GLOBALISMO MULTIPOLARE contro GLOBALISMO UNIPOLARE.
GLOBALISMO MULTIPOLARE contro GLOBALISMO
UNIPOLARE.
Elezioni,
la diretta – Meloni e Salvini
già litigano sul futuro governo.
Letta
contro la leader Fdi:
“Sul
Covid offende i nostri morti e si dà in pasto a No vax.”
Il
comizio conclusivo a Roma dei tre leader: "Governeremo insieme per 5
anni". Ma prima di riunirsi sul palco, già emergono le divisioni. E il
segretario del Carroccio dice: "Un governo Meloni? Io penso a un governo
mio". Poi il botta e risposta sulla squadra dei ministri e anche sullo
scostamento di bilancio. Dopo l'attacco della presidente Fdi a medici e
scienziati, il segretario dem su Twitter: "Ha gettato la maschera."
Salvini:
“Convincere Meloni su scostamento? Lo chiedono gli italiani.”
“Nel
primo Cdm decreto energia urgente. Servono 30 miliardi. Sono a debito? Sì ma
quei soldi vanno trovati”. Così Matteo Salvini a Porta a Porta. Ma gli alleati
di centrodestra non sono d’accordo: “Li convincerò. Non li convince Matteo Salvini, ma qualcuno va domani in un
negozio, in un ristorante e vede le bollette? Che poi sono quelle di agosto… Quindi non è Salvini che deve
convincere Meloni e Berlusconi, sono gli italiani che chiedono aiuto”.
Meloni:
“Scostamento di bilancio? Non lo voglio.”
“Non
voglio lo scostamento, se posso evitarlo, fermo restando che la priorità è
aiutare gli italiani, se posso evitare di indebitare ancora di più i nostri
giovani per far diventare sempre più ricchi alcuni pochi che speculano sulla
vita della gente, sono più contenta”.
Così
la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, intervistata a Porta a
porta, la puntata speciale che andrà in onda questa sera.
Berlusconi:
“Putin spinto da popolazione e media a questa operazione speciale.”
“Putin
è caduto in una situazione difficile e drammatica. Dico che è caduto perché si
è trattata di una missione delle due repubbliche filorusse del Donbass che è
andata a Mosca ha parlato con tutti, con giornali, tv e ministri del partito,
sono andati da lui in delegazione dicendo ‘Zelensky ha aumentato gli attacchi
delle sue forze contro di noi ed i nostri confini, siamo arrivati a 16mila
morti, difendici perché se non lo fai tu non sappiamo dove potremo arrivare’ e
Putin è stato spinto dalla popolazione russa, dal suo partito e dai suoi
ministri ad inventarsi questa operazione speciale“.
Lo ha
detto Silvio Berlusconi a Porta a Porta.
Salvini:
“Governo Meloni? Io penso a un governo Salvini.”
“Un
governo Meloni? Io penso a un governo Salvini”. Così Matteo Salvini a Porta a
Porta. Il leader della Lega e la presidente di FdI oggi hanno già avuto un
botta e risposta proprio sulla futura squadra dei ministri, nel giorno in cui
il centrodestra chiude la campagna elettorale insieme in Piazza del Popolo a
Roma.
Berlusconi:
“Ci vediamo tra poco a Roma”.
“Ci
vediamo tra poco a Roma, alla manifestazione conclusiva del centrodestra unito.
Quella di Piazza del Popolo sarà la grande festa della libertà. Non vedo l’ora
di esserci. Sono sicuro che ci sarete tutti per prepararci al meglio alle sfide
che ci attendono nei prossimi anni”.
Lo scrive su twitter il Presidente di Forza
Italia, Silvio Berlusconi.
Letta:
“Foto delle piazze piene di Meloni ritoccate per i social.”
“Le
cose si decidono nelle urne e non nei sondaggi. Conta il voto delle persone e
parlare con loro, non le immagini da social “: così il segretario del Pd Enrico
Letta a Perugia parlando della campagna elettorale. Il leader dei democratici
ha aggiunto: “Gli italiani infatti non scelgono sulla base dell’immagine migliore del
miglior social media manager, anche perché poi fanno cose che non funzionano
tanto e basta vedere le immagini ritoccate dei comizi della Meloni per far
vedere piazze piene di gente “. “All’immagine – ha concluso Letta – noi abbiamo scelto la
sostanza e da domenica sono scesi in campo i nostri sindaci e gli
amministratori locali, coloro che rappresentano la migliore classe dirigente di
un Paese”.
Candidata
di FdI arrestata in Sicilia.
Barbara
Mirabella, le accuse alla candidata di Fdi arrestata in Sicilia: "Una
mazzetta da 10mila euro quand'era assessora a Catania."
Salvini
a Meloni: “Squadra dei ministri si decide insieme.”
La
squadra dei ministri di un eventuale governo di centrodestra “la faremo
insieme, siamo una squadra. Non ci sono donne o uomini soli al comando, la
squadra si costruisce insieme”. Così il leader della Lega, Matteo Salvini, ha
commentato la frase di Giorgia Meloni che ha detto di avere già pronta la
squadra dei ministri, a margine di un presidio a Milano contro la ztl di Area
B. “Ognuno
ha le sue ambizioni, le sue aspirazioni legittime, aspettiamo il voto degli
italiani e poi la squadra la costruiamo insieme”, ha concluso.
Meloni:
“Ho in mente alcuni nomi, squadra di altissimo livello”.
“Non
voglio parlare di ministri. Sono riuscita fino ad oggi a non farlo e domani si
chiude la campagna elettorale. Ho in mente alcuni nomi. Se gli italiani
decideranno di darci la loro fiducia, lavoreremo per una squadra di governo di
altissimo livello”. Lo ha detto la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia
Meloni, a Mattino Cinque. “FdI non ha una classe dirigente adeguata? Mi scuso
subito se non ci saranno Azzolina e Toninelli”, ha scherzato.
Il
tweet dell’Ambasciata russa e le foto di Putin con i leader italiani.
“Dalla
recente storia delle relazioni tra la Russia e l’Italia. Ne abbiamo da
ricordare”. È il tweet dell’Ambasciata russa in Italia che, con il suo profilo
ufficiale, posta le foto dei leader italiani insieme a Putin, da Berlusconi a
Renzi passando per Salvini, Letta, Conte, Letta e Di Maio tra strette di mano e
sorrisi.
LA
FINE DEL SISTEMA UNIPOLARE
E DEL
GLOBALISMO.
Nuovogiornalenazionale.com
- SILVANO DANESI – (07 APRILE 2022) – ci dice:
La
guerra in Ucraina ha fatto saltare il banco del sistema unipolare e
dell’annesso globalismo.
La
Russia, con un atto di forza brutale, ha detto no all’idea che, dopo la caduta
dell’Unione Sovietica, la “storia fosse finita”, come sostiene Fukuyama e che
si fosse aperta la strada per un mondo omogeneo ideologicamente, politicamente
e socialmente.
Dopo
la fine della seconda guerra mondiale, l’Europa, teatro principale del
conflitto, ha visto, di fatto, svanire il sistema degli stati sovrani,
mantenuto formalmente, in quanto da Jalta è emerso un sistema bipolare, dove
due grandi potenze, gli Usa e l’Urss, governavano il mondo e dirigevano gli
Stati satelliti: gli uni accorpati nella Nato, gli altri del Patto di Varsavia.
Il
resto del mondo, per intrinseca debolezza economica e politica, stava alle
direttive del bipolarismo.
Con la
caduta dell’Unione Sovietica, nel 1991, è finita anche Jalta, il sistema
bipolare è crollato e si è instaurato un sistema unipolare, con gli Stati Uniti
al centro, unico gendarme del mondo.
Questo
quadro ha fatto pensare agli ideatori del Nuovo Ordine Mondiale e del Grande
Reset, ossia alle élite finanziarie, di poter costruire un mondo dove la Russia
fosse una sorta di miniera regionale, geopoliticamente ininfluente e la Cina
fosse la fabbrica del mondo, dotata di manodopera a bassissimo costo, quando
non di schiavi per la bisogna (vedi Uiguri).
Sicuri
della conquistata egemonia mondiale, gli Usa di Bill Clinton o, meglio, i
registi finanziari, hanno portato, l’11 dicembre 2001, la Cina nel Wto, aprendo
di fatto le porte ad un’evoluzione del Dragone che non si è democratizzato, ma
si è potenziato fino al punto di diventare un competitore temibile, non solo
economicamente.
Nel
frattempo, con l’entrata in scena di Vladimir Putin, la Russia ha ripreso ad
essere un soggetto geopolitico che non aveva nulla a che fare con le idee
unipolari degli Usa e della finanza.
La
presenza, sempre più solida, non solo economicamente, ma militarmente e, si
deve aggiungere, ideologicamente, di Cina e Russia, ha costituito un freno alle
mire espansive del globalismo finanziario e dei teorici del Nuovo Ordine
Mondiale e del Grande Reset, fino a porre, in un crescendo di tensioni, la
questione che è esplosa con la guerra in Ucraina.
Questione
che è riassumibile, in sintesi, nel rifiuto dell’unipolarismo e nell’affermazione
del multipolarismo. Affermazione che fa saltare il banco del globalismo
finanziario, che deve riposizionarsi e che mette alle corde la logica dell’asse
Bush-Clinton, la quale esprime, nella sua decadenza, un uomo come Joe Biden,
ormai chiaramente inadatto al ruolo e vittima sacrificale nel caso di
fallimento della attuale escalation anti russa.
In
questo attuale scenario, la sovranità degli Stati affermata come frutto della
pace di Westfalia (1648), langue, essendo gli Stati sovrani una pallida
parvenza di quanto potrebbero essere, in un mondo asimmetrico, dove emergono
potenze imperiali e dove l’Europa mostra tutta la sua inesistenza.
Tutte
le chiacchiere della politica italiota, davvero ridicola quanto provinciale,
sul sovranismo, non solo è stata sbertucciata dal sovranismo reale di Francia e
Germania e della furbizia ipocrita dei paesi paradisi fiscali, come l’Olanda,
ma è ridotta a nulla dall’emergere di ben altri sovranismi, quelli imperiali di
Cina e di Russia, di fronte ai quali è palesemente fallita l’Europa della
burocrazia delle misurazioni del cocomero e del cinismo finanziario.
L’Unione
Europea, se fosse stata quella dei padri fondatori, ossia uno Stato federale e
non una moneta e un’asfissiante burocrazia, oggi potrebbe svolgere un ruolo di
potenza internazionale di equilibrio, sulla base dei principi che in Europa
sono nati.
Così
non è. Tra i morti lasciati sul campo da Putin c’è anche l’Unione Europea,
quella della Merkel e di Maastricht e dei suoi camerieri. Amen.
"Da
Roma è cominciata la morte
del globalismo". La profezia di Dugin.
Agi.it-
Francesco Palmieri – (10 giugno 2019) – ci dice:
Vicino
a Putin, spesso accostato a Bannon, il principale ideologo dell'anti globalismo
Aleksandr Gel'evic Dugin è in Italia per un tour con cui sta riempiendo le sale
in molte città, dal nord al sud. Ritiene che il governo gialloverde abbia
riportato l'Italia al centro dell'Europa, che ritiene una sola: da Lisbona a
Vladivostok. Ne parla con l'Agi.
GLOBALISMO
RUSSIA : VLADIMIR PUTIN -ALEXSANDR DUGIN.
Quando
la Russia pensa all'Europa guarda prima a Roma: il governo giallo-verde ha fatto
dell'Italia "un avamposto della lotta al globalismo".
Una
vittoria per Vladimir Putin anche se dal Cremlino "non c'è stata alcuna
interferenza politica o economica".
Piuttosto
c'è "un appoggio simbolico, morale e intellettuale" alle forze
populiste.
Parola
di Aleksandr Gel'evic Dugin, 57 anni, filosofo e politologo che molti
definiscono "il consigliere di Putin".
Lui rifiuta l'etichetta: "Non sono incluso nella
gerarchia politica russa, ma sono un patriota e condivido la politica estera
del presidente".
Accostato
al politologo statunitense Steve Bannon, addirittura come 'la strana coppia',
Dugin è in Italia per un tour con cui sta riempiendo le sale in molte città,
dal nord al sud, ma è tacciato non per la prima volta di contiguità con l'area
politica di estrema destra.
Ne
parla con l'Agi.
"Ancora
destra e sinistra?" sbotta, "E' una definizione che fa comodo all'ultra-liberalismo diventato
totalitarismo economico, politico e intellettuale. Chi la pensa diversamente è
battezzato di volta in volta nazista, fascista, stalinista. Ormai sono abituato
alla demonizzazione".
Lei ha
elaborato la 4pt, la 'quarta teoria politica' dopo le tre precedenti della
modernità: fascismo, comunismo, liberalismo. Alla base c'è l'idea di Eurasia,
che vorrebbe far girare a 180 gradi il collo all'Europa occidentale: da ovest a
est.
È
l'idea di un mondo multipolare, dopo quello unipolare che il globalismo di
radici anglosassoni vorrebbe continuare a imporre. Putin ha scritto un
bell'articolo in cui parla di un filo che unisce Lisbona a Vladivostok".
Idee
che coincidono con le sue....
"Non
si tratta di indebolire l'Europa come paventa qualcuno. Al contrario: vogliamo
un'Europa indipendente che ricostituisca la sua sovranità. La civiltà europea
occidentale si coniuga alla civiltà russa ortodossa, con l'inclusione di altri
popoli e culture rispettando di ciascuno identità e differenze. Il populismo è
alleato naturale di tutti quei Paesi come Russia, Cina, India e gli Stati
islamici, che vogliono trovare posto degno nel mondo multipolare".
Però
un po' inquieta la foto della crociera sulla Neva di Putin e Xi Jinping, e gli
accordi appena siglati tra Russia e Cina cominciando da quello per Huawei sul
5G. Lei è proprio convinto che il capitalismo cinese sia preferibile?
"Certamente.
Sono stato in Cina, dove ho strette relazioni con i circoli intellettuali e
registro la loro convinzione di un nuovo ordine multipolare. L'Occidente deve
rendersi conto di non essere l'unico maestro, l'egemonia unipolare della
globalizzazione è una forma di colonialismo ideologico, economico, artistico,
che s'avvia alla fine. Il capitalismo cinese è un modello cui partecipano
popolo, cultura e Stato: tre livelli strutturali. Non è il capitalismo
occidentale sfrenato che atomizza aziende e società. Si tratta di un modello
più confuciano che maoista".
L'espansione
cinese non deve preoccupare?
"La
Cina non concepisce il suo come modello universale, ma è chiaro che lo difenda.
L'alleanza russo-cinese cerca altre vie nella storia dopo la fine dell'egemonia
unipolare".
Come
potrebbe concorrere un governo come quello italiano, segnato da tensioni e
differenze interne, a queste complesse innovazioni geopolitiche?
"Tutti
i governi italiani degli ultimi anni sono stati problematici. Non è una novità.
Ma questo di Lega e M5S è il primo passo verso un populismo integrale, il segno
di un grande cambiamento che lo mette all'avanguardia d'Europa. Le differenze
interne sono un segno persino positivo. Per me questo governo è un simbolo
che si può andare oltre destra e sinistra e che la volontà del popolo vince sui
globalisti. Più dura, a dispetto di quanti ne decretano la fine imminente da
quando è nato, più sono contento".
Ma le
elezioni europee hanno decisamente premiato la Lega a spese del Movimento 5
Stelle.
"Il
risultato indica che la maggioranza dei populisti ritiene la difesa
dell'identità, rimarcata da Salvini, l'elemento più importante. Ora Di Maio ha compreso e
correggerà la sua politica. Credo che il risultato assimilerà ulteriormente i
Cinque Stelle al populismo integrale".
Putin
ha formulato un giudizio entusiasta sui risultati elettorali. La convinzione
che non ne abbia avuto alcuna parte ha suscitato dubbi.
"Complottismi.
Solo complottismi. È una lotta tutta interna all'Europa occidentale tra élites
ultra-liberaliste e sovranisti. La Russia non ha ordito trame qui né' negli Usa
a favore di Trump. Ma assiste compiaciuta al risveglio dei popoli...".
A
luglio Putin tornerà dal Papa, che non è certo in sintonia con Salvini su un
tema prioritario come quello dei migranti.
"La
posizione della Chiesa cattolica è interessante per Mosca. Papa Francesco è
antiglobalista e anticapitalista. La strategia, calata in Italia, assume però
le forme di un appoggio incondizionato all'Islam e all'immigrazione,
tralasciando gli aspetti negativi che ne derivano. Putin è alleato di Salvini e
appoggia la difesa dell'identità italiana, ma al contempo condivide la posizione
del Papa contro il capitalismo finanziario. Si tratta in ogni caso di un motivo
in più per guardare a Roma: oggi l'Europa non è a Parigi né a Berlino. Oggi si
chiama Roma. La modernità globalista comincia a morire qui".
E al
suo posto?
"Il
recupero di una coscienza critica e di valori tradizionali. Oggi i veri
postmoderni sono gli autori tradizionalisti, che hanno diagnosticato i
fallimenti della modernità dogmatica e totalitarista".
Sorprende
che un intellettuale come Noam Chomsky abbia espresso segnali d'interesse per
il suo pensiero.
"Ho
molti rapporti con la sinistra antiliberale ed è totalmente falso che io sia un
rappresentante dell'estrema destra.
Chiunque
critichi il globalismo è mio alleato naturale. Da Chomsky a Cacciari. Non so se
sia vero il contrario, ma io sono amico loro.
Gli
ultra-liberalisti più sentono vicino il tramonto più diffamano: me, Bannon,
Trump.
Anche
grazie al controllo dei mass media. Il sorriso con cui denigrano chi non pensa
come loro è razzismo gnoseologico, che a differenza del razzismo biologico non
è stato sconfitto. Considerano sottosviluppato uno che crede in qualche dio o
legge libri di un altro scaffale. Il primo sono io".
La
teoria del mondo multipolare
di Aleksandr Dugin:
da che
parte vogliamo stare?
Ilgiornaleditalia.it
– Alfredo Tocchi - Aleksandr Dugin – (19 giugno 2022) – ci dicono:
Aleksandr
Dugin: "Capire le ragioni profonde e filosofiche (non certo le
uniche)."
L'impero
americano deve essere distrutto, e presto o tardi lo sarà.
Teoria
del mondo multipolare – Aleksandr Dugin .
Nel
2013, il filosofo russo Aleksandr Dugin scrive Teoria del mondo multipolare.
Pubblicato in Italia da Aga Editrice nel 2019, il saggio di Dugin è (tra
l’altro, perché è molto di più) la risposta russa a Francis Fujuyama.
La teoria del mondo multipolare parte da
un’accurata analisi storica e giunge alle conclusioni, riassunte in alcune
appendici (discorsi, brevi articoli) scritti da Dugin negli anni 2017 e 2018.
“L’attuale
ordine mondiale è unipolare, con l’Occidente globalizzato al suo centro e gli
Stati Uniti nel suo cuore” (omissis).
“Quando si lascia che una sola autorità decida
ciò che è giusto, e chi dovrebbe essere punito, si ha una dittatura globale. Io
sono convinto che tale situazione sia inaccettabile e che vada contrastata. Se
qualcuno ci priva della nostra libertà, dobbiamo reagire. E lo faremo. L’impero
americano deve essere distrutto, e presto o tardi lo sarà”. (Contro il mondo
postmoderno, 2017).
Segue
un richiamo agli scritti di René Guenon e Julius Evola, poi – di nuovo – un
giudizio tranchant: “Spiritualmente, la globalizzazione è la manifestazione della
Grande Parodia: il regno dell’Anticristo”.
Quando
Aleksandr Dugin usa l’espressione “il regno dell’Anticristo”, lo fa in senso
proprio, non figurato: è un “Vecchio credente”.
Quello
dei Vecchi credenti (in russo: "старове́ры" o
"старообря́дцы" è un movimento religioso ortodosso che nel 1666-1667
si oppose alle scelte della gerarchia ortodossa del proprio Paese, arrivando a
separarsene in segno di protesta contro le riforme ecclesiastiche introdotte
dal Patriarca Nikon. I Vecchi credenti continuarono infatti a esercitare le
antiche pratiche della Chiesa russa antecedenti all'entrata in vigore delle
riforme.
Per un
Vecchio credente, lo scontro in atto tra l’impero americano e la Russia di
Vladimir Putin è non soltanto uno scontro di civiltà, ma una lotta tra il bene
e il male. Per inciso, un’analoga visione viene manifestata oggi da alcuni
cattolici tradizionalisti.
Questa
interpretazione escatologica trova precise motivazioni storiche: Mosca è anche
chiamata la “Terza Roma”, fin dal Sedicesimo Secolo. Tra il 1523 e il 1524, il
monaco ortodosso Filofej scrisse una lettera al Gran Principe di Mosca: “Due
Rome sono cadute (nota, Roma e Costantinopoli) ma la terza resiste e non ve ne
sarà una quarta”. In sintesi, Mosca (la Russia) come ultimo baluardo della
cristianità.
Curioso
il collegamento col terzo segreto di Fatima. Secondo la volontà della Madre di
Dio come rivelata a Lucia Dos Santos, una dei tre pastorelli, per salvare il
mondo il Santo Padre avrebbe dovuto consacrare al Cuore Immacolato di Maria la
Russia.
Al contrario,
Papa Francesco – nella consacrazione del 25 marzo scorso – ha consacrato al
cuore Immacolato di Maria la Federazione Russa, l’Ucraina e l’intera umanità:
da agnostico, faccio gli scongiuri che lui non sia il vero papa (come qualcuno
inizia a sostenere con ottimi argomenti, tema sul quale ho già scritto) e che
il vero e unico detentore del munus apostolico, Papa Benedetto XVI, abbia
seguito la volontà Mariana.
Del
resto, delle due l’una: o il Papa è cattolico, e come tale crede nel terzo
segreto di Fatima e ne rispetta i precetti alla lettera, o non lo è, è un
eretico sincretista e come tale se ne infischia: tertium non datur!
Il
fronte antimperialista e antiglobalista, secondo Dugin, dovrebbe comprendere
tutta l’umanità che ha ancora solide basi religiose e culturali e lo scontro
dovrebbe essere quello tra la Tradizione e la “presente decadenza”.
Occorre
fare un passo indietro. La modernizzazione (o l’Occidentalizzazione, dato che
per noi i termini sono sinonimi) è giunta nell’URSS per via esogena, non è
stata un processo endogeno, progressivo come in Occidente.
La
Russia si considera una civiltà indipendente, con caratteristiche specifiche
che la distinguono da tutte le altre Nazioni, al pari (ad esempio) della Cina,
dell’India e del Giappone.
L’attacco globalista alla Russia non è altro
che il tentativo di creare un’umanità omogenea, privata delle proprie radici
storiche e culturali, appiattita sui valori della società americana. Questa
umanità standardizzata “privata per sempre di quelle differenze culturali che
erano state la molla, il vero motore della storia” (secondo la teoria di
Francis Fukuyama), si assoggetterà docilmente alla struttura sovranazionale – a
guida americana – che governerà l’intero mondo.
Questo
processo è già in stadio avanzato: pensiamo all’OMS, organismo sovranazionale finanziato
dalla Fondazione Bill & Melinda Gates al quale gli Stati nazionali hanno di
recente delegato parte della propria sovranità in materia sanitaria.
La
postmodernità è un fenomeno complesso che deve essere studiato e compreso, in
primo luogo dai nostri politici. Testi come La quarta rivoluzione industriale e
COVID-19 The Great Reset del Professor Klaus Schwab (il pazzo globalista! N.d.r.) dovrebbero essere sul comodino di
chi ci governa…
L’importanza
del pensiero di Dugin si apprezza in pieno proprio considerando gli obiettivi
del globalismo annunciati dal Forum di Davos. Il filosofo russo propone un
modello di sviluppo antitetico: invece di un governo mondiale a guida
americana, la nascita di un mondo multipolare, capace di tutelare le differenze
religiose e culturali e di rifiutare la cancel culture, il gender culture e
tutte le tendenze Occidentali.
Apro una brevissima parentesi: l’URSS fu un
modello di società multietnica antitetico rispetto a quello della società
americana: invece di perseguire la strada dell’integrazione, si perseguì quella
della pacifica convivenza nel mantenimento delle differenze religiose e
culturali. Suggerisco la lettura dello straordinario reportage di Joseph Roth
per la Frankfurter Zeitung (Viaggio in Russia, Adelphi).
La
visione dell’Occidente come postmodernità decadente non è nuova. Da Oswald
Spengler (Il tramonto dell’Occidente) ai già citati René Guenon e Julius Evola,
giunge in Russia con critici del modello Occidentale insospettabili e
autorevoli. Il giorno 8 giugno 1978, il Premio Nobel Alexander Solgenitsin pronunziò all’Università di Harvard
un discorso memorabile.
Eccone alcuni passaggi: “Se mi chiedono se propongo
l'Occidente, come è oggi, come modello per il mio paese, francamente rispondo
negativamente. Alcune caratteristiche della vita occidentale che ho
considerato, sono estremamente tristi. Un fatto che non può essere contestato è
l'indebolimento della personalità umana in Occidente, mentre in Oriente è
diventata più ferma e più forte. In molti decenni siamo passati attraverso la
formazione spirituale, molto in anticipo rispetto all’esperienza occidentale. Contrasti e conflitti spesso mortali,
hanno prodotto personalità più forti, più profonde e più interessanti di quelle
generate dagli standard del benessere occidentale. Pertanto, se la nostra
società potesse trasformarsi nella vostra, questo significherebbe un
miglioramento di certi aspetti, ma anche un cambiamento in peggio di alcuni
punti particolarmente significativi. Dopo una sofferenza di decenni di violenze
e oppressioni, l'anima umana desidera cose più elevate, più calde e
trasparenti, rispetto a quelle offerte dalle abitudini di massa della vita
odierna, introdotte da un'invasione rivoltante di pubblicità commerciale, da
stupidi spettacoli TV e da musica intollerabile. Vi sono sintomi da cui si può vedere
come una società sia in decadimento, quali ad esempio, il declino delle arti o
la mancanza di grandi statisti. Il conflitto materiale e spirituale, nel nostro
pianeta, è un conflitto di proporzioni cosmiche, e non una vaga questione nel
futuro; esso è già iniziato. Le forze del male hanno iniziato la loro offensiva
decisiva. Si può sentire la loro pressione, eppure gli spettacoli sugli schermi
e le pubblicazioni sono piene di sorrisi costruiti e la gente si è tolta gli
occhiali. Dov’è la felicità?
Come è
stato possibile arrivare a creare questo sfavorevole rapporto di forze? Come è
stato possibile per l’Occidente passare dalla sua marcia trionfale al suo
attuale stato di debilitazione? Sono stati fatali i cambiamenti e le perdite di
obiettivi nel suo sviluppo? Non sembra sia così. L'Occidente è avanzato
costantemente in conformità con le sue intenzioni sociali proclamate, e con un
progressivo brillante progresso nella tecnologia. E all'improvviso si è trovato
nel suo attuale stato di debolezza.
Ciò
significa che l'errore deve essere alla radice, al fondamento del suo pensiero
nei tempi moderni.
Nelle
democrazie giovani, come nella democrazia americana al momento della sua
nascita, tutti i diritti umani individuali sono stati concessi considerando che
l'uomo è creatura di Dio. La libertà era per l'individuo data in modo
condizionato al presupposto della sua responsabilità religiosa costante. Questo
era il patrimonio dei mille anni precedenti.
In
Occidente, si è verificata una totale emancipazione dal patrimonio morale dei
secoli cristiani con le loro grandi riserve di misericordia e di sacrificio. I
sistemi statali sono diventati sempre più materialistici e il mondo si è
trovato una dura crisi spirituale e in una impasse politica. Tutte le conquiste
tecnologiche celebrate dal progresso, compresa la conquista dello spazio
esterno, non hanno riscattato la povertà morale del ventesimo secolo, come
nessuno nel XIX° secolo avrebbe potuto immaginare.
È
l’uomo che decide la misura di tutte le cose sulla terra — l’uomo imperfetto,
che non è mai privo di orgoglio, egoismo, invidia, vanità e decine di altri
difetti. Se, come sostiene l’umanesimo, l’uomo è nato solo per essere felice,
egli non é nato per morire.
Poiché
il suo corpo è condannato a morte, il suo compito sulla terra evidentemente
deve essere più spirituale: non un totale accaparramento di beni nella vita
quotidiana, non la ricerca di modi migliori per ottenere beni materiali e
quindi non la spensieratezza con il loro consumo.
