IN NOME DEL PROGRESSO ,DIFESA DELLA LIBERTA’ E DEMOCRAZIA ...

IN NOME DEL PROGRESSO ,DIFESA DELLA LIBERTA’ E DEMOCRAZIA ,

I “DEM USA” e il “DEEP STATE”  … CI VOGLIONO UCCIDERE TUTTI.

 

 

USA, MELANIA TRUMP :

“INACCETABILE L’ASSALTO AL CONGRESSO”.

Internationalwebpost.org- Giulio Negri-(30-5-2022)- ci dice

 

La First Lady rompe il silenzio nel giorno in cui si discute dell’impeachment per suo marito, che, intanto, perde anche il social “Parler”.

"Condanno assolutamente le violenze che si sono verificate nel Campidoglio della nostra nazione. La violenza non è mai accettabile. Vi imploro di fermare le violenze, di non fare mai supposizioni basate sul colore della pelle di una persona e di non usare ideologie politiche diverse come base per l’aggressività. Dobbiamo ascoltarci l’un l’altro, concentrarci su ciò che ci unisce e superare ciò che ci divide. In qualità di americana, sono orgogliosa della nostra libertà di esprimere i nostri punti di vista senza persecuzioni. È uno degli ideali fondamentali su cui è costruita l’America. Molti hanno compiuto l’ultimo sacrificio per proteggere quel diritto”. Con queste parole, apparse sul sito della Casa Bianca, la First Lady Melania Trump ha condannato, dopo quasi una settimana dall’accaduto, l’assalto dei suprematisti bianchi a Capitol Hill avvenuto nel giorno della ratifica dell’elezione di Joe Biden. Una condanna che appare, almeno nella forma, molto dura e determinata, ben più di quella, stentata, arrivata da parte del Presidente. Le parole della First Lady arrivano nel giorno in cui alla Camera si discute dell’opportunità di avviare una procedura di impeachment contro Donald Trump, da molti ritenuto responsabile e addirittura mandante della rivolta del 6 gennaio.

 

Di fronte al rifiuto da parte del vicepresidente Mike Pence di procedere con la rimozione di Trump tramite il 25° emendamento “a meno che non diventi più instabile”, la speaker della Camera Nancy Pelosi ha preso l’iniziativa, dando un ultimatum proprio a Pence: o il numero due di Trump agirà in 24 ore, oppure si tenterà la strada impervia dell’impeachment.

Nel frattempo, il tycoon, sempre più isolato, ha ricevuto l’ennesimo smacco sul web.

 Trump, infatti, dopo essere stato sospeso da Twitter e Facebook a causa delle ripetute violazioni dei termini di servizio da lui commesse, aveva deciso di spostare il centro nevralgico della sua comunicazione sul social network Parler, che aveva iniziato a diventare popolare negli ambienti estremisti (soprattutto di destra) proprio quando i controlli dei social di proprietà di Mark Zuckerberg contro l’hate speech iniziarono a farsi più stringenti.

 Il CEO della piattaforma Parler, John Matze, infatti, si è sempre vantato del fatto che il suo social network non imporrebbe alcun codice di comportamento agli utenti, permettendogli di esprimere qualsiasi opinione senza incorrere in censura. Inevitabilmente, un luogo virtuale senza alcuna forma di moderazione non poteva che diventare un aggregatore di ideologie violente, estremiste, antidemocratiche, complottiste, ed in generale profondamente pericolose.

Appena Trump ha annunciato la propria iscrizione a Parler, però, c’è stata una mobilitazione collettiva da parte dei giganti dell’high-tech per impedire che tutti i recenti sforzi fatti per fermare la circolazione dei neofascismi sul web.

Al blocco di Parler da parte di Google e Apple, è seguito quello da parte di Amazon Web Services, che il social utilizzava come host.

 Così, Parler è stato cancellato dalla rete, insieme al profilo di Trump.

Molti hanno interpretato questo evento come un attacco alla libertà di espressione, ed in effetti la situazione è molto delicata. È opportuno però ricordare che le libertà non sono illimitate, in quanto devono sempre accompagnarsi al senso di responsabilità ed al rispetto verso il prossimo. Come i più grandi teorici della libertà hanno egregiamente spiegato nel corso dei secoli, ogni libertà vede il proprio confine invalicabile in quella altrui.

 Non è lecito utilizzare le proprie libertà per sopprimere o discriminare, verbalmente o fisicamente, gli altri, in quanto questo andrebbe a ledere i diritti di questi ultimi. Appellarsi alla libertà di espressione oggi, per andare al potere domani ed eliminare il libero pensiero dei rivali politici dopodomani, non è solo ipocrita, ma meschino e pericoloso. (Giulio Negri.)

 

 

 

 

 

Appello per il ritiro immediato della

proposta di legge costituzionale in materia

di dichiarazione e disciplina

dello “stato di emergenza nazionale”

fipnews.org- Virgilio Violo – (6-5-2022)- ci dice :

(in Politcs).

 

Il nostro collega e associato Luca Scantamburlo ci ha segnalato il suo appello affinché venga ritirata immediatamente la proposta di legge costituzionale in materia di dichiarazione di disciplina dello stato di emergenza nazionale.

 Non solo ne condividiamo l’appello, ma la speranza è quella che i nostri concittadini prendano consapevolezza del radicale sconvolgimento che sta per essere perpetrato alla nostra Costituzione, atto fondante del nostro vivere civile. Di seguito l’appello.

(Virgilio Violo).

 

alla c.a. Deputati e Senatori della XVIII Legislatura

e p.c. ai vertici ed organi istituzionali di Camera e Senato.

 

 OGGETTO: URGENTE richiesta di ritiro immediato della proposta di L. Cost. atto parlamentare n. 3444, Camera dei Deputati, modifica art. 78 Cost. e altre disposizioni in materia di dichiarazione e disciplina dello stato di emergenza nazionale.

 

Onorevoli Deputati e Senatori della Repubblica italiana,

Per iniziativa degli On. Deputati:

TOMASI Maura; MOLINARI Riccardo; BAZZARO Alex; BIANCHI Matteo Luigi; CANTALAMESSA Gianluca; CESTARI Emanuele; COMENCINI Vito; COVOLO Silvia; CRIPPA Andrea; DE MARTINI Guido; GOLINELLI Guglielmo; GRIMOLDI Paolo; LOSS Martina; LUCCHINI Elena; MICHELI Matteo; PAOLIN Giuseppe; PICCOLO Tiziana; PRETTO Erik Umberto; TATEO Anna Rita; TONELLI Gianni; ZENNARO Antonio (C. 3444):

vi accingete a discutere prossimamente in Parlamento l'atto parlamentare n. 3444, una proposta di modifica costituzionale la quale costituisce un atto di inaudita pericolosità per l'assetto democratico e repubblicano del nostro Paese, che dal 1° gennaio 1948 riconosce i diritti inviolabili dell'essere umano (ex art. 2 Cost., e lo ha fatto ancora prima della Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la celebre DUDU del dicembre 1948) in quanto il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana sono posti a fondamento e perno della nostra Costituzione all'insegna del principio personalista, come già ribadito dal padre costituente Giorgio La Pira secondo il quale l''individuo è un "prius" e lo Stato un "posterius" e non viceversa, cosa sottolineata anche dal nostro già Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro - altro membro della Assemblea Costituente - che amava raccontare pubblicamente la genesi della Costituzione e questa osservazione di Giorgio La Pira contenuta in una sua relazione sui lavori della Costituente.

La proposta di modifica costituzionale dei deputati italiani di cui sopra rischia di rovesciare questo principio e far dimenticare che la Costituzione della Repubblica è stata pensata senza possibilità di stati emergenziali per ragioni molto precise e ponderate: non è stata una dimenticanza o una distrazione.

Con la presente, il sottoscritto come cittadino italiano ed in forza del principio di sussidiarietà orizzontale costituzionalmente garantito (IV comma art. 118 Cost.) e nel solco ed augurio del padre costituente Piero Calamandrei che si auspicava che i cittadini fossero sempre vigili guardiani della Costituzione della Repubblica, chiede URGENTEMENTE il RITIRO IMMEDIATO della Vostra proposta di legge costituzionale dopo consultazione e per volontà concorde di tutti i parlamentari promotori.

Allo scopo, si invitano alla attenzione tutti gli Onorevoli deputati - soprattutto coloro che hanno depositato l'atto firmato (ventuno deputati) - e tutti i vertici istituzionali per conoscenza, e si allega il testo di un atto giudiziario depositato presso la magistratura inquirente, inerente gravi illeciti di natura penale che potrebbero essere stati commessi dalle Autorità nel corso della emergenza sanitaria nazionale 2020-2022 ("pandemia" dovuta al presunto agente patogeno opportunista denominato "SARS-CoV-2"), e che la magistratura inquirente vaglierà in queste settimane per valutarne la fondatezza e consistenza oggettiva, decidendo se aprire o meno un fascicolo penale.

L'atto esplicito di ritiro della legge costituzionale qui richiesto con urgenza, si rende necessario non solo perché a giudizio di chi scrive Voi state commettendo un grosso errore sul quale i cittadini hanno il dovere di richiamare la Vostra attenzione, ma soprattutto perché in queste settimane la magistratura inquirente sta accertando la fondatezza dell'esposto-denuncia depositato nel mese di aprile 2022 presso la Procura della Repubblica di Udine, di cui sopra.

Altre indagini preliminari penali in materia di farmacovigilanza sono già state avviate e sono in corso presso la Procura della Repubblica di Roma dopo denunce e querele presentate da cittadini ed associazioni di tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, come la IDU (Istanza Diritti Umani) e DUS (Diritti Umani e Salute), rif. inchiesta "AIFA Le verità mai emerse sui vaccini", di Francesca Ronchin, Panorama 20 aprile 2022, ed articoli di quotidiani, in particolare si legga "Lotta al COVID: indagato mezzo Governo Conte", di Patrizia Floder Reitter, 21 aprile 2022, La Verità, 21 aprile 2022.

Già questa attività inquirente di natura penale preliminare - con fascicoli di indagine già aperti - in tema di farmacovigilanza e rispetto dei diritti umani e civili, dovrebbe invitarvi alla estrema prudenza - attendendo perlomeno l'esito di tali indagini - prima anche soltanto di pensare di toccare i diritti fondamentali dell'individuo che trovano riconoscimento nella carta costituzionale e nostra legge fondamentale dello Stato.

Il sottoscritto - assieme ad oltre cento cittadini di Veneto e Friuli Venezia Giulia ed alla Associazione UHRTA di Trieste - ha firmato con autentica dell'avvocato del Foro di Udine presso cui abbiamo eletto domicilio, l'atto di denuncia qui in allegato che espone fatti ed illustra i documenti allegati e depositati in Procura ad Udine e che configurano dieci (10) ipotesi di reato, fra le quali quelle previste agli artt. 283- 414-415-422-443-452-610-629-640-661 c.p. (codice penale).

La vostra proposta di modifica costituzionale dell'art. 78 Cost. - giuridicamente parlando - avrà ed avrebbe l'inevitabile conseguenza di snaturare e turbare in modo irreversibile il delicato equilibrio ed assetto costituzionale che garantisce la democrazia e la salvaguardia delle libertà e dei diritti fondamentali dell'individuo, nel bilanciamento fra diritto all'autodeterminazione del singolo e tutela della dimensione collettiva del bene comune (l'interesse della collettività).

Esistono già nel nostro ordinamento giuridico principi di riserva di legge, leggi e poteri di ordinanza sindacale e ministeriale, che consentono la gestione di crisi sanitarie locali ed anche nazionali.  Anche lo strumento del DPR - Decreto del Presidente della Repubblica - poteva essere impiegato nella gestione sanitaria nazionale della malattia COVID-19, ed avrebbe trovato maggiore attenzione alla garanzia costituzionale, essendo firmato e sottoscritto dal Presidente della Repubblica che è il primo garante della Costituzione.

Nella cornice dei gravi fatti e documenti illustrati alla attenzione della magistratura inquirente, il Vostro atto di proposta di modifica costituzionale - che si può pensare fatto da Voi in buona fede per la tutela di tutti e per una maggiore chiarezza normativa e rispetto della gerarchia delle fonti - porterebbe invece ad un autentico tradimento del patto fondativo fra popolo sovrano e Stato, ad un tradimento dei principi e valori più cari ai padri ed alle madri costituenti, e le ragioni sono espresse indirettamente qui di seguito nelle parole di un insigne giurista, ma vanno lette anche alla luce del quadro drammatico che emerge dall'atto di esposto-denuncia depositato presso la Procura della Repubblica di Udine.

L'assenza di qualunque opzione o possibilità di dichiarare un vago o specifico stato di emergenza nazionale nel nostro testo costituzionale  - diverso dall'unica eccezione costituita da quello bellico (stato di guerra deliberato dalle Camere, art. 78 Cost.) - è stata una precisa scelta frutto della volontà delle madri e dei padri costituenti che appositamente hanno voluto evitare che la Costituzione della Repubblica italiana contenesse una falla strutturale analoga a quella presente nella Costituzione di Weimar del 1919: il famigerato articolo 48 della Costituzione di Weimar prevedeva infatti in certi frangenti la sospensione di ben sette (7) diritti fondamentali da parte del Presidente del Reich, utilizzando se necessario la forza armata.

 

"[...] A tale scopo può sospendere in tutto o in parte la efficacia dei diritti fondamentali stabiliti dagli articoli 114, 115, 117, 118, 123, 124 e 153".

 

Sappiamo tutti come andò finire nella Germania di Adolf Hitler e del nazionalsocialismo: Hitler dopo essere stato nominato Cancelliere del Reich nel 1933, ebbe buon gioco - assieme ai gerarchi nazisti - nel sospendere le garanzie costituzionali.

 

Voi deputati - con la Vostra inopportuna proposta di modifica costituzionale anche se promossa da Voi in buona fede - state per aprire uno squarcio nel testo costituzionale, una vera e propria falla nell'architettura costituzionale sapientemente costruita fra il 1946 ed il 1947, falla che rischierebbe di far affondare definitivamente l'Italia e con essa il proprio popolo, in frangenti analoghi a quelli già vissuti nel 2020 e 2021.

Non si può toccare un punto della Costituzione - così delicato come quello dei diritti fondamentali e delle libertà dell'individuo  - e pensare che una modifica in quel punto, correlandoli ad uno stato di eccezione teorizzato e contemplato in una modifica della Costituzione, non si ripercuota poi in tutta la architettura costituzionale in modo sistemico, con grave pregiudizio ai plurimi diritti soggettivi dell'individuo, che così rischiano di essere degradati a meri interessi legittimi in una declinazione schimittiana e leviatana che è proprio ciò che l'Assemblea Costituente - e la speciale Commissione dei 75 incaricata del progetto costituzionale -  hanno voluto evitare con il loro estenuante e complesso lavoro compiuto fra il 1946 ed il 1947.

 

Si allega pertanto alla presente il testo dell'esposto denuncia di cui sopra - allegati esclusi - depositato presso la Procura della Repubblica di Udine in data 14 aprile 2022 da un avvocato di nostra fiducia che ha autenticato le 120 firme dei cittadini sottoscrittori e della Associazione UHRTA di Trieste anch'essa partecipe e firmataria, e si invitano tutti i parlamentari a leggerlo con attenzione perché si responsabilizzino nel loro ruolo di rappresentanti del popolo ed esercitino tutto il loro potere di parlamentari perché cessi la illogica politica sanitaria restrittiva dei diritti fondamentali, sul piano legislativo sub-legislativo e provvedimentale: una vera e propria deriva autoritaria che ha configurato un golpe normativo nel 2020 e 2021 ed ora - con la Vostra infelice proposta di modifica dell'art 78 Cost. - rischia di strutturare un "colpo di stato permanente" di cui Voi sembrate non essere pienamente consapevoli.

Si richiama altresì la Vostra attenzione sul fatto che il nostro esposto-denuncia depositato ad Udine è stato inoltrato per conoscenza anche alla Corte Penale Internazionale dell'Aja, per possibili crimini contro la umanità commessi dall'Italia nella gestione emergenziale sanitaria COVID-19.

Qualora vogliate persistere nella Vostra inopportuna proposta di modifica costituzionale dell'art. 78 Cost., prima di spingervi in territori inesplorati che rischiano di fratturare definitivamente la popolazione dal punto di vista della coesione sociale e minare definitivamente la fiducia che i cittadini ripongono nelle Istituzioni - già quasi compromessa dalla stagione liberticida e di libertà "autorizzate" durata oltre due anni e figlia del Governo Conte bis e del Governo Draghi, con la complicità di un Parlamento che ha dato delega in bianco al Governo sin dal febbraio 2020 - leggete con attenzione il documento in allegato ed i seguenti estratti: l'ultima parte del nostro esposto denuncia, qui riportato in calce (testo integrale dell'atto in allegato alla presente), ed un passaggio di un editoriale dell'aprile 2020 a firma di un autorevole studioso di diritto costituzionale:

 

"[...] Si fa presente anche – in tema di potenziale attentato contro la costituzione dello Stato ovvero in  ogni  caso  in  presenza  di condotte  idonee  a  sovvertire  l'ordine  democratico  –  quanto affermato  nella  primavera  2020  da  un  docente  costituzionalista  dell’Università  La  Sapienza  di Roma, il professor Gaetano Azzariti, che aveva già intuito i rischi e i pericoli di uno stato di eccezione permanente, ove l’eccezione si fa regola e ove le libertà e i diritti costituzionali diventino libertà e diritti autorizzati, spogliati del loro valore intrinseco e degradati – in modo illegittimo – a meri interessi legittimi. Eventuali limitazioni e compressioni dei diritti costituzionali – decise nell’ambito della situazione emergenziale – non possono che avere un orizzonte temporale limitato, a scadenza, e laddove misure  emergenziali  e  lesive  dei  diritti  fondamentali  si  strutturino  permanentemente  oltre ogni ragionevolezza, proporzionalità e provvisorietà, vi è dunque il pericolo di un “colpo di stato permanente”.

Estratto dall'Esposto-denuncia depositato presso la Procura della Repubblica di Udine

14 aprile 2022.

 

Il prof. Gaetano Azzariti - ordinario di diritto costituzionale press la Università degli Studi La Sapienza di Roma - scriveva nel suo illuminante editoriale "Il diritto costituzionale d'eccezione"  dell'aprile 2020:

 

[...] "Vorrei essere netto sul punto: un Governo che adottasse misure simili a quelle attualmente assunte, ma in assenza di pandemia e in materie che non implichino la salvaguardia del diritto fondamentale alla salute  (ma anche “interesse della collettività”, scrive la Costituzione) porrebbe in atto fatti eversivi della legalità costituzionale. Nessuna assimilazione è possibile tra l’attuale eccezionale stato di necessità e le ordinarie crisi perpetue o le emergenze perenni cui siamo abituati in tempi “normali”.

Riconoscere, limitare e circoscrivere gli stati d’eccezione per evitare che un futuro Governo si senta autorizzato, “passata la peste”, fosse anche con il consenso del “popolo” (che in tempi di populismo ben poco vuole dire) ovvero della stessa maggioranza parlamentare, ad utilizzare gli stessi mezzi per affrontare la crisi economico-sociale, ovvero per imporre le proprie politiche nelle materie più controverse, soprattutto nei settori più sensibili (dalla gestione dell’ordine pubblico, alle politiche securitarie). Dopo la pandemia spetterà a tutti noi ricordare che la Costituzione si pone a fondamento delle libertà e non delle sue eccezionali limitazioni, rivendicandone il valore e l’essenza.

Ma soprattutto si dovrà vigilare perché nessuno abusi della situazione presente ponendo così in essere un colpo di stato permanente.

Nella Roma antica, com’è noto, esisteva una figura giuridica che permetteva di salvare la Repubblica nelle situazioni in cui era messa in gioco la sua sopravvivenza. Il Senato trasferiva tutti i suoi poteri ad un soggetto per un massimo di sei mesi. Poi, cessato il pericolo, ma anche solo trascorso invano il tempo definito, nessuno era più autorizzato a porre in essere atti “dittatoriali”.

Quando qualcuno (Silla prima, Cesare poi) ha pensato di estendere lo stato di emergenza e si fece confermare oltre il tempo i pieni poteri, ecco che la dittatura da “commissaria” si fece “sovrana”, e la Repubblica capitolò. Ancora oggi è questa la sfida più grande. Se infatti adesso sopportiamo limitazioni di libertà disposte in piena e solitaria responsabilità dal Governo pro tempore in carica, lo facciamo per necessità, avendo ad esso trasferito di fatto i poteri sovrani. Consapevoli però che, se dopo aver sconfitto il terribile e invisibile nemico, non si dovesse tornare alla normalità, rischieremmo di precipitare nel buio della Repubblica"

 

di Gaetano Azzariti

Il diritto costituzionale d’eccezione,

Editoriale Scientifica, Fascicolo 1 | 2020, Editoriale.

 

Per tutto quanto premesso, si richiede urgentemente il ritiro immediato della Vostra proposta di L. Cost. atto parlamentare n. 3444 Camera dei Deputati anche e soprattutto alla luce della lettura del testo dell'atto giudiziario di denuncia depositato presso la Procura della Repubblica di Udine, che Voi come Onorevoli Deputati italiani avete l'obbligo morale e civico - oltre che parlamentare come Rappresentanti del popolo messi al corrente di fatti e documenti di una gravità inaudita - di leggere con estrema attenzione non appena possibile e compatibilmente con i Vostri numerosi impegni.

 

In fede

dr. Luca Scantamburlo

 

RAVEO (UD), 1 maggio 2022

uno dei 120 firmatari ed Autori dell'esposto-denuncia

depositato presso la Procura della Repubblica di Udine (aprile 2022)

ESPOSTO-DENUNCIA depositato in Procura (aprile 2022).

 

 

 

 

La storia della visita di Salvini

 a Mosca è ormai una farsa.

Il post.it-Redazione- (3-5-2022)- ci dice :

Un po' tutti l'hanno giudicata una pessima idea, resa ancora più bizzarra dal coinvolgimento di un oscuro ex deputato di Forza Italia.

Negli ultimi giorni la vicenda della visita in Russia del segretario della Lega Matteo Salvini per proporsi come intermediario per la pace con l’Ucraina sta continuando a occupare le pagine dei giornali, e sta gradualmente assumendo i contorni della figuraccia.

