FUSIONE FREDDA.

 FUSIONE FREDDA.

 

Quali Sviluppi potrebbe avere

il Conflitto in corso in Ucraina.

Conoscenzealconfine.it – (26 Ottobre 2022) - Claudio Martinotti Doria – ci dice:

 

Prima di addentrarmi in quello che voglio comunicare, devo fare alcune premesse. Quanto ho scritto nei miei pochi articoli precedenti, si è rivelato preciso e centrato come previsioni almeno al 90%, il 10% di margine di errore è attribuibile a una mia ancora latente vena di ottimismo, che mi fa deviare dall’analisi necessariamente critica e cinica della realtà.

Non avevo alcuna intenzione di scrivere altri articoli, ma la gravità della situazione mi ha indotto a rompere gli indugi e la proverbiale pigrizia. Non fosse altro che per contrastare le menzogne mediatiche di regime che continuano a descrivere una realtà che esiste solo nella narrativa propagandistica, che ha raggiunto livelli parossistici e ridicoli che solo gli imbecilli possono ancora ritenere attendibili.

Dovrò necessariamente essere telegrafico e riduttivo, perché gli argomenti sono moltissimi e potrò solo sfiorarli. Mi limiterò soltanto a fornire un quadro a grandi linee della situazione e della sua pericolosità. Fatte queste premesse, esaminiamo subito dati importanti che non sono certo stati forniti nei media mainstream.

Le Forze Armate ucraine finora hanno avuto oltre 380 mila perdite, e intendo proprio morti, poi aggiungeteci i feriti, che di solito sono più dei morti. Le perdite ucraine sono all’incirca 15 volte superiori alle perdite subite dai russi.

 Ma la sorpresa che mi ha spiazzato è stata rilevare l’aggiornamento sulle perdite tra i soldati della NATO, perché si tratta di una guerra tra la NATO e la Russia, l’Ucraina è solo il campo di battaglia e gli ucraini sono solo gli utili idioti sacrificabili, sfruttati a questo scopo, così come avverrà per tutti gli altri popoli che si presteranno.

Ebbene da indagini eseguite accuratamente presso tutti i punti sociali e istituzionali utili a tale scopo, (ad esempio le pompe funebri e i dati degli obitori, in proposito ho attinto prevalentemente da OSINT – open source intelligence) hanno rivelato che sono morti oltre 30mila soldati del cosiddetto contingente internazionale, cioè della NATO con divisa ucraina.

Alcune fonti sono addirittura superiori, ma io, come sono solito fare, prendo sempre la cifra più bassa, per prudenza.

Quindi complessivamente i morti tra le fila NATO/Ucraina superano abbondantemente le 400mila unità.

Un’enormità che avrebbe dovuto indurre qualsiasi governo che abbia a cuore le sorti del suo popolo a negoziare.

Questo dato cosa rivela in particolare? Rivela che alle poche migliaia di soldati NATO (inizialmente mercenari), che io stesso indicavo come presenti in Ucraina e ininfluenti sulle sorti del conflitto durante i primi mesi, di fronte all’evidente catastrofe cui andava incontro l’esercito ucraino, se ne sono aggiunti col tempo decine di migliaia, INVIATI DAI LORO STESSI COMANDI, seppur sotto l’ipocrita definizione di “volontari” e sotto le mentite spoglie di soldati ucraini materializzatisi improvvisamente.

Ovviamente sono strapagati, alla pari dei cosiddetti contractors, per indurli ad affrontare rischi così elevati occorre che il compenso sia adeguato. Il compenso supera abbondantemente i 1000 euro al giorno, somma solo apparentemente elevata rispetto ai rischi che si corrono di rimanere uccisi o mutilati.

Questo spiegherebbe le grandi offensive ucraine dell’ultimo mese e mezzo, che si stima abbiano coinvolto oltre 60mila soldati perfettamente addestrati ed equipaggiati, e non potevano certo essere tutti ucraini, visto che l’esercito ucraino è ormai decimato, nel senso che ne è rimasto un decimo, ormai da mesi ricorrono alle unità delle milizie territoriali per sopperire alle pesanti perdite, che sono poco addestrate e le usano come carne da cannone costringendole a combattere.

Ormai per trovare persone disposte ad andare a farsi ammazzare al fronte devono costringerli con la forza e se si rifiutano non c’è il carcere (come era all’inizio) ma la fucilazione.

E i nazisti che fungono da polizia militare li uccidono sul posto se si rifiutano di combattere o se accennano ad arrendersi.

Questi fatti ovviamente i media mainstream occidentali non li riportano. Continuano a riferire di un’Ucraina democratica e civile aggredita dai russi.Tacciono sulle migliaia di uccisioni di civili ritenuti collaborazionisti solamente perché sono rimasti nelle loro abitazioni dopo l’arrivo dei russi o sulla corruzione tra gli esponenti nazisti del regime, a tutti i livelli, per cui hanno consentito di emigrare solo a coloro che hanno pagato una sorta di tariffario.

Tantomeno i media occidentali rivelano che il regime di Kiev approfittando della guerra ha assunto pieni poteri dittatoriali eliminando tutta l’opposizione e silenziando ogni voce contraria, ogni manifestazione di dissenso, anche minimo.

 La pena è la morte e la confisca di tutti i loro beni. Mica per nulla sono nazisti, perché si comportano come tali, anche peggio.

Quindi ricapitolando, alcuni analisti militari stimano che almeno la metà dei soldati che hanno realizzato le offensive ucraine negli oblast di Kharkiv e Kherson erano della NATO, e siccome hanno avuto mediamente circa 500 morti al giorno durante i combattimenti nelle fasi più acute degli scontri, e sono trascorsi quasi un paio di mesi, fate presto a fare i conti di quante migliaia di soldati NATO sono morti solo nelle ultime settimane, senza contare quelli caduti sotto gli intensi bombardamenti nelle retrovie.

Inoltre, la Russia con i bombardamenti mirati alle infrastrutture dell’Ucraina sta mettendo in ginocchio il paese, impedendo le comunicazioni, gli approvvigionamenti e la logistica, oltre a lasciare al freddo, senza luce e senza carburanti e cibo la popolazione oltre all’esercito.

Tutto questo sacrificio di vite umane aveva il solo scopo di ottenere qualche effimero successo militare ucraino per favorire i DEM prima delle elezioni di medio termine negli USA, che avverranno l’8 novembre 2022.

Senza questi successi sul campo, il regime nazista di Kiev rischiava l’interruzione dei finanziamenti e delle forniture militari da parte dell’Occidente, cosa che comunque avverrà, perché i mezzi militari e le munizioni si stanno esaurendo anche in Occidente e ci vogliono mesi per produrle. Inoltre i costi sono esorbitanti e l’Occidente non può permettersi di continuare a finanziare la guerra in Ucraina, indipendentemente dalle dichiarazioni di facciata dei politicanti di turno.

Ma questi successi militari sul campo non influiscono minimamente sulle sorti della guerra, far retrocedere di qualche decina di km le truppe russe non determinerà le sorti della guerra, se poi, come è infatti avvenuto, le offensive ucraine si spengono e vengono respinte con gravissime perdite di vite umane e di mezzi bellici.

A questo punto gli USA non potranno fare altro che forzare la mano e intervenire direttamente, o quantomeno tramite alleati affidabili e russofobi, come i polacchi e i paesi baltici, probabilmente dopo una falsa flag (operazione sotto falsa bandiera) da imputare ai russi per giustificare un intervento NATO.

Da mesi si sospetta che i nazi-ucraini stiano preparando una bomba sporca, cioè radioattiva, sotto la supervisione degli anglosassoni (UK e USA sono i maggiori fomentatori del conflitto perché le loro economie stanno collassando), per poi accusare i russi e provocare un’escalation bellica, coinvolgendo altri paesi NATO.

Gli USA NON POTRANNO MAI ACCETTARE CHE IL MONDO DIVENTI MULTIPOLARE, come vorrebbero Russia e Cina, perché provocherebbe il tracollo del dollaro come moneta internazionale (l’ingresso dell’Arabia Saudita nei BRICS significa proprio questo: la fine del petrodollaro), senza il dollaro come moneta dominante gli americani dovrebbero rinunciare al loro elevato tenore di vita parassitario sulle spalle del resto del mondo, e non sono certo disposti a farlo, quindi non rimane che la guerra totale.

Purché non sia nucleare. È questo il punto che li ha frenati finora.

Hanno confidato che la Russia, essendo un paese responsabile e non criminale come gli USA, non vi ricorresse mai in alcuna circostanza, ma non possono esserne certi.

 E siccome la Russia con i missili ipersonici ha una netta superiorità tecnologica nel settore, se dovesse ricorrervi, gli USA come potenza militare cesserebbe di esistere, la loro preziosa flotta che li ha resi una potenza marittima di primo piano verrebbe spazzata via dal Mediterraneo e dal Mare del Nord in pochi minuti. Nessuna difesa aerea è in grado fermare i loro missili ipersonici.

Solo gli imbecilli che s’informano tramite la tv non sanno della netta superiorità tecnologica militare russa raggiunta ormai da alcuni anni, ma credono ancora che siano gli USA a detenere la supremazia militare del pianeta.

Gli americani invece lo sanno benissimo, soprattutto al Pentagono, che non ha alcuna intenzione di misurarsi con la Russia.

Quindi sottobanco si stanno consultando con i russi per cercare di limitare il conflitto alla sola guerra convenzionale terrestre.

Vorrebbero cioè che si sacrifichino solo vite umane (possibilmente di altri popoli) e non le loro preziose e costosissime navi da guerra o i satelliti (anche questi ultimi la Russia potrebbe eliminarli facilmente, ad esempio, con armi a impulsi elettromagnetici).

Se negli USA la popolazione, che è in maggioranza contraria alla guerra in Ucraina contro la Russia (come anche in Europa), non si deciderà a dare una spallata definitiva al fantoccio demente Biden e al suo entourage DEM, composto da neocons e/o sionisti, psicopatici guerrafondai che stanno distruggendo l’Occidente, Europa in primis, si arriverà a una guerra totale e verrà combattuta in Europa, la quale è già prostrata a causa della crisi energetica artificialmente indotta per sottometterla come colonia degli USA e non più concorrente.

In alternativa, potrebbero scegliere l’opzione terroristica permanente, cioè ricorrere ad azioni continue di sabotaggio, incursioni, attentati, guerriglie e guerra sporca, ecc., in tutta Europa e in Russia.

 L’importante è tenere alta la tensione, la paura, la ferocia, la vendetta, la ritorsione… com’è nel loro stile barbaro distruttivo e involutivo.

Con la miseria che loro stessi hanno creato in Europa, non avranno alcuna difficoltà a reclutare decine di migliaia di mercenari russofobi per i loro scopi, addestrandoli e occultandoli nelle loro numerose basi militari sul suolo europeo.

Sui burattini che governano attualmente l’Europa non dedico tempo, perché sarebbe sprecato, non mi interessa sapere se sono corrotti o sono stupidi o entrambe le cose, per me è come non esistessero, sono solo marionette, prive di anima e di autonomia di pensiero e di azione.

 Non riuscirebbero a fare nulla di utile e adeguato alle circostanze neppure per sbaglio.

Non bisognava votarli, nel senso che non si doveva proprio votare, era l’unico modo per delegittimarli.

 Chi li ha votati ora risolva il problema che ha contribuito a creare.

Li renda innocui, perché questi obbediranno al padrone, non sanno fare altro, e quindi ci porteranno alla catastrofe.

(Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria- cavalieredimonferrato.it/)

 

 

PER LA SUPREMA CORTE DI NEW YORK

L’OBBLIGO VACCINALE COVID È INCOSTITUZIONALE.

Visionetv.it – Giulia Burgazzi – (26 Ottobre 2022) – ci dice:

 

La Suprema Corte di New York ha demolito l’obbligo di vaccinazione anti Covid che nella stessa New York è in vigore per i dipendenti pubblici dall’autunno 2021. La sentenza, pronunciata lunedì 24 ottobre 2022, porta la firma del giudice Ralph Porzio.

Definisce l’obbligo “incostituzionale, arbitrario e capriccioso” e sottolinea che la vaccinazione non impedisce di contrarre e di trasmettere il Covid.

Del resto, si può aggiungere, la stessa Pfizer ha ammesso di non aver testato l’efficacia del suo vaccino nel fermare la trasmissione del virus.

La sentenza riguarda 16 operatori dei servizi sanitari che, rifiutando la vaccinazione, hanno perso il lavoro e hanno conseguentemente deciso di intentare una causa.

 Dovranno essere reintegrati, ha stabilito il giudice, e dovranno recuperare gli stipendi non percepiti in questo lasso di tempo.

 Questo verdetto, ovviamente, apre la strada a una valanga di cause e di vittorie analoghe.

Probabilmente proprio il desiderio di scongiurare una valanga del genere ha indotto la Città di New York ad appellarsi contro la sentenza.

Nel febbraio scorso, termine ultimo per vaccinarsi, risultavano renitenti alla siringa (e dunque sull’orlo del licenziamento) circa 4mila dei 370mila dipendenti municipali.

Nel 2021, il sindaco di New York aveva infatti stabilito l’obbligo di vaccinazione anti Covid per tutti i lavoratori.

L’aveva fatto però, per così dire, in due rate: in ottobre per quelli del settore pubblico, in dicembre per quelli del settore privato.

 Esentati tuttavia atleti, artisti e quanti si esibiscono in pubblico. La disparità di trattamento è uno degli elementi che hanno convinto il giudice a bollare gli obblighi vaccinali come arbitrari e capricciosi.

L’obbligo nel settore privato decadrà a New York il primo novembre, anche se la municipalità – comportandosi come l’ultimo dei Mohicani – incoraggia le aziende private a dotarsi di una politica vaccinale e mantiene l’obbligo per i dipendenti pubblici che, per lavoro, entrano in contatto anche con una sola persona: cioè praticamente per tutti.

La disparità di trattamento rilevata dal giudice Porzio non accenna dunque a sparire.

Tuttavia la sua sentenza si spinge ben oltre.

 Stabilisce che i dipendenti municipali non devono essere licenziati per aver scelto “di non proteggersi” attraverso il vaccino anti Covid.

Sottolinea infatti che si ammalano anche i vaccinati con tre dosi: l’obbligo di vaccino dunque non costituisce un beneficio per la collettività.

(GIULIA BURGAZZI)

 

 

 

VON DER LEYEN, LA UE DARÀ 1,5 MILIARDI

DI EURO AL MESE ALL’UCRAINA:

SOLO NEL 2023 SONO 18 MILIARDI.

Visionetv.it – Giulia Burgazzi – (25 Ottobre 2022) – ci dice:

 

Soldi, soldi e ancora soldi europei ed italiani all’Ucraina.

Sono oltre 29 miliardi a partire dal febbraio, cioè dall’inizio della guerra. Altri ne arriveranno.

L’elettorato non sembra aver modo di contrastare la generosità praticamente illimitata con la quale l’Unione Europea ed i Governi europei aiutano l’Ucraina contro la Russia.

La presidente della Commissione Europea, Ursuyla von der Leyen, ha annunciato venerdì 21 ottobre 2022 che l’UE è pronta a dare all’Ucraina altro denaro nel 2023: fino a 18 miliardi.

Serviranno per evitare la bancarotta.

Queste le parole di von der Leyen:

L’Ucraina ha bisogno di una somma compresa fra 3 e 4 miliardi di euro al mese solo per le spese correnti.

Io lavoro affinché l’Ue assuma una partecipazione equa in questo sforzo, garantendo 1,5 miliardi al mese, fino a quando sarà necessario (…).

Sono 18 miliardi di euro per il 2023.

Arriverà anche una somma incredibile di miliardi per la ricostruzione post bellica. L’UE sembra intenzionata a fare la sua parte, sebbene non si sappia ancora quale sarà.

Anche se la guerra sembra ben lungi dal volgere al termine, martedì 25 ottobre, si parla del “piano Marshall” per il dopoguerra dell’Ucraina durante una conferenza internazionale che si svolge a Berlino.

Difficile tener traccia di ogni singolo – diciamo – atto di generosità europeo nei confronti dell’Ucraina.

Gli oltre 29 miliardi finora assegnati da UE e Stati membri risultano dal database degli aiuti all’Ucraina creato dal Kiel Institute for the World Economy, un ente di ricerca tedesco che si occupa di globalizzazione.

Uno schiaffo a tutti quelli che non sanno come pagare le bollette in seguito alle sanzioni contro la Russia e al rincaro dell’energia.

Esiste uno scollamento abissale fra Governi ed UE da un lato e, dall’altro lato, il desiderio di pace e trattative, molto diffuso in Europa.

Di questo scollamento si è parlato durante la puntata di “Dietro il sipario” di lunedì 24 ottobre: il video ripropone uno spezzone di Adolfo Morganti. Eppure

Eppure, di questo passo, i soldi all’Ucraina dell’UE e della Commissione Europea guidata da Ursula von der Layen sembrano avviati a superare i 71 miliardi che rappresentano il valore dei contratti UE per l’acquisto di oltre 4 miliardi di dosi di vaccini Covid.

 L’UE infatti ha impiegato quasi due anni per arrivare a 71 miliardi coi vaccini: per l’Ucraina, siamo a 29 miliardi e rotti in otto mesi.

C’è un altro aspetto del fiume di soldi UE. Si tratta della volontà di requisire i beni congelati alla Russia attraverso le sanzioni e di darli all’Ucraina. Una decisione del genere sobbolle da un pezzo. Ursula von der Leyen ne ha parlato ufficialmente durante la conferenza internazionale di Berlino dedicata al “piano Marshall” per la ricostruzione dell’Ucraina.

Lo scopo dell’UE, ha dichiarato, non è confiscare, ma requisire i beni della Russia in Europa. Non ha detto che si vogliono dare quei beni all’Ucraina, ma è facile intuirlo.

Del resto, lo ha chiesto il Parlamento europeo. La confisca (e non il blocco) dei beni oggetto di sanzione sarebbero un fatto inaudito. Non a caso Ursula von der Leyen ha parlato anche della necessità di creare un solido quadro legale.

Si calcola che il valore dei beni congelati con le sanzioni UE alla Russia solo fino al giugno scorso ammontasse a 13,8 miliardi.

Ancora pochi mesi prima dell’inizio della guerra la Commissione Europea si metteva le mani nei capelli per l’alto tasso di corruzione dell’Ucraina. Che fine faranno tutti i soldi – anche soldi nostri – che prendono la via di Kiev

(GIULIA BURGAZZI)

 

 

STATI UNITI, L’IMBARAZZANTE RETROMARCIA

DEI 30 DEMOCRATICI (Dem) CHE AVEVANO SCRITTO

UNA LETTERA A BIDEN CHIEDENDO

DI NEGOZIARE CON LA RUSSIA.

Visionetv.it- Giulia Burgazzi – (26 Ottobre 2022) – ci dice:

 

La botta di buonsenso è durata solo poche ore.

I 30 deputati “liberal dem usa” del Partito democratico statunitense che avevano scritto una lettera al presidente Biden chiedendo trattative di pace per l’Ucraina hanno fatto un’immediata ed imbarazzante retromarcia attraverso un comunicato ufficiale.

Ecco il cuore del comunicato:

La lettera è stata redatta diversi mesi fa, ma purtroppo è stata diffusa dallo staff senza essere vagliata. In qualità di presidente del Caucus, me ne assumo la responsabilità.

A causa della tempistica, il nostro messaggio è stato confuso da alcuni come equivalente alla recente dichiarazione del leader repubblicano McCarthy, che minacciava la fine degli aiuti all’Ucraina qualora i repubblicani prendessero il potere.

 La prossimità di queste dichiarazioni ha creato la spiacevole impressione che i democratici, che hanno sostenuto e votato con forza e all’unanimità ogni pacchetto di assistenza militare, strategica ed economica al popolo ucraino, siano in qualche modo allineati con i repubblicani, i quali cercano di staccare la spina al sostegno americano al Presidente Zelensky e alle forze ucraine.

Niente potrebbe essere più lontano dalla verità. Ogni guerra finisce con la diplomazia, e anche questa lo farà, dopo la vittoria ucraina.

La firma è di Pramila Jayapal.

Quella lettera, insomma, è stata diffusa per un errore dello staff, dicono i 30. Un classico: manca solo che addossino la colpa ad uno stagista malaccorto. La cosa più importante, tuttavia, è che ora chiedono di portare avanti la guerra senza se e senza ma, fino alla vittoria finale.

Resta da vedere come la prenderà l’elettorato. I repubblicani, fautori del dialogo diplomatico con la Russia, secondo i sondaggi sono avviati a conquistare un buon numero di seggi nelle imminenti elezioni di medio termine.

Magari potrebbero conquistarne perfino di più alla luce di un episodio dal quale traspare che la compattezza sbandierata dai democratici nell’appoggio all’Ucraina e alla guerra è credibile quanto un errore dello staff a proposito di una lettera così importante.

La lettera dei 30 deputati “liberal dem usa”, capeggiati da Pramila Jayapal, sembrava aver aperto nell’atteggiamento dei dem statunitensi una crepa foriera di speranze e di pace.

