CARBONE, PETROLIO, GAS SONO LE FONTI DELLO SVILUPPO FUTURO DELLA CIVILTA’.
CARBONE, PETROLIO, GAS SONO LE FONTI DELLO SVILUPPO FUTURO DELLA CIVILTA’.
Il
futuro dell’energia.
Lafionda.org
– (9 Set. 2022) - Fabrizio Russo – ci dice:
Nessun
politico vuole raccontarci la vera storia: la disponibilità di combustibili
fossili si sta esaurendo.
Siamo
infatti già a corto di petrolio, carbone e gas naturale perché i costi diretti
e indiretti di estrazione stanno raggiungendo un punto in cui il prezzo di
vendita del cibo e di altri beni di prima necessità deve essere fissato ad un
livello talmente alto, ed inaccettabile, da compromettere l’operabilità del
sistema economico globale, nel suo assetto attuale.
Allo stesso tempo, l’energia eolica, solare e
altre fonti di “energia pulita” non sono ancora in grado, neppure in misura
parziale ma tale da consentire un funzionamento “sui minimi” del sistema, di
sostituire la quantità di combustibili fossili perduta.
Il
problema economico, che ha per protagonista l’energia, è essenzialmente un
problema di fisica.
L’energia
pro capite e, di fatto, le risorse pro capite (qualsiasi produzione richiede
infatti energia), devono rimanere sufficientemente elevate in presenza di una
crescita della popolazione a cui fa capo una determinata realtà economica. Quando ciò non accade, come la storia
ci dimostra, le civiltà tendono a – o perlomeno rischiano di – crollare:
Il
futuro dell'energia.
Il Consumo
mondiale pro capite di energia da combustibili fossili, è dato dal 2022 dalla “Statistical Review of World Energy di
BP”.
I
politici non possono però ammettere apertamente che l’economia mondiale possa
oggi essere diretta verso il collasso, come peraltro già accaduto a molte/tutte
le civiltà precedenti.
Devono
dare invece l’illusione di essere al comando, di avere la situazione sotto
controllo.
Ciò
spinge i politici a dare al pubblico, in qualche modo, motivazioni per cui i
cambiamenti futuri potrebbero essere o desiderabili, (ad es. per evitare il
cambiamento climatico) o, perlomeno, che le difficoltà sollevate siano
temporanee/condizionate (ad es. a causa delle sanzioni contro la Russia).
Di
seguito esaminiamo più in dettaglio alcune delle problematiche in realtà
sottese alla situazione attuale:
I
cittadini di tutto il mondo “percepiscono” che qualcosa non funziona.
L’impressione è, comunque, che l’economia possa cadere in una grave recessione
nel breve termine.
Il
futuro dell'energia.
Ecco
l’Indice del sentiment dei consumatori e notizie sui cambiamenti aziendali
riportati dall’Indagine sui consumatori dell’Università del Michigan (redatto
sulla base di indicazioni preliminari di agosto 2022).
Il
sentimento dei consumatori USA è oggi a un livello straordinariamente basso,
peggiore della grande recessione del 2008-2009 secondo il grafico mostrato ora e relativo al ”Survey of Consumers” dell’Università
del Michigan .
Secondo
la stessa fonte, quasi il 48% dei consumatori dà la colpa di aver eroso il
proprio tenore di vita all’inflazione.
I
prezzi del cibo sono aumentati significativamente. Nell’ultimo anno, il costo
di un’auto (in proprietà) è aumentato vistosamente, così come il costo
dell’acquisto o dell’affitto di una casa.
La
situazione in Europa è altrettanto grave, se non peggiore.
I
cittadini sono preoccupati per il possibile “congelamento al buio” questo inverno se la produzione di
elettricità non dovesse rimanere ad un livello adeguato.
Le forniture di gas naturale, prima acquistate dalla
Russia tramite gasdotti, sono quasi indisponibili e assai più costose. Anche il carbone ha un prezzo
elevato.
Considerando
la caduta dell’euro rispetto al dollaro USA, il prezzo del petrolio in euro è
infine sugli stessi livelli del 2008 e del 2012.
Il
futuro dell'energia.
Ecco
il Prezzo del greggio Brent aggiustato per l’inflazione in dollari USA ed euro,
nel grafico dell’Energy Information Administration degli Stati Uniti, come
pubblicato nell’EIA’s
Short Term Energy Outlook di agosto 2022.
Molti
altri paesi, oltre a quelli dell’Eurozona, stanno sperimentando un
deprezzamento del cambio rispetto al dollaro: ad es. l’Argentina, l’India, il
Pakistan, la Nigeria, la Turchia, il Giappone e la Corea del Sud.
La
Cina ha problemi con i costruttori di grandi condomini: molte di queste case
non possono essere consegnate agli acquirenti come promesso.
Per
protesta, gli acquirenti hanno sospeso i pagamenti delle case incompiute.
Come
se non bastasse, a peggiorare le cose i prezzi degli appartamenti condominiali
hanno iniziato a scendere, portando a una perdita di valore di questi
“ipotetici” investimenti.
Un evento che potrebbe essere foriero di seri
problemi per il settore bancario cinese.
Nonostante
queste gravi incognite, le banche centrali negli Stati Uniti, nel Regno Unito e
nell’Eurozona stanno alzando i tassi di interesse di riferimento.
Gli Stati Uniti stanno anche implementando un “Quantitative
Tightening”, che alimenta altre tensioni sui tassi d’interesse.
Nei fatti le banche centrali stanno alzando
intenzionalmente il costo dei prestiti e non è difficile capire che la
combinazione di inflazione ed oneri finanziari più elevati probabilmente
costringerà i consumatori a ridurre la spesa, portando la Recessione.
I politici eviteranno di parlare di possibili
problemi economici futuri legati a un approvvigionamento energetico
cronicamente insufficiente.
L’obiettivo
principale dei politici è di essere rieletti.
Vogliono
perciò che i cittadini pensino che tutto va bene.
Se ci
sono problemi di approvvigionamento energetico, devono essere “classificati”
(media mainstream) come temporanei, oppure eventualmente legati alla guerra in
Ucraina (fattore esterno).
In alternativa, qualsiasi problema che si
presenta verrà discusso come facilmente risolvibile con una nuova legislazione
o, eventualmente, un po’ più di debito.
Pure
le aziende vogliono ridurre al minimo i loro problemi.
Desiderano
che i cittadini ordinino i loro beni e servizi, senza il timore di essere
licenziati.
Vorrebbero
che i mezzi d’informazione pubblicassero articoli in cui si afferma che
qualsiasi calo economico sarà probabilmente molto lieve o, comunque,
temporaneo.
Le
università non si preoccupano dei problemi: sono il loro pane per vivere. Vogliono, però, che i problemi siano
considerati come risolvibili: così offriranno ai loro studenti opportunità di
lavoro verosimilmente ben pagato.
Una
situazione su un orizzonte di breve termine ed irrisolvibile non porterebbe
invece alcuna utilità.
Alla radice del cattivo andamento del sistema c’è un
problema di fisica.
Il funzionamento dell’economia – nell’attuale
assetto – richiede energia del tipo corretto per ogni singolo scopo e nella
giusta quantità.
L’economia
è un sistema che cresce attraverso la “dispersione” dell’energia.
Ovvio,
no?
Esempi di funzionamento per dissipazione
d’energia sono la digestione del cibo finalizzata a fornire energia agli esseri
umani, la combustione fossile e l’uso dell’elettricità per alimentare una
lampadina.
Un aumento
della crescita dell’economia mondiale è quindi fortemente correlato al consumo
energetico mondiale.
Il calo del consumo di energia è, facile
intuirlo, si associa alla contrazione economica.
Il
futuro dell'energia
Vi è
Correlazione tra il PIL mondiale misurato in “Purchasing Power Parity” (PPP) 2017 ed il consumo mondiale
di energia, inclusi combustibili fossili e rinnovabili.
Il PIL è quello riportato dalla Banca Mondiale
dal 1990 al 2021 a partire dal 26 luglio 2022;
il consumo totale di energia è quello
riportato da “BP” nella sua Revisione statistica dell’energia mondiale del
2022.
Se la
vediamo quindi dal punto di vista della fisica, l’economia mondiale è una
struttura dissipativa, proprio come lo sono tutte le piante, gli animali e gli
ecosistemi.
Il
punto è che, per i più ostinati sarà difficile accettarlo: tutte le strutture dissipative hanno
infatti durate limitate, inclusa l’economia mondiale.
Questa
“scoperta” non è molto “diffusa”: sembra che i ricercatori accademici preferiscano
infatti operare in torri d’avorio.
Quelli
nei dipartimenti economici dovrebbero invece comprendere meglio la fisica e
come si applica all’economia.
Per
correttezza verso il mondo accademico, bisogna puntualizzare che la “scoperta”
della natura dissipativa dell’economia è avvenuta solo nel 1996.
Ci
vuole molto tempo prima che i risultati vengano filtrati da un dipartimento
all’altro:
anche
adesso ci sono poche persone al mondo che scrivono di questo problema. Forse
temono ciò possa turbare i più “delicati di stomaco”.
Inoltre,
non ci si aspetterebbe che gli studiosi di economa apprendano la storia delle
molte civiltà, più piccole e più localizzate, che sono crollate nel passato.
Generalmente,
la popolazione di queste civiltà è aumentata nello stesso momento in cui le
risorse da essa utilizzate hanno iniziato a degradarsi.
L’uso della tecnologia, come le dighe per
reindirizzare i flussi d’acqua, può aver aiutato per un po’, ma alla fine non è
stato sufficiente.
La
combinazione della diminuzione della disponibilità di risorse di alta qualità e
l’aumento della popolazione lasciava a queste civiltà uno scarso margine per
affrontare i momenti di difficoltà inattesi.
In
molti casi, queste civiltà sono crollate dopo epidemie di malattie,
un’invasione militare o una fluttuazione climatica che ha portato a una serie
di mancati raccolti.
Molte persone sono state disorientate da
luoghi comuni che creano malintesi – più o meno voluti od interessati – su come
funziona davvero un’economia.
I modelli
economici standard implicano che l’economia possa continuare a crescere senza
un corrispondente aumento dell’approvvigionamento energetico.
Quando
i modelli economici sono progettati solo con lavoro e capitale come input
principali, si considera l’approvvigionamento energetico come ininfluente (o, alternativamente, si considerano
le fonti energetiche infinite).
La gente sembra comprendere che la
legislazione che limita gli affitti degli appartamenti disincentiverà/fermerà
la costruzione di nuovi appartamenti, ma non fa lo stesso collegamento logico
quando si tratta di misure adottate per contenere i prezzi dei combustibili
fossili.
Se
vengono fatti sforzi per abbassare i prezzi dei combustibili fossili (come
aumentare i tassi di interesse o utilizzare petrolio delle riserve petrolifere
USA per aumentare l’offerta totale di petrolio), è difficile che la loro
estrazione non ne risenta negativamente.
Ad
esempio, l’Arabia Saudita non sta utilizzando i recenti profitti record per
aumentare rapidamente la capacità estrattiva ad un livello che sembrava essere
ottimale solo pochi anni fa.
Le
analisi suggeriscono che i Sauditi hanno bisogno di prezzi leggermente
superiori a $100 al barile per accrescere economicamente l’estrazione petrolio
rimanente nel Paese.
Ciò sembrerebbe contraddire i dati pubblicati
relativi alle ampie riserve disponibili che, teoricamente, dovrebbero
riflettersi nel livello dei prezzi correnti.
Reuters
riporta che il Venezuela si è rimangiato la sua promessa di inviare più
petrolio in Europa, nell’ambito di un accordo di scambio petrolio versus debito.
Ha infatti chiesto come controparte, per
onorare gli impegni, lo scambio con prodotti petroliferi raffinati, non avendo
il Paese la capacità di realizzare prodotti finiti partendo dal petrolio che
estrae.
Sarebbero
infatti necessari prezzi molto più elevati rispetto agli attuali, e per un
periodo assai più lungo rispetto alle previsioni, affinché il Venezuela possa
essere in grado di investire economicamente in infrastrutture di raffinazione.
Il
Venezuela ha le riserve petrolifere più alte al mondo (303,8 miliardi di
barili), anche superiori ai 297,5 miliardi di barili dichiarati dall’Arabia
Saudita, ma nessuno dei due paesi può, ai prezzi attuali, aumentare l’offerta
conseguendo almeno il pareggio fra costi complessivi e ricavi.
Allo
stesso modo, i produttori di “shale oil” statunitensi non stanno investendo per
accrescere la produzione, nonostante il livello dei prezzi attuali appaia
sufficiente a raggiungere il “break-even”.
Perché?
Ci
sono semplicemente troppi problemi: il costo del nuovo investimento per
ubicazioni diverse dagli “sweet spot” già attivati ed in produzione, è molto alto; inoltre, non
vi è alcuna garanzia che il prezzo rimanga sugli attuali livelli;
vi
sono poi anche problemi con le supply chain del settore, come la disponibilità di tubi di
perforazione in acciaio appropriati e sabbia da fratturazione.
Non
stupisce quindi che ci sia poca voglia di investire nel settore ma …. se pochi
investono l’offerta tende a restringersi e, domanda delle cento pistole, cosa
succederà a quantità e prezzi?
A voi
la risposta!
Le informazioni pubbliche indicano l’esistenza
di un’enorme quantità di combustibili fossili ancora da estrarre, dato il
livello odierno della tecnologia.
Se
assumiamo che la tecnologia però migliorerà progressivamente in futuro, è
corretto credere che i limiti di estrazione dei combustibili fossili non
verranno sicuramente raggiunti per diversi secoli.
Dato
il meccanismo di funzionamento dell’economia moderna, il limite di estrazione è
oggi principalmente un problema di accessibilità economica:
di
prezzi che raggiungono almeno il “break-even” per il produttore senza essere
proibitivi per il consumatore.
Se il
costo d’estrazione aumenta troppo, rispetto a quanto il pubblico in tutto il
mondo può spendere (in quota del reddito), la produzione si ferma perché la
domanda (vincolata da ciò che le “persone possono permettersi”) diventa troppo
bassa.
Il
pubblico tenderà a ridurre le spese discrezionali, come le vacanze e i pasti
nei ristoranti, riducendo ancora la domanda di combustibili fossili.
Non è
generalmente ben compreso il funzionamento della “domanda”:
tra pubblico e ricercatori è diffusa la
convinzione che la domanda di prodotti energetici rimarrà elevata per un tempo
indefinito.
Una
quota sorprendentemente ampia della domanda aggregata è composta da prodotti di
prima necessità come il cibo e l’acqua, oltre a servizi di base come scuole,
strade ed autobus.
Le
persone povere domandano questi beni e servizi di base allo stesso modo, se non
in misura maggiore, delle persone ricche.
Ci sono letteralmente miliardi di poveri nel
mondo e, se i salari dei poveri sono troppo bassi rispetto a quelli dei ricchi,
il sistema non può funzionare.
Perché?
Perché
i poveri scoprono che devono spendere quasi tutto il loro reddito per cibo,
acqua e alloggio.
Di
conseguenza, rimane una quota marginale per pagare le tasse che sostengono i
servizi governativi di base.
Inoltre, senza un’adeguata domanda da parte dei
poveri – che sono la maggioranza delle teste – i prezzi delle materie prime
tendono a scendere su livelli troppo bassi per incoraggiare il reinvestimento
da parte dei produttori, cosa che – progressivamente – riduce la base
produttiva rendendo l’offerta meno ampia e meno elastica.
I
maggiori utilizzatori di combustibili fossili sono gli utenti commerciali ed
industriali.
Il gas
naturale viene, ad esempio, spesso utilizzato nella produzione di fertilizzanti
azotati.
Se il
prezzo del gas naturale sale improvvisamente su livelli elevati, il prezzo del
fertilizzante aumenterà più di quanto gli agricoltori siano disposti a pagare
per i fertilizzanti.
Gli
agricoltori ridurranno allora l’uso di fertilizzanti, riducendo però le colture
e quindi i raccolti.
I
costi degli agricoltori si abbasseranno ma ci saranno anche meno raccolti
disponibili per i consumatori, aumentando quindi – indirettamente – i prezzi
alimentari nel complesso.
Una
relazione che gli econometrici non definiscono esplicitamente nei loro modelli.
I
lock-down del 2020 dimostrano come i governi possano di fatto stimolare la
domanda (e quindi i prezzi) di prodotti energetici inviando assegni ai
cittadini.
Questo
approccio sembra però produrre inflazione piuttosto che stimolare una maggiore
produzione di energia.
Inoltre,
i paesi senza risorse energetiche proprie in questo frangente potrebbero
registrare un deprezzamento delle loro valute rispetto al dollaro USA.
Non è vero che i diversi tipi di energia possono
essere facilmente sostituiti l’uno con l’altro.
Nei
modelli dei mercati dei prodotti energetici, come nel caso del calcolo del “rendimento energetico per unità di
energia investita”, rimane
viva la credenza popolare che tutta l’energia sia sostituibile con altra
energia.
Questo
non è vero, specie se si considerano tutti gli aspetti transizione verso le
energie rinnovabili e cd. “pulite” nonché dell’energia necessaria per rendere
possibile tale transizione.
Ad
esempio, l’elettricità intermittente, come quella generata da turbine eoliche o
pannelli solari, non sostituisce perfettamente l’elettricità di fonte fossile
che riesce a soddisfare con continuità il carico domandato dalla rete.