La vita deve invece essere il compimento di una
riflessione costante e seria in modo che il nostro viaggio nel tempo possa
essere soprattutto un'esperienza di crescita morale, per diventare esseri umani
migliori”.
Solgenitsin,
come Dugin, lamenta la perdita dei valori spirituali che già negli anni
Settanta pervadeva la società Occidentale.
La
domanda è dunque: noi Italiani, eredi di una tradizione religiosa e culturale
senza pari in tutto l’Occidente, da che parte vogliamo stare? Da quella del
globalismo atlantista, del governo mondiale a guida americana o dall’altra,
multipolare?
Nessuno
ci ha interpellato. Nel silenzio dei filosofi, nell’ignoranza crassa e
colpevole dei giornalisti, nella idiota convinzione che ciò che è trendy sia
meglio della tradizione, sguazziamo nel fango estivo come maiali destinati a
essere macellati già il prossimo autunno per decisione presa a Washington e
ratificata dai servitori della nostra Repubblica delle banane (emblematiche e
profetiche le palme in Piazza del Duomo a Milano).
Siamo
stati privati del diritto di fare la nostra scelta e, prima ancora, di
comprendere la reale portata dello scontro di civiltà che si svolge nell’Est
della nostra Europa, accecati dalla mistificazione e dalla propaganda, vittime
della nostra stessa ignoranza.
(Alfredo
Tocchi)
Dove
si emette il verdetto
sul
globalismo.
It.topwar.ru
– redazione - Anatoly Ivanov – (Agosto 23 2022) -ci dice:
L'American
Enterprise Institute AIP non è la fonte di informazioni più popolare sulla stampa
sulle prospettive a lungo termine dell'economia. Sia globale che nazionale.
Tutto è troppo astruso con loro, anche se in termini di previsioni stagionali e
raccomandazioni specifiche c'è un ordine completo.
Per
non dire che il discorso successivo, o meglio, straordinario, di uno degli
esperti di questa istituzione - un economista, un ricercatore modesto, sebbene
senior presso l'AIP Desmond Lachman, abbia fatto scalpore. Può essere considerata una sorpresa
come la pubblicazione sia stata ripresa all'unanimità dalla stampa.
The
Hill è una pubblicazione abbastanza giovane, meno di trent'anni sul mercato,
non la più professionale, anche se lavora in collaborazione con l'agenzia
Bloomberg, ma piuttosto politica. In realtà, The Hill non è un concorrente di
The Forbes o del Financial Times, ma l'argomento è già molto fritto e si presenta
estremamente accessibile.
Se in
Cina o in Russia, parlare contro la globalizzazione e l'egemonia mondiale di un
Paese scelto separatamente è stata a lungo la norma, negli Stati Uniti
pochissimi si sono permessi di farlo.
Era
quasi la prima volta che Desmond Lachman parlava in modo così succinto e così
ampio, e anche così critico, della sua terra natale.
E se
fosse contro Biden e i Democratici, sarebbe scontato, anche se The Hill
aderisce a posizioni centriste e non ha riscontrato particolare simpatia per i
repubblicani. Lachman è stato forse il primo ad applicare il termine "oscurità" persistente
all'economia globale. Non una crisi o una grande depressione, questo non spaventa
più nessuno, ma così - pessimista e senza speranza.
Troppe
ragioni si sono accumulate per questo, secondo l'esperto. Di seguito le ragioni
e la
conseguenza della crisi, che è grave e, molto probabilmente, molto lunga, sarà
una frammentazione dell'economia su larga scala. È tempo di dimenticare la
globalizzazione e l'integrazione sotto la rigida guida dell'Occidente
sviluppato, cioè il G-7 e in particolare gli Stati Uniti.
Ma gli
Stati Uniti non si separeranno.
È
chiaro che gli Stati Uniti con il loro dollaro sono la base dell'economia
globale, ed è possibile che le grandi imprese non abbiano perdonato Donald
Trump solo per il corso, che già somigliava molto al buon vecchio
“isolazionismo”. Il fatto che recentemente la moneta nazionale americana abbia perso le
sue posizioni sulla scena mondiale non cambia l'essenza della questione, e anche
The Hill ne ha scritto.
Tuttavia,
la Casa Bianca in qualche modo non è riuscita con le sanzioni, che è sia
indirettamente che direttamente riconosciuto nell'articolo di Lachman. La
pressione sugli avversari geopolitici crea dipendenza, ma vincerla almeno a
livello locale sta diventando sempre meno comune. L'efficacia di questo metodo
di reazione agli eventi fuori dal paese, l'autore di The Hill considera dubbia.
Secondo
l'osservatore, le sanzioni economiche di Washington contro aziende o paesi
globali sono sempre più simili a un boomerang. E danno un contraccolpo, che a
lungo termine è estremamente svantaggioso per gli Stati Uniti.
Desmond
Lachman ricorda
che per gli Stati Uniti le sanzioni sono già diventate una reazione familiare
alle azioni di altri paesi. L'opzione con sanzioni all'inizio sembra allettante
"poiché
la maggior parte delle volte sono facili da introdurre e non infliggono un
colpo schiacciante al bilancio americano'.
Anche
le sanzioni sono convenienti, in quanto non rappresentano un rischio per la
vita e la salute delle forze armate statunitensi. Ma la storia ha già
dimostrato più di una volta che di solito non danno l'effetto desiderato, anche
se solo all'inizio, e l'effetto cumulativo è quasi sempre negativo, poiché
Washington revoca le sanzioni molto raramente e con riluttanza.
Le
sanzioni, secondo l'autore, impediscono alle autorità federali del paese di
finanziare il debito sempre crescente degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, non
lo fanno immediatamente, ma colpiscono anche il dollaro e il colpo al tasso di
cambio non è così terribile come la sua reputazione. Lo status incrollabile del dollaro
come valuta di riserva mondiale richiede semplicemente che gli Stati Uniti
rimangano nel campo globalista e nel ruolo di leader indiscusso.
La
Cina viene prima.
A
differenza di molti altri ricercatori, D. Lachman non sopravvaluta il rigido legame
dell'economia cinese con il capiente mercato americano. Piuttosto, non
sopravvaluta questo mercato stesso e la Cina, a suo avviso, ha già preparato il
terreno per separarsene.
Certo,
tutt'altro che completo, ma abbastanza sufficiente per far fronte ai problemi
che potrebbero sorgere a causa del suo crollo. L'economia cinese è attualmente
la seconda più grande del mondo. Ma questo è finora, inoltre, nel PIL cinese,
contrariamente a quello americano, la quota dei servizi è notevolmente
inferiore.
Ciò è
particolarmente importante in relazione ai servizi finanziari, soprattutto alla
luce della rapidità con cui il dollaro sta perdendo terreno. La People's Bank of China è quasi la più attiva nello
sbarazzarsi delle attività in dollari e nel trasferire gli accordi con le
controparti in yuan e altre valute, indipendentemente dalla loro giurisdizione.
Ciò
avviene nonostante la consapevolezza che il deprezzamento della valuta
statunitense, già quasi inevitabile, comporterà immediatamente una serie di
conseguenze, non sempre negative per l'economia statunitense. Solo due di loro
sono evidenziati nella pubblicazione “The Hill”.
Innanzitutto,
Lachman parla di svalutare il debito americano. Inoltre, non è ancora del tutto
chiaro quale debito sia più importante da ridurre per la Fed e il Tesoro:
esterno o interno. L'autore, a quanto pare, tende all'interno, poiché ciò
mantiene la stabilità politica del Paese, che, secondo molte stime, è sull'orlo
della guerra civile.
In
secondo luogo, l'articolo di “The Hill “parla del rafforzamento delle posizioni
competitive delle aziende americane sui mercati esteri, a causa della caduta
del dollaro e del conseguente calo dei prezzi dei loro prodotti.
Desmond
Lachman ricorda
che le dure misure ombrello di Pechino durante la pandemia hanno portato alla
perdita di circa 350 milioni di posti di lavoro. Tutte le principali città industriali
erano in quarantena, motivo per cui l'economia cinese si è semplicemente
"fermata".
Una
deviazione relativamente piccola in termini di PIL e altri indicatori non
dovrebbe trarre in inganno nessuno: il calo dell'economia è avvenuto e il
ritorno al livello pre-pandemia è ancora una questione di futuro. L'economia
cinese è cresciuta solo dello 0,4% nel secondo trimestre di quest'anno
economico. Lachman richiama in particolare l'attenzione sul fatto che questo è
parecchie volte inferiore all'obiettivo prefissato del 5,5%.
L'autore
considera i problemi nel settore immobiliare della Cina come i più indicativi.
Il carico di debiti delle imprese edili oggi è così alto che solo iniezioni di
denaro senza precedenti da parte del tesoro le salvano dal fallimento. Allo
stesso tempo, i fondi delle banche in realtà si dissolvono semplicemente in
bolle di denaro crescenti.
In
effetti, questa è una sindrome americana che si è manifestata per la prima
volta in modo vivido durante la crisi del 2008. E un semplice rifiuto del
dollaro non risolverà il problema. Secondo Lachman, non bisogna contare su una
pronta ripresa dell'economia cinese, che ieri era in rapida crescita.
Anche
la Russia è contro il dollaro.
Si
ritiene che la Cina abbia seguito la Russia sulla via della de-dollarizzazione,
ma in realtà, anche se non è scritto in “The Hill”, le manipolazioni con il
tasso di cambio dello yuan sono iniziate molto prima, e di fatto erano uno
strumento completamente funzionante nei confronti del dollaro.
Allo
stesso tempo, il rifiuto del dollaro in Russia è più di natura propagandistica,
soprattutto perché Mosca e la sua leva, come ricorda Lachman, sono troppo
strettamente legate alla comunità europea. Ma la crisi del gas, che al momento è
ancora localmente europea, è in grado di trasformarsi in un problema economico
globale.
Tuttavia,
la situazione, secondo l'esperto, ha funzionato a favore del GNL americano, con
il quale al momento c'è solo un vero problema: è catastroficamente piccolo. Soprattutto, Germania e Italia hanno
bisogno di carburante blu dalla Russia, dal momento che sono stati loro a
pompare più gas da lì.
Secondo
D. Lachmann, una completa cessazione delle esportazioni di energia dalla Russia
comporterà un calo del PIL tedesco dell'1,5% quest'anno e di quasi il 3% nel
2023. L'economia tedesca sta già entrando in una fase di stagnazione e ha tutte
le possibilità di cadere in una grave recessione.
Desmond
Lachman suona
letteralmente l'allarme:
"Una
recessione in Germania è l'ultima cosa di cui l'Europa ha bisogno in un'era in
cui la rinnovata instabilità politica in Italia sta mettendo in dubbio la
capacità di Roma di servire il suo gigantesco debito pubblico".
È
interessante notare che la frammentazione dell'economia mondiale in “The Hill”
è intervenuta quasi subito dopo la Banca Centrale Russa, che il 12 agosto nel
suo rapporto periodico ha ammesso lo scenario di una crisi globale. Secondo lui, l'economia mondiale sarà
frammentata.
Dai
materiali del regolatore russo, questa volta molto convincente, lo si può
capire:
“I
paesi si concentreranno sempre più sull'aumento della localizzazione della
produzione. Allo stesso tempo, l'attenzione sull'uso dei vantaggi comparativi
diminuirà gradualmente".
(Anatoly
Ivanov)
Il
sovranismo per
uscire
dal Draghistan.
Ilparagone.it
– Giulia-Redazione – Gandolfo Dominici - (03/08/2022) – ci dice:
(Gandolfo
Dominici, Professore Associato di Business
Systems e Marketing – Università di Palermo – esperto di Cibernetica Sociale –
Editor in Chief della rivista scientifica Kybernetes)
Come
nel precedente articolo: “La gabbia Globalista del Draghistan e l’attacco alla
democrazia”, nell’occidente moderno le élite sono sovrane, non i popoli
europei. Il liberalismo globalista ha vinto sul comunismo per perdere sé
stesso!
Infatti,
per quanto le attuali aristocrazie occidentali si possano opporre strenuamente,
stiamo assistendo alla inesorabile caduta del neo-liberismo e del globalismo unipolare
e alla fine della globalizzazione.
Le
restrizioni motivate con il pretesto pandemico, prima, e il conflitto con la
Russia ed i suoi alleati (tra cui Cina, India e 3/4 del mondo), ora, stanno
gradualmente compromettendo il sistema economico e le catene di fornitura
necessarie al funzionamento del mercato globale, per quanto alcune élite
possano ancora tentare di fermare questo processo, potranno solo rallentarlo.
Occorrerà
dunque ripartire dal “sovranismo” per ritrovare la giusta dimensione di libertà
dei popoli e dei cittadini e la prosperità economica.
Il
termine sovranismo è diffamato dai media e conosciuto da pochi nel suo reale
significato e nelle sue implicazioni politiche, sociali ed economiche.
Ma, in
effetti, cosa vuol dire sovranismo?
In
estrema sintesi – in quanto il discorso sarebbe molto lungo e richiederebbe un
saggio, non già un articolo – il sovranismo non può e non deve essere confuso
con una ideologia di (estrema) destra o nazionalista, come spesso viene
definita dalla propaganda mainstream. Tale sviante sovrapposizione è solo
dovuta alla altrettanto fasulla dicotomia politica odierna, in realtà la
contrapposizione politica non è più caratterizzata dalle definizioni
destra/sinistra ma sovranismo-globalismo.
Con
sincero spirito critico si potrebbe affermare come il dettato dell’art. 1 della
Costituzione possa, in effetti, essere la base del sovranismo. Infatti ivi si
afferma che: “La sovranità appartiene al popolo”.
Il
sovranismo, semplicemente, propugna la riconquista della sovranità popolare in
antitesi alle politiche globaliste unipolari e di egemonia delle élite
plutocratiche sovranazionali.
Il
sovranismo mette al centro dell’attenzione i veri bisogni dell’individuo, quale
membro di una identità culturale. Il suo diritto all’appartenenza, alla
socialità, al lavoro come alla sussistenza economica; in contrapposizione alla
società consumistica, mediatica e “fluida” del “villaggio globale” voluta e
creata dalle multinazionali e dai mass media a loro, direttamente o
indirettamente, collegate.
Diversamente
da ciò che in modo diffamatorio propalino i media mainstream, il sovranismo non
coincide con il “suprematismo”.
Anzi,
al contrario, è tollerante delle differenze che considera un arricchimento
rispetto alla standardizzazione secondo i dettami fluidi del c.d. politically correct che atomizzano e privano il cittadino
delle sue radici e della sua cultura, rendendo l’individuo un animale da
allevamento standardizzato.
Allo stesso modo, i mercati globali gestiti dalle
élite plutocratiche globaliste unipolari hanno bisogno di un uomo che sia
“standardizzato”, che consumi gli stessi beni in tutto il mondo (ed i tipici
esempi di prodotti globali sono, come detto, i-phone o il cheese-burger di
McDonald, etc.). Questa narrazione a portato a falsamente sovrapporre,
nell’immaginario collettivo, i mercati internazionali con il mercato globale.
Essi, invece, rappresentano due concetti diversi,
perché nei mercati
internazionali i prodotti vengono adattati alle abitudini culturali dell’area, ma non ad essa limitati.
Per
chiarire il concetto si pensi, ad esempio, alla differenza tra un cheese-burger
di McDonald e un panino con le panelle palermitano. Sono entrambi fast-food, ma
con differenze dovute alla cultura gastronomica in questo caso. Ciò non comporta alcuna “superiorità” del
panino con le panelle (anche se per lo scrivente è decisamente più buono), né
esclude che tale panino possa essere esportato in altri paesi e divenire anche
lì una buona abitudine.
Il
sovranismo, dunque, si contrappone alla standardizzazione dell’uomo
globalizzato unipolare ma non rifiuta l’internazionalizzazione.
Il
globalismo è unipolare (quindi implicitamente suprematista, a dispetto dei
proclami) mentre il sovranismo è invece “multipolare”.
Il globalismo è etno-centrista, poiché pretende che il
modello occidentale – definito dai precetti del politically correct – possa e
debba essere esportato per “civilizzare” e rendere “democratici” tutti i paesi
del mondo, anche a suon di “bombe di pace”.
Il
sovranismo, dunque, lungi dall’essere divisivo e guerrafondaio non ha alcuna
pretesa di imporre un unico modello culturale, politico, economico e sociale al
mondo intero. Se lo facesse diverrebbe il suo opposto, cioè il globalismo.
Portata
l’ottica sovranista agli estremi, guerre come quella tra Russia e Ucraina, in
effetti, non avrebbero probabilmente avuto ragion d’essere.
Alla
luce di quanto detto sin qui, per liberarci dal Draghistan, occorre dunque riconquistare la
sovranità dell’Italia e del popolo italiano. Per farlo dobbiamo “Cavalcare la Tigre” (usando un termine coniato da Julius
Evola), cioè avere il coraggio di salire sopra la tigre del globalismo unipolare
elitario – senza mai identificarsi con essa – e aspettare che si stanchi per
abbatterla.
La
buona notizia è che la tigre del globalismo unipolare appare già stremata, e
rimanendo noi stessi, e unendoci nella battaglia politica e sociale, presto
potremmo uscire dal giogo globalista e riconquistare la nostra sovranità e la
nostra libertà di essere italiani.
Anche
la moneta sarà multipolare.
Identitaeterritorio.it
- Emanuele Campilongo – (1°luglio 2022) – ci dice:
Nel
mio precedente intervento dal titolo “Darsi una prassi multipolare”, ho
ritenuto di affermare che è ormai divenuto necessario lavorare affinché l’arte
sia multipolare, perché lo diventi la musica, la pittura, la letteratura etc.
Non
ripeterò mai abbastanza che è ragione di vita ormai combattere e lottare contro
quella belva
disumanizzante che è l’unipolarismo, diletto figlio del globalismo
liberale che ha portato l’Uomo a ridursi a numero.
Ad
avere in sostanza un prezzo, e ad essere oggetto di consumo anch’esso. Ma tra i
tanti aspetti che determinano l’esistenza, vi è anche l’aspetto economico e
negarlo non è possibile.
Per
fortuna possiamo contare – in ambito sia italiano che mondiale – su numerosi
uomini pratici degli aspetti economico-finanziari di sana ispirazione
multipolare o quantomeno molto critici verso il liberal-globalismo occidentale.
Essi
sono un bacino indispensabile per l’edificazione del futuro. Ognuno di noi,
nell’ambito delle sue competenze deve dare il proprio contributo. Gli
accadimenti degli ultimi anni e in particolare di quelli recentissimi, hanno
evidenziato come anche lo strumento della moneta debba essere multipolare.
Il
multipolarismo deve avere solide radici economiche per poter puntare alla
distruzione del sistema unipolare globale. Quindi la moneta, come ogni
creazione dell’Uomo, deve rispondere ai requisisti insiti nell’approccio
multipolare dell’esistenza. Prima di tutto essa deve mantenere le tre funzioni:
essere mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valore.
Ma
deve tornare ad essere strumento di relazione tra i popoli, essere di proprietà
degli stessi e garantire dignità e prosperità, secondo le inclinazioni
culturali dei popoli.
La moneta deve essere per così dire
“agganciata all’economia reale” e non il grimaldello della finanzia
internazionale apolide. Attraverso la moneta non deve passare alcuna visione
universalistica e omologante.
Le
recenti indicazioni di massima scaturite dalla conferenza dei cosiddetti Brics,
altro non sono che l’ormai evidente – e da anni segnalato da analisti
indipendenti – segno del declino inevitabile del dollaro come moneta mondiale.
Ciò non sarà indolore ma accadrà. Solo
l’incredibile falsità dei media occidentali ormai ridotti a parodia, poteva
descrivere tale sommovimento come una volontà da parte delle economie
eurasiatiche di dotarsi di “una specie di euro”, come se esso fosse un modello
da virtuoso seguire.
Una
lettura questa non solo sbagliata, falsa e ipocrita ma ennesimo segno
dell’impossibilità delle classi dirigenti europee di fare autocritica dei
propri macroscopici errori.
Ciò
che i Brics probabilmente stanno pensando è un progetto di creazione di una
moneta che nella pratica sia una unità di conto. In buona sostanza molto più
simile al progetto dell’ECU, destinata agli scambi tra grandi spazi,
all’interno di una “architettura monetaria” che contenga sia le monete
nazionali esistenti, che le cosiddette monete locali o complementari.
Quest’ultimo
strumento è pienamente in linea con i postulati multipolari, e può contare nel
mondo anche su esempi virtuosi. Quindi anche attraverso lo strumento della
moneta, il multipolarismo può ergersi a baluardo delle identità e delle
specificità di tutti i popoli e culture, nel pieno e reciproco rispetto.
Quindi è necessario chiudere il prima possibile con il
criminale pensiero economico universale, che mira ad imporre una ricetta uguale
per tutti senza tenere in nessun conto delle diversità esistenti tra le genti.
Avanti.
(Emanuele
Campilongo)
l
Draghistan e la “proteina spike”
della
democrazia.
Theunconditionalblog.com
– Prof. Gandolfo Dominici – (17-5-2022) – ci dice:
Il
“Bel Paese” un tempo detto Italia è stato infettato dal virus pandemico del
globalismo ed è divenuto Draghistan.
Il
virus del globalismo ha infettato tutte le istituzioni, dagli ordini
professionali ai sindacati, alle associazioni di categoria ed ha colpito
l’organo vitale della democrazia: il Parlamento.
Questa
patologia ha completato il processo di trasformazione da Democrazia a quella
che il sociologo – ed ex Presidente della Fabian Society (nel 1976) – Colin
Crouch aveva definito “Postdemocrazia”.
La
Postdemocrazia è una condizione degenerativa della Democrazia in cui le
istituzioni e le consuetudini democratiche perdono la loro reale funzione e
rimangono semplici orpelli formali per fare da paravento al vero governo delle
oligarchie plutocratiche.
La
globalizzazione ha trasferito le decisioni strategiche nell’ambito
sovranazionale che è al di fuori del controllo delle istituzioni
democraticamente elette degli stati nazionali. Ciò ha reso sostanzialmente
nulla la volontà e la partecipazione popolare al dibattito politico-economico.
Nella
fu Italia (oggi Draghistan) questo processo si è reso ancora più facile data la
diffusa esterofilia dell’italiota medio per il quale frasi come “ce lo chiede
l’Europa”, o “lo stanno facendo in altri Paesi”, sono sufficienti a
giustificare qualsiasi vessazione.
Peggio
ancora, si è assistito – e si assiste – ad una progressiva perdita di identità
culturale e politica in nome del globalismo neo-liberista occidentale che vuole
i sudditi (non più cittadini) conformi e standardizzati secondo i dettami fluidi del politically
correct.
Il
neo-liberismo globalista gestito dalle élite plutocratiche occidentali vede,
infatti, il suddito (ideale) come un consumatore di un prodotto globale su un
mercato globale.
C’è, dunque, bisogno di un uomo che sia
“standardizzato”, che consumi gli stessi beni in tutto il mondo (come gli
i-phone, i cheese-burger di McDonald, etc.). Pertanto, considera le idee, i
gusti, e persino l’identità sessuale come prodotti da “standardizzare”.
Per
diffondere il “virus globalista” le classi politiche nazionali hanno adottato
modalità sempre più subdole di comunicazione con gli elettori, manipolandoli o,
più semplicemente, truffandoli. Una volta arrivati al governo, hanno
puntualmente ripagato quanti li abbiano sostenuti con il proprio voto, con il tradimento.
Quelli
che una volta erano cittadini sono – dunque – divenuti marionette mosse dalla
propaganda che, molto spesso, è stata finanziata (in via diretta o indiretta)
da oligarchi sovranazionali.
Quanti
detengono veramente il potere hanno compreso che per demolire la democrazia
occorre colpirla al cuore.
Il
Parlamento è il cuore della Democrazia, e l’Italia era – secondo la
Costituzione (ormai ridotta a cavillo) una Repubblica Parlamentare. Peraltro è cosa nota come il primo passo per instaurare una
dittatura sia delegittimare e depotenziare il Parlamento riducendolo ad un “bivacco””, come
ebbe a minacciare Mussolini ai tempi della marcia su Roma.
Il
veicolo che in Italia ha portato l’infezione globalista in Parlamento è da
identificarsi in vari partiti che hanno “tradito” i propri elettori e
principalmente il Movimento 5 Stelle.
I 5 Stelle come la famigerata “proteina spike”
del Covid-19 hanno demolito l’organo più importante della democrazia,
insultandolo, svilendolo ed impoverendolo in nome di un facile populismo
gridato sui social che ha ipnotizzato ed abbindolato i suoi elettori.
A
molti ex cittadini, e oggi sudditi, abbindolati dalla propaganda populista è
sembrata una ottima idea portare in Parlamento gente senza arte né parte (come,
a rigor del vero, aveva già iniziato a fare Forza Italia anni prima), riducendo
gli emolumenti dei parlamentari, togliere i vitalizi e ridurne il numero: “A
morte i politici!”.
Il
portato di questa ondata è sotto i nostri occhi, un parlamento ridotto a mero
“passacarte” di un “governo dei migliori” (cioè “aristocrazia” dal greco antico?
ριστοκρατ? α, composto da? ριστος «ottimo – migliore» e -κρατ? α «-crazia:
governo/comando»).
Il
Sommo Sultano del protettorato coloniale atlantista del Draghistan è stato sostanzialmente
nominato (mai eletto) dalle élite plutocratiche sovranazionali, succedendo ad
altri nominati.
Un
parlamento composto per gran parte da mediocri (e tanti ancor meno che
mediocri) per i quali gli emolumenti, seppur quasi dimezzati rispetto al
passato, rappresentano l’unica fonte di sostentamento e che, essendo stati
aboliti i vitalizi, giammai lascerebbero la poltrona prima della fine della
legislatura, a costo di votare a favore di qualunque assurdità venga proposta
dal governo dei sedicenti “migliori? “
Per
analogia il Parlamento è stato così privato delle sue “difese” immunitarie”,
così da potere essere meglio infettato dal virus del potere globalista.
Presi
da tale furore, indotto dalla propaganda, i cittadini non si sono accorti che i
politici ed il Parlamento erano gli unici che (almeno in teoria) avevano un
qualche bisogno di consenso popolare per raccogliere voti e – dunque – gli
unici che (sempre in teoria) avrebbero potuto avere un qualche interesse a
rappresentare le loro istanze. Pertanto gli elettori, svilendo il parlamento
(per via della delusione e del distacco dalla politica), hanno dunque
fortemente indebolito l’unico mezzo a loro disposizione per cercare di
contrastare lo strapotere delle élite sovranazionali.
Tale
manipolazione del consenso (anche parlamentare) ha, in questi giorni, trovato
tutta la sua evidenza – per chi voglia vedere – con la questione che ha visto
protagonista (suo malgrado) il senatore Petrocelli (per contrappasso
appartenente al Movimento 5 Stelle).
Questi, infatti, è stato rimosso dalla
Presidenza della Commissione Esteri del Senato perché non allineato con il
“governo dei migliori” del Draghistan, per poterlo liquidare si è giunti a far
dimettere i singoli componenti di quella Commissione.
Appare evidente come in tale assenza di
dialettica istituzionale, il “politically correct” globalista (della sinistra
italiana) acquisisce la totale egemonia e il suprematismo occidentale manifesta
la sua natura di totalitarismo.
Privato
il popolo del Parlamento, come unico strumento di difesa democratica, le élite
possono procedere senza ostacoli verso lo step successivo della famigerata “Agenda”
globalista che, grazie al “Reset” dei ceti medi – già da tempo descritto e fortemente
auspicato dagli oligarchi del “World Economic Forum” del nuovo idolo globalista Klaus
Schwab – potrà gradualmente trasformare i
cittadini ormai “sudditi”, in animali da allevamento in batteria da gestire
attraverso la manipolazione del consenso ed il controllo sociale.
Tale approccio
“zootecnico” al controllo sociale lo abbiamo già visto con il pretesto della
Pandemia Covid-19, con le inutili (e deleterie) misure draconiane (rectius:
dragoniane) come il lockdown, il coprifuoco, il green pass e il ricatto
estorsivo vaccinale.
Tutte misure volte a fare accettare la
riduzione dei diritti, un tempo inalienabili e inviolabili, ad accettare
“certificati di obbedienza” sotto la forma di QR code e identità digitale;
tutti prodromi alla instaurazione diffusa di un sistema di credito sociale di
stampo cinese.
