LA BATTAGLIA PER LA VITA ,LA LIBERTA’ , LA SOVRANITA’, IL LAVORO.

LA BATTAGLIA PER LA VITA ,LA LIBERTA’ , LA SOVRANITA’, IL 

LAVORO.

 

La fine del governo Draghi :

verso la fine della liberal-democrazia

in Italia ?

lacrunadellago.net- Cesare Sacchetti- (22 luglio 2022)- ci dice :

 

E così alla fine non c’è stato nessun colpo di scena come ventilavano i media mainstream. Non c’è stato nessun cambio di fronte all’ultimo momento che potesse riportare in vita l’esecutivo Draghi.

I media nelle ore che hanno preceduto l’ingresso di Mario Draghi a palazzo Madama hanno provato a scrivere un romanzo nel quale alla fine c’era il “lieto fine”, ovviamente per gli interessi dello stato profondo italiano che sosteneva l’esecutivo dell’uomo del Britannia.

Non si è trattato altro che di una pura messinscena, peraltro di bassissima lega. La crisi è finita con la caduta del governo perché l’uomo che aveva voluto questo esito sin dal principio era proprio lo stesso Draghi.

In queste ore, i media stanno scrivendo una nuova falsa narrazione. Quella secondo la quale l’ex governatore della BCE sarebbe stato espulso dalla politica in una sorta di “draghicidio” così come vuole far intendere Lucia Annunziata, giornalista appartenente alle fila dell’istituto Aspen, il think tank della famiglia Rockefeller che governa la politica italiana.

L’epilogo di questa storia era già scritto dal febbraio di quest’anno e ci era capitato di anticiparlo sulle pagine di questo blog. Non perché chi scrive sia dotato di qualche particolare dote taumaturgica. Semplicemente si è provato a seguire le regole che ogni buon giornalista indipendente dovrebbe seguire.

Ci si è affidati a fonti qualificate, alla logica e al buon senso. Mario Draghi era stato chiamato dai poteri finanziari per portare a termine un determinato compito.

L’ex governatore della BCE è un esperto in liquidazioni e dismissioni. È questo il suo privilegiato campo di azione ed è attraverso la famigerata svendita del 1992 a bordo del panfilo Britannia della Regina Elisabetta che la carriera di Draghi finì per decollare negli anni successivi.

A Draghi la finanza anglosassone, o forse sarebbe meglio dire anglo-sionista, aveva chiesto di portare a termine la “missione” iniziata trent’anni addietro.

Spolpare economicamente ciò che restava dell’Italia agganciandola al cappio dei prestiti a interesse del cosiddetto PNRR e, al tempo stesso, procedere poi ad un altro tipo di devastazione, quella che ha assunto le forme della campagna vaccinale.

Non si contano i danni subiti dai sieri distribuiti dal governo Draghi. Sieri che analisi scientifiche indipendenti hanno provato contenere il grafene, una sostanza tossica per l’organismo e che le case farmaceutiche hanno messo nei “vaccini” senza dichiararlo.

È uno scandalo così grosso che non potrà non richiedere una seria commissione d’inchiesta sia sugli organismi che hanno autorizzato tale distribuzione, governo ed Aifa, sia sulle case farmaceutiche che hanno messo in atto un reato di gravissima portata; quello dell’attentato alla salute pubblica.

A Draghi erano stati questi compiti e lui, da “buon” banchiere centrale che ha un cuore, ma che pulsa solo quando si tratta di gonfiare il portafoglio, ha eseguito senza alcuna remora.

C’era però un accordo, nemmeno troppo tacito. Alla fine del “lavoro”, o quando buona parte di esso fosse stato già completato, la sua “ricompensa” era quella di essere trasferito al Colle.

Questo l’originario patto con il mondo della massoneria. Patto che è stato infranto. La politica ha preferito lasciare Draghi lì dove si trovava. La situazione è sfuggita di mano quando le proteste popolari e il malcontento nei confronti dell’esecutivo e dei partiti che lo sostenevano ha raggiunto vette senza precedenti.

Ovunque Draghi si spostasse, veniva accolto da salve di fischi. L’uomo del Britannia non è abituato a tali pressioni. Lui è più abituato a lavorare dietro le quinte, a stare seduto nelle fredde stanze della BCE e ad eseguire il compito degli ambienti finanziari stando lontano dai riflettori della opinione pubblica.

Draghi ha molti difetti ed è probabilmente l’uomo che ha inferto i maggiori danni economici e sanitari all’Italia nella storia di questo Paese, però non è uno stolto.

Sapeva a che gioco stava giocando la politica. Sapeva che alla politica, mai stata così debole e separata dal Paese reale, faceva comodo avere un parafulmine dietro il quale potersi nascondere.

È questa la ragione per la quale l’ex presidente del Consiglio ha passato gli ultimi sei mesi a lavorare al suo piano di fuga. Un piano che idealmente avrebbe dovuto portarlo verso i lidi della NATO o dell’Unione europea, ma in entrambi i casi le porte per lui sono rimaste saldamente sbarrate. Draghi inseguiva un pretesto per lasciare palazzo Chigi.

Ciò non gli ha fatto cambiare minimamente idea. La sponda, o meglio il pretesto per uscire, gli è giunto da Conte e dal suo sbrindellato M5S che non ha partecipato al voto di fiducia lo scorso 14 luglio. Impossibile a questo proposito non notare l’ironia delle date. In uno dei giorni più cari alla massoneria, quello che portò alla presa della Bastiglia, cade un esecutivo espressione proprio di quei poteri.

A volte la coincidenza delle date può forse voler dire qualcosa di più di una semplice coincidenza, e può consentire di vedere una mano soprannaturale che guida il fiume della storia.

Draghi avrebbe potuto tranquillamente proseguire senza il M5S. Il suo governo aveva i numeri per continuare e non aveva bisogno della partecipazione dei grillini per poter esistere. Invece l’ex presidente del Consiglio ha prontamente rassegnato le dimissioni e lì si è avuta la conferma di quanto ci era capitato di osservare in precedenza. A Draghi serviva il pretesto dietro il quale ripararsi per occultare la sua reale e ferma intenzione di lasciare.

Nulla è cambiato il 20 luglio, quando si è presentato davanti all’aula del Senato. Nel suo discorso, l’uomo del Britannia ha immediatamente alzato la posta in gioco chiedendo come condizione imprescindibile per proseguire la ricostituzione dell’originario “patto di unità nazionale” che in realtà non è stato altro che l’atto finale di devozione dell’intera classe politica italiana alla causa del forum di Davos del “Dio” Klaus Schwab.

Successivamente, Draghi ha rilanciato ancora di più, se possibile, nel suo discorso mettendo tra i punti dell’agenda di governo il sostegno all’Ucraina attraverso la fornitura di armi, la revisione del reddito di cittadinanza, la riforma delle pensioni e la concessione delle spiagge.

È stato un vero e proprio guanto di sfida rivolto ai punti sensibili del M5S e della Lega. Draghi sapeva che questi due partiti, prosciugati dal tracollo di consensi degli ultimi due anni, non potevano permettersi di dire sì alle sue richieste. Draghi in pratica ha chiesto ai grillini e ai leghisti di spararsi alle tempie, e l’ex governatore della BCE sapeva perfettamente che entrambi gli avrebbero ovviamente detto di no.

È stato quindi come agitare uno straccio rosso davanti ad un toro, ma Draghi voleva che quel toro caricasse e colpisse.

E così è stato. Lega e M5S hanno ricevuto il messaggio e si sono rifiutate di votare la fiducia all’esecutivo. C’è stata quindi una convergenza di interessi di Draghi, della Lega e del M5S dal momento che a tutti faceva comodo che la crisi si chiudesse così.

L’uomo del Britannia è riuscito a lasciare palazzo Chigi nascondendosi dietro il paravento della politica che non ha voluto assecondare le sue richieste, mentre Lega e M5S provocano lo strappo nel tentativo di andare alle urne e cercare di salvare quella poca base elettorale rimastagli.

Lo scenario internazionale: la fine della globalizzazione.

Adesso la domanda che è sulla bocca di tutti è questa: cosa accadrà? Per poter dare una risposta completa ed esaustiva, è necessario allargare lo sguardo sull’orizzonte internazionale che è quello che orienta a sua volta il corso della politica italiana.

La classe dirigente della seconda Repubblica e le sue successive mutazioni è probabilmente la più spregevole compagine di capitani di ventura e mercenari che si sia mai vista nella storia di questo Paese.

Essa non ha avuto remora alcuna negli ultimi 30 anni ad eseguire tutte le richieste che giungevano da Oltreoceano e Oltremanica. Londra e Washington ordinavano, e costoro prontamente eseguivano anche se questi ordini significavano mandare al macero l’immenso patrimonio economico che questo Paese aveva accumulato precedentemente grazie alle politiche dell’economia mista ispirate alla dottrina sociale della Chiesa e allo Stato imprenditore.

Occorrevano dei sicari spietati che eseguissero fedelmente il copione della globalizzazione che prevedeva appunto la morte economica, e morale, dell’Italia. Giunse così la generazione dei Prodi, Amato, Ciampi e D’Alema, il cosiddetto braccio sinistro della globalizzazione che massacrò il Paese attraverso l’austerità per poi trascinarlo nel baratro dell’euro e della fine della sovranità monetaria.

La musica non cambiò nemmeno negli anni 2000 con i governi di centrodestra che a parte la resistenza flebile del 2011 finì poi per aprire le porte del Paese ad un altro sicario economico globalista , Mario Monti.

Negli anni successivi, lo spartito non cambiò nemmeno di una virgola perché qualsiasi personaggio si sia seduto sulla poltrona di presidente del Consiglio ha sempre finito con l’eseguire gli ordini di questi poteri globalisti.

A palazzo Chigi, c’era il pilota automatico di gruppi quali il Bilderberg e Davos. Venne il 2020 e venne il più grave attacco perpetrato contro l’Italia da quel potere che le stesse massonerie definiscono come “Nuovo Ordine Mondiale”.

In Italia si applicarono le restrizioni COVID tra le più dure al mondo. Tali ambienti hanno in odio l’Italia per tutto ciò che essa rappresenta sul piano religioso e storico e l’attacco fu particolarmente violento. La classe politica non si oppose ancora una volta. Fece in modo che questi piani potessero riuscire prima attraverso il governo Conte e poi attraverso quello Draghi, giunto per dare la pugnalata finale.

Il piano sarebbe riuscito soltanto ad una condizione. Che al di fuori dei confini si fosse proceduto sulla stessa via. Si sarebbe dovuto dare una spinta decisiva e definitiva alla globalizzazione degli anni 90 attraverso la fine degli Stati nazionali. Tutto ciò non è accaduto. Non c’è stata la stretta di mano di tale potere autoritario globale.

Per dirla con le parole di un personaggio che ha servito questo sistema di potere per oltre 30 anni, Massimo D’Alema, si è presa “una gigantesca vista”. 

D’Alema afferma esplicitamente che “avevamo tutti pensato che con la fine della guerra fredda e il crollo del comunismo ci sarebbe stato un nuovo ordine mondiale. Ma c’era un deficit di politica ora riempito dal ritorno brutale del Novecento e dell’Ottocento.”

Ciò significa che coloro che si sono posti al servizio di tale piano eversivo, si sono resi conti che i disegni originari non si sono attuati. Ci sono state forze che si sono opposte alla sua realizzazione specialmente da quando alla Casa Bianca è iniziata l’era Trump nel 2016 che ha messo fine alla partecipazione dell’America, la prima potenza mondiale, all’esecuzione del piano che avrebbe dovuto dare vita al governo globale.

La farsa pandemica avrebbe dovuto portare a questo fine, ma gli attori che si sono opposti erano troppi e troppo influenti. Si sono opposti gli Stati Uniti, si è opposta la Russia, e si è opposta persino la Cina che ha consumato un divorzio da quelle élite occidentali che hanno di fatto avuto un ruolo decisivo nel costruire la sua espansione economica.

Si è invece entrati in una fase interamente nuova. Non più una accelerazione della globalizzazione, ma piuttosto una de-globalizzazione e la leadership di politici quali Vladimir Putin, Xi Jinping, Victor Orban, Jair Bolsonaro, Narendra Modi, e Recep Erdogan ha dato una accelerazione impressionante a questo fenomeno.

Ciò non vuol dire che ognuno di questi leader, specialmente nel caso del presidente turco e cinese, siano dei modelli di assoluta moralità, ma è indubbio che questa alleanza allargata dei BRICS ha un minimo comun denominatore. Quello di garantire la sovranità degli Stati nazionali e di spostare il centro delle decisioni dall’unipolarismo atlantico  globalista a quello del multipolarismo internazionale.

Tale fase porta con sé la progressiva perdita d’influenza della finanza internazionale e vediamo che questo processo è già in atto. Goldman Sachs ha registrato una perdita di 2,6 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre e BlackRock, il più grande fondo di investimenti al mondo, ha perduto l’astronomica cifra di 1,7 trilioni di dollari.

Si sta chiudendo un’epoca, quella del globalismo, e se ne sta aprendo un’altra, quella del ritorno degli Stati nazionali sulla scena mondiale.

La classe politica italiana è priva di protezioni internazionali.

In questa storica transizione, la classe politica italiana si ritrova scoperta, nuda e disorientata. Essa aveva puntato tutto su Davos  e sul “Dio” Klaus Schwab ora si ritrova con un pugno di mosche e senza più elettori. Il conto da pagare lasciato dai due esecutivi Conte e Draghi è altissimo. Ci sono morti sul piatto, morti causati dalle politiche dei due governi e nessuno si illuda che sarà possibile ripartire come se nulla fosse.

Gli stessi italiani ormai guardano con assoluta diffidenza e ostilità a tutti i partiti. Sanno che ognuno di essi è compartecipe delle loro sofferenze. C’è poi un altro elemento che rende ancora più vulnerabile questa classe politica, ed è quello della mancanza del suo garante internazionale a Washington.

E’ il potere del governo parallelo degli Stati Uniti che ha assicurato la permanenza al potere del sistema politico italiano, ma a Washington non ci sono più i referenti di un tempo.

La cosiddetta amministrazione Biden non ha cambiato nulla, perché gli Stati Uniti e lo stesso governo americano sembrano guidati da altre forze che non sono più quelle del cosiddetto stato profondo.

Dunque ovunque si guardi intorno, la politica vede vuoto e si impaurisce. Si impaurisce perché sa che sarà chiamata a rispondere del più grave attacco mai perpetrato alla sovranità della nazione italiana e non ci sarà nessuno che verrà in suo soccorso.

Verso la fine della democrazia liberale?

Sono già iniziate le rese dei conti interne alle bande dei partiti che si accusano a vicenda di scelte che vanno in interessi opposti e contrari. È solo il principio.  Nei prossimi mesi tali conflitti interni aumenteranno e l’appuntamento delle urne in programma per il prossimo settembre si rivelerà un probabile bagno di sangue.

I partiti rischiano di arrivare completamente consumati dalle loro faide e da quello che si preannuncia come un astensionismo record.

 C’è poi da considerare la variabile degli scandali internazionali, quali Spygate e Italiagate, che pendono sulla testa dell’intero stato profondo italiano. La crisi delle istituzioni liberali e democratiche non è una passeggera o di poco conto. Essa è profonda e strutturale. Sullo sfondo c’è quindi sì un reset, ma è quello della politica italiana. L’esito più probabile a questo punto sembra essere quello di una tabula rasa della stessa democrazia liberale.

Il futuro immediato sarà quindi attraversato dalla instabilità ma essa sarà un fenomeno necessario per potersi scrollare il fardello di un sistema che ha causato questo cumulo di macerie.

 

Un sistema che trova tutti i suoi errori nella stessa Repubblica liberaldemocratica del 1946-1948, creazione spuria che nulla ha a che vedere con i valori fondanti cristiani e romani della nazione e della civiltà italiana.

La transizione di disordine servirà con ogni probabilità per poi poter giungere all’ordine successivo, quello di un Paese finalmente restaurato e che torni ad ispirarsi alla sua unica e storica identità che gli ha permesso di avere un primato morale nel mondo.

Sono in molti a chiedersi chi saranno gli uomini che guideranno tale processo. Saranno probabilmente uomini che ancora oggi non sono sulla scena pubblica ma che possono mettersi al servizio dell’Italia e degli italiani per guidare il Paese verso il suo risanamento economico e morale.

È una fase storica unica quella che l’Italia e il mondo stanno vivendo. Sta passando un fiume che va in una determinata direzione e quando ciò accade non bisogna assolutamente mettersi controcorrente. Occorre lasciarsi guidare e restare saldi durante il passaggio.

La corrente sta conducendo l’Italia verso la ricostruzione graduale della sua sovranità perduta. Ciò che c’è da fare in questa fase, è quella di guardare al patrimonio fondante di valori del Paese. Lì c’è la risposta su ciò che va fatto. Lì c’è la rotta da seguire.

 

 

 

PERCHÈ LA UE POTREBBE

FINIRE ENTRO UN ANNO.

Comedonchisciotte.org- Redazione CDC- ( 03 Agosto 2022 )- ci dice :

 (Eric Zuesse, orientalreview.org).

 

La Germania, che è stata forte e potente all’interno dell’Unione Europea e ha imposto l’austerità nei confronti delle economie europee più deboli, come quelle di Grecia, Spagna, Italia e Portogallo, ora chiede agli altri Paesi membri della UE di salvare i tedeschi da quella che presto sarà inevitabilmente un’emergenza energetica, dovuta al fatto che la Germania si è conformata alla richiesta dell’America non solo di unirsi alle sanzioni americane contro la Russia, ma anche di interrompere il gasdotto russo Nord Stream 2 della Germania, che avrebbe dovuto aumentare – invece di diminuire (come avverrà ora) – le forniture di gas naturale della Russia all’Europa.

La Germania è stata, fino a poco tempo fa, il motore industriale della UE e quindi è quella che ha più da perdere da forniture energetiche ridotte e molto più costose; ma questo è già accaduto e si intensificherà nel prossimo inverno. Man mano che le forniture energetiche si ridurranno, i prezzi dell’energia aumenteranno, poi si impenneranno e l’economia tedesca verrà schiacciata.

I leader tedeschi (come quelli degli altri Paesi della UE) si sono conformati alle richieste americane di sanzioni anti-Russia (che si basano su “informazioni” falsificate); di conseguenza, i cittadini tedeschi saranno presto congelati, anche se la Germania spenderà per l’energia prezzi astronomicamente più alti di quelli che pagava in precedenza.

Il crollo delle forniture energetiche dalla Russia sarà sostituito da un aumento delle forniture da parte di altri Paesi (tra cui l’America) la cui energia è molto più costosa di quella russa e solo una piccola parte delle ridotte forniture dalla Russia potrà essere sostituita del tutto. Qualcosa dovrà cedere, probabilmente la stessa UE, perché la conseguente rapida escalation delle ostilità interne tra le nazioni dell’Unione – in particolare tra la Germania e le nazioni che ora si aspetta che la salvino da questa crisi – potrebbe far esplodere irrimediabilmente la stessa UE.

Ciò avverrà nello stesso momento in cui l’Unione Europea – che era estremamente impegnata a ridurre o addirittura eliminare sia il nucleare che i combustibili fossili e soprattutto il carbone – si sta improvvisamente affrettando ad aumentare notevolmente l’uso di queste fonti di combustibile non ecologiche e quando gli elettori europei che avevano messo al potere queste persone non gradiranno vedere i loro leader girare ora di 180 gradi nella direzione opposta, verso il riscaldamento globale. Verranno inevitabilmente sollevate nuove questioni non previste in precedenza.

Inoltre, il ritorno ai combustibili fossili non potrà mai avvenire alla velocità promessa dai leader europei; e, di conseguenza, non solo gli europei si raffredderanno e tremeranno durante il prossimo inverno, ma i loro leader dovranno dare molte spiegazioni che non possono essere spiegate se non ammettendo di essersi sbagliati – terribilmente sbagliati e impreparati – e questo fatto innegabile causerà il caos politico, poiché le reciproche recriminazioni sui loro molteplici fallimenti amareggeranno gli europei riguardo all’intero progetto dell’Unione Europea, il progetto di creare un’unica incomprensibilmente burocratica mega-nazione europea satellite degli Stati Uniti, l’“Unione Europea”, composta praticamente da tutte le nazioni europee.

La nostalgia del passato, delle belle nazioni europee indipendenti e l’amarezza per il futuro, del “nord contro sud” (ecc.) in Europa, prenderanno il sopravvento, indebolendo il tessuto della UE e mettendo in discussione l’intera alleanza transatlantica del secondo dopoguerra (asservita, in realtà, al governo statunitense che odia la Russia), sia la NATO americana che la sua gemella politica, l’UE dominata dagli Stati Uniti e le sue migliaia di servitori americani a Bruxelles.

Perché la Ue potrebbe finire entro un anno.

Il presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen è d’accordo con il “DIO” Klaus Schwab ?

La più recente valutazione completa del fabbisogno energetico dei Paesi dell’UE è il documento del settembre 2008 “Europe’s Dependence on Russian Natural Gas: Perspectives and Recommendations for a Long-term Strategy” di Richard J. Anderson del George C. Marshall European Center for Security Studies, finanziato dai governi statunitense e tedesco.

Il documento chiarisce che il combustibile più economico e in più rapida crescita in Europa (a meno che i Paesi della UE non adottino politiche per cambiare questa situazione, cosa che non è avvenuta) è il gas naturale proveniente dalla Russia, soprattutto per quanto riguarda la produzione di elettricità, gli usi industriali e le materie prime chimiche per la plastica, ecc.

Questo è ciò che è accaduto – il dominio russo sulle forniture energetiche (e industriali) dell’Europa – e, a partire dal 2008, i Paesi che dipendevano maggiormente dal gas naturale russo a basso costo trasportato dai gasdotti erano (si veda questa immagine): Germania, Polonia, Slovenia, Ungheria, Turchia, Austria, Cechia, Grecia, Finlandia, Slovacchia, Bulgaria, Bielorussia, Moldavia, Lituania, Lettonia ed Estonia.

Presumibilmente, queste sono le nazioni che saranno particolarmente “rilassate” nel prossimo inverno, al fine di continuare il dominio politico dell’America sull’Europa.

Il presunto imperativo morale che avrebbe innescato questo “raffreddamento” è l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, come inevitabile risposta finale della Russia al colpo di Stato dell’America in Ucraina nel febbraio 2014 e all’insulto della NATO alla Russia che ha insistito sul fatto che questa nuova Ucraina creata dagli Stati Uniti e che odia la Russia, ha il diritto sovrano di piazzare missili americani al confine con la Russia a soli cinque minuti di distanza di bombardamento nucleare da Mosca – questa è la presunta ragione morale – imperativa dell’Unione Europea per disattivare la Russia (il più economico fornitore di energia dell’Europa) come fornitore di energia per l’Europa.

Ma, come risultato della chiusura dei rubinetti energetici russi in Europa, la UE stessa potrebbe essere distrutta e diventare un mero “è stato” dal punto di vista economico, culturale, industriale e di altro tipo, in modo che l’Europa rimanga una nazione vassalla dell’America (le sue nazioni “dispensabili”, come lo sono tutte le altre), invece di diventare ciò che avrebbe sempre dovuto essere e che sarebbe stata naturalmente, la gloria radiosa del più grande continente del mondo: l’Eurasia.

Un’Europa che include la Russia, invece di metterla in pericolo. La gloria dell’Europa è finita, andata com’era e l’unica vera domanda ora è: quanto velocemente? Oh – e PERCHE’? Perché i leader europei hanno fatto questo? Questa sarà la vera domanda che ucciderà l’Unione Europea.

L’Europa che era, non c’è più, uccisa dal regime di Washington DC, che si serve dei suoi numerosi agenti assoldati in Europa e dei suoi sicari nella NATO.

(Eric Zuesse, orientalreview.org/2022/07/30/why-the-eu-could-end-within-a-year/).

 

 

 

 

MANCA SOLO UN NANOSECONDO

ALL’ARMAGEDDON.

Comedonchisciotte.org-Sara Iannaccone –( 01 Agosto 2022 )- ci dice :

( Paul Craig Roberts, paulcraigroberts.org).

 

La metastrategia “Nuclear Primacy” [“Primato Nucleare”] del governo statunitense afferma che esistono livelli “accettabili” di distruzione dell’America in una guerra nucleare contro la Russia e la Cina, purché alla fine l’America “ne esca vincitrice” a livello globale.

Brian Berletic ci illustra il piano della Rand Corporation che prevede che il Pentagono attacchi la Cina durante la stretta finestra fino al 2025 e forse al 2030 (da 3 a 8 anni da oggi), quando si presume che gli Stati Uniti abbiano ancora una superiorità in grado di vincere una guerra che è “improbabile” (indefinita e poco più che un’ipotesi velleitaria) che diventi nucleare.  In altre parole, il presupposto su cui poggia il progetto di attacco militare di Washington alla Cina è che la Cina accetterà la sconfitta piuttosto che usare le armi nucleari.

Un governo sano di mente inizierebbe una guerra sulla base di un’ipotesi così rischiosa?

