IN NOME DEL PROGRESSO ,DIFESA DELLA LIBERTA’ E DEMOCRAZIA ...
IN
NOME DEL PROGRESSO ,DIFESA DELLA LIBERTA’ E DEMOCRAZIA ,
I “DEM
USA” e il “DEEP STATE” … CI VOGLIONO
UCCIDERE TUTTI.
USA,
MELANIA TRUMP :
“INACCETABILE
L’ASSALTO AL CONGRESSO”.
Internationalwebpost.org-
Giulio Negri-(30-5-2022)- ci dice
La
First Lady rompe il silenzio nel giorno in cui si discute dell’impeachment per
suo marito, che, intanto, perde anche il social “Parler”.
"Condanno
assolutamente le violenze che si sono verificate nel Campidoglio della nostra
nazione. La violenza non è mai accettabile. Vi imploro di fermare le violenze,
di non fare mai supposizioni basate sul colore della pelle di una persona e di
non usare ideologie politiche diverse come base per l’aggressività. Dobbiamo
ascoltarci l’un l’altro, concentrarci su ciò che ci unisce e superare ciò che
ci divide. In qualità di americana, sono orgogliosa della nostra libertà di
esprimere i nostri punti di vista senza persecuzioni. È uno degli ideali
fondamentali su cui è costruita l’America. Molti hanno compiuto l’ultimo
sacrificio per proteggere quel diritto”. Con queste parole, apparse sul sito
della Casa Bianca, la First Lady Melania Trump ha condannato, dopo quasi una
settimana dall’accaduto, l’assalto dei suprematisti bianchi a Capitol Hill
avvenuto nel giorno della ratifica dell’elezione di Joe Biden. Una condanna che
appare, almeno nella forma, molto dura e determinata, ben più di quella,
stentata, arrivata da parte del Presidente. Le parole della First Lady arrivano
nel giorno in cui alla Camera si discute dell’opportunità di avviare una
procedura di impeachment contro Donald Trump, da molti ritenuto responsabile e
addirittura mandante della rivolta del 6 gennaio.
Di
fronte al rifiuto da parte del vicepresidente Mike Pence di procedere con la
rimozione di Trump tramite il 25° emendamento “a meno che non diventi più
instabile”, la speaker della Camera Nancy Pelosi ha preso l’iniziativa, dando
un ultimatum proprio a Pence: o il numero due di Trump agirà in 24 ore, oppure
si tenterà la strada impervia dell’impeachment.
Nel
frattempo, il tycoon, sempre più isolato, ha ricevuto l’ennesimo smacco sul
web.
Trump, infatti, dopo essere stato sospeso da Twitter e
Facebook a causa delle ripetute violazioni dei termini di servizio da lui
commesse, aveva deciso di spostare il centro nevralgico della sua comunicazione
sul social network Parler, che aveva iniziato a diventare popolare negli ambienti
estremisti (soprattutto di destra) proprio quando i controlli dei social di
proprietà di Mark Zuckerberg contro l’hate speech iniziarono a farsi più
stringenti.
Il CEO della piattaforma Parler, John Matze,
infatti, si è sempre vantato del fatto che il suo social network non imporrebbe
alcun codice di comportamento agli utenti, permettendogli di esprimere
qualsiasi opinione senza incorrere in censura. Inevitabilmente, un luogo
virtuale senza alcuna forma di moderazione non poteva che diventare un
aggregatore di ideologie violente, estremiste, antidemocratiche, complottiste,
ed in generale profondamente pericolose.
Appena
Trump ha annunciato la propria iscrizione a Parler, però, c’è stata una
mobilitazione collettiva da parte dei giganti dell’high-tech per impedire che
tutti i recenti sforzi fatti per fermare la circolazione dei neofascismi sul
web.
Al
blocco di Parler da parte di Google e Apple, è seguito quello da parte di
Amazon Web Services, che il social utilizzava come host.
Così, Parler è stato cancellato dalla rete,
insieme al profilo di Trump.
Molti
hanno interpretato questo evento come un attacco alla libertà di espressione,
ed in effetti la situazione è molto delicata. È opportuno però ricordare che le
libertà non sono illimitate, in quanto devono sempre accompagnarsi al senso di
responsabilità ed al rispetto verso il prossimo. Come i più grandi teorici
della libertà hanno egregiamente spiegato nel corso dei secoli, ogni libertà
vede il proprio confine invalicabile in quella altrui.
Non è lecito utilizzare le proprie libertà per
sopprimere o discriminare, verbalmente o fisicamente, gli altri, in quanto
questo andrebbe a ledere i diritti di questi ultimi. Appellarsi alla libertà di
espressione oggi, per andare al potere domani ed eliminare il libero pensiero
dei rivali politici dopodomani, non è solo ipocrita, ma meschino e pericoloso. (Giulio Negri.)
Appello
per il ritiro immediato della
proposta
di legge costituzionale in materia
di
dichiarazione e disciplina
dello “stato
di emergenza nazionale”
fipnews.org-
Virgilio Violo – (6-5-2022)- ci dice :
(in
Politcs).
Il
nostro collega e associato Luca Scantamburlo ci ha segnalato il suo appello
affinché venga ritirata immediatamente la proposta di legge costituzionale in
materia di dichiarazione di disciplina dello stato di emergenza nazionale.
Non solo ne condividiamo l’appello, ma la speranza è quella che i nostri
concittadini prendano consapevolezza del radicale sconvolgimento che sta per
essere perpetrato alla nostra Costituzione, atto fondante del nostro vivere
civile. Di seguito l’appello.
(Virgilio
Violo).
alla
c.a. Deputati e Senatori della XVIII Legislatura
e p.c.
ai vertici ed organi istituzionali di Camera e Senato.
OGGETTO: URGENTE richiesta di ritiro immediato della proposta
di L. Cost. atto parlamentare n. 3444, Camera dei Deputati, modifica art. 78
Cost. e
altre disposizioni in materia di dichiarazione e disciplina dello stato di
emergenza nazionale.
Onorevoli
Deputati e Senatori della Repubblica italiana,
Per
iniziativa degli On. Deputati:
TOMASI
Maura; MOLINARI Riccardo; BAZZARO Alex; BIANCHI Matteo Luigi; CANTALAMESSA
Gianluca; CESTARI Emanuele; COMENCINI Vito; COVOLO Silvia; CRIPPA Andrea; DE
MARTINI Guido; GOLINELLI Guglielmo; GRIMOLDI Paolo; LOSS Martina; LUCCHINI
Elena; MICHELI Matteo; PAOLIN Giuseppe; PICCOLO Tiziana; PRETTO Erik Umberto;
TATEO Anna Rita; TONELLI Gianni; ZENNARO Antonio (C. 3444):
vi
accingete a discutere prossimamente in Parlamento l'atto parlamentare n. 3444,
una proposta di modifica costituzionale la quale costituisce un atto di inaudita
pericolosità per l'assetto democratico e repubblicano del nostro Paese, che dal 1° gennaio 1948 riconosce i diritti inviolabili dell'essere
umano (ex
art. 2 Cost., e lo ha fatto ancora prima della Assemblea Generale delle Nazioni
Unite con la celebre DUDU del dicembre 1948) in quanto il rispetto dei diritti
inviolabili della persona umana sono posti a fondamento e perno della nostra
Costituzione all'insegna del principio personalista, come già ribadito dal padre
costituente Giorgio La Pira secondo il quale l''individuo è un
"prius" e lo Stato un "posterius" e non viceversa, cosa
sottolineata anche dal nostro già Presidente della Repubblica Oscar Luigi
Scalfaro - altro membro della Assemblea Costituente - che amava raccontare
pubblicamente la genesi della Costituzione e questa osservazione di Giorgio La
Pira contenuta in una sua relazione sui lavori della Costituente.
La
proposta di modifica costituzionale dei deputati italiani di cui sopra rischia
di rovesciare questo principio e far dimenticare che la Costituzione della
Repubblica è stata pensata senza possibilità di stati emergenziali per ragioni
molto precise e ponderate: non è stata una dimenticanza o una distrazione.
Con la
presente, il sottoscritto come cittadino italiano ed in forza del principio di
sussidiarietà orizzontale costituzionalmente garantito (IV comma art. 118
Cost.) e nel solco ed augurio del padre costituente Piero Calamandrei che si auspicava che i cittadini
fossero sempre vigili guardiani della Costituzione della Repubblica, chiede
URGENTEMENTE il RITIRO IMMEDIATO della Vostra proposta di legge costituzionale
dopo consultazione e per volontà concorde di tutti i parlamentari promotori.
Allo
scopo, si invitano alla attenzione tutti gli Onorevoli deputati - soprattutto
coloro che hanno depositato l'atto firmato (ventuno deputati) - e tutti i
vertici istituzionali per conoscenza, e si allega il testo di un atto
giudiziario depositato presso la magistratura inquirente, inerente gravi
illeciti di natura penale che potrebbero essere stati commessi dalle Autorità
nel corso della emergenza sanitaria nazionale 2020-2022 ("pandemia"
dovuta al presunto agente patogeno opportunista denominato
"SARS-CoV-2"), e che la magistratura inquirente vaglierà in queste
settimane per valutarne la fondatezza e consistenza oggettiva, decidendo se
aprire o meno un fascicolo penale.
L'atto
esplicito di ritiro della legge costituzionale qui richiesto con urgenza, si
rende necessario non solo perché a giudizio di chi scrive Voi state commettendo
un grosso errore sul quale i cittadini hanno il dovere di richiamare la Vostra
attenzione, ma soprattutto perché in queste settimane la magistratura
inquirente sta accertando la fondatezza dell'esposto-denuncia depositato nel
mese di aprile 2022 presso la Procura della Repubblica di Udine, di cui sopra.
Altre
indagini preliminari penali in materia di farmacovigilanza sono già state
avviate e sono in corso presso la Procura della Repubblica di Roma dopo denunce
e querele presentate da cittadini ed associazioni di tutta Italia, dal Piemonte
alla Sicilia, come la IDU (Istanza Diritti Umani) e DUS (Diritti Umani e
Salute), rif. inchiesta "AIFA Le verità mai emerse sui vaccini", di
Francesca Ronchin, Panorama 20 aprile 2022, ed articoli di quotidiani, in
particolare si legga "Lotta al COVID: indagato mezzo Governo Conte",
di Patrizia Floder Reitter, 21 aprile 2022, La Verità, 21 aprile 2022.
Già
questa attività inquirente di natura penale preliminare - con fascicoli di
indagine già aperti - in tema di farmacovigilanza e rispetto dei diritti umani e
civili, dovrebbe invitarvi alla estrema prudenza - attendendo perlomeno l'esito di
tali indagini - prima anche soltanto di pensare di toccare i diritti fondamentali
dell'individuo che trovano riconoscimento nella carta costituzionale e nostra
legge fondamentale dello Stato.
Il
sottoscritto - assieme ad oltre cento cittadini di Veneto e Friuli Venezia
Giulia ed alla Associazione UHRTA di Trieste - ha firmato con autentica
dell'avvocato del Foro di Udine presso cui abbiamo eletto domicilio, l'atto di
denuncia qui in allegato che espone fatti ed illustra i documenti allegati e
depositati in Procura ad Udine e che configurano dieci (10) ipotesi di reato,
fra le quali quelle previste agli artt. 283-
414-415-422-443-452-610-629-640-661 c.p. (codice penale).
La
vostra proposta di modifica costituzionale dell'art. 78 Cost. - giuridicamente
parlando -
avrà ed avrebbe l'inevitabile conseguenza di snaturare e turbare in modo
irreversibile il delicato equilibrio ed assetto costituzionale che garantisce
la democrazia e la salvaguardia delle libertà e dei diritti fondamentali
dell'individuo, nel bilanciamento fra diritto all'autodeterminazione del
singolo e tutela della dimensione collettiva del bene comune (l'interesse della
collettività).
Esistono
già nel nostro ordinamento giuridico principi di riserva di legge, leggi e
poteri di ordinanza sindacale e ministeriale, che consentono la gestione di
crisi sanitarie locali ed anche nazionali.
Anche
lo strumento del DPR - Decreto del Presidente della Repubblica - poteva essere
impiegato nella gestione sanitaria nazionale della malattia COVID-19, ed
avrebbe trovato maggiore attenzione alla garanzia costituzionale, essendo
firmato e sottoscritto dal Presidente della Repubblica che è il primo garante
della Costituzione.
Nella
cornice dei gravi fatti e documenti illustrati alla attenzione della
magistratura inquirente, il Vostro atto di proposta di modifica costituzionale - che si può pensare fatto da Voi in
buona fede per la tutela di tutti e per una maggiore chiarezza normativa e
rispetto della gerarchia delle fonti - porterebbe invece ad un autentico
tradimento del patto fondativo fra popolo sovrano e Stato, ad un tradimento dei
principi e valori più cari ai padri ed alle madri costituenti, e le ragioni
sono espresse indirettamente qui di seguito nelle parole di un insigne
giurista, ma vanno lette anche alla luce del quadro drammatico che emerge
dall'atto di esposto-denuncia depositato presso la Procura della Repubblica di
Udine.
L'assenza
di qualunque opzione o possibilità di dichiarare un vago o specifico stato di
emergenza nazionale nel nostro testo costituzionale - diverso dall'unica eccezione costituita da
quello bellico (stato di guerra deliberato dalle Camere, art. 78 Cost.) - è stata
una precisa scelta frutto della volontà delle madri e dei padri costituenti che
appositamente hanno voluto evitare che la Costituzione della Repubblica
italiana contenesse una falla strutturale analoga a quella presente nella
Costituzione di Weimar del 1919: il famigerato articolo 48 della Costituzione di Weimar
prevedeva infatti in certi frangenti la sospensione di ben sette (7) diritti
fondamentali da parte del Presidente del Reich, utilizzando se necessario la
forza armata.
"[...]
A tale scopo può sospendere in tutto o in parte la efficacia dei diritti
fondamentali stabiliti dagli articoli 114, 115, 117, 118, 123, 124 e 153".
Sappiamo
tutti come andò finire nella Germania di Adolf Hitler e del nazionalsocialismo:
Hitler dopo essere stato nominato Cancelliere del Reich nel 1933, ebbe buon
gioco - assieme ai gerarchi nazisti - nel sospendere le garanzie
costituzionali.
Voi
deputati - con
la Vostra inopportuna proposta di modifica costituzionale anche se promossa da
Voi in buona fede - state per aprire uno squarcio nel testo costituzionale, una vera e propria falla
nell'architettura costituzionale sapientemente costruita fra il 1946 ed il
1947, falla che rischierebbe di far affondare definitivamente l'Italia e con
essa il proprio popolo, in frangenti analoghi a quelli già vissuti nel 2020 e
2021.
Non si
può toccare un punto della Costituzione - così delicato come quello dei diritti
fondamentali e delle libertà dell'individuo
- e pensare che una modifica in quel punto, correlandoli ad uno stato di
eccezione teorizzato e contemplato in una modifica della Costituzione, non si
ripercuota poi in tutta la architettura costituzionale in modo sistemico, con
grave pregiudizio ai plurimi diritti soggettivi dell'individuo, che così
rischiano di essere degradati a meri interessi legittimi in una declinazione
schimittiana e leviatana che è proprio ciò che l'Assemblea Costituente - e la
speciale Commissione dei 75 incaricata del progetto costituzionale - hanno voluto evitare con il loro estenuante e
complesso lavoro compiuto fra il 1946 ed il 1947.
Si
allega pertanto alla presente il testo dell'esposto denuncia di cui sopra -
allegati esclusi - depositato presso la Procura della Repubblica di Udine in
data 14 aprile 2022 da un avvocato di nostra fiducia che ha autenticato le 120
firme dei cittadini sottoscrittori e della Associazione UHRTA di Trieste
anch'essa partecipe e firmataria, e si invitano tutti i parlamentari a leggerlo
con attenzione perché si responsabilizzino nel loro ruolo di rappresentanti del
popolo ed esercitino tutto il loro potere di parlamentari perché cessi la
illogica politica sanitaria restrittiva dei diritti fondamentali, sul piano
legislativo sub-legislativo e provvedimentale: una vera e propria deriva
autoritaria che ha configurato un golpe normativo nel 2020 e 2021 ed ora - con
la Vostra infelice proposta di modifica dell'art 78 Cost. - rischia di
strutturare un "colpo di stato permanente" di cui Voi sembrate non
essere pienamente consapevoli.
Si
richiama altresì la Vostra attenzione sul fatto che il nostro esposto-denuncia
depositato ad Udine è stato inoltrato per conoscenza anche alla Corte Penale
Internazionale dell'Aja, per possibili crimini contro la umanità commessi
dall'Italia nella gestione emergenziale sanitaria COVID-19.
Qualora
vogliate persistere nella Vostra inopportuna proposta di modifica
costituzionale dell'art. 78 Cost., prima di spingervi in territori inesplorati che
rischiano di fratturare definitivamente la popolazione dal punto di vista della
coesione sociale e minare definitivamente la fiducia che i cittadini ripongono
nelle Istituzioni - già quasi compromessa dalla stagione liberticida e di
libertà "autorizzate" durata oltre due anni e figlia del Governo
Conte bis e del Governo Draghi, con la complicità di un Parlamento che ha dato
delega in bianco al Governo sin dal febbraio 2020 - leggete con attenzione il
documento in allegato ed i seguenti estratti: l'ultima parte del nostro esposto
denuncia, qui riportato in calce (testo integrale dell'atto in allegato alla
presente), ed un passaggio di un editoriale dell'aprile 2020 a firma di un
autorevole studioso di diritto costituzionale:
"[...]
Si fa presente anche – in tema di potenziale attentato contro la costituzione
dello Stato ovvero in ogni caso
in presenza di condotte
idonee a sovvertire
l'ordine democratico –
quanto affermato nella primavera
2020 da un
docente costituzionalista dell’Università La
Sapienza di Roma, il professor Gaetano Azzariti, che
aveva già intuito i rischi e i pericoli di uno stato di eccezione permanente, ove l’eccezione si fa regola e ove le libertà e i diritti
costituzionali diventino libertà e diritti autorizzati, spogliati del loro
valore intrinseco e degradati – in modo illegittimo – a meri interessi
legittimi.
Eventuali limitazioni e compressioni dei diritti costituzionali – decise
nell’ambito della situazione emergenziale – non possono che avere un orizzonte
temporale limitato, a scadenza, e laddove misure emergenziali
e lesive dei
diritti fondamentali si
strutturino permanentemente oltre ogni ragionevolezza, proporzionalità e
provvisorietà, vi è dunque il pericolo di un “colpo di stato permanente”.
Estratto
dall'Esposto-denuncia depositato presso la Procura della Repubblica di Udine
14
aprile 2022.
Il
prof. Gaetano Azzariti - ordinario di diritto costituzionale press la
Università degli Studi La Sapienza di Roma - scriveva nel suo illuminante
editoriale "Il
diritto costituzionale d'eccezione"
dell'aprile 2020:
[...]
"Vorrei essere netto sul punto: un Governo che adottasse misure
simili a quelle attualmente assunte, ma in assenza di pandemia e in materie che
non implichino la salvaguardia del diritto fondamentale alla salute (ma anche “interesse della collettività”,
scrive la Costituzione) porrebbe in atto fatti eversivi della legalità
costituzionale. Nessuna assimilazione è possibile tra l’attuale eccezionale stato di
necessità e le ordinarie crisi perpetue o le emergenze perenni cui siamo
abituati in tempi “normali”.
Riconoscere,
limitare e circoscrivere gli stati d’eccezione per evitare che un futuro
Governo si senta autorizzato, “passata la peste”, fosse anche con il consenso
del “popolo” (che in tempi di populismo ben poco vuole dire) ovvero della
stessa maggioranza parlamentare, ad utilizzare gli stessi mezzi per affrontare
la crisi economico-sociale, ovvero per imporre le proprie politiche nelle
materie più controverse, soprattutto nei settori più sensibili (dalla gestione
dell’ordine pubblico, alle politiche securitarie). Dopo la pandemia spetterà a tutti noi
ricordare che la Costituzione si pone a fondamento delle libertà e non delle
sue eccezionali limitazioni, rivendicandone il valore e l’essenza.
Ma
soprattutto si dovrà vigilare perché nessuno abusi della situazione presente
ponendo così in essere un colpo di stato permanente.
Nella
Roma antica, com’è noto, esisteva una figura giuridica che permetteva di
salvare la Repubblica nelle situazioni in cui era messa in gioco la sua
sopravvivenza. Il Senato trasferiva tutti i suoi poteri ad un soggetto per un massimo
di sei mesi. Poi, cessato il pericolo, ma anche solo trascorso invano il tempo
definito, nessuno era più autorizzato a porre in essere atti “dittatoriali”.
Quando
qualcuno (Silla prima, Cesare poi) ha pensato di estendere lo stato di
emergenza e si fece confermare oltre il tempo i pieni poteri, ecco che la dittatura da
“commissaria” si fece “sovrana”, e la Repubblica capitolò. Ancora oggi è questa la sfida più
grande. Se
infatti adesso sopportiamo limitazioni di libertà disposte in piena e solitaria
responsabilità dal Governo pro tempore in carica, lo facciamo per necessità,
avendo ad esso trasferito di fatto i poteri sovrani. Consapevoli però che, se
dopo aver sconfitto il terribile e invisibile nemico, non si dovesse tornare
alla normalità, rischieremmo di precipitare nel buio della Repubblica"
di
Gaetano Azzariti
Il
diritto costituzionale d’eccezione,
Editoriale
Scientifica, Fascicolo 1 | 2020, Editoriale.
Per
tutto quanto premesso, si richiede urgentemente il ritiro immediato della
Vostra proposta di L. Cost. atto parlamentare n. 3444 Camera dei Deputati anche
e soprattutto alla luce della lettura del testo dell'atto giudiziario di
denuncia depositato presso la Procura della Repubblica di Udine, che Voi come
Onorevoli Deputati italiani avete l'obbligo morale e civico - oltre che
parlamentare come Rappresentanti del popolo messi al corrente di fatti e
documenti di una gravità inaudita - di leggere con estrema attenzione non
appena possibile e compatibilmente con i Vostri numerosi impegni.
In
fede
dr.
Luca Scantamburlo
RAVEO
(UD), 1 maggio 2022
uno
dei 120 firmatari ed Autori dell'esposto-denuncia
depositato
presso la Procura della Repubblica di Udine (aprile 2022)
ESPOSTO-DENUNCIA
depositato in Procura (aprile 2022).
La
storia della visita di Salvini
a Mosca è ormai una farsa.
Il
post.it-Redazione- (3-5-2022)- ci dice :
Un po'
tutti l'hanno giudicata una pessima idea, resa ancora più bizzarra dal
coinvolgimento di un oscuro ex deputato di Forza Italia.
Negli
ultimi giorni la vicenda della visita in Russia del segretario della Lega
Matteo Salvini per proporsi come intermediario per la pace con l’Ucraina sta
continuando a occupare le pagine dei giornali, e sta gradualmente assumendo i
contorni della figuraccia.