Se n’è parlato durante “Il Punto” di martedì 25 ottobre dell’intervento del giornalista Franco Fracassi.

Per la prima volta, esponenti di spicco del suo stesso partito sollecitavano il presidente Biden ad abbandonare l’atteggiamento oltranzista all’insegna di “pace solo quando vuole Zelensky”, il quale peraltro ha vietato per decreto le trattative con la Russia.

La lettera, oltre ad invocare trattative dirette con la Russia, sottolineava che l’alternativa era costituita dal rischio di escalation di una guerra descritta come in ogni caso lunga e gravida di incognite. Una botta di buonsenso, appunto: la presa d’atto della situazione. E invece…

E invece la stessa Pramila Jayapal ha firmato nel giro di poche ore la ritrattazione completa.

 Quella lettera, afferma nella ritrattazione, è stata scritta molti mesi fa e purtroppo è stata resa pubblica dallo staff senza essere sottoposta ad un vaglio. Aggiunge (come d’uso in questi casi) di assumersi la responsabilità dell’errore, in veste di presidente del raggruppamento dei democratici “liberal dem usa”.

Nella ritrattazione, Pramila Jayapal si duole della “spiacevole impressione” causata dalla lettera.

 Si duole cioè del fatto che i democratici siano sembrati in qualche modo allineati con i repubblicani, i quali “cercano di staccare la spina” al sostegno offerto dagli Usa a Zelensky e all’Ucraina.

I democratici invece, ricorda Jayapal, hanno appoggiato e votato unanimi ogni pacchetto di assistenza militare, strategica ed economica all’Ucraina.

La frase più pesante e più bellicista è nelle ultime righe della ritrattazione. Dice che ogni guerra finisce con la diplomazia, e così sarà anche per questa: ma “dopo la vittoria dell’Ucraina”.

 Ovvero: di trattative per fermare la guerra non si parla nemmeno, esattamente come dice Zelensky. Avanti fino alla vittoria, anche a costo di scatenare l’Armageddon.

(GIULIA BURGAZZI).

 

 

 LE ORIGINI OSCURE DEL GRANDE

RESET DI DAVOS di Klaus Schwab.

Nogeoingegneria.com – F. William Engdahl – (26 OTTOBRE 2022) – ci dice:

 

C’è un’ombra potente, ed è quella dei Rockefeller, appare in tutti i settori essenziali degli ultimi 100 anni e si staglia dietro nomi, come quello di Henry Kissinger, convinto che Il suo amico David Rockefeller sia un uomo che ha servito il mondo.

Collaboratore del presidente Eisenhower, Rockefeller incontrò Kissinger nel ’55 in un seminario organizzato con istituti di cultura e organismi governativi per esaminare vari problemi di politica internazionale; gli offrì di lavorare alla Fondazione Rockefeller.

Da qui il passaggio verso il World Economic Forum è tracciabile con facilità. I fili si connettono a Harvard.

La FONDAZIONE ROCKEFELLER SA IMMAGINARE IL FUTURO PER I PROSSIMI 100 ANNI” DOPO AVER TRACCIATO LA STRADA NEL SECOLO SCORSO.

E il nome di Rockefeller non è certamente assente dalla Green Agenda. Negli anni ’60, i Rockefeller avevano avviato le cosiddette Rivoluzioni Verdi in Messico e in India, mentre in Africa dal 2006 c’è l’Alleanza per la Rivoluzione Verde, favorevole agli OGM.

Molto stretta fu la complicità con Maurice Strong, che per molti versi era il Rockefeller canadese.

Maurice Strong ha svolto un ruolo cruciale nella globalizzazione del movimento ambientalista, e la rivista canadese Alberta Report lo battezzò sarcasticamente sulla sua copertina ‘Padre Terra’.

È un’ironia molto eloquente.

IL GRANDE RESET NON È ARRIVATO DAL NULLA.

Le origini oscure del Grande Reset di Davos di Klaus Schwab.

 

È importante capire che non c’è una sola idea nuova o originale nella cosiddetta Agenda del Grande Reset per il mondo di Klaus Schwab.

 Nemmeno il suo programma sulla Quarta Rivoluzione Industriale o la sua affermazione di aver inventato il termine “capitalismo degli stakeholder” sono un prodotto di Schwab.

Klaus Schwab è poco più di un abile agente di pubbliche relazioni per un’agenda tecnocratica globale, di una unione corporativa tra il potere delle imprese e il governo, comprese le Nazioni Unite, un’agenda le cui origini risalgono ai primi anni Settanta e anche prima.

Il Grande Reset di Davos non è altro che un progetto aggiornato per una dittatura distopica globale sotto il controllo delle Nazioni Unite, che è in fase di realizzazione da decenni. Protagonisti David Rockefeller e il suo pupillo Maurice Strong.

All’inizio degli anni Settanta, non esisteva probabilmente persona più influente nella politica mondiale di David Rockefeller, allora noto soprattutto come presidente della Chase Manhattan Bank.

Creare il nuovo paradigma.

Alla fine degli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta, i circoli internazionali direttamente legati a David Rockefeller lanciarono una serie impressionante di organizzazioni d’élite e think tank.

Tra queste, il Club di Roma, il 1001: A Nature Trust, legato al World Wildlife Fund (WWF), anche la Conferenza della Giornata della Terra delle Nazioni Unite di Stoccolma, lo studio del MIT Limits to Growth e la Commissione Trilaterale di David Rockefeller.

Club di Roma.

Nel 1968 David Rockefeller fondò un think tank neomalthusiano, il Club di Roma, insieme ad Aurelio Peccei e Alexander King. Aurelio Peccei era un alto dirigente dell’azienda automobilistica Fiat, di proprietà della potente famiglia italiana degli Agnelli.

Gianni Agnelli della Fiat era un amico intimo di David Rockefeller e membro del Comitato consultivo internazionale della Chase Manhattan Bank di Rockefeller.

Agnelli e David Rockefeller erano amici intimi dal 1957. Agnelli divenne membro fondatore della Commissione Trilaterale di David Rockefeller nel 1973. Alexander King, capo del programma scientifico dell’OCSE, era anche consulente della NATO. Questo fu l’inizio di quello che sarebbe diventato il movimento neo-malthusiano “people pollute”.

Nel 1971 il Club di Roma pubblicò un rapporto profondamente fallace, “Limiti alla crescita”, che prevedeva la fine della civiltà come la conoscevamo a causa della rapida crescita della popolazione, combinata con risorse fisse come il petrolio. Il rapporto concludeva che, senza cambiamenti sostanziali nel consumo delle risorse, “il risultato più probabile sarà un declino piuttosto improvviso e incontrollabile sia della popolazione che della capacità industriale”.

Si basava su simulazioni al computer fittizie effettuate da un gruppo di informatici del MIT. La previsione era azzardata: “Se le attuali tendenze di crescita della popolazione mondiale, dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione alimentare e dell’esaurimento delle risorse continueranno invariate, i limiti della crescita su questo pianeta saranno raggiunti entro i prossimi cento anni”.

Era il 1971. Nel 1973 Klaus Schwab, nel suo terzo incontro annuale di Davos con i leader d’impresa, invitò Peccei a Davos per presentare Limits to Growth agli amministratori delegati delle aziende riunite.

Nel 1974, il Club di Roma dichiarò coraggiosamente: “La Terra ha un cancro e il cancro è l’uomo”.

Poi: “Il mondo sta affrontando un insieme di problemi globali interconnessi senza precedenti, come la sovrappopolazione, la scarsità di cibo, l’esaurimento delle risorse non rinnovabili (petrolio), il degrado ambientale e la pessima governance”.

 Essi sostengono che,

È necessaria una ristrutturazione ‘orizzontale’ del sistema mondiale… sono necessari drastici cambiamenti nello strato normativo – cioè nel sistema di valori e negli obiettivi dell’uomo – per risolvere le crisi energetiche, alimentari e di altro tipo, cioè sono necessari cambiamenti sociali e cambiamenti degli atteggiamenti individuali se si vuole che avvenga la transizione verso la crescita organica”.

Nel suo rapporto del 1974, “Mankind at the Turning Point”, il Club di Roma ha inoltre sostenuto che:

La crescente interdipendenza tra nazioni e regioni deve tradursi in una diminuzione dell’indipendenza. Le nazioni non possono essere interdipendenti senza che ciascuna di esse rinunci a una parte della propria indipendenza, o almeno ne riconosca i limiti. È giunto il momento di elaborare un piano generale per una crescita organica e sostenibile e per uno sviluppo mondiale basato sull’allocazione globale di tutte le risorse finite e su un nuovo sistema economico globale.

Questa è stata la prima formulazione dell’Agenda 21 delle Nazioni Unite, dell’Agenda2030 e del Grande Reset di Davos del 2020.

David Rockefeller e Maurice Strong.

L’organizzatore di gran lunga più influente dell’agenda di Rockefeller sulla “crescita zero” nei primi anni ’70 fu l’amico di lunga data di David Rockefeller, un petroliere miliardario di nome Maurice Strong.

Il canadese Maurice Strong è stato uno dei primi propagatori della teoria scientificamente sbagliata secondo la quale le emissioni di CO2 prodotte dall’uomo, dai veicoli di trasporto, dalle centrali a carbone e dall’agricoltura, causano un drammatico e crescente aumento della temperatura globale che minaccia “il pianeta”, il cosiddetto riscaldamento globale.

In qualità di presidente della Conferenza di Stoccolma delle Nazioni Unite per la Giornata della Terra del 1972, Strong ha promosso un programma di riduzione della popolazione e di abbassamento degli standard di vita in tutto il mondo per “salvare l’ambiente”.

 

Strong ha dichiarato il suo programma ecologista radicale:

“L’unica speranza per il pianeta non è forse il collasso delle civiltà industrializzate? Non è forse nostra responsabilità far sì che ciò avvenga?”

Questo è ciò che sta accadendo ora, sotto la copertura di una pandemia globale inventata.

Strong era una scelta curiosa per dirigere una grande iniziativa delle Nazioni Unite per mobilitare l’azione sull’ambiente, poiché la sua carriera e la sua considerevole fortuna erano state costruite sullo sfruttamento del petrolio, così come un numero insolito di nuovi sostenitori della “purezza ecologica”, come David Rockefeller o Robert O. Anderson dell’Aspen Institute o John Loudon della Shell.

Strong aveva conosciuto David Rockefeller nel 1947, quando era un giovane canadese di diciotto anni, e da quel momento la sua carriera fu legata alla rete della famiglia Rockefeller.

 Grazie alla sua nuova amicizia con David Rockefeller, Strong, all’età di 18 anni, ottenne una posizione chiave alle Nazioni Unite sotto il tesoriere delle Nazioni Unite, Noah Monod.

I fondi dell’ONU erano gestiti in modo abbastanza conveniente dalla Chase Bank di Rockefeller.

 Questo era tipico del modello di “partenariato pubblico-privato” che Strong avrebbe utilizzato: guadagni privati dal governo dei cittadini.

Negli anni ’60 Strong era diventato presidente dell’enorme conglomerato energetico e compagnia petrolifera di Montreal noto come Power Corporation, allora di proprietà dell’influente Paul Desmarais. Secondo quanto riferito da Elaine Dewar, ricercatrice investigativa canadese, la Power Corporation è stata utilizzata anche come fondo politico per finanziare le campagne di alcuni politici canadesi selezionati, come Pierre Trudeau, padre del pupillo di Davos Justin Trudeau.

Vertice della Terra e Vertice della Terra di Rio.

Nel 1971 Strong fu nominato sottosegretario delle Nazioni Unite a New York e segretario generale dell’imminente conferenza della Giornata della Terra, la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (Earth Summit I) a Stoccolma, in Svezia.

In quell’anno fu anche nominato fiduciario della Fondazione Rockefeller, che finanziò il lancio del progetto Earth Day di Stoccolma.

A Stoccolma fu creato il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), con Strong alla guida.

 

Nel 1989 Strong fu nominato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite per guidare la Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo del 1992 o UNCED (“Rio Earth Summit II”).

In quell’occasione ha supervisionato la stesura degli obiettivi dell’ONU per l'”ambiente sostenibile”, l’Agenda 21 per lo sviluppo sostenibile che costituisce la base del Great Reset di Klaus Schwab, nonché la creazione del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) dell’ONU.

Strong, che era anche membro del consiglio di amministrazione del WEF di Davos, aveva fatto in modo che Schwab fosse un consulente chiave per il Vertice della Terra di Rio.

In qualità di segretario generale della Conferenza di Rio delle Nazioni Unite, Strong commissionò anche un rapporto del Club di Roma, “The First Global Revolution”, scritto da “Alexander King”, che ammetteva che la pretesa del riscaldamento globale da CO2 era solo un espediente inventato per forzare il cambiamento:

“Il nemico comune dell’umanità è l’uomo.

Alla ricerca di un nemico nuovo che ci potesse unire, ci è venuta l’idea che l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d’acqua, la carestia e simili facessero al caso nostro. Tutti questi pericoli sono causati dall’intervento umano e possono essere superati solo cambiando atteggiamento e comportamento.

Il vero nemico, quindi, è lumanità stessa.

Il delegato del Presidente Clinton a Rio, Tim Wirth, ha ammesso lo stesso, dichiarando,

“Dobbiamo affrontare la questione del riscaldamento globale. E anche se la teoria del riscaldamento globale quale opera dell’uomo è sbagliata, faremo la cosa giusta in termini di politica economica e ambientale.” A Rio Strong ha introdotto per la prima volta l’idea strumentale di “società sostenibile” definita in relazione all’obiettivo arbitrario di eliminare la CO2 e gli altri cosiddetti gas serra. L’Agenda 21 è diventata l’Agenda 2030 nel settembre 2015 a Roma, con la benedizione del Papa, con 17 obiettivi “sostenibili”.

Essa dichiarava, tra l’altro, che,

“La terra, a causa della sua natura unica e del ruolo cruciale che svolge nell’insediamento umano, non può essere trattata come un bene ordinario, controllato da individui e soggetto alle pressioni e alle inefficienze del mercato.

 La proprietà privata della terra è anche uno strumento principale di accumulazione e concentrazione della ricchezza e quindi contribuisce all’ingiustizia sociale…

La giustizia sociale, il rinnovamento urbano e lo sviluppo, il fornire abitazioni dignitose e condizioni sane per la gente possono essere raggiunti solo se la terra è usata nell’interesse della società nel suo complesso”.

In breve, la proprietà privata della terra deve diventare sociale per la “società nel suo complesso”, un’idea ben nota ai tempi dell’Unione Sovietica e una parte fondamentale del “Great Reset di Davos” di Klaus Schwab.

 

A Rio nel 1992, dove era presidente e segretario generale, Strong dichiarò:

“È chiaro che gli attuali stili di vita e i modelli di consumo della classe media benestante – che comportano un’elevata assunzione di carne, il consumo di grandi quantità di cibi surgelati e convenienti, l’uso di combustibili fossili, di elettrodomestici, di aria condizionata in casa e sul posto di lavoro e di abitazioni suburbane – non sono sostenibili.”

In breve, la proprietà privata della terra deve diventare sociale per la “società nel suo complesso”, un’idea ben nota ai tempi dell’Unione Sovietica e una parte fondamentale del Great Reset di Davos.

A quel tempo Strong era al centro della trasformazione dell’ONU quale veicolo per l’imposizione di un nuovo “paradigma” tecnocratico globale, utilizzando avvertimenti disastrosi sull’estinzione del pianeta e sul riscaldamento globale, fondendo le agenzie governative con il potere aziendale in un controllo non eletto di praticamente tutto, sotto la copertura della “sostenibilità”.

Nel 1997 Strong ha supervisionato la creazione del piano d’azione successivo al Summit della Terra, il “Global Diversity Assessment” (Valutazione della Diversità Globale), un progetto per il lancio di una quarta rivoluzione industriale, un inventario di ogni risorsa sul pianeta, e di come sarebbe stata controllata, per poi realizzare questa rivoluzione

In quel periodo Strong era co-presidente del Forum economico mondiale di Davos di Klaus Schwab. Nel 2015, in occasione della morte di Strong, il fondatore di Davos Klaus Schwab ha scritto,

“È stato il mio mentore fin dalla creazione del Forum: un grande amico, un consigliere indispensabile e, per molti anni, un membro del nostro Consiglio di Fondazione.”

Prima di lasciare le Nazioni Unite a causa di uno scandalo di corruzione per l’Iraq Food-for-Oil, Strong è stato membro del Club di Roma, amministratore dell’Aspen Institute, amministratore della Fondazione Rockefeller e della Fondazione Rothschild.

 Strong è stato anche direttore del “Tempio della Comprensione del Lucifer Trust (alias Lucis Trust) ospitato presso la Cattedrale di San Giovanni il Divino a New York City,

“dove i rituali pagani includono il condurre pecore e bestiame all’altare per una benedizione. Qui, il vicepresidente Al Gore ha tenuto un sermone mentre i fedeli si recavano all’altare con ciotole piene di compost e vermi…”

Questa è l’origine oscura dell’agenda del Grande Reset di Schwab, secondo la quale dovremmo mangiare vermi e non avere proprietà privata per “salvare il pianeta”. L’agenda è cupa, distopica e progettata per eliminare miliardi di noi “persone normali”.

(F. William Engdahl è consulente e docente di rischi strategici, si è laureato in politica all’Università di Princeton ed è autore di best-seller sul petrolio e sulla geopolitica. È ricercatore associato del Centre for Research on Globalization -CRG.)

 

 

 

 

IL MINISTERO DELLA DIFESA RUSSO

 E L'UFFICIO DI INTELLIGENCE (FSB)

GRIDANO DAI TETTI: L'UCRAINA FARÀ

 ESPLODERE UN ORDIGNO NUCLEARE "SPORCO".

Jameshfetzer.org – (Ottobre 26, 2022) - James Fetzerblog – ci dice:

Secondo una dichiarazione del Ministero della Difesa russo (MoD), la detonazione da parte dell'Ucraina, di qualche tipo di dispositivo radioattivo, è ora imminente. L'Ucraina sta perdendo la sua guerra con la Russia così male, che si stanno preparando a causare uno scenario di radiazioni apocalittiche per far entrare in guerra la NATO dalla parte dell'Ucraina.

Secondo il Ministero della Difesa russo, i seguenti atti aggiuntivi saranno intrapresi anche dall'Ucraina:

La diga di Kakhovska e la diga di Dnipro saranno fatte saltare in aria. Una bomba nucleare sporca o un'arma nucleare tattica saranno fatte esplodere a Kherson.Tutte e sei le unità del reattore della centrale nucleare di Zaporizhzhya saranno fatte saltare in aria.

(Klaus Schwab, costruttore di bombe atomiche, ha trovato dei clienti! Ndr)

Se una o entrambe queste dighe vengono fatte saltare dall'Ucraina (o da chiunque altro) rilasceranno un torrente d'acqua inimmaginabile, che inonderà e distruggerà gigantesche aree di terra a valle.

 L'area principale che sarà distrutta da un tale rilascio di acqua, sarà Kherson, uno dei quattro Oblast (stati) che hanno recentemente votato per lasciare l'Ucraina e diventare parte della Russia.

Proprio ieri il programma radiofonico Hal Turner ha riferito che il ministro della Difesa russo Shoigu ha avuto conversazioni telefoniche con le sue controparti di Stati Uniti, Francia, Turchia e altre nazioni, avvertendoli direttamente che l'Ucraina sta pianificando di fare queste cose perché l'Ucraina sta perdendo la guerra e sono assolutamente disperati per far entrare la NATO nella lotta a fianco dell'Ucraina.

 

Oggi possiamo anche riferire che Sergei Naryshkin, il capo segreto dell'Ufficio federale di sicurezza russo (FSB), è uscito pubblicamente per dire di aver VERIFICATO CON L'INTELLIGENCE SEGRETA che l'Ucraina è già ben avviata in preparazione per fare queste cose.

Il ministro della Difesa Shoigu e il capo dell'FSB Naryshkin sono tra le persone di più alto rango nel governo russo. Sono là fuori mettendo i LORO NOMI su queste informazioni.

Questo è un rischio per le loro carriere e la loro posizione pubblica, eppure stanno gridando dai tetti che l'Ucraina sta già intraprendendo i passi per effettuare tali attacchi.

Gli uomini in questo tipo di posizioni non mettono in gioco le loro carriere e reputazioni, alla leggera. Eppure entrambi gli uomini stanno facendo esattamente questo!

Centrale nucleare di Zaporozyhe.

Di gran lunga, l'aspetto peggiore di questi presunti piani da parte dell'Ucraina, è un attacco a tutti e sei i reattori della centrale nucleare di Zaporozyhe (ZNPP) situata in un altro Oblast (stato) che ha recentemente votato per lasciare l'Ucraina e diventare parte della Russia.

Come potete vedere, la radiazione sarebbe stata rapidamente trasportata dai venti dominanti, per poi saturare la Polonia e continuare a muoversi in Germania.

