CARBONE, PETROLIO, GAS SONO LE FONTI DELLO SVILUPPO FUTURO DELLA CIVILTA’.

 

CARBONE, PETROLIO, GAS SONO LE FONTI DELLO SVILUPPO FUTURO DELLA CIVILTA’.

 

 

Il futuro dell’energia.

Lafionda.org – (9 Set. 2022) - Fabrizio Russo – ci dice:

 

Nessun politico vuole raccontarci la vera storia: la disponibilità di combustibili fossili si sta esaurendo.

Siamo infatti già a corto di petrolio, carbone e gas naturale perché i costi diretti e indiretti di estrazione stanno raggiungendo un punto in cui il prezzo di vendita del cibo e di altri beni di prima necessità deve essere fissato ad un livello talmente alto, ed inaccettabile, da compromettere l’operabilità del sistema economico globale, nel suo assetto attuale.

 Allo stesso tempo, l’energia eolica, solare e altre fonti di “energia pulita” non sono ancora in grado, neppure in misura parziale ma tale da consentire un funzionamento “sui minimi” del sistema, di sostituire la quantità di combustibili fossili perduta.

Il problema economico, che ha per protagonista l’energia, è essenzialmente un problema di fisica.

L’energia pro capite e, di fatto, le risorse pro capite (qualsiasi produzione richiede infatti energia), devono rimanere sufficientemente elevate in presenza di una crescita della popolazione a cui fa capo una determinata realtà economica. Quando ciò non accade, come la storia ci dimostra, le civiltà tendono a – o perlomeno rischiano di – crollare:

Il futuro dell'energia.

Il Consumo mondiale pro capite di energia da combustibili fossili, è dato  dal 2022 dalla “Statistical Review of World Energy di BP”.

I politici non possono però ammettere apertamente che l’economia mondiale possa oggi essere diretta verso il collasso, come peraltro già accaduto a molte/tutte le civiltà precedenti.

Devono dare invece l’illusione di essere al comando, di avere la situazione sotto controllo.

Ciò spinge i politici a dare al pubblico, in qualche modo, motivazioni per cui i cambiamenti futuri potrebbero essere o desiderabili, (ad es. per evitare il cambiamento climatico) o, perlomeno, che le difficoltà sollevate siano temporanee/condizionate (ad es. a causa delle sanzioni contro la Russia).

Di seguito esaminiamo più in dettaglio alcune delle problematiche in realtà sottese alla situazione attuale:

I cittadini di tutto il mondo “percepiscono” che qualcosa non funziona. L’impressione è, comunque, che l’economia possa cadere in una grave recessione nel breve termine.

Il futuro dell'energia.

Ecco l’Indice del sentiment dei consumatori e notizie sui cambiamenti aziendali riportati dall’Indagine sui consumatori dell’Università del Michigan (redatto sulla base di indicazioni preliminari di agosto 2022).

Il sentimento dei consumatori USA è oggi a un livello straordinariamente basso, peggiore della grande recessione del 2008-2009 secondo il grafico  mostrato ora e  relativo al ”Survey of Consumers” dell’Università del Michigan .

Secondo la stessa fonte, quasi il 48% dei consumatori dà la colpa di aver eroso il proprio tenore di vita all’inflazione.

I prezzi del cibo sono aumentati significativamente. Nell’ultimo anno, il costo di un’auto (in proprietà) è aumentato vistosamente, così come il costo dell’acquisto o dell’affitto di una casa.

La situazione in Europa è altrettanto grave, se non peggiore.

I cittadini sono preoccupati per il possibile “congelamento al buio” questo inverno se la produzione di elettricità non dovesse rimanere ad un livello adeguato.

 Le forniture di gas naturale, prima acquistate dalla Russia tramite gasdotti, sono quasi indisponibili e assai più costose. Anche il carbone ha un prezzo elevato.

Considerando la caduta dell’euro rispetto al dollaro USA, il prezzo del petrolio in euro è infine sugli stessi livelli del 2008 e del 2012.

Il futuro dell'energia.

Ecco il Prezzo del greggio Brent aggiustato per l’inflazione in dollari USA ed euro, nel grafico dell’Energy Information Administration degli Stati Uniti, come pubblicato nell’EIA’s Short Term Energy Outlook di agosto 2022.

Molti altri paesi, oltre a quelli dell’Eurozona, stanno sperimentando un deprezzamento del cambio rispetto al dollaro: ad es. l’Argentina, l’India, il Pakistan, la Nigeria, la Turchia, il Giappone e la Corea del Sud.

La Cina ha problemi con i costruttori di grandi condomini: molte di queste case non possono essere consegnate agli acquirenti come promesso.

Per protesta, gli acquirenti hanno sospeso i pagamenti delle case incompiute.

Come se non bastasse, a peggiorare le cose i prezzi degli appartamenti condominiali hanno iniziato a scendere, portando a una perdita di valore di questi “ipotetici” investimenti.

 Un evento che potrebbe essere foriero di seri problemi per il settore bancario cinese.

Nonostante queste gravi incognite, le banche centrali negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell’Eurozona stanno alzando i tassi di interesse di riferimento.

 Gli Stati Uniti stanno anche implementando un “Quantitative Tightening”, che alimenta altre tensioni sui tassi d’interesse.

 Nei fatti le banche centrali stanno alzando intenzionalmente il costo dei prestiti e non è difficile capire che la combinazione di inflazione ed oneri finanziari più elevati probabilmente costringerà i consumatori a ridurre la spesa, portando la Recessione.

 I politici eviteranno di parlare di possibili problemi economici futuri legati a un approvvigionamento energetico cronicamente insufficiente.

L’obiettivo principale dei politici è di essere rieletti.

Vogliono perciò che i cittadini pensino che tutto va bene.

Se ci sono problemi di approvvigionamento energetico, devono essere “classificati” (media mainstream) come temporanei, oppure eventualmente legati alla guerra in Ucraina (fattore esterno).

 In alternativa, qualsiasi problema che si presenta verrà discusso come facilmente risolvibile con una nuova legislazione o, eventualmente, un po’ più di debito.

Pure le aziende vogliono ridurre al minimo i loro problemi.

Desiderano che i cittadini ordinino i loro beni e servizi, senza il timore di essere licenziati.

Vorrebbero che i mezzi d’informazione pubblicassero articoli in cui si afferma che qualsiasi calo economico sarà probabilmente molto lieve o, comunque, temporaneo.

Le università non si preoccupano dei problemi: sono il loro pane per vivere. Vogliono, però, che i problemi siano considerati come risolvibili: così offriranno ai loro studenti opportunità di lavoro verosimilmente ben pagato.

Una situazione su un orizzonte di breve termine ed irrisolvibile non porterebbe invece alcuna utilità.

 Alla radice del cattivo andamento del sistema c’è un problema di fisica.

 Il funzionamento dell’economia – nell’attuale assetto – richiede energia del tipo corretto per ogni singolo scopo e nella giusta quantità.

L’economia è un sistema che cresce attraverso la “dispersione” dell’energia.

Ovvio, no?

 Esempi di funzionamento per dissipazione d’energia sono la digestione del cibo finalizzata a fornire energia agli esseri umani, la combustione fossile e l’uso dell’elettricità per alimentare una lampadina.

Un aumento della crescita dell’economia mondiale è quindi fortemente correlato al consumo energetico mondiale.

 Il calo del consumo di energia è, facile intuirlo, si associa alla contrazione economica.

Il futuro dell'energia

Vi è Correlazione tra il PIL mondiale misurato in “Purchasing Power Parity” (PPP) 2017 ed il consumo mondiale di energia, inclusi combustibili fossili e rinnovabili.

 Il PIL è quello riportato dalla Banca Mondiale dal 1990 al 2021 a partire dal 26 luglio 2022;

 il consumo totale di energia è quello riportato da “BP” nella sua Revisione statistica dell’energia mondiale del 2022.

 

Se la vediamo quindi dal punto di vista della fisica, l’economia mondiale è una struttura dissipativa, proprio come lo sono tutte le piante, gli animali e gli ecosistemi.

Il punto è che, per i più ostinati sarà difficile accettarlo: tutte le strutture dissipative hanno infatti durate limitate, inclusa l’economia mondiale.

Questa “scoperta” non è molto “diffusa”: sembra che i ricercatori accademici preferiscano infatti operare in torri d’avorio.

Quelli nei dipartimenti economici dovrebbero invece comprendere meglio la fisica e come si applica all’economia.

Per correttezza verso il mondo accademico, bisogna puntualizzare che la “scoperta” della natura dissipativa dell’economia è avvenuta solo nel 1996.

Ci vuole molto tempo prima che i risultati vengano filtrati da un dipartimento all’altro:

anche adesso ci sono poche persone al mondo che scrivono di questo problema. Forse temono ciò possa turbare i più “delicati di stomaco”.

Inoltre, non ci si aspetterebbe che gli studiosi di economa apprendano la storia delle molte civiltà, più piccole e più localizzate, che sono crollate nel passato.

Generalmente, la popolazione di queste civiltà è aumentata nello stesso momento in cui le risorse da essa utilizzate hanno iniziato a degradarsi.

 L’uso della tecnologia, come le dighe per reindirizzare i flussi d’acqua, può aver aiutato per un po’, ma alla fine non è stato sufficiente.

La combinazione della diminuzione della disponibilità di risorse di alta qualità e l’aumento della popolazione lasciava a queste civiltà uno scarso margine per affrontare i momenti di difficoltà inattesi.

In molti casi, queste civiltà sono crollate dopo epidemie di malattie, un’invasione militare o una fluttuazione climatica che ha portato a una serie di mancati raccolti.

 Molte persone sono state disorientate da luoghi comuni che creano malintesi – più o meno voluti od interessati – su come funziona davvero un’economia.

I modelli economici standard implicano che l’economia possa continuare a crescere senza un corrispondente aumento dell’approvvigionamento energetico.

Quando i modelli economici sono progettati solo con lavoro e capitale come input principali, si considera l’approvvigionamento energetico come ininfluente (o, alternativamente, si considerano le fonti energetiche infinite).

 La gente sembra comprendere che la legislazione che limita gli affitti degli appartamenti disincentiverà/fermerà la costruzione di nuovi appartamenti, ma non fa lo stesso collegamento logico quando si tratta di misure adottate per contenere i prezzi dei combustibili fossili.

Se vengono fatti sforzi per abbassare i prezzi dei combustibili fossili (come aumentare i tassi di interesse o utilizzare petrolio delle riserve petrolifere USA per aumentare l’offerta totale di petrolio), è difficile che la loro estrazione non ne risenta negativamente.

Ad esempio, l’Arabia Saudita non sta utilizzando i recenti profitti record per aumentare rapidamente la capacità estrattiva ad un livello che sembrava essere ottimale solo pochi anni fa.

Le analisi suggeriscono che i Sauditi hanno bisogno di prezzi leggermente superiori a $100 al barile per accrescere economicamente l’estrazione petrolio rimanente nel Paese.

 Ciò sembrerebbe contraddire i dati pubblicati relativi alle ampie riserve disponibili che, teoricamente, dovrebbero riflettersi nel livello dei prezzi correnti.

Reuters riporta che il Venezuela si è rimangiato la sua promessa di inviare più petrolio in Europa, nell’ambito di un accordo di scambio petrolio versus debito.

 Ha infatti chiesto come controparte, per onorare gli impegni, lo scambio con prodotti petroliferi raffinati, non avendo il Paese la capacità di realizzare prodotti finiti partendo dal petrolio che estrae.

Sarebbero infatti necessari prezzi molto più elevati rispetto agli attuali, e per un periodo assai più lungo rispetto alle previsioni, affinché il Venezuela possa essere in grado di investire economicamente in infrastrutture di raffinazione.

Il Venezuela ha le riserve petrolifere più alte al mondo (303,8 miliardi di barili), anche superiori ai 297,5 miliardi di barili dichiarati dall’Arabia Saudita, ma nessuno dei due paesi può, ai prezzi attuali, aumentare l’offerta conseguendo almeno il pareggio fra costi complessivi e ricavi.

Allo stesso modo, i produttori di “shale oil” statunitensi non stanno investendo per accrescere la produzione, nonostante il livello dei prezzi attuali appaia sufficiente a raggiungere il “break-even”.

Perché?

Ci sono semplicemente troppi problemi: il costo del nuovo investimento per ubicazioni diverse dagli “sweet spot” già attivati ed in produzione, è molto alto; inoltre, non vi è alcuna garanzia che il prezzo rimanga sugli attuali livelli;

vi sono poi anche problemi con le supply chain del settore, come la disponibilità di tubi di perforazione in acciaio appropriati e sabbia da fratturazione.

Non stupisce quindi che ci sia poca voglia di investire nel settore ma …. se pochi investono l’offerta tende a restringersi e, domanda delle cento pistole, cosa succederà a quantità e prezzi?

A voi la risposta!

 Le informazioni pubbliche indicano l’esistenza di un’enorme quantità di combustibili fossili ancora da estrarre, dato il livello odierno della tecnologia.

Se assumiamo che la tecnologia però migliorerà progressivamente in futuro, è corretto credere che i limiti di estrazione dei combustibili fossili non verranno sicuramente raggiunti per diversi secoli.

Dato il meccanismo di funzionamento dell’economia moderna, il limite di estrazione è oggi principalmente un problema di accessibilità economica:

di prezzi che raggiungono almeno il “break-even” per il produttore senza essere proibitivi per il consumatore.

Se il costo d’estrazione aumenta troppo, rispetto a quanto il pubblico in tutto il mondo può spendere (in quota del reddito), la produzione si ferma perché la domanda (vincolata da ciò che le “persone possono permettersi”) diventa troppo bassa.

Il pubblico tenderà a ridurre le spese discrezionali, come le vacanze e i pasti nei ristoranti, riducendo ancora la domanda di combustibili fossili.

Non è generalmente ben compreso il funzionamento della “domanda”:

 tra pubblico e ricercatori è diffusa la convinzione che la domanda di prodotti energetici rimarrà elevata per un tempo indefinito.

Una quota sorprendentemente ampia della domanda aggregata è composta da prodotti di prima necessità come il cibo e l’acqua, oltre a servizi di base come scuole, strade ed autobus.

Le persone povere domandano questi beni e servizi di base allo stesso modo, se non in misura maggiore, delle persone ricche.

 Ci sono letteralmente miliardi di poveri nel mondo e, se i salari dei poveri sono troppo bassi rispetto a quelli dei ricchi, il sistema non può funzionare.

Perché?

Perché i poveri scoprono che devono spendere quasi tutto il loro reddito per cibo, acqua e alloggio.

Di conseguenza, rimane una quota marginale per pagare le tasse che sostengono i servizi governativi di base.

 Inoltre, senza un’adeguata domanda da parte dei poveri – che sono la maggioranza delle teste – i prezzi delle materie prime tendono a scendere su livelli troppo bassi per incoraggiare il reinvestimento da parte dei produttori, cosa che – progressivamente – riduce la base produttiva rendendo l’offerta meno ampia e meno elastica.

 

I maggiori utilizzatori di combustibili fossili sono gli utenti commerciali ed industriali.

Il gas naturale viene, ad esempio, spesso utilizzato nella produzione di fertilizzanti azotati.

Se il prezzo del gas naturale sale improvvisamente su livelli elevati, il prezzo del fertilizzante aumenterà più di quanto gli agricoltori siano disposti a pagare per i fertilizzanti.

Gli agricoltori ridurranno allora l’uso di fertilizzanti, riducendo però le colture e quindi i raccolti.

I costi degli agricoltori si abbasseranno ma ci saranno anche meno raccolti disponibili per i consumatori, aumentando quindi – indirettamente – i prezzi alimentari nel complesso.

Una relazione che gli econometrici non definiscono esplicitamente nei loro modelli.

I lock-down del 2020 dimostrano come i governi possano di fatto stimolare la domanda (e quindi i prezzi) di prodotti energetici inviando assegni ai cittadini.

Questo approccio sembra però produrre inflazione piuttosto che stimolare una maggiore produzione di energia.

Inoltre, i paesi senza risorse energetiche proprie in questo frangente potrebbero registrare un deprezzamento delle loro valute rispetto al dollaro USA.

 Non è vero che i diversi tipi di energia possono essere facilmente sostituiti l’uno con l’altro.

Nei modelli dei mercati dei prodotti energetici, come nel caso del calcolo del “rendimento energetico per unità di energia investita”, rimane viva la credenza popolare che tutta l’energia sia sostituibile con altra energia.

Questo non è vero, specie se si considerano tutti gli aspetti transizione verso le energie rinnovabili e cd. “pulite” nonché dell’energia necessaria per rendere possibile tale transizione.

Ad esempio, l’elettricità intermittente, come quella generata da turbine eoliche o pannelli solari, non sostituisce perfettamente l’elettricità di fonte fossile che riesce a soddisfare con continuità il carico domandato dalla rete.

 L’elettricità intermittente non sempre è disponibile quando le persone ne hanno bisogno: può avere dei periodi di stasi anche prolungati.

 Ad esempio, l’elettricità generata dal vento può, alle volte, essere bassa per più di un mese.

Nel caso dell’energia solare, è necessario accumulare energia elettrica sufficiente durante i mesi estivi per utilizzarla d’inverno.

Una persona ingenua potrebbe presumere che l’aggiunta di alcune ore di batteria di riserva risolva i problemi di intermittenza, ma questa soluzione è in realtà assolutamente insufficiente ed inadeguata.

Se le persone non vogliono congelare al buio in inverno, sono necessarie soluzioni a lungo termine.

Un approccio standard consisterebbe nell’utilizzare un sistema di combustibili fossili per colmare le lacune quando l’eolico e il solare non sono disponibili.

Il problema, quindi, è che il sistema di fornitura di combustibili fossili deve comunque coprire l’intero periodo annuale, con personale qualificato, condutture adeguate e uno stoccaggio sufficiente di carburante.

 Un modellatore deve considerare la necessità di costruire un intero sistema su un “doppio binario” – fossile e non fossile – invece di un unico sistema (non fossile).

 

A causa di problemi di intermittenza, l’elettricità eolica e solare sostituiscono solo i combustibili (carbone, gas naturale, uranio) che fanno funzionare il nostro attuale sistema.

 Le pubblicazioni spesso considerano il costo dell’elettricità intermittente considerato a “parità di domanda in rete” ed il suo costo per unità di energia elettrica utilizzata viene fatto corrispondere al costo unitario complessivo dell’elettricità, in realtà così facendo si stanno confrontando “mele con pere”.

Il confronto deve essere fatto considerando il costo medio del combustibile utilizzato dagli impianti e non i prezzi dell’elettricità applicati all’utilizzatore finale.

Un’altra ipotesi popolare è che l’elettricità possa sostituire tutti i combustibili liquidi attualmente utilizzati.

Ad esempio, in teoria, ogni pezzo di macchina agricola potrebbe essere riprogettato e costruito per funzionare con l’elettricità, piuttosto che grazie – ad esempio – al diesel, comunemente usato oggi.

Il problema è che ci sarebbe bisogno di un numero enorme di batterie disponibili, e della collegata capacità di successivo smaltimento, una volta si siano esaurite, affinché questa transizione funzioni.

Ci sarebbe anche bisogno di fabbriche per costruire tutte queste nuove apparecchiature.

Avremmo bisogno di un sistema di commercio internazionale che funzioni straordinariamente bene (al netto dei problemi geopolitici), per reperire tutte le materie prime.

 Inoltre, probabilmente non ci sarebbero comunque abbastanza materie prime per poter far funzionare un sistema così pervasivo e complesso.

 C’è molta confusione sui prezzi attesi del petrolio e di altri prezzi dell’energia, necessari affinché un’economia raggiunga i limiti energetici.

 

Questo problema è strettamente correlato al punto sopra riportato, che riguarda la confusione su come funziona la domanda di energia.

Un presupposto comune tra gli analisti è che “ovviamente” i prezzi del petrolio aumenteranno, man mano che i limiti si avvicinano. Questa ipotesi si basa sulla curva di domanda e offerta standard utilizzata dagli economisti.

Il futuro dell'energia.

Una Curva di domanda e offerta economica standard utilizzata da Wikipedia. Descrizione di come funziona questa curva:

Il prezzo P di un prodotto è determinato da un equilibrio tra la produzione a ciascun prezzo (offerta S) e dai desideri di chi ha potere d’acquisto a ciascun prezzo (domanda D).

Il diagramma mostra uno spostamento positivo della domanda da D1 a D2, con conseguente aumento del prezzo (P) e della quantità venduta (Q) del prodotto.

Il problema è che la disponibilità di prodotti energetici a basso costo influisce molto sia sulla domanda che sull’offerta.

 Molti lavori che pagano bene (domanda di elettricità) sono richiesti solo se per svolgerli possono essere utilizzati prodotti energetici a costo relativamente contenuto (offerta di elettricità).

Ad esempio, i chirurghi oggi eseguono la chirurgia robotica, richiedendo, come minimo, una fonte stabile di elettricità per ogni operazione.

Inoltre, le apparecchiature utilizzate nell’ambulatorio sono realizzate utilizzando combustibili fossili.

 I chirurghi usano anche prodotti anestetici che richiedono combustibili fossili. Senza l’attrezzatura avanzata di oggi, i chirurghi non sarebbero in grado far pagare i corrispettivi richiesti per i loro servizi.

Pertanto, non è chiaro se la domanda o l’offerta tenderebbero a diminuire più rapidamente, se l’offerta di energia dovesse raggiungere dei limiti: potrebbe scomparire la domanda.