Sudditi
marchiati, standardizzati e privati della loro identità e sovranità – anche
fisica, attraverso l’estorsione terapeutica – come polli in una stia.
Tutti uguali, tutti carne da macello per gli
interessi economici e politici di una risicata élite globalista (diretta da
Klaus Schwab) per cui le istituzioni politiche, economiche e sociali nazionali
sono meri pezzi di un ingranaggio.
“Non
avrò nulla e sarò felice” recita un noto slogan del World Economic Forum,
felici come si può essere in una stia per polli!
Per
uscire dalla stia per polli occorre uscire dal pensiero unico “politically
correct” e della degenerazione neo-liberista del pensiero liberale che
fluidifica le istituzioni della società e, conseguentemente, l’identità degli
individui.
Occorre
opporsi al neo-liberalismo globalista delle oligarchie che, avendo acquisito la
piena egemonia, si è trasformato in totalitarismo e che avendo strumentalmente
depotenziato le istituzioni democratiche si appresta a trasformare la post-democrazia
in post-umanizzazione.
A
questo punto, la cura al virus globalista consiste nel riappropriarsi della
sovranità, tornare ad essere cittadini e non più sudditi. Per fare ciò bisogna riabilitare,
guarire e riacquistare la fiducia negli organi preposti al controllo
democratico, primo tra tutti il Parlamento.
La
cura al virus globalista si chiama “sovranismo”.
Il
termine sovranismo viene da tempo diffamato dalla propaganda manipolatrice
delle élite globaliste, tuttavia è compreso da pochi nella sua reale accezione
politica, sociale ed economica.
Il
sovranismo è lungi dall’essere una ideologia di (estrema) destra o
nazionalista, come subdolamente viene apostrofato dalla propaganda mainstream.
Tale sviante sovrapposizione è solo dovuta alla
altrettanto fasulla dicotomia politica odierna tra destra e sinistra, due
categorie ormai inconsistenti e inesistenti.
La falsità
di tale dicotomia è oggi palese, trovandoci davanti a una “sinistra” (un tempo
a favore di lavoratori e proletariato) che, dalla caduta del muro di Berlino, è
divenuta, invece, paladina di banchieri e multinazionali.
Dall’altra
parte, una pseudo destra che ha smesso da tempo di tutelare la media borghesia.
La
reale contrapposizione politica odierna è – quindi – tra sovranismo e
globalismo, cioè tra identità e cittadinanza da un lato, e standardizzazione e
sudditanza ai dettami delle élite sovrannazionali, dall’altro.
“In
nome del popolo sovrano” non è solo il titolo di un vecchio film, ma anche il
dettato dell’art. 1 della Costituzione ove si afferma che: “La sovranità
appartiene al popolo”.
In
parole semplici il sovranismo avvalora la rivincita della sovranità popolare in
antitesi alle politiche globaliste e di egemonia delle élite plutocratiche
sovranazionali, mettendo al centro della dialettica politica i veri bisogni
dell’individuo quale membro di una identità culturale.
Temi
come il diritto all’appartenenza, alla socialità, al lavoro come alla
sussistenza economica, devono tornare in auge contrapponendosi alla narrazione
propagandistica della società consumistica, mediatica e “fluida” del “villaggio
globale”, voluta e creata dalle multinazionali e dai mass media a loro,
direttamente o indirettamente, collegati.
A
livello geopolitico, il sovranismo si oppone al “suprematismo” delle “crociate”
dell’Occidente esportatore di “post”-democrazia che ha come “missione” quella di imporre
il “politically correct” – come unico e massimo “bene” – come i missionari
imponevano il cristianesimo alle tribù indigene.
Il
sovranismo,
al contrario di quanto spacciato dai media mainstream, è tollerante delle
differenze che considera un arricchimento rispetto alla standardizzazione
globalista che, invece, atomizza e priva l’individuo delle sue radici e della
sua cultura, rendendolo un pollo standardizzato nella stia globale.
Il
sovranismo,
si contrappone alla standardizzazione dell’uomo globalizzato ma non rifiuta la
dimensione internazionale come facevano invece le ideologie nazionalistiche
dello scorso secolo.
Per combattere il virus del globalismo unipolare serve
il sovranismo “multipolare”.
Al
globalismo etno-centrista occidentale che vuole “civilizzare” e rendere “post” democratici
tutti i paesi del mondo a suon di “bombe di pace” si deve contrapporre il sovranismo multipolare, che non ha alcuna pretesa di
imporre un unico modello culturale, politico, economico e sociale al mondo
intero.
In conclusione
– e fuor di metafora – occorre ripristinare le condizioni minime per poter
riprendere a nutrire la storica fiducia nelle istituzioni democratiche
ripristinandone la naturale (ma al momento congelata) funzione di anticorpi nei
confronti delle oligarchie sovrannazionali che stanno calpestando la nostra umanità
mirando a trasformare la cittadinanza in un distopico “metaverso.”
Per
debellare il virus globalista che ha ridotto l’Italia in Draghistan, dunque, il
sovranismo è la cura.
Per
riuscire in questa cura bisogna, citando il filosofo Julius Evola, “Cavalcare
la Tigre”, cioè avere il coraggio di salire sopra la tigre del globalismo
elitario – senza mai identificarsi con essa – e aspettare che si stanchi per
poterla abbattere.
(Prof.
Gandolfo Dominici)
IL
POSTO DELL’EUROPA IN UN MONDO
MULTIPOLARE:
ELEMENTI PER UN
PENSIERO
POPULISTA E RIVOLUZIONARIO.
Geopolitika.ru
– (16.07.2021) - Alexander Markovics - ci dice:
L’emergente
mondo multipolare è una rivoluzione geopolitica che non segna soltanto un
cambio di paradigma rispetto al breve momento unipolare statunitense cominciato
nel 1991, ma anche la fine dell’egemonia occidentale.
Il
cambiamento in corso verso la multipolarità favorisce le differenti civiltà in
opposizione al progetto liberista della globalizzazione occidentale.
Laddove la globalizzazione cerca di unificare il mondo
sotto un unico sistema politico, la multipolarità esalta la diversità dei vari
sistemi politici, delle varie ideologie e delle varie civiltà.
La
multipolarità e il momento populista.
Sorge
quindi la domanda: qual è il posto dell’Europa in questo mondo multipolare?
La posizione attuale dell’Europa è all’interno
dell’orbita degli Stati Uniti.
Dopo settant’anni di atlantismo l’Europa non
sembra più in grado di esprimere i propri interessi geopolitici.
Ma come diceva Hölderlin: “Dove vi è pericolo
crescono anche le potenze salvifiche”.
Il
momento populista ha dato vita a movimenti quali Gilet Gialli e partiti in
tutta Europa i quali hanno dichiarato guerra alle élite liberiste. Ma anche ai
movimenti populisti manca una strategia contro il globalismo e il liberalismo.
Gli
attacchi dei globalismi sono sferrati contro il cuore della civiltà europea: il
cristianesimo e le chiese vengono profanate, i popoli vengo dissolti nelle
“acque gelide del calcolo egoistico” (come disse Karl Marx), la famiglia è
vista come strumento di oppressione e anche i sessi vengono attaccati perché,
secondo la diffusa ideologia di genere, rappresentano il patriarcato, e il
transumanesimo è persino disposto ad abolire l’umano stesso onde liberare
l’individuo. In poche parole, il liberalismo attacca su più fronti.
Eppure
i populisti combattono soltanto su di alcuni di questi fronti e gli sfugge la
loro importanza complessiva.
Fino
ad ora essi hanno messo in discussione soltanto alcuni aspetti dell’egemonia
liberale e gli sfugge il quadro d’insieme. Chiedono la fine delle migrazioni di
massa, ma non mettono in discussione l’Alleanza Atlantica, che sta distruggendo
la patria dei popoli di tutto il mondo; tacciono sul problema del capitalismo
che distrugge la cultura e la religione cristiana mentre allo stesso tempo
gridano “non islamizzate la nostra americanizzazione!”.
I due
padri fondatori del pensiero populista rivoluzionario: Gramsci e Schmitt.
Tutti
questi aspetti dell’attuale guerra intellettuale che imperversa in Occidente
mostrano la gravità apocalittica del momento storico che stiamo vivendo. È
perciò più che mai importante decidere da che parte stare. Per quanto concerne
l’Europa, ad essa si offre la scelta di stare con le élite odierne e la fine
della storia che proclamano o la causa dei popoli e il proseguimento della
storia.
Ciò
che attualmente manca ai populisti di tutta Europa è una teoria rivoluzionaria.
Ma dove possono essi trovarla?
Prima di tutto dobbiamo guardare al periodo
interbellico, in cui vissero l’intellettuale comunista Antonio Gramsci e il
rivoluzionario conservatore tedesco Carl Schmitt.
Nel
pensiero di Gramsci si trova la teoria dell’egemonia culturale, che è utile per
capire come funziona l’attuale regime liberale.
Adattando correttamente le idee di Antonio Gramsci, ci
si rende conto che l’ideologia liberale si trova non solo in fenomeni come la
migrazione di massa e il deterioramento della sicurezza interna o l’economia
capitalista, ma anche nell’unipolarità geopolitica e soprattutto nell’area
culturale.
Una
resistenza contro l’egemonia liberista sull’Europa sarà quindi vana se diretta
verso solo contro un suo singolo aspetto. Se il populismo si opporrà a solo uno
dei due aspetti dell’egemonia, esso sarà soltanto l’ennesimo esempio di una
“modernizzazione difensiva”, e infine perderà, proprio come il politologo
Chantal Mouffe ha sottolineato.
L’emergere
del populismo significa che il politico è tornato in Europa e che a noi Europei
si offre la possibilità di scegliere tra diversi progetti egemonici.
Il liberalismo
è una possibilità – il populismo rivoluzionario orientato secondo i principi
della Quarta Teoria Politica è l’altra. Queste sono le precondizioni
intellettuali per un’Europa sovrana di un mondo multipolare.
Potere
terrestre, Katéchon Europa e Stato nazionale.
Nel
campo della geopolitica i populisti devono riscoprire l’opposizione tra terra e
mare delineata da Carl Schmitt, in cui si dimostra la connessione tra potere
marittimo e idee progressiste e tra potere tellurico e conservatorismo.
Come Alain
de Benoist ha ulteriormente sviluppato riferendosi a Zygmunt Bauman, il potere
del mare cerca di tramutare tutto in liquido, “liquida” il capitale e i
migranti per farli fluire come se fossero onde del mare.
Per
resistere alla globalizzazione, l’Europa deve diventare, nel mondo in cui Carl
Schmitt ha definito il grande spazio europeo unito, “Katéchon Europa” per
arginare l’Anticristo.
Ciò
significa evidentemente che l’Europa deve tornare alle sue radici geopolitiche.
In primo luogo essa deve riconoscere il fatto che lo Stato nazionale, figlio
della modernità, a) non è più in grado di esercitare alcuna sovranità e b) esso
non è un protettore del popolo ma un agente degli interessi borghesi.
Il
soggetto del pensiero populista: il popolo.
Nello
sviluppo di un pensiero populista rivoluzionario è necessario porre l’accento
sul soggetto del populismo: il popolo. A differenza della nazione il popolo
non è una comunità artificiale, ma un organismo storico. Non è composto da
individui ma da persone che trovano il loro posto all’interno della comunità.
Laddove le nazioni conoscono solo un’umanità
politicamente accentuata al di sopra di sé stesse e spingono la loro logica
conclusione in uno Stato mondiale, i vari popoli sono i pensieri di Dio –
proprio come direbbe Herder. Al di sopra dei popoli ci sono solo le civiltà, che sono
composte dai vari popoli che condividono la medesima religione, la medesima
storia e il medesimo spazio comune. Da soli, i popoli sono condannati ad essere
liquidati dall’Occidente, ma uniti in civiltà possono resistere alla marea.
Multipolarità
e il distribuito cuore della terra.
È
perciò categorico che una civiltà europea unita debba formare un impero comune
in senso tradizionalista onde garantire la pace per sé e per difendere la
propria sovranità dall’assalto globalista occidentale.
Inoltre,
l’ascesa delle civiltà russo-eurasiatica, cinese e iraniana-sciita dimostra ciò
che Alexandr Dugin definisce il distribuito cuore della terra.
Non vi
è un cuore della terra soltanto (nel modo cioè previsto da Halford Mackinder)
ma ve ne sono molti. Noi europei ne abbiamo uno: il nostro specifico cuore della
terra europeo.
Ciò
significa che dobbiamo lasciarci alle spalle il “fardello dell’uomo bianco”, il
messianismo liberista dei diritti umani, il progressismo e l’illuminismo.
Dobbiamo fare i conti con la xenofobia.
Soltanto nel momento in cui abbandoneremo arroganza e
superstizione potremo ritagliarci un posto tra le varie civiltà e ritornare
alla nostra tradizionale eredità cristiana.
Se i
populisti d’Europa comprenderanno queste cose, lasciandosi alle spalle le
differenze tra sinistra e destra, e se formuleranno un programma rivoluzionario
che opponga globalizzazione e liberalismo in tutte le loro dimensioni, allora
potranno vincere. La multipolarità, nella sua dimensione intellettuale e geopolitica, è
la chiave per restituire all’Europa il proprio destino. Ma come in ogni lotta di liberazione,
sono gli europei stessi a dover compiere il primo passo per uscire
dall’egemonia occidentale globalista.
La
fine del cesarismo: riflessione e autocritica come chiave della multipolarità
europea.
Una
teoria rivoluzionaria permette non solo ai populisti di tutta Europa di
distinguere tra amico, nemico e nemico principale, ma anche di delineare una strategia
volta alla liberazione dell’Europa dal liberalismo. Una teoria completa
permette inoltre l’autocritica e mette fine al cesarismo incauto che è presente
nei movimenti e nei partiti populisti. I tragici esempi di governi populisti
crollati a causa del cesarismo, come in Italia e in Austria, rimarrebbero una
cosa del passato.
Multipolarità:
le civiltà unite contro il globalismo occidentale.
Come è
possibile constatare, la multipolarità offre grandi possibilità per combattere
contro le forze della globalizzazione e per porre fine alla loro marcia. Lo
abbiamo visto sui cambi di battaglia in Siria, dove la Russia e l’Iran hanno
prevenuto la caduta del presidente Bashar-al Assad e l’ascesa dell’ISIS. In
Venezuela la Russia e la Cina sono riuscite ad aiutare il Presidente Maduro a
resistere alla destabilizzazione che era stata orchestrata dagli Stati Uniti e
dal loro tentativo di cambio di regime.
Osservando il potenziale di un fronte
anti-imperialista composto da diverse civiltà unite contro la globalizzazione,
è più che logico che anche l’Europa vi aderisca lasciandosi alle spalle
l’Occidente e creando un proprio polo nel futuro ordine mondiale multipolare.
(Alexander
Markovics)
La
Quarta Teoria Politica
Pro e
contro Dugin.
Orizzontealtro.it-
Aspis Edizioni, Milano 2019 -Albero Iannelli – ci dice:
Nel
1918, a quattro anni dall’uscita della versione definitiva del classico
spengleriano, Arthur Moeller Van den Bruck pubblica Il Tramonto dell’Occidente,
pro e contro Spengler: è l’eidolon di questa stessa convergente divergenza
eraclitea che qui proemialmente evochiamo, affinché musagete ci dischiuda di
Verità atremida l’adito solatio, adeguando il nostro intelletto all’impresa
che, in cammino attraverso le ombre elisie de La Quarta Teoria Politica di
Aleksandr Dugin, qui criticamente letta nell’edizione Aspis “osi” corrispondere
a quell’Uno-in-sé-diviso Originario che si farà evento oltre i confini stessi
di questo testo, pugnace e profetico chiamante escatologicamente il Mondo
dell’Alterità da questo-Tempo all’unità dell’estrema battaglia.
Spengler
e Van den Bruck dunque, “fraterni e lontani” per Dugin, quanto Dugin e me,
quanto l’analitica illuministica di Sciascia e la sineciosi di Pasolini, quanto
ovvero il pensiero che converge conciliato nell’Uno e il pensiero che si
acquieta solo presso la discordia della Diade, fratelli ebbene quanto il
progetto euroasiatico di Dugin e l’alleanza reclamante il diritto al futuro dei
popoli giovani di Van den Bruck, o quanto, egualmente, l’irrelazione delle
Kultur spengleriane e la lotta di Dugin per la de-monadizzazione
lineare-ascensionale e teleologica della concezione del Tempo; e lontani,
simmetricamente, ma in dissonante concento, quanto il Soggetto radicale di
Dugin e l’intrascendibilità dell’Orizzonte della Soggettualità autoctica
ostensa in ΔIÁ, o quanto, coimplicativamente, l’elevare escato-eplicesi
angeliche e non titaniche, eterni fondamenti immanenti l’umano essere e incedere,
e non piuttosto destinali.
Con
Dugin dunque, contro Dugin del pari, all’ombra massiccia e frondosa dello Harz
e del Reno, e sempre abbacinati dall’oscura diafania efesina, che sdegnosa ci
si appressa remota.
La
modernità occidentale ha prodotto tre grandi teorie politiche (ove l’aggettivo
mégas certamente non è da intendersi assiologicamente, bensì in relazione alla
capacità di incidere la Storia, di essere Destino): Liberalismo, Comunismo,
Fascismo, tutte in qualche modo per Dugin allignanti in una medesima radice,
tutte egualmente da Dugin elevanti – ora – la necessità di portarsi oltre il
loro proprio causativo orizzonte del Moderno antropologico, esistenziale,
sociale, economico, metafisico.
Questo
ex-porsi-oltre è la Quarta Teoria Politica (d’ora innanzi 4TP), un ultra-incedere le tre
antecedenti visioni del Politico e anzitutto la stessa Modernità che le ha
generate, Modernità ormai essa stessa dissoltasi nel Nulla
riduzionistico-rizomatico della Post-modernità, un’eccedenza (Prò-odos) che,
per il pensatore russo, è già riconversione (Epi-strophé) neoplatonica nell’Uno
(Moné) della Tradizione che perennemente è, epocalmente celantesi-svelantesi.
Innanzitutto,
si parla della contrapposizione tra il paradigma della Modernità e il paradigma
della Tradizione. Le Tre Teorie Politiche, sul superamento delle quali è basta
la Quarta Teoria Politica, appartengono completamente al paradigma della
Modernità. La loro alternativa, la stessa Quarta Teoria Politica fa parte del
paradigma della Tradizione. In effetti, si può vedere la Quarta Teoria Politica come la
strategia della Rivolta contro il mondo contemporaneo, applicata alle
condizioni politico-ideologiche del XXI secolo […]. C’è una sola via di uscita:
rifiutare le teorie politiche classiche, vincenti e perdenti, usare
l’immaginazione, cogliere la realtà di un nuovo mondo, decifrare correttamente
le sfide della postmodernità e creare qualcosa di nuovo, al di là degli scontri
politici del diciannovesimo e ventesimo secolo. Un simile approccio è un invito a sviluppare
la Quarta Teoria Politica – oltre il comunismo, il fascismo e il liberalismo.
Comunismo
e Fascismo hanno parimenti perduto la battaglia del Destino, e sconfitte
giacciono in una polvere, per Dugin, non ulteriormente e ancora ravvivabile.
Permane solo il liberalismo che, trionfatore delle altre due teorie, ormai pone
sé stesso non più come una proposta politica particolare, dalla genesi
cronotopicamente circoscritta, bensì come un Fato ineluttabile e universale,
come l’inconscio collettivo stesso dell’umanità unica, compimento della Storia
oltre il quale non si dà che il nulla e la follia, l’oscurità e il male.
A
prescindere dalla ragione, il liberalismo ha fatto tutto il possibile per
assicurare il collasso della politica. Allo stesso tempo, il liberalismo stesso
è cambiato, migrando dal piano delle idee, dei programmi politici e delle
dichiarazioni a quello della realtà, penetrando nel profondo del tessuto
sociale, che è diventato pervaso di liberalismo e, conseguentemente, il
liberalismo ha cominciato ad apparire come l’ordine naturale delle cose. Ciò è
stato presentato non come un processo politico, ma naturale e organico. La
conseguenza di una simile trasformazione storica è stata la perdita di valore
di tutte le altre ideologie politiche che nell’ultimo secolo si erano scontrate
appassionatamente.
Conservatorismo,
fascismo e comunismo, con le loro molte declinazioni, avevano perso la
battaglia, e il liberalismo trionfante è diventato uno stile di vita: la logica
del consumo, l’individualismo e la manifestazione post-moderna di un’umanità
atomistica e subpolitica […]. Trionfatore, il liberalismo scompare e si tramuta
in un’altra entità, il post-liberalismo.
Non ha
più dimensione politica, né rappresenta una scelta liberamente presa, ma
diviene piuttosto una sorta di “destino storicamente deterministico”. Questo è
il nucleo della tesi sulla società post-industriale: “l’economia come destino”
[…]. Dopo aver sconfitto i suoi rivali, il liberalismo ha (re)imposto un
monopolio nel pensiero ideologico: è divenuto l’unica ideologia, che non
consente nemmeno l’esistenza di alcuna ideologia rivale […]. Nella
postmodernità il liberalismo, mantenendo e perfino aumentando la sua influenza,
sempre più rappresenta una filosofia politica liberamente scelta e compresa,
diviene inconscio, istintivo e non del tutto consapevole.
Distrutta
dal Liberalismo profligatore ogni Potenza dell’Avvenire, usta nella sinechiale
immorsatura enadica dell’Essere entelechiale ogni Alterità ulteriore, e ridotto
a nulla l’Orizzonte di ogni e-ventuale elevazione posizionale di contraddizione
della Dia-ferenza archea all’Uni-versale in atto compiuto e perfetto, eccoci
con necessità con-giunti alla “Fine della Storia e (a) l’ Ultimo Uomo”.
Alla
fine, siamo giunti alla “fine della storia” e alla globalizzazione.
La fine della storia è la logica conclusione
dell’universalismo. La fine della storia è l’abolizione del futuro. La storia
procede e raggiunge il suo stadio finale. Non c’è più spazio per avanzare. Abolendo il futuro l’intera
struttura del tempo, il passato e il presente, vengono aboliti […]. Un “futuro
comune” significa la cancellazione delle storie particolari, ma ciò significa
che nessuna storia, e nessun futuro, esisterà. Il futuro comune vuol dire
nessun futuro. La globalizzazione è la morte del tempo. La globalizzazione occidentale
cancella la soggettività trascendentale di Husserl e il Dasein di Heidegger.
Non ci sarà più alcun tempo, né Essere […]. La globalizzazione […] cancella il
futuro. Necessità dell’avvento della post-umanità. Plasma il post-mondo, che è
composto da simulacri e strutture virtuali […]. Gli sviluppi nel progetto del
genoma umano, le clonazioni, gli esperimenti con i robot e le nuove generazioni
di cyborg ci portano tutti più vicino all’avvento della post-umanità. L’obiettivo di questo processo è di
produrre creature che mancheranno di una dimensione esistenziale, con
soggettività pari a zero.
L’Occidente
ha adempiuto il proprio destino storico, esaurendo spenglerianamente sé stesso,
inaridendo ovvero la grande sua anima originaria.
Una
Kultur nasce nell'attimo in cui una grande anima si desta dallo stato psichico
originario dell'eternità eternamente fanciulla e se ne distacca, come una forma
da ciò che è privo di forma, come qualcosa di limitato e di perituro
dall'illimitato e dal permanente. Essa fiorisce sulla base di un territorio
delimitabile in modo preciso, al quale rimane vincolata come una pianta. Una
cultura perisce quando quest'anima ha realizzato l'intera somma delle sue possibilità
sotto forma di popoli, di lingue, di dottrine religiose, di arti, di stati e di
scienze, ritornando quindi nel grembo della spiritualità originaria.
(O.
SPENGLER, Il tramonto dell’Occidente.)
Se,
pertanto, all’Occidente non rimangono che due opzioni esistenziali ...
L’Occidente
è un fenomeno locale e storico. È una civiltà penetrante, molto
particolaristica, molto arrogante e intelligente. Però è una civiltà tra le
tante. L’Occidente ha una storia, ed è in ragione della sua storia. Il
tentativo di abdicare in favore di un universalismo puro e in favore della
meta-cultura e del meta-linguaggio è destinato a fallire. Ci sono due possibili
risultati:
o l’Occidente perderà la propria identità e
diventerà un automa;
o proverà a imporre la propria storia,
concependola come universale, a tutte le altre civiltà esistenti,
distruggendole nel tentativo e creando una sorta di campo di concentramento
globale per le loro culture.
Il
primo risultato implica uno scontro tra gli automi e l’umanità. Il secondo
implica un inevitabile movimento di liberazione globale che si ribelli a questo
neo-imperialismo. Sta all’Occidente decidere come affrontare le conseguenze
della propria storia e le sue implicazioni. L’Occidente può tentare di “chiudere”
la sua storia, ma è improbabile che possa avere successo nella chiusura della
storia di tutti gli altri.
... il
resto del mondo, se non vuole essere trascinato nel Nulla dell’Indistinto dal
Tramonto delle Terre dell’Occaso, deve ritornare all’essenza stessa dell’Umano,
al Diniego Autoctico, così come magistralmente espressa da Max Scheler in Die
Stellung des Menschen im Kosmos, del 1928 (“Paragonato all’animale che dice
sempre “sì” alla realtà effettiva — anche quando l’aborrisce e la fugge —
l’uomo è “colui che sa dir di no”, l’“asceta della vita”, l’eterno protestatore
contro quanto è soltanto realtà” (La posizione dell’uomo nel cosmo), ovvero deve osare dire “No!”, “No!” al Liberalismo, “No!” alla
Postmodernità, “No!” alla riduzione a nulla del Nulla Originario, riduzione
deteriore a nulla del Nulla Originario che è già riduzione a nulla dell’ente
determinato conseguente.
Ma il
“No!” in nome e sulla base di quale ipostasi principiale deve essere proferito?
Certamente, per Dugin, con Spengler e Van den Bruck, in nome dell’immanenza
eterna che fonda il divenire storico stesso, l’alma potenza primordiale di
rotazione della Terra (Van den Bruck), il grembo della spiritualità originaria
(Ur-Zeit) illimitata e permanente (Spengler), immanenza ctonia che, per il
filosofo moscovita, è nondimeno già e sempre dipendente dall’eterno cilestre
che trascende il Mondo e l’Essere-nel-mondo stesso dell’Uomo, che pre-esiste
ovvero all’epamphoterizein storico. Questa immanenza storica debitrice
dell’Eterno è precisamente ciò che Dugin appella Tradizione.
È in
nome di essa dunque – e, certamente, già in nome di ciò che le concede
causazione e conferisce ragion d’essere – che per Dugin si deve elevare e con
forza il Diniego (Contrarietà ovviamente e di necessità, nella sua prospettiva
trascendente e non trascendentale, né autoctica, né abissalmente archea, come,
invece, nella prospettiva di chi scrive, qui dunque wider Dugin).
E così
arriva la postmodernità, e che cosa le si può opporre? E si può dire “No!” alla
postmodernità? Questa è la domanda fondamentale. In teoria, seguendo la tesi
liberale che magnifica la libertà dell’uomo, ne dovrebbe derivare che l’uomo è
sempre libero di dire “no”, a chiunque gli pare e a qualsiasi cosa. È proprio
questo il passaggio più pericoloso della filosofia della libertà, che sotto
l’egida della libertà assoluta rimuove per prima la libertà di dire “no” alla
libertà stessa […]. C’è, nonostante tutto, la possibilità ontologica di dire
“no!”, e da questo nasce il conservatorismo. Prima di tutto, cos’è? È un “no”
detto a ciò che ci circonda. Nel nome di cosa? Nel nome di qualcosa che
preesiste, e in un certo momento storico è stato sopraffatto.
E,
nonpertanto, per poter trascendere qualcosa occorre preliminarmente, di necessità,
abbracciarne i confini estremi, riducendo entro l’unità ciò oltre la cui
determinatezza compiuta il trascendente vuole portarsi: l’entelechia conchiusa
nell’infinità del sé, ovvero aperta verso l’infinito al di là di sé,
perennemente essenteci altresì, non concede ricetto posizionale alcuno
all’ulteriorità da essa.
Analizziamo
dunque l’essenza della Modernità, ormai Postmodernità, partendo dal concetto
che fonda la Teoria vincitrice unica della sfida dell’Evo ultimo, ovvero la
Libertà del Liberalismo, definita e fondata da John Stuart Mill.
