IL SEGRETO DI STATO.
IL
SEGRETO DI STATO.
Il “grande
risveglio” si oppone
al “grande
reset”.
Putin
sfida tutto l'Occidente:
"È
la fine dell'egemonia Usa.
E le
sanzioni colpiscono voi"
msn.com-il
giornale- Roberto Fabbri –(18-6-2022)- ci dice :
Si
dice da secoli che la miglior difesa è l'attacco. Vladimir Putin, ieri, lo ha
confermato, nel discorso scritto di suo pugno.
Oppresso
dalle sanzioni occidentali, ha tentato di sostenere che alla Russia fanno un
baffo, mentre il loro vero prezzo lo devono pagare gli europei e gli americani
che gliele hanno inflitte; non essendo riuscito nel ricatto di far togliere quelle
sanzioni in cambio del suo via libera all'export del grano ucraino, accusa
l'Occidente di provocare una catastrofe alimentare globale;
incapace di sfondare le più deboli difese
ucraine nel Donbass nonostante stia impiegandovi il meglio delle sue forze
armate, ripete come un disco rotto che tutti gli obiettivi dell'invasione saranno
conseguiti (ma non li nomina);
confrontato con il consolidarsi di un fronte
europeo e atlantico che passo dopo passo supera le difficoltà politiche e
lavora per accogliere l'Ucraina nel suo campo, dichiara di non avere nulla in
contrario all'ingresso di Kiev nell'Ue, proclama la fine dell'egemonia
americana nel mondo e l'irreversibile ritorno della Russia sulla scena globale
nel ruolo di grande potenza sovrana e, naturalmente, rispettata e temuta (far
paura al resto del mondo ai russi piace sempre moltissimo ed è la vera
ossessione del dittatore di Mosca).
Nel
mondo anglosassone che Putin (senza dimenticare Dmitry Medvedev...) tanto odia,
un simile argomentare viene definito «wishful thinking», ovvero il
convincersi che sia vero ciò che si desidera.
E
Putin desidera con tutta l'anima uscire vincitore dalla folle sfida a braccio
di ferro economico, militare e geopolitico che ha lanciato all'Occidente
aggredendo l'Ucraina.
Sì,
perché ormai dovrebbe esser chiaro a tutti quello che molti avevano già capito
da un pezzo: e cioè che il suo vero nemico non è l'Ucraina, bensì l'Occidente.
A San
Pietroburgo, dal palco di quel Forum economico internazionale ormai ridotto a
una passerella per gli alleati della Russia (qualcuno ha tentato di battezzarlo
la Davos russa, ma visto il parterre pare francamente troppo), l'uomo forte del
Cremlino ha soprattutto lanciato il manifesto della sua sfida totale
all'egemonia degli Stati Uniti nel mondo, quella per cui vuole passare alla
Storia.
L'Occidente
si illude se pensa di poter fermare l'evoluzione storica - ha detto davanti a
leader ed esponenti della Cina, del Kazakistan, della Bielorussia, del
Venezuela, del Messico e di altri Paesi che nella sua visione compongono una
sorta di versione aggiornata del Comecon, il mercato comune dell'era sovietica
-. Qui siamo di fronte a un cambiamento realmente rivoluzionario.
L'egemonia
americana è finita, il dominio del dollaro è finito. La Russia non è più
l'impoverito e debole rottame post sovietico che si presentava con il cappello
in mano a Washington e a Bruxelles per essere accolta nel salotto buono.
Oggi -
Putin ne sembra genuinamente certo - una nuova Russia potente e convinta della
sua missione nel mondo si è messa alla testa (insieme alla ben più potente
Cina, ma su questo ha glissato) di quella parte maggioritaria del pianeta che
in Occidente si ostinano a considerare irrilevante periferia.
E lo fa per cambiare le regole, proclamando la fine
del «decadente» (a suo dire) liberalismo (“liberal dem Usa”, progressista
globalista .Ndr) in favore di autocrazie che (sempre a suo dire) hanno davvero
a cuore i valori che contano: patria, tradizione e simili.
Tutto
già sentito, non c'è nulla di nuovo. Soprattutto il tentativo di Putin di
far passare la sua guerra all'Ucraina come giusta e storicamente necessaria: la
bugia più grande tra tutte quelle che ha pronunciato ieri.
ONDATA
DI VIOLENTE
PROTESTE
IN INDIA.
Comedonchisciotte.org-
Massimo Cascone –( 17 Giugno 2022)- ci dice :
Manifestanti
furiosi hanno incendiato un edificio governativo durante le sommosse per il
nuovo modello di reclutamento dei militari.
Negli
ultimi giorni, folle inferocite hanno invaso le strade in India per protestare
contro la proposta del governo di rivedere il sistema di reclutamento militare
del Paese, che
secondo i critici potrebbe portare alla disoccupazione e compromettere la
sicurezza.
Le
proteste sono scoppiate mercoledì 15 giugno nello Stato orientale del Bihar e
si sono poi diffuse negli Stati vicini come Uttar Pradesh e Haryana. Secondo quanto riferito dai
funzionari di polizia indiani, i manifestanti hanno finora dato fuoco a un
ufficio del partito al governo del Paese, attaccato infrastrutture ferroviarie,
bruciato diversi treni e automobili, bloccato strade e acceso pneumatici nelle
strade.
Nel
nord dello Stato dell’Haryana, la polizia ha addirittura sparato colpi di
avvertimento dopo che la folla aveva lanciato pietre contro la casa di un
funzionario governativo, mentre nel distretto di Palwal, sempre in Haryana, le
autorità locali sono ricorse all’interruzione dell’accesso a Internet per 24
ore nel tentativo di prevenire il diffondersi del caos.
L’indignazione
arriva dopo che il governo del Primo Ministro Narendra Modi ha annunciato una
revisione del processo di reclutamento per l’esercito indiano, che conta 1,38
milioni di persone, con l’obiettivo di abbassare l’età media del personale
militare e ridurre le spese governative.
Secondo
il nuovo sistema, denominato “Agnipath” (Sentiero del Fuoco), uomini e donne di
età compresa tra i 17 anni e mezzo e i 21 anni potranno entrare a far parte
delle forze armate indiane solo per un periodo di quattro anni e solo una
recluta su quattro potrà tornare a servire in modo permanente.
Il
vecchio sistema, invece, consentiva ai giovani tra i 16 anni e mezzo e i 21
anni di arruolarsi nell’esercito per un periodo minimo di 15 anni e assegnava
loro anche una pensione per il servizio prestato.
Per
questo motivo, servire nell’esercito era considerato un percorso di carriera
interessante per molti giovani, in quanto offriva uno stipendio stabile e un
posto pubblico.
L’Agnipath
renderebbe
queste opportunità inaccessibili per la maggior parte dei giovani indiani, che già devono fare i conti con uno
sconcertante tasso di disoccupazione del 26%.
“Dove
andremo dopo aver lavorato per soli quattro anni?”, ha dichiarato un
manifestante all’agenzia di stampa indiana ANI. “Saremo senza casa dopo quattro anni
di servizio”.
Il
nuovo sistema ha suscitato un acceso dibattito tra le potenziali reclute del
Paese, i veterani dell’esercito, i leader dell’opposizione e persino i membri
del partito di Modi al governo, e i manifestanti ora chiedono al governo di ritirare
la riforma annunciata.
“Chiediamo
che il reclutamento sia fatto come prima”, ha detto un altro manifestante,
aggiungendo che “nessuno vuole andare nell’esercito per soli quattro anni”.
(Massimo
A. Cascone).
LA
DITTATURA SI INSTAURA IN 7 MOSSE.
PIU’
ODIO, MENO VERITA’, E IDENTITA’.
Laverita.info-Silvana De Mari – ( 18- giugno 2022)- ci dice :
Il
filosofo Michel Onfray ha illustrato i
comandamenti su cui si fonda ogni
Totalitarismo
: si tratta di distruggere la libertà ,impoverire la lingua di un popolo ,
sopprimere la sua storia e costringere i
cittadini a negare l’evidenza. A Gengis Khan bastava la violenza
,oggi siamo più “raffinati” per comandare sulle masse ignare occorre un motivo
che appaia nobile.
Gli
obbedienti adorano assistere alle torture dei dissidenti .Si sentono giusti, la
loro vigliaccheria si ammanta di saggezza. (…)
Settimo
comandamento : aspirare all’impero.
E qui
arriva la domanda .Chi è Klaus Schwab ?
(Sappiamo che progetta e costruisce armi atomiche
nel suo stabilimento (segreto) posto in
Sud Africa : essendo un imprenditore privato venderà la merce prodotta al
miglior offerente. E’ un uomo affascinato dalle teorie politiche ed economiche
di Hitler. Suo padre -scienziato atomico- lavorava -a suo tempo- per la
costruzione della bomba atomica di
Hitler.Ndr).
Il
fondatore del Forum economico mondiale di Davos sta dettando ora all’umanità l’agenda
: un’ agenda assolutamente sinistra . Non
conteremo più nulla ,non possederemo nulla, saremo completamente in pugno ad
uno stato in una società dove qualsiasi attività deve essere controllata , deve
essere concessa , può essere revocata. Come è possibile che un uomo non eletto da nessuno abbia un
potere così grande su una umanità che non è più in grado di fare le sue scelte?
Con un incredibile e planetario
potere di informazione e come e conseguenza al fatto che grazie alla sua stupidità o grazie alla
conduzione , gli Stati nazionali hanno ceduto la loro sovranità a enti
sovranazionali fuori da qualsiasi
controllo. E’ cominciata con “ce lo chiede l’Europa”.
Gengis
Khan tra i suoi numerosi difetti non aveva l’ipocrisia. Non gli interessava
essere simpatico.
Annientava
chiunque fosse più debole di lui(tutti), senza
inventarsi di star facendo la giustizia del mondo o che gli avessero
pestato i piedi.
Hitler
e Stalin nonostante una polizia politica furono invece dipendenti da un patto
con l’opinione pubblica . Portarono l’arte della propaganda a livelli notevoli,
investendo cifre importanti tennero le infinite esecuzioni private ,entrambi si
facevano fotografare mentre abbracciavano
bambine carine.
La
nostra epoca è più raffinata. Il fatto di tenere elezioni “ libere “ ,almeno in
teoria, rende indispensabile il consenso. Il consenso quindi deve essere
realizzato mediante un’ipnosi di massa , e l’ipnosi di massa , è un processo
lentissimo che dura decenni.
Le
persone non se ne accorgono ,ma sono immerse nella propaganda.
PRIMO
COMANDAMENTO : distruggere
la libertà .Per
poterlo fare ,però, occorre una motivazione “superiore”, mi siamo Gengis Khan. La
motivazione superiore riguarda la salvezza o la perdita del pianeta, quindi dell’intera umanità, a
seconda che le regole siano seguite o trasgredite , la diffusione o il
contenimento di una terribile pandemia che , se prontamente e correttamente
curata , ha lo zero virgola qualcosa di mortalità (mentre si afferma che può
essere contrastata solo con la sempiterna inoculazione di farmaci genici in
fase sperimentale), il sostenere fino al coinvolgimento totale una guerra a noi
estranea dove le ragioni o i torti sono molto diversi dalla narrazione ufficiale.
Grazie
a tutto questo è stata abolita la
libertà di vivere , la libertà di non essere controllati e monitorati , la
libertà di poter conservare la propria
salute scegliendo i di non farsi inoculare farmaci sperimentali di dubbia
efficacia e meno dubbi effetti collaterali. Il dissidente quindi, accusato di
essere un criminale assassino , può essere spogliato di tutto ,dignità ,lavoro
,casa, il diritto anche di vivere fuori da una cella .Le persecuzioni
rientreranno tutte in un’opra buona diretta a salvare l’umanità.
La
cosiddetta pandemia è stata un’occasione straordinaria per criminalizzare e
multare comportamenti non solo leciti ma encomiabili, come
fare sport in un bosco o sulla spiaggia, respirare normalmente ,assistere
ad una Messa , portare fuori un bambino , sono stati chiusi parchi perché le
persone non potessero respirare aria buona e rinforzare il loro sistema
immunitario.
Alla
fine degli anni Settanta , è stato scolpito nel granito in Georgia (Usa) un
bizzarro monumento chiamato “Georgia Guidestone”,una cafonata desolante dove su
enormi lastre di granito è scolpita la teoria maltusiana della sovrappopolazione , gli esseri umani sono dichiarati cancro
della terra,
il loro numero non deve superare il mezzo miliardo.
Come
ci si può arrivare ?
Levando
le libertà più elementari , respirare ,stare all’aria aperta ,mangiare roba
decente, lavorare , guadagnare ,spostarsi ,rifiutare farmaci genici che hanno scritto sul foglietto
illustrativo che non se ne conoscono gli
effetti sulla fertilità ,sulla cancerogenesi ,sulla genotossicità .
L’ecologismo
d’accatto si è trasformato nel dogma del riscaldamento globale, bizzarra teoria
non dimostrata ,che permette di punire i comportamenti normali , come scaldarsi
d’inverno ,lavorare ,mettere al mondo
figli.
Le
nostre élite li considerano inutili produttori di spazzatura e anidride
carbonica. Come ha dimostrato Gotti Tedeschi ,l’inverno demografico causa
miseria .Ha distrutto il tessuto sociale. Il lavoro è stato vietato per motivi pandemici, ora sarà reso
impossibile per motivi di geopolitica, carburanti troppo cari. La libertà di
possedere un’auto sarà resa impossibile
dalla proibizione dei carburanti , la libertà
di possedere una casa sarà rea impossibile dalle tasse e dalle bollette.
La
libertà di avere un figlio sarà al momento resa impossibile dalla miseria ma è
evidente che per non fare male alla nostra povera madre terra ,sta per arrivare
il controllo statale delle nascite ,come in Cina .
Secondo
comandamento : impoverire e stravolgere la lingua. La lingua appartiene a un popolo.
Si è formata nei secoli , porta l’impronta della storia e della terra. Una scuola che con sempre maggiore eroismo
percorre la strada della più assoluta
mediocrità, una televisione e una cinematografia sempre più squallide, una
letteratura che deve passare sotto le forche caudine di editor che si
precipitano a togliere ogni termine vagamente inusuale, hanno impoverito la
lingua in tutte le nazioni del mondo occidentale.
Terzo
comandamento : abolire la verità.
La
verità deve essere vietata , lo abbiamo visto bene con le liste di proscrizione
della cosiddetta pandemia. I medici che conoscevano la verità e l’hanno detta ,
la malattia è curabile , il vaccino
fondamentalmente inefficace e pericoloso ,sono sospesi dagli ordini medici e
ridotti alla fame .Grazie al vittimismo
viene stravolta la lingua già impoverita. Occorre abolire le parole padre e madre , le prime
parole di ogni creatura umana .
Occorre
imporre parole insulse e neutre. La prima verità che siamo uomini e donne. Un popolo che si è lasciato
convincere dall’idea che uomini e donne
siano uguali e intercambiabili può essere convinto di qualsiasi cosa.
Quarto
comandamento : sopprimere al storia. Michel
Onfray è un non credente, ma si rende perfettamente conto di come la violenza
anticristiana dei regimi occidentali attuali abbiano lo scopo di staccare il
popolo dal suo passato.
La
criminalizzazione del passato è cominciata con l’illuminismo , è stata rilanciata dal comunismo , ha
raggiunto l’apogeo nel ’68 per poi passare alla sua forma più pirotecnica che è
la CANCEL CULTURE.
QUINTO
COMANDAMENTO : negare la natura. Sui libri per
bambini si parla di bambini che vogliono
diventare bambine e viceversa. Si parla di due papà che fabbricano un
figlio orfano di madre mentre la tragica pratica della gestazione per altri con
tutto il suo spaventoso corredo di malattia e anche di morte (sindrome da
iperstimolazione ovarica , rischio di aborto ,gravidanza extrauterina, parto
prematuro moltiplicato) viene nascosto in zuccherose quanto orrende immagini.
La natura dell’uomo di essere maschio e la
natura della donna di essere femmina sono rinnegate. La natura di un uomo di
essere un uomo è rinnegata, la libertà di una donna di essere donna è
rinnegata. Negli asili i bambini devono giocare almeno un giorno alla settimana
con i giocattoli dell’altro sesso.
Devono?
Quale dittatura è arrivata al punto da
imporre giocattoli ai bambini ?Un bambino sarà sgridato e vuole giocare col
trattore invece che con le bambole , lo faranno sentire sbagliato, l’oca
giuliva di turno gli parlerà di mascolinità tossica ed altre idiozie del
genere. Contro una donna che a vent’anni
desideri mettere al mondo un figlio, cosa giusta fatta al momento giusto ,si scatenerà addosso non solo il pubblico ludibrio , ma
anche le assistenti sociali che potrebbero giudicarla troppo giovane.
Sesto
comandamento :propagare l’odio. La regola è semplificazione e nemico unico. Tutto deve
essere basato su slogan e tutto l’odio deve essere scatenato contro il nemico
di turno : non vaccinati, putiniani ,i Killer , termine con cui si
indicano le famiglie numerose o anche -solo non
striminzite.(…).
Quel
virus totalitario russo
che
contagia i conservatori.
Lanuovabq.it-(
25-03-2022)- Stefano Magri -Dario Fertilio- ci dicono :
Dario
Fertilio, giornalista e scrittore, analizza con la Bussola la narrazione russa
sulla guerra in Ucraina. E le mille trappole culturali e lessicali usate dal
Cremlino per attrarre un vasto e inconsapevole pubblico di cattolici e
conservatori. Che giustamente sono spaventati anche dal rischio di deriva
totalitaria in Occidente.
Dario
Fertilio, giornalista, già firma storica del Corriere della Sera,
nell’invasione russa dell’Ucraina ha visto la realizzazione di una sua
“profezia”. Nel suo lavoro teatrale Uomini e Cyborg, del 2016, sulla guerra nel
Donbass (ora è in uscita la seconda edizione, con il titolo di Lettere dal
Donbass), aveva previsto: “Putin che dichiara di voler conquistare Kiev in mezza
giornata, gli industriali italiani che protestano per le scorte di invenduto
per la Russia, i professori russi emarginati perché hanno osato mettere in
discussione la guerra, la repressione delle manifestazioni”.
Tutto
questo “è giunto al suo compimento, in modo ancor più drammatico”, ci spiega Fertilio.
Oggi
la narrazione russa sulla guerra si muove su due canali: uno interno ed uno
estero.
In quello
interno, Putin proclama la “denazificazione” dell’Ucraina quale scopo del
conflitto in corso.
In quello esterno, ideologi seguiti anche in
Italia, come Alexander Dugin, parlano un altro linguaggio, metafisico: quella combattuta dalla Russia è
una guerra di civiltà, contro il globalismo e il Grande Reset.
Abbiamo
dunque chiesto a Fertilio, grande conoscitore dell’area e soprattutto della
cultura totalitaria (su cui ha scritto, nel 2017, Il virus totalitario, uno
degli studi più completi e affascinanti sul tema), per capire cosa è vero e
cosa è falso.
Denazificazione
dell’Ucraina, cosa c’è di vero nella narrazione di Putin?
Il
tema della denazificazione è esclusivamente propagandistico e ad uso interno.
Putin parla di “nazismo” ucraino per far apparire,
agli occhi dell’opinione pubblica russa, la guerra contro l’Ucraina come la
“Grande Guerra Patriottica”, come chiamano in Russia la Seconda Guerra
Mondiale.
In grandissima parte, i russi ci credono. Ma è propaganda: l’ultra-nazionalismo
(come il Battaglione Azov, citato in continuazione come “prova”) è poco diffuso
in Ucraina, al massimo il 6% ed è anche scorretto equipararlo al nazismo vero.
Quindi
a cosa mira Putin?
L’obiettivo
chiave, reale, è la “neutralità” dell’Ucraina.
Molti
dei commentatori occidentali usano questo termine pensando al modello austriaco
o svedese. Ma
a Mosca si intende una differente forma di neutralità: la finlandizzazione.
Dunque, condizioni analoghe a quelle imposte dall’Urss alla Finlandia dopo la
Seconda Guerra Mondiale.
In Finlandia, dietro al paravento della
neutralità, i sovietici mantenevano l’egemonia dell’economia, della cultura e
della politica. Non si poteva profferire nemmeno una parola contro Mosca. Così finirebbe
l’Ucraina, in caso di vittoria russa.
La
propaganda che la Russia rivolge all’Occidente è incentrata sulla lotta al
Grande Reset e al Nuovo Ordine Mondiale. Il filosofo Alexander Dugin
contrappone il “Grande Risveglio” russo al “Grande Reset” occidentale. Quanto è
autentica questa causa?
L’idea
che in Ucraina si stia combattendo uno scontro metafisico è una tattica
confezionata dagli eredi del Kgb per far passare il concetto che esista, in
Occidente, un complotto plutocratico.
La
teoria del complotto, di grandi imprenditori e filantropi (spesso identificati in
miliardari di origine ebraica) intenti a scristianizzare l’Occidente e
corromperlo moralmente, è un tipico strumento della propaganda sovietica e russa, non
da oggi.
Ha fatto breccia anche nella classe intellettuale conservatrice occidentale, soprattutto perché sfrutta elementi
di realtà.
Quali?
È
reale un’ideologia (non una cospirazione) che io definisco “mass-radicale” o
“radicalismo di massa”.
Questa
ideologia è pre-totalitaria e cerca di mettere le radici in tutto l’Occidente,
promuovendo i suoi “valori”: lotta di genere, emancipazione Lgbt, ecologismo
radicale, scomparsa dei confini nazionali, dominio della tecnica, manipolazione
dell’essere umano, fino all’idea di una “nuova normalità”, dunque una società
pianificata.
Questa ideologia agisce moltiplicando
all’infinito i diritti.
Il caos che ne risulta richiede, poi,
l’imposizione di un ordine autoritario, un tecnocrate forte che stabilisce
quali diritti riconoscere e quali sopprimere. Questo è il rischio reale che
corre l’Occidente, su cui fa leva il Cremlino.
Cosa è
vero e cosa no, in sintesi?
L’”ideologia
radicale di massa” è reale ed è molto diffusa. La teoria del complotto, invece, è
propaganda del Cremlino.
E
perché molti conservatori credono alla propaganda del Cremlino?
Disgustati
o giustamente preoccupati dall’ideologia radicale di massa dell’Occidente e
dalle sue pulsioni totalitarie (come abbiamo visto negli ultimi due anni di regime
sanitario), sono caduti nelle braccia di un altro nemico, speculare e opposto. È un errore ricorrente nella storia
contemporanea: credere che un virus totalitario possa essere combattuto con un altro
virus totalitario.
Se il
nazional-comunismo dovesse trionfare, cosa ci toccherebbe subire?
Dobbiamo
distinguere fra quel che progetta di fare in Russia e quel che potrebbe
succedere in Occidente.
In Russia lo vediamo all’opera, con
l’instaurazione di un regime poliziesco all’interno ed espansionista all’estero.
Il
nazional-comunismo si basa sui concetti di sangue e suolo: dove c’è sangue
russo, quella è Russia. L’espansione è la strada da seguire. Per l’Europa, invece, si punta a
conquistare l’egemonia politica ed economica, per sfruttare la ricchezza
occidentale, senza distruggerla, ma privandola della sua componente” liberal
Dem Usa, a parole progressista” .
È la
stessa strategia che il Pcus aveva adottato ai tempi dell’Eurocomunismo (con
Enrico Berlinguer in Italia): dare una fiducia limitata a leader locali per completare
un’opera di penetrazione politica ed economica. Occupare tutti i gangli della
società, cancellare la dissidenza o a ridurla a una dimensione irrilevante. Nella vita pubblica non si potrebbe
più mettere in discussione l’egemonia del Cremlino.
Come
salvarsi?
La
sfida è duplice. Non dobbiamo cascare nella trappola totalitaria: una persona libera(e non “liberal Dem Usa”-che è una
trappola .Ndr) deve combattere sia contro il “radicalismo di massa”, sia contro il “nazional-comunismo”
propagandato in Occidente da Dugin.
Deve
accusarli apertamente. La lotta contro il regime sanitario di questi due anni è la
stessa che oggi si deve combattere anche contro il nazional-comunismo. Perché
il secondo sarebbe una medicina peggiore del male.
Il
Grande Reset. La Grande Risistemazione .
Si stanno
preoccupando per noi…
Gruppolaico.it-(3
aprile 2022)-
Redazione-
ci dice :
Ecco
il progetto di zio klaus: la pandemia rappresenta una rara ma breve opportunità di
riflettere, ripensare e “resettare” il mondo.
Risistemare tutto. E i covidioti pensano che governi,
case farmaceutiche, medici e quant’altro siano eroi buoni che vogliono il
nostro bene. Altro che salute! Ci vogliono “resettare”, rifare noi e il mondo secondo
i programmi di Big Money, Big Pharma, élite scientifiche e mestatori nascosti .
Siamo
di nuovo e chissà per quanto tempo in questo odioso, violento lockdown, dannoso
per la salute mentale e fisica, per la democrazia, l’economia, per le
relazioni, per i bambini!
E
assolutamente inutile dal punto di vista del virus, come mille studi scientifici
hanno più che dimostrato. Ma il covidiota è contento perché il virus che ha in testa lo
fa sentire protetto proprio mentre progettano la distruzione delle esistenze,
anche la sua, poverino.
Ma
lockdown, mascherine, tamponi e vaccini, (questi maledetti vaccini ) e
distanziamenti non sono stati pensati per tranquillizzare e curare il
covidiota- complice di tutto questo che sta accadendo.
