GRANDE RESET della CRICCA DI DAVOS.
L’ITALIA e IL PIANO del GRANDE RESET
della
CRICCA DI DAVOS.
ALEKSANDR
DUGIN: “IL GRANDE RESET
È
FALLITO. È L’ORA DEL GRANDE RISVEGLIO”
Comedonchisciote.org-
Jacopo Brogi e Alessandro Fanetti-(27 Gennaio 2022 )- ci dice :
Intervista
esclusiva di CDC al grande filosofo sulla Russia ed il destino del mondo:
“Questa è una lotta dell’umanità contro l’anti umanità”.
L’Italia? “Nessuno peggio di Draghi”.
MOSCA
– Da anni e anni, di media in media, l’hanno etichettato come “Il più
pericoloso filosofo del mondo”; “Il Rasputin di Putin: la mente pericolosa” .
“Ultranazionalista
e ultraconservatore, un guru per gli attivisti di estrema destra”, le cui idee
sarebbero “rabbiosamente anti-occidentali, anti-liberali, totalitarie e
socialmente arretrate” .
E
arriviamo al 2020, in piena era Covid: “Mentre le democrazie mondiali
litigano, Putin e il suo squilibrato filosofo complottano per realizzare un ordine
mondiale autocratico” .
Davvero
Aleksandr Dugin, forse il più grande intellettuale russo della nostra epoca, si
sarebbe inventato un’ideologia minacciosa per il mondo, ossia “un miscuglio di precedenti pensieri
antibolscevichi, fascisti italiani e nazisti tedeschi, adattati alle
circostanze attuali della Russia ?
ComeDonChisciotte.org
lo ha incontrato a Mosca nella sede del Movimento Internazionale Eurasiatista,
che si trova all’interno del Ministero dell’Istruzione. E forse abbiamo capito
i perché di tanta propaganda occidentale: la miglior difesa è sempre l’attacco.
Aleksandr
Dugin è riuscito ad elaborare una nuova teoria politica che, se attuata diffusamente,
potrebbe spazzar via in un sol colpo il liberismo che domina il mondo, comprese
le due fameliche tigri di cartone che oggi gli consentono ancora di governare: comunismo e fascismo, ormai stanchi
ologrammi mediatici usati per legittimare i poteri dominanti e delegittimare i
dissidenti.
“There
is no alternative”. Non esiste altra alternativa: Margaret Thatcher aveva parlato chiaro
e, da allora, tutto è rimasto ovunque così, o quasi. Dalla Russia sembra però
arrivare un vento nuovo.
Visto
da qui, il “Grande Reset” ossia il cambiamento epocale in corso in Occidente ha
già il fiato corto: “sta affogando”. Così esordisce Dugin. E fa un appello ai
popoli: “ci serve l’aiuto di tutti perché venga definitivamente sconfitto”.
Il
grande pensatore russo vede la gestazione in corso di un Grande Risveglio: un nuovo mondo, multipolare, dove
ogni popolo potrà scegliere liberamente come vivere e come progredire, al di là
dei diktat delle multinazionali, sanciti da quei poteri tecnocratici che li
rappresentano e che ci rendono moderni schiavi.
Il
Modello da seguire? Ognuno troverà il suo, secondo la propria cultura e la
propria Storia, a partire dalla Russia. Forse è per questo che in Occidente,
Aleksandr Dugin è considerato un nemico pubblico.
Per
ottenere il definitivo controllo del globo, è proprio Heartland che manca all’appello: il
cuore della Terra.
Professore, cosa significa “Eurasiatismo”?
“L’Eurasiatismo
ha radici lontane. È una filosofia politica formatasi cento anni fa in seno
all’immigrazione russa.
Più
nel dettaglio, è una visione del mondo molto profonda che si basa sul pensiero dei grandi
slavofili come Konstantin Nikolaevič Leont’ev e nei tradizionalisti del
conservatorismo russo.
In
primis, Eurasiatismo significa considerare la Russia non come un Paese (europeo
o altro) ma come una civiltà a sé stante. Una civiltà che non deve orientarsi
verso est o verso ovest perché essa ha una sua specifica identità. Un’ identità dai tratti sia europei
che asiatici: quindi, la Russia è al tempo stesso una sintesi e una cosa a sé
stante.
Questa è la nostra vocazione, nonché la profezia politica e intellettuale
dell’Eurasiatismo: la filosofia russa patriottica che ci spiega cos’è la civiltà
russa.”
Oggi, l’Eurasiatismo potrebbe essere preso a
modello anche in altre società?
“Nella
mappa geopolitica del mondo creata dagli anglosassoni, è chiara e netta la
divisione tra “Sea Power” & “Land Power”.
L’Eurasiatismo
è certamente “Land Power”, cioè continentalismo.
In
altre parole, il nostro è il multipolarismo contrapposto all’unipolarismo
voluto dalle potenze marittime: TELLUROCRAZIA vs TALASSOCRAZIA.
E
dunque uno dei ruoli fondamentali dell’Eurasiatismo è la protezione che esso
esercita contro il globalismo eurocentrico. É in questo senso che puo’ essere
utile anche in altri contesti ed in altre regioni del globo.
Chiunque
accetti l’esistenza di varie identità, culture, logos… è vicino al pensiero
eurasiatico.
Per
quanto riguarda l’Europa, va tenuto a mente che essa è Occidente, ma dal punto
di vista eurasiatico essa dovrebbe invece improntarsi sulla sua unicità in
alternativa al modello americano e alle altre culture. In sostanza, in alternativa al
globalismo.
Dunque,
in questo caso specifico, si dovrebbe parlare di euro-continentalismo, in
quanto l’Europa
dovrebbe valorizzare i propri ideali e promuovere un modello a sé stante.
Euro-continentalismo,
quindi, accanto a molti altri “continentalismi” in giro per il mondo: islamico, giapponese, asiatico, latinoamericano
e africano.
Come
abbiamo visto di recente, esiste persino un continentalismo occidentale
Americano: durante l’“era Trump” gli USA avevano focalizzato i loro sforzi
negli affari interni, per certi versi affievolendo la loro “politica egemonica globale”.
Quindi,
in linea generale, l’Eurasiatismo può essere applicato anche ad altre regioni,
però va sempre tenuto a mente che esso è da considerarsi come un concetto vasto
del continentalismo.
In
sostanza, si parla del continentalismo come di idee e costruzioni sociali
basate su radici e identità specifiche e diverse, in aperta opposizione alla
civiltà marittima dell’industria e del capitalismo (ossia alla civiltà
tecnocratica).
Parafrasando
Marx, potremmo dire: eurasiatisti di tutto il mondo unitevi.”
Parliamo di storia russa: dal punto di vista eurasiatico, come
valuta le tre diverse grandi fasi della vostra storia contemporanea,
dall’esperimento sovietico fino all’epoca di Putin?
“La
filosofia eurasiatica si è dimostrata come quella più vicina alla realtà
rispetto a fatti storici ormai conclamati. Gli eurasiatisti, prima che si
formasse l’Unione Sovietica, avevano già predetto cosa sarebbe successo al
momento della sua caduta, ossia la strada sulla quale la Russia avrebbe dovuto muoversi
nell’epoca post sovietica.
In
altre parole, quando la guerra civile era ancora in corso è stato predetto che
l’URSS – anche se creata sulle ideologie universalistiche occidentali di Marx –
sarebbe comunque andata verso il continentalismo. Essa avrebbe comunque seguito la
strada verso la costruzione di un gigante eurasiatico continentalista.
Nessuno
la pensava così, nemmeno i bolscevichi o l’immigrazione bianca russa (essi
pensavano ad un modello universale valido per tutto il mondo).
Però è
andata come predetto dagli eurasiatisti.
Quindi,
dal punto di vista di questi ultimi, l’Urss era lo stato eurasiatico vero e per
questa stessa ragione essa era in opposizione alla civiltà occidentale del
capitalismo e del mare. Una versione al tempo stesso universalistica perché basata
sulle idee socialiste di Marx, ma anche continentalista di fatto.
Questa
è stata una delle tappe dell’evoluzione eurasiatica, anche se non completa e
non perfetta, ma che comunque andava verso l’Eurasiatismo reale.
I
primi eurasiatisti degli anni ‘20 avevano dunque predetto che ad un certo punto
l’Unione Sovietica, per la sua opposizione alla religione e alle tradizioni,
sarebbe caduta.
E
dicevano anche che quando ciò sarebbe successo, avremmo avuto soltanto due
strade di fronte a noi: liberalismo o Eurasiatismo.
La scelta fu fatta nel 1991: atlantismo, in direzione opposta
rispetto all’Eurasiatismo. La Russia del tempo, atlantista e liberale, andava dunque
verso la civiltà del mare.
Per
questo, tutta la critica degli anni ‘90 si abbina cosi bene con la nostra
percezione dell’identità interiore. Noi siamo eurasiatici e la Russia
degli anni ‘90 è stata una deviazione dalla nostra missione.Negli anni ’90, dopo la caduta
dell’idea comunista, il nostro gruppo ha creato, con me a capo, la scuola di
geopolitica e abbiamo iniziato a insegnare l’idea eurasiatica. L’idea che è
diventata molto famosa tra i Siloviki: il pensiero politico istituzionale
gli diceva che noi russi eravamo ormai uniti con l’Occidente, ma l’espansione
della Nato verso est continuava comunque.
E
quindi cercavano una spiegazione: ad esempio, conoscevo di persona il ministro
della difesa di Eltsin, Igor Rodionov, il quale aderì all’idea eurasiatica.
Quindi, negli anni ’90, la politica ufficiale di Eltsin era atlantista, mentre gli ufficiali dell’esercito
iniziavano a diventare eurasiatisti.
Durante
il governo di Putin, il pensiero atlantista è stato accantonato e quello
eurasista è diventato preponderante: con l’avvio dell’era di Putin, la
Russia è tornata sulla strada dell’Eurasiatismo.
Però
l’epoca di Eltsin è stata molto importante e pericolosa, perché i posti al
vertice conquistati da questi personaggi (atlantisti, globalisti) sono stati
molti e importanti. E nemmeno Putin è riuscito a liberarsene del tutto.
Ora ci
stiamo muovendo verso l’Eurasiatismo: da qui nasce il conservatorismo e
l’idea del controllo sull’area post sovietica. Anche il ricongiungimento con la
Crimea, la questione del Donbass e nel Caucaso.
In
concreto, ad oggi possiamo dire che la Russia è una “via di mezzo” tra
atlantismo ed Eurasiatismo.
É un
dato di fatto che non si possa dire che l’Eurasiatismo abbia vinto: la vera età eurasiatica della Russia
è ancora tutta da vedere.”
Quali sono oggi in Russia le tendenze politico
culturali preponderanti?
“È una
domanda molto difficile, in quanto il popolo è spaccato: una parte di esso
vuole il conservatorismo, la potenza forte, il nazionalismo, un ruolo
importante per la religione, un riconoscimento vero per la Storia, etc.
Un’altra
parte, però, segue ancora le tendenze sorte negli anni ‘90 verso l’Occidente,
soprattutto tra i giovani.
Quindi
le frontiere russe sono aperte alle idee occidentali e per questo in tutte le
famiglie e fra i russi c’è una continua lotta tra queste e le idee
eurasiatiche.
Se
prendiamo, ad esempio, la questione cultura, qui prevale l’Occidente e
l’atlantismo. Mentre la maggioranza della popolazione russa e la parte
cosciente dei giovani si orienta verso l’Eurasiatismo.
Quindi,
dal punto di vista occidentale, può sembrare che Putin sia un conservatore
integrale e che la Russia sia conservatrice, ma se si guarda la cosa più da vicino
vediamo che non è certamente così.
La
nostra élite intellettuale va verso i valori occidentali: la teoria gender, il
femminismo, l’influenza nel cinema, nel teatro, etc.
Quindi,
anche se i valori tradizionali hanno prevalso nelle ultime votazioni, col via
libera alla riforma in tal senso della Costituzione, i valori occidentali liberali purtroppo
prevalgono tra i giovani.
Se
prendiamo la cultura contemporanea di massa in questo Paese, essa è russofoba,
occidentale e globalista. L’odio per tutto ciò che è russo è un biglietto di ingresso
per entrare a far parte dell’élite culturale russa di oggi.
Questo
succede perché Putin fa tutto a metà: in geopolitica è molto forte, ma
per ciò che riguarda la cultura, fa gestire quasi tutto alla sua cerchia (dove
sono quasi tutti pro Occidente).
“Ho
acceso la tv e ne sono rimasto disgustato”, disse Putin qualche tempo fa. Quindi il Presidente lascia fare
alla televisione ciò che lui stesso disgusta. Per questo è politicamente
bipolare.
È uno
dei problemi più grandi della Russia di oggi: siamo poco lontani dagli esempi più
disgustosi della cultura occidentale, cioè di quello che è diventata.”
Qual è
attualmente il peso dell’influenza della cultura occidentale e del suo sistema
di valori all’interno del sistema scolastico e universitario russo?
“Domanda
difficile, in quanto siamo in una situazione ambigua: da una parte, la maggior
parte degli insegnanti ha avuto una formazione sovietica e dunque anche se non
sono più marxisti, sono comunque dei materialisti che non hanno mai dato molto
peso ai valori spirituali.
Questo materialismo che già dava troppa poca
importanza ai valori spirituali, è stato poi peggiorato molto dal liberalismo
degli anni ‘90 che ha annientato qualsiasi valore spirituale residuo:
quasi
tutti i nostri professori e insegnanti è come se fossero diventati dei mostri.
Tutti questi professori – essendo stati contagiati dal covid ideologico degli
anni ‘90 – non riescono più a trasmettere nessuna ideologia spirituale: i
valori che loro propongono sono quelli liberal-capitalisti.
Proprio
per questo, Putin non ha nemmeno toccato il campo dell’educazione: perché queste sono le posizioni di
quasi tutti i professori.
Ad
esempio, da quando hanno accettato il cosiddetto “Processo di Bologna” e i Test di Stato sono stati
unificati, essi hanno perso la possibilità di valutare i ragazzi in merito alla
loro vera preparazione circa le singole materie; e questo ha provocato un collasso di
tutto il pensiero scolastico russo, soprattutto nel ramo umanistico.
Inoltre,
nel nostro sistema educativo è arrivato il pensiero occidentale LGBTQI+, di
genere, Transgender etc.
Sono
arrivate le idee dei tecnocrati e di alcuni degenerati e depravati che
continuano a sostenere tecnologie e ideologie anti umane. E di questi
intellettuali disagiati ce ne sono molti nella nostra società.
Ecco
perché in Russia la situazione – soprattutto in campo umanistico – è pietosa.”
Perché
l’attuale governo permette tutto ciò?
“Questo
è uno dei problemi principali. Tempo fa ho scritto un libro dal titolo “Putin contro
Putin” dove racconto del disordine bipolare del nostro Leader. Non nel senso psichiatrico (non è
ovviamente schizofrenico) ma a livello politico.
È una
questione di “visione del mondo”. Putin rafforza la visione eurasiatica ma, allo
stesso tempo, va verso la visione occidentale nella cultura, nell’educazione, nella
sfera umanistica in generale.
Insomma,
queste due visioni sopravvivono nella stessa persona che ha un potere assoluto.
Questo
super potere, ovviamente, non proviene dall’alto ma siamo noi popolo che
abbiamo bisogno di una potenza monarchica. Questa potenza assoluta gli è stata
concessa, mentre questa doppiezza fa parte di lui.
Se
andassimo a leggere i suoi testi (visto che non lo fa nessuno), noteremmo che ci
sono delle grandi contraddizioni, anche in questioni cruciali, per esempio,
della difesa.
“In
vista di accordi globali sulla difesa, la Russia deve essere indipendente”. Ciò, in tutta evidenza, è una
contraddizione. Così sono costruiti tutti i suoi documenti. E così è il suo governo:
diviso tra liberal (Dem Usa) e conservatori.
È
difficile costruire un futuro con questa visione bipolare. Si può costruire il presente, ma non
il futuro.
Putin
accetta questo bipolarismo perché pensa che sia possibile andare avanti così.
Questa
modalità di agire e governare continuerà fino a che Putin ci sarà; quando Putin non ci sarà più, queste
due parti si scontreranno e una di esse prevarrà.”
Perchè
i valori liberal (Dem Usa) prendono sempre più piede rispetto a quelli
tradizionali?
“Innanzitutto,
è bene sottolineare che essere giovani non è una malattia. Tutti lo siamo
stati, per poi invecchiare.
Ai
giovani serve sempre un esempio da seguire.
La
questione è che i genitori e i nonni hanno vissuto in un periodo storico
decadente, dove c’era disfacimento e degrado: era il tempo della dissoluzione
dell’Unione Sovietica, per poi passare ai disastrosi anni novanta. Quando i giovani di oggi guardano i
loro genitori vedono spesso dei manager o dei banditi, e tanti divorziati:
valori in decomposizione.
Persone
depravate, degenerate, corrotte e pervertite. E loro non possono essere un
esempio positivo per i giovani. Per questo, la nostra società attraversa così
tanti problemi.
Mancano
figure che possano essere d’esempio, sia nella vita privata che in quella
pubblica, così come nella cultura. Avete mai visto una serie tv russa? Raffigura solo
degli sfigati o gente spietata: in sostanza, è solo spazzatura.
Questi
sfigati della tv e della vita reale vissuti post ’91 spesso fanno ribrezzo pure
agli spettatori più giovani, che quindi si affidano a internet per trovare
qualcosa di decente. E qui peggio che mai: film americani e occidentali, inclusi
tutti i loro show. I valori tradizionali, dunque, non sono nemmeno lì ed, in
sostanza, è tutto uno schifo.
Per
questo, troppo spesso i giovani tendono ad abbandonare la loro individualità per divenire parte di una rete
neurale globale basata sulla tecnologia. Si omologano alla tecnologia, perdendo così la loro capacità di
essere individui.
Questo
vale anche per la società europea e, in generale, per le società occidentali,
dove non c’è più nessuna contrapposizione a questa società post umanistica.
É da
sottolineare che però, da noi c’è ancora una resistenza a questa deriva.
In
Russia, Sia la Chiesa che Putin sono contrari a queste tendenze, anche se – in
generale – nella nostra società prevale l’atmosfera del degrado. Ad esempio, uno dei valori che
sembra prevalere è quello di restare giovani il più possibile per sempre. E ciò significa rimanere
sostanzialmente sempre stupidi (in quanto giovani traviati da modelli errati).
Vedi, per esempio, anche le nonne che iniziano a usare Tik Tok.
Ecco
che scompare l’idea della crescita personale positiva: tutti rimangono dei banditi e dei
depravati e si preparano a far parte di una società post umanistica e virtuale.
Purtroppo, Putin non fa abbastanza contro questo
perché non sta dietro alle reti sociali e se sa qualcosa lo sa grazie a Peskov
(Dmitrij Sergeevič Peskov è il portavoce del capo del Cremlino, ndr).
È lui
che gli dice se sulle reti sociali c’è qualcosa da sapere, altrimenti il
Presidente non ne saprà niente.
Putin
vive nel suo mondo e non comprende fino in fondo che la società – di cui é
responsabile – non va verso il bene, non riesce ad accorgersi che i giovani
vanno verso l’oscurità.
In
Russia abbiamo ancora dei valori, ma non è l’isola della salvezza. Non siamo ancora al nulla
dell’Europa e degli Stati Uniti ma ci stiamo muovendo in questa direzione.
Non
siamo su una strada diversa dall’Occidente, è soltanto una questione di
velocità: noi andiamo più lenti.
Nessuno
si occupa dei nostri giovani. Nemmeno Putin, che è l’unico ad avere l’ultima
parola.”
L’Occidente, con l’impronta del World Economic
Forum, detto anche “Forum di Davos”, sta cercando di attuare quello che il suo
fondatore Klaus Schwab ha chiamato “Great Reset” globale : economico e demografico, anche
usando l’emergenza Covid-19. Stanno imponendo ai popoli il capitalismo globalista di quarta generazione.
L’Italia,
per esempio, è un epicentro di queste politiche che hanno drammatiche
conseguenze politiche, economiche e sociali sulla collettività nazionale.
Secondo
lei, anche la Russia fa parte di questo quadro o essa può essere invece
considerata quella che un tempo si sarebbe definita come una nazione “non
allineata” e che si trova, quindi, in una posizione alternativa rispetto al Grande
Reset mondiale?
“Il
Grande Reset è la reazione disperata dei globalisti che vedono come il mondo
stia diventando multipolare.
Questo
progetto, nonostante la contrarietà della maggior parte dei popoli del globo,
vuole arrivare al suo obiettivo puntando molto anche sulla pandemia.
Il
Grande Reset arriva dai primi anni 2000, quando i globalisti hanno cominciato a
sentire la perdita della loro forza e dunque hanno cercato e cercano in tutti i
modi di recuperare una situazione positiva per loro.
Ad
esempio, l’élite liberal(Dem Usa) ha imposto lo stato di emergenza per
recuperare il potere sulla mente delle persone, in quanto sempre più esseri
umani si stanno allontanando dal disegno globalista.
L’élite
liberal (Dem Usa), nonostante si sia dimostrata incapace di gestire l’emergenza
Covid, vuole comunque usare questa cosa (e lo stato di emergenza) per rimanere
ai vertici.
Tutto
questo sembra piuttosto un’ “agonia liberal (Dem USA)” e personalmente penso
che il Grande Reset sia affogato.
Questo
anche perché se le restrizioni occidentali e lo stato di emergenza sono usate
dall’élite liberal(Dem Usa) per mantenere il potere e per difendere il
globalismo, la Russia e la Cina hanno dimostrato che delle giuste misure di
contenimento del virus possono essere usate però solamente per i propri
interessi sovrani (contrari al globalismo): misure simili ma con visioni
diverse.
L’Italia
è stata la più sfortunata di tutti perché ha scelto il peggior Presidente
possibile. Non immagino nessuno peggio di Draghi.
Quest’ultimo
non porta nessuna promessa con sé, ma è uno che sta lì per garantire il puro status quo.
E
questa è la cosa più spaventosa: non cambiare niente – nelle tendenze di oggi –
è il delitto più grave.
Draghi
incarna perfettamente l’élite liberal(Dem Usa).
Nonostante
il Grande Reset sia sostanzialmente fallito, comunque, è chiaro che alcuni
territori siano ancora sotto il controllo dell’élite liberal(Dem Usa).
Quest’ultima
che, insieme ai monopoli tecnocratici che non si sottopongono a nessun potere
politico, hanno usato l’emergenza coronavirus da un lato per mantenersi al
potere e dall’altro per cercare di rafforzare la propria influenza ed il loro
dominio.
Al
Grande Reset, però, si oppone il “Grande Risveglio”. E questa fase, iniziata da
poco, si sta sviluppando come una guerra tra due visioni contrapposte.
In
concreto, le popolazioni da un lato e l’élite liberal(Dem Usa) dall’altro.
Questa
non sarà una guerra tra nazioni, ma una guerra – in Europa ed in tutto il mondo
– tra la popolazione che è per il Grande Risveglio, e le loro élite che sono
per il Grande Reset.
Se
parliamo del ruolo della Russia in questa guerra civile, essa sarà dalla parte del Grande
Risveglio anche
se i tentacoli del Grande Reset ce li abbiamo ancora dentro; ad esempio, il
nostro Gref (Herman Gref, Presidente di Sberbank, il principale gruppo bancario
del Paese) sarebbe come il vostro Draghi.
La differenza fondamentale è che noi lo
abbiamo lasciato dov’è, mentre voi l’avete messo a capo della Banca Centrale
Europea e ora alla testa del Governo italiano.
L’influenza
globalista dentro la Russia è molto forte ed è presente soprattutto nel potere
economico: se l’anima della Russia è col Grande Risveglio, per le questioni più
concrete non è interamente così.
Quindi
la Russia è in una posizione di “neutralità ostile” verso il Grande Reset e anche questo è già un buon segno.
Per
noi ortodossi, il Grande Reset significa il progetto dell’Anticristo. Dunque, tutti quelli che sono
davvero contro l’Anticristo sono dei santi. E la Russia di Putin ha quasi preso
la posizione di leader in questo circolo dei santi che sono contro
l’Anticristo.
In
generale, va sempre tenuto presente che nessuno può risolvere questo problema
se non le persone stesse. Se un italiano o un francese non si rialzano contro il male
globale che ha il volto di Draghi o di Macron, nessun altro lo farà per loro. Non importa se siano pro Le Pen o
Mélenchon, ad esempio; l’importante è muoversi contro Macron.
Questo
vale anche per gli statunitensi: se non si rialzeranno e non difenderanno la
loro identità, nessun altro lo farà per loro, nemmeno Putin.
Questa
è una lotta dell’umanità contro l’anti umanità. Nonostante il mostro globalista stia affogando,
ci serve – a maggior ragione – l’aiuto di tutti perché venga definitivamente
sconfitto.
In
questa lotta, pure una persona da sola (anche andando contro la famiglia o il
fratello, come dice il Vangelo) potrà cambiare la bilancia del mondo. Anche un piccolo granello può fare la
differenza.”
Quali
sono i segnali di questo fallimento globale?
