ANTIGLOBALISMO

 ANTIGLOBALISMO

 

L’ANTI-GLOBALISMO STA DIVENTANDO

MAINSTREAM, IL CHE SIGNIFICA CHE

UN DISASTRO INGEGNERIZZATO STA PER COLPIRE.

Nogeoingegneria.com – Brandon Smith – (3-10-2022) – ci dice:  

 

Un soffio di speranza! Nell’ottimismo c’è magia. Nel pessimismo non c’è nulla.

(Abraham-Hicks)

(Di seguito un articolo di Brandon Smith, pubblicato su Alt-Market.us, nella traduzione di Mattia Spanò).

“I globalisti si stavano davvero crogiolando nel bagliore della loro presunta vittoria. Pensavano di tenere noi buzzurri per la collottola e che il loro piano fosse quasi assicurato. Ma come ho sostenuto dall’anno scorso, le élite del denaro potrebbero aver festeggiato un po’ troppo presto”.

Ho notato in passato che i criminali tendono a vantarsi della loro criminalità quando credono che non ci sia niente che qualcuno possa fare al riguardo. Francamente, nel loro narcisismo molti di loro non possono fare a meno di godersi il momento e far sapere a tutti quanto sono “superiori” per il resto di noi. Abbiamo assistito a molti momenti come questo da parte di membri delle élites all’interno delle istituzioni globaliste negli ultimi due anni, al culmine del pandemonio pandemico.

C’erano persone come gli accademici globalisti del MIT che proclamavano che “non saremmo mai tornati alla normalità” e che avremmo dovuto accettare la perdita di molte delle nostre libertà per il resto della nostra vita per combattere la diffusione del Covid.

 C’erano persone come Klaus Schwab (il costruttore di bombe atomiche illecite in Sud Africa! Ndr) che dichiaravano l’inizio del “Great Reset” e il lancio di quella che la folla di Davos chiama la “4a rivoluzione industriale”.

Ci sono stati anche molti leader politici come Joe Biden che si sono pavoneggiati sul palco dei media accusando gli oppositori ideologici (per lo più conservatori) di essere “nemici della democrazia”.

Se la loro visione di “democrazia” è la tirannia medica e l’espansione forzata del marxismo culturale, o se la loro idea di democrazia è la cooperazione del governo con il monopolio delle corporazioni e la cancellazione dei principi fondanti del nostro paese, allora sì, suppongo di essere davvero un nemico della “democrazia.”

I globalisti si stavano davvero crogiolando nel bagliore della loro presunta vittoria. Pensavano di tenere noi buzzurri per la collottola e che il loro piano fosse quasi assicurato. Ma come ho sostenuto dall’anno scorso, le élite del denaro potrebbero aver festeggiato un po’ troppo presto.

L’agenda Covid è completamente fallita se l’obiettivo era implementare obblighi e restrizioni di lungo periodo in tutto il Nord America e in Europa. Se vuoi sapere quale sarebbe stato lo scopo per i globalisti, guarda alla Cina con i suoi infiniti cicli di lockdown e i passaporti vaccinali digitali. Le élite globaliste volevano quel risultato per l’Occidente e non l’hanno ottenuto. Ci sono andati vicini, ma milioni di americani, canadesi ed europei hanno mantenuto la loro posizione e il costo per costringerci a obbedire sarebbe stato troppo grande.

Anche Joe Biden ha ammesso apertamente che la pandemia è finita. Hanno abbandonato gli obblighi perché sapevano che se si fosse arrivati alla guerra, avrebbero perso.

Se l’obiettivo della fabbrica della paura della pandemia era semplicemente quello di iniettare nella popolazione i vaccini mRNA, anche qui hanno fallito.

Con molti stati negli Stati Uniti al 40% non vaccinati (secondo i numeri ufficiali) e molte parti del mondo con grandi popolazioni non vaccinate, esiste un enorme gruppo di controllo per i vaccini Covid.

Se ci saranno problemi di salute in aumento costante associati al vaccino a mRNA (come la miocardite), l’opinione pubblica saprà cosa li ha prodotti a causa di questo gruppo di controllo.

I globalisti guerrafondai avevano bisogno di una vaccinazione quasi al 100% e non l’hanno ottenuta. Non ci sono andati neanche vicino.

Non c’è via di scampo per loro: hanno molto sopravvalutato l’apatia del pubblico quando si tratta di autoritarismo. La ribellione è troppo grande e alla fine saranno ritenuti responsabili delle loro trasgressioni.

Esempio: le ultime elezioni in Italia hanno portato a una vittoria schiacciante per la coalizione conservatrice e il nuovo primo ministro (e prima donna premier), Georgia Meloni, questa settimana ha pronunciato un entusiasmante discorso di vittoria che ha denunciato direttamente l’invasione dell’estrema sinistra nelle nazioni occidentali, il globalismo e la velenosa collusione con le multinazionali, che hanno risvegliato il dissenso silente. Ha chiesto un ritorno alla libertà e qual è stata la risposta dei media mainstream? La chiamano “fascista”.

Le elezioni italiane sono solo una piccola parte di una tendenza in corso, un risveglio del popolo alle minacce imminenti presentate dai globalisti, e i globalisti non possono fermarlo.

La paura tra loro è palpabile. L’anti-globalismo sta diventando mainstream e le persone inizieranno a cercare risposte. Perché le nostre condizioni economiche sono state così degradate? Perché stiamo affrontando una crisi stagflazionistica (inflazione e recessione insieme, ndr)? Perché i prezzi di tutto continuano a salire?

Perché abbiamo quasi perso tutte le nostre libertà civili in nome della lotta contro un virus con un tasso di mortalità medio per infezione ufficiale dello 0,23%? Perché vengono istituiti controlli inutili sul livello di anidride carbonica nel mezzo di una crisi della catena di approvvigionamento? Perché i politici e le banche stanno peggiorando le cose?

La protesta pubblica per una resa dei conti cresce e sono le teste dei globalisti che finiranno sul ceppo. Tutte le strade verso la distruzione riconducono a loro e alle politiche che hanno imposto alla popolazione.

Naturalmente, quando i criminali si sentono messi alle strette, a volte appiccano incendi e prendono ostaggi in un ultimo disperato tentativo di sopravvivere e scivolare attraverso la rete.

Credo che ci stiamo avvicinando alla rappresentazione di questo terribile dramma. È importante accettare le condizioni del campo di battaglia così come sono e non sottovalutare il nemico. La verità è che i globalisti hanno a disposizione ampi mezzi per provocare il caos e hanno già messo in moto alcuni di questi disastri.

Come ho avvertito molti anni fa (nel lontano 2017 nel mio articolo “The Economic End Game Continues“ ), le tensioni con le nazioni orientali vengono utilizzate per sminuire il ruolo del dollaro USA come valuta di riserva mondiale e come valuta petro.

Il conflitto sta causando anche carenza di risorse e debolezza della catena di approvvigionamento, per non parlare di una crisi energetica in Europa che ora è irreversibile con il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream.

Ho anche previsto nel 2017 che la Federal Reserve avrebbe ripetuto un modello di aumento dei tassi di interesse in una grave debolezza economica causando un aumento delle turbolenze economiche. Hanno usato una tattica molto simile all’inizio della Grande Depressione, che l’ex presidente della Federal Reserve Ben Bernanke aveva ammesso apertamente essere stata la causa del collasso deflazionistico a lungo termine.

Dal mio articolo del 2017:

“Il cambio di presidente della Fed è assolutamente privo di significato per quanto riguarda la politica. Jerome Powell continuerà le stesse esatte iniziative di Yellen; lo stimolo verrà rimosso, i tassi verranno aumentati e il bilancio verrà ridotto, lasciando la massiccia bolla di mercato originariamente creata dalla Fed vulnerabile all’implosione.

Una persona attenta […] potrebbe aver notato che le banche centrali di tutto il mondo sembrano agire in modo coordinato per rimuovere il supporto di stimolo dai mercati e aumentare i tassi di interesse, tagliando le linee di offerta di denaro facile che sono state a lungo una stampella per la nostra economia paralizzata. “

La Bank for International Settlement’s, la banca centrale delle banche centrali, l’istituto che scrive iniziative politiche globali per tutte le altre banche membro, la scorsa settimana ha chiesto più aumenti dei tassi.

 A parte un intervento minore della Banca d’Inghilterra, l’evidenza mostra che i globalisti vogliono un crollo, e queste sono condizioni ingegneristiche di instabilità. Hanno preparato i pezzi del domino in anticipo e ora hanno deciso di abbatterli. Penso che questo sia un sistema di sicurezza; un innesco di panico nel caso in cui non avessero ottenuto il controllo che volevano dalla pandemia Covid.

Incolperanno la Russia, incolperanno la Cina, incolperanno i conservatori, incolperanno qualsiasi cosa e chiunque tranne se stessi nel tentativo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle azioni bancarie internazionali che in primo luogo hanno creato le condizioni del crollo. Non possiamo lasciarli fare. Qualsiasi cosa accada dopo, è fondamentale che le persone ricordino chi ci ha fatto davvero questo e chi deve essere punito.

Nel corso dei prossimi due anni, i mediatori del potere dell’establishment cercheranno di utilizzare uno schermo del caos per seminare la paura nella popolazione.

Cercheranno di sfruttare quella paura per ottenere una governance ancora più centralizzata e cambiare le fondamenta stesse della nostra società soffocando ciò che resta delle nostre libertà.

È l’unico gioco che gli è rimasto, ma almeno ora sappiamo per certo che ci sono milioni di noi là fuori – milioni di persone che non si conformeranno e che reagiranno. E sappiamo che i globalisti sono spaventati; se non lo fossero, non ricorrerebbero a misure così drastiche.

PERCHÉ IL WORLD ECONOMIC FORUM

AMA GRETA: IL SISTEMA CONTROLLATO

DI ASSEGNAZIONE DI CO2 PER

I CITTADINI ESPROPRIATI E FELICI.

Nogeoingegneria.com – Redazione – (5 OTTOBRE 2022) – ci dice:

 

“Il vostro limite di CO2 per il mese è stato raggiunto, purtroppo non possiamo più vendervi carne e frutta tropicale. Che ne dite di patate e verdure coltivate localmente?”.

Questi sono i tipi di messaggi che potreste ricevere nel prossimo futuro dall’app di pagamento sul vostro dispositivo di monitoraggio personale con funzione telefonica quando entrerete in un supermercato verso la fine del mese dopo esservi riscaldati troppo o magari aver fatto una grigliata – questo almeno secondo la lobby corporativa del World Economic Forum.

A settembre, il World Economic Forum di Klaus Schwab ha pubblicato un contributo del “Mission Director” del Forum per le cosiddette smart city. In esso Kunai Kumar, ministro indiano dei Lavori e degli Affari Urbani, si schiera a favore dell’assegnazione dei diritti di emissione di CO2 ai consumatori.

 In questo processo, tutta la CO2 rilasciata nel ciclo di vita di un prodotto viene attribuita all’acquirente. “Il mio carbone”: Un approccio per città inclusive e sostenibili”, è il titolo dell’articolo.

Kumar fornisce involontariamente una buona visione degli interessi delle società informatiche e finanziarie che realizzano e controllano la rete globale sempre più interconnessa di flussi finanziari e di dati.

 Dopo aver letto l’articolo, viene da chiedersi perché le aziende internazionali, soprattutto quelle statunitensi, abbiano accolto e sostenuto a braccia aperte Greta Thunberg e il movimento Fridays for Future, nonostante le misure adottate dalle normali aziende contro il cambiamento climatico siano principalmente svantaggiose.

Kumar scrive che i budget personali per le emissioni di carbonio hanno avuto poco successo finora a causa della resistenza politica e della mancanza di un “meccanismo equo per tracciare le emissioni”.

Non è chiaro il significato di equo in questo contesto. Tuttavia, negli ultimi cinque-sette anni si sono verificati importanti sviluppi sociali, ambientali e tecnologici che potrebbero contribuire all’attuazione di tali programmi “my carbon”:

1. Covid-19: “Un numero enorme di restrizioni inimmaginabili per la salute pubblica sono state accettate (adottate) da miliardi di cittadini in tutto il mondo”, scrive il direttore della missione del World Economic Forum. In altre parole, è stato dimostrato che tutto ciò che viene venduto come socialmente responsabile viene accettato.

 

2. La quarta rivoluzione industriale: “I progressi delle nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, la blockchain e la digitalizzazione, possono consentire di tracciare le emissioni di carbonio personali, di sensibilizzare e di fornire consigli personalizzati per fare scelte etiche e a basse emissioni di carbonio quando si consumano prodotti e servizi”.

 Vengono elencate le cosiddette tecnologie per la “casa intelligente” e i contatori “intelligenti” per l’elettricità e il gas, nonché le app personalizzate per misurare le emissioni personali e migliorare le decisioni di acquisto.

Inoltre, in linea con la famigerata promessa del Forum “non possiederai nulla e sarai felice”, si suppone che i modelli di business si basino sul riutilizzo completo, come i “prodotti come servizi”, in cui non si possiedono più i macchinari ma si paga in base all’utilizzo.

 A questo scopo si possono utilizzare i dati in tempo reale e i dati storici di tutti i prodotti e degli utenti. L’applicazione svedese Svalna viene evidenziata ed elogiata come esempio.

Secondo la sua stessa descrizione, utilizza i dati delle transazioni finanziarie degli utenti provenienti da operazioni di pagamento elettronico per registrare tutti i prodotti acquistati e determinare così le emissioni indirette di CO2 degli utenti.

3. Maggiore consapevolezza ambientale:

il 64% dei cittadini del mondo ritiene che il cambiamento climatico sia un’emergenza globale. L’80% delle persone che vivono nei Paesi industrializzati è disposto a cambiare il proprio stile di vita per affrontarlo. I giovani adulti, che sono in prima linea nelle principali proteste per il clima, sono più preoccupati degli anziani.

Quindi ci sono buone possibilità di compiere i passi successivi necessari. Questi sono per il direttore della missione:

Costi più elevati per le attività e i beni ad alta intensità di CO2.

Rendere visibile l’impronta di carbonio personale.

Una nuova definizione della giusta quota personale di emissioni con limiti accettabili per le emissioni individuali.

Non si tratta di un sogno del futuro, ma è molto vicino. In Norvegia, le autorità statistiche stanno obbligando i fornitori di servizi di pagamento e le catene di supermercati a fornirgli i dati con cui registrare esattamente gli acquisti di ogni individuo, per scoprire quali cibi e bevande consumano i cittadini. Si può anche capire cosa viene acquistato nel complesso, ma si vuole sapere chi compra esattamente cosa. In questo modo, lo Stato vuole essere in grado di valutare meglio quanto siano sani o meno i suoi cittadini e determinare su quali gruppi (o persone?) deve lavorare in particolare se vuole migliorare le abitudini alimentari.

Se l’app Svalna funziona davvero come descritto dall’azienda, in Svezia è già possibile sapere quali prodotti sono stati acquistati dai dati di pagamento dei processori.

 In Baviera, Vienna, Roma e Bologna si stanno sperimentando gli eco-token, che consentono di accumulare punti in base a comportamenti ecologici (e digitali) e di scambiarli con denaro contante, a condizione di sottoporsi a un monitoraggio completo del proprio comportamento quotidiano.

Il fatto che i cittadini siano resi responsabili delle emissioni di anidride carbonica di prodotti sui quali non hanno alcuna influenza e che spesso desiderano solo perché è stato creato un desiderio attraverso grandi campagne pubblicitarie è solo un aspetto di questa agenda.

 Il più importante: per le mega-corporazioni dell’industria informatica e finanziaria che dominano a livello globale, non c’è quasi niente di meglio che la transizione verso un’economia di allocazione controllata a livello centrale.

Perché sono loro che assegnano e controllano, e quindi detengono tutto il potere nei loro tentacoli.

Questa è la transizione al neo-feudalesimo che descrivo nel mio libro “Endogame of Capitalism”.

Possiamo ancora evitarlo se un numero sufficiente di persone si sveglia, smette di partecipare e fa pressione sulla politica. Dopotutto, questo ci mette in sintonia con quasi tutte le aziende nazionali che stanno subendo un duro colpo in questa campagna dominata dalla Silicon Valley e da Wall Street. In ogni caso, la maggioranza delle grandi (e potenti) aziende tedesche sono di proprietà di società di investimento straniere come Blackrock, e quindi stanno al gioco.

Nota aggiuntiva.

Questo post non è un commento per stabilire se la Terra si stia riscaldando (ovviamente), se questo sia solo un male (per molti in molti modi) o una catastrofe e, soprattutto, se sia in nostro potere fermarlo.

Trovo che quest’ultimo aspetto sia abbastanza difficile da giudicare per un profano, data la complessità scientifica della questione e le campagne di confusione con grandi quantità di denaro da parte di società e gruppi interessati da entrambi i lati del dibattito, in modo da rimanere in disparte in questa discussione.

Il mio intento è invece semplicemente quello di sottolineare quanto sia grande il pericolo per gli attivisti del clima di essere imbrigliati in un’agenda che difficilmente apprezzeranno.

Si può dare per scontato che le grandi aziende globaliste non siano interessate a salvare il mondo.

Altrimenti, coloro che promuovono questa agenda non navigherebbero e non si sposterebbero continuamente in mezzo mondo con i loro mega yacht e jet privati per vivere la bella vita nei loro luoghi più belli e di tanto in tanto discutere dei modi migliori per ridurre le impronte di carbonio delle persone comuni.

(norberthaering.de/news/co2-budgets/)

 

 

 

MANIPOLAZIONE METEOROLOGICA:

IL TEMPO COME ARMA PER UNA GUERRA INVISIBILE.

Nogeoingegneria.com – Redazione- (27 SETTEMBRE 2022) – ci dice:

 

Quello che segue è un estratto tradotto di una relazione molto interessante di 81 pagine sulla manipolazione meteorologica. La documentazione offre dati molto concreti sull’uso del tempo come arma di guerra.

Ovviamente, sorge la domanda su dove si trovi oggi la capacità di padroneggiare e controllare le condizioni meteorologiche. In una seconda selezione di questo rapporto, si parla di progetti che potrebbero essere interpretati come precursori dell’uso effettivo delle armi meteorologiche in guerra.

Le condizioni meteorologiche sono sempre state di interesse per i militari e lo sono diventate ancora di più con l’inizio del volo con equipaggio. Ma con l’inizio dell’era della Guerra Fredda, che si è ben presto intensificata, le minacce percepite dall’Unione Sovietica hanno spinto i militari a cercare nuove armi.

Il controllo meteorologico era stato suggerito come potenziale nuova arma della Guerra Fredda e doveva essere esplorato in modo più approfondito.

 In quanto nuova arma proposta, la modificazione meteorologica aveva la capacità di rilasciare grandi quantità di energia per distruggere una forza nemica, negargli l’uso del campo di battaglia, causando al contempo costose difficoltà economiche sul territorio nazionale, o, in alcuni casi, migliorare le condizioni meteorologiche del campo di battaglia (tatticamente) per favorire l’avanzamento delle proprie forze.

Le applicazioni militari proposte per i metodi di inseminazione delle nuvole e di controllo del tempo comprendono lo scatenamento di condizioni meteorologiche violente contro il territorio di un nemico, il danneggiamento delle aree agricole di altre nazioni per scopi strategici, l’ostacolo al commercio di una nazione, l’influenza del tempo (piogge intense o neve) per ostacolare i movimenti delle truppe nemiche, l’incapacità di rifornirsi logisticamente o il controllo delle precipitazioni meteorologiche come mezzo per distribuire agenti biologici o radiologici.

Nonostante il rischio avvertito dalle sperimentazioni sovietiche relative al cambiamento climatico e all’inseminazione delle nuvole, sono stati gli Stati Uniti ad avere il primato di essere la prima nazione al mondo ad aver implementato la modificazione del tempo come arma nei conflitti attivi.

Un’applicazione di modificazione meteorologica che divenne un’arma tattica avvenne durante il conflitto in Vietnam, quando aerei segreti di cloud seeding sorvolarono le remote e vaporose giungle del sud-est asiatico per provocare uno stato pressoché costante di piogge monsoniche nel tentativo di allagare tratti chiave del famigerato sistema di sentieri “Ho Chi Minh” – e di arginare il flusso di trasporto di materiale logistico e di personale lungo la rete di sentieri da parte dei guerriglieri Viet Cong (VC) e delle unità dell’esercito nordvietnamita (NVA).

Per ridurre la “transitabilità” lungo le principali vie di rifornimento e di infiltrazione da nord a sud, è stato istituito uno sforzo multiservizio comprendente elementi della Marina e dell’Aeronautica statunitensi e del Dipartimento della Difesa per rendere più fragili le superfici stradali, saturando il terreno in modo da favorire le frane e provocando allagamenti su vasta scala per spazzare via le strade e gli attraversamenti dei fiumi. Secondo le stime del Dipartimento della Difesa, nel 1966 tra i 58.000 e i 90.000 uomini dell’NVA (almeno 5 reggimenti completi) si infiltrarono nel Vietnam del Sud attraverso le vie di comunicazione del sistema dei sentieri di Ho Chi Minh.

All’epoca, i rapporti dei servizi segreti statunitensi stabilirono inoltre che le forze nordvietnamite stavano costruendo tratti di strada percorribili lungo la rete di sentieri che dal Vietnam del Nord conduceva al Laos e alla Cambogia. Pertanto, l’interdizione dei movimenti nemici lungo la pista era di primaria importanza e l’impiego della semina delle nuvole ebbe inizio.

Progetto Popeye (1966).

