GLI OLIGARCHI GLOBALISTI OCCIDENTALI

 GLI OLIGARCHI GLOBALISTI OCCIDENTALI.

 

Il conflitto in Ucraina e  gli oligarchi GLOBALISTI statunitensi.

Lantidiplomatico.it- (17-5-2022)- Federico Fioranelli*- ci dice :

*(Federico Fioranelli, docente  materie economiche e giuridiche-Cumpanis. )

 

 Solamente la mancanza di adeguati strumenti interpretativi o una lettura superficiale della realtà possono portare a credere alla versione che ci viene fornita dai principali canali di informazione del nostro Paese e a non capire che il conflitto in Ucraina affonda le proprie radici nell’economia di guerra permanente degli Stati Uniti e nella natura oligarchica del capitalismo statunitense.

Gli Stati Uniti hanno un sistema di capitalismo che è possibile definire “oligopolistico”. Esso è un sistema che non rispetta i principi della concorrenza perfetta e che poggia sulle corporation, vale a dire sulle grandi e grandissime imprese.

Dato che le grandi corporation sono in grado di imporre il prezzo di vendita dei loro prodotti, negli Stati Uniti i prezzi tendono ad essere più rigidi verso il basso che verso l’alto e il soprappiù economico, cioè la differenza tra ciò che la società produce e i costi necessari per produrlo, tende ad aumentare nel tempo sia in cifra assoluta sia come quota della produzione complessiva.

Tuttavia è evidente che, pur avendo la tendenza a generare quantità sempre maggiori di sovrappiù economico, un” sistema di capitalismo oligopolistico” non riesce sempre a creare gli sbocchi di consumo e d’investimento necessari per assorbirli. Ne consegue che un sistema di questo tipo sia caratterizzato da crisi e dalla tendenza a cadere nella stagnazione. Infatti, il mancato assorbimento del sovrappiù economico crea un vuoto di domanda che rende potenziali e non reali i profitti, genera perdita di reddito e impedisce la piena utilizzazione del lavoro e degli impianti produttivi.

Per assorbire il sovrappiù economico, quindi, gli operatori pubblici e privati mettono in campo delle politiche che mirano a stimolare la domanda effettiva.

Il primo modo per stimolare la domanda effettiva, portandola al livello delle quantità prodotte, consiste nella promozione delle vendite e nella manipolazione dei consumi attraverso la pubblicità, la moda, la creazione di nuovi bisogni o l’introduzione di nuovi mezzi di distinzione sociale.

Il secondo è rappresentato dalla spesa pubblica. Infatti, anche lo Stato può intervenire per creare domanda aggiuntiva e trovare sbocchi al sovrappiù economico, evitando in questo modo il crollo del reddito e dell’occupazione.

La spesa pubblica viene suddivisa fondamentalmente in due componenti: le spese civili, che comprendono tutti gli acquisti di beni e servizi a scopi civili da parte dell’amministrazione pubblica, e le spese militari, che annoverano invece tutti gli acquisti di beni e servizi per scopi militari meno le vendite di articoli militari.

Ovviamente il contributo diretto di uno Stato al funzionamento e al benessere della società è quasi per intero compreso nelle spese civili: qui troviamo pubblica istruzione, viabilità, sanità, conservazione delle risorse naturali e culturali, attività ricreative, edilizia e pubblica sicurezza.

Tuttavia, basta ripercorrere la storia degli Stati Uniti partendo dall’evento interno più drammatico del Ventesimo secolo, vale a dire la grande depressione seguita al crollo di Wall Street del 1929, per comprendere che la componente della spesa pubblica privilegiata dai governi che si sono succeduti non è stata certamente quella a fini civili.

Tra il 1929 e il 1933, negli Stati Uniti, il Pil si dimezzò e i prezzi diminuirono di oltre un quinto. Gli investimenti subirono un autentico crollo, aggravato dal fallimento a catena di un gran numero di banche e imprese. Il crollo degli investimenti fece sì che la disoccupazione raggiungesse livelli senza precedenti (nel 1933 il tasso di disoccupazione arrivò addirittura al 24,9%).

Così, tra il 1933 e l’entrata nella seconda guerra mondiale, il presidente Roosevelt mise in campo una serie di misure economiche che presero il nome di “New Deal” e a cui la “Teoria generale” di Keynes contribuì a fornire una cornice teorica. L’esperimento del New Deal si contrappose al principio economico del “laissez-faire”, secondo il quale lo Stato deve intervenire il meno possibile in campo economico, evitare di interferire con i meccanismi della libera impresa e limitarsi a un’oculata politica finanziaria, imperniata sull’obiettivo di un bilancio pubblico in pareggio.

Di fronte alla gravità e all’ampiezza della crisi, il governo ritenne quindi necessario aiutare le classi più deboli ed intervenire con opere pubbliche e operazioni di salvataggio di imprese di ogni tipo e dimensione.

Nel 1935 le aliquote per i redditi più elevati vennero portate dal 63% al 75%. La spesa pubblica complessiva passò dagli 11,7 miliardi di Dollari nel 1929 (9,9% del Pil) ai 19 miliardi nel 1939 (17,8% del Pil), un aumento di oltre il 60%. La voce della spesa pubblica che venne privilegiata fu quella civile, che passò, in rapporto al Pil, dal 7% all’11,2%.

Il New Deal si rivelò tuttavia una grandissimo fallimento perché l’obiettivo di superare la crisi economica non venne raggiunto. Se il Pil diminuì del 12,4% tra il 1929 e il 1939, la disoccupazione, in percentuale della forza-lavoro, passò dal 3,2 al 17,2 per cento. Nel 1939 negli Stati Uniti c’erano ancora quasi 10 milioni di disoccupati.

Il New Deal non riuscì a raggiungere l’obiettivo di riportare l’economia a un livello di piena occupazione del lavoro e degli impianti produttivi a causa dell’entità della spesa pubblica sostenuta e della struttura di potere del sistema capitalistico statunitense. Infatti, nonostante il New Deal non si fosse tradotto in alcuna redistribuzione radicale del reddito, nel 1939 l’aumento della spesa pubblica civile aveva raggiunto i limiti individuati dai particolari interessi dell’oligarchia, composta principalmente all’epoca dai dirigenti delle grandi corporation.

Per ogni voce di spesa pubblica civile esiste una cifra minima che incontra l’approvazione generale e non suscita un’apprezzabile opposizione. Però, non appena si supera questa cifra, l’approvazione di ulteriori incrementi comincia a diminuire e l’opposizione dei potenti interessi costituiti si intensifica fino a raggiungere una posizione di equilibrio dove l’ulteriore espansione si arresta.

 I limiti vengono imposti sia quando l’aumento della spesa pubblica civile determina una situazione di concorrenza nei confronti dell’iniziativa privata (un esempio è l’edilizia pubblica) che quando attacca la posizione di privilegio dell’oligarchia stessa (due esempi: istruzione e sanità).

Dopo la duplice scossa della depressione e del New Deal, a risolvere i problemi per gli Stati Uniti furono la guerra e la spesa pubblica militare. L’aggressione giapponese a Pearl Harbour fu provvidenziale a tal punto che non è del tutto sbagliato pensare che essa fosse il frutto di provocazioni e di sottili manovre americane per favorire l’entrata in guerra degli Stati Uniti stessi.

In pochi mesi, la crisi venne risolta e la disoccupazione quasi riassorbita: da 9.480.000 (il 17,2% della forza lavoro) del 1939 i disoccupati scesero a 8.120.000 nel 1940 e a 5.560.000 nel 1941. Nel 1944 rimasero soltanto 670.000 disoccupati e il tasso di disoccupazione scese all’1,2%.

Se il Pil aumentò del 120% tra il 1940 (101,4 miliardi di Dollari) e il 1945 (223,1 miliardi di Dollari), la spesa pubblica passò, in rapporto al Pil, dal 17,5% del 1940 al 51,8% del 1945. La componente che venne fortemente privilegiata fu quella militare, che passò, in rapporto al Pil, dal 2,2% al 42%. La spesa pubblica civile addirittura scese dall’11,2% del 1940 al 6,8% del 1945.

Non fu la distruzione di capitali altrui a riavviare l’economia ma la spesa pubblica militare: la ripresa avvenne infatti prima della vittoria, prima di aver distrutto i capitali degli altri e di aver loro sottratto i mercati. Certamente poi la vittoria assicurò agli Stati Uniti un ulteriore importante vantaggio perché consentì loro di dominare i mercati, le risorse e i campi di investimento.

Perché l’oligarchia, che tiene così rigidamente a freno la spesa pubblica civile, è invece tanto di manica larga con la spesa pubblica militare al punto da incoraggiarne la continua espansione? La spiegazione va individuata nel fatto che, a differenza della maggior parte delle attività destinate a soddisfare i bisogni collettivi, le attività pubbliche nella sfera militare non implicano né concorrenza con gli interessi privati né danno ai privilegi dell’oligarchia. La spesa militare, a differenza di quella civile, non redistribuisce reddito e non altera la struttura dell'economia. Anzi, la creazione di un gigantesco apparato militare è compatibile con l’accumulazione e la creazione dei profitti: le grandi corporation la considerano una forma desiderabile di intervento governativo in quanto ricevono sussidi governativi e contratti lucrativi dal Pentagono per le forniture militari.

Inoltre una cospicua spesa militare contribuisce a rafforzare nella società l’ideologia dominante e a creare l’atmosfera nella quale l’oligarchia sente che la sua autorità morale e la sua posizione materiale sono sicure.

Infatti tale tipologia di spesa, concorrendo a determinare un rispetto cieco per l’autorità e ad imporre una condotta di conformismo e di sottomissione, favorisce la militarizzazione e quindi tutte le forze reazionarie presenti nella società mentre ostacola tutto ciò che è progressista e rivoluzionario.

Quindi, se l’oligarchia, cioè la principale fonte di mezzi finanziari e di potere politico, è pienamente favorevole ad una continua espansione della spesa militare, è evidente perché il sistema capitalistico degli Stati Uniti, per creare domanda aggiuntiva attraverso la spesa pubblica ed evitare così il crollo del reddito e dell’occupazione, cerchi e trovi risposta nel campo della spesa militare e non in quello della spesa civile.

Gli Stati Uniti uscirono dalla seconda guerra mondiale come la potenza militare ed economica dominante a livello planetario. Dal punto di vista economico, erano di gran lunga il più ricco Paese del mondo: alla fine degli anni Quaranta, con il 6% della popolazione mondiale, producevano da soli la metà di tutti i beni prodotti nel mondo e detenevano due terzi delle riserve mondiali di oro. Nel 1950, il reddito pro capite americano era una volta e mezzo superiore a quello del Regno Unito, più del doppio rispetto a quello francese e più di tre volte quello italiano.

 

L’esperienza della seconda guerra mondiale e la valutazione favorevole da parte dell’oligarchia americana della necessità di un enorme apparato militare in un’economia di guerra segnarono profondamente la successiva gestione dell’economia da parte degli Stati Uniti al punto che, dopo essere entrati in guerra nel 1941, tra guerre calde e fredde non ne uscirono più. Repubblicani e democratici furono d'accordo nel ritenere che, poiché una loro diminuzione avrebbe comportato il rischio di un ritorno in quella depressione alla quale solo la seconda guerra mondiale aveva posto fine, fosse necessario continuare ad incrementare le spese militari.

La giustificazione per l’incremento delle spese militari da parte del governo americano, nel periodo postbellico, venne offerta dall’ascesa dell’Unione Sovietica, un sistema economico socialista antagonista e alternativo a quello capitalistico, mentre la base razionale all’illimitata espansione dell’apparato militare venne costruita dai creatori della pubblica opinione, che portarono avanti la tesi che bisognava essere pronti a difendere il “mondo libero” da un’aggressione militare sovietica.

In verità, questa minaccia, che permise agli Stati Uniti di portare la spesa pubblica militare dai 22,8 miliardi di Dollari del 1947 ai 343,2 del 1989, non era militare bensì economica, politica ed ideologica.

L’ostilità del capitalismo statunitense per l’esistenza di un sistema mondiale socialista rivale derivava principalmente dal fatto che l’affermazione del socialismo in un Paese si poteva tradurre nella riduzione o nell’abrogazione dei privilegi, per esempio in materia di imposte e di lavoro, di cui godevano le multinazionali in quei territori. Quindi, gli Stati Uniti erano soprattutto preoccupati per il fatto che, pur non costituendo una minaccia militare, l'esempio sovietico poteva esercitare una forte attrazione sulle classi subalterne di tutto il mondo.

Con la scomparsa dell’Unione Sovietica, hanno preso forma nuove minacce che sono servite a giustificare altri interventi armati (Iraq, Somalia, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Afghanistan, Libia, Siria) e una spesa pubblica militare in continua espansione.

L’attuale suddivisione del mondo, tracciata da Biden, tra “Paesi democratici” e “Paesi autocratici” serve proprio a colmare il vuoto lasciato dalla guerra fredda, a tenere viva la tensione internazionale e a spiegare il potenziamento dell’apparato militare degli Stati Uniti e dei loro alleati. La cosa crea inevitabilmente non pochi problemi ai media, costretti ad enfatizzare o a costruire nemici dalle capacità apocalittiche.

 

Ma chi sono oggi i principali nemici del capitalismo globalista statunitense? E, soprattutto, come si inserisce in tutto questo il conflitto in Ucraina?

Le principali minacce al capitalismo e all’oligarchia degli Stati Uniti sono certamente oggi costituite dal socialismo di mercato cinese e dal capitalismo di Stato russo.

 Solo la loro presenza può giustificare una spesa pubblica militare che, per gli Stati Uniti, si avvicina al 4% del Pil ed è costituita nel 2022 da 282 miliardi di Dollari.

La guerra in Ucraina serve, invece, agli Stati Uniti a regolare i conti con la Russia e con Putin.

Essa è infatti la conseguenza delle provocazioni che gli Stati Uniti (e la Nato) hanno messo in atto nei confronti della Russia negli ultimi vent’anni, da quando Putin ha mostrato al mondo che non aveva nessuna intenzione di seguire Boris Eltsin nella svendita del Paese alle multinazionali.

Non sono forse provocazioni l’ingresso nella Nato di Paesi che facevano parte del Patto di Varsavia e dell’Unione Sovietica, le installazioni di missili Nato nei Paesi dell’Europa orientale, il progetto di ingresso dell’Ucraina nella Nato o le esercitazioni militari della stessa Ucraina con la Nato?

Certamente, nella trappola che gli Stati Uniti hanno congegnato per la Russia è finita anche l’Europa.

 Infatti, i Paesi europei, in particolare quelli che fanno parte della Nato, dovranno portare le spese per la difesa al 2% del Pil, comprando ovviamente più armi e aerei da caccia Usa, rompere ogni rapporto con la Russia e sostituire le importazioni di gas russo con quello americano.

Tutto a beneficio delle multinazionali Usa che operano nel settore della difesa (Boeing, General Dynamics, Lockheed Martin, Northrop Grumman, Raytheon) e di quelle che esportano gas liquefatto (Cheniere Energy, Dominion Energy, Freeport LNG, Sempra, Tellurian, Venture Global LNG).

Il conflitto in corso in Ucraina logora Putin e arricchisce le corporation americane. È chiaro, quindi, che l’oligarchia americana ha tutto l’interesse a farlo durare il più possibile.

Oltre alla promozione delle vendite e alla spesa pubblica, vi sono infine altre due modalità per stimolare la domanda effettiva ed assorbire il crescente sovrappiù economico.

Una è rappresentata dalla finanza. Infatti, le imprese, nel tentativo di risolvere i problemi di realizzazione, possono indirizzare una parte crescente del prodotto dello sfruttamento verso le attività finanziarie.Dato che questo tipo di attività non produce beni ma trasforma denaro in altro denaro senza l’intermediazione della fase di produzione, la crescita negli Stati Uniti della spesa delle imprese per le attività finanziarie, a partire dagli anni Ottanta, ha messo in moto un processo di finanziarizzazione dell’economia, ha condotto ad una crescita incredibile dei mercati finanziari, che sono totalmente slegati da qualsiasi produzione reale, e ha spostato il centro del potere dai consigli di amministrazione dei grandi gruppi industriali ai vertici delle banche e delle società finanziarie. In questo modo, i manager delle banche e delle società finanziarie sono entrati a pieno titolo nell’oligarchia finanziaria globalista , aggiungendosi ai capitalisti dei grandi gruppi industriali.

L’altra modalità per stimolare la domanda effettiva, che negli Stati Uniti ha preso corpo durante la presidenza Reagan ed è divenuta dominante nei primi anni Duemila fino allo scoppio della crisi del 2007-2008, si fonda sull’indebitamento privato, in particolare quello delle famiglie.

Essa è il risultato della politica monetaria espansiva da parte della Federal Reserve, una politica di denaro facile che spinge, grazie ai bassi tassi di interesse, anche i lavoratori con bassi salari ad indebitarsi per reperire risorse finanziarie ed incrementare così i consumi privati.

È una tipologia di politica economica perfettamente compatibile con gli interessi privati dell’oligarchia: pur non modificando la struttura dell'economia e non redistribuendo il reddito, essa spinge comunque le classi più povere a consumare, colmando così i vuoti di potere d’acquisto che altrimenti sfocerebbero in una grande crisi di domanda effettiva e impedirebbero la realizzazione dei profitti.

Dunque, la riflessione sulle modalità, attraverso le quali il sistema capitalistico globalista statunitense risolve i problemi di realizzazione, ci permette di capire perché il governo statunitense è obbligato a tenere viva la tensione internazionale e che le guerre non hanno soltanto lo scopo di mettere le mani sui mercati e le risorse altrui.

Tutti gli esponenti dei due partiti politici statunitensi sono perfettamente consapevoli di questo. Sanno anche che l’azione politica di chi assume la guida degli Stati Uniti deve essere compatibile con gli interessi della principale fonte di mezzi finanziari e di potere politico, vale a dire l’oligarchia globalista.

Invece, nel nostro Paese, l’élite intellettuale di sinistra, che ama definirsi “atlantista” ed “europeista”, non ha ancora maturato questa consapevolezza.

(Federico Fioranelli- Docente di materie economiche e giuridiche, editorialista di "Cumpanis").

 

 

 

Il mecenatismo di ieri e di oggi:

da John Rockefeller a Villa Serbelloni a Bellagio.

Lavocedinewyork.com- Laura Benatti –(4 giugno 2022)- ci dice :

(laura Benatti -Brand e Mito).

 

Sul lago di Como, un luogo di ritiro per studiosi e ricercatori, dove l'eleganza e il "bello" incontrano la scienza.

Il mecenatismo di ieri e di oggi: da John Rockefeller a Villa Serbelloni a Bellagio.

Cosa s’intende esattamente per “mecenate” e per “mecenatismo”? Per comprendere il termine bisogna risalire a Gaio Cilnio Mecenate (69 a.C./8 a.C) personaggio romano di origini etrusche, amico di Ottaviano, il futuro imperatore Augusto.

Mecenate era uomo colto, raffinato, che amava circondarsi di poeti, letterati e artisti che sostenne economicamente (ricordiamo i poeti Virgilio e Orazio). Il mecenatismo è dunque una forma di intelligente e accorta protezione delle arti, delle lettere, delle scienze, spesso condotta con finalità differenti, ma che porta generalmente a risultati significativi, consentendo a menti eccezionali di potersi dedicare con serenità al proprio lavoro.

In passato il mecenatismo si presentava come sussidio economico da parte di imperatori, principi, alti rappresentanti del clero e signori nei confronti di artisti, che ponevano il loro genio a disposizione per aumentare il prestigio di cotanti benefattori.

Oggi il mecenate si identifica sempre più con la figura dell’imprenditore che sponsorizza eventi, manifestazioni e organizzazioni artistiche o culturali.

Il rapporto di mecenatismo tra imprenditori e patrimonio culturale in Italia non è purtroppo ancora molto sentito, in parte per la carente normativa ed in parte per le difficoltà stesse che hanno le imprese private, o lo Stato stesso, di rapportarsi con il mondo della cultura (pensiamo al podere di Formia del grande oratore e politico Cicerone, I a.C., destinato ad un degrado inarrestabile), salvo naturalmente alcune eccezioni (nel 1983, ad esempio, i dirigenti della Fiat di Torino acquistarono Palazzo Grassi a Venezia per farne sede di mostre internazionali) Ma torniamo a noi…

8 luglio 1839: nasce a Richford, New York, John Davison Rockefeller che un giorno diventerà imprenditore e mecenate tra i più ricchi e potenti al mondo.

Sono gli anni in cui in Italia scompare il grandissimo poeta recanatese Giacomo Leopardi (1837), in cui nasce il fondatore del Verismo italiano Giovanni Verga (1840), gli anni della più intensa attività artistica dello scrittore Alessandro Manzoni (1785-1873). È questo il periodo in cui vedono la luce importantissimi brand come ad esempio Agnesi (1824), la Casa produttrice di pasta, Manetti & Roberts (1843), marchio noto a tutti per il Borotalco. Nasce nel 1839 la prima linea ferroviaria Napoli-Portici con una lunghezza di km. 7,25.

Viene alla luce Louisa May Alcott (1832) autrice di “Piccole donne”. In questo lasso di tempo regala all’umanità il meglio di sé la scrittrice inglese Emily Brönte (1818-1848) e nasce il parigino E. Zola (1840) fondatore del Naturalismo francese.

Un’epoca ricchissima sotto il profilo culturale e imprenditoriale…

J.D. Rockefeller (il cui ultimo e più giovane nipote è morto a 101 anni nel 2017) creò nel 1913 la Rockefeller Foundation, tra le cui sedi si trova oggi Bellagio, sul lago di Como, con la maestosa Villa Serbelloni.