La visita, che Salvini aveva annunciato ma che non è mai avvenuta, è stata preventivamente criticata dagli alleati di governo, dalla Chiesa cattolica – che Salvini aveva tirato in ballo in un ipotetico piano di pace – e anche dall’ala moderata della Lega, con cui Salvini è in cattivi rapporti ormai da tempo. Un ulteriore elemento che rende ancora più bizzarra la vicenda è che Salvini ha organizzato la visita con un ex parlamentare di Forza Italia, Antonio Capuano, che diversi quotidiani definiscono esplicitamente come una specie di faccendiere noto per essere vicino a regimi autoritari.

Che un leader nazionale senza incarichi di governo organizzi una visita in Russia per parlare col presidente russo Vladimir Putin e proporsi come intermediario di una trattativa è sicuramente un fatto irrituale. Nel caso di Matteo Salvini, fra l’altro, la sua storia politica non lo rende esattamente un mediatore indipendente.

Salvini e la Lega hanno da tempo rapporti molto stretti con il governo russo, e in passato il leader leghista aveva espresso grande ammirazione per Putin, anche dopo l’invasione della Crimea e le numerose segnalazioni di violazioni dei diritti umani da parte del presidente russo.

Nel 2018 Salvini per esempio aveva detto di preferirlo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel corso di un viaggio a Mosca si era anche fatto fotografare con una maglietta con la foto di Putin, e in più occasioni aveva detto di stimare e rispettare il presidente russo, sostenendo per esempio che avesse dato «ricchezza, prosperità ed orgoglio» alla Russia dopo il periodo sovietico. Negli ultimi anni la Lega aveva inoltre stretto accordi con il partito di Putin, Russia Unita, e anche dopo l’invasione dell’Ucraina Salvini è sempre stato il leader politico italiano più morbido con la Russia e con Putin.

Ma al di là della indipendenza e autorevolezza di Salvini, quella della visita è stata giudicata da molti una manovra per riguadagnare una centralità politica che ha perso ormai da qualche mese, e in generale una pessima idea per varie ragioni: su tutte, per il fatto che i rapporti fra Italia e Russia sono nel periodo più delicato da diversi decenni a questa parte, e un’iniziativa maldestra di questo genere potrebbe ulteriormente comprometterli.

«Bisogna muoversi di concerto con il governo: sono questioni di portata mondiale e quindi ciascuno deve dare il suo contributo ma all’interno di percorsi che sono molto molto complicati», ha detto per esempio Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico e vicesegretario della Lega. Il Corriere della Sera riporta invece di «un certo fastidio» in Vaticano per via del fatto che in alcune interviste Capuano ha citato il fatto che nel piano di pace proposto da lui e da Salvini la Chiesa cattolica avrebbe un ruolo da mediatrice fra Russia e Ucraina.

 

Anche la presenza e l’attivismo di uno come Capuano – che nella Lega non conosceva quasi nessuno, fino a pochi giorni fa – ha generato molte attenzioni. Repubblica lo definisce un uomo dalle «misteriose connessioni internazionali»: 51enne perito elettronico, eletto deputato giovanissimo con Forza Italia nel 2001, poi immischiato negli ultimi dieci anni in giri di cui non si sa moltissimo.

Repubblica lo definisce avvocato dell’ambasciata del Kuwait in Italia, Domani scrive che «risulta socio in almeno una decina di aziende principalmente con sede in Campania» e che ha contatti anche con l’ambasciata russa. Grazie a questi contatti negli ultimi mesi avrebbe organizzato almeno un incontro fra Salvini e l’ambasciatore russo in Italia confermato a Domani dall’ufficio stampa dell’ambasciata russa ma smentito dallo stesso Capuano.

Anche un incontro del genere, peraltro, sarebbe estremamente irrituale. La presidenza del Consiglio ha fatto sapere a Domani che «fosse vera la notizia, sarebbe gravissimo», perché Salvini non avrebbe informato il governo di questo incontro.

I contatti fra Capuano, Salvini e la Russia sono stati osservati anche dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR), che secondo il Corriere della Sera «sta valutando l’apertura di un dossier che avrebbe al centro la figura di Capuano».

Il fatto che per giorni nel dibattito politico di un paese europeo si parli della possibile visita in Russia di un politico notoriamente filorusso si sposa perfettamente, peraltro, con la campagna di disinformazione e inquinamento del dibattito che la Russia sta portando avanti nei vari paesi europei dall’inizio della guerra, che fra i propri obiettivi ha quello di rendere la Russia un interlocutore legittimo con cui discutere la fine delle violenze, e non come uno stato che ha compiuto un’aggressione ingiustificata e verosimilmente responsabile di crimini di guerra contro i civili ucraini.

Al momento non è chiarissimo se la visita di Salvini sia stata sospesa o cancellata: dopo alcuni giorni di grande presenza sui giornali e in tv, Salvini ha ridotto molto le sue uscite. L’unico commento significativo lo ha fatto lunedì 30 maggio, quando dopo giorni di polemiche ha accusato il Partito Democratico di «riuscire solo a fare polemica» senza impegnarsi per «la ricerca della Pace, valore supremo che dovrebbe unire tutti».

 

 

 

La strage di Capaci trent’anni dopo:

l’attacco del “Nuovo Ordine mondiale” all’Italia.

Lacrunadellago.net-(23 Maggio 2022 )- Cesare Sacchetti  -ci dice:

 

Sono passati trent’anni da quando si è sentito quel boato enorme che ha cambiato per sempre la storia dell’Italia.

Era il 23 maggio del 1992 quando Giovanni Falcone guidava la Fiat Croma della sua scorta che lo accompagnava dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo.

Assieme a lui c’erano la moglie Francesca Morvillo, e l’autista Giuseppe Costanza che quel giorno sedeva dietro.

Nel corteo delle auto che accompagnano il magistrato palermitano c’erano anche altre due auto, la Fiat Croma marrone sulla quale viaggiavano gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, e la Fiat Croma azzurra sulla quale erano presenti gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.

Alle 17:57 circa, secondo la ricostruzione della versione ufficiale, viene azionato da Giovanni Brusca il telecomando della bomba posta sotto il viadotto autostradale nel quale passava il giudice Falcone.La prima auto, quella degli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo viene sbalzata in un campo di ulivi che si trovava vicino alla carreggiata. Muoiono tutti sul colpo.

 

L’auto di Falcone e di sua moglie Francesca viene investita da una pioggia di detriti e l’impatto tremendo scaglia entrambi contro il parabrezza della macchina.

In quel momento sono ancora vivi, ma le ferite riportate sono molto gravi ed entrambi moriranno nelle ore successive all’ospedale.

L’autista Giuseppe Costanza sopravvive miracolosamente alla strage ed è ancora oggi vivo.

Mai in Italia la mafia era riuscita ad eseguire una operazione così clamorosa e così ben congegnata tale da far pensare ad un coinvolgimento di apparati terroristici e militari che andavano ben oltre le capacità di Cosa Nostra.

Capaci è una strage unica probabilmente anche a livello internazionale. Fu fatta saltare un’autostrada con 200 kg di esplosivo da cava. Appare impossibile pensare che furono soltanto uomini come Giovanni Brusca o piuttosto Totò Riina soprannominato Totò U Curtu potessero realizzare qualcosa del genere.

Impossibile anche che nessuno si sia accorto di come nei giorni precedenti sia stata portata una quantità considerevole di esplosivo sotto l’autostrada senza che nessuno notasse nulla.

È alquanto probabile che gli attentatori abbiano utilizzato dei mezzi pesanti per trasportare il tritolo e il T4 utilizzati per preparare l’ordigno.

Il via vai di mezzi deve essere stato frequente ed è difficile pensare che questo passaggio non sia stato notato da nessuno nelle aree circostanti.

Così come è impossibile che gli attentatori sapessero l’ora esatta in cui Falcone sarebbe sbarcato a Palermo senza avere una qualche fonte dall’interno che li informasse dei movimenti e degli spostamenti del magistrato.

Capaci per tutte le sue caratteristiche quindi è un evento che appare del tutto inattuabile senza il coinvolgimento di elementi infedeli presenti nelle istituzioni che diedero agli attentatori le informazioni necessarie per eseguire la strage.

 

Senza i primi, è impossibile sapere chi sono i veri mandanti occulti dell’eccidio che è costato la vita a 5 persone e che sconvolse l’Italia.

E per poter comprendere quali siano questi mandanti occulti è necessario guardare a cosa stava lavorando Falcone nelle sue ultime settimane di vita.

Senza posare lo sguardo su questo intervallo temporale, non possiamo comprendere nulla di quello che accadde in quei tragici giorni.

La stampa nostrana sono trent’anni che ci offre una ricostruzione edulcorata e distorta della strage di Capaci.

Ci vengono mostrate a ripetizione le immagini di Giovanni Brusca. Ci è stato detto tutto sulla teoria strampalata che vedrebbe Silvio Berlusconi tra i mandanti occulti dell’attentato, teoria che pare aver trovato una certa fortuna tra gli allievi liberali montanelliani, quali Peter Gomez e Marco Travaglio.

Non ci viene detto nulla però su ciò che stava facendo davvero Giovanni Falcone prima di morire.

L’indagine di Falcone sui fondi neri del PCI.

All’epoca dei fatti, Falcone era direttore generale degli affari penali, incarico che aveva ricevuto dall’allora ministro della Giustizia, Claudio Martelli.

Nei mesi prima di Capaci, Falcone riceve una vera e propria richiesta di aiuto da parte di Francesco Cossiga, presidente della Repubblica.

Cossiga chiede a Falcone di fare luce sulla marea di fondi neri che erano piovuti da Mosca dal dopoguerra in poi nelle casse dell’ex partito comunista italiano.

Si parla di somme da capogiro pari a 989 miliardi di lire che sono transitati dalle casse del PCUS, il partito comunista dell’Unione Sovietica, a quelle del PCI.

La politica del PCUS era quella di finanziare e coordinare le attività dei partiti comunisti fratelli per diffondere ed espandere ovunque l’influenza del pensiero marxista e leninista e dell’URSS che si dichiarava custode di quella ideologia.

Questa storia è raccontata dettagliatamente in un avvincente libro intitolato “Il viaggio di Falcone a Mosca” firmato da Francesco Bigazzi e da Valentin Stepankov, il procuratore russo che stava collaborando con Falcone prima di essere ucciso.

Il sistema di finanziamento del PCUS era piuttosto complesso e spesso si rischia di perdersi in un fitto dedalo di passaggi e sottopassaggi nei quali è spesso difficile comprendere dove siano finiti effettivamente i fondi.

I finanziamenti erano erogati dal partito comunista sovietico agli altri suoi satelliti nel mondo e di questo c’è traccia nelle carte esaminate da Stepankov.

Ricevevano fondi il partito comunista francese e persino il partito comunista americano(ora “Liberal  dem Usa”.Ndr) rappresentato da Gus Hall che a Mosca assicurava tutto il suo impegno contro l’imperialismo americano portato avanti da Ronald Reagan.

Il partito comunista italiano era però quello che riceveva la quantità di fondi più ingenti perché questo era il partito comunista più forte d’Occidente ed era necessario nell’ottica di Mosca assicurargli un costante sostegno per tenera aperta la possibilità di spostare l’Italia dall’orbita del patto Atlantico a quella del patto di Varsavia.

Una eventualità che se fosse mai avvenuta avrebbe provocato non solo la probabile fine della stessa NATO ma anche un probabile conflitto tra Washington e Mosca che si contendevano un Paese fondamentale, allora come oggi, per gli equilibri dell’Europa e del mondo. Ed è in questa ottica che va vista la strategia della tensione ispirata e attuata da ambienti atlantici per impedire che Roma si avvicinasse troppo a Mosca.

 

Nell’ottica di questa strategia era necessario colpire la popolazione civile attraverso gruppi terroristici, ad esempio le Brigate Rosse, infiltrati da ambienti dell’intelligence americana per eseguire azioni clamorose, su tutte il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.

Il sangue versato dall’Italia nel dopoguerra per volontà del cosiddetto stato profondo di Washington(Deep state Usa.Ndr) è stato versato per impedire all’Italia di intraprendere un cammino politico che avrebbe potuto allontanarla troppo dalla sfera di dominio Euro-Atlantica non tanto per approdare in quella sovietica, ma piuttosto, secondo la visione di Moro, nel campo dei Paesi non allineati né con un blocco né con l’altro.

Nel 1992 questo mondo era già crollato e non esisteva più la cosiddetta minaccia sovietica. A Mosca regnava il caos. Una epoca era finita e l’URSS era crollata non per via della sua struttura elefantiaca, come pretende di far credere una certa vulgata atlantista, ma semplicemente perché si era deciso di demolirla dall’interno.

La perestrojka, termine russo che sta per ristrutturazione, di cui l’ex segretario del PCUS, Gorbachev, fu un convinto sostenitore fu ciò che preparò il terreno alla caduta del blocco sovietico.

Gorbachev era ed è un personaggio molto vicino agli ambienti del globalismo che contano e fu uno dei primi sovietici ad essere elogiato e sostenuto dal gruppo Bilderberg che nel 1987 guarda con vivo interesse e ammirazione alla sua apertura al mondo Occidentale.

Al Bilderberg c’è il gotha della società mondiale in ogni sua derivazione politica, economica, finanziaria e ovviamente mediatica senza la quale sarebbe stato impossibile perseguire i piani di questa struttura paragovernativa internazionale.Uno dei membri di spicco di questo club, David Rockefeller, ringraziò calorosamente alcuni anni dopo gli esponenti della stampa mondiale, soprattutto quella anglosassone, per aver taciuto le attività di questa società segreta che senza il silenzio dei media non sarebbe mai riuscita a portare avanti indisturbata i suoi piani.

Nella visione di questi ambienti, l’URSS, di cui, sia chiaro, non si ha nostalgia, era comunque diventata ingombrante e doveva essere rimossa.

Il segretario del partito comunista, Gorbachev, attraverso le sue “riforme” ebbe un ruolo del tutto fondamentale nell’ambito del raggiungimento di questo obbiettivo.

I signori del Bilderberg(ora” uomini di Vados “di Klaus Schwab.Ndr) avevano deciso che gli anni 90 avrebbero dovuto essere gli anni della globalizzazione e della concentrazione di un potere mai visto nelle mani della NATO che per poter avvenire doveva passare dall’eliminazione del blocco opposto, quello dell’Unione Sovietica.

Il crollo dell’URSS ebbe un impatto devastante sulla società post-sovietica russa. Moltissimi dirigenti, 1746, si tolsero la vita. Un numero di morti per suicidio che non trova probabilmente emuli nella storia politica recente di nessun Paese.

Alcuni suicidi furono piuttosto anomali e si pensò che alcuni influenti notabili di Mosca in realtà siano stati suicidati per non far trapelare le verità scomode che sapevano riguardano ai finanziamenti del partito.

A Mosca era iniziato il grande saccheggio e le svendite di tutto quello che era il patrimonio pubblico dello Stato.

L’URSS era uscita dall’era della proprietà collettivizzata per entrare in quella del neoliberismo più feroce e selvaggio così come avvenne per gli altri Paesi dell’Europa Orientale che furono messi all’asta e comprati da corporation angloamericane.

Il procuratore russo Stepankov voleva far luce sulla enorme quantità di soldi che era uscita dalle casse del partito. Voleva capire dove fosse finito tutto questo denaro e come esso fosse stato speso.

Per fare questo, chiese assistenza all’Italia e il presidente Cossiga girò questa richiesta di aiuto all’allora direttore generale degli affari penali, Giovanni Falcone.

Falcone accettò con entusiasmo e ricevette a Roma nel suo ufficio il procuratore Stepankov per avviare quella collaborazione, inedita dal secondo dopoguerra in poi, tra l’Italia e la neonata federazione russa.

Al loro primo incontro, Falcone e Stepankov si piacciono subito. Entrambi si riconoscono una integrità e una determinazione indispensabili per degli inquirenti determinati a comprendere cosa fosse accaduto con quella enorme quantità di denaro che aveva lasciato Mosca per finire in Italia.

I fondi venivano stanziati in dollari e poi convertiti in lire ma per poter completare questo passaggio era necessaria l’assistenza di un’altra parte, che Falcone riteneva essere la mafia che in questo caso avrebbe agito in stretto contatto con l’ex PCI.

I legami tra PCI e mafia non sono stati nemmeno sfiorati dai media mainstream italiani. La sinistra progressista (ora fa capo alla “Liberal Dem Usa” globalista. Ndr.)si è attribuita una sorta di primato morale nella lotta alla mafia quando questa storia e questa indagine rivelano invece una sua profonda contiguità con il fenomeno mafioso.

L’indagine di Falcone rischiava di mandare a monte il piano di Mani Pulite.Giovanni Falcone era determinato a fare luce su questi legami, ma non fece in tempo. Una volta iniziata la sua collaborazione con Stepankov la sua vita fu stroncata brutalmente nella strage di Capaci.

Era in programma un viaggio del magistrato nei primi giorni di giugno a Mosca per continuare la collaborazione con Stepankov.

Il giudice si stava avvicinando ad una verità scabrosa che avrebbe potuto travolgere l’allora PDS che aveva abbandonato la falce e martello del partito comunista due anni prima nella svolta della Bolognina inaugurata da Achille Occhetto.

Il PCI si stava tramutando in una versione del “partito democratico liberal progressista” molto simile a quella del partito democratico americano.

Il processo di conversione era già iniziato anni prima quando a Washington iniziò a recarsi sempre più spesso Giorgio Napolitano che divenne un interlocutore privilegiato degli ambienti che contano negli Stati Uniti, soprattutto quelli sionisti e atlantisti.

A Washington avevano già deciso probabilmente in quegli anni che doveva essere il “nuovo partito post-comunista”(comandato dal “liberal Dem Usa”.Ndr.) a trascinare l’Italia nel girone infernale della globalizzazione.

 

Il 1992 fu molto di più che l’anno della caccia alle streghe giudiziaria. Il 1992 fu una operazione internazionale decisa nei circoli del potere anglo-sionista che aveva deciso di liberarsi di una classe politica che, seppur con tutti i suoi limiti, aveva saputo in diverse occasioni contenere l’atlantismo esasperato e aveva saputo esercitare la sua sovranità come accaduto a Sigonella nel 1984 e come accaduto anche con l’omicidio di Aldo Moro, che pagò con la vita la decisione di voler rendere indipendente l’Italia dall’influenza di questi centri di potere transnazionali.

Il copione era quindi già scritto. Il pool di Mani Pulite agì come un cecchino. Tutti i partiti vennero travolti dalle inchieste giudiziarie e tutti finirono sotto la gogna mediatica della pioggia di avvisi di garanzia che in quel clima da linciaggio popolare equivalevano ad una condanna anticipata.

Il PSI di Craxi fu distrutto così come la DC di Andreotti. Tutti vennero colpiti ma le inchieste lasciarono, “casualmente”, intatto il PDS.

Eppure era abbastanza nota la corruzione delle cosiddette cooperative rosse, così come era nota la corruttela che c’era nel partito comunista italiano che riceveva fondi da una potenza straniera, allora nemica, e poi li riciclava attraverso la probabile assistenza di organizzazioni mafiose.

Questa era l’ipotesi investigativa alla quale stava lavorando Giovanni Falcone e questa era la stessa ipotesi che subito dopo raccolse Paolo Borsellino, suo fraterno amico e magistrato ucciso soltanto 55 giorni dopo a via d’Amelio.

Mai la mafia era giunta a tanto, e non era giunta a tanto perché non era nelle sue possibilità. C’è un unico filo rosso che lega queste due stragi e questo filo rosso porta fuori dai confini nazionali.

Porta direttamente in quei centri di potere che avevano deciso che tutta la ricchezza dell’industria pubblica italiana fosse smantellata per essere portata in dote alla finanza anglo-sionista.

Questi stessi centri di potere globali avevano deciso anche che dovesse essere il nuovo PDS a proseguire lo smantellamento dell’economia italiana attraverso la sua adesione alla moneta unica.

E fu effettivamente così, salvo la parentesi berlusconiana del 94. Il PDS portò l’Italia sul patibolo dell’euro e di Maastricht e privò della sovranità monetaria il Paese agganciandola alla palla al piede della moneta unica, arma della finanza internazionale.

E fu il turbare di questi equilibri che portò alla prematura morte dei magistrati Falcone e Borsellino. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avevano messo le mani sui fili dell’alta tensione. Quelli di un potere così forte che fa impallidire la mafia.

I due brillanti giudici sapevano che il fenomeno mafioso non poteva essere compreso se non si guardava al piano superiore, che era quello costituito dalla massoneria e dal potere finanziario.

Cosa Nostra e le altre organizzazioni sono solamente della manovalanza di un potere senza volto molto più potente.

È questa la verità che non viene raccontata agli italiani che ogni anno quando si celebrano queste stragi vengono sommersi da un fiume di retorica o da una scadente cinematografia di regime che mai sfiora la verità su quanto accaduto in quegli anni e mai sfiora il vero potere che eseguì il colpo di Stato del 1992 e che insanguinò l’Italia nello stesso anno.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due figure che vanno ricordate non solo per il loro eroismo, ma per la loro ferma volontà e determinazione nel fare il loro mestiere, anche se questo voleva dire pagare con la propria vita.

Lo fecero fino in fondo sapendo di sfidare un potere enormemente più forte di loro. Sapevano che in gioco c’erano equilibri internazionali e destini decisi da uomini seduti nei consigli di amministrazione di banche e corporation che erano i veri registi della mafia.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vanno ricordati perché sono due eroi italiani che si sono opposti a ciò che il Nuovo Ordine Mondiale aveva deciso per l’Italia e pur di farlo non hanno esitato a sacrificare la loro vita.

Oggi, trent’anni dopo, sembra che stiano per chiudersi i conti con quanto accaduto nel 1992 e l’Italia sembra più vicina all’avvio di una nuova fase della sua storia, una nella quale potrebbe esserci la seria possibilità di avere una sovranità e una indipendenza come non la si è avuta dal 1945 in poi.

Questa nuova Italia non potrà non ripartire dagli esempi che hanno lasciato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

 

 

 

 

La fuga pianificata di Draghi:

il 2022 è un nuovo 1992 alla rovescia?