Il Grande Reset se ne “frega” della massa di
covidioti belanti, li usa soltanto per portare avanti il proprio progetto
criminale che Schwab ha ben esposto nel suo libro “Covid-19: the Great Reset” e nel World Economic Forum del 2021.
E
tutto alla luce del sole, meno che per i media allineati ai governucoli, come
il nostro, a loro volta allineati ai gestori del Grande Reset. Solo i cretini continuano a dire che
questo è complottismo ma non si è mai visto un “complotto” messo così in
evidenza con tanta sicumera ed arroganza.
L’epidemia
è per loro una grande opportunità di potere globale, controllo e manipolazione
totale dell’umanità, di distruzione ( già iniziata) per rafforzare le loro
immense e diaboliche ricchezze. E il covidiota, impaurito ad arte, crede che si
stanno preoccupando per lui!
IL
GRANDE RESET: IL WEF CELEBRA LE CITTÀ VUOTE E LA DISTRUZIONE DELLE ESISTENZE COME UN
SUCCESSO.
Il “World
Economic Forum” di Klaus Schwab , con la sua organizzazione, non lascia dubbi
che vuole salvare il pianeta. Il problema, secondo loro, è l’uomo con tutto il suo inquinamento
e la sua industria.
Mentre
molti imprenditori temono per la loro esistenza e si rassegnano alle chiusure,
il WEF ha pubblicato un articolo con video il 22 febbraio, che mostra molto
chiaramente in quale direzione dovrebbe andare la nuova normalità. Città vuote, economie distrutte,
persone che si suicidano per la disperazione, tutto questo è agli occhi del “World
Economic Forum” di Klaus Schwab un primo successo del Grande Reset. La disumanità dei globalisti non può
essere mostrata più chiaramente che in un video in cui si celebra la
liberazione del pianeta dal virus umano.
Un
commento di Alina Adair, giornalista.
Per i
signori del “World Economic Forum”, con Klaus Schwab in testa, l’uomo è il virus da cui il pianeta
deve essere curato.
Gli
autoproclamati salvatori della terra sono entusiasti di quanto siano buone le
chiusure per l’ambiente. Scrivono estaticamente che “i lockdown hanno ridotto
significativamente l’attività umana e il suo impatto sulla crosta terrestre”,
che si traduce nel “periodo più tranquillo sulla Terra da decenni”. Celebrano persino la riduzione del
50% del rumore ambientale come un successo, mentre la maggior parte dei
proprietari di aziende sull’orlo del fallimento sono probabilmente seduti a
casa a piangere silenziosamente.
Grazie
alla riduzione del rumore, i ricercatori sono stati in grado di registrare per
la prima volta nel 2020 le vibrazioni della crosta terrestre che altrimenti non
sarebbero mai state registrate. Un gruppo internazionale di sismologi di 33 paesi
sembra aver avuto da fare durante il lockdown, registrando una diminuzione del
cosiddetto rumore ambientale da parte di viaggiatori e fabbriche.
Il WEF
ha notato gioiosamente che senza viaggi e fabbriche, possiamo rilevare
terremoti per lo più irrilevanti che altrimenti passerebbero inosservati.
Quindi in futuro non saremo in grado di viaggiare per permettere ai sismologi
di fare il loro lavoro? E le fabbriche non riapriranno più perché questo piace molto
di più agli arroganti del WEF? A giudicare dal Piano del Grande Reset, possiamo quasi
certamente rispondere “sì” a entrambe le domande.
Il
WEF, che dichiara costantemente di voler fare solo del bene, tratta gli esseri
umani come un virus da combattere. Fanno finta di voler salvare l’Africa e tutti gli
altri paesi poveri, ma non hanno nessuna empatia con le sofferenze delle
esistenze che distruggono. Chi pensa che il WEF sia a Davos e non abbia niente a che
fare con noi si sbaglia. Abbiamo già ripetutamente riferito che il World Economic
Forum sta attuando l’idea di Klaus Schwab sotto forma del Grande Reset.
Le
chiusure erano e sono solo in apparenza imposte a causa del coronavirus, e sono
servite esclusivamente al Grande Reset dall’inizio della cosiddetta pandemia.
Il piano permette la restrizione dei diritti
fondamentali in tutte le democrazie e l’obiettivo è l’abolizione del
capitalismo e l’istituzione di un governo unico mondiale. Chi aspetta in lockdown che la
soglia (ndr. dei cosiddetti positivi) scenda al di sotto di una certa misura e
che gli sia permesso di riaprire, andrà incontro alla sua rovina, questo è
certo come l’Amen in chiesa.
I
signori del WEF hanno pianificato tutto con cura e non solo osservano la
distruzione deliberata dell’economia nei paesi finora industrializzati, ma lo stanno facendo ascoltando
musica classica e considerano la graduale distruzione deliberatamente provocata
del mondo occidentale come un successo.
Il
Forum economico mondiale, con la sua Agenda 2030 delle Nazioni Unite, ha aperto
la strada alla distruzione del nostro futuro.
Il
sospetto (o meglio la certezza ) è che Klaus Schwab , Anschober, Merkel, Macron, Johnson e
molti altri dirigenti degli attuali stati in lockdown si siano lasciati
“persuadere” con benefici di chissà quale tipo e ora stanno imponendo questa
agenda ai loro paesi e alle loro popolazioni contro di loro.
Se
Kurz (cancelliere austriaco) fosse onesto, direbbe al popolo cosa sta
arrivando. Anche Kurz, come tutti gli altri che indossano il marchio del male
sul bavero, sembra spingere l’agenda del Great Reset.
Quando
si sveglierà finalmente la magistratura?
(wochenblick.at/wef-feiert-leere-innenstaedte-und-zerstoerte-existenzen-als-erfolg/).
(nogeoingegneria.com).
Vi ’invitiamo
a consultare questo link: Il Grande Reset. La Grande Risistemazione . Klaus Schwab e il suo Grande Reset
fascista.
Cerchiamo
di capire un po’ chi è il principale mentore del Grande Reset, il teorizzatore
ed ideologo, colui a cui si fa riferimento per i suoi scritti e per la sua
conduzione del WEF. Cerchiamo di conoscere un po’ dove affonda le sue radici
maligne colui che ci sta rovinando la vita (scusate, volevamo dire che si sta
preoccupando per noi…) attraverso una catena di manutengoli che arrivano fino
ai vessatori drago-governativi nostrani.
I VALORI DELLA FAMIGLIA SCHWAB – REPORT INVESTIGATIVO SULL’UOMO
DIETRO AL GREAT RESET.
Il
vero Klaus Schwab è un vecchio zio gentile che desidera fare del bene per
l’umanità, o è davvero il figlio di un collaboratore nazista che ha usato il
lavoro degli schiavi e ha aiutato i nazisti a ottenere la prima bomba atomica?
(Johnny
Vedmore indaga).
La
mattina dell’11 settembre 2001, Klaus Schwab sedeva a fare colazione nella
Sinagoga Park East di New York City con il rabbino Arthur Schneier, ex
vicepresidente del Congresso ebraico mondiale e stretto collaboratore delle
famiglie Bronfmane e Lauder.
Insieme,
i due uomini hanno assistito a uno degli eventi più impattanti dei vent’anni
successivi mentre gli aerei colpivano gli edifici del World Trade Center. Ora,
due decenni dopo, Klaus Schwab siede di nuovo in prima fila in un momento che
definisce la generazione nella storia umana moderna.
Sembra
sempre avere un posto in prima fila quando la tragedia si avvicina, la
vicinanza di Schwab a eventi che alterano il mondo probabilmente è dovuta al
suo essere uno degli uomini più ben collegati sulla Terra.
In qualità
di forza trainante del “World Economic Forum”, “l’organizzazione internazionale per
la cooperazione pubblico-privato”, Schwab ha corteggiato capi di stato,
dirigenti d’azienda e l’élite dei circoli accademici e scientifici a Davos da
oltre 50 anni.
Più recentemente, ha anche incoraggiato le ire di
molti a causa del suo ruolo più recente di frontman del Great Reset, uno sforzo
radicale per ricostruire la civiltà a livello globale per l’espresso beneficio
dell’élite del World Economic Forum e dei loro alleati.
Schwab,
durante la riunione annuale del Forum nel gennaio 2021, ha sottolineato che la
costruzione della fiducia sarà parte integrante del successo del Great Reset,
segnalando una successiva espansione della già massiccia campagna di pubbliche
relazioni dell’iniziativa. Sebbene Schwab chiedesse la costruzione della fiducia
attraverso un “progresso” non specificato, la fiducia è normalmente facilitata
dalla trasparenza.
Forse
è per questo che così tanti hanno rifiutato di fidarsi del signor Schwab e
delle sue motivazioni, poiché si sa così poco della storia e del background
dell’uomo prima della sua fondazione del Forum economico mondiale all’inizio
degli anni ’70.
Come
molti importanti frontmen sponsorizzati dall’élite, le tracce online sul
passato di Schwab sono state ben ripulite, rendendo difficile trovare
informazioni sulla sua storia iniziale e informazioni sulla sua famiglia.
Eppure, essendo nato a Ravensburg, in Germania nel 1938, molti hanno ipotizzato
negli ultimi mesi che la famiglia di Schwab possa aver avuto qualche legame con
gli sforzi bellici dell’Asse, legami che, se scoperti, potrebbero minacciare la
reputazione del Forum economico mondiale e portare a controlli indesiderati.
alle sue missioni e motivazioni.
In
questa investigazione senza confini, viene esplorato approfonditamente il
passato che Klaus Schwab si è impegnato a nascondere, rivelando il
coinvolgimento della famiglia Schwab non solo nella ricerca nazista di una
bomba atomica, ma nel programma nucleare illegale dell’apartheid sudafricano.
Particolarmente
rivelatrice è la storia del padre di Klaus, Eugen Schwab, che guidò nella
guerra la filiale tedesca sostenuta dai nazisti di una società di ingegneria
svizzera come importante appaltatore militare.
Quella
compagnia, Escher-Wyss, avrebbe usato il lavoro degli schiavi per produrre
macchinari fondamentali per lo sforzo bellico nazista, nonché lo sforzo nazista
per produrre componenti per il suo programma nucleare. Anni dopo, presso la
stessa azienda, un giovane Klaus Schwab prestò servizio nel consiglio di amministrazione
quando fu presa la decisione di fornire al regime razzista di apartheid del Sud
Africa le attrezzature necessarie per promuovere la sua ricerca per diventare
una potenza nucleare.
Con il
“World Economic Forum” ora un eminente sostenitore della non proliferazione nucleare
e dell’energia “pulita”, il passato di Klaus Schwab lo rende un povero portavoce della
sua dichiarata agenda per il presente e il futuro.
Tuttavia,
scavando ancora più a fondo nelle sue attività, diventa chiaro che il vero ruolo di Schwab è stato a
lungo quello di “plasmare le agende globali, regionali e industriali” del
presente al fine di garantire la continuità di agende più grandi e molto più
vecchie che sono venute dopo la seconda guerra mondiale, non solo la tecnologia
nucleare, ma anche le politiche di controllo della popolazione influenzate
dall’eugenetica.
La
fondazione del “World Economic Forum”
Nel
1970, il giovane emergente, Klaus Schwab, scrisse alla Commissione europea e
chiese aiuto per la creazione di un “think tank non commerciale per i
leader aziendali europei”. Anche la Commissione Europea sponsorizzerà l’evento, inviando il politico francese
Raymond Barre a fungere da “mentore intellettuale” del forum. Raymond Barre, che a quel
tempo era commissario europeo per gli affari economici e finanziari, sarebbe poi diventato primo ministro
francese e sarebbe stato accusato di fare commenti antisemiti mentre era in
carica.
Così,
nel 1970, Schwab lasciò Escher Wyss per organizzare una conferenza manageriale
aziendale di due settimane. Nel 1971, la prima riunione del World Economic
Forum – allora chiamato “European Management Symposium” – si tenne a Davos, in
Svizzera.
Kissinger
e Schwab al centro.
Circa
450 partecipanti da 31 paesi avrebbero preso parte al primo “European
Management Symposium di Schwab”, composto principalmente da manager di varie
società europee, politici e accademici statunitensi.
Il
progetto è stato registrato come organizzato da Klaus Schwab e dalla sua
segretaria Hilde Stoll che, più tardi nello stesso anno, sarebbe diventata la
moglie di Klaus Schwab.
Il
simposio europeo di Klaus non era un’idea originale. Come sceneggiatore Ganga Jey
Aratnam era già coerente nel 2018:
“Lo“
Spirit of Davos ”di Klaus Schwab era anche lo “ Spirit of Harvard ”. Non solo la business school aveva
sostenuto l’idea di un simposio. Il famoso economista di Harvard John Kenneth
Galbraith ha sostenuto la società benestante, nonché le esigenze di pianificazione
del capitalismo e il riavvicinamento tra Oriente e Occidente “.
Era
anche vero che, come ha sottolineato anche Aratnam, questa non era la prima
volta che Davos ospitava eventi del genere. Tra il 1928 e il 1931, presso l’Hotel
Belvédère si tennero le Conferenze dell’Università di Davos, eventi che furono
co-fondati da Albert Einstein e furono fermati solo dalla Grande Depressione e
dalla minaccia di una guerra incombente.
Il
Club di Roma e il WEF.
Il
gruppo più influente che ha stimolato la creazione del simposio di Klaus Schwab
è stato il Club of Rome, un influente think tank dell’élite scientifica e
monetaria che rispecchia il World Economic Forum in molti modi, anche nella sua
promozione di un modello di governance globale guidato da un élite tecnocratica.
Il
Club era stato fondato nel 1968 dall’industriale italiano Aurelio Peccei e dal
chimico scozzese Alexander King durante un incontro privato in una residenza di
proprietà della famiglia Rockefeller a Bellagio, in Italia.
Tra i
suoi primi risultati c’era un libro del 1972 intitolato “The Limits to Growth” che si concentrava in gran parte
sulla sovrappopolazione globale, avvertendo che “se i modelli di consumo del mondo e
la crescita della popolazione continuassero agli stessi alti tassi del tempo,
la terra avrebbe raggiunto i suoi limiti entro un secolo.”
Alla
terza riunione del World Economic Forum
nel 1973, Peccei pronunciò un discorso di sintesi del libro, che il sito web
del World Economic Forum ricorda come l’evento distintivo di questo storico
incontro. Nello stesso anno, il Club di Roma pubblicherà un rapporto che
descrive in dettaglio un modello “adattivo” per la governance globale che
dividerebbe il mondo in dieci regioni economiche - politiche interconnesse.
Il
Club di Roma è stato a lungo controverso per la sua ossessione di ridurre la
popolazione globale e molte delle sue politiche precedenti, che i critici
descrissero come influenzate dall’eugenetica e dal neo-malthusiano. Tuttavia, nel famigerato libro del
1991, The
First Global Revolution, si affermava che tali politiche avrebbero potuto ottenere
il sostegno popolare se le masse fossero state in grado di collegarle a una
lotta esistenziale contro un nemico comune.
A tal
fine, La prima rivoluzione globale contiene un passaggio intitolato “Il nemico comune dell’umanità è
l’uomo”, che afferma quanto segue:
“Nella
ricerca di un nemico comune contro il quale possiamo unirci, ci è venuta l’idea
che l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d’acqua,
la carestia e simili, sarebbero stati adatti.
Nella
loro totalità e nelle loro interazioni questi fenomeni costituiscono una
minaccia comune che deve essere affrontata da tutti insieme. Ma designando
questi pericoli come nemici, cadiamo nella trappola, di cui abbiamo già
avvertito i lettori, vale a dire scambiare i sintomi per le cause. Tutti questi pericoli sono causati
dall’intervento dell’uomo nei processi naturali ed è solo attraverso
atteggiamenti e comportamenti modificati che possono essere superati. Il vero
nemico quindi è
l’umanità stessa “.
Negli
anni successivi, le élite che popolano il Club di Roma e il World Economic
Forum hanno spesso sostenuto che i metodi di controllo della popolazione sono essenziali
per la protezione dell’ambiente.
Non
sorprende quindi che il “World Economic Forum” utilizzi in modo simile le questioni
del clima e dell’ambiente come un modo per commercializzare politiche
altrimenti impopolari, come quelle del Great Reset, se necessario.
Il
passato è un prologo.
Dalla
fondazione del World Economic Forum, Klaus Schwab è diventato una delle
persone più potenti al mondo e il suo Great Reset ha reso più importante che
mai esaminare l’uomo seduto sul trono globalista.(ecco il nuovo Hitler!Ndr.)
Dato
il suo ruolo di primo piano nello sforzo di vasta portata per trasformare ogni
aspetto dell’ordine esistente, la storia di Klaus Schwab è stata difficile da
ricercare. Quando
inizi a scavare nella storia di un uomo come Schwab, che siede in alto su altri
oscuri promotori e agitatori d’élite, presto scopri che molte informazioni sono
state nascoste o rimosse.
Klaus
è qualcuno che vuole rimanere nascosto negli angoli oscuri della società e che
permetterà solo alla persona media di vedere un costrutto ben presentato della persona
prescelta.
Il
vero Klaus Schwab è un vecchio zio gentile che desidera fare del bene per
l’umanità, o è davvero il figlio di un collaboratore nazista che ha usato il
lavoro degli schiavi e ha aiutato gli sforzi nazisti per ottenere la prima
bomba atomica?
Klaus
è l’onesto business manager di cui dovremmo fidarci per creare una società e un
posto di lavoro più equi per l’uomo comune, o è lui la persona che ha contribuito
a spingere Sulzer Escher-Wyss in una rivoluzione tecnologica che ha portato al
suo ruolo nella creazione illegale di armi nucleari per il regime razzista di
apartheid del Sud Africa?
Le
prove che ho esaminato non suggeriscono
un uomo gentile, ma piuttosto un membro di una famiglia ricca e ben collegata che ha una
storia di aiuto nella creazione di armi di distruzione di massa per governi
aggressivi e razzisti.
Come
ha affermato Klaus Schwab nel 2006 “La conoscenza sarà presto disponibile
ovunque – la chiamo la ‘googlizzazione’ della globalizzazione. Non è più quello
che sai, è come lo usi. Devi essere un regolatore del ritmo.”
Klaus
Schwab si considera un pioniere e un giocatore di prim’ordine, e va detto che
le sue qualifiche e la sua esperienza sono impressionanti. Tuttavia, quando si tratta di mettere
in pratica ciò che predichi, Klaus è stato scoperto. Una delle tre maggiori sfide nella
lista delle priorità per il Forum economico mondiale è la non proliferazione delle armi
nucleari,
ma né Klaus Schwab né suo padre Eugen hanno rispettato quegli stessi principi
quando erano in affari. Piuttosto il contrario.
A
gennaio, Klaus Schwab ha annunciato che il 2021 è l’anno in cui il World
Economic Forum e i suoi alleati devono “ricostruire la fiducia” con le masse.
Tuttavia, se Schwab continua a nascondere la sua storia e quella dei legami di suo
padre con la “National Socialist Model Company” che era Escher-Wyss durante gli anni
’30 e ’40, allora le persone avranno buone ragioni per diffidare delle
motivazioni alla base del suo “Grande agenda di ripristino”(delle camere a gas naziste.Ndr. )
Nel
caso degli Schwab, le prove non puntano semplicemente a pratiche commerciali
inadeguate o ad una sorta di malinteso. La storia della famiglia Schwab
rivela invece un’abitudine a lavorare con dittatori genocidi per i motivi di
base del profitto e del potere. I nazisti e il regime dell’apartheid sudafricano sono
due dei peggiori esempi di leadership nella politica moderna, ma ovviamente gli
Schwab non potevano o non lo vedevano all’epoca.
Nel
caso dello stesso Klaus Schwab, sembra che abbia contribuito a riciclare le
reliquie dell’era nazista, cioè le sue ambizioni nucleari e le sue ambizioni di
controllo della popolazione, in modo da garantire la continuità di un’agenda più
profonda.
Mentre
prestava servizio in una capacità di leadership a Sulzer Escher Wyss, la
società ha cercato di aiutare le ambizioni nucleari del regime sudafricano,
allora il governo adiacente più nazista del mondo, preservando l’eredità
dell’era nazista di Escher Wyss.
Quindi,
attraverso il “World Economic Forum”, Schwab ha contribuito a riabilitare
le politiche di controllo della popolazione influenzate dall’eugenetica durante
l’era successiva alla seconda guerra mondiale, un momento in cui le rivelazioni
delle atrocità naziste hanno portato rapidamente la pseudo-scienza in grande
discredito.
C’è
qualche motivo per credere che Klaus Schwab, così come esiste oggi, è cambiato
comunque? O
è ancora il volto pubblico di uno sforzo decennale per garantire la
sopravvivenza di un’agenda molto vecchia?
L’ultima
domanda che dovrebbe essere posta sulle reali motivazioni dietro le azioni di
Herr Schwab, potrebbe essere la più importante per il futuro dell’umanità: Klaus Schwab sta cercando di creare
la Quarta Rivoluzione Industriale, o sta cercando di creare il Quarto Reich?
(Johnny Vedmore, giornalista - databaseitalia.it).
Johnny
Vedmore è un giornalista investigativo indipendente e un musicista di Cardiff,
Galles. Il suo lavoro mira ad esporre le persone potenti che sono trascurate
dagli altri giornalisti e a portare nuove informazioni ai suoi lettori.
Un
altro importante libro per conoscere i meccanismi del Grande Reset, delle
menzogne su cui è fondato e delle paure che propaga. Preziosa la prefazione di
Sara Cunial , una dei pochi parlamentari non servili e dignitosamente
“eretica”, come
dovremmo essere tutti di fronte a questa nuova terribile “religione della
salute” a cui si deve prestare fede cieca. Eretici, se ci è rimasto un briciolo
di dignità.
THE
COVID SHOW.
(Andrea Tosatto).
E’
disponibile il libro di Andrea Tosatto, “THE COVID SHOW”, in tutte le librerie
e su tutte le piattaforme dal 10 marzo. “The Covid Show” è il titolo
provocatorio di un’analisi attenta, precisa, dissacrante, sempre pervasa di
pungente ironia, del mondo ai tempi del coronavirus, attraverso gli occhi di
Andrea Tosatto che spaziano oltre le apparenze condivise per renderci una
fotografia nuova, coraggiosa, plausibile, a tratti sconvolgente e sicuramente
inconsueta di ciò che crediamo essere la nostra realtà.Presentiamo qui la
prefazione che Sara Cunial ha dedicato al lavoro di Andrea.
“Viviamo nell’epoca della menzogna: chi dubita, chi denuncia, chi si
oppone alla visione dominante, viene deriso, attaccato, screditato. Corsi e
ricorsi di una storia nella quale la “santa inquisizione” ha solo e sempre
cambiato veste.
Ancora
oggi chi si oppone alla verità ufficiale è eretico e come eretico viene
trattato dalla nuova religione così ben argomentata nel libro di Andrea
Tosatto. Masse
di fedeli ipnotizzati, proni ai nuovi sacerdoti che nei salotti televisivi
annunciano il verbo a suon di immagini falsificate, numeri gonfiati, morti
urlate, dita puntate contro chi osa dissentire.
La
regia è occulta, ma ormai ben nota. Sono sempre i soliti, come leggerete.
Quelli
che uccidono i popoli in nome della Salute (che hanno già ucciso).
Sono
quelli della scienza non democratica e della democrazia non democratica. Quelli della pace portata a suon di
bombe, degli F35, degli Ogm e della Troika.
Quelli
che si arricchiscono nelle tragedie e che le tragedie le causano per
arricchirsi.
Sono
quelli che nell’ombra tirano i fili di governi di burattini. In Parlamento non
si decide nulla. Stuoli di passacarte pronti a ratificare direttive calate dall’alto,
agiscono agli ordini di potenti e lobby di turno.
Oggi
più che mai i cittadini sono svenduti e i diritti barattati: anziani ammazzati nella solitudine,
bambini fatti cavie, violentati e dimenticati, lavoratori umiliati e ricattati,
piccoli imprenditori abbandonati.
Dall’inizio
di questa pandemia ho presentato oltre cento interrogazioni, denunciando
diversi dei fatti raccontati da Andrea: dalle vaccinazioni al 5G, dai conflitti
d’interesse in gioco al servilismo di una classe politica corrotta e
inadeguata.
Cento
atti parlamentari portati all’attenzione dei vari ministeri in cui si segnala,
prove alla mano, il criminale tentativo di distruggere il nostro Paese sotto
tutti i punti di vista: sanitario, economico, politico, ambientale e sociale. Non folli teorie complottiste,
bensì documenti approvati da un sindacato ispettivo la cui funzione è accertare
le fonti e le affermazioni scritte.
L’ho
fatto per lasciare una traccia, all’interno delle istituzioni, di ciò che sta
avvenendo nel mondo reale, quello scientemente ignorato da televisioni e
giornalisti propagandisti, politici dormienti o conniventi. Del resto, è già tutto qui, sotto i
nostri occhi: basta aprirli. Essere coscienti e presenti, unire i puntini,
agire di conseguenza è la più potente arma che abbiamo.
Quello
che invece non è scritto è l’epilogo di questa storia, che è la storia
dell’umanità. Dipende da noi.
Ci
vogliono divisi, soli, ammalati e stanchi. Ci faremo trovare uniti, pronti e
consapevoli. Ci faremo trovare vivi e umani.
