LA “RELIGIONE” DEL MONDIALISMO

 SPIEGATA DALLA  GLOBALISTA  “CRICCA DI DAVOS”.

 

 

Perché gli Stati della NATO stanno

commettendo un Suicidio Energetico?

 

Conoscenzealconfine.it - (14 Febbraio 2022)- F. William Engdahl-ci dice :

 

C’è un grande paradosso nella postura militare sempre più aggressiva degli Stati Uniti e della NATO verso la Russia e la Cina, se confrontata con le politiche economiche nazionali chiaramente suicide dell’Agenda Verde degli Stati Uniti e degli stati dell’UE e della NATO.

Una sorprendente trasformazione delle economie dei paesi industriali più avanzati del mondo è in corso e sta guadagnando slancio.

 Il cuore di questa trasformazione è l’energia, e l’assurda richiesta di energia a “zero carbonio” entro il 2050 o prima.

 Eliminare il carbonio dall’industria energetica non è possibile ora, né forse mai.

Ma se viene perseguito, significherà fare a pezzi le economie più produttive del mondo.

Senza una valida base energetica a livello industriale i paesi della NATO declineranno anche dal punto di vista militare.

 Non possiamo parlare di energia “rinnovabile” per il solare, l’eolico e l’accumulo di batterie. Dobbiamo piuttosto parlare di energia inaffidabile. Questa è una delle più colossali delusioni scientifiche della storia.

Il 31 dicembre, il nuovo governo di coalizione tedesco ha chiuso definitivamente tre delle sei centrali nucleari rimanenti.

Lo hanno fatto in un momento in cui le forniture di gas naturale erano estremamente basse alla vigilia di un inverno difficile, e qualsiasi fronte freddo grave potrebbe portare a interruzioni di corrente. A causa del rifiuto della Germania di permettere l’importazione di un secondo gasdotto russo, Nord Stream 2, la Germania sta affrontando un aumento del 500% del prezzo spot dell’elettricità rispetto al gennaio 2021.

La Crisi Energetica dell’UE era stata Prevista anche dalla “Cricca di DAVOS “.

Nel 2011, quando la cancelliera Merkel dichiarò la fine anticipata del nucleare, la sua famigerata Energie-wende, per uscire dal nucleare e passare alle fonti rinnovabili, 17 centrali nucleari fornivano in modo affidabile il 25% di tutta l’elettricità del paese.

Gli altri tre impianti dovrebbero chiudere entro la fine del 2022.

Allo stesso tempo, il programma di energia verde del governo dal 2016 ha portato alla chiusura di 15,8 Giga-Watt di generazione a carbone da gennaio 2022.

 Per compensare il fatto che il solare e l’eolico, nonostante la propaganda incandescente, non riempiono il vuoto, la rete elettrica tedesca deve importare una quantità significativa di elettricità dai vicini dell’UE, Francia e Repubblica Ceca, ironicamente in gran parte dalle loro centrali nucleari.

La Germania ha ora i costi dell’elettricità più alti di tutti i paesi industrializzati a causa dell’Energie-wende.

La fornitura di elettricità nucleare dalla Francia è ora un problema. A dicembre, EDF, l’agenzia nucleare francese, ha annunciato la chiusura di quattro reattori per ispezione e riparazione, in seguito alla scoperta di danni da corrosione. Il presidente Macron, che affronta le elezioni in aprile, sta cercando di giocare al campione nucleare nell’UE, opponendosi alla forte posizione antinucleare della Germania.

Ma il ponte nucleare è vulnerabile e la Francia è improbabile che faccia nuovi grandi investimenti nel nucleare, nonostante le recenti dichiarazioni, con piani per chiudere dodici reattori nei prossimi anni, così come il carbone, lasciando Francia e Germania vulnerabili alle future carenze energetiche.

 Il programma France 2030 di Macron prevede di investire ben 1,2 miliardi di dollari nella tecnologia nucleare per le piccole centrali.

Ma la questione nucleare non è l’unica mosca nel brodo energetico dell’UE.

Ogni aspetto dell’attuale piano energetico dell’UE (VOLUTO DALLA CRICCA DI DAVOS) è progettato per distruggere una moderna economia industriale, e gli architetti che finanziano generosamente i think tank verdi, come il Potsdam Institute in Germania, lo sanno.

Ottenere l’eolico e il solare, le uniche due opzioni serie in corso di realizzazione, per sostituire il carbone, il gas e il nucleare è semplicemente impossibile.

Mulini a Vento e la Follia delle Folle.Per la Germania, un paese con un’insolazione non ottimale, l’energia eolica è la principale alternativa. Il problema dell’energia eolica, come ha dimostrato l’inverno del 2021, è che non sempre il vento soffia, e inoltre lo fa in modo imprevedibile. Questo significa interruzioni di corrente o un sistema di backup affidabile, il che significa carbone o gas naturale, dato che il nucleare è escluso. Le turbine eoliche sono valutate in modo fuorviante in termini di capacità teorica lorda, quando Stati come la Germania vogliono vantarsi dei progressi nelle energie rinnovabili.

In realtà, ciò che conta è l’elettricità effettiva prodotta nel tempo o il cosiddetto fattore di capacità o fattore di carico.

Per il solare, il fattore di capacità è di solito solo circa il 25%.

Nell’Europa del nord o nell’America del nord, il sole non splende 24 ore al giorno.

 Né il cielo è sempre senza nuvole.

Né il vento soffia sempre, ed è inaffidabile.

La Germania vanta il 45% di produzione lorda di energia rinnovabile, ma questo nasconde la realtà.

In uno studio del 2021, l’Istituto Frauenhofer stima che la Germania ha bisogno di installare almeno da sei a otto volte più energia solare di oggi per raggiungere l’obiettivo del 2045 a zero emissioni di carbonio, per il quale il governo si rifiuta di stimare i costi, ma le stime private si aggirano sui mille miliardi.

 Il rapporto dice che l’attuale capacità solare lorda di 54 GW deve raggiungere 544 GW entro il 2045.

Questo significherebbe 1,4 milioni di ettari di terra, o più di 16.000 chilometri quadrati di pannelli solari solidi in tutto il paese. A questo si aggiungono le grandi stazioni eoliche. È una ricetta suicida.

La frode dell’eolico e del solare come opzione ragionevole a zero emissioni di carbonio sta cominciando ad essere realizzata.

 Il 5 gennaio di quest’anno ad Alberta, Canada, dove il governo sta costruendo furiosamente siti eolici e solari, in una giornata di freddo pungente con temperature vicine ai -40°, i 13 impianti solari di Alberta collegati alla rete, con una capacità nominale di 736 megawatt, fornivano 58 megawatt alla rete.

I 26 parchi eolici, con una capacità nominale combinata di 2269 megawatt, hanno fornito 18 megawatt alla rete.

Le rinnovabili totali erano solo 76 megawatt su un totale teorico di 3005 megawatt di presunta energia verde e rinnovabile.

 Il Texas, durante la forte nevicata del febbraio 2021, ha avuto gli stessi problemi con l’energia solare ed eolica della Germania. Inoltre, quando nevica, i parchi solari sono inutili.

Allo stesso modo, per raggiungere il carbonio zero da fonti rinnovabili, enormi aree di terreno devono essere coperte da riflettori solari o dedicate ai parchi eolici.

 Secondo una stima, l’area necessaria per ospitare le 46.480 centrali solari proposte negli Stati Uniti è di 650.720 miglia quadrate, o quasi il 20% dei 48 territori inferiori degli Stati Uniti. Questo equivale alle dimensioni di Texas, California, Arizona e Nevada messi insieme.

Solo negli Stati Uniti, nello stato della Virginia, una nuova legge verde, il Virginia Clean Economy Act (VCEA), ha portato a un enorme aumento delle richieste di progetti solari, che ad oggi ammontano a 780 miglia quadrate di pannelli solari.

Come sottolinea David Wojick, si tratta di circa 500.000 acri di campagna, terreni agricoli o foreste distrutti e asfaltati, con circa 500 progetti separati che coprono gran parte della Virginia rurale, che richiederanno uno sbalorditivo 160 milioni di pannelli solari, per lo più provenienti dalla Cina e tutti destinati a diventare centinaia di tonnellate di rifiuti tossici.

Milioni di Posti di Lavoro?L’amministrazione Biden e lo zar delle energie rinnovabili John Kerry hanno falsamente affermato che il loro programma verde o “Build Back Better” avrebbe portato a milioni di nuovi posti di lavoro.

Non menzionano che questi posti di lavoro saranno creati in Cina, che produce la maggior parte dei pannelli solari, un monopolio virtuale dopo aver distrutto la concorrenza americana ed europea un decennio fa con pannelli economici e sovvenzionati di fabbricazione cinese. Allo stesso modo, la maggior parte dell’energia eolica è prodotta in Cina da aziende cinesi.

Nel frattempo, la Cina usa volumi record di carbone e rimanda la sua promessa di raggiungere il carbonio zero entro il 2060, dieci anni dopo l’UE e gli USA.

Non vuole mettere in pericolo il suo dominio industriale per il bene di una teoria climatica( della cricca di Davos ) basata su dati falsi e bugie, per la quale la CO2 sta per distruggere il pianeta.

La federazione sindacale tedesca DGB ha recentemente stimato che dal 2011 la Germania ha perso circa 150.000 posti di lavoro nel solo settore delle energie rinnovabili, soprattutto perché i pannelli solari di fabbricazione cinese hanno distrutto le principali aziende solari tedesche.

E la Germania è il paese più verde dell’UE.

Poiché, per definizione, le energie rinnovabili meno energivore dell’eolico e del solare fanno salire i costi di base dell’elettricità, tolgono più posti di lavoro nell’economia generale di quanti ne creino.

Il Crollo Industriale della NATO (quello che auspicano quelli della cricca di Davos).

Poiché l’energia solare ed eolica sono in realtà molto più costose degli idrocarburi convenzionali o dell’elettricità nucleare, aumentano il costo complessivo dell’energia elettrica per l’industria, costringendo molte aziende a chiudere o a trasferirsi. Solo la frode statistica ufficiale nasconde questo fenomeno.

L’Europa e gli Stati Uniti avranno bisogno di enormi volumi di acciaio e cemento per costruire i milioni di pannelli solari o parchi eolici previsti. Questo richiede enormi quantità di carbone convenzionale o di energia nucleare.

Quante stazioni di ricarica per auto elettriche saranno necessarie per caricare a casa 47 milioni di auto elettriche tedesche?

Quale domanda supplementare di elettricità?

 

Un importante think tank americano sull’energia verde, RethinkX, ha pubblicato uno studio di propaganda per le rinnovabili nel 2021, intitolato “Rethinking Energy 2020-2030: 100% Solar, Wind and Batteries is Just the Beginning”.

 La loro risposta ai problemi di bassa capacità per l’eolico e il solare è di costruire il 500% o anche il 1000% in più del previsto per compensare il basso fattore di capacità del 25%.

Sostengono assurdamente, senza alcuna prova concreta, che: “La nostra analisi mostra che il 100% di elettricità pulita da una combinazione di solare, vento e batterie (SWB) è fisicamente possibile ed economicamente accessibile in tutti gli Stati Uniti continentali e nella stragrande maggioranza delle altre regioni popolate del mondo entro il 2030questo eccesso di generazione di energia pulita – che noi chiamiamo superpotenza – sarà disponibile a un costo marginale vicino allo zero per la maggior parte dell’anno…“. Questa affermazione è presentata senza un briciolo di dati o di analisi di fattibilità scientifica concreta, semplicemente un’affermazione dogmatica della “cricca di Davos”.

Il defunto architetto canadese dell’Agenda 21 dell’ONU, Maurice Strong, un petroliere miliardario amico di David Rockefeller, era sottosegretario dell’ONU e segretario generale della conferenza della “Giornata della Terra” tenutasi a Stoccolma nel giugno 1972.

Era anche membro del consiglio della Fondazione Rockefeller.

 Più di chiunque altro, è responsabile dell’agenda di deindustrializzazione dell’ “economia sostenibile” senza carbonio.

Al Summit della Terra delle Nazioni Unite a Rio nel 1992, ha dichiarato apertamente l’agenda brutale degli eugenisti radicali come Gates e Schwab:

“L’unica speranza per il pianeta non è che le civiltà industrializzate crollino? Non è forse nostra responsabilità realizzarlo?” Questa agenda è in gran parte il Grande Reset di oggi.

La Guerra Ora?

Se le economie un tempo avanzate ed energivore dei paesi membri della NATO in Europa e negli Stati Uniti continuano su questa strada suicida, la loro capacità di organizzare una difesa o un attacco militare convincente diventerà un miraggio.

 Recentemente, la corrotta presidente globalista della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che l’industria tedesca della difesa ad alta tecnologia e i suoi fornitori non dovrebbero ricevere credito bancario perché non sono abbastanza “verdi” o “sostenibili”.

 Sembra che le banche abbiano già ricevuto il messaggio.

 Insieme al petrolio e al gas, la produzione della difesa è ora presa di mira.

Von der Leyen ,  (quale succube delle aspirazioni omicide della cricca di Davos)  e come ministro della difesa tedesco, era stato ampiamente accusato di aver lasciato che la difesa tedesca crollasse in uno stato catastrofico.

Nel loro perseguimento unilaterale dell’Agenda 2030 e dell’agenda zero-carbonio, l’amministrazione Biden e l’UE stanno impostando (entrambe globaliste )la loro industria su un percorso di distruzione ben prima della fine di questo decennio.

Questo a sua volta sta guidando l’attuale agenda della NATO verso la Russia in Ucraina, Bielorussia, Armenia e ora Kazakistan?

Se le potenze della NATO sanno che non avranno l’infrastruttura industriale militare di base nel prossimo futuro, pensano che sia meglio provocare una possibile guerra con la Russia ora, per eliminare la potenziale resistenza alla loro agenda di de-industrializzazione?

A parte la Cina, la Russia è l’unico paese in grado di dare un colpo devastante alla NATO, se provocata.

Psicosi delle Formazioni di Massa e o “Follia delle Masse”.

Nel 1852, lo storico inglese Charles Mackay scrisse un classico intitolato “Memoirs on Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds”, che dà una visione poco conosciuta dell’isteria di massa dietro le grandi crociate religiose del XII secolo, la caccia alle streghe o la follia dei tulipani olandesi e molti altri deliri popolari.

 È rilevante per capire la corsa irrazionale globale al suicidio economico e politico voluto dalla  “Cricca di Davos”.

Gli stessi attori chiave dietro i mandati di vaccinazione di massa anti-covid per un vaccino sperimentale geneticamente alterato che si susseguono in tutto il mondo, compresi Bill Gates e Papa Francesco, sono dietro il Grande Reset di Klaus Schwab del World Economic Forum e la sua follia verde a zero carbonio dell’Agenda 2030 dell’ONU, al fine di far accettare al mondo misure economiche draconiane senza precedenti.

(I delinquenti della cricca di Davos verranno puniti e distrutti !Ndt).

Questo richiederà una popolazione docile e fisicamente debole, ciò che il professore belga di psicologia Mattias Desmet e il dottor Robert Malone chiamano “psicosi delle formazioni di massa” una sorta di ipnosi di massa che ignora la ragione.

È chiaro che sia il mito del riscaldamento globale che l’agenda della pandemia del coronavirus richiedono una tale ipnosi di massa – una “straordinaria illusione popolare”.

Senza l’isteria da paura di Covid, non avremmo mai permesso all’agenda verde di arrivare così lontano, tanto che le nostre reti elettriche sono sull’orlo del blackout e le nostre economie sull’orlo del collasso. L’obiettivo finale della pandemia di Covid dell’OMS e dell’Agenda Verde è una marcia verso il distopico Grande Reset di Schwab dell’intera economia global, a beneficio di una dittatura di una manciata di società globali come BlackRock o Google-Alphabet.

(F. William Engdahl)- (globalresearch.ca/why-do-nato-states-commit-energy-hara-kiri/5767063).

(vocidallastrada.org/2022/02/perche-gli-stati-della-nato-stanno.html).

 

 

Massimo Garavaglia (Lega): "Dobbiamo fare

come la Francia, ad aprile basta Green Pass."

 msn.com-Money-redazione- (15-2-2022)- ci dice :

 

La decisione di mettere l'obbligo del Super Green pass, "come altre, è stata presa quando la curva era in salita esponenziale. La matematica del liceo ci dice che se una curva cresce rapidamente, altrettanto rapidamente scende. Quindi da ora in avanti verranno prese decisioni che vanno nella direzione opposta".

Lo dice in un'intervista a Repubblica il ministro al Turismo Massimo Garavaglia, secondo il quale "dobbiamo fare come la Francia, che ad aprile toglie tutto. Mi auguro che lo stato di emergenza, che scade il 31 marzo, non sia rinnovato, visto che i numeri migliorano di settimana in settimana. Di conseguenza tutte le regole legate a quel provvedimento straordinario decadranno".

 

Da qui a metà giugno, quando scadrà l'obbligo del Super Green pass per gli over 50, "dovremo capire se ha ancora senso fare questo vaccino.

Si tratta di indicazioni che deve dare il mondo della sanità, tenendo conto di quello che dicono Oms e Aifa.

Comunque le coperture sono molto alte e pensare di fare la vaccinazione l'estate prossima ha poco senso".

Oltre alla Francia, "che toglie tutto, chi è stato in Spagna sa che basta un'autocertificazione e si entra nel Paese, e poi si può stare fuori fino alle 5 per la movida. Dobbiamo adeguarci per non perdere quote di mercato. Quindi l'utilizzo del tampone per gli stranieri va profondamente rivisto".

Il settore del turismo "vive di programmazione. Gli operatori devono conoscere con largo anticipo le condizioni in cui dovranno operare. Per l'estate la prospettiva è buona, ci sono già numeri interessanti, ma per Pasqua dipende dalle scelte che si fanno ora".

 Ad esempio "i corridoi turistici verso l'estero, che comunque sono pochi, scadono a marzo. Bisogna che oggi, domani al massimo vengano prorogati".

 E "poi spero che ad aprile i corridoi non ci siano più e che le liste dei Paesi dove andare e non andare siano eliminate".

Garavaglia vorrebbe "una regola generale: sotto una certa soglia di occupazione dei posti letto in rianimazione si tolgono tutte le misure, sia per gli italiani che per chi arriva dall'estero".

 

 

 

 

Colpo di scena a Kiev: il Presidente Zelensky

chiede le Prove dei Piani di Invasione della Russia.

Conoscenzealconfine.it- Redazione- ( 14 Febbraio 2022)- ci dice :

 

Alti funzionari di Kiev, dal presidente al ministro della difesa al segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale, hanno messo in dubbio le illazioni statunitensi ed europee sui presunti piani della Russia per un’invasione su vasta scala dell’Ucraina.

Washington e i suoi alleati denunciano da mesi il “pericolo di invasione”. Il presidente ucraino Vladimir Zelensky ha chiesto ai giornalisti di fornire le prove dei presunti piani imminenti della Russia per lanciare un’invasione su vasta scala del suo Paese.

“Ci sono state troppe notizie su una guerra su vasta scala con la Russia, anche date specifiche sono state annunciate. Capiamo che ci sono dei rischi. Se avete ulteriori informazioni sull’invasione garantita al 100% dell’Ucraina da parte della Russia il 16 febbraio, vi preghiamo di comunicarcelo”, ha detto Zelensky ai giornalisti oggi.

Zelensky ha detto di non credere al pericolo di una guerra su vasta scala al momento. “Devo parlare all’opinione pubblica con informazioni reali a portata di mano. Riceviamo informazioni da molte fonti. Abbiamo anche l’intelligence. Non penso che sia peggio dei servizi segreti di altri Paesi”, ha osservato. Il presidente ucraino ha aggiunto che il suo Paese deve essere preparato a passi ostili provenienti “da qualsiasi confine”.

 

Le osservazioni di Zelensky seguono la pubblicazione del giornale americano Politico di venerdì, secondo cui la Russia potrebbe iniziare un’invasione su più fronti dell’Ucraina “il 16 febbraio”, con il presidente Biden che ha detto di aver informato gli alleati europei dell’America di questi piani.

Lo stesso giorno, un giornalista della PBS ha affermato che diversi “funzionari statunitensi, occidentali e della difesa” gli avevano detto che il presidente russo Vladimir Putin aveva preso la decisione irremovibile di invadere l’Ucraina, il cui obiettivo finale potrebbe essere il “cambio di regime”, all’inizio della “prossima settimana”.

Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha respinto le affermazioni dell’ “ordine di invasione” in una conferenza stampa sempre di venerdì, ma ha versato benzina sul fuoco esortando tutti gli americani a lasciare l’Ucraina entro 48 ore. “Siamo alla finestra quando un’invasione potrebbe iniziare in qualsiasi momento, se Vladimir Putin decidesse di ordinarla”, ha detto Sullivan.

Nei colloqui telefonici odierni avuti dai capi delle diplomazie di Russia e Stati Uniti, Sergey Lavrov ha fatto notare al segretario di Stato, Antony Blinken, che la propaganda occidentale sulla “aggressione russa” contro l’Ucraina ha scopi provocatori.

Lunedì scorso il ministero degli Esteri ucraino ha dichiarato che Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Australia hanno notificato la loro intenzione di evacuare le famiglie dei diplomatici. Il capo della politica estera della Ue, Josep Borrell, ha affermato che i Paesi membri del blocco non evacueranno il loro personale diplomatico dall’Ucraina.

Allo stesso tempo il ministero degli Esteri belga ha aggiornato le sue raccomandazioni sui viaggi, invitando i cittadini belgi a lasciare l’Ucraina, aggiungendo che l’evacuazione non può essere garantita se le tensioni aumentano. Il ministero degli Esteri tedesco ha esortato i cittadini a lasciare l’Ucraina a meno che non sia assolutamente necessario rimanervi.

In questo contesto anche la Russia ha deciso di ottimizzare il suo personale di stanza in Ucraina, per paura di nuove provocazioni, ha affermato il ministero degli Esteri russo, aggiungendo che la sua ambasciata e i suoi consolati in Ucraina continueranno a svolgere i loro compiti principali.

(it.sputniknews.com/20220212/colpo-di-scena-a-kiev-presidente-zelensky-chiede-le-prove-dei-piani-di-invasione-della-russia-15081113.html).

 

 

 

Per il forum dei miliardari di Davos

il Covid-19 è l'occasione per resettare

l'economia mondiale, ma a vantaggio di pochi.