Il 7 settembre 1966, fu avviato un progetto segreto di modifica delle condizioni meteorologiche come programma pilota sperimentale per testare la fattibilità di estendere la stagione dei monsoni piovosi nel sud-est asiatico, nel tentativo di ostacolare o impedire il traffico nordvietnamita lungo la rete di sentieri di Ho Chi Minh, infangando il sistema di sentieri e rendendo impraticabili i tratti chiave delle strade per i veicoli.

Questo progetto, che utilizzava la tecnologia di semina delle nuvole sviluppata dal NWC China Lake, doveva estendere la stagione monsonica regionale e aumentare le normali precipitazioni per indebolire e infangare le superfici delle strade, creare frane lungo le strade, eliminare gli attraversamenti dei fiumi e, in generale, mantenere le condizioni del suolo più fragili oltre la normale stagione delle piogge.

 Nota: sebbene la maggior parte dei riferimenti internet (storie) suggeriscano che la prima applicazione effettiva dell’inseminazione delle nuvole come arma nel Sud-Est asiatico sia stata condotta dalla CIA nel 1963, attraverso il suo servizio aereo proprietario “Air America” che utilizzava un Beechcraft Model 18 Twin Beech trasformato per l’inseminazione delle nuvole con ioduro d’argento, in realtà le cose non stanno così.

Il piano di inseminazione delle nuvole della CIA è stato proposto come mezzo per ostacolare e reprimere le manifestazioni contro il governo Diem da parte dei monaci buddisti nella città di Hue e in altri luoghi del Vietnam del Sud.

Tuttavia, secondo i documenti d’archivio dell’Air America (conservati presso l’Università del Texas – Dallas, McDermott Library, Special Collections Dept, “CAT/Air America Collection”) non ci sono prove effettive che l’evento di cloud seeding proposto abbia mai avuto luogo.

Anche se avesse avuto luogo, avrebbe potuto giustificare solo una nota a piè di pagina come la prima applicazione “politica” della modificazione meteorologica. La prima vera applicazione tattica della modificazione meteorologica come arma sembra essere stata fatta dai francesi durante l’assedio di Diem Bien Phu nel 1954.

Con più di cento tonnellate di rifornimenti al giorno che affluivano nell’Indocina francese (dalla Cina meridionale), a sostegno dell’insurrezione comunista dei Viet Minh e dell’assedio della fortezza francese di Diem Bien Phu, l’esercito francese si rivolse a uno dei suoi principali meteorologi per chiedere aiuto.

 Il col. Robert Genty suggerì un concetto di semina delle nuvole per aumentare le precipitazioni e accelerare l’inizio dei monsoni stagionali e infangare le vie di rifornimento dei Viet Minh in modo da arginare il flusso dei rifornimenti e favorire la definitiva disgregazione dell’assedio a Diem Bien Phu.

Alla fine Genty condusse una serie di voli di prova per la semina delle nuvole con lo ioduro d’argento, mescolato con carbone attivo, lanciato con il paracadute nelle nubi cumuliformi da un aereo da trasporto cargo modificato dell’Aeronautica francese Sub-Quest SO-30P Bretagne, con risultati significativi.

Il primo volo a scopo di sperimentazione del progetto di generazione di pioggia artificiale creò un acquazzone torrenziale e una grandinata a pochi minuti dall’operazione di semina su un’area di 25 miglia, vicino a Diem Bien Phu, che durò 2 ore. Tuttavia, prima che il concetto di cloud seeding potesse essere implementato operativamente da Genty, gli insorti comunisti conquistarono Diem Bien Phu e costrinsero alla resa le forze coloniali francesi, che alla fine portarono al completo ritiro del controllo francese sull’Indocina.

Il generale Giap, che comandava gli insorti comunisti, riconobbe in seguito che le forti piogge associate alla normale stagione dei monsoni avevano gravemente danneggiato le linee di rifornimento del suo esercito, con molti tratti di strada trasformati in pantani e camion di rifornimento affondati fino ai paraurti nel fango profondo.

L’obiettivo originario del progetto sperimentale (Project Popeye) era quello di prolungare la stagione monsonica esistente di 30-45 giorni per infangare alcune sezioni del sistema di sentieri e, se possibile, aumentare la media annuale delle precipitazioni monsoniche di oltre il 20-30%. Sebbene i dati pubblici (internet) facciano pensare che i voli sperimentali di cloud seeding del Progetto Popeye siano stati condotti esclusivamente dalla base della Royal Thai Air Force di Udorn (Thailandia),la realtà è che sono stati condotti principalmente da Da Nang, con un supporto aereo aggiuntivo da Pleiku, in Vietnam, e da “Ubon”, in Thailandia, sotto il controllo tecnico e di supervisione del personale di NWC China Lake. NWC China Lake ha fornito tutto il personale tecnico per la semina delle nuvole, oltre alla formazione, alla direzione, alla supervisione e alla leadership del progetto e ha condotto tutte le analisi scientifiche e la progettazione, la produzione (fabbricazione) degli erogatori, dei contenitori e degli agenti di semina.

 

Le operazioni aeree comprendevano l’utilizzo di diversi mezzi aerei dell’Aeronautica e del Corpo dei Marines degli Stati Uniti al fine di seminare le nubi sul Laos.

 L’USAF ha fornito due velivoli da trasporto C-130A per il trasporto di truppe (tactical airlift), pilotati da singoli elementi dell’equipaggio di volo del 54° Weather Reconnaissance Squadron (con base a Guam), mentre lo squadrone VMFA-115 del Corpo dei Marines degli Stati Uniti (con sede a Da Nang) ha fornito tre jet F-4B Phantom pilotati da elementi selezionati dell’equipaggio di volo dello squadrone.

Gli F-4B sono stati gli aerei principali per la semina e sono stati utilizzati sia per la semina delle nuvole ad alta quota che per le osservazioni successive alla semina (valutazione).

Per il progetto, gli F-4B furono equipaggiati con una versione modificata del sistema di fotoflash a ioduro d’argento dell’A-6, noto come “Wimpy”, in riferimento al tema del cartone animato Popeye.

Il sistema Wimpy, sviluppato da China Lake, si basava su una cartuccia fotografica flash in alluminio da 40 mm utilizzata nel progetto Stormfury. Le cartucce sono state incorporate in un sistema di lancio aerodinamico appositamente progettato per i jet ad alta velocità.

(t.me/NogeoingegneriaNews)

 

 

 

 

LE RADICI DEL MALE: COSA

SI NASCONDE DIETRO IL WEF?

Nogeoingegneria.com – Redazione – (15 -3-2022) - ci dice:

 

Il Forum Economico Mondiale non è stato una trovata di Klaus Schwab, ma è nato da un programma di Harvard finanziato dalla CIA, guidato da Henry Kissinger e portato a compimento da John Kenneth Galbraith e dal “vero” dottor Stranamore, Herman Kahn. Questa è l’incredibile storia dei veri uomini che reclutarono Klaus Schwab, che lo aiutarono a creare il World Economic Forum, e che gli insegnarono a smettere di preoccuparsi e ad amare la bomba.

(unlimitedhangout.com/2022/03/investigative-reports/dr-klaus-schwab-or-how-the-cfr-taught-me-to-stop-worrying-and-love-the-bomb/)

 

Spesso in questo blog ho osservato come il Wef, alias World economic Forum sia stato al centro della narrazione pandemica e del relativo piano di “reset” sociale che vi si accompagnava come un retro pensiero o più che visibile, ma letture più recenti mi hanno suggerito che forse l’attenzione andrebbe piuttosto spostata sul Council on Foreign Relations (Cfr), come autore principale del racconto. Questo cambia le cose perché sposta l’asse del ragionamento più sugli Usa e sulla sua élite come motore principale di tutto questo, insomma più su una dimensione mista tra impero e globalizzazione dentro una visione nella quale l’uno garantisce l’altra e viceversa.

Innanzitutto cosa è questo Cfr? 

È un think tank americano specializzato nella politica estera e nelle relazioni internazionali degli Stati Uniti.

 Fondato nel 1921, conta attualmente oltre 5000 membri e ha fin dall’inizio incluso politici di vertice, segretari di stato, direttori della CIA, banchieri, intellettuali, personaggi di spicco dei media e loro proprietari, pubblica la rivista bimestrale Foreign Affairs dal 1922 e gestisce anche il David Rockefeller Studies Program.

Ma soprattutto il Council è riuscito a creare un circuito informativo transatlantico ampiamente autonomo in cui quasi tutte le fonti e i punti di riferimento pertinenti sono controllati dai membri del Consiglio e dalle sue organizzazioni partner. In questo modo si è creata una matrice informativa storicamente unica, nettamente superiore alla classica propaganda governativa degli Stati autoritari e grazie a questo controlla la politica estera degli Stati Uniti e determina i presidenti e i politici chiave.

 Ci sono ramificazioni in tutto il mondo, come il Gruppo Bilderberg in Europa, mentre la Commissione Trilaterale è stata fondata anche per l’Asia orientale nel 1972 dall’allora presidente del Cfr David Rockefeller e dal suo direttore Zbigniew Brzezinski.

Il World Economic Forum non è stato semplicemente un’idea di Klaus Schwab, ma è nato da un programma di Harvard finanziato dalla CIA guidato da Henry Kissinger, da John Kenneth Galbraith e dal “vero” dottor Stranamore, ovvero Herman Kahn, l’adoratore della bomba e della guerra nucleare.

 La storia documentata del World Economic Forum è stata progettata per far sembrare che l’organizzazione e il suo piano di global leaders sia una creazione puramente europea, ma non è così.

 In effetti, Klaus Schwab aveva una squadra politica americana che lavorava in segreto, aiutandolo a fondare l’organizzazione globalista con sede in Europa.

Chiunque abbia una certa familiarità con la storia di Schwab e io mi sono letto parecchio in proposito negli ultimi due anni, sa che  ha studiato ad Harvard negli anni ’60 e lì ha incontrato l’allora professor Henry Kissinger, con il quale Schwab ha stretto un’amicizia per la vita.

Ma, come per la maggior parte delle informazioni dai libri sul World Economic Forum, ciò che viene raccontato non è l’intera storia.

 In effetti, Kissinger ha reclutato Schwab come parte del seminario internazionale di Harvard sponsorizzato dalla Central Intelligence Agency degli Stati Uniti.

 Sebbene questo finanziamento sia stato scoperto l’anno in cui Klaus Schwab lasciò Harvard, la connessione è passata fino ad ora in gran parte inosservata

 Insomma il Wef non è una creazione europea quanto piuttosto il frutto di un’operazione proveniente dalle amministrazioni di Kennedy, Johnson e Nixon i quali avevano tutti legami con il Council on Foreign Relations e il movimento associato della “Tavola rotonda”, nella quale la Cia giocava un ruolo di supporto.

Gli indizi, raccolti fra gli altri anche da  Johnny Vedmore il quale presenta molti interessanti spunti  suggeriscono che Klaus Schwab sia stato reclutato da Kissinger nella sua cerchia di imperialisti della Tavola Rotonda e che attraverso il seminario finanziato dall’agenzia spionistica egli abbia coltivato rapporti con i politici americani di massimo livello i quali lo avrebbero aiutato a fondare il più potente istituto di politica pubblica d’Europa, il World Economic Forum, nato per “dar forma” al continente come si proponeva Kissinger.

Questa diversa prospettiva, fa meglio comprendere come sia stato possibile organizzare una narrativa pandemica, manipolando informazioni e dati e come si sia arrivati alle soglie di un conflitto nucleare che a suo tempo fu l’ossessione del Cfr.

Tanto per dire una e per comprendere la potenza di questo gruppo nella sua reale dimensione basta riferirsi a un’email intercettata da Wikileaks nella quale si conferma che nel 2008 Michael Froman, Senior Fellow del CFR (e banchiere di Citigroup) aveva dato ad Obama l’organigramma dell’intero futuro gabinetto già un mese prima della sua elezione.

Di conseguenza, i posti chiave nel gabinetto di Obama erano occupati quasi esclusivamente dai membri del CFR, come è avvenuto nella maggior parte dei gabinetti dalla seconda guerra mondiale. A dire il vero, anche l’avversario repubblicano di Obama nel 2008, il defunto John McCain, era un membro del CFR.

Michael Froman ha successivamente negoziato gli accordi commerciali internazionali TPP e TTIP, prima di tornare al CFR come Distinguished Fellow. Questa spiega anche la campagna senza sosta contro Trump che aveva spezzato questa sorta di consuetudine e che aveva portato avanti una sieri di idee contrastanti con le visioni del Council e dunque di una notevole parte dell’élite americana.

Non sorprende che la maggior parte dei media statunitensi, i cui proprietari ed editori sono essi stessi membri del CFR, non abbiano gradito il presidente Trump.

Questo valeva anche per la maggior parte dei media europei, i cui proprietari ed editori sono membri di affiliate internazionali del CFR come il Gruppo Bilderberg e la Commissione Trilaterale.

Inoltre, è stato il CFR che nel 1996 ha raccomandato una più stretta collaborazione tra la CIA e i media, ovvero un riavvio della famosa operazione Mockingbird da parte della Cia.

Insomma il Wef non è davvero il motore dell’approccio maltusiano alla limitazione della crescita che lo lanciò come think tank di livello mondiale quando nel 1973 fornì una tribuna importante ad Aurelio Peccei e nemmeno delle distopie che dobbiamo combattere mezzo secolo dopo, ne è solo la cinghia di trasmissione. Le radici del male sono altrove.

(ilsimplicissimus2.com/2022/03/14/le-radici-del-male-cosa-si-nasconde-dietro-il-wef/)

 

 

 

Un secolo dopo l’“Impolitico”

di Thomas Mann: il manifesto

antiglobalista di Alexander Dugin.

  Insulaeuropea.eu – (28 Agosto 2022) - Flavio Cuniberto – ci dice:

 

Nel lontano, ma non poi così lontano, 1918, Thomas Mann dava alle stampe quel libro straordinario che sono le Considerazioni di un impolitico. Libro datato, farcito di digressioni su episodi lontani, eppure attualissimo nella lucida impostazione del tema di fondo:

La Grande Guerra vista dalla Germania conservatrice come scontro di civiltà, e più esattamente come scontro frontale tra la Kultur (tradizionale, gerarchica, legata ai valori nazionali) e una Zivilisation incarnata in primo luogo dalla Francia illuminista, ma anche dall’Italia massonico-risorgimentale, dal Regno Unito e, sullo sfondo, dall’America emergente. Il Zivilisationsliterat, figura-simbolo, per Mann, del fronte occidentalista o atlantista, è quello che oggi chiameremmo l’«intellettuale liberal», pronto a sposare – nel giornalismo, nell’accademia, nelle professioni, ovunque – gli ideali progressisti di un Occidente atlantico avviato già allora alla conquista del mondo: non solo di territori coloniali, ma dei «cuori e delle menti».

A distanza di un secolo, Alexander Dugin riprende e radicalizza la prospettiva manniana dello scontro di civiltà, dove il fronte della Kultur, il fronte anti-liberale, non è la Germania guglielmina ma una vasta, alla fine planetaria, coalizione di «civiltà» refrattarie all’egemonia occidentale:

una coalizione virtuale (ma ci sono segnali poderosi di una trama politica in via di rafforzamento: i Brics), e di cui Dugin, filosofo russo e apertamente slavofilo, vede nella Russia odierna il baluardo (di qui l’attribuzione alla Russia di un ruolo «katechontico» cioè frenante, come un argine al vortice moderno) e in sé stesso il teorico, l’ideologo.

Tentare una valutazione del pensiero di Dugin dal recentissimo manifesto Contro il Grande Reset.

Manifesto del Grande Risveglio (Aga Edizioni 2022) sarebbe riduttivo:

Dugin ha scritto molto, e in termini molto più «filosofici», più tecnici, di quanto non appaia in queste pagine, che sono però un manifesto a pieno titolo, una chiamata alle armi, dove ai «proletari di tutto il mondo unitevi» subentra un «popoli di tutto il mondo unitevi», e il fantasma che si aggira è quello di una presa di coscienza «populista» nel senso che Dugin ritiene positivo del termine.

La presa di coscienza collettiva del fatto che l’alta finanza e l’alta tecnologia (Big Finance e Big Tech) a guida essenzialmente americana mirano – ecco il Grande Reset – a rilanciare a marce forzate il progetto-globalizzazione: volto a esportare ovunque il modello e i «valori» occidentali, sopprimendo le identità locali – tradizioni, culture – nello spazio uniforme di un pianeta colonizzato dalle nuove tecnologie.

E non solo le identità locali, perché la fase ultima, accelerata, del processo di globalizzazione mira al superamento della stessa identità umana intesa come natura umana, a favore di una post-umanità artificiale, ibrida, ottenuta modificando il genoma umano e accoppiandolo ai dispositivi nanotecnologici: col risultato di un uomo-cyborg, di fatto appendice dell’Intelligenza Artificiale.

Nell’individuare il bersaglio, il nemico geopolitico, Dugin non ha rivali: la pars destruens del suo discorso è implacabile e coerente.

Tra l’altro, un motivo di indubbio fascino è la genealogia del globalismo liberal, rintracciata nel nominalismo medievale e nella sua lunga eredità:

una cultura moderna orientata a isolare l’individuo dai suoi legami collettivi, anzi alla distruzione delle identità collettive (le appartenenze religiose e nazionali, le tradizioni comunitarie in senso lato).

 La libertà esaltata dal liberalismo, e immortalata nel celebre colosso newyorkese, è la libertà dell’individuo isolato, atomizzato,” faber fortunae suae”, e perciò strappato da quei contesti di senso che fondano – attraverso complesse articolazioni simboliche – le civiltà tradizionali.

 È su questo terreno dell’individuo atomizzato che matura il moderno capitalismo, affiancato da una tecnologia che, secondo l’intuizione heideggeriana, cresce inarrestabile come volontà di potenza (sempre più potente) dell’individuo sull’ente, sulla natura ridotta a puro ente.

Il delinearsi di una opposizione interna alla marcia del capitalismo globalista – una opposizione che ha fermato, per quattro anni, il progetto liberal, con l’«incidente di percorso» della presidenza Trump – segnala tuttavia un potenziale di resistenza che il manifesto duginiano chiama all’appello, con la formula un po’ enfatica del Grande Risveglio.

All’internazionale delle élite globaliste si contrappone l’internazionale dei popoli e delle tradizioni.

C’è infatti, in Dugin, un encomiabile primato della geografia. La ripartizione del pianeta in aree geografiche e geopolitiche, aree di civiltà e zone di influenza, è lo «zoccolo duro» che si oppone alla «pialla» della globalizzazione occidentale. Primato encomiabile, che fornisce un solido fondamento teorico alla rivolta delle masse minacciate dal diluvio global.  Quale peso assegnare alle diverse componenti delle civiltà «in rivolta»? a quella religiosa, a quella politica? il manifesto oscilla tra il primato delle culture politiche (al plurale) e il primato delle tradizioni spirituali e religiose. Quello che è indubbio è però l’intento di convocarle su un piano di parità assiologica, evitando il rischio di un sincretismo che assumerebbe fatalmente, sul piano delle tradizioni, una fisionomia «newageana».

 Il programma, qui solo enunciato, è quello di un «patto» tra le grandi tradizioni, contrapposte al delirio unipolare globalista.

Non c’è, in Dugin, il rischio di un «esperantismo» multireligioso, che si muoverebbe – come l’infelice e grottesco Esperanto – proprio sulla scia dell’universalismo massonico anglosassone.

Ed è bella l’immagine delle tradizioni paragonate ad altrettante «ali angeliche», che saranno anche le ali di un unico Simurgh, ma conservano, ciascuna, la propria inconfondibile identità.

Non si può negare tuttavia che sia proprio il ruolo delle «tradizioni» chiamate all’appello a suscitare qualche perplessità.

Sono quei passi del «manifesto» (e delle Appendici che lo corredano) in cui il filosofo russo definisce il «grande risveglio» come un «processo di formazione, creazione e manifestazione» di una «nuova concezione spirituale della storia».

Una concezione, beninteso, fondata su una critica radicale della modernità occidentale: ma in che senso – ci si domanda – sarebbe una «nuova concezione della storia»?

E così, quando evoca l’avvento di «un’altra tradizione», non si affaccia qui l’utopia di una tradizione finale, vista come compendio delle tradizioni esistenti, e di cui la Quarta Teoria Politica (a cui Dugin ha dedicato un saggio importante nel 2009) tenta di fornire le coordinate generali?

Il timbro profetico di queste pagine, e l’assenza di riferimenti concreti al simbolismo metafisico delle varie «vie» (cristianesimo e islam, buddismo e confucianesimo, induismo e culti sciamanici), può autorizzare il sospetto che le diverse tradizioni fungano qui più che altro da piattaforma-base, da riserva strategica in vista di una «neo-tradizione» di cui la Russia multietnica e multireligiosa potrebbe essere, non a caso, la matrice non solo «katechontica» ma anche appunto «profetica».

L’immensa varietà delle forme politiche, culturali, giuridiche e religiose offerta dalle culture non-occidentali e non-moderne va assunta – scrive Dugin – come fonte ispiratrice al fine di creare qualcosa di nuovo, «come stella polare per la creazione della Quarta teoria politica».