Questo
è il nucleo di significato del liberalismo (in inglese liberty, in latino
libertas): la chiamata a diventare “liberati” (in latino liber) da tutto ciò
che è esterno a se stessi. Inoltre, i teorici liberali (in particolare John
Stuart Mill) hanno sottolineato il fatto che si parli di una “libertà da”, di
una liberazione da vincoli, identificazioni e restrizioni che sono
un’imposizione per la volontà individuale. Per quanto riguarda lo scopo di
questa libertà, i liberali restano in silenzio. Asserire l’esistenza di un fine
normativo si tradurrebbe, ai loro occhi, in una restrizione della libertà
dell’individuo. Di conseguenza operano una distinzione rigida tra “libertà da”,
che considerano un imperativo morale di sviluppo sociale, e “libertà per/di” -
la normativizzazione di come, perché e a che scopo tale libertà dovrebbe essere
impiegata. L’ultimo rimane a discrezione del soggetto storico, in altre parole
l’individuo.
Certamente,
se si prende in considerazione la storia della filosofia del liberalismo, sarà
chiaro che questa libertà è molto particolare; è chiaramente negativa (“la
libertà da” di Mill) e porta con sé un nichilismo crudele e invadente.
Tuttavia, questo può essere compreso solo dagli “iniziati superiori” del
liberalismo, che riconoscono e accettano la sua strategia diabolica, diretta
alla distruzione nell’umanità di qualsiasi fondamento umano. Per questi
“iniziati superiori”, gli aspetti satanici, totalitari e distruttivi di questa
ideologia sono ben visibili e accettabili, anche se spesso li nascondono agli
estranei. La maggior parte dei liberali non sono tra gli iniziati, e per questo
considerano seriamente il valore della libertà. In questo caso, essi potrebbero
domandarsi perché il liberalismo contemporaneo acquisti sempre più tratti
totalitari, ammettendo la libertà di “essere liberali” ma demonizzando tutti
coloro che disprezzano il liberalismo. Così, il liberalismo dell’epoca della
globalizzazione esibisce gli stessi tratti totalitari dei suoi oppositori […].
Quando il liberalismo acquisisce la piena egemonia, comincia ad agire come
tale, senza appartenere alla destra o alla sinistra. Nell’economia dominano gli
approcci di destra (il mercato); in politica, quelli di sinistra (il
liberalismo, la politica gender, il miscuglio di sessi e popoli, il
multiculturalismo, ecc…). Il liberalismo è l’ideologia delle élite e vediamo
sempre più spesso la parte superiore della rete liberale: quegli stessi
“iniziati liberali”, che ormai non nascondono i loro veri piani e predicano
apertamente la via alla post-umanizzazione dell’umanità. Inoltre, i metodi di
amministrazione stanno diventando sempre più visibilmente totalitari,
utilizzando i mezzi dell’informazione di massa e i social network per
l’introduzione forzata dei dogmi liberali nelle coscienze.
Così,
il politically correct e le sue regole si trasformano in una disciplina
politica totalitaria, puramente razzista, delle esclusioni. In questo modo, l’antirazzismo
francese di sinistra liberale istituzionalizzato è gradualmente diventato il
centro di distribuzione dell’odio razziale […]. Le tipologie più recenti di
razzismo sono glamour, fashion e tecnologicamente up-to-date. Le loro regole. Le loro regole sono statuite da modelle,
designer, dai politici più “social”, e da coloro che insistono a possedere solo
gli ultimi modelli di telefoni cellulari o computer portatili. La conformità o meno al codice
della moda è proprio alla base delle strategie di massa per la segregazione
razziale e l’apartheid culturale. Oggi ciò non è direttamente associato con il
fattore economico, ma sta a mano a mano assumendo caratteristiche sociologiche
indipendenti. Questo è il fantasma della dittatura della moda – la nuova frontiera del
razzismo.
Dalle
pagine di questo nostro portale, in cammino verso il Dire del Diniego
originario, è già stata consentaneamente a Dugin dedotta la parabola
“paradossale” della Tolleranza, il suo ovvero con necessità, stanti certamente
le proprie premesse “milliane”, trasmutare nella più coerente tirannide
totalitaristica:
E tale
è infatti il paradosso del Paradosso della Tolleranza: nel tentativo di
persistere nell’esistenza, la Tolleranza deve non consentire esistenza
possibile all’In-tolleranza, ma esso compito conduce – allora quando la
Tolleranza viene giusnaturalisticamente posta come valore assoluto, universale,
predicazione necessaria dell’Umano-in-sé –, all’instaurazione dell’assolutezza
stessa dell’Intolleranza, all’istituzione ossia del Totalitarismo della Tolleranza
che non tollera liceità d’eccezione alcuna al sé […], Il paradosso ha infatti
apice = 2; paradosso1 o Paradosso della Tolleranza: la Tolleranza per
sopravvivere deve aprirsi dalla coerenza al sé per accogliere – parzialmente –
in sé l’altro da sé, ossia l’Intolleranza; paradosso2 o paradosso del Paradosso
della Tolleranza: il paradosso della Tolleranza conduce la Tolleranza a
divenire esattamente la specularità del sé, ossia a trasmutare – completamente
– nel suo contrario, istituendo la forma più estrema e assoluta di
Intolleranza, la Tolleranza del Tutto, la Tolleranza necessaria che non può
tollerare eccezione alcuna alla posizione panica e plenaria del sé, la
Tolleranza che – continua entro sé e compatta – universale non alcuna lacuna
concede alla posizionalità dell’altro da sé.
L’identità determinata e i suoi nemici.
Non
possiamo dunque non professarci, circa la lettura dell’eleuteromania
postmoderna, für Dugin.
Protetti
epperò dall’invocazione nostra originaria, iscritto ossia il nostro dire di
Dugin entro l’endiadi del dire di Van den Bruck con e contro Spengler, vogliamo
ora sostare lungo il cammino verso il discorso di Dugin, per volgerci al
sentiero che s’accosta in Colloquio col Distante archeo, vogliamo ossia
inclinare la stadera della 4TP wider Dugen, e vogliamo ciò compiere indicando
il fondamento di necessità di questa deriva totalitaria della “libertà da”.
L’elevazione
di questo fondamento, infatti, indicherà come infondato ogni fideistico
fondamento della Storia che trascenda l’Umano-in-sé, ovvero l'Orizzonte storico
stesso quale nostro De-stino comune, categoriale, trascendentale, mentre il suo
disvolgimento ostenderà come infondato ogni soteriologico confidare in un
fondamento eterno e già meta-storico del divenire, dimostrando epperò parimenti
infondata ogni concezione temporale ciclica e relativistica in cui
ricorsivamente si alternano Kultur, ciascuna della quali in possesso di un
proprio destino irrelato al Destino comune dell’Umano, epperò dispiegando
piuttosto una cogente e inconcussa teleologia che dall’assolutamente finito
conduce all’assolutamente finito.
La
libertà “da” non altro infatti appare essere se non figurazione della
Deteriorità prossima al compimento del sé, figurazione ossia del Nulla
inautentico, egualmente dell’Essere-in-sé e dell’Identità-in-sé: la libertà di
Mill e dei liberalisti è precisamente fenomeno della civilizzazione dello
spirito di Faust – anima del Moderno inteso in una cesura storiografica estesa
almeno sino a coinvolgere in sé il XII° secolo – che non tollera alcuna
limitazione all’estroflessione del proprio Io verso l’Infinito, verso il Tutto
bramato come escate punto di preda della Volontà, è lo spirito di Faust ovvero
che percepisce come depotenziante l’Io ogni delimitazione apollinea. E,
nondimeno, nella perenne protensione estroflessiva del sé, dell’Io, verso
l’Orizzonte ultimo dell’Indelimitato panico, l’Io finisce per smarrire l’essere
sé il protendentesi, l’Io ossia finisce col perdere se stesso, la sua stessa
destinazione alla determinazione (Bestimmeheit), l’haecceitas irripetibilmente
solo propria che lo fonda pre-cisamente Pro-traente-si, e non altro.
Quale
relazione dunque intercorre tra l’Epoca Deteriore nel tempo del proprio
contro-tempo faustiano, manifestantesi, lungo il Sentiero del Giorno
(Geschichte), come detto almeno, con sicurezza, a partire dal XII° secolo, e
l’enantio-epopea dell’Originario (Geschick) stesso?
Sosteremmo
troppo oltre il dire di Dugin se indicassimo qui i fondamenti della
co-implicazione enantio-dromica di Storia e Destino, Giorno e Notte, Essere e
Nulla.
Rimandiamo
pertanto a ΔIÁ (cfr. Eisagōgé) coloro i quali correttamente reclamassero
l’ostensione della teleologia necessaria che dall’E-vento prolettico della
Prolessi originaria conduce all’etero-emancipazione dell’inseità seconda, già
seità dell’inseità prima, e da qui, dall’iniziale deuteriore “sospensione del
contenuto positivo dell’Originario ed emersione della sua positività o
principio di coalescenza identitaria” (Epoca Apollinea), alla parimenti
deuteriore “sospensione della positività o principio di coalescenza identitaria
dell’Originario e (contro) emersione del suo contenuto positivo” (Epoca
Faustiana), e da qui, al reflusso vizzo della civilizzazione manchesteriana, e
da qui, in ultimo, alla libertà “da” del liberalismo di Stuart Mill.
Ecco
pertanto che non possiamo acconsentire al dire di Dugin allorquando questi non
riconoscere la Postmodernità occidentale come il Destino comune dell’Umanità
tutta, e ciò precisamente sul fondamento – parimenti in ΔIÁ doviziosamente
ostenso – del dire che non rintraccia l’aprirsi della Dia-ferenza tra Origine
dell’Uomo (“i cui più remoti e indubbi sêmata che dimostrano e indicano l’esserci
– già – della “specie” oltre il nulla della categorialità sua, noi non possiamo
che rinvenirli nella stessa prima segnificazione del nulla ontogenetico”),
Origine della Storia e Origine della storia delle popolazioni – poi –
cosiddette indoeuropee.
La
Quarta Teoria Politica scarta completamente l’idea dell’irreversibilità della
storia […]. Il tempo è un fenomeno sociale, le sue strutture non dipendono da
caratteri oggettivi ma dall’influenza dominante sui paradigmi sociali, perché
l’oggetto è assegnato dalla società stessa. Nella società moderna, il tempo è
considerato irreversibile, progressivo e unidirezionale, ma ciò non è
necessariamente vero all’interno di società che non accettano la modernità. In
certe società, in cui manca una rigida visione moderna del tempo, esistono
concezioni cicliche e perfino regressive del tempo […]. In un modo o
nell’altro, tutte e tre le ideologie hanno la stessa radice: l’idea di
crescita, sviluppo, progresso, evoluzione e del costante, cumulativo
miglioramento della società. Tutte e tre vedono il mondo e l’intero processo
storico come un’accumulazione lineare, una crescita. Si differenziano poi
nell’interpretazione di questo processo, e attribuiscono ad esso significati
differenti, ma tutte e tre accettano l’irreversibilità della storia e il suo
carattere progressivo […].
La
Quarta Teoria Politica dev’essere radicata nel rifiuto assoluto del processo
monotono […]. E tutto ciò che si riferisce al processo monotono e alle sue
variazioni, come lo sviluppo, l’evoluzione e la modernizzazione, dovrebbe
quanto meno essere compreso in termini di ciclicità. Invece delle idee del
processo monotono, del progresso e della modernizzazione, dobbiamo aderire e
promuovere slogan ben diversi, che facciano appello alla vita, alla
ripetizione, alla conservazione di ciò che è di valore e al cambiamento di ciò
che deve essere cambiato […]. Dobbiamo poi abbandonare la filosofia dello
sviluppo e proporre lo slogan: la vita conta più della crescita. Invece che
sull’ideologia dello sviluppo, dobbiamo puntare sull’ideologia del
conservatorismo e della conservazione […]. La Quarta Teoria Politica […] deve
elaborare un modello alternativo di un futuro conservatore, basato sui principi
della vitalità, delle radici, delle costanti e dell’eternità […]. Il progresso
implica l’irreversibilità del tempo, un processo di evoluzione predeterminato,
che avanza sempre. Il progresso è un processo sia ortogenetico che monotono.
Inevitabilmente, tutte e tre le teorie sono basate sulla filosofia hegeliana.
Dopo Hegel, il significato della storia è stato inteso nei termini dello
“Spirito Assoluto” che si estranea da se stesso, assumendo la forma di processo
storico dialettico, divenendo infine una sorta di monarchia illuminata […].
Ognuna delle tre ideologie della modernità è basata sulle premesse
dell’irreversibilità del tempo e dell’unidirezionalità della storia.
Ciò
posto, o piuttosto rievocato, dobbiamo tuttavia ben guardarci, riedendo al
sentiero che interroga il dire di Dugin, dall’interpretare la destinale
“destinazionalità” della Storia, l’immanente ossia sua teleologia necessaria,
inserendo la progressione entro un orizzonte assiologico e morale secondo il
quale, ad esempio, il 20esimo secolo (e ogni evento nei sui erculei riguardi
dantesi) è immediatamente migliore e incontraddittoriamente più prossimo al
Bene del 19esimo secolo (e parimenti dell’evenemenzialità sua tutta), e il
21esimo del 20esimo.
Non si
dà, infatti, alcuna assiologia entro l’Orizzonte del Destino, se non
esclusivamente l’autentico o l’inautentico corrispondere od obliare il Destino
stesso, se non l’avvicinarsi altresì o l’allontanarsi dal contenuto identitario
dell’Originario, se non parimenti il coerirne all’essenza o il contraddirla;
l’Originario non ha alcuna ulteriore endo-partizione al di fuori dell’A-bissale
Ur-partizione che autocticamente lo di-partisce Dia-partenza inseitale o
trascendentalmente archeo-esate, prolettico e principiale Orizzonte Ultimo in
sé Dia-ferenza o Partizione assoluta, Pólemos o Contraddizione l’onticità
puntualmente posizionale del sé in sé Orizzonte o Perimetrazione anzitutto
contro-afferrante e oltre sé apofaticamente o contraddittoriamente la posizione
dell’ente distinto Tutto o teoria del Giorno.
Pertanto,
poiché il contenuto identitario del Télos prisco non può che essere e con
necessità il télos medesimo, senza alcuna ulteriore distinzione eidetica se non
contingente o adiafora determinazione dell’Haecceitas an-sichselbest, l’Umanità
non procede – essenzialmente o necessariamente – verso la Libertà, verso il
Bene, il Giusto, il Bello etc... L’Umanità pro-cede, punto, e procede
“ordinatamente” o linearmente dal Nulla (prolettico) al Nulla (entelechiale),
elevando (secundum substantiam, katá ousian) via via e di volta in volta –
dentro la circonferenza di questa linearità teleologica intrascendibile o
destinale – questo o quell’altro (secundum accidens, katá symbebekós) Orizzonte
assiologico e morale, sempre pertanto e con cogenza incontrovertibile e
particolare e relativo.
Non
possiamo pertanto non dichiararci concordi con quanto segue, a un tempo
elegiaco e pugnace.
In
realtà, l’ideologia del progresso è in sé razzista. L’assunto per cui il
presente è migliore e più soddisfacente del passato, e le continue
rassicurazioni che il futuro sarà ancora meglio del presente, sono
discriminazioni contro il passato e il presente, ed umiliano tutti coloro che
nel passato hanno vissuto.
Sono
un insulto all’onore e alla dignità dei nostri avi e una violazione dei diritti
dei morti. In molte culture, i morti hanno un ruolo sociologico molto
importante, sono considerati in un certo senso ancora vivi, presenti nel mondo,
e uniti alla sua vita. Ciò vale per tutte le culture e le civiltà antiche. Miliardi di abitanti della terra
credono ancora che sia così. Nella civiltà cinese, costruita sul culto dei
morti e sulla riverenza per i morti come per i vivi, essere morti è considerato
uno status sociale elevato, in un certo modo superiore alla condizione dei
viventi. L’ideologia del progresso rappresenta il genocidio morale delle
generazioni passate – in altre parole, il vero razzismo. Ugualmente discutibile
è l’idea della modernizzazione, quando viene elevata a virtù assoluta non
discutibile. È facile individuare in ciò tracce di razzismo.
Di
contro, se concediamo convergenza e concordia circa l’impossibilità
dell’incontraddittorio e inconcusso stare di alcun fondamento di Verità in
grado di conferire atremida superiorità o solida preminenza al Moderno
sull’Antico (egualmente all’Occidentale sul non-Occidentale, al Democratico sul
Non-democratico, al Liberalistico sul Non-liberalistico, al Capitalistico sul
Non-capitalistico, all’Individualistico sul Non-individualistico, al
Giusnaturalistico sul Non-giusnaturalistico et cetera antonomiae), in grado
ovvero di di-mostrare come immediatamente autocontraddittoria ogni elevazione
di contraddizione (élenchos) alla posizione del sé, e ciò proprio in conformità
del contenuto identitario primo della posizione di Verità autentica (Télos,
Geschehen), contenuto dell’auto-posizione originaria, ovvero transcendentale,
in relazione al quale ogni altro contenuto appare relativo e orizzontale,
contingente, ebbene autenticamente storico (se De-stino è Storia, ogni
configurazione storica non può mai dirsi migliore di un’altra, se non quella
configurazione storica maggiormente corrispondente al Destino stesso, ovvero
massimamente storica, cioè avente l’essenza stessa della storia [“Imprimere al
divenire il carattere dell’Essere” = istituire nell’Eterno l’esserci-stato del
Mortale] come essenza del sé: l’assiologia autentica non può dunque che
dibattersi tra autenticità o ad-eguamento al Vero dell’essenza del Destino, e
inautenticità o allontanamento da esso) e ciò proprio poiché, nietzschiamente,
ogni posizione di Verità eterna (egualmente ogni posizione di Verità
anapodittica altra dalla pre-sub-posizione autoctica e prolettica dell’archea
“Falsificazione-in-sé”) annullerebbe proprio la Veridicità dell’apofansi
originaria, e a-bissale e in ultimo incontradditoriamente stante presso la
Verità archea del sé (ogni pro-cesso orientato è necessariamente de-finito, giacché
il punto di preda non può non già immediatamente partire la dimensione
dell’eterno nel proprio stesso esserci ad-puntativo); non possiamo non
divergere e discordare con Dugin circa lo statuto di verità dell’apofansi che
predica il globalismo, il giusnaturalismo, il liberalismo, il capitalismo et
cetera come eventi assolutamente o irrelatamente all’essenza destinale
contingentemente occorsi lungo il Sentiero del Giorno, e ciò proprio sul
fondamento della concettualità che manifesta detti epifenomeni certamente in se
stessi evemenziali del Moderno, causati nonpertanto da un fondamento il cui
contenuto identitario (Nulla inautentico o entelechia del Deuteriore) si dà con
necessità al Diurno precisamente in relazione di co-implicazione con l’essenza
eidetica della struttura endiadica dell’Originario.
L’evento
del Nulla inautentico pertanto, il Tempo della Notte del Mondo entro il quale
tutti noi siamo in cammino, in quanto entelechia del Deteriore, rappresenta
l’adempimento ultimo della posizione seconda o necessariamente conseguente di
Contrarità estrinseca dell’Originario in sé Contrarietà assoluta o
perfettamente endo-mediale.
Non
appare pertanto contingente, bensì destinale, la presa dell’Occidente sul
Mondo, l’avvento ovvero del Nomos der Erde unitario, parmenideo, compatto,
uni-versale, tanto diatopicamente quanto diacronicamente omologante l’altro e
nello spazio (globalizzazione) e nel tempo (interpretatio graeca, cancel
culture).
Ciò
naturalmente non pone immediatamente presso necessità il fondamento del
giusnaturalismo borghese settecenteso, né parimenti di qualsivoglia altro
epifenomeno contingente del Moderno e del Postmoderno, invece sé presentante
col carattere dell’universale, del necessario, dell’irreversibile,
dell’anapoditticamente Vero, ultimo, insuperabile e senza alternativa alcuna
alla posizione del sé che non sia regressione, oscurantismo, ignoranza,
barbarie etc...; bensì, all’opposto, pone presso Verità la posizione della
Necessità dell’avvenire al Giorno del suo fondamento, e ciò proprio in quanto
pone come necessario il suo essere conseguente, deuteriore epperò, non
originario, con necessità non Ultimo.
Ecco
che la tesi della “Fine della Storia e dell’Ultimo Uomo” non regge al
travolgimento del pensiero tetico ulteriore per il semplice fatto che la
posizione ultima della Seingeschichte o Sentiero del Giorno (ovvero
l’entelechia del Deuteriore verso la quale siamo in cammino, per lo più
eterodiretti come vane parvenze d’energie prive e di coscienza [nekúon amenenà
kárena]) non realizzando con necessità l’entelechia della configurazione
dell’Originario, non può che essere sintesi di un’ulteriore elevamento tetico
trascendentale. Cosa, invece, tale oltrepassamento tetico co-implichi rimane
l’interrogazione estrema del pensiero che rammemora la ΔIA-ferenza originaria.
Se,
dunque, possiamo dichiararci consentanei all’affermazione di Dugin predicante
come “razzista” (egualmente come privo di alcun fondamento nel proprio
inautentico proporsi assiologicamente superiore all’altro da sé tutto) ogni portato
della globalizzazione unipolare occidentale (sive anglosassone), non possiamo
dichiarare il fondamento della loro epifenomenicità “locale”, “specifico”,
“particolare”, “contingente”: è questo, infatti, l'indotto dello spirito di
Faust che si è esteso, con necessità, al mondo, nell’epoca imperiale
(cesarismo) della tarda sua civilizzazione.
Senza
dubbio razzista è l’idea della globalizzazione unipolare. È fondata sull’idea che la storia e
i valori della società occidentale, specialmente americana, siano leggi
universali, e cerca artificialmente di creare una società globale, fondata su
quelli che sono in realtà valori localmente e storicamente determinati – la
democrazia, il mercato, il parlamentarismo, il capitalismo, l’individualismo, i
diritti umani e lo sviluppo tecnologico illimitato. Questi valori sono valori
locali, conseguenza dello sviluppo particolare di una cultura specifica, e la
globalizzazione sta cercando di imporri a tutta l’umanità come qualcosa di
universale e dato per scontato. Questo tentativo implica che i valori degli
altri popoli e delle altre culture siano imperfetti, sottosviluppati, e
dovrebbero essere modernizzati e standardizzati a immagine e somiglianza del
modello occidentale. La globalizzazione, quindi, non è altro che un modello di
etnocentrismo occidentale europeo, o piuttosto anglosassone, che atta su tutti
i fronti, i meglio, su un fronte globale, e questa è la manifestazione più pura
dell’ideologia razzista […].
Il
termine “civiltà” ha circolato con notevole diffusione nel periodo
dell’elaborazione della teoria del progresso. Questa teoria aveva per
presupposti due degli assiomi fondamentali, paradigmatici della modernità: il
carattere progressivo e unidirezionale dello sviluppo dell’umanità (dal meno
verso il più) e l’universalità dell’uomo come fenomeno […]. Il capitalismo, il
mercato, il liberalismo e la democrazia sembrano universali e comuni a tutta
l’umanità solo a uno sguardo superficiale. Ogni civiltà reinterpreta la sua
sostanza secondo i propri modelli inconsci, in cui religione, cultura,
linguaggio e psicologia giocano un ruolo notevole e spesso determinante […]. L’America avanza una pretesa
sulla diffusione universale di un codice unitario, che penetra nella vita delle
persone e dei governi in mille modi differenti – come una rete globale –,
attraverso la tecnologia, l’economia di mercato, il modello politico della
liberal-democrazia, i sistemi di informazione, il modello della cultura di
massa e i suoi prodotti mediatici e l’istituzione di un controllo strategico
diretto sui processi geopolitici da parte degli americani e dei loro
paesi-satellite.
Orbene,
con Dugin nell’analisi dell’attuale Zeitgeist mondiale e monadico, totalitario
e intollerante, inautenticamente nichilista (= pensante ossia il Nulla “negativamente”,
epperò come Indistinzione, Aoristia, ebbene in quanto progressiva sottrazione
della distintività particolare, pensiero – in Stuart Mill come in Adam Smith e
David Ricardo, ma egualmente in Gilles Deleuze e Gianteresio Vattimo, già
“civilizzato” –, come detto inscritto nel faustiano percepire la delimitazione
delfica giacché depotenziamento della Volontà estroflessiva dell’Io, pensiero
che ricade nonpertanto sull’Io medesimo, infine annullatosi o perdutosi
nell’indefinitezza del Tutto, dell’Eterno o a punto dell’Indistinto [smarrente
ovvero lì nel Tutto s-confinato l’irripetibile sua haecceitas distintiva epperò
– in coimplicazione sinolare – onticamente fondante]), contro Dugin
nell’interpretazione della teleologia del Destino e del Destino storico
dell’Umano, tentiamo infine di vedere se le nostre posizioni trovano in ultimo
divergenza o convergenza circa la strategia di lotta per conquistare
l’Ulteriorità e la Differenza dall’orizzonte dell’oggi, se almeno una Potenza
ancora ci rimane, se un Domani è ancora possibile, se un Orizzonte Altro ancora
nell’innanzi ci attende dischiuso.
Principiamo
dunque dal tratteggio dell’odierno scenario Postmoderno e delle conseguenze più
o meno immediate della sua intensificazione, per come descritti e profetati da
Dugin.
L’oltre-uomo.
L’unico
polo del mondo unipolare sono gli Stati Uniti e l’Europa (come organizzazione
meramente geopolitica), cioè in particolare l’idea della massima libertà, e il
movimento verso la realizzazione di questa libertà costituisce il significato
stesso della storia dell’umanità, per come è percepita dagli occidentali
europei. La civiltà dell’Europa occidentale è riuscita nell’impresa di
costringere il resto dell’umanità in questa concezione del significato della
storia.
Così,
ecco il polo di un mondo unipolare, cioè il polo della libertà, che è giunto
alla sua pienezza nella modernità e sta ora passando a un nuovo stadio, quello
della postmodernità, in cui l’uomo inizia a liberarsi da sé stesso, dal momento
che “se stesso” è proprio ciò che lo annoia, lo ostacola e lo appesantisce. Oltre a ciò, il naturale sviluppo del
liberalismo, distruggendo via via tutte le forme di identità collettiva – da
quelle di religione o di classe a quella nazionale o di genere – entra nell’ultima
fase della propria strategia: nell’epoca del post-umanesimo o trans-umanesimo.
Questo
significa che, sul breve periodo, l’intelligenza artificiale, i cyborg, le
chimere, gli ibridi e tutte le altre diverse forme di vita post-umane diverranno
un fenomeno comune. E questo concluderà il processo di “disumanizzazione”
dell’umanità, già compreso nel paradigma materialista e razionale della
Modernità.
Il
“bestiario” Post-moderno.
Così
si presenta il panorama degli orrori post-liberali:
• la
misura delle cose diventa non l’individuo ma il post-individuo, il “dividuo”,
che mette in scena un’ironica combinazione di parti di persone diverse (organi,
cloni, rappresentazioni, fino ad arrivare ai cyborg e ai mutanti);
• la
proprietà provata è idolatrata, “trascendentalizzata” e trasforma ciò che un
uomo possiede in ciò che possiede l’uomo;
• la
parità delle opportunità diviene la parità nella riflessione astratta sulle
opportunità (la società dello spettacolo di Guy Debord);
• la
proclamazione del carattere contrattuale di tutte le istituzioni politiche e
sociali diventa vera e propria equiparazione del virtuale al reale, e il mondo
diventa un modello tecnico;
• ogni
forma di autorità non individuale scompare completamente, e ogni individuo è
libero di pensare al mondo come meglio gli pare – e gli appare (la crisi della
comune razionalità);
• il
principio della separazione dei poteri si trasforma nell’idea di un continuo
referendum virtuale (una sorta di parlamento elettronico) in cui ogni utente
esprime il suo voto continuamente su ogni decisione, dando la propria opinione
in una serie di forum, che a loro volta cedono potere a ogni singolo cittadino,
ce diventa, in effetti, un ramo autonomo di governo;
• la
“società civile” soppianta completamente il governo e si converte in un melting
pot globale, cosmopolita;
•
dalla tesi dell’“economia come destino” deriva la tesi che il destino sia un
codice numerico, al punto che il lavoro, il denaro, il mercato, la produzione,
il consumo… tutto diventa virtuale.