Italiaoggi.it- Tino Oldani- (4 -11-2020 )- ci dice :

Incredibile, ma vero: c'è chi vede nella pandemia mondiale da Covid-19, con i suoi milioni di contagi e i tanti morti, un'occasione irripetibile per avere più ricchezza e più potere.

 Una visione cinica, con l'ambizione di essere nello stesso tempo un punto di riferimento culturale per le élites mondiali del potere finanziario e politico. La prova?

 Basta leggere i passaggi chiave del rapporto «Covid-19. The Great Reset», ordinato dal World economic forum (Wef), il club esclusivo che ogni anno riunisce a Davos, in Svizzera, i supermiliardari e i leader politici del mondo per tracciare gli scenari futuri e come affrontarli.

 Il rapporto è firmato da Klaus Schwab, 82 anni, da sempre grande regista del club di Davos, e da un suo collaboratore, Thierry Malleret, direttore del Global risk network, che opera all'interno del Wef.

Un libro preparato in vista del prossimo meeting di Davos, che solitamente si tiene a gennaio, rinviato però a metà maggio 2021 (dal 18 al 21) a causa della pandemia, con sede non più a Davos, ma a Burgenstock, cittadina vicino a Lucerna.

 

Questa nuova bibbia dei supermiliardari non cela affatto il cinismo, ma usa un linguaggio chiaro, perfino spietato: «Molti si chiedono quando torneremo alla normalità. La risposta è concisa: mai.”

 Ci sarà sempre un'epoca di 'prima del Coronavirus' e 'dopo il Coronavirus'. Il peggio della pandemia deve ancora venire».

 Ancora: «Affronteremo le sue ricadute per anni e molte cose cambieranno per sempre. Ha provocato sconvolgimento economici di proporzioni monumentali, e continuerà a farlo. Nessuna azienda sarà in grado di evitare l'impatto dei cambiamenti futuri. O tutti si adatteranno all'Agenda del Great Reset, o non sopravviveranno. Milioni di aziende rischiano di scomparire, soprattutto quelle di dimensioni piccole. Soltanto poche saranno abbastanza forti da sopportare il disastro».

 

Grazie alla blogger francese, Virginie Février, che ha fatto una sintesi del rapporto citando i passaggi più incisivi, è possibile capire che cosa Schwab e Malleret intendono per grande riassetto:

«Alcuni industriali e alcuni quadri superiori rischiano di confondere il reset con un re-inizio. Ma non sarà un re-inizio, non può succedere. Le misure di distanziamento sociale e fisico rischiano di persistere ben al di là della scomparsa della pandemia. E questo servirà per giustificare la decisione di numerose aziende nei più svariati settori di accelerare l'automatizzazione. Non è affatto sicuro che la crisi del Covid-19 faccia pendere la bilancia a favore del lavoro contro il capitale. Politicamente e socialmente sarebbe possibile, ma il dato tecnologico cambia tutto».

Così, ecco qualche squarcio illuminante sui cambiamenti attesi per il futuro: «Fino all'86% dei posti di lavoro nella ristorazione, il 75% dei posti di lavoro nel commercio al dettaglio e il 59% dei posti di lavoro nei giochi e divertimenti potrebbero essere automatizzati entro il 2035.

 Fino al 75% dei ristoranti indipendenti potrebbero non sopravvivere al confinamento e alle misure di distanziamento sociale ulteriori. Nessuna industria o azienda sarà risparmiata».

Le ricadute sul modo di governare l'economia investiranno tutti i paesi, costringendo i governi a prenderne atto, fermo restando un principio cardine per il club di Davos: «La governance mondiale è al cuore di tutte le altre questioni».

È facile prevedere che una frase simile scatenerà i cosiddetti «complottisti», che da anni vedono nel World economic forum il fautore di un Nuovo ordine mondiale, dove a comandare saranno, più di oggi, le élites del potere finanziario.

 Ma il rapporto di Schwab e Malleret se ne infischia dei complottisti, e va giù piatto: «La tirannia della crescita del pil finirà. La fiscalità aumenterà. Come nel passato, la logica sociale e la giustificazione politica alla base degli aumenti delle imposte saranno basati sulla narrativa dei 'paesi in guerra' (ma questa volta contro un nemico invisibile)». Risultato: la classe media sarà spolpata, mentre aumenteranno i redditi di cittadinanza.

Confermando quanto è già accaduto con i primi lockdown, il rapporto del Wef vede lo statalismo in crescita: «Il controllo pubblico delle aziende private aumenterà. Le aziende non aderiranno a queste misure perché le considerano 'buone', ma piuttosto perché il prezzo da pagare per non sottomettersi sarà troppo alto in termini di collera dei militanti».

Quali militanti? Ovvio:

 i giovani che, come Greta Thunberg, scendono in piazza per il clima, o quelli che lo fanno per i diritti sessuali.

 È su di loro che i supermiliardari di Davos contano per fare passare la loro nuova dottrina: «L'attivismo dei giovani aumenta nel mondo, essendo rivoluzionato dalle reti sociali che accentuano la mobilitazione a un livello che sarebbe stato impossibile precedentemente. Assume diverse forme, dalla partecipazione politica non istituzionale alle manifestazioni e proteste, e affronta questioni diverse, come il cambiamento climatico, le riforme economiche, la parità dei sessi e i diritti Lgbt. La nuova generazione è fermamente all'avanguardia del cambiamento sociale. Non ci sono dubbi che sarà il catalizzatore del cambiamento sociale e una fonte di slancio critico per il Great Reset».

 

Gli unici ostacoli, conclude il rapporto, saranno il sovranismo e la religione, «un miscuglio tossico», che è così descritto:

«Con il lockdown, il nostro attaccamento ai prossimi si è potenziato con un sentimento rinnovato di apprezzamento per tutti coloro che amiamo: la famiglia e gli amici. Ma il lato oscuro è lo scaturire di sentimenti patriottici e nazionalistici, con considerazioni religiose ed etniche preoccupanti. Questo miscuglio tossico ha messo in risalto il peggio di noi stessi in quanto gruppo sociale».

Populisti, sovranisti, e ora anche il papa e i preti, si considerino avvisati.

 

 

 

 

Il  Super Green Pass assomiglia

a un'arma di distrazione di massa.

Italiaoggi.it- Marco Bianchi-(22-1-2022)- ci dice :

Se ci fosse bisogno di una riprova della superficialità del dibattito interno al nostro Paese, basterebbe dare un veloce sguardo a trasmissioni, siti e talk show.

 Dai titoli e dagli argomenti trattati il convincimento è che l'Italia abbia un solo grossissimo problema: il Green Pass (super o semplice che sia). Su questo tema si è sviluppato - ed è tutt'ora in corso - un ampio dibattito dai risvolti anche costituzionali.

Un dibattito talmente largo da impegnare pagine e pagine, ore e ore, parole su parole per giungere poi a niente, vista la normativa esistente.

 Ma la sterilità dei risultati raggiunti non scoraggia i sostenitori dell'illegittimità dello strumento adottato dal Governo. E quindi il rumore di fondo prosegue imperterrito, distraendo tutti dai veri problemi del Paese. E non è questa una frase rubata alla teoria benaltrista. Ma il dubbio, che questo sterile dibattito possa essere alimentato ad arte per non trattare di alcuni temi esiziali per la nostra economia, è molto forte. E già, perché mentre impazza lo scambio di invettive tra i si-GP e i no-GP, le aziende italiane fanno i conti con la crisi che li attanaglia.

E non inganni la ripartenza dell'occupazione. Sono per lo più contratti a termine attivati per gestire momentanei picchi di attività. Ma la realtà quotidiana delle imprese, quella non vissuta né dalla P.A. nè dalla politica, descrive aziende in ginocchio per il vertiginoso aumento dell'energia e delle materie prime, arrivate a costi inaccessibili ai più.

Descrive imprenditori oberati dai debiti pregressi per costi fissi, accumulati durante le chiusure imposte negli ultimi due anni. Descrive un debito bancario da dover ripianare, pur se garantito parzialmente dallo Stato.

 Insomma descrive una realtà ben peggiore di gaudenti iper-burocrati che gongolano al grido “l'economia cresce e tutto va per il meglio".

Cosa vera se legata al periodo contingente, assolutamente falsa se valutiamo l'intera involuzione della nostra economia da inizio pandemia. Ma queste riflessioni si possono fare se si conosce il mondo dell'impresa.

Se invece non si hanno contatti diretti con la realtà, se si adotta uno stile di vita autoreferenziale, se si parla (e si legifera) per sentito dire, si è distanti anni luce dalle esigenze vere del Paese, in cui si stanno concretizzando aumenti vorticosi dei prezzi al dettaglio, situazione che farà galoppare l'inflazione.

 Ma ad alti livelli ci si distrae e si gioca dedicandosi al dibattito su quello che sembra apparire l'unico e vero problema dell'Italia: il Super Green Pass...

 

 

 

La bufera pandemica, la “shock economy”

e la teoria del “great reset”.

Cn24tv.it- Natale G. Calabretta-(23 novembre 2021)- ci dice :

 

Klaus Schwab.

È bene esplicitarlo fin dalle prime parole: la bufera “pseudo-pandemica” che ha investito il mondo non è altro che un “cavallo di Troia” che ha spianato la strada al progetto globale del “great reset”, la grande cancellazione.

Indipendentemente, infatti, dalla genesi della narrazione della Covid-19, il fatto di aver costituito una emergenza sanitaria infinita si è rivelata l’“opportunità” e l’“occasione” - questi i termini usati dai poteri dominanti e dalla tecnocrazia del World Economic Forum di Davos e del Fondo Monetario Internazionale - per poter ottenere e sostenere la legittimazione morale del “great reset” che è una dottrina che si inserisce all’interno dell’Agenda Globale 2030 dell’Onu:

 è la rigenerazione di un nuovo capitalismo votato alla distruzione di quanto esistito finora, alla negazione dell’ordine mondiale così come lo abbiamo conosciuto talmente incardinato sul principio di libertà degli individui da essere una minaccia per il potere globalista.

(è la nuova “religione mondialista”… bellezza! Ndr.)

Tra gli aspetti più inquietanti descritti e predisposti nella dottrina del “great reset” sono l’introduzione programmata di trasformazioni antropologiche e di cancellazioni culturali e la totale assenza di una prospettiva di crescita o di maggior benessere economico.

È presente, invece, la visione sempre più concreta di una società completamente regolata su un piano digitale dall’“intelligenza artificiale” (AI) comandata da algoritmi sempre più autocoscienti ed evolutivi che agiranno sul piano materico attraverso macchine in grado di imparare da errori e di immagazzinare informazioni esperienziali (big data) mettendo in rete le nuove informazioni (“internet delle cose”) a cui i vari devices (anche case, le automobili e i vestiti) potranno attingere per evolversi.

In tale scenario l’uomo verrà relegato alla figura di competitor, costretto a ritagliarsi uno spazio di identità civile ed economica all’interno del mondo da lui stesso creato:

una competizione che coinvolge anche la sfera della tutela dei diritti e della privacy dei lavoratori che vedranno come oggetto del contendere e del difendere le loro esigenze “umane” contro quelle pressoché inesistenti e fortemente competitive di macchine ad autocontrollo e sistemi evoluti di automazione replicante.

 

“Il disegno globale ,un continuum di lunghi periodi di terrore.”

(bisogna dichiarare guerra al terrorismo della paura …tutto per arricchire chi è già straricco. Ndr.)

Per perseguire questo progetto di mondo “futuro-prossimo”, la dottrina del “great reset” sfrutta come una “occasione” la paura indotta ad arte nelle masse dalla narrazione pandemica di questi ultimi anni, grazie alla quale accelera ulteriormente il suo disegno globale inserito in un continuum di lunghi periodi di terrore mondiale già presenti negli anni passati con la paura del terrorismo all’indomani dell’11 settembre 2001, prima, e, successivamente, con crisi finanziaria legata alla bolla dei titoli subprime del 2008.

L’applicazione opportunista di tale meccanismo si ispira alle teorie neoliberiste del così detto “capitalismo dei disastri” e della “shock economy”, già teorizzata de Milton Friedman e definite da Naomi Klein vere e proprie tecniche di “tortura sociale”, per le quali è essenziale indurre nella popolazione un persistente sentimento di paura rinnovato e consolidato a livello inconscio dal susseguirsi di eventi catastrofici indotti o tempestivamente strumentalizzati.

È attraverso la paura che il potere innesca il processo manipolazione sociale utile per portare avanti politiche sociali ed economiche che sarebbero altrimenti impopolari in uno stato ordinario delle cose, ma che la percezione dello shock, la minaccia di altre catastrofi future e la paura persistente, legittima e rende funzionali alla nuova normalità.

La crisi pandemica da Sars-Cov-2 o la sua predisposizione artefatta, si rivela una ghiotta occasione per la cancellazione non solo di un sistema economico capitalista globalista alla cinese che ha mostrato da decenni tutti i suoi limiti, ma anche per uno sconvolgimento sociale e antropologico che porta alla creazione di un nuovo mondo abitato da una nuova umanità.

(A questo fine… non è necessario distruggere l’umanità! Ndr.)

A spiegarlo in questi termini inequivocabili nel dossier “La quarta rivoluzione industriale”, pubblicato in italiano con la prefazione di John Elkann, è lo stesso Klaus Schwab, padre della teoria del “great reset” e fondatore del World Economic Forum per il quale il “great reset” punta a creare nuovi paradigmi economici transnazionali e conseguentemente nuovi paradigmi esistenziali per tutti gli uomini della terra partendo, appunto, dalla una “globalizzazione razziale e di genere”, prima che produttiva e finanziaria, che elimini gli attriti e differenze invise ai processi produttivi al costo però, di una progressiva marginalizzazione fino alla totale cancellazione delle culture etniche e nazionali e delle identità individuali.

 

L’uomo nuovo di Schwab senza patria e la sharing economy”.

L’uomo nuovo di Schwab non ha patria e non si riconosce in una cultura identitaria, parla una neo-lingua derivata dall’inglese con molti meno vocaboli, funzionale alla formulazione di concetti poco complessi, e il suo bagaglio culturale annovera solo ed esclusivamente conoscenze derivate da una dottrina dogmatica pseudotecnico-scientifica (ossia la religione mondialista!Ndr.)  imposta universalmente perché non “umana” e utile alla produzione.

L’uomo nuovo figlio del “great reset” è perfettamente inserito in un mondo che non ha contribuito in alcun modo a creare con il suo lavoro e la sua intelligenza: ne è escluso, è alieno e alienato.(Lo schiavo futuro non può partecipare …ma solo ubbidire! Ndr.).

Secondo Schwab e secondo quanto “progettato” nei dossier del World Economic Forum e delle massime entità economiche e finanziarie private del pianeta, l’umanità ridotta ad un quinto di quella attuale dovrà vivere e lavorare in un mondo disegnato dalle potenze economiche ed industriali, non più dalle politiche degli stati (Stakeholder Capitalism), e caratterizzato da una sempre più spinta (se non totale) automazione della produzione in cui l’uomo non ha più nessun ruolo.

Il “great reset”, insomma, è un progetto ben documentato che non si nasconde all’opinione pubblica, anzi viene divulgato dagli stessi autori e dai media mainstream perché venga colto in tutta la sua portata eversiva, affinché tutti si rassegnino all’inevitabile nel più breve tempo possibile e con il minor attrito sociale, attraverso tecniche di controllo delle masse e di condizionamento mentale tipiche della propaganda militare.(La ribellione totale ...è ciò che rimane alle masse escluse e schiavizzate! Ndr.)

“Non avrai nulla e sarai felice”, è questo il famoso slogan propagandistico coniato da Ida Auken durante il Forum di Davos del 2016 dove si sintetizza il terrificante progetto del World Economic Forum volto all’annullamento della proprietà privata e all’adozione sempre più diffusa della sharing economy già tra gli obiettivi dell’Agenda Mondiale 2030 per lo sviluppo sostenibile tutt’altro che green.

E ancora: la stessa Kristalina Georgieva, capo del Fondo Monetario Internazionale, che nella sua pubblicazione “Dal grande lockdown alla grande trasformazione”, esalta la militaresca applicazione del “coprifuoco”, della limitazione delle libertà e del controllo degli spostamenti fino ad un vero e proprio “lockdown” delle attività economiche e della vita sociale come strumento propedeutico alla creazione della crisi che inneschi la “grande trasformazione”. Tutto molto familiare.

 

 

 

“Le azioni politiche eteroguidate

e la ri-feudalizzazione della società.”

Si tratta, in realtà, di azioni politiche (eteroguidate) tendenti ad una prospettiva di inquietante riconfigurazione antropologica, economica, ambientale ed esistenziale a medio termine di importanza epocale, nel senso che il suo successo cambierà l’umanità e il suo stare nel mondo come mai accaduto nella storia.

È in queste idee, in queste “parole d’ordine” che si conferma quindi come lo scenario proposto dal “great reset” vuole portare alla costituzione di un “nuovo ordine”: lo si può intendere come una gigantesca azione coordinata su più piani - politico, economico, sociale, sanitario, tecnologico, ambientale - improntato sulle sempre più crescenti limitazioni della libertà individuale destinata a rafforzare l’impero del neocapitalismo e avviare un’era nuova per l’umanità.

In sostanza, l’obbiettivo del “great reset” è quello di una ri-feudalizzazione della società.(o meglio di quello che ne rimarrà dopo la strage…Ndr!).

È un mondo panottico e repressivo, “transumano” (visione post-darwiniana di umanità aumentata), “postumano” (superamento della dicotomia uomo-macchina e alla fusione della macchina nell’uomo e all’annullamento dell’uomo biologico nella macchina), quello immaginato dai potentati economici sovranazionali della terra in cui per la prima volta nella sua storia dovrà essere l’uomo ad adattarsi alle esigenze tecnologiche della produzione e non già la tecnologia e la produzione ad adattarsi alle esigenze e al progresso dell’uomo.

 

È un mondo distopico (la cui nuova religione mondialista..Ndr!.) che odia l’uomo e sfida il divino, quello disegnato nei consessi dei potentati economici e finanziari del mondo (potentati non politici) che ha bisogno per realizzarsi per mezzo di una ininterrotta serie di “scosse telluriche globali” che attraverso la paura demoliscano pian piano l’idea politica di libertà nata all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, arrivando a teorizzare e pianificare lo smantellamento della democrazia partecipativa come descritta ne “La crisi della democrazia”, pubblicazione della “Trilateral Commission” con la prefazione di Gianni Agnelli.

L’idea di fondo è quella di uccidere la “incontrollabile democrazia” partecipativa dei cittadini mantenendone in vita il vuoto simulacro attraverso il depotenziamento delle nazioni, del proprio potere e della propria sovranità e tramite la corrosione dello stato sociale, ridurre i popoli in passivi consumatori depensanti.(diventati esseri rimbecilliti dalla paura.Ndr !).

Questo progetto è perfettamente in linea con le strategie del “capitalismo delle catastrofi,(voluto dai globalisti.Ndr) ” che stiamo vivendo e con i tempi lunghi di una pianificazione basata sul “temporeggiamento”, l’“attesa” e sul nascondimento di concezioni devastanti per umanità camuffate in idee di progresso.(verso ..ilnulla!Ndr.)

Una strategia di demolizione della scomoda e ingestibile “umanità evoluta” che, nei momenti di crisi trova le sue opportunità per imprimere improvvise accelerazioni.

Ecco, quindi, come sia possibile riconoscere nella sceneggiatura pandemica del 2020 una ennesima “strategia dello shock” volta al cambiamento dell’idea stessa di civiltà nata sulle basi dell’indiscutibile necessità di libertà e diversità delle genti di tutto il pianeta.

È chiaro, in fine, con il pretesto di questa pandemia da Sars-Cov-2 (si veda la definizione di “pandemia” delle Linee Guida Internazionali dell’OMS prima del marzo 2020), complice la propaganda mediatica del nuovo “regime” e il silenzio codardo degli intellettuali, si sia espugnata la cittadella intoccabile dei diritti umani e si sia fatto un passo avanti verso la realizzazione del mondo sognato dall’élite mondialista: dividere la società in “caste” e distinguere il potere economico e chi lo detiene dalla massa indistinta di individui sempre più poveri, soli, senza legami, senza diritti e senza radici, viventi di “nuda vita”.

(…o morti per non aver voluto accettare la nuova schiavitù! Ndr.)

Facili (sic!) quindi da sfruttare e controllare per un governo globale corrotto dagli interessi di pochi sempre più postumano che, di crisi mondiale in crisi mondiale, si sta costruendo sotto i nostri occhi pieni di strumentale ed indotta paura.

 

 

 

Meluzzi: il ”vaccino” è

l’anticamera del microchip.

Imolaoggi.it-Radio Radiotv- (23 Maggio 2021)- ci dice :

Di Radio Radio TV – L’emergenza ha introdotto nelle nostre vite una ricerca della sicurezza mai così forte, ha rinnovato il concetto di salute portandolo all’estremo. Come soluzione salvifica al pericolo percepito, che oggi si chiama Covid ma domani potrebbe essere altro, ora ci viene proposto il vaccino. Il futuro cosa ci offrirà?

Secondo il professor Alessandro Meluzzi, ospite di Francesco Vergovich e Fabio Duranti, l’algoritmizzazione, la datizzazione, il chippamento in rete di tutta l’umanità è la vera prospettiva per avere ordine sociale, ordine sanitario”.

Ecco il pensiero di Alessandro Meluzzi espresso in diretta a Un Giorno Speciale.

Microchip e controllo.

Allora, dove sta il trucco?

 Il trucco sta nel fatto che il passaggio successivo non sarà soltanto legato al fatto che per potere mantenere l’integrità e la salute nel futuro (al di là che la questione del Covid continui o non continui) bisognerà introdurre dall’esterno continuamente delle sostanze esogene che permetteranno all’individuo di proteggersi dalle malattie e a chi governa la società di introdurre delle sostanze che in qualche modo rappresentino la struttura di controllo fondamentale della società stessa.

Basta leggere i documenti di Davos o quelli della Fondazione Bill &Melinda Gates, nei quali si dice che soltanto con il micro-chippamento generale della società si potrà sapere esattamente qual è lo stato di salute di tutti gli abitanti della Terra, sapere dove si trovano, sapere come si muovono.”