La NATO ha già detto pubblicamente che se un incidente radioattivo in Ucraina fa viaggiare le radiazioni nei paesi della NATO, allora la NATO lo considererà un "attacco" e invocherà l'autodifesa collettiva dell'articolo 5 del Trattato NATO.

La Russia ha chiarito molto tempo fa che se la NATO dichiara l'articolo 5 di autodifesa collettiva contro la Russia, "sarà una guerra che nessuno vincerà".

Come la maggior parte delle persone istruite sanno, l'unica guerra "nessuno vincerà" è una guerra nucleare.

Quindi, se l'Ucraina intraprende gli attacchi sopra descritti e le radiazioni viaggiano in Polonia o in altri paesi della NATO, inducendo la NATO a dichiarare l'Articolo 5, allora il mondo è – in quel momento – in una guerra nucleare.

Nessun avviso.

Questo è lo stato delle cose nel nostro mondo, questo 24 ottobre 2022.

Mettetevi a posto con Dio.

Velocemente.

AGGIORNAMENTO 12:16 PM EDT —

Un'altra telefonata tra funzionari militari statunitensi e russi sulla presunta "bomba sporca" ucraina.

Oggi, 24 ottobre, il generale russo Gerasimov ha anche parlato al telefono con il presidente del Joint Chiefs of Staff degli Stati Uniti, il generale Milley.

L'argomento – sì, avete indovinato – una bomba sporca.

 

 

La storia triste della fusione fredda.

Iltascabile.com - Silvia Kuna Ballero – (10 – 2-2022) – ci dice:

L’annuncio avventato di una ricerca potenzialmente rivoluzionaria fece emergere polemiche e dinamiche insane all’interno dell’ambiente accademico.

(Silvia Kuna Ballero nata a Genova nel 1979, è insegnante e giornalista freelance, di formazione astrofisica. Si occupa di comunicazione della scienza dal 2015 e ha collaborato con le riviste Pagina99, Mind, Le Scienze, Wired Italia, Motherboard e Strade.)

Il 23 marzo del 1989, il mondo fu colto di sorpresa quando, in una conferenza stampa all’università dello Utah, Martin Fleischmann e Stanley Pons dichiararono di aver ottenuto la fusione nucleare, non in un plasma caldissimo mantenuto a pressioni estreme all’interno di enormi e complessi reattori, ma “in provetta”, a temperatura ambiente.

Non solo l’annuncio fece scalpitare gli ambienti accademici: l’attenzione dei media schizzò immediatamente alle stelle, e la fusione fredda conquistò i titoli di giornali e riviste di tutto il mondo.

Sembrava una favola: due ricercatori universitari, con un’apparecchiatura relativamente semplice ed economica, scoprivano qualcosa che era sfuggito ad altri gruppi di ricerca più numerosi e che potevano contare su corpose sovvenzioni e strumentazioni sofisticate e costose.

Non si trattava di una scoperta qualsiasi: la fusione fredda prometteva di rivoluzionare il modo di produrre energia.

Come sappiamo, tutto questo non è successo, e la fusione fredda è ricordata oggi come uno spettacolare fallimento scientifico.

Non solo perché la promessa non venne mantenuta, ma anche per come la vicenda fece emergere dinamiche poco sane di competizione all’interno dell’ambiente accademico, accompagnate da comportamenti eticamente discutibili.

La fusione nucleare controllata.

Nella caccia a una fonte di energia pulita, abbondante e affidabile che ci permetta di affrontare la crisi energetica senza pregiudicare l’ambiente e la salute globale, la cosiddetta “fusione nucleare controllata” ha delle caratteristiche che la rendono molto ambita.

 Il processo di base è concettualmente semplice:                             avvicinare due atomi di idrogeno (ancora meglio se deuterio o trizio, cioè idrogeno con uno o due neutroni nel nucleo) affinché si uniscano in un solo atomo, liberando energia.

Questa reazione è più o meno l’opposto della fissione nucleare – dove un atomo pesante si scinde in due o più pezzi di massa inferiore – ed è un processo che avviene continuamente all’interno delle stelle; per farsi un’idea, la frazione di potenza termica prodotta dal Sole che raggiunge la Terra è pari a circa diecimila volte il fabbisogno energetico dell’intero pianeta.

Una centrale a fusione controllata potrebbe garantire l’altissimo rendimento energetico tipico delle reazioni nucleari, con emissioni di gas serra trascurabili e senza alcuni aspetti sgraditi associati alle centrali a fissione:

per esempio, la produzione di rifiuti radioattivi sarebbe marginale e un eventuale incidente anche grave non comporterebbe la dispersione di contaminanti nell’ambiente.

La fusione fredda è ricordata oggi come uno spettacolare fallimento scientifico; in più la vicenda fece emergere dinamiche poco sane di competizione all’interno dell’ambiente accademico, e comportamenti eticamente discutibili.

(La corruzione endemica ha impedito lo svolgersi degli esperimenti necessari! Ndr.)

Purtroppo, la realizzazione di un impianto a fusione è una sfida tecnologica terrificante: le cariche positive all’interno dei nuclei atomici generano infatti una grande forza di repulsione elettrostatica tra gli atomi, e ciò significa che per avvicinare i nuclei si deve usare una enorme quantità di energia.

Nelle stelle, l’energia per il confinamento è fornita dalla gravità, che condensa l’idrogeno nel nucleo a pressioni di centinaia di miliardi di atmosfere e temperature di decine di milioni di gradi.

Sulla Terra, dobbiamo ingegnarci in altri modi, comprimendo il gas ionizzato tramite intensissimi campi magnetici o laser.

 Oggi, gli esperimenti come ITER in Europa, EAST in Cina o quello del National Ignition Facility in California hanno rappresentato importanti passi in avanti su questa strada, anche se siamo ancora lontani dal poter sfruttare la fusione nucleare su larga scala.

I due scienziati dell’università dello Utah che nel 1989 dichiararono di aver risolto il problema della fusione nucleare, e di averlo fatto a freddo, erano elettrochimici piuttosto noti nel loro ambiente;

Martin Fleischmann, il più anziano dei due, era anche membro della Royal Society, una delle più antiche e prestigiose associazioni scientifiche del Regno Unito.

Il loro esperimento, auto-finanziato, si basava sugli studi di Fleischmann risalenti agli anni Sessanta, nei quali aveva utilizzato il palladio: un metallo raro, chimicamente affine al platino, estratto da minerali nei quali si trova sotto forma di lega con altri metalli (oro, rame o nichel) che oggi viene usato soprattutto nelle marmitte catalitiche.

 Fleischmann aveva osservato che il palladio può assorbire grandi quantità di idrogeno al suo interno, concentrando il suo volume fino a circa 900 volte, e ci si poteva aspettare che la stessa cosa succedesse col deuterio, il gemello “pesante” dell’idrogeno, che reagisce più efficacemente nel processo di fusione.

Era dunque possibile concentrare gli atomi di deuterio, avvicinandoli abbastanza da innescare la fusione?

A partire dal 1984, Pons e Fleischmann lavorarono su un apparato che permettesse loro di verificare questa ipotesi: in sostanza, un bicchiere di acqua pesante (con deuterio al posto dell’idrogeno), all’interno del quale erano posti due elettrodi, uno di palladio e uno di platino;

nell’acqua pesante era poi disciolto un composto a base di deuterio che fungeva da conduttore. I chimici avranno riconosciuto una semplice cella elettrolitica, un apparecchio disponibile in qualunque laboratorio scolastico: applicando una bassa tensione tra i due elettrodi, l’acqua pesante si scompone e il deuterio così prodotto va ad accumularsi nell’elettrodo di palladio.

Qualcosa di simile era già stato tentato in Germania tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, non per la produzione di energia bensì allo scopo di ottenere un altro sottoprodotto della fusione nucleare, l’elio;

con l’Helium Act del 1925, il Congresso statunitense ne aveva proibito l’esportazione, ed era diventato molto difficile procurarsi questo gas necessario per i dirigibili.

 Comunque, all’epoca gli apparenti successi tedeschi si erano rivelati frutto di errori sperimentali, e non ci sono prove che Fleischmann e Pons sapessero di questi esperimenti.

I due si aspettavano di osservare appena qualche traccia di sottoprodotti chimici della fusione, ma quando nel corso dei loro test lessero i dati sulla temperatura della cella si resero conto che il calore prodotto era, o sembrava, un centinaio di volte maggiore rispetto a quanto ci si potesse aspettare in base alle sole reazioni chimiche.

 Era il 1988; per ottenere conferma della scoperta, i due scienziati fecero richiesta di altri fondi, e la loro proposta fu sottoposta al giudizio di altri ricercatori.

 Il caso volle che la proposta, tramite diversi passaggi, giungesse al fisico nucleare Steven Jones, che stava lavorando a un esperimento simile presso l’università Brigham Young, sempre nello Utah, ad appena una cinquantina di chilometri di distanza, anche se la sua équipe cercava prove differenti della fusione.

In particolare, ci si aspetta che un processo di fusione nucleare produca anche neutroni, elio gassoso e radiazione elettromagnetica di alta energia (raggi gamma).

Nei suoi esperimenti Jones aveva trovato un flusso di neutroni molto ridotto, tanto da fargli credere che anche se la fusione si verificava, non poteva essere utile da un punto di vista commerciale.

 

A dirla tutta, se il livello di calore misurato da Fleischmann e Pons fosse stato alto come sostenevano, la fusione nucleare avrebbe dovuto produrre un corrispondente flusso di neutroni talmente intenso da mettere in pericolo la vita i due sperimentatori, i quali invece non sembravano aver subito alcun danno.

Per chiarire questa discrepanza, i due gruppi dell’università dello Utah e della Brigham Young avrebbero potuto lavorare insieme, mettendo in comune le rispettive competenze e affrontando il problema da prospettive differenti; ma l’accordo non si materializzò, e anzi tra i due gruppi nacque una certa diffidenza.

Secondo la teoria della fisica nucleare, la fusione fredda non avrebbe dovuto proprio verificarsi.

Naturalmente non era da escludere che la teoria andasse rivista, o che si verificassero fenomeni che non erano stati considerati fino a quel momento: una delle ipotesi portate avanti era che l’alta concentrazione di deuterio nel palladio potesse in qualche modo fratturare il metallo, e che all’interno delle crepe si creassero forti campi elettrici in grado di dare al deuterio la “spinta” iniziale necessaria alla fusione.

Tutto sommato, fenomeni imprevisti o non spiegati come questo sono uno dei catalizzatori da cui nascono le rivoluzioni scientifiche, nelle quali nuove teorie rimpiazzano quelle precedenti.

Per questa ragione, solitamente la comunità scientifica non ignora un risultato solo perché non è coerente con quanto stabilito fino a quel momento.

Ma per confutare cinquant’anni di teoria nucleare c’era bisogno di prove solide, ripetute e indipendenti: in parole povere, bisognava controllare le procedure, raccogliere più dati, ripetere le prove, prendersi tutto il tempo necessario. Invece, il clima di competizione tra i due gruppi di ricerca sulla fusione fredda li incentivò a pubblicare i rispettivi risultati il più rapidamente possibile, per vedersi riconoscere il credito di una scoperta clamorosa e, possibilmente, un brevetto con gli ingenti profitti che ne sarebbero derivati. Il 6 marzo 1989, i due gruppi si incontrarono: alla Brigham Young, Jones era già pronto a pubblicare i propri risultati, mentre Fleischmann e Pons erano ancora in alto mare.

Frettolosi.

Non c’è una versione condivisa su cosa fu stabilito in quell’incontro, ma sembra che i due gruppi concordassero di inviare contemporaneamente i propri articoli alla rivista Nature, affidandoli materialmente allo stesso corriere FedEx il giorno 24 marzo.

Jones annunciò inoltre che avrebbe esposto i propri risultati all’American Physical Society nella riunione di maggio.

 Tuttavia, i contenuti del discorso di Jones cominciarono a circolare già dai primi di marzo, e questo all’università dello Utah fu interpretato come una sorta di “liberi tutti” rispetto agli accordi iniziali.

L’università dello Utah cominciò quindi a fare pressioni crescenti su Fleischmann e Pons affinché concludessero in fretta i lavori e accettassero l’invito a inviare il loro articolo a un’altra rivista, il Journal of Electroanalytical Chemistry, cosa che fecero il 12 marzo.

Dato il potenziale della loro ricerca, l’editore della rivista volle a sua volta accelerarne la pubblicazione: i revisori ebbero appena una settimana per valutare l’articolo, anziché le diverse settimane normalmente concesse, e non ebbero la possibilità di rivedere le modifiche effettuate dagli autori nella seconda bozza; in questo modo, numerosi errori di calcolo e carenze metodologiche passarono inosservati.

Il clima di competizione tra i due gruppi di ricerca sulla fusione fredda li incentivò a pubblicare i rispettivi risultati il più rapidamente possibile, per vedersi riconoscere il credito di una scoperta clamorosa e, possibilmente, un brevetto con gli ingenti profitti che ne sarebbero derivati.

Non finisce qui: Fleischmann e Pons non aspettarono la pubblicazione dell’articolo, e bruciarono i tempi annunciando il loro risultato in una conferenza stampa pubblica organizzata dall’università dello Utah a Salt Lake City il 23 marzo del 1989.

 I toni dell’annuncio furono molto ottimistici, anche se i due scienziati diedero informazioni estremamente vaghe sull’esperimento in sé. Jones non la prese bene, e inviò l’articolo via fax per conto suo. Il corriere FedEx restò in attesa a lungo, inutilmente.

Non è necessariamente sbagliato annunciare l’esito di una ricerca prima della pubblicazione ufficiale, in quei casi in cui si abbia ragione di credere che il contenuto della ricerca sia di estrema rilevanza e si debba perciò rendere noto urgentemente; ma è una scelta che porta con sé un rischio e può rivelarsi controproducente non solo per chi la fa, ma per un intero settore di ricerca.

Nelle settimane tra la conferenza stampa e la pubblicazione sul Journal of Electroanalytical Chemistry, che sarebbe avvenuta il 10 aprile, centinaia di scienziati si buttarono a pesce nel tentativo di replicare l’esperimento, rastrellando tutto il palladio disponibile: nei due mesi successivi, il prezzo del raro e costoso metallo aumentò di circa il 17%.

Molti cercarono di replicare i risultati di Fleischmann e Pons facendo assunzioni ragionevoli e basandosi su una videocassetta di un notiziario televisivo in cui era mostrato brevemente l’apparato sperimentale, ma nonostante la sua apparente semplicità, l’impresa si rivelò più ardua del previsto.

Cominciarono a circolare copie non autorizzate dell’articolo di Fleischmann e Pons, ma l’articolo non descriveva in dettaglio la strumentazione, e quando furono contattati per chiedere delucidazioni, i due rifiutarono di fornire ulteriori dettagli, sostenendo che l’università aveva richiesto loro di mantenere il riserbo sul loro apparato sperimentale finché non fosse stato rilasciato un brevetto.

La fusione si sfalda.

Mentre la comunità scientifica era percorsa da un rinnovato fervore, la stampa continuava a sfornare aggiornamenti sull’argomento, e persino il presidente George Bush si teneva informato.

 L’università dello Utah si rivolse al Congresso degli Stati Uniti per ottenere un finanziamento di 25 milioni di dollari per estendere le ricerche. Nel frattempo, alcuni scienziati avevano cominciato ad analizzare l’articolo, individuando le prime lacune che erano sfuggite alla revisione del Journal of Electroanalytical Chemistry.

Per esempio, l’acqua nella cella non era stata mescolata, e questo avrebbe potuto portare a un accumulo di calore attorno all’elettrodo di palladio e a misure di temperatura falsate.

 Il flusso di neutroni era stato conteggiato sulla base di misure indirette che si rivelarono poco accurate, e mancavano semplici operazioni di controllo, come quella di ripetere l’esperimento sostituendo il palladio con un altro metallo o l’acqua pesante con acqua normale.

Nel frattempo si era creato un interessante fenomeno – un esempio di quello che in sociologia della scienza viene definito “scienza patologica”.

La maggior parte dei gruppi di ricerca non riusciva a trovare le tracce tanto anelate della fusione fredda, ma alcune conferme arrivarono da parte della Texas A&M University, del Georgia Tech, e anche dal Giappone e dall’Europa orientale, dove furono riferite misure di calore o neutroni in eccesso, anche se i risultati si contraddicevano l’un l’altro e nessuno riusciva a ottenere le stesse misure per due volte di seguito.

Comunque, da una parte, chi otteneva una qualche conferma anche parziale della fusione fredda si precipitava a raccontarlo; chi invece otteneva un esito negativo (ossia, nessuna prova della fusione fredda) adottava un approccio più cauto, ripetendo scrupolosamente gli esperimenti in cerca di eventuali errori prima di esporre i propri risultati.

Per un certo periodo, questo diede l’impressione, all’esterno, che la fusione fredda stesse ricevendo il supporto e la convalida della comunità scientifica: la rivoluzione sembrava a portata di mano.

Tuttavia, man mano che emergeva il numero sommerso di quanti non avevano trovato nulla, anche nei vari articoli di conferma della fusione fredda spuntavano errori di misura, imprecisioni e negligenze, che costringevano i loro autori a ritirarli ritrattando le proprie conclusioni.

 In capo a pochi mesi, la situazione si era del tutto ribaltata: specialmente dopo che nemmeno il Laboratorio di Energia Atomica di Harwell, in Inghilterra, a seguito di una lunga e meticolosa serie di esperimenti condotti sotto i consigli dello stesso Fleischmann, aveva ottenuto prove utili.

Certo, c’era la possibilità che i risultati non collimassero perché non si stavano replicando esattamente le medesime condizioni dell’esperimento originale, nelle quali potevano nascondersi uno o più elementi particolari che sfuggivano allo scrutinio della comunità scientifica.

L’unico modo di chiarire questi dubbi sarebbe stato condurre esperimenti sull’apparato stesso di Fleischmann e Pons, adottando precauzioni che impedissero di svelarne dettagli rilevanti per un brevetto.

 Inizialmente Fleischmann e Pons rifiutarono, ma dovettero cedere alla pressione e all’insistenza di una comunità scientifica sempre più scettica.

Due esperimenti furono condotti sul loro apparato sperimentale, alla ricerca di due prodotti di fusione differenti, elio e neutroni; non fu misurato né l’uno, né l’altro. Pons cercò di obiettare alla divulgazione di questi dati, arrivando a minacciare uno degli sperimentatori, Michael Salamon, di azioni legali. In ogni caso, l’impossibilità di riprodurre i risultati a un anno di distanza aveva decretato la fine della favola.

La fine della fusione fredda?

Nessuno ha mai dimostrato in modo conclusivo che la fusione fredda è impossibile: ma è ragionevole supporre che qualunque cosa avessero misurato Fleischmann e Pons, quasi sicuramente non indicasse un evento di fusione nucleare.

Alla fine, il processo di autoregolazione della scienza funzionò, raggiungendo un consenso quasi unanime seppur con un certo ritardo, nonostante le numerose violazioni della buona prassi scientifiche – la rottura degli accordi con Jones, la revisione frettolosa dell’articolo, l’ostruzionismo di Fleischmann e Pons nei confronti di chi voleva testate i loro risultati, le minacce e le accuse ad hominem nei confronti di coloro che confutarono la loro teoria.

Quale fu però il prezzo? Nel concreto, cento milioni di dollari di soldi pubblici andarono persi in un vicolo cieco; sebbene i soldi spesi in ricerca siano raramente un cattivo investimento, è indubbio che gran parte di questi finanziamenti furono definiti dalla frenesia dal momento più che da una valutazione ragionata.

 Soprattutto, la vicenda causò un danno percepibile nell’immagine pubblica della scienza: la grande pubblicità, che alimentò aspettative altissime su una fonte di energia pulita, poi clamorosamente deluse, incrinò la fiducia pubblica nella ricerca scientifica.

A causa di queste vicende, oggi la percezione della fusione fredda si colloca tra due poli opposti: da una parte le fantasie di complotto, secondo cui questa tecnologia rivoluzionaria sarebbe stata scientemente affossata dallo strapotere della grande industria energetica, dall’altra una diffidenza pressoché totale della comunità degli esperti, la maggior parte dei quali tende ormai a liquidare l’argomento come irrealistico e privo di fondamento, quando non direttamente come pseudoscientifico.

Non è di aiuto in questo senso l’esistenza di personaggi di dubbia attendibilità, con un passato abbastanza oscuro e una formazione non specialistica, che riescono però a fare incetta di sponsorizzazioni scientifiche e investimenti per i loro macchinari a fusione nucleare fredda che si basano su una fisica a dir poco zoppicante e di cui non si riesce a produrre alcun prototipo funzionante.

Trentatré anni dopo.

Nell’esile terra di mezzo tra chi la rifiuta a priori e chi abbraccia i macchinari miracolosi, la fusione fredda stimola ancora un certo interesse, se non a livello commerciale almeno dal punto di vista della ricerca di base; la si può ritrovare sepolta in acronimi come CMNS (Condensed Matter Nuclear Science, scienza nucleare della materia condensata) o LENR (Low Energy Nuclear Reactions, reazioni nucleari a bassa energia).

