IL SEGRETO DI STATO.

IL SEGRETO DI STATO.

 

Il “grande risveglio” si oppone

al “grande reset”.

 

Putin sfida tutto l'Occidente:

"È la fine dell'egemonia Usa.

E le sanzioni colpiscono voi"

msn.com-il giornale- Roberto Fabbri –(18-6-2022)- ci dice :

 

Si dice da secoli che la miglior difesa è l'attacco. Vladimir Putin, ieri, lo ha confermato, nel discorso scritto di suo pugno.

Oppresso dalle sanzioni occidentali, ha tentato di sostenere che alla Russia fanno un baffo, mentre il loro vero prezzo lo devono pagare gli europei e gli americani che gliele hanno inflitte; non essendo riuscito nel ricatto di far togliere quelle sanzioni in cambio del suo via libera all'export del grano ucraino, accusa l'Occidente di provocare una catastrofe alimentare globale;

 incapace di sfondare le più deboli difese ucraine nel Donbass nonostante stia impiegandovi il meglio delle sue forze armate, ripete come un disco rotto che tutti gli obiettivi dell'invasione saranno conseguiti (ma non li nomina);

 confrontato con il consolidarsi di un fronte europeo e atlantico che passo dopo passo supera le difficoltà politiche e lavora per accogliere l'Ucraina nel suo campo, dichiara di non avere nulla in contrario all'ingresso di Kiev nell'Ue, proclama la fine dell'egemonia americana nel mondo e l'irreversibile ritorno della Russia sulla scena globale nel ruolo di grande potenza sovrana e, naturalmente, rispettata e temuta (far paura al resto del mondo ai russi piace sempre moltissimo ed è la vera ossessione del dittatore di Mosca).

 

Nel mondo anglosassone che Putin (senza dimenticare Dmitry Medvedev...) tanto odia, un simile argomentare viene definito «wishful thinking», ovvero il convincersi che sia vero ciò che si desidera.

E Putin desidera con tutta l'anima uscire vincitore dalla folle sfida a braccio di ferro economico, militare e geopolitico che ha lanciato all'Occidente aggredendo l'Ucraina.

Sì, perché ormai dovrebbe esser chiaro a tutti quello che molti avevano già capito da un pezzo: e cioè che il suo vero nemico non è l'Ucraina, bensì l'Occidente.

A San Pietroburgo, dal palco di quel Forum economico internazionale ormai ridotto a una passerella per gli alleati della Russia (qualcuno ha tentato di battezzarlo la Davos russa, ma visto il parterre pare francamente troppo), l'uomo forte del Cremlino ha soprattutto lanciato il manifesto della sua sfida totale all'egemonia degli Stati Uniti nel mondo, quella per cui vuole passare alla Storia.

L'Occidente si illude se pensa di poter fermare l'evoluzione storica - ha detto davanti a leader ed esponenti della Cina, del Kazakistan, della Bielorussia, del Venezuela, del Messico e di altri Paesi che nella sua visione compongono una sorta di versione aggiornata del Comecon, il mercato comune dell'era sovietica -. Qui siamo di fronte a un cambiamento realmente rivoluzionario.

L'egemonia americana è finita, il dominio del dollaro è finito. La Russia non è più l'impoverito e debole rottame post sovietico che si presentava con il cappello in mano a Washington e a Bruxelles per essere accolta nel salotto buono.

Oggi - Putin ne sembra genuinamente certo - una nuova Russia potente e convinta della sua missione nel mondo si è messa alla testa (insieme alla ben più potente Cina, ma su questo ha glissato) di quella parte maggioritaria del pianeta che in Occidente si ostinano a considerare irrilevante periferia.

 E lo fa per cambiare le regole, proclamando la fine del «decadente» (a suo dire) liberalismo (“liberal dem Usa”, progressista globalista .Ndr)  in favore di autocrazie che (sempre a suo dire) hanno davvero a cuore i valori che contano: patria, tradizione e simili.

Tutto già sentito, non c'è nulla di nuovo. Soprattutto il tentativo di Putin di far passare la sua guerra all'Ucraina come giusta e storicamente necessaria: la bugia più grande tra tutte quelle che ha pronunciato ieri.

 

ONDATA DI VIOLENTE

PROTESTE IN INDIA.

Comedonchisciotte.org- Massimo Cascone –( 17 Giugno 2022)- ci dice : 

 

Manifestanti furiosi hanno incendiato un edificio governativo durante le sommosse per il nuovo modello di reclutamento dei militari.

Negli ultimi giorni, folle inferocite hanno invaso le strade in India per protestare contro la proposta del governo di rivedere il sistema di reclutamento militare del Paese, che secondo i critici potrebbe portare alla disoccupazione e compromettere la sicurezza.

Le proteste sono scoppiate mercoledì 15 giugno nello Stato orientale del Bihar e si sono poi diffuse negli Stati vicini come Uttar Pradesh e Haryana. Secondo quanto riferito dai funzionari di polizia indiani, i manifestanti hanno finora dato fuoco a un ufficio del partito al governo del Paese, attaccato infrastrutture ferroviarie, bruciato diversi treni e automobili, bloccato strade e acceso pneumatici nelle strade.

Nel nord dello Stato dell’Haryana, la polizia ha addirittura sparato colpi di avvertimento dopo che la folla aveva lanciato pietre contro la casa di un funzionario governativo, mentre nel distretto di Palwal, sempre in Haryana, le autorità locali sono ricorse all’interruzione dell’accesso a Internet per 24 ore nel tentativo di prevenire il diffondersi del caos.

L’indignazione arriva dopo che il governo del Primo Ministro Narendra Modi ha annunciato una revisione del processo di reclutamento per l’esercito indiano, che conta 1,38 milioni di persone, con l’obiettivo di abbassare l’età media del personale militare e ridurre le spese governative.

Secondo il nuovo sistema, denominato “Agnipath” (Sentiero del Fuoco), uomini e donne di età compresa tra i 17 anni e mezzo e i 21 anni potranno entrare a far parte delle forze armate indiane solo per un periodo di quattro anni e solo una recluta su quattro potrà tornare a servire in modo permanente.

Il vecchio sistema, invece, consentiva ai giovani tra i 16 anni e mezzo e i 21 anni di arruolarsi nell’esercito per un periodo minimo di 15 anni e assegnava loro anche una pensione per il servizio prestato.

Per questo motivo, servire nell’esercito era considerato un percorso di carriera interessante per molti giovani, in quanto offriva uno stipendio stabile e un posto pubblico.

L’Agnipath renderebbe queste opportunità inaccessibili per la maggior parte dei giovani indiani, che già devono fare i conti con uno sconcertante tasso di disoccupazione del 26%.

“Dove andremo dopo aver lavorato per soli quattro anni?”, ha dichiarato un manifestante all’agenzia di stampa indiana ANI. “Saremo senza casa dopo quattro anni di servizio”.

Il nuovo sistema ha suscitato un acceso dibattito tra le potenziali reclute del Paese, i veterani dell’esercito, i leader dell’opposizione e persino i membri del partito di Modi al governo, e i manifestanti ora chiedono al governo di ritirare la riforma annunciata.

“Chiediamo che il reclutamento sia fatto come prima”, ha detto un altro manifestante, aggiungendo che “nessuno vuole andare nell’esercito per soli quattro anni”.

(Massimo A. Cascone).

 

 

LA DITTATURA SI INSTAURA IN 7 MOSSE.

PIU’ ODIO, MENO VERITA’, E IDENTITA’.

Laverita.info-Silvana  De Mari – ( 18- giugno 2022)- ci dice :

 

Il filosofo  Michel Onfray ha illustrato i comandamenti su cui si fonda ogni

Totalitarismo : si tratta di distruggere la libertà ,impoverire la lingua di un popolo , sopprimere la sua storia  e costringere i cittadini  a negare  l’evidenza. A Gengis Khan bastava la violenza ,oggi siamo più “raffinati” per comandare sulle masse ignare occorre un motivo che appaia nobile.

Gli obbedienti adorano assistere alle torture dei dissidenti .Si sentono giusti, la loro vigliaccheria si ammanta di saggezza. (…)  

Settimo comandamento  : aspirare all’impero.  

E qui arriva la domanda .Chi è Klaus Schwab ?

 (Sappiamo che progetta e costruisce armi atomiche nel  suo stabilimento (segreto) posto in Sud Africa : essendo un imprenditore privato venderà la merce prodotta al miglior offerente. E’ un uomo affascinato dalle teorie politiche ed economiche di Hitler. Suo padre -scienziato atomico- lavorava -a suo tempo- per la costruzione  della bomba atomica di Hitler.Ndr).

Il fondatore del Forum economico mondiale di Davos sta dettando ora all’umanità l’agenda : un’ agenda assolutamente sinistra .  Non conteremo più nulla ,non possederemo nulla, saremo completamente in pugno ad uno stato in una società dove qualsiasi attività deve essere controllata , deve essere concessa , può essere revocata. Come è possibile  che un uomo non eletto da nessuno abbia un potere così grande su una umanità che non è più in grado di fare le sue scelte?  Con un incredibile e planetario potere di informazione e come e conseguenza al fatto   che grazie alla sua stupidità o grazie alla conduzione , gli Stati  nazionali hanno ceduto la loro sovranità a enti sovranazionali fuori da qualsiasi  controllo. E’ cominciata con “ce lo chiede l’Europa”.

Gengis Khan tra i suoi numerosi difetti non aveva l’ipocrisia. Non gli interessava essere simpatico.

Annientava chiunque fosse più debole di lui(tutti), senza  inventarsi di star facendo la giustizia del mondo o che gli avessero pestato i piedi.

Hitler e Stalin nonostante una polizia politica furono invece dipendenti da un patto con l’opinione pubblica . Portarono l’arte della propaganda a livelli notevoli, investendo cifre importanti tennero le infinite esecuzioni private ,entrambi si facevano fotografare mentre abbracciavano  bambine carine.

La nostra epoca è più raffinata. Il fatto di tenere elezioni “ libere “ ,almeno in teoria, rende indispensabile il consenso. Il consenso quindi deve essere realizzato mediante un’ipnosi di massa , e l’ipnosi di massa , è un processo lentissimo che dura decenni.

Le persone non se ne accorgono ,ma sono immerse nella propaganda.

PRIMO COMANDAMENTO : distruggere la libertà .Per poterlo fare ,però, occorre una motivazione “superiore”, mi siamo Gengis Khan. La motivazione superiore riguarda la salvezza o la perdita  del pianeta, quindi dell’intera umanità, a seconda che le regole siano seguite o trasgredite , la diffusione o il contenimento di una terribile pandemia che , se prontamente e correttamente curata , ha lo zero virgola qualcosa di mortalità (mentre si afferma che può essere contrastata solo con la sempiterna inoculazione di farmaci genici in fase sperimentale), il sostenere fino al coinvolgimento totale una guerra a noi estranea dove le ragioni o i torti sono molto diversi  dalla narrazione ufficiale.

Grazie a tutto  questo è stata abolita la libertà di vivere , la libertà di non essere controllati e monitorati , la libertà  di poter conservare la propria salute scegliendo i di non farsi inoculare farmaci sperimentali di dubbia efficacia e meno dubbi effetti collaterali. Il dissidente quindi, accusato di essere un criminale assassino , può essere spogliato di tutto ,dignità ,lavoro ,casa, il diritto anche di vivere fuori da una cella .Le persecuzioni rientreranno tutte in un’opra buona diretta a salvare l’umanità.

La cosiddetta pandemia è stata un’occasione straordinaria per criminalizzare e multare comportamenti    non solo leciti ma encomiabili, come fare  sport in un bosco  o sulla spiaggia, respirare normalmente ,assistere ad una Messa , portare fuori un bambino , sono stati chiusi parchi perché le persone non potessero respirare aria buona e rinforzare il loro sistema immunitario.

Alla fine degli anni Settanta , è stato scolpito nel granito in Georgia (Usa) un bizzarro monumento chiamato “Georgia Guidestone”,una cafonata desolante dove su enormi lastre di granito è scolpita la teoria maltusiana    della sovrappopolazione , gli esseri umani sono dichiarati cancro della terra, il loro numero non deve superare il mezzo miliardo.

Come ci si può arrivare ?

Levando le libertà più elementari , respirare ,stare all’aria aperta ,mangiare roba decente, lavorare , guadagnare ,spostarsi ,rifiutare farmaci  genici che hanno scritto sul foglietto illustrativo che non se ne conoscono  gli effetti sulla fertilità ,sulla cancerogenesi ,sulla genotossicità .

L’ecologismo d’accatto si è trasformato nel dogma del riscaldamento globale, bizzarra teoria non dimostrata ,che permette di punire i comportamenti normali , come scaldarsi d’inverno  ,lavorare ,mettere al mondo figli.

Le nostre élite li considerano inutili produttori di spazzatura e anidride carbonica. Come ha dimostrato Gotti Tedeschi ,l’inverno demografico causa miseria .Ha distrutto il tessuto sociale. Il lavoro è stato vietato   per motivi pandemici, ora sarà reso impossibile per motivi di geopolitica, carburanti troppo cari. La libertà di possedere un’auto sarà  resa impossibile dalla proibizione dei carburanti , la libertà  di possedere una casa sarà rea impossibile dalle tasse e dalle bollette.

La libertà di avere un figlio sarà al momento resa impossibile dalla miseria ma è evidente che per non fare male alla nostra povera madre terra ,sta per arrivare il controllo statale delle nascite ,come in Cina .

Secondo comandamento : impoverire e stravolgere la lingua. La lingua appartiene a un popolo. Si è formata nei secoli , porta l’impronta della storia e della terra.  Una scuola che con sempre maggiore eroismo percorre la strada della più  assoluta mediocrità, una televisione   e una cinematografia sempre più squallide, una letteratura che deve passare sotto le forche caudine di editor che si precipitano a togliere ogni termine vagamente inusuale, hanno impoverito la lingua in tutte le nazioni del mondo occidentale.

Terzo comandamento : abolire la verità.

La verità deve essere vietata , lo abbiamo visto bene con le liste di proscrizione della cosiddetta pandemia. I medici che conoscevano la verità e l’hanno detta , la malattia  è curabile , il vaccino fondamentalmente inefficace e pericoloso ,sono sospesi dagli ordini medici e ridotti alla fame .Grazie al vittimismo  viene stravolta la lingua già impoverita. Occorre  abolire le parole padre e madre , le prime parole di ogni creatura umana .

Occorre imporre parole insulse e neutre. La prima verità che siamo uomini  e donne. Un popolo che si è lasciato convincere dall’idea che uomini  e donne siano uguali e intercambiabili può essere convinto di qualsiasi cosa.

Quarto comandamento :   sopprimere al storia. Michel Onfray è un non credente, ma si rende perfettamente conto di come la violenza anticristiana dei regimi occidentali attuali abbiano lo scopo di staccare il popolo dal suo passato.

La criminalizzazione del passato è cominciata con l’illuminismo  , è stata rilanciata dal comunismo , ha raggiunto l’apogeo nel ’68 per poi passare alla sua forma più pirotecnica che è la CANCEL CULTURE.

QUINTO COMANDAMENTO :  negare la natura. Sui libri per bambini si parla di bambini che vogliono  diventare bambine e viceversa. Si parla di due papà che fabbricano un figlio orfano di madre mentre la tragica pratica della gestazione per altri con tutto il suo spaventoso corredo di malattia e anche di morte (sindrome da iperstimolazione ovarica , rischio di aborto ,gravidanza extrauterina, parto prematuro moltiplicato) viene nascosto in zuccherose quanto orrende immagini.

La  natura dell’uomo di essere maschio e la natura della donna di essere femmina sono rinnegate. La natura di un uomo di essere un uomo è rinnegata, la libertà di una donna di essere donna è rinnegata. Negli asili i bambini devono giocare almeno un giorno alla settimana con i giocattoli dell’altro sesso.

Devono? Quale dittatura  è arrivata al punto da imporre giocattoli ai bambini ?Un bambino sarà sgridato e vuole giocare col trattore invece che con le bambole , lo faranno sentire sbagliato, l’oca giuliva di turno gli parlerà di mascolinità tossica ed altre idiozie del genere. Contro una donna  che a vent’anni desideri mettere al mondo un figlio, cosa giusta fatta al  momento giusto ,si scatenerà  addosso non solo il pubblico ludibrio , ma anche le assistenti sociali che potrebbero giudicarla troppo giovane.

Sesto comandamento :propagare l’odio. La regola è semplificazione e nemico unico. Tutto deve essere basato su slogan e tutto l’odio deve essere scatenato contro il nemico di turno : non vaccinati, putiniani ,i Killer , termine con cui si indicano   le famiglie numerose o anche -solo non striminzite.(…).

 

Quel virus totalitario russo

che contagia i conservatori.

Lanuovabq.it-( 25-03-2022)- Stefano Magri -Dario Fertilio- ci dicono :

 

Dario Fertilio, giornalista e scrittore, analizza con la Bussola la narrazione russa sulla guerra in Ucraina. E le mille trappole culturali e lessicali usate dal Cremlino per attrarre un vasto e inconsapevole pubblico di cattolici e conservatori. Che giustamente sono spaventati anche dal rischio di deriva totalitaria in Occidente.

Dario Fertilio, giornalista, già firma storica del Corriere della Sera, nell’invasione russa dell’Ucraina ha visto la realizzazione di una sua “profezia”. Nel suo lavoro teatrale Uomini e Cyborg, del 2016, sulla guerra nel Donbass (ora è in uscita la seconda edizione, con il titolo di Lettere dal Donbass), aveva previsto: “Putin che dichiara di voler conquistare Kiev in mezza giornata, gli industriali italiani che protestano per le scorte di invenduto per la Russia, i professori russi emarginati perché hanno osato mettere in discussione la guerra, la repressione delle manifestazioni”.

Tutto questo “è giunto al suo compimento, in modo ancor più drammatico”, ci spiega Fertilio.

Oggi la narrazione russa sulla guerra si muove su due canali: uno interno ed uno estero.

In quello interno, Putin proclama la “denazificazione” dell’Ucraina quale scopo del conflitto in corso.

 In quello esterno, ideologi seguiti anche in Italia, come Alexander Dugin, parlano un altro linguaggio, metafisico: quella combattuta dalla Russia è una guerra di civiltà, contro il globalismo e il Grande Reset.

Abbiamo dunque chiesto a Fertilio, grande conoscitore dell’area e soprattutto della cultura totalitaria (su cui ha scritto, nel 2017, Il virus totalitario, uno degli studi più completi e affascinanti sul tema), per capire cosa è vero e cosa è falso.

Denazificazione dell’Ucraina, cosa c’è di vero nella narrazione di Putin?

Il tema della denazificazione è esclusivamente propagandistico e ad uso interno.

 Putin parla di “nazismo” ucraino per far apparire, agli occhi dell’opinione pubblica russa, la guerra contro l’Ucraina come la “Grande Guerra Patriottica”, come chiamano in Russia la Seconda Guerra Mondiale.

 In grandissima parte, i russi ci credono. Ma è propaganda: l’ultra-nazionalismo (come il Battaglione Azov, citato in continuazione come “prova”) è poco diffuso in Ucraina, al massimo il 6% ed è anche scorretto equipararlo al nazismo vero.

Quindi a cosa mira Putin?

L’obiettivo chiave, reale, è la “neutralità” dell’Ucraina.

Molti dei commentatori occidentali usano questo termine pensando al modello austriaco o svedese. Ma a Mosca si intende una differente forma di neutralità: la finlandizzazione. Dunque, condizioni analoghe a quelle imposte dall’Urss alla Finlandia dopo la Seconda Guerra Mondiale.

 In Finlandia, dietro al paravento della neutralità, i sovietici mantenevano l’egemonia dell’economia, della cultura e della politica. Non si poteva profferire nemmeno una parola contro Mosca. Così finirebbe l’Ucraina, in caso di vittoria russa.

La propaganda che la Russia rivolge all’Occidente è incentrata sulla lotta al Grande Reset e al Nuovo Ordine Mondiale. Il filosofo Alexander Dugin contrappone il “Grande Risveglio” russo al “Grande Reset” occidentale. Quanto è autentica questa causa?

L’idea che in Ucraina si stia combattendo uno scontro metafisico è una tattica confezionata dagli eredi del Kgb per far passare il concetto che esista, in Occidente, un complotto plutocratico.

La teoria del complotto, di grandi imprenditori e filantropi (spesso identificati in miliardari di origine ebraica) intenti a scristianizzare l’Occidente e corromperlo moralmente, è un tipico strumento della propaganda sovietica e russa, non da oggi. Ha fatto breccia anche nella classe intellettuale conservatrice occidentale, soprattutto perché sfrutta elementi di realtà.

Quali?

È reale un’ideologia (non una cospirazione) che io definisco “mass-radicale” o “radicalismo di massa”.

Questa ideologia è pre-totalitaria e cerca di mettere le radici in tutto l’Occidente, promuovendo i suoi “valori”: lotta di genere, emancipazione Lgbt, ecologismo radicale, scomparsa dei confini nazionali, dominio della tecnica, manipolazione dell’essere umano, fino all’idea di una “nuova normalità”, dunque una società pianificata.

 Questa ideologia agisce moltiplicando all’infinito i diritti.

 Il caos che ne risulta richiede, poi, l’imposizione di un ordine autoritario, un tecnocrate forte che stabilisce quali diritti riconoscere e quali sopprimere. Questo è il rischio reale che corre l’Occidente, su cui fa leva il Cremlino.

Cosa è vero e cosa no, in sintesi?

L’”ideologia radicale di massa” è reale ed è molto diffusa. La teoria del complotto, invece, è propaganda del Cremlino.

E perché molti conservatori credono alla propaganda del Cremlino?

Disgustati o giustamente preoccupati dall’ideologia radicale di massa dell’Occidente e dalle sue pulsioni totalitarie (come abbiamo visto negli ultimi due anni di regime sanitario), sono caduti nelle braccia di un altro nemico, speculare e opposto. È un errore ricorrente nella storia contemporanea: credere che un virus totalitario possa essere combattuto con un altro virus totalitario.

Se il nazional-comunismo dovesse trionfare, cosa ci toccherebbe subire?

Dobbiamo distinguere fra quel che progetta di fare in Russia e quel che potrebbe succedere in Occidente.

 In Russia lo vediamo all’opera, con l’instaurazione di un regime poliziesco all’interno ed espansionista all’estero.

Il nazional-comunismo si basa sui concetti di sangue e suolo: dove c’è sangue russo, quella è Russia. L’espansione è la strada da seguire. Per l’Europa, invece, si punta a conquistare l’egemonia politica ed economica, per sfruttare la ricchezza occidentale, senza distruggerla, ma privandola della sua componente” liberal Dem Usa, a parole progressista” .

È la stessa strategia che il Pcus aveva adottato ai tempi dell’Eurocomunismo (con Enrico Berlinguer in Italia): dare una fiducia limitata a leader locali per completare un’opera di penetrazione politica ed economica. Occupare tutti i gangli della società, cancellare la dissidenza o a ridurla a una dimensione irrilevante. Nella vita pubblica non si potrebbe più mettere in discussione l’egemonia del Cremlino.

Come salvarsi?

La sfida è duplice. Non dobbiamo cascare nella trappola totalitaria: una persona libera(e non “liberal Dem Usa”-che è una trappola .Ndr) deve combattere sia contro il “radicalismo di massa”, sia contro il “nazional-comunismo” propagandato in Occidente da Dugin.

Deve accusarli apertamente. La lotta contro il regime sanitario di questi due anni è la stessa che oggi si deve combattere anche contro il nazional-comunismo. Perché il secondo sarebbe una medicina peggiore del male.

 

 

 

Il Grande Reset. La Grande Risistemazione .

Si stanno preoccupando per noi…

Gruppolaico.it-(3 aprile 2022)- Redazione- ci dice :

 

Ecco il progetto di zio klaus: la pandemia rappresenta una rara ma breve opportunità di riflettere, ripensare e “resettare” il mondo.

 Risistemare tutto. E i covidioti pensano che governi, case farmaceutiche, medici e quant’altro siano eroi buoni che vogliono il nostro bene. Altro che salute! Ci vogliono “resettare”, rifare noi e il mondo secondo i programmi di Big Money, Big Pharma, élite scientifiche e mestatori nascosti .

Siamo di nuovo e chissà per quanto tempo in questo odioso, violento lockdown, dannoso per la salute mentale e fisica, per la democrazia, l’economia, per le relazioni, per i bambini!

E assolutamente inutile dal punto di vista del virus, come mille studi scientifici hanno più che dimostrato. Ma il covidiota è contento perché il virus che ha in testa lo fa sentire protetto proprio mentre progettano la distruzione delle esistenze, anche la sua, poverino.