Che le tradizioni (al plurale) «funzionino» così, come sorgente ispiratrice, risulta chiaro dalla disinvoltura con cui Dugin attinge, per esempio, e in altri scritti, al mondo classico (suggerendo la triade Apollo, Dioniso e Cibele come figure-guida di una nuova antropologia), al pensiero classico e poi cristiano medievale (dove Platone e Aristotele convivrebbero con Taulero e con Boehme), ma anche a un certo esoterismo cristiano-germanico (a cui allude il recente I Templari del Proletariato, dove la figura sacrale dei cavalieri del Graal si fonde con la sacralità impropria, tutta umana, della tradizione bolscevica). È questa ansia di novità (e di superamento) rispetto alle grandi tradizioni esistenti, a lasciare perplessi. Come se maturasse in Dugin l’idea post-gioachimita di una «quarta aetas» (la Quarta Teoria Politica, appunto), di un nuovo e definitivo «sigillo» delle profezie.

E si affaccia, a questo punto, una suggestione che richiederà verifiche più attente: che la reazione anti-occidentale e anti-moderna di Dugin ricordi non poco la reazione anti-illuministica e anti-moderna dei primi Romantici tedeschi, e quella utopia filosofico-letteraria che un celebre manifesto di quegli anni annunciava come una «nuova mitologia», nata a partire dal vasto repertorio delle mitologie e delle religioni esistenti.

Non sarà che l’idea duginiana di un’«altra tradizione» filosofico-religiosa rilancia inconsapevolmente l’utopia neo-mitologica di Friedrich Schlegel, del giovane Schelling? 

Ma l’idea di una mitologia «costruita», sia pure in aperto contrasto con l’ideologia dei Lumi, è pur sempre una proiezione verso un futuro, che diventa nei Romantici l’attesa di un «dio a venire» (su cui si veda l’ampia ricerca di Manfred Frank, Der kommende Gott [Il dio a venire], 1982/1994). 

Se Adorno e Horkheimer parlavano di una «dialettica dell’Illuminismo» (ossia l’Illuminismo che genera il suo contrario), avremmo qui una dialettica del romanticismo, e nel caso di Dugin una dialettica dell’antiglobalismo: che rischia di generare, malgrado tutto, il suo contrario, nella forma di una «globalizzazione tradizionale» dal dubbio significato tradizionale.

(Flavio Cuniberto)

 

 

 

GEOGUERRA E CAMBIAMENTO CLIMATICO.

  Nogeoingegneria.com - Bruna Bianchi – Università Ca’ Foscari – (8 SETTEMBRE 2022) - ci dice:

 

Immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale, accanto alle innumerevoli esplosioni nucleari che hanno devastato il pianeta, sono iniziate, e portate avanti su scala sempre più ampia, le sperimentazioni militari sul clima.

 Eppure, fino ad oggi nella riflessione critica sul cambiamento climatico e le sue cause il militarismo e la spirale distruttiva innescata dalle attività militari sono rimaste sullo sfondo.

 Le poche voci che hanno ricostruito e denunciato i danni irreparabili che le sperimentazioni a scopo bellico hanno causato non hanno avuto grande rilievo.

Un esempio significativo del progetto di dominio e controllo del clima a scopi bellici è il rapporto condotto nel 1996 dal Department of Defense School Environment of Academic Freedom e presentato alla Air Force degli Stati Uniti dal titolo: Weather as a Force Multiplier: Owning the Weather in 2025 (Il clima come forza di moltiplicazione. Possedere il clima nel 2025).

Entro il 2025 i ricercatori militari prevedevano di poter dominare il clima a livello planetario e di proseguire nella sperimentazione all’ombra del segreto militare.

Il rapporto, che è passato al vaglio “delle autorità preposte alla sicurezza” prima di essere reso pubblico, si sofferma su alcune delle potenzialità militari del controllo del clima e in particolare sulle modificazioni della ionosfera, ma tace sulle applicazioni della geoingegneria nella guerra del Vietnam e nella guerra del Golfo e si limita a ipotizzare modificazioni del clima “localizzate” e a breve termine.

 L’interesse del documento pertanto non risiede nella ricostruzione delle sperimentazioni e delle loro applicazioni quanto nella logica alla base della manipolazione del clima che domina il pensiero, le ambizioni e le strategie militari. Così si legge nel sommario del rapporto:

Nel 2025 le forze dello spazio aereo statunitense possono “possedere il clima”, avvalendosi delle nuove tecnologie e indirizzando lo sviluppo di quelle tecnologie verso applicazioni di guerra combattuta. Una tale capacità offre al combattente strumenti per modificare lo spazio bellico in modi che non sono mai stati possibili prima.

Negli Stati Uniti nel 2025 la modificazione del clima sarebbe diventata parte integrante della strategia militare. Citando le parole del generale Gordon Sullivan, i ricercatori militari scrivono:

La tecnologia è là e aspetta che noi la mettiamo insieme. Nel 2025 avremo il possesso del clima.

Nel 2025 la nuova arma post-nucleare sarebbe stata una realtà.

Già nel 1957 la commissione consultiva del Presidente degli Stati Uniti sul controllo del clima riconosceva esplicitamente il potenziale militare della modificazione del clima e prevedeva che sarebbe stata un’arma più importante della bomba atomica.

L’impresa, naturalmente, è rischiosa, continuano i ricercatori, ma le straordinarie potenzialità militari devono ricevere la più alta considerazione. Ideologia del rischio, controllo, dominio, supremazia, termini che ritornano costantemente nel rapporto, emergono con chiarezza ad ogni passo:

Come impresa ad alto rischio e ad alta ricompensa, la modificazione del clima presenta un dilemma non dissimile dalla scissione dell’atomo. Mentre alcuni segmenti della società saranno sempre riluttanti ad esaminare questioni controverse, come la modificazione del clima, le straordinarie potenzialità militari che possono risultare da questo campo sono ignorate (p. VI).

L’accettazione del rischio, ovvero le conseguenze distruttive per il pianeta, trova la sua giustificazione nella supremazia militare.

 La capacità di controllare il clima, si legge, avrà un effetto moltiplicatore e potrà essere utilizzato in tutte le fasi di un conflitto. Interventi volti a provocare siccità, impedire il rifornimento di acqua pura, intensificare la forza distruttiva di temporali e altre perturbazioni atmosferiche, indirizzando grandi masse di energia verso un obiettivo militare portano all’estremo la guerra alla natura e alla popolazione civile.

Benché nel 1977 l’assemblea generale delle Nazioni Unite avesse adottato una risoluzione che proibiva l’uso ostile delle tecniche di modificazione ambientale, la ricerca non si è mai arrestata e le sperimentazioni, condotte con determinazione, sono andate ben oltre il laboratorio.

[Per la modificazione del clima] La determinazione esiste […]. La motivazione esiste. I potenziali benefici e il potere sono estremamente lucrativi e allettanti per coloro che hanno le risorse per svilupparlo. Questa combinazione di determinazione, motivazione e risorse alla fine produrrà la tecnologia (p.35).

Il rapporto si conclude con una riaffermazione del principio della deterrenza:

La storia dimostra che non possiamo permetterci di non avere la capacità di modificare il clima se la tecnologia è sviluppata e usata da altri. Anche se non abbiamo intenzione di usarla, altri l’avranno. Per richiamarsi ancora una volta all’analogia con le armi atomiche, abbiamo bisogno di dissuadere o contrastare questa capacità con la nostra propria capacità.

Se la soluzione diventa la geoingegneria.

Il progetto usare la Terra come una mega-macchina ha creato e creerà profitti e potere.

Alla conferenza di Copenhagen sul cambiamento climatico, nel 2010, ha scritto Rosalie Bertell (2018, p.) i geo-guerrieri ebbero il loro momento di gloria mascherando la geoingegneria come una “soluzione al problema del cambiamento climatico”, presentato anche come un problema di sicurezza, una minaccia per lo stato che può avere un effetto moltiplicatore: afflusso di grandi masse di profughi, destabilizzazione sociale, accelerazione dei conflitti per le risorse sempre più scarse. I discorsi sulla sicurezza inducono un senso di impotenza e di paura e in definitiva incoraggiano soluzioni autoritarie, militari e tecnico-scientifiche dove sono possibili forti guadagni e che prevedono maggiore crescita e sviluppo anziché maggiore precauzione e umiltà sui limiti dell’azione umana.

Di fronte al senso della catastrofe imminente, all’assenza di una volontà politica forte di giungere a un accordo a livello internazionale e di mettere in discussione il modello economico, la soluzione tecnica può apparire l’opzione più desiderabile, più semplice e di effetto più rapido. A favore della geoingegneria climatica si è espressa la comunità accademica, la società americana di meteorologia e l’IPCC nel suo rapporto del 2013 (Sikka 2019, p. 22).

Ad eccezione del volume di Tina Sikka, negli scritti sul cambiamento climatico il ruolo delle attività militari nella crisi climatica, è spesso menzionato solo di sfuggita benché la consapevolezza dei danni causati dalle “armi ambientali” fosse già diffusa negli anni Ottanta. Tra le prime eco-femministe a cogliere la gravità delle manipolazioni sul clima è stata Petra Kelly.

 

Un caso estremo di oppressione della natura lo troviamo nell’attuale ricerca militare per sviluppare “armi ambientali”. Scienziati stanno lavorando per produrre piogge, neve, fulmini, grandine, uragani, onde di marea, terremoti ed eruzioni vulcaniche a scopi militari. Tra il 1963 e il 1972 solo gli USA hanno condotto 2.700 esperimenti di questo genere (Kelly 1984, p. 83).

Sarà Rosalie Bertell, a partire dal 2000, con la sua opera Pianeta Terra. L’ultima arma di guerra, a portare alla luce il nesso tra distruzione della Terra, cambiamento climatico e attività militari.

Così scriveva nel 2018 Gustavo Esteva nella prefazione al libro apparso in traduzione italiana nel 2018:

Ora i lettori hanno nelle loro mani un libro pericoloso. Leggendolo potrebbero perdere il sonno e anche molte illusioni. Questo libro potrebbe rendere ancora più dolorosa la consapevolezza dell’orrore che stiamo subendo e aggravare la loro preoccupazione per le sfide che stiamo affrontando.

Ma sarà difficile interrompere la lettura. Se lo leggono fino alla fine avranno perso la loro innocenza. Claudia von Werlhof ha ragione: questo è davvero uno dei libri più importanti del XXI secolo (Esteva 2018, p. 14).

Il pianeta Terra come arma di guerra.

Eco-femminista, religiosa, scienziata, direttrice dell’International Institute of Concern for Public Health di Toronto dal 1987 al 2004, Bertell è stata promotrice e ispiratrice di numerose campagne contro i rischi della tecnologia nucleare (Bianchi 2022).

In Pianeta Terra. L’ultima arma di guerra la studiosa ha ricostruito i danni irreparabili causati al pianeta dalle attività e dalle sperimentazioni militari avvenute in segreto e il loro impatto sul clima a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale. Dal 1946, infatti, da quando la General Electric scoprì che rilasciando ghiaccio secco in una stanza fredda si potevano ‘creare’ cristalli di ghiaccio simili a quelli che si trovano nelle nuvole, il clima è diventato vittima del militarismo.

Nel 1950 i ricercatori industriali scoprirono che lo iodato di argento aveva lo stesso effetto.

 L’era delle modifiche climatiche era iniziata e nessuno si era preoccupato del diritto della gente di sapere ed eventualmente approvare tali sperimenti!

 Lo scopo dichiarato inizialmente per la creazione di queste piogge era quello di rendere più fertili le aree desertiche degli stati pianeggianti. Si dice che la Russia abbia usato queste capacità di causare la pioggia che far precipitare il fall-out di Chernobyl ed impedirne l’arrivo su Mosca (Bertell 2018, p. 29).

Da allora la geoguerra non si è mai arrestata e ora è in pieno svolgimento.

È ormai possibile manipolare grandi correnti di vapore per spostare le piogge, causando siccità e inondazioni. Monsoni, uragani, tornado possono essere accentuati aggiungendo energia; l’iniezione di petrolio nelle placche tettoniche o la creazione di vibrazioni con impulsi elettromagnetici possono causare terremoti.

Queste sperimentazioni sono state attuate senza alcuna preoccupazione per le conseguenze, senza considerare le interconnessioni che consentono la vita sulla Terra.

Ne sono un esempio la detonazione di bombe nucleari sulle fasce di Van Allen.

In anni in cui le esplosioni nucleari avvenivano nell’atmosfera, nelle acque e all’interno della Terra, la possibilità di valutarne le conseguenze anche sulle fasce di Van Allen fu immediatamente colta.

Durante la corsa alla Luna, all’inizio del 1958, sia gli astronauti russi che quelli americani scoprirono le fasce di Van Allen, cinture magnetiche della terra a protezione del potere distruttivo delle particelle cariche dei venti solari.

 Fra l’agosto e il settembre 1958, nel Progetto Argus, la Marina Militare statunitense fece esplodere tre bombe nucleari a fissione a 480 km di altezza sull’Atlantico del Sud, nella fascia più bassa delle cinture di Van Allen.

 L’agenzia USA per l’energia atomica lo definì “il più grande esperimento scientifico mai intrapreso dall’uomo”.

 Tale “esperimento” causò conseguenze in tutto il mondo fra cui diverse aurore boreali.

Gli effetti a lungo termine di tali incredibili distruzioni, avvenute prima che si capisse profondamente il valore e il significato delle fasce di Van Allen, non sono mai stati resi pubblici (Bertell 2018, p.30).

L’esperimento fu ripetuto una seconda volta sull’Oceano Pacifico il 9 Luglio 1962 col progetto Starfish. Tre apparati nucleari, da 1 kilotone, un megatone, e uno da molti megatoni, furono fatti esplodere, danneggiando in modo permanente la parte bassa delle fasce di Van Allen.

Per oltre 50 anni gli esperimenti sulle modificazioni atmosferiche sono stati fatti o tramite l’aggiunta di reagenti chimici che causano reazioni che possono essere o non essere viste dalla Terra, come le aurore boreali, o campi d’onda che usano il calore o forze elettromagnetiche, o anche esplosioni nucleari nell’atmosfera. Quest’ultime interrompono o alterano il normale moto ondoso delle atmosfere più alte, spesso inducendo modificazioni climatiche nella troposfera (Bertell 2018, p.31).

L’Artico è stato bombardato.

Negli anni Settanta, in base al trattato segreto tra Unione sovietica e Stati Uniti del 1974, l’Artico è stato bombardato con onde elettromagnetiche che hanno causato lo scioglimento dei ghiacci che avrebbero agevolato le attività estrattive e la navigazione. Lo aveva rivelato nel 1976 nel libro “The Cooling”, Lowell Ponte, ex ricercatore del Pentagono (Bertell 2018, p. 169).

Impossibile rendere conto in poche pagine della ricostruzione delineata da Bertell della crisi ambientale causata dalle attività di guerra e di preparazione alla guerra. Un esempio tra i più inquietanti su cui si sofferma sia nella sua opera che nelle interviste, è quello che prevede il riscaldamento della ionosfera attraverso onde elettromagnetiche generate artificialmente da un gran numero di torri di trasmissione sincronizzate (progetto HAARP) in grado di generare una enorme lente e riflettere l’energia prodotta indirizzandola verso obiettivi militari (Bertell 2018, pp. 116-118; 237-243).

 A queste sperimentazioni la studiosa ritiene che si possano attribuire l’aumento dei terremoti e il riscaldamento globale.

A questo proposito i militari parlano di positing energy, che può essere paragonata a quella delle bombe.

 È paragonabile a questa. Possono usarla per incendiare un’intera regione. Si genera una siccità in una zona, poi si invia lì una grande quantità di radiazione ultravioletta e così si può generare un incendio.

Ci sono tante di quelle cose che si possono fare. Si servono dell’HAARP anche per comunicare con i sommergibili, quando sono in immersione. Ci sono alcune funzioni come queste, e ci sono altre cose che i militari hanno fatto, delle quali non sappiamo assolutamente nulla (Bertell 2018, p. 241).

Certo è che dagli anni Sessanta agli anni Novanta i disastri naturali sono aumentati di dieci volte e che le modificazioni della corrente El Nino, così importante per il clima, e che può provocare inondazioni e siccità, hanno avuto inizio contemporaneamente ai progetti Star Wars, programmi che includono quelli che usano l’energia solare per produrre incendi attraverso radiazioni ultraviolette, una tecnologia sperimentata nel corso della guerra del Golfo. Benché non si possa stabilire con certezza un rapporto diretto tra sperimentazioni e mutamenti del clima, non può sorprendere che una scienza che non considera le interconnessioni tra tutte le forme di vita abbia sviluppato tecnologie che possono destabilizzare un equilibrio creatosi in milioni di anni potendole per di più sperimentare in segretezza. Una militarizzazione su larga scala, un eco-geo terrorismo.

Bertell non nega l’influenza delle emissioni sul cambiamento climatico, ma avverte che l’enfasi sulla CO2 potrebbe distogliere l’attenzione da altre cause ancora più gravi della perturbazione dell’equilibrio del pianeta.

Lo ha affermato nel 2010 nell’intervista Un pianeta senza futuro? Nuove armi ottenute tramite la distruzione della Madre Terra.

Io non dico che l’inquinamento di CO2 faccia bene alla Terra.

Ciò che dico, però, è che anche se si potesse mettere fine al rilascio di CO2, non torneremmo comunque ad avere il tempo o il clima che avevamo prima.

 Poiché sono stati fatti gravi danni e profondi al sistema della Terra (Bertell 2018, pp. 241).

La geoingegneria applicata al clima darebbe un nuovo impulso e nuove giustificazioni alle sperimentazioni militari aumentando in maniera esponenziale anche le emissioni già straordinariamente elevate dell’attività militare (Parkinson 2019; De Simone 2019).

 

Nel complesso la visione di Rosalie Bertell nel 2000 e nel 2010 non era catastrofica; il suo appello, come quello di Rachel Carson cinquant’anni prima, è un appello alla società civile affinché pretenda che nulla si faccia a sua insaputa. La volontà di svelare e abbattere il segreto militare potrebbe unire gli obiettivi dei movimenti impegnati per la pace, la giustizia ambientale ed economica. La terra è già diventata vittima del militarismo. I geoingegneri e i geo-guerrieri stanno mettendo a rischio la vita sulla Terra e nessuno sta tentando seriamente di fermarli, scrive Bertell, e noi non sappiamo in che misura i disastri ambientali sono naturali o causati artificialmente.

La società civile non deve permettere che a questi geo-guerrieri sia data una pubblica benedizione per continuare la loro opera di distruzione del pianeta. […] È giunto il momento di mettere in discussione il sistema patriarcale, che implica la dominazione su tutte le altre forme di vita; e il capitalismo gretto che richiede una eccessiva forza militare per salvaguardare il suo avido accumulare di risorse naturali. Dobbiamo accettare un doloroso piano per un futuro più intelligente, umano e femminile (Bertell 2018, p. 35).

La necessità di un impegno femminista.

La necessità di un impegno femminista nel pretendere un dibattito democratico su quanto oggi viene fatto in segreto, e più in generale sul rapporto tra umani e natura, è stata affermata da Claudia von Werlhof, fondatrice nel 2010 con questo scopo del movimento in difesa della Madre Terra.

 Leggendo Bertell, scrive Claudia von Werlhof,

Ciò che per prima cosa salta agli occhi a proposito del modo in cui i militari conducono ricerche e fanno esperimenti, è il loro carattere patriarcale.

Sembrerebbe che il loro obiettivo sia quello di soggiogare l’intero pianeta come una donna, impossessarsene, farle violenza, assoggettarla al controllo maschile e trasformarla in qualcosa che non ha più alcuna reale autonomia o potere (Werlhof 2010, p. 8).

Queste considerazioni di Claudia von Werlhof ci riportano al volume di Carolyn Merchant del 1980, La morte della natura in cui la storica dell’ambiente ricostruiva il processo di formazione di una visione del mondo e di una scienza che, riconcettualizzando la natura come femmina e come macchina anziché come organismo vivente, sanzionò il dominio dell’uomo sulla natura e sulle donne. Come scrisse Bacone, padre della scienza moderna, nei suoi frammenti pubblicati dopo la sua morte, la scienza è Il parto maschile del tempo (1602-1603), una scienza maschia e virile il cui scopo è il dominio. Nell’immaginario del parto maschile a dominare è la negazione del femminile, la volontà di sostituirsi alla sua forza generativa.

Se La morte della natura è tuttora un punto di riferimento fondamentale dell’ecofemminismo, l’opera di Bertell, al di là di alcune eccezioni (Werlhof 2010; 2017) è stata pressoché ignorata; il suo carattere strettamente scientifico, la difficoltà di lettura che a tratti presenta, possono spiegare solo in parte una tale mancanza di considerazione che probabilmente risiede nella riluttanza ad aprire gli occhi su una realtà difficile da accettare.

 E tuttavia è necessario rileggerlo alla luce delle elaborazioni teoriche femministe sulla scienza affinché la riflessione critica sul cambiamento climatico includa il militarismo e la spirale distruttiva che le attività militari innescano.

 

 

 

BILL GATES A LA CONQUISTA

DELLA TERRA AGRICOLA NEGLI USA:

QUALCUNO VUOLE FERMARLO.

 Nogeoingegneria.com – Redazione – (29 GIUGNO 2022)- ci dice:

GATES VERSO UN IMPERO GLOBALE

È IL PIU’ GRANDE PROPRIETARIO TERRIERO.

Un’entità legata al miliardario Bill Gates ha acquistato 2.100 acri, circa 850 ettari, di terreno coltivato a patate nel Nord Dakota, spingendo il procuratore capo dello Stato a intervenire dopo le lamentele dei residenti locali. Alla fine qualcuno ha iniziato ad indagare sugli enormi acquisti di terre agricole da parte e a vietare ulteriori acquisti. In totale Gates e le società a lui controllate posseggono in totale 270 mila acri di terra, circa 110 mila ettari, praticamente uno stato nello stato.