(Covid, Draghi: “vaccinare rapidamente il mondo”).

 

 

Pericolo vaccino . Trasformati in un’antenna.

Gruppolaico.it- Redazione-(28 giugno 2021)- ci dice:

 

Un criminale e globale progetto di controllo e “normalizzazione” dell’umanità nascosto dietro il paravento della salute e dell’ecologia: questo è lo scopo del Grande Reset ( per chi non l’avesse ancora capito leggere gli articoli a questo link: (gruppolaico.it/category/rassegna-stampa/emergenza-rassegna-stampa/ ) e i covidioti con la loro micidiale passività e ignoranza ne sono i primi complici.

E’ per raggiungere questa meta la ragione dell’isterica, ossessionante e cinica propaganda vaccinale dei governucoli come il nostro ( Considerazioni al tempo del regime sanitario . Intruglio, isteria, dittatura e morte. ) e se ne capisce il perché: costruire un potere sugli uomini e donne come mai si era visto prima nella storia.

Renderci tutti un’antenna ricevente e trasmittente ( come spiega molto bene il dott. Stefano Montanari nell’ottimo video che segue) attraverso l’intruglio vaccinale con i suoi metallici nanorobot (  Pericolo vaccino. Uno pseudo-vaccino per controllarci. ).

Un inizio deciso di transumanesimo digitale dell’essere umano, meta agognata dai criminali miliardari (Big Money), da Big Pharma e da Bigh Tech, di cui lo pseudo-vaccino ( in realtà una terapia genica) è solo l’ultimo passo.

Eh si, non c’è che dire: sono preoccupati amorevolmente per la nostra salute come crede ciecamente il “povero” covidiota mascherato, tamponato, disinfettato, distanziato, vaccinato e “antennato”.  Poveri noi! (GLR)

Stefano Montanari, Mariano Amici, A. Gatti, S. De Mari in diretta TV SENZA CENSURA.

 

Dott. Stefano Montanari (nano-patologo), Dott. Mariano Amici (medico), Dott.ssa Antonietta Gatti (già membro del Comitato Scientifico Nazionale del Ministero della Difesa, Consulente della Commissione governativa sull’ uranio impoverito e le malattie correlate, coordinatrice di progetti di ricerca europei e italiani), Dott.ssa Silvana De Mari (medico chirurgo e scrittrice), Avv. Corrado Ruini (mental coach e formatore professionista – co-fondatore della Free Health Academy).

(youtube.com/watch?v=bgKh620Hnhc). (30/5/2021).

 

Meluzzi è uno psichiatra, criminologo, accademico e politico. E’ anche espressione della chiesa ortodossa più tradizionale ( come si arguisce da alcune sue espressioni): chi ha una visione laica della vita non si faccia bloccare da questo nella visione del video. Sia laico veramente! Colga piuttosto la straordinaria breve analisi dell’ossessione vaccinale che ha “colpito” i governucoli come il nostro. Colga piuttosto la lucida analisi su ciò che ci aspetta. E si faccia qualche domanda personale… (GLR)

 

IL PROSSIMO PASSO: USERANNO LA SALUTE PER CONVINCERE L’UMANITÀ A INFILARSI UN MICROCHIP“.

Passo dopo passo l’intera società si sta muovendo verso terreni evolutivi ancora inesplorati. La sanitarizzazione dovuta alla pandemia, unita alla digitalizzazione del progresso scientifico, ci stanno portando dentro un mondo nuovo, un nuovo modo di vivere.

L’ emergenza ha introdotto nelle nostre vite una ricerca della sicurezza mai così forte, ha rinnovato il concetto di salute portandolo all’estremo. Come soluzione salvifica al pericolo percepito, che oggi si chiama Covid ma domani potrebbe essere altro, ora ci viene proposto il vaccino.

Il futuro cosa ci offrirà?

Secondo il professor Alessandro Meluzzi, ospite di Francesco Vergovich e Fabio Duranti, “l’algoritmizzazione, la datizzazione, il chippamento in rete di tutta l’umanità è la vera prospettiva per avere ordine sociale, ordine sanitario”.

Ecco il pensiero di Alessandro Meluzzi espresso in diretta a Un Giorno Speciale. Allora, dove sta il trucco? Il trucco sta nel fatto che il passaggio successivo non sarà soltanto legato al fatto che per potere mantenere l’integrità e la salute nel futuro (al di là che la questione del Covid continui o non continui) bisognerà introdurre dall’esterno continuamente delle sostanze esogene che permetteranno all’individuo di proteggersi dalle malattie e a chi governa la società di introdurre delle sostanze che in qualche modo rappresentino la struttura di controllo fondamentale della società stessa.

Basta leggere i documenti di Davos o quelli della Fondazione Bill&Melinda Gates, nei quali si dice che soltanto con il micro-chippamento generale della società si potrà sapere esattamente qual è lo stato di salute di tutti gli abitanti della Terra, sapere dove si trovano, sapere come si muovono.( 23/5/2021).

(youtube.com/watch?v=XLHdfkqR_X4).

 

Questo che segue è uno dei più importanti articoli che abbiamo pubblicato sul nostro sito intorno all’argomento “pericolo vaccino”. Un articolo lucido, analitico e di chiara lettura ( che proprio per questo ha suscitato a partire dagli USA una reazione scomposta, quindi rivelatrice della loro cattiva fede, dei fanatici del Grande Reset e dei vaccini a tutti i costi).

L’enorme apparato di riferimenti legati alle note che trovate nel testo ( al termine dell’articolo c’è il link per consultarli) è indice di una ricerca serissima e scientifica che quasi mai i complici della “dittatura sanitaria” fanno essendo solo servi che obbediscono ai nuovi padroni del mondo. E che sanno solo rispondere, come in ogni buona dittatura, con la censura.

” C’è chi dice no” recitava una famosa canzone di Vasco Rossi del 1987. Ecco un uomo libero e pensante “che dice no” e ci spiega perché. (GLR)

Ecco perchè non farò il vaccino COVID.

Alcuni amici mi hanno chiesto quale fosse la mia opinione sui vaccini COVID, così ho pensato che fosse il momento di scrivere un articolo sull’argomento. Visto che la maggior parte di loro non era a conoscenza di quello che ho condiviso, ho pensato che anche voi avreste potuto apprezzare alcune delle cose che avevo detto. Sapendo quanto sia controverso l’argomento, una parte di me preferirebbe scrivere di qualcos’altro, ma le discussioni e la copertura mediatica sono talmente unilaterali che sento comunque il dovere di parlarne.

Christian Elliot.

Com’è mia abitudine, prometto di fare del mio meglio per essere equilibrato e non farmi prendere dall’isteria. Non sono qui per litigare con nessuno, solo per riportare alcune delle cose che ho letto, le mie continue domande e per spiegare perché non riesco a dare un senso a questi vaccini COVID.

1.)- I produttori dei vaccini hanno lo scudo penale.

L’unica industria al mondo che non ha alcuna responsabilità per le lesioni o le morti derivanti dai suoi prodotti è quella della produzione dei vaccini.

( In base ad una legge del 1986, il National Childhood Vaccine Injury Act , rafforzato poi dal PREP Act , i produttori di vaccini non possono essere citati in giudizio, anche se viene dimostrata una loro negligenza).

I produttori di vaccini COVID sono autorizzati a creare un prodotto che va bene per tutti, senza test su sottopopolazioni (cioè, persone con specifiche condizioni di salute) e tuttavia non sono disposti ad accettare alcuna responsabilità per eventuali eventi avversi o decessi causati dai loro prodotti.

Se un’azienda, per prima, non è disposta a sostenere che il suo prodotto è sicuro, specialmente se è stato immesso sul mercato in fretta e senza test sugli animali, non sono disposto a rischiare con il loro prodotto. Nessuna responsabilità. Nessuna fiducia.

2.)- Il dubbioso passato delle aziende dei vaccini.

Le quattro principali aziende che producono questi vaccini COVID:

1.)- Non hanno mai immesso sul mercato un vaccino prima del COVID (Moderna e Johnson & Johnson).

2.)- Sono pluricondannate (Pfizer e AstraZeneca).

3.)- Sono entrambe le cose (Johnson & Johnson)..

Moderna ha cercato di “Modernizzare il nostro RNA  (da qui il nome della società) per anni, ma non è mai riuscita a portare sul mercato prodotti di successo, ed è stato molto bello per loro ottenere un grosso finanziamento governativo  per continuare a provarci.

Infatti, tutti i maggiori produttori di vaccini (tranne Moderna) avevano pagato decine di miliardi di dollari di danni per altri loro prodotti che avevano immesso sul mercato, pur sapendo che avrebbero causato lesioni e decessi, basta ricordare, per esempio Vioxx , Bextra , Celebrex , Thalidomide  e gli oppioidi.

Se le aziende farmaceutiche scelgono intenzionalmente di mettere sul mercato prodotti dannosi quando possono essere citate in giudizio, perché dovremmo fidarci di un prodotto su cui non hanno alcuna responsabilità?

Nel caso in cui non mi fossi spiegato, permettetemi di ribadirlo: Tre dei quattro produttori di vaccini COVID erano stati citati in giudizio per prodotti che avevano immesso sul mercato, pur sapendo che avrebbero causato danni e decessi.

Johnson & Johnson ha perso cause importanti nel 1995, 1996, 2001, 2010, 2011, 2016 e 2019 . (Per quel che vale, il vaccino della J&J contiene anche tessuti di cellule fetali abortite , forse un argomento per un’altra discussione).

 

 Pfizer ha il record del più grande risarcimento penale della storia. Hanno perso così tante cause che è difficile contarle. Potete controllare la loro fedina penale qui . Forse è per questo che stanno chiedendo che i Paesi in cui non godono ancora dello scudo penale mettano da parte fondi  per coprire le cause per danni da vaccino.

Anche AstraZeneca ha perso così tante cause che è difficile contarle. Eccone una . Eccone un’altra , tanto per farvi capire.

E, nel caso vi sia sfuggito, l’azienda si è vista sospendere il suo vaccino COVID in almeno 18 paesi  per problemi di trombi ematici e hanno anche fatto un gran pasticcio nel corso di un meeting con la FDA , fornendo dati sbagliati riguardanti il loro studio.

 

Oh, e, apparentemente, J&J (il cui vaccino è approvato per “l’uso di emergenza”  negli Stati Uniti) e AstraZeneca (il cui vaccino NON è approvato per “l’uso di emergenza” negli Stati Uniti) hanno fatto una piccola confusione con i loro ingredienti , in 15 milioni di dosi. Ops.

Permettetemi di ribadire questo punto: vista la mancanza di responsabilità penale e i dubbi trascorsi di queste aziende, perché dovremmo presumere che i loro vaccini siano sicuri e confezionati a regola d’arte? Perché mai dovremmo fidarci di gente con questa reputazione?

Per me ha tanto senso quanto aspettarsi che un amante spietato, violento e infedele diventi una persona diversa solo perché un giudice ha detto che, in fondo, ha promesso di non farlo più. No, non mi fido di loro. Nessuna responsabilità. Nessuna fiducia. Ecco un’altra ragione per cui non ho fiducia in loro:

3.)- La brutta storia dei tentativi di realizzare vaccini contro il coronavirus.

In passato ci sono stati molti tentativi di produrre vaccini antivirali che sono poi risultati un totale fallimento ed è per questo che, nel 2020, non avevamo un vaccino contro il coronavirus. Negli anni ’60, gli scienziati avevano tentato di mettere a punto un vaccino RSV (virus respiratorio sinciziale) per i bambini. In quello studio  avevano saltato i test sugli animali perché all’epoca non erano ritenuti necessari.

Alla fine, i bambini vaccinati, quando si erano trovati esposti al virus naturale si erano ammalati molto di più di quelli non vaccinati; l’80% dei soggetti vaccinati aveva dovuto essere ospedalizzato e due di loro erano morti .

Dal 2000 in poi, gli scienziati hanno fatto molti tentativi per sintetizzare vaccini contro il coronavirus. Quelli degli ultimi 20 anni erano tutti falliti, perché gli animali negli studi clinici si erano ammalati gravemente e molti erano morti, proprio come i bambini negli anni ’60. Potete leggere un riassunto di questi tentativi qui . Oppure, se volete leggere i singoli studi, potete controllare questi link:

* Nel 2004, un tentativo di vaccinazione aveva causato l’epatite nei furetti .

* Nel 2005, topi  e zibetti  si erano ammalati ed erano diventati più suscettibili ai coronavirus dopo essere stati vaccinati.

* Nel 2012, i furetti  si erano ammalati ed erano morti. E, in questo studio , topi e furetti avevano sviluppato malattie polmonari.

* Nel 2016, anche in questo studio sui topi ] si erano verificate patologie polmonari.

La caratteristica comune degli studi sovra-menzionati era che sia i bambini che gli animali avevano avuto un’ottima risposta anticorpale dopo essere stati vaccinati. I produttori avevano pensato di aver fatto centro. Il problema era sopraggiunto quando i bambini e gli animali erano stati esposti al ceppo naturale del virus.

In queste condizioni si verificava un fenomeno inspiegabile  chiamato antibody dependent enhancement (ADE), [potenziamento anticorpo-dipendente] noto anche come vaccine enhanced disease  (VED), [malattia potenziata dal vaccino] in cui il sistema immunitario produceva una “tempesta di citochine”  (attaccando in modo ossessivo il suo stesso organismo) e i bambini e gli animali morivano. Ecco il problema di fondo.

I produttori di vaccini non hanno dati che suggeriscano che i loro vaccini, preparati in fretta e furia, abbiano superato questo problema. In altre parole, prima d’ora, nessun tentativo di produrre un vaccino contro il coronavirus aveva avuto successo, né la tecnologia genica alla base dei “vaccini”  mRNA era mai stata portata sul mercato in modo sicuro ma, ehi, visto che hanno avuto miliardi di dollari  di finanziamenti governativi, sono sicuro che avrebbero dovuto capirlo.

 Solo che non sanno se l’hanno capito.

4. Le “lacune dati” presentati alla FDA dai produttori di vaccini.

Quando i produttori di vaccini avevano presentato la loro documentazione alla FDA per l’autorizzazione all’uso di emergenza  (Nota: una EUA non è la stessa cosa di una piena approvazione della FDA), tra le molte “carenze di dati” c’era il fatto che nei loro studi non esisteva nulla che indicasse il superamento del fastidioso problema della malattia potenziata dal vaccino.

Semplicemente non lo sanno, cioè non hanno la minima idea se anche i loro vaccini produrranno la stessa tempesta di citochine (e i morti) dei precedenti tentativi di realizzare prodotti del genere.

Come sottolinea il dottor Joseph Mercola:

 

“I precedenti tentativi  di sviluppare un farmaco basato sull’mRNA usando nanoparticelle lipidiche erano falliti ed avevano dovuto essere abbandonati perché, quando la dose era troppo bassa, il farmaco non aveva effetto e, quando era troppo alta, diventava troppo tossico. Una domanda ovvia è: cos’è attualmente cambiato da rendere questa tecnologia sufficientemente sicura per l’uso di massa?”

(v’invitiamo a leggere questo intervento del dott. Mercola che trovate qui: Pericolo vaccino ). (Dobbiamo salvarci da soli., ndr).

Se questo non è abbastanza allarmante, ecco altre lacune nei dati – la mancanza, per esempio, di dati su sicurezza o efficacia riguardo:

Chiunque abbia meno di 18 o più di 55 anni.

Donne incinte o madri in allattamento.

Condizioni autoimmuni.

Individui immunocompromessi.

Nessun dato sulla trasmissione della COVID.

Nessun dato sulla prevenzione della mortalità da COVID.

Nessun dato sulla durata della protezione da COVID.

Difficile da credere, vero? Nel caso pensiate che mi stia inventando tutto, o vogliate consultare la documentazione inviata alla FDA da Pfizer e Moderna per le loro richieste di autorizzazione all’uso di emergenza, potete controllare direttamente qui . Le lacune nei dati possono essere trovate a partire da pagina 46 e 48 rispettivamente.

Per ora, diamo un’occhiata ai dati grezzi che i produttori di vaccini hanno usato per richiedere l’autorizzazione all’uso d’emergenza.

5.)- Nessun accesso ai dati grezzi delle sperimentazioni.

Vi piacerebbe vedere i dati grezzi da cui sono scaturite le affermazioni del “90% e 95% di efficacia” pubblicizzate su tutti i media? Anche a me. Ma non ci permettono di vedere quei dati. Come aveva sottolineato il BMJ [38], c’è qualcosa di veramente strano nelle affermazioni  di Pfizer e Moderna sull’efficacia dei loro prodotti.

Ci sono stati “3.410 casi totali di sospetta, ma non confermata, COVID-19 nella popolazione complessiva dello studio, 1.594 si sono verificati nel gruppo vaccino e 1.816 nel gruppo placebo.”

Aspettate un momento, cosa?

Si sono dimenticati che stavano facendo uno studio scientifico e non hanno verificato una variabile così importante?

Non potevano testare quei casi “sospetti ma non confermati” per scoprire se avessero veramente la COVID? Apparentemente no.

 Perché poi non testare tutti i 3.410 partecipanti per ragioni di correttezza? Possiamo solo indovinare che non abbiano fatto i test perché così avrebbero invalidato le loro affermazioni del “90-95% di efficacia“?

 Dov’era la FDA?

Non sarebbe prudente per la FDA aspettarsi (esigere) che i produttori di vaccini testino le persone che hanno “sintomi simili alla COVID” e rilascino i loro dati grezzi, in modo che terze parti  possano esaminare come i produttori giustificano i loro dati? In fondo è solo tutta la popolazione mondiale che stiamo tentando di vaccinare con questi prodotti sperimentali.

Perché la FDA non l’ha richiesto?

Non è questo il senso stesso dell’esistenza della FDA? Bella domanda. Volpi a guardia del pollaio? Sembrerebbe di sì. Nessuna responsabilità. Nessuna fiducia.

6.)- Nessun test di sicurezza a lungo termine.

Ovviamente, con prodotti che sono sul mercato solo da pochi mesi, non abbiamo dati sulla sicurezza a lungo termine. In altre parole, non abbiamo idea di cosa farà questo prodotto, una volta entrato nell’organismo, tra mesi o anni, in QUALSIASI tipo di popolazione. Dati i rischi di cui sopra (rischi che hanno tutti i prodotti farmaceutici), non sarebbe prudente aspettare e vedere se gli scenari peggiori sono stati effettivamente evitati?

Non sarebbe sensato cercare di colmare quelle fastidiose “lacune dati” prima di provare a somministrare questi vaccini ad ogni uomo, donna e bambino sul pianeta? Beh, avrebbe senso, ma, per avere quei dati, devono essere testati sulle persone, il che mi porta al prossimo punto.

7.)- Nessun consenso informato.

Quello che la maggior parte di coloro che stanno prendendo il vaccino non sa è che, poiché questi prodotti sono ancora in fase di sperimentazione clinica, chiunque accetti di farseli somministrare entra automaticamente a far parte della sperimentazione clinica. Sono parte dell’esperimento. Quelli (come me) che non lo prendono, fanno parte del gruppo di controllo.

Il tempo ci dirà come funziona questo esperimento. Ma, vi chiederete, se i vaccini stessero causando danni, non lo dovremmo vedere su tutti i giornali?

Sicuramente la FDA interverrebbe e ne sospenderebbe la distribuzione? Beh, se il sistema di segnalazione degli eventi avversi] funzionasse a dovere, forse le cose andrebbero diversamente.

8.)- Sottostima delle reazioni avverse e dei decessi.

Secondo uno studio dell’Università di Harvard  (su commissione del nostro stesso governo), meno dell’1% di tutte le reazioni avverse ai vaccini vengono effettivamente riportate dal sistema nazionale di segnalazione, il Vaccine Adverse Events Reports System (VAERS), come si può leggere a pagina 6 dello studio di Harvard .

Mentre i problemi del VAERS non sono ancora stati risolti (come si può leggere in questa lettera al CDC ), al momento in cui scriviamo, il VAERS riporta più 2.200 morti per gli attuali vaccini COVID, oltre a quasi 60.000 reazioni avverse.

“I dati VAERS rilasciati oggi hanno mostrato 50.861 segnalazioni di eventi avversi in seguito ai vaccini COVID, compresi 2.249 decessi e 7.726 lesioni gravi tra il 14 dicembre 2020 e il 26 marzo 2021.”

E questi numeri non includono i 578 (finora) casi di paralisi di Bell . Se questi numeri fossero anche solo l’1% del totale delle reazioni avverse (o lo 0,8-2% secondo questo studio  pubblicato recentemente su JAMA), potete fare i conti, ma, a tutt’oggi, questo equivale a circa 110.000-220.000 morti da vaccino e ad un numero enorme di reazioni avverse.

Scommetto che non ve l’hanno mai detto al telegiornale. Questo numero di morti sarebbe comunque ancora inferiore ai 424.000 decessi per errori medici che avvengono ogni anno (e anche di questi, probabilmente, non avete mai sentito parlare), ma non siamo nemmeno a sei mesi dal lancio di questi vaccini.

Se volete saperne di più dei problemi con il sistema di segnalazione VAERS, potete leggere qui .

9.)- I vaccini non bloccano la trasmissione o l’infezione.

Aspettate, cosa?

Questi vaccini non dovrebbero essere ciò che stiamo aspettando per “tornare alla normalità“? No.

Perché pensate che ci stiano bombardando con tutti questi messaggi contrastanti ] sulla necessità di praticare il distacco sociale e indossare la mascherina DOPO aver ricevuto il vaccino?

Il motivo è che questi vaccini non sono mai stati progettati per fermare la trasmissione o l’infezione.

Se non mi credete, vi rimando di nuovo ai documenti presentati alla FDA a cui facevo riferimento sopra. L’endpoint primario della sperimentazione (la verifica di quello che dovrebbero fare questi vaccini) era la riduzione della sintomatologia.

In fondo è quello che dovrebbero fare tutti i farmaci immessi sul mercato, giusto? Ecco, ridurre i sintomi è la grande ricompensa che stavamo aspettando. È solo a me che sembra una cosa completamente inutile?

1. Non può impedirci di diffondere il virus.

2. Non può impedire al virus di infettarci, una volta penetrato nel nostro organismo.

3. Assumere il vaccino significa accettare tutti i rischi di questi prodotti sperimentali  e il meglio che potrebbero fare è ridurre i sintomi?