“I
segni del fallimento dell’élite globalista li vediamo, ad esempio, nel
frenetico ritiro degli Usa dall’Afghanistan, così come dalla Siria. I talebani
hanno dato un calcio in culo alle armate invincibili nordamericane che ritirandosi
hanno lasciato il caos generale: ovunque esse vanno, infatti, non portano più
ordine ma soltanto distruzione.
Ad
esempio, tutti quegli Stati post sovietici ai quali gli Usa hanno promesso di
dare assistenza, in cambio hanno perso la propria integrità territoriale.
Gli
americani non possono più essere i possessori del mondo e la loro politica è
inadeguata sotto ogni aspetto.
Questi
sono i segnali più evidenti di questo fallimento.
Dunque,
anche se i globalisti riescono ancora a mantenersi al potere, essi non hanno
nessuna idea seducente per le persone; possono usare la paura e spaventare
tutti, possono introdurre il Green Pass e mettere le telecamere di sorveglianza
ovunque, ma non offrono nessuna idea di futuro.
Ad
esempio, se guardiamo i film americani incentrati sul nostro prossimo futuro,
essi finiscono tutti male. Non c’è futuro, come in “Mad Max” ed altre
pellicole. L’idea,
infatti, è sempre la stessa: moriranno tutti o sopravviveranno in pochi ma in
malo modo, magari come uomini rettili totalmente disumanizzati.
Quindi,
come possiamo vedere chiaramente, i globalisti non hanno alcuna idea di futuro e le
civiltà senza un’idea di futuro sono civiltà in agonia, come sempre lo sono
state.
Essi
cercano di rimanere al potere con i denti, stringendolo forte con le mani, ma
il potere gli sta sfuggendo ugualmente.
Un
altro esempio è la Cina: la volevano sottomettere, ma è uscita dal loro controllo.
Il PCC
(Partito Comunista Cinese) ha resistito e non è stato annullato. Anche Pechino cerca dunque di
proteggere la propria identità.
E
Putin sta facendo lo stesso fin dall’arrivo al potere nel 1999, quando ha
iniziato (ed è riuscito) a rimettere la Russia sulla propria strada: quella
della sua identità.
In
conclusione, è possibile affermare che nel futuro emergeranno sempre più poli a
livello mondiale e dunque i globalisti stanno fallendo e ora sono in agonia.”
Aleksandr Dugin è portatore di una nuova idea
di futuro: in cosa consiste la “Quarta Teoria Politica” e che tipo di società
aspira a costruire?
“E’ la
teoria che mette in dubbio l’universalismo eurocentrico (occidentalocentrico): la storia contemporanea europea si
basa sull’idea di essere l’avanguardia dell’umanità.
Il concetto è quello di ritenersi il centro
dell’umanità e non soltanto una delle parti di essa. Secondo questa ottica, tutte le
società devono seguire questo unico modello. E quando non lo fanno, vengono in
qualche modo costrette.
L’ideologia
occidentale si basa sul razzismo di due tipi: quello territoriale e quello
temporale.
Dal
punto di vista territoriale, l’Europa si considera come il fulcro e tutti gli
altri sono considerati come quei popoli non civilizzati che devono adeguarsi.
Il
razzismo temporale invece dice che tutto ciò che è nuovo è buono, mentre tutto
il vecchio è cattivo. L’idea del progresso si basa sul razzismo contro il proprio
passato.
Non
solo, tutti gli altri popoli del mondo vengono visti come dei barbari, e anche
la storia passata dell’Europa stessa (rispetto a quella contemporanea), come il
medioevo, deve essere vista come inferiore.
In
questo clima, si sono formate le tre grandi teorie politiche: il comunismo, il fascismo e il
liberalismo (Dem Usa).E tutte queste teorie politiche sono alla loro base razziste, come dimostra benissimo John
Atkinson Hobson.
Quindi
tutti e tre, e cioé il liberalismo(Dem Usa) che mette in cima l’individuo, il
comunismo la società, e il nazifascismo la Nazione, sono ideali europei e
intrinsecamente razzisti (sia temporali che territoriali).
La
Quarta Teoria Politica scarta questa visione del mondo eurocentrico (nella più
ampia accezione del termine) e dice che non esistono:
• La
gerarchia tra le società.
• La
contrapposizione Occidente – Oriente
• La
contrapposizione Moderno – Antico. Ad esempio, anche la società medievale aveva
le sue cose belle (in primis non era totalitaria), così come le società non
europee di oggi.
Quando
parliamo di costruire un futuro diverso, dunque, dobbiamo superare queste tre
ideologie antiumanistiche e razziste (come dimostrato anche da Hannah Arendt),
questi tre totalitarismi.
La
principale caratteristica dell’età contemporanea è il totalitarismo.
Tra
queste tre ideologie ci sono ovviamente delle differenze, ma quella più grande
è che solo il liberalismo (Dem Usa) è rimasto in piedi, mentre le altre due
sono tramontate.
Rimanendo
l’unico attore in campo, il liberalismo (Dem Usa) incarna tutto questo doppio
razzismo.
L’oggi
ci dimostra che il mondo di Orwell “1984” non era la faccia del comunismo ma
quella del liberalismo (Dem Usa). Il mondo di Orwell non viene dall’Oriente mistico ma
dall’Occidente liberal(DemUsa).
A
dimostrazione dell’eurocentrismo dilagante, poi, basti vedere che per
demonizzare i loro oppositori, i liberal(Dem Usa)i li chiamano fascisti o
comunisti (secondo loro è un’offesa, ma che rimane sempre nell’alveo delle
creazioni occidentali) e non possiamo dire niente contro il liberalismo se non
vogliamo essere additati come comunisti o fascisti. Se non è totalitarismo
questo!
Bene,
tutto ciò accade perché la politologia si basa solo su queste tre ideologie.
E noi
non possiamo criticare in pieno il liberalismo(Dem Usa) se rimaniamo incatenati
a queste tre ideologie eurocentriche, che hanno una base razzista “comune”,
e che non possono dare risposte alle vere necessità del mondo.
La
Quarta Teoria Politica ci dice di prendere le tre teorie precedenti – create dagli
occidentali e realizzate in giro per il mondo – e di gettarle nel sacco della
spazzatura.
Ma da sole, non ci finiranno mai e quindi dobbiamo spingercele noi.
Siamo
noi che dobbiamo far rialzare tutta l’umanità contro l’Occidente.
La
Quarta Teoria Politica ci dice come noi russi possiamo vivere: possiamo vivere
costruendo la nostra monarchia russa. Ma lasciando liberi gli altri popoli
di vivere come meglio credono.
Il
mondo islamico può vivere sotto le regole musulmane mentre la Cina sotto le
regole del confucianesimo.
Ancora,
in India da sempre ci sono le caste e non possiamo nasconderle sotto la pseudo-democrazia.
Dobbiamo
riconoscere e ammettere come vivono le varie società ed è in questo senso che possiamo trovare anche persone in
Occidente che supportano la Quarta Teoria Politica.
Ma lì
in Occidente c’è un grave pericolo: se rinunciassero al liberalismo (Dem Usa)
potrebbero cadere di nuovo nel comunismo o nel fascismo.
E per
non cadere in tutto ciò, devono accettare la Quarta Teoria Politica, cioè ammettere tutta la varietà
delle culture e delle civiltà, senza “obbligarsi” al progresso tecnologico
(come se fosse per forza il destino di tutti) oppure che la parità di genere
sia insieme alla tecnologia avanzata il solo e unico modo di progredire per l’umanità.
Anche
l’Occidente deve saper recuperare i propri valori, accantonando le ideologie
che l’hanno ridotto così agonizzante: comunismo, fascismo e liberalismo (Dem
Usa).
Oggi,
invece, se non sei un liberal(Dem Usa) tendi a dover essere cancellato, proprio
come un semplice canale eliminato da you tube che viola la loro policy
aziendale.
Dunque
la “Cancel Culture” è una chiara dimostrazione del volto del totalitarismo
liberal (Dem Usa).
Come
sostenitori della Quarta Teoria Politica, abbiamo capito che il comunismo ed il
fascismo vengono adesso utilizzati soltanto per far avanzare il liberalismo(Dem
Usa).
Noi
proponiamo di risvegliarsi ed utilizzare la Quarta Teoria Politica in tutte le
culture. Non
esiste quindi un futuro unico per tutto il mondo ma ogni cultura si costruisce
il proprio e lo fa grazie alla propria storia, alle proprie tradizioni, alla
propria religione.
Ognuno
deve trovare il proprio modello.
Dunque,
mondo multipolare creato dai seguenti poli: Eurasia e mondi musulmano, europeo,
africano, americano. Questo è il multipolarismo.
Tra
tutte queste civiltà, ovviamente, anche se si baseranno sulla Quarta Teoria Politica, ci potranno essere più o meno unità
e collaborazione o più o meno screzi.
Grazie
alla Quarta
Teoria Politica, comunque, si risolve l’annoso problema dell’altro che è sbagliato perché
non rispecchia i canoni occidentali; egli è invece da considerarsi
semplicemente diverso e, proprio per questo, merita il nostro rispetto.
La
percezione occidentale dell’altro come identico, o come inferiore, è sbagliata:
esso andrebbe invece considerato semplicemente come un altro e basta.
La
Quarta Teoria Politica si basa infatti sulla valutazione positiva dell’altro; noi sappiamo di non essere cinesi,
ma nemmeno i cinesi vogliono farci assomigliare a loro. Questo principio andrebbe applicato a
tutti e magari noi russi sceglieremmo lo zar, la religione e qualcos’altro tipo
la vita contadina.
Quindi
noi russi sceglieremo ciò che vorremo, senza dover subire i diktat di nessun
altro: né dei
musulmani, né dei commissari europei. Quando dovremo fare questa scelta
storica, non
faremo entrare nessuno nelle nostre faccende.
E con
la Quarta
Teoria Politica noi raccomandiamo a tutti di fare così, seguendo questo “metodo”.
Anche
l’Europa dovrà scegliere ciò che gli piace ma a condizione di non ritrovarsi di
nuovo regole prescritte dall’ élite come la democrazia liberal(Dem Usa) ed i
diritti umani occidentalocentrici: ad esempio, se vi piace il pensiero LGBTQI+ prendetelo
e usatelo, ma non obbligate noi ad interiorizzarlo.
La Quarta Teoria Politica dice che tutti possono e devono
costruire il proprio mondo basato sui propri valori. Quindi, dobbiamo negare il
liberalismo (Dem Usa) e le altre due ideologie eurocentriche: il comunismo e il
fascismo.
La
Quarta Teoria Politica è un invito ad una “creatività libera” verso il proprio
futuro.”
ALEKSANDR
DUGIN (Mosca, 1962), filosofo e sociologo. Fondatore della scuola geopolitica
russa e del Movimento Eurasiatico. Dugin è considerato uno dei più importanti
esponenti del pensiero conservatore russo moderno in linea con la tradizione
della corrente filosofica, politica e letteraria degli slavofili. Dugin è
dottore in Sociologia e Scienze Politiche, PhD in Filosofia e Sociologia. Per 6
anni (2008 – 2014) è stato a capo del Dipartimento di Sociologia delle
Relazioni Internazionali della Facoltà di Sociologia dell’Università Statale di
Mosca. È autore di oltre 40 libri. Dal 2018 insegna all’Università Fudan di
Shanghai. Attualmente è anche direttore artistico del Teatro dell’Arte di
Mosca.
Articolo
e intervista a cura di Jacopo Brogi e Alessandro Fanetti per
ComeDonChisciotte.org
GLI
AUTORI : Aleksandr Dugin: “Il Grande Reset è fallito. È l’ora del Grande
Risveglio.”
Jacopo
Brogi, autore e documentarista; freelance United Photo Press. “La realtà ha
bisogno di più testimoni. Per mostrarla e per cambiarla.”
Alessandro
Fanetti, studioso di geopolitica e relazioni internazionali, autore del libro Russia:
alla ricerca della potenza perduta (Edizioni Eiffel, 2021).
Magaldi:
avviso di sfratto a Draghi,
ecco
il vero Salvini.
Libreidee.org-Gioele
Magaldi - (01/2/2022)- ci dice :
E se
adesso Draghi e Mattarella – magari spinti da Salvini – si mettessero a fare
l’esatto contrario di quello che hanno fatto finora?
Cioè: fine del rigore, finanziario e
sanitario?
A buttarla lì è Gioele Magaldi, autore di
“Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt.
Esponente
del circuito massonico progressista, Magaldi è stato tra i più feroci
detrattori del “vecchio” Draghi, quello del Britannia e del “pilota
automatico”, che dal vertice della Bce intervenne solo fuori tempo massimo,
quando ormai i paesi in difficoltà per gli spread erano stati commissariati (l’Italia,
da Monti).
Poi,
due anni fa, la svolta annunciata da Draghi: la manifestata intenzione di
tornare alle origini post-keynesiane, abbandonando i sodali massonici
neoliberisti e “neoaristocratici”.
Magaldi
lo prese in parola: il “nuovo” Draghi va messo alla prova.
Bilancio, dopo un anno a Palazzo Chigi:
deludente.
Nessuna
vera iniezione nell’economia e nessun cambio di paradigma nella gestione del
Covid. Anzi: le ultime restrizioni (obblighi, Green Pass) paiono letteralmente stomachevoli,
inutilmente vessatorie e rovinose per la salute socio-economica del paese.
Nonostante
ciò, nel fronte massonico-progressista, Magaldi è stato tra i supporter di
Draghi nella corsa al Colle.
Motivo:
grazie al suo prestigio, l’ipotetico “nuovo” Draghi (ancora solo virtuale)
sarebbe stato una carta potenzialmente utile, per il rilancio dell’Italia, in
Europa e non solo.
Missione
fallita, per ora: colpa anche di Draghi, troppo presuntuoso e poco empatico con
i suoi ipotetici grandi elettori.
Ma attenzione, avverte Magaldi: non crediate
alla stampa, che dipinge uno scenario politico allo sbando, con partiti
ridottisi a implorare Mattarella di accettare il re-incarico.
Era
esattamente quello che il presidente uscente sperava accadesse.
Lo show del trasloco e degli scatoloni al
Quirinale? Una recita perfetta, dice Magaldi.
Non solo: incaricando Draghi a Palazzo Chigi,
già nel 2021 – aggiunge sempre l’autore di “Massoni” – Mattarella sapeva
benissimo di complicargli deliberatamente la strada per la presidenza della
Repubblica.
Se
avesse evitato di impelagarsi nei meandri governativi, oggi probabilmente
Draghi sarebbe stato eletto in carrozza, acclamato come padre nobile.
E c’è
di più: per un attimo, Draghi ha rischiato di venire defenestrato anche dal
governo.
Lo
racconta Magaldi su YouTube, a “Border Nights” con Fabio Frabetti e poi a
“Mrtv” con Roberto Hechich.
E’
accaduto quando Salvini – fingendosi in stato confusionale – dopo aver bruciato
svariati candidati perdenti ha fatto di nome di Elisabetta Belloni, incassando
l’ok di Conte e della Meloni.
Tradotto: i numeri per nuovo governo
“gialloverde”, esteso a Fratelli d’Italia, che avrebbe comportato il
“licenziamento” di Draghi.
E’
stato proprio Super-Mario, a quel punto, a chiedere a Mattarella di restare al
suo posto, risparmiandogli quella che sarebbe stata un’umiliazione.
Lo stesso Salvini, all’ultimo minuto, avrebbe
evitato il crash finale.
Ammette Magaldi: una parte dei massoni
progressisti hanno “punito” volentieri Draghi per il suo primo anno di governo.
Ora
dimostri che non scherzava, quando parlava di cambio di paradigma. Mattarella?
Fino a ieri è stato funzionale al mainstream neoliberista.
Ma se
Draghi cambiasse registro, potrebbe affiancarlo: mai dire mai. Il banco di
prova?
Ci
penserà Salvini, ancora: chiede 30 miliardi di ristori, pronta cassa.
Altro
segno di buona volontà: fine dell’emergenza, delle restrizioni e degli
obblighi. Se Draghi risponderà picche, dice Magaldi, si avvierà (come Monti)
verso un anonimo declino.
Se invece cambiasse passo, potrebbe finalmente
scrivere una nuova storia.
Siamo
lo zimbello del mondo:
vogliono
far esplodere l’Italia.
Libreidee.org-
Michele Giovagnoli - (01/2/2022)- ci dice :
Ve ne
siete accorti?
Ormai
siamo diventati lo zimbello del mondo.
Tutti
stanno andando in una certa direzione, ogni Stato smantella un po’ alla volta
queste restrizioni, e noi no.
Il
governo continua a fare Consigli dei Ministri per rafforzare e restringere: non
si va più in Posta, in banca; e poi, un po’ alla volta, vedrete, ne faranno
anche altre.
E
questo è tutto normale. Lo sappiamo: il nostro è un paese speciale, nel quale
sta avvenendo – letteralmente – un esperimento sociale, in cui si vuol vedere
fino a che punto l’umanità può sopportare le vessazioni (soprattutto l’umanità italiana, che è molto particolare:
perché ha un enorme potere erotico inespresso).
Chi ci
amministra, dunque, sta spingendo: questi non mollano, e insistono.
Noi abbiamo imparato a gestire quegli stimoli:
non con delle reazioni, ma con delle interiorizzazioni.
Il mio invito a “stare fermi” è costante,
affinché avvenga una crescita, dentro di noi. Questo ci ha permesso di giungere
sin qui, con 7 milioni di persone che sono rimaste integre.
Abbiamo
preservato una qualità genetica: dentro, abbiamo ancora del sangue “solare”,
mentre in altri corpi stanno scorrendo altre tipologie di sangue.
Noi
abbiamo conservato una nostra essenza naturale, oltre ad aver protetto una
nostra integrità morale: siamo stati l’esempio di ciò che la parola “dignità”
esprime.
Da una
parte, oggi, si sta delineando un contesto sociale dilaniato: mai, prima d’ora,
la socialità individuale era stata così compromessa.
Poi
c’è la socialità collettiva: pensiamo alle grandi separazioni che sono avvenute
all’interno delle famiglie, delle coppie, dei gruppi di amici; nelle aziende,
nelle scuole.
Tutto
è difficoltoso, alterato: anche fare un acquisto in un negozio, o mangiare una
pizza, o andare a pagare una bolletta. E il governo continua a premerci in
quella direzione.
Ebbene,
tutto questo crea grosse lacerazioni: alcune persone sono convintissime che il
Green Pass sia la soluzione di tutti i mali, la chiave d’accesso al paradiso, e
non si fanno problemi a discriminare e perseguitare chi invece ha fatto una
scelta diversa.
Pensate,
hanno persino educato i bambini a fare controlli sul pulmino, per vedere chi ha
il Green Pass.
In
tutto questo c’è una crisi economica mostruosa, che ora si farà sentire: le
bollette aumenteranno del 50%, e un’intera area produttiva non potrà più
lavorare.
Stiamo andando incontro a una situazione che viene
fatta peggiorare, di giorno in giorno, dai continui interventi da parte del
governo.
Non
c’è un solo intervento che vada nella direzione di ridare libertà al popolo
italiano.
Ma il
quadro non può peggiorare in eterno: la pazienza prima o poi finisce.
E dato che il governo non intende recedere, a
breve si arriverà inevitabilmente alla rottura di questo equilibrio.
L’elastico teso non potrà resistere
all’infinito: e la rottura potrà creare anche reazioni violente.
Questi
pseudo-governanti stanno portando la popolazione, letteralmente, ad uno
scontro: lo intravedo entro la fine di questo mese.
Si
arriverà allo scontro perché una parte dei perseguitati non avranno più
intenzione di continuare a essere seviziati in questo modo.
Se ti spiegano che non potrai più andare in
banca a prelevare i tuoi soldi, capisci che in questo non c’è più niente, di
sanitario (non ce n’è mai stato, fin dall’inizio). E se ti guardi attorno,
adesso scopri che tutti gli altri paesi stanno smantellando le restrizioni.
Alcuni
paesi cominciano a portare in piazza una certa energia: abbiamo visto quello
che sta succedendo in Canada, dove il premier è dovuto letteralmente scappare.
Lo
stesso sta accadendo in Olanda, dove si cominciano a creare manifestazioni
differenti.
Se chi
governa non cambia atteggiamento, prima o poi allo scontro si arriva.
E a me
sembra che siano proprio loro, a volerlo: viceversa, solo una persona priva
della capacità di intendere e volere potrebbe insistere nel molestare la gente
all’infinito, pensando di non subire conseguenze.
A un
certo punto, capite, tutti possono sentirsi legittimati a “perdere la brocca”.
Ecco, io la sento crescere fortemente, questa tensione.
Sabato
ero a Torino e ho visto la nostra piazza: così stabile e matura, così ferma,
così già orientata a costruire il nuovo.
Ma c’è
una quota di umanità che necessita di fare altre esperienze. Chi non ha la nostra cultura della
gestione energetica non elabora le esperienze come abbiamo fatto noi, è ancora
nella fase reattiva.
Un po’
come nel calcio: c’è chi sa tenere palla, e c’è l’attaccante che tocca un solo
pallone ma fa goal.
Sta
succedendo anche in Italia: una quota di umanità è diventata letteralmente una
polveriera.
Ci sono piazze stabili, come le nostre, e ci sono autentiche polveriere. Cosa racconti, a una persona che ha
un’impresa e ora si trova a dover fallire, perché un po’ alla volta non circola
più un quattrino nell’economia reale?
Cosa
gli racconti, che c’è ancora un’emergenza sanitaria?
Noi,
sì, abbiamo investito in altro: siamo quella parte di umanità che sta già
costruendo il nuovo. Ma c’è una parte di umanità che invece è pronta a saltare
per aria per far finire il vecchio, per raderlo al suolo.
E nessuno ha il potere di fermarla, perché
sono dinamiche più grosse dell’umanità e del singolo individuo.
Quando scoppia – passatemi il termine – una
rivoluzione, è perché esplodono dinamiche più forti delle persone.
In
Italia sto vedendo questo: una inesorabile, ineluttabile deriva verso uno
scenario anche cruento.
E allora
penso alla mia parte, a chi è rimasto fermo.
Penso
a noi 7 milioni, che abbiamo permesso alla magistratura di muoversi avendo le
spalle un po’ più larghe. Penso ai nostri medici, ai nostri avvocati. Penso
cioè a chi ha scelto di resistere, conservare l’umano e, parallelamente,
costruire il nuovo.
A tutti loro continuo a dire: stiamo fermi.
Ovvero:
continuiamo a sviluppare il nuovo tipo di società che stiamo creando.
Sull’altra parte, invece, non ho potere.
Non
posso esortare nessuno a stare fermo. Non posso intervenire su chi ha una
diversa struttura animica.
Non posso oppormi a un flusso che è più grande
di noi. Il governo sta continuando a togliere mattoni, quindi tra un po’
l’edificio crolla.
E
visto che non ha la minima intenzione di invertire la rotta, lo dico: questo governo è l’unico responsabile
di tutto quello che potrebbe accadere.
E
badate: ci sono milioni di italiani che stanno facendo di tutto, per arrivare a
questo scontro.
Quando
il titolare di un ristorante continua a tenere aperto, pur sapendo di esser
stato preso in giro e pur sapendo che stanno facendo del male a tante persone,
e però se ne frega altamente, be’, anche lui sta andando in quella direzione.
Migliaia
di aziende hanno finto che non fossero mai stati calpestati alcuni diritti: non
solo diritti dei lavoratori, anche diritti umani.
E
hanno sposato appieno questa situazione, che – anzi – a qualcuno ha fatto anche
comodo.
Ecco: quelle aziende sono pienamente
compartecipi di quello che sta succedendo. O almeno, lo sono fino a un certo
punto: perché il governo, se volesse, avrebbe sempre la capacità di smantellare
le restrizioni e creare condizioni diverse.
Ma
dietro al governo ci sono intelligenze superiori, rispetto a quelle umane: non
pensate che sia Speranza, a gestire la sanità italiana. Sicché, mi viene da
pensare – ripeto – che siano proprio loro, a volerci portare a questo: in
fondo, è un’esperienza che l’Italia non ha mai vissuto.
Se
qualcuno pensa che questa situazione si possa ancora risolvere con una
discussione fatta a tavolino, si sbaglia di grosso.
Cosa
pensare, quando vedi che gli studenti universitari vengono presi a bastonate?
Non è lo scontro, che il governo cerca?
Fino alla fine, io vi esorterò a portare le nostre
energie nella costruzione del nuovo. Però posso mettere nero su bianco –
qui, adesso – che, se loro continuano a mantenere queste restrizioni, e ad
aumentarle (nonostante non vi sia più alcuna emergenza sanitaria, nonostante lo
dica anche la scienza, nonostante il resto del mondo stia ormai facendo il
contrario dell’Italia), allora temo che non si possa che andare a uno scontro
molto violento: perché c’è una quota di umanità italiana che ha bisogno di
vivere quel tipo di esperienza.
Quindi
prepariamoci un po’ a tutto, perché lo scenario mi sembra molto chiaro.
(Michele
Giovagnoli, video-intervento su Facebook il 31 gennaio 2021).
L’irrilevanza
autoritaria italiana,
sull’orlo
del finimondo.