I registri pubblici citati da AgWeek mostrano che il Red River Trust, legato a Gates, ha acquistato i terreni agricoli dai proprietari della Campbell Farms, un gruppo di coltivatori di patate con sede a Grafton, nel North Dakota, a circa 50 miglia dal confine con il Canada.

Il commissario all’Agricoltura del Nord Dakota, Doug Goehring, ha dichiarato a KFYR che la reazione dell’opinione pubblica all’acquisto è stata ampiamente negativa, con forti proteste dai vicini, e questo ha portato, alla fine, lo Stato, sotto forma del Procuratore, a intervenire.

 Red River Trust, che ha acquistato questi terreni, è collegato ad una piattaforma di investimenti agricoli chiamata Cotton-wood che fa capo a Bill e Melinda Gates. Quindi il procuratore generale del North Dakota, Drew Wrigley, ha scritto una lettera alla Red River Trust, notificandole che alle società per azioni e alle società a responsabilità limitata è “vietato possedere o affittare terreni agricoli o ranch nello Stato del North Dakota”.

Wrigley ha scritto che a queste entità è stato anche vietato di “impegnarsi in attività agricole o di allevamento”. Quindi la società facente capo a Gates viene, per la prima volta, ostacolata in un acquisto di terra.

Gates sta mostrando una tendenza storica che, in Europa, abbiamo già visto alla fine del Rinascimento Italiano, quando le famiglie arricchite con l’industria, il commercio e la finanza comprarono terra, rinunciando alle proprie attività imprenditoriali e riducendosi a essere dei redditieri.

Magari dei potentissimi redditieri, ma cessando di essere elementi attivi della società e dell’economia delle loro città, guidandole verso la decadenza. La stessa cosa l’abbiamo vista con i Benetton recentemente, e ora la vediamo negli USA. La decadenza inizia sempre da quella delle classi dirigenti.

(t.me/NogeoingegneriaNews)

L’Africa, gli OGM e Bill Gates.

“Dove può sedersi un gorilla di 400 chili? Dove vuole”.

Nel caso dei grandi summit, il gorilla in questione è Bill Gates: il fondatore di Microsoft, tra gli uomini più ricchi del mondo, è oggi leader della più potente fondazione filantropica della Storia e può sedere in prima fila ai vertici internazionali come un Capo di Stato.

Il magnate, con i suoi ingenti investimenti, è molto attivo in Africa (insieme ad altre grandi aziende e lobby) nel settore degli organismi geneticamente modificati. Il motivo? Gli OGM sarebbero una soluzione miracolosa a due dei più gravi flagelli del continente africano, fame e malaria.

Questo documentario mostra come la Fondazione Gates è diventata una dei principali enti finanziatori di ricerche e sperimentazioni genetiche sul territorio, sulle zanzare e sulla manioca, in assenza di contro-poteri capaci di rimettere in discussione le operazioni.

 E ciò mentre l’UE, formalmente intransigente contro gli OGM per via dei rischi su salute e ambiente, è in realtà coinvolta nei fondi privati dispiegati per queste iniziative.

In altre parole, l’Europa “approva” oltreconfine ciò che proibisce dentro i propri… Inchiesta sul lato meno visibile del filantrocapitalismo, in cui l’aiuto umanitario ha il retrogusto del business.

(arte.tv/it/videos/095723-000-A/l-africa-gli-ogm-e-bill-gates/)

 

 

 

 

LA SCIENZA È NOSTRA E VOGLIAMO

CHE IL MONDO LO SAPPIA”: RAPPRESENTANTE

DELLE NAZIONI UNITE AL

“PANEL DI DISINFORMAZIONE” DEL WEF.

 

Nogeoingegneria.com – Redazione – (5 OTTOBRE 2022) – ci dice:

 

Dichiarando di possedere “la scienza”, alleandosi con Big Tech per manipolare i risultati di ricerca e versando milioni nei media, i globalisti non eletti stanno mostrando a tutti il loro vero volto.  La scorsa settimana, durante gli incontri sullo sviluppo sostenibile del Forum economico mondiale (WEF), i globalisti non eletti hanno tenuto una tavola rotonda sul tema “Affrontare la disinformazione”, con partecipanti dell’ONU, della CNN e della Brown University che hanno discusso su come controllare al meglio le narrazioni.

Clima, così l’Onu (finanziata dai globalisti! Ndr) decide la “scienza” e avalla la censura.

Collaborazioni con Google e TikTok, scienziati e influencer formati per sostenere le narrazioni ufficiali sul catastrofismo climatico (e non solo).

Il sottosegretario generale dell’Onu, Melissa Fleming, spiega al Forum di Davos come funziona il sistema che taccia di “disinformazione” gli scienziati non allineati.

“La scienza è nostra”, l’abbiamo comprata per censurare la dissidenza: questo il senso delle dichiarazioni dei giorni scorsi del Sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le comunicazioni globali, Melissa Fleming, ad una tavola rotonda del Forum di Davos (“Sustainable Development Impact Meetings”).

Alla discussione in cui la Fleming era invitata, si discuteva della proposta del World Economic Forum e di Klaus Schwab di controllare l’informazione globale ed evitare che la libertà di informazioni e conoscenze, anche attraverso i social e mass media, possa contraddire il pensiero unico.

A proposito dell’emergenza climatica, la Fleming ha ricordato come le Nazioni Unite, dopo essersi accorte delle notizie e ricerche di scienziati e climatologi contrari al catastrofismo, si siano poste il problema di come arginare questa “disinformazione” e abbiano deciso di essere molto più “proattivi”. “La scienza è nostra e pensiamo che il mondo debba conoscerla”, grazie alla crescente collaborazione con Google, dice la Fleming, chiunque cerchi di capire o conoscere sul motore di ricerca più usato nel mondo le problematiche del clima, si trova alla prime voci i documenti delle Nazioni Unite, e gli studi che sostengono l’emergenza climatica globale.

Non siamo ancora alla censura nei confronti dei dissidenti ma, certamente, siamo di fronte ad un sistematico nascondimento delle ragioni di tutti coloro che portano obiezioni e ragioni contrarie al dogma del catastrofismo ambientalista, come ad altri nuovi dogmi imposti dai nuovi padroni del mondo attuale.

Durante i Sustainable Development Impact Meetings del WEF di Klaus Schwab, i partecipanti delle Nazioni Unite, della CNN e della Brown University hanno discusso le migliori pratiche per controllare le narrazioni nell’ambito del panel “Tackling Disinformation” (l’intervento della Fleming è dal minuto 13.45).

In questo contesto, il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le comunicazioni globali, Melissa Fleming, ha descritto non solo la collaborazione con Google ma anche con altre grandi aziende tecnologiche, tra cui TikTok, che contribuiscono a controllare la narrativa di “regime” sul cambiamento climatico e tacitare i dissidenti.

Con TikTok l’ONU ha collaborato in un progetto denominato “Team Halo”, per promuovere specifiche narrazioni sul Covid sulla piattaforma di condivisione video di proprietà cinese.

“Abbiamo formato scienziati di tutto il mondo e alcuni medici su TikTok e abbiamo fatto lavorare TikTok con noi”, ha detto la Fleming, aggiungendo che la strategia per contrastare la sfiducia delle persone nei confronti di istituzioni come l’ONU, in relazione alle informazioni di Covid, è stata quella di reclutare influencer per sollecitare i loro messaggi.

“Un’altra strategia fondamentale che abbiamo adottato è stata quella di impiegare gli influencer”, ha detto, aggiungendo: “Influencer che erano davvero entusiasti, che hanno un enorme seguito, erano davvero desiderosi di aiutare a veicolare messaggi che sarebbero serviti alle loro comunità ed erano molto più affidabili delle Nazioni Unite che dicevano loro qualcosa dalla sede centrale di New York City”.

Le Nazioni Unite sostengono di possedere la scienza ma, se guardiamo più da vicino chi finanzia “l’autorità di direzione e coordinamento della salute internazionale” dell’ONU, ovvero l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), abbiamo un  quadro più chiaro di chi è davvero a comandare: la Fondazione Bill & Melinda Gates, insieme all’alleanza per i vaccini GAVI, sostenuta da Gates, ha contribuito al budget del programma dell’OMS più di tutti i Paesi membri, tranne due: gli Stati Uniti e il Regno Unito (Dati 2020).

Era possibile immaginare il contrario? Diciamo solo che questi dati e le affermazioni dei giorni scorsi della Fleming ci confermano che le narrative globaliste sono, quantomeno, interessate.

 Solo ai vaccini? Per nulla, altro esempio emblematico è quello sugli investitori, a poche settimane dalla prossima pantomima ONU sul clima (COP 27 a Sharm el-Sheikh), di decine di miliardi sui “cambiamenti climatici”.

Tra essi le benevolenti Ford Foundation, Bezos Earth Fund, ancora la Fondazione Bill & Melinda Gates, Bloomberg Philantropies, Protecting Our Planet Challenge, ecc. È un caso che la BreaktroughEnergy di Bill Gates scolpisca sul suo sito la frase: “Lasciamo alla Scienza di indicarci la giusta via”.

Già, quella scienza di regime, prezzolata, controllata e che non accetta alcun confronto pubblico né scientifico.

La censura incombe, riguarda noi tutti e tutto lo scibile umano. Tuttavia, una fessura nelle dottrine di regime di Davos e dell’ONU pare la stia aprendo proprio Bill Gates che realisticamente si sta accorgendo dell’insostenibilità dei dogmi climatici in un contesto di crisi energetica e finanziaria attuali.

Pochi giorni or sono, Gates si è scagliato contro i fanatici catastrofisti del clima e i tentativi di cambiare radicalmente il comportamento delle persone per il bene dell’ambiente:

“Si può avere una rivoluzione culturale in cui si cerca di buttare all’aria tutto, si può creare una situazione di tipo nordcoreano in cui è lo Stato ad avere il controllo. Ma, a parte un’immensa autorità centrale a cui la gente dovrebbe obbedire, credo che il problema dell’azione collettiva non sia assolutamente risolvibile… non molte persone sono disposte a stare peggio a causa di futuri benefici climatici”.

 Giudicheremo dai fatti, se Gates vorrà aprire una breccia di libertà e squarciare la censura. Le sue parole però ci mostrano che: è in atto una rivoluzione globalista che vuol capovolgere il mondo e l’uomo; inoltre, c’è chi ha pensato ad un governo mondiale di eletti e ricchissimi che impongano idee, costumi e vita a tutti.

(lanuovabq.it/it/clima-cosi-lonu-decide-la-scienza-e-avalla-la-censura)

ZELENSKY CHIEDE UN ATTACCO

NUCLEARE PREVENTIVO CONTRO LA RUSSIA

Nogeoingegneria.com – Redazione – (7 OTTOBRE 2022) – ci dice:

 

C’è il presidente ucraino Volodymyr Zelensky tra i ‘candidati’ al premio Nobel 2022 per la Pace.

Domani verrà annunciato ad Oslo il vincitore.

 In pole anche Navalny, Greta Thunberg, Unhcr e Oms.

Al Comitato per il Nobel spetta una decisione paradossale: assegnare il premio per la pace a chi vuole scatenare la guerra terminale. Stiamo vivendo il momento più folle della storia dell’umanità.

Una catena umana per Julian Assange circonderà il Parlamento di Londra la mattina di sabato 8 ottobre per chiedere la liberazione del fondatore di Wikileaks. Ed è Assange che merita il premio della pace, non certo il Guerrafondaio Zelenski. Non doveva nemmeno stare sulla lista dei canditati.

(t.me/NogeoingegneriaNews)

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky afferma che la NATO deve escludere l’uso di un’arma nucleare da parte della Russia – con attacchi preventivi, se necessario.

 Parlando giovedì al Lowy Institute di Sydney, in Australia, Zelensky ha sottolineato l’importanza delle misure preventive. Il Cremlino ha criticato aspramente le affermazioni di Zelensky, accusandolo di “invocare l’inizio della Terza guerra mondiale”.

 

La NATO “deve escludere la possibilità che la Russia utilizzi armi nucleari”. Ma è importante – ed è per questo che mi rivolgo alla comunità internazionale come ho fatto prima del 24 febbraio – che questi siano attacchi preventivi, in modo che sappiano cosa aspettarsi se” li useranno”. Ha sottolineato: “Non il contrario: aspettarsi colpi dalla Russia e poi dire: ‘Oh, siete così, ora li ricevete da noi'”.

“Incompreso”

Le osservazioni hanno suscitato indignazione da parte russa. Il portavoce di Selenskyj ha immediatamente sottolineato che l’affermazione di Selenskyj era stata fraintesa. Il presidente ucraino ha detto solo che erano necessarie misure preventive prima del 24 febbraio – l’inizio della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina – per evitare la guerra.

Nel suo discorso, il Presidente dell’Ucraina ha rifiutato di cedere il territorio alla Russia per placare il leader del Cremlino Vladimir Putin e raggiungere la pace. L’aggressore non deve essere premiato per aver iniziato una guerra, ma deve essere sconfitto, ha sottolineato Selenskyj. Allo stesso tempo, il 44enne ha dichiarato che Putin non sopravvivrebbe a un attacco nucleare contro l’Ucraina.

Il Cremlino ha condannato con forza le dichiarazioni del presidente ucraino su possibili attacchi preventivi contro la Russia. “Le osservazioni di Selenskyi non sono altro che un invito a iniziare la Terza guerra mondiale con conseguenze imprevedibili e terribili”, ha dichiarato giovedì il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Anche il Ministero degli Esteri russo ha criticato aspramente le osservazioni di Selenskyj.

(news.techno-ar.com/selenskyj-fordert-die-nato-auf-einen-moglichen-praventivschlag-gegen-russland-zu-starten)

 

L’ex consigliere di Putin ipotizza uno “scenario orribile e folle” sulla guerra nucleare in Ucraina.

L’ex consigliere di Putin, Sergej Markov: “Esiste uno scenario orribile, io stesso non ci voglio credere ma è un’ipotesi: gli americani potrebbero fare un attacco nucleare su Kharkov e poi dichiarare che è stata la Russia. È uno scenario folle, ma viviamo un’epoca folle”.

Mentre il Parlamento europeo vota a larga maggioranza la risoluzione con la quale si conferma l’impegno a rafforzare le forniture di armi all’Ucraina e si chiede all’Ue di preparare una strategia di risposta in caso di attacco nucleare da parte della Russia, si alzano le polemiche per il voto contrario di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Italia Viva a un emendamento al testo, presentato dal Gruppo della Sinistra (Gue), nel quale si chiedeva un maggiore sforzo a perseguire le vie diplomatiche:

Si invita l’Ue – si legge nella proposta bocciata – e gli Stati membri a vagliare tutte le potenziali vie per la pace e a proseguire gli sforzi per porre immediatamente fine alla guerra”.

 

 

 

“CONTROLLANDO IL CIBO,

SI CONTROLLA TUTTO”. L’ONU PROGETTA

UN’ECONOMIA COMANDATA A LIVELLO GLOBALE.

Nogeoingegneria.com – Roberto Malone – (16 AGOSTO 2022) – ci dice:

Costruito dal 1948 al 1952, il terreno della sede fu acquistato dalla famiglia Rockefeller per 8,5 milioni di dollari che poi lo donò alla città.

 Un VIDEO mostra il segretario generale Trygve Lie, che riceve da John D. Rockefeller III, a nome di suo padre, John D. Rockefeller Jr. un assegno per la sede permanente delle Nazioni Unite a New York.  Rockefeller fondò Bilderberg (1954) e   la Trilaterale (1973).

Da sempre internazionalista e attento all’istruzione, Julian Huxley, fratello di Aldous Huxley, si impegnò nella creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), di cui divenne il primo direttore generale nel 1946.

Questo è un capitolo da scrivere (e qualcuno lo ha fatto), la storia e i personaggi coinvolti nella creazione delle Nazioni Unite e infine le origini dell’attuale “Grande Reset”.

Nel frattempo, ecco alcune riflessioni di Robert Malone. Anche lui alza gli occhi e ora guarda il campo grande, cercando di capire il programma dei grandi giocatori. Quello che scopre lo lascia sconvolto.

Robert Malone:

Ho trascorso il pomeriggio leggendo l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con i suoi 17 obiettivi e 169 target. Si tratta di un’agenda per la quale l’ONU lavora dal 1992.

Francamente, è stato terrificante. Il mio pensiero è stato che, una volta tolti gli unicorni e le farfalle dal testo, questo documento di consenso unilaterale sembra un aggiornato manifesto comunista.

Questo è particolarmente rilevante perché, sebbene l’Agenda 2030 non sia uno strumento giuridicamente vincolante, le Convenzioni e i Patti regionali e internazionali sui diritti umani su cui si basa l’Agenda 2030 sono, di fatto, strumenti vincolanti di diritto internazionale.

Quindi, per ora, possiamo insistere affinché i nostri politici si battano contro gli aspetti più draconiani dell’Agenda 2030.

A prima vista, la maggior parte dei 169 obiettivi dell’Agenda 21 sono piuttosto “confusi”, ma estremamente naif.

 Sono gli obiettivi di un governo con economia controllata, non di un’organizzazione per la pace nel mondo!

Francamente, sono gli obiettivi di un modello governativo fallito. Un modello che è stato provato più volte.

Definizione: L’economia di comando è un sistema in cui un governo centrale prende tutte le decisioni economiche. Il governo o una collettività possiedono la terra e i mezzi di produzione.

Ma facciamo un passo indietro fino all’inizio delle Nazioni Unite (ONU).

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’ONU è stata sviluppata da alcune nazioni per porre fine alle guerre e mantenere la pace nel mondo. Lentamente, nel corso del tempo, 193 nazioni sono diventate membri.

Si è trasformata in un’organizzazione leviatana, con tentacoli che raggiungono tutti i Paesi membri.

I suoi vari accordi e obiettivi dettano regole riguardanti l’economia, la salute, la povertà, la migrazione, la salute “riproduttiva”, i sistemi monetari, l’identità digitale, i controlli ambientali, il controllo dei mercati agricoli, il salario di sussistenza universale in tutto il mondo, i sistemi governativi, ecc.

L’ONU ha partnership e accordi strategici con i Paesi membri, 100 organizzazioni non governative, come la Fondazione Bill e Melinda Gates, la Banca Mondiale e il Forum Economico Mondiale. Ha sviluppato molte organizzazioni collaterali, come l’UNESCO e l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’ONU ha firmato accordi strategici con tutte le principali organizzazioni e potenze mondiali per realizzare una visione utopica del mondo che prevede un sistema di governo globale che garantisca l’assenza di povertà, di discriminazioni, di assistenza sanitaria e riproduttiva universale, assenza di energia sporca, assenza di disuguaglianze nella distribuzione del cibo, un salario di sussistenza e un’inversione del cambiamento climatico attraverso l’intervento dell’ONU sui Paesi membri.

In pratica un nuovo ordine mondiale, con funzionari non eletti al comando.

Ma non credetemi sulla parola (ndr e nemmeno a loro) : prendiamo invece le citazioni dirette dei 169 obiettivi della loro più recente e più grande iniziativa, l’”Agenda 2030″.

Ricordate: questi obiettivi devono essere raggiunti a livello globale entro il 2030 e le nazioni membri devono assicurarsi che questi obiettivi non vengano compromessi. Questi sono solo alcuni degli obiettivi dell’Agenda 2030 e non comprendono altri accordi strategici firmati dai Paesi membri delle Nazioni Unite:

L’elenco dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e dei 169 Target.

Garantire una significativa mobilitazione di risorse da diverse fonti, anche attraverso una maggiore cooperazione allo sviluppo, al fine di fornire mezzi adeguati e prevedibili ai Paesi in via di sviluppo, in particolare a quelli meno sviluppati, per attuare programmi e politiche volti a porre fine alla povertà in tutte le sue dimensioni.

Creare quadri politici solidi a livello nazionale, regionale e internazionale, basati su strategie di sviluppo a favore dei poveri e sensibili alle questioni di genere, per sostenere investimenti accelerati per azioni di sradicamento della povertà e di protezione a causa dei conflitti.

Correggere e prevenire le restrizioni e le distorsioni commerciali nei mercati agricoli mondiali, anche attraverso l’eliminazione parallela di tutte le forme di sussidi alle esportazioni agricole e di tutte le misure di esportazione con effetto equivalente, in conformità con il mandato del Doha Development Round.

Adottare misure per garantire il corretto funzionamento dei mercati delle materie prime alimentari e dei loro derivati e facilitare un accesso immediato alle informazioni di mercato, anche per quanto riguarda le riserve alimentari, al fine di contribuire a limitare l’estrema volatilità dei prezzi alimentari.

Entro il 2030, garantire l’accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, anche per la pianificazione familiare, l’informazione e l’educazione, e l’integrazione della salute riproduttiva nelle strategie e nei programmi nazionali.

Raggiungere la copertura sanitaria universale, compresa la protezione dai rischi finanziari, l’accesso a servizi sanitari essenziali di qualità e l’accesso a farmaci e vaccini essenziali sicuri, efficaci, di qualità e a prezzi accessibili per tutti.