Come
scrive giustamente Andrea quello che ci serve è un “Risveglio collettivo”. Un
risveglio già in atto, scolpito nei gesti di tutte quelle persone che
all’individualismo, alla paura e all’egoismo, rispondono con l’amore, la
solidarietà e la gioia.
Lo si
può vedere nelle mani di tutti quei medici, ricercatori e scienziati che
operano in scienza e coscienza, nel rispetto della persona e della loro
professione.
È
presente nelle braccia di quei contadini che lavorano per custodire la terra e
i semi e con essi la possibilità di un futuro libero e sano per tutti.
Lo si
scorge nelle facce di chi difende la propria casa e il proprio territorio,
anche a costo della propria vita; nelle mani di tutti quei piccoli imprenditori
che alzano la testa e con dignità e responsabilità continuano a portare avanti il
proprio lavoro; negli occhi di chi, contro tutto e tutti, continua imperterrito
ad agire con etica e con cuore; negli sguardi di tutti coloro che all’ingiustizia
fatta legge s’oppongono con una giusta disobbedienza civile.
È
tangibile nei sorrisi dei bambini, nelle strette di mano e negli abbracci che
vorrebbero negarci, ma che si fanno sempre più stretti e sentiti.
Siamo
a un bivio, viviamo un momento storico di incredibile possibilità: possiamo
restituire l’umanità a sé stessa. Siamo pronti.”
Sara
Cunial, parlamentare.
(nogeoingegneria.com).
Il
capo dell'esercito britannico
allerta
le truppe: "Prepariamoci
a
combattere contro la Russia".
msn.com-Rainews-(19-6-2022)-
ci dice :
Una
Gran Bretagna pronta a sostenere le forze ucraine e cosciente che si possono
preannunciare tempi piuttosto cupi, quella che si delinea dalle parole del
Generale Patrick Sanders e del premier Boris Johnson.
Il
primo, da poco salito al comando generale delle forze armate britanniche, non
ha usato mezzi termini su quali potrebbero essere gli sviluppi del conflitto in
Ucraina: “Siamo
la generazione che deve preparare l'esercito a combattere ancora una volta in
Europa” poiché l'invasione russa dell'Ucraina mina la stabilità globale. “Siamo
entrati in una nuova era di insicurezza" ha scritto in un messaggio.
"Sono il primo capo di stato maggiore dal 1941 a prendere il comando
dell'esercito all'ombra di una guerra di terra in Europa che coinvolge una
potenza continentale. Lla persistente minaccia dalla Russia mostra che siamo
entrati in una nuova era di insicurezza" ha scritto in un messaggio.
"È
mio unico dovere rendere il nostro esercito il più letale ed efficace
possibile. Il momento è adesso e l'opportunità è da cogliere.'
Le
parole, riprese da vari giornali tra cui il Daily Mail, arrivano a ridosso di
quelle di Putin secondo cui gli ex Stati Sovietici “fanno parte della Russia storica”, dette in risposta alla
provocazione del ministro kazako Tokayev che rifiutava di riconoscere le
repubbliche indipendenti di Luhansk e Donetsk.
Nel
mezzo di una lunga denuncia dell'America e dei suoi alleati, il leader russo ha
avvertito che "niente sarà più come una volta".
Le affermazioni di Putin alzano quindi il livello di allarme e sono il
terreno su cui attecchiscono quelle espresse del generale Sanders.
All’indomani
della sua seconda visita a Kiev secondo Johnson “sarebbe una catastrofe se
Putin vincesse” e ha assicurato a Zelensky che il Regno Unito è pronto a
lanciare un'importante operazione per addestrare le forze armate ucraine,
addestrando fino a 120.000 soldati ogni 120 giorni per prepararli al
combattimento contro i soldati di Putin.
“Dobbiamo
chiarire che stiamo sostenendo gli ucraini nelle loro ambizioni di espellere i
russi, espellere gli eserciti di Putin, da tutto ciò che ha ottenuto dal 24
febbraio, e assicurarci che gli ucraini non siano incoraggiati a cercare
cattiva pace, qualcosa che semplicemente non durerebbe”.
Anche
Boris Johnson ha esortato i leader mondiali a mantenere i nervi saldi per una
lunga guerra in Ucraina o a rischiare la "più grande vittoria per l'aggressione in
Europa dalla seconda guerra mondiale".
Il
premier inglese ha affermato che una
vittoria russa in Ucraina sarebbe "catastrofica" e ha esortato la
comunità internazionale a usare il suo potere per espellere gli eserciti
invasori di Mosca.
Sul
Sunday Times, Johnson ha dichiarato che il tempo “è ora il fattore vitale.
Tutto dipenderà dal fatto che l'Ucraina possa rafforzare la sua capacità di
difendere il suo suolo più velocemente di quanto la Russia possa rinnovare la
sua capacità di attacco. Il nostro compito è guadagnare tempo dalla parte
dell'Ucraina”.
Il
leader dei conservatori, che deve fronteggiare l'inflazione in aumento in Gran
Bretagna coi prezzi dei carburanti alle stelle, ha detto anche però che le
preoccupazioni economiche non dovrebbero portare a un accordo affrettato con
una Ucraina dilaniata dalla guerra.
L’
effetto Flynn e il Grande Reset.
Lineedivetta-webnode.it
-Roberto Pecchioli-( 20-4-2022)- ci dice :
L'era
delle masse è la vittoria della barbarie. E' il tempo del signorino viziato,
che vive come se la civiltà, secolare sforzo titanico, fosse per sempre, che
valuta se stesso "come tutto il mondo, e tuttavia non se ne angustia, anzi si sente a
suo agio nel riconoscersi identico agli altri".
Scriveva
José Ortega y Gasset: "la massa travolge tutto ciò che è singolare,
differente, individuale, qualificato e selezionato. Chi non sia come tutto il
mondo, chi non pensi come tutto il mondo, corre il rischio di essere eliminato.
(...) Tutto il mondo era normalmente l'unità complessa di masse e minoranze
discrepanti, speciali. Adesso tutto il mondo è soltanto la massa". Il brutale, ma apparente imperio
delle masse, tuttavia, non è che la suprema astuzia del potere. Ortega fa notare che il potere, in
ogni tempo, ha bisogno di consenso, senza il quale il suo destino è incerto ed
effimero. Non
si comanda a lungo con la sola brutalità, la paura e la forza. Talleyrand, archetipo del potere, il
ministro che attraversò indenne l'Ancien Régime, la Rivoluzione e la tempesta
bonapartista, disse una volta a Napoleone, novello imperatore: "con le baionette, sire, si può far
tutto, tranne una cosa, sedervisi sopra".
Chi
esercita il dominio lo sa, così come gli è noto che il popolo ama essere
ingannato e che la massa non decide nulla e, anche quando crede di agire, in
realtà è agita. Essa odia la libertà - che è distinzione, raziocinio - e vuol credere
di avere potere in quanto ha un'opinione. Opina su tutto, con tanto maggiore accanimento
da quando l'hanno convinta di possedere dei diritti. Negli ultimi due secoli e mezzo,
aristocrazie ed oligarchie dominanti dovettero effettivamente riconoscere - non
senza aspre lotte - alcuni diritti alle masse. Lo imponeva l'enorme aumento della
popolazione - che in Occidente si è arrestato da due generazioni - ma
soprattutto il nuovo assetto di una civiltà in piena rivoluzione industriale,
bisognosa di grandi masse per le sue imprese economiche e belliche.
A
questa massa si doveva pur concedere il diritto di voto, se veniva chiamata
alle armi per morire in guerra. Lo sforzo tecnico e scientifico di società che
aumentavano vertiginosamente i loro mezzi materiali si sosteneva su milioni di
persone qualificate, più istruite delle generazioni precedenti. Operaio, tecnico, soldato,
professionista al servizio di un ordine sociale in ascesa: occorreva più
cultura e un margine ragionevole di libertà. In quel mondo, non solo
l'istruzione e la cultura si diffondevano, ma saliva anche l'intelligenza media
della popolazione. Lo dimostrò uno studioso neozelandese, James R. Flynn, che teorizzò
l'aumento del quoziente intellettivo medio della popolazione. Il fenomeno, detto effetto Flynn,
fu analizzato in un saggio del 1987. Sulla base dello studio comparato di
indagini effettuate sui bambini a partire dal 1947, venne dimostrato che nei paesi più
sviluppati il quoziente di intelligenza (pur con tutte le cautele sul valore
del relativo test) era aumentato di almeno 8 punti nel periodo esaminato.
La
tendenza si sta rapidamente invertendo, tanto che oggi si parla di effetto
Flynn capovolto: nei paesi occidentali il Q.I. diminuisce di mezzo punto annuo dal 2000.
Insomma, stiamo diventando più sciocchi. E' l'effetto della civiltà
dell'immagine, basata sulla superficialità, sull'accumulo indifferenziato di
informazioni, sullo specialismo che ci rende esperti in un minuscolo ambito
della conoscenza e ignoranti in tutto il resto. E' anche l'esito dell'affidarsi agli
apparati artificiali per compiere qualsiasi operazione intellettuale e assumere
ogni decisione, disattivando intere aree del cervello. La terza e ora la quarta
rivoluzione industriale, basata sulla tecnologia informatica e sulla
robotizzazione, non hanno bisogno di ingenti masse umane, né di intelligenze
speculative. Il potere preferisce un'istruzione tecnica fatta di saperi strumentali,
meccanici.
E'
gradita un'umanità che non ponga e non si ponga domande: bastano masse addestrate all'uso dei
dispositivi informatici, dalla mente binaria (aperto/chiuso, sì-no) come gli
apparati tecnici. Il pensiero critico, il dubbio fecondo non interessano. La cultura è riservata alle minoranze
destinate al comando. Il presente si basa prevalentemente sull'immagine, il
flash, il flusso di informazioni che si disperdono per sovraccarico e delle
quali devono essere trattenute solo quelle "utili" al sistema del
consumo.
Conta solo ciò che può essere fatto valere immediatamente sul mercato o che
serve per utilizzare gli apparecchi informatici, non più propaggini dell'essere
umano, ma guide, maestri, tutor la cui mancanza produce un drammatico
cortocircuito.
L'uso
compulsivo di computer, calcolatrici, smartphone diminuisce la capacità di
calcolo, concentrazione, ragionamento, inibisce l'esercizio della memoria,
porta della conoscenza. Di qui proviene l'impoverimento del linguaggio. Non si
tratta solo della diminuzione della conoscenza lessicale, un vocabolario di
massa ridotto a poche parole, ma della perdita della capacità di elaborazione
linguistica che permette di formulare un pensiero complesso. Di qui anche la progressiva scomparsa
di tempi e modi verbali, che dà luogo a un pensiero quasi sempre declinato al
presente, incapace di proiettarsi nel tempo. Il signorino soddisfatto - e
imbarbarito- pensa, parla e si comporta sempre e solo al presente: un'altra
scoperta di Ortega. Senza le parole per costruire un ragionamento, il pensiero
complesso è impossibile.
I
regimi totalitari hanno sempre ostacolato il pensiero, attraverso una riduzione
del numero e del senso delle parole. Se non esistono pensieri, non esistono pensieri
critici. E non c'è pensiero senza parole. Il potere è apolide, ma ha una sede,
gli Stati Uniti, la cui mentalità vive di riduzionismo, semplificazione,
fastidio per i concetti.
Dagli
Usa viene la spinta a semplificare l'ortografia, abolire i generi, i tempi, le
sfumature, la complessità, ovvero a impoverire la mente umana. E' una scelta strategica: le masse
devono credere di possedere potere, diritti, persino capacità di direzione, ma
la realtà è opposta. Sono espropriate delle parole, allontanate dalla cultura- il pensiero meditante - riempite di
"diritti" privi di senso, quasi tutti nella sfera pulsionale,
orientati alla perdita di responsabilità a vantaggio della comodità. Eterodirette, manipolate, credono
tutto ciò che viene fatto loro credere, ma - ecco l'immensa differenza
rispetto ad altri tempi- convinte di pensare ed agire in autonomia. Si muovono
come masse persuase di esercitare la libertà individuale: un successo
impressionante del potere.
L' uso
esagerato delle risorse naturali del pianeta, la sovrappopolazione, l'evidenza
che il meccanismo di accumulazione e consumo non può durare all'infinito, hanno
cambiato in profondità l'agenda delle oligarchie. Non possono più permettersi la
libertà di pensiero, l'esistenza di dissidenti e oppositori. Il modello tecno totalitario e
dirigista cinese è vincente e le élite occidentali conoscono la storia e la
geopolitica.
Tutto deve cambiare in gran fretta. Giorgio Agamben, il più lucido
analista dei fulminei mutamenti al tempo del virus, ha scritto che il
globalismo è un singolare ircocervo: capitalismo nella variante comunista.
Privatizzazione oligarchica, potere
piramidale, uniti in un regime politico totalitario che "unirà in sé l'aspetto più disumano
del capitalismo con quello più atroce del comunismo statalista, coniugando
l'estrema alienazione dei rapporti fra gli uomini con un controllo sociale
senza precedenti."
Il
regime si fa proibizionista, autoritario, l'aria è diventata irrespirabile per
popoli- quelli europei - cresciuti e vissuti nel clima della libertà, del
dubbio fecondo, del dibattito. Il nuovo ordine mondiale non è poi così nuovo. E' un
sistema di dominio la cui differenza con il passato è quantitativa, il possesso
di mezzi infinitamente più potenti. La teoria parla di una società globalizzata
diretta da una élite che agisce nell'ombra, un governo planetario autocratico,
invisibile e onnipresente. In realtà, non hanno più bisogno di nascondersi: dichiarano apertamente il loro
programma, tanto la maggioranza non è in grado di comprenderne la portata, non
diciamo di organizzare la resistenza. Da quando siamo intrappolati nel
Covid 19 -nella sua narrazione terrorizzante e terroristica - si parla di
Grande Reset, un'operazione volta a cambiare in profondità l'economia, la vita
e le abitudini della popolazione. Gran parte del sistema di comunicazione e della
politica finge di considerarla una teoria complottista di paranoici e -
possedendo tutti i mezzi- riesce a nascondere la realtà. Eppure, chi comanda ha
parlato chiarissimo.
Il
Foro Economico Mondiale di Klaus Schwab ha annunciato, in conseguenza della
"crisi sanitaria mondiale" un incontro a Davos per gennaio del 2021
con un tema preciso all'ordine del giorno: il grande reset.
Giova ripetere che il "partito di Davos" è
formato da alcune migliaia di miliardari, finanzieri, imprenditori di punta, e
di "teste pensanti" politiche e culturali al loro servizio.
Il
comunicato che annuncia il convegno è firmato dal Principe Carlo d'Inghilterra
(è servito chi pensa che le famiglie reali non contino più nulla) e dal
direttore del WEF, Karl Schwab, autore di un libro il cui titolo è Il Grande
Reset.
Il sottotitolo è "da ogni crisi, si presenta
un'opportunità ". Perfetto programma oligarchico massonico: Ordo ab chao, il (nuovo) ordine sorge
dal caos, ossia dalla sofferenza di miliardi di persone.
Riportiamo
di seguito alcune delle affermazioni contenute nel libro di Schwab. Il Covid è una delle pandemie meno
mortali che il mondo abbia conosciuto in duemila anni. Il Covid offre l'occasione di
introdurre cambiamenti sociali senza precedenti. Molte cose cambieranno per tutti ed
emergerà un mondo nuovo. Molti chiedono quando le cose torneranno alla
normalità. La risposta è breve: mai. Diventeremo più efficienti nella
gestione dei nostri geni e di quelli dei nostri figli. Potranno essere introdotti
all'interno del corpo umano delle particelle "intelligenti", computer
dotati di antenne, tutto più minuscolo di un granello di sabbia. L' attraversamento dei confini
nazionali comporterà una scansione dettagliata del cervello per valutare il
rischio di sicurezza che pone il viaggiatore. Molto probabilmente verranno
impiantati nel nostro cervello e nel nostro corpo dei dispositivi esterni. Gli strumenti della quarta
rivoluzione industriale permettono di nuove forme di monitoraggio e nuovi
meccanismi di controllo. Il lavoro degli avvocati, dei medici, dei giornalisti o dei
bibliotecari sarà senza dubbio parzialmente o totalmente automatizzato.
L'avvenire ci sfiderà a comprendere il significato di essere umano.
Vasto
programma. L'agenda
è quella del transumanesimo, ovvero il superamento dell'antiquata creatura
umana, ibridata con la macchina, il cui controllo è saldamente nelle mani
dell'oligarchia e dei suoi tecnocrati. Lorsignori hanno deciso per tutti. Unico intoppo, il rinvio del forum-
il contagio potrebbe cogliere anche gli Illuminati nell'inverno svizzero- a
maggio del prossimo anno, non a Davos, ma nell'ipersicura Singapore, perla del
dispotismo asiatico. Nessun governo ombra: il sicuro incedere del nuovo ordine
mondiale, i cui disvalori ad uso del popolo sono il consumo, l'incultura, le
passioni basse e triviali.
Trascendenza,
conoscenza e spiritualità sono bandite in un pianeta in cui tutto è equivalente
- quindi irrilevante, tranne il dominio dei padroni universali- le vecchie nazioni muoiono,
sostituite da mega-corporazioni tecno economiche con diritto di vita e di
morte. Un
mondo distopico abitato da una massa acritica, credulona, aliena dalla realtà,
immersa in paradisi artificiali audiovisivi e chimici, in cui l'uomo è un
codice numerico senza importanza, un ente destinato a produrre, consumare ed
essere gettato via. La sottomissione della popolazione non avviene più
esclusivamente con l'uso della forza e neppure con la progressiva castrazione
mentale e spirituale. L'anno in corso ha dimostrato un salto di qualità. Il potere è diventato definitivamente
biopotere, imperio e sorveglianza sui corpi e la vita.
Le
masse tornano al loro ruolo primigenio di materiale inerte, plastico, indagato
da Elias
Canetti in “Massa e potere”. La finzione della democrazia e dello Stato di diritto è
stata oltrepassata, nell'anno del virus. Terrore più controllo della
comunicazione più l'aperta dimostrazione di potenza coattiva. Ci stanno
impartendo una dura lezione, il cui nocciolo è che il Nuovo Ordine Mondiale si
è disfatto dell'illusione democratica ad uso delle masse e ha preso il
controllo diretto delle nostre vite. Sappiamo chi comanda e, attraverso il dispiegamento
degli uomini armati (le "forze dell'ordine") conosciamo le
conseguenze della dissidenza. I diritti costituzionali sono sospesi, le proteste vietate,
guardate con odio dalla massa impaurita; la censura dilaga.
Invocheranno
il reato di odio per chi dirà male del potere, degli esperti e del sistema. A stretto rigore, hanno ragione: ogni
dissenso contiene un'avversione dichiarata. Basta chiamarla odio e iscriverla nel
diritto penale. Il gioco è fatto, beninteso dopo un lungo, capillare lavorio di
domesticazione dell'opinione. Per chi non ci sta, non solo è pronto un potente dispositivo
repressivo, ma è operante l'odio della folla: la legge di Lynch, l'unica che un
popolo ridotto a massa conosce. Linciaggio da parte della massa: ecco che cosa
attende i residui oppositori e chiunque si ostini a ragionare.
Editti
continui, in Italia contraddittori e talvolta ridicoli, regolano gli aspetti
più elementari della nostra vita. Ci impongono dove e se possiamo andare, chi
possiamo incontrare, per quanto tempo e così via. La reazione? Nulla, o minima.
Qualche giorno fa, in una "zona gialla", relativamente libera dai
divieti, un giovanottone africano in giacca e cravatta misurava la temperatura
di chiunque entrasse in un supermercato. Solo chi scrive è tornato sui suoi
passi. Lo intuì Michel Foucault: un mondo gestito come una prigione, un
universo in cui siamo trattati, anzi gestiti, come detenuti. Sorvegliare e punire, nascita della
prigione, è il profetico titolo del saggio di Foucault sul biopotere. Nulla di accidentale, tanto meno la
risposta "responsabile" a un'emergenza inattesa, ma una "guerra lampo"
dell'oligarchia contro il popolo, la cui ricreazione - vera o presunta - è
finita.
Lavorano
per ridurci a bambini balbettanti che chiedono la caramella da ottenere
all'istante, poiché altro non riconoscono che i desideri. La transumana futura disumanità
sarà pavloviana, ossia vivrà di impulsi eterodiretti, di istinti primari senza
pensiero né spirito. Il Grande Reset ci considera greggi destinate, in forme
diverse, al mattatoio, luogo cui ci avvieremo contenti, poiché la menzogna sarà costante,
massiccia, martellante e suadente. Nessuno avrà più gli strumenti culturali,
intellettuali e morali per discutere il potere. Basta oziose speculazioni sul bene e
sul male - non "servono" alla vita animale- nessuna personalità individuale. Ciò che afferma ed impone "il
piano di sopra" sarà sempre vero e certo, per quanto vada contro logica e
verità.
Pensare
crea problemi: meglio seguire il gregge. Sono e saranno implacabili con chi
si oppone al sistema mondo diretto dalle grandi corporazioni, con il potere in
mano a un pugno di onnipotenti sotto il cui tallone si muove a comando una
massa senza principi e senza Dio.
Non è
poi così nuovo, l'ordine che ci impongono: ha "soltanto" più mezzi
che nel passato. Credevamo di avere voce in capitolo, attraverso il voto e le procedure
dell'intangibile democrazia. Tutto finito, residui di un passato in cui il potere doveva
almeno mostrare una certa dissimulazione, ostentare rispetto per la gente. Hanno comprovato, nell'anno
terribile al tramonto, che la massa è inerte. Non reagisce, non si oppone: paura
più manipolazione continuata. Crediamo ciò che ci viene fatto credere, il cervello ha
disattivato i sensori del dubbio, perfino della vecchia, sana diffidenza
popolare.
La
passività ci vede con la testa china in fila indiana come nel film Metropolis
di Fritz Lang. La pandemia è di pensiero e sottomissione volontaria. In queste settimane chi passeggia per
strada nascosto dietro la mascherina d'ordinanza, osserva code dappertutto,
caratterizzate da silenzio spettrale e da una mansuetudine che fa rabbrividire. Davanti agli uffici postali,
sconcerta la fila per ottenere un codice che permetterà di richiedere spiccioli
di rimborso statale a chi paga i suoi conti con mezzi elettronici. L'operazione ha la sua brava parola
in globish, l'inglese elementare: si chiama cashback, ma l'intento - un altro
successo sconvolgente - è convincerci ad abbandonare il denaro contante, ossia
a dipendere dalle macchine e dalle carte. Tutto nelle mani di lorsignori il denaro
guadagnato con il nostro sudore.
Cadono
le braccia e viene voglia di "passare al bosco" come il Ribelle di
Juenger.
Il Nuovo Ordine non è nuovo né ordine, caotico perché iniquo, perché si
sostiene sulla stirpe di Caino che uccide il fratello, di Satana che si leva
contro il Signore, di Faust che viene a patti con Mefistofele.
E' lo specchio che riflette il nostro aspetto deforme,
i vizi che il potere conosce, sfrutta e stuzzica per dominarci più a fondo. Abbiamo il libero arbitrio, ma lo
usiamo per scegliere il peggio. I signori del Grande Reset non hanno altro
merito che di conoscerci a fondo. Nessuna cospirazione, nessun complotto. Solo la luciferina capacità di farci
accettare la servitù volontaria. Aveva ragione Etienne De la Boétie: il tiranno mantiene il potere perché
i sudditi glielo concedono. La libertà originaria, naturale è abbandonata
volontariamente, corrotta dall'abitudine di chi preferisce la servitù alla
difficile condizione di uomo libero.
Scrisse
Dario Fo che il padrone conosce mille parole e l'operaio trecento: per questo è
il padrone. E' uno squarcio di verità, che spiega l'impegno dei potenti a tenerci
nell'ignoranza e nella minorità. Se alziamo la testa, ci rubano le parole, la
conoscenza, rimuovono progressivamente le nostre capacità intellettuali: effetto Flynn al contrario, il Grande
Reset.
Grande
Reset… ma anche no!
Andreabizzocchi.it- (26 Marzo 2022)- Andrea Bizzocchi- ci dice :
Se da
un lato i grandi burattinai, gli autonominatisi padroni del mondo, con
l’operazione Covid 19, hanno indirizzato l’intero pianeta verso un futuro
digitale e transumano, dall’altro la fiammella di resistenza umana ha ripreso a
sventolare in molti paesi e tra milioni e milioni di persone che fanno della
libertà (e anche della salute vera) il fondamento della loro umanità. Il
compito per gli umani-ancora-umani è arduo, ma la battaglia non è persa.
Occorre raddoppiare sforzi e coraggio.
Grande
Reset… ma anche no!
Operazione
Covid 19 e Grande Reset.
L’operazione
THE COVID SHOW è in pieno svolgimento con l’asticella che viene alzata
progressivamente.