Diamine, ci sono un sacco di altre cose che posso fare per ridurre i miei sintomi che non implichino l’assunzione di quello che sembra essere un prodotto davvero rischioso. Ora la prossima domanda logica: se siamo preoccupati per i diffusori asintomatici, il vaccino non renderebbe più probabile proprio una diffusione asintomatica?

Se effettivamente riduce i sintomi, i vaccinati non saprebbero nemmeno di essere malati e quindi potrebbero diffondere il virus con più facilità, giusto? Per quello che vale, ho sentito molte persone dire che gli effetti collaterali del vaccino (specialmente la seconda dose) sono peggiori di quelli della COVID. Non riesco a dare un senso neanche a questo.

Assumersi il rischio. Non ottenere alcuna protezione. Soffrire per gli effetti collaterali del vaccino. Continuare ad indossare la mascherina e a mantenere il distanziamento sociale. E continuare a diffondere il virus. Ma c’è di peggio.

10.)- La gente si ammala di COVID dopo essere stata completamente vaccinata.

A proposito di fregature. Ti fai vaccinare e ti becchi comunque la COVID.

Sta succedendo nello Stato di Washington .

Sta succedendo a New York .

Sta succedendo nel Michigan .

Sta succedendo nelle Hawaii .

Sta succedendo anche in molti altri stati .

Nel Kentucky era successo all’80% di 35 suore che erano state vaccinate . Due di loro erano morte, tra l’altro.

In realtà, questo fenomeno sta probabilmente accadendo ovunque, ma questi sono i casi che, per ora, fanno notizia. Date le ragioni di cui sopra (e quello che c’è sotto), forse questo non vi sorprenderà, ma, che sfiga se pensavate che il vaccino fosse uno scudo per tenervi al sicuro. Non è così.

Non è mai stato questo il punto.

Se il 66% degli operatori sanitari di Los Angeles  sta facendo carte false per ritardare o saltare il vaccino, significa che forse neanche loro sono entusiasti della scienza raffazzonata. Forse stanno osservando il modo losco in cui vengono riportati i casi e i decessi.

11.- Il tasso di mortalità complessivo per la COVID.

Secondo i dati dello stesso CDC, la COVID ha un tasso di sopravvivenza del 99,74% . Perché dovrei correre dei rischi con un prodotto che non blocca l’infezione o la trasmissione e che dovrebbe aiutarmi a superare un forte raffreddore che ha lo 0,26% di possibilità di uccidermi (in realtà, nella mia fascia di età, ha circa lo 0,1% di possibilità di uccidermi e lo 0,01% di uccidere i miei figli), ma non spacchiamo il capello in quattro.

E, con un tasso di mortalità così basso, dovremmo stare in isolamento ogni anno, cioè per sempre? Ma aspettate, che mi dite degli oltre 500.000 morti, è allarmante, vero? Sono contento che me lo abbiate chiesto.

12). I numeri gonfiati delle morti da COVID.

In questo caso c’è qualcosa che puzza davvero.

Mai prima d’ora, nella storia dei certificati di morte, il nostro stesso governo aveva cambiato il modo in cui vengono riportati i decessi.

 Perché ora riportiamo tutti quelli che muoiono con COVID, come morti di COVID, invece di segnalare le comorbidità effettivamente responsabili della loro morte?

Prima della COVID, tutti i coronavirus (quelli del comune raffreddore) non erano mai stati elencati come causa primaria di morte quando qualcuno moriva di malattie cardiache, cancro, diabete, condizioni autoimmuni o di qualsiasi altra patologia importante. La patologia principale era elencata come causa di morte e una possibile condizione secondaria, come l’influenza o la polmonite, veniva menzionato a parte.

Per gonfiare ancora di più i numeri, sia l’OMS che il CDC hanno cambiato le proprie linee guida, in modo tale che i sospetti o probabili  (ma non confermati) decessi da COVID vengono direttamente inclusi nel conteggio delle morti.

Seriamente?

Se abbiamo veramente intenzione di continuare con questa metodica, allora  dovremmo tornare indietro nel tempo e modificare le statistiche del raffreddore e dell’influenza per le passate stagioni, in modo da poter confrontare mele con mele quando si tratta di tassi di mortalità.

Secondo i dati dello stesso CDC , (andate alla sezione “Comorbidità e altre condizioni“) solo il 6% delle morti attribuite alla COVID sono casi in cui la COVID sembrerebbe essere l’unico problema in questione.

In altre parole, diminuite del 94% il numero di morti che vedete al telegiornale e avrete quello che probabilmente è il numero reale dei decessi solo per la COVID. Anche se l’ex direttore del CDC  avesse ragione e la COVID-19 fosse un virus potenziato in laboratorio , (vedere il punto n. 14 più sotto), un tasso di mortalità dello 0,26% è ancora in linea con il tasso di mortalità virale che riappare sul pianeta ad ogni stagione.

Poi c’è questo signor Fauci . Mi piacerebbe tanto fidarmi di lui, ma, a parte il fatto che non ha mai curato un solo paziente di COVID, probabilmente dovreste sapere che:

13.)- Fauci ed altri 6 al NIAID possiedono brevetti sul vaccino di Moderna.

Grazie al Bayh-Dole Act, i dipendenti del governo sono autorizzati a depositare brevetti su qualsiasi ricerca che fanno utilizzando i fondi dei contribuenti. Tony Fauci possiede oltre 1.000 brevetti (vedere questo video per maggiori dettagli ), compresi quelli per il vaccino di Moderna, per il quale aveva approvato il finanziamento governativo.

Infatti, il NIH (di cui il NIAID fa parte) rivendica la proprietà congiunta  del vaccino di Moderna.

C’è qualcuno che considera tutto questo come un MAGGIORE conflitto di interessi, o addirittura un fatto criminale?

 Dico criminale perché c’è anche quest’altro fastidioso problema che mi rende ancora più diffidente di Fauci, del NIAD e del NIH in generale.

14.)- Fauci è sotto indagine per ricerca illegale sulla Gain-of-Function.

 

Cos’è la ricerca sull’acquisione di funzione, o gain-of-function?

 È quando gli scienziati tentano di far acquisire ulteriori funzioni ai virus, rendendoli  più trasmissibili e più letali.

Sembrerebbe un tantino immorale, vero?

Come potrebbe mai essere utile una cosa del genere?

l nostro governo era d’accordo e aveva vietato la pratica .

 

Quindi, cosa avevano fatto al NIAID, sotto la guida di Fauci?

 Avevano fatto una giravolta e avevano esternalizzato la ricerca sulla gain-of-function  (sui coronavirus, nientemeno) in Cina, per un importo di 600.000 dollari. Potete vedere maggiori dettagli, compresa l’importante cronologia di questi eventi, in questo fantastico documentario .

Dr. Fauci, lei ha delle spiegazioni da dare e spero che le telecamere la inquadreranno quando dovrà difendersi dalle sue azioni. Per adesso, riportiamo la nostra attenzione sul virus.

15.)- Il virus continua a mutare.Non solo il virus (come tutti i virus) continua a mutare, ma, secondo lo sviluppatore di vaccini di fama mondiale Dr. Geert Vanden Bossche  (di cui parlerò ancora) muta circa ogni 10 ore.

Come faremo a creare vaccini che stiano al passo con questa velocità di mutazione?

Non ci riusciremo.

Potrebbe questo fenomeno spiegare perché persone completamente vaccinate continuano ad ammalarsi di COVID?

 Dal momento che, in definitiva, l’immunità naturale non ha mai tradito l’umanità, perché, improvvisamente, non dovremmo più fidarci?

Perché, se faccio domande come queste, o pubblico link come quelli che trovate qui, le mie considerazioni vengono cancellate  da tutte le principali piattaforme di social media? Questo mi porta al prossimo, preoccupante problema di questi vaccini.

16.)- La censura e la completa assenza di dibattito scientifico.

Ora non posso fare a meno di essere sarcastico, quindi assecondatemi. Quanto vi sono piaciuti tutti quegli accesi dibattiti a livello nazionale e mondiale tenuti da funzionari della sanità pubblica e trasmessi simultaneamente da tutti i maggiori network televisivi?

Non è stato fantastico ascoltare le migliori menti della medicina, della virologia, dell’epidemiologia, dell’economia e della vaccinologia mondiale discutere con passione e rispetto reciproco di cose come:

Lockdown.

Obbligo di mascherina.

Distanziamento sociale.

Efficacia  dei vaccini e prove di sicurezza.

Screening per la suscettibilità ai danni da vaccino.

Possibilità terapeutiche (opzioni per un trattamento non vaccinale).

Non è stato bello vedere i funzionari della sanità pubblica (che non hanno mai curato nessuno con la COVID) mettere in discussione la loro “scienza“?

Non è stato bello vedere il comitato direttivo della FDA mettere pubblicamente alla gogna i produttori di vaccini in prima serata TV, facendo loro il terzo grado su prodotti di cui non hanno alcuna responsabilità? Oh, aspettate, non avete visto quei dibattiti?

No, non li avete visti, perché non sono mai accaduti. Quello che è successo invece è stata una pesante censura di tutte le narrative, tranne una.

Ironicamente, Mark Zuckerberg può mettere in discussione la sicurezza dei vaccini ma io no. Ipocrita? Da quando il Primo Emendamento è diventato facoltativo?

È il PRIMO Emendamento signor Zuckerberg, quello che i nostri fondatori pensavano fosse il più importante. Con così tanto in gioco, perché ci viene data in pasto solo una narrativa, non dovrebbero essere ascoltati e discussi in modo professionale tutti i punti di vista?

Cos’è successo alla scienza?

 Cos’è successo al metodo scientifico, quello che dovrebbe sempre mettere in dubbio le nostre ipotesi?

Che cosa è successo al libero dibattito in questo Paese, o nella società occidentale? Perché chiunque sia in disaccordo con l’OMS o il CDC viene censurato così pesantemente? La scienza della salute pubblica è diventata ormai una religione; o dobbiamo continuare a far finta che sia un dibattito?

Se qualcuno afferma che “la scienza ha detto l’ultima parola,” allora so di aver a che fare con una persona dalla mente ottenebrata. Per definizione la scienza (specialmente la scienza biologica) non ha mai l’ultima parola. Se così fosse, sarebbe dogma, non scienza.

Ok, prima che mi agiti troppo, lasciatemi dire questo:

Voglio essere un buon cittadino. Davvero. Se i lockdown funzionassero vorrei fare la mia parte e stare a casa. Se le mascherine funzionassero le indosserei. Se il distanziamento sociale fosse efficace lo rispetterei. Ma, se ci sono prove che non funzionano (le mascherine, per esempio,), voglio valutare anche queste prove.

Se scienziati altamente accreditati hanno opinioni diverse voglio sapere cosa pensano. Voglio avere la possibilità di ascoltare le loro argomentazioni e farmi una mia idea. Non credo di essere la persona più intelligente del mondo, ma so di essere in grado di pensare. Forse sono strano, ma se qualcuno viene censurato, allora voglio VERAMENTE sentire il suo punto di vista.

Non è così?

A tutti i miei amici che non hanno problemi con la censura io dico: avrete la stessa opinione quando ciò che pensate sarà stato censurato?

La censura non è forse la tecnica dei dittatori, dei tiranni e delle persone avide e assetate di potere? Non è forse un segno che coloro che stanno operando la censura sanno che è l’unico modo in cui possono vincere?

E come mai un uomo che ha passato tutta la vita a sviluppare vaccini è disposto a mettere in gioco la sua intera reputazione e a chiedere a tutti i leader mondiali di fermare immediatamente i vaccini COVID, proprio perché non rispettano i criteri della scienza?

E se quest’uomo chiedesse un dibattito scientifico aperto su un palcoscenico globale? Vorreste ascoltare quello che ha da dire? Assistereste al dibattito?

17.)- Uno dei più famosi vaccinologi mondiali sta lanciando l’allarme.

Ecco quella che potrebbe essere la ragione più importante per cui ritengo che questo vaccino COVID non abbia senso.

Quando qualcuno assolutamente pro-vax, che ha trascorso la sua intera carriera professionale supervisionando lo sviluppo dei vaccini, inizia a gridare dalla cima della montagna che abbiamo un grosso problema, penso che quest’uomo dovrebbe essere ascoltato. (Dott Geert Vanden Bossche).

Nel caso ve lo siate perso, e nel caso vi interessi guardarlo, ecco il dottor Geert Vanden Bossche  che spiega:

1. Perché il vaccino COVID può sottoporre il virus a così tanta pressione selettiva da incrementare la sua capacità di mutazione, rendendolo più letale.

2. Perché i vaccini COVID possono creare virus resistenti al vaccino (simili ai batteri resistenti agli antibiotici).

3. Perché, a causa dei problemi già visti con il potenziamento anticorpale, nei prossimi mesi-anni potremmo trovarci di fronte ad una vera e propria strage.

Se volete vedere o leggere una seconda, e più lunga intervista con Vanden Bossche, dove risponde ad alcune domande difficili, potete guardare qui .

Se anche solo la metà di ciò che dice si avverasse, questi vaccini potrebbero essere la peggiore invenzione di tutti i tempi. Se non vi piace la sua scienza, prendetevela con lui. Io sono solo il messaggero. Ma posso anche parlare personalmente di COVID.

18.)- Ho già fatto la COVID.

Non mi è piaciuto. È stato un brutto raffreddore durato due giorni:

Dolori continui alla parte bassa della schiena.

Sfinimento.

Qualche linea di febbre.

È stato curioso non essere in grado di sentire alcun odore per un paio di giorni. Una settimana dopo il caffè aveva ancora un sapore un po’ “strano.” Ma sono sopravvissuto. Ora sembra (come è sempre stato) che io abbia una bella, naturale, immunità permanente , non qualcosa che può svanire in pochi mesi come con il vaccino.

Nel mio corpo e nella mia casa, la COVID è finita. Infatti, ora che l’ho avuta, ci sono prove che il vaccino COVID potrebbe essere più pericoloso per me . Non è un rischio che sono disposto a correre.

In sintesi.

Queste sono solo le mie ragioni personali per non volere il vaccino. Forse hanno un senso anche per voi, forse no. Qualunque cosa abbia senso per voi, spero che possiamo ancora essere amici. Penso che abbiamo molte più cose in comune di quelle che ci separano.

Tutti vogliamo vivere in un mondo di libertà.

Tutti vogliamo fare la nostra parte per aiutare gli altri e vivere al meglio.

Tutti vogliamo il diritto di esprimere le nostre opinioni senza temere di essere censurati o attaccati ferocemente.

Tutti meritiamo di avere accesso ai fatti in modo tale da poter prendere decisioni informate.

Che siate d’accordo o no non vi tratterò in modo diverso. Siete esseri umani che meritano amore e rispetto, come chiunque altro. Per questo vi saluto e vi auguro veramente tutto il meglio. Spero che questo vi sia stato utile. Se è così, sentitevi liberi di condividere le vostre convinzioni. In caso contrario, fatemi pure sapere (gentilmente) cosa non ha senso per voi e quello che pensate.

Siate curiosi, siate umili.

Christian Elliot, guida per la salute e lo sviluppo personale.

Per i riferimenti delle note cliccare qui.

(articles.mercola.com )-  (27/04/2021).

(articles.mercola.com/sites/articles/archive/2021/04/27/reasons-not-to-get-covid-vaccine.aspx)

(comedonchisciotte.org)-( 3/5/2021).

 

 

 

Meloni, ultimatum a Lega e FI:

fuori dal governo o niente alleanza.

Agffaritaliani.it- Alberto Maggi-(15-2-2022)- ci dice:

 

Centrodestra, punto per punto le richieste di Fratelli d'Italia agli ormai ex alleati

Meloni, ultimatum a Lega e FI: fuori dal governo o niente alleanza.

Lega e Forza Italia, secondo FdI, dovrebbero prendere atto del fallimento dell'esperienza di governo di unità nazionale.

 Giorgia Meloni non molla di un centimetro. Alla domanda se, dopo lo strappo del Quirinale con la rielezione di Sergio Mattarella, ci sia stato un riavvicinamento con il cosiddetto Centrodestra di governo, e in particolare con Matteo Salvini, la risposta di fonti vicinissime alla leader di Fratelli d'Italia è categorica: "No". D'altronde la stessa Meloni proprio stamattina ha usato parole molto chiare: "Per me c'è un problema di posizionamento, poi voglio bene a tutti e ho sempre lavorato per l'unità però credo che un chiarimento politico serva".

E ancora: "Per me è un problema nelle questioni di merito. Noi sosteniamo delle tesi che sono, nella gran parte dei casi, visioni opposte a quelle della sinistra. Mica è un fatto di antipatia personale, non è che non vado al governo col Pd perché mi sta antipatico Enrico Letta, non vado al governo col Pd perché ritengo che il Pd abbia una visione diametralmente opposta o molto diversa dalla mia. Se poi alla fine non si riescono a portare avanti queste questioni diventa un problema di cosa intendi quando dici che rappresenti il Centrodestra".

"Ho sentito Salvini dire 'noi abbiamo scelto l'Italia' ma che vuol dire?

 Perchè - ha proseguito la leader di FdI -per me vuol dire portare avanti la visione di cui il Centrodestra è portatore.

 La Lega non voleva l'obbligo vaccinale e c'è l'obbligo vaccinale, era contraria al Green Pass come strumento di discriminazione e lo è, sono contrari all'immigrazione illegale di massa e continuano a sbarcare migliaia di immigrati, non volevano la revisione del catasto e c'è la revisione, erano d'accordo con noi sui balneari e votano per mettere all'asta ed espropriare 30.000 aziende".

 Il messaggio di Meloni è molto chiaro: nel governo Draghi e in Parlamento è passata e passa la linea di Pd e M5S, tanto sulle restrizioni anti-Covid quanto sull'immigrazione, sulle concessioni balneari, sul catasto e sulle bollette.

Traduzione: Lega e Forza Italia, secondo FdI, dovrebbero prendere atto del fallimento dell'esperienza di governo di unità nazionale, che non ha prodotto un solo risultato concreto delle politiche e dei programmi di Centrodestra, e passare all'opposizione.

Per il partito guidato da Meloni l'opposizione, in certi casi, può essere rigenerativa evitando di diventare un partito-Stato sempre e comunque al governo come è stato prima con la Dc e oggi con il Pd.

Ancora le parole di Meloni sono molto precise: "Se il Centrodestra vuole provare a fare un lavoro per il futuro deve decidere di essere orgogliosamente portatore delle sue idee, questo non si può fare con il Pd, non si può fare con il M5S, non si può fare facendo tutti insieme il governo Draghi, non si può fare eleggendo un presidente della Repubblica del Pd. Obiettivamente io credo che il tema sia che non bisogna dimenticare che le idee di cui siamo portatori come Centrodestra sono maggioritarie nella nazione, però credo che bisogna avere più coraggio".

"Più coraggio nel presentare quelle idee senza piegarsi a questa idea che c'è in Italia per cui sei presentabile solo se vai al governo con la sinistra. L'idea che in Italia diventi una destra moderna solo se, in realtà, ti metti a fare la sinistra, è una tendenza molto diffusa. Io sono orgogliosa di essere una persona di destra e Centrodestra, come lo sono decine di milioni di italiani".

Traduzione: Lega e Forza Italia abbiano il coraggio di votare contro in Parlamento a provvedimenti che non rispettano i programmi del Centrodestra.

 E, visto che la loro presenza nell'esecutivo Draghi è sostanzialmente inutile, valutino di uscire dal governo e passare all'opposizione.

 Solo così si potrà costruire un'alleanza per le elezioni politiche del 2023, altrimenti l'intesa è seriamente a rischio e ognuno per sé.

Meloni e Fratelli d'Italia, in definitiva, non faranno accordi solo per andare al governo, come fa il Pd.

 Faranno accordi solo se ci saranno le condizioni, che devono maturare oggi, per un Centrodestra coerente con i propri elettori.

Quello che chiede Meloni a Salvini è proprio di fare l'opposto di ciò che dice oggi il ministro Dem Dario Franceschini, che ha auspica una trasformazione moderata della Lega.

 

 

Il «Grande reset»: dalla teoria del complotto QAnon  sulla «pandemia inventata»

alle opinioni di Freccero.

Open.online- Juanne Pili e David Puente- (25 SETTEMBRE 2021)- ci dice :

 

Definita anche Cabala, questa tesi cospirazionista sembra affascinare anche chi critica il Green pass.

Il Great reset è una proposta del World Economic Forum (WEF), presentata nel maggio 2020 dal principe Carlo di Galles e dal tedesco Klaus Schwab, per costruire una economia sostenibile per il post pandemia Covid-19.

La sola idea di un “grande piano” da parte delle élite mondiali di riformare il mondo “creando una pandemia” è stata recepita come la prova dell’instaurazione del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale (NWO).

Il Great reset è così diventata una delle teorie del complotto sostenute da vari personaggi, dal movimento di estrema destra QAnon fino a intellettuali nostrani come Carlo Freccero.

 

La teoria del complotto del Grande reset si ispira a una iniziativa reale del WEF, fraintendendo le pubblicazioni di uno dei suoi membri, Klaus Schwab.

Carlo Freccero cita Schwab facendo riferimento a un Grande reset, volto a creare o amplificare la pandemia di Covid-19.

Schwab non ha mai sostenuto nei suoi libri l’idea di inventare le epidemie a scopo economico, né questo è il proposito del WEF.

Definita anche Cabala, la teoria cospirativa del Great reset è parte dell’ideologia di estrema destra che anima il movimento QAnon.

Freccero non precisa chiaramente se le sue affermazioni sono critiche originali all’iniziativa reale del WEF o se si rifà precisamente alla omonima teoria cospirativa.

Analisi.

Ogni anno si tiene un evento noto come Forum di Davos, dal nome della città svizzera che lo ospita, a cura dell’organizzazione internazionale World Economic Forum. All’evento partecipano economisti, scienziati, leader religiosi, imprenditori e politici: tanto basta per essere considerati quella sorta di élite mal vista dai complottisti.

Basti pensare che tra gli invitati troviamo nomi odiati dall’estrema destra come George Soros e Greta Thunberg, quest’ultima contestata da un altro ospite dell’edizione del 2020: Donald Trump.

