LA “RELIGIONE” DEL MONDIALISMO
SPIEGATA DALLA
GLOBALISTA “CRICCA DI DAVOS”.
Perché
gli Stati della NATO stanno
commettendo
un
Suicidio Energetico?
Conoscenzealconfine.it
- (14
Febbraio 2022)- F. William Engdahl-ci dice :
C’è un
grande paradosso nella postura militare sempre più aggressiva degli Stati Uniti
e della NATO verso la Russia e la Cina, se confrontata con le politiche
economiche nazionali chiaramente suicide dell’Agenda Verde degli Stati Uniti e
degli stati dell’UE e della NATO.
Una
sorprendente trasformazione delle economie dei paesi industriali più avanzati
del mondo è in corso e sta guadagnando slancio.
Il cuore di questa trasformazione è l’energia,
e l’assurda richiesta di energia a “zero carbonio” entro il 2050 o prima.
Eliminare il carbonio dall’industria energetica non è
possibile ora, né forse mai.
Ma se
viene perseguito, significherà fare a pezzi le economie più produttive del
mondo.
Senza
una valida base energetica a livello industriale i paesi della NATO
declineranno anche dal punto di vista militare.
Non possiamo parlare di energia “rinnovabile” per il
solare, l’eolico e l’accumulo di batterie. Dobbiamo piuttosto parlare di energia
inaffidabile. Questa è una delle più colossali delusioni scientifiche della storia.
Il 31
dicembre, il nuovo governo di coalizione tedesco ha chiuso definitivamente tre
delle sei centrali nucleari rimanenti.
Lo
hanno fatto in un momento in cui le forniture di gas naturale erano
estremamente basse alla vigilia di un inverno difficile, e qualsiasi fronte
freddo grave potrebbe portare a interruzioni di corrente. A causa del rifiuto della Germania
di permettere l’importazione di un secondo gasdotto russo, Nord Stream 2, la
Germania sta affrontando un aumento del 500% del prezzo spot dell’elettricità
rispetto al gennaio 2021.
La
Crisi Energetica dell’UE era stata Prevista anche dalla “Cricca di DAVOS “.
Nel
2011, quando la cancelliera Merkel dichiarò la fine anticipata del nucleare, la
sua famigerata Energie-wende, per uscire dal nucleare e passare alle fonti
rinnovabili, 17 centrali nucleari fornivano in modo affidabile il 25% di tutta
l’elettricità del paese.
Gli
altri tre impianti dovrebbero chiudere entro la fine del 2022.
Allo
stesso tempo, il programma di energia verde del governo dal 2016 ha portato
alla chiusura di 15,8 Giga-Watt di generazione a carbone da gennaio 2022.
Per compensare il fatto che il solare e
l’eolico, nonostante la propaganda incandescente, non riempiono il vuoto, la
rete elettrica tedesca deve importare una quantità significativa di elettricità
dai vicini dell’UE, Francia e Repubblica Ceca, ironicamente in gran parte dalle
loro centrali nucleari.
La Germania
ha ora i costi dell’elettricità più alti di tutti i paesi industrializzati a
causa dell’Energie-wende.
La
fornitura di elettricità nucleare dalla Francia è ora un problema. A dicembre, EDF, l’agenzia nucleare
francese, ha annunciato la chiusura di quattro reattori per ispezione e
riparazione, in seguito alla scoperta di danni da corrosione. Il presidente Macron, che affronta le
elezioni in aprile, sta cercando di giocare al campione nucleare nell’UE,
opponendosi alla forte posizione antinucleare della Germania.
Ma il
ponte nucleare è vulnerabile e la Francia è improbabile che faccia nuovi grandi
investimenti nel nucleare, nonostante le recenti dichiarazioni, con piani per
chiudere dodici reattori nei prossimi anni, così come il carbone, lasciando
Francia e Germania vulnerabili alle future carenze energetiche.
Il programma France 2030 di Macron prevede di
investire ben 1,2 miliardi di dollari nella tecnologia nucleare per le piccole
centrali.
Ma la
questione nucleare non è l’unica mosca nel brodo energetico dell’UE.
Ogni
aspetto dell’attuale piano energetico dell’UE (VOLUTO DALLA CRICCA DI DAVOS) è progettato per distruggere una
moderna economia industriale, e gli architetti che finanziano generosamente i think tank verdi, come il Potsdam
Institute in Germania, lo sanno.
Ottenere
l’eolico e il solare, le uniche due opzioni serie in corso di realizzazione,
per sostituire il carbone, il gas e il nucleare è semplicemente impossibile.
Mulini
a Vento e la Follia delle Folle.Per la Germania, un paese con un’insolazione non
ottimale, l’energia eolica è la principale alternativa. Il problema
dell’energia eolica, come ha dimostrato l’inverno del 2021, è che non sempre il
vento soffia, e inoltre lo fa in modo imprevedibile. Questo significa interruzioni
di corrente o un sistema di backup affidabile, il che significa carbone o gas
naturale, dato che il nucleare è escluso. Le turbine eoliche sono valutate in
modo fuorviante in termini di capacità teorica lorda, quando Stati come la
Germania vogliono vantarsi dei progressi nelle energie rinnovabili.
In
realtà, ciò che conta è l’elettricità effettiva prodotta nel tempo o il
cosiddetto fattore di capacità o fattore di carico.
Per il
solare, il fattore di capacità è di solito solo circa il 25%.
Nell’Europa
del nord o nell’America del nord, il sole non splende 24 ore al giorno.
Né il cielo è sempre senza nuvole.
Né il
vento soffia sempre, ed è inaffidabile.
La
Germania vanta il 45% di produzione lorda di energia rinnovabile, ma questo
nasconde la realtà.
In uno
studio del 2021, l’Istituto Frauenhofer stima che la Germania ha bisogno di installare almeno da sei
a otto volte più energia solare di oggi per raggiungere l’obiettivo del 2045 a
zero emissioni di carbonio, per il quale il governo si rifiuta di stimare i
costi, ma le stime private si aggirano sui mille miliardi.
Il rapporto dice che l’attuale capacità solare
lorda di 54 GW deve raggiungere 544 GW entro il 2045.
Questo
significherebbe 1,4 milioni di ettari di terra, o più di 16.000 chilometri
quadrati di pannelli solari solidi in tutto il paese. A questo si aggiungono le
grandi stazioni eoliche. È una ricetta suicida.
La
frode dell’eolico e del solare come opzione ragionevole a zero emissioni di
carbonio sta cominciando ad essere realizzata.
Il 5 gennaio di quest’anno ad Alberta, Canada,
dove il governo sta costruendo furiosamente siti eolici e solari, in una
giornata di freddo pungente con temperature vicine ai -40°, i 13 impianti
solari di Alberta collegati alla rete, con una capacità nominale di 736
megawatt, fornivano 58 megawatt alla rete.
I 26
parchi eolici, con una capacità nominale combinata di 2269 megawatt, hanno
fornito 18 megawatt alla rete.
Le
rinnovabili totali erano solo 76 megawatt su un totale teorico di 3005 megawatt
di presunta energia verde e rinnovabile.
Il Texas, durante la forte nevicata del febbraio 2021, ha avuto
gli stessi problemi con l’energia solare ed eolica della Germania. Inoltre, quando
nevica, i parchi solari sono inutili.
Allo
stesso modo, per raggiungere il carbonio zero da fonti rinnovabili, enormi aree
di terreno devono essere coperte da riflettori solari o dedicate ai parchi
eolici.
Secondo una stima, l’area necessaria per ospitare le
46.480 centrali solari proposte negli Stati Uniti è di 650.720 miglia quadrate,
o quasi il
20% dei 48 territori inferiori degli Stati Uniti. Questo equivale alle
dimensioni di Texas, California, Arizona e Nevada messi insieme.
Solo
negli Stati Uniti, nello stato della Virginia, una nuova legge verde, il Virginia Clean Economy Act
(VCEA), ha
portato a un enorme aumento delle richieste di progetti solari, che ad oggi ammontano a 780 miglia
quadrate di pannelli solari.
Come
sottolinea David Wojick, si tratta di circa 500.000 acri di campagna, terreni
agricoli o foreste distrutti e asfaltati, con circa 500 progetti separati che
coprono gran parte della Virginia rurale, che richiederanno uno sbalorditivo
160 milioni di pannelli solari, per lo più provenienti dalla Cina e tutti
destinati a diventare centinaia di tonnellate di rifiuti tossici.
Milioni
di Posti di Lavoro?L’amministrazione Biden e lo zar delle energie rinnovabili
John Kerry
hanno falsamente affermato che il loro programma verde o “Build Back Better” avrebbe portato a milioni di nuovi
posti di lavoro.
Non
menzionano che questi posti di lavoro saranno creati in Cina, che produce la
maggior parte dei pannelli solari, un monopolio virtuale dopo aver distrutto la
concorrenza americana ed europea un decennio fa con pannelli economici e
sovvenzionati di fabbricazione cinese. Allo stesso modo, la maggior parte
dell’energia eolica è prodotta in Cina da aziende cinesi.
Nel
frattempo, la Cina usa volumi record di carbone e rimanda la sua promessa di
raggiungere il carbonio zero entro il 2060, dieci anni dopo l’UE e gli USA.
Non
vuole mettere in pericolo il suo dominio industriale per il bene di una teoria
climatica( della cricca di Davos ) basata su dati falsi e bugie, per la quale la CO2 sta per
distruggere il pianeta.
La
federazione sindacale tedesca DGB ha recentemente stimato che dal 2011 la
Germania ha perso circa 150.000 posti di lavoro nel solo settore delle energie
rinnovabili, soprattutto perché i pannelli solari di fabbricazione cinese hanno
distrutto le principali aziende solari tedesche.
E la
Germania è il paese più verde dell’UE.
Poiché,
per definizione, le energie rinnovabili meno energivore dell’eolico e del
solare fanno salire i costi di base dell’elettricità, tolgono più posti di
lavoro nell’economia generale di quanti ne creino.
Il
Crollo Industriale della NATO (quello che auspicano quelli della cricca di Davos).
Poiché
l’energia solare ed eolica sono in realtà molto più costose degli idrocarburi
convenzionali o dell’elettricità nucleare, aumentano il costo complessivo
dell’energia elettrica per l’industria, costringendo molte aziende a chiudere o
a trasferirsi. Solo la frode statistica ufficiale nasconde questo fenomeno.
L’Europa
e gli Stati Uniti avranno bisogno di enormi volumi di acciaio e cemento per
costruire i milioni di pannelli solari o parchi eolici previsti. Questo
richiede enormi quantità di carbone convenzionale o di energia nucleare.
Quante
stazioni di ricarica per auto elettriche saranno necessarie per caricare a casa
47 milioni di auto elettriche tedesche?
Quale
domanda supplementare di elettricità?
Un
importante think tank americano sull’energia verde, RethinkX, ha pubblicato uno studio di
propaganda per le rinnovabili nel 2021, intitolato “Rethinking Energy 2020-2030: 100%
Solar, Wind and Batteries is Just the Beginning”.
La loro risposta ai problemi di bassa capacità per
l’eolico e il solare è di costruire il 500% o anche il 1000% in più del
previsto per compensare il basso fattore di capacità del 25%.
Sostengono
assurdamente, senza alcuna prova concreta, che: “La nostra analisi mostra che il 100%
di elettricità pulita da una combinazione di solare, vento e batterie (SWB) è
fisicamente possibile ed economicamente accessibile in tutti gli Stati Uniti
continentali e nella stragrande maggioranza delle altre regioni popolate del
mondo entro il 2030… questo eccesso di generazione di energia pulita – che noi
chiamiamo superpotenza – sarà disponibile a un costo marginale vicino allo zero
per la maggior parte dell’anno…“. Questa affermazione è presentata senza un
briciolo di dati o di analisi di fattibilità scientifica concreta,
semplicemente un’affermazione dogmatica della “cricca di Davos”.
Il
defunto architetto canadese dell’Agenda 21 dell’ONU, Maurice Strong, un petroliere
miliardario amico di David Rockefeller, era sottosegretario dell’ONU e
segretario generale della conferenza della “Giornata della Terra” tenutasi a
Stoccolma nel giugno 1972.
Era
anche membro del consiglio della Fondazione Rockefeller.
Più di chiunque altro, è responsabile dell’agenda di
deindustrializzazione dell’ “economia sostenibile” senza carbonio.
Al
Summit della Terra delle Nazioni Unite a Rio nel 1992, ha dichiarato
apertamente l’agenda brutale degli eugenisti radicali come Gates e Schwab:
“L’unica
speranza per il pianeta non è che le civiltà industrializzate crollino? Non è
forse nostra responsabilità realizzarlo?” Questa agenda è in gran parte il
Grande Reset di oggi.
La
Guerra Ora?
Se le
economie un tempo avanzate ed energivore dei paesi membri della NATO in Europa
e negli Stati Uniti continuano su questa strada suicida, la loro capacità di organizzare una
difesa o un attacco militare convincente diventerà un miraggio.
Recentemente, la corrotta presidente globalista della
Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che l’industria
tedesca della difesa ad alta tecnologia e i suoi fornitori non dovrebbero
ricevere credito bancario perché non sono abbastanza “verdi” o “sostenibili”.
Sembra che le banche abbiano già ricevuto il
messaggio.
Insieme al petrolio e al gas, la produzione
della difesa è ora presa di mira.
Von
der Leyen , (quale succube delle
aspirazioni omicide della cricca di Davos)
e come ministro della difesa tedesco, era stato ampiamente accusato di aver lasciato
che la difesa tedesca crollasse in uno stato catastrofico.
Nel
loro perseguimento unilaterale dell’Agenda 2030 e dell’agenda zero-carbonio,
l’amministrazione Biden e l’UE stanno impostando (entrambe globaliste )la loro industria su un percorso di
distruzione ben prima della fine di questo decennio.
Questo
a sua volta sta guidando l’attuale agenda della NATO verso la Russia in
Ucraina, Bielorussia, Armenia e ora Kazakistan?
Se le
potenze della NATO sanno che non avranno l’infrastruttura industriale militare
di base nel prossimo futuro, pensano che sia meglio provocare una possibile
guerra con la Russia ora, per eliminare la potenziale resistenza alla loro
agenda di de-industrializzazione?
A
parte la Cina, la Russia è l’unico paese in grado di dare un colpo devastante
alla NATO, se provocata.
Psicosi
delle Formazioni di Massa e o “Follia delle Masse”.
Nel
1852, lo storico inglese Charles Mackay scrisse un classico intitolato “Memoirs on Extraordinary Popular
Delusions and the Madness of Crowds”, che dà una visione poco conosciuta dell’isteria di massa dietro le
grandi crociate religiose del XII secolo, la caccia alle streghe o la follia
dei tulipani olandesi e molti altri deliri popolari.
È rilevante per capire la corsa irrazionale globale al
suicidio economico e politico voluto dalla
“Cricca di Davos”.
Gli
stessi attori chiave dietro i mandati di vaccinazione di massa anti-covid per
un vaccino sperimentale geneticamente alterato che si susseguono in tutto il mondo,
compresi Bill Gates e Papa Francesco, sono dietro il Grande Reset di Klaus
Schwab del World Economic Forum e la sua follia verde a zero carbonio dell’Agenda 2030
dell’ONU, al fine di far accettare al mondo misure economiche draconiane senza
precedenti.
(I
delinquenti della cricca di Davos verranno puniti e distrutti !Ndt).
Questo
richiederà una popolazione docile e fisicamente debole, ciò che il professore belga di psicologia
Mattias Desmet e il dottor Robert Malone chiamano “psicosi delle formazioni di massa” una sorta di ipnosi di massa che ignora la ragione.
È
chiaro che sia il mito del riscaldamento globale che l’agenda della pandemia del
coronavirus richiedono una tale ipnosi di massa – una “straordinaria illusione popolare”.
Senza l’isteria da paura di Covid, non avremmo mai permesso all’agenda
verde di arrivare così lontano, tanto che le nostre reti elettriche sono sull’orlo del
blackout e le nostre economie sull’orlo del collasso. L’obiettivo finale della pandemia di
Covid dell’OMS e dell’Agenda Verde è una marcia verso il distopico Grande Reset di Schwab
dell’intera economia global, a beneficio di una dittatura di una manciata di società globali come
BlackRock o Google-Alphabet.
(F.
William Engdahl)-
(globalresearch.ca/why-do-nato-states-commit-energy-hara-kiri/5767063).
(vocidallastrada.org/2022/02/perche-gli-stati-della-nato-stanno.html).
Massimo
Garavaglia (Lega): "Dobbiamo fare
come
la Francia, ad aprile basta Green Pass."
msn.com-Money-redazione- (15-2-2022)- ci dice :
La
decisione di mettere l'obbligo del Super Green pass, "come altre, è stata presa
quando la curva era in salita esponenziale. La matematica del liceo ci dice che
se una curva cresce rapidamente, altrettanto rapidamente scende. Quindi da ora in avanti verranno
prese decisioni che vanno nella direzione opposta".
Lo
dice in un'intervista a Repubblica il ministro al Turismo Massimo Garavaglia,
secondo il quale "dobbiamo fare come la Francia, che ad aprile toglie tutto. Mi
auguro che lo stato di emergenza, che scade il 31 marzo, non sia rinnovato,
visto che i numeri migliorano di settimana in settimana. Di conseguenza tutte
le regole legate a quel provvedimento straordinario decadranno".
Da qui
a metà giugno, quando scadrà l'obbligo del Super Green pass per gli over 50,
"dovremo capire se ha ancora senso fare questo vaccino.
Si
tratta di indicazioni che deve dare il mondo della sanità, tenendo conto di
quello che dicono Oms e Aifa.
Comunque
le coperture sono molto alte e pensare di fare la vaccinazione l'estate
prossima ha poco senso".
Oltre
alla Francia, "che toglie tutto, chi è stato in Spagna sa che basta
un'autocertificazione e si entra nel Paese, e poi si può stare fuori fino alle
5 per la movida. Dobbiamo adeguarci per non perdere quote di mercato. Quindi
l'utilizzo del tampone per gli stranieri va profondamente rivisto".
Il
settore del turismo "vive di programmazione. Gli operatori devono
conoscere con largo anticipo le condizioni in cui dovranno operare. Per
l'estate la prospettiva è buona, ci sono già numeri interessanti, ma per Pasqua
dipende dalle scelte che si fanno ora".
Ad esempio "i corridoi turistici verso
l'estero, che comunque sono pochi, scadono a marzo. Bisogna che oggi, domani al
massimo vengano prorogati".
E "poi spero che ad aprile i corridoi non ci
siano più e che le liste dei Paesi dove andare e non andare siano
eliminate".
Garavaglia
vorrebbe "una regola generale: sotto una certa soglia di occupazione dei posti
letto in rianimazione si tolgono tutte le misure, sia per gli italiani che per
chi arriva dall'estero".
Colpo
di scena a Kiev: il Presidente Zelensky
chiede
le Prove dei
Piani di Invasione della Russia.
Conoscenzealconfine.it-
Redazione- ( 14 Febbraio 2022)- ci dice :
Alti
funzionari di Kiev, dal presidente al ministro della difesa al segretario del
Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale, hanno messo in dubbio le
illazioni statunitensi ed europee sui presunti piani della Russia per
un’invasione su vasta scala dell’Ucraina.
Washington
e i suoi alleati denunciano da mesi il “pericolo di invasione”. Il presidente ucraino Vladimir
Zelensky ha chiesto ai giornalisti di fornire le prove dei presunti piani
imminenti della Russia per lanciare un’invasione su vasta scala del suo Paese.
“Ci
sono state troppe notizie su una guerra su vasta scala con la Russia, anche
date specifiche sono state annunciate. Capiamo che ci sono dei rischi. Se avete
ulteriori informazioni sull’invasione garantita al 100% dell’Ucraina da parte
della Russia il 16 febbraio, vi preghiamo di comunicarcelo”, ha detto Zelensky
ai giornalisti oggi.
Zelensky
ha detto di non credere al pericolo di una guerra su vasta scala al momento.
“Devo parlare all’opinione pubblica con informazioni reali a portata di mano.
Riceviamo informazioni da molte fonti. Abbiamo anche l’intelligence. Non penso che
sia peggio dei servizi segreti di altri Paesi”, ha osservato. Il presidente
ucraino ha aggiunto che il suo Paese deve essere preparato a passi ostili
provenienti “da qualsiasi confine”.
Le
osservazioni di Zelensky seguono la pubblicazione del giornale americano
Politico di venerdì, secondo cui la Russia potrebbe iniziare un’invasione su
più fronti dell’Ucraina “il 16 febbraio”, con il presidente Biden che ha detto
di aver informato gli alleati europei dell’America di questi piani.
Lo
stesso giorno, un giornalista della PBS ha affermato che diversi “funzionari statunitensi, occidentali
e della difesa” gli avevano detto che il presidente russo Vladimir Putin aveva preso la
decisione irremovibile di invadere l’Ucraina, il cui obiettivo finale potrebbe
essere il “cambio di regime”, all’inizio della “prossima settimana”.
Il
consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha
respinto le affermazioni dell’ “ordine di invasione” in una conferenza stampa
sempre di venerdì, ma ha versato benzina sul fuoco esortando tutti gli
americani a lasciare l’Ucraina entro 48 ore. “Siamo alla finestra quando
un’invasione potrebbe iniziare in qualsiasi momento, se Vladimir Putin
decidesse di ordinarla”, ha detto Sullivan.
Nei
colloqui telefonici odierni avuti dai capi delle diplomazie di Russia e Stati
Uniti, Sergey Lavrov ha fatto notare al segretario di Stato, Antony Blinken,
che la propaganda occidentale sulla “aggressione russa” contro l’Ucraina ha
scopi provocatori.
Lunedì
scorso il ministero degli Esteri ucraino ha dichiarato che Stati Uniti, Regno
Unito, Germania e Australia hanno notificato la loro intenzione di evacuare le
famiglie dei diplomatici. Il capo della politica estera della Ue, Josep Borrell, ha
affermato che i Paesi membri del blocco non evacueranno il loro personale
diplomatico dall’Ucraina.
Allo
stesso tempo il ministero degli Esteri belga ha aggiornato le sue
raccomandazioni sui viaggi, invitando i cittadini belgi a lasciare l’Ucraina,
aggiungendo che l’evacuazione non può essere garantita se le tensioni
aumentano. Il ministero degli Esteri tedesco ha esortato i cittadini a lasciare
l’Ucraina a meno che non sia assolutamente necessario rimanervi.
In
questo contesto anche la Russia ha deciso di ottimizzare il suo personale di
stanza in Ucraina, per paura di nuove provocazioni, ha affermato il ministero
degli Esteri russo, aggiungendo che la sua ambasciata e i suoi consolati in
Ucraina continueranno a svolgere i loro compiti principali.
(it.sputniknews.com/20220212/colpo-di-scena-a-kiev-presidente-zelensky-chiede-le-prove-dei-piani-di-invasione-della-russia-15081113.html).
Per il forum dei miliardari di Davos
il
Covid-19 è l'occasione per resettare
l'economia
mondiale,
ma a vantaggio di pochi.