L’elettricità intermittente non sempre è
disponibile quando le persone ne hanno bisogno: può avere dei periodi di stasi
anche prolungati.
Ad esempio, l’elettricità generata dal vento
può, alle volte, essere bassa per più di un mese.
Nel
caso dell’energia solare, è necessario accumulare energia elettrica sufficiente
durante i mesi estivi per utilizzarla d’inverno.
Una
persona ingenua potrebbe presumere che l’aggiunta di alcune ore di batteria di
riserva risolva i problemi di intermittenza, ma questa soluzione è in realtà
assolutamente insufficiente ed inadeguata.
Se le
persone non vogliono congelare al buio in inverno, sono necessarie soluzioni a
lungo termine.
Un
approccio standard consisterebbe nell’utilizzare un sistema di combustibili
fossili per colmare le lacune quando l’eolico e il solare non sono disponibili.
Il problema,
quindi, è che il sistema di fornitura di combustibili fossili deve comunque
coprire l’intero periodo annuale, con personale qualificato, condutture
adeguate e uno stoccaggio sufficiente di carburante.
Un modellatore deve considerare la necessità di
costruire un intero sistema su un “doppio binario” – fossile e non fossile –
invece di un unico sistema (non fossile).
A
causa di problemi di intermittenza, l’elettricità eolica e solare sostituiscono
solo i combustibili (carbone, gas naturale, uranio) che fanno funzionare il
nostro attuale sistema.
Le pubblicazioni spesso considerano il costo
dell’elettricità intermittente considerato a “parità di domanda in rete” ed il
suo costo per unità di energia elettrica utilizzata viene fatto corrispondere
al costo unitario complessivo dell’elettricità, in realtà così facendo si
stanno confrontando “mele con pere”.
Il
confronto deve essere fatto considerando il costo medio del combustibile
utilizzato dagli impianti e non i prezzi dell’elettricità applicati
all’utilizzatore finale.
Un’altra
ipotesi popolare è che l’elettricità possa sostituire tutti i combustibili
liquidi attualmente utilizzati.
Ad
esempio, in teoria, ogni pezzo di macchina agricola potrebbe essere
riprogettato e costruito per funzionare con l’elettricità, piuttosto che grazie
– ad esempio – al diesel, comunemente usato oggi.
Il
problema è che ci sarebbe bisogno di un numero enorme di batterie disponibili,
e della collegata capacità di successivo smaltimento, una volta si siano
esaurite, affinché questa transizione funzioni.
Ci
sarebbe anche bisogno di fabbriche per costruire tutte queste nuove
apparecchiature.
Avremmo
bisogno di un sistema di commercio internazionale che funzioni
straordinariamente bene (al netto dei problemi geopolitici), per reperire tutte
le materie prime.
Inoltre, probabilmente non ci sarebbero
comunque abbastanza materie prime per poter far funzionare un sistema così
pervasivo e complesso.
C’è molta confusione sui prezzi attesi del petrolio e
di altri prezzi dell’energia, necessari affinché un’economia raggiunga i limiti
energetici.
Questo
problema è strettamente correlato al punto sopra riportato, che riguarda la
confusione su come funziona la domanda di energia.
Un
presupposto comune tra gli analisti è che “ovviamente” i prezzi del petrolio
aumenteranno, man mano che i limiti si avvicinano. Questa ipotesi si basa sulla
curva di domanda e offerta standard utilizzata dagli economisti.
Il
futuro dell'energia.
Una Curva
di domanda e offerta economica standard utilizzata da Wikipedia. Descrizione di
come funziona questa curva:
Il
prezzo P di un prodotto è determinato da un equilibrio tra la produzione a
ciascun prezzo (offerta S) e dai desideri di chi ha potere d’acquisto a ciascun
prezzo (domanda D).
Il
diagramma mostra uno spostamento positivo della domanda da D1 a D2, con
conseguente aumento del prezzo (P) e della quantità venduta (Q) del prodotto.
Il
problema è che la disponibilità di prodotti energetici a basso costo influisce
molto sia sulla domanda che sull’offerta.
Molti lavori che pagano bene (domanda di
elettricità) sono richiesti solo se per svolgerli possono essere utilizzati
prodotti energetici a costo relativamente contenuto (offerta di elettricità).
Ad
esempio, i chirurghi oggi eseguono la chirurgia robotica, richiedendo, come
minimo, una fonte stabile di elettricità per ogni operazione.
Inoltre,
le apparecchiature utilizzate nell’ambulatorio sono realizzate utilizzando
combustibili fossili.
I chirurghi usano anche prodotti anestetici
che richiedono combustibili fossili. Senza l’attrezzatura avanzata di oggi, i
chirurghi non sarebbero in grado far pagare i corrispettivi richiesti per i
loro servizi.
Pertanto,
non è chiaro se la domanda o l’offerta tenderebbero a diminuire più
rapidamente, se l’offerta di energia dovesse raggiungere dei limiti: potrebbe
scomparire la domanda.
Sappiamo che la Bibbia (Apocalisse 18:11-13)
fornisce un elenco di un certo numero di merci, compresi gli esseri umani
venduti come schiavi, per i quali i prezzi sono scesi molto in basso al tempo
del crollo dell’antica Babilonia.
Ciò
suggerisce che almeno in qualche occasione durante i crolli precedenti di
civiltà, il problema era che la domanda era troppo bassa (e quindi i prezzi troppo
bassi), invece che la fornitura – l’offerta – di energia (lavoro umano degli
schiavi).
L’Agenzia
internazionale per l’energia e i politici di tutto il mondo hanno raccomandato
una transizione all’uso dell’energia eolica e solare per cercare di prevenire
il cambiamento climatico per diversi anni.
Questo
approccio sembrava avere l’approvazione sia di coloro preoccupati per
l’eccessiva combustione di combustibili fossili che causa il cambiamento
climatico, sia di quelli preoccupati per la quantità insufficiente di energia
da combustibili fossili che causa il collasso economico.
Viene
mostrata una stima approssimativa di come potrebbe apparire il calo
dell’offerta di energia sotto il rapido passaggio alle energie rinnovabili
proposto dai politici.
Il futuro
dell'energia.
Esiste
la Stima del consumo energetico mondiale dal 1820 al 2050.
Importi
per i primi anni basati sulle stime nel libro di Vaclav Smil Energy Transitions: History, Requirements and
Prospects e BP 2020 Statistical Review
of World Energy per gli anni dal 1965 al 2019.
Il
consumo di energia per il 2020 è stimato essere inferiore del 5% rispetto a
quello del 2019.
Si
presume che l’energia per gli anni successivi al 2020 diminuirà del 6,6%
all’anno, in modo che l’importo raggiunga un livello simile alle rinnovabili
solo entro il 2050.
Gli
importi indicati includono un maggiore utilizzo di prodotti energetici locali (legno e
sterco animale).
Se una
persona coglie la forte connessione tra consumo di energia ed economia, un calo così rapido della fornitura
di energia tradizionale dovrebbe preludere ad un collasso economico.
L’obiettivo
dei politici sembra essere quello di impedire ai cittadini di capire quanto sia
davvero terribile la situazione, riformulando la narrativa del calo dell’approvvigionamento
energetico, presentandolo come il mezzo, voluto da politici ed economisti, per
cercare di prevenire il cambiamento climatico, perseguendo così il bene delle
generazioni future.
I
ricchi e i potenti possono inoltre vedere in questo cambiamento qualcosa di
positivo perché fornisce l’opportunità di trarne profitto.
La scarsità di energia, favorisce, per ragioni
si può dire di fisica, disparità salariali e di ricchezza crescenti.
Gli
individui ricchi leggono un simile risultato positivamente: possono infatti trarne profitto
personale.
Ad
esempio, Bill Gates ha accumulato circa 270.000 acri di terreno agricolo negli
Stati Uniti, compresi i terreni agricoli appena acquistati nel North Dakota.
Inoltre,
i politici si rendono conto che se possono orientare i cittadini verso un
minore consumo di energia allora sono in grado di esercitare un maggiore
controllo sulle popolazioni.
Ad esempio, i conti bancari possono essere
collegati a un qualche tipo di punteggio di credito sociale.
I politici spiegheranno che questo è per il bene delle
persone, per prevenire la diffusione di malattie o per evitare che gli
“indesiderabili” utilizzino troppe risorse disponibili.
Un
modo per ridurre drasticamente il consumo di energia è imporre lock-down o
fermi di attività in un’area, ad esempio per prevenire la diffusione del
Covid-19, come ha fatto di recente la Cina.
Questi
possono essere spiegati come necessari per fermare la diffusione della malattia
ma possono anche aiutare a nascondere altri problemi, come ad esempio la
mancanza di combustibile sufficiente per prevenire i continui blackout
d’elettricità.
Stiamo vivendo un periodo davvero insolito,
con un grave problema energetico nascosto alla vista.
I
politici non possono dire al mondo quanto sia grave la situazione energetica.
Il problema dei limiti energetici a breve
termine è noto almeno dal 1956 ( M. King Hubbert ) e dal 1957 ( Hyman Rickover).
Il
problema è stato confermato nella modellazione del mercato energetico
realizzata per il libro del 1972, “The Limits to Growth” di D. Meadows e altri.
La
maggior parte dei politici di alto livello è consapevole del problema
dell’approvvigionamento energetico, ma non può assolutamente parlarne.
Invece,
scelgono di parlare di cosa accadrebbe se all’economia fosse permesso di andare
avanti senza limiti e di quanto gravi potrebbero essere le conseguenze
climatiche di ciò.
I militari di tutto il mondo sono senza dubbio
ben consapevoli del fatto che non ci saranno abbastanza rifornimenti di
energia, anche per muovere i loro mezzi.
Ciò
significa che il mondo sarà in una competizione per accaparrarsi le risorse.
In un
contesto para-bellico, non c’è da sorprendersi se le comunicazioni sono
attentamente controllate e che le opinioni, che possiamo aspettarci di sentire
ad alta voce e ripetutamente, sono quelle che i governi e le persone influenti
vogliono che i cittadini comuni sentano.
Epilogo:
l’Europa non ha alternative reali al gas russo: l’ex EVP di Aramco.
Di
questo quadro arrivano conferme indirette.
Tra le
tante, l’ex vicepresidente esecutivo della “Saudi Aramco”, Sadad Al-Husseini,
in agosto aveva dichiarato, alla CNBC, che:
“Gli Stati Uniti non hanno la capacità
di “GNL” per sostituire le esportazioni russe in Europa”, osservando che le
bollette elettriche in tutta l’UE sono destinate a salire questo inverno.
Non ha
invece commentato la rivendita da parte della Cina di GNL russo in Europa.
Secondo
Al-Husseini, la mancanza di forniture disponibili potrebbe portare a seri
problemi sul mercato energetico globale.
“La situazione attuale è un mondo nuovo e non molto
favorevole per l’energia”, ha avvertito.
“In
ogni caso, non c’è abbastanza capacità di GNL nel mondo per compensare le
esportazioni russe in Europa”, ha aggiunto l’ex dirigente, aggiungendo che “ci
vorranno anni prima che l’UE trovi le risorse per sostituire la fornitura russa.”
Ha
anche affermato che mentre la Russia potrebbe perdere l’Europa come mercato
finale, ci sono “molti mercati alternativi” per l’energia russa, tra cui Cina,
Giappone o India, che si fanno beffe delle sanzioni occidentali, rendendosi
conto che l’amministrazione Biden è sempre più sdentata nel punire i
trasgressori delle sanzioni.
Nel
frattempo, l’Europa non ha fonti di energia alternative, ha affermato, “mentre
gli Stati Uniti sono già al massimo dello sfruttamento economicamente
possibile, il Nord Africa ha problemi” e anche l’OPEC sta esaurendo la capacità
inutilizzata.
“Quindi, è un problema globale”, ha concluso.
Il
funzionario ha suggerito che, mentre l’economia russa potrebbe soffrire per le
sanzioni occidentali, il resto del mondo soffrirà con loro, sottolineando però
che “la Russia
potrebbe riprendersi molto prima dell’Europa”.
Intanto
i media di stato e/o allineati (mainstream) propinano narrazioni della realtà
addomesticate ed edulcorate, facendo leva sul fatto che il tempo e gli impegni
della vita quotidiana spazzeranno via le incongruenze della loro narrazione
che, inevitabilmente, con il tempo emergono.
Così
come le onde marine spazzano via le orme sulla sabbia della battigia.
Già la
consapevolezza di ciò è tuttavia un passo in avanti per il pubblico che solo
apparentemente non può fare nulla:
ricordiamoci
che se i movimenti di opinione crescono iniziano ad incidere sulla realtà e da
qualche parte bisogna pur cominciare.
(Fabrizio
Russo)
Le
cose vanno male.
Unz.com
- ISRAEL SHAMIR – (11 OTTOBRE 2021) – ci dice:
Una
coincidenza interessante:
l'inizio
di ottobre ha inaugurato una doppia crisi: il primo crollo di Internet e il
fallimento finale della Green Economy.
I
dipendenti di Facebook hanno usato seghe e asce per entrare nei loro luoghi di
lavoro, perché
le porte intelligenti si sono ostinatamente rifiutate di cedere la strada e i loro badge avevano perso il loro
tocco magico.
Sembra
che i problemi di Internet siano stati avviati da alcune forze sconosciute al
di fuori di Facebook.
Queste
forze hanno accesso al funzionamento interno di Internet.
Forse era militare; o alcuni oscuri tecnici che
custodiscono i segreti di Internet.
Hanno
dimostrato il loro potere: anche il dominio di Facebook è stato messo in vendita.
Mark
Zuckerberg non poteva farlo, mi è stato detto.
Era
una minaccia da ricattatore alla finanza globale?
O un tentativo
di deviare le audizioni del Congresso? Forse era una semplice dimostrazione di
nudo potere.
Allo
stesso tempo, il primo colpo dell'inverno ha rivelato l'incapacità dell'energia
verde di riscaldare le nostre case e dare energia all'industria.
La
natura ha dimostrato le sue capacità: all'improvviso, i venti europei si sono
rifiutati di muovere le turbine.
Una
calma insolita si stabilì a nord, come se i venti fossero confinati da Eolo
nella sua borsa.
I prezzi dell'energia sono saliti alle stelle.
L'eccellente
futuro pianificato per l'umanità, tutto digitale, basato su Internet e privo di
resti fossili, non si è materializzato.
Invece
di continuare la nostra marcia verso la terribile “New Normal”, siamo tornati alla nostra
fastidiosa ma familiare normalità quando le cose sono andate male.
Il cappello da cowboy di Big Tech era troppo
grande per la sua testa.
Per
fortuna, questa disgrazia avvenne ben prima che l'intera umanità fosse stata
trascinata in eleganti abitazioni riscaldate dal vento malizioso.
Altrimenti,
lo scorso fine settimana avrebbe potuto essere la fine dell'Homo Sapiens:
ci saremmo congelati fuori, impossibilitati
persino a passare attraverso le porte intelligenti.
Una
crisi energetica combinata con un fallimento di Internet è molto pericolosa.
Perché
non incontriamo gli extraterrestri?
Ecco
una possibile risposta:
ogni
civiltà sapiente distrugge sé stessa prima di raggiungere la capacità di
avventurarsi verso le stelle.
Le
creature intelligenti tendono a sopravvalutare le loro capacità di pensiero; Invece di attenersi a tecnologie
conosciute e implementare piccoli miglioramenti, vogliono fare un enorme balzo
in avanti.
I
risultati sono cupi, come apprendiamo ora.
Si
scopre che ignorare le porte intelligenti richiede un'ascia robusta;
Forse
la politica verde e i politici verdi dovrebbero essere sottoposti alla stessa
soluzione.
Alcuni
prezzi dell'energia sono incompatibili con la vita umana.
Il “Green
New Deal” si è rivelato una fantasia donchisciottesca. Non siamo pronti a passare a fonti di
energia futuristiche.
Non ora, comunque.
Potremmo
anche smettere di chiamare petrolio, gas e carbone con questo nome
"fossile": sono combustibili combustibili.
La
guerra ai combustibili, guidata dal Rockefeller Fund e a cui si unirono giovani
futuristi, ebbe un enorme successo, forse troppo successo per il suo bene.
L'Europa
e il Nord America, così come la Cina e la Russia hanno dichiarato il loro
desiderio di raggiungere un mondo senza carbonio.
L'opinione
contraria, vale a dire che il cambiamento climatico causato dall'uomo, ovvero
il riscaldamento globale, è stata ufficialmente vietata.
La
Cina è stata la prima a fare inversione di marcia.
Stavano già smantellando le miniere di carbone
nella Mongolia Interna quando hanno scoperto che avevano bisogno di energia per
alimentare le loro centrali.
Sorprendenti!
Ora
sono in emergenza nazionale in inverno, costretti a riattivare le miniere di
carbone messe fuori servizio.
La
preparazione della crisi è stata la chiusura delle miniere di carbone in
Mongolia per ragioni politiche globaliste, e il completamento della crisi è
stato fermare l'importazione di carbone australiano per una disputa politica.
Apparentemente,
i leader cinesi erano stati persuasi che il clima sta rapidamente diventando
più caldo e che il Green New Deal significa che non devono più alimentare le
loro fabbriche e riscaldare le loro case.
Si è
scoperto che i globalisti erano prematuri e stanno tornando a soluzioni
energetiche collaudate.