La
visita, che Salvini aveva annunciato ma che non è mai avvenuta, è stata
preventivamente criticata dagli alleati di governo, dalla Chiesa cattolica –
che Salvini aveva tirato in ballo in un ipotetico piano di pace – e anche
dall’ala moderata della Lega, con cui Salvini è in cattivi rapporti ormai da
tempo. Un ulteriore elemento che rende ancora più bizzarra la vicenda è che
Salvini ha organizzato la visita con un ex parlamentare di Forza Italia,
Antonio Capuano, che diversi quotidiani definiscono esplicitamente come una
specie di faccendiere noto per essere vicino a regimi autoritari.
Che un
leader nazionale senza incarichi di governo organizzi una visita in Russia per
parlare col presidente russo Vladimir Putin e proporsi come intermediario di
una trattativa è sicuramente un fatto irrituale. Nel caso di Matteo Salvini,
fra l’altro, la sua storia politica non lo rende esattamente un mediatore
indipendente.
Salvini
e la Lega hanno da tempo rapporti molto stretti con il governo russo, e in
passato il leader leghista aveva espresso grande ammirazione per Putin, anche
dopo l’invasione della Crimea e le numerose segnalazioni di violazioni dei
diritti umani da parte del presidente russo.
Nel
2018 Salvini per esempio aveva detto di preferirlo al presidente della
Repubblica Sergio Mattarella. Nel corso di un viaggio a Mosca si era anche
fatto fotografare con una maglietta con la foto di Putin, e in più occasioni
aveva detto di stimare e rispettare il presidente russo, sostenendo per esempio
che avesse dato «ricchezza, prosperità ed orgoglio» alla Russia dopo il periodo
sovietico. Negli
ultimi anni la Lega aveva inoltre stretto accordi con il partito di Putin, Russia
Unita, e anche dopo l’invasione dell’Ucraina Salvini è sempre stato il leader
politico italiano più morbido con la Russia e con Putin.
Ma al
di là della indipendenza e autorevolezza di Salvini, quella della visita è
stata giudicata da molti una manovra per riguadagnare una centralità politica
che ha perso ormai da qualche mese, e in generale una pessima idea per varie
ragioni: su tutte, per il fatto che i rapporti fra Italia e Russia sono nel
periodo più delicato da diversi decenni a questa parte, e un’iniziativa
maldestra di questo genere potrebbe ulteriormente comprometterli.
«Bisogna
muoversi di concerto con il governo: sono questioni di portata mondiale e
quindi ciascuno deve dare il suo contributo ma all’interno di percorsi che sono
molto molto complicati», ha detto per esempio Giancarlo Giorgetti, ministro dello
Sviluppo economico e vicesegretario della Lega. Il Corriere della Sera riporta
invece di «un certo fastidio» in Vaticano per via del fatto che in alcune
interviste Capuano ha citato il fatto che nel piano di pace proposto da lui e
da Salvini la Chiesa cattolica avrebbe un ruolo da mediatrice fra Russia e
Ucraina.
Anche
la presenza e l’attivismo di uno come Capuano – che nella Lega non conosceva
quasi nessuno, fino a pochi giorni fa – ha generato molte attenzioni. Repubblica lo definisce un uomo dalle
«misteriose connessioni internazionali»: 51enne perito elettronico, eletto
deputato giovanissimo con Forza Italia nel 2001, poi immischiato negli ultimi
dieci anni in giri di cui non si sa moltissimo.
Repubblica
lo definisce avvocato dell’ambasciata del Kuwait in Italia, Domani scrive che «risulta socio in almeno una decina
di aziende principalmente con sede in Campania» e che ha contatti anche con
l’ambasciata russa. Grazie a questi contatti negli ultimi mesi avrebbe
organizzato almeno un incontro fra Salvini e l’ambasciatore russo in Italia
confermato a Domani dall’ufficio stampa dell’ambasciata russa ma smentito dallo
stesso Capuano.
Anche
un incontro del genere, peraltro, sarebbe estremamente irrituale. La presidenza
del Consiglio ha fatto sapere a Domani che «fosse vera la notizia, sarebbe
gravissimo», perché Salvini non avrebbe informato il governo di questo
incontro.
I
contatti fra Capuano, Salvini e la Russia sono stati osservati anche dal
Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR), che secondo
il Corriere della Sera «sta valutando l’apertura di un dossier che avrebbe al
centro la figura di Capuano».
Il
fatto che per giorni nel dibattito politico di un paese europeo si parli della
possibile visita in Russia di un politico notoriamente filorusso si sposa
perfettamente, peraltro, con la campagna di disinformazione e inquinamento del
dibattito che la Russia sta portando avanti nei vari paesi europei dall’inizio
della guerra, che fra i propri obiettivi ha quello di rendere la Russia un
interlocutore legittimo con cui discutere la fine delle violenze, e non come
uno stato che ha compiuto un’aggressione ingiustificata e verosimilmente
responsabile di crimini di guerra contro i civili ucraini.
Al
momento non è chiarissimo se la visita di Salvini sia stata sospesa o
cancellata: dopo alcuni giorni di grande presenza sui giornali e in tv, Salvini
ha ridotto molto le sue uscite. L’unico commento significativo lo ha fatto lunedì 30
maggio, quando dopo giorni di polemiche ha accusato il Partito Democratico di
«riuscire solo a fare polemica» senza impegnarsi per «la ricerca della Pace,
valore supremo che dovrebbe unire tutti».
La
strage di Capaci trent’anni dopo:
l’attacco
del “Nuovo Ordine mondiale” all’Italia.
Lacrunadellago.net-(23
Maggio 2022 )- Cesare Sacchetti -ci
dice:
Sono
passati trent’anni da quando si è sentito quel boato enorme che ha cambiato per
sempre la storia dell’Italia.
Era il
23 maggio del 1992 quando Giovanni Falcone guidava la Fiat Croma della sua
scorta che lo accompagnava dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo.
Assieme
a lui c’erano la moglie Francesca Morvillo, e l’autista Giuseppe Costanza che
quel giorno sedeva dietro.
Nel
corteo delle auto che accompagnano il magistrato palermitano c’erano anche
altre due auto, la Fiat Croma marrone sulla quale viaggiavano gli agenti
Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, e la Fiat Croma azzurra sulla
quale erano presenti gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.
Alle
17:57 circa, secondo la ricostruzione della versione ufficiale, viene azionato
da Giovanni Brusca il telecomando della bomba posta sotto il viadotto
autostradale nel quale passava il giudice Falcone.La prima auto, quella degli agenti
Montinaro, Schifani e Dicillo viene sbalzata in un campo di ulivi che si
trovava vicino alla carreggiata. Muoiono tutti sul colpo.
L’auto
di Falcone e di sua moglie Francesca viene investita da una pioggia di detriti
e l’impatto tremendo scaglia entrambi contro il parabrezza della macchina.
In
quel momento sono ancora vivi, ma le ferite riportate sono molto gravi ed
entrambi moriranno nelle ore successive all’ospedale.
L’autista
Giuseppe Costanza sopravvive miracolosamente alla strage ed è ancora oggi vivo.
Mai in
Italia la mafia era riuscita ad eseguire una operazione così clamorosa e così
ben congegnata tale da far pensare ad un coinvolgimento di apparati
terroristici e militari che andavano ben oltre le capacità di Cosa Nostra.
Capaci
è una strage unica probabilmente anche a livello internazionale. Fu fatta saltare un’autostrada con
200 kg di esplosivo da cava. Appare impossibile pensare che furono soltanto
uomini come Giovanni Brusca o piuttosto Totò Riina soprannominato Totò U Curtu
potessero realizzare qualcosa del genere.
Impossibile
anche che nessuno si sia accorto di come nei giorni precedenti sia stata portata
una quantità considerevole di esplosivo sotto l’autostrada senza che nessuno
notasse nulla.
È
alquanto probabile che gli attentatori abbiano utilizzato dei mezzi pesanti per
trasportare il tritolo e il T4 utilizzati per preparare l’ordigno.
Il via
vai di mezzi deve essere stato frequente ed è difficile pensare che questo
passaggio non sia stato notato da nessuno nelle aree circostanti.
Così
come è impossibile che gli attentatori sapessero l’ora esatta in cui Falcone
sarebbe sbarcato a Palermo senza avere una qualche fonte dall’interno che li
informasse dei movimenti e degli spostamenti del magistrato.
Capaci
per tutte le sue caratteristiche quindi è un evento che appare del tutto
inattuabile senza il coinvolgimento di elementi infedeli presenti nelle
istituzioni che diedero agli attentatori le informazioni necessarie per
eseguire la strage.
Senza
i primi, è impossibile sapere chi sono i veri mandanti occulti dell’eccidio che
è costato la vita a 5 persone e che sconvolse l’Italia.
E per poter
comprendere quali siano questi mandanti occulti è necessario guardare a cosa
stava lavorando Falcone nelle sue ultime settimane di vita.
Senza
posare lo sguardo su questo intervallo temporale, non possiamo comprendere
nulla di quello che accadde in quei tragici giorni.
La
stampa nostrana sono trent’anni che ci offre una ricostruzione edulcorata e
distorta della strage di Capaci.
Ci
vengono mostrate a ripetizione le immagini di Giovanni Brusca. Ci è stato detto
tutto sulla teoria strampalata che vedrebbe Silvio Berlusconi tra i mandanti
occulti dell’attentato, teoria che pare aver trovato una certa fortuna tra gli
allievi liberali montanelliani, quali Peter Gomez e Marco Travaglio.
Non ci
viene detto nulla però su ciò che stava facendo davvero Giovanni Falcone prima
di morire.
L’indagine
di Falcone sui fondi neri del PCI.
All’epoca
dei fatti, Falcone era direttore generale degli affari penali, incarico che
aveva ricevuto dall’allora ministro della Giustizia, Claudio Martelli.
Nei
mesi prima di Capaci, Falcone riceve una vera e propria richiesta di aiuto da
parte di Francesco Cossiga, presidente della Repubblica.
Cossiga
chiede a Falcone di fare luce sulla marea di fondi neri che erano piovuti da Mosca dal
dopoguerra in poi nelle casse dell’ex partito comunista italiano.
Si
parla di somme da capogiro pari a 989 miliardi di lire che sono transitati
dalle casse del PCUS, il partito comunista dell’Unione Sovietica, a quelle del
PCI.
La
politica del PCUS era quella di finanziare e coordinare le attività dei partiti
comunisti fratelli per diffondere ed espandere ovunque l’influenza del pensiero
marxista e leninista e dell’URSS che si dichiarava custode di quella ideologia.
Questa
storia è raccontata dettagliatamente in un avvincente libro intitolato “Il viaggio di Falcone a Mosca”
firmato da Francesco Bigazzi e da Valentin Stepankov, il procuratore russo che
stava collaborando con Falcone prima di essere ucciso.
Il
sistema di finanziamento del PCUS era piuttosto complesso e spesso si rischia di
perdersi in un fitto dedalo di passaggi e sottopassaggi nei quali è spesso
difficile comprendere dove siano finiti effettivamente i fondi.
I
finanziamenti erano erogati dal partito comunista sovietico agli altri suoi
satelliti nel mondo e di questo c’è traccia nelle carte esaminate da Stepankov.
Ricevevano
fondi il partito comunista francese e persino il partito comunista americano(ora “Liberal dem Usa”.Ndr) rappresentato da Gus Hall che a Mosca assicurava tutto il suo
impegno contro l’imperialismo americano portato avanti da Ronald Reagan.
Il
partito comunista italiano era però quello che riceveva la quantità di fondi
più ingenti perché questo era il partito comunista più forte d’Occidente ed era necessario nell’ottica di
Mosca assicurargli un costante sostegno per tenera aperta la possibilità di
spostare l’Italia dall’orbita del patto Atlantico a quella del patto di
Varsavia.
Una
eventualità che se fosse mai avvenuta avrebbe provocato non solo la probabile
fine della stessa NATO ma anche un probabile conflitto tra Washington e Mosca che si contendevano un Paese
fondamentale, allora come oggi, per gli equilibri dell’Europa e del mondo. Ed è
in questa ottica che va vista la strategia della tensione ispirata e attuata da ambienti
atlantici per impedire che Roma si avvicinasse troppo a Mosca.
Nell’ottica
di questa strategia era necessario colpire la popolazione civile attraverso
gruppi terroristici, ad esempio le Brigate Rosse, infiltrati da ambienti
dell’intelligence americana per eseguire azioni clamorose, su tutte il
rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.
Il
sangue versato dall’Italia nel dopoguerra per volontà del cosiddetto stato profondo di
Washington(Deep
state Usa.Ndr) è
stato versato per impedire all’Italia di intraprendere un cammino politico che avrebbe
potuto allontanarla troppo dalla sfera di dominio Euro-Atlantica non tanto per
approdare in quella sovietica, ma piuttosto, secondo la visione di Moro, nel
campo dei Paesi non allineati né con un blocco né con l’altro.
Nel
1992 questo mondo era già crollato e non esisteva più la cosiddetta minaccia
sovietica.
A Mosca regnava il caos. Una epoca era finita e l’URSS era crollata non per via
della sua struttura elefantiaca, come pretende di far credere una certa vulgata
atlantista, ma semplicemente perché si era deciso di demolirla dall’interno.
La
perestrojka, termine russo che sta per ristrutturazione, di cui l’ex segretario del PCUS,
Gorbachev, fu un convinto sostenitore fu ciò che preparò il terreno alla caduta
del blocco sovietico.
Gorbachev
era ed è un personaggio molto vicino agli ambienti del globalismo che contano e fu uno dei primi sovietici ad
essere elogiato e sostenuto dal gruppo Bilderberg che nel 1987 guarda con vivo interesse e
ammirazione alla sua apertura al mondo Occidentale.
Al
Bilderberg c’è il gotha della società mondiale in ogni sua derivazione
politica, economica, finanziaria e ovviamente mediatica senza la quale sarebbe
stato impossibile perseguire i piani di questa struttura paragovernativa
internazionale.Uno dei membri di spicco di questo club, David Rockefeller, ringraziò
calorosamente alcuni anni dopo gli esponenti della stampa mondiale, soprattutto
quella anglosassone, per aver taciuto le attività di questa società segreta che
senza il silenzio dei media non sarebbe mai riuscita a portare avanti
indisturbata i suoi piani.
Nella
visione di questi ambienti, l’URSS, di cui, sia chiaro, non si ha nostalgia, era comunque diventata ingombrante e
doveva essere rimossa.
Il
segretario del partito comunista, Gorbachev, attraverso le sue “riforme” ebbe un
ruolo del tutto fondamentale nell’ambito del raggiungimento di questo
obbiettivo.
I
signori del Bilderberg(ora” uomini di Vados “di Klaus Schwab.Ndr) avevano deciso che gli anni 90
avrebbero dovuto essere gli anni della globalizzazione e della concentrazione
di un potere mai visto nelle mani della NATO che per poter avvenire doveva
passare dall’eliminazione del blocco opposto, quello dell’Unione Sovietica.
Il
crollo dell’URSS ebbe un impatto devastante sulla società post-sovietica russa.
Moltissimi
dirigenti, 1746, si tolsero la vita. Un numero di morti per suicidio che
non trova probabilmente emuli nella storia politica recente di nessun Paese.
Alcuni
suicidi furono piuttosto anomali e si pensò che alcuni influenti notabili di
Mosca in realtà siano stati suicidati per non far trapelare le verità scomode
che sapevano riguardano ai finanziamenti del partito.
A
Mosca era iniziato il grande saccheggio e le svendite di tutto quello che era
il patrimonio pubblico dello Stato.
L’URSS
era uscita dall’era della proprietà collettivizzata per entrare in quella del
neoliberismo più feroce e selvaggio così come avvenne per gli altri Paesi
dell’Europa Orientale che furono messi all’asta e comprati da corporation
angloamericane.
Il
procuratore russo Stepankov voleva far luce sulla enorme quantità di soldi che
era uscita dalle casse del partito. Voleva capire dove fosse finito tutto
questo denaro e come esso fosse stato speso.
Per
fare questo, chiese assistenza all’Italia e il presidente Cossiga girò questa
richiesta di aiuto all’allora direttore generale degli affari penali, Giovanni
Falcone.
Falcone
accettò con entusiasmo e ricevette a Roma nel suo ufficio il procuratore
Stepankov per avviare quella collaborazione, inedita dal secondo dopoguerra in
poi, tra l’Italia e la neonata federazione russa.
Al
loro primo incontro, Falcone e Stepankov si piacciono subito. Entrambi si riconoscono una
integrità e una determinazione indispensabili per degli inquirenti determinati a comprendere cosa fosse accaduto con
quella enorme quantità di denaro che aveva lasciato Mosca per finire in Italia.
I
fondi venivano stanziati in dollari e poi convertiti in lire ma per poter
completare questo passaggio era necessaria l’assistenza di un’altra parte, che Falcone riteneva essere la mafia
che in questo caso avrebbe agito in stretto contatto con l’ex PCI.
I
legami tra PCI e mafia non sono stati nemmeno sfiorati dai media mainstream
italiani. La
sinistra progressista (ora fa capo alla “Liberal Dem Usa” globalista. Ndr.)si è attribuita una sorta di primato
morale nella lotta alla mafia quando questa storia e questa indagine rivelano
invece una sua profonda contiguità con il fenomeno mafioso.
L’indagine
di Falcone rischiava di mandare a monte il piano di Mani Pulite.Giovanni
Falcone era determinato a fare luce su questi legami, ma non fece in tempo. Una volta iniziata la sua
collaborazione con Stepankov la sua vita fu stroncata brutalmente nella strage
di Capaci.
Era in
programma un viaggio del magistrato nei primi giorni di giugno a Mosca per
continuare la collaborazione con Stepankov.
Il
giudice si stava avvicinando ad una verità scabrosa che avrebbe potuto
travolgere l’allora PDS che aveva abbandonato la falce e martello del partito
comunista due anni prima nella svolta della Bolognina inaugurata da Achille
Occhetto.
Il PCI
si stava tramutando in una versione del “partito democratico liberal
progressista” molto simile a quella del partito democratico americano.
Il
processo di conversione era già iniziato anni prima quando a Washington iniziò
a recarsi sempre più spesso Giorgio Napolitano che divenne un interlocutore privilegiato
degli ambienti che contano negli Stati Uniti, soprattutto quelli sionisti e
atlantisti.
A
Washington avevano già deciso probabilmente in quegli anni che doveva essere il
“nuovo partito post-comunista”(comandato dal “liberal Dem Usa”.Ndr.) a trascinare l’Italia nel girone
infernale della globalizzazione.
Il
1992 fu molto di più che l’anno della caccia alle streghe giudiziaria. Il 1992 fu una operazione
internazionale decisa nei circoli del potere anglo-sionista che aveva deciso di
liberarsi di una classe politica che, seppur con tutti i suoi limiti, aveva
saputo in diverse occasioni contenere l’atlantismo esasperato e aveva saputo
esercitare la sua sovranità come accaduto a Sigonella nel 1984 e come accaduto
anche con l’omicidio di Aldo Moro, che pagò con la vita la decisione di voler
rendere indipendente l’Italia dall’influenza di questi centri di potere
transnazionali.
Il
copione era quindi già scritto. Il pool di Mani Pulite agì come un cecchino. Tutti i partiti vennero travolti
dalle inchieste giudiziarie e tutti finirono sotto la gogna mediatica della
pioggia di avvisi di garanzia che in quel clima da linciaggio popolare
equivalevano ad una condanna anticipata.
Il PSI
di Craxi fu distrutto così come la DC di Andreotti. Tutti vennero colpiti ma le
inchieste lasciarono, “casualmente”, intatto il PDS.
Eppure
era abbastanza nota la corruzione delle cosiddette cooperative rosse, così come era nota la corruttela che
c’era nel partito comunista italiano che riceveva fondi da una potenza
straniera, allora nemica, e poi li riciclava attraverso la probabile assistenza
di organizzazioni mafiose.
Questa
era l’ipotesi investigativa alla quale stava lavorando Giovanni Falcone e
questa era la stessa ipotesi che subito dopo raccolse Paolo Borsellino, suo
fraterno amico e magistrato ucciso soltanto 55 giorni dopo a via d’Amelio.
Mai la
mafia era giunta a tanto, e non era giunta a tanto perché non era nelle sue
possibilità.
C’è un unico filo rosso che lega queste due stragi e questo filo rosso porta
fuori dai confini nazionali.
Porta
direttamente in quei centri di potere che avevano deciso che tutta la ricchezza
dell’industria pubblica italiana fosse smantellata per essere portata in dote
alla finanza anglo-sionista.
Questi
stessi centri di potere globali avevano deciso anche che dovesse essere il
nuovo PDS a proseguire lo smantellamento dell’economia italiana attraverso la
sua adesione alla moneta unica.
E fu
effettivamente così, salvo la parentesi berlusconiana del 94. Il PDS portò l’Italia sul patibolo
dell’euro e di Maastricht e privò della sovranità monetaria il Paese
agganciandola alla palla al piede della moneta unica, arma della finanza
internazionale.
E fu
il turbare di questi equilibri che portò alla prematura morte dei magistrati
Falcone e Borsellino. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avevano messo le mani sui
fili dell’alta tensione. Quelli di un potere così forte che fa impallidire la
mafia.
I due
brillanti giudici sapevano che il fenomeno mafioso non poteva essere compreso se non
si guardava al piano superiore, che era quello costituito dalla massoneria e
dal potere finanziario.
Cosa
Nostra e le altre organizzazioni sono solamente della manovalanza di un potere
senza volto molto più potente.
È
questa la verità che non viene raccontata agli italiani che ogni anno quando si
celebrano queste stragi vengono sommersi da un fiume di retorica o da una
scadente cinematografia di regime che mai sfiora la verità su quanto accaduto
in quegli anni e mai sfiora il vero potere che eseguì il colpo di Stato del 1992 e che
insanguinò l’Italia nello stesso anno.
Giovanni
Falcone e Paolo Borsellino sono due figure che vanno ricordate non solo per il
loro eroismo, ma per la loro ferma volontà e determinazione nel fare il loro mestiere,
anche se questo voleva dire pagare con la propria vita.
Lo
fecero fino in fondo sapendo di sfidare un potere enormemente più forte di
loro. Sapevano che in gioco c’erano equilibri internazionali e destini decisi
da uomini seduti nei consigli di amministrazione di banche e corporation che
erano i veri registi della mafia.
Giovanni
Falcone e Paolo Borsellino vanno ricordati perché sono due eroi italiani che si sono opposti a ciò che il Nuovo
Ordine Mondiale aveva deciso per l’Italia e pur di farlo non hanno esitato a
sacrificare la loro vita.
Oggi,
trent’anni dopo, sembra che stiano per chiudersi i conti con quanto accaduto nel
1992 e l’Italia sembra più vicina all’avvio di una nuova fase della sua storia,
una nella quale potrebbe esserci la seria possibilità di avere una sovranità e
una indipendenza come non la si è avuta dal 1945 in poi.
Questa
nuova Italia non potrà non ripartire dagli esempi che hanno lasciato Giovanni
Falcone e Paolo Borsellino.
La
fuga pianificata di Draghi:
il
2022 è un nuovo 1992 alla rovescia?