 Sappiamo che la Bibbia (Apocalisse 18:11-13) fornisce un elenco di un certo numero di merci, compresi gli esseri umani venduti come schiavi, per i quali i prezzi sono scesi molto in basso al tempo del crollo dell’antica Babilonia.

Ciò suggerisce che almeno in qualche occasione durante i crolli precedenti di civiltà, il problema era che la domanda era troppo bassa (e quindi i prezzi troppo bassi), invece che la fornitura – l’offerta – di energia (lavoro umano degli schiavi).

L’Agenzia internazionale per l’energia e i politici di tutto il mondo hanno raccomandato una transizione all’uso dell’energia eolica e solare per cercare di prevenire il cambiamento climatico per diversi anni.

Questo approccio sembrava avere l’approvazione sia di coloro preoccupati per l’eccessiva combustione di combustibili fossili che causa il cambiamento climatico, sia di quelli preoccupati per la quantità insufficiente di energia da combustibili fossili che causa il collasso economico.

Viene mostrata una stima approssimativa di come potrebbe apparire il calo dell’offerta di energia sotto il rapido passaggio alle energie rinnovabili proposto dai politici.

Il futuro dell'energia.

Esiste la Stima del consumo energetico mondiale dal 1820 al 2050.

Importi per i primi anni basati sulle stime nel libro di Vaclav Smil  Energy Transitions: History, Requirements and Prospects e BP  2020 Statistical Review of World Energy per gli anni dal 1965 al 2019.

Il consumo di energia per il 2020 è stimato essere inferiore del 5% rispetto a quello del 2019.

Si presume che l’energia per gli anni successivi al 2020 diminuirà del 6,6% all’anno, in modo che l’importo raggiunga un livello simile alle rinnovabili solo entro il 2050.

Gli importi indicati includono un maggiore utilizzo di prodotti energetici locali (legno e sterco animale).

Se una persona coglie la forte connessione tra consumo di energia ed economia, un calo così rapido della fornitura di energia tradizionale dovrebbe preludere ad un collasso economico.

L’obiettivo dei politici sembra essere quello di impedire ai cittadini di capire quanto sia davvero terribile la situazione, riformulando la narrativa del calo dell’approvvigionamento energetico, presentandolo come il mezzo, voluto da politici ed economisti, per cercare di prevenire il cambiamento climatico, perseguendo così il bene delle generazioni future.

I ricchi e i potenti possono inoltre vedere in questo cambiamento qualcosa di positivo perché fornisce l’opportunità di trarne profitto.

 La scarsità di energia, favorisce, per ragioni si può dire di fisica, disparità salariali e di ricchezza crescenti.

Gli individui ricchi leggono un simile risultato positivamente: possono infatti trarne profitto personale.

Ad esempio, Bill Gates ha accumulato circa 270.000 acri di terreno agricolo negli Stati Uniti, compresi i terreni agricoli appena acquistati nel North Dakota.

Inoltre, i politici si rendono conto che se possono orientare i cittadini verso un minore consumo di energia allora sono in grado di esercitare un maggiore controllo sulle popolazioni.

 Ad esempio, i conti bancari possono essere collegati a un qualche tipo di punteggio di credito sociale.

 I politici spiegheranno che questo è per il bene delle persone, per prevenire la diffusione di malattie o per evitare che gli “indesiderabili” utilizzino troppe risorse disponibili.

 

Un modo per ridurre drasticamente il consumo di energia è imporre lock-down o fermi di attività in un’area, ad esempio per prevenire la diffusione del Covid-19, come ha fatto di recente la Cina.

Questi possono essere spiegati come necessari per fermare la diffusione della malattia ma possono anche aiutare a nascondere altri problemi, come ad esempio la mancanza di combustibile sufficiente per prevenire i continui blackout d’elettricità.

 Stiamo vivendo un periodo davvero insolito, con un grave problema energetico nascosto alla vista.

I politici non possono dire al mondo quanto sia grave la situazione energetica.

 Il problema dei limiti energetici a breve termine è noto almeno dal 1956 ( M. King Hubbert ) e dal 1957 ( Hyman Rickover).

Il problema è stato confermato nella modellazione del mercato energetico realizzata per il libro del 1972, “The Limits to Growth” di D. Meadows e altri.

 

La maggior parte dei politici di alto livello è consapevole del problema dell’approvvigionamento energetico, ma non può assolutamente parlarne.

Invece, scelgono di parlare di cosa accadrebbe se all’economia fosse permesso di andare avanti senza limiti e di quanto gravi potrebbero essere le conseguenze climatiche di ciò.

 I militari di tutto il mondo sono senza dubbio ben consapevoli del fatto che non ci saranno abbastanza rifornimenti di energia, anche per muovere i loro mezzi.

Ciò significa che il mondo sarà in una competizione per accaparrarsi le risorse.

In un contesto para-bellico, non c’è da sorprendersi se le comunicazioni sono attentamente controllate e che le opinioni, che possiamo aspettarci di sentire ad alta voce e ripetutamente, sono quelle che i governi e le persone influenti vogliono che i cittadini comuni sentano.

Epilogo: l’Europa non ha alternative reali al gas russo: l’ex EVP di Aramco.

Di questo quadro arrivano conferme indirette.

Tra le tante, l’ex vicepresidente esecutivo della “Saudi Aramco”, Sadad Al-Husseini, in agosto aveva dichiarato, alla CNBC, che:

Gli Stati Uniti non hanno la capacità di “GNL” per sostituire le esportazioni russe in Europa”, osservando che le bollette elettriche in tutta l’UE sono destinate a salire questo inverno.

Non ha invece commentato la rivendita da parte della Cina di GNL russo in Europa.

Secondo Al-Husseini, la mancanza di forniture disponibili potrebbe portare a seri problemi sul mercato energetico globale.

 “La situazione attuale è un mondo nuovo e non molto favorevole per l’energia”, ha avvertito.

“In ogni caso, non c’è abbastanza capacità di GNL nel mondo per compensare le esportazioni russe in Europa”, ha aggiunto l’ex dirigente, aggiungendo che “ci vorranno anni prima che l’UE trovi le risorse per sostituire la fornitura russa.”

Ha anche affermato che mentre la Russia potrebbe perdere l’Europa come mercato finale, ci sono “molti mercati alternativi” per l’energia russa, tra cui Cina, Giappone o India, che si fanno beffe delle sanzioni occidentali, rendendosi conto che l’amministrazione Biden è sempre più sdentata nel punire i trasgressori delle sanzioni.

Nel frattempo, l’Europa non ha fonti di energia alternative, ha affermato, “mentre gli Stati Uniti sono già al massimo dello sfruttamento economicamente possibile, il Nord Africa ha problemi” e anche l’OPEC sta esaurendo la capacità inutilizzata.

 “Quindi, è un problema globale”, ha concluso.

Il funzionario ha suggerito che, mentre l’economia russa potrebbe soffrire per le sanzioni occidentali, il resto del mondo soffrirà con loro, sottolineando però che “la Russia potrebbe riprendersi molto prima dell’Europa”.

Intanto i media di stato e/o allineati (mainstream) propinano narrazioni della realtà addomesticate ed edulcorate, facendo leva sul fatto che il tempo e gli impegni della vita quotidiana spazzeranno via le incongruenze della loro narrazione che, inevitabilmente, con il tempo emergono.

Così come le onde marine spazzano via le orme sulla sabbia della battigia.

Già la consapevolezza di ciò è tuttavia un passo in avanti per il pubblico che solo apparentemente non può fare nulla:

ricordiamoci che se i movimenti di opinione crescono iniziano ad incidere sulla realtà e da qualche parte bisogna pur cominciare.

(Fabrizio Russo)

 

 

 

 

Le cose vanno male.

Unz.com - ISRAEL SHAMIR – (11 OTTOBRE 2021) – ci dice:

Una coincidenza interessante:

l'inizio di ottobre ha inaugurato una doppia crisi: il primo crollo di Internet e il fallimento finale della Green Economy.

I dipendenti di Facebook hanno usato seghe e asce per entrare nei loro luoghi di lavoro, perché le porte intelligenti si sono ostinatamente rifiutate di cedere la strada e i loro badge avevano perso il loro tocco magico.

Sembra che i problemi di Internet siano stati avviati da alcune forze sconosciute al di fuori di Facebook.

Queste forze hanno accesso al funzionamento interno di Internet.

 Forse era militare; o alcuni oscuri tecnici che custodiscono i segreti di Internet.

Hanno dimostrato il loro potere: anche il dominio di Facebook è stato messo in vendita.

Mark Zuckerberg non poteva farlo, mi è stato detto.

Era una minaccia da ricattatore alla finanza globale?

O un tentativo di deviare le audizioni del Congresso? Forse era una semplice dimostrazione di nudo potere.

 

Allo stesso tempo, il primo colpo dell'inverno ha rivelato l'incapacità dell'energia verde di riscaldare le nostre case e dare energia all'industria.

La natura ha dimostrato le sue capacità: all'improvviso, i venti europei si sono rifiutati di muovere le turbine.

Una calma insolita si stabilì a nord, come se i venti fossero confinati da Eolo nella sua borsa.

 I prezzi dell'energia sono saliti alle stelle.

L'eccellente futuro pianificato per l'umanità, tutto digitale, basato su Internet e privo di resti fossili, non si è materializzato.

Invece di continuare la nostra marcia verso la terribile “New Normal”, siamo tornati alla nostra fastidiosa ma familiare normalità quando le cose sono andate male.

 Il cappello da cowboy di Big Tech era troppo grande per la sua testa.

Per fortuna, questa disgrazia avvenne ben prima che l'intera umanità fosse stata trascinata in eleganti abitazioni riscaldate dal vento malizioso.

Altrimenti, lo scorso fine settimana avrebbe potuto essere la fine dell'Homo Sapiens:

 ci saremmo congelati fuori, impossibilitati persino a passare attraverso le porte intelligenti.

Una crisi energetica combinata con un fallimento di Internet è molto pericolosa.

Perché non incontriamo gli extraterrestri?

Ecco una possibile risposta:

ogni civiltà sapiente distrugge sé stessa prima di raggiungere la capacità di avventurarsi verso le stelle.

Le creature intelligenti tendono a sopravvalutare le loro capacità di pensiero; Invece di attenersi a tecnologie conosciute e implementare piccoli miglioramenti, vogliono fare un enorme balzo in avanti.

I risultati sono cupi, come apprendiamo ora.

Si scopre che ignorare le porte intelligenti richiede un'ascia robusta;

Forse la politica verde e i politici verdi dovrebbero essere sottoposti alla stessa soluzione.

Alcuni prezzi dell'energia sono incompatibili con la vita umana.

Il “Green New Deal” si è rivelato una fantasia donchisciottesca. Non siamo pronti a passare a fonti di energia futuristiche.

 Non ora, comunque.

Potremmo anche smettere di chiamare petrolio, gas e carbone con questo nome "fossile": sono combustibili combustibili.

La guerra ai combustibili, guidata dal Rockefeller Fund e a cui si unirono giovani futuristi, ebbe un enorme successo, forse troppo successo per il suo bene.

L'Europa e il Nord America, così come la Cina e la Russia hanno dichiarato il loro desiderio di raggiungere un mondo senza carbonio.

L'opinione contraria, vale a dire che il cambiamento climatico causato dall'uomo, ovvero il riscaldamento globale, è stata ufficialmente vietata.

La Cina è stata la prima a fare inversione di marcia.

 Stavano già smantellando le miniere di carbone nella Mongolia Interna quando hanno scoperto che avevano bisogno di energia per alimentare le loro centrali.

Sorprendenti!

Ora sono in emergenza nazionale in inverno, costretti a riattivare le miniere di carbone messe fuori servizio.

La preparazione della crisi è stata la chiusura delle miniere di carbone in Mongolia per ragioni politiche globaliste, e il completamento della crisi è stato fermare l'importazione di carbone australiano per una disputa politica.

Apparentemente, i leader cinesi erano stati persuasi che il clima sta rapidamente diventando più caldo e che il Green New Deal significa che non devono più alimentare le loro fabbriche e riscaldare le loro case.

Si è scoperto che i globalisti erano prematuri e stanno tornando a soluzioni energetiche collaudate.

Tuttavia, l'Europa è testarda.

Gli europei sono convinti che non ci sia altra via;

Devono rinunciare ai soliti combustibili e passare a quelli "puliti".

Anche se morissero congelati, si attengono all'energia pulita.

Alla leader del partito verde tedesco “Annalena Baerbock” è stato chiesto dove avrebbe preso energia se i venti fossero stati calmati e il sole fosse stato coperto dalle nuvole? (È successo questo settembre).

L'elettricità continuerà a provenire dalle prese;

Ma sarà elettricità a emissioni zero, ha detto.

"Da dove dovrebbe venire l'elettricità?

Naturalmente, più lontano dalla presa e, naturalmente, più lontano dalle fabbriche, attraverso le linee elettriche che abbiamo.

Ma questa elettricità deve essere climaticamente neutra in futuro".

Non sembra capire che ci vuole energia per creare elettricità.

I Verdi sono ben intenzionati, ma indottrinati e supponenti.

 In Ghost Busters (1984), un attivista verde interrompe l'elettricità al quartier generale di Ghostbusters e il disastro si abbatte su New York City.

Allo stesso modo, i Verdi stanno attivamente distruggendo le tradizionali forniture energetiche dell'Europa.

Probabilmente segnerà la fine del “Green Deal”; Cioè, una volta che le persone capiscono che questo è un corso suicida.

Recentemente, il gas naturale, una comoda fonte di energia, è stato sottoposto a forti aumenti dei prezzi a causa di manipolazioni puramente politiche.

Invece di pagare così tanto, i tedeschi potrebbero usare il gas naturale russo.

I russi hanno completato la posa del Nord Stream 2, un gasdotto per il gas naturale che porta direttamente in Germania.

Se diventasse operativo, il prezzo del gas naturale scenderebbe e il popolo tedesco sarà caldo il prossimo inverno.

Ma prima, “NS 2” deve essere concesso in licenza; deve soddisfare alcune condizioni politiche stabilite qualche tempo fa per impedire alla “NS 2” di fornire gas a basso costo.

 I politici chiedono che il gasdotto abbia più di un proprietario, perché è stato costruito dalla russa Gazprom.

 Inoltre, dicono che la Polonia e l'Ucraina devono essere autorizzate a esprimere le loro obiezioni prima che il gas russo a basso costo possa attraversare il confine tedesco.

Eppure Polonia e Ucraina sono concorrenti di Gazprom!

 Se dipende dal loro permesso, nessun gas arriverà mai attraverso “NS 2”;

 piuttosto continuerà ad essere consegnato a un prezzo molto più alto attraverso l'Ucraina e la Polonia fortemente anti-russe.

Putin ha rotto l'aumento dei prezzi del gas esprimendo la sua fiducia che il problema sarà risolto presto.

 Se avesse sottolineato che è tutt'altro che certo, il prezzo sarebbe rimasto alle stelle, portando ancora più dividendi agli investitori di Gazprom.

 Putin ha agito contro i suoi interessi (e quelli della Russia) per puro altruismo?

Beh, no.

Ma Putin vuole un business sano e sostenibile, che porti profitti stabili ogni anno; d'altra parte, i negoziatori tedeschi ed europei vogliono prezzi del gas naturale intollerabilmente alti, costringendo i cittadini a passare all'elettricità.

 La Russia potrebbe trarre molto profitto oggi, ma non ci sarebbe nulla per domani.

Putin preferisce avere clienti soddisfatti del gas in Europa.

Gli europei potrebbero avere energia più economica, sia per il riscaldamento che per la guida, ma i loro leader non lo permetteranno. Hanno deciso che i prezzi dell'energia saranno alti, molto alti;

quindi sentirai ogni grado di Centigrado / Fahrenheit in tasca.

Putin ha dichiarato che gli europei hanno sbagliato i calcoli quando hanno deciso di abbandonare i combustibili tradizionali.

Forse lo ha detto per gentilezza, perché non c'è il minimo dubbio: i leader europei e nordamericani sapevano che i carburanti "puliti" sono molto più costosi e molto meno affidabili, eppure lo hanno scelto.

Potrebbe essere spiegato dalla loro ostilità verso la Russia? Nessuno dei paesi benedetti dal gas naturale e dal petrolio (Iran, Venezuela, Russia) è alleato favorito dell'UE e del Regno Unito.

Sembra che i leader europei siano determinati a congelare tutte le case che vengono riscaldate dal gas naturale.

I regolatori britannici hanno respinto i piani di “Shell” per sviluppare il giacimento di gas del Mare del Nord e Shell non è una società russa o iraniana.

 La mia spiegazione: vogliono uccidere petrolio e gas; E non si preoccupano dei cittadini congelati.

Nel Regno Unito, le bollette del carburante aumenteranno di £ 400; Chi non può permetterselo, lo lasci soffrire.

Questa crisi energetica politica è mondiale.

Uno dei motivi sono gli enormi acquisti governativi di tecnologia solare ed eolica inaffidabile.

Un altro motivo: l'energia combustibile è sotto investita.

Per alcuni anni, le compagnie energetiche hanno creduto che non valesse la pena spendere soldi per i combustibili tradizionali; Gli è stato detto che i combustibili stanno per scomparire.

Ora forse ci ripenseranno.

Ora che ci rendiamo conto che abbiamo ancora bisogno di gas e petrolio, è meglio iniziare a investire in Russia perché questi prodotti si trovano solo nelle lontane terre artiche.

 Ci vuole tempo e denaro per sviluppare nuovi giacimenti di gas.

Il problema è che agli europei dell'est piace imbrogliare i russi.

Sanno che i russi sono odiati dalle élite degli Stati Uniti e dell'UE; Quindi credono che otterranno risultati migliori attraverso il contenzioso. Continuano a spostare i pali della porta per assicurarsi la vittoria.

I russi hanno iniziato a costruire “NS 2” alcuni anni fa;

 per contrastare questo sviluppo, la direttiva sul gas è stata applicata alla NS 2 nel 2020.

È stata una decisione particolare: la direttiva non esisteva quando i russi hanno iniziato a costruire il gasdotto.

Ma i leader dell'Europa orientale sono estremamente disonesti. L'avvocato generale” Michal Bobek” ha recentemente invitato la corte a modificare la sua decisione.

Lo farà o non lo farà?

 

Se l'UE non permetterà ai russi di gestire il gasdotto come meglio credono, forse gli europei non otterranno alcun gas naturale.

E poi, sarà questo inverno molto freddo che deciderà per gli europei.

La domanda è: preferiscono rimanere ben riscaldati, o preferiscono fregare i russi anche al prezzo del congelamento?

Anche i russi accettano l'idea del riscaldamento globale.

Pensano che all'interno del “Green New Deal”, saranno in grado di mostrare i loro talenti meccanici, la loro istruzione superiore.

 È più adatto a loro che vendere petrolio come fanno gli arabi sauditi. Tuttavia, è tutt'altro che certo che appariranno effettivamente posti di lavoro sofisticati.

 La Russia può essere piuttosto fredda, ma ha un grande vantaggio nei sistemi di riscaldamento nazionali costruiti nei giorni sovietici.

Fa più caldo negli appartamenti di Mosca che a Gerusalemme in inverno.

 In Israele, l'inverno è freddo; Mosca è migliore, come ho scoperto anni fa.

La Russia è assediata da Ucraina e Polonia, due stati vicini molto ostili, eppure Putin vuole ancora giocare con loro.

Con l'arrivo dell'inverno, molto presto vedremo se i regolatori persistono.

Alla fine di ottobre si terrà “la conferenza a Glasgow”; e vedremo quanto gli europei sono disposti a pagare per "salvare il clima".

(Israel Shamir)

 

 

 

L’economia mondiale messa

a dura prova: c’è aria di tempesta.

Leurispes.it - MARCO OMIZZOLO – (19 Dicembre 2022) – ci dice:

 

La crisi dell’economia mondiale.

Spira aria di tempesta per milioni di cittadini, di decine di paesi e sul futuro dell’Europa.

 La guerra in corso in Ucraina, l’insieme di speculazioni economiche e finanziarie che, a partire dalla fase pandemica, stanno colpendo duramente l’economia globale, il Covid con le sue variabili, hanno messo e mettono a dura prova alcune delle economie più solide del mondo come quella cinese;

le crisi politiche che ciclicamente investono i maggiori paesi europei e le stesse Istituzioni dell’Unione con il recente scandalo Qatargate, stanno compromettendo, nella parte occidentale del mondo, il sistema di produzione e di distribuzione di beni primari come quelli agricoli ed energetici, facendo correre l’inflazione i cui effetti sono pagati in prevalenza dal mondo del lavoro.

Le previsioni economiche del FMI.

Gli effetti sono già evidenti.

Nel corso dell’estate del 2022, infatti, il Fondo Monetario Internazionale aveva rivisto al ribasso le prospettive di crescita dell’economia mondiale con Stati che, nel corso di poche settimane, erano costretti a rivedere le proprie scorte, capacità di produzione e depositi, e con cittadini che hanno dovuto rivedere la propria possibilità di spesa e di investimenti.

Sul piano analitico, il FMI ha peraltro previsto il crollo di 2 punti percentuali del Pil mondiale per il prossimo 2023.

Si tratta di una percentuale nettamente superiore rispetto a quella del 2008 determinata dalla crisi dei subprime e dal crollo della nota banca d’affari Lehman Brothers.

