GLOBALISMO MULTIPOLARE contro GLOBALISMO UNIPOLARE.

GLOBALISMO MULTIPOLARE contro GLOBALISMO 

UNIPOLARE.

 

 

Elezioni, la diretta – Meloni e Salvini

 già litigano sul futuro governo.

Letta contro la leader Fdi:

“Sul Covid offende i nostri morti e si dà in pasto a No vax.

 

Il comizio conclusivo a Roma dei tre leader: "Governeremo insieme per 5 anni". Ma prima di riunirsi sul palco, già emergono le divisioni. E il segretario del Carroccio dice: "Un governo Meloni? Io penso a un governo mio". Poi il botta e risposta sulla squadra dei ministri e anche sullo scostamento di bilancio. Dopo l'attacco della presidente Fdi a medici e scienziati, il segretario dem su Twitter: "Ha gettato la maschera."

Salvini: “Convincere Meloni su scostamento? Lo chiedono gli italiani.”

“Nel primo Cdm decreto energia urgente. Servono 30 miliardi. Sono a debito? Sì ma quei soldi vanno trovati”. Così Matteo Salvini a Porta a Porta. Ma gli alleati di centrodestra non sono d’accordo: “Li convincerò. Non li convince Matteo Salvini, ma qualcuno va domani in un negozio, in un ristorante e vede le bollette? Che poi sono quelle di agosto… Quindi non è Salvini che deve convincere Meloni e Berlusconi, sono gli italiani che chiedono aiuto”.

Meloni: “Scostamento di bilancio? Non lo voglio.”

“Non voglio lo scostamento, se posso evitarlo, fermo restando che la priorità è aiutare gli italiani, se posso evitare di indebitare ancora di più i nostri giovani per far diventare sempre più ricchi alcuni pochi che speculano sulla vita della gente, sono più contenta”.

Così la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, intervistata a Porta a porta, la puntata speciale che andrà in onda questa sera.

Berlusconi: “Putin spinto da popolazione e media a questa operazione speciale.

“Putin è caduto in una situazione difficile e drammatica. Dico che è caduto perché si è trattata di una missione delle due repubbliche filorusse del Donbass che è andata a Mosca ha parlato con tutti, con giornali, tv e ministri del partito, sono andati da lui in delegazione dicendo ‘Zelensky ha aumentato gli attacchi delle sue forze contro di noi ed i nostri confini, siamo arrivati a 16mila morti, difendici perché se non lo fai tu non sappiamo dove potremo arrivare’ e Putin è stato spinto dalla popolazione russa, dal suo partito e dai suoi ministri ad inventarsi questa operazione speciale“.

Lo ha detto Silvio Berlusconi a Porta a Porta.

Salvini: “Governo Meloni? Io penso a un governo Salvini.”

“Un governo Meloni? Io penso a un governo Salvini”. Così Matteo Salvini a Porta a Porta. Il leader della Lega e la presidente di FdI oggi hanno già avuto un botta e risposta proprio sulla futura squadra dei ministri, nel giorno in cui il centrodestra chiude la campagna elettorale insieme in Piazza del Popolo a Roma.

Berlusconi: “Ci vediamo tra poco a Roma”.

“Ci vediamo tra poco a Roma, alla manifestazione conclusiva del centrodestra unito. Quella di Piazza del Popolo sarà la grande festa della libertà. Non vedo l’ora di esserci. Sono sicuro che ci sarete tutti per prepararci al meglio alle sfide che ci attendono nei prossimi anni”.

 Lo scrive su twitter il Presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi.

 

Letta: “Foto delle piazze piene di Meloni ritoccate per i social.”

“Le cose si decidono nelle urne e non nei sondaggi. Conta il voto delle persone e parlare con loro, non le immagini da social “: così il segretario del Pd Enrico Letta a Perugia parlando della campagna elettorale. Il leader dei democratici ha aggiunto: “Gli italiani infatti non scelgono sulla base dell’immagine migliore del miglior social media manager, anche perché poi fanno cose che non funzionano tanto e basta vedere le immagini ritoccate dei comizi della Meloni per far vedere piazze piene di gente “. “All’immagine – ha concluso Letta – noi abbiamo scelto la sostanza e da domenica sono scesi in campo i nostri sindaci e gli amministratori locali, coloro che rappresentano la migliore classe dirigente di un Paese”.

Candidata di FdI arrestata in Sicilia.

Barbara Mirabella, le accuse alla candidata di Fdi arrestata in Sicilia: "Una mazzetta da 10mila euro quand'era assessora a Catania."

Salvini a Meloni: “Squadra dei ministri si decide insieme.”

La squadra dei ministri di un eventuale governo di centrodestra “la faremo insieme, siamo una squadra. Non ci sono donne o uomini soli al comando, la squadra si costruisce insieme”. Così il leader della Lega, Matteo Salvini, ha commentato la frase di Giorgia Meloni che ha detto di avere già pronta la squadra dei ministri, a margine di un presidio a Milano contro la ztl di Area B. “Ognuno ha le sue ambizioni, le sue aspirazioni legittime, aspettiamo il voto degli italiani e poi la squadra la costruiamo insieme”, ha concluso.

Meloni: “Ho in mente alcuni nomi, squadra di altissimo livello”.

“Non voglio parlare di ministri. Sono riuscita fino ad oggi a non farlo e domani si chiude la campagna elettorale. Ho in mente alcuni nomi. Se gli italiani decideranno di darci la loro fiducia, lavoreremo per una squadra di governo di altissimo livello”. Lo ha detto la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, a Mattino Cinque. “FdI non ha una classe dirigente adeguata? Mi scuso subito se non ci saranno Azzolina e Toninelli”, ha scherzato.

Il tweet dell’Ambasciata russa e le foto di Putin con i leader italiani.

“Dalla recente storia delle relazioni tra la Russia e l’Italia. Ne abbiamo da ricordare”. È il tweet dell’Ambasciata russa in Italia che, con il suo profilo ufficiale, posta le foto dei leader italiani insieme a Putin, da Berlusconi a Renzi passando per Salvini, Letta, Conte, Letta e Di Maio tra strette di mano e sorrisi.

 

 

LA FINE DEL SISTEMA UNIPOLARE

E DEL GLOBALISMO.

Nuovogiornalenazionale.com - SILVANO DANESI – (07 APRILE 2022) – ci dice:

La guerra in Ucraina ha fatto saltare il banco del sistema unipolare e dell’annesso globalismo.

La Russia, con un atto di forza brutale, ha detto no all’idea che, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la “storia fosse finita”, come sostiene Fukuyama e che si fosse aperta la strada per un mondo omogeneo ideologicamente, politicamente e socialmente.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’Europa, teatro principale del conflitto, ha visto, di fatto, svanire il sistema degli stati sovrani, mantenuto formalmente, in quanto da Jalta è emerso un sistema bipolare, dove due grandi potenze, gli Usa e l’Urss, governavano il mondo e dirigevano gli Stati satelliti: gli uni accorpati nella Nato, gli altri del Patto di Varsavia.

Il resto del mondo, per intrinseca debolezza economica e politica, stava alle direttive del bipolarismo.

Con la caduta dell’Unione Sovietica, nel 1991, è finita anche Jalta, il sistema bipolare è crollato e si è instaurato un sistema unipolare, con gli Stati Uniti al centro, unico gendarme del mondo.

Questo quadro ha fatto pensare agli ideatori del Nuovo Ordine Mondiale e del Grande Reset, ossia alle élite finanziarie, di poter costruire un mondo dove la Russia fosse una sorta di miniera regionale, geopoliticamente ininfluente e la Cina fosse la fabbrica del mondo, dotata di manodopera a bassissimo costo, quando non di schiavi per la bisogna (vedi Uiguri).

Sicuri della conquistata egemonia mondiale, gli Usa di Bill Clinton o, meglio, i registi finanziari, hanno portato, l’11 dicembre 2001, la Cina nel Wto, aprendo di fatto le porte ad un’evoluzione del Dragone che non si è democratizzato, ma si è potenziato fino al punto di diventare un competitore temibile, non solo economicamente.

Nel frattempo, con l’entrata in scena di Vladimir Putin, la Russia ha ripreso ad essere un soggetto geopolitico che non aveva nulla a che fare con le idee unipolari degli Usa e della finanza.

La presenza, sempre più solida, non solo economicamente, ma militarmente e, si deve aggiungere, ideologicamente, di Cina e Russia, ha costituito un freno alle mire espansive del globalismo finanziario e dei teorici del Nuovo Ordine Mondiale e del Grande Reset, fino a porre, in un crescendo di tensioni, la questione che è esplosa con la guerra in Ucraina.

Questione che è riassumibile, in sintesi, nel rifiuto dell’unipolarismo e nell’affermazione del multipolarismo. Affermazione che fa saltare il banco del globalismo finanziario, che deve riposizionarsi e che mette alle corde la logica dell’asse Bush-Clinton, la quale esprime, nella sua decadenza, un uomo come Joe Biden, ormai chiaramente inadatto al ruolo e vittima sacrificale nel caso di fallimento della attuale escalation anti russa.

In questo attuale scenario, la sovranità degli Stati affermata come frutto della pace di Westfalia (1648), langue, essendo gli Stati sovrani una pallida parvenza di quanto potrebbero essere, in un mondo asimmetrico, dove emergono potenze imperiali e dove l’Europa mostra tutta la sua inesistenza.

Tutte le chiacchiere della politica italiota, davvero ridicola quanto provinciale, sul sovranismo, non solo è stata sbertucciata dal sovranismo reale di Francia e Germania e della furbizia ipocrita dei paesi paradisi fiscali, come l’Olanda, ma è ridotta a nulla dall’emergere di ben altri sovranismi, quelli imperiali di Cina e di Russia, di fronte ai quali è palesemente fallita l’Europa della burocrazia delle misurazioni del cocomero e del cinismo finanziario.

L’Unione Europea, se fosse stata quella dei padri fondatori, ossia uno Stato federale e non una moneta e un’asfissiante burocrazia, oggi potrebbe svolgere un ruolo di potenza internazionale di equilibrio, sulla base dei principi che in Europa sono nati.

Così non è. Tra i morti lasciati sul campo da Putin c’è anche l’Unione Europea, quella della Merkel e di Maastricht e dei suoi camerieri. Amen.

 

 

 

"Da Roma è cominciata la morte

 del globalismo". La profezia di Dugin.

Agi.it- Francesco Palmieri – (10 giugno 2019) – ci dice:

 

Vicino a Putin, spesso accostato a Bannon, il principale ideologo dell'anti globalismo Aleksandr Gel'evic Dugin è in Italia per un tour con cui sta riempiendo le sale in molte città, dal nord al sud. Ritiene che il governo gialloverde abbia riportato l'Italia al centro dell'Europa, che ritiene una sola: da Lisbona a Vladivostok. Ne parla con l'Agi.

 

GLOBALISMO RUSSIA : VLADIMIR PUTIN -ALEXSANDR DUGIN.

Quando la Russia pensa all'Europa guarda prima a Roma: il governo giallo-verde ha fatto dell'Italia "un avamposto della lotta al globalismo".

Una vittoria per Vladimir Putin anche se dal Cremlino "non c'è stata alcuna interferenza politica o economica".

Piuttosto c'è "un appoggio simbolico, morale e intellettuale" alle forze populiste.

Parola di Aleksandr Gel'evic Dugin, 57 anni, filosofo e politologo che molti definiscono "il consigliere di Putin".

 Lui rifiuta l'etichetta: "Non sono incluso nella gerarchia politica russa, ma sono un patriota e condivido la politica estera del presidente".

Accostato al politologo statunitense Steve Bannon, addirittura come 'la strana coppia', Dugin è in Italia per un tour con cui sta riempiendo le sale in molte città, dal nord al sud, ma è tacciato non per la prima volta di contiguità con l'area politica di estrema destra.

Ne parla con l'Agi.

"Ancora destra e sinistra?" sbotta, "E' una definizione che fa comodo all'ultra-liberalismo diventato totalitarismo economico, politico e intellettuale. Chi la pensa diversamente è battezzato di volta in volta nazista, fascista, stalinista. Ormai sono abituato alla demonizzazione".

Lei ha elaborato la 4pt, la 'quarta teoria politica' dopo le tre precedenti della modernità: fascismo, comunismo, liberalismo. Alla base c'è l'idea di Eurasia, che vorrebbe far girare a 180 gradi il collo all'Europa occidentale: da ovest a est.

È l'idea di un mondo multipolare, dopo quello unipolare che il globalismo di radici anglosassoni vorrebbe continuare a imporre. Putin ha scritto un bell'articolo in cui parla di un filo che unisce Lisbona a Vladivostok".

Idee che coincidono con le sue....

"Non si tratta di indebolire l'Europa come paventa qualcuno. Al contrario: vogliamo un'Europa indipendente che ricostituisca la sua sovranità. La civiltà europea occidentale si coniuga alla civiltà russa ortodossa, con l'inclusione di altri popoli e culture rispettando di ciascuno identità e differenze. Il populismo è alleato naturale di tutti quei Paesi come Russia, Cina, India e gli Stati islamici, che vogliono trovare posto degno nel mondo multipolare".

Però un po' inquieta la foto della crociera sulla Neva di Putin e Xi Jinping, e gli accordi appena siglati tra Russia e Cina cominciando da quello per Huawei sul 5G. Lei è proprio convinto che il capitalismo cinese sia preferibile?

"Certamente. Sono stato in Cina, dove ho strette relazioni con i circoli intellettuali e registro la loro convinzione di un nuovo ordine multipolare. L'Occidente deve rendersi conto di non essere l'unico maestro, l'egemonia unipolare della globalizzazione è una forma di colonialismo ideologico, economico, artistico, che s'avvia alla fine. Il capitalismo cinese è un modello cui partecipano popolo, cultura e Stato: tre livelli strutturali. Non è il capitalismo occidentale sfrenato che atomizza aziende e società. Si tratta di un modello più confuciano che maoista".

L'espansione cinese non deve preoccupare?

"La Cina non concepisce il suo come modello universale, ma è chiaro che lo difenda. L'alleanza russo-cinese cerca altre vie nella storia dopo la fine dell'egemonia unipolare".

Come potrebbe concorrere un governo come quello italiano, segnato da tensioni e differenze interne, a queste complesse innovazioni geopolitiche?

"Tutti i governi italiani degli ultimi anni sono stati problematici. Non è una novità. Ma questo di Lega e M5S è il primo passo verso un populismo integrale, il segno di un grande cambiamento che lo mette all'avanguardia d'Europa. Le differenze interne sono un segno persino positivo. Per me questo governo è un simbolo che si può andare oltre destra e sinistra e che la volontà del popolo vince sui globalisti. Più dura, a dispetto di quanti ne decretano la fine imminente da quando è nato, più sono contento".

Ma le elezioni europee hanno decisamente premiato la Lega a spese del Movimento 5 Stelle.

"Il risultato indica che la maggioranza dei populisti ritiene la difesa dell'identità, rimarcata da Salvini, l'elemento più importante. Ora Di Maio ha compreso e correggerà la sua politica. Credo che il risultato assimilerà ulteriormente i Cinque Stelle al populismo integrale".

Putin ha formulato un giudizio entusiasta sui risultati elettorali. La convinzione che non ne abbia avuto alcuna parte ha suscitato dubbi.

"Complottismi. Solo complottismi. È una lotta tutta interna all'Europa occidentale tra élites ultra-liberaliste e sovranisti. La Russia non ha ordito trame qui né' negli Usa a favore di Trump. Ma assiste compiaciuta al risveglio dei popoli...".

A luglio Putin tornerà dal Papa, che non è certo in sintonia con Salvini su un tema prioritario come quello dei migranti.

"La posizione della Chiesa cattolica è interessante per Mosca. Papa Francesco è antiglobalista e anticapitalista. La strategia, calata in Italia, assume però le forme di un appoggio incondizionato all'Islam e all'immigrazione, tralasciando gli aspetti negativi che ne derivano. Putin è alleato di Salvini e appoggia la difesa dell'identità italiana, ma al contempo condivide la posizione del Papa contro il capitalismo finanziario. Si tratta in ogni caso di un motivo in più per guardare a Roma: oggi l'Europa non è a Parigi né a Berlino. Oggi si chiama Roma. La modernità globalista comincia a morire qui".

E al suo posto?

"Il recupero di una coscienza critica e di valori tradizionali. Oggi i veri postmoderni sono gli autori tradizionalisti, che hanno diagnosticato i fallimenti della modernità dogmatica e totalitarista".

Sorprende che un intellettuale come Noam Chomsky abbia espresso segnali d'interesse per il suo pensiero.

"Ho molti rapporti con la sinistra antiliberale ed è totalmente falso che io sia un rappresentante dell'estrema destra.

Chiunque critichi il globalismo è mio alleato naturale. Da Chomsky a Cacciari. Non so se sia vero il contrario, ma io sono amico loro.

Gli ultra-liberalisti più sentono vicino il tramonto più diffamano: me, Bannon, Trump.

Anche grazie al controllo dei mass media. Il sorriso con cui denigrano chi non pensa come loro è razzismo gnoseologico, che a differenza del razzismo biologico non è stato sconfitto. Considerano sottosviluppato uno che crede in qualche dio o legge libri di un altro scaffale. Il primo sono io".

  

 

 

La teoria del mondo multipolare

di Aleksandr Dugin:

da che parte vogliamo stare?

Ilgiornaleditalia.it – Alfredo Tocchi - Aleksandr Dugin – (19 giugno 2022) – ci dicono: 

 

Aleksandr Dugin: "Capire le ragioni profonde e filosofiche (non certo le uniche)."

L'impero americano deve essere distrutto, e presto o tardi lo sarà.

Teoria del mondo multipolare – Aleksandr Dugin .

Nel 2013, il filosofo russo Aleksandr Dugin scrive Teoria del mondo multipolare. Pubblicato in Italia da Aga Editrice nel 2019, il saggio di Dugin è (tra l’altro, perché è molto di più) la risposta russa a Francis Fujuyama.

 La teoria del mondo multipolare parte da un’accurata analisi storica e giunge alle conclusioni, riassunte in alcune appendici (discorsi, brevi articoli) scritti da Dugin negli anni 2017 e 2018.

“L’attuale ordine mondiale è unipolare, con l’Occidente globalizzato al suo centro e gli Stati Uniti nel suo cuore” (omissis).

 “Quando si lascia che una sola autorità decida ciò che è giusto, e chi dovrebbe essere punito, si ha una dittatura globale. Io sono convinto che tale situazione sia inaccettabile e che vada contrastata. Se qualcuno ci priva della nostra libertà, dobbiamo reagire. E lo faremo. L’impero americano deve essere distrutto, e presto o tardi lo sarà”. (Contro il mondo postmoderno, 2017).

Segue un richiamo agli scritti di René Guenon e Julius Evola, poi – di nuovo – un giudizio tranchant: “Spiritualmente, la globalizzazione è la manifestazione della Grande Parodia: il regno dell’Anticristo”.

Quando Aleksandr Dugin usa l’espressione “il regno dell’Anticristo”, lo fa in senso proprio, non figurato: è un “Vecchio credente”.

Quello dei Vecchi credenti (in russo: "старове́ры" o "старообря́дцы" è un movimento religioso ortodosso che nel 1666-1667 si oppose alle scelte della gerarchia ortodossa del proprio Paese, arrivando a separarsene in segno di protesta contro le riforme ecclesiastiche introdotte dal Patriarca Nikon. I Vecchi credenti continuarono infatti a esercitare le antiche pratiche della Chiesa russa antecedenti all'entrata in vigore delle riforme.

Per un Vecchio credente, lo scontro in atto tra l’impero americano e la Russia di Vladimir Putin è non soltanto uno scontro di civiltà, ma una lotta tra il bene e il male. Per inciso, un’analoga visione viene manifestata oggi da alcuni cattolici tradizionalisti.

Questa interpretazione escatologica trova precise motivazioni storiche: Mosca è anche chiamata la “Terza Roma”, fin dal Sedicesimo Secolo. Tra il 1523 e il 1524, il monaco ortodosso Filofej scrisse una lettera al Gran Principe di Mosca: “Due Rome sono cadute (nota, Roma e Costantinopoli) ma la terza resiste e non ve ne sarà una quarta”. In sintesi, Mosca (la Russia) come ultimo baluardo della cristianità.

 

Curioso il collegamento col terzo segreto di Fatima. Secondo la volontà della Madre di Dio come rivelata a Lucia Dos Santos, una dei tre pastorelli, per salvare il mondo il Santo Padre avrebbe dovuto consacrare al Cuore Immacolato di Maria la Russia.

Al contrario, Papa Francesco – nella consacrazione del 25 marzo scorso – ha consacrato al cuore Immacolato di Maria la Federazione Russa, l’Ucraina e l’intera umanità: da agnostico, faccio gli scongiuri che lui non sia il vero papa (come qualcuno inizia a sostenere con ottimi argomenti, tema sul quale ho già scritto) e che il vero e unico detentore del munus apostolico, Papa Benedetto XVI, abbia seguito la volontà Mariana.

Del resto, delle due l’una: o il Papa è cattolico, e come tale crede nel terzo segreto di Fatima e ne rispetta i precetti alla lettera, o non lo è, è un eretico sincretista e come tale se ne infischia: tertium non datur!

Il fronte antimperialista e antiglobalista, secondo Dugin, dovrebbe comprendere tutta l’umanità che ha ancora solide basi religiose e culturali e lo scontro dovrebbe essere quello tra la Tradizione e la “presente decadenza”.

Occorre fare un passo indietro. La modernizzazione (o l’Occidentalizzazione, dato che per noi i termini sono sinonimi) è giunta nell’URSS per via esogena, non è stata un processo endogeno, progressivo come in Occidente.

La Russia si considera una civiltà indipendente, con caratteristiche specifiche che la distinguono da tutte le altre Nazioni, al pari (ad esempio) della Cina, dell’India e del Giappone.

 L’attacco globalista alla Russia non è altro che il tentativo di creare un’umanità omogenea, privata delle proprie radici storiche e culturali, appiattita sui valori della società americana. Questa umanità standardizzata “privata per sempre di quelle differenze culturali che erano state la molla, il vero motore della storia” (secondo la teoria di Francis Fukuyama), si assoggetterà docilmente alla struttura sovranazionale – a guida americana – che governerà l’intero mondo.

Questo processo è già in stadio avanzato: pensiamo all’OMS, organismo sovranazionale finanziato dalla Fondazione Bill & Melinda Gates al quale gli Stati nazionali hanno di recente delegato parte della propria sovranità in materia sanitaria.

La postmodernità è un fenomeno complesso che deve essere studiato e compreso, in primo luogo dai nostri politici. Testi come La quarta rivoluzione industriale e COVID-19 The Great Reset del Professor Klaus Schwab (il pazzo globalista! N.d.r.) dovrebbero essere sul comodino di chi ci governa…

L’importanza del pensiero di Dugin si apprezza in pieno proprio considerando gli obiettivi del globalismo annunciati dal Forum di Davos. Il filosofo russo propone un modello di sviluppo antitetico: invece di un governo mondiale a guida americana, la nascita di un mondo multipolare, capace di tutelare le differenze religiose e culturali e di rifiutare la cancel culture, il gender culture e tutte le tendenze Occidentali.

 Apro una brevissima parentesi: l’URSS fu un modello di società multietnica antitetico rispetto a quello della società americana: invece di perseguire la strada dell’integrazione, si perseguì quella della pacifica convivenza nel mantenimento delle differenze religiose e culturali. Suggerisco la lettura dello straordinario reportage di Joseph Roth per la Frankfurter Zeitung (Viaggio in Russia, Adelphi).

La visione dell’Occidente come postmodernità decadente non è nuova. Da Oswald Spengler (Il tramonto dell’Occidente) ai già citati René Guenon e Julius Evola, giunge in Russia con critici del modello Occidentale insospettabili e autorevoli. Il giorno 8 giugno 1978, il Premio Nobel Alexander Solgenitsin pronunziò all’Università di Harvard un discorso memorabile.

 Eccone alcuni passaggi: “Se mi chiedono se propongo l'Occidente, come è oggi, come modello per il mio paese, francamente rispondo negativamente. Alcune caratteristiche della vita occidentale che ho considerato, sono estremamente tristi. Un fatto che non può essere contestato è l'indebolimento della personalità umana in Occidente, mentre in Oriente è diventata più ferma e più forte. In molti decenni siamo passati attraverso la formazione spirituale, molto in anticipo rispetto all’esperienza occidentale. Contrasti e conflitti spesso mortali, hanno prodotto personalità più forti, più profonde e più interessanti di quelle generate dagli standard del benessere occidentale. Pertanto, se la nostra società potesse trasformarsi nella vostra, questo significherebbe un miglioramento di certi aspetti, ma anche un cambiamento in peggio di alcuni punti particolarmente significativi. Dopo una sofferenza di decenni di violenze e oppressioni, l'anima umana desidera cose più elevate, più calde e trasparenti, rispetto a quelle offerte dalle abitudini di massa della vita odierna, introdotte da un'invasione rivoltante di pubblicità commerciale, da stupidi spettacoli TV e da musica intollerabile. Vi sono sintomi da cui si può vedere come una società sia in decadimento, quali ad esempio, il declino delle arti o la mancanza di grandi statisti. Il conflitto materiale e spirituale, nel nostro pianeta, è un conflitto di proporzioni cosmiche, e non una vaga questione nel futuro; esso è già iniziato. Le forze del male hanno iniziato la loro offensiva decisiva. Si può sentire la loro pressione, eppure gli spettacoli sugli schermi e le pubblicazioni sono piene di sorrisi costruiti e la gente si è tolta gli occhiali. Dov’è la felicità?

Come è stato possibile arrivare a creare questo sfavorevole rapporto di forze? Come è stato possibile per l’Occidente passare dalla sua marcia trionfale al suo attuale stato di debilitazione? Sono stati fatali i cambiamenti e le perdite di obiettivi nel suo sviluppo? Non sembra sia così. L'Occidente è avanzato costantemente in conformità con le sue intenzioni sociali proclamate, e con un progressivo brillante progresso nella tecnologia. E all'improvviso si è trovato nel suo attuale stato di debolezza.

Ciò significa che l'errore deve essere alla radice, al fondamento del suo pensiero nei tempi moderni.

Nelle democrazie giovani, come nella democrazia americana al momento della sua nascita, tutti i diritti umani individuali sono stati concessi considerando che l'uomo è creatura di Dio. La libertà era per l'individuo data in modo condizionato al presupposto della sua responsabilità religiosa costante. Questo era il patrimonio dei mille anni precedenti.

In Occidente, si è verificata una totale emancipazione dal patrimonio morale dei secoli cristiani con le loro grandi riserve di misericordia e di sacrificio. I sistemi statali sono diventati sempre più materialistici e il mondo si è trovato una dura crisi spirituale e in una impasse politica. Tutte le conquiste tecnologiche celebrate dal progresso, compresa la conquista dello spazio esterno, non hanno riscattato la povertà morale del ventesimo secolo, come nessuno nel XIX° secolo avrebbe potuto immaginare.

È l’uomo che decide la misura di tutte le cose sulla terra — l’uomo imperfetto, che non è mai privo di orgoglio, egoismo, invidia, vanità e decine di altri difetti. Se, come sostiene l’umanesimo, l’uomo è nato solo per essere felice, egli non é nato per morire.

Poiché il suo corpo è condannato a morte, il suo compito sulla terra evidentemente deve essere più spirituale: non un totale accaparramento di beni nella vita quotidiana, non la ricerca di modi migliori per ottenere beni materiali e quindi non la spensieratezza con il loro consumo.