Libreidee.org-Giorgio
Cattaneo- (31/1/2022)- ci dice :
Una
settimana di votazioni a vuoto, per poi passare da Mattarella a Mattarella
lasciando Draghi a Palazzo Chigi, con tutte le supercazzole para-virologiche
trasformate in dogma religioso (con tanto di obbligatorietà, ricatti e
vessazioni). In tanti hanno commentato l’autopsia della politica italiana nella
sua forma più desolatamente spettacolare: un’esibizione di impotenza perfetta,
interpretata da partiti-fantasma e leader di cartone, incapaci di incidere
minimamente in uno spartito imbarazzante.
Una
sceneggiatura normalmente dettata dall’alto, secondo traiettorie più o meno
inconfessabili, ma in fondo ricorrenti da qualche decennio.
Nella
fattispecie: la necessità di congelare lo scenario politico italiano, per
ultimare l’euro-normalizzazione del paese secondo i dettami del più che
vincolante programma che i dominus hanno affidato a Bruxelles, per questa parte
di Occidente.
Invece,
il resto del mondo – Russia, India, Giappone, paesi arabi, Africa, Sudamerica,
gran parte dell’Asia – sembra uscito dall’ipnosi psico-sanitaria ispirata dagli
stregoni di Davos e dai loro libracci.
Oggi,
Greta ricompare direttamente dal benzinaio al momento di fare il pieno: la sua
auto elettrica, nuova fiammante, sembra l’ultimo regalo di un destino
tragicomico e, forse, drammaticamente preoccupante, almeno quando il rumore di
cingoli e ferraglia che risuona lungo le frontiere orientali dell’Europa.
E mentre gli ultimi scossoni (senza
precedenti) oggi arrivano dal Canada in subbuglio, dopo che persino il
“laboratorio Israele” annuncia un ripensamento radicale delle imposizioni
farmacologiche, rivelatesi nella migliore delle ipotesi completamente inutili,
l’Italia politica in agonia – urne disertate lo scorso ottobre da oltre metà
degli elettori – ripropone a inizio 2022 una sorta di resa, di genuflessione
senza parole, gesti, idee, pensieri, progetti, analisi e programmi.
Palazzo Chigi resta nelle mani di un terminale
(dichiarato) del massimo potere ordoliberista: il suo prestigio personale sembra
l’unica chance, virtuale, per un ipotetico cambio di rotta, di cui però finora
non s’è vista traccia.
Anzi:
sulla carta, la decretazione sommaria delle peggiori restrizioni non lascia
sperare, francamente, in nulla di buono.
Chi ha
visto di cosa sono stati capaci, gli ultimi governatori del Belpaese
(rigorosamente non eletti, e con mano libera su tutto nel silenzio assordante
dei partiti e delle massime istituzioni) non può che tendere a “verticalizzare”
le spiegazioni, in cerca di una qualche possibile riposta.
Torna
in mente la Struttura evocata da Paolo Rumor nel libro “L’altra Europa”: una
casta di prescelti, già re-sacerdoti, agli ordini di padroni non terrestri.
L’arte – recente – della politica?
Solo
un raffinato espediente per cementare un po’ di consenso? E i famosi superpoteri
sovranazionali?
E poi
le sigle altisonanti, le consorterie occulte: solo livelli intermedi,
anch’esse, di un potere sovrastante e non negoziabile?
Gli
studiosi della paleo-satronutica, ferrati anche nel monitoraggio della
testualità dei libri antichi (spesso definiti “sacri” dopo la fabbricazione
delle religioni, una volta spariti gli antichi signori cosmonautici) dicono che
quanto avviene oggi è sempre accaduto, in fondo: manipolazione genetica del Sapiens e
manipolazione del gregge umano mediante narrazioni favolistiche.
Analogie:
la vera ratio dell’operazione planetaria scattata nel 2020 – il dominio
possibilmente assoluto sugli individui – ormai ridonda ovunque, tracimando dai
social e ormai arrivando a lambire lo stesso ignobile mainstream.
Dopo
il Covid il mitico pseudo-vaccino, il distanziamento universale permanente, la
patente di cittadinanza a punti (vincolata alla sottomissione), e nel frattempo
la narrazione della crisi climatica per spingere la riconversione produttiva e
finanziaria in salsa ecologica, da accelerare con l’impennata folle
dell’inflazione, il rincaro inaudito dalle materie prime, l’incubo
dell’interruzione dei rifornimenti, il panico energetico, magari anche qualche
bella cannonata.
Se
questo è il quadro, non richiede commenti l’ultima performance della politica
italiota, messa in scena (come se fossimo in tempo di pace) da ex partiti ormai
palesemente inservibili.
Milioni
di cittadini, intanto, vedono e soffrono: la loro sfiducia ha raggiunto
evidenze impensabili.
Molti,
poi, si domandano: perché tutto questo? Perché tutto insieme? E perché proprio
adesso? E
leggono, là dove è ancora possibile, notizie di questo tenore: da mesi, alcune
strutture di intelligence terrebbero frequenti riunioni per esaminare la
possibilità concreta che, a partire dal 2024, la Terra venga visitata da forze
ostili, rispetto a quelle – non terrestri, anch’esse – che deterrebbero
segretamente il controllo dei maggiori paesi.
Come
regolarsi, di fronte ipotesi di questo tenore? Non è manchino del tutto di una
sorta di teorica coerenza: la narrazione di eventuali ingerenze esterne sembra
effettivamente speculare al cataclisma in corso, difficilmente spiegabile con
motivazioni ordinarie, storiche, socio-economiche.
Il
cittadino medio (non dormiente) si è anche accorto di un aspetto inquietante e
ambivalente: il potere attuale lo sta letteralmente perseguitando. Come se – in ultima analisi – temesse
un possibile risveglio di massa, propiziato proprio dai maltrattamenti inflitti
alla mandria: finora docile, per lo più, ma per quanto ancora?
OTTAWA
NON MOLLA:
IL QUARTO GIORNO DI PROTESTE .
Comedonchisciotte.org-
Marco Di Mauro-(01 Febbraio 2022 )-ci dice :
Continua
il presidio dei canadesi liberi, che ormai occupano tutta la city, mentre le
istituzioni tacciono e i media, capitanati da Trudeau, urlano allo sgombero
violento. Si intensifica il blocco del confine Coutts, che però apre una corsia.
In
questo momento a Parliament Hill, Ottawa uomo sventola bandiera "Fuck
Trudeau".
In
questo momento sono le 21 a Ottawa e il distretto parlamentare, comprese tutte
le strade che vi portano, sono completamente bloccate e inaccessibili via auto.
Migliaia
di cittadini accorsi da tutto il Canada sfilano tra le file interminabili di
auto e camion e si sente uno strombazzare continuo di clacson.
Tutto
il centro città è completamente occupato dalle vetture parcheggiate, e la
polizia ha bloccato completamente i due ponti di accesso alla downtown, ponte
Alexandra e ponte du Portage, mentre il ponte Cartier-McDonald, mediante il
quale si accede dall’autostrada, ha una sola corsia funzionante, perché il
resto è occupato dai camion bloccati dalla polizia, che gli impedisce di
entrare in città.
Traffico
nel centro di Ottawa in questo momento: il ponte più a nord è il
Cartier-McDonald, seguono lungo il corso del fiume Ottawa i ponti du Portage e
Alexandra.
Nonostante
il freddo polare e le cataste di neve accumulate sui marciapiedi, ci sono
soprattutto famiglie serene, ragazzi e bambini con aria festante che cantano
“Freedom! Freedom!”, e non come una rivendicazione, ma come la gioia di
rivedere una vecchia amica da tempo perduta.
Anche
il quarto giorno di proteste si svolge all’insegna della festa, e i canadesi
tornano a respirare, mentre i media scioccati sbavano il loro biasimo sulle
“folle smascherinate” che hanno costretto il centro commerciale Rideau a
chiudere.
Persino
le vetture della polizia sono tranquillamente accostate a parlare con i
manifestanti, nelle corsie riservategli dalle migliaia e migliaia di camion e
vetture parcheggiate per strada.
Mentre
dalle numerose dirette che in questo momento pullulano sui social vediamo
giovani che suonano grancasse improvvisate, cantano e ballano al ritmo delle
sirene, ci verrebbe da chiedere al primo ministro Trudeau: dov’è la violenza?
Possiamo
perdonarti il non esserti accorto, quando eri con i Black Lives Matter, che hanno abbattuto e decapitato
quasi tutte le statue dei padri fondatori del Canada.
Eri in
ginocchio, e la visuale non è buona da lì, quindi ti perdoniamo di aver
definito giuste le proteste dell’estate 2020, che hanno portato a incendiare
interi quartieri, saccheggiare centri commerciali, linciare passanti inermi con
la sola colpa di essere bianchi.
Ma la violenza dei 50mila canadesi che si stanno
riappropriando della loro vita nelle strade di Ottawa, caro pupazzetto nelle
mani dei globalisti, dove la vedi?
Ieri
il capo della polizia canadese Peter Sloly ha riferito che, dall’ingresso dei
primi camion venerdì 28 gennaio alle immense manifestazioni che sono seguite,
ad oggi c’è stato un solo arresto, e nessun ferito.
E
anche in questo momento la situazione a Parliament Hill è del tutto pacifica,
con canti balli e abbracci, completamente diversa da un’altra Hill occupata, la
CHAZ di Seattle dei Black Lives Matter amati da Trudeau, nella quale si è
registrato un aumento esponenziale di crimini e violenze dopo pochissimi giorni
di occupazione.
Ma non
dimentichiamoci il dato fondamentale: BLM piace a Trudeau perché
finanziata da Soros e Rockefeller, mentre il Freedom Convoy è una protesta
reale, e non c’è niente che la sinistra prog dei nostri giorni odi più delle
vere lotte dei veri lavoratori. Nonostante tutto, GoFundMe è stato costretto a rilasciare ai
camionisti uno degli 8 milioni di dollari ormai raccolti dalle donazioni dei
sostenitori.
Aumentato
a perdita d’occhio, è proseguito il blocco iniziato ieri del confine Coutts,
tra Montana e Alberta, con diverse centinaia di camion e vetture solidali che
impedivano il passaggio di merci e cittadini.
Tuttavia
oggi, di fronte alle minacce della polizia, i resistenti hanno deciso di
conformarsi alle leggi sullo sciopero locali, che prevedono la legalità
dell’azione se si libera una corsia.
Questa
la situazione descritta a Come Don Chisciotte dal nostro corrispondente dal
Canada, C0rv0:
I
trucker canadesi hanno ora iniziato a bloccare le autostradali fra Canada e
USA.
Gli
Italioti abituati alla vita facile tengano presente che questo movimento si
tiene con una temperatura media di -20 gradi sotto lo zero.
In Alberta, al confine col Montana, sono a -35
(!). La situazione è molto tesa, la polizia in piena tenuta anti-sommossa si
rifiuta di trattare con in pacifici camionisti, tuttavia non ha risorse
sufficienti per un atto di forza.
Così
hanno detto i camionisti a Rebel News: “apriremo una corsia e faremo passare quelli che vengono
dagli USA.
Ma ci aspettiamo che gli americani aprano il
loro lato e facciano passare chi vuole venire qui.
Non vogliono
negoziare con noi, ma apriremo una corsia e poi vedremo se vogliono un
compromesso. La polizia quando siamo andati a parlare non era pronta a
negoziare.
Secondo
la legge [sullo sciopero ] se apriamo una corsia possiamo stare legalmente, e
questo è ciò che faremo.”
Il
premier è uscito dal suo nascondiglio e dichiarato che ha il COVID (tre volte
vaccinato), contraddicendo le forze di sicurezza che avevano dichiarato lui
fosse stato “portato in salvo”.
Il
movimento sembra intenzionato a continuare, mentre il governo non tratta e
tenta di criminalizzarli in tutte le possibili maniere.
Qui in
Nuova Scozia, da dove scrivo, i governanti locali hanno proibito di dimostrare,
di manifestare sostegno o perfino di inviare soldi al movimento. La pena è di 3,000
$ (sic!).
Questa
la situazione finora: mentre il premier e i media paventano sempre di più lo
sgombero forzato, pesa sempre di più il totale rifiuto delle istituzioni
canadesi di avviare qualsivoglia dialogo con i manifestanti.
Intanto,
domani il parlamento ha una seduta, e gli sgherri della dittatura
sanitaria che vi siedono, per andarci, dovranno camminare in mezzo ai camion.
Per il
forum dei miliardari di Davos
il Covid-19 è l'occasione per resettare
l'economia
mondiale, ma a vantaggio di pochi.
Italiaoggi.it-Tino Oldani- (4-11-2020)- ci dice :
Incredibile,
ma vero: c'è chi vede nella pandemia mondiale da Covid-19, con i suoi milioni
di contagi e i tanti morti, un'occasione irripetibile per avere più ricchezza e
più potere.
Una visione cinica, con l'ambizione di essere
nello stesso tempo un punto di riferimento culturale per le élites mondiali del
potere finanziario e politico.
La
prova? Basta leggere i passaggi chiave del rapporto «Covid-19. The Great
Reset», ordinato dal World economic forum (Wef), il club esclusivo che ogni
anno riunisce a Davos, in Svizzera, i supermiliardari e i leader politici del
mondo per tracciare gli scenari futuri e come affrontarli.
Il rapporto è firmato da Klaus Schwab, 82
anni, da sempre grande regista del club di Davos, e da un suo collaboratore,
Thierry Malleret, direttore del Global risk network, che opera all'interno del
Wef.
Un
libro preparato in vista del prossimo meeting di Davos, che solitamente si
tiene a gennaio, rinviato però a metà maggio 2021 (dal 18 al 21) a causa della
pandemia, con sede non più a Davos, ma a Burgenstock, cittadina vicino a
Lucerna.
Questa
nuova bibbia dei supermiliardari non cela affatto il cinismo, ma usa un
linguaggio chiaro, perfino spietato: «Molti si chiedono quando torneremo alla
normalità. La risposta è concisa: mai. Ci sarà sempre un'epoca di 'prima del
Coronavirus' e 'dopo il Coronavirus'.
Il peggio della pandemia deve ancora venire».
Ancora: «Affronteremo le sue ricadute per anni e molte cose cambieranno per
sempre. Ha provocato sconvolgimento economici di proporzioni monumentali, e
continuerà a farlo.
Nessuna
azienda sarà in grado di evitare l'impatto dei cambiamenti futuri. O tutti si
adatteranno all'Agenda del Great Reset, o non sopravviveranno. Milioni di
aziende rischiano di scomparire, soprattutto quelle di dimensioni piccole.
Soltanto poche saranno abbastanza forti da sopportare il disastro».
Grazie
alla blogger francese, Virginie Février, che ha fatto una sintesi del rapporto
citando i passaggi più incisivi, è possibile capire che cosa Schwab e Malleret intendono per
grande riassetto:
«Alcuni
industriali e alcuni quadri superiori rischiano di confondere il reset con un
re-inizio.
Ma non
sarà un re-inizio, non può succedere.
Le
misure di distanziamento sociale e fisico rischiano di persistere ben al di là
della scomparsa della pandemia. E questo servirà per giustificare la decisione
di numerose aziende nei più svariati settori di accelerare l'automatizzazione.
Non è affatto sicuro che la crisi del Covid-19 faccia pendere la bilancia a
favore del lavoro contro il capitale. Politicamente e socialmente sarebbe
possibile, ma il dato tecnologico cambia tutto».
Così,
ecco qualche squarcio illuminante sui cambiamenti attesi per il futuro: «Fino
all'86% dei posti di lavoro nella ristorazione, il 75% dei posti di lavoro nel
commercio al dettaglio e il 59% dei posti di lavoro nei giochi e divertimenti
potrebbero essere automatizzati entro il 2035. Fino al 75% dei ristoranti
indipendenti potrebbero non sopravvivere al confinamento e alle misure di
distanziamento sociale ulteriori. Nessuna industria o azienda sarà
risparmiata».
Le
ricadute sul modo di governare l'economia investiranno tutti i paesi,
costringendo i governi a prenderne atto, fermo restando un principio cardine
per il club di Davos: «La governance mondiale è al cuore di tutte le altre
questioni».
È
facile prevedere che una frase simile scatenerà i cosiddetti «complottisti»,
che da anni vedono nel World economic forum il fautore di un Nuovo ordine mondiale,
dove a comandare saranno, più di oggi, le élites del potere finanziario.
Ma il
rapporto di Schwab e Malleret se ne infischia dei complottisti, e va giù
piatto: «La
tirannia della crescita del pil finirà. La fiscalità aumenterà. Come nel
passato, la logica sociale e la giustificazione politica alla base degli
aumenti delle imposte saranno basati sulla narrativa dei 'paesi in guerra' (ma
questa volta contro un nemico invisibile)». Risultato: la classe media sarà
spolpata, mentre aumenteranno i redditi di cittadinanza.
Confermando
quanto è già accaduto con i primi lockdown, il rapporto del Wef vede lo
statalismo in crescita: «Il controllo pubblico delle aziende private aumenterà.
Le aziende non aderiranno a queste misure perché le considerano 'buone', ma
piuttosto perché il prezzo da pagare per non sottomettersi sarà troppo alto in
termini di collera dei militanti».
Quali militanti? Ovvio: i giovani che, come
Greta Thunberg, scendono in piazza per il clima, o quelli che lo fanno per i
diritti sessuali. È su di loro che i supermiliardari di Davos contano per fare
passare la loro nuova dottrina:
«L'attivismo
dei giovani aumenta nel mondo, essendo rivoluzionato dalle reti sociali che
accentuano la mobilitazione a un livello che sarebbe stato impossibile
precedentemente. Assume diverse forme, dalla partecipazione politica non
istituzionale alle manifestazioni e proteste, e affronta questioni diverse,
come il cambiamento climatico, le riforme economiche, la parità dei sessi e i
diritti Lgbt. La nuova generazione è fermamente all'avanguardia del cambiamento
sociale.
Non ci sono dubbi che sarà il catalizzatore del cambiamento sociale e una fonte
di slancio critico per il Great Reset».
Gli
unici ostacoli, conclude il rapporto, saranno il sovranismo e la religione, «un
miscuglio tossico», che è così descritto: «Con il lockdown, il nostro
attaccamento ai prossimi si è potenziato con un sentimento rinnovato di
apprezzamento per tutti coloro che amiamo: la famiglia e gli amici. Ma il lato
oscuro è lo scaturire di sentimenti patriottici e nazionalistici, con
considerazioni religiose ed etniche preoccupanti. Questo miscuglio tossico ha
messo in risalto il peggio di noi stessi in quanto gruppo sociale».
Populisti,
sovranisti, e ora anche il papa e i preti, si considerino avvisati.
(Ma
chi ha autorizzato il Governo italiano a farsi scolaro obbediente per eseguire gli
ordini impartiti a Davos da un gruppo
di psicopatici miliardari che hanno ottenuto l’ubbidienza incondizionata sul rispetto delle
obbligazioni insite in un PIANO demenziale e
distopico creato solo per la distruzione dell’umanità ? Ndr).
Origini
e deliri della teoria del Grande Reset.
Huffingtonpost.it-
Sofia Ventura - (20 Settembre 2021)- ci dice :
L'ennesimo
complotto mondiale evocato da Carlo Freccero e le responsabilità degli
intellettuali.
Il
Grande Reset è in via di attuazione. Così scrive Carlo Freccero in una lettera
a La Stampa, dove spiega il suo sostegno alla raccolta di firme per un
referendum abrogativo delle norme relative al Green Pass.
L’espressione
fu coniata dal Principe Carlo nel maggio 2020 per sintetizzare le riflessioni
del World
Economic Forum (WEF) dello stesso anno su nuove politiche globali per un
capitalismo più sostenibile, alla luce dell’esperienza in corso della pandemia del
Covid-19.
Immediatamente,
però, “The
Great Reset”
si è trasformato nell’ennesima teoria cospirazionista costruita e divulgata
dalla composita galassia complottista che abita le nostre democrazie.
QAnon in testa.
Come ha scritto lo studioso Sebastian Schuller
“A
partire da un breve videoclip nel quale il Primo ministro Justin Trudeau
spiegava le linee del programma del WEF, nell’universo degli utenti Twitter si
interpretavano i limitati piani di riforma del medesimo come la prova di una
macchinazione mondiale comunista che apertamente dichiarava il suo obiettivo di
eliminare il sistema capitalistico basato sulla libera impresa.
A sua
volta, questa lettura entrava nella mitologia di QAnon e diveniva un tema
cruciale della estrema destra libertaria”.
L’incontro di leader politici, religiosi, dei
media, di organizzazioni non governative per discutere delle pericolose
contraddizioni nel funzionamento del mondo globale, rese manifeste dalla
pandemia, ha – in altre parole – rappresentato un’occasione troppo ghiotta per
i complottisti delle varie latitudini.
Un’occasione
che non si sono lasciati scappare per disegnare una nuova cospirazione delle
élite mondiali per controllare l’economia e la vita sociale globali e
trasformarle secondo un modello ‘collettivista’.
Naturalmente,
seguendo i medesimi schemi narrativi delle tante teorie complottiste che hanno
visto la luce e si sono diffuse tra Sette, Otto e Novecento.
Perché
le teorie complottiste altro non sono che narrazioni, che non hanno bisogno di
prove, ma semplicemente di segni, di parole pronunciate, di schegge di fatti.
Tutti
reinterpretati in modo funzionale alla storia che si racconta.
Si tratterebbe di pure letteratura fantastica,
utopica o distopica, se non fosse che quelle parole sono maledettamente
performative, costruiscono mondi ai quali in tanti credono, per poi agire
conseguentemente.
Proprio
qualche giorno fa il filosofo Giorgio Agamben ha immaginato la concretizzazione
della resistenza alla “tirannide senza scrupoli” che ci governa e usa
strumentalmente la pandemia, attraverso la creazione di una nuova forma di
clandestinità “una società nella società, una comunità degli amici e dei vicini dentro
la società dell’inimicizia e della distanza”.
Insomma, sia nel pensiero di Freccero sia in
quello di Agamben il Green pass è quel segno che ci rivela ciò che chi detiene
il potere ci nasconde: la bramosia di controllo tendenzialmente totale. “Dietro il
Green Pass c’è molto di più” ha appunto scritto Freccero.
Ha
ragione il direttore Massimo Giannini nella breve replica alla sua lettera,
laddove afferma che non trova “alcun fondamento concreto nella realtà dei fatti” alla
teoria del Grande Reset.
È
ovvio che non lo trovi: quel fondamento non esiste.
Non vi
è la benché minima prova che questo complotto sia in atto. Esistono solo
reinterpretazioni, veri e propri slittamenti di significato, di una riflessione
comune avviata a livello internazionale e che è stata sviluppata, ad esempio, nel volume di Klaus Schwab e Thierry
Malleret:
“Covid-19:
The Great Reset”.
Citato
da Freccero nientemeno che come ‘prova’
del Gran Reset in atto. Un segno. Un segno che viene ‘montato’ insieme
ad altri segni (il Green pass, ad esempio) per costruire la fiaba nera del complotto.
Un
grande disegno di conquista e dominio che – come ha ad esempio ben spiegato
Alessandro Campi nei suoi scritti sul tema, ben distinguendo tra la natura
metafisica dei complotti e la concretezza delle semplici congiure di cui è
piena la storia – ancor prima che privo di ogni fondamento empirico, manca di
ogni fondamento logico.
Questo come altri complotti, infatti,
presupporrebbe una vastità e complessità di accordi, dei livelli di segretezza,
un’onnipotenza degli artefici della trama, una capacità di controllo sul mondo
tali che può esistere solo nell’universo delle fiction.
Però
in tanti ci credono, perché come tanti psicologi hanno spiegato, il
funzionamento della nostra mente ci induce ad aderire a spiegazioni
soddisfacenti del mondo, soddisfacenti perché forniscono un senso (e l’uomo è
alla continua e disperata ricerca di senso) e coinvolgono le nostre emozioni,
specie quando esse scaturiscono dalle nostre frustrazioni.
Gli
intellettuali possono inserirsi in modi diversi in questi processi. Possono
tentare di introdurre elementi di razionalità nel discorso pubblico, ad esempio
rimarcando la complessità dei fenomeni, il loro essere spesso esito di incroci
casuali e anche inintenzionali.
Senza
necessariamente sminuire la dimensione emotiva e valoriale della partecipazione
alla discussione collettiva, possono fornire e giustificare scale di valori
compatibili con il funzionamento di una società liberale. Possono spiegare la
complessità del vivere in comunità e l’inevitabile dialettica tra valori, che
ci costringe sempre a interrogarci su come contemperarli, libertà e sicurezza
in primis. E così via.
Oppure
possono cavalcare la paura, la rabbia, l’ostilità, la manichea divisione del
mondo tra élite malvagie e popolo buono e bistrattato, tra poteri occulti e
l’innocente uomo comune.
In
altri termini, possono cavalcare la deriva irrazionalista che sempre incombe
sul sentire condiviso delle società, esattamente come fanno i tanti leader
populisti di questa nostra epoca, miscelando appunto logiche populiste e
logiche complottiste, le seconde consequenziali alle prime, nella misura in cui la macchinazione
oscura è strumento delle élite per soggiogare il popolo.
Quel
popolo che non a caso Freccero richiama nella sua lettera, entità indefinibile, ma utile a chi
vuole farsene portavoce, leader politico o intellettuale che sia.
Gli
intellettuali possono scegliere, dunque. E le loro scelte non sono prive di
conseguenze per la collettività.
Ognuno
si assume le proprie responsabilità.
ELIMINAZIONE
DEL GRAN RESET:
LA
LOTTA IMMINENTE CHE CI ATTENDE.
