FUSIONE FREDDA.
FUSIONE FREDDA.
Quali
Sviluppi potrebbe avere
il
Conflitto in corso in Ucraina.
Conoscenzealconfine.it
– (26 Ottobre 2022) - Claudio Martinotti Doria – ci dice:
Prima
di addentrarmi in quello che voglio comunicare, devo fare alcune premesse.
Quanto ho scritto nei miei pochi articoli precedenti, si è rivelato preciso e
centrato come previsioni almeno al 90%, il 10% di margine di errore è
attribuibile a una mia ancora latente vena di ottimismo, che mi fa deviare
dall’analisi necessariamente critica e cinica della realtà.
Non
avevo alcuna intenzione di scrivere altri articoli, ma la gravità della
situazione mi ha indotto a rompere gli indugi e la proverbiale pigrizia. Non
fosse altro che per contrastare le menzogne mediatiche di regime che continuano
a descrivere una realtà che esiste solo nella narrativa propagandistica, che ha
raggiunto livelli parossistici e ridicoli che solo gli imbecilli possono ancora
ritenere attendibili.
Dovrò
necessariamente essere telegrafico e riduttivo, perché gli argomenti sono
moltissimi e potrò solo sfiorarli. Mi limiterò soltanto a fornire un quadro a
grandi linee della situazione e della sua pericolosità. Fatte queste premesse,
esaminiamo subito dati importanti che non sono certo stati forniti nei media
mainstream.
Le
Forze Armate ucraine finora hanno avuto oltre 380 mila perdite, e intendo
proprio morti, poi aggiungeteci i feriti, che di solito sono più dei morti. Le
perdite ucraine sono all’incirca 15 volte superiori alle perdite subite dai
russi.
Ma la sorpresa che mi ha spiazzato è stata
rilevare l’aggiornamento sulle perdite tra i soldati della NATO, perché si
tratta di una guerra tra la NATO e la Russia, l’Ucraina è solo il campo di
battaglia e gli ucraini sono solo gli utili idioti sacrificabili, sfruttati a
questo scopo, così come avverrà per tutti gli altri popoli che si presteranno.
Ebbene
da indagini eseguite accuratamente presso tutti i punti sociali e istituzionali
utili a tale scopo, (ad esempio le pompe funebri e i dati degli obitori, in
proposito ho attinto prevalentemente da OSINT – open source intelligence) hanno
rivelato che sono morti oltre 30mila soldati del cosiddetto contingente
internazionale, cioè della NATO con divisa ucraina.
Alcune
fonti sono addirittura superiori, ma io, come sono solito fare, prendo sempre
la cifra più bassa, per prudenza.
Quindi
complessivamente i morti tra le fila NATO/Ucraina superano abbondantemente le
400mila unità.
Un’enormità
che avrebbe dovuto indurre qualsiasi governo che abbia a cuore le sorti del suo
popolo a negoziare.
Questo
dato cosa rivela in particolare? Rivela che alle poche migliaia di soldati NATO
(inizialmente mercenari), che io stesso indicavo come presenti in Ucraina e
ininfluenti sulle sorti del conflitto durante i primi mesi, di fronte
all’evidente catastrofe cui andava incontro l’esercito ucraino, se ne sono
aggiunti col tempo decine di migliaia, INVIATI DAI LORO STESSI COMANDI, seppur
sotto l’ipocrita definizione di “volontari” e sotto le mentite spoglie di
soldati ucraini materializzatisi improvvisamente.
Ovviamente
sono strapagati, alla pari dei cosiddetti contractors, per indurli ad
affrontare rischi così elevati occorre che il compenso sia adeguato. Il
compenso supera abbondantemente i 1000 euro al giorno, somma solo
apparentemente elevata rispetto ai rischi che si corrono di rimanere uccisi o
mutilati.
Questo
spiegherebbe le grandi offensive ucraine dell’ultimo mese e mezzo, che si stima
abbiano coinvolto oltre 60mila soldati perfettamente addestrati ed
equipaggiati, e non potevano certo essere tutti ucraini, visto che l’esercito
ucraino è ormai decimato, nel senso che ne è rimasto un decimo, ormai da mesi
ricorrono alle unità delle milizie territoriali per sopperire alle pesanti
perdite, che sono poco addestrate e le usano come carne da cannone
costringendole a combattere.
Ormai
per trovare persone disposte ad andare a farsi ammazzare al fronte devono
costringerli con la forza e se si rifiutano non c’è il carcere (come era
all’inizio) ma la fucilazione.
E i
nazisti che fungono da polizia militare li uccidono sul posto se si rifiutano
di combattere o se accennano ad arrendersi.
Questi
fatti ovviamente i media mainstream occidentali non li riportano. Continuano a
riferire di un’Ucraina democratica e civile aggredita dai russi.Tacciono sulle
migliaia di uccisioni di civili ritenuti collaborazionisti solamente perché
sono rimasti nelle loro abitazioni dopo l’arrivo dei russi o sulla corruzione
tra gli esponenti nazisti del regime, a tutti i livelli, per cui hanno
consentito di emigrare solo a coloro che hanno pagato una sorta di tariffario.
Tantomeno
i media occidentali rivelano che il regime di Kiev approfittando della guerra
ha assunto pieni poteri dittatoriali eliminando tutta l’opposizione e
silenziando ogni voce contraria, ogni manifestazione di dissenso, anche minimo.
La pena è la morte e la confisca di tutti i
loro beni. Mica per nulla sono nazisti, perché si comportano come tali, anche
peggio.
Quindi
ricapitolando, alcuni analisti militari stimano che almeno la metà dei soldati
che hanno realizzato le offensive ucraine negli oblast di Kharkiv e Kherson
erano della NATO, e siccome hanno avuto mediamente circa 500 morti al giorno
durante i combattimenti nelle fasi più acute degli scontri, e sono trascorsi
quasi un paio di mesi, fate presto a fare i conti di quante migliaia di soldati
NATO sono morti solo nelle ultime settimane, senza contare quelli caduti sotto
gli intensi bombardamenti nelle retrovie.
Inoltre,
la Russia con i bombardamenti mirati alle infrastrutture dell’Ucraina sta
mettendo in ginocchio il paese, impedendo le comunicazioni, gli
approvvigionamenti e la logistica, oltre a lasciare al freddo, senza luce e
senza carburanti e cibo la popolazione oltre all’esercito.
Tutto
questo sacrificio di vite umane aveva il solo scopo di ottenere qualche
effimero successo militare ucraino per favorire i DEM prima delle elezioni di
medio termine negli USA, che avverranno l’8 novembre 2022.
Senza
questi successi sul campo, il regime nazista di Kiev rischiava l’interruzione
dei finanziamenti e delle forniture militari da parte dell’Occidente, cosa che
comunque avverrà, perché i mezzi militari e le munizioni si stanno esaurendo
anche in Occidente e ci vogliono mesi per produrle. Inoltre i costi sono
esorbitanti e l’Occidente non può permettersi di continuare a finanziare la
guerra in Ucraina, indipendentemente dalle dichiarazioni di facciata dei
politicanti di turno.
Ma
questi successi militari sul campo non influiscono minimamente sulle sorti
della guerra, far retrocedere di qualche decina di km le truppe russe non
determinerà le sorti della guerra, se poi, come è infatti avvenuto, le
offensive ucraine si spengono e vengono respinte con gravissime perdite di vite
umane e di mezzi bellici.
A
questo punto gli USA non potranno fare altro che forzare la mano e intervenire
direttamente, o quantomeno tramite alleati affidabili e russofobi, come i
polacchi e i paesi baltici, probabilmente dopo una falsa flag (operazione sotto
falsa bandiera) da imputare ai russi per giustificare un intervento NATO.
Da
mesi si sospetta che i nazi-ucraini stiano preparando una bomba sporca, cioè
radioattiva, sotto la supervisione degli anglosassoni (UK e USA sono i maggiori
fomentatori del conflitto perché le loro economie stanno collassando), per poi
accusare i russi e provocare un’escalation bellica, coinvolgendo altri paesi
NATO.
Gli
USA NON POTRANNO MAI ACCETTARE CHE IL MONDO DIVENTI MULTIPOLARE, come
vorrebbero Russia e Cina, perché provocherebbe il tracollo del dollaro come
moneta internazionale (l’ingresso dell’Arabia Saudita nei BRICS significa
proprio questo: la fine del petrodollaro), senza il dollaro come moneta
dominante gli americani dovrebbero rinunciare al loro elevato tenore di vita
parassitario sulle spalle del resto del mondo, e non sono certo disposti a
farlo, quindi non rimane che la guerra totale.
Purché
non sia nucleare. È questo il punto che li ha frenati finora.
Hanno
confidato che la Russia, essendo un paese responsabile e non criminale come gli
USA, non vi ricorresse mai in alcuna circostanza, ma non possono esserne certi.
E siccome la Russia con i missili ipersonici
ha una netta superiorità tecnologica nel settore, se dovesse ricorrervi, gli
USA come potenza militare cesserebbe di esistere, la loro preziosa flotta che
li ha resi una potenza marittima di primo piano verrebbe spazzata via dal
Mediterraneo e dal Mare del Nord in pochi minuti. Nessuna difesa aerea è in
grado fermare i loro missili ipersonici.
Solo
gli imbecilli che s’informano tramite la tv non sanno della netta superiorità
tecnologica militare russa raggiunta ormai da alcuni anni, ma credono ancora
che siano gli USA a detenere la supremazia militare del pianeta.
Gli
americani invece lo sanno benissimo, soprattutto al Pentagono, che non ha
alcuna intenzione di misurarsi con la Russia.
Quindi
sottobanco si stanno consultando con i russi per cercare di limitare il
conflitto alla sola guerra convenzionale terrestre.
Vorrebbero
cioè che si sacrifichino solo vite umane (possibilmente di altri popoli) e non
le loro preziose e costosissime navi da guerra o i satelliti (anche questi
ultimi la Russia potrebbe eliminarli facilmente, ad esempio, con armi a impulsi
elettromagnetici).
Se
negli USA la popolazione, che è in maggioranza contraria alla guerra in Ucraina
contro la Russia (come anche in Europa), non si deciderà a dare una spallata
definitiva al fantoccio demente Biden e al suo entourage DEM, composto da
neocons e/o sionisti, psicopatici guerrafondai che stanno distruggendo l’Occidente,
Europa in primis, si arriverà a una guerra totale e verrà combattuta in Europa,
la quale è già prostrata a causa della crisi energetica artificialmente indotta
per sottometterla come colonia degli USA e non più concorrente.
In
alternativa, potrebbero scegliere l’opzione terroristica permanente, cioè
ricorrere ad azioni continue di sabotaggio, incursioni, attentati, guerriglie e
guerra sporca, ecc., in tutta Europa e in Russia.
L’importante è tenere alta la tensione, la
paura, la ferocia, la vendetta, la ritorsione… com’è nel loro stile barbaro
distruttivo e involutivo.
Con la
miseria che loro stessi hanno creato in Europa, non avranno alcuna difficoltà a
reclutare decine di migliaia di mercenari russofobi per i loro scopi,
addestrandoli e occultandoli nelle loro numerose basi militari sul suolo
europeo.
Sui
burattini che governano attualmente l’Europa non dedico tempo, perché sarebbe
sprecato, non mi interessa sapere se sono corrotti o sono stupidi o entrambe le
cose, per me è come non esistessero, sono solo marionette, prive di anima e di
autonomia di pensiero e di azione.
Non riuscirebbero a fare nulla di utile e
adeguato alle circostanze neppure per sbaglio.
Non
bisognava votarli, nel senso che non si doveva proprio votare, era l’unico modo
per delegittimarli.
Chi li ha votati ora risolva il problema che
ha contribuito a creare.
Li
renda innocui, perché questi obbediranno al padrone, non sanno fare altro, e
quindi ci porteranno alla catastrofe.
(Cav.
Dottor Claudio Martinotti Doria- cavalieredimonferrato.it/)
PER LA
SUPREMA
CORTE DI NEW YORK
L’OBBLIGO
VACCINALE COVID È INCOSTITUZIONALE.
Visionetv.it
– Giulia Burgazzi – (26 Ottobre 2022) – ci dice:
La
Suprema Corte di New York ha demolito l’obbligo di vaccinazione anti Covid che nella stessa New York è in
vigore per i dipendenti pubblici dall’autunno 2021. La sentenza, pronunciata
lunedì 24 ottobre 2022, porta la firma del giudice Ralph Porzio.
Definisce
l’obbligo “incostituzionale, arbitrario e capriccioso” e sottolinea che la
vaccinazione non impedisce di contrarre e di trasmettere il Covid.
Del
resto, si può aggiungere, la stessa Pfizer ha ammesso di non aver testato
l’efficacia del suo vaccino nel fermare la trasmissione del virus.
La
sentenza riguarda 16 operatori dei servizi sanitari che, rifiutando la
vaccinazione, hanno perso il lavoro e hanno conseguentemente deciso di
intentare una causa.
Dovranno essere reintegrati, ha stabilito il
giudice, e dovranno recuperare gli stipendi non percepiti in questo lasso di
tempo.
Questo verdetto, ovviamente, apre la strada a
una valanga di cause e di vittorie analoghe.
Probabilmente
proprio il desiderio di scongiurare una valanga del genere ha indotto la Città
di New York ad appellarsi contro la sentenza.
Nel
febbraio scorso, termine ultimo per vaccinarsi, risultavano renitenti alla
siringa (e dunque sull’orlo del licenziamento) circa 4mila dei 370mila
dipendenti municipali.
Nel
2021, il sindaco di New York aveva infatti stabilito l’obbligo di vaccinazione
anti Covid per tutti i lavoratori.
L’aveva
fatto però, per così dire, in due rate: in ottobre per quelli del settore
pubblico, in dicembre per quelli del settore privato.
Esentati tuttavia atleti, artisti e quanti si
esibiscono in pubblico. La disparità di trattamento è uno degli elementi che
hanno convinto il giudice a bollare gli obblighi vaccinali come arbitrari e
capricciosi.
L’obbligo
nel settore privato decadrà a New York il primo novembre, anche se la
municipalità – comportandosi come l’ultimo dei Mohicani – incoraggia le aziende
private a dotarsi di una politica vaccinale e mantiene l’obbligo per i
dipendenti pubblici che, per lavoro, entrano in contatto anche con una sola
persona: cioè praticamente per tutti.
La
disparità di trattamento rilevata dal giudice Porzio non accenna dunque a
sparire.
Tuttavia
la sua sentenza si spinge ben oltre.
Stabilisce che i dipendenti municipali non
devono essere licenziati per aver scelto “di non proteggersi” attraverso il
vaccino anti Covid.
Sottolinea
infatti che si ammalano anche i vaccinati con tre dosi: l’obbligo di vaccino
dunque non costituisce un beneficio per la collettività.
(GIULIA
BURGAZZI)
VON
DER LEYEN, LA UE DARÀ 1,5 MILIARDI
DI
EURO AL MESE ALL’UCRAINA:
SOLO
NEL 2023 SONO 18 MILIARDI.
Visionetv.it
– Giulia Burgazzi – (25 Ottobre 2022) – ci dice:
Soldi,
soldi e ancora soldi europei ed italiani all’Ucraina.
Sono
oltre 29 miliardi a partire dal febbraio, cioè dall’inizio della guerra. Altri
ne arriveranno.
L’elettorato
non sembra aver modo di contrastare la generosità praticamente illimitata con
la quale l’Unione Europea ed i Governi europei aiutano l’Ucraina contro la
Russia.
La
presidente della Commissione Europea, Ursuyla von der Leyen, ha annunciato
venerdì 21 ottobre 2022 che l’UE è pronta a dare all’Ucraina altro denaro nel
2023: fino a 18 miliardi.
Serviranno
per evitare la bancarotta.
Queste
le parole di von der Leyen:
L’Ucraina
ha bisogno di una somma compresa fra 3 e 4 miliardi di euro al mese solo per le
spese correnti.
Io
lavoro affinché l’Ue assuma una partecipazione equa in questo sforzo,
garantendo 1,5 miliardi al mese, fino a quando sarà necessario (…).
Sono
18 miliardi di euro per il 2023.
Arriverà
anche una somma incredibile di miliardi per la ricostruzione post bellica. L’UE
sembra intenzionata a fare la sua parte, sebbene non si sappia ancora quale
sarà.
Anche
se la guerra sembra ben lungi dal volgere al termine, martedì 25 ottobre, si
parla del “piano Marshall” per il dopoguerra dell’Ucraina durante una
conferenza internazionale che si svolge a Berlino.
Difficile
tener traccia di ogni singolo – diciamo – atto di generosità europeo nei confronti
dell’Ucraina.
Gli
oltre 29 miliardi finora assegnati da UE e Stati membri risultano dal database
degli aiuti all’Ucraina creato dal Kiel Institute for the World Economy, un
ente di ricerca tedesco che si occupa di globalizzazione.
Uno
schiaffo a tutti quelli che non sanno come pagare le bollette in seguito alle
sanzioni contro la Russia e al rincaro dell’energia.
Esiste
uno scollamento abissale fra Governi ed UE da un lato e, dall’altro lato, il
desiderio di pace e trattative, molto diffuso in Europa.
Di
questo scollamento si è parlato durante la puntata di “Dietro il sipario” di
lunedì 24 ottobre: il video ripropone uno spezzone di Adolfo Morganti. Eppure…
Eppure,
di questo passo, i soldi all’Ucraina dell’UE e della Commissione Europea
guidata da Ursula von der Layen sembrano avviati a superare i 71 miliardi che
rappresentano il valore dei contratti UE per l’acquisto di oltre 4 miliardi di
dosi di vaccini Covid.
L’UE infatti ha impiegato quasi due anni per
arrivare a 71 miliardi coi vaccini: per l’Ucraina, siamo a 29 miliardi e rotti
in otto mesi.
C’è un
altro aspetto del fiume di soldi UE. Si tratta della volontà di requisire i
beni congelati alla Russia attraverso le sanzioni e di darli all’Ucraina. Una
decisione del genere sobbolle da un pezzo. Ursula von der Leyen ne ha parlato
ufficialmente durante la conferenza internazionale di Berlino dedicata al
“piano Marshall” per la ricostruzione dell’Ucraina.
Lo
scopo dell’UE, ha dichiarato, non è confiscare, ma requisire i beni della
Russia in Europa. Non ha detto che si vogliono dare quei beni all’Ucraina, ma è
facile intuirlo.
Del
resto, lo ha chiesto il Parlamento europeo. La confisca (e non il blocco) dei
beni oggetto di sanzione sarebbero un fatto inaudito. Non a caso Ursula von der
Leyen ha parlato anche della necessità di creare un solido quadro legale.
Si
calcola che il valore dei beni congelati con le sanzioni UE alla Russia solo
fino al giugno scorso ammontasse a 13,8 miliardi.
Ancora
pochi mesi prima dell’inizio della guerra la Commissione Europea si metteva le
mani nei capelli per l’alto tasso di corruzione dell’Ucraina. Che fine faranno
tutti i soldi – anche soldi nostri – che prendono la via di Kiev…
(GIULIA
BURGAZZI)
STATI
UNITI, L’IMBARAZZANTE RETROMARCIA
DEI 30
DEMOCRATICI (Dem) CHE AVEVANO SCRITTO
UNA
LETTERA A BIDEN CHIEDENDO
DI
NEGOZIARE CON LA RUSSIA.
Visionetv.it-
Giulia Burgazzi – (26 Ottobre 2022) – ci dice:
La
botta di buonsenso è durata solo poche ore.
I 30
deputati “liberal dem usa” del Partito democratico statunitense che avevano
scritto una lettera al presidente Biden chiedendo trattative di pace per
l’Ucraina hanno fatto un’immediata ed imbarazzante retromarcia attraverso un
comunicato ufficiale.
Ecco
il cuore del comunicato:
La
lettera è stata redatta diversi mesi fa, ma purtroppo è stata diffusa dallo
staff senza essere vagliata. In qualità di presidente del Caucus, me ne assumo
la responsabilità.
A
causa della tempistica, il nostro messaggio è stato confuso da alcuni come
equivalente alla recente dichiarazione del leader repubblicano McCarthy, che
minacciava la fine degli aiuti all’Ucraina qualora i repubblicani prendessero
il potere.
La prossimità di queste dichiarazioni ha
creato la spiacevole impressione che i democratici, che hanno sostenuto e
votato con forza e all’unanimità ogni pacchetto di assistenza militare,
strategica ed economica al popolo ucraino, siano in qualche modo allineati con
i repubblicani, i quali cercano di staccare la spina al sostegno americano al
Presidente Zelensky e alle forze ucraine.
Niente
potrebbe essere più lontano dalla verità. Ogni guerra finisce con la
diplomazia, e anche questa lo farà, dopo la vittoria ucraina.
La
firma è di Pramila
Jayapal.
Quella
lettera, insomma, è stata diffusa per un errore dello staff, dicono i 30. Un
classico: manca solo che addossino la colpa ad uno stagista malaccorto. La cosa
più importante, tuttavia, è che ora chiedono di portare avanti la guerra senza
se e senza ma, fino alla vittoria finale.
Resta
da vedere come la prenderà l’elettorato. I repubblicani, fautori del dialogo
diplomatico con la Russia, secondo i sondaggi sono avviati a conquistare un
buon numero di seggi nelle imminenti elezioni di medio termine.
Magari
potrebbero conquistarne perfino di più alla luce di un episodio dal quale
traspare che la compattezza sbandierata dai democratici nell’appoggio
all’Ucraina e alla guerra è credibile quanto un errore dello staff a proposito
di una lettera così importante.
La
lettera dei 30 deputati “liberal dem usa”, capeggiati da Pramila Jayapal,
sembrava aver aperto nell’atteggiamento dei dem statunitensi una crepa foriera
di speranze e di pace.