La location di Bellagio contribuisce a rendere assolutamente indimenticabile la permanenza di grandissime personalità all’interno della Foundation. Il Professor David Lodge, dell’Università di Birmingham, uno degli scrittori preferiti dal grandissimo Umberto Eco, nel suo celebre romanzo “Small World” descrive il Rockefeller Center di Bellagio e nel corso di un’intervista alla domanda “What makes Lake Como so magic and a powerful source of inspiration for writers, poets, artists ?”, egli risponde “I think it is the combination of water and very picturesque landscape,which is always changing its aspect according to the season, weather and time of day. The situation of Bellagio is particularly charming, and the Villa Serbelloni with its grounds is the most beautiful place I have ever spent time in”. In “Small World” si afferma inoltre “Villa Serbelloni is a scholars’retreat”.

Villa Serbelloni, in effetti, è collocata sul promontorio di Bellagio in una splendida posizione panoramica, dominando contemporaneamente i due rami del lago di Como e di Lecco. Il toponimo stesso deriva infatti dal latino bilacus, “due laghi”.

 

La Villa rimase proprietà della famiglia Sfondrati dal 1533 fino al 1788 quando passò al Conte Alessandro Serbelloni, il cui interesse principale si focalizzò sull’immenso parco che ancora oggi gli ospiti possono visitare e che annovera piante antiche, esotiche e soprattutto rare.

 Egli volle che tale parco, che avrebbe ospitato studiosi di ogni disciplina, permettendo loro di riflettere e creare in tutta tranquillità, fosse diviso da un lungo viale ricco di fiori, siepi, terrazze panoramiche.

Nel 1907  la Villa venne acquistata da una Compagnia svizzera che la mutò nell’attuale Hotel Serbelloni  finché nel 1959 la principessa Ella Walker non lo acquistò e vi pose la sede della Rockefeller Foundation, un piacevole e sereno luogo di ritiro per eminenti studiosi provenienti da tutto il mondo.

Ma queste personalità illustri che hanno la fortuna di soggiornare e di creare in questo paradiso, gioveranno, secondo il volere del Fondatore, all’intero genere umano con i loro studi e con le loro ricerche.

Il centro nutre un forte interesse nei confronti di tutte le proposte in linea con gli sforzi della Fondazione Rockefeller per promuovere il benessere dell’umanità, in particolare affrontando temi che hanno un impatto diretto sulla vita delle popolazioni povere e in difficoltà presenti in tutto il mondo: salute, opportunità economiche e lavorative, alimentazione e agricoltura.

È la medesima filosofia riassunta nel logo dell’Università Rockefeller di New York, fondata anch’essa da John Davison Rockefeller nel 1901: “Scientia pro bono humani generis”, “La scienza per il bene del genere umano”. L’Università Rockefeller di New York ha infatti regalato all’umanità molti premi Nobel per la Medicina e la Chimica.

Non è un caso che la cultura, l’eleganza, le bellezze naturali si sposino al Rockefeller Center di Bellagio: sovente, l’eleganza viene fatta coincidere con la superficialità, l’amore per l’apparenza, mancanza di profondità, di spessore. Ma questo è un grave errore: l’essere umano ha bisogno di eleganza, ha sete di bellezza.

Arturo Graf (1818/1913), poeta e critico letterario italiano di chiarissima fama, sosteneva che l’eleganza che appare esteriormente non è mai completa, se non proviene innanzitutto  da dentro. Etimologicamente la parola latina “elegantia” indica la naturale attitudine a “sapere scegliere”. L’eleganza infatti, non è solo buon gusto, ma  è fondamentalmente l’espressione naturale e spontanea di ciò che si è “dentro”.

L’eleganza non è certamente solo sapere scegliere in modo adeguato un vestito, una parola, un gesto, ma anche un modo di pensare , di agire, di interpretare la vita.

Non c’è eleganza in chi pur indossando abiti di alta classe, griffati, pur conoscendo perfettamente le regole del galateo, o pur usando con indifferenza un linguaggio raro, particolare, insolito, ambisce solo ad attirare l’attenzione o peggio a mettere in difficoltà il proprio interlocutore.

L’eleganza è quindi la sintesi tra buon gusto, gentilezza, ma soprattutto, forte personalità. Il suo contrario, cioè eccessivo ornamento, sfacciata vanità, assenza di cortesia e di misura sono indice di volgarità. I Greci collegavano all’idea di bellezza i concetti di simmetria, proporzione, armonia, ordine, giustizia e bene.

Di conseguenza questa Villa ha attratto irresistibilmente e ospitato nei secoli precedenti grandissimi nomi della storia, dell’arte, della letteratura:  Leonardo da Vinci e il Cardinale Federico Borromeo; in epoca più recente la Regina Vittoria, il Presidente degli Stati Uniti d’America F.D. Roosvelt e in seguito il presidente J.F. Kennedy e scrittori e poeti come Alessandro Manzoni e Giuseppe Parini, che qui trascorse lunghi periodi come precettore dei figli del Duca Serbelloni.

L’arte della cinematografia si è naturalmente accorta di tutto questo: “Once upon a time in America”,1984, vede protagonista Bellagio, in particolare un ambiente di Villa Serbelloni, come location per il ricevimento nella villa del senatore Bailey e ancora la scena in cui Noodles (Robert de Niro), boss del proibizionismo, porta Deborah in un ristorante.

Concludo ricordando che Gustave Flaubert (autore del celebre romanzo “Madame Bovary”) nel 1845, nelle sue note di viaggio, parlò di Villa Serbelloni e disse: “…uno spettacolo fatto per il piacere degli occhi… Qui si vorrebbe vivere e qui morire”.

(Laura Benatti).

 

 

 

 

L'impero americano si autodistrugge.

Ma nessuno pensava che

sarebbe successo così velocemente.

Unz.com- MICHAEL HUDSON –( 7 MARZO 2022)- ci dice :

 

Gli imperi seguono spesso il corso di una tragedia greca, provocando proprio il destino che cercavano di evitare. Questo è certamente il caso dell'Impero americano poiché si smantella da solo con un movimento non così lento.

Il presupposto di base delle previsioni economiche e diplomatiche è che ogni paese agirà nel proprio interesse. Tale ragionamento non è di alcun aiuto nel mondo di oggi. Gli osservatori di tutto lo spettro politico stanno usando frasi come "spararsi con i propri piedi" per descrivere il confronto diplomatico degli Stati Uniti con la Russia e gli alleati allo stesso modo.

Per più di una generazione i più importanti diplomatici statunitensi hanno messo in guardia su quella che pensavano potesse rappresentare l'ultima minaccia esterna: un'alleanza di Russia e Cina che domina l'Eurasia.

 Le sanzioni economiche americane e il confronto militare hanno spinto questi due paesi a unirsi e stanno spingendo altri paesi nella loro emergente orbita eurasiatica.

Ci si aspettava che il potere economico e finanziario americano scongiurasse questo destino.

Durante mezzo secolo da quando gli Stati Uniti hanno abbandonato l'oro nel 1971, le banche centrali mondiali hanno operato secondo il Dollar Standard, detenendo le proprie riserve monetarie internazionali sotto forma di titoli del Tesoro USA, depositi bancari statunitensi e azioni e obbligazioni statunitensi. Il risultante Treasury Bill Standard ha consentito all'America di finanziare le sue spese militari estere e l'acquisizione di investimenti di altri paesi semplicemente creando pagherò in dollari.

 I disavanzi della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti finiscono nelle banche centrali dei paesi in eccedenza nei pagamenti come loro riserve, mentre i debitori del Sud del mondo hanno bisogno di dollari per pagare i loro obbligazionisti e condurre il loro commercio estero.

Questo privilegio monetario – il signoraggio del dollaro ha consentito alla diplomazia statunitense di imporre politiche neoliberiste al resto del mondo, senza dover usare molta forza militare propria se non per impossessarsi del petrolio del Vicino Oriente.

La recente escalation delle sanzioni statunitensi che bloccano l'Europa, l'Asia e altri paesi dal commercio e dagli investimenti con Russia, Iran e Cina ha imposto enormi costi di opportunità – il costo delle opportunità perse – agli alleati degli Stati Uniti.

E la recente confisca dell'oro e delle riserve estere del Venezuela e dell'Afghanistan, e ora delle riserve estere della Russia, insieme al sequestro mirato di conti bancari di ricchi stranieri (sperando di conquistare i loro cuori e le loro menti, allettati dalla speranza per il ritorno dei loro conti sequestrati), ha messo fine all'idea che le partecipazioni in dollari - e le partecipazioni nelle filiali della NATO in sterline ed euro del dollaro – sono un rifugio sicuro per gli investimenti quando le condizioni economiche mondiali diventano precarie.

Quindi sono un po' dispiaciuto mentre osservo la velocità con cui questo sistema finanziarizzato incentrato sugli Stati Uniti si è de-dollarizzato nell'arco di un solo anno o due.

 Il tema di base del mio Super Imperialismo è stato come, negli ultimi cinquant'anni, lo standard dei buoni del Tesoro degli Stati Uniti ha incanalato i risparmi esteri verso i mercati finanziari e le banche statunitensi, dando alla Diplomazia del dollaro un giro gratuito. Ho pensato che la de-dollarizzazione sarebbe stata guidata da Cina e Russia che si sarebbero mosse per prendere il controllo delle loro economie per evitare il tipo di polarizzazione finanziaria che sta imponendo l'austerità agli Stati Uniti.

Ma i funzionari statunitensi stanno costringendo Russia, Cina e altre nazioni non bloccate nell'orbita degli Stati Uniti a vedere le scritte sul muro e superare qualsiasi esitazione abbiano dovuto de-dollarizzare.

Mi aspettavo che la fine dell'economia imperiale dollarizzata sarebbe avvenuta con la rottura di altri paesi. Ma non è quello che è successo. Gli stessi diplomatici statunitensi hanno scelto di porre fine alla dollarizzazione internazionale, aiutando la Russia a costruire i propri mezzi di produzione agricola e industriale autosufficiente. Questo processo di frattura globale in realtà va avanti da alcuni anni, a cominciare dalle sanzioni che hanno impedito agli alleati americani della NATO e ad altri satelliti economici di commerciare con la Russia. Per la Russia, queste sanzioni hanno avuto lo stesso effetto che avrebbero avuto le tariffe protettive.

La Russia era rimasta troppo affascinata dall'ideologia neoliberista del libero mercato per adottare misure per proteggere la propria agricoltura e industria.

Gli Stati Uniti hanno fornito l'aiuto necessario imponendo alla Russia l'autosufficienza interna .

Quando gli stati baltici hanno obbedito alle sanzioni americane e hanno perso il mercato russo per i loro formaggi e altri prodotti agricoli, la Russia ha rapidamente creato il proprio settore caseario e lattiero-caseario, diventando il principale esportatore mondiale di grano.

La Russia sta scoprendo (o è sul punto di scoprirlo) che non ha bisogno di dollari americani come supporto per il tasso di cambio del rublo. La sua banca centrale può creare i rubli necessari per pagare i salari interni e finanziare la formazione di capitale. Le confische statunitensi delle sue riserve in dollari e in euro potrebbero finalmente portare la Russia a porre fine alla sua adesione alla filosofia monetaria neoliberista, come sostiene da tempo Sergei Glaziev, a favore della Teoria Monetaria Moderna (MMT).

La stessa dinamica di sotto-quotazione degli apparenti obiettivi statunitensi si è verificata con le sanzioni statunitensi contro i principali miliardari russi.

 La terapia d'urto neoliberista e le privatizzazioni degli anni '90 hanno lasciato ai cleptocrati russi un solo modo per incassare i beni che avevano sottratto al pubblico dominio. Questo era per incorporare i loro incassi e vendere le loro azioni a Londra e New York. I risparmi interni erano stati spazzati via e i consulenti statunitensi hanno convinto la banca centrale russa a non creare la propria moneta in rubli.

Il risultato è stato che il patrimonio nazionale russo di petrolio, gas e minerali non è stato utilizzato per finanziare una razionalizzazione dell'industria e delle abitazioni russe.

 Invece di investire le entrate della privatizzazione per creare nuovi mezzi di protezione russi, sono state bruciate sui nuovi ricchi acquisizioni di immobili britannici di lusso, yacht e altri capitali di volo globali.

Ma l'effetto delle sanzioni che hanno preso in ostaggio il dollaro, la sterlina e l'euro dei miliardari russi è stato quello di rendere la City di Londra un luogo troppo rischioso in cui detenere i loro beni – e troppo rischioso per i ricchi di qualsiasi altra nazione potenzialmente soggetta agli Stati Uniti sanzioni. Imponendo sanzioni ai russi più ricchi più vicini a Putin, i funzionari statunitensi speravano di indurli a opporsi alla sua fuga dall'Occidente, e quindi a servire efficacemente come agenti di influenza della NATO. Ma per i miliardari russi, il loro paese inizia a sembrare più sicuro.

Da molti decenni ormai, la Federal Reserve e il Tesoro degli Stati Uniti hanno combattuto contro il recupero dell'oro nelle riserve internazionali.

Ma come considereranno l'India e l'Arabia Saudita le loro partecipazioni in dollari mentre Biden e Blinken cercheranno di convincerli a seguire l'"ordine basato sulle regole" degli Stati Uniti invece del loro stesso interesse nazionale?

 I recenti dettami degli Stati Uniti hanno lasciato poche alternative se non quella di iniziare a proteggere la propria autonomia politica convertendo le disponibilità in dollari ed euro in oro come un bene libero dalla responsabilità politica di essere tenuto in ostaggio dalle richieste sempre più costose e dirompenti degli Stati Uniti.

La diplomazia statunitense ha stropicciato il naso all'Europa nella sua abietta sottomissione dicendo ai suoi governi di far scaricare dalle loro società i loro beni russi per pochi centesimi sul dollaro dopo che le riserve estere russe sono state bloccate e il tasso di cambio del rublo è precipitato. Blackstone, Goldman Sachs e altri investitori statunitensi si sono mossi rapidamente per acquistare ciò che Shell Oil e altre società straniere stavano scaricando.

Nessuno pensava che l'ordine mondiale del dopoguerra 1945-2020 avrebbe ceduto così velocemente.

Sta emergendo un vero e proprio nuovo ordine economico internazionale, anche se non è ancora chiaro quale forma assumerà. Ma il confronto risultante dal "spingere l'Orso" con l'aggressione USA/NATO contro la Russia ha superato il livello di massa critica. Non si tratta più solo dell'Ucraina. Questo è semplicemente l'innesco, un catalizzatore per allontanare gran parte del mondo dall'orbita USA/NATO.

La prossima resa dei conti potrebbe arrivare all'interno della stessa Europa mentre i politici nazionalisti cercano di guidare una fuga dalla presa di potere eccessiva degli Stati Uniti sui suoi alleati europei e di altri per mantenerli dipendenti dal commercio e dagli investimenti con sede negli Stati Uniti. Il prezzo della loro continua obbedienza è imporre l'inflazione dei costi alla loro industria subordinando la loro politica elettorale democratica ai proconsoli americani della NATO.

Queste conseguenze non possono davvero essere considerate "non intenzionali". Troppi osservatori hanno sottolineato esattamente cosa accadrebbe, guidati dal presidente Putin e dal ministro degli Esteri Lavrov che spiegano quale sarebbe la loro risposta se la NATO insistesse nel metterli in un angolo mentre attacca i russi dell'Ucraina orientale e sposta armi pesanti al confine occidentale della Russia .

 Le conseguenze erano previste. Ai neocon che controllavano la politica estera degli Stati Uniti semplicemente non importava. Si riteneva che riconoscere le preoccupazioni russe rendesse uno un Putin-versteher .

I funzionari europei non si sono sentiti a disagio nel raccontare al mondo le loro preoccupazioni sul fatto che Donald Trump fosse pazzo e sconvolgesse il carrello delle mele della diplomazia internazionale.

Ma sembra che siano stati presi alla sprovvista dalla rinascita dell'odio viscerale contro la Russia da parte dell'amministrazione Biden attraverso il Segretario di Stato Blinken e Victoria Nuland-Kagan.

 Il modo di esprimersi e i manierismi di Trump potrebbero essere stati rozzi, ma la banda di neocon americani ha ossessioni di confronto molto più minacciose a livello globale. Per loro, era una questione di quale realtà sarebbe uscita vittoriosa: la “realtà” che credevano di poter realizzare, o la realtà economica al di fuori del controllo statunitense.

Ciò che i paesi stranieri non hanno fatto per se stessi per sostituire il FMI, la Banca Mondiale e altre armi forti della diplomazia statunitense, i politici americani li stanno costringendo a fare.

 Invece dei paesi europei, del Vicino Oriente e del Sud del mondo che si separano mentre calcolano i propri interessi economici a lungo termine, l'America li sta allontanando, come ha fatto con Russia e Cina.

 Sempre più politici cercano il sostegno degli elettori chiedendo se i loro paesi sarebbero meglio serviti da nuovi accordi monetari per sostituire il commercio, gli investimenti e persino il servizio del debito estero dollarizzati.

La stretta sui prezzi dell'energia e dei generi alimentari sta colpendo particolarmente duramente i paesi del Sud del mondo, in coincidenza con i loro problemi legati al Covid-19 e l'incombente servizio del debito in dollari che sta per scadere. Qualcosa deve dare. Per quanto tempo questi paesi imporranno l'austerità per pagare gli obbligazionisti stranieri?

Come affronteranno le economie statunitensi ed europee di fronte alle sanzioni contro le importazioni di gas e petrolio russi, cobalto, alluminio, palladio e altri materiali di base. I diplomatici americani hanno stilato un elenco di materie prime di cui la loro economia ha un disperato bisogno e che quindi sono esenti dalle sanzioni commerciali imposte. Questo fornisce al signor Putin un pratico elenco di punti di pressione statunitensi da utilizzare per rimodellare la diplomazia mondiale e aiutare i paesi europei e di altri a rompere la cortina di ferro che l'America ha imposto per bloccare i suoi satelliti nella dipendenza dalle forniture statunitensi a caro prezzo!

L'inflazione di Biden.

Ma la rottura definitiva dall'avventurismo della NATO deve provenire dagli stessi Stati Uniti. Con l'avvicinarsi delle elezioni di medio termine di quest'anno, i politici troveranno un terreno fertile nel mostrare agli elettori statunitensi che l'inflazione dei prezzi guidata dalla benzina e dall'energia è un sottoprodotto politico del blocco delle esportazioni russe di petrolio e gas da parte dell'amministrazione Biden. (

Cattive notizie per i proprietari di grandi SUV consumatori di gas!) Il gas è necessario non solo per il riscaldamento e la produzione di energia, ma per produrre fertilizzanti, di cui già c'è una carenza mondiale.

Questa situazione è esacerbata dal blocco delle esportazioni di grano russe e ucraine verso gli Stati Uniti e l'Europa, provocando già un aumento dei prezzi dei generi alimentari.

C'è già una notevole disconnessione tra la visione della realtà del settore finanziario e quella promossa dai principali media della NATO.

 I mercati azionari europei sono crollati all'apertura di lunedì 7 marzo, mentre il petrolio Brent è balzato a 130 dollari al barile. Il telegiornale mattutino della BBC "Today" presentava il deputato conservatore Alan Duncan, un commerciante di petrolio, che avvertiva che il quasi raddoppio dei prezzi dei future sul gas naturale minacciava le società in bancarotta impegnate a fornire gas all'Europa ai vecchi tassi.

Ma tornando alle notizie militari "Due minuti di odio", la BBC ha continuato ad applaudire i coraggiosi combattenti ucraini e i politici della NATO che sollecitavano un maggiore sostegno militare.

A New York, il Dow Jones Industrial Average è crollato di 650 punti e l'oro è balzato a oltre $2.000 l'oncia – che riflette il punto di vista del settore finanziario su come andrà a finire il gioco degli Stati Uniti. I prezzi del nichel sono aumentati ancora di più, il 40%.

Cercare di costringere la Russia a rispondere militarmente e quindi fare brutta figura al resto del mondo si sta rivelando un'acrobazia mirata semplicemente a garantire che l'Europa contribuisca di più alla NATO, compri più hardware militare degli Stati Uniti e si chiuda più profondamente nel commercio e nella dipendenza monetaria dal Stati Uniti.

L'instabilità che ciò ha causato si sta rivelando avere l'effetto di far sembrare gli Stati Uniti minacciosi come la Russia sostiene che sia la NATO occidentale.

 

 

 

 

 

La prossima frattura globale mentre

gli ordini economici si scontrano.

Unz.com- MICHAEL HUDSON –( 1 GIUGNO 2022)- ci dice :

 

(“Tratto da un'intervista alla neonata rivista tedesca “ViER” che sarà pubblicata ad agosto 2022.” ViER -QUATTRO-, sta per i media come quarta potenza nei controlli e nei contrappesi).

 

(1.) Prof. Hudson, il suo nuovo libro “The Destiny of Civilization” è uscito ora. Questa serie di conferenze sul capitalismo finanziario e la Nuova Guerra Fredda presenta una panoramica della tua prospettiva geopolitica unica.

Parli di un conflitto ideologico e materiale in corso tra paesi finanziarizzati e deindustrializzati come gli Stati Uniti contro le economie miste di Cina e Russia. Di cosa tratta questo conflitto e perché il mondo in questo momento si trova a un "punto di frattura" unico come afferma il tuo libro?

L'odierna frattura globale sta dividendo il mondo tra due diverse filosofie economiche: negli Stati Uniti/NATO occidentali, il capitalismo finanziario sta deindustrializzando le economie e ha spostato la produzione alla leadership eurasiatica, soprattutto Cina, India e altri paesi asiatici insieme alla Russia fornendo materie prime e armi.

Questi paesi sono un'estensione fondamentale del capitalismo industriale che si evolve nel socialismo, cioè in un'economia mista con forti investimenti in infrastrutture governative per fornire istruzione, assistenza sanitaria, trasporti e altri bisogni di base trattandoli come servizi pubblici con servizi sovvenzionati o gratuiti per questi necessità.

Nell'Occidente neoliberista USA/NATO, al contrario, questa infrastruttura di base è privatizzata come monopolio naturale di rendita.