Tuttavia,
l'Europa è testarda.
Gli
europei sono convinti che non ci sia altra via;
Devono
rinunciare ai soliti combustibili e passare a quelli "puliti".
Anche
se morissero congelati, si attengono all'energia pulita.
Alla
leader del partito verde tedesco “Annalena Baerbock” è stato chiesto dove avrebbe preso
energia se i venti fossero stati calmati e il sole fosse stato coperto dalle
nuvole? (È successo questo settembre).
L'elettricità
continuerà a provenire dalle prese;
Ma
sarà elettricità a emissioni zero, ha detto.
"Da
dove dovrebbe venire l'elettricità?
Naturalmente,
più lontano dalla presa e, naturalmente, più lontano dalle fabbriche,
attraverso le linee elettriche che abbiamo.
Ma
questa elettricità deve essere climaticamente neutra in futuro".
Non
sembra capire che ci vuole energia per creare elettricità.
I
Verdi sono ben intenzionati, ma indottrinati e supponenti.
In Ghost Busters (1984), un attivista verde
interrompe l'elettricità al quartier generale di Ghostbusters e il disastro si
abbatte su New York City.
Allo
stesso modo, i Verdi stanno attivamente distruggendo le tradizionali forniture
energetiche dell'Europa.
Probabilmente
segnerà la fine del “Green Deal”; Cioè, una volta che le persone capiscono che questo è
un corso suicida.
Recentemente,
il gas naturale, una comoda fonte di energia, è stato sottoposto a forti
aumenti dei prezzi a causa di manipolazioni puramente politiche.
Invece
di pagare così tanto, i tedeschi potrebbero usare il gas naturale russo.
I
russi hanno completato la posa del Nord Stream 2, un gasdotto per il gas
naturale che porta direttamente in Germania.
Se
diventasse operativo, il prezzo del gas naturale scenderebbe e il popolo
tedesco sarà caldo il prossimo inverno.
Ma
prima, “NS 2” deve essere concesso in licenza; deve soddisfare alcune
condizioni politiche stabilite qualche tempo fa per impedire alla “NS 2” di
fornire gas a basso costo.
I politici chiedono che il gasdotto abbia più
di un proprietario, perché è stato costruito dalla russa Gazprom.
Inoltre, dicono che la Polonia e l'Ucraina
devono essere autorizzate a esprimere le loro obiezioni prima che il gas russo
a basso costo possa attraversare il confine tedesco.
Eppure
Polonia e Ucraina sono concorrenti di Gazprom!
Se dipende dal loro permesso, nessun gas
arriverà mai attraverso “NS 2”;
piuttosto continuerà ad essere consegnato a un prezzo
molto più alto attraverso l'Ucraina e la Polonia fortemente anti-russe.
Putin
ha rotto l'aumento dei prezzi del gas esprimendo la sua fiducia che il problema
sarà risolto presto.
Se avesse sottolineato che è tutt'altro che
certo, il prezzo sarebbe rimasto alle stelle, portando ancora più dividendi
agli investitori di Gazprom.
Putin ha agito contro i suoi interessi (e quelli della
Russia) per puro altruismo?
Beh,
no.
Ma
Putin vuole un business sano e sostenibile, che porti profitti stabili ogni
anno; d'altra parte, i negoziatori tedeschi ed europei vogliono prezzi del gas
naturale intollerabilmente alti, costringendo i cittadini a passare
all'elettricità.
La Russia potrebbe trarre molto profitto oggi, ma non
ci sarebbe nulla per domani.
Putin
preferisce avere clienti soddisfatti del gas in Europa.
Gli
europei potrebbero avere energia più economica, sia per il riscaldamento che
per la guida, ma i loro leader non lo permetteranno. Hanno deciso che i prezzi
dell'energia saranno alti, molto alti;
quindi
sentirai ogni grado di Centigrado / Fahrenheit in tasca.
Putin
ha dichiarato che gli europei hanno sbagliato i calcoli quando hanno deciso di
abbandonare i combustibili tradizionali.
Forse
lo ha detto per gentilezza, perché non c'è il minimo dubbio: i leader europei e nordamericani
sapevano che i carburanti "puliti" sono molto più costosi e molto
meno affidabili, eppure lo hanno scelto.
Potrebbe
essere spiegato dalla loro ostilità verso la Russia? Nessuno dei paesi
benedetti dal gas naturale e dal petrolio (Iran, Venezuela, Russia) è alleato
favorito dell'UE e del Regno Unito.
Sembra
che i leader europei siano determinati a congelare tutte le case che vengono
riscaldate dal gas naturale.
I
regolatori britannici hanno respinto i piani di “Shell” per sviluppare il
giacimento di gas del Mare del Nord e Shell non è una società russa o iraniana.
La mia spiegazione: vogliono uccidere petrolio e gas;
E non si preoccupano dei cittadini congelati.
Nel
Regno Unito, le bollette del carburante aumenteranno di £ 400; Chi non può
permetterselo, lo lasci soffrire.
Questa
crisi energetica politica è mondiale.
Uno
dei motivi sono gli enormi acquisti governativi di tecnologia solare ed eolica
inaffidabile.
Un
altro motivo: l'energia combustibile è sotto investita.
Per
alcuni anni, le compagnie energetiche hanno creduto che non valesse la pena
spendere soldi per i combustibili tradizionali; Gli è stato detto che i
combustibili stanno per scomparire.
Ora
forse ci ripenseranno.
Ora
che ci rendiamo conto che abbiamo ancora bisogno di gas e petrolio, è meglio
iniziare a investire in Russia perché questi prodotti si trovano solo nelle
lontane terre artiche.
Ci vuole tempo e denaro per sviluppare nuovi
giacimenti di gas.
Il
problema è che agli europei dell'est piace imbrogliare i russi.
Sanno
che i russi sono odiati dalle élite degli Stati Uniti e dell'UE; Quindi credono
che otterranno risultati migliori attraverso il contenzioso. Continuano a
spostare i pali della porta per assicurarsi la vittoria.
I
russi hanno iniziato a costruire “NS 2” alcuni anni fa;
per contrastare questo sviluppo, la direttiva
sul gas è stata applicata alla NS 2 nel 2020.
È
stata una decisione particolare: la direttiva non esisteva quando i russi hanno
iniziato a costruire il gasdotto.
Ma i
leader dell'Europa orientale sono estremamente disonesti. L'avvocato generale” Michal Bobek” ha
recentemente invitato la corte a modificare la sua decisione.
Lo
farà o non lo farà?
Se
l'UE non permetterà ai russi di gestire il gasdotto come meglio credono, forse
gli europei non otterranno alcun gas naturale.
E poi,
sarà questo inverno molto freddo che deciderà per gli europei.
La domanda
è: preferiscono rimanere ben riscaldati, o preferiscono fregare i russi anche
al prezzo del congelamento?
Anche
i russi accettano l'idea del riscaldamento globale.
Pensano
che all'interno del “Green New Deal”, saranno in grado di mostrare i loro talenti
meccanici, la loro istruzione superiore.
È più adatto a loro che vendere petrolio come fanno
gli arabi sauditi. Tuttavia, è tutt'altro che certo che appariranno effettivamente posti
di lavoro sofisticati.
La Russia può essere piuttosto fredda, ma ha
un grande vantaggio nei sistemi di riscaldamento nazionali costruiti nei giorni
sovietici.
Fa più
caldo negli appartamenti di Mosca che a Gerusalemme in inverno.
In Israele, l'inverno è freddo; Mosca è
migliore, come ho scoperto anni fa.
La
Russia è assediata da Ucraina e Polonia, due stati vicini molto ostili, eppure
Putin vuole ancora giocare con loro.
Con
l'arrivo dell'inverno, molto presto vedremo se i regolatori persistono.
Alla
fine di ottobre si terrà “la conferenza a Glasgow”; e vedremo quanto gli
europei sono disposti a pagare per "salvare il clima".
(Israel
Shamir)
L’economia
mondiale messa
a dura
prova: c’è aria di tempesta.
Leurispes.it
- MARCO OMIZZOLO – (19 Dicembre 2022) – ci dice:
La
crisi dell’economia mondiale.
Spira
aria di tempesta per milioni di cittadini, di decine di paesi e sul futuro
dell’Europa.
La guerra in corso in Ucraina, l’insieme di
speculazioni economiche e finanziarie che, a partire dalla fase pandemica,
stanno colpendo duramente l’economia globale, il Covid con le sue variabili,
hanno messo e mettono a dura prova alcune delle economie più solide del mondo
come quella cinese;
le
crisi politiche che ciclicamente investono i maggiori paesi europei e le stesse
Istituzioni dell’Unione con il recente scandalo Qatargate, stanno compromettendo, nella parte
occidentale del mondo, il sistema di produzione e di distribuzione di beni
primari come quelli agricoli ed energetici, facendo correre l’inflazione i cui
effetti sono pagati in prevalenza dal mondo del lavoro.
Le
previsioni economiche del FMI.
Gli
effetti sono già evidenti.
Nel
corso dell’estate del 2022, infatti, il Fondo Monetario Internazionale aveva rivisto al ribasso le
prospettive di crescita dell’economia mondiale con Stati che, nel corso di
poche settimane, erano costretti a rivedere le proprie scorte, capacità di
produzione e depositi, e con cittadini che hanno dovuto rivedere la propria
possibilità di spesa e di investimenti.
Sul
piano analitico, il FMI ha peraltro previsto il crollo di 2 punti percentuali
del Pil mondiale per il prossimo 2023.
Si
tratta di una percentuale nettamente superiore rispetto a quella del 2008
determinata dalla crisi dei subprime e dal crollo della nota banca d’affari
Lehman Brothers.
Per
comprendere ciò che questo significa, è opportuno tradurre il dato del FMI
espresso in percentuali in una cifra immediatamente chiara anche per i non
addetti ai lavori.
Due
punti di Pil mondiale in meno, significa infatti una contrazione di circa 1.700 miliardi di dollari nell’arco
del solo 2023, pari all’intero Prodotto interno lordo di un paese membro del G8 come
il Canada.
Questo
scenario sembra contraddire alcuni indicatori economici positivi registrati
nella fase immediatamente successiva alla fase più dura della pandemia.
In
realtà, il rilancio economico registrato in quel periodo era riconducibile ad
alcune variabili che avevano agito da traino per l’economia mondiale, italiana
compresa:
la
produzione e la distribuzione dei vaccini di nuova generazione, l’innovazione
digitale avviata in gran parte dell’imprenditoria occidentale e in particolare
in quella dell’area mediterranea, il telelavoro, vincoli di dipendenza oraria
meno stringenti rispetto a quelli tradizionali che hanno contribuito ad
aumentare la produttività, lo slancio psicologico derivante dal ritorno alla
normalità per milioni di persone che ha significato una accelerazione dei
consumi e degli investimenti.
I
segnali latenti della crisi dell’economia mondiale.
Eppure,
i segnali di una crisi economica erano presenti da tempo, basta ricordare le
ripetute difficoltà di approvvigionamento di materie prime fondamentali per il
sistema avanzato di produzione e di trasformazione, che in breve tempo ha
interessato anche altri settori come quello fondamentale dei microprocessori.
Anche
la chiusura di porti e il rallentamento dei collegamenti aerei hanno impattato
in particolare sul flusso di merci a livello mondiale.
Insomma, a fronte di un aumento della produttività e dell’improvvisa
domanda di consumo di alcuni beni, era evidente una crisi incombente che è
rimasta sullo sfondo del dibattito internazionale.
Non va
dimenticato che, nel 2021, le nuove ondate pandemiche dovute alle diverse
varianti di Covid, hanno colpito vari paesi con un impatto crescente ma in
tempi diversi.
Le conseguenze di questa crisi sanitaria sono
sembrate inizialmente limitate e gestibili.
In realtà, ad ogni nuova ondata una parte
dell’economia mondiale entrava in sofferenza, determinando un effetto domino
sotterraneo, tipico della società globale contemporanea, che investiva tutte le
economie mondiali.
La
crisi non ha colpito tutti in egual modo.
Non
tutti però sono stati colpiti dalla crisi.
Alcune
tra le maggiori multinazionali dei trasporti, ad esempio, hanno strategicamente
trasformato il rallentamento dell’economia mondiale in un’occasione per
realizzare profitti inaspettati mediante la contrazione della loro offerta di
servizi con un improvviso aumento delle relative tariffe.
Il “Freightos Baltic Index”, ad esempio, che
indica il costo medio del trasporto di un container, passò da 1.400 dollari nel
gennaio del 2020 (si consideri che il 20 settembre del 2020 si era alla parità
perfetta tra dollaro ed euro) a 11.000 dollari nel settembre del 2021.
Significa
che in appena 21 mesi si è registrato un rialzo di oltre il 780%.
Il
trascorrere del tempo non ha migliorato la situazione ed infatti a metà
settembre del 2022 si era ancora a 4.700 dollari, ossia ben al di sopra del
valore raggiunto nella fase pre Covid.
La
conseguenza si è abbattuta direttamente sui prezzi dei beni trasportati, con
aumenti che hanno inciso sulla capacità di spesa e approvvigionamento per
milioni di persone, italiani compresi.
Ragionamento
analogo può essere fatto per i prezzi delle materie prime che a dicembre del
2021, ad esempio, secondo il Fondo Monetario Internazionale, superavano del 56%
quelli del dicembre 2019.
La
reazione degli Stati Uniti nello scenario di un’economia mondiale in difficoltà.
Ma
come hanno reagito i governi dei paesi più potenti al mondo in quella specifica
fase di crisi e allo stesso tempo di speculazione?
Gli
Stati Uniti, in quelle circostanze, hanno difeso esclusivamente i propri
cittadini, abdicando al ruolo di potenza economica mondiale.
La
domanda interna del mercato statunitense, infatti, in quella specifica fase è
aumentata grazie a politiche governative che puntavano direttamente a
sostenerla e che non hanno avuto precedenti nella storia economica di quel
paese, determinando come conseguenza un riorientamento dei flussi commerciali
mondiali di beni delle grandi multinazionali in via prevalente in favore del
mercato interno statunitense, bypassando le medesime domande proveniente da
altri paesi, Europa compresa.
I leader mondiali non erano affatto all’oscuro
di questa situazione ma immaginavano, con grave sottovalutazione del quadro
generale, che essa fosse temporanea e che, nel breve giro di qualche mese,
tutto sarebbe tornato ai livelli conosciuti della fase pre Covid.
La
posizione della Cina.
L’altra
superpotenza economica mondiale, ossia la Cina, ha commesso anch’essa errori
strategici fondamentali.
La sua politica “Covid zero” è risultata
fallimentare con l’evolversi del virus e in particolare della variante Omicron.
La Cina, infatti, è passata dall’obiettivo “Covid
zero” a misure sempre più restrittive per la sua popolazione in termini di
attività sociali e lavorative per ampie regioni del suo territorio che hanno
contribuito a rallentare l’economia cinese e quindi quella mondiale.
Come gli Stati Uniti, anche la Cina ha pensato
innanzitutto a risolvere i suoi problemi sanitari, economici ed occupazionali
interni, senza volgere l’attenzione a ciò che stava accadendo nel resto del
mondo, e a livello macroeconomico.
Il
conflitto russo-ucraino e le ricadute sull’economia mondiale.
Anche
l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia del febbraio 2022 ha comportato
un’esplosione dei prezzi alla distribuzione e al consumo, in particolare delle
materie prime e di quelle energetiche.
L’indice
dei prezzi delle materie prime energetiche calcolato dal Fmi, infatti, è aumentato
del 43% nel corso del primo semestre del 2022.
Ad oggi, invece, esso risulta superiore rispetto alla
fase pre-Covid del 162%.
Ovviamente
si tratta di indici che riguardano l’economia generale che andrebbero
ricalibrati sui singoli paesi.
In Italia, si registra una perdita del potere
di acquisto che rischia di associarsi, per l’effetto diretto sui salari delle
famiglie più fragili, a crescenti tensioni sociali.
I recenti scioperi sindacali e diffuse tensioni
sociali sono un indice chiaro di una fibrillazione diffusa che rischia di
manifestarsi a partire dai primi mesi del 2023.
La
crisi attuale potrebbe colpire l’economia mondiale.
Il
quadro generale peggiora ulteriormente se si pensa che due tra le più
importanti istituzioni deputate a contrastare inflazione e speculazioni come la Banca Centrale Europea e la
Fed, ossia la Riserva Federale degli Stati Uniti, stanno intervenendo con politiche
monetarie restrittive le cui conseguenze saranno scontate, come ampiamente
dimostrato dalla storia economica del secondo Novecento in Occidente,
soprattutto dalle fasce più deboli della popolazione.
Lo
stesso presidente della Fed, Jerome Powell, in un recente incontro mondiale tra
i banchieri centrali di tutto il mondo, ha esplicitamente dichiarato che la
crisi economica causerà gravi difficoltà a famiglie e imprese perché la
gestione della crisi è affidata a politiche restrittive per ciò che riguarda il
rinnovo dei contratti di lavoro, nel pieno rispetto della dottrina
neoliberista, con lo scopo di calmierare il circolo vizioso “prezzi-salari”.
Insomma, siamo seduti sul ciglio di un vulcano e
sembriamo non rendercene conto.