Secondo Carlo Freccero, in una lettera pubblicata da La Stampa, il Green pass sarebbe organico al Grande reset:

«È destinato a diventare l’embrione della futura tessera di identificazione digitale a cui mira il Grande Reset in via di attuazione. Per chi non sapesse di cosa si tratta, rimando a due libri dell’economista Klaus Schwab “Covid 19 The Great Reset” e “Quarta rivoluzione digitale”.

Secondo Schwab la pandemia è un’occasione irripetibile per conseguire il “Grande Reset” già illustrato nel saggio “La quarta rivoluzione industriale”.

Tutto ciò è confermato dal progetto di “Recovery Fund”, che si pone come obiettivo lo stesso obiettivo del “Grande Reset”.

Credo che la nuova normalità in cui stiamo vivendo non finirà coi vaccini, ma continuerà nel tempo, con la rivoluzione digitale e la rivoluzione verde.

 Diciamo la verità: non è la pandemia ad avere causato la crisi economica. È piuttosto la crisi economica ad avere causato la pandemia, o quanto meno, ad averla amplificata al fine di ultimare il “Grande Reset”».

Freccero ha recentemente sostenuto il referendum contro il Green pass, parlando di «élite che ci governano con la paura».

Si tratta di una critica originale contro una reale iniziativa economico-politica, oppure strizza l’occhio ai complottisti, che usano il medesimo termine per teorizzare una cospirazione mondiale, volta a controllare le nostre vite?

 Risolvere questa ambiguità dovrebbe essere compito dello stesso Freccero, onde evitare che tali affermazioni vengano usate indebitamente per sostenere tesi cospirazioniste.

Carlo Freccero, in risposta a un articolo di Massimo Gramellini sul Corriere della Sera dal titolo «Il complotto dei Ricchi e Poveri», sostiene:

«Nel mio intervento su il Fatto e la Stampa io non esprimo giudizi sui contenuti [sul Great reset, ndr], ma faccio presente che le soluzioni utopistiche del Wef, creative sino a rasentare la fantascienza e ispirate al transumanesimo più spinto, richiederebbero, prima di essere applicate ai popoli, il consenso informato ed il loro assenso. In Democrazia e sino a prova contraria le decisioni spetterebbero al popolo, soprattutto se riguardano l’integrità fisica dei cittadini».

La bufala sul libro di Klaus Schwab.

I teorici del complotto fanno circolare anche screen decontestualizzati, con passaggi dello stesso libro consigliato da Freccero «Covid-19:

The Great Reset» di Klaus Schwab. L’autore è uno dei membri del WEF, per tanto il «Grande reset» a cui fa riferimento appartiene al contesto originale, ma non conferma affatto l’idea cospirazionista in base alla quale la pandemia sarebbe stata prodotta (o gonfiata) da interessi economici di alcune élite.

Un falso passaggio del libro di Schwab.

Proprio i libri di Schwab vengono citati dai cospirazionisti per sostenere che l’iniziativa del WEF è parte di un piano volto a «organizzare le epidemie».

Ad esempio, circola una falsa citazione del testo dove si attribuisce l’idea di voler eliminare almeno 4 miliardi di individui nel mondo entro il 2050 per mezzo di guerre militari ed epidemiologiche, ma il testo non è presente nel libro di Schwab: si tratta di un testo tratto dal libro Conspirators’ Hierarchy: The Story of the Committee of 300 del 1992 di John Coleman.

La Cabala dei Poteri forti.

Stando a quanto riporta la BBC, Schwab è uno degli autori più fraintesi dai cospirazionisti del Grande reset. In mezzo finisce anche il premier canadese Justin Trudeau, dalle cui dichiarazioni parte il passa-parola nel web che ha portato alla teoria cospirazionista attuale.

«Ha iniziato a fare tendenza a livello globale su Twitter la scorsa settimana, quando un video dove il primo ministro canadese Justin Trudeau in una riunione delle Nazioni Unite, ha affermando che la pandemia ha fornito un’opportunità per un “reset”, è diventato virale – continua l’Emittente britannica -.

Ciò ha suscitato nuovi sospetti da parte delle persone, in Canada e oltre, che una cabala di leader globali stia usando la pandemia per introdurre una serie di politiche socialiste e ambientali dannose».

«Un video di agosto, che ora ha quasi tre milioni di visualizzazioni su YouTube, crede che solo Donald Trump possa sventare questo complotto segreto, che usa Covid-19 per mettere in ginocchio l’economia statunitense in modo che possa iniziare il “reset” e le persone saranno “accattonate” per i vaccini.

Ma il suggerimento che” i politici mondialisti” abbiano pianificato il virus o lo stiano usando per distruggere il capitalismo è del tutto privo di prove.

Così è anche l’idea che il World Economic Forum abbia l’autorità di dire ad altri paesi cosa fare, o che stia coordinando una cabala segreta di leader mondiali». (Per lo meno l’UE e l’Italia è coinvolta totalmente dalle idee malsane pseudo economiche  del Grande Resert ! Ndr).

Di questa presunta Cabala (chiaro riferimento a pregiudizi antisemiti) si occupò anche il segretario del Cicap Massimo Polidoro che ne fa accenno in un video apparso nel suo canale YouTube, nella prima puntata della sua serie su QAnon.

Quello dove Polidoro spiega più in dettaglio, intitolato con uno dei motti più in uso dai cospirazionisti per riferirsi al Grande reset – «Crolla cabala crolla!» – risulta ora rimosso per presunto «bullismo», a seguito di massicce segnalazioni da parte dei «qanonisti». Polidoro ci conferma di essere ancora in attesa di spiegazioni da parte della Piattaforma.

Nella narrativa QAnon l’immagine distorta del Great reset si mischia ad altre, come quella sull’adrenocromo, fantomatica droga delle élite estratta dai bambini, nell’ambito di riti pedo-satanici.

L’idea della pandemia “organizzata”.

Molti sono i contenuti decontestualizzati per sostenere che la pandemia Covid-19 fosse un progetto organizzato dalle élite, come il caso del noto Event 201 citato durante un’interrogazione parlamentare di Sara Cunial. Ecco alcuni esempi trattati da Open Fact-checking:

 

Bill e Melinda Gates vogliono ridurre la popolazione attraverso il nuovo coronavirus?

Coronavirus. L’intervento della deputata Sara Cunial e i numerosi complotti sul Covid-19 (e non solo).

Il nuovo Coronavirus è stato previsto in un libro sul dark web del 2019?

Il video complottista che accusa gli americani: «Coronavirus: è stato il “pipistrello”».

La profezia di Bill Gates sul coronavirus nel 2015? No! Al contrario, è stato fin troppo ottimista!

Coronavirus. Luca Parmitano sapeva dell’epidemia a novembre 2019? No! Un errore di comunicazione

A dare manforte alla teoria del complotto, sostenendo che il virus sia opera degli ideatori del Great reset, è un documentario francese dal titolo Hold-up. In questo caso non si sostiene la teoria del virus creato nel laboratorio di Wuhan, ma presso l’Istituto Pasteur in Francia.

 

Carlo Freccero non si vaccina perché glielo ha detto Luc Montagnier.

Freccero-Cacciari tornano all’attacco del Super Green pass: «I limiti ai non vaccinati inaccettabili in un Paese democratico».

«La resistenza è un dovere»: il movimento di Freccero e Mattei sabato in piazza contro l’obbligo vaccinale.

Non solo vaccini: il delirio social dei due No Vax arrestati a Brescia, tra QAnon e neonazismo

L’inchiesta di Presa Diretta sulle «strade dell’odio», tra complottismo e squadrismo digitale durante la pandemia di Covid-19.

 

 

Chi ha il Green pass non può essere infetto

e non può contagiare? Non è così!

Facciamo chiarezza .

Open.online - David Puente-(14 FEBBRAIO 2022)- ci dice :

 

Il Green pass non è una garanzia di protezione, ma abbassa le possibilità di contagio. La dichiarazione di Walter Ricciardi a “Che tempo che fa” risulta non corretta.

Per fronteggiare la diffusione e i danni provocati dal Sars-CoV-2 ci vogliono le vaccinazioni, ma anche il Green pass secondo quanto dichiarato da Walter Ricciardi a Che tempo che fa domenica 13 febbraio.

In merito alla certificazione verde, Ricciardi ha diffuso un messaggio simile a quello diffuso da Mario Draghi lo scorso luglio :

 «ci consentono di frequentare gli ambienti al chiuso, che sono quelli più rischiosi, in maniera sicura, cioè essendo sicuro che chi è vicino a noi non è infetto e che, naturalmente, non può contagiarci».

Come per il Presidente del Consiglio, è l’ennesima estrema semplificazione che scatena un senso di sicurezza troppo elevato.

«Il Green Pass non è una garanzia di protezione, in quanto l’obiettivo è quello di abbassare le possibilità di contagio» (dall’articolo del 3 novembre 2021).

«Qualunque vaccino riceviate, sappiate che dovete continuare ad usare la mascherina e seguire le misure di contenimento del virus finché non verrà vaccinata gran parte della popolazione» (dall’articolo del 6 aprile 2021).

«Un vaccinato positivo potrebbe avere una carica virale molto bassa e dunque, nel peggiore dei casi e con poche possibilità, contagiare qualcuno» (dall’articolo del 23 luglio 2021).

«Il vaccino potrebbe bloccare i sintomi, ma non l’infezione o il contagio, non di meno ridurrebbe notevolmente questi fattori, facendoci uscire dalla crisi sanitaria» (dall’articolo del 19 dicembre 2021).

Analisi.

Nel corso del 2021 abbiamo affrontato il virus nelle sue diverse varianti, tra queste la Delta e la più recente Omicron. Entrambe si sono fatte sentire durante la campagna vaccinale, in quanto si sono diffuse in maniera prepotente, confermando tuttavia l’efficacia dei prodotti somministrati a fronte al numero dei contagi. Come ben sappiamo, già dal 2020, l’obiettivo è quello di ridurre le possibilità di contrarre la malattia nella sua forma grave, riducendo il carico ospedaliero e con la speranza di riprendere nel tempo una normalità come quella che conoscevamo in pre-pandemia.

Nessun vaccino è efficace al 100%.

Fatta questa premessa, bisogna ricordare la narrativa evergreen dei No vax e dei contestatori del Green pass che vedono nei vaccini un fallimento in quanto non proteggono dalla malattia al 100% e non impediscono sia l’infezione che il contagio.

Ciò che non viene ammesso da questi ambienti è che nessuna delle case farmaceutiche e gli studi condotti sui vaccini hanno dato esiti miracolosi con addirittura un 100% di efficacia.

Questo argomento lo avevamo trattato proprio a inizio 2021, in un articolo del 19 marzo, citando l’editoriale del 2017 (sul tema dei vaccini in generale) della ricercatrice Sarah Caddy, dell’Università di Cambridge:

 «In un mondo ideale, tutti i vaccini indurrebbero l’immunità sterilizzante. In realtà, è estremamente difficile produrre vaccini che fermino del tutto l’infezione da virus».

Le possibilità di infezione e contagio.

Come ormai dovremmo sapere tutti, il Green pass non si ottiene solamente tramite la vaccinazione anti Covid-19, ma anche attraverso un tampone rapido o molecolare con esito negativo o a seguito della guarigione. Sono diverse condizioni, con tutte le loro variabili indipendenti l’una dall’altra.

Il vaccinato, in caso di positività, può essere infettato e contrarre i sintomi della malattia, ma con una carica virale ridotta riscontrando rari casi di contagiosità. Rari non significa “zero”, significa che una possibilità c’è, ma è rara. Per i guariti, come ben sappiamo, c’è la possibilità di re-infezione e dunque di poter essere nuovamente contagiosi.

Chi ottiene un Green pass tramite il risultato negativo di un tampone, rapido o molecolare, ha la certezza che in quel preciso momento in cui è stato sottoposto al test non poteva essere infetto con possibilità di contagiare il prossimo.

Non c’è mai stata la garanzia che, nel corso delle successive ore di validità della certificazione verde a seguito del test, ci potesse essere la possibilità di risultare infetti e contagiosi.

Di fatto, come abbiamo detto più volte in passato, il Green pass non è sinonimo di sicurezza al 100%, mentre punta a ridurre le possibilità che ci sia una persona infetta e contagiosa a tal punto da poter infettare gli altri.

La revoca

Solo nel corso degli ultimi mesi è stata introdotta la revoca della certificazione verde in caso di risultato positivo di un test molecolare (o in caso di certificazione rilasciata in maniera fraudolenta).

In precedenza non era affatto così, permettendo a qualche furbetto, pur in assenza di sintomi, di sfruttare il “bug”. Nonostante questa novità, di fatto rimane la condizione in cui un certificato verde da tampone rapido o molecolare negativo non sia sinonimo di sicurezza.

 

Conclusioni.

Lo ribadiamo: «Il Green Pass non è una garanzia di protezione, in quanto l’obiettivo è quello di abbassare le possibilità di contagio» (dall’articolo del 3 novembre 2021).

Come nel caso del Presidente del Consiglio Draghi, anche Walter Ricciardi riporta un’affermazione così sentenziata: «non risulta corretta e non dovrebbe creare un senso di sicurezza troppo elevato tale da convincere le persone vaccinate ad allentare la presa».

L’imprenditore: «La paura di restare senza stipendio ha funzionato, i miei dipendenti tutti vaccinati».

Susanna Tamaro: «Il Green pass limita l’Italia, è l’ora di una tana libera tutti».

Così lo smart working serve ad aggirare l’obbligo di Super Green pass sul lavoro: «Presto i controlli»

Covid, Speranza: «Curva in discesa grazie ai vaccini». Sileri: «È presto per eliminare il Green pass» .

Covid, Salvini punta la fine dello stato d’emergenza: «Dopo il 31 marzo stop obblighi e Green pass».

Super Green pass lavoro, da domani l’obbligo per gli over 50: sanzioni da 600 a 1.500 euro.

 

 

 

 

 

 

Montagnier ucciso per non testimoniare

a Norimberga 2?

La teoria del complotto e il finto processo sul Covid

Open. Online- Juanne Pili-(14 FEBBRAIO 2022)- ci dice :

 

Cosa c’è dietro al presunto Gran giurì che starebbe indagando contro i “crimini” di chi promuove i vaccini.

Stefano Montanari, volto noto negli ambienti No vax, ha pubblicato un post Facebook dove insinua che il premio Nobel Luc Montagnier sarebbe stato “tolto di mezzo” per un motivo ben preciso.

 Secondo teorie cospirazioniste, il 12 febbraio avrebbe dovuto rilasciare delle “testimonianze scomode” al processo Norimberga 2 in corso in Canada.

Esisterebbe un complotto mondiale, volto a usare i vaccini contro il nuovo Coronavirus, per compiere non meglio precisati «crimini contro l’umanità»?

Un’infarinatura sui presunti “capi d’accusa” ce li aveva forniti poco tempo fa la moglie di Montanari, Antonietta Gatti, in un video caricato nella stessa piattaforma. Quello che i coniugi omettono di precisare è che non esiste un vero processo internazionale in corso.

Montanari ipotizza che abbiano ucciso Montagnier per non farlo testimoniare in un processo chiamato Norimberga 2, senza fornire fonti.

Esiste un “Gran giurì” privato in Germania organizzato dall’avvocato Fuellmich che, secondo fonti No vax, avrebbe coinvolto come testimone il Nobel francese. Tale iniziativa non ha alcun valore giuridico né scientifico.

In Canada c’è stato il tentativo da parte di gruppi No vax di intentare causa contro presunti crimini contro l’umanità legati alle vaccinazioni, ma tali iniziative non hanno mai portato all’apertura di un processo.

Non esiste e non è in corso alcun processo internazionale denominato “Norimberga 2”.

Analisi

Riportiamo alcuni passaggi chiave della narrazione di Montanari:

Forse qualcuno ricorderà che solo pochi giorni fa io proposi una specie di quiz con il quale domandavo ai miei pochissimi lettori chi, a loro parere, sarebbe stato il prossimo “scocciatore” a lasciare quella che nei momenti d’oro era la “valle di lacrime”. Ecco il nome: Luc Montagnier che, senza che si sappia più di tanto, se n’è andato. […] Il 12 febbraio si aspettava il Nobel 2008 in Canada per testimoniare al processo chiamato Norimberga 2, un processo che serve soltanto ad ostacolare la vera scienza, e questo per turpi fini.

Il post cospirazionista di Stefano Montanari.

Perché c’è stato un processo di Norimberga.

Il primo processo di Norimberga si svolse subito dopo la Seconda guerra mondiale. Vennero così condannati i crimini contro l’umanità di cui si macchiarono i gerarchi nazisti e altri ufficiali e funzionari del Terzo Reich, nei processi successivi che si tennero nella stessa città.

Quindi si parla dei processi di Norimberga.

Tra i crimini più gravi il genocidio di circa sei milioni di ebrei nei campi di concentramento. Gli ebrei non potevano scegliere di convertirsi e giurare fedeltà al regime. Inoltre, i principi razzisti erano scientificamente infondati. Non esistono le razze umane, né è esistita l’emergenza che secondo i nazisti avrebbe giustificato l’Olocausto. Era solo una fantasia cospirazionista.

Oggi ci troviamo ad affrontare una pandemia i cui riscontri sono emersi in tutto il mondo, portando alla produzione di migliaia di documenti scientifici.

 Le campagne vaccinali generalmente non sono obbligatorie. Nessuno inserisce in un libro nero chiunque sia scettico su sicurezza ed efficacia dei vaccini. Al massimo si sospende qualcuno dal posto di lavoro, al quale tornerà a emergenza conclusa. Soprattutto, nessuno va in giro a deportare e uccidere chi ha idee No vax.

Esiste una Norimberga 2?

Quando i nostri colleghi internazionali hanno cercato le fonti riguardanti “Norimberga 2”, sono giunti a un nulla di fatto.

Diversi No vax si paragonano impropriamente agli ebrei vittime dell’Olocausto invocando quindi una «nuova Norimberga», che vedrebbe alla sbarra i gerarchi della «dittatura nazi-sanitaria» accusati di aver violato il Codice di Norimberga, pensato per scongiurare ben altri orrori.

È abbastanza facile intuire che sia poco probabile l’esistenza di un processo del genere. I colleghi di Full Fact hanno ricostruito la vicenda, frutto di narrazioni che circolano da almeno un anno negli ambienti No vax d’Oltreoceano:

 

È stata presentata una denuncia alla “Corte penale internazionale” contro il governo israeliano – continua Full Fact -, sostenendo che il suo programma di vaccinazione “violi il Codice di Norimberga”, sebbene Reuters abbia recentemente smentito le affermazioni secondo cui la corte avrebbe “accettato” questa accusa.

Allo stesso modo, i rapporti secondo cui un tribunale canadese ha stabilito che chiunque tenti di costringere qualcuno a farsi vaccinare può essere perseguito ai sensi del Codice di Norimberga sono stati smentiti.

Cos’è realmente Norimberga 2?

Allora forse la pista dei processi veri e propri è sbagliata.

Non è che per caso Montanari ha omesso un particolare importante nel suo post?

In passato sono già esistiti dei tribunali simbolici, frutto di iniziative ben più autorevoli, come il Tribunale Russell.

 Si chiamava così perché frutto di una iniziativa promossa nel 1966 dal filosofo e logico matematico Bertrand Russell; lo stesso che firmò assieme ad Albert Einstein un manifesto contro le armi nucleari. La funzione di questo «tribunale» era simbolica. Aveva lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale contro i crimini (veri o presunti tali), commessi da diverse potenze occidentali.

Una cosa del genere può essere organizzata da chiunque, anche da personaggi non proprio paragonabili ad Einstein e Russell. Basta avere i mezzi e un pubblico che prende sul serio l’iniziativa. Troviamo diversi siti Web che parlano di un intervento di Montagnier previsto il 12 febbraio, presso un «Gran giurì» della Peoples´ Court of Public Opinion. Tale iniziativa si fonderebbe sul «diritto naturale» e risulta organizzata in Germania dall’avvocato Reiner Fuellmich.

Il Canada non sembra c’entrare affatto, è solo un ingrediente della narrazione cospirazionista, che in quanto tale mette tutto assieme in un unico amalgama. Da una parte esistono gruppi No vax, che tentato di fare causa in Canada contro i presunti crimini dei “vaccinatori”; dall’altra c’è l’iniziativa di un avvocato tedesco, che noti siti cospirazionisti hanno ingigantito: come “Info-Wars”.

 

Differenze col processo di Norimberga.

Fuellemich era già noto per le sue affermazioni volte a sminuire la pericolosità della pandemia. Si trovano filmati in Rete dove l’avvocato apre i lavori del «processo». Le sue affermazioni negazioniste ci aiutano ad avere un’idea dei “capi d’accusa” (il grassetto è nostro):

Non esiste una pandemia di corona, ma solo un test PCR “plandemico” alimentato da un’elaborata operazione psicologica progettata per creare un costante stato di panico tra la popolazione mondiale – continua Fuellmich -.

 Questa agenda è stata pianificata da tempo. […] Il suo precursore senza successo è stata l’influenza suina circa 12 anni fa, ed è stata inventata da un gruppo di persone psicopatiche e sociopatiche super ricche che odiano e temono le persone allo stesso tempo, non provano empatia e sono spinte dal desiderio di ottenere il pieno controllo su tutti noi, la gente del mondo.

L’unica “analogia” col processo di Norimberga originale è l’idea che esista una cospirazione mondiale.

Questa sarebbe frutto dell’attività di poteri forti super ricchi. Secondo i nazisti erano gli ebrei.

La differenza sostanziale è che alla sbarra finirono quelli che credettero ciecamente a questa narrazione. Resta da capire per quale ragione dei “poteri forti” avrebbero dovuto uccidere Montagnier solo perché doveva testimoniare in una simulazione di processo, frutto dell’iniziativa di un personaggio ampiamente screditato.

Conclusioni.

Al momento non sono note le cause della morte di Montagnier. Negli ambienti No vax è circolata la voce di una sua partecipazione come testimone a un Gran giurì, prevista per il 12 febbraio.

 Impropriamente definita Norimberga 2, questa iniziativa non ha alcun valore giuridico. A questa narrazione si unisce quella di una iniziativa canadese, altrettanto infondata. L’ipotesi avanzata da Montanari, in base alla quale qualcuno avrebbe ucciso Montagnier per non testimoniare, alla luce di tutto questo appare decisamente improbabile.

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Chi era Luc Montagnier, dalle stelle del Nobel agli abissi della pseudoscienza.