Il risultato è che l'Occidente USA/NATO resta un'economia ad alto costo, con le sue spese per l'alloggio, l'istruzione e le cure mediche sempre più finanziate con debiti, lasciando sempre meno reddito personale e aziendale da investire in nuovi mezzi di produzione (formazione di capitale) . Ciò pone un problema esistenziale per il capitalismo finanziario occidentale: come può mantenere il tenore di vita di fronte alla deindustrializzazione, alla deflazione del debito e alla ricerca di una rendita finanziarizzata che impoverisce il 99% per arricchire l'uno per cento? Il primo obiettivo degli Stati Uniti è dissuadere l'Europa e il Giappone dal cercare un futuro più prospero in legami commerciali e di investimento più stretti con l'Eurasia e l'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO, un modo più utile di pensare alla frattura globale dei BRICS). Per mantenere l'Europa e il Giappone come economie satellite, i diplomatici statunitensi insistono su un nuovo muro economico di sanzioni di Berlino per bloccare il commercio tra Est e Ovest.

Per molti decenni la diplomazia statunitense si è immischiata nella politica interna europea e giapponese, sponsorizzando funzionari filo-neoliberisti alla guida del governo. Questi funzionari sentono che il loro destino (e anche le loro fortune politiche personali) è strettamente alleato con la leadership statunitense. Nel frattempo, la politica europea è ora diventata sostanzialmente una politica della NATO gestita dagli Stati Uniti.

Il problema è come mantenere il Sud del mondo – America Latina, Africa e molti paesi asiatici – nell'orbita USA/NATO.

Le sanzioni contro la Russia hanno l'effetto di danneggiare la bilancia commerciale di questi paesi aumentando drasticamente i prezzi di petrolio, gas e generi alimentari (oltre ai prezzi di molti metalli) che devono importare. Nel frattempo, l'aumento dei tassi di interesse statunitensi sta attirando risparmi finanziari e credito bancario in titoli denominati in dollari USA.

Ciò ha aumentato il tasso di cambio del dollaro, rendendo molto più difficile per i paesi SCO e Global South pagare il servizio del debito in dollari che scade quest'anno.

Ciò costringe questi paesi a scegliere: o rinunciare a energia e cibo per pagare i creditori esteri – mettendo così gli interessi finanziari internazionali prima della loro sopravvivenza economica interna – o inadempiere sui loro debiti, come accadde negli anni '80 dopo che il Messico annunciò nel 1982 di non poteva pagare obbligazionisti stranieri.

 

(2.) Come vede la guerra/operazione militare speciale in corso in Ucraina? Quali conseguenze economiche prevede?

La Russia si è assicurata l'Ucraina orientale di lingua russa e la sua costa meridionale del Mar Nero. La NATO continuerà a "colpire l'orso" con sabotaggi e nuovi attacchi in corso, in particolare da parte di combattenti polacchi.

I paesi della NATO hanno scaricato le loro armi vecchie e obsolete in Ucraina e ora devono spendere ingenti somme per modernizzare il loro equipaggiamento militare.

 Il deflusso dei pagamenti al complesso militare-industriale degli Stati Uniti eserciterà pressioni al ribasso sull'euro e sulla sterlina britannica, che andranno tutti a sommarsi ai propri crescenti disavanzi energetici e alimentari. Quindi l'euro e la sterlina si stanno dirigendo verso la parità con il dollaro USA. L'euro è quasi arrivato ora (circa $ 1,07). Ciò significa un forte aumento dell'inflazione dei prezzi per l'Europa.

Ho letto e sentito informazioni contrastanti sulle nuove sanzioni. Alcuni esperti in Oriente e in Occidente ritengono che ciò danneggerà enormemente l'economia nazionale della Federazione Russa. Altri esperti tendono a credere che ciò si ritorcerà contro o avrà davvero un enorme effetto boomerang sui paesi occidentali.

La politica prevalente degli Stati Uniti è combattere contro la Cina, sperando di rompere le regioni degli uiguri occidentali e dividere la Cina in stati più piccoli.

Per fare ciò, è necessario spezzare il supporto militare russo e delle materie prime alla Cina e, a tempo debito, suddividerlo in una serie di stati più piccoli (le grandi città occidentali, la Siberia settentrionale, un fianco meridionale, ecc.) .

Le sanzioni sono state imposte nella speranza di rendere le condizioni di vita così sgradevoli per i russi che avrebbero fatto pressioni per un cambio di regime. L'attacco della NATO in Ucraina è stato progettato per prosciugare la Russia militarmente, facendo in modo che i corpi degli ucraini esauriscano la scorta russa di proiettili e bombe dando la vita semplicemente per assorbire le armi russe.

L'effetto è stato quello di aumentare il sostegno russo a Putin, esattamente l'opposto di quanto previsto. C'è una crescente disillusione nei confronti dell'Occidente, dopo aver visto cosa hanno fatto gli Harvard Boys alla Russia quando gli Stati Uniti hanno appoggiato Eltsin per creare una classe cleptocratica domestica che ha cercato di "incassare" le sue privatizzazioni vendendo azioni di petrolio, nichel e servizi pubblici a l'Occidente, e poi spronando gli attacchi militari dalla Georgia e dalla Cecenia. C'è un accordo generale sul fatto che la Russia stia compiendo una svolta a lungo termine verso est invece che verso ovest.

Quindi l'effetto delle sanzioni statunitensi e dell'opposizione militare alla Russia è stato quello di imporre una cortina di ferro politica ed economica che blocca l'Europa alla dipendenza dagli Stati Uniti, mentre spinge la Russia insieme alla Cina invece di separarle.

Nel frattempo, il costo delle sanzioni europee contro il petrolio e il cibo russi, a grande vantaggio dei fornitori di gas GNL e degli esportatori agricoli statunitensi, minaccia di creare un'opposizione europea a lungo termine alla strategia globale unipolare degli Stati Uniti.

È probabile che si sviluppi un nuovo movimento "Ami go home".

Ma per l'Europa il danno è già stato fatto, e né la Russia né la Cina dovrebbero credere che i funzionari del governo europeo possano resistere alla corruzione e alle pressioni personali provocate dall'interferenza degli Stati Uniti.

Qui in Germania ascolto il nuovo ministro dell'Economia, Robert Habeck dei Verdi, che parla di attivare il "gas di emergenza" federale e chiede risorse agli Emirati (questo "accordo" sembra già fallito, notizie ). Vediamo la fine del North Stream II e l'enorme dipendenza di Berlino e Bruxelles dalle risorse russe. Come si riassumerà tutto questo?

In effetti, i funzionari statunitensi hanno chiesto alla Germania di suicidarsi economicamente e di provocare una depressione, prezzi al consumo più alti e standard di vita più bassi.

 Le aziende chimiche tedesche hanno già iniziato a chiudere la loro produzione di fertilizzanti, vista l'accettazione da parte della Germania del commercio e delle sanzioni finanziarie che le impediscono di acquistare gas russo (la materia prima per la maggior parte dei fertilizzanti). E le case automobilistiche tedesche stanno soffrendo per i tagli all'offerta.

Queste carenze economiche europee sono un enorme vantaggio per gli Stati Uniti, che stanno realizzando enormi profitti sul petrolio più costoso (che è controllato in gran parte da società statunitensi, seguite da compagnie petrolifere britanniche e francesi). Il rifornimento di armi da parte dell'Europa che ha donato all'Ucraina è anche un vantaggio per il complesso militare-industriale degli Stati Uniti, i cui profitti sono alle stelle.

Ma gli Stati Uniti non stanno riciclando questi guadagni economici per l'Europa, che sembra il grande perdente.

I produttori arabi di petrolio hanno già respinto le richieste degli Stati Uniti di addebitare meno per il loro petrolio. Sembrano essere guadagni inaspettati dall'attacco della NATO sul campo di battaglia per procura dell'Ucraina.

Sembra improbabile che la Germania possa semplicemente restituire alla Russia il Nord Stream 2 e le affiliate di Gazprom che hanno condotto scambi commerciali con la Germania. La fiducia è stata infranta.

E la Russia ha paura di accettare pagamenti dalle banche europee a causa del furto di 300 miliardi di dollari delle sue riserve estere. L'Europa non è più economicamente sicura per la Russia.

 

La domanda è quanto presto la Russia smetterà semplicemente di rifornire l'Europa.

Sembra che l'Europa stia diventando un'appendice dell'economia statunitense, sopportando in effetti l'onere fiscale della Guerra Fredda 2.0 americana, senza alcuna rappresentanza politica negli Stati Uniti.

La soluzione logica è che l'Europa si unisca politicamente agli Stati Uniti, rinunciando ai suoi governi ma almeno portando alcuni europei al Senato e alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti.

 

(3.) Quale ruolo giocano

a) Nuova Guerra Fredda e

 b) il capitalismo finanziario neoliberista nell'attuale guerra tra Russia e Ucraina? Secondo la tua recente ricerca.

La guerra USA/NATO in Ucraina è la prima battaglia di quello che sembra un tentativo ventennale di isolare l'area del dollaro occidentale dall'Eurasia e dal Sud del mondo.

I politici statunitensi promettono di continuare la guerra in Ucraina a tempo indeterminato, sperando che questo possa diventare il "nuovo Afghanistan" della Russia.

 Ma questa tattica ora sembra che possa minacciare di essere l'Afghanistan dell'America. È una guerra per procura, il cui effetto è quello di bloccare la dipendenza dell'Europa dagli Stati Uniti come oligarchia cliente con l'euro come valuta satellite del dollaro.

La diplomazia statunitense ha cercato di disabilitare la Russia in tre modi principali. In primo luogo, isolandola finanziariamente bloccandola dal sistema di compensazione bancaria SWIFT. La Russia ha risposto passando senza intoppi al sistema di compensazione bancaria cinese.

La seconda tattica consisteva nel sequestrare i depositi russi nelle banche statunitensi e le disponibilità di titoli finanziari statunitensi. La Russia ha risposto raccogliendo gli investimenti statunitensi ed europei in Russia a buon mercato mentre l'Occidente li ha scaricati.

La terza tattica era impedire ai membri della NATO di commerciare con la Russia.

L'effetto è stato che le importazioni russe dall'Occidente sono diminuite, mentre le sue esportazioni di petrolio, gas e cibo sono in aumento. Ciò ha alzato il tasso di cambio del rublo invece di danneggiarlo. E poiché le sanzioni bloccano le importazioni russe dall'Occidente, il presidente Putin ha annunciato che il suo governo investirà molto nella sostituzione delle importazioni. L'effetto sarà una perdita permanente dei mercati russi per i fornitori e gli esportatori europei.

Nel frattempo, le tariffe Trump contro le esportazioni europee verso gli Stati Uniti restano in vigore, lasciando all'industria europea opportunità commerciali in diminuzione. La Banca Centrale Europea potrebbe continuare ad acquistare azioni e obbligazioni europee per proteggere la ricchezza dell'1%, ma semmai taglierà la spesa sociale interna per rispettare il limite del 3% di deficit di bilancio che l'Eurozona si è imposta .

Nel medio e lungo periodo, quindi, le sanzioni USA/NATO sono rivolte principalmente all'Europa.

E gli europei non sembrano nemmeno rendersi conto di essere le prime vittime di questa nuova guerra economica degli Stati Uniti per il predominio egoistico di energia, cibo e finanza.

(4.) In Germania il progetto a energia ferma Nord Stream II è ancora un grosso problema politico.

Nel tuo recente articolo online “Il dollaro divora l'euro” hai scritto: “Ora è chiaro che l'odierna escalation della Nuova Guerra Fredda era pianificata più di un anno fa. Il piano americano di bloccare il Nord Stream 2 faceva davvero parte della sua strategia per impedire all'Europa occidentale ("NATO") di cercare prosperità attraverso scambi e investimenti reciproci con Cina e Russia".

Potresti spiegarlo ai nostri lettori?

( https://michael-hudson.com/2022/04/the-dollar-divours-the-euro/).

 

Ciò che definisci "blocco del Nord Stream 2" è in realtà una politica Buy-American.

 Gli Stati Uniti hanno convinto l'Europa a non acquistare nel mercato al prezzo più basso, ma a pagare fino a sette volte di più per il suo gas dai fornitori statunitensi di LGN e a spendere circa 5 miliardi di dollari per espandere la capacità portuale, cosa che non sarà nemmeno essere disponibile per un anno anni.

Ciò minaccia un interregno molto scomodo per la Germania e altri paesi europei che seguono i dettami degli Stati Uniti. Fondamentalmente, i parlamenti nazionali sono ora sottomessi alla NATO, le cui politiche sono gestite da Washington.

Un prezzo che l'Europa pagherà, come notato sopra, è il calo del tasso di cambio rispetto al dollaro USA.

È probabile che gli investitori europei trasferiscano i loro risparmi e investimenti dall'Europa agli Stati Uniti per massimizzare i guadagni in conto capitale ed evitare semplicemente cali di prezzo per le loro azioni e obbligazioni misurate in dollari.

(5.) Prof. Hudson, diamo un'occhiata agli ulteriori sviluppi in Germania. A maggio il parlamento tedesco – Bundestag – ha approvato un nuovo disegno di legge: i legislatori tedeschi hanno approvato un possibile esproprio delle società energetiche.

 Ciò potrebbe consentire al governo di Berlino di mettere le società energetiche sotto amministrazione fiduciaria se non possono più svolgere i loro compiti e se la sicurezza dell'approvvigionamento è a rischio.

Secondo REUTERS, la legge rinnovata – che deve ancora passare alla camera alta del parlamento – potrebbe essere applicata per la prima volta se non si trova una soluzione sulla proprietà della raffineria di petrolio PCK Refinery a Schwedt/Oder (Germania dell'Est), che è di proprietà della maggioranza di Rosneft, di proprietà statale russa.

Sembra che l'Europa e l'America confischeranno gli investimenti russi nei loro paesi e venderanno (o faranno confiscare alla Russia) gli investimenti dei paesi NATO in Russia.

 Ciò significa uno svincolo dell'economia russa dall'Occidente e un legame più stretto con la Cina, che sembra la prossima economia ad essere sanzionata dalla NATO in quanto diventa un'Organizzazione del Trattato del Pacifico orientale che coinvolge l'Europa in questo confronto nel Mar Cinese.

Sarei sorpreso se la Russia riprendesse a vendere petrolio e gas all'Europa senza essere rimborsata per ciò che l'Europa (e anche gli Stati Uniti) ha sequestrato. Questa richiesta aiuterebbe a esercitare pressioni europee sugli Stati Uniti affinché restituiscano i 300 miliardi di dollari di riserve estere che hanno sequestrato.

Ma anche dopo un simile accordo di restituzione e riparazione, sembra improbabile che il commercio riprenda. Si è verificato un cambiamento di fase, un cambiamento nella consapevolezza di come il mondo si stia dividendo sotto gli attacchi diplomatici degli Stati Uniti contro alleati e avversari allo stesso modo.

La mia domanda sarebbe: il socialismo è un argomento importante nel tuo nuovo libro. Qual è la tua opinione su quelle misure “socialiste” prese ora da un paese capitalista come la Germania?

( https://www.pressure.com/business/energy/german-lawmakers-approve-possible-expropriation-energy-companies-2022-05-12/)

 

Un secolo fa, ci si aspettava che la "fase finale" del capitalismo industriale fosse il socialismo.

C'erano molti diversi tipi di socialismo: socialismo di stato, socialismo marxista, socialismo cristiano, socialismo anarchico, socialismo libertario.

Ma ciò che accadde dopo la prima guerra mondiale fu l'antitesi del socialismo.

Era il capitalismo finanziario e “un capitalismo finanziario militarizzato”.

Il denominatore comune di tutti i movimenti socialisti, da destra a sinistra dello spettro politico, era una maggiore spesa per le infrastrutture del governo.

La transizione al socialismo è stata guidata (negli Stati Uniti e in Germania) dallo stesso capitalismo industriale, che cercava di ridurre al minimo il costo della vita (e quindi il salario di sussistenza di base) e il costo delle attività economiche mediante investimenti del governo in infrastrutture di base, i cui servizi dovevano essere forniti gratuitamente, o almeno a prezzi agevolati.

 

Tale obiettivo eviterebbe che i servizi di base diventino opportunità di affitto monopolistico.

L'antitesi era la dottrina Thatcher-neoliberista della privatizzazione.

 I governi hanno consegnato servizi di pubblica utilità a investitori privati.

 Le società sono state acquistate a credito, aggiungendo interessi e altri oneri finanziari ai profitti e pagamenti alla direzione. Il risultato è stato quello di trasformare l'Europa e l'America neoliberali in economie ad alto costo incapaci di competere nei prezzi di produzione con paesi che perseguono politiche socialiste invece del neoliberismo finanziarizzato.

Questa opposizione nei sistemi economici è la chiave per comprendere la frattura globale del mondo di oggi.

 

(6.) In questo momento sono al centro dell'attenzione soprattutto petrolio e gas russi. Mosca richiede pagamenti solo in rublo e sta ampliando il proprio campo di acquirenti riempiendolo di Cina, India o Arabia Saudita. Ma sembra che gli acquirenti occidentali possano ancora pagare in Euro o Dollaro USA. Qual è la tua opinione su questa guerra in corso sulle risorse? Il Rublo sembra essere un vincitore.

Il rublo è certamente in aumento.

Ma questo non rende la Russia un "vincitore" se la sua economia viene sconvolta dalle sanzioni che bloccano le proprie importazioni necessarie per il corretto funzionamento delle sue catene di approvvigionamento.

La Russia finirà per vincere se riuscirà a organizzare un programma di sostituzione delle importazioni industriali e a ricreare infrastrutture pubbliche per sostituire ciò che è stato privatizzato sotto la direzione degli Stati Uniti dagli Harvard Boys negli anni '90.

Vediamo la fine del petrodollaro e l'ascesa di una nuova architettura finanziaria in Oriente accompagnata da un rafforzamento dei BRICS e dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO)?

Ci saranno ancora petrodollari, ma anche una varietà di blocchi dell'area valutaria mentre il mondo de-dollarizza i suoi accordi internazionali di commercio e investimento. Alla fine di maggio, il ministro degli Esteri Lavrov ha affermato che l'Arabia Saudita e l'Argentina vogliono unirsi ai BRICS. Come ha recentemente osservato Pepe Escobar, BRICS+ potrebbe espandersi per includere il MERCOSUR e la Comunità di sviluppo sudafricana (SADC).

Questi accordi probabilmente richiederanno un'alternativa non statunitense al FMI per creare credito e fornire un veicolo per le riserve ufficiali in valuta estera per i paesi non NATO.

Il FMI sopravviverà ancora per imporre l'austerità ai paesi satelliti degli Stati Uniti, sovvenzionando la fuga di capitali dai paesi del Sud del mondo e creando DSP per finanziare le spese militari statunitensi all'estero.

L'estate 2022 sarà un banco di prova poiché i paesi del Sud del mondo subiranno una crisi della bilancia dei pagamenti a causa dell'aumento del deficit petrolifero e alimentare insieme ai maggiori costi in valuta nazionale per sostenere i loro debiti in dollari esteri. Il FMI potrebbe offrire loro nuovi DSP per pagare gli obbligazionisti in dollari USA per mantenere viva l'illusione della solvibilità.

Ma i paesi SCO possono offrire petrolio e cibo – i paesi IF danno garanzie di ripagare il credito ripudiando i loro debiti in dollari con l'Occidente.

Questa diplomazia finanziaria promette di introdurre "tempi interessanti".

 

(7.) Nella tua recente intervista a Michael Welch (“Crisi accidentale?”) hai un'analisi specifica sull'attualità in Ucraina/Russia:

“La guerra non è contro la Russia. La guerra non è contro l'Ucraina. La guerra è contro l'Europa e la Germania". Potresti per favore approfondire?

( https://michael-hudson.com/2022/03/accidental-crisis/).

Come ho spiegato sopra, le sanzioni commerciali e finanziarie degli Stati Uniti stanno bloccando in Germania la dipendenza dalle esportazioni statunitensi di GNL e dall'acquisto di armi militari statunitensi per potenziare la NATO nell'autorità di governo europea de facto.

L'effetto è quello di distruggere ogni speranza europea di guadagni reciproci di scambi e investimenti con la Russia.

Si sta trasformando nel partner junior (molto junior) nelle sue nuove relazioni commerciali e di investimento con gli Stati Uniti sempre più protezionisti e nazionalisti.

 

(8.) Il vero problema per gli Stati Uniti sembra essere questo: "L'unico modo per mantenere la prosperità se non puoi crearla a casa è ottenerla dall'estero". Qual è la strategia di Washington là dentro?

Il mio libro Super Imperialism ha spiegato come, negli ultimi 50 anni, da quando gli Stati Uniti hanno abbandonato l'oro nell'agosto 1971, lo standard del Treasury Bill ha dato agli Stati Uniti un giro gratuito a spese estere.

 Le banche centrali estere hanno riciclato il loro afflusso di dollari derivante dal disavanzo della bilancia dei pagamenti statunitense in prestiti al Tesoro statunitense, ovvero per acquistare titoli del Tesoro USA per detenere i propri risparmi.

Questo accordo ha consentito agli Stati Uniti di intraprendere spese militari straniere per le sue quasi 800 basi militari intorno all'Eurasia senza dover svalutare il dollaro o tassare i propri cittadini.

Il costo è stato sostenuto dai paesi le cui banche centrali hanno accumulato prestiti in dollari al Tesoro degli Stati Uniti.

Ma ora che è diventato pericoloso per i paesi detenere depositi bancari statunitensi o titoli di stato o investimenti denominati in dollari se "minacciano" di difendere i propri interessi economici o se le loro politiche divergono da quelle dettate dai diplomatici statunitensi, come può l'America continuare a fare un giro gratis?

In effetti, come può importare materiali di base dalla Russia per riempire parti della sua catena di approvvigionamento industriale ed economica che è stata scomposta dalle sanzioni?

Questa è la sfida per la politica estera degli Stati Uniti. In un modo o nell'altro, mira a tassare l'Europa e trasformare altri paesi in satelliti economici.

 Lo sfruttamento potrebbe non essere così palese come l'accaparramento da parte degli Stati Uniti delle riserve ufficiali venezuelane, afghane e russe. È probabile che implichi la riduzione dell'autosufficienza straniera per costringere altri paesi alla dipendenza economica dagli Stati Uniti, in modo che gli Stati Uniti possano minacciare questi paesi con sanzioni dirompenti se cercano di porre i propri interessi nazionali su ciò che i diplomatici statunitensi vogliono che facciano .