Se n’è
parlato durante “Il Punto” di martedì 25 ottobre dell’intervento del
giornalista Franco Fracassi.
Per la
prima volta, esponenti di spicco del suo stesso partito sollecitavano il
presidente Biden ad abbandonare l’atteggiamento oltranzista all’insegna di
“pace solo quando vuole Zelensky”, il quale peraltro ha vietato per decreto le
trattative con la Russia.
La
lettera, oltre ad invocare trattative dirette con la Russia, sottolineava che
l’alternativa era costituita dal rischio di escalation di una guerra descritta
come in ogni caso lunga e gravida di incognite. Una botta di buonsenso,
appunto: la presa d’atto della situazione. E invece…
E
invece la stessa Pramila Jayapal ha firmato nel giro di poche ore la
ritrattazione completa.
Quella lettera, afferma nella ritrattazione, è stata
scritta molti mesi fa e purtroppo è stata resa pubblica dallo staff senza
essere sottoposta ad un vaglio. Aggiunge (come d’uso in questi casi) di
assumersi la responsabilità dell’errore, in veste di presidente del
raggruppamento dei democratici “liberal dem usa”.
Nella
ritrattazione, Pramila Jayapal si duole della “spiacevole impressione” causata
dalla lettera.
Si duole cioè del fatto che i democratici
siano sembrati in qualche modo allineati con i repubblicani, i quali “cercano
di staccare la spina” al sostegno offerto dagli Usa a Zelensky e all’Ucraina.
I
democratici invece, ricorda Jayapal, hanno appoggiato e votato unanimi ogni
pacchetto di assistenza militare, strategica ed economica all’Ucraina.
La
frase più pesante e più bellicista è nelle ultime righe della ritrattazione. Dice che ogni guerra finisce con la
diplomazia, e così sarà anche per questa: ma “dopo la vittoria dell’Ucraina”.
Ovvero: di trattative per fermare la guerra
non si parla nemmeno, esattamente come dice Zelensky. Avanti fino alla
vittoria, anche a costo di scatenare l’Armageddon.
(GIULIA
BURGAZZI).
LE ORIGINI OSCURE DEL GRANDE
RESET
DI DAVOS di Klaus Schwab.
Nogeoingegneria.com
– F. William Engdahl – (26 OTTOBRE 2022) – ci dice:
C’è
un’ombra potente, ed è quella dei Rockefeller, appare in tutti i settori
essenziali degli ultimi 100 anni e si staglia dietro nomi, come quello di Henry
Kissinger, convinto che Il suo amico David Rockefeller sia un uomo che ha
servito il mondo.
Collaboratore
del presidente Eisenhower, Rockefeller incontrò Kissinger nel ’55 in un
seminario organizzato con istituti di cultura e organismi governativi per
esaminare vari problemi di politica internazionale; gli offrì di lavorare alla
Fondazione Rockefeller.
Da qui
il passaggio verso il World Economic Forum è tracciabile con facilità. I fili
si connettono a Harvard.
La FONDAZIONE
ROCKEFELLER SA IMMAGINARE IL FUTURO PER I PROSSIMI 100 ANNI” DOPO AVER
TRACCIATO LA STRADA NEL SECOLO SCORSO.
E il
nome di Rockefeller non è certamente assente dalla Green Agenda. Negli anni
’60, i Rockefeller avevano avviato le cosiddette Rivoluzioni Verdi in Messico e
in India, mentre in Africa dal 2006 c’è l’Alleanza per la Rivoluzione Verde,
favorevole agli OGM.
Molto
stretta fu la complicità con Maurice Strong, che per molti versi era il
Rockefeller canadese.
Maurice
Strong ha svolto un ruolo cruciale nella globalizzazione del movimento
ambientalista, e la rivista canadese Alberta Report lo battezzò sarcasticamente
sulla sua copertina ‘Padre Terra’.
È
un’ironia molto eloquente.
IL
GRANDE RESET NON È ARRIVATO DAL NULLA.
Le
origini oscure del Grande Reset di Davos di Klaus Schwab.
È
importante capire che non c’è una sola idea nuova o originale nella cosiddetta
Agenda del Grande Reset per il mondo di Klaus Schwab.
Nemmeno il suo programma sulla Quarta Rivoluzione
Industriale o la sua affermazione di aver inventato il termine “capitalismo
degli stakeholder” sono un prodotto di Schwab.
Klaus
Schwab è poco più di un abile agente di pubbliche relazioni per un’agenda
tecnocratica globale, di una unione corporativa tra il potere delle imprese e
il governo, comprese le Nazioni Unite, un’agenda le cui origini risalgono ai
primi anni Settanta e anche prima.
Il
Grande Reset di Davos non è altro che un progetto aggiornato per una dittatura
distopica globale sotto il controllo delle Nazioni Unite, che è in fase di
realizzazione da decenni. Protagonisti David Rockefeller e il suo pupillo
Maurice Strong.
All’inizio
degli anni Settanta, non esisteva probabilmente persona più influente nella
politica mondiale di David Rockefeller, allora noto soprattutto come presidente
della Chase Manhattan Bank.
Creare
il nuovo paradigma.
Alla
fine degli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta, i circoli
internazionali direttamente legati a David Rockefeller lanciarono una serie
impressionante di organizzazioni d’élite e think tank.
Tra
queste, il Club di Roma, il 1001: A Nature Trust, legato al World Wildlife Fund
(WWF), anche la Conferenza della Giornata della Terra delle Nazioni Unite di
Stoccolma, lo studio del MIT Limits to Growth e la Commissione Trilaterale di David
Rockefeller.
Club
di Roma.
Nel
1968 David Rockefeller fondò un think tank neomalthusiano, il Club di Roma,
insieme ad Aurelio Peccei e Alexander King. Aurelio Peccei era un alto
dirigente dell’azienda automobilistica Fiat, di proprietà della potente
famiglia italiana degli Agnelli.
Gianni
Agnelli della Fiat era un amico intimo di David Rockefeller e membro del
Comitato consultivo internazionale della Chase Manhattan Bank di Rockefeller.
Agnelli
e David Rockefeller erano amici intimi dal 1957. Agnelli divenne membro
fondatore della Commissione Trilaterale di David Rockefeller nel 1973.
Alexander King, capo del programma scientifico dell’OCSE, era anche consulente
della NATO.
Questo fu l’inizio di quello che sarebbe diventato il movimento neo-malthusiano “people
pollute”.
Nel
1971 il Club di Roma pubblicò un rapporto profondamente fallace, “Limiti alla
crescita”, che prevedeva la fine della civiltà come la conoscevamo a causa
della rapida crescita della popolazione, combinata con risorse fisse come il
petrolio. Il rapporto concludeva che, senza cambiamenti sostanziali nel consumo
delle risorse, “il risultato più probabile sarà un declino piuttosto improvviso
e incontrollabile sia della popolazione che della capacità industriale”.
Si
basava su simulazioni al computer fittizie effettuate da un gruppo di
informatici del MIT. La previsione era azzardata: “Se le attuali tendenze di
crescita della popolazione mondiale, dell’industrializzazione,
dell’inquinamento, della produzione alimentare e dell’esaurimento delle risorse
continueranno invariate, i limiti della crescita su questo pianeta saranno
raggiunti entro i prossimi cento anni”.
Era il
1971. Nel
1973 Klaus Schwab, nel suo terzo incontro annuale di Davos con i leader
d’impresa, invitò Peccei a Davos per presentare Limits to Growth agli
amministratori delegati delle aziende riunite.
Nel
1974, il Club di Roma dichiarò coraggiosamente: “La Terra ha un cancro e il
cancro è l’uomo”.
Poi: “Il mondo sta affrontando un insieme
di problemi globali interconnessi senza precedenti, come la sovrappopolazione,
la scarsità di cibo, l’esaurimento delle risorse non rinnovabili (petrolio), il
degrado ambientale e la pessima governance”.
Essi sostengono che,
È
necessaria una ristrutturazione ‘orizzontale’ del sistema mondiale… sono
necessari drastici cambiamenti nello strato normativo – cioè nel sistema di
valori e negli obiettivi dell’uomo – per risolvere le crisi energetiche,
alimentari e di altro tipo, cioè sono necessari cambiamenti sociali e
cambiamenti degli atteggiamenti individuali se si vuole che avvenga la
transizione verso la crescita organica”.
Nel
suo rapporto del 1974, “Mankind at the Turning Point”, il Club di Roma ha
inoltre sostenuto che:
La
crescente interdipendenza tra nazioni e regioni deve tradursi in una
diminuzione dell’indipendenza. Le nazioni non possono essere interdipendenti
senza che ciascuna di esse rinunci a una parte della propria indipendenza, o
almeno ne riconosca i limiti. È giunto il momento di elaborare un piano
generale per una crescita organica e sostenibile e per uno sviluppo mondiale
basato sull’allocazione globale di tutte le risorse finite e su un nuovo
sistema economico globale.
Questa
è stata la prima formulazione dell’Agenda 21 delle Nazioni Unite,
dell’Agenda2030 e del Grande Reset di Davos del 2020.
David
Rockefeller e Maurice Strong.
L’organizzatore
di gran lunga più influente dell’agenda di Rockefeller sulla “crescita zero”
nei primi anni ’70 fu l’amico di lunga data di David Rockefeller, un petroliere
miliardario di nome Maurice Strong.
Il
canadese Maurice Strong è stato uno dei primi propagatori della teoria
scientificamente sbagliata secondo la quale le emissioni di CO2 prodotte
dall’uomo, dai veicoli di trasporto, dalle centrali a carbone e
dall’agricoltura, causano un drammatico e crescente aumento della temperatura
globale che minaccia “il pianeta”, il cosiddetto riscaldamento globale.
In
qualità di presidente della Conferenza di Stoccolma delle Nazioni Unite per la
Giornata della Terra del 1972, Strong ha promosso un programma di riduzione della
popolazione e di abbassamento degli standard di vita in tutto il mondo per “salvare l’ambiente”.
Strong
ha dichiarato il suo programma ecologista radicale:
“L’unica
speranza per il pianeta non è forse il collasso delle civiltà industrializzate?
Non è forse nostra responsabilità far sì che ciò avvenga?”
Questo
è ciò che sta accadendo ora, sotto la copertura di una pandemia globale
inventata.
Strong
era una scelta curiosa per dirigere una grande iniziativa delle Nazioni Unite
per mobilitare l’azione sull’ambiente, poiché la sua carriera e la sua
considerevole fortuna erano state costruite sullo sfruttamento del petrolio,
così come un numero insolito di nuovi sostenitori della “purezza ecologica”,
come David Rockefeller o Robert O. Anderson dell’Aspen Institute o John Loudon
della Shell.
Strong
aveva conosciuto David Rockefeller nel 1947, quando era un giovane canadese di
diciotto anni, e da quel momento la sua carriera fu legata alla rete della
famiglia Rockefeller.
Grazie alla sua nuova amicizia con David
Rockefeller, Strong, all’età di 18 anni, ottenne una posizione chiave alle
Nazioni Unite sotto il tesoriere delle Nazioni Unite, Noah Monod.
I
fondi dell’ONU erano gestiti in modo abbastanza conveniente dalla Chase Bank di
Rockefeller.
Questo era tipico del modello di “partenariato
pubblico-privato” che Strong avrebbe utilizzato: guadagni privati dal governo
dei cittadini.
Negli
anni ’60 Strong era diventato presidente dell’enorme conglomerato energetico e
compagnia petrolifera di Montreal noto come Power Corporation, allora di
proprietà dell’influente Paul Desmarais. Secondo quanto riferito da Elaine
Dewar, ricercatrice investigativa canadese, la Power Corporation è stata
utilizzata anche come fondo politico per finanziare le campagne di alcuni
politici canadesi selezionati, come Pierre Trudeau, padre del pupillo di Davos
Justin Trudeau.
Vertice
della Terra e Vertice della Terra di Rio.
Nel
1971 Strong fu nominato sottosegretario delle Nazioni Unite a New York e
segretario generale dell’imminente conferenza della Giornata della Terra, la
Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (Earth Summit I) a Stoccolma,
in Svezia.
In
quell’anno fu anche nominato fiduciario della Fondazione Rockefeller, che
finanziò il lancio del progetto Earth Day di Stoccolma.
A
Stoccolma fu creato il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), con
Strong alla guida.
Nel
1989 Strong fu nominato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite per guidare
la Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo del 1992 o UNCED
(“Rio Earth Summit II”).
In
quell’occasione ha supervisionato la stesura degli obiettivi dell’ONU per l'”ambiente sostenibile”, l’Agenda 21
per lo sviluppo sostenibile che costituisce la base del Great Reset di Klaus
Schwab,
nonché la creazione del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento
climatico (IPCC) dell’ONU.
Strong,
che era anche membro del consiglio di amministrazione del WEF di Davos, aveva fatto in modo che Schwab fosse
un consulente chiave per il Vertice della Terra di Rio.
In
qualità di segretario generale della Conferenza di Rio delle Nazioni Unite,
Strong commissionò anche un rapporto del Club di Roma, “The First Global
Revolution”, scritto da “Alexander King”, che ammetteva che la pretesa del riscaldamento globale
da CO2 era solo un espediente inventato per forzare il cambiamento:
“Il
nemico comune dell’umanità è l’uomo.
Alla
ricerca di un nemico nuovo che ci potesse unire, ci è venuta l’idea che
l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d’acqua, la
carestia e simili facessero al caso nostro. Tutti questi pericoli sono causati
dall’intervento umano e possono essere superati solo cambiando atteggiamento e
comportamento.
Il
vero nemico, quindi, è l’umanità stessa.”
Il
delegato del Presidente Clinton a Rio, Tim Wirth, ha ammesso lo stesso,
dichiarando,
“Dobbiamo
affrontare la questione del riscaldamento globale. E anche se la teoria del
riscaldamento globale quale opera dell’uomo è sbagliata, faremo la cosa giusta
in termini di politica economica e ambientale.” A Rio Strong ha introdotto per la
prima volta l’idea strumentale di “società sostenibile” definita in relazione
all’obiettivo arbitrario di eliminare la CO2 e gli altri cosiddetti gas serra.
L’Agenda 21 è diventata l’Agenda 2030 nel settembre 2015 a Roma, con la
benedizione del Papa, con 17 obiettivi “sostenibili”.
Essa
dichiarava, tra l’altro, che,
“La
terra, a causa della sua natura unica e del ruolo cruciale che svolge
nell’insediamento umano, non può essere trattata come un bene ordinario,
controllato da individui e soggetto alle pressioni e alle inefficienze del
mercato.
La proprietà privata della terra è anche uno
strumento principale di accumulazione e concentrazione della ricchezza e quindi
contribuisce all’ingiustizia sociale…
La
giustizia sociale, il rinnovamento urbano e lo sviluppo, il fornire abitazioni
dignitose e condizioni sane per la gente possono essere raggiunti solo se la
terra è usata nell’interesse della società nel suo complesso”.
In
breve, la proprietà privata della terra deve diventare sociale per la “società
nel suo complesso”, un’idea ben nota ai tempi dell’Unione Sovietica e una parte
fondamentale del “Great Reset di Davos” di Klaus Schwab.
A Rio
nel 1992, dove era presidente e segretario generale, Strong dichiarò:
“È
chiaro che gli attuali stili di vita e i modelli di consumo della classe media
benestante – che comportano un’elevata assunzione di carne, il consumo di
grandi quantità di cibi surgelati e convenienti, l’uso di combustibili fossili,
di elettrodomestici, di aria condizionata in casa e sul posto di lavoro e di
abitazioni suburbane – non sono sostenibili.”
In
breve, la proprietà privata della terra deve diventare sociale per la “società
nel suo complesso”, un’idea ben nota ai tempi dell’Unione Sovietica e una parte
fondamentale del Great Reset di Davos.
A quel
tempo Strong era al centro della trasformazione dell’ONU quale veicolo per
l’imposizione di un nuovo “paradigma” tecnocratico globale, utilizzando
avvertimenti disastrosi sull’estinzione del pianeta e sul riscaldamento
globale, fondendo le agenzie governative con il potere aziendale in un
controllo non eletto di praticamente tutto, sotto la copertura della
“sostenibilità”.
Nel
1997 Strong ha supervisionato la creazione del piano d’azione successivo al
Summit della Terra, il “Global Diversity Assessment” (Valutazione della Diversità
Globale), un
progetto per il lancio di una quarta rivoluzione industriale, un inventario di
ogni risorsa sul pianeta, e di come sarebbe stata controllata, per poi
realizzare questa rivoluzione
In
quel periodo Strong era co-presidente del Forum economico mondiale di Davos di
Klaus Schwab. Nel 2015, in occasione della morte di Strong, il fondatore di
Davos Klaus Schwab ha scritto,
“È
stato il mio mentore fin dalla creazione del Forum: un grande amico, un
consigliere indispensabile e, per molti anni, un membro del nostro Consiglio di
Fondazione.”
Prima
di lasciare le Nazioni Unite a causa di uno scandalo di corruzione per l’Iraq
Food-for-Oil, Strong è stato membro del Club di Roma, amministratore dell’Aspen
Institute, amministratore della Fondazione Rockefeller e della Fondazione
Rothschild.
Strong è stato anche direttore del “Tempio della Comprensione del Lucifer
Trust (alias Lucis Trust) ospitato presso la Cattedrale di San Giovanni il
Divino a New York City,
“dove
i rituali pagani includono il condurre pecore e bestiame all’altare per una
benedizione. Qui, il vicepresidente Al Gore ha tenuto un sermone mentre i
fedeli si recavano all’altare con ciotole piene di compost e vermi…”
Questa
è l’origine oscura dell’agenda del Grande Reset di Schwab, secondo la quale
dovremmo mangiare vermi e non avere proprietà privata per “salvare il pianeta”.
L’agenda è cupa, distopica e progettata per eliminare miliardi di noi “persone
normali”.
(F.
William Engdahl è consulente e docente di rischi strategici, si è laureato in
politica all’Università di Princeton ed è autore di best-seller sul petrolio e
sulla geopolitica. È ricercatore associato del Centre for Research on
Globalization -CRG.)
IL MINISTERO
DELLA DIFESA RUSSO
E L'UFFICIO DI INTELLIGENCE (FSB)
GRIDANO
DAI TETTI: L'UCRAINA FARÀ
ESPLODERE UN ORDIGNO NUCLEARE
"SPORCO".
Jameshfetzer.org
– (Ottobre 26, 2022) - James Fetzerblog – ci dice:
Secondo
una dichiarazione del Ministero della Difesa russo (MoD), la detonazione da
parte dell'Ucraina, di qualche tipo di dispositivo radioattivo, è ora
imminente. L'Ucraina sta perdendo la sua guerra con la Russia così male, che si
stanno preparando a causare uno scenario di radiazioni apocalittiche per far
entrare in guerra la NATO dalla parte dell'Ucraina.
Secondo
il Ministero della Difesa russo, i seguenti atti aggiuntivi saranno intrapresi
anche dall'Ucraina:
La
diga di Kakhovska e la diga di Dnipro saranno fatte saltare in aria. Una bomba nucleare
sporca o un'arma nucleare tattica saranno fatte esplodere a Kherson.Tutte e sei
le unità del reattore della centrale nucleare di Zaporizhzhya saranno fatte
saltare in aria.
(Klaus
Schwab, costruttore di bombe atomiche, ha trovato dei clienti! Ndr)
Se una
o entrambe queste dighe vengono fatte saltare dall'Ucraina (o da chiunque
altro) rilasceranno un torrente d'acqua inimmaginabile, che inonderà e
distruggerà gigantesche aree di terra a valle.
L'area principale che sarà distrutta da un
tale rilascio di acqua, sarà Kherson, uno dei quattro Oblast (stati) che hanno
recentemente votato per lasciare l'Ucraina e diventare parte della Russia.
Proprio
ieri il programma radiofonico Hal Turner ha riferito che il ministro della
Difesa russo Shoigu ha avuto conversazioni telefoniche con le sue controparti
di Stati Uniti, Francia, Turchia e altre nazioni, avvertendoli direttamente che
l'Ucraina sta pianificando di fare queste cose perché l'Ucraina sta perdendo la
guerra e sono assolutamente disperati per far entrare la NATO nella lotta a
fianco dell'Ucraina.
Oggi
possiamo anche riferire che Sergei Naryshkin, il capo segreto dell'Ufficio
federale di sicurezza russo (FSB), è uscito pubblicamente per dire di aver
VERIFICATO CON L'INTELLIGENCE SEGRETA che l'Ucraina è già ben avviata in
preparazione per fare queste cose.
Il
ministro della Difesa Shoigu e il capo dell'FSB Naryshkin sono tra le persone
di più alto rango nel governo russo. Sono là fuori mettendo i LORO NOMI su
queste informazioni.
Questo
è un rischio per le loro carriere e la loro posizione pubblica, eppure stanno
gridando dai tetti che l'Ucraina sta già intraprendendo i passi per effettuare
tali attacchi.
Gli
uomini in questo tipo di posizioni non mettono in gioco le loro carriere e
reputazioni, alla leggera. Eppure entrambi gli uomini stanno facendo
esattamente questo!
Centrale
nucleare di Zaporozyhe.
Di
gran lunga, l'aspetto peggiore di questi presunti piani da parte dell'Ucraina,
è un attacco a tutti e sei i reattori della centrale nucleare di Zaporozyhe
(ZNPP) situata in un altro Oblast (stato) che ha recentemente votato per
lasciare l'Ucraina e diventare parte della Russia.
Come
potete vedere, la radiazione sarebbe stata rapidamente trasportata dai venti
dominanti, per poi saturare la Polonia e continuare a muoversi in Germania.