Alcuni
liberali e neoconservatori erano terrorizzati da questa prospettiva che si è
aperta in seguito alla vittoria ideologica del liberalismo, prima della
transizione al post-liberalismo e alla postmodernità […]. Ma […] la logica della trasformazione
dal liberalismo standard a quello della postmodernità non è né arbitraria né
volontaria, è scritta nella stessa struttura dell’ideologia liberale: nel corso
della graduale liberazione dell’uomo da tutto ciò che non è sé stesso (da tutti
i valori e gli ideali non umani e superindividuali), è inevitabile prima o poi
liberale l’uomo dal suo sé.
E la crisi più terribile dell’individuo non
inizia quando egli combatte contro ideologie alternative che negano che l’uomo
sia il valore supremo ma quando egli ottiene una vittoria definitiva e
irreversibile […]. Il sentiero che l’umanità ha inaugurato nell’era moderna
l’ha condotta proprio al liberalismo e al rifiuto di Dio, della tradizione,
della comunità, dell’etnicità, degli imperi e dei regni. Un simile sentiero è
completamente segnato, dal punto di vista logico: una volta deciso di liberarsi
da tutto ciò che tiene l’uomo in vincoli, l’uomo moderno ha raggiunto il suo
apogeo: davanti ai nostri stessi occhi si è liberato da sé stesso.
La logica del liberalismo mondiale e della
globalizzazione ci getta nell’abisso della dissoluzione postmoderna e della
virtualità.
La nostra gioventù ha già un piede in questo baratro: i codici del globalismo
liberale sono introdotti con efficienza a livello inconscio – attraverso
abitudini, pubblicità, moda, tecnologia, i media, le star. Il fenomeno più
comune è oggi la perdita dell’identità, e non solo dell’identità nazionale o
culturale, ma perfino sessuale, e presto perfino umana.
E i
difensori dei diritti umani, non rendendosi conto della tragedia di interi
popoli che sono sacrificati sull’altare del crudele disegno di un “Nuovo Ordine
Mondiale”, domani si lamenteranno a gran voce delle violazioni dei diritti dei
cyborg o dei cloni.
Dal
Politico alla Governance.
Lo
status quo e l’inerzia non presuppongono alcuna teoria politica. Un mondo
globale può essere governato solo dalle leggi dell’economia e della moralità
universale dei “diritti dell’uomo”. Tutte le decisioni politiche sono
sostituite da decisioni tecniche, i macchinari e la tecnologia suppliscono ogni
altra cosa.
Il filosofo francese Alain de Benoist la
definisce la gouvernance (governance), o “micromanagement”. I manager e i tecnocrati prendono il
posto del politico che prende decisioni storiche, ottimizzando la logistica del
management.
La
(contro-)Rivoluzione della post-antropologia politica.
Che
cos’è il post-Stato? È l’idea dell’abolizione dello Stato. Il processo di
demonizzazione dello Stato inizia con la tesi che lo stato interferisca con la
proprietà privata […]. Dopo ciò, va abolita ogni cosa che interferisca con la
libertà assoluta.
Alla
fine tutte le forme di simmetria verticale […] sono soggette alla distruzione,
e tutto diviene orizzontale […] e così va in fumo l’antropologia politica, che
implica una determinata costruzione dell’individuo, e si dissipa nello spazio
della polvere rizomatica. Si potrebbe chiamarla apoliteia, ma se lo fosse
davvero osserveremmo un graduale dissolversi del politico verso l’entropia.
Invece non stiamo discutendo di apoliteia o di indifferenza nei confronti della
politica, al contrario andiamo incontro a un trend pianificato, assiologico
[…].
Per
denunciare attivamente il Politico, è necessaria una volontà politica. Emerge
così che la postmodernità è carico di significato politico, e in particolare di
un significato imperioso, epistemologicamente ossessivo ed obbligatorio di
apoliticizzazione. Non è una mera entropia della struttura politica, è un
contro-progetto rivoluzionario, uno schema teorico, quello della post-antropologia
politica.
Come
dunque contrattaccare e controbattere questo orizzonte orrorifico?
Anzitutto,
politicamente, oltrepassando la consueta dialettica destra-sinistra in favore
di un’antipolarità più corrispondente alla natura dell’attuale Potere: eterodossia-ortodossia,
periferia-centro, consenso-dissenso.
Se la
Terza Teoria Politica criticava il capitalismo da destra, e la Seconda da
sinistra, allora il nuovo palcoscenico non è più caratterizzato da quella
topografia politica: è impossibile determinare dove si collochino la Destra e
la Sinistra in relazione al postmodernismo.
Ci
sono solo due posizioni, entrambe globali: adesione e obbedienza (il centro) e
dissenso (la periferia). La Quarta Teoria Politica è l’amalgama di un progetto
comune e nasce da un impulso comune verso tutto ciò che è stato scartato, messo
da parte e umiliato durante il processo di costruzione della “società dello
spettacolo” (della postmodernità).
Dischiudendo
dipoi un differente paradigma antropologico.
L’ethnos
è il principale valore della Quarta Teoria Politica come fenomeno culturale;
come comunità di lingua, credenze religiose, vita quotidiana e condivisione di
risorse e obiettivi […]. Il liberalismo come ideologia che auspica la
liberazione da ogni forma di identità collettiva, è del tutto incompatibile con
l’ethnos e l’etnocentrismo, ed è espressione di un sistematico “etnocidio”
teorico e tecnologico.
Sapendo
qual è la paura più grande del nemico, proponiamo la tesi che ogni identità
umana è accettabile e giustificata, eccetto quella dell’individuo. L’uomo è
tutto, tranne che un individuo. Dobbiamo osservare attentamente un liberale,
quando legge o sente un’affermazione simile. Penso che sia uno spettacolo
impressionante – tutta la sua “tolleranza” svanirà nel nulla, istantaneamente.
I “diritti umani” saranno distribuiti a tutti, tranne a chi osi pronunciare
frasi del genere […]. Il liberalismo dev’essere sconfitto e distrutto, e
l’individuo dev’essere abbattuto dal suo piedistallo.
Geopoliticamente,
(ri-)proponendo la dottrina schmittiana del Großraum, ed evocando il grande
spazio “Euroasiatico” in contrapposizione al tópos occidentale
autopresuntivamente globale.
La
scelta della civiltà come soggetto della politica mondiale nel ventunesimo secolo
ci permetterà di operare una “globalizzazione regionale”, un’unificazione
reciproca tra paesi e popoli di una stessa civiltà […]. Dopo Carl Schmitt, è
invalso nella scienza politica chiamare disegni analoghi di integrazione
“grandi spazi” […]. Il grande spazio differisce dai governi nazionali per il
fatto che è bastato sulle fondamenta di un sistema di valori comuni e sulla
comunanza dell’esperienza storica, e unifica alcuni o addirittura molti diversi
governi, riuniti da una “comunanza di destini”. Nei “grandi spazi”il fattore di
integrazione può variare: talora sarà la religione, talora l’origine etnica,
talora il modello culturale, talora il tipo socio-politico, altrove la
posizione geografica […]. L’idea di un mondo multipolare, nei quali i poli saranno
tanti quanti le civiltà, consente di proporre all’umanità un’ampia scelta di
paradigmi alternativi culturali, sociali e spirituali […]. Non ci sarà alcuno
standard universale, né materiale, né spirituale. Ogni civiltà avrà almeno il
diritto di proclamare liberamente quella che è la misura delle cose, secondo i
propri desideri.
L’euroasiatismo,
riconoscendo la pretesa di universalità del logos occidentale, si rifiuta di
riconoscere quest’universalità come inevitabile. Questa è la caratteristica
specifica dell’euroasiatismo: considera la cultura occidentale come un fenomeno locale
temporaneo, e riconosce una molteplicità di culture e civiltà che coesistono, a
differenti stadi del loro ciclo evolutivo.
Per
gli euroasiatisti, la modernità è un fenomeno peculiare che riguarda solo
l’Occidente, mentre ad altre culture spetta il compito di sfatare le pretese di
universalità della civiltà occidentale, costruendo le loro società in base ai
loro propri valori. Non esiste un unico processo storico, ogni nazione ha il suo
modello storico, con i propri ritmi di movimento e, talora, la propria
direzione.
Nella
πρᾶξις, chiamando a raccolta e unione gli eterodossi di tutto il mondo.
L’Occidente
sta giungendo alla sua fine, e non dovremmo permettergli di trascinarci tutti
nell’abisso insieme a lui […]. I valori americani si pretendono universali, ma
in realtà sono una nuova forma di aggressione ideologica contro la molteplicità
delle culture e delle tradizioni che ancora esistono nel resto del mondo […].
Tutti
coloro che condividono un’analisi negativa della globalizzazione,
dell’occidentalizzazione e della postmodernizzazione dovrebbero unire i loro
sforzi per creare una nuova strategia di resistenza contro un male che è
onnipresente.
Escatologicamente
infine, con l’invocazione del Soggetto Radicale, l’escussione del cui
fondamento comporta a manifestazione immediata l’Eterno, e con l’annuncio che
disvela l’angelomachia conclusiva, l’Endkampf il cui avvento rappresenta il
compito stesso della 4TP e della sua “metafisica attiva”.
La
globalizzazione e la fine della storia non possono essere ridotte alla volontà
di qualcuno che non sia la fonte della creazione del tempo, almeno non nei
limiti della filosofia immanentistica. Di conseguenza, ciò può significare solo
una cosa: che nelle profondità della soggettività trascendentale sta un altro
livello che Husserl non ha scoperto […]. Ci dev’essere un’altra dimensione che
dev’essere ancora scoperta – la più nascosta. Possiamo designarla come Soggetto
Radicale […]. Il Soggetto Radicale è incompatibile con qualsiasi struttura del
tempo. Domanda con forza un anti-tempo, basato sul potente fuoco dell’eternità,
trasfigurato alla luce della radicalità […]. Quando tutto e tutti sono svaniti,
l’unica cosa che rimane è colui che non può svanire. Forse questa è la ragione
per questa prova regina di tutte le prove.
Nella
post-politica, c’è davvero un centro di comando. Ci sono attori e decisioni, ma
sono completamente de-umanizzate, nella postmodernità. Sono oltre gli schemi
dell’antropologia. Possiamo trovare conferme a queste ipotesi negli
insegnamenti e nelle escatologie tradizionali, che affermano che la Fine dei
Tempi non sarà innescata da mano umana, ma si fermerà appena prima dell’ora
finale. L’atto finale non dipenderà dall’uomo. Sarà una guerra di angeli, una
guerra di dei, un confronto tra entità non vincolate da leggi o regole
economiche, e che non si identificano con alcuna religione o élite politica.
E
questa guerra angelica può essere considerata politicamente. Ossia l’Angelopolis,
o la Politische Angelologie, a cui mi riferisco, depurandone il concetto da
ogni misticismo o esoterismo, ha lo stesso senso e la stessa natura della
metafora schmittiana della “teologia politica”.
L’angeologia politica dev’essere considerata
una metafora che è al tempo stesso scientifica e razionale […]. Se la Prassi
della Quarta Teoria Politica non è in grado di realizzare la fine dei tempi,
allora sarebbe inutile. La fine dei giorni dovrebbe venire, ma non verrà da
sola. Questo è un compito, non è una certezza. È metafisica attiva. È una
pratica. E può essere una soluzione potenziale e razionale per quelle
enigmatiche stratificazioni che si scoprono quando si parla di Prassi della
Quarta Teoria Politica […]. Non è un caso che nell’escatologia della maggior
parte delle religioni e delle tradizioni si parli della visione dell’Endkampf
(“battaglia finale”), che necessariamente coinvolge gli angeli […].
L’espressione politica del Soggetto Radicale può essere quindi definita non
come l’area della teologia politica (Carl Schmitt) ma come l’area
dell’angelologia politica.
Ebbene,
non possiamo concederci alle speranze escatologiche e soteriologiche di Dugin,
poiché abbiamo già chiuso e con necessità la porta a qualsivoglia possibilità
che l’Eterno possa darsi lungo il Sentiero del Giorno, ovvero alla presa
dell’Atto, se non giacché deissi (attualità) dell’in-sé “Im-possibile
all’atto”: l’Eterno può esserci solo quale punto di tensione estrema del
Mortale, come ilCielo della Terra nella Quadratura-dei-Quattro (Geviert), ma
non mai può e-manciparsi e stare assolutamente in se stesso, ovvero senza
questa relazione immediatamente immanentizzantelo. Ante e oltre l’Autoctisi
dell’Umano (e certamente noi non concediamo iato alla posizione della
differenza tra Uomo e Io, Antropo e Autocoscienza), si è detto, Nulla si dà:
l’essere è Pensiero (Ichheit) e il pensiero dell’ente (Ich) (genitivo
soggettivo) è nella Storia dell’Essere(1)-della-DIA-ferenza(2).
E,
tuttavia, crediamo, con Dugin, che questa configurazione – e la sua necessaria
intensificazione ulteriore – non sia, con pari necessità, la configurazione
definitiva, noi all’unisono affermiamo ovvero che l’entelechia del Deuteriore
(la Postmodernità compiuta) possa e debba essere trascesa.
Non
altro ci rimarrebbe pertanto che indicare, in fine, verso dove (télos)
l’Ulteriore all’entelechia del Deteriore possa portarsi nel proprio
oltrepassamento. Certamente non altrove rispetto all’entelechia o pienezza (ἕξις)
dell’Originario stesso, già da principio dimorante nella costituiva propria
steresi estrema. E, cionondimeno, occorre indicare che cosa significhi portarsi
presso l’attuazione perfetta della Potenza-in-sé archegene. Senz'altro
com-porta l’esserci del Non-essere-ente-alcuno in quanto pienamente sé stesso,
la Contraddizione originaria che giunge allo stare perfettamente in contraddittorio
dell’ in sé.
E,
nonpertanto, questa posizione che predica come unica possibile fuori-uscita
dalla Post modernità il passaggio cruciale attraverso la massima
intensificazione dell’essenza che conferisce fondamento a essa configurazione
(ebbene, ancora, il Nulla inautentico, l’Indistinto deteriore, la Contrarietà
estrinseca), il grave sentiero ovvero gloriosamente tragico che in ultimo
conduce il camminamento del Giorno all’Essere-della-Notte-Originaria, potrebbe
apparire arrendevole, scevra di speranza ossia e soprattutto di coazione alla
battaglia: non potrebbe esserci in verità nulla di più distante dal Vero,
dall’Autentico.
Ripensiamo
infatti all’assiologia autentica sovra accennata, riafferriamo epperò il nostro
dire dell’oscillare della verticalità valoriale tra i poli dell’autentica
corrispondenza al Destino e del suo oblio che il compito del compimento del sé
del sé nell’impressione nella massima durata (aión: l’estensione temporale
pensata, indoeuropeamente, sub specie voluntatis, quanto *Weru-nos esprime il
dischiudersi dello Spazio nella stessa accezione) inautenticamente distoglie
dall’essenza: imprimere al divenire il carattere dell’Essere” = istituire
nell’Eterno l’esserci-stato del Mortale.
E
ripensiamo adesso alla posizione di contrarietà estrinseca in via di
raggiungimento dalla teoria della contraddittorietà dell’originaria
Contraddizione-in-sé: non rappresenta forse il tempo dell’entelechia del
Deteriore l’avvento del punto più distante dall’Originario, del massimamente
Inautentico? Non è forse, altresì, il punto in cui la Storia del Destino
raggiunge l’assenza di ulteriorità, il coincentro maggiormente altro e
differente rispetto alla Verità dell’Originario? Non è forse questo nostro
Zietgeist dell’Uno compiuto conciliato e compatto il più grande avversario
dell’Avversità medesima?
Quale
più grande battaglia dunque dell’Ultima Battaglia, della contesa ovvero per la
posizione dell’Ultimità che non può essere ulteriormente contraddetta e
controvertita, e che sta, precisamente, nell’autentica eternità (aión, *klèwos
*ndhgwitom, Kléos Ouranòn ikánei)? Quale più grande valore, quale più estrema e
duratura conquista dell’elevare contraddizione alla configurazione della
contraddizione estrinseca in nome dell’essenza della Contraddizione originaria?
Quale più opima spoglia delle armi stesse del Tutto onto-emerine, quale maggior
redimento di gloria della completezza dell’Essere-in-sé?
Ecco
che “là dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva”:
l’intensificazione necessaria della postmodernità e del suo portato, a cui
nell'innanzi viepiù andremo con necessità o intrascendibile teleologia
incontro, generando il post-umano e la post-storia, l’Unità del mondo che
chiude alla Differenza e all’Ulteriorità, alla Potenza e alla Contraddizione,
l’altro dall’escate Alterità originaria che pone sé come definivo – e questo è
precisamente l’autentico Male, l’assoluto dell’Inautentico – com-porterà
contemporanemanete l’avvento dei Titani, ebbene del co-in-centrarsi
dell’esistenza autentica categoriale tutta nell’esserci individuale che
completa la compie infine.
Se il
nostro destino comune è camminamento verso la solo e sempre nostra
individualità altrui incedibile del sepolcro (Sein Zum Tode), è precisamente
nell’attimo asintotico dell’esplosione del Fuoco edace che troviamo
compiutamente noi stessi, in quell’attimo epperò massimamente corrusco che
retro-illumina il nostro esistere lì e allora in ultimo finalmente coalito in
unità, che retro-fonda ebbene e apofaticamente conferisce piena ragione
d’essere e adempiuta attuazione al nostro esserci-stato e progettuale e
prolettico, e quali enti particolari, e a punto parimenti, e di necessità, in
quanto umana universalità (Transzendentalen Sein–Zum–Tode).
(Alberto
Iannelli).
Dugin
all’Agenparl: «La Quarta Russia
è
quella che deve essere costruita ora.
Questa
è la Russia del futuro».
Agenparl.eu
- Luigi Camilloni – (31 Marzo 2022) – ci dice:
(AGENPARL)
– Roma, 31 marzo 2022 – L’Agenparl ha intervistato il Professore Aleksandr Gel’evič Dugin, filosofo e politologo russo ed è il principale ideologo
dell’eurasiatismo contemporaneo, che ha coniugato con il tradizionalismo integrale,
principalmente René Guénon e Julius Evola, e con il pensiero di Martin
Heidegger, contribuendo a un nuovo “tradizionalismo russo”.
Domanda. Il suo editore AGA EDITRICE sta
uscendo con la traduzione italiana della sua opera Great Reset. Quale messaggio
riceverà il pubblico italiano da questa lettura?
Dugin. Questo libro è una panoramica del
liberalismo come teoria e ideologia politica.
Guardo
la storia del liberalismo dai suoi inizi – le correnti protestanti nell’Europa
del XVI secolo ai piani di World Government, Open Society di Soros e il Grande
Reset del Forum di Davos di Klaus Schwab. Il piano del Grande Reset rappresenta
il culmine del liberalismo come ideologia che libera l’individuo da ogni forma
di identità collettiva.
È iniziata con la liberazione dalla Chiesa
(cattolica), dalle aristocrazie tradizionale, poi dalle nazioni e dagli Stati,
poi dal genere (politica di genere) e infine dall’umanità, poiché essere umani
è anche un’identità collettiva. Da qui l’ultima fase: il passaggio al
transumanesimo, la fusione degli umani con le macchine, la migrazione totale al
cyberspazio e il trasferimento del controllo alle reti neurali e
all’Intelligenza Artificiale.
Oggi
viviamo nella fase finale del liberalismo che è diventato globale. Questo è il globalismo occidentale e
un mondo unipolare. Ma è iniziato con gli inizi della Modernità, con il
capitalismo e il rifiuto della società tradizionale.
Il
Grande Reset è la fine di un lungo viaggio verso l’autodistruzione dell’umanità.
“Il
Grande Risveglio” è la formazione di un polo alternativo.
Il punto chiave del Grande Risveglio è che le
persone di diverse culture e tradizioni, siano esse di destra, di sinistra,
cristiane, musulmane, ebree, indù, buddiste o confuciane, entrino in un patto
storico planetario che rifiuti l’agenda globalista. Invece di uno scontro di
civiltà diverse tra loro, Il Grande Risveglio chiede un’alleanza universale contro il
male totale che minaccia tutta l’umanità – contro Soros, Schwab, Bill Gates e
l’oligarchia liberale globale.
Questo
è, in poche parole, ciò di cui parla questo libro.
Domanda. Parafrasando il termine Terza Roma
si può parlare di una Terza Russia?
Dugin. Un suggerimento interessante. Lo
scrittore patriota russo e mio amico Alexander Prokhanov parla del Quinto
Impero. Il
mio ultimo libro in russo si chiama “La Quarta Russia”.
Per me
la prima
Russia é
la Russia antica. La
seconda è l’Impero di Romanov. La terza è Impero sovietico. La Quarta Russia è quella che deve
essere costruita ora.
Questa
è la Russia del futuro. Coincide con il Quinto Impero Prokhanov (che distingue
nella Russia antica il periodo del gran ducato di Kiev e il periodo di Regno di
Mosca). Ma
tutte le tappe dalla seconda metà del XV secolo russo in poi sono la Terza
Roma.
Tale è
la complessa dialettica della nostra storia.
Quarta
teoria Politica Multipolarità sono due parole chiave del suo pensiero. Quale
ruolo sta rivestendo l’India?
Dugin. L’India è certamente una civiltà a
sé stante. Ha il suo Logos unico, il suo Dasein. L’India non è un paese, è un mondo, è
un intero pianeta, un continente. La 4PT è costruita sul Dasein e le sue strutture
esistenziali interne. Si sommano al Logos.
In India, vediamo entrambi in pieno –
perfetto! – stato di sviluppo, un orizzonte esistenziale distintivo e un
sistema metafisico religioso-filosofico elaborato – l’induismo.
Quindi,
la presenza del soggetto indiano nella comprensione del 4PT è fuori dubbio. Ciò che conta è completare il
processo di decolonizzazione profonda e affermare coraggiosamente un’identità
indù propriamente detta, basando su di essa l’insieme dell’ordine tradizionale.
È come
la venuta del Decimo Avatar Kalka per porre fine al Kali Yuga, l’era del caos,
della degenerazione e della decadenza. Questo caos è imposto all’India dalla
Modernità e dalla colonizzazione anglo-sassone.
Quindi,
in un mondo multipolare, sicuramente l’India diventerà un polo, diverso da
tutti gli altri.
Essere
un polo significa prendere decisioni pienamente sovrane.
Ora,
nello stato di transizione dal mondo unipolare a quello multipolare, l’India è
sempre più osservabile come tale polo sovrano. E l’intero sistema non è più solo
tripolare – Occidente, Russia, Cina; ma quadripolare – Occidente, Russia, Cina,
India. Penso che sia il momento più importante della storia moderna.
Domanda.
Sappiamo che Lei ha dedicato anni di studio al pensiero di Renè Guenon. In che
forma le opere di questo Autore tradizionalista hanno influenzato il suo
pensiero?
Dugin. Devo tutto a Guénon. Io sono prima di tutto un tradizionalista,
e per me tutti i punti sul confronto tra la Tradizione e il mondo moderno sono
principi inconfutabili.
Un’altra
cosa è che cerco di applicare i principi del tradizionalismo a vari campi che
Guénon stesso e i guenoniani non hanno toccato mai. Per questo, a volte può
sembrare che io mi sia allontanato dalle sue idee. Non è questo il caso. Sono il guenoniano più ortodosso che
si possa immaginare.
Tutto
ciò che aveva “previsto” David Iccke ha trovato conferma da parte sua? C’è
ancora un “segreto più nascosto”?
Dugin. Dal mio punto di vista, David Icke è un pazzo completamente
delirante.
Ma il Carl Gustav Jung e i suoi collaboratori hanno dimostrato perfettamente
che le strutture del delirio non sono casuali o arbitrarie, ma esprimono leggi
profonde e connessioni archetipiche dell'”inconscio collettivo”. David Icke può essere trattato solo
come un paziente, apparentemente completamente pazzo insieme a tutti coloro che
lo prendono sul serio.
Detto
questo, considerare ciò che dice in termini di esplorazione della cartografia
dell’inconscio, dove gli archetipi sottostanti saltano fuori spontaneamente e
caoticamente, non è probabilmente irragionevole. Ma non sono mai stato
interessato a questo.
E per
quanto riguarda il “segreto ben custodito” in questi giorni, molte cose prima
tenute segrete stanno diventando aperte. Per molto tempo, le élite liberali
globali occidentali hanno rifiutato di riconoscere che il loro obiettivo era il
governo mondiale.
Oggi se ne parla in tutti i libri di testo di
Relazioni Internazionali. Quasi tutto ciò che è segreto è già diventato ovvio, bisogna
solo saper leggere e interpretare correttamente le letture. Ma questa qualità
sta diventando sempre più rara. Sappiamo tutto, ma non capiamo più niente.
Una
Russia ribelle contro
il
mondo unipolare nel
discorso
di Putin a San Pietroburgo
ambienteweb.org
– Davide G.Porro – (18/06/2022) – ci dice:
Il
presidente russo Vladimir Putin venerdì 17 giugno ha ripreso la sua consueta
critica agli Stati Uniti definendola come una potenza in declino che tratta i
suoi alleati come colonie, mentre si dichiara eccezionale, come se fosse “il
messaggero di Dio in Terra” dunque “senza obblighi ma solo con interessi
definiti sacrosanti. “
“Se
sono eccezionali, significa che tutti gli altri sono di seconda classe“, ha
detto Putin parlando degli Stati Uniti in un discorso che il Cremlino ha
definito “estremamente importante”.
OLTRE
60 MINUTI DI DISCORSO AL FORUM DI SAN PIETROBURGO.
Il
leader del Cremlino ha partecipato al Forum economico internazionale di San
Pietroburgo, un evento annuale una sorta di conferenza d’affari intesa come la
risposta orientale al vertice di Davos di Klaus Schwab.
Il
Presidente russo, le cui osservazioni sono state ritardate di oltre un’ora da
causa di non specificati attacchi informatici distribuiti “su larga scala” sui
sistemi della conferenza, ha parlato per più di 60 minuti.
A
malapena ha toccato il tema della guerra in Ucraina. Invece, si è concentrato
su come l’economia russa potrebbe prosperare nonostante le sanzioni
occidentali. Ha promesso riforme ambientali e normative, nonché iniziative del
governo per sostenere la domanda delle imprese russe.
UNA
RUSSIA PIÙ FORTE E L’EUROPA SUDDITA DELLA POLITICA USA.
Il
leader russo ha dichiarato come la Russia stia entrando “in una nuova era che la vedrà
potente e sovrana e dunque sempre più forte”.
L’Europa
invece, secondo Putin, ha imposto sanzioni contro Mosca, su ordine di
Washington, nonostante ciò creasse enormi danni alla propria economia e questo
dimostrerebbe come “L’Unione Europea abbia perso completamente la sua sovranità
politica”.
Interessante
anche il passaggio in cui ha affermato che la classe politica occidentale stia
incolpando falsamente la guerra in Ucraina per giustificare l’inflazione
galoppante e distrarla dalle vere ragioni: l’eccessiva spesa dei governi
occidentali e la politica monetaria troppo allentata.
Qualcuno
in occidente la definisce “l’inflazione di Putin” ma si domanda il Presidente
russo “chi può credere a questa stupidità?”.
La
risposta che si da Putin è che sono “stupidaggini solo per analfabeti”
rimandando quindi a Stati Uniti e agli euro-burocrati le colpe di aver causato
un deterioramento della ricchezza dei cittadini e la fame nei Paesi più poveri.
LA
CRISI ALIMENTARE E L’INVITO A COLLABORARE DELLA RUSSIA.
Tra i
temi toccati nel discorso anche quello del blocco del grano e del rischio di
una crisi alimentare globale. Putin, come riporta l’agenzia di stampa Ria
Novosti, ha detto che la Russia “accoglie con favore l’invito dell’Onu per il
dialogo sulla sicurezza alimentare “.
Mosca, ha aggiunto, “non ostacola la fornitura di grano ucraino al
mercato mondiale e smentisce di aver minato i porti “.
Significativo
il passaggio in cui il leader della Federazione russa ha dichiarato: “La Russia
non sceglierà mai il percorso dell’autoisolamento”, anzi “aumenterà
l’interazione con chi vuole collaborare”.
L’inquilino
del Cremlino ha ritratto una Russia ribelle contro il globalismo imposto dagli
Stati Uniti ma ha anche lanciato alcuni moniti interni.
L’APPELLO
AGLI OLIGARCHI RUSSI.
Putin
ha fatto un appello ai magnati russi esortandoli a tenere i loro soldi a casa,
indicando le sanzioni di quest’anno come la dimostrazione che dovrebbero
tagliare i legami con l’Occidente.