Ci sono altre due ipotesi altamente rischiose nei piani di guerra del Pentagono. Una è che gli Stati Uniti possano dominare i mari da cui, attraverso aerei o missili, possano distruggere l’industria e le infrastrutture sociali cinesi. A quanto pare non è stata prestata attenzione ai missili cinesi a lungo raggio che rendono obsolete le flotte di portaerei statunitensi.

 

L’altra ipotesi rischiosa è che la Russia ne resti fuori. Considerando la confusione al Cremlino, l’incapacità del governo russo di abbandonare la speranza di una cooperazione pacifica con l’Occidente e la sua incapacità di considerare la dottrina neocon dell’egemonia statunitense sul mondo come qualcosa di diverso da una fantasia, e certamente non una dottrina operativa, è possibile che Mosca si metta da parte e assista ad una guerra tra Stati Uniti e Cina.Il Cremlino perde molte opportunità, ma è difficile credere che Putin sarebbe così stupido da non allearsi con la Cina contro gli Stati Uniti.  In questo caso gli Stati Uniti sarebbero Storia.

(L’analisi di Berletic : web.archive.org/web/20220429035113/https://journal-neo.org/2021/09/27/us-war-plans-with-china-taking-shape/).

 

Per quanto riguarda la preoccupazione del Pentagono per gli americani nel caso in cui l’ipotesi che Washington possa conquistare la Cina senza l’uso di armi nucleari sia sbagliata, se tali armi vengono impiegate, “la metastrategia del governo degli Stati Uniti “Nuclear Primacy” dice che ci sono livelli “accettabili” di distruzione dell’America in una guerra nucleare contro la Russia e/o la Cina, purché l’America “ne esca vincitrice” a livello globale”.

La dottrina del Pentagono non dice quante città americane e quanti milioni di americani rientrano nei “livelli accettabili di distruzione”. Ma è sufficiente a dimostrare che gli americani sono considerati dai loro governanti come carne da macello.

Vedete, l’unica importanza nella dottrina neoconservatrice dominante è l’egemonia degli Stati Uniti, non la vostra vita. Per i neocon, finché l’America governerà su una terra desolata e priva di vita, avremo vinto. I neoconservatori sono persone veramente folli e controllano la politica estera e militare degli Stati Uniti.

Questo dovrebbe spaventarvi e svegliarvi. Ma non lo farà. I giovani non riescono a smettere di scorrere i loro cellulari abbastanza a lungo da avere un’idea della realtà che li circonda.

 Vivono già in un mondo virtuale, disconnesso da ogni realtà.

Gli americani più anziani dicono di aver sentito temere la guerra nucleare per tutta la vita e che non accadrà mai perché non ci possono essere vincitori. Si tratta di una comprensione molto poco sofisticata, soprattutto a fronte di una dottrina bellica statunitense che afferma che Washington può vincere una guerra nucleare purché non aspetti oltre il 2025 o il 2030.

Eric Zuesse, stimolato da Berletic, scrive che Washington intende conquistare sia la Cina che la Russia.

 Il campo di battaglia iniziale della terza guerra mondiale è la guerra che Washington ha organizzato in Ucraina.

 Non c’è dubbio che l’esercito russo sia molto formidabile e che sia in grado di spazzare via la NATO in un istante. Il problema per la Russia è al Cremlino, dove regnano esitazione e confusione.

Il Cremlino non riesce a capacitarsi del fatto che Washington sia impazzita.

Putin pensava davvero che Washington avrebbe accettato l’intervento militare della Russia in Ucraina in quanto limitato alla protezione dei russi del Donbass. Putin e il suo ministro degli Esteri sono così sprovveduti da credere che Washington avrebbe permesso loro di condurre un’operazione limitata alla pulizia del Donbass dai nazisti ucraini.

Come fa la potenza militare più importante del mondo a commettere un simile errore?  L’unica risposta che mi viene in mente è che il lavaggio del cervello fatto dall’America alla classe intellettuale russa durante gli anni di Eltsin abbia reso la leadership russa sorda, muta e cieca.

Si è tentati di aggiungere stupidaI leader russi – Putin, Lavrov – descrivono correttamente la situazione, ma non riescono a fare nulla.

Le chiacchiere abbondano, ma l’azione è rara. A quanto pare, il Cremlino continuerà a vendere energia ai Paesi della NATO, in modo che la NATO possa continuare la guerra alla Russia. Parafrasando Alain de Lille nell’XI secolo, non è la sovranità ora, ma il denaro che è tutto. Questo sembra valere per la Russia.

Zuesse, che è onesto come può esserlo un uomo di sinistra, non è sempre affidabile. La sinistra ha i suoi miti su Reagan, ed ecco la dichiarazione di Zuesse su uno di essi:

 

“Ho documentato che il piano del governo americano era invece quello di ingannare il governo russo [Gorbaciov] per fargli credere che l’America avesse posto fine alla Guerra Fredda dalla nostra parte nello stesso momento in cui la Russia aveva posto fine alla sua parte della Guerra Fredda nel 1991, ma che il governo americano stava invece pianificando di circondare la Russia aumentando la NATO, fino ai confini della Russia”.

Suppongo che la verità dell’affermazione di Zuesse dipenda da chi è il governo statunitense.  Il Presidente o i neocon e il complesso militare/sicurezza?

Se il governo è il Presidente come rappresentante del popolo, so per certo che l’intento del Presidente Reagan era quello di porre fine alla guerra fredda, non di vincerla.

Ce l’ha detto più volte. Formò un comitato presidenziale top secret con autorità sulla CIA per avere un’opinione indipendente sull’affermazione della CIA secondo cui gli Stati Uniti avrebbero perso una corsa agli armamenti se fossero stati usati per portare la Russia, con la sua economia in crisi, al tavolo dei negoziati. Il piano di Reagan prevedeva che, una volta eliminata la stagflazione, l’economia americana risanata avrebbe seppellito quella rotta e non riparabile della Russia in una corsa agli armamenti. Lo scopo della minaccia di una corsa agli armamenti era di portare Gorbaciov al tavolo dei negoziati per porre fine alla Guerra Fredda, non vincere una corsa agli armamenti.

Abbiamo indagato sui documenti della CIA e abbiamo riferito al Presidente Reagan che si trattava di un caso in cui la CIA proteggeva il suo budget e il suo potere.  Se Reagan avesse smantellato la Guerra Fredda, senza un nemico, il bilancio della CIA e quello del Complesso di Sicurezza Militare sarebbero stati indifesi ai loro alti livelli.

Ronald Reagan era un outsider per l’apparato repubblicano, rappresentato all’epoca da George H. W. Bush, vicepresidente ed ex direttore della CIA. Reagan era visto come una sfida al controllo del Partito Repubblicano da parte dell’establishment repubblicano. Otto anni di Reagan seguiti da otto anni di Jack Kemp avrebbero significato la fine dell’establishment repubblicano al servizio degli interessi organizzati. I partiti politici sono interessati al potere e al controllo, non all’interesse nazionale. Qui c’era Reagan, e i suoi pochi sostenitori nella sua amministrazione, che sfidavano il potere e il profitto degli interessi costituiti per il bene della pace mondiale.

I media americani, puttane della CIA, hanno iniziato a darci addosso.  Ma non era il caso. La narrazione non era ancora stata costruita. James Baker, il principale agente di George H. W. Bush, ha ammesso di aver promesso a Gorbaciov di non muovere la NATO verso East. Ma non esiste un documento scritto e firmato, quindi la storia è stata cambiata dalle successive amministrazioni di Washington.

A Zuesse sfugge la vera storia, perché soccombe all’ideologia e non riesce a capire che Reagan, come Trump, era un outsider che portava la speranza che il sistema politico potesse essere riportato sotto controllo del popolo.

I media americani e la sinistra americana hanno fatto in modo che ciò non accadesse.

Di conseguenza, ora ci troviamo di fronte all’Armageddon nucleare.  Manca poco, a meno che Putin non decida di arrendersi.

Oggi gli Stati Uniti sono molto più divisi che nel 1860. I Democratici considerano i bianchi come razzisti, ostacoli alla giustizia sociale e al dominio dei neri oppressi e sessualmente perversi. Nei media e nei sistemi educativi i bianchi americani sono demonizzati più di quanto lo fossero gli ebrei nella Germania nazista. Una volta che i bianchi americani diventeranno una minoranza, che è l’obiettivo principale del Partito Democratico, il loro destino sarà lo stesso dei francesi ne “Il campo dei santi”.

I repubblicani sono impotenti.  Il loro obiettivo è rendere l’America di nuovo grande, il che rientra nel programma dei neoconservatori di egemonia degli Stati Uniti.

Per affrontare le sfide che l’America deve affrontare è necessario conoscere i fatti, ma i fatti non sono più politicamente corretti. Non si adattano alle narrazioni e, di conseguenza, non sono veri e vengono liquidati come disinformazione.

Nel corso della mia vita ho visto il mio Paese scendere nella degenerazione, nell’ignoranza e nel male.  La nazione in cui sono nato non esiste più se non come luogo geografico.

(Paul Craig Roberts, paulcraigroberts.org).

(paulcraigroberts.org/2022/07/21/it-is-only-a-nano-second-to-armageddon/).

 

 

 

 

LA TERZA GUERRA MONDIALE

SPIEGATA AI PRINCIPIANTI.

 Comedonchisciotte.org-  Markus-( 04 Luglio 2022 )- ci dice :

(Gaius Baltar- thesaker.is).

Alcune persone informate, tra cui pare ci sia anche il Papa, cominciano a sospettare che nel mondo stia succedendo qualcosa di più della semplice guerra in Ucraina. Dicono che la Terza Guerra Mondiale è già iniziata e che d’ora in poi le cose peggioreranno. Questo potrebbe essere difficile da determinare visto che stiamo partecipando agli eventi in corso e non abbiamo il beneficio della prospettiva storica. È assai poco probabile che nel 1939 la gente si rendesse conto di trovarsi di fronte all’inizio di un grande conflitto mondiale, anche se alcuni potrebbero averlo sospettato.

L’attuale situazione globale è per molti versi come un gigantesco puzzle, in cui il pubblico vede solo una piccola parte del quadro completo. La maggior parte non si rende conto che potrebbero esserci altri pezzi e non si pone nemmeno queste semplici domande: perché sta accadendo tutto questo e perché sta accadendo proprio ora?

Le cose sono più complicate di quanto creda la maggior parte delle persone.

Quello che vedono è il malvagio stregone Vladimir Saruman Putin che sta invadendo con il suo esercito di orchi un’innocente Ucraina – senza alcun motivo. Si tratta di una visione a dir poco semplicistica, perché nulla accade senza un motivo. Mettiamo le cose in prospettiva e vediamo cosa sta realmente accadendo – e perché il mondo sta impazzendo sotto i nostri occhi. Vediamo in cosa consiste la Terza Guerra Mondiale.

La pentola a pressione.

L’Occidente (che qui possiamo definire come gli Stati Uniti, l’Unione Europea e pochi altri) ha mantenuto per decenni la pressione sul mondo intero.

Questo vale non solo per i Paesi al di fuori dell’Occidente, ma anche per gli stessi Paesi occidentali che si sono allontanati dai diktat dei governanti occidentali. Questa pressione è stata ampiamente discussa e definita in modi assai diversi, tra cui neocolonialismo, egemonia finanziaria forzata e così via. Ciò che è interessante, soprattutto negli ultimi 20 anni, è quali Paesi hanno subito pressioni e cosa essi non hanno in comune.

Tra i Paesi oggetto di pressioni troviamo Russia, Cina, Cuba, Venezuela, Libia, Siria, Serbia, Thailandia e Iran, solo per citarne alcuni. Si sono aggiunti di recente anche India e Ungheria. Per capire perché sono stati messi sotto pressione, dobbiamo scoprire cosa hanno in comune. Non è facile, visto che, per molti aspetti, sono estremamente diversi.                 Ci sono democrazie e non democrazie, governi conservatori e comunisti, Paesi cristiani, musulmani e buddisti, e così via. Eppure, molti di loro sono chiaramente alleati.

Ci si deve chiedere perché Paesi conservatori e religiosi come la Russia o l’Iran si siano alleati con i comunisti senza Dio di Cuba e Venezuela.

Ciò che accomuna tutti questi Paesi è il desiderio di gestire i propri affari, di essere Paesi indipendenti. Questo è imperdonabile agli occhi dell’Occidente Globalista  e deve essere affrontato con ogni mezzo necessario, comprese le sanzioni economiche, le rivoluzioni colorate e la vera e propria aggressione militare.

 

L’Occidente e il suo braccio militare della NATO hanno circondato la Russia con Paesi ostili e basi militari, hanno armato e manipolato l’Ucraina per usarla come un martello contro di essa e hanno utilizzato sanzioni e minacce. La stessa cosa stava e sta accadendo in Asia, dove la Cina è stata circondata con tutti i mezzi a disposizione. Lo stesso vale, in una certa misura, per tutti gli indipendenti citati in precedenza. Negli ultimi 10 anni circa, la pressione sugli indipendenti è aumentata in modo massiccio e ha praticamente raggiunto il culmine nell’anno precedente l’invasione russa dell’Ucraina.

Nell’anno precedente alla guerra in Ucraina, per aumentare la pressione gli Stati Uniti avevano inviato i loro diplomatici in tutto il mondo. Erano come un circo itinerante o una rock band in tournée, ma, invece di intrattenere, minacciavano: comprate questo da noi e fate quello che vi diciamo o ci saranno conseguenze.

 L’urgenza era assoluta e palpabile, ma poi è arrivata la guerra in Ucraina e la pressione è salita alle stelle. Nel primo mese di guerra, l’intero corpo diplomatico dell’Occidente è stato impegnato a minacciare il “resto del mondo” affinché isolasse la Russia. Questo non ha funzionato e ha provocato il panico nei circoli politici e diplomatici negli Stati Uniti e in Europa.

Tutte queste pressioni nel corso degli anni, e la paura e il panico scatenati dal loro mancato funzionamento, sono chiaramente collegate agli eventi in Ucraina. Fanno parte della stessa “sindrome” e hanno la stessa causa.

La dimensione del debito.

Ci sono state molte spiegazioni per quello che sta succedendo e la più comune è la lotta tra due possibili scenari futuri: un mondo multipolare in cui ci sono diversi centri di potere e un mondo unipolare in cui l’Occidente governa il pianeta. Tutto ciò è corretto, ma c’è un’altra ragione che spiega perché questo sta accadendo proprio ora e tutta l’urgenza e il panico in Occidente.

Recentemente il guru tecnologico neozelandese Kim Dotcom ha twittato un articolo sulla situazione del debito negli Stati Uniti. Secondo lui, tutti i debiti e le passività non finanziate degli Stati Uniti superano il valore totale dell’intero Paese, terreni compresi.

Questa situazione non è unica per gli Stati Uniti. La maggior parte dei Paesi occidentali ha un debito che può essere ripagato solo vendendo l’intero Paese e tutto ciò che contiene.

Inoltre, la maggior parte dei Paesi non occidentali sono sepolti dal debito denominato in dollari e sono praticamente di proprietà degli stessi finanzieri che possiedono l’Occidente.

Negli ultimi decenni, l’economia degli Stati Uniti e dell’Europa è stata falsificata ad un livello che ha dell’incredibile. Noi Occidentali abbiamo vissuto molto al di sopra delle nostre possibilità e le nostre valute sono state massicciamente sopravvalutate. Siamo riusciti a farlo attraverso due meccanismi:

1. Il primo è lo status di riserva del dollaro e lo status di semi-riserva dell’euro, che hanno permesso all’Occidente di esportare denaro digitale e di ricevere beni in cambio. Questo ha dato all’Occidente un enorme potere finanziario e gli ha permesso di funzionare come un parassita dell’economia mondiale. Abbiamo ricevuto molti beni gratis, per usare un eufemismo.

2. Il secondo meccanismo di falsificazione è l’aumento del debito ad un livello tale per cui abbiamo essenzialmente impegnato tutto ciò che possedevamo, comprese le nostre case e le nostre terre, per mantenere il nostro tenore di vita. Una volta sottratto il debito non possediamo più nulla. Il debito è diventato da tempo inservibile – ben oltre la nostra capacità di pagare gli interessi – il che spiega perché i tassi di interesse in Occidente sono vicini allo zero. Qualsiasi aumento renderebbe il debito inservibile e tutti noi andremmo formalmente in bancarotta in un giorno.

In più, in Occidente la falsificazione ha creato valute artificialmente forti, che hanno aumentato il loro potere d’acquisto per i beni prezzati in divise non occidentali. Questi meccanismi hanno anche permesso all’Occidente di gestire economie di servizio gonfie e disfunzionali, in cui le inefficienze sono inimmaginabili. Nelle nostre economie ci sono gruppi giganteschi di persone che non solo non creano valore, ma che lo distruggono sistematicamente.

Ciò che mantiene il tenore di vita dell’Occidente è una piccola minoranza di persone produttive, un costante aumento del debito e il parassitismo sul resto del mondo.

Le persone che possiedono tutto questo debito, in realtà, possiedono tutto ciò che noi pensiamo di possedere. A questo punto, noi Occidentali non possediamo nulla, pensiamo solo di possedere qualcosa.

 Ma chi sono i nostri veri proprietari?

Sappiamo più o meno chi sono, perché si riuniscono ogni anno al World Economic Forum di Davos di Klaus Schwab (il nuovo “Dio terreno!) insieme alle élite politiche occidentali, di cui sono anche i proprietari.

È chiaro che i nostri proprietari sono sempre più preoccupati, e le loro preoccupazioni sono aumentate in sincronia con la crescente pressione esercitata dall’Occidente sul resto del mondo, in particolare sugli Indipendenti. Durante l’ultima riunione di Davos, l’atmosfera era, allo stesso tempo, cupa e tesa , proprio come il panico tra le élite politiche occidentali quando avevano visto fallire l’isolamento della Russia.

Cosa sta per accadere.

Il panico dei nostri proprietari e dei loro politici è comprensibile perché siamo arrivati al capolinea. Non possiamo più mantenere i nostri standard di vita aumentando il debito e il parassitismo [sul resto del mondo]. Il debito sta superando il limite di ciò che possediamo come garanzia e le nostre valute stanno per diventare prive di valore. Non saremo più in grado di ottenere beni gratuiti dal resto del mondo, né di ripagare il nostro debito, tanto meno pagarne gli interessi.

 L’intero Occidente sta per andare in bancarotta e il nostro tenore di vita sta per diminuire di una percentuale enorme. Questo è ciò che ha gettato nel panico i nostri proprietari, che vedono solo due scenari possibili:

1.) Nel primo scenario la maggior parte dei Paesi dell’Occidente, e tutto e tutti al loro interno, dichiarano bancarotta e cancellano il debito con un diktat – cosa che gli Stati sovrani sono in grado di fare. Questo cancellerebbe anche la ricchezza e il potere politico dei nostri proprietari.

2.) Nel secondo scenario, i nostri proprietari rilevano le garanzie durante la bancarotta. Il collaterale siamo noi e tutto ciò che possediamo.

 

Non ci vuole un genio per capire quale scenario abbiano scelto. Il piano per il secondo scenario è pronto e sta venendo attuato in questo momento. Si chiama “Grande Reset” (di Klaus Schwab) ed è stato costruito dalle persone che stanno dietro al World Economic Forum. Questo piano non è un segreto e può essere esaminato in una certa misura sul sito web del WEF.

Il “Grande Reset” è un meccanismo per il sequestro di tutte le garanzie del debito, che include i vostri beni, i beni della vostra città o del vostro comune, i beni del vostro Stato e la maggior parte dei beni aziendali che non sono già in mano ai nostri proprietari.

Questo meccanismo di sequestro dei beni ha diverse componenti, ma le più importanti sono le quattro seguenti:

1.) Abolizione della sovranità. Un Paese sovrano (indipendente) è un Paese pericoloso perché può scegliere di non onorare il proprio debito. La diminuzione della sovranità è stata una priorità per i nostri proprietari e sono stati tentati vari schemi come il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti e il Partenariato trans-pacifico. Lo schema di maggior successo è senza dubbio quello dell’Unione Europea.

 

2.) Il down-tuning dell’economia. L’economia occidentale (e, di fatto, l’economia globale) deve essere ridotta di una percentuale molto significativa. Questa riduzione è necessaria perché l’economia occidentale ora è enormemente sovrastimata e deve essere portata al suo livello reale, che potrebbe essere anche la metà o più di quello attuale. Il lento smantellamento ha anche lo scopo di evitare un crollo improvviso che causerebbe gravi disordini sociali, una minaccia per i nostri proprietari.

Una implosione controllata è quindi preferibile ad un crollo incontrollato. Questa implosione controllata sta già avvenendo ed è in corso da tempo. Si possono citare molti esempi di questo smantellamento, tra cui la politica energetica dell’UE e degli Stati Uniti, progettata per sabotare l’economia occidentale, e gli ovvi tentativi di distruzione della domanda durante e dopo l’epidemia, compresi i problemi logistici, piuttosto bizzarri, che erano emersi improvvisamente dal nulla.

3.) Accaparramento di beni (non possiederete nulla e sarete “felici”).

Tutti i beni che possono essere presi a garanzia del nostro debito privato e collettivo/pubblico verranno acquisiti. Questo è un obiettivo chiaramente dichiarato del Grande Reset(del “Dio” Klaus Schwab), ma è meno chiaro come verrà realizzato.

A tal fine sembrerebbe necessario il controllo totale da parte dei governi occidentali (e di tutti i governi). Questa precondizione è più vicina di quanto si possa pensare, perché, a questo punto, la maggior parte dei governi occidentali sembra essere asservita a Davos, ossia a Klaus Schwab.

Il processo sarà venduto come una ristrutturazione sociale necessaria per far fronte alla crisi economica e al riscaldamento globale e si tradurrà in una massiccia riduzione degli standard di vita per la gente comune, anche se non per le élite.

4.) Oppressione. A molte persone questo non piacerà e una rivolta è una risposta probabile, anche se il ridimensionamento dell’economia viene portato avanti in modo graduale.

Per evitare che ciò accada, si sta implementando un meccanismo di controllo sociale che cancellerà la libertà personale, la libertà di parola e la privacy.

 Inoltre, creerà una dipendenza assoluta dell’individuo dallo Stato. Questo dovrà essere fatto prima che la distruzione economica possa essere completata o ci sarà una rivoluzione. In Occidente, questo meccanismo viene già portato avanti con entusiasmo, come può vedere chiunque abbia occhi e orecchie.

Russia, Cina e altri indipendenti.

Come si inseriscono in tutto questo la Russia e la Cina e la guerra in Ucraina?

Perché tutte le pressioni esercitate dall’Occidente nel corso degli anni e perché tutto questo panico ora? Parte della ragione della pressione sugli indipendenti, in particolare su Russia e Cina, è semplicemente il fatto che hanno resistito all’egemonia occidentale. Questo è sufficiente per entrare nella lista occidentale dei cattivi. Ma perché questa maggiore pressione negli ultimi anni?

Il motivo è che la Russia e la Cina non possono essere sottomesse attraverso la bancarotta e il prelievo dei loro beni. Non hanno grossi debiti in valute occidentali, il che significa che le persone che possiedono l’Occidente attraverso il debito, attualmente non possiedono la Russia e la Cina (come possiedono l’Occidente e il “Terzo Mondo” indebitato) e non possono acquisirle attraverso il debito.

 L’unico modo per farlo è con il cambio di regime. I loro governi devono essere indeboliti con ogni mezzo, comprese le sanzioni economiche e, se necessario, i mezzi militari – da qui l’uso dell’Ucraina come ariete contro la Russia e di Taiwan contro la Cina.

Sottomettere la Russia e la Cina è una questione esistenziale per i nostri padroni di Davos (sotto il loro Dio onnipotente Klaus Schwab), perché, quando distruggeranno l’economia occidentale, anche tutto il resto dovrà essere distrutto.

Se l’economia occidentale viene abbattuta e un grande blocco economico non partecipa alla caduta, sarà un disastro per l’Occidente. Il nuovo blocco acquisirà un enorme potere economico, e forse una sorta di egemonia unipolare, mentre l’Occidente scenderà in una oscura età feudale e nell’irrilevanza. Perciò, affinché il Grande Reset possa funzionare, il mondo intero deve crollare. Russia e Cina devono essere sottomesse con ogni mezzo, così come l’India e le altre nazioni ostinate.

 

Questo è ciò che ha portato alla situazione in cui ci troviamo ora e che alimenterà la continuazione della Terza Guerra Mondiale. Le élite proprietarie occidentali vanno in guerra per mantenere la loro ricchezza e il loro potere. Tutti quelli che si oppongono devono essere soggiogati e costretti a seguire l’Occidente nella programmata Grande Età Oscura del Reset.

La ragione dell’attuale panico tra le élite occidentali è che il progetto Ucraina non sta andando come previsto. Invece di svenare la Russia sul campo di battaglia, sono l’Ucraina e l’Occidente a sanguinare.