Indagini e rivisitazioni sono condotte da parte di una ristretta cerchia di studiosi, e da ultimo nel 2019 Google ha finanziato con dieci milioni di dollari un tentativo di replicare l’esperimento originale, senza successo.

Tuttavia, nel corso di diversi esperimenti elettrochimici, sono state osservate delle anomalie sotto forma dell’emissione di piccole quantità di neutroni o di un eccesso di energia misurabile, anche se non dell’ordine di grandezza necessario per una produzione industriale di energia.

In due recenti articoli pubblicati sulla rivista Physical Review C, un gruppo di ricercatori del Glenn Research Center della NASA ha descritto un apparato sperimentale in cui il deuterio è confinato, a temperatura ambiente, nel reticolo cristallino di un metallo raro come l’erbio.

 Qui alcuni atomi del deuterio sono “spezzati” (fotodissociati) tramite irradiazione con raggi gamma, e i neutroni così creati sono accelerati fino a raggiungere le energie necessarie per fondersi con altri atomi di deuterio.

Anche oggi problema di tutti gli esperimenti sulla fusione fredda sembra essere sempre lo stesso: l’impossibile riproducibilità e la mancanza di una solida base teorica.

Il problema in tutti questi esperimenti è però sempre lo stesso: da una parte nessuno di essi, finora, si è rivelato riproducibile da gruppi di ricerca indipendenti, e dall’altra manca una solida base teorica che possa spiegare il verificarsi di queste anomalie, e non si possono escludere spiegazioni alternative alla fusione.

Comunque, anche se la fusione fredda come la immaginavano Fleischmann e Pons non dovesse mai diventare realtà, queste linee di ricerca potrebbero far emergere particolari importanti su altri fenomeni ancora non noti o poco compresi della fisica dei materiali o delle particelle: un qualche tipo di transizione di fase con cui si generano elettroni superconduttivi, che urtando un atomo deuterio gli forniscono le energie richieste per fondersi con altri, o il fenomeno dei plasmoni, onde di energia che percorrono le superfici metalliche degli elettrodi usati per gli esperimenti e i cui effetti potrebbero mimare quelli di una fusione fredda.

Che fine hanno fatto i tre principali protagonisti della querelle del 1989?

Fleischmann e Pons continuarono la loro ricerca sulla fusione fredda lontano dai riflettori, fondando un laboratorio nella Francia del sud finanziato dalla Technova (una società privata di ricerca facente capo alla Toyota).

 Nel 1998, il laboratorio chiuse senza aver prodotto risultati significativi, e Pons, che aveva rinunciato alla cittadinanza statunitense per quella francese, abbandonò definitivamente l’argomento.

Fleischmann era già andato in pensione tre anni prima, trasferendosi in Inghilterra; continuò a fornire consulenze a vari enti (tra cui l’ENEA e l’INFN in Italia), annunciando tra le altre cose il progetto di una stufa a fusione fredda il 23 marzo 2006, a 17 anni esatti dall’annuncio della fusione “in provetta”. Morì di cause naturali nel 2012.

Steve Jones, infine, fu risparmiato dalla tempesta di critiche che sommerse Fleischmann e Pons, anche perché i suoi risultati erano dichiaratamente più modesti e il profilo da lui mantenuto era rimasto basso.

Jones sarebbe divenuto però un nome controverso a causa delle sue teorie su una presunta demolizione controllata delle Torri Gemelle, pubblicata nel 2006, in modo non concordato, sulla sua pagina nel sito della Brigham Young University.

Dopo il suo pensionamento, deciso assieme alla direzione dell’università, Jones ha continuato la ricerca sul collasso strutturale degli edifici diventando un nome ricorrente nelle teorie cospirazioniste sull’11 settembre.

Esperimenti effettuati più recentemente da altri gruppi di ricerca sembrano riprodurre alcuni aspetti del processo di fusione da lui studiato, ma non ci sono attualmente grandi sviluppi in questo senso.

(Le grandi società petrolifere si erano già esposte in precedenza come contrarie a qualsiasi nuovo esperimento in merito! Ndr.)

 

 

 

 

Fusione nucleare, riuscito

esperimento chiave: ecco

perché siamo a una svolta.

Quotidiano.net – Redazione – (9-2-2022) -ci dice:

 

Prodotta quantità record di energia pulita.

In prima fila ricercatori italiani.

Londra, 9 febbraio 2022 - Svolta nella ricerca sulla fusione nucleare, che vede in prima fila ricercatori italiani. E' riuscito l'ultimo esperimento con il reattore Jet (Joint European Torus) al Culham Centre for Fusion Energy (Ccfe), in Inghilterra, che è stato in grado di produrre 59 megajoule di energia pulita nell'arco di 5 secondi (11 megawatt di potenza).

Più del doppio rispetto a quanto già prodotto nel 1997.

L'annuncio è stato dato dal “consorzio Eurofusion” che ha tra i principali membri l'Enea, l'Agenzia italiana per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile.

 

"L'esperimento ci fa avvicinare alla fusione nucleare", ha commentato il dottor Joe Milnes, a capo del laboratorio dove è in funzione il reattore. "Abbiamo dimostrato che possiamo creare una stella in miniatura all'interno dei nostri macchinari e mantenerla lì per cinque secondi, ottenendo delle alte performance". Fatto che ci proietta "un campo realmente nuovo".

L'importanza di quanto raggiunto è spiegata da Tony Donné, presidente di EUROfusion:

"Se riusciamo a mantenere la fusione per cinque secondi, potremo farlo per cinque minuti e poi per cinque ore" ha detto Donné, aggiungendo che per la prima volta è possibile pensare alla fusione come a una possibile fonte dei piani energetici.

La potenzialità della fusione nucleare, in relazione alla tutela ambientale, è proprio quella di produrre una quantità di energia potenzialmente illimitata, pulita e a basso prezzo.

Il risultato del Ccfe convalida la fattibilità di ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), il primo impianto a fusione di dimensioni paragonabili a quelle di di una centrale elettrica convenzionale, in costruzione dal 2007 nel sud della Francia.

Oggi Tim Luce de progetto ITER è intervenuto durante l'evento per congratularsi per il JET.

"Il significato dei risultati di JET, per ITER, è la dimostrazione che esiste una prova della strada da percorrere per raggiungere le condizioni necessarie alla fusione - ha detto Luce - Questo è molto importante, perché vuol dire che possiamo andare avanti anche con la ricerca di ITER".

Soddisfatto anche Joao Vale de Almeida, ambasciatore dell'EU nel Regno Unito, il quale ha sottolineato che "con duro lavoro e conoscenze gli scienziati e ingegneri hanno raggiunto un risultato senza precedenti per un futuro di energia sostenibile".

Cos'è l'energia da fusione.

L'energia da fusione è l'energia prodotta da una reazione di fusione nucleare in cui due nuclei atomici vengono forzati a combinarsi tra loro per formare un solo nucleo.

Le ricerche attuali studiano in particolare l'energia che è possibile ottenere dalla fusione di due isotopi dell'idrogeno come il deuterio e trizio perché è maggiore rispetto all'energia richiesta per avviare il processo di fusione.

 Questo tipo di energia è considerata sicura e ha grosse potenzialità in relazione alla tutela dell'ambiente e del clima.

L'idrogeno intanto è fonte pressoché inesauribile, e dalla reazione di fusione non vengono prodotti residui che inquinano né che contribuiscono al riscaldamento del pianeta.

 

 

 

Massacro degli innocenti:

CDC infligge Biowar Vax ai bambini.

Unz.com - KEVIN BARRETT – (24 OTTOBRE 2022) – ci dice:

 

L'antico rituale del sacrificio del bambino sopravvive.

RFK Jr. lo ha definito " un atto di abuso di minori su vasta                     scala ". La decisione del CDC di giovedì di aggiungere i vaccini COVID mRNA al programma dell'infanzia è stata sicuramente abusiva. Ma si potrebbe sostenere che non si trattava solo di abusi sui minori, ma anche di un avatar dell'antico rituale del sacrificio dei bambini.

Prima di approfondire l'angolo del sacrificio umano, chiariamo cosa è appena successo: ai bambini viene iniettata una sostanza potenzialmente pericolosa che essenzialmente non porta loro alcun beneficio per la salute.

I vaccini COVID mRNA sono ancora classificati come sperimentali. Ciò significa che il CDC sta cercando di costringere i bambini americani a partecipare a un esperimento scientifico, una palese violazione del Codice di Norimberga.

L'apparente giustificazione per costringere intere popolazioni a partecipare a esperimenti medici è l'"emergenza" della pandemia di COVID.

I vaccini MRNA sono consentiti solo in base a un'autorizzazione all'uso di emergenza.

Ma non solo la fase emergenziale della pandemia è ovviamente finita, non c'è mai stata un'emergenza sanitaria per i bambini tanto per cominciare.

Uno studio di Nature Medicine che utilizza il database nazionale sulla mortalità infantile del servizio sanitario nazionale britannico ha rilevato che il tasso di mortalità da COVID nei bambini è dello 0,0002%, o circa due su un milione.

E di quel numero evanescente di decessi, tre quarti riguardavano condizioni di salute croniche, due terzi avevano co-morbilità multiple e il 60% aveva condizioni limitanti la vita.

Allora perché mai qualcuno dovrebbe vaccinare con mRNA il proprio bambino? Presumibilmente per lo stesso motivo per cui gli anziani hanno deliberatamente devastato lo sviluppo educativo ed emotivo-psicologico dei bambini americani chiudendo le scuole e costringendo i bambini di appena due anni a indossare maschere: credono che valga la pena di danneggiare la salute e il benessere dei bambini (proprio come Madeleine Albright pensava che ne valesse la pena uccidere mezzo milione di bambini iracheni) perché abusando dei bambini "stiamo salvando la nonna" (e, in misura minore, insegnanti, genitori e altri adulti).

L'entusiastica approvazione di Madeleine Albright per l'omicidio di mezzo milione di bambini, come la deliberata devastazione americana dei suoi figli durante e dopo la pandemia di COVID, a prima vista sembra essere una svista. Sicuramente Albright non può aver voluto dire questo! Di certo gli americani non infliggerebbero intenzionalmente handicap debilitanti e pericolosi esperimenti ai propri figli!

Dipende cosa intendi con parole come "deliberatamente" e "intenzionalmente". Poeti e narratori hanno sempre saputo ciò che Freud sosteneva di aver scoperto alla fine del 19° secolo: gran parte della motivazione umana è inconscia, specialmente quando coinvolge gli aspetti più oscuri e atavici della nostra psiche.

Con questo in mente, consideriamo la possibilità che qualcosa stia spingendo gli americani a sacrificare i loro piccoli. Le prove di questa tesi abbondano: non solo il modo in cui i bambini sono stati gettati nel COVID Moloch, ma anche:

Il fatto che gli americani uccidano quasi un milione di bambini non ancora nati ogni anno;

Lo scandalo in corso delle vaccinazioni di routine in continua espansione (attualmente 72 iniezioni di 91 antigeni), probabile causa dell'esplosione delle malattie croniche che ha paralizzato le giovani generazioni;

Il modo in cui neonati e bambini piccoli vengono strappati dalle braccia delle loro madri in età sempre più precoce e consegnati alla mercé non così tenera degli asili nido commerciali;

Il modo in cui il sistema di welfare e la degenerazione dei costumi sociali hanno cospirato per garantire che un numero sempre maggiore di bambini americani cresca in famiglie monoparentali emotivamente, culturalmente ed economicamente impoverite.

E infine, l'esistenza di un diffuso traffico di bambini e di schiavitù sessuale, in cui sono profondamente implicati il ​​più alto livello delle élite politiche, economiche e giornalistiche americane.

Ammettiamolo: come diceva George Clinton, l'America mangia i suoi giovani.

 

Ma come è questo “sacrificio”? Da dove arriva Moloch? Per rispondere a queste domande, dobbiamo rivedere il lavoro seminale dell'antropologo-filosofo René Girard, il quale ha affermato che tutte le culture sono fondate sul sacrificio umano. Come ha notato Stanford News nel suo necrologio di novembre 2015:

Girard era interessato alle cause del conflitto e della violenza e al ruolo dell'imitazione nel comportamento umano. I nostri desideri, scriveva, non sono nostri; vogliamo quello che vogliono gli altri. Questi desideri duplicati portano a rivalità e violenza. Ha sostenuto che il conflitto umano non è stato causato dalle nostre differenze, ma piuttosto dalla nostra identità. Gli individui e le società scaricano colpe e colpe su un estraneo, un capro espiatorio, la cui eliminazione riconcilia gli antagonisti e ripristina l'unità".

Il capro espiatorio su cui viene scaricata la colpa è tipicamente un individuo o una comunità impotente ed emarginato. L'innocenza del capro espiatorio, paradossalmente, potrebbe renderli ancora più un bersaglio: pensa alle vergini gettate nei vulcani, o alla capra irreprensibile carica dei peccati della comunità e portata nella landa selvaggia.

 E chi è più innocente, impotente ed emarginato dei bambini? Non c'è da stupirsi che i bambini siano le vittime preferite di così tante società sacrificali, dai cananei adoratori di Moloch, all'Ibo precoloniale descritto in Things Fall Apart di Chinua Achebe, ai cultisti satanici dell'élite di potere americana che si radunano in luoghi come Bohemian Grove e, secondo alcuni, alcuni ristoranti di Washington DC.

La nozione di sacrificio di Girard fu un importante passo avanti intellettuale nelle scienze umane. Ma mancano due aspetti importanti del fenomeno, quella che potremmo chiamare la dimensione pragmatica e quella spirituale del sacrificio. Pragmaticamente, ci sono stati momenti e luoghi nel corso della storia umana in cui sacrificare alcune persone sembrava semplicemente la cosa sensata e realistica da fare.

 Succede sempre, negli affari militari, fino ad oggi. Ed è successo in contesti non militari abbastanza regolarmente tra popoli molto diversi.

Tra i nomadi Khoi-San dell'Africa, quando gli anziani diventavano un peso intollerabile, o le scorte di cibo non avrebbero sostenuto l'attuale raccolto di bambini, gli anziani o i più giovani non produttivi venivano semplicemente uccisi.

Nell'Arabia preislamica, le bambine venivano regolarmente seppellite vive, che limitava la popolazione in un ambiente ostile e rettificava il rapporto maschio-femmina in una cultura in cui gli uomini tipicamente morivano giovani a causa di continue incursioni e faide.

 Oggi, mentre la popolazione mondiale si sta espandendo verso gli otto miliardi, forse c'è un sentimento subliminale tra le masse e una consapevolezza pienamente consapevole tra le élite, che ogni nuovo bambino peggiora un po' la terrificante equazione popolazione-risorse.

 

E poi c'è l'importantissima dimensione spirituale. Il nostro stato spirituale è in gran parte determinato dalla nostra capacità di sacrificare il sé (soprattutto i suoi desideri di base) per l'Altro (sia umano che divino). Coloro che riescono magnificamente in questo sacrificio o resa (Islam del sé inferiore diventano profeti/santi/mistici, mentre coloro che falliscono in modo più spettacolare sacrificando l'Altro al sé piuttosto che il contrario diventano mostruosi egoisti, sibariti e narcisisti e sociopatici assetati di potere.

Gli americani, molti di loro comunque, una volta hanno immolato il loro ego per qualcosa di più grande di loro stessi. Un'espressione concreta di quello stato spirituale è stata il modo in cui si sono sacrificati per i loro figli, lavorando duramente in lavori spiacevoli di basso rango in modo che la vita dei loro figli potesse essere migliore. Questo è stato fatto davvero per i bambini, non per la soddisfazione dell'ego dei genitori.

 

Oggi, alcuni americani della classe media e medio-alta che aspirano all'ascesa sembrano fare sacrifici straordinari per i loro figli assumendoli tutor, accompagnandoli agli allenamenti di calcio e provando ogni trucco del libro e poi alcuni per far ammettere i loro figli a università di alto livello. Ma niente di tutto questo riguarda davvero i bambini.

Riguarda l'ego dei genitori. Vogliono potersi vantare di "mio figlio lo studente di Harvard" o "mia figlia il dottore".

Questo aspetto narcisistico della cultura americana in generale e della genitorialità in particolare ha subito un'accelerazione nell'era dei social media, quando l'eccessiva preoccupazione delle persone per la propria immagine e lo stato percepito sembra dominare la conversazione nazionale.

Se hai bisogno di ulteriori prove che l'America sta sacrificando i suoi figli, basta guardare le statistiche economiche. I giovani sposati con figli hanno ricevuto una fetta sempre più piccola della torta nazionale per decenni, mentre i pensionati pre-boomer e ora boomer e altri anziani non genitori e post-genitori accumulano la proverbiale parte del leone della ricchezza.

 Proliferano tutti i tipi di beni e servizi di lusso frivoli, per lo più al servizio delle persone anziane più ricche, mentre un bambino su sette vive in povertà, l'alloggio diventa sempre più inaccessibile e la maggior parte dei giovani genitori ha bisogno di due entrate per rimanere a galla, privando i propri figli delle cure parentali che farebbero godere in una famiglia di due genitori con un reddito.

Quindi, spiritualmente, siamo in una fase decadente e narcisistica, una forte flessione nel grafico dell'ascesa e della caduta della civiltà; e pragmaticamente, sentiamo che i bambini, in un momento storico così cupo e precario, non sono una cosa così buona.

 Il risultato è una cultura capace di scegliere leader che ci dicono di allineare i nostri figli e iniettare loro composti sperimentali pericolosi senza una ragione apparente.

E se si scopre, come suggeriscono alcune prove che il vero scopo dei vaccini MRNA COVID è quello di danneggiare la fertilità e quindi impedire la nascita di bambini, l'enorme portata di quella cancellazione mostruosamente mendace del nascituro potrebbe plausibilmente echeggiare attraverso le generazioni e soppiantare quello di Madeleine Albright come il più grande sacrificio di massa di bambini in storia umana.

I genitori si ribelleranno a questo nuovo rituale di sacrificio tecnocratico dei bambini? Rifiutando i vaccini MRNA e unendosi all'ondata di ribellioni del consiglio scolastico contro la guerra dei tecnocrati transumanisti all'umanità in generale e ai bambini in particolare, i genitori americani non solo salveranno i loro figli, ma anche la loro civiltà?

Sì, so che i vaccini COVID non sono efficaci contro la trasmissione, quindi le persone che pensano che vaccinare i propri figli salverà la nonna si sbagliano. Ma ancora, questo è quello che pensano.

 

 

 

SCOTT RITTER: La paura della

"bomba sporca" della Russia.

Consortiumnews.com - Scott Ritter – (25 ottobre 2022) – ci dice:

La Russia sembra essere legittimamente preoccupata per la possibilità che l'Ucraina costruisca e utilizzi una "bomba sporca", tanto che ha compiuto il passo senza precedenti di raggiungere più alte autorità di difesa occidentali.

Nel giro di poche ore di domenica, le autorità di difesa russe più importanti – il ministro della Difesa Sergei Shoigu e il generale Gennady Gerasimov – hanno chiamato le loro controparti negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia e in Turchia, con lo stesso messaggio:

 l'Ucraina si sta preparando a far esplodere una cosiddetta "bomba sporca" – materiale radiologico ad alto esplosivo, progettato per contaminare vaste aree con isotopi radioattivi mortali.

La Russia non è solo preoccupata per l'impatto immediato dell'Ucraina che fa esplodere un tale dispositivo in termini di danno che verrebbe fatto alle persone e all'ambiente, ma anche per il potenziale per un tale evento di essere utilizzato dagli alleati occidentali dell'Ucraina per intervenire direttamente militarmente nel conflitto in corso, simile a quello che è accaduto in Siria. quando le accuse sull'uso dell'agente nervino Sarin da parte del governo siriano contro i civili sono state utilizzate da Stati Uniti, Regno Unito e Francia per giustificare un attacco contro obiettivi militari e infrastrutturali siriani. (Si è scoperto che le accuse sull'uso del Sarin erano false; la giuria è ancora fuori sull'uso del cloro commerciale come arma.)

La Russia solleverà la questione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite martedì, ha riferito Reuters.

In cambio, i governi occidentali lunedì hanno accusato la Russia di piani per schierare una bomba sporca. "Siamo stati molto chiari con i russi ... sulle gravi conseguenze che deriverebbero dall'uso nucleare", ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price. "Ci sarebbero conseguenze per la Russia se usa una bomba sporca o una bomba nucleare".

L'Ucraina chiede che l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) invii una squadra in Ucraina per indagare.

Nonostante tutta l'attenzione della stampa che è stata data alla possibilità che una "bomba sporca" venga utilizzata in Ucraina, la storia dimostra che, nonostante il clamore, una "bomba sporca" non è un'arma che è facilmente prodotta o procurata o causa il tipo di vittime di massa che i suoi sostenitori sperano.

L'attuale paura della "bomba sporca" non è il primo incontro della Russia con il concetto.

Nel novembre 1995 una "bomba sporca" composta da esplosivi ad alto potenziale e cesio fu scoperta nel parco Ismailovsky di Mosca, e nel dicembre 1998 un altro deposito di materiale radioattivo fu trovato attaccato a una carica esplosiva vicino a un binario ferroviario in Cecenia. Entrambi i dispositivi sono stati disarmati dalle forze di sicurezza russe.