A
differenza della crisi dei subprime della fine del decennio scorso, che aveva
colpito le economie avanzate e risparmiato quelle in via di sviluppo,
consentendo ad esempio a quella cinese di accelerare in modo repentino a
livello mondiale, quella attuale potrebbe colpire l’economia globale innescando
scenari che potrebbero diventare, insieme ai conflitti in corso e alle crisi
politiche che si rincorrono, davvero assai pericolose.
Il
virus della disinformazione
una
minaccia per l’Europa.
Leurispes.it - MASSIMILIANO CANNATA – (24 Marzo 20239
– ci dice:
Disinformazione.
Essere
giornalisti nell’era di” ChatGPT”:
un
vasto orizzonte di nuove responsabilità e implicazioni emerge in questo momento
storico denso di contraddizioni.
La
libertà dell’informazione appare minacciata dallo strapotere delle piattaforme,
mentre risulta sempre più difficile fare il cronista nell’affollata arena del
web, dove vero e verosimile si mescolano in maniera inestricabile.
Un interessante seminario, che si è svolto
nella giornata dell’8 marzo a Roma “L’Europa alla sfida della disinformazione:
#Giornalismo #IA #FakeNews” organizzato dall’Osservatorio Tutti Media e dalla
Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, ha affrontato questi temi
destinati a pesare nell’immediato futuro.
Al
centro del confronto la preoccupazione per il “virus” dilagante della
disinformazione, rispetto al quale il miglior antidoto (su questo gli
specialisti convenuti si sono trovati d’accordo) rimane, anche nel tempo di
Internet, la qualità nell’esercizio della professione giornalistica e il
controllo rigoroso e puntuale delle fonti.
Disinformazione
una grave minaccia per la collettività.
«L’88%
del pubblico che segue l’industria delle notizie per aggiornarsi e capire i
segnali dell’attualità considera la disinformazione – ha commentato Carlo
Corazza, direttore dell’ufficio del Parlamento EU in Italia ‒ come una grave
minaccia per la collettività.
Un
giornalismo robusto può servire ad attenuare il rischio, perché sono i buoni
operatori dell’informazione le prime sentinelle della democrazia liberale».
Investire
nella professionalità è dunque il fattore cruciale, se abbiamo a cuore i
diritti universali, patrimonio inestimabile di ogni uomo.
Protagonisti
del dibattuto sono stati gli specializzandi che frequentano” i Master in
giornalismo della Lumsa e della Luiss”.
«Il
ruolo delle nuove leve – ha sottolineato Antonio Parenti, capo della Rappresentanza
italiana della Commissione Europea – oggi si carica di una importante
dimensione etica.
Individuare con perizia le fonti,
privilegiando le più attendibili, vuol dire riaffermare quella funzione di
critica e di controllo del potere che è compito del giornalista, da sempre
“cane da guardia” della democrazia».
Quando
parliamo di equilibrio tra i poteri, sono sempre in gioco i princìpi cardine su
cui si regge il pavimento della civile convivenza, fa notare Agnese Pini
direttore del Quotidiano Nazionale:
«Il fatto che l’informazione con l’avvento
della rivoluzione hi-tech non sia più elitaria, amplifica l’esigenza di educare
tutti ad un uso corretto della strumentazione digitale di cui ormai tutti
disponiamo con grande immediatezza».
Esiste
un’ermeneutica della notizia (non stiamo parlando di un’astratta materia
accademica ma di una capacità che un giornalista, un professionista deve
possedere) che risulta decisiva nella costruzione del racconto giornalistico e
che può contribuire a migliorare il discorso pubblico, troppo spesso
superficiale quando non imbarbarito dall’assenza di visione del bene comune.
A questo proposito è utile ricordare che «Informazione
e comunicazione non sono la stessa cosa ‒ riprende l’analisi di Agnese Pini ‒
marcare questa differenza significa comprendere quanto sia importante la
lettura critica di fatti ed eventi».
La
media morfosi irrompe nel cambiamento d’epoca.
Il
cambiamento d’epoca deve diventare, esso stesso, fenomeno di studio se non si
vuole perdere la bussola di comprensione del presente.
«L’arrivo dirompente di quello che gli
studiosi definiscono “Large Language Modelling”, linguaggio sofisticato
dell’Intelligenza artificiale e delle prime serie di “GPT di OpenAI”, con
l’ingresso in campo di Microsoft e Google con “Bing” e “Bard”, segnala un salto quantico:
non solo nel processo di trasformazione digitale, ma
anche delle categorie epistemologiche e antropologiche», il parere di Derrick de Kerckhove,
direttore scientifico di “Tutti Media”, allievo di McLuhan, filosofo e
massmediologo di fama mondiale, celebre teorico dell’Intelligenza connettiva.
«Gli
esseri umani stanno per delegare alle macchine la loro caratteristica
distintiva, cioè il pensiero in tempo reale con parole e immagini.
Nella
tempesta attuale si cerca, infatti, aiuto nell’ “IA” che si presenta come una
soluzione per il controllo sulla verifica dei fatti, per la traduzione
linguistica, per il reporting automatizzato e per la personalizzazione.
Le
tecnologie però non sono ancora pronte o sufficientemente mature, perché non
possono andare a sostituire la capacità e il senso critico del giornalista in
quanto umano, come mi ha risposto anche lo stesso” ChatGP”.
Quella descritta dal direttore scientifico di “Media
Duemila” è una vera e propria “media morfosi”, che vede l’ingresso dell’algoritmo
anche nelle redazioni.
Il
giornalista è chiamato a non arretrare di un millimetro nel suo ruolo di
mediatore, costretto, come spesso si trova, a regolare il traffico di notizie
che corrono su piattaforme multicanale, che tendono a sfuggire a ogni verifica.
Anche
se abbiamo l’impressione che le fonti si moltiplicano a ritmi vorticosi,
bisogna ricordare che il fatto rimane nella sua unicità, lasciando al cronista
la responsabilità di analizzarlo, sminuzzarlo, raccontarlo.
Sovente, lo si sta vedendo molto bene in
questo “annus horribilis” della guerra russo-ucraina:
l’approvvigionamento delle notizie è inquinato
fin dalle origini, le carte vengono mescolate, nella volontà di nascondere la
verità.
“Slow news”, “no news”, era l’adagio
tradizionale ricordato da Michele Mezza nel recente saggio “Net-War” (ed.
Donzelli), volto a sottolineare l’importanza del fattore tempo che insegue chi
lavora con l’attualità, ricercando il nesso plausibile che lega gli
accadimenti.
La libertà, non deve mai mancare nella
tessitura dell’informazione, perché è la libertà il “respiro” della democrazia
come solennemente sancito dall’articolo 21 della Costituzione.
Oggi,
si impone una riformulazione di quel detto, nella forma: “Slow analysis, no news”, il giornalista di domani sarà
sempre più un analista, che si misura con “tecniche di cyber security”, muovendosi nell’orizzonte del
digitale, si troverà a maneggiare una diversa sintassi, impegnato a proteggere
fonti reali e virtuali, dalle insidie di hacker, capaci di giocare con gli
eventi, di capovolgerli, proiettandoli in un “metaverso” di significati, difficili
da interpretare.
La
tecnologia è il messaggio.
Ma se
la tecnologia è il messaggio, l’algoritmo, il vestito su misura che bisogna
indossare, il senso critico del soggetto, la sensibilità che si sviluppa con il
metodo dialettico e il confronto, quale destino avrà?
«Informazione e disinformazione sono due facce della stessa
medaglia», il
parere di Gianni Riotta, direttore del “Master della Luiss” con un passato di
inviato per la televisione e la carta stampata.
«Gli
organismi europei riuniti a Roma sono impegnati nella battaglia contro la
disinformazione ed è una buona notizia, peccato però che i fondi a loro
dedicati siano stati dimezzati».
Una
contraddizione intollerabile denunciata, in conclusione del dibattito, da Maria
Pia Rossignaud, vicepresidente dell’Osservatorio Tutti Media e direttore
responsabile di Media Duemila
«Non
ci può essere futuro senza visone, nostro compito è quello di tracciare
percorsi e pratiche di successo per i giornalisti e il mondo dei media».
La
nostra speranza è che il messaggio forte, che questa giornata di studi ha
voluto comunicare all’opinione pubblica, possa diventare priorità nell’agenda
dei governi e di quelle élite cosmopolite che hanno in mano il destino del
Pianeta.
Ecco
dove Putin ha avuto ragione.
Sabinopaciolla.com – Il blog di Sabino
Paciolla-(18 Febbraio - 2023) – ci dice:
Di
seguito vi propongo un importante, onesto e lucido editoriale su Putin e la
guerra in Ucraina scritto da Stephen M. Walt, pubblicato su Foreign Policy.
Il
Presidente russo Vladimir Putin ha sbagliato molte cose quando ha deciso di
invadere l’Ucraina. Ha esagerato l’abilità militare del suo esercito.
Ha
sottovalutato il potere del nazionalismo ucraino e la capacità delle sue forze
armate, che sono in inferiorità numerica, di difendere il territorio nazionale.
Sembra che abbia giudicato male l’unità
dell’Occidente, la velocità con cui la NATO e altri paesi sarebbero venuti in
aiuto dell’Ucraina e la volontà e la capacità dei Paesi importatori di energia
di imporre sanzioni alla Russia e di liberarsi dalle sue esportazioni di
energia.
Potrebbe
anche aver sopravvalutato la volontà della Cina di sostenerlo: Pechino sta
acquistando molto petrolio e gas russo, ma non sta fornendo a Mosca un sostegno
diplomatico forte o un valido aiuto militare.
Se si
mettono insieme tutti questi errori, il risultato è una decisione con
conseguenze negative per la Russia che si protrarranno a lungo dopo l’uscita di
scena di Putin.
Comunque vada a finire la guerra, la Russia sarà più
debole e meno influente di quanto sarebbe stata se avesse scelto una strada
diversa.
Ma se
siamo onesti con noi stessi – ed essere spietatamente onesti è essenziale in
tempo di guerra – dovremmo riconoscere che il presidente russo ha anche avuto
ragione di alcune cose.
Nessuna
di queste giustifica la sua decisione di iniziare la guerra o il modo in cui la
Russia l’ha condotta; semplicemente identificano gli aspetti del conflitto in
cui i suoi giudizi sono stati finora confermati.
Ignorare
questi elementi significa commettere gli stessi errori che ha commesso lui:
sottovalutare l’avversario e interpretare male gli elementi chiave della
situazione.
Dove
ha avuto ragione?
L’amministrazione
Biden sperava che la minaccia di “sanzioni senza precedenti” avrebbe dissuaso
Putin dall’invasione e poi sperava che l’imposizione di queste sanzioni avrebbe
strangolato la sua macchina bellica, scatenato il malcontento popolare e
costretto Putin a invertire la rotta.
Putin
è entrato in guerra convinto che la Russia fosse in grado di superare le
sanzioni che avremmo potuto imporre, e finora ha avuto ragione.
L’appetito
per le materie prime russe (compresa l’energia) è ancora sufficiente per
mantenere in vita l’economia russa con solo un leggero calo del PIL.
Le
conseguenze a lungo termine potrebbero essere più gravi, ma Putin aveva ragione
nel ritenere che le sanzioni da sole non avrebbero determinato l’esito del
conflitto per un bel po’.
In
secondo luogo, Putin ha correttamente valutato che il popolo russo avrebbe
tollerato costi elevati e che le battute d’arresto militari non avrebbero
portato alla sua estromissione.
Può
aver iniziato la guerra sperando che fosse rapida e poco costosa, ma la sua
decisione di andare avanti dopo le battute iniziali – e alla fine di mobilitare
le riserve e continuare a combattere – rifletteva la sua convinzione che la
maggior parte del popolo russo avrebbe condiviso la sua decisione e che avrebbe
potuto sopprimere qualsiasi opposizione che fosse emersa.
La
mobilitazione di truppe aggiuntive può essere stata un po’ raffazzonata per i
nostri standard, ma la Russia è stata in grado di mantenere grandi forze sul
campo nonostante le enormi perdite e senza mettere a repentaglio la presa del
potere di Putin.
Le
cose potrebbero cambiare, naturalmente, ma finora gli è stato dato ragione
anche su questo punto.
In
terzo luogo, Putin ha capito che gli altri Stati avrebbero seguito i propri
interessi e che non sarebbe stato universalmente condannato per le sue azioni.
L’Europa, gli Stati Uniti e alcuni altri Paesi
hanno reagito in modo netto e deciso, ma i principali membri del Sud globale e
alcuni altri Paesi importanti (come l’Arabia Saudita e Israele) non hanno
reagito.
La
guerra non ha aiutato l’immagine globale della Russia (come dimostrano le
votazioni sbilenche di condanna della guerra all’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite), ma l’opposizione più tangibile è stata limitata a un
sottoinsieme di nazioni del mondo.
La
cosa più importante è che Putin ha capito che il destino dell’Ucraina era più
importante per la Russia che per l’Occidente.
Nota
bene: per la Russia non è assolutamente più importante di quanto lo sia per gli
ucraini, che stanno facendo enormi sacrifici per difendere il loro Paese. Ma Putin è avvantaggiato rispetto ai
principali sostenitori dell’Ucraina quando si tratta di essere disposto a
sostenere costi e correre rischi.
È avvantaggiato non perché i leader occidentali siano
deboli, pusillanimi o vigliacchi, ma perché l’allineamento politico di un grande
Paese vicino alla Russia è sempre stato più importante per Mosca di quanto non lo
fosse per le persone più lontane, e soprattutto per gli individui che vivono in
un Paese ricco e sicuro dall’altra parte dell’Oceano Atlantico.
Questa
fondamentale asimmetria di interessi e motivazioni è il motivo per cui gli
Stati Uniti, la Germania e gran parte del resto della NATO hanno calibrato le
loro risposte con tanta attenzione e perché il Presidente americano Joe Biden
ha escluso l’invio di truppe statunitensi fin dall’inizio.
Ha capito (correttamente) che Putin poteva
pensare che il destino dell’Ucraina valesse l’invio di diverse centinaia di
migliaia di truppe per combattere e possibilmente morire, ma gli americani non
la pensavano e non la penseranno allo stesso modo sull’invio dei loro figli e
delle loro figlie per opporsi a loro.
Potrebbe
valere la pena inviare miliardi di dollari di aiuti per aiutare gli ucraini a
difendere il loro Paese, ma questo obiettivo non è abbastanza importante perché
gli Stati Uniti mettano in pericolo le proprie truppe o corrano il rischio
significativo di una guerra nucleare.
Data questa asimmetria di motivazioni, stiamo
cercando di fermare la Russia senza coinvolgere direttamente le truppe
statunitensi.
Non si
sa ancora se questo approccio funzionerà.
Questa
situazione spiega anche perché gli ucraini – e i loro più accesi sostenitori in
Occidente – si sono dati un gran da fare per collegare il destino del loro
Paese a molte questioni non correlate.
Se li
si ascolta, il controllo russo sulla Crimea o su qualsiasi porzione del Donbas
sarebbe un colpo mortale all'”ordine internazionale basato sulle regole”, un
invito alla Cina a impadronirsi di Taiwan, una manna per gli autocrati di tutto
il mondo, un fallimento catastrofico della democrazia e un segno che il ricatto
nucleare è facile e che Putin potrebbe usarlo per far marciare il suo esercito
fino alla Manica.
I sostenitori della linea dura in Occidente avanzano
argomentazioni di questo tipo per far apparire il destino dell’Ucraina tanto
importante per noi quanto per la Russia, ma queste tattiche allarmistiche non
reggono nemmeno a un esame casuale.
Il
futuro corso del XXI secolo non sarà determinato dal fatto che Kiev o Mosca
finiscano per controllare i territori per i quali sono attualmente in lotta, ma piuttosto da quali Paesi
controllano le tecnologie chiave, dai cambiamenti climatici e dagli sviluppi
politici in molti altri luoghi.
Riconoscere
questa asimmetria spiega anche perché le minacce nucleari hanno un’utilità
limitata e perché i timori di ricatto nucleare sono fuori luogo.
Come
ha scritto “Thomas Schelling” molti anni fa, poiché uno scambio nucleare è una
prospettiva così temibile, la contrattazione all’ombra delle armi nucleari
diventa una “competizione nell’assunzione del rischio”.
Nessuno
vuole usare anche una sola arma nucleare, ma la parte che ha più a cuore una
determinata questione sarà disposta a correre rischi maggiori, soprattutto se
sono in gioco interessi vitali.
Per
questo motivo, non possiamo scartare del tutto la possibilità che la Russia usi
un’arma nucleare se sta per subire una sconfitta catastrofica, e questa
consapevolezza pone dei limiti a quanto dovremmo essere disposti a spingerci.
Anche
in questo caso, non perché i leader occidentali siano deboli o vigliacchi, ma
perché sono ragionevoli e prudenti.
Questo
significa che stiamo cedendo al “ricatto nucleare”?
Putin
potrebbe usare queste minacce per ottenere ulteriori concessioni altrove?
La risposta è no, perché l’asimmetria delle
motivazioni ci favorisce quanto più egli cerca di spingersi oltre.
Se la Russia cercasse di costringere altri a
fare concessioni su questioni in cui sono coinvolti i loro interessi vitali, le
sue richieste cadrebbero nel vuoto.
Immaginate
Putin che chiama Biden e gli dice che potrebbe lanciare un attacco nucleare se gli Stati Uniti si rifiutassero di
cedere l’Alaska alla Russia.