Invece di un crollo dell’economia russa che avrebbe portato alla sostituzione di Putin con un leader compatibile con Davos, è l’economia dell’Occidente a crollare. Invece di isolare la Russia, è l’Occidente ad essere sempre più isolato.

 Niente sta funzionando e, come se non bastasse, l’Europa ha dato ai Russi i mezzi e i motivi per distruggere l’economia europea, chiudendo in parte la sua industria. Senza risorse russe, non c’è industria europea, e senza industria non ci sono tasse per pagare i sussidi di disoccupazione, le pensioni, i sussidi ai rifugiati e praticamente tutto ciò che tiene insieme le società europee.

I Russi hanno ora la capacità di organizzare un crollo incontrollato in Europa, che non è quello che Davos aveva previsto.

 Un crollo incontrollato potrebbe far rotolare le teste di Davos, letteralmente, e questo sta causando paura e panico negli ambienti dell’élite globalista di Klaus Schwab. L’unica soluzione per loro è andare avanti con la Terza Guerra Mondiale e sperare per il meglio.

Cosa fare.

Il Grande Reset dell’economia mondiale è la causa diretta della Terza Guerra Mondiale – ammesso che sia quello che sta accadendo. Cosa si può fare al riguardo?

 Dall’interno dell’Occidente si può fare ben poco.

L’unico modo è quello di eliminare in qualche modo Davos dall’equazione, ma questo molto probabilmente non accadrà per due motivi: il primo è che i grandi ‘resetter’ di Davos sono troppo legati all’economia e alla politica occidentale.

Davos è come una piovra, con i suoi tentacoli e le sue ventose all’interno dei circoli elitari, dei media e del governo di ogni Paese.

 Sono troppo radicati per essere facilmente rimossi.

 La seconda ragione è che la popolazione occidentale è troppo ignorante ed è stata sottoposta al lavaggio del cervello. Il livello di questo lavaggio è tale che gran parte di loro vuole effettivamente diventare povera – anche se usano la parola “verde” al posto di “povero” perché suona meglio.

 Tuttavia, ci sono alcune indicazioni secondo cui potrebbero esserci delle divisioni all’interno delle élite occidentali. Alcune di esse, in particolare negli Stati Uniti, potrebbero opporsi al Grande Reset progettato principalmente dall’Europa, ma resta da vedere se questa opposizione sarà reale o efficace.

Tuttavia, al di fuori dell’Occidente, ci sono alcune misure che possono e devono essere prese. Alcune di queste sono drastiche e altre sono in corso di attuazione proprio in questi giorni. Tra queste misure ci sono le seguenti:

1.) Gli Indipendenti, guidati da Russia, Cina e India, devono creare un blocco per isolarsi dall’Occidente radioattivo. Questo isolamento non deve essere solo economico, ma anche politico e sociale. I loro sistemi economici devono essere separati dall’Occidente e resi autonomi. Le loro culture e la loro storia devono essere difese dalle influenze e dal revisionismo occidentale. Questo processo sembra essere in corso.

2.) Gli indipendenti devono immediatamente bandire nei loro Paesi tutte le istituzioni e le ONG sponsorizzate dall’Occidente, indipendentemente dal fatto che siano sponsorizzate da Stati o individui occidentali. Inoltre, devono bandire tutti i media che ricevono sponsorizzazioni occidentali e privare tutte le scuole e le università della sponsorizzazione e dell’influenza occidentale.

3.) Devono abbandonare tutte le istituzioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, perché tutti gli organismi internazionali sono controllati dall’Occidente. Devono quindi sostituirli con nuove istituzioni all’interno del loro blocco.

4.) Devono, ad un certo punto, dichiarare non grate le valute in dollari e euro. Ciò significa che dovranno dichiarare il default su tutti i debiti denominati in queste valute, ma non su altri debiti. Questo avverrà molto probabilmente in una fase successiva, ma è inevitabile.

In questo modo si creerà una situazione in cui l’Occidente scenderà nelle tenebre senza trascinare gli altri con sé – se riusciremo a sfuggire all’incendio nucleare.

(Gaius Baltar- thesaker.is).

(thesaker.is/world-war-3-for-dummies/).

 

 

 

 

 

Il Fallimento della Strategia

di Washington segna

il Cambio di Paradigma.

Conoscenzealconfine.it -Luciano Lago -  ( 3 Agosto 2022)- ci dice :

 

Non occorre molto per comprendere che, dietro la cortina fumogena della propaganda USA, inizia ad emergere il fallimento della strategia statunitense di assedio alla Russia mediante il conflitto in Ucraina.

I resoconti dal campo di battaglia trasmessi dai media occidentali cercano di travisare la realtà e descrivono una situazione di “successi” delle forze ucraine che sono frutto dell’immaginazione.

La realtà dello stato delle forze ucraine è invece drammatica: un esercito allo sbando che ha subito gigantesche perdite ad opera delle forze russe e che si è dovuto ritirare da quasi tutto il Donbass, e che si vede in rotta anche sugli ultimi caposaldi rimasti nel sud della regione.

Da ultimo le forze russe hanno conquistato anche la grande centrale termica di Uglegorsk.

 Anche vari analisti militari americani hanno riconosciuto che la situazione al fronte, nello scontro tra Russia e Ucraina, è del tutto a favore della Russia, nonostante l’enorme accumulo di armi inviato dalla NATO e la presenza di numerosi istruttori occidentali a supporto delle forze di Kiev.

La Russia sta vincendo su tutti i fronti: non solo su quello militare – sul campo di battaglia, ma anche sul fronte politico, basti pensare al crollo del sistema politico europeo e al continuo degrado dell’amministrazione Biden negli Stati Uniti, con effetti di profonda crisi economica in Europa e negli stessi USA.

Di fatto la Russia ha capovolto la situazione, le sanzioni hanno colpito come un boomerang gli USA e la stessa Europa con prospettive di una recessione prossima. Era questo che volevano a Washington e Bruxelles? L’economia russa si difende bene. Nel complesso, non c’è nulla che possa cambiare la direzione di sviluppo di ciascuno di questi aspetti. La Russia sta vincendo e svilupperà la vittoria sul campo di battaglia.

I leader Europei, campioni dell’atlantismo e della Russofobia, sono già estromessi dai governi – Johnson fuori, Draghi fuori, idem per il premier bulgaro e per quello dell’Estonia. Anche Macron si trova in difficoltà.

 Il G7 sta svanendo nella storia come ininfluente.

Dopo il vertice di Teheran, è sorta una nuova alleanza fra Russia, Iran e Turchia, oltre al consolidamento dell’alleanza Russia-Cina che tanto preoccupa gli occidentali.

Nel frattempo si amplia il gruppo BRICS con nuove adesioni: da ultimo quelle di Argentina e Iran.

 I grandi paesi in via di sviluppo voltano le spalle al dollaro ed intensificano la cooperazione con Mosca, dall’India all’Indonesia, al Sud Africa… Un campanello d’allarme per Washington.

Se qualcuno negli USA pensava di isolare la Russia oggi deve riconoscere di aver sbagliato i calcoli e prendere atto dei cambiamenti. A Biden mancano ancora due anni, ma lo scenario che si prepara è quello di una restaurazione repubblicana a Washington.

Anche gli obiettivi di Mosca stanno cambiando. I russi affermano che più armi la NATO fornisce all’Ucraina, maggiore sarà il prezzo che pagheranno sia l’Ucraina che l’Occidente. L’altro giorno i rappresentanti russi hanno dichiarato: “Ora la questione non è limitata al solo Donbass, l’intero territorio che occupiamo non tornerà da nessuna parte, ci appartiene per sempre”.

Presto l’offensiva russa significherà prendere Odessa. Fuori dubbio che questa città diventerà per sempre parte della Federazione Russa. I russi non si fermeranno e andranno oltre. D’altra parte era inevitabile l’allargamento del conflitto quando la NATO ha iniziato a fornire agli ucraini il sistema missilistico l’HIMARS e gli obici MLRS, con una portata e una precisione maggiori.

Gli ucraini, con il supporto della NATO, hanno iniziato a usare queste armi anche contro le aree residenziali di Lugansk e Donetsk e contro lo stesso territorio russo.

E la Russia ha risposto: “Non possiamo porre fine al conflitto nel Donbass. Dovremo espandere la nostra presenza militare per spingere ulteriormente le forze ucraine fino a che i loro mezzi non possano raggiungere gli abitanti di Lugansk e Donetsk”. Si parla di una fascia di sicurezza di 80 o 100 km dal confine.

Ma ora la conversazione va ancora oltre. Al momento stiamo parlando della liquidazione dell’Ucraina. Di certo non si fermerà l’ostilità dell’Ucraina contro la Russia, ma presto capiranno di essere stati sacrificati dai loro governanti, Zelensky in testa, per gli interessi di Washington e della NATO.

Tutto indica che il conflitto sta per arrivare al suo epilogo: la Russia è stanca di giocare. Putin ha recentemente affermato: “Non abbiamo nemmeno iniziato”, e ora i russi dicono: “Ecco fatto, stiamo iniziando a usare mezzi dolorosi”. Tale è la conseguenza dell’ostinazione occidentale nell’inviare armi sempre più sofisticate all’Ucraina.

Questo conflitto sta producendo conseguenze planetarie.

Si sono creati centri di potere e di influenza che gli anglosassoni non possono più controllare e che rifiutano il neocolonialismo occidentale di marca USA.

Il paradigma è cambiato e tutto indica che l’Occidente atlantista ha perso il controllo del mondo.

(Luciano Lago- ilpensieroforte.it/mondo/6072-il-fallimento-della-strategia-di-washington-segna-il-cambio-di-paradigma).

 

I Democratici USA tentano

di infiammare il Mondo.

Conoscenzealconfine.it  -( 2 Agosto 2022)- Paolo Borgognone-ci dice :

 

E questa escalation a Taiwan? I democratici USA vogliono infiammare il mondo.

 Sanno che il tempo è sempre di meno… Poi saranno cancellati dalla storia.

Serbia: prove tecniche di allargamento del conflitto NATO-Russia. È la Terza Guerra Mondiale che si espande a macchia d’olio, coinvolgendo gli ultimi alleati dei russi in Europa.

 Gli USA non vogliono più traccia alcuna di Paesi e governi che, in Europa, possano mantenere un qualsivoglia legame residuo con Mosca.

La Serbia è l’obiettivo di sempre. Cercheranno di distruggerla, per sottrarre alla Russia l’ultimo alleato nel Continente. Ci riusciranno? Non credo, ma ci proveranno a ogni costo e con ogni mezzo.

Uccisione di Ayman al-Zawahri.

Ormai esiste un’alleanza che ha blindato l’Asia e che provano a spezzare con qualche mossa pubblicitaria come l’uccisione di qualche capo di Al Qaeda (gli Usa hanno appena ucciso il leader di Al Qaida, Ayman al-Zawahri).

Devono provocare ma il fatto però che siano così sparse nel mondo rivela una sola cosa: la disperazione. E questa disperazione finirà solo con il destabilizzare l’Occidente. Soprattutto l’Europa, le cui popolazioni al di là della retorica sono sempre più scettiche sull’alleanza con gli USA.

L’Europa sta con gli USA fino a quando garantisce la sua prosperità.

È un continente di anziani: non ha un senso del valore militare o dell’onore.

 Gli USA possono impoverire e destabilizzare l’Europa per un po’ ma non a lungo. Poi l’Europa andrà con chi garantisce gli approvvigionamenti a questa immensa casa di riposo che è.

(Paolo Borgognone- t.me/paolo_borgognone).

 

 

 

 

Il Tribunale di Pesaro ordina:

“Analizzate i vaccini mRna.”

Conoscenzealconfine.it-( 2 Agosto 2022)- Redazione-Avvocatessa Nicoletta  Morante-ci dice:

 

Per la prima volta in Italia si approfondirà il contenuto dei vaccini a mRNA. Il Tribunale di Pesaro, infatti, ha ordinato la Consulenza tecnica e si procederà all’analisi.

Tutto nasce dall’iniziativa di un professionista pesarese, ultra 50enne, guarito dall’infezione Covid, che si è successivamente rifiutato di sottoporsi al vaccino, subendo di conseguenza limitazioni nello svolgimento della propria attività professionale.

“Grazie alla consulenza del dottore Raffaele Ansovini, marchigiano, il ricorrente, un libero professionista di Pesaro, ultra 50enne, già guarito da infezione Covid, ingiustamente (così sosteniamo) limitato nelle propria professione e libertà di circolazione, oltre che colpito da sanzione amministrativa per violazione dell’obbligo vaccinale, ha illustrato al Tribunale le proprie perplessità in ordine alla somministrazione di vaccini a mRNA, chiedendo di accertare se corrisponde a buona scienza medica vaccinare i guariti.”

“Volevamo capire se il consenso informato alla cui firma sarebbe obbligato sia compatibile con l’obbligatorietà, se siano presenti eccipienti ad uso non umano o dannosi per la salute o enzimi già ritrovati in analisi recentemente pubblicate in una rivista scientifica statunitense in calce alla relazione del dr. Ansovini, già redatta proprio per questo giudizio. Il Tribunale di Pesaro, accogliendo il ricorso, ha quindi disposto l’accertamento tecnico richiesto sull’analisi del contenuto dei vaccini a mRNA“, dice l’avvocatessa Nicoletta Morante, difensore del ricorrente.

La tesi dello specialista nel contenzioso civile si fonda sull’analisi delle funzionalità dell’mRNA e degli enzimi rilevati con le analisi. Nella relazione Ansovini spiega: “Nel nucleo vi è il Dna nucleare, nei mitocondri vi è quello mitocondriale. Al suo apparire il Covid-19 si è espresso in tre modi: 5-7% dei pazienti con gravi polmoniti, necessità di terapia intensiva con alta incidenza di prognosi infausta. 35-40% ricoveri ospedalieri bisognosi di continuo monitoraggio diagnostico e terapeutico. 60% asintomatici. Com’è possibile che un virus abbia un comportamento così marcatamente disomogeneo?

Il Covid-19 o per evoluzione naturale o per mano umana è capace d’inserire il suo genoma ad RNA anche nel DNA mitocondriale e quando lo fa mostra il peggio di sé.

Ciò premesso, cosa fanno i vaccini ad mRNA di Pfizer e Moderna?

 Integrano anche essi l’RNA virale del covid-19 nel genoma mitocondriale occupando così la sede che, se occupata dal virus, scatena la sua sindrome severa. Così operando i vaccini ad mRNA, prima di tutto non hanno la conformazione funzionale dichiarata, ed, in secondo luogo pur creando una risposta anticorpale, la stessa risulta inefficace”.

Continua lo specialista: “Di questo anomalo percorso vaccinale ne pagano, alla lunga, le conseguenze le figure dei linfociti CD+19 che diventano a-funzionali nonché percentualmente meno presenti. Bisogna notare che per fare un vaccino con funzioni mimetiche/topiche prettamente cellulari bisognava sapere da subito che SARS-Cov2 si poteva integrare anche nel DNA miticondriale; ma nessuno l’ha mai detto. A questo punto è doveroso vedere veramente di che pasta sono fatti”.

L’avvocatessa Morante chiude: “C’è un caso simile anche a Trento promosso da un odontoiatra. Pesaro può essere un apripista a livello italiano”.

(eventiavversinews.it/importante-prima-decisione-in-italia-il-tribunale-di-pesaro-ordina-analizzate-i-vaccini-mrna/).

 

 

 

 

Prof. Carlo Rubbia

sull’inesistente “Global Warming.”

Conoscenzealconfine.it-( 4 Agosto 2022)- Prof.Carlo Rubbia-Redazione -ci dice :

 

Il Prof. Carlo Rubbia parla dell’inesistente “Global Warming”.

“Io guardo i fatti. Il fatto è che la temperatura media della Terra, negli ultimi 15 anni, non è aumentata ma diminuita.

 Il Prof. Carlo Rubbia è un fisico e accademico italiano, vincitore del premio Nobel per la fisica nel 1984. Sono una persona che ha lavorato almeno un quarto di secolo sulla questione dell’energia nei vari aspetti e, quindi, conosco le cose con grande chiarezza.

Vorrei esprimere alcuni concetti rapidamente anche perché i tempi sono brevi. La prima osservazione è che il clima della Terra è sempre cambiato. Oggi noi pensiamo (in un certo senso, probabilmente, in maniera falsa) che, se teniamo la CO2 (Anidride Carbonica) sotto controllo, il clima della Terra resterà invariato. Questo non è assolutamente vero.

Vorrei ricordare che durante il periodo dell’ultimo milione di anni, la Terra è stata dominata da periodi di glaciazione in cui la temperatura media era di meno 10 gradi, tranne brevissimi periodi, in cui c’è stata la temperatura che è quella di oggi.

L’ultimo è stato 10.000 anni fa, quando è cominciato il cambiamento con l’agricoltura, lo sviluppo eccetera, che è la base di tutta la nostra civilizzazione di oggi.

Negli ultimi 2.000 anni, ad esempio, la temperatura della Terra è cambiata profondamente.

Ai tempi dei Romani, Annibale ha attraversato le Alpi con gli elefanti per venire in Italia. Oggi non ci potrebbe venire, perché la temperatura della terra è inferiore a quella che era ai tempi dei Romani. Quindi, oggi gli elefanti non potrebbero attraversare la zona dove sono passati allora.

C’è stato un periodo, nel Medioevo, in cui si è verificata una piccola glaciazione.

 Poi, intorno all’anno 1000 c’è stato un aumento di temperatura simile a quello dei tempi dei Romani. Ricordiamo che ai tempi dei Romani la temperatura era più alta di quella di oggi.

 Poi c’è stata una mini-glaciazione, durante il periodo del 1500-1600. Ad esempio, i Vichinghi hanno avuto degli enormi problemi di sopravvivenza a causa di questa mini-glaciazione, che si è sviluppata con cambiamenti di temperatura sostanziali.

Se restiamo nel periodo degli ultimi 100 anni, ci sono stati dei cambiamenti climatici notevoli, che sono avvenuti ben prima dell’effetto antropogenico, dell’effetto serra e così via. Per esempio, negli anni Quaranta c’è stato un cambiamento sostanziale.

La presenza dell’uomo ha probabilmente introdotto ulteriori cambiamenti. Non dimentichiamo che quando sono nato io, la popolazione della Terra era 3,7 volte inferiore a quella di oggi. Nella mia vita il consumo energetico primario è aumentato 11 volte.

Per quanto riguarda il comportamento del pianeta, questo ha avuto effetti molto strani e contraddittori. Vorrei ricordare ad esempio che dal 2000 al 2014, la temperatura della Terra non è aumentata: essa è diminuita di 0,2 gradi e noi non abbiamo osservato negli ultimi 15 anni alcun cambiamento climatico di una certa dimensione.

Questo è un fatto di cui tutti voi dovete rendervi conto, perché non siamo di fronte ad un’esplosione della temperatura: la temperatura è aumentata fino al 2000: da quel momento siamo rimasti costanti, anzi siamo scesi di 0,2 gradi”.

(t.me/TEnemy).

 

 

 

Il  lavoro dello spirito dopo Max Weber.

Riflessioni di un giurista pratico

sul lavoro libero e fondamento della giustizia

giustiziainsieme.it- Francesco Perrone- (8-10-2021)-ci dice :

Sommario: 1. Il fondamento della giustizia - 2. L’ordine teleologico della comunità politica - 3. Etica del capitalismo e spirito - 4. Il fondamento oggettivo della libertà - 5. Il problema del volontarismo - 6. Il riduzionismo quantitativo - 7. La crisi identitaria delle democrazie in Occidente - 8. Homo oeconomicus e homo politicus.

 

1. Il fondamento della giustizia. 

Il saggio di Massimo Cacciari Il lavoro dello spirito (Adelphi, 2020) elabora il tema cruciale del fondamento del lavoro libero (geistige Arbeit) nel capitalismo contemporaneo. La questione interpella anche il giurista, sollecitando la riflessione sul risvolto etico e ontologico di tale analisi filosofica. Etico in quanto appartiene alla sfera del dover essere l’imperativo che impone alla comunità politica di garantire la libertà del lavoro. Ontologico in quanto tale imperativo, se scollegato da un ancoraggio razionale che valga a radicare tale libertà come ordine oggettivo della realtà, verrebbe ridotto a flatus vocis dalla potenza delle tecniche economiche, finanziarie, geopolitiche, biotecnologiche di cui il sistema capitalistico (e invero non solo) si serve per attuare il proprio fine.

 

Il tema della libertà del lavoro è un punto critico per la civiltà occidentale. Il lavoro è la dimensione privilegiata in cui la persona si esprime come homo faber e si avvale della tecnica nel compimento del proprio destino di libertà. Al contempo il lavoro è un’acqua perigliosa, che espone l’essere umano al rischio d’essere ridotto egli stesso a mezzo per il conseguimento di fini a sé estranei e di divenire strumento nelle mani di una volontà tecnica volta al potenziamento indefinito di sé stessa (Emanuele Severino, Téchne. Le radici della violenza, BUR, 2010).

 

Il lavoro dello spirito approfondisce una peculiare linea di sviluppo del tema analizzato in Il destino di Dike (Massimo Cacciari, in Elogio del diritto, La nave di Teseo, 2019) su se e dove debba essere ricercato il fondamento di ogni giustizia: antico nodo che il giurista contemporaneo, sempre più costretto nel ruolo di tecnico del diritto e perito dell’interpretazione, ha espunto dal proprio orizzonte di riflessione.

 

Certamente, fintantoché una comunità politica condivide un sistema di riferimento valoriale sufficientemente perspicuo, alla scienza giuridica è concesso l’atteggiamento minimalista di chi si autodefinisca come portatore di una tecnica avalutativa e assiologicamente neutrale. Come osservato da Nicolò Lipari, quando vi sia sostanziale equilibrio tra “testi dettati e valori radicati”, diventa nei fatti indifferente l’approccio ermeneutico (giuspositivista, realista, giusnaturalista) impiegato dal tecnico del diritto, in quanto il risultato di giustizia sostanziale concretamente non muta (Nicolò Lipari, Elogio della giustizia, il Mulino, 2021).

 

Diversamente accade quando una comunità politica viva una crisi identitaria sui fondamenti costitutivi della polis (Massimo Cacciari, Geo-filosofia dell’Europa, Adelphi, 1994; L’Arcipelago, Adelphi, 1997). L’assalto portato al Congresso USA il 6 gennaio 2021, la crisi del rapporto tra laicità di Stato e pluralismo culturale e religioso in Francia (caso Mila), il disorientamento progettuale che ha frantumato l’institution building in Afghanistan, il progressivo tramonto a Hong Kong del principio di preminenza della personalità individuale, sono solo alcune delle faglie su cui la postura culturale delle democrazie occidentali rischia di sgretolarsi.

 

Lo smarrimento di fini ultimi condivisi pone il giurista dinanzi all’ineludibile insufficienza di ogni teoria che riduca la giustificazione della norma a pura questione procedurale. Il giurista del lavoro – in realtà ogni giurista – è sempre più tentato dalla seducente idea che la procedura di costituzionalizzazione (nazionale, euro-unitaria, convenzionale) dei diritti fondamentali assicuri al diritto un fondamento ultimo e stabile: come se le costituzioni non potessero essere modificate per vie più o meno legali o fattuali, la tutela dei diritti non potesse degradarsi da fine dell’ordinamento a tecnica di governo in competizione con tecniche concorrenti, e i diritti costituzionalizzati, plasmati nel loro contenuto per factum principis, non potessero divenire strumento di auto accrescimento della stessa volontà autoritativa che ha imposto il “proprio” sistema costituzionale.

 

Nessuna speculazione giuridica su originarismo o evoluzionismo costituzionale basterebbe da sola a porre il sistema dei diritti fondamentali davvero al riparo dagli attacchi volontaristici delle nuove “sovranità popolari” di cui le mutevoli maggioranze parlamentari (anche a Bruxelles-Strasburgo) sono espressione, qualora la si immaginasse assolta da un’idea di ordine anticipante capace di giustificare i sistemi normativi anche costituzionali, di legittimare la giurisdizione e di fondare gli atti di governo politico, economico, tecnologico. I processi storici non mancano mai, prima o poi, di spogliare la “sovranità popolare” del manto delle astratte definizioni politologiche, per disvelarne la nudità nella dimensione fattuale in cui i poteri autenticamente sovrani dimostrano la propria effettività.

 

Di ciò offre prova l’impasse in cui oggi versano le istituzioni dell’Unione europea, imbrigliate nell’arduo tentativo di ricomporre l’ordine a fronte delle regressioni di sistema che, in taluni Stati membri, erodono le strutture portanti del rule of law, in special modo l’indipendenza della funzione giudiziaria. Uno sguardo disincantato costringe ad ammettere che, qualora non si disinceppassero i meccanismi istituzionali di sanzione (la procedura dell’art. 7 TUe, i procedimenti giurisdizionali dinanzi alla Corte di giustizia Ue), tali opzioni di politica interna, definitivamente tradotte in atti consolidati di governo efficaci nello spazio e nel tempo, finirebbero prima o poi per concorrere alla definizione degli standard delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri (art. 6 TUe). Il peso condizionante di tali standard, per quanto “degradati”, sarebbe tanto più influente sul complessivo assetto costituzionale europeo quanto più dette opzioni politiche si diffondessero ulteriormente nella prassi legislativa ed amministrativa nello spazio euro-unitario senza incorrere in effettive sanzioni ripristinatorie.