Lacrunadellago.net- (17 Maggio 2022)-  Cesare Sacchetti : ci dice :  

 

La voce nei palazzi ha iniziato a diffondersi sempre più insistentemente. Mario Draghi non avrebbe alcuna intenzione di completare il mandato fino alla scadenza naturale della legislatura e pianificherebbe una sorta di fuga anticipata da palazzo Chigi.

Secondo le indiscrezioni che filtrano dagli ambienti di Montecitorio e Palazzo Madama, l’uomo del Britannia vorrebbe lasciare l’incarico già entro l’estate.

Al Quirinale, non avrebbero affatto gradito questo piano di Draghi. I rapporti che solo alcuni mesi fa tra Draghi e Mattarella erano descritti come idilliaci ora si sono del tutto incrinati.

Non c’è più quella stretta intesa tra il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica dopo che la partita del Quirinale si è chiusa con un Mattarella bis.

Sulle pagine del nostro blog, ci era capitato di descrivere e anticipare lo scenario di una riconferma di Mattarella che in realtà era ciò che voleva sia lo stesso attuale inquilino del Quirinale sia l’intero arco parlamentare.

Una piccola proroga dello status quo è ciò che i partiti credono possa dare un po’ di ossigeno ad una classe politica a corto di ossigeno che sembra essere alle prese con una crisi francamente irreversibile.

Il liquidatore del Britannia non l’ha affatto presa bene. Gli era stato garantito negli ambienti massonici, come ammesso da essi stessi, che dopo il “lavoro” svolto, prestiti con condizionalità erogati nell’ambito del PNRR e restrizioni alla vita sociale e lavorativa per i non vaccinati, ci sarebbe stato il passaggio tanto atteso e agognato al Quirinale.

Mario Draghi contava di lasciare l’incarico attuale già lo scorso gennaio per potersi trasferire nella residenza che un tempo fu dei papi, laddove forse l’uomo di Goldman Sachs contava di potersi rimettere al riparo dalla crisi generale di un sistema politico.

Non è andata così. I partiti hanno preferito lasciare Draghi laddove si trova perché almeno dopo il disastro collettivo del quale tutti sono complici i vari peones di Montecitorio credevano di mettersi al riparo dietro Draghi, che da “salvatore della patria” quale era descritto soltanto un anno fa dall’apparato mediatico è oggi divenuto un perfetto parafulmine per la demolizione economica, sociale e sanitaria voluta da poteri transnazionali ed eseguita dall’attuale classe politica.

Draghi deve aver compreso perfettamente di essere stato giocato dagli stessi poteri che fino a ieri gli srotolavano il tappeto rosso di palazzo Chigi. In questo gioco, nel gioco della politica prostituita a lobby e poteri occulti, non esistono amici. Coloro che oggi ti stringono la mano calorosamente sono gli stessi che domani con la stessa mano possono infliggerti una pugnalata alla schiena.

La regola della politica controllata dall’alta finanza e dalle “grandi” famiglie di banchieri è quella dell’arena dei leoni. La sopravvivenza dell’uno dipende dalla morte dell’altro.Ed è in questo gioco che è rimasto “vittima” Mario Draghi che credeva di avere un comodo scivolo verso il Quirinale e di godersi un settennato al riparo dalle dispute e delle lotte tra bande dei vari partiti.

 

Soprattutto Draghi mirava al settennato per avere anche l’immunità che è attribuita al Capo dello Stato.

Nessuno è certo di chi salirà al potere domani e un qualche scudo giudiziario può far sempre comodo specialmente se un domani potrebbero esserci dei governanti intenzionati a perseguire i responsabili del colpo di Stato occorso negli ultimi due anni.

La reazione di Draghi verso Mattarella e verso la politica tutta è stata quella di sdegno e l’inquilino di palazzo Chigi sin dallo scorso gennaio si è adoperato per cercare un’alternativa a quella sfumata del Colle.

Ha provato a bussare alle porte della Commissione europea che sono rimaste saldamente chiuse. Nessuno dei Commissari europei ha intenzione di alzarsi per lasciare il posto a Draghi. Ha iniziato a tastare il terreno della NATO dal momento che il mandato di Stoltenberg, l’attuale segretario generale della NATO, è in scadenza nel 2023, dopo essere stato già prorogato oltre la scadenza naturale prevista nel 2022.

Anche lì la partita si annuncia decisamente in salita per il presidente del Consiglio. Non si diventa infatti segretario della NATO senza il consenso e il supporto del Paese che economicamente e militarmente è l’essenza stessa dell’alleanza atlantica, ovvero gli Stati Uniti.

A questo è servito il viaggio di Draghi negli Stati Uniti. Draghi si è recato in visita dal “presidente” Biden per provare probabilmente a sondare un eventuale appoggio della Casa Bianca nei confronti del premier.

Ciò che però Draghi ha trascurato nella sua missione a Washington è che la cosiddetta amministrazione Biden non è come tutte le altre.

Le cancellerie internazionali spesso rifiutano le comunicazioni con Biden. È accaduto con Emmanuel Macron, con i reali sauditi e con il leader nord-coreano Kim Jong-Un.

Mai nella storia delle relazioni internazionali si era visto un rifiuto dei leader stranieri a parlare con il presidente degli Stati Uniti.

Si sta diffondendo la consapevolezza in determinati ambienti politici e diplomatici che Joe Biden non sia veramente l’uomo al comando.

Allo stesso modo, la stessa consapevolezza sta maturando su un altro elemento. Joe Biden non esegue le direttive dei poteri che lo hanno instaurato alla Casa Bianca attraverso un golpe elettorale ai danni di Trump.

Gli Stati Uniti sembrano trovarsi in una sorta di limbo nel quale sono elementi delle forze armate vicini a Trump a pilotare questa amministrazione.

In questa situazione di commissariamento della presidenza degli Stati Uniti, le speranze di Draghi di insediarsi alla NATO sono ridotte al lumicino. Ecco quindi il piano al quale starebbe lavorando il presidente del Consiglio che viste sfumate tutte le opzioni vorrebbe lasciare la patata bollente del disastro provocato da lui stesso assieme ai partiti, soltanto a questi ultimi.

Mattarella deve aver intuito alla perfezione le intenzioni di Draghi e non sembra aver affatto gradito questo “piano di fuga.”

Non ci sarebbe nessun sostituto disponibile per rimpiazzare Draghi dal momento che nessuno sarebbe così folle da sobbarcarsi le conseguenze dei danni ereditati per restare soltanto pochi mesi sulla poltrona di palazzo Chigi.

Quello al quale si andrebbe incontro sarebbe quindi un probabile vuoto di potere. Nessuno vorrebbe mettersi a sedere su una poltrona che scotta, e nessuno vorrebbe mettere la propria faccia sul crollo provocato negli ultimi due anni.

Il 2022 è un nuovo 1992 alla rovescia?

A questo punto, la storia della politica italiana e di conseguenza dell’Italia intera sembra essere ad un giro di boa. Ci si chiede quanto possa durare in queste condizioni una classe politica che è la diretta conseguenza di un colpo di Stato giudiziario, quello avvenuto nel 1992 con Mani Pulite.

Ci sono degli interessanti parallelismi tra quel frangente storico e quanto sta accadendo ora seppur con differenze sostanziali riguardo alle dinamiche che hanno innestato quella falsa rivoluzione, come la definì correttamente Bettino Craxi, e la crisi del sistema politico nato da quel golpe.

 

Il 1992 fu una operazione studiata accuratamente a tavolino da ambienti dello stato profondo di Washington (Deep State Usa).

La stessa Repubblica del 1946-48 è una creazione del governo degli Stati Uniti a sua volta controllato da poteri la cui lealtà non va né all’Italia e all’America ma ai signori dei circoli privati del mondialismo, quali le famiglie Rothschild, Rockefeller, Morgan e DuPont.

Furono questi poteri a decidere che la classe dirigente della Prima Repubblica andava eliminata nonostante essa fosse stata voluta dalla stessa Washington.

Per quanto la Repubblica del 1946 fosse controllata dagli Stati Uniti, essa aveva certamente un perimetro e un margine di azione più ampio della Seconda. Sembrano preistoria inimmaginabile oggi i giorni in cui Aldo Moro, ministro degli Esteri nel 1973, diceva no all’allora segretario di Stato, Henry Kissinger, che gli chiedeva di mettere a disposizione le basi di Sigonella per sostenere Israele nella guerra dello Yom Kippur.

Così come sembrano impensabili oggi i tempi in cui Bettino Craxi si alzava in Parlamento e riconosceva la legittimità della lotta armata palestinese contro l’occupazione israeliana in un celebre discorso tenutosi il 6 novembre 1985 davanti all’aula di Montecitorio.

La Prima Repubblica era disposta a dichiararsi fedele all’atlantismo fino a quando l’atlantismo poteva avere un senso considerata l’esistenza del blocco comunista dell’URSS.

Una volta crollato il muro di Berlino nel 1989 tutto quella che era stata la politica estera dell’Italia negli anni precedenti perdeva di senso e l’Italia avrebbe dovuto essere lasciata libera di seguire la sua via storica, culturale ed economica.

Probabilmente fu proprio questa prospettiva a mettere in allarme i circoli di Washington. Quella classe politica, nonostante tutti i suoi limiti e difetti, poteva rappresentare una minaccia per i piani dei vari Bilderberg , Commissioni Trilaterali e “uomini di Vados” di Klaus Schwab.

I piani erano quelli di smantellare tutto ciò che di buono era stato costruito in precedenza e trascinare l’Italia nel cappio dei trattati di Maastricht e nelle catene della moneta unica.

L’intera industria pubblica fu svenduta a prezzo di saldo da uomini proprio come Draghi a bordo del famigerato Britannia sul quale le toghe non hanno aperto nemmeno mai una seria inchiesta giudiziaria.

A Milano si indagava su tangenti che in confronto alle migliaia di miliardi di lire che venivano mandati in fumo da Draghi su quel panfilo erano solo spiccioli.

Così come erano spiccioli le tangenti di fronte ai 63mila miliardi di lire mandati in fumo dall’allora governatore di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi, per difendere scelleratamente il cambio fisso con lo SME, il padre dell’euro, una mossa per la quale George Soros, che da quella speculazione si arricchì a dismisura, ancora ringrazia.

La finanza anglo-sionista piombava come un falco sull’Italia e si cibava dei suoi organi vitali. Tutto un patrimonio fu distrutto e uno dei primi gruppi industriali al mondo, l’IRI, veniva smantellato pezzo dopo pezzo e donato ai vari gruppi finanziari di New York e Londra.

L’Italia era appena entrata nell’era della globalizzazione a suon di ruberie e di bombe che esplodevano per conto degli stessi mandanti occulti che abitavano, e abitano tuttora, al di là delle Alpi.

Washington fu il diretto esecutore di questo piano sovversivo e tutto ciò che nacque allora è la causa di quanto vediamo ora.

Quello che è cambiato negli ultimi due anni è che la nuova classe politica che fu messa al potere nel 1992 ha oggi perduto la protezione dei suoi tradizionali referenti.

Alla Casa Bianca, non c’è più quello stato profondo che garantisce la sopravvivenza del sistema politico italiano.

Nel “migliore” dei casi, c’è un Joe Biden smarrito che non ha la minima idea di ciò che sta facendo. Nel “peggiore”, ci sono elementi militari fedeli a Donald Trump. Ed è stato proprio lui l’uomo che ha interrotto questo rapporto di dipendenza della politica italiana dagli Stati Uniti.

A Washington, ha preso potere un pensiero che vuole liberare gli Stati Uniti dal controllo e dall’influenza di quelle lobby di potere che non hanno a cuore le sorti del popolo americano.

Questi poteri hanno utilizzato tutta la potenza militare dell’America per colpire e “disciplinare” coloro che rappresentavano una minaccia per gli interessi delle alte sfere globaliste.

L’America è stata il braccio armato del Nuovo Ordine Mondiale e l’elemento di sconvolgente novità degli ultimi sei anni è stato proprio questo.

Il mondialismo ha perduto l’arma con la quale era in grado di piegare e sovvertire la volontà delle nazioni che erano restie a cedere la propria sovranità nazionale ad un manipolo di uomini senza volto che hanno nelle proprie mani una ricchezza in molti casi superiore al PIL di diversi Stati nazionali.

Si pensi, tra i numerosi esempi disponibili, al caso del fondo di investimenti di BlackRock che vanta un patrimonio complessivo pari a 16 trilioni di dollari, più del PIL della Cina.

Lo stato profondo italiano contro Trump.

Questa è stata la condizione con la quale la politica italiana si è trovata a fare i conti negli ultimi sei anni e la politica italiana ha provato a resistere. Lo ha fatto prima attraverso il suo coinvolgimento nel golpe dello Spygate che secondo diverse fonti ha visto il coinvolgimento decisivo di Matteo Renzi, ex premier, e di conseguenza del suo partito di allora, il PD.

Lo ha fatto successivamente attraverso un’altra operazione eversiva ancora più grossa della prima, l’Italiagate, che avrebbe visto il coinvolgimento diretto del governo Conte nella frode elettorale del 2020 ai danni di Donald Trump.

Lo stato profondo italiano ha cercato di aiutare lo stato profondo di Washington in ogni atto sovversivo ordito contro il presidente degli Stati Uniti per poter togliere di mezzo quella che era una “minaccia” esistenziale sia per il primo sia per il secondo.

Credevano entrambi di esserci riusciti quando hanno visto Biden insediarsi alla Casa Bianca ma poi hanno scoperto con amarezza che l’uomo sul quale contavano per ristabilire il precedente status quo non ha mai avuto effettivamente le redini del potere in mano.

È questa variabile che la classe politica italiana ha sottovalutato. Si illudeva che Donald Trump avrebbe lasciato Washington in silenzio rimanendo inerme di fronte alla frode elettorale ai suoi danni. Non è stato così e ormai gli atti della “amministrazione Biden” non in linea con la volontà delle lobby di Washington sono la conferma che la presidenza attuale è commissariata per una serie di atti giuridici che sono perfettamente in linea con la Costituzione americana.

A dare il colpo di grazia alla crisi di questa seconda Repubblica è stato il fallimento della farsa pandemica.

 Draghi ha provato a spingersi sin dove ha potuto, probabilmente anche oltre il perimetro che lui stesso pensava di non superare. Ha attuato le peggiori restrizioni in Europa. Ha perseguitato i lavoratori costringendoli a sierarsi e ha tolto lo stipendio alle categorie che hanno rifiutato di sottoporsi al ricatto.Ogni mezzo è stato tentato per piegare la volontà degli italiani che non volevano sierarsi. Gli obbiettivi iniziali sono falliti perché gli italiani, al di là di ciò che pensano i soliti cattivi maestri dell’auto-razzismo, sono molto più coriacei e intelligenti dei popoli che li circondano. Non si sono vaccinate milioni di persone, e il 90% di cui un tempo parlava il governo Draghi appare essere chiaramente un dato falso per dare vita ad un effetto traino nei confronti dei non vaccinati.

La prova viene dalle lettere che hanno ricevuto gli over 50, alcuni persino deceduti da anni, e che sono la dimostrazione che l’esecutivo non ha la più pallida idea di chi si è fatto il vaccino e chi no.

Così a poco a poco il governo è stato costretto a smontare quasi tutta l’impalcatura e ad arrendersi. L’operazione terroristica del coronavirus che si proponeva di erigere un governo globale centralizzato ha fallito miseramente.

Sono stati troppi i Paesi che si sono opposti e soprattutto sulla strada di Davos si sono messi tre Paesi quali Stati Uniti, Russia e Cina senza i quali la realizzazione di una società autoritaria mondiale è del tutto impossibile.

Così il governo Draghi si ritrova isolato, ma più in generale è la stessa classe politica italiana ad essere isolata nel mondo.

A Washington non ci sono più i vecchi amici, e a Mosca c’è il leader di quella che può essere definita correttamente un’alleanza patriottica internazionale.

A Bruxelles, c’è una UE debole e smarrita la cui politica sanzionatoria contro la Russia non ha fatto altro che esautorare le divisioni che già la laceravano in precedenza.

Fino a due anni fa, gli uomini del club di Davos di Klaus Schwab e del Bilderberg erano convinti che la farsa pandemica avrebbe accentrato ancora di più il potere nelle loro mani.

L’era del multipolarismo e della de-globalizzazione.Due anni dopo, gli stessi uomini si ritrovano a fare i conti con una realtà opposta. Il mondo è appena entrato nell’era della de-globalizzazione e del multipolarismo al quale l’operazione speciale della Russia in Ucraina ha dato una accelerazione impressionante.

E qui torniamo al paragone fatto precedentemente all’inizio di questa analisi. Il 2022 sembra avere tutte le caratteristiche ideali per essere un periodo storico che porta allo sconvolgimento dell’attuale status quo e degli equilibri politici attuali. Lo stesso accadde nel 1992 per volontà di poteri transnazionali che volevano che l’Italia seguisse la strada assegnata per procedere nell’avanzamento del cantiere dell’UE, ma stavolta l’influenza che giunge dall’estero è di segno radicalmente opposto.

Stavolta il mondo va nella direzione opposta a quella di un trasferimento dei poteri verso entità sovranazionali. Sono gli Stati nazionali il futuro delle relazioni internazionali.

E l’Italia non può non risentire di questo processo storico. Tra l’altro, l’Italia è il Paese che dimostra di avere la più matura coscienza contro il pensiero globalista e atlantista. L’opinione pubblica italiana è quella che ha la più smaccata tendenza anti-UE d’Europa. Il popolo italiano è pronto a lasciare l’euro e l’UE. Attende soltanto una classe dirigente vera, e al servizio del Paese, che la guidi in questa transizione.

La classe politica erede della seconda Repubblica si ritrova quindi di fronte a questa situazione. Fuori dai confini nazionali, si ritrova priva della protezione dei suoi referenti.

Dentro i confini nazionali, si ritrova un popolo inferocito per i danni economici degli ultimi 30 anni che dal 2020 in poi hanno assunto delle proporzioni, se possibile, ancora più enormi.E questo malcontento è ormai incontenibile. Si pensi solamente alla feroce contestazione che ha investito il “ministro” della Salute, Roberto Speranza, giunto ieri a La Spezia, o alle precedenti uscite pubbliche di Draghi, sommerso di fischi e improperi a Napoli e Torino.

A questo poi si aggiungano le inchieste pendenti sullo Spygate che vede appunto coinvolta la politica italiana fino al collo. Prima o poi John Durham arriverà ai nomi dei responsabili italiani.

Questo quadro complessivo ci porta a pensare che siamo entrati in una congiuntura storica unica. Una congiuntura fatta di eventi e dinamiche che sembrano segnare la fine della famigerata storia di questa seconda Repubblica e probabilmente della stessa Repubblica atlantista del 1946.

L’Italia sta per entrare in una fase nuova della sua storia. Una fase nella quale avrà in futuro una sovranità e un potere che non aveva da molti anni.

Prima però di entrare in questa fase, ci sarà una implosione del suo sistema fragile politico.

Tutto questo porta a pensare che il 2022 è veramente il 1992 alla rovescia. Oggi si stanno per chiudere i conti con l’attacco che il Nuovo Ordine Mondiale lanciò a questo Paese trent’anni fa.

 

 

 

 

Alleanza Italia-Russia.

Il dialogo della Russia con gli italiani:

l’Italia può far crollare l’UE.

Lacrunadellago.net-( 7 Maggio 2022)-  Cesare Sacchetti – ci dice :

 

Sicuramente in molti ultimamente avranno notato una attenzione piuttosto peculiare da parte del Cremlino nei confronti dell’Italia.

Il ministro degli Esteri, Lavrov, ha infatti recentemente rilasciato una intervista al programma “Zona Bianca” su Mediaset. È piuttosto probabile che la Russia abbia deciso di far sentire la sua voce attraverso questa emittente non certo per una sua particolare predilezione nei confronti del gruppo di proprietà della famiglia Berlusconi.

Lo scopo era un altro, ed è in parte contenuto nelle parole rilasciate dalla portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.

La Zakharova ha spiegato che il ministro Lavrov riceve centinaia di richieste di interviste e questo è certamente fuori discussione. La diplomatica russa spiega però che Lavrov ha deciso di accettare le richieste dei giornalisti italiani a causa della loro “insistenza” per poi aggiungere subito dopo che “gli italiani devono sapere la verità”.

La chiave di questa decisione di Lavrov è probabilmente contenuta in questa ultima frase. Il Cremlino vuole arrivare ad una platea il più ampia possibile per far sapere la sua versione dei fatti riguardo alla crisi ucraina e aveva bisogno a questo proposito di una emittente nazionale per poterlo fare.

Non lo ha fatto però attraverso un canale nazionale francese o tedesco. Lo ha fatto attraverso un canale italiano e questo è certamente significativo della volontà del Cremlino di avviare un dialogo proprio con il popolo italiano.

Un dialogo che probabilmente era già iniziato quando a Napoli era comparso un murales dedicato a Dostoevskij, prontamente definito da Putin come un segnale di speranza per tenere vivi i rapporti tra Italia e Russia.

La Russia è alquanto consapevole che gli italiani non condividono affatto la suicida guerra economica e le pericolose e aggressive dichiarazioni rilasciate dallo stesso Mario Draghi e dagli esponenti del suo governo contro Mosca.

Tra tutti i governi dell’Europa Occidentale quello più ostile alla Russia – subito dopo la Gran Bretagna che ormai è divenuto una sorta di Stato canaglia ferocemente russofobo – è quello dell’Italia.

Gli altri governi, soprattutto quello tedesco, hanno cercato di lasciare una porta aperta con la Russia per non mandare completamente all’aria le relazioni commerciali tra i due Paesi e provocare danni economici ancora più disastrosi di quelli già provocati fino ad ora.

Se si dà uno sguardo alla bilancia commerciale tra Germania e Russia si può avere una idea più esaustiva di tali danni.

La Germania ha visto crollare le sue esportazioni nel solo mese di marzo della cifra di 860 milioni di euro e questa è certamente una pessima notizia per Berlino.

Questo lascia pensare che la Germania prima o poi decida di non prestarsi ulteriormente al gioco al massacro contro Mosca e si sganci definitivamente della follia suicida che Bruxelles ha deciso di scatenare contro la Russia.

Per quello che riguarda l’Italia, il discorso è diverso perché nella gerarchia delle élite europee stabilita già negli anni 50 ai tempi della creazione della CEE, la Penisola viene dopo l’asse franco-tedesco, al quale la finanza internazionale ha assegnato il peso maggiore nel progetto comunitario.