 La vita deve invece essere il compimento di una riflessione costante e seria in modo che il nostro viaggio nel tempo possa essere soprattutto un'esperienza di crescita morale, per diventare esseri umani migliori”.

Solgenitsin, come Dugin, lamenta la perdita dei valori spirituali che già negli anni Settanta pervadeva la società Occidentale.

La domanda è dunque: noi Italiani, eredi di una tradizione religiosa e culturale senza pari in tutto l’Occidente, da che parte vogliamo stare? Da quella del globalismo atlantista, del governo mondiale a guida americana o dall’altra, multipolare?

Nessuno ci ha interpellato. Nel silenzio dei filosofi, nell’ignoranza crassa e colpevole dei giornalisti, nella idiota convinzione che ciò che è trendy sia meglio della tradizione, sguazziamo nel fango estivo come maiali destinati a essere macellati già il prossimo autunno per decisione presa a Washington e ratificata dai servitori della nostra Repubblica delle banane (emblematiche e profetiche le palme in Piazza del Duomo a Milano).

Siamo stati privati del diritto di fare la nostra scelta e, prima ancora, di comprendere la reale portata dello scontro di civiltà che si svolge nell’Est della nostra Europa, accecati dalla mistificazione e dalla propaganda, vittime della nostra stessa ignoranza.

(Alfredo Tocchi)

 

 

 

Dove si emette il verdetto

sul globalismo.

It.topwar.ru – redazione - Anatoly Ivanov – (Agosto 23 2022) -ci dice:

 

L'American Enterprise Institute AIP non è la fonte di informazioni più popolare sulla stampa sulle prospettive a lungo termine dell'economia. Sia globale che nazionale. Tutto è troppo astruso con loro, anche se in termini di previsioni stagionali e raccomandazioni specifiche c'è un ordine completo.

Per non dire che il discorso successivo, o meglio, straordinario, di uno degli esperti di questa istituzione - un economista, un ricercatore modesto, sebbene senior presso l'AIP Desmond Lachman, abbia fatto scalpore. Può essere considerata una sorpresa come la pubblicazione sia stata ripresa all'unanimità dalla stampa.

The Hill è una pubblicazione abbastanza giovane, meno di trent'anni sul mercato, non la più professionale, anche se lavora in collaborazione con l'agenzia Bloomberg, ma piuttosto politica. In realtà, The Hill non è un concorrente di The Forbes o del Financial Times, ma l'argomento è già molto fritto e si presenta estremamente accessibile.

Se in Cina o in Russia, parlare contro la globalizzazione e l'egemonia mondiale di un Paese scelto separatamente è stata a lungo la norma, negli Stati Uniti pochissimi si sono permessi di farlo.

Era quasi la prima volta che Desmond Lachman parlava in modo così succinto e così ampio, e anche così critico, della sua terra natale.

E se fosse contro Biden e i Democratici, sarebbe scontato, anche se The Hill aderisce a posizioni centriste e non ha riscontrato particolare simpatia per i repubblicani. Lachman è stato forse il primo ad applicare il termine "oscurità" persistente all'economia globale. Non una crisi o una grande depressione, questo non spaventa più nessuno, ma così - pessimista e senza speranza.

Troppe ragioni si sono accumulate per questo, secondo l'esperto. Di seguito le ragioni e la conseguenza della crisi, che è grave e, molto probabilmente, molto lunga, sarà una frammentazione dell'economia su larga scala. È tempo di dimenticare la globalizzazione e l'integrazione sotto la rigida guida dell'Occidente sviluppato, cioè il G-7 e in particolare gli Stati Uniti.

Ma gli Stati Uniti non si separeranno.

È chiaro che gli Stati Uniti con il loro dollaro sono la base dell'economia globale, ed è possibile che le grandi imprese non abbiano perdonato Donald Trump solo per il corso, che già somigliava molto al buon vecchio “isolazionismo”. Il fatto che recentemente la moneta nazionale americana abbia perso le sue posizioni sulla scena mondiale non cambia l'essenza della questione, e anche The Hill ne ha scritto.

Tuttavia, la Casa Bianca in qualche modo non è riuscita con le sanzioni, che è sia indirettamente che direttamente riconosciuto nell'articolo di Lachman. La pressione sugli avversari geopolitici crea dipendenza, ma vincerla almeno a livello locale sta diventando sempre meno comune. L'efficacia di questo metodo di reazione agli eventi fuori dal paese, l'autore di The Hill considera dubbia.

Secondo l'osservatore, le sanzioni economiche di Washington contro aziende o paesi globali sono sempre più simili a un boomerang. E danno un contraccolpo, che a lungo termine è estremamente svantaggioso per gli Stati Uniti.

Desmond Lachman ricorda che per gli Stati Uniti le sanzioni sono già diventate una reazione familiare alle azioni di altri paesi. L'opzione con sanzioni all'inizio sembra allettante "poiché la maggior parte delle volte sono facili da introdurre e non infliggono un colpo schiacciante al bilancio americano'.

Anche le sanzioni sono convenienti, in quanto non rappresentano un rischio per la vita e la salute delle forze armate statunitensi. Ma la storia ha già dimostrato più di una volta che di solito non danno l'effetto desiderato, anche se solo all'inizio, e l'effetto cumulativo è quasi sempre negativo, poiché Washington revoca le sanzioni molto raramente e con riluttanza.

Le sanzioni, secondo l'autore, impediscono alle autorità federali del paese di finanziare il debito sempre crescente degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, non lo fanno immediatamente, ma colpiscono anche il dollaro e il colpo al tasso di cambio non è così terribile come la sua reputazione. Lo status incrollabile del dollaro come valuta di riserva mondiale richiede semplicemente che gli Stati Uniti rimangano nel campo globalista e nel ruolo di leader indiscusso.

La Cina viene prima.

A differenza di molti altri ricercatori, D. Lachman non sopravvaluta il rigido legame dell'economia cinese con il capiente mercato americano. Piuttosto, non sopravvaluta questo mercato stesso e la Cina, a suo avviso, ha già preparato il terreno per separarsene.

Certo, tutt'altro che completo, ma abbastanza sufficiente per far fronte ai problemi che potrebbero sorgere a causa del suo crollo. L'economia cinese è attualmente la seconda più grande del mondo. Ma questo è finora, inoltre, nel PIL cinese, contrariamente a quello americano, la quota dei servizi è notevolmente inferiore.

Ciò è particolarmente importante in relazione ai servizi finanziari, soprattutto alla luce della rapidità con cui il dollaro sta perdendo terreno. La People's Bank of China è quasi la più attiva nello sbarazzarsi delle attività in dollari e nel trasferire gli accordi con le controparti in yuan e altre valute, indipendentemente dalla loro giurisdizione.

Ciò avviene nonostante la consapevolezza che il deprezzamento della valuta statunitense, già quasi inevitabile, comporterà immediatamente una serie di conseguenze, non sempre negative per l'economia statunitense. Solo due di loro sono evidenziati nella pubblicazione “The Hill”.

 

Innanzitutto, Lachman parla di svalutare il debito americano. Inoltre, non è ancora del tutto chiaro quale debito sia più importante da ridurre per la Fed e il Tesoro: esterno o interno. L'autore, a quanto pare, tende all'interno, poiché ciò mantiene la stabilità politica del Paese, che, secondo molte stime, è sull'orlo della guerra civile.

In secondo luogo, l'articolo di “The Hill “parla del rafforzamento delle posizioni competitive delle aziende americane sui mercati esteri, a causa della caduta del dollaro e del conseguente calo dei prezzi dei loro prodotti.

Desmond Lachman ricorda che le dure misure ombrello di Pechino durante la pandemia hanno portato alla perdita di circa 350 milioni di posti di lavoro. Tutte le principali città industriali erano in quarantena, motivo per cui l'economia cinese si è semplicemente "fermata".

Una deviazione relativamente piccola in termini di PIL e altri indicatori non dovrebbe trarre in inganno nessuno: il calo dell'economia è avvenuto e il ritorno al livello pre-pandemia è ancora una questione di futuro. L'economia cinese è cresciuta solo dello 0,4% nel secondo trimestre di quest'anno economico. Lachman richiama in particolare l'attenzione sul fatto che questo è parecchie volte inferiore all'obiettivo prefissato del 5,5%.

L'autore considera i problemi nel settore immobiliare della Cina come i più indicativi. Il carico di debiti delle imprese edili oggi è così alto che solo iniezioni di denaro senza precedenti da parte del tesoro le salvano dal fallimento. Allo stesso tempo, i fondi delle banche in realtà si dissolvono semplicemente in bolle di denaro crescenti.

In effetti, questa è una sindrome americana che si è manifestata per la prima volta in modo vivido durante la crisi del 2008. E un semplice rifiuto del dollaro non risolverà il problema. Secondo Lachman, non bisogna contare su una pronta ripresa dell'economia cinese, che ieri era in rapida crescita.

Anche la Russia è contro il dollaro.

Si ritiene che la Cina abbia seguito la Russia sulla via della de-dollarizzazione, ma in realtà, anche se non è scritto in “The Hill”, le manipolazioni con il tasso di cambio dello yuan sono iniziate molto prima, e di fatto erano uno strumento completamente funzionante nei confronti del dollaro.

Allo stesso tempo, il rifiuto del dollaro in Russia è più di natura propagandistica, soprattutto perché Mosca e la sua leva, come ricorda Lachman, sono troppo strettamente legate alla comunità europea. Ma la crisi del gas, che al momento è ancora localmente europea, è in grado di trasformarsi in un problema economico globale.

Tuttavia, la situazione, secondo l'esperto, ha funzionato a favore del GNL americano, con il quale al momento c'è solo un vero problema: è catastroficamente piccolo. Soprattutto, Germania e Italia hanno bisogno di carburante blu dalla Russia, dal momento che sono stati loro a pompare più gas da lì.

Secondo D. Lachmann, una completa cessazione delle esportazioni di energia dalla Russia comporterà un calo del PIL tedesco dell'1,5% quest'anno e di quasi il 3% nel 2023. L'economia tedesca sta già entrando in una fase di stagnazione e ha tutte le possibilità di cadere in una grave recessione.

Desmond Lachman suona letteralmente l'allarme:

"Una recessione in Germania è l'ultima cosa di cui l'Europa ha bisogno in un'era in cui la rinnovata instabilità politica in Italia sta mettendo in dubbio la capacità di Roma di servire il suo gigantesco debito pubblico".

È interessante notare che la frammentazione dell'economia mondiale in “The Hill” è intervenuta quasi subito dopo la Banca Centrale Russa, che il 12 agosto nel suo rapporto periodico ha ammesso lo scenario di una crisi globale. Secondo lui, l'economia mondiale sarà frammentata.

Dai materiali del regolatore russo, questa volta molto convincente, lo si può capire:

“I paesi si concentreranno sempre più sull'aumento della localizzazione della produzione. Allo stesso tempo, l'attenzione sull'uso dei vantaggi comparativi diminuirà gradualmente".

(Anatoly Ivanov)

 

 

 

Il sovranismo per

uscire dal Draghistan.

Ilparagone.it – Giulia-Redazione – Gandolfo Dominici - (03/08/2022) – ci dice:

(Gandolfo Dominici, Professore Associato di Business Systems e Marketing – Università di Palermo – esperto di Cibernetica Sociale – Editor in Chief della rivista scientifica Kybernetes)

 

Come nel precedente articolo: “La gabbia Globalista del Draghistan e l’attacco alla democrazia”, nell’occidente moderno le élite sono sovrane, non i popoli europei. Il liberalismo globalista ha vinto sul comunismo per perdere sé stesso!

Infatti, per quanto le attuali aristocrazie occidentali si possano opporre strenuamente, stiamo assistendo alla inesorabile caduta del neo-liberismo e del globalismo unipolare e alla fine della globalizzazione.

Le restrizioni motivate con il pretesto pandemico, prima, e il conflitto con la Russia ed i suoi alleati (tra cui Cina, India e 3/4 del mondo), ora, stanno gradualmente compromettendo il sistema economico e le catene di fornitura necessarie al funzionamento del mercato globale, per quanto alcune élite possano ancora tentare di fermare questo processo, potranno solo rallentarlo.

Occorrerà dunque ripartire dal “sovranismo” per ritrovare la giusta dimensione di libertà dei popoli e dei cittadini e la prosperità economica.

Il termine sovranismo è diffamato dai media e conosciuto da pochi nel suo reale significato e nelle sue implicazioni politiche, sociali ed economiche.

Ma, in effetti, cosa vuol dire sovranismo?

In estrema sintesi – in quanto il discorso sarebbe molto lungo e richiederebbe un saggio, non già un articolo – il sovranismo non può e non deve essere confuso con una ideologia di (estrema) destra o nazionalista, come spesso viene definita dalla propaganda mainstream. Tale sviante sovrapposizione è solo dovuta alla altrettanto fasulla dicotomia politica odierna, in realtà la contrapposizione politica non è più caratterizzata dalle definizioni destra/sinistra ma sovranismo-globalismo.

Con sincero spirito critico si potrebbe affermare come il dettato dell’art. 1 della Costituzione possa, in effetti, essere la base del sovranismo. Infatti ivi si afferma che: “La sovranità appartiene al popolo”.

Il sovranismo, semplicemente, propugna la riconquista della sovranità popolare in antitesi alle politiche globaliste unipolari e di egemonia delle élite plutocratiche sovranazionali.

Il sovranismo mette al centro dell’attenzione i veri bisogni dell’individuo, quale membro di una identità culturale. Il suo diritto all’appartenenza, alla socialità, al lavoro come alla sussistenza economica; in contrapposizione alla società consumistica, mediatica e “fluida” del “villaggio globale” voluta e creata dalle multinazionali e dai mass media a loro, direttamente o indirettamente, collegate.

Diversamente da ciò che in modo diffamatorio propalino i media mainstream, il sovranismo non coincide con il “suprematismo”.

Anzi, al contrario, è tollerante delle differenze che considera un arricchimento rispetto alla standardizzazione secondo i dettami fluidi del c.d. politically correct che atomizzano e privano il cittadino delle sue radici e della sua cultura, rendendo l’individuo un animale da allevamento standardizzato.

 Allo stesso modo, i mercati globali gestiti dalle élite plutocratiche globaliste unipolari hanno bisogno di un uomo che sia “standardizzato”, che consumi gli stessi beni in tutto il mondo (ed i tipici esempi di prodotti globali sono, come detto, i-phone o il cheese-burger di McDonald, etc.). Questa narrazione a portato a falsamente sovrapporre, nell’immaginario collettivo, i mercati internazionali con il mercato globale.

 Essi, invece, rappresentano due concetti diversi, perché nei mercati internazionali i prodotti vengono adattati alle abitudini culturali dell’area, ma non ad essa limitati. 

Per chiarire il concetto si pensi, ad esempio, alla differenza tra un cheese-burger di McDonald e un panino con le panelle palermitano. Sono entrambi fast-food, ma con differenze dovute alla cultura gastronomica in questo caso.  Ciò non comporta alcuna “superiorità” del panino con le panelle (anche se per lo scrivente è decisamente più buono), né esclude che tale panino possa essere esportato in altri paesi e divenire anche lì una buona abitudine.

Il sovranismo, dunque, si contrappone alla standardizzazione dell’uomo globalizzato unipolare ma non rifiuta l’internazionalizzazione.

Il globalismo è unipolare (quindi implicitamente suprematista, a dispetto dei proclami) mentre il sovranismo è invece “multipolare”.

 Il globalismo è etno-centrista, poiché pretende che il modello occidentale – definito dai precetti del politically correct – possa e debba essere esportato per “civilizzare” e rendere “democratici” tutti i paesi del mondo, anche a suon di “bombe di pace”.

Il sovranismo, dunque, lungi dall’essere divisivo e guerrafondaio non ha alcuna pretesa di imporre un unico modello culturale, politico, economico e sociale al mondo intero. Se lo facesse diverrebbe il suo opposto, cioè il globalismo.

Portata l’ottica sovranista agli estremi, guerre come quella tra Russia e Ucraina, in effetti, non avrebbero probabilmente avuto ragion d’essere.

Alla luce di quanto detto sin qui, per liberarci dal Draghistan, occorre dunque riconquistare la sovranità dell’Italia e del popolo italiano. Per farlo dobbiamo “Cavalcare la Tigre” (usando un termine coniato da Julius Evola), cioè avere il coraggio di salire sopra la tigre del globalismo unipolare elitario – senza mai identificarsi con essa – e aspettare che si stanchi per abbatterla.

 

La buona notizia è che la tigre del globalismo unipolare appare già stremata, e rimanendo noi stessi, e unendoci nella battaglia politica e sociale, presto potremmo uscire dal giogo globalista e riconquistare la nostra sovranità e la nostra libertà di essere italiani.

 

 

 

Anche la moneta sarà multipolare.

Identitaeterritorio.it - Emanuele Campilongo – (1°luglio 2022) – ci dice:

 

Nel mio precedente intervento dal titolo “Darsi una prassi multipolare”, ho ritenuto di affermare che è ormai divenuto necessario lavorare affinché l’arte sia multipolare, perché lo diventi la musica, la pittura, la letteratura etc.

Non ripeterò mai abbastanza che è ragione di vita ormai combattere e lottare contro quella belva disumanizzante che è l’unipolarismo, diletto figlio del globalismo liberale che ha portato l’Uomo a ridursi a numero.

Ad avere in sostanza un prezzo, e ad essere oggetto di consumo anch’esso. Ma tra i tanti aspetti che determinano l’esistenza, vi è anche l’aspetto economico e negarlo non è possibile.

Per fortuna possiamo contare – in ambito sia italiano che mondiale – su numerosi uomini pratici degli aspetti economico-finanziari di sana ispirazione multipolare o quantomeno molto critici verso il liberal-globalismo occidentale.

Essi sono un bacino indispensabile per l’edificazione del futuro. Ognuno di noi, nell’ambito delle sue competenze deve dare il proprio contributo. Gli accadimenti degli ultimi anni e in particolare di quelli recentissimi, hanno evidenziato come anche lo strumento della moneta debba essere multipolare.

Il multipolarismo deve avere solide radici economiche per poter puntare alla distruzione del sistema unipolare globale. Quindi la moneta, come ogni creazione dell’Uomo, deve rispondere ai requisisti insiti nell’approccio multipolare dell’esistenza. Prima di tutto essa deve mantenere le tre funzioni: essere mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valore.

Ma deve tornare ad essere strumento di relazione tra i popoli, essere di proprietà degli stessi e garantire dignità e prosperità, secondo le inclinazioni culturali dei popoli.

 La moneta deve essere per così dire “agganciata all’economia reale” e non il grimaldello della finanzia internazionale apolide. Attraverso la moneta non deve passare alcuna visione universalistica e omologante.

Le recenti indicazioni di massima scaturite dalla conferenza dei cosiddetti Brics, altro non sono che l’ormai evidente – e da anni segnalato da analisti indipendenti – segno del declino inevitabile del dollaro come moneta mondiale.

 Ciò non sarà indolore ma accadrà. Solo l’incredibile falsità dei media occidentali ormai ridotti a parodia, poteva descrivere tale sommovimento come una volontà da parte delle economie eurasiatiche di dotarsi di “una specie di euro”, come se esso fosse un modello da virtuoso seguire.

Una lettura questa non solo sbagliata, falsa e ipocrita ma ennesimo segno dell’impossibilità delle classi dirigenti europee di fare autocritica dei propri macroscopici errori.

Ciò che i Brics probabilmente stanno pensando è un progetto di creazione di una moneta che nella pratica sia una unità di conto. In buona sostanza molto più simile al progetto dell’ECU, destinata agli scambi tra grandi spazi, all’interno di una “architettura monetaria” che contenga sia le monete nazionali esistenti, che le cosiddette monete locali o complementari.

Quest’ultimo strumento è pienamente in linea con i postulati multipolari, e può contare nel mondo anche su esempi virtuosi. Quindi anche attraverso lo strumento della moneta, il multipolarismo può ergersi a baluardo delle identità e delle specificità di tutti i popoli e culture, nel pieno e reciproco rispetto.

 Quindi è necessario chiudere il prima possibile con il criminale pensiero economico universale, che mira ad imporre una ricetta uguale per tutti senza tenere in nessun conto delle diversità esistenti tra le genti.

Avanti.

(Emanuele Campilongo)

 

 

 

l Draghistan e la “proteina spike

della democrazia.

Theunconditionalblog.com – Prof. Gandolfo Dominici – (17-5-2022) – ci dice:

Il “Bel Paese” un tempo detto Italia è stato infettato dal virus pandemico del globalismo ed è divenuto Draghistan.

Il virus del globalismo ha infettato tutte le istituzioni, dagli ordini professionali ai sindacati, alle associazioni di categoria ed ha colpito l’organo vitale della democrazia: il Parlamento.

Questa patologia ha completato il processo di trasformazione da Democrazia a quella che il sociologo – ed ex Presidente della Fabian Society (nel 1976) – Colin Crouch aveva definito “Postdemocrazia”.

La Postdemocrazia è una condizione degenerativa della Democrazia in cui le istituzioni e le consuetudini democratiche perdono la loro reale funzione e rimangono semplici orpelli formali per fare da paravento al vero governo delle oligarchie plutocratiche.

La globalizzazione ha trasferito le decisioni strategiche nell’ambito sovranazionale che è al di fuori del controllo delle istituzioni democraticamente elette degli stati nazionali. Ciò ha reso sostanzialmente nulla la volontà e la partecipazione popolare al dibattito politico-economico.

Nella fu Italia (oggi Draghistan) questo processo si è reso ancora più facile data la diffusa esterofilia dell’italiota medio per il quale frasi come “ce lo chiede l’Europa”, o “lo stanno facendo in altri Paesi”, sono sufficienti a giustificare qualsiasi vessazione.

Peggio ancora, si è assistito – e si assiste – ad una progressiva perdita di identità culturale e politica in nome del globalismo neo-liberista occidentale che vuole i sudditi (non più cittadini) conformi e standardizzati secondo i dettami fluidi del politically correct.

Il neo-liberismo globalista gestito dalle élite plutocratiche occidentali vede, infatti, il suddito (ideale) come un consumatore di un prodotto globale su un mercato globale.

 C’è, dunque, bisogno di un uomo che sia “standardizzato”, che consumi gli stessi beni in tutto il mondo (come gli i-phone, i cheese-burger di McDonald, etc.). Pertanto, considera le idee, i gusti, e persino l’identità sessuale come prodotti da “standardizzare”.

Per diffondere il “virus globalista” le classi politiche nazionali hanno adottato modalità sempre più subdole di comunicazione con gli elettori, manipolandoli o, più semplicemente, truffandoli. Una volta arrivati al governo, hanno puntualmente ripagato quanti li abbiano sostenuti con il proprio voto, con il tradimento.

Quelli che una volta erano cittadini sono – dunque – divenuti marionette mosse dalla propaganda che, molto spesso, è stata finanziata (in via diretta o indiretta) da oligarchi sovranazionali.

Quanti detengono veramente il potere hanno compreso che per demolire la democrazia occorre colpirla al cuore.

Il Parlamento è il cuore della Democrazia, e l’Italia era – secondo la Costituzione (ormai ridotta a cavillo) una Repubblica Parlamentare. Peraltro è cosa nota come il primo passo per instaurare una dittatura sia delegittimare e depotenziare il Parlamento riducendolo ad un “bivacco””, come ebbe a minacciare Mussolini ai tempi della marcia su Roma.

Il veicolo che in Italia ha portato l’infezione globalista in Parlamento è da identificarsi in vari partiti che hanno “tradito” i propri elettori e principalmente il Movimento 5 Stelle.

 I 5 Stelle come la famigerata “proteina spike” del Covid-19 hanno demolito l’organo più importante della democrazia, insultandolo, svilendolo ed impoverendolo in nome di un facile populismo gridato sui social che ha ipnotizzato ed abbindolato i suoi elettori.

A molti ex cittadini, e oggi sudditi, abbindolati dalla propaganda populista è sembrata una ottima idea portare in Parlamento gente senza arte né parte (come, a rigor del vero, aveva già iniziato a fare Forza Italia anni prima), riducendo gli emolumenti dei parlamentari, togliere i vitalizi e ridurne il numero: “A morte i politici!”.

Il portato di questa ondata è sotto i nostri occhi, un parlamento ridotto a mero “passacarte” di un “governo dei migliori” (cioè “aristocrazia” dal greco antico? ριστοκρατ? α, composto da? ριστος «ottimo – migliore» e -κρατ? α «-crazia: governo/comando»).

Il Sommo Sultano del protettorato coloniale atlantista del Draghistan è stato sostanzialmente nominato (mai eletto) dalle élite plutocratiche sovranazionali, succedendo ad altri nominati.

Un parlamento composto per gran parte da mediocri (e tanti ancor meno che mediocri) per i quali gli emolumenti, seppur quasi dimezzati rispetto al passato, rappresentano l’unica fonte di sostentamento e che, essendo stati aboliti i vitalizi, giammai lascerebbero la poltrona prima della fine della legislatura, a costo di votare a favore di qualunque assurdità venga proposta dal governo dei sedicenti “migliori? “

Per analogia il Parlamento è stato così privato delle sue “difese” immunitarie”, così da potere essere meglio infettato dal virus del potere globalista.

Presi da tale furore, indotto dalla propaganda, i cittadini non si sono accorti che i politici ed il Parlamento erano gli unici che (almeno in teoria) avevano un qualche bisogno di consenso popolare per raccogliere voti e – dunque – gli unici che (sempre in teoria) avrebbero potuto avere un qualche interesse a rappresentare le loro istanze. Pertanto gli elettori, svilendo il parlamento (per via della delusione e del distacco dalla politica), hanno dunque fortemente indebolito l’unico mezzo a loro disposizione per cercare di contrastare lo strapotere delle élite sovranazionali.

Tale manipolazione del consenso (anche parlamentare) ha, in questi giorni, trovato tutta la sua evidenza – per chi voglia vedere – con la questione che ha visto protagonista (suo malgrado) il senatore Petrocelli (per contrappasso appartenente al Movimento 5 Stelle).

 Questi, infatti, è stato rimosso dalla Presidenza della Commissione Esteri del Senato perché non allineato con il “governo dei migliori” del Draghistan, per poterlo liquidare si è giunti a far dimettere i singoli componenti di quella Commissione.

 Appare evidente come in tale assenza di dialettica istituzionale, il “politically correct” globalista (della sinistra italiana) acquisisce la totale egemonia e il suprematismo occidentale manifesta la sua natura di totalitarismo.

Privato il popolo del Parlamento, come unico strumento di difesa democratica, le élite possono procedere senza ostacoli verso lo step successivo della famigerata “Agenda” globalista che, grazie al “Reset” dei ceti medi – già da tempo descritto e fortemente auspicato dagli oligarchi del “World Economic Forum” del nuovo idolo globalista Klaus Schwab potrà gradualmente trasformare i cittadini ormai “sudditi”, in animali da allevamento in batteria da gestire attraverso la manipolazione del consenso ed il controllo sociale.

Tale approccio “zootecnico” al controllo sociale lo abbiamo già visto con il pretesto della Pandemia Covid-19, con le inutili (e deleterie) misure draconiane (rectius: dragoniane) come il lockdown, il coprifuoco, il green pass e il ricatto estorsivo vaccinale.

 Tutte misure volte a fare accettare la riduzione dei diritti, un tempo inalienabili e inviolabili, ad accettare “certificati di obbedienza” sotto la forma di QR code e identità digitale; tutti prodromi alla instaurazione diffusa di un sistema di credito sociale di stampo cinese.

Sudditi marchiati, standardizzati e privati della loro identità e sovranità – anche fisica, attraverso l’estorsione terapeutica – come polli in una stia.