Toba.com-Kevin
Smith- ( 12-5-2021)- ci dice:
Non è’
difficile immaginare come prima o poi si vengano a creare tutti i presupposti
per uno scontro finale, rimane la questione su chi saranno i contendenti, si sa
benissimo che l’1% della popolazione mondiale non potrà mai confrontarsi con il
99% rimasto.
La
strategia è una sola, mettere in
competizione la maggioranza su ogni cosa, che siano i vaccini, uno schieramento
politico o la stronzata megagalattica di chi ora ci mette di mezzo pure i gay e
le lesbiche per una conflittualità’ che non potrà mai essere risolta nemmeno
con l’avvento di un nuovo Messia.
I
polli ci cascano sempre, fosse anche per rivendicare il diritto alla propria
libertà’ che poi finisce per essere spesso a scapito di qualcun altro che
inevitabilmente viene privato di qualcosa.
L’1%
non muoverà’ un solo dito e non farà nulla, tutto il fardello lo lascerà al
resto della popolazione che oggettivamente non sa che pesci pigliare.
Torniamo
un pò indietro nel passato, ma chi rompeva i coglioni agli ebrei al tempo della
repressione razziale nel periodo nazista, Adolf Hitler? Herman Goering? Joseph
Goebbels? Heinrich Himmler?
Macche!
Ognuno di loro era preso a giocare a baracche e burattini e puttane insieme ai
panzer sul fronte.
Il
Ruolo primario lo aveva il droghiere, il pasticcere, l’operaio della Thissen o
la mite massaia della porta affianco che implorava la Gestapo di intervenire
per liberarla da quegli sporchi ebrei rei di avergli rovinato il pedigree
razziale.
Ci
troviamo in una fase interlocutoria in cui ancora non si hanno ben chiare le
dinamiche inerenti i reali meccanismi politici economici e sociali venutosi a
creare.
In
questo momento il nemico è l’inquilino della porta affianco che non si fa il
vaccino, o il ribelle che non usa la mascherina, o il complottista che nota
qualcosa di strano e si comporta in modo diverso.
Gli
immigrati africani ora sono un perfetto baluardo per una guerra santa, i
meridionali del passato ve li ricordate, quelli che la Lega Nord portavoce
della razza perfetta che li definiva sporchi, fannulloni e puzzolenti e ora
sono stati sostituiti da una pletora di disperati che si sono pentiti
amaramente di aver dato ascolto a quel’ 1% che gli ha promesso la luna.
Sono
tutti qua i nodi al pettine, la strumentalizzazione di una guerra che nelle
intenzioni di chi tiene le redini del potere deve avere un unico comune
denominatore.
Cambiare
tutto per non cambiare nulla.
La
Lotta Imminente che ci Attende.
Qualche
tempo fa ho scritto un articolo in cui spiegavo il mio viaggio di apprendimento
verso l’agenda del Grande Reset. In quel pezzo ho detto che pensavo che questo
spettacolo dell’orrore sarebbe continuato per qualche tempo, ma alla fine
sarebbe fallito, ma a grande costo per la nostra società e per tutti noi.
Più
recentemente ho cercato informazioni sui nuovi ‘vaccini’ e come altri, ora mi
chiedo seriamente se questo fa parte di qualcosa di sinistro e forse anche più
di una minaccia alla nostra stessa esistenza.
Come
sollievo dalla follia e dalla lettura pesante degli studi scientifici, guardo
molto le presentazioni online di Ivor Cummins, del dottor Mike Yeadon e del dottor
Sucharit Bhakdi, che sono professionali, chiare e potenti. La recente intervista del dottor
Bhakdi qui è brillante, ma anche la più terrificante che ho visto riguardo ai
vaccini.
Ci
sono alcuni esperti là fuori con vera passione, intelligenza e un’incredibile
capacità di tagliare attraverso le complessità. Dovremmo essere tutti grati di avere
persone così coraggiose che espongono i fatti.
Naturalmente,
molti di questi esperti e commentatori hanno un accesso limitato al cosiddetto
mainstream. Sono stati censurati senza sosta. È facile avvilirsi per il fatto
che i fatti ormai ovvi su Covid-19, le chiusure e i vaccini non vengono ancora
ascoltati.
Alla
fine della lettura non sarai più’ la stessa persona.
Per
me, è la frustrazione che il pubblico sia ancora in gran parte ignaro
dell’imminente incubo che sta per abbattersi su di loro e sulle loro famiglie.
E l’impotenza di fermarlo, come un incidente d’auto al rallentatore.
Dottor
Reiner Fuellmich.
Proprio
di recente, sono stato attratto da alcune presentazioni e interviste che
coinvolgono un importante avvocato tedesco, Reiner Fuellmich. Parecchi lettori qui
potrebbero aver visto lo stesso materiale.
È ben
noto per aver intrapreso in precedenza azioni legali di successo contro grandi
aziende, Volkswagen, per i suoi dati fraudolenti sulle emissioni e anche
Deutsche Bank per uno scandalo finanziario.
L’anno
scorso la sua attenzione è stata attirata verso la risposta alla cosiddetta
crisi del Coronavirus e, con molti altri, ha istituito il comitato
investigativo tedesco Corona per indagare. Ora, questo comitato ha condotto gran
parte delle sue indagini e sta procedendo con azioni legali a livello globale.
Penso
che valga la pena riassumere alcuni di questi fatti qui.
Inoltre,
anche se molti di noi sono a conoscenza di molte delle ragioni, motivazioni,
tempistiche del cosiddetto Grande Reset, penso che le intuizioni e i pensieri
di Reiner siano interessanti e forniscano collettivamente una comprensione più
completa di ciò che c’è dietro tutto questo. E forse c’è un po’ di luce alla fine
del tunnel.
Qui
sotto c’è la mia recensione e alcuni pensieri sulle clip di cui sopra,
l’approccio di Reiner, le osservazioni e le scoperte, con alcuni dei miei
pensieri.
Background.
Reiner ha
istituito il comitato di indagine nel luglio 2020. Questo è un buon riassunto della
linea temporale, delle preoccupazioni e delle domande sollevate e delle
conclusioni che sono seguite.
Hanno
deciso che le tre domande principali a cui rispondere nel contesto di un
approccio giudiziario alle questioni del coronavirus erano:
C’è
una pandemia di coronavirus o c’è solo una pandemia da test PCR? In particolare, un risultato positivo
del test PCR significa che la persona testata è infettata dal Covid-19, o non significa assolutamente nulla
in relazione all’infezione da Covid-19?
Le
cosiddette misure anti-corona, come l’isolamento, le maschere obbligatorie,
l’allontanamento sociale e le norme di quarantena, servono a proteggere la
popolazione mondiale dalla corona, o queste misure servono solo a far entrare
la gente nel panico in modo che creda senza fare domande – che la sua vita sia
in pericolo, in modo che alla fine le industrie farmaceutiche e tecnologiche possano
generare enormi profitti dalla vendita di test PCR, test antigene e anticorpi e
vaccini, così come la raccolta delle nostre impronte genetiche?
È vero
che il governo tedesco è stato massicciamente pressato, più di ogni altro
paese, dai principali protagonisti di questa cosiddetta pandemia di corona, il signor Drosten, virologo dell’ospedale di
beneficenza di Berlino; il signor Wieler, veterinario e capo dell’equivalente tedesco del CDC,
il RKI; e
il signor Tedros, capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità o OMS; perché la Germania è conosciuta
come un paese particolarmente disciplinato e quindi doveva diventare un modello
per il resto del mondo per la sua rigorosa e, naturalmente, riuscita aderenza
alle misure corona?
Nell’esaminare
questi punti e per capire meglio il quadro generale, Reiner dice di aver parlato con più
di cento esperti e di aver raccolto testimonianze. Da scienziati, medici,
psicologi e molti altri esperti nei loro campi, compresi gli informatori con
conoscenza del Grande Reset.
Reiner
afferma con fiducia nell’intervista di avere un buon caso per dimostrare che la
combinazione di decisioni e misure di isolamento in risposta ai test Covid-19 e
PCR e altre prove, è uno scandalo su vasta scala e il più grande crimine contro
l’umanità, mai.
Senza
ripetere tutti gli eventi degli ultimi 14 mesi (che sono in gran parte coperti
all’interno dei link di cui sopra), è ormai ovvio che praticamente ogni governo
occidentale ufficiale, narrazione scientifica e misure è stato il completo
opposto di come affrontare una vera crisi di salute pubblica. È chiaro che Covid-19 viene usato per
inaugurare un regime di controllo completo su di noi.
Opportunità
legali.
Reiner
spiega nell’intervista che le azioni legali sono in fase di pianificazione e
saranno a più livelli e condotte attraverso le giurisdizioni internazionali. Crede che alla luce delle sentenze
favorevoli in Portogallo e Austria riguardo all’inefficacia del test PCR, questo sia un buon approccio.
Spiega
anche che poiché l’agenda di reset non è limitata a una sola giurisdizione, ha
un buon senso da questo punto di vista.
Mi
sembra che, solo in base ai fatti, avrebbe un caso forte in qualsiasi tribunale
equo. Ma
penso che tutti abbiamo visto esempi di tribunali europei che hanno emesso
decisioni inspiegabili o che hanno evitato un giudizio su questioni enormemente
importanti su un punto di diritto o di giurisdizione.
Reiner
dice che forse le migliori possibilità di successo legale sono nei sistemi
legali degli Stati Uniti e del Canada con cui ha familiarità, che permettono
azioni collettive. Le azioni collettive possono essere unite da individui che
credono di essere stati svantaggiati da decisioni dello stato o di una grande
azienda, per esempio, per frode, negligenza o discriminazione.
Reiner
afferma durante l’intervista che i sistemi statali nazionali potrebbero non
essere adatti a questo tipo di caso a causa dell’enorme portata della
frode Covid-19 e alla fine prevede uno scenario da ‘Norimberga 2’.
Alcune
persone potrebbero pensare che il processo legale, anche se non è stato comprato e
pagato dai globalisti responsabili di questi crimini, richiederà troppo tempo per fermare
ciò che sta accadendo. Penso che questo sia un pericolo, ma molto lavoro è già
stato fatto dal Comitato Investigativo Tedesco Corona e molte prove sono già di dominio
pubblico e casi in arrivo.
In
ogni caso, credo che sarà interessante osservare questi eventi, forse nel contesto del continuo
orrore della distruzione sanitaria, sociale ed economica in corso e dell’agenda
del Grande Reset. Tale crescente consapevolezza pubblica potrebbe determinare
l’esito, come questi casi procedono o sono giudicati, o anche se procedono
affatto.
Gli
interessi che guidano il Grande Reset: il punto di vista di un avvocato.
CEX.IO
Bitcoin Exchange.
Ciò
che è stato più interessante dall’intervista è ciò che Reiner ha detto sulle
persone coinvolte in questa agenda e le possibili motivazioni dietro di essa.
Mentre io e molti di noi abbiamo una discreta idea di quali siano, e sembra che
ce ne siano molti, penso che facciamo fatica a capire la struttura dietro a
tutto questo, come funziona insieme e come attribuire la responsabilità ad ogni
parte in movimento (finanziaria e bancaria, big pharma, organizzazioni mondiali,
agenda del cambiamento climatico, professione medica, magistratura ecc.)
Le
osservazioni di Reiner su questo sono interessanti e penso che forniscano
alcune basi per l’ottimismo.
Dice
che da quello che ha imparato pensa che ci sono circa 3.000 persone nel mondo
più direttamente complici che agiscono contro una popolazione di circa 8
miliardi.
Si
riferisce a loro come alla ‘cricca di Davos’. Dice, tuttavia, che stima che tra
il 10 e il 20% delle persone nel mondo si sono svegliate a questa agenda e
probabilmente molte altre sono sulla strada della scoperta.
Quindi
sono 3.000 criminali incalliti contro forse 1,5 miliardi, finora.
Reiner
dice anche che questi criminali sono composti da persone con interessi
contrastanti e dove avvengono lotte intestine. Questo, secondo lui, può essere
un’opportunità per respingere proprio nello stesso modo in cui loro ci hanno
diviso. Sembra
che gli informatori abbiano fornito informazioni e, man mano che questa
terrificante agenda si sviluppa, questo dovrebbe aumentare.
Allo
stesso modo, quando gli viene chiesto chi sono queste persone e quali sono i
motivi combinati, spiega che sono costituiti dai “soliti sospetti” delle
organizzazioni mondiali come l’OMS, il WEF, il FMI, i tecnocrati miliardari, i
giganti farmaceutici, le grandi piattaforme dei media, le banche e i fondi di
investimento.
Dice
che il motivo non è principalmente finanziario, perché queste persone sono già
scandalosamente ricche. Lo descrive più come un controllo sull’umanità. Questo opera sotto l’apparenza di
diversi motivi e programmi, autoconservazione e consolidamento, Covid e
vaccini, ideologia del cambiamento climatico, ma essenzialmente si tratta di
potere. Ma il loro denaro è ciò che alimenta il macchinario sotto di loro.
Penso
che forse la struttura che Reiner e altri hanno descritto è come una piramide. Lui dice che questi culti elitari
hanno fatto filtrare il denaro verso il basso per ungere le varie catene di
comando sotto di loro, come i governi, i partiti di opposizione, i media, gli
scienziati, le università, i trust degli ospedali e così via.
Reiner
dice che crede anche che alcuni individui nel governo potrebbero essere stati
corrotti, costretti o minacciati per cooperare. Abbiamo visto possibili segni di
questo altrove, come in Bielorussia, Tanzania e Burundi.
Immagino
che più si scende in basso nella piramide, più si arriva ai ‘middle manager’ e
ai ‘foot-soldiers’. Alcuni che vengono corrotti con sovvenzioni di finanziamento. Alcuni che sospettano qualcosa ma
hanno troppa paura di parlare. Alcuni che sono ignari di quello che sta
succedendo.Non è difficile immaginare che con tutte le forze di cui sopra che
tirano insieme, consapevolmente o meno, possa iniziare un’impresa così grande
di un colpo di stato globale. La mia analogia è simile alla Germania nazista e
la struttura di comando sembra molto simile.
Reiner
ha anche menzionato due scenari interessanti che non avevo considerato così
tanto. Dice
che gli è stato detto da un informatore che il piano originale era di
introdurre il reset nel 2050. Questo è stato anticipato al 2030 e poi ad oggi
perché alcuni elementi all’interno di questo gruppo sono diventati impazienti. Dice che crede che il fatto che
questo sia stato affrettato ora è il motivo per cui stanno facendo così tanti errori
evidenti che possono essere sfruttati.
Hosting
WordPress.
Inoltre
Reiner dice che gli è stato detto che l’Europa è il campo di battaglia dove
stanno cercando di ottenere il maggior controllo. Questo perché l’Europa e la banca
centrale sono essenzialmente in bancarotta e in particolare i grandi fondi
pensione che per ovvie ragioni non vogliono che la gente lo sappia. Pensano che spingere la loro agenda
con la scusa delle pandemie, del cambiamento climatico, dei conflitti e di
altre crisi distrarrà il pubblico e quando si sveglieranno, avranno il pieno controllo.
Dopo
che le stesse persone hanno causato il precedente crollo finanziario, ci hanno
rassicurato che tutto era di nuovo a posto, ma da allora stanno stampando denaro
e saccheggiando di più.
Reiner
ritiene che, poiché il sistema finanziario ha iniziato a mostrare segni di
implosione di nuovo nel 2019, questo è stato il momento in cui i globalisti hanno deciso di
incontrarsi e hanno concordato di spingere la narrazione del Coronavirus e
verso il Grande Reset.
Quali
sono le possibilità di fermare la loro presa di potere?
Reiner
è abbastanza fiducioso che questo possa accadere e che possa emergere un mondo
migliore e lontano
dal globalismo che ha creato i problemi del mondo. Dice che, se falliamo,
potrebbe essere la fine dell’umanità, quindi non possiamo fallire. Condivido
questa valutazione e il cauto ottimismo.
Personalmente,
penso che i culti globalisti possano aver morso più di quanto possano masticare
in una volta sola. A causa del fatto che l’agenda generale è un obiettivo
condiviso tra diversi interessi, ma combinato con molte agende più piccole
all’interno di questi gruppi (che a volte sono in conflitto), penso che sia
difficile da portare a termine.
Credo
che i tribunali, in teoria, offrano rimedi finché sono indipendenti o c’è una
possibilità, almeno, che i globalisti possano fare marcia indietro o accordarsi se
vedono che le prove contro di loro sono schiaccianti e la consapevolezza
cresce.
Gli
informatori potrebbero iniziare a farsi avanti più spesso, forse a causa di un
evento inaspettato o di un’opposizione di cui le élite non hanno tenuto conto o
di ulteriori errori che commettono. Quindi, c’è un forte elemento psicologico
in questa battaglia.
Allo
stesso modo, molte più persone di quanto ci rendiamo conto ora potrebbero
essere sul punto di svegliarsi e una scintilla da qualche parte, forse grandi disordini civili
potrebbero causare un contagio. Le élite potrebbero perdere i loro nervi,
diventare troppo avide, le divisioni e le lotte intestine potrebbero seguire
portando all’autodistruzione.
Ma
credo che le élite potrebbero raddoppiare con ulteriori crisi generate.
Problemi con la catena alimentare, interruzioni di corrente, nuove varianti e
altre distrazioni. Ci potrebbe essere il male che non abbiamo considerato.
La
tragedia per l’umanità è che se la gente non si sveglia ora, potrebbe non
rendersi conto fino a quando non sarà nell’incubo, dove non possederanno nulla
e ci si aspetta che siano felici, o molto peggio.
Cosa
possiamo fare?
Reiner
dice che non vale la pena cercare di persuadere attivamente le persone che
sembrano aver spento il cervello e rimboccato le maniche. Piuttosto concentrati sulla
diffusione del messaggio e connettiti con individui che la pensano come te o
con quelli che hanno semplicemente dei dubbi su quello che sta succedendo.
Nella
mia mente ci sono due cose che dobbiamo fare come individui. Vincere e resistere fino a quando non
ci riusciamo.
Il mio
pensiero è di prendere un giorno alla volta, di non pensare troppo
all’impensabile. La mia opinione è anche quella di diffondere i potenti
messaggi, i gravi dubbi sui vaccini, i passaporti, le valute digitali, evidenziando il Grande Reset e ciò
che questo significherà per la vita di tutti noi se accettiamo il pieno controllo
da parte di un gruppo di criminali stile Bond Villain.
Usate
un linguaggio forte, chiamate questa agenda per quello che è. Comunismo, fascismo,
eco-autoritarismo o analogie con la Germania nazista.
Usate
la paura della loro vera, terrificante agenda, proprio come hanno usato la
paura di un “virus” che non è una minaccia, contro di noi. Nel diffondere
queste informazioni usate immagini, ridicolo e umorismo.
Infine,
per me, una parte molto avvincente dell’intervista di Reiner aveva a che fare
con la spiritualità che ha menzionato in alcune parti del suo clip verso la
fine e che vale la pena ascoltare.
Dice
che non è religioso, ma è arrivato a credere che alcune persone hanno forse un
dono o una capacità di vedere cose che la maggioranza non può o non vuole.
Credo che stesse suggerendo qualcosa al di là della ricerca degli eventi. Forse
più una percezione superiore degli eventi, una spiritualità, o un istinto naturale ben al di sopra
della generale capacità umana di percepire o razionalizzare le cose – che lui
sente essere rilevante per questo e per la connessione con l’altro.
Reiner
ha fatto l’esempio di un amico che descriveva il proprio figlio in compagnia di
altri bambini, lui che era diverso dagli altri.
Questo
è qualcosa a cui posso riferirmi, nella direzione della mia vita che è stata in
gran parte senza meta e insoddisfatta e che oggi combatte l’ingiustizia ovunque
io la veda.
Sento
che c’è una dimensione spirituale e la percepisco con altri che combattono
questa e altre cause simili. Che sia spirituale o che ci sia un’altra
spiegazione, penso che l’essenza di ciò che Reiner sta dicendo sia molto vera e
risuonerà con molte persone, sia che si tratti di opporsi alle guerre straniere
o di
lottare contro la guerra che le élite globali e i loro burattini hanno ora
scatenato su tutta l’umanità sotto la maschera di Covid-19.
Alla
fine dell’intervista, l’intervistatore chiede a Reiner se la storia guarderebbe
ora con affetto a lui e agli altri che hanno preso parte a questa lotta. Reiner
risponde “assolutamente, naturalmente”.
Reiner
è chiaramente una persona di grande integrità, passione e intelligenza. Una
delle tante persone eccellenti che hanno combattuto per noi.
(Kevin
Smith- off-guardian).
Le radici totalitarie del neoliberismo.
I : Le ambigue origini nel Colloquio Lippmann.
Cittafutura.al.it
- Nicola Boidi -(21/07/2021)- ci dice:
Il
termine «neoliberismo», e la dottrina economica, politica e filosofica che esso
si porta dietro, sono oggi oggetto di grande controversia.
Ciò è
dovuto agli sviluppi che tale termine e dottrina hanno conosciuto, tanto a
livello teorico quanto a livello di prassi, in particolare dalla fine degli
anni settanta del novecento, a partire dall’Occidente «transantlantico» (statunitense-europeo) per poi
estendersi progressivamente a livello del globo terracqueo, attraversando un passaggio decisivo con la caduta
del sistema comunista dell’Europa orientale nel corso del 1989.
A
cominciare dagli anni novanta del secolo scorso il neoliberismo è diventato così
sinonimo di «globalizzazione» o «mondializzazione», come un sistema, un
elemento che assume il ruolo di una totalità .
La
tesi che qui si vuole dimostrare è che tale totalità, sia a livello ideologico
che come prassi, che dal campo dell’economia si fa modello onnicomprensivo
della politica, del diritto e della cultura, non si presenta, ne nel corso del
suo sviluppo, ne tanto meno al suo stato attuale, come un «universalismo » inclusivo di
tutte le sue componenti, capace di articolarsi come un organismo vivente in
grado di dare spazio e vita a tutti i suoi organi, quell’universalismo
«concreto» erede della migliore tradizione dell’idealismo( l’«universalismo
concreto» hegeliano), ma piuttosto come una nuova forma di totalitarismo, che
provvisoriamente denomineremo «totalitarismo nichilista» ripromettendoci di qualificarlo più
compiutamente in seguito.
Tale
nuovo totalitarismo, come i suoi predecessori novecenteschi del fascismo, del nazismo,
o, sul fronte del comunismo di Stato, dello stalinismo, è caratterizzato dalla più o meno
rapida o progressiva «cannibalizzazione» di tutte le istanze, le componenti, le
figure e i ruoli sociali, economici, politici, e culturali che il sistema della
democrazia liberal -sociale era stato faticosamente e dolorosamente in grado di
istituire nel corso di alcuni secoli.
Il
sintagma «liberal-sociale
» non è in
questo contesto casuale perché ciò che è entrato in crisi profonda in questi ultimi
decenni è proprio il modello della democrazia in grado di alimentarsi e
sorreggersi solo sulla base di un virtuoso compromesso tra diritti civili o
individuali e diritti sociali o collettivi.
Lo
spezzarsi di quel sintagma, causa di questa crisi, è stato imputato proprio a quella dottrina neoliberista diventata nel frattempo egemone su
tutto il giro d’orizzonte.
Tale
egemonia è riassumibile, in modo schematico e sommario, come l’affermazione
della legge del valore di scambio della merce sul libero mercato della offerta
e della domanda che si fa principio pervasivo e onnicomprensivo, per cui «il libero mercato » si fa
fondamento di ogni aspetto della vita umana, individuale e collettiva, in
economia come nelle relazioni sociali, nelle istituzioni politiche come nelle
intraprese culturali, invadendo infine anche il campo della psiche individuale
e collettiva, delle pulsioni, sentimenti e affetti.
Un’egemonia
che si fonda su due pilastri fondamentali, due postulati assunti con ugual
grado di idolatria : «esistono solo gli individui e non la società»( per dirla alla Margaret Tatcher) e
«il
possesso, il governo e il controllo dell’emissione e distribuzione del denaro è
l’unico principio di potere che conta, l’unica meta da raggiungere ». Sintetizzando all’estremo il monetarismo in economia e
l’individualismo radicale sul piano filosofico s’impongono come imperativi
categorici di questa nuova religione o ideologia totalitaria.
Da
tali postulati derivano conseguenze fatali per le attuali sorti della
democrazia liberal-sociale in giro per il mondo. Innanzitutto gli individui sono
portati a rapportarsi reciprocamente come competitori, come nemici l’uno
all’altro( l’
homo homini lupus assunto come comandamento da uno dei più scomodi antichi padri
del pensiero giusnaturalista, matrice originaria del pensiero liberale, Thomas
Hobbes) in
nome della ricerca dell’interesse e del successo personali, del guadagno, anche
a scapito degli altri individui.
La
quantità di denaro in proprio possesso, oltre che la posizione sociale
acquisita, la «carriera» o il ruolo sociale conquistati, attraverso
dimostrazioni di efficienza e performance raggiunte, diventano di conseguenza i
parametri assoluti di valutazione di tale postulato individualistico, di
costruzione di una immaginaria identità individuale a cui viene ridotta l’idea
stessa di natura umana, di persona. (“La cricca di Davos” .Ndr).