La
NATO ha già detto pubblicamente che se un incidente radioattivo in Ucraina fa
viaggiare le radiazioni nei paesi della NATO, allora la NATO lo considererà un
"attacco" e invocherà l'autodifesa collettiva dell'articolo 5 del
Trattato NATO.
La
Russia ha chiarito molto tempo fa che se la NATO dichiara l'articolo 5 di
autodifesa collettiva contro la Russia, "sarà una guerra che nessuno
vincerà".
Come
la maggior parte delle persone istruite sanno, l'unica guerra "nessuno
vincerà" è una guerra nucleare.
Quindi,
se l'Ucraina intraprende gli attacchi sopra descritti e le radiazioni viaggiano
in Polonia o in altri paesi della NATO, inducendo la NATO a dichiarare
l'Articolo 5, allora il mondo è – in quel momento – in una guerra nucleare.
Nessun
avviso.
Questo
è lo stato delle cose nel nostro mondo, questo 24 ottobre 2022.
Mettetevi
a posto con Dio.
Velocemente.
AGGIORNAMENTO
12:16 PM EDT —
Un'altra
telefonata tra funzionari militari statunitensi e russi sulla presunta "bomba
sporca" ucraina.
Oggi,
24 ottobre, il generale russo Gerasimov ha anche parlato al telefono con il
presidente del Joint Chiefs of Staff degli Stati Uniti, il generale Milley.
L'argomento
– sì, avete indovinato – una bomba sporca.
La
storia triste della fusione fredda.
Iltascabile.com
- Silvia Kuna Ballero – (10 – 2-2022) – ci dice:
L’annuncio
avventato di una ricerca potenzialmente rivoluzionaria fece emergere polemiche e dinamiche
insane all’interno dell’ambiente accademico.
(Silvia
Kuna Ballero nata a Genova nel 1979, è insegnante e giornalista freelance, di
formazione astrofisica. Si occupa di comunicazione della scienza dal 2015 e ha
collaborato con le riviste Pagina99, Mind, Le Scienze, Wired Italia,
Motherboard e Strade.)
Il 23
marzo del 1989, il mondo fu colto di sorpresa quando, in una conferenza stampa
all’università dello Utah, Martin Fleischmann e Stanley Pons dichiararono di
aver ottenuto la fusione nucleare, non in un plasma caldissimo mantenuto a
pressioni estreme all’interno di enormi e complessi reattori, ma “in provetta”,
a temperatura ambiente.
Non
solo l’annuncio fece scalpitare gli ambienti accademici: l’attenzione dei media
schizzò immediatamente alle stelle, e la fusione fredda conquistò i titoli di
giornali e riviste di tutto il mondo.
Sembrava
una favola: due ricercatori universitari, con un’apparecchiatura relativamente
semplice ed economica, scoprivano qualcosa che era sfuggito ad altri gruppi di
ricerca più numerosi e che potevano contare su corpose sovvenzioni e
strumentazioni sofisticate e costose.
Non si
trattava di una scoperta qualsiasi: la fusione fredda prometteva di
rivoluzionare il modo di produrre energia.
Come
sappiamo, tutto questo non è successo, e la fusione fredda è ricordata oggi
come uno spettacolare fallimento scientifico.
Non
solo perché la promessa non venne mantenuta, ma anche per come la vicenda fece
emergere dinamiche poco sane di competizione all’interno dell’ambiente
accademico, accompagnate da comportamenti eticamente discutibili.
La
fusione nucleare controllata.
Nella
caccia a una fonte di energia pulita, abbondante e affidabile che ci permetta
di affrontare la crisi energetica senza pregiudicare l’ambiente e la salute
globale, la cosiddetta “fusione nucleare controllata” ha delle caratteristiche
che la rendono molto ambita.
Il processo di base è concettualmente semplice: avvicinare due
atomi di idrogeno (ancora meglio se deuterio o trizio, cioè idrogeno con uno o due
neutroni nel nucleo) affinché si uniscano in un solo atomo, liberando energia.
Questa
reazione è più o meno l’opposto della fissione nucleare – dove un atomo pesante
si scinde in due o più pezzi di massa inferiore – ed è un processo che avviene
continuamente all’interno delle stelle; per farsi un’idea, la frazione di
potenza termica prodotta dal Sole che raggiunge la Terra è pari a circa
diecimila volte il fabbisogno energetico dell’intero pianeta.
Una
centrale a fusione controllata potrebbe garantire l’altissimo rendimento energetico
tipico delle reazioni nucleari, con emissioni di gas serra trascurabili e senza
alcuni aspetti sgraditi associati alle centrali a fissione:
per
esempio, la produzione di rifiuti radioattivi sarebbe marginale e un eventuale
incidente anche grave non comporterebbe la dispersione di contaminanti
nell’ambiente.
La
fusione fredda è ricordata oggi come uno spettacolare fallimento scientifico;
in più la vicenda fece emergere dinamiche poco sane di competizione all’interno
dell’ambiente accademico, e comportamenti eticamente discutibili.
(La corruzione endemica ha impedito lo
svolgersi degli esperimenti necessari! Ndr.)
Purtroppo,
la realizzazione di un impianto a fusione è una sfida tecnologica terrificante:
le cariche positive all’interno dei nuclei atomici generano infatti una grande
forza di repulsione elettrostatica tra gli atomi, e ciò significa che per
avvicinare i nuclei si deve usare una enorme quantità di energia.
Nelle
stelle, l’energia per il confinamento è fornita dalla gravità, che condensa
l’idrogeno nel nucleo a pressioni di centinaia di miliardi di atmosfere e
temperature di decine di milioni di gradi.
Sulla
Terra, dobbiamo ingegnarci in altri modi, comprimendo il gas ionizzato tramite
intensissimi campi magnetici o laser.
Oggi, gli esperimenti come ITER in Europa,
EAST in Cina o quello del National Ignition Facility in California hanno
rappresentato importanti passi in avanti su questa strada, anche se siamo ancora lontani dal
poter sfruttare la fusione nucleare su larga scala.
I due
scienziati dell’università dello Utah che nel 1989 dichiararono di aver risolto
il problema della fusione nucleare, e di averlo fatto a freddo, erano
elettrochimici piuttosto noti nel loro ambiente;
Martin
Fleischmann, il più anziano dei due, era anche membro della Royal Society, una
delle più antiche e prestigiose associazioni scientifiche del Regno Unito.
Il
loro esperimento, auto-finanziato, si basava sugli studi di Fleischmann
risalenti agli anni Sessanta, nei quali aveva utilizzato il palladio: un
metallo raro, chimicamente affine al platino, estratto da minerali nei quali si
trova sotto forma di lega con altri metalli (oro, rame o nichel) che oggi viene
usato soprattutto nelle marmitte catalitiche.
Fleischmann aveva osservato che il palladio
può assorbire grandi quantità di idrogeno al suo interno, concentrando il suo
volume fino a circa 900 volte, e ci si poteva aspettare che la stessa cosa
succedesse col deuterio, il gemello “pesante” dell’idrogeno, che reagisce più
efficacemente nel processo di fusione.
Era
dunque possibile concentrare gli atomi di deuterio, avvicinandoli abbastanza da
innescare la fusione?
A
partire dal 1984, Pons e Fleischmann lavorarono su un apparato che permettesse
loro di verificare questa ipotesi: in sostanza, un bicchiere di acqua pesante
(con deuterio al posto dell’idrogeno), all’interno del quale erano posti due
elettrodi, uno di palladio e uno di platino;
nell’acqua
pesante era poi disciolto un composto a base di deuterio che fungeva da
conduttore. I chimici avranno riconosciuto una semplice cella elettrolitica, un
apparecchio disponibile in qualunque laboratorio scolastico: applicando una
bassa tensione tra i due elettrodi, l’acqua pesante si scompone e il deuterio
così prodotto va ad accumularsi nell’elettrodo di palladio.
Qualcosa
di simile era già stato tentato in Germania tra gli anni Venti e Trenta del
Novecento, non per la produzione di energia bensì allo scopo di ottenere un
altro sottoprodotto della fusione nucleare, l’elio;
con
l’Helium Act del 1925, il Congresso statunitense ne aveva proibito
l’esportazione, ed era diventato molto difficile procurarsi questo gas
necessario per i dirigibili.
Comunque, all’epoca gli apparenti successi tedeschi si
erano rivelati frutto di errori sperimentali, e non ci sono prove che
Fleischmann e Pons sapessero di questi esperimenti.
I due
si aspettavano di osservare appena qualche traccia di sottoprodotti chimici
della fusione, ma quando nel corso dei loro test lessero i dati sulla
temperatura della cella si resero conto che il calore prodotto era, o sembrava,
un centinaio di volte maggiore rispetto a quanto ci si potesse aspettare in
base alle sole reazioni chimiche.
Era il 1988; per ottenere conferma della
scoperta, i due scienziati fecero richiesta di altri fondi, e la loro proposta
fu sottoposta al giudizio di altri ricercatori.
Il caso volle che la proposta, tramite diversi
passaggi, giungesse al fisico nucleare Steven Jones, che stava lavorando a un
esperimento simile presso l’università Brigham Young, sempre nello Utah, ad
appena una cinquantina di chilometri di distanza, anche se la sua équipe
cercava prove differenti della fusione.
In
particolare, ci si aspetta che un processo di fusione nucleare produca anche
neutroni, elio gassoso e radiazione elettromagnetica di alta energia (raggi
gamma).
Nei
suoi esperimenti Jones aveva trovato un flusso di neutroni molto ridotto, tanto
da fargli credere che anche se la fusione si verificava, non poteva essere
utile da un punto di vista commerciale.
A
dirla tutta, se il livello di calore misurato da Fleischmann e Pons fosse stato
alto come sostenevano, la fusione nucleare avrebbe dovuto produrre un
corrispondente flusso di neutroni talmente intenso da mettere in pericolo la
vita i due sperimentatori, i quali invece non sembravano aver subito alcun
danno.
Per
chiarire questa discrepanza, i due gruppi dell’università dello Utah e della
Brigham Young avrebbero potuto lavorare insieme, mettendo in comune le
rispettive competenze e affrontando il problema da prospettive differenti; ma
l’accordo non si materializzò, e anzi tra i due gruppi nacque una certa diffidenza.
Secondo
la teoria della fisica nucleare, la fusione fredda non avrebbe dovuto proprio
verificarsi.
Naturalmente
non era da escludere che la teoria andasse rivista, o che si verificassero
fenomeni che non erano stati considerati fino a quel momento: una delle ipotesi
portate avanti era che l’alta concentrazione di deuterio nel palladio potesse
in qualche modo fratturare il metallo, e che all’interno delle crepe si
creassero forti campi elettrici in grado di dare al deuterio la “spinta”
iniziale necessaria alla fusione.
Tutto
sommato, fenomeni imprevisti o non spiegati come questo sono uno dei
catalizzatori da cui nascono le rivoluzioni scientifiche, nelle quali nuove
teorie rimpiazzano quelle precedenti.
Per
questa ragione, solitamente la comunità scientifica non ignora un risultato
solo perché non è coerente con quanto stabilito fino a quel momento.
Ma per
confutare cinquant’anni di teoria nucleare c’era bisogno di prove solide,
ripetute e indipendenti: in parole povere, bisognava controllare le procedure,
raccogliere più dati, ripetere le prove, prendersi tutto il tempo necessario.
Invece, il clima di competizione tra i due gruppi di ricerca sulla fusione
fredda li incentivò a pubblicare i rispettivi risultati il più rapidamente
possibile, per vedersi riconoscere il credito di una scoperta clamorosa e,
possibilmente, un brevetto con gli ingenti profitti che ne sarebbero derivati.
Il 6 marzo 1989, i due gruppi si incontrarono: alla Brigham Young, Jones era
già pronto a pubblicare i propri risultati, mentre Fleischmann e Pons erano
ancora in alto mare.
Frettolosi.
Non
c’è una versione condivisa su cosa fu stabilito in quell’incontro, ma sembra
che i due gruppi concordassero di inviare contemporaneamente i propri articoli
alla rivista Nature, affidandoli materialmente allo stesso corriere FedEx il
giorno 24 marzo.
Jones
annunciò inoltre che avrebbe esposto i propri risultati all’American Physical
Society nella riunione di maggio.
Tuttavia, i contenuti del discorso di Jones
cominciarono a circolare già dai primi di marzo, e questo all’università dello
Utah fu interpretato come una sorta di “liberi tutti” rispetto agli accordi
iniziali.
L’università
dello Utah cominciò quindi a fare pressioni crescenti su Fleischmann e Pons
affinché concludessero in fretta i lavori e accettassero l’invito a inviare il
loro articolo a un’altra rivista, il Journal of Electroanalytical Chemistry, cosa che fecero il 12 marzo.
Dato
il potenziale della loro ricerca, l’editore della rivista volle a sua volta
accelerarne la pubblicazione: i revisori ebbero appena una settimana per valutare
l’articolo, anziché le diverse settimane normalmente concesse, e non ebbero la
possibilità di rivedere le modifiche effettuate dagli autori nella seconda
bozza; in questo modo, numerosi errori di calcolo e carenze metodologiche
passarono inosservati.
Il
clima di competizione tra i due gruppi di ricerca sulla fusione fredda li
incentivò a pubblicare i rispettivi risultati il più rapidamente possibile, per
vedersi riconoscere il credito di una scoperta clamorosa e, possibilmente, un
brevetto con gli ingenti profitti che ne sarebbero derivati.
Non
finisce qui: Fleischmann e Pons non aspettarono la pubblicazione dell’articolo,
e bruciarono i tempi annunciando il loro risultato in una conferenza stampa
pubblica organizzata dall’università dello Utah a Salt Lake City il 23 marzo
del 1989.
I toni dell’annuncio furono molto ottimistici,
anche se i due scienziati diedero informazioni estremamente vaghe
sull’esperimento in sé. Jones non la prese bene, e inviò l’articolo via fax per
conto suo. Il corriere FedEx restò in attesa a lungo, inutilmente.
Non è
necessariamente sbagliato annunciare l’esito di una ricerca prima della
pubblicazione ufficiale, in quei casi in cui si abbia ragione di credere che il
contenuto della ricerca sia di estrema rilevanza e si debba perciò rendere noto
urgentemente; ma è una scelta che porta con sé un rischio e può rivelarsi controproducente
non solo per chi la fa, ma per un intero settore di ricerca.
Nelle
settimane tra la conferenza stampa e la pubblicazione sul Journal of Electroanalytical
Chemistry,
che sarebbe avvenuta il 10 aprile, centinaia di scienziati si buttarono a pesce
nel tentativo di replicare l’esperimento, rastrellando tutto il palladio
disponibile: nei due mesi successivi, il prezzo del raro e costoso metallo
aumentò di circa il 17%.
Molti
cercarono di replicare i risultati di Fleischmann e Pons facendo assunzioni ragionevoli
e basandosi su una videocassetta di un notiziario televisivo in cui era
mostrato brevemente l’apparato sperimentale, ma nonostante la sua apparente
semplicità, l’impresa si rivelò più ardua del previsto.
Cominciarono
a circolare copie non autorizzate dell’articolo di Fleischmann e Pons, ma
l’articolo non descriveva in dettaglio la strumentazione, e quando furono
contattati per chiedere delucidazioni, i due rifiutarono di fornire ulteriori
dettagli, sostenendo che l’università aveva richiesto loro di mantenere il
riserbo sul loro apparato sperimentale finché non fosse stato rilasciato un
brevetto.
La
fusione si sfalda.
Mentre
la comunità scientifica era percorsa da un rinnovato fervore, la stampa
continuava a sfornare aggiornamenti sull’argomento, e persino il presidente
George Bush si teneva informato.
L’università dello Utah si rivolse al Congresso degli
Stati Uniti per ottenere un finanziamento di 25 milioni di dollari per
estendere le ricerche. Nel frattempo, alcuni scienziati avevano cominciato ad
analizzare l’articolo, individuando le prime lacune che erano sfuggite alla
revisione del Journal of Electroanalytical Chemistry.
Per
esempio, l’acqua nella cella non era stata mescolata, e questo avrebbe potuto
portare a un accumulo di calore attorno all’elettrodo di palladio e a misure di
temperatura falsate.
Il flusso di neutroni era stato conteggiato
sulla base di misure indirette che si rivelarono poco accurate, e mancavano
semplici operazioni di controllo, come quella di ripetere l’esperimento
sostituendo il palladio con un altro metallo o l’acqua pesante con acqua
normale.
Nel
frattempo si era creato un interessante fenomeno – un esempio di quello che in
sociologia della scienza viene definito “scienza patologica”.
La
maggior parte dei gruppi di ricerca non riusciva a trovare le tracce tanto
anelate della fusione fredda, ma alcune conferme arrivarono da parte della
Texas A&M University, del Georgia Tech, e anche dal Giappone e dall’Europa
orientale, dove furono riferite misure di calore o neutroni in eccesso, anche
se i risultati si contraddicevano l’un l’altro e nessuno riusciva a ottenere le
stesse misure per due volte di seguito.
Comunque,
da una parte, chi otteneva una qualche conferma anche parziale della fusione
fredda si precipitava a raccontarlo; chi invece otteneva un esito negativo
(ossia, nessuna prova della fusione fredda) adottava un approccio più cauto,
ripetendo scrupolosamente gli esperimenti in cerca di eventuali errori prima di
esporre i propri risultati.
Per un
certo periodo, questo diede l’impressione, all’esterno, che la fusione fredda
stesse ricevendo il supporto e la convalida della comunità scientifica: la
rivoluzione sembrava a portata di mano.
Tuttavia,
man mano che emergeva il numero sommerso di quanti non avevano trovato nulla,
anche nei vari articoli di conferma della fusione fredda spuntavano errori di
misura, imprecisioni e negligenze, che costringevano i loro autori a ritirarli
ritrattando le proprie conclusioni.
In capo a pochi mesi, la situazione si era del
tutto ribaltata: specialmente dopo che nemmeno il Laboratorio di Energia Atomica di
Harwell, in Inghilterra, a seguito di una lunga e meticolosa serie di
esperimenti condotti sotto i consigli dello stesso Fleischmann, aveva ottenuto
prove utili.
Certo,
c’era la possibilità che i risultati non collimassero perché non si stavano
replicando esattamente le medesime condizioni dell’esperimento originale, nelle
quali potevano nascondersi uno o più elementi particolari che sfuggivano allo
scrutinio della comunità scientifica.
L’unico
modo di chiarire questi dubbi sarebbe stato condurre esperimenti sull’apparato
stesso di Fleischmann e Pons, adottando precauzioni che impedissero di svelarne
dettagli rilevanti per un brevetto.
Inizialmente Fleischmann e Pons rifiutarono,
ma dovettero cedere alla pressione e all’insistenza di una comunità scientifica
sempre più scettica.
Due
esperimenti furono condotti sul loro apparato sperimentale, alla ricerca di due
prodotti di fusione differenti, elio e neutroni; non fu misurato né l’uno, né
l’altro. Pons
cercò di obiettare alla divulgazione di questi dati, arrivando a minacciare uno
degli sperimentatori, Michael Salamon, di azioni legali. In ogni caso,
l’impossibilità di riprodurre i risultati a un anno di distanza aveva decretato
la fine della favola.
La
fine della fusione fredda?
Nessuno
ha mai dimostrato in modo conclusivo che la fusione fredda è impossibile: ma è
ragionevole supporre che qualunque cosa avessero misurato Fleischmann e Pons,
quasi sicuramente non indicasse un evento di fusione nucleare.
Alla
fine, il processo di autoregolazione della scienza funzionò, raggiungendo un
consenso quasi unanime seppur con un certo ritardo, nonostante le numerose
violazioni della buona prassi scientifiche – la rottura degli accordi con
Jones, la revisione frettolosa dell’articolo, l’ostruzionismo di Fleischmann e
Pons nei confronti di chi voleva testate i loro risultati, le minacce e le
accuse ad hominem nei confronti di coloro che confutarono la loro teoria.
Quale
fu però il prezzo? Nel concreto, cento milioni di dollari di soldi pubblici
andarono persi in un vicolo cieco; sebbene i soldi spesi in ricerca siano
raramente un cattivo investimento, è indubbio che gran parte di questi finanziamenti
furono definiti dalla frenesia dal momento più che da una valutazione ragionata.
Soprattutto, la vicenda causò un danno
percepibile nell’immagine pubblica della scienza: la grande pubblicità, che alimentò
aspettative altissime su una fonte di energia pulita, poi clamorosamente
deluse, incrinò la fiducia pubblica nella ricerca scientifica.
A
causa di queste vicende, oggi la percezione della fusione fredda si colloca tra
due poli opposti: da una parte le fantasie di complotto, secondo cui questa tecnologia
rivoluzionaria sarebbe stata scientemente affossata dallo strapotere della
grande industria energetica, dall’altra una diffidenza pressoché totale della
comunità degli esperti, la maggior parte dei quali tende ormai a liquidare
l’argomento come irrealistico e privo di fondamento, quando non direttamente
come pseudoscientifico.
Non è
di aiuto in questo senso l’esistenza di personaggi di dubbia attendibilità, con
un passato abbastanza oscuro e una formazione non specialistica, che riescono
però a fare incetta di sponsorizzazioni scientifiche e investimenti per i loro
macchinari a fusione nucleare fredda che si basano su una fisica a dir poco
zoppicante e di cui non si riesce a produrre alcun prototipo funzionante.
Trentatré
anni dopo.
Nell’esile
terra di mezzo tra chi la rifiuta a priori e chi abbraccia i macchinari
miracolosi, la fusione fredda stimola ancora un certo interesse, se non a
livello commerciale almeno dal punto di vista della ricerca di base; la si può
ritrovare sepolta in acronimi come CMNS (Condensed Matter Nuclear Science,
scienza nucleare della materia condensata) o LENR (Low Energy Nuclear Reactions,
reazioni nucleari a bassa energia).