Ma lockdown, mascherine, tamponi e vaccini, (questi maledetti vaccini ) e distanziamenti non sono stati pensati per tranquillizzare e curare il covidiota- complice di tutto questo che sta accadendo.

 Il Grande Reset se ne “frega” della massa di covidioti belanti, li usa soltanto per portare avanti il proprio progetto criminale che Schwab ha ben esposto nel suo libro “Covid-19: the Great Reset” e nel World Economic Forum del 2021.

E tutto alla luce del sole, meno che per i media allineati ai governucoli, come il nostro, a loro volta allineati ai gestori del Grande Reset. Solo i cretini continuano a dire che questo è complottismo ma non si è mai visto un “complotto” messo così in evidenza con tanta sicumera ed arroganza.

L’epidemia è per loro una grande opportunità di potere globale, controllo e manipolazione totale dell’umanità, di distruzione ( già iniziata) per rafforzare le loro immense e diaboliche ricchezze. E il covidiota, impaurito ad arte, crede che si stanno preoccupando per lui!

 

IL GRANDE RESET: IL WEF CELEBRA LE CITTÀ VUOTE E LA DISTRUZIONE DELLE ESISTENZE COME UN SUCCESSO.

Il “World Economic Forum” di Klaus Schwab , con la sua organizzazione, non lascia dubbi che vuole salvare il pianeta. Il problema, secondo loro, è l’uomo con tutto il suo inquinamento e la sua industria.

Mentre molti imprenditori temono per la loro esistenza e si rassegnano alle chiusure, il WEF ha pubblicato un articolo con video il 22 febbraio, che mostra molto chiaramente in quale direzione dovrebbe andare la nuova normalità. Città vuote, economie distrutte, persone che si suicidano per la disperazione, tutto questo è agli occhi del “World Economic Forum” di Klaus Schwab un primo successo del Grande Reset. La disumanità dei globalisti non può essere mostrata più chiaramente che in un video in cui si celebra la liberazione del pianeta dal virus umano.

Un commento di Alina Adair, giornalista.

Per i signori del “World Economic Forum”, con Klaus Schwab in testa, l’uomo è il virus da cui il pianeta deve essere curato.

Gli autoproclamati salvatori della terra sono entusiasti di quanto siano buone le chiusure per l’ambiente. Scrivono estaticamente che “i lockdown hanno ridotto significativamente l’attività umana e il suo impatto sulla crosta terrestre”, che si traduce nel “periodo più tranquillo sulla Terra da decenni”. Celebrano persino la riduzione del 50% del rumore ambientale come un successo, mentre la maggior parte dei proprietari di aziende sull’orlo del fallimento sono probabilmente seduti a casa a piangere silenziosamente.

Grazie alla riduzione del rumore, i ricercatori sono stati in grado di registrare per la prima volta nel 2020 le vibrazioni della crosta terrestre che altrimenti non sarebbero mai state registrate. Un gruppo internazionale di sismologi di 33 paesi sembra aver avuto da fare durante il lockdown, registrando una diminuzione del cosiddetto rumore ambientale da parte di viaggiatori e fabbriche.

Il WEF ha notato gioiosamente che senza viaggi e fabbriche, possiamo rilevare terremoti per lo più irrilevanti che altrimenti passerebbero inosservati. Quindi in futuro non saremo in grado di viaggiare per permettere ai sismologi di fare il loro lavoro? E le fabbriche non riapriranno più perché questo piace molto di più agli arroganti del WEF? A giudicare dal Piano del Grande Reset, possiamo quasi certamente rispondere “sì” a entrambe le domande.

Il WEF, che dichiara costantemente di voler fare solo del bene, tratta gli esseri umani come un virus da combattere. Fanno finta di voler salvare l’Africa e tutti gli altri paesi poveri, ma non hanno nessuna empatia con le sofferenze delle esistenze che distruggono. Chi pensa che il WEF sia a Davos e non abbia niente a che fare con noi si sbaglia. Abbiamo già ripetutamente riferito che il World Economic Forum sta attuando l’idea di Klaus Schwab sotto forma del Grande Reset.

Le chiusure erano e sono solo in apparenza imposte a causa del coronavirus, e sono servite esclusivamente al Grande Reset dall’inizio della cosiddetta pandemia.

Il  piano permette la restrizione dei diritti fondamentali in tutte le democrazie e l’obiettivo è l’abolizione del capitalismo e l’istituzione di un governo unico mondiale. Chi aspetta in lockdown che la soglia (ndr. dei cosiddetti positivi) scenda al di sotto di una certa misura e che gli sia permesso di riaprire, andrà incontro alla sua rovina, questo è certo come l’Amen in chiesa.

I signori del WEF hanno pianificato tutto con cura e non solo osservano la distruzione deliberata dell’economia nei paesi finora industrializzati, ma lo stanno facendo ascoltando musica classica e considerano la graduale distruzione deliberatamente provocata del mondo occidentale come un successo.

Il Forum economico mondiale, con la sua Agenda 2030 delle Nazioni Unite, ha aperto la strada alla distruzione del nostro futuro.

Il sospetto (o meglio la certezza ) è che Klaus  Schwab , Anschober, Merkel, Macron, Johnson e molti altri dirigenti degli attuali stati in lockdown si siano lasciati “persuadere” con benefici di chissà quale tipo e ora stanno imponendo questa agenda ai loro paesi e alle loro popolazioni contro di loro.

Se Kurz (cancelliere austriaco) fosse onesto, direbbe al popolo cosa sta arrivando. Anche Kurz, come tutti gli altri che indossano il marchio del male sul bavero, sembra spingere l’agenda del Great Reset.

Quando si sveglierà finalmente la magistratura?

(wochenblick.at/wef-feiert-leere-innenstaedte-und-zerstoerte-existenzen-als-erfolg/).

(nogeoingegneria.com).

Vi ’invitiamo a consultare questo link: Il Grande Reset. La Grande Risistemazione . Klaus Schwab e il suo Grande Reset fascista.

Cerchiamo di capire un po’ chi è il principale mentore del Grande Reset, il teorizzatore ed ideologo, colui a cui si fa riferimento per i suoi scritti e per la sua conduzione del WEF. Cerchiamo di conoscere un po’ dove affonda le sue radici maligne colui che ci sta rovinando la vita (scusate, volevamo dire che si sta preoccupando per noi…) attraverso una catena di manutengoli che arrivano fino ai vessatori drago-governativi nostrani.

 I VALORI DELLA FAMIGLIA SCHWAB – REPORT INVESTIGATIVO SULL’UOMO DIETRO AL GREAT RESET.

Il vero Klaus Schwab è un vecchio zio gentile che desidera fare del bene per l’umanità, o è davvero il figlio di un collaboratore nazista che ha usato il lavoro degli schiavi e ha aiutato i nazisti a ottenere la prima bomba atomica?

(Johnny Vedmore indaga).

La mattina dell’11 settembre 2001, Klaus Schwab sedeva a fare colazione nella Sinagoga Park East di New York City con il rabbino Arthur Schneier, ex vicepresidente del Congresso ebraico mondiale e stretto collaboratore delle famiglie Bronfmane e Lauder.

Insieme, i due uomini hanno assistito a uno degli eventi più impattanti dei vent’anni successivi mentre gli aerei colpivano gli edifici del World Trade Center. Ora, due decenni dopo, Klaus Schwab siede di nuovo in prima fila in un momento che definisce la generazione nella storia umana moderna.

Sembra sempre avere un posto in prima fila quando la tragedia si avvicina, la vicinanza di Schwab a eventi che alterano il mondo probabilmente è dovuta al suo essere uno degli uomini più ben collegati sulla Terra.

In qualità di forza trainante del “World Economic Forum”, “l’organizzazione internazionale per la cooperazione pubblico-privato”, Schwab ha corteggiato capi di stato, dirigenti d’azienda e l’élite dei circoli accademici e scientifici a Davos da oltre 50 anni.

 Più recentemente, ha anche incoraggiato le ire di molti a causa del suo ruolo più recente di frontman del Great Reset, uno sforzo radicale per ricostruire la civiltà a livello globale per l’espresso beneficio dell’élite del World Economic Forum e dei loro alleati.

Schwab, durante la riunione annuale del Forum nel gennaio 2021, ha sottolineato che la costruzione della fiducia sarà parte integrante del successo del Great Reset, segnalando una successiva espansione della già massiccia campagna di pubbliche relazioni dell’iniziativa. Sebbene Schwab chiedesse la costruzione della fiducia attraverso un “progresso” non specificato, la fiducia è normalmente facilitata dalla trasparenza.

Forse è per questo che così tanti hanno rifiutato di fidarsi del signor Schwab e delle sue motivazioni, poiché si sa così poco della storia e del background dell’uomo prima della sua fondazione del Forum economico mondiale all’inizio degli anni ’70.

Come molti importanti frontmen sponsorizzati dall’élite, le tracce online sul passato di Schwab sono state ben ripulite, rendendo difficile trovare informazioni sulla sua storia iniziale e informazioni sulla sua famiglia. Eppure, essendo nato a Ravensburg, in Germania nel 1938, molti hanno ipotizzato negli ultimi mesi che la famiglia di Schwab possa aver avuto qualche legame con gli sforzi bellici dell’Asse, legami che, se scoperti, potrebbero minacciare la reputazione del Forum economico mondiale e portare a controlli indesiderati. alle sue missioni e motivazioni.

In questa investigazione senza confini, viene esplorato approfonditamente il passato che Klaus Schwab si è impegnato a nascondere, rivelando il coinvolgimento della famiglia Schwab non solo nella ricerca nazista di una bomba atomica, ma nel programma nucleare illegale dell’apartheid sudafricano.

Particolarmente rivelatrice è la storia del padre di Klaus, Eugen Schwab, che guidò nella guerra la filiale tedesca sostenuta dai nazisti di una società di ingegneria svizzera come importante appaltatore militare.

Quella compagnia, Escher-Wyss, avrebbe usato il lavoro degli schiavi per produrre macchinari fondamentali per lo sforzo bellico nazista, nonché lo sforzo nazista per produrre componenti per il suo programma nucleare. Anni dopo, presso la stessa azienda, un giovane Klaus Schwab prestò servizio nel consiglio di amministrazione quando fu presa la decisione di fornire al regime razzista di apartheid del Sud Africa le attrezzature necessarie per promuovere la sua ricerca per diventare una potenza nucleare.

Con il “World Economic Forum” ora un eminente sostenitore della non proliferazione nucleare e dell’energia “pulita”, il passato di Klaus Schwab lo rende un povero portavoce della sua dichiarata agenda per il presente e il futuro.

Tuttavia, scavando ancora più a fondo nelle sue attività, diventa chiaro che il vero ruolo di Schwab è stato a lungo quello di “plasmare le agende globali, regionali e industriali” del presente al fine di garantire la continuità di agende più grandi e molto più vecchie che sono venute dopo la seconda guerra mondiale, non solo la tecnologia nucleare, ma anche le politiche di controllo della popolazione influenzate dall’eugenetica.

La fondazione del “World Economic Forum”

Nel 1970, il giovane emergente, Klaus Schwab, scrisse alla Commissione europea e chiese aiuto per la creazione di un “think tank non commerciale per i leader aziendali europei”. Anche la Commissione Europea sponsorizzerà l’evento, inviando il politico francese Raymond Barre a fungere da “mentore intellettuale” del forum. Raymond Barre, che a quel tempo era commissario europeo per gli affari economici e finanziari, sarebbe poi diventato primo ministro francese e sarebbe stato accusato di fare commenti antisemiti mentre era in carica.

Così, nel 1970, Schwab lasciò Escher Wyss per organizzare una conferenza manageriale aziendale di due settimane. Nel 1971, la prima riunione del World Economic Forum – allora chiamato “European Management Symposium” – si tenne a Davos, in Svizzera.

Kissinger e Schwab al centro.

Circa 450 partecipanti da 31 paesi avrebbero preso parte al primo “European Management Symposium di Schwab”, composto principalmente da manager di varie società europee, politici e accademici statunitensi.

Il progetto è stato registrato come organizzato da Klaus Schwab e dalla sua segretaria Hilde Stoll che, più tardi nello stesso anno, sarebbe diventata la moglie di Klaus Schwab.

Il simposio europeo di Klaus non era un’idea originale. Come sceneggiatore Ganga Jey Aratnam era già coerente nel 2018:

“Lo“ Spirit of Davos ”di Klaus Schwab era anche lo “ Spirit of Harvard ”. Non solo la business school aveva sostenuto l’idea di un simposio. Il famoso economista di Harvard John Kenneth Galbraith ha sostenuto la società benestante, nonché le esigenze di pianificazione del capitalismo e il riavvicinamento tra Oriente e Occidente “.

Era anche vero che, come ha sottolineato anche Aratnam, questa non era la prima volta che Davos ospitava eventi del genere. Tra il 1928 e il 1931, presso l’Hotel Belvédère si tennero le Conferenze dell’Università di Davos, eventi che furono co-fondati da Albert Einstein e furono fermati solo dalla Grande Depressione e dalla minaccia di una guerra incombente.

Il Club di Roma e il WEF.

Il gruppo più influente che ha stimolato la creazione del simposio di Klaus Schwab è stato il Club of Rome, un influente think tank dell’élite scientifica e monetaria che rispecchia il World Economic Forum in molti modi, anche nella sua promozione di un modello di governance globale guidato da un élite tecnocratica.

Il Club era stato fondato nel 1968 dall’industriale italiano Aurelio Peccei e dal chimico scozzese Alexander King durante un incontro privato in una residenza di proprietà della famiglia Rockefeller a Bellagio, in Italia.

Tra i suoi primi risultati c’era un libro del 1972 intitolato “The Limits to Growth” che si concentrava in gran parte sulla sovrappopolazione globale, avvertendo che “se i modelli di consumo del mondo e la crescita della popolazione continuassero agli stessi alti tassi del tempo, la terra avrebbe raggiunto i suoi limiti entro un secolo.”

Alla terza riunione  del World Economic Forum nel 1973, Peccei pronunciò un discorso di sintesi del libro, che il sito web del World Economic Forum ricorda come l’evento distintivo di questo storico incontro. Nello stesso anno, il Club di Roma pubblicherà un rapporto che descrive in dettaglio un modello “adattivo” per la governance globale che dividerebbe il mondo in dieci regioni economiche - politiche interconnesse.

Il Club di Roma è stato a lungo controverso per la sua ossessione di ridurre la popolazione globale e molte delle sue politiche precedenti, che i critici descrissero come influenzate dall’eugenetica e dal neo-malthusiano. Tuttavia, nel famigerato libro del 1991, The First Global Revolution, si affermava che tali politiche avrebbero potuto ottenere il sostegno popolare se le masse fossero state in grado di collegarle a una lotta esistenziale contro un nemico comune.

A tal fine, La prima rivoluzione globale contiene un passaggio intitolato “Il nemico comune dell’umanità è l’uomo”, che afferma quanto segue:

“Nella ricerca di un nemico comune contro il quale possiamo unirci, ci è venuta l’idea che l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d’acqua, la carestia e simili, sarebbero stati adatti.

Nella loro totalità e nelle loro interazioni questi fenomeni costituiscono una minaccia comune che deve essere affrontata da tutti insieme. Ma designando questi pericoli come nemici, cadiamo nella trappola, di cui abbiamo già avvertito i lettori, vale a dire scambiare i sintomi per le cause. Tutti questi pericoli sono causati dall’intervento dell’uomo nei processi naturali ed è solo attraverso atteggiamenti e comportamenti modificati che possono essere superati. Il vero nemico quindi è

 l’umanità stessa “.

Negli anni successivi, le élite che popolano il Club di Roma e il World Economic Forum hanno spesso sostenuto che i metodi di controllo della popolazione sono essenziali per la protezione dell’ambiente.

Non sorprende quindi che il “World Economic Forum” utilizzi in modo simile le questioni del clima e dell’ambiente come un modo per commercializzare politiche altrimenti impopolari, come quelle del Great Reset, se necessario.

Il passato è un prologo.

Dalla fondazione del World Economic Forum, Klaus Schwab è diventato una delle persone più potenti al mondo e il suo Great Reset ha reso più importante che mai esaminare l’uomo seduto sul trono globalista.(ecco il nuovo Hitler!Ndr.)

Dato il suo ruolo di primo piano nello sforzo di vasta portata per trasformare ogni aspetto dell’ordine esistente, la storia di Klaus Schwab è stata difficile da ricercare. Quando inizi a scavare nella storia di un uomo come Schwab, che siede in alto su altri oscuri promotori e agitatori d’élite, presto scopri che molte informazioni sono state nascoste o rimosse.

Klaus è qualcuno che vuole rimanere nascosto negli angoli oscuri della società e che permetterà solo alla persona media di vedere un costrutto ben presentato della persona prescelta.

Il vero Klaus Schwab è un vecchio zio gentile che desidera fare del bene per l’umanità, o è davvero il figlio di un collaboratore nazista che ha usato il lavoro degli schiavi e ha aiutato gli sforzi nazisti per ottenere la prima bomba atomica?

Klaus è l’onesto business manager di cui dovremmo fidarci per creare una società e un posto di lavoro più equi per l’uomo comune, o è lui la persona che ha contribuito a spingere Sulzer Escher-Wyss in una rivoluzione tecnologica che ha portato al suo ruolo nella creazione illegale di armi nucleari per il regime razzista di apartheid del Sud Africa?

Le prove che ho esaminato  non suggeriscono un uomo gentile, ma piuttosto un membro di una famiglia ricca e ben collegata che ha una storia di aiuto nella creazione di armi di distruzione di massa per governi aggressivi e razzisti.

Come ha affermato Klaus Schwab nel 2006 “La conoscenza sarà presto disponibile ovunque – la chiamo la ‘googlizzazione’ della globalizzazione. Non è più quello che sai, è come lo usi. Devi essere un regolatore del ritmo.”

Klaus Schwab si considera un pioniere e un giocatore di prim’ordine, e va detto che le sue qualifiche e la sua esperienza sono impressionanti. Tuttavia, quando si tratta di mettere in pratica ciò che predichi, Klaus è stato scoperto. Una delle tre maggiori sfide nella lista delle priorità per il Forum economico mondiale è la non proliferazione delle armi nucleari, ma né Klaus Schwab né suo padre Eugen hanno rispettato quegli stessi principi quando erano in affari. Piuttosto il contrario.

A gennaio, Klaus Schwab ha annunciato che il 2021 è l’anno in cui il World Economic Forum e i suoi alleati devono “ricostruire la fiducia” con le masse. Tuttavia, se Schwab continua a nascondere la sua storia e quella dei legami di suo padre con la “National Socialist Model Company” che era Escher-Wyss durante gli anni ’30 e ’40, allora le persone avranno buone ragioni per diffidare delle motivazioni alla base del suo “Grande agenda di ripristino”(delle camere a gas naziste.Ndr. )

Nel caso degli Schwab, le prove non puntano semplicemente a pratiche commerciali inadeguate o ad una sorta di malinteso. La storia della famiglia Schwab rivela invece un’abitudine a lavorare con dittatori genocidi per i motivi di base del profitto e del potere. I nazisti e il regime dell’apartheid sudafricano sono due dei peggiori esempi di leadership nella politica moderna, ma ovviamente gli Schwab non potevano o non lo vedevano all’epoca.

Nel caso dello stesso Klaus Schwab, sembra che abbia contribuito a riciclare le reliquie dell’era nazista, cioè le sue ambizioni nucleari e le sue ambizioni di controllo della popolazione, in modo da garantire la continuità di un’agenda più profonda.

Mentre prestava servizio in una capacità di leadership a Sulzer Escher Wyss, la società ha cercato di aiutare le ambizioni nucleari del regime sudafricano, allora il governo adiacente più nazista del mondo, preservando l’eredità dell’era nazista di Escher Wyss.

Quindi, attraverso il “World Economic Forum”, Schwab ha contribuito a riabilitare le politiche di controllo della popolazione influenzate dall’eugenetica durante l’era successiva alla seconda guerra mondiale, un momento in cui le rivelazioni delle atrocità naziste hanno portato rapidamente la pseudo-scienza in grande discredito.

C’è qualche motivo per credere che Klaus Schwab, così come esiste oggi, è cambiato comunque? O è ancora il volto pubblico di uno sforzo decennale per garantire la sopravvivenza di un’agenda molto vecchia?

L’ultima domanda che dovrebbe essere posta sulle reali motivazioni dietro le azioni di Herr Schwab, potrebbe essere la più importante per il futuro dell’umanità: Klaus Schwab sta cercando di creare la Quarta Rivoluzione Industriale, o sta cercando di creare il Quarto Reich?

(Johnny Vedmore, giornalista -  databaseitalia.it).

Johnny Vedmore è un giornalista investigativo indipendente e un musicista di Cardiff, Galles. Il suo lavoro mira ad esporre le persone potenti che sono trascurate dagli altri giornalisti e a portare nuove informazioni ai suoi lettori.

Un altro importante libro per conoscere i meccanismi del Grande Reset, delle menzogne su cui è fondato e delle paure che propaga. Preziosa la prefazione di Sara Cunial , una dei pochi parlamentari non servili e dignitosamente “eretica”, come dovremmo essere tutti di fronte a questa nuova terribile “religione della salute” a cui si deve prestare fede cieca. Eretici, se ci è rimasto un briciolo di dignità.

THE COVID SHOW.

 (Andrea Tosatto).

E’ disponibile il libro di Andrea Tosatto, “THE COVID SHOW”, in tutte le librerie e su tutte le piattaforme dal 10 marzo. “The Covid Show” è il titolo provocatorio di un’analisi attenta, precisa, dissacrante, sempre pervasa di pungente ironia, del mondo ai tempi del coronavirus, attraverso gli occhi di Andrea Tosatto che spaziano oltre le apparenze condivise per renderci una fotografia nuova, coraggiosa, plausibile, a tratti sconvolgente e sicuramente inconsueta di ciò che crediamo essere la nostra realtà.Presentiamo qui la prefazione che Sara Cunial ha dedicato al lavoro di Andrea.

Viviamo nell’epoca della menzogna: chi dubita, chi denuncia, chi si oppone alla visione dominante, viene deriso, attaccato, screditato. Corsi e ricorsi di una storia nella quale la “santa inquisizione” ha solo e sempre cambiato veste.

Ancora oggi chi si oppone alla verità ufficiale è eretico e come eretico viene trattato dalla nuova religione così ben argomentata nel libro di Andrea Tosatto. Masse di fedeli ipnotizzati, proni ai nuovi sacerdoti che nei salotti televisivi annunciano il verbo a suon di immagini falsificate, numeri gonfiati, morti urlate, dita puntate contro chi osa dissentire.

La regia è occulta, ma ormai ben nota. Sono sempre i soliti, come leggerete.

Quelli che uccidono i popoli in nome della Salute (che hanno già ucciso).

Sono quelli della scienza non democratica e della democrazia non democratica. Quelli della pace portata a suon di bombe, degli F35, degli Ogm e della Troika.

Quelli che si arricchiscono nelle tragedie e che le tragedie le causano per arricchirsi.

Sono quelli che nell’ombra tirano i fili di governi di burattini. In Parlamento non si decide nulla. Stuoli di passacarte pronti a ratificare direttive calate dall’alto, agiscono agli ordini di potenti e lobby di turno.

Oggi più che mai i cittadini sono svenduti e i diritti barattati: anziani ammazzati nella solitudine, bambini fatti cavie, violentati e dimenticati, lavoratori umiliati e ricattati, piccoli imprenditori abbandonati.

Dall’inizio di questa pandemia ho presentato oltre cento interrogazioni, denunciando diversi dei fatti raccontati da Andrea: dalle vaccinazioni al 5G, dai conflitti d’interesse in gioco al servilismo di una classe politica corrotta e inadeguata.

Cento atti parlamentari portati all’attenzione dei vari ministeri in cui si segnala, prove alla mano, il criminale tentativo di distruggere il nostro Paese sotto tutti i punti di vista: sanitario, economico, politico, ambientale e sociale. Non folli teorie complottiste, bensì documenti approvati da un sindacato ispettivo la cui funzione è accertare le fonti e le affermazioni scritte.

L’ho fatto per lasciare una traccia, all’interno delle istituzioni, di ciò che sta avvenendo nel mondo reale, quello scientemente ignorato da televisioni e giornalisti propagandisti, politici dormienti o conniventi. Del resto, è già tutto qui, sotto i nostri occhi: basta aprirli. Essere coscienti e presenti, unire i puntini, agire di conseguenza è la più potente arma che abbiamo.

Quello che invece non è scritto è l’epilogo di questa storia, che è la storia dell’umanità. Dipende da noi.