E’
l’individuo astratto, atomistico, irrelato, la monade senza finestre, che nella
veste ( o «sotto la pelle ») dell’ homo homini lupus nel campo delle relazioni
sociali ed economiche si presenta come la semplice sopraffazione del più forte sul
più debole.
Tale
individuo è l’incarnazione del nuovo totalitarismo nichilista del 21° secolo,
nichilista perché fa sprofondare tutto il mondo dei valori tradizionali rendendolo un deserto in
cui si afferma l’individuo forte, in realtà maschera ideologica di lobbies, consorterie
e cricche di potere (di ristretti gruppi oligarchici).
Niente
di più lontano da questo modello individualistico della concezione marxiana
della persona secondo cui «ad ognuno secondo le sue necessità e da ognuno
secondo le sue possibilità».
Ma una
concezione dell’individuo lontanissima anche dall’accezione hegeliana del
soggetto pienamente inteso, dalla sua natura e dai suoi legami innatamente
comunitari, a cominciare dalla comunità familiare per giungere infine alla comunità
politica, lo “zoon politikon “di aristotelica memoria.
Quando
questa introiezione esistenziale individualistica viene proiettata sul piano
delle relazioni sociali e delle istituzioni politiche, inevitabilmente, ne
deriva l’accettazione – a secondo del contesto o del «ruolo in commedia » che
si svolge – o convinta ed entusiasta, o passiva e fatalistica, della totale deregolamentazione
dell’economia di mercato, di un altro assunto, altrettanto mitologico e
idolatrico, che «il sistema economico si regola da sé », che «il mercato economico è un
equilibratore».
A
dimostrare la natura mitologica di tale assunto sarebbe sufficiente la
constatazione dei cosiddetti «cicli » dell’economia capitalistica, come li
definiscono gli economisti, e cioè il fatto incontrovertibile che periodicamente
nel processo economico, a fasi di crescita, espansione e sviluppo fanno seguito
fasi di crisi radicali che bloccano e paralizzano l’intero sistema e richiedono
per la loro risoluzione l’intervento di un «agente esterno» non previsto dalla
filosofia dell’autoregolamentazione del mercato economico: lo Stato nazionale, purché dotato di
tutte le leve della sovranità economica .
Anche
l’osservatore più sprovveduto in materia di teoria economica avrà constatato
come ciò sia quello che è accaduto storicamente nelle due ultime grandi crisi
dell’economia di mercato capitalistica: dopo la grande depressione del 1929
e dopo la grande recessione del 2008, entrambe frutto di gigantesche
fluttuazioni del processo economico, più precisamente di bolle speculative dell’economia
finanziaria, ed entrambe combattute dall’interventismo in prima persona nei
processi economici dei governi nazionali sostenuti dalle loro banche centrali .
L’
ultima grande crisi finanziaria, la cosiddetta crisi da «prestiti subprime» del
2008, permette di fare una rapida riflessione sull’attuale egemonia della
dottrina e della prassi neoliberiste nel mondo . Tale egemonia non si manifesta in
maniera e misura uguale in tutte le aree geografiche del mondo.
Propria
nelle situazioni di crisi il neoliberismo è costretto a venire a patti con
l’altro modello economico e sociale, che ha conosciuto a sua volta una breve
egemonia nel corso del novecento, il keynesismo, basato sull’interventismo
dello Stato nazionale in economia e sul suo ruolo di regolatore e «terapeuta»
delle storture del sistema economico capitalista globalista.
In
questi contesti e in queste aree geografiche, in cui lo Stato nazionale non è
stato ancora esautorato dalla sua sovranità economica, la tendenza totalitaria del modello
neoliberista non può compiutamente attuarsi, ma questo dipende dalla natura delle
istituzioni politiche e giuridiche con cui essa viene a confrontarsi. Potremmo
dire, anticipando il discorso che svolgeremo prossimamente riguardo alla
versione tedesca del neoliberismo, l’«ordoliberismo», che il totalitarismo neoliberista può compiutamente
realizzarsi unicamente là dove non solo il processo economico si è svincolato
dalle regolamentazioni statuali, ma addirittura il mercato si fa Stato, impone le sue regole alle istituzioni
politiche e giuridiche nazionali, sorpassa ed esautora le costituzioni scritte dei singoli
Stati( in
Europa occidentale a partire dal dopo guerra tutte improntate a principi
keynesiani), e prepara il terreno per la spoliazione dalle ricchezze e la de-pauperizzazione
di interi popoli da parte dei «manovratori» del gigantesco Monopoli, le
multinazionali e i potentati finanziari (la cricca di Davos-Ndr).
Al
lettore più attento non sarà sfuggito l’evidente riferimento all’attuale
situazione dell’ Unione europea e dell’ Eurozona, un vero e proprio
«esperimento in vitreo» del totalitarismo neoliberista .
Anche
qui l’ortodossia neoliberista non è perseguita in ugual misura in tutti gli
Stati soggetti al governo dell’euro ( e di conseguenza della BCE ) e
dell’Unione europea, ma si differenzia a seconda dei contesti e delle aree geografiche .
Potremmo
dire che l’ esperimento neoliberista compiutamente riuscito sia quello dell’attuale
economia e società greche, e pericolosamente prossime ad esso siano la
situazione italiana, spagnola e portoghese. La diversità del grado di
attuazione di tale modello dipende dal differente grado di collaborazione in
tale direzione dato dalle differenti istituzioni e governi degli Stati membri.
Anche
la penosa e sofferta vicenda della pandemia mondiale da virus respiratorio Covid 19 Sars
2, tutt’ora
in atto, è difficile pensare, e lo sarebbe persino per l’Alice nel Paese delle
Meraviglie di Carrol o per il Candide o il migliore dei mondi possibili di
Voltaire, che sia del tutto estranea a questo processo globale.
E’
difficile pensare a una sua estraneità per tutte la folla d’ interrogativi che
l’emergenza sanitaria attuale suscita a fronte di poche, deficitarie e
contraddittorie risposte che essa ha trovato, tanto sul piano delle misure
sanitarie che di quelle economiche e sociali che di quelle politiche, che del
modello di comunicazione e informazione di massa messo in campo per un evento
del genere.
Sul
ruolo di veicolo di propaganda totalitaria da parte del “sistema main stream
dei mass media”, propaganda di un pensiero emergenziale o di stato d’eccezione,
un pensiero unico securitario o «biopolitico» per usare termini cari a Michel
Foucault, possiamo riportare qui l’affermazione del filosofo Gianluca Magi,
autore del saggio Goebbels, 11 tattiche oscure di manipolazione.
In
questo saggio Magi mette in relazione le tattiche di manipolazione del ministro
della propaganda nazista con le attuali tattiche manipolatorie dei media nello
stato di emergenza da Covid 19 e osserva al riguardo: «Se oggi, da una serena distanza osserviamo
i fatti degli ultimi 13 mesi, che cosa osserviamo?
Osserviamo
mostrificazione, denigrazione e patologizzazione del dissenso, censura,
propaganda, limitazione allo spostamento, domicili coatti, coprifuoco,
limitazione del diritto al lavoro, ribaltamento delle fonti del diritto,
trattamenti sanitari obbligatori, elementi di spicco della finanza
internazionale non eletti da nessuno e che sono a capo del governo, osserviamo
la mancata partecipazione del popolo alla vita della Repubblica. Se noi dovessimo
chiamare le cose con il loro nome, come c’invitava a fare Confucio 6 secoli
prima di Cristo, come dovremmo chiamare questo stato di cose, democrazia o totalitarismo? »
A
fronte di gravi crisi epocali quale quella attuale è sempre buona « profilassi mentale » chiedersi Cui
prodest ? « A chi giova ?» La risposta a questo elementare ma altrettanto essenziale
quesito la si potrà ricavare facilmente osservando i dati di crescita esponenziale di
profitto economico che le multinazionali del farmaco e le società high tech
dell’informatica hanno ricavato in quest’ultimo anno, dall’inizio della
emergenza sanitaria in poi.
Non
solo, ma
questi attori, protagonisti della scena mondiale insieme ai potentati
finanziari,
hanno potuto condizionare e indirizzare le decisioni, manovre e i decreti leggi
dei singoli governi a tal punto che, di fatto, questa rete securitaria
sanitaria, informatica, mediatica e giuridica, è riuscita a minimizzare se non
annullare tutti gli altri ambiti di vita associata ( delle relazioni economiche, sociali
e culturali).
La
natura contraddittoria e problematica del processo sviluppatosi nell’ultimo
anno, nonché il gigantesco apparato da esso messo in moto, di cui la misura «biopolitica»
dell’obiettivo della vaccinazione di massa della popolazione è solo l’ultimo
stadio, è assai difficile credere che siano il frutto del caso o di «un destino
cinico e baro».
D’altra
parte quegli attori protagonisti, veri e propri domini della scena mondiale,
non sono solo pragmatici, scaltri e cinici beneficiari della crisi in atto, ma tra le loro fila annoverano gli ideologi di un progetto globalista che afferisce alla cosiddetta «quarta
rivoluzione industriale» e al «transumanesimo» o «postumanesimo», il cosiddetto
Grande Reset della società contemporanea di cui si è reso profeta e sacerdote
l’ingegnere Klaus Schawb, gran cerimoniere dell’annuale World Economic Forum di
Davos, il forum dei miliardari più potenti della terra.
Questo,
che potrebbe essere considerato l’approdo finale del modello totalitario del
neoliberismo, dovrà essere oggetto della nostra indagine in futuro.
Al
momento però il lungo preambolo qui presentato è servito a dare un quadro
d’orizzonte su quale sia la natura e lo stato dell’arte attuale dell’ideologia
e della prassi del neoliberismo. Proprio sulla base di questa constatazione non
risulterà forse un vano esercizio di arte retorica porsi le seguenti domande
che dovrebbero sorgere spontanee : «Come siamo giunti qui? » « Come è stato possibile
passare dal modello economico keynesiano degli accordi di Bretton Woods
all’attuale regime neoliberista? » .
Per
poter rispondere a questi quesiti e capire che si è trattato di un processo a
più fasi e a più stadi, sarà necessario partire dalla nascita e sviluppo della
dottrina neoliberista, dai suoi inizi teorici avvenuti negli anni trenta del
novecento, inizi per nulla lineari, bensì di per se contraddittori e ambigui.
La
prima tappa da ripercorrere, che costituisce anche l’attraversamento di un
simbolico punto di partenza, è il cosiddetto Colloquio Lipmann, un convegno tra tutti i
maggiori intellettuali di estrazione liberale, convegno organizzato a Parigi
dal filosofo francese Louis Rougier nell’agosto del 1938.
Il
convegno fu intitolato così in onore del giornalista e politologo statunitense Walter Lippmann, autore di un celebre saggio La giusta società( The Good Society),
saggio pubblicato nel 1937 e reso esplicito oggetto di analisi durante il
convegno.
Tra i
convenuti più celebri vi furono Von Mises e Von Hayek della scuola economica
neoclassica austriaca; Wilhem Ropke e Alexander Rustow della scuola economica
tedesca; il filosofo francese Raymond Aron, gli economisti francesi Marijolin e
Rueff, oltre che naturalmente Rougier e Lippmann. Un altro economista tedesco, Walter
Eucken, futuro celebre fondatore della rivista Ordo, da cui prenderà il nome la corrente
economica dell’ «ordoliberismo», fu impedito di partecipare al convegno dallo
Stato nazista.
L’intento
del convegno fu quello di, una volta preso atto del fallimento profondo del
modello del liberalismo classico in seguito alla grande crisi o Grande
Depressione del 1929, rifondare e far risorgere dalle proprie ceneri il liberalismo
economico e filosofico attraverso l’elaborazione di una nuova strada, una
strada che sarà denominata dall’economista tedesco Rustow “new liberalism” (
tradotto in italiano «neoliberismo »). Su questo progetto teorico si
confrontarono le diverse scuole alla ricerca di un punto di mediazione o
compromesso tra le differenti posizioni assunte riguardo il ruolo che avrebbero
dovuto rispettivamente avere in futuro il mercato economico e lo Stato
nazionale, nelle loro reciproche relazioni, in economia e in politica.
Una
mediazione andava ricercata innanzitutto rispetto all’ambigua posizione tenuta
tanto da Rougier e Lippmann che dai futuri ordoliberisti tedeschi, per i quali
le storture del laissez faire economico precedente( paralisi del sistema con
conseguente deflazione monetaria, occupazionale e retributiva) dovevano sì
essere sanate dall’intervento dello Stato ma senza che quest’ultimo
interferisse sulla libera formazione dei prezzi delle merci sul mercato(
compreso il prezzo della merce più preziosa di tutte in quanto mediatrice di
ogni compravendita di merci, ossia del denaro), proprio quel meccanismo monetario
o «monetarismo economico» considerato il mantra equilibratore e autoregolatore
del sistema dalla precedente teoria economica neoclassica, e che pure era
entrato in crisi nel 1929.
Secondo
quest’ottica lo Stato politico avrebbe sì dovuto intervenire per impedire la
disoccupazione e conseguente proletarizzazione delle masse senza che però
questo bloccasse i «liberi giochi» dell’economia finanziaria( delle borse e
delle banche private) , proprio quei giochi o fluttuazioni che nei fatti si
erano dimostrati in grado di gonfiarsi a bolle speculative finanziarie tali da
giungere al punto di rottura.
Uno
Stato «interventista» in economia, ma tale che il suo compito consistesse, secondo la
definizione data da M.De Carolis ( Il rovescio della libertà. Tramonto del
neoliberalismo e disagio della civiltà, ed. Quodlibet), nel: «assicurare la riproduzione
dell’ordine spontaneo del mercato, riconoscendolo allo stesso tempo come il
risultato di un’azione di governo capillare, tecnicamente avanzata e
apertamente intenzionata a penetrare in ogni minimo recesso della vita».
Un
interventismo di natura economica e non solo, ma anche sociale e politica, che
però, attraverso una definita cornice giuridica istituzionale, avesse come
obiettivo la ricostruzione delle dinamiche spontanee del mercato, atte a fare di ogni individuo un privato
proprietario o capitalista, un imprenditore di se stesso, e di sconfiggere tanto la
crisi dei valori materiali ( la paralisi e crollo dello sviluppo economico) che
la crisi dei valori spirituali dell’individuo( la sua atomizzazione e
privazione di ogni legame comunitario, il suo essere gettato in una condizione
di «anomia » o anarchia giuridica e sociale).
L’obbiettivo
era far rinascere il liberalismo dalle sue proprie ceneri senza fuoriuscire dai
confini della democrazia formale, istituendo un ordine politico che garantisse la riproduzione del capitalismo
attraverso la spoliticizzazione della società ( ossia attraverso la
neutralizzazione del conflitto o lotta di classe).
Il
modello del governo a cui aspirare avrebbe dovuto consistere nella capacità di
coniugare il controllo delle masse con il loro disciplinamento al lavoro.
Uno Stato e un governo capaci di, attraverso
un opportuno corpus di leggi e istituzioni, coniugare l’apparente dicotomia tra
ordine spontaneo del mercato e interventismo economico, sociale e giuridico
dello Stato.
Lo
stesso Lippmann nel suo saggio politologico mostrava la consapevolezza che
questo nuovo modello neoliberale, per affermarsi, avrebbe comportato un mutamento
antropologico, se è vero che in un passo di “The good society” affermava: «compito del liberalismo non è ne più
ne meno che l’adattamento della razza umana a un nuovo modo di esistenza».
Si
rendeva necessario il passaggio definitivo da «un sistema primitivo in comunità
relativamente autarchiche ad un sistema di vita rappresentato da una grande
società di specialisti interdipendenti».
Il mutamento antropologico corrispondente
all’ordine del mercato per Lippmann avrebbe dovuto garantite la produzione e la
riproduzione di quella forma di vita che identifica l’uomo con un dinamico
imprenditore di se stesso, guidato in permanenza dall’ethos
dell’autovalorizzazione.
L’economista
tedesco Rustow, coniatore del termine “new liberalism” e futuro membro della corrente dottrinaria dell’«ordoliberismo»,osservò in occasione del Colloquio
che, nella presa d’atto della crisi del modello liberale classico, non era tanto da rigettare la teoria
liberale del mercato quanto la teoria della politica e della società liberali.
Rustow
pospone, e questo è significativo se non sintomatico, la crisi di valori
materiali economici e sociali, alla crisi di civiltà seguita alla Grande
depressione del 1929, ponendo in sott’ordine la proletarizzazione della grande
massa della popolazione, tra le cause della crisi della democrazia liberale e dell’avvento del totalitarismo
nazifascista.
Per
Rustow si tratta principalmente di una crisi «d’integrazione della vita dell’essere umano», il fatto che la disintegrazione
della vita in comunità dell’uomo, la sua atomizzazione in individuo umano scisso dal
popolo, che si muove all’interno di meri gruppi d’interesse, è stato il frutto
dell’estensione illimitata della logica del mercato.
Per
invertire questo processo, riportare l’individuo dalla sua atomizzazione e
disintegrazione sociale a una rigenerazione comunitaria, Rustow ritiene essenziale
l’intervento dello Stato con una nuova politica sociale, che qualche anno dopo
lo stesso Rustow chiamerà “Vitalpolitik”.
Neutralizzando
la lotta di classe tra capitale e lavoro, il nuovo ruolo che Rustow assegna al
futuro Stato liberale è quello di reintegrare gli operai in un ordine sociale
gerarchicamente coeso e privo di ogni elemento di conflittualità, un ordine
spoliticizzato.
Questo
nuovo ordine sociale dovrà avere come fondamenti la restaurazione dei valori
della cittadinanza, della famiglia, della religione, della solidarietà ( anche
d’impresa).
Solo
in questo nuovo universo i lavoratori supereranno l’insicurezza simbolica ed
esistenziale (accentuati da Rustow rispetto all’insicurezza materiale) che può renderli facili prede del
fascismo o del comunismo ( accomunati indistintamente tra di loro ) e potranno vivere
come tanti soggetti indipendenti che si realizzano nel meccanismo del mercato,
in cui «tutti i giocatori» devono stare alle regole del gioco, ossia
comportarsi come tanti “homines oeconomici “che rispettano «le regole puramente
razionali del gioco della concorrenza ».
In
questo, come in tutti gli altri passaggi fondamentali di quella che diventerà la nuova
dottrina ordoliberista tedesca, si ribadisce la necessità di ricostruire a livello
statale quell’ordine
della concorrenza basato sulle leggi dell’economia neoclassica.
Tali
leggi avevano come assunto fondamentale la libera formazione dei prezzi delle
merci sul libero mercato dell’offerta e della domanda, architrave della
dottrina «marginalista» intenta a disegnare un diagramma matematico
dell’economia quale combinazione dell’utilità marginale decrescente nella curva
della domanda e dei costi marginali crescenti nella curva dell’offerta.
Quelle
stesse leggi però, come osservò in quegli stessi anni J.M. Keynes, si erano
dimostrate incapaci di leggere l’andamento reale dell’economia, e
conseguentemente di prevedere e d’impedire il crollo repentino del sistema
capitalistico presso la borsa di Wall Street nel 1929.
L’altro
economista tedesco presente al Colloquio, Ropke, concentra invece la sua
riflessione critica delle cause del fallimento del liberalismo sul «gigantismo
industriale », ( il capitalismo delle multinazionali, degli oligopoli e
monopoli) che causa lo sradicamento e induce alla proletarizzazione delle masse.
L’adesione
entusiasta delle masse al nazionalismo politico ed economico, propria dei
regimi totalitari, non è per Ropke una semplice reazione istintiva alla crisi, ma ci parla
invece «dei
mutamenti interni alla struttura economica e sociale», ed è una risposta pronta seppur
perversa, al dilagare della proletarizzazione e alla «disintegrazione dello Stato stesso
ad opera dei partiti e degli interessi particolari».Solo fornendo una risposta adeguata
alle cause di tale deriva ( il fallimento della dottrina liberale classica) il nazionalismo e il totalitarismo potranno
essere sconfitti.
Questa
risposta adeguata è individuata da Ropke in una «politica di società» che
de-prolaterizzi le masse sradicate dal capitalismo delle multinazionali, che
assimili i proletari stessi al resto della nazione, li «imborghesisca», che faccia dei
proletari altrettanti proprietari.
Il
contributo dato in prima persona al dibattito del Colloquio Lippmann da uno dei
suoi organizzatori, il filosofo liberale francese Rougier, si può riassumere nelle seguenti
osservazioni relative alla configurazione prossima ventura del nuovo sistema
politico, economico e sociale:
esso
dovrà svilupparsi entro «un quadro giuridico che fissa il regime della proprietà, dei
contratti, dei brevetti d’invenzione, del fallimento, lo statuto delle
associazioni professionali e delle società commerciali, la moneta e la banca» .
Tutti
questi elementi, elencati in modo un po rapsodico e senza precisarne la loro
auspicata configurazione, per Rougier non si presentano come leggi naturali ma leggi del consorzio
umano.
Dunque il campo del giuridico non rimaneva a
livello di una superficiale «sovrastruttura» ma entrava a far parte della
struttura economico -sociale, come elemento fondamentale della sua corretta
forma .
Ciò
che accomuna le posizioni di questi intellettuali liberali messe a confronto
nel convegno parigino del 1938 è la profonda convinzione che la crisi del capitalismo
di quel tornante della storia non era dovuta alla sua logica profonda – la
logica della concorrenza non ritenuta contraddittoria– bensì alla forma
concretamente assunta dall’ultimo capitalismo storicamente dato .
Solo la costituzione di un nuovo dispositivo
politico-giuridico avrebbe ridato fiato al capitalismo abbandonando una volta
per tutte l’autonomia dell’economico dal politico e dal giuridico.
E a sua volta solo un capitalismo ricostituito
dalle sue ceneri, con una tale nuova configurazione, avrebbe potuto evitare che
le masse si rivolgessero a regimi dittatoriali, a economie corporativistiche e
a economie pianificate. L’esito totalitario per i convenuti al Convegno Lippmann era
la conseguenza diretta del fallimento del liberalismo e del capitalismo.
Private
della fiducia nel regime liberale le masse avevano illusoriamente creduto che «l’economia pianificata potesse loro
garantire un minimo vitale, anche se questo minimo è una gavetta, una caserma e
un’uniforme».
Il
nuovo modello di Stato e di società liberali per Rougier dovrà invece «sbloccare i fattori che autoregolano
l’equilibrio …della macchina economica» (in una virtuosa convergenza
giuridica tra direzione statale e autoregolazione del mercato economico).
Osserva
ancora Rougier che il capitalismo della concorrenza «è una macchina che richiede
sorveglianza esterna e regolazione costante».
Nell’Agenda
del liberalismo, il documento di sintesi finale del convegno, Rougier,
Lippmann, Rustow e Ropke nel presentare un compendio di queste loro elaborazioni, tennero conto della necessità di
una posizione di compromesso e mediazione rispetto alla ferma resistenza alle
loro proposizioni da parte degli economisti della scuola neoclassica austriaca
Von Mises e Von Hayek.
La
posizione dei quattro intellettuali era indebolita proprio dalla natura
contraddittoria delle loro formulazioni.
Ad esempio si richiedeva una regolazione
dell’economia di mercato da parte delle autorità giuridiche e statuali ma senza
che ciò intaccasse i fondamentali meccanismi di funzionamento del mercato
libero e del libero formarsi dei prezzi delle merci sulla base di un diagramma
di autoregolazione automatica del mercato, tra l’utilità decrescente del
consumatore e il costo crescente di produzione del produttore( la cosiddetta
«dottrina marginalista»), senza tenere conto che tale autoregolazione e posizione di
equilibrio invocate erano proprio ciò che consentiva agli attori economici
delle imprese di dimensioni gigantesche di costituire monopoli o oligopoli,
minando alle fondamenta e stravolgendo tali meccanismi.
Dietro
il richiamo al libero formarsi del prezzo delle merci si sottintendeva il ruolo
centrale della moneta quale «automatico regolatore » dei flussi di moneta sul
mercato economico tra investimenti e risparmi dei privati cittadini, dunque si affermava una teoria
meramente quantitativa della moneta, senza tenere in alcun conto una sua
teoria «qualitativa», secondo cui la moneta può essere trattenuta dai suoi
reinvestimenti nel sistema di produzione e consumo , può essere cioè tesaurizzata (
naturalmente da coloro che ne sono in possesso in misura adeguata) per
interessi e scopi di finanza speculativa, il che può causare a sua volta
gigantesche bolle speculative dalle conseguenze disastrose, come osservò acutamente Keynes in
quegli stessi anni.
Se
Lippmann, Rougier e i due economisti tedeschi, volevano preservare per lo Stato
e la società liberali del futuro, sul piano politico e giuridico, il modello della democrazia
rappresentativa, a tutela del principio formale della sovranità popolare, oppure sul piano sociale e
antropologico reintegrare la «natura comunitaria dell’individuo dalla sua perdita
nell’anomia della giungla di un mercato deregolamentato», questi alti propositi cozzavano
però con «quella
cornice immodificabile del sistema economico che assicura il massimo
dell’utilità e del profitto dalla produzione» ,cornice ancorata proprio a quelle
dottrine economiche neo classiche del marginalismo e dei liberi prezzi di
mercato .