Dopo anni siamo ancora al terrorismo mediatico
esportato 24/7 dai media di regime, siamo ancora al lockdown (che doveva durare
due settimane) appena un po’ più mascherato (per gli ingenui) dalla farsa “zone
colorate”. Siamo ancora ai coprifuochi (anch’essi più o meno mascherati) e
siamo ancora e sempre più allo smart working, allo shopping online, alle
piattaforme a la Netflix che impazzano. Ma siamo anche, e soprattutto e
purtroppo, alle attività economiche che stanno fallendo (piccole, media e anche
grandi imprese) e ai suicidi. Poi siamo ancora e sempre più a quello strumento
di devastazione psicoemotiva dei bambini chiamata DAD, e quindi, più in generale,
alle mascherine, alla pretesa di distanziamenti, ai divieti di “assembramenti”
e così via. In altre parole siamo alla morte economica, civile, sociale. La
vita vera infatti, quella vissuta e fatta di contatti e esperienze vive e
reali, sta andando nel dimenticatoio della storia, mentre la (pseudo)vita a
venire sarà fatta di (e in gran parte già lo è) di chiusura tra le mura
domestiche, di chiusure dei luoghi di socialità (bar, ristoranti, ecc.) e di
cultura (musei, teatri, cinema), più in generale di mancanza di contatto.
Questi sono i loro piani. Non è detto ci riescano.
In
breve, la pretesa è di anestetizzare (temporaneamente) la nostra umanità per
poi arrivare a sopprimerla definitivamente, unitamente a quella dinamicità e,
più in generale, voglia di vivere, con la quale tutti, nessuno escluso, veniamo
al mondo.
Le generazioni dei bambini e anche degli adolescenti di oggi, quella vita umana
non la conosceranno mai. Nessuna persona sana di mente può preferire tutto
questo per i propri figli al giocare a nascondino o a pallone. Stiamo assistendo alle avanzate, ai
prodromi, del transumanesimo, che nella realtà è già tra noi sotto le mentite
spoglie di “inevitabile progresso”. Rappresenta il colpo finale all’umanità.
Non è detto che sarà così.
All’apparenza
siamo nella situazione degli Indiani d’America (che due secoli fa lottavano per
fermare l’avanzata del bisonte di ferro, cioè treni e rotaie, cioè l’espansione
del paese verso ovest, cioè il progresso) e di tutti quei popoli nativi che
quello stesso progresso ha sistematicamente fatto fuori. Ma abbiamo motivi di
speranza che le cose andranno diversamente.
Il
Grande reset.
Questa
opera di trans(dis)umanizzazione portata avanti dagli ideologi del Grande Reset
(e dai
loro epigoni o tristi esecutori alla Mario Draghi, Colao & Friends, per
rimanere all’Italia) viene da molto lontano e presenta molte sfaccettature.
A
seconda dell’angolazione da cui lo si approccia lo si può chiamare Grande
Reset, ma anche Quarta Rivoluzione Industriale oppure New Normal oppure ancora
Green New Deal (in ossequio alla farsa del riscaldamento globale).
Ma soprattutto si chiama Nuovo Ordine Mondiale, ovvero la feroce volontà dell’élite
capitalista di controllare e dominare ogni aspetto della vita viva sulla terra.
Questa
guerra è rivolta, in questo preciso momento storico, in particolare alle
popolazioni del (ancora per poco) ricco Occidente (Nord America, Europa,
Australia) visto che tutti gli altri erano già stati sistemati per tempo.
Questa
guerra partita in sordina da tempo ha mostrato apertamente il suo volto
nell’ultimo anno con la messa in campo della falsa pandemia che ha bloccato il
mondo e che è stata utilizzata come strumento per distruggere le economie
(occidentali in particolare) e restringere le libertà individuali. O perlomeno
questi sono gli aspetti più evidenti, quelli sotto gli occhi di tutti, anche di
coloro che si ostinano a non voler vedere la realtà. Questa guerra viene mossa da un
manipolo di persone (élite plurimiliardaria) all’intera umanità (e ci aggiungo
pure alla Natura) attraverso i governi dei vari paesi (che non sono più sovrani
da tempo, in primis per via della dipendenza da una moneta debito saldamente in
mano alle succitate élites), attraverso istituzioni medico-sanitarie foraggiate
e controllate dalle succitate élite (vedi ad esempio Bill Gates con l’OMS),
attraverso i media (altrettanto controllati e dispensatori di una narrativa
unica ad uso e consumo delle masse televisivizzate) e così via. La tecno-dittatura prevista si modellerà sulla falsariga
di quella comunista cinese e coinvolgerà ogni aspetto della nostra esistenza
(dall’energia, al cibo, dall’economia alla finanza, dalla scuola alla salute,
dalla restrizione delle libertà al controllo sociale). Questo è il loro piano.
Non è detto che ci riusciranno.
Klaus
Schwab e il World Economic Forum.
Uno
dei Deus ex machina più in vista del Grande Reset è il fondatore e guru del
World Economic Forum di Davos, Klaus Schwab, il quale, bontà sua, ha
addirittura pubblicato un libro assieme all’economista-scrittore francese
Thierry Malleret, intitolato (senza vergogna) Covid 19 – The Great Reset.
Schwab, per chi non lo conoscesse, non è
nessuno, un personaggio di per sé mediocre diventato “potente” nella sua figura
di megafono dei grandi burattinai attraverso il suo WEF.
Mr.
Schwab ci dice già dal titolo del libro che la farsa covid 19 sarà utilizzata
per portare avanti il Grande Reset e il libro vaneggia pagina dopo pagina di
“nuovo mondo”, “grandi opportunità”, “ridefinizione dell’umanità”, “zero
emissioni”, ma anche di “governo globale”, “sorveglianza”, “libertà prossime
allo zero”, “limitazioni nei viaggi e spostamenti”, “eliminazione della
proprietà privata”, “del denaro fisico”, altro.
Insomma,
quelli che sono i temi noti del mondialismo e poiché ne scriviamo da anni, non
scopriamo nulla di nuovo. Al fondo c’è la ripetizione del famoso schema PRS
(problema-reazione-soluzione). Si sprigionano paure per far accettare i rimedi (i
loro rimedi, che guarda caso sono anche i loro obiettivi). Occorre rendersene
conto e superare le nostre paure.
Riassumendo
per chi ha orecchie per ascoltare, Schwab parla apertamente di totalitarismo tecnocratico
su scala globale, una specie di propaganda in salsa socialista-comunista (la
Cina è dichiaratamente il paese di riferimento del “nuovo mondo”), ovviamente
nel nome di un bene superiore (la sostenibilità, i diritti, l’inclusione, ecc.
Insomma, le solite menate), una vera e propria road map che una masnada di psicopatici chiamati Schwab (e Gates, Kissinger,
Soros, Rockefeller, Rotschild, famiglie reali,Draghi ecc.), stanno realizzando
sulla pelle delle popolazioni.
“Il
mondo di prima non tornerà più e dunque è bene adattarsi e abbracciare la
“nuova normalità” dice Schwab. Possiamo dire a Mr. Schwab e a Draghi & C. che noi
non ci adatteremo tanto facilmente e che meno ancora facilmente l’avranno
vinta.
Motivi
per avere fiducia.
Tenete
a mente una cosa. Che siamo in guerra. Tenetene a mente un’altra. In guerra si
combatte in due. In questo preciso istante che stai leggendo, dietro le quinte,
si sta combattendo una grande lotta tra il Male e il Bene. La guerra è certamente mossa dal
Male che dall’alto combatte le popolazioni (in guerra le prime a rimetterci
sono le popolazioni). Ma in alto c’è anche un Bene che combatte quel Male che
combatte le popolazioni.
Abbiamo
assistito tutti al clamoroso scippo delle elezioni USA da parte dei
Demon-crats. Ogni avvenimento di grande risonanza (e le elezioni americane, e in
particolare quelle del 2020, sono certamente l’avvenimento più importante della
storia recente) determina effetti a cascata sulla società ed è interpretabile
su più livelli.
La prima, immediata ed istintiva
considerazione che possiamo fare al riguardo, e che una operazione così
“spericolata” ed alla luce del sole da parte del Male, se da un lato è stata
resa possibile da un enorme potere di controllo che tale Male esercita sui
media (oltre che su tutto il resto), dall’altro certifica indubitabilmente che
esso stesso teme che il grande piano possa sfuggirgli di mano.
Il cosiddetto
Risveglio è in pieno svolgimento e loro lo sanno. Siamo entrati in un’altra
dimensione e il salto evolutivo si sta quotidianamente materializzando sotto i
nostri occhi (posso testimoniarlo per esperienza diretta su decine e decine di
persone a me vicine) anche se molti di noi ancora non lo avvertono (perché
continuano imperterriti a con giornali, telegiornali, internet ecc.), non ne
hanno la percezione. Tutto questo li distrae da ciò che già è, e cioè un
innalzamento delle vibrazioni che vengono tenute basse proprio dalla Matrix
tecnologica a cui (quasi) tutti rimangono attaccati dedicandogli tanto (troppo)
tempo.
La
Russia di Putin.
Ci
sono poi anche altri elementi molto concreti per avere fiducia. A gennaio di
quest’anno al Forum di Davos organizzato questa volta online (sempre per
mantenere la falsa narrativa della pandemia ovviamente), è stato invitato (dopo
ben 11 anni) il Presidente russo Vladimir Putin.
Prima
di Putin aveva parlato il dittatore comunista cinese XiJiinping a cui si
ispirano le tecnocrazie occidentali che vorrebbero far diventare la vita
occidentale un gulag a cielo aperto, urbano e quotidiano, tipo la Cina.
Dictator Xi, oltre ad essersi lanciato in sperticate
lodi della globalizzazione e del multiculturalismo, aveva rimarcato
ripetutamente la comunanza di visione per il futuro tra il suo paese e la
Russia.
Ci si
aspettava che anche Putin tenesse il suo discorso sugli stessi binari, ma così
non è stato. Putin ha invece espresso profonda preoccupazione per il moltiplicarsi di conflitti
in tutto il mondo che rischiano di portare ad una nuova guerra mondiale
(avvertimento velato a non tirare troppo la corda).
Ha poi
criticato la crescita economica post covid perché riempie sempre più le tasche
già ultra-gonfie dei grandi magnati e svuota al contempo quelle già vuote delle
popolazioni.
Putin
ha anche espresso profonda preoccupazione per l’enorme crescente potere dei
grandi monopoli digitali rappresentanti a suo dire (e anche nostro) “un
pericolo per il mondo perché sono in competizione diretta con gli Stati” e
anche “secondo queste aziende, il loro monopolio è ottimale…ma la società si
sta chiedendo se tale monopolio risponda agli interessi delle popolazioni”.
Putin
ha anche risposto per le rime alle paventate minacce economiche (ovvero atti di
guerra economica) della UE per il caso Navalny dicendo che tali sanzioni
potrebbero indurre atti di guerra diretta (avvertimento esplicito).Infine Killer Putin (come lo ha recentemente definito Dementia Joe, cercando forse un pretesto per una
guerra) ha
poi denunciato i pericoli del “progresso” (intelligenze artificiali e tutto il
resto). Questo per quanto riguarda Davos.
Oggi
come oggi la Russia ha praticamente messo fine alle restrizioni sul
coronavirus. Bar e ristoranti funzionano normalmente, stadi e cinema e chiese
sono aperti, le scuole funzionano normalmente e così via.
La
Russia, con Putin in testa è un Paese duro ma anche orgoglioso e resiliente, il
quale, ha differenza del lobomotizzato Occidente è ancora capace (e ne ha la
forza) per fare di testa sua. Le parole di Constantine Bogomolov, grande
regista teatrale russo, sono precise e circostanziate: “Il politicamente corretto
obbligatorio dell’Occidente, la sua cancellazione della cultura, il suo inginocchiarsi e
leccare i piedi a BLM, il suo culto del transgenderismo, la sua paura delle
‘molestie’ e del sesso, il suo sorriso obbligatorio, la sua wokeness (termine
che significa voler essere considerato politicamente e socialmente corretto e
desiderare che tutti lo sappiano), la sua paura della morte (e della vita!),
dimostrano chiaramente la sua debolezza”.
La
Russia non si farà piegare tanto facilmente.
Texas:
back to “Old Normal”.
Abbiamo
infine la recente decisione del Governatore repubblicano del Texas Greg Abbott
(paraplegico dal 1984 e nominato “miglior governatore USA del 2020) di riaprire
completamente, al 100% il suo Stato, senza nessuna restrizione di alcun genere.
Il Texas è stato prontamente seguito da Mississippi, Iowa, Montana e North
Dakota (riaperture totali) mentre altri dodici Stati, con la Florida in testa,
sono ad una quasi totale normalità pre-covid.
Uno
sfregio in faccia al regime di Dementia Joe che pretendeva per mandato federale di
mascherare e vaccinare tutti per condurli passo- passo al Grande Reset digitale
(di concerto con i Google, i Facebook, gli Amazon, gli Zoom, Big Pharma, ecc.).
Biden
non ha perso tempo a minacciare il Texas e magari lo annienterà con un nuovo
falso virus o sostituirà i texani con i latino- americani a cui ha spalancato
le porte della frontiera. Vedremo.
In
conclusione non possiamo ancora sapere se il Texas ha arrestato un corso che
pareva inarrestabile, ma di sicuro è stato posto un freno enorme all’avanzata
della dittatura planetaria (India, Sud Africa e molti paesi centro e sud
americani hanno limitazioni minime). Soffi di libertà agitano il mondo e i
davosiani non sono contenti che la gente esca di prigione.
Conclusione.
Alla
riuscita del Great Reset si oppone il Great Awakening e il Covid Show non è
altro che il tentativo disperato da parte delle élites di bloccare questo
risveglio.
Vogliono usare il loro fantavirus per imporre la loro tecnocrazia digitale fino
a trasformare l’umanità in zombies e la terra in una landa morta.
Abbiamo
motivi per avere fiducia. La lotta sarà cruenta ma i Grandi Burattinai non hanno
affatto vinto la partita. In fondo anche Hitler vaneggiava di Reich dei 1000 anni. Le
cose invece sono andate un po’ diversamente. La storia non è affatto finita e
la Vita può essere piena di sorprese.
La
guerra tra Ucraina e Russia
è
scontro di civiltà e trascinerà
nel
baratro l’Impero occidentale!
Inx.ilclic.it-
(Disinformazione.it)- Marcello Pamio- (Aprile 6, 2022)- ci dice :
La
guerra è lo strumento fondamentale dell’economia! Viene imposta come desiderio
di supremazia e di potenza mercantile, geopolitica e militare, ma dietro c’è il
sistema bancario internazionale, senza il quale non sarebbe possibile
realizzarle.
L’obiettivo
delle banche non è il controllo del conflitto in sé, ma il controllo del debito che il
conflitto produce.
Il
grande valore di una guerra, il vero valore sta nel debito che genera. Se
controlli il debito, controlli tutto!
E la
finanza internazionale controlla tutto!
Lo
scontro russo-ucraino non fa eccezione, anche se in questo caso siamo di fronte
a qualcosa di diverso, qualcosa di molto più profondo, antico e insidioso: uno scontro antropologico, una vera
e propria guerra di civiltà!
Il
progetto diabolico che da decenni chiamano “Nuovo Ordine Mondiale” ha iniziato
a scricchiolare con la crisi economica del 2007-2008, e l’obiettivo di un mondo
sottomesso sembra non reggere alla complessità del sistema, e questo nonostante
i mezzi di controllo siano sempre più sofisticati e pervasivi. Ci sono ancora
troppe varianti, ed è ancora troppo imprevedibile l’individualità umana!
Samuel
P. Huntington è stato un politologo statunitense. Uno dei massimi esperti di
politica estera, consigliere di Jimmy Carter, direttore degli Studi strategici
e internazionali di Harvard, fondatore di Foreign Policy.
Dall’altra
parte stiamo assistendo allo spostamento del potere dal mondo ashkenazita delle
grandi famiglie imperiali (Rothschild, Rockefeller, ecc.) tuttora centrali, che
da secoli hanno gestito la finanza usuraia, ai nuovi magnati delle
biotecnologie e della digitalizzazione (Bill Gates, Klaus Schwab, George Soros,
ecc.).
L’introduzione della criptomoneta digitale difficilmente controllabile sta
facendo vacillare la kabala del potere.Il risultato è sotto gli occhi di
tutti: la
totale disfatta e caduta dell’impero Occidentale.
L’ultimo
colpo di coda dell’élite è stata la magistrale invenzione dell’epidemia di
SarsCov2: il
disperato tentativo di piegare la volontà umana stringendo le maglie del
controllo con il ricatto, la paura e il terrore. L’occasione è servita da una parte a livellare
i già risicati diritti umani, dall’altra a fagocitare la classe medica, l’unica
(assieme alle forze dell’ordine) che avrebbe potuto rallentare il processo di
inoculazione nel corpo dei goym di sostanze geniche (che solo la cricca al
Potere conosce) e metalli elettro-magnetofili come l’ossido di grafene.
Sostanze
che saranno molto utili nel prossimo futuro e dopo l’attivazione del 5G (che
avverrà a luglio in Italia)…
In
parallelo l’Occidente ha intensificato consapevolmente l’assedio militare alla Russia
circondando il paese.
Estonia,
Lituania, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania sono tutti paesi confinanti
con la Russia e tutti casualmente membri della Nato.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è
stata la provocazione da parte dell’Ucraina di voler aderire all’organizzazione
atlantica. La
sua prostituzione all’élite dominante avrebbe voluto dire basi americane e
missili nucleari a pochissima distanza da Mosca. Cosa questa inaccettabile per
il presidente Vladimir Putin!
Lo
scontro è epocale. L’Ucraina è solo la scusante ufficiale…
Ma il
punto cruciale non è questo, è un altro: la Russia è l’ultimo baluardo del
vero cristianesimo: lo sbarramento e l’ultima resistenza al folle e diabolico
piano criminoso del Deep State. E questo non lo possono tollerare.
Hanno
a tal proposito pagato e posizionato l’ashkenazita Zelensky a capo di un paese flagellato da
colpi di stato, nazismo etnico e corruzione per combattere una guerra per
procura contro il nemico russo. Un ex attore fallito di cabaret, con anche ambigui
gusti sessuali, pagato profumatamente è stato messo a capo del governo
eterodiretto da Wall Street, la City di Londra e Israele.
Ma le
cose stanno cambiando…
Nella
recentissima assemblea delle Nazioni Unite la maggior parte dei popoli si è
ribellata a questo gioco perverso. La condanna alla Russia è stata votata da
141 paesi, ma ben 35 si sono astenuti (tra cui Cina, Iraq, Iran, India e
Algeria) e 5 hanno votato contro (Russia ovviamente, Corea del Nord, Siria,
Bielorussia, Eritrea). Gli abitanti di tutti questi paesi rappresentano tre quarti
del mondo.
La
logica conclusione è che i globalisti ashkenaziti sono riusciti a corrompere tutto il
mondo occidentale di matrice cattolica, ma non sono riusciti a piegare le
etnie musulmane, cristiano-ortodosse, indo-buddiste e taoiste, le cui identità
di appartenenza religiosa sono ancora fortemente strutturate e inattaccabili.
Per
usare le parole del filosofo e ideologo di Putin, Aleksandr Dugin, quella che si sta combattendo in
Ucraina non
è solamente una guerra per “denazificare” il paese e proteggere la popolazione
filo-russa del Donbass, ma una battaglia contro le oligarchie mondiali, contro
un Occidente moderno: “il mondo dell’Anticristo”.
Il filosofo sostiene infatti che “l’operazione militare speciale” in corso in Ucraina “è diretta non solo contro il nazismo
ma ancor più contro il liberalismo (Liberal Dem Usa) e il globalismo.
Dopo tutto, sono stati i “liberal Dem Usa” occidentali a rendere possibile il nazismo
ucraino, a sostenerlo, ad armarlo e a metterlo contro la Russia, come nuovo
polo di un mondo multipolare”.
Da
questo punto di vista l’Ucraina diventa il territorio di scontro di Civiltà,
tra le due fazioni opposte: il “Grande Reset” occidentale contro il “Grande
Risveglio” orientale.
“Le élite globali di Biden, Klaus Schwab, Bill Gates,
Bernard-Henri Levy oggi rappresentano una setta totalitaria, un regime
dittatoriale che cerca di stabilire un controllo totale non solo sui corpi
delle persone, ma sulle loro menti, le loro immaginazioni, i loro sogni. Ci
sono solo due partiti nel mondo oggi: il Partito del Grande Reset e il Partito
del Grande Risveglio”.
La
Russia quindi combatte per resistere al paradigma satanista degli ashkenaziti,
che vedono l’essere umano come una bestia senza valore (goym).
Poi va
tenuto in considerazione anche la storia della popolazione dei cazari, oggi
chiamati ashkenaziti, la cui madre terra, il regno di Cazaria è stato
smantellato da imperatori russi.
il
Regno di Khazaria.
Ricordo
che il loro antico regno andava dall’odierna Kiev fino alla Mongolia,
casualmente proprio sulla terra oggi chiamata Ucraina! Il dente è avvelenato da molti
secoli, e loro non dimenticano…
Ma
questo purtroppo, gli schiavi indottrinati non lo sanno e non riescono a
vederlo. I
sudditi non si rendono conto di tale scontro epocale, perché totalmente
annichiliti dalla propaganda, da decenni di de-culturizzazione e cresciuti in
una società che li ha fatti affogare fin dalla nascita nella degenerazione fisica,
cognitiva e spirituale.
Bisogna
ammetterlo: oggi la civiltà occidentale è rappresenta da una sorta di bestiame senza
volontà e senz’anima, animali alienati dalla realtà e destinati al macello
(vaccini, microchip, quantum-dots, ecc.), dove la spiritualità è annichilita da
un becero materialismo ateo.
La
posta in gioco non è mai stata così alta: da una parte c’è la salvaguardia
della famiglia, dell’identità storica e religiosa, della moralità e dei valori
anche cristiani (nel senso più elevato del termine, che non ha nulla a che
spartire col cattolicesimo), dall’altra un vero e proprio incubo: una esistenza immersa
nella più terrificante e fagocitante tecnologia mai vista prima. Una società privata del contante (e
dipendente dal virtuale), priva di relazioni sociali e del contatto con la
Natura, tutti immersi in un oceano di input (visivi, sonori, virtuali,
elettromagnetici, ecc.).
Insomma
una finta vita spacciata per vera!
Proiettati
nel mondo virtuale del meta-verso non si vivrà la vita vera…
I bambini
– e sta già accadendo – potranno nascere senza sesso definito (lo decideranno
come si sceglie il gusto del gelato) e crescere nella totale imbecillità e
ignavia grazie alla propaganda educativa di regime.
Ma la tecnologia permetterà loro di “vivere” e
viaggiare all’interno di mondi virtuali digitali (meta-versi e cyber-droghe)
così da sopportare la propria infame esistenza.
In
Occidente tutto sta andando verso questo abominio, verso la totale
disumanizzazione e l’annichilamento dell’uomo. Lo scopo è preparare la strada
al Transumano e Postumano.
Dal
Meta-verso alla fusione tra uomo e macchina il passaggio sarà velocissimo e
indolore.
Vogliono
l’ibridazione del DNA con le macchine (grazie alla genetica e al grafene
contenuto nei sieri) per creare un essere senz’anima, controllato da
intelligenze artificiali tramite 5G e 6G.
Siamo
in una autentica deriva antropologica diabolica! Puntano al simbionte: un essere metà uomo e metà macchina
per creare quella post-umanità utile ai loro bassissimi scopi…
Ecco
perché l’uomo tri-articolato (corpo, anima e spirito) sta per essere trasformato in uomo
binario (corpo,
anima)
dove le dinamiche dell’anima saranno lasciate appositamente in preda alla
sensorialità e alla fredda logica razionale dell’ego. A questo serve il materialismo ateo,
che include la digitalizzazione, la meccanizzazione e la magnetizzazione: far
sprofondare l’uomo nella materia, nelle energie e negli istinti più bassi. Si
tratta della strada maestra verso l’antiumano!
Una
realtà senza morale, senza famiglia, senza identità, privi di radici storiche e
senza futuro, dove le peggiori perversioni sono promosse e normalizzate. Una
civiltà al tramonto, e proprio per questo sempre più spietata e cattiva.
Oggi
l’Impero occidentale sempre più decadente e degenerato sta definitivamente
crollando…
Ce lo
ricorda anche Jacques Attali nel suo libro “Breve storia del futuro” del 2006
(rivisto e aggiornato nel 2016): «Il mercato sta avendo la meglio, per cui porrà fine a tutto
ciò che possa nuocergli, compresi gli Stati, che distruggerà uno dopo l’altro,
e tra i primi gli Stati Uniti d’America!
Entro
il 2030, alla fine di una lunga battaglia di cui l’attuale crisi finanziaria ed
economia segna l’inizio, e nel mezzo di una grave crisi ecologica, gli Stati
Uniti, impero ancora dominante, saranno vinti. Esauriti finanziariamente e
politicamente, come gli altri imperi prima di loro, cesseranno di governare il
mondo. Il
pianeta sarà gestito da un gruppo di potenze regionali. Ci sarà la divisione del
potere mondiale tra dodici nazioni»…
Quindi
entro il 2030 vedremo crollare l’Impero americano (anche grazie allo scontro di civiltà
con la Russia), e non lo dicono le centurie di Nostradamus ma le previsioni di Jacques Attali, economista, consigliere di Mitterran
e primo presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo: uno ammanicato col Sistema, uno che
sa come funziona e soprattutto come pensa il Leviatano…
Bisogna
provare a vivere.
(Guida perversa alla politica globale di Slavoj Žižek.)
Fatamorganaweb.it-
Fabio Domenico Palumbo-Slavoj Zizek-(19 giugno 2022)- ci dicono :
Una
grande confusione sotto i cieli, ma una situazione per niente eccellente.