Italiaoggi.it-
Tino Oldani- (4 -11-2020 )- ci dice :
Incredibile,
ma vero: c'è chi vede nella pandemia mondiale da Covid-19, con i suoi milioni
di contagi e i tanti morti, un'occasione irripetibile per avere più ricchezza e
più potere.
Una visione cinica, con l'ambizione di essere nello
stesso tempo un punto di riferimento culturale per le élites mondiali del
potere finanziario e politico. La prova?
Basta leggere i passaggi chiave del rapporto «Covid-19. The Great Reset», ordinato dal World economic forum (Wef), il club esclusivo che ogni anno
riunisce a Davos, in Svizzera, i supermiliardari e i leader politici del mondo
per tracciare gli scenari futuri e come affrontarli.
Il rapporto è firmato da Klaus Schwab, 82 anni, da
sempre grande regista del club di Davos, e da un suo collaboratore, Thierry
Malleret, direttore del Global risk network, che opera all'interno del Wef.
Un
libro preparato in vista del prossimo meeting di Davos, che solitamente si
tiene a gennaio, rinviato però a metà maggio 2021 (dal 18 al 21) a causa della
pandemia, con sede non più a Davos, ma a Burgenstock, cittadina vicino a
Lucerna.
Questa
nuova bibbia dei supermiliardari non cela affatto il cinismo, ma usa un
linguaggio chiaro, perfino spietato: «Molti si chiedono quando torneremo alla
normalità. La risposta è concisa: mai.”
“Ci sarà sempre un'epoca di 'prima del Coronavirus' e
'dopo il Coronavirus'. Il peggio della pandemia deve ancora venire».
Ancora: «Affronteremo le sue ricadute per
anni e molte cose cambieranno per sempre. Ha provocato sconvolgimento economici
di proporzioni monumentali, e continuerà a farlo. Nessuna azienda sarà in grado
di evitare l'impatto dei cambiamenti futuri. O tutti si adatteranno all'Agenda
del Great Reset, o non sopravviveranno. Milioni di aziende rischiano di
scomparire, soprattutto quelle di dimensioni piccole. Soltanto poche saranno abbastanza
forti da sopportare il disastro».
Grazie
alla blogger francese, Virginie Février, che ha fatto una sintesi del rapporto
citando i passaggi più incisivi, è possibile capire che cosa Schwab e Malleret
intendono per grande riassetto:
«Alcuni
industriali e alcuni quadri superiori rischiano di confondere il reset con un
re-inizio. Ma non sarà un re-inizio, non può succedere. Le misure di
distanziamento sociale e fisico rischiano di persistere ben al di là della
scomparsa della pandemia. E questo servirà per giustificare la decisione di
numerose aziende nei più svariati settori di accelerare l'automatizzazione. Non è affatto sicuro che la crisi del
Covid-19 faccia pendere la bilancia a favore del lavoro contro il capitale. Politicamente e socialmente sarebbe
possibile, ma il dato tecnologico cambia tutto».
Così,
ecco qualche squarcio illuminante sui cambiamenti attesi per il futuro: «Fino all'86% dei posti di lavoro
nella ristorazione, il 75% dei posti di lavoro nel commercio al dettaglio e il
59% dei posti di lavoro nei giochi e divertimenti potrebbero essere
automatizzati entro il 2035.
Fino al 75% dei ristoranti indipendenti potrebbero non
sopravvivere al confinamento e alle misure di distanziamento sociale ulteriori.
Nessuna industria o azienda sarà risparmiata».
Le
ricadute sul modo di governare l'economia investiranno tutti i paesi, costringendo
i governi a prenderne atto, fermo restando un principio cardine per il club di
Davos: «La
governance mondiale è al cuore di tutte le altre questioni».
È
facile prevedere che una frase simile scatenerà i cosiddetti «complottisti», che da anni vedono nel World economic
forum il fautore di un Nuovo ordine mondiale, dove a comandare saranno, più di
oggi, le élites del potere finanziario.
Ma il rapporto di Schwab e Malleret se ne infischia
dei complottisti, e va giù piatto: «La tirannia della crescita del pil
finirà. La
fiscalità aumenterà. Come nel passato, la logica sociale e la giustificazione
politica alla base degli aumenti delle imposte saranno basati sulla narrativa
dei 'paesi
in guerra' (ma
questa volta contro un nemico invisibile)». Risultato: la classe media sarà spolpata, mentre aumenteranno i redditi di
cittadinanza.
Confermando
quanto è già accaduto con i primi lockdown, il rapporto del Wef vede lo
statalismo in crescita: «Il controllo pubblico delle aziende private aumenterà. Le
aziende non aderiranno a queste misure perché le considerano 'buone', ma
piuttosto perché il prezzo da pagare per non sottomettersi sarà troppo alto in
termini di collera dei militanti».
Quali
militanti? Ovvio:
i giovani che, come Greta Thunberg, scendono
in piazza per il clima, o quelli che lo fanno per i diritti sessuali.
È su di loro che i supermiliardari di Davos
contano per fare passare la loro nuova dottrina: «L'attivismo dei giovani aumenta nel
mondo, essendo rivoluzionato dalle reti sociali che accentuano la mobilitazione
a un livello che sarebbe stato impossibile precedentemente. Assume diverse
forme, dalla partecipazione politica non istituzionale alle manifestazioni e
proteste, e affronta questioni diverse, come il cambiamento climatico, le
riforme economiche, la parità dei sessi e i diritti Lgbt. La nuova generazione
è fermamente all'avanguardia del cambiamento sociale. Non ci sono dubbi che sarà il
catalizzatore del cambiamento sociale e una fonte di slancio critico per il
Great Reset».
Gli
unici ostacoli, conclude il rapporto, saranno il sovranismo e la religione, «un
miscuglio tossico», che è così descritto:
«Con
il lockdown, il nostro attaccamento ai prossimi si è potenziato con un
sentimento rinnovato di apprezzamento per tutti coloro che amiamo: la famiglia
e gli amici. Ma il lato oscuro è lo scaturire di sentimenti patriottici e
nazionalistici, con considerazioni religiose ed etniche preoccupanti. Questo miscuglio tossico ha messo in
risalto il peggio di noi stessi in quanto gruppo sociale».
Populisti,
sovranisti, e ora anche il papa e i preti, si considerino avvisati.
Il Super Green Pass assomiglia
a un'arma di distrazione di massa.
Italiaoggi.it-
Marco Bianchi-(22-1-2022)- ci dice :
Se ci
fosse bisogno di una riprova della superficialità del dibattito interno al
nostro Paese, basterebbe dare un veloce sguardo a trasmissioni, siti e talk
show.
Dai titoli e dagli argomenti trattati il convincimento
è che l'Italia abbia un solo grossissimo problema: il Green Pass (super o
semplice che sia). Su questo tema si è sviluppato - ed è tutt'ora in corso - un
ampio dibattito dai risvolti anche costituzionali.
Un
dibattito talmente largo da impegnare pagine e pagine, ore e ore, parole su
parole per giungere poi a niente, vista la normativa esistente.
Ma la sterilità dei risultati raggiunti non
scoraggia i sostenitori dell'illegittimità dello strumento adottato dal
Governo. E quindi il rumore di fondo prosegue imperterrito, distraendo tutti
dai veri problemi del Paese. E non è questa una frase rubata alla teoria
benaltrista. Ma il dubbio, che questo sterile dibattito possa essere alimentato ad
arte per non trattare di alcuni temi esiziali per la nostra economia, è molto
forte. E
già, perché mentre impazza lo scambio di invettive tra i si-GP e i no-GP, le
aziende italiane fanno i conti con la crisi che li attanaglia.
E non
inganni la ripartenza dell'occupazione. Sono per lo più contratti a termine
attivati per gestire momentanei picchi di attività. Ma la realtà quotidiana
delle imprese, quella non vissuta né dalla P.A. nè dalla politica, descrive
aziende in ginocchio per il vertiginoso aumento dell'energia e delle materie
prime, arrivate a costi inaccessibili ai più.
Descrive
imprenditori oberati dai debiti pregressi per costi fissi, accumulati durante
le chiusure imposte negli ultimi due anni. Descrive un debito bancario da dover
ripianare, pur se garantito parzialmente dallo Stato.
Insomma descrive una realtà ben peggiore di gaudenti
iper-burocrati che gongolano al grido “l'economia cresce e tutto va per il
meglio".
Cosa
vera se legata al periodo contingente, assolutamente falsa se valutiamo
l'intera involuzione della nostra economia da inizio pandemia. Ma queste
riflessioni si possono fare se si conosce il mondo dell'impresa.
Se
invece non si hanno contatti diretti con la realtà, se si adotta uno stile di vita
autoreferenziale, se si parla (e si legifera) per sentito dire, si è distanti
anni luce dalle esigenze vere del Paese, in cui si stanno concretizzando
aumenti vorticosi dei prezzi al dettaglio, situazione che farà galoppare
l'inflazione.
Ma ad alti livelli ci si distrae e si gioca
dedicandosi al dibattito su quello che sembra apparire l'unico e vero problema
dell'Italia: il Super Green Pass...
La
bufera pandemica, la “shock economy”
e la
teoria del “great reset”.
Cn24tv.it-
Natale G. Calabretta-(23 novembre 2021)- ci dice :
Klaus
Schwab.
È bene
esplicitarlo fin dalle prime parole: la bufera “pseudo-pandemica” che ha
investito il mondo non è altro che un “cavallo di Troia” che ha spianato la
strada al progetto globale del “great reset”, la grande cancellazione.
Indipendentemente,
infatti, dalla genesi della narrazione della Covid-19, il fatto di aver costituito una emergenza
sanitaria infinita si è rivelata l’“opportunità” e l’“occasione” - questi i termini usati dai poteri
dominanti e dalla tecnocrazia del World Economic Forum di Davos e del Fondo Monetario
Internazionale - per poter ottenere e sostenere la legittimazione morale del “great reset” che è una dottrina che si inserisce
all’interno dell’Agenda Globale 2030 dell’Onu:
è la rigenerazione di un nuovo capitalismo
votato alla distruzione di quanto esistito finora, alla negazione dell’ordine
mondiale così come lo abbiamo conosciuto talmente incardinato sul principio di
libertà degli individui da essere una minaccia per il potere globalista.
(è la
nuova “religione mondialista”… bellezza! Ndr.)
Tra
gli aspetti più inquietanti descritti e predisposti nella dottrina del “great
reset” sono l’introduzione programmata di trasformazioni antropologiche e di cancellazioni culturali e la totale
assenza di una prospettiva di crescita o di maggior benessere economico.
È
presente, invece, la visione sempre più concreta di una società completamente
regolata su un piano digitale dall’“intelligenza artificiale” (AI) comandata da algoritmi sempre
più autocoscienti ed evolutivi che agiranno sul piano materico attraverso
macchine in grado di imparare da errori e di immagazzinare informazioni
esperienziali (big data) mettendo in rete le nuove informazioni (“internet
delle cose”) a cui i vari devices (anche case, le automobili e i vestiti)
potranno attingere per evolversi.
In
tale scenario l’uomo verrà relegato alla figura di competitor, costretto a
ritagliarsi uno spazio di identità civile ed economica all’interno del mondo da
lui stesso creato:
una
competizione che coinvolge anche la sfera della tutela dei diritti e della
privacy dei lavoratori che vedranno come oggetto del contendere e del difendere
le loro
esigenze “umane” contro quelle pressoché inesistenti e fortemente competitive di macchine ad autocontrollo e sistemi evoluti di automazione
replicante.
“Il
disegno globale ,un continuum di lunghi periodi di terrore.”
(bisogna dichiarare guerra al
terrorismo della paura …tutto per arricchire chi è già straricco. Ndr.)
Per
perseguire questo progetto di mondo “futuro-prossimo”, la dottrina del “great
reset” sfrutta come una “occasione” la paura indotta ad arte nelle masse dalla
narrazione pandemica di questi ultimi anni, grazie alla quale accelera
ulteriormente il suo disegno globale inserito in un continuum di lunghi periodi di terrore
mondiale già presenti negli anni passati con la paura del terrorismo
all’indomani dell’11 settembre 2001, prima, e, successivamente, con crisi finanziaria
legata alla bolla dei titoli subprime del 2008.
L’applicazione
opportunista di tale meccanismo si ispira alle teorie neoliberiste del così
detto “capitalismo
dei disastri” e della “shock economy”, già teorizzata de Milton Friedman
e definite da Naomi Klein vere e proprie tecniche di “tortura sociale”, per le quali è essenziale indurre
nella popolazione un persistente sentimento di paura rinnovato e consolidato a
livello inconscio dal susseguirsi di eventi catastrofici indotti o
tempestivamente strumentalizzati.
È
attraverso la paura che il potere innesca il processo manipolazione sociale utile per portare avanti politiche
sociali ed economiche che sarebbero altrimenti impopolari in uno stato
ordinario delle cose, ma che la percezione dello shock, la minaccia di altre
catastrofi future e la paura persistente, legittima e rende funzionali alla
nuova normalità.
La
crisi pandemica da Sars-Cov-2 o la sua predisposizione artefatta, si rivela una
ghiotta occasione per la cancellazione non solo di un sistema economico
capitalista globalista alla cinese che ha mostrato da decenni tutti i suoi
limiti, ma anche per uno sconvolgimento sociale e antropologico che porta alla
creazione di un nuovo mondo abitato da una nuova umanità.
(A
questo fine… non è necessario distruggere l’umanità! Ndr.)
A
spiegarlo in questi termini inequivocabili nel dossier “La quarta rivoluzione
industriale”, pubblicato in italiano con la prefazione di John Elkann, è lo
stesso Klaus Schwab, padre della teoria del “great reset” e fondatore del World
Economic Forum per il quale il “great reset” punta a creare nuovi paradigmi
economici transnazionali e conseguentemente nuovi paradigmi esistenziali per
tutti gli uomini della terra partendo, appunto, dalla una “globalizzazione razziale e di
genere”, prima che produttiva e finanziaria, che elimini gli attriti e
differenze invise ai processi produttivi al costo però, di una progressiva marginalizzazione
fino alla totale cancellazione delle culture etniche e nazionali e delle
identità individuali.
“L’uomo nuovo di Schwab senza patria e
la sharing economy”.
L’uomo
nuovo di Schwab non ha patria e non si riconosce in una cultura identitaria,
parla una neo-lingua derivata dall’inglese con molti meno vocaboli, funzionale
alla formulazione di concetti poco complessi, e il suo bagaglio culturale
annovera solo ed esclusivamente conoscenze derivate da una dottrina dogmatica
pseudotecnico-scientifica (ossia la religione mondialista!Ndr.) imposta universalmente perché non “umana” e
utile alla produzione.
L’uomo
nuovo figlio del “great reset” è perfettamente inserito in un mondo che non ha
contribuito in alcun modo a creare con il suo lavoro e la sua intelligenza: ne è escluso, è alieno e alienato.(Lo schiavo futuro non può
partecipare …ma solo ubbidire! Ndr.).
Secondo
Schwab e secondo quanto “progettato” nei dossier del World Economic Forum e
delle massime entità economiche e finanziarie private del pianeta, l’umanità
ridotta ad un quinto di quella attuale dovrà vivere e lavorare in un mondo
disegnato dalle potenze economiche ed industriali, non più dalle politiche
degli stati (Stakeholder Capitalism), e caratterizzato da una sempre più spinta
(se non totale) automazione della produzione in cui l’uomo non ha più nessun
ruolo.
Il
“great reset”, insomma, è un progetto ben documentato che non si nasconde
all’opinione pubblica, anzi viene divulgato dagli stessi autori e dai media
mainstream perché venga colto in tutta la sua portata eversiva, affinché tutti si rassegnino
all’inevitabile nel più breve tempo possibile e con il minor attrito sociale,
attraverso tecniche di controllo delle masse e di condizionamento mentale
tipiche della propaganda militare.(La ribellione totale ...è ciò che rimane alle masse
escluse e schiavizzate! Ndr.)
“Non
avrai nulla e sarai felice”, è questo il famoso slogan propagandistico coniato
da Ida Auken durante il Forum di Davos del 2016 dove si sintetizza il terrificante
progetto del World Economic Forum volto all’annullamento della proprietà
privata e all’adozione sempre più diffusa della sharing economy già tra gli
obiettivi dell’Agenda Mondiale 2030 per lo sviluppo sostenibile tutt’altro che
green.
E
ancora: la
stessa Kristalina Georgieva, capo del Fondo Monetario Internazionale, che nella sua pubblicazione “Dal grande lockdown alla grande
trasformazione”, esalta la militaresca applicazione del “coprifuoco”, della limitazione delle libertà e del
controllo degli spostamenti fino ad un vero e proprio “lockdown” delle attività
economiche e della vita sociale come strumento propedeutico alla creazione
della crisi che inneschi la “grande trasformazione”. Tutto molto familiare.
“Le
azioni politiche eteroguidate
e la
ri-feudalizzazione della società.”
Si
tratta, in realtà, di azioni politiche (eteroguidate) tendenti ad una
prospettiva di inquietante riconfigurazione antropologica, economica,
ambientale ed esistenziale a medio termine di importanza epocale, nel senso che
il suo successo cambierà l’umanità e il suo stare nel mondo come mai accaduto
nella storia.
È in
queste idee, in queste “parole d’ordine” che si conferma quindi come lo
scenario proposto dal “great reset” vuole portare alla costituzione di un “nuovo ordine”: lo si può intendere come una gigantesca azione coordinata su più
piani - politico, economico, sociale, sanitario, tecnologico, ambientale - improntato sulle sempre più
crescenti limitazioni della libertà individuale destinata a rafforzare l’impero
del neocapitalismo e avviare un’era nuova per l’umanità.
In
sostanza, l’obbiettivo del “great reset” è quello di una ri-feudalizzazione
della società.(o meglio di quello che ne rimarrà dopo la strage…Ndr!).
È un
mondo panottico e repressivo, “transumano” (visione post-darwiniana di umanità
aumentata), “postumano” (superamento della dicotomia uomo-macchina e alla
fusione della macchina nell’uomo e all’annullamento dell’uomo biologico nella
macchina), quello immaginato dai potentati economici sovranazionali della terra
in cui per la prima volta nella sua storia dovrà essere l’uomo ad adattarsi
alle esigenze tecnologiche della produzione e non già la tecnologia e la
produzione ad adattarsi alle esigenze e al progresso dell’uomo.
È un
mondo distopico (la cui nuova religione mondialista..Ndr!.) che odia l’uomo e sfida il divino,
quello disegnato nei consessi dei potentati economici e finanziari del mondo
(potentati non politici) che ha bisogno per realizzarsi per mezzo di una
ininterrotta serie di “scosse telluriche globali” che attraverso la paura demoliscano pian piano l’idea
politica di libertà nata all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, arrivando a teorizzare e
pianificare lo smantellamento della democrazia partecipativa come descritta ne “La
crisi della democrazia”, pubblicazione della “Trilateral Commission” con la prefazione di Gianni
Agnelli.
L’idea
di fondo è quella di uccidere la “incontrollabile democrazia” partecipativa dei
cittadini mantenendone in vita il vuoto simulacro attraverso il depotenziamento
delle nazioni, del proprio potere e della propria sovranità e tramite la
corrosione dello stato sociale, ridurre i popoli in passivi consumatori
depensanti.(diventati esseri rimbecilliti dalla paura.Ndr !).
Questo
progetto è perfettamente in linea con le strategie del “capitalismo delle
catastrofi,(voluto dai globalisti.Ndr) ” che stiamo vivendo e con i tempi lunghi di una
pianificazione basata sul “temporeggiamento”, l’“attesa” e sul nascondimento di concezioni
devastanti per umanità camuffate in idee di progresso.(verso ..ilnulla!Ndr.)
Una
strategia di demolizione della scomoda e ingestibile “umanità evoluta” che, nei
momenti di crisi trova le sue opportunità per imprimere improvvise
accelerazioni.
Ecco,
quindi, come sia possibile riconoscere nella sceneggiatura pandemica del 2020
una ennesima “strategia dello shock” volta al cambiamento dell’idea stessa di
civiltà nata sulle basi dell’indiscutibile necessità di libertà e diversità
delle genti di tutto il pianeta.
È
chiaro, in fine, con il pretesto di questa pandemia da Sars-Cov-2 (si veda la
definizione di “pandemia” delle Linee Guida Internazionali dell’OMS prima del
marzo 2020), complice la propaganda mediatica del nuovo “regime” e il silenzio
codardo degli intellettuali, si sia espugnata la cittadella intoccabile dei
diritti umani e si sia fatto un passo avanti verso la realizzazione del mondo sognato
dall’élite mondialista: dividere la società in “caste” e distinguere il potere
economico e chi lo detiene dalla massa indistinta di individui sempre più
poveri, soli, senza legami, senza diritti e senza radici, viventi di “nuda
vita”.
(…o
morti per non aver voluto accettare la nuova schiavitù! Ndr.)
Facili
(sic!) quindi da sfruttare e controllare per un governo globale
corrotto dagli interessi di pochi sempre più postumano che, di crisi mondiale in crisi
mondiale, si sta costruendo sotto i nostri occhi pieni di strumentale ed
indotta paura.
Meluzzi:
il
”vaccino” è
l’anticamera
del microchip.
Imolaoggi.it-Radio
Radiotv- (23 Maggio 2021)- ci dice :
Di
Radio Radio TV – L’emergenza ha introdotto nelle nostre vite una ricerca della sicurezza
mai così forte, ha rinnovato il concetto di salute portandolo all’estremo. Come
soluzione salvifica al pericolo percepito, che oggi si chiama Covid ma domani
potrebbe essere altro, ora ci viene proposto il vaccino. Il futuro cosa ci
offrirà?
Secondo
il professor Alessandro Meluzzi, ospite di Francesco Vergovich e Fabio Duranti,
“l’algoritmizzazione, la datizzazione,
il chippamento in rete di tutta l’umanità è la vera prospettiva per avere ordine
sociale, ordine sanitario”.
Ecco
il pensiero di Alessandro Meluzzi espresso in diretta a Un Giorno Speciale.
Microchip
e controllo.
“Allora, dove sta il trucco?
Il trucco sta nel fatto che il passaggio
successivo non sarà soltanto legato al fatto che per potere mantenere
l’integrità e la salute nel futuro (al di là che la questione del Covid
continui o non continui) bisognerà introdurre dall’esterno continuamente delle
sostanze esogene che permetteranno all’individuo di proteggersi dalle malattie e a chi governa la società di
introdurre delle sostanze che in qualche modo rappresentino la struttura di
controllo fondamentale della società stessa.
Basta
leggere i documenti di Davos o quelli della Fondazione Bill &Melinda Gates,
nei quali si dice che soltanto con il micro-chippamento generale della società
si potrà sapere esattamente qual è lo stato di salute di tutti gli abitanti
della Terra, sapere dove si trovano, sapere come si muovono.”
(Covid,
Draghi: “vaccinare rapidamente il mondo”).
Pericolo
vaccino . Trasformati in un’antenna.