 

Nella cosiddetta “Unione europea” che non é una unione, viste le sue palesi divisioni, e non è nemmeno europea, dato il suo rifiuto di identificarsi con le radici cristiane del continente, gli interessi dei Paesi del Nord, o meglio dei loro poteri economici e industriali, vengono sempre prima di quelli dei Paesi del Sud, considerati di serie B o “inaffidabili” in questa scala gerarchica.

Questa è la ragione per la quale l’Italia è la Cenerentola d’Europa da tempo, e questa è la ragione per la quale negli ultimi 30 anni la classe politica “italiana” ha agito sempre e costantemente per servire gli interessi sovranazionali.

La classe politica della Seconda Repubblica, molto di più ancora della Prima, ha avuto solamente e soltanto il compito di garantire l’esecuzione dell’agenda eurista e globalista mandando al macero quella che un tempo era la quarta economia mondiale.

Da qui si spiega l’aggressività del governo Draghi nei confronti della Russia. I poteri che stanno al di fuori del Paese considerano l’Italia come il Paese più sacrificabile e il suo sistema politico come il più asservito a questa agenda.

L’Italia è il Paese più anti-UE d’Europa.

Questo però ha contribuito a far sviluppare un profondo sentimento antieuropeo. E di questo sentimento c’è ampia traccia persino nei sondaggi Euro-barometer ordinati dalla Commissione europea che vengono fatti per mostrare in realtà la popolarità dell’UE.

Secondo questa rilevazione statistica, solamente il 44% degli italiani vuole restare nell’Unione europea. Ci si può immaginare quanto il dissenso possa essere ancora più alto se solo fosse rilevato da una fonte terza e indipendente.

Negli ultimi decenni, in Italia, c’è un magma di profondo dissenso che scorre nell’opinione pubblica italiana verso le istituzioni comunitarie.

Non è affatto un azzardo affermare che questo Paese è quello nel quale si è sviluppata la coscienza più matura del problema che rappresentano l’euro e l’UE rispetto alla sovranità e l’indipendenza di una nazione.

Più semplicemente, il popolo ha compreso che non esiste alcun beneficio per esso dall’avere in tasca una moneta che ha eroso enormemente i risparmi e portato al fallimento di moltissime piccole e medie imprese.

Del resto, non poteva essere altrimenti. L’euro è stato creato certamente in primo luogo per spogliare gli Stati della loro facoltà di stampare moneta, ma anche e soprattutto per deindustrializzare l’Italia, penalizzata da tempo da una moneta il cui tasso di cambio è troppo elevato per i parametri dell’economia italiana.

Parafrasando Jacques Attali – eminenza grigia di Macron e di ogni presidente francese degli ultimi 40 anni, e tra i membri più influenti del gruppo Bilberberg – l’euro “non è stato fatto certo per la felicità della plebaglia italiana”, e l’utilizzo della parola “plebaglia” da parte di Attali esprime al meglio, o forse al peggio, la concezione che l’ideologia neoliberale e globalista ha dell’umanità.

Non uno spirito di amore per i popoli, ma uno di feroce odio nei loro confronti che nell’ottica di questi poteri devono essere ridotti il più possibili in quanto “mangiatori inutili”.

La concezione di fondo del pensiero mondialista è quella dell’odio verso l’umanità che deve essere sterminata attraverso l’applicazione della filosofia malthusiana e, poi, quel che ne resta, privata del dono del libero arbitrio attraverso l’uso delle tecnologie transumaniste.

Se però c’è un popolo che occupa un posto speciale nella lista dei Paesi più odiati da questi parassiti apolidi quello è certamente l’Italia per una serie di ragioni connesse alla sua storia profondamente legata alle radici greco-romane e cattoliche, di cui questo Paese è culla e custode.

E l’applicazione spietata e feroce di questo piano concepito per distruggere le nazioni, e soprattutto quella italiana ha fatto maturare un profondo malcontento degli italiani nei confronti di Bruxelles.

Un malcontento che negli anni passati non è riuscito a trovare degli sbocchi per portare l’Italia fuori dalla prigione dell’UE.

Questo enorme bacino di dissenso è stato fagocitato da quelli che nel gergo anglosassone sono chiamati “gate-keepers”, espressione che in italiano significa “guardiani dei cancelli”.

 Sono le sentinelle del potere che si attivano quando l’opposizione popolare nei confronti dello status quo sta crescendo troppo e queste sentinelle rivestono il ruolo di contenitori del dissenso.

Il loro scopo è di impedire che la domanda di cambiamento del popolo provochi un cambiamento reale. Il loro scopo è lasciare inalterata la condizione che preserva il potere delle élite finanziarie che essi rappresentano.

In Italia, questo ruolo di opposizioni controllate è stato affidato certamente al M5S all’inizio dello scorso decennio, e successivamente alla Lega di Salvini.

Entrambe le formazioni politiche però sono ormai “bruciate”. Il limite del meccanismo dei guardiani dei cancelli è principalmente uno. Prima o poi le opposizioni di facciata sono costrette a rilevare la loro vera identità perché il loro scopo è quello di assicurare la sopravvivenza del sistema, non di metterla in discussione.

Nel caso del M5S, il disvelamento del suo ruolo si è avuto con il suo matrimonio con il partito democratico nel 2019 quando nacque il secondo governo Conte, e nel caso della Lega di Salvini il disvelamento avvenne quando il Carroccio fece cadere il suo stesso governo per preparare la strada di palazzo Chigi a Mario Draghi.

In realtà, esistevano già in precedenza i segnali e gli elementi che dimostravano come queste due formazioni fossero pienamente integrate in determinati poteri. A questo proposito, si basti pensare che uno dei due fondatori del M5S, Gianroberto Casaleggio, era socio d’affari di Enrico Sassoon, membro di una famiglia legata ai Rothschild, e l’altro Beppe Grillo, secondo alcune fonti, fu avvistato a bordo del panfilo Britannia nel 1992 quando Mario Draghi officiava la svendita dell’industria pubblica italiana.

Le massonerie erano già consapevoli in quegli anni che l’eurismo e la sua esecuzione selvaggia avrebbero creato un enorme dissenso in Italia e preparavano già i contenitori del dissenso in quell’epoca.

Adesso però, come si accennava in precedenza, le vere identità di tali soggetti sono state rese note a tutti, anche agli osservatori meno attenti.

Il meccanismo delle opposizioni di facciata è giunto al suo esaurimento e il potere non riesce più a inventarsi una sua opposizione controllata.

Il dissenso è enorme e al momento i poteri internazionali non hanno nulla per poterlo catturare. Può sfociare ovunque, e soprattutto può sfociare in nuovi spontanei movimenti politici e sociali che potrebbero nascere prossimamente e che non sono in alcun modo controllati dal sistema.

La Russia sa che la crisi del sistema politico italiano può far crollare l’UE.

La Russia è consapevole di questa situazione di precarietà del sistema politico italiano ed è per questo che guarda con particolare attenzione a questo Paese.

A Mosca sanno che lo status quo attuale non potrà durare a lungo. Troppo fragili i partiti, e troppo impopolari le istituzioni politiche italiane.

La distanza tra la politica e il Paese reale non è mai stata così profonda come lo è in questo momento storico.

Nessuno praticamente ormai beneficia di questo status quo, salvo la residua, e sempre più ristretta, rete clientelare legata a questi partiti.

Soprattutto il Cremlino è consapevole che la decadente Seconda Repubblica nata dal golpe giudiziario del 1992 ha perduto la protezione di coloro che la concepirono, ovvero gli uomini dello stato profondo di Washington ,( assieme  agli “uomini di Davos” di Klaus Schwab.Ndr).

Negli ultimi anni è accaduto un fatto nuovo che ha cambiato non solo la storia degli Stati Uniti d’America ma anche quella dell’Italia.

La presidenza di Donald Trump ha portato l’America fuori dall’orbita del potere parallelo di Washington che ha utilizzato questa nazione per attuare l’agenda del Nuovo Ordine Mondiale.

A Roma, quindi i partiti che erano strettamente legati a Washington sono rimasti orfani. Hanno perduto la protezione e lo scudo dei loro referenti.

Donald Trump, e la presidenza Biden commissariata dalle forze armate fedeli a Trump, hanno reciso quel cordone ombelicale che legava lo stato profondo italiano a quello americano.

La fine del potere delle lobby che governano l’America non poteva che provocare la crisi di quei poteri che in Italia dipendono strettamente dalla sopravvivenza del primo.

Le sanzioni imposte contro la Russia non hanno fatto poi altro che peggiorare la situazione della politica italiana e ampliare ancora di più la distanza tra il Paese e le istituzioni. I prezzi dell’energia elettrica sono ai massimi storici e l’inflazione energetica artificiale provocata dalle politiche “ambientaliste” dell’UE, eseguite da Draghi, rischia di spazzare via dai mercati le imprese che sono sopravvissute a due anni di farsa pandemica.

In qualunque luogo vada, Draghi viene sommerso di salve di fischi. La sua aggressione e quella del suo governo nei confronti della Russia non ha fatto altro che aumentare l’impopolarità di questo esecutivo.

La risposta naturale e spontanea degli italiani a questa guerra russofoba è stata esattamente opposta a quella di palazzo Chigi.

Si sono messe in moto delle catene di Sant’Antonio che hanno portato gli italiani ad esprimere la loro solidarietà alla Russia e a prendere le distanze dal governo Draghi.

Mosca ha ricevuto il messaggio e ha ringraziato il popolo italiano.

C’è una intesa naturale tra questi due Paesi che l’establishment della politica italiana non può recidere. La Russia nutre una profonda ammirazione per l’Italia, e l’Italia, a sua volta, ricambia questa enorme stima.

Roma e Mosca sono quelle città accomunate da una storia comune di difesa della cristianità e dei valori greco-romani. Mosca si considera la “terza Roma” per questa ragione e nessuno può quindi recidere il legame della terza Roma con la prima Roma.

Questa è la ragione per la quale si è avviato un dialogo diretto tra la Russia e il popolo italiano.

Il Cremlino è consapevole della situazione di grave crisi che attraversa la decadente seconda Repubblica ed è altrettanto consapevole che presto i partiti attuali potrebbero uscire di scena.

Le analogie tra la Russia degli anni 90 e l’Italia contemporanea.

È una congiuntura storica ed economica che sotto certi aspetti richiama quanto accaduto proprio in Russia negli anni 90.

In quel periodo storico, la Russia si trovava a fare i conti con le macerie ereditate dal crollo dell’Unione Sovietica di stampo marxista, della quale non si ha francamente una gran nostalgia ma la sua dismissione fu certamente avallata e favorita dall’allora presidente Gorbachev per conto dei “grandi” poteri transazionali, dei quali l’uomo della Perestroika faceva parte.

Il Paese dopo il crollo del Muro di Berlino si trovò a fare i conti con un’ondata di violenza senza precedenti. Per le strade regnava la guerra tra bande armate e lo strapotere degli oligarchi askenaziti. Le istituzioni russe esistevano solo sulla carta perché queste erano in realtà una protesi di Washington.

Era direttamente la CIA, l’agenzia di intelligence americana, a governare il Cremlino che era controllato da uomini appartenenti allo stato profondo americano.

La Russia venne depredata del suo patrimonio pubblico industriale attraverso una ondata selvaggia di privatizzazioni ordinate ed eseguite per arricchire ancora di più il potere degli oligarchi neoliberali globalisti.

Lo Stato in pratica non esisteva perché questo non era null’altro che un simulacro giuridico nelle mani di gruppi di potere domestici e stranieri.

La situazione di caos e di sottomissione ebbe fine quando salì al potere un uomo che iniziò a liberare la Russia dalla morsa di coloro che l’avevano umiliata e ridotta sul lastrico.

Quell’uomo era Vladimir Putin che a distanza di molti anni ha rilevato come fu costretto a fare una vera e propria operazione di bonifica delle istituzioni governative infiltrate da agenti infedeli che avevano consegnato la Russia ai vari potentati che si erano spartiti il Paese.

Sotto certi aspetti esistono delle profonde analogie tra la Russia degli anni 90 e l’Italia contemporanea. La corruzione era ciò che governava la Russia in quel periodo ed è ciò che governa l’Italia oggi.

Nelle istituzioni governative italiane sono presenti ovunque esponenti e rappresentanti di gruppi di poteri privati a partire dallo stesso Mario Draghi, emissario e portavoce della banca d’affari Goldman Sachs.

La macchina statale dell’Italia è vittima della stessa infezione che piagava la Russia 30 anni fa. Non ci sono fedeli servitori dello Stato a palazzo Chigi, nei ministeri e nella magistratura.

Ci sono elementi sovversivi che hanno trasformato lo Stato in una dependance delle potenze estere e hanno ingrossato le istituzioni delle loro clientele incompetenti e corrotte.

Una intera nazione è stata messa all’asta per compiacere gli interessi di centri di potere che si trovano a Bruxelles, a Londra e a Washington.

Il Cremlino è consapevole che questo particolare periodo storico è ideale per l’Italia per la nascita di un leader e di una sorta di Putin italiano che possa portare il Paese fuori dalle secche della colonizzazione per mano dello straniero che sta subendo l’Italia.

Questa è la ragione per la quale Mosca vuole mantenere vivi i rapporti con il popolo italiano. Il Cremlino sta seminando i germogli di una futura nuova relazione tra l’Italia e la Russia che potrebbe rivelarsi come l’elemento chiave e decisivo per assestare la spallata definitiva alla traballante UE e all’Euro-Atlantismo da tempo in profonda crisi.

C’è uno spazio enorme per l’Italia nel mondo multipolare.

 Uno spazio che consentirebbe alla Penisola di sfruttare il suo enorme potenziale economico e geopolitico che fino ad ora è stato soppresso e tamponato da governanti corrotti e sottomessi all’agenda dei nemici del Paese.

La Russia è perfettamente conscia che il Paese che può spostare gli equilibri dell’Europa e del mondo è l’Italia, e vuole tenersi pronta a ciò che verrà dopo il crollo della seconda Repubblica.

Sono troppi quindi i punti di vulnerabilità del sistema politico attuale. Troppi per pensare che gli attuali partiti possano resistere a lungo.

La Russia sembra aver letto questo momento storico dell’Italia e ha compreso che presto potrebbero esserci nuovi interlocutori con i quali stabilire appunto quella naturale alleanza di cui si parlava in precedenza.

L’Italia è il Paese che in questo momento ha tutte le caratteristiche ideali per assestare il colpo definitivo a quei poteri che hanno cercato di attuare il Grande Reset di Davos e che hanno cercato di cancellare questa civiltà millenaria.

La Russia lo ha compreso molto bene e guarda con attenzione a Roma. E gli occhi di tutti per comprendere quale sarà il Paese che potrà provocare un terremoto politico internazionale andranno puntati sull’Italia.

È l’Italia il Paese che può far saltare il banco, ed è l’Italia il Paese che sarà un crocevia di destini nazionali e mondiali.

 

 

DAVOS 2022: L’AFFANNOSA PASSERELLA

DEI MAESTRI DEL CAOS.

Comedonchisciotte.org- Marco Di Mauro –( 31 Maggio 2022 ) -ci dice :

(Avanti.it).

 

Il Forum Economico Mondiale quest'anno ha scoperto le carte su vaccini, crisi alimentare, credito sociale, transumanesimo e sui problemi con l'emergere del multipolarismo.

(Klaus Schwab e Albert Bourla sul viale del tramonto).

Il Forum Economico Mondiale di Davos quest’anno si è concluso il 26 maggio, dopo cinque giorni di finti dibattiti sull’economia e altisonanti panegirici per il Nuovo Ordine Mondiale.

Complici i riflettori messigli addosso dalla sempre crescente consapevolezza delle masse dovuta ai plateali abusi dell’Operazione Covid, il Forum ha leggermente mutato la sua fisionomia: perso l’aplomb di affettata segretezza, Davos oggi è una passerella del potere degli squali del Club di Roma, che fanno sfoggio di una capacità decisionale e previsionale maggiore di quella di cui dispongono in effetti. E – triste paradosso di questi anni bui – i primi a crederci sono proprio i circuiti dell’informazione indipendente, che molto spesso con il loro sensazionalismo acchiappa-clic e disfattismo prêt-à-porter riescono a fare da megafono ai padroni del discorso molto meglio dei mainstream media.

 

Sono infatti circolati in lungo e in largo, senza che venisse approfondito alcun aspetto delle effettive discussioni, due spezzoni di video: il primo un posticcio che mostra Albert Bourla affermare che il piano della compagnia di cui è amministratore delegato, Pfizer, è di ridurre del 50% la popolazione mondiale, subito smentito dai pochi che sono andati a guardarsi l’originale conversazione con Klaus Schwab, fondatore e patron del Forum; il secondo uno spezzone del discorso di apertura dello stesso Schwab in cui afferma che “loro sono i padroni del futuro”, subito rilanciato ovunque da alcuni canali indipendenti come un’ammissione del fatto che ci siano loro dietro a tutto, che controllino e pianifichino ogni singolo evento storico.

 

Esiste, stando alla narrazione indipendente dei suddetti canali, una élite che comanda il mondo, e questa si riunisce a Davos per gestire e aggiornare i propri piani. Questa narrazione è pericolosa, perché coincide esattamente con ciò che le famiglie che si incontrano nel Club di Roma e nel Comitato dei Trecento vogliono farci credere; e se non si scardina questa narrazione non solo non si può contrastare la politica sostenuta dal Forum Economico Mondiale, ma non se ne possono capire neanche le stesse azioni e discussioni.

 

Diversamente da ciò che i padroni di Schwab vogliono farci credere, non esiste una élite che comanda il mondo:

 esiste una gruppo di criminali legati da filiazioni familiari, storiche ed economiche che cerca di tessere la trama della storia nel mondo occidentale, e che ha iniziato a farlo sin dal rovesciamento delle monarchie aristocratiche, a cavallo tra il XVIII e XIX secolo, creando gli stati nazionali e le cosiddette democrazie liberali con gli strumenti utilizzati poi per controllarli da dietro, cioè massoneria e lobbismo.

 Non si tratta quindi di un’élite, perché nessun popolo ha mai riconosciuto a queste famiglie uno status di “migliori, scelti”, né per censo né per valore umano o militare, si tratta bensì di una cricca, un’organizzazione criminale sovrastatale.

Non è vero che costoro controllano il mondo, in quanto esistono poteri statali non occidentalizzati – Russia, Cina, paesi arabi e alcuni sudamericani – che sebbene inevitabilmente collusi con loro, tuttavia non hanno alcuna intenzione di permettere l’instaurazione del governo globale del capitale, il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale. Ed esiste un altro fattore che terrorizza costoro, di cui non hanno mai il pieno controllo, e sono i miliardi di esseri umani che popolano questa terra: da qui l’ossessione per il de-popolamento.

 

Stando queste premesse, il lettore capirà perché questo nuovo appuntamento con il Forum Economico Mondiale non è stato tutto rose e fiori, e quest’anno la kermesse globalista è stata più chiara che mai nell’attribuire ai propri think tank la pianificazione della pandemia e la campagna vaccinale. Innanzitutto è parso visibilmente l’affanno degli ospiti d’onore in rappresentanza della Scienza: insieme a Bourla anche il CEO di Moderna, Stéphane Bancel, che ha magnificato la campagna vaccinale e biasimato i governi che lo hanno costretto a “buttare 30 milioni di dosi nella spazzatura perché nessuno le vuole” perché nel mondo “ci sono un sacco di persone che non vogliono i vaccini”; così anche l’ad di Pfizer ha dovuto difendersi da tutte le illazioni dei suoi nemici anti-vaccinisti.

 

Un altro punto di forza del Nuovo Ordine Mondiale è la rivoluzione tecnologica:

“Gli esseri umani verranno sostituiti dalle macchine. L’avvento dell’intelligenza artificiale rende l’essere umano economicamente inutile e politicamente impotente” ha detto pochi giorni fa uno dei pupilli di Schwab, Yuval Noah Harari, e al Forum Pekka Lundmark, ad di Nokia, ha spiegato come nel 2030 gli smartphone saranno obsoleti, perché la tecnologia sarà impiantata direttamente nel corpo umano, e gli hanno fatto eco altri interventi – come quello di Peggy Johnson, ad di Magic Leap, sulla perfetta fusione in un futuro imminente di mondo fisico e digitale – non meno altisonanti quanto in verità praticabili più nella fantasia che nella realtà, considerata la bassa tolleranza del corpo umano all’immissione di nanomateriali metallici che i molteplici effetti avversi della campagna vaccinale stanno dimostrando.

 Ma Bourla non si è scomposto, pubblicizzando anche le pillole tech, di prossima produzione della sua compagnia, capaci di inviare un segnale alle “autorità competenti” una volta che il principio attivo è stato digerito: una manna per la salute.

 

Ma il fiore all’occhiello di questo appuntamento con il Forum è stata la parte economica e geopolitica. In apertura della kermesse, un video mostra agli astanti come il mondo si stia riversando sempre più nel caos, tra sconvolgimenti politici e sociali dovuti alla crisi economica sempre più stringente – causata proprio dalle politiche promosse a Davos.

 In primo piano la crisi alimentare e della catena di approvvigionamenti delle grandi industrie: la cricca globalista ha implicitamente ammesso con interventi e contributi video che nella loro visione l’operazione Covid prima, e la guerra d’Ucraina poi, sono entrambe tappe che hanno proprio questo scopo.

Infatti la crisi alimentare è il presupposto necessario per l’instaurazione del caos globale, condizione essenziale della distruzione del vecchio ordine mondiale fondato sull’economia fossile e il mercato globale.

“De-globalizzazione”, “insicurezza alimentare”, “ristrutturazione delle catene di approvvigionamento delle grandi multinazionali” sono le previsioni degli economisti – in realtà ideologi – del Forum, che presentate come ipotesi oggettive e conseguenze dei loro piani, sono in realtà gli obiettivi a brevissimo termine posti nella fretta di contrastare l’avanzamento dell’asse russo-cinese.

Qui si è dovuta mettere una piccola toppa dopo il battibecco tra George Soros, vecchio squalo dei Rothschild e oltranzista anti-russo, e il navigato Henry Kissinger, unico tra gli ospiti a uscire dalle maglie della propaganda NATO e ricordare a tutti che l’unica soluzione sensata al conflitto russo-americano in Ucraina è la rinuncia di quest’ultima ad alcuni territori, e il ritorno a un modello di accordi tipo Minsk 2.