Ci vogliono divisi, soli, ammalati e stanchi. Ci faremo trovare uniti, pronti e consapevoli. Ci faremo trovare vivi e umani.

Come scrive giustamente Andrea quello che ci serve è un “Risveglio collettivo”. Un risveglio già in atto, scolpito nei gesti di tutte quelle persone che all’individualismo, alla paura e all’egoismo, rispondono con l’amore, la solidarietà e la gioia.

Lo si può vedere nelle mani di tutti quei medici, ricercatori e scienziati che operano in scienza e coscienza, nel rispetto della persona e della loro professione.

È presente nelle braccia di quei contadini che lavorano per custodire la terra e i semi e con essi la possibilità di un futuro libero e sano per tutti.

Lo si scorge nelle facce di chi difende la propria casa e il proprio territorio, anche a costo della propria vita; nelle mani di tutti quei piccoli imprenditori che alzano la testa e con dignità e responsabilità continuano a portare avanti il proprio lavoro; negli occhi di chi, contro tutto e tutti, continua imperterrito ad agire con etica e con cuore; negli sguardi di tutti coloro che all’ingiustizia fatta legge s’oppongono con una giusta disobbedienza civile.

È tangibile nei sorrisi dei bambini, nelle strette di mano e negli abbracci che vorrebbero negarci, ma che si fanno sempre più stretti e sentiti.

Siamo a un bivio, viviamo un momento storico di incredibile possibilità: possiamo restituire l’umanità a sé stessa. Siamo pronti.”

Sara Cunial, parlamentare.

(nogeoingegneria.com).

 

 

 

Il capo dell'esercito britannico

allerta le truppe: "Prepariamoci

a combattere contro la Russia".

msn.com-Rainews-(19-6-2022)- ci dice :

Una Gran Bretagna pronta a sostenere le forze ucraine e cosciente che si possono preannunciare tempi piuttosto cupi, quella che si delinea dalle parole del Generale Patrick Sanders e del premier Boris Johnson.

Il primo, da poco salito al comando generale delle forze armate britanniche, non ha usato mezzi termini su quali potrebbero essere gli sviluppi del conflitto in Ucraina: “Siamo la generazione che deve preparare l'esercito a combattere ancora una volta in Europa” poiché l'invasione russa dell'Ucraina mina la stabilità globale. “Siamo entrati in una nuova era di insicurezza" ha scritto in un messaggio. "Sono il primo capo di stato maggiore dal 1941 a prendere il comando dell'esercito all'ombra di una guerra di terra in Europa che coinvolge una potenza continentale. Lla persistente minaccia dalla Russia mostra che siamo entrati in una nuova era di insicurezza" ha scritto in un messaggio.

"È mio unico dovere rendere il nostro esercito il più letale ed efficace possibile. Il momento è adesso e l'opportunità è da cogliere.'

Le parole, riprese da vari giornali tra cui il Daily Mail, arrivano a ridosso di quelle di Putin secondo cui gli ex Stati Sovietici “fanno parte della Russia storica”, dette in risposta alla provocazione del ministro kazako Tokayev che rifiutava di riconoscere le repubbliche indipendenti di Luhansk e Donetsk.

Nel mezzo di una lunga denuncia dell'America e dei suoi alleati, il leader russo ha avvertito che "niente sarà più come una volta".  Le affermazioni di Putin alzano quindi il livello di allarme e sono il terreno su cui attecchiscono quelle espresse del generale Sanders.

All’indomani della sua seconda visita a Kiev secondo Johnson “sarebbe una catastrofe se Putin vincesse” e ha assicurato a Zelensky che il Regno Unito è pronto a lanciare un'importante operazione per addestrare le forze armate ucraine, addestrando fino a 120.000 soldati ogni 120 giorni per prepararli al combattimento contro i soldati di Putin.

“Dobbiamo chiarire che stiamo sostenendo gli ucraini nelle loro ambizioni di espellere i russi, espellere gli eserciti di Putin, da tutto ciò che ha ottenuto dal 24 febbraio, e assicurarci che gli ucraini non siano incoraggiati a cercare cattiva pace, qualcosa che semplicemente non durerebbe”.

Anche Boris Johnson ha esortato i leader mondiali a mantenere i nervi saldi per una lunga guerra in Ucraina o a rischiare la "più grande vittoria per l'aggressione in Europa dalla seconda guerra mondiale".

Il premier inglese  ha affermato che una vittoria russa in Ucraina sarebbe "catastrofica" e ha esortato la comunità internazionale a usare il suo potere per espellere gli eserciti invasori di Mosca.

Sul Sunday Times, Johnson ha dichiarato che il tempo “è ora il fattore vitale. Tutto dipenderà dal fatto che l'Ucraina possa rafforzare la sua capacità di difendere il suo suolo più velocemente di quanto la Russia possa rinnovare la sua capacità di attacco. Il nostro compito è guadagnare tempo dalla parte dell'Ucraina”.

Il leader dei conservatori, che deve fronteggiare l'inflazione in aumento in Gran Bretagna coi prezzi dei carburanti alle stelle, ha detto anche però che le preoccupazioni economiche non dovrebbero portare a un accordo affrettato con una Ucraina dilaniata dalla guerra.

 

 

 

L’ effetto Flynn e il Grande Reset.

Lineedivetta-webnode.it -Roberto Pecchioli-( 20-4-2022)- ci dice :

L'era delle masse è la vittoria della barbarie. E' il tempo del signorino viziato, che vive come se la civiltà, secolare sforzo titanico, fosse per sempre, che valuta se stesso "come tutto il mondo, e tuttavia non se ne angustia, anzi si sente a suo agio nel riconoscersi identico agli altri".

Scriveva José Ortega y Gasset: "la massa travolge tutto ciò che è singolare, differente, individuale, qualificato e selezionato. Chi non sia come tutto il mondo, chi non pensi come tutto il mondo, corre il rischio di essere eliminato. (...) Tutto il mondo era normalmente l'unità complessa di masse e minoranze discrepanti, speciali. Adesso tutto il mondo è soltanto la massa". Il brutale, ma apparente imperio delle masse, tuttavia, non è che la suprema astuzia del potere. Ortega fa notare che il potere, in ogni tempo, ha bisogno di consenso, senza il quale il suo destino è incerto ed effimero. Non si comanda a lungo con la sola brutalità, la paura e la forza. Talleyrand, archetipo del potere, il ministro che attraversò indenne l'Ancien Régime, la Rivoluzione e la tempesta bonapartista, disse una volta a Napoleone, novello imperatore: "con le baionette, sire, si può far tutto, tranne una cosa, sedervisi sopra".

 

Chi esercita il dominio lo sa, così come gli è noto che il popolo ama essere ingannato e che la massa non decide nulla e, anche quando crede di agire, in realtà è agita. Essa odia la libertà - che è distinzione, raziocinio - e vuol credere di avere potere in quanto ha un'opinione. Opina su tutto, con tanto maggiore accanimento da quando l'hanno convinta di possedere dei diritti. Negli ultimi due secoli e mezzo, aristocrazie ed oligarchie dominanti dovettero effettivamente riconoscere - non senza aspre lotte - alcuni diritti alle masse. Lo imponeva l'enorme aumento della popolazione - che in Occidente si è arrestato da due generazioni - ma soprattutto il nuovo assetto di una civiltà in piena rivoluzione industriale, bisognosa di grandi masse per le sue imprese economiche e belliche.

A questa massa si doveva pur concedere il diritto di voto, se veniva chiamata alle armi per morire in guerra. Lo sforzo tecnico e scientifico di società che aumentavano vertiginosamente i loro mezzi materiali si sosteneva su milioni di persone qualificate, più istruite delle generazioni precedenti. Operaio, tecnico, soldato, professionista al servizio di un ordine sociale in ascesa: occorreva più cultura e un margine ragionevole di libertà. In quel mondo, non solo l'istruzione e la cultura si diffondevano, ma saliva anche l'intelligenza media della popolazione. Lo dimostrò uno studioso neozelandese, James R. Flynn, che teorizzò l'aumento del quoziente intellettivo medio della popolazione. Il fenomeno, detto effetto Flynn, fu analizzato in un saggio del 1987. Sulla base dello studio comparato di indagini effettuate sui bambini a partire dal 1947, venne dimostrato che nei paesi più sviluppati il quoziente di intelligenza (pur con tutte le cautele sul valore del relativo test) era aumentato di almeno 8 punti nel periodo esaminato.

La tendenza si sta rapidamente invertendo, tanto che oggi si parla di effetto Flynn capovolto: nei paesi occidentali il Q.I. diminuisce di mezzo punto annuo dal 2000. Insomma, stiamo diventando più sciocchi. E' l'effetto della civiltà dell'immagine, basata sulla superficialità, sull'accumulo indifferenziato di informazioni, sullo specialismo che ci rende esperti in un minuscolo ambito della conoscenza e ignoranti in tutto il resto. E' anche l'esito dell'affidarsi agli apparati artificiali per compiere qualsiasi operazione intellettuale e assumere ogni decisione, disattivando intere aree del cervello. La terza e ora la quarta rivoluzione industriale, basata sulla tecnologia informatica e sulla robotizzazione, non hanno bisogno di ingenti masse umane, né di intelligenze speculative. Il potere preferisce un'istruzione tecnica fatta di saperi strumentali, meccanici.

E' gradita un'umanità che non ponga e non si ponga domande: bastano masse addestrate all'uso dei dispositivi informatici, dalla mente binaria (aperto/chiuso, sì-no) come gli apparati tecnici. Il pensiero critico, il dubbio fecondo non interessano. La cultura è riservata alle minoranze destinate al comando. Il presente si basa prevalentemente sull'immagine, il flash, il flusso di informazioni che si disperdono per sovraccarico e delle quali devono essere trattenute solo quelle "utili" al sistema del consumo. Conta solo ciò che può essere fatto valere immediatamente sul mercato o che serve per utilizzare gli apparecchi informatici, non più propaggini dell'essere umano, ma guide, maestri, tutor la cui mancanza produce un drammatico cortocircuito.

L'uso compulsivo di computer, calcolatrici, smartphone diminuisce la capacità di calcolo, concentrazione, ragionamento, inibisce l'esercizio della memoria, porta della conoscenza. Di qui proviene l'impoverimento del linguaggio. Non si tratta solo della diminuzione della conoscenza lessicale, un vocabolario di massa ridotto a poche parole, ma della perdita della capacità di elaborazione linguistica che permette di formulare un pensiero complesso. Di qui anche la progressiva scomparsa di tempi e modi verbali, che dà luogo a un pensiero quasi sempre declinato al presente, incapace di proiettarsi nel tempo. Il signorino soddisfatto - e imbarbarito- pensa, parla e si comporta sempre e solo al presente: un'altra scoperta di Ortega. Senza le parole per costruire un ragionamento, il pensiero complesso è impossibile.

I regimi totalitari hanno sempre ostacolato il pensiero, attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole. Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c'è pensiero senza parole. Il potere è apolide, ma ha una sede, gli Stati Uniti, la cui mentalità vive di riduzionismo, semplificazione, fastidio per i concetti.

Dagli Usa viene la spinta a semplificare l'ortografia, abolire i generi, i tempi, le sfumature, la complessità, ovvero a impoverire la mente umana. E' una scelta strategica: le masse devono credere di possedere potere, diritti, persino capacità di direzione, ma la realtà è opposta. Sono espropriate delle parole, allontanate dalla cultura- il pensiero meditante - riempite di "diritti" privi di senso, quasi tutti nella sfera pulsionale, orientati alla perdita di responsabilità a vantaggio della comodità. Eterodirette, manipolate, credono tutto ciò che viene fatto loro credere, ma - ecco l'immensa differenza rispetto ad altri tempi- convinte di pensare ed agire in autonomia. Si muovono come masse persuase di esercitare la libertà individuale: un successo impressionante del potere.

L' uso esagerato delle risorse naturali del pianeta, la sovrappopolazione, l'evidenza che il meccanismo di accumulazione e consumo non può durare all'infinito, hanno cambiato in profondità l'agenda delle oligarchie. Non possono più permettersi la libertà di pensiero, l'esistenza di dissidenti e oppositori. Il modello tecno totalitario e dirigista cinese è vincente e le élite occidentali conoscono la storia e la geopolitica. Tutto deve cambiare in gran fretta. Giorgio Agamben, il più lucido analista dei fulminei mutamenti al tempo del virus, ha scritto che il globalismo è un singolare ircocervo: capitalismo nella variante comunista.

 Privatizzazione oligarchica, potere piramidale, uniti in un regime politico totalitario che "unirà in sé l'aspetto più disumano del capitalismo con quello più atroce del comunismo statalista, coniugando l'estrema alienazione dei rapporti fra gli uomini con un controllo sociale senza precedenti."

Il regime si fa proibizionista, autoritario, l'aria è diventata irrespirabile per popoli- quelli europei - cresciuti e vissuti nel clima della libertà, del dubbio fecondo, del dibattito. Il nuovo ordine mondiale non è poi così nuovo. E' un sistema di dominio la cui differenza con il passato è quantitativa, il possesso di mezzi infinitamente più potenti. La teoria parla di una società globalizzata diretta da una élite che agisce nell'ombra, un governo planetario autocratico, invisibile e onnipresente. In realtà, non hanno più bisogno di nascondersi: dichiarano apertamente il loro programma, tanto la maggioranza non è in grado di comprenderne la portata, non diciamo di organizzare la resistenza. Da quando siamo intrappolati nel Covid 19 -nella sua narrazione terrorizzante e terroristica - si parla di Grande Reset, un'operazione volta a cambiare in profondità l'economia, la vita e le abitudini della popolazione. Gran parte del sistema di comunicazione e della politica finge di considerarla una teoria complottista di paranoici e - possedendo tutti i mezzi- riesce a nascondere la realtà. Eppure, chi comanda ha parlato chiarissimo.

Il Foro Economico Mondiale di Klaus Schwab ha annunciato, in conseguenza della "crisi sanitaria mondiale" un incontro a Davos per gennaio del 2021 con un tema preciso all'ordine del giorno: il grande reset.

 Giova ripetere che il "partito di Davos" è formato da alcune migliaia di miliardari, finanzieri, imprenditori di punta, e di "teste pensanti" politiche e culturali al loro servizio.

Il comunicato che annuncia il convegno è firmato dal Principe Carlo d'Inghilterra (è servito chi pensa che le famiglie reali non contino più nulla) e dal direttore del WEF, Karl Schwab, autore di un libro il cui titolo è Il Grande Reset.

 Il sottotitolo è "da ogni crisi, si presenta un'opportunità ". Perfetto programma oligarchico massonico: Ordo ab chao, il (nuovo) ordine sorge dal caos, ossia dalla sofferenza di miliardi di persone.

Riportiamo di seguito alcune delle affermazioni contenute nel libro di Schwab. Il Covid è una delle pandemie meno mortali che il mondo abbia conosciuto in duemila anni. Il Covid offre l'occasione di introdurre cambiamenti sociali senza precedenti. Molte cose cambieranno per tutti ed emergerà un mondo nuovo. Molti chiedono quando le cose torneranno alla normalità. La risposta è breve: mai. Diventeremo più efficienti nella gestione dei nostri geni e di quelli dei nostri figli. Potranno essere introdotti all'interno del corpo umano delle particelle "intelligenti", computer dotati di antenne, tutto più minuscolo di un granello di sabbia. L' attraversamento dei confini nazionali comporterà una scansione dettagliata del cervello per valutare il rischio di sicurezza che pone il viaggiatore. Molto probabilmente verranno impiantati nel nostro cervello e nel nostro corpo dei dispositivi esterni. Gli strumenti della quarta rivoluzione industriale permettono di nuove forme di monitoraggio e nuovi meccanismi di controllo. Il lavoro degli avvocati, dei medici, dei giornalisti o dei bibliotecari sarà senza dubbio parzialmente o totalmente automatizzato. L'avvenire ci sfiderà a comprendere il significato di essere umano.

Vasto programma. L'agenda è quella del transumanesimo, ovvero il superamento dell'antiquata creatura umana, ibridata con la macchina, il cui controllo è saldamente nelle mani dell'oligarchia e dei suoi tecnocrati. Lorsignori hanno deciso per tutti. Unico intoppo, il rinvio del forum- il contagio potrebbe cogliere anche gli Illuminati nell'inverno svizzero- a maggio del prossimo anno, non a Davos, ma nell'ipersicura Singapore, perla del dispotismo asiatico. Nessun governo ombra: il sicuro incedere del nuovo ordine mondiale, i cui disvalori ad uso del popolo sono il consumo, l'incultura, le passioni basse e triviali.

Trascendenza, conoscenza e spiritualità sono bandite in un pianeta in cui tutto è equivalente - quindi irrilevante, tranne il dominio dei padroni universali- le vecchie nazioni muoiono, sostituite da mega-corporazioni tecno economiche con diritto di vita e di morte. Un mondo distopico abitato da una massa acritica, credulona, aliena dalla realtà, immersa in paradisi artificiali audiovisivi e chimici, in cui l'uomo è un codice numerico senza importanza, un ente destinato a produrre, consumare ed essere gettato via. La sottomissione della popolazione non avviene più esclusivamente con l'uso della forza e neppure con la progressiva castrazione mentale e spirituale. L'anno in corso ha dimostrato un salto di qualità. Il potere è diventato definitivamente biopotere, imperio e sorveglianza sui corpi e la vita.

Le masse tornano al loro ruolo primigenio di materiale inerte, plastico, indagato da Elias Canetti in “Massa e potere”. La finzione della democrazia e dello Stato di diritto è stata oltrepassata, nell'anno del virus. Terrore più controllo della comunicazione più l'aperta dimostrazione di potenza coattiva. Ci stanno impartendo una dura lezione, il cui nocciolo è che il Nuovo Ordine Mondiale si è disfatto dell'illusione democratica ad uso delle masse e ha preso il controllo diretto delle nostre vite. Sappiamo chi comanda e, attraverso il dispiegamento degli uomini armati (le "forze dell'ordine") conosciamo le conseguenze della dissidenza. I diritti costituzionali sono sospesi, le proteste vietate, guardate con odio dalla massa impaurita; la censura dilaga.

Invocheranno il reato di odio per chi dirà male del potere, degli esperti e del sistema. A stretto rigore, hanno ragione: ogni dissenso contiene un'avversione dichiarata. Basta chiamarla odio e iscriverla nel diritto penale. Il gioco è fatto, beninteso dopo un lungo, capillare lavorio di domesticazione dell'opinione. Per chi non ci sta, non solo è pronto un potente dispositivo repressivo, ma è operante l'odio della folla: la legge di Lynch, l'unica che un popolo ridotto a massa conosce. Linciaggio da parte della massa: ecco che cosa attende i residui oppositori e chiunque si ostini a ragionare.

Editti continui, in Italia contraddittori e talvolta ridicoli, regolano gli aspetti più elementari della nostra vita. Ci impongono dove e se possiamo andare, chi possiamo incontrare, per quanto tempo e così via. La reazione? Nulla, o minima. Qualche giorno fa, in una "zona gialla", relativamente libera dai divieti, un giovanottone africano in giacca e cravatta misurava la temperatura di chiunque entrasse in un supermercato. Solo chi scrive è tornato sui suoi passi. Lo intuì Michel Foucault: un mondo gestito come una prigione, un universo in cui siamo trattati, anzi gestiti, come detenuti. Sorvegliare e punire, nascita della prigione, è il profetico titolo del saggio di Foucault sul biopotere. Nulla di accidentale, tanto meno la risposta "responsabile" a un'emergenza inattesa, ma una "guerra lampo" dell'oligarchia contro il popolo, la cui ricreazione - vera o presunta - è finita.

Lavorano per ridurci a bambini balbettanti che chiedono la caramella da ottenere all'istante, poiché altro non riconoscono che i desideri. La transumana futura disumanità sarà pavloviana, ossia vivrà di impulsi eterodiretti, di istinti primari senza pensiero né spirito. Il Grande Reset ci considera greggi destinate, in forme diverse, al mattatoio, luogo cui ci avvieremo contenti, poiché la menzogna sarà costante, massiccia, martellante e suadente. Nessuno avrà più gli strumenti culturali, intellettuali e morali per discutere il potere. Basta oziose speculazioni sul bene e sul male - non "servono" alla vita animale- nessuna personalità individuale. Ciò che afferma ed impone "il piano di sopra" sarà sempre vero e certo, per quanto vada contro logica e verità.

Pensare crea problemi: meglio seguire il gregge. Sono e saranno implacabili con chi si oppone al sistema mondo diretto dalle grandi corporazioni, con il potere in mano a un pugno di onnipotenti sotto il cui tallone si muove a comando una massa senza principi e senza Dio.

Non è poi così nuovo, l'ordine che ci impongono: ha "soltanto" più mezzi che nel passato. Credevamo di avere voce in capitolo, attraverso il voto e le procedure dell'intangibile democrazia. Tutto finito, residui di un passato in cui il potere doveva almeno mostrare una certa dissimulazione, ostentare rispetto per la gente. Hanno comprovato, nell'anno terribile al tramonto, che la massa è inerte. Non reagisce, non si oppone: paura più manipolazione continuata. Crediamo ciò che ci viene fatto credere, il cervello ha disattivato i sensori del dubbio, perfino della vecchia, sana diffidenza popolare.

La passività ci vede con la testa china in fila indiana come nel film Metropolis di Fritz Lang. La pandemia è di pensiero e sottomissione volontaria. In queste settimane chi passeggia per strada nascosto dietro la mascherina d'ordinanza, osserva code dappertutto, caratterizzate da silenzio spettrale e da una mansuetudine che fa rabbrividire. Davanti agli uffici postali, sconcerta la fila per ottenere un codice che permetterà di richiedere spiccioli di rimborso statale a chi paga i suoi conti con mezzi elettronici. L'operazione ha la sua brava parola in globish, l'inglese elementare: si chiama cashback, ma l'intento - un altro successo sconvolgente - è convincerci ad abbandonare il denaro contante, ossia a dipendere dalle macchine e dalle carte. Tutto nelle mani di lorsignori il denaro guadagnato con il nostro sudore.

Cadono le braccia e viene voglia di "passare al bosco" come il Ribelle di Juenger. Il Nuovo Ordine non è nuovo né ordine, caotico perché iniquo, perché si sostiene sulla stirpe di Caino che uccide il fratello, di Satana che si leva contro il Signore, di Faust che viene a patti con Mefistofele.

 E' lo specchio che riflette il nostro aspetto deforme, i vizi che il potere conosce, sfrutta e stuzzica per dominarci più a fondo. Abbiamo il libero arbitrio, ma lo usiamo per scegliere il peggio. I signori del Grande Reset non hanno altro merito che di conoscerci a fondo. Nessuna cospirazione, nessun complotto. Solo la luciferina capacità di farci accettare la servitù volontaria. Aveva ragione Etienne De la Boétie: il tiranno mantiene il potere perché i sudditi glielo concedono. La libertà originaria, naturale è abbandonata volontariamente, corrotta dall'abitudine di chi preferisce la servitù alla difficile condizione di uomo libero.

Scrisse Dario Fo che il padrone conosce mille parole e l'operaio trecento: per questo è il padrone. E' uno squarcio di verità, che spiega l'impegno dei potenti a tenerci nell'ignoranza e nella minorità. Se alziamo la testa, ci rubano le parole, la conoscenza, rimuovono progressivamente le nostre capacità intellettuali: effetto Flynn al contrario, il Grande Reset.

 

 

Grande Reset… ma anche no!

Andreabizzocchi.it-  (26 Marzo 2022)- Andrea Bizzocchi- ci dice :

 

Se da un lato i grandi burattinai, gli autonominatisi padroni del mondo, con l’operazione Covid 19, hanno indirizzato l’intero pianeta verso un futuro digitale e transumano, dall’altro la fiammella di resistenza umana ha ripreso a sventolare in molti paesi e tra milioni e milioni di persone che fanno della libertà (e anche della salute vera) il fondamento della loro umanità. Il compito per gli umani-ancora-umani è arduo, ma la battaglia non è persa. Occorre raddoppiare sforzi e coraggio.

Grande Reset… ma anche no!

 

Operazione Covid 19 e Grande Reset.

L’operazione THE COVID SHOW è in pieno svolgimento con l’asticella che viene alzata progressivamente.