Gruppolaico.it-
Redazione-(28 giugno 2021)- ci dice:
Un
criminale e globale progetto di controllo e “normalizzazione” dell’umanità
nascosto dietro il paravento della salute e dell’ecologia: questo è lo scopo del Grande Reset ( per chi non l’avesse ancora capito
leggere gli articoli a questo link: (gruppolaico.it/category/rassegna-stampa/emergenza-rassegna-stampa/ ) e i covidioti con la loro micidiale
passività e ignoranza ne sono i primi complici.
E’ per
raggiungere questa meta la ragione dell’isterica, ossessionante e cinica
propaganda vaccinale dei governucoli come il nostro ( Considerazioni al tempo del regime
sanitario . Intruglio, isteria, dittatura e morte. ) e se ne capisce il perché: costruire
un potere sugli uomini e donne come mai si era visto prima nella storia.
Renderci
tutti un’antenna ricevente e trasmittente ( come spiega molto bene il dott.
Stefano Montanari nell’ottimo video che segue) attraverso l’intruglio vaccinale con
i suoi metallici nanorobot ( Pericolo vaccino. Uno pseudo-vaccino
per controllarci. ).
Un
inizio deciso di transumanesimo digitale dell’essere umano, meta agognata dai criminali miliardari (Big Money), da Big Pharma e da Bigh Tech, di cui lo
pseudo-vaccino ( in realtà una terapia genica) è solo l’ultimo passo.
Eh si,
non c’è che dire: sono preoccupati amorevolmente per la nostra salute come
crede ciecamente il “povero” covidiota mascherato, tamponato, disinfettato,
distanziato, vaccinato e “antennato”. Poveri noi!
(GLR)
Stefano
Montanari, Mariano Amici, A. Gatti, S. De Mari in diretta TV SENZA CENSURA.
Dott.
Stefano Montanari (nano-patologo), Dott. Mariano Amici (medico), Dott.ssa Antonietta Gatti (già membro del Comitato Scientifico
Nazionale del Ministero della Difesa, Consulente della Commissione governativa
sull’ uranio impoverito e le malattie correlate, coordinatrice di progetti di
ricerca europei e italiani), Dott.ssa Silvana De Mari (medico chirurgo e scrittrice), Avv. Corrado Ruini (mental coach e formatore
professionista – co-fondatore della Free Health Academy).
(youtube.com/watch?v=bgKh620Hnhc). (30/5/2021).
Meluzzi
è uno psichiatra, criminologo, accademico e politico. E’ anche espressione
della chiesa ortodossa più tradizionale ( come si arguisce da alcune sue
espressioni): chi ha una visione laica della vita non si faccia bloccare da
questo nella visione del video. Sia laico veramente! Colga piuttosto la
straordinaria breve analisi dell’ossessione vaccinale che ha “colpito” i
governucoli come il nostro. Colga piuttosto la lucida analisi su ciò che ci aspetta. E si
faccia qualche domanda personale… (GLR)
“IL PROSSIMO PASSO: USERANNO LA SALUTE
PER CONVINCERE L’UMANITÀ A INFILARSI UN MICROCHIP“.
Passo
dopo passo l’intera società si sta muovendo verso terreni evolutivi ancora
inesplorati. La sanitarizzazione dovuta alla pandemia, unita alla
digitalizzazione del progresso scientifico, ci stanno portando dentro un mondo
nuovo, un nuovo modo di vivere.
L’
emergenza ha introdotto nelle nostre vite una ricerca della sicurezza mai così
forte, ha rinnovato il concetto di salute portandolo all’estremo. Come
soluzione salvifica al pericolo percepito, che oggi si chiama Covid ma domani
potrebbe essere altro, ora ci viene proposto il vaccino.
Il
futuro cosa ci offrirà?
Secondo
il professor Alessandro Meluzzi, ospite di Francesco Vergovich e Fabio Duranti,
“l’algoritmizzazione, la datizzazione, il chippamento in rete di tutta
l’umanità è la vera prospettiva per avere ordine sociale, ordine sanitario”.
Ecco
il pensiero di Alessandro Meluzzi espresso in diretta a Un Giorno Speciale.
Allora, dove sta il trucco? Il trucco sta nel fatto che il passaggio successivo
non sarà soltanto legato al fatto che per potere mantenere l’integrità e la
salute nel futuro (al di là che la questione del Covid continui o non continui)
bisognerà introdurre dall’esterno continuamente delle sostanze esogene che
permetteranno all’individuo di proteggersi dalle malattie e a chi governa la
società di introdurre delle sostanze che in qualche modo rappresentino la
struttura di controllo fondamentale della società stessa.
Basta
leggere i documenti di Davos o quelli della Fondazione Bill&Melinda Gates,
nei quali si dice che soltanto con il micro-chippamento generale della società
si potrà sapere esattamente qual è lo stato di salute di tutti gli abitanti
della Terra, sapere dove si trovano, sapere come si muovono.( 23/5/2021).
(youtube.com/watch?v=XLHdfkqR_X4).
Questo
che segue è uno dei più importanti articoli che abbiamo pubblicato sul nostro
sito intorno all’argomento “pericolo vaccino”. Un articolo lucido, analitico e
di chiara lettura ( che proprio per questo ha suscitato a partire dagli USA una
reazione scomposta, quindi rivelatrice della loro cattiva fede, dei fanatici
del Grande Reset e dei vaccini a tutti i costi).
L’enorme
apparato di riferimenti legati alle note che trovate nel testo ( al termine dell’articolo c’è il
link per consultarli) è indice di una ricerca serissima e scientifica che quasi mai i complici della “dittatura
sanitaria” fanno essendo solo servi che obbediscono ai nuovi padroni del mondo.
E che sanno solo rispondere, come in ogni buona dittatura, con la censura.
” C’è
chi dice no” recitava una famosa canzone di Vasco Rossi del 1987. Ecco un uomo
libero e pensante “che dice no” e ci spiega perché. (GLR)
Ecco
perchè non farò il vaccino COVID.
Alcuni
amici mi hanno chiesto quale fosse la mia opinione sui vaccini COVID, così ho
pensato che fosse il momento di scrivere un articolo sull’argomento. Visto che
la maggior parte di loro non era a conoscenza di quello che ho condiviso, ho
pensato che anche voi avreste potuto apprezzare alcune delle cose che avevo
detto. Sapendo quanto sia controverso l’argomento, una parte di me preferirebbe
scrivere di qualcos’altro, ma le discussioni e la copertura mediatica sono
talmente unilaterali che sento comunque il dovere di parlarne.
Christian
Elliot.
Com’è
mia abitudine, prometto di fare del mio meglio per essere equilibrato e non
farmi prendere dall’isteria. Non sono qui per litigare con nessuno, solo per
riportare alcune delle cose che ho letto, le mie continue domande e per spiegare perché non riesco a dare
un senso a questi vaccini COVID.
1.)- I
produttori dei vaccini hanno lo scudo penale.
L’unica
industria al mondo che non ha alcuna responsabilità per le lesioni o le morti
derivanti dai suoi prodotti è quella della produzione dei vaccini.
( In
base ad una legge del 1986, il National Childhood Vaccine Injury Act ,
rafforzato poi dal PREP Act , i produttori di vaccini non possono essere citati
in giudizio, anche se viene dimostrata una loro negligenza).
I
produttori di vaccini COVID sono autorizzati a creare un prodotto che va bene
per tutti, senza test su sottopopolazioni (cioè, persone con specifiche
condizioni di salute) e tuttavia non sono disposti ad accettare alcuna
responsabilità per eventuali eventi avversi o decessi causati dai loro
prodotti.
Se
un’azienda, per prima, non è disposta a sostenere che il suo prodotto è sicuro,
specialmente se è stato immesso sul mercato in fretta e senza test sugli
animali, non sono disposto a rischiare con il loro prodotto. Nessuna
responsabilità. Nessuna fiducia.
2.)-
Il dubbioso passato delle aziende dei vaccini.
Le
quattro principali aziende che producono questi vaccini COVID:
1.)-
Non hanno mai immesso sul mercato un vaccino prima del COVID (Moderna e Johnson
& Johnson).
2.)-
Sono pluricondannate (Pfizer e AstraZeneca).
3.)-
Sono entrambe le cose (Johnson & Johnson)..
Moderna
ha cercato di “Modernizzare il nostro RNA”
(da qui il nome della società) per anni, ma non è mai riuscita a portare
sul mercato prodotti di successo, ed è stato molto bello per loro ottenere un grosso
finanziamento governativo per continuare
a provarci.
Infatti,
tutti i maggiori produttori di vaccini (tranne Moderna) avevano pagato decine
di miliardi di dollari di danni per altri loro prodotti che avevano immesso sul
mercato, pur sapendo che avrebbero causato lesioni e decessi, basta ricordare,
per esempio Vioxx , Bextra , Celebrex , Thalidomide e gli oppioidi.
Se le
aziende farmaceutiche scelgono intenzionalmente di mettere sul mercato prodotti
dannosi quando possono essere citate in giudizio, perché dovremmo fidarci di un
prodotto su cui non hanno alcuna responsabilità?
Nel
caso in cui non mi fossi spiegato, permettetemi di ribadirlo: Tre dei quattro produttori di vaccini
COVID erano stati citati in giudizio per prodotti che avevano immesso sul
mercato, pur sapendo che avrebbero causato danni e decessi.
Johnson
& Johnson ha perso cause importanti nel 1995, 1996, 2001, 2010, 2011, 2016 e 2019 .
(Per quel che vale, il vaccino della J&J contiene anche tessuti di cellule
fetali abortite , forse un argomento per un’altra discussione).
Pfizer ha il record del più grande
risarcimento penale della storia. Hanno perso così tante cause che è difficile contarle. Potete
controllare la loro fedina penale qui . Forse è per questo che stanno chiedendo
che i Paesi in cui non godono ancora dello scudo penale mettano da parte
fondi per coprire le cause per danni da
vaccino.
Anche
AstraZeneca ha perso così tante cause che è difficile contarle. Eccone una .
Eccone un’altra , tanto per farvi capire.
E, nel
caso vi sia sfuggito, l’azienda si è vista sospendere il suo vaccino COVID in
almeno 18 paesi per problemi di trombi
ematici e hanno anche fatto un gran pasticcio nel corso di un meeting con la
FDA , fornendo dati sbagliati riguardanti il loro studio.
Oh, e,
apparentemente, J&J (il cui vaccino è approvato per “l’uso di emergenza” negli Stati Uniti) e AstraZeneca (il cui
vaccino NON è approvato per “l’uso di emergenza” negli Stati Uniti) hanno fatto una piccola confusione
con i loro ingredienti , in 15 milioni di dosi. Ops.
Permettetemi
di ribadire questo punto: vista la mancanza di responsabilità penale e i dubbi
trascorsi di queste aziende, perché dovremmo presumere che i loro vaccini siano
sicuri e confezionati a regola d’arte? Perché mai dovremmo fidarci di gente con
questa reputazione?
Per me
ha tanto senso quanto aspettarsi che un amante spietato, violento e infedele
diventi una persona diversa solo perché un giudice ha detto che, in fondo, ha
promesso di non farlo più. No, non mi fido di loro. Nessuna responsabilità. Nessuna
fiducia. Ecco un’altra ragione per cui non ho fiducia in loro:
3.)-
La brutta storia dei tentativi di realizzare vaccini contro il coronavirus.
In
passato ci sono stati molti tentativi di produrre vaccini antivirali che sono
poi risultati un totale fallimento ed è per questo che, nel 2020, non avevamo
un vaccino contro il coronavirus. Negli anni ’60, gli scienziati avevano
tentato di mettere a punto un vaccino RSV (virus respiratorio sinciziale) per i
bambini. In quello studio avevano
saltato i test sugli animali perché all’epoca non erano ritenuti necessari.
Alla
fine, i bambini vaccinati, quando si erano trovati esposti al virus naturale si
erano ammalati molto di più di quelli non vaccinati; l’80% dei soggetti
vaccinati aveva dovuto essere ospedalizzato e due di loro erano morti .
Dal
2000 in poi, gli scienziati hanno fatto molti tentativi per sintetizzare
vaccini contro il coronavirus. Quelli degli ultimi 20 anni erano tutti falliti,
perché gli animali negli studi clinici si erano ammalati gravemente e molti
erano morti, proprio come i bambini negli anni ’60. Potete leggere un riassunto di
questi tentativi qui . Oppure, se volete leggere i singoli studi, potete
controllare questi link:
* Nel
2004, un tentativo di vaccinazione aveva causato l’epatite nei furetti .
* Nel
2005, topi e zibetti si erano ammalati ed erano diventati più
suscettibili ai coronavirus dopo essere stati vaccinati.
* Nel
2012, i furetti si erano ammalati ed
erano morti. E, in questo studio , topi e furetti avevano sviluppato malattie
polmonari.
* Nel
2016, anche in questo studio sui topi ] si erano verificate patologie polmonari.
La
caratteristica comune degli studi sovra-menzionati era che sia i bambini che
gli animali avevano avuto un’ottima risposta anticorpale dopo essere stati
vaccinati. I produttori avevano pensato di aver fatto centro. Il problema era sopraggiunto quando i
bambini e gli animali erano stati esposti al ceppo naturale del virus.
In
queste condizioni si verificava un fenomeno inspiegabile chiamato antibody dependent enhancement (ADE), [potenziamento anticorpo-dipendente] noto anche come vaccine enhanced disease (VED), [malattia potenziata dal vaccino] in cui il sistema immunitario
produceva una “tempesta di citochine” (attaccando in modo ossessivo il suo stesso
organismo) e
i bambini e gli animali morivano. Ecco il problema di fondo.
I
produttori di vaccini non hanno dati che suggeriscano che i loro vaccini,
preparati in fretta e furia, abbiano superato questo problema. In altre parole, prima d’ora, nessun
tentativo di produrre un vaccino contro il coronavirus aveva avuto successo, né la tecnologia genica alla base
dei “vaccini” mRNA era mai stata portata
sul mercato in modo sicuro ma, ehi, visto che hanno avuto miliardi di
dollari di finanziamenti governativi,
sono sicuro che avrebbero dovuto capirlo.
Solo che non sanno se l’hanno capito.
4. Le
“lacune dati” presentati alla FDA dai produttori di vaccini.
Quando
i produttori di vaccini avevano presentato la loro documentazione alla FDA per
l’autorizzazione all’uso di emergenza (Nota: una EUA non è la stessa cosa
di una piena approvazione della FDA), tra le molte “carenze di dati” c’era
il fatto che nei loro studi non esisteva nulla che indicasse il superamento del
fastidioso problema della malattia potenziata dal vaccino.
Semplicemente
non lo sanno, cioè non hanno la minima idea se anche i loro vaccini produrranno
la stessa tempesta di citochine (e i morti) dei precedenti tentativi di
realizzare prodotti del genere.
Come
sottolinea il
dottor Joseph Mercola:
“I precedenti tentativi di sviluppare un farmaco basato sull’mRNA
usando nanoparticelle lipidiche erano falliti ed avevano dovuto essere abbandonati
perché, quando la dose era troppo bassa, il farmaco non aveva effetto e, quando
era troppo alta, diventava troppo tossico. Una domanda ovvia è: cos’è
attualmente cambiato da rendere questa tecnologia sufficientemente sicura per
l’uso di massa?”
(v’invitiamo
a leggere questo intervento del dott. Mercola che trovate qui: Pericolo vaccino
). (Dobbiamo salvarci da soli., ndr).
Se
questo non è abbastanza allarmante, ecco altre lacune nei dati – la mancanza,
per esempio, di dati su sicurezza o efficacia riguardo:
Chiunque
abbia meno di 18 o più di 55 anni.
Donne incinte
o madri in allattamento.
Condizioni
autoimmuni.
Individui
immunocompromessi.
Nessun
dato sulla trasmissione della COVID.
Nessun
dato sulla prevenzione della mortalità da COVID.
Nessun
dato sulla durata della protezione da COVID.
Difficile
da credere, vero? Nel caso pensiate che mi stia inventando tutto, o vogliate
consultare la documentazione inviata alla FDA da Pfizer e Moderna per le loro
richieste di autorizzazione all’uso di emergenza, potete controllare
direttamente qui . Le lacune nei dati possono essere trovate a partire da
pagina 46 e 48 rispettivamente.
Per
ora, diamo un’occhiata ai dati grezzi che i produttori di vaccini hanno usato
per richiedere l’autorizzazione all’uso d’emergenza.
5.)- Nessun accesso ai dati grezzi delle
sperimentazioni.
Vi
piacerebbe vedere i dati grezzi da cui sono scaturite le affermazioni del “90%
e 95% di efficacia” pubblicizzate su tutti i media? Anche a me. Ma non ci
permettono di vedere quei dati. Come aveva sottolineato il BMJ [38], c’è
qualcosa di veramente strano nelle affermazioni
di Pfizer e Moderna sull’efficacia dei loro prodotti.
Ci
sono stati “3.410 casi totali di sospetta, ma non confermata, COVID-19 nella
popolazione complessiva dello studio, 1.594 si sono verificati nel gruppo
vaccino e 1.816 nel gruppo placebo.”
Aspettate
un momento, cosa?
Si
sono dimenticati che stavano facendo uno studio scientifico e non hanno
verificato una variabile così importante?
Non
potevano testare quei casi “sospetti ma non confermati” per scoprire se
avessero veramente la COVID? Apparentemente no.
Perché poi non testare tutti i 3.410
partecipanti per ragioni di correttezza? Possiamo solo indovinare che non
abbiano fatto i test perché così avrebbero invalidato le loro affermazioni del
“90-95% di efficacia“?
Dov’era la FDA?
Non
sarebbe prudente per la FDA aspettarsi (esigere) che i produttori di vaccini
testino le persone che hanno “sintomi simili alla COVID” e rilascino i loro
dati grezzi, in modo che terze parti
possano esaminare come i produttori giustificano i loro dati? In fondo è
solo tutta la popolazione mondiale che stiamo tentando di vaccinare con questi
prodotti sperimentali.
Perché
la FDA non l’ha richiesto?
Non è
questo il senso stesso dell’esistenza della FDA? Bella domanda. Volpi a guardia
del pollaio? Sembrerebbe di sì. Nessuna responsabilità. Nessuna fiducia.
6.)- Nessun test di sicurezza a lungo
termine.
Ovviamente,
con prodotti che sono sul mercato solo da pochi mesi, non abbiamo dati sulla
sicurezza a lungo termine. In altre parole, non abbiamo idea di cosa farà questo
prodotto, una volta entrato nell’organismo, tra mesi o anni, in QUALSIASI tipo
di popolazione. Dati i rischi di cui sopra (rischi che hanno tutti i prodotti
farmaceutici), non sarebbe prudente aspettare e vedere se gli scenari peggiori
sono stati effettivamente evitati?
Non
sarebbe sensato cercare di colmare quelle fastidiose “lacune dati” prima di
provare a somministrare questi vaccini ad ogni uomo, donna e bambino sul
pianeta? Beh, avrebbe senso, ma, per avere quei dati, devono essere testati
sulle persone, il che mi porta al prossimo punto.
7.)-
Nessun consenso informato.
Quello
che la maggior parte di coloro che stanno prendendo il vaccino non sa è che, poiché questi prodotti sono ancora in
fase di sperimentazione clinica, chiunque accetti di farseli somministrare
entra automaticamente a far parte della sperimentazione clinica. Sono parte dell’esperimento. Quelli (come me) che non lo prendono,
fanno parte del gruppo di controllo.
Il
tempo ci dirà come funziona questo esperimento. Ma, vi chiederete, se i vaccini
stessero causando danni, non lo dovremmo vedere su tutti i giornali?
Sicuramente
la FDA interverrebbe e ne sospenderebbe la distribuzione? Beh, se il sistema di segnalazione
degli eventi avversi] funzionasse a dovere, forse le cose andrebbero
diversamente.
8.)- Sottostima delle reazioni avverse e
dei decessi.
Secondo
uno studio dell’Università di Harvard
(su commissione del nostro stesso governo), meno dell’1% di tutte le reazioni
avverse ai vaccini vengono effettivamente riportate dal sistema nazionale di
segnalazione, il
Vaccine Adverse Events Reports System (VAERS), come si può leggere a pagina 6 dello
studio di Harvard .
Mentre
i problemi del VAERS non sono ancora stati risolti (come si può leggere in questa
lettera al CDC ), al momento in cui scriviamo, il VAERS riporta più 2.200 morti
per gli attuali vaccini COVID, oltre a quasi 60.000 reazioni avverse.
“I
dati VAERS rilasciati oggi hanno mostrato 50.861 segnalazioni di eventi avversi
in seguito ai vaccini COVID, compresi 2.249 decessi e 7.726 lesioni gravi tra
il 14 dicembre 2020 e il 26 marzo 2021.”
E
questi numeri non includono i 578 (finora) casi di paralisi di Bell . Se questi
numeri fossero anche solo l’1% del totale delle reazioni avverse (o lo 0,8-2%
secondo questo studio pubblicato
recentemente su JAMA), potete fare i conti, ma, a tutt’oggi, questo equivale a circa
110.000-220.000 morti da vaccino e ad un numero enorme di reazioni avverse.
Scommetto
che non ve l’hanno mai detto al telegiornale. Questo numero di morti sarebbe
comunque ancora inferiore ai 424.000 decessi per errori medici che avvengono
ogni anno (e anche di questi, probabilmente, non avete mai sentito parlare), ma
non siamo nemmeno a sei mesi dal lancio di questi vaccini.
Se
volete saperne di più dei problemi con il sistema di segnalazione VAERS, potete
leggere qui .
9.)- I vaccini non bloccano la
trasmissione o l’infezione.
Aspettate,
cosa?
Questi
vaccini non dovrebbero essere ciò che stiamo aspettando per “tornare alla
normalità“? No.
Perché
pensate che ci stiano bombardando con tutti questi messaggi contrastanti ]
sulla necessità di praticare il distacco sociale e indossare la mascherina DOPO
aver ricevuto il vaccino?
Il
motivo è che questi vaccini non sono mai stati progettati per fermare la
trasmissione o l’infezione.
Se non
mi credete, vi rimando di nuovo ai documenti presentati alla FDA a cui facevo
riferimento sopra. L’endpoint primario della sperimentazione (la verifica di
quello che dovrebbero fare questi vaccini) era la riduzione della
sintomatologia.
In fondo è quello che dovrebbero fare
tutti i farmaci immessi sul mercato, giusto? Ecco, ridurre i sintomi è la
grande ricompensa che stavamo aspettando. È solo a me che sembra una cosa
completamente inutile?
1. Non
può impedirci di diffondere il virus.
2. Non
può impedire al virus di infettarci, una volta penetrato nel nostro organismo.
3.
Assumere il vaccino significa accettare tutti i rischi di questi prodotti
sperimentali e il meglio che potrebbero fare è ridurre
i sintomi?
Diamine,
ci sono un sacco di altre cose che posso fare per ridurre i miei sintomi che
non implichino l’assunzione di quello che sembra essere un prodotto davvero
rischioso. Ora la prossima domanda logica: se siamo preoccupati per i diffusori
asintomatici, il vaccino non renderebbe più probabile proprio una diffusione
asintomatica?