Per comprendere ciò che questo significa, è opportuno tradurre il dato del FMI espresso in percentuali in una cifra immediatamente chiara anche per i non addetti ai lavori.

Due punti di Pil mondiale in meno, significa infatti una contrazione di circa 1.700 miliardi di dollari nell’arco del solo 2023, pari all’intero Prodotto interno lordo di un paese membro del G8 come il Canada.

Questo scenario sembra contraddire alcuni indicatori economici positivi registrati nella fase immediatamente successiva alla fase più dura della pandemia.

In realtà, il rilancio economico registrato in quel periodo era riconducibile ad alcune variabili che avevano agito da traino per l’economia mondiale, italiana compresa:

la produzione e la distribuzione dei vaccini di nuova generazione, l’innovazione digitale avviata in gran parte dell’imprenditoria occidentale e in particolare in quella dell’area mediterranea, il telelavoro, vincoli di dipendenza oraria meno stringenti rispetto a quelli tradizionali che hanno contribuito ad aumentare la produttività, lo slancio psicologico derivante dal ritorno alla normalità per milioni di persone che ha significato una accelerazione dei consumi e degli investimenti.

I segnali latenti della crisi dell’economia mondiale.

Eppure, i segnali di una crisi economica erano presenti da tempo, basta ricordare le ripetute difficoltà di approvvigionamento di materie prime fondamentali per il sistema avanzato di produzione e di trasformazione, che in breve tempo ha interessato anche altri settori come quello fondamentale dei microprocessori.

Anche la chiusura di porti e il rallentamento dei collegamenti aerei hanno impattato in particolare sul flusso di merci a livello mondiale.

 Insomma, a fronte di un aumento della produttività e dell’improvvisa domanda di consumo di alcuni beni, era evidente una crisi incombente che è rimasta sullo sfondo del dibattito internazionale.

Non va dimenticato che, nel 2021, le nuove ondate pandemiche dovute alle diverse varianti di Covid, hanno colpito vari paesi con un impatto crescente ma in tempi diversi.

 Le conseguenze di questa crisi sanitaria sono sembrate inizialmente limitate e gestibili.

 In realtà, ad ogni nuova ondata una parte dell’economia mondiale entrava in sofferenza, determinando un effetto domino sotterraneo, tipico della società globale contemporanea, che investiva tutte le economie mondiali.

La crisi non ha colpito tutti in egual modo.

Non tutti però sono stati colpiti dalla crisi.

Alcune tra le maggiori multinazionali dei trasporti, ad esempio, hanno strategicamente trasformato il rallentamento dell’economia mondiale in un’occasione per realizzare profitti inaspettati mediante la contrazione della loro offerta di servizi con un improvviso aumento delle relative tariffe.

 Il “Freightos Baltic Index”, ad esempio, che indica il costo medio del trasporto di un container, passò da 1.400 dollari nel gennaio del 2020 (si consideri che il 20 settembre del 2020 si era alla parità perfetta tra dollaro ed euro) a 11.000 dollari nel settembre del 2021.

Significa che in appena 21 mesi si è registrato un rialzo di oltre il 780%.

Il trascorrere del tempo non ha migliorato la situazione ed infatti a metà settembre del 2022 si era ancora a 4.700 dollari, ossia ben al di sopra del valore raggiunto nella fase pre Covid.

La conseguenza si è abbattuta direttamente sui prezzi dei beni trasportati, con aumenti che hanno inciso sulla capacità di spesa e approvvigionamento per milioni di persone, italiani compresi.

Ragionamento analogo può essere fatto per i prezzi delle materie prime che a dicembre del 2021, ad esempio, secondo il Fondo Monetario Internazionale, superavano del 56% quelli del dicembre 2019.

La reazione degli Stati Uniti nello scenario di un’economia mondiale in difficoltà.

Ma come hanno reagito i governi dei paesi più potenti al mondo in quella specifica fase di crisi e allo stesso tempo di speculazione?

Gli Stati Uniti, in quelle circostanze, hanno difeso esclusivamente i propri cittadini, abdicando al ruolo di potenza economica mondiale.

La domanda interna del mercato statunitense, infatti, in quella specifica fase è aumentata grazie a politiche governative che puntavano direttamente a sostenerla e che non hanno avuto precedenti nella storia economica di quel paese, determinando come conseguenza un riorientamento dei flussi commerciali mondiali di beni delle grandi multinazionali in via prevalente in favore del mercato interno statunitense, bypassando le medesime domande proveniente da altri paesi, Europa compresa.

 I leader mondiali non erano affatto all’oscuro di questa situazione ma immaginavano, con grave sottovalutazione del quadro generale, che essa fosse temporanea e che, nel breve giro di qualche mese, tutto sarebbe tornato ai livelli conosciuti della fase pre Covid.

 

La posizione della Cina.

L’altra superpotenza economica mondiale, ossia la Cina, ha commesso anch’essa errori strategici fondamentali.

 La sua politica “Covid zero” è risultata fallimentare con l’evolversi del virus e in particolare della variante Omicron.

 La Cina, infatti, è passata dall’obiettivo “Covid zero” a misure sempre più restrittive per la sua popolazione in termini di attività sociali e lavorative per ampie regioni del suo territorio che hanno contribuito a rallentare l’economia cinese e quindi quella mondiale.

 Come gli Stati Uniti, anche la Cina ha pensato innanzitutto a risolvere i suoi problemi sanitari, economici ed occupazionali interni, senza volgere l’attenzione a ciò che stava accadendo nel resto del mondo, e a livello macroeconomico.

Il conflitto russo-ucraino e le ricadute sull’economia mondiale.

Anche l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia del febbraio 2022 ha comportato un’esplosione dei prezzi alla distribuzione e al consumo, in particolare delle materie prime e di quelle energetiche.

L’indice dei prezzi delle materie prime energetiche calcolato dal Fmi, infatti, è aumentato del 43% nel corso del primo semestre del 2022.

 Ad oggi, invece, esso risulta superiore rispetto alla fase pre-Covid del 162%.

Ovviamente si tratta di indici che riguardano l’economia generale che andrebbero ricalibrati sui singoli paesi.

 In Italia, si registra una perdita del potere di acquisto che rischia di associarsi, per l’effetto diretto sui salari delle famiglie più fragili, a crescenti tensioni sociali.

 I recenti scioperi sindacali e diffuse tensioni sociali sono un indice chiaro di una fibrillazione diffusa che rischia di manifestarsi a partire dai primi mesi del 2023.

La crisi attuale potrebbe colpire l’economia mondiale.

Il quadro generale peggiora ulteriormente se si pensa che due tra le più importanti istituzioni deputate a contrastare inflazione e speculazioni come la Banca Centrale Europea e la Fed, ossia la Riserva Federale degli Stati Uniti, stanno intervenendo con politiche monetarie restrittive le cui conseguenze saranno scontate, come ampiamente dimostrato dalla storia economica del secondo Novecento in Occidente, soprattutto dalle fasce più deboli della popolazione.

Lo stesso presidente della Fed, Jerome Powell, in un recente incontro mondiale tra i banchieri centrali di tutto il mondo, ha esplicitamente dichiarato che la crisi economica causerà gravi difficoltà a famiglie e imprese perché la gestione della crisi è affidata a politiche restrittive per ciò che riguarda il rinnovo dei contratti di lavoro, nel pieno rispetto della dottrina neoliberista, con lo scopo di calmierare il circolo vizioso “prezzi-salari”.

 Insomma, siamo seduti sul ciglio di un vulcano e sembriamo non rendercene conto.

A differenza della crisi dei subprime della fine del decennio scorso, che aveva colpito le economie avanzate e risparmiato quelle in via di sviluppo, consentendo ad esempio a quella cinese di accelerare in modo repentino a livello mondiale, quella attuale potrebbe colpire l’economia globale innescando scenari che potrebbero diventare, insieme ai conflitti in corso e alle crisi politiche che si rincorrono, davvero assai pericolose.

 

 

 

Il virus della disinformazione

una minaccia per l’Europa.

 Leurispes.it - MASSIMILIANO CANNATA – (24 Marzo 20239 – ci dice:

Disinformazione.

Essere giornalisti nell’era di” ChatGPT”:

un vasto orizzonte di nuove responsabilità e implicazioni emerge in questo momento storico denso di contraddizioni.

La libertà dell’informazione appare minacciata dallo strapotere delle piattaforme, mentre risulta sempre più difficile fare il cronista nell’affollata arena del web, dove vero e verosimile si mescolano in maniera inestricabile.

 Un interessante seminario, che si è svolto nella giornata dell’8 marzo a Roma “L’Europa alla sfida della disinformazione: #Giornalismo #IA #FakeNews” organizzato dall’Osservatorio Tutti Media e dalla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, ha affrontato questi temi destinati a pesare nell’immediato futuro.

Al centro del confronto la preoccupazione per il “virus” dilagante della disinformazione, rispetto al quale il miglior antidoto (su questo gli specialisti convenuti si sono trovati d’accordo) rimane, anche nel tempo di Internet, la qualità nell’esercizio della professione giornalistica e il controllo rigoroso e puntuale delle fonti.

Disinformazione una grave minaccia per la collettività.

«L’88% del pubblico che segue l’industria delle notizie per aggiornarsi e capire i segnali dell’attualità considera la disinformazione – ha commentato Carlo Corazza, direttore dell’ufficio del Parlamento EU in Italia ‒ come una grave minaccia per la collettività.

Un giornalismo robusto può servire ad attenuare il rischio, perché sono i buoni operatori dell’informazione le prime sentinelle della democrazia liberale».

Investire nella professionalità è dunque il fattore cruciale, se abbiamo a cuore i diritti universali, patrimonio inestimabile di ogni uomo.

Protagonisti del dibattuto sono stati gli specializzandi che frequentano” i Master in giornalismo della Lumsa e della Luiss”.

«Il ruolo delle nuove leve – ha sottolineato Antonio Parenti, capo della Rappresentanza italiana della Commissione Europea – oggi si carica di una importante dimensione etica.

 Individuare con perizia le fonti, privilegiando le più attendibili, vuol dire riaffermare quella funzione di critica e di controllo del potere che è compito del giornalista, da sempre “cane da guardia” della democrazia».

Quando parliamo di equilibrio tra i poteri, sono sempre in gioco i princìpi cardine su cui si regge il pavimento della civile convivenza, fa notare Agnese Pini direttore del Quotidiano Nazionale:

 «Il fatto che l’informazione con l’avvento della rivoluzione hi-tech non sia più elitaria, amplifica l’esigenza di educare tutti ad un uso corretto della strumentazione digitale di cui ormai tutti disponiamo con grande immediatezza».

Esiste un’ermeneutica della notizia (non stiamo parlando di un’astratta materia accademica ma di una capacità che un giornalista, un professionista deve possedere) che risulta decisiva nella costruzione del racconto giornalistico e che può contribuire a migliorare il discorso pubblico, troppo spesso superficiale quando non imbarbarito dall’assenza di visione del bene comune.

 A questo proposito è utile ricordare che «Informazione e comunicazione non sono la stessa cosa ‒ riprende l’analisi di Agnese Pini ‒ marcare questa differenza significa comprendere quanto sia importante la lettura critica di fatti ed eventi».

La media morfosi irrompe nel cambiamento d’epoca.

Il cambiamento d’epoca deve diventare, esso stesso, fenomeno di studio se non si vuole perdere la bussola di comprensione del presente.

 «L’arrivo dirompente di quello che gli studiosi definiscono “Large Language Modelling”, linguaggio sofisticato dell’Intelligenza artificiale e delle prime serie di “GPT di OpenAI”, con l’ingresso in campo di Microsoft e Google con “Bing” e “Bard”, segnala un salto quantico:

 non solo nel processo di trasformazione digitale, ma anche delle categorie epistemologiche e antropologiche», il parere di Derrick de Kerckhove, direttore scientifico di “Tutti Media”, allievo di McLuhan, filosofo e massmediologo di fama mondiale, celebre teorico dell’Intelligenza connettiva.

«Gli esseri umani stanno per delegare alle macchine la loro caratteristica distintiva, cioè il pensiero in tempo reale con parole e immagini.

Nella tempesta attuale si cerca, infatti, aiuto nell’ “IA” che si presenta come una soluzione per il controllo sulla verifica dei fatti, per la traduzione linguistica, per il reporting automatizzato e per la personalizzazione.

Le tecnologie però non sono ancora pronte o sufficientemente mature, perché non possono andare a sostituire la capacità e il senso critico del giornalista in quanto umano, come mi ha risposto anche lo stesso” ChatGP”.

 Quella descritta dal direttore scientifico di “Media Duemila” è una vera e propria “media morfosi”, che vede l’ingresso dell’algoritmo anche nelle redazioni.

Il giornalista è chiamato a non arretrare di un millimetro nel suo ruolo di mediatore, costretto, come spesso si trova, a regolare il traffico di notizie che corrono su piattaforme multicanale, che tendono a sfuggire a ogni verifica.

Anche se abbiamo l’impressione che le fonti si moltiplicano a ritmi vorticosi, bisogna ricordare che il fatto rimane nella sua unicità, lasciando al cronista la responsabilità di analizzarlo, sminuzzarlo, raccontarlo.

 Sovente, lo si sta vedendo molto bene in questo “annus horribilis” della guerra russo-ucraina:

 l’approvvigionamento delle notizie è inquinato fin dalle origini, le carte vengono mescolate, nella volontà di nascondere la verità.

 “Slow news”, “no news”, era l’adagio tradizionale ricordato da Michele Mezza nel recente saggio “Net-War” (ed. Donzelli), volto a sottolineare l’importanza del fattore tempo che insegue chi lavora con l’attualità, ricercando il nesso plausibile che lega gli accadimenti.

 La libertà, non deve mai mancare nella tessitura dell’informazione, perché è la libertà il “respiro” della democrazia come solennemente sancito dall’articolo 21 della Costituzione.

Oggi, si impone una riformulazione di quel detto, nella forma: “Slow analysis, no news”, il giornalista di domani sarà sempre più un analista, che si misura con “tecniche di cyber security”, muovendosi nell’orizzonte del digitale, si troverà a maneggiare una diversa sintassi, impegnato a proteggere fonti reali e virtuali, dalle insidie di hacker, capaci di giocare con gli eventi, di capovolgerli, proiettandoli in un “metaverso” di significati, difficili da interpretare.

La tecnologia è il messaggio.

Ma se la tecnologia è il messaggio, l’algoritmo, il vestito su misura che bisogna indossare, il senso critico del soggetto, la sensibilità che si sviluppa con il metodo dialettico e il confronto, quale destino avrà?

 «Informazione e disinformazione sono due facce della stessa medaglia», il parere di Gianni Riotta, direttore del “Master della Luiss” con un passato di inviato per la televisione e la carta stampata.

«Gli organismi europei riuniti a Roma sono impegnati nella battaglia contro la disinformazione ed è una buona notizia, peccato però che i fondi a loro dedicati siano stati dimezzati».

Una contraddizione intollerabile denunciata, in conclusione del dibattito, da Maria Pia Rossignaud, vicepresidente dell’Osservatorio Tutti Media e direttore responsabile di Media Duemila

«Non ci può essere futuro senza visone, nostro compito è quello di tracciare percorsi e pratiche di successo per i giornalisti e il mondo dei media».

La nostra speranza è che il messaggio forte, che questa giornata di studi ha voluto comunicare all’opinione pubblica, possa diventare priorità nell’agenda dei governi e di quelle élite cosmopolite che hanno in mano il destino del Pianeta.

 

 

 

Ecco dove Putin ha avuto ragione.

 Sabinopaciolla.com – Il blog di Sabino Paciolla-(18 Febbraio - 2023) – ci dice:

 

Di seguito vi propongo un importante, onesto e lucido editoriale su Putin e la guerra in Ucraina scritto da Stephen M. Walt, pubblicato su Foreign Policy.

Il Presidente russo Vladimir Putin ha sbagliato molte cose quando ha deciso di invadere l’Ucraina. Ha esagerato l’abilità militare del suo esercito.

Ha sottovalutato il potere del nazionalismo ucraino e la capacità delle sue forze armate, che sono in inferiorità numerica, di difendere il territorio nazionale.

 Sembra che abbia giudicato male l’unità dell’Occidente, la velocità con cui la NATO e altri paesi sarebbero venuti in aiuto dell’Ucraina e la volontà e la capacità dei Paesi importatori di energia di imporre sanzioni alla Russia e di liberarsi dalle sue esportazioni di energia.

Potrebbe anche aver sopravvalutato la volontà della Cina di sostenerlo: Pechino sta acquistando molto petrolio e gas russo, ma non sta fornendo a Mosca un sostegno diplomatico forte o un valido aiuto militare.

Se si mettono insieme tutti questi errori, il risultato è una decisione con conseguenze negative per la Russia che si protrarranno a lungo dopo l’uscita di scena di Putin.

 Comunque vada a finire la guerra, la Russia sarà più debole e meno influente di quanto sarebbe stata se avesse scelto una strada diversa.

Ma se siamo onesti con noi stessi – ed essere spietatamente onesti è essenziale in tempo di guerra – dovremmo riconoscere che il presidente russo ha anche avuto ragione di alcune cose.

Nessuna di queste giustifica la sua decisione di iniziare la guerra o il modo in cui la Russia l’ha condotta; semplicemente identificano gli aspetti del conflitto in cui i suoi giudizi sono stati finora confermati.

Ignorare questi elementi significa commettere gli stessi errori che ha commesso lui: sottovalutare l’avversario e interpretare male gli elementi chiave della situazione.

Dove ha avuto ragione?

L’amministrazione Biden sperava che la minaccia di “sanzioni senza precedenti” avrebbe dissuaso Putin dall’invasione e poi sperava che l’imposizione di queste sanzioni avrebbe strangolato la sua macchina bellica, scatenato il malcontento popolare e costretto Putin a invertire la rotta.

Putin è entrato in guerra convinto che la Russia fosse in grado di superare le sanzioni che avremmo potuto imporre, e finora ha avuto ragione.

L’appetito per le materie prime russe (compresa l’energia) è ancora sufficiente per mantenere in vita l’economia russa con solo un leggero calo del PIL.

Le conseguenze a lungo termine potrebbero essere più gravi, ma Putin aveva ragione nel ritenere che le sanzioni da sole non avrebbero determinato l’esito del conflitto per un bel po’.

In secondo luogo, Putin ha correttamente valutato che il popolo russo avrebbe tollerato costi elevati e che le battute d’arresto militari non avrebbero portato alla sua estromissione.

Può aver iniziato la guerra sperando che fosse rapida e poco costosa, ma la sua decisione di andare avanti dopo le battute iniziali – e alla fine di mobilitare le riserve e continuare a combattere – rifletteva la sua convinzione che la maggior parte del popolo russo avrebbe condiviso la sua decisione e che avrebbe potuto sopprimere qualsiasi opposizione che fosse emersa.

La mobilitazione di truppe aggiuntive può essere stata un po’ raffazzonata per i nostri standard, ma la Russia è stata in grado di mantenere grandi forze sul campo nonostante le enormi perdite e senza mettere a repentaglio la presa del potere di Putin.

Le cose potrebbero cambiare, naturalmente, ma finora gli è stato dato ragione anche su questo punto.

In terzo luogo, Putin ha capito che gli altri Stati avrebbero seguito i propri interessi e che non sarebbe stato universalmente condannato per le sue azioni.

 L’Europa, gli Stati Uniti e alcuni altri Paesi hanno reagito in modo netto e deciso, ma i principali membri del Sud globale e alcuni altri Paesi importanti (come l’Arabia Saudita e Israele) non hanno reagito.

La guerra non ha aiutato l’immagine globale della Russia (come dimostrano le votazioni sbilenche di condanna della guerra all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite), ma l’opposizione più tangibile è stata limitata a un sottoinsieme di nazioni del mondo.

La cosa più importante è che Putin ha capito che il destino dell’Ucraina era più importante per la Russia che per l’Occidente.

Nota bene: per la Russia non è assolutamente più importante di quanto lo sia per gli ucraini, che stanno facendo enormi sacrifici per difendere il loro Paese. Ma Putin è avvantaggiato rispetto ai principali sostenitori dell’Ucraina quando si tratta di essere disposto a sostenere costi e correre rischi.

 È avvantaggiato non perché i leader occidentali siano deboli, pusillanimi o vigliacchi, ma perché l’allineamento politico di un grande Paese vicino alla Russia è sempre stato più importante per Mosca di quanto non lo fosse per le persone più lontane, e soprattutto per gli individui che vivono in un Paese ricco e sicuro dall’altra parte dell’Oceano Atlantico.

Questa fondamentale asimmetria di interessi e motivazioni è il motivo per cui gli Stati Uniti, la Germania e gran parte del resto della NATO hanno calibrato le loro risposte con tanta attenzione e perché il Presidente americano Joe Biden ha escluso l’invio di truppe statunitensi fin dall’inizio.

 Ha capito (correttamente) che Putin poteva pensare che il destino dell’Ucraina valesse l’invio di diverse centinaia di migliaia di truppe per combattere e possibilmente morire, ma gli americani non la pensavano e non la penseranno allo stesso modo sull’invio dei loro figli e delle loro figlie per opporsi a loro.

Potrebbe valere la pena inviare miliardi di dollari di aiuti per aiutare gli ucraini a difendere il loro Paese, ma questo obiettivo non è abbastanza importante perché gli Stati Uniti mettano in pericolo le proprie truppe o corrano il rischio significativo di una guerra nucleare.