 Tutti uguali, tutti carne da macello per gli interessi economici e politici di una risicata élite globalista (diretta da Klaus Schwab) per cui le istituzioni politiche, economiche e sociali nazionali sono meri pezzi di un ingranaggio.

“Non avrò nulla e sarò felice” recita un noto slogan del World Economic Forum, felici come si può essere in una stia per polli!

Per uscire dalla stia per polli occorre uscire dal pensiero unico “politically correct” e della degenerazione neo-liberista del pensiero liberale che fluidifica le istituzioni della società e, conseguentemente, l’identità degli individui.

Occorre opporsi al neo-liberalismo globalista delle oligarchie che, avendo acquisito la piena egemonia, si è trasformato in totalitarismo e che avendo strumentalmente depotenziato le istituzioni democratiche si appresta a trasformare la post-democrazia in post-umanizzazione.

A questo punto, la cura al virus globalista consiste nel riappropriarsi della sovranità, tornare ad essere cittadini e non più sudditi. Per fare ciò bisogna riabilitare, guarire e riacquistare la fiducia negli organi preposti al controllo democratico, primo tra tutti il Parlamento.

 

La cura al virus globalista si chiama “sovranismo”.

Il termine sovranismo viene da tempo diffamato dalla propaganda manipolatrice delle élite globaliste, tuttavia è compreso da pochi nella sua reale accezione politica, sociale ed economica.

Il sovranismo è lungi dall’essere una ideologia di (estrema) destra o nazionalista, come subdolamente viene apostrofato dalla propaganda mainstream.

 Tale sviante sovrapposizione è solo dovuta alla altrettanto fasulla dicotomia politica odierna tra destra e sinistra, due categorie ormai inconsistenti e inesistenti.

La falsità di tale dicotomia è oggi palese, trovandoci davanti a una “sinistra” (un tempo a favore di lavoratori e proletariato) che, dalla caduta del muro di Berlino, è divenuta, invece, paladina di banchieri e multinazionali.

Dall’altra parte, una pseudo destra che ha smesso da tempo di tutelare la media borghesia.

La reale contrapposizione politica odierna è – quindi – tra sovranismo e globalismo, cioè tra identità e cittadinanza da un lato, e standardizzazione e sudditanza ai dettami delle élite sovrannazionali, dall’altro.

“In nome del popolo sovrano” non è solo il titolo di un vecchio film, ma anche il dettato dell’art. 1 della Costituzione ove si afferma che: “La sovranità appartiene al popolo”.

In parole semplici il sovranismo avvalora la rivincita della sovranità popolare in antitesi alle politiche globaliste e di egemonia delle élite plutocratiche sovranazionali, mettendo al centro della dialettica politica i veri bisogni dell’individuo quale membro di una identità culturale.

Temi come il diritto all’appartenenza, alla socialità, al lavoro come alla sussistenza economica, devono tornare in auge contrapponendosi alla narrazione propagandistica della società consumistica, mediatica e “fluida” del “villaggio globale”, voluta e creata dalle multinazionali e dai mass media a loro, direttamente o indirettamente, collegati.

A livello geopolitico, il sovranismo si oppone al “suprematismo” delle “crociate” dell’Occidente esportatore di “post”-democrazia che ha come “missione” quella di imporre il “politically correct” – come unico e massimo “bene” – come i missionari imponevano il cristianesimo alle tribù indigene.

Il sovranismo, al contrario di quanto spacciato dai media mainstream, è tollerante delle differenze che considera un arricchimento rispetto alla standardizzazione globalista che, invece, atomizza e priva l’individuo delle sue radici e della sua cultura, rendendolo un pollo standardizzato nella stia globale.

Il sovranismo, si contrappone alla standardizzazione dell’uomo globalizzato ma non rifiuta la dimensione internazionale come facevano invece le ideologie nazionalistiche dello scorso secolo.

 Per combattere il virus del globalismo unipolare serve il sovranismo “multipolare”.

Al globalismo etno-centrista occidentale che vuole “civilizzare” e rendere “post” democratici tutti i paesi del mondo a suon di “bombe di pace” si deve contrapporre il sovranismo multipolare, che non ha alcuna pretesa di imporre un unico modello culturale, politico, economico e sociale al mondo intero.

In conclusione – e fuor di metafora – occorre ripristinare le condizioni minime per poter riprendere a nutrire la storica fiducia nelle istituzioni democratiche ripristinandone la naturale (ma al momento congelata) funzione di anticorpi nei confronti delle oligarchie sovrannazionali che stanno calpestando la nostra umanità mirando a trasformare la cittadinanza in un distopico “metaverso.”

Per debellare il virus globalista che ha ridotto l’Italia in Draghistan, dunque, il sovranismo è la cura.

Per riuscire in questa cura bisogna, citando il filosofo Julius Evola, “Cavalcare la Tigre”, cioè avere il coraggio di salire sopra la tigre del globalismo elitario – senza mai identificarsi con essa – e aspettare che si stanchi per poterla abbattere.

(Prof. Gandolfo Dominici)

 

 

 

IL POSTO DELL’EUROPA IN UN MONDO

MULTIPOLARE: ELEMENTI PER UN

PENSIERO POPULISTA E RIVOLUZIONARIO.

Geopolitika.ru – (16.07.2021) - Alexander Markovics - ci dice:

L’emergente mondo multipolare è una rivoluzione geopolitica che non segna soltanto un cambio di paradigma rispetto al breve momento unipolare statunitense cominciato nel 1991, ma anche la fine dell’egemonia occidentale.

Il cambiamento in corso verso la multipolarità favorisce le differenti civiltà in opposizione al progetto liberista della globalizzazione occidentale.

 Laddove la globalizzazione cerca di unificare il mondo sotto un unico sistema politico, la multipolarità esalta la diversità dei vari sistemi politici, delle varie ideologie e delle varie civiltà.

La multipolarità e il momento populista.

Sorge quindi la domanda: qual è il posto dell’Europa in questo mondo multipolare?

 La posizione attuale dell’Europa è all’interno dell’orbita degli Stati Uniti.

 Dopo settant’anni di atlantismo l’Europa non sembra più in grado di esprimere i propri interessi geopolitici.

 Ma come diceva Hölderlin: “Dove vi è pericolo crescono anche le potenze salvifiche”.

Il momento populista ha dato vita a movimenti quali Gilet Gialli e partiti in tutta Europa i quali hanno dichiarato guerra alle élite liberiste. Ma anche ai movimenti populisti manca una strategia contro il globalismo e il liberalismo.

Gli attacchi dei globalismi sono sferrati contro il cuore della civiltà europea: il cristianesimo e le chiese vengono profanate, i popoli vengo dissolti nelle “acque gelide del calcolo egoistico” (come disse Karl Marx), la famiglia è vista come strumento di oppressione e anche i sessi vengono attaccati perché, secondo la diffusa ideologia di genere, rappresentano il patriarcato, e il transumanesimo è persino disposto ad abolire l’umano stesso onde liberare l’individuo. In poche parole, il liberalismo attacca su più fronti.

Eppure i populisti combattono soltanto su di alcuni di questi fronti e gli sfugge la loro importanza complessiva.

Fino ad ora essi hanno messo in discussione soltanto alcuni aspetti dell’egemonia liberale e gli sfugge il quadro d’insieme. Chiedono la fine delle migrazioni di massa, ma non mettono in discussione l’Alleanza Atlantica, che sta distruggendo la patria dei popoli di tutto il mondo; tacciono sul problema del capitalismo che distrugge la cultura e la religione cristiana mentre allo stesso tempo gridano “non islamizzate la nostra americanizzazione!”.

I due padri fondatori del pensiero populista rivoluzionario: Gramsci e Schmitt.

Tutti questi aspetti dell’attuale guerra intellettuale che imperversa in Occidente mostrano la gravità apocalittica del momento storico che stiamo vivendo. È perciò più che mai importante decidere da che parte stare. Per quanto concerne l’Europa, ad essa si offre la scelta di stare con le élite odierne e la fine della storia che proclamano o la causa dei popoli e il proseguimento della storia.

Ciò che attualmente manca ai populisti di tutta Europa è una teoria rivoluzionaria. Ma dove possono essi trovarla?

 Prima di tutto dobbiamo guardare al periodo interbellico, in cui vissero l’intellettuale comunista Antonio Gramsci e il rivoluzionario conservatore tedesco Carl Schmitt.

Nel pensiero di Gramsci si trova la teoria dell’egemonia culturale, che è utile per capire come funziona l’attuale regime liberale.

 Adattando correttamente le idee di Antonio Gramsci, ci si rende conto che l’ideologia liberale si trova non solo in fenomeni come la migrazione di massa e il deterioramento della sicurezza interna o l’economia capitalista, ma anche nell’unipolarità geopolitica e soprattutto nell’area culturale.

Una resistenza contro l’egemonia liberista sull’Europa sarà quindi vana se diretta verso solo contro un suo singolo aspetto. Se il populismo si opporrà a solo uno dei due aspetti dell’egemonia, esso sarà soltanto l’ennesimo esempio di una “modernizzazione difensiva”, e infine perderà, proprio come il politologo Chantal Mouffe ha sottolineato.

L’emergere del populismo significa che il politico è tornato in Europa e che a noi Europei si offre la possibilità di scegliere tra diversi progetti egemonici.

Il liberalismo è una possibilità – il populismo rivoluzionario orientato secondo i principi della Quarta Teoria Politica è l’altra. Queste sono le precondizioni intellettuali per un’Europa sovrana di un mondo multipolare.

Potere terrestre, Katéchon Europa e Stato nazionale.

Nel campo della geopolitica i populisti devono riscoprire l’opposizione tra terra e mare delineata da Carl Schmitt, in cui si dimostra la connessione tra potere marittimo e idee progressiste e tra potere tellurico e conservatorismo.

Come Alain de Benoist ha ulteriormente sviluppato riferendosi a Zygmunt Bauman, il potere del mare cerca di tramutare tutto in liquido, “liquida” il capitale e i migranti per farli fluire come se fossero onde del mare.

Per resistere alla globalizzazione, l’Europa deve diventare, nel mondo in cui Carl Schmitt ha definito il grande spazio europeo unito, “Katéchon Europa” per arginare l’Anticristo.

Ciò significa evidentemente che l’Europa deve tornare alle sue radici geopolitiche. In primo luogo essa deve riconoscere il fatto che lo Stato nazionale, figlio della modernità, a) non è più in grado di esercitare alcuna sovranità e b) esso non è un protettore del popolo ma un agente degli interessi borghesi.

Il soggetto del pensiero populista: il popolo.

Nello sviluppo di un pensiero populista rivoluzionario è necessario porre l’accento sul soggetto del populismo: il popolo. A differenza della nazione il popolo non è una comunità artificiale, ma un organismo storico. Non è composto da individui ma da persone che trovano il loro posto all’interno della comunità.

 Laddove le nazioni conoscono solo un’umanità politicamente accentuata al di sopra di sé stesse e spingono la loro logica conclusione in uno Stato mondiale, i vari popoli sono i pensieri di Dio – proprio come direbbe Herder. Al di sopra dei popoli ci sono solo le civiltà, che sono composte dai vari popoli che condividono la medesima religione, la medesima storia e il medesimo spazio comune. Da soli, i popoli sono condannati ad essere liquidati dall’Occidente, ma uniti in civiltà possono resistere alla marea.

Multipolarità e il distribuito cuore della terra.

È perciò categorico che una civiltà europea unita debba formare un impero comune in senso tradizionalista onde garantire la pace per sé e per difendere la propria sovranità dall’assalto globalista occidentale.

Inoltre, l’ascesa delle civiltà russo-eurasiatica, cinese e iraniana-sciita dimostra ciò che Alexandr Dugin definisce il distribuito cuore della terra.

Non vi è un cuore della terra soltanto (nel modo cioè previsto da Halford Mackinder) ma ve ne sono molti. Noi europei ne abbiamo uno: il nostro specifico cuore della terra europeo.

Ciò significa che dobbiamo lasciarci alle spalle il “fardello dell’uomo bianco”, il messianismo liberista dei diritti umani, il progressismo e l’illuminismo. Dobbiamo fare i conti con la xenofobia.

 Soltanto nel momento in cui abbandoneremo arroganza e superstizione potremo ritagliarci un posto tra le varie civiltà e ritornare alla nostra tradizionale eredità cristiana.

Se i populisti d’Europa comprenderanno queste cose, lasciandosi alle spalle le differenze tra sinistra e destra, e se formuleranno un programma rivoluzionario che opponga globalizzazione e liberalismo in tutte le loro dimensioni, allora potranno vincere. La multipolarità, nella sua dimensione intellettuale e geopolitica, è la chiave per restituire all’Europa il proprio destino. Ma come in ogni lotta di liberazione, sono gli europei stessi a dover compiere il primo passo per uscire dall’egemonia occidentale globalista.

La fine del cesarismo: riflessione e autocritica come chiave della multipolarità europea.

Una teoria rivoluzionaria permette non solo ai populisti di tutta Europa di distinguere tra amico, nemico e nemico principale, ma anche di delineare una strategia volta alla liberazione dell’Europa dal liberalismo. Una teoria completa permette inoltre l’autocritica e mette fine al cesarismo incauto che è presente nei movimenti e nei partiti populisti. I tragici esempi di governi populisti crollati a causa del cesarismo, come in Italia e in Austria, rimarrebbero una cosa del passato.

 

Multipolarità: le civiltà unite contro il globalismo occidentale.

Come è possibile constatare, la multipolarità offre grandi possibilità per combattere contro le forze della globalizzazione e per porre fine alla loro marcia. Lo abbiamo visto sui cambi di battaglia in Siria, dove la Russia e l’Iran hanno prevenuto la caduta del presidente Bashar-al Assad e l’ascesa dell’ISIS. In Venezuela la Russia e la Cina sono riuscite ad aiutare il Presidente Maduro a resistere alla destabilizzazione che era stata orchestrata dagli Stati Uniti e dal loro tentativo di cambio di regime.

 Osservando il potenziale di un fronte anti-imperialista composto da diverse civiltà unite contro la globalizzazione, è più che logico che anche l’Europa vi aderisca lasciandosi alle spalle l’Occidente e creando un proprio polo nel futuro ordine mondiale multipolare.

(Alexander Markovics)

 

 

La Quarta Teoria Politica

Pro e contro Dugin.

Orizzontealtro.it- Aspis Edizioni, Milano 2019 -Albero Iannelli – ci dice:

 

Nel 1918, a quattro anni dall’uscita della versione definitiva del classico spengleriano, Arthur Moeller Van den Bruck pubblica Il Tramonto dell’Occidente, pro e contro Spengler: è l’eidolon di questa stessa convergente divergenza eraclitea che qui proemialmente evochiamo, affinché musagete ci dischiuda di Verità atremida l’adito solatio, adeguando il nostro intelletto all’impresa che, in cammino attraverso le ombre elisie de La Quarta Teoria Politica di Aleksandr Dugin, qui criticamente letta nell’edizione Aspis “osi” corrispondere a quell’Uno-in-sé-diviso Originario che si farà evento oltre i confini stessi di questo testo, pugnace e profetico chiamante escatologicamente il Mondo dell’Alterità da questo-Tempo all’unità dell’estrema battaglia.

Spengler e Van den Bruck dunque, “fraterni e lontani” per Dugin, quanto Dugin e me, quanto l’analitica illuministica di Sciascia e la sineciosi di Pasolini, quanto ovvero il pensiero che converge conciliato nell’Uno e il pensiero che si acquieta solo presso la discordia della Diade, fratelli ebbene quanto il progetto euroasiatico di Dugin e l’alleanza reclamante il diritto al futuro dei popoli giovani di Van den Bruck, o quanto, egualmente, l’irrelazione delle Kultur spengleriane e la lotta di Dugin per la de-monadizzazione lineare-ascensionale e teleologica della concezione del Tempo; e lontani, simmetricamente, ma in dissonante concento, quanto il Soggetto radicale di Dugin e l’intrascendibilità dell’Orizzonte della Soggettualità autoctica ostensa in ΔIÁ, o quanto, coimplicativamente, l’elevare escato-eplicesi angeliche e non titaniche, eterni fondamenti immanenti l’umano essere e incedere, e non piuttosto destinali.

Con Dugin dunque, contro Dugin del pari, all’ombra massiccia e frondosa dello Harz e del Reno, e sempre abbacinati dall’oscura diafania efesina, che sdegnosa ci si appressa remota.

La modernità occidentale ha prodotto tre grandi teorie politiche (ove l’aggettivo mégas certamente non è da intendersi assiologicamente, bensì in relazione alla capacità di incidere la Storia, di essere Destino): Liberalismo, Comunismo, Fascismo, tutte in qualche modo per Dugin allignanti in una medesima radice, tutte egualmente da Dugin elevanti – ora – la necessità di portarsi oltre il loro proprio causativo orizzonte del Moderno antropologico, esistenziale, sociale, economico, metafisico.

Questo ex-porsi-oltre è la Quarta Teoria Politica (d’ora innanzi 4TP), un ultra-incedere le tre antecedenti visioni del Politico e anzitutto la stessa Modernità che le ha generate, Modernità ormai essa stessa dissoltasi nel Nulla riduzionistico-rizomatico della Post-modernità, un’eccedenza (Prò-odos) che, per il pensatore russo, è già riconversione (Epi-strophé) neoplatonica nell’Uno (Moné) della Tradizione che perennemente è, epocalmente celantesi-svelantesi.

Innanzitutto, si parla della contrapposizione tra il paradigma della Modernità e il paradigma della Tradizione. Le Tre Teorie Politiche, sul superamento delle quali è basta la Quarta Teoria Politica, appartengono completamente al paradigma della Modernità. La loro alternativa, la stessa Quarta Teoria Politica fa parte del paradigma della Tradizione. In effetti, si può vedere la Quarta Teoria Politica come la strategia della Rivolta contro il mondo contemporaneo, applicata alle condizioni politico-ideologiche del XXI secolo […]. C’è una sola via di uscita: rifiutare le teorie politiche classiche, vincenti e perdenti, usare l’immaginazione, cogliere la realtà di un nuovo mondo, decifrare correttamente le sfide della postmodernità e creare qualcosa di nuovo, al di là degli scontri politici del diciannovesimo e ventesimo secolo. Un simile approccio è un invito a sviluppare la Quarta Teoria Politica – oltre il comunismo, il fascismo e il liberalismo.

Comunismo e Fascismo hanno parimenti perduto la battaglia del Destino, e sconfitte giacciono in una polvere, per Dugin, non ulteriormente e ancora ravvivabile. Permane solo il liberalismo che, trionfatore delle altre due teorie, ormai pone sé stesso non più come una proposta politica particolare, dalla genesi cronotopicamente circoscritta, bensì come un Fato ineluttabile e universale, come l’inconscio collettivo stesso dell’umanità unica, compimento della Storia oltre il quale non si dà che il nulla e la follia, l’oscurità e il male.

A prescindere dalla ragione, il liberalismo ha fatto tutto il possibile per assicurare il collasso della politica. Allo stesso tempo, il liberalismo stesso è cambiato, migrando dal piano delle idee, dei programmi politici e delle dichiarazioni a quello della realtà, penetrando nel profondo del tessuto sociale, che è diventato pervaso di liberalismo e, conseguentemente, il liberalismo ha cominciato ad apparire come l’ordine naturale delle cose. Ciò è stato presentato non come un processo politico, ma naturale e organico. La conseguenza di una simile trasformazione storica è stata la perdita di valore di tutte le altre ideologie politiche che nell’ultimo secolo si erano scontrate appassionatamente.

Conservatorismo, fascismo e comunismo, con le loro molte declinazioni, avevano perso la battaglia, e il liberalismo trionfante è diventato uno stile di vita: la logica del consumo, l’individualismo e la manifestazione post-moderna di un’umanità atomistica e subpolitica […]. Trionfatore, il liberalismo scompare e si tramuta in un’altra entità, il post-liberalismo.

Non ha più dimensione politica, né rappresenta una scelta liberamente presa, ma diviene piuttosto una sorta di “destino storicamente deterministico”. Questo è il nucleo della tesi sulla società post-industriale: “l’economia come destino” […]. Dopo aver sconfitto i suoi rivali, il liberalismo ha (re)imposto un monopolio nel pensiero ideologico: è divenuto l’unica ideologia, che non consente nemmeno l’esistenza di alcuna ideologia rivale […]. Nella postmodernità il liberalismo, mantenendo e perfino aumentando la sua influenza, sempre più rappresenta una filosofia politica liberamente scelta e compresa, diviene inconscio, istintivo e non del tutto consapevole.

Distrutta dal Liberalismo profligatore ogni Potenza dell’Avvenire, usta nella sinechiale immorsatura enadica dell’Essere entelechiale ogni Alterità ulteriore, e ridotto a nulla l’Orizzonte di ogni e-ventuale elevazione posizionale di contraddizione della Dia-ferenza archea all’Uni-versale in atto compiuto e perfetto, eccoci con necessità con-giunti alla “Fine della Storia e (a) l’ Ultimo Uomo”.

Alla fine, siamo giunti alla “fine della storia” e alla globalizzazione.

 La fine della storia è la logica conclusione dell’universalismo. La fine della storia è l’abolizione del futuro. La storia procede e raggiunge il suo stadio finale. Non c’è più spazio per avanzare. Abolendo il futuro l’intera struttura del tempo, il passato e il presente, vengono aboliti […]. Un “futuro comune” significa la cancellazione delle storie particolari, ma ciò significa che nessuna storia, e nessun futuro, esisterà. Il futuro comune vuol dire nessun futuro. La globalizzazione è la morte del tempo. La globalizzazione occidentale cancella la soggettività trascendentale di Husserl e il Dasein di Heidegger. Non ci sarà più alcun tempo, né Essere […]. La globalizzazione […] cancella il futuro. Necessità dell’avvento della post-umanità. Plasma il post-mondo, che è composto da simulacri e strutture virtuali […]. Gli sviluppi nel progetto del genoma umano, le clonazioni, gli esperimenti con i robot e le nuove generazioni di cyborg ci portano tutti più vicino all’avvento della post-umanità. L’obiettivo di questo processo è di produrre creature che mancheranno di una dimensione esistenziale, con soggettività pari a zero.

 

L’Occidente ha adempiuto il proprio destino storico, esaurendo spenglerianamente sé stesso, inaridendo ovvero la grande sua anima originaria.

Una Kultur nasce nell'attimo in cui una grande anima si desta dallo stato psichico originario dell'eternità eternamente fanciulla e se ne distacca, come una forma da ciò che è privo di forma, come qualcosa di limitato e di perituro dall'illimitato e dal permanente. Essa fiorisce sulla base di un territorio delimitabile in modo preciso, al quale rimane vincolata come una pianta. Una cultura perisce quando quest'anima ha realizzato l'intera somma delle sue possibilità sotto forma di popoli, di lingue, di dottrine religiose, di arti, di stati e di scienze, ritornando quindi nel grembo della spiritualità originaria.

(O. SPENGLER, Il tramonto dell’Occidente.)

 

Se, pertanto, all’Occidente non rimangono che due opzioni esistenziali ...

L’Occidente è un fenomeno locale e storico. È una civiltà penetrante, molto particolaristica, molto arrogante e intelligente. Però è una civiltà tra le tante. L’Occidente ha una storia, ed è in ragione della sua storia. Il tentativo di abdicare in favore di un universalismo puro e in favore della meta-cultura e del meta-linguaggio è destinato a fallire. Ci sono due possibili risultati:

 o l’Occidente perderà la propria identità e diventerà un automa;

 o proverà a imporre la propria storia, concependola come universale, a tutte le altre civiltà esistenti, distruggendole nel tentativo e creando una sorta di campo di concentramento globale per le loro culture.

Il primo risultato implica uno scontro tra gli automi e l’umanità. Il secondo implica un inevitabile movimento di liberazione globale che si ribelli a questo neo-imperialismo. Sta all’Occidente decidere come affrontare le conseguenze della propria storia e le sue implicazioni. L’Occidente può tentare di “chiudere” la sua storia, ma è improbabile che possa avere successo nella chiusura della storia di tutti gli altri.

... il resto del mondo, se non vuole essere trascinato nel Nulla dell’Indistinto dal Tramonto delle Terre dell’Occaso, deve ritornare all’essenza stessa dell’Umano, al Diniego Autoctico, così come magistralmente espressa da Max Scheler in Die Stellung des Menschen im Kosmos, del 1928 (“Paragonato all’animale che dice sempre “sì” alla realtà effettiva — anche quando l’aborrisce e la fugge — l’uomo è “colui che sa dir di no”, l’“asceta della vita”, l’eterno protestatore contro quanto è soltanto realtà” (La posizione dell’uomo nel cosmo), ovvero deve osare dire “No!”, “No!” al Liberalismo, “No!” alla Postmodernità, “No!” alla riduzione a nulla del Nulla Originario, riduzione deteriore a nulla del Nulla Originario che è già riduzione a nulla dell’ente determinato conseguente.

Ma il “No!” in nome e sulla base di quale ipostasi principiale deve essere proferito? Certamente, per Dugin, con Spengler e Van den Bruck, in nome dell’immanenza eterna che fonda il divenire storico stesso, l’alma potenza primordiale di rotazione della Terra (Van den Bruck), il grembo della spiritualità originaria (Ur-Zeit) illimitata e permanente (Spengler), immanenza ctonia che, per il filosofo moscovita, è nondimeno già e sempre dipendente dall’eterno cilestre che trascende il Mondo e l’Essere-nel-mondo stesso dell’Uomo, che pre-esiste ovvero all’epamphoterizein storico. Questa immanenza storica debitrice dell’Eterno è precisamente ciò che Dugin appella Tradizione.

È in nome di essa dunque – e, certamente, già in nome di ciò che le concede causazione e conferisce ragion d’essere – che per Dugin si deve elevare e con forza il Diniego (Contrarietà ovviamente e di necessità, nella sua prospettiva trascendente e non trascendentale, né autoctica, né abissalmente archea, come, invece, nella prospettiva di chi scrive, qui dunque wider Dugin).

E così arriva la postmodernità, e che cosa le si può opporre? E si può dire “No!” alla postmodernità? Questa è la domanda fondamentale. In teoria, seguendo la tesi liberale che magnifica la libertà dell’uomo, ne dovrebbe derivare che l’uomo è sempre libero di dire “no”, a chiunque gli pare e a qualsiasi cosa. È proprio questo il passaggio più pericoloso della filosofia della libertà, che sotto l’egida della libertà assoluta rimuove per prima la libertà di dire “no” alla libertà stessa […]. C’è, nonostante tutto, la possibilità ontologica di dire “no!”, e da questo nasce il conservatorismo. Prima di tutto, cos’è? È un “no” detto a ciò che ci circonda. Nel nome di cosa? Nel nome di qualcosa che preesiste, e in un certo momento storico è stato sopraffatto.

E, nonpertanto, per poter trascendere qualcosa occorre preliminarmente, di necessità, abbracciarne i confini estremi, riducendo entro l’unità ciò oltre la cui determinatezza compiuta il trascendente vuole portarsi: l’entelechia conchiusa nell’infinità del sé, ovvero aperta verso l’infinito al di là di sé, perennemente essenteci altresì, non concede ricetto posizionale alcuno all’ulteriorità da essa.

Analizziamo dunque l’essenza della Modernità, ormai Postmodernità, partendo dal concetto che fonda la Teoria vincitrice unica della sfida dell’Evo ultimo, ovvero la Libertà del Liberalismo, definita e fondata da John Stuart Mill.