“Il vero, solido successo e il
sentimento di dignità e rispetto di sé arriveranno solo quando legherai il tuo
futuro e il futuro dei tuoi figli alla tua Patria”, aggiungendo, “coloro che
non volevano ascoltare questo messaggio ovviamente hanno perso centinaia di
milioni, se non miliardi di dollari in Occidente”.
Insomma
Vladimir Putin nel suo lunghissimo discorso ha mandato un messaggio molto
diretto ad occidente.
” L’era
dell’ordine mondiale unipolare è finita, nonostante tutti i tentativi di
conservarlo con qualsiasi mezzo. L’Occidente mina intenzionalmente le
fondamenta internazionali in nome delle loro illusioni geopolitiche. È
sbagliato pensare che dopo un periodo di cambiamenti turbolenti tutto tornerà
alla normalità e sarà come prima. Assolutamente no!”.
Intanto
nelle stesse ore in cui Putin parlava a San Pietroburgo la russa Gazprom
tagliava del 50% le forniture di Gas a Eni, ufficialmente a causa della
mancanza di pezzi di ricambio per la manutenzione dei gasdotti a bloccati delle
sanzioni.
(Davide
G. Porro)
Generale
Bertolini: “Dopo i referendum,
gli attacchi ucraini metteranno
in gioco il deterrente nucleare russo”.
Ambienteweb.org
- L’Antidiplomatico - Alessandro Bianchi – (22/09/2022) – ci dice:
Annunciando la mobilitazione parziale e il
pieno sostegno ai referendum nelle regioni del Donbass, Kherson e Zaporizhzhia,
il presidente della Federazione russa Vladimir Putin ha impresso oggi un
momento di svolta forse epocale per la Russia e, più in generale, per il futuro
dell’Europa.
Il
passaggio progressivo da “operazione speciale” a guerra propriamente detta –
contro “l’occidente e non contro l’Ucraina” come ha ribadito Putin ed
esplicitamente il ministro della Difesa Shoigu – apre scenari sempre più preoccupanti
su un conflitto che Washington ha da subito cercato di allargare.
“A
quanto pare ora Putin prende atto di una situazione compromessa con riferimento
a un possibile negoziato e dichiara una mobilitazione parziale che fino ad ora
era stata evitata”, dichiara a l’AntiDiplomatico il generale Bertolini, ex
comandante del Comando operativo interforze e della Folgore, che abbiamo
intervistato per uno sguardo di insieme sulla situazione militare oggi in campo
e più in generale sui possibili scenari futuri che ci attendono.
“Un
attacco ucraino verso le zone occupate verrebbe considerato un attacco al
territorio russo, mettendo in gioco il deterrente nucleare stesso. Insomma,
tutte le strade restano pericolosamente aperte”.
L’INTERVISTA.
Generale,
prima del discorso di Putin di oggi che annuncia la mobilitazione parziale del
suo paese, per giorni i principali media italiani hanno raccontato di una
Russia praticamente pronta alla resa dopo la controffensiva ucraina nella
regione di Kharkov. È d’accordo con la loro analisi e qual è la reale
situazione militare sul campo?
Quale
sia la situazione sul campo è difficile da dirlo. Quello che è certo è che dopo
i primi mesi di inarrestabili avanzate russe, assistiamo ora a una fase nella
quale le forze ucraine stanno contrattaccando in misura considerevole. In
questo contesto giocano un ruolo importante di aiuti occidentali e soprattutto
statunitensi in termini di armi e di intelligence.
Gli
ucraini hanno così potuto individuare e sfruttare le vulnerabilità del dispositivo
russo procedendo ad una controffensiva di fronte alla quale i russi si sono
ritirati, anche se senza importanti battaglie campali, almeno per quanto è dato
sapere. Così facendo, si è innescato un problema per i civili russi o filo
russi della regione che ormai contavano su un controllo incontrastato di Mosca
e che ora sono esposti alle rappresaglie.
È la triste regola delle guerre civili e
questa, per molti versi, lo è. Ne sappiamo qualcosa anche noi. Detto questo,
non credo che la Russia stia pensando a una resa.
A
Samarcanda Putin ha affermato che non cambiano gli obiettivi dell’operazione
che, da un punto di vista territoriale, sono rappresentati essenzialmente dal
Donbass e dalla Crimea. Ma sicuramente la controffensiva Ucraina ha indebolito il
dispositivo terrestre russo che vede l’oblast di Lugansk con il fianco destro
scoperto.
Sarà
quindi più difficile per i russi concentrare le forze verso Siversk, Sloviansk
e Kromatorsk per completare l’occupazione dell’oblast di Donetsk. E, quel che è
peggio per Mosca, questo fianco scoperto si presta a ulteriori sfruttamenti da
parte Ucraina nei confronti del Donbass.
In una
sua recente intervista all’AGI affermava come la parte ucraina avesse dovuto
sfruttare questo successo tattico per iniziare trattative vere di pace. I
bombardamenti sul territorio russo, le promesse di Zelensky di “liberare la
Crimea” e i massacri di civili in corso ogni giorno a Donetsk, tuttavia, non
sembrano confermare che a Kiev si voglia perseguire questa strada. Non crede?
Ritengo
che ora l’Ucraina avrebbe la possibilità di sedersi a un tavolo negoziato in
posizioni di forza.
Così non sarebbe stato fino a due o tre
settimane fa quando ancora era la Russia ad avere il coltello dalla parte del
manico.
Questo purtroppo non significa che si stia avvicinando
un negoziato: sia Zelensky che Putin, infatti, sembrerebbero escluderlo al
momento attuale.
Il
primo si sente forte soprattutto grazie all’appoggio occidentale e potrebbe
essere tentato dall’ascoltare chi gli suggerisce di continuare una
controffensiva che però a mio avviso non gli consentirà di rioccupare il
Donbass.
Sta
cercando di farlo dal 2014, senza successo, infatti, e se vi riuscisse ora non
ci sarebbero dubbi sul fatto che è intervenuto qualcosa di nuovo, non limitato
alle armi occidentali.
Putin
a sua volta ha la necessità di concludere l’offensiva con un plebiscito che
sancisca l’indipendenza delle regioni occupate o addirittura la loro annessione
alla Russia.
Di
fronte a un pronunciamento del genere, infatti, potrebbe passare all’offensiva
“diplomatica”, dichiarando il conseguimento degli obiettivi e la fine delle
operazioni militari, mettendo così in imbarazzo chi in occidente preme per una
guerra ad oltranza.
Di
questo ha accennato nel recente summit dell’organizzazione per la cooperazione
di Shangai (SCO) nel quale ha registrato le preoccupazioni dei paesi asiatici
per una guerra che si sta cronicizzando.
Se
basterà questo per fermare la guerra è però da vedere: che Biden voglia
spingere per una lunga guerra di logoramento che sfianchi la Russia e che
riproponga quella dicotomia tra Europa occidentale ed orientale del passato,
seppur passando per altri confini rispetto a quelli dell’ultima Guerra Fredda,
mi sembra che sia ormai riconosciuto da molti.
D’altronde,
che nei piani iniziali della Russia non ci fosse una guerra ad oltranza era
chiaro dall’inizio, viste le poche forze introdotte, senza procedere, fino a
ieri, ad alcuna mobilitazione che è invece indispensabile per uno sforzo di
lunga durata.
Evidentemente, quindi, contava su una soluzione
negoziale meno difficile da raggiungere di quanto dimostrato nella realtà,
avendo certamente sottovalutato la presa di posizione occidentale e soprattutto
statunitense.
Generale,
proprio oggi però le autorità russe hanno deciso di sostenere i referendum che
si terrano nelle regioni indipendentiste dal 23 al 27 settembre. Si va verso
una nuova ulteriore escalation del conflitto?
A
quanto pare ora Putin prende atto di una situazione compromessa con riferimento
a un possibile negoziato e dichiara una mobilitazione parziale che fino ad ora
era stata evitata, forse anche per non esacerbare i termini dello scontro con
gli “spettatori” occidentali.
Una
situazione, questa, che non fa ben sperare in un futuro di pace e prosperità
nel nostro continente. Certamente nei piani russi un pronunciamento del genere
dovrebbe spingere ad una de-escalation. Ma è chiaro che se si decidesse per
l’annessione dei territori e non semplicemente per la loro indipendenza da
Kiev, come pare avvenga, un attacco ucraino verso le zone occupate verrebbe
considerato un attacco al territorio russo, mettendo in gioco il deterrente
nucleare stesso.
Insomma, tutte le strade restano
pericolosamente aperte.
Come
confermato dal NYT l’offensiva ucraina ha avuto il supporto decisivo
dell’intelligence Usa. Considerando anche le armi inviate, l’addestramento e i
tantissimi mercenari che stanno combattendo sul campo, possiamo affermare che
la guerra in corso non sia tra Ucraina e Russia ma tra Nato e Russia?
Anche
in questo caso non credo che ci siano dubbi sul fatto che quella in Ucraina è
una guerra per procura. È una specie di continuazione della Guerra Fredda nella
quale il “nemico” non è rappresentato dal blocco “comunista”, visto che molte
delle istanze del comunismo classico sono emigrate armi e bagagli ad ovest – si
pensi ad esempio all’ateismo di Stato, al controllo dell’opinione pubblica,
alla censura o alla famiglia.
Piuttosto,
credo che le ragioni vere di questa inconciliabilità risiedano in ragioni di carattere
strategico connesse alla percepita pericolosità di una potenza continentale
direttamente collegata alla parte più succosa dell’Occidente, l’Europa.
Un pericoloso concorrente non tanto per l’Europa
continentale, che anzi finora ha beneficiato dei rifornimenti energetici e a
buon mercato dalla Russia, quanto piuttosto dalle potenze insulari ed
anglosassoni che da sempre considerano con sospetto ogni possibilità di
coagulazione di troppi interessi in comune nell’area euroasiatica.
A
distanza di oltre sei mesi dall’inizio, quale è il suo giudizio complessivo sul
racconto dei media occidentali della guerra?
In
guerra, come si dice con un’affermazione banale e vera al tempo stesso, la
prima vittima è la verità. Certamente, mai come in questa occasione si è
verificata una adesione uniforme di tutti i principali media occidentali ed
italiani in particolare a sostegno di una delle due parti.
Non avvenne neppure con la guerra in Kosovo,
in Libia e Afghanistan, nelle quali eravamo direttamente impegnati con nostre
forze: un dibattito relativamente libero era sempre possibile. Ora, invece, è
stato fatto passare il messaggio che l’attacco all’Ucraina è un attacco a tutta
l’Europa, anzi, all’Occidente, e che in Ucraina si sta difendendo una
democrazia compiuta, aggredita da un “dittatore” senza scrupoli.
Che
con questo “dittatore” abbiano fatto affari tutti i paesi europei, e non solo,
per due decenni, realizzando scambi commerciali importanti per la nostra stessa
sopravvivenza attuale, pare se ne siano dimenticati tutti. Come tutti sembrano
aver dimenticato le critiche alla condotta “democratica” ucraina prima di
questa guerra.
Nulla
di nuovo, comunque. La stessa cosa avvenne con la seconda guerra mondiale,
quando si dovettero attendere i primi rovesci sui nostri fronti per cominciare
a registrare qualche alzata di sopracciglio da parte dei nostri media di
allora. Non è cambiato nulla, insomma.
Il
conflitto in Ucraina è praticamente assente dalla campagna elettorale in corso
in Italia, nonostante sia chiaramente l’evento che più condizionerà le vite
degli italiani nei prossimi mesi-anni e nonostante la delega in bianco data dal
Parlamento (compreso i partiti che poi a parole si dichiarano dubbiosi) al
governo fino al 31 dicembre 2022 sulle armi da inviare a Kiev.
Da che
cosa deriva questo silenzio attuale dei partiti? E come può l’Italia farsi vero
volano di pace nei prossimi mesi?
Credo
che i partiti siano consapevoli di quanto una prospettiva di guerra sia invisa
alla popolazione italiana, anche a quella che è più fermamente schierata a
fianco delle ragioni ucraine.
Al
tempo stesso, hanno spazi di manovra ridottissimi di fronte alle pressioni occidentali
e di un’Unione Europea che ha tradito la sua funzione principale, alimentando
uno scontro tra due paesi europei che è destinato a coinvolgerci, forse non
solo economicamente. Insomma, parlare di pace non è possibile e parlare di
guerra non fa bene al borsino elettorale.
Meglio tacere, quindi. Ma il rischio di andare
a sbattere, con Forze Armate che pagano decenni di disinteresse da parte di
tutte le nostre classi politiche che si sono succedute al governo, non è
trascurabile. Anzi.
La
dimensione ideologica dello
stallo
tra Russia e Stati Uniti.
Agenziaradicale.com
- Anna Mahjar-Barducci – (02 Febbraio 2022) – ci dice:
(Anna
Mahjar-Barducci è direttrice del MEMRI Russian Media Studies Project).
Ci
sono voluti più di 20 anni prima che il presidente russo Vladimir Putin
definisse la nuova ideologia russa.
Tuttavia, lo sviluppo di questa ideologia è in
corso sin dal primo giorno della nomina di Putin a Presidente della Federazione
Russa, e probabilmente non è ancora sistematizzato e finalizzato.
La Costituzione russa vieta l'instaurazione di
un'ideologia di stato, ma molti intellettuali russi – e lo stesso Putin – hanno
spinto per il ritorno di un'ideologia e di una “nuova idea russa”.
Nella
formazione della nuova ideologia russa, ci sono alcuni discorsi di Putin che
possono essere considerati pietre miliari.
Si può
affermare con certezza che il processo di formazione di questa nuova ideologia
è iniziato con il discorso storico di Putin a Monaco del 2007, in cui ha
sfidato l'ordine mondiale unipolare guidato dagli Stati Uniti. Putin ha detto: "Cos'è un mondo
unipolare?
Tuttavia
si potrebbe abbellire questo termine, alla fine si riferisce a un tipo di
situazione, ovvero un centro di autorità, un centro di forza, un centro
decisionale… È un mondo in cui c'è un padrone, un sovrano.
E alla
fine, questo è pernicioso non solo per tutti coloro che sono all'interno di
questo sistema, ma anche per il sovrano stesso perché si autodistrugge
dall'interno... Ritengo che il modello unipolare non sia solo inaccettabile ma anche
impossibile nel mondo di oggi... Ciò che è ancora più importante è che il modello stesso è
viziato perché alla sua base ci sono e non possono esserci fondamenti morali
per la civiltà moderna».
Il
discorso del 2007 è stato il primo manifesto politico di Putin che ha
determinato, e che continua a definire, lo schema generale della politica
russa, che mira a porre fine all'ordine mondiale unipolare dell'Occidente. Vale
la pena analizzare quattro principali leit motive della nuova ideologia russa
che è derivata dal discorso di Monaco di Putin
"La
fine della storia non si è concretizzata”.
1.” La
fine della storia", in cui il politologo americano Francis Fukuyama aveva
predetto che la democrazia liberale prevarrà come ordine permanente, non si è
concretizzata.
Nel
suo discorso del 2007 Putin ha dichiarato: "Il mondo unipolare che era
stato proposto dopo la Guerra Fredda neanche si è svolto". Da quel momento in poi,
questa frase è diventata il mantra del governo russo, ed è stata adottata anche
da studiosi cinesi.
Seguendo la linea di Putin, anche il ministro
degli Esteri russo Sergey Lavrov ha affermato più di una volta che Fukuyama si
sbagliava.
Durante un Forum per la pace di Parigi del
2019, Lavrov ha dichiarato: "Quindi chiedo un dibattito durante il quale
sarà riconosciuto che la 'fine della storia', che è stata proclamata con
trionfo dopo la fine dell'Unione Sovietica, non ha avuto luogo, la storia è
viva e vegeta e l'eterno dominio dell'Occidente predetto da Francis Fukuyama
non si è concretizzato".
Prima dell'apertura della 74a sessione
dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, Lavrov ha pubblicato un articolo
intitolato "Il
mondo a un bivio e Un sistema di relazioni internazionali per il futuro".
Nell'articolo,
Lavrov ha spiegato che quando l'Unione Sovietica si è disintegrata e il muro di
Berlino è caduto, l'Occidente non ha cercato un'agenda unificante con la
Russia. "Invece, tutto ciò che potevamo sentire erano affermazioni trionfanti che
era arrivata la 'fine della storia' e che d'ora in poi ci sarebbe stato un solo
centro decisionale globale", ha scritto Lavrov.
Lavrov
ha sottolineato che gli sforzi dell'Occidente per stabilire un modello
unipolare sono falliti poiché stanno emergendo altri centri di potere.
"La trasformazione dell'ordine mondiale è
diventata irreversibile. Nuovi attori importanti che esercitano una base
economica sostenibile cercano di aumentare la loro influenza sugli sviluppi
regionali e globali; hanno pieno diritto di rivendicare un ruolo maggiore nel
processo decisionale. La stragrande maggioranza dei i membri della comunità
internazionale rifiutano le arroganti politiche neocoloniali che vengono
impiegate ancora una volta per autorizzare alcuni paesi a imporre la loro
volontà ad altri", ha affermato Lavrov.
Il
famoso accademico russo Sergey Karaganov, noto come il "Russian Kissinger", ha anche affermato che poiché la
"fine della storia" non ha avuto luogo, la competizione con
l'Occidente non è finita, perché la Russia rappresenta un nuovo modello di
capitalismo semi-democratico autoritario, che può essere più attraente del
sistema liberale, soprattutto per gli ex paesi del Terzo Mondo.
Il
mondo di oggi è "multipolare" e non "unipolare".
2. Il
mondo di oggi è multipolare e non unipolare. Nel suo discorso del 2007, Putin
ha dichiarato: "Il PIL combinato misurato a parità di potere d'acquisto di
paesi come India e Cina è già maggiore di quello degli Stati Uniti. E un
calcolo simile con il PIL dei paesi BRIC - Brasile, Russia, India e Cina –
supera il PIL cumulato dell'UE. E secondo gli esperti, questo divario non potrà
che aumentare in futuro. Non c'è motivo di dubitare che il potenziale economico
dei nuovi centri di crescita economica mondiale si trasformerà inevitabilmente
in influenzerà e rafforzerà la multipolarità".
Vale
la pena notare che il 29 ottobre 2019 è stato inaugurato a Mosca un monumento
allo statista russo Yevgeny Primakov, in coincidenza con il 90° anniversario
della sua nascita. Durante la cerimonia, Putin ha sottolineato la promozione da
parte di Primakov dell'idea di multipolarità, cara al Cremlino.
Putin
ha detto: “Yevgeny
Primakov sapeva che il mondo è più complicato di qualsiasi cliché o stereotipo.
Aveva una visione strategica e ha lavorato duramente per promuovere l'idea di
multipolarità. In effetti, è stato Yevgeny Primakov a formulare chiaramente i
principi chiave della moderna sviluppo del mondo. Vediamo che il multipolarismo
non è più una tendenza, ma una realtà oggi.”
Rispondendo
a una domanda sul contributo essenziale di Primakov alla politica estera russa,
Lavrov ha anche sottolineato che il concetto di mondo multipolare, così come
promosso da Primakov, è diventato una realtà oggettiva che sta prendendo forma
proprio davanti ai nostri occhi:
"Siamo
stati spesso accusati di recente di voltare le spalle all'Occidente e verso
l'Oriente. Yevgeny Primakov è stato nominato ministro degli Esteri dopo che ci
eravamo allontanati da tutti, escluso l'Occidente, nella prima metà degli anni
'90. Inoltre, consideravamo l'Occidente come firmatari che gli chiedevano di
darci un posto nel mondo che fosse presentato come il trionfo della democrazia
liberale e la fine della storia.
"Secondo
Francis Fukuyama, la fine della storia significava che il mondo occidentale, o
l'Occidente collettivo, non ha e non può avere rivali.
Yevgeny
Primakov è entrato in carica in un momento in cui le nostre relazioni con quasi
tutti gli altri paesi erano fredde. Ha dovuto agire in condizioni vincolate
segnate esclusivamente dall'inerzia filo-occidentale. Da visionario, sapeva che
una politica può essere sostenibile solo se tiene conto delle realtà moderne.
Ha previsto le realtà di un mondo multipolare con nuovi centri di crescita
economica, potere e, di conseguenza, influenza politica. Questi centri sono
apparsi. Un mondo multipolare è diventato una realtà oggettiva che sta
prendendo forma proprio davanti ai nostri stessi occhi”
Nei
suoi scritti, il filosofo antiliberale russo Alexander Dugin ha ulteriormente
spiegato come sarebbe un mondo multipolare.
Ha affermato che un mondo multipolare ha
"priorità completamente diverse", "altri sistemi di valori"
e "altre strutture di governo politico".
Dugin ha anche suggerito che il sistema
unipolare ha iniziato a erodersi con gli attacchi dell'11 settembre da parte
dei terroristi islamici al World Trade Center e con l'ascesa al potere di Putin
alla presidenza della Russia: "Poi sembrava che il momento unipolare non
fosse più un ordine mondiale unipolare, che qualcosa fosse 'storto' con l'uni-polarità.
'Normalmente' non avrebbe dovuto esserci un
tale cosa come l'attacco terroristico dell'11 settembre, perché non c'era stato
che potesse attaccare gli Stati Uniti, nessuna civiltà, nessun sistema
politico... La Russia in quel momento era in una situazione molto bassa con
Eltsin, ed era sull'orlo del crollo dopo l'Unione Sovietica. Ma Putin ha cominciato a riaffermare
la Russia come un paese sovrano. Questa è stata una sorta di sfida al sistema
unipolare."
Parallelamente
agli attacchi terroristici dell'11 settembre e all'ascesa al potere di Putin,
Dugin ha sottolineato che un altro elemento ha iniziato a erodere l'uni-polarità:
l'ascesa della Cina come attore globale, che sfida ulteriormente il sistema
unipolare.
In
effetti, secondo Dugin, viviamo alla fine dell'uni-polarità.
Secondo
Dugin, il sistema che dovrebbe sostituire l'uni-polarità è la multipolarità,
che può essere meglio definita descrivendo ciò a cui si oppone: "La multipolarità è contro l'uni-polarità...
La multipolarità è contro l'egemonia su tre livelli: in primo luogo strategico,
cioè contro l'americano dominio militare del mondo con basi militari americane
ovunque nel mondo... La multipolarità è contro l'egemonia ideologica come
globalizzazione, liberalismo e diritti umani..."
Sovranità
nazionale.
3. La
sovranità nazionale come valore fondamentale della politica russa. Nel discorso
di Putin del 2007, ha collegato il concetto di sovranità nazionale al concetto
di multipolarità. Putin ha spiegato che affinché uno stato sia veramente
sovrano, il sistema unipolare deve scomparire. Putin ha dichiarato: "[Un] mondo in cui c'è un
padrone, un sovrano ... è pernicioso non solo per tutti coloro che sono
all'interno di questo sistema, ma anche per il sovrano stesso perché si
distrugge dall'interno. E questo certamente non ha nulla in comune con democrazia.
Perché, come sapete, la democrazia è il potere della maggioranza alla luce
degli interessi e delle opinioni della minoranza.
Per
inciso, alla Russia – a noi – viene costantemente insegnata la democrazia. Ma
per qualche ragione chi ci insegna non vuole imparare da solo... Uno stato e,
naturalmente, in primis gli Stati Uniti, ha oltrepassato in ogni modo i suoi
confini nazionali. Questo è visibile nelle politiche economiche, in quelle
strettamente politiche, culturali ed educative che impone alle altre nazioni.
Ebbene, a chi piace questo? Chi è felice di questo?"
Pochi
mesi dopo il suo discorso a Monaco, Putin ha parlato in un incontro con i
membri del Valdai
International Discussion Club.
In
quell'occasione Putin ha ulteriormente precisato: "Francamente, non sono così tanti i
Paesi al mondo oggi che hanno la fortuna di dirsi sovrani. Potete contarli
sulle dita: Cina, India, Russia e pochi altri. Tutti gli altri paesi dipendono in
larga misura l'uno dall'altro o dai leader di blocco. Questa non è una
situazione molto piacevole, ma è mia profonda convinzione che questa sia la
realtà oggi.
"So
che, purtroppo, in alcuni paesi dell'est europeo, non solo il candidato alla
carica di ministro della Difesa, ma anche i candidati a cariche meno importanti
vengono discussi con l'ambasciatore degli Stati Uniti.
È un bene?
Non
credo sia molto bene per tutti i paesi interessati perché prima o poi
provocherà lo stesso rifiuto che una volta ha suscitato in questi paesi la
dominazione sovietica.
Capisci?
Può sembrare benvenuto oggi, ma domani potrebbe portare a problemi. Anche la vecchia
Europa è obbligata ad accettare gli interessi politici della NATO tengono conto
nelle sue politiche.
Sapete
come funziona il processo decisionale. Probabilmente non c'è bisogno di
spiegare. La
sovranità è quindi qualcosa di molto prezioso oggi, qualcosa di esclusivo, si
potrebbe anche dire. La Russia non può esistere senza difendere la sua
sovranità La Russia o sarà indipendente e sovrana o molto probabilmente non
esisterà affatto."
Karaganov
ha descritto la "sovranità" come la libertà dalle regole degli Stati
Uniti e ha affermato che la Russia sarà il paese che libererà il mondo dal
giogo dell'Occidente nello stesso modo in cui ha combattuto contro la Germania
nazista nella seconda guerra mondiale:
"La
sovranità, soprattutto, per noi stessi e il mondo. Ciò significa proteggere e
rafforzare il proprio Paese per garantire una vita comoda, sicura e libera ai
suoi cittadini. Ciò significa libertà di scelta per sé stessi e per il mondo. A
proposito, storicamente ci siamo assicurati la libertà scelta da molti paesi
per aver privato Napoleone, Hitler e ora gli Stati Uniti della possibilità di
dominare."
Vale
la pena notare che il sostegno di Putin alla sovranità nazionale ha attirato
molti scettici dell'UE. Nel 2014 Matteo Salvini, leader del partito italiano
Lega Nord (un partito che considera l'Unione Europea una minaccia alla
sovranità italiana) ha persino posato per fotografie con una maglietta con la
faccia di Putin nella Piazza Rossa di Mosca. Inoltre, prima delle elezioni
presidenziali francesi del 2017, Putin ha incontrato la candidata presidenziale
del Fronte nazionale scettico dell'UE di estrema destra Marine Le Pen. In
quell'occasione Le Pen disse: "[Putin] rappresenta una nazione sovrana...
Penso che rappresenti anche una nuova visione".
Il
concetto di "sovranità" può essere riassunto principalmente nelle
parole di Dugin:
"Sovrano
è colui sul quale non c'è nessun altro e niente affatto". Quindi, "sovranità"
significa la possibilità che uno Stato sia libero di scegliere la propria forma
di sistema politico, governo, regole e persino la propria definizione di
diritti umani. In effetti, la Russia sfida l'idea che all'Occidente dovrebbe essere
consentito di affermare un sistema di valori uniforme e universale. In questo senso, la Russia promuove
l'idea che i paesi sovrani dovrebbero essere liberi di adottare diversi sistemi
politici, diversi dalla democrazia liberale che è vista come un sistema che è
stato imposto dall'Occidente al mondo.
Vale
la pena notare che il discorso di Monaco del 2007 è stato pronunciato durante
l'amministrazione Bush, caratterizzata da un forte interventismo e sostegno
alle rivoluzioni colorate. Il discorso di Putin può quindi essere letto come
una risposta diretta alla dottrina Bush, il fulcro del flusso che era stato
l'"esportazione della democrazia", anche attraverso interventi
militari.
L'Occidente
ha "tradito" la Russia.
4.
L'Occidente, e più specificamente la NATO, ha tradito la Russia.
Nel
suo discorso del 2007, Putin ha affermato: "Penso sia ovvio che
l'espansione della NATO non ha alcun rapporto con la modernizzazione
dell'Alleanza stessa o con la garanzia della sicurezza in Europa. Al contrario,
rappresenta una seria provocazione che riduce il livello di fiducia reciproca.
E abbiamo il diritto di chiederci: contro chi è destinata questa espansione? E
che fine hanno fatto le assicurazioni fatte dai nostri partner occidentali dopo
lo scioglimento del Patto di Varsavia? Dove sono oggi quelle dichiarazioni?
Nessuno le ricorda nemmeno. Ma io mi permetterò di ricordare a questa udienza
quanto è stato detto. Vorrei citare il discorso del Segretario generale della
NATO Wörner a Bruxelles il 17 maggio 1990. Egli disse in quel momento che:
"il fatto che siamo pronti a non porre un esercito della NATO al di fuori
del territorio tedesco offre all'Unione Sovietica una solida garanzia di
sicurezza.' Dove sono queste garanzie?"