Tali
postulati economici erano in quel consesso pacificamente considerati come gli
unici in grado di permettere «un’organizzazione della produzione suscettibile di fare il
migliore uso dei mezzi di produzione e di condurre alla massima soddisfazione
dei desideri degli uomini».
Dal
che si rivelano due ambiguità fondamentali nelle formulazioni dell’Agenda del liberalismo, atto
conclusivo del Colloquio Lippmann.
1)-la massimizzazione del processo di
accumulazione del capitale non dovrà affatto essere frenata, irregimentata, e moderata
dall’interventismo economico in prima persona dello Stato nazionale, come
invece auspicato senza ambiguità in quegli stessi anni da J.M. Keynes, affinché
fossero tutelati la piena occupazione, una funzione equilibrata del sistema
monetario ( ne deflazione ne inflazione) e un autentico ruolo paritario e plurale
degli attori del mercato; al contrario per i neoliberali quel processo capitalistico
dovrà essere garantito dalle leggi e istituzioni dello Stato.
2)- La tanto auspicata reintegrazione
antropologica della natura dell’uomo, il che richiederebbe la riaffermazione
del suo essere zoon politikon( animale politico o comunitario) e del suo essere «animale simbolico»( animale dotato di linguaggio
complesso) viene infine sacrificata e ridotta al concetto d’individuo portatore
di pulsioni e desideri.
Le due
polarità,
il sistema economico di mercato da una parte, e l’individuo che appaga le sue
pulsioni e i suoi desideri attraverso il suo ruolo di produttore e consumatore
di merci, dall’altra, s’integrano perfettamente in questa nuova dottrina
neoliberale, una dottrina che compendia economia, politica ed antropologia
filosofica.
Di
conseguenza l’antropologia dell’appagamento individuale dei desideri non potrà
che svilupparsi all’interno del sistema del mercato economico, dell’ordine
proprietario e della concorrenza, un ‘ordine che richiederà una forma esistenziale di
adattamento da parte dell’individuo stesso.
Il
punto primo dell‘Agenda non a caso prevede la realizzazione dei desideri degli
uomini così come «essi li provano realmente» nel mondo esistente, non «come un
autorità centrale pretende di stabilirli in nome loro».
Il
mondo esistente degli individui per i neoliberali è quello del capitale, non
contemplando una possibilità mediana tra, da una parte, le dinamiche pulsionali
dell’individuo produttore-consumatore– ad es. il ruolo della «persona umana » o
«soggetto » filosofico– e il suo indottrinamento ideologico da parte di un ‘autorità
statuale, dall’altra parte.
Viene
contrabbandato l’adattamento dinamico alla propria individuale pulsionalità
come fosse «la piena realizzazione della persona umana », di cui ad es. ci parla
l’artic. 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
All’altro
polo della Weltaschaung
neoliberista, il funzionamento corretto, liscio e garantito del sistema dell’economia
di mercato, il ruolo dello Stato sarà proprio quello d’impedire che il
capitalismo si esponga alla sua costitutiva, «naturale» fragilità – alla
possibilità di gravi crisi, come i fatti storici attestano– d’intervenire
terapeuticamente sulla sua possibile degenerazione patologica.
A
questo scopo ci sono passi dell’Agenda del liberalismo che fanno concessioni a un ruolo «socialista»
dello Stato, per cui si potrà prevedere «la destinazione a fini di ordine
collettivo di una parte del reddito nazionale distratta dal consumo individuale»; inoltre sarà contemplato l’intervento
dello Stato in materia di difesa nazionale, sicurezza sociale, servizi sociali,
scuola, ricerca scientifica.
Questi
passaggi dell’Agenda paiono fare concessioni alla teoria e alla prassi
all’epoca in ascesa dell’economia keynesiana.
Ma lo fanno in maniera rapsodica, generica e
non ulteriormente precisata, rispetto alle ben più definite e pragmatiche coeve
dottrine economiche di Keynes. E non poteva essere diversamente se i postulati
dell’economia neoclassica precedentemente richiamati dovevano essere
salvaguardati, e se a sua volta questa difesa era la “conditio sine qua non” per raggiungere un compromesso
scritto con le posizioni molto distanti degli economisti della scuola austriaca
.
Questo
ambiguo,
strano centauro liberal statalista, quale emerge dalle formulazioni del neonato
neoliberalismo, per la sua intrinseca contraddittorietà e debolezza dottrinarie, non
poteva che essere costitutivamente preda dei più accesi paladini dell’anima del
libero mercato, quali appunto Von Mises e Von Hajek .
In particolare Von Hajek, constatando la
confutazione, tanto nella teoria che nei processi storici in atto, della
dottrina economica neoclassica da lui strenuamente difesa, riprenderà con forza l’antropologia
filosofica e la filosofia politica neoliberali che prevedono l’individuo come
eroe eponimo della storia.
Se
l’Agenda del liberalismo ammetteva la concorrenza sul mercato quale unico
principio di coordinazione possibile delle azioni dei singoli individui, capace
di controllare e incanalare le libertà formali e le pulsioni individuali verso
la valorizzazione del capitale, verso la «transustanziazione» della forma impresa nel
corpo sociale, verso la trasformazione dei membri di una massa, proletarizzata
dalla giungla del mercato deregolamentato, in altrettanti imprenditori di se
stessi, bè tutti gli elementi erano allestiti per l’elaborazione di un epopea
dell’individuo nella storia.
In
questa impresa si gettò anima e corpo Von Hajek durante gli anni di guerra, in
quello che fu unanimamente considerato dai suoi ammiratori il suo lascito
testamentario più duraturo e la sua opera più celebre : The road to serfdorm.
Come
vedremo la prossima volta, “Verso la schiavitù” non è un trattato di economia ma un
saggio di filosofia politica e antropologia filosofica, un saggio in cui l’antropologia
dell’individuo protagonista della storia, la nuda roccia primigenia della
natura dell’individuo, deve essere la pietra angolare, l’idealismo liberale su
cui potere riedificare l’edificio del tempio del liberalismo economico e
politico andato in frantumi, un necessario passaggio in attesa che i tempi mutino
nuovamente e tornino favorevoli a livello sociale ed economico.
BIBLIOGRAFIA
:
Aleksandr
Dugin : La quarta teoria politica, ed. Aspesis
Diego
Fusaro : Storia e coscienza del precariato. Servi e signori della
globalizzazione, ed . Bompiani
Ilaria
Bifarini : Il grande Reset : dalla pandemia alla nuova normalità
Massimo
Citro Della Riva : Eresia. Riflessioni politicamente scorrette sulla pandemia
di Covid 19 . ed Byoblu.
Walter
Lippmann : La Giusta società, ed. Einaudi.
Alessandro
Simoncini : Un neoliberale a Parigi . Walter Lippmann e gli ordoliberali.
Rivista
Scienza e Politica
Gianfranco
Sabattini: La crisi della democrazia secondo Walter Lippmann, l‘Avanti on line
Davide
Maria de Luca : Dobbiamo parlare di neoliberismo, rivista Economia.
Friedrich
Von Hajek: Verso la schiavitù . Pianificazione e democrazia, sicurezza e
libertà, la fine della verità, ed. Rizzoli.
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il Great Reset:
La
lotta imminente davanti a noi.
Orazero.org-
Kevin Smith- Jean Gabin -(2 Maggio 2021)- ci dice :
Anche
se molti di noi sono a conoscenza di molte delle ragioni, dei motivi e della
tempistica del cosiddetto Great Reset, penso che le intuizioni e i pensieri di Reiner siano interessanti e nel complesso
forniscono una comprensione più completa di ciò che c’è dietro tutto questo.
E
forse c’è anche qualche luce alla fine del tunnel.
Qualche
tempo fa, ho scritto un articolo in cui spiegavo il mio viaggio di studi verso
l’agenda del “Great Reset”.
Ho
detto che pensavo che questo spettacolo dell’orrore sarebbe continuato per qualche tempo,
ma alla fine sarebbe fallito, ma con un grande costo per la nostra società e
per tutti noi.
Più
recentemente ho cercato informazioni sui nuovi ‘vaccini’ e come altri, ora mi chiedo seriamente se questo fa
parte di qualcosa di ancora più sinistro che minaccia la nostra stessa
esistenza.
Come
sollievo dalla follia e dalla lettura pesante degli studi scientifici, guardo
molte delle presentazioni online di Ivor Cummins, del dottor Mike Yeadon e del dottor
Sucharit Bhakdi, che sono professionali, chiare e potenti. La recente intervista del dottor
Bhakdi qui è brillante, ma anche la più terrificante che ho visto riguardo ai
vaccini.
Ci
sono alcuni esperti là fuori con vera passione, intelligenza e un’incredibile
capacità di delucidare attraverso le complessità. Dovremmo essere tutti grati di avere
persone così coraggiose che espongono i fatti.
Naturalmente,
molti di questi esperti e commentatori hanno un accesso limitato al cosiddetto
mainstream. Sono stati censurati senza sosta. È facile avvilirsi per il fatto che
i fatti ormai ovvi sul Covid-19, le chiusure e i vaccini non vengono ancora
ascoltati.
Per
me, è grande la frustrazione che il pubblico sia ancora in gran parte ignaro
dell’imminente incubo che sta per abbattersi su di loro e sulle loro famiglie. E l’impotenza di fermarlo, è come
un incidente d’auto al rallentatore.
(Dr.
Reiner Fuellmich).
Proprio
di recente, sono stato attratto da alcune presentazioni e interviste di un
importante avvocato tedesco, Reiner Fuellmich. Parecchi lettori qui potrebbero aver visto lo stesso
materiale.
È ben
noto per aver intrapreso in precedenza azioni legali di successo contro enormi
aziende, Volkswagen, per i suoi dati fraudolenti sulle emissioni e anche
Deutsche Bank per uno scandalo finanziario.
L’anno
scorso la sua attenzione è stata attirata verso la risposta alla cosiddetta
crisi del Corona virus e, con molti altri, ha istituito il Comitato Investigativo Tedesco
Corona per
esaminarla.
Ora questo comitato ha condotto gran parte delle sue indagini e sta procedendo con azioni legali a
livello globale.
Penso
che valga la pena riassumere alcuni di questi atti.
Inoltre,
anche se molti di noi sono a conoscenza di molte delle ragioni, dei motivi e dei
tempi del cosiddetto Great Reset, penso che le intuizioni e i pensieri di Reiner siano
interessanti e forniscano collettivamente una comprensione più completa di ciò
che sta dietro a tutto questo. E forse c’è un po’ di luce alla fine del tunnel.
Qui
sotto c’è la mia comprensione dell’approccio, delle osservazioni e delle scoperte
di Reiner, con alcuni dei miei pensieri.
Reiner
ha istituito la commissione d’inchiesta nel luglio 2020. Questo è un buon riassunto della
cronologia, delle preoccupazioni e delle domande sollevate e delle conclusioni
che sono seguite.
Hanno
deciso che le tre domande principali a cui rispondere nel contesto di un approccio
giudiziario alle questioni del coronavirus erano:
Esiste
una pandemia di coronavirus o esiste solo una pandemia da test PCR?
In particolare, un risultato positivo del test PCR
significa che la persona testata è infettata dal Covid-19, o non significa
assolutamente nulla in relazione all’infezione da Covid-19?
Le
cosiddette misure anti-corona, come l’isolamento, le maschere obbligatorie,
l’allontanamento sociale e le norme di quarantena, servono a proteggere la
popolazione mondiale dal Corona, o queste misure servono solo a far entrare la gente
nel panico in modo che creda – senza fare domande – che la sua vita sia in
pericolo, in
modo che alla fine le industrie farmaceutiche e tecnologiche possano generare
enormi profitti dalla vendita di test PCR, test antigene, anticorpi e vaccini,
così come la raccolta delle nostre impronte genetiche?
È vero
che il governo tedesco è stato massicciamente pressato, più di ogni altro paese,
dai principali protagonisti di questa cosiddetta pandemia di corona, il signor Drosten, virologo dell’ospedale di
beneficenza di Berlino; il signor Wieler, veterinario e capo dell’equivalente tedesco
del CDC, il RKI; e il signor Tedros, capo dell’ Organizzazione Mondiale della
Sanità o OMS; perché la Germania è conosciuta come un paese particolarmente
disciplinato e doveva quindi diventare un modello per il resto del mondo per la
sua rigorosa e, naturalmente, riuscita aderenza alle misure corona?
Nell’esaminare
questi punti e per capire meglio il quadro generale, Reiner dice di aver parlato con oltre
un centinaio di esperti e di aver ascoltato la testimonianza di scienziati,
medici, psicologi e molti altri esperti nei loro campi, compresi gli
informatori che sono a conoscenza del Great Reset.
Reiner
afferma con fiducia nell’intervista di avere un buon caso per dimostrare che il processo
decisionale combinato e le misure di isolamento in risposta ai test Covid-19 e
PCR e altre prove, è uno scandalo su vasta scala, e il più grande crimine
contro l’umanità di tutti i tempi.
Senza
ripetere tutti gli eventi degli ultimi 14 mesi (che sono in gran parte coperti
all’interno dei link di cui sopra), è ormai ovvio che praticamente ogni governo
occidentale ufficiale, usa la narrazione scientifica nella misura che è stata
sbagliata ed è il completo opposto di come affrontare una vera crisi di salute
pubblica.
È chiaro che il Covid-19 viene usato per
inaugurare un regime di controllo totale su di noi.
Opportunità
legali.
Reiner
spiega nell’intervista che le azioni legali sono state pianificate e saranno a
più livelli e condotte attraverso le giurisdizioni internazionali.
Crede
che alla luce delle sentenze favorevoli in Portogallo e Austria riguardo
all’inefficacia del test PCR, questo sia già un buon approccio. Spiega anche che poiché l’agenda
del grande reset non è limitata a una sola giurisdizione, ed ha un buon senso
da questo punto di vista.
Mi
sembra che sui fatti avrebbe un caso forte in qualsiasi tribunale equo, ma penso che abbiamo visto esempi in
cui i tribunali europei hanno emesso decisioni inspiegabili o hanno evitato un
giudizio su questioni enormemente importanti su un punto di diritto o
giurisdizione.
Reiner
dice che forse le migliori possibilità sono negli Stati Uniti e in Canada,
sistemi legali con cui ha familiarità, che permettono azioni collettive. Le azioni collettive possono essere
intentate da individui che credono di essere stati svantaggiati da decisioni
dello stato o di una grande azienda, per esempio, per frode, negligenza o
discriminazione.
Reiner
afferma durante l’intervista che i sistemi statali nazionali potrebbero non
essere adatti a questo tipo di caso a causa della portata della frode Covid-19
e alla fine prevede uno scenario da ‘Norimberga 2’.
Qualcuno
potrebbe pensare che i processi legali, anche se non sono stati comprati e
pagati dai globalisti responsabili di questi crimini, richiederanno troppo
tempo per fermare ciò che sta accadendo. Penso che questo sia un pericolo,
ma molto lavoro è già stato fatto dalla Commissione Investigativa Tedesca
Corona e molte prove sono già di dominio pubblico, mentre altre sono in arrivo.
In
ogni caso, credo che sarà interessante osservare questi eventi, forse nel contesto del continuo
orrore della distruzione sanitaria, sociale ed economica in corso e dell’agenda
del Great Reset. Tale crescente consapevolezza pubblica potrebbe determinare il risultato,
come questi casi procedono o saranno giudicati, o anche se non procedono
affatto.
Quali
interessi stanno guidando il Great Reset? Il punto di vista di un avvocato.
Ciò
che è stato più interessante dalle interviste è ciò che Reiner ha detto sulle
persone coinvolte in questa agenda e sui motivi che ci sono dietro.
Mentre
io e molti di noi abbiamo una discreta idea di quali siano, e sembra che ce ne
siano molti, penso che facciamo fatica a capire la struttura dietro a tutto questo, come funziona insieme e come
attribuire la responsabilità ad ogni parte in movimento (finanza e banche, Big Pharma,
organizzazioni mondiali, agenda del cambiamento climatico, professione medica,
magistratura ecc.)
Le
osservazioni di Reiner su questo sono interessanti e penso che forniscano
alcune basi per essere ottimisti.
Dice
che da quello che ha imparato pensa che ci sono circa 3.000 persone nel mondo
più o meno direttamente complici che agiscono contro una popolazione di circa 8
miliardi.
Si riferisce a loro come alla ‘cricca di Davos’.
Dice però che stima che tra il 10 e il 20%
delle persone nel mondo si sono svegliate da questa agenda e forse molte altre
sono sulla strada della scoperta. Quindi sono 3.000 criminali incalliti contro forse
almeno 1,5 miliardi, finora.
Reiner
dice anche che questi gruppi criminali sono composti da persone con interessi
contrastanti e dunque vi hanno luogo lotte interne intestine. Questo crede che possa essere
un’opportunità per respingerli proprio nello stesso modo in cui loro ci hanno
diviso. Sembra
che gli informatori abbiano fornito dettagliate informazioni e, man mano che
questa terrificante agenda si sviluppa, questo dovrebbe prendere piede.
Allo
stesso modo, quando gli viene chiesto chi sono queste persone e quali sono i
motivi combinati, spiega che sono costituiti dai “soliti sospetti” delle
organizzazioni mondiali come l’OMS, il WEF, il FMI, i tecnocrati miliardari, i
giganti farmaceutici, le grandi piattaforme dei media, le banche e i fondi di
investimento.
Dice
che il motivo non è principalmente finanziario perché queste persone sono già
scandalosamente ricche. Lo descrive più come un controllo sull’umanità. Questo
opera sotto la maschera di diversi motivi e agende, autoconservazione e
consolidamento, Covid e vaccini, ideologia del cambiamento climatico, ma essenzialmente riguarda il potere.
Ma è il loro denaro ciò che alimenta il macchinario sotto di loro.
Penso
che forse la struttura che Reiner e altri hanno descritto è come una piramide. Lui dice che questi culti elitari
hanno fatto filtrare il denaro verso il basso per ungere le varie catene di
comando sotto di loro, come i governi, i partiti di opposizione, i media, gli
scienziati, le università, i trust degli ospedali e così via.
Reiner
crede anche che alcuni individui nel governo potrebbero essere stati corrotti,
costretti o minacciati per cooperare. Abbiamo visto possibili segni di
questo altrove come Bielorussia, Tanzania e Burundi.
Immagino
che più si scende in basso nella piramide, dove si ottengono i ‘middle manager’
e i ‘foot-soldiers’, alcuni che sono stati corrotti con sovvenzioni come con il
finanziamento. Alcuni che sospettano qualcosa ma hanno troppa paura di parlare fino a
quelli che sono ignari di quello che sta succedendo.
Non è
difficile immaginare che con tutte le forze di cui sopra che tirano insieme, in modo consapevole o meno può
iniziare una tale enorme impresa di un colpo di stato globale. La mia analogia
è simile alla Germania nazista e la struttura di comando sembra molto simile.
Reiner
ha anche menzionato due scenari interessanti che non avevo considerato così
tanto. Dice
che gli è stato detto da un informatore che il piano originale era di
introdurre il reset nel 2050. Questo è stato anticipato al 2030 e poi ad oggi
perché alcuni elementi all’interno di questo gruppo sono diventati impazienti. Dice che crede che il fatto che
questo sia stato affrettato, ora è il motivo per cui stanno facendo così tanti evidenti
errori sciatti e che possono essere sfruttati.
Inoltre
Reiner dice che l’Europa è il campo di battaglia su cui stanno cercando di
ottenere il maggior controllo. Questo perché l’Europa e la Banca Centrale Europea sono
essenzialmente in bancarotta e in particolare i grandi fondi pensione, che per ovvie ragioni non vogliono
che la gente lo sappia.
Pensano
che spingere la loro agenda sotto la maschera delle pandemie, del cambiamento
climatico, dei conflitti e di altre crisi distrarrà il pubblico, e quando si
sveglieranno, saranno dipendenti, compiacenti e sotto pieno controllo.
Dopo
che le stesse persone, che hanno causato il precedente crollo finanziario, ci hanno rassicurato che tutto era
di nuovo a posto, ma da allora hanno continuato a stampare denaro e a
saccheggiare sempre di più.
Reiner
crede che il sistema finanziario abbia iniziato a mostrare segni di implosione
di nuovo nel 2019. Questo è stato quando i globalisti hanno deciso di incontrarsi e hanno concordato di spingere la
narrazione del Coronavirus verso il Great Reset.
Quali
sono le possibilità di fermare la loro presa di potere?
Reiner
è abbastanza fiducioso che questo possa accadere e che possa emergere un mondo migliore
e lontano dal globalismo che ha creato i problemi del mondo. Dice che se falliamo, potrebbe essere la fine dell’umanità,
quindi non possiamo fallire.
Condivido
questa valutazione e il cauto ottimismo. Personalmente, penso che i culti
globalisti possano aver morso troppo di più di quanto possano masticare in una
volta sola. Dato che l’agenda generale è un obiettivo condiviso tra diversi
interessi, ma sono in realtà molte le agende all’interno di questi gruppi, penso che sia difficile da portare a
termine.
Credo
che i tribunali, in teoria, offrano rimedi, purché siano indipendenti, o c’è
una possibilità almeno che i globalisti possano fare marcia indietro o
accordarsi se vedono che le prove contro di loro sono schiaccianti e la
consapevolezza cresce.
Gli
informatori potrebbero iniziare a farsi avanti più spesso, forse a causa di un
evento inaspettato o di un’opposizione di cui le élite non hanno tenuto conto o
di ulteriori errori che commettono o commetteranno in futuro.
Allo
stesso modo, molte più persone di quanto ci rendiamo conto ora potrebbero
essere sul punto di svegliarsi e una scintilla da qualche parte, [Ndt: in Francia?] forse grandi disordini civili,
potrebbe causare un contagio. Le élite potrebbero perdere la loro presa,
diventare troppo avide, le divisioni e le lotte intestine potrebbero seguire
portandoli all’autodistruzione.
Quindi,
c’è un forte elemento psicologico in questa battaglia.
Ma
credo che le élite potrebbero anche raddoppiare con ulteriori crisi generate. Problemi di catena alimentare,
interruzioni di corrente, nuove varianti e altre distrazioni. Ci potrebbe
essere anche il male che non abbiamo considerato.
La
tragedia per l’umanità è che se la gente non si sveglia ora, potrebbe non rendersi
conto fino a quando non si troverà nell’incubo, dove non possederanno nulla e ci si
aspetta che siano felici, o molto peggio.
Cosa
possiamo fare?
Reiner
dice che non vale la pena cercare di persuadere attivamente le persone che
sembrano aver spento il cervello e rimboccarsi le maniche. Piuttosto concentrati sulla
diffusione del messaggio e connettiti con individui che la pensano come te o
con quelli che hanno semplicemente dei dubbi su quello che sta succedendo.
Nella
mia mente ci sono due cose che dobbiamo fare come individui. Vincere e resistere fino a quando non
ci riusciamo.
Il mio
pensiero è di prendere un giorno alla volta, di non pensare troppo
all’impensabile. La mia opinione è anche quella di diffondere i potenti messaggi, i
gravi dubbi sui vaccini, i passaporti, le valute digitali, evidenziando il Great Reset e ciò che
questo significherà per la vita di tutti noi se accettiamo il pieno controllo
da parte di un gruppo di criminali stile James Bond.
Usate
il linguaggio giusto, chiamate questa agenda per quello che è. Comunismo, fascismo,
eco-autoritarismo o analogie con la Germania nazista.
Usate
la paura della loro vera, terrificante agenda, come hanno usato la paura di un
virus che non è una minaccia, contro di noi. Quando diffondete queste informazioni,
usate immagini, ridicolizzateli, usate l’umorismo.
Infine,
per me una parte molto avvincente dell’intervista di Reiner aveva a che fare
con la spiritualità che ha menzionato in alcune parti del suo clip verso la
fine e che vale la pena ascoltare.
Dice
che non è religioso, ma è arrivato a credere che alcune persone hanno forse un
dono o una capacità di vedere cose che la maggioranza non può o non vuole.
Credo
che stesse suggerendo qualcosa al di là della ricerca degli eventi. Forse più una percezione superiore
degli eventi, una spiritualità, o un istinto naturale ben al di sopra della
generale capacità umana di percepire o razionalizzare le cose, e lui sente che
è rilevante per questo la connessione con l’altro.
Reiner
ha fatto l’esempio di un’amica che descriveva il suo bambino in compagnia di
altri bambini, lui che era diverso a livello spirituale o di consapevolezza.
Questo
è qualcosa a cui posso riferirmi nella direzione della mia vita, da una che era
in gran parte senza meta e insoddisfatta ad oggi che combatte l’ingiustizia
ovunque io la veda.
Sento
che c’è una dimensione spirituale, e lo sento con altri che combattono questa e
altre cause simili. Che sia spirituale o che ci sia un’altra spiegazione, penso
che l’essenza di ciò che Reiner sta dicendo sia molto vera e risuonerà con
molte persone, sia che si tratti di opporsi alle guerre straniere o di lottare
contro la guerra che le élite globali e i loro burattini hanno ora scatenato su
tutta l’umanità sotto la maschera del Covid-19.
Alla fine
dell’intervista, l’intervistatore ha chiesto a Reiner se la storia guarderà con affetto a
lui e ad altri che hanno preso parte a questa lotta. Reiner ha risposto “assolutamente,
naturalmente”.
Reiner
è chiaramente una persona di grande integrità, passione e intelligenza. Il suo lavoro merita di essere
seguito.