Indagini
e rivisitazioni sono condotte da parte di una ristretta cerchia di studiosi, e
da ultimo nel 2019 Google ha finanziato con dieci milioni di dollari un
tentativo di replicare l’esperimento originale, senza successo.
Tuttavia,
nel corso di diversi esperimenti elettrochimici, sono state osservate delle
anomalie sotto forma dell’emissione di piccole quantità di neutroni o di un
eccesso di energia misurabile, anche se non dell’ordine di grandezza necessario
per una produzione industriale di energia.
In due
recenti articoli pubblicati sulla rivista Physical Review C, un gruppo di
ricercatori del Glenn Research Center della NASA ha descritto un apparato sperimentale
in cui il deuterio è confinato, a temperatura ambiente, nel reticolo
cristallino di un metallo raro come l’erbio.
Qui alcuni atomi del deuterio sono “spezzati”
(fotodissociati) tramite irradiazione con raggi gamma, e i neutroni così creati
sono accelerati fino a raggiungere le energie necessarie per fondersi con altri
atomi di deuterio.
Anche
oggi problema di tutti gli esperimenti sulla fusione fredda sembra essere
sempre lo stesso: l’impossibile riproducibilità e la mancanza di una solida
base teorica.
Il
problema in tutti questi esperimenti è però sempre lo stesso: da una parte
nessuno di essi, finora, si è rivelato riproducibile da gruppi di ricerca
indipendenti, e dall’altra manca una solida base teorica che possa spiegare il
verificarsi di queste anomalie, e non si possono escludere spiegazioni
alternative alla fusione.
Comunque,
anche se la fusione fredda come la immaginavano Fleischmann e Pons non dovesse
mai diventare realtà, queste linee di ricerca potrebbero far emergere
particolari importanti su altri fenomeni ancora non noti o poco compresi della
fisica dei materiali o delle particelle: un qualche tipo di transizione di fase
con cui si generano elettroni superconduttivi, che urtando un atomo deuterio
gli forniscono le energie richieste per fondersi con altri, o il fenomeno dei
plasmoni, onde di energia che percorrono le superfici metalliche degli
elettrodi usati per gli esperimenti e i cui effetti potrebbero mimare quelli di
una fusione fredda.
Che
fine hanno fatto i tre principali protagonisti della querelle del 1989?
Fleischmann
e Pons continuarono la loro ricerca sulla fusione fredda lontano dai
riflettori, fondando un laboratorio nella Francia del sud finanziato dalla
Technova (una società privata di ricerca facente capo alla Toyota).
Nel 1998, il laboratorio chiuse senza aver
prodotto risultati significativi, e Pons, che aveva rinunciato alla
cittadinanza statunitense per quella francese, abbandonò definitivamente
l’argomento.
Fleischmann
era già andato in pensione tre anni prima, trasferendosi in Inghilterra;
continuò a fornire consulenze a vari enti (tra cui l’ENEA e l’INFN in Italia),
annunciando tra le altre cose il progetto di una stufa a fusione fredda il 23
marzo 2006, a 17 anni esatti dall’annuncio della fusione “in provetta”. Morì di cause naturali nel 2012.
Steve
Jones, infine, fu risparmiato dalla tempesta di critiche che sommerse
Fleischmann e Pons, anche perché i suoi risultati erano dichiaratamente più
modesti e il profilo da lui mantenuto era rimasto basso.
Jones
sarebbe divenuto però un nome controverso a causa delle sue teorie su una
presunta demolizione controllata delle Torri Gemelle, pubblicata nel 2006, in
modo non concordato, sulla sua pagina nel sito della Brigham Young University.
Dopo
il suo pensionamento, deciso assieme alla direzione dell’università, Jones ha
continuato la ricerca sul collasso strutturale degli edifici diventando un nome
ricorrente nelle teorie cospirazioniste sull’11 settembre.
Esperimenti
effettuati più recentemente da altri gruppi di ricerca sembrano riprodurre
alcuni aspetti del processo di fusione da lui studiato, ma non ci sono
attualmente grandi sviluppi in questo senso.
(Le grandi
società petrolifere si erano già esposte in precedenza come contrarie a
qualsiasi nuovo esperimento in merito! Ndr.)
Fusione
nucleare, riuscito
esperimento
chiave: ecco
perché
siamo a una svolta.
Quotidiano.net
– Redazione – (9-2-2022) -ci dice:
Prodotta
quantità record di energia pulita.
In
prima fila ricercatori italiani.
Londra,
9 febbraio 2022 - Svolta nella ricerca sulla fusione nucleare, che vede in
prima fila ricercatori italiani. E' riuscito l'ultimo esperimento con il
reattore Jet (Joint European Torus) al Culham Centre for Fusion Energy (Ccfe),
in Inghilterra, che è stato in grado di produrre 59 megajoule di energia pulita
nell'arco di 5 secondi (11 megawatt di potenza).
Più
del doppio rispetto a quanto già prodotto nel 1997.
L'annuncio
è stato dato dal “consorzio Eurofusion” che ha tra i principali membri l'Enea, l'Agenzia italiana per le
nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile.
"L'esperimento
ci fa avvicinare alla fusione nucleare", ha commentato il dottor Joe
Milnes, a capo del laboratorio dove è in funzione il reattore. "Abbiamo dimostrato
che possiamo creare una stella in miniatura all'interno dei nostri macchinari e
mantenerla lì per cinque secondi, ottenendo delle alte performance". Fatto
che ci proietta "un campo realmente nuovo".
L'importanza
di quanto raggiunto è spiegata da Tony Donné, presidente di EUROfusion:
"Se
riusciamo a mantenere la fusione per cinque secondi, potremo farlo per cinque
minuti e poi per cinque ore" ha detto Donné, aggiungendo che per la prima
volta è possibile pensare alla fusione come a una possibile fonte dei piani
energetici.
La
potenzialità della fusione nucleare, in relazione alla tutela ambientale, è
proprio quella di produrre una quantità di energia potenzialmente illimitata,
pulita e a basso prezzo.
Il risultato
del Ccfe convalida la fattibilità di ITER (International Thermonuclear
Experimental Reactor), il primo impianto a fusione di dimensioni paragonabili a
quelle di di una centrale elettrica convenzionale, in costruzione dal 2007 nel
sud della Francia.
Oggi
Tim Luce de progetto ITER è intervenuto durante l'evento per congratularsi per
il JET.
"Il
significato dei risultati di JET, per ITER, è la dimostrazione che esiste una
prova della strada da percorrere per raggiungere le condizioni necessarie alla
fusione - ha detto Luce - Questo è molto importante, perché vuol dire che
possiamo andare avanti anche con la ricerca di ITER".
Soddisfatto
anche Joao Vale de Almeida, ambasciatore dell'EU nel Regno Unito, il quale ha
sottolineato che "con duro lavoro e conoscenze gli scienziati e ingegneri
hanno raggiunto un risultato senza precedenti per un futuro di energia
sostenibile".
Cos'è
l'energia da fusione.
L'energia
da fusione è l'energia prodotta da una reazione di fusione nucleare in cui due
nuclei atomici vengono forzati a combinarsi tra loro per formare un solo
nucleo.
Le
ricerche attuali studiano in particolare l'energia che è possibile ottenere
dalla fusione di due isotopi dell'idrogeno come il deuterio e trizio perché è
maggiore rispetto all'energia richiesta per avviare il processo di fusione.
Questo tipo di energia è considerata sicura e
ha grosse potenzialità in relazione alla tutela dell'ambiente e del clima.
L'idrogeno
intanto è fonte pressoché inesauribile, e dalla reazione di fusione non vengono
prodotti residui che inquinano né che contribuiscono al riscaldamento del
pianeta.
Massacro
degli innocenti:
CDC
infligge Biowar Vax ai bambini.
Unz.com
- KEVIN BARRETT – (24 OTTOBRE 2022) – ci dice:
L'antico
rituale del sacrificio del bambino sopravvive.
RFK
Jr. lo ha definito " un atto di abuso di minori su vasta scala ". La decisione del CDC di giovedì di
aggiungere i vaccini COVID mRNA al programma dell'infanzia è stata sicuramente
abusiva. Ma si potrebbe sostenere che non si trattava solo di abusi sui minori,
ma anche di un avatar dell'antico rituale del sacrificio dei bambini.
Prima
di approfondire l'angolo del sacrificio umano, chiariamo cosa è appena
successo: ai
bambini viene iniettata una sostanza potenzialmente pericolosa che
essenzialmente non porta loro alcun beneficio per la salute.
I
vaccini COVID mRNA sono ancora classificati come sperimentali. Ciò significa che il CDC sta cercando
di costringere i bambini americani a partecipare a un esperimento scientifico, una palese violazione del Codice di
Norimberga.
L'apparente
giustificazione per costringere intere popolazioni a partecipare a esperimenti
medici è l'"emergenza" della pandemia di COVID.
I
vaccini MRNA sono consentiti solo in base a un'autorizzazione all'uso di
emergenza.
Ma non
solo la fase emergenziale della pandemia è ovviamente finita, non c'è mai stata
un'emergenza sanitaria per i bambini tanto per cominciare.
Uno
studio di Nature Medicine che utilizza il database nazionale sulla mortalità
infantile del servizio sanitario nazionale britannico ha rilevato che il tasso
di mortalità da COVID nei bambini è dello 0,0002%, o circa due su un milione.
E di
quel numero evanescente di decessi, tre quarti riguardavano condizioni di
salute croniche, due terzi avevano co-morbilità multiple e il 60% aveva
condizioni limitanti la vita.
Allora
perché mai qualcuno dovrebbe vaccinare con mRNA il proprio bambino?
Presumibilmente per lo stesso motivo per cui gli anziani hanno deliberatamente
devastato lo sviluppo educativo ed emotivo-psicologico dei bambini americani
chiudendo le scuole e costringendo i bambini di appena due anni a indossare
maschere: credono che valga la pena di danneggiare la salute e il benessere dei
bambini (proprio come Madeleine Albright pensava che ne valesse la pena
uccidere mezzo milione di bambini iracheni) perché abusando dei bambini
"stiamo salvando la nonna" (e, in misura minore, insegnanti, genitori
e altri adulti).
L'entusiastica
approvazione di Madeleine Albright per l'omicidio di mezzo milione di bambini,
come la deliberata devastazione americana dei suoi figli durante e dopo la
pandemia di COVID, a prima vista sembra essere una svista. Sicuramente Albright
non può aver voluto dire questo! Di certo gli americani non infliggerebbero
intenzionalmente handicap debilitanti e pericolosi esperimenti ai propri figli!
Dipende
cosa intendi con parole come "deliberatamente" e
"intenzionalmente". Poeti e narratori hanno sempre saputo ciò che Freud
sosteneva di aver scoperto alla fine del 19° secolo: gran parte della motivazione umana
è inconscia, specialmente quando coinvolge gli aspetti più oscuri e atavici della
nostra psiche.
Con
questo in mente, consideriamo la possibilità che qualcosa stia spingendo gli
americani a sacrificare i loro piccoli. Le prove di questa tesi abbondano: non
solo il modo in cui i bambini sono stati gettati nel COVID Moloch, ma anche:
Il
fatto che gli americani uccidano quasi un milione di bambini non ancora nati
ogni anno;
Lo
scandalo in corso delle vaccinazioni di routine in continua espansione
(attualmente 72 iniezioni di 91 antigeni), probabile causa dell'esplosione
delle malattie croniche che ha paralizzato le giovani generazioni;
Il
modo in cui neonati e bambini piccoli vengono strappati dalle braccia delle
loro madri in età sempre più precoce e consegnati alla mercé non così tenera
degli asili nido commerciali;
Il
modo in cui il sistema di welfare e la degenerazione dei costumi sociali hanno
cospirato per garantire che un numero sempre maggiore di bambini americani
cresca in famiglie monoparentali emotivamente, culturalmente ed economicamente
impoverite.
E
infine, l'esistenza di un diffuso traffico di bambini e di schiavitù sessuale,
in cui sono profondamente implicati il più alto livello delle élite
politiche, economiche e giornalistiche americane.
Ammettiamolo:
come diceva George Clinton, l'America mangia i suoi giovani.
Ma
come è questo “sacrificio”? Da dove arriva Moloch? Per rispondere a queste
domande, dobbiamo rivedere il lavoro seminale dell'antropologo-filosofo René
Girard, il quale ha affermato che tutte le culture sono fondate sul sacrificio
umano.
Come ha notato Stanford News nel suo necrologio di novembre 2015:
“Girard era interessato alle cause del
conflitto e della violenza e al ruolo dell'imitazione nel comportamento umano.
I nostri desideri, scriveva, non sono nostri; vogliamo quello che vogliono gli
altri. Questi desideri duplicati portano a rivalità e violenza. Ha sostenuto
che il conflitto umano non è stato causato dalle nostre differenze, ma
piuttosto dalla nostra identità. Gli individui e le società scaricano colpe e
colpe su un estraneo, un capro espiatorio, la cui eliminazione riconcilia gli
antagonisti e ripristina l'unità".
Il
capro espiatorio su cui viene scaricata la colpa è tipicamente un individuo o
una comunità impotente ed emarginato. L'innocenza del capro espiatorio,
paradossalmente, potrebbe renderli ancora più un bersaglio: pensa alle vergini
gettate nei vulcani, o alla capra irreprensibile carica dei peccati della
comunità e portata nella landa selvaggia.
E chi è più innocente, impotente ed emarginato
dei bambini? Non c'è da stupirsi che i bambini siano le vittime preferite di
così tante società sacrificali, dai cananei adoratori di Moloch, all'Ibo
precoloniale descritto in Things Fall Apart di Chinua Achebe, ai cultisti
satanici dell'élite di potere americana che si radunano in luoghi come Bohemian
Grove e, secondo alcuni, alcuni ristoranti di Washington DC.
La
nozione di sacrificio di Girard fu un importante passo avanti intellettuale
nelle scienze umane. Ma mancano due aspetti importanti del fenomeno, quella che
potremmo chiamare la dimensione pragmatica e quella spirituale del sacrificio.
Pragmaticamente, ci sono stati momenti e luoghi nel corso della storia umana in
cui sacrificare alcune persone sembrava semplicemente la cosa sensata e
realistica da fare.
Succede sempre, negli affari militari, fino ad
oggi. Ed è successo in contesti non militari abbastanza regolarmente tra popoli
molto diversi.
Tra i
nomadi Khoi-San dell'Africa, quando gli anziani diventavano un peso
intollerabile, o le scorte di cibo non avrebbero sostenuto l'attuale raccolto
di bambini, gli anziani o i più giovani non produttivi venivano semplicemente
uccisi.
Nell'Arabia
preislamica, le bambine venivano regolarmente seppellite vive, che limitava la
popolazione in un ambiente ostile e rettificava il rapporto maschio-femmina in
una cultura in cui gli uomini tipicamente morivano giovani a causa di continue
incursioni e faide.
Oggi, mentre la popolazione mondiale si sta espandendo
verso gli otto miliardi, forse c'è un sentimento subliminale tra le masse e una
consapevolezza pienamente consapevole tra le élite, che ogni nuovo bambino
peggiora un po' la terrificante equazione popolazione-risorse.
E poi
c'è l'importantissima dimensione spirituale. Il nostro stato spirituale è in
gran parte determinato dalla nostra capacità di sacrificare il sé (soprattutto
i suoi desideri di base) per l'Altro (sia umano che divino). Coloro che
riescono magnificamente in questo sacrificio o resa (Islam del sé inferiore
diventano profeti/santi/mistici, mentre coloro che falliscono in modo più spettacolare
sacrificando l'Altro al sé piuttosto che il contrario diventano mostruosi
egoisti, sibariti e narcisisti e sociopatici assetati di potere.
Gli
americani, molti di loro comunque, una volta hanno immolato il loro ego per
qualcosa di più grande di loro stessi. Un'espressione concreta di quello stato
spirituale è stata il modo in cui si sono sacrificati per i loro figli,
lavorando duramente in lavori spiacevoli di basso rango in modo che la vita dei
loro figli potesse essere migliore. Questo è stato fatto davvero per i bambini,
non per la soddisfazione dell'ego dei genitori.
Oggi,
alcuni americani della classe media e medio-alta che aspirano all'ascesa
sembrano fare sacrifici straordinari per i loro figli assumendoli tutor,
accompagnandoli agli allenamenti di calcio e provando ogni trucco del libro e
poi alcuni per far ammettere i loro figli a università di alto livello. Ma
niente di tutto questo riguarda davvero i bambini.
Riguarda
l'ego dei genitori. Vogliono potersi vantare di "mio figlio lo studente di
Harvard" o "mia figlia il dottore".
Questo
aspetto narcisistico della cultura americana in generale e della genitorialità
in particolare ha subito un'accelerazione nell'era dei social media, quando
l'eccessiva preoccupazione delle persone per la propria immagine e lo stato
percepito sembra dominare la conversazione nazionale.
Se hai
bisogno di ulteriori prove che l'America sta sacrificando i suoi figli, basta
guardare le statistiche economiche. I giovani sposati con figli hanno ricevuto
una fetta sempre più piccola della torta nazionale per decenni, mentre i
pensionati pre-boomer e ora boomer e altri anziani non genitori e post-genitori
accumulano la proverbiale parte del leone della ricchezza.
Proliferano tutti i tipi di beni e servizi di
lusso frivoli, per lo più al servizio delle persone anziane più ricche, mentre
un bambino su sette vive in povertà, l'alloggio diventa sempre più
inaccessibile e la maggior parte dei giovani genitori ha bisogno di due entrate
per rimanere a galla, privando i propri figli delle cure parentali che
farebbero godere in una famiglia di due genitori con un reddito.
Quindi,
spiritualmente, siamo in una fase decadente e narcisistica, una forte flessione
nel grafico dell'ascesa e della caduta della civiltà; e pragmaticamente,
sentiamo che i bambini, in un momento storico così cupo e precario, non sono
una cosa così buona.
Il risultato è una cultura capace di scegliere
leader che ci dicono di allineare i nostri figli e iniettare loro composti
sperimentali pericolosi senza una ragione apparente.
E se
si scopre, come suggeriscono alcune prove che il vero scopo dei vaccini MRNA
COVID è quello di danneggiare la fertilità e quindi impedire la nascita di
bambini,
l'enorme portata di quella cancellazione mostruosamente mendace del nascituro
potrebbe plausibilmente echeggiare attraverso le generazioni e soppiantare
quello di Madeleine Albright come il più grande sacrificio di massa di bambini
in storia umana.
I
genitori si ribelleranno a questo nuovo rituale di sacrificio tecnocratico dei
bambini? Rifiutando
i vaccini MRNA e unendosi all'ondata di ribellioni del consiglio scolastico
contro la guerra dei tecnocrati transumanisti all'umanità in generale e ai
bambini in particolare, i genitori americani non solo salveranno i loro figli,
ma anche la loro civiltà?
Sì, so
che i vaccini COVID non sono efficaci contro la trasmissione, quindi le persone
che pensano che vaccinare i propri figli salverà la nonna si sbagliano. Ma
ancora, questo è quello che pensano.
SCOTT RITTER:
La paura della
"bomba
sporca" della Russia.
Consortiumnews.com
- Scott Ritter – (25 ottobre 2022) – ci dice:
La
Russia sembra essere legittimamente preoccupata per la possibilità che
l'Ucraina costruisca e utilizzi una "bomba sporca", tanto che ha compiuto
il passo senza precedenti di raggiungere più alte autorità di difesa
occidentali.
Nel giro
di poche ore di domenica, le autorità di difesa russe più importanti – il
ministro della Difesa Sergei Shoigu e il generale Gennady Gerasimov – hanno
chiamato le loro controparti negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia e
in Turchia, con lo stesso messaggio:
l'Ucraina si sta preparando a far esplodere
una cosiddetta "bomba sporca" – materiale radiologico ad alto
esplosivo, progettato per contaminare vaste aree con isotopi radioattivi
mortali.
La
Russia non è solo preoccupata per l'impatto immediato dell'Ucraina che fa
esplodere un tale dispositivo in termini di danno che verrebbe fatto alle
persone e all'ambiente, ma anche per il potenziale per un tale evento di essere
utilizzato dagli alleati occidentali dell'Ucraina per intervenire direttamente
militarmente nel conflitto in corso, simile a quello che è accaduto in Siria.
quando le accuse sull'uso dell'agente nervino Sarin da parte del governo siriano
contro i civili sono state utilizzate da Stati Uniti, Regno Unito e Francia per
giustificare un attacco contro obiettivi militari e infrastrutturali siriani. (Si è scoperto che le accuse
sull'uso del Sarin erano false; la giuria è ancora fuori sull'uso del cloro
commerciale come arma.)
La
Russia solleverà la questione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
martedì, ha riferito Reuters.
In
cambio, i governi occidentali lunedì hanno accusato la Russia di piani per
schierare una bomba sporca. "Siamo stati molto chiari con i russi ...
sulle gravi conseguenze che deriverebbero dall'uso nucleare", ha detto il
portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price. "Ci sarebbero
conseguenze per la Russia se usa una bomba sporca o una bomba nucleare".
L'Ucraina
chiede che l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) invii una
squadra in Ucraina per indagare.
Nonostante
tutta l'attenzione della stampa che è stata data alla possibilità che una
"bomba sporca" venga utilizzata in Ucraina, la storia dimostra che,
nonostante il clamore, una "bomba sporca" non è un'arma che è
facilmente prodotta o procurata o causa il tipo di vittime di massa che i suoi
sostenitori sperano.
L'attuale
paura della "bomba sporca" non è il primo incontro della Russia con
il concetto.