 

Analogamente, i livelli di protezione assicurati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo sono fisiologicamente permeabili rispetto al complessivo trend dei variabili standard di fatto applicati dagli Stati, i quali dispongono, e talvolta si appropriano, di un tanto più ampio margine di apprezzamento quanto più è esiguo il grado di consensus circa il contenuto sostanziale irrinunciabile di un determinato diritto fondamentale. Tanto che formale menzione al margine di apprezzamento è ora contenuta nel Preambolo della Cedu in forza dell’art. 1 del Protocollo n. 15, in vigore dall’1 agosto 2021. Lo stesso metodo c.d. “autonomo” d’interpretazione delle clausole Cedu richiede che la ricostruzione dei concetti giuridici convenzionalmente rilevanti – quali “indipendenza del potere giudiziario”, “accusa penale”, “diritto alla vita” – trovi mediazione nella ricognizione comparativa del significato concretamente assunto da tali nozioni nei diversi Stati membri del Consiglio d’Europa (cfr., amplius, Stefano Piedimonte Bodini, Metodo comparativo nella giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo: la teoria, la pratica ed il ruolo della Divisione Ricerca, in Questione Giustizia, speciale n. 1/2019, http://www.questionegiustizia.it/speciale/2019-1, nonché, ibidem, Francesco Perrone, I rapporti della divisione ricerca della Corte Edu: metodo di lavoro e profili di criticità).

Ciò a ulteriore dimostrazione che non esiste livello normativo di garanzia che le procedure di costituzionalizzazione siano di per sé sole in grado di mettere al riapro dalle spinte erosive scaturenti dal fondo delle pratiche di governo burocratico-legislative.   

 

2. L’ordine teleologico della comunità politica  .

 

Nell’Occidente contemporaneo il giurista, anche il giudice, è percepito ed essenzialmente si percepisce come tecnico del diritto e perito dell’interpretazione del ius positum (Natalino Irti, Il destino di Nomos, in Elogio del diritto, 2019), qualunque sia il sistema normativo (legale, costituzionale, eurounitario, convenzionale) assunto come termine di più diretta referenza interpretativa-applicativa (cfr., sul sito di Labour Law Community, Qual è l’identità del giudice del lavoro oggi? Le visioni di tre giudici a confronto, https://www.labourlawcommunity.org/dialoghi/la-giustizia-del-lavoro/; Gustavo Zagrebelsky, La giustizia come professione, Einaudi, 2021).

Ciò è il prodotto culturale del geometrismo con cui la dottrina illuministica sulla divisione dei poteri, specialmente nella sua declinazione giacobina (Augustin Cochin, L’esprit du jacobinisme, Presses Universitaires de France, 1979), è stata metabolizzata negli ordinamenti europei di diritto continentale, e della conseguente esclusione dalla iurisdictio di qualunque competenza nella selezione dei fini cui l’ordinamento è orientato. Ma è anche un riflesso del più complessivo processo di secolarizzazione che, nella postmodernità, ha eletto la cultura tecnica a forma privilegiata del sapere, necessariamente quantitativo e deterministico, in quanto tale unico affidabile e capace di garantire il meccanismo di funzionamento dello Stato liberaldemocratico e tecnologico.

 

Tuttavia, il giudizio di bilanciamento dei diritti, struttura logico-argomentativa di aggiudicazione tradizionalmente riservata alla giustizia costituzionale, ha sempre più permeato, e oggi capillarmente conforma la logica decisionale dei giudici comuni grazie alla pervasività della crescente integrazione tra giurisdizioni nazionali e Corti europee. La logica strutturale del giudizio di bilanciamento assume che il sistema costituzionale (nazionale, euro-unitario, convenzionale) non individui punti di equilibrio rigidi e testuali, ma ne rimetta la dinamica concretizzazione alle autorità investite della relativa competenza legislativa, amministrativa, giurisdizionale. La necessità che tale processo di concretizzazione trovi compimento secondo linee di sviluppo razionali, al riparo da arbitrii soggettivistici (cfr. Intervista a Fabrizio Amendola, labourlawcommunity.org/author/fabrizio-amendola/), necessariamente reclama la precostituzione di un sistema assiologico capace di indicare i fini ultimi cui l’ordinamento complessivamente tende.

 

Tra diritti economici e di ritti sociali peculiarmente vige un equilibrio dinamico di interessi in opposizione (Silvana Sciarra, Solidarity and Conflict. European social Law in Crisis, Cambridge University Press, 2018), la cui composizione razionale non è attuabile se non è determinato il fine cui il sistema sociopolitico nel suo complesso tende. Ogni tentativo razionale d’armonizzazione della libertà d’iniziativa economica privata (art. 41 Cost., art. 16 CdfUe) con la tutela dei diritti sociali disvela l’intrinseco teleologismo in cui l’attività di bilanciamento dei diritti si struttura. La distribuzione delle risorse tra impresa e lavoratore, tra individui produttivi e individui bisognosi d’assistenza, spetta a ciascuno secondo i propri meriti (come sostenuto dal retore Callicle in Platone, Gorgia, Bompiani, 2001, 484 C, 491 D; Michael Young, The Rise of the Meritocracy, Pelican Book, 1958) o a ciascuno secondo i propri bisogni (Atti degli Apostoli, 4, 35)?

Non è la ratio legis di una specifica norma a indicare se e in che misura l’uno o l’altro dei due criteri distributivi debba trovare applicazione e prevalere, bensì il modello di giustizia sociale che una determinata comunità si pone il fine di realizzare.

Analogamente, in assenza di un modello antropologico in funzione del quale una comunità orienti il fine del proprio essere civitas, come è possibile armonizzare da un lato il diritto alla vita del minore in stato vegetativo e il diritto alla vita familiare anche dei genitori (unitamente al portato di responsabilità giuridiche e morali ad esso connesse), dall’altro lato la pretesa dello Stato di imporre una propria dottrina su cosa sia la dignità umana, su se e come “valga la pena” impiegare le risorse pubbliche nel servizio sanitario? (Corte Edu, Parfitt c. Regno Unito, 20 aprile 2021, …hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-209750)

 

In questo angusto anfratto della legalità si annida il rischio dell’arbitrio che si rimette al decisore quando una comunità politica non abbia la libertà d’immaginare o di riconoscere il proprio telos. Sono le dottrine dello Stato totalitarie a teorizzare l’appropriazione esclusiva della disponibilità del telos in capo al detentore del potere, e il conseguente disconoscimento di qualsivoglia principio d’ordine capace di limitare e d’orientare la pretesa d’assolutezza della volontà del sovrano. 

 

3. Etica del capitalismo e spirito. 

 

È il problematico nodo d’intersezione tra libertà del lavoro, potenza della tecnica e ordine fondativo della giustizia l’attualissimo tema su cui Massimo Cacciari in “Il lavoro dello spirito” concentra il proprio fuoco. La sensibilità del giuslavorista consapevolmente votato al fine pratico della scienza giuridica è fortemente sollecitata dall’inattesa centralità che tale scritto restituisce allo spirito: da algoritmo di frequenze neurali (secondo la riduzione predicata dalle neuroscienze), al ruolo di soggetto che agisce il lavoro intellettuale.

Il saggio assume quale punto di riferimento concettuale la riflessione di Max Weber sullo spirito del lavoro intellettuale che il sociologo tedesco, in due conferenze tenute a Monaco di Baviera nel 1917 e nel 1919 (Die geistige Arbeit als Beruf), identifica nella professione scientifica e nella professione politica (Max Weber, Il lavoro intellettuale come professione, trad. it., Mondadori, 2006). Alla base della riflessione weberiana sul rapporto tra lavoro e capitalismo (Max Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, 1904-1905) vi è l’assunto che quest’ultimo abbia derivato dall’etica del protestantesimo il proprio spirito. È il riconoscimento, anche nel capitalismo, di una propria dimensione spirituale a rendere disperato il tentativo di trovare una via definitiva di riconciliazione razionale, e praticamente agibile, tra lavoro libero e sistema capitalistico, realtà nella loro essenza irriducibili, in quanto entrambe espressione di uno spirito, e al contempo inconciliabili, in quanto orientate a finalità irrimediabilmente incomponibili.

 

Massimo Cacciari, in “Il lavoro dello spirito”, fa un passo oltre l’orizzonte weberiano, promuovendo il ruolo dello spirito da attributo del capitalismo – in L’etica protestante è il capitalismo ad avere uno spirito – a quello di soggetto agente della storia, essendo lo spirito il soggetto che “lavora”. Nel pensiero cacciariano il capitalismo non ritrova in sé alcuna dimensione spirituale per una ragione costitutiva: la macchina capitalistica assume quale proprio fine la produzione del profitto (cfr. Benjamin Franklin in Necessary Hints to Those who Would be Rich, 1736 e in Advice to a Young Tradesman, 1748), non la libertà della persona. Essa anzi mira per natura ad inglobare qualunque lavoro, manuale e intellettuale, politico e scientifico, nel proprio sistema organizzativo, annientandone lo spirito in funzione della sua riduzione a tecnica, di cui il capitalismo si avvale utilitaristicamente – così come avviene per la tecnica economica, la tecnica finanziaria, la tecnologia – in assenza di un fine che sia al di là del suo stesso attuarsi. 

Ciò non esclude che il capitalismo abbia un proprio ethos, che si compie nell’asservimento delle tecniche, incluso il lavoro umano di qualunque natura esso sia, in funzione della generazione di un profitto. Il lavoro dello spirito è ben lungi dal denunciare l’assenza di etica nel capitalismo. L’opera semmai afferma la scissione di ogni possibile legame tra etica del capitalismo e spirito, rifiuta l’idea che il capitalismo possieda o possa appropriarsi di uno spirito per erigere sé stesso a religione. Non è concepibile l’asservimento del lavoro libero, quando sia autenticamente tale in quanto agito dallo spirito, in funzione del perseguimento dei fini propri di un sistema che spirituale non è.

 

Tale posizione radicale pone l’Occidente contemporaneo dinanzi ad uno sconcertante interrogativo: residua un piano di possibile integrazione in concerto del lavoro libero nel sistema economico organizzato, ovvero ogni sforzo è destinato a fallire nell’insanabile lacerazione che oppone libertà dello spirito ed etica capitalistica?

La questione è evidentemente cruciale in un tempo in cui il capitalismo ha dato storicamente prova di essere l’unico sistema di organizzazione economica capace di finanziare gli onerosissimi costi della democrazia. Il dilemma weberiano non può allora restare senza ricomposizione, pena la degradazione della libertà dal piano della realtà dell’essere a mera rappresentazione astratta, disancorata dalla storia e ridotta a ideologia, o forse a vaneggiamento.

La riflessione cacciariana non spinge l’analisi sino alla questione sul come, nella pratica, il lavoro dello spirito possa essere integrato nel sistema economico e rendersi produttivo senza che ne sia intaccata la natura libera. Essa tuttavia individua con nitidezza il principio d’ordine capace di validare la via d’uscita dall’impasse weberiano, ricostruendo rigorosamente l’ordine spirituale e oggettivo di gerarchia tra libertà del lavoro, potenza politica, scientiam facere e governo delle tecniche. Si ritrova quindi la fondazione dell’ordine assiologico chiamato a governare ogni processo di bilanciamento tra esigenze tecniche del capitalismo (in primis l’organizzazione dei fattori della produzione), dignità della persona e libertà del lavoro (artt. 1, 3 e 4 Cost.; artt. 1, 15 e 31 CdfUe; punto 26 del preambolo Cse; artt. 4, 23, 26 Cse).

È interessante riscontare, su questo tema cruciale per la civiltà occidentale, un significativo punto di convergenza tra pensiero laico e il magistero dell’enciclica Laborem exercens (Giovanni Paolo II, Paoline Editoriale Libri, 1982). Quest’ultima, approfondendo l’ultrasecolare analisi sociale intrapresa nella Rerum Novarum (1891) e rinnovata nella Quadragesimo Anno (1931), col ricordare che “il lavoro è per l’uomo, e non l’uomo per il lavoro”, già aveva affermato il “principio della priorità del lavoro nei confronti del capitale” (cfr. anche Giovanni Paolo II, Centesimus annus, Paoline Editoriale Libri, 1995; Luigi Mengoni, Mario Napoli, Il lavoro nella dottrina sociale della Chiesa, Vita e Pensiero, 2004).   

 

4. Il fondamento oggettivo della libertà .

 

Max Weber riconosce che il capitalismo ha un proprio spirito, così come il protestantesimo ha la sua etica. In entrambi gli ordini – quello socioeconomico e quello religioso – assume centralità il valore esistenziale dell’agire umano. Il termine utilizzato da Weber per indicare la professione è Beruf (Gaetano Vardaro, Tecnica, tecnologia e ideologia della tecnica nel diritto del lavoro, in Lorenzo Gaeta, Anna Rita Marchitiello, Paolo Pascucci (a cura di), Itinerari, Franco Angeli, 1989), che è anche il vocabolo impiegato da Lutero nella propria traduzione in tedesco della Bibbia per significare il concetto di “vocazione”. Beruf è intrinsecamente legato al concetto di “chiamata a”, al compimento di un destino esistenziale di libertà spirituale di cui il lavoro è estrinsecazione (sul rapporto tra lavoro e dimensione vocazionale della persona cfr. Francesco, Fratelli tutti, Marsilio, 2020, n. 162).

 

Weber, frutto maturo del positivismo, ha operato in un contesto culturale fortemente influenzato, per contrapposizione, dall’idealismo tedesco, che è il terreno filosofico nel quale la stessa filosofia marxiana affonda criticamente le proprie radici. A fronte di un così forte termine di referenza concettuale, che concepisce la storia quale sviluppo fenomenologico dello spirito che si fa assoluto, sembra riduttivo intendere nella riflessione di Massimo Cacciari la parola spirito - “l’operare di tutti e di ciascuno” nella definizione di Hegel - in senso neutro alla stregua di semplice sinonimo di intelletto, o peggio ancora nell’accezione moralistica di un non ben identificato afflato sentimentalistico.

È invece riconoscibile una peculiare connessione tra l’analisi cacciariana e il tema epocale con cui l’Europa contemporanea è chiamata a confrontarsi: quale sia il rapporto esistente tra ragione, giustizia e ontologia. E infatti al di fuori di una filosofia dello spirito o, potremmo dire in via più generale, di una filosofia del principio, capace di legare con vincolo di necessità i sistemi etico-assiologici all’essere, non scorgo alcuna possibilità di sintesi, ma semmai contrapposizione di opposti o, al più, giustapposizione di visioni non comunicanti e di volontà irrelate. Nella postmodernità tale concorso non dia-logante di volontà può assumere molti nomi, come società liquida o relativismo, la cui unica etica possibile è l’utilitarismo. Unico punto di ammissibile contatto, temporaneamente non bellicoso ma reso precario dalla preminenza teleologica della prefigurazione dell’utile, è la tecnica contrattuale, contingente incontro di volontà il cui inadempimento ben può essere utilitaristicamente giustificato dall’opportunità di rottura efficiente del vincolo, come predetto dalle tecniche di Law & Economics (Adalberto Perulli, Intervista a Massimo Cacciari, …labourlawcommunity.org/news-eventi/llc-interviews-series-adalberto-perulli-intervista-massimo-cacciari/; John Cartwright, Contract Law: An Introduction to the English Law of Contract for the Civil Lawyer, Hart Publishing, 1957).

 

Lo scontro tra volontà oppositive - tra il sé e ciò che è radicalmente altro da sé - è deflagrazione, puro scontro violento, da cui vincitori e vinti sono ugualmente travolti (Simone Weil, L’Iliade, o il poema della forza, Les Cahiers du Sud, 1943). Non è un caso che in tutte le città, a Roma come a Parigi, il campo marzio sia situato al di fuori dal perimetro della civitas, cioè fuori dallo spazio politico-relazionale. Nemmeno ritengo immaginabile che dal nulla prodotto dal conflitto assoluto possa sorgere una qualunque sintesi. Nel sistema hegeliano l’aporia della sintesi trova soluzione grazie all’azione del principio spirituale d’ordine che gli è immanente, atteso che il di più che emerge nella sintesi è frutto non del mero conflitto tra tesi e negazione della tesi (a, non a), che in sé condurrebbe al reciproco annichilimento, ma dell’arricchimento che la realtà, tramite la contraddizione, vive nell’inveramento dello spirito. Nel pensiero classico Polemos, dio della forza oppositiva, è sì “padre di tutte le cose”, ma in quanto osservante dell’ordine indiviso del logos eracliteo. Polemos è il rimedio tramite il quale l’ordine dialogico, in quanto costitutivo dell’essere, impone la connessione tra i distinti che rifiutino di relazionarsi e pretendano di rimanere nella separatezza assoluta (Cacciari, Geo-filosofia dell’Europa, 132).

Per contro, una visione liquida o relativistica della realtà non dispone di strumenti capaci di fondare una compiuta etica della libertà, necessariamente oggettiva e relazionale (dia-logica). In sé è flatus vocis l’aforisma kantiano, ricorrente in John Stuart Mill (On Liberty, John W. Parker and Son, 1859) e Martin Luther King, secondo cui la libertà dell’uno finisce dove inizia quella dell’altro: al di fuori di un principio d’ordine nel quale ritrovare il fine cui tende la libertà di ciascuno non mi sembra consentito individuare, senza cadere nell’arbitrio, alcun punto di bilanciamento tra la libertà propria e la libertà altrui, né addivenire a una sintesi della giustapposizione delle volontà individuali che affermino la pretesa di assolutezza del potere d’azione di ciascuna. Inesorabilmente, la visione “liquida” della realtà confonde la libertà con la potenza d’azione, decompone il piano oggettivo dell’etica a quello puramente soggettivo dell’arbitrio, ove la libertà degrada a fare ciò che si ha il potere materiale di fare.

Una società appagata dal torpore relativistico non ammette né pace, né armonia, ma al più tolleranza, la quale è atto della volontà non fondato su alcuna ragione, e quindi arbitrio (Cacciari, Geo-filosofia dell’Europa, 145).

Nelle società democratiche si affida alla logica del bilanciamento dei diritti il compito di governare il conflitto che fatalmente si instaura tra la vocazione al lavoro libero e la pretesa (giuridicamente tutelata) di perseguire un profitto avvalendosi di lavoro comandato, mattone costitutivo della produzione organizzata nel sistema capitalistico. Tuttavia, l’intero meccanismo di tutela dei diritti fondamentali rischia di ridursi a techne, come tale facilmente strumentalizzabile in funzione di fini estranei a sé, qualora ab-solto da un principio d’ordine capace di fondarne oggettivamente la giustificazione.

È questo il piano ove si celebrano le nozze (o si consuma il divorzio) tra diritto e etica: non la posizione di valori “sovrani” quale fine ultimo della volontà di chi dispone del potere nomopoietico (il legislatore ordinario, quello costituente, il potere esecutivo-amministrativo, il giudice), ma il riconoscimento in un principio anticipante (“sottano”, citando l’ironica intelligenza di Gustavo Zagrebelsky) che riflette la dialogicità della propria natura sull’ordine legittimo delle cose. Per contro, il disconoscimento di ogni principio d’ordine fondativo preclude a qualunque dottrina sui diritti umani ogni possibilità di trovare giustificazione diversa dal puro presupposto giuspositivista, e di sottrarsi al portato volontaristico che esso sottende (cfr. Norberto Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, 1990). Ecco che si ridurrebbe a inutile snobismo la pretesa di liquidare come pittoresche stravaganze le visioni estreme di pensatori estremi come Julius Evola (Rivolta contro il mondo moderno, Edizioni Mediterranee, 1978) o Alain de Benoist (Au-delà des droits de l’homme. Pour défendre les libertés, Éditions Krisis, 2004).   

 

5. Il problema del volontarismo. 

Lo stesso utilitarismo hobbesiano resta puro polemos disgregativo se svincolato dal principio d’ordine di cui pacta sunt servanda è espressione. Tale principio assiologico trascende – mi sembra oltre la ferrea logica hobbesiana – l’etica puramente utilitaristica, che di per sé sola legittima la rottura di ogni patto. Esso anzi è intrinseca contraddizione della legge che governa lo stato di natura. La stessa società contrattualistica del “patto sociale”, nelle sue varie declinazioni hobbesiane, spinoziane o lockiane, e al di là di ogni pedanteria critica circa la realtà o metaforicità del patto, non può trovare realizzazione storica al di fuori di un ordine che valga a fondarla al di là del puro stato di natura (fondamentale sul tema, con prospettiva parzialmente diversa, John Rawls, A Theory of Justice, Harvard University Press, 1971).

Nella critica di Cacciari lo Stato di diritto, perduto il senso del principio, è lo Stato che considera sopra di sé la pura forma del contratto. All’esito del processo di costituzionalizzazione che ha elevato il contratto a ente fondativo del diritto pubblico, la rimozione dell’arché è il sacrificio che la postmodernità ha offerto sull’altare di ciò che Paolo Perulli definisce il “dio contratto” (Il debito sovrano. La fase estrema del capitalismo, La nave di Teseo, 2020).

Nell’era del capitalismo le stesse potenze politiche, che Alessandro Aresu minuziosamente descrive nel loro incessante contrattare con le concorrenti potenze economiche, finanziarie, tecnologiche, geopolitiche (Alessandro Aresu, Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina, La nave di Teseo, 2020), si relativizzano in una dinamica contingente di reciproco dominio-asservimento che contraddice la natura spirituale e libera del lavoro politico (cfr., su ruolo della comunità internazionale e concezioni economiciste, Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, Paoline Editoriale Libri, 1998).

La società politica contemporanea, perduta la fiducia di poter ordinare la civitas su assetti regolativi di principio, affida la propria funzionalità organizzativa all’efficienza tecnica di “accordi parzialmente teorizzati” (Cass R. Sunstein, Designing democracy: what constitutions do, Oxford University Press, 2001), a tecniche di negoziazione che prefigurano l’elusione della discussione sugli aspetti sostanziali che la comunità politica non è in grado ricondurre ad uno spirito condiviso, e quindi di armonizzare. Ecco abbracciata, per questa via, la nuova “religione nichilista” (Walter Benjamin Capitalismo come religione, in Alfabeta 2, 6 dicembre 2014).

L’immanenza della matrice contrattualistico-utilitaristica nell’etica del capitalismo è in stretta connessione con la questione del volontarismo. Nella logica capitalistica è la primazia della volontà orientata al profitto a trovare affermazione. La volontà si fa tecnica (“la tecnica è volontà” secondo Emanuele Severino) e avoca a sé, riducendolo a tecnica, ogni tipo di lavoro umano, in primis quello scientifico, la cui produttività viene inglobata nel ciclo economico in funzione strumentale rispetto alla redditività del capitale. Il lavoro politico è coartato nel ruolo di tecnica anticiclica (Cacciari), degradato dalla funzione spirituale che gli è propria di pontifex tra principio d’ordine e comunità a strumento servente di un fine contingente ad esso estraneo.

È sul modo in cui concepisce il rapporto tra volontà e principio d’ordine che una comunità politica decide il proprio destino. Quando la volontà si volge al principio ordinante, il Beruf politico è capace di salvaguardare la propria autonomia spirituale e d’orientare il sapere scientifico alla libertà della persona umana tramite il governo della tecnica. Se è invece la volontà di chi dispone del maggior potere d’azione sul mondo (la techne) ad imporre la strumentalizzazione del lavoro umano in funzione di fini estranei alla struttura dialogica del principio, anche il lavoro politico seguirà il destino della de-spiritualizzazione, e il lavoro scientifico opererà disumanizzato e de-personificato.

La primazia della volontà sull’ordine razionale della realtà è l’assunto fondativo di ogni totalitarismo. L’assolutezza del potere si impone in modo tanto più estremo quanto più essa sia in grado di affermare la realizzazione di sé quale fine ultimo dell’esercizio della potestas, anziché tendere all’armonizzazione delle relazioni politiche, economiche e sociali secondo l’ordine dia-logico della persona umana. La costruzione di un proprio linguaggio autorappresentativo (Victor Klemperer, LTI. La lingua del Terzo Reich. Taccuino di un filologo, Giuntina, 1998), di una neolingua (George Orwell, Nineteen Eighty-Four, Secker & Warburg, 1949), è la techne privilegiata con cui il potere totalitario costringe la realtà ai dettami della propria volontà (come l’appropriazione di un Lebensraum) e ai vincoli delle autorappresentazioni (l’autopercepita appartenenza alla razza ariana o la discendenza dal popolo mitico di Thule), sopprimendo la natura dialogica dell’essere.

Non è un caso che Il trionfo della volontà, terribile capolavoro cinematografico di Reni Riefensthal, è il titolo assegnato al più noto filmato di propaganda nazista. 