Sostenere la ricerca e lo sviluppo di vaccini e farmaci per le malattie trasmissibili e non trasmissibili che colpiscono principalmente i Paesi in via di sviluppo, fornire l’accesso a farmaci e vaccini essenziali a prezzi accessibili, in conformità con la Dichiarazione di Doha sull’Accordo TRIPS e la salute pubblica, che afferma il diritto dei Paesi in via di sviluppo di utilizzare appieno le disposizioni dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio in materia di flessibilità per proteggere la salute pubblica e, in particolare, fornire l’accesso ai farmaci per tutti.                                                                  Entro il 2030, garantire che tutte le ragazze e i ragazzi completino un’istruzione primaria e secondaria gratuita, equa e di qualità, che porti a risultati di apprendimento pertinenti ed efficaci per l’Obiettivo 4.

Entro il 2030, garantire a tutte le donne e a tutti gli uomini parità di accesso a un’istruzione tecnica, professionale e terziaria di qualità e a prezzi accessibili, compresa l’università.

Entro il 2030, garantire che tutti gli studenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile, anche attraverso l’educazione allo sviluppo sostenibile e a stili di vita sostenibili, ai diritti umani, all’uguaglianza di genere, alla promozione di una cultura della pace e della non violenza, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione della diversità culturale e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile.

Garantire l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti riproduttivi, come concordato in conformità con il Programma d’azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo e la Piattaforma d’azione di Pechino e i documenti finali delle loro conferenze di revisione.

Entro il 2030, raggiungere la piena e proficua occupazione e un lavoro dignitoso per tutte le donne e gli uomini, compresi i giovani e le persone con disabilità, e la parità di retribuzione per un lavoro di pari valore (nota dell’autore – sì, questo significa un’economia di comando – ergo il comunismo).

Garantire le pari opportunità e ridurre le disuguaglianze nei risultati, anche eliminando le leggi, le politiche e le pratiche discriminatorie e promuovendo leggi, politiche e azioni adeguate a questo proposito.

Adottare politiche, soprattutto fiscali, salariali e di protezione sociale, e raggiungere progressivamente una maggiore uguaglianza.

Migliorare la regolamentazione e il monitoraggio dei mercati e delle istituzioni finanziarie globali e rafforzare l’attuazione di tali regolamenti.

Facilitare una migrazione e una mobilità ordinata, sicura, regolare e responsabile delle persone, anche attraverso l’attuazione di politiche migratorie pianificate e ben gestite.

Entro il 2030, garantire a tutti l’accesso ad alloggi adeguati, sicuri ed economici e ai servizi di base e riqualificare le baraccopoli.

Entro il 2030, garantire a tutti l’accesso a sistemi di trasporto sicuri, economici, accessibili e sostenibili, migliorando la sicurezza stradale, in particolare attraverso l’espansione del trasporto pubblico, con particolare attenzione alle esigenze di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità, donne, bambini, persone con disabilità e anziani.

Entro il 2030, migliorare l’urbanizzazione inclusiva e sostenibile e la capacità di pianificazione e gestione partecipativa, integrata e sostenibile degli insediamenti umani in tutti i Paesi.

Sostenere legami economici, sociali e ambientali positivi tra aree urbane, periurbane e rurali, rafforzando la pianificazione dello sviluppo nazionale e regionale.

Entro il 2030, aumentare in modo sostanziale il numero di città e insediamenti umani che adottano e attuano politiche e piani integrati per l’inclusione, l’efficienza delle risorse, la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico.

Razionalizzare i sussidi inefficaci ai combustibili fossili che incoraggiano il consumo dispendioso, eliminando le distorsioni del mercato, in conformità con le circostanze nazionali, anche ristrutturando la tassazione ed eliminando gradualmente tali sussidi dannosi, laddove esistenti, in modo da riflettere il loro impatto ambientale, tenendo pienamente conto delle esigenze e delle condizioni specifiche dei Paesi in via di sviluppo e riducendo al minimo i possibili impatti negativi sul loro sviluppo, in modo da proteggere i poveri e le comunità colpite.

 

I Paesi sviluppati devono attuare pienamente i loro impegni di assistenza ufficiale allo sviluppo, compreso l’impegno di molti Paesi sviluppati a raggiungere l’obiettivo dello 0,7% dell’APS/RNL per i Paesi in via di sviluppo e dello 0,15-0,20% dell’APS/RNL per i Paesi meno sviluppati I fornitori di APS sono incoraggiati a considerare l’obiettivo di fornire almeno lo 0,20% dell’APS/RNL ai Paesi meno sviluppati.

Sviluppare istituzioni efficaci, responsabili e trasparenti a tutti i livelli.

Garantire un processo decisionale reattivo, inclusivo, partecipativo e rappresentativo a tutti i livelli.

Ampliare e rafforzare la partecipazione dei Paesi in via di sviluppo alle istituzioni della governance globale.

Entro il 2030, fornire un’identità legale a tutti, compresa la registrazione delle nascite.

Ora, molti di questi sono obiettivi legittimi – MA per una nazione, non come governo mondiale.

L’ONU ha oltrepassato il limite.

(rwmalonemd.substack.com/p/if-you-control-the-food-supply-you?utm_source=%2Fprofile%2F49176289-robert-w-malone-md-ms&utm_medium=reader2)

 

 

 

Aveva Ragione Mark Twain…

Conoscenzealconfine.it – (7 Ottobre 2022) - Diego Fusaro – ci dice:

 

Sta emergendo il vero volto di Giorgia Meloni? Tecnici al Governo e in ginocchio da Mario Draghi.

Non cessa di destare stupore e meraviglia, almeno in quanti non avessero saputo prevedere ciò che sarebbe accaduto, l’operato del nuovo Governo che si sta costruendo intorno alla figura di Giorgia Meloni, il Governo di quella che abbiamo in più occasioni appellato ‘la Destra bluette neoliberale’.

Si tratta di un Governo che, ovviamente, le ‘Sinistre fucsia arcobaleno’ continuano, abbaiando, ad appellare ‘fascista’, ma che in realtà di fascista non ha proprio nulla essendo, sic et simpliciter, un Governo neoliberale di Destra, proprio come le ‘Sinistre fucsia’, che tanto ululano e abbaiano contro il Fascismo di ritorno della Destra, non hanno più nulla di comunista, essendo decaffeinate e scolorite divenendo, da rosse che erano, fucsia, quando non direttamente arcobaleno.

Insomma, oggi il giuoco della politica è quello di un’alternanza senza alternativa tra una ‘Destra bluette liberale’ e una ‘Sinistra fucsia liberale’, di modo che quale che sia la parte vincente, comandi comunque il banco neoliberale. Ed è esattamente quello che sta accadendo.

Tre punti ci permettono già di chiarire in maniera ulteriore quanto detto in relazione a un Governo, quello che si sta formando capitanato dalla ‘Destra bluette’, che di fatto si pone stabilmente sotto il segno del neoliberismo come razionalità dei mercati per i mercati, e dunque come razionalità politica dei gruppi dominanti sans frontières.

Il primo punto è l’atlantismo ostentato da subito dalla Destra neoliberale bluette, che senza infingimenti e senza ambage ha chiarito il proprio posizionamento in funzione atlantista per la NATO e contro la Russia e tutti gli altri Stati non allineati con Washington.

In secondo luogo, ed è notizia di qualche giorno addietro, abbiamo visto la ‘Destra bluette’ recarsi col cappello in mano da Mario Draghi, l’euroinomane di Bruxelles, per chiedere consigli e per chiedere appoggio e sostegno e per avere in qualche modo la benedizione dall’Unto dei mercati.

E adesso, dulcis in fundo, vediamo che in questi giorni Giorgia Meloni e la sua fazione politica invocano i tecnici al Governo.

Addirittura, si è fatta menzione di dodici possibili nomine di tecnici. Nihil novi sub sole: siamo abituati ormai da tempo alla governabilità – ossia alla governance – con gestione dello Stato come se fosse un’impresa capitalistica affidata ai tecnici, quindi non ai politici di professione.

Sotto questo riguardo, troviamo confermata la nostra tesi del superamento della dicotomia di una Destra e di una Sinistra, ormai ugualmente organiche al capitale, sotto cui sono sussunte, e troviamo conferma anche della nostra tesi secondo cui l’ordine neoliberale del turbocapitalismo si legittima idealmente come democratico, ma risulta in realtà per sua essenza un’oligarchia plebiscitaria di marca finanziaria.

Detto altrimenti, il turbocapitalismo impiega le procedure di legittimazione democratica e lo fa però per imporre dall’alto contenuti che democratici non sono.

Di più, contenuti che solo rispecchiano gli interessi e le decisioni dell’alto stesso, della plutocrazia neoliberale.

 L’alto, la plutocrazia neoliberale, decide in modo sovrano e autocratico nelle stanze chiuse della plutocrazia e nei suoi summit privatissimi, come il Gruppo Bilderberg o il World Economic Forum di Klaus Schwab.

In quei luoghi vengono decise in maniera sovrana le traiettorie da seguire e le riforme da attuare, le priorità da realizzare.

 E poi, la plutocrazia neoliberale fa sì che queste decisioni vengano in atto realizzate dall’alternanza senza alternativa della ‘Sinistra bluette’ e della ‘Sinistra fucsia’, le quali sono legittimate mediante le elezioni in cui i popoli vengono interpellati e chiamati a scegliere liberamente e democraticamente, quale delle due ali dell’aquila neoliberale dovrà di volta in volta attuare le scelte prese a monte dal vertice neoliberale stesso, di modo che appaia tutto perfettamente democratico, cioè che in realtà tale non è.

 E con questo possiamo dire che sembra anche inverato il noto detto di Mark Twain, secondo cui il potere non ci consentirebbe neppure di votare se realmente votare servisse a cambiare l’ordine dei rapporti di forza.

(Diego Fusaro – Radio Attività, lampi del pensiero quotidiano)

(radioradio.it)

 

 

 

LA GLOBALIZZAZIONE DELLA NATO:

LA STRADA PER MOSCA PASSA DA KIEV

Comedonchisciotte.org- Redazione CDC –(08 Ottobre 2022) – ci dice: 

(byebyeunclesam.wordpress.com)

 

(Il testo seguente fu pubblicato originariamente quale appendice del libro di Mahdi Darius Nazemroaya intitolato “La globalizzazione della NATO. Guerre imperialiste e colonizzazioni armate”.)

La presa del potere a Kiev dell’opposizione è un colpo di Stato eseguito con la forza, che ignora almeno la metà della popolazione ucraina.

Eppure, non lo si saprebbe ascoltando i media e le reti come CNN o Fox News, o leggendo i titoli di Reuters e della British Broadcasting Corporation (BBC). Gli eventi a Kiev vengono ingannevolmente presentati da questi media e dai cosiddetti governi “occidentali” che li supportano, direttamente o indirettamente, come il trionfo del potere del popolo e della democrazia in Ucraina.

L’ipocrisia assoluta è all’opera. Quando proteste e rivolte simili scoppiarono in Gran Bretagna e Francia, le prese di posizione e i toni utilizzati dai soggetti di cui sopra furono assai diversi. Questi attori definirono le proteste e le rivolte in Gran Bretagna e Francia come questioni di ordine pubblico, usando un linguaggio assai favorevole ai governi inglese e francese.

 Quando vi furono dichiarazioni di preoccupazione per i diritti e la sicurezza dei manifestanti da parte del governo degli Stati Uniti e della Commissione europea, quando la forza fu usata dai governi inglese e francese o quando dei manifestanti morirono?

 Anche senza ignorare, trascurare o svalutare le perdite di vite a Kiev, le radici della violenza devono essere analizzate onestamente. Nella stessa nota, si deve intendere che l’opposizione ucraina e i suoi sostenitori hanno agito scontrandosi violentemente con il governo ucraino.

Non si argomenta contro il diritto dei cittadini di protestare, ma i disordini o l’uso delle armi per cacciare un governo democraticamente eletto, è una questione diversa che nessun governo di Stati Uniti o Unione europea accetterebbe sul proprio territorio.

Quando le leggi dei Paesi statunitense ed europei appaiono minacciate, pesanti doppi standard emergono. Universalmente, le leggi penali di tali governi vietano l’assemblea dei cittadini per rovesciare il governo. Le leggi considerano chi sostiene, aiuta, consiglia o predica per il rovesciamento del governo o la sovversione politica criminale e la minaccia allo Stato.

 Negli Stati Uniti “chiunque abbia intenzione di provocare il rovesciamento o la distruzione di qualsiasi governo e stampa, pubblica, edita, diffonde, questiona, vende, distribuisce o rende pubblico qualsiasi scritto o stampato che sostiene, consiglia o insegna dovere, necessità, opportunità o proprietà nel rovesciare o distruggere un qualsiasi governo degli Stati Uniti con la forza o la violenza, o tenta di farlo, è considerato un criminale secondo il codice penale.

 Se due o più persone addirittura si incontrano per parlare di rimuovere il governo in molti di questi Paesi, possono essere imprigionati. Nel caso degli Stati Uniti, come afferma il codice penale statunitense, queste persone sono multate ai sensi del presente titolo o imprigionate a non più di 20 anni, o entrambe, e non sono eleggibili in nessuna carica degli Stati Uniti o in qualsiasi dipartimento o agenzia della stessa, per i cinque anni immediatamente successivi alla condanna.”

Washington e l’Unione Europea hanno aiutato e incoraggiato apertamente gli atti di cui sopra, sostenendo la campagna dell’opposizione ucraina, anche inviando funzionari e politici ad incoraggiare le forze antigovernative in Ucraina. L’ironia è che questo è esattamente il tipo di comportamento che Stati Uniti ed Unione europea vietano sul proprio territorio e non tollererebbero mai contro sé stessi.

Se fosse soltanto un caso di etnocentrismo, tale atteggiamento potrebbe essere chiamato eccezionalismo. Tuttavia, non lo è, sinceramente si tratta di un cambio di regime spietato perpetrato da governi soliti nel nascondersi ipocritamente dietro la democrazia e l’umanitarismo.

Come l’Unione europea ha favorito il golpe.

Ciò che è avvenuto a Kiev è un colpo di Stato attraverso la manipolazione delle emozioni e le speranze di un segmento significativo della popolazione ucraina, da parte dai capi dell’opposizione.

 Va sottolineato che molti sostenitori dell’opposizione fanno ciò che credono sia giusto per il loro Paese e che essi stessi sono vittime dei loro capi corrotti.

Si deve anche sottolineare, a prescindere da quale parte sostenga, che il popolo ucraino è vittima di politici corrotti. Sia il partito di governo che di opposizione si sono alternati al potere sfruttando l’Ucraina per vantaggio personale.

La leadership dell’opposizione ha sostanzialmente usurpato il potere mentre l’Unione europea e gli Stati Uniti gli hanno dato pieno sostegno. Ciò è stato fatto tramite i tentativi di UE e USA nel legittimare la presa del potere dell’opposizione con il colpo di Stato a Kiev quale culmine della rivolta popolare in Ucraina. Anche se l’opposizione non è veramente unita, i suoi capi hanno grossolanamente rifiutato di compiere qualsiasi obbligo, dopo l’accordo mediato tra loro e il governo ucraino da parte dell’Unione europea, attraverso la troika di Francia, Germania e Polonia.

 Il governo ucraino e la Russia hanno giustamente accusato l’Unione europea e i mediatori europei di rifiutare di adempiere ai loro obblighi assicurandosi che l’opposizione rispetti l’accordo mediato dall’UE. Invece l’Unione europea ha consentito ai capi dell’opposizione ucraina d’ignorare i loro impegni e violare grossolanamente l’accordo.

Mentre una fazione dell’opposizione trattava un’altra proseguiva la pressione dalle piazze, rifiutandosi di fermarsi fin quando il governo è stato estromesso. L’accordo firmato tra il governo ucraino e l’opposizione, il 21 febbraio 2014, non aveva alcuna clausola o termine tuttavia che concedesse all’opposizione diritti per occupare il potere esecutivo, legislativo e giudiziario dell’Ucraina o per creare unilateralmente una nuova legislazione.

Qualsiasi informazione secondo cui l’accordo permette che ciò avvenga, è falsa e fuorviante. Invece l’accordo è stato utilizzato come travestimento per l’acquisizione dello Stato da parte dell’opposizione. In verità, l’Unione europea ha contribuito a mediare l’accordo per potenziare l’opposizione ucraina.

 La conversazione telefonica trapelata sulle proteste in Ucraina tra Victoria Nuland del dipartimento di Stato e Geoffrey Pyatt, l’ambasciatore statunitense a Kiev, hanno anche indicato che Stati Uniti e UE pianificavano la creazione di un nuovo governo in Ucraina.

Il nastro su Nuland rivela che Washington lavorava per un nuovo governo dell’opposizione in Ucraina con figure che avrebbero facilmente adempiuto alle pretese di USA e UE.

 Ciò di cui Nuland e Pyatt parlavano è il cambio di regime in Ucraina, che non ha nulla a che fare con ciò che il popolo ucraino vuole, ma solo con ciò che il governo degli Stati Uniti e i suoi alleati vogliono dall’Ucraina.

Se il governo degli Stati Uniti crede davvero che il popolo ucraino abbia il diritto di determinare il proprio futuro, non si sarebbe impegnato a nominare le figure del governo ucraino o a cercare di configurare il governo ucraino. Invece Washington avrebbe lasciato la formazione del governo di Kiev al popolo ucraino.

(…)

La balcanizzazione dell’Ucraina? L’Ucraina seguirà la via della Jugoslavia?

Sembra che forse il peggio debba ancora venire. L’Ucraina è destinata a fare la fine dell’ex-Jugoslavia? La questione è stata dibattuta sempre più seriamente. Andrej Vorobjov, diplomatico russo a Kiev, ha anche commentato, con grande angoscia per il governo ucraino, che la federalizzazione può essere la soluzione migliore per l’Ucraina e che l’Ucraina era già in uno Stato federale de facto. Le ragioni dietro l’angoscia per i commenti sulla federalizzazione sono l’ansia crescente delle autorità e dei cittadini ucraini sulla possibilità che il loro Paese possa dividersi o frammentarsi.

Prima della presa del potere dell’opposizione a Kiev, nel febbraio 2014, l’Ucraina era già un Paese dalla società polarizzata. La parte occidentale dell’Ucraina è sotto l’influenza e il controllo dell’opposizione, mentre le porzioni orientali e meridionali sono sotto l’influenza e il controllo del Partito delle Regioni e dei suoi alleati politici.

Le azioni dell’opposizione esterne al quadro della democrazia, hanno aperto la porta all’illegalità e al decentramento del potere governativo. Diverse aree dell’Ucraina sono cadute nelle mani delle milizie d’opposizione. La milizia di Aleksandr Muzychko, uno dei capi dell’opposizione ultra-nazionalista e fervente oppositore della Russia, che combatté a fianco dei separatisti ceceni a Groznij contro l’esercito russo, ora controlla diverse città occidentali dell’Ucraina.

Minaccia la guerra contro il governo ucraino utilizzando carri armati e armi pesanti. Le macchinazioni politiche di tutti sono attive. Dopo l’avvento dell’opposizione, funzionari del partito delle Regioni del presidente Janukovich gli attribuiscono la responsabilità dei morti a Kiev e lo condannano come vigliacco e traditore, praticamente ignorando il ruolo che i capi dell’opposizione hanno giocato nell’accendere la crisi politica e le perdite di vite.

Temendo le frange violente dell’opposizione, il Partito delle Regioni ha inoltre condannato la campagna di intimidazioni e minacce dell’opposizione nei confronti del Partito delle Regioni e dei suoi sostenitori. Vi sono deputati della Rada, parlamentari del Partito delle Regioni, che restano nelle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina avendo paura di tornare a Kiev per via delle milizie dell’opposizione, in cui hanno il sopravvento.

 Vi sono rapporti su un parlamento parallelo creato nella parte orientale e meridionale dell’Ucraina, che potrebbe effettivamente dividere il Paese come la Bosnia, divisa quando i serbi bosniaci crearono il proprio parlamento parallelo dopo che quello di Sarajevo ignorò la formula comunitaria della Bosnia, che sostanzialmente garantiva il diritto di veto alle comunità bosniaca, croata e serba di Bosnia permettendo la co-esistenza. Il silenzio inaudito sulla metà dell’Ucraina, che i media mainstream di Stati Uniti e Unione europea si rifiutano di riconoscere, ora s’inasprisce e prepara l’ampliamento delle violenze a Kiev. Si teme la diffusione delle violenze perpetrate dall’opposizione militante. Le violenze hanno già iniziato a toccare Kharkov.

 

Ora la penisola di Crimea russofona chiede la secessione, annullando la decisione di Nikita Krusciov di staccare la penisola di Crimea dalla Russia sovietica per premiare l’Ucraina sovietica a simbolo dell’unità e dei legami tra la Russia e l’Ucraina.

 Se la penisola di Crimea dovesse separarsi, ci sono suggerimenti che la Russia possa intervenire militarmente nella penisola. Se questo dovesse accadere, avverrebbe attraverso un invito dei funzionari della Crimea e della Rada autonoma (Duma o Parlamento) della Crimea, che già nel giugno 2006 crearono una legislazione che vieta alle forze della North Atlantic Treaty Organization (NATO) di entrare nel territorio della Crimea, mentre definiva Viktor Jushenko, il presidente pro-NATO dell’Ucraina, fantoccio di Stati Uniti ed Unione europea. La preoccupazione per l’intervento russo è stata anche affrontata con ironia ipocrita e l’indiretto avvertimento di Susan Rice al Cremlino di non inviare truppe in Ucraina.