Nel
novembre 1995 una "bomba sporca" composta da esplosivi ad alto
potenziale e cesio fu scoperta nel parco Ismailovsky di Mosca, e nel dicembre
1998 un altro deposito di materiale radioattivo fu trovato attaccato a una
carica esplosiva vicino a un binario ferroviario in Cecenia. Entrambi i
dispositivi sono stati disarmati dalle forze di sicurezza russe.
Nel
maggio 2002 gli agenti dell'FBI arrestarono Jose Padilla, un cittadino
americano che si era convertito all'Islam, mentre tornava negli Stati Uniti da
un viaggio che lo portò in Egitto, Pakistan e infine in Afghanistan, dove, nel
1999-2000, avrebbe incontrato Abu Zubaydah, capo delle operazioni di Osama Bin
Laden. Secondo Zubaydeh, lui e Padilla hanno discusso la possibilità che
Padilla costruisca e faccia esplodere una "bomba sporca" all'interno
degli Stati Uniti.
Mentre
Al Qaeda aveva apparentemente elaborato piani per un'arma del genere – e in
effetti aveva accumulato isotopi medici radioattivi da utilizzare in una
"bomba sporca" (questi materiali sono stati sequestrati dalle Nazioni
Unite nel 2002) – nessuna di queste informazioni è stata condivisa con Padilla,
che è arrivato negli Stati Uniti senza un progetto di arma né mezzi per portare
a termine il compito. Fu comunque processato e condannato.
Il più
vicino al mondo alla produzione e all'impiego effettivo di una vera e propria
"bomba sporca" è arrivato nel 1987, quando l'Iraq ha costruito e
testato quattro dispositivi progettati per diffondere una nuvola di polvere
radioattiva con il preciso scopo di uccidere esseri umani – in questo caso, i
soldati iraniani (l'Iraq era, a quel tempo, impegnato in un lungo e sanguinoso
conflitto con l'Iran).
L'ordigno
in questione – una bomba sganciata dall'aria che misura 12 piedi di lunghezza e
pesa più di una tonnellata – era, secondo i documenti consegnati dall'Iraq agli
ispettori delle Nazioni Unite, destinato ad essere sganciato su aree di truppe,
centri industriali, aeroporti, stazioni ferroviarie, ponti e "qualsiasi
altra area decretata dal comando".
Secondo
il documento, la bomba aveva lo scopo di indurre malattie da radiazioni che
avrebbero "indebolito le unità nemiche dal punto di vista della salute e
inflitto perdite che sarebbero state difficili da spiegare, producendo
probabilmente un effetto psicologico". La morte, osserva il documento,
sarebbe avvenuta "entro due-sei settimane".
Gli
iracheni scelsero lo zirconio come fonte radioattiva. Gli iracheni avevano
zirconio in quantità a causa del suo uso in armi incendiarie. Irradiando
scaglie di zirconio nel reattore nucleare iracheno situato a Tuwaitha, gli
iracheni hanno prodotto l'isotopo radioattivo Zirconio 95, che aveva un'emivita
di 75,5 giorni, il che significa che la bomba avrebbe dovuto essere utilizzata
subito dopo essere stata fabbricata.
L'arma
è stata testata tre volte nel 1987, incluso un test finale che ha coinvolto due
vere e proprie "bombe sporche" sganciate da aerei. Le armi erano un
busto, perdendo le loro proprietà radioattive poco dopo la detonazione. In
effetti, si dovrebbe stare a meno di dieci piedi dal punto di detonazione della
bomba per assorbire una dose letale di radiazioni, qualcosa che l'alta carica
esplosiva della bomba stessa rendeva discutibile. Il progetto fu abbandonato.
I
risultati iracheni sono stati replicati da Israele che, tra il 2010 e il 2014,
ha effettuato
20 test esplosivi di vere e proprie "bombe sporche" nel deserto del
Negev. La ricerca ha scoperto che le radiazioni erano disperse in modo tale che
il pericolo rappresentato per gli esseri umani non era sostanziale, concludendo
che "l'impatto principale di un tale attacco sarebbe psicologico".
False
Flag o False Alert?
I
russi sono seri riguardo alla minaccia rappresentata dalla possibilità di una
"bomba sporca" ucraina. Mentre la storia delle "bombe
sporche" non indica una minaccia sulla scala o sulla portata di un'arma
nucleare reale, si può "worst case" uno scenario che fornisce il
potenziale per la significativa perdita di vite umane e proprietà dal fallout
radioattivo che tale arma potrebbe produrre.
Un
tale risultato sarebbe un disastro che la Russia e, presumibilmente, gli
alleati occidentali dell'Ucraina vorrebbero prevenire.
Finora,
le accuse russe sembrano essere cadute nel vuoto, con l'Ucraina che respinge le
affermazioni come assurde e gli analisti occidentali affiliati al governo che
capovolgono il copione, accusando la Russia di pianificare in realtà un attacco
sotto falsa bandiera contro l'Ucraina usando una "bomba sporca" di
sua costruzione.
Ma la
realtà è che la Russia prende molto sul serio le sue relazioni militari con le
sue controparti occidentali, dato il ruolo che tali contatti svolgono nel tipo
di cooperazione di de-conflittualità che impedisce che incidenti su piccola
scala esplodano in guerra.
La possibilità che la Russia corrompa
deliberatamente questo canale di comunicazione con la disinformazione è
altamente improbabile.
La Russia sembra essere legittimamente
preoccupata per la possibilità che l'Ucraina costruisca e utilizzi una
"bomba sporca", tanto che ha compiuto il passo senza precedenti di
raggiungere più alte autorità di difesa occidentali per impedire che un tale
evento accada.
Se,
alla fine della giornata, l'Occidente farà le telefonate appropriate e
l'Ucraina farà marcia indietro, allora la Russia avrà avuto successo. E se si
scopre che le informazioni russe sono sbagliate, non c'è stato alcun danno
dallo sforzo. Tuttavia, se la Russia ha ragione, e l'Ucraina non solo si sta preparando
a usare una "bomba sporca", ma ne fa esplodere una, e l'Occidente non
ha fatto nulla per impedirlo, allora la Russia è registrata per aver fornito
all'Occidente il dovuto avvertimento.
(Scott
Ritter è un ex ufficiale dell'intelligence del Corpo dei Marines degli Stati
Uniti che ha prestato servizio nell'ex Unione Sovietica attuando trattati sul
controllo degli armamenti, nel Golfo Persico durante l'operazione Desert Storm
e in Iraq supervisionando il disarmo delle armi di distruzione di massa. Il suo
libro più recente è Disarmament in the Time of Perestroika, pubblicato da
Clarity Press.)
"Un
gioco sporco.". Ora Putin
accusa
l'Occidente: "Vogliono sterminarci"
Federico
Giuliani .
Vladimir
Putin ha lanciato durissimi attacchi contro l'Occidente, accusandolo di fare il
"gioco sporco" in Ucraina, cercare una pericolosa escalation
militare, di voler annientare i russi come i nazisti e, ancora, di essere
interessato a scatenare crisi globali in giro per il mondo. Nel suo intervento
fiume al Forum Valdai, tra l'ombra della minaccia nucleare e altri affondi, il
presidente russo ha tuttavia fatto capire che, prima o poi, l'Occidente dovrà
"affrontare un dialogo su base paritaria" con la Russia per "un
futuro comune nelle questioni internazionali".
"Un
gioco sporco.". Ora Putin
accusa l'Occidente: "Vogliono
sterminarci".
msn.com
– il giornale – Federico Giuliani – (27-10-2022) – ci dice:
L'intervento
di Putin.
La
pars destruens del discorso di Putin, la maggior parte, si è concentrata sulle colpe
dell'Occidente.
"Il cosiddetto Occidente ha fatto un gioco
pericoloso, sporco e mortale, senza considerare gli interessi degli altri
Paesi", ha affermato il capo del Cremlino, aggiungendo che, negli ultimi
mesi, da parte dei Paesi occidentali "sono stati compiuti diversi passi
verso l'escalation". "L'espansione della Nato era inaccettabile per
la Russia, l'Occidente lo sapeva ma lo ha ignorato", ha spiegato.
Per
quanto riguarda la pars costruens, coincidente con le azioni da compiere per allentare le
tensioni e uscire dall'impasse, Putin ha ribadito che la crisi adesso ha
carattere globale.
"Abbiamo di fronte a noi due strade: o
continuare ad accumulare problemi o cercare insieme una soluzione, non ideale,
ma che funzioni, per rendere mondo più stabile e più sicuro", ha
dichiarato.
"Le
proposte della Russia per costruire la sicurezza collettiva sono state negate,
buttate via. Non possiamo fare finta di niente, chi semina vento raccoglie
tempesta", ha tuttavia rincarato la dose lo stesso Putin.
La
crisi dell'Occidente.
Putin
ha dichiarato che in Occidente non c'è unità e che, parlando degli Stati Uniti,
Washington non ha niente da offrire al mondo se non il dominio:
"Il
suo modello neo-liberale è in crisi". L'Occidente, ha proseguito il
presidente russo, "ricorre a sanzioni, rivoluzioni colorate, colpi di
Stato" e azioni illegali per ostacolare l'aspirazione alla democrazia di
"miliardi di persone" al mondo che cercano di rendersi indipendenti.
Il
capo del Cremlino ha quindi ricordato l'uccisione a Baghdad nel gennaio 2020 di
Qassem Soleimani, capo della Forza Qods dei Pasdaran iraniani:
"Si
può pensare qualsiasi cosa di lui, ma è stato ucciso in un Paese
terzo".
In termini più generali, il leader russo ha
puntato il dito contro il liberalismo. "È cambiato in modo irriconoscibile
fino all'assurdo. Ora i punti di vista alternativi vengono definiti sovversivi
e minacce alla democrazia", ha denunciato.
La
posizione della Russia.
Non
sono mancati riferimenti al nazismo e alla Guerra Fredda.
"Anche
al culmine della Guerra Fredda a nessuno è mai venuto in mente di negare la
cultura e l'arte dei propri avversari. L'Occidente sostiene che la sua cultura
e la sua visione del mondo dovrebbero essere universali, o almeno questo è il
comportamento.
I nazisti hanno bruciato i libri e in
Occidente ora hanno sono arrivati a vietare Tchaikovsky e Dostoevsky", ha
dichiarato Putin.
"Nessuno è stato o sarà in grado di
distruggere la Russia o di cancellarla dalle mappe geopolitiche", è il
manifesto del Putin pensiero, seguito da altri affondi. Non sono mancate accuse
di aver cercato di "acutizzare le crisi" e favorire la
"militarizzazione attorno a Taiwan".
La
guerra in Ucraina.
Sulla
guerra in Ucraina, Putin è stato chiaro, affermando di non aver sottovalutato
la resistenza di Kiev.
"Per otto anni hanno costruito
fortificazioni nel Donbass", ha detto, "e abbiamo capito che questo
processo sarebbe continuato" e se lo avessimo lasciato andare "le
nostre perdite sarebbero state maggiori".
Putin ha aggiunto di pensare costantemente ai
soldati russi caduti in Ucraina, ma ha sottolineato che Mosca non aveva altra
scelta che lanciare quella che chiama la sua "operazione militare
speciale".
"Per
la Russia un attacco nucleare contro l'Ucraina non ha senso politico né
militare", ha chiarito il presidente russo, ripetendo che l'Ucraina
"ha la tecnologia" che le permette di costruire "una bomba
sporca" e che "lo sta facendo". I russi "lo sanno e sanno
anche dove la sta costruendo".
(Putin
conosce benissimo Klaus Schwab e cosa sta costruendo …Ndr.)
Numerosi
Stati nel mondo, ha infine ricordato Putin, si rifiutano di soddisfare le
richieste degli Stati Uniti. "Ma Washington sta ancora cercando di fare
pressione su tutti. Se prima solo pochi Paesi si permettevano di discutere con
l'America, e sembrava quasi una sensazione, ora è già un luogo comune il fatto
che vari Stati neghino a Washington il soddisfacimento delle sue richieste
infondate", ha concluso Putin.
Fusione
fredda:
energia
inesauribile
avvolta nel mistero.
Lib21.org - Redazione LIB21- Salvatore Aprea –
(9-2-2022) – ci dice:
La
fusione fredda per i suoi sostenitori è una reazione nucleare senza i problemi
tipici della fissione (uranio, scorie, radioattività), molto economica (poche
centinaia di euro) e assai promettente sul piano energetico.
Produce
energia sotto forma di calore, grazie a reazioni di fusione nucleare tra atomi
di metallo e idrogeno a bassa temperatura e pressione, senza residui né
emissioni radioattive.
Se
questa tecnologia dovesse avere successo, una volta diffusa, non avremmo più
bisogno di combustibili fossili con inimmaginabili conseguenze politiche ed
economiche.
Eppure, da ormai oltre 20 anni, tutto è ancora
avvolto da un alone di mistero e da resistenze in parte incomprensibili. La
fusione fredda esiste?
È la soluzione ai tanti problemi energetici
del pianeta, come alcuni credono? Le
prove sono ancora incomplete, anche se il fenomeno su cui è basata, la
cosiddetta LENR (“reazioni nucleari a debole energia”), ha ormai molti riscontri.
Per i suoi sostenitori si tratta di una
reazione nucleare senza i problemi tipici della fissione (uranio, scorie,
radioattività) e molto economica (poche centinaia di euro).
Una
teoria, sviluppata dal fisico italiano Giuliano Preparata negli Anni ’90,
spiega il fenomeno ma finora non è stata accettata dagli scienziati tra le
teorie “ortodosse”.
La
fusione fredda produce energia sotto forma di calore, grazie a reazioni di
fusione nucleare tra atomi di metallo e idrogeno a bassa temperatura (da 40 a
1.000 °C) e pressione, senza residui né emissioni radioattive e fu scoperta e
annunciata al mondo nel marzo del 1989 da Martin Fleischmann, Stanley Pons e
Steven Jones.
Già
alla fine dell’89, però, arrivarono le stroncature della maggior parte degli
scienziati:
non si
trattava di fusione nucleare perché occorrono milioni di gradi come nel Sole e
pressioni straordinarie e non era un metodo perché non replicabile in
laboratorio.
Si
trattava insomma di un grossolano errore, forse addirittura di disonestà di
scienziati a caccia di gloria.
In realtà gli esperimenti degli ultimi 20 anni
hanno messo a tacere buona parte delle critiche.
La
fusione fredda è oggi replicabile e comporta quasi sicuramente una reazione
nucleare, sia pure ancora non del tutto spiegata, molto promettente sul piano
energetico.
Eppure
tutto è ancora avvolto da un alone di mistero e da resistenze in parte
incomprensibili.
(Le
corporations energetiche straricche collegate con la produzione e consumo di
petrolio e gas sono Contrarie a questa scoperta! Ndr.)
Il
video in questo articolo – un’inchiesta di Rainews 24 – è in proposito molto
indicativo.
I
misteri della Nasa Anche la Nasa si è dedicata alle ricerche sulla fusione
fredda, ma con comportamenti apparentemente stupefacenti.
Da un
lato gli esperimenti sembrano confermare l’esistenza di fenomeni “energetici”
non ben compresi, dall’altro le relazioni sugli esperimenti sono state per
molti anni nascoste o almeno rese molto difficili da trovare.
Negli
archivi Nasa, il più vecchio documento online sulla fusione fredda risale al
dicembre 1989 e nel titolo riporta le parole “cold fusion” (fusione fredda) e
l’oggetto del test.
Nel
testo il responsabile della ricerca Gustave C. Fralick, partecipante dall’89 a
diversi studi nel settore, metteva in risalto la produzione di calore in
eccesso, utilizzabile per riscaldare l’acqua o produrre elettricità, e l’assenza
di residui radioattivi.
Due
osservazioni verificate e confermate in test successivi eseguiti dalla stessa
Nasa e in altri laboratori.
Era di fatto una conferma alla scoperta di Fleischmann
e Pons. La strada da fare poteva essere ancora lunga, ma la prospettiva era
quella di potere avere energia abbondante con poca spesa e senza pericoli
ambientali.
La
pubblicazione del documento negli archivi della Nasa, però, è avvenuta solo
vent’anni dopo, nell’aprile del 2009! Le date sono registrate sulla scheda
online del documento.
Non si sa se ambienti scientifici ne fossero a
conoscenza prima del 2009. Stessa sorte per un altro documento sulla
replicabilità dell’eccesso di calore, datato febbraio 1996 e pubblicato nel
maggio del 2008.
Curiosamente,
per entrambi i documenti è sparita “fusione fredda” tra le parole chiave usate
per archiviarli.
E
oggi?
La diffusione di documenti di questo tipo avrebbe
mutato la sorte della fusione fredda? Forse no o forse avrebbe accelerato
investimenti e ricerche che comunque non si sono arrestate.
Lo scienziato Brian Ahern, dell’Ames National
Laboratory parlerà in questi giorni dei risultati e della sua teoria sulla
fusione fredda/LENR a New York.
Ahern
ha affermato di essere rimasto folgorato da una tecnologia di ordine superiore
“… che avvincerà anche gli avversari più accaniti della LENR”.
I
gruppi che stanno cercando di portare la fusione fredda/LENR sul mercato sono
almeno quattro. Ci sono anche la “Defkalion Green Technologies”, che ha annunciato la prossima
presentazione dei propri prodotti, Francesco Piantelli, un pioniere le cui
ricerche sono ancora in corso, e soprattutto Rossi e Focardi con l’E-Cat.
E-cat: il futuro dell’energia pulita e illimitata?
L’E-Cat (catalizzatore di energia) è un misterioso
dispositivo che, sfruttando la fusione fredda, produrrebbe energia termica in
quantità superiore (da 6 a 30 volte secondo Rossi) all’energia necessaria a
mettere in funzione il suo “motore”.
Il
sistema richiede nichel e idrogeno, producibili in quantità illimitate, essendo
il nichel uno dei componenti del nucleo terrestre e l’idrogeno ottenibile
dall’acqua.
Per il
fisico italiano Sergio Focardi – che ha studiato e sviluppato dal 1992
l’applicazione utilizzata nell’E-Cat – siamo in presenza di una reazione
nucleare per i seguenti motivi:
1) nel
corso del processo i componenti originari, nichel e idrogeno, si “trasformano”
producendo rame;
2) la
quantità di energia che si libera nel processo è assai più elevata dell’energia
delle reazioni chimiche e richiede che sia avvenuto un processo nucleare;
3) durante il processo, il sistema emette
raggi gamma (schermabili con piccoli spessori di piombo) che sono la firma di
un processo nucleare.
Il 28
ottobre scorso in un container alla periferia di Bologna Rossi ha presentato
una mini centrale termica da un MegaWatt composta da 107 E-Cat che avrebbe
operato senza forniture energetiche per 5,5 ore, fornendo secondo il suo
inventore 2.635 kiloWattora.
Nessun osservatore ha però avuto accesso ai
dettagli tecnici della prova nonostante le attese che hanno portato a Bologna
scienziati, professionisti, forse anche potenziali partner da Francia, Svezia,
Cina, Russia, Usa e persino i cronisti di Associated Press e FoxNews.
La dimostrazione era organizzata a beneficio
di un ignoto cliente che al termine dei test, secondo Rossi, si sarebbe
dichiarato soddisfatto dei risultati e avrebbe acquistato l’impianto.
Se l’accordo venisse confermato Rossi potrebbe
avere le risorse per sbloccare il contratto col Dipartimento di Fisica
dell’Università di Bologna, che per avviare lo studio di ciò che avviene
all’interno dell’E-Cat aveva chiesto 500.000 euro.
Allo
sviluppo della tecnologia e alla ricerca sulla fisica dell’E-Cat potrebbe anche
collaborare l’Università svedese di Uppsala, mentre la produzione avverrà negli
Usa dove la società di Rossi, la Leonardo Corporation, farà da capofila anche alla
struttura commerciale e già pare accetti preordini per un impianto a fusione
fredda da 10 kiloWatt a un prezzo di 4000 euro.
Ricerche top secret Perché tutti questi
misteri?
Perché
anche gli scienziati hanno la bocca cucita? Il professor Loris Ferrari, fisico
teorico all’Università di Bologna, dice di essere “vincolato da un accordo di
riservatezza”.
L’obiettivo
di Rossi per l’E-Cat é ottenere il brevetto internazionale, che però potrebbe
non arrivare, avendo fornito solo un progetto di massima del suo reattore.
Per
quale motivo?
L’inventore
non vuole rischiare che qualcuno rubi la sua tecnologia. Una volta depositati
all’ufficio brevetti, i progetti sono pubblici ed è convinzione diffusa che
l’idea di Rossi sia così semplice che una volta scoperta chiunque potrebbe
riprodurla.
C’è
poi chi sostiene che abbia solo trovato il modo per combinare in modo efficace
tecnologie note: per costoro l’E-Cat non è brevettabile, così come non si può
brevettare una bicicletta.
Se questa tecnologia dovesse avere successo,
una volta diffusa non avremmo più bisogno di combustibili fossili con
inimmaginabili conseguenze politiche ed economiche, sicché qualunque gioco
sporco è possibile.
Tornano in mente i tentativi tra l’Ottocento e
il Novecento di Thomas Edison di difendere i propri forti interessi nella
distribuzione della corrente continua negli Stati Uniti, screditando George
Westinghouse e Nikola Tesla che proponevano un sistema di distribuzione a
corrente alternata.
Nella
“guerra delle correnti elettriche” Edison non si fermò di fronte a nulla: oltre
alla folgorazione in pubblico di gatti, cani, bovini e cavalli e dell’elefante
Topsy nel 1903, svolse un ruolo non indifferente nel fare adottare nel 1890 la
sedia elettrica a corrente alternata come mezzo per le esecuzioni capitali.
Come allora, si prospetta una lunga battaglia
senza esclusione di colpi o di mazzette!