 

6. Il riduzionismo quantitativo. 

Un arcigno ostacolo culturale alla rifondazione del rapporto assiologico tra libertà oggettiva, volontà e tecnica è rappresentato dal quantitativismo scientifico, che nella postmodernità si è imposto quale preteso fondamento di ogni possibile forma di conoscenza razionale. Le tecniche, ognuna prodotto applicativo di una scienza particolare, si ergono a sistemi autosufficienti di governo della natura, svincolati da qualunque principio d’ordine che stia “oltre” il segmento di realtà suscettibile di quantificazione. Nemmeno lo sconvolgimento subito nel corso del ‘900 dai concetti di spazio-tempo e di causa-effetto a seguito delle scoperte della fisica subatomica è valso a mettere radicalmente in discussione il convincimento quantitativistico-deterministico diffuso nell’immaginario di larga parte del mondo scientifico, e le ricadute antropologiche che ne conseguono (Jacques Monod, Il caso e la necessità, Mondadori, 1970).

Secondo una potente interpretazione, il riconoscimento dei numeri quali elementi costitutivi dell’essere varrebbe a qualificare la scienza contemporanea quale sapere intrinsecamente platonico (Cacciari), proprio in quanto la matematizzazione è espressione del métron su cui il mondo classico, a partire dalla tradizione pitagorica, fonda l’ordine razionale della realtà (Platone, Timeo, Bompiani, 2000).

È anche vero, tuttavia, che l’idea che la matematizzazione sia espressione o struttura costituente di un principio d’ordine cosmico fondativo non appartiene, ubiquitariamente, al pensiero scientifico contemporaneo in quanto tale. E in effetti lo stesso Massimo Cacciari distingue la matematizzazione propria della scienza platonica dal calcolo meramente quantitativo.

La degradazione a techne della stessa matematizzazione e la riduzione della realtà a mera somma di quantità sono precipui aspetti della weltanschauung postmoderna. La disgregazione degli oggetti nelle loro quantità costitutive elementari è il risultato cui il metodo analitico intrinsecamente tende (ἀνα + λύσις, λύειν, sciogliere). La riduzione quantitativa, in sé considerata, è scioglimento dei legami e, in ultima istanza, scomposizione dell’intero in frammenti irrelati, come tali strumentalizzabili in funzione di qualunque fine voglia porsi una volontà orientata a un’etica puramente utilitaristica.

Appartiene alla comune esperienza l’impatto metodologico che il modello di ragionamento analitico deduttivo ha prodotto anche sulla scienza giuridica, dalla logica tomistica all’ideologia illuministica del giudice bocca della legge, sino alle aporie del geometrismo giuridico kelseniano. E tuttavia nel Signore degli anelli Gandalf il grigio (il mago buono) mette in guardia Saruman (il mago buono diventato cattivo, “il saggio che ha abbandonato la ragione per la pazzia”) ammonendolo che è folle colui che rompe un oggetto per scoprire cos’è (sulla rilevanza nella modernità dell’idea di adaequatio tra ragione individuale e natura cfr. Maurizio Manzin, La natura (del potere) ama nascondersi, in Francesco Cavalla (a cura di), Cultura Moderna e interpretazione classica, Cedam, 1997).

Il matematismo quantitativo è, in fin dei conti, un’eredità fraintesa di Voltaire, al quale Nietzsche significativamente dedica Umano troppo umano, opera che segna l’apertura alla nuova era della volontà di potenza, liberata da ogni principio autoritativo. Così, la derisione delle superstizioni medievali (non di rado create dall’immaginario dei moderni e attribuite per transfer al pensiero degli antichi), e in genere metafisiche, è diventata nel positivismo ottocentesco vera e propria postura filosofica (“Keine Metaphysik mehr!”). Se l’illuminismo ha avuto quantomeno il merito storico di recuperare la ragione al centro dell’esperienza umana, alla sua propaggine positivista va addebitato il demerito di aver generato la superstizione del riduzionismo quantitativo e idolatrato il dogmatismo dell’intelletto.Pur a fronte della critica epistemologica mossa alle scienze galileiane dalla filosofia novecentesca (Edmund Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, trad. it., Il Saggiatore, 2015), l’immaginario dei contemporanei è diffusamente suggestionato dalla distorsione quantitativistica. Ciò emerge con evidenza nel best seller di Stephen Hawking e Leonard Mlodinow The grand design (Transworld, 2010). I due scienziati, mossi dal dichiarato intento di dimostrare la non necessità fisica di qualunque principio divino e in genere metafisico a fondamento ultimo dell’essere, sembrano davvero convinti che il gioco-esperimento digitale di Conway sia in grado di offrire una riprova empirica dell’autosufficienza cosmogonica del modello d’automa deterministico-quantitativo. Invero, lo scritto altro non è se non una riedizione aggiornata del famoso saggio di Hawking Dal big bang ai buchi neri (1988), con l’aggiunta di una sorta di prefazione filosofica la quale, muovendo da alcune rapide suggestioni sugli elementi (principi materiali) presocratici e sugli atomi democritei, salta a piè pari 2500 anni di storia del pensiero occidentale per proporre una rifondazione della fisica quantitativa come nuova filosofia dell’essere (la questione della scienza come compimento della metafisica è posta semmai da Martin Heidegger, La fine della filosofia e il compito del pensiero, in Tempo ed essere, 1969. Il tema ha origini antiche: sul rapporto tra episteme e metafisica come ricerca del principio e della causa cfr. Aristotele, Metafisica, Bompiani, 2000).

Così, una significativa componente della weltanschauung contemporanea, disconoscendo ogni “platonicità” nella matematizzazione della realtà, erige una cortina ferrea tra reale e “chimerico” (Auguste Comte, Discorso sullo spirito positivo, trad. it., Laterza, 1985).

La tracimante diffusività del riduzionismo quantitativo non può non contaminare anche la dimensione antropologica. Ne costituisce manifestazione, nella forma più estrema, il dramma delle due guerre mondiali, ove lo stesso individuo guerriero ha cessato di essere qualità (si pensi al valore dell’antico cavaliere medievale, come Dante Alighieri a Campaldino, o del samurai giapponese), per diventare mera quantità nella guerra di trincea, e più ancora sotto i bombardamenti di massa che hanno colpito i civili a Dresda come a Londra. Sciocca, ma non stupisce, che nei rapporti degli ufficiali della prima guerra mondiale le perdite umane in battaglia siano contabilizzate algebricamente allo stesso modo delle perdite di cannoni, derrate alimentari, animali da carico (Alessandro Barbero, Caporetto, Laterza, 2017).Con coerenza estrema, l’antropologia nazista ha generato il modello d’individuo “non completamente nato” (Tommaso Tuppini, La caduta. Fascismo e macchina da guerra, Orthotes, 2019), che è entità irrelata, segregata sia dal mondo esterno, sia dal proprio mondo interiore tramite una pelle che opera come “corazza” difensiva-segregativa. Il nazista è unità numerica perfettamente disgregata e segregata da qualunque forma di dia-logos con ogni altro umano.

Le guerre mondiali sono state un’esperienza collettiva di dissolvimento dell’esistenza individuale, unico valore posseduto dal soldato sul campo di battaglia, a mera quantità irrelata. Su tale sostrato esperienziale il pensiero esistenzialista ha prodotto una rappresentazione dell’essere umano quale entità ridotta a pura esistenza, condannata all’assurdo in quanto incapace di relazione sensata – di diálogos – con sé stessa e con l’altro (Albert Camus, L’Étranger, Gallimard, 1942). Inevitabilmente, l’enfer, c’est les autres (Jean-Paul Sartre, Huis clos, 1943).

Sono innumerevoli i contesti, seppur meno estremi, in cui l’Occidente ha vissuto esperienze di disumanizzazione del lavoro e di riduzione dell’umano a mera quantità, come nelle catene produttive delle prime rivoluzioni industriali o, talvolta, nelle contemporanee catene transnazionali del valore. Non è un caso che il positivismo, emblematicamente, sia divenuto la bandiera filosofica della borghesia capitalistica ottocentesca, del pensiero economico liberista e della sua rivoluzione tecnico-industriale. 

 

7. La crisi identitaria delle democrazie in Occidente. 

 

Quando le comunità politiche affrontano una crisi d’identità, le forme di pensiero “debole” esercitano una particolare capacità di fascinazione (Gianni Vattimo, Dialettica, differenza, pensiero debole, in Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti (a cura di), Il pensiero debole, Feltrinelli, 1983). Nel dopoguerra, la capacità delle democrazie europee di riconoscersi nei propri fondamenti costituitivi è stata ripetutamente messa in crisi da una molteplicità di fattori d’innesco (l’esaurimento dell’ordine di Jalta, la fine delle ideologie, i nuovi fenomeni migratori, la crisi demografica, i “sovranismi”, lo stallo nel processo d’integrazione europea). Specularmente, nel momento in cui la democrazia ateniese ha raggiunto l’apice del proprio splendore, la concezione socratico-platonica del logos è entrata in competizione con il nuovo approccio etico utilitaristico delle emergenti scuole retoriche e sofistiche (Platone, La Repubblica, Bompiani, 2009; Gorgia, Laterza, 1997; Protagora, Bompiani, 2001; Minosse, La Vita Felice, 2015).

Il pensiero “forte” socratico fonda la disposizione armonica (kòsmos) della società e delle leggi (nomoi, nomizomena) nell’ordine pregiuridico e prepolitico del logos. Finché la comunità ateniese si è riconosciuta nel principio già presocratico di corrispondenza tra pensiero ed essere (cfr. Platone, Lettera VII), la buona legge non poteva essere intesa quale mera deliberazione della polis, bensì tou ontos exeuresis, “scoperta di ciò che è” (Minosse, 315 A). Coerentemente, nei dialoghi platonici giovanili l’osservanza delle leggi è considerata atto giustizia in sé (Platone, Critone, Bompiani, 2000), essendo le leggi manifestazione armonica dell’ordine cosmico presupposto.

In Gorgia, dialogo di quasi un decennio successivo al Critone, Platone appare irrimediabilmente sconcertato dall’incomprensibile messa a morte del maestro. Qui, l’identificazione spirituale con la polis è radicalmente messa in dubbio, tanto che Socrate questa volta sente il dovere di distinguere le leggi giuste, espressione del logos, da quelle ingiuste, puro strumento di dominio. Per contro il retore Gorgia, maestro del nuovo corso della democrazia, è fermo assertore del predominio della volontà sull’essere, e considera la retorica “il più grande bene” proprio in quanto techne capace di conferire “il potere di dominare sugli altri nella propria città” (Gorgia, 452 D, 456 C). Invero Gorgia, con sorprendente attualità, si atteggia ancora a dottrinario di transizione, vittima del suo stesso moralismo. In alcuni passi del dialogo egli sembra ancora diviso tra l’affermazione incondizionata della nuova potenza volontaristica e il legame con i vecchi schemi, che lo imbrigliano nella contraddizione di chi ancora sente il bisogno di proclamare, a dispetto dei presupposti da cui egli stesso muove, che la retorica sia arte della persuasione “sul giusto e sull’ingiusto” (Gorgia, 460 C).

 

Il processo di separazione dal principio dialogico trova compimento nella figura di Callicle, spregiudicato discepolo di Gorgia, appartenente ad una generazione formatasi in un contesto culturale e politico fortemente “secolarizzato” e spiritualmente distaccato da ogni idea condivisa di principio d’ordine. Il giovane retore non ha remore nel condurre il ragionamento del maestro alle estreme conseguenze. Nella sua visione, le leggi della polis sono stabilite dagli uomini deboli per spaventare i più forti, in modo che quest’ultimi non abbiano più di loro. Esse sono quindi per ciò solo contrarie alla natura. Secondo natura è invece giusto che chi è più potente abbia di più di chi è meno potente, l’uguaglianza è per i deboli (Gorgia, 483 C). Ecco esplicitato, in poche parole, il nucleo di ogni dottrina sulla violenza tirannica, divenuta costume politico nell’età dell’imperialismo ateniese (Tucidide, Il dialogo dei Melii e degli Ateniesi, Marsilio, 1991; Platone, Gorgia, 492 C, 508 A). Tanto che Callicle evoca senza imbarazzo la necessità correzionale del “menar botte” (Gorgia,485 D, 521 A-D).

 

Massimo Cacciari individua nel pensiero classico e nel cristianesimo due elementi strutturali della civiltà occidentale (v. anche, seppur in diversissima prospettiva, James Hillman, Un terribile amore per la guerra, Adelphi, 2005). La civiltà europea ha intessuto queste due tradizioni culturali in un sorprendente e potentissimo intreccio identitario. Come in origine la paideia greco-platonica è stata il veicolo concettuale privilegiato per la costituzione teologica del protocristianesimo (Werner Jaeger, Cristianesimo primitivo e paideia greca, trad. it., Bompiani, 2013), così non vi è oggi meandro della weltanschauung dell’Europa contemporanea che non sia plasmato, razionalizzato, concettualizzato e vivificato (per mimesi o contrapposizione) dalle radici strutturali di tali tradizioni del pensiero europeo. Rivolgendo l’attenzione a un particolare profilo d’analisi, Paolo Perulli in Il debito sovrano sviscera i fittissimi intrecci che, nella visione del mondo occidentale, legano etica politico-economica e pensiero teologico-religioso.

 

Nel solco di questa tradizione culturale il principio d’ordine, seppur trascendente, non assume la forma di ombra metafisica relegata nell’arcano imperscrutabile, e nemmeno di mistero (μυστήριον) nel senso esoterico antico (Edgar Wind, Misteri pagani nel rinascimento, Adelphi, 1971). Esso, in quanto mistero semmai nel significato assunto nella teologia cristiana neotestamentaria (Gv, 15, 15), è per natura accessibile alla conoscenza umana, certo secondo prospettive particolari, ma pur sempre veritative in quanto fondate sull’essenziale natura dialogica che l’essere persona e il principio-logos condividono. L’incarnazione del logos (σὰρξ ἐγένετο, Gv, 1, 14) è omousia (della stessa sostanza) del Padre, e al contempo riflette l’immagine dell’uomo, essendo l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn, 1, 26-27). Così, come l’uomo è ragione e parola, così è ragione, parola e persona il principio-logos (Joseph Ratzinger, Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico, Queriniana, 2005).

Nella condivisione di tale natura dialogica trova fondamento un atteggiamento gnoseologico intrinsecamente ottimista: è aperta alla comprensione umana una naturale porta d’accesso al principio d’ordine che anticipa la realtà, giustifica la morale, fonda la giustizia, indica il fine delle leggi e ne orienta l’interpretazione

 

8. Homo oeconomicus e homo politicus .

 

Come mostrato nel mito fondativo di Prometeo (Platone, Protagora. Laterza, 1996, 315 A-326 A; Esiodo, Teogonia, BUR, 1984; Eschilo, Prometeo incatenato, La Vita Felice, 1996), la tecnica senza diritto distrugge l’essere umano, (Werner Jaeger, Elogio del diritto, trad. it., La nave di Teseo, 2019; Sofocle, Antigone, vv. 364-371), così come il diritto senza giustizia si trasforma esso stesso in tecnica distruttiva. Massimo Cacciari esclude radicalmente che il capitalismo possa essere espressione di uno spirito. Il capitalismo è ciò che è e non può che essere, portando con sé la propria ineluttabile etica utilitaristica. Una volta escluso che l’operari scientifico abbia in sé “a che fare con idee di salvezza, di libertà, di felicità” (Cacciari, Il lavoro dello spirito, 37-38), proprio in quanto estraneo a ogni giudizio sul valore delle finalità universali, come può l’homo oeconomicus trasformarsi in homo politicus? Come può fondarsi una società politica in cui non sia la volontà di profitto (la techne economica) ad asservire strumentalmente il lavoro scientifico e il lavoro politico, ma sia il Beruf politico ad orientare il sapere scientifico al governo di una civitas che pone la libertà della persona umana come fine e subordina la techne a puro mezzo (cfr. sul tema la prospettiva di Benedetto XVI, Caritas in veritate, Libreria Editrice Vaticana, 1999)?

La trasformazione dell’homo oeconomicus, de-umanizzato dal dominio dalla tecnica o ridotto esso stesso a strumento tecnico, in homo politicus, relazionale, dialogico e votato all’esercizio libero della ragione, richiama ineludibilmente la contemporaneità al recupero di un principio d’ordine condiviso, capace di fondare il concetto di libertà come ordine oggettivo della realtà e capace di orientare l’applicazione delle leggi secondo una teleologia che sfugga dall’arbitrio dei soggettivismi individuali o “partitici”. È il dia-logos tra i distinti l’unico fondamento possibile di una pace che non sia fatua tolleranza, istinto alla decreatio (Simone Weil) o immobilità impersonale dell’essere (Parmenide), salvo ammetterne il compimento nella forma più radicale della caritas cristiana (Cacciari, Geo-filosofia dell’Europa, 155), la quale connette a sé il nemico (il completamente altro da sé) nell’abbraccio non regredibile dell’agàpe-amore (Lc, 6, 27-38).

 

Ecco quindi la radicale questione identitaria sulla quale la contemporaneità europea sfida il giurista: se sia egli un perito della tecnica giuridica, istituzionalmente indifferente alla questione del fondamento di principio del diritto, ovvero se egli sia un professionista del lavoro dello spirito, come tale chiamato a porsi in incessante relazione dialogica con l’ordine oggettivo di libertà che costituisce l’essenza giustificativa della giurisdizione, del sistema normativo e della comunità politica.

Non rientra nelle forze del giurista offrire una risposta compiuta alla poderosa questione. Egli è chiamato a fare la propria parte, unitamente ai filosofi, agli scienziati, ai politici.

 

* La presente riflessione trae origine dalla lettura di Il lavoro dello spirito di Massimo Cacciari (Adelphi, 2020), di Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina di Alessandro Aresu (La nave di Teseo, 2020) e di Il debito sovrano. La fase estrema del capitalismo di Paolo Perulli (La nave di Teseo, 2020), nonché dalle analisi sviluppate dai tre autori nel seminario Il capitalismo dopo Max Weber, Università Ca' Foscari Venezia, 19 marzo 2021, a cura di Adalberto Perulli. Lo scritto è già apparso, nel suo contenuto essenziale, sul sito web di Labour Law Community. Ringrazio il Prof. Luca Ratti, l’Avv. Vincenzo Poso, la Prof. Marta Ferronato, il Prof. Gianandrea Di Donna, il Prof. Andrea Sitzia per aver condiviso con me i loro arricchenti punti di vista sui temi che questo scritto percorre.

 

 

Ucraina, Vladimir Putin e

la guerra culturale globale.

Unz.com-  BOYD D. CATHEY –( 31 LUGLIO 2022 )- ci dice :

 

Mentre in America abbattiamo monumenti a Robert E. Lee, in Russia abbattono monumenti a Lenin.

La guerra in Ucraina non riguarda in realtà l'Ucraina, non riguarda i sacrosanti confini dell'Ucraina che sono stati presumibilmente violati dalla Russia. E certamente non si tratta della decantata "difesa della democrazia", come sentiamo costantemente urlare nelle nostre orecchie dai media e da un'ampia panoplia di leader politici e culturali americani (ed europei), da Nancy Pelosi a Lindsey Graham a Boris Johnson.

Nessuna di queste ragioni, nessuna di quelle giustificazioni per il coinvolgimento fanatico degli Stati Uniti, dei suoi burattini nella NATO e nell'UE, spiega perché il conflitto in quella remota parte del mondo è così di vitale importanza a livello globale che ha letteralmente la totalità della sinistra americana "svegliata" e la grande maggioranza dei repubblicani, al seguito, letteralmente in piedi sulle loro sedie e scrivanie per applaudire freneticamente ciarlatani come l'ex comico X-rated e autoritario Volodymyr Zelensky (e sua moglie) come "campioni di libertà e democrazia".

 Lo spettro di Graham e Pelosi che si superano a vicenda nella bellicosità delle loro invettive contro il presidente Putin e la Russia è solo un pò'meno disgustoso del loro lascivo abbraccio ideologico l'uno dell'altro.

Ci sono due ragioni principali per cui la guerra è arrivata nell'Europa orientale, e hanno ben poco a che fare con l'Ucraina o le orribili sofferenze della popolazione ucraina.

Ma hanno tutto a che fare con la Russia, il suo presidente e l'attuale posizione della Russia nel contesto della politica globale e dell'inesorabile avanzata dell'egemonia globalista americana.

Dalla fine della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti sono stati coinvolti essenzialmente in due grandi conflitti globali: il primo è stata la guerra fredda condotta contro il comunismo sovietico e mondiale. La maggior parte di noi di qualsiasi età sostanziale può ricordare i giorni in cui Ronald Reagan chiamava l'Unione Sovietica e i suoi satelliti "l'impero del male".

Siamo diventati maggiorenni quando l'impegno di Nikita Krusciov di "seppellirci" è stato creduto un pericolo reale e presente per la nostra stessa esistenza.

Gli Stati Uniti, quindi, e i loro alleati nella NATO e in altre alleanze erano visti come i campioni della libertà e della libertà, ed essenzialmente della civiltà occidentale contro il colosso sovietico che minacciava di estirpare ciò che ci stava a cuore e di sancire al suo posto una tirannia omicida in tutto il mondo.

Per tutto il tempo durante quel conflitto il nostro fondamento culturale ereditato dall'Occidente e dal Cristianesimo veniva progressivamente, a volte impercettibilmente, svuotato. Alcuni dei nostri migliori scrittori e filosofi se ne sono accorti: James Burnham, Sam Francis, pochi altri; ma ci volle l'uomo "con i capelli arancioni" per strappare finalmente la maschera, anche se solo a casaccio e per la maggior parte inconsapevolmente, di ciò che stava realmente accadendo e che era accaduto qui negli Stati Uniti e nell'Europa occidentale.

La retorica che difendeva "l'Occidente e le sue tradizioni" continuava nel nostro vocabolario, ma la realtà era radicalmente cambiata.

T. S. Eliot notò ciò che stava accadendo nel suo lavoro del 1948, “Notes Towards the Definition of Culture”, che noi in Occidente stavamo "distruggendo i nostri antichi edifici per preparare il terreno su cui i nomadi barbari del futuro si accamperanno nelle loro carovane meccanizzate".

La minaccia comunista cessò nel 1989-1991, con il crollo dell'Unione Sovietica e la dissoluzione del Patto di Varsavia e del Blocco orientale. E, sorprendentemente per molti che controllavano la politica estera americana allora e come fanno ora, ciò che è emerso in molti casi in gran parte dell'Europa orientale e in Russia non è stata una qualche efflorescenza di "piccole democrazie" basate sul modello del Grande Fratello America.

In paesi come l'Ungheria, la Polonia, la Serbia, e soprattutto in Russia, era quasi come se un velo, una profilassi che aveva coperto – e in un certo senso, protetto – queste nazioni dagli aspetti peggiori della cultura americana della "Coca-cola", fosse stato sollevato, ed erano tornate cinquant'anni prima, come se il periodo comunista fosse un brutto sogno fugace o un incubo.

 E le vecchie credenze religiose e politiche, che non erano mai state estinte da decenni di comunismo, riemersero. Il nazionalismo e la fede religiosa sono usciti dalle catacombe per ispirare milioni di persone.

La democrazia liberale – il modello americano diffuso in tutto il mondo – era solo un'opzione per quei paesi e i loro cittadini. E nonostante lo zelo e l'iperattività della politica estera americana dominante e le incursioni aggressive degli aspetti peggiori del "kulchur" americano, avidamente imposto e diffuso in modo contagioso dal capitalismo corporativo internazionale in collaborazione con lo stato manageriale, la resistenza in Oriente era molto più resiliente che in Europa occidentale, dove mezzo secolo di indottrinamento laicista e distruzione delle tradizioni e della fede religiosa storica aveva avuto i suoi effetti.

Questa rude consapevolezza è presto apparsa sull'establishment della politica estera americana, producendo quello che in effetti è un secondo conflitto globale – tra quelle nazioni incatenate ai tentacoli del globalismo secolare e quelle al di fuori di quel consorzio sempre più totalitario.

 

Lo zelota neoconservatore e icona di Fox News, il defunto Charles Krauthammer, ha celebrato quello che ha definito l'emergere di un "mondo unipolare", dove la democrazia liberale, il secolarismo, il globalismo e una classe manageriale internazionale avrebbero regnato sovrani. Ma le sue speranze e i desideri dei neoconservatori americani e dei "conservatori" dell'establishment per un mondo dominato dagli americani in cui il sogno di Francis Fukuyama della "fine della storia", il punto finale dell'evoluzione ideologica dell'umanità e dell'universalizzazione della democrazia liberale occidentale, sarebbe trionfante, erano prematuri.

In Oriente, dove la Russia stava emergendo profondamente segnata e malconcia dai suoi quasi suicidi sette decenni di tirannia statalista sovietica, il progetto globale ha avuto un intoppo. Non all'inizio, o almeno così sembrava. Perché la Russia dopo il 1991, sotto Boris Eltsin, cercò accomodamento e partenariato con l'America e i suoi alleati della NATO, anche a un certo punto, dopo aver sciolto il Patto di Varsavia, perseguendo una qualche forma di associazione con l'alleanza occidentale.