Questa
accusa contro la NATO è stata pronunciata più volte da Putin e da altri alti
funzionari e diplomatici russi. Come citato in precedenza, durante la
commemorazione di Primakov nel 2019, lo stesso Lavrov ha spiegato che non è la
Russia ad allontanarsi dall'Occidente, ma è l'Occidente ad allontanare la
Russia. In un trattato storico intitolato "La politica estera della
Russia: sfondo storico", pubblicato il 3 marzo 2016 sulla rivista di
affari esteri russa Russia in Global Affairs, Lavrov ha anche scritto:
"Dopo la caduta del muro di Berlino nel
1989, la Russia si è risentita degli Stati Uniti - non solo per il crollo
dell'Unione Sovietica, ma anche per l'espansione della NATO verso est, avvenuta
nonostante le garanzie del segretario generale della NATO Manfred Wörner alla
Russia che non ci sarebbe stata tale espansione.”
Funzionari
russi infatti sottolineano spesso che, nel 1990, il segretario generale della
Nato Manfred Wörner ha promesso a Bruxelles:
"Questo sarà vero anche per una Germania unita
nella Nato. Il fatto stesso che siamo pronti a non schierare truppe Nato oltre
il territorio di la Repubblica Federale offre all'Unione Sovietica solide
garanzie di sicurezza. Inoltre, potremmo concepire un periodo di transizione
durante il quale un numero ridotto di forze sovietiche potrebbe rimanere di
stanza nell'attuale RDT. Ciò andrà incontro alle preoccupazioni sovietiche di
non cambiare l'intera Est- Equilibrio strategico dell'Occidente. I politici
sovietici hanno torto nell'affermare che l'adesione della Germania alla NATO
porterà all'instabilità. È vero il contrario. L'Europa, compresa l'Unione
Sovietica, otterrebbe stabilità. Otterrebbe anche un vero partner in Occidente
pronto a cooperare. "
Pertanto,
l'espansione verso est della NATO è percepita dalla Russia come una
provocazione militare e come un modo per impedire alla Russia di riprendere il
suo ruolo storico di attore globale. In un'intervista del 2016 al quotidiano
tedesco Bild, Putin ha affermato che i membri della NATO avrebbero dovuto
"seguire i propri interessi" e non accettare gli stati dell'Europa
centrale nell'alleanza militare. Putin ha sostenuto che la posizione corretta
per ricucire le relazioni tra Occidente e Russia sarebbe stata quella di
seguire la proposta del politico del Partito socialdemocratico tedesco Egon
Bahr di ridefinire una zona nell'Europa centrale in cui le forze della NATO non
sarebbero state autorizzate ad entrare.
Nell'intervista
alla Bild, Putin ha inoltre affermato:
"La
NATO e gli Stati Uniti volevano una vittoria completa sull'Unione Sovietica.
Volevano sedersi sul trono in Europa da soli. Ma ora sono seduti lì, e stiamo
parlando di tutte queste crisi che noi altrimenti non l'avrebbe
fatto".[20] Lo statista russo Mikhail Gorbaciov, l'ultimo leader
sovietico, ha pubblicato nel 2016 un articolo sul quotidiano bisettimanale
indipendente russo Novaya Gazeta, facendo affermazioni simili: "Tutto è
iniziato quando 'la vittoria dell'Occidente' in è stata proclamata la Guerra
Fredda. La nostra comune vittoria nella Guerra Fredda è stata dichiarata un
trionfo di una sola parte [cioè l'Occidente], che ora pensa che "tutto è
permesso". Questa è la radice da cui sono scaturiti i disordini globali di oggi».
Vale la pena notare che nel dicembre 2021,
facendo eco alla proposta di Bahr, la Russia ha pubblicato un progetto di
trattato tra la Federazione Russa e gli Stati Uniti sulle garanzie di sicurezza
e un accordo sulle misure per "garantire la sicurezza" della Russia e
degli Stati membri della NATO.
Il
famoso analista politico ed economista russo Vladislav Inozemtsev ha spiegato:
"I due documenti, noti anche come "l'ultimatum di Putin", hanno
rivelato l'approccio radicalmente nuovo della Russia nei confronti
dell'Occidente e del resto del mondo. Nella bozza, Mosca ha apertamente
sostenuto che diversi paesi che passato un po' di tempo a far parte dell'Unione
Sovietica o dell'Impero russo non può essere considerato completamente
sovrano... e quindi non ha il diritto di aderire ad altre alleanze militari tranne
quelle di cui la Russia stessa fa parte.
Il
Cremlino ha anche apertamente insistito sul fatto che l'Occidente astenersi dal
creare basi o installazioni militari nelle nazioni post-sovietiche e persino
ritirare tutte le forze straniere (cioè americane) dalle nazioni che hanno
aderito alla NATO nel o dopo il 1997". Inozemtsev ha poi aggiunto: "Questa mossa ha reso la Russia lo
sfidante più profondo dell'ordine mondiale esistente, dal momento che anche la Cina (che
gli Stati Uniti considerano il suo principale contendente strategico) non ha
mai articolato il suo obiettivo formale di soggiogare i paesi vicini alla
volontà di Pechino (la Cina infatti sta cercando di raggiungere questo compito
utilizzando leve economiche, ma non ne fa il centro della sua politica
estera).”
"Da
Lisbona a Vladivostok”.
L'ideologia
russa sembra plasmarsi attraverso un continuo confronto ideologico con
l'Occidente, e più specificamente con le diverse amministrazioni statunitensi.
Se sotto l'amministrazione Bush Putin si è concentrato sulla sfida del concetto
di "esportazione della democrazia", nuovi temi sono emersi sotto
l'amministrazione Obama (che ha anche cercato di "ristabilire" i
rapporti con la Russia).
Eppure,
l'amministrazione Obama è stata principalmente caratterizzata da una forte
opposizione al Cremlino e da forti tensioni tra Nato e Russia che fanno eco a
quanto sta accadendo oggi con la crisi in Ucraina.
Infatti,
durante la riunione del Consiglio NATO-Russia del luglio 2016, la NATO ha
accusato la Russia di condurre attività militari "provocatorie" alla
periferia del territorio della NATO e di destabilizzare la sicurezza europea
attraverso azioni aggressive come l'annessione della Crimea ed esercitazioni
rapide su larga scala. La Russia in cambio ha accusato la NATO di azioni
"conflittuali" vicino al confine russo, poiché l'Alleanza ha iniziato
a considerare lo spiegamento di battaglioni NATO in Polonia e nei paesi
baltici, e una brigata in Romania. Mosca era anche preoccupata per il sistema
di difesa missilistica USA/NATO schierato nell'Europa orientale. La NATO
sosteneva che fosse diretta contro l'Iran e non contro la Russia, ma Mosca la
considerava una minaccia diretta al suo arsenale nucleare.
È
anche durante l'amministrazione Obama che la Russia ha ulteriormente rafforzato
il concetto di un progetto di integrazione per l'Eurasia, "da Lisbona a
Vladivostok", come un modo per contrastare la NATO.
Il concetto, che riprendeva l'idea del
presidente francese Gen. Charles de Gaulle di un'Europa che si estende
"dall'Atlantico agli Urali", è stato lanciato da Putin nel 2011,
durante il suo mandato come primo ministro russo, in un articolo intitolato "Un nuovo progetto di
integrazione Per l'Eurasia: il futuro in divenire". Nell'articolo, Putin
ha spiegato che la Russia propone di "costituire una comunità armonizzata
di economie che si estenda da Lisbona a Vladivostok".
Nel
suo articolo fondamentale del 2016 menzionato sopra, il ministro degli Esteri
russo Lavrov ha osservato che il concetto di "casa comune europea"
per la Russia e l'Europa, sostenuto da de Gaulle (che non ha mai messo in
dubbio che la Russia appartenesse all'Europa), era l'unico modo per costruire
un'Europa forte e sicura (e non la costruzione della NATO).
In un
discorso del 23 novembre 1959 a Strasburgo, De Gaulle affermò infatti:
"Sì, è l'Europa, dall'Atlantico agli Urali, è l'Europa, è l'intera Europa
che deciderà le sorti del mondo".
Tuttavia,
secondo il Cremlino, le relazioni tra Europa e Russia sono ostacolate perché
gli Stati Uniti stanno costruendo barriere attraverso l'espansione della NATO.
Già nel 2014, durante una visita a Parigi, il portavoce della Duma russa Sergei
Naryshkin aveva affermato che l'idea di de Gaulle di un'Europa
dall'"Atlantico agli Urali" era importante per la sicurezza dell'Europa
e che non aveva "alternative":
"Ricordiamo
il generale de Gaulle come l'autore dell'idea di un'Europa unita che si estende
dall'Atlantico agli Urali, lui, come nessun altro, intuì il nucleo dei processi
globali che stavano avvenendo in Europa in quel momento. Il suo scenario di
fornire un futuro sicuro per L'Europa è rilevante ai nostri giorni e non ha
alternative. Coloro che stanno cercando di infrangere questa tendenza rimanendo
a migliaia di chilometri dall'Europa [cioè gli Stati Uniti] stanno commettendo
un grave errore storico".
"La
cosiddetta idea liberale... è sopravvissuta al suo scopo".
L'elezione
di Donald Trump nel 2016 ha segnato una nuova fase nell'ideologia del Cremlino,
che cerca continuamente di plasmarsi seguendo le tendenze dei tempi. In
effetti, l'ascesa del trumpismo è stata vista come il rifiuto popolare
dell'interventismo, del globalismo e del liberalismo progressista, contro cui
il Cremlino si è opposto dall'ascesa al potere di Putin. Il filosofo
anti-liberale russo Dugin spiegò all'epoca: "La gente ha rifiutato il
globalismo di Clinton e ha accettato Trump senza nemmeno sapere cosa
rappresentasse specificamente.
Non ha
detto nulla in particolare, semplicemente 'Io non sono il liberalismo, non il
globalismo', e il la gente diceva 'che sia presidente, dicci di più'.
Il Cremlino ha poi pensato che fosse il momento giusto
per rafforzare le sue posizioni anti-liberali, sfruttando il fatto che il
divario politico e ideologico all'interno degli Stati Uniti è cresciuto e più
polarizzato dopo l'elezione di Trump. In effetti, più il campo progressista
liberale prendeva piede in Occidente, più il Cremlino definiva un'ideologia
antiliberale per contrastarla e diventare un'alternativa allo stesso Trump,
definito da Dugin un "imprevedibile eccentrico novizio e un outsider nella
politica americana con una posizione traballante sotto la minaccia
dell’impeachment."
Quindi,
il 27 giugno 2019, Putin ha rilasciato una storica intervista al Financial
Times che ha ulteriormente plasmato la nuova ideologia conservatrice della
Russia. Nell'intervista,
Putin ha sottolineato: "La cosiddetta idea liberale... è sopravvissuta al
suo scopo". Ha poi aggiunto: "L'idea liberale è diventata obsoleta. È
entrata in conflitto con gli interessi della stragrande maggioranza della
popolazione". E poi ha sottolineato: "Neanche l'idea liberale si può
distruggere, ha il diritto di esistere e in alcune cose dovrebbe anche essere
sostenuta. Ma non si deve pensare che abbia il diritto di essere il dominatore
assoluto. Questo è il punto." Da quel momento in poi, la nuova ideologia
conservatrice della Russia iniziò a diventare più chiaramente definita e
dettagliata.
L'identità
dell'Occidente contro l'identità della Russia.
Il 19
agosto 2019, pochi mesi dopo l'intervista al Financial Times, Putin ha fatto
visita al presidente francese Emmanuel Macron nel sud della Francia. Alla
conferenza stampa congiunta, Putin sembrava aver modificato alcune posizioni
dell'ideologia in corso della Russia nei confronti delle sue relazioni con
l'Occidente, incolpandola della perdita di identità dell'Europa.
All'incontro,
Macron ha citato con orgoglio de Gaulle: "Sto pensando a tutto ciò che è
accaduto negli ultimi decenni, a ciò che è riuscito a separarci. So che la
Russia è un paese europeo nel profondo del suo cuore. E crediamo in un'Europa
che si estende da Lisbona a Vladivostok".
Tuttavia,
se Macron si aspettava una reazione entusiasta da Putin, probabilmente sarebbe
rimasto deluso. Commentando la dichiarazione di Macron, Putin ha dichiarato: "Riguardo alle prospettive di
creazione di un'Europa comune che si estende da Lisbona a Vladivostok... credo
che, se ci pensiamo oggi, e se fissiamo tali obiettivi, che sono molto
importanti per l'Europa, nel contesto strategico a lungo termine (se vuole
conservarsi come centro di civiltà), e anche per la Russia, e se lavoreremo
insieme su questo, prima o poi ci avvicineremo al raggiungimento di questo
obiettivo. scegliere una via in una forma o nell'altra (non importa come) e
andare lentamente nella giusta direzione, in linea con le condizioni odierne”.
In
quel discorso, Putin ha sottolineato che sarebbe ancora interessato a creare "un'Europa comune che si estende
da Lisbona a Vladivostok" solo a una condizione: che l'Europa "si
conservi come centro di civiltà”.
Per
comprendere il significato della citazione di Putin, vale la pena notare che il
filosofo antiliberale russo Dugin, intervistato da The Economist nel 2017, ha
sottolineato l'importanza dell'identità nella società russa e la differenza tra
l'identità russa ed europea di oggi.
Dugin ha detto: "Prima di tutto, per capire qual è la
differenza tra identità russa ed europea, dobbiamo capire cosa sia l'identità
europea, perché non è così facile da capire. Ci sono due ragioni. Innanzitutto,
ora, l'identità europea consiste, per quanto ne so, nella distruzione
definitiva, quindi il concetto di identità è giudicato dall'agenda liberale o
progressista come qualcosa che dovremmo superare.
"L'identità
europea liberale consiste nel negare qualsiasi identità, come una sorta di
trasgressione. Essere europei oggi significa non essere europei, ma essere dalla parte
degli immigrati, dei musulmani e di tutti tranne che degli europei. Quando o se ti affermi come Un
inglese radicato nella cultura inglese o un francese, 'Français de souche', è
quasi o sembra che tu non sia solo un conservatore, ma un nazista. Sei qualcosa
di completamente etichettato come estremista, marginale. Oggi, l'identità
europea è negazione, negazione di qualsiasi tipo di identità. Ovviamente non è
sempre stato così, ma questa è l'agenda liberale".
Dugin ha poi aggiunto: "Precisamente la differenza con
l'identità russa è che neghiamo questa negazione. Con l'identità russa, non
abbiamo vergogna di essere russi. Non abbiamo alcun senso di colpa per essere
russi. Non abbiamo rimorsi per essere russi. Questa è la differenza, perché
proprio essere tedesco significa vergognarsi di ciò che ha fatto la Germania.
Essere britannici oggi significa provare rimorso per tutto ciò che l'impero
britannico ha fatto in passato. Essere americani significa vergognarsi della
parte meridionale della storia, della tratta degli schiavi.
"Non
abbiamo rimorsi, quindi veniamo immediatamente giudicati per avere un'identità
- questo è un crimine rispetto all'agenda liberale. Non è sempre stato così. Prima, l'Occidente incolpava
l'Oriente o i cattolici incolpavano gli ortodossi per diversi motivi. Il le
stesse tensioni geopolitiche esistevano prima, ma erano formulate in altri
termini. Oggi è chiaro che difendiamo la nostra identità di valore».
La
Russia quindi non è più interessata a un'Europa che sta perdendo la propria
identità occidentale ed europea e si interroga su dove stanno andando i valori
e l'identità tradizionali dell'Europa.
Come
ha spiegato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov pochi giorni dopo la
dichiarazione di Putin alla conferenza stampa congiunta con Macron: "Il futuro della Russia come
parte dell'Europa dipende in gran parte dalla volontà dell'Europa di preservare
l'identità di civiltà di quest'area".
L'identità
eurasiatica della Russia.
Va
notato che la Russia sente di dover difendere la propria identità. Questa
identità è radicata nella sua storia "eurasiatica", poiché la Russia
è ed è stata un ponte naturale tra l'Europa e l'Asia. Il concetto di identità eurasiatica
russa, radicato nei movimenti intellettuali del 1910-20, è stato ulteriormente
sviluppato politicamente da Putin, che ha sponsorizzato la creazione nel 2015
dell'Unione economica eurasiatica (EAEU). L'EAEU è un'organizzazione
internazionale per l'integrazione economica regionale degli stati
post-sovietici situati nell'Europa orientale, nell'Asia occidentale e nell'Asia
centrale e costituisce un passo verso la creazione di una "Grande
Eurasia", il percorso russo per l'integrazione dell’Eurasia.
Eppure,
molti studiosi russi e non russi hanno notato che per costruire una vera
"Grande Eurasia", la Russia ha bisogno della Cina e dell'Ucraina
dalla sua parte.
In
un'intervista del 2021, l'accademico russo Sergey Karaganov ha sottolineato
l'importanza della Cina per una Grande Eurasia: "[Una Grande Eurasia] sarà
sicuramente costruita in un modo o nell'altro, a meno che la Cina non scelga la
strada della politica imperialista... In questo caso, ci vorrà tempo per
costruire una Grande Eurasia più o meno unificata. Ma il movimento
continuerà".
Tuttavia,
le relazioni tra Russia e Cina non sono così idilliache, poiché Mosca non
accetta di essere subordinata a Pechino, che è la principale potenza economica
contraria alla Russia.
Inoltre, in un articolo del 2019, lo storico
militare Ilya Polonsky ha scritto sul periodico russo Military Review che
mentre la politica statunitense nella regione Asia-Pacifico sta effettivamente
spingendo Cina e Russia verso la creazione di un'alleanza militare a tutti gli
effetti, la
Russia non dovrebbe dimenticare i propri interessi, dal momento che gli
interessi di Mosca in Asia centrale e in Estremo Oriente sono antitetici e
contrastanti con quelli della Cina.
Un
altro elemento importante dell'identità eurasiatica della Russia é l'Ucraina.
In un articolo sul concetto di "Near Abroad" (un termine usato per
descrivere lo spazio post-sovietico in contrasto con il "lontano
estero", che comprende nazioni che erano attori indipendenti durante l'era
sovietica), Inozemtsev ha citato Zbigniew Brzezinski, il consigliere per la sicurezza
nazionale di Jimmy Carter, che una volta osservò che "senza l'Ucraina, la
Russia cessa di essere un impero eurasiatico".
Questa citazione riassume perfettamente il
significato dell'importanza dell'Ucraina per la Russia e la sua identità
eurasiatica. Inoltre, la citazione spiega anche l'avversione della Russia per
l'espansione della NATO verso est, percepita anche come un ostacolo
all'identità russa.
In
questo senso, lo studioso canadese Michael Millerman, il principale traduttore
dell'opera del filosofo Dugin dal russo all'inglese, ha spiegato che secondo
Dugin, che è il fondatore del Movimento Eurasiatico Internazionale, il percorso
eurasiatico per la Russia è basato su "un impero di civiltà" su
"storia, cultura, lingua russa, un destino comune [e] una struttura etica
e religiosa simile" che unisce il "grande spazio eurasiatico".
Millerman ha poi spiegato che prima della
guerra russo-Georgia del 2008, il progetto imperiale eurasiatico della Russia
era virtuale, ma, dopo la Georgia, la strada era aperta per stabilire un
"impero di civiltà per davvero" eurasiatico.
Nel
2008, infatti, Dugin ha visitato l'Ossezia del Sud e ha fatto la seguente
previsione: "Le nostre truppe occuperanno la capitale georgiana Tbilisi,
l'intero Paese, e forse anche l'Ucraina e la penisola di Crimea, che comunque
storicamente fa parte della Russia".
Tuttavia,
sembra che negli anni la Russia abbia dovuto rivalutare il suo progetto
eurasiatico. Nel 2016 Lavrov scrisse di un partenariato eurasiatico che si
estendeva da Lisbona a Vladivostok, ma Mosca dovette presto abbandonare l'idea,
soprattutto a causa delle posizioni politiche e militari dei membri della NATO
in conflitto con il Cremlino.
Inoltre,
sembra anche non fattibile l'idea di una Grande Eurasia con la Cina al suo
interno, in quanto i due paesi hanno interessi divergenti (come in Kazakistan,
ad esempio) ed è anche possibile che Mosca e Pechino si scontrino in futuro.
Karaganov
ha scritto: "Può accadere che la Cina abbia le vertigini per il successo e
voglia ampliare la cerchia di... stati vassalli. Ma se ciò accade, dovrà
affrontare un gruppo di stati che opporranno resistenza. Questi includono non
solo il Stati Uniti, che ora stanno lottando per contenere l'ascesa [della
Cina], ma anche India, Iran, Turchia e Russia”.
In un
articolo del 2018, Vladislav Surkov, un tempo influente consigliere del
Cremlino, ha scritto un articolo intitolato "La solitudine del mezzosangue", spiegando come la Russia
abbia cercato senza successo nel corso della storia di trovare alleati in
Occidente e in Oriente, entrambi appartiene a:
"Per farla breve, la Russia ha trascorso
quattro secoli spostandosi a est e poi altri quattro secoli a ovest. I
tentativi di mettere radici sono falliti in entrambi i casi... La nostra
identità culturale e geopolitica ricorda un'identità instabile di colui che
nasce in un ambiente misto-famiglia di razza. È parente di tutti e non
autoctono allo stesso tempo ovunque vada. È a casa tra estranei e uno
sconosciuto in casa. Capisce tutti e non viene compreso da nessuno. Un
mezzosangue, una croce- razza, un ragazzo dall'aspetto strano.
"La
Russia è una nazione mezzosangue occidentale-orientale. Con la sua statualità a
doppia testa, mentalità ibrida, territorio intercontinentale e storia bipolare,
è carismatica, talentuosa, bella e solitaria. Proprio come dovrebbe essere un
mezzosangue".
Surkov
ha quindi concluso che l'unica scelta della Russia è quella di essere un
proprio alleato: "La meravigliosa frase pronunciata dall'imperatore Alessandro III
- 'La Russia ha solo due alleati: il suo esercito e la sua marina' - è forse la descrizione migliore
della solitudine geopolitica che dovrebbe durare a lungo stato accettato come
il nostro destino Naturalmente, l'elenco degli alleati può essere ampliato a
piacere per includere: operai e insegnanti, petrolio e gas, la classe creativa e
i robot di Internet dalla mentalità patriottica, il generale Frost e
l'arcangelo Michele... Il significato sarà rimaniamo gli stessi: siamo i nostri
stessi alleati…”
Per
questo motivo, per la Russia, è fondamentale mantenere la sua influenza sui paesi
post-sovietici, che culturalmente e storicamente hanno fatto parte
dell'"impero di civiltà" e dell'identità russa. Quindi, l'espansione verso est
della NATO non è solo una minaccia per gli interessi della Russia, ma per la sopravvivenza dell'identità
stessa della Russia.
Niente
più URSS.
L'obiettivo della Russia di mantenere la
propria influenza nello spazio post-sovietico non significa una rinascita
dell'Unione Sovietica. Putin lo ha chiarito più di una volta.
Nel
suo articolo del 2011 "A New Integration Project For Eurasia: The Future In
The Making", Putin ha scritto:
"Niente di tutto ciò comporta alcun tipo
di rinascita dell'Unione Sovietica. Sarebbe ingenuo cercare di far rivivere o
emulare qualcosa che è stato consegnato alla storia».
Ha riconosciuto, tuttavia, che la Russia ha ricevuto
"una grande eredità" dall'Unione Sovietica.
"Abbiamo ereditato un'infrastruttura,
impianti di produzione specializzati e uno spazio linguistico, scientifico e
culturale comune. È nel nostro interesse comune utilizzare questa risorsa per
il nostro sviluppo", ha scritto.
Nell'articolo,
Putin ha poi sottolineato che l'integrazione eurasiatica dovrebbe essere basata
"su nuovi valori" e "un nuovo fondamento politico ed
economico", suggerendo che questi nuovi valori dovrebbero opporsi
all'egemonia occidentale ed essere diversi da quelli dell'Unione Sovietica.
Tuttavia, secondo Putin, il crollo dell'Unione
Sovietica è stata una "tragedia umanitaria", poiché il popolo russo è
diventato dopo il 1991 la "nazione più divisa del mondo".
Come risultato del crollo dell'Unione
Sovietica, la Russia ha perso un'importante parte del territorio, della
popolazione e dell'influenza globale. Il Cremlino pensa di poter ricostruire
parte di quell'influenza se riuscirà a resistere con fermezza all'Occidente,
che è visto come il principale ostacolo per le ambizioni politiche della
Russia. Tuttavia,
con la sua economia in contrazione, la Russia sa che può affrontare l'Occidente
solo sul campo ideologico.
Per
fare ciò, il Cremlino ha dovuto elaborare, come direbbe Dugin, una "quarta
teoria politica".
Dugin
ha classificato tre teorie politiche in ordine di apparizione che hanno
caratterizzato il 20° secolo: liberalismo (la prima teoria), comunismo (la
seconda teoria) e fascismo (la terza teoria). Il fascismo è emerso più tardi
delle altre grandi teorie politiche ed è scomparso prima di loro.
Il crollo dell'Unione Sovietica nel 1991 segnò
la vittoria del liberalismo sul comunismo. Così, alla fine del 20° secolo, il
liberalismo rimase l'unica teoria in piedi.
Tuttavia, come ha detto Putin, "l'idea liberale inizia a distruggersi" e si può plasmare una nuova
ideologia.
"Il
modello liberale non ha il diritto di rivendicare il dominio e di credere che
sia l'unico modello corretto al mondo", ha affermato Putin al Forum della
settimana dell'energia russa del 2019.
Dopo
il crollo dell'Unione Sovietica e la disastrosa epoca filo-occidentale di
Eltsin, la Russia di Putin ha iniziato a cercare la propria identità, cercando
le proprie radici eurasiatiche e guardando al proprio passato e alle tradizioni
che erano state cancellate sotto il comunismo. Quindi, come ha osservato Dugin, uno
dei primi passi verso una "quarta teoria politica" è la
"riabilitazione della tradizione".
Tradizione.
Come
ha scritto lo studioso canadese Millerman: "[La Russia] si pone come
difensore della moralità tradizionale contro l'opposizione postmoderna
dell'Occidente ai valori cristiani. E declama gli eccessi della correttezza
politica occidentale in aree come la politica di genere, concludendo che il
liberalismo è "obsoleto". ' Questo orientamento ideologico
riflette una posizione conservatrice e tradizionalista, distinta
dall'individualismo liberale postmoderno e progressista."
Infatti,
secondo Putin, "tradizione" è il rispetto della "tradizionale
cultura spirituale" russa, che ha al centro la nazione, la religione e la
famiglia tradizionale, e che si oppone a valori progressisti come l'apertura
delle frontiere, l'immigrazione senza restrizioni, globalismo, teoria queer, teoria
del genere, teoria critica della razza, politica dell'identità, cultura
dell'annullamento e così via.
Dugin
ha spiegato:
"Dopo il fallito tentativo di integrazione nella comunità globale negli
anni '90, grazie al fallimento delle riforme liberali, la società russa è diventata ancora
più convinta della misura in cui il globalismo e gli atteggiamenti e principi
individualisti sono estranei ai russi. Questo è ciò che determina il
sostegno generale al corso conservatore e sovrano di Putin».
Dal
2019 al 2020, anno delle elezioni presidenziali americane, Putin ha
ulteriormente rafforzato le posizioni politiche della Russia basate sulla
"tradizione", cercando di capitalizzare la dicotomia tra trumpismo
conservatore e liberalismo progressista e l'ascesa di movimenti progressisti
come Black Lives Matter che miravano alla rottura della tradizione (come il
concetto di "famiglia nucleare"). In questo lasso di tempo, Putin ha
toccato tutti i temi che hanno animato il dibattito ideologico in Occidente,
pur affermando l'impegno della Russia nei confronti della tradizione e delle
visioni conservatrici, con l'obiettivo di assumere la guida del conservatorismo
non solo in Russia, ma in Occidente e in il mondo.
Di
seguito una panoramica della posizione di Putin che ha espresso tra il 2019 e
il 2020 sull'agenda
progressista liberale.
Putin
sull'afflusso di migranti in Occidente.
"Quando
il problema della migrazione è venuto a galla, molte persone hanno ammesso che
la politica del multiculturalismo non è efficace".