Se
effettivamente riduce i sintomi, i vaccinati non saprebbero nemmeno di essere
malati e quindi potrebbero diffondere il virus con più facilità, giusto? Per quello che vale, ho sentito molte
persone dire che gli effetti collaterali del vaccino (specialmente la seconda
dose) sono peggiori di quelli della COVID. Non riesco a dare un senso neanche a
questo.
Assumersi
il rischio. Non ottenere alcuna protezione. Soffrire per gli effetti
collaterali del vaccino. Continuare ad indossare la mascherina e a mantenere il
distanziamento sociale. E continuare a diffondere il virus. Ma c’è di peggio.
10.)- La gente si ammala di COVID dopo
essere stata completamente vaccinata.
A
proposito di fregature. Ti fai vaccinare e ti becchi comunque la COVID.
Sta
succedendo nello Stato di Washington .
Sta
succedendo a New York .
Sta
succedendo nel Michigan .
Sta
succedendo nelle Hawaii .
Sta
succedendo anche in molti altri stati .
Nel
Kentucky era successo all’80% di 35 suore che erano state vaccinate . Due di loro
erano morte, tra l’altro.
In
realtà, questo fenomeno sta probabilmente accadendo ovunque, ma questi sono i
casi che, per ora, fanno notizia. Date le ragioni di cui sopra (e quello che c’è
sotto), forse questo non vi sorprenderà, ma, che sfiga se pensavate che il
vaccino fosse uno scudo per tenervi al sicuro. Non è così.
Non è
mai stato questo il punto.
Se il
66% degli operatori sanitari di Los Angeles
sta facendo carte false per ritardare o saltare il vaccino, significa
che forse neanche loro sono entusiasti della scienza raffazzonata. Forse stanno
osservando il modo losco in cui vengono riportati i casi e i decessi.
11.- Il tasso di mortalità complessivo per
la COVID.
Secondo
i dati dello stesso CDC, la COVID ha un tasso di sopravvivenza del 99,74% .
Perché dovrei correre dei rischi con un prodotto che non blocca l’infezione o
la trasmissione e che dovrebbe aiutarmi a superare un forte raffreddore che ha
lo 0,26% di possibilità di uccidermi (in realtà, nella mia fascia di età, ha
circa lo 0,1% di possibilità di uccidermi e lo 0,01% di uccidere i miei figli),
ma non spacchiamo il capello in quattro.
E, con
un tasso di mortalità così basso, dovremmo stare in isolamento ogni anno, cioè
per sempre? Ma aspettate, che mi dite degli oltre 500.000 morti, è allarmante, vero?
Sono contento che me lo abbiate chiesto.
12). I numeri gonfiati delle morti da
COVID.
In
questo caso c’è qualcosa che puzza davvero.
Mai
prima d’ora, nella storia dei certificati di morte, il nostro stesso governo
aveva cambiato il modo in cui vengono riportati i decessi.
Perché ora riportiamo tutti quelli che muoiono
con COVID, come morti di COVID, invece di segnalare le comorbidità
effettivamente responsabili della loro morte?
Prima
della COVID, tutti i coronavirus (quelli del comune raffreddore) non erano mai
stati elencati come causa primaria di morte quando qualcuno moriva di malattie
cardiache, cancro, diabete, condizioni autoimmuni o di qualsiasi altra
patologia importante. La patologia principale era elencata come causa di morte e
una possibile condizione secondaria, come l’influenza o la polmonite, veniva
menzionato a parte.
Per
gonfiare ancora di più i numeri, sia l’OMS che il CDC hanno cambiato le proprie
linee guida, in modo tale che i sospetti o probabili
(ma non confermati) decessi da COVID vengono direttamente inclusi nel
conteggio delle morti.
Seriamente?
Se
abbiamo veramente intenzione di continuare con questa metodica, allora dovremmo tornare indietro nel tempo e
modificare le statistiche del raffreddore e dell’influenza per le passate
stagioni, in modo da poter confrontare mele con mele quando si tratta di tassi
di mortalità.
Secondo
i dati dello stesso CDC , (andate alla sezione “Comorbidità e altre
condizioni“) solo il 6% delle morti attribuite alla COVID sono casi in cui la COVID
sembrerebbe essere l’unico problema in questione.
In
altre parole, diminuite del 94% il numero di morti che vedete al telegiornale e
avrete quello che probabilmente è il numero reale dei decessi solo per la
COVID. Anche se l’ex direttore del CDC
avesse ragione e la COVID-19 fosse un virus potenziato in laboratorio ,
(vedere il punto n. 14 più sotto), un tasso di mortalità dello 0,26% è ancora in linea
con il tasso di mortalità virale che riappare sul pianeta ad ogni stagione.
Poi
c’è questo signor Fauci . Mi piacerebbe tanto fidarmi di lui, ma, a parte il fatto
che non ha mai curato un solo paziente di COVID, probabilmente dovreste sapere che:
13.)- Fauci ed altri 6 al NIAID possiedono
brevetti sul vaccino di Moderna.
Grazie
al Bayh-Dole Act, i dipendenti del governo sono autorizzati a depositare
brevetti su qualsiasi ricerca che fanno utilizzando i fondi dei contribuenti.
Tony Fauci possiede oltre 1.000 brevetti (vedere questo video per maggiori
dettagli ), compresi quelli per il vaccino di Moderna, per il quale aveva approvato
il finanziamento governativo.
Infatti,
il NIH (di cui il NIAID fa parte) rivendica la proprietà congiunta del vaccino di Moderna.
C’è
qualcuno che considera tutto questo come un MAGGIORE conflitto di interessi, o
addirittura un fatto criminale?
Dico criminale perché c’è anche quest’altro
fastidioso problema che mi rende ancora più diffidente di Fauci, del NIAD e del
NIH in generale.
14.)- Fauci è sotto indagine per ricerca
illegale sulla Gain-of-Function.
Cos’è
la ricerca sull’acquisione di funzione, o gain-of-function?
È quando gli scienziati tentano di far
acquisire ulteriori funzioni ai virus, rendendoli più trasmissibili e più letali.
Sembrerebbe
un tantino immorale, vero?
Come
potrebbe mai essere utile una cosa del genere?
l
nostro governo era d’accordo e aveva vietato la pratica .
Quindi,
cosa avevano fatto al NIAID, sotto la guida di Fauci?
Avevano fatto una giravolta e avevano
esternalizzato la ricerca sulla gain-of-function (sui coronavirus, nientemeno) in Cina, per un
importo di 600.000 dollari. Potete vedere maggiori dettagli, compresa
l’importante cronologia di questi eventi, in questo fantastico documentario .
Dr.
Fauci, lei ha delle spiegazioni da dare e spero che le telecamere la
inquadreranno quando dovrà difendersi dalle sue azioni. Per adesso, riportiamo
la nostra attenzione sul virus.
15.)- Il virus continua a mutare.Non solo il virus (come tutti i
virus) continua a mutare, ma, secondo lo sviluppatore di vaccini di fama
mondiale Dr. Geert Vanden Bossche (di
cui parlerò ancora) muta circa ogni 10 ore.
Come
faremo a creare vaccini che stiano al passo con questa velocità di mutazione?
Non ci
riusciremo.
Potrebbe
questo fenomeno spiegare perché persone completamente vaccinate continuano ad
ammalarsi di COVID?
Dal momento che, in definitiva, l’immunità
naturale non ha mai tradito l’umanità, perché, improvvisamente, non dovremmo
più fidarci?
Perché,
se faccio domande come queste, o pubblico link come quelli che trovate qui, le
mie considerazioni vengono cancellate da
tutte le principali piattaforme di social media? Questo mi porta al prossimo,
preoccupante problema di questi vaccini.
16.)- La censura e la completa assenza di
dibattito scientifico.
Ora
non posso fare a meno di essere sarcastico, quindi assecondatemi. Quanto vi
sono piaciuti tutti quegli accesi dibattiti a livello nazionale e mondiale
tenuti da funzionari della sanità pubblica e trasmessi simultaneamente da tutti
i maggiori network televisivi?
Non è
stato fantastico ascoltare le migliori menti della medicina, della virologia,
dell’epidemiologia, dell’economia e della vaccinologia mondiale discutere con
passione e rispetto reciproco di cose come:
Lockdown.
Obbligo
di mascherina.
Distanziamento
sociale.
Efficacia dei vaccini e prove di sicurezza.
Screening
per la suscettibilità ai danni da vaccino.
Possibilità
terapeutiche (opzioni per un trattamento non vaccinale).
Non è
stato bello vedere i funzionari della sanità pubblica (che non hanno mai curato
nessuno con la COVID) mettere in discussione la loro “scienza“?
Non è
stato bello vedere il comitato direttivo della FDA mettere pubblicamente alla
gogna i produttori di vaccini in prima serata TV, facendo loro il terzo grado
su prodotti di cui non hanno alcuna responsabilità? Oh, aspettate, non avete
visto quei dibattiti?
No,
non li avete visti, perché non sono mai accaduti. Quello che è successo invece è
stata una pesante censura di tutte le narrative, tranne una.
Ironicamente,
Mark Zuckerberg può mettere in discussione la sicurezza dei vaccini ma io no.
Ipocrita? Da
quando il Primo Emendamento è diventato facoltativo?
È il
PRIMO Emendamento signor Zuckerberg, quello che i nostri fondatori pensavano
fosse il più importante. Con così tanto in gioco, perché ci viene data in pasto
solo una narrativa, non dovrebbero essere ascoltati e discussi in modo
professionale tutti i punti di vista?
Cos’è
successo alla scienza?
Cos’è successo al metodo scientifico, quello
che dovrebbe sempre mettere in dubbio le nostre ipotesi?
Che
cosa è successo al libero dibattito in questo Paese, o nella società
occidentale? Perché chiunque sia in disaccordo con l’OMS o il CDC viene censurato così
pesantemente? La
scienza della salute pubblica è diventata ormai una religione; o dobbiamo continuare a far finta
che sia un dibattito?
Se
qualcuno afferma che “la scienza ha detto l’ultima parola,” allora so di aver a
che fare con una persona dalla mente ottenebrata. Per definizione la scienza
(specialmente la scienza biologica) non ha mai l’ultima parola. Se così fosse,
sarebbe dogma, non scienza.
Ok,
prima che mi agiti troppo, lasciatemi dire questo:
Voglio
essere un buon cittadino. Davvero. Se i lockdown funzionassero vorrei fare la
mia parte e stare a casa. Se le mascherine funzionassero le indosserei. Se il
distanziamento sociale fosse efficace lo rispetterei. Ma, se ci sono prove che
non funzionano (le mascherine, per esempio,), voglio valutare anche queste
prove.
Se
scienziati altamente accreditati hanno opinioni diverse voglio sapere cosa
pensano.
Voglio avere la possibilità di ascoltare le loro argomentazioni e farmi una mia
idea. Non credo di essere la persona più intelligente del mondo, ma so di essere
in grado di pensare. Forse sono strano, ma se qualcuno viene censurato, allora
voglio VERAMENTE sentire il suo punto di vista.
Non è
così?
A
tutti i miei amici che non hanno problemi con la censura io dico: avrete la
stessa opinione quando ciò che pensate sarà stato censurato?
La
censura non è forse la tecnica dei dittatori, dei tiranni e delle persone avide
e assetate di potere? Non è forse un segno che coloro che stanno operando la
censura sanno che è l’unico modo in cui possono vincere?
E come
mai un uomo che ha passato tutta la vita a sviluppare vaccini è disposto a
mettere in gioco la sua intera reputazione e a chiedere a tutti i leader
mondiali di fermare immediatamente i vaccini COVID, proprio perché non
rispettano i criteri della scienza?
E se
quest’uomo chiedesse un dibattito scientifico aperto su un palcoscenico
globale? Vorreste ascoltare quello che ha da dire? Assistereste al dibattito?
17.)- Uno dei più famosi vaccinologi
mondiali sta lanciando l’allarme.
Ecco
quella che potrebbe essere la ragione più importante per cui ritengo che questo
vaccino COVID non abbia senso.
Quando
qualcuno assolutamente pro-vax, che ha trascorso la sua intera carriera
professionale supervisionando lo sviluppo dei vaccini, inizia a gridare dalla
cima della montagna che abbiamo un grosso problema, penso che quest’uomo
dovrebbe essere ascoltato. (Dott Geert Vanden Bossche).
Nel
caso ve lo siate perso, e nel caso vi interessi guardarlo, ecco il dottor Geert
Vanden Bossche che spiega:
1.
Perché il vaccino COVID può sottoporre il virus a così tanta pressione
selettiva da incrementare la sua capacità di mutazione, rendendolo più letale.
2.
Perché i vaccini COVID possono creare virus resistenti al vaccino (simili ai
batteri resistenti agli antibiotici).
3.
Perché, a causa dei problemi già visti con il potenziamento anticorpale, nei
prossimi mesi-anni potremmo trovarci di fronte ad una vera e propria strage.
Se
volete vedere o leggere una seconda, e più lunga intervista con Vanden Bossche,
dove risponde ad alcune domande difficili, potete guardare qui .
Se
anche solo la metà di ciò che dice si avverasse, questi vaccini potrebbero essere
la peggiore invenzione di tutti i tempi. Se non vi piace la sua scienza,
prendetevela con lui. Io sono solo il messaggero. Ma posso anche parlare
personalmente di COVID.
18.)- Ho già fatto la COVID.
Non mi
è piaciuto. È stato un brutto raffreddore durato due giorni:
Dolori
continui alla parte bassa della schiena.
Sfinimento.
Qualche
linea di febbre.
È
stato curioso non essere in grado di sentire alcun odore per un paio di giorni.
Una settimana dopo il caffè aveva ancora un sapore un po’ “strano.” Ma sono
sopravvissuto. Ora sembra (come è sempre stato) che io abbia una bella,
naturale, immunità permanente , non qualcosa che può svanire in pochi mesi come
con il vaccino.
Nel
mio corpo e nella mia casa, la COVID è finita. Infatti, ora che l’ho avuta, ci
sono prove che il vaccino COVID potrebbe essere più pericoloso per me . Non è un rischio che sono disposto a
correre.
In
sintesi.
Queste
sono solo le mie ragioni personali per non volere il vaccino. Forse hanno un
senso anche per voi, forse no. Qualunque cosa abbia senso per voi, spero che
possiamo ancora essere amici. Penso che abbiamo molte più cose in comune di
quelle che ci separano.
Tutti
vogliamo vivere in un mondo di libertà.
Tutti
vogliamo fare la nostra parte per aiutare gli altri e vivere al meglio.
Tutti
vogliamo il diritto di esprimere le nostre opinioni senza temere di essere
censurati o attaccati ferocemente.
Tutti
meritiamo di avere accesso ai fatti in modo tale da poter prendere decisioni
informate.
Che
siate d’accordo o no non vi tratterò in modo diverso. Siete esseri umani che
meritano amore e rispetto, come chiunque altro. Per questo vi saluto e vi
auguro veramente tutto il meglio. Spero che questo vi sia stato utile. Se è
così, sentitevi liberi di condividere le vostre convinzioni. In caso contrario,
fatemi pure sapere (gentilmente) cosa non ha senso per voi e quello che
pensate.
Siate
curiosi, siate umili.
Christian
Elliot, guida
per la salute e lo sviluppo personale.
Per i
riferimenti delle note cliccare qui.
(articles.mercola.com
)- (27/04/2021).
(articles.mercola.com/sites/articles/archive/2021/04/27/reasons-not-to-get-covid-vaccine.aspx)
(comedonchisciotte.org)-(
3/5/2021).
Meloni,
ultimatum a Lega e FI:
fuori
dal governo o niente alleanza.
Agffaritaliani.it-
Alberto Maggi-(15-2-2022)- ci dice:
Centrodestra,
punto per punto le richieste di Fratelli d'Italia agli ormai ex alleati
Meloni,
ultimatum a Lega e FI: fuori dal governo o niente alleanza.
Lega e
Forza Italia, secondo FdI, dovrebbero prendere atto del fallimento
dell'esperienza di governo di unità nazionale.
Giorgia Meloni non molla di un centimetro.
Alla domanda se, dopo lo strappo del Quirinale con la rielezione di Sergio
Mattarella, ci sia stato un riavvicinamento con il cosiddetto Centrodestra di
governo, e in particolare con Matteo Salvini, la risposta di fonti vicinissime
alla leader di Fratelli d'Italia è categorica: "No". D'altronde la
stessa Meloni proprio stamattina ha usato parole molto chiare: "Per me c'è
un problema di posizionamento, poi voglio bene a tutti e ho sempre lavorato per
l'unità però credo che un chiarimento politico serva".
E
ancora: "Per me è un problema nelle questioni di merito. Noi sosteniamo
delle tesi che sono, nella gran parte dei casi, visioni opposte a quelle della
sinistra. Mica è un fatto di antipatia personale, non è che non vado al governo
col Pd perché mi sta antipatico Enrico Letta, non vado al governo col Pd perché
ritengo che il Pd abbia una visione diametralmente opposta o molto diversa
dalla mia. Se poi alla fine non si riescono a portare avanti queste questioni
diventa un problema di cosa intendi quando dici che rappresenti il
Centrodestra".
"Ho
sentito Salvini dire 'noi abbiamo scelto l'Italia' ma che vuol dire?
Perchè - ha proseguito la leader di FdI -per
me vuol dire portare avanti la visione di cui il Centrodestra è portatore.
La Lega non voleva l'obbligo vaccinale e c'è
l'obbligo vaccinale, era contraria al Green Pass come strumento di
discriminazione e lo è, sono contrari all'immigrazione illegale di massa e
continuano a sbarcare migliaia di immigrati, non volevano la revisione del
catasto e c'è la revisione, erano d'accordo con noi sui balneari e votano per
mettere all'asta ed espropriare 30.000 aziende".
Il messaggio di Meloni è molto chiaro: nel
governo Draghi e in Parlamento è passata e passa la linea di Pd e M5S, tanto
sulle restrizioni anti-Covid quanto sull'immigrazione, sulle concessioni
balneari, sul catasto e sulle bollette.
Traduzione:
Lega e Forza Italia, secondo FdI, dovrebbero prendere atto del fallimento
dell'esperienza di governo di unità nazionale, che non ha prodotto un solo
risultato concreto delle politiche e dei programmi di Centrodestra, e passare
all'opposizione.
Per il
partito guidato da Meloni l'opposizione, in certi casi, può essere rigenerativa
evitando di diventare un partito-Stato sempre e comunque al governo come è
stato prima con la Dc e oggi con il Pd.
Ancora
le parole di Meloni sono molto precise: "Se il Centrodestra vuole provare
a fare un lavoro per il futuro deve decidere di essere orgogliosamente
portatore delle sue idee, questo non si può fare con il Pd, non si può fare con
il M5S, non si può fare facendo tutti insieme il governo Draghi, non si può
fare eleggendo un presidente della Repubblica del Pd. Obiettivamente io credo che il tema
sia che non bisogna dimenticare che le idee di cui siamo portatori come
Centrodestra sono maggioritarie nella nazione, però credo che bisogna avere più
coraggio".
"Più
coraggio nel presentare quelle idee senza piegarsi a questa idea che c'è in
Italia per cui sei presentabile solo se vai al governo con la sinistra. L'idea
che in Italia diventi una destra moderna solo se, in realtà, ti metti a fare la
sinistra, è una tendenza molto diffusa. Io sono orgogliosa di essere una
persona di destra e Centrodestra, come lo sono decine di milioni di
italiani".
Traduzione:
Lega e Forza Italia abbiano il coraggio di votare contro in Parlamento a
provvedimenti che non rispettano i programmi del Centrodestra.
E, visto che la loro presenza nell'esecutivo
Draghi è sostanzialmente inutile, valutino di uscire dal governo e passare
all'opposizione.
Solo così si potrà costruire un'alleanza per
le elezioni politiche del 2023, altrimenti l'intesa è seriamente a rischio e
ognuno per sé.
Meloni
e Fratelli d'Italia, in definitiva, non faranno accordi solo per andare al
governo, come fa il Pd.
Faranno accordi solo se ci saranno le
condizioni, che devono maturare oggi, per un Centrodestra coerente con i propri
elettori.
Quello
che chiede Meloni a Salvini è proprio di fare l'opposto di ciò che dice oggi il
ministro Dem Dario Franceschini, che ha auspica una trasformazione moderata
della Lega.
Il
«Grande reset»: dalla teoria del complotto QAnon sulla «pandemia inventata»
alle
opinioni di Freccero.
Open.online-
Juanne Pili e David Puente- (25 SETTEMBRE 2021)- ci dice :
Definita
anche Cabala, questa tesi cospirazionista sembra affascinare anche chi critica
il Green pass.
Il
Great reset è una proposta del World Economic Forum (WEF), presentata nel
maggio 2020 dal principe Carlo di Galles e dal tedesco Klaus Schwab, per
costruire una economia sostenibile per il post pandemia Covid-19.
La
sola idea di un “grande piano” da parte delle élite mondiali di riformare il
mondo “creando una pandemia” è stata recepita come la prova dell’instaurazione
del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale (NWO).
Il
Great reset è così diventata una delle teorie del complotto sostenute da vari
personaggi, dal movimento di estrema destra QAnon fino a intellettuali nostrani
come Carlo Freccero.
La
teoria del complotto del Grande reset si ispira a una iniziativa reale del WEF,
fraintendendo le pubblicazioni di uno dei suoi membri, Klaus Schwab.
Carlo
Freccero cita Schwab facendo riferimento a un Grande reset, volto a creare o
amplificare la pandemia di Covid-19.
Schwab
non ha mai sostenuto nei suoi libri l’idea di inventare le epidemie a scopo
economico, né questo è il proposito del WEF.
Definita
anche Cabala, la teoria cospirativa del Great reset è parte dell’ideologia di
estrema destra che anima il movimento QAnon.
Freccero
non precisa chiaramente se le sue affermazioni sono critiche originali
all’iniziativa reale del WEF o se si rifà precisamente alla omonima teoria
cospirativa.
Analisi.
Ogni
anno si tiene un evento noto come Forum di Davos, dal nome della città svizzera
che lo ospita, a cura dell’organizzazione internazionale World Economic Forum. All’evento partecipano economisti,
scienziati, leader religiosi, imprenditori e politici: tanto basta per essere considerati
quella sorta di élite mal vista dai complottisti.
Basti
pensare che tra gli invitati troviamo nomi odiati dall’estrema destra come
George Soros e Greta Thunberg, quest’ultima contestata da un altro ospite
dell’edizione del 2020: Donald Trump.
Secondo
Carlo Freccero, in una lettera pubblicata da La Stampa, il Green pass sarebbe
organico al Grande reset:
«È
destinato a diventare l’embrione della futura tessera di identificazione
digitale a cui mira il Grande Reset in via di attuazione. Per chi non sapesse
di cosa si tratta, rimando a due libri dell’economista Klaus Schwab “Covid 19
The Great Reset” e “Quarta rivoluzione digitale”.
Secondo
Schwab la pandemia è un’occasione irripetibile per conseguire il “Grande Reset”
già illustrato nel saggio “La quarta rivoluzione industriale”.