(Kevin
Smith- oneworld.press/?module=articles&action=view&id=2018).
Il
Silenzio attorno
alla Torcia Umana:
l’indifferenza,
il fuoco
della protesta
e il
buio mediatico di chi protesta.
Orazero.org-Alessia
C.F.(Alka)- (2 Febbraio 2022)- ci dice :
I
monaci si danno fuoco.
Solo
in un anno più di 24 tibetani (almeno 27 dal 2009), fra cui moltissimi giovani,
hanno scelto di darsi fuoco.
Tutti
hanno voluto manifestare contro lo stretto controllo imposto da Pechino, che
sorveglia anche la pratica del culto, l’apertura e la chiusura dei monasteri, e
per chiedere il ritorno del leader spirituale dei tibetani.
Di
contro, il Dalai Lama ha sempre sottolineato di “non incoraggiare” queste forme
estreme di protesta, ma ha elogiato il “coraggio” di quanti compiono l’estremo
gesto, frutto
del “genocidio culturale” che è in atto in Tibet ad opera della Cina… (asianews.it/notizie-it/Ngaba,-due-monaci-tibetani-si-danno-fuoco.-La-polizia-blocca-i-soccorsi-24394.html).
30
MARZO 2012 – I tibetani che si danno fuoco.
Sono
trenta dall’anno scorso a oggi, in mezzo a mesi di proteste e manifestazioni,
ma la comunità internazionale non pare avere intenzione di occuparsene.
Dall’inizio del 2011 a oggi 30 tibetani – uomini e donne, monaci e laici – si
sono dati fuoco per protestare contro la repressione cinese in Tibet… (ilpost.it/2012/03/30/i-tibetani-che-si-danno-fuoco/).
I
monaci tibetani si danno fuoco nell’indifferenza del resto del mondo che fa
affari con la Cina – I nostri intellettuali un tempo attenti alle istanze
libertarie oggi tacciono, la Cina comunista paga in nostro silenzio e noi chiniamo la
testa alle esigenze dell’economia e del Partito.(totalita.it/articolo.asp?articolo=2156).
“In
prima fila molti intellettuali italiani, che di quel sacrificio fecero
oggetto di cronache appassionate e di campagne di protesta. Italo Calvino vide
in quei monaci, insieme agli “uomini giusti e pazienti di Hanoi” (sic) e alla
guerriglia dei Vietcong, simboli estremi “che per gridare la parola pace più
forte dei rumori della guerra”, fanno parlare “le fiamme dei loro corpi
irrorati di benzina”.
Aldo
Capitini, l’organizzatore, nel 1961, della prima “marcia della pace” Perugia-Assisi, commentando il rogo
dei bonzi vietnamiti, scrisse che “il suicidio diventa l’estremo tentativo di protesta
scegliendo tra la morte dell’altro e la propria – come se al sommo una morte ci
voglia per mutare la situazione – la propria morte”. Parte dal sacrificio dei
bonzi vietnamiti l’indignazione contro la guerra nei Vietnam, segnata da decine
di appelli, sottoscritti da centinaia di uomini di cultura, dalle opere dei
vari Guttuso, dall’indignazione del mondo accademico.” (totalita.it/articolo.asp?articolo=2156).
Un
gesto di ribellione, una nota stonata fuori dal coro dello Stato, uno scatto
non troppo casuale diventato icona del Novecento. È il 10 giugno del 1963 e
nella città di Saigon, nel Vietnam del Sud, sono circa le nove di mattina.
Una
macchina avanza lungo la strada, seguita da monaci e monache buddhisti che
marciano insieme tra slogan e cartelli che inneggiano, in vietnamita e in
inglese, all’uguaglianza religiosa.
Arrivata a un incrocio, l’automobile si ferma
e un monaco, sedendosi a terra nella posizione del loto e recitando il mantra
del Buddha Amitābha, attende che un confratello gli versi sul capo e sul corpo
una tanica di benzina.
Il fuoco divampa, il fiore di loto umano si
brucia, ma continua la meditazione con il mantra “Nam Mô A Di Đà Phật“, mentre la polizia cerca di disperdere
la folla e manifestanti. Al tramonto migliaia di abitanti di
Saigon dichiareranno di aver visto in cielo l’immagine di Buddha piangente. (pochestorie.corriere.it/2017/04/22/quando-un-monaco-buddista-si-diede-fuoco-a-saigon/).
Dopo i
monaci un tuffo nel passato post sovietico.
Jan
Palach, Josef Hlavaty, Jan Zajíc e Evžen Plocek si diedero fuoco, decisero di
manifestare il loro dissenso attraverso una scelta estrema: immolare le proprie
vite suicidandosi. Erano simboli della resistenza anti-sovietica.
Nel
1968 Ryszard Siwiec, si cosparse di benzina e s’immolò nello Stadio di Varsavia
per protesta contro l’intervento dell’esercito polacco al fianco dei sovietici
in Cecoslovacchia.
Il 5
novembre successivo Vasyl Makuch si diede fuoco in una strada del centro di
Kiev contestando la repressione sovietica nel suo Paese e in Cecoslovacchia.
Torniamo
al presente:
“Spiace
che siano state diffuse notizie infondate circa le motivazioni del gesto e che
si stia speculando su una vicenda che richiederebbe il giusto rispetto e un
doveroso silenzio”.
Il
gesto – aggiungono nella nota i familiari – non è’ in alcun modo riconducibile
ad una protesta per il mancato Green pass, visto che al nostro parente erano
gia’ state inoculate le prime due dosi di vaccino e si era in attesa della
terza. (CatanzaroInforma).
Parla
il cugino dell’insegnante che si è dato fuoco a Rende: “è contro il Green Pass ma non ha
perso il lavoro, tragico gesto per sofferenze psicologiche”.
“Il
suo gesto sarebbe dovuto a problemi psicologici causati, a quanto pare, da
traumi del passato“, riporta Cultura e Identità. “Proprio oggi sulle nostre pagine
abbiamo riportato la denuncia di un malato oncologico al quale è stato negato l’accesso in
ospedale perché
sprovvisto di green pass.” (Stretto web).
Marcello
Veneziani in “Il buio intorno alla torcia umana“:
<<Se
cercate un Che Guevara nella lotta per la patria e la libertà contro
l’oppressione, andate a Praga. L’immagine speculare di Che Guevara è un ragazzo
di vent’anni, Jan Palach, l’unico sessantottino che pagò la Contestazione con
la vita. Il
16 gennaio del 1969, Jan si dette fuoco in Piazza Venceslao davanti ai carri
armati sovietici che avevano invaso la Cecoslovacchia. A differenza del Che, non esistono in
giro magliette che ricordino il volto e il gesto di Jan Palach, non ci sono
santini né agiografie. Alle spalle di Jan Palach non c’è la fabbrica internazionale
degli idoli, ma solo la memoria stinta, solitaria e sommersa di pochi ragazzi
del suo tempo.
Eppure
lui fu l’esempio più bruciante della rivolta contro il totalitarismo e
l’oppressione dei popoli, il simbolo vivente – e morente – dell’amore di
libertà fuso insieme all’amor patrio e il primo segno di annunciazione al mondo
del crollo del comunismo, quando il 68 si rovesciò nell’89 e cadde il Muro,
scoppiò in Cina piazza Tienamen e a Praga ci fu la rivoluzione di velluto.
La sua
disperata speranza ebbe un effetto dirompente nei Paesi oltre la Cortina di
ferro, ma anche in una fetta d’Europa. Per la prima volta 600mila persone si
dettero appuntamento a Praga per rendere omaggio a quel ragazzo.
Ci
andarono anche dall’Italia, ricorda orgoglioso Gino Ragno, molti giovani
anticomunisti.
Gente
che arrivava persino a piedi perché nei treni e nei mezzi pubblici i militari
sovietici e i poliziotti li avrebbero bloccati.
Faceva
freddo come ogni gennaio praghese. In alcune zone pioveva a dirotto, in altre
nevicava; ma
la gente arrivò in corteo a Praga per un giorno in mano agli studenti.
Una
pagina indimenticabile ma dimenticata.
Tutto
rimosso, come il comunismo. (solo opere di bene-Ndr).
Tutti
inneggiano alla libera circolazione dei capitali e dei turisti a Praga ed
esaltano l’allargamento dell’Europa a est.
Dimenticano
che alle origini d’entrambi i fatti – e perfino del McDonald’s che c’è ora in
piazza San Venceslao – c’è il tragico gesto di quel ragazzo che decise di dare la
vita per sollevare i popoli contro i carri armati sovietici.
Mai un Vinto riuscì a vincere in modo così
maestoso e sconfinato, anche se postumo.
La censura comunista cercò di cancellare quel
mito e demolire la sua biografia; fece sparire perfino la lapide sul luogo
della sua sepoltura, meta di pericolosi pellegrinaggi.
E
sparirono dai media i ragazzi che seguirono il suo gesto.
L’oltraggio
dell’indifferenza a volte eguaglia quello dell’intolleranza; l’uno reprime la
memoria e la libertà, l’altro la deprime, ma gli esiti si somigliano
maledettamente.
In un
recente dibattito avevo ricordato l’omertà del Pci sulla rivolta, il silenzio
della sinistra su Jan Palach, il disprezzo verso gli insorti e il silenzio del
partito e de L’Unità sui dissidenti, come Jiri Pelikan, che fu poi adottato dal
Psi di Craxi.
Fassino mi fece notare che, al contrario, il
Pci aveva sostenuto il premier Dubcek e il socialismo dal volto umano.
Certo,
fino a quando Dubcek fu al potere, tollerato dall’Unione Sovietica… Ma dopo,
quando arrivarono i carri armati, e ci fu la rivolta, calò l’imbarazzato
silenzio e prevalse la tesi ortodossa, sostenuta proprio dalla destra comunista di Amendola e Napolitano,
che chi
solidarizza con gli insorti fa il gioco della solita reazione in agguato Come
dissero a Budapest nel ’56, e a Danzica e Stettino nel ’70.
Non
dobbiamo del resto dimenticare che fino al ’78 i finanziamenti al Pci e
all’Unità continuavo a provenire dall’Urss, e continuavano ad arrivare i
contributi dell’Associazione italo-cecoslovacca. Su Praga e Jan Palach il mea culpa
non devono farlo solo i contestatori e gli extraparlamentari di sinistra…
Prima
di uccidersi, Jan Palach aveva scritto su un quaderno scolastico a righe “Poiché i nostri popoli sono sull’orlo
della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprime la nostra
protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo – Patria e
Libertà – è composto di volontari, pronti a bruciarsi per la causa. Poiché ho
avuto l’onore di estrarre il numero uno, è mio diritto scrivere la prima
lettera…”. Firmato: la torcia n. 1.
Quel
gesto scosse i miei tredici anni e mi suscitò all’impegno militante; fu uno di quei traumi che ti fanno
uscire dall’infanzia e ti fanno entrare nell’età adulta e nell’inverno del nostro
scontento.
C’è
pure il male dell’ingiustizia e la morte giovane per passione di verità.
Compresi
quanto abissale fosse la differenza tra chi metteva in gioco tutto se stesso
nel nome della patri e della libertà e chi da noi si limitava a mettere in
giuoco la libertà borghese altrui di andare a teatri o indossare le pellicce.
Nel
mio libro sul ’68 osservai che i sessantottini incendiarono il mondo pensando a
se stessi, mentre
Palach incendiò se stesso pensando al mondo, come Josef Kudelka che si pose
inerme davanti ai panzer sovietici.
In una
vignetta di Giovanni Mosca due borghesi commentano così lo studente Palach che
si è appiccato il fuoco: “Gioventù bruciata”.
Dall’incomprensione
di allora alla rimozione di oggi: la torcia n.1 dista anni luce dallo sgargiante black
out di oggi.
Buona
notte, coscienza globale. Insinua la ragion cinica dei nostri anni: ma Palach ha davvero trionfato oppure
la sua resta una tragedia sepolta nell’oblio? Ha senso modificare il corso
della storia spezzando il corso della propria vita?
Secondo
il paradigma presente, fondato sul deserto di simboli e ideali e l’ironia sugli
eroi, sarebbe stato meglio avere oggi un ignoto sessantenne di nome Jan Palach,
professore di filosofia sulla via della pensione, piuttosto che un mito
semidimenticato nelle stanze diroccate della storia.>>
( Il buio oltre la torcia. M.V.,
Libero, 16 gennaio 2009).
In
quell’articolo Marcello Veneziani evidenziò l’oblio che ricade intorno a chi in
segno di protesta si incendia pensando al mondo.
Dal
vecchio mondo post sovietico, ai monaci che si sono dati fuoco (chi in Vietnam
e chi in Tibet), ecco che la memoria di questi uomini viene spazzata via dalla
storia, viene sempre trattata con indifferenza, cala il sipario – e la nebbia –
su chi sacrifica la propria vita sull’altare dei propri ideali.
La torcia
umana invece merita un ricordo costante, sono questi uomini che nei momenti più
disperati dovrebbero farci riflettere sulla nostra condotta di vita.
“i
sessantottini incendiarono il mondo pensando a se stessi”, i vaxxati incendiano
il mondo vaxxandosi e non pensando a cosa stanno mettendo in atto, perché il green pass non è il sistema per
sconfiggere la pandemia ma bensì per introdurre il Social Credit System.
Oggi
sul caso di Rende dobbiamo interrogarci perché urla in modo orrendo – come lo
stesso Marcello Veneziani ben descrisse in” Il buio intorno alla torcia umana”
– il silenzio degli organi di stampa.
Non vi
è la necessità di parlare di depressione o di scontro sociale, ma semmai
dell’immediato silenziamento della notizia.
Perché
darsi fuoco davanti a una Caserma non è semplice depressione.
Studiando
i monaci e chi combatté contro l’ex Unione Sovietica, emerge chiaramente che
non è una follia, ma è un lucido evidente segno di protesta.
Fatto
da una persona che ben conosceva questa espressione di massima protesta quando
i “popoli
sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di
esprime la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo”.
Osservando
la odierna fabbrica internazionale degli idoli, se vinceranno LORO, ogni
protesta verrà dimenticata. Tutto rimosso.
(
Alessia C. F. -ALKA).
I
nuovi Padroni del Mondo.
Marcelloveneziani.com-Marcello
Veneziani- ( 20-1-2022)-ci dice :
Chi
sono oggi i Potenti della Terra?
In altri tempi avremmo indicato i nomi dei
principali Capi di Stato, più i grandi comandanti degli apparati militari delle
Superpotenze.
Ma i
leader delle democrazie sono di passaggio, vulnerabili e con limitati poteri,
ben riassunti dall’impacciata leadership di Biden; molti autocrati di potenze
regionali hanno grande peso nella loro nazione e nella loro zona di influenza
ma non possono dirsi Potenti della Terra.
Ad
eccezione di Xi Jin Ping, e solo in parte di Putin, i veri potenti della Terra
gestiscono risorse chiave del mondo globale.
Oggi i
Potenti della Terra sono soprattutto i giganti planetari della Finanza, i
padroni dei grandi colossi tecno-economici, nel regno della comunicazione e
della distribuzione, delle fonti energetiche o di Big Pharma, che hanno visto
raddoppiare i loro profitti nell’epoca del Covid. Ma il loro potere non deriva
semplicemente dalla loro ricchezza in espansione e non è quella a suscitare la
maggiore preoccupazione: si possono definire Potenti della Terra coloro che dispongono
di imperi transnazionali e hanno l’ambizione e i mezzi per condizionare il
futuro dell’umanità.
Nei
giorni scorsi è stato pubblicato dall’Oxfam un rapporto intitolato La pandemia
delle disuguaglianze in occasione del summit dell’economia e della finanza che
si tiene a Davos.
Tutti
i media del mondo hanno ripreso i dati e i nomi di questi superricchi,
soffermandosi dal punto di vista delle diseguaglianze, sottolineando cioè che
mentre mezzo mondo, anche in Occidente, si impoveriva o viveva in difficoltà
con la pandemia, c’era chi si arricchiva smisuratamente.
Il sottinteso
era il tema, eticamente indiscutibile ma praticamente irrisolvibile, di
condannare l’ingiusta concentrazione della ricchezza, rispetto alle povertà
sempre più vaste e diffuse, e di auspicare una distribuzione più equa dei beni
nel pianeta.
I loro
nomi e i loro marchi sono famosi in tutto il mondo: Jeff Bezos di Amazon, Elon
Musk di Tesla e Space X, Mark Zuckenberg di Facebook-Meta, Bill Gates di
Microsoft, Larry Page e Sergey Brin di Google, e poi il francese Bernard
Arnault e il suo impero famigliare; Larry Ellison, Steve Ballmer, Warren Buffet
e altri giganti cinesi, indiani, giapponesi, arabi. I dieci uomini più ricchi
del mondo hanno raddoppiato i loro patrimoni da 700 a 1.500 miliardi di
dollari, nel giro di pochi mesi.
Ma il
tema della super ricchezza, pur così importante, è secondario rispetto alla
concentrazione della potenza nelle loro mani, che è poi il vero tema in gioco
per i destini dell’umanità.
Ovvero,
i grandi super ricchi inquietano non tanto perché si arricchiscono
smisuratamente in un momento di disgrazia planetaria; ma perché alcuni di loro fanno
pesare la loro potenza finanziaria, industriale, commerciale e mediatica in
ambiti che modificano pesantemente la vita dell’umanità.
Quando
si considerano i progetti di Elon Musk e di Jeffy Bezos, di Bill Gates e di
Zuckenberg, o di Soros, ci rendiamo conto che la loro ambizione va ben oltre i
profitti aziendali; è quella di mutare i comportamenti e gli orientamenti dei
cittadini-consumatori.
Non
tutti i super-ricchi perseguono questi obbiettivi: ad esempio, il primo super ricco
italiano è la famiglia Ferrero, al quarantesimo posto nella classifica dei
paperoni planetari: ma Ferrero vuol vendere i suoi prodotti, non intende
modificare il pianeta e le sorti dell’umanità a colpi di… Nutella.
Diverso
se l’ambito di partenza già attiene la comunicazione, l’infotainment, la
distribuzione a domicilio di ogni genere di prodotto, facendo saltare ogni
filiera commerciale legata al territorio. Si delinea un altro modello di
società e di info-sfera.
Ma chi
dovrebbe controllare la loro vertiginosa espansione, la loro influenza in
ambiti assai delicati, in campo tecno-scientifico, spaziale, neurologico, e sui
temi che attengono all’intelligenza artificiale?
Dovrebbe
farlo la comunità internazionale, con i suoi organismi sovranazionali, che però
appaiono farraginosi e impotenti. O dovrebbero farlo gli Stati, singoli o
confederati. Che sono come scavalcati, soverchiati dal potere extraterritoriale di
queste multinazionali, spesso inafferrabili anche dal punto di vista fiscale;
figuriamoci sul piano delle strategie planetarie perseguite.
Già
sono inquietanti le notizie di usi e abusi della ricerca scientifica da parte
degli Stati.
L’ultima di cui si è parlato riguarda la
cosiddetta sindrome dell’Avana che avrebbe colpito decine di diplomatici,
militari, agenti segreti statunitensi; si tratta di neuro-armi in grado di
“pilotare la mente”, alterandone le funzioni.
Un’evoluzione
più sofisticata e devastante di quello che un tempo veniva chiamato “lavaggio del cervello”.
La
denuncia è venuta dal segretario di stato americano, Antony Blinken e dalla commissione Usa di esperti di
guerra psicologica, istituita allo scopo di studiarne gli effetti e proporre i
rimedi. Si
tratta di applicazioni già usate dagli stessi apparati militari statunitensi e
ora in uso dai cinesi, con risvolti ancora inimmaginabili, non solo in campo
difensivo o militare.
Già
gli Stati, che sono dentro una rete di relazioni e controlli, nel quadro
giuridico internazionale, presentano risvolti così inquietanti; figuriamoci se queste ricerche e
sperimentazioni fanno capo all’inafferrabile Volontà di Potenza di singoli imprenditori
che non rispondono a nessuno, tantomeno a una sovranità popolare e ai controlli
istituzionali; rispondono solo alla propria indole e al fatturato della propria
azienda.
Siamo
in balia del loro delirio di onnipotenza.
Maastricht
e la falsa Europa.
Marcelloveneziani.com-Marcello
Veneziani- (26-1-2022)- ci dice :
Trent’anni
fa, a Maastricht, nasceva il Trattato che avrebbe dato vita all’Europa Unita e
morte alle sovranità nazionali.
La pandemia ha sepolto da due anni ogni
critica all’Unione Europea e ne ha congelato assetti e funzioni.
Mentre
veniva eletta alla presidenza del Parlamento europeo una popolare in passato
anti-abortista, Emmanuel Macron chiedeva che l’aborto diventasse un diritto tra
quelli fondamentali dell’Ue, insieme all’ambiente.
E la
neopresidente, la maltese Roberta Matsola, si affrettava al suo insediamento a
garantire che il suo peccato originale, aver criticato l’aborto, verrà
accantonato nel suo ruolo di presidente dell’Europarlamento.
C’è una
Maastricht ideologica a senso unico che accompagna sottotraccia la Maastricht
economico-finanziaria del Trattato firmato nel ’92; a cui si è piegato anche il
maggior partito europeo, il Popolare, d’ispirazione cristiana.
L’Europa oggi è un reticolo di prescrizioni,
divieti, obblighi che sovrastano gli stati nazionali; pure i prestiti e i
sostegni sono condizionati al “comportamento” dei governanti locali.
In
tema d’Europa è uscito ora un libro, Roger Scruton, a cura di Luigi Iannone e
Gennaro Malgieri (ed. Giubilei Regnani, pp.330), dedicato al filosofo inglese
scomparso due anni fa.
Sono
raccolti vari contributi interessanti sul filosofo conservatore e sono
pubblicati due testi importanti.
Uno è
dello stesso Scruton.
Parlando
di Democrazia globale in una sala del Parlamento italiano, Scruton notava che
“la maggior parte delle leggi che sono imposte dall’Unione europea vengono
scritte da burocrati che nessuno ha mai eletto e che a nessuno rendono conto
dei propri errori”.
E la stessa cosa accade con le decisioni che
riguardano la nostra vita promanate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Riguardano la materia religiosa, i diritti
civili, le identità culturali e sessuali; investono direttamente la civiltà
europea e le tradizioni giuridiche degli Stati. Un’élite transnazionale per Scruton
confisca le decisioni; e la forte spinta verso la governance mondiale allontana dalla democrazia e dalle
sovranità popolari.
Scruton
auspicava che la politica controbilanciasse questa spinta, che è al tempo stesso
gestione dall’alto e uniformazione nel basso a un modello derivato da una ben
precisa ideologia progressista e correttiva.
L’Unione
europea, notava il filosofo, non resiste alla globalizzazione ma ne è anzi una
sua forma.
Perfino il principio di sussidiarietà sbandierato nei trattati comunitari è in realtà un modo per esercitare
“un controllo onnipervasivo” dei vertici unionisti e delle commissioni, fino a
privare gli Stati nazionali dei poteri legislativi.
Ancora
più importante è la Dichiarazione di Parigi che Scruton e altri studiosi di tutta Europa
(mancavano solo gli italiani) sottoscrissero nel 2017 e che viene qui
pubblicata.
Si
tratta di un appello a favore dell’Europa che esordisce così: “L’Europa ci appartiene e noi
apparteniamo all’Europa”.
L’Ue
appare una caricatura a senso unico dell’Europa, nutrita da un pregiudizio
invincibile contro il suo passato. Una falsa Europa ci minaccia, grida
l’appello, un’Europa tirannica e utopica, che ripudia le sue radici cristiane e
quelle classiche, greche e romane.
L’Europa vera è una comunità di nazioni, con lingue,
tradizioni e confini propri. La sua unità nella diversità è naturale e la sua
rappresentazione storica più coerente fu l’impero; ma dopo il suo tramonto ci
sono rimasti gli Stati-nazione, “segno distintivo dell’Europa”.
L’Europa,
avvertono i firmatari, non è iniziata con l’illuminismo né può ridursi a
quell’universalismo “spurio” che impone la perdita della memoria e il ripudio
di sé. “I
padrini dell’Europa falsa costruiscono la loro fasulla cristianità di diritti
umani universali e noi perdiamo la nostra casa”.
Ad essa si aggiunge la liberazione da ogni freno, le
libertà sessuali, l’edonismo libertino, l’individualismo e i frutti del ’68 che
“ha distrutto ma non ha costruito”.
Ma al contempo si restringe la libertà di
parola, aumenta la tirannia tecnologica, viene colpito ogni dissenso, viene
promosso un egualitarismo che sfocia nella “colonizzazione delle nostre patrie”.
I ceti intellettuali, notano Scruton e gli
altri studiosi, sono in preda alla boria dell’Europa falsa e ritengono che
pensiero critico voglia dire solo “ricusazione del passato”.
Così
“l’Europa è dominata da un materialismo privo di obiettivi, incapace di
motivare gli uomini e le donne a generare figli e a formare famiglie”, mascherato
nei surrogati pseudocristiani di una religione umanitaria.
Qualche perplessità desta l’appello quando
auspica di “risecolarizzare la vita politica dell’Europa” e “ripristinare un
vero e proprio liberalismo”: bisognerebbe meglio intendersi su queste espressioni,
considerando
che la secolarizzazione e il liberalismo sono stati finora i veicoli di quella
perdita di identità e di tradizione della civiltà europea.