 Data questa asimmetria di motivazioni, stiamo cercando di fermare la Russia senza coinvolgere direttamente le truppe statunitensi.

Non si sa ancora se questo approccio funzionerà.

Questa situazione spiega anche perché gli ucraini – e i loro più accesi sostenitori in Occidente – si sono dati un gran da fare per collegare il destino del loro Paese a molte questioni non correlate.

Se li si ascolta, il controllo russo sulla Crimea o su qualsiasi porzione del Donbas sarebbe un colpo mortale all'”ordine internazionale basato sulle regole”, un invito alla Cina a impadronirsi di Taiwan, una manna per gli autocrati di tutto il mondo, un fallimento catastrofico della democrazia e un segno che il ricatto nucleare è facile e che Putin potrebbe usarlo per far marciare il suo esercito fino alla Manica.

 I sostenitori della linea dura in Occidente avanzano argomentazioni di questo tipo per far apparire il destino dell’Ucraina tanto importante per noi quanto per la Russia, ma queste tattiche allarmistiche non reggono nemmeno a un esame casuale.

Il futuro corso del XXI secolo non sarà determinato dal fatto che Kiev o Mosca finiscano per controllare i territori per i quali sono attualmente in lotta, ma piuttosto da quali Paesi controllano le tecnologie chiave, dai cambiamenti climatici e dagli sviluppi politici in molti altri luoghi.

Riconoscere questa asimmetria spiega anche perché le minacce nucleari hanno un’utilità limitata e perché i timori di ricatto nucleare sono fuori luogo.

Come ha scritto “Thomas Schelling” molti anni fa, poiché uno scambio nucleare è una prospettiva così temibile, la contrattazione all’ombra delle armi nucleari diventa una “competizione nell’assunzione del rischio”.

Nessuno vuole usare anche una sola arma nucleare, ma la parte che ha più a cuore una determinata questione sarà disposta a correre rischi maggiori, soprattutto se sono in gioco interessi vitali.

Per questo motivo, non possiamo scartare del tutto la possibilità che la Russia usi un’arma nucleare se sta per subire una sconfitta catastrofica, e questa consapevolezza pone dei limiti a quanto dovremmo essere disposti a spingerci.

Anche in questo caso, non perché i leader occidentali siano deboli o vigliacchi, ma perché sono ragionevoli e prudenti.

Questo significa che stiamo cedendo al “ricatto nucleare”?

Putin potrebbe usare queste minacce per ottenere ulteriori concessioni altrove?

 La risposta è no, perché l’asimmetria delle motivazioni ci favorisce quanto più egli cerca di spingersi oltre.

 Se la Russia cercasse di costringere altri a fare concessioni su questioni in cui sono coinvolti i loro interessi vitali, le sue richieste cadrebbero nel vuoto.

Immaginate Putin che chiama Biden e gli dice che potrebbe lanciare un attacco nucleare se gli Stati Uniti si rifiutassero di cedere l’Alaska alla Russia.

 Biden riderebbe e gli direbbe di richiamare quando sarà sobrio.

Le minacce nucleari coercitive di un rivale hanno poca o nessuna credibilità quando l’equilibrio di risolutezza ci favorisce, e vale la pena ricordare che né gli Stati Uniti né l’Unione Sovietica si sono mai impegnati in un ricatto nucleare di successo durante la lunga Guerra Fredda – anche contro Stati non nucleari – nonostante gli enormi arsenali a loro disposizione.

C’è un modo in cui questa situazione potrebbe cambiare, tuttavia, e non è un pensiero confortante.

Più aiuti, armi, intelligence e supporto diplomatico gli Stati Uniti e la NATO forniscono all’Ucraina, più la loro reputazione è legata al risultato.

Questo è uno dei motivi per cui il presidente Volodymyr Zelensky e gli ucraini continuano a chiedere forme di sostegno sempre più sofisticate: è nel loro interesse che l’Occidente sia legato il più possibile al loro destino. Non li biasimo affatto per questo; è quello che farei io al loro posto.

Sebbene le conseguenze sulla reputazione siano spesso esagerate, tali preoccupazioni possono far proseguire le guerre anche quando non sono in gioco interessi materiali vitali.

Nel 1969, Henry Kissinger capì che il Vietnam era di scarso valore strategico per gli Stati Uniti e che non c’era un percorso plausibile per la vittoria.

Ma insistette sul fatto che “l’impegno di 500.000 americani ha risolto la questione dell’importanza del Vietnam.

Ora si tratta di avere fiducia nelle promesse americane”.

Sulla base di questa convinzione, lui e il presidente Richard Nixon continuarono a coinvolgere gli Stati Uniti nella guerra per altri quattro anni, nella futile ricerca di una “pace con onore”.

 La stessa lezione può essere applicata all’invio di carri armati Abrams o F-16 in Ucraina: Più armi impegniamo, più diventiamo impegnati.

Purtroppo, quando entrambe le parti iniziano a pensare che i loro interessi vitali richiedano di infliggere una sconfitta decisiva all’avversario, porre fine alle guerre diventa più difficile e l’escalation più probabile.

Ripeto: niente di tutto ciò suggerisce che Putin abbia fatto bene a iniziare la guerra o che la NATO abbia sbagliato ad aiutare l’Ucraina.

 Ma Putin non ha sbagliato su tutto, e riconoscere ciò che ha fatto bene dovrebbe determinare il modo in cui l’Ucraina e i suoi sostenitori procederanno nei mesi a venire.

(Stephen M. Walt è editorialista di Foreign Policy)

 

 

 

A Mosca, Xi e Putin seppelliscono

la pax americana.

Unz.com - PEPE ESCOBAR – (22 MARZO 2023) – ci dice:

Ciò che è appena accaduto a Mosca non è altro che una nuova Yalta, che, per inciso, è in Crimea.

Ma a differenza dell'importante incontro del presidente degli Stati Uniti Franklin Roosevelt, del leader sovietico Joseph Stalin e del primo ministro britannico Winston Churchill nella Crimea gestita dall'URSS nel 1945, questa è la prima volta in probabilmente cinque secoli che nessun leader politico occidentale sta stabilendo l'agenda globale.

Sono il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin che ora gestiscono lo spettacolo multilaterale e multipolare.

 Gli eccezionalisti occidentali possono dispiegare le loro routine di piagnistei quanto vogliono:

 nulla cambierà l'ottica spettacolare e la sostanza sottostante di questo ordine mondiale in via di sviluppo, specialmente per il Sud del mondo.

Ciò che Xi e Putin si stanno preparando a fare è stato spiegato in dettaglio prima del loro vertice, in due editoriali scritti dagli stessi presidenti.

Come un balletto russo altamente sincronizzato, la visione di Putin è stata esposta nel “Quotidiano del Popolo” in Cina, concentrandosi su una "partnership legata al futuro", mentre quella di Xi è stata pubblicata sulla “Russian Gazzette” e sul sito web” RIA Novosti”, concentrandosi su un nuovo capitolo nella cooperazione e nello sviluppo comune.

Fin dall'inizio del vertice, i discorsi di Xi e Putin hanno spinto la folla della NATO in una frenesia isterica di rabbia e invidia:

la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha catturato perfettamente l'umore quando ha osservato che l'Occidente stava "schiumando alla bocca".

La prima pagina della “Russian Gazzette “di lunedì era iconica:

Putin in tour nella Mariupol' libera dai nazisti, chiacchierando con i residenti, fianco a fianco con l'editoriale di Xi.

Questa è stata, in poche parole, la risposta concisa di Mosca alla trovata del “Reaper MQ-9” di Washington e agli imbrogli della Corte penale internazionale (CPI).

"Schiuma alla bocca" quanto vuoi; La NATO è in procinto di essere completamente umiliata in Ucraina.

Durante il loro primo incontro "informale", Xi e Putin hanno parlato per non meno di quattro ore e mezza.

Alla fine, Putin ha personalmente scortato Xi alla sua limousine.                   Questa conversazione è stata il vero affare: mappare i lineamenti della multipolarità – che inizia con una soluzione per l'Ucraina.

Prevedibilmente, ci sono state pochissime fughe di notizie dagli sherpa, ma ce n'è stata una piuttosto significativa sul loro "scambio approfondito" sull'Ucraina. Putin ha educatamente sottolineato di rispettare la posizione della Cina – espressa nel piano di risoluzione del conflitto in 12 punti di Pechino, che è stato completamente respinto da Washington.

Ma la posizione russa rimane ferrea: smilitarizzazione, neutralità ucraina e sancire i nuovi fatti sul terreno.

Parallelamente, il ministero degli Esteri russo ha completamente escluso un ruolo per Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania nei futuri negoziati con l'Ucraina: non sono considerati mediatori neutrali.

Una trapunta patchwork multipolare.

Il giorno successivo è stato tutto incentrato sugli affari: tutto, dall'energia e dalla cooperazione tecnico-militare al miglioramento dell'efficacia dei corridoi commerciali ed economici che attraversano l'Eurasia.

La Russia è già al primo posto come fornitore di gas naturale per la Cina – superando Turkmenistan e Qatar – la maggior parte attraverso il gasdotto “Power of Siberia “di 3.000 km che va dalla Siberia alla provincia nord-orientale cinese di Heilongjiang, lanciato a dicembre 2019.  I negoziati sul gasdotto “Power of Siberia II” attraverso la Mongolia stanno avanzando rapidamente.

La cooperazione sino-russa nell'alta tecnologia andrà alle stelle: 79 progetti per oltre 165 miliardi di dollari.

 Tutto, dal gas naturale liquefatto (GNL) alla costruzione di aeromobili, alla costruzione di macchine utensili, alla ricerca spaziale, all'agroindustria e ai corridoi economici aggiornati.

Il presidente cinese ha esplicitamente detto di voler collegare i progetti della “Nuova Via della Seta all'Unione economica eurasiatica” (EAEU).

 Questa interpolazione BRI-EAEU è un'evoluzione naturale.

 La Cina ha già firmato un accordo di cooperazione economica con l'EAEU.

Le idee del super-stratega macroeconomico russo Sergey Glazyev stanno finalmente dando i loro frutti.

E, ultimo ma non meno importante, ci sarà una nuova spinta verso gli accordi reciproci in valute nazionali – e tra Asia e Africa e America Latina.

A tutti gli effetti pratici, Putin ha approvato il ruolo dello yuan cinese come nuova valuta commerciale di scelta mentre procedono le complesse discussioni su una nuova valuta di riserva sostenuta da oro e / o materie prime.

Questa offensiva congiunta economico/commerciale si lega all'offensiva diplomatica concertata Russia-Cina per rifare vaste aree dell'Asia occidentale e dell'Africa.

 

La diplomazia cinese funziona come la matrioska (bambole impilabili russe) in termini di consegna di messaggi sottili.                              È tutt'altro che casuale che il viaggio di Xi a Mosca coincida esattamente con il 20esimo anniversario dello "Shock and Awe" americano e dell'invasione, occupazione e distruzione illegali dell'Iraq.

Parallelamente, oltre 40 delegazioni africane sono arrivate a Mosca il giorno prima di Xi per prendere parte a una conferenza parlamentare "Russia-Africa nel mondo multipolare" – una corsa al secondo vertice Russia-Africa il prossimo luglio.

L'area circostante la Duma assomigliava ai vecchi giorni del Movimento dei Paesi Non Allineati (NAM), quando la maggior parte dell'Africa manteneva relazioni antimperialiste molto strette con l'URSS.

Putin ha scelto questo momento esatto per cancellare più di 20 miliardi di dollari di debito africano.

In Asia occidentale, Russia-Cina sta agendo totalmente in sincronia.

Asia occidentale.

 Il riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran è stato in realtà avviato dalla Russia a Baghdad e in Oman:

sono stati questi negoziati che hanno portato alla firma dell'accordo a Pechino.

Mosca sta anche coordinando le discussioni sul riavvicinamento Siria-Turchia.

 La diplomazia russa con l'Iran – ora sotto lo status di partenariato strategico – è mantenuta su un binario separato.

Fonti diplomatiche confermano che l'intelligence cinese, attraverso le proprie indagini, è ora pienamente sicura della vasta popolarità di Putin in tutta la Russia e persino all'interno delle élite politiche del paese.

Ciò significa che le cospirazioni della varietà del cambio di regime sono fuori questione.

Questo è stato fondamentale per la decisione di Xi e dello Zhongnanhai (il quartier generale centrale della Cina per i funzionari del partito e dello stato) di "scommettere" su Putin come partner di fiducia nei prossimi anni, considerando che potrebbe correre e vincere le prossime elezioni presidenziali.

La Cina è sempre continuità.

Così il vertice Xi-Putin ha definitivamente sigillato Cina-Russia come partner strategici globali a lungo termine, impegnati a sviluppare una seria competizione geopolitica e geoeconomica con gli egemoni occidentali in declino.

Questo è il nuovo mondo nato a Mosca questa settimana.

 Putin in precedenza l'aveva definita come una nuova politica anticoloniale. Ora è strutturato come una trapunta patchwork multipolare. Non si può tornare indietro sulla demolizione dei resti della Pax Americana.

"Cambiamenti che non si verificano da 100 anni."

In” Before European Hegemony”: The World System A.D. 1250-1350, “Janet Abu-Lughod” costruì una narrazione attentamente costruita che mostrava l'ordine multipolare prevalente quando l'Occidente "era rimasto indietro rispetto all'Oriente".

 Più tardi, l'Occidente ha solo "tirato avanti perché l'Oriente era temporaneamente allo sbando".

Potremmo assistere a un cambiamento altrettanto storico in divenire, sconfinato da una rinascita del confucianesimo (rispetto per l'autorità, enfasi sull'armonia sociale), l'equilibrio inerente al Tao e il potere spirituale dell'Ortodossia orientale.

Questa è, in effetti, una lotta di civiltà.

Mosca, dando finalmente il benvenuto ai primi giorni di sole della primavera, ha fornito questa settimana un'illustrazione più grande della vita di "settimane in cui accadono decenni" rispetto a "decenni in cui non succede nulla".

I due presidenti si congedano in modo toccante.

Xi: "Ora, ci sono cambiamenti che non sono avvenuti in 100 anni. Quando siamo insieme, guidiamo questi cambiamenti".

Putin: "Sono d'accordo".

Xi: "Stai attento, caro amico".

Putin: "Buon viaggio".

Ecco un nuovo giorno all'alba, dalle terre del Sol Levante alle steppe eurasiatiche.

 

 

 

La Cina sta giocando la sua mano,

muovendosi per salvare il mondo

dal satanico impero americano.

 Unz.com - ANDREW ANGLIN – (20 MARZO 2023) – ci dice:

 

Tutte queste cose che vi dico da anni stanno finalmente iniziando ad accadere – giusto in tempo per il decimo anniversario del “Daily Stormer”!

Fondamentalmente, c'è una crisi incombente del dollaro USA nello stesso momento in cui i cinesi stanno prendendo il loro posto come potenza mondiale dominante.

La Cina si sta muovendo rapidamente ora, giocando a carte che avevano in mano. L'importanza dell'accordo di pace Iran-Arabia Saudita non può essere sopravvalutata.

I media statunitensi lo stanno minimizzando, dicendo che questo ripristina semplicemente le norme del 2016.

In realtà, se si leggono i dettagli di ciò che è stato concordato (cosa che ho appena avuto il tempo di fare finalmente oggi), questo accordo porta le relazioni tra questi due paesi a un livello che non erano da prima della rivoluzione di Khomeini del 1979.

È incredibile che questo sia stato effettivamente una sorta di annuncio a sorpresa.

Gli Stati Uniti hanno dato per scontata l'alleanza con l'Arabia Saudita, anche se è crollata da quando i media americani hanno fatto un accordo così massiccio sui sauditi che uccidono un singolo giornalista sostenitore del terrorismo.

Dopo che gli Stati Uniti hanno imposto quelle folli sanzioni alla Russia, era ovvio che la relazione era finita – ma in qualche modo, gli Stati Uniti non hanno agito come se avessero capito che, proprio come quando hanno fatto le sanzioni, non hanno agito come se avessero capito che la Cina e l'India si sarebbero rifiutate di aderire.

L'accordo con la Cina con l'Iran significa che l'Arabia Saudita è solidamente dalla parte della Cina.

Nel contesto più ampio, ciò dimostra che la Cina è in grado di risolvere problemi che in precedenza erano considerati irrisolvibili al fine di formare forti alleanze ed è in grado di contrastare il sistema statunitense di violenza e minacce unendo le persone sotto un obiettivo comune di indipendenza nazionale sottolineato da un sistema cooperativo di commercio globale.

Insieme a minacciare costantemente guerre e sanzioni, gli Stati Uniti funzionano mettendo le nazioni l'una contro l'altra.

 Se si guarda alla storia del coinvolgimento degli Stati Uniti nel mondo islamico negli ultimi 4 decenni, l'intera strategia è stata quella di tenere sciiti e sunniti l'uno alla gola dell'altro.

 Gli Stati Uniti cambieranno schieramento avanti e indietro, sostenendo chiunque sia percepito come il perdente, al fine di evitare che una parte diventi dominante.

Gli Stati Uniti insistono anche nel manipolare la politica interna delle loro vittime, dato che gli Stati Uniti sono guidati da un'agenda ebraica di dominio globale totale un governo mondiale sostenuto da una cultura mondiale unica di moltitudini miste di contadini senza identità nazionale o religiosa.

La controstrategia cinese colpisce ogni debolezza di questo sistema rafforzando i diritti dell'identità e della cultura nazionale, rispettando la sovranità nazionale e basando la cooperazione globale sull'obiettivo positivo della prosperità universale piuttosto che sull'obiettivo negativo di minare gli istinti umani.

Questo è in linea con una crisi bancaria emergente.

Ieri ho scritto che non sono necessariamente d'accordo con le previsioni di un destino immediato, ma l'affermazione che il sistema bancario si è messo in un angolo è assolutamente vera.

Queste persone pensavano di essere invincibili e si comportavano come se fossero invincibili e, a quanto pare, non sono invincibili.

 Ora sono costretti a tentare di puntellare i loro libri mentre i sauditi e altri tirano fuori i coltelli.

 

Se i serpenti ebrei iniziano a sparare, lo faranno in preda al panico come ultimo sussulto.

Sono andati dritti verso la loro stessa fine.

Nessuno li ha costretti a fare queste sanzioni russe e dimostrare tutte le profezie cinesi di mania folle.

 Nessuno li ha costretti a fare la bufala del coronavirus e seguirla con un crollo orchestrato del mercato che ha portato il sistema bancario statunitense sull'orlo del baratro.

Essi agirono con arroganza, come i nemici del re Davide, e Dio trasformò il loro male in bene.

Nessuno può prevedere quanto tempo ci vorrà per svolgersi, ma il gioco è già finito, e lo è stato per qualche tempo.

Non c'è più alcuna serie di mosse che gli ebrei possono fare e vincere.

Quello che sembra ora è che l'imperatore Xi sta per iniziare rapidamente a mettere le carte sul tavolo, creando una situazione in cui la puttana o Babilonia e i suoi schiavi sono isolati in America e in Europa.

Sarà come quella canzone “emo” che tutti odiamo.

Cose molto brutte potrebbero iniziare ad accadere in questi luoghi quando gli ebrei si rendono conto che la loro agenda globale è finita e poi si rivoltano completamente contro le popolazioni di questi paesi e cercano solo di ferire la gente il più possibile in modo sadico.

Ciò che sta per accadere sta per accadere, e questo è tutto ciò che accadrà.

La Cina è ora il mediatore di pace globale.

Lo hanno annunciato la scorsa settimana con l'incredibile accordo saudita-iraniano, ora stanno per presentare il loro piano di pace per l'Ucraina, e gli Stati Uniti saranno costretti a dire "no, vogliamo che questa guerra continui fino a quando non possiamo far crollare il governo della Russia, non ci importa quante persone muoiono o cosa fa all'economia globale".

Lo hanno già detto, in effetti. John Kirby era là fuori questo fine settimana, e ha detto che qualsiasi cessazione delle ostilità è "completamente inaccettabile" perché la Russia deve essere distrutta e impedita di agire nel mondo in futuro.

Xi è a Mosca ora. Questo è il grande gioco.

Non c'è alcuna possibilità che gli Stati Uniti permettano a Zelensky di fare la pace. Ha provato a farlo nel marzo del 2022 e gli hanno detto di no.

Dopo che gli Stati Uniti sono costretti a fare un grande spettacolo di "guerra ad ogni costo", la Cina ha un assegno in bianco da ogni paese alleato per fare tutto il necessario per abbattere questo “bruto pazzo”.

Se gli Stati Uniti cadono nella trappola – e quasi certamente lo faranno, visto quello che abbiamo visto – e sanzionano la Cina con le stesse sanzioni che hanno imposto alla Russia, il castello di carte cade.

 Inoltre, la Cina sarà in grado di dichiarare un blocco formale contro gli Stati Uniti.

È tutto un tempismo perfetto, poiché gli Stati Uniti hanno indicato che vogliono comunque porre fine alla guerra – ma non possono finirla alle condizioni della Cina, o si stanno solo inchinando apertamente all'imperatore.

I paesi europei inizieranno a staccarsi abbastanza presto e a schierarsi con l'Est.

Gli Stati Uniti hanno pianificato questa guerra mondiale e si troveranno in una situazione in cui saranno in guerra con il mondo intero.

Xi questa settimana ha pubblicato un editoriale sulla sua gloriosa missione per salvare la terra per “Rossiyskaya Gazeta”.