La Repubblica Autonoma di Crimea, sede della minoranza musulmana dell’Ucraina, non è l’unico luogo in Ucraina minacciato d’intervento per il colpo di Stato a Kiev. Per affrontare l’opposizione violenta e armata ucraina, che ha destabilizzato Kiev, delle contro-milizie si sono formate in luoghi come gli oblast di Kharkov e Donetsk nelle parti orientali e meridionali dell’Ucraina.

Funzionari ucraini provenienti da queste regioni dell’Ucraina, hanno anche detto che non riconoscono la Rada di Kiev come legittima e che la legislazione da essa adottata è illegale e nulla. La politica polarizzata dell’Ucraina si sovrappone ai confini della religione organizzata. Mentre la maggioranza degli ucraini è cristiana appartenente alla Chiesa Russa Ortodossa di Ucraina (chiamata semplicemente Chiesa ortodossa ucraina), c’è anche una divisione tra loro legata alla politica nazionalista. Circa la metà dei seguaci della Chiesa ortodossa ucraina guarda al Patriarca Kirill di Mosca come suo patriarca e primate supremo della Chiesa ortodossa ucraina, ma l’altra metà appartiene alla porzione sfuggita alla Chiesa ortodossa ucraina, che segue il Patriarca Filaret di Kiev.

Almeno in termini nominali, ultra-nazionalisti e sostenitori dell’opposizione per lo più seguono il Patriarcato di Kiev e coloro che sostengono il Partito delle Regioni, in genere guardano a Mosca come centro spirituale. Queste divisioni possono essere manipolate per uno scenario di tipo jugoslavo.

 Il quadro si complica quando si esaminano le minoranze religiose in Ucraina. Cattolici ucraini, uniati della Chiesa greco-cattolica e cattolici romani, in genere sembrano favorire l’opposizione e l’integrazione con l’Unione europea. Vi è effettivamente crescente risentimento verso i cattolici ucraini, visti come agenti polacchi dai membri della Chiesa ortodossa ucraina.

 Nonostante la ben nota e pubblicizzata avversione per gli ebrei di una parte dell’opposizione (vi sono anche opinioni negative analoghe sugli ebrei, storicamente esistite in Ucraina, tra alcuni sostenitori del governo), gli ebrei ucraini sono divisi tra pro-governativi e antigovernativi.

Secondo il Jerusalem Post e l’Agenzia telegrafica ebraica, gli ebrei ucraini hanno preso parte alle proteste antigovernative a fianco degli ultra-nazionalisti ucraini. I musulmani ucraini, tre quinti dei quali tartari di Crimea, d’altra parte sembrano sostenere in generale la parte filo-governativa, anche se vi è il supporto musulmano ai partiti di opposizione. I musulmani ucraini, tuttavia, sono prudenti e non supportano la dissoluzione dell’Ucraina o i sentimenti separatisti esistenti tra la comunità russa.

Le linee offuscate tra Ucraini e Russi.

La politica del Paese dell’Europa orientale è ancora più complicata dal fatto che la lingua russa è prevalente nelle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina. C’è un contenzioso sui numeri esatti. Per via della vicinanza delle due lingue, russa e ucraina, in alcune parti dell’Ucraina è difficile capire se la popolazione locale parla un dialetto ucraino o russo. Ancora più sconcertante, i confini tra identità e lingua ucraina e russa non sono netti.

A parte le lingue e il fatto che ucraino e russo una volta erano una sola lingua, c’è una linea sfocata su chi sia etnicamente ucraino e chi russo. Circa il trenta per cento degli ucraini si considera russo con madrelingua russa, e che sono russofoni secondo il governo ucraino, ma solo circa la metà di questi cittadini ucraini russofoni è in realtà etnicamente Russkye (di etnia russa).

Il lavoro sociologico condotto nel 2004 afferma che il numero di russofoni è in realtà molto più alto, e che russo e ucraino sono effettivamente usati quasi allo stesso modo. C’è anche una minoranza di etnia russa che parla ucraino come prima lingua e una molto più grande minoranza di ucraini etnici che parla russo come prima lingua. Molti cittadini ucraini sono anche bilingue e c’è anche preferenza per l’uso del russo come lingua commerciale e quotidiana in molte parti dell’Ucraina.

 Nell’ambito del processo storico e sociologico, gli ucraini etnici hanno adottato l’identità dei russi etnici e viceversa, russi hanno adottato l’identità di ucraini etnici. Quando è stato richiesto, molti cittadini ucraini non erano nemmeno sicuro se fossero Russkye o di etnia ucraina. Se qualcosa va ricordato delle cause della Prima Guerra Mondiale e della Seconda Guerra Mondiale, dovrebbe essere il nazionalismo e il sentimento di eccezionalità usati come oppiacei per catturare e manipolare i cittadini per supportare la guerra e l’ascesa degli opportunisti.

 I capi dell’opposizione ucraina hanno deliberatamente promosso e alimentato sentimenti ultra-nazionalisti per accecare e manipolare i loro seguaci. Il nazionalismo ucraino, in particolare nell’occidente filo-Unione Europea, è stato formulato sulla base di insani sentimenti antirussi e sul concetto distorto di superiorità culturale dell’Unione europea e inferiorità culturale degli slavi orientali (in particolare russi, ma anche ucraini e bielorussi).

Le molteplici convergenze tra ucraini e russi e il complesso rapporto tra le identità ucraine e russe causarono gli atteggiamenti decisamente antirussi dell’opposizione tradizionale, che in parte apertamente glorifica Adolf Hitler, il Terzo Reich e l’invasione dell’Unione Sovietica, minacciando la solidarietà sociale ucraina e le future relazioni di Kiev con la Russia e gli altri Paesi confinanti con l’Ucraina.

Rivoluzione per la democrazia o sovversione dell’Unione Europea?

La crisi in Ucraina non ha avuto luogo perché il governo ucraino è corrotto o usava la forza contro i manifestanti in Piazza dell’Indipendenza a Kiev. È iniziata perché il governo ucraino ha rifiutato di firmare l’accordo di associazione UE-Ucraina nel novembre 2013. Questo è il motivo per cui le violenze a Kiev hanno avuto incondizionatamente copertura politica dalla dirigenza di Stati Uniti e Unione europea, legittimandole internazionalmente, ma ha anche avuto il sostegno dei media sotto forma di parzialità a favore dell’opposizione. I social media erano saturi di propaganda e video fasulli, come il video del Council for Foreign Relations “Io sono un ucraino” di YouTube, che dipinge un quadro distorto delle ragioni della rivolta antigovernativa.

Come propaganda che ignora le motivazioni delle proteste antigovernative, il video “Io sono un ucraino” ignora del tutto il fatto che le proteste a Kiev non furono avviate da rivendicazioni democratiche, ma dal rifiuto del governo ucraino nel firmare l’accordo con l’Unione europea. In realtà, il governo ucraino e il Partito delle Regioni erano inizialmente assai favorevoli all’accordo di associazione con l’Unione europea, ma dopo che l’UE si rifiutò di rinegoziare l’accordo o di dare garanzie finanziarie e sollievo economico a Kiev per le perdite commerciali e i superiori prezzi del gas che l’Ucraina avrebbe dovuto affrontare a seguito della firma dell’accordo. Inoltre, gli oligarchi ucraini allineati con il presidente Janukovich e il suo Partito delle Regioni si resero conto che l’accordo avrebbe permesso alle imprese dell’Unione europea di smantellare le proprie aziende e sostituirne il monopolio con quelli corporativi dell’UE.

 L’accordo UE avrebbe costretto l’Ucraina a cambiare molte leggi e regolamenti commerciali penalizzando le imprese degli oligarchi ucraini e, in termini economici, consentendo a che l’Ucraina venisse saccheggiata e ridotta a colonia dell’Europa orientale. Il governo ucraino non ha firmato l’accordo UE perché è filo-russo. Anche se il Partito delle Regioni si rivolge politicamente agli ucraini filo-Russia, chi dice o pensa che la leadership del Partito delle Regioni sia filo-russo o che il Partito delle Regioni sia filo-russo, è grossolanamente male informato o appiattito.

Per molti anni la leadership del Partito delle Regioni ha anche apertamente detto di non essere ostile alla NATO e Viktor Janukovich, da primo ministro, attuò anche le politiche d’integrazione alla NATO che il presidente Leonid Kuchma perseguiva. Il governo ucraino non ha firmato l’accordo dell’Unione europea per l’associazione UE-Ucraina, per via dei propri interessi e non per sentimenti positivi verso la Russia. Se solo l’accordo avesse mirato all’economia ucraina senza mettere in discussione i monopoli e i privilegi degli oligarchi ucraini, il presidente Janukovich e il governo ucraino avrebbero firmato senza alcuna esitazione.

 L’accordo UE, tuttavia, era semplicemente impossibile e suicida per gli oligarchi e l’economia ucraini. L’accordo con l’UE in aggiunta avrebbe costretto l’Ucraina a tagliare i suoi rapporti commerciali con i principali partner economici, la Russia e gli altri membri del Commonwealth degli Stati Indipendenti (CSI), senza avere alcuna alternativa. Sarebbe stato politicamente mortale per il Partito delle Regioni.

La corsa euro-atlantica verso l’Eurasia: usare Kiev contro la Russia e oltre

Il sostegno di Stati Uniti ed Unione europea all’opposizione ucraina, anche se in parte, ha per scopo trascinare l’Ucraina nella loro orbita e circondare, isolare ed infine sovvertire la Federazione russa. Gli orangisti rinascenti e la nuova coalizione dell’opposizione hanno formato un nuovo fronte, che può essere definito fronte neo-orangista, intensamente volto a trascinare l’Ucraina nell’orbita euro-atlantica di Washington e Commissione europea con l’eventuale adesione a enti e strutture sovranazionali come NATO ed Unione Europea.

Questi politici dell’opposizione crearono il caos dopo la rivoluzione arancione, quando diressero l’Ucraina. Resta da vedere se potranno ri-orientare l’Ucraina nella zona euro-atlantica (la parola “euro-atlantica” mimetizza il ruolo degli Stati Uniti in Europa, che più propriamente dovrebbe essere chiamata area euro-statunitense).

Quando i capi dell’opposizione dominavano l’Ucraina, erano occupati a rubare e a combattersi per perseguire gli obiettivi di Stati Uniti ed Unione europea. Julija Tymoshenko, quando era prima ministra, e il presidente orangista Viktor Jushenko erano ancora occupati ad accusarsi di corruzione e tradimento. C’era una simultanea campagna per cancellare la storia e i profondi legami storici dell’Ucraina con la Russia dall’era sovietica e pre-sovietica. Non solo la Federazione Russa fu demonizzata e la lingua russa discriminata dall’opposizione e dagli elementi ultra-nazionalisti, ma i cittadini ucraini russi o con opinioni favorevoli alla Russia e all’integrazione eurasiatica furono anche dipinti come traditori, stranieri e nemici dell’Ucraina.

 Tutti i ricordi della storia comune con la Russia furono attaccati, compresi i monumenti ai soldati caduti che difesero l’Ucraina e l’Unione Sovietica dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale o, come viene detta in Ucraina e in Russia, la Grande Guerra Patriottica.

Riguardo Siria e Iran, è stato ripetutamente affermato molte volte che la strada per Teheran passa per Damasco, e che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno preso di mira la Siria per colpire l’Iran. Riguardo l’Ucraina e la Russia, un assioma molto simile è applicabile.

La strada per Mosca passa da Kiev. L’acquisizione dell’Ucraina è parte integrante di una campagna geo-strategica contro i russi, come la campagna del cambio di regime contro Damasco, in misura minore. Il cambio di regime in Ucraina è parte di una guerra occulta e palese nei confronti della Federazione russa. La Rada del governo fantoccio in Ucraina eliminerà uno dei partner più importanti di Mosca. Se l’Ucraina aderisce a UE e NATO, minaccerà direttamente i confini occidentali della Russia e la sicurezza di una delle più importanti basi navali russe, con la base della Flotta russa del Mar Nero a Sebastopoli in Crimea. Se si aggraveranno, gli eventi in Ucraina colpiranno la sicurezza e le relazioni diplomatiche di tutti i Paesi dell’Europa orientale. La Polonia è già vista con diffidenza da Bielorussia e Russia.

 Il governo polacco, nella sua interazione con l’Ucraina, ha agito come il governo turco ha agito nei confronti della Siria. Con l’appoggio dei governi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Francia, Varsavia ha sostenuto le forze antigovernative ucraine in molteplici modi, proprio come Ankara ha sostenuto le forze antigovernative e le operazioni di cambio di regime in Siria in diversi modi. La Russia non è sola. La Federazione russa non è l’unico Paese preoccupato di quanto è successo in Ucraina.

L’allontanamento dell’Ucraina dalla Russia si propone inoltre d’isolare la Russia dall’Europa e ridurre l’Unione Eurasiatica formata da Russia, Kazakistan e Bielorussia in un progetto prevalentemente asiatico, invece che in un progetto europeo e asiatico.

I governi bielorusso e kazako sono preoccupati. Paesi come Armenia, Kirghizistan, Iran e Cina guardano gli eventi a Kiev con preoccupazione. L’Ucraina è un partner di questi Paesi che vedono il conflitto in Siria e le rivolte antigovernative in Ucraina e Venezuela parte della guerra globale che gli Stati Uniti hanno intrapreso contro di loro e i loro alleati.

 Le opinioni degli iraniani non sono molto diverse da quelle dei russi. L’Iran ha espresso preoccupazione che ciò che è stato avviato a Kiev comporti l’eventuale disgregazione dell’Ucraina con ampie conseguenze destabilizzanti nella regione del Caucaso, che condivide il Mar Nero con l’Ucraina e si unisce all’Iran.

 Il capo delle forze armate iraniane ha anche commentato il colpo di Stato come “passaggio dall’indipendenza alla dipendenza.” Giusto per dare un’idea sull’importanza del valore che questo gruppo di Paesi da all’Ucraina, va osservato che i cinesi hanno firmato il 5 dicembre 2013 un accordo bilaterale annunciando che l’Ucraina era un partner strategico di Pechino. Nell’accordo vi è l’impegno cinese a fornire a Kiev protezione militare con l’ombrello nucleare cinese. I governi di Ucraina, Cina e Russia hanno discusso l’ammissione dell’Ucraina nell’Accordo di cooperazione di Shanghai (SCO).

Non c’è dubbio che il governo ucraino sia corrotto, ma l’opposizione non è migliore ed è altrettanto corrotta. Non si può negare, tuttavia, che quando si tratta del sostegno popolare del popolo ucraino, il Partito delle Regioni e i suoi alleati politici ne ricevono uno maggiore rispetto all’opposizione che ha sequestrato il Paese con l’uso della forza e delle intimidazioni.

 Né quei funzionari del partito della Regioni, ruffiani timorosi verso l’opposizione al potere, possono giustificare o nascondere il colpo di Stato a Kiev cercando di decidere se salvarsi la pelle o la situazione.

 Anche se è innegabile che l’opposizione abbia originariamente pianificato il colpo di stato, solo quando i mezzi democratici sono esauriti può essere legittimo un tale uso della forza.

 I capi dell’opposizione ucraina hanno galvanizzato i loro sostenitori mobilitandoli a Kiev e spingendo un’escalation violenta, mentre la metà pro-governativa del Paese è rimasta immobile. Come già detto in precedenza, ai numeri mostrati per le strade di Kiev dall’opposizione corrispondono i numeri altrettanto grandi o forse anche più grandi, di ucraini che vi si oppongono. Che dire delle loro opinioni sul futuro dell’Ucraina?

(byebyeunclesam.wordpress.com/2022/10/05/la-strada-per-mosca-passa-da-kiev/)

 

 

 

DEXIT: LA GERMANIA ROMPE

IL PATTO DI STABILITÀ E

PREPARA IL SUO ADDIO ALL’EURO.

Comedonchisciotte.org - Fabio Bonciani – (03 Ottobre 2022) –ci dice: 

A Berlino manovra fiscale (deficit) da 200 miliardi (5% del PIL) per il problema energia. Al contrario di Draghi, ai tedeschi interessano più le loro imprese e le famiglie che l'euro. Se ancora non bastasse ecco la "pistola fumante": a tenerci in questa gabbia sono i poteri profondi di casa nostra.

“E’ la Germania a tenerci dentro l’euro” – quante volte avete sentito ripetere questa frase dai nostri politici e dai ventriloqui del potere per voce della stampa di regime.

Per decenni ci hanno rifilato questa “sola” con la maggior parte della gente a crederci. I bravi ricchi tedeschi da una parte e gli spreconi italiani dall’altra. Quelli che perennemente vivono sopra le loro possibilità. Salvo poi scoprire che siamo da sempre contributori netti verso l’Unione Europea e che da 30 anni consecutivi (eccetto l’anno del Covid), il nostro governo consegue avanzi primari di bilancio.

Ricordo ai meno esperti che l’avanzo primario in soldoni significa: lo Stato incassa dai cittadini più soldi in tasse di quello che versa loro con la spesa pubblica.

Avete capito bene: lo Stato italiano da tre decadi è in surplus : ma quale aver vissuto sopra in nostri mezzi!

Un concetto questo, che se anche volessimo ragionare con il pensiero dottrinale fraudolento imposto dalle regole europee, come vedete viene ribaltato dalla realtà dei fatti, ovvero abbiamo vissuto al di sotto dei nostri mezzi.

L’euro non fa comodo ai tedeschi, come non fa comodo ai francesi ed al resto dei paesi europei, intesi come popolo ovviamente. L’euro, come scriviamo da tempo, non è un progetto di lotta e competizione tra stati, ma è lo strumento essenziale che serve all’élite per vincere in quella che è la loro eterna battaglia contro il popolo. Insomma una vera e propria lotta di classe, questo è quello che si cela dietro al sistema-euro.

Quindi il nostro nemico non è assolutamente il popolo tedesco, e tutt’ora credere a coloro che infondono questo falso pensiero, certifica l’ingenuità disarmante che ancora regna fra noi.

Megas (Fabio Bonciani) ha finito le parole e gli scritti: solo e soltanto i poteri profondi di casa nostra sono gli unici responsabili e beneficiari del fatto che, ancora, siamo tenuti a forza e con la frode, dentro questa gabbia.

Del resto, stare dentro l’euro – ed accettare di usare una moneta che non emettiamo, per non dire del sottostare a regole di bilancio assurde che non hanno nessun riscontro a livello di dottrina economica – è solamente frutto di una decisione politica e niente più.

Una decisione politica, esattamente come quella che ha preso il governo di Berlino nei giorni scorsi. Quando tra la salvezza della moneta euro e quella del proprio popolo e del loro sistema economico, senza indugio, ed al contrario del nostro governo, ha scelto la seconda.

Nella sostanza un deficit di 200 miliardi deliberato dal governo per riportare il prezzo del gas a livelli sostenibili per le imprese e le famiglie tedesche. Una semplicissima misura di politica fiscale che senza il plagio mentale indotto dal sistema euro nelle nostre menti, rappresenterebbe la normalità operativa e funzionale di un qualsiasi governo rappresentativo di un paese democratico.

Per chi comprende di economia, nel leggere le poche righe del titolo e sottotitolo sopra riportato dalla testata HuffPost, ci sarebbe materiale per una tesi di laurea.

Ma quello che ci interessa, è far capire come, attraverso questo atto di Berlino e le relative reazioni (o meglio prese di posizioni), del governo italiano, vengono a cadere tutte le menzogne e le falsità su chi veramente tiene il popolo italiano dentro l’euro.

I poteri italiani ora hanno perso la maschera e la scusa principe, dei “cattivi tedeschi”, da rivendere alla massa.

Da oggi, la novella sarà credibile solo per gli inguaribili “fessi”!

Intanto fa sorridere l’affermazione con la quale l’HuffPost, farebbe credere che questi 200 miliardi per il governo tedesco, arriverebbero da un fantomatico “bilancio ombra”. Quasi come se a Berlino avessero delle riserve nascoste derivanti da chissà che cosa.

Soprassediamo per pura pietà!

Questi 200 miliardi, è bene dirlo chiaro ancora una volta, non sono in qualche forziere o in qualche conto nascosto del Tesoro tedesco alle Cayman.

Semplicemente il governo delibera il deficit, il Tesoro emette i titoli e la BCE li garantisce: finito!

Già sento qualcuno di voi, come del resto anche Draghi (“Non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali”) , affermare che i tedeschi hanno più spazio nel loro bilancio; questo sempre ragionando secondo le assurde regole europee.

Eh no, cari miei! Uno dei mantra del fiscal compact, ovvero il rapporto debito pubblico/ prodotto interno lordo riguardo alla Germania, è già ben oltre il 60% imposto dai trattati. Per la precisione viaggia sul 72%. E se deliberano un extra-deficit di 200 miliardi, che corrisponde a circa il 5% del PIL, siamo fuori anche dall’altro dogma di Maastricht, che indica come il deficit annuale non debba superare il 3%.

Come potete bene immaginare un MMTers come Megas (Fabio Bonciani) fa una fatica enorme a ragionare all’interno delle frodi dottrinali del sistema euro, ma devo farlo per cercare di spiegare come, di fatto, ad oggi la Germania si sia posta fuori dall’euro.

In pratica, il governo tedesco sta facendo quello che da tempo scriviamo essere possibile e che più volte, nei nostri articoli, abbiamo esortato il governo italiano a fare per risolvere il problema occupazionale che affligge il nostro paese.

Oggi, la Banca Centrale Europea, di fatto, garantisce il debito dei paesi membri e lo fa ormai dal lontano 2011 e l’alternativa del non garantirlo non è realizzabile senza la conseguente rottura del sistema euro.