Questo è il nucleo di significato del liberalismo (in inglese liberty, in latino libertas): la chiamata a diventare “liberati” (in latino liber) da tutto ciò che è esterno a se stessi. Inoltre, i teorici liberali (in particolare John Stuart Mill) hanno sottolineato il fatto che si parli di una “libertà da”, di una liberazione da vincoli, identificazioni e restrizioni che sono un’imposizione per la volontà individuale. Per quanto riguarda lo scopo di questa libertà, i liberali restano in silenzio. Asserire l’esistenza di un fine normativo si tradurrebbe, ai loro occhi, in una restrizione della libertà dell’individuo. Di conseguenza operano una distinzione rigida tra “libertà da”, che considerano un imperativo morale di sviluppo sociale, e “libertà per/di” - la normativizzazione di come, perché e a che scopo tale libertà dovrebbe essere impiegata. L’ultimo rimane a discrezione del soggetto storico, in altre parole l’individuo.

Certamente, se si prende in considerazione la storia della filosofia del liberalismo, sarà chiaro che questa libertà è molto particolare; è chiaramente negativa (“la libertà da” di Mill) e porta con sé un nichilismo crudele e invadente. Tuttavia, questo può essere compreso solo dagli “iniziati superiori” del liberalismo, che riconoscono e accettano la sua strategia diabolica, diretta alla distruzione nell’umanità di qualsiasi fondamento umano. Per questi “iniziati superiori”, gli aspetti satanici, totalitari e distruttivi di questa ideologia sono ben visibili e accettabili, anche se spesso li nascondono agli estranei. La maggior parte dei liberali non sono tra gli iniziati, e per questo considerano seriamente il valore della libertà. In questo caso, essi potrebbero domandarsi perché il liberalismo contemporaneo acquisti sempre più tratti totalitari, ammettendo la libertà di “essere liberali” ma demonizzando tutti coloro che disprezzano il liberalismo. Così, il liberalismo dell’epoca della globalizzazione esibisce gli stessi tratti totalitari dei suoi oppositori […]. Quando il liberalismo acquisisce la piena egemonia, comincia ad agire come tale, senza appartenere alla destra o alla sinistra. Nell’economia dominano gli approcci di destra (il mercato); in politica, quelli di sinistra (il liberalismo, la politica gender, il miscuglio di sessi e popoli, il multiculturalismo, ecc…). Il liberalismo è l’ideologia delle élite e vediamo sempre più spesso la parte superiore della rete liberale: quegli stessi “iniziati liberali”, che ormai non nascondono i loro veri piani e predicano apertamente la via alla post-umanizzazione dell’umanità. Inoltre, i metodi di amministrazione stanno diventando sempre più visibilmente totalitari, utilizzando i mezzi dell’informazione di massa e i social network per l’introduzione forzata dei dogmi liberali nelle coscienze.

Così, il politically correct e le sue regole si trasformano in una disciplina politica totalitaria, puramente razzista, delle esclusioni. In questo modo, l’antirazzismo francese di sinistra liberale istituzionalizzato è gradualmente diventato il centro di distribuzione dell’odio razziale […]. Le tipologie più recenti di razzismo sono glamour, fashion e tecnologicamente up-to-date. Le loro regole. Le loro regole sono statuite da modelle, designer, dai politici più “social”, e da coloro che insistono a possedere solo gli ultimi modelli di telefoni cellulari o computer portatili. La conformità o meno al codice della moda è proprio alla base delle strategie di massa per la segregazione razziale e l’apartheid culturale. Oggi ciò non è direttamente associato con il fattore economico, ma sta a mano a mano assumendo caratteristiche sociologiche indipendenti. Questo è il fantasma della dittatura della moda – la nuova frontiera del razzismo.

Dalle pagine di questo nostro portale, in cammino verso il Dire del Diniego originario, è già stata consentaneamente a Dugin dedotta la parabola “paradossale” della Tolleranza, il suo ovvero con necessità, stanti certamente le proprie premesse “milliane”, trasmutare nella più coerente tirannide totalitaristica:

E tale è infatti il paradosso del Paradosso della Tolleranza: nel tentativo di persistere nell’esistenza, la Tolleranza deve non consentire esistenza possibile all’In-tolleranza, ma esso compito conduce – allora quando la Tolleranza viene giusnaturalisticamente posta come valore assoluto, universale, predicazione necessaria dell’Umano-in-sé –, all’instaurazione dell’assolutezza stessa dell’Intolleranza, all’istituzione ossia del Totalitarismo della Tolleranza che non tollera liceità d’eccezione alcuna al sé […], Il paradosso ha infatti apice = 2; paradosso1 o Paradosso della Tolleranza: la Tolleranza per sopravvivere deve aprirsi dalla coerenza al sé per accogliere – parzialmente – in sé l’altro da sé, ossia l’Intolleranza; paradosso2 o paradosso del Paradosso della Tolleranza: il paradosso della Tolleranza conduce la Tolleranza a divenire esattamente la specularità del sé, ossia a trasmutare – completamente – nel suo contrario, istituendo la forma più estrema e assoluta di Intolleranza, la Tolleranza del Tutto, la Tolleranza necessaria che non può tollerare eccezione alcuna alla posizione panica e plenaria del sé, la Tolleranza che – continua entro sé e compatta – universale non alcuna lacuna concede alla posizionalità dell’altro da sé.

 

 L’identità determinata e i suoi nemici.

 

Non possiamo dunque non professarci, circa la lettura dell’eleuteromania postmoderna, für Dugin.

Protetti epperò dall’invocazione nostra originaria, iscritto ossia il nostro dire di Dugin entro l’endiadi del dire di Van den Bruck con e contro Spengler, vogliamo ora sostare lungo il cammino verso il discorso di Dugin, per volgerci al sentiero che s’accosta in Colloquio col Distante archeo, vogliamo ossia inclinare la stadera della 4TP wider Dugen, e vogliamo ciò compiere indicando il fondamento di necessità di questa deriva totalitaria della “libertà da”.

L’elevazione di questo fondamento, infatti, indicherà come infondato ogni fideistico fondamento della Storia che trascenda l’Umano-in-sé, ovvero l'Orizzonte storico stesso quale nostro De-stino comune, categoriale, trascendentale, mentre il suo disvolgimento ostenderà come infondato ogni soteriologico confidare in un fondamento eterno e già meta-storico del divenire, dimostrando epperò parimenti infondata ogni concezione temporale ciclica e relativistica in cui ricorsivamente si alternano Kultur, ciascuna della quali in possesso di un proprio destino irrelato al Destino comune dell’Umano, epperò dispiegando piuttosto una cogente e inconcussa teleologia che dall’assolutamente finito conduce all’assolutamente finito.

La libertà “da” non altro infatti appare essere se non figurazione della Deteriorità prossima al compimento del sé, figurazione ossia del Nulla inautentico, egualmente dell’Essere-in-sé e dell’Identità-in-sé: la libertà di Mill e dei liberalisti è precisamente fenomeno della civilizzazione dello spirito di Faust – anima del Moderno inteso in una cesura storiografica estesa almeno sino a coinvolgere in sé il XII° secolo – che non tollera alcuna limitazione all’estroflessione del proprio Io verso l’Infinito, verso il Tutto bramato come escate punto di preda della Volontà, è lo spirito di Faust ovvero che percepisce come depotenziante l’Io ogni delimitazione apollinea. E, nondimeno, nella perenne protensione estroflessiva del sé, dell’Io, verso l’Orizzonte ultimo dell’Indelimitato panico, l’Io finisce per smarrire l’essere sé il protendentesi, l’Io ossia finisce col perdere se stesso, la sua stessa destinazione alla determinazione (Bestimmeheit), l’haecceitas irripetibilmente solo propria che lo fonda pre-cisamente Pro-traente-si, e non altro.

Quale relazione dunque intercorre tra l’Epoca Deteriore nel tempo del proprio contro-tempo faustiano, manifestantesi, lungo il Sentiero del Giorno (Geschichte), come detto almeno, con sicurezza, a partire dal XII° secolo, e l’enantio-epopea dell’Originario (Geschick) stesso?

Sosteremmo troppo oltre il dire di Dugin se indicassimo qui i fondamenti della co-implicazione enantio-dromica di Storia e Destino, Giorno e Notte, Essere e Nulla.

Rimandiamo pertanto a ΔIÁ (cfr. Eisagōgé) coloro i quali correttamente reclamassero l’ostensione della teleologia necessaria che dall’E-vento prolettico della Prolessi originaria conduce all’etero-emancipazione dell’inseità seconda, già seità dell’inseità prima, e da qui, dall’iniziale deuteriore “sospensione del contenuto positivo dell’Originario ed emersione della sua positività o principio di coalescenza identitaria” (Epoca Apollinea), alla parimenti deuteriore “sospensione della positività o principio di coalescenza identitaria dell’Originario e (contro) emersione del suo contenuto positivo” (Epoca Faustiana), e da qui, al reflusso vizzo della civilizzazione manchesteriana, e da qui, in ultimo, alla libertà “da” del liberalismo di Stuart Mill.

Ecco pertanto che non possiamo acconsentire al dire di Dugin allorquando questi non riconoscere la Postmodernità occidentale come il Destino comune dell’Umanità tutta, e ciò precisamente sul fondamento – parimenti in ΔIÁ doviziosamente ostenso – del dire che non rintraccia l’aprirsi della Dia-ferenza tra Origine dell’Uomo (“i cui più remoti e indubbi sêmata che dimostrano e indicano l’esserci – già – della “specie” oltre il nulla della categorialità sua, noi non possiamo che rinvenirli nella stessa prima segnificazione del nulla ontogenetico”), Origine della Storia e Origine della storia delle popolazioni – poi – cosiddette indoeuropee.

 

La Quarta Teoria Politica scarta completamente l’idea dell’irreversibilità della storia […]. Il tempo è un fenomeno sociale, le sue strutture non dipendono da caratteri oggettivi ma dall’influenza dominante sui paradigmi sociali, perché l’oggetto è assegnato dalla società stessa. Nella società moderna, il tempo è considerato irreversibile, progressivo e unidirezionale, ma ciò non è necessariamente vero all’interno di società che non accettano la modernità. In certe società, in cui manca una rigida visione moderna del tempo, esistono concezioni cicliche e perfino regressive del tempo […]. In un modo o nell’altro, tutte e tre le ideologie hanno la stessa radice: l’idea di crescita, sviluppo, progresso, evoluzione e del costante, cumulativo miglioramento della società. Tutte e tre vedono il mondo e l’intero processo storico come un’accumulazione lineare, una crescita. Si differenziano poi nell’interpretazione di questo processo, e attribuiscono ad esso significati differenti, ma tutte e tre accettano l’irreversibilità della storia e il suo carattere progressivo […].

La Quarta Teoria Politica dev’essere radicata nel rifiuto assoluto del processo monotono […]. E tutto ciò che si riferisce al processo monotono e alle sue variazioni, come lo sviluppo, l’evoluzione e la modernizzazione, dovrebbe quanto meno essere compreso in termini di ciclicità. Invece delle idee del processo monotono, del progresso e della modernizzazione, dobbiamo aderire e promuovere slogan ben diversi, che facciano appello alla vita, alla ripetizione, alla conservazione di ciò che è di valore e al cambiamento di ciò che deve essere cambiato […]. Dobbiamo poi abbandonare la filosofia dello sviluppo e proporre lo slogan: la vita conta più della crescita. Invece che sull’ideologia dello sviluppo, dobbiamo puntare sull’ideologia del conservatorismo e della conservazione […]. La Quarta Teoria Politica […] deve elaborare un modello alternativo di un futuro conservatore, basato sui principi della vitalità, delle radici, delle costanti e dell’eternità […]. Il progresso implica l’irreversibilità del tempo, un processo di evoluzione predeterminato, che avanza sempre. Il progresso è un processo sia ortogenetico che monotono. Inevitabilmente, tutte e tre le teorie sono basate sulla filosofia hegeliana. Dopo Hegel, il significato della storia è stato inteso nei termini dello “Spirito Assoluto” che si estranea da se stesso, assumendo la forma di processo storico dialettico, divenendo infine una sorta di monarchia illuminata […]. Ognuna delle tre ideologie della modernità è basata sulle premesse dell’irreversibilità del tempo e dell’unidirezionalità della storia.

Ciò posto, o piuttosto rievocato, dobbiamo tuttavia ben guardarci, riedendo al sentiero che interroga il dire di Dugin, dall’interpretare la destinale “destinazionalità” della Storia, l’immanente ossia sua teleologia necessaria, inserendo la progressione entro un orizzonte assiologico e morale secondo il quale, ad esempio, il 20esimo secolo (e ogni evento nei sui erculei riguardi dantesi) è immediatamente migliore e incontraddittoriamente più prossimo al Bene del 19esimo secolo (e parimenti dell’evenemenzialità sua tutta), e il 21esimo del 20esimo.

Non si dà, infatti, alcuna assiologia entro l’Orizzonte del Destino, se non esclusivamente l’autentico o l’inautentico corrispondere od obliare il Destino stesso, se non l’avvicinarsi altresì o l’allontanarsi dal contenuto identitario dell’Originario, se non parimenti il coerirne all’essenza o il contraddirla; l’Originario non ha alcuna ulteriore endo-partizione al di fuori dell’A-bissale Ur-partizione che autocticamente lo di-partisce Dia-partenza inseitale o trascendentalmente archeo-esate, prolettico e principiale Orizzonte Ultimo in sé Dia-ferenza o Partizione assoluta, Pólemos o Contraddizione l’onticità puntualmente posizionale del sé in sé Orizzonte o Perimetrazione anzitutto contro-afferrante e oltre sé apofaticamente o contraddittoriamente la posizione dell’ente distinto Tutto o teoria del Giorno.

Pertanto, poiché il contenuto identitario del Télos prisco non può che essere e con necessità il télos medesimo, senza alcuna ulteriore distinzione eidetica se non contingente o adiafora determinazione dell’Haecceitas an-sichselbest, l’Umanità non procede – essenzialmente o necessariamente – verso la Libertà, verso il Bene, il Giusto, il Bello etc... L’Umanità pro-cede, punto, e procede “ordinatamente” o linearmente dal Nulla (prolettico) al Nulla (entelechiale), elevando (secundum substantiam, katá ousian) via via e di volta in volta – dentro la circonferenza di questa linearità teleologica intrascendibile o destinale – questo o quell’altro (secundum accidens, katá symbebekós) Orizzonte assiologico e morale, sempre pertanto e con cogenza incontrovertibile e particolare e relativo.

Non possiamo pertanto non dichiararci concordi con quanto segue, a un tempo elegiaco e pugnace.

In realtà, l’ideologia del progresso è in sé razzista. L’assunto per cui il presente è migliore e più soddisfacente del passato, e le continue rassicurazioni che il futuro sarà ancora meglio del presente, sono discriminazioni contro il passato e il presente, ed umiliano tutti coloro che nel passato hanno vissuto.

Sono un insulto all’onore e alla dignità dei nostri avi e una violazione dei diritti dei morti. In molte culture, i morti hanno un ruolo sociologico molto importante, sono considerati in un certo senso ancora vivi, presenti nel mondo, e uniti alla sua vita. Ciò vale per tutte le culture e le civiltà antiche. Miliardi di abitanti della terra credono ancora che sia così. Nella civiltà cinese, costruita sul culto dei morti e sulla riverenza per i morti come per i vivi, essere morti è considerato uno status sociale elevato, in un certo modo superiore alla condizione dei viventi. L’ideologia del progresso rappresenta il genocidio morale delle generazioni passate – in altre parole, il vero razzismo. Ugualmente discutibile è l’idea della modernizzazione, quando viene elevata a virtù assoluta non discutibile. È facile individuare in ciò tracce di razzismo.

 

Di contro, se concediamo convergenza e concordia circa l’impossibilità dell’incontraddittorio e inconcusso stare di alcun fondamento di Verità in grado di conferire atremida superiorità o solida preminenza al Moderno sull’Antico (egualmente all’Occidentale sul non-Occidentale, al Democratico sul Non-democratico, al Liberalistico sul Non-liberalistico, al Capitalistico sul Non-capitalistico, all’Individualistico sul Non-individualistico, al Giusnaturalistico sul Non-giusnaturalistico et cetera antonomiae), in grado ovvero di di-mostrare come immediatamente autocontraddittoria ogni elevazione di contraddizione (élenchos) alla posizione del sé, e ciò proprio in conformità del contenuto identitario primo della posizione di Verità autentica (Télos, Geschehen), contenuto dell’auto-posizione originaria, ovvero transcendentale, in relazione al quale ogni altro contenuto appare relativo e orizzontale, contingente, ebbene autenticamente storico (se De-stino è Storia, ogni configurazione storica non può mai dirsi migliore di un’altra, se non quella configurazione storica maggiormente corrispondente al Destino stesso, ovvero massimamente storica, cioè avente l’essenza stessa della storia [“Imprimere al divenire il carattere dell’Essere” = istituire nell’Eterno l’esserci-stato del Mortale] come essenza del sé: l’assiologia autentica non può dunque che dibattersi tra autenticità o ad-eguamento al Vero dell’essenza del Destino, e inautenticità o allontanamento da esso) e ciò proprio poiché, nietzschiamente, ogni posizione di Verità eterna (egualmente ogni posizione di Verità anapodittica altra dalla pre-sub-posizione autoctica e prolettica dell’archea “Falsificazione-in-sé”) annullerebbe proprio la Veridicità dell’apofansi originaria, e a-bissale e in ultimo incontradditoriamente stante presso la Verità archea del sé (ogni pro-cesso orientato è necessariamente de-finito, giacché il punto di preda non può non già immediatamente partire la dimensione dell’eterno nel proprio stesso esserci ad-puntativo); non possiamo non divergere e discordare con Dugin circa lo statuto di verità dell’apofansi che predica il globalismo, il giusnaturalismo, il liberalismo, il capitalismo et cetera come eventi assolutamente o irrelatamente all’essenza destinale contingentemente occorsi lungo il Sentiero del Giorno, e ciò proprio sul fondamento della concettualità che manifesta detti epifenomeni certamente in se stessi evemenziali del Moderno, causati nonpertanto da un fondamento il cui contenuto identitario (Nulla inautentico o entelechia del Deuteriore) si dà con necessità al Diurno precisamente in relazione di co-implicazione con l’essenza eidetica della struttura endiadica dell’Originario.

L’evento del Nulla inautentico pertanto, il Tempo della Notte del Mondo entro il quale tutti noi siamo in cammino, in quanto entelechia del Deteriore, rappresenta l’adempimento ultimo della posizione seconda o necessariamente conseguente di Contrarità estrinseca dell’Originario in sé Contrarietà assoluta o perfettamente endo-mediale.

Non appare pertanto contingente, bensì destinale, la presa dell’Occidente sul Mondo, l’avvento ovvero del Nomos der Erde unitario, parmenideo, compatto, uni-versale, tanto diatopicamente quanto diacronicamente omologante l’altro e nello spazio (globalizzazione) e nel tempo (interpretatio graeca, cancel culture).

Ciò naturalmente non pone immediatamente presso necessità il fondamento del giusnaturalismo borghese settecenteso, né parimenti di qualsivoglia altro epifenomeno contingente del Moderno e del Postmoderno, invece sé presentante col carattere dell’universale, del necessario, dell’irreversibile, dell’anapoditticamente Vero, ultimo, insuperabile e senza alternativa alcuna alla posizione del sé che non sia regressione, oscurantismo, ignoranza, barbarie etc...; bensì, all’opposto, pone presso Verità la posizione della Necessità dell’avvenire al Giorno del suo fondamento, e ciò proprio in quanto pone come necessario il suo essere conseguente, deuteriore epperò, non originario, con necessità non Ultimo.

Ecco che la tesi della “Fine della Storia e dell’Ultimo Uomo” non regge al travolgimento del pensiero tetico ulteriore per il semplice fatto che la posizione ultima della Seingeschichte o Sentiero del Giorno (ovvero l’entelechia del Deuteriore verso la quale siamo in cammino, per lo più eterodiretti come vane parvenze d’energie prive e di coscienza [nekúon amenenà kárena]) non realizzando con necessità l’entelechia della configurazione dell’Originario, non può che essere sintesi di un’ulteriore elevamento tetico trascendentale. Cosa, invece, tale oltrepassamento tetico co-implichi rimane l’interrogazione estrema del pensiero che rammemora la ΔIA-ferenza originaria.

Se, dunque, possiamo dichiararci consentanei all’affermazione di Dugin predicante come “razzista” (egualmente come privo di alcun fondamento nel proprio inautentico proporsi assiologicamente superiore all’altro da sé tutto) ogni portato della globalizzazione unipolare occidentale (sive anglosassone), non possiamo dichiarare il fondamento della loro epifenomenicità “locale”, “specifico”, “particolare”, “contingente”: è questo, infatti, l'indotto dello spirito di Faust che si è esteso, con necessità, al mondo, nell’epoca imperiale (cesarismo) della tarda sua civilizzazione.

Senza dubbio razzista è l’idea della globalizzazione unipolare. È fondata sull’idea che la storia e i valori della società occidentale, specialmente americana, siano leggi universali, e cerca artificialmente di creare una società globale, fondata su quelli che sono in realtà valori localmente e storicamente determinati – la democrazia, il mercato, il parlamentarismo, il capitalismo, l’individualismo, i diritti umani e lo sviluppo tecnologico illimitato. Questi valori sono valori locali, conseguenza dello sviluppo particolare di una cultura specifica, e la globalizzazione sta cercando di imporri a tutta l’umanità come qualcosa di universale e dato per scontato. Questo tentativo implica che i valori degli altri popoli e delle altre culture siano imperfetti, sottosviluppati, e dovrebbero essere modernizzati e standardizzati a immagine e somiglianza del modello occidentale. La globalizzazione, quindi, non è altro che un modello di etnocentrismo occidentale europeo, o piuttosto anglosassone, che atta su tutti i fronti, i meglio, su un fronte globale, e questa è la manifestazione più pura dell’ideologia razzista […].

Il termine “civiltà” ha circolato con notevole diffusione nel periodo dell’elaborazione della teoria del progresso. Questa teoria aveva per presupposti due degli assiomi fondamentali, paradigmatici della modernità: il carattere progressivo e unidirezionale dello sviluppo dell’umanità (dal meno verso il più) e l’universalità dell’uomo come fenomeno […]. Il capitalismo, il mercato, il liberalismo e la democrazia sembrano universali e comuni a tutta l’umanità solo a uno sguardo superficiale. Ogni civiltà reinterpreta la sua sostanza secondo i propri modelli inconsci, in cui religione, cultura, linguaggio e psicologia giocano un ruolo notevole e spesso determinante […]. L’America avanza una pretesa sulla diffusione universale di un codice unitario, che penetra nella vita delle persone e dei governi in mille modi differenti – come una rete globale –, attraverso la tecnologia, l’economia di mercato, il modello politico della liberal-democrazia, i sistemi di informazione, il modello della cultura di massa e i suoi prodotti mediatici e l’istituzione di un controllo strategico diretto sui processi geopolitici da parte degli americani e dei loro paesi-satellite.

 

Orbene, con Dugin nell’analisi dell’attuale Zeitgeist mondiale e monadico, totalitario e intollerante, inautenticamente nichilista (= pensante ossia il Nulla “negativamente”, epperò come Indistinzione, Aoristia, ebbene in quanto progressiva sottrazione della distintività particolare, pensiero – in Stuart Mill come in Adam Smith e David Ricardo, ma egualmente in Gilles Deleuze e Gianteresio Vattimo, già “civilizzato” –, come detto inscritto nel faustiano percepire la delimitazione delfica giacché depotenziamento della Volontà estroflessiva dell’Io, pensiero che ricade nonpertanto sull’Io medesimo, infine annullatosi o perdutosi nell’indefinitezza del Tutto, dell’Eterno o a punto dell’Indistinto [smarrente ovvero lì nel Tutto s-confinato l’irripetibile sua haecceitas distintiva epperò – in coimplicazione sinolare – onticamente fondante]), contro Dugin nell’interpretazione della teleologia del Destino e del Destino storico dell’Umano, tentiamo infine di vedere se le nostre posizioni trovano in ultimo divergenza o convergenza circa la strategia di lotta per conquistare l’Ulteriorità e la Differenza dall’orizzonte dell’oggi, se almeno una Potenza ancora ci rimane, se un Domani è ancora possibile, se un Orizzonte Altro ancora nell’innanzi ci attende dischiuso.

Principiamo dunque dal tratteggio dell’odierno scenario Postmoderno e delle conseguenze più o meno immediate della sua intensificazione, per come descritti e profetati da Dugin.

L’oltre-uomo.

L’unico polo del mondo unipolare sono gli Stati Uniti e l’Europa (come organizzazione meramente geopolitica), cioè in particolare l’idea della massima libertà, e il movimento verso la realizzazione di questa libertà costituisce il significato stesso della storia dell’umanità, per come è percepita dagli occidentali europei. La civiltà dell’Europa occidentale è riuscita nell’impresa di costringere il resto dell’umanità in questa concezione del significato della storia.

Così, ecco il polo di un mondo unipolare, cioè il polo della libertà, che è giunto alla sua pienezza nella modernità e sta ora passando a un nuovo stadio, quello della postmodernità, in cui l’uomo inizia a liberarsi da sé stesso, dal momento che “se stesso” è proprio ciò che lo annoia, lo ostacola e lo appesantisce. Oltre a ciò, il naturale sviluppo del liberalismo, distruggendo via via tutte le forme di identità collettiva – da quelle di religione o di classe a quella nazionale o di genere – entra nell’ultima fase della propria strategia: nell’epoca del post-umanesimo o trans-umanesimo.

Questo significa che, sul breve periodo, l’intelligenza artificiale, i cyborg, le chimere, gli ibridi e tutte le altre diverse forme di vita post-umane diverranno un fenomeno comune. E questo concluderà il processo di “disumanizzazione” dell’umanità, già compreso nel paradigma materialista e razionale della Modernità.

 

Il “bestiario” Post-moderno.

Così si presenta il panorama degli orrori post-liberali:

• la misura delle cose diventa non l’individuo ma il post-individuo, il “dividuo”, che mette in scena un’ironica combinazione di parti di persone diverse (organi, cloni, rappresentazioni, fino ad arrivare ai cyborg e ai mutanti);

• la proprietà provata è idolatrata, “trascendentalizzata” e trasforma ciò che un uomo possiede in ciò che possiede l’uomo;

• la parità delle opportunità diviene la parità nella riflessione astratta sulle opportunità (la società dello spettacolo di Guy Debord);

• la proclamazione del carattere contrattuale di tutte le istituzioni politiche e sociali diventa vera e propria equiparazione del virtuale al reale, e il mondo diventa un modello tecnico;

• ogni forma di autorità non individuale scompare completamente, e ogni individuo è libero di pensare al mondo come meglio gli pare – e gli appare (la crisi della comune razionalità);

• il principio della separazione dei poteri si trasforma nell’idea di un continuo referendum virtuale (una sorta di parlamento elettronico) in cui ogni utente esprime il suo voto continuamente su ogni decisione, dando la propria opinione in una serie di forum, che a loro volta cedono potere a ogni singolo cittadino, ce diventa, in effetti, un ramo autonomo di governo;

• la “società civile” soppianta completamente il governo e si converte in un melting pot globale, cosmopolita;

• dalla tesi dell’“economia come destino” deriva la tesi che il destino sia un codice numerico, al punto che il lavoro, il denaro, il mercato, la produzione, il consumo… tutto diventa virtuale.