Nel pezzo, ha dichiarato l'alba di un nuovo ordine mondiale, guidato da Russia e Cina, in cui le nazioni hanno l'indipendenza e il diritto all'autodeterminazione e non sono vittime di bullismo da parte dei maiali.

Lodando i legami indissolubili tra Russia e Cina, ha annunciato "la formazione di nuovi tipi di relazioni internazionali e una comunità di destino condiviso per l'umanità" e ha osservato che le relazioni Russia-Cina sono abbastanza forti da resistere a qualsiasi pressione.

Xi ha chiesto rispetto reciproco tra le nazioni, scrivendo che "la comunità internazionale è consapevole che nessun paese al mondo supera tutti gli altri".

In un chiaro riferimento all'affermazione degli Stati Uniti che rappresentano un ordine morale assoluto per l'universo, scrive: "non esiste un modello universale di governo, e non esiste un ordine mondiale in cui la parola decisiva appartenga a un singolo paese".

Continua con la sua critica al serpente ebreo:

Profondi cambiamenti stanno avvenendo nel mondo moderno. Pace, sviluppo, cooperazione e mutuo vantaggio sono una tendenza storica inarrestabile. Il multipolarismo, la globalizzazione economica e la democratizzazione delle relazioni internazionali sono una tendenza irreversibile.

 

Allo stesso tempo, le sfide alla sicurezza tradizionali e non tradizionali sono in rapido aumento.

 Le azioni di egemonia, dispotismo e bullismo causano gravi danni al mondo. Ci vorrà molto tempo per ripristinare l'economia mondiale. La comunità internazionale è profondamente preoccupata e ha un disperato bisogno di modi per uscire dalla crisi.

Negli ultimi dieci anni, valori universali come la pace, lo sviluppo, l'uguaglianza, la giustizia, la democrazia e la libertà hanno messo radici profonde nei cuori delle persone.

Sempre più paesi sono uniti nella loro comune aspirazione a costruire un mondo pulito e bello dove prevalgano la pace duratura, la sicurezza universale, la prosperità condivisa, l'apertura e la tolleranza.

 La comunità internazionale è pienamente consapevole che nessun paese al mondo è superiore agli altri.

Non esiste un modello universale di governance, né esiste un ordine mondiale in cui un paese abbia l'ultima parola.

La solidarietà e la pace sul pianeta senza fratture e sconvolgimenti servono gli interessi comuni di tutta l'umanità.

Ogni problema sulla terra proviene dallo stesso luogo.

Xi delinea poi i suoi piani per la pace, che sono ovviamente molto ovvi, e potrebbero essere negati solo dai pazzi ebrei intenti a usare il conflitto per spingere un'agenda globalista e satanica sul mondo.

Inoltre, ha fatto riferimento a una "lunga e tortuosa ripresa economica globale", indica chiaramente che la Cina è pronta ad affrontare qualsiasi ricaduta derivante dall'aperta opposizione all'ordine mondiale occidentale.

 

Xi chiude con una dichiarazione di intenti: scrive che la Cina ha passato gli ultimi decenni a mettere ordine in casa propria, e ora è pronta ad affrontare le sfide globali, il problema principale, come aveva già spiegato, è l'egemonia globale degli Stati Uniti.

Nel frattempo, i media stanno girando fuori, dicendo che la Cina si sta muovendo per conquistare il mondo.

“Il Guardian “ha pubblicato un affascinante editoriale del celebre ex corrispondente da Mosca “Jonathan Steele” che delinea efficacemente tutto ciò che ho appena scritto sopra con leggera moderazione.

Da esso:

Ora, 30 anni dopo la fine dell'Unione Sovietica, ci sono segni che il mondo unipolare del dominio degli Stati Uniti potrebbe volgere al termine.

Il principale sfidante non è la Russia di Putin, ma una Cina sempre più fiduciosa.

Anche i leader del sud del mondo si stanno muovendo.

Nel primo colpo di shock per l'aggressione della Russia contro l'Ucraina nel febbraio dello scorso anno, più di 140 stati delle Nazioni Unite hanno votato per condannarlo.

Ma solo circa 40 paesi in totale si sono uniti agli Stati Uniti nell'imporre sanzioni alla Russia.

 Mentre l'Occidente inonda l'Ucraina di hardware militare, l'idea che stia semplicemente aiutando a difendere l'Ucraina sembra discutibile a molti stati asiatici, africani e latinoamericani che sospettano che l'obiettivo finale sia il cambio di regime al Cremlino.

Un sondaggio dell'European Council on Foreign Relations (ECFR) rivela un cambiamento significativo nell'opinione pubblica in diversi paesi chiave. La gente vuole vedere una rapida fine della guerra in Ucraina, anche se ciò significa che l'Ucraina rinuncia alle aspirazioni di vittoria sostenute dall'Occidente e accetta la perdita temporanea di alcuni territori.

 Non sono solo i cittadini della Cina autoritaria a pensarla in questo modo. Lo stesso fanno i cittadini in India e Turchia.

Josep Borrell, capo della politica estera dell'UE, ha dichiarato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco il mese scorso:

"Vedo quanto sia potente la narrativa russa, le sue accuse di doppi standard".

 Il francese Emmanuel Macron si è detto "scioccato da quanta credibilità stiamo perdendo nel sud del mondo".

Alcuni temono una nuova guerra fredda, questa volta tra l'Occidente e la Cina.

Guardando a 10 anni avanti, altri si aspettano di vedere un mondo multipolare in cui gli stati non saranno costretti ad allinearsi con una parte o l'altra.

In entrambi i casi, nonostante la rinascita del potere degli Stati Uniti in Europa a seguito della guerra in Ucraina, l'era della supremazia degli Stati Uniti nel resto del mondo potrebbe presto essere finita.

Solo perché tu capisca: non sono l'unico a dire tutto questo.

 In effetti, è difficile trovare persone serie ovunque in disaccordo con le mie affermazioni di base.

 L'unica cosa che puoi trovare è la volgare propaganda americana fatta per i deficienti.

Questi sono gli stessi media che fanno affermazioni come "l'Ucraina è una democrazia" e affermano che gli Stati Uniti stanno scaricando tutte queste armi sul paese per ragioni umanitarie.

 Questo media ritrae gli Stati Uniti come invincibili, e sostiene efficacemente che non ci sono problemi sulla terra al di là del fastidio di cinesi, russi e l'intero terzo mondo che non sono abbastanza gay.

Non credo che sarete in grado di trovare nulla di scritto a livello adulto che non concordi con la conclusione che, dopo gli eventi degli ultimi tre anni, l'impero degli Stati Uniti si è messo in un angolo e non ha davvero una chiara via d'uscita.

L'unica differenza tra queste analisi mainstream e la mia è che porto queste cose alle loro conclusioni logiche – la più importante delle quali è che se gli Stati Uniti non mantengono l'egemonia globale, il sistema finanziario statunitense collassa, il che renderà la nazione quasi del tutto irrilevante sulla scena mondiale.

 C'è una dinamica "tutto o niente" nel sistema statunitense che sarebbe ammessa in altri contesti, ma è troppo spaventosa per la maggior parte da ammettere nel contesto di questo attuale declino dell'impero.

Impaccare.

Sta succedendo ora. Si stanno muovendo. La Cina va “all in”.

Carte in tavola.

È così meraviglioso vedere che tutto finalmente crolla.

Gli ebrei e la loro cultura anti-Cristo di sporcizia e degradazione hanno distrutto la mia famiglia.

 Da adulto, sono stato perseguitato da queste persone senza sosta.

Hanno distrutto la mia azienda, costandomi decine di milioni di dollari, e mi hanno cacciato dal mio paese d'origine.

Ma molto più di questo, hanno completamente distrutto la nazione costruita dai miei antenati, e riescono a distruggere la maggior parte delle persone che vi abitano con le loro ideologie rivoluzionarie, le perversioni sessuali, le droghe e il marciume spirituale.

Ma Dio è buono e ognuno otterrà ciò che merita.

L'unica cosa che ho sempre desiderato nella mia vita è stata vedere l'intero sistema crollare, ed eccolo qui.

Quello che succede dopo è tutt'altro che irrilevante, dato che non può essere peggiore di quello che sta accadendo ora.

Ma quello che accadrà è che “Nick Fuentes” diventerà dittatore d'America e “Y”e canterà al mio evento di ritorno a casa.

Poi sarò il presidente di Harvard dopo un breve mandato come Segretario di Stato, durante il quale farò un tour mondiale e mi scuserò, a nome di tutti gli americani, per aver permesso che il nostro paese fosse conquistato dagli ebrei e usato per terrorizzare il mondo intero con la violenza e il sesso gay.

Tutti salutano il Buon Imperatore Xi, Salvatore dell'Umanità.

 

 

 

Perché Putin vuole

la guerra contro tutti noi.

 Lucalovisolo.ch – Luca Lovisolo – (29.11.2022) – ci dice:

I perché di Putin sulla guerra nel discorso del Valdaj.

Perché Putin vuole la guerra e fin dove vuole arrivare?

L’intervento del presidente russo alla Conferenza del «Club Valdaj» del 27 ottobre 2022 è durato oltre tre ore e mezza.

Putin ha ripetuto molti tormentoni della retorica del Cremlino, ma il suo discorso permette di riportare alle radici la strategia russa.

 Emergono la visione del regime di Mosca per il futuro dell’Europa e alcune verità scomode.

Il discorso di Putin è stato riportato e commentato da quasi tutti i media solo per estratti.

Questa analisi si basa sulla versione audio completa, senza mediazioni, in lingua originale.

Per la spiegazione di alcuni termini mi riferisco all‘opera di Aleksandr Dugin.

In altre analisi ho citato i seminari di questo politologo russo dedicati alla sua Quarta teoria politica.

 Qui mi rifaccio a precedenti corsi e conferenze tenuti da Dugin all’Università statale di Mosca.

Sono le lezioni nelle quali definisce i principi che sono diventati linee guida della politica estera russa negli ultimi vent’anni.

 In alcuni tratti del suo discorso al Valdaj, Putin riprende i concetti di Dugin quasi alla lettera.

Questo elemento è importante, ma nei circoli occidentali troppo spesso non viene ponderato a sufficienza.

Le attività della Russia in Ucraina sono parte di una strategia di ampio respiro, costruita in modo solido e convincente, se guardata dal punto di vista dei russi.

La strategia del Cremlino non si rivolge in primo luogo all’Ucraina, ma direttamente a noi, in quanto «cosiddetto Occidente» – come Putin suole definirci, nel migliore dei casi.

 

 Dugin è davvero l’ideologo di Putin?

Un mondo post-egemonico: più sicurezza per tutti?

Se, come spesso accade in Occidente, guardiamo alla guerra come atto isolato di un regime assetato di potere, non vediamo il quadro nel suo insieme.

In ciò, il fatto che l’approccio geopolitico russo a noi piaccia o meno è del tutto ininfluente.

 Se vogliamo capire la guerra in Ucraina e le attività del Cremlino nelle relazioni con i nostri Paesi, dobbiamo immedesimarci nella radice dottrinale della politica estera della Russia post-sovietica.

 Se, come spesso accade in Occidente, guardiamo alla guerra come atto isolato di un regime assetato di potere, non vediamo il quadro nel suo insieme.

Per questo, la nostra reazione sarà sempre debole e inadeguata.

La conferenza del Club Valdaj si rivolge ad accademici e politici di professione.

Per questo motivo, Putin, quest’anno come nei precedenti, ha parlato una lingua che posiziona con particolare profondità le relazioni estere della Russia.

Le considerazioni di Putin sono rivolte anche a noi, come bersaglio dell’aggressiva politica estera di Mosca a partire dai primi anni Duemila.

Nel fiume di parole del presidente russo si riconoscono anche talune verità scomode: non dovremmo avere paura di affrontarle.

 In questa analisi mi concentro sugli elementi fondamentali della visione del mondo del Cremlino.

Tralascio volutamente gli eccessi retorici, le opinioni più note di Putin sulla politica e sulla Storia nonché i riferimenti a questioni di politica interna.

Il motto della Conferenza del Valdaj di quest’anno era: «Il mondo post-egemonico – equità e sicurezza per tutti.»

Dalle parole di Putin si comprende molto bene come si realizzi questo proposito, dal punto di vista della Russia.

IL MONDO DI PUTIN INTORNO AL 24 FEBBRAIO 2022.

Capire l'attualità internazionale.

Il corso di Luca Lovisolo per capire gli avvenimenti del mondo.

Punto di partenza delle considerazioni di Vladimir Putin è l’idea che il mondo di oggi agisca secondo regole che nessuno sa chi ha dettato.

 Per «regole» il presidente russo intende il diritto internazionale, i diritti umani e i principi della società aperta democratica.

Negli ultimi mesi, afferma Putin, si assiste a un peggioramento delle relazioni internazionali: la causa sarebbe il comportamento dell’Occidente.

Gli Stati uniti e l’Europa sarebbero all’origine della guerra in Ucraina, della destabilizzazione dei mercati dovuta alle sanzioni internazionali contro la Russia e delle provocazioni intorno allo status di Taiwan.

In tutto ciò, prosegue Putin, l’Occidente ha commesso ripetuti errori sistemici, tra i quali la caduta del mercato europeo del gas.

 La Russia è testimone di questi eventi, ma è sempre stata aperta alla cooperazione e ha presentato le sue proposte.

 Con questa affermazione Putin si riferisce alle pretese che la Russia ha introdotto nel dibattito internazionale a fine 2021.

 Interi Stati dell’Europa centrale e settentrionale avrebbero dovuto dichiararsi neutrali. Si sarebbero dovuti ridisegnare i confini delle zone di influenza di Russia e Stati uniti. Tuttavia, dice Putin, alle proposte russe l’Occidente ha sempre risposto negativamente.

L’Occidente vuole fare della Russia uno strumento per raggiungere i suoi obiettivi, sulla base di «regole universali» alla cui elaborazione la Russia non ha partecipato, dice Putin.

Cita lo scrittore Aleksandr Isaevič Solženicyn, che definisce l’Occidente come «imprigionato nel suo senso di superiorità.»

L’Occidente pensa che tutti i Paesi del mondo debbano accettare il suo sistema e svilupparsi sulla base di esso.

 È ciò che sta accadendo proprio oggi, pensa Putin.

Dalla «Cancel culture» a Kennedy.

Di recente l’Occidente pratica addirittura una «cultura della cancellazione» ai danni della Russia, ritiene Putin.

Le istituzioni culturali occidentali rifiutano di rappresentare opere d’arte russe.

Putin si riferisce all’ondata di cancellazioni di spettacoli di artisti, compositori e drammaturghi russi in teatri e sale da concerto di molti Paesi occidentali.

La causa è la ripresa della guerra in Ucraina nel febbraio 2022 (ma Putin non la cita).

 Guerra in Ucraina: quando finirà? Sanzioni, Chiesa, Italia e altro.

Echeggiando il celebre discorso di insediamento di John F. Kennedy del novembre 1960, Putin osserva che il mondo si trova dinanzi a una «nuova frontiera storica» e sta attraversando il decennio più pericoloso, imprevedibile ma anche più importante dalla fine della Seconda guerra mondiale.

PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA: GLI ELEMENTI CHIAVE.

Nel discorso del Valdaj si odono termini che non sono nuovi, né in bocca a Putin né nel dibattito pubblico. In questo contesto, però, formano un insieme particolarmente rivelatore: universalismo, colonialismo, mondo unipolare, equilibrio degli interessi e altri.

Mondo unipolare e universalismo, la critica di Putin.

Unipolare perché in esso vigono solo la cultura, la volontà e le regole occidentali: società aperta, democrazia, diritti umani e diritto internazionale.

Dopo la caduta dell’Unione sovietica, secondo Putin l’Occidente ha instaurato il mondo unipolare.

Unipolare perché in esso vigono solo la cultura, la volontà e le regole occidentali: società aperta, democrazia, diritti umani e diritto internazionale, quest’ultimo derubricato a prodotto della presunzione occidentale.

Ancor di più: la cultura e la visione del mondo occidentali hanno pretesa di universalità.

Esigono perciò di valere per tutta l’umanità, anche se l’Occidente non ha mai concordato queste regole con il resto del mondo.

I popoli del mondo aspirano alla libertà, dice Putin.

L’Occidente liberale dovrebbe esserne contento, eppure no, obietta il presidente:

l’Occidente è convinto della sua infallibilità e, se questo anelito alla libertà dei popoli non corrisponde al modello occidentale, Stati uniti ed Europa applicano sanzioni, si immischiano politicamente, organizzano rivoluzioni colorate e rovesciano i governi.

Putin si riferisce qui, senza giri di parole, ai movimenti di protesta ucraini Majdan degli anni 2004 e 2014, noti come «rivoluzioni colorate.»

 Il Cremlino spiega quegli eventi come congiure occidentali contro le presunte pretese della Russia sull’Ucraina.

Colonialismo occidentale e globalizzazione.

Secondo Putin, questo pensiero unico dell’Occidente costituisce un modello di dominazione dal quale nasce una globalizzazione coloniale, intesa come strumento di mantenimento del potere.

L’Occidente rafforza la sua potenza coloniale creando sempre nuove dipendenze. Come esempio Putin cita la prevalenza dell’Occidente nell’economia, nella farmaceutica e nella costruzione delle macchine utensili.

 Ovunque l’Occidente apra nuovi mercati, reprimerebbe gli attori locali con una condotta colonialista.

Vaccino russo, sì o no e perché.

Putin si riferisce poi in modo esplicito ancora all’Ucraina e al suo avvicinamento all’Unione europea.

Il cammino verso l’Europa presuppone un adeguamento delle norme tecniche ucraine al complesso di norme europee. La transizione normativa fu davvero uno dei punti critici, negli anni cruciali 2013 e 2014.

L’argomento era:

se l’Ucraina si sviluppa avvicinandosi all’Europa e allontanandosi dalla Russia, acquisirà lo strumentario tecnico europeo e abbandonerà quello russo.

Questa prospettiva inquietava i russi e alcuni imprenditori dell’Ucraina meridionale e orientale, che non volevano perdere il loro mercati in Russia.

PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA CONTRO L’OCCIDENTE IN CRISI.

Ora, dice Putin, il modello neoliberale di sviluppo occidentale è entrato in una crisi dottrinale.

Il presidente si rifà ancora alla letteratura russa.

Cita questa volta” I Demoni” di Fëdor Michajlovič Dostoevskij: «Dalla libertà illimitata io desumo un dispotismo illimitato

Proprio ciò, aggiunge Putin, hanno ottenuto gli «oppositori» della Russia – cioè noi.

Perché Putin vuole la guerra con l'Occidente.

(Abraham Lincoln, Washington DC Memorial)

La crisi dell’Occidente non è cominciata ieri: già nel ventesimo secolo, i liberali affermavano che la «cosiddetta» società aperta ha dei nemici (Putin non la cita, ma si riferisce all’opera centrale di Karl Popper: La società aperta e i suoi nemici).

Affinché il modello di sviluppo occidentale non si spezzi, prosegue Putin, L’Occidente limita la libertà di proporre modelli diversi, li qualifica come propaganda e come minacce contro la democrazia.

Il «cosiddetto Occidente» – continua il presidente russo – non è un blocco indifferenziato, è un conglomerato complesso.

Vi sono almeno due diversi Occidenti.

 Da una parte, un «Occidente tradizionale» portatore dei valori cristiani (e anche islamici), di libertà e ricchezza di cultura; questo Occidente ha radici antiche ed é più vicino alla Russia.

 L’altro Occidente è «aggressivo e neo-coloniale» ed è l’arma delle élite neoliberali. Al diktat di questa parte dell’Occidente la Russia non si piegherà.

Cosa significa «società aperta».

L’Occidente, constata Putin, non è in grado di guidare da solo l’umanità, ma ci prova, nella sua disperazione.

 La maggioranza della popolazione del mondo rifiuta il modello di sviluppo occidentale, dice il presidente russo: questa situazione è il presupposto tipico di una rivoluzione.

 La pretesa dell’Occidente di universalità del suo modello può causare catene di conflitti.

Questo contrasto, dice Putin, è fatale per l’intera umanità e per lo stesso Occidente.

 Il compito storico del nostro tempo è, secondo Putin, appianare questi contrasti.

Perché Putin vuole la guerra: maggioranze e minoranze del mondo.

Putin mette in chiaro la visione della Russia: la base della civilizzazione umana sono le società tradizionali dell’Oriente.

La maggioranza della popolazione mondiale abita l’est dell’Eurasia, dove, secondo l’immagine che Putin ha del mondo, risiedono le civilizzazioni più antiche.

Putin mette in chiaro la visione della Russia: la base della civilizzazione umana sono le società tradizionali dell’Oriente, dell’America latina, dell’Africa e dell’Eurasia.

Putin afferma che l’Occidente sta perdendo la sua superiorità e diventa minoranza, sulla scena internazionale.

Noi occidentali, e in particolare noi europei, nella convinzione di essere migliori di tutti gli altri, non ci accorgiamo che siamo ormai una periferia discosta, dei vassalli degli Stati uniti, senza facoltà di parola.

I diritti dei Paesi europei, secondo Putin, sarebbero «fortemente ridotti» ad opera degli Stati uniti, «per usare un eufemismo,» sottolinea Putin.

 

Poiché l’Occidente è una minoranza – riconosce Putin con tono concessivo – anche i suoi diritti devono essere rispettati.