Nel maggio 2002 gli agenti dell'FBI arrestarono Jose Padilla, un cittadino americano che si era convertito all'Islam, mentre tornava negli Stati Uniti da un viaggio che lo portò in Egitto, Pakistan e infine in Afghanistan, dove, nel 1999-2000, avrebbe incontrato Abu Zubaydah, capo delle operazioni di Osama Bin Laden. Secondo Zubaydeh, lui e Padilla hanno discusso la possibilità che Padilla costruisca e faccia esplodere una "bomba sporca" all'interno degli Stati Uniti.

Mentre Al Qaeda aveva apparentemente elaborato piani per un'arma del genere – e in effetti aveva accumulato isotopi medici radioattivi da utilizzare in una "bomba sporca" (questi materiali sono stati sequestrati dalle Nazioni Unite nel 2002) – nessuna di queste informazioni è stata condivisa con Padilla, che è arrivato negli Stati Uniti senza un progetto di arma né mezzi per portare a termine il compito. Fu comunque processato e condannato.

Il più vicino al mondo alla produzione e all'impiego effettivo di una vera e propria "bomba sporca" è arrivato nel 1987, quando l'Iraq ha costruito e testato quattro dispositivi progettati per diffondere una nuvola di polvere radioattiva con il preciso scopo di uccidere esseri umani – in questo caso, i soldati iraniani (l'Iraq era, a quel tempo, impegnato in un lungo e sanguinoso conflitto con l'Iran).

L'ordigno in questione – una bomba sganciata dall'aria che misura 12 piedi di lunghezza e pesa più di una tonnellata – era, secondo i documenti consegnati dall'Iraq agli ispettori delle Nazioni Unite, destinato ad essere sganciato su aree di truppe, centri industriali, aeroporti, stazioni ferroviarie, ponti e "qualsiasi altra area decretata dal comando".

Secondo il documento, la bomba aveva lo scopo di indurre malattie da radiazioni che avrebbero "indebolito le unità nemiche dal punto di vista della salute e inflitto perdite che sarebbero state difficili da spiegare, producendo probabilmente un effetto psicologico". La morte, osserva il documento, sarebbe avvenuta "entro due-sei settimane".

Gli iracheni scelsero lo zirconio come fonte radioattiva. Gli iracheni avevano zirconio in quantità a causa del suo uso in armi incendiarie. Irradiando scaglie di zirconio nel reattore nucleare iracheno situato a Tuwaitha, gli iracheni hanno prodotto l'isotopo radioattivo Zirconio 95, che aveva un'emivita di 75,5 giorni, il che significa che la bomba avrebbe dovuto essere utilizzata subito dopo essere stata fabbricata.

L'arma è stata testata tre volte nel 1987, incluso un test finale che ha coinvolto due vere e proprie "bombe sporche" sganciate da aerei. Le armi erano un busto, perdendo le loro proprietà radioattive poco dopo la detonazione. In effetti, si dovrebbe stare a meno di dieci piedi dal punto di detonazione della bomba per assorbire una dose letale di radiazioni, qualcosa che l'alta carica esplosiva della bomba stessa rendeva discutibile. Il progetto fu abbandonato.

I risultati iracheni sono stati replicati da Israele che, tra il 2010 e il 2014, ha effettuato 20 test esplosivi di vere e proprie "bombe sporche" nel deserto del Negev. La ricerca ha scoperto che le radiazioni erano disperse in modo tale che il pericolo rappresentato per gli esseri umani non era sostanziale, concludendo che "l'impatto principale di un tale attacco sarebbe psicologico".

False Flag o False Alert?

I russi sono seri riguardo alla minaccia rappresentata dalla possibilità di una "bomba sporca" ucraina. Mentre la storia delle "bombe sporche" non indica una minaccia sulla scala o sulla portata di un'arma nucleare reale, si può "worst case" uno scenario che fornisce il potenziale per la significativa perdita di vite umane e proprietà dal fallout radioattivo che tale arma potrebbe produrre.

Un tale risultato sarebbe un disastro che la Russia e, presumibilmente, gli alleati occidentali dell'Ucraina vorrebbero prevenire.

Finora, le accuse russe sembrano essere cadute nel vuoto, con l'Ucraina che respinge le affermazioni come assurde e gli analisti occidentali affiliati al governo che capovolgono il copione, accusando la Russia di pianificare in realtà un attacco sotto falsa bandiera contro l'Ucraina usando una "bomba sporca" di sua costruzione.

Ma la realtà è che la Russia prende molto sul serio le sue relazioni militari con le sue controparti occidentali, dato il ruolo che tali contatti svolgono nel tipo di cooperazione di de-conflittualità che impedisce che incidenti su piccola scala esplodano in guerra.

 La possibilità che la Russia corrompa deliberatamente questo canale di comunicazione con la disinformazione è altamente improbabile.

 La Russia sembra essere legittimamente preoccupata per la possibilità che l'Ucraina costruisca e utilizzi una "bomba sporca", tanto che ha compiuto il passo senza precedenti di raggiungere più alte autorità di difesa occidentali per impedire che un tale evento accada.

Se, alla fine della giornata, l'Occidente farà le telefonate appropriate e l'Ucraina farà marcia indietro, allora la Russia avrà avuto successo. E se si scopre che le informazioni russe sono sbagliate, non c'è stato alcun danno dallo sforzo. Tuttavia, se la Russia ha ragione, e l'Ucraina non solo si sta preparando a usare una "bomba sporca", ma ne fa esplodere una, e l'Occidente non ha fatto nulla per impedirlo, allora la Russia è registrata per aver fornito all'Occidente il dovuto avvertimento.

(Scott Ritter è un ex ufficiale dell'intelligence del Corpo dei Marines degli Stati Uniti che ha prestato servizio nell'ex Unione Sovietica attuando trattati sul controllo degli armamenti, nel Golfo Persico durante l'operazione Desert Storm e in Iraq supervisionando il disarmo delle armi di distruzione di massa. Il suo libro più recente è Disarmament in the Time of Perestroika, pubblicato da Clarity Press.)

 

 

 

 

"Un gioco sporco.". Ora Putin

accusa l'Occidente: "Vogliono sterminarci"

Federico Giuliani .

Vladimir Putin ha lanciato durissimi attacchi contro l'Occidente, accusandolo di fare il "gioco sporco" in Ucraina, cercare una pericolosa escalation militare, di voler annientare i russi come i nazisti e, ancora, di essere interessato a scatenare crisi globali in giro per il mondo. Nel suo intervento fiume al Forum Valdai, tra l'ombra della minaccia nucleare e altri affondi, il presidente russo ha tuttavia fatto capire che, prima o poi, l'Occidente dovrà "affrontare un dialogo su base paritaria" con la Russia per "un futuro comune nelle questioni internazionali".

 

"Un gioco sporco.". Ora Putin

 accusa l'Occidente: "Vogliono sterminarci".

msn.com – il giornale – Federico Giuliani – (27-10-2022) – ci dice:

 

L'intervento di Putin.

La pars destruens del discorso di Putin, la maggior parte, si è concentrata sulle colpe dell'Occidente.

 "Il cosiddetto Occidente ha fatto un gioco pericoloso, sporco e mortale, senza considerare gli interessi degli altri Paesi", ha affermato il capo del Cremlino, aggiungendo che, negli ultimi mesi, da parte dei Paesi occidentali "sono stati compiuti diversi passi verso l'escalation". "L'espansione della Nato era inaccettabile per la Russia, l'Occidente lo sapeva ma lo ha ignorato", ha spiegato.

Per quanto riguarda la pars costruens, coincidente con le azioni da compiere per allentare le tensioni e uscire dall'impasse, Putin ha ribadito che la crisi adesso ha carattere globale.

 "Abbiamo di fronte a noi due strade: o continuare ad accumulare problemi o cercare insieme una soluzione, non ideale, ma che funzioni, per rendere mondo più stabile e più sicuro", ha dichiarato.

"Le proposte della Russia per costruire la sicurezza collettiva sono state negate, buttate via. Non possiamo fare finta di niente, chi semina vento raccoglie tempesta", ha tuttavia rincarato la dose lo stesso Putin.

 

La crisi dell'Occidente.

Putin ha dichiarato che in Occidente non c'è unità e che, parlando degli Stati Uniti, Washington non ha niente da offrire al mondo se non il dominio:

"Il suo modello neo-liberale è in crisi". L'Occidente, ha proseguito il presidente russo, "ricorre a sanzioni, rivoluzioni colorate, colpi di Stato" e azioni illegali per ostacolare l'aspirazione alla democrazia di "miliardi di persone" al mondo che cercano di rendersi indipendenti.

Il capo del Cremlino ha quindi ricordato l'uccisione a Baghdad nel gennaio 2020 di Qassem Soleimani, capo della Forza Qods dei Pasdaran iraniani:

"Si può pensare qualsiasi cosa di lui, ma è stato ucciso in un Paese terzo".                              

 In termini più generali, il leader russo ha puntato il dito contro il liberalismo. "È cambiato in modo irriconoscibile fino all'assurdo. Ora i punti di vista alternativi vengono definiti sovversivi e minacce alla democrazia", ha denunciato.

La posizione della Russia.

Non sono mancati riferimenti al nazismo e alla Guerra Fredda.

"Anche al culmine della Guerra Fredda a nessuno è mai venuto in mente di negare la cultura e l'arte dei propri avversari. L'Occidente sostiene che la sua cultura e la sua visione del mondo dovrebbero essere universali, o almeno questo è il comportamento.

 I nazisti hanno bruciato i libri e in Occidente ora hanno sono arrivati a vietare Tchaikovsky e Dostoevsky", ha dichiarato Putin.

"Nessuno è stato o sarà in grado di distruggere la Russia o di cancellarla dalle mappe geopolitiche", è il manifesto del Putin pensiero, seguito da altri affondi. Non sono mancate accuse di aver cercato di "acutizzare le crisi" e favorire la "militarizzazione attorno a Taiwan".

La guerra in Ucraina.

Sulla guerra in Ucraina, Putin è stato chiaro, affermando di non aver sottovalutato la resistenza di Kiev.

 "Per otto anni hanno costruito fortificazioni nel Donbass", ha detto, "e abbiamo capito che questo processo sarebbe continuato" e se lo avessimo lasciato andare "le nostre perdite sarebbero state maggiori".

 Putin ha aggiunto di pensare costantemente ai soldati russi caduti in Ucraina, ma ha sottolineato che Mosca non aveva altra scelta che lanciare quella che chiama la sua "operazione militare speciale".

"Per la Russia un attacco nucleare contro l'Ucraina non ha senso politico né militare", ha chiarito il presidente russo, ripetendo che l'Ucraina "ha la tecnologia" che le permette di costruire "una bomba sporca" e che "lo sta facendo". I russi "lo sanno e sanno anche dove la sta costruendo".

(Putin conosce benissimo Klaus Schwab e cosa sta costruendo …Ndr.)

Numerosi Stati nel mondo, ha infine ricordato Putin, si rifiutano di soddisfare le richieste degli Stati Uniti. "Ma Washington sta ancora cercando di fare pressione su tutti. Se prima solo pochi Paesi si permettevano di discutere con l'America, e sembrava quasi una sensazione, ora è già un luogo comune il fatto che vari Stati neghino a Washington il soddisfacimento delle sue richieste infondate", ha concluso Putin.

 

 

 

Fusione fredda: energia

inesauribile avvolta nel mistero.

 Lib21.org - Redazione LIB21- Salvatore Aprea – (9-2-2022) – ci dice:

 

La fusione fredda per i suoi sostenitori è una reazione nucleare senza i problemi tipici della fissione (uranio, scorie, radioattività), molto economica (poche centinaia di euro) e assai promettente sul piano energetico.

Produce energia sotto forma di calore, grazie a reazioni di fusione nucleare tra atomi di metallo e idrogeno a bassa temperatura e pressione, senza residui né emissioni radioattive.

Se questa tecnologia dovesse avere successo, una volta diffusa, non avremmo più bisogno di combustibili fossili con inimmaginabili conseguenze politiche ed economiche.

 Eppure, da ormai oltre 20 anni, tutto è ancora avvolto da un alone di mistero e da resistenze in parte incomprensibili. La fusione fredda esiste?

 È la soluzione ai tanti problemi energetici del pianeta, come alcuni credono?     Le prove sono ancora incomplete, anche se il fenomeno su cui è basata, la cosiddetta LENR (“reazioni nucleari a debole energia”), ha ormai molti riscontri.

 Per i suoi sostenitori si tratta di una reazione nucleare senza i problemi tipici della fissione (uranio, scorie, radioattività) e molto economica (poche centinaia di euro).

Una teoria, sviluppata dal fisico italiano Giuliano Preparata negli Anni ’90, spiega il fenomeno ma finora non è stata accettata dagli scienziati tra le teorie “ortodosse”.

La fusione fredda produce energia sotto forma di calore, grazie a reazioni di fusione nucleare tra atomi di metallo e idrogeno a bassa temperatura (da 40 a 1.000 °C) e pressione, senza residui né emissioni radioattive e fu scoperta e annunciata al mondo nel marzo del 1989 da Martin Fleischmann, Stanley Pons e Steven Jones.

Già alla fine dell’89, però, arrivarono le stroncature della maggior parte degli scienziati:

non si trattava di fusione nucleare perché occorrono milioni di gradi come nel Sole e pressioni straordinarie e non era un metodo perché non replicabile in laboratorio.

Si trattava insomma di un grossolano errore, forse addirittura di disonestà di scienziati a caccia di gloria.

 In realtà gli esperimenti degli ultimi 20 anni hanno messo a tacere buona parte delle critiche.

La fusione fredda è oggi replicabile e comporta quasi sicuramente una reazione nucleare, sia pure ancora non del tutto spiegata, molto promettente sul piano energetico.

Eppure tutto è ancora avvolto da un alone di mistero e da resistenze in parte incomprensibili.

(Le corporations energetiche straricche collegate con la produzione e consumo di petrolio e gas sono Contrarie a questa scoperta! Ndr.)

Il video in questo articolo – un’inchiesta di Rainews 24 – è in proposito molto indicativo. 

I misteri della Nasa Anche la Nasa si è dedicata alle ricerche sulla fusione fredda, ma con comportamenti apparentemente stupefacenti.

Da un lato gli esperimenti sembrano confermare l’esistenza di fenomeni “energetici” non ben compresi, dall’altro le relazioni sugli esperimenti sono state per molti anni nascoste o almeno rese molto difficili da trovare.

Negli archivi Nasa, il più vecchio documento online sulla fusione fredda risale al dicembre 1989 e nel titolo riporta le parole “cold fusion” (fusione fredda) e l’oggetto del test.

Nel testo il responsabile della ricerca Gustave C. Fralick, partecipante dall’89 a diversi studi nel settore, metteva in risalto la produzione di calore in eccesso, utilizzabile per riscaldare l’acqua o produrre elettricità, e l’assenza di residui radioattivi.

Due osservazioni verificate e confermate in test successivi eseguiti dalla stessa Nasa e in altri laboratori.

 Era di fatto una conferma alla scoperta di Fleischmann e Pons. La strada da fare poteva essere ancora lunga, ma la prospettiva era quella di potere avere energia abbondante con poca spesa e senza pericoli ambientali.

La pubblicazione del documento negli archivi della Nasa, però, è avvenuta solo vent’anni dopo, nell’aprile del 2009! Le date sono registrate sulla scheda online del documento.

 Non si sa se ambienti scientifici ne fossero a conoscenza prima del 2009. Stessa sorte per un altro documento sulla replicabilità dell’eccesso di calore, datato febbraio 1996 e pubblicato nel maggio del 2008.

Curiosamente, per entrambi i documenti è sparita “fusione fredda” tra le parole chiave usate per archiviarli.

E oggi?

 La diffusione di documenti di questo tipo avrebbe mutato la sorte della fusione fredda? Forse no o forse avrebbe accelerato investimenti e ricerche che comunque non si sono arrestate.

 Lo scienziato Brian Ahern, dell’Ames National Laboratory parlerà in questi giorni dei risultati e della sua teoria sulla fusione fredda/LENR a New York.

Ahern ha affermato di essere rimasto folgorato da una tecnologia di ordine superiore “… che avvincerà anche gli avversari più accaniti della LENR”.

I gruppi che stanno cercando di portare la fusione fredda/LENR sul mercato sono almeno quattro. Ci sono anche la “Defkalion Green Technologies”, che ha annunciato la prossima presentazione dei propri prodotti, Francesco Piantelli, un pioniere le cui ricerche sono ancora in corso, e soprattutto Rossi e Focardi con l’E-Cat. E-cat: il futuro dell’energia pulita e illimitata?

 L’E-Cat (catalizzatore di energia) è un misterioso dispositivo che, sfruttando la fusione fredda, produrrebbe energia termica in quantità superiore (da 6 a 30 volte secondo Rossi) all’energia necessaria a mettere in funzione il suo “motore”.

Il sistema richiede nichel e idrogeno, producibili in quantità illimitate, essendo il nichel uno dei componenti del nucleo terrestre e l’idrogeno ottenibile dall’acqua.

Per il fisico italiano Sergio Focardi – che ha studiato e sviluppato dal 1992 l’applicazione utilizzata nell’E-Cat – siamo in presenza di una reazione nucleare per i seguenti motivi:

1) nel corso del processo i componenti originari, nichel e idrogeno, si “trasformano” producendo rame;

2) la quantità di energia che si libera nel processo è assai più elevata dell’energia delle reazioni chimiche e richiede che sia avvenuto un processo nucleare;

 3) durante il processo, il sistema emette raggi gamma (schermabili con piccoli spessori di piombo) che sono la firma di un processo nucleare.

Il 28 ottobre scorso in un container alla periferia di Bologna Rossi ha presentato una mini centrale termica da un MegaWatt composta da 107 E-Cat che avrebbe operato senza forniture energetiche per 5,5 ore, fornendo secondo il suo inventore 2.635 kiloWattora.

 Nessun osservatore ha però avuto accesso ai dettagli tecnici della prova nonostante le attese che hanno portato a Bologna scienziati, professionisti, forse anche potenziali partner da Francia, Svezia, Cina, Russia, Usa e persino i cronisti di Associated Press e FoxNews.

 La dimostrazione era organizzata a beneficio di un ignoto cliente che al termine dei test, secondo Rossi, si sarebbe dichiarato soddisfatto dei risultati e avrebbe acquistato l’impianto.

 Se l’accordo venisse confermato Rossi potrebbe avere le risorse per sbloccare il contratto col Dipartimento di Fisica dell’Università di Bologna, che per avviare lo studio di ciò che avviene all’interno dell’E-Cat aveva chiesto 500.000 euro.

Allo sviluppo della tecnologia e alla ricerca sulla fisica dell’E-Cat potrebbe anche collaborare l’Università svedese di Uppsala, mentre la produzione avverrà negli Usa dove la società di Rossi, la Leonardo Corporation, farà da capofila anche alla struttura commerciale e già pare accetti preordini per un impianto a fusione fredda da 10 kiloWatt a un prezzo di 4000 euro.

 Ricerche top secret Perché tutti questi misteri?

Perché anche gli scienziati hanno la bocca cucita? Il professor Loris Ferrari, fisico teorico all’Università di Bologna, dice di essere “vincolato da un accordo di riservatezza”.

L’obiettivo di Rossi per l’E-Cat é ottenere il brevetto internazionale, che però potrebbe non arrivare, avendo fornito solo un progetto di massima del suo reattore.

Per quale motivo?

L’inventore non vuole rischiare che qualcuno rubi la sua tecnologia. Una volta depositati all’ufficio brevetti, i progetti sono pubblici ed è convinzione diffusa che l’idea di Rossi sia così semplice che una volta scoperta chiunque potrebbe riprodurla.

C’è poi chi sostiene che abbia solo trovato il modo per combinare in modo efficace tecnologie note: per costoro l’E-Cat non è brevettabile, così come non si può brevettare una bicicletta.

 Se questa tecnologia dovesse avere successo, una volta diffusa non avremmo più bisogno di combustibili fossili con inimmaginabili conseguenze politiche ed economiche, sicché qualunque gioco sporco è possibile.

 Tornano in mente i tentativi tra l’Ottocento e il Novecento di Thomas Edison di difendere i propri forti interessi nella distribuzione della corrente continua negli Stati Uniti, screditando George Westinghouse e Nikola Tesla che proponevano un sistema di distribuzione a corrente alternata.

Nella “guerra delle correnti elettriche” Edison non si fermò di fronte a nulla: oltre alla folgorazione in pubblico di gatti, cani, bovini e cavalli e dell’elefante Topsy nel 1903, svolse un ruolo non indifferente nel fare adottare nel 1890 la sedia elettrica a corrente alternata come mezzo per le esecuzioni capitali.

 Come allora, si prospetta una lunga battaglia senza esclusione di colpi o di mazzette!

 

 

 

La fusione nucleare arriverà,

ma dopo che avremo già

de-carbonizzato la nostra economia.