Alcuni liberali e neoconservatori erano terrorizzati da questa prospettiva che si è aperta in seguito alla vittoria ideologica del liberalismo, prima della transizione al post-liberalismo e alla postmodernità […]. Ma […] la logica della trasformazione dal liberalismo standard a quello della postmodernità non è né arbitraria né volontaria, è scritta nella stessa struttura dell’ideologia liberale: nel corso della graduale liberazione dell’uomo da tutto ciò che non è sé stesso (da tutti i valori e gli ideali non umani e superindividuali), è inevitabile prima o poi liberale l’uomo dal suo sé.

 E la crisi più terribile dell’individuo non inizia quando egli combatte contro ideologie alternative che negano che l’uomo sia il valore supremo ma quando egli ottiene una vittoria definitiva e irreversibile […]. Il sentiero che l’umanità ha inaugurato nell’era moderna l’ha condotta proprio al liberalismo e al rifiuto di Dio, della tradizione, della comunità, dell’etnicità, degli imperi e dei regni. Un simile sentiero è completamente segnato, dal punto di vista logico: una volta deciso di liberarsi da tutto ciò che tiene l’uomo in vincoli, l’uomo moderno ha raggiunto il suo apogeo: davanti ai nostri stessi occhi si è liberato da sé stesso.

 La logica del liberalismo mondiale e della globalizzazione ci getta nell’abisso della dissoluzione postmoderna e della virtualità. La nostra gioventù ha già un piede in questo baratro: i codici del globalismo liberale sono introdotti con efficienza a livello inconscio – attraverso abitudini, pubblicità, moda, tecnologia, i media, le star. Il fenomeno più comune è oggi la perdita dell’identità, e non solo dell’identità nazionale o culturale, ma perfino sessuale, e presto perfino umana.

E i difensori dei diritti umani, non rendendosi conto della tragedia di interi popoli che sono sacrificati sull’altare del crudele disegno di un “Nuovo Ordine Mondiale”, domani si lamenteranno a gran voce delle violazioni dei diritti dei cyborg o dei cloni.

Dal Politico alla Governance.

Lo status quo e l’inerzia non presuppongono alcuna teoria politica. Un mondo globale può essere governato solo dalle leggi dell’economia e della moralità universale dei “diritti dell’uomo”. Tutte le decisioni politiche sono sostituite da decisioni tecniche, i macchinari e la tecnologia suppliscono ogni altra cosa.

 Il filosofo francese Alain de Benoist la definisce la gouvernance (governance), o “micromanagement”. I manager e i tecnocrati prendono il posto del politico che prende decisioni storiche, ottimizzando la logistica del management.

La (contro-)Rivoluzione della post-antropologia politica.

Che cos’è il post-Stato? È l’idea dell’abolizione dello Stato. Il processo di demonizzazione dello Stato inizia con la tesi che lo stato interferisca con la proprietà privata […]. Dopo ciò, va abolita ogni cosa che interferisca con la libertà assoluta.

Alla fine tutte le forme di simmetria verticale […] sono soggette alla distruzione, e tutto diviene orizzontale […] e così va in fumo l’antropologia politica, che implica una determinata costruzione dell’individuo, e si dissipa nello spazio della polvere rizomatica. Si potrebbe chiamarla apoliteia, ma se lo fosse davvero osserveremmo un graduale dissolversi del politico verso l’entropia. Invece non stiamo discutendo di apoliteia o di indifferenza nei confronti della politica, al contrario andiamo incontro a un trend pianificato, assiologico […].

Per denunciare attivamente il Politico, è necessaria una volontà politica. Emerge così che la postmodernità è carico di significato politico, e in particolare di un significato imperioso, epistemologicamente ossessivo ed obbligatorio di apoliticizzazione. Non è una mera entropia della struttura politica, è un contro-progetto rivoluzionario, uno schema teorico, quello della post-antropologia politica.

Come dunque contrattaccare e controbattere questo orizzonte orrorifico?

Anzitutto, politicamente, oltrepassando la consueta dialettica destra-sinistra in favore di un’antipolarità più corrispondente alla natura dell’attuale Potere: eterodossia-ortodossia, periferia-centro, consenso-dissenso.

 

Se la Terza Teoria Politica criticava il capitalismo da destra, e la Seconda da sinistra, allora il nuovo palcoscenico non è più caratterizzato da quella topografia politica: è impossibile determinare dove si collochino la Destra e la Sinistra in relazione al postmodernismo.

Ci sono solo due posizioni, entrambe globali: adesione e obbedienza (il centro) e dissenso (la periferia). La Quarta Teoria Politica è l’amalgama di un progetto comune e nasce da un impulso comune verso tutto ciò che è stato scartato, messo da parte e umiliato durante il processo di costruzione della “società dello spettacolo” (della postmodernità).

Dischiudendo dipoi un differente paradigma antropologico.

L’ethnos è il principale valore della Quarta Teoria Politica come fenomeno culturale; come comunità di lingua, credenze religiose, vita quotidiana e condivisione di risorse e obiettivi […]. Il liberalismo come ideologia che auspica la liberazione da ogni forma di identità collettiva, è del tutto incompatibile con l’ethnos e l’etnocentrismo, ed è espressione di un sistematico “etnocidio” teorico e tecnologico.

Sapendo qual è la paura più grande del nemico, proponiamo la tesi che ogni identità umana è accettabile e giustificata, eccetto quella dell’individuo. L’uomo è tutto, tranne che un individuo. Dobbiamo osservare attentamente un liberale, quando legge o sente un’affermazione simile. Penso che sia uno spettacolo impressionante – tutta la sua “tolleranza” svanirà nel nulla, istantaneamente. I “diritti umani” saranno distribuiti a tutti, tranne a chi osi pronunciare frasi del genere […]. Il liberalismo dev’essere sconfitto e distrutto, e l’individuo dev’essere abbattuto dal suo piedistallo.

 

Geopoliticamente, (ri-)proponendo la dottrina schmittiana del Großraum, ed evocando il grande spazio “Euroasiatico” in contrapposizione al tópos occidentale autopresuntivamente globale.

 

La scelta della civiltà come soggetto della politica mondiale nel ventunesimo secolo ci permetterà di operare una “globalizzazione regionale”, un’unificazione reciproca tra paesi e popoli di una stessa civiltà […]. Dopo Carl Schmitt, è invalso nella scienza politica chiamare disegni analoghi di integrazione “grandi spazi” […]. Il grande spazio differisce dai governi nazionali per il fatto che è bastato sulle fondamenta di un sistema di valori comuni e sulla comunanza dell’esperienza storica, e unifica alcuni o addirittura molti diversi governi, riuniti da una “comunanza di destini”. Nei “grandi spazi”il fattore di integrazione può variare: talora sarà la religione, talora l’origine etnica, talora il modello culturale, talora il tipo socio-politico, altrove la posizione geografica […]. L’idea di un mondo multipolare, nei quali i poli saranno tanti quanti le civiltà, consente di proporre all’umanità un’ampia scelta di paradigmi alternativi culturali, sociali e spirituali […]. Non ci sarà alcuno standard universale, né materiale, né spirituale. Ogni civiltà avrà almeno il diritto di proclamare liberamente quella che è la misura delle cose, secondo i propri desideri.

L’euroasiatismo, riconoscendo la pretesa di universalità del logos occidentale, si rifiuta di riconoscere quest’universalità come inevitabile. Questa è la caratteristica specifica dell’euroasiatismo: considera la cultura occidentale come un fenomeno locale temporaneo, e riconosce una molteplicità di culture e civiltà che coesistono, a differenti stadi del loro ciclo evolutivo.

Per gli euroasiatisti, la modernità è un fenomeno peculiare che riguarda solo l’Occidente, mentre ad altre culture spetta il compito di sfatare le pretese di universalità della civiltà occidentale, costruendo le loro società in base ai loro propri valori. Non esiste un unico processo storico, ogni nazione ha il suo modello storico, con i propri ritmi di movimento e, talora, la propria direzione.

Nella πρᾶξις, chiamando a raccolta e unione gli eterodossi di tutto il mondo.

L’Occidente sta giungendo alla sua fine, e non dovremmo permettergli di trascinarci tutti nell’abisso insieme a lui […]. I valori americani si pretendono universali, ma in realtà sono una nuova forma di aggressione ideologica contro la molteplicità delle culture e delle tradizioni che ancora esistono nel resto del mondo […].

Tutti coloro che condividono un’analisi negativa della globalizzazione, dell’occidentalizzazione e della postmodernizzazione dovrebbero unire i loro sforzi per creare una nuova strategia di resistenza contro un male che è onnipresente.

Escatologicamente infine, con l’invocazione del Soggetto Radicale, l’escussione del cui fondamento comporta a manifestazione immediata l’Eterno, e con l’annuncio che disvela l’angelomachia conclusiva, l’Endkampf il cui avvento rappresenta il compito stesso della 4TP e della sua “metafisica attiva”.

La globalizzazione e la fine della storia non possono essere ridotte alla volontà di qualcuno che non sia la fonte della creazione del tempo, almeno non nei limiti della filosofia immanentistica. Di conseguenza, ciò può significare solo una cosa: che nelle profondità della soggettività trascendentale sta un altro livello che Husserl non ha scoperto […]. Ci dev’essere un’altra dimensione che dev’essere ancora scoperta – la più nascosta. Possiamo designarla come Soggetto Radicale […]. Il Soggetto Radicale è incompatibile con qualsiasi struttura del tempo. Domanda con forza un anti-tempo, basato sul potente fuoco dell’eternità, trasfigurato alla luce della radicalità […]. Quando tutto e tutti sono svaniti, l’unica cosa che rimane è colui che non può svanire. Forse questa è la ragione per questa prova regina di tutte le prove.

Nella post-politica, c’è davvero un centro di comando. Ci sono attori e decisioni, ma sono completamente de-umanizzate, nella postmodernità. Sono oltre gli schemi dell’antropologia. Possiamo trovare conferme a queste ipotesi negli insegnamenti e nelle escatologie tradizionali, che affermano che la Fine dei Tempi non sarà innescata da mano umana, ma si fermerà appena prima dell’ora finale. L’atto finale non dipenderà dall’uomo. Sarà una guerra di angeli, una guerra di dei, un confronto tra entità non vincolate da leggi o regole economiche, e che non si identificano con alcuna religione o élite politica.

E questa guerra angelica può essere considerata politicamente. Ossia l’Angelopolis, o la Politische Angelologie, a cui mi riferisco, depurandone il concetto da ogni misticismo o esoterismo, ha lo stesso senso e la stessa natura della metafora schmittiana della “teologia politica”.

 L’angeologia politica dev’essere considerata una metafora che è al tempo stesso scientifica e razionale […]. Se la Prassi della Quarta Teoria Politica non è in grado di realizzare la fine dei tempi, allora sarebbe inutile. La fine dei giorni dovrebbe venire, ma non verrà da sola. Questo è un compito, non è una certezza. È metafisica attiva. È una pratica. E può essere una soluzione potenziale e razionale per quelle enigmatiche stratificazioni che si scoprono quando si parla di Prassi della Quarta Teoria Politica […]. Non è un caso che nell’escatologia della maggior parte delle religioni e delle tradizioni si parli della visione dell’Endkampf (“battaglia finale”), che necessariamente coinvolge gli angeli […]. L’espressione politica del Soggetto Radicale può essere quindi definita non come l’area della teologia politica (Carl Schmitt) ma come l’area dell’angelologia politica.

Ebbene, non possiamo concederci alle speranze escatologiche e soteriologiche di Dugin, poiché abbiamo già chiuso e con necessità la porta a qualsivoglia possibilità che l’Eterno possa darsi lungo il Sentiero del Giorno, ovvero alla presa dell’Atto, se non giacché deissi (attualità) dell’in-sé “Im-possibile all’atto”: l’Eterno può esserci solo quale punto di tensione estrema del Mortale, come ilCielo della Terra nella Quadratura-dei-Quattro (Geviert), ma non mai può e-manciparsi e stare assolutamente in se stesso, ovvero senza questa relazione immediatamente immanentizzantelo. Ante e oltre l’Autoctisi dell’Umano (e certamente noi non concediamo iato alla posizione della differenza tra Uomo e Io, Antropo e Autocoscienza), si è detto, Nulla si dà: l’essere è Pensiero (Ichheit) e il pensiero dell’ente (Ich) (genitivo soggettivo) è nella Storia dell’Essere(1)-della-DIA-ferenza(2).

E, tuttavia, crediamo, con Dugin, che questa configurazione – e la sua necessaria intensificazione ulteriore – non sia, con pari necessità, la configurazione definitiva, noi all’unisono affermiamo ovvero che l’entelechia del Deuteriore (la Postmodernità compiuta) possa e debba essere trascesa.

Non altro ci rimarrebbe pertanto che indicare, in fine, verso dove (télos) l’Ulteriore all’entelechia del Deteriore possa portarsi nel proprio oltrepassamento. Certamente non altrove rispetto all’entelechia o pienezza (ἕξις) dell’Originario stesso, già da principio dimorante nella costituiva propria steresi estrema. E, cionondimeno, occorre indicare che cosa significhi portarsi presso l’attuazione perfetta della Potenza-in-sé archegene. Senz'altro com-porta l’esserci del Non-essere-ente-alcuno in quanto pienamente sé stesso, la Contraddizione originaria che giunge allo stare perfettamente in contraddittorio dell’ in sé.

 

E, nonpertanto, questa posizione che predica come unica possibile fuori-uscita dalla Post modernità il passaggio cruciale attraverso la massima intensificazione dell’essenza che conferisce fondamento a essa configurazione (ebbene, ancora, il Nulla inautentico, l’Indistinto deteriore, la Contrarietà estrinseca), il grave sentiero ovvero gloriosamente tragico che in ultimo conduce il camminamento del Giorno all’Essere-della-Notte-Originaria, potrebbe apparire arrendevole, scevra di speranza ossia e soprattutto di coazione alla battaglia: non potrebbe esserci in verità nulla di più distante dal Vero, dall’Autentico.

Ripensiamo infatti all’assiologia autentica sovra accennata, riafferriamo epperò il nostro dire dell’oscillare della verticalità valoriale tra i poli dell’autentica corrispondenza al Destino e del suo oblio che il compito del compimento del sé del sé nell’impressione nella massima durata (aión: l’estensione temporale pensata, indoeuropeamente, sub specie voluntatis, quanto *Weru-nos esprime il dischiudersi dello Spazio nella stessa accezione) inautenticamente distoglie dall’essenza: imprimere al divenire il carattere dell’Essere” = istituire nell’Eterno l’esserci-stato del Mortale.

E ripensiamo adesso alla posizione di contrarietà estrinseca in via di raggiungimento dalla teoria della contraddittorietà dell’originaria Contraddizione-in-sé: non rappresenta forse il tempo dell’entelechia del Deteriore l’avvento del punto più distante dall’Originario, del massimamente Inautentico? Non è forse, altresì, il punto in cui la Storia del Destino raggiunge l’assenza di ulteriorità, il coincentro maggiormente altro e differente rispetto alla Verità dell’Originario? Non è forse questo nostro Zietgeist dell’Uno compiuto conciliato e compatto il più grande avversario dell’Avversità medesima?

Quale più grande battaglia dunque dell’Ultima Battaglia, della contesa ovvero per la posizione dell’Ultimità che non può essere ulteriormente contraddetta e controvertita, e che sta, precisamente, nell’autentica eternità (aión, *klèwos *ndhgwitom, Kléos Ouranòn ikánei)? Quale più grande valore, quale più estrema e duratura conquista dell’elevare contraddizione alla configurazione della contraddizione estrinseca in nome dell’essenza della Contraddizione originaria? Quale più opima spoglia delle armi stesse del Tutto onto-emerine, quale maggior redimento di gloria della completezza dell’Essere-in-sé?

Ecco che “là dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva”: l’intensificazione necessaria della postmodernità e del suo portato, a cui nell'innanzi viepiù andremo con necessità o intrascendibile teleologia incontro, generando il post-umano e la post-storia, l’Unità del mondo che chiude alla Differenza e all’Ulteriorità, alla Potenza e alla Contraddizione, l’altro dall’escate Alterità originaria che pone sé come definivo – e questo è precisamente l’autentico Male, l’assoluto dell’Inautentico – com-porterà contemporanemanete l’avvento dei Titani, ebbene del co-in-centrarsi dell’esistenza autentica categoriale tutta nell’esserci individuale che completa la compie infine.

Se il nostro destino comune è camminamento verso la solo e sempre nostra individualità altrui incedibile del sepolcro (Sein Zum Tode), è precisamente nell’attimo asintotico dell’esplosione del Fuoco edace che troviamo compiutamente noi stessi, in quell’attimo epperò massimamente corrusco che retro-illumina il nostro esistere lì e allora in ultimo finalmente coalito in unità, che retro-fonda ebbene e apofaticamente conferisce piena ragione d’essere e adempiuta attuazione al nostro esserci-stato e progettuale e prolettico, e quali enti particolari, e a punto parimenti, e di necessità, in quanto umana universalità (Transzendentalen Sein–Zum–Tode).

(Alberto Iannelli).

 

 

 

Dugin all’Agenparl: «La Quarta Russia

è quella che deve essere costruita ora.

Questa è la Russia del futuro».

Agenparl.eu - Luigi Camilloni – (31 Marzo 2022) – ci dice:  

 

(AGENPARL) – Roma, 31 marzo 2022 – L’Agenparl ha intervistato il Professore Aleksandr Gel’evič Dugin, filosofo e politologo russo ed è il principale ideologo dell’eurasiatismo contemporaneo, che ha coniugato con il tradizionalismo integrale, principalmente René Guénon e Julius Evola, e con il pensiero di Martin Heidegger, contribuendo a un nuovo “tradizionalismo russo”.

Domanda. Il suo editore AGA EDITRICE sta uscendo con la traduzione italiana della sua opera Great Reset. Quale messaggio riceverà il pubblico italiano da questa lettura? 

Dugin. Questo libro è una panoramica del liberalismo come teoria e ideologia politica.

Guardo la storia del liberalismo dai suoi inizi – le correnti protestanti nell’Europa del XVI secolo ai piani di World Government, Open Society di Soros e il Grande Reset del Forum di Davos di Klaus Schwab. Il piano del Grande Reset rappresenta il culmine del liberalismo come ideologia che libera l’individuo da ogni forma di identità collettiva.

 È iniziata con la liberazione dalla Chiesa (cattolica), dalle aristocrazie tradizionale, poi dalle nazioni e dagli Stati, poi dal genere (politica di genere) e infine dall’umanità, poiché essere umani è anche un’identità collettiva. Da qui l’ultima fase: il passaggio al transumanesimo, la fusione degli umani con le macchine, la migrazione totale al cyberspazio e il trasferimento del controllo alle reti neurali e all’Intelligenza Artificiale.

Oggi viviamo nella fase finale del liberalismo che è diventato globale. Questo è il globalismo occidentale e un mondo unipolare. Ma è iniziato con gli inizi della Modernità, con il capitalismo e il rifiuto della società tradizionale.

Il Grande Reset è la fine di un lungo viaggio verso l’autodistruzione dell’umanità.

“Il Grande Risveglio” è la formazione di un polo alternativo.

 Il punto chiave del Grande Risveglio è che le persone di diverse culture e tradizioni, siano esse di destra, di sinistra, cristiane, musulmane, ebree, indù, buddiste o confuciane, entrino in un patto storico planetario che rifiuti l’agenda globalista. Invece di uno scontro di civiltà diverse tra loro, Il Grande Risveglio chiede un’alleanza universale contro il male totale che minaccia tutta l’umanità – contro Soros, Schwab, Bill Gates e l’oligarchia liberale globale.

Questo è, in poche parole, ciò di cui parla questo libro.

Domanda. Parafrasando il termine Terza Roma si può parlare di una Terza Russia?

Dugin. Un suggerimento interessante. Lo scrittore patriota russo e mio amico Alexander Prokhanov parla del Quinto Impero. Il mio ultimo libro in russo si chiama “La Quarta Russia”.

Per me la prima Russia é la Russia antica. La seconda è l’Impero di Romanov. La terza è Impero sovietico. La Quarta Russia è quella che deve essere costruita ora.

Questa è la Russia del futuro. Coincide con il Quinto Impero Prokhanov (che distingue nella Russia antica il periodo del gran ducato di Kiev e il periodo di Regno di Mosca). Ma tutte le tappe dalla seconda metà del XV secolo russo in poi sono la Terza Roma.

Tale è la complessa dialettica della nostra storia.

Quarta teoria Politica Multipolarità sono due parole chiave del suo pensiero. Quale ruolo sta rivestendo l’India?

Dugin. L’India è certamente una civiltà a sé stante. Ha il suo Logos unico, il suo Dasein. L’India non è un paese, è un mondo, è un intero pianeta, un continente. La 4PT è costruita sul Dasein e le sue strutture esistenziali interne. Si sommano al Logos.

 In India, vediamo entrambi in pieno – perfetto! – stato di sviluppo, un orizzonte esistenziale distintivo e un sistema metafisico religioso-filosofico elaborato – l’induismo.

Quindi, la presenza del soggetto indiano nella comprensione del 4PT è fuori dubbio. Ciò che conta è completare il processo di decolonizzazione profonda e affermare coraggiosamente un’identità indù propriamente detta, basando su di essa l’insieme dell’ordine tradizionale.

È come la venuta del Decimo Avatar Kalka per porre fine al Kali Yuga, l’era del caos, della degenerazione e della decadenza. Questo caos è imposto all’India dalla Modernità e dalla colonizzazione anglo-sassone.

Quindi, in un mondo multipolare, sicuramente l’India diventerà un polo, diverso da tutti gli altri.

Essere un polo significa prendere decisioni pienamente sovrane.

Ora, nello stato di transizione dal mondo unipolare a quello multipolare, l’India è sempre più osservabile come tale polo sovrano. E l’intero sistema non è più solo tripolare – Occidente, Russia, Cina; ma quadripolare – Occidente, Russia, Cina, India. Penso che sia il momento più importante della storia moderna.

Domanda. Sappiamo che Lei ha dedicato anni di studio al pensiero di Renè Guenon. In che forma le opere di questo Autore tradizionalista hanno influenzato il suo pensiero?

Dugin. Devo tutto a Guénon. Io sono prima di tutto un tradizionalista, e per me tutti i punti sul confronto tra la Tradizione e il mondo moderno sono principi inconfutabili.

Un’altra cosa è che cerco di applicare i principi del tradizionalismo a vari campi che Guénon stesso e i guenoniani non hanno toccato mai. Per questo, a volte può sembrare che io mi sia allontanato dalle sue idee. Non è questo il caso. Sono il guenoniano più ortodosso che si possa immaginare.

 

Tutto ciò che aveva “previsto” David Iccke ha trovato conferma da parte sua? C’è ancora un “segreto più nascosto”?

Dugin. Dal mio punto di vista, David Icke è un pazzo completamente delirante. Ma il Carl Gustav Jung e i suoi collaboratori hanno dimostrato perfettamente che le strutture del delirio non sono casuali o arbitrarie, ma esprimono leggi profonde e connessioni archetipiche dell'”inconscio collettivo”. David Icke può essere trattato solo come un paziente, apparentemente completamente pazzo insieme a tutti coloro che lo prendono sul serio.

Detto questo, considerare ciò che dice in termini di esplorazione della cartografia dell’inconscio, dove gli archetipi sottostanti saltano fuori spontaneamente e caoticamente, non è probabilmente irragionevole. Ma non sono mai stato interessato a questo.

E per quanto riguarda il “segreto ben custodito” in questi giorni, molte cose prima tenute segrete stanno diventando aperte. Per molto tempo, le élite liberali globali occidentali hanno rifiutato di riconoscere che il loro obiettivo era il governo mondiale.

 Oggi se ne parla in tutti i libri di testo di Relazioni Internazionali. Quasi tutto ciò che è segreto è già diventato ovvio, bisogna solo saper leggere e interpretare correttamente le letture. Ma questa qualità sta diventando sempre più rara. Sappiamo tutto, ma non capiamo più niente.

 

 

Una Russia ribelle contro

il mondo unipolare nel

discorso di Putin a San Pietroburgo

ambienteweb.org – Davide G.Porro – (18/06/2022) – ci dice:

 

Il presidente russo Vladimir Putin venerdì 17 giugno ha ripreso la sua consueta critica agli Stati Uniti definendola come una potenza in declino che tratta i suoi alleati come colonie, mentre si dichiara eccezionale, come se fosse “il messaggero di Dio in Terra” dunque “senza obblighi ma solo con interessi definiti sacrosanti. “

“Se sono eccezionali, significa che tutti gli altri sono di seconda classe“, ha detto Putin parlando degli Stati Uniti in un discorso che il Cremlino ha definito “estremamente importante”.

OLTRE 60 MINUTI DI DISCORSO AL FORUM DI SAN PIETROBURGO.

Il leader del Cremlino ha partecipato al Forum economico internazionale di San Pietroburgo, un evento annuale una sorta di conferenza d’affari intesa come la risposta orientale al vertice di Davos di Klaus Schwab.

Il Presidente russo, le cui osservazioni sono state ritardate di oltre un’ora da causa di non specificati attacchi informatici distribuiti “su larga scala” sui sistemi della conferenza, ha parlato per più di 60 minuti.

A malapena ha toccato il tema della guerra in Ucraina. Invece, si è concentrato su come l’economia russa potrebbe prosperare nonostante le sanzioni occidentali. Ha promesso riforme ambientali e normative, nonché iniziative del governo per sostenere la domanda delle imprese russe.

UNA RUSSIA PIÙ FORTE E L’EUROPA SUDDITA DELLA POLITICA USA.

Il leader russo ha dichiarato come la Russia stia entrando “in una nuova era che la vedrà potente e sovrana e dunque sempre più forte”.

L’Europa invece, secondo Putin, ha imposto sanzioni contro Mosca, su ordine di Washington, nonostante ciò creasse enormi danni alla propria economia e questo dimostrerebbe come “L’Unione Europea abbia perso completamente la sua sovranità politica”.

Interessante anche il passaggio in cui ha affermato che la classe politica occidentale stia incolpando falsamente la guerra in Ucraina per giustificare l’inflazione galoppante e distrarla dalle vere ragioni: l’eccessiva spesa dei governi occidentali e la politica monetaria troppo allentata.

Qualcuno in occidente la definisce “l’inflazione di Putin” ma si domanda il Presidente russo “chi può credere a questa stupidità?”.

La risposta che si da Putin è che sono “stupidaggini solo per analfabeti” rimandando quindi a Stati Uniti e agli euro-burocrati le colpe di aver causato un deterioramento della ricchezza dei cittadini e la fame nei Paesi più poveri.

LA CRISI ALIMENTARE E L’INVITO A COLLABORARE DELLA RUSSIA.

Tra i temi toccati nel discorso anche quello del blocco del grano e del rischio di una crisi alimentare globale. Putin, come riporta l’agenzia di stampa Ria Novosti, ha detto che la Russia “accoglie con favore l’invito dell’Onu per il dialogo sulla sicurezza alimentare “.  Mosca, ha aggiunto, “non ostacola la fornitura di grano ucraino al mercato mondiale e smentisce di aver minato i porti “.

Significativo il passaggio in cui il leader della Federazione russa ha dichiarato: “La Russia non sceglierà mai il percorso dell’autoisolamento”, anzi “aumenterà l’interazione con chi vuole collaborare”.

L’inquilino del Cremlino ha ritratto una Russia ribelle contro il globalismo imposto dagli Stati Uniti ma ha anche lanciato alcuni moniti interni.

L’APPELLO AGLI OLIGARCHI RUSSI.

Putin ha fatto un appello ai magnati russi esortandoli a tenere i loro soldi a casa, indicando le sanzioni di quest’anno come la dimostrazione che dovrebbero tagliare i legami con l’Occidente.