Biden riderebbe e gli direbbe di richiamare
quando sarà sobrio.
Le
minacce nucleari coercitive di un rivale hanno poca o nessuna credibilità
quando l’equilibrio di risolutezza ci favorisce, e vale la pena ricordare che
né gli Stati Uniti né l’Unione Sovietica si sono mai impegnati in un ricatto
nucleare di successo durante la lunga Guerra Fredda – anche contro Stati non
nucleari – nonostante gli enormi arsenali a loro disposizione.
C’è un
modo in cui questa situazione potrebbe cambiare, tuttavia, e non è un pensiero
confortante.
Più
aiuti, armi, intelligence e supporto diplomatico gli Stati Uniti e la NATO
forniscono all’Ucraina, più la loro reputazione è legata al risultato.
Questo
è uno dei motivi per cui il presidente Volodymyr Zelensky e gli ucraini
continuano a chiedere forme di sostegno sempre più sofisticate: è nel loro
interesse che l’Occidente sia legato il più possibile al loro destino. Non li biasimo
affatto per questo; è quello che farei io al loro posto.
Sebbene
le conseguenze sulla reputazione siano spesso esagerate, tali preoccupazioni possono far proseguire le guerre
anche quando non sono in gioco interessi materiali vitali.
Nel
1969, Henry Kissinger capì che il Vietnam era di scarso valore strategico per
gli Stati Uniti e che non c’era un percorso plausibile per la vittoria.
Ma
insistette sul fatto che “l’impegno di 500.000 americani ha risolto la
questione dell’importanza del Vietnam.
Ora si
tratta di avere fiducia nelle promesse americane”.
Sulla
base di questa convinzione, lui e il presidente Richard Nixon continuarono a
coinvolgere gli Stati Uniti nella guerra per altri quattro anni, nella futile
ricerca di una “pace con onore”.
La stessa lezione può essere applicata all’invio di
carri armati Abrams o F-16 in Ucraina: Più armi impegniamo, più diventiamo
impegnati.
Purtroppo,
quando entrambe le parti iniziano a pensare che i loro interessi vitali
richiedano di infliggere una sconfitta decisiva all’avversario, porre fine alle
guerre diventa più difficile e l’escalation più probabile.
Ripeto:
niente di tutto ciò suggerisce che Putin abbia fatto bene a iniziare la guerra
o che la NATO abbia sbagliato ad aiutare l’Ucraina.
Ma Putin non ha sbagliato su tutto, e
riconoscere ciò che ha fatto bene dovrebbe determinare il modo in cui l’Ucraina
e i suoi sostenitori procederanno nei mesi a venire.
(Stephen
M. Walt è editorialista di Foreign Policy)
A
Mosca, Xi e Putin seppelliscono
la pax
americana.
Unz.com
- PEPE
ESCOBAR – (22 MARZO 2023) – ci dice:
Ciò
che è appena accaduto a Mosca non è altro che una nuova Yalta, che, per inciso,
è in Crimea.
Ma a
differenza dell'importante incontro del presidente degli Stati Uniti Franklin
Roosevelt, del leader sovietico Joseph Stalin e del primo ministro britannico
Winston Churchill nella Crimea gestita dall'URSS nel 1945, questa è la prima
volta in probabilmente cinque secoli che nessun leader politico occidentale sta
stabilendo l'agenda globale.
Sono
il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin che ora
gestiscono lo spettacolo multilaterale e multipolare.
Gli eccezionalisti occidentali possono dispiegare le
loro routine di piagnistei quanto vogliono:
nulla cambierà l'ottica spettacolare e la
sostanza sottostante di questo ordine mondiale in via di sviluppo, specialmente
per il Sud del mondo.
Ciò
che Xi e Putin si stanno preparando a fare è stato spiegato in dettaglio prima
del loro vertice, in due editoriali scritti dagli stessi presidenti.
Come
un balletto russo altamente sincronizzato, la visione di Putin è stata esposta
nel “Quotidiano del Popolo” in Cina, concentrandosi su una "partnership
legata al futuro", mentre quella di Xi è stata pubblicata sulla “Russian
Gazzette” e sul sito web” RIA Novosti”, concentrandosi su un nuovo capitolo
nella cooperazione e nello sviluppo comune.
Fin
dall'inizio del vertice, i discorsi di Xi e Putin hanno spinto la folla della
NATO in una frenesia isterica di rabbia e invidia:
la
portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha catturato perfettamente
l'umore quando ha osservato che l'Occidente stava "schiumando alla
bocca".
La
prima pagina della “Russian Gazzette “di lunedì era iconica:
Putin
in tour nella Mariupol' libera dai nazisti, chiacchierando con i residenti,
fianco a fianco con l'editoriale di Xi.
Questa
è stata, in poche parole, la risposta concisa di Mosca alla trovata del “Reaper
MQ-9” di Washington e agli imbrogli della Corte penale internazionale (CPI).
"Schiuma
alla bocca" quanto vuoi; La NATO è in procinto di essere completamente
umiliata in Ucraina.
Durante
il loro primo incontro "informale", Xi e Putin hanno parlato per non
meno di quattro ore e mezza.
Alla
fine, Putin ha personalmente scortato Xi alla sua limousine. Questa conversazione è stata il vero
affare: mappare i lineamenti della multipolarità – che inizia con una soluzione
per l'Ucraina.
Prevedibilmente,
ci sono state pochissime fughe di notizie dagli sherpa, ma ce n'è stata una
piuttosto significativa sul loro "scambio approfondito" sull'Ucraina.
Putin ha educatamente sottolineato di rispettare la posizione della Cina –
espressa nel piano di risoluzione del conflitto in 12 punti di Pechino, che è
stato completamente respinto da Washington.
Ma la
posizione russa rimane ferrea: smilitarizzazione, neutralità ucraina e sancire
i nuovi fatti sul terreno.
Parallelamente,
il ministero degli Esteri russo ha completamente escluso un ruolo per Stati
Uniti, Regno Unito, Francia e Germania nei futuri negoziati con l'Ucraina: non
sono considerati mediatori neutrali.
Una
trapunta patchwork multipolare.
Il
giorno successivo è stato tutto incentrato sugli affari: tutto, dall'energia e
dalla cooperazione tecnico-militare al miglioramento dell'efficacia dei
corridoi commerciali ed economici che attraversano l'Eurasia.
La
Russia è già al primo posto come fornitore di gas naturale per la Cina –
superando Turkmenistan e Qatar – la maggior parte attraverso il gasdotto “Power
of Siberia “di 3.000 km che va dalla Siberia alla provincia nord-orientale cinese di
Heilongjiang, lanciato a dicembre 2019. I negoziati sul gasdotto “Power of Siberia II”
attraverso la Mongolia stanno avanzando rapidamente.
La
cooperazione sino-russa nell'alta tecnologia andrà alle stelle: 79 progetti per oltre 165 miliardi di
dollari.
Tutto, dal gas naturale liquefatto (GNL) alla
costruzione di aeromobili, alla costruzione di macchine utensili, alla ricerca
spaziale, all'agroindustria e ai corridoi economici aggiornati.
Il
presidente cinese ha esplicitamente detto di voler collegare i progetti della “Nuova
Via della Seta all'Unione economica eurasiatica” (EAEU).
Questa interpolazione BRI-EAEU è un'evoluzione
naturale.
La Cina ha già firmato un accordo di
cooperazione economica con l'EAEU.
Le
idee del super-stratega macroeconomico russo Sergey Glazyev stanno finalmente
dando i loro frutti.
E,
ultimo ma non meno importante, ci sarà una nuova spinta verso gli accordi
reciproci in valute nazionali – e tra Asia e Africa e America Latina.
A
tutti gli effetti pratici, Putin ha approvato il ruolo dello yuan cinese come
nuova valuta commerciale di scelta mentre procedono le complesse discussioni su
una nuova valuta di riserva sostenuta da oro e / o materie prime.
Questa
offensiva congiunta economico/commerciale si lega all'offensiva diplomatica
concertata Russia-Cina per rifare vaste aree dell'Asia occidentale e
dell'Africa.
La
diplomazia cinese funziona come la matrioska (bambole impilabili russe) in
termini di consegna di messaggi sottili. È tutt'altro che casuale che il
viaggio di Xi a Mosca coincida esattamente con il 20esimo anniversario dello "Shock and Awe" americano e dell'invasione,
occupazione e distruzione illegali dell'Iraq.
Parallelamente,
oltre 40 delegazioni africane sono arrivate a Mosca il giorno prima di Xi per
prendere parte a una conferenza parlamentare "Russia-Africa nel mondo
multipolare"
– una corsa al secondo vertice Russia-Africa il prossimo luglio.
L'area
circostante la Duma assomigliava ai vecchi giorni del Movimento dei Paesi Non
Allineati (NAM), quando la maggior parte dell'Africa manteneva relazioni
antimperialiste molto strette con l'URSS.
Putin
ha scelto questo momento esatto per cancellare più di 20 miliardi di dollari di
debito africano.
In
Asia occidentale, Russia-Cina sta agendo totalmente in sincronia.
Asia
occidentale.
Il riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran è
stato in realtà avviato dalla Russia a Baghdad e in Oman:
sono
stati questi negoziati che hanno portato alla firma dell'accordo a Pechino.
Mosca
sta anche coordinando le discussioni sul riavvicinamento Siria-Turchia.
La diplomazia russa con l'Iran – ora sotto lo status
di partenariato strategico – è mantenuta su un binario separato.
Fonti
diplomatiche confermano che l'intelligence cinese, attraverso le proprie
indagini, è ora pienamente sicura della vasta popolarità di Putin in tutta la
Russia e persino all'interno delle élite politiche del paese.
Ciò
significa che le cospirazioni della varietà del cambio di regime sono fuori
questione.
Questo
è stato fondamentale per la decisione di Xi e dello Zhongnanhai (il quartier
generale centrale della Cina per i funzionari del partito e dello stato) di
"scommettere"
su Putin come partner di fiducia nei prossimi anni, considerando che potrebbe correre e
vincere le prossime elezioni presidenziali.
La
Cina è sempre continuità.
Così
il vertice Xi-Putin ha definitivamente sigillato Cina-Russia come partner strategici
globali a lungo termine, impegnati a sviluppare una seria competizione
geopolitica e geoeconomica con gli egemoni occidentali in declino.
Questo
è il nuovo mondo nato a Mosca questa settimana.
Putin in precedenza l'aveva definita come una
nuova politica anticoloniale. Ora è strutturato come una trapunta patchwork
multipolare. Non si può tornare indietro sulla demolizione dei resti della Pax
Americana.
"Cambiamenti
che non si verificano da 100 anni."
In”
Before European Hegemony”: The World System A.D. 1250-1350, “Janet Abu-Lughod”
costruì una narrazione attentamente costruita che mostrava l'ordine multipolare
prevalente quando l'Occidente "era rimasto indietro rispetto
all'Oriente".
Più tardi, l'Occidente ha solo "tirato avanti
perché l'Oriente era temporaneamente allo sbando".
Potremmo
assistere a un cambiamento altrettanto storico in divenire, sconfinato da una
rinascita del confucianesimo (rispetto per l'autorità, enfasi sull'armonia
sociale), l'equilibrio inerente al Tao e il potere spirituale dell'Ortodossia
orientale.
Questa
è, in effetti, una lotta di civiltà.
Mosca,
dando finalmente il benvenuto ai primi giorni di sole della primavera, ha
fornito questa settimana un'illustrazione più grande della vita di
"settimane in cui accadono decenni" rispetto a "decenni in cui non succede nulla".
I due
presidenti si congedano in modo toccante.
Xi:
"Ora, ci sono cambiamenti che non sono avvenuti in 100 anni. Quando siamo
insieme, guidiamo questi cambiamenti".
Putin:
"Sono d'accordo".
Xi:
"Stai attento, caro amico".
Putin:
"Buon viaggio".
Ecco
un nuovo giorno all'alba, dalle terre del Sol Levante alle steppe eurasiatiche.
La
Cina sta giocando la sua mano,
muovendosi
per salvare il mondo
dal
satanico impero americano.
Unz.com - ANDREW ANGLIN – (20 MARZO 2023) – ci
dice:
Tutte
queste cose che vi dico da anni stanno finalmente iniziando ad accadere –
giusto in tempo per il decimo anniversario del “Daily Stormer”!
Fondamentalmente,
c'è una crisi incombente del dollaro USA nello stesso momento in cui i cinesi
stanno prendendo il loro posto come potenza mondiale dominante.
La
Cina si sta muovendo rapidamente ora, giocando a carte che avevano in mano.
L'importanza dell'accordo di pace Iran-Arabia Saudita non può essere
sopravvalutata.
I
media statunitensi lo stanno minimizzando, dicendo che questo ripristina
semplicemente le norme del 2016.
In
realtà, se si leggono i dettagli di ciò che è stato concordato (cosa che ho
appena avuto il tempo di fare finalmente oggi), questo accordo porta le
relazioni tra questi due paesi a un livello che non erano da prima della
rivoluzione di Khomeini del 1979.
È
incredibile che questo sia stato effettivamente una sorta di annuncio a
sorpresa.
Gli
Stati Uniti hanno dato per scontata l'alleanza con l'Arabia Saudita, anche se è
crollata da quando i media americani hanno fatto un accordo così massiccio sui
sauditi che uccidono un singolo giornalista sostenitore del terrorismo.
Dopo
che gli Stati Uniti hanno imposto quelle folli sanzioni alla Russia, era ovvio
che la relazione era finita – ma in qualche modo, gli Stati Uniti non hanno
agito come se avessero capito che, proprio come quando hanno fatto le sanzioni,
non hanno agito come se avessero capito che la Cina e l'India si sarebbero
rifiutate di aderire.
L'accordo
con la Cina con l'Iran significa che l'Arabia Saudita è solidamente dalla parte
della Cina.
Nel
contesto più ampio, ciò dimostra che la Cina è in grado di risolvere problemi
che in
precedenza erano considerati irrisolvibili al fine di formare forti alleanze ed è in grado di contrastare il sistema statunitense
di violenza e minacce unendo le persone sotto un obiettivo comune di indipendenza nazionale sottolineato
da un sistema cooperativo di commercio globale.
Insieme
a minacciare costantemente guerre e sanzioni, gli Stati Uniti funzionano
mettendo le nazioni l'una contro l'altra.
Se si guarda alla storia del coinvolgimento degli
Stati Uniti nel mondo islamico negli ultimi 4 decenni, l'intera strategia è
stata quella di tenere sciiti e sunniti l'uno alla gola dell'altro.
Gli Stati Uniti cambieranno schieramento
avanti e indietro, sostenendo chiunque sia percepito come il perdente, al fine
di evitare che una parte diventi dominante.
Gli
Stati Uniti insistono anche nel manipolare la politica interna delle loro
vittime, dato che gli Stati Uniti sono guidati da un'agenda ebraica di dominio
globale totale – un
governo mondiale sostenuto da una cultura mondiale unica di moltitudini miste di contadini
senza identità nazionale o religiosa.
La
controstrategia cinese colpisce ogni debolezza di questo sistema rafforzando i
diritti dell'identità e della cultura nazionale, rispettando la sovranità nazionale e
basando la cooperazione globale sull'obiettivo positivo della prosperità
universale piuttosto che sull'obiettivo negativo di minare gli istinti umani.
Questo
è in linea con una crisi bancaria emergente.
Ieri
ho scritto che non sono necessariamente d'accordo con le previsioni di un
destino immediato, ma l'affermazione che il sistema bancario si è messo in un
angolo è assolutamente vera.
Queste
persone pensavano di essere invincibili e si comportavano come se fossero
invincibili e, a quanto pare, non sono invincibili.
Ora sono costretti a tentare di puntellare i
loro libri mentre i sauditi e altri tirano fuori i coltelli.
Se i
serpenti ebrei iniziano a sparare, lo faranno in preda al panico come ultimo
sussulto.
Sono
andati dritti verso la loro stessa fine.
Nessuno
li ha costretti a fare queste sanzioni russe e dimostrare tutte le profezie
cinesi di mania folle.
Nessuno li ha costretti a fare la bufala del coronavirus e seguirla
con un crollo orchestrato del mercato che ha portato il sistema bancario
statunitense sull'orlo del baratro.
Essi
agirono con arroganza, come i nemici del re Davide, e Dio trasformò il loro
male in bene.
Nessuno
può prevedere quanto tempo ci vorrà per svolgersi, ma il gioco è già finito, e
lo è stato per qualche tempo.
Non
c'è più alcuna serie di mosse che gli ebrei possono fare e vincere.
Quello
che sembra ora è che l'imperatore Xi sta per iniziare rapidamente a mettere le
carte sul tavolo, creando
una situazione in cui la puttana o Babilonia e i suoi schiavi sono isolati in
America e in Europa.
Sarà
come quella canzone “emo” che tutti odiamo.
Cose
molto brutte potrebbero iniziare ad accadere in questi luoghi quando gli ebrei si rendono conto che
la loro agenda globale è finita e poi si rivoltano completamente contro le popolazioni
di questi paesi e cercano solo di ferire la gente il più possibile in modo
sadico.
Ciò
che sta per accadere sta per accadere, e questo è tutto ciò che accadrà.
La
Cina è ora il mediatore di pace globale.