Non doveva essere, per la Russia, data la sua posizione nel mondo, desiderata partnership e riconoscimento della propria cultura storica e indipendenza. Ma l'Occidente, guidato da zelanti globalisti unipolari, in particolare nell'amministrazione di George W. Bush – pensate qui al ruolo di personaggi come Paul Wolfowitz – desiderava solo la sua sottomissione e integrazione nel Nuovo Ordine Mondiale.

Dopo anni di tentativi di una sorta di modus vivendi equo con l'Occidente, la Russia si rese conto che un tale accordo era fuori questione. Dovrebbe tracciare il proprio corso indipendente e trovare partner nel mondo dove potrebbe, forse con una Cina precedentemente ostile, forse con l'Ungheria di Viktor Orban e il Brasile di Jair Bolsonaro.

E così nel 2009 l'associazione BRICS – Brazil, Russia, India, China e South Africa – è nata come un'alleanza economica e potenziale di politica estera. Ma soprattutto, è stata una Russia rinvigorita e ri-assertiva sotto il suo presidente Putin che ha preso la leadership. Ed è stata la Russia, geopoliticamente e strategicamente, che è stata vista come il principale pericolo di gran lunga per far avanzare il globalismo occidentale.

Questa, quindi, è la prima ragione principale del conflitto in Ucraina e della frenetica iperventilazione delle élite a Foggy Bottom e nel Congresso degli Stati Uniti, e a Bruxelles e Ginevra: i russi, e in particolare il loro presidente Vladimir Vladimirovich Putin, non hanno aderito al progetto globale. Il più grande paese del mondo non si era allineato come gli altri toadies americani in Europa occidentale.

In effetti, per quasi vent'anni la politica estera americana è stata abbastanza coerente nel suo obiettivo di costringere una Russia recalcitrante in un altro servitore flessibile di un ordine universale americano egemonico, economicamente e politicamente.

Il conflitto militare come elemento ultimo, suggerisco, era sempre sul tavolo degli apparatchik che gestiscono la politica estera americana.

Gli sforzi per sovvertire lo stato russo, per creare le condizioni per un'altra "rivoluzione colorata" a Mosca, come quelli che gli Stati Uniti avevano progettato con successo a Kiev e altrove, anche a Tbilisi, in Georgia, erano falliti e sono stati sventati.

 Le ONG americane e controllate da George Soros erano state espulse. I leader dell'"opposizione" alle prese con gli americani al governo di Putin, sia nella persona di un Boris Nemtsov o più recentemente di Alexei Navalny, non erano riusciti a intaccare la popolarità di Putin o a produrre un colpo di stato desiderato di qualche tipo.

Dal colpo di stato sponsorizzato dagli americani a Kiev nel febbraio 2014, deponendo il presidente dell'Ucraina eletto dal popolo (e amico della Russia), Viktor Yanukovych, la Russia si è creduta gravemente minacciata. Un regime fantoccio americano appena insediato a Kiev ha iniziato la persecuzione dei russi etnici ucraini – circa un quinto della popolazione chiudendo scuole e media di lingua russa, vietando l'uso del russo negli affari legali e pubblici e perseguitando i leader politici e i partiti politici ucraini nativi russi.

Di conseguenza, le province in gran parte russe di Donetsk e Lugansk annunciarono la loro secessione, e la Russia occupò la Crimea russa pesantemente etnica (dove la flotta russa del Mar Nero era ancorata a Sebastopoli). La Crimea non era mai stata storicamente parte dell'Ucraina.

Ne è seguita una sanguinosa guerra civile che è continuata fino all'inizio del 2022, quando il governo ucraino ha intensificato le sue operazioni militari anti-russe in quella che era diventata una sanguinosa campagna di otto anni che ha visto oltre 14.000 vittime civili russe nella regione etnica russa del Donbas.

L'intenzione del presidente ucraino Zelensky di riacquistare potenzialmente armi nucleari (un desiderio espresso a Monaco pochi giorni prima dell'inizio dell'incursione militare russa di febbraio) e il suo rifiuto di escludere l'Ucraina dalla futura adesione alla NATO, e quindi ai sensi dell'articolo 5 della Carta della NATO, di coinvolgere potenzialmente la NATO nella necessaria azione militare congiunta sul campo contro la Russia, hanno spinto l'orso russo al limite. Putin ha visto queste azioni come l'ultima goccia.

Se il Presidente Putin avrebbe dovuto o meno impegnare la Russia in un'azione militare in Ucraina può certamente essere discusso. In effetti, da un certo punto di vista le truppe russe sul terreno impegnate in azioni militari hanno dato agli zelanti falchi globalisti neoconservatori l'opportunità che hanno a lungo desiderato: "dissanguare la Russia", nelle parole del segretario alla Difesa americano Lloyd Austin, cioè di ottenere sul campo di battaglia ciò che finora non erano in grado di raggiungere economicamente e diplomaticamente dalla caduta della vecchia Unione Sovietica: la sottomissione della Russia e la sua integrazione nel Nuovo Ordine Mondiale.

Eppure, dal punto di vista russo, la Russia era stata spinta contro un muro inamovibile, un processo continuo documentato da osservatori astuti come John Mearsheimer, Richard Sakwa, Stephen Cohen, Henry Kissinger e George Kenan, e non poteva più ritirarsi.

Un'Ucraina ostile, che funge da pedina per il "cambio di regime" americano e un pugnale puntato direttamente su Mosca a poche centinaia di miglia di distanza, potrebbe significare la dissoluzione della Russia stessa. In effetti, non è questo il desiderio di fanatici falchi della guerra neocon come Max Boot? Joe Biden non aveva annunciato con entusiasmo che il presidente russo era un "criminale di guerra" (con tutto il bagaglio legale e non così legale che comporta)?

L'Ucraina, così, diventa un piatto di Petri per i servitori del Nuovo Ordine Mondiale per far avanzare i loro obiettivi più ampi, anche se ciò significa la morte o la mutilazione di ogni povero cittadino ucraino e la distruzione totale del loro paese.

Tali "danni collaterali" siano dannati; ciò che è importante soprattutto è il trionfo del "progetto globalista" e il successo delle macchinazioni dell'Unione Europea e del World Economic Forum (WEF) di Klaus Schwab , a cui Volodymyr Zelensky ha già aderito.

Su questo fondamento l'establishment politico americano, da Mitch McConnell, la National Review, e Brian Kilmeade sulla cosiddetta "destra", a Nancy Pelosi e la quasi totalità dei media nazionali (con poche eccezioni, ad esempio, Tucker Carlson), a sinistra, sono pienamente uniti. Questa osservazione è evidente.

C'è, tuttavia, una seconda ragione che attraversa tutta la discussione sul conflitto ucraino come una corrente sotterranea molto reale, e ha molto a che fare con ciò che chiamerei la rinascita del tradizionalismo russo e della sua storica fede ortodossa. È la rinascita in Russia dal crollo del comunismo di un'ortodossia russa cristiana militantemente conservatrice e il fatto, evidente nella legislazione successiva e ampiamente popolare emanata dalla Duma russa e nelle dichiarazioni pubbliche e nei proclami dei leader della nazione, che attualmente perversioni alla moda e condizioni morali e religiose invertite ora regnanti in America e in Europa occidentale, non sono accettabili in Russia.

Nel 2014 ho iniziato a documentare alcune delle nuove leggi e disposizioni, il sostegno del governo russo al cristianesimo (compresa la costruzione di circa 24.000 nuove chiese dal 1991), l'incoraggiamento da parte del Ministero della Cultura dell'arte e dei film che celebrano la storia russa pre-sovietica e anticomunista, glorificando persino l'eroica lotta dell'ammiraglio Aleksandr Kolchak nella sua campagna per sconfiggere i rossi nel 1919-1921. , e la rappresentazione comprensiva della ricca eredità religiosa e non comunista della Russia nel suo sistema educativo. Lo stesso presidente Putin ha denunciato in diverse occasioni amaramente Vladimir Lenin e il comunismo, anche in una visita al luogo del massacro di Katyn dove ha onorato i 22.000 leader militari e civili polacchi brutalmente giustiziati dai comunisti sovietici durante la seconda guerra mondiale.

Ancora più simbolicamente ha dedicato personalmente un grande monumento in onore dello zar Alessandro III, forse il monarca più conservatore – o "reazionario" della Russia dei 19esimo secolo.

Putin ha anche abbracciato pubblicamente la fede ortodossa russa, una fede in cui sua madre lo battezzò segretamente da bambino (cfr. il resoconto dettagliato riportato dal servizio di notizie internazionale spagnolo, EFE, pubblicato dalla rivista El Confidencial, il 22 marzo 2013, così come la serie di interviste, First Person: An Astonishing Frank Self-Portrait del presidente russo Vladimir Putin , New York, 2000). Certo, ci sono molti "Tommaso dubbiosi" che mettono in dubbio la sincerità di una tale professione di fede, ma se dobbiamo giudicare dalle azioni pubbliche, le prove sembrano confermare in modo schiacciante la sua affermazione.

Ma è il sostegno di Putin alla tradizionale fede ortodossa russa e alle posizioni morali su questioni come il matrimonio tra persone dello stesso sesso e l'omosessualità che hanno provocato una frenesia sfrenata nell'Occidente secolarizzato.

Nonostante l'intensa ostilità della potente lobby LGBTQ internazionale, non si scusa per le sue opinioni o le opinioni dello stato russo in tali questioni. Negli ultimi dieci anni le sue dichiarazioni e la sua traiettoria sono state abbastanza coerenti... al punto che l'ambasciata americana a Mosca ha sventolato una bandiera del "Gay Pride" per ostentare le ampie differenze tra la "visione" ufficiale americana e la posizione della Russia. Quanto più simbolicamente si possono dimostrare queste differenze?

Nell'ottobre del 2021 il presidente Putin ha tenuto un discorso al forum di discussione internazionale Valdai. Non differiva, in materia di cultura e moralità, da numerosi altri discorsi e dichiarazioni che aveva fatto da quando aveva assunto la carica di presidente della Russia ventidue anni fa. Ma come riassunto, credo che sia un'eccellente prospettiva sul quadro intellettuale e sul pensiero di un uomo che, qualunque cosa possiamo pensare di lui, ora svolge un ruolo estremamente significativo nella storia del mondo.

Cito una parte di esso qui (21 ottobre 2021):

"Guardiamo con stupore ai processi in corso nei paesi che sono stati tradizionalmente considerati come gli alfieri del progresso. Alcune persone in Occidente credono che un'eliminazione aggressiva di intere pagine dalla propria storia, una "discriminazione inversa" contro la maggioranza nell'interesse di una minoranza e la richiesta di rinunciare alle nozioni tradizionali di madre, padre, famiglia e persino genere, credono che tutti questi siano i punti di forza sulla strada verso il rinnovamento sociale.

"... Abbiamo un punto di vista diverso, almeno la stragrande maggioranza della società russa – sarebbe più corretto metterla in questo modo – ha un'opinione diversa su questo argomento. Crediamo che dobbiamo fare affidamento sui nostri valori spirituali, sulla nostra tradizione storica e sulla cultura della nostra nazione multietnica.

"I sostenitori del cosiddetto 'progresso sociale' credono di introdurre l'umanità a una sorta di nuova e migliore coscienza. L'unica cosa che voglio dire ora è che le loro prescrizioni non sono affatto nuove. Potrebbe essere una sorpresa per alcune persone, ma la Russia è già stata lì.

Dopo la rivoluzione del 1917, i bolscevichi, basandosi sui dogmi di Marx ed Engels, dissero anche che avrebbero cambiato i modi e i costumi esistenti e non solo quelli politici ed economici, ma la nozione stessa di moralità umana e le basi di una società sana. La distruzione di valori secolari, religione e relazioni tra le persone, fino al rifiuto totale della famiglia (anche quello, l'incoraggiamento a informare sui propri cari – tutto questo è stato proclamato progresso e, tra l'altro, è stato ampiamente sostenuto in tutto il mondo allora ed era abbastanza di moda, come oggi. A proposito, i bolscevichi erano assolutamente intolleranti nei confronti di opinioni diverse dalle loro.

"Questo, credo, dovrebbe richiamare alla mente parte di ciò a cui stiamo assistendo ora. Guardando a ciò che sta accadendo in un certo numero di paesi occidentali, siamo stupiti di vedere le pratiche interne, che fortunatamente abbiamo lasciato, spero, nel lontano passato.

 La lotta per l'uguaglianza e contro la discriminazione si è trasformata in dogmatismo aggressivo al limite dell'assurdità, quando le opere dei grandi autori del passato – come Shakespeare – non vengono più insegnate nelle scuole o nelle università, perché si crede che le loro idee siano arretrate.

 I classici sono dichiarati arretrati e ignoranti dell'importanza del genere o della razza. A Hollywood vengono distribuiti promemoria sulla corretta narrazione e su quanti personaggi di quale colore o genere dovrebbero essere in un film. Questo è anche peggio del dipartimento agit-prop del Comitato Centrale del vecchio Partito Comunista dell'Unione Sovietica.

"... la nuova "cancel culture" l'ha trasformata in "reverse discrimination", cioè in reverse racism. L'enfasi ossessiva sulla razza sta dividendo ulteriormente le persone, quando i veri combattenti per i diritti civili sognavano proprio di cancellare le differenze e rifiutarsi di dividere le persone per il colore della pelle.

In un certo numero di paesi occidentali, il dibattito sui diritti degli uomini e delle donne si è trasformato in una fantasmagoria perfetta. Guardate, guarda, guardatevi dall'andare dove i bolscevichi una volta avevano pianificato di andare – non solo i polli comunitarizzanti, ma anche le donne comunizzanti. Ancora un passo e sarai lì.

"Gli zeloti di questi nuovi approcci arrivano persino a voler abolire del tutto questi concetti di maschio e femmina. Chiunque osi dire che gli uomini e le donne esistono realmente, il che è un fatto biologico, rischia di essere ostracizzato.

"Genitore numero uno" e "genitore numero due", "genitore alla nascita" invece di madre e "latte umano" che sostituisce il latte materno perché potrebbe sconvolgere le persone che non sono sicure del proprio genere. Ripeto, non è una novità; nel 1920, i cosiddetti Kulturtraegers sovietici inventarono anche alcuni neolingua credendo di creare una nuova coscienza e cambiare i valori in quel modo. E, come ho già detto, hanno fatto un tale casino che fa ancora rabbrividire.

"Per non parlare di alcune cose veramente mostruose quando ai bambini viene insegnato fin dalla tenera età che un ragazzo può facilmente diventare una ragazza e viceversa.

 Cioè, gli insegnanti in realtà impongono loro una scelta che tutti presumibilmente abbiamo. Lo fanno mentre escludono i genitori dal processo e costringono il bambino a prendere decisioni che possono sconvolgere tutta la loro vita ... un bambino a questa età è anche in grado di prendere una decisione di questo tipo? Chiamando le cose con il loro nome, questo rasenta un crimine contro l'umanità, e viene fatto in nome e sotto la bandiera del progresso.

"Ho già detto che, nel plasmare i nostri approcci, noi in Russia saremo guidati da un conservatorismo sano e forte. Ora, quando il mondo sta attraversando una perturbazione strutturale, l'importanza di un ragionevole conservatorismo come fondamento per un corso politico è salita alle stelle – proprio a causa dei molteplici rischi e pericoli e della fragilità della realtà che ci circonda.

"Questo approccio conservatore non riguarda un tradizionalismo ignorante, la paura del cambiamento o un gioco restrittivo, tanto meno il ritiro nel nostro guscio. Si tratta principalmente di fare affidamento su una tradizione e una fede religiosa collaudate nel tempo, la conservazione e la crescita della popolazione, una valutazione realistica di se stessi e degli altri, un preciso allineamento delle priorità, una correlazione tra necessità e possibilità, una formulazione prudente degli obiettivi e un rifiuto fondamentale dell'estremismo come metodo. E francamente, il conservatorismo è la linea di condotta più ragionevole, per quanto la vedo.

"Ancora una volta, per noi in Russia, questi non sono alcuni postulati speculativi, ma lezioni dalla nostra storia difficile e talvolta tragica. Il costo di esperimenti sociali mal concepiti è a volte al di là di ogni stima.

Tali azioni possono distruggere non solo le fondamenta materiali, ma anche spirituali dell'esistenza umana, lasciando dietro di sé un relitto morale dove nulla può essere costruito per sostituirlo per lungo tempo.

Un paio di anni prima della sua morte nell'agosto 2008, Aleksandr Solzhenitsyn, l'acerbo critico e flagello cristiano della democrazia liberale occidentale, ha elogiato le posizioni di Vladimir Putin. "La NATO", ha detto, "è in procinto di circondare la Russia e privare la Russia della sua indipendenza come stato nazionale. Portare la Russia a un'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico che usa la forza violenta in vari angoli del nostro pianeta per piantare i semi di un'ideologia della moderna democrazia occidentale non espanderà la civiltà cristiana, ma solo la porrà fine".

C'è da meravigliarsi che l'editorialista e autore nazionale Pat Buchanan si sia chiesto che nell'immensa guerra culturale in cui ci troviamo, "da che parte sta dio ora"?

Da che parte stare, in effetti.

 

 

 

 

La politica della fertilità disgenica:

i mutanti dispettosi di Edward Dutton.

Unz.com- F. Rober Devlin –( 3 AGOSTO 2022) -ci dice :

 

L'ultimo libro del Dr. Edward Dutton, “Spiteful Mutants: Evolution, Sexuality, Politics and Religion in the 21st Century”, è una raccolta di 10 saggi che usano la teoria evolutiva per spiegare il declino dell'Occidente.

Meno focalizzato sulla maggior parte dei libri dell'autore (Sent Before Their Time, Making Sense of Race, Churchill's Headmaster), lo raccomando caldamente come introduzione al pensiero evolutivo sul cambiamento culturale e per capire perché la sinistra promuove l'immigrazione di massa, le rivolte Floyd-Hoax-Black-Lives Matter, la folle corsa al "transgenderismo" e la normalizzazione della pedofilia.Prima del 1800, solo circa la metà dei bambini sopravviveva fino all'età adulta. Quelli che lo facevano tendevano ad essere quelli con il minor numero di mutazioni genetiche dannose.

Poi, nel corso di poche generazioni, la mortalità infantile è scesa al di sotto dell'uno per cento nei paesi più avanzati.

Ciò significava che la selezione naturale darwiniana cessò di funzionare. I bambini con mutazioni dannose hanno iniziato a sopravvivere fino all'età adulta e a trasmettere i loro tratti sfavorevoli alla prole, un fenomeno noto come "fertilità disgenica".

Poiché circa l'84% del genoma umano si riferisce allo sviluppo del cervello, l'aumento del carico mutazionale significa che le persone hanno iniziato a pensare e comportarsi in modi disadattivi.

Ad aggravare il problema, queste persone influenzano coloro che li circondano, che potrebbero ancora essere geneticamente sani, a comportarsi in modi altrettanto disadattivi. Questi sono i "Spiteful Mutants" del titolo di Dutton. Il loro comportamento è "dispettoso" perché danneggia gli altri senza portare alcun vantaggio a se stessi.

 

Il libro di Dutton si concentra su due grandi aree in cui l'aumento del carico mutazionale potrebbe dare origine a comportamenti disadattivi: religione e sesso.

 Propone che l'aumento della confusione sessuale e dei movimenti di "giustizia sociale" quasi religiosi come Black Lives Matter, siano l'azione di Spiteful Mutants.

Molti commentatori hanno criticato tali tendenze culturali. Ma l'approccio evolutivo di Dutton potrebbe spiegare perché stanno apparendo nella nostra società ora e cosa deve essere fatto per combattere efficacemente. Perché in fondo la lotta potrebbe essere tanto biologica quanto politica.

La selezione naturale favorisce la fede e la pratica religiosa perché ci aiutano a far fronte allo stress e promuovono comportamenti adattivi come la fertilità, la cooperazione in gruppo e l'ostilità verso gli out-group invasivi.

Per quanto riguarda la connessione tra fertilità e credenza religiosa tradizionale, l'autore osserva il destino delle giovani donne che conosceva come studente universitario alla Durham University nel nord dell'Inghilterra. Alcuni di questi appartenevano alla “Durham Inter-Collegiate Christian Union”:

Questo era un gruppo cristiano fondamentalista ed evangelico che evitava il bere, il sesso prematrimoniale e, in effetti, tutto l'edonismo che tendeva a caratterizzare la vita universitaria.

 Per quanto ne so, tutte le donne che conoscevo in questo gruppo si sono sposate e hanno avuto figli, nella maggior parte dei casi due o più. Al contrario, una ragazza che conoscevo che era fredda, nichilista, anti-religiosa e ha trascorso i suoi anni universitari facendo poco altro che bere e mordere le ragazze più magre, non si è sicuramente sposata né riprodotta. [...] Questa è la selezione darwiniana in azione.

In sostanza, la religione tradizionale identifica il comportamento evolutivamente adattivo con la volontà di Dio. Naturalmente, le idee religiose possono anche essere disadattive. Una setta radicalmente ascetica che rifiuta ogni attività sessuale danneggerebbe ovviamente le prospettive evolutive di coloro che vi aderiscono, e quindi alla fine si estingue da sola. Gli Shakers ne sono un esempio. Ma le religioni che sono sopravvissute per lunghi periodi tendono ad essere adattive.

Con misure tradizionali come la frequentazione della chiesa, la società occidentale continua a diventare meno religiosa.

Ma, osserva Dutton ci sono comportamenti tipicamente associati alla religiosità – intolleranza al disaccordo, fervente credenza o casting dei dissidenti come "malvagi" – che sono vivi e vegeti e, se non altro, sembrano aumentare di frequenza.Suggerisce che i movimenti contemporanei di "giustizia sociale" sono mutazioni disadattive delle nostre disposizioni religiose ereditate.

Mentre le società si espandono da gruppi di parenti locali a politiche più ampie di estranei relativi, il monoteismo moralistico diventa adattivo come meccanismo di legame sociale. L'in-group cresce fino a includere tutti coloro che adorano lo stesso dio, e quindi il dominio della fiducia e del comportamento altruistico si espande, dando alla società un vantaggio rispetto ai rivali.

Dopo la rivoluzione industriale, la salienza della mortalità – la preoccupazione per l'inevitabilità della morte – diminuì, la selezione di gruppo si ruppe, gli ideali individualistici guadagnarono importanza e la religione tradizionale si indebolì insieme al legame sociale che aveva favorito.

In tali circostanze, anche la religione muta. Alcuni aspetti della vecchia religiosità vengono scartati, mentre altri potrebbero essere intensificati e reindirizzati verso nuovi oggetti.

Il comunismo marxista, come molti hanno osservato, serviva alcuni degli scopi di una religione nella vita dei suoi seguaci nonostante il suo ateismo.

 Il nazionalismo romantico del diciannovesimo secolo è stato anche interpretato come una "religione sostitutiva", molto più adattiva del comunismo [Martyr Cults in Nineteenth-Century Italy Lucy Riall The Journal of Modern History, giugno 2010].

Oggi, l'individualismo sfrenato e il crollo della selezione di gruppo hanno portato a nuove religioni sostitutive in cui i mutanti dispettosi competono per il prestigio e il potere attaccando gli interessi del proprio gruppo e sostenendo out-group ostili e immigrazione a livello di sostituzione. Questo è così disadattivo che Dutton lo descrive come un culto della morte.

Il profilo della personalità dei nuovi zeloti è l'opposto della personalità prosociale dei tradizionalmente religiosi. Sono egoisti e sgradevoli, ipocriti, narcisisti, mentalmente instabili e inclini a crolli emotivi quando vengono sfidati. Questo, a sua volta, spiega perché sono così facilmente "innescati" e sentono di dover "cancellare" coloro che minacciano le loro convinzioni o la loro immagine di sé.

"Quelli di noi che si oppongono a questa tendenza", avverte Dutton, "devono essere consapevoli che non abbiamo a che fare semplicemente con [l'opposizione a] libertà di parola, [ma] con una religione, con tutte le attrazioni per la psicologia umana inerenti ad essa".

Dutton dedica un intero capitolo a interpretare le rivolte BLM che seguirono la morte per overdose di George Floyd come una variante disadattiva del revival religioso.

 I risvegli tradizionali si svolgono tipicamente sulla scia di guerre e disastri, periodi di stress elevato e rilevanza della mortalità. Sono guidati da persone ad alto contenuto di ansia, nevroticismo e instabilità mentale; tali stati mentali disturbati sono alleviati attraverso le esperienze religiose altamente emotive che si svolgono attraverso i risvegli.

 Le donne sono prominenti in tali risvegli perché sono più alte nei tratti rilevanti rispetto agli uomini, specialmente nella tarda adolescenza e nei primi anni '20 (l'autore suggerisce che l'ansia delle giovani donne è un adattamento evolutivo al loro bisogno di "preoccuparsi" dei bambini). Una volta che un risveglio prende il via, si instaura una sorta di effetto palla di neve, per cui persone mentalmente più stabili si uniscono attraverso l'infezione mimetica o la paura dell'ostracismo se non lo fanno.