Tutto
ciò è confermato dal progetto di “Recovery Fund”, che si pone come obiettivo lo
stesso obiettivo del “Grande Reset”.
Credo
che la nuova normalità in cui stiamo vivendo non finirà coi vaccini, ma
continuerà nel tempo, con la rivoluzione digitale e la rivoluzione verde.
Diciamo la verità: non è la pandemia ad avere causato la
crisi economica. È piuttosto la crisi economica ad avere causato la pandemia, o
quanto meno, ad averla amplificata al fine di ultimare il “Grande Reset”».
Freccero
ha recentemente sostenuto il referendum contro il Green pass, parlando di
«élite che ci governano con la paura».
Si
tratta di una critica originale contro una reale iniziativa economico-politica,
oppure strizza l’occhio ai complottisti, che usano il medesimo termine per
teorizzare una cospirazione mondiale, volta a controllare le nostre vite?
Risolvere questa ambiguità dovrebbe essere compito
dello stesso Freccero, onde evitare che tali affermazioni vengano usate
indebitamente per sostenere tesi cospirazioniste.
Carlo
Freccero, in risposta a un articolo di Massimo Gramellini sul Corriere della
Sera dal titolo «Il complotto dei Ricchi e Poveri», sostiene:
«Nel
mio intervento su il Fatto e la Stampa io non esprimo giudizi sui contenuti
[sul Great reset, ndr], ma faccio presente che le soluzioni utopistiche del
Wef, creative sino a rasentare la fantascienza e ispirate al transumanesimo più
spinto, richiederebbero, prima di essere applicate ai popoli, il consenso
informato ed il loro assenso. In Democrazia e sino a prova contraria le decisioni
spetterebbero al popolo, soprattutto se riguardano l’integrità fisica dei cittadini».
La
bufala sul libro di Klaus Schwab.
I
teorici del complotto fanno circolare anche screen decontestualizzati, con
passaggi dello stesso libro consigliato da Freccero «Covid-19:
The
Great Reset» di Klaus Schwab. L’autore è uno dei membri del WEF, per tanto il «Grande
reset» a cui fa riferimento appartiene al contesto originale, ma non conferma
affatto l’idea cospirazionista in base alla quale la pandemia sarebbe stata
prodotta (o gonfiata) da interessi economici di alcune élite.
Un
falso passaggio del libro di Schwab.
Proprio
i libri di Schwab vengono citati dai cospirazionisti per sostenere che
l’iniziativa del WEF è parte di un piano volto a «organizzare le epidemie».
Ad
esempio, circola una falsa citazione del testo dove si attribuisce l’idea di voler eliminare almeno 4
miliardi di individui nel mondo entro il 2050 per mezzo di guerre militari ed
epidemiologiche, ma il testo non è presente nel libro di Schwab: si tratta di un testo
tratto dal libro Conspirators’ Hierarchy: The Story of the Committee of 300 del 1992 di John Coleman.
La
Cabala dei Poteri forti.
Stando
a quanto riporta la BBC, Schwab è uno degli autori più fraintesi dai cospirazionisti
del Grande reset. In mezzo finisce anche il premier canadese Justin Trudeau, dalle cui dichiarazioni parte il
passa-parola nel web che ha portato alla teoria cospirazionista attuale.
«Ha
iniziato a fare tendenza a livello globale su Twitter la scorsa settimana,
quando un video dove il primo ministro canadese Justin Trudeau in una riunione
delle Nazioni Unite, ha affermando che la pandemia ha fornito un’opportunità
per un “reset”, è diventato virale – continua l’Emittente britannica -.
Ciò ha
suscitato nuovi sospetti da parte delle persone, in Canada e oltre, che una cabala
di leader globali stia usando la pandemia per introdurre una serie di politiche
socialiste e ambientali dannose».
«Un
video di agosto, che ora ha quasi tre milioni di visualizzazioni su YouTube,
crede che solo Donald Trump possa sventare questo complotto segreto, che usa
Covid-19 per mettere in ginocchio l’economia statunitense in modo che possa
iniziare il “reset” e le persone saranno “accattonate” per i vaccini.
Ma il
suggerimento che” i politici mondialisti” abbiano pianificato il virus o lo
stiano usando per distruggere il capitalismo è del tutto privo di prove.
Così è
anche l’idea che il World Economic Forum abbia l’autorità di dire ad altri
paesi cosa fare, o che stia coordinando una cabala segreta di leader mondiali». (Per lo meno l’UE e l’Italia è
coinvolta totalmente dalle idee malsane pseudo economiche del Grande Resert ! Ndr).
Di
questa presunta Cabala (chiaro riferimento a pregiudizi antisemiti) si occupò
anche il segretario del Cicap Massimo Polidoro che ne fa accenno in un video
apparso nel suo canale YouTube, nella prima puntata della sua serie su QAnon.
Quello
dove Polidoro spiega più in dettaglio, intitolato con uno dei motti più in uso
dai cospirazionisti per riferirsi al Grande reset – «Crolla cabala crolla!» –
risulta ora rimosso per presunto «bullismo», a seguito di massicce segnalazioni
da parte dei «qanonisti». Polidoro ci conferma di essere ancora in attesa di
spiegazioni da parte della Piattaforma.
Nella
narrativa QAnon l’immagine distorta del Great reset si mischia ad altre, come
quella sull’adrenocromo, fantomatica droga delle élite estratta dai bambini,
nell’ambito di riti pedo-satanici.
L’idea
della pandemia “organizzata”.
Molti
sono i contenuti decontestualizzati per sostenere che la pandemia Covid-19
fosse un progetto organizzato dalle élite, come il caso del noto Event 201
citato durante un’interrogazione parlamentare di Sara Cunial. Ecco alcuni
esempi trattati da Open Fact-checking:
Bill e
Melinda Gates vogliono ridurre la popolazione attraverso il nuovo coronavirus?
Coronavirus.
L’intervento della deputata Sara Cunial e i numerosi complotti sul Covid-19 (e
non solo).
Il
nuovo Coronavirus è stato previsto in un libro sul dark web del 2019?
Il
video complottista che accusa gli americani: «Coronavirus: è stato il
“pipistrello”».
La
profezia di Bill Gates sul coronavirus nel 2015? No! Al contrario, è stato fin
troppo ottimista!
Coronavirus.
Luca Parmitano sapeva dell’epidemia a novembre 2019? No! Un errore di
comunicazione
A dare
manforte alla teoria del complotto, sostenendo che il virus sia opera degli
ideatori del Great reset, è un documentario francese dal titolo Hold-up. In
questo caso non si sostiene la teoria del virus creato nel laboratorio di
Wuhan, ma presso l’Istituto Pasteur in Francia.
Carlo
Freccero non si vaccina perché glielo ha detto Luc Montagnier.
Freccero-Cacciari
tornano all’attacco del Super Green pass: «I limiti ai non vaccinati
inaccettabili in un Paese democratico».
«La
resistenza è un dovere»: il movimento di Freccero e Mattei sabato in piazza contro
l’obbligo vaccinale.
Non
solo vaccini: il delirio social dei due No Vax arrestati a Brescia, tra QAnon e
neonazismo
L’inchiesta
di Presa Diretta sulle «strade dell’odio», tra complottismo e squadrismo
digitale durante la pandemia di Covid-19.
Chi ha
il Green
pass non
può essere infetto
e non
può contagiare? Non è così!
Facciamo
chiarezza .
Open.online
- David Puente-(14 FEBBRAIO 2022)- ci dice :
Il
Green pass non è una garanzia di protezione, ma abbassa le possibilità di
contagio. La dichiarazione di Walter Ricciardi a “Che tempo che fa” risulta non
corretta.
Per
fronteggiare la diffusione e i danni provocati dal Sars-CoV-2 ci vogliono le
vaccinazioni, ma anche il Green pass secondo quanto dichiarato da Walter
Ricciardi a Che tempo che fa domenica 13 febbraio.
In
merito alla certificazione verde, Ricciardi ha diffuso un messaggio simile a
quello diffuso da Mario Draghi lo scorso luglio :
«ci consentono di frequentare gli ambienti al
chiuso, che sono quelli più rischiosi, in maniera sicura, cioè essendo sicuro che
chi è vicino a noi non è infetto e che, naturalmente, non può contagiarci».
Come
per il Presidente del Consiglio, è l’ennesima estrema semplificazione che
scatena un senso di sicurezza troppo elevato.
«Il
Green Pass non è una garanzia di protezione, in quanto l’obiettivo è quello di
abbassare le possibilità di contagio» (dall’articolo del 3 novembre 2021).
«Qualunque
vaccino riceviate, sappiate che dovete continuare ad usare la mascherina e
seguire le misure di contenimento del virus finché non verrà vaccinata gran
parte della popolazione» (dall’articolo del 6 aprile 2021).
«Un
vaccinato positivo potrebbe avere una carica virale molto bassa e dunque, nel
peggiore dei casi e con poche possibilità, contagiare qualcuno» (dall’articolo
del 23 luglio 2021).
«Il
vaccino potrebbe bloccare i sintomi, ma non l’infezione o il contagio, non di
meno ridurrebbe notevolmente questi fattori, facendoci uscire dalla crisi
sanitaria» (dall’articolo del 19 dicembre 2021).
Analisi.
Nel
corso del 2021 abbiamo affrontato il virus nelle sue diverse varianti, tra
queste la Delta e la più recente Omicron. Entrambe si sono fatte sentire
durante la campagna vaccinale, in quanto si sono diffuse in maniera prepotente,
confermando tuttavia l’efficacia dei prodotti somministrati a fronte al numero
dei contagi. Come ben sappiamo, già dal 2020, l’obiettivo è quello di ridurre le
possibilità di contrarre la malattia nella sua forma grave, riducendo il carico
ospedaliero e con la speranza di riprendere nel tempo una normalità come quella
che conoscevamo in pre-pandemia.
Nessun
vaccino è efficace al 100%.
Fatta
questa premessa, bisogna ricordare la narrativa evergreen dei No vax e dei
contestatori del Green pass che vedono nei vaccini un fallimento in quanto non
proteggono dalla malattia al 100% e non impediscono sia l’infezione che il
contagio.
Ciò
che non viene ammesso da questi ambienti è che nessuna delle case farmaceutiche
e gli studi condotti sui vaccini hanno dato esiti miracolosi con addirittura un
100% di efficacia.
Questo
argomento lo avevamo trattato proprio a inizio 2021, in un articolo del 19
marzo, citando l’editoriale del 2017 (sul tema dei vaccini in generale) della
ricercatrice Sarah Caddy, dell’Università di Cambridge:
«In un mondo ideale, tutti i vaccini
indurrebbero l’immunità sterilizzante. In realtà, è estremamente difficile
produrre vaccini che fermino del tutto l’infezione da virus».
Le
possibilità di infezione e contagio.
Come
ormai dovremmo sapere tutti, il Green pass non si ottiene solamente tramite la
vaccinazione anti Covid-19, ma anche attraverso un tampone rapido o molecolare
con esito negativo o a seguito della guarigione. Sono diverse condizioni, con
tutte le loro variabili indipendenti l’una dall’altra.
Il
vaccinato, in caso di positività, può essere infettato e contrarre i sintomi
della malattia, ma con una carica virale ridotta riscontrando rari casi di
contagiosità. Rari non significa “zero”, significa che una possibilità c’è, ma è rara.
Per i guariti, come ben sappiamo, c’è la possibilità di re-infezione e dunque
di poter essere nuovamente contagiosi.
Chi
ottiene un Green pass tramite il risultato negativo di un tampone, rapido o
molecolare, ha la certezza che in quel preciso momento in cui è stato
sottoposto al test non poteva essere infetto con possibilità di contagiare il
prossimo.
Non
c’è mai stata la garanzia che, nel corso delle successive ore di validità della
certificazione verde a seguito del test, ci potesse essere la possibilità di
risultare infetti e contagiosi.
Di
fatto, come abbiamo detto più volte in passato, il Green pass non è sinonimo di
sicurezza al 100%, mentre punta a ridurre le possibilità che ci sia una persona
infetta e contagiosa a tal punto da poter infettare gli altri.
La
revoca
Solo
nel corso degli ultimi mesi è stata introdotta la revoca della certificazione
verde in caso di risultato positivo di un test molecolare (o in caso di
certificazione rilasciata in maniera fraudolenta).
In
precedenza non era affatto così, permettendo a qualche furbetto, pur in assenza
di sintomi, di sfruttare il “bug”. Nonostante questa novità, di fatto rimane la
condizione in cui un certificato verde da tampone rapido o molecolare negativo
non sia sinonimo di sicurezza.
Conclusioni.
Lo
ribadiamo: «Il
Green Pass non è una garanzia di protezione, in quanto l’obiettivo è quello di
abbassare le possibilità di contagio» (dall’articolo del 3 novembre 2021).
Come
nel caso del Presidente del Consiglio Draghi, anche Walter Ricciardi riporta
un’affermazione così sentenziata: «non risulta corretta e non dovrebbe creare un senso
di sicurezza troppo elevato tale da convincere le persone vaccinate ad
allentare la presa».
L’imprenditore:
«La paura
di restare senza stipendio ha funzionato, i miei dipendenti tutti vaccinati».
Susanna
Tamaro: «Il
Green pass limita l’Italia, è l’ora di una tana libera tutti».
Così
lo smart working serve ad aggirare l’obbligo di Super Green pass sul lavoro:
«Presto i controlli»
Covid,
Speranza: «Curva in discesa grazie ai vaccini». Sileri: «È presto per eliminare
il Green pass» .
Covid,
Salvini punta la fine dello stato d’emergenza: «Dopo il 31 marzo stop obblighi
e Green pass».
Super
Green pass lavoro, da domani l’obbligo per gli over 50: sanzioni da 600 a 1.500
euro.
Montagnier
ucciso per non testimoniare
a
Norimberga 2?
La
teoria del complotto e il finto processo sul Covid
Open.
Online- Juanne Pili-(14 FEBBRAIO 2022)- ci dice :
Cosa
c’è dietro al presunto Gran giurì che starebbe indagando contro i “crimini” di
chi promuove i vaccini.
Stefano
Montanari, volto noto negli ambienti No vax, ha pubblicato un post Facebook
dove insinua che il premio Nobel Luc Montagnier sarebbe stato “tolto di mezzo”
per un motivo ben preciso.
Secondo teorie cospirazioniste, il 12 febbraio
avrebbe dovuto rilasciare delle “testimonianze scomode” al processo Norimberga
2 in corso in Canada.
Esisterebbe
un complotto mondiale, volto a usare i vaccini contro il nuovo Coronavirus, per
compiere non meglio precisati «crimini contro l’umanità»?
Un’infarinatura
sui presunti “capi d’accusa” ce li aveva forniti poco tempo fa la moglie di
Montanari, Antonietta Gatti, in un video caricato nella stessa piattaforma.
Quello che i coniugi omettono di precisare è che non esiste un vero processo
internazionale in corso.
Montanari
ipotizza che abbiano ucciso Montagnier per non farlo testimoniare in un
processo chiamato Norimberga 2, senza fornire fonti.
Esiste
un “Gran giurì” privato in Germania organizzato dall’avvocato Fuellmich che,
secondo fonti No vax, avrebbe coinvolto come testimone il Nobel francese. Tale
iniziativa non ha alcun valore giuridico né scientifico.
In
Canada c’è stato il tentativo da parte di gruppi No vax di intentare causa
contro presunti crimini contro l’umanità legati alle vaccinazioni, ma tali
iniziative non hanno mai portato all’apertura di un processo.
Non
esiste e non è in corso alcun processo internazionale denominato “Norimberga
2”.
Analisi
Riportiamo
alcuni passaggi chiave della narrazione di Montanari:
Forse
qualcuno ricorderà che solo pochi giorni fa io proposi una specie di quiz con
il quale domandavo ai miei pochissimi lettori chi, a loro parere, sarebbe stato
il prossimo “scocciatore” a lasciare quella che nei momenti d’oro era la “valle
di lacrime”. Ecco il nome: Luc Montagnier che, senza che si sappia più di tanto, se
n’è andato. […] Il 12 febbraio si aspettava il Nobel 2008 in Canada per
testimoniare al processo chiamato Norimberga 2, un processo che serve soltanto
ad ostacolare la vera scienza, e questo per turpi fini.
Il
post cospirazionista di Stefano Montanari.
Perché
c’è stato un processo di Norimberga.
Il
primo processo di Norimberga si svolse subito dopo la Seconda guerra mondiale.
Vennero così condannati i crimini contro l’umanità di cui si macchiarono i
gerarchi nazisti e altri ufficiali e funzionari del Terzo Reich, nei processi
successivi che si tennero nella stessa città.
Quindi
si parla dei processi di Norimberga.
Tra i
crimini più gravi il genocidio di circa sei milioni di ebrei nei campi di
concentramento. Gli ebrei non potevano scegliere di convertirsi e giurare
fedeltà al regime. Inoltre, i principi razzisti erano scientificamente
infondati. Non esistono le razze umane, né è esistita l’emergenza che secondo i
nazisti avrebbe giustificato l’Olocausto. Era solo una fantasia
cospirazionista.
Oggi
ci troviamo ad affrontare una pandemia i cui riscontri sono emersi in tutto il
mondo, portando alla produzione di migliaia di documenti scientifici.
Le campagne vaccinali generalmente non sono
obbligatorie. Nessuno inserisce in un libro nero chiunque sia scettico su sicurezza
ed efficacia dei vaccini. Al massimo si sospende qualcuno dal posto di lavoro, al quale
tornerà a emergenza conclusa. Soprattutto, nessuno va in giro a deportare e uccidere chi ha
idee No vax.
Esiste
una Norimberga 2?
Quando
i nostri colleghi internazionali hanno cercato le fonti riguardanti “Norimberga
2”, sono giunti a un nulla di fatto.
Diversi
No vax si paragonano impropriamente agli ebrei vittime dell’Olocausto invocando
quindi una «nuova Norimberga», che vedrebbe alla sbarra i gerarchi della
«dittatura nazi-sanitaria» accusati di aver violato il Codice di Norimberga,
pensato per scongiurare ben altri orrori.
È
abbastanza facile intuire che sia poco probabile l’esistenza di un processo del
genere. I
colleghi di Full Fact hanno ricostruito la vicenda, frutto di narrazioni che
circolano da almeno un anno negli ambienti No vax d’Oltreoceano:
È
stata presentata una denuncia alla “Corte penale internazionale” contro il
governo israeliano – continua Full Fact -, sostenendo che il suo programma di
vaccinazione “violi il Codice di Norimberga”, sebbene Reuters abbia
recentemente smentito le affermazioni secondo cui la corte avrebbe “accettato”
questa accusa.
Allo
stesso modo, i rapporti secondo cui un tribunale canadese ha stabilito che chiunque
tenti di costringere qualcuno a farsi vaccinare può essere perseguito ai sensi
del Codice di Norimberga sono stati smentiti.
Cos’è
realmente Norimberga 2?
Allora
forse la pista dei processi veri e propri è sbagliata.
Non è
che per caso Montanari ha omesso un particolare importante nel suo post?
In
passato sono già esistiti dei tribunali simbolici, frutto di iniziative ben più
autorevoli, come il Tribunale Russell.
Si chiamava così perché frutto di una
iniziativa promossa nel 1966 dal filosofo e logico matematico Bertrand Russell;
lo stesso che firmò assieme ad Albert Einstein un manifesto contro le armi
nucleari. La
funzione di questo «tribunale» era simbolica. Aveva lo scopo di sensibilizzare
l’opinione pubblica mondiale contro i crimini (veri o presunti tali), commessi
da diverse potenze occidentali.
Una
cosa del genere può essere organizzata da chiunque, anche da personaggi non
proprio paragonabili ad Einstein e Russell. Basta avere i mezzi e un pubblico
che prende sul serio l’iniziativa. Troviamo diversi siti Web che parlano di un intervento
di Montagnier previsto il 12 febbraio, presso un «Gran giurì» della Peoples´
Court of Public Opinion. Tale iniziativa si fonderebbe sul «diritto naturale» e
risulta organizzata in Germania dall’avvocato Reiner Fuellmich.
Il
Canada non sembra c’entrare affatto, è solo un ingrediente della narrazione
cospirazionista, che in quanto tale mette tutto assieme in un unico amalgama.
Da una parte esistono gruppi No vax, che tentato di fare causa in Canada contro
i presunti crimini dei “vaccinatori”; dall’altra c’è l’iniziativa di un
avvocato tedesco, che noti siti cospirazionisti hanno ingigantito: come “Info-Wars”.
Differenze
col processo di Norimberga.
Fuellemich
era già noto per le sue affermazioni volte a sminuire la pericolosità della
pandemia. Si trovano filmati in Rete dove l’avvocato apre i lavori del
«processo». Le sue affermazioni negazioniste ci aiutano ad avere un’idea dei
“capi d’accusa” (il grassetto è nostro):
Non
esiste una pandemia di corona, ma solo un test PCR “plandemico” alimentato da
un’elaborata operazione psicologica progettata per creare un costante stato di
panico tra la popolazione mondiale – continua Fuellmich -.
Questa agenda è stata pianificata da tempo. […] Il suo precursore senza
successo è stata l’influenza suina circa 12 anni fa, ed è stata inventata da un gruppo di
persone psicopatiche e sociopatiche super ricche che odiano e temono le persone
allo stesso tempo, non provano empatia e sono spinte dal desiderio di ottenere
il pieno controllo su tutti noi, la gente del mondo.
L’unica
“analogia” col processo di Norimberga originale è l’idea che esista una cospirazione
mondiale.
Questa
sarebbe frutto dell’attività di poteri forti super ricchi. Secondo i nazisti erano gli ebrei.
La
differenza sostanziale è che alla sbarra finirono quelli che credettero
ciecamente a questa narrazione. Resta da capire per quale ragione dei “poteri forti”
avrebbero dovuto uccidere Montagnier solo perché doveva testimoniare in una
simulazione di processo, frutto dell’iniziativa di un personaggio ampiamente
screditato.
Conclusioni.
Al
momento non sono note le cause della morte di Montagnier. Negli ambienti No vax è circolata la
voce di una sua partecipazione come testimone a un Gran giurì, prevista per il
12 febbraio.
Impropriamente definita Norimberga 2, questa
iniziativa non ha alcun valore giuridico. A questa narrazione si unisce
quella di una iniziativa canadese, altrettanto infondata. L’ipotesi avanzata da Montanari, in
base alla quale qualcuno avrebbe ucciso Montagnier per non testimoniare, alla
luce di tutto questo appare decisamente improbabile.
Questo
articolo contribuisce a un progetto di Facebook per combattere le notizie false
e la disinformazione nelle sue piattaforme social. Leggi qui per maggiori
informazioni sulla nostra partnership con Facebook.
Chi
era Luc Montagnier, dalle stelle del Nobel agli abissi della pseudoscienza.
Freedom
Convoy Europe: così la protesta dei camionisti vuole arrivare a Bruxelles (e in
Italia).
Complottisti,
suprematisti, No vax: chi sono i camionisti di Freedom Convoy che paralizzano
Ottawa.
È
morto di Covid Franco Trinca, il biologo No vax che sosteneva di curare la
malattia con gli integratori.