Freedom Convoy Europe: così la protesta dei camionisti vuole arrivare a Bruxelles (e in Italia).

Complottisti, suprematisti, No vax: chi sono i camionisti di Freedom Convoy che paralizzano Ottawa.

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Trieste, arrestato (di nuovo) il consigliere No vax Ugo Rossi: lo scontro con i vigili perché senza Green pass.

Minacce di morte contro Mattarella, denunciato un uomo di Como: sul profilo post No vax e No Green pass.

Bufale ad alta quota: «Non voglio condividere lo stesso ossigeno con un non vaccinato», ma il video è una fiction.

 

 

 

 

IL ‘NUOVO MONDO’ DI DAVOS:

DALLA TRANSIZIONE ECOLOGICA

 AL CONTROLLO SOCIALE?

Centrostudilivatino.it- Maurizio Milano -( DIC 21, 2021)- ci dice :

 

Secondo Klaus Schwab, fondatore ed Executive Chairman del World Economic Forum (WEF) di Davos, il paradigma sociale ed economico dominante nel secondo dopoguerra, in crisi già da alcuni decenni, è giunto oramai al punto di non-ritorno.

Solo la conversione dallo shareholder capitalism allo stakeholder capitalism del XXI secolo potrà consentire alle “società capitalistiche di sopravvivere e prosperare nell’attuale era, caratterizzata da cambiamento climatico, globalizzazione e digitalizzazione”.

 La “soluzione” proposta, tuttavia, va nella direzione opposta a quella desiderabile, aggravando ulteriormente i mali che si pretenderebbe voler curare.

1. Nel suo recente libro “Stakeholder Capitalism: A Global Economy that Works for Progress, People and Planet”, il prof. Klaus Schwab afferma che il modello sociale, economico e politico attuale è giunto al capolinea.

Secondo il leader del WEF, le prime avvisaglie di tale crisi erano già evidenti negli anni 1970, a partire dal Rapporto Meadows del 1972, commissionato dal “Club di Roma» di Aurelio Peccei, che individuava i “limiti dello sviluppo” nella crescita “eccessiva” della popolazione rispetto alle risorse disponibili.

 I documenti e i programmi dell’ultimo mezzo secolo, concretizzatisi nelle varie Conferenze dell’ONU incentrate sul cosiddetto “sviluppo sostenibile” – dal Rapporto Brundtland della “Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo” (WCED) del 1987 (in cui venne introdotta la nozione di “sostenibilità”) fino ad arrivare all’”Accordo di Parigi” sul clima nel 2015 con l’approvazione dell’”Agenda Onu 2030“, nella quale sono definiti “17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile” – hanno portato avanti una visione neo-malthusiana, in cui il focus iniziale sull’inadeguatezza delle risorse a sostenere il modello di crescita economica si è progressivamente spostato sui presunti effetti negativi dell’uomo sull’ambiente.

 

A partire dal 1996, introdotta da Mathis Wackernagel e da William Rees, si è diffusa, infatti, l’ipotesi della cosiddetta “impronta ecologica“, che misurerebbe l’impatto negativo dell’uomo sulla Terra mediante un complesso indicatore aggiornato periodicamente dal WWF a partire dal 1999. Per l’ideologia “verde” oggi dominante, la popolazione è indubbiamente considerata come la principale minaccia per la “salute” stessa del pianeta, anche al di là del solito tema dei presunti squilibri tra crescita della popolazione e risorse disponibili.

Il concetto di “sostenibilità” si inscrive quindi all’interno di un quadro di riferimento culturale che viene da molto lontano, ostile alla vita e alla famiglia naturale, anche se, ovviamente, non tutti ne sono consapevoli. Benedetto XVI, in Caritas in veritate, non parlava mai di “sviluppo sostenibile” bensì di “sviluppo umano integrale” che poi, in fondo, è l’unico sviluppo davvero “sostenibile”, anche sul piano materiale.

L’invecchiamento demografico congiunto al crollo della natalità, infatti, comporta dei progressivi problemi di “sostenibilità” a livello economico e sociale a causa dei crescenti costi – sanitari, previdenziali ed assistenziali – che si scaricano su una popolazione in età lavorativa in costante contrazione.

Un rischio che persino la Cina ha compreso, introducendo a fine maggio 2021 la possibilità per le famiglie di avere fino a tre figli: è certamente la solita visione statalista e ideologica che considera le persone come una “massa” da manovrare a seconda dei mutevoli interessi economici e politici, ma comunque un segno evidente di come il “reale” alla lunga si imponga sempre sull’ideologia.

2. Schwab si focalizza poi sulla svolta definita come «neo-liberista», iniziata negli anni 1980 con la Reaganomics e il Thatcherismo, incentrata “maggiormente su fondamentalismo del mercato e individualismo e meno sull’intervento statale o sull’implementazione di un contratto sociale”, giudicandola “un errore”.

Egli afferma che il modello dominante – che definisce shareholder capitalism perché la responsabilità delle imprese è limitata alla produzione di utili per gli azionisti, senza ulteriori implicazioni “sociali” – dev’essere urgentemente superato nella direzione di quello che definisce lo “stakeholder capitalism del XXI secolo”, dove debbono essere presi in considerazione tutti i “portatori di interesse”, dai clienti ai lavoratori, dai cittadini alle comunità, dai governi al pianeta, in una prospettiva non più locale o nazionale ma “globale”, che richiede quindi un nuovo “multilateralismo”.

In linea di principio, la logica dello stakeholder capitalism è anche condivisibile, giacché le imprese non vivono nel vacuum, ma in contesti sociali e politici.

Quindi, oltre alla generazione di profitto per i propri azionisti, servendo al meglio i clienti in una libera e leale concorrenza, è equo che sostengano i costi delle eventuali esternalità e si assumano responsabilità più ampie, secondo il principio del bene comune a cui tutti sono tenuti a contribuire. Che cosa si intende però esattamente col termine “stakeholder capitalism del XXI secolo”? Al cuore di tale modello secondo Schwab vi sono due realtà: le “persone” e il “pianeta”.

 

2.1. Le “persone”: Schwab scrive che “il benessere delle persone in una società influisce su quello di altre persone in altre società, e spetta a tutti noi come cittadini globali ottimizzare il benessere di tutti”. I “cittadini globali” astratti indicati da Schwab esistono però solo nelle visioni ideologiche: le “persone” concrete hanno sempre relazioni, a partire dalla famiglia e dalla società circostante, e sono sempre portatrici di una storia – e di una geografia –, nonché di una visione del mondo. Non esistono i “cittadini del mondo”, se non tra le élite tecnocratiche apolidi a cui si indirizza, evidentemente, il prof. Schwab. Nella prospettiva evocata, la sussidiarietà e la stessa sovranità nazionale verrebbero sostituite da prospettive centralistiche e dirigistiche.

 

2.2. Il “pianeta”: Schwab lo definisce come “lo stakeholder centrale nel sistema economico globale, la cui salute dovrebbe essere ottimizzata nelle decisioni effettuate da tutti gli altri stakeholder. In nessun altro punto ciò è divenuto più evidente come nella realtà del cambiamento climatico planetario e nei conseguenti eventi climatici estremi provocati”.

 La teoria del “riscaldamento globale” di supposta origine antropica (l’acronimo inglese è “AGW”: Anthropogenic Global Warming) e del più ampio concetto di “cambiamento climatico” che ne deriverebbe – al centro dell’attività dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), un’agenzia dell’Onu dedicata allo studio dell’impatto umano sul cambiamento climatico è appunto soltanto una teoria, su cui molti scienziati autorevoli non concordano (per es. gli scienziati di fama mondiale Antonino Zichichi e Carlo Rubbia, per restare all’Italia), non una realtà, in quanto manca di conferme scientifiche certe.

A ben guardare, pur considerando l’uomo come il “cancro” del pianeta, l’ideologia ecologista pecca paradossalmente per eccesso di “antropocentrismo” perché attribuisce all’essere umano un potere che nei fatti è ben lungi da avere: non è forse prometeico pretendere di abbassare la temperatura del pianeta come si fa col climatizzatore dell’ufficio e pensare di potere cambiare il clima della Terra come se fosse quello della serra dell’orto di casa?

 A ciò si aggiunga che tutte le previsioni catastrofistiche fatte in passato sull’evoluzione del clima e sugli impatti sul pianeta e sull’uomo si sono rivelate erronee.

Ovviamente, con ciò non si vuole sminuire l’importanza di contrastare l’inquinamento e di migliorare costantemente nella gestione dei beni creati, anche nel senso della cosiddetta “economia circolare” e nella continua innovazione tecnologica per ridurre gli sprechi:

 questa corretta “ecologia” non ha però nulla a che spartire con l’approccio ideologico e ostile all’uomo – e alla natalità – della decarbonizzazione e della transizione energetica degli approcci sopra indicati.

 È ideologico, non scientifico, trasformare una teoria in una certezza, su cui poi impostare azioni di portata colossale e con costi astronomici.

Nella prospettiva del cosiddetto “cambiamento climatico” – che è per definizione globale – è chiaro che la sovranità nazionale dovrebbe cedere il passo al multilateralismo e alla governance mondiale: a problemi globali soluzioni globali. Cui prodest?

 

3. Schwab non ne parla nel libro citato, ma la “transizione ecologica” a guida ONU non si limiterà alle tematiche di tipo “energetico”, con l’abbandono dei combustibili fossili – che stanno già comportando fortissimi rialzi delle materie prime energetiche con ricadute in termini di dinamiche inflazionistiche sui prodotti e sui servizi –, ma si estenderà anche al cambio dei modelli alimentari, incentivando, ad esempio, la “conversione” al veganesimo e al consumo di “carne sintetica”; per non parlare della “suggestione” ad avere preferibilmente un solo figlio per famiglia, ad adottare uno stile di vita all’insegna dell’austerità, rinunciando a viaggiare per non inquinare oppure preferendo andare a piedi o in bicicletta e utilizzare solo i mezzi pubblici; e chissà cos’altro in futuro, perché la rivoluzione verde, come tutte le rivoluzioni, è un processo in divenire perenne, e quindi non può arrestarsi.

 

I costi saranno probabilmente stratosferici:

Bill Gates li stima in 5.000 miliardi di dollari annui, che potranno progressivamente scendere nel corso del tempo, grazie all’innovazione tecnologica, fino a “soli” 250 miliardi di dollari annui di extra-costo nel 2050.

Tale extra-costo è indicato col termine green premium.

Sembra proprio che ogniqualvolta compare l’aggettivo “verde” dobbiamo preoccuparci: i nuovi e pesanti costi, infatti,  hanno già iniziato a scaricarsi su contribuenti e consumatori, con inevitabili gravi alterazioni della concorrenza, e quindi delle stesse prospettive di crescita economica futura, a danno dei più e a beneficio delle industrie favorite da tali progetti, oltre che della cosiddetta “finanza sostenibile”. Per non parlare delle pesanti restrizioni alla libertà, che abbiamo già iniziato ad “assaporare”: una decrescita, insomma, davvero poco felice. 

 

4. Se lo “stakeholder capitalism del XXI secolo” del prof. Klaus Schwab si fonda su questi due pilastri, su “cittadini” ridotti a monadi e su un “pianeta” da difendere dagli attacchi dell’uomo – e quindi non più un “creato” che dell’uomo costituisce la dimora –, c’è da temere derive liberticide.

Mentre le società e l’iniziativa economica nascono logicamente e storicamente dal basso, a partire dalle persone concrete, inserite in famiglie e in comunità, per poi svilupparsi secondo logiche sussidiarie nei vari corpi intermedi, qui ci troviamo di fronte a una visione distopica fondata su un’antropologia distorta, e conseguentemente su una sociologia “rovesciata”.

 Una prospettiva atomistica e materialistica, centralistica e dirigistica, dove i “migliori” vorrebbero guidare dal centro e dall’alto, come nella città ideale vagheggiata da molti utopisti che si sono industriati, nel corso dei secoli, di immaginare un “mondo migliore”.

 

5. Con riferimento ai pretesi “eccessi di libertà” dei “privati” che avrebbero portato fuori strada il paradigma di crescita impostosi nel secondo dopoguerra, occorre poi fare una precisazione.

Di quali “privati” si sta parlando?

I Paesi contemporanei sono caratterizzati tutti, chi più chi meno, da una presenza molto forte dello Stato nella vita economica e sociale, da un livello di pressione fiscale e contributiva importante, da un’elevata collusione dei grandi gruppi industriali e finanziari col potere politico – il cosiddetto capitalismo clientelare – e da un monopolio statale sul denaro, la cui quantità viene manipolata ad libitum dalle rispettive Banche centrali che negli ultimi lustri intervengono in modo sempre più attivo e spregiudicato per orientare i sistemi finanziari, e quindi economici, dei propri Paesi.

Negli stessi USA, considerati l’emblema dell’economia libera, il potere politico è colluso con i grandi gruppi privati e lo stesso andamento di Wall Street – nell’immaginario collettivo icona del “capitalismo selvaggio” e del “turbo-capitalismo” – dipende in realtà sempre più dalla politica, in particolare dalle politiche monetarie ultra-espansive attuate dal 2009 dalla Federal Reserve statunitense, solo formalmente indipendente dall’establishment politico-economico.

Non ci sono dubbi che esista una liaison malsana tra i grandi gruppi privati e la politica, in forte crescita nell’ultimo quarto di secolo, e ciò va denunciato col termine di “capitalismo clientelare”:

aumentando ulteriormente la spesa pubblica non si farebbe altro che accrescere ancora la quota di ricchezza nazionale gestita da tali élite politico-economiche, a tutto beneficio di chi è più vicino ai rubinetti della spesa e a danno di tutti gli altri che pagheranno il conto.

Lo vedremo, molto probabilmente, con l’implementazione del “Piano di rilancio europeo” denominato NextGenerationEU (il cosiddetto Recovery Fund), per la ricostruzione post-pandemica, a cui è collegato il piano di attuazione italiano (il cosiddetto Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR): entrambi di tipo top-down, basati sul debito e calati dall’alto in modo dirigistico-accentratore. Nel sistema che si sta disegnando, la piccola e la media impresa, che già hanno poca voce in capitolo adesso, rischiano di essere ancora più marginalizzate.

 

6. Com’è noto, infatti, la prospettiva di Davos è quella del “Great Reset” dei sistemi economici-sociali-politici attuali per andare verso un “New Normal”, una sorta di governance mondiale, dove delle “cabine di regia” sempre più alte, composte da organismi sovranazionali, Stati, Banche centrali, grandi gruppi finanziari ed economici, media globali, think tank come Davos, assumeranno il ruolo di direttori d’orchestra per decidere dove andare, con quali mezzi e in che modo, per “ricostruire il mondo in modo migliore”, secondo lo slogan B3W-Build Back a Better World del Presidente statunitense Joe Biden, condiviso dai Paesi del G7.

Ma come imporre tali cambiamenti? In un suo libro precedente, molto conosciuto, “COVID-19: The Great Reset”, il prof. Schwab scriveva che l’epidemia CoVid-19 costituisce una “grande opportunità” per “ripensare, reimmaginare e resettare il nostro mondo”.

Il leader del WEF sottolinea che al di là dei dati di fatto, della “realtà”, «”le nostre azioni e reazioni umane […] sono determinate dalle emozioni e dai sentimenti: le narrazioni guidano il nostro comportamento”, lasciando cioè intendere che, con uno story-telling adeguato, sarà possibile indurre un po’ per volta il cambiamento dall’alto, creando il consenso con un mix di bastone e di carota.

 

L’importanza della “narrazione” per guidare il cambiamento era già stata indicata da Schwab come una priorità in un altro suo testo del 2016 dedicato alla Quarta Rivoluzione Industriale, The Fourth Industrial Revolution: il passaggio dalla narrazione alla propaganda rischia di essere molto veloce, e particolarmente pericoloso se si aggiunge al controllo dei flussi finanziari, a regolamentazioni sempre più rigide, fino alla stessa limitazione della libertà di movimento personale.

 L’attuazione della “iniziativa del Grande Reset” verso il Brave New World post-pandemico sembra procedere, in questi mesi, con quella «fretta» raccomandata da Schwab come condizione di efficacia.

Schwab non ne parla ma è una strategia che ricorda molto quella della Fabian Society, il più antico think tank politico britannico, fondata a Londra nel 1884 e da allora punto di riferimento della “falsa sinistra mondiale:

“For the right moment you must wait […] but when the time comes you must strike hard”, cioè “devi attendere il momento giusto […] ma quando arriva devi colpire duramente”.

 L’immagine scelta dai fabiani, un lupo travestito da agnello, completa il quadro.

 

7. In conclusione, lo “stakeholder capitalism del XXI secolo” del prof. Schwab sembra delineare una sorta di “socialismo benevolo per i riccastri”, un’evoluzione su scala planetaria di quel mito evergreen che è lo Stato-assistenziale dei Paesi dell’Europa settentrionale.

La collaborazione stretta tra grande finanza, big-tech, media e capitalismo clientelare è, ovviamente, necessaria alla realizzazione del progetto: promesse di “salute” e “sicurezza”, garantite dall’alto (nella forma di maggiori sussidi pubblici e di “reddito universale di cittadinanza”); più tasse, meno libertà (e meno responsabilità), meno privacy e meno scelta individuale.

Un “falso socialismo liberale”, insomma, un po’ gnostico e un po’ fabiano, che intende mantenere la sovrastruttura liberal-democratica, ridotta però a un guscio vuoto, mentre le risorse e le decisioni importanti sono destinate ad essere sempre più accentrate presso “tecnici” e “competenti”, presso “cabine di regia” sempre più lontane.

Una prospettiva distopica che ricorda più quella evocata nel “Nuovo Mondo” di Aldous Huxley (1894-1963) che non quella paventata in “1984” di George Orwell (1903-1950).

Quos Deus perdere vult, dementat prius: qualsiasi progetto contrario alla natura dell’uomo e all’ordine delle cose è destinato inevitabilmente al fallimento finale, ma può tuttavia arrecare dei seri danni, per molti anni a venire.

Quando torneremo, dunque, alla normalità? “Quando?... Mai”, scrive Schwab.

Ė scritto nero su bianco, basta prendersi la briga di andare a leggere e studiare quello che scrive.

Ciò non è rassicurante: occorre approfondire queste tematiche con un serio studio in ordine alla realtà delle cose e ai costi sociali, insostenibili per gli uomini concreti, che sono esigiti per la costruzione del “mondo migliore” immaginato da Schwab.

(Maurizio Milano).

 

 

 

 

Sostenibilità e salute globale:

gli obiettivi del “World Economic Forum”.

Affarinternazionali.it- Simone Urbani Grecchi- (5 Gennaio 2022)- ci dice :

 

LE GRANDI QUESTIONI TRANS-NAZIONALI.

Covid-19-EconomiaOnu.

Il prossimo World economic forum – previsto inizialmente a gennaio ma spostato a giugno nella tradizionale sede di Davos – si terrà in un clima di grande incertezza a causa della perdurante pandemia.

L’attenzione sul tema sarà quindi altissima, anche perché è stato proprio il Wef, nel giugno del 2020, a sottolineare l’importanza di sfruttare la crisi per promuovere un generale ‘reset’ delle nostre società.

 Obiettivo ambizioso, un ‘great reset’ è auspicabile non solo per recuperare i disastri economici e sociali causati dalla gestione del Covid-19, ma anche e soprattutto perché la comunità internazionale ha accumulato significativi ritardi nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità indicati dall’ONU nell’Agenda 2030.

 

Il problema della salute globale.

Aspetto ancora più importante, come sottolinea lo stesso Klaus Schwab, presidente esecutivo del Forum, i segnali di tali ritardi erano visibili già prima della pandemia.

 E in nessun campo tale regressione appare più significativa di quello della salute globale.

 In particolare, è evidente il ritardo accumulato in termini di prevenzione delle malattie non trasmissibili (NCDs), uno dei diciassette obiettivi di sostenibilità nonché causa, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità di circa quarantuno milioni di morti (cioè oltre il 70% dei decessi a livello globale) all’anno. Da decenni.

Nonostante la portata del fenomeno, tuttavia, non sembra sia stato fatto abbastanza per finanziare la prevenzione di questi disturbi.

Ciò è di per sé un aspetto quantomeno singolare, considerato che da decenni si parla dell’importanza della prevenzione, salvo poi incanalare competenze e finanziamenti verso settori molto più orientati alla cura. Inoltre, tali considerazioni sono ulteriormente aggravate dal fatto che molte delle NCDs sono malattie autoinflitte (quindi prevenibili), causate dalle nostre insalubri abitudini, sia dal punto di vista produttivo che di consumo.

Il fatto che, incidentalmente, tali patologie siano anche alla base della quasi totalità dei decessi in presenza di Sars-CoV-2 (in Italia, il 97,1%) dovrebbe fare riflettere sull’importanza di curare il nostro organismo e il nostro sistema immunitario, cruciali nella prevenzione degli effetti di shock esterni, che spesso risultano aggravati dalle nostre abitudini.

Lo stesso Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, afferma che “la pandemia ha evidenziato il grave pericolo delle malattie non trasmissibili e ha segnalato l’urgente necessità di politiche e investimenti di sanità pubblica più forti per prevenirle. Esortiamo i leader mondiali a livello pubblico e privato ad adottare misure aggressive per prevenire le malattie non trasmissibili. Meno malattie non trasmissibili avrebbero significato meno morti durante la pandemia.”

Il paradosso delle politiche di prevenzione.

Nella sua analisi sull’Agenda 2030, il WEF scrive che “dobbiamo accogliere l’innovazione, anche nel modo in cui facciamo le cose”.

 Premessa corretta.

Ma è importante che questa presa di coscienza avvenga a livello collettivo.

Appare incoerente, infatti, continuare a indulgere in eccessi alimentari e sedentarietà, salvo poi far pagare il conto dei nostri comportamenti malsani alla comunità in cui viviamo – sia in termini diretti (attraverso le spese sanitarie pubbliche) sia indiretti (impedendo l’utilizzo di quelle risorse in altri settori). Così come risulta paradossale permettere, da un lato, la vendita di bevande e alimenti eccessivamente zuccherati e, dall’altro, spendere tempo e risorse pubbliche in campagne per la prevenzione dell’eccesso ponderale.