Lo
hanno annunciato la scorsa settimana con l'incredibile accordo
saudita-iraniano, ora stanno per presentare il loro piano di pace per
l'Ucraina, e gli Stati Uniti saranno costretti a dire "no, vogliamo che questa guerra
continui fino a quando non possiamo far crollare il governo della Russia, non
ci importa quante persone muoiono o cosa fa all'economia globale".
Lo hanno
già detto, in effetti. John Kirby era là fuori questo fine settimana, e ha detto che
qualsiasi
cessazione delle ostilità è "completamente inaccettabile" perché la
Russia deve essere distrutta e impedita di agire nel mondo in futuro.
Xi è a
Mosca ora. Questo è il grande gioco.
Non
c'è alcuna possibilità che gli Stati Uniti permettano a Zelensky di fare la
pace. Ha provato a farlo nel marzo del 2022 e gli hanno detto di no.
Dopo
che gli Stati Uniti sono costretti a fare un grande spettacolo di "guerra
ad ogni costo", la Cina ha un assegno in bianco da ogni paese alleato per fare tutto il necessario
per abbattere questo “bruto pazzo”.
Se gli
Stati Uniti cadono nella trappola – e quasi certamente lo faranno, visto quello
che abbiamo visto – e sanzionano la Cina con le stesse sanzioni che hanno imposto
alla Russia,
il castello di carte cade.
Inoltre, la Cina sarà in grado di dichiarare
un blocco formale contro gli Stati Uniti.
È
tutto un tempismo perfetto, poiché gli Stati Uniti hanno indicato che vogliono comunque
porre fine alla guerra – ma non possono finirla alle condizioni della Cina, o si
stanno solo inchinando apertamente all'imperatore.
I
paesi europei inizieranno a staccarsi abbastanza presto e a schierarsi con
l'Est.
Gli
Stati Uniti hanno pianificato questa guerra mondiale e si troveranno in una
situazione in cui saranno in guerra con il mondo intero.
Xi
questa settimana ha pubblicato un editoriale sulla sua gloriosa missione per
salvare la terra per “Rossiyskaya Gazeta”.
Nel
pezzo, ha dichiarato l'alba di un nuovo ordine mondiale, guidato da Russia e
Cina, in cui le nazioni hanno l'indipendenza e il diritto
all'autodeterminazione e non sono vittime di bullismo da parte dei maiali.
Lodando
i legami indissolubili tra Russia e Cina, ha annunciato "la formazione di
nuovi tipi di relazioni internazionali e una comunità di destino condiviso per
l'umanità" e ha osservato che le relazioni Russia-Cina sono abbastanza
forti da resistere a qualsiasi pressione.
Xi ha
chiesto rispetto reciproco tra le nazioni, scrivendo che "la comunità
internazionale è consapevole che nessun paese al mondo supera tutti gli altri".
In un
chiaro riferimento all'affermazione degli Stati Uniti che rappresentano un
ordine morale assoluto per l'universo, scrive: "non esiste un modello
universale di governo, e non esiste un ordine mondiale in cui la parola
decisiva appartenga a un singolo paese".
Continua
con la sua critica al serpente ebreo:
Profondi
cambiamenti stanno avvenendo nel mondo moderno. Pace, sviluppo, cooperazione e
mutuo vantaggio sono una tendenza storica inarrestabile. Il multipolarismo, la
globalizzazione economica e la democratizzazione delle relazioni internazionali
sono una tendenza irreversibile.
Allo
stesso tempo, le sfide alla sicurezza tradizionali e non tradizionali sono in
rapido aumento.
Le azioni di egemonia, dispotismo e bullismo causano
gravi danni al mondo. Ci vorrà molto tempo per ripristinare l'economia
mondiale. La comunità internazionale è profondamente preoccupata e ha un
disperato bisogno di modi per uscire dalla crisi.
Negli
ultimi dieci anni, valori universali come la pace, lo sviluppo, l'uguaglianza,
la giustizia, la democrazia e la libertà hanno messo radici profonde nei cuori
delle persone.
Sempre
più paesi sono uniti nella loro comune aspirazione a costruire un mondo pulito
e bello dove prevalgano la pace duratura, la sicurezza universale, la
prosperità condivisa, l'apertura e la tolleranza.
La comunità internazionale è pienamente
consapevole che nessun paese al mondo è superiore agli altri.
Non
esiste un modello universale di governance, né esiste un ordine mondiale in cui
un paese abbia l'ultima parola.
La
solidarietà e la pace sul pianeta senza fratture e sconvolgimenti servono gli
interessi comuni di tutta l'umanità.
Ogni
problema sulla terra proviene dallo stesso luogo.
Xi
delinea poi i suoi piani per la pace, che sono ovviamente molto ovvi, e
potrebbero essere negati solo dai pazzi ebrei intenti a usare il conflitto per
spingere un'agenda globalista e satanica sul mondo.
Inoltre,
ha fatto riferimento a una "lunga e tortuosa ripresa economica globale", indica chiaramente che la
Cina è pronta ad affrontare qualsiasi ricaduta derivante dall'aperta opposizione
all'ordine mondiale occidentale.
Xi
chiude con una dichiarazione di intenti: scrive che la Cina ha passato gli
ultimi decenni a mettere ordine in casa propria, e ora è pronta ad affrontare
le sfide globali, il problema principale, come aveva già spiegato, è l'egemonia
globale degli Stati Uniti.
Nel
frattempo, i media stanno girando fuori, dicendo che la Cina si sta muovendo
per conquistare il mondo.
“Il
Guardian “ha pubblicato un affascinante editoriale del celebre ex
corrispondente da Mosca “Jonathan Steele” che delinea efficacemente tutto ciò che
ho appena scritto sopra con leggera moderazione.
Da
esso:
Ora,
30 anni dopo la fine dell'Unione Sovietica, ci sono segni che il mondo
unipolare del dominio degli Stati Uniti potrebbe volgere al termine.
Il
principale sfidante non è la Russia di Putin, ma una Cina sempre più fiduciosa.
Anche
i leader del sud del mondo si stanno muovendo.
Nel
primo colpo di shock per l'aggressione della Russia contro l'Ucraina nel
febbraio dello scorso anno, più di 140 stati delle Nazioni Unite hanno votato
per condannarlo.
Ma
solo circa 40 paesi in totale si sono uniti agli Stati Uniti nell'imporre
sanzioni alla Russia.
Mentre l'Occidente inonda l'Ucraina di hardware
militare, l'idea che stia semplicemente aiutando a difendere l'Ucraina sembra
discutibile a molti stati asiatici, africani e latinoamericani che sospettano
che l'obiettivo finale sia il cambio di regime al Cremlino.
Un
sondaggio dell'European
Council on Foreign Relations (ECFR) rivela un cambiamento significativo nell'opinione
pubblica in diversi paesi chiave. La gente vuole vedere una rapida fine della guerra in
Ucraina, anche se ciò significa che l'Ucraina rinuncia alle aspirazioni di
vittoria sostenute dall'Occidente e accetta la perdita temporanea di alcuni
territori.
Non sono solo i cittadini della Cina
autoritaria a pensarla in questo modo. Lo stesso fanno i cittadini in India e
Turchia.
Josep
Borrell, capo della politica estera dell'UE, ha dichiarato alla Conferenza sulla
sicurezza di Monaco il mese scorso:
"Vedo
quanto sia potente la narrativa russa, le sue accuse di doppi standard".
Il francese Emmanuel Macron si è detto "scioccato da quanta credibilità
stiamo perdendo nel sud del mondo".
Alcuni
temono una nuova guerra fredda, questa volta tra l'Occidente e la Cina.
Guardando
a 10 anni avanti, altri si aspettano di vedere un mondo multipolare in cui gli
stati non saranno costretti ad allinearsi con una parte o l'altra.
In
entrambi i casi, nonostante la rinascita del potere degli Stati Uniti in Europa
a seguito della guerra in Ucraina, l'era della supremazia degli Stati Uniti nel
resto del mondo potrebbe presto essere finita.
Solo
perché tu capisca: non sono l'unico a dire tutto questo.
In effetti, è difficile trovare persone serie
ovunque in disaccordo con le mie affermazioni di base.
L'unica cosa che puoi trovare è la volgare
propaganda americana fatta per i deficienti.
Questi
sono gli stessi media che fanno affermazioni come "l'Ucraina è una democrazia" e affermano che gli Stati
Uniti stanno scaricando tutte queste armi sul paese per ragioni umanitarie.
Questo media ritrae gli Stati Uniti come
invincibili, e sostiene efficacemente che non ci sono problemi sulla terra al
di là del fastidio di cinesi, russi e l'intero terzo mondo che non sono
abbastanza gay.
Non
credo che sarete in grado di trovare nulla di scritto a livello adulto che non
concordi con la conclusione che, dopo gli eventi degli ultimi tre anni,
l'impero degli Stati Uniti si è messo in un angolo e non ha davvero una chiara
via d'uscita.
L'unica
differenza tra queste analisi mainstream e la mia è che porto queste cose alle
loro conclusioni logiche – la più importante delle quali è che se gli Stati
Uniti non mantengono l'egemonia globale, il sistema finanziario statunitense
collassa, il che renderà la nazione quasi del tutto irrilevante sulla scena
mondiale.
C'è una dinamica "tutto o niente" nel
sistema statunitense che sarebbe ammessa in altri contesti, ma è troppo
spaventosa per la maggior parte da ammettere nel contesto di questo attuale
declino dell'impero.
Impaccare.
Sta
succedendo ora. Si stanno muovendo. La Cina va “all in”.
Carte
in tavola.
È così
meraviglioso vedere che tutto finalmente crolla.
Gli
ebrei e la loro cultura anti-Cristo di sporcizia e degradazione hanno distrutto
la mia famiglia.
Da adulto, sono stato perseguitato da queste
persone senza sosta.
Hanno
distrutto la mia azienda, costandomi decine di milioni di dollari, e mi hanno
cacciato dal mio paese d'origine.
Ma
molto più di questo, hanno completamente distrutto la nazione costruita dai
miei antenati, e riescono a distruggere la maggior parte delle persone che vi
abitano con le loro ideologie rivoluzionarie, le perversioni sessuali, le
droghe e il marciume spirituale.
Ma Dio
è buono e ognuno otterrà ciò che merita.
L'unica
cosa che ho sempre desiderato nella mia vita è stata vedere l'intero sistema
crollare, ed eccolo qui.
Quello
che succede dopo è tutt'altro che irrilevante, dato che non può essere peggiore
di quello che sta accadendo ora.
Ma
quello che accadrà è che “Nick Fuentes” diventerà dittatore d'America e “Y”e
canterà al mio evento di ritorno a casa.
Poi
sarò il presidente di Harvard dopo un breve mandato come Segretario di Stato,
durante il quale farò un tour mondiale e mi scuserò, a nome di tutti gli
americani, per aver permesso che il nostro paese fosse conquistato dagli ebrei
e usato per terrorizzare il mondo intero con la violenza e il sesso gay.
Tutti
salutano il Buon Imperatore Xi, Salvatore dell'Umanità.
Perché
Putin vuole
la
guerra contro
tutti noi.
Lucalovisolo.ch – Luca Lovisolo – (29.11.2022)
– ci dice:
I
perché di Putin sulla guerra nel discorso del Valdaj.
Perché
Putin vuole la guerra e fin dove vuole arrivare?
L’intervento
del presidente russo alla Conferenza del «Club Valdaj» del 27 ottobre 2022 è
durato oltre tre ore e mezza.
Putin
ha ripetuto molti tormentoni della retorica del Cremlino, ma il suo discorso
permette di riportare alle radici la strategia russa.
Emergono la visione del regime di Mosca per il
futuro dell’Europa e alcune verità scomode.
Il
discorso di Putin è stato riportato e commentato da quasi tutti i media solo
per estratti.
Questa
analisi si basa sulla versione audio completa, senza mediazioni, in lingua
originale.
Per la
spiegazione di alcuni termini mi riferisco all‘opera di Aleksandr Dugin.
In
altre analisi ho citato i seminari di questo politologo russo dedicati alla sua
Quarta teoria politica.
Qui mi rifaccio a precedenti corsi e
conferenze tenuti da Dugin all’Università statale di Mosca.
Sono
le lezioni nelle quali definisce i principi che sono diventati linee guida
della politica estera russa negli ultimi vent’anni.
In alcuni tratti del suo discorso al Valdaj,
Putin riprende i concetti di Dugin quasi alla lettera.
Questo
elemento è importante, ma nei circoli occidentali troppo spesso non viene
ponderato a sufficienza.
Le
attività della Russia in Ucraina sono parte di una strategia di ampio respiro,
costruita in modo solido e convincente, se guardata dal punto di vista dei
russi.
La
strategia del Cremlino non si rivolge in primo luogo all’Ucraina, ma
direttamente a noi, in quanto «cosiddetto Occidente» – come Putin suole definirci, nel
migliore dei casi.
Dugin è davvero l’ideologo di Putin?
Un
mondo post-egemonico: più sicurezza per tutti?
Se,
come spesso accade in Occidente, guardiamo alla guerra come atto isolato di un
regime assetato di potere, non vediamo il quadro nel suo insieme.
In
ciò, il fatto che l’approccio geopolitico russo a noi piaccia o meno è del
tutto ininfluente.
Se vogliamo capire la guerra in Ucraina e le attività
del Cremlino nelle relazioni con i nostri Paesi, dobbiamo immedesimarci nella
radice dottrinale della politica estera della Russia post-sovietica.
Se, come spesso accade in Occidente, guardiamo
alla guerra come atto isolato di un regime assetato di potere, non vediamo il
quadro nel suo insieme.
Per
questo, la nostra reazione sarà sempre debole e inadeguata.
La
conferenza del Club Valdaj si rivolge ad accademici e politici di professione.
Per
questo motivo, Putin, quest’anno come nei precedenti, ha parlato una lingua che
posiziona con particolare profondità le relazioni estere della Russia.
Le
considerazioni di Putin sono rivolte anche a noi, come bersaglio
dell’aggressiva politica estera di Mosca a partire dai primi anni Duemila.
Nel
fiume di parole del presidente russo si riconoscono anche talune verità
scomode: non dovremmo avere paura di affrontarle.
In questa analisi mi concentro sugli elementi
fondamentali della visione del mondo del Cremlino.
Tralascio
volutamente gli eccessi retorici, le opinioni più note di Putin sulla politica
e sulla Storia nonché i riferimenti a questioni di politica interna.
Il
motto della Conferenza del Valdaj di quest’anno era: «Il mondo post-egemonico – equità e
sicurezza per tutti.»
Dalle
parole di Putin si comprende molto bene come si realizzi questo proposito, dal
punto di vista della Russia.
IL
MONDO DI PUTIN INTORNO AL 24 FEBBRAIO 2022.
Capire
l'attualità internazionale.
Il
corso di Luca Lovisolo per capire gli avvenimenti del mondo.
Punto
di partenza delle considerazioni di Vladimir Putin è l’idea che il mondo di oggi agisca secondo
regole che nessuno sa chi ha dettato.
Per «regole» il presidente russo intende il
diritto internazionale, i diritti umani e i principi della società aperta
democratica.
Negli
ultimi mesi, afferma Putin, si assiste a un peggioramento delle relazioni
internazionali: la causa sarebbe il comportamento dell’Occidente.
Gli
Stati uniti e l’Europa sarebbero all’origine della guerra in Ucraina, della
destabilizzazione dei mercati dovuta alle sanzioni internazionali contro la
Russia e delle provocazioni intorno allo status di Taiwan.
In
tutto ciò, prosegue Putin, l’Occidente ha commesso ripetuti errori sistemici,
tra i quali la caduta del mercato europeo del gas.
La Russia è testimone di questi eventi, ma è sempre
stata aperta alla cooperazione e ha presentato le sue proposte.
Con questa affermazione Putin si riferisce
alle pretese che la Russia ha introdotto nel dibattito internazionale a fine
2021.
Interi Stati dell’Europa centrale e
settentrionale avrebbero dovuto dichiararsi neutrali. Si sarebbero dovuti
ridisegnare i confini delle zone di influenza di Russia e Stati uniti.
Tuttavia, dice Putin, alle proposte russe l’Occidente ha sempre risposto
negativamente.
L’Occidente
vuole fare della Russia uno strumento per raggiungere i suoi obiettivi, sulla base di «regole universali» alla cui elaborazione la Russia non
ha partecipato, dice Putin.
Cita
lo scrittore Aleksandr Isaevič Solženicyn, che definisce l’Occidente come
«imprigionato nel suo senso di superiorità.»
L’Occidente
pensa che tutti i Paesi del mondo debbano accettare il suo sistema e
svilupparsi sulla base di esso.
È ciò che sta accadendo proprio oggi, pensa
Putin.
Dalla
«Cancel culture» a Kennedy.
Di
recente l’Occidente pratica addirittura una «cultura della cancellazione» ai
danni della Russia, ritiene Putin.
Le
istituzioni culturali occidentali rifiutano di rappresentare opere d’arte
russe.
Putin
si riferisce all’ondata di cancellazioni di spettacoli di artisti, compositori
e drammaturghi russi in teatri e sale da concerto di molti Paesi occidentali.
La
causa è la ripresa della guerra in Ucraina nel febbraio 2022 (ma Putin non la
cita).
Guerra in Ucraina: quando finirà? Sanzioni,
Chiesa, Italia e altro.