Lacrunadellago.net-
(17 Maggio 2022)- Cesare Sacchetti : ci
dice :
La
voce nei palazzi ha iniziato a diffondersi sempre più insistentemente. Mario
Draghi non avrebbe alcuna intenzione di completare il mandato fino alla
scadenza naturale della legislatura e pianificherebbe una sorta di fuga
anticipata da palazzo Chigi.
Secondo
le indiscrezioni che filtrano dagli ambienti di Montecitorio e Palazzo Madama,
l’uomo del Britannia vorrebbe lasciare l’incarico già entro l’estate.
Al
Quirinale, non avrebbero affatto gradito questo piano di Draghi. I rapporti che
solo alcuni mesi fa tra Draghi e Mattarella erano descritti come idilliaci ora
si sono del tutto incrinati.
Non
c’è più quella stretta intesa tra il presidente del Consiglio e il presidente
della Repubblica dopo che la partita del Quirinale si è chiusa con un
Mattarella bis.
Sulle
pagine del nostro blog, ci era capitato di descrivere e anticipare lo scenario
di una riconferma di Mattarella che in realtà era ciò che voleva sia lo stesso
attuale inquilino del Quirinale sia l’intero arco parlamentare.
Una
piccola proroga dello status quo è ciò che i partiti credono possa dare un po’
di ossigeno ad una classe politica a corto di ossigeno che sembra essere alle
prese con una crisi francamente irreversibile.
Il
liquidatore del Britannia non l’ha affatto presa bene. Gli era stato garantito negli
ambienti massonici, come ammesso da essi stessi, che dopo il “lavoro” svolto,
prestiti con condizionalità erogati nell’ambito del PNRR e restrizioni alla
vita sociale e lavorativa per i non vaccinati, ci sarebbe stato il passaggio
tanto atteso e agognato al Quirinale.
Mario
Draghi contava di lasciare l’incarico attuale già lo scorso gennaio per potersi
trasferire nella residenza che un tempo fu dei papi, laddove forse l’uomo di
Goldman Sachs contava di potersi rimettere al riparo dalla crisi generale di un
sistema politico.
Non è
andata così. I partiti hanno preferito lasciare Draghi laddove si trova perché
almeno dopo il disastro collettivo del quale tutti sono complici i vari peones
di Montecitorio credevano di mettersi al riparo dietro Draghi, che da
“salvatore della patria” quale era descritto soltanto un anno fa dall’apparato
mediatico è
oggi divenuto un perfetto parafulmine per la demolizione economica, sociale e
sanitaria voluta da poteri transnazionali ed eseguita dall’attuale classe
politica.
Draghi
deve aver compreso perfettamente di essere stato giocato dagli stessi poteri
che fino a ieri gli srotolavano il tappeto rosso di palazzo Chigi. In questo gioco, nel gioco della
politica prostituita a lobby e poteri occulti, non esistono amici. Coloro che oggi ti stringono la mano
calorosamente sono gli stessi che domani con la stessa mano possono infliggerti
una pugnalata alla schiena.
La
regola della politica controllata dall’alta finanza e dalle “grandi” famiglie
di banchieri è quella dell’arena dei leoni. La sopravvivenza dell’uno dipende
dalla morte dell’altro.Ed è in questo gioco che è rimasto “vittima” Mario Draghi che
credeva di avere un comodo scivolo verso il Quirinale e di godersi un
settennato al riparo dalle dispute e delle lotte tra bande dei vari partiti.
Soprattutto
Draghi mirava al settennato per avere anche l’immunità che è attribuita al Capo
dello Stato.
Nessuno
è certo di chi salirà al potere domani e un qualche scudo giudiziario può far
sempre comodo specialmente se un domani potrebbero esserci dei governanti intenzionati a
perseguire i responsabili del colpo di Stato occorso negli ultimi due anni.
La reazione
di Draghi verso Mattarella e verso la politica tutta è stata quella di sdegno e
l’inquilino di palazzo Chigi sin dallo scorso gennaio si è adoperato per
cercare un’alternativa a quella sfumata del Colle.
Ha
provato a bussare alle porte della Commissione europea che sono rimaste
saldamente chiuse. Nessuno dei Commissari europei ha intenzione di alzarsi per
lasciare il posto a Draghi. Ha iniziato a tastare il terreno della NATO dal momento che
il mandato di Stoltenberg, l’attuale segretario generale della NATO, è in
scadenza nel 2023, dopo essere stato già prorogato oltre la scadenza naturale
prevista nel 2022.
Anche
lì la partita si annuncia decisamente in salita per il presidente del
Consiglio. Non
si diventa infatti segretario della NATO senza il consenso e il supporto del
Paese che economicamente e militarmente è l’essenza stessa dell’alleanza
atlantica, ovvero gli Stati Uniti.
A
questo è servito il viaggio di Draghi negli Stati Uniti. Draghi si è recato in
visita dal “presidente” Biden per provare probabilmente a sondare un eventuale
appoggio della Casa Bianca nei confronti del premier.
Ciò
che però Draghi ha trascurato nella sua missione a Washington è che la
cosiddetta amministrazione Biden non è come tutte le altre.
Le
cancellerie internazionali spesso rifiutano le comunicazioni con Biden. È accaduto con Emmanuel Macron, con
i reali sauditi e con il leader nord-coreano Kim Jong-Un.
Mai
nella storia delle relazioni internazionali si era visto un rifiuto dei leader
stranieri a parlare con il presidente degli Stati Uniti.
Si sta
diffondendo la consapevolezza in determinati ambienti politici e diplomatici
che Joe Biden non sia veramente l’uomo al comando.
Allo
stesso modo, la stessa consapevolezza sta maturando su un altro elemento. Joe Biden non esegue le direttive dei
poteri che lo hanno instaurato alla Casa Bianca attraverso un golpe elettorale
ai danni di Trump.
Gli
Stati Uniti sembrano trovarsi in una sorta di limbo nel quale sono elementi
delle forze armate vicini a Trump a pilotare questa amministrazione.
In
questa situazione di commissariamento della presidenza degli Stati Uniti, le
speranze di Draghi di insediarsi alla NATO sono ridotte al lumicino. Ecco quindi il piano al quale
starebbe lavorando il presidente del Consiglio che viste sfumate tutte le
opzioni vorrebbe lasciare la patata bollente del disastro provocato da lui
stesso assieme ai partiti, soltanto a questi ultimi.
Mattarella
deve aver intuito alla perfezione le intenzioni di Draghi e non sembra aver
affatto gradito questo “piano di fuga.”
Non ci
sarebbe nessun sostituto disponibile per rimpiazzare Draghi dal momento che
nessuno sarebbe così folle da sobbarcarsi le conseguenze dei danni ereditati
per restare soltanto pochi mesi sulla poltrona di palazzo Chigi.
Quello
al quale si andrebbe incontro sarebbe quindi un probabile vuoto di potere. Nessuno vorrebbe mettersi a sedere su
una poltrona che scotta, e nessuno vorrebbe mettere la propria faccia sul
crollo provocato negli ultimi due anni.
Il
2022 è un nuovo 1992 alla rovescia?
A questo
punto, la storia della politica italiana e di conseguenza dell’Italia intera
sembra essere ad un giro di boa. Ci si chiede quanto possa durare in queste condizioni
una classe politica che è la diretta conseguenza di un colpo di Stato
giudiziario, quello avvenuto nel 1992 con Mani Pulite.
Ci
sono degli interessanti parallelismi tra quel frangente storico e quanto sta
accadendo ora seppur con differenze sostanziali riguardo alle dinamiche che
hanno innestato quella falsa rivoluzione, come la definì correttamente Bettino
Craxi, e la crisi del sistema politico nato da quel golpe.
Il
1992 fu una operazione studiata accuratamente a tavolino da ambienti dello
stato profondo di Washington (Deep State Usa).
La
stessa Repubblica del 1946-48 è una creazione del governo degli Stati Uniti a
sua volta controllato da poteri la cui lealtà non va né all’Italia e all’America ma ai signori dei circoli
privati del mondialismo, quali le famiglie Rothschild, Rockefeller, Morgan e
DuPont.
Furono
questi poteri a decidere che la classe dirigente della Prima Repubblica andava
eliminata nonostante essa fosse stata voluta dalla stessa Washington.
Per
quanto la Repubblica del 1946 fosse controllata dagli Stati Uniti, essa aveva
certamente un perimetro e un margine di azione più ampio della Seconda. Sembrano preistoria inimmaginabile
oggi i giorni in cui Aldo Moro, ministro degli Esteri nel 1973, diceva no
all’allora segretario di Stato, Henry Kissinger, che gli chiedeva di mettere a
disposizione le basi di Sigonella per sostenere Israele nella guerra dello Yom
Kippur.
Così
come sembrano impensabili oggi i tempi in cui Bettino Craxi si alzava in
Parlamento e riconosceva la legittimità della lotta armata palestinese contro
l’occupazione israeliana in un celebre discorso tenutosi il 6 novembre 1985
davanti all’aula di Montecitorio.
La
Prima Repubblica era disposta a dichiararsi fedele all’atlantismo fino a quando
l’atlantismo poteva avere un senso considerata l’esistenza del blocco comunista
dell’URSS.
Una
volta crollato il muro di Berlino nel 1989 tutto quella che era stata la
politica estera dell’Italia negli anni precedenti perdeva di senso e l’Italia
avrebbe dovuto essere lasciata libera di seguire la sua via storica, culturale
ed economica.
Probabilmente
fu proprio questa prospettiva a mettere in allarme i circoli di Washington.
Quella classe politica, nonostante tutti i suoi limiti e difetti, poteva
rappresentare una minaccia per i piani dei vari Bilderberg , Commissioni
Trilaterali e “uomini di Vados” di Klaus Schwab.
I
piani erano quelli di smantellare tutto ciò che di buono era stato costruito in
precedenza e trascinare l’Italia nel cappio dei trattati di Maastricht e nelle
catene della moneta unica.
L’intera
industria pubblica fu svenduta a prezzo di saldo da uomini proprio come Draghi
a bordo del famigerato Britannia sul quale le toghe non hanno aperto nemmeno
mai una seria inchiesta giudiziaria.
A
Milano si indagava su tangenti che in confronto alle migliaia di miliardi di
lire che venivano mandati in fumo da Draghi su quel panfilo erano solo
spiccioli.
Così
come erano spiccioli le tangenti di fronte ai 63mila miliardi di lire mandati
in fumo dall’allora governatore di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi, per
difendere scelleratamente il cambio fisso con lo SME, il padre dell’euro, una
mossa per la quale George Soros, che da quella speculazione si arricchì a
dismisura, ancora ringrazia.
La
finanza anglo-sionista piombava come un falco sull’Italia e si cibava dei suoi
organi vitali. Tutto un patrimonio fu distrutto e uno dei primi gruppi
industriali al mondo, l’IRI, veniva smantellato pezzo dopo pezzo e donato ai
vari gruppi finanziari di New York e Londra.
L’Italia
era appena entrata nell’era della globalizzazione a suon di ruberie e di bombe
che esplodevano per conto degli stessi mandanti occulti che abitavano, e
abitano tuttora, al di là delle Alpi.
Washington
fu il diretto esecutore di questo piano sovversivo e tutto ciò che nacque allora è la
causa di quanto vediamo ora.
Quello
che è cambiato negli ultimi due anni è che la nuova classe politica che fu
messa al potere nel 1992 ha oggi perduto la protezione dei suoi tradizionali
referenti.
Alla
Casa Bianca, non c’è più quello stato profondo che garantisce la sopravvivenza
del sistema politico italiano.
Nel
“migliore” dei casi, c’è un Joe Biden smarrito che non ha la minima idea di ciò
che sta facendo. Nel “peggiore”, ci sono elementi militari fedeli a Donald Trump. Ed è stato proprio lui l’uomo che
ha interrotto questo rapporto di dipendenza della politica italiana dagli Stati
Uniti.
A
Washington, ha preso potere un pensiero che vuole liberare gli Stati Uniti dal
controllo e dall’influenza di quelle lobby di potere che non hanno a cuore le
sorti del popolo americano.
Questi
poteri hanno utilizzato tutta la potenza militare dell’America per colpire e
“disciplinare” coloro che rappresentavano una minaccia per gli interessi delle
alte sfere globaliste.
L’America
è stata il braccio armato del Nuovo Ordine Mondiale e l’elemento di
sconvolgente novità degli ultimi sei anni è stato proprio questo.
Il
mondialismo ha perduto l’arma con la quale era in grado di piegare e sovvertire
la volontà delle nazioni che erano restie a cedere la propria sovranità
nazionale ad un manipolo di uomini senza volto che hanno nelle proprie mani una
ricchezza in molti casi superiore al PIL di diversi Stati nazionali.
Si
pensi, tra i numerosi esempi disponibili, al caso del fondo di investimenti di
BlackRock che vanta un patrimonio complessivo pari a 16 trilioni di dollari,
più del PIL della Cina.
Lo
stato profondo italiano contro Trump.
Questa
è stata la condizione con la quale la politica italiana si è trovata a fare i
conti negli ultimi sei anni e la politica italiana ha provato a resistere. Lo ha fatto prima attraverso il suo
coinvolgimento nel golpe dello Spygate che secondo diverse fonti ha visto il
coinvolgimento decisivo di Matteo Renzi, ex premier, e di conseguenza del suo
partito di allora, il PD.
Lo ha
fatto successivamente attraverso un’altra operazione eversiva ancora più grossa
della prima, l’Italiagate, che avrebbe visto il coinvolgimento diretto del governo Conte
nella frode elettorale del 2020 ai danni di Donald Trump.
Lo
stato profondo italiano ha cercato di aiutare lo stato profondo di Washington
in ogni atto sovversivo ordito contro il presidente degli Stati Uniti per poter
togliere di mezzo quella che era una “minaccia” esistenziale sia per il primo
sia per il secondo.
Credevano
entrambi di esserci riusciti quando hanno visto Biden insediarsi alla Casa
Bianca ma poi hanno scoperto con amarezza che l’uomo sul quale contavano per
ristabilire il precedente status quo non ha mai avuto effettivamente le redini
del potere in mano.
È
questa variabile che la classe politica italiana ha sottovalutato. Si illudeva che Donald Trump avrebbe
lasciato Washington in silenzio rimanendo inerme di fronte alla frode
elettorale ai suoi danni. Non è stato così e ormai gli atti della “amministrazione
Biden” non in linea con la volontà delle lobby di Washington sono la conferma che la presidenza
attuale è commissariata per una serie di atti giuridici che sono perfettamente
in linea con la Costituzione americana.
A dare
il colpo di grazia alla crisi di questa seconda Repubblica è stato il
fallimento della farsa pandemica.
Draghi ha provato a spingersi sin dove ha
potuto, probabilmente anche oltre il perimetro che lui stesso pensava di non
superare. Ha attuato le peggiori restrizioni in Europa. Ha perseguitato i lavoratori
costringendoli a sierarsi e ha tolto lo stipendio alle categorie che hanno
rifiutato di sottoporsi al ricatto.Ogni mezzo è stato tentato per piegare la volontà
degli italiani che non volevano sierarsi. Gli obbiettivi iniziali sono falliti
perché gli italiani, al di là di ciò che pensano i soliti cattivi maestri
dell’auto-razzismo, sono molto più coriacei e intelligenti dei popoli che li
circondano. Non si sono vaccinate milioni di persone, e il 90% di cui un tempo parlava il
governo Draghi appare essere chiaramente un dato falso per dare vita ad un effetto
traino nei confronti dei non vaccinati.
La
prova viene dalle lettere che hanno ricevuto gli over 50, alcuni persino
deceduti da anni, e che sono la dimostrazione che l’esecutivo non ha la più
pallida idea di chi si è fatto il vaccino e chi no.
Così a
poco a poco il governo è stato costretto a smontare quasi tutta l’impalcatura e
ad arrendersi. L’operazione terroristica del coronavirus che si proponeva di
erigere un governo globale centralizzato ha fallito miseramente.
Sono
stati troppi i Paesi che si sono opposti e soprattutto sulla strada di Davos si
sono messi tre Paesi quali Stati Uniti, Russia e Cina senza i quali la
realizzazione di una società autoritaria mondiale è del tutto impossibile.
Così
il governo Draghi si ritrova isolato, ma più in generale è la stessa classe
politica italiana ad essere isolata nel mondo.
A
Washington non ci sono più i vecchi amici, e a Mosca c’è il leader di quella che
può essere definita correttamente un’alleanza patriottica internazionale.
A
Bruxelles, c’è una UE debole e smarrita la cui politica sanzionatoria contro la
Russia non ha fatto altro che esautorare le divisioni che già la laceravano in
precedenza.
Fino a
due anni fa, gli uomini del club di Davos di Klaus Schwab e del Bilderberg
erano convinti che la farsa pandemica avrebbe accentrato ancora di più il
potere nelle loro mani.
L’era
del multipolarismo e della de-globalizzazione.Due anni dopo, gli stessi uomini si
ritrovano a fare i conti con una realtà opposta. Il mondo è appena entrato nell’era della de-globalizzazione e
del multipolarismo al quale l’operazione speciale della Russia in Ucraina ha
dato una accelerazione impressionante.
E qui
torniamo al paragone fatto precedentemente all’inizio di questa analisi. Il 2022 sembra avere tutte le
caratteristiche ideali per essere un periodo storico che porta allo
sconvolgimento dell’attuale status quo e degli equilibri politici attuali. Lo stesso accadde nel 1992 per
volontà di poteri transnazionali che volevano che l’Italia seguisse la strada
assegnata per procedere nell’avanzamento del cantiere dell’UE, ma stavolta l’influenza che giunge
dall’estero è di segno radicalmente opposto.
Stavolta
il mondo va nella direzione opposta a quella di un trasferimento dei poteri verso
entità sovranazionali. Sono gli Stati nazionali il futuro delle relazioni
internazionali.
E
l’Italia non può non risentire di questo processo storico. Tra l’altro, l’Italia è il Paese che
dimostra di avere la più matura coscienza contro il pensiero globalista e
atlantista.
L’opinione pubblica italiana è quella che ha la più smaccata tendenza anti-UE
d’Europa. Il
popolo italiano è pronto a lasciare l’euro e l’UE. Attende soltanto una classe
dirigente vera, e al servizio del Paese, che la guidi in questa transizione.
La
classe politica erede della seconda Repubblica si ritrova quindi di fronte a questa
situazione. Fuori dai confini nazionali, si ritrova priva della protezione dei suoi
referenti.
Dentro
i confini nazionali, si ritrova un popolo inferocito per i danni economici degli
ultimi 30 anni che dal 2020 in poi hanno assunto delle proporzioni, se
possibile, ancora più enormi.E questo malcontento è ormai incontenibile. Si pensi
solamente alla feroce contestazione che ha investito il “ministro” della Salute, Roberto
Speranza, giunto ieri a La Spezia, o alle precedenti uscite pubbliche di
Draghi, sommerso di fischi e improperi a Napoli e Torino.
A
questo poi si aggiungano le inchieste pendenti sullo Spygate che vede appunto
coinvolta la politica italiana fino al collo. Prima o poi John Durham arriverà ai
nomi dei responsabili italiani.
Questo
quadro complessivo ci porta a pensare che siamo entrati in una congiuntura
storica unica. Una congiuntura fatta di eventi e dinamiche che sembrano segnare la fine
della famigerata storia di questa seconda Repubblica e probabilmente della
stessa Repubblica atlantista del 1946.
L’Italia
sta per entrare in una fase nuova della sua storia. Una fase nella quale avrà in futuro
una sovranità e un potere che non aveva da molti anni.
Prima
però di entrare in questa fase, ci sarà una implosione del suo sistema fragile
politico.
Tutto
questo porta a pensare che il 2022 è veramente il 1992 alla rovescia. Oggi si stanno per chiudere i
conti con l’attacco che il Nuovo Ordine Mondiale lanciò a questo Paese
trent’anni fa.
Alleanza
Italia-Russia.
Il
dialogo della Russia con gli italiani:
l’Italia
può far crollare l’UE.
Lacrunadellago.net-(
7 Maggio 2022)- Cesare Sacchetti – ci
dice :
Sicuramente
in molti ultimamente avranno notato una attenzione piuttosto peculiare da parte
del Cremlino nei confronti dell’Italia.
Il
ministro degli Esteri, Lavrov, ha infatti recentemente rilasciato una
intervista al programma “Zona Bianca” su Mediaset. È piuttosto probabile che la Russia
abbia deciso di far sentire la sua voce attraverso questa emittente non certo
per una sua particolare predilezione nei confronti del gruppo di proprietà
della famiglia Berlusconi.
Lo
scopo era un altro, ed è in parte contenuto nelle parole rilasciate dalla
portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.
La
Zakharova ha spiegato che il ministro Lavrov riceve centinaia di richieste di
interviste e questo è certamente fuori discussione. La diplomatica russa spiega però
che Lavrov ha deciso di accettare le richieste dei giornalisti italiani a causa
della loro “insistenza” per poi aggiungere subito dopo che “gli italiani devono
sapere la verità”.
La
chiave di questa decisione di Lavrov è probabilmente contenuta in questa ultima
frase. Il
Cremlino vuole arrivare ad una platea il più ampia possibile per far sapere la
sua versione dei fatti riguardo alla crisi ucraina e aveva bisogno a questo
proposito di una emittente nazionale per poterlo fare.
Non lo
ha fatto però attraverso un canale nazionale francese o tedesco. Lo ha fatto attraverso un canale
italiano e questo è certamente significativo della volontà del Cremlino di
avviare un dialogo proprio con il popolo italiano.
Un
dialogo che probabilmente era già iniziato quando a Napoli era comparso un
murales dedicato a Dostoevskij, prontamente definito da Putin come un segnale di
speranza per tenere vivi i rapporti tra Italia e Russia.
La
Russia è alquanto consapevole che gli italiani non condividono affatto la
suicida guerra economica e le pericolose e aggressive dichiarazioni rilasciate
dallo stesso Mario Draghi e dagli esponenti del suo governo contro Mosca.
Tra
tutti i governi dell’Europa Occidentale quello più ostile alla Russia – subito
dopo la Gran Bretagna che ormai è divenuto una sorta di Stato canaglia
ferocemente russofobo – è quello dell’Italia.
Gli
altri governi, soprattutto quello tedesco, hanno cercato di lasciare una porta
aperta con la Russia per non mandare completamente all’aria le relazioni
commerciali tra i due Paesi e provocare danni economici ancora più disastrosi di quelli già
provocati fino ad ora.
Se si
dà uno sguardo alla bilancia commerciale tra Germania e Russia si può avere una
idea più esaustiva di tali danni.
La
Germania ha visto crollare le sue esportazioni nel solo mese di marzo della
cifra di 860 milioni di euro e questa è certamente una pessima notizia per
Berlino.
Questo
lascia pensare che la Germania prima o poi decida di non prestarsi
ulteriormente al gioco al massacro contro Mosca e si sganci definitivamente
della follia suicida che Bruxelles ha deciso di scatenare contro la Russia.