Poi
l’appello esorta a “resistere al culto della competenza che s’impone a spese
della sapienza, del garbo e della ricerca di una vita colta”; si appella alla dignità umana,
alla famiglia come fondamento della società civile e auspica che i mercati
siano “ordinati verso fini sociali”.
Il
populismo è una scorciatoia emotiva e semplicistica ma rappresenta “una sana
ribellione contro la tirannia dell’Europa falsa”. Come dire che il populismo è
prezioso per quel che combatte e per le ragioni da cui sorge; ma non è efficace come linea di
governo e guida per i popoli.
Quest’Europa
è falsa perché costruita a rovescio: i piedi diventarono la sua testa –
l’economia e la tecnocrazia al posto della politica e dell’identità – e anziché
proteggere l’Europa dall’esterno, protegge l’Europa dagli Stati nazionali che la
costituiscono.
Imbelle rispetto al mondo, oppressiva al suo
interno. Da qui il suo storico fallimento.
L’umanità
finirà per troppa umanità.
Marcelloveneziani.com-Marcello
Veneziani-( 29-gennaio 2022)- ci dice:
Otto
miliardi, siamo otto miliardi di persone sulla Terra.
Quando
sono nato, e vi assicuro che non fu mille anni fa, la popolazione della terra
era un terzo di quella di oggi. Siamo arrivati galoppando a otto miliardi e c’è
da preoccuparsi sul serio. Noi pensiamo a Omicron e ai vaccini, all’Ucraina e al
Quirinale, e invece c’è un problema gigantesco che riguarda tutti ma più
gigantesca è l’indifferenza generale, la disattenzione globale.
Considerando
la crescita esponenziale, la crescita abnorme dell’umanità è la più grande
minaccia all’umanità, peggio dell’inquinamento, dei debiti, dei conflitti, di
tutti i pericoli e le pandemie messi insieme.
E fa male associare il rischio di collasso del
pianeta alla natalità e a nuove vite che sbocciano al mondo.
Col
paradosso aggiuntivo che il pianeta si gonfia mentre l’Italia, e con lei
l’Europa, scende nella denatalità e avrebbe bisogno di più figli per darsi una
prospettiva futura. Ci vorrebbero due politiche demografiche opposte, una per la
denatalità nel mondo, l’altra per la natalità in Italia.
La
Terra non può reggere il peso di così tanti abitanti in crescita pazzesca.
Tutti
auspichiamo che migliorino le condizioni di vita per l’umanità e per i più
poveri che continuano a figliare; ma l’esaurimento delle risorse e
l’inquinamento globale per sovraffollamento sono ormai una minaccia letale per
tutti.
Se la popolazione di consumatori dovesse
crescere ancora, e il tenore di vita dovesse estendersi ai miliardi di poveri
dell’Africa e dell’Asia, sarebbe una catastrofe; è inutile trovare parole più
lievi e più ipocrite per dirlo.
Ed è
demagogico spostare il problema del sovraffollamento sulla redistribuzione delle
ricchezze, come fa Bergoglio, ritenendo che la soluzione sia caricare sulla minoranza
benestante il peso crescente del fabbisogno mondiale della maggioranza in
povertà.
In
giro noto svogliati pensieri e sguardi distratti su questo dato numerico così
allarmante.
Quando
giorni fa hanno annunciato ai telegiornali che abbiamo varcato la soglia degli
otto miliardi, la notizia è stata relegata in secondo piano, tra una smorfia e
un cambio immagine, e un attimo dopo sono passati a raccontare minimi o futili
fatti di cronaca, come se la cosa non meritasse alcun pensiero se non un
frettoloso richiamo statistico, quasi una curiosità bizzarra, del genere “Lo
sapevate che”.
E come
se la cosa, in fondo, non ci riguardasse. E invece è La Notizia per eccellenza,
che mette a rischio ogni altra proiezione del futuro e mette in gioco
l’esistenza sul pianeta.
Anche
la crudele ipotesi conseguente, ventilata da taluni, di affrettare il decesso
della popolazione anziana, magari servendosi anche di pandemie, oltre che
disumana e feroce, non serve allo scopo: perché per ogni vecchio ce ne sono
sette che anziani non sono e per un vecchio che muore ne arrivano tre al suo
posto. Le popolazioni vecchie sono una minoranza sul pianeta rispetto alle
popolazioni giovanili o infantili.
L’unico
rimedio, piaccia o meno, è il controllo delle nascite.
Ma non
si può aspettare che lo facciano di loro iniziativa gli Stati e i poteri locali
e tutti allo stesso tempo, con pari efficacia, in tutto il pianeta. Inorridiamo all’idea di pianificare
le nascite eppure ci vorrebbe un Organismo internazionale, Potere Sovrastante,
un Impero universale che avesse la forza, la capacità e la lungimiranza di
regolamentare le nascite, di subordinare gli aiuti al drastico contenimento
delle culle.
Anche
le ipotesi più avveniristiche, come quella di colonizzare lo spazio, andare a
popolare altri pianeti e galassie, sono tecnicamente impraticabili e comunque
non sono logisticamente realizzabili trasferimenti di massa di quelle
dimensioni; è inimmaginabile deportare miliardi di abitanti della terra,
trasportarli fuori dal mondo, in immense navicelle spaziali o in un ponte
permanente o su un magico nastro trasportatore… Impossibile oltre che
inammissibile violenza, l’espatrio forzato dal pianeta, l’esodo coatto.
Non abbiamo
altra scelta se non il rigoroso controllo delle nascite, la loro drastica
limitazione;
in alternativa c’è solo il fatalismo, andare incontro all’esplosione
demografica del pianeta, al consumo letale di aria, acqua, cibo, energia e poi
succeda quel che succede; comunque saremo consorti.
O più
egoisticamente pensare che intanto noi ce la passiamo bene, tutto sommato, e il
big bang non succederà da un giorno all’altro; carpe diem e tiriamo a campare. Ai posteri ci penseranno i posteri.
Non si
vede manco uno straccio di Greta che lanci l’allarme nel mondo e intimi ai
Potenti della Terra di porvi rimedio o perlomeno attrezzare politiche
planetarie efficaci. Pure il Papa tace al riguardo. Niente cortei, mobilitazioni,
protocolli mondiali efficaci, come se si trattasse solo di un capriccio
statistico di nessuna rilevanza. Che facciamo, ci lasciamo soffocare
dall’overdose di umanità nel pianeta, salvo colare la glassa umanitaria per
rendere più dolce la fine?
Non mi
sto lasciando prendere dal panico o dallo spirito apocalittico: quei dati non
sono opinabili, e l’impatto di quei numeri crescenti sul pianeta sarà
inevitabilmente devastante e in tempi relativamente rapidi, anche se
assumessimo comportamenti giudiziosi nel bere, mangiare, fare sport e raccolta
differenziata, vivendo in modo eco-sostenibile:
la terra non può sopportare un
sovraffollamento come questo, va posto rimedio alla radice. Per salvare l’umanità bisogna
limitarne il numero. Parole al vento che confermano una brutta verità: le
singole intelligenze, accumulandosi nei grandi numeri, formano un’immensa
stupidità.
L’Italia
imbalsamata come una Mummia.
Marcelloveneziani.com-Marcello
Veneziani-( 30 gennaio 2022)- ci dice :
Una
sconfitta per l’Italia, per la democrazia, per il futuro, per la libertà.
Riconfermare
Mattarella al Quirinale certifica l’impotenza del Parlamento e l’incapacità di
fare un solo passo avanti.
Italia
imbalsamata, ridotta a Mummia.
Si è
confermata l’incapacità di intendere e di volere dei maggiori leader politici
nostrani.
Dopo
Draghi viene Draghi, dopo Mattarella viene Mattarella, scrivemmo già mesi fa.
Con loro rimasti ai loro posti, resta ai loro posti anche il Parlamento.
Dopo
la settimana bianca sul Colle, si torna al punto di partenza, Nuvola Bianca
resta al Quirinale, salvo suoi sperabili dinieghi.
Non
sappiamo se lui volesse davvero andar via come ha finora detto o se non fosse
disponibile solo a protrarre il mandato di un annetto per scaldare il posto a
Draghi; e invece non si tira indietro se la platea dei parlamentari, a larga
maggioranza, lo richiama sul palcoscenico per il bis.
Lo
vedremo.
A me la sua riconferma sembra negativa, anzi
avvilente, per ragioni oggettive e soggettive, ovvero sia per il quadro
generale delle istituzioni, sia per quel che è stato Mattarella al Quirinale.
Le
ragioni oggettive sono lo stallo e la miseria di un Paese che non riesce a
uscire dalla situazione in cui è, e di un Parlamento minorenne, per non dire di
peggio, che non ha le chiavi di casa e non sa fare un passo senza i genitori,
non riesce a trovare un’altra figura per il Quirinale; non sa darsi un futuro che non sia
la prosecuzione automatica del presente; non conosce libertà ma solo
soggezione al potere vigente, for ever.
Draghi
qua Mattarella là, a oltranza. Un paese monarchico nel peggiore dei modi, per
conformismo da gregge, non attaccato al valore della continuità simbolica e
impersonale di una dinastia ma alla perpetuazione degli assetti politici
eurosinistri e al feticismo verso una persona che non è certo un Cavour o un De
Gasperi, e che era un gregario di seconda fila nella prima repubblica.
Un
paese statico senza essere stabile, conformista per viltà e servilismo e per
mantenere gli stessi posti a ogni livello.
La sua
rielezione è stata una prova ulteriore dell’arroganza mascalzona della sinistra
che dopo aver finto di accettare il ruolo di esploratore (o kingmaker) di
Salvini e dopo aver finto di valutare candidature provenienti dall’altro
schieramento, ha poi bocciato tutte le figure che di destra propriamente non
erano ma che pur provenendo da uno schieramento (come tutti i presidenti della
repubblica precedenti, Mattarella e Napolitano inclusi) avevano tuttavia
coperto ruoli istituzionali o pubblici con dignità, senza spirito di parte.
Ma è
la dimostrazione che ormai tutti gli italiani hanno capito: non sarebbe mai
piaciuto uno che non provenisse dai loro ranghi e dalle loro indicazioni.
Se non
è dei loro, e se non è deciso da loro, non è super partes.
Si
identificano a tal punto con l’establishment che sono loro a certificare chi è
e chi non è superpartes e adatto al ruolo presidenziale.
L’unico criterio guida è la Stasi, cioè
lasciare al potere chi è già al potere.
Più la
finzione scenica che il Paese a gran voce, all’unanimità, salvo la Meloni e il
suo partito (onore a loro, va detto), richiede Mattarella.
Non è
così, il paese è spaccato, nonostante il lavaggio del cervello massiccio di
ogni giorno. E si allontana ancor più dalla politica, con nausea.
Detto
questo, Matteo Salvini ha giocato male anche questa partita, ed ha sbagliato ad
andare alla conta sapendo di perdere, e in quel modo poi, con la seconda carica
dello Stato. Ed ha finito chinando la testa su Mattarella. Ma è stata davvero insopportabile
la supponenza di Letta nei suoi dinieghi e del coro che lo ha accompagnato.
Resta
l’immagine fallimentare dei tre protagonisti principali della settimana bianca
al Quirinale: Letta, Conte e Salvini si sono mostrati inadeguati e ancora una volta è
emerso che il più sveglio nel pollaio resta Matteo Renzi, piaccia o non
piaccia.
Ma a
parte le ragioni di ordine generale, Mattarella non è stato né un arbitro sopra
le parti né un garante, e tutto quel che ha fatto ha sempre coinciso con la
volontà e l’interesse del suo partito di provenienza, il Pd, e del
sorvegliante, il Padronato europeo.
È
stato l’interprete di una nuova stagione del catto-comunismo, o del
catto-sinistrismo di casta e di potere, pur nella mimesi
andreottiana-democristiana.
Sul
piano dell’azione non ha mai detto una parola critica verso i poteri forti, non
ha mai difeso l’Italia e la sovranità nazionale quando c’era da dire qualcosa
che potesse divergere dall’Unione europea e dall’Alleanza atlantica.
Non ha
mai detto nulla sulla deriva liberticida in atto nel nostro Paese, sul regime
di restrizioni e di violazioni dei diritti costituzionali che si è instaurato,
non ha difeso mai le minoranze discriminate (si è solo accodato a tutelare le
altre minoranze protette).
Non ha
mai osato toccare la Magistratura neanche quando essa si auto-discreditava in
modo clamoroso, coinvolgendo anche il Csm di cui lui è pure il presidente.
Ha posto veti su personaggi sgraditi a lui e
all’establishment (il caso Paolo Savona a Palazzo Chigi è esemplare).
Sul
piano dei valori Mattarella è stato la traduzione in borghese del papato di
Bergoglio e dei suoi temi.
Sul
piano storico si è dimenticato degli orrori del comunismo ma non ha mai mancato
le celebrazioni degli orrori del “nazifascismo”, arrivando a dire – con un
negazionismo che offende la storia, la realtà e il comune buon senso – che il
fascismo non ha avuto alcun aspetto positivo, è dunque solo Male Assoluto (non
lo diremmo di nessun fatto storico, nemmeno del comunismo).
Poi,
certo, Mattarella ha avuto garbo istituzionale, senso della misura e del
decoro, non è mai andato oltre le righe.
È
stato il Custode del Palazzo e di tutti gli assetti dell’establishment, ha ripetuto i luoghi comuni del
politically correct, fino all’ovvietà e alla narcosi. Sette anni sono lunghi da passare,
ma dopo averli passati, immaginarne altri sette così è un supplizio dantesco.
Che
voglia di dimettersi da cittadini…
Prigionieri
del presente.
Luigiscudella.it-
Davide D’Alessandro- Marcello Veneziani- (1-febbraio 2022)-ci dice :
(Huffingtonpost).
Scrive
anche sulla Verità, ma sa di non possederla. È troppo intelligente, Marcello
Veneziani, per ritenere la sua parola ultima e definitiva. Eppure, la sua parola continua a
essere illuminante perché giunge dal disincanto, da un mondo altro, da chi ha
passione civile e dolore per ciò che vede, per ciò che abbiamo irrimediabilmente
perduto. Nella politica e nella vita, nella politica della vita.
Marcello
Veneziani ,stai per uscire, da Marsilio,
con “La
Cappa. Per una critica del presente”.
Insomma,
questo mondo continua a non piacerti?
“Ne La
Cappa sostengo che l’uomo abita cinque mondi: il presente, il passato, il futuro,
il favoloso e l’eterno. Vive male se ne perde qualcuno, è folle se ne abita solo uno.
E noi da tempo viviamo piegati ‘nell’infinito presente globale’ e non abbiamo
altro orizzonte. L’unico modo per pensare il presente è viverlo criticamente,
sapendo talvolta immergersi e talvolta emergere dal presente, e ripensarlo con
distacco”.
Hai
nostalgia degli dei e di cos’altro?
“Gli
dei a cui facevo riferimento in un libro di qualche anno fa non erano gli dei
del paganesimo ma i principi intramontabili che danno un senso e un destino alla nostra
vita.
Proprio perché siamo di passaggio sulla terra abbiamo
bisogno di proiettarci in stelle che non tramontano. Gli dei sono proiezioni e
protezioni di cui abbiamo bisogno per compiere il cerchio della vita, per non dissiparla, per dedicarla,
giacché ‘vivere non basta’ ”.
Siamo
il Paese di Machiavelli, ma dov’è finita la politica?
“Da
troppo tempo la politica ha perso il suo regno. Non produce decisioni né
partecipazione perché non trova motivazioni oltre gli interessi momentanei e
individuali. Non ha convinzioni ma convenienze. Da tempo la politica è commissariata
dall’economia finanziaria e dalla tecnocrazia.
Eppure, con tutti i suoi limiti e i suoi
errori e orrori del passato, la politica resta pur sempre il campo in cui si
rappresentano i valori, i bisogni e gli interessi generali, sia quelli
condivisi sia quelli conflittuali.
La
perdita della politica non riguarda, come pensiamo, solo i politici di
professione; è una perdita per tutti. Vituperiamo Machiavelli per il suo
cinismo al servizio del potere; ma lui ha teorizzato che il principe, il
politico, deve sacrificare all’amor patrio anche l’amor di sé, inclusa la sua
anima”.
Angelo
Panebianco sostiene
che con governi istituzionalmente deboli, senza organizzazioni di partito
forti, che abbiano solide culture politiche e un buon radicamento sociale, alla
democrazia italiana servono, eccome se servono, i cosiddetti intrusi. Che stiano al Quirinale o a Palazzo
Chigi. Concordi?
“Come
si fa a non essere d’accordo? Il problema è che si sono essiccate le fonti della politica e
della democrazia: se non c’è motivazione e visione, se non c’è formazione e selezione del
ceto politico, poi nulla si oppone alla colonizzazione della politica da
parte di figure tecnocratiche o antipolitiche, comunque estranee alla ricerca del
bene comune, che solitamente rispondono ad altre molle e ad altri poteri non
trasparenti, non rappresentativi a livello popolare. È una conseguenza
inevitabile”.
So che
sei poco interessato alla destra come targa, come icona. Eppure, è fuor di
dubbio che un sentimento popolare forte, sui contenuti politici associati alla
destra, esiste e resiste ma senza trovare una guida che lo incarni e
rappresenti. Quali sono le ragioni profonde che fanno della destra italiana la grande
incompiuta?
“La
destra politica in Italia è sempre partita dalle piazze e in piazza poi ha
concluso il suo percorso. Non tenta strategie di respiro più ampio, non dà peso alla
cultura politica, non ha mai cercato di incidere sulla mentalità e sui luoghi
in cui si forma il consenso e la visione della gente. Ha tentato la via breve di
rappresentare le emozioni e le istanze del momento o si è appellata a nobili
repertori antichi, senza lo sforzo di rielaborarli nel presente e renderli
calzanti.
Continuo
a pensare che sia preferibile questa destra al resto, ovvero all’antipolitica, ai tecnici e
al mainstream politically correct di sinistra, ma non riesco ad andare oltre
questa preferenza preliminare. Anche perché temo che una volta al governo della nazione,
non avrebbe la forza, la determinazione e la strategia per opporsi o affrontare
i cosiddetti poteri forti; sarebbe soccombente, accondiscendente o spazzata via
in breve tempo”.
Silvio
Berlusconi è stato più un problema o una risorsa giocata male?
“Berlusconi
ha avuto il gran merito di polarizzare la nostra democrazia, fino a generare le
basi per l’alternanza; ha rimesso in gioco gli outsider, la destra e la Lega, e
ha respinto il giochino ricattatorio che viene di solito imposto ai moderati:
rompi con i radicali del tuo schieramento; così indebolito, perdi la partita
con l’establishment. Berlusconi è andato avanti. Ma i suoi risultati politici sono
stati deludenti e il suo universo politico è puramente egocentrico. Resta un Monarca, in cui lo Stato si
riduce a Fatto Personale”.
Gianfranco
Fini ha mancato l’occasione o non l’ha mai avuta?
“Fini
non ha mai avuto capacità di grande leader ma solo di grande speaker. In tv era
credibile, affidabile, anche nelle sue ovvietà, che riflettevano il livello
medio della popolazione. ‘Ovviamente’ era il suo intercalare più frequente, e
più indicativo. Fino a che qualcuno lo guidava – Almirante, Tatarella o la
subalternità a Berlusconi – è cresciuto. Quando si è messo in proprio e ha
pensato di poter attaccare Berlusconi e nello stesso tempo disfarsi della sua
destra, compiacendo il mainstream e la sinistra, ha mostrato i suoi limiti ed è
sparito”.
Giorgia
Meloni ha il quid per durare o la consideri di passaggio?
“Meloni
è oggi il leader politico più in forma e più incisivo. L’opposizione le ha
giovato, ma la lungodegenza all’opposizione può logorarla. Grande leader sul piano della
comunicazione e della vis tribunizia, ma non scommetterei sul suo partito e sui
suoi ranghi per governare il paese”.
Una
volta c’erano i consiglieri che sussurravano ai politici, oggi rischiano di non
trovare a chi sussurrare?
“Oggi
il politico non vuole consiglieri ma truccatori, incantatori di serpenti, ghost
writer, social manager, insomma figure che non concorrono a fondare e
indirizzare la sua linea ma a potenziare il suo effetto nel teatrino. Non c’è spazio per Platone e Aristotele,
ma manco per Richelieu e Mazarino, bastano La Bestia e Casalino”.
Quale
dev’essere, senza scomodare Julien Benda, il ruolo dell’intellettuale nella
società contemporanea?
“L’intellettuale
dovrebbe essere colui che ci spinge a non accontentarci di quel che passa il
convento, andare oltre il presente e la sua dominazione, far capire che
esistono anche altri mondi, come quelli che citavo agli inizi; e altri modi di vedere e capire la
realtà. È colui che sa leggere dentro la realtà, come dice l’etimo di
intelligenza. Ma spesso intellettuale è la caricatura iperbolica di
intelligente, è il kitsch dell’intelligenza”.
Quanto
ti appassiona la corsa verso il Quirinale? Anche tu hai un nome da proporre?
“Mi
appassiona poco, avrei preferito il Re… Ho proposto Draghi, pur respingendo
quasi tutto quel che è, pensa e rappresenta, perché è il più autorevole e
credibile a livello internazionale e la sua figura può bilanciare e persino
‘coprire’ un governo politico più audace. Con realismo dico che anziché avere
premier finto-populisti, che poi vanno col cappello in mano e strisciano
davanti ai poteri forti e alla finanza, meglio avere al posto di un inserviente
avventizio, uno della Casa, che almeno non tratta dal basso con i suoi Pari”.
Un
elettore su tre nel 2018 ha votato M5S. Il Movimento ha rappresentato
l’ultima delusione della (non) politica italiana?
“Era
un bluff facilmente prevedibile: non si possono costruire castelli di rabbia,
non bastano l’odio e il rancore a fondare una linea politica, a saper governare
un paese e saper resistere alle inevitabili tentazioni corruttive del potere.
All’opposizione
magari potevano anche servire da stimolo, ma al governo è stato un disastro, e
costoso. In realtà sono stati l’antipolitica dal basso, che ha legittimato da
una parte il rimpianto della vecchia politica (la prima repubblica) e
dall’altro l’avvento dell’antipolitica dall’alto, come dominio dei tecnici.
Grillo fa rimpiangere Andreotti e fa invocare Draghi”.
Roberto
Esposito,
riflettendo su pandemia e immunità, si è soffermato sulla morte che sembra
stringerci da tutte le parti. Ma la pandemia può essere una buona opportunità per
riconsiderare il nostro modo di vivere o, fra un po’, ce la lasceremo alle
spalle ricordandola ogni tanto?
“Ho
molti dubbi che la lasceremo alle spalle.
Ne La Cappa mi sono soffermato sulla
Commutazione, ovvero sulla traslazione di atteggiamenti, posizioni e mentalità
restrittive indotti dal regime sanitario nella vita pubblica corrente.
Vedo
una pericolosa restrizione del nostro orizzonte, delle nostre libertà primarie,
vedo l’incombere di una cappa soffocante, sorta sempre con l’alibi della paura
e della sicurezza, per proteggere i cittadini.
Quando
l’orizzonte supremo è la vita a ogni prezzo, tutti i compromessi sono
possibili, tutte le mortificazioni. Di fatto viviamo ormai da due anni la Mezza
Vita, perché sono dimezzate le nostre possibilità, i nostri spazi, i nostri
diritti, le nostre relazioni”.
Qualche
anno fa hai scritto una lettera agli italiani. Ma, in fondo, hai capito chi sono,
chi siamo?
“Non
solo, feci anche 80 comizi d’amore all’Italia in tutta la penisola e qualcuno
all’estero. Oggi sono ancora più sconsolato, ho qualche esitazione persino ad
appellarmi agli ‘italiani’. Siamo in ritirata: demografica, civile, sociale – Spopolo
d’Italia – ma anche culturale, spirituale e morale. La pandemia è riuscita perfino a
peggiorare la nostra decadenza. Più morti che nati, più vecchi che giovani, più
pensionati e assistiti che lavoratori”.
Ho nel
cuore il tuo “Imperdonabili. Cento ritratti di maestri sconvenienti”. Hai diviso i capitoli in giganti,
idee che mossero il secolo, intelligenze pericolose, spiriti inquieti,
sismografi di un’epoca, maestri veri e controversi, penne che lasciano il
segno, presenze oniriche e assenze profetiche. Ammetti di avere un debole, tra loro,
per Giuseppe Prezzolini?
“No,
non ho un debole per Prezzolini, semmai con Prezzolini scopro il mio lato
debole: con
lui scopro il disincanto, il non nutrire fiducia negli italiani, nel presente,
nel mondo circostante. Si diventa conservatori per disillusione, per salvare il
salvabile, che è poi la civiltà. Gli Imperdonabili li amo tutti, o quasi, come
direbbe Filomena Marturano dei suoi figli, e ti dirò di più: amo ancor più i
neonati, una ventina di nuovi imperdonabili, già ritratti, che attendono di
aggiungersi ai cento fratelli maggiori”.
E noi
li aspettiamo con impazienza, per nascere a nuova vita.
(adhocnews.it/tampone-anale-la-commissione-europea-spinge-forte-perche-si-utilizzi/).
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