Trieste,
arrestato (di nuovo) il consigliere No vax Ugo Rossi: lo scontro con i vigili
perché senza Green pass.
Minacce
di morte contro Mattarella, denunciato un uomo di Como: sul profilo post No vax
e No Green pass.
Bufale
ad alta quota: «Non voglio condividere lo stesso ossigeno con un non
vaccinato», ma il video è una fiction.
IL
‘NUOVO MONDO’ DI DAVOS:
DALLA
TRANSIZIONE ECOLOGICA
AL CONTROLLO SOCIALE?
Centrostudilivatino.it-
Maurizio Milano -( DIC 21, 2021)- ci dice :
Secondo
Klaus Schwab, fondatore ed Executive Chairman del World Economic Forum (WEF) di
Davos, il paradigma sociale ed economico dominante nel secondo dopoguerra, in
crisi già da alcuni decenni, è giunto oramai al punto di non-ritorno.
Solo
la conversione dallo shareholder capitalism allo stakeholder capitalism del XXI secolo potrà consentire alle
“società
capitalistiche di sopravvivere e prosperare nell’attuale era, caratterizzata da
cambiamento climatico, globalizzazione e digitalizzazione”.
La “soluzione” proposta, tuttavia, va nella
direzione opposta a quella desiderabile, aggravando ulteriormente i mali che si
pretenderebbe voler curare.
1. Nel
suo recente libro “Stakeholder Capitalism: A Global Economy that Works for
Progress, People and Planet”, il prof. Klaus Schwab afferma che il modello sociale,
economico e politico attuale è giunto al capolinea.
Secondo
il leader del WEF, le prime avvisaglie di tale crisi erano già evidenti negli
anni 1970, a partire dal Rapporto Meadows del 1972, commissionato dal “Club di
Roma» di Aurelio Peccei, che individuava i “limiti dello sviluppo” nella
crescita “eccessiva” della popolazione rispetto alle risorse disponibili.
I documenti e i programmi dell’ultimo mezzo
secolo, concretizzatisi nelle varie Conferenze dell’ONU incentrate sul
cosiddetto “sviluppo
sostenibile” – dal Rapporto Brundtland della “Commissione mondiale
sull’ambiente e lo sviluppo” (WCED) del 1987 (in cui venne introdotta la
nozione di “sostenibilità”) fino ad arrivare all’”Accordo di Parigi” sul clima
nel 2015 con l’approvazione dell’”Agenda Onu 2030“, nella quale sono definiti
“17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile” – hanno portato avanti una visione
neo-malthusiana, in cui il focus iniziale sull’inadeguatezza delle risorse a sostenere il
modello di crescita economica si è progressivamente spostato sui presunti effetti negativi
dell’uomo sull’ambiente.
A
partire dal 1996, introdotta da Mathis Wackernagel e da William Rees, si è diffusa,
infatti, l’ipotesi della cosiddetta “impronta ecologica“, che misurerebbe l’impatto negativo
dell’uomo sulla Terra mediante un complesso indicatore aggiornato
periodicamente dal WWF a partire dal 1999. Per l’ideologia “verde” oggi dominante, la popolazione è indubbiamente
considerata come la principale minaccia per la “salute” stessa del pianeta, anche al di là del solito tema dei
presunti squilibri tra crescita della popolazione e risorse disponibili.
Il
concetto di “sostenibilità” si inscrive quindi all’interno di un quadro di
riferimento culturale che viene da molto lontano, ostile alla vita e alla
famiglia naturale, anche se, ovviamente, non tutti ne sono consapevoli.
Benedetto XVI, in Caritas in veritate, non parlava mai di “sviluppo
sostenibile” bensì di “sviluppo umano integrale” che poi, in fondo, è l’unico
sviluppo davvero “sostenibile”, anche sul piano materiale.
L’invecchiamento
demografico congiunto al crollo della natalità, infatti, comporta dei
progressivi problemi di “sostenibilità” a livello economico e sociale a causa
dei crescenti costi – sanitari, previdenziali ed assistenziali – che si
scaricano su una popolazione in età lavorativa in costante contrazione.
Un
rischio che persino la Cina ha compreso, introducendo a fine maggio 2021 la
possibilità per le famiglie di avere fino a tre figli: è certamente la solita visione
statalista e ideologica che considera le persone come una “massa” da manovrare
a seconda dei mutevoli interessi economici e politici, ma comunque un segno
evidente di come il “reale” alla lunga si imponga sempre sull’ideologia.
2.
Schwab si focalizza poi sulla svolta definita come «neo-liberista», iniziata
negli anni 1980 con la Reaganomics e il Thatcherismo, incentrata “maggiormente su fondamentalismo del
mercato e individualismo e meno sull’intervento statale o sull’implementazione
di un contratto sociale”, giudicandola “un errore”.
Egli
afferma che il modello dominante – che definisce shareholder capitalism perché la responsabilità delle
imprese è limitata alla produzione di utili per gli azionisti, senza ulteriori
implicazioni “sociali” – dev’essere urgentemente superato nella direzione di
quello che definisce lo “stakeholder capitalism del XXI secolo”, dove debbono essere presi in
considerazione tutti i “portatori di interesse”, dai clienti ai lavoratori, dai
cittadini alle comunità, dai governi al pianeta, in una prospettiva non più locale o
nazionale ma “globale”, che richiede quindi un nuovo “multilateralismo”.
In
linea di principio, la logica dello stakeholder capitalism è anche condivisibile, giacché le
imprese non vivono nel vacuum, ma in contesti sociali e politici.
Quindi,
oltre alla
generazione di profitto per i propri azionisti, servendo al meglio i clienti in una
libera e leale concorrenza, è equo che sostengano i costi delle eventuali
esternalità e si assumano responsabilità più ampie, secondo il principio del bene comune
a cui tutti sono tenuti a contribuire. Che cosa si intende però esattamente
col termine “stakeholder capitalism del XXI secolo”? Al cuore di tale modello secondo
Schwab vi sono due realtà: le “persone” e il “pianeta”.
2.1.
Le “persone”:
Schwab
scrive che “il benessere delle persone in una società influisce su quello di
altre persone in altre società, e spetta a tutti noi come cittadini globali
ottimizzare il benessere di tutti”. I “cittadini globali” astratti indicati
da Schwab esistono
però solo nelle visioni ideologiche: le “persone” concrete hanno sempre
relazioni, a partire dalla famiglia e dalla società circostante, e sono sempre
portatrici di una storia – e di una geografia –, nonché di una visione del
mondo. Non
esistono i “cittadini del mondo”, se non tra le élite tecnocratiche apolidi a cui si
indirizza, evidentemente, il prof. Schwab. Nella prospettiva evocata, la sussidiarietà e la stessa
sovranità nazionale verrebbero sostituite da prospettive centralistiche e
dirigistiche.
2.2.
Il “pianeta”:
Schwab lo definisce come “lo stakeholder centrale nel sistema economico globale, la cui salute dovrebbe essere
ottimizzata nelle decisioni effettuate da tutti gli altri stakeholder. In nessun altro punto ciò è
divenuto più evidente come nella realtà del cambiamento climatico planetario e nei
conseguenti eventi climatici estremi provocati”.
La teoria del “riscaldamento globale” di supposta origine antropica
(l’acronimo inglese è “AGW”: Anthropogenic Global Warming) e del più ampio concetto di “cambiamento climatico” che ne deriverebbe – al centro
dell’attività dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), un’agenzia dell’Onu dedicata allo
studio dell’impatto
umano sul cambiamento climatico – è appunto soltanto una teoria, su cui molti scienziati autorevoli
non concordano (per es. gli scienziati di fama mondiale Antonino Zichichi e Carlo Rubbia,
per restare all’Italia), non una realtà, in quanto manca di conferme scientifiche
certe.
A ben
guardare, pur considerando l’uomo come il “cancro” del pianeta, l’ideologia ecologista
pecca paradossalmente per eccesso di “antropocentrismo” perché attribuisce all’essere umano
un potere
che nei fatti è ben lungi da avere: non è forse prometeico pretendere di abbassare la
temperatura del pianeta come si fa col climatizzatore dell’ufficio e pensare di potere cambiare il clima
della Terra come se fosse quello della serra dell’orto di casa?
A ciò si aggiunga che tutte le previsioni
catastrofistiche fatte in passato sull’evoluzione del clima e sugli impatti sul
pianeta e sull’uomo si sono rivelate erronee.
Ovviamente,
con ciò non si vuole sminuire l’importanza di contrastare l’inquinamento e di migliorare costantemente nella
gestione dei beni creati, anche nel senso della cosiddetta “economia circolare” e nella continua innovazione
tecnologica per ridurre gli sprechi:
questa corretta “ecologia” non ha però nulla a che
spartire con l’approccio ideologico e ostile all’uomo – e alla natalità – della
decarbonizzazione e della transizione energetica degli approcci sopra indicati.
È ideologico, non scientifico, trasformare una teoria
in una certezza, su cui poi impostare azioni di portata colossale e con costi
astronomici.
Nella
prospettiva del cosiddetto “cambiamento climatico” – che è per definizione globale – è chiaro che la sovranità nazionale dovrebbe
cedere il passo al multilateralismo e alla governance mondiale: a problemi
globali soluzioni globali. Cui prodest?
3.
Schwab non ne parla nel libro citato, ma la “transizione ecologica” a guida
ONU non si limiterà alle tematiche di tipo “energetico”, con l’abbandono dei
combustibili fossili – che stanno già comportando fortissimi rialzi delle materie
prime energetiche con ricadute in termini di dinamiche inflazionistiche sui
prodotti e sui servizi –, ma si estenderà anche al cambio dei modelli alimentari, incentivando, ad esempio, la “conversione” al veganesimo e al
consumo di “carne sintetica”; per non parlare della “suggestione” ad avere preferibilmente
un solo figlio per famiglia, ad adottare uno stile di vita all’insegna
dell’austerità, rinunciando a viaggiare per non inquinare oppure preferendo andare a
piedi o in bicicletta e utilizzare solo i mezzi pubblici; e chissà cos’altro in futuro, perché
la rivoluzione verde, come tutte le rivoluzioni, è un processo in divenire
perenne, e quindi non può arrestarsi.
I
costi saranno probabilmente stratosferici:
Bill
Gates li stima in 5.000 miliardi di dollari annui, che potranno
progressivamente scendere nel corso del tempo, grazie all’innovazione
tecnologica, fino a “soli” 250 miliardi di dollari annui di extra-costo nel
2050.
Tale
extra-costo è indicato col termine green premium.
Sembra
proprio che ogniqualvolta compare l’aggettivo “verde” dobbiamo preoccuparci: i nuovi e pesanti costi, infatti, hanno già iniziato a scaricarsi su
contribuenti e consumatori, con inevitabili gravi alterazioni della concorrenza, e
quindi delle stesse prospettive di crescita economica futura, a danno dei più e
a beneficio delle industrie favorite da tali progetti, oltre che della
cosiddetta “finanza sostenibile”. Per non parlare delle pesanti restrizioni alla libertà, che
abbiamo già iniziato ad “assaporare”: una decrescita, insomma, davvero poco
felice.
4. Se
lo “stakeholder capitalism del XXI secolo” del prof. Klaus Schwab si fonda su
questi due pilastri, su “cittadini” ridotti a monadi e su un “pianeta” da
difendere dagli attacchi dell’uomo – e quindi non più un “creato” che dell’uomo
costituisce la dimora –, c’è da temere derive liberticide.
Mentre
le società e l’iniziativa economica nascono logicamente e storicamente dal
basso, a partire dalle persone concrete, inserite in famiglie e in comunità,
per poi svilupparsi secondo logiche sussidiarie nei vari corpi intermedi, qui
ci troviamo di fronte a una visione distopica fondata su un’antropologia distorta, e conseguentemente su una sociologia
“rovesciata”.
Una prospettiva atomistica e materialistica,
centralistica e dirigistica, dove i “migliori” vorrebbero guidare dal centro e
dall’alto, come nella città ideale vagheggiata da molti utopisti che si sono
industriati, nel corso dei secoli, di immaginare un “mondo migliore”.
5. Con
riferimento ai pretesi “eccessi di libertà” dei “privati” che avrebbero portato
fuori strada il paradigma di crescita impostosi nel secondo dopoguerra, occorre
poi fare una precisazione.
Di
quali “privati” si sta parlando?
I
Paesi contemporanei sono caratterizzati tutti, chi più chi meno, da una
presenza molto forte dello Stato nella vita economica e sociale, da un livello di pressione fiscale
e contributiva importante, da un’elevata collusione dei grandi gruppi industriali e
finanziari col potere politico – il cosiddetto capitalismo clientelare – e da un monopolio statale sul
denaro, la cui quantità viene manipolata ad
libitum dalle rispettive Banche centrali che negli ultimi lustri intervengono
in modo sempre più attivo e spregiudicato per orientare i sistemi finanziari, e
quindi economici, dei propri Paesi.
Negli
stessi USA, considerati l’emblema dell’economia libera, il potere politico è
colluso con i grandi gruppi privati e lo stesso andamento di Wall Street –
nell’immaginario collettivo icona del “capitalismo selvaggio” e del
“turbo-capitalismo” – dipende in realtà sempre più dalla politica, in particolare dalle politiche
monetarie ultra-espansive attuate dal 2009 dalla Federal Reserve statunitense,
solo formalmente indipendente dall’establishment politico-economico.
Non ci
sono dubbi che esista una liaison malsana tra i grandi gruppi privati e la
politica, in
forte crescita nell’ultimo quarto di secolo, e ciò va denunciato col termine di
“capitalismo
clientelare”:
aumentando
ulteriormente la spesa pubblica non si farebbe altro che accrescere ancora la
quota di ricchezza nazionale gestita da tali élite politico-economiche, a tutto
beneficio di chi è più vicino ai rubinetti della spesa e a danno di tutti gli
altri che pagheranno il conto.
Lo
vedremo, molto probabilmente, con l’implementazione del “Piano di rilancio europeo” denominato
NextGenerationEU (il cosiddetto Recovery Fund), per la ricostruzione post-pandemica,
a cui è collegato il piano di attuazione italiano (il cosiddetto Piano
nazionale di ripresa e resilienza – PNRR): entrambi di tipo top-down, basati sul debito e calati dall’alto
in modo dirigistico-accentratore. Nel sistema che si sta disegnando, la piccola e la media
impresa, che già hanno poca voce in capitolo adesso, rischiano di essere ancora
più marginalizzate.
6.
Com’è noto, infatti, la prospettiva di Davos è quella del “Great Reset” dei sistemi
economici-sociali-politici attuali per andare verso un “New Normal”, una sorta di governance mondiale, dove delle “cabine di regia” sempre più alte, composte da organismi sovranazionali, Stati,
Banche centrali, grandi gruppi finanziari ed economici, media globali, think
tank come Davos, assumeranno il ruolo di direttori d’orchestra per decidere dove andare, con quali
mezzi e in che modo, per “ricostruire il mondo in modo migliore”, secondo lo slogan B3W-Build Back a Better World del
Presidente statunitense Joe Biden, condiviso dai Paesi del G7.
Ma
come imporre tali cambiamenti? In un suo libro precedente, molto conosciuto, “COVID-19: The Great Reset”, il prof.
Schwab scriveva che l’epidemia CoVid-19 costituisce una “grande opportunità”
per “ripensare, reimmaginare e resettare il nostro mondo”.
Il
leader del WEF sottolinea che al di là dei dati di fatto, della “realtà”, «”le nostre azioni e reazioni umane
[…] sono determinate dalle emozioni e dai sentimenti: le narrazioni guidano il nostro
comportamento”, lasciando cioè intendere che, con uno story-telling adeguato, sarà possibile indurre un
po’ per volta il cambiamento dall’alto, creando il consenso con un mix di
bastone e di carota.
L’importanza
della “narrazione” per guidare il cambiamento era già stata indicata da Schwab come una
priorità in un altro suo testo del 2016 dedicato alla Quarta Rivoluzione Industriale,
The Fourth
Industrial Revolution: il passaggio dalla narrazione alla propaganda rischia di
essere molto veloce, e particolarmente pericoloso se si aggiunge al controllo dei
flussi finanziari, a regolamentazioni sempre più rigide, fino alla stessa limitazione della libertà di
movimento personale.
L’attuazione della “iniziativa del Grande Reset” verso il
Brave New World post-pandemico sembra procedere, in questi mesi, con quella
«fretta» raccomandata da Schwab come condizione di efficacia.
Schwab
non ne parla ma è una strategia che ricorda molto quella della Fabian Society, il più
antico think tank politico britannico, fondata a Londra nel 1884 e da allora
punto di riferimento della “falsa sinistra mondiale:
“For
the right moment you must wait […] but when the time comes you must strike
hard”, cioè “devi attendere il momento giusto […] ma quando arriva devi colpire
duramente”.
L’immagine scelta dai fabiani, un lupo travestito da agnello,
completa il quadro.
7. In
conclusione, lo “stakeholder capitalism del XXI secolo” del prof. Schwab sembra delineare
una sorta di “socialismo benevolo per i riccastri”, un’evoluzione su scala planetaria di
quel mito evergreen che è lo Stato-assistenziale dei Paesi dell’Europa
settentrionale.
La
collaborazione stretta tra grande finanza, big-tech, media e capitalismo
clientelare è, ovviamente, necessaria alla realizzazione del progetto: promesse di “salute” e “sicurezza”,
garantite dall’alto (nella forma di maggiori sussidi pubblici e di “reddito
universale di cittadinanza”); più tasse, meno libertà (e meno responsabilità), meno privacy
e meno scelta individuale.
Un “falso
socialismo liberale”, insomma, un po’ gnostico e un po’ fabiano, che intende
mantenere la sovrastruttura liberal-democratica, ridotta però a un guscio
vuoto, mentre le risorse e le decisioni importanti sono destinate ad essere
sempre più accentrate presso “tecnici” e “competenti”, presso “cabine di regia”
sempre più lontane.
Una
prospettiva distopica che ricorda più quella evocata nel “Nuovo Mondo” di Aldous
Huxley (1894-1963) che non quella paventata in “1984” di George Orwell
(1903-1950).
Quos
Deus perdere vult, dementat prius: qualsiasi progetto contrario alla natura dell’uomo e
all’ordine delle cose è destinato inevitabilmente al fallimento finale, ma può
tuttavia arrecare dei seri danni, per molti anni a venire.
Quando
torneremo, dunque, alla normalità? “Quando?... Mai”, scrive Schwab.
Ė
scritto nero su bianco, basta prendersi la briga di andare a leggere e studiare
quello che scrive.
Ciò
non è rassicurante: occorre approfondire queste tematiche con un serio studio in
ordine alla realtà delle cose e ai costi sociali, insostenibili per gli uomini
concreti, che sono esigiti per la costruzione del “mondo migliore” immaginato
da Schwab.
(Maurizio
Milano).
Sostenibilità
e salute globale:
gli
obiettivi del “World Economic Forum”.
Affarinternazionali.it-
Simone Urbani Grecchi- (5 Gennaio 2022)- ci dice :
LE
GRANDI QUESTIONI TRANS-NAZIONALI.
Covid-19-EconomiaOnu.
Il
prossimo World economic forum – previsto inizialmente a gennaio ma spostato a
giugno nella tradizionale sede di Davos – si terrà in un clima di grande
incertezza a causa della perdurante pandemia.
L’attenzione
sul tema sarà quindi altissima, anche perché è stato proprio il Wef, nel giugno
del 2020, a sottolineare l’importanza di sfruttare la crisi per promuovere un
generale ‘reset’ delle nostre società.
Obiettivo ambizioso, un ‘great reset’ è auspicabile
non solo per recuperare i disastri economici e sociali causati dalla gestione
del Covid-19, ma anche e soprattutto perché la comunità internazionale ha
accumulato significativi ritardi nel raggiungimento degli obiettivi di
sostenibilità indicati dall’ONU nell’Agenda 2030.
Il
problema della salute globale.
Aspetto
ancora più importante, come sottolinea lo stesso Klaus Schwab, presidente
esecutivo del Forum, i segnali di tali ritardi erano visibili già prima della
pandemia.
E in nessun campo tale regressione appare più
significativa di quello della salute globale.
In particolare, è evidente il ritardo
accumulato in termini di prevenzione delle malattie non trasmissibili (NCDs), uno dei diciassette obiettivi di
sostenibilità nonché causa, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità di
circa quarantuno milioni di morti (cioè oltre il 70% dei decessi a livello
globale) all’anno. Da decenni.
Nonostante
la portata del fenomeno, tuttavia, non sembra sia stato fatto abbastanza per
finanziare la prevenzione di questi disturbi.
Ciò è
di per sé un aspetto quantomeno singolare, considerato che da decenni si parla
dell’importanza della prevenzione, salvo poi incanalare competenze e
finanziamenti verso settori molto più orientati alla cura. Inoltre, tali considerazioni sono
ulteriormente aggravate dal fatto che molte delle NCDs sono malattie
autoinflitte (quindi prevenibili), causate dalle nostre insalubri abitudini,
sia dal punto di vista produttivo che di consumo.
Il
fatto che, incidentalmente, tali patologie siano anche alla base della quasi
totalità dei decessi in presenza di Sars-CoV-2 (in Italia, il 97,1%) dovrebbe
fare riflettere sull’importanza di curare il nostro organismo e il nostro
sistema immunitario, cruciali nella prevenzione degli effetti di shock esterni,
che spesso risultano aggravati dalle nostre abitudini.
Lo
stesso Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, afferma che “la pandemia ha evidenziato il grave
pericolo delle malattie non trasmissibili e ha segnalato l’urgente necessità di
politiche e investimenti di sanità pubblica più forti per prevenirle. Esortiamo
i leader mondiali a livello pubblico e privato ad adottare misure aggressive
per prevenire le malattie non trasmissibili. Meno malattie non trasmissibili
avrebbero significato meno morti durante la pandemia.”
Il
paradosso delle politiche di prevenzione.
Nella
sua analisi sull’Agenda 2030, il WEF scrive che “dobbiamo accogliere
l’innovazione, anche nel modo in cui facciamo le cose”.
Premessa corretta.
Ma è
importante che questa presa di coscienza avvenga a livello collettivo.
Appare
incoerente, infatti, continuare a indulgere in eccessi alimentari e
sedentarietà, salvo poi far pagare il conto dei nostri comportamenti malsani
alla comunità in cui viviamo – sia in termini diretti (attraverso le spese
sanitarie pubbliche) sia indiretti (impedendo l’utilizzo di quelle risorse in
altri settori). Così come risulta paradossale permettere, da un lato, la vendita di
bevande e alimenti eccessivamente zuccherati e, dall’altro, spendere tempo e
risorse pubbliche in campagne per la prevenzione dell’eccesso ponderale.
Altrettanto
paradossale appare il ruolo dello Stato, che da un lato permette la vendita di
sigarette e, dall’altro, apparentemente ad un costo tre volte superiore
rispetto a quanto incassa tramite la vendita di tabacco, cura i suoi cittadini
per malattie causate dal fumo.