Per
quello che riguarda l’Italia, il discorso è diverso perché nella gerarchia delle élite
europee stabilita già negli anni 50 ai tempi della creazione della CEE, la
Penisola viene dopo l’asse franco-tedesco, al quale la finanza internazionale ha
assegnato il peso maggiore nel progetto comunitario.
Nella
cosiddetta “Unione europea” che non é una unione, viste le sue palesi
divisioni, e non è nemmeno europea, dato il suo rifiuto di identificarsi con le
radici cristiane del continente, gli interessi dei Paesi del Nord, o meglio dei
loro poteri economici e industriali, vengono sempre prima di quelli dei Paesi
del Sud, considerati di serie B o “inaffidabili” in questa scala gerarchica.
Questa
è la ragione per la quale l’Italia è la Cenerentola d’Europa da tempo, e questa
è la ragione per la quale negli ultimi 30 anni la classe politica “italiana” ha
agito sempre e costantemente per servire gli interessi sovranazionali.
La
classe politica della Seconda Repubblica, molto di più ancora della Prima, ha avuto solamente e soltanto il
compito di garantire l’esecuzione dell’agenda eurista e globalista mandando al
macero quella che un tempo era la quarta economia mondiale.
Da qui
si spiega l’aggressività del governo Draghi nei confronti della Russia. I
poteri che stanno al di fuori del Paese considerano l’Italia come il Paese più
sacrificabile e il suo sistema politico come il più asservito a questa agenda.
L’Italia
è il Paese più anti-UE d’Europa.
Questo
però ha contribuito a far sviluppare un profondo sentimento antieuropeo. E di questo sentimento c’è ampia
traccia persino nei sondaggi Euro-barometer ordinati dalla Commissione europea
che vengono fatti per mostrare in realtà la popolarità dell’UE.
Secondo
questa rilevazione statistica, solamente il 44% degli italiani vuole restare
nell’Unione europea. Ci si può immaginare quanto il dissenso possa essere ancora
più alto se solo fosse rilevato da una fonte terza e indipendente.
Negli
ultimi decenni, in Italia, c’è un magma di profondo dissenso che scorre
nell’opinione pubblica italiana verso le istituzioni comunitarie.
Non è
affatto un azzardo affermare che questo Paese è quello nel quale si è
sviluppata la coscienza più matura del problema che rappresentano l’euro e l’UE
rispetto alla sovranità e l’indipendenza di una nazione.
Più
semplicemente, il popolo ha compreso che non esiste alcun beneficio per esso
dall’avere in tasca una moneta che ha eroso enormemente i risparmi e portato al
fallimento di moltissime piccole e medie imprese.
Del
resto, non poteva essere altrimenti. L’euro è stato creato certamente in
primo luogo per spogliare gli Stati della loro facoltà di stampare moneta, ma
anche e soprattutto per deindustrializzare l’Italia, penalizzata da tempo da
una moneta il cui tasso di cambio è troppo elevato per i parametri
dell’economia italiana.
Parafrasando
Jacques Attali – eminenza grigia di Macron e di ogni presidente francese degli
ultimi 40 anni, e tra i membri più influenti del gruppo Bilberberg – l’euro “non è stato fatto certo per
la felicità della plebaglia italiana”, e l’utilizzo della parola “plebaglia” da
parte di Attali esprime al meglio, o forse al peggio, la concezione che
l’ideologia neoliberale e globalista ha dell’umanità.
Non
uno spirito di amore per i popoli, ma uno di feroce odio nei loro confronti che
nell’ottica di questi poteri devono essere ridotti il più possibili in quanto
“mangiatori inutili”.
La
concezione di fondo del pensiero mondialista è quella dell’odio verso l’umanità
che deve essere sterminata attraverso l’applicazione della filosofia malthusiana e, poi,
quel che ne resta, privata del dono del libero arbitrio attraverso l’uso delle
tecnologie transumaniste.
Se
però c’è un popolo che occupa un posto speciale nella lista dei Paesi più
odiati da questi parassiti apolidi quello è certamente l’Italia per una serie
di ragioni connesse alla sua storia profondamente legata alle radici
greco-romane e cattoliche, di cui questo Paese è culla e custode.
E
l’applicazione spietata e feroce di questo piano concepito per distruggere le
nazioni, e
soprattutto quella italiana ha fatto maturare un profondo malcontento degli
italiani nei confronti di Bruxelles.
Un
malcontento che negli anni passati non è riuscito a trovare degli sbocchi per
portare l’Italia fuori dalla prigione dell’UE.
Questo
enorme bacino di dissenso è stato fagocitato da quelli che nel gergo
anglosassone sono chiamati “gate-keepers”, espressione che in italiano
significa “guardiani dei cancelli”.
Sono le sentinelle del potere che si attivano
quando l’opposizione popolare nei confronti dello status quo sta crescendo
troppo e queste
sentinelle rivestono il ruolo di contenitori del dissenso.
Il
loro scopo è di impedire che la domanda di cambiamento del popolo provochi un
cambiamento reale. Il loro scopo è lasciare inalterata la condizione che
preserva il potere delle élite finanziarie che essi rappresentano.
In
Italia, questo ruolo di opposizioni controllate è stato affidato certamente al
M5S all’inizio dello scorso decennio, e successivamente alla Lega di Salvini.
Entrambe
le formazioni politiche però sono ormai “bruciate”. Il limite del meccanismo dei
guardiani dei cancelli è principalmente uno. Prima o poi le opposizioni di
facciata sono costrette a rilevare la loro vera identità perché il loro scopo è
quello di assicurare la sopravvivenza del sistema, non di metterla in
discussione.
Nel
caso del M5S, il disvelamento del suo ruolo si è avuto con il suo matrimonio
con il partito democratico nel 2019 quando nacque il secondo governo Conte, e
nel caso
della Lega di Salvini il disvelamento avvenne quando il Carroccio fece cadere
il suo stesso governo per preparare la strada di palazzo Chigi a Mario Draghi.
In
realtà, esistevano già in precedenza i segnali e gli elementi che dimostravano
come queste due formazioni fossero pienamente integrate in determinati poteri. A questo proposito, si basti pensare
che uno dei due fondatori del M5S, Gianroberto Casaleggio, era socio d’affari
di Enrico Sassoon, membro di una famiglia legata ai Rothschild, e l’altro Beppe
Grillo, secondo alcune fonti, fu avvistato a bordo del panfilo Britannia nel
1992 quando Mario Draghi officiava la svendita dell’industria pubblica italiana.
Le
massonerie erano già consapevoli in quegli anni che l’eurismo e la sua
esecuzione selvaggia avrebbero creato un enorme dissenso in Italia e
preparavano già i contenitori del dissenso in quell’epoca.
Adesso
però, come si accennava in precedenza, le vere identità di tali soggetti sono
state rese note a tutti, anche agli osservatori meno attenti.
Il
meccanismo delle opposizioni di facciata è giunto al suo esaurimento e il
potere non riesce più a inventarsi una sua opposizione controllata.
Il
dissenso è enorme e al momento i poteri internazionali non hanno nulla per
poterlo catturare. Può sfociare ovunque, e soprattutto può sfociare in nuovi spontanei
movimenti politici e sociali che potrebbero nascere prossimamente e che non
sono in alcun modo controllati dal sistema.
La
Russia sa che la crisi del sistema politico italiano può far crollare l’UE.
La
Russia è consapevole di questa situazione di precarietà del sistema politico
italiano ed è per questo che guarda con particolare attenzione a questo Paese.
A Mosca
sanno che lo status quo attuale non potrà durare a lungo. Troppo fragili i
partiti, e troppo impopolari le istituzioni politiche italiane.
La
distanza tra la politica e il Paese reale non è mai stata così profonda come lo
è in questo momento storico.
Nessuno
praticamente ormai beneficia di questo status quo, salvo la residua, e sempre
più ristretta, rete clientelare legata a questi partiti.
Soprattutto
il Cremlino è consapevole che la decadente Seconda Repubblica nata dal golpe
giudiziario del 1992 ha perduto la protezione di coloro che la concepirono,
ovvero gli uomini dello stato profondo di Washington ,( assieme agli “uomini di Davos” di Klaus Schwab.Ndr).
Negli
ultimi anni è accaduto un fatto nuovo che ha cambiato non solo la storia degli Stati
Uniti d’America ma anche quella dell’Italia.
La
presidenza di Donald Trump ha portato l’America fuori dall’orbita del potere
parallelo di Washington che ha utilizzato questa nazione per attuare l’agenda
del Nuovo Ordine Mondiale.
A
Roma, quindi i partiti che erano strettamente legati a Washington sono rimasti
orfani. Hanno perduto la protezione e lo scudo dei loro referenti.
Donald
Trump, e la presidenza Biden commissariata dalle forze armate fedeli a Trump, hanno reciso quel cordone ombelicale
che legava lo stato profondo italiano a quello americano.
La
fine del potere delle lobby che governano l’America non poteva che provocare la
crisi di quei poteri che in Italia dipendono strettamente dalla sopravvivenza
del primo.
Le
sanzioni imposte contro la Russia non hanno fatto poi altro che peggiorare la
situazione della politica italiana e ampliare ancora di più la distanza tra il
Paese e le istituzioni. I prezzi dell’energia elettrica sono ai massimi storici e l’inflazione energetica artificiale
provocata dalle politiche “ambientaliste” dell’UE, eseguite da Draghi, rischia
di spazzare via dai mercati le imprese che sono sopravvissute a due anni di
farsa pandemica.
In
qualunque luogo vada, Draghi viene sommerso di salve di fischi. La sua aggressione e quella del suo
governo nei confronti della Russia non ha fatto altro che aumentare
l’impopolarità di questo esecutivo.
La
risposta naturale e spontanea degli italiani a questa guerra russofoba è stata
esattamente opposta a quella di palazzo Chigi.
Si
sono messe in moto delle catene di Sant’Antonio che hanno portato gli italiani
ad esprimere la loro solidarietà alla Russia e a prendere le distanze dal
governo Draghi.
Mosca
ha ricevuto il messaggio e ha ringraziato il popolo italiano.
C’è
una intesa naturale tra questi due Paesi che l’establishment della politica
italiana non può recidere. La Russia nutre una profonda ammirazione per
l’Italia, e l’Italia, a sua volta, ricambia questa enorme stima.
Roma e
Mosca sono quelle città accomunate da una storia comune di difesa della
cristianità e dei valori greco-romani. Mosca si considera la “terza Roma” per
questa ragione e nessuno può quindi recidere il legame della terza Roma con la
prima Roma.
Questa
è la ragione per la quale si è avviato un dialogo diretto tra la Russia e il
popolo italiano.
Il
Cremlino è consapevole della situazione di grave crisi che attraversa la
decadente seconda Repubblica ed è altrettanto consapevole che presto i partiti
attuali potrebbero uscire di scena.
Le
analogie tra la Russia degli anni 90 e l’Italia contemporanea.
È una
congiuntura storica ed economica che sotto certi aspetti richiama quanto
accaduto proprio in Russia negli anni 90.
In
quel periodo storico, la Russia si trovava a fare i conti con le macerie
ereditate dal crollo dell’Unione Sovietica di stampo marxista, della quale non
si ha francamente una gran nostalgia ma la sua dismissione fu certamente
avallata e favorita dall’allora presidente Gorbachev per conto dei “grandi”
poteri transazionali, dei quali l’uomo della Perestroika faceva parte.
Il
Paese dopo il crollo del Muro di Berlino si trovò a fare i conti con un’ondata
di violenza senza precedenti. Per le strade regnava la guerra tra bande armate e lo
strapotere degli oligarchi askenaziti. Le istituzioni russe esistevano
solo sulla carta perché queste erano in realtà una protesi di Washington.
Era
direttamente la CIA, l’agenzia di intelligence americana, a governare il
Cremlino che era controllato da uomini appartenenti allo stato profondo
americano.
La
Russia venne depredata del suo patrimonio pubblico industriale attraverso una
ondata selvaggia di privatizzazioni ordinate ed eseguite per arricchire ancora
di più il potere degli oligarchi neoliberali globalisti.
Lo
Stato in pratica non esisteva perché questo non era null’altro che un simulacro
giuridico nelle mani di gruppi di potere domestici e stranieri.
La
situazione di caos e di sottomissione ebbe fine quando salì al potere un uomo
che iniziò a liberare la Russia dalla morsa di coloro che l’avevano umiliata e
ridotta sul lastrico.
Quell’uomo
era Vladimir Putin che a distanza di molti anni ha rilevato come fu costretto a
fare una vera e propria operazione di bonifica delle istituzioni governative
infiltrate da agenti infedeli che avevano consegnato la Russia ai vari
potentati che si erano spartiti il Paese.
Sotto
certi aspetti esistono delle profonde analogie tra la Russia degli anni 90 e
l’Italia contemporanea. La corruzione era ciò che governava la Russia in quel periodo
ed è ciò che governa l’Italia oggi.
Nelle
istituzioni governative italiane sono presenti ovunque esponenti e
rappresentanti di gruppi di poteri privati a partire dallo stesso Mario Draghi,
emissario e portavoce della banca d’affari Goldman Sachs.
La
macchina statale dell’Italia è vittima della stessa infezione che piagava la
Russia 30 anni fa. Non ci sono fedeli servitori dello Stato a palazzo Chigi, nei
ministeri e nella magistratura.
Ci
sono elementi sovversivi che hanno trasformato lo Stato in una dependance delle
potenze estere e hanno ingrossato le istituzioni delle loro clientele
incompetenti e corrotte.
Una
intera nazione è stata messa all’asta per compiacere gli interessi di
centri di potere che si trovano a Bruxelles, a Londra e a Washington.
Il
Cremlino è consapevole che questo particolare periodo storico è ideale per
l’Italia per la nascita di un leader e di una sorta di Putin italiano che
possa portare il Paese fuori dalle secche della colonizzazione per mano dello
straniero
che sta subendo l’Italia.
Questa
è la ragione per la quale Mosca vuole mantenere vivi i rapporti con il popolo
italiano. Il
Cremlino sta seminando i germogli di una futura nuova relazione tra l’Italia e
la Russia che potrebbe rivelarsi come l’elemento chiave e decisivo per assestare
la spallata definitiva alla traballante UE e all’Euro-Atlantismo da tempo in
profonda crisi.
C’è
uno spazio enorme per l’Italia nel mondo multipolare.
Uno spazio che consentirebbe alla Penisola di
sfruttare il suo enorme potenziale economico e geopolitico che fino ad ora è
stato soppresso e tamponato da governanti corrotti e sottomessi all’agenda dei
nemici del Paese.
La
Russia è perfettamente conscia che il Paese che può spostare gli equilibri
dell’Europa e del mondo è l’Italia, e vuole tenersi pronta a ciò che
verrà dopo il crollo della seconda Repubblica.
Sono
troppi quindi i punti di vulnerabilità del sistema politico attuale. Troppi per pensare che gli attuali
partiti possano resistere a lungo.
La
Russia sembra aver letto questo momento storico dell’Italia e ha compreso che presto potrebbero
esserci nuovi interlocutori con i quali stabilire appunto quella naturale
alleanza di cui si parlava in precedenza.
L’Italia
è il Paese che in questo momento ha tutte le caratteristiche ideali per assestare il colpo
definitivo a quei poteri che hanno cercato di attuare il Grande Reset di Davos
e che hanno cercato di cancellare questa civiltà millenaria.
La
Russia lo ha compreso molto bene e guarda con attenzione a Roma. E gli occhi di tutti per comprendere
quale sarà il Paese che potrà provocare un terremoto politico internazionale
andranno puntati sull’Italia.
È
l’Italia il Paese che può far saltare il banco, ed è l’Italia il Paese che sarà
un crocevia di destini nazionali e mondiali.
DAVOS
2022: L’AFFANNOSA PASSERELLA
DEI
MAESTRI DEL CAOS.
Comedonchisciotte.org-
Marco Di Mauro –( 31 Maggio 2022 ) -ci dice :
(Avanti.it).
Il
Forum Economico Mondiale quest'anno ha scoperto le carte su vaccini, crisi
alimentare, credito sociale, transumanesimo e sui problemi con l'emergere del
multipolarismo.
(Klaus
Schwab e Albert Bourla sul viale del tramonto).
Il
Forum Economico Mondiale di Davos quest’anno si è concluso il 26 maggio, dopo
cinque giorni di finti dibattiti sull’economia e altisonanti panegirici per il
Nuovo Ordine Mondiale.
Complici
i riflettori messigli addosso dalla sempre crescente consapevolezza delle masse
dovuta ai plateali abusi dell’Operazione Covid, il Forum ha leggermente mutato
la sua fisionomia: perso l’aplomb di affettata segretezza, Davos oggi è una
passerella del potere degli squali del Club di Roma, che fanno sfoggio di una
capacità decisionale e previsionale maggiore di quella di cui dispongono in
effetti. E
– triste paradosso di questi anni bui – i primi a crederci sono proprio i
circuiti dell’informazione indipendente, che molto spesso con il loro
sensazionalismo acchiappa-clic e disfattismo prêt-à-porter riescono a fare da
megafono ai padroni del discorso molto meglio dei mainstream media.
Sono
infatti circolati in lungo e in largo, senza che venisse approfondito alcun
aspetto delle effettive discussioni, due spezzoni di video: il primo un posticcio che mostra
Albert Bourla affermare che il piano della compagnia di cui è amministratore delegato,
Pfizer, è di ridurre del 50% la popolazione mondiale, subito smentito dai pochi che sono
andati a guardarsi l’originale conversazione con Klaus Schwab, fondatore e
patron del Forum; il secondo uno spezzone del discorso di apertura dello stesso
Schwab in cui afferma che “loro sono i padroni del futuro”, subito rilanciato ovunque da alcuni
canali indipendenti come un’ammissione del fatto che ci siano loro dietro a tutto, che
controllino e pianifichino ogni singolo evento storico.
Esiste,
stando alla narrazione indipendente dei suddetti canali, una élite che comanda il mondo, e
questa si riunisce a Davos per gestire e aggiornare i propri piani. Questa narrazione è pericolosa,
perché coincide esattamente con ciò che le famiglie che si incontrano nel Club di Roma e
nel Comitato dei Trecento vogliono farci credere; e se non si scardina questa
narrazione non solo non si può contrastare la politica sostenuta dal Forum
Economico Mondiale, ma non se ne possono capire neanche le stesse azioni e
discussioni.
Diversamente
da ciò che i padroni di Schwab vogliono farci credere, non esiste una élite che comanda il mondo:
esiste una gruppo di criminali legati da
filiazioni familiari, storiche ed economiche che cerca di tessere la trama
della storia nel mondo occidentale, e che ha iniziato a farlo sin dal rovesciamento
delle monarchie aristocratiche, a cavallo tra il XVIII e XIX secolo, creando gli stati nazionali e le
cosiddette democrazie liberali con gli strumenti utilizzati poi per
controllarli da dietro, cioè massoneria e lobbismo.
Non si tratta quindi di un’élite, perché
nessun popolo ha mai riconosciuto a queste famiglie uno status di “migliori,
scelti”, né per censo né per valore umano o militare, si tratta bensì di una
cricca, un’organizzazione criminale sovrastatale.
Non è
vero che costoro controllano il mondo, in quanto esistono poteri statali non
occidentalizzati – Russia, Cina, paesi arabi e alcuni sudamericani – che sebbene inevitabilmente collusi
con loro, tuttavia
non hanno alcuna intenzione di permettere l’instaurazione del governo globale
del capitale, il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale. Ed esiste un altro fattore che
terrorizza costoro, di cui non hanno mai il pieno controllo, e sono i miliardi di esseri umani che
popolano questa terra: da qui l’ossessione per il de-popolamento.
Stando
queste premesse, il lettore capirà perché questo nuovo appuntamento con il Forum Economico
Mondiale non è stato tutto rose e fiori, e quest’anno la kermesse globalista è
stata più chiara che mai nell’attribuire ai propri think tank la pianificazione
della pandemia e la campagna vaccinale. Innanzitutto è parso visibilmente
l’affanno degli ospiti d’onore in rappresentanza della Scienza: insieme a Bourla anche il CEO di
Moderna, Stéphane Bancel, che ha magnificato la campagna vaccinale e biasimato
i governi che lo hanno costretto a “buttare 30 milioni di dosi nella spazzatura
perché nessuno le vuole” perché nel mondo “ci sono un sacco di persone che non
vogliono i vaccini”; così anche l’ad di Pfizer ha dovuto difendersi da tutte le
illazioni dei suoi nemici anti-vaccinisti.
Un
altro punto di forza del Nuovo Ordine Mondiale è la rivoluzione tecnologica:
“Gli
esseri umani verranno sostituiti dalle macchine. L’avvento dell’intelligenza
artificiale rende l’essere umano economicamente inutile e politicamente
impotente”
ha detto pochi giorni fa uno dei pupilli di Schwab, Yuval Noah Harari, e al Forum Pekka
Lundmark, ad di Nokia, ha spiegato come nel 2030 gli smartphone saranno obsoleti, perché
la tecnologia sarà impiantata direttamente nel corpo umano, e gli hanno fatto eco altri
interventi – come quello di Peggy Johnson, ad di Magic Leap, sulla perfetta
fusione in un futuro imminente di mondo fisico e digitale – non meno altisonanti quanto in
verità praticabili più nella fantasia che nella realtà, considerata la bassa tolleranza del
corpo umano all’immissione di nanomateriali metallici che i molteplici effetti
avversi della campagna vaccinale stanno dimostrando.
Ma Bourla non si è scomposto, pubblicizzando anche le pillole tech, di prossima produzione della sua
compagnia, capaci di inviare un segnale alle “autorità competenti” una volta
che il principio
attivo è stato digerito: una manna per la salute.
Ma il
fiore all’occhiello di questo appuntamento con il Forum è stata la parte
economica e geopolitica. In apertura della kermesse, un video mostra agli astanti come il
mondo si stia riversando sempre più nel caos, tra sconvolgimenti politici e
sociali dovuti alla crisi economica sempre più stringente – causata proprio
dalle politiche promosse a Davos.
In primo piano la crisi alimentare e della
catena di approvvigionamenti delle grandi industrie: la cricca globalista ha
implicitamente ammesso con interventi e contributi video che nella loro visione
l’operazione Covid prima, e la guerra d’Ucraina poi, sono entrambe tappe che
hanno proprio questo scopo.
Infatti
la crisi alimentare è il presupposto necessario per l’instaurazione del caos
globale, condizione essenziale della distruzione del vecchio ordine mondiale
fondato sull’economia fossile e il mercato globale.
“De-globalizzazione”,
“insicurezza alimentare”, “ristrutturazione delle catene di approvvigionamento delle
grandi multinazionali” sono le previsioni degli economisti – in realtà ideologi – del
Forum, che
presentate come ipotesi oggettive e conseguenze dei loro piani, sono in realtà gli obiettivi a
brevissimo termine posti nella fretta di contrastare l’avanzamento dell’asse
russo-cinese.
Qui si
è dovuta mettere una piccola toppa dopo il battibecco tra George Soros, vecchio squalo dei
Rothschild e oltranzista anti-russo, e il navigato Henry Kissinger, unico tra gli ospiti a uscire dalle
maglie della propaganda NATO e ricordare a tutti che l’unica soluzione sensata
al conflitto russo-americano in Ucraina è la rinuncia di quest’ultima ad alcuni
territori, e il ritorno a un modello di accordi tipo Minsk 2.