Gli studenti di religione distinguono tra "coping religioso positivo", che implica la convinzione che si è stati perdonati e purificati, e "coping religioso negativo", che implica invocare Dio per colpire gli ingiusti, cioè i membri del gruppo esterno. Le persone meno mentalmente stabili percepiscono il mondo come un luogo ostile e sono quindi più inclini a far fronte negativamente.

 

Mi vengono in mente diverse analogie tra i tradizionali risvegli cristiani e le rivolte BLM. Quest'ultimo si è verificato sulla scia della paura del Covid e dei lockdown, e le giovani donne hanno assunto ruoli di primo piano. Dovrebbe anche essere ovvio, come osserva Dutton, "che molte delle persone coinvolte – con i loro stereotipi di capelli colorati innaturali e le urla di giusta furia – non stanno mentalmente bene".

Il coping negativo è visto nella convinzione dei partecipanti che il mondo è gestito da razzisti intenti a tenere a bada persone nere innocenti; i manifestanti godevano di un senso di superiorità nei confronti dei "razzisti" e forse anche della convinzione che stavano facendo nascere un nuovo mondo libero dall'oppressione.

BLM è, tuttavia, in gran parte privo di risorse per far fronte positivamente, perché i bianchi non possono mai essere veramente perdonati per il peccato del razzismo.

Le celebrità che si sono sentite in dovere di saltare sul carro del BLM hanno fornito esempi di infezione mimetica e paura dell'ostracismo.

Drammaticamente diversi dai tradizionali risvegli religiosi, tuttavia, sono state la flagrante violenza e la profanazione di statue e monumenti che hanno accompagnato le proteste di Floyd Hoax.

Ma anche qui, Dutton indica la storia. I primi fermenti della Riforma protestante in Germania coincisero con un periodo di grave carestia. Il risultato fu la guerra dei contadini del 1520, durante la quale violente folle protestanti saccheggiarono le chiese cattoliche e distrussero i loro "idoli".

Come durante le rivolte del BLM, alcune autorità sono state ridotte a rimuovere preventivamente l'arte religiosa per placare la folla.

 

Dutton suggerisce un'altra analogia storica per l'iconoclastia BLM: la conquista spagnola del Messico, durante la quale Hernan Cortes distrusse ogni idolo azteco che riuscì a trovare.

Cortes scoprì che questo "lasciò gli Aztechi demoralizzati e meno in grado di combattere. Il sistema precedentemente certo, unico e reale con cui hanno dato un senso al mondo – e in cui hanno svolto un ruolo integrale e positivo – era sotto attacco”.

Le rivolte del BLM (Black Lives Matter)  furono un atto di conquista simile.

Note Dutton:

[Statue in Occidente sono state erette] per onorare persone altamente selezionate che hanno promosso gli interessi genetici degli europei espandendo il loro territorio e portando il loro gruppo etnico alla vittoria sui rivali. In un certo senso, tali statue sono sacre. Abbatterli – umiliare gli dei in pieno giorno in piena vista del pubblico – è un mezzo per affermare che la religione che rappresentavano non ha più alcun potere, non è più sacra.

 

Quattro capitoli di “Spiteful Mutants” trattano di disfunzioni sessuali: l'omosessualità, la disforia di genere, l'ascesa di "uomini erbivori" giapponesi disinteressati alle donne o al sesso e il movimento di accettazione della pedofilia (apparentemente la prossima frontiera). L'autore illumina tutti questi argomenti con una prospettiva evolutiva assente dalla generica critica culturale "conservatrice".

 

Tuttavia, la selezione naturale trionfa sempre alla fine.

 La rivoluzione industriale e la medicina moderna hanno sospeso i suoi effetti per un pò', ma è ora ovvio che il crescente carico mutazionale ha sostituito la mortalità infantile come crogiolo dell'evoluzione. Sempre meno persone normali sembrano in grado di resistere all'influenza mimetica di “Spiteful Mutants.”

Dutton paragona la nostra situazione al classico scenario da film di zombi in cui i morti salgono per attaccare i vivi, trasformandoli in zombi nel processo. In genere, un piccolo gruppo non infetto si difende dai depositi zombificati che si moltiplicano rapidamente e mantiene una parvenza di civiltà.

In effetti, il film Zombie è una metafora dell'ascesa dei “mutanti dispettosi” che promuovono comportamenti disadattivi tra la propria gente.

Solo il geneticamente più sano o mimeticamente meglio avvertito (ad esempio, leggendo Dutton) resisterà al nuovo assalto della selezione naturale. Il futuro apparterrà a loro.

(Roger Devlin è redattore collaboratore di “The Occidental Quarterly “e autore di “Sexual Utopia in Power”: The Feminist Revolt Against Civilization.).

 

 

 

 

Le sanzioni degli sciocchi

della Casa Bianca hanno solo

danneggiato l'Occidente.

 Unz.com-  PAUL CRAIG ROBERTS-( LUGLIO 31, 2022)- ci dice :

Il foglio di bugie presstitute – The Guardian (Regno Unito) – deve ammettere che le sanzioni russe di Washington sono un fallimento totale: "Il rublo sta salendo alle stelle e Putin è più forte che mai – le nostre sanzioni si sono ritorte contro".

"Le sanzioni occidentali contro la Russia sono la politica più mal concepita e controproducente della recente storia internazionale.

 I prezzi mondiali dell'energia sono alle stelle, l'inflazione è alle stelle, le catene di approvvigionamento sono caotiche e milioni di persone sono affamate di gas, grano e fertilizzanti.

 Criticare le sanzioni occidentali è vicino all'anatema. Gli analisti della difesa sono stupidi sull'argomento. I think tank strategici tacciono.

 I presunti leader britannici, Liz Truss e Rishi Sunak, competono in una retorica belligerante, promettendo sanzioni sempre più severe senza una parola di scopo.

Tuttavia, allude allo scetticismo sull'argomento e sarai escoriato come "pro-Putin" e anti-Ucraina.

 Le sanzioni sono il grido di guerra della crociata dell'Occidente. La realtà delle sanzioni contro la Russia è che invitano a ritorsioni.

Putin è libero di congelare l'Europa questo inverno. Ha tagliato l'offerta dai principali gasdotti come Nord Stream 1 fino all'80%. I prezzi mondiali del petrolio sono aumentati e il flusso di grano e altri prodotti alimentari dell'Europa orientale verso l'Africa e l'Asia è stato quasi sospeso.

 [Putin non ha tagliato l'approvvigionamento energetico. La Russia ha dovuto ridurre le consegne, perché le sanzioni non consentono di completare le necessarie riparazioni del gasdotto. Il Guardiano è un bugiardo così abituale che mente anche quando cerca di dire la verità. ]

"Le bollette del gas domestico della Gran Bretagna rischiano di triplicare nel giro di un anno. Il principale beneficiario non è altri che la Russia, le cui esportazioni di energia verso l'Asia sono aumentate vertiginosamente, portando la sua bilancia dei pagamenti a un surplus senza precedenti.

Il rublo è una delle valute più forti del mondo quest'anno, dopo essersi rafforzato da gennaio di quasi il 50%".

Ogni paese occidentale è stato addestrato dalla sua "educazione", alias indottrinamento, establishment a odiare se stesso come oppressore.

 La politica dell'identità, la teoria critica della razza e i privilegi speciali per i sessualmente perversi e gli immigrati-invasori hanno distrutto la fedeltà dei resti della base etnica dei paesi ai governi che non li rappresentano.

Gli agricoltori in Olanda e in Italia ora capiscono che il loro governo è il loro peggior nemico.

 Ogni paese occidentale è una struttura svuotata con governi che servono ogni interesse tranne le persone etniche che hanno creato il paese e comprendono la sua base storica.

Russia, Cina e Iran non devono preoccuparsi dell'Occidente. L'Occidente non esiste più.

Il liberalismo occidentale ha completamente distrutto l'Occidente.

In Occidente gli uomini privi di integrità e rispetto di sé possono dichiararsi donne e sulla base della loro menzogna competere negli sport femminili.

 I sistemi scolastici occidentali stanno preparando i bambini piccoli ai pedofili insegnando loro il piacere sessuale in giovane età e che non importa come viene raggiunto.

Una volta che la perversità dell'omosessualità si è normalizzata, la pedofilia è diventata la prossima in linea per la normalizzazione.

 Le persone non sanno nemmeno più qual è il loro genere.

La diversità richiede che possano dichiarare di essere qualsiasi cosa dicano, e la BBC ci dice che è consigliato che ci sono 150 generi tra cui scegliere.

Dimmi, come fa un iraniano, un russo, un esercito cinese a guardare i nemici che non possono discriminare le donne dagli uomini, che non hanno moralità sessuale, rispetto di sé e solo la moralità di Sodoma e Gomorra?

 

 

 

Come è stata distrutta

l'economia americana.

 

 Unz.com-  PAUL CRAIG ROBERTS – (AGOSTO 3, 2022 )- ci dice :

 

Nel 1945 gli Stati Uniti emersero da una guerra mondiale con l'unica economia industriale intatta al mondo. Le economie britannica, europea, sovietica e giapponese erano in rovina.                         La Cina e il resto dell'Asia, dell'Africa e del Sud America avevano economie non sviluppate, in seguito ribattezzate economie del terzo mondo.

 Inoltre, gli Stati Uniti detenevano la maggior parte delle riserve auree del mondo. Il presidente Franklin D. Roosevelt aveva usato la seconda guerra mondiale per distruggere il controllo britannico del commercio internazionale e la sterlina britannica come valuta di riserva mondiale. Gli Stati Uniti hanno forzato la rottura del sistema britannico di preferenze commerciali e l'accordo di Bretton Woods ha dato quei ruoli agli Stati Uniti.

Quattro anni di produzione bellica hanno dato agli Stati Uniti una forza lavoro grande, disciplinata e qualificata, e la carenza di consumatori in tempo di guerra ha fornito un'enorme domanda repressa dei consumatori per guidare la crescita dell'economia del dopoguerra.

 I posti di lavoro erano abbondanti e il reddito reale degli Stati Uniti è aumentato fortemente negli anni 1950 e negli anni 1960.

Ma poi le cose hanno iniziato ad andare male.

 Il programma del presidente Johnson di "pistole e burro" (la guerra del Vietnam e la spesa sociale della "Grande Società") ha portato a una proliferazione di dollari USA che alla fine ha costretto il presidente Nixon a chiudere la finestra dell'oro e porre fine al diritto delle banche centrali straniere di riscattare le loro partecipazioni in dollari USA per l'oro.

Inoltre, la politica macroeconomica keynesiana di gestione della domanda ha iniziato a crollare.

 Le elevate aliquote marginali dell'imposta sul reddito hanno comportato aumenti più deboli dell'offerta e aumenti della domanda aggregata. La politica monetaria espansiva ha spinto verso l'alto la domanda dei consumatori, ma le alte aliquote fiscali hanno ridotto la risposta dell'offerta, culminando nella "stagflazione" dell'amministrazione del presidente Carter.

La politica economica dal lato dell'offerta del presidente Reagan curò la stagflazione e il peggioramento del compromesso della "curva di Phillips" tra inflazione e disoccupazione, e la crescita economica reale riprese per tutto il 1980 e negli anni di Clinton, un'amministrazione che sosteneva il successo di Reagan.

Ma nell'ultimo decennio del 20 ° secolo le cose sono peggiorate. Il successo delle politiche economiche di Reagan e Margaret Thatcher creò un'eccessiva fiducia nelle economie di libero mercato non regolamentate.

Negli Stati Uniti il Glass-Steagall Act, che separava il commercial banking dall'investment banking e aveva servito bene il paese dal 1933, fu abrogato.

Il presidente della Federal Reserve Alan Greenspan e il Tesoro di Clinton hanno affermato che "i mercati si stanno autoregolando".

L'abrogazione ha messo in moto la crisi finanziaria del 2008 che ha lanciato la più grande e lunga attività di stampa di denaro negli Stati Uniti nella storia.

 Il bilancio della Federal Reserve è aumentato di 8,2 trilioni di dollari mentre la Fed stampava denaro con cui acquistare gli investimenti travagliati delle grandi banche al fine di mantenere le banche solvibili.                  

Il massiccio aumento dell'offerta di moneta è andato principalmente nei prezzi di azioni, obbligazioni e immobili, peggiorando così drasticamente la distribuzione del reddito e della ricchezza negli Stati Uniti e creando l'uno per cento.

Anni di pompaggio di asset finanziari e valori immobiliari con la creazione di denaro hanno lasciato la Federal Reserve oggi in una posizione precaria ora che i blocchi Covid e le sanzioni economiche contro la Russia hanno rotto le catene di approvvigionamento e causato carenze che stanno aumentando i prezzi.

 La Fed sta cercando di superare i problemi di offerta aumentando senza senso i tassi di interesse, il che minaccia la ricchezza finanziaria creata da anni di Quantitative Easing.

 Allo stesso tempo, la politica delle sanzioni sta allontanando i paesi dal dollaro che alla fine ridurrà il suo valore, costringendo così la Fed a scegliere tra il mercato azionario e il dollaro.

Il crollo sovietico nel 1991 rispetto al successo americano è stato uno sviluppo ancora peggiore.

Ha convinto la Cina e l'India che i mercati capitalisti, non la pianificazione socialista, erano la via per il successo economico. Entrambi i paesi con le loro grandi forze di lavoro sottoutilizzate si sono aperti agli investimenti stranieri.

Ciò ha accelerato l'era del "globalismo" o la delocalizzazione dei posti di lavoro.

 Le corporazioni manifatturiere americane, sotto la pressione di Wall Street di acquisizioni se non avessero aumentato i loro profitti spostando le loro operazioni di produzione all'estero dove il lavoro era scarso, abbandonarono le loro forze di lavoro e le loro comunità e iniziarono a produrre all'estero i prodotti che commercializzavano negli Stati Uniti.

 Ciò ha separato i redditi degli americani dalla produzione dei beni e dei servizi che hanno consumato e ha smantellato le scale di mobilità verso l'alto negli Stati Uniti che erano state erette da una vivace economia manifatturiera.

Gli economisti americani con sovvenzioni di Wall Stret e delle società di delocalizzazione hanno prodotto "studi" che presumibilmente dimostrano che era un bene per l'America perdere la sua alta produttività, i posti di lavoro ad alto valore aggiunto e per le comunità americane perdere la loro base imponibile.

 I lavori nel settore manifatturiero sono stati denigrati come "lavori sporchi per le unghie" e alla forza lavoro sono stati promessi posti di lavoro migliori, più remunerativi e ad alta tecnologia. Questi studi e promesse comprendono il peggior tipo di economia spazzatura.

Uno studio di un accademico di Dartmouth, Matthew J Slaughter, ha concluso che la delocalizzazione dei posti di lavoro americani, cioè dandoli agli stranieri, ha creato il doppio dei posti di lavoro domestici negli Stati Uniti rispetto ai posti di lavoro per gli stranieri.

 Egli non è giunto a questa conclusione consultando i dati sui posti di lavoro del libro paga BLS o le statistiche sull'occupazione professionale bls.

 Invece, ha misurato la crescita dell'occupazione multinazionale statunitense e non ha tenuto conto delle ragioni dell'aumento dell'occupazione multinazionale.

Le multinazionali statunitensi hanno acquisito molte piccole imprese nazionali statunitensi esistenti, aumentando così l'occupazione multinazionale ma non l'occupazione complessiva, e molte aziende statunitensi hanno stabilito operazioni estere per la prima volta e quindi sono diventate multinazionali, aggiungendo così la loro occupazione statunitense esistente all'occupazione multinazionale.

Nel 2006 Michael Porter, un professore di Harvard, ha usato una conferenza stampa per pubblicizzare i benefici del globalismo, cioè la delocalizzazione dei posti di lavoro americani.

La sua relazione per il Consiglio sulla competitività ha mostrato falsamente che gli americani stavano beneficiando di dare il loro lavoro ad asiatici e messicani.

Lo ha fatto sottolineando la performance economica degli Stati Uniti in un periodo di 20 anni. Poiché la delocalizzazione dei posti di lavoro era relativamente nuova, il periodo di 20 anni risale al 1980 di Reagan. Così Porter usò la forte performance degli anni di Reagan per ammorbidire il deterioramento economico del globalismo.

Potrei continuare a lungo presentando le false affermazioni usate per bloccare l'opposizione alla perdita da parte dell'America del suo status di produzione preminente.

Oggi, 16 anni dopo la promessa di Porter di posti di lavoro migliori, gli ex lavoratori manifatturieri statunitensi ben pagati hanno lavori al dettaglio a basso costo presso Walmart e Home Depot.

La loro assicurazione sanitaria e le prestazioni pensionistiche sono scomparse con i loro lavori nel settore manifatturiero.

Il fatto è che oggi gli economisti americani sono impegnati a scrivere propaganda per i loro benefattori o stanno giocando nelle loro riviste professionali modellando scenari che non esistono nel mondo reale.

Un'altra conseguenza disastrosa dell'abrogazione di Glass-Steagall è l'accelerazione che ha dato alla finanziarizzazione dell'economia che si era insinuata su di noi per decenni.

Un'economia finanziarizzata è quella in cui il settore finanziario è riuscito a ottenere la maggior parte del reddito dei consumatori impegnati a pagare interessi e commissioni sul debito – pagamenti di mutui, pagamenti di auto, pagamenti con carte di credito, prestiti agli studenti – lasciando poco per guidare la crescita economica con spese per nuovi beni e servizi. Molte persone vivono con la loro carta di credito, pagando solo il pagamento minimo man mano che il saldo cresce con interessi composti.

Secondo uno studio della Federal Reserve di alcuni anni fa, il 40% delle famiglie statunitensi non può raccogliere $ 400 in contanti senza vendere beni personali come TV, telefoni cellulari, vestiti o strumenti di pegno.

L'intera estensione dell'economia statunitense sovra-indebitata, e qui non includo il debito pubblico, può essere compresa risalendo al 1945, quando questo saggio ebbe inizio.

Michael Hudson riferisce che nel 1945 il patrimonio netto dei proprietari di case nelle proprietà su cui erano ipotecati era dell'85%. Oggi il patrimonio netto dei proprietari di case nelle loro proprietà è sceso al 33%.

Inoltre, la proprietà della casa americana è diminuita dal 70% al 63% a seguito della politica del presidente Obama di salvare i truffatori finanziari responsabili del crollo del 2008, pignorando le loro vittime.

C'era una volta molto tempo fa il Partito Democratico era onesto.

Il partito cercò di proteggere il Sud americano dall'invasione per il suo rifiuto di finanziare a spese del Sud il costo dell'industrializzazione del Nord. Per come la vedeva il Nord, era responsabilità del Sud pagare la tariffa che avrebbe protetto l'industria del Nord dai prodotti meglio fatti e meno costosi della Gran Bretagna.

Fino al 1965 i democratici continuarono a cercare di proteggere la classe operaia.

Ma nel 1965 i democratici tradirono gli americani su due fronti.

 Hanno approvato una legge sull'immigrazione che ha inondato l'America di immigrati del terzo mondo che sono estranei alla nostra cultura e il cui numero sopprime i salari.

Allo stesso tempo, i democratici hanno approvato un “Civil Rights Act “che di per sé non permetteva la preferenza alle "minoranze preferite", ma è stato utilizzato a tale scopo da Alfred W. Blumrosen, capo della conformità dell'EEOC.

Blumrosen ha ragionato sul fatto che avrebbe potuto sostenere il Civil Rights Act e richiedere le quote razziali proibite, perché i tribunali federali tradizionalmente dal 1930 "riferivano all'autorità di regolamentazione".

 

Le preferenze razziali per le "minoranze preferite" si sono sviluppate nei diritti aristocratici di un'epoca altrimenti passata. Oggi nel mondo occidentale USA e UE  i popoli "preferiti" come i neri e i pervertiti sessuali hanno protezioni speciali che non si estendono alle persone eterosessuali bianche.

Una persona bianca che si oppone all'aggressione verbale o fisica da parte di un Una donna bianca che accusa un nero di stupro rischia di essere arrestata per un crimine d'odio nei paesi scandinavi e in Germania nero è dichiarata razzista.

 In quella che una volta era la Gran Bretagna, un cittadino britannico bianco è stato arrestato dalla polizia britannica bianca per aver ripubblicato un meme che mostra disapprovazione per la sempre crescente collezione di pervertiti sessuali. (reclaimthenet.org/uk-police-lgbt-flag-arrest-social-media/)

Oggi nel mondo occidentale la situazione è questa. La composizione etnica dei paesi occidentali è sotto feroce attacco da parte degli elementi di sinistra liberale della loro stessa etnia.

I diritti della base etnica della popolazione stanno cessando di esistere nei settori della libertà di parola e del giusto processo legale.

Le persone vengono licenziate per aver usato pronomi di genere. Gli scienziati sono licenziati per aver contestato una falsa spiegazione. Le persone sono costrette ad accettare violazioni delle leggi di Norimberga. Ovunque una persona si rivolga per informazioni, i media mentono.

Questa è una situazione senza speranza per il mondo occidentale.

Mentre la consapevolezza si diffonde lentamente ma gradualmente tra le popolazioni etniche dell'Occidente che i loro governi sono contro di loro, le maggioranze etniche iniziano a rendersi conto che sono prese di mira per l'espropriazione.

 Alcuni francesi se ne sono resi conto, così come gli agricoltori in Olanda e in Italia. Una volta che la composizione etnica di un paese si rende conto che il governo non li rappresenta ma rappresenta i loro nemici, si sviluppa una situazione rivoluzionaria.

Tutto ciò che può salvare la civiltà occidentale è la rivoluzione su tutto il fronte.

 La totalità dei governi e gli interessi acquisiti che rappresentano devono essere rovesciati.

 Altrimenti ci troviamo di fronte a una tirannia istituzionalizzata e le economie corrono a beneficio dell'uno per cento.

 

 

Il sogno americano.

Unz.com-   LARRY ROMANOFF –( 26 LUGLIO 2022 )- ci dice :

Gli Stati Uniti hanno una delle ideologie nazionalistiche più profondamente radicate di qualsiasi nazione.

Accompagnando le grandi isterie di massa del patriottismo e della libertà, uno degli anelli più pervasivi della catena ideologica che crea il senso di identità americano è la fede in "The American Dream", un ideale immaginario che offre un percorso di prosperità da stracci a ricchi.

 In questo universo mitico, tutte le opportunità sono ugualmente disponibili per ogni cittadino, in una terra in cui anche coloro che non hanno credenziali, istruzione o esperienza possono accumulare ricchezze indicibili e persino salire fino a diventare il presidente del paese.

 In questo contesto, l'America è un fantastico mito utopico promosso dalla macchina della propaganda come un concetto idealistico shangri-la di opportunità e speranza, dove anche i più svantaggiati hanno una buona possibilità di ricchezza e fama.

Gli americani credono quasi universalmente di essere unici in questo senso, gli Stati Uniti si definiscono virtualmente come la terra delle opportunità, ma questa è sempre stata un'illusione.

Mentre può essere vero che gli Stati Uniti hanno accumulato individui relativamente più ricchi di altre nazioni, e il cui status è stato trasmesso al mondo come prova di virtù, questo è molto più un atto d'accusa della natura predatoria e antisociale del capitalismo in stile americano che di equità e opportunità.

 È vero che la forma unicamente predatoria del capitalismo americano creerà alcuni tipi di opportunità che non esistono in altri paesi, ma possiamo sviluppare un argomento molto forte che a questi tipi non dovrebbe essere permesso di esistere.

Non cancelliamo il 2008 dai nostri ricordi troppo presto. Inoltre, ci sono state poche preziose grandi fortune personali create negli Stati Uniti che non sono state accompagnate dall'impegno di crimini ancora più grandi, e i dirigenti di un gran numero di multinazionali statunitensi dalla United Fruit Company di Rockefeller e Standard Oil a Coca-Cola e Wal-Mart avrebbero dovuto affrontare un processo e essere giustiziati per crimini contro l'umanità.

 

Gli Stati Uniti hanno effettivamente un gran numero di miliardari, ma questo è direttamente compensato dal vasto declino della classe media e dall'enorme e crescente numero di impoveriti.

L'élite 1%, i banchieri e gli industriali che controllano il governo, hanno forzato la legislazione che li ha liberati dalle tasse e dalla regolamentazione per consentire quella libera accumulazione di ricchezza.

 Il fatto che altre nazioni occidentali abbiano meno ricchi estremi è anche direttamente compensato dalla loro corrispondente mancanza di povertà. Basta esaminare i dati sulla disuguaglianza di reddito per rendersi conto che le opportunità in America sono sempre più riservate a pochi privilegiati e che le masse non solo sono escluse per disegno, ma vengono saccheggiate da quegli stessi pochi privilegiati.

Come per quasi ogni altra pretesa americana di supremazia, i pochi esempi offerti di qualsiasi cosa sono praticamente gli unici esempi che esistono. Gli americani indicheranno con orgoglio un Bill Gates o un Warren Buffett come prova della verità della loro convinzione, ma Gates (William H. Gates III) era un vecchio denaro di terza generazione la cui famiglia era collegata ai massimi livelli e non, come vorrebbe il mito, uno sconosciuto geek del computer che abbandonò Harvard e colpì l'oro con una buona idea.