Scienzainrete.it - Jacopo Mengarelli – (13-2-2022) – ci dice:

Sono stati prodotti 59 mega-joule di energia, in un processo di fusione nucleare nel tokamak, cioè una camera toroidale magnetica, del “Joint European Torus” (JET), battendo il record del 1997 di 21,7 mega-joule. Qui l’annuncio ufficiale. Vediamo nel dettaglio i risultati dell’esperimento e i possibili sviluppi futuri.

Cosa è stato ottenuto?

Come raccontano Nature e l’ENEA, in un esperimento del 21 dicembre 2021, presso la sede della UK Atomic Energy Authority (UKAEA), il tokamak del JET ha prodotto 59 mega-joule di energia in un intervallo di tempo di circa cinque secondi, tramite fusione nucleare. La potenza di fusione media è stata di circa 11 megawatt. Il gruppo che ha collaborato per raggiungere questo risultato è composto da fisici e ingegneri di EURO fusion, un consorzio di 30 organizzazioni di ricerca, tra cui università e aziende, di 25 paesi europei, inglesi, svizzeri e ucraini.

Per capirci, 59 mega-joule equivalgono a circa 16 chilowattora, cioè più o meno l’energia che consuma un’auto elettrica tra quelle oggi in commercio per fare 100 chilometri.

Uno stadio ne consuma molta di più durante una partita di un’ora e mezzo, circa 25mila chilowattora. Una famiglia italiana consuma in media all’anno un po’ più di duemila chilowattora.

Daniela Farina, Direttrice dell’Istituto per la Scienza e Tecnologia dei Plasmi (ISTP) del CNR, che abbiamo contattato, sostiene che «questo è un importante risultato sul piano sia scientifico sia tecnologico, frutto di un programma condotto da tutta la comunità scientifica europea. Dimostra per la prima volta che siamo in grado di produrre e mantenere reazioni di fusione con lo stesso combustibile (Deutero-Trizio) in condizioni simili a quelle che saranno verificate nei futuri reattori a fusione».

 L’utilizzo di un combustibile al trizio produce infatti molta più energia quando si fonde con il deuterio, rispetto a una fusione operata solo con quest’ultimo.

L’esperimento analogo condotto nel 1997 detiene ancora la potenza di picco pari a 16 megawatt, ma con una potenza media meno della metà di quella di oggi, dice Fernanda Rimini del Culham Centre for Fusion Energy a Nature, che ha supervisionato l'ultima campagna sperimentale.

In circa vent’anni, infatti, ci sono stati una notevole ottimizzazione sperimentale, vari aggiornamenti dell’impiantistica e, come ci racconta Daniela Farina «anche un potente sviluppo di alta tecnologia in settori di punta, per esempio sui materiali avanzati, sul remote-handling, sulle tecnologie del trizio, e così via». E inoltre, «i risultati sperimentali ottenuti confermano le teorie e le simulazioni numeriche rendendoci così confidenti di poter progettare e operare i futuri esperimenti».

Come funziona la fusione nucleare?

E perché conviene energeticamente rispetto alla fissione?

Per capirlo bisogna guardare all’energia di legame dei nuclei atomici, detta anche interazione forte. Questa è quell’energia che serve per tenere uniti protoni e neutroni (i nucleoni) nel nucleo atomico, e che è molto più elevata dell’energia che serve a far “orbitare” gli elettroni attorno al nucleo, che a sua volta è maggiore dell’energia che tiene uniti gli atomi per formare le molecole e così via fino all’energia gravitazionale.

Fissione e fusione nucleare.

Wikimedia Commons: una delle varie rappresentazioni grafiche dell’energia di legame dei possibili nuclei atomici. In ascissa il numero di massa, cioè il numero di nucleoni nel nucleo, in ordinata il valore medio dell’energia di legame per nucleoni (in MeV, megaelettronvolt).

L’energia di legame, cresce molto velocemente passando dai nuclei più leggeri a quelli più pesanti, fino a un picco attorno al ferro – di circa 9 mega-elettronvolt – per poi scendere dolcemente via via che i nuclei diventano sempre più pesanti.

Quando si bombarda un nucleo di uranio-235 con dei neutroni, il nucleo si divide in un nucleo di kripton e un nucleo di bario.

 Essendo il kripton e il bario più leggeri dell’uranio, ma più pesanti del ferro, si ottiene energia.

Quando invece si fondono i due isotopi dell’idrogeno, deuterio e trizio, si ottiene un elio-4.

Come si può vedere dall’immagine, l’energia di legame dell’elio-4 (He4) è molto maggiore di quella di deuterio (H2) e trizio (H3), e questa differenza è molto più elevata della differenza di energia di legame tra uranio e kripton/bario.

 La fusione nucleare, quindi, a parità di numero di nuclei atomici usati, produce molta più energia rispetto alla fissione.

Un altro vantaggio della fusione è che l’idrogeno – e quindi i suoi isotopi – è molto più semplice da reperire rispetto all’uranio-235.

 In natura, infatti, è enormemente più presente l’uranio-238 (che non è fissile), che viene pertanto arricchito con l’uranio-235, per esempio al 3% (nelle bombe atomiche si arriva al 90%).

Quello che succede inoltre è che durante la fissione, i nuclei di uranio-238 presenti assorbono neutroni (contribuendo a rallentare la reazione a catena) e si trasformano in uranio-239, che poi decade in plutonio-239, il quale, avendo un tempo di decadimento estremamente elevato, emette radiazioni pericolose per la salute umana.

 Nella fusione nucleare, questo problema sostanzialmente non c’è.

Negli anni si è studiato perché l’energia di legame avesse l’andamento che si vede nell’immagine e tra le cause c’è anche la natura “a corto raggio” dell’interazione forte: il suo raggio d’azione è infatti limitato all’ordine di grandezza di 10-15 metri.

Quindi, per fondere due nuclei bisogna avvicinarli molto, e questo lo si ottiene usando temperature elevatissime, fino a 100 milioni di gradi – molto più caldo del centro del Sole.

Ecco qual è “probabilmente” il principale problema della fusione nucleare: fino a quando l’energia prodotta non supera quella usata per ottenerla, non si avrà il salto tecnologico decisivo.

Gli apparati sperimentali di JET e ITER usano campi magnetici per confinare gli isotopi dell’idrogeno sottoforma di plasma (come inevitabile che sia a quelle temperature).

Si usano deuterio e trizio anche perché per fondere idrogeno sarebbero necessarie temperature ancora maggiori.

Quanta energia consumiamo al mondo ogni anno?

Per avere un ulteriore metro di paragone tra l’energia prodotta dall’esperimento del JET e quella necessaria a sostentare l’umanità, può essere utile sapere che nel 2020 abbiamo consumato poco più di 27 milioni di Gigawattora (GWh) di energia nel mondo – più di mille miliardi di volte l’energia dell'esperimento del JET.

Di cui circa 21 milioni provenienti dai combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale), poco più di 3 milioni dalle rinnovabili (idroelettrico, geotermico, solare, eolico e biomassa) e poco sopra i 2 milioni dal nucleare elettrico a fissione. Questi i dati secondo la U.S. Energy Information Administration.

Che possibilità di sfruttamento per la transizione ecologica al 2050?

Francesco Gnesotto, Presidente del Consorzio RFX, ha detto che «la notizia è di ottimo auspicio per ITER, il successore di JET, che entrerà in funzione tra pochi anni», tuttavia, come scrive Nature, finora nessun esperimento ha generato più energia di quanta ne abbia immessa.

 Il progetto ITER, da 22 miliardi di dollari, potrebbe essere in grado di raggiungere questo obiettivo, aumentando la superficie magnetica del tokamak rispetto a JET.

Su questo è ancora da capire come gestire il calore di scarico del reattore e quindi quale design sia il più ottimale da utilizzare. Ricordiamo che i primi test di ITER sono previsti per il 2025 e la fusione con trizio e deuterio non arriverà probabilmente prima del 2035.

 

Lo stesso “program manager “del consorzio EURO-fusion Tony Donné, riferisce che ottenere la fusione nucleare per un utilizzo commerciale in un decennio è troppo ottimistico, «le aziende private dicono che la fusione funzionerà in dieci anni, ma è solo per attirare i finanziatori», per quanto le prospettive siano innegabilmente eccitanti.

A un sondaggio della Fusion Industry Association, diciotto imprese del settore hanno dichiarato di aver attratto più di 2,4 miliardi di dollari in totale, quasi tutti da investimenti privati.

In questo senso, come si legge nello stesso scritto di Nature, chi sostiene la tecnologia della fusione compie un parallelismo con l'industria spaziale: le grandi missioni lunari della metà del secolo scorso sono state trainate dagli stati e dalle agenzie governative, ma ora si iniziano a far sentire sempre più insistentemente i privati, come una “SpaceX per la fusione”, nonostante gli aiuti statali siano ancora cospicui.

«Il mondo sta attualmente cercando di soddisfare gli Accordi di Parigi, non siamo certi sulla possibilità per la fusione di contribuire alla decarbonizzazione entro il 2050», dice Daniela Farina, alla quale abbiamo chiesto quando potremo usare la tecnologia da fusione nucleare su larga scala, e che conclude: «Siamo confidenti che nella seconda metà del secolo la fusione nucleare possa essere la risposta all’atteso incremento di domanda di energia».

Un risultato importante quello del tokamak JET, quindi, ma che darà frutti consistenti forse solo successivamente al completo azzeramento netto delle emissioni di gas serra.

 

 

 

Fusione nucleare, rivista una legge

fondamentale: si può produrre

molta più energia del previsto.

Hwapgrade.it - Manolo De Agostini – (28 Maggio 2022) – ci dice:

 

Un team della EPFL ha rivisitato il "limite di Greenwald", una delle leggi fondamentali usata per progettare e far funzionare i reattori per la fusione nucleare. Gli studiosi hanno dimostrato che i tokamak possono utilizzare quasi il doppio della quantità di carburante per produrre plasmi senza preoccuparsi della distruzione.

I fisici dell'EPFL (Scuola politecnica federale di Losanna), all'interno di una vasta collaborazione europea, hanno rivisto una delle leggi fondamentali che è stata alla base della ricerca sul plasma e sulla fusione nucleare per oltre tre decenni, e che ha guidato lo sviluppo di ITER e altri progetti simili.

Gli studiosi hanno dimostrato che è possibile utilizzare in sicurezza più combustibile a idrogeno nei reattori a fusione e quindi ottenere più energia rispetto a quanto previsto in precedenza.

La fusione nucleare è una delle fonti di energia pulita più promettenti per il futuro, anche se la sua "messa a punto" richiederà diverso tempo perché il suo obiettivo è replicare, in modo stabile, i processi di fusione che si verificano nel Sole per creare energia. Quando si parla di fusione nucleare s'intende l'unione di due nuclei atomici in uno solo, processo che rilascia enormi quantità di energia.

Si tratta della stessa cosa che avviene nel nostro Sole, il cui calore proviene da nuclei di idrogeno che si fondono in atomi di elio più pesanti. Tra i tanti progetti in corso per replicare quel processo c'è ITER, tramite il quale si punta alla creazione di plasma ad alta temperatura affinché si crei il giusto ambiente per permettere alla fusione di avvenire e di produrre energia.

Il plasma, uno stato ionizzato della materia simile a un gas, è fatto di nuclei caricati positivamente ed elettroni caricati negativamente, ed è quasi un milione di volte meno denso dell'aria che respiriamo.

Il plasma viene creato sottoponendo "il combustibile di fusione" - atomi di idrogeno - a temperature estremamente elevate (10 volte quella del nucleo del Sole), costringendo gli elettroni a separarsi dai loro nuclei atomici. Il processo avviene all'interno di una struttura a forma di ciambella ("toroidale") chiamata "tokamak".

"Per creare plasma per la fusione devi considerare tre cose: alta temperatura, alta densità di combustibile a idrogeno e buon confinamento", ha dichiarato Paolo Ricci dello Swiss Plasma Center, uno dei principali istituti di ricerca sulla fusione al mondo.

 Ed è proprio il team di Ricci, lavorando con altri istituti europei, ad aver capito che il futuro tokamak ITER potrà operare con il doppio delle quantità di idrogeno e perciò generare più energia di fusione rispetto a quanto si pensava in passato.

"Uno dei limiti nella produzione di plasma all'interno di un tokamak è la quantità di idrogeno che puoi iniettare all'interno", ha spiegato Ricci.

 "Fin dai primi giorni della fusione, sapevamo che se si tenta di aumentare la densità del carburante, a un certo punto si sarebbe verificata quella che chiamiamo distruzione: in pratica si perde completamente il confinamento e il plasma va ovunque.

Quindi negli anni '80 si cercava di elaborare una sorta di legge in grado di prevedere la densità massima di idrogeno inseribile in un tokamak".

Alla fine fu Martin Greenwald, nel 1988, a formulare una "legge" usata finora e che correlava la densità del carburante al raggio minore del tokamak (il raggio del cerchio interno della ciambella) e alla corrente che scorre nel plasma all'interno del tokamak.

Da allora, il "limite di Greenwald" è diventato il principio fondamentale per la ricerca sulla fusione, tanto che la costruzione del tokamak di ITER si basa su di esso.

"Greenwald ha derivato la legge empiricamente, cioè completamente da dati sperimentali, non da una teoria testata, o quelli che chiameremmo 'principi primi'", ha spiegato Ricci.

Al fine di verificare la correttezza della legge, lo Swiss Plasma Center ha ideato un esperimento per verificare con precisione la quantità di carburante iniettata in un tokamak.

Maurizio Giacomin, dottorando del team di Ricci, ha analizzato i processi fisici che limitano la densità nei tokamak, al fine di derivare una legge di primo principio in grado di correlare la densità del carburante e la dimensione del tokamak. Per farlo si è affidato a un'avanzata simulazione del plasma svolta su supercomputer.

"Quello che abbiamo scoperto dalle nostre simulazioni è che quando si aggiunge più carburante al plasma, parti di esso si spostano dallo strato freddo esterno del tokamak, il confine, di nuovo nel suo nucleo, perché il plasma diventa più turbolento.

 Quindi, a differenza di un filo di rame elettrico, che diventa più resistente quando riscaldato, i plasmi diventano più resistenti quando si raffreddano.

 Quindi, più carburante metti alla stessa temperatura, più parti di esso si raffreddano e più è difficile che la corrente fluisca nel plasma, portando probabilmente alla distruzione".

Ricci e i suoi colleghi sono riusciti a ricavare una nuova equazione per il limite di carburante inseribile in un tokamak.

Pubblicata su Physical Review Letters, la nuova equazione presuppone che il limite di Greenwald possa essere quasi raddoppiato, ciò significa che i tokamak come ITER possono effettivamente utilizzare quasi il doppio della quantità di carburante per produrre plasmi senza preoccuparsi della distruzione.

 "Ciò è importante perché mostra che la densità che puoi ottenere in un tokamak aumenta con la potenza necessaria per farlo funzionare", ha concluso Ricci.

 

 

 

 

Qualcosa si muove nella fusione

nucleare. I progressi in Corea.

Formiche.net - Otto Lanzavecchia – (11/09/2022) – ci dice:

 

Gli scienziati hanno mantenuto una reazione di fusione a 100 milioni di gradi per 30 secondi. Non sono dati record, però dimostrano che non si tratta più di una sfida fisica, ma ingegneristica. Dopo decenni senza fondi, oggi la ricerca sta facendo enormi progressi anche grazie al settore privato.

Buone notizie sul fronte della ricerca nucleare. Il reattore Kstar dell’Istituto coreano per l’energia da fusione (Università Nazionale di Seul) ha mantenuto una reazione di fusione nucleare a 100 milioni di gradi per più di 30 secondi. Non si tratta di risultati record, scrive il New Scientist, ma la loro combinazione segna un passo in avanti sulla strada verso un reattore realizzabile. Ammesso e non concesso che si possa fare scaling.

La fusione nucleare è il processo che tiene accese le stelle e racchiude la promessa di generare quantità immense di elettricità sicura a impatto zero. Per riprodurlo qui sulla Terra, in assenza della pressione che permette agli atomi nel nucleo del Sole di fondersi a “solo” 10 milioni di gradi, dobbiamo compensare con la temperatura – con valori ben superiori a 100 milioni di gradi – e confinare il plasma incandescente con magneti potentissimi.

PROGRESSI SU TUTTA LA LINEA.

Ultimamente la ricerca globale continua a produrre risultati interessanti. A gennaio, il progetto East (Accademia cinese delle scienze) ha sostenuto una reazione per 17 minuti a 70 milioni di gradi. A febbraio, gli scienziati britannici di Jet hanno recuperato 11 megawatt, il maggior quantitativo di energia mai estratto dal processo di fusione, in cinque secondi di reazione. A luglio, gli americani di Tae hanno superato la soglia dei 135 milioni di gradi. E a novembre dell’anno scorso una società partecipata da Eni, Cfs, ha costruito dei magneti adatti al confinamento.

I risultati di Kstar (che sta per Korea Superconducting Tokamak Advanced Research) espandono la comprensione riguardo il controllo della massa di plasma, il “cuore” del processo.

Si tratta di trovare il giusto compromesso tra temperatura e densità della materia per confinare la massa di plasma e far durare la reazione nel tempo.

Se il confinamento non funzionasse, il plasma danneggerebbe gravemente i componenti del reattore prima di “spegnersi”.

Per questo il risultato dei ricercatori coreani è incoraggiante: la reazione che hanno innescato iniziava ad assomigliare a un processo sostenibile.

Quello di Kstar era un plasma meno denso, più freddo ai bordi rispetto al centro, cosa che dovrebbe aumentare la durevolezza dei componenti interni del reattore. La reazione è stata interrotta dopo 30 secondi per limiti dell’hardware, ma in futuro dovrebbe durare di più: ora il team sta migliorando i materiali per riuscirci. Tuttavia, non si sa ancora se una soluzione come quella di Kstar si possa replicare in scala su dimensioni più grandi – come quelle del maxi-reattore Iter, il progetto internazionale a cui partecipa anche l’Italia.

 

UN PROBLEMA D’INGEGNERIA (E FINANZIAMENTO)

Forse il dato migliore a uscire dall’esperimento coreano è l’ulteriore conferma che produrre energia mediante fusione nucleare non è più un problema fisico (“si può fare?”), ma ingegneristico (“come lo facciamo?”).

I processi fisici alla base sono sempre più compresi, ha detto Lee Margetts dell’Università di Manchester al New Scientist, oggi si tratta di ostacoli tecnici da superare prima di poter costruire una centrale elettrica funzionante.

Sapendo che si può fare, e considerando i problemi energetici e climatici del momento, viene da chiedersi perché non ce l’abbiamo ancora fatta.

La battuta ricorrente tra gli addetti ai lavori è che la fusione è sempre dietro l’angolo – da almeno mezzo secolo. E qui entrano in gioco i finanziamenti, la “benzina” dei problemi ingegneristici.

Nel 1976 il Dipartimento dell’energia statunitense aveva calcolato quattro probabili traiettorie di sviluppo della tecnologia, a seconda dei soldi che sarebbero stati spesi in ricerca.

Lo sforzo più moderato (2-4 miliardi all’anno) avrebbe spostato il traguardo al 2005.

Peccato che il livello medio di investimenti da allora sia stato ben inferiore a mezzo miliardo all’anno.

Per mettere il dato in contesto, gli Usa oggi spendono circa 650 miliardi di dollari per sussidiare l’industria (concorrente) dei combustibili fossili.

(Quante mazzette passano di mano! Ndr.)

Anche al netto delle variabili e delle incertezze, dell’aggiustamento del valore storico degli investimenti e della limitatezza geografica di questo esempio, il trend è lampante.

 E anche deprimente: se avessimo investito di più, oggi saremmo più vicini a risolvere l’emergenza energetica /climatica?

È la stessa domanda che si è posto il settore privato, che negli ultimi anni è in crescita meteorica, mobilitato dalle enormi opportunità finanziarie che presenta la sfida della decarbonizzazione.

Gli ultimi dati dell’associazione industriale di riferimento, la Fusion Industry Association, parlano di 4,8 miliardi di dollari mobilitati nel 2022 – un aumento del 139% rispetto al 2021 – di cui 1,8 solo per la startup di Eni, Cfs.

Gran parte dei risultati di cui sopra sono il risultato di attività private, e le più ambiziose promettono di dimostrare la fattibilità della tecnologia (con reattori più piccoli rispetto a Iter) già nei prossimi anni.

 

 

Il piano di Washington

per smantellare la Russia.

Unz.com- MIKE WHITNEY – (27 OTTOBRE 2022) - ci dice:

 

“L'obiettivo occidentale è indebolire, dividere e infine distruggere la nostra nazione. Stanno affermando apertamente che, da quando sono riusciti a smantellare l'Unione Sovietica nel 1991, ora è il momento di dividere la Russia in molte regioni separate che saranno alla gola l'una dell'altra".

(Il presidente russo Vladimir Putin).

“Cheney 'voleva vedere lo smantellamento non solo dell'Unione Sovietica e dell'impero russo, ma anche della Russia stessa, in modo che non potesse mai più essere una minaccia per il resto del mondo.'’