 

(9.) In che modo tutto ciò influenzerà la bilancia dei pagamenti dell'Europa occidentale (Germania / Francia / Italia) e quindi il tasso di cambio dell'euro rispetto al dollaro? E perché pensi che l'Unione Europea sia sulla buona strada per diventare il nuovo "Panama, Porto Rico e Liberia"?

 

L'euro è già una valuta satellite degli Stati Uniti. I suoi paesi membri non possono gestire deficit di bilancio interno per far fronte alla prossima depressione inflazionistica derivante dalle sanzioni sponsorizzate dagli Stati Uniti e dalla conseguente frattura globale.

La chiave si sta rivelando essere la dipendenza militare.

Questa è la "condivisione dei costi" per la Guerra Fredda 2.0 sponsorizzata dagli Stati Uniti. Questa condivisione dei costi è ciò che ha portato i diplomatici statunitensi a rendersi conto che devono controllare la politica interna europea per impedire alle popolazioni e alle imprese di agire nel proprio interesse.

La loro stretta economica è un “danno collaterale” alla Nuova Guerra Fredda di oggi.

 

(10.) Un filosofo svizzero ha scritto un saggio critico a metà marzo per il quotidiano socialista tedesco „Neues Deutschland“, ex testata giornalistica del governo della RDT. La signora Tove Soiland ha criticato la sinistra internazionale per i comportamenti attuali riguardo alla crisi ucraina e alla gestione del covid.

 La sinistra, dice, è troppo pro-governo/stato autoritario – e quindi copia i metodi dei tradizionali partiti di destra. Condividi questo punto di vista? O è troppo duro?

Come risponderesti a questa domanda, esp. per quanto riguarda la tesi del tuo nuovo libro: “… la via alternativa è in larga misura il capitalismo industriale a economia mista che porta al socialismo…”. (https://www.nd-aktuell.de/artikel/1162247.die-linke-und-corona-ein-postideologischer-totalitarismus.html).

 

Il Dipartimento di Stato e il "potente Wurlitzer" della CIA si sono concentrati sull'acquisizione del controllo dei partiti socialdemocratici e laburisti europei, anticipando che la grande minaccia per il capitalismo finanziario incentrato sugli Stati Uniti sarà il socialismo.

 Ciò ha incluso le parti "verdi", al punto che la loro pretesa di opporsi al riscaldamento globale si è rivelata ipocrita alla luce della vasta impronta di carbonio e dell'inquinamento della guerra militare della NATO in Ucraina e delle relative esercitazioni aeree e navali.

Non puoi essere favorevole all'ambiente e alla guerra allo stesso tempo!

Ciò ha lasciato i partiti nazionalisti di destra meno influenzati dalle ingerenze politiche statunitensi. È da lì che viene l'opposizione alla NATO, come in Francia e in Ungheria.

E negli stessi Stati Uniti gli unici voti contrari al nuovo contributo di 30 miliardi di dollari alla spesa militare contro la Russia sono arrivati ​​dai repubblicani.

L'intera “squadra” del Partito Democratico di “sinistra” ha votato per la spesa bellica.

I partiti socialdemocratici sono fondamentalmente partiti borghesi i cui sostenitori sperano di salire nella classe rentier, o almeno di diventare investitori azionari e obbligazionari in miniatura.

 Il risultato è che il neoliberismo è stato guidato da Tony Blair in Gran Bretagna e dai suoi omologhi in altri paesi. Discuto di questo allineamento politico in The Destiny of Civilization .

 

I propagandisti statunitensi chiamano "autocratici" i governi che mantengono i monopoli naturali come servizi di pubblica utilità.

Essere "democratici" significa lasciare che le aziende statunitensi abbiano il controllo di queste vette, essendo "libere" dalla regolamentazione del governo e dalla tassazione del capitale finanziario. Quindi "sinistra" e "destra", "democrazia" e "autocrazia" sono diventati un vocabolario orwelliano sponsorizzato dall'oligarchia americana (che si eufemizza come "democrazia").

(11.) La guerra in Ucraina potrebbe essere un punto di riferimento per mostrare una nuova mappa geopolitica nel mondo? O il neoliberista “Nuovo Ordine Mondiale” è in ascesa? Come lo vedi?

Come ho spiegato nella tua domanda n. 1, il mondo viene diviso in due parti. Il conflitto non è solo nazionale dell'Occidente contro l'Oriente, ma è un conflitto di sistemi economici:

capitalismo finanziario predatorio (globalismo) contro il socialismo industriale che mira all'autosufficienza per l'Eurasia e la SCO.

I paesi non allineati non sono stati in grado di “fare da soli” negli anni '70 perché non avevano una massa critica per produrre il proprio cibo, energia e materie prime.

Ma ora che gli Stati Uniti hanno deindustrializzato la propria economia e esternalizzato la produzione in Asia, questi paesi hanno la possibilità di non rimanere dipendenti dalla diplomazia del dollaro USA.

 

 

 

Il tesoro degli oligarchi di Putin:

15 miliardi di euro nelle mani di 35 uomini.

Repubblica.it- Enrico Franceschini-(22 MARZO 2022)-ci dice :

 

Abramovich sposta i suoi yacht in Turchia.

L'inchiesta pubblicata dal Guardian con l'Organized Crime and Corruption Reporting Project. Ankara non impone sanzioni e diventa un rifugio per i capitali russi. Anche Dubai starebbe ricevendo flussi di ricchezze da Mosca.

LONDRA – Una fortuna che vale più di 15 miliardi di euro, nelle mani di trentacinque oligarchi russi legati a Vladimir Putin. E’ il tesoro rivelato stamane dal Guardian insieme all’Organized Crime and Corruption Reporting Project e ad altri giornali internazionali, per fare luce sulla rete di conti bancari, lussuose proprietà immobiliari, aerei privati e yacht appartenenti alla controversa classe di imprenditori che si sono arricchiti durante la privatizzazione selvaggia dei beni di Stato sovietici dopo il crollo dell’Urss e hanno più tardi spartito i propri soldi con il capo del Cremlino e i suoi associati, in quella che è stata definita una cupola di potere politico e denaro.

Guerra Ucraina - Russia: diretta no stop.

Perché in Ucraina è in gioco la libertà del mondo di Ezio Mauro.

Tra i soldati del Donbass: "Stiamo perdendo, muoriamo a centinaia."

"Putin è malato di cancro": cosa sappiamo sulla salute dello zar.

Le rivelazioni del quotidiano britannico sono importanti perché, sebbene alcuni dei beni dei nuovi ricchi di Russia fossero già noti, l’indagine fornisce una lista dettagliata e quasi completa di patrimoni spesso nascosti attraverso prestanome, banche offshore in paradisi fiscali, parenti e trust funds.

I 35 oligarchi sono gli stessi dell’elenco denunciato da Aleksej Navalny, il leader dell’opposizione russa ora in carcere con pretestuose accuse di frode dopo essere sopravvissuto a un tentativo di avvelenamento con il gas nervino.

 Come reazione all’invasione dell’Ucraina ordinata da Mosca, tutti i Paperoni russi della lista, tranne uno, sono già stati colpiti da sanzioni negli Stati Uniti, nel Regno Unito o nell’Unione Europea. “I complici di Putin devono essere soggetti alle sanzioni più severe possibili”, ha detto nei giorni scorsi alla camera dei Comuni la deputata liberaldemocratica Layla Moran, “perché è attraverso di loro che Putin e la sua stretta cerchia hanno ottenuto la loro ricchezza. Se colpiamo gli oligarchi, colpiamo lui”.

 Per mantenere il proprio patrimonio, sostiene Navalny, negli ultimi vent’anni gli oligarchi ne hanno versata una parte cospicua nelle tasche di Putin, facendone uno degli uomini più ricchi del mondo.

Da Londongrad alla Turchia.

Soltanto a Londra, ribattezzata dai media “Londongrad”, nome che riecheggia la Leningrado dell’era sovietica, per il gran numero di oligarchi che hanno investito i loro capitali nella capitale britannica, il dossier pubblicato dal Guardian rivela proprietà immobiliari per un valore complessivo pari a quasi mezzo miliardo di euro, collegate a quattro degli oligarchi più noti della lista di Navalny:

Roman Abramovich, proprietario fra le altre cose del Chelsea Football Club fino a che le recenti sanzioni non hanno congelato anche la squadra di calcio; Alisher Usmanov, a sua volta comproprietario in vari momenti di altri due club della Premier League inglese, l’Arsenal e l’Everton; Oleg Deripaska; e Igor Shuvalov.

Alcune delle abitazioni e degli yacht di questi miliardari sono già stati sequestrati, come la magione di cinque piani di Deripashka a Belgrave Square occupata brevemente dagli squatters dopo che la polizia vi aveva messo i sigilli e come i piroscafi, di fatto vere e proprie navi, sequestrati in Italia. Altri yacht tuttavia si sono per il momento salvati.

Abramovich ha indovinato i tempi per ordinare ai suoi equipaggi di navigare in acque più serene. Il suo My Solaris, 600 milioni di dollari di valore e 60 uomini d’equipaggio a disposizione di 30 ospiti, è partito l’8 marzo da Barcellona. Quando è stato sanzionato dal Regno Unito (10 marzo), incrociava le acque a Sud della Sicilia. Ha fatto tappa in Montenegro, ma è presto ripartito: allo scattare della tagliola Ue (15 marzo) era già di fronte alla Grecia. Navigando, come ricostruisce la Bbc, sempre accortamente in acque internazionali, prima di entrare in quelle turche.

Ora si trova a Bodrum, in Turchia, dove è stato accolto dalla protesta di una piccola barca che si è messa di traverso alla sua possente prua con la bandiera gialloblu dell’Ucraina. Vicino si è ricoverato il suo secondo gioiello, l’Eclipse (700 milioni di valore), che ha spostato i suoi nove ponti dal Mar dei Caraibi, attraversato l’Atlantico e raggiunto Marmaris, sempre in Turchia.

A conti fatti, dunque, ben più di un miliardo di Abramovich ha preso la via (o meglio, la rotta) turca. Lo stesso oligarca è stato avvistato rapidamente a Istanbul, la scorsa settimana. 

Movimenti che paiono confermare il ruolo di Ankara come porto sicuro per le ricchezze russe: pur avendo condannato l’invasione e giocando un ruolo di pontiere, il Paese di Erdogan non ha aderito alle sanzioni internazionali.

 Fonti della Reuters spiegano che per questa ragione Abramovich e altri ricchi russi vorrebbero investire in Turchia. Ora che i loro bestioni marini, assai visibili, sono arrivati nelle acque turche, però, “potremmo ritrovarci in una situazione difficile a livello internazionale”, la preoccupazione espressa da Utku Cakirozer, parlamentare d’opposizione del CHP, all’agenzia. Più difficoltà le starebbero trovando i cittadini “normali”, ai quali le banche locali hanno paura di aprire conti correnti per non incappare nella censura internazionale. Anche esser tagliati fuori dal circuito Visa e Mastercard non aiuta: per questo, nelle ultime settimane, c’è stato un boom di emissione di carte che girano sul circuito Mir, che gira appunto in Turchia, Armenia, Vietnam e pochi altri Paesi. Mir che, in Russo, vuol dire Pace.

Il rifugio a Dubai.

Al di fuori del Regno Unito, l’inchiesta del Guardian ha scoperto ventisei beni collegati a Deripaska, considerato l’oligarca preferito di Putin, tra cui miliardi di dollari in azioni, un albergo nelle Alpi austriache, un superyacht e una seconda imbarcazione “di supporto” con elicottero lunga 60 metri, proprietà di lusso a Parigi, a New York e ben quattro ville in Sardegna.

Nikolaij Tokarev, presidente della Transneft, una delle maggiori società petrolifere russe, avrebbe la proprietà di ville nell’isola di Losinj in Croazia, uno dei luoghi di vacanza preferiti dai russi, e il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov risulta proprietario di un costoso appartamento parigino. Due jet privati, tra cui un Gulfstream da 60 milioni di euro, sarebbero di Shuvalov, un ex-vicepremier russo, ora presidente di una azienda per lo sviluppo statale, proprietario anche di ville di lusso per un valore totale di 30 milioni di euro in Austria, in Toscana e a Dubai.

Proprio Dubai sarebbe diventata un altro nuovo rifugio degli oligarchi: secondo altre recenti rivelazioni, molti dei nuovi ricchi russi hanno acquistato proprietà nel piccolo emirato arabo o vi si sono trasferiti in fretta e furia con i loro yacht per sperare di trovarvi protezione dalle sanzioni occidentali. Per la segretezza che offre agli investitori stranieri, Dubai ospitava già ricchi fuggitivi del Sud Africa, dell’Angola, della Bulgaria, inseguiti dalla legge nei loro paesi per frodi, bancarotta, corruzione o altri reati, ma l’agenzia Bloomberg riporta che nelle ultime settimane il numero dei russi che vi si sono stabiliti è in rapido aumento.

La Financial Action Task Force, un’organizzazione con sede a Parigi costituita dal G7, e l’Interpol indagano da tempo sull’emirato del Golfo come centro di riciclaggio di denaro illecito.

Reagendo alle rivelazioni del Guardian, un portavoce di Deripaska afferma: “Non è chiaro come pubblicare questo inventario di beni serva l’interesse pubblico, tutte le proprietà del signor Deripaska sono state acquistate legalmente, che non dà a nessuno il diritto di definirlo un cleptocrate.

 Siamo davanti a una caccia alle streghe contro la Russia, sospinta da interessi politici”.

 Reazione analoga dall’ufficio di Usmanov: “Tutti i capitali del signor Usmanov sono il risultato di legittimi investimenti di successo, definirli non trasparenti danneggia la sua reputazione di onesto uomo d’affari e di filantropo”.

 

 

 

 

Lupi travestiti da agnelli.

Soros e l’Open Society

Aldomariavalli.it-Maurizio Blondet-Roberto Pecchioli  (3 giugno 2022)- ci dicono :

 

Da qualche giorno in libreria c’è un libro utile: Soros e l’Open Society, edito da Arianna. L’ha scritto un nostro collaboratore, Roberto Pecchioli, E’ una puntuale ricostruzione della vita e delle opere – finanziarie e politiche- di uno dei grandi protagonisti del nostro tempo, il miliardario globalista George Soros. Finanziere senza scrupoli, autore del drammatico attacco alla lira nel 1992, gran tessitore delle rivoluzioni “colorate” filo-occidentali in collaborazione con il National Endowment for Democracy (Ned) emanazione della Cia, dominus dell’Open Society Foundation, Fondazione per la Società Aperta, che ha distribuito nel tempo oltre 30 miliardi di dollari per le cause che piacciono alla gente che piace.

Immigrazione, aborto, eutanasia, teoria gender, liberalizzazione delle droghe, privatizzazione del mondo e delle istituzioni internazionali, controllo sui movimenti politici e sul sistema di comunicazione attraverso il metodo più sicuro: il denaro. Follow the money, segui il denaro, è l’incipit del saggio di Roberto Pecchioli, che abbiamo intervistato per i nostri lettori.

Innanzitutto, perché questo libro?

Nel panorama editoriale mancava un testo che parlasse di un personaggio e di un mondo che determina molta parte della nostra vita, ma non è un governo, un leader politico o ideologico e nemmeno un maestro di pensiero.

George Soros è uno di quegli uomini che – a colpi di miliardi- cambiano il mondo, il modo di pensare di milioni di persone. Incarna un tipo umano nuovo: la casta dei miliardari “filantropi”, sociopatici pericolosi, i padroni del mondo.

 Soros, ma anche Bill Gates, e altri, ai vertici di grandi fondazioni familiari, Ford, Rockefeller, Carnegie. Tutti impegnati sul versante antinatalista: Warren Buffet ha versato oltre mezzo miliardo di dollari a Planned Parenthood, la più grande organizzazione abortista del mondo. Dietro di lui Jeff Bezos, Bloomberg, e naturalmente Soros. La chiamano “salute riproduttiva”.

Nel libro ripercorri la vita e la giovinezza di Soros e ricostruisci i legami con il gruppo Rothschild, l’approdo alla London School of Economics e l’influenza di Karl Popper, il teorico della Società Aperta. E’ così importante quel periodo per il giovane Soros?

 

Fu determinante. Figlio della borghesia ebraica di Budapest, il giovane Gyorgy Schwartz cambiò cognome per volontà del padre per dissimulare le origini ebraiche. Approdò a Londra dove studiò nell’università della Società Fabiana, l’élite imperiale il cui simbolo è il lupo vestito in pelle d’agnello.

Lì si innamorò di un concetto e di un nome, Società Aperta.

Che cosa significa Società Aperta?

Per Karl Popper, maestro di Soros, è il liberismo economico assoluto – la privatizzazione del mondo – innestato in una società materialista e consumista in cui gli uomini perdono ogni riferimento etico, tradizionale, spirituale.

 E’ il dominio dell’economia e la mercantilizzazione della vita. Aperta solo per chi è d’accordo, però. Chi non crede nella società aperta non ha diritti.

“Non si può essere tolleranti con gli intolleranti”. Ma chi stabilisce chi sono gli uni e gli altri?

Quando nasce in Soros l’idea della Fondazione? Come agisce e, in concreto, che cosa fa?

 

 

 

Approdato in America, arricchito con la speculazione finanziaria, Soros fonda nel 1979 l’Open Society e finanzia studenti di colore nel Sudafrica dell’apartheid, la futura classe dirigente.

 Ecco l’intelligenza e la lungimiranza di Soros: capisce che si vince sul terreno culturale e dell’incorporazione delle menti più brillanti nel progetto globalista. Negli anni Ottanta è attivissimo nell’Europa Orientale e nell’Urss in funzione anticomunista. Forma molti che avrebbero costituito il nerbo dei governi post comunisti e partecipa al banchetto sulle spoglie dell’Urss che sarebbe durato sino all’ascesa di Putin.

Negli anni Novanta, diventato uno degli uomini più ricchi del mondo, il nemico degli Stati nazionali attacca la sterlina, la lira e le valute delle “tigri asiatiche” ed è al centro delle azioni che avrebbero portato alla violenta deposizione di Milosevic in Serbia.

L’attacco speculativo alla sterlina e alla lira sono le più note imprese finanziarie di Soros. Che cosa avvenne?

Era il 1992, c’era il cosiddetto serpente monetario e Regno Unito e Italia erano i vasi di coccio.

 Soros vendette allo scoperto miliardi di sterline, sostenuto dalle banche americane, costringendo l’Inghilterra a uscire dal sistema.

All’ operazione non fu estranea la parte dell’anglosfera contraria all’avvicinamento all’Europa, sostenitrice dell’alleanza storica con gli Stati Uniti.

In Italia le cose andarono peggio: dopo l’insuccesso di un’asta del Tesoro – la Banca d’Italia non poteva intervenire dopo lo scellerato divorzio tra Tesoro e istituto di emissione imposto dal ministro Andreatta nel 1981 – la lira venne attaccata con violenza enorme.

Non solo Soros; in molti approfittarono per esportare capitali affossando la nazione.

Ciampi, governatore di Bankitalia, prosciugò le riserve nel vano tentativo di resistere.

 Un giochetto da sessantamila miliardi. Intanto, sul panfilo Britannia i gioielli delle Partecipazioni Statali venivano venduti a prezzo di saldo – la lira valeva ben poco – agli stessi che avevano ispirato Soros nell’attacco alla nostra valuta.

Sul panfilo c’era anche Mario Draghi, all’epoca direttore generale del Tesoro. Proprio in questi giorni Soros ha elogiato l’azione politica di Draghi, in particolare sulla guerra in Ucraina.

 

Scrivi che Soros, anziché essere considerato nemico della nazione, ebbe addirittura una laurea honoris causa a Bologna.

La consegnò un altro protagonista della politica e della finanza, Romano Prodi. Nel 1992 l’esito dell’operazione di Soros e della sconsiderata reazione di Ciampi fu la manovra “lacrime e sangue” con il prelievo forzoso del sei per mille sui conti correnti di Giuliano Amato, sopravvissuto alla mattanza del sistema politico con l’operazione Mani Pulite. Amato, attuale presidente della Corte Costituzionale, è membro dell’Ecfr, Consiglio europeo per le relazioni estere, una creatura di George Soros.

 

Allora Soros è davvero il grande burattino globale…

No, è uno degli esponenti di un sistema di dominio il cui scopo è la privatizzazione del mondo. 

E’ un simbolo, il capofila di alcuni straricchi il cui progetto è cambiare alla radice la creatura umana a fini di potere.

Il loro non è un progetto economico – possiedono tutto e fanno parte dell’oligarchia che crea il denaro- bensì un’idea di dominio totale sull’uomo attraverso la sua riconfigurazione.

Resettano l’homo sapiens – le sue credenze, la religione, la comunità, le identità e le appartenenze – fanno una tabula rasa morale, culturale, valoriale, su cui edificano un colossale dispositivo di potere privato.

Concretamente, come si dispiega quel potere?

Soros conta moltissimo nell’Onu, nella Corte europea dei diritti dell’uomo, così come Bill Gates e Big Pharma sono padrone dell’Oms che sta imponendo un pezzo di governo mondiale attraverso la dittatura sanitaria.

 Il globalismo sta tirando le reti gettate da anni da personaggi come Soros, bestia nera degli Stati nazionali, della sovranità e soprattutto dei principi e valori della civiltà europea e occidentale.

Chi è finanziato da Soros? Come sceglie, e quali sono le cause che sostiene?

La sua è una vera e propria galassia che distribuisce direttamente oltre un miliardo di dollari annui, presente in quattro continenti. Ha fondato un’università a Budapest, ora a Vienna perché il governo magiaro ha cacciato Soros.

Finanzia campagne e gruppi favorevoli all’ aborto libero, alla legalizzazione delle droghe, alle teorie omosessualiste e gender. Fu il primo a sostenere l’eutanasia con il cosiddetto Progetto Morte.