Sembra
poco ragionevole, infine, permettere di produrre (e quindi di acquistare) mezzi
di trasporto privato sempre più potenti in un contesto in cui :
(a) -gran
parte della comunità internazionale è impegnata a ridurre il consumo di fonti
combustibili;
(b)- l’eccesso di velocità causa circa 1,3
milioni di morti all’anno;
(c)-
le aree urbane – dove vive più della metà della popolazione mondiale – sono
spesso ben servite dai mezzi pubblici e in grado di fornire servizi entro
distanze percorribili a piedi.
Agire
individualmente non basta.
Inevitabilmente,
le misure andranno prese a livello politico, economico e regolamentare. E
dovranno essere coerenti. Perché è palpabile la necessità di cambiare le ‘regole del
gioco, in particolare (sebbene non esclusivamente) per il sistema sanitario
globale, ‘appesantito’ da pratiche di dubbia moralità (ad esempio il cosiddetto “disease
mongering”) e da ciclopici conflitti di interesse.
Ma
questo non deve impedirci di prendere l’iniziativa anche come singoli, perché è
fondamentale che il ‘great reset’ trovi una sua dimensione a livello
individuale. Una sorta di ‘woke movement’ mirato a riportare la considerazione dei nostri doveri
al centro delle attività quotidiane.
Una presa di coscienza collettiva che ci
permetta :
(a)- di dare il nostro contributo a
migliorare i nostri standard di vita e
(b)-
contestualmente, ci metta nelle condizioni di influenzare positivamente
l’agenda pubblica. Un risveglio, in ultima analisi, in cui capacità di autocritica e
assunzione di responsabilità abbiano il sopravvento sulla nostra naturale inclinazione
alla creazione di paradossi e all’autoindulgenza.
Il
futuro della Nato
nella
crisi ucraina.
Affarinternazionali.it-
Stefano Silvestri-(14 Febbraio 2022) - ci dice :
ANALISI
EUROPA PRIMO PIANO.
Crisi
ucraina-Nato-Russia-Ucraina.
È
opinione diffusa che questa crisi con la Russia abbia dato nuova vita alla
Nato, facendola uscire da una lunga crisi di decrescente rilevanza, nonché
dalle conseguenze negative del brusco abbandono dell’Afghanistan.
Tuttavia
questa potrebbe essere anche l’ultima volta in cui vedremo dispiegarsi il pieno
impegno militare americano in Europa, per assicurare la credibilità della
deterrenza e della difesa degli alleati. Il quadro della sicurezza europea sta
cambiando rapidamente e richiederà decisioni difficili, che definiranno il
futuro politico dell’Europa.
La
Nato nel nuovo ordine mondiale.
Viviamo
un periodo di forte incertezza strategica. Finita, al termine del secolo
scorso, la divisione dell’Europa in due blocchi contrapposti, abbiamo
sperimentato la frammentazione dell’Urss e un rapidissimo allargamento verso
est sia della Nato che dell’Ue.
Nel
contempo la Nato ha visto mutare la sua strategia tradizionale (centrata sul
contenimento e sulla deterrenza) ed è stata invece impiegata in conflitti
“fuori area”, dapprima nei Balcani e poi in Afghanistan, Medio Oriente e Nord
Africa, con risultati non esaltanti.
Anche
l’UE ha visto crescere il suo profilo politico internazionale, è stata
impegnata in numerose missioni di pace e gestione delle crisi, ed ha utilizzato
intensamente l’arma delle sanzioni economiche.
Infine,
da parte sia americana che russa sono stati rimessi in discussione e
abbandonati importanti accordi di disarmo, di controllo degli armamenti e
persino misure di reciproca fiducia e meccanismi per il controllo e la
riduzione degli incidenti. Il quadro della sicurezza europea ne risulta profondamente
indebolito.
Due
sono le maggiori novità sul piano globale: il montare in potenza della Cina,
alleata con la Russia, e l’attivismo crescente di alcune medie potenze
extra-europee che alimentano conflitti significativi a livello regionale.
In un
mondo globalizzato, strettamente interconnesso, ma privo di un adeguato sistema
di regole e istituzioni che ne assicurino un funzionamento pacifico, gli Stati
Uniti si sono trovati sovraesposti e dispersi tra una miriade di impegni cui
non potevano più fare fronte.
Ciò ha
obbligato Washington a definire con maggior chiarezza le sue priorità
strategiche, dando la precedenza alla sfida globale, economica, militare e ideologica
incarnata oggi dalla Cina.
In questo quadro la Russia, malgrado il suo
attivismo militare e il suo armamento nucleare, si colloca al secondo posto: non minaccia direttamente la
leadership globale americana, anche se può indebolirla.
Il
ruolo degli Stati Uniti.
A
questo stadio, non sappiamo ancora come finirà questa crisi tra Mosca e Kiev e
quale ampiezza assumerà un eventuale scontro armato. Sappiamo però che gli Usa sono
pronti ad impegnarsi per difendere militarmente gli alleati, ma che reagiranno
ad un attacco all’Ucraina con strumenti politici ed economici.
A questo fine, più che attivare la Nato, che
non ha competenze in campo economico, gli Usa cercheranno un accordo con
l’Ue.
Già
qui vi è una differenza sostanziale tra il quadro transatlantico e quello
dell’Asia-Pacifico: un eventuale attacco della Cina a Taiwan vedrebbe con tutta
probabilità un impegno militare diretto americano.
Non
sarà facile per la Nato gestire le conseguenze di questa crisi. Molti paesi
alla frontiera orientale dell’Alleanza vorranno essere rassicurati e
maggiormente protetti, ma l’onere di questo maggiore impegno non potrà più
pesare solo sulle spalle americane: al contrario, con gli USA sempre più
impegnati nel Pacifico, in prima linea saranno i maggiori paesi alleati
europei. Quegli
stessi paesi, possiamo notare per inciso, che dovrebbero sopportare gran parte
del costo economico di eventuali nuove sanzioni contro la Russia.
Nato:
verso il riarmo europeo?
Vedremo
l’impatto di questa crisi sulla formulazione del prossimo “Concetto Strategico” che il
Consiglio Atlantico dovrebbe approvare fra pochi mesi, ma è forte il rischio
che la situazione rimanga confusa e incerta.
C’è sicuramente un partito favorevole a un
forte riarmo alleato in Europa. L’obiettivo massimo che alcuni formulano è che
gli alleati europei assicurino in proprio circa il 50% delle capacità ritenute
necessarie per la piena credibilità della Nato.
Oggi il contributo europeo è stimato attorno
al 25-30%.
In
pratica ciò significherebbe quasi il raddoppio delle spese di investimento e di
esercizio dei singoli paesi: una prospettiva largamente irrealistica.
L’alternativa
però, in assenza di un sostanziale contributo aggiuntivo americano (ed anzi, al
contrario, in previsione di una riduzione di tale contributo, a vantaggio del
fronte Asia-Pacifico), provocherebbe una evidente diminuzione della credibilità
alleata, con gravi conseguenze sia interne che esterne all’Europa.
Si
delinea quindi con urgenza l’esigenza di un chiarimento strategico tra europei
che vada ben al di là del pur interessante esercizio della “bussola strategica”
lanciato dall’UE, e che si concentri sugli aspetti militari e di sicurezza del
futuro rapporto con la Russia, a oriente ma anche a sud dell’Europa, in genere
su cosa serva per affrontare la crescente pericolosità delle crisi e dei
conflitti nelle regioni confinanti.
In
effetti, il necessario rafforzamento del contributo europeo alla propria
sicurezza, se avrà luogo, dipenderà dalla capacità delle potenze europee di
mettere assieme, razionalizzare e potenziare le risorse a loro disposizione,
cercando di ottenere di più dalle risorse effettivamente disponibili, grazie a
una maggiore razionalizzazione e messa in comune degli investimenti.
Questa
tuttavia è una strada che, pur rafforzando la Nato, passa essenzialmente
attraverso una maggiore cooperazione europea (o meglio, tra alcuni paesi
europei), certo in collaborazione stretta con gli Usa sul piano operativo, ma
molto più autonoma e competitiva sul piano tecnologico e industriale. In altri termini, la salvezza della
Nato passerebbe attraverso una maggiore autonomia strategica dell’Europa.
Reskilling
come leva per la ripresa:
ecco
come le competenze creano occupazione.
Agendadigitale.eu-
Gianpiero Ruggiero- (10 Feb. 2021)- ci dice :
(Che
cos'è il Reskilling?
Il
reskilling prevede lo sviluppo di
abilità che possano permettere al dipendente di ricoprire un ruolo diverso. Si tratta di un percorso di
riqualificazione della persona e delle competenze.)
Industry
4.0.
Secondo
il “World Economic Forum”, entro il 2025, il 50% di tutti i lavoratori avrà
bisogno di reskilling, complice l’impatto della digitalizzazione: le imprese si
interrogano su come favorire la creazione di occupazione e accompagnare i
lavoratori nella formazione.
Le
competenze sono il petrolio delle economie ed è su quelle che bisogna investire
per la ripartenza. In Italia, uno strumento utile può essere quello del Fondo nazionale per le nuove
competenze, inserito nel PNNR.
In
generale, il tema della creazione di competenze è caldo: al Forum economico di
Davos quest’anno si è parlato molto di come salvare i posti di lavoro in
aziende, dove anche quelli più sicuri potrebbero diventare incerti, con
occasioni ancora minori per giovani e donne.
Ci
troviamo in un punto in cui la “digital transformation” sta ridefinendo il futuro del lavoro.
Secondo il World Economic Forum, entro il 2025, il 50% di tutti i lavoratori
avrà bisogno di reskilling e il 40% delle competenze base degli attuali
lavoratori cambierà. La conseguenza è scontata: pensare che ciascuno di noi o la
nostra impresa non sarà toccata dal cambiamento di competenze è utopico.
Capi
di governo ed economisti, consapevoli che il capitale umano e la conoscenza
sono i fattori che più di tutti influenzano la crescita di lungo periodo di una
economia, si interrogano – specie in un tempo di pandemia – sulle modalità di
creare nuovo lavoro e di come accompagnare i lavoratori lungo un percorso di
riqualificazione professionale.
La
situazione globale.
Molte
economie, anche quelle meglio gestite, sono indotte a individuare le risposte
più efficaci per ridare una prospettiva di crescita.
Nascosto dietro il black out economico del
2020 si nasconde infatti un serio pericolo: che arrivi, dopo la recessione
invernale, quella che il Centre for Economic Performance di Londra ha definito una “primavera di fallimenti”. Una sequenza di discontinuità
aziendali che potrebbe riguardare tante aziende e tanti Paesi, tutti insieme. Ecco perché oggi si parla sempre più
spesso di nuovi modi di lavorare e di “job reset”. Ridisegnare ruoli, attività,
compiti per capitalizzare l’esperienza di questi mesi.
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Artificiale.
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4.0.
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La
maggior parte di queste nuove competenze sono collegate ai mutamenti
tecnologici e organizzativi innescati dal digitale. La connessione tra
investimenti in innovazione, cultura digitale e frequentazione delle scuole
tecniche, sono argomenti collegati al mondo del lavoro e alle opportunità che
le imprese dimostrano di saper leggere nel digitale.
Ma l’upgrade di quello che ciascuno di noi è in grado
di fare non passa solo dalle nuove tecnologie; sono determinanti capacità quali
creatività, pensiero critico e autocontrollo, che rappresentano, in mix con le
competenze digitali, le chiavi di volta per affrontare le sfide future. Competenze di mestiere + competenze
digitali + competenze “umane”: questo sarà il mix indispensabile per il lavoro
del futuro.
Digitalizzazione,
occupazione e disoccupazione.
Nonostante
ci siano previsioni che fanno pensare che la tecnologia rimpiazzerà le persone,
molti studiosi ed economisti sono convinti che il lavoro umano sarà ancora
determinante, perché caratterizzato da molta forza, elasticità e straordinaria
capacità da parte delle persone di innovare, collaborare e realizzare i propri
obiettivi. È vero che la digitalizzazione si traduce in alcuni casi in perdita
di lavoro, ma il digitale è in grado di generarne anche di nuovi. È necessario
però che le persone si preparino per il nuovo mondo digitale e che le aziende
giochino un ruolo importante nel preparare le persone e accompagnarle in modo
creativo nella nuova economia digitale.
Il
modo in cui i Governi e le altre parti interessate affronteranno il cambiamento
tecnologico giocherà un ruolo importante nel “ripristinare” la società,
l’economia e l’ambiente imprenditoriale. Misurare la portata dell’economia
digitale non è semplice, ma un parametro per misurare il grado di
digitalizzazione nei paesi dell’UE è la misura in cui l’occupazione è correlata
alle attività digitali. Il report della Banca Centrale Europea “L’economia
digitale e l’area dell’euro” ha messo in
luce come i settori con maggiore intensità digitale, nel decennio 2006-2016,
hanno contribuito in modo sostanziale alla crescita dell’occupazione nelle
economie avanzate.
Osservando
la relazione tra la crescita dell’occupazione totale e il contributo dei
settori ad alta intensità digitale per alcune economie europee, la BCE arriva
alla conclusione che “le economie con una quota più elevata dell’economia
digitale sul valore aggiunto totale tendono a essere quelle con tassi di
disoccupazione più bassi. I dati analizzati nei Paesi più fortemente dipendenti
dal digitale, ad esempio Svezia ed Estonia, suggeriscono un forte contributo
dei settori ad alta intensità digitale alla crescita dell’occupazione totale”.
Estonia e Svezia, infatti, sono costantemente in cima alle classifiche
dell’occupazione digitale, superando molte altre economie dell’UE.
L’analisi
sembra contrastare l’idea che un più elevato livello di digitalizzazione porti
a una maggiore disoccupazione aggregata. Ciò non vuol dire che la
digitalizzazione non si traduca in spostamenti e interruzioni del lavoro, per
cui alcuni lavoratori perdono il lavoro e hanno difficoltà a riprendere un
lavoro per periodi prolungati, ma la digitalizzazione genera anche nuovi
opportunità e posti di lavoro.
Lavoro
4.0, come accrescere la produttività.
Una
recente indagine del World Economic Forum-Ipsos rileva che la maggior parte
degli adulti è incredibilmente ottimista sull’accesso alla tecnologia, agli
strumenti digitali e alla formazione nei prossimi mesi.
Quando
si tratta di innovazione tecnologica, anche i leader d’azienda sono ottimisti:
vedono la tecnologia e la digitalizzazione come un mezzo per avere successo. Eppure, la disoccupazione è aumentata
vertiginosamente durante la pandemia. Secondo il Future of Jobs Report 2020
del World Economic Forum, “per la prima volta negli ultimi anni, la creazione di posti
di lavoro sta iniziando a rimanere indietro rispetto alla distruzione di posti
di lavoro – e questo fattore è destinato a colpire maggiormente i lavoratori
più fragili e svantaggiati”.
La
partita del lavoro si gioca sul fronte delle competenze necessarie per
affrontare la sfida della quarta rivoluzione industriale. Circa l’85% di tutti i posti di
lavoro dell’UE oggi necessita di almeno un livello di competenze digitali di
base.
È
quanto riporta il report “Upskilling for Shared Prosperity” realizzato dal World Economic Forum in
collaborazione con Pwc, che ha analizzato la correlazione tra miglioramento delle
competenze e crescita economica.
Le stime si riferiscono al Pil (un extra Pil
da 6,5 trilioni di dollari e 5,3 milioni di nuovi posti di lavoro entro il
2030), sebbene l’analisi faccia riferimento alla necessità di un nuovo pensiero
economico basato sullo sviluppo di “buoni” posti di lavoro; quei lavori cioè che abbiano quelle
determinate caratteristiche – retribuito in modo equo, motivante e svolto
ragionevolmente in sicurezza – in grado di incidere maggiormente sulle capacità
e sulle motivazioni intrinseche dei lavoratori, ponendo le basi così per
livelli di produttività più elevati.
Secondo
il documento, dall’adozione di tecnologie di nuova generazione conseguiranno
nuovi posti di lavoro; quelli legati a Industria 4.0 porteranno a un aumento della
produttività globale del 3%, in media, entro il 2030. Il 38% del Pil aggiuntivo, che
potrebbe essere acquisito attraverso l’upskilling, sarà creato nel settore dei servizi
alle imprese ad alto valore aggiunto e in alcuni settori manifatturieri.
Riqualificare
e investire in competenze, le indicazioni di policy.
Entro
il 2025, circa la metà di tutte le opportunità di lavoro in Europa dovrà essere
colmata da persone con qualifiche ad hoc. “L’80% dei nuovi posti di lavoro –
afferma il report del WEF – sarà altamente qualificato. Ciò richiederà o una
massiccia sostituzione o il miglioramento delle competenze della forza lavoro
esistente per ottenere l’aumento del 2,2-2,5% del Pil”.
“La
pandemia fornisce un’opportunità di riformare i sistemi di istruzione e
ripensare formazione professionale a vantaggio di più persone. Per fare questo,
tuttavia, governi, industrie, sindacati e gli istituti di istruzione dovranno
lavorare insieme”, si legge nel report, che fornisce alcune indicazioni di
policy per colmare la discrepanza tra le attuali competenze e quelle necessarie
per il lavoro legato a Industria 4.0.
Le
quattro aree strategiche prioritarie.
Sono
quattro le aree strategiche prioritarie su cui Governi, imprese e altri
stakeholder, dovrebbero concentrare gli sforzi:
Costruire
un ecosistema forte e interconnesso, impegnato a costruire un’agenda di
riqualificazione (determinare una serie di indicatori che misurino la qualità
dell’occupazione a livello nazionale e regionale; stabilire un quadro di
ricerca per comprendere le dinamiche dei futuri mercati del lavoro, da cui
ricavare le proiezioni in termini di abilità da colmare; identificare le leve
delle politiche in grado di traghettare il mercato del lavoro verso la
costruzione di buoni posti di lavoro).
L’adozione
da parte dei Governi di iniziative per aumentare il livello di competenze,
favorendo la collaborazione con le imprese, le organizzazioni non profit e il
terzo settore. Vengono suggeriti azioni di promozione di progetti di
investimento industriale con un approccio “dal basso verso l’alto”, insieme a
incentivi per investimenti industriali “verdi” e di innovazione tecnologica.
Sviluppare
piani di sviluppo delle persone, ancorando il miglioramento delle competenze e
l’investimento nella forza lavoro come principio aziendale fondamentale.
Aumentare
l’offerta di apprendimento e le connessioni tra imprese e luoghi
dell’apprendimento, dando priorità ai curricula dell’istruzione superiore e
professionale, con una preferenza per quelli “just in time” piuttosto che “just
in case”.
Il
report rientra tra le iniziative della piattaforma Reskilling Revolution, lanciata ufficialmente nel gennaio
2020, con attivo tra l’altro il contesto “Education 4.0”.
Si
tratta di un framework che propone otto trasformazioni all’interno dei
contenuti di apprendimento e dei meccanismi di erogazione nei sistemi di
istruzione primaria e secondaria per preparare meglio la prossima generazione
ai futuri lavori.
Per
questo è stato sviluppato il play-book “Closing the Education Gap”, una guida per Governi e imprese
per avviare collaborazioni pubblico-privato a livello nazionale per implementare il framework
Education 4.0 attraverso quattro interventi di sistema chiave: empowerment degli
insegnanti, nuove competenze e meccanismi di misurazione, nuovi standard
educativi, integrazione dell’istruzione potenziata dalla tecnologia.
L’agenda
della riqualificazione nel Recovery Plan dell’Italia.
I
numeri odierni della crisi allarmano, la pressione delle crisi aziendali si è
molto scaricata sui soggetti più deboli. La perdita reddituale media dei
dipendenti finiti in cassa integrazione è stata intorno al 27% (fonte Banca
d’Italia e Inps). I posti di lavoro a tempo indeterminato già persi tra
febbraio e novembre 2020 ammontano a 300 mila. Un’esplosione di crisi aziendali
è alle porte, con una previsione che colloca la disoccupazione nascosta tra 250
mila e 500 mila unità. Criticità a cui si aggiunge anche quella sul tasso di
occupazione femminile (in Italia del 48,5% mentre in Europa è del 62,5%),
tant’è che la Banca d’Italia ha stimato una crescita del Pil di 7 punti, se si
aumentasse l’occupazione delle donne.
Numeri
che fanno riflettere sulla necessità di attivare quelle politiche attive
rimaste per lo più in sospeso, puntando sulla riqualificazione, aiutando quei
lavoratori che, con disponibilità e impegno personale, sono alla ricerca di
nuove opportunità.
Un
passo avanti importante è stato fatto con il Fondo nazionale per le nuove
competenze. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) vi dedica uno spazio
non secondario. Gli obiettivi di formazione e riqualificazione sono presenti particolarmente
nelle missioni “Istruzione e ricerca” e “Inclusione e coesione”, oltre che nella riforma della
pubblica amministrazione. Per la componente “Politiche per il lavoro” il PNRR impiega
risorse per un totale di 12,62 mld di euro. Per il perseguimento di tali
obiettivi il Piano predispone determinate linee di intervento, suddivise come
indicato nella tabella seguente:
Le
risorse per gli interventi della componente Politiche per il lavoro Totale NGEU
(risorse
in mld €):
Politiche
attive del lavoro e sostegno all’occupazione 7,50.
Politiche
attive del lavoro e formazione 3,50.
Sostegno
all’imprenditoria femminile 0,40.
Apprendistato
duale 0,60.
Piano
nuove competenze 3,00.
Fiscalità
di vantaggio per il lavoro al sud e nuove assunzioni di giovani e donne 4,47.
Servizio
civile universale 0,65.
TOTALE 12,62 mld Euro.
In
primo luogo, si provvede ad una revisione strutturale delle politiche attive
del lavoro – per la quale sono assegnati 7,5 miliardi di euro – in particolare
attraverso le seguenti azioni:
l’istituzione
di un Programma nazionale denominato GOL (Garanzia di occupabilità dei
lavoratori) che prevede un sistema di presa in carico unico dei disoccupati e
delle persone in transizione occupazionale che associ la profilazione dei
servizi al lavoro alla formazione;
il
rafforzamento dei centri per l’impiego e della loro integrazione con i servizi
sociali e con la rete degli operatori privati;
lo
sviluppo di un Piano nazionale nuove competenze, un sistema permanente di
formazione, anche attraverso la valorizzazione degli strumenti esistenti e
l’istituzione di partenariati pubblico – privati. Per i lavoratori occupati è
stato istituito il Fondo nuove competenze per permettere alle aziende di
rimodulare l’orario di lavoro dei lavoratori al fine di favorire attività di
formazione sulla base di specifici accordi collettivi con le organizzazioni
sindacali;
il
potenziamento del sistema duale con l’obiettivo di rendere sempre più sinergici
i sistemi d’istruzione e formazione con il mercato del lavoro, nell’ottica di
favorire l’occupabilità dei giovani tramite l’acquisizione di nuove competenze;
il
sostegno all’imprenditoria femminile, attraverso la sistematizzazione degli
attuali strumenti di sostegno all’avvio e alla realizzazione di progetti
aziendali innovativi per imprese a conduzione femminile o prevalente partecipazione
femminile già costituite e operanti, nonché l’affiancamento di misure di
accompagnamento allo strumento del “Fondo a sostegno dell’imprenditoria
femminile” già previsto nella legge di bilancio 2021.