 

Il vero, solido successo e il sentimento di dignità e rispetto di sé arriveranno solo quando legherai il tuo futuro e il futuro dei tuoi figli alla tua Patria”, aggiungendo, “coloro che non volevano ascoltare questo messaggio ovviamente hanno perso centinaia di milioni, se non miliardi di dollari in Occidente”.

Insomma Vladimir Putin nel suo lunghissimo discorso ha mandato un messaggio molto diretto ad occidente.

” L’era dell’ordine mondiale unipolare è finita, nonostante tutti i tentativi di conservarlo con qualsiasi mezzo. L’Occidente mina intenzionalmente le fondamenta internazionali in nome delle loro illusioni geopolitiche. È sbagliato pensare che dopo un periodo di cambiamenti turbolenti tutto tornerà alla normalità e sarà come prima. Assolutamente no!”.

Intanto nelle stesse ore in cui Putin parlava a San Pietroburgo la russa Gazprom tagliava del 50% le forniture di Gas a Eni, ufficialmente a causa della mancanza di pezzi di ricambio per la manutenzione dei gasdotti a bloccati delle sanzioni.

(Davide G. Porro)

 

 

 

 

Generale Bertolini: “Dopo i referendum,

 gli attacchi ucraini metteranno

 in gioco il deterrente nucleare russo”.

Ambienteweb.org - L’Antidiplomatico - Alessandro Bianchi – (22/09/2022) – ci dice:   

 Annunciando la mobilitazione parziale e il pieno sostegno ai referendum nelle regioni del Donbass, Kherson e Zaporizhzhia, il presidente della Federazione russa Vladimir Putin ha impresso oggi un momento di svolta forse epocale per la Russia e, più in generale, per il futuro dell’Europa.

Il passaggio progressivo da “operazione speciale” a guerra propriamente detta – contro “l’occidente e non contro l’Ucraina” come ha ribadito Putin ed esplicitamente il ministro della Difesa Shoigu – apre scenari sempre più preoccupanti su un conflitto che Washington ha da subito cercato di allargare.

“A quanto pare ora Putin prende atto di una situazione compromessa con riferimento a un possibile negoziato e dichiara una mobilitazione parziale che fino ad ora era stata evitata”, dichiara a l’AntiDiplomatico il generale Bertolini, ex comandante del Comando operativo interforze e della Folgore, che abbiamo intervistato per uno sguardo di insieme sulla situazione militare oggi in campo e più in generale sui possibili scenari futuri che ci attendono.

“Un attacco ucraino verso le zone occupate verrebbe considerato un attacco al territorio russo, mettendo in gioco il deterrente nucleare stesso. Insomma, tutte le strade restano pericolosamente aperte”.

L’INTERVISTA.

Generale, prima del discorso di Putin di oggi che annuncia la mobilitazione parziale del suo paese, per giorni i principali media italiani hanno raccontato di una Russia praticamente pronta alla resa dopo la controffensiva ucraina nella regione di Kharkov. È d’accordo con la loro analisi e qual è la reale situazione militare sul campo?

Quale sia la situazione sul campo è difficile da dirlo. Quello che è certo è che dopo i primi mesi di inarrestabili avanzate russe, assistiamo ora a una fase nella quale le forze ucraine stanno contrattaccando in misura considerevole. In questo contesto giocano un ruolo importante di aiuti occidentali e soprattutto statunitensi in termini di armi e di intelligence.

Gli ucraini hanno così potuto individuare e sfruttare le vulnerabilità del dispositivo russo procedendo ad una controffensiva di fronte alla quale i russi si sono ritirati, anche se senza importanti battaglie campali, almeno per quanto è dato sapere. Così facendo, si è innescato un problema per i civili russi o filo russi della regione che ormai contavano su un controllo incontrastato di Mosca e che ora sono esposti alle rappresaglie.

 È la triste regola delle guerre civili e questa, per molti versi, lo è. Ne sappiamo qualcosa anche noi. Detto questo, non credo che la Russia stia pensando a una resa.

A Samarcanda Putin ha affermato che non cambiano gli obiettivi dell’operazione che, da un punto di vista territoriale, sono rappresentati essenzialmente dal Donbass e dalla Crimea. Ma sicuramente la controffensiva Ucraina ha indebolito il dispositivo terrestre russo che vede l’oblast di Lugansk con il fianco destro scoperto.

Sarà quindi più difficile per i russi concentrare le forze verso Siversk, Sloviansk e Kromatorsk per completare l’occupazione dell’oblast di Donetsk. E, quel che è peggio per Mosca, questo fianco scoperto si presta a ulteriori sfruttamenti da parte Ucraina nei confronti del Donbass.

In una sua recente intervista all’AGI affermava come la parte ucraina avesse dovuto sfruttare questo successo tattico per iniziare trattative vere di pace. I bombardamenti sul territorio russo, le promesse di Zelensky di “liberare la Crimea” e i massacri di civili in corso ogni giorno a Donetsk, tuttavia, non sembrano confermare che a Kiev si voglia perseguire questa strada. Non crede?

Ritengo che ora l’Ucraina avrebbe la possibilità di sedersi a un tavolo negoziato in posizioni di forza.

 Così non sarebbe stato fino a due o tre settimane fa quando ancora era la Russia ad avere il coltello dalla parte del manico.

 Questo purtroppo non significa che si stia avvicinando un negoziato: sia Zelensky che Putin, infatti, sembrerebbero escluderlo al momento attuale.

Il primo si sente forte soprattutto grazie all’appoggio occidentale e potrebbe essere tentato dall’ascoltare chi gli suggerisce di continuare una controffensiva che però a mio avviso non gli consentirà di rioccupare il Donbass.

Sta cercando di farlo dal 2014, senza successo, infatti, e se vi riuscisse ora non ci sarebbero dubbi sul fatto che è intervenuto qualcosa di nuovo, non limitato alle armi occidentali.

Putin a sua volta ha la necessità di concludere l’offensiva con un plebiscito che sancisca l’indipendenza delle regioni occupate o addirittura la loro annessione alla Russia.

Di fronte a un pronunciamento del genere, infatti, potrebbe passare all’offensiva “diplomatica”, dichiarando il conseguimento degli obiettivi e la fine delle operazioni militari, mettendo così in imbarazzo chi in occidente preme per una guerra ad oltranza.

Di questo ha accennato nel recente summit dell’organizzazione per la cooperazione di Shangai (SCO) nel quale ha registrato le preoccupazioni dei paesi asiatici per una guerra che si sta cronicizzando.

Se basterà questo per fermare la guerra è però da vedere: che Biden voglia spingere per una lunga guerra di logoramento che sfianchi la Russia e che riproponga quella dicotomia tra Europa occidentale ed orientale del passato, seppur passando per altri confini rispetto a quelli dell’ultima Guerra Fredda, mi sembra che sia ormai riconosciuto da molti.

D’altronde, che nei piani iniziali della Russia non ci fosse una guerra ad oltranza era chiaro dall’inizio, viste le poche forze introdotte, senza procedere, fino a ieri, ad alcuna mobilitazione che è invece indispensabile per uno sforzo di lunga durata.

  Evidentemente, quindi, contava su una soluzione negoziale meno difficile da raggiungere di quanto dimostrato nella realtà, avendo certamente sottovalutato la presa di posizione occidentale e soprattutto statunitense.

Generale, proprio oggi però le autorità russe hanno deciso di sostenere i referendum che si terrano nelle regioni indipendentiste dal 23 al 27 settembre. Si va verso una nuova ulteriore escalation del conflitto?

A quanto pare ora Putin prende atto di una situazione compromessa con riferimento a un possibile negoziato e dichiara una mobilitazione parziale che fino ad ora era stata evitata, forse anche per non esacerbare i termini dello scontro con gli “spettatori” occidentali.

Una situazione, questa, che non fa ben sperare in un futuro di pace e prosperità nel nostro continente. Certamente nei piani russi un pronunciamento del genere dovrebbe spingere ad una de-escalation. Ma è chiaro che se si decidesse per l’annessione dei territori e non semplicemente per la loro indipendenza da Kiev, come pare avvenga, un attacco ucraino verso le zone occupate verrebbe considerato un attacco al territorio russo, mettendo in gioco il deterrente nucleare stesso.

 Insomma, tutte le strade restano pericolosamente aperte.

Come confermato dal NYT l’offensiva ucraina ha avuto il supporto decisivo dell’intelligence Usa. Considerando anche le armi inviate, l’addestramento e i tantissimi mercenari che stanno combattendo sul campo, possiamo affermare che la guerra in corso non sia tra Ucraina e Russia ma tra Nato e Russia?

Anche in questo caso non credo che ci siano dubbi sul fatto che quella in Ucraina è una guerra per procura. È una specie di continuazione della Guerra Fredda nella quale il “nemico” non è rappresentato dal blocco “comunista”, visto che molte delle istanze del comunismo classico sono emigrate armi e bagagli ad ovest – si pensi ad esempio all’ateismo di Stato, al controllo dell’opinione pubblica, alla censura o alla famiglia.

Piuttosto, credo che le ragioni vere di questa inconciliabilità risiedano in ragioni di carattere strategico connesse alla percepita pericolosità di una potenza continentale direttamente collegata alla parte più succosa dell’Occidente, l’Europa.

 Un pericoloso concorrente non tanto per l’Europa continentale, che anzi finora ha beneficiato dei rifornimenti energetici e a buon mercato dalla Russia, quanto piuttosto dalle potenze insulari ed anglosassoni che da sempre considerano con sospetto ogni possibilità di coagulazione di troppi interessi in comune nell’area euroasiatica.

A distanza di oltre sei mesi dall’inizio, quale è il suo giudizio complessivo sul racconto dei media occidentali della guerra?

In guerra, come si dice con un’affermazione banale e vera al tempo stesso, la prima vittima è la verità. Certamente, mai come in questa occasione si è verificata una adesione uniforme di tutti i principali media occidentali ed italiani in particolare a sostegno di una delle due parti.

 Non avvenne neppure con la guerra in Kosovo, in Libia e Afghanistan, nelle quali eravamo direttamente impegnati con nostre forze: un dibattito relativamente libero era sempre possibile. Ora, invece, è stato fatto passare il messaggio che l’attacco all’Ucraina è un attacco a tutta l’Europa, anzi, all’Occidente, e che in Ucraina si sta difendendo una democrazia compiuta, aggredita da un “dittatore” senza scrupoli.

Che con questo “dittatore” abbiano fatto affari tutti i paesi europei, e non solo, per due decenni, realizzando scambi commerciali importanti per la nostra stessa sopravvivenza attuale, pare se ne siano dimenticati tutti. Come tutti sembrano aver dimenticato le critiche alla condotta “democratica” ucraina prima di questa guerra.

Nulla di nuovo, comunque. La stessa cosa avvenne con la seconda guerra mondiale, quando si dovettero attendere i primi rovesci sui nostri fronti per cominciare a registrare qualche alzata di sopracciglio da parte dei nostri media di allora. Non è cambiato nulla, insomma.

Il conflitto in Ucraina è praticamente assente dalla campagna elettorale in corso in Italia, nonostante sia chiaramente l’evento che più condizionerà le vite degli italiani nei prossimi mesi-anni e nonostante la delega in bianco data dal Parlamento (compreso i partiti che poi a parole si dichiarano dubbiosi) al governo fino al 31 dicembre 2022 sulle armi da inviare a Kiev.

Da che cosa deriva questo silenzio attuale dei partiti? E come può l’Italia farsi vero volano di pace nei prossimi mesi?

Credo che i partiti siano consapevoli di quanto una prospettiva di guerra sia invisa alla popolazione italiana, anche a quella che è più fermamente schierata a fianco delle ragioni ucraine.

Al tempo stesso, hanno spazi di manovra ridottissimi di fronte alle pressioni occidentali e di un’Unione Europea che ha tradito la sua funzione principale, alimentando uno scontro tra due paesi europei che è destinato a coinvolgerci, forse non solo economicamente. Insomma, parlare di pace non è possibile e parlare di guerra non fa bene al borsino elettorale.

 Meglio tacere, quindi. Ma il rischio di andare a sbattere, con Forze Armate che pagano decenni di disinteresse da parte di tutte le nostre classi politiche che si sono succedute al governo, non è trascurabile. Anzi.

 

 

La dimensione ideologica dello

stallo tra Russia e Stati Uniti.

Agenziaradicale.com - Anna Mahjar-Barducci – (02 Febbraio 2022) – ci dice:

(Anna Mahjar-Barducci è direttrice del MEMRI Russian Media Studies Project).

 

Ci sono voluti più di 20 anni prima che il presidente russo Vladimir Putin definisse la nuova ideologia russa.

 Tuttavia, lo sviluppo di questa ideologia è in corso sin dal primo giorno della nomina di Putin a Presidente della Federazione Russa, e probabilmente non è ancora sistematizzato e finalizzato.

 La Costituzione russa vieta l'instaurazione di un'ideologia di stato, ma molti intellettuali russi – e lo stesso Putin – hanno spinto per il ritorno di un'ideologia e di una “nuova idea russa”.

Nella formazione della nuova ideologia russa, ci sono alcuni discorsi di Putin che possono essere considerati pietre miliari.

Si può affermare con certezza che il processo di formazione di questa nuova ideologia è iniziato con il discorso storico di Putin a Monaco del 2007, in cui ha sfidato l'ordine mondiale unipolare guidato dagli Stati Uniti. Putin ha detto: "Cos'è un mondo unipolare?

Tuttavia si potrebbe abbellire questo termine, alla fine si riferisce a un tipo di situazione, ovvero un centro di autorità, un centro di forza, un centro decisionale… È un mondo in cui c'è un padrone, un sovrano.

E alla fine, questo è pernicioso non solo per tutti coloro che sono all'interno di questo sistema, ma anche per il sovrano stesso perché si autodistrugge dall'interno... Ritengo che il modello unipolare non sia solo inaccettabile ma anche impossibile nel mondo di oggi... Ciò che è ancora più importante è che il modello stesso è viziato perché alla sua base ci sono e non possono esserci fondamenti morali per la civiltà moderna».

Il discorso del 2007 è stato il primo manifesto politico di Putin che ha determinato, e che continua a definire, lo schema generale della politica russa, che mira a porre fine all'ordine mondiale unipolare dell'Occidente. Vale la pena analizzare quattro principali leit motive della nuova ideologia russa che è derivata dal discorso di Monaco di Putin

"La fine della storia non si è concretizzata”.

1.” La fine della storia", in cui il politologo americano Francis Fukuyama aveva predetto che la democrazia liberale prevarrà come ordine permanente, non si è concretizzata.

Nel suo discorso del 2007 Putin ha dichiarato: "Il mondo unipolare che era stato proposto dopo la Guerra Fredda neanche si è svolto". Da quel momento in poi, questa frase è diventata il mantra del governo russo, ed è stata adottata anche da studiosi cinesi.

 Seguendo la linea di Putin, anche il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha affermato più di una volta che Fukuyama si sbagliava.

 Durante un Forum per la pace di Parigi del 2019, Lavrov ha dichiarato: "Quindi chiedo un dibattito durante il quale sarà riconosciuto che la 'fine della storia', che è stata proclamata con trionfo dopo la fine dell'Unione Sovietica, non ha avuto luogo, la storia è viva e vegeta e l'eterno dominio dell'Occidente predetto da Francis Fukuyama non si è concretizzato".

 Prima dell'apertura della 74a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, Lavrov ha pubblicato un articolo intitolato "Il mondo a un bivio e Un sistema di relazioni internazionali per il futuro".

Nell'articolo, Lavrov ha spiegato che quando l'Unione Sovietica si è disintegrata e il muro di Berlino è caduto, l'Occidente non ha cercato un'agenda unificante con la Russia. "Invece, tutto ciò che potevamo sentire erano affermazioni trionfanti che era arrivata la 'fine della storia' e che d'ora in poi ci sarebbe stato un solo centro decisionale globale", ha scritto Lavrov.

Lavrov ha sottolineato che gli sforzi dell'Occidente per stabilire un modello unipolare sono falliti poiché stanno emergendo altri centri di potere.

 "La trasformazione dell'ordine mondiale è diventata irreversibile. Nuovi attori importanti che esercitano una base economica sostenibile cercano di aumentare la loro influenza sugli sviluppi regionali e globali; hanno pieno diritto di rivendicare un ruolo maggiore nel processo decisionale. La stragrande maggioranza dei i membri della comunità internazionale rifiutano le arroganti politiche neocoloniali che vengono impiegate ancora una volta per autorizzare alcuni paesi a imporre la loro volontà ad altri", ha affermato Lavrov.

Il famoso accademico russo Sergey Karaganov, noto come il "Russian Kissinger", ha anche affermato che poiché la "fine della storia" non ha avuto luogo, la competizione con l'Occidente non è finita, perché la Russia rappresenta un nuovo modello di capitalismo semi-democratico autoritario, che può essere più attraente del sistema liberale, soprattutto per gli ex paesi del Terzo Mondo.

Il mondo di oggi è "multipolare" e non "unipolare".

2. Il mondo di oggi è multipolare e non unipolare. Nel suo discorso del 2007, Putin ha dichiarato: "Il PIL combinato misurato a parità di potere d'acquisto di paesi come India e Cina è già maggiore di quello degli Stati Uniti. E un calcolo simile con il PIL dei paesi BRIC - Brasile, Russia, India e Cina – supera il PIL cumulato dell'UE. E secondo gli esperti, questo divario non potrà che aumentare in futuro. Non c'è motivo di dubitare che il potenziale economico dei nuovi centri di crescita economica mondiale si trasformerà inevitabilmente in influenzerà e rafforzerà la multipolarità".

Vale la pena notare che il 29 ottobre 2019 è stato inaugurato a Mosca un monumento allo statista russo Yevgeny Primakov, in coincidenza con il 90° anniversario della sua nascita. Durante la cerimonia, Putin ha sottolineato la promozione da parte di Primakov dell'idea di multipolarità, cara al Cremlino.

Putin ha detto: “Yevgeny Primakov sapeva che il mondo è più complicato di qualsiasi cliché o stereotipo. Aveva una visione strategica e ha lavorato duramente per promuovere l'idea di multipolarità. In effetti, è stato Yevgeny Primakov a formulare chiaramente i principi chiave della moderna sviluppo del mondo. Vediamo che il multipolarismo non è più una tendenza, ma una realtà oggi.”

 

Rispondendo a una domanda sul contributo essenziale di Primakov alla politica estera russa, Lavrov ha anche sottolineato che il concetto di mondo multipolare, così come promosso da Primakov, è diventato una realtà oggettiva che sta prendendo forma proprio davanti ai nostri occhi:

"Siamo stati spesso accusati di recente di voltare le spalle all'Occidente e verso l'Oriente. Yevgeny Primakov è stato nominato ministro degli Esteri dopo che ci eravamo allontanati da tutti, escluso l'Occidente, nella prima metà degli anni '90. Inoltre, consideravamo l'Occidente come firmatari che gli chiedevano di darci un posto nel mondo che fosse presentato come il trionfo della democrazia liberale e la fine della storia.

"Secondo Francis Fukuyama, la fine della storia significava che il mondo occidentale, o l'Occidente collettivo, non ha e non può avere rivali.

Yevgeny Primakov è entrato in carica in un momento in cui le nostre relazioni con quasi tutti gli altri paesi erano fredde. Ha dovuto agire in condizioni vincolate segnate esclusivamente dall'inerzia filo-occidentale. Da visionario, sapeva che una politica può essere sostenibile solo se tiene conto delle realtà moderne. Ha previsto le realtà di un mondo multipolare con nuovi centri di crescita economica, potere e, di conseguenza, influenza politica. Questi centri sono apparsi. Un mondo multipolare è diventato una realtà oggettiva che sta prendendo forma proprio davanti ai nostri stessi occhi”

Nei suoi scritti, il filosofo antiliberale russo Alexander Dugin ha ulteriormente spiegato come sarebbe un mondo multipolare.

 Ha affermato che un mondo multipolare ha "priorità completamente diverse", "altri sistemi di valori" e "altre strutture di governo politico".

 Dugin ha anche suggerito che il sistema unipolare ha iniziato a erodersi con gli attacchi dell'11 settembre da parte dei terroristi islamici al World Trade Center e con l'ascesa al potere di Putin alla presidenza della Russia: "Poi sembrava che il momento unipolare non fosse più un ordine mondiale unipolare, che qualcosa fosse 'storto' con l'uni-polarità.

 'Normalmente' non avrebbe dovuto esserci un tale cosa come l'attacco terroristico dell'11 settembre, perché non c'era stato che potesse attaccare gli Stati Uniti, nessuna civiltà, nessun sistema politico... La Russia in quel momento era in una situazione molto bassa con Eltsin, ed era sull'orlo del crollo dopo l'Unione Sovietica. Ma Putin ha cominciato a riaffermare la Russia come un paese sovrano. Questa è stata una sorta di sfida al sistema unipolare."

Parallelamente agli attacchi terroristici dell'11 settembre e all'ascesa al potere di Putin, Dugin ha sottolineato che un altro elemento ha iniziato a erodere l'uni-polarità: l'ascesa della Cina come attore globale, che sfida ulteriormente il sistema unipolare.

In effetti, secondo Dugin, viviamo alla fine dell'uni-polarità.

 

Secondo Dugin, il sistema che dovrebbe sostituire l'uni-polarità è la multipolarità, che può essere meglio definita descrivendo ciò a cui si oppone: "La multipolarità è contro l'uni-polarità... La multipolarità è contro l'egemonia su tre livelli: in primo luogo strategico, cioè contro l'americano dominio militare del mondo con basi militari americane ovunque nel mondo... La multipolarità è contro l'egemonia ideologica come globalizzazione, liberalismo e diritti umani..."

Sovranità nazionale.

3. La sovranità nazionale come valore fondamentale della politica russa. Nel discorso di Putin del 2007, ha collegato il concetto di sovranità nazionale al concetto di multipolarità. Putin ha spiegato che affinché uno stato sia veramente sovrano, il sistema unipolare deve scomparire. Putin ha dichiarato: "[Un] mondo in cui c'è un padrone, un sovrano ... è pernicioso non solo per tutti coloro che sono all'interno di questo sistema, ma anche per il sovrano stesso perché si distrugge dall'interno. E questo certamente non ha nulla in comune con democrazia. Perché, come sapete, la democrazia è il potere della maggioranza alla luce degli interessi e delle opinioni della minoranza.

Per inciso, alla Russia – a noi – viene costantemente insegnata la democrazia. Ma per qualche ragione chi ci insegna non vuole imparare da solo... Uno stato e, naturalmente, in primis gli Stati Uniti, ha oltrepassato in ogni modo i suoi confini nazionali. Questo è visibile nelle politiche economiche, in quelle strettamente politiche, culturali ed educative che impone alle altre nazioni. Ebbene, a chi piace questo? Chi è felice di questo?"

Pochi mesi dopo il suo discorso a Monaco, Putin ha parlato in un incontro con i membri del Valdai International Discussion Club.

In quell'occasione Putin ha ulteriormente precisato: "Francamente, non sono così tanti i Paesi al mondo oggi che hanno la fortuna di dirsi sovrani. Potete contarli sulle dita: Cina, India, Russia e pochi altri. Tutti gli altri paesi dipendono in larga misura l'uno dall'altro o dai leader di blocco. Questa non è una situazione molto piacevole, ma è mia profonda convinzione che questa sia la realtà oggi.

"So che, purtroppo, in alcuni paesi dell'est europeo, non solo il candidato alla carica di ministro della Difesa, ma anche i candidati a cariche meno importanti vengono discussi con l'ambasciatore degli Stati Uniti.

 È un bene?

Non credo sia molto bene per tutti i paesi interessati perché prima o poi provocherà lo stesso rifiuto che una volta ha suscitato in questi paesi la dominazione sovietica.

Capisci? Può sembrare benvenuto oggi, ma domani potrebbe portare a problemi. Anche la vecchia Europa è obbligata ad accettare gli interessi politici della NATO tengono conto nelle sue politiche.

Sapete come funziona il processo decisionale. Probabilmente non c'è bisogno di spiegare. La sovranità è quindi qualcosa di molto prezioso oggi, qualcosa di esclusivo, si potrebbe anche dire. La Russia non può esistere senza difendere la sua sovranità La Russia o sarà indipendente e sovrana o molto probabilmente non esisterà affatto."

Karaganov ha descritto la "sovranità" come la libertà dalle regole degli Stati Uniti e ha affermato che la Russia sarà il paese che libererà il mondo dal giogo dell'Occidente nello stesso modo in cui ha combattuto contro la Germania nazista nella seconda guerra mondiale:

"La sovranità, soprattutto, per noi stessi e il mondo. Ciò significa proteggere e rafforzare il proprio Paese per garantire una vita comoda, sicura e libera ai suoi cittadini. Ciò significa libertà di scelta per sé stessi e per il mondo. A proposito, storicamente ci siamo assicurati la libertà scelta da molti paesi per aver privato Napoleone, Hitler e ora gli Stati Uniti della possibilità di dominare."

Vale la pena notare che il sostegno di Putin alla sovranità nazionale ha attirato molti scettici dell'UE. Nel 2014 Matteo Salvini, leader del partito italiano Lega Nord (un partito che considera l'Unione Europea una minaccia alla sovranità italiana) ha persino posato per fotografie con una maglietta con la faccia di Putin nella Piazza Rossa di Mosca. Inoltre, prima delle elezioni presidenziali francesi del 2017, Putin ha incontrato la candidata presidenziale del Fronte nazionale scettico dell'UE di estrema destra Marine Le Pen. In quell'occasione Le Pen disse: "[Putin] rappresenta una nazione sovrana... Penso che rappresenti anche una nuova visione".

Il concetto di "sovranità" può essere riassunto principalmente nelle parole di Dugin:

"Sovrano è colui sul quale non c'è nessun altro e niente affatto". Quindi, "sovranità" significa la possibilità che uno Stato sia libero di scegliere la propria forma di sistema politico, governo, regole e persino la propria definizione di diritti umani. In effetti, la Russia sfida l'idea che all'Occidente dovrebbe essere consentito di affermare un sistema di valori uniforme e universale. In questo senso, la Russia promuove l'idea che i paesi sovrani dovrebbero essere liberi di adottare diversi sistemi politici, diversi dalla democrazia liberale che è vista come un sistema che è stato imposto dall'Occidente al mondo.

Vale la pena notare che il discorso di Monaco del 2007 è stato pronunciato durante l'amministrazione Bush, caratterizzata da un forte interventismo e sostegno alle rivoluzioni colorate. Il discorso di Putin può quindi essere letto come una risposta diretta alla dottrina Bush, il fulcro del flusso che era stato l'"esportazione della democrazia", anche attraverso interventi militari.

L'Occidente ha "tradito" la Russia.

4. L'Occidente, e più specificamente la NATO, ha tradito la Russia.

Nel suo discorso del 2007, Putin ha affermato: "Penso sia ovvio che l'espansione della NATO non ha alcun rapporto con la modernizzazione dell'Alleanza stessa o con la garanzia della sicurezza in Europa. Al contrario, rappresenta una seria provocazione che riduce il livello di fiducia reciproca. E abbiamo il diritto di chiederci: contro chi è destinata questa espansione? E che fine hanno fatto le assicurazioni fatte dai nostri partner occidentali dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia? Dove sono oggi quelle dichiarazioni? Nessuno le ricorda nemmeno. Ma io mi permetterò di ricordare a questa udienza quanto è stato detto. Vorrei citare il discorso del Segretario generale della NATO Wörner a Bruxelles il 17 maggio 1990. Egli disse in quel momento che: "il fatto che siamo pronti a non porre un esercito della NATO al di fuori del territorio tedesco offre all'Unione Sovietica una solida garanzia di sicurezza.' Dove sono queste garanzie?"