Le somme che ha donato a queste cause ammontano a miliardi di dollari. E’ tra i massimi finanziatori del Partito Democratico americano (“liberal dem Usa”!Ndr.)  Ovunque sostiene movimenti, associazioni, gruppi orientati a sinistra.

 In Italia sono stati finanziati da Soros il Partito radicale e Più Europa. Emma Bonino è dirigente internazionale dell’Open Society. Possiede un’importante agenzia di stampa e in Italia ha co- finanziato un progetto giornalistico volto a modificare il linguaggio da usare sull’ immigrazione.

Qual è il ruolo di Soros nel sostegno all’immigrazione?

Tu stesso hai pubblicato rapporti sull’argomento; il tuo lavoro mi è servito nelle ricerche sul libro. Soros è uno dei maggiori finanziatori delle Ong (alcune dirette da suoi collaboratori storici) che agiscono in appoggio alle rotte migratorie clandestine.

Queste associazioni, Open Arms, Sea Watch e altre, favoreggiano apertamente gli scafisti e i mercanti di carne umana.

Hanno bisogno di somme enormi per mantenere navi, droni, elicotteri e aerei d’appoggio. Soros è il più munifico ufficiale pagatore. Le strutture di cui dispongono sono costosissime e la longa manus del sedicente filantropo è la più generosa.

Alla gente sfuggono le motivazioni di tanto attivismo. Non è certo la filantropia il movente di Soros; perché un impegno così grande sul fronte migratorio?

L’uomo plasmato dall’iper-classe globalista è un essere che va dominato; non deve pensare, sentirsi parte di una comunità, è privo di principi morali e non deve porsi domande di senso.

Deve limitarsi a lavorare per consumare con l’intermezzo di piaceri triviali, indifferente ai legami, alla famiglia, alla comunità, fluido, liquido, cangiante, secondo la volontà dei padroni della Società Aperta.

Infine scomparire se vecchio, debole, malato. Il nemico è l’uomo radicato, consapevole, figlio di una storia e di una comunità, deciso a trasmettere la sua civiltà alle future generazioni.

 E’ il ritratto dell’umanità europea e cristiana di ieri. Va decostruito, resettato, cancellato.

Ogni mezzo vale: il più radicale è la sostituzione etnica, ma servono egregiamente allo scopo il femminismo estremista e la cultura della cancellazione. Soros e altri mettono il denaro, scuotono l’albero e raccolgono i frutti. L’esito è l’umanità sradicata, senza idee, senza passato e indifferente al futuro: una specie zoologica d’allevamento.

Il quadro è quello che io e altri tratteggiamo da tempo. Mi sembra però che tu individui qualcosa di ulteriore. Parli della presa di possesso delle istituzioni internazionali da parte di Soros, Gates e degli altri membri del circolo dei miliardari  “filantropi”.

Effettivamente la realtà è da incubo. Questi signori hanno in mano il mondo attraverso il controllo e la proprietà della tecnologia, della finanza, delle istituzioni internazionali.

Le Ong sono uno strumento di questo potere; vige il sistema delle porte girevoli. I dirigenti occupano di volta in volta le poltrone di vertice delle fondazioni private e poi passano alle istituzioni transnazionali.

 Sempre gli stessi, tutti formati al liberismo economico (Liberal dem Usa) e al radicalismo libertario.

 L’attuale presidente dell’Open Society, Lord Malloch Brown, fu ministro laburista inglese ed ex vice segretario dell’Onu. Nel gioco dei quattro cantoni, chissà perché, Soros c’entra sempre.

Come nei colpi di Stato, nelle rivoluzioni “colorate”, in Ucraina nel 2004 e nel 2014, in Egitto, persino Birmania e Montenegro. L’elenco potrebbe continuare, ricordando che Soros è anche proprietario terriero e azionista di banche in Colombia.

E in Europa?

Numerosi membri della Corte europea dei diritti dell’uomo sono o sono stati dirigenti della galassia Soros, che conta molto nelle istituzioni dell’Ue e ha numerosi europarlamentari “amici”.

Del suo Consiglio europeo per gli affari esteri abbiamo accennato. Tutto si tiene se si segue il denaro e si scopre da chi sono finanziate, volute e imposte le politiche migratorie, i “nuovi diritti”, la banalizzazione delle dipendenze, la decomposizione della famiglia e del tessuto comunitario.

Io stesso non immaginavo di imbattermi in un potere tanto esteso, ramificato e provvisto di mezzi.

 Soros è un protagonista di primo piano nella privatizzazione del mondo e nella costruzione di un’umanità manipolata dall’oligarchia finanziaria e tecnologica, alleata con l’apparato di potere politico, economico e riservato degli Usa e dell’Occidente. Dimenticavo:

George Soros è tra gli ispiratori del Forum di Davos(di Klaus Schwab,il nuovo Hitler.Ndr.), quelli del Grande Reset e dello slogan “non avrai niente e sari felice”.

Ha 92 anni, è all’ultimo tratto della vita. Tuttavia la sua creatura gli sopravvivrà e uno dei suoi figli, Alexander, è in pista per continuare il lavoro del padre.

 

Per chi vuole capire la realtà, George Soros e l’Open Society è un libro da leggere come un romanzo. Al di là della figura di Soros, non crederete più che il mondo sia un giardino di miliardari filantropi e che il bene comune sia l’obiettivo dell’immenso dispositivo di potere privato, il “dominio globale dell’oligarchia tecno finanziaria”.

(maurizioblondet.it).

 

 

 

 

SILOVIK e “FILANTROPI OLIGARCHI”:

IL VOLTO OSCENO DELLA STORIA.

Nuovogiornalenazionale.com-(13 marzo 2022)- Silvano Danesi-ci dice:

 

Oligarchi e filantropi sono due volti osceni della contemporaneità e tra di loro non esiste una sostanziale differenza, anzi, come vedremo, una sostanziale identità. Con loro, in buona compagnia, ci sono i Silovik.

L’oligarchia (come l’autocrazia, la monarchia e persino la dittatura), appartiene alla categoria della politica, mentre la filantropia (come la teocrazia e l’aristocrazia) appartiene alla categoria dell’ideologia.

Che cosa è l’oligarchia?

E’ un regime politico o amministrativo caratterizzato dalla concentrazione del potere effettivo nelle mani di una minoranza, per lo più operante a proprio vantaggio e contro gli interessi della maggioranza.

In Russia non comandano gli oligarchi, che non sono altro che dei nababbi, ex papaveri del regime precedente, al comando di aziende dell’economia capitalista di Stato, senza un’effettiva libertà di movimento, gratificati per il servizio da barche, lusso, ville e via elencando.

In Russia comandano i Silovik, rappresentanti di agenzie statali, di intelligence, delle forze armate e di altre strutture dello Stato. I cosiddetti oligarchi, se proprio si vuole, possono essere una parte secondaria dell’apparato.

I Silovik sono più o meno la stessa cosa degli apparatchniki del vecchio regime.

Al vertice della piramide dei Silovik c’è Putin, che è uno di loro, essendo nato e cresciuto nel Kgb, sigla di Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti («Comitato per la sicurezza dello Stato»), supremo organo di sicurezza dell'URSS, costituito nel 1954 in sostituzione dell'NKVD, erede a sua volta della GPU e della Ceka.

Dalle ceneri del KGB sono nate due nuove agenzie: l'SVR(Servizio di intelligence estero) e l'FSB (Servizio di sicurezza federale).

 Il GRU (Direzione Centrale dell'Intelligence Militare), mantiene invece il medesimo nome dell'epoca sovietica. L'FSB ha poi assorbito al suo interno anche la FAPSI, un'agenzia per la sicurezza nazionale.

Se guardiamo alla piramide del potere russo, non dobbiamo dimenticare che non ci sono gli oligarchi, ma gli uomini dei servizi.

Se stiamo alla definizione classica di oligarchi, possiamo ben vedere che sono identificabili con i sedicenti filantropi dell’Occidente, i quali sono ben lontani dall’essere quello che la loro denominazione lascerebbe intendere.

La filantropia, infatti, è la disposizione d’animo a iniziative umanitarie che si traduce in attività dirette a salvarle. Principio stoico dell’amore verso l’essere umano.

Che amore ci può essere nelle azioni di Soros, il quale, ha speculato ampiamente con la finanza, anche ai danni della lira.

Per chi avesse la memoria corta, va ricordato che nella storia economica dell'Europa, il mercoledì nero è stato il 16 settembre 1992, quando la lira italiana e la sterlina inglese furono costrette ad uscire dallo SME, in conseguenza di una speculazione finanziaria da cui ricavò profitto soprattutto il finanziere George Soros tramite il suo fondo Quantum.

Oggi, trent’anni dopo, stiamo pagando le manovre spericolate del finanziare, il quale, nel 2014, ha incaricato due società di selezione del personale di identificare i membri del governo ucraino che sarebbe succeduto a quello guidato dal presidente filo russo, sostituito dal filo occidentale Poreshenko. Un’indagine accurata sui selezionati riserverebbe interessanti sorprese.

Speculazione e intromissione negli affari di uno Stato sovrano sono filantropia?

Sulle montagne svizzere, dove Thomas Mann scrisse il suo capolavoro (La montagna incantata), a Davos, politici e filantropi, chiamati a raccolta dal filantropo Klaus Schwab (il nuovo Hitler.Ndr), hanno ideato il Grande Reset, ossia l’impoverimento totale dell’Occidente, l’eliminazione progressiva del welfare e l’apertura alla Cina, sempre considerata come quel luogo dove la manodopera costa poco, perché il regime consente ancora, di fatto, la schiavitù.

Aveva ragione Solovev, quando scriveva del filantropo: pacifista, vegetariano, animalista, esegeta, ecumenista e via discorrendo, nella realtà assetato di potere.

Quando parliamo di filantropi, abbiamo anche qualche splendido esempio in chi ha frequentato Epstein.

In Russia c’è indubbiamente un regime dittatoriale, ossia un’organizzazione degli apparati politici dello Stato che esercita il controllo sociale sulla popolazione.

In Cina esiste, indubbiamente, un regime dittatoriale controllato dal partito comunista cinese.

In Occidente c’è il tentativo di esercitare, da parte della finanza, travestita da filantropia, un controllo sociale sulla popolazione, come appare sempre più evidente ogni giorno che passa, grazie all’opera dei governi proni alle ideologie “filantropiche” del noto Klaus Schwab.

L’estremizzazione della subordinazione dell’umanità alla tecnologia algoritmica, l’idea continuamente proposta del transumanesimo, non sono altro che aspetti di una deriva totalitaria rivestita con la facciata della democrazia.

Nel suo “Saggio su Pan”, James Hillman, ricordando il contributo di molti intellettuali nel resuscitare quello che fu il Rinascimento italiano scrive: “La loro ricerca condusse al riconoscimento che l’uomo non era soltanto occidentale, moderno, laico, civilizzato e ragionevole, ma anche primitivo, arcaico, mitico, magico e pazzo”.

Eccoci giunti al punto. L’Occidente, moderno, laico, civilizzato e ragionevole, sta mostrando il suo lato primitivo e pazzo. L’Anima mundi, conculcata e ostracizzata, si presenta con la sua forma patologizzata di Morte.

Gli oligarchi veri non sono quelli russi, membri di seconda serie della piramide dei Silovik, ma” i filantropi come Klaus Schwab”, che si ritengono gli “aristos”, i migliori, gli aristocratici che hanno il diritto di governare il mondo, di stabilire quanti esseri umani devono stare sul pianeta e di come devono essere e pensare.

Sono i filantropi, se dicenti aristocratici, o, se vogliamo membri di una élite che pensa di essere destinata a governare il mondo, che sono, al contrario di quanto dischiarano, i veri oligarchi, ossia gli assertori di un regime politico o amministrativo caratterizzato dalla concentrazione del potere effettivo nelle mani di una minoranza, per lo più operante a proprio vantaggio e contro gli interessi della maggioranza.

Che differenza c’è tra i filantropi-oligarchi e i Silovik? Di fatto nessuna, se non una fondamentale: “i primi agiscono mascherati”, i secondi sono scoperti.

Ambedue rappresentano il volto osceno della storia.

 

 

NEANCHE DI FRONTE AL DRAMMA

UCRAINO GUELFI E GHIBELLINI TACCIONO.

Nuovogiornalenazionale.com- Marforius-(14 -3-2022)- ci dice:

Da settimane non si fa altro che parlare, giustamente, della guerra tra Russia e Ucraina, una vera e propria guerra anche se non dichiarata. Una guerra iniziata, ormai tre settimane or sono,  con una invasione.

Siamo di fronte ad uno scenario terribile e drammatico, come sempre accade in una guerra, soprattutto in un epoca nella quale la tecnologia mette a disposizione degli eserciti armi sempre più potenti e devastanti.

Tutti sperano in una tregua, in un cessate il fuoco che ponga fine alla sofferenza di un popolo che non vuole arrendersi, anche se lo stesso si trova davanti a un esercito molto potente, numeroso e superiore.

L'occidente, soprattutto la comunità europea, mostra la propria sostanziale impotenza, nonostante abbia deciso di applicare le cosiddette sanzioni, di natura economica, la cui efficacia è tutta da verificare.

Come sempre, nel nostro paese si è formato subito il partito pro Russia e pro Ucraina. Fin qui può apparire una cosa normale, ma nel paese dei guelfi e ghibellini normale non è, perché le prese di posizione sono ideologiche e legate a scenari peraltro non più esistenti.

I soliti nostalgici, orfani di Stalin e compagni, come sempre attribuiscono agli Stati Uniti ogni responsabilità, in quanto questi ultimi a prescindere sono colpevoli per definizione.

A questi si accompagna Zalensky il quale è considerato un nazista, nonostante sia di religione ebraica e soprattutto sia una persona che ha visto l'uccisione di diversi familiari da parte dei nazisti, quelli veri.

E' un comico questo si. In questo caso non conta che in Italia un comico può governare, anche in modo indegno come accade da noi, ma in Ucraina no, sempre a prescindere.

Ma perché tutto questo, fermo restando, riguardo a queste contrapposizioni, che siamo di fronte a una guerra dei bottoni, con l'arma della tastiera e in uno scenario che vede divani e poltrone? Perché sono ancora troppi i cittadini prigionieri delle ideologie.

 

A questo punto cosa dire, nulla. Non si può dire nulla a chi non ha toccato con mano almeno le lacrime degli esuli giunti nel nostro paese. Esuli i quai sono in prevalenza donne e bambini, che hanno lasciato i propri mariti e i propri genitori a combattere contro chi ha invaso il loro paese.

C'è veramente poco da aggiungere quando siamo di fronte ai soliti utili idioti e pavidi barboncini da salotto, che non vogliono rischiare nemmeno di prendere il cappuccino e la brioche al bar con qualche minuto di ritardo.

 

 

 

UN SISTEMA DI POTERE.

Nuovogiornalenazionale.com- Redazione S.D. –(13 marzo 2022)- ci dice :

La questione non è solo relativa agli affari, ma al sistema di potere della Ditta, che ci ha imposto Speranza, Arcuri e il business che si è consumato sulla pelle degli italiani in rapporto al Covid.

 Su queste vicende stiamo ancora aspettando di sapere che fine hanno fatto le indagini delle varie procure. Da quando dopo Mani Pulite si è aperta la strada alla costituzione dell’Ulivo, il potere nei gangli dello Stato è stato spartito tra gli ex democristiani di sinistra e quel che rimaneva del PCI, dopo le cure occhettiane e dalemiane.

 

Non si capisce, ad esempio, cosa ci faccia ancora Arcuri ad Invitalia, visto lo spettacolo  che ha offerto sul Covid. Quanti amici degli amici sono stati messi in posti di responsabilità a portare, come

 si può ben vedere, il Paese alla disfatta?

Il disastro ha vari nomi. Prodi ha cominciato liquidando l’Iri.

 

La gestione del Covid ha distrutto commercio e turismo. Anni di idiozie energetiche ci hanno portato alla situazione attuale, con il risultato che qualcuno, non estraneo alle responsabilità politiche dei governi ulivisti, ci fa pure la morale dicendoci di abbassare i caloriferi.

Ora, utilizzando l’emergenza Ucraina, che mette a nudo la totale inconsistenza della classe politica italiana, si gioca la partita finale del Grande Reset, con la distruzione dell’apparato produttivo.

 Non bastasse, Draghi, bloccato nella salita al Colle dall’asse ulivista, sposa il partito delle tasse sulla casa, mentre crescono benzina, pane, beni di prima necessità e avalla le tesi di Speranza e dei giallo rossi.

Tira aria fredda da Davos.

 I business di D’Alema sono solo la punta dell’iceberg di un sistema che è il frutto della vendita dell’anima della sinistra (ex comunista e ex democristiana) alla finanza internazionale, la quale esprime élite debosciate che oggi mostrano tutta la loro debolezza avendo portato l’Occidente al disprezzo di se stesso e al suicidio geopolitico.

 

 

L’ESAME DI REALTÀ SERVE

SPECIALMENTE NEI PERIODI DI GUERRA.

Nuovogiornalenazionale.com- Pietro Imberti –(13-3-2022)- ci dice :

L'Occidente ha perso la sfida della globalizzazione, avendola interpretata come una competizione senza frontiere basata sul mercantilismo, sull'export che si conquista attraverso la riduzione dei costi, anziché sulla crescita della domanda interna.

Il paradosso è rappresentato dagli Usa, la punta di diamante dell'Occidente capitalistico: ha abbandonato completamente la produzione manifatturiera, la Old Economy, immaginando che la New Economy le avrebbe regalato un nuovo Secolo di prosperità e invece è diventata la Nazione più indebitata del mondo,

con una posizione finanziaria netta negativa per 13 mila miliardi di dollari ed un deficit commerciale strutturale che nel 2021 è arrivato alla astronomica cifra di 859 miliardi di dollari, di cui ben 353 miliardi nei confronti della Cina (+14,5%). Gli Usa comprano a debito, per loro fortuna denominato in dollari: stampando moneta, lo rimborserebbero.

Anche l'Europa è in enormi difficoltà.

Il saldo attivo della bilancia dei pagamenti correnti dell'Eurozona deriva principalmente da quattro paesi: al termine del terzo trimestre 2021, la somma dei risultati dei quattro trimestri precedenti portava l'Eurozona a +333 miliardi di euro complessivi. La Germania ha contribuito con +249 miliardi, l'Olanda con +78 miliardi, l'Irlanda e l'Italia con +68 miliardi.

La Francia ha invece registrato nel 2021 un nuovo record negativo della bilancia commerciale, con -84,7 miliardi euro rispetto ai -75 miliardi del 2020, peggiorando ancora la sua posizione finanziaria netta sull'estero, ormai negativa per 800 miliardi di euro.

 E' superata solo dalla Spagna che ha un passivo rovinoso di 909 miliardi di euro.

 L'Italia ha invece recuperato i precedenti disavanzi commerciali strutturali, con enormi sacrifici sul piano dei salari e della crescita, registrando ora una posizione finanziaria netta positiva per 106 miliardi di euro.

La Germania ha approfittato enormemente della relativa debolezza dell'euro, riuscendo ad accumulare un astronomico saldo finanziario netto positivo verso l'estero: ora è pari a 2.300 miliardi di euro, quando era a zero nel 2001.

Lo scenario sopra esposto lo argomentava Giudo Salerno Aletta sul Nuovo Giornale Nazionale.

Nessuno ancora oggi non vuol prendere atto - facendo un serio esame di realtà - che la UE è un soggetto dedito solo ad attuare una politica opportunistica è strabica: non si rende conto neppure degli effetti prodotti dalle sue azioni .

Non si ricorda più di aver incentivato i gasdotti disgiunti da una strategia energetica di lunga durata, senza porsi il problema degli effetti a medio - lungo periodo .

Ha scelto la tassonomia per attuare una fantasiosa politica di green economy, che tradotta in pratica concreta è una guerra alle tradizionali fonti energetiche come il gas e il petrolio, senza considerarne gli effetti pratici che incidono sulla qualità della vita di ogni persona.

Peggio ancora, la Ue ha bloccato di fatto una opportuna e vera ricerca sulla nuova produzione delle centrali nucleari sicure: quelle, si, fonti di possibili di produzione di energia pulita e di tutela dell’ambiente.

Lo strabismo sulla produzione dell’auto elettrica e poi il capolavoro d’arte più significativo: produrre auto senza una rete elettrica funzionale e efficiente e un capolavoro dedicato al Gretismo.

Ora il problema e mediare certo o rimediare ?

Macron e Shultz si agitano nella loro disperazione, la Merkel con il suo permanente silenzio sembra più “il fantasma che aleggia su un Europa senza politica”, che vaneggia giorno dopo giorno, senza una bussola che indichi obbiettivi prioritari scelti in autonomia .

Accise, gas e benzina sono una corda al collo. L’autorevolezza di Draghi collocata in coda e al seguito delle teorie di Klaus Schwab (il nuovo Hitler ,ndr.)quasi diventata una barzelletta con il sigillo di corte del “Super green pass”.

Se poi pensiamo che Biden sanzionerà Putin bloccandogli l’esportazione di vodka e caviale, allora sì che ci possiamo sentire più sicuri.

In realtà l’incubo di un periodo buio come questo, lo si può superare solo con una strategia politica trasparente leale nei confronti delle alleanze internazionali, pensando ad una rifondazione del progetto europeo su basi federali e contemporaneamente cambiando una classe politica dedita solo agli affari di giornata e a seguire ogni avventura di trasformismo politico e culturale .

Quello che non dobbiamo consentire che “la guerra in Ucraina” sopprima il dibattito politico sul futuro in Italia e in Europa in nome di un’emergenza assurda e permanente.

 

 

 

Siamo entrati nella Fase del

Crollo della Seconda Repubblica.

Conoscenzealconfine.it- (5 Giugno 2022)- Cesare Sacchetti- ci dice:

 

Siamo entrati nella fase dell’implosione dei partiti ormai nudi e senza protezione. Siamo entrati nella fase del crollo della seconda Repubblica.