La
fusione nucleare arriverà,
ma
dopo che avremo già
de-carbonizzato
la nostra economia.
Scienzainrete.it
- Jacopo Mengarelli – (13-2-2022) – ci dice:
Sono
stati prodotti 59 mega-joule di energia, in un processo di fusione nucleare nel
tokamak, cioè una camera toroidale magnetica, del “Joint European Torus” (JET), battendo il record del 1997 di
21,7 mega-joule. Qui l’annuncio ufficiale. Vediamo nel dettaglio i risultati
dell’esperimento e i possibili sviluppi futuri.
Cosa è
stato ottenuto?
Come
raccontano Nature e l’ENEA, in un esperimento del 21 dicembre 2021, presso la
sede della UK Atomic Energy Authority (UKAEA), il tokamak del JET ha prodotto
59 mega-joule di energia in un intervallo di tempo di circa cinque secondi,
tramite fusione nucleare. La potenza di fusione media è stata di circa 11
megawatt. Il gruppo che ha collaborato per raggiungere questo risultato è
composto da fisici e ingegneri di EURO fusion, un consorzio di 30
organizzazioni di ricerca, tra cui università e aziende, di 25 paesi europei,
inglesi, svizzeri e ucraini.
Per
capirci, 59 mega-joule equivalgono a circa 16 chilowattora, cioè più o meno
l’energia che consuma un’auto elettrica tra quelle oggi in commercio per fare
100 chilometri.
Uno
stadio ne consuma molta di più durante una partita di un’ora e mezzo, circa
25mila chilowattora. Una famiglia italiana consuma in media all’anno un po’ più
di duemila chilowattora.
Daniela
Farina, Direttrice dell’Istituto per la Scienza e Tecnologia dei Plasmi (ISTP)
del CNR, che abbiamo contattato, sostiene che «questo è un importante risultato
sul piano sia scientifico sia tecnologico, frutto di un programma condotto da
tutta la comunità scientifica europea. Dimostra per la prima volta che siamo in
grado di produrre e mantenere reazioni di fusione con lo stesso combustibile
(Deutero-Trizio) in condizioni simili a quelle che saranno verificate nei
futuri reattori a fusione».
L’utilizzo di un combustibile al trizio produce
infatti molta più energia quando si fonde con il deuterio, rispetto a una
fusione operata solo con quest’ultimo.
L’esperimento
analogo condotto nel 1997 detiene ancora la potenza di picco pari a 16
megawatt, ma con una potenza media meno della metà di quella di oggi, dice
Fernanda Rimini del Culham Centre for Fusion Energy a Nature, che ha
supervisionato l'ultima campagna sperimentale.
In
circa vent’anni, infatti, ci sono stati una notevole ottimizzazione
sperimentale, vari aggiornamenti dell’impiantistica e, come ci racconta Daniela
Farina «anche un potente sviluppo di alta tecnologia in settori di punta, per
esempio sui materiali avanzati, sul remote-handling, sulle tecnologie del
trizio, e così via». E inoltre, «i risultati sperimentali ottenuti confermano
le teorie e le simulazioni numeriche rendendoci così confidenti di poter
progettare e operare i futuri esperimenti».
Come
funziona la fusione nucleare?
E
perché conviene energeticamente rispetto alla fissione?
Per
capirlo bisogna guardare all’energia di legame dei nuclei atomici, detta anche
interazione forte. Questa è quell’energia che serve per tenere uniti protoni e
neutroni (i nucleoni) nel nucleo atomico, e che è molto più elevata
dell’energia che serve a far “orbitare” gli elettroni attorno al nucleo, che a
sua volta è maggiore dell’energia che tiene uniti gli atomi per formare le
molecole e così via fino all’energia gravitazionale.
Fissione
e fusione nucleare.
Wikimedia
Commons: una delle varie rappresentazioni grafiche dell’energia di legame dei
possibili nuclei atomici. In ascissa il numero di massa, cioè il numero di
nucleoni nel nucleo, in ordinata il valore medio dell’energia di legame per
nucleoni (in MeV, megaelettronvolt).
L’energia
di legame, cresce molto velocemente passando dai nuclei più leggeri a quelli
più pesanti, fino a un picco attorno al ferro – di circa 9 mega-elettronvolt –
per poi scendere dolcemente via via che i nuclei diventano sempre più pesanti.
Quando
si bombarda un nucleo di uranio-235 con dei neutroni, il nucleo si divide in un
nucleo di kripton e un nucleo di bario.
Essendo il kripton e il bario più leggeri
dell’uranio, ma più pesanti del ferro, si ottiene energia.
Quando
invece si fondono i due isotopi dell’idrogeno, deuterio e trizio, si ottiene un
elio-4.
Come
si può vedere dall’immagine, l’energia di legame dell’elio-4 (He4) è molto
maggiore di quella di deuterio (H2) e trizio (H3), e questa differenza è molto
più elevata della differenza di energia di legame tra uranio e kripton/bario.
La fusione nucleare, quindi, a parità di numero di
nuclei atomici usati, produce molta più energia rispetto alla fissione.
Un
altro vantaggio della fusione è che l’idrogeno – e quindi i suoi isotopi – è
molto più semplice da reperire rispetto all’uranio-235.
In natura, infatti, è enormemente più presente
l’uranio-238 (che non è fissile), che viene pertanto arricchito con
l’uranio-235, per esempio al 3% (nelle bombe atomiche si arriva al 90%).
Quello
che succede inoltre è che durante la fissione, i nuclei di uranio-238 presenti
assorbono neutroni (contribuendo a rallentare la reazione a catena) e si
trasformano in uranio-239, che poi decade in plutonio-239, il quale, avendo un
tempo di decadimento estremamente elevato, emette radiazioni pericolose per la
salute umana.
Nella fusione nucleare, questo problema
sostanzialmente non c’è.
Negli
anni si è studiato perché l’energia di legame avesse l’andamento che si vede
nell’immagine e tra le cause c’è anche la natura “a corto raggio”
dell’interazione forte: il suo raggio d’azione è infatti limitato all’ordine di
grandezza di 10-15 metri.
Quindi,
per fondere due nuclei bisogna avvicinarli molto, e questo lo si ottiene usando
temperature elevatissime, fino a 100 milioni di gradi – molto più caldo del
centro del Sole.
Ecco
qual è “probabilmente” il principale problema della fusione nucleare: fino a quando l’energia prodotta non
supera quella usata per ottenerla, non si avrà il salto tecnologico decisivo.
Gli
apparati sperimentali di JET e ITER usano campi magnetici per confinare gli
isotopi dell’idrogeno sottoforma di plasma (come inevitabile che sia a quelle
temperature).
Si
usano deuterio e trizio anche perché per fondere idrogeno sarebbero necessarie
temperature ancora maggiori.
Quanta
energia consumiamo al mondo ogni anno?
Per
avere un ulteriore metro di paragone tra l’energia prodotta dall’esperimento
del JET e quella necessaria a sostentare l’umanità, può essere utile sapere che
nel 2020 abbiamo consumato poco più di 27 milioni di Gigawattora (GWh) di
energia nel mondo – più di mille miliardi di volte l’energia dell'esperimento
del JET.
Di cui
circa 21 milioni provenienti dai combustibili fossili (carbone, petrolio e gas
naturale), poco più di 3 milioni dalle rinnovabili (idroelettrico, geotermico,
solare, eolico e biomassa) e poco sopra i 2 milioni dal nucleare elettrico a
fissione. Questi i dati secondo la U.S. Energy Information Administration.
Che
possibilità di sfruttamento per la transizione ecologica al 2050?
Francesco
Gnesotto, Presidente del Consorzio RFX, ha detto che «la notizia è di ottimo
auspicio per ITER, il successore di JET, che entrerà in funzione tra pochi
anni», tuttavia, come scrive Nature, finora nessun esperimento ha generato più
energia di quanta ne abbia immessa.
Il progetto ITER, da 22 miliardi di dollari, potrebbe
essere in grado di raggiungere questo obiettivo, aumentando la superficie
magnetica del tokamak rispetto a JET.
Su
questo è ancora da capire come gestire il calore di scarico del reattore e
quindi quale design sia il più ottimale da utilizzare. Ricordiamo che i primi test di ITER
sono previsti per il 2025 e la fusione con trizio e deuterio non arriverà
probabilmente prima del 2035.
Lo
stesso “program manager “del consorzio EURO-fusion Tony Donné, riferisce che
ottenere la fusione nucleare per un utilizzo commerciale in un decennio è
troppo ottimistico, «le aziende private dicono che la fusione funzionerà in
dieci anni, ma è solo per attirare i finanziatori», per quanto le prospettive
siano innegabilmente eccitanti.
A un
sondaggio della Fusion Industry Association, diciotto imprese del settore hanno
dichiarato di aver attratto più di 2,4 miliardi di dollari in totale, quasi
tutti da investimenti privati.
In
questo senso, come si legge nello stesso scritto di Nature, chi sostiene la
tecnologia della fusione compie un parallelismo con l'industria spaziale: le
grandi missioni lunari della metà del secolo scorso sono state trainate dagli
stati e dalle agenzie governative, ma ora si iniziano a far sentire sempre più
insistentemente i privati, come una “SpaceX per la fusione”, nonostante gli
aiuti statali siano ancora cospicui.
«Il
mondo sta attualmente cercando di soddisfare gli Accordi di Parigi, non siamo
certi sulla possibilità per la fusione di contribuire alla decarbonizzazione
entro il 2050», dice Daniela Farina, alla quale abbiamo chiesto quando potremo
usare la tecnologia da fusione nucleare su larga scala, e che conclude: «Siamo
confidenti che nella seconda metà del secolo la fusione nucleare possa essere
la risposta all’atteso incremento di domanda di energia».
Un
risultato importante quello del tokamak JET, quindi, ma che darà frutti
consistenti forse solo successivamente al completo azzeramento netto delle
emissioni di gas serra.
Fusione
nucleare,
rivista una legge
fondamentale:
si può
produrre
molta
più energia del previsto.
Hwapgrade.it
- Manolo De Agostini – (28 Maggio 2022) – ci dice:
Un
team della EPFL ha rivisitato il "limite di Greenwald", una delle
leggi fondamentali usata per progettare e far funzionare i reattori per la
fusione nucleare. Gli studiosi hanno dimostrato che i tokamak possono
utilizzare quasi il doppio della quantità di carburante per produrre plasmi
senza preoccuparsi della distruzione.
I
fisici dell'EPFL (Scuola politecnica federale di Losanna), all'interno di una
vasta collaborazione europea, hanno rivisto una delle leggi fondamentali che è
stata alla base della ricerca sul plasma e sulla fusione nucleare per oltre tre
decenni, e che ha guidato lo sviluppo di ITER e altri progetti simili.
Gli
studiosi hanno dimostrato che è possibile utilizzare in sicurezza più
combustibile a idrogeno nei reattori a fusione e quindi ottenere più energia
rispetto a quanto previsto in precedenza.
La
fusione nucleare è una delle fonti di energia pulita più promettenti per il
futuro, anche se la sua "messa a punto" richiederà diverso tempo
perché il suo obiettivo è replicare, in modo stabile, i processi di fusione che
si verificano nel Sole per creare energia. Quando si parla di fusione nucleare
s'intende l'unione di due nuclei atomici in uno solo, processo che rilascia
enormi quantità di energia.
Si
tratta della stessa cosa che avviene nel nostro Sole, il cui calore proviene da
nuclei di idrogeno che si fondono in atomi di elio più pesanti. Tra i tanti
progetti in corso per replicare quel processo c'è ITER, tramite il quale si
punta alla creazione di plasma ad alta temperatura affinché si crei il giusto
ambiente per permettere alla fusione di avvenire e di produrre energia.
Il
plasma, uno stato ionizzato della materia simile a un gas, è fatto di nuclei
caricati positivamente ed elettroni caricati negativamente, ed è quasi un
milione di volte meno denso dell'aria che respiriamo.
Il
plasma viene creato sottoponendo "il combustibile di fusione" - atomi
di idrogeno - a temperature estremamente elevate (10 volte quella del nucleo
del Sole), costringendo gli elettroni a separarsi dai loro nuclei atomici. Il
processo avviene all'interno di una struttura a forma di ciambella
("toroidale") chiamata "tokamak".
"Per
creare plasma per la fusione devi considerare tre cose: alta temperatura, alta
densità di combustibile a idrogeno e buon confinamento", ha dichiarato
Paolo Ricci dello Swiss Plasma Center, uno dei principali istituti di ricerca
sulla fusione al mondo.
Ed è proprio il team di Ricci, lavorando con altri
istituti europei, ad aver capito che il futuro tokamak ITER potrà operare con
il doppio delle quantità di idrogeno e perciò generare più energia di fusione
rispetto a quanto si pensava in passato.
"Uno
dei limiti nella produzione di plasma all'interno di un tokamak è la quantità
di idrogeno che puoi iniettare all'interno", ha spiegato Ricci.
"Fin dai primi giorni della fusione,
sapevamo che se si tenta di aumentare la densità del carburante, a un certo
punto si sarebbe verificata quella che chiamiamo distruzione: in pratica si
perde completamente il confinamento e il plasma va ovunque.
Quindi
negli anni '80 si cercava di elaborare una sorta di legge in grado di prevedere
la densità massima di idrogeno inseribile in un tokamak".
Alla
fine fu Martin Greenwald, nel 1988, a formulare una "legge" usata
finora e che correlava la densità del carburante al raggio minore del tokamak
(il raggio del cerchio interno della ciambella) e alla corrente che scorre nel
plasma all'interno del tokamak.
Da
allora, il "limite di Greenwald" è diventato il principio
fondamentale per la ricerca sulla fusione, tanto che la costruzione del tokamak
di ITER si basa su di esso.
"Greenwald
ha derivato la legge empiricamente, cioè completamente da dati sperimentali,
non da una teoria testata, o quelli che chiameremmo 'principi primi'", ha
spiegato Ricci.
Al
fine di verificare la correttezza della legge, lo Swiss Plasma Center ha ideato
un esperimento per verificare con precisione la quantità di carburante
iniettata in un tokamak.
Maurizio
Giacomin, dottorando del team di Ricci, ha analizzato i processi fisici che
limitano la densità nei tokamak, al fine di derivare una legge di primo
principio in grado di correlare la densità del carburante e la dimensione del
tokamak. Per
farlo si è affidato a un'avanzata simulazione del plasma svolta su
supercomputer.
"Quello
che abbiamo scoperto dalle nostre simulazioni è che quando si aggiunge più
carburante al plasma, parti di esso si spostano dallo strato freddo esterno del
tokamak, il confine, di nuovo nel suo nucleo, perché il plasma diventa più
turbolento.
Quindi, a differenza di un filo di rame
elettrico, che diventa più resistente quando riscaldato, i plasmi diventano più
resistenti quando si raffreddano.
Quindi, più carburante metti alla stessa
temperatura, più parti di esso si raffreddano e più è difficile che la corrente
fluisca nel plasma, portando probabilmente alla distruzione".
Ricci
e i suoi colleghi sono riusciti a ricavare una nuova equazione per il limite di
carburante inseribile in un tokamak.
Pubblicata
su Physical Review Letters, la nuova equazione presuppone che il limite di
Greenwald possa essere quasi raddoppiato, ciò significa che i tokamak come ITER
possono effettivamente utilizzare quasi il doppio della quantità di carburante
per produrre plasmi senza preoccuparsi della distruzione.
"Ciò è importante perché mostra che la
densità che puoi ottenere in un tokamak aumenta con la potenza necessaria per
farlo funzionare", ha concluso Ricci.
Qualcosa
si muove nella fusione
nucleare.
I progressi in Corea.
Formiche.net
- Otto Lanzavecchia – (11/09/2022) – ci dice:
Gli scienziati
hanno mantenuto una reazione di fusione a 100 milioni di gradi per 30 secondi.
Non sono dati record, però dimostrano che non si tratta più di una sfida
fisica, ma ingegneristica. Dopo decenni senza fondi, oggi la ricerca sta
facendo enormi progressi anche grazie al settore privato.
Buone
notizie sul fronte della ricerca nucleare. Il reattore Kstar dell’Istituto
coreano per l’energia da fusione (Università Nazionale di Seul) ha mantenuto
una reazione di fusione nucleare a 100 milioni di gradi per più di 30 secondi.
Non si tratta di risultati record, scrive il New Scientist, ma la loro
combinazione segna un passo in avanti sulla strada verso un reattore
realizzabile. Ammesso e non concesso che si possa fare scaling.
La
fusione nucleare è il processo che tiene accese le stelle e racchiude la
promessa di generare quantità immense di elettricità sicura a impatto zero. Per
riprodurlo qui sulla Terra, in assenza della pressione che permette agli atomi
nel nucleo del Sole di fondersi a “solo” 10 milioni di gradi, dobbiamo
compensare con la temperatura – con valori ben superiori a 100 milioni di gradi
– e confinare il plasma incandescente con magneti potentissimi.
PROGRESSI
SU TUTTA LA LINEA.
Ultimamente
la ricerca globale continua a produrre risultati interessanti. A gennaio, il
progetto East (Accademia cinese delle scienze) ha sostenuto una reazione per 17
minuti a 70 milioni di gradi. A febbraio, gli scienziati britannici di Jet
hanno recuperato 11 megawatt, il maggior quantitativo di energia mai estratto
dal processo di fusione, in cinque secondi di reazione. A luglio, gli americani
di Tae hanno superato la soglia dei 135 milioni di gradi. E a novembre
dell’anno scorso una società partecipata da Eni, Cfs, ha costruito dei magneti
adatti al confinamento.
I
risultati di Kstar (che sta per Korea Superconducting Tokamak Advanced Research) espandono la comprensione riguardo il
controllo della massa di plasma, il “cuore” del processo.
Si
tratta di trovare il giusto compromesso tra temperatura e densità della materia
per confinare la massa di plasma e far durare la reazione nel tempo.
Se il
confinamento non funzionasse, il plasma danneggerebbe gravemente i componenti
del reattore prima di “spegnersi”.
Per
questo il risultato dei ricercatori coreani è incoraggiante: la reazione che
hanno innescato iniziava ad assomigliare a un processo sostenibile.
Quello
di Kstar era un plasma meno denso, più freddo ai bordi rispetto al centro, cosa
che dovrebbe aumentare la durevolezza dei componenti interni del reattore. La
reazione è stata interrotta dopo 30 secondi per limiti dell’hardware, ma in
futuro dovrebbe durare di più: ora il team sta migliorando i materiali per
riuscirci. Tuttavia, non si sa ancora se una soluzione come quella di Kstar si
possa replicare in scala su dimensioni più grandi – come quelle del
maxi-reattore Iter, il progetto internazionale a cui partecipa anche l’Italia.
UN
PROBLEMA D’INGEGNERIA (E FINANZIAMENTO)
Forse
il dato migliore a uscire dall’esperimento coreano è l’ulteriore conferma che
produrre energia mediante fusione nucleare non è più un problema fisico (“si
può fare?”), ma ingegneristico (“come lo facciamo?”).
I
processi fisici alla base sono sempre più compresi, ha detto Lee Margetts
dell’Università di Manchester al New Scientist, oggi si tratta di ostacoli
tecnici da superare prima di poter costruire una centrale elettrica funzionante.
Sapendo
che si può fare, e considerando i problemi energetici e climatici del momento,
viene da chiedersi perché non ce l’abbiamo ancora fatta.
La battuta
ricorrente tra gli addetti ai lavori è che la fusione è sempre dietro l’angolo
– da almeno mezzo secolo. E qui entrano in gioco i finanziamenti, la “benzina”
dei problemi ingegneristici.
Nel
1976 il Dipartimento dell’energia statunitense aveva calcolato quattro
probabili traiettorie di sviluppo della tecnologia, a seconda dei soldi che
sarebbero stati spesi in ricerca.
Lo
sforzo più moderato (2-4 miliardi all’anno) avrebbe spostato il traguardo al
2005.
Peccato
che il livello medio di investimenti da allora sia stato ben inferiore a mezzo
miliardo all’anno.
Per
mettere il dato in contesto, gli Usa oggi spendono circa 650 miliardi di
dollari per sussidiare l’industria (concorrente) dei combustibili fossili.
(Quante
mazzette passano di mano! Ndr.)
Anche
al netto delle variabili e delle incertezze, dell’aggiustamento del valore
storico degli investimenti e della limitatezza geografica di questo esempio, il
trend è lampante.
E anche deprimente: se avessimo investito di più, oggi
saremmo più vicini a risolvere l’emergenza energetica /climatica?
È la
stessa domanda che si è posto il settore privato, che negli ultimi anni è in
crescita meteorica, mobilitato dalle enormi opportunità finanziarie che presenta
la sfida della decarbonizzazione.
Gli
ultimi dati dell’associazione industriale di riferimento, la Fusion Industry
Association, parlano di 4,8 miliardi di dollari mobilitati nel 2022 – un
aumento del 139% rispetto al 2021 – di cui 1,8 solo per la startup di Eni, Cfs.
Gran
parte dei risultati di cui sopra sono il risultato di attività private, e le
più ambiziose promettono di dimostrare la fattibilità della tecnologia (con
reattori più piccoli rispetto a Iter) già nei prossimi anni.
Il
piano di Washington
per
smantellare la Russia.
Unz.com-
MIKE WHITNEY – (27 OTTOBRE 2022) - ci dice:
“L'obiettivo
occidentale è indebolire, dividere e infine distruggere la nostra nazione.
Stanno affermando apertamente che, da quando sono riusciti a smantellare
l'Unione Sovietica nel 1991, ora è il momento di dividere la Russia in molte
regioni separate che saranno alla gola l'una dell'altra".
(Il
presidente russo Vladimir Putin).