Lo stesso Soros, poi, a inizio anno ha speso durissime parole nei confronti di Xi Jinping, definendolo un pericolo per la “società aperta”, eppure al Forum del 2021 era stato proprio il dittatore cinese a fare il discorso di apertura.

Cosa si è rotto tra i Rothschild e la leadership cinese? A testimonianza dell’avvedutezza delle autoproclamatesi élite, il cancelliere tedesco Scholz ha fatto un discorso proprio sul multipolarismo, e sulle nuove opportunità che da esso scaturiscono.

Dunque, gli specialisti del caos stanno fabbricando una crisi alimentare su scala globale, e lo ammettono candidamente, sicuri dell’impunità; ma non è tutto:

Davos 2022 ha mostrato anche in anteprima quello che sarà l’esito delle politiche draconiane sdoganate dalla crisi sanitaria da loro creata.

Ad essere utilizzata sarà la propaganda del cambiamento climatico, citata da John Kerry nel suo intervento nel quale ha anche ammesso candidamente l’esistenza di tecniche di manipolazione climatica.

Ma qui si va oltre: il colosso cinese Alibaba ha dichiarato di star lavorando a un’app capace di tracciare l’ “impronta di carbonio” di ciascun singolo utente.

È il primo passo verso il green pass climatico: fingendo un mondo sempre più sull’orlo della distruzione a causa dell’eccesso di anidride carbonica emessa dai combustibili fossili, con la complicità degli stati costoro assegneranno a ciascun individuo una quantità massima di CO2 emettibile, oltre la quale sarà passibile di perdita dei diritti. Proprio questi ultimi sono stati oggetto di un dibattito fondamentale in quel di Davos: gli squaletti vogliono che sia sancito una volta per tutte il fatto che non esistono diritti naturali e inviolabili, ma la cittadinanza è “a punti”, va meritata ed è messa costantemente in discussione da un sistema di controllo e assegnazione, appunto, di punteggio.

Come da vecchia strategia Rothschild, la cricca ha scoperto tutte le sue carte fino al 2030, e se questo è senza dubbio un segnale di certezza dell’impunità, mostra anche chiaramente come il diktat che i padroni globalisti hanno dato ai maggiordomi di Davos e di tutte le loro ramificazioni nei governi occidentali è chiaro:

 massima rapidità di esecuzione, anche se questo deve costare l’uscire allo scoperto.

 Perché ogni attimo trascorso è un passo in più verso la consapevolezza popolare sulla rete criminale globalista, e spingere la Russia via dall’Europa e tra le braccia della Cina, partner inaffidabile della cricca, non è più una strategia appetibile come si poteva credere.

Anche la campagna vaccinale, che aveva lo scopo di distruggere il sistema immunitario innato per abbattere o rendere dipendente a vita dai farmaci i tre quarti della popolazione mondiale, è fallita proprio nei paesi cui era principalmente diretta: USA, Canada, Australia e gran parte dell’Europa.

L’instaurazione del transumanesimo, del capitalismo della sorveglianza e del governo mondiale del capitale incontra sempre più ostacoli, e quella di Davos per molti versi più che una passerella è sembrata un precipizio.

 

 

 

L’asse Londra-Washington

contro il multipolarismo.

Le implicazioni per lo spazio continentale ed il Mediterraneo.

Lafionda.org-Maurizio Vezzosi- (31-12-2021)- ci dice :

 

(…Enrico Mattei,1961…dixit!) .

Le profonde trasformazioni degli equilibri globali stanno segnando il lento declino di vecchie egemonie – o almeno, il loro ridimensionamento – e l’affermazione di nuove. In questo scenario, le rotte che lo attraversano e le faglie di instabilità che lo circondano fanno del mare in cui si protende l’Italia uno tra gli spazi marittimi più importanti del pianeta.

Per dare la misura dell’importanza del nostro paese basterebbe tenere a mente il fatto che nessuno tra i principali attori internazionali può permettersi di trascurarne il ruolo, o almeno di rinunciare ad esercitarvi una qualche forma d’influenza (culturale, economica, militare). Un’importanza rispetto alla quale la classe dirigente italiana si è dimostrata non di rado indifferente.

A pesare sull’Italia, è la mancanza di una visione d’insieme che sappia interpretare l’identità, il ruolo e l’assetto del paese nell’attuale configurazione internazionale e che sappia dimostrarsi adeguata per profondità di riflessione, realismo e lungimiranza.

 In linea generale, le maggiori potenze occidentali non vedono con interesse un possibile rafforzamento del nostro paese, della sua solidità e della sua indipendenza confidando piuttosto nel fatto che l’Italia mantenga un certo grado di debolezza e vulnerabilità: questa geometria può certamente assumere delle specifiche momentanee e peculiari, ma conserva, tuttavia, una validità tendenziale.

 

Al contrario, molti attori al fuori dell’ambito occidentale hanno tra le corde dei propri interessi quello che l’Italia si irrobustisca e massimizzi il proprio livello di indipendenza, acquisendo contestualmente un maggiore grado di influenza internazionale. Una differenza di approccio rintracciabile sia in questioni estremamente materiali che nelle peculiarità culturali di paesi-chiave dell’attuale scenario globale.

 

Malgrado i toni di certa stampa, né da parte di Mosca, né da parte di Teheran, né da parte di Pechino può sussistere l’interesse a destabilizzare l’Italia: ripetere il contrario non cambierà in alcun modo la realtà del nostro paese e dei suoi problemi. Potrà al massimo continuare a tenerlo lontano dalle possibili soluzioni di questi.

Mentre gli Stati Uniti si trovano a fare i conti con la peggiore crisi politica della loro storia, l’egemonia internazionale di Washington tende al ridimensionamento.

Washington e Londra continuano ad essere ossessionati dalle idee descritte da Halford Mackinder:

lo scenario che sembra inquietare Washington e Londra si configura infatti come la progressiva integrazione economica e politica dello spazio continentale che si estende da Lisbona a Shangai.

 Gli Stati Uniti potrebbero dimostrarsi disposti a tutto pur di scongiurare uno scenario di questo genere, eventualmente rinnovando il principio della “destabilizzazione permanente” come pilastro della propria strategia di contenimento, volta a rallentare l’affermazione di nuove egemonie.

Da parte della Gran Bretagna e degli Stati Uniti c’è un’evidente scommessa sull’aggressività contro Pechino e Mosca, partorita dalla convinzione che questa possa costituire un freno alla decadenza dell’egemonia globale angloamericana, ed in particolare del presupposto unipolare di questa. I rischi di un protrarsi sine die di questa aggressività sono incalcolabili, soprattutto per un paese-cerniera come l’Italia.

Ben visibili, anche nelle vicende di queste settimane, sono i rischi connessi alla crisi energetica, con cui un paese povero di risorse energetiche come l’Italia fa i conti.

Una crisi in buona misura prodotta da un lungo corso di scelte ben lontano dagli interessi del nostro paese.

Parallelamente alla crisi energetica si consuma la crisi d’approvvigionamento di semiconduttori, componenti essenziali nel campo dell’elettronica: una vera e propria offensiva condotta da Washington contro l’arcinemico cinese e la sua poderosa capacità produttiva.

Quella che sottende l’espressione “Gran Bretagna globale” è la più ambiziosa strategia su cui Londra abbia scommesso sin dalla fine della seconda guerra mondiale.

Nonostante le relazioni economiche che legano Londra a Pechino e Mosca, tutta la strategia della cosiddetta “Global Britain” si impernia sul presupposto antirusso e anticinese.

Insieme alla guerra mediatica e alla guerra cibernetica, il sanzionamento economico si profila come uno dei principali strumenti di guerra ibrida utilizzati dalla Gran Bretagna, reso possibile dal ruolo esercitato da Londra nelle dinamiche finanziarie globali.                                                               

Inutile poi meravigliarsi se i paesi che pagano lo scotto di queste azioni, finiscano talvolta per ritenere opportuno reagire con gli stessi strumenti.

Annoverabile tra questi, è anche la recente minaccia di disconnettere Mosca dal sistema SWIFT: una scelta, che se attuata, oltre ad avere conseguenze potenzialmente disastrose per l’economia del nostro paese, finirebbe per incentivare l’integrazione di Mosca e di Pechino e la creazione di un sistema alternativo a SWIFT, già progettato dai due paesi.

Nella cornice della “Global Britain” la “Perfida Albione” appare strategicamente complementare a Washington: l’incertezza domina la politica statunitense sul piano interno così come sul piano internazionale.

Quella che il mondo ha sotto gli occhi è la più profonda crisi di identità della storia statunitense. Una crisi con cui la presidenza Biden-Harris si trova costretta a fare i conti, nonostante le colossali immissioni di liquidità messe a disposizione della società americana. Immissioni peraltro non scevre da altrettanto colossali rischi inflattivi.

Mentre l’Unione Europea appare quanto mai debole, palesando invece, in ogni passaggio fondamentale la propria sostanziale disomogeneità l’Italia si trova a fronteggiare problemi critici su vari fronti. In primo luogo sul fronte meridionale – quella che fu la Quarta Sponda – dove l’Italia continua a fare i conti con la propria peggiore sconfitta consumatasi dopo la fine della seconda guerra mondiale. Fin troppo evidente è come una Libia instabile renda vulnerabile l’Europa, soprattutto meridionale.

Ogni mossa rilevante degli Stati Uniti che interessi lo spazio geopolitico compreso tra lo stretto di Gibilterra e il Mar Cinese Meridionale sembra volta a produrre un effetto destabilizzante. Nessuna di queste mosse sembra infatti volta a risolvere problemi particolari: tutte sembrano invece concepire la destabilizzazione come un fattore di contenimento da contrapporre alle egemonie emergenti che né gli Stati Uniti né la Gran Bretagna sembrano disponibili ad accettare.

Trent’anni fa, nella foresta di Bielowiza, l’Unione Sovietica cessava ufficialmente di esistere: quello che ne consegui fu uno stravolgimento geopolitico di portata epocale, definito efficacemente come una vera e propria catastrofe.

Proprio nella porzione di confine di quella foresta tra Polonia e Bielorussia si consuma, in queste settimane, una delle tante crisi prodotte dall’onda lunga di quell’avvenimento e dai suoi riverberi.

Nonostante l’antagonista sovietico sia scomparso da trent’anni né gli Stati Uniti né la Gran Bretagna sembrano disposti a rinunciare alla logica della guerra fredda e della tensione permanente: una scelta che appare metodica e volta a tenere l’Europa sotto scacco.

Le tensioni permanenti interessano un’area vastissima che va dall’Artico al Mediterraneo passando per il Mar Nero: da un lato le aree “di pertinenza” statunitense, dall’altro il territorio russo e la sua area di influenza.

A dividerle i contrasti che attraversano l’area baltica, la Bielorussia, la Crimea, il Donbass.

Oltre i Carpazi prosegue ormai da oltre sette lunghi anni una guerra a bassa intensità in cui l’esercito ucraino e i paramilitari ultranazionalisti – sostenuti dall’Occidente – si contrappongono agli insorti di Lugansk e Donetsk – sostenuti da Mosca.

L’Ucraina è oggi un paese economicamente al collasso, dipendente pressoché in toto dai sistematici prestiti occidentali: già prima dell’emergenza Covid, i dati del Fondo monetario internazionale avevano confermato il fatto che l’Ucraina fosse diventata il paese più povero d’Europa, con un reddito pro capite medio inferiore ai 3.000 dollari annui.

 Il conflitto, già costato oltre 14mila vittime, è proseguito in questi anni senza suscitare grandi attenzioni da parte dell’Occidente, trasformandosi in una lunga guerra di nervi e di logoramento.

 Le periodiche discussioni nel “formato Minsk” e nel “formato Normandia” non hanno, di fatto, prodotto alcuna soluzione concreta del conflitto, riuscendo al massimo a stemperarlo.

Non dissimile, il risultato della cosiddetta “formula Steinmeier”. Dopo aver ripreso possesso della Crimea – 2014 – ed una prima fase di appoggio attivo agli insorti del Donbass, negli ultimi anni il Cremlino ha evitato in Ucraina ogni genere forzatura, tanto da suscitare l’insofferenza di non pochi dei propri militari.

Benché descritti come “temporaneamente occupati” né la Crimea né il Donbass hanno una concreta possibilità di ritornare sotto controllo ucraino, meno che mai con l’uso della forza. Malgrado l’oltranzismo ostentato, né a Kiev né a Washington sembra mancare la consapevolezza di ciò.

Né, forse paradossalmente, sembra mancare la volontà di mantenere vivo il conflitto “sine die”: per gli Stati Uniti una spina nel fianco del Cremlino, per gli oligarchi ucraini una lucrosa opportunità. Per lo spazio continentale, uno dei principali fattori d’instabilità.

Il raddoppio del gasdotto North Stream rende possibile l’arrivo in Germania del gas russo senza che questo attraversarsi né l’area baltica, né la Polonia, né l’Ucraina, alfieri della strategia statunitense in Europa centrorientale: la sua entrata in funzione è al momento sospesa. Troppo forti le pressioni statunitensi nell’incerta fase post-Merkel, con una cornice politica ed economica nient’affatto positiva per la Germania.

Le sanzioni antirusse costituiscono uno degli elementi della strategia sostenuta dagli Stati Uniti e della Gran Bretagna: il sanzionamento economico è infatti uno dei principali strumenti per mantenere l’Europa divisa, e quanto più lontana da Mosca e Pechino.

Dal 2014 ad oggi le sanzioni imposte dall’Unione Europea alla Federazione Russa – con il sostegno di Roma – e le contro-sanzioni russe sono valse all’Italia un danno economico pari ad almeno quattro miliardi di euro l’anno.

A questi danni, già ingenti, si deve sommare il danno economico delle sanzioni – primarie e secondarie – sostenute attivamente o passivamente dall’Italia contro Siria, Venezuela, Nicaragua, Cuba ed Iran.

Una politica poco auspicabile sia per le conseguenze di carattere umanitario nei paesi colpiti – e tanto più nel bel mezzo di una pandemia – sia per l’impatto sull’economia italiana.

Malgrado i contorni di certe narrazioni trionfalistiche, e la distanza di queste dal paese reale, un’analisi seria della situazione in cui l’Italia si trova non può sorvolare sulle questioni attinenti la vulnerabilità del paese in ambito produttivo ed industriale.

A questo proposito non posso nascondere la mia costernazione per il fatto che gran parte delle forze politiche presenti nel nostro Parlamento stiano ostacolando la costruzione di un sistema normativo che punisca la delocalizzazione di aziende produttive con bilanci in attivo presenti nel nostro paese: un passo necessario per impedire che l’ossatura industriale d’Italia si spezzi.

Il rischio che la guerra globale combattuta a pezzi presto o tardi travolga anche la vecchia Europa non è zero: in uno scenario di questo tipo per l’Italia è quanto mai importante compiere ogni sforzo possibile per tendere alla neutralità, riscoprendo la bussola dell’interesse nazionale e la propria natura di “paese cerniera” per gli equilibri internazionali.

I risvolti sanitari, sociali e politici dell’era pandemica pongono la necessità di ricostruire una visione del sistema-paese e della sua politica estera. L’assenza di una visione di profondo respiro costituisce infatti per l’Italia il principale elemento di debolezza. Questa grave mancanza dovrebbe essere ragionevolmente considerata, insieme alla mancanza di una politica industriale adeguata, come una delle principali minacce alla sicurezza nazionale, così come gli inquietanti livelli di disoccupazione giovanile ed i preoccupanti indici di povertà: per l’ISTAT sono stati un milione i posti di lavoro persi in Italia nel 2020.

Quanto più l’Europa si trova ad essere ostaggio della tensione permanente impressa da Washington, tanto meno consistente appare la politica estera italiana, ridotta a sistematiche dichiarazioni di fedeltà incondizionata.

Nel tentativo di imporre una “conventio ad escludendum” antirussa e anticinese – persino sul tema dei vaccini anti-Covid si riverbera la strategia degli Stati Uniti e la debolezza di un’Unione Europea burocratica e corporativa.

Piaccia o non piaccia, l’era pandemica ha dato conferma di come il perimetro nazionale non possa in alcun modo venir trascurato, né in materia sanitaria, né in materia economica.

Un paese che non coltiva la propria identità è un paese destinato alla disgregazione e al declino: non esiste, nei fatti, alcuna politica di prospettiva senza una visione del paese e della comunità su cui questo si regge. E per questo che l‘Italia deve riscoprisi nazione, e riscoprire il significato democratico e progressista di quest’ultima, per gli affari interni così come per quelli internazionali.

 

Riscoprire l’identità mediterranea e di paese-cerniera scrollandosi di dosso quel “complesso d’inferiorità” descritto da Enrico Mattei è oggi per l’Italia una priorità inderogabile, necessaria per gettare le basi di un reale rilancio economico e di una nuova fase politica.

Solo su questi presupposti sarà possibile costruire il nuovo Risorgimento di cui il paese ha bisogno.

Noi italiani dobbiamo toglierci di dosso quel complesso di inferiorità che ci hanno insegnato, ovvero che gli italiani sono dei bravi letterati, bravi poeti, bravi cantanti, bravi suonatori di chitarra, brava gente, ma non hanno le capacità della grande organizzazione industriale.

Ricordatevi, amici di altri Paesi: sono le cose che hanno fatto credere a noi e che ora insegnano anche a voi. Tutto ciò è falso e noi ne siamo un esempio. Dovete avere fiducia in voi stessi, nelle vostre possibilità, nel vostro domani; dovete formarvelo da soli questo domani.”

(Enrico Mattei, 1961).

Maurizio Vezzosi.

 

I PROGRAMMI MILITARI SEGRETI UCRAINI.

Comedonchisciotte.org- Verdiana Siddi-( 02 Giugno 2022)- ci dice : 

(Thierry Meyssan, voltairenet.org).

Nel 2016 gli Stati Uniti hanno cominciato ad armare l’Ucraina perché muovesse guerra alla Russia e la sconfiggesse.

 In seguito il ministero della Difesa USA ha messo a punto un programma di ricerca biologica in Ucraina; nel Paese è stata inoltre segretamente trasferita un’enorme quantità di combustibili nucleari.

 Sono elementi che modificano l’interpretazione della guerra: non è stata voluta e preparata da Mosca, ma da Washington.

 

Il 4 marzo 2022, durante un attacco delle forze speciali ucraine alla centrale nucleare di Zaporižžja, occupata da diversi giorni dall’esercito russo, un proiettile ha innescato un incendio in un laboratorio adiacente. All’epoca, il mondo non conosceva la posta in gioco, per cui ha creduto che i combattenti fossero impazziti e irresponsabilmente corressero il rischio di un’esplosione nucleare.

L’idea che sottende tutti gli articoli di questa serie, iniziata un mese e mezzo prima della guerra in Ucraina, è che gli Straussiani, piccolo gruppo di adepti di Leo Strauss e intrinsechi alle amministrazioni USA, stavano da tempo pianificando uno scontro con la Russia e la Cina.

Ma nel decimo articolo della serie riferivo di come il reggimento Azov sia diventato il pilastro paramilitare dei banderisti ucraini, riferendomi alla visita del 2016 del senatore John McCain . Quest’ultimo, che non è uno straussiano, durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2008 si è avvalso dei consigli di Robert Kagan, teorico essenziale degli Straussiani , che tuttavia ha sempre prudentemente negato l’appartenenza alla setta.

La pianificazione della guerra contro la Russia.

È ricomparso un video, filmato durante la visita in Ucraina del senatore John McCain nel 2016, in cui si vede il senatore in compagnia del collega e amico senatore Lindsey Graham, nonché del presidente ucraino Petro Poroshenko.

 Gli statunitensi sono in missione ufficiale per conto del senato, ma si dà il caso che McCain sia anche presidente dell’IRI (International Republican Institute), branca repubblicana della NED (National Endowment for Democracy). È noto che l’Iri ha animato un centinaio di seminari destinati a responsabili politici ucraini di destra, nonché a banderisti. Nel video si vedono i senatori rivolgersi a ufficiali del reggimento Azov, la principale formazione paramilitare banderista.

 Non c’è da meravigliarsi. McCain ha sempre sostenuto che, per vincere i nemici, gli Stati Uniti devono appoggiarsi sui nemici dei nemici, senza cavillare. Infatti ha assunto pubblicamente la responsabilità dei contatti con Daesh contro la Repubblica Araba Siriana .

In questo video i senatori Graham e McCain garantiscono che gli Stati Uniti forniranno al reggimento Azov tutte le armi di cui abbisognano per sconfiggere la Russia.

Il video, ripeto, è stato girato sei anni prima che la Russia entrasse in Ucraina. I senatori affidano agli interlocutori una missione: non li considerano mercenari, ma emissari che si batteranno fino alla morte per un mondo unipolare.

Il presidente Poroschenko consegna il nuovo stemma all’SBU.

Poco tempo dopo, il presidente Poroshenko, che aveva partecipato all’incontro in tenuta da combattimento, ha modificato lo stemma dell’SBU, i servizi segreti ucraini. Vi è raffigurata una civetta con una spada puntata contro la Russia, nonché inciso il motto «Il saggio regnerà sulle stelle». L’apparato di Stato ucraino si stava chiaramente preparando alla guerra contro la Russia per conto degli Stati Uniti.

Tre anni dopo, il 5 settembre 2019, la Rand Corporation organizzava una riunione alla Camera dei rappresentanti USA per esporre il proprio piano: indebolire la Russia, obbligandola a intervenire in Kazakistan, in Ucraina e in Transnistria.

Nei due articoli precedenti  ho spiegato diffusamente che alla fine della seconda guerra mondiale Stati Uniti e Regno Unito hanno riciclato molti dirigenti nazisti e banderisti ucraini per usarli contro l’URSS; dopo il crollo di quest’ultima hanno protetto questi fanatici e se ne sono serviti contro la Russia. Ora vediamo in che modo li hanno armati.

Il programma biologico militare ucraino.

Dal 2014 l’Ucraina ha segretamente intrapreso diversi programmi militari. Il primo e più noto è la collaborazione con il Pentagono in 30 laboratori.