 La Russia non si immischia nelle questioni interne occidentali.

Putin fa capire chiaramente con queste parole, qual è il nostro ruolo nel nuovo ordine mondiale: siamo una minoranza tollerata. Su di noi prevale la maggioranza dei non-occidentali.

Il viaggio dell’eroe, l’archetipo di Putin verso la Russia di domani

(Luca Lovisolo su Alexei Nawalny).

Secondo Putin, la parte aggressiva dell’Occidente sta tentando di dividere la Russia.

 Cita la guerra della Cecenia e i primi anni della sua presidenza, non a caso: nel mosaico del mondo russo l’Ucraina gioca oggi lo stesso ruolo della Cecenia all’inizio degli anni Duemila.

 La risolutezza di Putin è necessaria oggi come allora, poiché la Russia si trova, secondo lui, nuovamente alle soglie del disfacimento.

La Cecenia è una repubblica confederata, parte della Federazione russa. L’Ucraina, al contrario, è uno Stato indipendente.

 Putin non vede la differenza, poiché, secondo lui, ambedue sono parte della «grande Russia storica» alla quale si rivolge in modo esplicito, dopo la ripresa della guerra in Ucraina.

Putin riconosce di essere stato plasmato dall’esperienza maturata con la guerra in Cecenia, nei primi anni del suo mandato.

Questa affermazione rivela che la guerra in Ucraina, nell’idea di mondo di Putin, si ricollega alle guerre caucasiche dei primi anni Duemila.

Già allora, aggiunge Putin, l’economia russa si rivelò più forte di quanto ci si aspettava. Lascia intendere, così, che la Russia non deve temere le sanzioni di oggi.

Per lui, però, è ancora più importante essere consapevole che «la Russia è un grande Paese. I russi e le altre etnie del Paese sono spiritualmente disposti a lottare per affermarsi.»

 È questa certezza, dice Putin, a guidarlo nella situazione di oggi. In questo senso, la Russia deve valorizzare tutta la sua eredità storica, non può e non deve rinunciare a nulla.

Putin fa suo l’archetipo dell’eroe:

deve sconfiggere il drago, cioè abbattere l’Occidente; salvare la fanciulla imprigionata, cioè la Russia; impossessarsi del tesoro, che è l’eredità storica della Russia, per edificare il regno, cioè la Russia del futuro, di cui è liberatore e sovrano.

PUTIN VUOLE LA GUERRA PER IL «MONDO MULTIPOLARE».

Ora, giudica Putin, il tempo della supremazia non condivisa dell’Occidente è finito.

 Il mondo unipolare diventa un ricordo del passato.

 L’umanità si trova di fronte a un bivio: o aggrava ancora i problemi esistenti, o prova a risolverli di comune accordo, non in modo idealistico, ma lavorando in concreto affinché il mondo diventi un luogo più stabile e sicuro.

L’ordine mondiale multipolare sta emergendo davanti ai nostri occhi.

In questo ordine mondiale di nuovo conio, la Russia afferma il proprio diritto di esistere – cosa che, del resto, nessuno ha mai messo in discussione – e di svilupparsi secondo il suo percorso.

Tutto ciò che sta succedendo in questo momento – la guerra in Ucraina e il nuovo orientamento della visione di Mosca verso l’esterno – sta portando un grande beneficio alla Russia, dice Putin: il Paese sta rafforzando la sua sovranità.

 Sfugge così al destino di degenerare in una semi-colonia politica, economica e tecnologica dell’Occidente.

Perché Putin vuole la guerra: la posizione russa.

Campagna russa, Karelia.

La particolarità della Russia, dice Putin, è che la sua posizione di fronte alle minacce esterne – cioè di fronte all’Occidente – incontra totale consenso nel resto del mondo e questo consenso può solo crescere.

La critica alla Russia arriva solo da occidentali e da persone cresciute nella visione del mondo occidentale, che non capiscono la visione russa.

Qui Putin riprende un argomento di Dugin e non solo, secondo cui la concezione della geopolitica si orienta al contesto nel quale viene studiata.

Anche secondo Putin, non vi è una concezione unica delle relazioni internazionali. Ogni loro rappresentazione sarebbe radicata relativisticamente nell’immagine di mondo nella quale l’osservatore si forma.

Perché Putin vuole la guerra: le regole del nuovo mondo.

La fine dell'Unione sovietica.

(Il racconto in video della fine dell’URSS – di Luca Lovisolo).

Alla domanda su quali regole dovranno governare il nuovo ordine mondiale multipolare, Putin risponde in un modo che inizialmente sorprende.

Noi crediamo, dice il presidente, che il nuovo ordine mondiale debba essere fondato su leggi e norme, libertà ed economia di mercato, sotto l’ombrello delle Nazioni unite.

Che non ci si debba rallegrare troppo in fretta di questa affermazione lo mostrano quelle che la seguono.

 Il mondo cambia, aggiunge Putin, le regole devono essere adattate in conseguenza.

Le norme esistenti sono state elaborate dall’Occidente e servono solo a indebolire i suoi concorrenti, afferma Putin.

 

I diritti umani possono causare l’indebolimento degli Stati.

Qui Putin cita il caso della Cina, con un’affermazione tanto pesante quanto compiaciuta, che cade come un sasso sulle orecchie di chi ascolta: il rispetto dei diritti umani in certe regioni della Cina, osserva, sarebbe impossibile, perché comporterebbe la disgregazione dello Stato.

Putin si riferisce agli uiguri e alle altre minoranze che Pechino reprime sistematicamente.

Questo esempio illustra come pochi altri come Putin intenda il contratto sociale:

Lo Stato prevale, se il rispetto dei diritti individuali lo mette in pericolo. Questo è il perno intorno al quale si capovolge la visione del mondo – anzi, la visione della persona umana, tra la Russia e l’Occidente.

La «sinfonia delle civilizzazioni» suona nel mondo multipolare.

A conclusione del suo intervento Putin pone una frase a effetto:

 «Dobbiamo assumerci la nostra responsabilità di fronte al mondo e costruire una sinfonia delle civilizzazioni.»

Il nuovo mondo sarà un «mondo senza sanzioni» – in altre parole, un mondo in cui ogni Stato potrà fare e disfare ciò che vuole.

 L’unico limite alla totale libertà di azione sarà l’equilibrio degli interessi.

Da un mondo all’apparenza costruttivista e fondato sulle regole, Putin ricade, con uno spettacolare capitombolo – che si nota solo se si conosce il retroterra delle sue parole – in un ordine mondiale drasticamente realista.

Regimi autoritari, violazioni dei diritti umani, oppressione delle minoranze e simili sono parte del gioco, se servono a mantenere l’equilibrio degli interessi.

 Cosa Putin intenda con questa espressione lo vedremo più avanti.

Stato autoritario, totalitario o dittatura?

Ammirazione e consensi: fascino ipnotico e adulazioni.

Stati come il “Canada” o la” Moldova” sembravano rappresentati solo da attivisti filorussi.

Dopo tre ore e mezza complessive tra discorso, domande e risposte, l’intervento di Putin si conclude.

Si potrebbe raccontare molto sugli ascoltatori presenti, ma mi limito ad alcune punte.

 Nel pubblico sedevano prevalentemente, vicino ai russi, rappresentanti di Asia, Africa e America latina; Stati come il Canada o la Moldova sembravano rappresentati solo da attivisti filorussi.

Su questo uditorio Putin esercitava un fascino quasi ipnotico.

Lo si capiva dal linguaggio del corpo dei partecipanti, dalle risate dopo le battute e le barzellette con le quali Putin si prendeva gioco dell’Ucraina e dell’Occidente; dai sorrisini soddisfatti e dall’interminabile annuire di molte teste, nella sala conferenze strapiena.

 Il numero più bizzarro è stato quello di una partecipante asiatica, che, dopo aver posto la sua domanda, ha chiesto a Putin di ricevere una sua foto autografata, perché lo ammira tanto.

La conferenza del Club Valdaj vuol essere il contrapposto russo alla Conferenza internazionale di Monaco sulla sicurezza.

 A Monaco, però, non di rado le domande dei partecipanti, sempre piuttosto competenti, mettono in grossa difficoltà gli oratori.

Gli interventi del pubblico del Valdaj sembravano servire solo a confermare, rafforzare e incensare le affermazioni di Putin, in modo così spudorato che a tratti il giro di domande e risposte sembrava un contorno precotto al discorso del presidente.

PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA CONTRO LE «REGOLE».

Nel discorso di Putin al Valdaj compaiono tesi più semplici da confutare; altre che richiedono un’elaborazione più estesa, perché al primo sguardo sembrano persino lodevoli principi di umanità.

Inoltre, vi sono alcune verità con le quali noi, in Occidente, dovremmo confrontarci.

Le regole scritte dall’Occidente: uno dei perché Putin vuole la guerra.

Putin pensa che il mondo si muova seguendo regole scritte solo dall’Occidente. Non è vero.

La Russia partecipa da sempre all’elaborazione del diritto internazionale.

Ha contribuito a scrivere e ha firmato trattati internazionali.

Quando l’Unione sovietica si sciolse, la Russia si assunse per sua libera decisione tutti gli obblighi e i diritti connessi agli accordi internazionali in vigore, poiché subentrò esplicitamente e di propria volontà nella successione giuridica della disciolta Unione sovietica.

Guerra in Ucraina: i cinque errori dell’Occidente.

La Russia post-sovietica, da parte sua, ha siglato innumerevoli trattati, in molti di questi riconosce le frontiere e la sovranità dell’Ucraina.

Il rimprovero secondo cui la Russia dovrebbe attenersi a norme internazionali che sono state elaborate solo in Occidente, e che ora le verrebbero imposte, è privo di fondamento e non richiede di essere ulteriormente discusso qui.

Nella visione di Putin, l’Occidente avrebbe commesso gravi errori sistemici.

 Cita l’introduzione di sanzioni contro la Russia, le modificazioni al mercato dell’energia e le altre, gravi decisioni che la comunità internazionale ha dovuto assumere in conseguenza della ripresa della guerra in Ucraina.

Il mondo e la guerra di Putin contro l'Occidente.

Mappamondo. Putin ritiene che queste azioni siano errate, poiché non prende in considerazione la loro causa.

Vede la guerra in Ucraina come operazione militare di portata interna.         In Ucraina, la Russia, secondo lui, combatte contro intrusi, «fascisti» (o, ultimamente, «satanisti») che nel 1991 hanno dichiarato uno Stato indipendente su una parte di territorio russo e da quel momento lo governano senza averne diritto.

Guerra d’Ucraina e guerra di Cecenia: la continuità.

Anche la guerra d’Ucraina è e resta, nella visione del mondo di Putin, una questione di mantenimento della sovranità.

Per questo motivo, secondo Putin, la questione ucraina, al resto del mondo, non deve interessare.

 Come la guerra di Cecenia, anche la guerra d’Ucraina è e resta, nella visione del mondo di Putin, una questione di mantenimento della sovranità territoriale russa.

 Le Nazioni unite e gli altri Stati non devono immischiarsi in questo affare interno di Mosca.

La non-ingerenza negli affari interni di uno Stato, però, è un principio del diritto internazionale.

Vi sono, allora, principi giuridici che Putin accetta, a proprio arbitrio, e non li squalifica come «imposizione occidentale» – un diritto internazionale à la carte.

Se si elimina la guerra in Ucraina come causa delle sanzioni e delle decisioni conseguenti, davvero non le si capisce più.

 La Russia si comporta come un omicida condannato che continua a insistere di non aver ucciso nessuno.

Crede, perciò, che essere spedito in carcere sia un errore dei giudici.

COS’E’ IL MONDO MULTIPOLARE PER IL QUALE PUTIN VUOLE LA GUERRA.

Il mondo unipolare di marca occidentale si vuole liberale, ma non accetta alcuna alternativa alla democrazia, lamenta Putin, e aggiunge: l’Occidente considera creature di serie B tutti coloro che rifiutano i suoi principi.

Ora, dice Putin, il mondo unipolare deve essere sostituito da un mondo multipolare.

Ogni civilizzazione ha una diversa concezione dell’Uomo e della sua natura.

Mentre i valori occidentali mirano all’universalità, i valori tradizionali delle altre civilizzazioni non sono postulati fissi e riproducibili, che si adattano a tutti.

Dipendono dalla tradizione, dalla cultura e dal divenire storico di ogni società.

Dobbiamo tenere conto di ogni punto di vista, di ogni popolo, società, cultura, visione del mondo e orientamento religioso.

 Nel mondo multipolare non si può imporre una «verità unica.»

Guerra in Ucraina: la seconda fase e gli obiettivi della Russia.

Queste affermazioni di Putin contengono un seguito di verità lapalissiane che abbondano in ogni riga e in ogni angolo, nei discorsi di Putin stesso e di tutti i politici populisti.

Chi sente queste parole ha l’impressione che gli si accenda improvvisamente una luce: così dev’essere un mondo giusto!

 Putin ha ragione – penserà.

Se però si ricerca che cosa significa «mondo multipolare» nella dottrina russa delle relazioni internazionali, se ne trova una definizione che rallegra assai meno, nella brillante rappresentazione data da Aleksandr Dugin durante una conferenza tenuta all’Università di Mosca nel 2012:

«La teoria multipolare è una teoria molto rivoluzionaria ed estrema […] La multipolarità esclude la mono polarità, perché presuppone che le decisioni […] vengano prese non in un unico centro, ma in diversi centri.

In conseguenza, il mondo multipolare e quello unipolare sono antitetici […]

Bisogna distruggere il mondo unipolare, e […] se questo non è disposto a scomparire, bisogna avvicinare la sua fine.

Questa è una posizione molto dura e aggressiva […] Il mondo multipolare sarà possibile solo dopo che il mondo unipolare sarà stato liquidato in modo definitivo e irreversibile

Il mondo multipolare non è un prato fiorito.

Il mondo multipolare dei russi, perciò, non è quel prato fiorito sul quale le diverse culture vivono in varietà e felice accordo.

E‘ innanzitutto un grido di guerra contro la democrazia e i diritti umani. Dugin ha ragione:

 sono due mondi opposti l’uno all’altro.

 Putin, da parte sua, precisa questo principio esplicitamente, quando, nel suo discorso del Valdaj, afferma che la democrazia non è l’unico modello di società possibile:

«Al mondo possono sorgere modelli di società alternativi e più efficaci, voglio sottolinearlo: più efficaci al giorno d’oggi, più luminosi e attraenti di quelli che esistono ora. Questi modelli si svilupperanno necessariamente, è inevitabile

Il presidente non le cita, ma si riferisce senza equivoco alle forme di governo autoritario in un ampio spettro che va dall’Ungheria alla Cina, passando per la Russia e altre simili pseudo-democrazie.

Questi «modelli alternativi si svilupperanno necessariamente, è inevitabile» – dice Putin con tono monitorio.

 Ciò sarebbe provato, secondo lui, dal fatto che la maggioranza della popolazione mondiale rifiuta il modello di sviluppo occidentale.

COVID, Cina: grazie per l’aiuto, ma anche no.

Tutte le civilizzazioni riconoscono nell’alta dignità e nell’essenza spirituale dell’Uomo il fondamento più importante della costruzione del nostro futuro, sentenzia Putin.

 Se si guarda alla Russia, alla Cina e alle altre società autocratiche che dovrebbero formare il mondo multipolare, si ha fondato motivo di mettere in dubbio questa affermazione.

Uomini senza diritti e «civilizzazioni alternative».

Se ne desume, per converso, che vi sarebbero Uomini, nella visione del mondo russa, che non possono pretendere le libertà fondamentali e la democrazia, i diritti umani, e ciò a buona ragione.

 Perché appartengono a «sistemi sociali alternativi» nei quali la persona umana non può aspirare a veder riconosciuta la sua espressione individuale.

 Questo principio è espresso da Dugin quando afferma che:

«Ogni pretesa […] relativa al fatto che i valori occidentali sono valori universali, e in conseguenza che tutti i popoli devono accettare lo Stato nazionale, il sistema parlamentare della separazione dei poteri, l’ideologia dei diritti umani, l’economia di mercato, la stampa indipendente – tutte queste pretese devono essere respinte

[…] All’Occidente piacciono i diritti umani? Meraviglioso, che li rispetti. Noi abbiamo altri diritti, un altro Uomo, un’altra antropologia sociale in altre società

«Abbiamo un altro uomo» («другой человек»). Un uomo, dunque, che non deve aspirare ai diritti fondamentali, alla democrazia e a tutto il discorso «occidentale» sulla centralità della persona umana. Putin, da parte sua, esprime lo stesso principio quando afferma:

«Se l’Occidente vuole introdurre l’ideologia gender e organizzare le Gay-Parade, lo faccia.

La Russia non si immischia nelle questioni interne occidentali.»

Con altre parole, Putin prende la stessa posizione di Dugin:

 noi siamo altro, abbiamo altri Uomini.

Il presidente russo cita consapevolmente la questione omosessuale, perché sa che questo tema, come la questione delle migrazioni, è un ambito dei diritti fondamentali molto controverso in Occidente.

Con queste argomentazioni Putin raccoglie consenso e semina divisione nelle società occidentali.

Se Putin citasse direttamente i diritti che aggredisce, con la sua visione del mondo – separazione dei poteri, libertà di espressione e altre libertà fondamentali – le popolazioni occidentali reagirebbero negativamente (almeno per il momento, in futuro si vedrà).

Perché Putin vuole la guerra: mondo multipolare o multilaterale?

È solo questione di tempo, e anche la versione dura e originale diventa normalità, nel dibattito pubblico.

L’esempio più calzante è proprio la guerra in ucraina.

Come sempre, Putin esprime in forma più eufemistica e politicamente presentabile gli stessi concetti che Dugin formula in modo estremo e dottrinario.

 È solo questione di tempo, e anche la versione dura e originale diventa normalità, nel dibattito pubblico.

L’esempio più calzante è proprio la guerra in ucraina.

 Nel 2014 Dugin fu punito con l’allontanamento dall’università, per aver aizzato all’uccisione degli ucraini;

oggi, il genocidio contro gli ucraini avviene tutti i giorni e nessuno viene più punito per questo motivo, anzi:

viene arrestato e malmenato chi leva la sua voce contro la guerra.

Dobbiamo infine distinguere il mondo multipolare di Dugin e Putin dal mondo multilaterale.

 Questi termini, in Occidente, vengono spesso usati come sinonimi, ma non lo sono. Cosa significhi per i russi mondo multipolare l’ho appena spiegato.

Mondo multilaterale significa, per noi in Occidente, un mondo nel quale le decisioni vengono prese in un clima di concertazione tra tutti gli Stati.

Per la dottrina russa, il significato è più ristretto: il multilateralismo si esercita, secondo i russi, solo tra gli Stati uniti e i loro alleati, escludendo tutti gli altri.

Non è possibile approfondire qui queste diverse concezioni.

 È importante, però, sapere che” mondo multipolare e mondo multilaterale” non sono la stessa cosa.

 

PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA: «EQUILIBRIO DEGLI INTERESSI»

La base del mondo multipolare non sono i diritti umani, perciò, ma l’equilibrio degli interessi tra i diversi attori.

Attori del nuovo ordine mondiale non sono più gli Stati nazionali, ma le civilizzazioni.

Qui Putin riprende un altro concetto-chiave della dottrina di Aleksandr Dugin, secondo il quale le protagoniste del mondo multipolare saranno, appunto, le civilizzazioni – non le classi, come nel marxismo; non lo Stato, come nel realismo; non il sistema democratico, come nel liberalismo.

Le civilizzazioni diventeranno soggetti dotati di personalità e capacità giuridica, all’interno delle relazioni internazionali e del diritto internazionale, dice Dugin, seguendo la «teoria dei grandi spazi» formulata dal giurista tedesco Karl Schmitt.

Cosa sono le «civilizzazioni» nella visione del mondo russa

I perché di Putin e la guerra contro l'Occidente.

Come si costruisce una civilizzazione e cosa significa questo concetto, nelle menti di Dugin e Putin?

 Le civilizzazioni sono i poli del mondo multipolare.

 L’Eurasia è una civilizzazione, dove con Eurasia si intende di fatto lo spazio post-sovietico e prima russo-imperiale.

Un altro esempio, citato esplicitamente sia da Putin sia da Dugin, è l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SOC), che ha aperto una nuova era di relazioni in Oriente, dicono entrambi quasi con le stesse parole.

L’Unione europea è una civilizzazione, ma ha un difetto, dice Dugin.

 Deve abbandonare la «geopolitica del mare» – quella di Stati uniti e Regno unito – e aggregarsi alla «geopolitica continentale,» che caratterizza le relazioni internazionali della Russia.

 Il politologo russo lo spiega in modo esauriente nel suo corso di geopolitica tenuto all’Università di Mosca nel 2012.

L’Europa diventa di fatto un soggetto subordinato della civilizzazione russa ed eurasiatica.

 Così dev’essere «L’Europa che vogliamo noi russi» – come ho sentito dire con le mie orecchie a Dugin, durante una conferenza da lui tenuta a Lugano nel giugno 2019.

Le «civilizzazioni» non sono quindi unità etniche, nel mondo multipolare, ma costrutti nei quali più popoli sono subordinati a un soggetto più forte, che detta le regole della rispettiva «civilizzazione:»

La Russia nello spazio post-sovietico e in Europa, la Cina nel Sud-Est asiatico, e così via.

I motori del mondo multipolare, nella visione del mondo russa, sono tutti coloro che sul piano economico, politico e militare, ideologico e culturale, si oppongono agli Stati uniti: Cina, Iran, America latina e altri, elenca Dugin.