Il
famoso detto di Mao sulle possibilità rivoluzionarie offerte dai tempi caotici
non sembra più valere per gli strani giorni in cui viviamo: si potrebbe riassumere così il
messaggio lanciato da Slavoj Žižek nel suo ultimo lavoro, Heaven in Disorder,
tradotto in italiano per i tipi di Ponte alle Grazie.
In
quella che è a tutti gli effetti una raccolta ragionata degli ultimi interventi
sull’attualità più stringente del filosofo sloveno, apparsi in Rete e sulla
carta stampata dal 2020 ad oggi, assistiamo – come e più che in passato – a un
tentativo di posizionamento nel dibattito ideologico sulla crisi (sanitaria,
climatica, economica, culturale geopolitica) che ci attraversa. Diversi sono i bersagli polemici di
Žižek, a partire da un atteggiamento di fondo che egli stesso definisce il «coraggio della disperazione», riprendendo il titolo di un suo
testo del 2017.
Nell’evoluzione
della posizione di Žižek rispetto alla pandemia di COVID-19, dallo «stato di emergenza paneuropeo in cui
viga una disciplina rigorosa e l’economia sia subordinata in funzione dei
nostri mali», una sorta di «“comunismo di guerra”» (Žižek 2022, p. 18), invocato alla
fine del 2020, si passa, con l’acuirsi della seconda ondata, all’enfasi sulle
conseguenze psico-sociali del perdurare dell’emergenza.
Viene giustamente evidenziato come «dalla
paura siamo passati alla depressione. […] Tale senso di disorientamento è
determinato dal fatto che l’ordine chiaro della causalità ci appare perturbato»
(ivi, p.
23).
Non
possiamo non concordare con queste affermazioni, osservando lo Zeitgeist. È
questo il sentimento che si respira, ad esempio, in due documentari italiani
costruiti a cavallo tra la prima ondata pandemica e il senso di confusione e
malessere che ne è seguito in virtù della recrudescenza del virus: Molecole
(2020) di Andrea Segre e Futura (2021) di Pietro Marcello, Francesco Munzi e
Alice Rohrwacher rappresentano perfettamente il senso di sgomento, seguito
dalla frustrazione e dal difficile adattamento alla nuova, dolorosa situazione,
in termini esistenziali.
Quello
che viene documentato attraverso questi spaccati del presente, è nientemeno che
l’ingresso nell’epoca del postumano, di cui Žižek ha trattato diffusamente in
Hegel in a Wired Brain (2020).
Tornando
al testo del 2022, quando si parla di post-umanità, c’è principalmente in gioco
«l’atteggiamento di fondo nei confronti della vita umana» (ivi, p. 25).
È su
questo terreno che Žižek ingaggia battaglia con alcuni teorici, noti per le
loro posizioni problematicamente “divergenti” rispetto all’analisi
dell’emergenza Covid.
Ovviamente il riferimento più immediato è a
Giorgio Agamben; per quest’ultimo, «se accettiamo le misure governative per combattere la
pandemia, di conseguenza abbandoniamo lo spazio sociale aperto in quanto nucleo
del nostro essere-umani e ci trasformiamo in macchine per la sopravvivenza
isolate, controllate dalla scienza e della tecnologia al servizio
dell’amministrazione statale» (ibidem). A questa visione, che porta alle
estreme conseguenze la cornice di pensiero biopolitica in spregio al dato di
realtà, Žižek
si oppone recisamente, contrapponendo alla libertà di morire agambeniana il
dovere di vivere intensamente.
Mentre
Agamben paventa l’abolizione dell’uomo in nome della vita, Žižek vede bene come
abolire la vita in nome dell’uomo – o, in altre parole, in nome di una vuota
libertà di morire, staccata dalla responsabilità sociale del legame d’amore –,
porti infine ad abolire l’uomo: «Se la medicina è abolita in nome della libertà,
l’unica libertà che resta è quella di morire».
Il richiamo di Žižek è alla canzone dei Rammstein
Dalai Lama, e in particolare ai versi: «Avanti, avanti nelle rovine. /
Dobbiamo vivere finché non moriamo».
È questo imperativo morale, lo stesso che
risuona ne Il cimitero marino di Paul Valéry (“Si alza il vento, bisogna tentare
di vivere”),
a segnare
la tensione etico-politica della risposta žižekiana all’interrogativo leniniano
Che fare? in questi tempi drammaticamente nebulosi. C’è bisogno di una spinta
disperatamente coraggiosa o coraggiosamente disperata, che tende all’avvenire
piuttosto che al futuro, in quanto «futur è qualunque cosa succeda dopo il presente,
mentre avenir punta verso un cambiamento radicale» (ivi, p. 29).
Il
compito per l’avvenire è per noi quello di fare l’impossibile (ivi, p. 41), perché fare il possibile non basta in
un’epoca caratterizzata da instabilità e imprevedibilità, nel senso che Albert
Camus, ne Lo straniero, attribuisce all’avvenire quando parla di «annate che
non erano ancora venute» e di «annate non meno irreali che stavo vivendo».
Non è
un caso che queste parole di Camus siano presenti in esergo al film di Segre. Il tempo emergenziale è quello
dell’irruzione dell’evento, che è virale, biologico, climatico, digitale, e
assume i tratti di una violazione e di uno stravolgimento radicale dell’umano,
ponendoci di fronte a una responsabilità che non è quella di una specie tra le
altre, ma di una sorta di custodi della vita sul pianeta.
Ciò
proprio in virtù dell’irreversibile mescolanza tra naturale e artificiale, in
quello che è ormai un mondo dominato da “iper-oggetti”, secondo la definizione
di Timothy Morton.
Su queste premesse, per Žižek, «dobbiamo accettare che
siamo una delle tante specie sul pianeta, ma al tempo stesso dobbiamo agire
come supervisori della vita sulla Terra» (ivi, p. 77). Questa “vocazione universalistica” è
assegnata dal pensatore sloveno anche all’Europa, purché la si intenda in un
senso assolutamente non eurocentrico.
Solo
svuotandosi di qualsiasi residuo post-coloniale, l’Europa può infatti porsi
come soggetto politico “universalistico” in grado di ispirare processi
emancipatori globali, a livello di politiche sanitarie, climatiche e di
costruzione della pace.
Torniamo
al nesso ecologia-salute, tema decisivo del volume qui esaminato. Il rapporto tra catastrofe
ecologica ed emergenze pandemiche si rivela a conti fatti centrale, se pensiamo
al fenomeno dello spillover (“salto di specie”) e alla sua decisività per
l’emergere di nuovi patogeni da agenti virali precedentemente legati ad altre
specie.
Tout
se tient, ed è per questo che il compito dell’essere umano si configura allo
stesso tempo come titanico e segnato dall’accettazione della nostra fragilità.
È una
dimensione agonica dell’esistenza, per cui Žižek può dire, con profonda
empatia: «C’è
qualcuno più vivo oggi dei milioni di lavoratori sanitari che, in piena
coscienza, rischiano la vita tutti i giorni? Molti ne sono morti, ma finché non
sono morti erano vivi. Non solo si sacrificano per noi. E ancor meno sono
macchine di sopravvivenza ridotte a nuda vita. Oggi sono i più vivi di tutti» (ivi, p. 52).
Non si
può immaginare una maggiore distanza da Agamben. Žižek aderisce, appunto con il
coraggio della disperazione, a quello che mi azzardo qui a definire un
“sentimento tragico della vita”.
Non
che manchi, però, un orizzonte per questo “scontro quotidiano”, per dirla con
Manu Larcenet.
Žižek parla infatti di un “Grande Reset”, un
nuovo inizio che però sia un vero cambiamento, e non una semplice patina
progressista che metta da parte le rivendicazioni sociali misconoscendo
l’intreccio tra le lotte.
Un vero risveglio, dunque non da intendersi
nei termini limitati di quella che oltreoceano viene definita «cultura woke» (ivi, p. 327). È su questi temi, come su quelli
legati alla cultura femminista, che, però, Žižek si muove su un terreno
sdrucciolevole, rischiando degli scivoloni. E tuttavia, anche in questi ambiti,
non manca di fare le debite puntualizzazioni.
È
questa attenzione particolare al non venir associato in alcun modo alle
posizioni dell’alt-right e della destra populista che contraddistingue a dire
il vero quest’ultimo lavoro žižekiano, ed è una novità a dire il vero gradita,
visto il rischio costante di equivoco cui si sono esposti alcuni suoi saggi,
articoli e interventi sui media nel recente passato.
Queste
doverose cautele e precisazioni costellano anche i capitoli dedicati alla crisi
ucraina.
Pur
sottolineando le responsabilità globali di tutte le super-potenze – dipinte,
con le parole di Mao, come «tigri di carta», ma estremamente pericolose proprio
per la loro «fragilità narcisistica» –, ed altresì evidenziando alcune ombre
nelle vicende storiche più o meno recenti dell’Ucraina, si tratta tuttavia per Žižek di non
transigere su un’affermazione fondamentale: la Russia si è resa responsabile di
una brutale aggressione a un paese sovrano: «Certo, c’è una complessità, ma
rimane il fatto fondamentale: è stata la Russia» (ivi, p. 376). Difficile essere più
netti e chiari.
Non è
questa lezione di “semplicità” la morale di fondo del film Don’t Look Up? Un monito al “credere ai propri
occhi” che è poi la traduzione del lacaniano Les non-dupes errent: bisogna credere alla potenza
dell’ovvio e non farsi avvitare nella spirale perversa della post-verità e del
complottismo, che fanno solo il gioco di ideologi come Aleksandr Dugin,
filosofo di corte di Putin.
Chi
crede di svelare l’inganno – les non-dupes –, è in realtà il più sciocco perché
è il più ingannato, finendo, come nel caso dei no vax, per mettere a
repentaglio la propria salute e quella altrui: «Ecco dove risiede il potere
materiale dell’ideologia […] Ci inganna proprio mentre ci mette in guardia
contro gli inganni» (ivi, p. 94).
Proprio
per questo Žižek è in disaccordo anche la spiegazione marxista ad opera di
Fabio Vighi dei presupposti economici della gestione della pandemia in termini
di politiche di salute pubblica. Secondo Vighi, afferma Žižek, misure come il lockdown
o i programmi di vaccinazione di massa sarebbero stati introdotti come rimedio
alla crisi dei mercati finanziari. Ma questo non può essere affermato senza
cadere in qualche modo in una perversione dei rapporti causali.
Žižek
vede giustamente un fatto fondamentale: non è che il capitale sfrutti le
catastrofi sanitarie ed ecologiche o addirittura le crei ad arte – secondo
un’impostazione tipica dei teorici del complotto o dei profeti delle
post-verità –, ma piuttosto la crisi sanitaria e quella ecologica sono
conseguenze complesse delle contraddizioni immanenti del nostro modello di
sviluppo (ivi,
p. 90).
In
altre parole: il lockdown non è stato messo in atto per risolvere una crisi finanziaria,
ma per cercare di porre un argine a una pandemia dilagante, le cause del cui
insorgere sono sicuramente complesse e legate alle caratteristiche
dell’Antropocene, e come tali andranno scientificamente studiate.
Scrive
Francesco Bianconi nel recente brano Perduto insieme a te: «La fede è già crollata da un po’ […]
/ e tutti i giorni piove malinconia […] / E naufrago in aumenti d’entropia».
Sembra
essere questa la condizione in cui viviamo, disperatamente cercando di sentirci
“soli ma insieme”, di non sentirci “insieme ma soli”. Sta qui la differenza tra la deriva
di un post-umano che cancelli le relazioni e la ricerca coraggiosa, pur in una
realtà straniante, di legami di solidarietà. È questa, forse, la cifra
autentica del cristianesimo ateo di Slavoj Žižek.
MARIO
DRAGHI E’ IL VERO REGISTA
DELLA
GUERRA FINANZIARIA
CONTRO
LA RUSSIA .
Lavocedellevoci.it-Andrea
Cinquegrani- (16 aprile 2022)- ci dice :
E’ il
nostro premier Mario Draghi il vero regista delle colossali sanzioni
finanziarie – roba da 643 miliardi di dollari – decise dall’Occidente contro la
banca centrale russa.
Ha
fiancheggiato, nelle settimane di febbrili consultazioni ben prima e poi subito dopo
l’inizio del conflitto in Ucraina, il Segretario del Tesoro Usa Janet Yellen.
La
clamorosa rivelazione, corredata da una sfilza di dettagli e testimonianze da
brivido, non è frutto di un sito complottista o di un giornale al soldo del
‘macellaio’ Vladimir Putin: ma è il risultato di una meticolosa inchiesta
appena pubblicata dal ‘Financial Times’ di cui a seguire riportiamo i passaggi
salienti.
L’autorevole
testata britannica, diretta dalla giornalista inglese di origini libanesi Roula Khalaf, fa capo alla holding giapponese
‘Nikkei’. Ha
sempre seguito una linea ‘conservatrice’ (all’epoca filo Thatcher e filo
Reagan), oggi marcatamente europeista, capace di prese di posizione anche ‘scomode’,
come quando si è schierata contro la guerra Usa in Iraq.
E come
adesso, con il ‘disvelamento’ dei piani di guerra finanziaria messi in campo
dal tandem Draghi-Yellen, e il nostro premier nel ruolo di king maker.
Sono
fondate, dunque, le ‘voci’ che si sono rincorse nei giorni scorsi sulla
candidatura forte dell’ex capo della BCE come prossimo Segretario Generale della
NATO, in vista della nomina di fine anno (in basso il link dell’articolo della
Voce). Altre conferme arrivano da ‘la Verità’ di Maurizio Belpietro e da
‘Affari Italiani’.
In
quest’ottica va letta l’accelerazione che Draghi intende imprimere ai tempi
della nuova legge di bilancio, da ‘chiudere’ entro agosto: il tempo, poi, per
lasciare il sempre più fastidioso timone governativo, infilare l’elmetto e
tuffarsi nell’avventura NATO.
Ma
adesso è il momento di un altro tuffo. Fra le pagine del ‘Financial Times’ed in
particolare della prima puntata di una serie, intitolata “Waeponization of
Finance: How the West Unleashed ‘Shock and Awe’ on Russia” che sta per “La Militarizzazione delle Finanza:
Come l’Occidente ha Scatenato il ‘Colpisci e Terrorizza’ contro la Russia”.
Un titolo che è già tutto un programma.
LE
MAGIE GRIFFATE DRAGHI.
Ecco
l’incipit. “Questa è la prima di una serie in due parti sulla nuova era della guerra
finanziaria. Era il terzo giorno della guerra in Ucraina e al 13° piano della
Commissione europea Ursula von der Leyen aveva urtato un ostacolo. La
presidente della Commissione aveva trascorso l’intero sabato a lavorare al
telefono nel suo ufficio a Bruxelles, cercando il consenso tra i governi
occidentali per la vasta e punitiva serie di sanzioni finanziarie ed economiche
mai inflitte ad un avversario. Un accordo era vicino ma a Washington la
Segretaria del Tesoro, Janet Yellen, stava ancora rivedendo i dettagli della
misura più drammatica e sensibile al mercato: sanzionare la stessa banca
centrale russa. Gli Stati Uniti erano stati la forza trainante dietro la spinta
alle sanzioni. Ma mentre Yellen studiava attentamente le scritte in piccolo,
gli europei, preoccupati che i russi potessero venire a conoscenza dei piani,
erano ansiosi di spingere i piani oltre il traguardo il più rapidamente
possibile”.
Continua
il reportage, emozionante con un thriller: “Von der Leyen ha chiamato Mario
Draghi, primo ministro italiano, e gli ha chiesto di discutere i dettagli
direttamente con Yellen. ‘Eravamo tutti in attesa, chiedendoci: ‘quanto tempo
ci vuole?’, ricorda un funzionario della UE. ‘Poi è arrivata la risposta:
Draghi deve fare la sua magia su Yellen’. Entro la sera l’accordo era stato
raggiunto”.
Viene
poi ‘storicamente’ dettagliato: “Yellen, che presiedeva la ‘Federal Reserve’
statunitense, e Draghi, ex capo della ‘Banca Centrale Europea’, sono veterani
di una serie di crisi drammatiche, dal crollo finanziario del 2008-2009 alla
crisi dell’euro.
Per tutto il tempo, hanno trasmesso calma e stabilità
nei mercati finanziari nervosi. Ma in questo caso, il piano concordato da Yellen e
Draghi per congelare gran parte dei 643 miliardi di dollari di riserve in
valuta estera di Mosca era qualcosa di molto diverso: stavano effettivamente
dichiarando guerra finanziaria alla Russia”.
Una
dichiarazione di guerra finanziaria globale: parola di ‘Financial Times’. Da
brividi.
FINANCIAL
WARS, I PROTAGONISI IN CAMPO.
Passiamo
agli altri protagonisti in campo, secondo l’autorevole quotidiano britannico. “Lo sforzo della UE è stato coordinato
direttamente dall’ufficio di Ursula Von der Leyen, tramite Bjoern Seibert, il
suo capo di gabinetto. Chrystia Freeland, il ministro delle Finanze canadese,
avrebbe inviato una proposta scritta al Dipartimento del Tesoro statunitense e
al Dipartimento di Stato con un piano per punire la banca centrale russa”.
Di
origine ucraina, Freeland è stata in stretto contatto con i funzionari a Kiev.
Rammentiamo che sua è stata la regia messa in atto dal governo Trudeau per
arginare la protesta dei camionisti contro l’obbligo vaccinale in Canada: anche
in questo caso, il ‘metodo’ è stato quello di congelare i conti correnti dei
‘sovversivi’ a bordo dei tir. Non va dimenticato, poi, che Freeland fa parte del board del
‘World Economic Forum’, capeggiato dal banchiere tedesco Klaus Schwab e
ideatore del ‘Great Reset’ che dovrà governare l’economia mondiale post
pandemica e post bellica.
Torniamo
alla imperdibile ricostruzione pubblicata dal ‘Finalncial Times’, che riprende
in modo molto esplicito: “Questo è un nuovo tipo di guerra: l’armamento del dollaro USA
e di altre valute occidentali per punire i loro avversari. E’ un approccio al
conflitto in corso da due decenni. Poiché gli elettori degli Stati Uniti si
sono stancati degli interventi militari e delle cosiddette ‘guerre infinite’, la guerra finanziaria ha
in parte colmato il divario. In assenza di un’ovvia opzione militare o
diplomatica, le sanzioni – e sempre più sanzioni finanziarie – sono diventate
la politica di sicurezza nazionale preferita. ‘Questo è il vero shock e terrore’,
afferma Juan Zarate, un ex alto funzionario della Casa Bianca che ha contribuito
a ideare le sanzioni finanziarie che gli Stati Uniti hanno sviluppato negli
ultimi 20 anni”.
Ancora:
“La
globalizzazione un tempo veniva venduta come una barriera al conflitto, una
rete di dipendenze che avrebbe avvicinato sempre di più gli ex nemici. Invece,
è diventato un nuovo campo di battaglia. La potenza delle sanzioni finanziarie
deriva dall’onnipresenza del dollaro USA”.
“Le
sanzioni alla banca centrale russa sono la prima volta che quest’arma è stata
usata contro una grande economia e la prima volta come parte di una guerra, in
particolare un conflitto che coinvolge una delle principali potenze nucleari.
Naturalmente, ci sono enormi rischi in un tale approccio”.
“Qualunque
sia il risultato, le mosse per congelare le riserve russe segnano un
cambiamento storico nella conduzione della politica estera. ‘Queste sanzioni economiche sono un
nuovo tipo di governo economico con il potere di infliggere danni che
rivaleggiano con i militari’, ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe
Biden in un discorso a Varsavia alla fine di marzo”.
Ecco
la tempistica, così come viene ricostruita dal ‘Financial Times’. “La pianificazione delle sanzioni è
iniziata a novembre, quando l’intelligence occidentale ha raccolto prove
evidenti che le forze di Vladimir Putin si stavano accumulando lungo il confine
ucraino. Biden ha chiesto a Yellen di elaborare piani su quali misure adottare
per rispondere ad un’invasione. Da quel momento gli Stati Uniti hanno iniziato a
coordinarsi con l’UE, il Regno Unito e altri. Un alto funzionario del
Dipartimento di Stato afferma che da allora fino all’invasione del 24 febbraio,
i massimi funzionari dell’amministrazione Biden hanno trascorso ‘una media da
10 a 15 ore a settimana in chiamate o videoconferenze sicure con l’UE e gli
Stati membri per coordinare le sanzioni”.
Ecco i
papaveri in pole position: “A Washington, i piani delle sanzioni sono stati guidati da
Daleep Singh, un ex funzionario della FED di New York che ora è vice
consigliere per la sicurezza nazionale dell’economia alla Casa Bianca; e Wally Adeyemo, un ex dirigente di
‘BlackRock’ (il più grosso fondo speculativo al mondo, ndr) che funge ora da vice segretario al
Tesoro. Entrambi avevano lavorato nell’amministrazione Obama quando gli Stati
Uniti e l’Europa erano in disaccordo su come rispondere all’annessione della
Crimea da parte della Russia”.
Non è
certo finita qui. “Lo sforzo della UE è stato coordinato direttamente
dall’ufficio di Von der Leyen, tramite Bjoern Seibert, il suo capo di stato
maggiore. ‘Seibert è stato fondamentale, è stato l’unico ad avere una visione
d’insieme da parte della UE e in costante contatto con gli Stati Uniti su
questo’, ricorda un diplomatico UE”.
Ma
torniamo subito al nostro grande regista. “In Europa è stato Draghi a spingere
l’idea di sanzionare la banca centrale al vertice di emergenza UE la notte
dell’invasione. L’Italia, grande importatore di gas russo, in passato era stata spesso
titubante riguardo alle sanzioni. Ma stavolta il leader italiano ha sostenuto che le
scorte di riserve della Russia potrebbero essere utilizzate per attutire il
colpo di altre sanzioni, secondo un funzionario della UE”.
Del
resto, qualche settimana fa, in un intervento al Senato il ‘regista’ aveva
parlato in modo non troppo sibillino: “Era stato tutto premeditato da molto
tempo, le
riserve della banca centrale russa dalla guerra di Crimea ad oggi sono state
aumentate sei volte, alcune sono state lasciate in deposito presso altre banche
centrali in giro per il mondo, altre presso banche normali. Non c’è quasi più nulla, è stato
portato via tutto, queste cose non si fanno in un giorno, ma in mesi e mesi.
Non ho alcun dubbio che ci fosse molta premeditazione e preparazione”. Parola
di Draghi.
La
“distruzione costruttiva.”
Ariannaeditrice.it
- Sergey Karaganov – (26/02/2022)- ci dice :
(Dagospia).
Sembra
che la Russia sia entrata in una nuova era della sua politica estera - una
“distruzione costruttiva”, chiamiamola così, del precedente modello di
relazioni con l'Occidente.
Parti di questo nuovo modo di pensare sono
state viste negli ultimi 15 anni - a cominciare dal famoso discorso di Monaco
di Vladimir Puti nel 2007 - ma molto sta
diventando chiaro solo ora. Allo stesso tempo, gli sforzi poco brillanti per integrarsi
nel sistema occidentale, pur mantenendo un atteggiamento ostinatamente difensivo,
sono rimasti la tendenza generale nella politica e nella retorica russa.
La
distruzione costruttiva non è aggressiva.
La Russia sostiene che non attaccherà nessuno
né lo farà saltare in aria. Semplicemente non è necessario. Il mondo esterno
offre alla Russia sempre più opportunità geopolitiche per lo sviluppo a medio
termine così com'è. Con una grande eccezione. L'espansione della NATO e
l'inclusione formale o informale dell'Ucraina rappresentano un rischio per la
sicurezza del paese che Mosca semplicemente non accetterà.
Per
ora, l'Occidente è sulla buona strada per un lento ma inevitabile decadimento,
sia in termini di affari interni ed esterni che anche di economia. Ed è proprio per questo che ha dato
inizio a questa nuova Guerra Fredda dopo quasi cinquecento anni di dominio
della politica, dell'economia e della cultura mondiale. Soprattutto dopo la sua vittoria
decisiva negli anni '90 e metà degli anni 2000. Credo che molto probabilmente
perderà, dimettendosi da leader globale e diventando un partner più
ragionevole. Ma non troppo presto: la Russia dovrà riequilibrare i rapporti con una
Cina amica, ma sempre più potente.
Attualmente,
l'Occidente cerca disperatamente di difendersi da questo con una retorica
aggressiva.
Cerca di consolidarsi, giocando le sue ultime
carte vincenti per invertire questa tendenza. Qualcuno sta cercando di usare
l'Ucraina per danneggiare e neutralizzare la Russia. È importante impedire che questi
tentativi convulsi si trasformino in una vera e propria situazione di stallo ed
è importante contrastare le attuali politiche USA e NATO.
Sono
controproducenti e pericolose, anche se relativamente poco impegnative.
Dobbiamo ancora convincere l'Occidente che sta solo facendo del male a sé
stesso.
Un'altra
carta vincente è il ruolo dominante dell'Occidente nel sistema di sicurezza
euro-atlantico esistente, istituito in un momento in cui la Russia era
gravemente indebolita a seguito della Guerra Fredda. C'è del merito nel
cancellare gradualmente questo sistema, principalmente rifiutando di prendervi
parte e rispettando le sue regole obsolete, che per noi sono intrinsecamente
svantaggiose. Per la Russia, la pista occidentale dovrebbe diventare secondaria
rispetto alla sua diplomazia eurasiatica. Il mantenimento di relazioni
costruttive con i paesi della parte occidentale del continente può facilitare
l'integrazione nella Grande Eurasia per la Russia. Il vecchio sistema però è d'intralcio
e quindi dovrebbe essere smantellato.