Echeggiando
il celebre discorso di insediamento di John F. Kennedy del novembre 1960, Putin
osserva che il mondo si trova dinanzi a una «nuova frontiera storica» e sta attraversando il decennio più pericoloso,
imprevedibile ma anche più importante dalla fine della Seconda guerra mondiale.
PERCHÉ
PUTIN VUOLE LA GUERRA: GLI ELEMENTI CHIAVE.
Nel
discorso del Valdaj si odono termini che non sono nuovi, né in bocca a Putin né
nel dibattito pubblico. In questo contesto, però, formano un insieme
particolarmente rivelatore: universalismo, colonialismo, mondo unipolare, equilibrio
degli interessi e altri.
Mondo
unipolare e universalismo, la critica di Putin.
Unipolare
perché in esso vigono solo la cultura, la volontà e le regole occidentali:
società aperta, democrazia, diritti umani e diritto internazionale.
Dopo
la caduta dell’Unione sovietica, secondo Putin l’Occidente ha instaurato il
mondo unipolare.
Unipolare
perché in esso vigono solo la cultura, la volontà e le regole occidentali:
società aperta, democrazia, diritti umani e diritto internazionale,
quest’ultimo derubricato a prodotto della presunzione occidentale.
Ancor
di più: la cultura e la visione del mondo occidentali hanno pretesa di
universalità.
Esigono
perciò di valere per tutta l’umanità, anche se l’Occidente non ha mai
concordato queste regole con il resto del mondo.
I
popoli del mondo aspirano alla libertà, dice Putin.
L’Occidente
liberale dovrebbe esserne contento, eppure no, obietta il presidente:
l’Occidente
è convinto della sua infallibilità e, se questo anelito alla libertà dei popoli
non corrisponde al modello occidentale, Stati uniti ed Europa applicano
sanzioni, si immischiano politicamente, organizzano rivoluzioni colorate e
rovesciano i governi.
Putin
si riferisce qui, senza giri di parole, ai movimenti di protesta ucraini Majdan
degli anni 2004 e 2014, noti come «rivoluzioni colorate.»
Il Cremlino spiega quegli eventi come congiure
occidentali contro le presunte pretese della Russia sull’Ucraina.
Colonialismo
occidentale e globalizzazione.
Secondo
Putin, questo pensiero unico dell’Occidente costituisce un modello di
dominazione dal quale nasce una globalizzazione coloniale, intesa come
strumento di mantenimento del potere.
L’Occidente
rafforza la sua potenza coloniale creando sempre nuove dipendenze. Come esempio Putin cita la prevalenza
dell’Occidente nell’economia, nella farmaceutica e nella costruzione delle
macchine utensili.
Ovunque l’Occidente apra nuovi mercati,
reprimerebbe gli attori locali con una condotta colonialista.
Vaccino
russo, sì o no e perché.
Putin
si riferisce poi in modo esplicito ancora all’Ucraina e al suo avvicinamento
all’Unione europea.
Il
cammino verso l’Europa presuppone un adeguamento delle norme tecniche ucraine
al complesso di norme europee. La transizione normativa fu davvero uno dei
punti critici, negli anni cruciali 2013 e 2014.
L’argomento
era:
se
l’Ucraina si sviluppa avvicinandosi all’Europa e allontanandosi dalla Russia,
acquisirà lo strumentario tecnico europeo e abbandonerà quello russo.
Questa
prospettiva inquietava i russi e alcuni imprenditori dell’Ucraina meridionale e
orientale, che non volevano perdere il loro mercati in Russia.
PERCHÉ
PUTIN VUOLE LA GUERRA CONTRO L’OCCIDENTE IN CRISI.
Ora,
dice Putin, il modello neoliberale di sviluppo occidentale è entrato in una
crisi dottrinale.
Il
presidente si rifà ancora alla letteratura russa.
Cita
questa volta” I Demoni” di Fëdor Michajlovič Dostoevskij: «Dalla libertà illimitata io desumo
un dispotismo illimitato.»
Proprio
ciò, aggiunge Putin, hanno ottenuto gli «oppositori» della Russia – cioè noi.
Perché
Putin vuole la guerra con l'Occidente.
(Abraham
Lincoln, Washington DC Memorial)
La
crisi dell’Occidente non è cominciata ieri: già nel ventesimo secolo, i
liberali affermavano che la «cosiddetta» società aperta ha dei nemici (Putin non la cita, ma si riferisce
all’opera centrale di Karl Popper: La società aperta e i suoi nemici).
Affinché
il modello di sviluppo occidentale non si spezzi, prosegue Putin, L’Occidente limita la libertà di
proporre modelli diversi, li qualifica come propaganda e come minacce contro la
democrazia.
Il
«cosiddetto Occidente» – continua il presidente russo – non è un blocco
indifferenziato, è un conglomerato complesso.
Vi
sono almeno due diversi Occidenti.
Da una parte, un «Occidente tradizionale» portatore
dei valori cristiani (e anche islamici), di libertà e ricchezza di cultura;
questo Occidente ha radici antiche ed é più vicino alla Russia.
L’altro Occidente è «aggressivo e
neo-coloniale» ed è l’arma delle élite neoliberali. Al diktat di questa parte
dell’Occidente la Russia non si piegherà.
Cosa
significa «società aperta».
L’Occidente,
constata Putin, non è in grado di guidare da solo l’umanità, ma ci prova, nella
sua disperazione.
La maggioranza della popolazione del mondo rifiuta il
modello di sviluppo occidentale, dice il presidente russo: questa situazione è
il presupposto tipico di una rivoluzione.
La pretesa dell’Occidente di universalità del
suo modello può causare catene di conflitti.
Questo
contrasto, dice Putin, è fatale per l’intera umanità e per lo stesso Occidente.
Il compito storico del nostro tempo è, secondo
Putin, appianare questi contrasti.
Perché
Putin vuole la guerra: maggioranze e minoranze del mondo.
Putin
mette in chiaro la visione della Russia: la base della civilizzazione umana
sono le società tradizionali dell’Oriente.
La
maggioranza della popolazione mondiale abita l’est dell’Eurasia, dove, secondo
l’immagine che Putin ha del mondo, risiedono le civilizzazioni più antiche.
Putin
mette in chiaro la visione della Russia: la base della civilizzazione umana
sono le società tradizionali dell’Oriente, dell’America latina, dell’Africa e
dell’Eurasia.
Putin
afferma che l’Occidente sta perdendo la sua superiorità e diventa minoranza,
sulla scena internazionale.
Noi
occidentali, e in particolare noi europei, nella convinzione di essere migliori
di tutti gli altri, non ci accorgiamo che siamo ormai una periferia discosta,
dei vassalli degli Stati uniti, senza facoltà di parola.
I
diritti dei Paesi europei, secondo Putin, sarebbero «fortemente ridotti» ad
opera degli Stati uniti, «per usare un eufemismo,» sottolinea Putin.
Poiché
l’Occidente è una minoranza – riconosce Putin con tono concessivo – anche i
suoi diritti devono essere rispettati.
La Russia non si immischia nelle questioni
interne occidentali.
Putin
fa capire chiaramente con queste parole, qual è il nostro ruolo nel nuovo
ordine mondiale: siamo una minoranza tollerata. Su di noi prevale la maggioranza dei
non-occidentali.
Il
viaggio dell’eroe, l’archetipo di Putin verso la Russia di domani
(Luca
Lovisolo su Alexei Nawalny).
Secondo
Putin, la
parte aggressiva dell’Occidente sta tentando di dividere la Russia.
Cita la guerra della Cecenia e i primi anni
della sua presidenza, non a caso: nel mosaico del mondo russo l’Ucraina gioca
oggi lo stesso ruolo della Cecenia all’inizio degli anni Duemila.
La risolutezza di Putin è necessaria oggi come
allora, poiché la Russia si trova, secondo lui, nuovamente alle soglie del
disfacimento.
La Cecenia
è una repubblica confederata, parte della Federazione russa. L’Ucraina, al
contrario, è uno Stato indipendente.
Putin non vede la differenza, poiché, secondo
lui, ambedue sono parte della «grande Russia storica» alla quale si rivolge in
modo esplicito, dopo la ripresa della guerra in Ucraina.
Putin
riconosce di essere stato plasmato dall’esperienza maturata con la guerra in
Cecenia, nei primi anni del suo mandato.
Questa
affermazione rivela che la guerra in Ucraina, nell’idea di mondo di Putin, si
ricollega alle guerre caucasiche dei primi anni Duemila.
Già
allora, aggiunge Putin, l’economia russa si rivelò più forte di quanto ci si
aspettava. Lascia intendere, così, che la Russia non deve temere le sanzioni di
oggi.
Per
lui, però, è ancora più importante essere consapevole che «la Russia è un
grande Paese. I russi e le altre etnie del Paese sono spiritualmente disposti a
lottare per affermarsi.»
È questa certezza, dice Putin, a guidarlo
nella situazione di oggi. In questo senso, la Russia deve valorizzare tutta la
sua eredità storica, non può e non deve rinunciare a nulla.
Putin
fa suo l’archetipo dell’eroe:
deve
sconfiggere il drago, cioè abbattere l’Occidente; salvare la fanciulla imprigionata,
cioè la Russia; impossessarsi del tesoro, che è l’eredità storica della Russia, per
edificare il regno, cioè la Russia del futuro, di cui è liberatore e sovrano.
PUTIN
VUOLE LA GUERRA PER IL «MONDO MULTIPOLARE».
Ora,
giudica Putin, il tempo della supremazia non condivisa dell’Occidente è finito.
Il mondo unipolare diventa un ricordo del passato.
L’umanità si trova di fronte a un bivio: o aggrava ancora i problemi
esistenti, o prova a risolverli di comune accordo, non in modo idealistico, ma
lavorando in concreto affinché il mondo diventi un luogo più stabile e sicuro.
L’ordine
mondiale multipolare sta emergendo davanti ai nostri occhi.
In
questo ordine mondiale di nuovo conio, la Russia afferma il proprio diritto di
esistere – cosa che, del resto, nessuno ha mai messo in discussione – e di
svilupparsi secondo il suo percorso.
Tutto
ciò che sta succedendo in questo momento – la guerra in Ucraina e il nuovo
orientamento della visione di Mosca verso l’esterno – sta portando un grande
beneficio alla Russia, dice Putin: il Paese sta rafforzando la sua sovranità.
Sfugge così al destino di degenerare in una
semi-colonia politica, economica e tecnologica dell’Occidente.
Perché
Putin vuole la guerra: la posizione russa.
Campagna
russa, Karelia.
La
particolarità della Russia, dice Putin, è che la sua posizione di fronte alle
minacce esterne – cioè di fronte all’Occidente – incontra totale consenso nel
resto del mondo e questo consenso può solo crescere.
La
critica alla Russia arriva solo da occidentali e da persone cresciute nella
visione del mondo occidentale, che non capiscono la visione russa.
Qui
Putin riprende un argomento di Dugin e non solo, secondo cui la concezione
della geopolitica si orienta al contesto nel quale viene studiata.
Anche
secondo Putin, non vi è una concezione unica delle relazioni internazionali. Ogni loro rappresentazione sarebbe
radicata relativisticamente nell’immagine di mondo nella quale l’osservatore si
forma.
Perché
Putin vuole la guerra: le regole del nuovo mondo.
La
fine dell'Unione sovietica.
(Il
racconto in video della fine dell’URSS – di Luca Lovisolo).
Alla
domanda su quali regole dovranno governare il nuovo ordine mondiale
multipolare, Putin risponde in un modo che inizialmente sorprende.
Noi
crediamo, dice il presidente, che il nuovo ordine mondiale debba essere fondato
su leggi e norme, libertà ed economia di mercato, sotto l’ombrello delle
Nazioni unite.
Che
non ci si debba rallegrare troppo in fretta di questa affermazione lo mostrano
quelle che la seguono.
Il mondo cambia, aggiunge Putin, le regole devono
essere adattate in conseguenza.
Le
norme esistenti sono state elaborate dall’Occidente e servono solo a indebolire
i suoi concorrenti, afferma Putin.
I
diritti umani possono causare l’indebolimento degli Stati.
Qui
Putin cita il caso della Cina, con un’affermazione tanto pesante quanto compiaciuta, che
cade come un sasso sulle orecchie di chi ascolta: il rispetto dei diritti umani in
certe regioni della Cina, osserva, sarebbe impossibile, perché comporterebbe la
disgregazione dello Stato.
Putin
si riferisce agli uiguri e alle altre minoranze che Pechino reprime
sistematicamente.
Questo
esempio illustra come pochi altri come Putin intenda il contratto sociale:
Lo
Stato prevale, se il rispetto dei diritti individuali lo mette in pericolo. Questo è il perno intorno al quale si
capovolge la visione del mondo – anzi, la visione della persona umana, tra la
Russia e l’Occidente.
La
«sinfonia delle civilizzazioni» suona nel mondo multipolare.
A
conclusione del suo intervento Putin pone una frase a effetto:
«Dobbiamo assumerci la nostra responsabilità
di fronte al mondo e costruire una sinfonia delle civilizzazioni.»
Il
nuovo mondo sarà un «mondo senza sanzioni» – in altre parole, un mondo in cui
ogni Stato potrà fare e disfare ciò che vuole.
L’unico limite alla totale libertà di azione
sarà l’equilibrio degli interessi.
Da un
mondo all’apparenza costruttivista e fondato sulle regole, Putin ricade, con
uno spettacolare capitombolo – che si nota solo se si conosce il retroterra
delle sue parole – in un ordine mondiale drasticamente realista.
Regimi
autoritari, violazioni dei diritti umani, oppressione delle minoranze e simili
sono parte del gioco, se servono a mantenere l’equilibrio degli interessi.
Cosa Putin intenda con questa espressione lo
vedremo più avanti.
Stato
autoritario, totalitario o dittatura?
Ammirazione
e consensi: fascino ipnotico e adulazioni.
Stati
come il “Canada” o la” Moldova” sembravano rappresentati solo da attivisti
filorussi.
Dopo
tre ore e mezza complessive tra discorso, domande e risposte, l’intervento di
Putin si conclude.
Si
potrebbe raccontare molto sugli ascoltatori presenti, ma mi limito ad alcune
punte.
Nel pubblico sedevano prevalentemente, vicino ai
russi, rappresentanti di Asia, Africa e America latina; Stati come il Canada o
la Moldova sembravano rappresentati solo da attivisti filorussi.
Su
questo uditorio Putin esercitava un fascino quasi ipnotico.
Lo si
capiva dal linguaggio del corpo dei partecipanti, dalle risate dopo le battute
e le barzellette con le quali Putin si prendeva gioco dell’Ucraina e
dell’Occidente; dai sorrisini soddisfatti e dall’interminabile annuire di molte
teste, nella sala conferenze strapiena.
Il numero più bizzarro è stato quello di una
partecipante asiatica, che, dopo aver posto la sua domanda, ha chiesto a Putin
di ricevere una sua foto autografata, perché lo ammira tanto.
La
conferenza del Club Valdaj vuol essere il contrapposto russo alla Conferenza
internazionale di Monaco sulla sicurezza.
A Monaco, però, non di rado le domande dei
partecipanti, sempre piuttosto competenti, mettono in grossa difficoltà gli
oratori.
Gli
interventi del pubblico del Valdaj sembravano servire solo a confermare,
rafforzare e incensare le affermazioni di Putin, in modo così spudorato che a tratti
il giro di domande e risposte sembrava un contorno precotto al discorso del
presidente.
PERCHÉ
PUTIN VUOLE LA GUERRA CONTRO LE «REGOLE».
Nel
discorso di Putin al Valdaj compaiono tesi più semplici da confutare; altre che richiedono
un’elaborazione più estesa, perché al primo sguardo sembrano persino lodevoli
principi di umanità.
Inoltre,
vi sono alcune verità con le quali noi, in Occidente, dovremmo confrontarci.
Le
regole scritte dall’Occidente: uno dei perché Putin vuole la guerra.
Putin
pensa che il mondo si muova seguendo regole scritte solo dall’Occidente. Non è vero.
La
Russia partecipa da sempre all’elaborazione del diritto internazionale.
Ha contribuito a scrivere e ha firmato
trattati internazionali.
Quando
l’Unione sovietica si sciolse, la Russia si assunse per sua libera decisione
tutti gli obblighi e i diritti connessi agli accordi internazionali in vigore,
poiché subentrò esplicitamente e di propria volontà nella successione giuridica
della disciolta Unione sovietica.
Guerra
in Ucraina: i cinque errori dell’Occidente.
La
Russia post-sovietica, da parte sua, ha siglato innumerevoli trattati, in molti
di questi riconosce le frontiere e la sovranità dell’Ucraina.
Il
rimprovero secondo cui la Russia dovrebbe attenersi a norme internazionali che
sono state elaborate solo in Occidente, e che ora le verrebbero imposte, è privo
di fondamento e non richiede di essere ulteriormente discusso qui.
Nella
visione di Putin, l’Occidente avrebbe commesso gravi errori sistemici.
Cita l’introduzione di sanzioni contro la Russia, le
modificazioni al mercato dell’energia e le altre, gravi decisioni che la
comunità internazionale ha dovuto assumere in conseguenza della ripresa della
guerra in Ucraina.
Il
mondo e la guerra di Putin contro l'Occidente.
Mappamondo.
Putin
ritiene che queste azioni siano errate, poiché non prende in considerazione la
loro causa.