In ogni caso, Gates e Buffett sono due individui di 300 milioni di persone, e la brutale verità che sembra sfuggire alla coscienza degli americani è che questi due hanno accumulato la loro ricchezza mentre decine di milioni di altri stavano perdendo le loro case e il lavoro.

Gli americani indicheranno con orgoglio Apple, con i suoi profitti offshore accumulati di $ 300 miliardi come prova delle possibilità illimitate dell'America, ma apparentemente non sono in grado di vedere i milioni che vivono nelle tendopoli e dormono nelle fogne di Las Vegas come un risultato inevitabile dell'accumulo di quegli stessi $ 300 miliardi.

 E non sono nemmeno in grado di vedere la criminalità di aziende come Foxconn in Cina che producono quei prodotti Apple in quelli che sono essenzialmente campi di concentramento di lavoro forzato.

I ricchi in ogni nazione non diventano ricchi perché sono più intelligenti, ma approfittando e quasi sempre brutalizzando i meno fortunati.

Possiamo facilmente creare un'analogia quasi perfetta con il sogno americano: "Tutti gli americani hanno l'opportunità di imparare a volare. Non in un aereo, ma come Superman, navigando nell'aria su superpoteri mistici. Certo, se esaminiamo il paesaggio, troviamo pochi individui preziosi che sembrano aver approfittato di questa grande opportunità, ma questa mancanza di prove non invalida in alcun modo la nostra premessa. Esattamente allo stesso modo possiamo affermare che tutti gli americani hanno l'opportunità di diventare ricchi e di successo.

Ancora una volta, quando esaminiamo il paesaggio, troviamo pochi individui preziosi che sono effettivamente riusciti a farlo, ma ancora una volta la mancanza di prove non serve a invalidare la nostra premessa. Naturalmente, l'intero argomento è solo una sciocchezza.

 Il successo di Warren Buffett è indicativo di nient'altro che un individuo fortunato e di talento che era nei posti giusti al momento giusto e che è notevole solo per la sua rarità.

Abbiamo alcuni Elon Musk e altri come lui, ma ancora una volta questo non è indicativo di nulla. Se il sogno americano come affermato è reale, abbiamo bisogno di almeno molte decine di milioni di individui che hanno raggiunto una misura ragionevole di questo sogno. Ma non esistono, e la ragione per cui non esistono è che l'intera narrazione del sogno americano è una frode.

Mentre il governo degli Stati Uniti, controllato dai suoi banchieri e finanzieri, dalla sua élite multinazionale e dalla FED, ha lavorato per decenni per sviscerare le classi medie e basse e per effettuare un continuo e massiccio trasferimento di ricchezza all'1% superiore, il 99% inferiore ha cantato le lodi del sistema capitalista "democratico" che è stato progressivamente abusato per facilitare questo trasferimento.

In verità e in realtà, stanno elogiando le stesse componenti del loro sistema che li stanno trascinando ulteriormente nella povertà ogni anno che passa. Non riesco a pensare a un tributo più grande al potere della propaganda che per una nazione sempre più impoverita, non istruita e disoccupata non solo sia accecata dalla deliberata fabbricazione della propria sfortuna, ma ad adorare il sistema che lo ha permesso e venerare gli individui che l'hanno causata.

 

È interessante notare che la religione svolge un ruolo di supporto significativo nella propagazione di questa frode. Le versioni americane semplicistiche e semplicistiche del cristianesimo, con la loro visione bidimensionale e fortemente moralistica del mondo, incoraggiano la credenza nel trionfo finale della virtù, il duro lavoro ovviamente è caratteristico della virtù e il successo è una misura della sua pratica.

In questo contesto e sotto questo indottrinamento è perfettamente plausibile che la colpa del proprio fallimento nel "riuscire" debba essere attribuita alle proprie carenze, e in effetti è visto come piagnucolare incolpare il sistema piuttosto che noi stessi per la nostra mancanza di progresso. L'intero mito, il fondamento del sogno americano, è che il capitalismo in stile americano arricchirà automaticamente chiunque lavori sodo, riempiendo gli individui di una speranza illusoria che raramente si realizza mentre li incoraggia a incolpare se stessi quando falliscono.

 

Un autore ha scritto che, come la maggior parte di tutto il resto negli Stati Uniti, il sogno americano è una bugia, ma questo mito è "così psicologicamente seducente per coloro che sono ambiziosi e nutrono speranze per un futuro migliore che la propaganda stessa crea seguaci devoti anche in assenza di tutte le prove".

 Questa è davvero una delle grandi tragedie della vita umana in America, che così tanti milioni di persone credono ferventemente in quella che è semplicemente una favola, dicendosi che "ci sono sempre possibilità" quando uno sguardo lucido intorno a loro dovrebbe mandare la maggior parte di loro a correre verso la porta.

 E sono sempre i più innocenti e creduloni, gli ignoranti e disinformati, i più vulnerabili, i più suscettibili a questa feroce propaganda, come dimostrano aziende come Amway.

A volte sembra che metà del contenuto delle librerie statunitensi consista in quelli che chiamiamo libri di "auto-aiuto", destinati a darci "il vero segreto" del successo e della ricchezza.

Naturalmente, se un libro lo facesse mai, non ci sarebbe bisogno di un secondo. Il segreto contenuto in questi libri è per lo più limitato a qualche variazione di "Devi credere". E quando non riesci a colpire l'oro, come inevitabilmente farai, allora la tua convinzione non era abbastanza forte.

La realtà è che l'opportunità e il percorso verso la ricchezza esistono oggi solo per i ben collegati, con pochi dei brillanti, industriosi e ben istruiti che raggiungono mai la ricchezza o la fama, eppure la maggior parte degli americani è ancora illusa nel credere che questi obiettivi siano effettivamente raggiungibili.

 Una volta era un assioma che una marea crescente solleva tutte le barche, ma negli ultimi 50 anni solo gli yacht di lusso sono aumentati, con l'1% superiore che aggrega la maggior parte del reddito e delle attività a se stessa mentre la classe media ha costantemente perso terreno ed è stata praticamente sventrata.

Con l'aumento della finanziarizzazione e della deindustrializzazione dell'economia statunitense, con la FED che ha ripetutamente progettato boom e bust, ognuno con il suo corrispondente massiccio trasferimento di ricchezza, la montagna verso le ricchezze è diventata davvero una salita molto ripida per il cittadino medio.

Molti autori hanno notato che una caratteristica distintiva della società americana è la stratificazione sociale sempre maggiore, per cui quelli della classe inferiore non hanno quasi alcuna possibilità di salire anche nella classe media, tanto meno aspirano alla ricchezza o all'alta società. Tra tutte le nazioni sviluppate, gli Stati Uniti sono diventati il paese in cui lo status economico e sociale ha maggiori probabilità di essere ereditato e che è improbabile che lo sforzo individuale o addirittura il genio ottengano qualcosa di notevole.

 

Va anche notato che i popoli di tutte le nazioni nutrono speranze di progresso, di miglioramento della loro vita, di crescente prosperità, di libertà dal bisogno e dal bisogno, gli americani non essendo unici in questo senso.

E va anche notato che le opportunità per tale progresso non sono mai state in alcun modo limitate agli Stati Uniti, e in effetti gli Stati Uniti non sono mai stati unici in questo senso. In effetti, molte nazioni hanno standard di vita più elevati e società molto più compassionevoli rispetto agli Stati Uniti, ed è sempre stato facile "avere successo" in Canada o in Germania o in Italia come in America.

Nonostante l'eccezionalismo americano e lo sciovinismo, il percorso verso il successo o il top non è mai stato particolarmente facile negli Stati Uniti che in molte altre nazioni.

 

E infine, di tutte le nazioni del mondo oggi, è la Cina che offre la maggiore opportunità di progresso e crescente prosperità e, soprattutto, che fornisce questa offerta praticamente all'intera popolazione della nazione.

Mentre può essere vero per la Cina come per tutte le nazioni, che solo buone connessioni e un buon allevamento ti daranno un invito a una cena dell'ambasciata, è anche vero che in Cina come in nessun'altra nazione al mondo oggi una percentuale così alta di persone può nutrire speranze per il futuro con una probabilità così alta di fruizione.

 È la Cina, non l'America, che ha creato un ambiente per un vero e quasi universale potenziale di progresso per tutti.

E, mentre molti americani si rifiuteranno di crederci, è la qualità dei leader cinesi, il fatto del sistema di governo monopartitico cinese e la versione unica del capitalismo socialista cinese che lo hanno reso possibile.

 Gli stessi fattori che gli americani hanno accreditato con il presunto successo della loro nazione sono in realtà gli stessi elementi che stanno distruggendo il loro sogno americano.

 I segni di entrambe queste affermazioni sono evidenti ovunque ci si preoccupi di guardare, ma quando gli americani schiariranno le loro menti dalle nuvole della propaganda sarà troppo tardi.

Non sono tanto preoccupato per gli americani, ma mi preoccupa molto il fatto che troppi cinesi non riusciranno a liberare le loro menti dalla propaganda e dal falso marchio fino a quando non sarà troppo tardi.

( Gli scritti di Romanoff sono stati tradotti in 32 lingue e i suoi articoli sono stati pubblicati su oltre 150 siti web di notizie e politica in lingua straniera in più di 30 paesi, oltre a più di 100 piattaforme in lingua inglese. Larry Romanoff è un consulente di gestione e uomo d'affari in pensione. Ha ricoperto posizioni dirigenziali in società di consulenza internazionali e ha posseduto un'attività internazionale di import-export. È stato visiting professor presso la Fudan University di Shanghai, presentando casi di studio in affari internazionali a classi EMBA senior. Romanoff vive a Shanghai e sta attualmente scrivendo una serie di dieci libri generalmente legati alla Cina e all'Occidente. È uno degli autori che hanno contribuito alla nuova antologia di Cynthia McKinney "When China Sneezes". ).

 

 

 

 

Incontra il nuovo boss;

Putin reindirizza gli idrocarburi critici

verso est lasciando l'Europa alta e secca.

 

Unz.com -  MIKE WHITNEY –( GIUGNO 15, 2022)- ci dice :

 

"Il rifiuto delle risorse energetiche russe significa che l'Europa diventerà la regione con i più alti costi energetici al mondo.

 Ciò comprometterà gravemente la competitività dell'industria europea che sta già perdendo la concorrenza a favore delle imprese di altre parti del mondo. I nostri colleghi occidentali sembrano aver dimenticato le leggi elementari dell'economia, o semplicemente preferiscono ignorarle". (Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa).

 

Martedì, la Russia ha annunciato una riduzione del 40% del flusso di gas naturale verso la Germania attraverso il gasdotto Nord Stream.

L'annuncio, che è stato fatto dai funzionari di Gazprom, ha scosso il mercato europeo del gas, dove i prezzi sono rapidamente saliti a nuovi massimi. In Germania, dove i prezzi sono triplicati negli ultimi tre mesi, la notizia è stata accolta con sussulti di orrore.

 Con l'inflazione già ai massimi da 40 anni, quest'ultima riduzione dell'offerta è destinata a far precipitare l'economia tedesca in recessione o peggio. Tutta l'Europa sta ora sentendo l'impatto delle sanzioni fuorvianti di Washington sulla Russia. Ecco di più dal sito web di Oil Price:

 

"La russa Gazprom ha dichiarato martedì che limiterà la fornitura di gas naturale attraverso il gasdotto Nord Stream verso la Germania del 40% rispetto ai flussi pianificati a causa di un ritardo nelle riparazioni delle apparecchiature ... La minore fornitura di gas attraverso Nord Stream alla più grande economia europea, la Germania, ha fatto salire i prezzi del gas in Europa a due cifre.

Consegne di gas russo in Europa... sono già stati in calo dopo che l'Ucraina ha interrotto il mese scorso i flussi dalla Russia all'Europa a ... uno dei due punti di transito... quindi la fornitura è stata interrotta per un terzo del gas che transita dall'Ucraina verso l'Europa". ("I prezzi del gas in Europa aumentano del 13% mentre la Russia riduce il flusso del Nord Stream", prezzo del petrolio).

 

Gli Stati Uniti e i loro alleati europei hanno imposto più sanzioni alla Russia di qualsiasi altro paese nella storia. Ma l'annuncio di martedì aiuta a illustrare chi sta effettivamente soffrendo per le sanzioni e chi no. La Russia non sta soffrendo, infatti, la Russia non sembra affatto particolarmente turbata. Ha tranquillamente spazzato via gli attacchi di Washington come si farebbe con una mosca a un picnic in famiglia.

Ancora più sorprendente è il fatto che le sanzioni hanno rafforzato il rublo, aumentato le entrate dalle materie prime, inviato il surplus commerciale della Russia in territorio record e spinto i profitti di gas e petrolio nella stratosfera. Secondo ogni standard oggettivo, le sanzioni sembrano avvantaggiare la Russia che, ovviamente, è il risultato opposto a quello che ci si aspettava.

 

Le sanzioni economiche di Washington contro la Russia: successo o fallimento?

La valuta russa (il rublo) è salita a un massimo di cinque anni.

Le materie prime russe stanno rastrellando profitti inaspettati

Si prevede che il surplus commerciale della Russia raggiungerà un livello record quest'anno.

Le vendite di petrolio e gas della Russia sono aumentate bruscamente.

Non ci sono prove che le sanzioni di Washington abbiano raggiunto l'obiettivo di "indebolire" la Russia o danneggiare la sua economia. Vi sono, tuttavia, prove considerevoli che le sanzioni si sono ritorte contro e hanno inflitto un pesante tributo ai loro sostenitori e al loro popolo. E mentre è difficile quantificare quanti danni sono stati effettivamente fatti, abbiamo cercato di identificare categorie specifiche in cui l'impatto è stato più drammatico. Le sanzioni hanno:

a)- innescato un forte aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dell'energia. (impennata dell'inflazione).

b)-Hanno causato gravi interruzioni nelle linee di approvvigionamento globali (deglobalizzazione).

Hanno notevolmente aumentato la scarsità di cibo e la probabilità di carestia.

Precipitato un grave rallentamento dell'economia globale

Finora, la Russia ha resistito a questi attacchi pazientemente e senza alcuna risposta di rappresaglia. Ma dobbiamo supporre che l'improvvisa riduzione del 40% dei flussi di gas verso la Germania dipendente dall'energia sia destinata a inviare un messaggio. Tieni presente che Nord Stream 2 è stato un enorme progetto pluriennale da 10 miliardi di dollari in cui la Russia è stata pienamente impegnata fino a quando la Germania "ha tirato fuori il tappeto da sotto Putin" all'undicesima ora.

La Germania ha dimostrato che – quando arriva la spinta – Berlino marcerà sempre di pari passo con Washington piuttosto che adempiere ai suoi accordi commerciali o agire nell'interesse del proprio popolo.

Ciò che la Germania sta scoprendo ora, tuttavia, è che agire come barboncino di Washington ha davvero un prezzo molto alto. Ecco di più da Reuters:

"Gazprom ha detto martedì di aver frenato le forniture attraverso il gasdotto sottomarino Nord Stream 1 verso la Germania fino a 100 milioni di metri cubi (mcm) al giorno, in calo da 167 mcm, citando il ritardo nella restituzione delle attrezzature che erano state inviate per la riparazione.

Gazprom non esporta più gas verso ovest attraverso la Polonia attraverso il gasdotto Yamal-Europe a seguito delle sanzioni russe contro EuRoPol Gaz, che possiede la sezione polacca. I flussi attraverso Yamal-Europe continuano verso est dalla Germania alla Polonia.

"A causa del ritardato ritorno delle unità di compressione del gas dalla riparazione da parte di Siemens ... e malfunzionamenti dei motori tecnici, solo tre unità di compressione del gas possono attualmente essere utilizzate presso la stazione di compressione di Portovaya ", ha detto Gazprom.

"A causa delle sanzioni imposte dal Canada, è attualmente impossibile per Siemens Energy consegnare turbine a gas revisionate al cliente. In questo contesto abbiamo informato i governi canadese e tedesco e stiamo lavorando a una soluzione praticabile ", ha detto la società. ("Nord Stream gas capacity constrained as sanctions delay equipment", Reuters).

Naturalmente, i media indicheranno uno snafu di manutenzione come scusa, ma quanto è credibile? Quante volte la fornitura di una risorsa vitale viene ridotta di quasi la metà a causa di un malfunzionamento del compressore?

Non spesso. La Russia sta inviando un messaggio semplice ma commovente alla Germania: "Hai fatto il tuo letto, ora dormici dentro". La reazione della Russia è perfettamente normale dopo essere stata "pugnalata alla schiena".

E i travagli della Germania sono solo all'inizio perché non ha modo di compensare la carenza di energia che dovrà affrontare nel prossimo futuro; un deficit che farà precipitare blackout, case congelate e un implacabile strangolamento della sua industria nazionale.

Come il governo tedesco sta scoprendo, non esiste un valido sostituto per gli idrocarburi russi che non sia né prontamente disponibile né la qualità si adatti ai requisiti particolari della Germania.

 In altre parole, gli Stati Uniti hanno portato la Germania lungo il sentiero della primula credendo che potrebbero semplicemente passare ad altri fornitori di energia e tutto sarebbe solo dandy. Non è certamente così.

 La Germania e tutta l'Europa pagheranno per la loro energia più di qualsiasi altra regione del mondo, il che comprometterà gravemente la competitività dell'UE. Questo, a sua volta, porterà a un forte declino degli standard di vita e a crescenti disordini sociali.

Ecco di più dal Wall Street Journal:

"Per decenni, l'industria europea si è affidata alla Russia per fornire petrolio e gas naturale a basso costo che hanno mantenuto le fabbriche del continente in fermento.

Ora i costi energetici industriali dell'Europa stanno aumentando vertiginosamente sulla scia della guerra della Russia contro l'Ucraina, ostacolando la capacità dei produttori di competere nel mercato globale.

 Le fabbriche si stanno affrettando a trovare alternative all'energia russa sotto la minaccia che Mosca possa spegnere bruscamente il rubinetto del gas, portando la produzione a un arresto.

I produttori europei di prodotti chimici, fertilizzanti, acciaio e altri beni ad alta intensità energetica sono stati messi sotto pressione negli ultimi otto mesi mentre le tensioni con la Russia sono aumentate in vista dell'invasione di febbraio.

 Alcuni produttori stanno chiudendo di fronte alla concorrenza delle fabbriche negli Stati Uniti, in Medio Oriente e in altre regioni in cui i costi energetici sono molto più bassi che in Europa.

I prezzi del gas naturale sono ora quasi tre volte più alti in Europa che negli Stati Uniti". ("Alcune fabbriche europee, a lungo dipendenti dall'energia russa a basso costo, stanno chiudendo; I costi dell'energia industriale stanno salendo alle stelle sulla scia della guerra della Russia contro l'Ucraina, ostacolando la capacità dei produttori europei di competere a livello globale", Wall Street Journal).

Il Wall Street Journal vorrebbe farvi credere che la Russia è responsabile delle scelte sbagliate dell'Europa, ma non è vero. Putin non ha aumentato i prezzi. I prezzi sono aumentati in risposta all'aumento della domanda dell'UE a causa delle carenze causate dalle sanzioni. Com'è colpa di Putin?

Non lo è. E lo stesso vale per i funzionari dell'UE che hanno accusato Putin di "ricatto", un'affermazione per la quale non c'era alcun fondamento. Quando è stata formulata tale accusa, il prezzo del gas nell'Unione europea era oggi pari a un terzo del suo prezzo. È così che funziona il ricatto, facendo pagare meno del prezzo di mercato?

Certo che no. È ridicolo. L'Europa stava ottenendo un ottimo prezzo su una risorsa scarsa fino a quando non decisero di seguire i cattivi consigli dello Zio Sam e rovinarlo per se stessi. Ora stanno pagando attraverso il naso, e possono solo incolpare se stessi.

Sapevi che i leader dell'UE stanno già pianificando di razionare l'energia questo inverno?

È vero. L'Europa ha accettato di diventare un altro cagnolino degli Stati Uniti per eseguire fedelmente l'ambiziosa strategia globale di Washington. Ecco la storia:

"L'Europa potrebbe essere costretta a iniziare a razionare l'energia questo inverno, a partire dagli usi industriali del gas naturale, soprattutto se l'inverno è freddo e l'economia cinese rimbalza", ha detto al Financial Times il direttore esecutivo dell'Agenzia internazionale per l'energia (AIE), Fatih Birol.

"Se abbiamo un inverno rigido e un inverno lungo... Non escluderei il razionamento del gas naturale in Europa, a partire dalle grandi strutture industriali", ha detto Birol a FT.

Il mondo affronta una crisi energetica "molto più grande" di quella del 1970, ha detto Birol al quotidiano tedesco Der Spiegel il mese scorso.

"Allora si trattava solo di petrolio", ha detto Birol al notiziario. "Ora abbiamo una crisi petrolifera, una crisi del gas e una crisi dell'elettricità contemporaneamente", ha detto il capo dell'agenzia internazionale creata dopo lo shock del 1970 dell'embargo petrolifero arabo. ("IEA: l'Europa potrebbe vedere il razionamento dell'energia questo inverno", prezzo del petrolio).Si sbaglia, non è vero? Non abbiamo "una crisi del petrolio, del gas e dell'elettricità". Quello che abbiamo è una crisi politica.

Tutte queste carenze possono essere facilmente ricondotte alle scelte sciocche che sono state fatte da politici incompetenti che facevano gli ordini dei fantasisti neocon che pensano di poter riportare l'orologio indietro al periodo di massimo splendore del primato globale americano. Ma quei giorni sono finiti, e tutti sembrano sapere che sono finiti tranne il gruppo isolato di fanatici auto-illusi dei think tank di Washington e la loro generazione politica al 1600 di Pennsylvania Avenue.

In conclusione:

avremmo fatto molto meglio ad ascoltare Kissinger che consigliava ai suoi amici al World Economic Forum (WEF di Klaus Schwab) di concludere la guerra ucraina prima che la Russia apportasse cambiamenti che non potevano essere invertiti. Sfortunatamente, l'appello di Kissinger è caduto nel vuoto e Putin ha già iniziato a reindirizzare i suoi flussi di energia verso est. Dai un'occhiata a questo estratto da un articolo di oilprice.com:

"Il più grande rimpasto dei flussi commerciali di petrolio dall'embargo petrolifero arabo del 1970 è in corso e le cose potrebbero non tornare mai alla normalità. L'invasione russa dell'Ucraina e le sanzioni sulle esportazioni di petrolio russo stanno cambiando le rotte commerciali globali del petrolio. Negli ultimi quasi cinquant'anni, il petrolio scorreva più o meno liberamente da qualsiasi fornitore a qualsiasi cliente nel mondo...

Questo libero scambio di energia è ormai finito, dopo .... le sanzioni occidentali che seguirono, più la decisione irreversibile dell'Europa di tagliare la sua dipendenza dall'energia russa ad ogni costo...

Entro la fine di quest'anno, l'Europa prevede di aver effettivamente vietato il 90% di tutte le sue importazioni di petrolio russo prima della guerra. Per il petrolio che va in Europa, il greggio dal Medio Oriente percorrerà ora distanze più lunghe verso i porti europei rispetto alle rotte più brevi verso l'India e la Cina ...

Per l'Europa, la scelta dell'approvvigionamento petrolifero è ora politica e sarà disposta a pagare un premio per procurarsi petrolio non russo. Ciò restringerà le opzioni di offerta e continuerà a sostenere i prezzi elevati del petrolio per i mesi a venire.

Commentando l'embargo dell'UE sulle importazioni di petrolio russo via mare, Fitch Ratings ha dichiarato la scorsa settimana:

"Questo divieto avrà un impatto significativo sui flussi commerciali globali di petrolio, con circa il 30% delle importazioni dell'UE che necessitano di sostituzione da altre regioni, tra cui il Medio Oriente (Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno sostenuto una capacità produttiva inutilizzata di circa 2MMbpd e 1MMbpd, rispettivamente), Africa e Stati Uniti". ("Il più grande rimpasto di flussi di petrolio dal 1970", Prezzo del petrolio).

Che cosa significa?

Significa che l'inflazione continuerà a salire mentre le prodigiose forniture di greggio della Russia vengono reindirizzate verso est. Significa che Washington ha abbandonato il suo "progetto domestico" di 30 anni, la globalizzazione, e ha frammentato il mondo in blocchi rivali.

Significa che il dollaro, il mercato obbligazionario, il sistema finanziario occidentale e il cosiddetto "ordine basato sulle regole" – tutti inseparabilmente legati alla crescita economica che dipende quasi interamente dalla disponibilità di energia a basso costo – cominceranno a scricchiolare e gemere sotto il peso di decisioni politiche piumate che hanno portato una certa rovina alle nazioni dell'Occidente e al loro popolo. Pagheremo un prezzo pesante per la presa di potere suicida di Washington. 

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