Questa accusa contro la NATO è stata pronunciata più volte da Putin e da altri alti funzionari e diplomatici russi. Come citato in precedenza, durante la commemorazione di Primakov nel 2019, lo stesso Lavrov ha spiegato che non è la Russia ad allontanarsi dall'Occidente, ma è l'Occidente ad allontanare la Russia. In un trattato storico intitolato "La politica estera della Russia: sfondo storico", pubblicato il 3 marzo 2016 sulla rivista di affari esteri russa Russia in Global Affairs, Lavrov ha anche scritto:

 "Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, la Russia si è risentita degli Stati Uniti - non solo per il crollo dell'Unione Sovietica, ma anche per l'espansione della NATO verso est, avvenuta nonostante le garanzie del segretario generale della NATO Manfred Wörner alla Russia che non ci sarebbe stata tale espansione.”

Funzionari russi infatti sottolineano spesso che, nel 1990, il segretario generale della Nato Manfred Wörner ha promesso a Bruxelles:

 "Questo sarà vero anche per una Germania unita nella Nato. Il fatto stesso che siamo pronti a non schierare truppe Nato oltre il territorio di la Repubblica Federale offre all'Unione Sovietica solide garanzie di sicurezza. Inoltre, potremmo concepire un periodo di transizione durante il quale un numero ridotto di forze sovietiche potrebbe rimanere di stanza nell'attuale RDT. Ciò andrà incontro alle preoccupazioni sovietiche di non cambiare l'intera Est- Equilibrio strategico dell'Occidente. I politici sovietici hanno torto nell'affermare che l'adesione della Germania alla NATO porterà all'instabilità. È vero il contrario. L'Europa, compresa l'Unione Sovietica, otterrebbe stabilità. Otterrebbe anche un vero partner in Occidente pronto a cooperare. "

Pertanto, l'espansione verso est della NATO è percepita dalla Russia come una provocazione militare e come un modo per impedire alla Russia di riprendere il suo ruolo storico di attore globale. In un'intervista del 2016 al quotidiano tedesco Bild, Putin ha affermato che i membri della NATO avrebbero dovuto "seguire i propri interessi" e non accettare gli stati dell'Europa centrale nell'alleanza militare. Putin ha sostenuto che la posizione corretta per ricucire le relazioni tra Occidente e Russia sarebbe stata quella di seguire la proposta del politico del Partito socialdemocratico tedesco Egon Bahr di ridefinire una zona nell'Europa centrale in cui le forze della NATO non sarebbero state autorizzate ad entrare.

Nell'intervista alla Bild, Putin ha inoltre affermato:

"La NATO e gli Stati Uniti volevano una vittoria completa sull'Unione Sovietica. Volevano sedersi sul trono in Europa da soli. Ma ora sono seduti lì, e stiamo parlando di tutte queste crisi che noi altrimenti non l'avrebbe fatto".[20] Lo statista russo Mikhail Gorbaciov, l'ultimo leader sovietico, ha pubblicato nel 2016 un articolo sul quotidiano bisettimanale indipendente russo Novaya Gazeta, facendo affermazioni simili: "Tutto è iniziato quando 'la vittoria dell'Occidente' in è stata proclamata la Guerra Fredda. La nostra comune vittoria nella Guerra Fredda è stata dichiarata un trionfo di una sola parte [cioè l'Occidente], che ora pensa che "tutto è permesso". Questa è la radice da cui sono scaturiti i disordini globali di oggi».

 Vale la pena notare che nel dicembre 2021, facendo eco alla proposta di Bahr, la Russia ha pubblicato un progetto di trattato tra la Federazione Russa e gli Stati Uniti sulle garanzie di sicurezza e un accordo sulle misure per "garantire la sicurezza" della Russia e degli Stati membri della NATO.

Il famoso analista politico ed economista russo Vladislav Inozemtsev ha spiegato: "I due documenti, noti anche come "l'ultimatum di Putin", hanno rivelato l'approccio radicalmente nuovo della Russia nei confronti dell'Occidente e del resto del mondo. Nella bozza, Mosca ha apertamente sostenuto che diversi paesi che passato un po' di tempo a far parte dell'Unione Sovietica o dell'Impero russo non può essere considerato completamente sovrano... e quindi non ha il diritto di aderire ad altre alleanze militari tranne quelle di cui la Russia stessa fa parte.

Il Cremlino ha anche apertamente insistito sul fatto che l'Occidente astenersi dal creare basi o installazioni militari nelle nazioni post-sovietiche e persino ritirare tutte le forze straniere (cioè americane) dalle nazioni che hanno aderito alla NATO nel o dopo il 1997". Inozemtsev ha poi aggiunto: "Questa mossa ha reso la Russia lo sfidante più profondo dell'ordine mondiale esistente, dal momento che anche la Cina (che gli Stati Uniti considerano il suo principale contendente strategico) non ha mai articolato il suo obiettivo formale di soggiogare i paesi vicini alla volontà di Pechino (la Cina infatti sta cercando di raggiungere questo compito utilizzando leve economiche, ma non ne fa il centro della sua politica estera).”

"Da Lisbona a Vladivostok”.

L'ideologia russa sembra plasmarsi attraverso un continuo confronto ideologico con l'Occidente, e più specificamente con le diverse amministrazioni statunitensi. Se sotto l'amministrazione Bush Putin si è concentrato sulla sfida del concetto di "esportazione della democrazia", nuovi temi sono emersi sotto l'amministrazione Obama (che ha anche cercato di "ristabilire" i rapporti con la Russia).

Eppure, l'amministrazione Obama è stata principalmente caratterizzata da una forte opposizione al Cremlino e da forti tensioni tra Nato e Russia che fanno eco a quanto sta accadendo oggi con la crisi in Ucraina.

Infatti, durante la riunione del Consiglio NATO-Russia del luglio 2016, la NATO ha accusato la Russia di condurre attività militari "provocatorie" alla periferia del territorio della NATO e di destabilizzare la sicurezza europea attraverso azioni aggressive come l'annessione della Crimea ed esercitazioni rapide su larga scala. La Russia in cambio ha accusato la NATO di azioni "conflittuali" vicino al confine russo, poiché l'Alleanza ha iniziato a considerare lo spiegamento di battaglioni NATO in Polonia e nei paesi baltici, e una brigata in Romania. Mosca era anche preoccupata per il sistema di difesa missilistica USA/NATO schierato nell'Europa orientale. La NATO sosteneva che fosse diretta contro l'Iran e non contro la Russia, ma Mosca la considerava una minaccia diretta al suo arsenale nucleare.

È anche durante l'amministrazione Obama che la Russia ha ulteriormente rafforzato il concetto di un progetto di integrazione per l'Eurasia, "da Lisbona a Vladivostok", come un modo per contrastare la NATO.

 Il concetto, che riprendeva l'idea del presidente francese Gen. Charles de Gaulle di un'Europa che si estende "dall'Atlantico agli Urali", è stato lanciato da Putin nel 2011, durante il suo mandato come primo ministro russo, in un articolo intitolato "Un nuovo progetto di integrazione Per l'Eurasia: il futuro in divenire". Nell'articolo, Putin ha spiegato che la Russia propone di "costituire una comunità armonizzata di economie che si estenda da Lisbona a Vladivostok".

Nel suo articolo fondamentale del 2016 menzionato sopra, il ministro degli Esteri russo Lavrov ha osservato che il concetto di "casa comune europea" per la Russia e l'Europa, sostenuto da de Gaulle (che non ha mai messo in dubbio che la Russia appartenesse all'Europa), era l'unico modo per costruire un'Europa forte e sicura (e non la costruzione della NATO).

In un discorso del 23 novembre 1959 a Strasburgo, De Gaulle affermò infatti: "Sì, è l'Europa, dall'Atlantico agli Urali, è l'Europa, è l'intera Europa che deciderà le sorti del mondo".

Tuttavia, secondo il Cremlino, le relazioni tra Europa e Russia sono ostacolate perché gli Stati Uniti stanno costruendo barriere attraverso l'espansione della NATO. Già nel 2014, durante una visita a Parigi, il portavoce della Duma russa Sergei Naryshkin aveva affermato che l'idea di de Gaulle di un'Europa dall'"Atlantico agli Urali" era importante per la sicurezza dell'Europa e che non aveva "alternative":

"Ricordiamo il generale de Gaulle come l'autore dell'idea di un'Europa unita che si estende dall'Atlantico agli Urali, lui, come nessun altro, intuì il nucleo dei processi globali che stavano avvenendo in Europa in quel momento. Il suo scenario di fornire un futuro sicuro per L'Europa è rilevante ai nostri giorni e non ha alternative. Coloro che stanno cercando di infrangere questa tendenza rimanendo a migliaia di chilometri dall'Europa [cioè gli Stati Uniti] stanno commettendo un grave errore storico".

"La cosiddetta idea liberale... è sopravvissuta al suo scopo".

L'elezione di Donald Trump nel 2016 ha segnato una nuova fase nell'ideologia del Cremlino, che cerca continuamente di plasmarsi seguendo le tendenze dei tempi. In effetti, l'ascesa del trumpismo è stata vista come il rifiuto popolare dell'interventismo, del globalismo e del liberalismo progressista, contro cui il Cremlino si è opposto dall'ascesa al potere di Putin. Il filosofo anti-liberale russo Dugin spiegò all'epoca: "La gente ha rifiutato il globalismo di Clinton e ha accettato Trump senza nemmeno sapere cosa rappresentasse specificamente.

Non ha detto nulla in particolare, semplicemente 'Io non sono il liberalismo, non il globalismo', e il la gente diceva 'che sia presidente, dicci di più'.

 Il Cremlino ha poi pensato che fosse il momento giusto per rafforzare le sue posizioni anti-liberali, sfruttando il fatto che il divario politico e ideologico all'interno degli Stati Uniti è cresciuto e più polarizzato dopo l'elezione di Trump. In effetti, più il campo progressista liberale prendeva piede in Occidente, più il Cremlino definiva un'ideologia antiliberale per contrastarla e diventare un'alternativa allo stesso Trump, definito da Dugin un "imprevedibile eccentrico novizio e un outsider nella politica americana con una posizione traballante sotto la minaccia dell’impeachment."

Quindi, il 27 giugno 2019, Putin ha rilasciato una storica intervista al Financial Times che ha ulteriormente plasmato la nuova ideologia conservatrice della Russia. Nell'intervista, Putin ha sottolineato: "La cosiddetta idea liberale... è sopravvissuta al suo scopo". Ha poi aggiunto: "L'idea liberale è diventata obsoleta. È entrata in conflitto con gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione". E poi ha sottolineato: "Neanche l'idea liberale si può distruggere, ha il diritto di esistere e in alcune cose dovrebbe anche essere sostenuta. Ma non si deve pensare che abbia il diritto di essere il dominatore assoluto. Questo è il punto." Da quel momento in poi, la nuova ideologia conservatrice della Russia iniziò a diventare più chiaramente definita e dettagliata.

L'identità dell'Occidente contro l'identità della Russia.

Il 19 agosto 2019, pochi mesi dopo l'intervista al Financial Times, Putin ha fatto visita al presidente francese Emmanuel Macron nel sud della Francia. Alla conferenza stampa congiunta, Putin sembrava aver modificato alcune posizioni dell'ideologia in corso della Russia nei confronti delle sue relazioni con l'Occidente, incolpandola della perdita di identità dell'Europa.

All'incontro, Macron ha citato con orgoglio de Gaulle: "Sto pensando a tutto ciò che è accaduto negli ultimi decenni, a ciò che è riuscito a separarci. So che la Russia è un paese europeo nel profondo del suo cuore. E crediamo in un'Europa che si estende da Lisbona a Vladivostok".

Tuttavia, se Macron si aspettava una reazione entusiasta da Putin, probabilmente sarebbe rimasto deluso. Commentando la dichiarazione di Macron, Putin ha dichiarato: "Riguardo alle prospettive di creazione di un'Europa comune che si estende da Lisbona a Vladivostok... credo che, se ci pensiamo oggi, e se fissiamo tali obiettivi, che sono molto importanti per l'Europa, nel contesto strategico a lungo termine (se vuole conservarsi come centro di civiltà), e anche per la Russia, e se lavoreremo insieme su questo, prima o poi ci avvicineremo al raggiungimento di questo obiettivo. scegliere una via in una forma o nell'altra (non importa come) e andare lentamente nella giusta direzione, in linea con le condizioni odierne”.

In quel discorso, Putin ha sottolineato che sarebbe ancora interessato a creare "un'Europa comune che si estende da Lisbona a Vladivostok" solo a una condizione: che l'Europa "si conservi come centro di civiltà”.

Per comprendere il significato della citazione di Putin, vale la pena notare che il filosofo antiliberale russo Dugin, intervistato da The Economist nel 2017, ha sottolineato l'importanza dell'identità nella società russa e la differenza tra l'identità russa ed europea di oggi.

Dugin ha detto: "Prima di tutto, per capire qual è la differenza tra identità russa ed europea, dobbiamo capire cosa sia l'identità europea, perché non è così facile da capire. Ci sono due ragioni. Innanzitutto, ora, l'identità europea consiste, per quanto ne so, nella distruzione definitiva, quindi il concetto di identità è giudicato dall'agenda liberale o progressista come qualcosa che dovremmo superare.

"L'identità europea liberale consiste nel negare qualsiasi identità, come una sorta di trasgressione. Essere europei oggi significa non essere europei, ma essere dalla parte degli immigrati, dei musulmani e di tutti tranne che degli europei. Quando o se ti affermi come Un inglese radicato nella cultura inglese o un francese, 'Français de souche', è quasi o sembra che tu non sia solo un conservatore, ma un nazista. Sei qualcosa di completamente etichettato come estremista, marginale. Oggi, l'identità europea è negazione, negazione di qualsiasi tipo di identità. Ovviamente non è sempre stato così, ma questa è l'agenda liberale".

Dugin ha poi aggiunto: "Precisamente la differenza con l'identità russa è che neghiamo questa negazione. Con l'identità russa, non abbiamo vergogna di essere russi. Non abbiamo alcun senso di colpa per essere russi. Non abbiamo rimorsi per essere russi. Questa è la differenza, perché proprio essere tedesco significa vergognarsi di ciò che ha fatto la Germania. Essere britannici oggi significa provare rimorso per tutto ciò che l'impero britannico ha fatto in passato. Essere americani significa vergognarsi della parte meridionale della storia, della tratta degli schiavi.

"Non abbiamo rimorsi, quindi veniamo immediatamente giudicati per avere un'identità - questo è un crimine rispetto all'agenda liberale. Non è sempre stato così. Prima, l'Occidente incolpava l'Oriente o i cattolici incolpavano gli ortodossi per diversi motivi. Il le stesse tensioni geopolitiche esistevano prima, ma erano formulate in altri termini. Oggi è chiaro che difendiamo la nostra identità di valore».

La Russia quindi non è più interessata a un'Europa che sta perdendo la propria identità occidentale ed europea e si interroga su dove stanno andando i valori e l'identità tradizionali dell'Europa.

Come ha spiegato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov pochi giorni dopo la dichiarazione di Putin alla conferenza stampa congiunta con Macron: "Il futuro della Russia come parte dell'Europa dipende in gran parte dalla volontà dell'Europa di preservare l'identità di civiltà di quest'area".

L'identità eurasiatica della Russia.

Va notato che la Russia sente di dover difendere la propria identità. Questa identità è radicata nella sua storia "eurasiatica", poiché la Russia è ed è stata un ponte naturale tra l'Europa e l'Asia. Il concetto di identità eurasiatica russa, radicato nei movimenti intellettuali del 1910-20, è stato ulteriormente sviluppato politicamente da Putin, che ha sponsorizzato la creazione nel 2015 dell'Unione economica eurasiatica (EAEU). L'EAEU è un'organizzazione internazionale per l'integrazione economica regionale degli stati post-sovietici situati nell'Europa orientale, nell'Asia occidentale e nell'Asia centrale e costituisce un passo verso la creazione di una "Grande Eurasia", il percorso russo per l'integrazione dell’Eurasia.

Eppure, molti studiosi russi e non russi hanno notato che per costruire una vera "Grande Eurasia", la Russia ha bisogno della Cina e dell'Ucraina dalla sua parte.

In un'intervista del 2021, l'accademico russo Sergey Karaganov ha sottolineato l'importanza della Cina per una Grande Eurasia: "[Una Grande Eurasia] sarà sicuramente costruita in un modo o nell'altro, a meno che la Cina non scelga la strada della politica imperialista... In questo caso, ci vorrà tempo per costruire una Grande Eurasia più o meno unificata. Ma il movimento continuerà".

Tuttavia, le relazioni tra Russia e Cina non sono così idilliache, poiché Mosca non accetta di essere subordinata a Pechino, che è la principale potenza economica contraria alla Russia.

 Inoltre, in un articolo del 2019, lo storico militare Ilya Polonsky ha scritto sul periodico russo Military Review che mentre la politica statunitense nella regione Asia-Pacifico sta effettivamente spingendo Cina e Russia verso la creazione di un'alleanza militare a tutti gli effetti, la Russia non dovrebbe dimenticare i propri interessi, dal momento che gli interessi di Mosca in Asia centrale e in Estremo Oriente sono antitetici e contrastanti con quelli della Cina.

Un altro elemento importante dell'identità eurasiatica della Russia é l'Ucraina. In un articolo sul concetto di "Near Abroad" (un termine usato per descrivere lo spazio post-sovietico in contrasto con il "lontano estero", che comprende nazioni che erano attori indipendenti durante l'era sovietica), Inozemtsev ha citato Zbigniew Brzezinski, il consigliere per la sicurezza nazionale di Jimmy Carter, che una volta osservò che "senza l'Ucraina, la Russia cessa di essere un impero eurasiatico".

 Questa citazione riassume perfettamente il significato dell'importanza dell'Ucraina per la Russia e la sua identità eurasiatica. Inoltre, la citazione spiega anche l'avversione della Russia per l'espansione della NATO verso est, percepita anche come un ostacolo all'identità russa.

In questo senso, lo studioso canadese Michael Millerman, il principale traduttore dell'opera del filosofo Dugin dal russo all'inglese, ha spiegato che secondo Dugin, che è il fondatore del Movimento Eurasiatico Internazionale, il percorso eurasiatico per la Russia è basato su "un impero di civiltà" su "storia, cultura, lingua russa, un destino comune [e] una struttura etica e religiosa simile" che unisce il "grande spazio eurasiatico".

 Millerman ha poi spiegato che prima della guerra russo-Georgia del 2008, il progetto imperiale eurasiatico della Russia era virtuale, ma, dopo la Georgia, la strada era aperta per stabilire un "impero di civiltà per davvero" eurasiatico.

Nel 2008, infatti, Dugin ha visitato l'Ossezia del Sud e ha fatto la seguente previsione: "Le nostre truppe occuperanno la capitale georgiana Tbilisi, l'intero Paese, e forse anche l'Ucraina e la penisola di Crimea, che comunque storicamente fa parte della Russia".

Tuttavia, sembra che negli anni la Russia abbia dovuto rivalutare il suo progetto eurasiatico. Nel 2016 Lavrov scrisse di un partenariato eurasiatico che si estendeva da Lisbona a Vladivostok, ma Mosca dovette presto abbandonare l'idea, soprattutto a causa delle posizioni politiche e militari dei membri della NATO in conflitto con il Cremlino.

Inoltre, sembra anche non fattibile l'idea di una Grande Eurasia con la Cina al suo interno, in quanto i due paesi hanno interessi divergenti (come in Kazakistan, ad esempio) ed è anche possibile che Mosca e Pechino si scontrino in futuro.

Karaganov ha scritto: "Può accadere che la Cina abbia le vertigini per il successo e voglia ampliare la cerchia di... stati vassalli. Ma se ciò accade, dovrà affrontare un gruppo di stati che opporranno resistenza. Questi includono non solo il Stati Uniti, che ora stanno lottando per contenere l'ascesa [della Cina], ma anche India, Iran, Turchia e Russia”.

In un articolo del 2018, Vladislav Surkov, un tempo influente consigliere del Cremlino, ha scritto un articolo intitolato "La solitudine del mezzosangue", spiegando come la Russia abbia cercato senza successo nel corso della storia di trovare alleati in Occidente e in Oriente, entrambi appartiene a:

 "Per farla breve, la Russia ha trascorso quattro secoli spostandosi a est e poi altri quattro secoli a ovest. I tentativi di mettere radici sono falliti in entrambi i casi... La nostra identità culturale e geopolitica ricorda un'identità instabile di colui che nasce in un ambiente misto-famiglia di razza. È parente di tutti e non autoctono allo stesso tempo ovunque vada. È a casa tra estranei e uno sconosciuto in casa. Capisce tutti e non viene compreso da nessuno. Un mezzosangue, una croce- razza, un ragazzo dall'aspetto strano.

"La Russia è una nazione mezzosangue occidentale-orientale. Con la sua statualità a doppia testa, mentalità ibrida, territorio intercontinentale e storia bipolare, è carismatica, talentuosa, bella e solitaria. Proprio come dovrebbe essere un mezzosangue".

Surkov ha quindi concluso che l'unica scelta della Russia è quella di essere un proprio alleato: "La meravigliosa frase pronunciata dall'imperatore Alessandro III - 'La Russia ha solo due alleati: il suo esercito e la sua marina' - è forse la descrizione migliore della solitudine geopolitica che dovrebbe durare a lungo stato accettato come il nostro destino Naturalmente, l'elenco degli alleati può essere ampliato a piacere per includere: operai e insegnanti, petrolio e gas, la classe creativa e i robot di Internet dalla mentalità patriottica, il generale Frost e l'arcangelo Michele... Il significato sarà rimaniamo gli stessi: siamo i nostri stessi alleati…”

Per questo motivo, per la Russia, è fondamentale mantenere la sua influenza sui paesi post-sovietici, che culturalmente e storicamente hanno fatto parte dell'"impero di civiltà" e dell'identità russa. Quindi, l'espansione verso est della NATO non è solo una minaccia per gli interessi della Russia, ma per la sopravvivenza dell'identità stessa della Russia.

Niente più URSS.

 

 L'obiettivo della Russia di mantenere la propria influenza nello spazio post-sovietico non significa una rinascita dell'Unione Sovietica. Putin lo ha chiarito più di una volta.

Nel suo articolo del 2011 "A New Integration Project For Eurasia: The Future In The Making", Putin ha scritto:

 "Niente di tutto ciò comporta alcun tipo di rinascita dell'Unione Sovietica. Sarebbe ingenuo cercare di far rivivere o emulare qualcosa che è stato consegnato alla storia».

 Ha riconosciuto, tuttavia, che la Russia ha ricevuto "una grande eredità" dall'Unione Sovietica.

 "Abbiamo ereditato un'infrastruttura, impianti di produzione specializzati e uno spazio linguistico, scientifico e culturale comune. È nel nostro interesse comune utilizzare questa risorsa per il nostro sviluppo", ha scritto.

Nell'articolo, Putin ha poi sottolineato che l'integrazione eurasiatica dovrebbe essere basata "su nuovi valori" e "un nuovo fondamento politico ed economico", suggerendo che questi nuovi valori dovrebbero opporsi all'egemonia occidentale ed essere diversi da quelli dell'Unione Sovietica.

 

 Tuttavia, secondo Putin, il crollo dell'Unione Sovietica è stata una "tragedia umanitaria", poiché il popolo russo è diventato dopo il 1991 la "nazione più divisa del mondo".

 Come risultato del crollo dell'Unione Sovietica, la Russia ha perso un'importante parte del territorio, della popolazione e dell'influenza globale. Il Cremlino pensa di poter ricostruire parte di quell'influenza se riuscirà a resistere con fermezza all'Occidente, che è visto come il principale ostacolo per le ambizioni politiche della Russia. Tuttavia, con la sua economia in contrazione, la Russia sa che può affrontare l'Occidente solo sul campo ideologico.

Per fare ciò, il Cremlino ha dovuto elaborare, come direbbe Dugin, una "quarta teoria politica".

Dugin ha classificato tre teorie politiche in ordine di apparizione che hanno caratterizzato il 20° secolo: liberalismo (la prima teoria), comunismo (la seconda teoria) e fascismo (la terza teoria). Il fascismo è emerso più tardi delle altre grandi teorie politiche ed è scomparso prima di loro.

 Il crollo dell'Unione Sovietica nel 1991 segnò la vittoria del liberalismo sul comunismo. Così, alla fine del 20° secolo, il liberalismo rimase l'unica teoria in piedi.

 Tuttavia, come ha detto Putin, "l'idea liberale inizia a distruggersi" e si può plasmare una nuova ideologia.

"Il modello liberale non ha il diritto di rivendicare il dominio e di credere che sia l'unico modello corretto al mondo", ha affermato Putin al Forum della settimana dell'energia russa del 2019.

Dopo il crollo dell'Unione Sovietica e la disastrosa epoca filo-occidentale di Eltsin, la Russia di Putin ha iniziato a cercare la propria identità, cercando le proprie radici eurasiatiche e guardando al proprio passato e alle tradizioni che erano state cancellate sotto il comunismo. Quindi, come ha osservato Dugin, uno dei primi passi verso una "quarta teoria politica" è la "riabilitazione della tradizione".

Tradizione.

Come ha scritto lo studioso canadese Millerman: "[La Russia] si pone come difensore della moralità tradizionale contro l'opposizione postmoderna dell'Occidente ai valori cristiani. E declama gli eccessi della correttezza politica occidentale in aree come la politica di genere, concludendo che il liberalismo è "obsoleto". ' Questo orientamento ideologico riflette una posizione conservatrice e tradizionalista, distinta dall'individualismo liberale postmoderno e progressista."

Infatti, secondo Putin, "tradizione" è il rispetto della "tradizionale cultura spirituale" russa, che ha al centro la nazione, la religione e la famiglia tradizionale, e che si oppone a valori progressisti come l'apertura delle frontiere, l'immigrazione senza restrizioni, globalismo, teoria queer, teoria del genere, teoria critica della razza, politica dell'identità, cultura dell'annullamento e così via.

Dugin ha spiegato: "Dopo il fallito tentativo di integrazione nella comunità globale negli anni '90, grazie al fallimento delle riforme liberali, la società russa è diventata ancora più convinta della misura in cui il globalismo e gli atteggiamenti e principi individualisti sono estranei ai russi. Questo è ciò che determina il sostegno generale al corso conservatore e sovrano di Putin».

Dal 2019 al 2020, anno delle elezioni presidenziali americane, Putin ha ulteriormente rafforzato le posizioni politiche della Russia basate sulla "tradizione", cercando di capitalizzare la dicotomia tra trumpismo conservatore e liberalismo progressista e l'ascesa di movimenti progressisti come Black Lives Matter che miravano alla rottura della tradizione (come il concetto di "famiglia nucleare"). In questo lasso di tempo, Putin ha toccato tutti i temi che hanno animato il dibattito ideologico in Occidente, pur affermando l'impegno della Russia nei confronti della tradizione e delle visioni conservatrici, con l'obiettivo di assumere la guida del conservatorismo non solo in Russia, ma in Occidente e in il mondo.

Di seguito una panoramica della posizione di Putin che ha espresso tra il 2019 e il 2020 sull'agenda progressista liberale.

Putin sull'afflusso di migranti in Occidente.

"Quando il problema della migrazione è venuto a galla, molte persone hanno ammesso che la politica del multiculturalismo non è efficace".