Dopo  anni siamo ancora al terrorismo mediatico esportato 24/7 dai media di regime, siamo ancora al lockdown (che doveva durare due settimane) appena un po’ più mascherato (per gli ingenui) dalla farsa “zone colorate”. Siamo ancora ai coprifuochi (anch’essi più o meno mascherati) e siamo ancora e sempre più allo smart working, allo shopping online, alle piattaforme a la Netflix che impazzano. Ma siamo anche, e soprattutto e purtroppo, alle attività economiche che stanno fallendo (piccole, media e anche grandi imprese) e ai suicidi. Poi siamo ancora e sempre più a quello strumento di devastazione psicoemotiva dei bambini chiamata DAD, e quindi, più in generale, alle mascherine, alla pretesa di distanziamenti, ai divieti di “assembramenti” e così via. In altre parole siamo alla morte economica, civile, sociale. La vita vera infatti, quella vissuta e fatta di contatti e esperienze vive e reali, sta andando nel dimenticatoio della storia, mentre la (pseudo)vita a venire sarà fatta di (e in gran parte già lo è) di chiusura tra le mura domestiche, di chiusure dei luoghi di socialità (bar, ristoranti, ecc.) e di cultura (musei, teatri, cinema), più in generale di mancanza di contatto. Questi sono i loro piani. Non è detto ci riescano.

In breve, la pretesa è di anestetizzare (temporaneamente) la nostra umanità per poi arrivare a sopprimerla definitivamente, unitamente a quella dinamicità e, più in generale, voglia di vivere, con la quale tutti, nessuno escluso, veniamo al mondo. Le generazioni dei bambini e anche degli adolescenti di oggi, quella vita umana non la conosceranno mai. Nessuna persona sana di mente può preferire tutto questo per i propri figli al giocare a nascondino o a pallone. Stiamo assistendo alle avanzate, ai prodromi, del transumanesimo, che nella realtà è già tra noi sotto le mentite spoglie di “inevitabile progresso”. Rappresenta il colpo finale all’umanità. Non è detto che sarà così.

All’apparenza siamo nella situazione degli Indiani d’America (che due secoli fa lottavano per fermare l’avanzata del bisonte di ferro, cioè treni e rotaie, cioè l’espansione del paese verso ovest, cioè il progresso) e di tutti quei popoli nativi che quello stesso progresso ha sistematicamente fatto fuori. Ma abbiamo motivi di speranza che le cose andranno diversamente.

Il Grande reset.

 

Questa opera di trans(dis)umanizzazione portata avanti dagli ideologi del Grande Reset (e dai loro epigoni o tristi esecutori alla Mario Draghi, Colao & Friends, per rimanere all’Italia) viene da molto lontano e presenta molte sfaccettature.

A seconda dell’angolazione da cui lo si approccia lo si può chiamare Grande Reset, ma anche Quarta Rivoluzione Industriale oppure New Normal oppure ancora Green New Deal (in ossequio alla farsa del riscaldamento globale).

 Ma soprattutto si chiama Nuovo Ordine Mondiale, ovvero la feroce volontà dell’élite capitalista di controllare e dominare ogni aspetto della vita viva sulla terra. Questa guerra è rivolta, in questo preciso momento storico, in particolare alle popolazioni del (ancora per poco) ricco Occidente (Nord America, Europa, Australia) visto che tutti gli altri erano già stati sistemati per tempo.

Questa guerra partita in sordina da tempo ha mostrato apertamente il suo volto nell’ultimo anno con la messa in campo della falsa pandemia che ha bloccato il mondo e che è stata utilizzata come strumento per distruggere le economie (occidentali in particolare) e restringere le libertà individuali. O perlomeno questi sono gli aspetti più evidenti, quelli sotto gli occhi di tutti, anche di coloro che si ostinano a non voler vedere la realtà. Questa guerra viene mossa da un manipolo di persone (élite plurimiliardaria) all’intera umanità (e ci aggiungo pure alla Natura) attraverso i governi dei vari paesi (che non sono più sovrani da tempo, in primis per via della dipendenza da una moneta debito saldamente in mano alle succitate élites), attraverso istituzioni medico-sanitarie foraggiate e controllate dalle succitate élite (vedi ad esempio Bill Gates con l’OMS), attraverso i media (altrettanto controllati e dispensatori di una narrativa unica ad uso e consumo delle masse televisivizzate) e così via. La tecno-dittatura prevista si modellerà sulla falsariga di quella comunista cinese e coinvolgerà ogni aspetto della nostra esistenza (dall’energia, al cibo, dall’economia alla finanza, dalla scuola alla salute, dalla restrizione delle libertà al controllo sociale). Questo è il loro piano. Non è detto che ci riusciranno.

 

Klaus Schwab e il World Economic Forum.

Uno dei Deus ex machina più in vista del Grande Reset è il fondatore e guru del World Economic Forum di Davos, Klaus Schwab, il quale, bontà sua, ha addirittura pubblicato un libro assieme all’economista-scrittore francese Thierry Malleret, intitolato (senza vergogna) Covid 19 – The Great Reset.

 Schwab, per chi non lo conoscesse, non è nessuno, un personaggio di per sé mediocre diventato “potente” nella sua figura di megafono dei grandi burattinai attraverso il suo WEF.

 

Mr. Schwab ci dice già dal titolo del libro che la farsa covid 19 sarà utilizzata per portare avanti il Grande Reset e il libro vaneggia pagina dopo pagina di “nuovo mondo”, “grandi opportunità”, “ridefinizione dell’umanità”, “zero emissioni”, ma anche di “governo globale”, “sorveglianza”, “libertà prossime allo zero”, “limitazioni nei viaggi e spostamenti”, “eliminazione della proprietà privata”, “del denaro fisico”, altro.

Insomma, quelli che sono i temi noti del mondialismo e poiché ne scriviamo da anni, non scopriamo nulla di nuovo. Al fondo c’è la ripetizione del famoso schema PRS (problema-reazione-soluzione). Si sprigionano paure per far accettare i rimedi (i loro rimedi, che guarda caso sono anche i loro obiettivi). Occorre rendersene conto e superare le nostre paure.

Riassumendo per chi ha orecchie per ascoltare, Schwab parla apertamente di totalitarismo tecnocratico su scala globale, una specie di propaganda in salsa socialista-comunista (la Cina è dichiaratamente il paese di riferimento del “nuovo mondo”), ovviamente nel nome di un bene superiore (la sostenibilità, i diritti, l’inclusione, ecc. Insomma, le solite menate), una vera e propria road map che una masnada di psicopatici chiamati Schwab (e Gates, Kissinger, Soros, Rockefeller, Rotschild, famiglie reali,Draghi ecc.), stanno realizzando sulla pelle delle popolazioni.

“Il mondo di prima non tornerà più e dunque è bene adattarsi e abbracciare la “nuova normalità” dice Schwab. Possiamo dire a Mr. Schwab e a Draghi & C. che noi non ci adatteremo tanto facilmente e che meno ancora facilmente l’avranno vinta.

Motivi per avere fiducia.

 

Tenete a mente una cosa. Che siamo in guerra. Tenetene a mente un’altra. In guerra si combatte in due. In questo preciso istante che stai leggendo, dietro le quinte, si sta combattendo una grande lotta tra il Male e il Bene. La guerra è certamente mossa dal Male che dall’alto combatte le popolazioni (in guerra le prime a rimetterci sono le popolazioni). Ma in alto c’è anche un Bene che combatte quel Male che combatte le popolazioni.

Abbiamo assistito tutti al clamoroso scippo delle elezioni USA da parte dei Demon-crats. Ogni avvenimento di grande risonanza (e le elezioni americane, e in particolare quelle del 2020, sono certamente l’avvenimento più importante della storia recente) determina effetti a cascata sulla società ed è interpretabile su più livelli.

 La prima, immediata ed istintiva considerazione che possiamo fare al riguardo, e che una operazione così “spericolata” ed alla luce del sole da parte del Male, se da un lato è stata resa possibile da un enorme potere di controllo che tale Male esercita sui media (oltre che su tutto il resto), dall’altro certifica indubitabilmente che esso stesso teme che il grande piano possa sfuggirgli di mano.

Il cosiddetto Risveglio è in pieno svolgimento e loro lo sanno. Siamo entrati in un’altra dimensione e il salto evolutivo si sta quotidianamente materializzando sotto i nostri occhi (posso testimoniarlo per esperienza diretta su decine e decine di persone a me vicine) anche se molti di noi ancora non lo avvertono (perché continuano imperterriti a con giornali, telegiornali, internet ecc.), non ne hanno la percezione. Tutto questo li distrae da ciò che già è, e cioè un innalzamento delle vibrazioni che vengono tenute basse proprio dalla Matrix tecnologica a cui (quasi) tutti rimangono attaccati dedicandogli tanto (troppo) tempo.

La Russia di Putin.

Ci sono poi anche altri elementi molto concreti per avere fiducia. A gennaio di quest’anno al Forum di Davos organizzato questa volta online (sempre per mantenere la falsa narrativa della pandemia ovviamente), è stato invitato (dopo ben 11 anni) il Presidente russo Vladimir Putin.

Prima di Putin aveva parlato il dittatore comunista cinese XiJiinping a cui si ispirano le tecnocrazie occidentali che vorrebbero far diventare la vita occidentale un gulag a cielo aperto, urbano e quotidiano, tipo la Cina.

 Dictator Xi, oltre ad essersi lanciato in sperticate lodi della globalizzazione e del multiculturalismo, aveva rimarcato ripetutamente la comunanza di visione per il futuro tra il suo paese e la Russia.

 

Ci si aspettava che anche Putin tenesse il suo discorso sugli stessi binari, ma così non è stato. Putin ha invece espresso profonda preoccupazione per il moltiplicarsi di conflitti in tutto il mondo che rischiano di portare ad una nuova guerra mondiale (avvertimento velato a non tirare troppo la corda).

Ha poi criticato la crescita economica post covid perché riempie sempre più le tasche già ultra-gonfie dei grandi magnati e svuota al contempo quelle già vuote delle popolazioni.

Putin ha anche espresso profonda preoccupazione per l’enorme crescente potere dei grandi monopoli digitali rappresentanti a suo dire (e anche nostro) “un pericolo per il mondo perché sono in competizione diretta con gli Stati” e anche “secondo queste aziende, il loro monopolio è ottimale…ma la società si sta chiedendo se tale monopolio risponda agli interessi delle popolazioni”.

Putin ha anche risposto per le rime alle paventate minacce economiche (ovvero atti di guerra economica) della UE per il caso Navalny dicendo che tali sanzioni potrebbero indurre atti di guerra diretta (avvertimento esplicito).Infine Killer Putin (come lo ha recentemente definito Dementia Joe, cercando forse un pretesto per una guerra) ha poi denunciato i pericoli del “progresso” (intelligenze artificiali e tutto il resto). Questo per quanto riguarda Davos.

Oggi come oggi la Russia ha praticamente messo fine alle restrizioni sul coronavirus. Bar e ristoranti funzionano normalmente, stadi e cinema e chiese sono aperti, le scuole funzionano normalmente e così via.

La Russia, con Putin in testa è un Paese duro ma anche orgoglioso e resiliente, il quale, ha differenza del lobomotizzato Occidente è ancora capace (e ne ha la forza) per fare di testa sua. Le parole di Constantine Bogomolov, grande regista teatrale russo, sono precise e circostanziate: “Il politicamente corretto obbligatorio dell’Occidente, la sua cancellazione della cultura, il suo inginocchiarsi e leccare i piedi a BLM, il suo culto del transgenderismo, la sua paura delle ‘molestie’ e del sesso, il suo sorriso obbligatorio, la sua wokeness (termine che significa voler essere considerato politicamente e socialmente corretto e desiderare che tutti lo sappiano), la sua paura della morte (e della vita!), dimostrano chiaramente la sua debolezza”.

La Russia non si farà piegare tanto facilmente.

Texas: back to “Old Normal”.

Abbiamo infine la recente decisione del Governatore repubblicano del Texas Greg Abbott (paraplegico dal 1984 e nominato “miglior governatore USA del 2020) di riaprire completamente, al 100% il suo Stato, senza nessuna restrizione di alcun genere. Il Texas è stato prontamente seguito da Mississippi, Iowa, Montana e North Dakota (riaperture totali) mentre altri dodici Stati, con la Florida in testa, sono ad una quasi totale normalità pre-covid.

Uno sfregio in faccia al regime di Dementia Joe che pretendeva per mandato federale di mascherare e vaccinare tutti per condurli passo- passo al Grande Reset digitale (di concerto con i Google, i Facebook, gli Amazon, gli Zoom, Big Pharma, ecc.).

Biden non ha perso tempo a minacciare il Texas e magari lo annienterà con un nuovo falso virus o sostituirà i texani con i latino- americani a cui ha spalancato le porte della frontiera. Vedremo.

In conclusione non possiamo ancora sapere se il Texas ha arrestato un corso che pareva inarrestabile, ma di sicuro è stato posto un freno enorme all’avanzata della dittatura planetaria (India, Sud Africa e molti paesi centro e sud americani hanno limitazioni minime). Soffi di libertà agitano il mondo e i davosiani non sono contenti che la gente esca di prigione.

Conclusione.

Alla riuscita del Great Reset si oppone il Great Awakening e il Covid Show non è altro che il tentativo disperato da parte delle élites di bloccare questo risveglio. Vogliono usare il loro fantavirus per imporre la loro tecnocrazia digitale fino a trasformare l’umanità in zombies e la terra in una landa morta.

Abbiamo motivi per avere fiducia. La lotta sarà cruenta ma i Grandi Burattinai non hanno affatto vinto la partita. In fondo anche Hitler vaneggiava di Reich dei 1000 anni. Le cose invece sono andate un po’ diversamente. La storia non è affatto finita e la Vita può essere piena di sorprese.

 

 

 

La guerra tra Ucraina e Russia

è scontro di civiltà e trascinerà

nel baratro l’Impero occidentale!

Inx.ilclic.it- (Disinformazione.it)- Marcello Pamio- (Aprile 6, 2022)- ci dice :

La guerra è lo strumento fondamentale dell’economia! Viene imposta come desiderio di supremazia e di potenza mercantile, geopolitica e militare, ma dietro c’è il sistema bancario internazionale, senza il quale non sarebbe possibile realizzarle.

L’obiettivo delle banche non è il controllo del conflitto in sé, ma il controllo del debito che il conflitto produce.

Il grande valore di una guerra, il vero valore sta nel debito che genera. Se controlli il debito, controlli tutto!

E la finanza internazionale controlla tutto!

Lo scontro russo-ucraino non fa eccezione, anche se in questo caso siamo di fronte a qualcosa di diverso, qualcosa di molto più profondo, antico e insidioso: uno scontro antropologico, una vera e propria guerra di civiltà!

Il progetto diabolico che da decenni chiamano “Nuovo Ordine Mondiale” ha iniziato a scricchiolare con la crisi economica del 2007-2008, e l’obiettivo di un mondo sottomesso sembra non reggere alla complessità del sistema, e questo nonostante i mezzi di controllo siano sempre più sofisticati e pervasivi. Ci sono ancora troppe varianti, ed è ancora troppo imprevedibile l’individualità umana!

 

Samuel P. Huntington è stato un politologo statunitense. Uno dei massimi esperti di politica estera, consigliere di Jimmy Carter, direttore degli Studi strategici e internazionali di Harvard, fondatore di Foreign Policy.

Dall’altra parte stiamo assistendo allo spostamento del potere dal mondo ashkenazita delle grandi famiglie imperiali (Rothschild, Rockefeller, ecc.) tuttora centrali, che da secoli hanno gestito la finanza usuraia, ai nuovi magnati delle biotecnologie e della digitalizzazione (Bill Gates, Klaus Schwab, George Soros, ecc.). L’introduzione della criptomoneta digitale difficilmente controllabile sta facendo vacillare la kabala del potere.Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la totale disfatta e caduta dell’impero Occidentale.

L’ultimo colpo di coda dell’élite è stata la magistrale invenzione dell’epidemia di SarsCov2: il disperato tentativo di piegare la volontà umana stringendo le maglie del controllo con il ricatto, la paura e il terrore. L’occasione è servita da una parte a livellare i già risicati diritti umani, dall’altra a fagocitare la classe medica, l’unica (assieme alle forze dell’ordine) che avrebbe potuto rallentare il processo di inoculazione nel corpo dei goym di sostanze geniche (che solo la cricca al Potere conosce) e metalli elettro-magnetofili come l’ossido di grafene.

Sostanze che saranno molto utili nel prossimo futuro e dopo l’attivazione del 5G (che avverrà a luglio in Italia)…

In parallelo l’Occidente ha intensificato consapevolmente l’assedio militare alla Russia circondando il paese.

Estonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania sono tutti paesi confinanti con la Russia e tutti casualmente membri della Nato.

 La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la provocazione da parte dell’Ucraina di voler aderire all’organizzazione atlantica. La sua prostituzione all’élite dominante avrebbe voluto dire basi americane e missili nucleari a pochissima distanza da Mosca. Cosa questa inaccettabile per il presidente Vladimir Putin!

 

Lo scontro è epocale. L’Ucraina è solo la scusante ufficiale…

Ma il punto cruciale non è questo, è un altro: la Russia è l’ultimo baluardo del vero cristianesimo: lo sbarramento e l’ultima resistenza al folle e diabolico piano criminoso del Deep State. E questo non lo possono tollerare.

Hanno a tal proposito pagato e posizionato l’ashkenazita Zelensky a capo di un paese flagellato da colpi di stato, nazismo etnico e corruzione per combattere una guerra per procura contro il nemico russo. Un ex attore fallito di cabaret, con anche ambigui gusti sessuali, pagato profumatamente è stato messo a capo del governo eterodiretto da Wall Street, la City di Londra e Israele.

Ma le cose stanno cambiando…

Nella recentissima assemblea delle Nazioni Unite la maggior parte dei popoli si è ribellata a questo gioco perverso. La condanna alla Russia è stata votata da 141 paesi, ma ben 35 si sono astenuti (tra cui Cina, Iraq, Iran, India e Algeria) e 5 hanno votato contro (Russia ovviamente, Corea del Nord, Siria, Bielorussia, Eritrea). Gli abitanti di tutti questi paesi rappresentano tre quarti del mondo.

La logica conclusione è che i globalisti ashkenaziti sono riusciti a corrompere tutto il mondo occidentale di matrice cattolica, ma non sono riusciti a piegare le etnie musulmane, cristiano-ortodosse, indo-buddiste e taoiste, le cui identità di appartenenza religiosa sono ancora fortemente strutturate e inattaccabili.

Per usare le parole del filosofo e ideologo di Putin, Aleksandr Dugin, quella che si sta combattendo in Ucraina non è solamente una guerra per “denazificare” il paese e proteggere la popolazione filo-russa del Donbass, ma una battaglia contro le oligarchie mondiali, contro un Occidente moderno: “il mondo dell’Anticristo”.

Il filosofo sostiene infatti che “l’operazione militare speciale” in corso in Ucraina “è diretta non solo contro il nazismo ma ancor più contro il liberalismo (Liberal Dem Usa) e il globalismo.

 Dopo tutto, sono stati i “liberal Dem Usa”  occidentali a rendere possibile il nazismo ucraino, a sostenerlo, ad armarlo e a metterlo contro la Russia, come nuovo polo di un mondo multipolare”.

Da questo punto di vista l’Ucraina diventa il territorio di scontro di Civiltà, tra le due fazioni opposte: il “Grande Reset” occidentale contro il “Grande Risveglio” orientale.

 “Le élite globali di Biden, Klaus Schwab, Bill Gates, Bernard-Henri Levy oggi rappresentano una setta totalitaria, un regime dittatoriale che cerca di stabilire un controllo totale non solo sui corpi delle persone, ma sulle loro menti, le loro immaginazioni, i loro sogni. Ci sono solo due partiti nel mondo oggi: il Partito del Grande Reset e il Partito del Grande Risveglio”.

La Russia quindi combatte per resistere al paradigma satanista degli ashkenaziti, che vedono l’essere umano come una bestia senza valore (goym).

Poi va tenuto in considerazione anche la storia della popolazione dei cazari, oggi chiamati ashkenaziti, la cui madre terra, il regno di Cazaria è stato smantellato da imperatori russi.

il Regno di Khazaria.

Ricordo che il loro antico regno andava dall’odierna Kiev fino alla Mongolia, casualmente proprio sulla terra oggi chiamata Ucraina! Il dente è avvelenato da molti secoli, e loro non dimenticano…

Ma questo purtroppo, gli schiavi indottrinati non lo sanno e non riescono a vederlo. I sudditi non si rendono conto di tale scontro epocale, perché totalmente annichiliti dalla propaganda, da decenni di de-culturizzazione e cresciuti in una società che li ha fatti affogare fin dalla nascita nella degenerazione fisica, cognitiva e spirituale.

Bisogna ammetterlo: oggi la civiltà occidentale è rappresenta da una sorta di bestiame senza volontà e senz’anima, animali alienati dalla realtà e destinati al macello (vaccini, microchip, quantum-dots, ecc.), dove la spiritualità è annichilita da un becero materialismo ateo.

La posta in gioco non è mai stata così alta: da una parte c’è la salvaguardia della famiglia, dell’identità storica e religiosa, della moralità e dei valori anche cristiani (nel senso più elevato del termine, che non ha nulla a che spartire col cattolicesimo), dall’altra un vero e proprio incubo: una esistenza immersa nella più terrificante e fagocitante tecnologia mai vista prima. Una società privata del contante (e dipendente dal virtuale), priva di relazioni sociali e del contatto con la Natura, tutti immersi in un oceano di input (visivi, sonori, virtuali, elettromagnetici, ecc.).

Insomma una finta vita spacciata per vera!

Proiettati nel mondo virtuale del meta-verso non si vivrà la vita vera…

I bambini – e sta già accadendo – potranno nascere senza sesso definito (lo decideranno come si sceglie il gusto del gelato) e crescere nella totale imbecillità e ignavia grazie alla propaganda educativa di regime.

 Ma la tecnologia permetterà loro di “vivere” e viaggiare all’interno di mondi virtuali digitali (meta-versi e cyber-droghe) così da sopportare la propria infame esistenza.

In Occidente tutto sta andando verso questo abominio, verso la totale disumanizzazione e l’annichilamento dell’uomo. Lo scopo è preparare la strada al Transumano e Postumano.

Dal Meta-verso alla fusione tra uomo e macchina il passaggio sarà velocissimo e indolore.

Vogliono l’ibridazione del DNA con le macchine (grazie alla genetica e al grafene contenuto nei sieri) per creare un essere senz’anima, controllato da intelligenze artificiali tramite 5G e 6G.

Siamo in una autentica deriva antropologica diabolica! Puntano al simbionte: un essere metà uomo e metà macchina per creare quella post-umanità utile ai loro bassissimi scopi

Ecco perché l’uomo tri-articolato (corpo, anima e spirito) sta per essere trasformato in uomo binario (corpo, anima) dove le dinamiche dell’anima saranno lasciate appositamente in preda alla sensorialità e alla fredda logica razionale dell’ego. A questo serve il materialismo ateo, che include la digitalizzazione, la meccanizzazione e la magnetizzazione: far sprofondare l’uomo nella materia, nelle energie e negli istinti più bassi. Si tratta della strada maestra verso l’antiumano!

Una realtà senza morale, senza famiglia, senza identità, privi di radici storiche e senza futuro, dove le peggiori perversioni sono promosse e normalizzate. Una civiltà al tramonto, e proprio per questo sempre più spietata e cattiva.

 

Oggi l’Impero occidentale sempre più decadente e degenerato sta definitivamente crollando…

Ce lo ricorda anche Jacques Attali nel suo libro “Breve storia del futuro” del 2006 (rivisto e aggiornato nel 2016): «Il mercato sta avendo la meglio, per cui porrà fine a tutto ciò che possa nuocergli, compresi gli Stati, che distruggerà uno dopo l’altro, e tra i primi gli Stati Uniti d’America!

Entro il 2030, alla fine di una lunga battaglia di cui l’attuale crisi finanziaria ed economia segna l’inizio, e nel mezzo di una grave crisi ecologica, gli Stati Uniti, impero ancora dominante, saranno vinti. Esauriti finanziariamente e politicamente, come gli altri imperi prima di loro, cesseranno di governare il mondo. Il pianeta sarà gestito da un gruppo di potenze regionali. Ci sarà la divisione del potere mondiale tra dodici nazioni»…

Quindi entro il 2030 vedremo crollare l’Impero americano (anche grazie allo scontro di civiltà con la Russia), e non lo dicono le centurie di Nostradamus ma le previsioni di Jacques Attali, economista, consigliere di Mitterran e primo presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo: uno ammanicato col Sistema, uno che sa come funziona e soprattutto come pensa il Leviatano

 

 

 

Bisogna provare a vivere.

 (Guida perversa alla politica globale di Slavoj Žižek.)

Fatamorganaweb.it- Fabio Domenico Palumbo-Slavoj Zizek-(19 giugno 2022)- ci dicono :

 

Una grande confusione sotto i cieli, ma una situazione per niente eccellente.