La Russia è pronta a sostenere queste forze.

 La fondazione del canale televisivo Russia Today in lingua spagnola, nota curiosamente Dugin nella sua conferenza sul mondo multipolare, è avvenuta proprio per sostenere i Paesi latinoamericani nello sviluppo della loro civilizzazione in «senso indipendente» contro gli Stati uniti.

 

Con chi e perché Putin non vuole la guerra?

Questa posizione di Dugin si riflette nell’affermazione di Putin al Valdaj, quando afferma:

«La Russia è pronta a cooperare con i Paesi che sono sovrani nelle loro decisioni fondamentali. I Paesi che voglio avere buone relazioni con la Russia devono mostrare che difendono i loro interessi.»

La frase è inequivocabile: la Russia è aperta verso tutti quegli Stati che si sottraggono alla cooperazione internazionale con gli Stati uniti e l’Occidente.

Al posto dell’Unione europea e delle altre istituzioni di stampo occidentale arrivano l’“Unione eurasiatica” e il noto e temuto progetto dell’Europa «da Lisbona a Vladivostok.»

 

Dugin a Lugano: il piano della Russia per l’Europa.

Comandamento supremo del nuovo ordine mondiale è il mantenimento delle «civilizzazioni,» costi quel che costi, sotto la guida del più forte.

Se georgiani, ucraini e altri non si sentono parte della civilizzazione eurasiatica, devono essere tenuti sotto il suo tetto con la forza.

Agli uiguri e alle altre minoranze della Cina deve essere negato il diritto all’autodeterminazione, perché in questo caso, come osserva Putin in modo esplicito – l’abbiamo detto poco sopra – il rispetto dei diritti umani metterebbe in pericolo lo Stato.

In questa visione del mondo, entità come gli Stati del Centro Europa, del Caucaso e dell’Asia centrale non hanno alcuna personalità propria.

Possono esistere solo in quanto zone di influenza subordinate alla potenza che domina la rispettiva «civilizzazione

Putin esprime questo principio quando dichiara, nel suo discorso del Valdaj:

 

«La sovranità dell’Ucraina può essere garantita solo dalla Russia, perché l’Ucraina è stata creata dalla Russia.»

Dal punto di vista storico e giuridico questa affermazione è una sciocchezza, ma rientra alla perfezione nella dottrina russa del mondo multipolare.

Il mondo di Putin come «unica opportunità» per noi.

Questo principio non vale solo per ucraini, georgiani e popoli confinanti.

Il mondo multipolare è «l’unica opportunità anche per i Paesi europei – cioè per noi – di esercitare soggettività politica ed economica,» soggiunge Putin.

 In questo momento noi europei non siamo disponibili, ma, afferma Putin:

«Il pragmatismo trionferà. Prima o poi l’Occidente e i nuovi centri dell’ordine mondiale multipolare dovranno parlarsi a pari livello, a proposito del loro futuro comune, per raggiungere un equilibrio degli interessi.

Il dialogo tra la Russia e l’Occidente autentico e tradizionale sarà il più importante contributo all’ordine mondiale multipolare.»

L‘ «Occidente autentico e tradizionale» è quello i cui valori corrispondono ai postulati dei partiti filorussi e populisti, sia di destra sia di sinistra.

 Il messaggio è chiaro: la Russia, in combutta con le forze filorusse europee, plasmerà il nostro continente a sua immagine e somiglianza.

Torniamo brevemente a Dugin, che dice: «Dobbiamo concentrarci sulla fondazione della civilizzazione come attore, come soggetto delle strutture del mondo multipolare. Questo è l’elemento più importante

L’equilibrio degli interessi tra le civilizzazioni significa, perciò, verso l’interno, che la potenza dominante di ciascuna civilizzazione consolida il suo potere, con qualunque mezzo.

Afferma Putin:

«Un cambiamento epocale è un processo doloroso, ma naturale e inevitabile

Guerra e violenza sono messe in conto e vanno sofferte, come passi di una spinta naturale e insopprimibile.

 La guerra in Ucraina è espressione ed esempio di questo processo di riequilibrio.

Si noti quanto spesso Putin usa il termine (неизбежно) –“inevitabile”:                          su uno sfondo storicistico e con un’ebbrezza quasi religiosa, Putin vede l’umanità come una comunità legata da un unico destino.

Verso l’esterno, il concetto di equilibrio degli interessi tra le civilizzazioni assomiglia a ciò che nella dottrina delle relazioni internazionali si definisce equilibrio di potenza (Balance of power).

 Il mantenimento dell’equilibro di potenza prevale, nei realisti, sul rispetto di regole e valori. Così è anche nel nuovo ordine mondiale di Putin.

PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA: LE VERITÀ SCOMODE PER NOI.

Sono verità che possono diventare rapidamente un cappio al collo per noi, se continuiamo ad accettare la realtà senza reagire.

L’idea di mondo di Putin contiene molte distorsioni della Storia e della realtà.

A fianco di queste, però, emergono fatti che dimentichiamo troppo spesso. Sono verità che possono diventare rapidamente un cappio al collo per noi, se continuiamo ad accettare la realtà senza reagire.

L’Occidente – il mondo della società aperta, dell’economia di mercato e dei diritti umani – è davvero una minoranza, rispetto al resto del pianeta.

Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite è composto a maggioranza schiacciante da Paesi che non rispettano i diritti umani.

Un’economia di mercato, non senza macchie ma funzionante, esiste di fatto solo in Occidente, poiché ad altre latitudini l’economia è diretta o dal crimine organizzato, per mezzo di corruzione e violenza, o da oligarchi o dallo Stato, o da tutte queste cose messe insieme.

Una società non priva di difetti ma pur sempre aperta, nella quale i cittadini possono esprimere i loro talenti, possono contare su una giustizia generalmente indipendente e possono influire sulla legislazione attraverso una rappresentanza parlamentare votata liberamente – tutto ciò l’abbiamo, nella misura massima oggi possibile, solo noi in Occidente.

Il nostro modello di sviluppo presenta molte lacune, ma tutti gli altri sono peggiori.

In quanto minoranza del mondo, possiamo conservare il nostro modello di società solo se manteniamo nel tempo il nostro primato intellettuale.

La ricerca e lo sviluppo nelle scienze, tecniche e umane, sono la base del nostro benessere e delle nostre libertà.

Finché sediamo in prima fila per capacità intellettuali, abbiamo l’opportunità di trasmettere alle prossime generazioni i valori fondamentali della nostra società, anche se siamo minoranza.

La Russia ha attaccato l’Ucraina, e adesso?

Putin vuole la guerra perché il primato dell’Occidente è in bilico.

Vladimir Putin ritiene che il modello neoliberale di sviluppo dell’Occidente sia entrato in una crisi dottrinale.

Putin ha ragione.

Nel progresso tecnologico manteniamo il primato, ma nelle scienze umane siamo oggi più deboli che mai.

Le scienze umane sono il presupposto della capacità di giudizio nelle questioni fondamentali di valore, dove è necessario saper distinguere il vero dal falso – poiché è possibile, distinguere il vero dal falso.

Un’ordinata scienza della politica, come fondamento dello sviluppo della nostra società sulla base sicura dei valori fondamentali, presuppone un sano e diffuso sapere umanistico.

La guerra in Ucraina ha denudato senza pudore la debolezza intellettuale dell’Occidente.

Politici dei parlamenti d’Europa che sostengono le sanguinose azioni del regime russo;

ministri e capi di governo che discettano senza risultati per settimane, anzi mesi, sulle forniture di armi;

docenti che diffondono letture falsificate della Storia;

televisioni e giornali di largo ascolto, talvolta persino obbligati al servizio pubblico, che offrono palcoscenici e milioni di ascoltatori a leader d’opinione nei quali non si riconosce la minima competenza.

I perché di Putin sulla guerra e la debolezza culturale dell'Occidente.

(Stoccolma, biblioteca pubblica).

Il dibattito pubblico sulla guerra in Ucraina ha messo in luce quanto in fretta possiamo diventare davvero la minoranza ammutolita che Putin e i suoi scherani deridono in noi.

 Rinunciando al nostro primato nelle scienze umane, perdiamo la capacità di prendere posizioni chiare.

Indecisi tra vero e falso, per mancanza di capacità di giudizio, abbiamo elevato l’indifferenza a equità e ne facciamo dibattiti che sconfinano nell’eternamente insignificante.

Così noi, gli autoproclamati protagonisti del gran teatro del mondo, diventiamo burattini di legno su un palcoscenico di provincia, nelle mani di burattinai spaventosi.

La «nuova frontiera» di Putin: verso il futuro oppure…

Il mondo unipolare – dunque il mondo dei valori occidentali, dei nostri valori – apparterrà presto al passato, ammonisce Putin.

Anche su questo ci avrà preso, se noi non interveniamo rapidamente contro l’inaridimento della nostra capacità di pensiero.

Il mondo, osserva Putin con ragione, è sulla soglia di una nuova frontiera.

Noi, da parte nostra, dovremmo fare in modo che questa frontiera, come disse Kennedy nel 1960, si apra verso il futuro;

nell’idea di mondo di Putin, la nuova frontiera è un passo indietro verso il passato. Dove vogliamo andare?

Perché la guerra di Putin.

(John F. Kennedy annuncia il programma spaziale USA -1961)

PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA CONTRO «L’UNIVERSALISMO»

Infine, lo spunto forse più importante del discorso di Putin.

 Il presidente russo lo riprende ancora una volta alla lettera dalla dottrina di Dugin.

 I valori occidentali – democrazia, diritti umani, diritto internazionale – hanno pretesa di universalità, ossia pretendono di valere per tutta l’umanità.

Pertanto, secondo Putin, sono uno strumento di prevaricazione da parte dell’Occidente sul resto del mondo.

La validità universale dei diritti umani non è una pretesa coloniale dell’Occidente: è un pilastro della civiltà umana – non solo di quella occidentale. I diritti umani sono universali perché:

«Il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo.»

 

Così stabilisce il preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, promulgata nel 1948 dalle Nazioni unite e firmata anche dalla Russia (allora come Unione sovietica).

 I diritti oggettivi sono stabiliti dalla legge;

 i diritti soggettivi nascono dai rapporti giuridici;

i diritti umani sono fondati esclusivamente sul fatto che nasciamo persone umane.

Per questo motivo, ogni persona umana, non importa dove, gode degli stessi diritti umani.

Se si distingue – e in base a cosa, poi? – una persona A, che ha diritto alle libertà fondamentali, da una persona B, alla quale queste libertà vengono negate, il concetto di «diritto umano» perde il suo fondamento.

Il principio dell’universalità dei diritti umani ha una storia antica.

 Compare in modo esplicito nella Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del cittadino del 1789, all’articolo 1:

«Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti.»

Il germe dei diritti umani emerge ancor più anticamente, nelle prime concessioni della monarchia inglese, dalla “Magna Charta” al “Bill of Rights”, in uno spazio di tempo tra il tredicesimo e il diciassettesimo secolo.

 Negando l’universalità dei diritti umani, la Russia mette in discussione un fondamento giuridico e storico per il quale l’umanità ha lottato a lungo e duramente.

Se passa la visione russa, la civilizzazione umana torna indietro di secoli.

Putin vuole la guerra contro l’universalità dei diritti umani.

Capire l'attualità internazionale.

(Il corso di Luca Lovisolo per capire gli avvenimenti del mondo).

La negazione dell’universalità dei diritti umani è forse l’elemento più importante della dottrina delle relazioni internazionali nella Russia post-sovietica.

 Se i diritti umani valgono senza distinzione per tutti gli Uomini, l’intero costrutto della teoria politica di Aleksandr Dugin crolla.

Con esso cade la politica estera russa degli ultimi 20 anni, orchestrata da Vladimir Putin.

Il motivo dichiarato per il quale la dottrina russa rifiuta la validità dei diritti umani per tutti è che il mondo multipolare deve tenere conto della diversità delle culture.

In realtà, la Russia e gli altri Stati illiberali voglio tenere aperti degli spazi in cui i governi dittatoriali possano esercitare il loro potere indisturbati, circondati solo da alleati consenzienti, incapaci di autodeterminazione.

L’Occidente non è privo di colpe: l’Europa e gli Stati uniti, nella loro lunga storia, hanno accumulato molti debiti.

Si possono trovare numerose circostanze nelle quali il modello occidentale è stato davvero imposto con prevaricazione coloniale.

È anche vero ciò che afferma Dugin, quando osserva che lo Stato nazionale non è più adeguato al mondo di oggi e che vi sono popoli che hanno difficoltà ad applicare i principi della democrazia.

Ciò premesso, ridurre i diritti umani e il diritto internazionale a uno strumento di dominio occidentale non è la soluzione del problema.

Il modello di sviluppo occidentale si impone perché è un modello di successo.

Putin pensa, l’ho già citato, che la maggioranza dell’umanità respinga il nostro modello di società.

Certo, esiste un diffuso antioccidentalismo, nel mondo, in parte motivato, in parte dovuto a ignoranza e presunzione.

Tuttavia, le donne iraniane che dimostrano contro l’obbligo del velo; i migranti africani che sbarcano ogni giorno sulle coste meridionali dell’Europa; gli oligarchi russi e gli arrampicatori sociali asiatici che vogliono studiare e fare business in Occidente sono attratti tutti dal nostro modello di sviluppo, perché gli Uomini aspirano al progresso e alla libera realizzazione della loro personalità.

 La costante mobilitazione in nome degli interessi dello Stato, di una religione o di una «civilizzazione» non è una ragione di vita.

Perché Putin vuole la guerra: una filosofia radicata a fondo.

Indipendentemente da come finirà la guerra in Ucraina e da quanto tempo Putin resterà avvinghiato al potere, dovremo confrontarci ancora a lungo con la visione del mondo della Russia post-sovietica, poiché ha ingranato a fondo nelle teste dei decisori politici e dell’opinione pubblica, in Russia e in parte anche in Occidente.

Perché la guerra di Putin in Ucraina.

(Kyiv, Piazza Indipendenza -Majdan Nezaležnosti)

La Russia non abbandonerà questa politica, se noi non ce ne difenderemo con vigore.

Dopo gli insuccessi militari di Kyiv e Kharkiv, i russi hanno ritirato le loro truppe anche da Kherson.

E‘ una ritirata militare, ma non un arretramento ideologico.

È bene sottolineare un principio che molti politici occidentali sembrano non aver ancora recepito del tutto: la realizzazione della visione del mondo russa presuppone l’eliminazione dell’Occidente come luogo d’origine della società aperta, poiché la dottrina russa nega la validità universale dei diritti umani, che sono la base del modello di sviluppo occidentale.

Per raggiungere questo scopo, la Russia ritiene giustificato qualunque mezzo: guerra militare, ingerenza nei processi democratici, ricatto energetico.

 La guerra in Ucraina mostra quanto in fretta, in tutto ciò, vengano superati i freni inibitori della morale, perché, ricordiamolo: «La teoria multipolare è molto […] dura e aggressiva […]. Il mondo multipolare sarà possibile solo dopo che il mondo unipolare sarà stato liquidato in modo definitivo e irreversibile» – per citare ancora una volta la conferenza di Dugin.

Perché Putin vuole la guerra: Ucraina e discorso del Valdaj.

«Il pragmatismo trionferà. Prima o poi l’Occidente e i nuovi centri dell’ordine mondiale multipolare dovranno parlarsi a pari livello, a proposito del loro futuro comune.»

Per concludere, un cenno allo sviluppo della guerra in Ucraina alla luce del discorso di Putin al Valdaj.

 Nel suo intervento, il presidente russo ha dichiarato le sue intenzioni con un’argomentazione passeggera ma pesantissima, che ho già citato poco sopra:

 «Il pragmatismo trionferà. Prima o poi l’Occidente e i nuovi centri dell’ordine mondiale multipolare dovranno parlarsi a pari livello, a proposito del loro futuro comune.»

Applicato alla quotidianità concreta della guerra, ciò significa:

Putin porta all’esasperazione gli ucraini e l’Occidente con attacchi missilistici, terrorismo e tortura, nella convinzione che l’Ucraina e l’Occidente prima o poi cederanno, vorranno negoziare e accetteranno la visione del mondo russa per pragmatismo.

 I cosiddetti «pacifinti» occidentali – i partiti populisti, i leader d’opinione filorussi, la Chiesa cattolica – che si ergono contro il sostegno e le forniture di armi all’Ucraina, condividono la stessa convinzione di Putin.

Il discorso del presidente russo al Valdaj ha portato brillantemente alla luce come la guerra d’Ucraina sia solo una parte di un’aggressione che è rivolta a noi occidentali come difensori della modernità.

Se vogliamo portare in salvo i valori del nostro modello di società oltre la «nuova frontiera,» dovremmo confrontarci seriamente con la visione del mondo russa, perché è nociva per noi.

Purtroppo non lo stiamo facendo. Cinguettiamo sui rami dell’albero, mentre la Russia colpisce energicamente con l’ascia il tronco della società aperta.

Sulla guerra in Ucraina circola un detto che gli ucraini hanno elevato a motto della loro lotta resistenza:

«Se la Russia smette di combattere, non ci sarà più guerra; se l’Ucraina smette di combattere, non ci sarà più l’Ucraina.»

 È una verità parziale. La verità completa è che se l’Ucraina e noi stessi smettiamo di combattere, non ci sarà più né l’Ucraina, né il modello di sviluppo della modernità.

 

 

 

 

LA CINA E LA FORMAZIONE DI

UN FRONTE DEL SUD GLOBALE

INCRINANO L’EGEMONIA USA.

 Comedonchiasciotte.org - Domenico Moro - Redazione CDC – (25 Marzo 2023) – ci dice: 

 

La guerra in Ucraina, per quanto sia importante, è solo un aspetto del confronto a livello globale tra, da una parte, la Russia e, dall’altra parte, l’Occidente, cioè gli Usa e i loro alleati più stretti dell’Europa occidentale e del Giappone.

All’interno di questo confronto acquista, inoltre, un ruolo sempre più importante la Cina, che si sta ritagliando una posizione di mediatore internazionale.

 La competizione si gioca su diversi ambiti:

 la de-dollarizzazione, cioè la sostituzione del dollaro come moneta di scambio globale, la conquista delle materie prime, e, a livello geostrategico, la costruzione di un fronte del Sud globale, che si sta sottraendo all’influenza statunitense e occidentale e sta stabilendo rapporti sempre più stretti con Cina e Russia.

Quest’ultimo aspetto è di primaria importanza, perché la costruzione di un unico fronte, il Sud globale, disallineato se non contrapposto all’Occidente, sancisce una modifica, epocale e dalle conseguenze inedite, dei rapporti di forza e degli equilibri mondiali.

Ovviamente tutti i cambiamenti storici hanno una incubazione di lungo periodo, ma subiscono accelerazioni improvvise che li rendono evidenti.

Così è stato per la guerra in Ucraina che sta diventando il banco di prova della costruzione di un fronte globale che può mettere in crisi l’egemonia mondiale statunitense, che dura ininterrottamente dalla fine della Seconda guerra mondiale.

La formazione di un fronte del Sud globale appare visibile in sede Onu in occasione delle votazioni sulle risoluzioni di condanna della Russia per quanto sta accadendo in Ucraina.

 Già il 2 marzo del 2022, poco dopo l’inizio delle ostilità, 35 paesi si erano astenuti.

Apparentemente si tratta di un numero piccolo in confronto a quello dell’insieme degli stati mondiali.

 In realtà questi 35 Paesi, insieme a quelli che hanno votato contro la risoluzione, rappresentano un po’ più della metà della popolazione mondiale, comprendendo giganti come la Cina, l’India, il Pakistan, il Bangladesh, l’Etiopia, il Vietnam e l’Iran che da soli arrivano a quasi 3,6 miliardi di abitanti.

 È da notare che tra i 35 astenuti ci sono 17 Paesi africani, che altri 8 paesi del continente sono stati assenti durante la votazione e che l’Eritrea ha votato contro. Di recente, alla votazione della fine di febbraio 2023, che chiedeva il ritiro delle Forze armate della Russia dall’Ucraina, gli astenuti sono stati 32, e i contrari 7, tra cui per la prima volta lo stato africano del Mali.

L’Africa è il continente dove l’egemonia statunitense ed europea appare essere maggiormente in declino.

Tra gli astenuti all’Onu c’è anche il Sud-Africa, che ha tenuto tra il 17 e il 27 febbraio, con grande disappunto degli Usa, delle esercitazioni militari sulle proprie coste insieme alle Forze Armate di Cina e Russia.

 Inoltre, diversi stati ex colonie francesi si stanno smarcando dalla tutela e dall’influenza transalpina.

Tra questi c’è il Burkina Faso che ha chiesto recentemente alla Francia di ritirare i 400 soldati, schierati nel paese con la motivazione di combattere gli jihadisti, e che sembra abbia intenzione avvicinarsi alla Russia.

A questo proposito giova ricordare i viaggi del ministro degli esteri russo, Lavrov, sia nel luglio 2022, quando toccò quattro Paesi (Egitto, Congo-Brazzaville, Uganda e Etiopia) e si incontrò con i leader dell’Unione Africana ad Addis Abeba, sia più recentemente a gennaio 2023, quando la missione di Lavrov in diversi Paesi africani, tra cui il Sud Africa, si è incrociata con quella del segretario del Tesoro statunitense Janet Yellen.