Nella famosa intervista al Financial Times del 2019, Putin ha affrontato il tema dell'immigrazione e della sovranità, sfidando le visioni progressiste su frontiere aperte e multiculturalismo:

 

"Quando il problema migratorio è arrivato al culmine, molte persone hanno ammesso che la politica del multiculturalismo non è efficace e che vanno presi in considerazione gli interessi del nucleo della popolazione... Si può criticare Trump per la sua intenzione di costruire un muro tra il Messico e gli Stati Uniti potrebbe andare troppo oltre. Sì, forse è così. Non sto discutendo su questo punto. Ma doveva fare qualcosa per l'enorme afflusso di migranti e narcotici.

"Nessuno sta facendo niente. Dicono che questo è male e anche quello è male. Dimmi, cosa è bene, allora? Cosa si dovrebbe fare? Nessuno ha proposto nulla. Non voglio dire che bisogna costruire un muro o alzare le tariffe del 5 per cento all'anno nelle relazioni economiche con il Messico. Non è quello che sto dicendo, ma qualcosa deve essere fatto. Sta almeno cercando una soluzione.

"A cosa sto guidando? Coloro che sono preoccupati per questo, americani comuni, guardano questo e dicono: 'Buon per lui, almeno sta facendo qualcosa, suggerendo idee e cercando una soluzione.'

"Per quanto riguarda l'idea liberale, i suoi fautori non stanno facendo nulla. Dicono che va tutto bene, che tutto è come dovrebbe essere. Ma è vero? Sono seduti nei loro comodi uffici, mentre quelli che affrontano il problema ogni giorno in Texas o in Florida non sono contenti, presto avranno problemi anche loro, qualcuno ci pensa?

"Lo stesso sta accadendo in Europa. Ne ho discusso con molti dei miei colleghi, ma nessuno ha la risposta. Dicono che non possono perseguire una politica intransigente per vari motivi. Perché esattamente? Solo perché. Abbiamo la legge, dicono. Bene. Allora cambia la legge!

"Anche in questo campo abbiamo un bel po' di problemi. Abbiamo frontiere aperte con le ex repubbliche sovietiche, ma la loro gente almeno parla russo. Capisci cosa intendo?

E inoltre, in Russia abbiamo preso provvedimenti per snellire la situazione in questo ambito. Ora stiamo lavorando nei paesi da cui provengono i migranti, insegnando russo nelle loro scuole, e stiamo lavorando anche con loro qui. Abbiamo inasprito la legislazione per dimostrare che i migranti devono rispettare le leggi, usi e costumi del paese.

"In altre parole, anche in Russia la situazione non è semplice, ma abbiamo iniziato a lavorare per migliorarla. Mentre l'idea liberale presuppone che non si debba fare nulla. I migranti possono uccidere, depredare e violentare impunemente perché i loro diritti di migranti devono essere tutelati. Quali sono questi diritti? Ogni delitto deve avere la sua punizione».

"La crisi migratoria è il risultato di questo modello liberale".

A pochi giorni dalla pubblicazione dell'intervista, mentre era al vertice del G20 di Osaka, Putin ha criticato il multiculturalismo come ostacolo all'integrazione. Putin ha detto: "Ma guarda la migrazione... Vedi, come si può immaginare che in alcuni paesi europei ai genitori venga detto che 'le ragazze non dovrebbero indossare la gonna a scuola per motivi di sicurezza.' Che cos'è? Ascolta, le persone vivono nel proprio paese nella loro stessa cultura. Cos'è? Come si è arrivati così lontano?"

Pochi mesi dopo, al Forum della settimana dell'energia russa dell'ottobre 2019, Putin ha aggiunto:

"Prendi alcuni paesi europei. Perché parlano continuamente della crisi migratoria?

 La crisi migratoria è il risultato di questo modello liberale. Semplicemente prendono tutto troppo lontano. Sarebbe meglio investire nelle economie in via di sviluppo, in modo da abbreviare la crescita della povertà. Sosteniamo questo processo nell'Organizzazione mondiale del commercio. Smettiamo di sovvenzionare l'agricoltura in Occidente e apriamo i nostri mercati all'agricoltura prodotti dai paesi in via di sviluppo.

 Investiamo in loro i fondi necessari, dando alle persone l'opportunità di lavorare e vivere nei loro paesi d'origine, guadagnandosi da vivere per le loro famiglie. Non vuoi farlo? Allora avrai i migranti. Il modello liberale non consente di fermare l'afflusso di migranti e il risultato è il malcontento tra la gente e una crescita di opinioni estreme e movimenti di estrema destra».

Putin sulla religione.

"I circoli liberali stanno iniziando a utilizzare alcuni elementi e problemi della Chiesa cattolica come strumento per distruggere la Chiesa stessa".

Nell'intervista al Financial Times, parlando del declino della religione e dei valori tradizionali in Occidente, Putin ha sottolineato:

«A volte ho la sensazione che questi circoli liberali stiano cominciando a usare alcuni elementi e problemi della Chiesa cattolica come strumento per distruggere la Chiesa stessa. Questo è ciò che ritengo scorretto e pericoloso.

"Va bene, abbiamo dimenticato che tutti noi viviamo in un mondo basato sui valori biblici? Anche gli atei e tutti gli altri vivono in questo mondo. Non dobbiamo pensarci ogni giorno, andare in chiesa e pregare, dimostrando così che siamo devoti cristiani o musulmani o ebrei. Tuttavia, nel profondo, devono esserci alcune regole umane fondamentali e valori morali. In questo senso, i valori tradizionali sono più stabili e più importanti per milioni di persone di questa idea liberale, che, secondo me, sta davvero cessando di esistere».

Putin sulla famiglia e il "patriarcato".

"La comunità del padre... sta intraprendendo azioni concrete per contribuire a risolvere problemi urgenti nella sfera della famiglia".

Vale la pena notare che, andando contro le critiche del campo progressista al "patriarcato", nel 2019 la Russia ha creato il Consiglio dei Padri. In apertura del primo Forum dei Padri russi, Putin ha dichiarato: "Il governo dà la priorità al sostegno delle famiglie e al miglioramento della situazione demografica... A questo proposito, vorrei elogiare le attività su larga scala e sfaccettate dell'ufficio del Commissario presidenziale per i diritti dei bambini, che ha creato il Consiglio dei padri in Russia. Oggi, il padre la comunità amplia le sue forme di lavoro e i suoi metodi, partecipa attivamente alla realizzazione di progetti e programmi sociali, e si attiva concretamente per contribuire a risolvere problemi urgenti nell'ambito della famiglia e della tutela dei minori».

Putin sulla teoria queer e l'identità di genere.

'Le cose ci sembrano eccessive. Affermano ora che i bambini possono giocare cinque o sei ruoli di genere.

Nell'intervista al Financial Times, Putin ha anche discusso della posizione della Russia sulla teoria queer e l'identità di genere:

"Non sto cercando di insultare nessuno, perché siamo stati condannati per la nostra presunta omofobia così com'è. Ma non abbiamo problemi con le persone LGBT. Dio non voglia, che vivano come desiderano. Ma alcune cose ci sembrano eccessive. Ora affermano che i bambini possono interpretare cinque o sei ruoli di genere. Non posso nemmeno dire esattamente di che genere si tratti, non ne ho idea. Lascia che tutti siano felici, non abbiamo problemi con questo. Ma questo non deve oscurare la cultura, tradizioni e valori familiari tradizionali di milioni di persone che costituiscono il nucleo della popolazione».

"Lascia che una persona cresca, diventi adulta e poi decidi chi è”.

Al vertice del G20 del 2019 a Osaka, Putin ha aggiunto: "Abbiamo una legge per cui tutti ci prendono a calci, una legge che vieta la propaganda omosessuale tra i minori. Ma ascolta, lascia che una persona cresca, diventi adulta e poi decida chi è. Lascia in pace i bambini. Ci sono così tante invenzioni al giorno d'oggi. Ho anche detto nell'intervista [Financial Times] che hanno inventato cinque o sei generi, trasformatori, trans…

"Vedi, io non capisco nemmeno cosa sia…

"Il problema è che questa parte della società sta imponendo in modo aggressivo il proprio punto di vista alla maggioranza. Dobbiamo essere più leali gli uni con gli altri, più aperti e trasparenti. Non ho detto niente di insolito. Dobbiamo rispettare tutti, è vero, ma non dobbiamo imporre il nostro punto di vista agli altri. Nel frattempo, i rappresentanti della cosiddetta idea liberale stanno semplicemente forzando le loro idee sugli altri. Essi dettano la necessità della cosiddetta educazione sessuale. I genitori sono contrari e sono contrari. E praticamente imprigionati per questo».

Putin su Greta Thunberg.

"Non condivido l'entusiasmo generale per l'azione di Greta Thunberg”.

Nel 2019 Putin ha anche discusso le sue opinioni su Greta Thunberg, che ha lanciato gli scioperi dei Fridays for Future sui cambiamenti climatici ed è diventata presto una delle figure principali celebrate dal campo progressista: "Potrei deluderti, ma non condivido l'entusiasmo generale per l'azione di Greta Thunberg. Sai, è una buona cosa quando i giovani e gli adolescenti si concentrano sui gravi problemi di oggi, comprese le questioni ambientali, e hanno sicuramente bisogno di essere sostenuti.

Ma quando altri usano bambini e adolescenti per i propri scopi, è una pratica che merita di essere condannata. È particolarmente sbagliato cercare di fare soldi in questo modo. Non sto dicendo che sia così, ma sicuramente dovrebbe essere monitorato.

"Sembra che nessuno abbia spiegato a Greta che il mondo moderno è complesso, diversificato e in rapido sviluppo, e le persone in Africa o in molti paesi asiatici vogliono vivere allo stesso livello di prosperità della Svezia. Ma come si può raggiungere questo obiettivo? Facendogli usare l'energia solare perché l'Africa riceve così tanto sole? Qualcuno le ha spiegato quanto costerebbe?

"Un collega parlava solo di petrolio. Probabilmente tutti sanno che il petrolio è la fonte numero uno nel bilancio energetico globale e manterrà i suoi vantaggi in quanto tale nei prossimi 25 anni. Questo è ciò che dicono gli esperti internazionali. È vero, il suo ruolo diminuirà gradualmente; vero, l'energia rinnovabile crescerà più velocemente.

 Questo è tutto vero, e dobbiamo lottare per questo. Ma questa tecnologia è alla portata delle economie emergenti e dei paesi in via di sviluppo in questo momento? A malapena, ma la gente vuole vivere lì proprio come in Svezia, e questo non può essere fermato. Spiega loro che devono ancora vivere in povertà per altri 20-30 anni e che i loro figli vivranno in povertà - spiega loro questo.

"Queste cose richiedono un approccio professionale. Certo le emozioni sono inevitabili, ma comunque, se vogliamo essere efficaci, dobbiamo essere professionali. Sono sicuro che Greta è una ragazza gentile e molto sincera, ma tocca agli adulti cercare di evitare di condurre adolescenti e bambini in situazioni estreme, spetta agli adulti proteggerli da emozioni inutili che possono distruggere una personalità, questo volevo dire.

"Nel complesso, ovviamente, dovremmo assolutamente sostenere queste idee sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, solo dobbiamo fare affidamento sulla realtà... Ancora una volta, utilizzare bambini e adolescenti per raggiungere obiettivi anche così nobili, esercitando una pressione emotiva così forte - lo ritengo sbagliato.”

Il Manifesto di Putin contro il liberalismo progressista.

Nel 2021, il democratico Joe Biden è diventato il presidente degli Stati Uniti. Una volta che Trump non sarà più presidente, Putin potrebbe rivendicare la posizione di leader indiscusso dell'ideologia conservatrice contro il liberalismo progressista, con l'obiettivo di sfidare l'ordine unipolare.

Lo stesso Dugin ha sottolineato: "Il rifiuto del liberalismo e della globalizzazione è diventato particolarmente acuto negli ultimi anni, poiché il liberalismo stesso ha rivelato i suoi tratti profondamente ripugnanti alla coscienza russa. Ciò giustificava una certa simpatia tra i russi per Trump e un parallelo profondo disgusto per i suoi oppositori liberali.

"Da parte di Biden, l'atteggiamento nei confronti della Russia è abbastanza simmetrico. Lui e le élite globaliste in generale vedono la Russia come il principale avversario della civiltà, rifiutandosi ostinatamente di accettare il vettore del progressismo liberale e difendendo ferocemente la sua sovranità politica e la sua identità."

 

Quindi, con l'obiettivo di diventare il principale concorrente ideologico dell'America, Putin ha colto l'occasione al Valdai Forum dell'ottobre 2021 per presentare il suo manifesto più completo sulla nuova ideologia "conservatrice" della Russia, in cui non solo ha dichiarato che la "fine della storia" non si concretizzò, ma paragonò il liberalismo progressista al comunismo, descrivendoli come entrambe ideologie fallite.

 Al contrario, Putin ha promosso quello che ha definito un "sano conservatorismo". C

itando uno dei suoi filosofi preferiti Nikolai Berdyayev, che fu espulso dall'Unione Sovietica nel 1922, Putin disse:

 "Il conservatorismo non è qualcosa che impedisce il movimento verso l'alto, in avanti, ma qualcosa che ti impedisce di ricadere nel caos". Ha poi aggiunto: "Se trattiamo il conservatorismo in questo modo, esso fornisce una base efficace per ulteriori progressi”.

Nel suo discorso-manifesto al Forum Valdai, Putin ha criticato la cultura dell'annullamento, la teoria del genere e la teoria critica della razza, che sono al centro del liberalismo progressista, e ha descritto queste teorie come un déjà vu dei tempi del bolscevismo:

"Dove sono i fondamenti umanitari del pensiero politico occidentale? ... Quali sono i limiti etici generali nel mondo in cui il potenziale della scienza e delle macchine sta diventando quasi illimitato? ... Alcune persone in Occidente credono che un'eliminazione aggressiva di intere pagine dalle proprie storia, 'discriminazione inversa' contro la maggioranza nell'interesse di una minoranza, e la richiesta di rinunciare alle nozioni tradizionali di madre, padre, famiglia e persino di genere, ritengono che tutte queste siano le tappe del cammino verso il rinnovamento sociale.

"Senti, vorrei sottolineare ancora una volta che loro hanno il diritto di fare questo, noi ne stiamo fuori. Ma vorremmo chiedere loro di tenersi fuori anche dai nostri affari.

Abbiamo un punto di vista diverso, a almeno la stragrande maggioranza della società russa – sarebbe più corretto dire così – ha un'opinione diversa su questo argomento: crediamo che dobbiamo fare affidamento sui nostri valori spirituali, sulla nostra tradizione storica e sulla cultura della nostra nazione multietnica.

"I fautori del cosiddetto 'progresso sociale' credono che stiano introducendo l'umanità in una sorta di nuova e migliore coscienza.

 Dio santo, issate le bandiere, come diciamo, andate avanti. L'unica cosa che voglio dire ora è che le loro prescrizioni non sono affatto nuove. Può sorprendere alcune persone, ma la Russia c'è già stata. Dopo la rivoluzione del 1917, i bolscevichi, basandosi sui dogmi di Marx ed Engels, hanno anche affermato che avrebbero cambiato modi e costumi, non solo politici ed economici, ma la nozione stessa di moralità umana e le basi di una società sana.

La distruzione di valori secolari, di religione e di relazioni tra le persone, fino al totale rifiuto di famiglia (avevamo anche quello), incoraggiamento a informare sui propri cari: tutto questo era proclamato progresso e, tra l'altro, era ampiamente sostenuto in tutto il mondo allora ed era abbastanza di moda, come oggi.

Erano assolutamente intolleranti alle opinioni diverse dalle loro.

Qui, Putin sembra fare una citazione indiretta dal libro di Fëdor Dostoevskij "L'idiota": "Ho scoperto da molte osservazioni che i nostri liberali sono incapaci di permettere a chiunque di avere le proprie convinzioni e di rispondere immediatamente all'avversario con abusi o qualcosa di peggio".

"Questo, credo, dovrebbe richiamare alla mente parte di ciò a cui stiamo assistendo ora. Guardando ciò che sta accadendo in un certo numero di paesi occidentali, siamo stupiti nel vedere le pratiche domestiche - che, fortunatamente, abbiamo lasciato, spero - nel lontano passato.

 La lotta per l'uguaglianza e contro la discriminazione si è trasformata in dogmatismo aggressivo al limite dell'assurdo, quando le opere dei grandi autori del passato – come Shakespeare – non vengono più insegnate nelle scuole o nelle università, perché si crede alle loro idee essere arretrati.

I classici sono dichiarati arretrati e ignorano l'importanza del genere o della razza.

A Hollywood, vengono distribuiti promemoria sulla corretta narrazione e su quanti personaggi di che colore o genere dovrebbero essere in un film. Questo è anche peggio dell'agit-prop dipartimento del Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.

"Contrastare gli atti di razzismo è una causa necessaria e nobile, ma la nuova 'cultura dell'annullamento' l'ha trasformata in 'discriminazione inversa', ovvero razzismo inverso.

 L'enfasi ossessiva sulla razza divide ulteriormente le persone, quando i veri combattenti per la civiltà diritti sognavano proprio di cancellare le differenze e di rifiutarsi di dividere le persone per colore della pelle.

Ho chiesto espressamente ai miei colleghi di trovare la seguente citazione di Martin Luther King:

"Ho un sogno che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione dove vivranno non essere giudicato dal colore della loro pelle, ma dal loro carattere.”

Questo è il vero valore. Tuttavia, lì le cose stanno andando diversamente. A proposito, la maggioranza assoluta dei russi non pensa che il colore della pelle di una persona o il suo genere sia una questione importante. Ognuno di noi è un essere umano. Questo è ciò che conta.

"In un certo numero di paesi occidentali, il dibattito sui diritti di uomini e donne si è trasformato in una perfetta fantasmagoria. Guarda, fai attenzione ad andare dove un tempo i bolscevichi avevano pianificato di andare: non solo comunalizzare i polli, ma anche comunalizzare le donne. Un altro passo e tu sarai là."

Putin ha poi aggiunto:

"I fanatici di questi nuovi approcci arrivano addirittura a voler abolire del tutto questi concetti. Chiunque osi menzionare che uomini e donne esistono davvero, il che è un fatto biologico, rischia di essere ostracizzato.

'Genitore numero uno' e 'genitore numero due," "genitore alla nascita" invece di "madre" e "latte umano" in sostituzione di "latte materno" perché potrebbe turbare le persone che non sono sicure del proprio genere.

Ripeto, non è una novità; negli anni '20, il così- chiamati Kulturtraegers sovietici hanno anche inventato qualche neolingua credendo che stessero creando una nuova coscienza e cambiando i valori in questo modo e, come ho già detto, hanno combinato un tale pasticcio che a volte fa ancora rabbrividire.

"Per non parlare di alcune cose veramente mostruose quando ai bambini viene insegnato fin dalla tenera età che un ragazzo può facilmente diventare una ragazza e viceversa.

 Cioè, gli insegnanti in realtà impongono loro una scelta che tutti presumibilmente abbiamo.

 Lo fanno mentre chiudono i genitori fuori dal processo e costringendo il bambino a prendere decisioni che possono sconvolgere la loro intera vita.

Non si preoccupano nemmeno di consultare gli psicologi infantili: un bambino a questa età è anche in grado di prendere una decisione del genere?

Questo rasenta un crimine contro l'umanità, e viene fatto in nome e all'insegna del progresso.

"Beh, se a qualcuno piace questo, lo faccia fare. Ho già detto che, nel plasmare i nostri approcci, saremo guidati da un sano conservatorismo. È successo qualche anno fa, quando le passioni sulla scena internazionale non erano ancora in funzione alto come lo sono ora, anche se, ovviamente, possiamo dire che le nuvole si stavano addensando anche allora.

Ora, quando il mondo sta attraversando una disgregazione strutturale, l'importanza del conservatorismo ragionevole come fondamento di un corso politico è salito alle stelle, precisamente a causa del moltiplicarsi dei rischi e dei pericoli e della fragilità della realtà che ci circonda».

Alla conferenza stampa annuale di dicembre 2021, Putin ha concluso l'anno ribadendo il sostegno della Russia ai valori tradizionali e conservatori, sfidando ancora una volta l'Occidente e il suo liberalismo progressista:

"Se qualcuno pensa che un uomo e una donna siano la stessa cosa, lascia che sia. Tuttavia, c'è ancora del buon senso nel mondo.

"Potrei sbagliarmi anche se è improbabile... Penso che negli Stati Uniti - e se sbaglio non siate infastiditi da me - un detenuto condannato per stupro si è dichiarato donna e ha chiesto di essere trasferito in un carcere femminile. Quindi, l'hanno fatto. E ha prontamente violentato la sua compagna di cella, ma dovrebbe esserci una parvenza di buon senso in ogni cosa.

"O prendi gli atleti. Un uomo si dichiara donna e gareggia, diciamo, nel sollevamento pesi o in qualche altro sport. Lo sport femminile cesserà di esistere completamente. Ci deve essere un po' di buon senso.

 Sostengo l'approccio tradizionale secondo cui una donna è una donna, un uomo è un uomo, una madre è una madre e un padre è un padre. Spero che la nostra società abbia una protezione morale interiore dettata dalle fedi tradizionali della Federazione Russa".

Ha poi sottolineato: "Tutti i popoli della Federazione Russa - voglio sottolineare 'tutti' - hanno una certa protezione morale interiore contro l'oscurantismo [cioè il liberalismo progressista] ... Spero che i nostri popoli, le etnie russe abbiano un'immunità sufficientemente profonda e sistemi di protezione contro questo oscurantismo... E non va contrastato con istruzioni dirette, schiaffi o accuse, ma sostenendo i nostri valori tradizionali, che continuo a ripetere».

Conclusione.

Secondo Dugin, la Russia non è ancora riuscita a plasmare "un'ideologia completa e coerente" che potrebbe porre una seria sfida alle idee del liberalismo progressista.

"Le élite liberali radicate ai vertici della società sono ancora forti e influenti in Russia, e le idee, le teorie e i metodi liberali dominano ancora l'economia, l'istruzione, la cultura e la scienza.

Tutto ciò indebolisce il potenziale della Russia, disorienta la società e pone le basi per le crescenti contraddizioni interne", ha affermato Dugin.

Tuttavia, Dugin ha ritenuto che la Russia rappresenti "il polo più importante - se non il principale! - del Grande Risveglio".

Per Dugin, il "Grande Risveglio" significa aver "capito l'essenza di quella strategia fatale, sia assassina che suicida del" progresso "come la intendono le élite liberali globaliste".

"E se lo comprendiamo, allora siamo in grado di spiegarlo agli altri. I risvegliati possono e devono risvegliare tutti gli altri", ha affermato Dugin.

Il famoso accademico russo Alexander Lukin ha suggerito che la missione di Mosca è svegliare e allertare il mondo dai "pericoli" del liberalismo progressista, che definisce con il termine popolare "svegliato", perché negli anni '20 la Russia ha già vissuto un "periodo simile" con Bolscevismo.

Quindi, la Russia comprende più di ogni altro paese la "natura distruttiva della nuova ideologia" e "la sua inaccettabilità".

"Al di fuori del mondo occidentale, molti non hanno fretta di criticare la nuova ideologia, temendo di sembrare 'non progressisti' o di essere ostracizzati dai 'paesi sviluppati.'

Tuttavia, una discussione critica sulla nuova ideologia è estremamente necessaria; una maggioranza silenziosa di persone in varie parti del mondo lo sta chiaramente aspettando, e se gli studiosi russi lo avviano, questo può rafforzare la loro posizione intellettuale nel mondo", ha affermato Lukin, che ha poi aggiunto: "Possiamo guardare alla società occidentale di oggi nello stesso modo in cui guardava alla Russia bolscevica un secolo fa: una bizzarra orda di selvaggi che, sotto lo slogan della giustizia universale, hanno rovinato il proprio paese e stabilito una brutale dittatura ideologica sui suoi resti».

La Russia comprende profondamente l'Occidente (dopotutto la Russia è innegabilmente culturalmente parte dell'Occidente) e le sue debolezze.

Per molto tempo, gli studiosi occidentali hanno ridotto il "putinismo" a "clientelismo", "populismo" e "fascismo".

 Tuttavia, l'Occidente non si è ancora reso conto che la Russia di Putin sta diventando il principale concorrente ideologico dell'Occidente.

È riuscita ad agganciarsi a un grande dibattito in Occidente sui limiti e le contraddizioni del liberalismo progressista e ha preso le redini della leadership del pensiero conservatore.

 La Russia sta costruendo una nuova ideologia "conservatrice" approfittando degli Stati Uniti' polarizzazione politica e sua debolezza ideologica.

Il ricercatore della Columbia Richard Hanania ha recentemente affermato che gli Stati Uniti "promuove ideali [per i quali] pochi sono disposti a combattere e per cui sono disposti a morire".

Politica di rimanere rilevante nella scena politica globale.

Vale la pena notare che la Cina non è ancora il concorrente ideologico dell'Occidente.

La Cina sfida l'uni-polarità dell'Occidente politicamente, economicamente e militarmente, ma non ancora ideologicamente.

 La Cina ha un'ideologia per il proprio popolo, il "socialismo con caratteristiche cinesi", ma non per il mondo.

Inoltre, va notato – come ha detto Dugin – che non esiste ancora una teoria delle relazioni internazionali cinesi (IR), anche se ci sono "alcuni approcci fruttuosi".

 Il filosofo cinese Zhao Tingyang ha forse sviluppato una teoria filosofica dell'internazionalizzazione relazioni che hanno avuto il maggior impatto tra gli studiosi cinesi.

Nei suoi libri, Zhao ha rivisitato l'antico concetto di Tianxia (Tutto sotto il cielo) in una moderna teoria del governo e dell'ordine mondiale.

 In un articolo del 2018 pubblicato sul Washington Post, Zhao ha scritto che "il concetto di tianxia definisce un mondo inclusivo con armonia per tutti". I concetti di Zhao, tuttavia, sono stati meglio decifrati da Dugin:

"La Cina è un impero, non solo nel senso tradizionale, ma anche nell'idea di unificare unità nazionali e politiche. Un impero non è uno stato politico, ma qualcosa di più: un sistema.

Si può qui menzionare Tianxia (天下). È qualcosa che unisce di più di un soggetto politico e può espandere la sua influenza su uno spazio più ampio...

La Cina è molto più di uno stato, ed è qui che il concetto di Zhao Tingyang è di fondamentale importanza: affermare la Cina come Tianxia.

 La crescita di questa Tianxia dovrebbe essere in armonia. Potresti diciamo: non iniziamo con il globale, ma iniziamo con la nostra regione, installiamo praticamente ora il progetto Belt and Road, installiamolo qui, mostriamo come funziona, e se l'umanità sarà sedotta da questo momento Tianxia, forse altri accetteranno esso.

L'importante ce è iniziare con la Cina, nei limiti delle vostre possibili capacità, per introdurre questo concetto inclusivo basato su relazioni, giustizia, etica ed egemonia. La Cina dovrebbe essere riconosciuta come un polo in tutti i sensi. Lì hai già gli aspetti di base di una versione cinese della teoria del mondo multipolare."

Tianxia cinese quindi è un progetto a lungo termine che può o non può avere successo.

La Russia, tuttavia, è pronta a sfidare l'Occidente in questo momento, e può farlo utilizzando concetti chiari e accattivanti che già esistono in Occidente e che da secoli fanno parte della Weltanschauung occidentale. Per questi motivi, la Russia sta diventando e forse è già l'attuale concorrente ideologico dell'Occidente.

 

 

 

 

 

  

Commenti

Post popolari in questo blog

Quale futuro per il mondo?

Co2 per produrre alimenti.

Caos e dazi.