Dopo
il “Ristori 5”: lo scenario del lavoro in Italia.
Se il
Governo ha fatto sapere che il decreto “Ristori 5” sarà l’ultimo
(l’ammortizzatore straordinario della cassa, Covid e in deroga, dovrebbe essere
prorogato e operativo per tutto il 2021), allora va disegnata una strategia di
uscita dagli interventi straordinari. I numeri della crisi allarmano e c’è
necessità di salvaguardare il maggior numero di lavoratori e di creare nuovi
posti di lavoro, soprattutto quelli legati all’innovazione tecnologica e
all’economia digitale. Non c’è tempo da perdere per mettere in atto politiche
per evitare di tenere ai margini lavoratori più maturi, a cui oggi risulta
difficoltoso il pieno accesso all’apprendimento, e di creare una generazione
perduta.
Occorre
essere trasparenti soprattutto verso le nuove generazioni, spiegando loro
l’importanza di investire il proprio tempo nello studio, per avere un
curriculum formativo adeguato ai tempi, e che questi sforzi saranno
adeguatamente ricompensati e ripagati. Se una persona che aggiunge competenze
alla sua figura professionale venisse, per esempio, remunerata anche per il suo
impatto sociale e territoriale, lo studio e la formazione diventerebbero lo
scopo di molte più persone. Oggi e più o meno l’inverso; formarsi e studiare
non dà risultati immediati, non è perciò “attraente”, soprattutto per i
giovani.
Lo
skill gap.
Avere
chiaro e rendere trasparente quali tipi di competenze avrà bisogno l’economia
digitale nel medio e lungo termine potrebbe fare la differenza per il futuro
delle nuove generazioni. Se è vero che molti imprenditori fanno ancora fatica
ad assumere, vuol dire che c’è una crescente discrepanza tra le attuali
competenze e quelle necessarie per il lavoro legato a Industria 4.0. La metà degli attuali occupati ha
bisogno di reskilling, eppure identificare le competenze necessarie per il
futuro è ancora la difficoltà più grande per molte aziende.
Confindustria,
che ha posto al centro della sua strategia la riduzione dello skill mismatch,
nel corso della sua audizione alle Commissioni riunite Bilancio, Attività produttive
e Lavoro della Camera, ha proposto di arricchire il Piano Nazionale di Ripresa
e Resilienza con tre linee progettuali: creare “Steam Space” in tutte le scuole medie italiane;
rafforzare la filiera alternanza-apprendistato; sviluppare gli ITS e la filiera
terziaria professionalizzante. Può essere una buona soluzione, ma perché questo
si realizzi è necessaria la collaborazione e l’impegno tra tutti le parti
interessate.
Il diritto di proprietà diverrà un retaggio del passato?
Prove
di futuro in giro per il mondo.
Professionegiurista.it-
Rasia Avv. Luca Marco - (29-2-2021)- ci dice :
“non
avrò nulla e sarò felice”. I piani del Grande Reset per la proprietà privata in
relazione ai dettami dell'art. 42 della Costituzione italiana. Breve
riflessione.
Il
termine e concetto di "Grande Reset" è stato sdoganato in Italia
pochi giorni fa da Carlo Freccero, ex Direttore di Rai 2, in una seguita
trasmissione su un canale Mediaset . Ne parlano, invece, da oltre un anno,
tutta una serie di giornalisti e opinionisti che studiano come funziona questo
mondo e che solitamente vengono definiti “complottisti” .
Per
quei pochi che non avessero ancora sentito parlare di “Great Reset”, si dica
che esso nasce dal forum di Davos (il World Economic Forum) come proposta
approvata di realizzazione di un piano di modifica della società così come
l’abbiamo fino ad oggi conosciuta. Quel mantra che ci siamo sentiti ripetere in
questi molti mesi, “Nulla sarà come prima”, è nato in quel contesto. Con una
breve ricerca in rete si potranno ottenere informazioni sufficienti.
Il
piano è assolutamente rivoluzionario e punta a minare quelle eredità
culturali che ci stiamo portando avanti da circa seimila anni a questa parte (non una cosa da poco) ma in particolare cristallizzati
negli ultimi due secoli.
I temi
di questa proposta di rivoluzione sono molteplici ma la questione che interessa
questo sito, in particolare, riguarda l’atteggiamento nuovo, e assai diverso
dalla tradizione, che il WEF esprime in merito al concetto di proprietà
privata.
Per
dirla con lo slogan da loro coniato, “non avrò nulla e sarò felice”, promosso da Ida Auken, ex ministro
dell’ambiente danese che a più riprese ha illustrato l’agenda del WEF, il
prossimo futuro – termine fissato per il 2030 – prevede un canone di vita
privata inesistente, privato anche degli spazi e degli oggetti propri privati e
personali perché tutto sarà in prestito.
Secondo
le proiezioni del "Global Future Councils" del WEF, la proprietà privata e la privacy
saranno abolite nel prossimo decennio.
La posizione del WEF raggiunge e addirittura supera
posizioni che consideriamo tipicamente comuniste (ad esempio della Cina o
dell’ex URSS) prevedendo un generalizzato esproprio anche dei beni di consumo,
i quali non sarebbero più proprietà privata.
Ci
dobbiamo abituare all’idea di vedere l’intero globo muoversi all’unisono (una
novità dei nostri tempi) di fronte a problematiche comuni. Una prova l’abbiamo
avuta con l’emergenza pandemica.
Analogamente
quell’appendice del piano che viene definito Great Reset e che riguarda la proprietà
privata
non è rimasta nello slogan della parlamentare danese o nei lavori della
conferenza di Davos; abbiamo spunti di diverso tipo per considerarlo un altro
fronte di lavoro che sta avanzando a livello globale. Perché dico ciò?
Dalla
teoria …
La
nuova posizione della Santa Sede. Nell'aprile del 2021 Papa Francesco ha promosso a più
riprese un concetto che è parso a molti ascoltatori una nota fuori tema: «La
proprietà privata non è intoccabile, serve giustizia sociale».
Chi
voglia verificare personalmente legga QUI . Nuova teoria ecumenica creata per
l’enciclica Fratelli tutti, ove si afferma che «Il diritto di proprietà è un
diritto naturale secondario derivato dal diritto che hanno tutti, nato dal
destino universale dei beni creati». In un successivo discorso il Santo Padre
ha avuto modo di chiarire che in un mondo che appare regolato dalle enormi
diseguaglianze economiche, occorre costruire una «nuova giustizia sociale,
partendo dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto
come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata».
Particolare
è stata la scelta di promuovere questi concetti davanti ad un consesso di
giudici. Si
trattava di un discorso rivolto ai partecipanti ad una videoconferenza
internazionale, giudici membri dei comitati per i diritti sociali di Africa e
America.
Un richiamo rivolto non a dei semplici fedeli della Chiesa Cattolica ma a degli
operatori di giustizia è sembrato a molti indicare la volontà di uscire dalla
mera speculazione teorica ravvedendosi un cogente invito ad applicare fin da
ora, nella concreta quotidianità, questi suggerimenti.
… ai
fatti.
Alcuni
avvenimenti delle cronache internazionali sembrano indicare che effettivamente
si assiste già ad una spinta verso la nazionalizzazione di beni privati.
In
SUDAFRICA non solo si lavora al disegno di legge sull’esproprio (Expropriation Bill) che dovrà facilitare le procedure
di esproprio ed ampliare i beni espropriabili (: “property is not limited to land” thus
any property including movable property and immovable property may be
expropriated, tradotto in: la proprietà non è limitata al terreno, di modo che potrà
essere espropriata la proprietà delle cose mobili così come degli immobili); si lavora anche alla modifica
della Costituzione dello Stato (amendment of section 25 of the Constitution) per arrivare ad espropriare senza
alcun compenso.
Si,
questo è quanto si tenta di fare.
Ovviamente
le ragioni che muovono un tale tentativo sono nobili, come sempre: e consiste nel mettere in piedi una
manovra compensativa dell’occupazione europea a suo tempo avvenuta ai danni
della popolazione locale (the bill states that "land is the common heritage of all
citizens that the state must safeguard for future generations" and that
the "state must take reasonable legislative and other measures, within its
available resources, to foster conditions which enable state custodianship of
certain land in order for citizens to gain access to land on an equitable basis”).
A
BERLINO.
Un comitato, appoggiato dalla componente di sinistra del parlamento tedesco (“The far-left Left party strongly
supports it while the Greens have given mixed signals”), ha promosso un assai strano
referendum avente il fine di espropriare migliaia di appartamenti, nella città
di Berlino, di proprietà di società immobiliari.
Il
referendum si è svolto in data 26 settembre 2021 e ha vinto (con il 53% dei voti) il
fronte del SI, si all’esproprio.
Si
tratta di un referendum propositivo e non ha valore vincolante. Tuttavia è interessante l’iniziativa.
Il referendum, che mira ad essere trasformato in legge dal parlamento, chiede
che vengano requisite in proprietà pubblica circa 240.000 abitazioni della
città di Berlino (circa l’11% del totale).
Secondo
la proposta di legge referendaria l’indennità di esproprio dovrà essere ben
inferiore al valore di mercato (“The campaigners say the companies would be
compensated at a rate "well below market value). La proposta parte dal fastidio che vi
siano società in Berlino che sono proprietarie di centinaia di migliaia di
unità abitative. A questa situazione si attribuisce la causa dei notevoli incrementi dei
canoni di affitto che si sono verificati negli ultimi anni. Ad esempio si legge che Deutsche Wohnen è proprietaria di circa 113.000 unità
abitative nella città.
Anche
qui, come nel caso precedente, non vi è chi non sia d’accordo nel colpire tali
latifondisti.
In
OLANDA si progetta di espropriare una importante fetta delle terre degli
agricoltori per un valore che va dai 2 a 3 miliardi di euro. La causa?
Troppe
mucche, il che significa troppe deiezioni, cioè troppo nitrogeno-ammoniaca.
Scrive la Repubblica “il governo olandese ha prima
stabilito di diminuire la quantità di proteine nei mangimi per animali (per
diminuire, di conseguenza, l’ammoniaca nelle loro urine) e adesso è
intenzionato a sfoltirne le popolazioni. Anche costringendo gli allevatori a
cedere i propri diritti di emissione nell’ambito del sistema di scambio delle
quote di gas serra o a vendere la terra allo Stato”.
Se il
nostro giornale locale non pone l’accento sull’esproprio, altri giornali) lo
fanno e riferiscono di possibili espropri su larga scala che hanno provocato la
rabbiosa reazione degli agricoltori. The Guardian ci parla di proteste di gruppi di agricoltori
che durano da mesi bloccando le strade con i trattori (“ farming groups have already spent
months blocking roads with tractors in protest over other proposals to limit
ammonia from animal waste, and many are strongly opposed. “Expropriation is a
bad idea,” said Wytse Sonnema, head of public affairs at the Netherlands
Agricultural and Horticultural Organization (LTO), which has proposed a plan to
fund farming innovation and voluntary farm relocation or closure. ” ).
Del
resto il bestiame non serve più visto che secondo i nuovi dettami tecnologici
l’hamburger può essere prodotto in laboratorio, senza scarti (non ci si crede? Vale la pena
leggere “La prima mega fabbrica di carne al mondo coltivata in laboratorio a
produrre 5,000 hamburger al giorno”).
Il
lettore esterno non comprende cosa c’entri il problema ammoniaca con la
proprietà delle terre. Tuttavia pare importante anche lì riuscire a requisire
più terreno possibile.
E in
ITALIA? Il
prof Rodotà aveva iniziato a lavorare alacremente per l’ampliamento e la
riformulazione giuridica di quelli che ha denominato “beni comuni”.
Si legge in Wikipedia che “La Commissione Rodotà fu nominata il
14 giugno 2007 con decreto del Ministro della giustizia e incaricata di
redigere uno schema di disegno di legge delega per la riforma delle norme del
Codice Civile sui beni pubblici. La Commissione consegnò la sua relazione al
Ministro nel febbraio del 2008”. Lo studio e la promozione dei beni comuni ora
prosegue con il lavoro del Prof. Ugo Mattei. Il progetto Rodotà non è mai
confluito in una legge.
Ora,
il tema è sdrucciolevole, e ci si chiederà cosa abbia a che fare la definizione di bene comune con il su riferito fenomeno degli
espropri massicci o con il piano di eliminazione della proprietà privata del
circolo di Davos.
I nostri studiosi e promotori dei beni comuni
sono spinti sempre da un ideale idilliaco, bucolico, quasi utopico, ove la
gestione comune si potrebbe contrapporre alle difficoltà create dal “leviatano burocratico”.
Un
insieme di persone, legate da conoscenza, fiducia e comunicazione reciproche,
potrebbero prendersi carico senza interferenza di autorità esterne di beni (ad
esempio valli di pesca della Laguna di Venezia, come riconosciuto dalla Corte
di Cassazione) aventi unico scopo di servire la collettività.
Ora,
ad un più attento esame si coglie la similitudine delle argomentazioni che
sorreggono gli espropri di cui sopra con i principi che vengono posti alla base
della promozione dei beni comuni. Spiega Ugo Mattei che “c'è una visione geopolitica della
Chiesa Cattolica che ci sfida a costruire un pensiero globale, forte,
spirituale e radicalmente contrapposto all'impero tecnologico e al pensiero neo
liberale che abbiamo visto e subìto fin qui”.
Ancora,
scrive Mattei in Questione Giustizia: “ I beni comuni, pertanto, non sono
nemici della proprietà individuale, ma soltanto degli eccessi legati al suo
accumulo … È indifferente che il titolo di proprietà sia in ultima analisi
pubblico o privato, di un’azienda o di un comune; l’importante è che lo spazio
promuova un’attività collettiva generativa e non sia gestito in base a un
modello di esclusione, estrattivo, interessato solo ai profitti e alla
rendita.”.
Anche
in Sudafrica si parla del territorio come “eredità comune di tutti i
cittadini”, e di beni da “salvaguardare per le future generazioni”.
Anche
a Berlino si attiva il referendum propositivo per quell’ intollerabile
”eccesso” di proprietà in capo a poche società.
Stessi
principi nonché stessi termini utilizzati per i beni comuni dai proff. Rodotà e
Mattei. Le argomentazioni sono simili. Va aggiunto il Prof. Rodotà amava
l’azzardo e invece di accontentarsi del concetto di proprietà pubblica ha
voluto crearne un terzo (privato, pubblico e comune) come che il settore
pubblico (lo Stato o altro Ente locale) non potesse rappresentare l’interesse
di una comunità, estesa o limitata che sia.
Tutto
ciò per suggerire che continuamente si affaccia al tema “proprietà” lo scontro
fra opposte visioni del mondo, visioni che possono anche essere più di due (non è sempre uno contro l’altro, ma
qui anche diversificato e con sfumature molteplici). Non sappiamo se questi “indizi” di
una nuova ristrutturazione del vivere le “cose” prosegua e di quanto possa
avanzare, se sia possibile che entro il 2030 il cittadino viva senza possedere
alcunché in proprietà. Visto il prorompere di una tale sfida, tuttavia, vale la
pena sondare brevemente come possa adattarsi alla nostra Carta Costituzionale.
L’articolo
42 della Costituzione italiana recita (comma 2) “La proprietà privata è riconosciuta
e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i
limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile
a tutti”.
Tuttavia
continua anche (comma 3) affermando che “La proprietà privata può essere, nei
casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi
d’interesse generale”.
Taluno
ha fatto rilevare come la Costituzione non esprima il concetto di proprietà
quale diritto, non si parla di diritto di proprietà, quasi ad indicarne una
valenza ultra-giuridica.
Quanto
al rapporto del singolo con tale entità extragiuridica l’art. 42 Cost. pone
l’aggettivo “privata” al fianco di ogni richiamo alla proprietà. La norma è frutto evidente di una
mediazione fra le due anime (destra e sinistra) dell’Assemblea Costituente. La
proprietà è riconosciuta poter essere in capo al “privato” con tutti i limiti
legati al concetto di “funzione sociale” della stessa.
Innanzitutto
va detto che, nonostante il dubbio su espresso in ordine alla qualifica della
proprietà, la Corte Costituzionale ha chiarito che la proprietà privata va
inquadrata nel diritto soggettivo, è un diritto soggettivo.
Ma ha
anche affermato, in un obiter dictum del 71, Sent. n. 22, che il diritto di proprietà
non si possa considerare come diritto primario e fondamentale dell’individuo, e
vada qualificata invece come mero rapporto economico. L’articolo 832 c.c., precedente alla
Costituzione, qualifica e regola la proprietà come diritto, il diritto di
proprietà.
Se da
un lato possiamo evincere facilmente che la proprietà privata non solo è
riconosciuta ma è anche “garantita” dalla nostra Carta Costituzionale, non si
può d’altra parte non cogliere i continui riferimenti alla sua funzione sociale
e alla possibilità dello Stato di privare della proprietà privata per “motivi
di interesse generale”.
Si scontra qui l’interesse del singolo
rispetto alle esigenze della società. E, per farla breve, per passare
oltre, l’art. 42 Cost. riporta intrinsecamente quel dilemma sulla legittimità
della possibilità della maggioranza (la società) di schiacciare gli interessi
della minoranza o del singolo.
E,
ancora, per riportare le parole del costituente Taviani nella seduta del
25/9/46 in III Sottocommissione: “ … partito comunista. Questi pensano che
fra un secolo possa non esserci più alcuna proprietà privata. Afferma però che
a suo parere anche i comunisti devono comprendere la posizione dei
democristiani, i quali ritengono che almeno un minimo di proprietà privata ci sarà
sempre”.
La nostra costituzione è frutto della mediazione fra questi opposti interessi.
Ciò
che è più importante, tuttavia, è sottolineare che esiste una enorme discrasia
fra il concetto di felicità umana, in relazione alla proprietà, espresso dalla
nostra Costituzione rispetto alla visione del WEF, che mira a realizzare quel “non avrò
nulla e sarò felice”. Due visioni che paiono essere, e sono, antitetiche .
Per
aiutarci a comprendere il significato dell’inciso “funzione sociale” ricorriamo
ai lavori dell’Assemblea Costituente e lavori della dottrina. In “La funzione sociale della
proprietà. Dall’assemblea costituente al modello della costituzione “materiale”” di Alpa, Bessone e Fusaro leggiamo
che “Dal
punto di vista sistematico, l’operatività della funzione sociale appare
circoscritta dalla finalizzazione primaria della proprietà a garantire la
libertà e l’affermazione della persona”.
Nonostante
il pensiero della Corte Costituzionale, che risente della cultura del tempo, la
finalizzazione della proprietà secondo le formule e gli intenti della I
Sottocommissione, assume una coloritura giusnaturalistica che giustifica la
collocazione della proprietà tra i diritti inviolabili della persona (abbiamo parlato di valenza
ultra-giuridica).
La I
Sottocommissione aveva, in effetti, elaborato questo testo del primo comma
dell’art. 42: «Allo scopo di garantire la libertà e l'affermazione della persona viene
riconosciuta e garantita la proprietà privata frutto del lavoro e del
risparmio». E si ripete nei lavori della III Sottocommissione che “il diritto
di proprietà è garanzia della libertà umana”.
Cosa
intendevano i costituenti per libertà umana attraverso la proprietà?
Un
accenno assai utile lo troviamo nelle parole dell’On. Fanfani che così vengono
verbalizzate: “ Ricorda [Assennato] a questo proposito come gli impiegati di Stato, che
non avevano altre possibilità di vita, furono costretti a prendere, anche
contro voglia, una tessera; ciò fa pensare che probabilmente se avessero avuto un
minimo di proprietà personale si sarebbero sentiti incoraggiati a difendere la
loro libertà”.
La
proprietà privata viene vista, quindi, come ultimo argine contro l’ingerenza
altrui, ingerenza anche dello Stato, una sorta di terreno di difesa, come
l’ultra-territorialità delle sedi delle Ambasciate all’estero, dove potersi
rifugiare non solo materialmente ma anche mentalmente e spiritualmente.
La
mente umana trova conforto nelle proprie “cose”, nei propri ritmi, nei propri
panorami. Perché
mai vi è tanta attenzione della giurisprudenza a mantenere la casa familiare in
godimento del minore? La ratio sottostante a tale indirizzo, costante e uniforme,
può rendere l’idea di parte delle ragioni adottate dei Costituenti per definire la proprietà privata
quale garanzia di libertà umana. Sotto un profilo spirituale, inoltre, le energie
create ed accumulate, vissute, in una determinata casa o proprietà, dal singolo
o da una famiglia, sono una struttura preziosa nella quale coltivare la propria
interiorità.
I
Costituenti furono fondamentalmente d’accordo su tale concezione della proprietà
privata essendo prevalentemente concordi anche nell’indicare nell’eccessivo
accumulo il vero pericolo, che le leggi dello Stato avrebbero dovuto
scongiurare.
I
nostri Padri Costituenti, quindi, considerarono la proprietà privata quale
elemento imprescindibile per la realizzazione della felicità umana. In netto contrasto con lo slogan –
che tale pare ridursi, non motivato né giustificato da analisi psicologiche e
sociologiche – che vorrebbe la felicità essere creata dal mancato possesso di alcunché.
Per
concludere, non si può affermare che la visione del WEF e di Papa Francesco
siano inesatte in modo assoluto: esse semplicemente non tengono conto dello stato di evoluzione
della società umana. Il mondo idilliaco dei “beni comuni” può essere sorretto
solamente da una collettività di persone altruiste e sagge. Uno Stato democratico e burocratico,
ugualmente, raggiunge il suo vero scopo solamente quando la cittadinanza è
soggettivamente evoluta, psicologicamente e filosoficamente. Questo può essere,
e sarà, fra qualche migliaio di anni (duemila o forse tremila).
Per il
momento, questi enti, potrebbero impiegare il loro tempo per tentare di far
evolvere l’umano invece che anticipare anacronisticamente le questioni
materiali e di diritto. Evoluzione che certo non è quella indicata dal Great Reset,
che prevede a breve un’umanità trans-umana nel senso di tecnologicamente
artefatta e modificata.
Si
aggiunga, infine, un richiamo all’art. 17 della Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo secondo il quale:
“1.
Ogni individuo ha diritto di avere una proprietà personale o in comune con
altri. 2. Nessun individuo può essere arbitrariamente privato della sua
proprietà”.
(1-
Ilaria Bifarini scriveva molti mesi fa il libro: “Il Grande Reset. Il libro che
rivela il piano post pandemico”.)
(2- E’ interessante evidenziare come i
progetti del World Economic Forum per la massa siano di stampo nettamente
comunista riferito all’ideologia dei primi decenni del secolo scorso. E’ curioso che un consesso di
soggetti appartenenti all’alta finanza, banchieri, esponenti delle più grosse
multinazionali e dell’antica aristocrazia vogliano pensare al bene della massa
popolare togliendo ad essa ogni proprietà. Un argomento su cui meditare.).
(avv. Luca
Marco Rasia ).
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