“Cheney
'voleva vedere lo smantellamento non solo dell'Unione Sovietica e dell'impero
russo, ma anche della Russia stessa, in modo che non potesse mai più essere una
minaccia per il resto del mondo.'’
L'Occidente
deve portare a termine il progetto iniziato nel 1991 …. Fino a quando l'impero
di Mosca non sarà rovesciato, tuttavia, la regione, e il mondo, non saranno al
sicuro…”
(“Decolonizzare
la Russia”, The Atlantic).
L'ostilità
di Washington nei confronti della Russia ha una lunga storia che risale al
1918, quando Woodrow Wilson dispiegò oltre 7.000 soldati in Siberia come parte
di uno sforzo alleato per annullare le conquiste della rivoluzione bolscevica.
Le
attività dell'American
Expeditionary Force, che è rimasta nel paese per 18 mesi, sono svanite da tempo
dai libri di storia negli Stati Uniti, ma i russi continuano ad indicare
l'incidente come un altro esempio dell'incessante intervento dell'America negli
affari dei suoi vicini.
Il fatto è che le élite di Washington si sono
sempre immischiate negli affari della Russia nonostante le forti obiezioni di
Mosca.
In
effetti, un gran numero di élite occidentali non solo pensa che la Russia
dovrebbe essere divisa in unità geografiche più piccole, ma che il popolo russo
dovrebbe accogliere con favore un simile risultato.
I
leader occidentali nell'Anglosfera sono così consumati dall'arroganza e dal
loro stesso senso di diritto, che onestamente credono che i russi comuni
vorrebbero vedere il loro paese frantumato in piccoli stati che rimangono
aperti allo sfruttamento vorace dei giganti petroliferi occidentali,
l'industria mineraria corporazioni e, naturalmente, il Pentagono (ossia la CIA e il DEEP State. Ndr!)
Ecco come la mente geopolitica di Washington
Zbigniew Brzezinski ha riassunto un articolo su Foreign Affairs:
“Date
le dimensioni e la diversità (della Russia), è molto probabile che un sistema
politico decentralizzato e un'economia di libero mercato sprigionino il
potenziale creativo del popolo russo e delle vaste risorse naturali della
Russia.
Una
Russia vagamente confederata - composta da una Russia europea, una Repubblica
siberiana e una Repubblica dell'Estremo Oriente - troverebbe anche più facile
coltivare relazioni economiche più strette con i suoi vicini.
Ciascuno
dei diritti confederati sarebbe in grado di sfruttare il proprio potenziale
creativo locale, soffocato per secoli dalla pesante mano burocratica di Mosca.
A sua
volta, una Russia decentralizzata sarebbe meno suscettibile alla mobilitazione
imperiale.”
(Zbigniew
Brzezinski, “Una geo-strategia per l'Eurasia”, Affari esteri, 1997).
La
"Russia vagamente confederata", immaginata da Brzezinski, sarebbe una
nazione sdentata e dipendente che non potrebbe difendere i propri confini o la
propria sovranità.
Non sarebbe
in grado di impedire ai paesi più potenti di invadere, occupare e stabilire
basi militari sul suo suolo.
Né sarebbe in grado di unificare i suoi
disparati popoli sotto un'unica bandiera o perseguire una visione
"unita" positiva per il futuro del Paese.
Una
Russia confederale, frammentata in una miriade di parti più piccole,
consentirebbe agli Stati Uniti di mantenere il loro ruolo dominante nella
regione senza minacce o interferenze.
E questo sembra essere il vero obiettivo di
Brzezinski, come ha sottolineato in questo passaggio nel suo opus magnum “The
Grand Chessboard”. Ecco cosa ha detto:
"Per
l'America, il principale premio geopolitico è l'Eurasia... e il primato globale
dell'America dipende direttamente da quanto tempo e quanto efficacemente viene mantenuta
la sua preponderanza nel continente eurasiatico".
("LA
GRANDE SCACCHIERA - Il primato americano e i suoi imperativi
geostrategici" , Zbigniew Brzezinski, pagina 30, Basic Books, 1997).
Brzezinski
riassume sinteticamente le ambizioni imperiali degli Stati Uniti. Washington
prevede di stabilire il suo primato nella regione più prospera e popolosa del
mondo, l'Eurasia.
E, per farlo, la Russia deve essere decimata e
spartita, i suoi leader devono essere rovesciati e sostituiti e le sue vaste
risorse devono essere trasferite nella morsa ferrea delle transnazionali
globali che le utilizzeranno per perpetuare il flusso di ricchezza da est a
ovest.
In altre parole, Mosca deve accettare il suo
umile ruolo nel nuovo ordine di società americana di fatto del gas e
dell'estrazione mineraria.
Washington
non ha mai veramente virato dal suo obiettivo di cancellare lo stato russo,
infatti, la strategia di sicurezza nazionale (NSS) recentemente pubblicata
insieme a un rapporto del Congresso intitolato "Renewed Great Power Competition:
Implications for Defense—Problemi per il Congresso", confermano gran parte di
quello che abbiamo detto qui, che gli Stati Uniti intendono schiacciare
qualsiasi opposizione emergente alla sua espansione in Asia centrale per
diventare l'attore dominante in quella regione. Ecco un estratto dal rapporto
del Congresso:
L'obiettivo
degli Stati Uniti di prevenire l'emergere di egemoni regionali in Eurasia,
sebbene di vecchia data, non è scritto sulla pietra: è una scelta politica che
riflette due giudizi: quella data la quantità di persone, risorse e attività
economica in Eurasia, un egemone regionale in Eurasia rappresenterebbe una
concentrazione di potere abbastanza grande da poter minacciare interessi vitali
degli Stati Uniti;
e che
l'Eurasia non si autoregola in modo affidabile in termini di prevenzione
dell'emergere di egemoni regionali, il che significa che non si può fare
affidamento sui paesi dell'Eurasia per prevenire, attraverso le proprie azioni,
l'emergere di egemoni regionali, e potrebbe aver bisogno di assistenza da uno o
più paesi al di fuori dell'Eurasia per poterlo fare in modo affidabile".
("Rinnovata competizione tra le grandi
potenze: implicazioni per la difesa: problemi per il Congresso", Congresso
degli Stati Uniti)
Quanto
è diversa questa nuova iterazione della politica estera ufficiale degli Stati
Uniti rispetto alla cosiddetta Dottrina Wolfowitz che è stata pronunciata prima
della guerra in Iraq. Ecco qui:
“Il
nostro primo obiettivo è impedire il riemergere di un nuovo rivale, sul
territorio dell'ex Unione Sovietica o altrove, che rappresenti una minaccia
sull'ordine di quella posta in precedenza dall'Unione Sovietica.
Questa
è una considerazione dominante alla base della nuova strategia di difesa
regionale e richiede che ci adoperiamo per impedire a qualsiasi potenza ostile
di dominare una regione le cui risorse, sotto un controllo consolidato,
sarebbero sufficienti per generare potenza globale”.
Come
puoi vedere, non c'è stato alcun cambiamento significativo nella politica da
quando Wolfowitz ha articolato la sua dottrina quasi 2 decenni fa.
L'establishment
della politica estera statunitense afferma ancora risolutamente il diritto di
Washington di dominare l'Asia centrale e di considerare qualsiasi concorrente
nella regione come una minaccia alla sicurezza nazionale.
Ciò è
ulteriormente sottolineato dal fatto che sia la Russia che la Cina sono state
identificate nell'ultima strategia di sicurezza nazionale come
"concorrenti strategici", che è un eufemismo di stato profondo per i
nemici mortali.
Dai
un'occhiata a questo estratto da un articolo intitolato "Partitioning Russia After World
War III?":
L'obiettivo
finale degli Stati Uniti e della NATO è dividere e pacificare il paese più
grande del mondo, la Federazione Russa, e persino stabilire una coltre di
perpetuo disordine (somalizzazione) sul suo vasto territorio o, come minimo, su
una parte della Russia e lo spazio post-sovietico...
L'obiettivo
finale degli Stati Uniti è impedire che in Europa e in Eurasia emergano
alternative all'integrazione euro-atlantica. Ecco perché la distruzione della
Russia è uno dei suoi obiettivi strategici….
Ridisegnare
l'Eurasia: le mappe di Washington di una Russia divisa.
Con la
divisione della Federazione Russa, (l') articolo afferma che qualsiasi rivalità
bipolare tra Mosca e Washington sarebbe finita dopo la terza guerra mondiale.
In netta contraddizione, afferma che solo quando la Russia sarà distrutta ci
sarà un vero mondo multipolare, ma implica anche che gli Stati Uniti saranno la
potenza globale più dominante anche se Washington e l'Unione Europea saranno
indebolite dalla prevista grande guerra con i russi”.
("La
divisione della Russia dopo la terza guerra mondiale", Global Research)
Le
relazioni di Washington con la Russia sono sempre state controverse, ma ciò ha
più a che fare con le ambizioni geostrategiche di Washington che con qualsiasi
comportamento dirompente da parte di Mosca.
L'unico crimine della Russia è che capita di
occupare immobili in una parte del mondo che gli Stati Uniti vogliono
controllare con ogni mezzo necessario.
Quando Hillary Clinton annunciò per la prima
volta l'intenzione degli Stati Uniti di "orientarsi verso l'Asia", la
maggior parte delle persone pensava che suonasse come uno schema ragionevole
per spostare le risorse dal Medio Oriente all'Asia al fine di aumentare la
partecipazione degli Stati Uniti nel mercato in più rapida crescita del mondo.
All'epoca non si rendevano conto che i
politici intendevano spingere la Russia in una sanguinosa guerra di terra in
Ucraina per "indebolire" la Russia in modo che Washington potesse
diffondere le sue basi militari attraverso la massa eurasiatica incontrastata.
Né
nessuno prevedeva fino a che punto Washington si sarebbe spinta a provocare,
isolare e demonizzare la Russia con il preciso scopo di rimuovere i suoi leader
politici e dividere il paese in più statuti.
Ecco
Hillary che fa il caso nel 2011:
"Sfruttare
la crescita e il dinamismo dell'Asia è fondamentale per gli interessi economici
e strategici americani ... I mercati aperti in Asia offrono agli Stati Uniti
opportunità senza precedenti di investimento, commercio e accesso a tecnologie
all'avanguardia... Le aziende americane (necessità) di attingere al vasta e
crescente base di consumatori dell'Asia...
La
regione genera già più della metà della produzione mondiale e quasi la metà del
commercio mondiale... stiamo cercando
opportunità per fare ancora più affari in Asia... e le nostre opportunità di
investimento nei mercati dinamici dell'Asia."
("America's
Pacific Century", Segretario di Stato Hillary Clinton", Foreign
Policy Magazine, 2011).
Una
lettura attenta del discorso di Clinton insieme a una revisione della Dottrina
Wolfowitz aiuterà anche il lettore più ottuso a trarre alcune ovvie conclusioni
sull'attuale conflitto in Ucraina che non ha quasi nulla a che fare con la
cosiddetta "aggressione russa", ma tutto per fare con il piano di
Washington di proiettare potere in tutta l'Asia , controllare le enormi riserve
di petrolio e gas della Russia, circondare la Cina con basi militari e
stabilire il dominio americano nell'epicentro del mercato più prospero di
questo secolo.
Ecco
di nuovo Putin:
“Per
liberarsi dall'ultima rete di sfide, hanno bisogno di smantellare la Russia e
gli altri stati che scelgono un percorso di sviluppo sovrano, a tutti i costi,
per poter depredare ulteriormente la ricchezza di altre nazioni e usarla per riparare
i propri buchi.
Se ciò non dovesse accadere, non posso
escludere che cercheranno di innescare un collasso dell'intero sistema, dando
la colpa a tutto ciò, o, ci mancherebbe, decideranno di usare la vecchia
formula della crescita economica attraverso la guerra».
Gli
esperti di politica estera degli Stati Uniti sono spudorati nel promuovere
teorie che minacciano di innescare un confronto militare diretto con la Russia
che potrebbe sfociare in uno scambio nucleare.
In un
recente "webinar per deputati e donne del Congresso ospitato il 23 giugno
dal titolo "Decolonizzare la Russia".
Il webinar, gestito da agenti della CIA e
nazionalisti di destra dall'Ucraina e dal Caucaso, ha effettivamente sostenuto
che la Russia era un impero coloniale che doveva essere smantellato con il
sostegno di Washington".
(WSWS)
L'autore esplora le ragioni per cui alcuni esperti vogliono bollare la Russia
come “imperialista”?
Un
articolo del WSWS spiega perché:
” l'affermazione che la Russia è
“imperialista” svolge una funzione politica vitale: fornisce una copertura
politica per l'aggressione imperialista contro la Russia e gli obiettivi di
guerra delle potenze imperialiste…. È questa strategia che la pseudo-sinistra
filo-NATO copre con il suo clamore sull'"imperialismo russo". La
promozione delle tensioni nazionaliste, regionaliste ed etniche è stata per
decenni una componente chiave della politica di guerra imperialista...
Attraverso
una combinazione di espansione della NATO, colpi di stato ai suoi confini e
interventi militari nei paesi alleati con Russia e Cina, le potenze
imperialiste hanno sistematicamente e inesorabilmente accerchiato la Russia...
In
effetti, se si passa in rassegna la storia delle guerre condotte
dall'imperialismo statunitense negli ultimi trent'anni, la guerra in corso per
la spartizione di Russia e Cina appare come una brutale inevitabile.
Nonostante la loro reintegrazione nel sistema
capitalista mondiale, i regimi oligarchici al potere hanno impedito alle
potenze imperialiste di depredare direttamente le vaste risorse di questi
paesi. In lizza per queste risorse tra di loro e spinti da crisi interne
irrisolvibili, ora sono determinati a cambiare questa situazione.
... il
progetto di risoluzione descrive gli obiettivi fondamentali della guerra degli
Stati Uniti contro la Russia come segue: "la rimozione dell'attuale regime
in Russia, la sua sostituzione con un fantoccio controllato dagli americani e
lo scioglimento della Russia stessa, in quello che viene chiamato "
decolonizzare la Russia” – in una dozzina o più di stati impotenti le cui
preziose risorse saranno possedute e sfruttate dal capitale finanziario
statunitense ed europeo”.
Questo
passaggio è fondamentale per comprendere sia il conflitto in corso, sia la
politica della pseudo-sinistra filo-NATO e la loro insistenza sul fatto che la
Russia sia un "paese imperialista". ("I principi storici e politici
dell'opposizione socialista alla guerra imperialista e al regime di Putin
", Clara Weiss, World Socialist Web Site)
Come
puoi vedere, i membri dell'élite dell'establishment della politica estera sono
alla ricerca di nuove e più convincenti giustificazioni per un confronto con la
Russia il cui scopo ultimo è quello di frammentare il paese aprendo la strada
al riequilibrio strategico o "perno" di Washington. 20 anni fa,
durante l'amministrazione Bush, i politici non erano così cauti nelle loro
opinioni sulla Russia.
L'ex vicepresidente Dick Cheney, ad esempio,
non ha fatto alcun tentativo di nascondere il suo totale disprezzo per la
Russia ed è stato sorprendentemente sincero riguardo alla politica che ha
sostenuto.
Dai un'occhiata a questo estratto da un
articolo di Ben Norton:
L'ex
vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney, uno dei principali artefici della
guerra in Iraq, non voleva solo smantellare l'Unione Sovietica; voleva anche
smantellare la stessa Russia, per evitare che risorgesse come potenza politica
significativa….
L'ex
segretario alla Difesa degli Stati Uniti Robert Gates ha scritto che:
"Quando l'Unione Sovietica stava crollando alla fine del 1991, Dick voleva
vedere lo smantellamento non solo dell'Unione Sovietica e dell'impero russo, ma
della stessa Russia, quindi non avrebbe mai più potuto essere una minaccia.”
Il
fatto che una figura al timone del governo degli Stati Uniti abbia cercato non
così segretamente la dissoluzione permanente della Russia come paese, e lo
abbia comunicato direttamente a colleghi come Robert Gates, spiega in parte l'atteggiamento
aggressivo che Washington ha assunto nei confronti della Federazione Russa da
quando si è verificato il rovesciamento dell'URSS.
La
realtà è che l'impero statunitense semplicemente non permetterà mai alla Russia
di sfidare il suo dominio unilaterale sull'Eurasia, nonostante il governo di
Mosca abbia restaurato il capitalismo.
Questo
è il motivo per cui non sorprende che Washington abbia completamente ignorato
le preoccupazioni per la sicurezza della Russia, rompendo la sua promessa di
non espandere la NATO "di un pollice verso est" dopo la
riunificazione tedesca, circondando Mosca di avversari militarizzati decisi a
destabilizzarla.
I
servizi di sicurezza russi hanno pubblicato prove che gli Stati Uniti hanno
sostenuto i separatisti ceceni nelle loro guerre contro il governo centrale
russo. L'accademico britannico John Laughland ha sottolineato in un articolo
del 2004 su The Guardian, intitolato "Gli amici americani dei ceceni", che diversi leader
secessionisti ceceni vivevano in Occidente e hanno persino ricevuto una
sovvenzione dal governo degli Stati Uniti.
Laughland ha osservato che il più importante gruppo
secessionista filo-ceceno con sede negli Stati Uniti, l'ingannevolmente
chiamato Comitato
americano per la pace in Cecenia (ACPC), ha elencato come suoi membri "un appello dei più importanti
neoconservatori che supportano così entusiasticamente la 'guerra al terrore”:
Includono
Richard Perle, il famigerato consigliere del Pentagono; Elliott Abrams di fama
Iran-Contra; Kenneth Adelman, l'ex ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni
Unite che ha incitato all'invasione dell'Iraq prevedendo che sarebbe stata
"una passeggiata"; Midge Decter, biografo di Donald Rumsfeld e
direttore della Heritage Foundation di destra; Frank Gaffney del militarista
Center for Security Policy; Bruce Jackson, ex ufficiale dell'intelligence
militare statunitense e un tempo vicepresidente della Lockheed Martin, ora
presidente del Comitato statunitense sulla Nato; Michael Ledeen dell'American
Enterprise Institute, un ex ammiratore del fascismo italiano e ora uno dei
principali sostenitori del cambio di regime in Iran; e R. James Woolsey, l'ex
direttore della CIA che è una delle principali cheerleader dietro i piani di
George Bush di rimodellare il mondo musulmano secondo linee pro-USA.
Il
fatto che i salafiti-jihadisti di estrema destra costituissero una percentuale
significativa dell'insurrezione cecena non ha infastidito questi
neoconservatori anti-musulmani, proprio come i veterani islamofobici della
"Guerra al terrorismo" non hanno avuto problemi a sostenere gli
estremisti che tagliano la testa agli islamisti takfiri nel successivo Guerre
Usa contro Siria e Libia….
….
Victoria Nuland, il terzo funzionario più potente del Dipartimento di Stato
dell'amministrazione Joe Biden, è stata il principale vice consigliere per la
politica estera del vicepresidente Cheney dal 2003 al 2005.
(Ha
anche contribuito a sponsorizzare il violento colpo di stato in Ucraina nel
2014 che ha rovesciato la democrazia governo eletto.)
Come
il suo mentore Cheney, Nuland è un neoconservatore intransigente.
Il
fatto che lui sia repubblicano e lei lavori principalmente nelle
amministrazioni democratiche è irrilevante; questo consenso da falco sulla
politica estera è completamente bipartisan.
Nuland
(ex membro del consiglio di amministrazione bipartisan del NED) è anche sposato
con Robert Kagan, un santo patrono del neoconservatorismo e co-fondatore del
Project for the New American Century, l'accogliente casa dei neocon a
Washington, dove ha lavorato al fianco di Cheney, Donald Rumsfeld, Paul
Wolfowitz e altri alti funzionari dell'amministrazione Bush. Kagan è stato un
repubblicano di lunga data, ma nel 2016 si è unito ai Democratici e ha fatto
apertamente una campagna per la presidenza di Hillary Clinton".
( “L'ex
vicepresidente Dick Cheney ha confermato che l'obiettivo degli Stati Uniti è di
rompere la Russia, non solo l'URSS" , Ben Norton, multipolarista).
La
politica estera degli Stati Uniti è ora esclusivamente nelle mani di un piccolo
gruppo di estremisti neocon che rifiutano apertamente la diplomazia e che
credono sinceramente che gli interessi strategici dell'America possono essere
raggiunti solo attraverso un conflitto militare con la Russia.
Detto questo, possiamo dire con un certo grado di
certezza che le cose andranno molto peggio prima di migliorare.
Europa,
al via un progetto sull’energia
pulita
e sicura con la fusione fredda.
Affaritaliani.it
– Ludovica Carlesi Manusardi – (18-12-2021) – ci dice:
L’Ue
ha deciso di finanziare l’innovativo progetto” CleanHME, Clean Power from
Hydrogen-Metal Systems”, una svolta per le applicazioni private e industriali.
Dopo
trent’anni torna di attualità la fusione fredda, o meglio le LENR- reazioni
nucleari a bassa energia. È notizia
recente che l’Unione europea ha deciso di finanziare con 5,5 milioni di euro
per il quadriennio 2021-2024 un progetto innovativo- CleanHME, “Clean Power from Hydrogen-Metal
Systems”.
Approvato nel marzo scorso, il progetto che ha preso il via a settembre, ha
come obiettivo principale quello di sviluppare una nuova fonte di energia
pulita, sicura, compatta ed efficiente basata su sistemi idrogeno-metallo, che
potrebbe costituire una svolta sia per uso privato che per applicazioni industriali.
I
partecipanti sono 10 paesi: Italia con il Politecnico di Torino, INFN,
Frascati, Università di Siena e un’Azienda privata FUTUREON; Belgio, Germania,
Francia, Svezia, Slovenia, Slovacchia, Stati Uniti, Canada e Polonia con
l’Università di Stettino, che fa da coordinatore del gruppo. Proprio a Stettino
infatti c’è uno dei laboratori di riferimento nel quale lavorerà come visiting
professor Sergio Bartalucci, fisico nucleare associato dell’INFN e presidente
di ASTRI- Associazione di Scienziati e Tecnologi per la Ricerca Italiana, che
da tempo si occupa di ricerche sulla fusione.