Il famoso detto di Mao sulle possibilità rivoluzionarie offerte dai tempi caotici non sembra più valere per gli strani giorni in cui viviamo: si potrebbe riassumere così il messaggio lanciato da Slavoj Žižek nel suo ultimo lavoro, Heaven in Disorder, tradotto in italiano per i tipi di Ponte alle Grazie.

In quella che è a tutti gli effetti una raccolta ragionata degli ultimi interventi sull’attualità più stringente del filosofo sloveno, apparsi in Rete e sulla carta stampata dal 2020 ad oggi, assistiamo – come e più che in passato – a un tentativo di posizionamento nel dibattito ideologico sulla crisi (sanitaria, climatica, economica, culturale geopolitica) che ci attraversa. Diversi sono i bersagli polemici di Žižek, a partire da un atteggiamento di fondo che egli stesso definisce il «coraggio della disperazione», riprendendo il titolo di un suo testo del 2017.

Nell’evoluzione della posizione di Žižek rispetto alla pandemia di COVID-19, dallo «stato di emergenza paneuropeo in cui viga una disciplina rigorosa e l’economia sia subordinata in funzione dei nostri mali», una sorta di «“comunismo di guerra”» (Žižek 2022, p. 18), invocato alla fine del 2020, si passa, con l’acuirsi della seconda ondata, all’enfasi sulle conseguenze psico-sociali del perdurare dell’emergenza.

 Viene giustamente evidenziato come «dalla paura siamo passati alla depressione. […] Tale senso di disorientamento è determinato dal fatto che l’ordine chiaro della causalità ci appare perturbato» (ivi, p. 23).

Non possiamo non concordare con queste affermazioni, osservando lo Zeitgeist. È questo il sentimento che si respira, ad esempio, in due documentari italiani costruiti a cavallo tra la prima ondata pandemica e il senso di confusione e malessere che ne è seguito in virtù della recrudescenza del virus: Molecole (2020) di Andrea Segre e Futura (2021) di Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher rappresentano perfettamente il senso di sgomento, seguito dalla frustrazione e dal difficile adattamento alla nuova, dolorosa situazione, in termini esistenziali.

Quello che viene documentato attraverso questi spaccati del presente, è nientemeno che l’ingresso nell’epoca del postumano, di cui Žižek ha trattato diffusamente in Hegel in a Wired Brain (2020).

Tornando al testo del 2022, quando si parla di post-umanità, c’è principalmente in gioco «l’atteggiamento di fondo nei confronti della vita umana» (ivi, p. 25).

È su questo terreno che Žižek ingaggia battaglia con alcuni teorici, noti per le loro posizioni problematicamente “divergenti” rispetto all’analisi dell’emergenza Covid.

 Ovviamente il riferimento più immediato è a Giorgio Agamben; per quest’ultimo, «se accettiamo le misure governative per combattere la pandemia, di conseguenza abbandoniamo lo spazio sociale aperto in quanto nucleo del nostro essere-umani e ci trasformiamo in macchine per la sopravvivenza isolate, controllate dalla scienza e della tecnologia al servizio dell’amministrazione statale» (ibidem). A questa visione, che porta alle estreme conseguenze la cornice di pensiero biopolitica in spregio al dato di realtà, Žižek si oppone recisamente, contrapponendo alla libertà di morire agambeniana il dovere di vivere intensamente.

 

Mentre Agamben paventa l’abolizione dell’uomo in nome della vita, Žižek vede bene come abolire la vita in nome dell’uomo – o, in altre parole, in nome di una vuota libertà di morire, staccata dalla responsabilità sociale del legame d’amore –, porti infine ad abolire l’uomo: «Se la medicina è abolita in nome della libertà, l’unica libertà che resta è quella di morire».

 Il richiamo di Žižek è alla canzone dei Rammstein Dalai Lama, e in particolare ai versi: «Avanti, avanti nelle rovine. / Dobbiamo vivere finché non moriamo».

 È questo imperativo morale, lo stesso che risuona ne Il cimitero marino di Paul Valéry (“Si alza il vento, bisogna tentare di vivere”), a segnare la tensione etico-politica della risposta žižekiana all’interrogativo leniniano Che fare? in questi tempi drammaticamente nebulosi. C’è bisogno di una spinta disperatamente coraggiosa o coraggiosamente disperata, che tende all’avvenire piuttosto che al futuro, in quanto «futur è qualunque cosa succeda dopo il presente, mentre avenir punta verso un cambiamento radicale» (ivi, p. 29).

Il compito per l’avvenire è per noi quello di fare l’impossibile (ivi, p. 41), perché fare il possibile non basta in un’epoca caratterizzata da instabilità e imprevedibilità, nel senso che Albert Camus, ne Lo straniero, attribuisce all’avvenire quando parla di «annate che non erano ancora venute» e di «annate non meno irreali che stavo vivendo».

Non è un caso che queste parole di Camus siano presenti in esergo al film di Segre. Il tempo emergenziale è quello dell’irruzione dell’evento, che è virale, biologico, climatico, digitale, e assume i tratti di una violazione e di uno stravolgimento radicale dell’umano, ponendoci di fronte a una responsabilità che non è quella di una specie tra le altre, ma di una sorta di custodi della vita sul pianeta.

Ciò proprio in virtù dell’irreversibile mescolanza tra naturale e artificiale, in quello che è ormai un mondo dominato da “iper-oggetti”, secondo la definizione di Timothy Morton.

 Su queste premesse, per Žižek, «dobbiamo accettare che siamo una delle tante specie sul pianeta, ma al tempo stesso dobbiamo agire come supervisori della vita sulla Terra» (ivi, p. 77). Questa “vocazione universalistica” è assegnata dal pensatore sloveno anche all’Europa, purché la si intenda in un senso assolutamente non eurocentrico.

Solo svuotandosi di qualsiasi residuo post-coloniale, l’Europa può infatti porsi come soggetto politico “universalistico” in grado di ispirare processi emancipatori globali, a livello di politiche sanitarie, climatiche e di costruzione della pace.

Torniamo al nesso ecologia-salute, tema decisivo del volume qui esaminato. Il rapporto tra catastrofe ecologica ed emergenze pandemiche si rivela a conti fatti centrale, se pensiamo al fenomeno dello spillover (“salto di specie”) e alla sua decisività per l’emergere di nuovi patogeni da agenti virali precedentemente legati ad altre specie.

Tout se tient, ed è per questo che il compito dell’essere umano si configura allo stesso tempo come titanico e segnato dall’accettazione della nostra fragilità.

È una dimensione agonica dell’esistenza, per cui Žižek può dire, con profonda empatia: «C’è qualcuno più vivo oggi dei milioni di lavoratori sanitari che, in piena coscienza, rischiano la vita tutti i giorni? Molti ne sono morti, ma finché non sono morti erano vivi. Non solo si sacrificano per noi. E ancor meno sono macchine di sopravvivenza ridotte a nuda vita. Oggi sono i più vivi di tutti» (ivi, p. 52).

Non si può immaginare una maggiore distanza da Agamben. Žižek aderisce, appunto con il coraggio della disperazione, a quello che mi azzardo qui a definire un “sentimento tragico della vita”.

Non che manchi, però, un orizzonte per questo “scontro quotidiano”, per dirla con Manu Larcenet.

 Žižek parla infatti di un “Grande Reset”, un nuovo inizio che però sia un vero cambiamento, e non una semplice patina progressista che metta da parte le rivendicazioni sociali misconoscendo l’intreccio tra le lotte.

 Un vero risveglio, dunque non da intendersi nei termini limitati di quella che oltreoceano viene definita «cultura woke» (ivi, p. 327). È su questi temi, come su quelli legati alla cultura femminista, che, però, Žižek si muove su un terreno sdrucciolevole, rischiando degli scivoloni. E tuttavia, anche in questi ambiti, non manca di fare le debite puntualizzazioni.

È questa attenzione particolare al non venir associato in alcun modo alle posizioni dell’alt-right e della destra populista che contraddistingue a dire il vero quest’ultimo lavoro žižekiano, ed è una novità a dire il vero gradita, visto il rischio costante di equivoco cui si sono esposti alcuni suoi saggi, articoli e interventi sui media nel recente passato.

Queste doverose cautele e precisazioni costellano anche i capitoli dedicati alla crisi ucraina.

Pur sottolineando le responsabilità globali di tutte le super-potenze – dipinte, con le parole di Mao, come «tigri di carta», ma estremamente pericolose proprio per la loro «fragilità narcisistica» –, ed altresì evidenziando alcune ombre nelle vicende storiche più o meno recenti dell’Ucraina, si tratta tuttavia per Žižek di non transigere su un’affermazione fondamentale: la Russia si è resa responsabile di una brutale aggressione a un paese sovrano: «Certo, c’è una complessità, ma rimane il fatto fondamentale: è stata la Russia» (ivi, p. 376). Difficile essere più netti e chiari.

Non è questa lezione di “semplicità” la morale di fondo del film Don’t Look Up? Un monito al “credere ai propri occhi” che è poi la traduzione del lacaniano Les non-dupes errent: bisogna credere alla potenza dell’ovvio e non farsi avvitare nella spirale perversa della post-verità e del complottismo, che fanno solo il gioco di ideologi come Aleksandr Dugin, filosofo di corte di Putin.

Chi crede di svelare l’inganno – les non-dupes –, è in realtà il più sciocco perché è il più ingannato, finendo, come nel caso dei no vax, per mettere a repentaglio la propria salute e quella altrui: «Ecco dove risiede il potere materiale dell’ideologia […] Ci inganna proprio mentre ci mette in guardia contro gli inganni» (ivi, p. 94).

Proprio per questo Žižek è in disaccordo anche la spiegazione marxista ad opera di Fabio Vighi dei presupposti economici della gestione della pandemia in termini di politiche di salute pubblica. Secondo Vighi, afferma Žižek, misure come il lockdown o i programmi di vaccinazione di massa sarebbero stati introdotti come rimedio alla crisi dei mercati finanziari. Ma questo non può essere affermato senza cadere in qualche modo in una perversione dei rapporti causali.

 

Žižek vede giustamente un fatto fondamentale: non è che il capitale sfrutti le catastrofi sanitarie ed ecologiche o addirittura le crei ad arte – secondo un’impostazione tipica dei teorici del complotto o dei profeti delle post-verità –, ma piuttosto la crisi sanitaria e quella ecologica sono conseguenze complesse delle contraddizioni immanenti del nostro modello di sviluppo (ivi, p. 90).

In altre parole: il lockdown non è stato messo in atto per risolvere una crisi finanziaria, ma per cercare di porre un argine a una pandemia dilagante, le cause del cui insorgere sono sicuramente complesse e legate alle caratteristiche dell’Antropocene, e come tali andranno scientificamente studiate.

Scrive Francesco Bianconi nel recente brano Perduto insieme a te: «La fede è già crollata da un po’ […] / e tutti i giorni piove malinconia […] / E naufrago in aumenti d’entropia».

Sembra essere questa la condizione in cui viviamo, disperatamente cercando di sentirci “soli ma insieme”, di non sentirci “insieme ma soli”. Sta qui la differenza tra la deriva di un post-umano che cancelli le relazioni e la ricerca coraggiosa, pur in una realtà straniante, di legami di solidarietà. È questa, forse, la cifra autentica del cristianesimo ateo di Slavoj Žižek.

 

 

 

MARIO DRAGHI  E’ IL VERO REGISTA

DELLA GUERRA FINANZIARIA

CONTRO LA RUSSIA .

Lavocedellevoci.it-Andrea Cinquegrani- (16 aprile 2022)- ci dice :

 

E’ il nostro premier Mario Draghi il vero regista delle colossali sanzioni finanziarie – roba da 643 miliardi di dollari – decise dall’Occidente contro la banca centrale russa.

Ha fiancheggiato, nelle settimane di febbrili consultazioni ben prima e poi subito dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, il Segretario del Tesoro Usa Janet Yellen.

La clamorosa rivelazione, corredata da una sfilza di dettagli e testimonianze da brivido, non è frutto di un sito complottista o di un giornale al soldo del ‘macellaio’ Vladimir Putin: ma è il risultato di una meticolosa inchiesta appena pubblicata dal ‘Financial Times’ di cui a seguire riportiamo i passaggi salienti.

L’autorevole testata britannica, diretta dalla giornalista inglese di origini libanesi Roula Khalaf, fa capo alla holding giapponese ‘Nikkei’. Ha sempre seguito una linea ‘conservatrice’ (all’epoca filo Thatcher e filo Reagan), oggi marcatamente europeista, capace di prese di posizione anche ‘scomode’, come quando si è schierata contro la guerra Usa in Iraq.

E come adesso, con il ‘disvelamento’ dei piani di guerra finanziaria messi in campo dal tandem Draghi-Yellen, e il nostro premier nel ruolo di king maker.

Sono fondate, dunque, le ‘voci’ che si sono rincorse nei giorni scorsi sulla candidatura forte dell’ex capo della BCE come prossimo Segretario Generale della NATO, in vista della nomina di fine anno (in basso il link dell’articolo della Voce). Altre conferme arrivano da ‘la Verità’ di Maurizio Belpietro e da ‘Affari Italiani’.

In quest’ottica va letta l’accelerazione che Draghi intende imprimere ai tempi della nuova legge di bilancio, da ‘chiudere’ entro agosto: il tempo, poi, per lasciare il sempre più fastidioso timone governativo, infilare l’elmetto e tuffarsi nell’avventura NATO. 

Ma adesso è il momento di un altro tuffo. Fra le pagine del ‘Financial Times’ed in particolare della prima puntata di una serie, intitolata “Waeponization of Finance: How the West Unleashed ‘Shock and Awe’ on Russia” che sta per “La Militarizzazione delle Finanza: Come l’Occidente ha Scatenato il ‘Colpisci e Terrorizza’ contro la Russia”.

 Un titolo che è già tutto un programma. 

LE MAGIE GRIFFATE DRAGHI.

 

Ecco l’incipit. “Questa è la prima di una serie in due parti sulla nuova era della guerra finanziaria. Era il terzo giorno della guerra in Ucraina e al 13° piano della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva urtato un ostacolo. La presidente della Commissione aveva trascorso l’intero sabato a lavorare al telefono nel suo ufficio a Bruxelles, cercando il consenso tra i governi occidentali per la vasta e punitiva serie di sanzioni finanziarie ed economiche mai inflitte ad un avversario. Un accordo era vicino ma a Washington la Segretaria del Tesoro, Janet Yellen, stava ancora rivedendo i dettagli della misura più drammatica e sensibile al mercato: sanzionare la stessa banca centrale russa. Gli Stati Uniti erano stati la forza trainante dietro la spinta alle sanzioni. Ma mentre Yellen studiava attentamente le scritte in piccolo, gli europei, preoccupati che i russi potessero venire a conoscenza dei piani, erano ansiosi di spingere i piani oltre il traguardo il più rapidamente possibile”.

Continua il reportage, emozionante con un thriller: “Von der Leyen ha chiamato Mario Draghi, primo ministro italiano, e gli ha chiesto di discutere i dettagli direttamente con Yellen. ‘Eravamo tutti in attesa, chiedendoci: ‘quanto tempo ci vuole?’, ricorda un funzionario della UE. ‘Poi è arrivata la risposta: Draghi deve fare la sua magia su Yellen’. Entro la sera l’accordo era stato raggiunto”.

Viene poi ‘storicamente’ dettagliato: “Yellen, che presiedeva la ‘Federal Reserve’ statunitense, e Draghi, ex capo della ‘Banca Centrale Europea’, sono veterani di una serie di crisi drammatiche, dal crollo finanziario del 2008-2009 alla crisi dell’euro.

 Per tutto il tempo, hanno trasmesso calma e stabilità nei mercati finanziari nervosi. Ma in questo caso, il piano concordato da Yellen e Draghi per congelare gran parte dei 643 miliardi di dollari di riserve in valuta estera di Mosca era qualcosa di molto diverso: stavano effettivamente dichiarando guerra finanziaria alla Russia”.

Una dichiarazione di guerra finanziaria globale: parola di ‘Financial Times’. Da brividi.

FINANCIAL WARS, I PROTAGONISI IN CAMPO.

Passiamo agli altri protagonisti in campo, secondo l’autorevole quotidiano britannico. “Lo sforzo della UE è stato coordinato direttamente dall’ufficio di Ursula Von der Leyen, tramite Bjoern Seibert, il suo capo di gabinetto. Chrystia Freeland, il ministro delle Finanze canadese, avrebbe inviato una proposta scritta al Dipartimento del Tesoro statunitense e al Dipartimento di Stato con un piano per punire la banca centrale russa”.

Di origine ucraina, Freeland è stata in stretto contatto con i funzionari a Kiev. Rammentiamo che sua è stata la regia messa in atto dal governo Trudeau per arginare la protesta dei camionisti contro l’obbligo vaccinale in Canada: anche in questo caso, il ‘metodo’ è stato quello di congelare i conti correnti dei ‘sovversivi’ a bordo dei tir. Non va dimenticato, poi, che Freeland fa parte del board del ‘World Economic Forum’, capeggiato dal banchiere tedesco Klaus Schwab e ideatore del ‘Great Reset’ che dovrà governare l’economia mondiale post pandemica e post bellica.

Torniamo alla imperdibile ricostruzione pubblicata dal ‘Finalncial Times’, che riprende in modo molto esplicito: “Questo è un nuovo tipo di guerra: l’armamento del dollaro USA e di altre valute occidentali per punire i loro avversari. E’ un approccio al conflitto in corso da due decenni. Poiché gli elettori degli Stati Uniti si sono stancati degli interventi militari e delle cosiddette  ‘guerre infinite’, la guerra finanziaria ha in parte colmato il divario. In assenza di un’ovvia opzione militare o diplomatica, le sanzioni – e sempre più sanzioni finanziarie – sono diventate la politica di sicurezza nazionale preferita. ‘Questo è il vero shock e terrore’, afferma Juan Zarate, un ex alto funzionario della Casa Bianca che ha contribuito a ideare le sanzioni finanziarie che gli Stati Uniti hanno sviluppato negli ultimi 20 anni”.

Ancora: “La globalizzazione un tempo veniva venduta come una barriera al conflitto, una rete di dipendenze che avrebbe avvicinato sempre di più gli ex nemici. Invece, è diventato un nuovo campo di battaglia. La potenza delle sanzioni finanziarie deriva dall’onnipresenza del dollaro USA”.

“Le sanzioni alla banca centrale russa sono la prima volta che quest’arma è stata usata contro una grande economia e la prima volta come parte di una guerra, in particolare un conflitto che coinvolge una delle principali potenze nucleari. Naturalmente, ci sono enormi rischi in un tale approccio”.

“Qualunque sia il risultato, le mosse per congelare le riserve russe segnano un cambiamento storico nella conduzione della politica estera. ‘Queste sanzioni economiche sono un nuovo tipo di governo economico con il potere di infliggere danni che rivaleggiano con i militari’, ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden in un discorso a Varsavia alla fine di marzo”.

Ecco la tempistica, così come viene ricostruita dal ‘Financial Times’. “La pianificazione delle sanzioni è iniziata a novembre, quando l’intelligence occidentale ha raccolto prove evidenti che le forze di Vladimir Putin si stavano accumulando lungo il confine ucraino. Biden ha chiesto a Yellen di elaborare piani su quali misure adottare per rispondere ad un’invasione. Da quel momento gli Stati Uniti hanno iniziato a coordinarsi con l’UE, il Regno Unito e altri. Un alto funzionario del Dipartimento di Stato afferma che da allora fino all’invasione del 24 febbraio, i massimi funzionari dell’amministrazione Biden hanno trascorso ‘una media da 10 a 15 ore a settimana in chiamate o videoconferenze sicure con l’UE e gli Stati membri per coordinare le sanzioni”.

Ecco i papaveri in pole position: “A Washington, i piani delle sanzioni sono stati guidati da Daleep Singh, un ex funzionario della FED di New York che ora è vice consigliere per la sicurezza nazionale dell’economia alla Casa Bianca; e Wally Adeyemo, un ex dirigente di ‘BlackRock’ (il più grosso fondo speculativo al mondo, ndr) che funge ora da vice segretario al Tesoro. Entrambi avevano lavorato nell’amministrazione Obama quando gli Stati Uniti e l’Europa erano in disaccordo su come rispondere all’annessione della Crimea da parte della Russia”.

Non è certo finita qui. “Lo sforzo della UE è stato coordinato direttamente dall’ufficio di Von der Leyen, tramite Bjoern Seibert, il suo capo di stato maggiore. ‘Seibert è stato fondamentale, è stato l’unico ad avere una visione d’insieme da parte della UE e in costante contatto con gli Stati Uniti su questo’, ricorda un diplomatico UE”.

Ma torniamo subito al nostro grande regista. “In Europa è stato Draghi a spingere l’idea di sanzionare la banca centrale al vertice di emergenza UE la notte dell’invasione. L’Italia, grande importatore di gas russo, in passato era stata spesso titubante riguardo alle sanzioni. Ma stavolta il leader italiano ha sostenuto che le scorte di riserve della Russia potrebbero essere utilizzate per attutire il colpo di altre sanzioni, secondo un funzionario della UE”.

 

Del resto, qualche settimana fa, in un intervento al Senato il ‘regista’ aveva parlato in modo non troppo sibillino: “Era stato tutto premeditato da molto tempo, le riserve della banca centrale russa dalla guerra di Crimea ad oggi sono state aumentate sei volte, alcune sono state lasciate in deposito presso altre banche centrali in giro per il mondo, altre presso banche normali. Non c’è quasi più nulla, è stato portato via tutto, queste cose non si fanno in un giorno, ma in mesi e mesi. Non ho alcun dubbio che ci fosse molta premeditazione e preparazione”. Parola di Draghi.

 

 

La “distruzione costruttiva.”

Ariannaeditrice.it - Sergey Karaganov – (26/02/2022)- ci dice :

(Dagospia).

 

Sembra che la Russia sia entrata in una nuova era della sua politica estera - una “distruzione costruttiva”, chiamiamola così, del precedente modello di relazioni con l'Occidente.

 Parti di questo nuovo modo di pensare sono state viste negli ultimi 15 anni - a cominciare dal famoso discorso di Monaco di Vladimir Puti  nel 2007 - ma molto sta diventando chiaro solo ora. Allo stesso tempo, gli sforzi poco brillanti per integrarsi nel sistema occidentale, pur mantenendo un atteggiamento ostinatamente difensivo, sono rimasti la tendenza generale nella politica e nella retorica russa.

La distruzione costruttiva non è aggressiva.

 La Russia sostiene che non attaccherà nessuno né lo farà saltare in aria. Semplicemente non è necessario. Il mondo esterno offre alla Russia sempre più opportunità geopolitiche per lo sviluppo a medio termine così com'è. Con una grande eccezione. L'espansione della NATO e l'inclusione formale o informale dell'Ucraina rappresentano un rischio per la sicurezza del paese che Mosca semplicemente non accetterà.

Per ora, l'Occidente è sulla buona strada per un lento ma inevitabile decadimento, sia in termini di affari interni ed esterni che anche di economia. Ed è proprio per questo che ha dato inizio a questa nuova Guerra Fredda dopo quasi cinquecento anni di dominio della politica, dell'economia e della cultura mondiale. Soprattutto dopo la sua vittoria decisiva negli anni '90 e metà degli anni 2000. Credo che molto probabilmente perderà, dimettendosi da leader globale e diventando un partner più ragionevole. Ma non troppo presto: la Russia dovrà riequilibrare i rapporti con una Cina amica, ma sempre più potente.

Attualmente, l'Occidente cerca disperatamente di difendersi da questo con una retorica aggressiva.

 Cerca di consolidarsi, giocando le sue ultime carte vincenti per invertire questa tendenza. Qualcuno sta cercando di usare l'Ucraina per danneggiare e neutralizzare la Russia. È importante impedire che questi tentativi convulsi si trasformino in una vera e propria situazione di stallo ed è importante contrastare le attuali politiche USA e NATO.

Sono controproducenti e pericolose, anche se relativamente poco impegnative. Dobbiamo ancora convincere l'Occidente che sta solo facendo del male a sé stesso.

Un'altra carta vincente è il ruolo dominante dell'Occidente nel sistema di sicurezza euro-atlantico esistente, istituito in un momento in cui la Russia era gravemente indebolita a seguito della Guerra Fredda. C'è del merito nel cancellare gradualmente questo sistema, principalmente rifiutando di prendervi parte e rispettando le sue regole obsolete, che per noi sono intrinsecamente svantaggiose. Per la Russia, la pista occidentale dovrebbe diventare secondaria rispetto alla sua diplomazia eurasiatica. Il mantenimento di relazioni costruttive con i paesi della parte occidentale del continente può facilitare l'integrazione nella Grande Eurasia per la Russia. Il vecchio sistema però è d'intralcio e quindi dovrebbe essere smantellato.