Lo
stesso Soros, poi, a inizio anno ha speso durissime parole nei confronti di Xi
Jinping, definendolo un pericolo per la “società aperta”, eppure al Forum del
2021 era stato proprio il dittatore cinese a fare il discorso di apertura.
Cosa
si è rotto tra i Rothschild e la leadership cinese? A testimonianza dell’avvedutezza delle
autoproclamatesi élite, il cancelliere tedesco Scholz ha fatto un discorso proprio
sul multipolarismo, e sulle nuove opportunità che da esso scaturiscono.
Dunque,
gli specialisti del caos stanno fabbricando una crisi alimentare su scala
globale, e lo ammettono candidamente, sicuri dell’impunità; ma non è tutto:
Davos
2022 ha mostrato anche in anteprima quello che sarà l’esito delle politiche
draconiane sdoganate dalla crisi sanitaria da loro creata.
Ad
essere utilizzata sarà la propaganda del cambiamento climatico, citata da John Kerry nel suo
intervento nel quale ha anche ammesso candidamente l’esistenza di tecniche di
manipolazione climatica.
Ma qui
si va oltre: il colosso cinese Alibaba ha dichiarato di star lavorando a un’app capace
di tracciare l’ “impronta di carbonio” di ciascun singolo utente.
È il
primo passo verso il green pass climatico: fingendo un mondo sempre più
sull’orlo della distruzione a causa dell’eccesso di anidride carbonica emessa
dai combustibili fossili, con la complicità degli stati costoro assegneranno a ciascun
individuo una quantità massima di CO2 emettibile, oltre la quale sarà passibile
di perdita dei diritti. Proprio questi ultimi sono stati oggetto di un dibattito
fondamentale in quel di Davos: gli squaletti vogliono che sia sancito una volta per
tutte il fatto che non esistono diritti naturali e inviolabili, ma la
cittadinanza è “a punti”, va meritata ed è messa costantemente in discussione da un
sistema di controllo e assegnazione, appunto, di punteggio.
Come
da vecchia strategia Rothschild, la cricca ha scoperto tutte le sue carte fino
al 2030, e se questo è senza dubbio un segnale di certezza dell’impunità,
mostra anche chiaramente come il diktat che i padroni globalisti hanno dato ai
maggiordomi di Davos e di tutte le loro ramificazioni nei governi occidentali è
chiaro:
massima rapidità di esecuzione, anche se questo deve costare
l’uscire allo scoperto.
Perché ogni attimo trascorso è un passo in più
verso la consapevolezza popolare sulla rete criminale globalista, e spingere la
Russia via dall’Europa e tra le braccia della Cina, partner inaffidabile della
cricca, non è più una strategia appetibile come si poteva credere.
Anche
la campagna vaccinale, che aveva lo scopo di distruggere il sistema immunitario
innato per abbattere o rendere dipendente a vita dai farmaci i tre quarti della
popolazione mondiale, è fallita proprio nei paesi cui era principalmente
diretta: USA, Canada, Australia e gran parte dell’Europa.
L’instaurazione
del transumanesimo, del capitalismo della sorveglianza e del governo mondiale
del capitale incontra sempre più ostacoli, e quella di Davos per molti versi più che una
passerella è sembrata un precipizio.
L’asse
Londra-Washington
contro
il multipolarismo.
Le implicazioni
per lo spazio continentale ed il Mediterraneo.
Lafionda.org-Maurizio
Vezzosi- (31-12-2021)- ci dice :
(…Enrico
Mattei,1961…dixit!) .
Le
profonde trasformazioni degli equilibri globali stanno segnando il lento
declino di vecchie egemonie – o almeno, il loro ridimensionamento – e
l’affermazione di nuove. In questo scenario, le rotte che lo attraversano e le
faglie di instabilità che lo circondano fanno del mare in cui si protende
l’Italia uno tra gli spazi marittimi più importanti del pianeta.
Per
dare la misura dell’importanza del nostro paese basterebbe tenere a mente il
fatto che nessuno tra i principali attori internazionali può permettersi di
trascurarne il ruolo, o almeno di rinunciare ad esercitarvi una qualche forma
d’influenza (culturale, economica, militare). Un’importanza rispetto alla quale
la classe dirigente italiana si è dimostrata non di rado indifferente.
A
pesare sull’Italia, è la mancanza di una visione d’insieme che sappia
interpretare l’identità, il ruolo e l’assetto del paese nell’attuale
configurazione internazionale e che sappia dimostrarsi adeguata per profondità
di riflessione, realismo e lungimiranza.
In linea generale, le maggiori potenze occidentali non
vedono con interesse un possibile rafforzamento del nostro paese, della sua
solidità e della sua indipendenza confidando piuttosto nel fatto che l’Italia
mantenga un certo grado di debolezza e vulnerabilità: questa geometria può certamente
assumere delle specifiche momentanee e peculiari, ma conserva, tuttavia, una
validità tendenziale.
Al
contrario, molti attori al fuori dell’ambito occidentale hanno tra le corde dei
propri interessi quello che l’Italia si irrobustisca e massimizzi il proprio
livello di indipendenza, acquisendo contestualmente un maggiore grado di influenza
internazionale. Una differenza di approccio rintracciabile sia in questioni estremamente
materiali che nelle peculiarità culturali di paesi-chiave dell’attuale scenario
globale.
Malgrado
i toni di certa stampa, né da parte di Mosca, né da parte di Teheran, né da
parte di Pechino può sussistere l’interesse a destabilizzare l’Italia: ripetere il contrario non cambierà
in alcun modo la realtà del nostro paese e dei suoi problemi. Potrà al massimo continuare a tenerlo
lontano dalle possibili soluzioni di questi.
Mentre
gli Stati Uniti si trovano a fare i conti con la peggiore crisi politica della
loro storia, l’egemonia internazionale di Washington tende al ridimensionamento.
Washington
e Londra continuano
ad essere ossessionati dalle idee descritte da Halford Mackinder:
lo
scenario che sembra inquietare Washington e Londra si configura infatti come la
progressiva integrazione economica e politica dello spazio continentale che si
estende da Lisbona a Shangai.
Gli Stati Uniti potrebbero dimostrarsi disposti
a tutto pur di scongiurare uno scenario di questo genere, eventualmente
rinnovando il principio della “destabilizzazione permanente” come pilastro della propria
strategia di contenimento, volta a rallentare l’affermazione di nuove egemonie.
Da parte
della Gran Bretagna e degli Stati Uniti c’è un’evidente scommessa
sull’aggressività contro Pechino e Mosca, partorita dalla convinzione che
questa possa costituire un freno alla decadenza dell’egemonia globale
angloamericana, ed in particolare del presupposto unipolare di questa. I rischi di un protrarsi sine die
di questa aggressività sono incalcolabili, soprattutto per un paese-cerniera
come l’Italia.
Ben
visibili, anche nelle vicende di queste settimane, sono i rischi connessi alla
crisi energetica, con cui un paese povero di risorse energetiche come l’Italia
fa i conti.
Una
crisi in buona misura prodotta da un lungo corso di scelte ben lontano dagli
interessi del nostro paese.
Parallelamente
alla crisi energetica si consuma la crisi d’approvvigionamento di
semiconduttori, componenti essenziali nel campo dell’elettronica: una vera e
propria offensiva condotta da Washington contro l’arcinemico cinese e la sua
poderosa capacità produttiva.
Quella
che sottende l’espressione “Gran Bretagna globale” è la più ambiziosa strategia su cui Londra
abbia scommesso sin dalla fine della seconda guerra mondiale.
Nonostante
le relazioni economiche che legano Londra a Pechino e Mosca, tutta la strategia della cosiddetta
“Global Britain” si impernia sul presupposto antirusso e anticinese.
Insieme
alla guerra mediatica e alla guerra cibernetica, il sanzionamento economico si
profila come uno dei principali strumenti di guerra ibrida utilizzati dalla
Gran Bretagna, reso possibile dal ruolo esercitato da Londra nelle dinamiche
finanziarie globali.
Inutile
poi meravigliarsi se i paesi che pagano lo scotto di queste azioni, finiscano
talvolta per ritenere opportuno reagire con gli stessi strumenti.
Annoverabile
tra questi, è anche la recente minaccia di disconnettere Mosca dal sistema
SWIFT: una
scelta, che se attuata, oltre ad avere conseguenze potenzialmente disastrose
per l’economia del nostro paese, finirebbe per incentivare l’integrazione di Mosca e di
Pechino e la creazione di un sistema alternativo a SWIFT, già progettato dai
due paesi.
Nella
cornice della “Global Britain” la “Perfida Albione” appare strategicamente
complementare a Washington: l’incertezza domina la politica statunitense sul piano interno
così come sul piano internazionale.
Quella
che il mondo ha sotto gli occhi è la più profonda crisi di identità della
storia statunitense. Una crisi con cui la presidenza Biden-Harris si trova
costretta a fare i conti, nonostante le colossali immissioni di liquidità messe
a disposizione della società americana. Immissioni peraltro non scevre da
altrettanto colossali rischi inflattivi.
Mentre
l’Unione Europea appare quanto mai debole, palesando invece, in ogni passaggio
fondamentale la propria sostanziale disomogeneità l’Italia si trova a
fronteggiare problemi critici su vari fronti. In primo luogo sul fronte
meridionale – quella che fu la Quarta Sponda – dove l’Italia continua a fare i
conti con la propria peggiore sconfitta consumatasi dopo la fine della seconda
guerra mondiale. Fin troppo evidente è come una Libia instabile renda
vulnerabile l’Europa, soprattutto meridionale.
Ogni
mossa rilevante degli Stati Uniti che interessi lo spazio geopolitico compreso
tra lo stretto di Gibilterra e il Mar Cinese Meridionale sembra volta a
produrre un effetto destabilizzante. Nessuna di queste mosse sembra infatti volta a
risolvere problemi particolari: tutte sembrano invece concepire la destabilizzazione
come un fattore di contenimento da contrapporre alle egemonie emergenti che né
gli Stati Uniti né la Gran Bretagna sembrano disponibili ad accettare.
Trent’anni
fa, nella foresta di Bielowiza, l’Unione Sovietica cessava ufficialmente di
esistere: quello
che ne consegui fu uno stravolgimento geopolitico di portata epocale, definito
efficacemente come una vera e propria catastrofe.
Proprio
nella porzione di confine di quella foresta tra Polonia e Bielorussia si
consuma, in queste settimane, una delle tante crisi prodotte dall’onda lunga di
quell’avvenimento e dai suoi riverberi.
Nonostante
l’antagonista sovietico sia scomparso da trent’anni né gli Stati Uniti né la
Gran Bretagna sembrano disposti a rinunciare alla logica della guerra fredda e
della tensione permanente: una scelta che appare metodica e volta a tenere l’Europa
sotto scacco.
Le
tensioni permanenti interessano un’area vastissima che va dall’Artico al
Mediterraneo passando per il Mar Nero: da un lato le aree “di pertinenza”
statunitense, dall’altro il territorio russo e la sua area di influenza.
A
dividerle i contrasti che attraversano l’area baltica, la Bielorussia, la
Crimea, il Donbass.
Oltre
i Carpazi prosegue ormai da oltre sette lunghi anni una guerra a bassa
intensità in cui l’esercito ucraino e i paramilitari ultranazionalisti –
sostenuti dall’Occidente – si contrappongono agli insorti di Lugansk e Donetsk
– sostenuti da Mosca.
L’Ucraina
è oggi un paese economicamente al collasso, dipendente pressoché in toto dai
sistematici prestiti occidentali: già prima dell’emergenza Covid, i dati del Fondo
monetario internazionale avevano confermato il fatto che l’Ucraina fosse
diventata il paese più povero d’Europa, con un reddito pro capite medio
inferiore ai 3.000 dollari annui.
Il conflitto, già costato oltre 14mila
vittime, è proseguito in questi anni senza suscitare grandi attenzioni da parte
dell’Occidente, trasformandosi in una lunga guerra di nervi e di logoramento.
Le periodiche discussioni nel “formato Minsk” e nel
“formato Normandia” non hanno, di fatto, prodotto alcuna soluzione concreta del
conflitto, riuscendo al massimo a stemperarlo.
Non
dissimile, il risultato della cosiddetta “formula Steinmeier”. Dopo aver ripreso possesso della
Crimea – 2014 – ed una prima fase di appoggio attivo agli insorti del Donbass, negli ultimi anni il Cremlino ha
evitato in Ucraina ogni genere forzatura, tanto da suscitare l’insofferenza di
non pochi dei propri militari.
Benché
descritti come “temporaneamente occupati” né la Crimea né il Donbass hanno una concreta possibilità
di ritornare sotto controllo ucraino, meno che mai con l’uso della forza. Malgrado l’oltranzismo ostentato,
né a Kiev né a Washington sembra mancare la consapevolezza di ciò.
Né,
forse paradossalmente, sembra mancare la volontà di mantenere vivo il conflitto
“sine die”: per gli Stati Uniti una spina nel fianco del Cremlino, per gli oligarchi ucraini una lucrosa
opportunità.
Per lo spazio continentale, uno dei principali fattori d’instabilità.
Il
raddoppio del gasdotto North Stream rende possibile l’arrivo in Germania del
gas russo senza che questo attraversarsi né l’area baltica, né la Polonia, né
l’Ucraina, alfieri della strategia statunitense in Europa centrorientale: la
sua entrata in funzione è al momento sospesa. Troppo forti le pressioni
statunitensi nell’incerta fase post-Merkel, con una cornice politica ed
economica nient’affatto positiva per la Germania.
Le
sanzioni antirusse costituiscono uno degli elementi della strategia sostenuta
dagli Stati Uniti e della Gran Bretagna: il sanzionamento economico è infatti
uno dei principali strumenti per mantenere l’Europa divisa, e quanto più
lontana da Mosca e Pechino.
Dal
2014 ad oggi le sanzioni imposte dall’Unione Europea alla Federazione Russa –
con il sostegno di Roma – e le contro-sanzioni russe sono valse all’Italia un
danno economico pari ad almeno quattro miliardi di euro l’anno.
A
questi danni, già ingenti, si deve sommare il danno economico delle sanzioni –
primarie e secondarie – sostenute attivamente o passivamente dall’Italia contro
Siria, Venezuela, Nicaragua, Cuba ed Iran.
Una
politica poco auspicabile sia per le conseguenze di carattere umanitario nei
paesi colpiti – e tanto più nel bel mezzo di una pandemia – sia per l’impatto
sull’economia italiana.
Malgrado
i contorni di certe narrazioni trionfalistiche, e la distanza di queste dal
paese reale, un’analisi seria della situazione in cui l’Italia si trova non può
sorvolare sulle questioni attinenti la vulnerabilità del paese in ambito
produttivo ed industriale.
A
questo proposito non posso nascondere la mia costernazione per il fatto che
gran parte delle forze politiche presenti nel nostro Parlamento stiano
ostacolando la costruzione di un sistema normativo che punisca la delocalizzazione di
aziende produttive con bilanci in attivo presenti nel nostro paese: un passo necessario per impedire
che l’ossatura industriale d’Italia si spezzi.
Il
rischio che la guerra globale combattuta a pezzi presto o tardi travolga anche
la vecchia Europa non è zero: in uno scenario di questo tipo per l’Italia è quanto mai
importante compiere ogni sforzo possibile per tendere alla neutralità,
riscoprendo la bussola dell’interesse nazionale e la propria natura di “paese
cerniera” per gli equilibri internazionali.
I risvolti
sanitari, sociali e politici dell’era pandemica pongono la necessità di
ricostruire una visione del sistema-paese e della sua politica estera. L’assenza di una visione di profondo
respiro costituisce infatti per l’Italia il principale elemento di debolezza. Questa grave mancanza dovrebbe
essere ragionevolmente considerata, insieme alla mancanza di una politica
industriale adeguata, come una delle principali minacce alla sicurezza nazionale,
così come gli inquietanti livelli di disoccupazione giovanile ed i preoccupanti
indici di povertà: per l’ISTAT sono stati un milione i posti di lavoro persi in
Italia nel 2020.
Quanto
più l’Europa si trova ad essere ostaggio della tensione permanente impressa da
Washington,
tanto meno consistente appare la politica estera italiana, ridotta a
sistematiche dichiarazioni di fedeltà incondizionata.
Nel
tentativo di imporre una “conventio ad escludendum” – antirussa e anticinese – persino sul tema dei vaccini
anti-Covid si riverbera la strategia degli Stati Uniti e la debolezza di un’Unione Europea
burocratica e corporativa.
Piaccia
o non piaccia, l’era pandemica ha dato conferma di come il perimetro nazionale non possa
in alcun modo venir trascurato, né in materia sanitaria, né in materia
economica.
Un
paese che non coltiva la propria identità è un paese destinato alla
disgregazione e al declino: non esiste, nei fatti, alcuna politica di
prospettiva senza una visione del paese e della comunità su cui questo si
regge. E
per questo che l‘Italia deve riscoprisi nazione, e riscoprire il significato
democratico e progressista di quest’ultima, per gli affari interni così come
per quelli internazionali.
Riscoprire
l’identità mediterranea e di paese-cerniera scrollandosi di dosso quel
“complesso d’inferiorità” descritto da Enrico Mattei è oggi per l’Italia una
priorità inderogabile, necessaria per gettare le basi di un reale rilancio
economico e di una nuova fase politica.
Solo
su questi presupposti sarà possibile costruire il nuovo Risorgimento di cui il
paese ha bisogno.
“Noi italiani dobbiamo toglierci di
dosso quel complesso di inferiorità che ci hanno insegnato, ovvero che gli
italiani sono dei bravi letterati, bravi poeti, bravi cantanti, bravi suonatori
di chitarra, brava gente, ma non hanno le capacità della grande organizzazione
industriale.
Ricordatevi,
amici di altri Paesi: sono le cose che hanno fatto credere a noi e che ora
insegnano anche a voi. Tutto ciò è falso e noi ne siamo un esempio. Dovete avere fiducia in voi stessi,
nelle vostre possibilità, nel vostro domani; dovete formarvelo da soli questo
domani.”
(Enrico
Mattei, 1961).
Maurizio
Vezzosi.
I
PROGRAMMI MILITARI SEGRETI UCRAINI.
Comedonchisciotte.org-
Verdiana Siddi-( 02 Giugno 2022)- ci dice :
(Thierry
Meyssan, voltairenet.org).
Nel
2016 gli Stati Uniti hanno cominciato ad armare l’Ucraina perché muovesse
guerra alla Russia e la sconfiggesse.
In seguito il ministero della Difesa USA ha
messo a punto un programma di ricerca biologica in Ucraina; nel Paese è stata
inoltre segretamente trasferita un’enorme quantità di combustibili nucleari.
Sono elementi che modificano l’interpretazione
della guerra: non è stata voluta e preparata da Mosca, ma da Washington.
Il 4
marzo 2022, durante un attacco delle forze speciali ucraine alla centrale
nucleare di Zaporižžja, occupata da diversi giorni dall’esercito russo, un
proiettile ha innescato un incendio in un laboratorio adiacente. All’epoca, il
mondo non conosceva la posta in gioco, per cui ha creduto che i combattenti
fossero impazziti e irresponsabilmente corressero il rischio di un’esplosione
nucleare.
L’idea
che sottende tutti gli articoli di questa serie, iniziata un mese e mezzo prima
della guerra in Ucraina, è che gli Straussiani, piccolo gruppo di adepti di Leo
Strauss e intrinsechi alle amministrazioni USA, stavano da tempo pianificando
uno scontro con la Russia e la Cina.
Ma nel
decimo articolo della serie riferivo di come il reggimento Azov sia diventato il
pilastro paramilitare dei banderisti ucraini, riferendomi alla visita del 2016
del senatore John McCain . Quest’ultimo, che non è uno straussiano, durante la
campagna elettorale per le presidenziali del 2008 si è avvalso dei consigli di
Robert Kagan, teorico essenziale degli Straussiani , che tuttavia ha sempre
prudentemente negato l’appartenenza alla setta.
La
pianificazione della guerra contro la Russia.
È
ricomparso un video, filmato durante la visita in Ucraina del senatore John
McCain nel 2016, in cui si vede il senatore in compagnia del collega e amico
senatore Lindsey Graham, nonché del presidente ucraino Petro Poroshenko.
Gli statunitensi sono in missione ufficiale
per conto del senato, ma si dà il caso che McCain sia anche presidente dell’IRI (International Republican
Institute),
branca repubblicana della NED (National Endowment for Democracy). È noto che l’Iri ha animato un
centinaio di seminari destinati a responsabili politici ucraini di destra,
nonché a banderisti. Nel video si vedono i senatori rivolgersi a ufficiali del
reggimento Azov, la principale formazione paramilitare banderista.
Non c’è da meravigliarsi. McCain ha sempre sostenuto che, per
vincere i nemici, gli Stati Uniti devono appoggiarsi sui nemici dei nemici,
senza cavillare. Infatti ha assunto pubblicamente la responsabilità dei
contatti con Daesh contro la Repubblica Araba Siriana .
In
questo video i senatori Graham e McCain garantiscono che gli Stati Uniti
forniranno al reggimento Azov tutte le armi di cui abbisognano per sconfiggere
la Russia.
Il
video, ripeto, è stato girato sei anni prima che la Russia entrasse in Ucraina.
I senatori affidano agli interlocutori una missione: non li considerano mercenari, ma emissari che si batteranno fino
alla morte per un mondo unipolare.
Il
presidente Poroschenko consegna il nuovo stemma all’SBU.
Poco
tempo dopo, il presidente Poroshenko, che aveva partecipato all’incontro in
tenuta da combattimento, ha modificato lo stemma dell’SBU, i servizi segreti
ucraini. Vi è raffigurata una civetta con una spada puntata contro la Russia,
nonché inciso il motto «Il saggio regnerà sulle stelle». L’apparato di Stato ucraino si stava
chiaramente preparando alla guerra contro la Russia per conto degli Stati
Uniti.
Tre
anni dopo, il 5 settembre 2019, la Rand Corporation organizzava una riunione alla Camera
dei rappresentanti USA per esporre il proprio piano: indebolire la Russia, obbligandola a
intervenire in Kazakistan, in Ucraina e in Transnistria.
Nei
due articoli precedenti ho spiegato
diffusamente che alla fine della seconda guerra mondiale Stati Uniti e Regno Unito hanno
riciclato molti dirigenti nazisti e banderisti ucraini per usarli contro
l’URSS;
dopo il crollo di quest’ultima hanno protetto questi fanatici e se ne sono serviti contro la
Russia. Ora vediamo in che modo li hanno armati.
Il
programma biologico militare ucraino.
Dal
2014 l’Ucraina ha segretamente intrapreso diversi programmi militari. Il primo
e più noto è la collaborazione con il Pentagono in 30 laboratori.