Secondo gli Stati Uniti, il programma aveva lo scopo di distruggere le armi biologiche fabbricate e immagazzinate in Ucraina dall’Unione Sovietica. La spiegazione è evidentemente poco plausibile; non è infatti verosimile che, a distanza di 31 anni dall’indipendenza e a otto anni dall’avvio del programma, esistano ancora armi biologiche sovietiche.

Secondo la Russia, il Pentagono aveva invece appaltato all’Ucraina ricerche su armi vietate dalla Convenzione per il Divieto di Armi Biologiche del 1972.

Mosca afferma che dai documenti sequestrati nel corso dell’operazione speciale risultano esperimenti su malati mentali dell’Ospedale Psichiatrico n. 1 (Streletchyé, regione di Kharkiv) e la manipolazione di un bacillo della tubercolosi per infettare la popolazione del distretto di Slavianoserbsk (Repubblica Popolare di Lugansk).

 La Russia sostiene inoltre che in questi laboratori venivano condotti «esperimenti estremamente pericolosi per rafforzare, per mezzo della biologia di sintesi, le proprietà patogene della peste, dell’antrace, della tularemia, del colera, nonché di altre malattie mortali».

Un altro progetto studiava i pipistrelli come potenziali vettori di agenti patogeni di guerra biologica, quali peste, leptospirosi, brucellosi, filovirus e coronavirus.

 

Si tratta di accuse gravissime non ancora chiaramente respinte né chiaramente accertate.

La riunione dell’11 marzo 2022 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocata dalla Russia per discutere della questione, non ha prodotto risultati.

L’8 marzo 2022, durante un’audizione al senato, la sottosegretaria di Stato, la straussiana Victoria Nuland (nonché moglie di Robert Kagan), dopo aver negato, ha dichiarato: «In Ucraina ci sono… laboratori di ricerca biologica. Temiamo che le truppe russe cerchino di assumerne il controllo. Perciò cerchiamo con gli ucraini d’impedire che i risultati delle ricerche possano cadere in mano alle forze russe, qualora vi si avvicinassero».

A dispetto di queste incoerenze, gli occidentali si sono schierati in blocco con Washington e hanno accusato Mosca di mentire. Ritengono normale che degli Stati immagazzinino agenti patogeni di questo tipo per studiarli e che questo non debba essere interpretato come finalizzato a fabbricare armi.

 I laboratori ucraini sono regolarmente sorvegliati dall’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa)  Resta comunque il fatto che questa versione non spiega le affermazioni di Nuland e non dà conto di catastrofi come, per esempio, l’epidemia d’influenza suina che a gennaio 2016 ha ucciso 20 soldati ucraini e ne ha mandati in ospedale altri 200.

L’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vassili Nebenzia, ha denunciato in particolare ricerche sulla trasmissione di malattie pericolose attraverso ectoparassiti, come pidocchi e pulci.

Nebenzia ha ricordato che analoghi esperimenti «furono condotti negli anni Quaranta dalla tristemente famosa Unità 731 dell’esercito giapponese, i cui membri si sono rifugiati negli Stati Uniti per sfuggire alla giustizia».

L’Unità 731 è l’equivalente giapponese degli esperimenti del dottor Josef Mengele ad Auschwitz.

Nebenzia si è inoltre interrogato sul trasferimento di migliaia di campioni di siero sanguineo di pazienti ucraini di origine slava all’Istituto di Ricerca Walter Reed delle forze armate USA. Secondo l’ambasciatore russo, si tratta di ricerche che riguardano selettivamente gruppi etnici specifici, come quelle svolte dal dottor Wouter Basson per conto del Sudafrica dell’apartheid e d’Israele contro neri e arabi (Coast Project).

L’amministrazione dell’ONU si è salvata in corner affermando di non sapere nulla del programma e rinviando alle misure di fiducia previste dal Trattato.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha da parte sua comunicato di essere a conoscenza del programma, ma di ignorarne i dettagli. L’OMS ha confermato per iscritto all’agenzia Reuters di «aver vivamente raccomandato al ministero della Sanità ucraino e agli organismi responsabili di distruggere gli agenti patogeni ad alto rischio per prevenire ogni possibilità di fuoriuscita» .

Quanto alla stampa cinese, ha parlato di esperimenti finalizzati a trasformare insetti in cyborg, organismi cibernetici, per fecondare o rendere sterili le colture (Operazione Insetti Alleati).

 

Vi fu una Riunione di esperti dei ministeri della Difesa e della Sanità di Stati Uniti, Polonia e Ucraina, organizzata nel 1996 dalla società di Hunter Biden e di Christopher Heinz.

Fonte: Science and Technology Center, Ucraina.

 

Comunque sia, queste sperimentazioni militari sono state condannate indirettamente dal Centro Nazionale dell’Intelligence Medica (National Medical Intelligence Center), passando dall’Agenzia della Difesa per la Riduzione delle Minacce (Defense Threat Reduction Agency – DTRA) e la Società Rosemont Seneca Technology Partners (RSTP), fondata da Hunter Biden e Christopher Heinz, rispettivamente figlio del presidente Joe Biden e figliastro di John Kerry .

 I risultati di queste ricerche sono stati inviati ai laboratori biologici militari di Fort Detrick, che in altri tempi svolsero un ruolo primario nel programma di armi biologiche degli Stati Uniti.

Il rappresentante cinese al Consiglio di Sicurezza ha sottolineato che: «Ogni informazione o pista sulle attività biologiche militari deve provocare un’attenta vigilanza da parte della comunità internazionale (…) Gli Stati Uniti dicono di volere trasparenza. Se ritengono false queste informazioni non devono far altro che comunicare dati pertinenti e fornire chiarimenti, in modo che la comunità internazionale possa pronunciarsi sulla questione».

Secondo le Nazioni Unite, gli Stati Uniti hanno regolarmente depositato rapporti sulle loro attività, nel quadro della Convenzione per il Divieto delle Armi Biologiche, l’Ucraina invece non l’ha mai fatto .

 

La Russia ha adottato diverse misure. Innanzitutto ha distrutto, con la massima precauzione, i contenitori di 26 laboratori ucraini (altri quattro non sono sotto il suo controllo).

Poi ha invitato gli alleati dell’OTSC (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva) a sorvegliare gli accordi eventualmente conclusi con gli Stati Uniti.

Armenia e Kazakistan hanno già messo fine a questi programmi di ricerca. Infine i membri dell’OTSC hanno vietato l’accesso ai loro laboratori al personale della Difesa di Paesi stranieri.

Il direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Rafael Grossi, ha rivelato al Forum di Davos che l’Ucraina possiede enormi quantità di plutonio e uranio arricchito.

 Il programma nucleare militare ucraino.

E ora veniamo al punto più dolente.

Ebbene sì, c’è qualcosa di ancor più grave. Al momento dell’indipendenza, Bielorussia, Kazakistan e Ucraina hanno ereditato buona parte degli armamenti nucleari sovietici.

Nel 1994 questi tre nuovi Stati firmarono con Stati Uniti, Russia e Regno Unito il Memorandum di Budapest: i tre Grandi s’impegnavano a garantire il rispetto dei confini dei tre Stati più piccoli, in cambio del trasferimento da parte di questi ultimi di tutte le armi nucleari alla Russia e dell’osservanza del Trattato sulla Non-proliferazione delle Armi Nucleari.

Questo Memorandum è spesso citato come esempio della doppiezza della Russia che, pur avendolo firmato, lo avrebbe violato. Non è esatto, giacché il Memorandum stipula che ognuno dei tre Grandi sia sollevato dall’impegno di non-intervento in caso di «legittima difesa o di altro caso conforme a quanto prevede la Carta delle Nazioni Unite».

Ebbene, la Russia ha ufficialmente riconosciuto le repubbliche del Donbass solo dopo che l’Ucraina si è rifiutata di onorare gli impegni presi con gli Accordi di Minsk e dopo che l’esercito ucraino ha bombardato il Donbass per otto anni.

 

Tra il 2014 e il 2022 l’Ucraina ha chiesto per quattro volte di rinegoziare il Memorandum di Budapest. Per finire, il 19 febbraio 2022 il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato alla Conferenza per la Sicurezza di Monaco:

 «In quanto presidente, lo farò per la prima volta. Ma l’Ucraina e io stesso lo faremo per l’ultima volta. Avvio consultazioni nel quadro del Memorandum di Budapest. Il ministro degli Esteri è incaricato di convocarle. Se non si terranno o se non produrranno risultati che garantiscano la sicurezza del nostro Paese, l’Ucraina avrà il diritto di pensare che il Memorandum di Budapest non funziona e che l’insieme delle decisioni prese dal 1994 vanno rimesse in discussione» .

Rimettere in discussione «l’insieme delle decisioni prese dal 1994» non può che significare dotarsi nuovamente di armi nucleari.

 Di conseguenza, la posizione del presidente Zelensky può essere così riassunta: lasciateci reprimere i separatisti del Donbass oppure ripristineremo il programma nucleare militare.

Si noti che lo ascoltavano i principali dirigenti dell’Alleanza Atlantica o loro rappresentanti. Tuttavia nessuno ha protestato all’annuncio della volontà di violare il Trattato per la Non-proliferazione delle Armi Nucleari.

Commentando il discorso del presidente Zelensky, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato: «La sola cosa che manca [all’Ucraina] è un sistema di arricchimento dell’uranio. Ma è un problema tecnico, non insolubile per l’Ucraina».

I servizi dell’intelligence russa erano informati che l’Ucraina aveva un programma militare nucleare. Non sappiamo però cosa esattamente conoscessero di questo programma.

Laurence Norman, inviato speciale del Wall Street Journal al Forum di Davos sul nucleare iraniano, ha riferito su Twitter la dichiarazione di Rafael Grossi sul nucleare ucraino, ma non ha pubblicato articoli. L’informazione è stata confermata da un altro giornalista del New York Times, sempre su Twitter.

 

Il 25 maggio 2022, al Forum di Davos, l’argentino Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ha incidentalmente dichiarato che nella centrale nucleare ucraina di Zaporižžja sono immagazzinate 30 tonnellate di plutonio e 40 tonnellate di uranio arricchito, di cui l’Agenzia non sa cosa ne è stato.

La centrale di Zaporižžja era uno degli obiettivi dell’esercito russo, che l’ha assaltata il secondo giorno dell’operazione speciale, il 26 febbraio. Il 4 marzo 2022, durante uno scontro fra russi e ucraini, è scoppiato un incendio in un laboratorio adiacente. Subito è stata denunciata l’irresponsabilità delle truppe russe. Evidentemente però si trattava di altro, come aveva dichiarato Mosca: la Russia aveva iniziato il trasferimento di questi combustibili e le forze speciali ucraine hanno tentato d’impedirglielo.

Il plutonio è venduto a un prezzo che oscilla tra 5 mila e 11 mila dollari al grammo. Venderne a prezzo base 30 tonnellate significa incassare 150 miliardi di dollari.

Il prezzo dell’uranio varia secondo il grado di arricchimento. Sotto il 5% l’uranio può essere impiegato per uso civile; per uso militare deve raggiungere almeno l’80%.

Non sapendo il grado di arricchimento di quello della centrale di Zaporižžja, non si può valutarne il valore. Il sequestro da parte della Russia di queste scorte non dichiarate probabilmente la risarcisce dell’insieme delle sanzioni.

La dichiarazione di Grossi solleva non pochi problemi: da quando l’Ucraina, che aveva ceduto alla Russia tutte le scorte risalenti all’epoca sovietica, detiene questi combustibili? Da dove vengono e chi li ha pagati? Per inciso: qual è il tasso di arricchimento dell’uranio e chi lo ha arricchito?

A queste domande la stampa russa ne aggiunge un’altra: che garanzie offre l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, dal momento che ha tenuto segreta l’informazione fino alla scorsa settimana?

Alla luce di questi elementi, è opportuno riconsiderare la comune accusa alla Russia di essere responsabile della guerra.

( Thierry Meyssan, voltairenet.org).

 

 

 

 

IL NUOVO ORDINE MONDIALE HA GIÀ PERSO.

Una approfondita analisi sulla vera posta in gioco in Ucraina.

Comedonchisciotte.org- Redazione- Massimiliano Bonavoglia-(25-maggio 2022)- ci dice :

 

... Il tenore del dibattito pubblico in Italia è tale che si viene etichettati come putiniani, qualunque cosa dissonante si dica rispetto alla sola verità ascoltabile, tanto che chi dissenta, integri in modo critico, o si discosti dal pensiero unico atlantista, viene immediatamente ritenuto una spia russa, che dovrebbe vergognarsi, visti i morti di Bucha, a non esordire recitando un incipit oramai obbligato: “C’è un invasore e un invaso, va difeso l’invaso, e perseguito l’invasore”. Chi avesse bisogno di sentirsi ripetere queste parole come introduzione di qualsiasi ragionamento o retrospettiva sulle vicende di quei luoghi, è invitato a provare semplicemente a seguire il tracciato e solo al termine decidere autonomamente a quale categoria esso appartenga.

 

Secondo un recente articolo del DailyMail.com il figlio del presidente degli Stati Uniti d’America Hunter Biden risulta aver inviato alcune e-mail che confermano il suo coinvolgimento nei bio-laboratori presenti in Ucraina in cui si lavorava, fino all’entrata dell’esercito russo, alla produzione di armi biologiche, quali virus e batteri coltivati in laboratorio.

Il rampollo dell’attuale capo USA avrebbe contribuito ad ottenere milioni di dollari di finanziamenti per l’azienda Metabiota, un gigante biotecnologico che dichiara nella propria pagina ufficiale, di voler rendere il mondo più resiliente alle epidemie .

Non solo. Lo stesso Biden junior avrebbe presentato Metabiota a Burisma Group , una holding registrata a Cipro ma con sede a Kiev, che opera sul gas ucraino dal 2002, nel cui sito spiccano sponsor come USUBC (US-Ukraine Business Council [Consiglio di business USA-Ucraina]) che promuove affari tra USA e Ucraina dal 1995, come si legge nel relativo sito web .

Lo scopo di questo incontro consisterebbe in un progetto scientifico che coinvolge laboratori ad alto livello di biosicurezza in Ucraina, con investimenti diretti di Hunter Biden di 500.000 dollari trasferiti a Metabiota attraverso la Rosemont Seneca Technology Partners (Azienda tecnologica che fa capo a lui  e diversi milioni di dollari provenienti da grandi investitori, come i 36 milioni di dollari di Goldman Sachs ricevuti nel lontano 2014, facenti capo a Counsyl, ora Myriad Genetics, colosso della ingegneria genetica quotato al Nasdaq (Nasdaq Global Select Market) con il simbolo MYGN, che dichiara sulla propria pagina web di voler sbloccare il potere della genetica .

Come è facile immaginare, la Russia denuncia pubblicamente il coinvolgimento di capitali americani, estremamente vicini all’attuale presidente, che da anni lavorano alla produzione di armi biologiche in un Paese che doveva essere neutrale nello scacchiere geopolitico europeo e mondiale, perché il più vicino di tutti a Mosca, capitale della Russia.

La versione occidentale è invece costituita dalla piena negazione di questi eventi, e la liquidazione delle accuse a mere illazioni diffamatorie, per giustificare l’azione russa in territorio straniero, volgarmente dette bufale.

Ora, se si vuole cercare di separare le manipolazioni da una parte e dall’altra per afferrare il più possibile la verità, vera vittima delle guerre, si potrebbe provare a seguire una logica elementare: se non fosse vero che in Ucraina si sta lavorando da anni a laboratori di armi biologiche quali virus e batteri potenzialmente letali, non vi sarebbe stato un invito frettoloso da parte dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) a distruggere tutti i virus e batteri prodotti e presenti in quei laboratori durante l’ingresso delle truppe russe in Ucraina.

Queste allarmanti avvertenze, riportate anche dai nostri media , smentiscono le dichiarazioni degli USA di non aver alcun coinvolgimento con i bio-laboratori ucraini , perché quei patogeni devono pur esistere, e l’OMS ne deve altresì essere al corrente, se chiede di eliminarli prima che cadano in mani russe, e possano essere usati come armi biologiche . Inoltre, il fatto che possano venire utilizzate come armamenti offensivi, non testimonia a favore della tesi secondo cui l’Ucraina sia sempre stata un Paese pacifico e inerme, che dal 24 febbraio 2022 subisce un’invasione immotivata, arbitraria e totalmente contraria al diritto internazionale da parte della Russia.

La versione occidentale di questa dichiarazione ufficiale  sostiene che il timore della perdita del controllo delle armi batteriologiche e virali da parte occidentale risiede nel possibile scoppio di nuove epidemie, anche solo per effetto dei bombardamenti, ma, di nuovo, ciò significa che l’Ucraina non era neutrale negli anni che precedono l’azione russa ora in corso, e tantomeno inoffensiva.

Afferma il corrispondente per la sicurezza nazionale dei media mainstream David Martin: “La preoccupazione è che i russi si impadroniscano di una di queste strutture di ricerca biomedica che ha l’Ucraina, dove fanno ricerca su patogeni come il botulismo e l’antrace… perché gli Stati Uniti hanno fornito supporto per alcune delle ricerche svolte in quelle strutture”.

In uno scambio di e-mail, la vicepresidente di Metabiota, Mary Guttieri così scriveva a Hunter nell’aprile 2014, due mesi dopo l’annessione della regione della Crimea da parte della Russia: “Come promesso, ho preparato il promemoria allegato, che fornisce una panoramica di Metabiota, il nostro impegno in Ucraina e di come possiamo potenzialmente sfruttare il nostro team, le nostre reti e le nostre idee per affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia e la continua integrazione nella Società occidentale” . E i bio-loaboratori non sarebbero pochi :

L’attività americana di ricerca in ambito sanitario a scopi bellici è cresciuta appunto nel 2014, dopo lo scoppio della guerra civile ucraina nelle regioni russofone orientali che ha visto per otto anni l’esercito ucraino bombardare i civili della minoranza russa.

 

Si legge nello stesso articolo:

“Il vicepresidente di Metabiota, in un’e-mail inviata a Hunter, nel 2014 evocava progetti per affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia. Le e-mail che tracciano gli interessi di Hunter sono state pubblicate prima sul New York Post – lo stesso tabloid statunitense che parlò per primo, nel 2020, dell’esistenza di questo computer – poi dal Daily Mail” .

Dunque i bio-laboratori sono stati potenziati, finanziati e controllati per portare l’Ucraina verso l’Occidente, sottraendola alla Russia. E il mezzo per farlo consiste in armi biologiche. Non proprio un motivo di serenità per la Russia, che assiste dal 2014 alla persecuzione di chi vorrebbe mantenere lingua, tradizioni e cultura pur minoritarie in Ucraina.

Lasciamo per ultima, tra le argomentazioni di natura sanitaria a riguardo delle vicende ucraine, forse la più difficile anche solo da descrivere, penosa e quantomeno discutibile sul piano etico-morale.

Da un documento dell’europarlamento intitolato:

“Traffico di cellule staminali e organi prelevati da neonati ucraini uccisi”  apprendiamo di una abominevole attività in voga in Ucraina dalla sua indipendenza che riguarda appunto, l’espianto a cuore battente di organi e cellule staminali dai neonati (vivi) ucraini.

 Il documento in esame al Consiglio di Europa risale al 2007, ma la denuncia promossa da una inchiesta della BBC è precedente, e l’articolo che ne descrive le attività è del 2006 .

Viene denunciato un muro di silenzio attorno alle attività di sottrazione dei neonati da parte del reparto di maternità alle madri naturali dell’ospedale numero 6 di Kharkiv.

Da questi bambini venivano espiantate cellule staminali dal midollo, probabilmente da vivi, attraverso uno smembramento dei corpicini, come osserva un ispettore alla visita di un cimitero di neonati: “Un anziano patologo forense britannico dice di essere molto preoccupato di vedere i corpi a pezzi – dato che non è una pratica standard post-mortem” .

 Le autorità nel 2003 avevano dunque riesumato i corpi di questi neonati, e rilevato le anomalie delle condizioni in cui si trovavano, che facevano pensare appunto al peggio .

Mentre vengono battute queste parole su una pagina di word, corre l’anno 2022, mese di maggio, quindi esattamente quindici anni dopo l’interrogazione parlamentare europea datata 23 maggio 2007.

Verrebbe naturale chiedersi cosa sia successo da allora, quanto sia stata di impatto nelle coscienze dei nostri rappresentanti colà allocati, profumatamente retribuiti per amministrare la democrazia e i suoi valori… nulla. Il testo della interrogazione, come l’inchiesta della BBC, galleggia nel nulla cosmico di Bruxelles.

 Evidentemente le atroci sofferenze inflitte a neonati da parte della sanità corrotta ucraina non hanno scosso le coscienze altrettanto insalubri degli interpellati in sede europea.

Eppure il testo parla chiaro:

“Secondo quanto riferito dalla BBC, in Ucraina esiste un traffico di cellule staminali e organi che vengono prelevati da neonati uccisi.

 Alcune madri ucraine hanno raccontato che nel 2002 in una clinica di Kharkiv si sono viste portare via, subito dopo la nascita, i loro bambini, poi dichiarati morti in base a motivazioni non attendibili.

Ai genitori non è stato per altro permesso di vedere le salme.

Nel 2003, per ordine delle autorità, molti corpi di neonati sepolti nel cimitero di un ospedale sono stati riesumati. È emerso che i neonati avevano subito il prelievo degli organi e presumibilmente anche delle cellule staminali. Secondo quanto afferma un’organizzazione non governativa ucraina, fra il 2001 e il 2003 per gli stessi motivi potrebbero essere stati uccisi più di 300 neonati. Nel frattempo, persino il Consiglio d’Europa sta indagando su tali casi.”

Curiosità: dopo approfondimenti, intere serate a scandagliare le foto satellitari, ispezioni che accertino le responsabilità sugli autori del massacro di Bucha, o del missile su Kramatorsk, anche chi volesse interessarsi d’altro si troverebbe catapultato nelle tragiche vicende ucraine all’accensione del televisore. … e di 300 bambini smembrati da neonati sottratti alle madri partorienti?

 È molto probabile che il silenzio mediatico e l’apatica reazione europea siano determinate da una corresponsabilità a qualche livello, per esempio partendo dai finanziamenti milionari di cui da anni beneficia la sanità ucraina.