Sarebbe bello se avessimo più tempo per farlo. Ma la storia mostra che, dal crollo dell'URSS 30 anni fa, poche nazioni post-sovietiche sono riuscite a diventare veramente indipendenti. E alcune potrebbero anche non arrivarci mai, per vari motivi. Questo è un argomento per un'analisi futura. In questo momento, posso solo sottolineare l'ovvio: la maggior parte delle élite locali non ha l'esperienza storica o culturale della costruzione dello stato. Non sono mai stati in grado di diventare il fulcro della nazione, non hanno avuto abbastanza tempo per questo. Quando lo spazio intellettuale e culturale condiviso è scomparso, ha danneggiato di più i piccoli paesi. Le nuove opportunità per costruire legami con l'Occidente non si sono rivelate sostitutive. Coloro che si sono trovati al timone di tali nazioni hanno venduto il loro paese a proprio vantaggio, perché non c'era un'idea nazionale per cui lottare.

La maggior parte di questi paesi seguirà l'esempio degli Stati baltici, accettando il controllo esterno, o continuerà a perdere il controllo, cosa che in alcuni casi può essere estremamente pericolosa.

La domanda è: come "unire" le nazioni nel modo più efficiente e vantaggioso per la Russia, tenendo conto dell'esperienza zarista e sovietica, quando la sfera di influenza è stata estesa oltre ogni ragionevole limite e poi tenuta insieme a spese del nucleo dei Popoli russi?

Lasciamo per un altro giorno la discussione sull'“unificazione” che la storia ci impone. Questa volta, concentriamoci sulla necessità oggettiva di prendere una decisione difficile e adottare la politica della "distruzione costruttiva".

Le pietre miliari che abbiamo superato.

Oggi assistiamo all'inizio della quarta era della politica estera russa. La prima è iniziata alla fine degli anni '80, ed è stata un periodo di debolezza e delusioni. La nazione aveva perso la voglia di combattere, la gente voleva credere alla democrazia e che l'Occidente sarebbe venuto a salvarli. Tutto finì nel 1999 dopo le prime ondate di espansione della NATO, viste dai russi come una pugnalata alle spalle, quando l'Occidente fece a pezzi ciò che restava della Jugoslavia.

Poi la Russia ha iniziato ad alzarsi in ginocchio e ricostruire, di nascosto, pur apparendo amichevole e umile. Il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato ABM (antimissili balistici) ha segnalato la sua intenzione di riconquistare il suo dominio strategico, quindi la Russia ancora al verde ha preso la decisione fatale di sviluppare sistemi d'arma per sfidare le aspirazioni americane. Il discorso di Monaco, la guerra georgiana e la riforma dell'esercito, condotti nel mezzo di una crisi economica globale che segnò la fine dell'imperialismo globalista liberale occidentale (termine coniato da un eminente esperto di affari internazionali, Richard Sakwa) ha segnato il nuovo obiettivo per la politica estera della Russia: diventare ancora una volta una potenza mondiale leader in grado di difendere la propria sovranità e i propri interessi.

A questo sono seguiti gli eventi in Crimea, Siria, la formazione militare e il blocco dell'Occidente dall'interferire negli affari interni della Russia, sradicando dal servizio pubblico coloro che hanno collaborato con l'Occidente a svantaggio della loro patria, anche mediante un uso magistrale della reazione dell'Occidente a quegli sviluppi. Man mano che le tensioni continuavano a crescere, guardare all'Occidente e mantenere le risorse lì diventava sempre meno redditizio.

L'incredibile ascesa della Cina e l’allearsi di fatto con Pechino a partire dagli anni 2010, il perno verso est, e la crisi multidimensionale che ha avvolto l'Occidente hanno portato a un grande cambiamento nell'equilibrio politico e geoeconomico a favore della Russia. Ciò è particolarmente pronunciato in Europa. Solo un decennio fa, l'UE vedeva la Russia come una periferia arretrata e debole del continente che cercava di fare i conti con le grandi potenze. Ora sta cercando disperatamente di aggrapparsi all'indipendenza geopolitica e geoeconomica che gli sta scivolando tra le dita.

Il periodo del "ritorno alla grandezza" si è concluso tra il 2017 e il 2018. Successivamente, la Russia ha raggiunto un punto fermo. La modernizzazione è continuata, ma l'economia debole ha minacciato di mandarne all’aria i risultati. Le persone (me compreso) erano frustrate, temendo che la Russia ancora una volta avrebbe «strappato la sconfitta dalle fauci della vittoria». Ma quello si è rivelato essere un altro periodo di crescita, principalmente in termini di capacità di difesa.

L'ultimatum che la Russia ha emesso agli Stati Uniti e alla NATO alla fine del 2021, chiedendo loro di interrompere lo sviluppo di infrastrutture militari vicino ai confini russi e l'espansione a est, ha segnato l'inizio della "distruzione costruttiva". L'obiettivo non è semplicemente fermare la debole, seppur pericolosissima inerzia della spinta geostrategica dell'Occidente, ma anche iniziare a gettare le basi per un nuovo tipo di relazioni tra Russia e Occidente, diverso da quello su cui ci siamo stabiliti negli anni '90.

Le capacità militari della Russia, il ritorno del senso di rettitudine morale, le lezioni apprese dagli errori del passato e una stretta alleanza con la Cina potrebbero significare che l'Occidente, che ha scelto il ruolo di avversario, inizierà a essere ragionevole, anche se non sempre. Quindi, tra un decennio o prima, spero, verrà costruito un nuovo sistema di sicurezza e cooperazione internazionale che questa volta includerà l'intera Grande Eurasia, e sarà basato sui principi delle Nazioni Unite e sul diritto internazionale, non su "regole" unilaterali che l'Occidente ha cercato di imporre al mondo negli ultimi decenni.

Correggere gli errori.

Prima di andare oltre, lasciatemi dire che ho un'ottima opinione della diplomazia russa: è stata assolutamente brillante negli ultimi 25 anni. Mosca ha ricevuto una mano debole, ma è comunque riuscita a giocare un'ottima partita. In primo luogo, non ha permesso all'Occidente di "finirla". La Russia ha mantenuto il suo status formale di grande paese, mantenendo l'appartenenza permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e mantenendo arsenali nucleari. Poi ha gradualmente migliorato la sua posizione globale facendo leva sui punti deboli dei suoi rivali e sui punti di forza dei suoi partner. Costruire una forte amicizia con la Cina è stato un risultato importante. La Russia ha alcuni vantaggi geopolitici che l'Unione Sovietica non aveva. A meno che, ovviamente, non torni alle aspirazioni di diventare una superpotenza globale, scelta che alla fine ha rovinato l'URSS.

Tuttavia, non dobbiamo dimenticare gli errori che abbiamo commesso per non ripeterli. Sono state la nostra pigrizia, debolezza e inerzia burocratica che hanno contribuito a creare e mantenere a galla il sistema ingiusto e instabile di sicurezza europea che abbiamo oggi.

La Carta di Parigi per una Nuova Europa, dalle belle parole, firmata nel 1990, conteneva una dichiarazione sulla libertà di associazione: i paesi potevano scegliere i loro alleati, cosa che sarebbe stata impossibile ai sensi della Dichiarazione di Helsinki del 1975. Poiché a quel punto il Patto di Varsavia era in fermento, questa clausola significava che la NATO sarebbe stata libera di espandersi. Questo è il documento a cui tutti continuano a fare riferimento, anche in Russia. Nel 1990, tuttavia, la NATO poteva almeno essere considerata un'organizzazione di “difesa”. Da allora l'alleanza e la maggior parte dei suoi membri hanno lanciato una serie di campagne militari aggressive - contro i resti della Jugoslavia, così come in Iraq e Libia.

Dopo una chiacchierata a cuore aperto con Lech Walesa nel 1993, Boris Eltsin firmò un documento in cui affermava che la Russia «aveva compreso il piano della Polonia di aderire alla NATO». Quando Andrey Kozyrev, all'epoca ministro degli Esteri russo, venne a conoscenza dei piani di espansione della NATO nel 1994, iniziò un processo di trattativa per conto della Russia senza consultare il presidente. L'altra parte lo prese come un segno che la Russia era d'accordo con il concetto generale, dal momento che stava cercando di negoziare condizioni accettabili. Nel 1995 Mosca frenò, ma era troppo tardi: la diga era esplosa e spazzò via ogni riserva sugli sforzi di espansione dell'Occidente.

Nel 1997, la Russia, essendo economicamente debole e completamente dipendente dall'Occidente, ha firmato l'Atto istitutivo sulle relazioni reciproche, la cooperazione e la sicurezza con la NATO. Mosca è stata in grado di ottenere alcune concessioni dall'Occidente, come l'impegno a non schierare grandi unità militari nei nuovi Stati membri. La NATO ha costantemente violato questo obbligo. Un altro accordo era di mantenere questi territori liberi dalle armi nucleari. Gli Stati Uniti non l'avrebbero comunque voluto, perché avevano cercato di prendere le distanze il più possibile da un potenziale conflitto nucleare in Europa (malgrado la volontà dei loro alleati), poiché avrebbe senza dubbio provocato un attacco nucleare contro l'America. In realtà, il documento legittimava l'espansione della NATO.

C'erano altri errori, non così gravi ma comunque estremamente dolorosi. La Russia ha partecipato al programma “Partnership for Peace”, il cui unico scopo era far sembrare che la NATO fosse pronta ad ascoltare Mosca, ma in realtà l'alleanza stava usando il progetto per giustificarne l'esistenza e l'ulteriore espansione. Un altro passo falso frustrante è stato il nostro coinvolgimento nel Consiglio NATO-Russia dopo l'aggressione in Jugoslavia. Gli argomenti discussi a quel livello mancavano disperatamente di sostanza. Avrebbero dovuto concentrarsi sulla questione veramente significativa: frenare l'espansione dell'alleanza e la costruzione della sua infrastruttura militare vicino ai confini russi. Purtroppo, questo non è mai arrivato all'ordine del giorno. Il Consiglio ha continuato ad operare anche dopo che la maggior parte dei membri della NATO hanno iniziato una guerra in Iraq e poi in Libia nel 2011.

È davvero un peccato che non abbiamo mai avuto il coraggio di dirlo apertamente: la NATO era diventata un aggressore che ha commesso numerosi crimini di guerra. […]

Capisco quelli in Occidente che sono abituati al sistema esistente che consente agli americani di acquistare l'obbedienza dei loro partner minori, e non solo in termini di supporto militare, mentre questi alleati possono risparmiare sulle spese di sicurezza vendendo parte della loro sovranità. Ma cosa ci guadagniamo da questo sistema? Soprattutto ora che è diventato ovvio che genera e intensifica il confronto ai nostri confini occidentali e nel mondo intero.

Il blocco è una minaccia anche per i suoi membri. Pur provocando il confronto, in realtà non garantisce protezione. Non è vero che l'articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico giustifichi la difesa collettiva se un alleato viene attaccato. Questo articolo non dice che questo è automaticamente garantito. Conosco la storia del blocco e le discussioni in America riguardo alla sua istituzione. So per certo che gli Stati Uniti non dispiegheranno mai armi nucleari per "proteggere" i loro alleati in caso di conflitto con uno stato nucleare.

Anche l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) è obsoleta. È dominata dalla NATO e dall'UE che utilizzano l'organizzazione per trascinare il confronto e imporre i valori e gli standard politici dell'Occidente a tutti gli altri. Fortunatamente, questa politica sta diventando sempre meno efficace.[…]  È un'organizzazione antiquata con la missione di preservare le cose che sono obsolete. Negli anni '90 è servita come strumento per seppellire qualsiasi tentativo compiuto dalla Russia o da altri per creare un sistema di sicurezza europeo comune. […]

Per quanto riguarda la NATO, è molto chiaro cosa dobbiamo fare. Dobbiamo minare la legittimità morale e politica del blocco e rifiutare qualsiasi partnership istituzionale, poiché la sua contro-produttività è evidente. Solo i militari dovrebbero continuare a comunicare, ma come canale ausiliario che integri il dialogo con il DOD e i ministeri della difesa delle principali nazioni europee. Dopotutto, non è Bruxelles a prendere decisioni strategicamente importanti.

La stessa politica potrebbe essere adottata quando si tratta dell'OSCE. Sì, c'è una differenza, perché anche se questa è un'organizzazione distruttiva, non ha mai avviato guerre, destabilizzazione o uccisioni. Quindi dobbiamo ridurre al minimo il nostro coinvolgimento in questo formato. Alcuni dicono che questo è l'unico contesto che offre al ministro degli Esteri russo la possibilità di vedere i suoi omologhi. Questo non è vero. L'ONU può offrire un contesto ancora migliore. I colloqui bilaterali sono comunque molto più efficaci, perché è più facile per il blocco dirottare l'agenda quando c'è una folla. Anche l'invio di osservatori e forze di pace attraverso le Nazioni Unite avrebbe molto più senso.

Il formato dell'articolo limitato non mi consente di soffermarmi su politiche specifiche per ciascuna organizzazione europea, come ad esempio il Consiglio d'Europa. Ma definirei il principio generale in questo modo: collaboriamo dove vediamo vantaggi per noi stessi e manteniamo le distanze altrimenti.

Trent'anni nell'attuale sistema delle istituzioni europee hanno dimostrato che continuare con esso sarebbe stato dannoso. In passato, potevamo sognare che l'Europa ci avrebbe aiutato a rafforzare la sicurezza, nonché la modernizzazione politica ed economica. Invece, stanno minando la sicurezza, quindi perché dovremmo copiare il sistema politico disfunzionale e in deterioramento dell'Occidente? Abbiamo davvero bisogno di questi nuovi valori che hanno adottato?

Dovremo limitare l'espansione rifiutando di cooperare all'interno di un sistema in erosione. Si spera che, prendendo una posizione ferma e lasciando i nostri vicini della civiltà dell'Occidente a se stessi, li aiuteremo davvero. Le élite potrebbero tornare a una politica meno suicida che sarebbe più sicura per tutti. Ovviamente, dobbiamo essere intelligenti nel toglierci dall'equazione e assicurarci di ridurre al minimo i danni collaterali che inevitabilmente il sistema in errore causerà. Ma mantenerlo nella sua forma attuale è semplicemente pericoloso.

Politiche per la Russia di domani.

Mentre l'ordine globale esistente continua a sgretolarsi, sembra che la via più prudente per la Russia sarebbe quella di restare fuori il più a lungo possibile - mettersi al riparo tra le mura della sua "fortezza neo-isolazionista" e occuparsi di questioni interne. Ma questa volta, la storia ci chiede di agire. Molti dei miei suggerimenti riguardo all'approccio di politica estera che ho provvisoriamente chiamato "distruzione costruttiva" emergono naturalmente dall'analisi presentata sopra.

Non c'è bisogno di interferire o cercare di influenzare le dinamiche interne dell'Occidente, le cui élite sono abbastanza disperate da iniziare una nuova guerra fredda contro la Russia. Quello che dovremmo fare invece è utilizzare vari strumenti di politica estera, compresi quelli militari, per stabilire alcune linee rosse. Nel frattempo, mentre il sistema occidentale continua a orientarsi verso il degrado morale, politico ed economico, le potenze non occidentali (con la Russia come attore principale) vedranno inevitabilmente rafforzarsi le loro posizioni geopolitiche, geoeconomiche e geo-ideologiche.

I nostri partner occidentali, prevedibilmente, cercano di reprimere le richieste della Russia di garanzie di sicurezza e di sfruttare il processo diplomatico in corso per prolungare la durata delle proprie istituzioni. Non c'è bisogno di rinunciare al dialogo o alla cooperazione in materia di commercio, politica, cultura, istruzione e sanità, ogniqualvolta sia utile. Ma dobbiamo anche usare il tempo che abbiamo per aumentare la pressione politico-militare, psicologica e persino tecnico-militare - non tanto sull'Ucraina, il cui popolo è stato trasformato in carne da cannone per una nuova Guerra Fredda - ma sull’Occidente collettivo, per costringerlo a cambiare idea e a fare un passo indietro rispetto alle politiche che ha perseguito negli ultimi decenni. Non c'è nulla da temere per l'escalation del confronto: abbiamo visto crescere le tensioni anche mentre la Russia cercava di placare il mondo occidentale. Quello che dovremmo fare è prepararci a un più forte respingimento da parte dell'Occidente; inoltre, la Russia dovrebbe essere in grado di offrire al mondo un'alternativa a lungo termine: un nuovo quadro politico basato sulla pace e sulla cooperazione.

Naturalmente, è utile ricordare di tanto in tanto ai nostri partner che esiste un'alternativa reciprocamente vantaggiosa a tutto ciò.

Se la Russia metterà in atto politiche ragionevoli ma decise (anche a livello nazionale), supererà con successo (e in modo relativamente pacifico) l'ultima ondata di ostilità occidentale. Come ho scritto prima, abbiamo buone possibilità di vincere questa Guerra Fredda.

Ciò che ispira l'ottimismo è anche il record passato della Russia: siamo riusciti più di una volta a domare le ambizioni imperiali delle potenze straniere - per il nostro bene e per il bene dell'umanità nel suo insieme. La Russia è stata in grado di trasformare aspiranti imperi in vicini addomesticati e relativamente innocui: la Svezia dopo la battaglia di Poltava, la Francia dopo Borodino, la Germania dopo Stalingrado e Berlino.

Possiamo trovare uno slogan per la nuova politica russa nei confronti dell'Occidente in un verso di "Gli Sciti" di Alexander Blok, una poesia brillante che sembra particolarmente attuale oggi: «Unisciti a noi, allora! Lascia la guerra e gli allarmi della guerra, / E afferra la mano della pace e dell'amicizia. / Finché c'è ancora tempo, compagni, abbassate le braccia! / Uniamoci in vera fraternità!».

Nel tentativo di sanare le nostre relazioni con l'Occidente (anche se ciò richiede una medicina amara), dobbiamo ricordare che, sebbene culturalmente vicino a noi, il mondo occidentale sta finendo il tempo - in effetti, da due decenni ormai. È essenzialmente in modalità di controllo dei danni, cercando la cooperazione quando possibile. Le vere prospettive e sfide del nostro presente e futuro risiedono nell'est e nel sud. Prendere una linea più dura con le nazioni occidentali non deve distrarre la Russia dal mantenere il suo perno verso est. E abbiamo visto rallentare questo perno negli ultimi due o tre anni, specialmente quando si tratta di sviluppare territori al di là dei Monti Urali.

Non dobbiamo permettere che l'Ucraina diventi una minaccia alla sicurezza per la Russia. Detto questo, sarebbe controproducente spendervi troppe risorse amministrative e politiche (per non dire economiche). La Russia deve imparare a gestire attivamente questa situazione instabile, a mantenerla entro i limiti. La maggior parte dell'Ucraina è stata sterilizzata dalla propria élite antinazionale, corrotta dall'Occidente e infettata dal patogeno del nazionalismo militante.

Sarebbe molto più efficace investire in Oriente, nello sviluppo della Siberia. Creando condizioni di lavoro e di vita favorevoli, attireremo non solo cittadini russi, ma anche persone provenienti da altre parti dell'ex impero russo, compresi gli ucraini. Questi ultimi, storicamente, hanno contribuito moltissimo allo sviluppo della Siberia.

Consentitemi di ribadire un punto dei miei altri articoli: è stata l'incorporazione della Siberia sotto Ivan il Terribile che ha reso la Russia una grande potenza, non l'adesione dell'Ucraina sotto Aleksey Mikhaylovich, noto con il soprannome de "il più pacifico". È giunto il momento di smetterla di ripetere l'affermazione falsa e così sorprendentemente polacca di Zbigniew Brzezinski secondo cui la Russia non può essere una grande potenza senza l'Ucraina. Il contrario è molto più vicino alla verità: la Russia non può essere una grande potenza quando è gravata da un'Ucraina sempre più ingombrante, un'entità politica creata da Lenin che in seguito si espanse verso ovest sotto Stalin.

Il percorso più promettente per la Russia è lo sviluppo e il rafforzamento dei legami con la Cina. Una partnership con Pechino moltiplicherà molte volte il potenziale di entrambi i paesi. Se l'Occidente porta avanti le sue politiche aspramente ostili, non sarebbe irragionevole considerare un'alleanza temporanea di difesa di cinque anni con la Cina. Naturalmente bisogna anche stare attenti a non avere le 'vertigini di successo' sulla pista cinese, per non tornare al modello medievale del Regno di Mezzo della Cina, cresciuto trasformando i suoi vicini in vassalli. Dovremmo aiutare Pechino in ogni modo possibile per evitare che subisca una sconfitta anche momentanea nella nuova Guerra Fredda scatenata dall'Occidente. Quella sconfitta indebolirebbe anche noi. Inoltre, sappiamo fin troppo bene in cosa si trasforma l'Occidente quando pensa di vincere.

Chiaramente, una politica orientata all'Est non deve concentrarsi esclusivamente sulla Cina. Sia l'Est che il Sud sono in crescita nella politica, nell'economia e nella cultura globali, il che è in parte dovuto al nostro indebolimento della superiorità militare dell'Occidente, la fonte primaria dei suoi 500 anni di egemonia.

Quando arriverà il momento di stabilire un nuovo sistema di sicurezza europeo che sostituisca quello esistente pericolosamente obsoleto, lo si dovrà fare nel quadro di un più grande progetto eurasiatico. Nulla di utile può nascere dal vecchio sistema euro-atlantico.

È evidente che il successo richiede lo sviluppo e la modernizzazione del potenziale economico, tecnologico e scientifico del paese, tutti pilastri della potenza militare di un paese, che rimane la spina dorsale della sovranità e della sicurezza di qualsiasi nazione. La Russia non può avere successo senza migliorare la qualità della vita per la maggior parte della sua popolazione: questo include prosperità generale, assistenza sanitaria, istruzione e ambiente.

La restrizione delle libertà politiche, inevitabile di fronte all'Occidente collettivo, non deve in alcun modo estendersi alla sfera intellettuale. Questo è difficile, ma realizzabile. Per la parte della popolazione talentuosa e creativa che è pronta a servire il proprio paese, dobbiamo preservare quanta più libertà intellettuale possibile. Lo sviluppo scientifico attraverso le "sharashka" in stile sovietico (laboratori di ricerca e sviluppo che operano all'interno del sistema dei campi di lavoro sovietici) non è qualcosa che funzionerebbe nel mondo moderno.

La libertà accresce i talenti del popolo russo e l'inventiva scorre nel nostro sangue. Anche in politica estera, la libertà dai vincoli ideologici di cui godiamo ci offre enormi vantaggi rispetto ai nostri vicini più chiusi. La storia ci insegna che la brutale restrizione della libertà di pensiero imposta dal regime comunista al suo popolo ha portato l'Unione Sovietica alla rovina. La conservazione della libertà personale è una condizione essenziale per lo sviluppo di qualsiasi nazione.

Se vogliamo crescere come società ed essere vittoriosi, è assolutamente vitale che sviluppiamo una spina dorsale spirituale: un'idea nazionale, un'ideologia che unisca e illumini la strada da seguire.

 È una verità fondamentale che le grandi nazioni non possono essere veramente grandi senza una tale idea al centro. Questo fa parte della tragedia che ci è accaduta negli anni '70 e '80. Si spera che la resistenza delle élite dominanti al progresso di una nuova ideologia, radicata nei dolori dell'era comunista, stia cominciando a svanire. Il discorso di Vladimir Putin alla riunione annuale dell'ottobre 2021 del Valdai Discussion Club è stato un potente segnale rassicurante al riguardo.

Come il numero sempre crescente di filosofi e autori russi, ho avanzato la mia visione dell '"idea russa". (Mi scuso per aver dovuto fare nuovamente riferimento alle mie pubblicazioni: è un inevitabile effetto collaterale di dover attenersi al formato).

Domande per il futuro.

E ora discutiamo di un aspetto significativo, ma per lo più trascurato, della nuova politica che deve essere affrontato. Dobbiamo respingere e riformare il fondamento ideologico obsoleto e spesso dannoso delle nostre scienze sociali e della vita pubblica affinché questa nuova politica venga attuata, per non parlare del successo.

Questo non significa che dobbiamo respingere ancora una volta i progressi nelle scienze politiche, nell'economia e negli affari esteri dei nostri predecessori. I bolscevichi hanno cercato di scaricare le idee sociali della Russia zarista – tutti sanno come è andata a finire.