Nei mesi scorsi, mi era capitato di far notare come la cosiddetta “multa” di 100 euro fosse praticamente una minaccia virtuale che non avrebbe mai avuto alcuna attuazione concreta.

Mentre provavo a smascherare il bluff venivo impallinato dal fuoco della falsa controinformazione che invece faceva del tutto per agitare lo spauracchio dei 100 euro ventilando persino prelievi forzosi, cartelle esattoriali o altre menzogne terroristiche del genere. Ora siamo arrivati alla scadenza degli obblighi e vediamo che nessuno ha mai ricevuto una vera multa.

Sono arrivate ad alcune persone delle comunicazioni nelle quali si chiedeva in pratica al diretto interessato di rendere noto se aveva o meno una esenzione. Comunicazioni che sono arrivate persino a persone decedute, e questa è la prova che non hanno la più pallida idea di chi si è vaccinato oppure no.

Hanno provato a lanciare una esca nel mucchio sperando che qualcuno abboccasse, ma i risultati di questa tattica sono stati fallimentari.

Adesso siamo giunti a pochi giorni dalla scadenza del 15 giugno, e constatiamo che ciò che avevamo fatto notare in passato era vero.

Non hanno mai avuto alcun potere reale di fare le cose che i media e soprattutto la falsa controinformazione volevano far credere. Hanno giocato tutte le loro carte sulla guerra psicologica provando a far crollare le persone attraverso una campagna terroristica coordinata da apparati dei servizi.

 Tutti i loro bluff sono falliti. Adesso siamo entrati nella fase dell’implosione dei partiti ormai nudi e senza protezione. Adesso siamo entrati nella fase del crollo della seconda Repubblica.

Allo stato dell’arte attuale, l’ultimo lembo della defunta farsa pandemica è rimasto quello dell’obbligo vaccinale per i sanitari. Personalmente, sono convinto che non arriverà alla data di scadenza prefissata e lo avevo già fatto notare in altre occasioni.

Arrivati al 15 giugno, con la fine degli obblighi vaccinali per le altre categorie, i medici non vaccinati, già sul piede di guerra, inizieranno ad alzare ancora di più la voce chiedendo di mettere fine alla discriminazione ad personam nei confronti della loro categoria.

Il governo Draghi inoltre si trova a far fronte con un disagio sociale senza precedenti e con una larghissima parte degli italiani in stato di rivolta per i danni economici e sanitari subiti dall’autoritarismo dell’esecutivo con relativo danneggiamento Costituzionale.

Ormai non c’è città italiana nella quale i ministri del governo mettono piede dove non vengono sommersi da una pioggia di insulti e fischi. La pressione è dunque giunta ai massimi livelli. Ma poniamo anche, per ipotesi, che il governo ritiri l’obbligo vaccinale per i sanitari domani mattina. Chi vuole continuare a credere che le restrizioni torneranno lo farà indipendentemente da quello che la vera realtà mostra a queste persone.

Queste persone ormai si trovano imprigionate in una gabbia psicologica che loro stesse hanno eretto.

Non è più pertanto un problema di corretta informazione, ma mentale. Chi vuole vivere permanentemente in questa condizione è perché ha deciso di farlo e chi vive in questo stato di paura quotidiana si ritrova in una condizione di dissonanza cognitiva più drammatica di quella che affliggeva il “covidiota”.

(Cesare Sacchetti- t.me/cesaresacchetti).

 

 

 

 

 

“Robocani” in Umbria.

Conoscenzealconfine.it- Francesco Rondolini- (4 Giugno 2022)- ci dice :

 

Ebbene sì… anche nel Belpaese, più precisamente  nel cuore verde d’Italia, fanno la loro comparsa i robot a quattro zampe.

Proprio così: robocani in Umbria. Come riportato qualche giorno fa dal giornale locale, il Corriere dell’Umbria, in Valsorda sono apparsi questi quadrupedi robotizzati. La comparsa dei quadrupedi automatici fa parte “del progetto Horizon 2020 ‘Natural Intelligence for Robotic Monitoring of Habitats’ finanziato dall’Unione Europea con un budget totale di tre milioni di euro, sotto la responsabilità del professore Manolo Garabini del centro ricerca ‘Enrico Piaggio’ “, riporta la testata perugina.

Apprendiamo che l’obiettivo di questi robot sarebbe quello di riuscire a muoversi liberamente in mezzo alla natura, cercando di camminare liberamente in tutti i tipi di terreno (sabbiosi, rocciosi, sentieri scoscesi), con il compito di vigilare l’ambiente dal pericolo del surriscaldamento globale e dall’inquinamento”.

 

“Si tratta di un progetto finanziato dall’Unione Europea iniziato nel 2021 e che finirà nel 2024. Progetto che si prefigge”, spiega il professor Garabini “di portare la robotica al servizio del Green deal europeo per combattere il cambiamento climatico, attraverso un monitoraggio ambientale sempre più efficace ed accurato” (ma che razza di baggianate…).

Tali cani cibernetici “possono aiutare i ricercatori a fare un monitoraggio più efficace e più accurato, grazie anche alla grande quantità di dati che possono raccogliere in tempi relativamente brevi in modo efficiente”, conclude il professore.

Vale la pena ricordare la versatilità di queste creature meccanizzate: in America hanno montato un arma sulla schiena del robot la quale “consente un fuoco di precisione fino a 1200 metri”. Inoltre, alcuni di questi esemplari vengono utilizzati per pattugliare i confini USA-Messico.

Altre specie robotiche cinoidi non ben identificate, come sanno i lettori di Renovatio 21, sono già state applicate per controllare gli spostamenti di onesti cittadini durante i lockdown e per fargli mantenere il cosiddetto distanziamento sociale in nome del pericolo pandemico.

Si sono visti pattugliare robocani anche presso Nuova York (uso poliziesco), a Singapore (uso pandemico-repressivo), sull’Himalaya (uso militare). La piccola Umbria si aggiunge alla lista, e chi lo avrebbe mai detto, per un uso ambientale.

Intanto tutti i cacciatori, i tartufai, i raccoglitori di asparagi e di funghi stiano attenti perché potrebbero trovarselo davanti nelle loro battute di caccia o passeggiate.

(Francesco Rondolini- renovatio21.com/robocani-in-umbria/).

 

 

 

 

 

 

Parte l’Esproprio Immobiliare.

Conoscenzealconfine.it-( 2 Giugno 2022)- Ruggiero Capone-ci dice :

 

In un futuro molto vicino, se un cittadino metterà in vendita casa dovrà prioritariamente accettare l’offerta dei grandi gruppi, che potrebbe essere scartata solo previo giudizio di un tribunale.

Dal 2012, con l’arrivo del Governo di Mario Monti, sentiamo costantemente ripetere da blasonati professoroni e supertecnici della finanza (pubblica e privata) che per raddrizzare gli italiani necessita bruciare loro i risparmi, perché non sanno adoprarli, soprattutto togliere loro la proprietà di casa, perché immobilizzazione di risorse sottratte ai mercati.

Oggi, grazie a Mario Draghi e alla sua capacità di “ricatto”, la porta è bella e sfondata. A luglio Supermario privatizzerà l’acqua italiana, in forza d’un atto d’imperio sul Parlamento, volutamente dimenticando il referendum sull’acqua pubblica.

L’ingresso delle multinazionali nella proprietà d’un bene primario, e nella gestione dei servizi idrici, permetterà ai grandi gruppi di condizionare le opere di urbanizzazione e la pianificazione territoriale dei Comuni e di tutti gli Enti locali: mettendo così la proprietà privata in balia di colossi societari che hanno la possibilità d’espropriare terreni ed appartamenti, convincendo le Amministrazioni locali che sarebbe doveroso cambiar faccia alle città, trasformarle buttando giù tutto. Questo stravolgimento è già stato sperimentato nelle aree terremotate marchigiane, dove in nome del ppp (“partenariato pubblico-privato”) sono stati ceduti dallo Stato ai colossi privati, i diritti sulla proprietà privata dei cittadini.

Con l’estensione del partenariato ai diritti fondamentali (acqua, casa, risparmio) la vita stessa dei cittadini è ormai a disposizione della cricca di potere che finanzia il Forum economico mondiale di Davos il cui capoccia è Klaus Schwab ,(il nuovo Hitler!Ndr) .

Da quest’ultimo fatto dipendono le scelte dei governi degli ultimi dieci anni.

Il ppp non è una terribile parolaccia (forse lo è) ma l’acronimo di “Partenariato pubblico-privato”: voce che negli stessi libri di diritto presenta aspetti equivoci e motivazioni carenti. Il ppp è una forma di cooperazione tra poteri (pubblici e privati): un accordo plutocratico con l’obiettivo di finanziare, costruire e gestire infrastrutture o fornire servizi di interesse pubblico (come far gestire i soldi statali delle emergenze a multinazionali come BlackRock, Amazon, Microsoft).

Di fatto, è una cooperazione tra autorevoli comitati d’affari, motivata dallo Stato come “capacità d’attrarre investimenti privati”, e con la clausola di vaselina aggiuntiva delle “competenze non disponibili all’interno della pubblica amministrazione”.

 Il ppp funziona come la vecchia Fiat: i profitti sono sempre degli investitori privati, ma le perdite sono per contratto spalmate sui cittadini.

Il partenariato mette la collettività di fronte all’atto compiuto, e senza nemmeno la possibilità che una “class action” (come nel mondo anglosassone) possa inchiodare il privato alle proprie responsabilità, a pagare gli eventuali danni.

In forza di questo modello, Draghi prima privatizzerà l’acqua e poi aprirà agli stravolgimenti urbanistici: per esempio, obbligo delle cessione di terra o casa da parte dei cittadini ai grandi gruppi. Nel diritto agrario va detto che la prelazione del confinante nell’acquisto d’un terreno esiste da sempre, ma ora questa prelazione (con blocco del mercato immobiliare urbano) potrà essere introdotta in città e paesi, e su ogni bene registrato.

In un futuro molto vicino, se un cittadino metterà in vendita casa dovrà prioritariamente accettare l’offerta dei grandi gruppi, che potrebbe essere scartata solo previo giudizio di un tribunale, come già avviene negli Usa.

 E questo, secondo i finanziatori del Governo Draghi, permetterebbe a un unico proprietario di rimodernare le città, di stravolgerle. Come già avvenuto ad Amsterdam, Amburgo, New York e San Francisco tra fine Ottocento e i primi del Novecento.

Va detto che nemmeno a livello di normative dell’Unione europea esistono definizioni esatte del Ppp.

 Il testo di “diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni” (Comunicazione Commissione Ue 30 aprile 2004, Com 2004 numero327) chiarisce che “con tale termine ci si riferisce, in generale, a forme di cooperazione tra le autorità pubbliche ed il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione e la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura oppure la fornitura di un servizio”.

Di fatto, il partner pubblico dovrebbe vigilare sugli obiettivi da raggiungere e per il bene della collettività, perché il ppp mette mani a strade, ferrovie, porti, aeroporti, energia, acqua, salute. Quindi lo Stato dovrebbe vigilare sui prezzi che il privato pratica alla comunità (per acqua o per il fitto dei beni espropriati e poi rimessi sul mercato) e se gli indennizzi ed i risarcimenti avvengano per davvero e sono congrui. Il rischio è che decine di milioni d’italiani verrebbero danneggiati e messi in povertà, forse anche trascinati nei tribunali e rovinati attraverso il sistema delle cause civili.

Così, il modello espropriativo del “bene casa” segue a ruota quello del “bene acqua“.

Per abolire la micro-proprietà privata (i piccoli proprietari), il metodo parte con l’inasprimento della tassazione (Imu, Tasi, reddito) e l’aumento d’imposizioni normative (messa a norma Ue). E poi s’irrobustisce con la possibilità per i grandi privati d’acquisire a prezzo politico interi quartieri (come avvenne a San Francisco).

Così, in pochi anni i proprietari di appartamenti dovrebbero ricevere una comunicazione del Comune che, in caso di messa in vendita dell’immobile, devono prima di tutto proporlo ad un gruppo industriale.

Nel momento in cui il gruppo possiederà la maggior parte delle quote millesimali d’un palazzo, potrà procedere coattamente all’esproprio (e per via giudiziale del restante). Con questa trovata del partenariato, ed in nome d’un fumoso progresso, cambierà la vita dei cittadini, meno liberi e al giogo dei gruppi multinazionali.

( Ruggiero Capone- opinione.it/economia/2022/05/30/ruggiero-capone_acqua-privatizzata-esproprio-immobiliare-draghi-monti/).

 

 

 

 

Tragica Situazione delle Forze Armate

 e della Società USA, ma il Deep State

continua ad essere Guerrafondaio.

Conoscenzealconfine.it-( 1 Giugno 2022)- Claudio Martinotti Doria-ci dice :

 

Dall’inizio dell’anno le Forze Armate USA hanno già avuto parecchie centinaia di diserzioni e suicidi (fenomeni in costante crescita) e il tasso di mortalità per malattie cardiache e degenerative, oltre che per malori improvvisi non meglio precisati, è triplicato nel periodo post-vaccinazioni anti-Covid.

Gli arruolamenti sono in forte calo, i giovani non hanno più alcuna intenzione di combattere per il proprio paese, sapendo che il rischio di ritrovarsi coinvolti in qualche conflitto bellico è molto elevato.

Pare sia finito il tempo delle vacche grasse per l’Esercito USA quando poteva selezionare con estrema severità il personale, avendo a disposizione ogni anno centinaia di migliaia di docili e facilmente manipolabili giovani che si arruolavano perché privi di alternative, essendo disoccupati e senza prospettive professionali ed esistenziali, oppure immigrati cui si prometteva la cittadinanza americana dopo il congedo.

Occorre mettere nel conto anche la grave crisi di reputazione e prestigio delle Forze Armate USA in seguito alla débâcle in Siria e in Iraq, oltre a quella più recente ed eclatante in Afghanistan e quella che rischia di essere altrettanto grave in corso in Ucraina.

Aggiungiamoci per dovere d’informazione che sussiste un grave gap tecnologico militare nei confronti della Russia, che è molto in avanti in alcuni sistemi d’arma, in primis i missili ipersonici e i sistemi antiaerei.

Tanto per citare esempi concreti, i turchi hanno comprato il sistema antiaereo russo a lungo raggio S-400 provocando le ire funeste degli USA, e non sono i soli a comprarlo e lodarlo. In Siria per fermare i raid dei caccia israeliani pare che basti il retrodatato S-300, i russi dispongono già a livello operativo del successivo S-500 e stanno dedicandosi all’ S-1000.

Sui missili balistici intercontinentali ipersonici russi Sarmat avevo già scritto in precedenza, qui sintetizzo all’estremo: viaggiano oltre i 15mila km/h (fino a 20mila), non sono intercettabili né abbattibili, dispongono ciascuno di diverse testate che possono colpire obiettivi diversi in un ampio raggio d’azione.

Per farla breve, con quelli di cui la Russia dispone già in questo momento, sarebbe in grado in pochi minuti (se lanciati dai sottomarini nucleari presso le coste americane) di distruggere un’area delle dimensioni degli USA e del Canada e nessuno potrebbe impedirlo e neppure avrebbe il tempo di reagire.

Non stupiamoci quindi se gli USA ultimamente le guerre preferiscono farle combattere per procura, nel nostro caso fino all’ultimo ucraino, oppure tramite gruppi paramilitari, anche terroristici o neonazisti (prodotti made in USA), o tramite i contractors, cioè mercenari a 2000 dollari al giorno, cioè 60mila dollari al mese, sempre che arrivino vivi a fine mese.

 Nel caso ucraino ne sono già morti a centinaia, altre centinaia hanno già disdetto il contratto d’ingaggio dopo alcuni giorni di permanenza (come puoi spendere così tanti soldi se sei morto?), soprattutto a causa dei bombardamenti di precisione russi, che devono aver fatto intendere loro cosa sia una vera guerra.

Gli USA e la NATO non sono stati mai così deboli, ed è forse questo il motivo che li induce fare la voce grossa e risultare così aggressivi, facendo combattere altri al posto loro.

 I loro avversari (non per scelta ma perché costretti), la Russia e la Cina e in terza posizione anche l’Iran, lo sanno benissimo; il bluff inganna solo i disinformati non certo i servizi d’intelligence russi e cinesi, che sono perfettamente informati sulle effettive condizioni in cui versano le Forze Armate USA e NATO.

Non mi sorprenderebbe che la Cina, approfittando di questa palese debolezza degli USA (che non li rende meno pericolosi, a causa di possibili colpi di coda), sferrasse un colpo di mano su Taiwan per riprenderne il controllo, sulla scia di quanto fatto dai russi in Ucraina.

Il presidente burattino rimbambito Biden sbraiterebbe come un folle delirante emettendo delle flatulenze incontrollate, ben sapendo che nessuno lo considera il vero comandante in capo e i suoi eventuali ordini rischierebbero di non venire neppure eseguiti.

Questa è la situazione negli USA: ci sono conflitti interni nella leadership senza nessuna pietà e a tutti i livelli, e ha del miracoloso che finora non sia scoppiata una guerra civile, altro che muovere guerra all’esterno, la guerra la rischiano sul loro territorio, con diversi stati della federazione che stanno seriamente pensando alla secessione e sono in guerra legale e istituzionale permanente con il governo federale, vedasi ad esempio la Florida e il Texas, il secondo e il terzo stato per popolazione negli USA.

Come palliativo alle loro difficoltà e per dissimularle, oltre che per distogliere l’opinione pubblica dagli scandali inerenti il coinvolgimento della famiglia Biden in loschi affari e nel finanziamento e gestione di laboratori per la produzione di armi biologiche in Ucraina, gli USA ricorrono a forniture esasperate di armi agli ucraini, che nella maggioranza dei casi non pervengono neppure al fronte, perché vengono intercettate dai russi con bombardamenti mirati ai depositi e ai vettori, oppure vengono catturate dalle forze armate russe e consegnate ai combattenti donbassiani di Donec’k e Luhans’k, o peggio ancora vengono rivendute dagli oligarchi ucraini corrotti.

Armi pagate dai contribuenti occidentali ovviamente, per l’arricchimento dell’apparato industriale militare americano e di alcuni “compagni di merende”, soprattutto anglosassoni, non a caso infatti la perfida Albione è tra i paesi più agguerriti guerrafondai contro la Russia.

La guerra in Ucraina gli USA e la NATO la stanno vincendo solo sul fronte della propaganda, perché controllano tutti i media mainstream occidentali che pubblicano le veline che gli vengono passate dagli uffici stampa della NATO e dei servizi di intelligence militare, con mistificazioni e menzogne talmente inverosimili e di tale basso profilo intellettuale che la loro credibilità dura soltanto alcuni giorni o addirittura poche ore per poi venire smentite dai fatti circostanziati e innegabili.

I fatti rivelano che mentre prima dell’inizio del conflitto i donbassiani filorussi controllavano solo il 35% dei due oblast’ di Donec’k e Luhans’k che costituiscono la regione del Donbass, ora ne controllano il 95% e i russi hanno occupato interamente altri due oblast’ del sud dell’Ucraina sulle coste del Mar Nero e una notevole porzione di altre due nell’entroterra, in totale stanno controllando oltre il 20% dell’intero territorio ucraino. Inoltre, da mesi dispongono del totale controllo aereo e sono in grado di colpire con una precisione di 1 metro qualsiasi punto dell’Ucraina con i loro missili e i loro aerei. Le truppe ucraine sono costituite ormai per la stragrande maggioranza da reclute e milizie territoriali, arruolate con la forza per sostituire le pesanti perdite subite dai veterani e forze d’élite (quasi tutte neonaziste), di conseguenza sono demotivate e meno militarmente preparate, e sotto al fuoco serrato dell’artiglieria russa resistono ben poco e si arrendono alla prima occasione.

Soprattutto dopo aver visto che i loro comandanti uccidono i loro compagni che si sono rifiutati di eseguire gli ordini o hanno tentato di disertare.

L’impatto della realtà del fronte rispetto alle fandonie propagandistiche propalate dai loro comandi e dai media asserviti, li lascia sgomenti e li induce a cercare un modo per sopravvivere, rinunciando a combattere.

Inoltre si ritrovano immobilizzati nelle trincee fortificate, rivolte verso il Donbass, peccato che le truppe russe e don-bassiane, applicando la loro classica strategia militare li accerchino chiudendoli in sacche, e poi attacchano le trincee d’infilata. Non ricevendo rifornimenti e rinforzi, condizioni basilari per continuare a combattere, senza acqua viveri e munizioni dopo pochi giorni i soldati ucraini sono costretti ad arrendersi a decine di migliaia.

I loro comandanti non possono ordinare ritirate strategiche perché i loro veri dominatori, gli USA e la NATO, cioè gli anglosassoni, glielo impediscono, per motivi propagandistici e di tenuta del sistema. E in ogni caso una volta che sei chiuso in una sacca puoi solo morire o arrenderti, ogni ritirata è impedita.

In queste condizioni le menzogne propagandistiche dei comandi ucraini e dei media occidentali non possono coprire a lungo una sconfitta sul campo, altrimenti si rischia di imitare il ministro della difesa di Saddam Hussein che dichiarava in tv che la situazione era sotto controllo e i soldati iracheni stavano vincendo la guerra, mentre dietro di lui sullo schermo tv si vedevano i carri armati USA che stavano circolando per la capitale Bagdad.

Anche la guerra economica e finanziaria alla Russia è fallita ottenendo il risultato contrario, la Russia si è rinforzata incassando più denaro di prima dall’Estero ed è più coesa socialmente (quasi l’80% della popolazione russa approva l’operato del presidente Putin, sondaggio eseguito da un’agenzia invisa al Cremlino in quanto ritenuta filo-occidentale), il rublo si è valorizzato del 20% dall’inizio dell’anno ed è più che raddoppiato sul dollaro dall’inizio del conflitto in Ucraina.

La Russia ha altresì aumentato la sua sfera d’influenza non solo in Asia ma anche in Africa e Sudamerica, sono infatti decine i paesi che si sono rifiutati di applicare le sanzioni e hanno intrapreso scambi commerciali con la Russia.