Nella
famosa intervista al Financial Times del 2019, Putin ha affrontato il tema
dell'immigrazione e della sovranità, sfidando le visioni progressiste su
frontiere aperte e multiculturalismo:
"Quando
il problema migratorio è arrivato al culmine, molte persone hanno ammesso che
la politica del multiculturalismo non è efficace e che vanno presi in
considerazione gli interessi del nucleo della popolazione... Si può criticare
Trump per la sua intenzione di costruire un muro tra il Messico e gli Stati
Uniti potrebbe andare troppo oltre. Sì, forse è così. Non sto discutendo su
questo punto. Ma doveva fare qualcosa per l'enorme afflusso di migranti e
narcotici.
"Nessuno
sta facendo niente. Dicono che questo è male e anche quello è male. Dimmi, cosa
è bene, allora? Cosa si dovrebbe fare? Nessuno ha proposto nulla. Non voglio
dire che bisogna costruire un muro o alzare le tariffe del 5 per cento all'anno
nelle relazioni economiche con il Messico. Non è quello che sto dicendo, ma
qualcosa deve essere fatto. Sta almeno cercando una soluzione.
"A
cosa sto guidando? Coloro che sono preoccupati per questo, americani comuni,
guardano questo e dicono: 'Buon per lui, almeno sta facendo qualcosa,
suggerendo idee e cercando una soluzione.'
"Per
quanto riguarda l'idea liberale, i suoi fautori non stanno facendo nulla.
Dicono che va tutto bene, che tutto è come dovrebbe essere. Ma è vero? Sono
seduti nei loro comodi uffici, mentre quelli che affrontano il problema ogni
giorno in Texas o in Florida non sono contenti, presto avranno problemi anche
loro, qualcuno ci pensa?
"Lo
stesso sta accadendo in Europa. Ne ho discusso con molti dei miei colleghi, ma
nessuno ha la risposta. Dicono che non possono perseguire una politica
intransigente per vari motivi. Perché esattamente? Solo perché. Abbiamo la
legge, dicono. Bene. Allora cambia la legge!
"Anche
in questo campo abbiamo un bel po' di problemi. Abbiamo frontiere aperte con le
ex repubbliche sovietiche, ma la loro gente almeno parla russo. Capisci cosa
intendo?
E
inoltre, in Russia abbiamo preso provvedimenti per snellire la situazione in
questo ambito. Ora stiamo lavorando nei paesi da cui provengono i migranti, insegnando
russo nelle loro scuole, e stiamo lavorando anche con loro qui. Abbiamo inasprito la legislazione per
dimostrare che i migranti devono rispettare le leggi, usi e costumi del paese.
"In
altre parole, anche in Russia la situazione non è semplice, ma abbiamo iniziato
a lavorare per migliorarla. Mentre l'idea liberale presuppone che non si debba fare
nulla. I migranti possono uccidere, depredare e violentare impunemente perché i
loro diritti di migranti devono essere tutelati. Quali sono questi diritti?
Ogni delitto deve avere la sua punizione».
"La
crisi migratoria è il risultato di questo modello liberale".
A
pochi giorni dalla pubblicazione dell'intervista, mentre era al vertice del G20
di Osaka, Putin
ha criticato il multiculturalismo come ostacolo all'integrazione. Putin ha
detto: "Ma guarda la migrazione... Vedi, come si può immaginare che in
alcuni paesi europei ai genitori venga detto che 'le ragazze non dovrebbero
indossare la gonna a scuola per motivi di sicurezza.' Che cos'è? Ascolta, le persone
vivono nel proprio paese nella loro stessa cultura. Cos'è? Come si è arrivati
così lontano?"
Pochi
mesi dopo, al Forum della settimana dell'energia russa dell'ottobre 2019, Putin
ha aggiunto:
"Prendi
alcuni paesi europei. Perché parlano continuamente della crisi migratoria?
La crisi migratoria è il risultato di questo modello
liberale. Semplicemente prendono tutto troppo lontano. Sarebbe meglio investire nelle
economie in via di sviluppo, in modo da abbreviare la crescita della povertà.
Sosteniamo questo processo nell'Organizzazione mondiale del commercio.
Smettiamo di sovvenzionare l'agricoltura in Occidente e apriamo i nostri
mercati all'agricoltura prodotti dai paesi in via di sviluppo.
Investiamo in loro i fondi necessari, dando
alle persone l'opportunità di lavorare e vivere nei loro paesi d'origine,
guadagnandosi da vivere per le loro famiglie. Non vuoi farlo? Allora avrai i
migranti. Il modello liberale non consente di fermare l'afflusso di migranti e
il risultato è il malcontento tra la gente e una crescita di opinioni estreme e
movimenti di estrema destra».
Putin
sulla religione.
"I
circoli liberali stanno iniziando a utilizzare alcuni elementi e problemi della
Chiesa cattolica come strumento per distruggere la Chiesa stessa".
Nell'intervista
al Financial Times, parlando del declino della religione e dei valori
tradizionali in Occidente, Putin ha sottolineato:
«A
volte ho la sensazione che questi circoli liberali stiano cominciando a usare
alcuni elementi e problemi della Chiesa cattolica come strumento per
distruggere la Chiesa stessa. Questo è ciò che ritengo scorretto e pericoloso.
"Va
bene, abbiamo dimenticato che tutti noi viviamo in un mondo basato sui valori
biblici? Anche gli atei e tutti gli altri vivono in questo mondo. Non dobbiamo
pensarci ogni giorno, andare in chiesa e pregare, dimostrando così che siamo
devoti cristiani o musulmani o ebrei. Tuttavia, nel profondo, devono
esserci alcune regole umane fondamentali e valori morali. In questo senso, i
valori tradizionali sono più stabili e più importanti per milioni di persone di
questa idea liberale, che, secondo me, sta davvero cessando di esistere».
Putin
sulla famiglia e il "patriarcato".
"La
comunità del padre... sta intraprendendo azioni concrete per contribuire a
risolvere problemi urgenti nella sfera della famiglia".
Vale
la pena notare che, andando contro le critiche del campo progressista al
"patriarcato", nel 2019 la Russia ha creato il Consiglio dei Padri.
In apertura del primo Forum dei Padri russi, Putin ha dichiarato: "Il governo dà la priorità al sostegno
delle famiglie e al miglioramento della situazione demografica... A questo proposito, vorrei elogiare
le attività su larga scala e sfaccettate dell'ufficio del Commissario
presidenziale per i diritti dei bambini, che ha creato il Consiglio dei padri
in Russia.
Oggi, il padre la comunità amplia le sue forme di lavoro e i suoi metodi,
partecipa attivamente alla realizzazione di progetti e programmi sociali, e si
attiva concretamente per contribuire a risolvere problemi urgenti nell'ambito
della famiglia e della tutela dei minori».
Putin
sulla teoria queer e l'identità di genere.
'Le
cose ci sembrano eccessive. Affermano ora che i bambini possono giocare cinque
o sei ruoli di genere.
Nell'intervista
al Financial Times, Putin ha anche discusso della posizione della Russia sulla teoria
queer e l'identità di genere:
"Non
sto cercando di insultare nessuno, perché siamo stati condannati per la nostra
presunta omofobia così com'è. Ma non abbiamo problemi con le persone LGBT. Dio
non voglia, che vivano come desiderano. Ma alcune cose ci sembrano eccessive.
Ora affermano che i bambini possono interpretare cinque o sei ruoli di genere.
Non posso nemmeno dire esattamente di che genere si tratti, non ne ho idea.
Lascia che tutti siano felici, non abbiamo problemi con questo. Ma questo non deve
oscurare la cultura, tradizioni e valori familiari tradizionali di milioni di
persone che costituiscono il nucleo della popolazione».
"Lascia
che una persona cresca, diventi adulta e poi decidi chi è”.
Al
vertice del G20 del 2019 a Osaka, Putin ha aggiunto: "Abbiamo una legge per cui tutti ci
prendono a calci, una legge che vieta la propaganda omosessuale tra i minori. Ma ascolta, lascia che una persona
cresca, diventi adulta e poi decida chi è. Lascia in pace i bambini. Ci sono
così tante invenzioni al giorno d'oggi. Ho anche detto nell'intervista
[Financial Times] che hanno inventato cinque o sei generi, trasformatori,
trans…
"Vedi,
io non capisco nemmeno cosa sia…
"Il
problema è che questa parte della società sta imponendo in modo aggressivo il
proprio punto di vista alla maggioranza. Dobbiamo essere più leali gli uni con
gli altri, più aperti e trasparenti. Non ho detto niente di insolito. Dobbiamo
rispettare tutti, è vero, ma non dobbiamo imporre il nostro punto di vista agli
altri. Nel
frattempo, i rappresentanti della cosiddetta idea liberale stanno semplicemente
forzando le loro idee sugli altri. Essi dettano la necessità della cosiddetta
educazione sessuale. I genitori sono contrari e sono contrari. E praticamente
imprigionati per questo».
Putin
su Greta Thunberg.
"Non condivido l'entusiasmo generale
per l'azione di Greta Thunberg”.
Nel
2019 Putin ha anche discusso le sue opinioni su Greta Thunberg, che ha lanciato gli scioperi dei
Fridays for Future sui cambiamenti climatici ed è diventata presto una delle
figure principali celebrate dal campo progressista: "Potrei deluderti, ma non condivido
l'entusiasmo generale per l'azione di Greta Thunberg. Sai, è una buona cosa quando i
giovani e gli adolescenti si concentrano sui gravi problemi di oggi, comprese
le questioni ambientali, e hanno sicuramente bisogno di essere sostenuti.
Ma
quando altri usano bambini e adolescenti per i propri scopi, è una pratica che
merita di essere condannata. È particolarmente sbagliato cercare di fare soldi in questo
modo. Non sto dicendo che sia così, ma sicuramente dovrebbe essere monitorato.
"Sembra
che nessuno abbia spiegato a Greta che il mondo moderno è complesso,
diversificato e in rapido sviluppo, e le persone in Africa o in molti paesi
asiatici vogliono vivere allo stesso livello di prosperità della Svezia. Ma
come si può raggiungere questo obiettivo? Facendogli usare l'energia solare
perché l'Africa riceve così tanto sole? Qualcuno le ha spiegato quanto
costerebbe?
"Un
collega parlava solo di petrolio. Probabilmente tutti sanno che il petrolio è
la fonte numero uno nel bilancio energetico globale e manterrà i suoi vantaggi
in quanto tale nei prossimi 25 anni. Questo è ciò che dicono gli esperti
internazionali. È vero, il suo ruolo diminuirà gradualmente; vero, l'energia
rinnovabile crescerà più velocemente.
Questo è tutto vero, e dobbiamo lottare per
questo. Ma questa tecnologia è alla portata delle economie emergenti e dei
paesi in via di sviluppo in questo momento? A malapena, ma la gente vuole
vivere lì proprio come in Svezia, e questo non può essere fermato. Spiega loro che devono ancora vivere
in povertà per altri 20-30 anni e che i loro figli vivranno in povertà - spiega
loro questo.
"Queste
cose richiedono un approccio professionale. Certo le emozioni sono inevitabili,
ma comunque, se vogliamo essere efficaci, dobbiamo essere professionali. Sono sicuro che Greta è una ragazza
gentile e molto sincera, ma tocca agli adulti cercare di evitare di condurre
adolescenti e bambini in situazioni estreme, spetta agli adulti proteggerli da
emozioni inutili che possono distruggere una personalità, questo volevo dire.
"Nel
complesso, ovviamente, dovremmo assolutamente sostenere queste idee sullo
sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, solo dobbiamo fare affidamento
sulla realtà... Ancora una volta, utilizzare bambini e adolescenti per raggiungere
obiettivi anche così nobili, esercitando una pressione emotiva così forte - lo
ritengo sbagliato.”
Il
Manifesto di Putin contro il liberalismo progressista.
Nel
2021, il democratico Joe Biden è diventato il presidente degli Stati Uniti. Una volta che Trump non sarà più
presidente, Putin potrebbe rivendicare la posizione di leader indiscusso
dell'ideologia conservatrice contro il liberalismo progressista, con l'obiettivo
di sfidare l'ordine unipolare.
Lo
stesso Dugin ha sottolineato: "Il rifiuto del liberalismo e della globalizzazione è
diventato particolarmente acuto negli ultimi anni, poiché il liberalismo stesso
ha rivelato i suoi tratti profondamente ripugnanti alla coscienza russa. Ciò
giustificava una certa simpatia tra i russi per Trump e un parallelo profondo
disgusto per i suoi oppositori liberali.
"Da
parte di Biden, l'atteggiamento nei confronti della Russia è abbastanza
simmetrico. Lui e le élite globaliste in generale vedono la Russia come il principale
avversario della civiltà, rifiutandosi ostinatamente di accettare il vettore
del progressismo liberale e difendendo ferocemente la sua sovranità politica e
la sua identità."
Quindi,
con l'obiettivo di diventare il principale concorrente ideologico dell'America,
Putin ha colto l'occasione al Valdai Forum dell'ottobre 2021 per presentare il
suo manifesto più completo sulla nuova ideologia "conservatrice"
della Russia, in cui non solo ha dichiarato che la "fine della
storia" non si concretizzò, ma paragonò il liberalismo progressista al
comunismo, descrivendoli come entrambe ideologie fallite.
Al contrario, Putin ha promosso quello che ha
definito un
"sano conservatorismo". C
itando
uno dei suoi filosofi preferiti Nikolai Berdyayev, che fu espulso dall'Unione
Sovietica nel 1922, Putin disse:
"Il conservatorismo non è qualcosa che
impedisce il movimento verso l'alto, in avanti, ma qualcosa che ti impedisce di
ricadere nel caos". Ha poi aggiunto: "Se trattiamo il conservatorismo
in questo modo, esso fornisce una base efficace per ulteriori progressi”.
Nel
suo discorso-manifesto al Forum Valdai, Putin ha criticato la cultura
dell'annullamento, la teoria del genere e la teoria critica della razza, che
sono al centro del liberalismo progressista, e ha descritto queste teorie come
un déjà vu dei tempi del bolscevismo:
"Dove
sono i fondamenti umanitari del pensiero politico occidentale? ... Quali sono i
limiti etici generali nel mondo in cui il potenziale della scienza e delle
macchine sta diventando quasi illimitato? ... Alcune persone in Occidente credono
che un'eliminazione aggressiva di intere pagine dalle proprie storia,
'discriminazione inversa' contro la maggioranza nell'interesse di una
minoranza, e la richiesta di rinunciare alle nozioni tradizionali di madre,
padre, famiglia e persino di genere, ritengono che tutte queste siano le tappe
del cammino verso il rinnovamento sociale.
"Senti,
vorrei sottolineare ancora una volta che loro hanno il diritto di fare questo,
noi ne stiamo fuori. Ma vorremmo chiedere loro di tenersi fuori anche dai nostri
affari.
Abbiamo
un punto di vista diverso, a almeno la stragrande maggioranza della società
russa – sarebbe più corretto dire così – ha un'opinione diversa su questo
argomento: crediamo che dobbiamo fare affidamento sui nostri valori spirituali,
sulla nostra tradizione storica e sulla cultura della nostra nazione
multietnica.
"I
fautori del cosiddetto 'progresso sociale' credono che stiano introducendo
l'umanità in una sorta di nuova e migliore coscienza.
Dio santo, issate le bandiere, come diciamo,
andate avanti. L'unica cosa che voglio dire ora è che le loro prescrizioni non sono
affatto nuove. Può sorprendere alcune persone, ma la Russia c'è già stata. Dopo la rivoluzione del 1917, i
bolscevichi, basandosi sui dogmi di Marx ed Engels, hanno anche affermato che
avrebbero cambiato modi e costumi, non solo politici ed economici, ma la
nozione stessa di moralità umana e le basi di una società sana.
La
distruzione di valori secolari, di religione e di relazioni tra le persone,
fino al totale rifiuto di famiglia (avevamo anche quello), incoraggiamento a
informare sui propri cari: tutto questo era proclamato progresso e, tra
l'altro, era ampiamente sostenuto in tutto il mondo allora ed era abbastanza di
moda, come oggi.
Erano assolutamente intolleranti alle opinioni
diverse dalle loro.
Qui,
Putin sembra fare una citazione indiretta dal libro di Fëdor Dostoevskij "L'idiota": "Ho scoperto da molte osservazioni che
i nostri liberali sono incapaci di permettere a chiunque di avere le proprie
convinzioni e di rispondere immediatamente all'avversario con abusi o qualcosa
di peggio".
"Questo,
credo, dovrebbe richiamare alla mente parte di ciò a cui stiamo assistendo ora.
Guardando ciò che sta accadendo in un certo numero di paesi occidentali, siamo
stupiti nel vedere le pratiche domestiche - che, fortunatamente, abbiamo
lasciato, spero - nel lontano passato.
La lotta per l'uguaglianza e contro la
discriminazione si è trasformata in dogmatismo aggressivo al limite
dell'assurdo, quando le opere dei grandi autori del passato – come Shakespeare
– non vengono più insegnate nelle scuole o nelle università, perché si crede
alle loro idee essere arretrati.
I
classici sono dichiarati arretrati e ignorano l'importanza del genere o della
razza.
A
Hollywood, vengono distribuiti promemoria sulla corretta narrazione e su quanti
personaggi di che colore o genere dovrebbero essere in un film. Questo è anche
peggio dell'agit-prop dipartimento del Comitato Centrale del Partito Comunista
dell'Unione Sovietica.
"Contrastare
gli atti di razzismo è una causa necessaria e nobile, ma la nuova 'cultura
dell'annullamento' l'ha trasformata in 'discriminazione inversa', ovvero
razzismo inverso.
L'enfasi ossessiva sulla razza divide
ulteriormente le persone, quando i veri combattenti per la civiltà diritti
sognavano proprio di cancellare le differenze e di rifiutarsi di dividere le
persone per colore della pelle.
Ho
chiesto espressamente ai miei colleghi di trovare la seguente citazione di
Martin Luther King:
"Ho
un sogno che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione dove
vivranno non essere giudicato dal colore della loro pelle, ma dal loro
carattere.”
Questo
è il vero valore. Tuttavia, lì le cose stanno andando diversamente. A proposito, la maggioranza assoluta
dei russi non pensa che il colore della pelle di una persona o il suo genere
sia una questione importante. Ognuno di noi è un essere umano. Questo è ciò che
conta.
"In
un certo numero di paesi occidentali, il dibattito sui diritti di uomini e
donne si è trasformato in una perfetta fantasmagoria. Guarda, fai attenzione ad
andare dove un tempo i bolscevichi avevano pianificato di andare: non solo
comunalizzare i polli, ma anche comunalizzare le donne. Un altro passo e tu sarai
là."
Putin
ha poi aggiunto:
"I
fanatici di questi nuovi approcci arrivano addirittura a voler abolire del
tutto questi concetti. Chiunque osi menzionare che uomini e donne esistono
davvero, il che è un fatto biologico, rischia di essere ostracizzato.
'Genitore
numero uno' e 'genitore numero due," "genitore alla nascita"
invece di "madre" e "latte umano" in sostituzione di
"latte materno" perché potrebbe turbare le persone che non sono
sicure del proprio genere.
Ripeto,
non è una novità; negli anni '20, il così- chiamati Kulturtraegers sovietici
hanno anche inventato qualche neolingua credendo che stessero creando una nuova
coscienza e cambiando i valori in questo modo e, come ho già detto, hanno
combinato un tale pasticcio che a volte fa ancora rabbrividire.
"Per
non parlare di alcune cose veramente mostruose quando ai bambini viene
insegnato fin dalla tenera età che un ragazzo può facilmente diventare una
ragazza e viceversa.
Cioè, gli insegnanti in realtà impongono loro
una scelta che tutti presumibilmente abbiamo.
Lo fanno mentre chiudono i genitori fuori dal
processo e costringendo il bambino a prendere decisioni che possono sconvolgere
la loro intera vita.
Non si
preoccupano nemmeno di consultare gli psicologi infantili: un bambino a questa età è anche in
grado di prendere una decisione del genere?
Questo rasenta un crimine contro
l'umanità, e viene fatto in nome e all'insegna del progresso.
"Beh,
se a qualcuno piace questo, lo faccia fare. Ho già detto che, nel plasmare i
nostri approcci, saremo guidati da un sano conservatorismo. È successo qualche
anno fa, quando le passioni sulla scena internazionale non erano ancora in
funzione alto come lo sono ora, anche se, ovviamente, possiamo dire che le
nuvole si stavano addensando anche allora.
Ora,
quando il mondo sta attraversando una disgregazione strutturale, l'importanza
del conservatorismo ragionevole come fondamento di un corso politico è salito
alle stelle, precisamente a causa del moltiplicarsi dei rischi e dei pericoli e
della fragilità della realtà che ci circonda».
Alla
conferenza stampa annuale di dicembre 2021, Putin ha concluso l'anno ribadendo
il sostegno della Russia ai valori tradizionali e conservatori, sfidando ancora
una volta l'Occidente e il suo liberalismo progressista:
"Se
qualcuno pensa che un uomo e una donna siano la stessa cosa, lascia che sia.
Tuttavia, c'è ancora del buon senso nel mondo.
"Potrei
sbagliarmi anche se è improbabile... Penso che negli Stati Uniti - e se sbaglio
non siate infastiditi da me - un detenuto condannato per stupro si è dichiarato
donna e ha chiesto di essere trasferito in un carcere femminile. Quindi,
l'hanno fatto. E ha prontamente violentato la sua compagna di cella, ma
dovrebbe esserci una parvenza di buon senso in ogni cosa.
"O
prendi gli atleti. Un uomo si dichiara donna e gareggia, diciamo, nel
sollevamento pesi o in qualche altro sport. Lo sport femminile cesserà di
esistere completamente. Ci deve essere un po' di buon senso.
Sostengo l'approccio tradizionale secondo cui
una donna è una donna, un uomo è un uomo, una madre è una madre e un padre è un
padre. Spero che la nostra società abbia una protezione morale interiore
dettata dalle fedi tradizionali della Federazione Russa".
Ha poi
sottolineato: "Tutti i popoli della Federazione Russa - voglio sottolineare 'tutti'
- hanno una certa protezione morale interiore contro l'oscurantismo [cioè il
liberalismo progressista] ... Spero che i nostri popoli, le etnie russe abbiano
un'immunità sufficientemente profonda e sistemi di protezione contro questo
oscurantismo... E non va contrastato con istruzioni dirette, schiaffi o accuse,
ma sostenendo i nostri valori tradizionali, che continuo a ripetere».
Conclusione.
Secondo
Dugin, la Russia non è ancora riuscita a plasmare "un'ideologia completa e
coerente" che potrebbe porre una seria sfida alle idee del liberalismo
progressista.
"Le
élite liberali radicate ai vertici della società sono ancora forti e influenti
in Russia, e le idee, le teorie e i metodi liberali dominano ancora l'economia,
l'istruzione, la cultura e la scienza.
Tutto
ciò indebolisce il potenziale della Russia, disorienta la società e pone le
basi per le crescenti contraddizioni interne", ha affermato Dugin.
Tuttavia,
Dugin ha ritenuto che la Russia rappresenti "il polo più importante - se
non il principale! - del Grande Risveglio".
Per
Dugin, il "Grande Risveglio" significa aver "capito l'essenza di
quella strategia fatale, sia assassina che suicida del" progresso
"come la intendono le élite liberali globaliste".
"E
se lo comprendiamo, allora siamo in grado di spiegarlo agli altri. I
risvegliati possono e devono risvegliare tutti gli altri", ha affermato
Dugin.
Il
famoso accademico russo Alexander Lukin ha suggerito che la missione di Mosca è
svegliare e allertare il mondo dai "pericoli" del liberalismo
progressista, che definisce con il termine popolare "svegliato",
perché negli anni '20 la Russia ha già vissuto un "periodo simile"
con Bolscevismo.
Quindi,
la Russia comprende più di ogni altro paese la "natura distruttiva della
nuova ideologia" e "la sua inaccettabilità".
"Al
di fuori del mondo occidentale, molti non hanno fretta di criticare la nuova
ideologia, temendo di sembrare 'non progressisti' o di essere ostracizzati dai
'paesi sviluppati.'
Tuttavia,
una discussione critica sulla nuova ideologia è estremamente necessaria; una
maggioranza silenziosa di persone in varie parti del mondo lo sta chiaramente
aspettando, e se gli studiosi russi lo avviano, questo può rafforzare la loro
posizione intellettuale nel mondo", ha affermato Lukin, che ha poi
aggiunto: "Possiamo
guardare alla società occidentale di oggi nello stesso modo in cui guardava
alla Russia bolscevica un secolo fa: una bizzarra orda di selvaggi che, sotto lo slogan della giustizia universale, hanno rovinato il proprio paese e stabilito una brutale dittatura
ideologica sui suoi resti».
La
Russia comprende profondamente l'Occidente (dopotutto la Russia è
innegabilmente culturalmente parte dell'Occidente) e le sue debolezze.
Per molto
tempo, gli studiosi occidentali hanno ridotto il "putinismo" a
"clientelismo", "populismo" e "fascismo".
Tuttavia, l'Occidente non si è ancora reso conto che
la Russia di Putin sta diventando il principale concorrente ideologico
dell'Occidente.
È riuscita
ad agganciarsi a un grande dibattito in Occidente sui limiti e le
contraddizioni del liberalismo progressista e ha preso le redini della
leadership del pensiero conservatore.
La Russia sta costruendo una nuova ideologia
"conservatrice" approfittando degli Stati Uniti' polarizzazione
politica e sua debolezza ideologica.
Il
ricercatore della Columbia Richard Hanania ha recentemente affermato che gli
Stati Uniti "promuove ideali [per i quali] pochi sono disposti a combattere e
per cui sono disposti a morire".
Politica
di rimanere rilevante nella scena politica globale.
Vale
la pena notare che la Cina non è ancora il concorrente ideologico
dell'Occidente.
La
Cina sfida l'uni-polarità dell'Occidente politicamente, economicamente e
militarmente, ma non ancora ideologicamente.
La Cina ha un'ideologia per il proprio popolo, il "socialismo con
caratteristiche cinesi", ma non per il mondo.
Inoltre,
va notato – come ha detto Dugin – che non esiste ancora una teoria delle
relazioni internazionali cinesi (IR), anche se ci sono "alcuni approcci
fruttuosi".
Il filosofo cinese Zhao Tingyang ha forse
sviluppato una teoria filosofica dell'internazionalizzazione relazioni che
hanno avuto il maggior impatto tra gli studiosi cinesi.
Nei
suoi libri, Zhao ha rivisitato l'antico concetto di Tianxia (Tutto sotto il
cielo) in una moderna teoria del governo e dell'ordine mondiale.
In un articolo del 2018 pubblicato sul
Washington Post, Zhao ha scritto che "il concetto di tianxia definisce un
mondo inclusivo con armonia per tutti". I concetti di Zhao, tuttavia, sono
stati meglio decifrati da Dugin:
"La Cina è un impero, non solo nel
senso tradizionale, ma anche nell'idea di unificare unità nazionali e
politiche. Un impero non è uno stato politico, ma qualcosa di più: un sistema.
Si può
qui menzionare Tianxia (天下). È qualcosa che unisce di più di un
soggetto politico e può espandere la sua influenza su uno spazio più ampio...
La
Cina è molto più di uno stato, ed è qui che il concetto di Zhao Tingyang è di
fondamentale importanza: affermare la Cina come Tianxia.
La crescita di questa Tianxia dovrebbe essere
in armonia. Potresti diciamo: non iniziamo con il globale, ma iniziamo con la nostra
regione, installiamo praticamente ora il progetto Belt and Road, installiamolo
qui, mostriamo come funziona, e se l'umanità sarà sedotta da questo momento
Tianxia, forse altri accetteranno esso.
L'importante
ce è iniziare con la Cina, nei limiti delle vostre possibili capacità, per
introdurre questo concetto inclusivo basato su relazioni, giustizia, etica ed
egemonia.
La Cina dovrebbe essere riconosciuta come un polo in tutti i sensi. Lì hai già
gli aspetti di base di una versione cinese della teoria del mondo multipolare."
Tianxia
cinese quindi è un progetto a lungo termine che può o non può avere successo.
La
Russia, tuttavia, è pronta a sfidare l'Occidente in questo momento, e può farlo utilizzando concetti
chiari e accattivanti che già esistono in Occidente e che da secoli fanno parte
della Weltanschauung occidentale. Per questi motivi, la Russia sta diventando e forse
è già l'attuale concorrente ideologico dell'Occidente.
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