Abbiamo rifiutato il marxismo e ne siamo stati felici. Ora, stufi di altri principi, ci rendiamo conto che eravamo troppo impazienti. Marx, Engels e Lenin avevano idee solide nella loro teoria dell'imperialismo che potremmo usare.

Le scienze sociali che studiano i modi della vita pubblica e privata devono tener conto del contesto nazionale, per quanto inclusivo voglia apparire. Deriva dalla storia nazionale e, in definitiva, ha lo scopo di aiutare le nazioni o il loro governo e le élite. L'applicazione insensata di soluzioni valide da un paese all'altro sono inutili e creano solo abomini.

Dobbiamo iniziare a lavorare per l'indipendenza intellettuale dopo aver raggiunto la sicurezza militare e la sovranità politica ed economica. Nel nuovo mondo, è obbligatorio raggiungere lo sviluppo ed esercitare influenza. Mikhail Remizov, un importante politologo russo, è stato il primo, per quanto ne so, a chiamare questa "decolonizzazione intellettuale".

Dopo aver trascorso decenni all'ombra del marxismo importato, abbiamo iniziato una transizione verso un'altra ideologia straniera di democrazia liberal Dem Usa progressista  nell'economia e nelle scienze politiche e, in una certa misura, anche nella politica estera e nella difesa. Questo fascino non ci ha fatto bene: abbiamo perso terra, tecnologia e persone. A metà degli anni 2000, abbiamo iniziato ad esercitare la nostra sovranità, ma abbiamo dovuto fare affidamento sui nostri istinti piuttosto che su chiari principi scientifici e ideologici nazionali (di nuovo – non può essere altro).

Per illustrare questo punto, ecco alcune domande scelte a caso dalla mia lunghissima lista.

Inizierò con questioni esistenziali, puramente filosofiche. Cosa viene prima negli esseri umani, lo spirito o la materia? E nel senso politico più banale, cosa guida le persone e gli stati nel mondo moderno?

 Per i comunisti marxisti e liberali, la risposta è l'economia. Ricorda solo che fino a poco tempo fa la frase del famoso Bill Clinton «È l'economia, stupido» era considerata un assioma.

Ma le persone cercano qualcosa di più grande quando il bisogno fondamentale di cibo è soddisfatto.

Amore per la loro famiglia, la loro patria, desiderio di dignità nazionale, libertà personali, potere e fama.

La gerarchia dei bisogni ci è ben nota da quando Maslow la introdusse negli anni '40 e '50 nella sua famosa piramide.

Il capitalismo moderno, tuttavia, lo ha distorto, costringendo il consumo in continua espansione attraverso i media tradizionali all'inizio e le reti digitali onnicomprensive in seguito, per ricchi e poveri, ciascuno secondo le proprie capacità.

Cosa possiamo fare quando il capitalismo moderno, privato di fondamenti morali o religiosi, incita al consumo illimitato, abbattendo i confini morali e geografici ed entra in conflitto con la natura, minacciando l'esistenza stessa della nostra specie? Noi russi capiamo meglio di chiunque altro che imprenditori e capitalisti spinti dal desiderio di costruire ricchezza avranno conseguenze disastrose per la società e l'ambiente (il modello di economia socialista non era esattamente rispettoso dell'ambiente).

Cosa facciamo con gli ultimi valori del rifiuto della storia, della tua patria, del genere e delle convinzioni, così come dei movimenti LGBT aggressivi e ultra-femministi?

Rispetto il diritto di seguirli, ma penso che siano post-umanisti. Dovremmo trattare questo solo come un altro stadio dell'evoluzione sociale?

Non credo. Dovremmo cercare di scongiurarlo, limitarne la diffusione e aspettare che la società sopravviva a questa epidemia morale?

O dovremmo combatterlo attivamente, guidando la maggioranza dell'umanità che aderisce ai cosiddetti valori “conservatori” o, per dirla semplicemente, ai normali valori umani? Dovremmo entrare nella lotta intensificando un confronto già pericoloso con le élite occidentali?

Lo sviluppo tecnologico e l'aumento della produttività del lavoro hanno contribuito a sfamare la maggior parte delle persone, ma il mondo stesso è scivolato nell'anarchia e molti principi guida sono andati perduti a livello globale.

I problemi di sicurezza, forse, stanno nuovamente prevalendo sull'economia. Gli strumenti militari e la volontà politica potrebbero prendere il comando d'ora in poi.

Che cos'è la deterrenza militare nel mondo moderno?

 È una minaccia causare danni alle risorse nazionali e individuali o alle risorse estere e alle infrastrutture dell'informazione a cui le élite occidentali di oggi sono così strettamente legate? Che ne sarà del mondo occidentale se questa infrastruttura verrà demolita?

E una domanda correlata: qual è la parità strategica di cui parliamo ancora oggi? È una sciocchezza straniera scelta dai leader sovietici che hanno risucchiato il loro popolo in una corsa agli armamenti estenuante a causa del loro complesso di inferiorità e della sindrome del 22 giugno 1941? Sembra che stiamo già rispondendo a questa domanda, anche se continuiamo a sfornare discorsi sull'uguaglianza e sulle misure simmetriche.

E qual è questo controllo degli armamenti che molti ritengono strumentale?

È un tentativo di frenare la costosa corsa agli armamenti vantaggiosa per l'economia più ricca, di limitare il rischio di ostilità o qualcosa di più: uno strumento per legittimare la corsa, lo sviluppo delle armi e il processo di programmi non necessari sul tuo avversario? Non c'è una risposta ovvia a questo.

Ma torniamo alle domande più esistenziali.

La democrazia è davvero l'apice dello sviluppo politico?

 O è solo un altro strumento che aiuta le élite a controllare la società, se non stiamo parlando della pura democrazia di Aristotele (che ha anche alcuni limiti)?

Ci sono molti strumenti che vanno e vengono man mano che la società e le condizioni cambiano.

A volte li abbandoniamo solo per riportarli indietro quando è il momento giusto e c'è una richiesta esterna e interna per loro. Non sto chiedendo un autoritarismo illimitato o una monarchia. Penso che abbiamo già esagerato con la centralizzazione, soprattutto a livello di governo municipale.

Ma se questo è solo uno strumento, non dovremmo smettere di fingere di lottare per la democrazia e metterlo in chiaro: vogliamo le libertà personali, una società prospera, la sicurezza e la dignità nazionale? Ma come giustifichiamo il potere con il popolo allora?

Lo Stato è davvero destinato a morire, come credevano i marxisti e i globalisti liberali, sognando alleanze tra corporazioni transnazionali, ONG internazionali (entrambe sono state nazionalizzate e privatizzate) e organismi politici sovranazionali? Vedremo per quanto tempo l'UE potrà sopravvivere nella sua forma attuale.

Si noti che non voglio dire che non c'è motivo di unire gli sforzi nazionali per il bene superiore, come l'abbattimento di costose barriere doganali o l'introduzione di politiche ambientali congiunte. O non è meglio concentrarsi sullo sviluppo del proprio stato e sul sostegno dei vicini, ignorando i problemi globali creati da altri? Non ci daranno fastidio se ci comportiamo in questo modo?

Qual è il ruolo della terra e dei territori? È una risorsa in diminuzione, un peso come si credeva solo di recente tra gli scienziati politici? O il più grande tesoro nazionale, soprattutto di fronte alla crisi ambientale, ai cambiamenti climatici, al crescente deficit di acqua e cibo in alcune regioni e alla totale mancanza in altre?

Cosa dovremmo fare allora con centinaia di milioni di pakistani, indiani, arabi e altri le cui terre potrebbero presto essere inabitabili? Dovremmo invitarli ora come hanno iniziato a fare gli Stati Uniti e l'Europa negli anni '60, attirando i migranti per abbassare il costo del lavoro locale e minare i sindacati? O dovremmo prepararci a difendere i nostri territori dagli estranei? In tal caso, dovremmo abbandonare ogni speranza di sviluppare la democrazia, come mostra l'esperienza di Israele con la sua popolazione araba.

Lo sviluppo della robotica, che è attualmente in uno stato pietoso, aiuterà a compensare la mancanza di forza lavoro e a rendere nuovamente vivibili quei territori? Qual è il ruolo degli indigeni russi nel nostro paese, considerando che il loro numero continuerà inevitabilmente a ridursi? Dato che i russi sono stati storicamente un popolo aperto, le prospettive potrebbero essere ottimistiche. Ma finora non è chiaro.

Posso andare avanti all'infinito, soprattutto quando si tratta di economia. Queste domande devono essere poste ed è fondamentale trovare risposte il prima possibile per crescere ed essere al top. La Russia ha bisogno di una nuova economia politica, libera dai dogmi marxisti e liberali, ma qualcosa di più dell'attuale pragmatismo su cui si basa la nostra politica estera.

Deve includere un idealismo orientato al futuro, una nuova ideologia russa che incorpori la nostra storia e le nostre tradizioni filosofiche. Questo fa eco alle idee avanzate dall'accademico Pavel Tsygankov.

Credo che questo sia l'obiettivo finale di tutte le nostre ricerche in materia di affari esteri, scienze politiche, economia e filosofia. Questo compito è al di là del difficile. Possiamo continuare a contribuire alla nostra società e al nostro paese solo rompendo i nostri vecchi schemi di pensiero. Ma per concludere con una nota ottimistica, ecco un pensiero umoristico: non è tempo di riconoscere che l'argomento dei nostri studi – affari esteri, politiche interne ed economia – è il risultato di un processo creativo che coinvolge masse e leader allo stesso modo? Riconoscere che è, in un certo senso, arte? In larga misura, sfida ogni spiegazione e deriva dall'intuizione e dal talento. E quindi siamo come esperti d'arte: ne parliamo, individuiamo tendenze e insegniamo agli artisti – alle masse e ai leader – la storia, che è loro utile. Spesso ci perdiamo nel teorico, però.

A volte facciamo la storia: pensate a Evgeny Primakov o a Henry Kissinger. Ma direi che non gli importava quali approcci a questa storia dell'arte rappresentassero. Hanno attinto alla loro conoscenza, esperienza personale, principi morali e intuizione. Mi piace l'idea di essere una specie di esperto d'arte e credo che possa rendere un po' più facile lo scoraggiante compito di rivedere i dogmi.

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta online dalla rivista Russia in Global Affairs.

 

(L'autore è il professor Sergey Karaganov, presidente onorario del Consiglio russo per la politica estera e di difesa e supervisore accademico presso la School of International Economics and Foreign Affairs Higher School of Economics (HSE) di Mosca).

 

 

 

Klaus Schwab l’umanista e

Klaus Schwab il terrorista.

Nritalia.org-Redazione Nuova Resistenza-(9 dicembre 2021)- ci dice :

(strategic-culture.org).

«Nel considerare la cinica perversione che è il testo Great Reset di Klaus Schwab, la sua critica al sistema stesso che sta sviluppando all’interno dello stesso libro che ne esalta i meriti e l’inevitabilità, è tale da assorbire, burocratizzare, professionalizzare, gestire, sussumere e superare critiche reali alla distopia emergente, come forma di “autocritica”.

( Le note finali sono piene di riferimenti ad articoli di autori e pensatori che si oppongono alla nascente tecnocrazia, di cui il Forum Economico Mondiale esiste esclusivamente per esserne al servizio.).

Questa “autocritica” di tipo gaslighting è un metodo di controllo da parte del sistema su potenziali critiche al sistema. È una critica artificiosa, gestita dal sistema e al servizio del sistema, poiché avanza con quelle medesime caratteristiche che vengono allo stesso tempo criticate».

( Joaquin Flores).

La crescente distopia tecnocratica sembra perpetuare l’eredità della socialdemocrazia, anche se in modo perverso, e quindi l’utilizzo dei partiti Verdi e dei partiti socialdemocratici in Europa per implementarla è sia previsto che razionale.

 

Ci sono due uomini di nome Klaus Schwab, senza dubbio.

Un uomo di nome Klaus Schwab è visto dai veri credenti, dagli intellettualoidi, dall’intelligentsia liberale, dalla popolazione istituzionalmente raffinata, come un uomo che si preoccupa profondamente dell’umanità.

Sembra che credano che i suoi avvertimenti siano sinceri anche se misteriosamente e sorprendentemente preveggenti. Il Forum Economico Mondiale, dopo tutto, deve essere stato istituito con grande preoccupazione per l’umanità poiché è sostenuto principalmente dall’istituzione più umana della storia umana, il Fondo Monetario Internazionale. Questo Klaus Schwab è un umanista.

 

Quindi forse questo è proprio il caso dei veri credenti; coloro che accettano per oro colato la nuova “distinzione” schwabiana che ci viene chiesto di apprezzare tra un capitalismo azionario e un capitalismo 2.0, un capitalismo degli stakeholders.

Poi c’è un secondo uomo di nome Klaus Schwab, che è visto dal resto del mondo e dalle persone pensanti al suo interno, per il mostro che è.

Uno smorfieggiante Klaus Schwab che appare sugli schermi di smartphone e tablet per avvertire di un destino imminente, nessun ritorno alla normalità, nuove pandemie che colpiranno molto presto e un’ondata di attacchi informatici. Questo Klaus Schwab è un terrorista in generale, un personaggio che, come il dottor Fauci e Bill Gates, sembra saltato fuori dal casting per i cattivi di Bond.

Poiché le persone che non hanno scambiato la basilare intelligenza sociale con il credito sociale, si rendono conto che, se la persona che sta emettendo avvisi di catastrofi è il miglior amico delle stesse persone che creeranno quelle catastrofi, quelli non sono avvertimenti. Proprio come per Fauci che nel 2017 ha affermato che una massiccia pandemia avrebbe avuto luogo entro il mandato di Trump. Non sono avvertimenti, sono minacce. Schwab è quello che consegna le minacce; Schwab è il terrorista.

 

Perché è così difficile capire che il W.E.F. fa solo ciò che è nell’interesse del F.M.I.?

Come dobbiamo distinguere il capitalismo degli azionisti dal capitalismo degli stakeholders?

L’idea di capitalismo “socialmente responsabile” non è nuova.

Ha rappresentato l’ala centrista del fascismo circa 90 anni fa; è cioè l’incarnazione dell’ideale corporativo e tecnocratico del secolo scorso fino agli anni ’70 circa, con l’introduzione del friedmanesimo. In questo senso, possiamo dire che gli Stati Uniti e l’UE sono esistiti su due traiettorie separate, con maggiori fondamenta nell’UE basate sull’idea di responsabilità sociale nella sala dei bottoni.

 

Nel nostro lavoro passato nella sezione sull’ideologia aziendale e lo Stato in “La morale del Grande Reset: eutanasia per gli inessenziali”, abbiamo discusso la biforcazione dell’idea corporativa di bene sociale, un tipo di capitalismo degli stakeholders che esisteva accanto alle idee progressiste.

Queste sono state strombazzate come ragioni per cui il socialismo non era necessario, poiché ciò che era buono per le corporations era anche buono per la società perché questi industriali avevano bisogno di comunità forti per creare condizioni stabili, lavoratori ben pagati per acquistare i prodotti che producevano.

Questa era l’epoca del capitalismo prima della globalizzazione. Anche noi abbiamo creduto in questo ideale, come Henry Ford.

 

Poi è arrivata una nuova idea, sempre più prominente nel discorso americano negli anni ’80, dove contava solo la linea di fondo. Possiamo dire che il periodo di Friedman che si era insinuato nella cultura negli anni ’70 aveva finalmente raggiunto il mainstream.

Ma alla fine, la vecchia idea di capitalismo sociale è tornata in una nuova incarnazione, un nuovo marchio, dal W.E.F.: stakeholder capitalism and capitalism 2.0.

Una differenza fondamentale che non può essere sufficientemente sottolineata, tuttavia, è che non esiste un piano a lungo termine per l’I.S.A. (Ideological State Apparatus) del capitalismo degli stakeholders.

Usano semplicemente il termine “capitalismo” per mantenere la continuità sociale e ideologica con l’attuale incarnazione del capitalismo monopolistico.

Ma l’obiettivo è gestire una società rigorosamente post-capitalista. Questo però non è quello previsto dalla sinistra, ma piuttosto quello in cui si sviluppano nuove tecnologie coercitive e spopolanti lungo un percorso misantropico verso la transizione dalla plutocrazia alla tecnocrazia.

I suoi veri credenti che presumono che le persone siano buone quando dicono cose buone e fanno buone promesse, e ignorano completamente secoli di storia delle persone o qualsiasi intuizione nella teoria politica e sociale: come disse Lord Acton, lo storico britannico: “Tutto il potere tende a corrompere; il potere assoluto corrompe assolutamente”.

C’è una ragione per cui stiamo assistendo a una rinascita di questo vecchio tipo di ideale aziendale. Poiché i governi sovrani e le democrazie cessano di esistere, il concetto friedmaniano di esternalizzazione dei costi, che fa parte incrollabilmente del paradigma attuale, non può più essere l’ideologia ufficiale della classe dominante.

In verità, devono mantenere questa visione dell’esternalizzazione dei costi, che è il fondamento e la spiegazione del loro schema misantropico. I paradigmi non vengono scossi in questo modo, tendono a schiantarsi e bruciare insieme ai loro aderenti. Ciò dà origine a ciò che Pareto ha chiamato la rotazione delle élites. Quindi, possiamo vedere che l’attuale classe dirigente non abbraccia davvero alcun cambiamento. Piuttosto, lo intende come una nuova demagogia.

E così vediamo superficialmente la “stakeholder society” abbracciata da una nuova tecnocrazia dominante, soprattutto alla luce dell’automazione e del fatto che la maggior parte della popolazione umana sarà in eccesso e ridondante. Naturalmente, una società degli shareholders deve lasciare il posto ai punti di discussione su una società degli stakeholders.

E così ci viene chiesto di immaginare che ci sia una differenza rivoluzionaria tra il “vecchio” concetto friedmaniano della società gestita dagli azionisti, e la nuova società gestita dalle parti interessate. Questo felice discorso è iniziato qualche decennio fa, quando ci è stato chiesto di abbracciare un “Capitalismo 2.0”, un capitalismo dal volto amico, e così via.

 Questa è stata l’ideologia ufficiale della socialdemocrazia nell’era postbellica, e per queste ragioni vediamo che la sinistra moderata europea (quella che negli Stati Uniti verrebbe erroneamente definita “estrema sinistra”) può posizionarsi a favore dell’agenda del Grande Reset a condizione che ignori i bisogni effettivi o il lavoro, organizzato o meno.

La Grande Ipocrisia del Grande Reset.

I due uomini di nome Klaus Schwab sono entrambi portavoce dello stesso processo. Qualsiasi apparente attenzione all’umanità, all’inclusione, al miglioramento delle condizioni di vita, al controllo del potere delle corporazioni nel libro di Schwab “Covid-19: The Great Reset”, è un gesto formale per ingraziarsi il segmento liberal-idealista della popolazione istituzionalmente raffinata.

 

Il W.E.F. ospita dibattiti su come “Combattere la povertà globale” e pubblica rapporti come “Povertà: passato, presente e futuro“.

In qualità di think tank principale del F.M.I., non dovrebbe sorprendere che gli obiettivi effettivi del W.E.F. siano di fornire una copertura progressiva per la ridistribuzione verso l’alto del capitale agli stessi istituti di credito che servono, mascherando questo attraverso l’inversione e biforcazione della lingua nel senso orwelliano di “double-speak”. Ed è stata proprio la concentrazione del capitale lungo i vertici di distribuzione verso l’alto – la vera fuga di capitali – che è principalmente responsabile della povertà globale.

Il World Economic Forum presenta un mondo alla rovescia, in cui i loro briefing politici e libri bianchi che esprimono preoccupazioni sulla povertà stanno in realtà lavorando in armonia con gli schemi di distribuzione verso l’alto del F.M.I..

La riduzione del potere locale degli Stati sovrani è inquadrata come “anticorruzione” e “trasparenza”.

 L’austera riduzione dell’accesso alla salute e ai servizi umani nei paesi in via di sviluppo è vista positivamente come indicatori di crescita economica, nonostante l’elevata relazione causale diretta tra austerità (attraverso l’adeguamento strutturale) e povertà.

Presentano la conformità del mondo in via di sviluppo con la governance globale, ovvero la stabilità, come direttamente correlata all’eliminazione della povertà, quando in realtà questi due vettori sono inversamente correlati.

Vale a dire, più i paesi rispettano i programmi di aggiustamento strutturale, più è difficile effettivamente superare la povertà. Il F.M.I. aveva finora orientato il suo lavoro verso la mono-polarità geopolitica e geoeconomica, con il proprio hub transatlantico come sede del potere.

Ora sembra che il F.M.I. e il suo hub transatlantico abbiano rinunciato al loro obiettivo di ristabilire il loro momento monopolare degli anni ’90.

È vero che molti paesi hanno fatto passi da gigante nel superare la povertà – questo è stato ottenuto lottando contro il F.M.I. e creando alternative al F.M.I. come i BRICS. Questo non vuol dire che i paesi dietro i BRICS siano ben intenzionati, ma che le intenzioni qui hanno poco a che fare con il beneficio netto per i paesi debitori introdotto dal semplice fatto di un interesse concorrente.

Il libro di Klaus Schwab “Covid-19: The Great Reset” è scritto in modo biunivoco: le lamentele per la crisi economica affrontata dalle popolazioni si leggono meglio come esaltazioni. Le descrizioni di pericolosi processi di formazione della distopia in quel libro, che si riferiscono apertamente a “The Handmaid’s Tale”, dovrebbero essere lette come veri e propri ingranaggi della “soluzione” nell’opera.

Nel libro di Klaus Schwab “Covid-19: The Great Reset”, vengono contemplati o almeno menzionati eventuali potenziali “abusi”, “crimini” e “futuri distopici” derivanti dalle politiche sociali del Great Reset.

Nel capitolo The Macro Reset, sezione 1.6.3, sottotitolato “The Risk of Dystopia”, (pag. 167) per esempio, vengono discusse visioni da incubo come nelle serie televisive “The Handmaid’s Tale”, “Black Mirror” e le critiche al data mining e alla sorveglianza in “Capitalismo di sorveglianza”, di Shoshana Zuboff.

Queste distopie sono riconosciute come gli analoghi risultati reali e potenziali della legislazione e delle politiche aziendali che le popolazioni subiranno e sopporteranno per mano delle politiche aziendali e governative a seguito del Grande Reset.

In mostra qui, in forma microcosmica, l’intero I.S.A. (Ideological State Apparatus) della tecnocrazia e, da alcuni decenni, lo stesso neoliberismo – attraverso i partiti della II Internazionale, attraverso le ONG di Soros e US-AID e il NED, ecc., all’infinito.

Due uomini di nome Klaus Schwab.

Schwab deve essere inteso come una sorta di Mengele della psicologia organizzativa, e anche ideologo per un nuovo sistema che utilizza il trauma – atti terroristici e minacce terroristiche – per introdurre una nuova accettazione della realtà in un orribile parallelo con il personaggio di Max Von Sydow, il Dr. Naehring in Shutter Island.

Il trauma è il punto di ingresso e i crimini precedenti che sono stati commessi contro l’umanità possono essere trasformati attraverso questo trauma in crimini che l’umanità stessa ha commesso e che ora deve pagare a caro prezzo. I crimini della classe dirigente contro i popoli si trasformano in crimini che i popoli hanno commesso e che la classe dirigente – gli stakeholders (governi, ONG, istituzioni) devono ora correggere. E le misure correttive saranno di natura punitiva e disciplinare.

 

Poiché l’ideologia progressista (l’I.S.A. della modernità) riconosce i suoi attuali difetti, tenta di dividersi dal sistema attuale che sostiene. Può essere sia l’ideologia legittimante di un sistema, sia il principale critico di quel sistema verso un sistema futuro migliore. Si legittima oggi in base a cose che promette di poter aggiustare in futuro.

 

Il W.E.F. non ha davvero bisogno di ascoltare i problemi reali della popolazione, può contare su un’accademia piena di critici professionisti prodotta dalle accademie del sistema stesso, che usano un miscuglio di ideologia e speculazione per sintetizzare qualcosa che assomiglia a un riconoscimento dei problemi della popolazione.

Ciò ha creato l’illusione che il sistema fosse pluralista, quando praticava una forma elevata di psicologia sociale e sociologia demagogica.

La tecnocrazia della plutocrazia moderna, mentre passa a un nuovo tipo di oligarchia, è simile al fascismo in quanto prende molti dei tropi e delle strutture discorsive dell’anticapitalismo e della giustizia sociale, ma in un modo che colpisce verso il basso come il fascismo-in-potenza lo ha fatto, e li arma nell’interesse del leviatano tecnocratico decisamente antisociale e ingiusto.