Sarebbe
bello se avessimo più tempo per farlo. Ma la storia mostra che, dal crollo
dell'URSS 30 anni fa, poche nazioni post-sovietiche sono riuscite a diventare
veramente indipendenti. E alcune potrebbero anche non arrivarci mai, per vari
motivi. Questo è un argomento per un'analisi futura. In questo momento, posso
solo sottolineare l'ovvio: la maggior parte delle élite locali non ha
l'esperienza storica o culturale della costruzione dello stato. Non sono mai
stati in grado di diventare il fulcro della nazione, non hanno avuto abbastanza
tempo per questo. Quando lo spazio intellettuale e culturale condiviso è
scomparso, ha danneggiato di più i piccoli paesi. Le nuove opportunità per costruire
legami con l'Occidente non si sono rivelate sostitutive. Coloro che si sono
trovati al timone di tali nazioni hanno venduto il loro paese a proprio
vantaggio, perché non c'era un'idea nazionale per cui lottare.
La
maggior parte di questi paesi seguirà l'esempio degli Stati baltici, accettando
il controllo esterno, o continuerà a perdere il controllo, cosa che in alcuni
casi può essere estremamente pericolosa.
La
domanda è: come
"unire" le nazioni nel modo più efficiente e vantaggioso per la
Russia, tenendo conto dell'esperienza zarista e sovietica, quando la sfera di
influenza è stata estesa oltre ogni ragionevole limite e poi tenuta insieme a
spese del nucleo dei Popoli russi?
Lasciamo
per un altro giorno la discussione sull'“unificazione” che la storia ci impone.
Questa
volta, concentriamoci sulla necessità oggettiva di prendere una decisione
difficile e adottare la politica della "distruzione costruttiva".
Le
pietre miliari che abbiamo superato.
Oggi
assistiamo all'inizio della quarta era della politica estera russa. La prima è
iniziata alla fine degli anni '80, ed è stata un periodo di debolezza e
delusioni. La nazione aveva perso la voglia di combattere, la gente voleva
credere alla democrazia e che l'Occidente sarebbe venuto a salvarli. Tutto finì
nel 1999 dopo le prime ondate di espansione della NATO, viste dai russi come
una pugnalata alle spalle, quando l'Occidente fece a pezzi ciò che restava
della Jugoslavia.
Poi la
Russia ha iniziato ad alzarsi in ginocchio e ricostruire, di nascosto, pur
apparendo amichevole e umile. Il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato ABM
(antimissili balistici) ha segnalato la sua intenzione di riconquistare il suo
dominio strategico, quindi la Russia ancora al verde ha preso la decisione
fatale di sviluppare sistemi d'arma per sfidare le aspirazioni americane. Il discorso
di Monaco, la guerra georgiana e la riforma dell'esercito, condotti nel mezzo
di una crisi economica globale che segnò la fine dell'imperialismo globalista
liberale occidentale (termine coniato da un eminente esperto di affari
internazionali, Richard Sakwa) ha segnato il nuovo obiettivo per la politica
estera della Russia: diventare ancora una volta una potenza mondiale leader in
grado di difendere la propria sovranità e i propri interessi.
A
questo sono seguiti gli eventi in Crimea, Siria, la formazione militare e il
blocco dell'Occidente dall'interferire negli affari interni della Russia,
sradicando dal servizio pubblico coloro che hanno collaborato con l'Occidente a
svantaggio della loro patria, anche mediante un uso magistrale della reazione
dell'Occidente a quegli sviluppi. Man mano che le tensioni continuavano a
crescere, guardare all'Occidente e mantenere le risorse lì diventava sempre
meno redditizio.
L'incredibile
ascesa della Cina e l’allearsi di fatto con Pechino a partire dagli anni 2010, il
perno verso est, e la crisi multidimensionale che ha avvolto l'Occidente hanno
portato a un grande cambiamento nell'equilibrio politico e geoeconomico a
favore della Russia. Ciò è particolarmente pronunciato in Europa. Solo un decennio
fa, l'UE vedeva la Russia come una periferia arretrata e debole del continente
che cercava di fare i conti con le grandi potenze. Ora sta cercando
disperatamente di aggrapparsi all'indipendenza geopolitica e geoeconomica che
gli sta scivolando tra le dita.
Il
periodo del "ritorno alla grandezza" si è concluso tra il 2017 e il
2018. Successivamente, la Russia ha raggiunto un punto fermo. La
modernizzazione è continuata, ma l'economia debole ha minacciato di mandarne
all’aria i risultati. Le persone (me compreso) erano frustrate, temendo che la
Russia ancora una volta avrebbe «strappato la sconfitta dalle fauci della
vittoria».
Ma quello si è rivelato essere un altro periodo di crescita, principalmente in
termini di capacità di difesa.
L'ultimatum
che la Russia ha emesso agli Stati Uniti e alla NATO alla fine del 2021,
chiedendo loro di interrompere lo sviluppo di infrastrutture militari vicino ai
confini russi e l'espansione a est, ha segnato l'inizio della "distruzione
costruttiva".
L'obiettivo non è semplicemente fermare la debole, seppur pericolosissima
inerzia della spinta geostrategica dell'Occidente, ma anche iniziare a gettare
le basi per un nuovo tipo di relazioni tra Russia e Occidente, diverso da
quello su cui ci siamo stabiliti negli anni '90.
Le
capacità militari della Russia, il ritorno del senso di rettitudine morale, le
lezioni apprese dagli errori del passato e una stretta alleanza con la Cina
potrebbero significare che l'Occidente, che ha scelto il ruolo di avversario,
inizierà a essere ragionevole, anche se non sempre. Quindi, tra un decennio o prima,
spero, verrà costruito un nuovo sistema di sicurezza e cooperazione
internazionale che questa volta includerà l'intera Grande Eurasia, e sarà
basato sui principi delle Nazioni Unite e sul diritto internazionale, non su "regole" unilaterali
che l'Occidente ha cercato di imporre al mondo negli ultimi decenni.
Correggere
gli errori.
Prima
di andare oltre, lasciatemi dire che ho un'ottima opinione della diplomazia
russa: è stata assolutamente brillante negli ultimi 25 anni. Mosca ha ricevuto
una mano debole, ma è comunque riuscita a giocare un'ottima partita. In primo
luogo, non ha permesso all'Occidente di "finirla". La Russia ha mantenuto il suo status
formale di grande paese, mantenendo l'appartenenza permanente al Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite e mantenendo arsenali nucleari. Poi ha gradualmente migliorato la
sua posizione globale facendo leva sui punti deboli dei suoi rivali e sui punti
di forza dei suoi partner. Costruire una forte amicizia con la Cina è stato un risultato
importante. La Russia ha alcuni vantaggi geopolitici che l'Unione Sovietica non
aveva. A meno che, ovviamente, non torni alle aspirazioni di diventare una
superpotenza globale, scelta che alla fine ha rovinato l'URSS.
Tuttavia,
non dobbiamo dimenticare gli errori che abbiamo commesso per non ripeterli. Sono state la nostra pigrizia,
debolezza e inerzia burocratica che hanno contribuito a creare e mantenere a
galla il sistema ingiusto e instabile di sicurezza europea che abbiamo oggi.
La
Carta di Parigi per una Nuova Europa, dalle belle parole, firmata nel 1990,
conteneva una dichiarazione sulla libertà di associazione: i paesi potevano
scegliere i loro alleati, cosa che sarebbe stata impossibile ai sensi della
Dichiarazione di Helsinki del 1975. Poiché a quel punto il Patto di Varsavia era in
fermento, questa clausola significava che la NATO sarebbe stata libera di
espandersi. Questo è il documento a cui tutti continuano a fare riferimento, anche in
Russia. Nel 1990, tuttavia, la NATO poteva almeno essere considerata
un'organizzazione di “difesa”. Da allora l'alleanza e la maggior parte dei suoi
membri hanno lanciato una serie di campagne militari aggressive - contro i
resti della Jugoslavia, così come in Iraq e Libia.
Dopo
una chiacchierata a cuore aperto con Lech Walesa nel 1993, Boris Eltsin firmò
un documento in cui affermava che la Russia «aveva compreso il piano della Polonia di
aderire alla NATO». Quando Andrey Kozyrev, all'epoca ministro degli Esteri
russo, venne a conoscenza dei piani di espansione della NATO nel 1994, iniziò
un processo di trattativa per conto della Russia senza consultare il presidente. L'altra parte lo prese come un
segno che la Russia era d'accordo con il concetto generale, dal momento che
stava cercando di negoziare condizioni accettabili. Nel 1995 Mosca frenò, ma
era troppo tardi: la diga era esplosa e spazzò via ogni riserva sugli sforzi di
espansione dell'Occidente.
Nel
1997, la Russia, essendo economicamente debole e completamente dipendente
dall'Occidente, ha firmato l'Atto istitutivo sulle relazioni reciproche, la
cooperazione e la sicurezza con la NATO. Mosca è stata in grado di ottenere
alcune concessioni dall'Occidente, come l'impegno a non schierare grandi unità
militari nei nuovi Stati membri. La NATO ha costantemente violato questo obbligo. Un
altro accordo era di mantenere questi territori liberi dalle armi nucleari. Gli
Stati Uniti non l'avrebbero comunque voluto, perché avevano cercato di prendere
le distanze il più possibile da un potenziale conflitto nucleare in Europa
(malgrado la volontà dei loro alleati), poiché avrebbe senza dubbio provocato
un attacco nucleare contro l'America. In realtà, il documento legittimava
l'espansione della NATO.
C'erano
altri errori, non così gravi ma comunque estremamente dolorosi. La Russia ha partecipato al programma
“Partnership for Peace”, il cui unico scopo era far sembrare che la NATO fosse
pronta ad ascoltare Mosca, ma in realtà l'alleanza stava usando il progetto per
giustificarne l'esistenza e l'ulteriore espansione. Un altro passo falso frustrante è
stato il nostro coinvolgimento nel Consiglio NATO-Russia dopo l'aggressione in
Jugoslavia. Gli argomenti discussi a quel livello mancavano disperatamente di
sostanza. Avrebbero
dovuto concentrarsi sulla questione veramente significativa: frenare
l'espansione dell'alleanza e la costruzione della sua infrastruttura militare
vicino ai confini russi. Purtroppo, questo non è mai arrivato all'ordine del giorno. Il Consiglio ha continuato ad operare
anche dopo che la maggior parte dei membri della NATO hanno iniziato una guerra
in Iraq e poi in Libia nel 2011.
È
davvero un peccato che non abbiamo mai avuto il coraggio di dirlo apertamente: la NATO era diventata un aggressore
che ha commesso numerosi crimini di guerra. […]
Capisco
quelli in Occidente che sono abituati al sistema esistente che consente agli
americani di acquistare l'obbedienza dei loro partner minori, e non solo in
termini di supporto militare, mentre questi alleati possono risparmiare sulle
spese di sicurezza vendendo parte della loro sovranità. Ma cosa ci guadagniamo
da questo sistema? Soprattutto ora che è diventato ovvio che genera e intensifica il
confronto ai nostri confini occidentali e nel mondo intero.
Il
blocco è una minaccia anche per i suoi membri. Pur provocando il confronto, in
realtà non garantisce protezione. Non è vero che l'articolo 5 del Trattato del Nord
Atlantico giustifichi la difesa collettiva se un alleato viene attaccato. Questo articolo non dice che questo
è automaticamente garantito. Conosco la storia del blocco e le discussioni in
America riguardo alla sua istituzione. So per certo che gli Stati Uniti non
dispiegheranno mai armi nucleari per "proteggere" i loro alleati in
caso di conflitto con uno stato nucleare.
Anche
l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) è
obsoleta. È dominata dalla NATO e dall'UE che utilizzano l'organizzazione per
trascinare il confronto e imporre i valori e gli standard politici
dell'Occidente a tutti gli altri. Fortunatamente, questa politica sta
diventando sempre meno efficace.[…] È
un'organizzazione antiquata con la missione di preservare le cose che sono
obsolete. Negli
anni '90 è servita come strumento per seppellire qualsiasi tentativo compiuto
dalla Russia o da altri per creare un sistema di sicurezza europeo comune. […]
Per
quanto riguarda la NATO, è molto chiaro cosa dobbiamo fare. Dobbiamo minare la legittimità morale
e politica del blocco e rifiutare qualsiasi partnership istituzionale, poiché
la sua contro-produttività è evidente. Solo i militari dovrebbero
continuare a comunicare, ma come canale ausiliario che integri il dialogo con
il DOD e i ministeri della difesa delle principali nazioni europee. Dopotutto, non è Bruxelles a prendere
decisioni strategicamente importanti.
La
stessa politica potrebbe essere adottata quando si tratta dell'OSCE. Sì, c'è
una differenza, perché anche se questa è un'organizzazione distruttiva, non ha
mai avviato guerre, destabilizzazione o uccisioni. Quindi dobbiamo ridurre al
minimo il nostro coinvolgimento in questo formato. Alcuni dicono che questo è l'unico
contesto che offre al ministro degli Esteri russo la possibilità di vedere i
suoi omologhi. Questo non è vero. L'ONU può offrire un contesto ancora migliore. I
colloqui bilaterali sono comunque molto più efficaci, perché è più facile per
il blocco dirottare l'agenda quando c'è una folla. Anche l'invio di osservatori
e forze di pace attraverso le Nazioni Unite avrebbe molto più senso.
Il
formato dell'articolo limitato non mi consente di soffermarmi su politiche
specifiche per ciascuna organizzazione europea, come ad esempio il Consiglio
d'Europa. Ma definirei il principio generale in questo modo: collaboriamo dove vediamo vantaggi
per noi stessi e manteniamo le distanze altrimenti.
Trent'anni
nell'attuale sistema delle istituzioni europee hanno dimostrato che continuare
con esso sarebbe stato dannoso. In passato, potevamo sognare che l'Europa ci
avrebbe aiutato a rafforzare la sicurezza, nonché la modernizzazione politica
ed economica. Invece, stanno minando la sicurezza, quindi perché dovremmo copiare il
sistema politico disfunzionale e in deterioramento dell'Occidente? Abbiamo
davvero bisogno di questi nuovi valori che hanno adottato?
Dovremo
limitare l'espansione rifiutando di cooperare all'interno di un sistema in
erosione. Si spera che, prendendo una posizione ferma e lasciando i nostri
vicini della civiltà dell'Occidente a se stessi, li aiuteremo davvero. Le élite potrebbero tornare a una
politica meno suicida che sarebbe più sicura per tutti. Ovviamente, dobbiamo essere
intelligenti nel toglierci dall'equazione e assicurarci di ridurre al minimo i
danni collaterali che inevitabilmente il sistema in errore causerà. Ma mantenerlo nella sua forma attuale
è semplicemente pericoloso.
Politiche
per la Russia di domani.
Mentre
l'ordine globale esistente continua a sgretolarsi, sembra che la via più
prudente per la Russia sarebbe quella di restare fuori il più a lungo possibile
- mettersi al riparo tra le mura della sua "fortezza
neo-isolazionista" e occuparsi di questioni interne. Ma questa volta, la
storia ci chiede di agire. Molti dei miei suggerimenti riguardo all'approccio
di politica estera che ho provvisoriamente chiamato "distruzione
costruttiva" emergono naturalmente dall'analisi presentata sopra.
Non
c'è bisogno di interferire o cercare di influenzare le dinamiche interne
dell'Occidente, le cui élite sono abbastanza disperate da iniziare una nuova
guerra fredda contro la Russia. Quello che dovremmo fare invece è utilizzare vari strumenti
di politica estera, compresi quelli militari, per stabilire alcune linee rosse.
Nel
frattempo, mentre il sistema occidentale continua a orientarsi verso il degrado
morale, politico ed economico, le potenze non occidentali (con la Russia come
attore principale) vedranno inevitabilmente rafforzarsi le loro posizioni
geopolitiche, geoeconomiche e geo-ideologiche.
I
nostri partner occidentali, prevedibilmente, cercano di reprimere le richieste
della Russia di garanzie di sicurezza e di sfruttare il processo diplomatico in
corso per prolungare la durata delle proprie istituzioni. Non c'è bisogno di
rinunciare al dialogo o alla cooperazione in materia di commercio, politica,
cultura, istruzione e sanità, ogniqualvolta sia utile. Ma dobbiamo anche usare il tempo che
abbiamo per aumentare la pressione politico-militare, psicologica e persino tecnico-militare
- non tanto sull'Ucraina, il cui popolo è stato trasformato in carne da cannone
per una nuova Guerra Fredda - ma sull’Occidente collettivo, per costringerlo a
cambiare idea e a fare un passo indietro rispetto alle politiche che ha perseguito
negli ultimi decenni. Non c'è nulla da temere per l'escalation del confronto:
abbiamo visto crescere le tensioni anche mentre la Russia cercava di placare il
mondo occidentale. Quello che dovremmo fare è prepararci a un più forte
respingimento da parte dell'Occidente; inoltre, la Russia dovrebbe essere in
grado di offrire al mondo un'alternativa a lungo termine: un nuovo quadro politico basato sulla
pace e sulla cooperazione.
Naturalmente,
è utile ricordare di tanto in tanto ai nostri partner che esiste un'alternativa
reciprocamente vantaggiosa a tutto ciò.
Se la
Russia metterà in atto politiche ragionevoli ma decise (anche a livello
nazionale), supererà con successo (e in modo relativamente pacifico) l'ultima
ondata di ostilità occidentale. Come ho scritto prima, abbiamo buone
possibilità di vincere questa Guerra Fredda.
Ciò
che ispira l'ottimismo è anche il record passato della Russia: siamo riusciti
più di una volta a domare le ambizioni imperiali delle potenze straniere - per
il nostro bene e per il bene dell'umanità nel suo insieme. La Russia è stata in grado di
trasformare aspiranti imperi in vicini addomesticati e relativamente innocui:
la Svezia dopo la battaglia di Poltava, la Francia dopo Borodino, la Germania
dopo Stalingrado e Berlino.
Possiamo
trovare uno slogan per la nuova politica russa nei confronti dell'Occidente in
un verso di "Gli Sciti" di Alexander Blok, una poesia brillante che
sembra particolarmente attuale oggi: «Unisciti a noi, allora! Lascia la
guerra e gli allarmi della guerra, / E afferra la mano della pace e
dell'amicizia. / Finché c'è ancora tempo, compagni, abbassate le braccia! /
Uniamoci in vera fraternità!».
Nel
tentativo di sanare le nostre relazioni con l'Occidente (anche se ciò richiede
una medicina amara), dobbiamo ricordare che, sebbene culturalmente vicino a
noi, il mondo occidentale sta finendo il tempo - in effetti, da due decenni
ormai. È essenzialmente in modalità di controllo dei danni, cercando la
cooperazione quando possibile. Le vere prospettive e sfide del nostro presente e
futuro risiedono nell'est e nel sud. Prendere una linea più dura con le nazioni
occidentali non deve distrarre la Russia dal mantenere il suo perno verso est. E abbiamo visto rallentare questo
perno negli ultimi due o tre anni, specialmente quando si tratta di sviluppare
territori al di là dei Monti Urali.
Non
dobbiamo permettere che l'Ucraina diventi una minaccia alla sicurezza per la
Russia. Detto
questo, sarebbe controproducente spendervi troppe risorse amministrative e
politiche (per non dire economiche). La Russia deve imparare a gestire
attivamente questa situazione instabile, a mantenerla entro i limiti. La maggior parte dell'Ucraina è stata
sterilizzata dalla propria élite antinazionale, corrotta dall'Occidente e
infettata dal patogeno del nazionalismo militante.
Sarebbe
molto più efficace investire in Oriente, nello sviluppo della Siberia. Creando condizioni di lavoro e di
vita favorevoli, attireremo non solo cittadini russi, ma anche persone
provenienti da altre parti dell'ex impero russo, compresi gli ucraini. Questi ultimi, storicamente, hanno
contribuito moltissimo allo sviluppo della Siberia.
Consentitemi
di ribadire un punto dei miei altri articoli: è stata l'incorporazione della
Siberia sotto Ivan il Terribile che ha reso la Russia una grande potenza, non
l'adesione dell'Ucraina sotto Aleksey Mikhaylovich, noto con il soprannome de
"il più pacifico". È giunto il momento di smetterla di ripetere l'affermazione
falsa e così sorprendentemente polacca di Zbigniew Brzezinski secondo cui la
Russia non può essere una grande potenza senza l'Ucraina. Il contrario è molto
più vicino alla verità: la Russia non può essere una grande potenza quando è gravata
da un'Ucraina sempre più ingombrante, un'entità politica creata da Lenin che in
seguito si espanse verso ovest sotto Stalin.
Il
percorso più promettente per la Russia è lo sviluppo e il rafforzamento dei
legami con la Cina. Una partnership con Pechino moltiplicherà molte volte il
potenziale di entrambi i paesi. Se l'Occidente porta avanti le sue politiche aspramente
ostili, non sarebbe irragionevole considerare un'alleanza temporanea di difesa
di cinque anni con la Cina. Naturalmente bisogna anche stare attenti a non avere le
'vertigini di successo' sulla pista cinese, per non tornare al modello
medievale del Regno di Mezzo della Cina, cresciuto trasformando i suoi vicini
in vassalli. Dovremmo aiutare Pechino in ogni modo possibile per evitare che subisca
una sconfitta anche momentanea nella nuova Guerra Fredda scatenata
dall'Occidente. Quella sconfitta indebolirebbe anche noi. Inoltre, sappiamo fin troppo bene in
cosa si trasforma l'Occidente quando pensa di vincere.
Chiaramente,
una politica orientata all'Est non deve concentrarsi esclusivamente sulla Cina.
Sia l'Est
che il Sud sono in crescita nella politica, nell'economia e nella cultura
globali, il che è in parte dovuto al nostro indebolimento della superiorità
militare dell'Occidente, la fonte primaria dei suoi 500 anni di egemonia.
Quando
arriverà il momento di stabilire un nuovo sistema di sicurezza europeo che
sostituisca quello esistente pericolosamente obsoleto, lo si dovrà fare nel
quadro di un più grande progetto eurasiatico. Nulla di utile può nascere dal
vecchio sistema euro-atlantico.
È
evidente che il successo richiede lo sviluppo e la modernizzazione del
potenziale economico, tecnologico e scientifico del paese, tutti pilastri della
potenza militare di un paese, che rimane la spina dorsale della sovranità e
della sicurezza di qualsiasi nazione. La Russia non può avere successo
senza migliorare la qualità della vita per la maggior parte della sua
popolazione: questo include prosperità generale, assistenza sanitaria,
istruzione e ambiente.
La
restrizione delle libertà politiche, inevitabile di fronte all'Occidente
collettivo, non deve in alcun modo estendersi alla sfera intellettuale. Questo
è difficile, ma realizzabile. Per la parte della popolazione talentuosa e creativa che è
pronta a servire il proprio paese, dobbiamo preservare quanta più libertà
intellettuale possibile. Lo sviluppo scientifico attraverso le "sharashka" in stile sovietico (laboratori di ricerca e sviluppo che
operano all'interno del sistema dei campi di lavoro sovietici) non è qualcosa
che funzionerebbe nel mondo moderno.
La
libertà accresce i talenti del popolo russo e l'inventiva scorre nel nostro
sangue.
Anche in politica estera, la libertà dai vincoli ideologici di cui godiamo ci
offre enormi vantaggi rispetto ai nostri vicini più chiusi. La storia ci insegna che la brutale
restrizione della libertà di pensiero imposta dal regime comunista al suo
popolo ha portato l'Unione Sovietica alla rovina. La conservazione della
libertà personale è una condizione essenziale per lo sviluppo di qualsiasi
nazione.
Se vogliamo
crescere come società ed essere vittoriosi, è assolutamente vitale che
sviluppiamo una spina dorsale spirituale: un'idea nazionale, un'ideologia che
unisca e illumini la strada da seguire.
È una verità fondamentale che le grandi nazioni non
possono essere veramente grandi senza una tale idea al centro. Questo fa parte della tragedia che ci
è accaduta negli anni '70 e '80. Si spera che la resistenza delle élite
dominanti al progresso di una nuova ideologia, radicata nei dolori dell'era
comunista, stia cominciando a svanire. Il discorso di Vladimir Putin alla
riunione annuale dell'ottobre 2021 del Valdai Discussion Club è stato un
potente segnale rassicurante al riguardo.
Come
il numero sempre crescente di filosofi e autori russi, ho avanzato la mia visione
dell '"idea russa". (Mi scuso per aver dovuto fare nuovamente riferimento alle
mie pubblicazioni: è un inevitabile effetto collaterale di dover attenersi al
formato).
Domande
per il futuro.
E ora
discutiamo di un aspetto significativo, ma per lo più trascurato, della nuova
politica che deve essere affrontato. Dobbiamo respingere e riformare il fondamento
ideologico obsoleto e spesso dannoso delle nostre scienze sociali e della vita
pubblica affinché questa nuova politica venga attuata, per non parlare del
successo.
Questo
non significa che dobbiamo respingere ancora una volta i progressi nelle
scienze politiche, nell'economia e negli affari esteri dei nostri predecessori. I bolscevichi hanno cercato di
scaricare le idee sociali della Russia zarista – tutti sanno come è andata a
finire.
Abbiamo
rifiutato il marxismo e ne siamo stati felici. Ora, stufi di altri principi, ci
rendiamo conto che eravamo troppo impazienti. Marx, Engels e Lenin avevano idee
solide nella loro teoria dell'imperialismo che potremmo usare.