Quindi è solo una questione politica, per la quale spetta ad ogni governo di prendere la decisione di fare o meno tutto il deficit necessario per salvare il proprio popolo.

Ed il governo tedesco, ripeto ancora, al contrario di quello italiano, questa decisione l’ha presa!

Mentre da noi, a distanza di più di un anno dall’inizio della speculazione sull’energia, siamo ancora posizionati sulla totale difesa dei profitti degli oligarchi di casa nostra, ovvero di coloro che oggi hanno in mano ogni nostra istituzione, di fatto non più democratica.

Siamo ancora a discutere sul famoso “tetto” al prezzo del gas. Ma attenzione, mica un tetto per i rivenditori, visto che è questo il problema principale (vedasi TTF e speculazione al seguito), ma un limite, che addirittura si vorrebbe imporre al produttore, in questo caso Putin.

In pratica il price-cap ideato da Draghi, sentite bene cosa sarebbe e che finalità avrebbe: il tetto al prezzo del gas impedirebbe alle parti di concordare un prezzo superiore a una determinata soglia, riducendo i ricavi di Gazprom e della Russia e favorendo un approvvigionamento più economico di questa materia prima.

L’indole di devozione satanica di Super Mario alla grande finanza non poteva non venir fuori anche questa volta.

Qui l’obiettivo principale non è far pagare meno il gas alla gente ma quello di mantenere intatti i profitti colossali di ENI. Raggiungere un accordo con Putin, quantunque fosse possibile (ma lui ha già detto no: stante le sanzioni), certamente non ferma il motore della speculazione che a pieno ritmo sta viaggiando a tutta velocità nella borsa dei TTF di Amsterdam (ripeto principale causa del caro bollette).

 

Quello che però ci deve lasciare ancora più preoccupati – a conferma del fatto che a volersi tener stretto l’euro sono le potenti fratellanze italiche – è la devastante (ma prevista da Megas -Fabio Bonciani) realtà, che Giorgia Meloni, premier in pectore, sia completamente allineata al pensiero di Draghi, sul tema deficit e su come risolvere il problema energetico attraverso l’insensata e per niente risolutiva proposta del tetto al prezzo al produttore.

Intanto il ministro dell’economia tedesco Robert Habeck prepara la strada per l’uscita ed avverte Draghi e c.: “con l’interruzione delle forniture di gas si rischia la fine dell’UE”:

Il messaggio è chiarissimo come è altrettanto chiaro quale sia la priorità per chi ha le leve di comando in Germania: “una carenza di gas in Europa non potrà essere tollerata politicamente”.

In Germania non hanno la minima intenzione di sacrificare il proprio popolo con follie quali il razionamento che porterebbe a far fallire il loro sistema economico, la morte sociale e fisica dei più bisognosi e dei più fragili.

Se le crisi infinite, il Covid ed i prospettati razionamenti sull’energia fanno parte, come sembra del piano del Grande Reset di Klaus Schwab, per ridurre la popolazione mondiale, oggi, pare proprio che la Germania se ne stia ufficialmente chiamando fuori.

Mentre la realtà ci dice che rimangono dentro a pieno titolo Mario Draghi e Giorgia Meloni, e con loro il popolo italiano come vittima sacrificale sull’altare degli interessi dei poteri ai quali il nostro premier attuale e quello in arrivo, rispondono.

Un folle e delinquenziale razionamento del gas che, di fronte alle ultime dichiarazioni di Putin, assume anche la certezza della non necessarietà:

NON POSSONO NUTRIRE E SCALDARE I LORO CITTADINI CON LA CARTA DEI DOLLARI.

NON POTETE NUTRIRE LE PERSONE CON LE VOSTRE MENZOGNE.

LI DOVETE SCALDARE CON L’ENERGIA.

PER QUESTO CERCANO DI CONVINCERVI A MANGIARE DI MENO, COPRIRVI DI PIU’ E CI CHIAMANO NEMICI, ORIGINE DI TUTTI I MALI.

Non è Warren Mosler che parla ma Vladimir Putin, che pare proprio aver compreso che lui il gas ce lo fornisce in cambio di semplici estratti conto denominati in dollari o euro.

Cosa volete da me? Pare dire il presidente russo: io accetto la vostra carta in cambio del gas per riscaldarvi; sono i vostri governanti che attraverso le menzogne vi convincono che la carta non c’è e vi costringono a mangiare di meno e coprirvi di più, facendovi credere che la Russia è il nemico.

Piu chiaro di così!

 Megas Alexandros (Fabio Bonciani).

 

 

 

Allarme europeo globalista

(in malafede) sulla Meloni.

Lanuovabq.it- Luca Volontè – (27-09-2022) – ci dice:

 

La prospettiva di un'Italia governata dal centrodestra (a guida FdI) ridesta paure strumentali agitate da media e governi europei (mentre Polonia e Ungheria si congratulano). Usa e Russia sono disponibili a collaborare con il prossimo governo italiano, che avrà la responsabilità di giocare un ruolo attivo per la pacificazione.

Fascisti eredi di Mussolini, pericolosi attentatori dell’Europa... la zizzania sparsa da Letta e dalla sinistra illiberale ha attecchito.

Al di là degli insulti ignoranti, si apre uno spazio da protagonista per l’Italia in Europa, nel Mediterraneo e per la pace in Ucraina.

Una premessa è nota ma d’obbligo: Già Alleanza Nazionale, con la svolta di Fiuggi, aveva tagliato le proprie radici con ogni ispirazione fascista, tant’è che Pino Rauti e altri fondarono il Movimento Sociale Fiamma Tricolore. A maggior ragione, Fratelli d’Italia, nato nel 2012 e presentatosi sin dalle elezioni del 2013, non ha nulla nel suo programma e tra i suoi principi ispiratori che possa rifarsi alle esperienze fasciste, tanto meno quella di Benito Mussolini. Inoltre, Giorgia Meloni è stata eletta Presidente dei Conservatori europei (ECR) lo scorso 29 settembre 2020, non di una famiglia politica europea di “estrema destra”.

Non c’è alcuna buona fede nei commenti dei giornali internazionali, piuttosto livore ideologico per l’ennesima sconfitta della sinistra e della sua “supposta superiorità morale”.

 Partiamo. AlJazeera scova commentatori allarmati del pericolo neofascista in Italia, allo stesso modo si legge della preoccupazione del fascismo di ritorno in Italia sui giornali turchi, tra i quali l’Hurriyetdaily accusa la Meloni di aver forgiato il suo partito sull’eredità del fascismo e Benito Mussolini, mentre il DailySabah si spinge sino a vedere nella Meloni un nuovo Mussolini. La Turchia teme di rivedere un’Italia che finalmente si riappropri del proprio ruolo nel Medio Oriente e nel Mediterraneo, i suoi giornali usano toni indegni.

In Spagna, Francia e Germania i partiti di governo e quotidiani hanno espresso anch’essi preoccupazione per i risultati delle elezioni italiane.

Il ministro degli Esteri spagnolo Jose Manuel Albares ha dichiarato che il voto italiano è stato legittimo ma ha lamentato che alcune forze politiche mirano a seguire «il modello di Putin... che è autoritario e non crede nella pluralità o nella diversità» e lanciato il malocchio sull’Italia dicendo che il «populismo finisce sempre allo stesso modo: con una catastrofe».

A spalleggiare il governo Sanchez, è stato anche stavolta l’editoriale de El Pais, dove troviamo un crogiolo di accuse insulse sulla “stella fascista” che guida la Meloni e la sua idea poco femminista – perché pro-life – sulle donne.

Proprio ieri, però, la ex vicepresidente del governo ed esponente socialista Carmen Calvo, ha accusato l’esecutivo di voler distruggere tutta la legislazione sull’eguaglianza femminile, dopo l’approvazione della Legge Trans. Chi è contro le donne?

Peggio la Francia dove, interpellata dalla radio francese BFMTV, il primo ministro Elisabeth Borne ha detto di esser pronta, insieme alla Unione europea, a vigilare perché «ogni Stato deve essere in linea con i valori europei, sullo stato di diritto, sui diritti umani, tra i quali il rispetto del diritto all'aborto».

La Borne avrebbe ben altro da fare: guida un governo di minoranza e avrà difficoltà ad approvare la “legge di bilancio”, nel quale recentemente due esponenti di spicco di Verdi e dei Socialisti si sono dovuti dimettere per le accuse di violenze e tutto l’ufficio di presidenza della commissione sull’incesto, istituita dopo gli scandali della sinistra, lamenta la grave disattenzione dell’esecutivo.

Più prudente il presidente Macron che, rispetta i risultati elettorali e si augura, «come vicini e amici, di continuare a lavorare insieme».

Per Le Monde invece il successo della Meloni, per la prima volta dalla Marcia su Roma di Benito Mussolini, è un pericolo mortale per l’Europa, visti i risultati delle destre in Svezia e della Le Pen in Francia.

In Germania, il vice-portavoce del Cancelliere Olaf Scholz, si è limitato a dire che «l'Italia è un Paese molto favorevole all'Europa, con cittadini molto favorevoli all'Europa e presumiamo che questo non cambierà».

Su Der Spiegel fanno capolino le accuse all’Italia spendacciona, con i soldi europei, mentre DW dà ampio spazio a tutti coloro che legano FdI e Meloni al fascismo, Mussolini e la definiscono (come in altri quotidiani) di “estrema destra” per voler promuovere “Dio, patria e famiglia”.

Il brillante Eric Mamer, portavoce della Commissione EU, dice che la Commissione spera “di avere una cooperazione costruttiva con le autorità italiane”, dopo la formazione del nuovo governo.

Un passo avanti, dopo le volgari ingerenze della Von der Leyen descritte su La Bussola i giorni scorsi.

 L’“house organ” della sinistra globalista, Politico, si diletta a paragonare gli anni di Mussolini con il prossimo governo della Meloni, il The Guardian, dopo aver ospitato le farneticanti analisi di Roberto Saviano, si preoccupa per inesistenti discriminazioni verso gli Lgbtqi e la permanenza dell’Italia nella Ue.

Tutti i leaders conservatori europei hanno invece espresso le congratulazioni per il successo del centrodestra e della Meloni (il polacco Mateusz Morawiecki e l’ungherese Viktor Orban in primis).

Le tre superpotenze?

 La Cina rimane contrariata dalla dichiarazione della Meloni sul ritiro italiano dalla “Via della Seta” e il sostegno a Taiwan, gli Usa con Antony Blinken sono «pronti a lavorare con il nuovo governo», mentre dal Cremlino Dmitry Peskov dice che la Russia è pronta «ad accogliere qualsiasi forza politica che sia in grado... di dimostrare un atteggiamento più imparziale e costruttivo verso il nostro Paese». Mosca così apre ad un possibile impegno diplomatico italiano.

Fermo restando il nostro sostegno all’Ucraina, il prossimo governo deve cogliere questa responsabilità di essere protagonista per un cessate il fuoco e la pace.

 

 

 

Gestire l’Italia con diligenza.

Blog.oggi.it – Ferruccio De Bortoli – (6 ottobre 2022) – ci dice:

 

Giorgia Meloni è sola. L’importante è che non rimanga solo il Paese. Non se lo merita.

Una volta tanto il risultato è chiaro. Netto.

Con la straordinaria vittoria di Giorgia Meloni, il destra-centro ha l’opportunità storica di governare per cinque anni.

Nell’Italia dell’eterna instabilità non è poco. La coalizione vittoriosa ha una maggioranza solida alla Camera e al Senato. Ma soprattutto è guidata da una leader indiscussa con due junior partner.

 Il paradosso è che uno di questi è lo stagionato Silvio Berlusconi mentre l’altro, Matteo Salvini, dimezzando i voti, è invecchiato di colpo. E non solo sotto il profilo politico.

Lei no, sembra ringiovanita. Il potere fa anche questo. Dimostra meno dei suoi 45 anni. Inossidabile nella sua tenacia, refrattaria alla fatica. Nel 2018 Fratelli d’Italia, da lei fondato, prese circa un milione e mezzo di voti. Domenica scorsa più di 7,3 milioni. Senza qualità politiche e caratteriali non si realizza un simile risultato. Meloni sarà la prima premier donna, la prima mamma a palazzo Chigi. Non è un particolare così irrilevante in un Paese che fa pochi figli. E la destra, piaccia o no, promuove le donne meglio della sinistra, nonostante ne difenda assai meno i diritti.

E, a proposito di diritti, l’Europa ma non solo teme una svolta autoritaria. La nostra sarà anche una democrazia fragile (il calo dell’affluenza ne è un segnale) ma ha tutti i pesi e i contrappesi per scongiurare derive autoritarie. La sovranità appartiene al popolo, dicono i vincitori.

Sì, ma la Costituzione aggiunge che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Tra i principi del diritto vi è una espressione (maschilista) che parla della diligenza del buon padre di famiglia.

Gli italiani, tutti – anche quelli che non l’hanno votata – si augurano che Giorgia Meloni gestisca il potere con la diligenza della buona madre di famiglia.

L’apertura di credito è doverosa; il pregiudizio inaccettabile. La diligenza è l’opposto della propaganda.

Risponde a un sano principio di realtà. Vi sono molte cose che si possono promettere in campagna elettorale e tante altre che, una volta al governo, non si possono semplicemente fare.

Come rompere con l’Europa, di cui abbiamo bisogno, e portare il Paese lungo una deriva autoritaria, sovranista, in compagnia di chi nell’Unione non conta nulla.

Vincere troppo bene in Italia significa non avere più alibi. Gli errori non possono più essere imputati a maggioranze risicate, alleati riluttanti, burocrazia indolente. Si è soli. Giorgia Meloni è sola. L’importante è che non rimanga solo il Paese. Dopotutto non se lo merita.

 

 

 

Putin, il discorso in diretta sulla guerra

Russia Ucraina. Biden: «Ora nuove sanzioni».

Corriere.it- Claudio Del Frate – (30 settembre 2022) – ci dice:

Il capo del Cremlino ha parlato in occasione della cerimonia di annessione dei territori del Donbass.

Meloni: «Putin una minaccia per la sicurezza Ue».

Al Cremlino si è tenuta la cerimonia di annessione dei territori del Donbass alla Federazione russa.

 Sotto gli occhi delle telecamere, in diretta tv, Vladimir Putin firma i decreti con i quali gli oblast di Donetsk e Lugansk e quelli di Zaporizhzhya e Kherson, strappati all’Ucraina in sette mesi di guerra, passano sotto il diretto controllo di Mosca.

Un passo in seguito al quale lo «zar» alza deliberatamente il livello del conflitto. Una consultazione definita «farsa» da tutti i Paesi occidentali e svoltasi sotto il rigido controllo delle truppe di occupazione. La cerimonia è trasmessa in diretta anche sulla piazza Rossa attraverso maxischermi.

Le notizie di oggi sulla guerra in Ucraina.

Nel suo discorso durato meno di mezz’ora Putin ha toccato tre punti fondamentali

* «I territori conquistati diventeranno russi per sempre».

* «Kiev cessi le ostilità, noi siamo pronti a negoziare».

* «L’egemonia dell’Occidente è finita per sempre».

«Russi per sempre».

«La gente ha fatto la sua scelta con i referendum in Ucraina» ha esordito Putin. «è la volontà di milioni di persone». «Ora ci sono quattro nuove regioni in Russia, i loro abitanti diventeranno per sempre cittadini russi. Difenderemo la nostra terra con tutti i mezzi a disposizione» ha proseguito chiedendo poi un minuto di silenzio in onore dei caduti sul fronte ucraino, definiti «eroi morti per la Grande Russia».

«Kiev cessi il fuoco, noi pronti a trattare».

Putin ha parlato interrotto dai numerosi applausi dei presenti nella sala di San Giorgio del Cremlino. «Non vogliamo un ritorno all’Urss». «Kiev rispetti la volontà popolare, cessi il fuoco e torni al tavolo del negoziato, noi siamo pronti» ha scandito in un passaggio successivo, forse quello destinato a far discutere più di tutti.

Potrebbe infatti preludere a una volontà di attenuare il conflitto che per Mosca, sul piano militare, si sta risolvendo in un disastro.

 

«Occidente ossessionato da noi».

Il capo del Cremlino si è poi rivolto all’Occidente: «Ha cercato e sta cercando una nuova occasione per indebolire e distruggere la Russia, sono ossessionati dall’esistenza di un Paese così grande che ha riconquistato il suo posto nel mondo» dopo «i tragici anni ‘90», quando nel Paese «la gente moriva di fame».

Quello dell’Occidente secondo Putin «è un delirio, un inganno vero e proprio; le promesse di non espansione della Nato erano menzogne. Con queste regole false la Russia non ha intenzione di vivere. Ci vogliono ridurre a una colonia: non ci parlino di democrazia».

 E infine la frase definitiva: «La fine dell’egemonia occidentale è irreversibile». E ha di nuovo attaccato Washington affermando che «pretendono da Germania, Italia e altri nuove sanzioni contro di noi».

Il passaggio sul gender.

«Vogliamo che in Russia ci siano il genitore 1 e il genitore 2 invece di mamma e papà? Siamo completamente impazziti?». Se lo chiede il presidente russo Vladimir Putin, durante la cerimonia al Cremlino, per indicare la decadenza dell’Occidente. «Vogliamo che i nostri bambini siano indottrinati sul fatto che ci sono altri generi» rispetto a maschile e femminile, ha aggiunto.

Le nuove minacce.

Riguardo alla possibilità di fare ricorso alla arma nucleare, il presidente russo ha ricordato che «sono stati gli Usa a sganciarla, per due volte, in Giappone: loro hanno creato il precedente». E poi un accenno alle falle che hanno colpito il gasdotto Nord Stream: «È chiaro a tutti a chi conviene il sabotaggio, ci sono gli anglosassoni dietro le esplosioni».

Standing ovation.

Il discorso si è concluso con la frase: «La verità è dalla nostra parte, la Russia è con noi». La sala è scattata in piedi per una standing ovation». Il leader ceceno Kadyrov, fedelissimo di Putin, è scoppiato in lacrime. La cerimonia si è conclusa con la firma da parte di Putin dei quattro «governatori» delle regioni del provvedimento di annessione.

Le reazioni in Occidente.

* Meloni: «Putin una minaccia» - «Putin è una minaccia alla sicurezza Ue, la sua visione è neo imperialista e di stampo sovietico»: tra le prime reazioni in campo occidentale al discorso di Putin c’è quella di Giorgia Meloni. «L’annessione russa non ha alcun valore politico e giuridico» ha ribadito.

* Zelensky: «Non cediamo nostra terra» - «Abbiamo la situazione sotto controllo. Tutto sarà Ucraina». Lo ha dichiarato su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dicendo che «questa è la nostra terra, il nostro popolo. Non daremo mai ciò che è nostro agli occupanti». «No a negoziati finché Putin è presidente» ha concluso.

* Londra convoca l’ambasciatore - Il governo britannico ha convocato l’ambasciatore russo nel Regno Unito per protestare contro l’annessione delle regioni ucraine formalizzata oggi dal presidente Vladimir Putin. Ne dà notizia il Foreign Office.

* Biden: annessione fraudolenta - «Gli Stati Uniti condannano il tentativo fraudolento della Russia di annettere il territorio sovrano dell’Ucraina».

 Lo ha detto il presidente americano Joe Biden assicurando che Washington continuerà a sostenere Kiev «con le armi e la diplomazia».

E contemporaneamente ha annunciato una nuova raffica di sanzioni: nel mirino decine di società del settore tecnologico e della difesa, centinaia di deputati, oltre 900 dirigenti e i vertici della banca centrale russa.

 

 

PEDOFILI, INCARNAZIONE DEL MALE.

Nuovogiornalenazionale.com – Silvano Danesi – (7 ottobre 2022) – ci dice:

“Di fronte a loro, un mondo altrettanto malato, corrotto nell’anima e nella psiche, per il quale sembra non possa esistere possibilità di redenzione o di consapevolezza”.

La frase è contenuta nel risvolto di copertina del romanzo di Marino Fracchioni: “Il vincitore è sempre solo” (ed. Etica – Torino).

Chi sono loro? I pedofili, una delle più ignobili, inumane incarnazioni del Male.

(I capi globalisti occidentali sono tutti “arcobaleno.” Il loro Dio in Terra che li illumina è Klaus Schwab, il costruttore di bombe atomiche illegali in Sud Africa! Ndr)

Si, il Male, perché il Male non è una categoria astratta, ma una realtà concreta di comportamenti di non umani dalle sembianze umane; è un’eggregora mefitica costruita da non umani dalle sembianze umane.

 

Giordano Bruno, nel suo: "Il canto di Circe" (Bur), scrive che Circe invoca gli dei affinché le sia «possibile stringere in un vincolo gli spiriti che amministrano e dispensano le figure, perché questi, sia pure contro la loro volontà, facciano emergere nella piena luce e (via via che si ritrae la mentita sembianza di un uomo) da occulti che erano rendano finalmente visibili i lineamenti nascosti di un altro genere di esseri viventi». Circe: «Si allontanino, si allontanino – giacché anche noi lo abbiamo proibito – i volti umani dalle bestie».

Meri: «Mirabile a vedersi, Circe, mirabile a vedersi: di tanti uomini che prima potevamo vedere, solo tre o quattro sono rimasti tali, e questi corrono tremanti a mettersi al sicuro. Tutti gli altri, alcuni dei quali si rifugiano nelle caverne più vicine o volano verso i rami degli alberi o si gettano a precipizio nel mare vicino mentre altri di indole più domestica si avvicinano in fretta alla nostra dimora, vedo che sono stati trasformati in animali di diverso genere».