Secondo
gli Stati Uniti, il programma aveva lo scopo di distruggere le armi biologiche
fabbricate e immagazzinate in Ucraina dall’Unione Sovietica. La spiegazione è
evidentemente poco plausibile; non è infatti verosimile che, a distanza di 31 anni
dall’indipendenza e a otto anni dall’avvio del programma, esistano ancora armi
biologiche sovietiche.
Secondo
la Russia, il Pentagono aveva invece appaltato all’Ucraina ricerche su armi
vietate dalla Convenzione per il Divieto di Armi Biologiche del 1972.
Mosca
afferma che dai documenti sequestrati nel corso dell’operazione speciale
risultano esperimenti su malati mentali dell’Ospedale Psichiatrico n. 1
(Streletchyé, regione di Kharkiv) e la manipolazione di un bacillo della tubercolosi per
infettare la popolazione del distretto di Slavianoserbsk (Repubblica Popolare di Lugansk).
La Russia sostiene inoltre che in questi laboratori
venivano condotti «esperimenti estremamente pericolosi per rafforzare, per
mezzo della biologia di sintesi, le proprietà patogene della peste,
dell’antrace, della tularemia, del colera, nonché di altre malattie mortali».
Un
altro progetto studiava i pipistrelli come potenziali vettori di agenti
patogeni di guerra biologica, quali peste, leptospirosi, brucellosi, filovirus
e coronavirus.
Si
tratta di accuse gravissime non ancora chiaramente respinte né chiaramente
accertate.
La
riunione dell’11 marzo 2022 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite,
convocata dalla Russia per discutere della questione, non ha prodotto
risultati.
L’8
marzo 2022, durante un’audizione al senato, la sottosegretaria di Stato, la
straussiana Victoria Nuland (nonché moglie di Robert Kagan), dopo aver negato,
ha dichiarato: «In Ucraina ci sono… laboratori di ricerca biologica. Temiamo che le
truppe russe cerchino di assumerne il controllo. Perciò cerchiamo con gli
ucraini d’impedire che i risultati delle ricerche possano cadere in mano alle
forze russe, qualora vi si avvicinassero».
A
dispetto di queste incoerenze, gli occidentali si sono schierati in blocco con
Washington e hanno accusato Mosca di mentire. Ritengono normale che degli Stati
immagazzinino agenti patogeni di questo tipo per studiarli e che questo non
debba essere interpretato come finalizzato a fabbricare armi.
I laboratori ucraini sono regolarmente sorvegliati
dall’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) Resta comunque il fatto che questa versione
non spiega le affermazioni di Nuland e non dà conto di catastrofi come, per
esempio, l’epidemia d’influenza suina che a gennaio 2016 ha ucciso 20 soldati
ucraini e ne ha mandati in ospedale altri 200.
L’ambasciatore
russo alle Nazioni Unite, Vassili Nebenzia, ha denunciato in particolare
ricerche sulla trasmissione di malattie pericolose attraverso ectoparassiti,
come pidocchi e pulci.
Nebenzia
ha ricordato che analoghi esperimenti «furono condotti negli anni Quaranta
dalla tristemente famosa Unità 731 dell’esercito giapponese, i cui membri si
sono rifugiati negli Stati Uniti per sfuggire alla giustizia».
L’Unità
731 è l’equivalente giapponese degli esperimenti del dottor Josef Mengele ad
Auschwitz.
Nebenzia
si è inoltre interrogato sul trasferimento di migliaia di campioni di siero
sanguineo di pazienti ucraini di origine slava all’Istituto di Ricerca Walter
Reed delle forze armate USA. Secondo l’ambasciatore russo, si tratta di ricerche che
riguardano selettivamente gruppi etnici specifici, come quelle svolte dal
dottor Wouter Basson per conto del Sudafrica dell’apartheid e d’Israele contro
neri e arabi (Coast Project).
L’amministrazione
dell’ONU si
è salvata in corner affermando di non sapere nulla del programma e rinviando
alle misure di fiducia previste dal Trattato.
L’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) ha da parte sua comunicato di essere a conoscenza del
programma, ma di ignorarne i dettagli. L’OMS ha confermato per iscritto
all’agenzia Reuters di «aver vivamente raccomandato al ministero della Sanità
ucraino e agli organismi responsabili di distruggere gli agenti patogeni ad
alto rischio per prevenire ogni possibilità di fuoriuscita» .
Quanto
alla stampa cinese, ha parlato di esperimenti finalizzati a trasformare insetti
in cyborg, organismi cibernetici, per fecondare o rendere sterili le colture (Operazione
Insetti Alleati).
Vi fu
una Riunione di esperti dei ministeri della Difesa e della Sanità di Stati
Uniti, Polonia e Ucraina, organizzata nel 1996 dalla società di Hunter Biden e
di Christopher Heinz.
Fonte:
Science and Technology Center, Ucraina.
Comunque
sia, queste sperimentazioni militari sono state condannate indirettamente dal Centro Nazionale dell’Intelligence
Medica (National Medical Intelligence Center), passando dall’Agenzia della Difesa per la
Riduzione delle Minacce (Defense Threat Reduction Agency – DTRA) e la Società Rosemont
Seneca Technology Partners (RSTP), fondata da Hunter Biden e Christopher Heinz,
rispettivamente figlio del presidente Joe Biden e figliastro di John Kerry .
I risultati di queste ricerche sono stati
inviati ai laboratori biologici militari di Fort Detrick, che in altri tempi
svolsero un ruolo primario nel programma di armi biologiche degli Stati Uniti.
Il
rappresentante cinese al Consiglio di Sicurezza ha sottolineato che: «Ogni informazione o pista sulle
attività biologiche militari deve provocare un’attenta vigilanza da parte della
comunità internazionale (…) Gli Stati Uniti dicono di volere trasparenza. Se ritengono false queste
informazioni non devono far altro che comunicare dati pertinenti e fornire
chiarimenti, in modo che la comunità internazionale possa pronunciarsi sulla
questione».
Secondo
le Nazioni Unite, gli Stati Uniti hanno regolarmente depositato rapporti sulle loro
attività, nel quadro della Convenzione per il Divieto delle Armi Biologiche,
l’Ucraina invece non l’ha mai fatto .
La
Russia ha adottato diverse misure. Innanzitutto ha distrutto, con la massima
precauzione, i contenitori di 26 laboratori ucraini (altri quattro non sono
sotto il suo controllo).
Poi ha
invitato gli alleati dell’OTSC (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva) a sorvegliare gli accordi
eventualmente conclusi con gli Stati Uniti.
Armenia
e Kazakistan hanno già messo fine a questi programmi di ricerca. Infine i membri dell’OTSC hanno
vietato l’accesso ai loro laboratori al personale della Difesa di Paesi
stranieri.
Il
direttore dell’Agenzia
Internazionale per l’Energia Atomica, Rafael Grossi, ha rivelato al Forum
di Davos che l’Ucraina possiede enormi quantità di plutonio e uranio arricchito.
Il programma nucleare militare ucraino.
E ora
veniamo al punto più dolente.
Ebbene
sì, c’è qualcosa di ancor più grave. Al momento dell’indipendenza,
Bielorussia, Kazakistan e Ucraina hanno ereditato buona parte degli armamenti
nucleari sovietici.
Nel
1994 questi tre nuovi Stati firmarono con Stati Uniti, Russia e Regno Unito il
Memorandum di Budapest: i tre Grandi s’impegnavano a garantire il rispetto dei
confini dei tre Stati più piccoli, in cambio del trasferimento da parte di
questi ultimi di tutte le armi nucleari alla Russia e dell’osservanza del Trattato sulla Non-proliferazione
delle Armi Nucleari.
Questo
Memorandum è spesso citato come esempio della doppiezza della Russia che, pur
avendolo firmato, lo avrebbe violato. Non è esatto, giacché il Memorandum
stipula che ognuno dei tre Grandi sia sollevato dall’impegno di non-intervento
in caso di «legittima difesa o di altro caso conforme a quanto prevede la Carta
delle Nazioni Unite».
Ebbene,
la Russia
ha ufficialmente riconosciuto le repubbliche del Donbass solo dopo che
l’Ucraina si è rifiutata di onorare gli impegni presi con gli Accordi di Minsk
e dopo che l’esercito ucraino ha bombardato il Donbass per otto anni.
Tra il
2014 e il 2022 l’Ucraina ha chiesto per quattro volte di rinegoziare il
Memorandum di Budapest. Per finire, il 19 febbraio 2022 il presidente Volodymyr
Zelensky ha dichiarato alla Conferenza per la Sicurezza di Monaco:
«In quanto presidente, lo farò per la prima
volta. Ma l’Ucraina e io stesso lo faremo per l’ultima volta. Avvio
consultazioni nel quadro del Memorandum di Budapest. Il ministro degli Esteri è
incaricato di convocarle. Se non si terranno o se non produrranno risultati che
garantiscano la sicurezza del nostro Paese, l’Ucraina avrà il diritto di
pensare che il Memorandum di Budapest non funziona e che l’insieme delle
decisioni prese dal 1994 vanno rimesse in discussione» .
Rimettere
in discussione «l’insieme delle decisioni prese dal 1994» non può che
significare dotarsi nuovamente di armi nucleari.
Di conseguenza, la posizione del presidente Zelensky
può essere così riassunta: lasciateci reprimere i separatisti del Donbass
oppure ripristineremo il programma nucleare militare.
Si
noti che lo ascoltavano i principali dirigenti dell’Alleanza Atlantica o loro
rappresentanti. Tuttavia nessuno ha protestato all’annuncio della volontà di violare il
Trattato per la Non-proliferazione delle Armi Nucleari.
Commentando
il discorso del presidente Zelensky, il presidente russo Vladimir Putin ha
dichiarato: «La sola cosa che manca [all’Ucraina] è un sistema di arricchimento
dell’uranio. Ma è un problema tecnico, non insolubile per l’Ucraina».
I
servizi dell’intelligence russa erano informati che l’Ucraina aveva un
programma militare nucleare. Non sappiamo però cosa esattamente conoscessero di questo
programma.
Laurence
Norman, inviato speciale del Wall Street Journal al Forum di Davos sul nucleare
iraniano,
ha riferito su Twitter la dichiarazione di Rafael Grossi sul nucleare ucraino,
ma non ha pubblicato articoli. L’informazione è stata confermata da un altro
giornalista del New York Times, sempre su Twitter.
Il 25
maggio 2022, al Forum di Davos, l’argentino Rafael Grossi, direttore
dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ha incidentalmente
dichiarato che nella centrale nucleare ucraina di Zaporižžja sono immagazzinate 30
tonnellate di plutonio e 40 tonnellate di uranio arricchito, di cui l’Agenzia non sa cosa ne è
stato.
La
centrale di Zaporižžja era uno degli obiettivi dell’esercito russo, che l’ha
assaltata il secondo giorno dell’operazione speciale, il 26 febbraio. Il 4 marzo 2022, durante uno
scontro fra russi e ucraini, è scoppiato un incendio in un laboratorio
adiacente. Subito è stata denunciata l’irresponsabilità delle truppe russe.
Evidentemente però si trattava di altro, come aveva dichiarato Mosca: la Russia aveva iniziato il
trasferimento di questi combustibili e le forze speciali ucraine hanno tentato
d’impedirglielo.
Il
plutonio è venduto a un prezzo che oscilla tra 5 mila e 11 mila dollari al
grammo. Venderne a prezzo base 30 tonnellate significa incassare 150 miliardi
di dollari.
Il
prezzo dell’uranio varia secondo il grado di arricchimento. Sotto il 5%
l’uranio può essere impiegato per uso civile; per uso militare deve raggiungere
almeno l’80%.
Non
sapendo il grado di arricchimento di quello della centrale di Zaporižžja, non
si può valutarne il valore. Il sequestro da parte della Russia di queste scorte non
dichiarate probabilmente la risarcisce dell’insieme delle sanzioni.
La
dichiarazione di Grossi solleva non pochi problemi: da quando l’Ucraina, che aveva ceduto
alla Russia tutte le scorte risalenti all’epoca sovietica, detiene questi
combustibili? Da dove vengono e chi li ha pagati? Per inciso: qual è il tasso di arricchimento
dell’uranio e chi lo ha arricchito?
A
queste domande la stampa russa ne aggiunge un’altra: che garanzie offre l’Agenzia
Internazionale per l’Energia Atomica, dal momento che ha tenuto segreta
l’informazione fino alla scorsa settimana?
Alla
luce di questi elementi, è opportuno riconsiderare la comune accusa alla Russia
di essere responsabile della guerra.
( Thierry Meyssan, voltairenet.org).
IL
NUOVO ORDINE MONDIALE HA GIÀ PERSO.
Una approfondita
analisi sulla vera posta in gioco in Ucraina.
Comedonchisciotte.org-
Redazione- Massimiliano Bonavoglia-(25-maggio 2022)- ci dice :
... Il
tenore del dibattito pubblico in Italia è tale che si viene etichettati come
putiniani, qualunque cosa dissonante si dica rispetto alla sola verità
ascoltabile, tanto che chi dissenta, integri in modo critico, o si discosti dal
pensiero unico atlantista, viene immediatamente ritenuto una spia russa, che
dovrebbe vergognarsi, visti i morti di Bucha, a non esordire recitando un
incipit oramai obbligato: “C’è un invasore e un invaso, va difeso l’invaso, e
perseguito l’invasore”. Chi avesse bisogno di sentirsi ripetere queste parole come
introduzione di qualsiasi ragionamento o retrospettiva sulle vicende di quei
luoghi, è invitato a provare semplicemente a seguire il tracciato e solo al
termine decidere autonomamente a quale categoria esso appartenga.
Secondo
un recente articolo del DailyMail.com il figlio del presidente degli Stati
Uniti d’America Hunter Biden risulta aver inviato alcune e-mail che confermano
il suo coinvolgimento nei bio-laboratori presenti in Ucraina in cui si
lavorava, fino all’entrata dell’esercito russo, alla produzione di armi
biologiche, quali virus e batteri coltivati in laboratorio.
Il
rampollo dell’attuale capo USA avrebbe contribuito ad ottenere milioni di
dollari di finanziamenti per l’azienda Metabiota, un gigante biotecnologico che
dichiara nella propria pagina ufficiale, di voler rendere il mondo più
resiliente alle epidemie .
Non
solo. Lo stesso Biden junior avrebbe presentato Metabiota a Burisma Group , una
holding registrata a Cipro ma con sede a Kiev, che opera sul gas ucraino dal
2002, nel cui sito spiccano sponsor come USUBC (US-Ukraine Business Council
[Consiglio di business USA-Ucraina]) che promuove affari tra USA e Ucraina dal
1995, come si legge nel relativo sito web .
Lo
scopo di questo incontro consisterebbe in un progetto scientifico che coinvolge
laboratori ad alto livello di biosicurezza in Ucraina, con investimenti diretti
di Hunter Biden di 500.000 dollari trasferiti a Metabiota attraverso la
Rosemont Seneca Technology Partners (Azienda tecnologica che fa capo a lui e diversi milioni di dollari provenienti da grandi
investitori, come i 36 milioni di dollari di Goldman Sachs ricevuti nel lontano
2014, facenti capo a Counsyl, ora Myriad Genetics, colosso della ingegneria genetica
quotato al Nasdaq (Nasdaq Global Select Market) con il simbolo MYGN, che dichiara sulla propria pagina web
di voler sbloccare il potere della genetica .
Come è
facile immaginare, la Russia denuncia pubblicamente il coinvolgimento di
capitali americani, estremamente vicini all’attuale presidente, che da anni lavorano alla produzione
di armi biologiche in un Paese che doveva essere neutrale nello scacchiere
geopolitico europeo e mondiale, perché il più vicino di tutti a Mosca, capitale
della Russia.
La
versione occidentale è invece costituita dalla piena negazione di questi
eventi, e la liquidazione delle accuse a mere illazioni diffamatorie, per
giustificare l’azione russa in territorio straniero, volgarmente dette bufale.
Ora,
se si vuole cercare di separare le manipolazioni da una parte e dall’altra per
afferrare il più possibile la verità, vera vittima delle guerre, si potrebbe
provare a seguire una logica elementare: se non fosse vero che in Ucraina si
sta lavorando da anni a laboratori di armi biologiche quali virus e batteri
potenzialmente letali, non vi sarebbe stato un invito frettoloso da parte
dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) a distruggere tutti i virus e
batteri prodotti e presenti in quei laboratori durante l’ingresso delle truppe
russe in Ucraina.
Queste
allarmanti avvertenze, riportate anche dai nostri media , smentiscono le
dichiarazioni degli USA di non aver alcun coinvolgimento con i bio-laboratori
ucraini , perché quei patogeni devono pur esistere, e l’OMS ne deve altresì
essere al corrente, se chiede di eliminarli prima che cadano in mani russe, e
possano essere usati come armi biologiche . Inoltre, il fatto che possano venire
utilizzate come armamenti offensivi, non testimonia a favore della tesi secondo
cui l’Ucraina sia sempre stata un Paese pacifico e inerme, che dal 24 febbraio
2022 subisce un’invasione immotivata, arbitraria e totalmente contraria al
diritto internazionale da parte della Russia.
La
versione occidentale di questa dichiarazione ufficiale sostiene che il timore della perdita del
controllo delle armi batteriologiche e virali da parte occidentale risiede nel
possibile scoppio di nuove epidemie, anche solo per effetto dei bombardamenti,
ma, di nuovo, ciò significa che l’Ucraina non era neutrale negli anni che
precedono l’azione russa ora in corso, e tantomeno inoffensiva.
Afferma
il corrispondente per la sicurezza nazionale dei media mainstream David Martin:
“La
preoccupazione è che i russi si impadroniscano di una di queste strutture di
ricerca biomedica che ha l’Ucraina, dove fanno ricerca su patogeni come il
botulismo e l’antrace… perché gli Stati Uniti hanno fornito supporto per alcune
delle ricerche svolte in quelle strutture”.
In uno
scambio di e-mail, la vicepresidente di Metabiota, Mary Guttieri così scriveva
a Hunter nell’aprile 2014, due mesi dopo l’annessione della regione della
Crimea da parte della Russia: “Come promesso, ho preparato il promemoria allegato, che
fornisce una panoramica di Metabiota, il nostro impegno in Ucraina e di come
possiamo potenzialmente sfruttare il nostro team, le nostre reti e le nostre
idee per affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla
Russia e la continua integrazione nella Società occidentale” . E i bio-loaboratori non sarebbero
pochi :
L’attività
americana di ricerca in ambito sanitario a scopi bellici è cresciuta appunto
nel 2014,
dopo lo scoppio della guerra civile ucraina nelle regioni russofone orientali
che ha visto per otto anni l’esercito ucraino bombardare i civili della
minoranza russa.
Si
legge nello stesso articolo:
“Il
vicepresidente di Metabiota, in un’e-mail inviata a Hunter, nel 2014 evocava
progetti per affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla
Russia. Le e-mail che tracciano gli interessi di Hunter sono state pubblicate
prima sul New York Post – lo stesso tabloid statunitense che parlò per primo,
nel 2020, dell’esistenza di questo computer – poi dal Daily Mail” .
Dunque
i bio-laboratori sono stati potenziati, finanziati e controllati per portare
l’Ucraina verso l’Occidente, sottraendola alla Russia. E il mezzo per farlo consiste in
armi biologiche. Non proprio un motivo di serenità per la Russia, che assiste
dal 2014 alla persecuzione di chi vorrebbe mantenere lingua, tradizioni e
cultura pur minoritarie in Ucraina.
Lasciamo
per ultima, tra le argomentazioni di natura sanitaria a riguardo delle vicende
ucraine, forse la più difficile anche solo da descrivere, penosa e quantomeno
discutibile sul piano etico-morale.
Da un
documento dell’europarlamento intitolato:
“Traffico
di cellule staminali e organi prelevati da neonati ucraini uccisi” apprendiamo di una abominevole attività in voga in
Ucraina dalla sua indipendenza che riguarda appunto, l’espianto a cuore battente di organi
e cellule staminali dai neonati (vivi) ucraini.
Il documento in esame al Consiglio di Europa
risale al 2007, ma la denuncia promossa da una inchiesta della BBC è
precedente, e l’articolo che ne descrive le attività è del 2006 .
Viene
denunciato un muro di silenzio attorno alle attività di sottrazione dei neonati
da parte del reparto di maternità alle madri naturali dell’ospedale numero 6 di
Kharkiv.
Da
questi bambini venivano espiantate cellule staminali dal midollo, probabilmente
da vivi, attraverso uno smembramento dei corpicini, come osserva un ispettore
alla visita di un cimitero di neonati: “Un anziano patologo forense britannico
dice di essere molto preoccupato di vedere i corpi a pezzi – dato che non è una
pratica standard post-mortem” .
Le autorità nel 2003 avevano dunque riesumato
i corpi di questi neonati, e rilevato le anomalie delle condizioni in cui si
trovavano, che facevano pensare appunto al peggio .
Mentre
vengono battute queste parole su una pagina di word, corre l’anno 2022, mese di
maggio, quindi esattamente quindici anni dopo l’interrogazione parlamentare
europea datata 23 maggio 2007.
Verrebbe
naturale chiedersi cosa sia successo da allora, quanto sia stata di impatto
nelle coscienze dei nostri rappresentanti colà allocati, profumatamente
retribuiti per amministrare la democrazia e i suoi valori… nulla. Il testo della interrogazione, come
l’inchiesta della BBC, galleggia nel nulla cosmico di Bruxelles.
Evidentemente le atroci sofferenze inflitte a
neonati da parte della sanità corrotta ucraina non hanno scosso le coscienze
altrettanto insalubri degli interpellati in sede europea.
Eppure
il testo parla chiaro:
“Secondo
quanto riferito dalla BBC, in Ucraina esiste un traffico di cellule staminali e
organi che vengono prelevati da neonati uccisi.
Alcune madri ucraine hanno raccontato che nel 2002 in
una clinica di Kharkiv si sono viste portare via, subito dopo la nascita, i
loro bambini, poi dichiarati morti in base a motivazioni non attendibili.
Ai
genitori non è stato per altro permesso di vedere le salme.
Nel
2003, per ordine delle autorità, molti corpi di neonati sepolti nel cimitero di
un ospedale sono stati riesumati. È emerso che i neonati avevano subito il prelievo
degli organi e presumibilmente anche delle cellule staminali. Secondo quanto afferma
un’organizzazione non governativa ucraina, fra il 2001 e il 2003 per gli stessi
motivi potrebbero essere stati uccisi più di 300 neonati. Nel frattempo, persino il Consiglio
d’Europa sta indagando su tali casi.”
Curiosità:
dopo approfondimenti, intere serate a scandagliare le foto satellitari,
ispezioni che accertino le responsabilità sugli autori del massacro di Bucha, o
del missile su Kramatorsk, anche chi volesse interessarsi d’altro si troverebbe
catapultato nelle tragiche vicende ucraine all’accensione del televisore. … e di 300 bambini smembrati da neonati
sottratti alle madri partorienti?
È molto probabile che il silenzio mediatico e
l’apatica reazione europea siano determinate da una corresponsabilità a qualche
livello, per
esempio partendo dai finanziamenti milionari di cui da anni beneficia la sanità
ucraina.