 Chi compra quelle cellule staminali, oltre ai giganti farmaceutici e biotecnologici che lì operano? Sappiamo per certo che l’Ucraina fino all’intervento russo era il Paese d’Europa dove adottare-comprare un bambino era più economico, semplice e rapido.

Naturalmente non è pensabile che l’intervento russo sia determinato da questi fatti pur rivoltanti, visto che il suo stesso capo ha sempre dichiarato di voler denazificare l’Ucraina e difendere il Donbass come unici scopi.

Saremmo accusati d’esser più putiniani di Putin, se volessimo descriverlo come il salvatore degli ospedali pediatrici, e verremmo spediti a quelli psichiatrici. Si vuol solo chiedere al lettore di frequentare la domanda, che rimane retorica, del perché si parli a senso unico e solamente di alcuni morti, non di altri. Eppure anche quei neonati sono vittime ucraine, come i morti del Donbass.

Torniamo alla neutralità ucraina.

 

Nel 2017 fu de-secretato un verbale che descrive i colloqui intercorsi tra il 1990 e il 1991 tra i ministri degli esteri USA, Regno Unito, Francia, Germania sull’unificazione delle due Germanie dopo i noti fatti del 1989 a Berlino.

Il 6 marzo 1991 si parlò di sicurezza in Europa e i rapporti con la Russia, all’epoca guidata da Michail Gorbaciov. Rottosi il blocco sovietico alcuni Paesi appena riconosciuti indipendenti, primo fra tutti la Polonia, chiesero di entrare nella NATO. “(…) i rappresentanti dei quattro paesi occidentali (Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania Ovest), impegnati con Russia e Germania Est nei colloqui del gruppo «4+2», concordarono nel definire «inaccettabili» tali richieste.

 Il diplomatico tedesco occidentale Juergen Hrobog, stando alla minuta della riunione, disse: «Abbiamo chiarito durante il negoziato 2+4 che non intendiamo fare avanzare l’Alleanza atlantica oltre l’Oder. Pertanto, non possiamo concedere alla Polonia o ad altre nazioni dell’Europa centrale e orientale di aderirvi».

Tale posizione, precisò, era stata concordata con il cancelliere tedesco Helmuth Khol e con il ministro degli Esteri, Hans-Dietrich Genscher” .

 

Persino il successore russo Boris Yeltsin, passato alla storia come liberale e occidentalista, scrisse a Bill Clinton nel 1993 a proposito della intenzione di entrare nella NATO dei Paesi ex-sovietici, una formale accusa di aver rotto la parola data due anni prima come ci mostra un articolo del Der Spiegel:

“Certamente, ha osservato Yeltsin, ogni Paese può decidere in autonomia di quale alleanza far parte. Ma l’opinione pubblica russa, ha proseguito, ha visto l’espansione occidentale della NATO come una sorta di neo-isolazionismo della Russia, un fattore, ha insistito, che deve essere preso in considerazione. Yeltsin ha anche fatto riferimento al trattato Due più Quattro relativo alla riunificazione della Germania del 1990” .La risposta di Clinton fu il rifiuto di riconoscere le parole del suo omologo russo, e quella dei quattro presidenti americani succeduti, due repubblicani e due democratici, è storia degli ultimi trent’anni:

nel 1997 vengono invitati ad entrare nella alleanza Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca,

nel 2002 vengono invitati Estonia Lettonia Lituania Slovacchia Slovenia Bulgaria Romania, quindi sette Paesi ex-sovietici, tutti in Europa dell’est, alcuni confinanti con la Russia, vengono occupati da forze militari americane in nome dell’alleanza NATO, che definisce se stessa alleanza difensiva.

Le proteste russe furono inascoltate e insabbiate dalla stampa, come accade attualmente, e le promesse solenni in campo diplomatico totalmente disattese.

Nel 2008 toccò ad Albania e Croazia,

nel 2015 Montenegro, nonostante le puntuali ma “afone in occidente” proteste di Russia, Cina e Venezuela.

Ora una domanda: come funziona un’alleanza?

 Immaginiamo due tifoserie di due diverse squadre di calcio che stringono un gemellaggio, l’equivalente di una alleanza militare in ambito decisamente più ludico.

 I tifosi di una squadra indossano le sciarpe ed espongono striscioni amichevoli nei confronti dei gemellati, e viceversa: si festeggia al goal degli avversari e si sventolano i loro colori. E viceversa, perché appunto è una alleanza.

 Quando invece si entra nel territorio della tifoseria opposta, e si esibiscono le proprie bandiere, solitamente più che di gemellaggio si tratta di invasione, che prelude ad uno scontro, spesso anche violento e non solo verbale. L’elemento che contraddistingue i due fenomeni, da tener presente se si va a vedere una partita e si vuol tornare a casa incolumi, è la reciprocità.

Quella della NATO invece è una strana alleanza, diciamo fortemente asimmetrica. In tutto il territorio americano, circa nove milioni e ottocentomila chilometri quadrati, sventolano solamente bandiere a stelle e strisce.

 Niente tricolori, a parte i ristorantini italiani, per esempio. Mentre negli altri alleati, se così vogliamo chiamarli, troviamo insieme a quelle nazionali, le bandiere dello zio Sam.

Bandiere che spiccano da basi militari della NATO, che rispondono al comando americano, con militari che vi operano, americani, con armi americane e anche se in un certo Paese si è votato contro il nucleare, come in Italia, per gli accordi “speciali” presi nell’alleanza, ad uno dei due, il più forte, incommensurabilmente più potente e cioè gli USA, è concesso tutto: depositare ad libitum bombe atomiche, facendo fare agli abitanti di quel Paese da bersaglio in caso di conflitto; mentre all’altro, lo Stato più piccolo, debole, ospitante, nemmeno il diritto di obiettare o condurre una interrogazione diplomatica.

Si deduce da queste considerazioni che la differenza tra un Paese occupato e un Paese libero, è che per Paese occupato si intende interessato dalla presenza di forze armate Russe, o comunque sotto il controllo della Russia, mentre il Paese libero è tale quando è occupato dagli americani .

Si dirà: è per il nostro bene, l’alleanza NATO è appunto difensiva.

Il 24 febbraio 1999 in modo unilaterale, senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la NATO bombarda a tappeto per undici settimane la Serbia, con quella che viene definita dalla neutralissima stampa occidentale “ingerenza umanitaria”.

Nessun collegamento televisivo con i cittadini sotto le bombe yankee, nessuna difesa a tavolino della sovranità di uno Stato, nessuna accusa di aver portato la guerra alle porte dell’Europa, come viene detto oggi sull’Ucraina. Nessun inviato a riprendere peluche insanguinati in primo piano sullo sfondo della cameretta di un bambino, demolita dalle esplosioni.

Lo stesso si dica per la ventennale guerra in Afghanistan, 2.000 miliardi di dollari spesi in vent’anni, mai la foto di un vecchietto almeno azzoppato dalle bombe, per finire con la ritirata nel 2021 e circa sei miliardi di armamenti lasciati ai terroristi talebani.

Per non parlare dell’Iraq, aggredita per rovesciare il governo di Saddam con il pretesto delle armi di distruzione di massa, che lo stesso Colin Powell aveva dapprima mostrato al mondo agitando la famosa provetta, e anni dopo riconosciuto come false .

 Nelle settimane precedenti l’invasione, Bush aveva negato pubblicamente di avere intenzione di invadere l’Iraq, ma nessuno dei nostri impavidi giornalisti gli rimproverò di essere pretestuoso e inaffidabile non appena lo fece, come oggi fanno a gran voce contro Putin, per aver dichiarato di non voler invadere l’Ucraina prima del 24 febbraio scorso.

 Quando è cominciato l’attacco l’Iraq era un tipico stato mediorientale arabo, con il suo semi-dittatore e leggi un po’ discutibili ma stabile. Grazie all’intervento americano è interessata dall’ISIS (un’organizzazione terroristica il cui capo Ibrahim Awwad Ibrahim Ali al-Badri al-Samarri si è autoproclamato califfo Ibrahim I dello Stato Islamico nel giugno 2014) ed è in mano a fazioni belligeranti, con nuovi terroristi finanziati originariamente dagli USA, come ammise la stessa Hilary Clinton durante la campagna elettorale contro Trump.

Giusto per dovere di cronaca, anche Gheddafi era a capo di uno stato sovrano, in quel caso con la scusa dei diritti umani lo si abbatté nel 2011, con bombardieri decollanti da Sigonella e altre basi dispiegate sulla più grande portaerei americana del mondo: l’Italia.

Come sappiamo bene, da quel meraviglioso intervento umanitario armato, la Libia è un vero inferno a cielo aperto, dove gli esseri umani subiscono le peggiori torture, soprusi e abusi, vengono trattati come merce di scambio, con orde ininterrotte di migranti provenienti da tutta l’Africa e dall’Asia, ricattati, spolpati di ogni capitale, caricati peggio del bestiame su carrette a malapena galleggianti e spediti in mare a giocare la fortuna. Questa operazione [mai parlare di guerra, se non si tratta della Russia!] fu condotta dal Nobel per la pace Obama, un presidente nero, democratico, progressista e impegnato appunto, nella difesa dei diritti civili.

Una curiosità: i talebani in Afghanistan furono armati dagli americani in chiave antisovietica nel secolo scorso, così Saddam Hussein e il suo regime in Iraq contro l’Iran, altrettanto Gheddafi in Libia, con cui anche l’Italia aveva avuto rapporti commerciali per quarantuno anni.

A guardarle in retrospettiva, le ultime guerre-operazioni NATO paiono avere più di un elemento in comune: il Paese attaccato ufficialmente per ristabilire l’ordine versa in condizioni mediamente molto più caotiche e contrarie alla salvaguardia dei diritti umani che prima dell’intervento.

 Viene da chiedersi: l’ordine che gli Stati Uniti vogliono imporre al mondo intero, corrisponde allo svuotamento dei poteri nazionali e indebolimento delle strutture statuali per controllarne poi facilmente le politiche interne attraverso i soliti finanziamenti e dipendenza dall’estero?

Un segnale per gli alleati potrebbe essere che se sei sotto l’ala protettrice atlantista devi sottostare al volere d’oltreoceano, oppure, semplicemente, quando non servi più, così come ti hanno appoggiato prima, ti eliminano poi, attraverso la mostrificazione mediatica e quindi l’azione materiale-militare. È una alleanza da sorvegliati speciali, in regime di sovranità delocalizzata, per così dire. O ancora meglio: una democrazia dal guinzaglio corto, come ci definiscono gli stessi americani nei preziosissimi rapporti di spionaggio che abbiamo potuto consultare grazie alle rivelazioni note col termine Wikileaks di Julian Assange .

A proposito, fino a che punto il nostro sistema mediatico è libero e minimamente attendibile, se tace della persecuzione di questo eroe del giornalismo d’inchiesta, murato vivo da decenni in 15 metri quadrati e che ora verrà estradato in America per scontare la condanna a 175  anni in una prigione di massima sicurezza, per aver detto verità scomode a partire dalle torture americane su prigionieri a Guantanamo?

 Tutti leoni i nostri giornalisti quando devono inchiodare Putin mostrandoci l’uccisione sospetta della giornalista Anna Politkovskaja, e altrettanto disattenti quando si tratta di informarci sul nostro salvatore dell’articolo 21, colui che sta deperendo per anni di isolamento coatto in una ambasciata a Londra, al quale i magistrati inglesi intendono dare l’estradizione in USA, secondo la migliore tradizione garantista britannica…?

Reperire queste informazioni non è immediato in Italia, dal momento che la comunicazione sugli eventi in corso è quasi a senso unico, in una parola si può definire russofoba.

Stando a questa, la guerra scoppierebbe solo a fine febbraio 2022, sino al giorno precedente non c’era traccia nei notiziari delle uccisioni che hanno prodotto 14.000 morti nelle regioni di Lugansk e Donetsk.

Erano pure quelli morti ucraini, di cui non è importato nulla per otto anni a nessuno in occidente, perché colpevoli di essere di cultura russa. Alla luce del coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nei bio-laboratori ucraini, invece, appare chiara la motivazione dell’atteggiamento iper-bellicista che l’attuale presidente Biden ha nei confronti del suo omologo russo, definito pubblicamente a più riprese criminale, assassino, macellaio ed altre amenità, sulla base delle quali diventa assai improbabile costruire un possibile negoziato per la pace.

L’attuale conflitto in corso in Ucraina, che vede le forze militari russe impegnate in territorio ucraino da quasi tre mesi, potrebbe rappresentare una risposta alle azioni ucraine nel Donbass come afferma la versione ufficiale russa, ma anche una prevenzione delle imminenti azioni antirusse, che avrebbero potuto determinare un attacco biologico o bioterroristico, magari presentato come casuale o frutto di un incidente.

 Non esistono prove al momento che questa intenzione fosse nei programmi ucraino-americani, ma i finanziamenti a laboratori biotecnologici da parte USA anche in territori ufficialmente estranei come l’Ucraina, o addirittura ostili come il famoso laboratorio di Wuhan in Cina, oggi non suonano per nulla nuovi.

 Il bio-laboratorio di Wuhan, infatti era non solamente finanziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità  (informazione dapprima negata come bufala, poi ammessa dallo stesso Anthony Fauci , ma anche dalla fondazione Gates-foundation di Bill Gates :

C’è di più, il famigerato centro tecnologico-militare di Wuhan era ritenuto già da tempo pericoloso per la nota lavorazione di virus artificiali come quello della Sars, con innesti di proteine del coronavirus presa da pipistrelli, prodotti artificialmente, come riportava una trasmissione andata in onda sulla RAI nel 2015 . Questa notizia tuttavia nel 2020 fu dichiarata una enorme e colossale bufala, non appena scoppiò la pandemia [meglio sarebbe dire psico-pandemia] del sars-cov-2, ma ora che l’attenzione emotivo-mediatica mondiale si sta spostando su altri temi, forse è possibile guardare le cose con maggiore distacco e prendere in considerazione l’ipotesi che si sia trattato di un evento non accidentale, bensì artificiale.

Già che siamo su Bill Gates, non sarebbe fuorviante chiedersi come mai i ricchissimi russi siano oligarchi, mentre gli occidentali tutti filantropi, superata una certa soglia di ricchezza: diventano tutti santi e altruisti allorché multimiliardari.

 Agli uni si sequestrano beni e conti correnti ad libitum, agli altri si lustrano le scarpe, da parte di inservienti che ricoprono cariche politiche di rappresentanza popolare, come quando la ministra Lorenzin andò a prendere ordini al GAVI (alleanza globale per la vaccinazione da lui presieduta) nel 2014 con l’ex presidente di AIFA Sergio Pecorelli e il responsabile ministeriale per la medicina preventiva Ranieri Guerra, e da allora tutti i ministri della salute succeduti a Beatrice.

Compresa la grillina pentastellata Grillo, sono diventati tutti, se non lo erano prima, iper-vaccinisti. Potere della persuasione dei miliardari: vai a colloquio da uno di loro e torni convinto sostenitore dei progetti mondiali che ha in mente!

 Gates tra parentesi da anni profetizza epidemie catastrofiche, ma guadagna anche miliardi di dollari dalle pandemie, per i lockdown che innalzano le entrate dei titoli tecnologici, e grazie alle sue partecipazioni nelle principali case farmaceutiche che producono vaccini, per non parlare del fatto che è il secondo finanziatore dell’OMS, dopo gli Stati Uniti, cosa che rende la non proprio un’organizzazione pubblica e trasparente.

 Temi che avrebbero dovuto acquisire risonanza e interesse internazionale con le conseguenze della pandemia, mentre furono quasi totalmente ignorati dai nostri media. Sempre per quella libertà di stampa di cui tanto ci vantiamo quando critichiamo la Russia per i suoi metodi per noi inaccettabili.

Durante la cosiddetta prima ondata, la Russia inviò all’Italia aiuti immediati a differenza degli alleati USA e i cari Stati europei, che addirittura vietarono lo spazio aereo costringendo i velivoli russi a passare per la Turchia costeggiando i confini europei fino allo stivale.

Lo stesso ministro degli esteri tentò di farne un vanto personale nel ringraziare al primo atterraggio a Pratica di Mare il presidente russo dicendo: “(…) Questo dimostra che l’Italia non è sola e che coltivare amicizie con altri Stati è fondamentale” .

Come no…, fu chiaro da subito a tutti che i russi vennero ad aiutarci perché avevamo un ministro di quella caratura. Del resto… chi non si farebbe in quattro per soccorrere un Paese rappresentato da uno statista tanto acuto! Ora che il vento è cambiato, il ministro senza macchia e senza vergogna, è l’alfiere più convinto sulle sanzioni alla Russia (a spese dei popoli europei) e sicuro del fatto suo garantisce: “C’è un altissimo consenso alle sanzioni, siamo pronti ad aumentarle, con circa 200 bambini morti in quasi due mesi di guerra. E a Putin bisogna farlo capire solo togliendogli i soldi, solo con le sanzioni” . Al momento però l’ENI non solo continua a dare soldi alla Russia, ma accetta anche di pagare in rubli, permettendo all’Italia di aggirare le sanzioni assurde e suicide, adottate dall’Italia stessa. La coerenza in politica è tutto.

Un altro esempio di quanto poco sia vantaggiosa l’alleanza NATO per chi è “socio di minoranza” è proprio la quesitone energetica: lo zio Sam incassa miliardi di dollari per un gas che non sapeva a chi rifilare, di minore qualità rispetto a quello russo, molto più inquinante nella consegna vista la necessità della traversata atlantica, ulteriormente costoso vista la inevitabile costruzione di rigassificatori per la riconversione da uno stato all’altro una volta approdato alle coste italiane, a tutto carico della spesa pubblica nazionale.

Sorvoliamo sugli aiuti militari all’Ucraina non gratuiti bensì a titolo oneroso differito, per così dire, perché il meccanismo del debito che dalla nascita della FED strangola le economie mondiali, compresa quella americana, si frega le mani ora che finalmente può aggiungere l’Ucraina alla lunga lista dei Paesi dollaro-centrici (la BCE è una entità totalmente dipendente in realtà dalla FED, come dimostra la ricollocazione dell’attuale governatore Lagarde).

Lo scacchiere internazionale sta cambiando a sfavore dell’occidente oramai al tramonto, a dispetto di ciò che si racconta sui nostri schermi, dato che le sanzioni alla Russia, l’estromissione dal circuito interbancario Swift delle banche russe, la confisca dei beni mobiliari e immobiliari dei russi in Paesi che hanno fondato il diritto occidentale come l’Italia, fino a forme odiose di discriminazione su atleti disabili alle paraolimpiadi, musicisti, direttori d’orchestra, squadre di calcio e persino lezioni universitarie su autori russi, stanno generando una polarizzazione internazionale per la quale l’altra metà del pianeta, che in termini di popolazione supera di gran lunga il vecchio continente e la decadente società americana, si sta stagliando su posizioni antimperialistiche.

 Le sanzioni stanno compattando innanzi tutti i russi, che si sentono sempre più isolati e discriminati, minacciati e accerchiati, e secondariamente le altre nazioni a cominciare dalle potenze atomiche come Cina, India, Corea del nord e Pakistan.

 Parimenti la Serbia e diversi Stati africani stanno allineandosi su posizioni non atlantiste.

Da questa parte del mondo ci dicono che il problema è Putin, la Russia, 140 milioni di putiniani disposti su undici fusi orari, numero maggiore di tutti gli Stati del mondo: quando in una parte della Russia è pieno giorno, nell’altra è notte fonda. Si chiede la condanna di Putin al tribunale dell’Aja come per Slobodan Milošević, senza neanche sapere che dieci anni dopo la sua morte fu assolto, come apprendiamo da un interessante articolo del 2016 che chiude in modo paradigmatico: “(…) Peccato che solo dopo 20 anni sia emersa la verità e che questa verità non trovi spazio sui media, i quali si erano superati in passato nel dipingere Milosevic come il mostro senza scrupoli che aveva pianificato la pulizia etnica nei Balcani.

L’ex presidente serbo è morto dietro le sbarre per soddisfare la sete di rappresaglia di chi non tollerava che un popolo orgoglioso sfidasse il nuovo ordine mondiale” .

Già, il nuovo ordine mondiale, quello di cui ci parlava già Bush senjor, per giustificare la prima tempesta nel deserto contro l’Iraq, che nel 1990 aveva invaso uno stato sovrano, il Kuwait, permettendosi di fare quello che solo il gendarme del mondo può intraprendere, senza aspettare alcun permesso, fosse anche dalle Nazioni Unite.

Quindi in gioco non c’è l’Ucraina, usata da entrambe le parti (USA e Russia) per i propri interessi. Questo è ciò che appare. In gioco c’è da una parte il nuovo ordine mondiale, sotto l’egida dell’unica superpotenza che non accetta rivali, e dall’altra il mondo multipolare, costituito da più potenze e superpotenze, che devono imparare a bilanciarsi reciprocamente, se non si vuol mettere fine alla vita umana sul pianeta.

Se questa è la vera cornice entro cui si svolgono gli avvenimenti, solo un pazzo che vive in un mondo parallelo può pensare che Putin sia destinato a capitolare, ritirarsi e chiedere magari scusa per il gesto inconsulto.

Tutto ciò non avverrà, ma non per orgoglio putiniano o per non doversi umiliare dinnanzi al suo popolo e al mondo intero. Semplicemente perché il mondo è già ora, uno scenario geopolitico multipolare, con potenze e superpotenze che da tempo non sono inferiori a quella americana (prima assoluta solo nel debito pubblico, che ha superato i trentamila miliardi di dollari).

In altre parole, il nuovo ordine mondiale(unipolare), ha già perso, ma ancora ce lo devono dire.

In quanto colonie della potenza decadente, lo sapremo per ultimi.

( Massimiliano Bonavoglia, docente universitario di Filosofia del diritto).

 

 

 

I SANZIONATI: IRAN E RUSSIA

STABILISCONO NUOVE REGOLE.

Comedonchisciotte.org -redazione-Markus-(3 giugno 2022) - ci dice :

(Pepe Escobar- thecradle.co)-( thecradle.co/Article/columns/11133).

 

Mentre la Cina, desiderosa di evitare il più a lungo possibile le sanzioni statunitensi, è in ritardo, sono i suoi partner della RIC, l'Iran e la Russia, a fare il lavoro grosso per rompere la morsa finanziaria globale dell'Occidente.