Gli unici che hanno subito gravi danni dalle sanzioni alla Russia sono stati i paesi dell’UE, Germania e Italia in primis, che pagheranno caro il servilismo autolesionistico di stampo coloniale nei confronti degli USA.

A questo punto è legittimo chiedersi se gli USA sono ancora in grado di imbroccarne una giusta di scelta strategica e geopolitica, o se riescono a fare solo danni, anche alla propria popolazione. Peggio di loro fanno solo i paesi europei che pare facciano a gara di stupidità e masochismo, manifestando un grave scollamento sia nella percezione della realtà che delle esigenze e desiderata della propria popolazione, che non approva affatto le scelte che vengono fatte sulle loro teste.

È difficile a memoria umana individuare un’altra epoca in cui i ruoli politici siano stati attribuiti a individui, uomini e donne, di così manifesta stupidità, incompetenza e ignoranza.

Frutto probabilmente di una formazione similare da loro ricevuta in qualche scuola o think tank del World Economic Forum di Davos di Klaus Schwab et similia.

La situazione è grave, inutile negarlo, meglio informarsi seriamente, soffrire psicologicamente e prepararsi pragmaticamente, che vivere impotenti sopraffatti dalla paura artatamente indotta guardando le menzogne propinate dalla televisione.

( Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria – Email: claudio@gc-colibri.com -

cavalieredimonferrato.it/).

 

 

 

L'oligarchia della Finanza o

del feudalesimo prossimo venturo.

Piccolenote.ilgiornale.it-Redazione- (14 ottobre 2020)- ci dice :

 

Mentre per le moltitudini il coronavirus è flagello, per pochi ricchissimi ha rappresentato un’opportunità per nuovi guadagni. Non vorremmo ironizzare su tale scandalo, ma il modo in cui i professionisti della PWC (PricewaterhouseCoopers, una società di consulenza finanziaria) si adoperano per descrivere l’incredibile incremento dei patrimoni e delle ricchezze dei moderni Paperoni non può non strappare un sorriso.

 

Il report Billionaires Insights 2020 pubblicato di recente dalla PWC e da UBS (Unione della banche svizzere) documenta ciò che tutti già sapevamo. Nonostante (ma forse dovremmo dire “grazie a”) la crisi senza precedenti creata dalla pandemia “la ricchezza totale dei miliardari ha raggiunto 10,2 trilioni di dollari alla fine di luglio 2020, toccando un nuovo massimo… un picco che supera il precedente, del 2017, di 8,9 trilioni di dollari”.

Giusto per chiarezza, per chi, come noi, ha poca dimestichezza con questi ordini di grandezza, un “trilione” è equivalente a mille miliardi. Quindi stiamo parlando di oltre 10mila miliardi di dollari in mano a poco più di 2000 persone.

L’incremento più massivo si è registrato nel ramo della “technology&health” (tecnologia e sanità), con guadagni che fanno impallidire le pur ragguardevoli crescite di altri settori, il che è facilmente spiegabile con le esigenze di questo periodo.

“Questo è un momento chiave nella storia economica – dettaglia il report -, un periodo di eccezionale distruzione creativa schumpeteriana. Scienziati, programmatori di computer e ingegneri stanno rivoluzionando le industrie a un ritmo mai visto prima e stanno avendo un profondo impatto sull’intera economia globale”.

Il richiamo del testo è all’economista austriaco Joseph Schumpeter, al quale si deve l’idea di una fase economica “creativa” che distrugge quella precedente (ad es., i produttori di automobili che prendono il posto delle imprese che fabbricavano carrozze).

Il processo attuale, causato dal Covid-19, sta avvenendo a un ritmo “mai visto prima” e, come facilmente intuibile, con conseguenze che “non si sono mai viste prima“.

Appare evidente che tali conseguenze non preoccupano affatto questa élite di miliardari, che invece si interroga sul proprio ruolo nella nuova situazione. E il ruolo che si propone è quello di accrescere il proprio impegno filantropico, già oggetto di laudi sperticate dai media internazionali.Non però un impegno casuale, ma qualcosa di più complesso: “Questa crisi ha ribadito l’importanza di utilizzare il nostro ‘scopo’ e i nostri ‘valori’ come ‘principi guida… Non si tratta di cosa potremmo fare, ma cosa dovremmo fare per aiutare chi ci circonda. Ha anche fornito un ottimo esempio alla nostra prossima generazione su come utilizzare questi principi per il miglioramento della società” (Klaus Schwab…dixit).

“Questo potrebbe essere l’inizio di un file ‘alba nuova’. Quali sono le sue caratteristiche distintive? Un aumento quantitativo della filantropia. Una filantropia più strategica […]. E un maggiore utilizzo della tecnologia, in particolare attraverso investimenti diretti verso la tecnologia pulita”.

“La nostra ricerca mostra che i miliardari stanno dando (filantropicamente) più che in qualsiasi momento della storia (sic)… l‘impennata ricorda i primi decenni del XX secolo, il tempo della Seconda rivoluzione Industriale, quando fiorì il rapporto tra capitalismo americano e filantropia e furono investite fortune nel sostenere la creazione di opportunità attraverso scuole, università, biblioteche e centri di ricerca…”.

“È l’inizio, ma i miliardari potrebbero essere a un punto di svolta, mettendo rinnovata energia e ricchezza nell’affrontare i problemi ambientali e sociali che la pandemia e le recenti catastrofi naturali hanno evidenziato. Diversi segni suggeriscono questo”.

Nessun palpito per la scandalosa forbice economica che la pandemia ha accentuato, nessun correttivo suggerito, anzi. Nessuno scandalo che i soldi che avrebbero potuto essere investiti per alleviare le sofferenze dei molti siano finiti nel portafoglio dei pochi, che possono godere delle elusioni fiscali dei paradisi appositi, negati ai più, e che possono investire in filantropia esentasse.

Solo l’esortazione a quanti hanno profittato della tragedia globale, affinché ora siano così buoni da usare i propri beni per ricreare un mondo più pulito. Un’alba nuova di un mondo nuovo. Il “loro mondo”, plasmato grazie alla distruzione dei destini delle moltitudini, dove i pochi saranno sempre più ricchi e le moltitudini potranno al massimo godere della loro beneficenza.

Un nuovo feudalesimo, nel quale le entità statali, la politica, rappresentano un vuoto teatrino al quale la signoria globale potrebbe concedere di sopravvivere o meno e che ha come principio fondante quello di non turbare l’attuale sistema.

 

 

 

Sono “soldi” di coccodrillo?

Messsaggerosantantonio.it- GIULIA CANANZI-(12 Ottobre 2021)- ci dice :

 

Una provocazione bella e buona per mettere a fuoco i rischi che si celano dietro la grande filantropia internazionale. Che oggi più che mai è lo specchio di come agiscono l’economia e il potere nelle nostre società.

Meglio i milioni donati da Bill Gates o l’obolo della vedova?

 Il primo può salvare milioni di vite attraverso i soldi, i mezzi e gli stuoli di esperti della sua fondazione, la Bill & Melinda Gates Foundation, la seconda può magari sfamare un affamato.

 La domanda è volutamente provocatoria per mettere a fuoco un problema che ci riguarda tutti da vicino, ma che rischiamo di non vedere per due motivi opposti.

 Il primo è che alcuni di noi sono abbagliati dai risultati oggettivi ottenuti da Bill Gates in favore di popolazioni svantaggiate o nella lotta al covid-19, lasciando in secondo piano alcuni aspetti critici; il secondo motivo, al contrario, vede nell’azione filantropica di Bill Gates e degli altri super-ricchi come lui, solo un complotto planetario dalle oscure trame, una visione, quest’ultima, che però impedisce di andare al cuore della questione.

 Il problema infatti c’è, ma sta altrove. Ha a che fare non solo con il nostro concetto di dono, ma addirittura con il tipo di società che vogliamo costruire.

Potrà sembrare strano a prima vista, ma la filantropia per quello che è diventata oggi è lo specchio di come agiscono l’economia e il potere nella nostra società.

 Appena prima della pandemia, Oxfam, confederazione internazionale contro la fame, riportava che i 2.153 uomini più facoltosi del mondo possedevano più ricchezza del 60 per cento della popolazione del Pianeta tutta insieme e che il numero dei Paperoni era raddoppiato nell’ultima decade.

L’accumulo di ricchezze – notano gli esperti – viaggia di pari passo con l’aumento di donazioni filantropiche da parte dei super-ricchi.

A darne prova è il Wealth-X and Arton Capital Philantropy Report del 2016, un rapporto focalizzato proprio sulla filantropia di questa classe di persone, dal quale risulta che gli investimenti filantropici dei super-ricchi crescono ogni anno di più: nel 2015 erano cresciuti del 3 per cento, l’anno prima del 6,4 per cento. La notizia più interessante, però, è un’altra: i donatori che avevano investito almeno un milione di dollari nel corso della propria vita erano mediamente più ricchi dei loro pari che non lo avevano fatto. Ricapitolando, al crescere delle diseguaglianze, cresce l’impegno filantropico dei super-ricchi, i quali, nonostante le ingenti donazioni, diventano ancora più ricchi. È evidente che qualcosa non torna.

I robber baron del ’900.

Il rapporto filantropia-accumulo di ricchezze non è casuale.

 La filantropia come la conosciamo oggi, è un’altra cosa rispetto all’obolo della vedova o al nostro impegno a favore di una buona causa.

 «Nasce nel ’900, in America, quando iniziano a formarsi i grandi capitali, come quelli di Andrew Carnegie, il magnate dell’acciaio, o John Rockefeller, il re del petrolio – afferma Lavinia Bifulco, docente di sociologia all’Università Milano Bicocca –.

È da subito caratterizzata da un alto grado di istituzionalizzazione e di competenze organizzate. Serve a giustificare le grandi ricchezze dei pionieri del capitalismo e a mettere a tacere il malcontento delle classi povere, allontanando lo spettro del socialismo».

La contraddizione inizia già agli albori della filantropia: «Da un lato questi magnati erano “robber baron” cioè sfruttatori senza scrupoli – continua la professoressa – e dall’altro generosi filantropi».

La mano destra prende, la mano sinistra dà. Fatte salve le intenzioni reali di aiutare, che ci saranno pure state, la filantropia diventa per così dire un’azione di marketing, per legittimare la propria enorme ricchezza e il sistema che la rende possibile.

 Da allora gli Stati Uniti hanno un rapporto particolare con la filantropia, soprattutto perché essa supplisce alle carenze dello Stato sociale.

Delle oltre 200 mila Fondazioni del mondo – una galassia di entità molto varie, in cui si esprime buona parte della filantropia mondiale –, poco meno della metà, circa 87 mila, è registrata negli Stati Uniti, così come sono prevalentemente americani i più grandi filantropi del Pianeta.

Tuttavia, per capire che cos’è la filantropia oggi bisogna spostare le lancette dell’orologio agli inizi degli anni 2000, tenendo presente che la fine del ’900, ha portato grandi cambiamenti all’economia mondiale.

Il muro di Berlino è caduto, portandosi dietro l’ideologia comunista.

Il capitalismo, rimasto ormai unica visione dominante nel mondo, ha iniziato a occupare tutti gli spazi, contagiando anche i Paesi comunisti.

 Negli anni l’economia si è globalizzata, si è progressivamente allontanata dall’economia reale, cioè dall’economia che produce i beni, per abbracciare i mercati finanziari.

La finanza si è strettamente collegata alle nuove tecnologie che permettono, per esempio, di spostare ingenti capitali in tempo reale, ma che consentono anche di creare scatole cinesi per nascondere operazioni speculative illecite e pericolose che, come ha dimostrato la crisi del 2008, hanno messo a tappeto aziende e milioni di risparmiatori, provocato la chiusura di fabbriche, decimato posti di lavoro.

Soldi che creano soldi, in velocità e in sostanziale assenza di controlli. Un capitalismo accelerato che privilegia chi ha il denaro, la tecnologia, il potere, creando concentrazioni di ricchezza mai viste prima e diseguaglianze tra ricchi e poveri in vertiginosa crescita.

 

I nuovi filantropi.

In questo contesto, anche il mondo della filantropia subisce una profonda trasformazione.

Dagli inizi degli anni 2000 in poi, i nuovi filantropi, in buona parte provenienti dai settori tecnologici – non solo Bill Gates, ma anche Jeff Bezos, fondatore di Amazon, Mark Zuckerberg, inventore di Facebook, Larry Page, creatore di Google, solo per citarne alcuni – mettono il turbo anche alla filantropia, guadagnandosi l’appellativo di filantrocapitalisti.

A registrare questa svolta è ancora il Rapporto Wealth-X sulla filantropia, del 2016: «Le nuove generazioni stanno spingendo nuovi modelli filantropici, che combinano la filantropia tradizionale con gli affari».

Business e filantropia non sono più due azioni separate, come lo erano un tempo, ma due facce della stessa medaglia. Il concetto è: «Io faccio filantropia, ma in cambio dò una spinta al mio business, per esempio aprendomi nuovi mercati o creando legami con nuovi partner in affari».

È la versione attuale del vecchio credo liberista: chi fa bene i propri affari, fa anche il bene della società. Secondo tale idea, il mercato, senza le regole di uno Stato ingombrante, raggiunge da solo una stabilità e si autoregola, promuovendo il benessere di tutti.

A smentire – per l’ennesima volta – questa teoria consolidata nei secoli, bastano alcuni dati del 2021.

 A un anno dall’inizio della pandemia, in piena crisi economica globale, il 9° Rapporto Wealth-X rivela che i super-ricchi sono cresciuti dell’1,7 per cento nel 2020; Oxfam aggiunge che: «Dall’inizio della pandemia il patrimonio dei primi 10 miliardari del mondo è aumentato di 540 miliardi di dollari complessivi: risorse sufficienti a garantire un accesso universale al vaccino anti-covid e assicurare che nessuno cada in povertà a causa del virus».

 Salta all’occhio che tra quei 10 primi miliardari ci siano anche i nostri filantropi.

 L’oligarchia del denaro è anche quella della filantropia. Ma perché i ricchi sono sempre più ricchi? Tenendo da parte i comportamenti opachi e truffaldini di chi porta le proprie ricchezze nei paradisi fiscali o usa «trucchi finanziari» per accrescere i propri guadagni, alcune ragioni che facilitano l’allargarsi delle diseguaglianze sono legali o causate da una mancanza o carenza di regole: per esempio, gli Stati Uniti concedono un regime fiscale molto favorevole a chi fa donazioni.

 

Secondo un’inchiesta del giugno scorso, condotta da ProPublica, una ong internazionale di giornalisti indipendenti, i miliardari statunitensi pagano pochissime tasse rispetto ai loro guadagni.

Spaventose le cifre: nel 2019 sono stati donati 427,71 miliardi di dollari – riporta «Repubblica» –, per un impatto sul Pil del 5,6 per cento. E così Bezos, l’uomo più ricco del mondo, anche a fronte delle sue donazioni non ha pagato tasse nel 2007 e nel 2011; Elon Musk, Ceo di Tesla, il secondo più ricco al mondo, non le ha pagate nel 2018.

I super-ricchi si difendono dicendo che preferiscono donare in filantropia piuttosto che pagare le tasse allo Stato; rimane però il fatto che mentre loro possono scegliere su quale buona causa investire i propri soldi, lo Stato deve risolvere ogni tipo di problema, dal rifare la rete fognaria alla manutenzione di un ponte. A creare diseguaglianze ci sono anche ragioni legate all’assenza di regole, in un contesto economico che è diventato molto complesso e globale. Solo ultimamente, con fatica e con risultati deludenti, in Europa si sta cercando di far pagare le tasse ai giganti del web come Facebook, Google, Amazon, Apple, che, tra l’altro, si stanno arricchendo ulteriormente in questa pandemia.

Per esempio, un rapporto realizzato da Mediobanca ha rivelato che nel 2018 le grandi aziende del web hanno versato «appena» 64 milioni di euro in tasse in Italia a fronte di 2,5 miliardi di euro di guadagni, sfruttando la lacuna legislativa che permette di spostare il fatturato in altri Paesi a tassazione minore.

 Rimane però la domanda di base: come mai questa inondazione di miliardi in filantropia non sortisce gli effetti sperati?

 È Nicoletta Dentico, giornalista ed esperta di cooperazione internazionale, che nel suo libro Ricchi e Buoni? (ed.Emi), la più documentata inchiesta sul tema, fornisce una risposta plausibile:

«Ha senso che “i salvati” di un super-capitalismo truccato, progettato apposta per creare disuguaglianze, abbiano un ruolo di primo piano nella lotta alla povertà, cui contribuiscono per molte vie?» Come a dire: chi è parte integrante di un sistema che crea diseguaglianze, può combattere le diseguaglianze?

L’eclisse della politica.

Il problema però non si ferma solo all’opportunità e all’efficacia dell’azione dei filantrocapitalisti.

Diventa un problema politico. «In due decenni – continua Dentico – una nuova generazione di imprenditori iper-agenti filantropici si è guadagnata un ruolo di assoluto predominio nelle sedi della politica internazionale, a cominciare dalla Nazioni Unite. Il denaro ha conferito loro un potere che è in grado di possedere e prendere il posto del potere politico».

Ma mentre un politico è eletto e virtualmente controllato da poteri che controbilanciano il suo, un filantropo come Bill Gates ha apparati ed esperti di grande livello, e l’autonomia di decisione di un capitano d’impresa.

Quindi, in linea di principio, Bill Gates può agire in modo più rapido ed efficace di un qualsiasi Stato, senza dar conto a nessuno.

«La filantropia – continua Bifulco – promette il nuovo, il cambiamento, e questo è molto attrattivo. Il punto è che nel caso specifico del filantrocapitalismo, il nuovo è il mercato o, meglio, un certo tipo di organizzazione capitalistica della società».

La filantropia internazionale, in effetti, nel risolvere i problemi dell’umanità appare come un’entità tecnologica, scientifica, misurabile, leggera, efficiente, smart, mentre gli Stati appaiono, spesso a ragione, come istituzioni mastodontiche, obsolete, burocratizzate, poco efficaci.

Ma la progressiva ritirata della politica lascia uno spazio sempre più grande a entità potentissime e non controllate, creando di fatto un problema di democrazia.

Quali potrebbero essere le conseguenze?

 La più insidiosa è che la visione del mondo viene piegata alle logiche dominanti dell’economia finanziaria.

 Logiche che impediscono anche a noi di capire se visioni alternative e migliori di società siano possibili. Sono anni, per esempio, che ci viene detto che lo Stato sociale – cioè quell’insieme di politiche pubbliche che proteggono i cittadini da rischi e li assistono nei bisogni essenziali – è un lusso che non ci possiamo più permettere, mentre ci viene assicurato che i privati potrebbero coprire con maggior efficacia ed efficienza molti servizi.

Nessuno ha la ricetta per risolvere i problemi, ma temi così importanti per la nostra società dovrebbero essere trattati con libertà di pensiero:

 «Lo Stato sociale è presentato come una realtà che non funziona per definizione – continua Bifulco – , è il vecchio, mentre il superamento dello Stato sociale con formule pubblico-private è il nuovo».

Anche ciò che è successo con la pandemia, gli ospedali al collasso, il personale insufficiente, la mancanza di attrezzature, i morti è legato a decenni di disinvestimento nella sanità pubblica: «Per anni in Italia si è detto che la sanità costava troppo – rincara Bifulco –. Oggi è evidente che non era vero. Ma cambiare una visione consolidata nell’opinione pubblica, anche con i dati alla mano, è difficilissimo».

Una sfida per il futuro.

A ogni grave crisi, com’è adesso quella legata alla pandemia, «si ripropone la questione della distribuzione della ricchezza, la riflessione sul modello della società, la funzione del potere – afferma Davide Caselli, sociologo esperto di politiche sociali.

 – E ogni volta interessi e forze sociali si contendono la soluzione: c’è chi rema per il cambiamento e chi per conservare le cose così come stanno».

 Non è un caso che l’esplosione della filantropia dei super-ricchi sia seguita alla crisi finanziaria del 2008, che aveva evidenziato le falle del sistema economico dominante, quasi a dimostrare che quel sistema sapeva reagire.

 «In tutti questi anni nessuno si è mai chiesto perché le risorse pubbliche continuavano a decrescere, mentre i grandi patrimoni privati salivano.

 Oggi un dibattito sulla filantropia – conclude Caselli – è di fatto un dibattito sulla responsabilità del potere pubblico e di quello privato, rispetto alla vita associata.

Su quanto c’è bisogno di Stato e, soprattutto, quale tipo di Stato, e su quanto invece se ne può fare a meno. C’è in corso un dibattito cruciale, a cui bisogna prestare attenzione». In gioco ci sono la difesa della democrazia e la costruzione di una società più giusta e inclusiva.

(Ma gli scritti del filantropo  Klaus Schwab -ora in auge –difendono le democrazie ? Ndr.)

 

 

 

 

I conti milionari a San Marino

della ex first lady del Burkina Faso.

Corriere.it-economia- Mario Gerevini David Oddone-(24 gen. 2022)- ci dice :

 

I conti milionari a San Marino della ex first lady del Burkina Faso da destra: ecco Chantal Compaoré, il marito Blaise e Carla Bruni- Sarkozy in un incontro nel palazzo presidenziale di Ouagadougou (Burkina Faso) nel 2009.

Da dove vengono e che cosa ci fanno a San Marino i milioni di euro della ex first lady del Burkina Faso, uno dei Paesi più poveri al mondo?

 È denaro sottratto al popolo, governato dal marito Blaise Compaoré fino al 2014, o un patrimonio personale legittimamente accumulato?

 Dalle maglie strettissime che coprono la vicenda filtrano poche notizie certe e qualche informazione confidenziale. Chantal Terrasson de Fougères, coniugata Compaoré, 67 anni, aveva trasferito da tempo i suoi conti da istituti europei (presumibilmente Svizzera) in una banca della Repubblica di San Marino che dista 3.700 km dal Burkina Faso. Poi però glieli hanno sequestrati in vista di una confisca. Da poco sono stati dissequestrati.