Circe: «Dì piuttosto che solo adesso hanno esplicato e reso visibili le forme che erano loro proprie».

Accanto ai pedofili agiscono i trafficanti -fedeli globalisti- di esseri umani, che procacciano bambine e bambini per la loro lussuria immonda di incarnazioni del Male.

Il Male si insinua nel mondo grazie all’indifferenza e ai colpevoli silenzi di una società malata, drogata e indotta all’acriticità da un pensiero unico massificante.

La storia della quale sono protagonisti Victor e Emi è, detta in estrema sintesi, quella di un “servo del silenzio”, un investigatore giustiziere e di una giornalista d’inchiesta, i quali svelano un traffico di bambine tra Torino e Ginevra, gestito da un’organizzazione che le induce alla prostituzione per soddisfare le voglie immonde di non umani, facoltosi, ma zombie psicologici.

Il romanzo, una spy-story in piena regola, con un’affascinante descrizione dei metodi e degli strumenti di indagine, è, in realtà, il resoconto romanzato di un’indagine vera. Veri sono anche i personaggi, come Alberto o come Pilon.

 

Victor e Ramon sono il capo e il vicecapo della “squadra fantasma” dei romanzi: “I servi del silenzio” e “I servi del silenzio – Parsifal”, che raccontano le imprese, anche in questo caso a sfondo reale, di agenti dell’intelligence spagnola che agiscono, con competenza, determinazione e rapidità, per poi sparire nel nulla.

Personaggio nuovo e interessante è la giornalista Emi, che dalla cronaca noiosa di Torino, per quanto vissuta con passione e professionalità, passa in pochi giorni al giornalismo d’inchiesta, travolta da Victor e dalla sua squadra, che la coinvolgono in una caccia ai pedofili che si svolge tra la triste Torino di una borghesia debosciata e l’ovattata Ginevra dai mille volti, molti dei quali oscuri.

La storia del romanzo, alla cui base sta una realtà datata, rimbalza nell’attualità non solo per i numerosi scandali relativi alla pedofilia che occupano le cronache di ogni giorno, ma anche per un libro denuncia di Emidio Novi: “La riscossa populista”, che pone l’attenzione del lettore su scenari inquietanti, nei quali è ipotizzata la presenza di un’internazionale della pedofilia, ossia un’internazionale del Male, che organizza party pizza e party hot dog esclusivi, dove per pizza si intende una bambina e per hot dog un bambino.

Enrico Novi, senatore e un giornalista, scomparso in modo quanto meno strano, travolto, sorprendentemente, nel suo paese natale, in Puglia, da un camion dello sporco in retromarcia, presenta panorami inquietanti e ben documentati, dove il Male è all’opera.

Redimere gli zombie psicologici incarnazione del Male è impresa impossibile, ma combattere una battaglia per ridefinire valori e confini è un dovere che può indurre un radicale cambiamento.

Del resto, anche Enrica Maria Immacolata, in acronimo Emi, per quanto censurata da un direttore servo di un mondo malato e prono ai dettami degli zombie psicologici, ha in serbo una sorpresa: un asso nella manica regalatogli da Victor.

Il vincitore è davvero solo? Forse no. Il risveglio delle coscienze è in atto.

 

  

 

 

Pilota automatico:

passare l'inverno.

Filodiritto.com-Riccardo Ruggeri – (07 Ottobre 2022) - ci dice:

 

A due settimane dalle elezioni, ho raccolto alcuni appunti sulle reazioni della stampa, non solo italiana.

Un’ovvia constatazione: da sempre, tutti i giornali italiani, compreso quello di Confindustria, simpatizzano sfrontatamente per la Sinistra.

 Lo stesso fanno le redazioni delle TV, in primis le reti RAI, ma pure Mediaset, SKY, per non parlare del suo tempio con sacerdote e sacerdotessa incorporati, La 7. Quel che resta dei Sindacati, nati come costole del PCI, della DC, degli Azionisti, sono solidamente di sinistra, così come i due soli sindacati delle professioni, i potentissimi Magistrati e Giornalisti.

Il cosiddetto Centro, fatto di transfughi colti della Sinistra, si è asserragliato nelle ZTL, nell’Accademia, nell’Alta Burocrazia e pascola tranquillo, con i suoi elettori, nei verdi campi di erba medica.

I tre giornali di Destra non vanno al di là di una testimonianza di opposizione, dando voce, o a schegge di conservatori particolarmente arrabbiati, o a ex sinistri delusi.

 Alle spalle non hanno Editori ricchi e potenti, quindi non hanno i mezzi per creare una massa critica di lettori che faccia tendenza, e funga da moltiplicatore. Campano, in attesa di tempi migliori, sapendo però che per loro mai verranno. Con una soddisfazione: i tanti lettori che non li leggono, perché poveri, votano però per i partiti che loro suggeriscono.

L’aspetto curioso, per me lo confesso incomprensibile, è che stampa e tv mainstream fingano che la vittoria della Destra potrebbe creare al Paese chissà quali sfracelli, preoccupandosi delle reazioni degli Stati Uniti e dell’Europa. Il ritorno di un fascismo avvolto nell’orbace mi pare francamente risibile.

La Destra si è subito dichiarata “atlantica”, il che tradotto dal “casermese” (linguaggio tipico dei sergenti) significa il classico “tutti allineati e coperti” al volere degli americani.

Compito che, peraltro, svolgiamo con assoluta diligenza e disciplina da oltre settant’anni, con solo un paio di scivolate, quella di Enrico Mattei sul ruolo dell’Eni e quella di Sigonella di Bettino Craxi.

 Ma ci siamo subito ripresi, deglutendo in fretta persino l’oscenità criminale del Cermis, ritornando fedeli maggiordomi di Washington.

Circa il rapporto con l’Europa, non c’è da avere alcuna preoccupazione perché l’obbedienza è automatica, regolamentata com’è da accordi notarili. Mario Draghi, con felice espressione, dixit: “tanto c’è il pilota automatico”.

Dov’è il problema, se le tre nuance di destra sono pur sempre “allineate e coperte”?

Robi Ronza, sul Corriere del Ticino, è stato bravo a tradurre per i suoi lettori, abituati alla concretezza svizzera, un articolo inutilmente complesso di un grande quotidiano milanese, come lo chiama lui.

Ha colto l’essenza di quello che voleva dire, scrivendolo lui stesso: “Cara Meloni, se governi con il programma con cui sei stata eletta, guai a te. Se invece decidessi governare come avrebbe governato il centro sinistra, puoi essere certa del nostro plauso e del nostro sostegno”.

Nel linguaggio involuto della Sinistra, la Destra, se vuole, seppur marginalmente, partecipare ai banchetti del potere, deve definirsi “Destra Repubblicana”. Nel linguaggio aristocratico del potere, significa operare come la Sinistra, nascondendolo però ai propri elettori.

Posso dirlo brutalmente? In termini politico-giornalistici-comportamentali e nella sua oscenità politico-morale, è tutto limpido.

Mario Draghi e Giorgia Meloni sanno che il loro primo problema è passare l’inverno, fare arrivare il Paese a primavera, vivo.

 Entrambi sanno di soffrire di una forma grave di scoliosi politica, quindi fingono un passaggio di consegne infinito, uno per nascondere un deludente passato, l’altra sapendo di essere ancora uniti fino al battesimo nella Cattedrale di Wall Street.

Per chiudere il Protocollo, mancano le dimissioni, al momento giusto, di Sergio Mattarella e l’assunzione in cielo di Mario Draghi. Così saremo tornati ad essere un Paese servo ma democratico. Prosit!

(Zafferano.news)

 

 

 

Affrontare subito

la crisi energetica.

 Filodiritto.com – Riccardo Ruggeri – (31 Agosto 2022) – ci dice:

 

Affrontare subito la crisi energetica.

Se non superiamo questa tagliola energetica cessiamo di essere i leader mondiali della manifattura.

Il dilemma posto tempo fa da Mario Draghi “Preferiamo la pace o il condizionatore?”, era riferito ai cittadini, ma è estendibile all’industria. Siamo, con la Germania, tra i pochi leader mondiali dell’industria di trasformazione, pur non avendo materie prime ed energie.

La situazione sta precipitando, il Governo Draghi, e il Presidente in primis, hanno tutti i dati e le capacità per decidere, subito e al meglio. Perché, prima che il futuro Governo, votato dai cittadini, diventi operativo (sempre ammesso che il risultato non sia un pareggio) ci vorranno, da oggi, almeno tre mesi.

Un passo indietro. A fronte di un invasore, “noto criminale di guerra” (tutti gli invasori sono “noti criminali di guerra”), i G 7 in primavera avevano deciso di reagire:

1- Fornendo armi strategiche all’Ucraina (specie Usa e UK), escludendo la loro entrata in guerra;

2- Applicando alla Russia sanzioni feroci, in particolare su petrolio, gas, carbone;

3- Estraendo dal tabernacolo del potere occidentale l’arma suprema, lo Swift, sganciandola su Mosca.

Qua mi limito al solo il punto 2, vista la sua rilevanza economica.

Per noi vecchi uomini di mondo, fu subito evidente la fragilità operativa della modalità 2.

Nel momento stesso in cui si sfilarono i Paesi rappresentanti l’80% dell’umanità (Cina e India in testa), malgrado le minacce personali di Joe Biden, fu facile profetizzare un festival mondiale delle “triangolazioni”, che altro non è che lucrare “differenziali” ai danni degli attori in gioco, facendo fallire la decisione iniziale.

Il prezzo cominciò subito a salire, ci chiedemmo: “Il mercato non crede alle capacità europee di imporle?” Le sanzioni furono somministrate per ben sei volte.

Le “sanzioni” hanno efficacia solo se le modalità di applicazione (la mitica execution) sono studiate da menti raffinate e articolate, esenti da qualsiasi componente emozionale.

Il bilancio è oggettivamente drammatico. L’atmosfera in Occidente a livello cittadini comuni è cambiata, l’eccitazione iniziale è rientrata, le tre parole “Guerra, Sanzioni, Swift”, sono scomparse dal Parlamento, dai media, dai bar, dai salotti. I cittadini comuni, colpiti dall’inflazione selvaggia, chiedono ai politici una cosa sola: che il potere di acquisto dei loro salari sia ripristinato, così come la qualità della loro vita.

Era ovvio che la vicenda finisse diversamente da come era incominciata. Quando apri la porta del tabernacolo, e mixi “Sanzioni, Armamenti, Swift”, i diavoletti del mercato si scatenano, specie se le modalità di esecutive adottate non sono state tecnicamente perfette.

Il prezzo del gas è aumentato di 11 volte (potenza del mercato!), perché chi ha il rubinetto lo sta scientificamente chiudendo-aprendo proprio per farne crescere il prezzo.

Secondo le assumption dei G 7, ciò non solo non era previsto, anzi dovevamo essere solo noi a poter aprire-chiudere il rubinetto, in funzione dei nostri interessi. Purtroppo, è andata all’inverso: ora sono loro che aprono e chiudono il rubinetto. Ci sono riusciti, proprio grazie alla loro miglior gestione del mercato e del fenomeno delle “triangolazioni”.

Il consuntivo semestrale è spietato. Secondo il Centre for research on energy and clean air, la Russia, da febbraio a settembre 2022, incasserà, a livello mondo, solo per il gas, 250 miliardi $!

Di contro, i costi di produzione per le nostre aziende sono, come ovvio, diventati proibitivi. Gli imprenditori, se dovessero scaricare sul consumatore finale i maggiori costi energetici, come impongono le leggi di mercato, uscirebbero di scena, mentre i loro concorrenti orientali hanno prezzi ultra competitivi, grazie alla spregiudicata politica di sconti mirati adottata dai russi.

Il tessuto industriale italiano, una delle più importanti realtà dei business di trasformazione al mondo, potrebbe collassare. Così quello tedesco. Per la prima volta, gli interessi vitali degli Stati Uniti paiono disallineati con quelli della Germania e nostri.

 Persino un liberale tedesco come Wolfgang Kubicki, Vice Presidente del Bundestag, pronuncia l’impronunciabile: ha chiesto al Governo di aprire subito il tubo Nord Stream 2. Al contempo, la Polonia chiede di smantellarlo.

Che fare? Il dilemma, per i tedeschi e per noi, è chiaro: se non superiamo questa tagliola energetica, cessiamo di essere i leader mondiali della manifattura.

Ripeto, la situazione sta precipitando, per fortuna abbiamo ancora operativo il Governo Draghi.

(Zafferano.news)

 

 

 

Gustavo Zagrebelsky: "Il presidenzialismo,

un pericolo per questa Italia".

 Repubblica.it- Simonetta Fiori- (6- agosto- 2022) – ci dice:

 

Il maestro di diritto costituzionale analizza la riforma proposta dal partito di Giorgia Meloni. E le sue possibili derive autoritarie.

"Il presidenzialismo proposto da Giorgia Meloni potrebbe tradursi in un regime autoritario sul genere di quello di Orbán, dove il presidente della Repubblica perde il ruolo di garante della Costituzione perché non è più una figura super partes. E sotto il suo potere - o sotto il potere del Partito del Presidente - il Parlamento rischierebbe di rimanere schiacciato, in una condizione di ricatto permanente". Gustavo Zagrebelsky, maestro di diritto costituzionale ed ex presidente della Consulta, ha in mano il testo della proposta di legge costituzionale presentato da Fratelli d'Italia. "Io non sono contrario al modello presidenzialista in sé, ma alle conseguenze che potrebbe avere in Italia. Ogni forma di governo è come un abito che deve essere indossato: bisogna tenere conto delle caratteristiche specifiche del corpo di una nazione, anche dei suoi difetti".

Professor Zagrebelsky, che cosa la preoccupa di più?

"Partiamo dal testo introduttivo della proposta di legge. Sembra che la scelta della forma di governo sia qualcosa che si fa in astratto. Come entrare in un bazar delle istituzioni e scegliere dagli scaffali questo e quello senza interrogarsi seriamente sull'ethos pubblico del proprio paese. E allora bisogna ripartire dai classici".

Che cosa dicono i classici?

"Dicono che ogni forma di governo, e quindi l'architettura dello Stato, deve essere adatta alla base sociale e politica del Paese in cui deve essere realizzata. Non è come la formina che si mette sulla sabbia per ottenerne le diverse sagome. O forse è più efficace l'analogia sartoriale: non esiste un abito che in astratto va bene per tutti: bisogna tener conto delle caratteristiche e anche delle malformazioni del corpo che deve indossarlo. Solo così puoi cucirgli addosso un abito adatto".

Fuor di metafora, perché il popolo italiano è poco adatto al presidenzialismo?

"La risposta ha radici profonde nella nostra storia. Tacito negli Annali parlava di rudere in servitium: si riferiva alla propensione dei romani di accorrere al servizio dell'imperatore Tiberio.

 Ecco, esiste una nostra attitudine a servire il potente che è ampiamente dimostrata dal consenso plebiscitario a Mussolini sotto il fascismo. Un affrettarsi sul carro del vincitore che può rovesciarsi anche nel suo contrario, ossia nell'abbandonarlo precipitosamente ai primi segni di debolezza. Uno sbandamento tra l'amore acritico e il dileggio estremo che fa parte della storia degli italiani. Vi fa riferimento anche Manzoni quando accenna al "servo encomio" e al "codardo oltraggio". Noi abbiamo questa pulsione ad adeguarci, che può contagiare i poteri economici o l'informazione: non mancano gli esempi".

Quindi il sistema presidenziale in Francia non corre gli stessi rischi perché abbiamo una storia diversa?

"Corre sempre dei rischi, ma di diversa natura: lo spirito pubblico francese è tutt'altro che rudere in servitium. In Francia hanno fatto le rivoluzioni, in Italia non ne abbiamo mai viste. E oggi i francesi sono capaci di promuovere scioperi che paralizzano il Paese per settimane".

Il presidenzialismo fu proposto anche da personalità della cultura democratica. Nel testo che introduce la legge compare un lungo elenco: da Salvemini a Calamandrei, da Valiani a La Pira.

"Sì, a dire il vero ci mettono anche il nome di Randolfo Pacciardi, che in fatto di democrazia non ci fa sentire così al sicuro: prima di morire ammise di aver progettato un golpe nel 1974.

Il presidenzialismo fu respinto dall'Assemblea Costituente in base a quello che qualche sottile politologo ha chiamato "la paura del tiranno": venivamo appunto da vent'anni di dittatura fascista.

Ma io oggi insisterei di più sul "complesso del servo" che ha radici ancora più antiche nella storia d'Italia. Ed è quello che oggi rende pericoloso il cambiamento dell'assetto di governo. Il presidenzialismo è in fondo una forma di estremismo. C'è uno che vince e uno che perde, o di qua o di là: più estremo di così! Linguaggio bellico. Invece i regimi parlamentari sono quelli affidati all'interlocuzione. Non uso a caso questa parola".

Nel testo della legge viene rivendicato il passaggio da "una democrazia interloquente" a "una democrazia decidente".

"Le parole sono rivelatrici. Ora "interloquire" è sinonimo di "partecipazione". Quindi ciò che vuole Fratelli d'Italia è un governo forte, che esclude la partecipazione a favore della decisione. Ma la decisione - come ci rivela l'etimologia - è qualcosa che divide.

 E chi perde resta tagliato fuori da tutto. Ma se questa fosse la visione della democrazia allora avrebbe ragione il bravo Rousseau: gli inglesi credono di essere liberi, ma in realtà lo sono solo quando votano.

E per quattro anni restano servi dei vincitori. Noi abbiamo della democrazia un'idea diversa, dove la libertà non si esercita solo al momento del voto ma si incarna in procedure anche conflittuali su ogni problema. È questa "l'interlocuzione" che vorrebbero bandire".

Quindi oggi che cosa rischiamo?

"Gli italiani devono scegliere: se vogliono una democrazia con il vincitore - un regime autoritario alla Orbán - o una democrazia senza vincitori e vinti ma dove ogni parte politica, nella misura del consenso che ha ottenuto, lo spende in una dinamica quotidiana nel rispetto della partecipazione di tutti".

 

Lei dice che rischiamo un regime alla Orbán. Vogliamo spiegare cosa prevede la nuova legge?

"La prima incongruenza riguarda la figura del presidente della Repubblica. Se si realizzasse la proposta di Meloni, diventerebbe un soggetto governante e iperpoliticizzato: eletto a suffragio diretto, con il sostegno di una forza politica, nomina il primo ministro, su proposta del premier nomina e revoca i ministri, e presiede il Consiglio dei ministri salva delega al primo ministro.

Ora una figura di questo genere è espressione di una sola parte politica, quella che ha vinto, non è più super partes e quindi non si può pretendere che sia garante della Costituzione che è un bene di tutti.

Nel nuovo articolo 83 della Costituzione riscritto da Fratelli d'Italia leggo che il presidente della Repubblica vigila sul rispetto della Carta. Ma il vincitore non può essere garante".

È l'unica incongruenza?

"No, credo ne emergeranno molte altre. Mi limito a segnalarne una seconda. A un certo punto compare inopinatamente la "sfiducia costruttiva": il Parlamento può votare la sfiducia al governo ma deve contemporaneamente indicare il nome del nuovo primo ministro.

Si tratta di un istituto iper-parlamentarista preso dal modello tedesco, che ha senso solo in un sistema parlamentare.

Siamo dinnanzi a una clamorosa contraddizione rispetto all'ispirazione presidenzialista della legge. Come se davvero chi l'ha scritta avesse spiluccato di qua e di là, un po' dal modello francese un po' dal sistema tedesco, nella speranza che il tutto regga".

Non si può intendere come il tentativo di controbilanciare il potere del presidente?

"No, il potere del presidente - e del suo partito - resta schiacciante. Il presidente della Repubblica può disporre lo scioglimento delle Camere: è così anche oggi, ma in un contesto radicalmente diverso. Il presidente attuale non ha un suo partito politico, e non ha la necessità di averlo. Mentre, con l'elezione diretta, il presidente ha necessità di un partito che lo sostenga in campagna elettorale. In questo modo, se non il presidente, il partito del presidente avrebbe un potere di pressione e di ricatto enorme sul Parlamento: che cosa succede se l'assemblea legislativa non si piega alla sua volontà?".

C'è il rischio di una involuzione autoritaria?

"Chi non si adegua potrebbe rischiare di essere represso. Pericolo tanto più grave in situazioni come quelle che si prospettano nel futuro, molto calde sul piano della pace sociale. Proprio per questo la democrazia dell'interlocuzione deve essere difesa con le unghie e con i denti".

 Come siamo arrivati a questo punto?

"Questa proposta di legge è un manifesto che chiama a raccolta chi ha "in gran dispitto" la fatica e le procedure della democrazia parlamentare. Se attira gli elettori è perché è diffusa nel Paese una sorta di frustrazione democratica, tra delusione e rinuncia. Di fronte a questa frustrazione che uscite ci sono? Una è la rassegnazione: allora largo agli autoritarismi. L'altra è l'impegno democratico".

Il suo stato d'animo?

"Sono preoccupato, pensando a tutti i cittadini che hanno a cuore la democrazia. Essa non è sinonimo di buon governo, ma è l'unico assetto politico che garantisca la dignità politica di tutti. Gli altri regimi non prevedono cittadini, ma sudditi. E, a proposito, mi ha colpito che nella proposta di legge si parli di italiani, non di cittadini italiani, come sta scritto nella Costituzione del 1948. È una sfumatura, ma significativa. Anche la scelta delle parole restituisce una diversa idea della democrazia e dell'inclusione".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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