Altrettanto paradossale appare il ruolo dello Stato, che da un lato permette la vendita di sigarette e, dall’altro, apparentemente ad un costo tre volte superiore rispetto a quanto incassa tramite la vendita di tabacco, cura i suoi cittadini per malattie causate dal fumo.

Sembra poco ragionevole, infine, permettere di produrre (e quindi di acquistare) mezzi di trasporto privato sempre più potenti in un contesto in cui :

(a) -gran parte della comunità internazionale è impegnata a ridurre il consumo di fonti combustibili;

 (b)- l’eccesso di velocità causa circa 1,3 milioni di morti all’anno;

(c)- le aree urbane – dove vive più della metà della popolazione mondiale – sono spesso ben servite dai mezzi pubblici e in grado di fornire servizi entro distanze percorribili a piedi.

Agire individualmente non basta.

Inevitabilmente, le misure andranno prese a livello politico, economico e regolamentare. E dovranno essere coerenti. Perché è palpabile la necessità di cambiare le ‘regole del gioco, in particolare (sebbene non esclusivamente) per il sistema sanitario globale, ‘appesantito’ da pratiche di dubbia moralità (ad esempio il cosiddetto “disease mongering”) e da ciclopici conflitti di interesse.

Ma questo non deve impedirci di prendere l’iniziativa anche come singoli, perché è fondamentale che il ‘great reset’ trovi una sua dimensione a livello individuale. Una sorta di ‘woke movement’ mirato a riportare la considerazione dei nostri doveri al centro delle attività quotidiane.

 Una presa di coscienza collettiva che ci permetta :

(a)- di dare il nostro contributo a migliorare i nostri standard di vita e

(b)- contestualmente, ci metta nelle condizioni di influenzare positivamente l’agenda pubblica. Un risveglio, in ultima analisi, in cui capacità di autocritica e assunzione di responsabilità abbiano il sopravvento sulla nostra naturale inclinazione alla creazione di paradossi e all’autoindulgenza.

 

 

 

Il futuro della Nato

nella crisi ucraina.

 

Affarinternazionali.it- Stefano Silvestri-(14 Febbraio 2022) - ci dice :

ANALISI EUROPA PRIMO PIANO.

Crisi ucraina-Nato-Russia-Ucraina.

È opinione diffusa che questa crisi con la Russia abbia dato nuova vita alla Nato, facendola uscire da una lunga crisi di decrescente rilevanza, nonché dalle conseguenze negative del brusco abbandono dell’Afghanistan.

Tuttavia questa potrebbe essere anche l’ultima volta in cui vedremo dispiegarsi il pieno impegno militare americano in Europa, per assicurare la credibilità della deterrenza e della difesa degli alleati. Il quadro della sicurezza europea sta cambiando rapidamente e richiederà decisioni difficili, che definiranno il futuro politico dell’Europa.

La Nato nel nuovo ordine mondiale.

Viviamo un periodo di forte incertezza strategica. Finita, al termine del secolo scorso, la divisione dell’Europa in due blocchi contrapposti, abbiamo sperimentato la frammentazione dell’Urss e un rapidissimo allargamento verso est sia della Nato che dell’Ue.

Nel contempo la Nato ha visto mutare la sua strategia tradizionale (centrata sul contenimento e sulla deterrenza) ed è stata invece impiegata in conflitti “fuori area”, dapprima nei Balcani e poi in Afghanistan, Medio Oriente e Nord Africa, con risultati non esaltanti.

Anche l’UE ha visto crescere il suo profilo politico internazionale, è stata impegnata in numerose missioni di pace e gestione delle crisi, ed ha utilizzato intensamente l’arma delle sanzioni economiche.

Infine, da parte sia americana che russa sono stati rimessi in discussione e abbandonati importanti accordi di disarmo, di controllo degli armamenti e persino misure di reciproca fiducia e meccanismi per il controllo e la riduzione degli incidenti. Il quadro della sicurezza europea ne risulta profondamente indebolito.

Due sono le maggiori novità sul piano globale: il montare in potenza della Cina, alleata con la Russia, e l’attivismo crescente di alcune medie potenze extra-europee che alimentano conflitti significativi a livello regionale.

In un mondo globalizzato, strettamente interconnesso, ma privo di un adeguato sistema di regole e istituzioni che ne assicurino un funzionamento pacifico, gli Stati Uniti si sono trovati sovraesposti e dispersi tra una miriade di impegni cui non potevano più fare fronte.

Ciò ha obbligato Washington a definire con maggior chiarezza le sue priorità strategiche, dando la precedenza alla sfida globale, economica, militare e ideologica incarnata oggi dalla Cina.

 In questo quadro la Russia, malgrado il suo attivismo militare e il suo armamento nucleare, si colloca al secondo posto: non minaccia direttamente la leadership globale americana, anche se può indebolirla.

Il ruolo degli Stati Uniti.

A questo stadio, non sappiamo ancora come finirà questa crisi tra Mosca e Kiev e quale ampiezza assumerà un eventuale scontro armato. Sappiamo però che gli Usa sono pronti ad impegnarsi per difendere militarmente gli alleati, ma che reagiranno ad un attacco all’Ucraina con strumenti politici ed economici.

 A questo fine, più che attivare la Nato, che non ha competenze in campo economico, gli Usa cercheranno un accordo con l’Ue.

Già qui vi è una differenza sostanziale tra il quadro transatlantico e quello dell’Asia-Pacifico: un eventuale attacco della Cina a Taiwan vedrebbe con tutta probabilità un impegno militare diretto americano.

Non sarà facile per la Nato gestire le conseguenze di questa crisi. Molti paesi alla frontiera orientale dell’Alleanza vorranno essere rassicurati e maggiormente protetti, ma l’onere di questo maggiore impegno non potrà più pesare solo sulle spalle americane: al contrario, con gli USA sempre più impegnati nel Pacifico, in prima linea saranno i maggiori paesi alleati europei. Quegli stessi paesi, possiamo notare per inciso, che dovrebbero sopportare gran parte del costo economico di eventuali nuove sanzioni contro la Russia.

Nato: verso il riarmo europeo?

Vedremo l’impatto di questa crisi sulla formulazione del prossimo “Concetto Strategico” che il Consiglio Atlantico dovrebbe approvare fra pochi mesi, ma è forte il rischio che la situazione rimanga confusa e incerta.

 C’è sicuramente un partito favorevole a un forte riarmo alleato in Europa. L’obiettivo massimo che alcuni formulano è che gli alleati europei assicurino in proprio circa il 50% delle capacità ritenute necessarie per la piena credibilità della Nato.

 Oggi il contributo europeo è stimato attorno al 25-30%.

In pratica ciò significherebbe quasi il raddoppio delle spese di investimento e di esercizio dei singoli paesi: una prospettiva largamente irrealistica.

L’alternativa però, in assenza di un sostanziale contributo aggiuntivo americano (ed anzi, al contrario, in previsione di una riduzione di tale contributo, a vantaggio del fronte Asia-Pacifico), provocherebbe una evidente diminuzione della credibilità alleata, con gravi conseguenze sia interne che esterne all’Europa.

Si delinea quindi con urgenza l’esigenza di un chiarimento strategico tra europei che vada ben al di là del pur interessante esercizio della “bussola strategica” lanciato dall’UE, e che si concentri sugli aspetti militari e di sicurezza del futuro rapporto con la Russia, a oriente ma anche a sud dell’Europa, in genere su cosa serva per affrontare la crescente pericolosità delle crisi e dei conflitti nelle regioni confinanti.

In effetti, il necessario rafforzamento del contributo europeo alla propria sicurezza, se avrà luogo, dipenderà dalla capacità delle potenze europee di mettere assieme, razionalizzare e potenziare le risorse a loro disposizione, cercando di ottenere di più dalle risorse effettivamente disponibili, grazie a una maggiore razionalizzazione e messa in comune degli investimenti.

Questa tuttavia è una strada che, pur rafforzando la Nato, passa essenzialmente attraverso una maggiore cooperazione europea (o meglio, tra alcuni paesi europei), certo in collaborazione stretta con gli Usa sul piano operativo, ma molto più autonoma e competitiva sul piano tecnologico e industriale. In altri termini, la salvezza della Nato passerebbe attraverso una maggiore autonomia strategica dell’Europa.

 

 

 

 

Reskilling come leva per la ripresa:

ecco come le competenze creano occupazione.

Agendadigitale.eu- Gianpiero Ruggiero- (10 Feb. 2021)- ci dice :

 

(Che cos'è il Reskilling?

Il reskilling prevede  lo sviluppo di abilità che possano permettere al dipendente di ricoprire un ruolo diverso. Si tratta di un percorso di riqualificazione della persona e delle competenze.)

Industry 4.0.

Secondo il “World Economic Forum”, entro il 2025, il 50% di tutti i lavoratori avrà bisogno di reskilling, complice l’impatto della digitalizzazione: le imprese si interrogano su come favorire la creazione di occupazione e accompagnare i lavoratori nella formazione.

Le competenze sono il petrolio delle economie ed è su quelle che bisogna investire per la ripartenza. In Italia, uno strumento utile può essere quello del Fondo nazionale per le nuove competenze, inserito nel PNNR.

In generale, il tema della creazione di competenze è caldo: al Forum economico di Davos quest’anno si è parlato molto di come salvare i posti di lavoro in aziende, dove anche quelli più sicuri potrebbero diventare incerti, con occasioni ancora minori per giovani e donne.

Ci troviamo in un punto in cui la “digital transformation” sta ridefinendo il futuro del lavoro. Secondo il World Economic Forum, entro il 2025, il 50% di tutti i lavoratori avrà bisogno di reskilling e il 40% delle competenze base degli attuali lavoratori cambierà. La conseguenza è scontata: pensare che ciascuno di noi o la nostra impresa non sarà toccata dal cambiamento di competenze è utopico.

Capi di governo ed economisti, consapevoli che il capitale umano e la conoscenza sono i fattori che più di tutti influenzano la crescita di lungo periodo di una economia, si interrogano – specie in un tempo di pandemia – sulle modalità di creare nuovo lavoro e di come accompagnare i lavoratori lungo un percorso di riqualificazione professionale.

La situazione globale.

Molte economie, anche quelle meglio gestite, sono indotte a individuare le risposte più efficaci per ridare una prospettiva di crescita.

 Nascosto dietro il black out economico del 2020 si nasconde infatti un serio pericolo: che arrivi, dopo la recessione invernale, quella che il Centre for Economic Performance di Londra ha definito una “primavera di fallimenti”. Una sequenza di discontinuità aziendali che potrebbe riguardare tante aziende e tanti Paesi, tutti insieme. Ecco perché oggi si parla sempre più spesso di nuovi modi di lavorare e di “job reset”. Ridisegnare ruoli, attività, compiti per capitalizzare l’esperienza di questi mesi.

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La maggior parte di queste nuove competenze sono collegate ai mutamenti tecnologici e organizzativi innescati dal digitale. La connessione tra investimenti in innovazione, cultura digitale e frequentazione delle scuole tecniche, sono argomenti collegati al mondo del lavoro e alle opportunità che le imprese dimostrano di saper leggere nel digitale.

 Ma l’upgrade di quello che ciascuno di noi è in grado di fare non passa solo dalle nuove tecnologie; sono determinanti capacità quali creatività, pensiero critico e autocontrollo, che rappresentano, in mix con le competenze digitali, le chiavi di volta per affrontare le sfide future. Competenze di mestiere + competenze digitali + competenze “umane”: questo sarà il mix indispensabile per il lavoro del futuro.

Digitalizzazione, occupazione e disoccupazione.

Nonostante ci siano previsioni che fanno pensare che la tecnologia rimpiazzerà le persone, molti studiosi ed economisti sono convinti che il lavoro umano sarà ancora determinante, perché caratterizzato da molta forza, elasticità e straordinaria capacità da parte delle persone di innovare, collaborare e realizzare i propri obiettivi. È vero che la digitalizzazione si traduce in alcuni casi in perdita di lavoro, ma il digitale è in grado di generarne anche di nuovi. È necessario però che le persone si preparino per il nuovo mondo digitale e che le aziende giochino un ruolo importante nel preparare le persone e accompagnarle in modo creativo nella nuova economia digitale.

Il modo in cui i Governi e le altre parti interessate affronteranno il cambiamento tecnologico giocherà un ruolo importante nel “ripristinare” la società, l’economia e l’ambiente imprenditoriale. Misurare la portata dell’economia digitale non è semplice, ma un parametro per misurare il grado di digitalizzazione nei paesi dell’UE è la misura in cui l’occupazione è correlata alle attività digitali. Il report della Banca Centrale Europea “L’economia digitale e l’area dell’euro”  ha messo in luce come i settori con maggiore intensità digitale, nel decennio 2006-2016, hanno contribuito in modo sostanziale alla crescita dell’occupazione nelle economie avanzate.

Osservando la relazione tra la crescita dell’occupazione totale e il contributo dei settori ad alta intensità digitale per alcune economie europee, la BCE arriva alla conclusione che “le economie con una quota più elevata dell’economia digitale sul valore aggiunto totale tendono a essere quelle con tassi di disoccupazione più bassi. I dati analizzati nei Paesi più fortemente dipendenti dal digitale, ad esempio Svezia ed Estonia, suggeriscono un forte contributo dei settori ad alta intensità digitale alla crescita dell’occupazione totale”. Estonia e Svezia, infatti, sono costantemente in cima alle classifiche dell’occupazione digitale, superando molte altre economie dell’UE.

L’analisi sembra contrastare l’idea che un più elevato livello di digitalizzazione porti a una maggiore disoccupazione aggregata. Ciò non vuol dire che la digitalizzazione non si traduca in spostamenti e interruzioni del lavoro, per cui alcuni lavoratori perdono il lavoro e hanno difficoltà a riprendere un lavoro per periodi prolungati, ma la digitalizzazione genera anche nuovi opportunità e posti di lavoro.

Lavoro 4.0, come accrescere la produttività.

Una recente indagine del World Economic Forum-Ipsos rileva che la maggior parte degli adulti è incredibilmente ottimista sull’accesso alla tecnologia, agli strumenti digitali e alla formazione nei prossimi mesi.

Quando si tratta di innovazione tecnologica, anche i leader d’azienda sono ottimisti: vedono la tecnologia e la digitalizzazione come un mezzo per avere successo. Eppure, la disoccupazione è aumentata vertiginosamente durante la pandemia. Secondo il Future of Jobs Report 2020 del World Economic Forum, “per la prima volta negli ultimi anni, la creazione di posti di lavoro sta iniziando a rimanere indietro rispetto alla distruzione di posti di lavoro – e questo fattore è destinato a colpire maggiormente i lavoratori più fragili e svantaggiati”.

La partita del lavoro si gioca sul fronte delle competenze necessarie per affrontare la sfida della quarta rivoluzione industriale. Circa l’85% di tutti i posti di lavoro dell’UE oggi necessita di almeno un livello di competenze digitali di base.

È quanto riporta il report “Upskilling for Shared Prosperity” realizzato dal World Economic Forum in collaborazione con Pwc, che ha analizzato la correlazione tra miglioramento delle competenze e crescita economica.

 Le stime si riferiscono al Pil (un extra Pil da 6,5 trilioni di dollari e 5,3 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030), sebbene l’analisi faccia riferimento alla necessità di un nuovo pensiero economico basato sullo sviluppo di “buoni” posti di lavoro; quei lavori cioè che abbiano quelle determinate caratteristiche – retribuito in modo equo, motivante e svolto ragionevolmente in sicurezza – in grado di incidere maggiormente sulle capacità e sulle motivazioni intrinseche dei lavoratori, ponendo le basi così per livelli di produttività più elevati.

Secondo il documento, dall’adozione di tecnologie di nuova generazione conseguiranno nuovi posti di lavoro; quelli legati a Industria 4.0 porteranno a un aumento della produttività globale del 3%, in media, entro il 2030. Il 38% del Pil aggiuntivo, che potrebbe essere acquisito attraverso l’upskilling, sarà creato nel settore dei servizi alle imprese ad alto valore aggiunto e in alcuni settori manifatturieri.

Riqualificare e investire in competenze, le indicazioni di policy.

Entro il 2025, circa la metà di tutte le opportunità di lavoro in Europa dovrà essere colmata da persone con qualifiche ad hoc. “L’80% dei nuovi posti di lavoro – afferma il report del WEF – sarà altamente qualificato. Ciò richiederà o una massiccia sostituzione o il miglioramento delle competenze della forza lavoro esistente per ottenere l’aumento del 2,2-2,5% del Pil”.

 

“La pandemia fornisce un’opportunità di riformare i sistemi di istruzione e ripensare formazione professionale a vantaggio di più persone. Per fare questo, tuttavia, governi, industrie, sindacati e gli istituti di istruzione dovranno lavorare insieme”, si legge nel report, che fornisce alcune indicazioni di policy per colmare la discrepanza tra le attuali competenze e quelle necessarie per il lavoro legato a Industria 4.0.

Le quattro aree strategiche prioritarie.

Sono quattro le aree strategiche prioritarie su cui Governi, imprese e altri stakeholder, dovrebbero concentrare gli sforzi:

Costruire un ecosistema forte e interconnesso, impegnato a costruire un’agenda di riqualificazione (determinare una serie di indicatori che misurino la qualità dell’occupazione a livello nazionale e regionale; stabilire un quadro di ricerca per comprendere le dinamiche dei futuri mercati del lavoro, da cui ricavare le proiezioni in termini di abilità da colmare; identificare le leve delle politiche in grado di traghettare il mercato del lavoro verso la costruzione di buoni posti di lavoro).

L’adozione da parte dei Governi di iniziative per aumentare il livello di competenze, favorendo la collaborazione con le imprese, le organizzazioni non profit e il terzo settore. Vengono suggeriti azioni di promozione di progetti di investimento industriale con un approccio “dal basso verso l’alto”, insieme a incentivi per investimenti industriali “verdi” e di innovazione tecnologica.

Sviluppare piani di sviluppo delle persone, ancorando il miglioramento delle competenze e l’investimento nella forza lavoro come principio aziendale fondamentale.

Aumentare l’offerta di apprendimento e le connessioni tra imprese e luoghi dell’apprendimento, dando priorità ai curricula dell’istruzione superiore e professionale, con una preferenza per quelli “just in time” piuttosto che “just in case”.

 

Il report rientra tra le iniziative della piattaforma Reskilling Revolution, lanciata ufficialmente nel gennaio 2020, con attivo tra l’altro il contesto “Education 4.0”.

Si tratta di un framework che propone otto trasformazioni all’interno dei contenuti di apprendimento e dei meccanismi di erogazione nei sistemi di istruzione primaria e secondaria per preparare meglio la prossima generazione ai futuri lavori.

Per questo è stato sviluppato il play-book “Closing the Education Gap”, una guida per Governi e imprese per avviare collaborazioni pubblico-privato a livello nazionale per implementare il framework Education 4.0 attraverso quattro interventi di sistema chiave: empowerment degli insegnanti, nuove competenze e meccanismi di misurazione, nuovi standard educativi, integrazione dell’istruzione potenziata dalla tecnologia.

L’agenda della riqualificazione nel Recovery Plan dell’Italia.

I numeri odierni della crisi allarmano, la pressione delle crisi aziendali si è molto scaricata sui soggetti più deboli. La perdita reddituale media dei dipendenti finiti in cassa integrazione è stata intorno al 27% (fonte Banca d’Italia e Inps). I posti di lavoro a tempo indeterminato già persi tra febbraio e novembre 2020 ammontano a 300 mila. Un’esplosione di crisi aziendali è alle porte, con una previsione che colloca la disoccupazione nascosta tra 250 mila e 500 mila unità. Criticità a cui si aggiunge anche quella sul tasso di occupazione femminile (in Italia del 48,5% mentre in Europa è del 62,5%), tant’è che la Banca d’Italia ha stimato una crescita del Pil di 7 punti, se si aumentasse l’occupazione delle donne.

Numeri che fanno riflettere sulla necessità di attivare quelle politiche attive rimaste per lo più in sospeso, puntando sulla riqualificazione, aiutando quei lavoratori che, con disponibilità e impegno personale, sono alla ricerca di nuove opportunità.

Un passo avanti importante è stato fatto con il Fondo nazionale per le nuove competenze. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) vi dedica uno spazio non secondario. Gli obiettivi di formazione e riqualificazione sono presenti particolarmente nelle missioni “Istruzione e ricerca” e “Inclusione e coesione”, oltre che nella riforma della pubblica amministrazione. Per la componente “Politiche per il lavoro” il PNRR impiega risorse per un totale di 12,62 mld di euro. Per il perseguimento di tali obiettivi il Piano predispone determinate linee di intervento, suddivise come indicato nella tabella seguente:

Le risorse per gli interventi della componente Politiche per il lavoro Totale NGEU

(risorse in mld €):

Politiche attive del lavoro e sostegno all’occupazione   7,50.

Politiche attive del lavoro e formazione      3,50.

Sostegno all’imprenditoria femminile          0,40.

Apprendistato duale       0,60.

Piano nuove competenze          3,00.

Fiscalità di vantaggio per il lavoro al sud e nuove assunzioni di giovani e donne 4,47.

Servizio civile universale 0,65.

TOTALE  12,62 mld Euro.

In primo luogo, si provvede ad una revisione strutturale delle politiche attive del lavoro – per la quale sono assegnati 7,5 miliardi di euro – in particolare attraverso le seguenti azioni:

l’istituzione di un Programma nazionale denominato GOL (Garanzia di occupabilità dei lavoratori) che prevede un sistema di presa in carico unico dei disoccupati e delle persone in transizione occupazionale che associ la profilazione dei servizi al lavoro alla formazione;

il rafforzamento dei centri per l’impiego e della loro integrazione con i servizi sociali e con la rete degli operatori privati;

lo sviluppo di un Piano nazionale nuove competenze, un sistema permanente di formazione, anche attraverso la valorizzazione degli strumenti esistenti e l’istituzione di partenariati pubblico – privati. Per i lavoratori occupati è stato istituito il Fondo nuove competenze per permettere alle aziende di rimodulare l’orario di lavoro dei lavoratori al fine di favorire attività di formazione sulla base di specifici accordi collettivi con le organizzazioni sindacali;

il potenziamento del sistema duale con l’obiettivo di rendere sempre più sinergici i sistemi d’istruzione e formazione con il mercato del lavoro, nell’ottica di favorire l’occupabilità dei giovani tramite l’acquisizione di nuove competenze;

il sostegno all’imprenditoria femminile, attraverso la sistematizzazione degli attuali strumenti di sostegno all’avvio e alla realizzazione di progetti aziendali innovativi per imprese a conduzione femminile o prevalente partecipazione femminile già costituite e operanti, nonché l’affiancamento di misure di accompagnamento allo strumento del “Fondo a sostegno dell’imprenditoria femminile” già previsto nella legge di bilancio 2021.