Le
scienze sociali che studiano i modi della vita pubblica e privata devono tener
conto del contesto nazionale, per quanto inclusivo voglia apparire. Deriva dalla storia nazionale e, in
definitiva, ha lo scopo di aiutare le nazioni o il loro governo e le élite.
L'applicazione insensata di soluzioni valide da un paese all'altro sono inutili
e creano solo abomini.
Dobbiamo
iniziare a lavorare per l'indipendenza intellettuale dopo aver raggiunto la
sicurezza militare e la sovranità politica ed economica. Nel nuovo mondo, è obbligatorio
raggiungere lo sviluppo ed esercitare influenza. Mikhail Remizov, un importante
politologo russo, è stato il primo, per quanto ne so, a chiamare questa
"decolonizzazione intellettuale".
Dopo
aver trascorso decenni all'ombra del marxismo importato, abbiamo iniziato una
transizione verso un'altra ideologia straniera di democrazia liberal Dem Usa
progressista nell'economia e nelle
scienze politiche e, in una certa misura, anche nella politica estera e nella
difesa. Questo
fascino non ci ha fatto bene: abbiamo perso terra, tecnologia e persone. A metà degli anni 2000, abbiamo
iniziato ad esercitare la nostra sovranità, ma abbiamo dovuto fare affidamento
sui nostri istinti piuttosto che su chiari principi scientifici e ideologici
nazionali
(di nuovo – non può essere altro).
Per
illustrare questo punto, ecco alcune domande scelte a caso dalla mia
lunghissima lista.
Inizierò
con questioni esistenziali, puramente filosofiche. Cosa viene prima negli esseri umani,
lo spirito o la materia? E nel senso politico più banale, cosa guida le persone e gli stati
nel mondo moderno?
Per i comunisti marxisti e liberali, la risposta è
l'economia. Ricorda solo che fino a poco tempo fa la frase del famoso Bill Clinton «È
l'economia, stupido» era considerata un assioma.
Ma le
persone cercano qualcosa di più grande quando il bisogno fondamentale di cibo è
soddisfatto.
Amore
per la loro famiglia, la loro patria, desiderio di dignità nazionale, libertà
personali, potere e fama.
La
gerarchia dei bisogni ci è ben nota da quando Maslow la introdusse negli anni
'40 e '50 nella sua famosa piramide.
Il
capitalismo moderno, tuttavia, lo ha distorto, costringendo il consumo in
continua espansione attraverso i media tradizionali all'inizio e le reti
digitali onnicomprensive in seguito, per ricchi e poveri, ciascuno secondo le
proprie capacità.
Cosa
possiamo fare quando il capitalismo moderno, privato di fondamenti morali o
religiosi,
incita al consumo illimitato, abbattendo i confini morali e geografici ed entra
in conflitto con la natura, minacciando l'esistenza stessa della nostra specie?
Noi russi
capiamo meglio di chiunque altro che imprenditori e capitalisti spinti dal
desiderio di costruire ricchezza avranno conseguenze disastrose per la società
e l'ambiente (il modello di economia socialista non era esattamente rispettoso
dell'ambiente).
Cosa
facciamo con gli ultimi valori del rifiuto della storia, della tua patria, del
genere e delle convinzioni, così come dei movimenti LGBT aggressivi e ultra-femministi?
Rispetto
il diritto di seguirli, ma penso che siano post-umanisti. Dovremmo trattare questo solo come
un altro stadio dell'evoluzione sociale?
Non
credo. Dovremmo
cercare di scongiurarlo, limitarne la diffusione e aspettare che la società
sopravviva a questa epidemia morale?
O
dovremmo combatterlo attivamente, guidando la maggioranza dell'umanità che
aderisce ai cosiddetti valori “conservatori” o, per dirla semplicemente, ai
normali valori umani? Dovremmo entrare nella lotta intensificando un confronto
già pericoloso con le élite occidentali?
Lo
sviluppo tecnologico e l'aumento della produttività del lavoro hanno
contribuito a sfamare la maggior parte delle persone, ma il mondo stesso è scivolato nell'anarchia
e molti principi guida sono andati perduti a livello globale.
I
problemi di sicurezza, forse, stanno nuovamente prevalendo sull'economia. Gli strumenti militari e la volontà
politica potrebbero prendere il comando d'ora in poi.
Che cos'è
la deterrenza militare nel mondo moderno?
È una minaccia causare danni alle risorse
nazionali e individuali o alle risorse estere e alle infrastrutture
dell'informazione a cui le élite occidentali di oggi sono così strettamente
legate? Che
ne sarà del mondo occidentale se questa infrastruttura verrà demolita?
E una
domanda correlata: qual è la parità strategica di cui parliamo ancora oggi? È
una sciocchezza straniera scelta dai leader sovietici che hanno risucchiato il
loro popolo in una corsa agli armamenti estenuante a causa del loro complesso di
inferiorità e della sindrome del 22 giugno 1941? Sembra che stiamo già
rispondendo a questa domanda, anche se continuiamo a sfornare discorsi
sull'uguaglianza e sulle misure simmetriche.
E qual
è questo controllo degli armamenti che molti ritengono strumentale?
È un
tentativo di frenare la costosa corsa agli armamenti vantaggiosa per l'economia
più ricca, di limitare il rischio di ostilità o qualcosa di più: uno strumento
per legittimare la corsa, lo sviluppo delle armi e il processo di programmi non
necessari sul tuo avversario? Non c'è una risposta ovvia a questo.
Ma
torniamo alle domande più esistenziali.
La
democrazia è davvero l'apice dello sviluppo politico?
O è solo un altro strumento che aiuta le élite a
controllare la società, se non stiamo parlando della pura democrazia di Aristotele
(che ha anche alcuni limiti)?
Ci
sono molti strumenti che vanno e vengono man mano che la società e le
condizioni cambiano.
A
volte li abbandoniamo solo per riportarli indietro quando è il momento giusto e
c'è una richiesta esterna e interna per loro. Non sto chiedendo un autoritarismo
illimitato o una monarchia. Penso che abbiamo già esagerato con la centralizzazione,
soprattutto a livello di governo municipale.
Ma se
questo è solo uno strumento, non dovremmo smettere di fingere di lottare per la democrazia
e metterlo in chiaro: vogliamo le libertà personali, una società prospera, la
sicurezza e la dignità nazionale? Ma come giustifichiamo il potere con il
popolo allora?
Lo
Stato è davvero destinato a morire, come credevano i marxisti e i globalisti
liberali, sognando alleanze tra corporazioni transnazionali, ONG internazionali
(entrambe sono state nazionalizzate e privatizzate) e organismi politici
sovranazionali? Vedremo per quanto tempo l'UE potrà sopravvivere nella sua forma attuale.
Si
noti che non voglio dire che non c'è motivo di unire gli sforzi nazionali per
il bene superiore, come l'abbattimento di costose barriere doganali o
l'introduzione di politiche ambientali congiunte. O non è meglio concentrarsi sullo
sviluppo del proprio stato e sul sostegno dei vicini, ignorando i problemi
globali creati da altri? Non ci daranno fastidio se ci comportiamo in questo modo?
Qual è
il ruolo della terra e dei territori? È una risorsa in diminuzione, un peso
come si credeva solo di recente tra gli scienziati politici? O il più grande tesoro nazionale,
soprattutto di fronte alla crisi ambientale, ai cambiamenti climatici, al
crescente deficit di acqua e cibo in alcune regioni e alla totale mancanza in
altre?
Cosa
dovremmo fare allora con centinaia di milioni di pakistani, indiani, arabi e
altri le cui terre potrebbero presto essere inabitabili? Dovremmo invitarli ora come hanno
iniziato a fare gli Stati Uniti e l'Europa negli anni '60, attirando i migranti
per abbassare il costo del lavoro locale e minare i sindacati? O dovremmo prepararci a difendere i
nostri territori dagli estranei? In tal caso, dovremmo abbandonare ogni speranza di
sviluppare la democrazia, come mostra l'esperienza di Israele con la sua
popolazione araba.
Lo
sviluppo della robotica, che è attualmente in uno stato pietoso, aiuterà a
compensare la mancanza di forza lavoro e a rendere nuovamente vivibili quei
territori? Qual
è il ruolo degli indigeni russi nel nostro paese, considerando che il loro
numero continuerà inevitabilmente a ridursi? Dato che i russi sono stati
storicamente un popolo aperto, le prospettive potrebbero essere ottimistiche.
Ma finora non è chiaro.
Posso
andare avanti all'infinito, soprattutto quando si tratta di economia. Queste
domande devono essere poste ed è fondamentale trovare risposte il prima
possibile per crescere ed essere al top. La Russia ha bisogno di una nuova
economia politica, libera dai dogmi marxisti e liberali, ma qualcosa di più
dell'attuale pragmatismo su cui si basa la nostra politica estera.
Deve
includere un idealismo orientato al futuro, una nuova ideologia russa che
incorpori la nostra storia e le nostre tradizioni filosofiche. Questo fa eco
alle idee avanzate dall'accademico Pavel Tsygankov.
Credo
che questo sia l'obiettivo finale di tutte le nostre ricerche in materia di
affari esteri, scienze politiche, economia e filosofia. Questo compito è al di
là del difficile. Possiamo continuare a contribuire alla nostra società e al
nostro paese solo rompendo i nostri vecchi schemi di pensiero. Ma per concludere con una nota
ottimistica, ecco un pensiero umoristico: non è tempo di riconoscere che
l'argomento dei nostri studi – affari esteri, politiche interne ed economia – è
il risultato di un processo creativo che coinvolge masse e leader allo stesso
modo? Riconoscere che è, in un certo senso, arte? In larga misura, sfida ogni
spiegazione e deriva dall'intuizione e dal talento. E quindi siamo come esperti d'arte:
ne parliamo, individuiamo tendenze e insegniamo agli artisti – alle masse e ai
leader – la storia, che è loro utile. Spesso ci perdiamo nel teorico, però.
A
volte facciamo la storia: pensate a Evgeny Primakov o a Henry Kissinger. Ma
direi che non gli importava quali approcci a questa storia dell'arte
rappresentassero. Hanno attinto alla loro conoscenza, esperienza personale,
principi morali e intuizione. Mi piace l'idea di essere una specie di esperto
d'arte e credo che possa rendere un po' più facile lo scoraggiante compito di
rivedere i dogmi.
Questo
articolo è stato pubblicato per la prima volta online dalla rivista Russia in
Global Affairs.
(L'autore
è il professor Sergey Karaganov, presidente onorario del Consiglio russo per la
politica estera e di difesa e supervisore accademico presso la School of
International Economics and Foreign Affairs Higher School of Economics (HSE) di
Mosca).
Klaus
Schwab l’umanista e
Klaus
Schwab il terrorista.
Nritalia.org-Redazione
Nuova Resistenza-(9 dicembre 2021)- ci dice :
(strategic-culture.org).
«Nel
considerare la cinica perversione che è il testo Great Reset di Klaus Schwab,
la sua critica al sistema stesso che sta sviluppando all’interno dello stesso
libro che ne esalta i meriti e l’inevitabilità, è tale da assorbire,
burocratizzare, professionalizzare, gestire, sussumere e superare critiche
reali alla distopia emergente, come forma di “autocritica”.
( Le
note finali sono piene di riferimenti ad articoli di autori e pensatori che si
oppongono alla nascente tecnocrazia, di cui il Forum Economico Mondiale esiste
esclusivamente per esserne al servizio.).
Questa
“autocritica” di tipo gaslighting è un metodo di controllo da parte del sistema
su potenziali critiche al sistema. È una critica artificiosa, gestita dal
sistema e al servizio del sistema, poiché avanza con quelle medesime
caratteristiche che vengono allo stesso tempo criticate».
(
Joaquin Flores).
La
crescente distopia tecnocratica sembra perpetuare l’eredità della
socialdemocrazia, anche se in modo perverso, e quindi l’utilizzo dei partiti
Verdi e dei partiti socialdemocratici in Europa per implementarla è sia
previsto che razionale.
Ci
sono due uomini di nome Klaus Schwab, senza dubbio.
Un
uomo di nome Klaus Schwab è visto dai veri credenti, dagli intellettualoidi,
dall’intelligentsia liberale, dalla popolazione istituzionalmente raffinata,
come un uomo che si preoccupa profondamente dell’umanità.
Sembra
che credano che i suoi avvertimenti siano sinceri anche se misteriosamente e
sorprendentemente preveggenti. Il Forum Economico Mondiale, dopo tutto, deve essere stato
istituito con grande preoccupazione per l’umanità poiché è sostenuto principalmente
dall’istituzione più umana della storia umana, il Fondo Monetario
Internazionale. Questo Klaus Schwab è un umanista.
Quindi
forse questo è proprio il caso dei veri credenti; coloro che accettano per oro
colato la nuova “distinzione” schwabiana che ci viene chiesto di apprezzare tra
un capitalismo azionario e un capitalismo 2.0, un capitalismo degli
stakeholders.
Poi
c’è un secondo uomo di nome Klaus Schwab, che è visto dal resto del mondo e
dalle persone pensanti al suo interno, per il mostro che è.
Uno
smorfieggiante Klaus Schwab che appare sugli schermi di smartphone e tablet per
avvertire di un destino imminente, nessun ritorno alla normalità, nuove
pandemie che colpiranno molto presto e un’ondata di attacchi informatici. Questo Klaus Schwab è un terrorista
in generale, un personaggio che, come il dottor Fauci e Bill Gates, sembra
saltato fuori dal casting per i cattivi di Bond.
Poiché
le persone che non hanno scambiato la basilare intelligenza sociale con il
credito sociale, si rendono conto che, se la persona che sta emettendo
avvisi di catastrofi è il miglior amico delle stesse persone che creeranno
quelle catastrofi, quelli non sono avvertimenti. Proprio come per Fauci che nel 2017
ha affermato che una massiccia pandemia avrebbe avuto luogo entro il mandato di
Trump. Non
sono avvertimenti, sono minacce. Schwab è quello che consegna le minacce;
Schwab è il terrorista.
Perché
è così difficile capire che il W.E.F. fa solo ciò che è nell’interesse del
F.M.I.?
Come
dobbiamo distinguere il capitalismo degli azionisti dal capitalismo degli
stakeholders?
L’idea
di capitalismo “socialmente responsabile” non è nuova.
Ha
rappresentato l’ala centrista del fascismo circa 90 anni fa; è cioè l’incarnazione dell’ideale
corporativo e tecnocratico del secolo scorso fino agli anni ’70 circa, con
l’introduzione del friedmanesimo. In questo senso, possiamo dire che gli Stati Uniti e
l’UE sono esistiti su due traiettorie separate, con maggiori fondamenta nell’UE
basate sull’idea di responsabilità sociale nella sala dei bottoni.
Nel
nostro lavoro passato nella sezione sull’ideologia aziendale e lo Stato in “La morale del Grande Reset:
eutanasia per gli inessenziali”, abbiamo discusso la biforcazione dell’idea corporativa
di bene sociale, un tipo di capitalismo degli stakeholders che esisteva accanto alle idee
progressiste.
Queste
sono state strombazzate come ragioni per cui il socialismo non era necessario, poiché ciò che era buono per le
corporations era anche buono per la società perché questi industriali avevano
bisogno di comunità forti per creare condizioni stabili, lavoratori ben pagati
per acquistare i prodotti che producevano.
Questa
era l’epoca del capitalismo prima della globalizzazione. Anche noi abbiamo creduto in questo
ideale, come Henry Ford.
Poi è
arrivata una nuova idea, sempre più prominente nel discorso americano negli
anni ’80, dove contava solo la linea di fondo. Possiamo dire che il periodo di
Friedman che si era insinuato nella cultura negli anni ’70 aveva finalmente
raggiunto il mainstream.
Ma
alla fine, la vecchia idea di capitalismo sociale è tornata in una nuova
incarnazione, un nuovo marchio, dal W.E.F.: stakeholder capitalism and
capitalism 2.0.
Una
differenza fondamentale che non può essere sufficientemente sottolineata,
tuttavia, è che non esiste un piano a lungo termine per l’I.S.A. (Ideological
State Apparatus) del capitalismo degli stakeholders.
Usano
semplicemente il termine “capitalismo” per mantenere la continuità sociale e
ideologica con l’attuale incarnazione del capitalismo monopolistico.
Ma
l’obiettivo è gestire una società rigorosamente post-capitalista. Questo però non è quello previsto
dalla sinistra, ma piuttosto quello in cui si sviluppano nuove tecnologie coercitive e
spopolanti lungo un percorso misantropico verso la transizione dalla
plutocrazia alla tecnocrazia.
I suoi
veri credenti che presumono che le persone siano buone quando dicono cose buone
e fanno buone promesse, e ignorano completamente secoli di storia delle persone
o qualsiasi intuizione nella teoria politica e sociale: come disse Lord Acton,
lo storico britannico: “Tutto il potere tende a corrompere; il potere assoluto
corrompe assolutamente”.
C’è
una ragione per cui stiamo assistendo a una rinascita di questo vecchio tipo di
ideale aziendale. Poiché i governi sovrani e le democrazie cessano di esistere, il concetto friedmaniano di
esternalizzazione dei costi, che fa parte incrollabilmente del paradigma
attuale, non può più essere l’ideologia ufficiale della classe dominante.
In
verità, devono mantenere questa visione dell’esternalizzazione dei costi, che è
il fondamento e la spiegazione del loro schema misantropico. I paradigmi non vengono scossi in
questo modo, tendono a schiantarsi e bruciare insieme ai loro aderenti. Ciò dà origine a ciò che Pareto ha
chiamato la rotazione delle élites. Quindi, possiamo vedere che l’attuale
classe dirigente non abbraccia davvero alcun cambiamento. Piuttosto, lo intende
come una nuova demagogia.
E così
vediamo superficialmente la “stakeholder society” abbracciata da una nuova tecnocrazia
dominante,
soprattutto alla luce dell’automazione e del fatto che la maggior parte della
popolazione umana sarà in eccesso e ridondante. Naturalmente, una società degli
shareholders deve lasciare il posto ai punti di discussione su una società
degli stakeholders.
E così
ci viene chiesto di immaginare che ci sia una differenza rivoluzionaria tra il
“vecchio” concetto friedmaniano della società gestita dagli azionisti, e la
nuova società gestita dalle parti interessate. Questo felice discorso è iniziato
qualche decennio fa, quando ci è stato chiesto di abbracciare un “Capitalismo
2.0”, un capitalismo dal volto amico, e così via.
Questa è stata l’ideologia ufficiale della
socialdemocrazia nell’era postbellica, e per queste ragioni vediamo che la
sinistra moderata europea (quella che negli Stati Uniti verrebbe erroneamente definita
“estrema sinistra”) può posizionarsi a favore dell’agenda del Grande Reset a
condizione che ignori i bisogni effettivi o il lavoro, organizzato o meno.
La
Grande Ipocrisia del Grande Reset.
I due
uomini di nome Klaus Schwab sono entrambi portavoce dello stesso processo. Qualsiasi apparente attenzione
all’umanità, all’inclusione, al miglioramento delle condizioni di vita, al controllo del potere delle
corporazioni nel libro di Schwab “Covid-19: The Great Reset”, è un gesto
formale per ingraziarsi il segmento liberal-idealista della popolazione
istituzionalmente raffinata.
Il
W.E.F. ospita dibattiti su come “Combattere la povertà globale” e pubblica
rapporti come “Povertà: passato, presente e futuro“.
In
qualità di think tank principale del F.M.I., non dovrebbe sorprendere che gli
obiettivi effettivi del W.E.F. siano di fornire una copertura progressiva per
la ridistribuzione verso l’alto del capitale agli stessi istituti di credito
che servono, mascherando questo attraverso l’inversione e biforcazione della
lingua nel senso orwelliano di “double-speak”. Ed è stata proprio la concentrazione
del capitale lungo i vertici di distribuzione verso l’alto – la vera fuga di
capitali – che è principalmente responsabile della povertà globale.
Il
World Economic Forum presenta un mondo alla rovescia, in cui i loro briefing politici e
libri bianchi che esprimono preoccupazioni sulla povertà stanno in realtà
lavorando in armonia con gli schemi di distribuzione verso l’alto del F.M.I..
La
riduzione del potere locale degli Stati sovrani è inquadrata come
“anticorruzione” e “trasparenza”.
L’austera riduzione dell’accesso alla salute e ai
servizi umani nei paesi in via di sviluppo è vista positivamente come
indicatori di crescita economica, nonostante l’elevata relazione causale
diretta tra austerità (attraverso l’adeguamento strutturale) e povertà.
Presentano
la conformità del mondo in via di sviluppo con la governance globale, ovvero la
stabilità, come direttamente correlata all’eliminazione della povertà, quando
in realtà questi due vettori sono inversamente correlati.
Vale a
dire, più i paesi rispettano i programmi di aggiustamento strutturale, più è
difficile effettivamente superare la povertà. Il F.M.I. aveva finora orientato il
suo lavoro verso la mono-polarità geopolitica e geoeconomica, con il proprio
hub transatlantico come sede del potere.
Ora
sembra che il F.M.I. e il suo hub transatlantico abbiano rinunciato al loro
obiettivo di ristabilire il loro momento monopolare degli anni ’90.
È vero
che molti paesi hanno fatto passi da gigante nel superare la povertà – questo è
stato ottenuto lottando contro il F.M.I. e creando alternative al F.M.I. come i
BRICS. Questo
non vuol dire che i paesi dietro i BRICS siano ben intenzionati, ma che le
intenzioni qui hanno poco a che fare con il beneficio netto per i paesi
debitori introdotto dal semplice fatto di un interesse concorrente.
Il
libro di Klaus Schwab “Covid-19: The Great Reset” è scritto in modo biunivoco: le lamentele per la crisi economica
affrontata dalle popolazioni si leggono meglio come esaltazioni. Le descrizioni di pericolosi processi
di formazione della distopia in quel libro, che si riferiscono apertamente a
“The Handmaid’s Tale”, dovrebbero essere lette come veri e propri ingranaggi
della “soluzione” nell’opera.
Nel
libro di Klaus Schwab “Covid-19: The Great Reset”, vengono contemplati o almeno
menzionati eventuali potenziali “abusi”, “crimini” e “futuri distopici”
derivanti dalle politiche sociali del Great Reset.
Nel
capitolo The Macro Reset, sezione 1.6.3, sottotitolato “The Risk of Dystopia”, (pag. 167) per esempio, vengono
discusse visioni da incubo come nelle serie televisive “The Handmaid’s Tale”, “Black Mirror”
e le critiche al data mining e alla sorveglianza in “Capitalismo di
sorveglianza”, di Shoshana Zuboff.
Queste
distopie sono riconosciute come gli analoghi risultati reali e potenziali della
legislazione e delle politiche aziendali che le popolazioni subiranno e
sopporteranno per mano delle politiche aziendali e governative a seguito del
Grande Reset.
In
mostra qui, in forma microcosmica, l’intero I.S.A. (Ideological State
Apparatus) della tecnocrazia e, da alcuni decenni, lo stesso neoliberismo –
attraverso i partiti della II Internazionale, attraverso le ONG di Soros e
US-AID e il NED, ecc., all’infinito.
Due
uomini di nome Klaus Schwab.
Schwab
deve essere inteso come una sorta di Mengele della psicologia organizzativa, e anche ideologo per un nuovo
sistema che utilizza il trauma – atti terroristici e minacce terroristiche – per introdurre una nuova accettazione
della realtà in un orribile parallelo con il personaggio di Max Von Sydow, il
Dr. Naehring in Shutter Island.
Il
trauma è il punto di ingresso e i crimini precedenti che sono stati commessi
contro l’umanità possono essere trasformati attraverso questo trauma in crimini
che l’umanità stessa ha commesso e che ora deve pagare a caro prezzo. I crimini della classe dirigente
contro i popoli si trasformano in crimini che i popoli hanno commesso e che la
classe dirigente – gli stakeholders (governi, ONG, istituzioni) devono ora
correggere.
E le misure correttive saranno di natura punitiva e disciplinare.
Poiché
l’ideologia progressista (l’I.S.A. della modernità) riconosce i suoi attuali
difetti, tenta di dividersi dal sistema attuale che sostiene. Può essere sia l’ideologia
legittimante di un sistema, sia il principale critico di quel sistema verso un
sistema futuro migliore. Si legittima oggi in base a cose che promette di poter
aggiustare in futuro.
Il
W.E.F. non ha davvero bisogno di ascoltare i problemi reali della popolazione,
può contare su un’accademia piena di critici professionisti prodotta dalle
accademie del sistema stesso, che usano un miscuglio di ideologia e
speculazione per sintetizzare qualcosa che assomiglia a un riconoscimento dei
problemi della popolazione.
Ciò ha
creato l’illusione che il sistema fosse pluralista, quando praticava una forma elevata
di psicologia sociale e sociologia demagogica.
La
tecnocrazia della plutocrazia moderna, mentre passa a un nuovo tipo di
oligarchia, è simile al fascismo in quanto prende molti dei tropi e delle strutture
discorsive dell’anticapitalismo e della giustizia sociale, ma in un modo che colpisce verso il
basso come il fascismo-in-potenza lo ha fatto, e li arma nell’interesse del
leviatano tecnocratico decisamente antisociale e ingiusto.