Chi compra quelle cellule staminali, oltre ai
giganti farmaceutici e biotecnologici che lì operano? Sappiamo per certo che l’Ucraina fino
all’intervento russo era il Paese d’Europa dove adottare-comprare un bambino
era più economico, semplice e rapido.
Naturalmente
non è pensabile che l’intervento russo sia determinato da questi fatti pur
rivoltanti, visto che il suo stesso capo ha sempre dichiarato di voler
denazificare l’Ucraina e difendere il Donbass come unici scopi.
Saremmo
accusati d’esser più putiniani di Putin, se volessimo descriverlo come il
salvatore degli ospedali pediatrici, e verremmo spediti a quelli psichiatrici.
Si vuol solo chiedere al lettore di frequentare la domanda, che rimane
retorica, del perché si parli a senso unico e solamente di alcuni morti, non di
altri. Eppure anche quei neonati sono vittime ucraine, come i morti del
Donbass.
Torniamo
alla neutralità ucraina.
Nel
2017 fu de-secretato un verbale che descrive i colloqui intercorsi tra il 1990
e il 1991 tra i ministri degli esteri USA, Regno Unito, Francia, Germania
sull’unificazione delle due Germanie dopo i noti fatti del 1989 a Berlino.
Il 6
marzo 1991 si parlò di sicurezza in Europa e i rapporti con la Russia,
all’epoca guidata da Michail Gorbaciov. Rottosi il blocco sovietico alcuni
Paesi appena riconosciuti indipendenti, primo fra tutti la Polonia, chiesero di
entrare nella NATO. “(…) i rappresentanti dei quattro paesi occidentali (Usa,
Gran Bretagna, Francia e Germania Ovest), impegnati con Russia e Germania Est
nei colloqui del gruppo «4+2», concordarono nel definire «inaccettabili» tali
richieste.
Il diplomatico tedesco occidentale Juergen
Hrobog, stando alla minuta della riunione, disse: «Abbiamo chiarito durante il
negoziato 2+4 che non intendiamo fare avanzare l’Alleanza atlantica oltre
l’Oder. Pertanto, non possiamo concedere alla Polonia o ad altre nazioni
dell’Europa centrale e orientale di aderirvi».
Tale
posizione, precisò, era stata concordata con il cancelliere tedesco Helmuth
Khol e con il ministro degli Esteri, Hans-Dietrich Genscher” .
Persino
il successore russo Boris Yeltsin, passato alla storia come liberale e
occidentalista, scrisse a Bill Clinton nel 1993 a proposito della intenzione di
entrare nella NATO dei Paesi ex-sovietici, una formale accusa di aver rotto la
parola data due anni prima come ci mostra un articolo del Der Spiegel:
“Certamente,
ha osservato Yeltsin, ogni Paese può decidere in autonomia di quale alleanza
far parte. Ma l’opinione pubblica russa, ha proseguito, ha visto l’espansione
occidentale della NATO come una sorta di neo-isolazionismo della Russia, un
fattore, ha insistito, che deve essere preso in considerazione. Yeltsin ha
anche fatto riferimento al trattato Due più Quattro relativo alla
riunificazione della Germania del 1990” .La risposta di Clinton fu il rifiuto
di riconoscere le parole del suo omologo russo, e quella dei quattro presidenti
americani succeduti, due repubblicani e due democratici, è storia degli ultimi
trent’anni:
nel
1997 vengono invitati ad entrare nella alleanza Ungheria, Polonia e Repubblica
Ceca,
nel
2002 vengono invitati Estonia Lettonia Lituania Slovacchia Slovenia Bulgaria
Romania, quindi sette Paesi ex-sovietici, tutti in Europa dell’est, alcuni
confinanti con la Russia, vengono occupati da forze militari americane in nome
dell’alleanza NATO, che definisce se stessa alleanza difensiva.
Le
proteste russe furono inascoltate e insabbiate dalla stampa, come accade
attualmente, e le promesse solenni in campo diplomatico totalmente disattese.
Nel
2008 toccò ad Albania e Croazia,
nel
2015 Montenegro, nonostante le puntuali ma “afone in occidente” proteste di
Russia, Cina e Venezuela.
Ora
una domanda: come funziona un’alleanza?
Immaginiamo due tifoserie di due diverse squadre di
calcio che stringono un gemellaggio, l’equivalente di una alleanza militare in
ambito decisamente più ludico.
I tifosi di una squadra indossano le sciarpe
ed espongono striscioni amichevoli nei confronti dei gemellati, e viceversa: si
festeggia al goal degli avversari e si sventolano i loro colori. E viceversa,
perché appunto è una alleanza.
Quando invece si entra nel territorio della
tifoseria opposta, e si esibiscono le proprie bandiere, solitamente più che di
gemellaggio si tratta di invasione, che prelude ad uno scontro, spesso anche
violento e non solo verbale. L’elemento che contraddistingue i due fenomeni, da tener
presente se si va a vedere una partita e si vuol tornare a casa incolumi, è la
reciprocità.
Quella
della NATO invece è una strana alleanza, diciamo fortemente asimmetrica. In tutto il territorio americano,
circa nove milioni e ottocentomila chilometri quadrati, sventolano solamente
bandiere a stelle e strisce.
Niente tricolori, a parte i ristorantini
italiani, per esempio. Mentre negli altri alleati, se così vogliamo chiamarli,
troviamo insieme a quelle nazionali, le bandiere dello zio Sam.
Bandiere
che spiccano da basi militari della NATO, che rispondono al comando americano,
con militari che vi operano, americani, con armi americane e anche se in un
certo Paese si è votato contro il nucleare, come in Italia, per gli accordi
“speciali” presi nell’alleanza, ad uno dei due, il più forte,
incommensurabilmente più potente e cioè gli USA, è concesso tutto: depositare
ad libitum bombe atomiche, facendo fare agli abitanti di quel Paese da
bersaglio in caso di conflitto; mentre all’altro, lo Stato più piccolo, debole,
ospitante, nemmeno il diritto di obiettare o condurre una interrogazione diplomatica.
Si
deduce da queste considerazioni che la differenza tra un Paese occupato e un
Paese libero, è che per Paese occupato si intende interessato dalla presenza di
forze armate Russe, o comunque sotto il controllo della Russia, mentre il Paese libero è tale quando
è occupato dagli americani .
Si
dirà: è per il nostro bene, l’alleanza NATO è appunto difensiva.
Il 24
febbraio 1999 in modo unilaterale, senza l’approvazione del Consiglio di
Sicurezza dell’ONU, la NATO bombarda a tappeto per undici settimane la Serbia,
con quella che viene definita dalla neutralissima stampa occidentale “ingerenza
umanitaria”.
Nessun
collegamento televisivo con i cittadini sotto le bombe yankee, nessuna difesa a
tavolino della sovranità di uno Stato, nessuna accusa di aver portato la guerra
alle porte dell’Europa, come viene detto oggi sull’Ucraina. Nessun inviato a
riprendere peluche insanguinati in primo piano sullo sfondo della cameretta di
un bambino, demolita dalle esplosioni.
Lo
stesso si dica per la ventennale guerra in Afghanistan, 2.000 miliardi di
dollari spesi in vent’anni, mai la foto di un vecchietto almeno azzoppato dalle
bombe, per finire con la ritirata nel 2021 e circa sei miliardi di armamenti
lasciati ai terroristi talebani.
Per
non parlare dell’Iraq, aggredita per rovesciare il governo di Saddam con il
pretesto delle armi di distruzione di massa, che lo stesso Colin Powell aveva
dapprima mostrato al mondo agitando la famosa provetta, e anni dopo
riconosciuto come false .
Nelle settimane precedenti l’invasione, Bush
aveva negato pubblicamente di avere intenzione di invadere l’Iraq, ma nessuno
dei nostri impavidi giornalisti gli rimproverò di essere pretestuoso e
inaffidabile non appena lo fece, come oggi fanno a gran voce contro Putin, per
aver dichiarato di non voler invadere l’Ucraina prima del 24 febbraio scorso.
Quando è cominciato l’attacco l’Iraq era un
tipico stato mediorientale arabo, con il suo semi-dittatore e leggi un po’
discutibili ma stabile. Grazie all’intervento americano è interessata dall’ISIS
(un’organizzazione terroristica il cui capo Ibrahim Awwad Ibrahim Ali al-Badri
al-Samarri si è autoproclamato califfo Ibrahim I dello Stato Islamico nel
giugno 2014) ed è in mano a fazioni belligeranti, con nuovi terroristi
finanziati originariamente dagli USA, come ammise la stessa Hilary Clinton
durante la campagna elettorale contro Trump.
Giusto
per dovere di cronaca, anche Gheddafi era a capo di uno stato sovrano, in quel
caso con la scusa dei diritti umani lo si abbatté nel 2011, con bombardieri
decollanti da Sigonella e altre basi dispiegate sulla più grande portaerei
americana del mondo: l’Italia.
Come sappiamo
bene, da quel meraviglioso intervento umanitario armato, la Libia è un vero
inferno a cielo aperto, dove gli esseri umani subiscono le peggiori torture,
soprusi e abusi, vengono trattati come merce di scambio, con orde ininterrotte
di migranti provenienti da tutta l’Africa e dall’Asia, ricattati, spolpati di
ogni capitale, caricati peggio del bestiame su carrette a malapena galleggianti
e spediti in mare a giocare la fortuna. Questa operazione [mai parlare di
guerra, se non si tratta della Russia!] fu condotta dal Nobel per la pace
Obama, un presidente nero, democratico, progressista e impegnato appunto, nella
difesa dei diritti civili.
Una
curiosità: i
talebani in Afghanistan furono armati dagli americani in chiave antisovietica
nel secolo scorso, così Saddam Hussein e il suo regime in Iraq contro l’Iran,
altrettanto Gheddafi in Libia, con cui anche l’Italia aveva avuto rapporti
commerciali per quarantuno anni.
A
guardarle in retrospettiva, le ultime guerre-operazioni NATO paiono avere più di
un elemento in comune: il Paese attaccato ufficialmente per ristabilire l’ordine
versa in condizioni mediamente molto più caotiche e contrarie alla salvaguardia
dei diritti umani che prima dell’intervento.
Viene da chiedersi: l’ordine che gli Stati
Uniti vogliono imporre al mondo intero, corrisponde allo svuotamento dei poteri
nazionali e indebolimento delle strutture statuali per controllarne poi
facilmente le politiche interne attraverso i soliti finanziamenti e dipendenza
dall’estero?
Un
segnale per gli alleati potrebbe essere che se sei sotto l’ala protettrice
atlantista devi sottostare al volere d’oltreoceano, oppure, semplicemente, quando non
servi più, così come ti hanno appoggiato prima, ti eliminano poi, attraverso la
mostrificazione mediatica e quindi l’azione materiale-militare. È una alleanza
da sorvegliati speciali, in regime di sovranità delocalizzata, per così dire. O ancora meglio: una democrazia dal
guinzaglio corto, come ci definiscono gli stessi americani nei preziosissimi
rapporti di spionaggio che abbiamo potuto consultare grazie alle rivelazioni
note col termine Wikileaks di Julian Assange .
A
proposito, fino a che punto il nostro sistema mediatico è libero e minimamente
attendibile, se tace della persecuzione di questo eroe del giornalismo
d’inchiesta, murato vivo da decenni in 15 metri quadrati e che ora verrà
estradato in America per scontare la condanna a 175 anni in una prigione di massima sicurezza,
per aver detto verità scomode a partire dalle torture americane su prigionieri
a Guantanamo?
Tutti leoni i nostri giornalisti quando devono
inchiodare Putin mostrandoci l’uccisione sospetta della giornalista Anna
Politkovskaja, e altrettanto disattenti quando si tratta di informarci sul
nostro salvatore dell’articolo 21, colui che sta deperendo per anni di
isolamento coatto in una ambasciata a Londra, al quale i magistrati inglesi
intendono dare l’estradizione in USA, secondo la migliore tradizione garantista
britannica…?
Reperire
queste informazioni non è immediato in Italia, dal momento che la comunicazione
sugli eventi in corso è quasi a senso unico, in una parola si può definire
russofoba.
Stando
a questa, la guerra scoppierebbe solo a fine febbraio 2022, sino al giorno
precedente non c’era traccia nei notiziari delle uccisioni che hanno prodotto
14.000 morti nelle regioni di Lugansk e Donetsk.
Erano
pure quelli morti ucraini, di cui non è importato nulla per otto anni a nessuno
in occidente, perché colpevoli di essere di cultura russa. Alla luce del
coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nei bio-laboratori ucraini, invece,
appare chiara la motivazione dell’atteggiamento iper-bellicista che l’attuale
presidente Biden ha nei confronti del suo omologo russo, definito pubblicamente
a più riprese criminale, assassino, macellaio ed altre amenità, sulla base
delle quali diventa assai improbabile costruire un possibile negoziato per la
pace.
L’attuale
conflitto in corso in Ucraina, che vede le forze militari russe impegnate in
territorio ucraino da quasi tre mesi, potrebbe rappresentare una risposta alle
azioni ucraine nel Donbass come afferma la versione ufficiale russa, ma anche
una prevenzione delle imminenti azioni antirusse, che avrebbero potuto
determinare un attacco biologico o bioterroristico, magari presentato come
casuale o frutto di un incidente.
Non esistono prove al momento che questa
intenzione fosse nei programmi ucraino-americani, ma i finanziamenti a
laboratori biotecnologici da parte USA anche in territori ufficialmente
estranei come l’Ucraina, o addirittura ostili come il famoso laboratorio di
Wuhan in Cina, oggi non suonano per nulla nuovi.
Il bio-laboratorio di Wuhan, infatti era non solamente
finanziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (informazione dapprima negata come bufala,
poi ammessa dallo stesso Anthony Fauci , ma anche dalla fondazione Gates-foundation
di Bill Gates :
C’è di
più, il famigerato centro tecnologico-militare di Wuhan era ritenuto già da
tempo pericoloso per la nota lavorazione di virus artificiali come quello della
Sars, con innesti di proteine del coronavirus presa da pipistrelli, prodotti
artificialmente, come riportava una trasmissione andata in onda sulla RAI nel
2015 . Questa
notizia tuttavia nel 2020 fu dichiarata una enorme e colossale bufala, non
appena scoppiò la pandemia [meglio sarebbe dire psico-pandemia] del sars-cov-2,
ma ora che l’attenzione emotivo-mediatica mondiale si sta spostando su altri
temi, forse è possibile guardare le cose con maggiore distacco e prendere in
considerazione l’ipotesi che si sia trattato di un evento non accidentale,
bensì artificiale.
Già
che siamo su Bill Gates, non sarebbe fuorviante chiedersi come mai i ricchissimi russi siano oligarchi, mentre gli occidentali tutti
filantropi,
superata una certa soglia di ricchezza: diventano tutti santi e altruisti
allorché multimiliardari.
Agli uni si sequestrano beni e conti correnti
ad libitum, agli altri si lustrano le scarpe, da parte di inservienti che
ricoprono cariche politiche di rappresentanza popolare, come quando la ministra
Lorenzin andò a prendere ordini al GAVI (alleanza globale per la vaccinazione
da lui presieduta) nel 2014 con l’ex presidente di AIFA Sergio Pecorelli e il
responsabile ministeriale per la medicina preventiva Ranieri Guerra, e da
allora tutti i ministri della salute succeduti a Beatrice.
Compresa
la grillina pentastellata Grillo, sono diventati tutti, se non lo erano prima,
iper-vaccinisti. Potere della persuasione dei miliardari: vai a colloquio da uno di loro e
torni convinto sostenitore dei progetti mondiali che ha in mente!
Gates tra parentesi da anni profetizza
epidemie catastrofiche, ma guadagna anche miliardi di dollari dalle pandemie,
per i lockdown che innalzano le entrate dei titoli tecnologici, e grazie alle
sue partecipazioni nelle principali case farmaceutiche che producono vaccini,
per non parlare del fatto che è il secondo finanziatore dell’OMS, dopo gli
Stati Uniti, cosa che rende la non proprio un’organizzazione pubblica e
trasparente.
Temi che avrebbero dovuto acquisire risonanza
e interesse internazionale con le conseguenze della pandemia, mentre furono
quasi totalmente ignorati dai nostri media. Sempre per quella libertà di stampa
di cui tanto ci vantiamo quando critichiamo la Russia per i suoi metodi per noi
inaccettabili.
Durante
la cosiddetta prima ondata, la Russia inviò all’Italia aiuti immediati a
differenza degli alleati USA e i cari Stati europei, che addirittura vietarono
lo spazio aereo costringendo i velivoli russi a passare per la Turchia
costeggiando i confini europei fino allo stivale.
Lo stesso
ministro degli esteri tentò di farne un vanto personale nel ringraziare al
primo atterraggio a Pratica di Mare il presidente russo dicendo: “(…) Questo
dimostra che l’Italia non è sola e che coltivare amicizie con altri Stati è
fondamentale” .
Come
no…, fu chiaro da subito a tutti che i russi vennero ad aiutarci perché avevamo
un ministro di quella caratura. Del resto… chi non si farebbe in quattro per
soccorrere un Paese rappresentato da uno statista tanto acuto! Ora che il vento
è cambiato, il ministro senza macchia e senza vergogna, è l’alfiere più
convinto sulle sanzioni alla Russia (a spese dei popoli europei) e sicuro del fatto suo garantisce:
“C’è un altissimo consenso alle sanzioni, siamo pronti ad aumentarle, con circa
200 bambini morti in quasi due mesi di guerra. E a Putin bisogna farlo capire
solo togliendogli i soldi, solo con le sanzioni” . Al momento però l’ENI non
solo continua a dare soldi alla Russia, ma accetta anche di pagare in rubli,
permettendo all’Italia di aggirare le sanzioni assurde e suicide, adottate
dall’Italia stessa. La coerenza in politica è tutto.
Un
altro esempio di quanto poco sia vantaggiosa l’alleanza NATO per chi è “socio
di minoranza” è proprio la quesitone energetica: lo zio Sam incassa miliardi di
dollari per un gas che non sapeva a chi rifilare, di minore qualità rispetto a
quello russo, molto più inquinante nella consegna vista la necessità della
traversata atlantica, ulteriormente costoso vista la inevitabile costruzione di
rigassificatori per la riconversione da uno stato all’altro una volta approdato
alle coste italiane, a tutto carico della spesa pubblica nazionale.
Sorvoliamo
sugli aiuti militari all’Ucraina non gratuiti bensì a titolo oneroso differito,
per così dire, perché il meccanismo del debito che dalla nascita della FED
strangola le economie mondiali, compresa quella americana, si frega le mani ora
che finalmente può aggiungere l’Ucraina alla lunga lista dei Paesi dollaro-centrici
(la BCE è una entità totalmente dipendente in realtà dalla FED, come dimostra
la ricollocazione dell’attuale governatore Lagarde).
Lo
scacchiere internazionale sta cambiando a sfavore dell’occidente oramai al
tramonto, a dispetto di ciò che si racconta sui nostri schermi, dato che le
sanzioni alla Russia, l’estromissione dal circuito interbancario Swift delle
banche russe, la confisca dei beni mobiliari e immobiliari dei russi in Paesi
che hanno fondato il diritto occidentale come l’Italia, fino a forme odiose di
discriminazione su atleti disabili alle paraolimpiadi, musicisti, direttori
d’orchestra, squadre di calcio e persino lezioni universitarie su autori russi,
stanno generando una polarizzazione internazionale per la quale l’altra metà
del pianeta, che in termini di popolazione supera di gran lunga il vecchio
continente e la decadente società americana, si sta stagliando su posizioni
antimperialistiche.
Le sanzioni stanno compattando innanzi tutti i
russi, che si sentono sempre più isolati e discriminati, minacciati e
accerchiati, e secondariamente le altre nazioni a cominciare dalle potenze
atomiche come Cina, India, Corea del nord e Pakistan.
Parimenti la Serbia e diversi Stati africani
stanno allineandosi su posizioni non atlantiste.
Da
questa parte del mondo ci dicono che il problema è Putin, la Russia, 140 milioni
di putiniani disposti su undici fusi orari, numero maggiore di tutti gli Stati
del mondo: quando in una parte della Russia è pieno giorno, nell’altra è notte
fonda. Si
chiede la condanna di Putin al tribunale dell’Aja come per Slobodan Milošević,
senza neanche sapere che dieci anni dopo la sua morte fu assolto, come
apprendiamo da un interessante articolo del 2016 che chiude in modo
paradigmatico: “(…) Peccato che solo dopo 20 anni sia emersa la verità e che questa
verità non trovi spazio sui media, i quali si erano superati in passato nel dipingere
Milosevic come il mostro senza scrupoli che aveva pianificato la pulizia etnica
nei Balcani.
L’ex
presidente serbo è morto dietro le sbarre per soddisfare la sete di
rappresaglia di chi non tollerava che un popolo orgoglioso sfidasse il nuovo
ordine mondiale” .
Già, il nuovo ordine mondiale, quello di
cui ci parlava già Bush senjor, per giustificare la prima tempesta nel deserto contro
l’Iraq, che nel 1990 aveva invaso uno stato sovrano, il Kuwait, permettendosi
di fare quello che solo il gendarme del mondo può intraprendere, senza
aspettare alcun permesso, fosse anche dalle Nazioni Unite.
Quindi
in gioco non c’è l’Ucraina, usata da entrambe le parti (USA e Russia) per i
propri interessi. Questo è ciò che appare. In gioco c’è da una parte il nuovo ordine mondiale, sotto l’egida dell’unica
superpotenza che non accetta rivali, e dall’altra il mondo multipolare,
costituito da più potenze e superpotenze, che devono imparare a bilanciarsi
reciprocamente, se non si vuol mettere fine alla vita umana sul pianeta.
Se
questa è la vera cornice entro cui si svolgono gli avvenimenti, solo un pazzo
che vive in un mondo parallelo può pensare che Putin sia destinato a
capitolare, ritirarsi e chiedere magari scusa per il gesto inconsulto.
Tutto ciò
non avverrà, ma non per orgoglio putiniano o per non doversi umiliare dinnanzi
al suo popolo e al mondo intero. Semplicemente perché il mondo è già ora, uno scenario
geopolitico multipolare, con potenze e superpotenze che da tempo non sono
inferiori a quella americana (prima assoluta solo nel debito pubblico, che ha
superato i trentamila miliardi di dollari).
In
altre parole, il nuovo ordine mondiale(unipolare), ha già perso, ma ancora ce
lo devono dire.
In
quanto colonie della potenza decadente, lo sapremo per ultimi.
( Massimiliano Bonavoglia, docente
universitario di Filosofia del diritto).
I
SANZIONATI: IRAN E RUSSIA
STABILISCONO
NUOVE REGOLE.
Comedonchisciotte.org
-redazione-Markus-(3 giugno 2022) - ci dice :
(Pepe
Escobar- thecradle.co)-( thecradle.co/Article/columns/11133).
Mentre
la Cina, desiderosa di evitare il più a lungo possibile le sanzioni
statunitensi, è in ritardo, sono i suoi partner della RIC, l'Iran e la Russia,
a fare il lavoro grosso per rompere la morsa finanziaria globale dell'Occidente.