Lo scontro tra Occidente e Cina e Russia avviene, soprattutto in Africa, per contendersi lo sfruttamento delle ingenti risorse minerarie.

 L’aspetto saliente è che l’Africa, dopo aver raggiunto l’indipendenza diversi decenni fa, era rimasta dipendente dalle potenze europee che continuavano a esercitare il loro controllo sulle ex colonie, soprattutto dal punto di vista economico ma anche dal punto di vista politico-militare come provano le numerose missioni delle Forze armate francesi negli ultimi anni.

Strumento di controllo economico e di drenaggio di risorse locali verso la Francia è soprattutto il franco CFA, una moneta garantita dal Tesoro francese, che è adottata da diversi Paesi africani, ma il cui dominio sembra vacillare.

Infatti, il 21 dicembre 2019 i paesi dell’Africa occidentale si sono accordati per l’acquisizione di una moneta propria che permetterà di abbandonare il franco CFA.

Secondo alcuni analisti, la nuova moneta,” l’ECO”, potrebbe essere ancorata alla moneta cinese, lo “yuan-renmimbi”, per evitare oscillazioni pericolose sui mercati.

I paesi africani si stanno volgendo ormai da diversi anni verso la Cina, voltando le spalle alle ex potenze coloniali.

La Cina è per molti paesi africani un modello da copiare, perché dalla fine degli anni ’80 ha emancipato dalla povertà 800 milioni di persone.

 La Cina ha adottato da diversi anni nel continente nero una politica commerciale basata sullo scambio tra materie prime e costruzione e finanziamento di infrastrutture.

Molti Paesi hanno contratto prestiti con la Cina, anche perché sia il Fondo monetario internazionale sia la Banca Mondiale di solito vincolano il credito a requisiti irraggiungibili.

Gli effetti dei programmi imposti dalla Banca Mondiale, con la concessione di prestiti e di aiuti subordinata all’approvazione di riforme strutturali orientate al libero mercato, sono stati disastrosi.

 Almeno 16 Paesi africani, dopo aver aderito alle richieste della Banca Mondiale, uscirono dall’elenco delle economie in crescita.

Pertanto l’arrivo della Cina con capitali, know how, progetti a basso costo e manodopera qualificata è stato visto dai Paesi africani come un’occasione da non perdere.

La stessa strategia cinese della Belt and Road Initiative (BRI) va inquadrata nell’ambito della cooperazione internazionale per lo sviluppo.

L’approccio cinese è di tipo “win-win”, cioè di guadagno reciproco sia della Cina sia dei paesi partner.

Questo approccio si vede soprattutto nelle telecomunicazioni e nel digitale, dove la Cina ha lo scopo di trainare l’export delle proprie imprese tecnologiche, promuovendo al contempo l’emancipazione dei paesi partner.

 La Cina, in questo campo, sembra avere posizioni migliori rispetto agli Usa che escludono a priori la cessione di tecnologia strategica ai paesi africani, che si trovano, quindi, a dover fare affidamento sulla Cina.

Lo sviluppo di reti fisiche e digitali è, inoltre, strettamente collegato ai piani cinesi di internazionalizzazione finanziaria.

In particolare, il governo cinese punta a rendere la sua valuta, lo yuan-renmimbi, una moneta globale, ridimensionando lo strapotere del dollaro.

Negli ultimi anni il ruolo dello yuan-renmimbi è molto cresciuto sia come valuta di scambio commerciale sia come valuta di riserva.

La valuta cinese è la quarta moneta più scambiata nel mondo, dopo dollaro, euro e yen giapponese.

 Secondo la Banca centrale cinese, le transazioni in yuan sono aumentate del 15% nel 2022, che rappresenta il quinto anno consecutivo di crescita, rispetto al 2021.

 Il colpo più grosso è stato segnato dalla Cina in America Latina, il cortile di casa degli Usa e del dollaro.

 Qui l’Argentina e il Brasile hanno rafforzato le loro riserve in yuan, allo scopo di avere uno scudo nei confronti della politica finanziaria statunitense.

L’attacco nei confronti del dollaro Usa vede anche il protagonismo della Russia, che sta cercando di attrarre i Paesi africani in un blocco economico estraneo all’influenza Usa e capeggiato dai Paesi del Brics, in particolare da Cina e Russia.

 Fra gli obiettivi c’è la cosiddetta “de-dollarization”, cioè la sostituzione del dollaro con le valute nazionali negli scambi interni all’area.

Ma l’azione della Cina, sia economica sia politico-diplomatica non si limita all’Africa e all’America Latina, estendendosi al Medio oriente, che è un’area decisiva a livello mondiale per la presenza delle maggiori riserve di materie prime energetiche, in particolare quelle di petrolio.

La Cina è stata mediatrice negli accordi che hanno portato al riavvicinamento di due paesi centrali nell’area medio-orientale, l’Arabia Saudita e l’Iran.

Si tratta di un risultato clamoroso, perché l’Arabia Saudita è dalla fine della Seconda guerra mondiale stretto alleato degli Usa e il suo riavvicinamento all’Iran, nemico degli Usa, per di più sotto la mediazione della Cina, rappresenta uno scacco per la politica diplomatica statunitense nell’area medio-orientale.

Va aggiunto anche che le sanzioni contro la Russia hanno svolto un effetto controproducente per gli Usa e l’Occidente.

 Infatti, il blocco degli investimenti russi nelle banche occidentali ha messo sul chi vive tutti i Paesi emergenti che hanno investimenti nelle banche occidentali, tanto da farne paventare un ritiro.

Un esempio in questo senso è quanto accaduto al Credit Suisse, che ha rischiato di fallire perché la banca saudita, che ne detiene la quota azionaria maggiore, ha rifiutato di offrire ulteriore assistenza finanziaria alla banca svizzera in difficoltà.

In sintesi, possiamo osservare come la guerra in Ucraina stia accelerando alcuni processi internazionali che erano in incubazione da tempo. In particolare, si sta rendendo manifesto il disallineamento rispetto agli Usa di molti paesi della cosiddetta periferia del sistema economico mondiale, specialmente di quelli dell’Africa.

In Occidente si parla molto dell’isolamento internazionale della Russia, ma, se allarghiamo lo sguardo a livello mondiale, si può osservare che l’isolamento della Russia è minore di quanto appaia ad uno sguardo limitato all’Occidente.

Quello che appare è che si stanno modificando i rapporti di forza mondiali tra Cina e Usa, con un miglioramento delle posizioni della Cina.

Il dragone si sta accreditando non solo come superpotenza economica, ma anche sul piano diplomatico, come mediatore di pace non solo nel conflitto russo-ucraino ma anche a livello globale.

Sicuramente la Cina fa i suoi interessi economici e politici.

 Tuttavia, va a suo merito l’approccio economico “win-win” e il fatto che, a differenza degli Usa, non cerca, attraverso i commerci e la finanza, di imporre la sua linea politica ad altri Paesi.

Va pure segnalato che la Cina, sempre a differenza degli Usa, non fa ricorso da decenni alla guerra come strumento di politica internazionale.

Nel caso dell’accordo tra Iran e Arabia Saudita la differenza di approccio è macroscopica:

mentre gli Usa hanno sempre sfruttato e accentuato le differenze religiose nel mondo islamico, in particolare quella tra sciiti e sunniti, la Cina ha lavorato per superarle.

Ad ogni modo, al di là del confronto Usa-Cina è di primaria importanza rilevare come si stia formando un Sud globale, che, dopo la decolonizzazione politica, sta entrando in una nuova fase, quella della decolonizzazione economica.

 A questo proposito sono significative le parole pronunciate nel marzo 2021 dal ministro degli esteri Ugandese, Sam Kutesa, riferendosi ai cinesi:

“Hanno partecipato alle lotte di liberazione africane, alle guerre anticoloniali e ora ci assistono nella nostra emancipazione economica.”

(Domenico Moro)

 

 

 

 

 

Guerra Ucraina, Putin annuncia:

«Porteremo armi nucleari tattiche

e aerei in Bielorussia».

Paesi nordici verso difesa aerea congiunta.

Ilmessaggero.it – Redazione – (25-3-2023) – ci dice:

La diretta del conflitto nel cuore dell'Europa.

Aggiornamenti in evidenza.

 Putin: "Dispiegheremo armi nucleari tattiche in Bielorussia."

 Polonia: "Kiev ha bisogno di munizioni qui e ora".

 Erdogan a Putin: negoziati e stop subito alla guerra.

 Paesi nordici verso difesa aerea congiunta dalla Russia.

 Gb: l'attacco a Bakhmut è in stallo.

12 ore fa.

Putin: "Missili e aerei con capacità nucleare in Bielorussia"

«La Russia ha già consegnato alla Bielorussia il sistema missilistico Iskander, in grado di trasportare armi nucleari».

 Lo annuncia il presidente russo Vladimir Putin citato dalla Tass.

 «Schiereremo in Bielorussia anche 10 aerei in grado di trasportare armi nucleari tattiche», ha poi aggiunto Putin nell'intervista ai media russi.

12 ore fa.

Putin: "Risponderemo alle munizioni all'uranio impoverito."

«La Russia risponderà per le munizioni all'uranio impoverito. Mosca ha molte di queste armi, ma non le ha ancora usate».

 Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin, citato da Ria Novosti.

«Le munizioni all'uranio impoverito sono armi molto pericolose per l'uomo e la natura a causa della polvere radioattiva», ha affermato Putin.

12 ore fa.

Putin: "La Russia produrrà 1.600 tank entro un anno."

«La Russia produrrà oltre 1.600 carri armati entro un anno. Il numero totale di carri armati russi supererà così il numero di carri armati ucraini di oltre tre volte». Lo ha affermato il presidente russo Vladimir Putin, citato da Ria Novosti.

12 ore fa.

Putin: "Dispiegheremo armi nucleari tattiche in Bielorussia."

«Il primo luglio sarà completata la costruzione di un deposito di armi nucleari tattiche in Bielorussia. Mosca e Minsk hanno convenuto che, senza violare i loro obblighi ai sensi del Trattato Start, avrebbero dispiegato lì armi nucleari tattiche». Lo annuncia il presidente russo Vladimir Putin citato da Ria Novosti.

Putin, citato da Interfax, ha precisato che «non trasferiamo le nostre armi nucleari tattiche in Bielorussia, ma le metteremo lì per addestrare i militari» bielorussi, «come hanno fatto gli Stati Uniti in Europa».

«Gli Stati Uniti hanno distribuito da tempo le loro armi nucleari tattiche in alcuni Paesi, quindi la richiesta della Bielorussia di queste armi alla Russia non è insolita», ha aggiunto il leader del Cremlino.

13 ore fa.

Polonia: "Kiev ha bisogno di munizioni qui e ora."

L'Ucraina ha bisogno di munizioni «qui e ora», ma l'Unione europea non ne ha a sufficienza e questo «è un segreto di Pulcinella» che a Bruxelles tutti conoscono.

 Lo ha detto il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, intervistato dall'emittente radiofonica nazionale Rmf.

Il primo ministro ha quindi invitato i partner ad acquistarne fuori dai confini dell'Europa:

«Ci sono diversi posti nel mondo, tra cui la Corea del Sud e Israele, dove ci sono molte più munizioni».

Pertanto, ha sottolineato Morawiecki, «mi aspetto che i nostri colloqui congiunti, con la Commissione europea e diversi Paesi chiave, in particolare Polonia, Germania e Francia, porteranno alla rapida ricezione di munizioni, poiché l'Ucraina ne ha bisogno qui e ora».

Il primo ministro polacco è fiducioso di riuscire a convincere le nazioni scettiche, aggiungendo che è «difficile immaginare» quanti missili e proiettili di artiglieria vengano lanciati ogni giorno sul fronte in Ucraina.

Le forze armate di Kiev utilizzano da 2.000 a 6.000 colpi, mentre i russi ne sparano da 20.000 a 60.000.

«Pertanto, questa produzione deve coprire i bisogni», ha affermato Morawiecki, augurandosi infine che l'undicesimo pacchetto di sanzioni dell'Ue sia adottato entro i prossimi due mesi, nonostante «la stanchezza» osservata in un certo numero di Paesi dell'Unione.

13 ore fa.

Kuleba: Putin introduce i crimini di guerra nello sport.

«Non c'è modo per gli atleti russi di competere alle Olimpiadi di Parigi del 2024 o in qualsiasi altro grande evento sportivo, poiché Putin ha già introdotto nello sport non solo la politica, ma anche i crimini di guerra».

Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

«Lo sport, la propaganda di stato e l'esercito sono indivisibili in Russia», ha precisato Kuleba.

13 ore fa.

Erdogan a Putin: negoziati e stop subito alla guerra.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ribadito la necessità di «cessazione immediata» del conflitto in Ucraina durante il colloquio telefonico con il capo del Cremlino, Vladimir Putin.

Lo riportano i media turchi.

 Erdogan, hanno fatto sapere le autorità di Ankara, ha insistito con Putin sull'«importanza che la Turchia attribuisce alla cessazione immediata del conflitto tra Russia e Ucraina attraverso i negoziati».

17 ore fa.

Colloquio telefonico tra Erdogan e Putin.

Colloquio telefonico tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il capo del Cremlino, Vladimir Putin.

 Al centro della conversazione, riporta l'agenzia turca Anadolu, gli sviluppi relativi alla guerra in Ucraina e i rapporti bilaterali.

Erdogan, riferiscono ancora i media turchi, ha «ringraziato» Putin dopo la proroga dell'accordo sul grano.

19 ore fa.

Kiev: Mosca mantiene 2 navi con missili Kalibr nel Mar Nero.

La Russia ha mantenuto due navi da guerra armate con un massimo di otto missili da crociera Kalibr nel Mar Nero.

Lo ha detto il comando operativo sud dell'Ucraina, secondo quanto riferito da Ukrinform.

«La presenza del raggruppamento di navi nemiche nel Mar Nero è stata ridotta a dieci questa mattina.

 Le navi missilistiche di superficie sono tornate alle loro basi.

Ci sono due sottomarini in mare, armati con fino a otto (missili ndr) Kalibr», si legge nel rapporto.

Il comando ha avvertito che la minaccia di attacchi missilistici rimane alta

. Il 24 marzo, la Russia aveva quattro navi da guerra nel Mar Nero, armate con un massimo di 24 missili da crociera Kalibr.

19 ore fa.

Zelensky: non possiamo lanciare controffensiva, nostre armi insufficienti.

Le forze armate non possono ancora lanciare una controffensiva al fronte.

Lo ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un'intervista al quotidiano giapponese “The Yomiuri Shimbun”.

Il presidente ha anche definito «difficile» la situazione nell'est e ha ribadito che la ragione di ciò è la mancanza di munizioni.

 L'Ucraina ha bisogno di munizioni e aerei da combattimento, ha sottolineato. «Stiamo aspettando munizioni dai nostri partner», ha aggiunto, osservando che l'esercito russo usa ogni giorno tre volte più munizioni delle forze ucraine.

20 ore fa.

Paesi nordici verso difesa aerea congiunta dalla Russia.

I comandanti delle forze aeree di Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca hanno firmato una lettera d'intenti per creare una difesa aerea nordica unificata volta a contrastare la crescente minaccia della Russia.

L'obiettivo è quello di poter operare in modo congiunto, sulla base delle modalità operative già note nell'ambito della Nato, secondo quanto dichiarato ieri dalle forze armate dei 4 Paesi.

La decisione di integrare le forze aeree è stata innescata dall'invasione dell'Ucraina da parte di Mosca, ha detto alla Reuters il comandante delle forze aeree danesi, il maggiore generale Jan Dam, riporta l'agenzia di stampa sul suo sito.

21 ore fa.

Kiev: abbattuti 6 droni e un elicottero Mi-24 di Mosca

L'esercito ucraino ha colpito nelle ultime 24 ore 17 aree in cui si trovavano truppe russe, ha abbattuto sei droni e un elicottero Mi-24 e ha distrutto un'unità di artiglieria di Mosca: lo ha reso noto lo Stato Maggiore delle Forze Armate di Kiev nel suo aggiornamento quotidiano della situazione sul campo.

Lo riporta il “Kyiv Independent”.

 Secondo l'Esercito, sono stati colpiti inoltre due centri di controllo russi, quattro basi, due sistemi missilistici antiaerei, un deposito di munizioni, un'unità di artiglieria e due stazioni per la guerra elettronica.

Da parte loro, le truppe russe hanno concentrato gli sforzi soprattutto in azioni offensive nella regione di Donetsk e in particolare vicino alle città di Lyman, Bakhmut, Avdiika, Marinka e Shakhtar:

in queste zone l'esercito ucraino ha respinto 59 attacchi russi.

Sempre nelle ultime 24 ore, la Russia ha effettuato 50 raid aerei, 11 attacchi missilistici e 75 attacchi con lanciarazzi “Salvo” contro posizioni delle truppe ucraine e infrastrutture civili.

22 ore fa.

Zelensky: la Cina non si è proposta come mediatrice.

La Cina non si è proposta a Kiev come mediatore nel conflitto in Ucraina: lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un'intervista al quotidiano giapponese “Yomiuri Shimbun”.

 «La Cina non mi ha inviato una proposta per fare da mediatore.

Non ho ricevuto la proposta di incontrarci», ha detto Zelensky, aggiungendo: «Inoltre, ho inviato messaggi diretti (a Pechino), attraverso canali diplomatici, dicendo che voglio parlare con il leader della Cina».

22 ore fa.

Gb: l'attacco a Bakhmut è in stallo.

L'attacco russo alla città di Bakhmut, nell'Ucraina orientale, è praticamente in fase di stallo, soprattutto a causa delle pesanti perdite subite finora da Mosca: lo scrive il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento quotidiano di intelligence.

Anche Kiev ha subito forti perdite, ma il rapporto - pubblicato su Twitter- sottolinea che la situazione russa è stata probabilmente aggravata dalle tensioni tra il Ministero della Difesa russo e il Gruppo Wagner.

 In questo quadro, la Russia ha spostato presumibilmente il suo obiettivo operativo verso Avdiivka, a sud di Bakhmut, e il settore di Kreminna-Svatove a nord, aree in cui probabilmente Mosca punta solo a stabilizzare la sua linea del fronte.

Questo, conclude il rapporto, suggerisce un ritorno a un disegno operativo più difensivo dopo i risultati inconcludenti dei suoi tentativi di condurre un'offensiva ad ampio raggio dall'inizio dell'anno.

23 ore fa.

Mosca: con trasferimento MIg-29 Slovacchia ha violato contratto.

La Russia ha accusato la Slovacchia di violazione di un contratto firmato nel 1997 per aver consegnato all' Ucraina aerei da combattimento MiG-29 dell'era sovietica. I

n base all'accordo, Bratislava non può trasferire i jet a un altro stato senza il consenso della Russia, ha affermato il Servizio federale per la cooperazione tecnico-militare di Mosca.

Le autorità russe hanno parlato di «atto ostile» e di violazione degli obblighi internazionali della Slovacchia secondo il contratto, che è stato anche pubblicato sul sito web del ministero degli Esteri russo.

Ieri la Slovacchia ha deciso di consegnare quattro aerei all' Ucraina, con altri nove che seguiranno «nel corso delle prossime settimane», ha detto alla Dpa il ministero della Difesa di Bratislava.

Tre dei 13 velivoli totali non sono operativi e devono essere utilizzati per i pezzi di ricambio.

23 ore fa.

Kiev: via alla produzione nazionale di droni.

l governo di Kiev ha varato l'attuazione di un progetto sperimentale biennale di approvvigionamento per la difesa di sistemi senza pilota di produzione nazionale. Lo ha reso noto il vice primo ministro della trasformazione digitale Mykhailo Fedorov su Telegram.

 «Il governo ha lanciato la produzione di massa di droni in Ucraina.

È stata approvata una risoluzione veramente storica per la vittoria, che accelererà in modo significativo la creazione e la consegna di droni al fronte e, cosa più importante, creerà le condizioni per il rapido sviluppo delle forze militari ucraine.

Ciò consentirà ai produttori di UAV di svilupparsi più attivamente, espandersi, reinvestire i profitti e competere con le società straniere.

Invece di spendere mesi in documenti inutili e lavoro burocratico, l'autorizzazione per l'uso degli UAV, il loro acquisto e la consegna al fronte saranno accelerati».

23 ore fa.

Biden: manterremo pressione su Putin e aiuti a Kiev.

«Manterremo la pressione su Putin con le sanzioni e continueremo a fornire assistenza a Kiev»: lo ha detto Joe Biden in una conferenza stampa congiunta ad Ottawa con il premier canadese Justin Trudeau.

 

23 ore fa.

Ucraina, Kiev: occupanti vendono proprietà e lasciano la Crimea.

«Le autorità di occupazione russe della Crimea hanno iniziato l'evacuazione dalla penisola conquistata».

 Lo ha dichiarato Andriy Yusov, un rappresentante della direzione principale dell'intelligence del ministero della Difesa dell'Ucraina, precisando che il comando russo e l'amministrazione sulla penisola stanno vendendo molte proprietà immobiliari e stanno portando le loro famiglie fuori dalla Crimea.

«Ma ai privati cittadini viene detto: non preoccuparti, tutto è calmo, tutto è sotto controllo e che l’operazione speciale sta andando secondo i piani...«, ha aggiunto Yusov.

Guerra in Ucraina, le notizie di oggi 25 marzo.

Putin rischia l'arresto? La trasferta prevista in Sudafrica e i legami del Paese con Mosca.

 

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