La
tecnocrazia è diversa dal fascismo in quanto utilizza la sinistra attuale, e
chiaramente non la destra populista. Ciò è dimostrato dal Trumpismo negli Stati Uniti o dalla
Le Pen in Francia, la cui base si oppone ai lockdown, all’obbligo di maschere e
vaccini, alla chiusura delle attività e alle quarantene simili a carceri del
Grande Reset del Covid-19.
Qui,
la crescente distopia tecnocratica può anche sembrare portare avanti l’eredità
della socialdemocrazia, anche se in modo perverso, e quindi l’utilizzo dei
partiti Verdi e dei partiti socialdemocratici in Europa per implementarli è sia
previsto che razionale.
Peggio
ancora, anche i partiti di centrodestra fanno parte di questo schema, e quando
si muovono di pari passo con l’agenda del Grande Reset, possono persino
ricevere un riscontro positivo dai media dell’establishment di centrosinistra
(sinistra culturale) che definisce la maggior parte dei media occidentali al
momento.
E
ancora, sono tutti partiti politici che, con l’ascesa del neoliberismo e
della globalizzazione, all’indomani della distruzione dell’URSS, da tre decenni (o più) hanno assunto
il manto della sinergia pubblico-corporativa della tradizione dei vari
fascismi, pur non riconoscendola.
Per
chiarire questo punto con chiarezza: fascismo e socialdemocrazia
condividono una concezione quasi identica di economia politica (sinergia
impresa-pubblico).
Se il
fascismo è socialdemocrazia senza pluralismo né concezione liberale dei diritti
umani – o meglio – se la socialdemocrazia è fascismo ma con pluralismo e
concezione liberale dei diritti umani – allora la tecnocrazia si fonda su
quella economia politica condivisa dal fascismo e dalla socialdemocrazia come
un punto di partenza, limitandosi a sostenere formalmente il pluralismo e le
concezioni liberali dei diritti umani, utilizzando di fatto un metodo fascista
di governo antidemocratico e anti-pluralista. Ecco perché abbiamo due uomini di
nome Klaus Schwab.
In
aggiunta a ciò, i tecnocrati aziendali dei social media che sono impegnati nel Grande Reset, usano la minaccia immaginaria
dell'”estrema destra”, e ora “l’esitazione vaccinale”, per perseguire una
politica di censura indistinguibile dal totalitarismo (di estrema sinistra o di
estrema destra).
Nel
considerare la cinica perversione che è il testo Great Reset di Klaus Schwab,
la sua critica al sistema stesso che sta sviluppando all’interno dello stesso
libro che ne esalta i meriti e l’inevitabilità, è tale da assorbire,
burocratizzare, professionalizzare, gestire, sussumere e superare critiche
reali alla distopia emergente, come forma di “autocritica”.
Le
note finali sono piene di riferimenti ad articoli di autori e pensatori che si
oppongono alla nascente tecnocrazia, di cui il Forum Economico Mondiale esiste
esclusivamente per esserne al servizio.
Questa
“autocritica” di tipo gaslighting è un metodo di controllo da parte del sistema
su potenziali critiche al sistema. È una critica artificiosa, gestita dal
sistema e al servizio del sistema, poiché avanza con quelle medesime
caratteristiche che vengono allo stesso tempo criticate.
Poiché
le persone normali non possiedono più potere politico nei sistemi in cui il
governo corporativo ha sostituito le repubbliche costituzionali, i costi
devastanti saranno ridotti.
Per
questi motivi possiamo vedere che ci sono due uomini di nome Klaus Schwab.
(strategic-culture.org).
Oltre
“la pandemia”.
Congetture
sul prossimo futuro.
Sinistrainrete.info-
(28-2-2022)- Guido Cappelli – ci dice:
Stanno
per compiersi due anni da quando l’Oms dichiarò l’emergenza pandemica. E da
qualche giorno girano, insistenti, voci di fine (quasi) imminente di pass e
restrizioni varie.
“È finita, abbiamo vinto, il piano è
fallito!”, si ascolta sui social e nelle chat – e non si tratta solo di bufale
messe in giro probabilmente ad arte (che pure ce ne sono e si vedono), ma di
sinceri canti di vittoria, levati da un popolo del dissenso che incomincia a
mostrare comprensibili segni di stanchezza e di confusione.
Per la
verità, l’enigmatico ministro della Salute (enigmatico perché non si comprende
razionalmente per quali meriti e titoli sia riuscito ad attraversare due
governi e tutta la crisi senza praticamente un graffio), in un’intervista al
quotidiano ufficioso del regime, La Repubblica, ha già espresso chiaramente la
volontà governativa di prolungare le misure distopiche di limitazione delle
libertà fondamentali anche al di là della fine eventuale dello stato di
emergenza. Ma anche lui lascia intravvedere un sia pur fumoso e lontano “liberi
tutti”.
Non è
così. Non c’è e non ci sarà nessun “liberi tutti”. Mai, se da questa gente dipenderà.
E non perché gli oligarchi mondialisti alla Gates
ripetono un giorno sì e l’altro pure che ci saranno nuove pandemie, nuove
catastrofi che giustificheranno nuovi stati d’eccezione.
E
nemmeno per l’ideologia di queste oligarchie feudali, palesemente intrisa di
neo-gnosticismo antiumano ed eugenetismo dalla terrificante genealogia.
Ma
perché l’ammorbidimento delle restrizioni – in Italia e fuori – è funzionale al
prosieguo dell’instaurazione di quella nuova “razionalità politica” (per dirla
con Fusaro) che dovrebbe risultare dal grande reset in corso.
In
Italia e fuori: è bene ribadirlo, perché, se è vero che l’Italia (e comunque
non solo l’Italia) sembra all’avanguardia nella sperimentazione di misure psico-politiche
in senso distopico, è chiaro – ed è un’ingenuità credere il contrario – che il
reset investe il mondo intero e molto in particolare l’Occidente in preda a un
senso di tramonto, di sfinimento che meriterebbe ampie riflessioni non solo e
non strettamente politiche.
In ogni caso, se esiste un “nucleo duro” di
paesi, Italia compresa, che si stanno portando avanti nell’instaurazione di
misure gravemente lesive delle libertà e dei diritti umani, in pressoché tutto l’Occidente si
osserva quel salto di qualità nell’accettazione sociale dell’eccezione, quella
sorta di “resa” della società di fronte a una tecnocrazia che richiede poteri
sempre più pieni e tirannici nel nome di un’imminente catastrofe.
È
questa la chiave di volta, al di là dei tempi e dei modi in cui ciascuna realtà
nazionale si sta adeguando e sta implementando questo progetto.
Ma
esaminiamo alcuni degli elementi di questo salto qualitativo nella mentalità,
per cercare di capire a che punto si trova il progetto di rifondazione sociale
su basi tecnocratiche e totalitarie, un disegno geopolitico e imperiale di tale
portata che nessun individuo razionale può ritenere se non appena iniziato.
“Guardare discosto”, ci ammoniva il Machiavelli. Discosto, cioè più avanti, là
dove il Potere ha le sue mire e dove non vuole che nessuno guardi.
Intanto,
se si guarda indietro, ad appena due anni, se si fa un confronto, anche solo
personale, intimo, con la vita prima della “pandemia”, molti aspetti di quella che
conoscevamo come “vita normale”, sia sul piano individuale che su quello
sociale, sono profondamente e forse irreversibilmente mutati. Certo, molti elementi erano già in
campo. Ma non si può non vedere il salto qualitativo sul piano degli usi
sociali e della mentalità, oltreché su quello della legislazione e della
comunicazione, grazie allo stato d’eccezione in cui le oligarchie
pubblico-private, sovra- e a-nazionali, hanno scientemente precipitato buona
parte del mondo. A volte, questa insistenza sulla continuità, questo “era già così” o,
peggio, “è sempre stato così”, suona un po’ come un’autogiustificazione della
vigliaccheria di chi lo sostiene: dopo tutto, se è sempre andata così, a che
serve reagire?
Invece
la rottura col passato è stata profondissima, brutale. Dall’inizio del 2020
possiamo davvero dire che è iniziata un’altra era, si è prodotta una
spaccatura, una faglia esistenziale, a livello individuale e collettivo. Nulla sarà più come prima, dopo il
trauma dei lockdown, dei coprifuoco, delle regole insensate.
È
importante tenere presente questa periodizzazione, perché uno degli obiettivi
dell’oligarchia del new normal è proprio la cancellazione del ricordo, la
normalizzazione, l’interiorizzazione del nuovo corso distopico.
Come se un “prima” non ci fosse mai stato.
Scurdammoce ‘o passato. Come se gli uomini abbiano sempre vissuto indossando
mascherine e misurandosi la temperatura prima di uscire o esibendo
lasciapassare per entrare in un luogo pubblico.
Come,
nel citatissimo libro di Orwell, il passato svanisce triturato da solerti
funzionari del Ministero della Verità, così oggi passato, e presente, sono
soggetti alla tirannia dell’algoritmo che mostra e occulta con criteri che agli
umani comuni non è dato afferrare.
Quest’obiettivo
però non l’hanno ancora (del tutto) raggiunto. Nonostante il possesso di nove decimi
dei mezzi di comunicazione, nonostante un grado di manipolazione e
disinformazione privo di ogni minimo scrupolo, nonostante i Repubblica e i Fan
page di ogni angolo della Terra lavorino a marce forzate per fare della pubblica
informazione un gigantesco, inevadibile Ministero della Verità, questo
obiettivo non l’hanno (ancora) raggiunto. Sarà che il senso comune non è così
facilmente modellabile, sarà che esiste davvero un nucleo duro dell’umano,
refrattario alla Caverna.
Gli obiettivi
raggiunti sono però vari e inquietantissimi.
Anzitutto, il diffondersi dell’uso sociale e
l’accettazione ormai irreversibile della mascherina, che fin dal primo momento
si è profilata come il dispositivo, semplice perché immediato, di segnalazione
dell’obbedienza e di isolamento del dissenso, isolamento e segnalazione feroci,
perché legati al senso di vulnerabilità dei tanti suggestionati dalla paura
indotta dal regime.
Se senti l’altro come un potenziale killer,
non avrai freni inibitori nell’aggredirlo quando ritieni che ti mette in
pericolo.
La mascherina appunta a una nuova etichetta, a una versione estrema, dunque
grottesca, della civiltà delle buone maniere che un celebre sociologo faceva
coincidere con la modernità europea.
Questo
è il principio-base della separazione sociale, il sogno bagnato di ogni
totalitarismo: un mondo in cui tutti lottano contro tutti: omnia secundum litem fiunt,
disse Eraclito, ma il caos universale questa volta è indotto, dominato dai nuovi
mangiafuoco, i gerarchi della tecnocrazia eugenetica di cui sopra.
È
avanzata anche, in una misura impossibile al di fuori di un’eccezione
prolungata e sostenuta per due anni, la devastazione del diritto, cioè lo
svuotamento della lettera e dello spirito dei sistemi legali e delle Costituzioni
occidentali – queste ultime storicamente tra i principali idoli polemici da
abbattere per le oligarchie tecnocratiche.
Troppi diritti, troppe garanzie, a cominciare per costoro intollerabile habeas corpus, invenzione
europea quasi millenaria che contrasta frontalmente con l’aspirazione delle élites
globaliste alla concessione in “comodato d’uso” del corpo del cittadino comune.
Qui, in realtà, c’è un sottofondo filosofico
che dovremo affrontare prima o poi: perché solo mezzo secolo di Decostruzione
in filosofia e in letteratura hanno potuto permettere che la lettera delle
costituzioni potesse essere disinvoltamente ribaltata o cinicamente svuotata di
senso, come nel caso della tristemente celebre frase dell’art. 32:
“La
legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della
persona umana”.
Ovviamente,
senza lavoro né accesso a servizi, inermi di fronte a un nuovo, inedito regime
autorizzatorio, non c’è né ci può essere nessuna dignità, nessun rispetto; ma questo non sta impedendo che gli
alti traditori che siedono al Governo se ne infischino. Solo la Decostruzione – il vero
virus che sta erodendo l’umanità – ha permesso tutto questo. Dovremo
riparlarne.
Ora,
proprio il diffondersi pressoché incontrastato del sospetto generalizzato del
tutti contro tutti simboleggiato e reso manifesto dalla mascherina, rende
possibile che questo collasso sia garantito dalla collaborazione sociale: chi
si sente minacciato dal disobbediente è disposto alla delazione e al controllo:
per questo assistiamo (esterrefatti e attoniti) al trasferimento di poteri di
polizia in capo a una pluralità di soggetti che all’improvviso si trovano
promossi a controllori, a piccoli kapò, a zelanti sergenti del sistema.
Hanno paura, ed esorcizzano la paura sentendosi parte
di un potere, rubacchiandone i resti, les entrailles. Il potere, anche il micropotere,
calma l’ansia e dà una parvenza di senso un po’ a tutto.
Prende
forma una “nuova soggettività”, introflessa, confusa, sospettosa fino
all’isteria ma al tempo stesso prona a ogni manipolazione, a ogni stimolo
tossico.
E per
questo ci sono i media e i social, dove “la notizia” si sostituisce alla
realtà, in un mostruoso gioco sofistico in cui tutto è uguale a tutto e la
somma è zero.
La
potenza di questi media è tale da aver potuto creare un’evidente dissociazione
tra la realtà empirica e la percezione soggettiva, una sorta di dissonanza
cognitiva che installa nelle menti un senso sproporzionato di pericolo
imminente.
Ma se la narrazione è blindata, inchiodata sul
terrore di massa, è logico che la decisione politica venga sostituita dalla
scelta a senso unico della tecnica – che loro chiamano “scienza” ma che noi sappiamo
essere nient’altro che il sapere iniziatico che legittima l’esercizio di un
potere onnivoro, non più soggetto ad alcun limite. Il millenarismo, in verità, è una
formidabile arma di dominazione, perché vive dell’attesa paralizzante della
catastrofe.
Poi
c’è la digitalizzazione forzata, un processo che possiamo chiamare
disciplinamento digitale: soprattutto in paesi relativamente “arretrati” sotto
questo aspetto, l’identità digitale, e dunque il meccanismo di controllo
totalizzante della vita individuale, ha spiccato un salto in avanti di
proporzioni inimmaginabili.
Giova
valutarlo negli strati bassi della popolazione, quelli più restii, più estranei
al mutamento sociale. Le app, lo spid, il pagamento elettronico, sono entrati quasi
d’improvviso a far parte della vita quotidiana di settori sociali che in
condizioni normali avrebbero richiesto anni di campagne di “pubblicità
progresso”.
Famiglie
che fino a poco fa ignoravano se non irridevano questi dispositivi
apparentemente burocratici, ora obbediscono, e lo fanno nella forma più
vincolante: quella inconsapevole della rassegnazione a un’ineluttabile “fiumana del
progresso” che loro non sono in grado di comprendere né tanto meno di schivare.
È questo il significato autentico della loro “inclusione”: integrarsi o
sparire.
Sullo
sfondo, illogica eppur minacciosamente incombente, la guerra, guerra imperiale
che trasferisce sul piano geo-politico il reset socio-politico e antropologico,
e che ne è il segno più tangibile se solo si guarda ai poteri che la stanno
scatenando, esattamente gli stessi che promuovono l’involuzione totalitaria
dell’Occidente.
Chi
abbia qualche dubbio, legga il documento confidenziale del governo ucraino (t.me/lamiarussia/8084) recentemente venuto alla luce,
ispirato a una logica analoga: far passare il principio per cui i diritti naturali
diventano oggetto di concessione (e dunque possono essere ritirati) vale anche
per scatenare la pulizia etnica, come, a quanto pare, a Kiev pianificavano di
fare nel Donbass.
In
fondo, nell’incubo ipertecnologico, si scorgono trucchi antichi come l’uomo: la
minaccia esterna, il nemico che viene da lontano, Serse, Attila, Gengis Khan.
Frenano
le restrizioni, sì, forse. Ma solo per consolidare lo status quo del
laboratorio Italia. C’est ne pas que le début: ci attende un lunghissimo
inverno.
STATI
UNITI E UNIONE EUROPEA
CON
L’ARRIVO DI BIDEN.
Sollevazione.it
- Manolo Monereo-( 10-6-2022)- ci dice :
(Quarto
Poder).
Ci
mancherà Donald Trump? Temo di si.
Per
ora, il “senza Trump viviamo meglio” inizia a definire bene cosa sta
succedendo.
Alcuni di noi sapevano fin dall’inizio che la
guerrafondaia era Hillary Clinton e che Trump era qualcos’altro. Abbiamo
distinto tra gli effetti interni ed esterni di quello che sarebbe stato il suo
mandato.
È
stata una ritirata protezionistica per definire una nuova strategia di fronte a
un declino che sembrava inarrestabile e per garantire un’egemonia messa in
discussione nelle sue fondamenta. Come spesso accade con i populisti di destra
(il populismo è una parte costitutiva del sistema politico statunitense) le
dichiarazioni sono una cosa e le politiche che vengono effettivamente attuate
sono un’altra.
Come
ho scritto all’epoca, sono rimasto sorpreso nelle ultime elezioni dalla forza e
dalla coerenza del voto per Trump. È stato ripetuto fino alla nausea che Biden è stato
il presidente più votato nella storia americana; Trump, non va dimenticato,
aveva di fronte una coalizione molto potente guidata dai mass media e parte
consistente dell’establishment economico-corporativo.
Il presidente uscente ha fatto molto per
perdere: ha minacciato troppo, ha gestito male la macchina del governo, ha
maltrattato i suoi alleati e, peggio ancora, ha sottovalutato la pandemia e le
sue conseguenze sociali fino alla stupidità. Anche così, c’è stato un voto
particolarmente significativo, un’ampia mobilitazione militante e una proposta
solidamente inserita nella società. Trump non sarà un fiore di un giorno.
La
politica estera degli USA è stata chiara dopo lo scioglimento del Patto di
Varsavia e la disintegrazione dell’URSS: impedire l’emergere di una potenza che
potesse mettere in dubbio la propria egemonia.
Su questo piano non ci sono differenze tra
Trump e Biden; la divergenza ha a che fare con la strategia e il fattore tempo,
piuttosto con l’uso del tempo. L’ex presidente non ha mai definito in modo rigoroso la sua
proposta geopolitica: ha indicato nella Cina proprio il nemico esistenziale; ha
chiesto un allineamento incondizionato dagli alleati; ha accelerato il riarmo e
ha messo in discussione organizzazioni multilaterali che non erano più
funzionali.
Il suo grande errore è stata la Russia: non è stato in
grado di stabilire politiche che promuovessero relazioni più equilibrate con
l’Occidente e più autonome dalla Cina.
L’ultima
ragione ha molto a che fare con la pressione dei democratici, la posizione
schiacciata su NATO-UE e il gruppo di paesi della “nuova vecchia Europa” ed
anzitutto sui paesi del gruppo di Visegrad. C’è un fatto da non dimenticare,
nonostante la sua brutalità, i toni autoritari e il linguaggio bellicoso,
Donald Trump è l’unico presidente degli Stati Uniti negli ultimi quarant’anni
che non ha gettato il suo paese in una nuova guerra.
Biden
è stato accolto come un salvatore, un paladino della democrazia e del
multilateralismo. La parola d’ordine è “L’America è tornata”. Anche qui sarebbe
opportuno non lasciarsi ingannare dalla propaganda.
Si è
già detto prima, la posizione del nuovo presidente è chiara: si opporrà con tutte le armi
disponibili all’egemonia della Cina nell’emisfero orientale; insisto, con ogni
mezzo, compresa la guerra economica, tecnologica, cibernetica e militare, più o
meno ibrida o diretta.
La cosiddetta “trappola” di Tucidide ritorna
perché non se n’è mai andata del tutto. Graham Allison gli ha dedicato
un’ottima monografia, che, guarda caso, i leader cinesi stanno studiando per
chiarire se sia possibile governare l’attuale “grande transizione geopolitica”
in modo che non si concluda in un puro e semplice conflitto nucleare.
La
storia ritorna anche come conflitto di potere tra le grandi potenze, per
l’egemonia e, in questo caso, per il mantenimento di un quadro istituzionale
internazionale messo in discussione da Cina, Russia e, di conseguenza, da un
gruppo di Paesi che non si sentono rappresentati da questo quadro e pretendendo
cambiamenti profondi. Le relazioni internazionali e la geopolitica di questo ci
parlano.
Il declino di una superpotenza è sempre
determinato dall’emergere di uno stato o di un insieme di stati che lo sfidano
e portano a una crisi esistenziale. La dialettica amico - nemico ha qui il suo
territorio più preciso e unico. Questo è il fatto più caratteristico del nostro
tempo. Sarebbe bene interiorizzarlo per non cadere vittima di propaganda o
manovre orchestrali che finiscono per confondere e scambiare la lotta per i
diritti umani con la difesa degli interessi della grande potenza di turno.
La
strategia Biden è a lungo termine, multidimensionale, di resilienza e
contenimento.
La cosa più determinante è che la nuova
amministrazione sa che non può vincere questa guerra da sola; ha bisogno di
alleati su una mappa del conflitto che deve essere ordinata, coordinata e
diretta.
È
realismo offensivo in un senso preciso: prevenire, neutralizzare, ritardare il
dispiegamento del potenziale della Cina, la sua forza economico-tecnologica, le
sue capacità militari, la sua politica di alleanze e, soprattutto, esacerbare i
conflitti interni fino a farli diventare crisi di governabilità.
La
democrazia liberale come alternativa, il libero mercato come mezzo e la
promozione dei diritti umani alla maniera americana. Questo è stato scritto così tante
volte e da così tanti autori diversi che è pleonastico doverlo ricordare.
L’anomalia
era Trump; il potere è Biden.
Per
dirla con il titolo di un libro di un noto falco repubblicano che finì come
consigliere di Hillary Clinton: The Return of History and the End of Dreams.
Ciò
che Robert Kagan ha scritto quindici anni fa viene difeso dalla nuova
amministrazione e ripetuto dai suoi portavoce nell’Unione europea. È solo
l’inizio.
La
nomina di Josep Borrell come Alto rappresentante dell’Unione per gli affari
esteri e la politica di sicurezza (una denominazione che è tutto un programma!)
ha fortemente stimolato l’uso di concetti e lo sviluppo di politiche che mirano
a mostrare che la UE si sta muovendo verso un tipo di organizzazione molto
simile a uno Stato.
Ecco
quindi concetti come: sovranità (economica, commerciale, tecnologica,
militare), autonomia strategica, pilastro europeo di sicurezza e difesa come
priorità, sviluppo delle proprie capacità politico-militari.
Tutto
questo nel quadro della definizione di nuovi strumenti e nuove politiche che
rafforzano i budget militari, accelerazione e applicazione di nuove tecnologie
all’industria della difesa e della sicurezza.
Il fatto che non vi sia dibattito pubblico in tempi di
pandemia e crisi economico-sociale la dice lunga sulla misura in cui le
questioni europee sono fuori dallo spazio pubblico e, sarebbe bene tenerne
conto, il grande consenso che attira tra le classi dirigenti, compreso il
governo di Pedro Sanchez. Una parte della manna dei fondi di mana europei andrà
proprio in questa direzione.
Borrell
non si stanca mai di dire che la “autonomia strategica europea” non implica una rottura
con il legame transatlantico, ovvero con la NATO.
Inoltre,
ribadisce che maggiore è l’autonomia, maggiore è l’unità strategica con gli
Stati Uniti e quindi una struttura militare comune. La domanda è pertinente: cosa
significa la cosiddetta autonomia? Rinegoziare il ruolo di partner; essere
presi in considerazione e guadagnare in questo quadro autonomia strategica. C’è
un fatto che non dovrebbe essere ignorato; le critiche a Trump avevano a che
fare con il suo allontanamento dalla NATO, con il disprezzo per gli alleati e
con la convinzione che, quando fosse arrivato il momento critico, non sarebbe
stato un alleato fedele, cioè che non avrebbe applicato l’articolo 5 del
Trattato. Il Marocco così vicino e così lontano.
Dov’è
il problema principale della geopolitica dell’Unione europea?
Non
definirsi sulla grande questione strategica dei prossimi decenni: accetti o no
di andare in un mondo multipolare?
Vuoi
essere protagonista di questo passaggio decisivo come soggetto autonomo? Le due questioni sono una sola:
prendere una decisione politica fondamentale in un mondo in rapida evoluzione.
Ma qui
non è ammesso fare confusione. Difendere il multilateralismo non è la stessa cosa che
scommettere su un mondo multipolare.
Sono concetti chiaramente differenziati. Il multilateralismo è un modo per
organizzare l’egemonia da parte del potere dominante, un modo per ordinare le relazioni
internazionali, rendendole prevedibili e riducendo la complicità di un mondo
dominato dall’anarchia.
La multipolarità è un processo di (ri) distribuzione
del potere tra grandi potenze che implica un riordino gerarchico tra di loro. In altre parole, conflitti di base,
guerre ad alta e bassa intensità, fratture politico-culturali. Il potere come bene sempre più scarso
e in permanente disputa.
La
linea di demarcazione è molto precisa: gli Stati Uniti si oppongono
radicalmente a un mondo multipolare.
La
grande transizione geopolitica che stiamo vivendo romperà con le regole del
gioco, la correlazione di forze e l’egemonia su cui ha basato il suo dominio. La vera autonomia dell’Unione europea
sarebbe quella di collaborare attivamente a questa grande transizione con
l’obiettivo di garantire un nuovo ordine, più giusto, democratico e pacifico.
Ciò
implicherebbe disconnettersi dalla NATO, definire nuove alleanze e regole
appropriate per un’architettura mondiale senza precedenti.
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