, e ti dirò di più: amo ancor più i neonati, una ventina di nuovi imperdonabili, già ritratti, che attendono di aggiungersi ai cento fratelli maggiori”.

E noi li aspettiamo con impazienza, per nascere a nuova vita.

(adhocnews.it/tampone-anale-la-commissione-europea-spinge-forte-perche-si-utilizzi/).

(facebook.com/adhocnewsitalia).

 

Commenti

Post popolari in questo blog

Quale futuro per il mondo?

Co2 per produrre alimenti.

Caos e dazi.