L'Occidente deve portare a termine il progetto iniziato nel 1991 …. Fino a quando l'impero di Mosca non sarà rovesciato, tuttavia, la regione, e il mondo, non saranno al sicuro…”

(“Decolonizzare la Russia”, The Atlantic).

 

L'ostilità di Washington nei confronti della Russia ha una lunga storia che risale al 1918, quando Woodrow Wilson dispiegò oltre 7.000 soldati in Siberia come parte di uno sforzo alleato per annullare le conquiste della rivoluzione bolscevica.

Le attività dell'American Expeditionary Force, che è rimasta nel paese per 18 mesi, sono svanite da tempo dai libri di storia negli Stati Uniti, ma i russi continuano ad indicare l'incidente come un altro esempio dell'incessante intervento dell'America negli affari dei suoi vicini.

 Il fatto è che le élite di Washington si sono sempre immischiate negli affari della Russia nonostante le forti obiezioni di Mosca.

In effetti, un gran numero di élite occidentali non solo pensa che la Russia dovrebbe essere divisa in unità geografiche più piccole, ma che il popolo russo dovrebbe accogliere con favore un simile risultato.

I leader occidentali nell'Anglosfera sono così consumati dall'arroganza e dal loro stesso senso di diritto, che onestamente credono che i russi comuni vorrebbero vedere il loro paese frantumato in piccoli stati che rimangono aperti allo sfruttamento vorace dei giganti petroliferi occidentali, l'industria mineraria corporazioni e, naturalmente, il Pentagono (ossia la CIA e il DEEP State. Ndr!)

 Ecco come la mente geopolitica di Washington Zbigniew Brzezinski ha riassunto un articolo su Foreign Affairs:

“Date le dimensioni e la diversità (della Russia), è molto probabile che un sistema politico decentralizzato e un'economia di libero mercato sprigionino il potenziale creativo del popolo russo e delle vaste risorse naturali della Russia.

Una Russia vagamente confederata - composta da una Russia europea, una Repubblica siberiana e una Repubblica dell'Estremo Oriente - troverebbe anche più facile coltivare relazioni economiche più strette con i suoi vicini.

Ciascuno dei diritti confederati sarebbe in grado di sfruttare il proprio potenziale creativo locale, soffocato per secoli dalla pesante mano burocratica di Mosca.

A sua volta, una Russia decentralizzata sarebbe meno suscettibile alla mobilitazione imperiale.

(Zbigniew Brzezinski, “Una geo-strategia per l'Eurasia”, Affari esteri, 1997).

 

La "Russia vagamente confederata", immaginata da Brzezinski, sarebbe una nazione sdentata e dipendente che non potrebbe difendere i propri confini o la propria sovranità.

Non sarebbe in grado di impedire ai paesi più potenti di invadere, occupare e stabilire basi militari sul suo suolo.

 Né sarebbe in grado di unificare i suoi disparati popoli sotto un'unica bandiera o perseguire una visione "unita" positiva per il futuro del Paese.

Una Russia confederale, frammentata in una miriade di parti più piccole, consentirebbe agli Stati Uniti di mantenere il loro ruolo dominante nella regione senza minacce o interferenze.

 E questo sembra essere il vero obiettivo di Brzezinski, come ha sottolineato in questo passaggio nel suo opus magnum “The Grand Chessboard”. Ecco cosa ha detto:

"Per l'America, il principale premio geopolitico è l'Eurasia... e il primato globale dell'America dipende direttamente da quanto tempo e quanto efficacemente viene mantenuta la sua preponderanza nel continente eurasiatico".

("LA GRANDE SCACCHIERA - Il primato americano e i suoi imperativi geostrategici" , Zbigniew Brzezinski, pagina 30, Basic Books, 1997).

Brzezinski riassume sinteticamente le ambizioni imperiali degli Stati Uniti. Washington prevede di stabilire il suo primato nella regione più prospera e popolosa del mondo, l'Eurasia.

 E, per farlo, la Russia deve essere decimata e spartita, i suoi leader devono essere rovesciati e sostituiti e le sue vaste risorse devono essere trasferite nella morsa ferrea delle transnazionali globali che le utilizzeranno per perpetuare il flusso di ricchezza da est a ovest.

 In altre parole, Mosca deve accettare il suo umile ruolo nel nuovo ordine di società americana di fatto del gas e dell'estrazione mineraria.

Washington non ha mai veramente virato dal suo obiettivo di cancellare lo stato russo, infatti, la strategia di sicurezza nazionale (NSS) recentemente pubblicata insieme a un rapporto del Congresso intitolato "Renewed Great Power Competition: Implications for Defense—Problemi per il Congresso", confermano gran parte di quello che abbiamo detto qui, che gli Stati Uniti intendono schiacciare qualsiasi opposizione emergente alla sua espansione in Asia centrale per diventare l'attore dominante in quella regione. Ecco un estratto dal rapporto del Congresso:

L'obiettivo degli Stati Uniti di prevenire l'emergere di egemoni regionali in Eurasia, sebbene di vecchia data, non è scritto sulla pietra: è una scelta politica che riflette due giudizi: quella data la quantità di persone, risorse e attività economica in Eurasia, un egemone regionale in Eurasia rappresenterebbe una concentrazione di potere abbastanza grande da poter minacciare interessi vitali degli Stati Uniti;

e che l'Eurasia non si autoregola in modo affidabile in termini di prevenzione dell'emergere di egemoni regionali, il che significa che non si può fare affidamento sui paesi dell'Eurasia per prevenire, attraverso le proprie azioni, l'emergere di egemoni regionali, e potrebbe aver bisogno di assistenza da uno o più paesi al di fuori dell'Eurasia per poterlo fare in modo affidabile".

 ("Rinnovata competizione tra le grandi potenze: implicazioni per la difesa: problemi per il Congresso", Congresso degli Stati Uniti)

Quanto è diversa questa nuova iterazione della politica estera ufficiale degli Stati Uniti rispetto alla cosiddetta Dottrina Wolfowitz che è stata pronunciata prima della guerra in Iraq. Ecco qui:

“Il nostro primo obiettivo è impedire il riemergere di un nuovo rivale, sul territorio dell'ex Unione Sovietica o altrove, che rappresenti una minaccia sull'ordine di quella posta in precedenza dall'Unione Sovietica.

Questa è una considerazione dominante alla base della nuova strategia di difesa regionale e richiede che ci adoperiamo per impedire a qualsiasi potenza ostile di dominare una regione le cui risorse, sotto un controllo consolidato, sarebbero sufficienti per generare potenza globale”.

Come puoi vedere, non c'è stato alcun cambiamento significativo nella politica da quando Wolfowitz ha articolato la sua dottrina quasi 2 decenni fa.

L'establishment della politica estera statunitense afferma ancora risolutamente il diritto di Washington di dominare l'Asia centrale e di considerare qualsiasi concorrente nella regione come una minaccia alla sicurezza nazionale.

Ciò è ulteriormente sottolineato dal fatto che sia la Russia che la Cina sono state identificate nell'ultima strategia di sicurezza nazionale come "concorrenti strategici", che è un eufemismo di stato profondo per i nemici mortali.

Dai un'occhiata a questo estratto da un articolo intitolato "Partitioning Russia After World War III?":

L'obiettivo finale degli Stati Uniti e della NATO è dividere e pacificare il paese più grande del mondo, la Federazione Russa, e persino stabilire una coltre di perpetuo disordine (somalizzazione) sul suo vasto territorio o, come minimo, su una parte della Russia e lo spazio post-sovietico...

L'obiettivo finale degli Stati Uniti è impedire che in Europa e in Eurasia emergano alternative all'integrazione euro-atlantica. Ecco perché la distruzione della Russia è uno dei suoi obiettivi strategici….

Ridisegnare l'Eurasia: le mappe di Washington di una Russia divisa.

Con la divisione della Federazione Russa, (l') articolo afferma che qualsiasi rivalità bipolare tra Mosca e Washington sarebbe finita dopo la terza guerra mondiale. In netta contraddizione, afferma che solo quando la Russia sarà distrutta ci sarà un vero mondo multipolare, ma implica anche che gli Stati Uniti saranno la potenza globale più dominante anche se Washington e l'Unione Europea saranno indebolite dalla prevista grande guerra con i russi”.

("La divisione della Russia dopo la terza guerra mondiale", Global Research)

Le relazioni di Washington con la Russia sono sempre state controverse, ma ciò ha più a che fare con le ambizioni geostrategiche di Washington che con qualsiasi comportamento dirompente da parte di Mosca.

 L'unico crimine della Russia è che capita di occupare immobili in una parte del mondo che gli Stati Uniti vogliono controllare con ogni mezzo necessario.

 Quando Hillary Clinton annunciò per la prima volta l'intenzione degli Stati Uniti di "orientarsi verso l'Asia", la maggior parte delle persone pensava che suonasse come uno schema ragionevole per spostare le risorse dal Medio Oriente all'Asia al fine di aumentare la partecipazione degli Stati Uniti nel mercato in più rapida crescita del mondo.

 All'epoca non si rendevano conto che i politici intendevano spingere la Russia in una sanguinosa guerra di terra in Ucraina per "indebolire" la Russia in modo che Washington potesse diffondere le sue basi militari attraverso la massa eurasiatica incontrastata.

Né nessuno prevedeva fino a che punto Washington si sarebbe spinta a provocare, isolare e demonizzare la Russia con il preciso scopo di rimuovere i suoi leader politici e dividere il paese in più statuti.

Ecco Hillary che fa il caso nel 2011:

"Sfruttare la crescita e il dinamismo dell'Asia è fondamentale per gli interessi economici e strategici americani ... I mercati aperti in Asia offrono agli Stati Uniti opportunità senza precedenti di investimento, commercio e accesso a tecnologie all'avanguardia... Le aziende americane (necessità) di attingere al vasta e crescente base di consumatori dell'Asia...

La regione genera già più della metà della produzione mondiale e quasi la metà del commercio mondiale...  stiamo cercando opportunità per fare ancora più affari in Asia... e le nostre opportunità di investimento nei mercati dinamici dell'Asia."

("America's Pacific Century", Segretario di Stato Hillary Clinton", Foreign Policy Magazine, 2011).

 

Una lettura attenta del discorso di Clinton insieme a una revisione della Dottrina Wolfowitz aiuterà anche il lettore più ottuso a trarre alcune ovvie conclusioni sull'attuale conflitto in Ucraina che non ha quasi nulla a che fare con la cosiddetta "aggressione russa", ma tutto per fare con il piano di Washington di proiettare potere in tutta l'Asia , controllare le enormi riserve di petrolio e gas della Russia, circondare la Cina con basi militari e stabilire il dominio americano nell'epicentro del mercato più prospero di questo secolo.

Ecco di nuovo Putin:

“Per liberarsi dall'ultima rete di sfide, hanno bisogno di smantellare la Russia e gli altri stati che scelgono un percorso di sviluppo sovrano, a tutti i costi, per poter depredare ulteriormente la ricchezza di altre nazioni e usarla per riparare i propri buchi.

 Se ciò non dovesse accadere, non posso escludere che cercheranno di innescare un collasso dell'intero sistema, dando la colpa a tutto ciò, o, ci mancherebbe, decideranno di usare la vecchia formula della crescita economica attraverso la guerra».

Gli esperti di politica estera degli Stati Uniti sono spudorati nel promuovere teorie che minacciano di innescare un confronto militare diretto con la Russia che potrebbe sfociare in uno scambio nucleare.

In un recente "webinar per deputati e donne del Congresso ospitato il 23 giugno dal titolo "Decolonizzare la Russia".

 Il webinar, gestito da agenti della CIA e nazionalisti di destra dall'Ucraina e dal Caucaso, ha effettivamente sostenuto che la Russia era un impero coloniale che doveva essere smantellato con il sostegno di Washington".

(WSWS) L'autore esplora le ragioni per cui alcuni esperti vogliono bollare la Russia come “imperialista”?

Un articolo del WSWS spiega perché:

 ” l'affermazione che la Russia è “imperialista” svolge una funzione politica vitale: fornisce una copertura politica per l'aggressione imperialista contro la Russia e gli obiettivi di guerra delle potenze imperialiste…. È questa strategia che la pseudo-sinistra filo-NATO copre con il suo clamore sull'"imperialismo russo". La promozione delle tensioni nazionaliste, regionaliste ed etniche è stata per decenni una componente chiave della politica di guerra imperialista...

Attraverso una combinazione di espansione della NATO, colpi di stato ai suoi confini e interventi militari nei paesi alleati con Russia e Cina, le potenze imperialiste hanno sistematicamente e inesorabilmente accerchiato la Russia...

In effetti, se si passa in rassegna la storia delle guerre condotte dall'imperialismo statunitense negli ultimi trent'anni, la guerra in corso per la spartizione di Russia e Cina appare come una brutale inevitabile.

 Nonostante la loro reintegrazione nel sistema capitalista mondiale, i regimi oligarchici al potere hanno impedito alle potenze imperialiste di depredare direttamente le vaste risorse di questi paesi. In lizza per queste risorse tra di loro e spinti da crisi interne irrisolvibili, ora sono determinati a cambiare questa situazione.

... il progetto di risoluzione descrive gli obiettivi fondamentali della guerra degli Stati Uniti contro la Russia come segue: "la rimozione dell'attuale regime in Russia, la sua sostituzione con un fantoccio controllato dagli americani e lo scioglimento della Russia stessa, in quello che viene chiamato " decolonizzare la Russia” – in una dozzina o più di stati impotenti le cui preziose risorse saranno possedute e sfruttate dal capitale finanziario statunitense ed europeo”.

Questo passaggio è fondamentale per comprendere sia il conflitto in corso, sia la politica della pseudo-sinistra filo-NATO e la loro insistenza sul fatto che la Russia sia un "paese imperialista". ("I principi storici e politici dell'opposizione socialista alla guerra imperialista e al regime di Putin ", Clara Weiss, World Socialist Web Site)

Come puoi vedere, i membri dell'élite dell'establishment della politica estera sono alla ricerca di nuove e più convincenti giustificazioni per un confronto con la Russia il cui scopo ultimo è quello di frammentare il paese aprendo la strada al riequilibrio strategico o "perno" di Washington. 20 anni fa, durante l'amministrazione Bush, i politici non erano così cauti nelle loro opinioni sulla Russia.

 L'ex vicepresidente Dick Cheney, ad esempio, non ha fatto alcun tentativo di nascondere il suo totale disprezzo per la Russia ed è stato sorprendentemente sincero riguardo alla politica che ha sostenuto.

 Dai un'occhiata a questo estratto da un articolo di Ben Norton:

L'ex vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney, uno dei principali artefici della guerra in Iraq, non voleva solo smantellare l'Unione Sovietica; voleva anche smantellare la stessa Russia, per evitare che risorgesse come potenza politica significativa….

L'ex segretario alla Difesa degli Stati Uniti Robert Gates ha scritto che: "Quando l'Unione Sovietica stava crollando alla fine del 1991, Dick voleva vedere lo smantellamento non solo dell'Unione Sovietica e dell'impero russo, ma della stessa Russia, quindi non avrebbe mai più potuto essere una minaccia.”

Il fatto che una figura al timone del governo degli Stati Uniti abbia cercato non così segretamente la dissoluzione permanente della Russia come paese, e lo abbia comunicato direttamente a colleghi come Robert Gates, spiega in parte l'atteggiamento aggressivo che Washington ha assunto nei confronti della Federazione Russa da quando si è verificato il rovesciamento dell'URSS.

La realtà è che l'impero statunitense semplicemente non permetterà mai alla Russia di sfidare il suo dominio unilaterale sull'Eurasia, nonostante il governo di Mosca abbia restaurato il capitalismo.

Questo è il motivo per cui non sorprende che Washington abbia completamente ignorato le preoccupazioni per la sicurezza della Russia, rompendo la sua promessa di non espandere la NATO "di un pollice verso est" dopo la riunificazione tedesca, circondando Mosca di avversari militarizzati decisi a destabilizzarla.

I servizi di sicurezza russi hanno pubblicato prove che gli Stati Uniti hanno sostenuto i separatisti ceceni nelle loro guerre contro il governo centrale russo. L'accademico britannico John Laughland ha sottolineato in un articolo del 2004 su The Guardian, intitolato "Gli amici americani dei ceceni", che diversi leader secessionisti ceceni vivevano in Occidente e hanno persino ricevuto una sovvenzione dal governo degli Stati Uniti.

 Laughland ha osservato che il più importante gruppo secessionista filo-ceceno con sede negli Stati Uniti, l'ingannevolmente chiamato Comitato americano per la pace in Cecenia (ACPC), ha elencato come suoi membri "un appello dei più importanti neoconservatori che supportano così entusiasticamente la 'guerra al terrore”:

Includono Richard Perle, il famigerato consigliere del Pentagono; Elliott Abrams di fama Iran-Contra; Kenneth Adelman, l'ex ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite che ha incitato all'invasione dell'Iraq prevedendo che sarebbe stata "una passeggiata"; Midge Decter, biografo di Donald Rumsfeld e direttore della Heritage Foundation di destra; Frank Gaffney del militarista Center for Security Policy; Bruce Jackson, ex ufficiale dell'intelligence militare statunitense e un tempo vicepresidente della Lockheed Martin, ora presidente del Comitato statunitense sulla Nato; Michael Ledeen dell'American Enterprise Institute, un ex ammiratore del fascismo italiano e ora uno dei principali sostenitori del cambio di regime in Iran; e R. James Woolsey, l'ex direttore della CIA che è una delle principali cheerleader dietro i piani di George Bush di rimodellare il mondo musulmano secondo linee pro-USA.

Il fatto che i salafiti-jihadisti di estrema destra costituissero una percentuale significativa dell'insurrezione cecena non ha infastidito questi neoconservatori anti-musulmani, proprio come i veterani islamofobici della "Guerra al terrorismo" non hanno avuto problemi a sostenere gli estremisti che tagliano la testa agli islamisti takfiri nel successivo Guerre Usa contro Siria e Libia….

…. Victoria Nuland, il terzo funzionario più potente del Dipartimento di Stato dell'amministrazione Joe Biden, è stata il principale vice consigliere per la politica estera del vicepresidente Cheney dal 2003 al 2005.

(Ha anche contribuito a sponsorizzare il violento colpo di stato in Ucraina nel 2014 che ha rovesciato la democrazia governo eletto.)

Come il suo mentore Cheney, Nuland è un neoconservatore intransigente.

Il fatto che lui sia repubblicano e lei lavori principalmente nelle amministrazioni democratiche è irrilevante; questo consenso da falco sulla politica estera è completamente bipartisan.

Nuland (ex membro del consiglio di amministrazione bipartisan del NED) è anche sposato con Robert Kagan, un santo patrono del neoconservatorismo e co-fondatore del Project for the New American Century, l'accogliente casa dei neocon a Washington, dove ha lavorato al fianco di Cheney, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz e altri alti funzionari dell'amministrazione Bush. Kagan è stato un repubblicano di lunga data, ma nel 2016 si è unito ai Democratici e ha fatto apertamente una campagna per la presidenza di Hillary Clinton".

( “L'ex vicepresidente Dick Cheney ha confermato che l'obiettivo degli Stati Uniti è di rompere la Russia, non solo l'URSS" , Ben Norton, multipolarista).

La politica estera degli Stati Uniti è ora esclusivamente nelle mani di un piccolo gruppo di estremisti neocon che rifiutano apertamente la diplomazia e che credono sinceramente che gli interessi strategici dell'America possono essere raggiunti solo attraverso un conflitto militare con la Russia.

 Detto questo, possiamo dire con un certo grado di certezza che le cose andranno molto peggio prima di migliorare.

 

 

 

Europa, al via un progetto sull’energia

pulita e sicura con la fusione fredda.

Affaritaliani.it – Ludovica Carlesi Manusardi – (18-12-2021) – ci dice:

 

L’Ue ha deciso di finanziare l’innovativo progetto” CleanHME, Clean Power from Hydrogen-Metal Systems”, una svolta per le applicazioni private e industriali.

Dopo trent’anni torna di attualità la fusione fredda, o meglio le LENR- reazioni nucleari a bassa energia.  È notizia recente che l’Unione europea ha deciso di finanziare con 5,5 milioni di euro per il quadriennio 2021-2024 un progetto innovativo- CleanHME, “Clean Power from Hydrogen-Metal Systems”. Approvato nel marzo scorso, il progetto che ha preso il via a settembre, ha come obiettivo principale quello di sviluppare una nuova fonte di energia pulita, sicura, compatta ed efficiente basata su sistemi idrogeno-metallo, che potrebbe costituire una svolta sia per uso privato che per applicazioni industriali.

I partecipanti sono 10 paesi: Italia con il Politecnico di Torino, INFN, Frascati, Università di Siena e un’Azienda privata FUTUREON; Belgio, Germania, Francia, Svezia, Slovenia, Slovacchia, Stati Uniti, Canada e Polonia con l’Università di Stettino, che fa da coordinatore del gruppo. Proprio a Stettino infatti c’è uno dei laboratori di riferimento nel quale lavorerà come visiting professor Sergio Bartalucci, fisico nucleare associato dell’INFN e presidente di ASTRI- Associazione di Scienziati e Tecnologi per la Ricerca Italiana, che da tempo si occupa di ricerche sulla fusione.