Il
primo Forum economico dell’Eurasia, tenutosi la scorsa settimana a Bishkek, in
Kirghizistan, dovrebbe essere considerato una pietra miliare nella definizione
dei parametri per l’integrazione geoeconomica del cuore dell’Eurasia.
Sergei
Glazyev, ministro russo responsabile dell’Integrazione e della Macroeconomia
dell’Unione Economica Eurasiatica (EAEU), sta coordinando il progetto di un
sistema monetario-finanziario alternativo – un post-Bretton Woods III de facto
– in collaborazione con la Cina.
Secondo
Glazyev, il forum “ha discusso il modello di una nuova moneta di regolamento
globale ancorata a panieri di valute nazionali e materie prime. L’introduzione
di questo strumento valutario in Eurasia comporterà il crollo del sistema del
dollaro e il definitivo indebolimento del potere militare e politico degli
Stati Uniti. È necessario avviare i negoziati per la firma di un trattato
internazionale appropriato nel quadro della Shanghai Cooperation Organization
(SCO).”
Glazyev
aveva descritto più nei dettagli l’iniziativa di rovesciare il sistema
finanziario globale occidentale durante un’intervista esclusiva rilasciata a
The Cradle in aprile .
È
particolarmente importante capire come Glazyev colleghi l’iniziativa della EAEU
con il crescente ruolo geopolitico e geoeconomico della SCO, che riunisce allo
stesso tavolo le principali potenze eurasiatiche: Cina, Russia, India,
Pakistan, Kazakistan e Iran.
Ciò si
collega direttamente al presidente russo Vladimir Putin che, in occasione della
riunione
del Consiglio economico supremo eurasiatico, aveva sostenuto l’estensione di un accordo temporaneo di libero
scambio tra l’EAEU e l’Iran, che è il più recente (e l’unico dell’Asia
occidentale) membro a pieno titolo della SCO. Putin ha detto che questo accordo
dovrebbe andare avanti nonostante “il confronto con l’Occidente collettivo.”
La
EAEU, inaugurata nel 2015 con cinque membri a pieno titolo – Russia,
Kazakistan, Kirghizistan, Bielorussia e Armenia – rappresenta un mercato di 184
milioni di persone e un PIL collettivo di oltre 5.000 miliardi di dollari.
Il prossimo passo con l’Iran sarà l’attuazione
di un accordo di libero scambio completo, possibilmente entro la fine
dell’anno, secondo il vice ministro del Commercio iraniano Alireza Peymanpak. Anche Egitto, Indonesia ed Emirati
Arabi Uniti sono candidati a stringere accordi con la EAEU.
L’Iran,
che da oltre quarant’anni è costretto a trovare soluzioni creative per aggirare
l’infinita serie dei pacchetti di sanzioni imperiali, potrebbe avere una o due
lezioni concettuali da insegnare alla Russia. Gli accordi di baratto stanno
guadagnando terreno: Teheran sta offrendo pezzi di ricambio e turbine a gas alle
centrali elettriche di Mosca in cambio di zinco, alluminio, piombo e acciaio
necessari alle sue industrie metallurgiche e minerarie, secondo il ministro
iraniano del Commercio e dell’Industria Reza Fatemi Amin.
E si
prospettano altri baratti su un’ampia gamma di materie prime, come discusso durante una recente
visita a Teheran del vice primo ministro russo Alexander Novak.
L’altra
“RIC”.
Lentamente
ma inesorabilmente, la nuova alleanza RIC (Russia-Iran-Cina) – in contrapposizione alla vecchia
RIC dei BRICS (Russia-India-Cina) – sta cercando di integrare i propri sistemi finanziari. L’Iran è una questione di strategia
di sicurezza nazionale per la Cina, in quanto fornitore di energia e partner
essenziale della Belt and Road Initiative (BRI) in Asia occidentale.
Il
rapporto Russia-Cina, tuttavia, è una questione molto più complessa. Estremamente timorose di provocare
sanzioni da parte degli Stati Uniti, le banche cinesi si stanno astenendo
– almeno per il momento – dall’aumentare i loro accordi con le banche russe, il
che ci porta al caso di UnionPay.Il fornitore cinese di carte bancarie – sempre più
popolare, soprattutto in Asia – ha rifiutato di collaborare con Sberbank ancor
prima che la più grande banca russa fosse esclusa dall’UE e dagli USA dalla
piattaforma globale di messaggistica bancaria SWIFT. Union Pay ha anche annullato i piani
con altre banche russe per l’emissione di carte Union Pay collegate al sistema
di pagamento russo Mir, approfittando dell’uscita di Visa e Mastercard dal
mercato russo.
Per la
Cina si tratta ancora di un attento gioco di equilibri. All’inizio di
quest’anno, in occasione del Forum di Boao in Asia, il presidente Xi Jinping si era
opposto fermamente all'”uso sconsiderato di sanzioni unilaterali.” E oltre l’80% delle aziende cinesi
già insediate in Russia sembra continuare a operare come sempre.
Tuttavia,
in termini pratici, ci sono seri problemi. La Bank of China e la Industrial and
Commercial Bank of China (ICBC) hanno limitato i finanziamenti per le materie
prime russe. Persino la Banca asiatica per gli investimenti nelle infrastrutture (AIIB),
assolutamente indispensabile per i progetti di sviluppo sostenibile, legati o
meno alla BRI, ha deciso di congelare tutti i prestiti alla Russia e alla
Bielorussia all’inizio di marzo per “salvaguardare” la propria “integrità
finanziaria.”
Sul
fronte finanziario, le caute banche cinesi, con un’enorme esposizione
occidentale, si trovano sempre a fare i conti con il fatto che quasi l’80% delle
transazioni transfrontaliere globali sono ancora in dollari ed euro e solo il
2% in yuan. Quindi il mercato russo non è esattamente una priorità.
Parallelamente,
il fronte Russia-Iran è piuttosto vivace. I due Paesi stanno accelerando i
regolamenti reciproci nelle rispettive valute nazionali al “massimo livello
possibile,”
come ha sottolineato il vice primo ministro Alexander Novak: “Abbiamo discusso
insieme alle banche centrali la diffusione e il funzionamento del sistema di
messaggistica finanziaria, nonché il collegamento delle carte di pagamento Mir
e Shetab [iraniane].”
Allo
stato attuale, la “carta Mir” non è ancora accettata in Iran, ma la situazione sta per cambiare,
proprio come in Turchia, che quest’estate inizierà ad accettare i pagamenti con
carta Mir da parte di legioni di turisti russi.
In
pratica, ciò significa che Turchia e Iran collegheranno le loro banche al
Sistema per il trasferimento di messaggi finanziari (SPFS), l’equivalente russo
di SWIFT. I Cinesi staranno ovviamente esaminando il funzionamento della
transizione.
Ora,
confrontate tutto questo con la prospettiva che presto non ci sarà più SWIFT, come aveva lasciato intendere il CEO di Mastercard Michael Miebach a
Davos.
Miebach
stava partecipando ad un panel sulle valute digitali delle banche centrali,
discutendo di pagamenti transfrontalieri, quando aveva suggerito che lo SWIFT
potrebbe presto appartenere al passato. Non c’è dubbio: Mosca ha già messo gli occhi sulle
criptovalute e sulle valute digitali e Pechino è decisa a creare lo yuan
digitale per aggirare SWIFT e il suo collegato CHIPS (Clearing House Interbank
Payment System).
I
sanzionati, che ora si muovono velocemente.
Il
fronte Russia-Iran è in rapida evoluzione dal gennaio di quest’anno, quando il
presidente iraniano Ebrahim Raisi, in visita a Mosca, aveva consegnato a Putin
una bozza di accordo sulla cooperazione strategica per i prossimi 20 anni,
basata “sull’ottima
esperienza di cooperazione tra Iran e Russia in Siria nella lotta al terrorismo” ed estesa a “economia, politica,
cultura, scienza, tecnologia, difesa e sfera militare, oltre a questioni di
sicurezza e spaziali.”
Raisi
aveva anche esplicitamente ringraziato Putin “per aver facilitato l’ingresso di
Teheran nella SCO.”Il Ministro del Petrolio iraniano Javad Ouji è andato dritto
al punto nel suo incontro con Novak a Teheran la scorsa settimana: “I nostri Paesi sono sottoposti a
rigide sanzioni, e noi abbiamo il potenziale per neutralizzarle attraverso lo
sviluppo di relazioni bilaterali… Abbiamo creato comitati congiunti su
questioni bancarie, energetiche, di trasporto, agricole, nonché sul problema
della creazione di centrali nucleari.”
E
questo ci porta ancora una volta all’apparentemente eterna telenovela dei
colloqui sul Piano d’azione congiunto globale (JCPOA) con sede a Vienna, con il
viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov che ora segnala che la bozza finale “quasi pronta per essere adottata. Ci
sono alcuni problemi politici, che però non riguardano la finalizzazione del
testo.”
Tagliando
la proverbiale nebbia della palude statunitense, Ryabkov ha sottolineato come “in termini di nostri interessi,
anche nel contesto della cooperazione nucleare pacifica con l’Iran, il testo è
abbastanza soddisfacente… non c’è nulla da ‘perfezionare.'” Quindi, quando gli
Americani dicono che l’accordo è “fuori portata,” ha aggiunto Raybkov,
significa che “trasmettono i risultati delle loro discussioni interne.”
In
sostanza, Teheran e Mosca sono in sintonia sul JCPOA: “Siamo come si suol dire sul filo
del rasoio, e [la firma] potrebbe esserci molto rapidamente, se viene presa una
decisione politica.”
Per
ampliare la loro sincronia, Teheran ha persino proposto di ospitare i negoziati
tra Mosca e Kiev sul conflitto ucraino, seguendo l’esempio turco. Ormai però, dopo il fallimento di
Ankara, è chiaro che i decisori di Washington non vogliono negoziati, ma una
guerra infinita fino all’ultimo Ucraino.
Il
ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian rimane in sintonia con
il suo omologo Sergei Lavrov. A Davos, ha detto che il dramma dell’Ucraina è stato causato
dalle “azioni provocatorie degli Stati Uniti e della NATO”… “hanno provocato il
Cremlino.” Questo è essenzialmente ciò che Pechino ha lasciato discretamente
intendere.
Tutto
ciò mostra alcune delle prove e delle tribolazioni dell’integrazione
dell’Eurasia e la strada lunga e tortuosa verso un nuovo sistema monetario
EAEU-SCO. Prima di tutto ci deve essere un po’ di azione sul fronte
Mir-UnionPay. Quando arriverà la notizia, il dado sarà tratto.
(Pepe Escobar- thecradle.co)-( thecradle.co/Article/columns/11133).
“VACCINI
ANTI COVID” TRA
FARSA
E TRAGEDIA: ALLA CAMERA DEI DEPUTATI SVELATI I VERI EFFETTI
SULLA
POPOLAZIONE.
Comedonchisciotte.org-
Megas Alexandros alias Fabio Bonciani-(
28 Maggio 2022)- ci dice:
Il
Prof. Giovanni Frajese mostra in commissione gli studi di Nature e The Lancet, che spiegano punto per punto le
anomalie vaccinali. Draghi e Speranza hanno convinto gli italiani a vaccinarsi
fornendo dati scientifici completamente falsi. La magistratura non può più fare
finta di niente.
Vaccini
anti Covid tra farsa e tragedia.
Martedì
24 Maggio 2022, Giovanni Frajese alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui
vaccini anti Covid.
Come
sapete la mia materia non è la medicina, ma pur non essendo esperto in materia,
appena ho
ascoltato la deposizione del dott. Giovanni Frajese – avvenuta durante una
seduta della Commissione parlamentare d’inchiesta sui vaccini anti-covid – sono
stato subito in grado di comprendere la portata di quanto da lui esposto.
Se
dovessi dare, con una sola parola, la sentenza finale, su cosa sia di fatto la
pandemia in base alle parole del prof. Frajese, non ho il minimo dubbio ad
affermare che è stata e tutt’ora continua ad essere: una farsa.
Ascoltiamole
subito le parole del prof. Frajese.
Una
farsa, che però oggi, se gli studi riportati dal professore, venissero
confermati, potrebbe, nostro malgrado, trasformarsi in una vera e propria
tragedia umanitaria.
Come
sappiamo il prof. Frajese non si esprime mai con opinioni personali, ma lo fa sempre seguendo dati
scientifici pubblicati: e così è stato anche di fronte ai componenti della
commissione.
Per
questo il prof. Giovanni Frajese, endocrinologo e docente all’Università di
Roma “Foro italico”, esordisce subito nel suo intervento con una raccomandazione:
“Sarebbe
il caso che questi dati scientifici vengano presi in considerazione da parte
delle Istituzioni.”
Il
professore inizia subito andando al sodo, cercando di dare una risposta
esaustiva ai temi controversi, su cui si è basata tutta la storia pandemica, ovvero
vaccinazione obbligatoria, green pass e tutte quelle misure restrittive messe
in atto dai governi nei confronti degli italiani.
“Tutto
è stato basato sul fatto che i vaccini fornissero una protezione dall’infezione
del 95%“ afferma il Prof. Frajese – “già un anno fa avevo spiegato in Senato
come questo non fosse un dato assoluto, ma era relativo al placebo – e che in
realtà il valore di efficacia assoluto di questa vaccinazione dopo due mesi di
sperimentazione – prima che, soprattutto i medici e poi i magistrati, fossero
obbligati ad entrare in questa sperimentazione – cosa che neanche la Germania
nazista, secondo me avrebbe fatto – era dello 0,84%” (dati di Piter Doshi pubblicati sul
Lancet).
Già
questi dati basterebbero a farci capire come niente di scientifico ha mosso
tutte le decisioni e le misure conseguenti del nostro governo.
Poi il
professore è passato ad analizzare, attraverso un grafico, l’efficacia del
vaccino nel tempo: “un vaccino che viene studiato per 60 giorni e poi reso obbligatorio
è stata una cosa che di scientifico non ha nulla – ancora mi vengono i brividi
oppure le risate, a seconda del momento – a sentire le persone che dicono io ho
fede o credono nella scienza. La scienza di 60 giorni che poi mi obbliga ad
entrare in una sperimentazione, perfetto!“
Il
grafico fa riferimento alla Svezia e riguarda la protezione offerta dopo la
seconda dose.
Dopo
sei mesi, i dati ci dicono che la protezione è zero e tra il settimo e l’ottavo
mese la protezione diventa addirittura negativa.
Questo,
ci dice il prof. Frajese è un evento che mai si è verificato in nessun tipo di
vaccino prima di quelli attuali per la Covid.
Il
fatto che la protezione diventa negativa ha un significato devastante: le persone vaccinate si ammalano e si
infettano più di quelle che non sono vaccinate.
In
pratica i vaccini dal settimo mese ottengono l’effetto diametralmente opposto a
quello per cui sono stati creati. Ovvero hanno il potere di infettare invece che
proteggere dal contrarre l’infezione. “Già solo questo – afferma il
professore – basterebbe per mandare all’aria tutta la storia che è stata
portata avanti e francamente anche da arrabbiarsi per tutto quello che è
successo”
“Ma
c’è di peggio”, aggiunge il professor Frajese.
Il
fatto che i vaccinati abbiano più facilità nel contrarre la malattia rispetto
ai vaccinati, ha un solo significato: il loro sistema immunitario è stato
alterato.
Il
sistema immunitario di un individuo è quell’esercito naturale che consente ad
ognuno di noi, di difendersi dalle malattie in generale (virus, batteri, tumori e tutto
quello che normalmente può aggredire il nostro organismo).
E’
evidente quindi che una perdita di efficacia del nostro sistema immunitario, si
traduca in un aumento dell’esposizione e nell’avanzamento di qualsiasi tipo di
patologia.
E’
chiaro che questo dato andrebbe preso immediatamente in seria considerazione
per capire se le persone vaccinate abbiano subito alcun tipo di danno. Sperando
che in caso di risposta affermativa, per lo meno, abbia caratteristiche di
temporaneità.
Certamente
non si risolve il problema continuando con ulteriori vaccinazioni, stante il
fatto che anche le successive presentano le stesse identiche problematiche.
Tali
dati vengono confermati non solo da The Lancet ma anche da ulteriori studi del The New England Journal of Medicine e
da Nature.
L’analisi
di Frajese approfondisce non solo le carenze nell’efficacia del vaccino ma,
come già detto, anche il tema delle alterazioni immunitarie e delle possibili conseguenze
avverse della campagna vaccinale.
Secondo
lo studio scientifico pubblicato su Nature si è assistito ad un incremento di
oltre il 25% degli accessi al pronto soccorso per criticità cardiovascolari
nelle fasce di popolazione under 40 in concomitanza con la campagna vaccinale.
Il
dato è incontrovertibile non sono mie opinioni. Qualcuno dovrebbe prendere atto che
esiste una scienza che a livello internazionale va avanti. Sarà il caso di
studiare e non dare diktat senza basi scientifiche
Non
solo, il professore invita caldamente il Ministero della Salute, a prendere
seriamente in considerazione questi dati, perché il rischio di patologie per i
vaccinati è più che concreto in base ai dati esposti.
Ma la
cosa più grave su cui il professore ci rende edotti, è l’assoluta assenza dei
dati statistici italiani in riferimento alle problematiche esposte:
i dati
italiani, lo sapete tutti, sono secretati oppure proposti in maniera
particolare.
E qui
chiama direttamente in causa il ministro Speranza:
è
inutile che vi ricordi, che il ministro Speranza (il genocida)– dopo che Draghi disse, se non ti
vaccini muori e fai ammalare le altre persone – si presentò con dei grafici che portavano dei numeri assolutamente
falsi.
Già
questo, secondo me, in un paese civile, sarebbero seguite immediatamente le
dimissioni dello stesso ministro – ma per carità, evidentemente il governo dei
migliori va avanti così.
In
conclusione, come potete vedere e sentire dalle parole del Prof. Frajese, la
situazione è estremamente seria e tutto quello che ci hanno raccontato i nostri
governanti in questi anni, parrebbe rientrare a tutti gli effetti nell’alveo
dell’ennesima frode che chi ci comanda continua a perpetrare ai nostri danni.
Ormai
non si fanno più scrupoli neanche a giocare con la nostra salute.
Qui
siamo di fronte però ad una commissione parlamentare, la quale ha il dovere di
andare a fondo e poi relazionare il parlamento e gli italiani su quanto
realmente accaduto.
Certo
che le parole del professor Frajese nei confronti del governo e del ministro
Speranza, sono di una gravità estrema e non credo che il professore sia così
sprovveduto da accusare un ministro di fronte al parlamento, di aver fornito
dati falsi, senza averne le prove.
La
posizione di Speranza si fa veramente pesante.. il popolo italiano ha bisogno di
risposte in merito al più presto.
A meno
che, qualche magistrato non decida di aprire prima un fascicolo.
(
Megas Alexandros alias Fabio Bonciani).
Se
vogliamo sopravvivere, dobbiamo
imparare
a porre le domande giuste.
Paulcraigroberts.org-(31
maggio 2022)-Paul Craig Roberts - ci dice:
Leggendo
Scales of Justice di Ngaio Marsh mi sono reso conto che la parola
"impertinenza" è andata fuori uso.
In effetti, quello che una volta era un oltraggio ora è così comune che
nessuno lo riconosce come impertinenza.
L'impertinenza è diventata un comportamento di
routine accettato e non viene più riconosciuta quando si verifica.
Il
fenomeno dell'impertinenza richiede una società educata e in qualche modo
formale in cui la privacy, l'autocontrollo e il rispetto per gli altri sono
requisiti.
I
signori non leggono la posta di altri signori.
Dillo a NSA, CIA, FBI, Google e tutte le
società che spiano l'utilizzo di Internet.
In Inghilterra prima del 1950 era
impertinenza per un maschio esagerare nei complimenti a una donna.
Quando
ero studente all'Università di Oxford negli anni '60, era un'impertinenza
telefonare a una persona a cui non ti era stato presentato.
Oggi viviamo con continue intrusioni telefoniche da parte di venditori
di telemarketing, robot e artisti della truffa. Non esiste più una società in cui si comprende
l'impertinenza.
Di
conseguenza, la vita civile ha assunto un significato puramente tecnologico.
Nel
1984 di Orwell, i nerd indiscreti della Silicon
Valley costruiscono
più strumenti dello stato di polizia per il Grande Fratello e vedono questo
come un progresso della civiltà.
Un
altro concetto che è scomparso dall'uso è onorevoli colleghi.
Questo termine implica distinzioni tra le persone e non può sopravvivere
in un momento in cui anche le differenze di genere sono negate.
L'ultima impertinenza sarebbe stata un maschio
che si dichiarava donna e gareggiava negli sport femminili.
Vediamo
lo sterminio della civiltà occidentale nella sua politica. In America la lotta tra democratici
e repubblicani è risolta in base a quale parte le bugie sono più convincenti
per gli elettori.
La vergogna ha perso il suo significato.
Una recente raccolta fondi repubblicana ci
chiede se "crediamo che i democratici al Congresso siano abbastanza duri da
resistere a Cina e Russia?"
Com'è possibile questa domanda con il regime di Biden
che minaccia la guerra con la Cina, dichiarando il suo impegno per la sconfitta
della Russia in Ucraina, pompando in Ucraina 40 miliardi di dollari, armi
pesanti, sostegno diplomatico, sanzioni alla Russia?
I Democratici si oppongono ai diritti dei
genitori e sostengono la perversione sessuale e sono in grado di fare appello
agli elettori su questa base.
I Democratici della Florida si stanno
mobilitando contro il governatore DeSantis perché sostiene i diritti dei
genitori.
Davvero,
questo è vero.
I democratici si aspettano di essere eletti,
perché sono contrari ai diritti dei genitori e al 1°, 2° e 14° emendamento alla
Costituzione. La censura della libertà di parola
(contraria al 1° emendamento) e l'imposizione di regimi discriminatori di quote
(contrariamente al 14° emendamento) sono i pilastri dell'agenda dei
Democratici.
Come
ho sottolineato nei miei scritti, gli Stati Uniti sono la Costituzione. In
assenza della Costituzione, gli Stati Uniti non esistono più.
Qualche
altra entità ha preso il suo posto.
La mancanza di rispetto per la Costituzione è
bipartisan. È stato il regime di George W. Bush a
dichiarare il potere di sospendere l'habeas corpus e trattenere i cittadini a
tempo indeterminato senza un giusto processo.
È
stato il regime di Obama a dichiarare la capacità del presidente di giustiziare
i cittadini solo per sospetto senza un giusto processo.
Sono i
democratici che discriminano i maschi bianchi, li dichiarano "razzisti",
impongono la censura e attaccano il 2° emendamento.
Le
scuole di diritto dissolvono la Costituzione in un "documento
vivente" in continua evoluzione, modificato a piacimento da giudici e
professori di diritto.
La
civiltà occidentale è stata sostituita da una torre di babele senza radici, una
struttura senza forza.
La
domanda che Repubblicani e Democratici dovrebbero porsi è come può una civiltà
debole come l'Occidente entrare in guerra contro Russia e Cina?
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