Riciclaggio e filantropia.

Perché sequestrati?

La signora Compaoré è oggetto di un’inchiesta per «riciclaggio correlato ai profitti dei reati di corruzione, malversazione e sottrazione di risorse pubbliche», è scritto in un atto del Tribunale di San Marino.

 Il procedimento è nella fase istruttoria e quindi coperto da segreto. Ma da quanto ricostruito il “tesoretto” sarebbe stato alimentato - secondo le ipotesi dell’accusa - da presunti profitti illeciti legati al ruolo del marito Blaise, leader dal 1987 al 2014 del Burkina Faso, l’ex Alto Volta, 62% di analfabeti, reddito medio annuo 1.700 euro.

Eppure Chantal Compaoré è conosciuta e apprezzata per le sue attività filantropiche e di beneficenza in tutta l’Africa, ha lavorato per la salute, l’istruzione, l’emancipazione delle donne e la protezione dei bambini.

La denuncia dell’Aif.

Le indagini sono partite dall’ Aif, l’autorità antiriciclaggio sammarinese. Circostanza impensabile negli anni del boom delle Titano-bank quando le autorità di controllo facevano pubbliche relazioni più che verifiche. Ma ora la piccola Repubblica è allineata ai Paesi più evoluti.

 Compaoré era la classica “pep”, persona politicamente esposta, quindi soggetta a un monitoraggio più rigoroso secondo la normativa internazionale.

Lo stesso “faro pep” che illuminò anche le transazioni e i conti via San Marino del clan di Denis Sassou Nguesso, il dittatore del Congo Brazzaville.

“Family and friends” di Nguesso si erano affidati al broker francese Philippe Chironi che gestiva i proventi della corruzione per le loro spese folli: hotel parigini di lusso da 11 mila euro a notte, il sarto Max Evzeline costato 2,5 milioni, scarpe di coccodrillo (114 mila), lavanderie (Duval a Parigi: conto da 334 mila euro), jet privati, 60 auto di lusso per muoversi ecc.

Per quella vicenda fu condannato nel 2019 a oltre 6 anni per riciclaggio l’intermediario Chironi. Secondo fonti non confermate nell’affaire Burkina Faso vi sarebbero tracce degli stessi professionisti.

Altro elemento in comune è l’istituto dove sono approdate, anni fa, le disponibilità finanziarie di Compaoré, poi gestite e investite fino a tempi recenti: la Banca Commerciale Sammarinese, commissariata e chiusa dalla Banca centrale del Titano (tutto è confluito nella Cassa di Risparmio di San Marino).

Dunque dopo la segnalazione e l’esposto dell’Aif sui depositi della signora Compaoré, che non risultava avere attività compatibili con quel patrimonio, la palla è passata alla magistratura che ha aperto un procedimento penale, tuttora in corso.

 E qui, nella dialettica accusa-difesa, dopo il sequestro del 2019, a fine 2021 il giudice di terza istanza ha disposto lo sblocco dei conti. Perché il dissequestro?

Tre milioni = 1.764 anni di stipendio.

Prima vediamo le cifre: secondo fonti attendibili si tratterebbe di almeno 2-3 milioni di liquidità, un conto corrente e un conto titoli al quale sono intestati strumenti finanziari.

 La cifra va rapportata alla dimensione dell’economia burkinabè. Per mettere da parte 3 milioni di euro un lavoratore medio del Burkina Faso dovrebbe lavorare 1.764 anni senza toccare lo stipendio. Il provvedimento, però, segna un punto importante a favore della difesa, sostenuta dall’avvocato Alessandro Cardelli.

«Nessuna prova alle accuse».

Dice il giudice Oliviero Mazza che «le indagini compiute attraverso rogatorie internazionali non hanno finora dato esiti concreti».

 E poi l’ipotesi iniziale che le somme sui conti correnti «fossero il profitto del misfatto di riciclaggio» in quanto frutto della «corruzione ad opera del marito», dopo quasi tre anni dall’avvio del procedimento «rimane tuttora di natura meramente congetturale, non essendo stato acquisito alcun elemento concreto di conferma».

 Oltretutto, secondo il giudice, le somme a monte sono transitate da altre banche Ue e dunque sottoposte ad adeguata verifica. Insomma gli importi sequestrati hanno in realtà una «presumibile origine lecita» e non si può chiedere a Chantal Compaoré, in «una indebita inversione dell’onere della prova», di «dimostrare positivamente la provenienza lecita del suo patrimonio». Perciò i soldi sono stati “liberati” e - si suppone - volati via da San Marino un secondo dopo. Il procedimento principale, tuttavia, è sempre aperto.

Perchè una piccola banca di San Marino?

Vedremo se si chiariranno definitivamente, in un senso o nell’altro, i dubbi di questa vicenda. Per esempio il motivo per cui una signora ivoriana sposata con il leader del Burkina Faso invece di mettere i soldi nelle banche di casa o in un grande istituto internazionale decida di affidarsi (o autorizzi i suoi consulenti a farlo) a una banchetta defilatissima, senza scrupoli, protetta (finché non l’hanno chiusa) di un piccolissimo Paese che sta ancora pagando, come certi Stati africani, gli anni di potere di un’oligarchia complice della malavita finanziaria. La via poco trasparente di questi investimenti fa sorgere il duplice dubbio sulla loro origine e, di conseguenza, sul fatto che dovessero rimanere coperti. L’avvocato Cardelli - interpellato al telefono - ha preferito mantenere il riserbo sull’intera vicenda.

Le ragioni di madame Compaoré.

Ma a favore dell’ex first lady ci sono altri due elementi. Il primo è che i conti erano intestati direttamente a lei senza la copertura di complesse costruzioni societarie oppure intestazioni fiduciarie.

Il secondo deriva dalla sua parentela (nipote) con Félix Houphouët-Boigny, il padre nobile della Costa d’Avorio. Questo la smarcherebbe (forse anche economicamente) dall’ombra del marito. Oggi il vecchio leader del Burkina Faso è in esilio, con la moglie Chantal, in Costa D’Avorio di cui ha preso la cittadinanza.

Intanto nel Paese d’origine, flagellato da attacchi terroristici jihadisti, lo scorso ottobre si è aperto un processo contro di lui e altri 13 imputati per l’assassinio, 34 anni fa, di Thomas Sankara, il “Che Guevara” africano.

 

 

 

La pandemia della disuguaglianza

e il virus della filantropia.

Anticapitalista.org- Checchino Antonini-(20-1-2022)- ci dice :

 

Il rapporto Oxfam: cresce in Italia e nel mondo la concentrazione delle ricchezze, aumenta il numero dei poveri.

Nonostante la disuguaglianza stia contribuendo alla morte di almeno 21.000 persone ogni giorno – una persona ogni quattro secondi per negato accesso alle cure sanitarie, violenza di genere, fame ed emergenza climatica – i paperoni vedono rosa per il futuro, segno di ottimismo e fiducia nonostante i dati economici suggeriscano prudenza.

 Ma dietro la ripresa si nascondono due mondi completamente differenti: da una parte quello dei ricchissimi, con i 10 maggiori patrimoni mondiali più che raddoppiati da 700 a 1.500 miliardi in due anni di pandemia e 13 italiani in più nella lista Forbes dei super-ricchi. Dall’altra le vittime economiche della pandemia, che ha fatto cadere in povertà 163 milioni di persone.

 

Puntuale, come ogni anno, il rapporto pubblicato da Oxfam, La pandemia della disuguaglianza, in occasione del World economic forum di Davos, la kermesse dei ricconi in corso nella prestigiosa località sciistica elvetica.

Un vero e proprio festival dell’arroganza che fa schifo anche a qualche riccone, specie se esercita lo sport preferito dalla sua classe sociale: la filantropia.

Sui giornali delle famiglie buone del capitalismo è apparsa la lettera, dal titolo “In tax we trust”, di un gruppo che si fa chiamare dei “miliardari patriottici” che reputano, in sostanza, che sia giusto che qualche tassa la paghino anche loro.

Scrivono i milionari patriottici: «La fiducia – nella politica, nella società, nel prossimo – non si costruisce in piccole stanze private accessibili solo ai più ricchi e potenti. Non è costruita da viaggiatori spaziali miliardari che fanno una fortuna con una pandemia ma non pagano quasi nulla in tasse e forniscono salari miseri ai loro lavoratori. La fiducia si costruisce attraverso la responsabilità, attraverso democrazie ben oliate, eque e aperte che forniscono buoni servizi e sostengono tutti i loro cittadini.

E il fondamento di una democrazia forte è un sistema fiscale equo. Un sistema fiscale equo.

Come milionari, sappiamo che l’attuale sistema fiscale non è giusto. La maggior parte di noi può dire che, mentre il mondo ha attraversato una quantità immensa di sofferenza negli ultimi due anni, abbiamo effettivamente visto la nostra ricchezza aumentare durante la pandemia – eppure pochi se non nessuno di noi può dire onestamente che paghiamo la nostra giusta quota di tasse (…) Colmare questo divario richiederà più di progetti di vanità miliardari o gesti filantropici frammentari – richiederà una revisione completa di un sistema che fino ad ora è stato deliberatamente progettato per rendere i ricchi più ricchi.

Per dirla semplicemente, ripristinare la fiducia richiede di tassare i ricchi.

(…) Se non lo fate, allora tutti i colloqui privati non cambieranno ciò che sta arrivando – o le tasse o i forconi. Ascoltiamo la storia e scegliamo saggiamente».

In realtà noi sappiamo che la mobilitazione dal basso e l’unità tra gli sfruttati sono le uniche forze in grado di redistribuire la ricchezza e ripensare il modo e i rapporti di produzione.

Se i “milionari patriottici”, guidati a quanto pare dalla nipote di Walt Disney, accusano i colleghi più allergici alle tasse di produrre solo performance, non si può certo dire diversamente della loro petizione e di certo filantropismo trasversale utilizzato come leva per l’elusione fiscale in nome di un compassionismo caritatevole di cui sono campioni anche le teste di serie della categoria, Bill Gates e Soros che fanno piovere soldi anche su certe Ong.

Entrambe le fazioni, i milionari “buoni” e i milionari “egoisti”, condividono la medesima visione del mondo che contempla un ruolo chiave dei paperoni in un sistema di produzione capitalistico.

Noi no. Né gli uni, ceto parassitario per antonomasia, né l’altro, il sistema di produzione che sta conducendo l’umanità al rischio di estinzione. L’unico milionario buono è quello espropriato, quello le cui ricchezze siano servite a una redistribuzione. L’unico milionario buono è quello che non è più in grado di nuocere.

(Forse è per questo che Klaus Schwab -tipico filantropo costruttore di bombe atomiche in Sud Africa -pensa di fare un buon affare a vendere a caro prezzo  l’uranio da lui arricchito  e nascosto in gran segreto ! Ndr).

Ma torniamo al rapporto. La pandemia, spiega la Ong Oxfam nel rapporto, «ha aggravato le condizioni economiche delle famiglie italiane e rischia di ampliare a breve e medio termine i divari economici e sociali preesistenti. Nel primo anno di convivenza con il coronavirus in Italia è cresciuta la concentrazione della ricchezza».

 La quota, in lieve crescita su base annua, di ricchezza detenuta dal top-1% supera oggi di oltre 50 volte quella detenuta dal 20% più povero dei nostri connazionali. Il 5% più ricco degli italiani deteneva a fine 2020 una ricchezza superiore a quella dell’80% più povero.

Nei 21 mesi intercorsi tra marzo 2020 e novembre 2021 il numero dei miliardari italiani della Lista Forbes è aumentato di 13 unità e il valore aggregato dei patrimoni dei super-ricchi è cresciuto del 56%, toccando quota 185 miliardi di euro alla fine dello scorso novembre.

 I 40 miliardari italiani più ricchi posseggono oggi l’equivalente della ricchezza netta del 30% degli italiani più poveri (18 milioni di persone adulte).

 L’inversione delle fortune, iniziata dalla metà degli anni ’90, con una marcata divergenza tra le quote di ricchezza del 10% più ricco e della metà più povera della popolazione italiana, non sembra allentarsi nel biennio 2020-2021 con le famiglie più povere incapaci di intercettare la significativa crescita del risparmio registrata durante la pandemia.

Alla riduzione delle spese per consumi è corrisposto nel 2020 un significativo aumento dell’incidenza della povertà assoluta. Oltre 1 milione di individui e 400.000 famiglie sono sprofondati nella povertà.

 

Più in generale, al tempo della pandemia i 10 uomini più ricchi del mondo raddoppiano le proprie fortune, mentre nel mondo si stima che 163 milioni di persone in più sono cadute in povertà. Nei primi 2 anni di pandemia i 10 uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato i loro patrimoni, passati da 700 a 1.500 miliardi di dollari, al ritmo di 15mila dollari al secondo, 1,3 miliardi di dollari al giorno. Nello stesso periodo si stima che 163 milioni di persone siano cadute in povertà a causa della pandemia. «Già in questo momento i 10 super ricchi detengono una ricchezza sei volte superiore al patrimonio del 40% più povero della popolazione mondiale, composto da 3,1 miliardi di persone», afferma la direttrice di Oxfam Gabriela Bucher.

 

Dall’inizio dell’emergenza Covid-19, ogni 26 ore un nuovo miliardario si è unito ad una élite composta da oltre 2.600 super-ricchi le cui fortune sono aumentate di ben 5 mila miliardi di dollari, in termini reali, tra marzo 2020 e novembre 2021. Il surplus patrimoniale del solo Jeff Bezos nei primi 21 mesi della pandemia (+81,5 miliardi di dollari) equivale al costo completo stimato della vaccinazione (due dosi e booster) per l’intera popolazione mondiale.

«E’ il virus della disuguaglianza, non solo la pandemia, a devastare così tante vite», sottolinea Oxfam. «Ogni 4 secondi 1 persona muore per mancanza di accesso alle cure, per gli impatti della crisi climatica, per fame, per violenza di genere. Fenomeni connotati da elevati livelli di disuguaglianza». Le donne che hanno subito gli impatti economici più duri della pandemia, hanno perso complessivamente 800 miliardi di dollari di redditi nel 2020, un ammontare superiore al pil combinato di 98 Paesi, e «stanno affrontando un aumento significativo del lavoro di cura non retribuito, che ancora oggi ricade prevalentemente su di loro».

Mentre l’occupazione maschile dà segnali di ripresa, si stima per il 2021 che 13 milioni di donne, rispetto al 2019, non troveranno lavoro. «Le banche centrali hanno pompato miliardi di dollari nei mercati finanziari per salvare l’economia, ma gran parte di queste risorse sono finite nelle tasche dei miliardari che cavalcano il boom del mercato azionario – aggiunge Bucher – alcuni settori hanno beneficiato della crisi con conseguenze avverse per troppi, come nel caso del settore farmaceutico, fondamentale nella lotta alla pandemia, ma succube alla logica del profitto e restio alla sospensione temporanea dei brevetti e alla condivisione di know how e tecnologie necessarie per aumentare la produzione di vaccini Covid e salvare vite anche nei contesti più vulnerabili del pianeta».

Mentre i monopoli detenuti da Pfizer, Biontech e Moderna hanno permesso di realizzare utili per 1.000 dollari al secondo e creare 5 nuovi miliardari, meno dell’1% dei loro vaccini ha raggiunto le persone nei Paesi a basso reddito. La percentuale di persone con covid-19 che muore a causa del virus nei Paesi in via di sviluppo è circa il doppio di quella dei Paesi ricchi, mentre ad oggi nei Paesi a basso reddito è stata vaccinata appena il 4,81% della popolazione.

«La disuguaglianza non è una fatalità ma il risultato di precise scelte politiche», continua Bucher. «Non solo i nostri sistemi economici ci hanno reso meno sicuri di fronte a questa pandemia, ma consentono a chi è estremamente ricco di beneficiare della crisi. Non è mai stato così importante intervenire sulle sempre più marcate ingiustizie e iniquità. Per questo servono coraggio e visione per affrancarsi da paradigmi di sviluppo che hanno mostrato il fallimento negli ultimi decenni».

 

 

 

Indebolire Mosca a suon di sanzioni

la farà finire nelle mai di Pechino.

Laverita.info- Carlo Pelanda- (3 giugno 2022)- -ci dice :

 

(Ndr : ma i delinquenti  globalisti e filantropi occidentali -liberal dem Usa e  Deep State Usa-  è proprio quello che vogliono fare !).

L’allontanamento di Xi da Putin cela la strategia cinese : evitare le ritorsioni di Usa e Ue e conquistare la Russia quando sarà troppo fiaccata. Scenario che l’occidente  “deve” scongiurare.

La Cina sta dando segnali di distanziamento dalla Russia , ma è  per metà una finta e per l’altra metà una strategia di conquista della Russia stessa, dopo che sarà stata indebolita dalle sanzioni.

La finta del distanziamento serve nel  breve e medio termine ad evitare le sanzioni secondarie minacciate dall’America in caso di aiuto alla Russia. Ma va annotato che pur uscendo dalla Russia stessa alcune  società cinesi ,avendo Pechino vietato i voli commerciali verso la Cina (con la scusa della mancata manutenzione dovuta alle sanzioni ) questa mantiene un aiuto sotterraneo a Mosca in termini di “funzioni santuario”, non aggressività nell’asia centrale e non espansione via pressione demografica forzata verso la Siberia come attuate  fino a poco tempo fa  ,eccetera, per mantenere comunque una base di buoni rapporti. Che saranno utili nel futuro per prendersi i tesori russi quando Mosca sarà senza mezzi per difenderli.

La strategia cinese  vede con favore l’indebolimento di Mosca via sanzioni, pur criticandole pubblicamente , perché ne favoriscono la conquista prospettica. Chi scrive ritiene improbabile che gli analisti russi e quella  parte  delle Forze armate capace di pensiero strategico autonomo nel regime putiniano  non vedano questo progetto cinese di vassallaggio della Russia. E ciò suscita la curiosità di capire come pensino di evitare  tale scenario sempre meno ipotetico. Trapela che una parte di questi strateghi , la più anziana sembra , non ritenga il pericolo cinese esistenziale , forse perché abituata a vedere Pechino come potenza militare inferiore : confidano in un blocco sino-russo dove Mosca sarà necessaria, e quindi non vassallabile , per rafforzarlo sul piano delle armi spaziali   e navali , i n particolare sottomarini , su quello delle rotte artiche  che appaiono l’unico sbocco sicuro per la marina cinese circondata nel Pacifico  da un cordone a guida statunitense , nonché su quelli energetico ed alimentare. C’è la sensazione che questa ala di pensiero strategico   coincida abbastanza  con il gruppo dei putiniani al comando. E fa ipotizzare  tali concetti siano influenzati dalla priorità di difendere il regime autoritario dalla  pressione democratica spontanea che sta allargandosi nella parte cis-uralica ed urbana  della Russia e in Bielorussia .

In altre parole il regime sta sbagliando analisi per paura della crescente domanda popolare di libertà , portandolo ad una convergenza con la Cina che ha lo stesso terrore in relazione alla pressione democratizzante esterna ed una interna iniziale , sottovalutando i pericoli prospettici. Ma alcuni segnali indicano che una parte più giovane  o comunque meglio addestrata al pensiero strategico “lungo “, valuti più realisticamente  sia il pericolo cinese futuro ,sia quello più ravvicinato di un’implosione della Federazione russa .Tale componente non è filo occidentale , persegue l’idea di una Russia come potenza autonoma e fa filtrare che l’esagerazione bellica voluta da Vladimir Putin diverge  dall’interesse nazionale russo ,compromettendolo.  

C’è veramente una fronda ai piani altri del regime ? Oppure è un inganno raffinato per influenzare media e consiglieri dei governi sanzionatori?

Cioè : se mantenete a lungo le sanzioni  , la Russia finirà in mano alla Cina. Chi scrive non ha i mezzi per rispondere. Tuttavia  , pensa sia necessario porre un problema di “Grand Strategy” al complesso democratico : se la Russia cadrà definitivamente nelle mani della Cina ,influenzando buona apre dell’Asia centrale , il blocco sino-russo a guida cinese sarà troppo grande per essere circondato e condizionato. Mentre l’obiettivo del G7  ,articolato in alleanze locali militari e politiche come Nato, Aukus, Quad , gruppo di consultazione euro-americano per la limitazione delle tecnologie critiche cinesi ,eccetera, è quello di comprimere il raggio del potere di Pechino entro i suoi confini , rendendolo troppo piccolo per diventare globale e minacciare con il proprio modello  di capitalismo autoritario il dominio del capitalismo democratico globale , cioè il mondo delle democrazie.

La condizione di vittoria e la compressione condizionante della Cina ,non il solo contenimento , pur evitando la sua implosione.

Se Pechino conquistasse la Russia , tale obiettivo sarebbe difficile da raggiungere perché l’enorme Eurasia si consoliderebbe con la complicazione di una piccola testa di ponte per il mondo democratico ridotto alla sua penisola occidentale, cioè la debole Ue ,e un Mediterraneo costiero e profondo esposto a tensioni.

L’idea francese di un’autonomia strategica europea  in tale scenario è perfino ridicola – infatti la Germania mai la accetterà- pensando ai rapporti di forza e scala : l’Ue diverrebbe vassalla dell’Eurasia sino-russa.

Ma anche la  convergenza euro-americana , pur dando forza all’Ue e più capacità globale all’America e al G7 , per esempio per le proiezioni di potenza in Africa , sarebbe un modello insufficiente.

Pertanto ,sia il complesso democratico globale ,sia la Cina hanno come obiettivo l’influenza sulla Russia.

La Cina in forma di conquista , mentre al complesso democratico basterebbe una Russia autonoma , non implosa e capace di tenere confini controllati e barriere con la Cina.

Per i politici del complesso democratico questo tema di scenario a dieci anni è comprensibilmente secondario nelle contingenze della tragedia ucraina e i suoi impatti.

Ma ci sono i motivi per raccomandare che entri al più presto nel pensiero strategico comune delle democrazie, Ucraina inclusa.   

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