Come mai questa specie di ripensamento dopo che la comunità scientifica aveva deciso praticamente di abbandonare questo filone di ricerca?

In verità non tutti avevano gettato la spugna, anche se le difficoltà presenti nell’esperimento di Fleischmann e Pons, misurare in modo confrontabile e ripetibile il calore in eccesso come prodotto della reazione deuterio palladio, l’instabilità del processo, e soprattutto l’incapacità di trovare una teoria condivisa adatta a spiegare il fenomeno, erano certamente apparse come un ostacolo al proseguimento delle ricerche. In realtà in Italia, all’INFN con Freancesco Celani, in Francia e negli Stati Uniti, ma soprattutto in Giappone con gli esperimenti supportati da Toyota e Mitsubishi si è continuato a lavorare su questo fenomeno riscuotendo successi alterni che hanno comunque permesso agli scienziati di non darsi per vinti.

Non è un caso se anche Google nel 2015, con 10 milioni di dollari, ha portato avanti ben tre esperimenti diversi con trenta ricercatori, esperimenti che, pur non soddisfacendo le aspettative, sono serviti tuttavia a indagare con nuovi strumenti e tecniche più sofisticate la reazione tra idrogeno e metalli a bassa temperatura, che costituisce ancora un settore inesplorato della fisica dei materiali. 

Questa curiosità rinnovata è da attribuire anche  al fatto che il fenomeno della fusione fredda non violava nessun principio cardine della fisica, come la conservazione dell’energia, e che quindi approfondendo lo studio sulla fisica  dei materiali, affinando alcune procedure sperimentali, migliorando la sensibilità degli strumenti si poteva spiegare quel risultato che i due chimici avevano visto e pubblicato, in particolare l’evidenza di calore anomalo e di prodotti di reazioni nucleari  che si era verificata.

A questo ripensamento di tipo sperimentale si accompagna anche una rivisitazione di alcuni principi base della meccanica quantistica che potrebbero aiutare a formulare un modello teorico soddisfacente. Insomma, dopo trent’anni si è arrivati alla conclusione che, malgrado l’elevato scetticismo, non si poteva buttare via tutto.

 Di più, lo studio delle reazioni tra idrogeno e metalli impatta in modo forte con altri comparti della scienza e della tecnologia.                       In particolare la possibilità di immagazzinamento dell’idrogeno in fase gassosa, che è uno dei punti cruciali per la transizione energetica dai combustibili fossili verso questo vettore energetico. 

Per fare un esempio l’energia elettrica prodotta dagli impianti eolici e fotovoltaici, per sua natura intermittente, potrebbe essere impiegata per sviluppare idrogenoidi Q, e successivamente immagazzinarlo per utilizzarlo al bisogno. Ecco quindi un ottimo motivo per approfondire lo studio delle reazioni tra idrogeno e metalli.

 

 

 

 

Fusione fredda

per armi nucleari?

Ogginotizie.it – Redazione – (28-10 -2022) – ci dice:

 

La notizia è naturalmente da prendere con i dovuti benefici di dubbio, tuttavia è documentato che il 14 agosto 2003, in una trasmissione a tema della rete televisiva americana CNN, diffusa anche dalla emittente italiana collegata, è riferito che il Dipartimento della Difesa di Washington confermerebbe procedimenti per la realizzazione di una arma talmente potente da decretare l’inutilità definitiva di tutte le armi convenzionali.

In pratica, si tratterebbe di un’arma definita “ibrida” che rilascia dal proprio nucleo energia non generata da procedimento a fissione o a fusione termonucleare.

 La natura di questa energia sarebbe in raggi Gamma, talmente potente da superare di molte migliaia di volte gli armamenti conosciuti e rivoluzionare completamente il concetto di guerra.

Dopo che Enrico Fermi realizza il primo reattore nucleare a fissione all’Università di Chicago nel dicembre 1942, e dopo il lancio delle bombe atomiche sul Giappone, inizia ufficialmente l’era nucleare e gli scienziati di tutto il mondo si pongono nuovi obiettivi per realizzare armi di potenza sempre maggiore.

Il limite della bomba atomica infatti, era fissato a non oltre 1 milione di tonnellate di esplosivo, per le caratteristiche fisiche degli isotopi fissili utilizzati, che erano quelli dell’uranio.

L’ordigno seguente non doveva avere limiti circa il numero di isotopi da bruciare, e così, dopo diversi esperimenti, nel 1952 si arriva alla bomba a idrogeno (bomba H), che non funzionava più a fissione ma per fusione nucleare di due isotopi di idrogeno, innescata utilizzando come detonatore proprio una bomba a fissione.

Grazie a numerosi esperimenti, i dati ottenuti su fissione e su fusione cominciano ad essere considerevoli, e fanno da subito comprendere le implicazioni sia in senso militare che civile, specie per quanto riguarda il ricavo e l’impiego di energia per l’industria.

Gli alti costi e le difficoltà dei procedimenti, specialmente per l’idrogeno, hanno sempre limitato l’utilizzo civile dell’energia nucleare, da cui è nata la necessità di trovare metodologie alternative con l’impiego di elementi catalizzatori che abbassino la quantità di energia necessaria al raggiungimento dell’innesco della reazione, con risultati inizialmente poco incoraggianti, poiché è assai difficile avvicinare due atomi di idrogeno fino a farli fondere, come quando si cerca di unire i poli dello stesso segno di due calamite.

Il 23 marzo 1989, Martin Fleischmann e Stanley Pons, dei laboratori della Salt Lake City University dello Utah, annunciano di essere riusciti a fondere due atomi di deuterio, isotopo dell’idrogeno, con un procedimento ottenuto a temperatura ambiente.

Effettivamente, le teorie su quella che viene definita “fusione fredda” già da tempo circolavano sulle pagine delle più prestigiose pubblicazioni scientifiche, ma nessuno aveva mai annunciato di essere riuscito ad ottenerla con esperimenti che non abbiano compreso reazioni nucleari, o termonucleari.

La dinamica dell’esperimento era però eccessivamente difficoltosa, e nonostante che gli scienziati di tutto il mondo si siano dedicati alla verifica di tale teoria, nessuno riesce a riprodurre il fenomeno.

 Solo in caso di dimostrazione ufficiale infatti, la comunità scientifica avrebbe dato credito a Fleischmann e Pons, ma in tutti laboratori, dotati delle stesse attrezzature e con l’utilizzo degli stessi elementi, nessuno riesce a replicare la fusione fredda. I casi, a questo punto, erano due: o si tralasciavano aspetti apparentemente non importanti ma in realtà fondamentali, oppure la reazione di fusione fredda era dovuta ad altre cause, cioè ci si trovava davanti ad un cosiddetto “fenomeno spurio”.

Un passo avanti si ha nell’aprile 1989, con la relazione del fisico italiano Francesco Scaramuzzi, dei laboratori ENEA di Frascati, nella quale è dimostrata l’emissione di neutroni da una combinazione di deuterio e titanio.

Diversamente da quanto affermato da Fleischmann e Pons, la teoria di Scaramuzzi pare dimostrare senza dubbi la possibilità di ottenere reazioni nucleari con isotopi di idrogeno, a patto che siano messi in determinate condizioni di interazione con metalli tipo titanio o palladio che, per la loro particolare composizione, favoriscono l’emissione di neutroni, altrimenti impossibile se non per reazione esclusivamente chimica.

La notizia, di per sé positiva, rimetteva però in discussione il problema dei rifiuti tossici radioattivi risultanti dall’emissione di neutroni, e questo contribuisce a ingigantire i dubbi della parte scettica della comunità scientifica.

 Nonostante questo, gli esperimenti continuano, soprattutto in laboratori giapponesi, sovvenzionati da alcune grandi industrie che, comunque, dopo alcuni anni, cominciano a lamentare le troppo onerose spese.

Nessuno, però, sia a livello teorico ma soprattutto pratico, riesce a dimostrare possibili alternative, sebbene sia provato che la fusione fredda non va contro le leggi note della fisica.

A poco a poco l’interesse dell’opinione pubblica sulla fusione fredda diminuisce e, allo stesso tempo, aumenta invece la preoccupazione per la crisi energetica internazionale fino ai primi anni Novanta, per poi scemare gradatamente a sua volta, anche per gli orientamenti delle grandi multinazionali e dei paesi appartenenti all’OPEC, decisi a spremere fino all’ultima goccia di petrolio, la fonte di energia più sfruttata.

Finché c’è petrolio, perché investire cifre astronomiche in tentativi privi di significato?

Nel frattempo, le ricerche proseguono in quasi tutti i paesi (in Italia sono circa un centinaio gli scienziati che si dedicano alla fusione fredda), ma non si ottengono risultati apprezzabili.

Fleischmann e Pons, visti sempre più come due alchimisti stile Medioevo, si trasferiscono a Nizza, dove attualmente sono impiegati in un laboratorio finanziato con capitali che ammontano a circa 10 milioni di dollari, provenienti in gran parte dalla IMRA Europe, affiliata della Toyota, ma anche da privati.

Qui hanno sperimentato nuovi accorgimenti, fra cui la normale acqua di rubinetto al posto dell’acqua pesante, con risultati giudicati allettanti (un rendimento calorico pari al 900%) che entrano in conflitto con interessi davvero enormi a livello di politica ed economia internazionale, e con il miraggio del Premio Nobel. Sono state riprese le teorie di scienziati del passato, ad esempio quelle del tedesco

Friedrich Paneth che, nel 1926, si era dedicato alla fusione fredda e aveva pubblicato i propri resoconti sugli Annuari della Società Chimica Tedesca; quelli di Enrico Fermi e Edoardo Amaldi che nel 1937 realizzano un impianto effettivamente in grado di sfruttare calore derivato da fusione fredda; e anche procedimenti sperimentati più recenti, fra cui quelli di Vjaceslav Aleksejev, direttore dei Laboratori per l’Energia Rinnovabile presso l’Università di Mosca.

Nel 1992, al Congresso Internazionale di Nagoya, in Giappone (dove ricercatori finanziati da Toshiba e Mitsubishi hanno già depositato alcuni brevetti) gli scienziati hanno ufficialmente dichiarato l’inizio dell’era dello studio della “fisica nucleare allo stato solido”, e Randall Mills, medico e presidente della Hydrocatalysis Power Inc, conferma di essere riuscito a sua volta nell’ottenimento del rendimento energetico del 900% usando una soluzione elettrolitica con acqua normale.

Nel nostro paese, uno fra i ricercatori più impegnati è Giuliano Preparata che, contemporaneamente alla sperimentazione, è impegnato sul fronte della lotta contro quello che lui steso definisce “imbavagliamento dell’ingegno” da parte delle potenze che gestiscono le riserve di petrolio.

Nei fatti, questa nuova fonte di energia, è già annoverata nella Lista Critica della Tecnologia Militare da parte dello stesso Dipartimento della Difesa americano. Sarebbe basata sull’elemento Afnio (simbolo chimico-atomico Hf), come sottolinea il ricercatore Carl Collins della Dallas State University, e l’energia generata sarebbe pari a 60 volte quella immessa all’interno del nucleo, e solamente a livello sperimentale, visto che le potenzialità fanno presagire livelli molto maggiori.

Il nucleo dell’Afnio deve prima essere sottoposto a un bombardamento di fotoni ad alta carica energetica, per essere appunto “caricato”, tramite fasi sperimentali che richiedono complicatissime procedure.

Giunti ad avere “Afnio arricchito”, si può sviluppare una potenza dirompente di livelli inimmaginabili, se si pensa che un solo grammo di Afnio portato a tali condizioni è equivalente a 50Kg di tritolo.

Le implicazioni com’è ben immaginabile, sono paurose: sarebbe teoricamente possibile realizzare missili miniaturizzati, non rilevabili ai radar più sofisticati, con testate esplosive infinitamente più distruttive di quelle attuali, con le conseguenze del caso.

Si parla di un futuro non molto prossimo, certo è che le tappe delle scoperte sono sempre più brevi ma, anche se gli scienziati hanno dichiarato che per un eventuale impiego bellico dell’Afnio potrebbero essere necessari molti decenni, può fare riflettere che fra la prima pubblicazione sulla avvenuta fissione nucleare, nel 1939, e il primo esperimento “de visu” di Alamogordo nel 1945, sono passati solamente pochi anni.

Di fatto, la fusione fredda non è più fantascienza, da quando i ricercatori Fleischmann e Pons, nel 1989, riescono nella loro prima dimostrazione, dopo intensi studi sulla Elettrodinamica Quantistica Coerente (QED) e sulla Teoria dei Campi: molto semplificata, si può parlare di una barra di platino e un filamento di palladio che vengono immersi in una soluzione elettrolitica con acqua pesante (D2O, dove al posto dell’idrogeno troviamo il suo isotopo, il deuterio) e isolata dall’esterno.

Si immette quindi una scarica elettrica in conseguenza della quale il deuterio di accumula nel palladio, che di natura è predisposto all’assorbimento.

Il palladio ha al suo interno, quindi, gli atomi di deuterio che si aggregano annullando progressivamente lo spazio fino a fondersi reciprocamente, generando a loro volta calore sotto forma di raggi Gamma che assumono una precisa direzione.

Un’energia non più confusa e caotica che si muove in tutte le direzioni (annullandosi su sé stessa), ma una massa compatta con un unico verso, che genera atomi di elio.

L’emissione di raggi Gamma non è istantanea, ma inizia dopo un certo periodo, in media un’ora, quando il numero di atomi di deuterio supera quelli del palladio, cioè quando una massa supera l’altra e la annulla, con un rendimento netto del 100%.

I fotoni emessi sono Quanti di energia neutri e possono essere assorbiti dagli atomi dirigendo gli elettroni sulle orbite esterne, aumentando quindi la carica energetica dell’atomo.

Questa caratteristica dell’Afnio favorisce un grande accumulo di fotoni all’interno della propria struttura che, una volta esposta a raggi-X cede molta più energia di quanta ne ha accumulata, sotto forma, appunto, di raggi Gamma.

Come sappiamo, i raggi-X sono onde elettromagnetiche che si combinano con le nuvole elettroniche degli atomi, generando sia diffusione, sia assorbimento.

Più un elemento possiede elettroni, più forte è l’assorbimento che, una volta raggiunta la misura limite, scatena la reazione che dà luogo alla fusione. Naturalmente, il processo di fusione fredda, a seconda degli elementi prescelti, può avvenire in ambiente liquido, come sperimentato da Fleischmann e Pons, sia in ambiente asciutto.

Il risultato è energia pulita, a temperatura ambiente, con una tecnologia oggi in possesso di chiunque e a costi limitatissimi, dal momento che 10Kw/h costerebbero circa 500 euro e durerebbero per 500 anni, senza scorie nucleari radioattive e senza inquinamento.

Sotto l’aspetto della tecnologia militare, si otterrebbe un’arma che rilascia enormi quantitativi di energia nucleare, in quanto emanata da un nucleo, quindi capace di frantumare un atomo, pur senza una reazione di fusione o fissione. La domanda è quindi? Come è possibile spaccare un atomo senza fissione o fusione?

L’energia prodotta, si è detto, è sotto forma di elio e di raggi Gamma che, in effetti, non si sa con precisione da dove arrivino e come possano eludere il principio fondamentale della conservazione dell’energia. Probabilmente deriva dalle caratteristiche degli elementi utilizzati, cioè l’Afnio e il Palladio.

L’Afnio è un metallo duttile, e lo è anche il Palladio; il primo ha una densità di 13.310gr/dm3, il secondo di 12.020 gr/dm3; hanno raggio atomico simile, l’Afnio di 156.4pm il Palladio di 135.6pm.

La configurazione elettronica dell’Afnio è caratterizzata da un’alta percentuale di elettroni, e al tempo stesso un’alta capacità di assorbire neutroni, mentre il Palladio assorbe idrogeno. Sul mercato, poi, l’Afnio costa 5 euro al grammo e il Palladio circa 25 euro.

A che punto sono quindi le ricerche?

Al laboratorio Z-Pinch del Sandia National Institute il progetto attualmente allo studio (annunciato durante la 42a Conferenza “Plasma Physics” di Orlando, Florida) ha l’obiettivo di arrivare alla produzione di “energia pulita” e, a tale scopo, le ricerche si svolgono secondo procedimenti che comprendono il bombardamento con impulsi raggi-X di capsule di 2mm di combustibile che finisce per implodere. In seguito si è osservato un alto numero di reazioni di fusione e notevole produzione di energia.

Altri ricercatori, sotto la supervisione di Rusi Taleyarkhan e Richard Lahey dell’Oak Ridge National Laboratory, hanno pubblicato sulla rivista “Science” una ricerca che pare possa condurre alla produzione di neutroni da un liquido mantenuto a temperatura ambiente.

Taleyarkhan e Lahey, si sono serviti di un semplice contenitore di vetro grande quanto una lattina.

 È stato riempito con acetone “deuterato”, dove gli atomi di deuterio (isotopo dell’idrogeno con un neutrone in più) hanno sostituito quelli dell’idrogeno, e dove i neutroni veloci vengono sparati dall’esterno da un generatore.

Il contenitore è avvolto da un anello che produce onde sonore che provocano la formazione di piccolissime bollicine che si espandono e collassano per effetto della pressione e del calore. In questo stato avviene il fenomeno di “sonoluminescenza”, cioè viene generato un lampo di luce.

 In determinati casi avviene una fusione all’interno delle microbolle di due atomi di deuterio.

Dallo stato di fusione può generare la nascita di un atomo di Trizio con la liberazione di un protone riassorbito dall’acetone “deuterato”, oppure un nucleo di Elio-3 liberando un neutrone che non viene riassorbito.

Entrambi i processi producono grandi quantità di energia. La fusione fra gli atomi di Deuterio è rilevata da un fotomoltiplicatore che cattura i lampi di luce e da un sensibilissimo microfono che cattura il piccolo rumore prodotto dalle bolle che collassano.

La dimostrazione inequivocabile dell’avvenuta fusione è anche determinata dalla produzione di Trizio causata dal processo. I dati dei due scienziati hanno dimostrato che il processo di fusione fredda ha prodotto un incremento talmente significativo nella produzione di neutroni da non lasciare dubbi sulla validità dei risultati.

C'era da immaginarselo: non sono mancate le critiche.

Un altro laboratorio di Oak Ridege ha eseguito la medesima sperimentazione con risultati contrastanti.

 I ricercatori Dan Shapira e Michael Saltmarsh sostengono infatti che l'incremento della produzione di neutroni non supera l’1%: un risultato esiguo.

Essi inoltre sostengono che i risultati dei loro colleghi sarebbero causati dai neutroni emessi dal generatore esterno e non dalla fusione.

In parole semplici, il generatore esterno avrebbe, secondo loro, provocato un rimbalzo di neutroni anche sulle pareti del laboratorio e sarebbero rientrati nello scintillatore.

 E non è finita: rincarando la dose, Shapira e Saltmarsh sostengono che il rumore del collassamento delle bolle e i lampi non avvengono contemporaneamente alla produzione di neutroni.

 Potrebbero essere generati da altre cause che, nel contesto generale, non proverebbero nulla.

Tutto il mondo potrebbe finalmente fare a meno del petrolio o gas naturale con un impatto sull'ambiente in termini di inquinamento a dir poco eloquente.

L'umanità aveva finalmente a disposizione un'energia pulita, gratuita e inesauribile, ma fin dall’esperimento di Fleishmann e Pons iniziarono stranamente i dissensi, e fino al punto che la scoperta fu addirittura, in maniera vilmente scandalosa, ridicolizzata. E i due scienziati furono indegnamente derisi.

Bisogna, per chi non l'avesse capita, mettersi il cuore in pace: il petrolio e il gas naturale rimangano le uniche soluzioni: generano giganteschi profitti, ma inquinano e non dureranno, certo, in eterno.

La stampa internazionale, e particolarmente il quotidiano inglese “Sunday Times”, hanno da tempo ammesso l’avvenuta “fusione fredda”.

La notizia ha causato vaste polemiche e lo stesso “Oak Ridge National Laboratory” ha emesso ufficiali comunicati stampa in cui invita alla cautela.

Anche lo scienziato italiano Nicola Cabibbo, già presidente dell’Istituto di Fisica Nucleare e dell’ENEA afferma la estrema difficoltà di provare test del genere.

Fra le molte supposizioni, critiche, esperimenti riusciti o meno, si può comunque essere sicuri di un’unica verità: come diceva Sigmund Freud, “qualunque teoria non impedisce ai fatti di verificarsi”.

(Non mi meraviglierebbe se Klaus Schwab – noto costruttore di armi nucleari illegali (bombe atomiche) in Sud Africa   sia parte attiva assieme al Potere occulto straricco del Deep State Usa, e   vogliano accarezzare l’idea di finanziare la possibile prossima fusione nucleare fredda! Ndr.)

 

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