Come
mai questa specie di ripensamento dopo che la comunità scientifica aveva deciso
praticamente di abbandonare questo filone di ricerca?
In
verità non tutti avevano gettato la spugna, anche se le difficoltà presenti
nell’esperimento di Fleischmann e Pons, misurare in modo confrontabile e
ripetibile il calore in eccesso come prodotto della reazione deuterio palladio,
l’instabilità del processo, e soprattutto l’incapacità di trovare una teoria
condivisa adatta a spiegare il fenomeno, erano certamente apparse come un
ostacolo al proseguimento delle ricerche. In realtà in Italia, all’INFN con
Freancesco Celani, in Francia e negli Stati Uniti, ma soprattutto in Giappone
con gli esperimenti supportati da Toyota e Mitsubishi si è continuato a
lavorare su questo fenomeno riscuotendo successi alterni che hanno comunque
permesso agli scienziati di non darsi per vinti.
Non è
un caso se anche Google nel 2015, con 10 milioni di dollari, ha portato avanti
ben tre esperimenti diversi con trenta ricercatori, esperimenti che, pur non
soddisfacendo le aspettative, sono serviti tuttavia a indagare con nuovi
strumenti e tecniche più sofisticate la reazione tra idrogeno e metalli a bassa
temperatura, che costituisce ancora un settore inesplorato della fisica dei
materiali.
Questa
curiosità rinnovata è da attribuire anche
al fatto che il fenomeno della fusione fredda non violava nessun
principio cardine della fisica, come la conservazione dell’energia, e che
quindi approfondendo lo studio sulla fisica
dei materiali, affinando alcune procedure sperimentali, migliorando la
sensibilità degli strumenti si poteva spiegare quel risultato che i due chimici
avevano visto e pubblicato, in particolare l’evidenza di calore anomalo e di
prodotti di reazioni nucleari che si era
verificata.
A
questo ripensamento di tipo sperimentale si accompagna anche una rivisitazione
di alcuni principi base della meccanica quantistica che potrebbero aiutare a
formulare un modello teorico soddisfacente. Insomma, dopo trent’anni si è
arrivati alla conclusione che, malgrado l’elevato scetticismo, non si poteva
buttare via tutto.
Di più, lo studio delle reazioni tra idrogeno
e metalli impatta in modo forte con altri comparti della scienza e della
tecnologia. In particolare la possibilità di
immagazzinamento dell’idrogeno in fase gassosa, che è uno dei punti cruciali
per la transizione energetica dai combustibili fossili verso questo vettore
energetico.
Per
fare un esempio l’energia elettrica prodotta dagli impianti eolici e
fotovoltaici, per sua natura intermittente, potrebbe essere impiegata per
sviluppare idrogenoidi Q, e successivamente immagazzinarlo per utilizzarlo al
bisogno. Ecco quindi un ottimo motivo per approfondire lo studio delle reazioni
tra idrogeno e metalli.
Fusione
fredda
per
armi nucleari?
Ogginotizie.it
– Redazione – (28-10 -2022) – ci dice:
La
notizia è naturalmente da prendere con i dovuti benefici di dubbio, tuttavia è
documentato che il 14 agosto 2003, in una trasmissione a tema della rete
televisiva americana CNN, diffusa anche dalla emittente italiana collegata, è riferito che il Dipartimento della
Difesa di Washington confermerebbe procedimenti per la realizzazione di una
arma talmente potente da decretare l’inutilità definitiva di tutte le armi
convenzionali.
In
pratica, si tratterebbe di un’arma definita “ibrida” che rilascia dal proprio
nucleo energia non generata da procedimento a fissione o a fusione
termonucleare.
La natura di questa energia sarebbe in raggi
Gamma, talmente potente da superare di molte migliaia di volte gli armamenti
conosciuti e rivoluzionare completamente il concetto di guerra.
Dopo
che Enrico Fermi realizza il primo reattore nucleare a fissione all’Università
di Chicago nel dicembre 1942, e dopo il lancio delle bombe atomiche sul
Giappone, inizia ufficialmente l’era nucleare e gli scienziati di tutto il
mondo si pongono nuovi obiettivi per realizzare armi di potenza sempre
maggiore.
Il
limite della bomba atomica infatti, era fissato a non oltre 1 milione di
tonnellate di esplosivo, per le caratteristiche fisiche degli isotopi fissili
utilizzati, che erano quelli dell’uranio.
L’ordigno
seguente non doveva avere limiti circa il numero di isotopi da bruciare, e
così, dopo diversi esperimenti, nel 1952 si arriva alla bomba a idrogeno (bomba
H), che non funzionava più a fissione ma per fusione nucleare di due isotopi di
idrogeno, innescata utilizzando come detonatore proprio una bomba a fissione.
Grazie
a numerosi esperimenti, i dati ottenuti su fissione e su fusione cominciano ad
essere considerevoli, e fanno da subito comprendere le implicazioni sia in
senso militare che civile, specie per quanto riguarda il ricavo e l’impiego di
energia per l’industria.
Gli
alti costi e le difficoltà dei procedimenti, specialmente per l’idrogeno, hanno
sempre limitato l’utilizzo civile dell’energia nucleare, da cui è nata la
necessità di trovare metodologie alternative con l’impiego di elementi
catalizzatori che abbassino la quantità di energia necessaria al raggiungimento
dell’innesco della reazione, con risultati inizialmente poco incoraggianti,
poiché è assai difficile avvicinare due atomi di idrogeno fino a farli fondere,
come quando si cerca di unire i poli dello stesso segno di due calamite.
Il 23
marzo 1989, Martin Fleischmann e Stanley Pons, dei laboratori della Salt Lake
City University dello Utah, annunciano di essere riusciti a fondere due atomi
di deuterio, isotopo dell’idrogeno, con un procedimento ottenuto a temperatura
ambiente.
Effettivamente,
le teorie su quella che viene definita “fusione fredda” già da tempo
circolavano sulle pagine delle più prestigiose pubblicazioni scientifiche, ma
nessuno aveva mai annunciato di essere riuscito ad ottenerla con esperimenti
che non abbiano compreso reazioni nucleari, o termonucleari.
La
dinamica dell’esperimento era però eccessivamente difficoltosa, e nonostante
che gli scienziati di tutto il mondo si siano dedicati alla verifica di tale
teoria, nessuno riesce a riprodurre il fenomeno.
Solo in caso di dimostrazione ufficiale infatti, la
comunità scientifica avrebbe dato credito a Fleischmann e Pons, ma in tutti
laboratori, dotati delle stesse attrezzature e con l’utilizzo degli stessi
elementi, nessuno riesce a replicare la fusione fredda. I casi, a questo punto,
erano due: o si tralasciavano aspetti apparentemente non importanti ma in
realtà fondamentali, oppure la reazione di fusione fredda era dovuta ad altre
cause, cioè ci si trovava davanti ad un cosiddetto “fenomeno spurio”.
Un
passo avanti si ha nell’aprile 1989, con la relazione del fisico italiano
Francesco Scaramuzzi, dei laboratori ENEA di Frascati, nella quale è dimostrata
l’emissione di neutroni da una combinazione di deuterio e titanio.
Diversamente
da quanto affermato da Fleischmann e Pons, la teoria di Scaramuzzi pare
dimostrare senza dubbi la possibilità di ottenere reazioni nucleari con isotopi
di idrogeno, a patto che siano messi in determinate condizioni di interazione
con metalli tipo titanio o palladio che, per la loro particolare composizione,
favoriscono l’emissione di neutroni, altrimenti impossibile se non per reazione
esclusivamente chimica.
La
notizia, di per sé positiva, rimetteva però in discussione il problema dei
rifiuti tossici radioattivi risultanti dall’emissione di neutroni, e questo
contribuisce a ingigantire i dubbi della parte scettica della comunità
scientifica.
Nonostante questo, gli esperimenti continuano,
soprattutto in laboratori giapponesi, sovvenzionati da alcune grandi industrie
che, comunque, dopo alcuni anni, cominciano a lamentare le troppo onerose
spese.
Nessuno,
però, sia a livello teorico ma soprattutto pratico, riesce a dimostrare possibili
alternative, sebbene sia provato che la fusione fredda non va contro le leggi
note della fisica.
A poco
a poco l’interesse dell’opinione pubblica sulla fusione fredda diminuisce e, allo
stesso tempo, aumenta invece la preoccupazione per la crisi energetica
internazionale fino ai primi anni Novanta, per poi scemare gradatamente a sua
volta, anche per gli orientamenti delle grandi multinazionali e dei paesi
appartenenti all’OPEC, decisi a spremere fino all’ultima goccia di petrolio, la
fonte di energia più sfruttata.
Finché
c’è petrolio, perché investire cifre astronomiche in tentativi privi di
significato?
Nel
frattempo, le ricerche proseguono in quasi tutti i paesi (in Italia sono circa
un centinaio gli scienziati che si dedicano alla fusione fredda), ma non si
ottengono risultati apprezzabili.
Fleischmann
e Pons, visti sempre più come due alchimisti stile Medioevo, si trasferiscono a
Nizza, dove attualmente sono impiegati in un laboratorio finanziato con
capitali che ammontano a circa 10 milioni di dollari, provenienti in gran parte
dalla IMRA Europe, affiliata della Toyota, ma anche da privati.
Qui
hanno sperimentato nuovi accorgimenti, fra cui la normale acqua di rubinetto al
posto dell’acqua pesante, con risultati giudicati allettanti (un rendimento calorico
pari al 900%) che entrano in conflitto con interessi davvero enormi a livello
di politica ed economia internazionale, e con il miraggio del Premio Nobel.
Sono state riprese le teorie di scienziati del passato, ad esempio quelle del
tedesco
Friedrich
Paneth che, nel 1926, si era dedicato alla fusione fredda e aveva pubblicato i
propri resoconti sugli Annuari della Società Chimica Tedesca; quelli di Enrico
Fermi e Edoardo Amaldi che nel 1937 realizzano un impianto effettivamente in
grado di sfruttare calore derivato da fusione fredda; e anche procedimenti sperimentati più
recenti, fra cui quelli di Vjaceslav Aleksejev, direttore dei Laboratori per
l’Energia Rinnovabile presso l’Università di Mosca.
Nel
1992, al Congresso Internazionale di Nagoya, in Giappone (dove ricercatori
finanziati da Toshiba e Mitsubishi hanno già depositato alcuni brevetti) gli
scienziati hanno ufficialmente dichiarato l’inizio dell’era dello studio della
“fisica nucleare allo stato solido”, e Randall Mills, medico e presidente della
Hydrocatalysis Power Inc, conferma di essere riuscito a sua volta
nell’ottenimento del rendimento energetico del 900% usando una soluzione
elettrolitica con acqua normale.
Nel
nostro paese, uno fra i ricercatori più impegnati è Giuliano Preparata che, contemporaneamente
alla sperimentazione, è impegnato sul fronte della lotta contro quello che lui
steso definisce “imbavagliamento dell’ingegno” da parte delle potenze che
gestiscono le riserve di petrolio.
Nei
fatti, questa nuova fonte di energia, è già annoverata nella Lista Critica
della Tecnologia Militare da parte dello stesso Dipartimento della Difesa
americano. Sarebbe basata sull’elemento Afnio (simbolo chimico-atomico Hf),
come sottolinea il ricercatore Carl Collins della Dallas State University, e l’energia
generata sarebbe pari a 60 volte quella immessa all’interno del nucleo, e
solamente a livello sperimentale, visto che le potenzialità fanno presagire
livelli molto maggiori.
Il
nucleo dell’Afnio deve prima essere sottoposto a un bombardamento di fotoni ad
alta carica energetica, per essere appunto “caricato”, tramite fasi
sperimentali che richiedono complicatissime procedure.
Giunti
ad avere “Afnio arricchito”, si può sviluppare una potenza dirompente di
livelli inimmaginabili, se si pensa che un solo grammo di Afnio portato a tali
condizioni è equivalente a 50Kg di tritolo.
Le
implicazioni com’è ben immaginabile, sono paurose: sarebbe teoricamente possibile
realizzare missili miniaturizzati, non rilevabili ai radar più sofisticati, con
testate esplosive infinitamente più distruttive di quelle attuali, con le
conseguenze del caso.
Si
parla di un futuro non molto prossimo, certo è che le tappe delle scoperte sono
sempre più brevi ma, anche se gli scienziati hanno dichiarato che per un
eventuale impiego bellico dell’Afnio potrebbero essere necessari molti decenni,
può fare riflettere che fra la prima pubblicazione sulla avvenuta fissione
nucleare, nel 1939, e il primo esperimento “de visu” di Alamogordo nel 1945,
sono passati solamente pochi anni.
Di fatto,
la fusione fredda non è più fantascienza, da quando i ricercatori Fleischmann e
Pons, nel 1989, riescono nella loro prima dimostrazione, dopo intensi studi
sulla Elettrodinamica Quantistica Coerente (QED) e sulla Teoria dei Campi:
molto semplificata, si può parlare di una barra di platino e un filamento di
palladio che vengono immersi in una soluzione elettrolitica con acqua pesante
(D2O, dove al posto dell’idrogeno troviamo il suo isotopo, il deuterio) e
isolata dall’esterno.
Si
immette quindi una scarica elettrica in conseguenza della quale il deuterio di
accumula nel palladio, che di natura è predisposto all’assorbimento.
Il
palladio ha al suo interno, quindi, gli atomi di deuterio che si aggregano
annullando progressivamente lo spazio fino a fondersi reciprocamente, generando
a loro volta calore sotto forma di raggi Gamma che assumono una precisa
direzione.
Un’energia
non più confusa e caotica che si muove in tutte le direzioni (annullandosi su sé
stessa), ma una massa compatta con un unico verso, che genera atomi di elio.
L’emissione
di raggi Gamma non è istantanea, ma inizia dopo un certo periodo, in media
un’ora, quando il numero di atomi di deuterio supera quelli del palladio, cioè
quando una massa supera l’altra e la annulla, con un rendimento netto del 100%.
I
fotoni emessi sono Quanti di energia neutri e possono essere assorbiti dagli
atomi dirigendo gli elettroni sulle orbite esterne, aumentando quindi la carica
energetica dell’atomo.
Questa
caratteristica dell’Afnio favorisce un grande accumulo di fotoni all’interno
della propria struttura che, una volta esposta a raggi-X cede molta più energia
di quanta ne ha accumulata, sotto forma, appunto, di raggi Gamma.
Come
sappiamo, i raggi-X sono onde elettromagnetiche che si combinano con le nuvole
elettroniche degli atomi, generando sia diffusione, sia assorbimento.
Più un
elemento possiede elettroni, più forte è l’assorbimento che, una volta
raggiunta la misura limite, scatena la reazione che dà luogo alla fusione.
Naturalmente, il processo di fusione fredda, a seconda degli elementi
prescelti, può avvenire in ambiente liquido, come sperimentato da Fleischmann e
Pons, sia in ambiente asciutto.
Il
risultato è energia pulita, a temperatura ambiente, con una tecnologia oggi in
possesso di chiunque e a costi limitatissimi, dal momento che 10Kw/h
costerebbero circa 500 euro e durerebbero per 500 anni, senza scorie nucleari
radioattive e senza inquinamento.
Sotto
l’aspetto della tecnologia militare, si otterrebbe un’arma che rilascia enormi
quantitativi di energia nucleare, in quanto emanata da un nucleo, quindi capace
di frantumare un atomo, pur senza una reazione di fusione o fissione. La
domanda è quindi? Come è possibile spaccare un atomo senza fissione o fusione?
L’energia
prodotta, si è detto, è sotto forma di elio e di raggi Gamma che, in effetti,
non si sa con precisione da dove arrivino e come possano eludere il principio
fondamentale della conservazione dell’energia. Probabilmente deriva dalle
caratteristiche degli elementi utilizzati, cioè l’Afnio e il Palladio.
L’Afnio
è un metallo duttile, e lo è anche il Palladio; il primo ha una densità di
13.310gr/dm3, il secondo di 12.020 gr/dm3; hanno raggio atomico simile, l’Afnio
di 156.4pm il Palladio di 135.6pm.
La
configurazione elettronica dell’Afnio è caratterizzata da un’alta percentuale
di elettroni, e al tempo stesso un’alta capacità di assorbire neutroni, mentre
il Palladio assorbe idrogeno. Sul mercato, poi, l’Afnio costa 5 euro al grammo
e il Palladio circa 25 euro.
A che
punto sono quindi le ricerche?
Al
laboratorio Z-Pinch del Sandia National Institute il progetto attualmente allo
studio (annunciato durante la 42a Conferenza “Plasma Physics” di Orlando,
Florida) ha l’obiettivo di arrivare alla produzione di “energia pulita” e, a
tale scopo, le ricerche si svolgono secondo procedimenti che comprendono il
bombardamento con impulsi raggi-X di capsule di 2mm di combustibile che finisce
per implodere. In seguito si è osservato un alto numero di reazioni di fusione e
notevole produzione di energia.
Altri
ricercatori, sotto la supervisione di Rusi Taleyarkhan e Richard Lahey dell’Oak
Ridge National Laboratory, hanno pubblicato sulla rivista “Science” una ricerca
che pare possa condurre alla produzione di neutroni da un liquido mantenuto a
temperatura ambiente.
Taleyarkhan
e Lahey, si sono serviti di un semplice contenitore di vetro grande quanto una
lattina.
È stato riempito con acetone “deuterato”, dove
gli atomi di deuterio (isotopo dell’idrogeno con un neutrone in più) hanno
sostituito quelli dell’idrogeno, e dove i neutroni veloci vengono sparati
dall’esterno da un generatore.
Il
contenitore è avvolto da un anello che produce onde sonore che provocano la
formazione di piccolissime bollicine che si espandono e collassano per effetto
della pressione e del calore. In questo stato avviene il fenomeno di
“sonoluminescenza”, cioè viene generato un lampo di luce.
In determinati casi avviene una fusione all’interno
delle microbolle di due atomi di deuterio.
Dallo
stato di fusione può generare la nascita di un atomo di Trizio con la
liberazione di un protone riassorbito dall’acetone “deuterato”, oppure un
nucleo di Elio-3 liberando un neutrone che non viene riassorbito.
Entrambi
i processi producono grandi quantità di energia. La fusione fra gli atomi di
Deuterio è rilevata da un fotomoltiplicatore che cattura i lampi di luce e da
un sensibilissimo microfono che cattura il piccolo rumore prodotto dalle bolle che
collassano.
La
dimostrazione inequivocabile dell’avvenuta fusione è anche determinata dalla
produzione di Trizio causata dal processo. I dati dei due scienziati hanno
dimostrato che il processo di fusione fredda ha prodotto un incremento talmente
significativo nella produzione di neutroni da non lasciare dubbi sulla validità
dei risultati.
C'era
da immaginarselo: non sono mancate le critiche.
Un
altro laboratorio di Oak Ridege ha eseguito la medesima sperimentazione con
risultati contrastanti.
I ricercatori Dan Shapira e Michael Saltmarsh
sostengono infatti che l'incremento della produzione di neutroni non supera
l’1%: un risultato esiguo.
Essi
inoltre sostengono che i risultati dei loro colleghi sarebbero causati dai
neutroni emessi dal generatore esterno e non dalla fusione.
In
parole semplici, il generatore esterno avrebbe, secondo loro, provocato un
rimbalzo di neutroni anche sulle pareti del laboratorio e sarebbero rientrati
nello scintillatore.
E non è finita: rincarando la dose, Shapira e
Saltmarsh sostengono che il rumore del collassamento delle bolle e i lampi non
avvengono contemporaneamente alla produzione di neutroni.
Potrebbero essere generati da altre cause che,
nel contesto generale, non proverebbero nulla.
Tutto
il mondo potrebbe finalmente fare a meno del petrolio o gas naturale con un
impatto sull'ambiente in termini di inquinamento a dir poco eloquente.
L'umanità
aveva finalmente a disposizione un'energia pulita, gratuita e inesauribile, ma
fin dall’esperimento di Fleishmann e Pons iniziarono stranamente i dissensi, e
fino al punto che la scoperta fu addirittura, in maniera vilmente scandalosa,
ridicolizzata. E i due scienziati furono indegnamente derisi.
Bisogna,
per chi non l'avesse capita, mettersi il cuore in pace: il petrolio e il gas naturale
rimangano le uniche soluzioni: generano giganteschi profitti, ma inquinano e
non dureranno, certo, in eterno.
La
stampa internazionale, e particolarmente il quotidiano inglese “Sunday Times”,
hanno da tempo ammesso l’avvenuta “fusione fredda”.
La
notizia ha causato vaste polemiche e lo stesso “Oak Ridge National Laboratory”
ha emesso ufficiali comunicati stampa in cui invita alla cautela.
Anche
lo scienziato italiano Nicola Cabibbo, già presidente dell’Istituto di Fisica
Nucleare e dell’ENEA afferma la estrema difficoltà di provare test del genere.
Fra le
molte supposizioni, critiche, esperimenti riusciti o meno, si può comunque
essere sicuri di un’unica verità: come diceva Sigmund Freud, “qualunque teoria
non impedisce ai fatti di verificarsi”.
(Non mi meraviglierebbe se Klaus
Schwab – noto costruttore di armi nucleari illegali (bombe atomiche) in Sud Africa
sia parte attiva assieme al Potere occulto straricco
del Deep State Usa, e vogliano accarezzare l’idea di finanziare la possibile
prossima fusione nucleare fredda! Ndr.)
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