Il primo Forum economico dell’Eurasia, tenutosi la scorsa settimana a Bishkek, in Kirghizistan, dovrebbe essere considerato una pietra miliare nella definizione dei parametri per l’integrazione geoeconomica del cuore dell’Eurasia.

Sergei Glazyev, ministro russo responsabile dell’Integrazione e della Macroeconomia dell’Unione Economica Eurasiatica (EAEU), sta coordinando il progetto di un sistema monetario-finanziario alternativo – un post-Bretton Woods III de facto – in collaborazione con la Cina.

Secondo Glazyev, il forum “ha discusso il modello di una nuova moneta di regolamento globale ancorata a panieri di valute nazionali e materie prime. L’introduzione di questo strumento valutario in Eurasia comporterà il crollo del sistema del dollaro e il definitivo indebolimento del potere militare e politico degli Stati Uniti. È necessario avviare i negoziati per la firma di un trattato internazionale appropriato nel quadro della Shanghai Cooperation Organization (SCO).”

Glazyev aveva descritto più nei dettagli l’iniziativa di rovesciare il sistema finanziario globale occidentale durante un’intervista esclusiva rilasciata a The Cradle in aprile .

È particolarmente importante capire come Glazyev colleghi l’iniziativa della EAEU con il crescente ruolo geopolitico e geoeconomico della SCO, che riunisce allo stesso tavolo le principali potenze eurasiatiche: Cina, Russia, India, Pakistan, Kazakistan e Iran.

Ciò si collega direttamente al presidente russo Vladimir Putin che, in occasione della riunione del Consiglio economico supremo eurasiatico, aveva sostenuto l’estensione di un accordo temporaneo di libero scambio tra l’EAEU e l’Iran, che è il più recente (e l’unico dell’Asia occidentale) membro a pieno titolo della SCO. Putin ha detto che questo accordo dovrebbe andare avanti nonostante “il confronto con l’Occidente collettivo.”

La EAEU, inaugurata nel 2015 con cinque membri a pieno titolo – Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Bielorussia e Armenia – rappresenta un mercato di 184 milioni di persone e un PIL collettivo di oltre 5.000 miliardi di dollari.

 Il prossimo passo con l’Iran sarà l’attuazione di un accordo di libero scambio completo, possibilmente entro la fine dell’anno, secondo il vice ministro del Commercio iraniano Alireza Peymanpak. Anche Egitto, Indonesia ed Emirati Arabi Uniti sono candidati a stringere accordi con la EAEU.

L’Iran, che da oltre quarant’anni è costretto a trovare soluzioni creative per aggirare l’infinita serie dei pacchetti di sanzioni imperiali, potrebbe avere una o due lezioni concettuali da insegnare alla Russia. Gli accordi di baratto stanno guadagnando terreno: Teheran sta offrendo pezzi di ricambio e turbine a gas alle centrali elettriche di Mosca in cambio di zinco, alluminio, piombo e acciaio necessari alle sue industrie metallurgiche e minerarie, secondo il ministro iraniano del Commercio e dell’Industria Reza Fatemi Amin.

E si prospettano altri baratti su un’ampia gamma di materie prime, come discusso durante una recente visita a Teheran del vice primo ministro russo Alexander Novak.

L’altra “RIC”.

Lentamente ma inesorabilmente, la nuova alleanza RIC (Russia-Iran-Cina) – in contrapposizione alla vecchia RIC dei BRICS (Russia-India-Cina) – sta cercando di integrare i propri sistemi finanziari. L’Iran è una questione di strategia di sicurezza nazionale per la Cina, in quanto fornitore di energia e partner essenziale della Belt and Road Initiative (BRI) in Asia occidentale.

Il rapporto Russia-Cina, tuttavia, è una questione molto più complessa. Estremamente timorose di provocare sanzioni da parte degli Stati Uniti, le banche cinesi si stanno astenendo – almeno per il momento – dall’aumentare i loro accordi con le banche russe, il che ci porta al caso di UnionPay.Il fornitore cinese di carte bancarie – sempre più popolare, soprattutto in Asia – ha rifiutato di collaborare con Sberbank ancor prima che la più grande banca russa fosse esclusa dall’UE e dagli USA dalla piattaforma globale di messaggistica bancaria SWIFT. Union Pay ha anche annullato i piani con altre banche russe per l’emissione di carte Union Pay collegate al sistema di pagamento russo Mir, approfittando dell’uscita di Visa e Mastercard dal mercato russo.

Per la Cina si tratta ancora di un attento gioco di equilibri. All’inizio di quest’anno, in occasione del Forum di Boao in Asia, il presidente Xi Jinping si era opposto fermamente all'”uso sconsiderato di sanzioni unilaterali.” E oltre l’80% delle aziende cinesi già insediate in Russia sembra continuare a operare come sempre.

Tuttavia, in termini pratici, ci sono seri problemi. La Bank of China e la Industrial and Commercial Bank of China (ICBC) hanno limitato i finanziamenti per le materie prime russe. Persino la Banca asiatica per gli investimenti nelle infrastrutture (AIIB), assolutamente indispensabile per i progetti di sviluppo sostenibile, legati o meno alla BRI, ha deciso di congelare tutti i prestiti alla Russia e alla Bielorussia all’inizio di marzo per “salvaguardare” la propria “integrità finanziaria.”

Sul fronte finanziario, le caute banche cinesi, con un’enorme esposizione occidentale, si trovano sempre a fare i conti con il fatto che quasi l’80% delle transazioni transfrontaliere globali sono ancora in dollari ed euro e solo il 2% in yuan. Quindi il mercato russo non è esattamente una priorità.

Parallelamente, il fronte Russia-Iran è piuttosto vivace. I due Paesi stanno accelerando i regolamenti reciproci nelle rispettive valute nazionali al “massimo livello possibile,” come ha sottolineato il vice primo ministro Alexander Novak: “Abbiamo discusso insieme alle banche centrali la diffusione e il funzionamento del sistema di messaggistica finanziaria, nonché il collegamento delle carte di pagamento Mir e Shetab [iraniane].”

Allo stato attuale, la “carta Mir” non è ancora accettata in Iran, ma la situazione sta per cambiare, proprio come in Turchia, che quest’estate inizierà ad accettare i pagamenti con carta Mir da parte di legioni di turisti russi.

In pratica, ciò significa che Turchia e Iran collegheranno le loro banche al Sistema per il trasferimento di messaggi finanziari (SPFS), l’equivalente russo di SWIFT. I Cinesi staranno ovviamente esaminando il funzionamento della transizione.

Ora, confrontate tutto questo con la prospettiva che presto non ci sarà più SWIFT, come aveva lasciato intendere il CEO di Mastercard Michael Miebach a Davos.

Miebach stava partecipando ad un panel sulle valute digitali delle banche centrali, discutendo di pagamenti transfrontalieri, quando aveva suggerito che lo SWIFT potrebbe presto appartenere al passato. Non c’è dubbio: Mosca ha già messo gli occhi sulle criptovalute e sulle valute digitali e Pechino è decisa a creare lo yuan digitale per aggirare SWIFT e il suo collegato CHIPS (Clearing House Interbank Payment System).

I sanzionati, che ora si muovono velocemente.

Il fronte Russia-Iran è in rapida evoluzione dal gennaio di quest’anno, quando il presidente iraniano Ebrahim Raisi, in visita a Mosca, aveva consegnato a Putin una bozza di accordo sulla cooperazione strategica per i prossimi 20 anni, basata “sull’ottima esperienza di cooperazione tra Iran e Russia in Siria nella lotta al terrorismo” ed estesa a “economia, politica, cultura, scienza, tecnologia, difesa e sfera militare, oltre a questioni di sicurezza e spaziali.”

Raisi aveva anche esplicitamente ringraziato Putin “per aver facilitato l’ingresso di Teheran nella SCO.”Il Ministro del Petrolio iraniano Javad Ouji è andato dritto al punto nel suo incontro con Novak a Teheran la scorsa settimana: “I nostri Paesi sono sottoposti a rigide sanzioni, e noi abbiamo il potenziale per neutralizzarle attraverso lo sviluppo di relazioni bilaterali… Abbiamo creato comitati congiunti su questioni bancarie, energetiche, di trasporto, agricole, nonché sul problema della creazione di centrali nucleari.”

E questo ci porta ancora una volta all’apparentemente eterna telenovela dei colloqui sul Piano d’azione congiunto globale (JCPOA) con sede a Vienna, con il viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov che ora segnala che la bozza finale “quasi pronta per essere adottata. Ci sono alcuni problemi politici, che però non riguardano la finalizzazione del testo.”

Tagliando la proverbiale nebbia della palude statunitense, Ryabkov ha sottolineato come “in termini di nostri interessi, anche nel contesto della cooperazione nucleare pacifica con l’Iran, il testo è abbastanza soddisfacente… non c’è nulla da ‘perfezionare.'” Quindi, quando gli Americani dicono che l’accordo è “fuori portata,” ha aggiunto Raybkov, significa che “trasmettono i risultati delle loro discussioni interne.”

In sostanza, Teheran e Mosca sono in sintonia sul JCPOA: “Siamo come si suol dire sul filo del rasoio, e [la firma] potrebbe esserci molto rapidamente, se viene presa una decisione politica.”

Per ampliare la loro sincronia, Teheran ha persino proposto di ospitare i negoziati tra Mosca e Kiev sul conflitto ucraino, seguendo l’esempio turco. Ormai però, dopo il fallimento di Ankara, è chiaro che i decisori di Washington non vogliono negoziati, ma una guerra infinita fino all’ultimo Ucraino.

Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian rimane in sintonia con il suo omologo Sergei Lavrov. A Davos, ha detto che il dramma dell’Ucraina è stato causato dalle “azioni provocatorie degli Stati Uniti e della NATO”… “hanno provocato il Cremlino.” Questo è essenzialmente ciò che Pechino ha lasciato discretamente intendere.

Tutto ciò mostra alcune delle prove e delle tribolazioni dell’integrazione dell’Eurasia e la strada lunga e tortuosa verso un nuovo sistema monetario EAEU-SCO. Prima di tutto ci deve essere un po’ di azione sul fronte Mir-UnionPay. Quando arriverà la notizia, il dado sarà tratto.

(Pepe Escobar- thecradle.co)-( thecradle.co/Article/columns/11133).

 

 

 

 

 

“VACCINI ANTI COVID” TRA

FARSA E TRAGEDIA: ALLA CAMERA DEI DEPUTATI SVELATI I VERI EFFETTI

SULLA POPOLAZIONE.

Comedonchisciotte.org- Megas Alexandros  alias Fabio Bonciani-( 28 Maggio 2022)- ci dice: 

 

Il Prof. Giovanni Frajese mostra in commissione gli studi di Nature e The Lancet, che spiegano punto per punto le anomalie vaccinali. Draghi e Speranza hanno convinto gli italiani a vaccinarsi fornendo dati scientifici completamente falsi. La magistratura non può più fare finta di niente.

Vaccini anti Covid tra farsa e tragedia.

Martedì 24 Maggio 2022, Giovanni Frajese alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui vaccini anti Covid.

Come sapete la mia materia non è la medicina, ma pur non essendo esperto in materia, appena ho ascoltato la deposizione del dott. Giovanni Frajese – avvenuta durante una seduta della Commissione parlamentare d’inchiesta sui vaccini anti-covid – sono stato subito in grado di comprendere la portata di quanto da lui esposto.

Se dovessi dare, con una sola parola, la sentenza finale, su cosa sia di fatto la pandemia in base alle parole del prof. Frajese, non ho il minimo dubbio ad affermare che è stata e tutt’ora continua ad essere: una farsa.

Ascoltiamole subito le parole del prof. Frajese.

Una farsa, che però oggi, se gli studi riportati dal professore, venissero confermati, potrebbe, nostro malgrado, trasformarsi in una vera e propria tragedia umanitaria.

Come sappiamo il prof. Frajese non si esprime mai con opinioni personali, ma lo fa sempre seguendo dati scientifici pubblicati: e così è stato anche di fronte ai componenti della commissione.

Per questo il prof. Giovanni Frajese, endocrinologo e docente all’Università di Roma “Foro italico”, esordisce subito nel suo intervento con una raccomandazione: “Sarebbe il caso che questi dati scientifici vengano presi in considerazione da parte delle Istituzioni.”

Il professore inizia subito andando al sodo, cercando di dare una risposta esaustiva ai temi controversi, su cui si è basata tutta la storia pandemica, ovvero vaccinazione obbligatoria, green pass e tutte quelle misure restrittive messe in atto dai governi nei confronti degli italiani.

“Tutto è stato basato sul fatto che i vaccini fornissero una protezione dall’infezione del 95%“ afferma il Prof. Frajese – “già un anno fa avevo spiegato in Senato come questo non fosse un dato assoluto, ma era relativo al placebo – e che in realtà il valore di efficacia assoluto di questa vaccinazione dopo due mesi di sperimentazione – prima che, soprattutto i medici e poi i magistrati, fossero obbligati ad entrare in questa sperimentazione – cosa che neanche la Germania nazista, secondo me avrebbe fatto – era dello 0,84%” (dati di Piter Doshi pubblicati sul Lancet).

Già questi dati basterebbero a farci capire come niente di scientifico ha mosso tutte le decisioni e le misure conseguenti del nostro governo.

Poi il professore è passato ad analizzare, attraverso un grafico, l’efficacia del vaccino nel tempo: “un vaccino che viene studiato per 60 giorni e poi reso obbligatorio è stata una cosa che di scientifico non ha nulla – ancora mi vengono i brividi oppure le risate, a seconda del momento – a sentire le persone che dicono io ho fede o credono nella scienza. La scienza di 60 giorni che poi mi obbliga ad entrare in una sperimentazione, perfetto!“

Il grafico fa riferimento alla Svezia e riguarda la protezione offerta dopo la seconda dose.

Dopo sei mesi, i dati ci dicono che la protezione è zero e tra il settimo e l’ottavo mese la protezione diventa addirittura negativa.

Questo, ci dice il prof. Frajese è un evento che mai si è verificato in nessun tipo di vaccino prima di quelli attuali per la Covid.

Il fatto che la protezione diventa negativa ha un significato devastante: le persone vaccinate si ammalano e si infettano più di quelle che non sono vaccinate.

In pratica i vaccini dal settimo mese ottengono l’effetto diametralmente opposto a quello per cui sono stati creati. Ovvero hanno il potere di infettare invece che proteggere dal contrarre l’infezione. “Già solo questo – afferma il professore – basterebbe per mandare all’aria tutta la storia che è stata portata avanti e francamente anche da arrabbiarsi per tutto quello che è successo”

“Ma c’è di peggio”, aggiunge il professor Frajese.

Il fatto che i vaccinati abbiano più facilità nel contrarre la malattia rispetto ai vaccinati, ha un solo significato: il loro sistema immunitario è stato alterato.

Il sistema immunitario di un individuo è quell’esercito naturale che consente ad ognuno di noi, di difendersi dalle malattie in generale (virus, batteri, tumori e tutto quello che normalmente può aggredire il nostro organismo).

E’ evidente quindi che una perdita di efficacia del nostro sistema immunitario, si traduca in un aumento dell’esposizione e nell’avanzamento di qualsiasi tipo di patologia.

E’ chiaro che questo dato andrebbe preso immediatamente in seria considerazione per capire se le persone vaccinate abbiano subito alcun tipo di danno. Sperando che in caso di risposta affermativa, per lo meno, abbia caratteristiche di temporaneità.

Certamente non si risolve il problema continuando con ulteriori vaccinazioni, stante il fatto che anche le successive presentano le stesse identiche problematiche.

Tali dati vengono confermati non solo da The Lancet ma anche da ulteriori studi del The New England Journal of Medicine e da Nature.

L’analisi di Frajese approfondisce non solo le carenze nell’efficacia del vaccino ma, come già detto, anche il tema delle alterazioni immunitarie e delle possibili conseguenze avverse della campagna vaccinale.

Secondo lo studio scientifico pubblicato su Nature si è assistito ad un incremento di oltre il 25% degli accessi al pronto soccorso per criticità cardiovascolari nelle fasce di popolazione under 40 in concomitanza con la campagna vaccinale.

Il dato è incontrovertibile non sono mie opinioni. Qualcuno dovrebbe prendere atto che esiste una scienza che a livello internazionale va avanti. Sarà il caso di studiare e non dare diktat senza basi scientifiche

Non solo, il professore invita caldamente il Ministero della Salute, a prendere seriamente in considerazione questi dati, perché il rischio di patologie per i vaccinati è più che concreto in base ai dati esposti.

Ma la cosa più grave su cui il professore ci rende edotti, è l’assoluta assenza dei dati statistici italiani in riferimento alle problematiche esposte:

i dati italiani, lo sapete tutti, sono secretati oppure proposti in maniera particolare.

E qui chiama direttamente in causa il ministro Speranza:

è inutile che vi ricordi, che il ministro Speranza (il genocida)– dopo che Draghi disse, se non ti vaccini muori e fai ammalare le altre persone si presentò con dei grafici che portavano dei numeri assolutamente falsi.

Già questo, secondo me, in un paese civile, sarebbero seguite immediatamente le dimissioni dello stesso ministro – ma per carità, evidentemente il governo dei migliori va avanti così.

In conclusione, come potete vedere e sentire dalle parole del Prof. Frajese, la situazione è estremamente seria e tutto quello che ci hanno raccontato i nostri governanti in questi anni, parrebbe rientrare a tutti gli effetti nell’alveo dell’ennesima frode che chi ci comanda continua a perpetrare ai nostri danni.

Ormai non si fanno più scrupoli neanche a giocare con la nostra salute.

Qui siamo di fronte però ad una commissione parlamentare, la quale ha il dovere di andare a fondo e poi relazionare il parlamento e gli italiani su quanto realmente accaduto.

Certo che le parole del professor Frajese nei confronti del governo e del ministro Speranza, sono di una gravità estrema e non credo che il professore sia così sprovveduto da accusare un ministro di fronte al parlamento, di aver fornito dati falsi, senza averne le prove.

La posizione di Speranza si fa veramente pesante.. il popolo italiano ha bisogno di risposte in merito al più presto.

A meno che, qualche magistrato non decida di aprire prima un fascicolo.

( Megas Alexandros alias Fabio Bonciani).

 

 

 

 

 

Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo

imparare a porre le domande giuste.

Paulcraigroberts.org-(31 maggio 2022)-Paul Craig Roberts - ci dice:

 

Leggendo Scales of Justice di Ngaio Marsh mi sono reso conto che la parola "impertinenza" è andata fuori uso.   In effetti, quello che una volta era un oltraggio ora è così comune che nessuno lo riconosce come impertinenza. 

 L'impertinenza è diventata un comportamento di routine accettato e non viene più riconosciuta quando si verifica. 

Il fenomeno dell'impertinenza richiede una società educata e in qualche modo formale in cui la privacy, l'autocontrollo e il rispetto per gli altri sono requisiti.  

I signori non leggono la posta di altri signori. 

 Dillo a NSA, CIA, FBI, Google e tutte le società che spiano l'utilizzo di Internet.

  In Inghilterra prima del 1950 era impertinenza per un maschio esagerare nei complimenti a una donna.  

Quando ero studente all'Università di Oxford negli anni '60, era un'impertinenza telefonare a una persona a cui non ti era stato presentato.   Oggi viviamo con continue intrusioni telefoniche da parte di venditori di telemarketing, robot e artisti della truffa.   Non esiste più una società in cui si comprende l'impertinenza.

Di conseguenza, la vita civile ha assunto un significato puramente tecnologico.

Nel 1984  di Orwell, i nerd indiscreti della Silicon Valley costruiscono più strumenti dello stato di polizia per il Grande Fratello e vedono questo come un progresso della civiltà.

Un altro concetto che è scomparso dall'uso è onorevoli colleghi.   Questo termine implica distinzioni tra le persone e non può sopravvivere in un momento in cui anche le differenze di genere sono negate. 

 L'ultima impertinenza sarebbe stata un maschio che si dichiarava donna e gareggiava negli sport femminili.

Vediamo lo sterminio della civiltà occidentale nella sua politica. In America la lotta tra democratici e repubblicani è risolta in base a quale parte le bugie sono più convincenti per gli elettori. 

 La vergogna ha perso il suo significato

 Una recente raccolta fondi repubblicana ci chiede se "crediamo che i democratici al Congresso siano abbastanza duri da resistere a Cina e Russia?" 

 Com'è possibile questa domanda con il regime di Biden che minaccia la guerra con la Cina, dichiarando il suo impegno per la sconfitta della Russia in Ucraina, pompando in Ucraina 40 miliardi di dollari, armi pesanti, sostegno diplomatico, sanzioni alla Russia?  

 I Democratici si oppongono ai diritti dei genitori e sostengono la perversione sessuale e sono in grado di fare appello agli elettori su questa base

 I Democratici della Florida si stanno mobilitando contro il governatore DeSantis perché sostiene i diritti dei genitori. 

Davvero, questo è vero.

 I democratici si aspettano di essere eletti, perché sono contrari ai diritti dei genitori e al 1°, 2° e 14° emendamento alla Costituzione.   La censura della libertà di parola (contraria al 1° emendamento) e l'imposizione di regimi discriminatori di quote (contrariamente al 14° emendamento) sono i pilastri dell'agenda dei Democratici.

Come ho sottolineato nei miei scritti, gli Stati Uniti sono la Costituzione. In assenza della Costituzione, gli Stati Uniti non esistono più.  

Qualche altra entità ha preso il suo posto. 

 La mancanza di rispetto per la Costituzione è bipartisan.   È stato il regime di George W. Bush a dichiarare il potere di sospendere l'habeas corpus e trattenere i cittadini a tempo indeterminato senza un giusto processo.  

È stato il regime di Obama a dichiarare la capacità del presidente di giustiziare i cittadini solo per sospetto senza un giusto processo.  

Sono i democratici che discriminano i maschi bianchi, li dichiarano "razzisti", impongono la censura e attaccano il 2° emendamento.  

Le scuole di diritto dissolvono la Costituzione in un "documento vivente" in continua evoluzione, modificato a piacimento da giudici e professori di diritto.

La civiltà occidentale è stata sostituita da una torre di babele senza radici, una struttura senza forza.  

La domanda che Repubblicani e Democratici dovrebbero porsi è come può una civiltà debole come l'Occidente entrare in guerra contro Russia e Cina?

  

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