La tecnocrazia è diversa dal fascismo in quanto utilizza la sinistra attuale, e chiaramente non la destra populista. Ciò è dimostrato dal Trumpismo negli Stati Uniti o dalla Le Pen in Francia, la cui base si oppone ai lockdown, all’obbligo di maschere e vaccini, alla chiusura delle attività e alle quarantene simili a carceri del Grande Reset del Covid-19.

Qui, la crescente distopia tecnocratica può anche sembrare portare avanti l’eredità della socialdemocrazia, anche se in modo perverso, e quindi l’utilizzo dei partiti Verdi e dei partiti socialdemocratici in Europa per implementarli è sia previsto che razionale.

Peggio ancora, anche i partiti di centrodestra fanno parte di questo schema, e quando si muovono di pari passo con l’agenda del Grande Reset, possono persino ricevere un riscontro positivo dai media dell’establishment di centrosinistra (sinistra culturale) che definisce la maggior parte dei media occidentali al momento.

E ancora, sono tutti partiti politici che, con l’ascesa del neoliberismo e della globalizzazione, all’indomani della distruzione dell’URSS, da tre decenni (o più) hanno assunto il manto della sinergia pubblico-corporativa della tradizione dei vari fascismi, pur non riconoscendola.

Per chiarire questo punto con chiarezza: fascismo e socialdemocrazia condividono una concezione quasi identica di economia politica (sinergia impresa-pubblico).

Se il fascismo è socialdemocrazia senza pluralismo né concezione liberale dei diritti umani – o meglio – se la socialdemocrazia è fascismo ma con pluralismo e concezione liberale dei diritti umani – allora la tecnocrazia si fonda su quella economia politica condivisa dal fascismo e dalla socialdemocrazia come un punto di partenza, limitandosi a sostenere formalmente il pluralismo e le concezioni liberali dei diritti umani, utilizzando di fatto un metodo fascista di governo antidemocratico e anti-pluralista. Ecco perché abbiamo due uomini di nome Klaus Schwab.

In aggiunta a ciò, i tecnocrati aziendali dei social media che sono impegnati nel Grande Reset, usano la minaccia immaginaria dell'”estrema destra”, e ora “l’esitazione vaccinale”, per perseguire una politica di censura indistinguibile dal totalitarismo (di estrema sinistra o di estrema destra).

 

Nel considerare la cinica perversione che è il testo Great Reset di Klaus Schwab, la sua critica al sistema stesso che sta sviluppando all’interno dello stesso libro che ne esalta i meriti e l’inevitabilità, è tale da assorbire, burocratizzare, professionalizzare, gestire, sussumere e superare critiche reali alla distopia emergente, come forma di “autocritica”.

Le note finali sono piene di riferimenti ad articoli di autori e pensatori che si oppongono alla nascente tecnocrazia, di cui il Forum Economico Mondiale esiste esclusivamente per esserne al servizio.

Questa “autocritica” di tipo gaslighting è un metodo di controllo da parte del sistema su potenziali critiche al sistema. È una critica artificiosa, gestita dal sistema e al servizio del sistema, poiché avanza con quelle medesime caratteristiche che vengono allo stesso tempo criticate.

Poiché le persone normali non possiedono più potere politico nei sistemi in cui il governo corporativo ha sostituito le repubbliche costituzionali, i costi devastanti saranno ridotti.

Per questi motivi possiamo vedere che ci sono due uomini di nome Klaus Schwab.

(strategic-culture.org).

 

 

 

 

Oltre “la pandemia”.

Congetture sul prossimo futuro.

Sinistrainrete.info- (28-2-2022)- Guido Cappelli – ci dice:

 

Stanno per compiersi due anni da quando l’Oms dichiarò l’emergenza pandemica. E da qualche giorno girano, insistenti, voci di fine (quasi) imminente di pass e restrizioni varie.

 “È finita, abbiamo vinto, il piano è fallito!”, si ascolta sui social e nelle chat – e non si tratta solo di bufale messe in giro probabilmente ad arte (che pure ce ne sono e si vedono), ma di sinceri canti di vittoria, levati da un popolo del dissenso che incomincia a mostrare comprensibili segni di stanchezza e di confusione.

Per la verità, l’enigmatico ministro della Salute (enigmatico perché non si comprende razionalmente per quali meriti e titoli sia riuscito ad attraversare due governi e tutta la crisi senza praticamente un graffio), in un’intervista al quotidiano ufficioso del regime, La Repubblica, ha già espresso chiaramente la volontà governativa di prolungare le misure distopiche di limitazione delle libertà fondamentali anche al di là della fine eventuale dello stato di emergenza. Ma anche lui lascia intravvedere un sia pur fumoso e lontano “liberi tutti”.

Non è così. Non c’è e non ci sarà nessun “liberi tutti”. Mai, se da questa gente dipenderà.

 E non perché gli oligarchi mondialisti alla Gates ripetono un giorno sì e l’altro pure che ci saranno nuove pandemie, nuove catastrofi che giustificheranno nuovi stati d’eccezione.

E nemmeno per l’ideologia di queste oligarchie feudali, palesemente intrisa di neo-gnosticismo antiumano ed eugenetismo dalla terrificante genealogia.

Ma perché l’ammorbidimento delle restrizioni – in Italia e fuori – è funzionale al prosieguo dell’instaurazione di quella nuova “razionalità politica” (per dirla con Fusaro) che dovrebbe risultare dal grande reset in corso.

In Italia e fuori: è bene ribadirlo, perché, se è vero che l’Italia (e comunque non solo l’Italia) sembra all’avanguardia nella sperimentazione di misure psico-politiche in senso distopico, è chiaro – ed è un’ingenuità credere il contrario – che il reset investe il mondo intero e molto in particolare l’Occidente in preda a un senso di tramonto, di sfinimento che meriterebbe ampie riflessioni non solo e non strettamente politiche.

 In ogni caso, se esiste un “nucleo duro” di paesi, Italia compresa, che si stanno portando avanti nell’instaurazione di misure gravemente lesive delle libertà e dei diritti umani, in pressoché tutto l’Occidente si osserva quel salto di qualità nell’accettazione sociale dell’eccezione, quella sorta di “resa” della società di fronte a una tecnocrazia che richiede poteri sempre più pieni e tirannici nel nome di un’imminente catastrofe.

È questa la chiave di volta, al di là dei tempi e dei modi in cui ciascuna realtà nazionale si sta adeguando e sta implementando questo progetto.

Ma esaminiamo alcuni degli elementi di questo salto qualitativo nella mentalità, per cercare di capire a che punto si trova il progetto di rifondazione sociale su basi tecnocratiche e totalitarie, un disegno geopolitico e imperiale di tale portata che nessun individuo razionale può ritenere se non appena iniziato. “Guardare discosto”, ci ammoniva il Machiavelli. Discosto, cioè più avanti, là dove il Potere ha le sue mire e dove non vuole che nessuno guardi.

Intanto, se si guarda indietro, ad appena due anni, se si fa un confronto, anche solo personale, intimo, con la vita prima della “pandemia”, molti aspetti di quella che conoscevamo come “vita normale”, sia sul piano individuale che su quello sociale, sono profondamente e forse irreversibilmente mutati. Certo, molti elementi erano già in campo. Ma non si può non vedere il salto qualitativo sul piano degli usi sociali e della mentalità, oltreché su quello della legislazione e della comunicazione, grazie allo stato d’eccezione in cui le oligarchie pubblico-private, sovra- e a-nazionali, hanno scientemente precipitato buona parte del mondo. A volte, questa insistenza sulla continuità, questo “era già così” o, peggio, “è sempre stato così”, suona un po’ come un’autogiustificazione della vigliaccheria di chi lo sostiene: dopo tutto, se è sempre andata così, a che serve reagire?

Invece la rottura col passato è stata profondissima, brutale. Dall’inizio del 2020 possiamo davvero dire che è iniziata un’altra era, si è prodotta una spaccatura, una faglia esistenziale, a livello individuale e collettivo. Nulla sarà più come prima, dopo il trauma dei lockdown, dei coprifuoco, delle regole insensate.

È importante tenere presente questa periodizzazione, perché uno degli obiettivi dell’oligarchia del new normal è proprio la cancellazione del ricordo, la normalizzazione, l’interiorizzazione del nuovo corso distopico.

 Come se un “prima” non ci fosse mai stato. Scurdammoce ‘o passato. Come se gli uomini abbiano sempre vissuto indossando mascherine e misurandosi la temperatura prima di uscire o esibendo lasciapassare per entrare in un luogo pubblico.

Come, nel citatissimo libro di Orwell, il passato svanisce triturato da solerti funzionari del Ministero della Verità, così oggi passato, e presente, sono soggetti alla tirannia dell’algoritmo che mostra e occulta con criteri che agli umani comuni non è dato afferrare.

Quest’obiettivo però non l’hanno ancora (del tutto) raggiunto. Nonostante il possesso di nove decimi dei mezzi di comunicazione, nonostante un grado di manipolazione e disinformazione privo di ogni minimo scrupolo, nonostante i Repubblica e i Fan page di ogni angolo della Terra lavorino a marce forzate per fare della pubblica informazione un gigantesco, inevadibile Ministero della Verità, questo obiettivo non l’hanno (ancora) raggiunto. Sarà che il senso comune non è così facilmente modellabile, sarà che esiste davvero un nucleo duro dell’umano, refrattario alla Caverna.

Gli obiettivi raggiunti sono però vari e inquietantissimi.

 Anzitutto, il diffondersi dell’uso sociale e l’accettazione ormai irreversibile della mascherina, che fin dal primo momento si è profilata come il dispositivo, semplice perché immediato, di segnalazione dell’obbedienza e di isolamento del dissenso, isolamento e segnalazione feroci, perché legati al senso di vulnerabilità dei tanti suggestionati dalla paura indotta dal regime.

 Se senti l’altro come un potenziale killer, non avrai freni inibitori nell’aggredirlo quando ritieni che ti mette in pericolo. La mascherina appunta a una nuova etichetta, a una versione estrema, dunque grottesca, della civiltà delle buone maniere che un celebre sociologo faceva coincidere con la modernità europea.

Questo è il principio-base della separazione sociale, il sogno bagnato di ogni totalitarismo: un mondo in cui tutti lottano contro tutti: omnia secundum litem fiunt, disse Eraclito, ma il caos universale questa volta è indotto, dominato dai nuovi mangiafuoco, i gerarchi della tecnocrazia eugenetica di cui sopra.

 

È avanzata anche, in una misura impossibile al di fuori di un’eccezione prolungata e sostenuta per due anni, la devastazione del diritto, cioè lo svuotamento della lettera e dello spirito dei sistemi legali e delle Costituzioni occidentali – queste ultime storicamente tra i principali idoli polemici da abbattere per le oligarchie tecnocratiche.

 Troppi diritti, troppe garanzie, a cominciare  per costoro  intollerabile habeas corpus, invenzione europea quasi millenaria che contrasta frontalmente con l’aspirazione delle élites globaliste alla concessione in “comodato d’uso” del corpo del cittadino comune.

 Qui, in realtà, c’è un sottofondo filosofico che dovremo affrontare prima o poi: perché solo mezzo secolo di Decostruzione in filosofia e in letteratura hanno potuto permettere che la lettera delle costituzioni potesse essere disinvoltamente ribaltata o cinicamente svuotata di senso, come nel caso della tristemente celebre frase dell’art. 32:

“La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Ovviamente, senza lavoro né accesso a servizi, inermi di fronte a un nuovo, inedito regime autorizzatorio, non c’è né ci può essere nessuna dignità, nessun rispetto; ma questo non sta impedendo che gli alti traditori che siedono al Governo se ne infischino. Solo la Decostruzione – il vero virus che sta erodendo l’umanità – ha permesso tutto questo. Dovremo riparlarne.

 

Ora, proprio il diffondersi pressoché incontrastato del sospetto generalizzato del tutti contro tutti simboleggiato e reso manifesto dalla mascherina, rende possibile che questo collasso sia garantito dalla collaborazione sociale: chi si sente minacciato dal disobbediente è disposto alla delazione e al controllo: per questo assistiamo (esterrefatti e attoniti) al trasferimento di poteri di polizia in capo a una pluralità di soggetti che all’improvviso si trovano promossi a controllori, a piccoli kapò, a zelanti sergenti del sistema.

 Hanno paura, ed esorcizzano la paura sentendosi parte di un potere, rubacchiandone i resti, les entrailles. Il potere, anche il micropotere, calma l’ansia e dà una parvenza di senso un po’ a tutto.

 

Prende forma una “nuova soggettività”, introflessa, confusa, sospettosa fino all’isteria ma al tempo stesso prona a ogni manipolazione, a ogni stimolo tossico.

E per questo ci sono i media e i social, dove “la notizia” si sostituisce alla realtà, in un mostruoso gioco sofistico in cui tutto è uguale a tutto e la somma è zero.

La potenza di questi media è tale da aver potuto creare un’evidente dissociazione tra la realtà empirica e la percezione soggettiva, una sorta di dissonanza cognitiva che installa nelle menti un senso sproporzionato di pericolo imminente.

 Ma se la narrazione è blindata, inchiodata sul terrore di massa, è logico che la decisione politica venga sostituita dalla scelta a senso unico della tecnica – che loro chiamano “scienza” ma che noi sappiamo essere nient’altro che il sapere iniziatico che legittima l’esercizio di un potere onnivoro, non più soggetto ad alcun limite. Il millenarismo, in verità, è una formidabile arma di dominazione, perché vive dell’attesa paralizzante della catastrofe.

Poi c’è la digitalizzazione forzata, un processo che possiamo chiamare disciplinamento digitale: soprattutto in paesi relativamente “arretrati” sotto questo aspetto, l’identità digitale, e dunque il meccanismo di controllo totalizzante della vita individuale, ha spiccato un salto in avanti di proporzioni inimmaginabili.

Giova valutarlo negli strati bassi della popolazione, quelli più restii, più estranei al mutamento sociale. Le app, lo spid, il pagamento elettronico, sono entrati quasi d’improvviso a far parte della vita quotidiana di settori sociali che in condizioni normali avrebbero richiesto anni di campagne di “pubblicità progresso”.

Famiglie che fino a poco fa ignoravano se non irridevano questi dispositivi apparentemente burocratici, ora obbediscono, e lo fanno nella forma più vincolante: quella inconsapevole della rassegnazione a un’ineluttabile “fiumana del progresso” che loro non sono in grado di comprendere né tanto meno di schivare. È questo il significato autentico della loro “inclusione”: integrarsi o sparire.

Sullo sfondo, illogica eppur minacciosamente incombente, la guerra, guerra imperiale che trasferisce sul piano geo-politico il reset socio-politico e antropologico, e che ne è il segno più tangibile se solo si guarda ai poteri che la stanno scatenando, esattamente gli stessi che promuovono l’involuzione totalitaria dell’Occidente.

Chi abbia qualche dubbio, legga il documento confidenziale del governo ucraino (t.me/lamiarussia/8084) recentemente venuto alla luce, ispirato a una logica analoga: far passare il principio per cui i diritti naturali diventano oggetto di concessione (e dunque possono essere ritirati) vale anche per scatenare la pulizia etnica, come, a quanto pare, a Kiev pianificavano di fare nel Donbass.

In fondo, nell’incubo ipertecnologico, si scorgono trucchi antichi come l’uomo: la minaccia esterna, il nemico che viene da lontano, Serse, Attila, Gengis Khan.

Frenano le restrizioni, sì, forse. Ma solo per consolidare lo status quo del laboratorio Italia. C’est ne pas que le début: ci attende un lunghissimo inverno.

 

 

STATI UNITI E UNIONE EUROPEA

CON L’ARRIVO DI BIDEN.

Sollevazione.it - Manolo Monereo-( 10-6-2022)- ci dice :

(Quarto Poder).

Ci mancherà Donald Trump? Temo di si.

Per ora, il “senza Trump viviamo meglio” inizia a definire bene cosa sta succedendo.

 Alcuni di noi sapevano fin dall’inizio che la guerrafondaia era Hillary Clinton e che Trump era qualcos’altro. Abbiamo distinto tra gli effetti interni ed esterni di quello che sarebbe stato il suo mandato.

È stata una ritirata protezionistica per definire una nuova strategia di fronte a un declino che sembrava inarrestabile e per garantire un’egemonia messa in discussione nelle sue fondamenta. Come spesso accade con i populisti di destra (il populismo è una parte costitutiva del sistema politico statunitense) le dichiarazioni sono una cosa e le politiche che vengono effettivamente attuate sono un’altra.

Come ho scritto all’epoca, sono rimasto sorpreso nelle ultime elezioni dalla forza e dalla coerenza del voto per Trump. È stato ripetuto fino alla nausea che Biden è stato il presidente più votato nella storia americana; Trump, non va dimenticato, aveva di fronte una coalizione molto potente guidata dai mass media e parte consistente dell’establishment economico-corporativo.

 Il presidente uscente ha fatto molto per perdere: ha minacciato troppo, ha gestito male la macchina del governo, ha maltrattato i suoi alleati e, peggio ancora, ha sottovalutato la pandemia e le sue conseguenze sociali fino alla stupidità. Anche così, c’è stato un voto particolarmente significativo, un’ampia mobilitazione militante e una proposta solidamente inserita nella società. Trump non sarà un fiore di un giorno.

La politica estera degli USA è stata chiara dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia e la disintegrazione dell’URSS: impedire l’emergere di una potenza che potesse mettere in dubbio la propria egemonia.

 Su questo piano non ci sono differenze tra Trump e Biden; la divergenza ha a che fare con la strategia e il fattore tempo, piuttosto con l’uso del tempo. L’ex presidente non ha mai definito in modo rigoroso la sua proposta geopolitica: ha indicato nella Cina proprio il nemico esistenziale; ha chiesto un allineamento incondizionato dagli alleati; ha accelerato il riarmo e ha messo in discussione organizzazioni multilaterali che non erano più funzionali.

 Il suo grande errore è stata la Russia: non è stato in grado di stabilire politiche che promuovessero relazioni più equilibrate con l’Occidente e più autonome dalla Cina.

L’ultima ragione ha molto a che fare con la pressione dei democratici, la posizione schiacciata su NATO-UE e il gruppo di paesi della “nuova vecchia Europa” ed anzitutto sui paesi del gruppo di Visegrad. C’è un fatto da non dimenticare, nonostante la sua brutalità, i toni autoritari e il linguaggio bellicoso, Donald Trump è l’unico presidente degli Stati Uniti negli ultimi quarant’anni che non ha gettato il suo paese in una nuova guerra.

Biden è stato accolto come un salvatore, un paladino della democrazia e del multilateralismo. La parola d’ordine è “L’America è tornata”. Anche qui sarebbe opportuno non lasciarsi ingannare dalla propaganda.

Si è già detto prima, la posizione del nuovo presidente è chiara: si opporrà con tutte le armi disponibili all’egemonia della Cina nell’emisfero orientale; insisto, con ogni mezzo, compresa la guerra economica, tecnologica, cibernetica e militare, più o meno ibrida o diretta.

 La cosiddetta “trappola” di Tucidide ritorna perché non se n’è mai andata del tutto. Graham Allison gli ha dedicato un’ottima monografia, che, guarda caso, i leader cinesi stanno studiando per chiarire se sia possibile governare l’attuale “grande transizione geopolitica” in modo che non si concluda in un puro e semplice conflitto nucleare.

La storia ritorna anche come conflitto di potere tra le grandi potenze, per l’egemonia e, in questo caso, per il mantenimento di un quadro istituzionale internazionale messo in discussione da Cina, Russia e, di conseguenza, da un gruppo di Paesi che non si sentono rappresentati da questo quadro e pretendendo cambiamenti profondi. Le relazioni internazionali e la geopolitica di questo ci parlano.

 Il declino di una superpotenza è sempre determinato dall’emergere di uno stato o di un insieme di stati che lo sfidano e portano a una crisi esistenziale. La dialettica amico - nemico ha qui il suo territorio più preciso e unico. Questo è il fatto più caratteristico del nostro tempo. Sarebbe bene interiorizzarlo per non cadere vittima di propaganda o manovre orchestrali che finiscono per confondere e scambiare la lotta per i diritti umani con la difesa degli interessi della grande potenza di turno.

La strategia Biden è a lungo termine, multidimensionale, di resilienza e contenimento.

 La cosa più determinante è che la nuova amministrazione sa che non può vincere questa guerra da sola; ha bisogno di alleati su una mappa del conflitto che deve essere ordinata, coordinata e diretta.

È realismo offensivo in un senso preciso: prevenire, neutralizzare, ritardare il dispiegamento del potenziale della Cina, la sua forza economico-tecnologica, le sue capacità militari, la sua politica di alleanze e, soprattutto, esacerbare i conflitti interni fino a farli diventare crisi di governabilità.

La democrazia liberale come alternativa, il libero mercato come mezzo e la promozione dei diritti umani alla maniera americana. Questo è stato scritto così tante volte e da così tanti autori diversi che è pleonastico doverlo ricordare.

L’anomalia era Trump; il potere è Biden.

Per dirla con il titolo di un libro di un noto falco repubblicano che finì come consigliere di Hillary Clinton: The Return of History and the End of Dreams.

Ciò che Robert Kagan ha scritto quindici anni fa viene difeso dalla nuova amministrazione e ripetuto dai suoi portavoce nell’Unione europea. È solo l’inizio.

La nomina di Josep Borrell come Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (una denominazione che è tutto un programma!) ha fortemente stimolato l’uso di concetti e lo sviluppo di politiche che mirano a mostrare che la UE si sta muovendo verso un tipo di organizzazione molto simile a uno Stato.

Ecco quindi concetti come: sovranità (economica, commerciale, tecnologica, militare), autonomia strategica, pilastro europeo di sicurezza e difesa come priorità, sviluppo delle proprie capacità politico-militari.

Tutto questo nel quadro della definizione di nuovi strumenti e nuove politiche che rafforzano i budget militari, accelerazione e applicazione di nuove tecnologie all’industria della difesa e della sicurezza.

 Il fatto che non vi sia dibattito pubblico in tempi di pandemia e crisi economico-sociale la dice lunga sulla misura in cui le questioni europee sono fuori dallo spazio pubblico e, sarebbe bene tenerne conto, il grande consenso che attira tra le classi dirigenti, compreso il governo di Pedro Sanchez. Una parte della manna dei fondi di mana europei andrà proprio in questa direzione.

Borrell non si stanca mai di dire che la “autonomia strategica europea” non implica una rottura con il legame transatlantico, ovvero con la NATO.

Inoltre, ribadisce che maggiore è l’autonomia, maggiore è l’unità strategica con gli Stati Uniti e quindi una struttura militare comune. La domanda è pertinente: cosa significa la cosiddetta autonomia? Rinegoziare il ruolo di partner; essere presi in considerazione e guadagnare in questo quadro autonomia strategica. C’è un fatto che non dovrebbe essere ignorato; le critiche a Trump avevano a che fare con il suo allontanamento dalla NATO, con il disprezzo per gli alleati e con la convinzione che, quando fosse arrivato il momento critico, non sarebbe stato un alleato fedele, cioè che non avrebbe applicato l’articolo 5 del Trattato. Il Marocco così vicino e così lontano.

Dov’è il problema principale della geopolitica dell’Unione europea?

Non definirsi sulla grande questione strategica dei prossimi decenni: accetti o no di andare in un mondo multipolare?

Vuoi essere protagonista di questo passaggio decisivo come soggetto autonomo? Le due questioni sono una sola: prendere una decisione politica fondamentale in un mondo in rapida evoluzione.

Ma qui non è ammesso fare confusione. Difendere il multilateralismo non è la stessa cosa che scommettere su un mondo multipolare.

 Sono concetti chiaramente differenziati. Il multilateralismo è un modo per organizzare l’egemonia da parte del potere dominante, un modo per ordinare le relazioni internazionali, rendendole prevedibili e riducendo la complicità di un mondo dominato dall’anarchia.

 La multipolarità è un processo di (ri) distribuzione del potere tra grandi potenze che implica un riordino gerarchico tra di loro. In altre parole, conflitti di base, guerre ad alta e bassa intensità, fratture politico-culturali. Il potere come bene sempre più scarso e in permanente disputa.

La linea di demarcazione è molto precisa: gli Stati Uniti si oppongono radicalmente a un mondo multipolare.

La grande transizione geopolitica che stiamo vivendo romperà con le regole del gioco, la correlazione di forze e l’egemonia su cui ha basato il suo dominio. La vera autonomia dell’Unione europea sarebbe quella di collaborare attivamente a questa grande transizione con l’obiettivo di garantire un nuovo ordine, più giusto, democratico e pacifico.

Ciò implicherebbe disconnettersi dalla NATO, definire nuove alleanze e regole appropriate per un’architettura mondiale senza precedenti.


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