Dopo il “Ristori 5”: lo scenario del lavoro in Italia.

Se il Governo ha fatto sapere che il decreto “Ristori 5” sarà l’ultimo (l’ammortizzatore straordinario della cassa, Covid e in deroga, dovrebbe essere prorogato e operativo per tutto il 2021), allora va disegnata una strategia di uscita dagli interventi straordinari. I numeri della crisi allarmano e c’è necessità di salvaguardare il maggior numero di lavoratori e di creare nuovi posti di lavoro, soprattutto quelli legati all’innovazione tecnologica e all’economia digitale. Non c’è tempo da perdere per mettere in atto politiche per evitare di tenere ai margini lavoratori più maturi, a cui oggi risulta difficoltoso il pieno accesso all’apprendimento, e di creare una generazione perduta.

Occorre essere trasparenti soprattutto verso le nuove generazioni, spiegando loro l’importanza di investire il proprio tempo nello studio, per avere un curriculum formativo adeguato ai tempi, e che questi sforzi saranno adeguatamente ricompensati e ripagati. Se una persona che aggiunge competenze alla sua figura professionale venisse, per esempio, remunerata anche per il suo impatto sociale e territoriale, lo studio e la formazione diventerebbero lo scopo di molte più persone. Oggi e più o meno l’inverso; formarsi e studiare non dà risultati immediati, non è perciò “attraente”, soprattutto per i giovani.

Lo skill gap.

Avere chiaro e rendere trasparente quali tipi di competenze avrà bisogno l’economia digitale nel medio e lungo termine potrebbe fare la differenza per il futuro delle nuove generazioni. Se è vero che molti imprenditori fanno ancora fatica ad assumere, vuol dire che c’è una crescente discrepanza tra le attuali competenze e quelle necessarie per il lavoro legato a Industria 4.0. La metà degli attuali occupati ha bisogno di reskilling, eppure identificare le competenze necessarie per il futuro è ancora la difficoltà più grande per molte aziende.

Confindustria, che ha posto al centro della sua strategia la riduzione dello skill mismatch, nel corso della sua audizione alle Commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Lavoro della Camera, ha proposto di arricchire il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con tre linee progettuali: creare “Steam Space” in tutte le scuole medie italiane; rafforzare la filiera alternanza-apprendistato; sviluppare gli ITS e la filiera terziaria professionalizzante. Può essere una buona soluzione, ma perché questo si realizzi è necessaria la collaborazione e l’impegno tra tutti le parti interessate.

 

 

 

 

Il diritto di proprietà diverrà un retaggio del passato?

Prove di futuro in giro per il mondo.

Professionegiurista.it- Rasia Avv. Luca Marco - (29-2-2021)- ci dice :

“non avrò nulla e sarò felice”. I piani del Grande Reset per la proprietà privata in relazione ai dettami dell'art. 42 della Costituzione italiana. Breve riflessione.

Il termine e concetto di "Grande Reset" è stato sdoganato in Italia pochi giorni fa da Carlo Freccero, ex Direttore di Rai 2, in una seguita trasmissione su un canale Mediaset . Ne parlano, invece, da oltre un anno, tutta una serie di giornalisti e opinionisti che studiano come funziona questo mondo e che solitamente vengono definiti “complottisti” .

Per quei pochi che non avessero ancora sentito parlare di “Great Reset”, si dica che esso nasce dal forum di Davos (il World Economic Forum) come proposta approvata di realizzazione di un piano di modifica della società così come l’abbiamo fino ad oggi conosciuta. Quel mantra che ci siamo sentiti ripetere in questi molti mesi, “Nulla sarà come prima”, è nato in quel contesto. Con una breve ricerca in rete si potranno ottenere informazioni sufficienti.

Il piano è assolutamente rivoluzionario e punta a minare quelle eredità culturali che ci stiamo portando avanti da circa seimila anni a questa parte (non una cosa da poco) ma in particolare cristallizzati negli ultimi due secoli.

I temi di questa proposta di rivoluzione sono molteplici ma la questione che interessa questo sito, in particolare, riguarda l’atteggiamento nuovo, e assai diverso dalla tradizione, che il WEF esprime in merito al concetto di proprietà privata.

Per dirla con lo slogan da loro coniato, “non avrò nulla e sarò felice”, promosso da Ida Auken, ex ministro dell’ambiente danese che a più riprese ha illustrato l’agenda del WEF, il prossimo futuro – termine fissato per il 2030 – prevede un canone di vita privata inesistente, privato anche degli spazi e degli oggetti propri privati e personali perché tutto sarà in prestito.

Secondo le proiezioni del "Global Future Councils" del WEF, la proprietà privata e la privacy saranno abolite nel prossimo decennio.

 La posizione del WEF raggiunge e addirittura supera posizioni che consideriamo tipicamente comuniste (ad esempio della Cina o dell’ex URSS) prevedendo un generalizzato esproprio anche dei beni di consumo, i quali non sarebbero più proprietà privata.

Ci dobbiamo abituare all’idea di vedere l’intero globo muoversi all’unisono (una novità dei nostri tempi) di fronte a problematiche comuni. Una prova l’abbiamo avuta con l’emergenza pandemica.

Analogamente quell’appendice del piano che viene definito Great Reset e che riguarda la proprietà privata non è rimasta nello slogan della parlamentare danese o nei lavori della conferenza di Davos; abbiamo spunti di diverso tipo per considerarlo un altro fronte di lavoro che sta avanzando a livello globale. Perché dico ciò?

Dalla teoria …

La nuova posizione della Santa Sede. Nell'aprile del 2021 Papa Francesco ha promosso a più riprese un concetto che è parso a molti ascoltatori una nota fuori tema: «La proprietà privata non è intoccabile, serve giustizia sociale».

Chi voglia verificare personalmente legga QUI . Nuova teoria ecumenica creata per l’enciclica Fratelli tutti, ove si afferma che «Il diritto di proprietà è un diritto naturale secondario derivato dal diritto che hanno tutti, nato dal destino universale dei beni creati». In un successivo discorso il Santo Padre ha avuto modo di chiarire che in un mondo che appare regolato dalle enormi diseguaglianze economiche, occorre costruire una «nuova giustizia sociale, partendo dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata».

Particolare è stata la scelta di promuovere questi concetti davanti ad un consesso di giudici. Si trattava di un discorso rivolto ai partecipanti ad una videoconferenza internazionale, giudici membri dei comitati per i diritti sociali di Africa e America. Un richiamo rivolto non a dei semplici fedeli della Chiesa Cattolica ma a degli operatori di giustizia è sembrato a molti indicare la volontà di uscire dalla mera speculazione teorica ravvedendosi un cogente invito ad applicare fin da ora, nella concreta quotidianità, questi suggerimenti.

… ai fatti.

Alcuni avvenimenti delle cronache internazionali sembrano indicare che effettivamente si assiste già ad una spinta verso la nazionalizzazione di beni privati.

In SUDAFRICA non solo si lavora al disegno di legge sull’esproprio (Expropriation Bill) che dovrà facilitare le procedure di esproprio ed ampliare i beni espropriabili (: “property is not limited to land” thus any property including movable property and immovable property may be expropriated, tradotto in: la proprietà non è limitata al terreno, di modo che potrà essere espropriata la proprietà delle cose mobili così come degli immobili); si lavora anche alla modifica della Costituzione dello Stato (amendment of section 25 of the Constitution) per arrivare ad espropriare senza alcun compenso.

Si, questo è quanto si tenta di fare.

Ovviamente le ragioni che muovono un tale tentativo sono nobili, come sempre: e consiste nel mettere in piedi una manovra compensativa dell’occupazione europea a suo tempo avvenuta ai danni della popolazione locale (the bill states that "land is the common heritage of all citizens that the state must safeguard for future generations" and that the "state must take reasonable legislative and other measures, within its available resources, to foster conditions which enable state custodianship of certain land in order for citizens to gain access to land on an equitable basis”).

A BERLINO. Un comitato, appoggiato dalla componente di sinistra del parlamento tedesco (“The far-left Left party strongly supports it while the Greens have given mixed signals”), ha promosso un assai strano referendum avente il fine di espropriare migliaia di appartamenti, nella città di Berlino, di proprietà di società immobiliari.

Il referendum si è svolto in data 26 settembre 2021 e ha vinto (con il 53% dei voti) il fronte del SI, si all’esproprio.

Si tratta di un referendum propositivo e non ha valore vincolante. Tuttavia è interessante l’iniziativa. Il referendum, che mira ad essere trasformato in legge dal parlamento, chiede che vengano requisite in proprietà pubblica circa 240.000 abitazioni della città di Berlino (circa l’11% del totale).

Secondo la proposta di legge referendaria l’indennità di esproprio dovrà essere ben inferiore al valore di mercato (“The campaigners say the companies would be compensated at a rate "well below market value). La proposta parte dal fastidio che vi siano società in Berlino che sono proprietarie di centinaia di migliaia di unità abitative. A questa situazione si attribuisce la causa dei notevoli incrementi dei canoni di affitto che si sono verificati negli ultimi anni. Ad esempio si legge che Deutsche Wohnen è proprietaria di circa 113.000 unità abitative nella città.

Anche qui, come nel caso precedente, non vi è chi non sia d’accordo nel colpire tali latifondisti.

In OLANDA si progetta di espropriare una importante fetta delle terre degli agricoltori per un valore che va dai 2 a 3 miliardi di euro. La causa?

Troppe mucche, il che significa troppe deiezioni, cioè troppo nitrogeno-ammoniaca.

 Scrive la Repubblica “il governo olandese ha prima stabilito di diminuire la quantità di proteine nei mangimi per animali (per diminuire, di conseguenza, l’ammoniaca nelle loro urine) e adesso è intenzionato a sfoltirne le popolazioni. Anche costringendo gli allevatori a cedere i propri diritti di emissione nell’ambito del sistema di scambio delle quote di gas serra o a vendere la terra allo Stato”.

Se il nostro giornale locale non pone l’accento sull’esproprio, altri giornali) lo fanno e riferiscono di possibili espropri su larga scala che hanno provocato la rabbiosa reazione degli agricoltori. The Guardian ci parla di proteste di gruppi di agricoltori che durano da mesi bloccando le strade con i trattori (“ farming groups have already spent months blocking roads with tractors in protest over other proposals to limit ammonia from animal waste, and many are strongly opposed. “Expropriation is a bad idea,” said Wytse Sonnema, head of public affairs at the Netherlands Agricultural and Horticultural Organization (LTO), which has proposed a plan to fund farming innovation and voluntary farm relocation or closure. ” ).

Del resto il bestiame non serve più visto che secondo i nuovi dettami tecnologici l’hamburger può essere prodotto in laboratorio, senza scarti (non ci si crede? Vale la pena leggere “La prima mega fabbrica di carne al mondo coltivata in laboratorio a produrre 5,000 hamburger al giorno”).

Il lettore esterno non comprende cosa c’entri il problema ammoniaca con la proprietà delle terre. Tuttavia pare importante anche lì riuscire a requisire più terreno possibile.

E in ITALIA? Il prof Rodotà aveva iniziato a lavorare alacremente per l’ampliamento e la riformulazione giuridica di quelli che ha denominato “beni comuni”.

 Si legge in Wikipedia che “La Commissione Rodotà fu nominata il 14 giugno 2007 con decreto del Ministro della giustizia e incaricata di redigere uno schema di disegno di legge delega per la riforma delle norme del Codice Civile sui beni pubblici. La Commissione consegnò la sua relazione al Ministro nel febbraio del 2008”. Lo studio e la promozione dei beni comuni ora prosegue con il lavoro del Prof. Ugo Mattei. Il progetto Rodotà non è mai confluito in una legge.

Ora, il tema è sdrucciolevole, e ci si chiederà cosa abbia a che fare la definizione di bene comune con il su riferito fenomeno degli espropri massicci o con il piano di eliminazione della proprietà privata del circolo di Davos.

 I nostri studiosi e promotori dei beni comuni sono spinti sempre da un ideale idilliaco, bucolico, quasi utopico, ove la gestione comune si potrebbe contrapporre alle difficoltà create dal “leviatano burocratico”.

Un insieme di persone, legate da conoscenza, fiducia e comunicazione reciproche, potrebbero prendersi carico senza interferenza di autorità esterne di beni (ad esempio valli di pesca della Laguna di Venezia, come riconosciuto dalla Corte di Cassazione) aventi unico scopo di servire la collettività.

Ora, ad un più attento esame si coglie la similitudine delle argomentazioni che sorreggono gli espropri di cui sopra con i principi che vengono posti alla base della promozione dei beni comuni. Spiega Ugo Mattei che “c'è una visione geopolitica della Chiesa Cattolica che ci sfida a costruire un pensiero globale, forte, spirituale e radicalmente contrapposto all'impero tecnologico e al pensiero neo liberale che abbiamo visto e subìto fin qui”.

Ancora, scrive Mattei in Questione Giustizia: “ I beni comuni, pertanto, non sono nemici della proprietà individuale, ma soltanto degli eccessi legati al suo accumulo … È indifferente che il titolo di proprietà sia in ultima analisi pubblico o privato, di un’azienda o di un comune; l’importante è che lo spazio promuova un’attività collettiva generativa e non sia gestito in base a un modello di esclusione, estrattivo, interessato solo ai profitti e alla rendita.”.

Anche in Sudafrica si parla del territorio come “eredità comune di tutti i cittadini”, e di beni da “salvaguardare per le future generazioni”.

Anche a Berlino si attiva il referendum propositivo per quell’ intollerabile ”eccesso” di proprietà in capo a poche società.

Stessi principi nonché stessi termini utilizzati per i beni comuni dai proff. Rodotà e Mattei. Le argomentazioni sono simili. Va aggiunto il Prof. Rodotà amava l’azzardo e invece di accontentarsi del concetto di proprietà pubblica ha voluto crearne un terzo (privato, pubblico e comune) come che il settore pubblico (lo Stato o altro Ente locale) non potesse rappresentare l’interesse di una comunità, estesa o limitata che sia.

Tutto ciò per suggerire che continuamente si affaccia al tema “proprietà” lo scontro fra opposte visioni del mondo, visioni che possono anche essere più di due (non è sempre uno contro l’altro, ma qui anche diversificato e con sfumature molteplici). Non sappiamo se questi “indizi” di una nuova ristrutturazione del vivere le “cose” prosegua e di quanto possa avanzare, se sia possibile che entro il 2030 il cittadino viva senza possedere alcunché in proprietà. Visto il prorompere di una tale sfida, tuttavia, vale la pena sondare brevemente come possa adattarsi alla nostra Carta Costituzionale.

L’articolo 42 della Costituzione italiana recita (comma 2) “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.

Tuttavia continua anche (comma 3) affermando che “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”.

Taluno ha fatto rilevare come la Costituzione non esprima il concetto di proprietà quale diritto, non si parla di diritto di proprietà, quasi ad indicarne una valenza ultra-giuridica.

Quanto al rapporto del singolo con tale entità extragiuridica l’art. 42 Cost. pone l’aggettivo “privata” al fianco di ogni richiamo alla proprietà. La norma è frutto evidente di una mediazione fra le due anime (destra e sinistra) dell’Assemblea Costituente. La proprietà è riconosciuta poter essere in capo al “privato” con tutti i limiti legati al concetto di “funzione sociale” della stessa.

Innanzitutto va detto che, nonostante il dubbio su espresso in ordine alla qualifica della proprietà, la Corte Costituzionale ha chiarito che la proprietà privata va inquadrata nel diritto soggettivo, è un diritto soggettivo.

Ma ha anche affermato, in un obiter dictum del 71, Sent. n. 22, che il diritto di proprietà non si possa considerare come diritto primario e fondamentale dell’individuo, e vada qualificata invece come mero rapporto economico. L’articolo 832 c.c., precedente alla Costituzione, qualifica e regola la proprietà come diritto, il diritto di proprietà.

Se da un lato possiamo evincere facilmente che la proprietà privata non solo è riconosciuta ma è anche “garantita” dalla nostra Carta Costituzionale, non si può d’altra parte non cogliere i continui riferimenti alla sua funzione sociale e alla possibilità dello Stato di privare della proprietà privata per “motivi di interesse generale”.

 Si scontra qui l’interesse del singolo rispetto alle esigenze della società. E, per farla breve, per passare oltre, l’art. 42 Cost. riporta intrinsecamente quel dilemma sulla legittimità della possibilità della maggioranza (la società) di schiacciare gli interessi della minoranza o del singolo.

E, ancora, per riportare le parole del costituente Taviani nella seduta del 25/9/46 in III Sottocommissione: “ … partito comunista. Questi pensano che fra un secolo possa non esserci più alcuna proprietà privata. Afferma però che a suo parere anche i comunisti devono comprendere la posizione dei democristiani, i quali ritengono che almeno un minimo di proprietà privata ci sarà sempre”. La nostra costituzione è frutto della mediazione fra questi opposti interessi.

Ciò che è più importante, tuttavia, è sottolineare che esiste una enorme discrasia fra il concetto di felicità umana, in relazione alla proprietà, espresso dalla nostra Costituzione rispetto alla visione del WEF, che mira a realizzare quel “non avrò nulla e sarò felice”. Due visioni che paiono essere, e sono, antitetiche .

Per aiutarci a comprendere il significato dell’inciso “funzione sociale” ricorriamo ai lavori dell’Assemblea Costituente e lavori della dottrina. In “La funzione sociale della proprietà. Dall’assemblea costituente al modello della costituzione “materiale”” di Alpa, Bessone e Fusaro leggiamo che “Dal punto di vista sistematico, l’operatività della funzione sociale appare circoscritta dalla finalizzazione primaria della proprietà a garantire la libertà e l’affermazione della persona”.

Nonostante il pensiero della Corte Costituzionale, che risente della cultura del tempo, la finalizzazione della proprietà secondo le formule e gli intenti della I Sottocommissione, assume una coloritura giusnaturalistica che giustifica la collocazione della proprietà tra i diritti inviolabili della persona (abbiamo parlato di valenza ultra-giuridica).

La I Sottocommissione aveva, in effetti, elaborato questo testo del primo comma dell’art. 42: «Allo scopo di garantire la libertà e l'affermazione della persona viene riconosciuta e garantita la proprietà privata frutto del lavoro e del risparmio». E si ripete nei lavori della III Sottocommissione che “il diritto di proprietà è garanzia della libertà umana”.

Cosa intendevano i costituenti per libertà umana attraverso la proprietà?

Un accenno assai utile lo troviamo nelle parole dell’On. Fanfani che così vengono verbalizzate: “ Ricorda [Assennato] a questo proposito come gli impiegati di Stato, che non avevano altre possibilità di vita, furono costretti a prendere, anche contro voglia, una tessera; ciò fa pensare che probabilmente se avessero avuto un minimo di proprietà personale si sarebbero sentiti incoraggiati a difendere la loro libertà”.

La proprietà privata viene vista, quindi, come ultimo argine contro l’ingerenza altrui, ingerenza anche dello Stato, una sorta di terreno di difesa, come l’ultra-territorialità delle sedi delle Ambasciate all’estero, dove potersi rifugiare non solo materialmente ma anche mentalmente e spiritualmente.

La mente umana trova conforto nelle proprie “cose”, nei propri ritmi, nei propri panorami. Perché mai vi è tanta attenzione della giurisprudenza a mantenere la casa familiare in godimento del minore? La ratio sottostante a tale indirizzo, costante e uniforme, può rendere l’idea di parte delle ragioni adottate dei Costituenti per definire la proprietà privata quale garanzia di libertà umana. Sotto un profilo spirituale, inoltre, le energie create ed accumulate, vissute, in una determinata casa o proprietà, dal singolo o da una famiglia, sono una struttura preziosa nella quale coltivare la propria interiorità.

I Costituenti furono fondamentalmente d’accordo su tale concezione della proprietà privata essendo prevalentemente concordi anche nell’indicare nell’eccessivo accumulo il vero pericolo, che le leggi dello Stato avrebbero dovuto scongiurare.

I nostri Padri Costituenti, quindi, considerarono la proprietà privata quale elemento imprescindibile per la realizzazione della felicità umana. In netto contrasto con lo slogan – che tale pare ridursi, non motivato né giustificato da analisi psicologiche e sociologiche – che vorrebbe la felicità essere creata dal mancato possesso di alcunché.

Per concludere, non si può affermare che la visione del WEF e di Papa Francesco siano inesatte in modo assoluto: esse semplicemente non tengono conto dello stato di evoluzione della società umana. Il mondo idilliaco dei “beni comuni” può essere sorretto solamente da una collettività di persone altruiste e sagge. Uno Stato democratico e burocratico, ugualmente, raggiunge il suo vero scopo solamente quando la cittadinanza è soggettivamente evoluta, psicologicamente e filosoficamente. Questo può essere, e sarà, fra qualche migliaio di anni (duemila o forse tremila).

Per il momento, questi enti, potrebbero impiegare il loro tempo per tentare di far evolvere l’umano invece che anticipare anacronisticamente le questioni materiali e di diritto. Evoluzione che certo non è quella indicata dal Great Reset, che prevede a breve un’umanità trans-umana nel senso di tecnologicamente artefatta e modificata.

Si aggiunga, infine, un richiamo all’art. 17 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo secondo il quale:

“1. Ogni individuo ha diritto di avere una proprietà personale o in comune con altri. 2. Nessun individuo può essere arbitrariamente privato della sua proprietà”.

 

(1- Ilaria Bifarini scriveva molti mesi fa il libro: “Il Grande Reset. Il libro che rivela il piano post pandemico”.)

(2- E’ interessante evidenziare come i progetti del World Economic Forum per la massa siano di stampo nettamente comunista riferito all’ideologia dei primi decenni del secolo scorso. E’ curioso che un consesso di soggetti appartenenti all’alta finanza, banchieri, esponenti delle più grosse multinazionali e dell’antica aristocrazia vogliano pensare al bene della massa popolare togliendo ad essa ogni proprietà. Un argomento su cui meditare.).

(avv. Luca Marco Rasia ).

 

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