Vede
la guerra in Ucraina come operazione militare di portata interna. In Ucraina, la Russia, secondo lui,
combatte contro intrusi, «fascisti» (o, ultimamente, «satanisti») che nel 1991 hanno dichiarato uno Stato
indipendente su una parte di territorio russo e da quel momento lo governano
senza averne diritto.
Guerra
d’Ucraina e guerra di Cecenia: la continuità.
Anche
la guerra d’Ucraina è e resta, nella visione del mondo di Putin, una questione
di mantenimento della sovranità.
Per
questo motivo, secondo Putin, la questione ucraina, al resto del mondo, non
deve interessare.
Come la guerra di Cecenia, anche la guerra d’Ucraina è
e resta, nella visione del mondo di Putin, una questione di mantenimento della
sovranità territoriale russa.
Le Nazioni unite e gli altri Stati non devono
immischiarsi in questo affare interno di Mosca.
La
non-ingerenza negli affari interni di uno Stato, però, è un principio del
diritto internazionale.
Vi
sono, allora, principi giuridici che Putin accetta, a proprio arbitrio, e non
li squalifica come «imposizione occidentale» – un diritto internazionale à la
carte.
Se si
elimina la guerra in Ucraina come causa delle sanzioni e delle decisioni
conseguenti, davvero non le si capisce più.
La Russia si comporta come un omicida condannato che
continua a insistere di non aver ucciso nessuno.
Crede,
perciò, che essere spedito in carcere sia un errore dei giudici.
COS’E’
IL MONDO MULTIPOLARE PER IL QUALE PUTIN VUOLE LA GUERRA.
Il
mondo unipolare di marca occidentale si vuole liberale, ma non accetta alcuna
alternativa alla democrazia, lamenta Putin, e aggiunge: l’Occidente considera creature di
serie B tutti coloro che rifiutano i suoi principi.
Ora,
dice Putin, il mondo unipolare deve essere sostituito da un mondo multipolare.
Ogni
civilizzazione ha una diversa concezione dell’Uomo e della sua natura.
Mentre
i valori occidentali mirano all’universalità, i valori tradizionali delle altre
civilizzazioni non sono postulati fissi e riproducibili, che si adattano a
tutti.
Dipendono
dalla tradizione, dalla cultura e dal divenire storico di ogni società.
Dobbiamo
tenere conto di ogni punto di vista, di ogni popolo, società, cultura, visione
del mondo e orientamento religioso.
Nel mondo multipolare non si può imporre una
«verità unica.»
Guerra
in Ucraina: la seconda fase e gli obiettivi della Russia.
Queste
affermazioni di Putin contengono un seguito di verità lapalissiane che
abbondano in ogni riga e in ogni angolo, nei discorsi di Putin stesso e di
tutti i politici populisti.
Chi
sente queste parole ha l’impressione che gli si accenda improvvisamente una
luce: così dev’essere un mondo giusto!
Putin ha ragione – penserà.
Se
però si ricerca che cosa significa «mondo multipolare» nella dottrina russa
delle relazioni internazionali, se ne trova una definizione che rallegra assai
meno, nella brillante rappresentazione data da Aleksandr Dugin durante una
conferenza tenuta all’Università di Mosca nel 2012:
«La teoria multipolare è una teoria
molto rivoluzionaria ed estrema […] La multipolarità esclude la mono polarità, perché
presuppone che le decisioni […] vengano prese non in un unico centro, ma in
diversi centri.
In
conseguenza, il mondo multipolare e quello unipolare sono antitetici […]
Bisogna
distruggere il mondo unipolare, e […] se questo non è disposto a scomparire,
bisogna avvicinare la sua fine.
Questa
è una posizione molto dura e aggressiva […] Il mondo multipolare sarà possibile
solo dopo
che il mondo unipolare sarà stato liquidato in modo definitivo e irreversibile.»
Il
mondo multipolare non è un prato fiorito.
Il
mondo multipolare dei russi, perciò, non è quel prato fiorito sul quale le
diverse culture vivono in varietà e felice accordo.
E‘
innanzitutto un grido di guerra contro la democrazia e i diritti umani. Dugin ha ragione:
sono due mondi opposti l’uno all’altro.
Putin, da parte sua, precisa questo principio
esplicitamente, quando, nel suo discorso del Valdaj, afferma che la democrazia non è
l’unico modello di società possibile:
«Al
mondo possono sorgere modelli di società alternativi e più efficaci, voglio
sottolinearlo: più efficaci al giorno d’oggi, più luminosi e attraenti di
quelli che esistono ora. Questi modelli si svilupperanno necessariamente, è
inevitabile.»
Il
presidente non le cita, ma si riferisce senza equivoco alle forme di governo autoritario
in un ampio spettro che va dall’Ungheria alla Cina, passando per la Russia e
altre simili pseudo-democrazie.
Questi
«modelli alternativi si svilupperanno necessariamente, è inevitabile» – dice Putin con tono monitorio.
Ciò sarebbe provato, secondo lui, dal fatto
che la maggioranza della popolazione mondiale rifiuta il modello di sviluppo
occidentale.
COVID,
Cina: grazie per l’aiuto, ma anche no.
Tutte
le civilizzazioni riconoscono nell’alta dignità e nell’essenza spirituale
dell’Uomo il fondamento più importante della costruzione del nostro futuro,
sentenzia Putin.
Se si guarda alla Russia, alla Cina e alle
altre società autocratiche che dovrebbero formare il mondo multipolare, si ha
fondato motivo di mettere in dubbio questa affermazione.
Uomini
senza diritti e «civilizzazioni alternative».
Se ne
desume, per converso, che vi sarebbero Uomini, nella visione del mondo russa,
che non possono pretendere le libertà fondamentali e la democrazia, i diritti
umani, e ciò a buona ragione.
Perché appartengono a «sistemi sociali
alternativi» nei quali la persona umana non può aspirare a veder riconosciuta
la sua espressione individuale.
Questo principio è espresso da Dugin quando
afferma che:
«Ogni
pretesa […] relativa al fatto che i valori occidentali sono valori universali,
e in conseguenza che tutti i popoli devono accettare lo Stato nazionale, il
sistema parlamentare della separazione dei poteri, l’ideologia dei diritti
umani, l’economia di mercato, la stampa indipendente – tutte queste pretese
devono essere respinte
[…] All’Occidente piacciono i diritti
umani? Meraviglioso, che li rispetti. Noi abbiamo altri diritti, un altro Uomo,
un’altra antropologia sociale in altre società.»
«Abbiamo
un altro uomo» («другой человек»). Un uomo, dunque, che non deve aspirare ai diritti
fondamentali, alla democrazia e a tutto il discorso «occidentale» sulla
centralità della persona umana. Putin, da parte sua, esprime lo stesso
principio quando afferma:
«Se
l’Occidente vuole introdurre l’ideologia gender e organizzare le Gay-Parade, lo
faccia.
La
Russia non si immischia nelle questioni interne occidentali.»
Con
altre parole, Putin prende la stessa posizione di Dugin:
noi siamo altro, abbiamo altri Uomini.
Il
presidente russo cita consapevolmente la questione omosessuale, perché sa che questo tema, come la
questione delle migrazioni, è un ambito dei diritti fondamentali molto
controverso in Occidente.
Con
queste argomentazioni Putin raccoglie consenso e semina divisione nelle società
occidentali.
Se
Putin citasse direttamente i diritti che aggredisce, con la sua visione del
mondo – separazione dei poteri, libertà di espressione e altre libertà
fondamentali – le popolazioni occidentali reagirebbero negativamente (almeno per il momento, in futuro si
vedrà).
Perché
Putin vuole la guerra: mondo multipolare o multilaterale?
È solo
questione di tempo, e anche la versione dura e originale diventa normalità, nel
dibattito pubblico.
L’esempio
più calzante è proprio la guerra in ucraina.
Come
sempre, Putin esprime in forma più eufemistica e politicamente presentabile gli
stessi concetti che Dugin formula in modo estremo e dottrinario.
È solo questione di tempo, e anche la versione
dura e originale diventa normalità, nel dibattito pubblico.
L’esempio
più calzante è proprio la guerra in ucraina.
Nel 2014 Dugin fu punito con l’allontanamento
dall’università, per aver aizzato all’uccisione degli ucraini;
oggi,
il genocidio contro gli ucraini avviene tutti i giorni e nessuno viene più
punito per questo motivo, anzi:
viene
arrestato e malmenato chi leva la sua voce contro la guerra.
Dobbiamo
infine distinguere il mondo multipolare di Dugin e Putin dal mondo
multilaterale.
Questi termini, in Occidente, vengono spesso
usati come sinonimi, ma non lo sono. Cosa significhi per i russi mondo
multipolare l’ho appena spiegato.
Mondo
multilaterale significa, per noi in Occidente, un mondo nel quale le decisioni
vengono prese in un clima di concertazione tra tutti gli Stati.
Per la
dottrina russa, il significato è più ristretto: il multilateralismo si esercita,
secondo i russi, solo tra gli Stati uniti e i loro alleati, escludendo tutti
gli altri.
Non è
possibile approfondire qui queste diverse concezioni.
È importante, però, sapere che” mondo
multipolare e mondo multilaterale” non sono la stessa cosa.
PERCHÉ
PUTIN VUOLE LA GUERRA: «EQUILIBRIO DEGLI INTERESSI»
La
base del mondo multipolare non sono i diritti umani, perciò, ma l’equilibrio
degli interessi tra i diversi attori.
Attori
del nuovo ordine mondiale non sono più gli Stati nazionali, ma le
civilizzazioni.
Qui
Putin riprende un altro concetto-chiave della dottrina di Aleksandr Dugin, secondo il quale le protagoniste del
mondo multipolare saranno, appunto, le civilizzazioni – non le classi, come nel marxismo; non lo Stato, come nel realismo; non
il sistema democratico, come nel liberalismo.
Le
civilizzazioni diventeranno soggetti dotati di personalità e capacità
giuridica, all’interno delle relazioni internazionali e del diritto
internazionale, dice Dugin, seguendo la «teoria dei grandi spazi» formulata dal giurista tedesco
Karl Schmitt.
Cosa
sono le «civilizzazioni» nella visione del mondo russa
I
perché di Putin e la guerra contro l'Occidente.
Come
si costruisce una civilizzazione e cosa significa questo concetto, nelle menti
di Dugin e Putin?
Le civilizzazioni sono i poli del mondo
multipolare.
L’Eurasia è una civilizzazione, dove con
Eurasia si intende di fatto lo spazio post-sovietico e prima russo-imperiale.
Un
altro esempio, citato esplicitamente sia da Putin sia da Dugin, è l’Organizzazione per la cooperazione
di Shanghai (SOC), che ha aperto una nuova era di relazioni in Oriente, dicono entrambi
quasi con le stesse parole.
L’Unione
europea è una civilizzazione, ma ha un difetto, dice Dugin.
Deve abbandonare la «geopolitica del mare» – quella di Stati uniti e Regno
unito – e aggregarsi alla «geopolitica continentale,» che caratterizza le relazioni
internazionali della Russia.
Il politologo russo lo spiega in modo
esauriente nel suo corso di geopolitica tenuto all’Università di Mosca nel
2012.
L’Europa
diventa di fatto un soggetto subordinato della civilizzazione russa ed
eurasiatica.
Così dev’essere «L’Europa che vogliamo noi
russi» –
come ho sentito dire con le mie orecchie a Dugin, durante una conferenza da lui
tenuta a Lugano nel giugno 2019.
Le
«civilizzazioni» non sono quindi unità etniche, nel mondo multipolare, ma
costrutti nei quali più popoli sono subordinati a un soggetto più forte, che
detta le regole della rispettiva «civilizzazione:»
La
Russia nello spazio post-sovietico e in Europa, la Cina nel Sud-Est asiatico, e
così via.
I
motori del mondo multipolare, nella visione del mondo russa, sono tutti coloro
che sul piano economico, politico e militare, ideologico e culturale, si
oppongono agli Stati uniti: Cina, Iran, America latina e altri, elenca Dugin.
La
Russia è pronta a sostenere queste forze.
La fondazione del canale televisivo Russia
Today in lingua spagnola, nota curiosamente Dugin nella sua conferenza sul
mondo multipolare, è avvenuta proprio per sostenere i Paesi latinoamericani
nello sviluppo della loro civilizzazione in «senso indipendente» contro gli
Stati uniti.
Con
chi e perché Putin non vuole la guerra?
Questa
posizione di Dugin si riflette nell’affermazione di Putin al Valdaj, quando
afferma:
«La
Russia è pronta a cooperare con i Paesi che sono sovrani nelle loro decisioni
fondamentali. I Paesi che voglio avere buone relazioni con la Russia devono
mostrare che difendono i loro interessi.»
La
frase è inequivocabile: la Russia è aperta verso tutti quegli Stati che si
sottraggono alla cooperazione internazionale con gli Stati uniti e l’Occidente.
Al
posto dell’Unione europea e delle altre istituzioni di stampo occidentale arrivano l’“Unione eurasiatica” e il noto e temuto progetto
dell’Europa «da Lisbona a Vladivostok.»
Dugin
a Lugano: il piano della Russia per l’Europa.
Comandamento
supremo del nuovo ordine mondiale è il mantenimento delle «civilizzazioni,»
costi quel che costi, sotto la guida del più forte.
Se
georgiani, ucraini e altri non si sentono parte della civilizzazione
eurasiatica, devono essere tenuti sotto il suo tetto con la forza.
Agli
uiguri e alle altre minoranze della Cina deve essere negato il diritto
all’autodeterminazione, perché in questo caso, come osserva Putin in modo
esplicito – l’abbiamo detto poco sopra – il rispetto dei diritti umani
metterebbe in pericolo lo Stato.
In
questa visione del mondo, entità come gli Stati del Centro Europa, del Caucaso
e dell’Asia centrale non hanno alcuna personalità propria.
Possono
esistere solo in quanto zone di influenza subordinate alla potenza che domina
la rispettiva «civilizzazione.»
Putin
esprime questo principio quando dichiara, nel suo discorso del Valdaj:
«La
sovranità dell’Ucraina può essere garantita solo dalla Russia, perché l’Ucraina
è stata creata dalla Russia.»
Dal
punto di vista storico e giuridico questa affermazione è una sciocchezza, ma
rientra alla perfezione nella dottrina russa del mondo multipolare.
Il
mondo di Putin come «unica opportunità» per noi.
Questo
principio non vale solo per ucraini, georgiani e popoli confinanti.
Il
mondo multipolare è «l’unica opportunità anche per i Paesi europei – cioè per
noi – di esercitare soggettività politica ed economica,» soggiunge Putin.
In questo momento noi europei non siamo disponibili,
ma, afferma Putin:
«Il pragmatismo trionferà. Prima o poi l’Occidente e i nuovi
centri dell’ordine mondiale multipolare dovranno parlarsi a pari livello, a
proposito del loro futuro comune, per raggiungere un equilibrio degli
interessi.
Il
dialogo tra la Russia e l’Occidente autentico e tradizionale sarà il più
importante contributo all’ordine mondiale multipolare.»
L‘ «Occidente
autentico e tradizionale» è quello i cui valori corrispondono ai postulati dei
partiti filorussi e populisti, sia di destra sia di sinistra.
Il messaggio è chiaro: la Russia, in combutta
con le forze filorusse europee, plasmerà il nostro continente a sua immagine e
somiglianza.
Torniamo
brevemente a Dugin, che dice: «Dobbiamo concentrarci sulla fondazione della civilizzazione come attore, come soggetto delle strutture del
mondo multipolare. Questo è l’elemento più importante.»
L’equilibrio
degli interessi tra le civilizzazioni significa, perciò, verso l’interno, che
la potenza dominante di ciascuna civilizzazione consolida il suo potere, con
qualunque mezzo.
Afferma
Putin:
«Un
cambiamento epocale è un processo doloroso, ma naturale e inevitabile.»
Guerra
e violenza sono messe in conto e vanno sofferte, come passi di una spinta
naturale e insopprimibile.
La guerra in Ucraina è espressione ed esempio
di questo processo di riequilibrio.
Si
noti quanto spesso Putin usa il termine (неизбежно) –“inevitabile”: su uno sfondo
storicistico e con un’ebbrezza quasi religiosa, Putin vede l’umanità come una
comunità legata da un unico destino.
Verso
l’esterno, il concetto di equilibrio degli interessi tra le civilizzazioni
assomiglia a ciò che nella dottrina delle relazioni internazionali si definisce
equilibrio di potenza (Balance of power).
Il mantenimento dell’equilibro di potenza
prevale, nei realisti, sul rispetto di regole e valori. Così è anche nel nuovo
ordine mondiale di Putin.
PERCHÉ
PUTIN VUOLE LA GUERRA: LE VERITÀ SCOMODE PER NOI.
Sono
verità che possono diventare rapidamente un cappio al collo per noi, se
continuiamo ad accettare la realtà senza reagire.
L’idea
di mondo di Putin contiene molte distorsioni della Storia e della realtà.
A
fianco di queste, però, emergono fatti che dimentichiamo troppo spesso. Sono verità che possono diventare
rapidamente un cappio al collo per noi, se continuiamo ad accettare la realtà
senza reagire.
L’Occidente
– il mondo della società aperta, dell’economia di mercato e dei diritti umani –
è davvero una minoranza, rispetto al resto del pianeta.
Il Consiglio
per i diritti umani delle Nazioni unite è composto a maggioranza schiacciante
da Paesi che non rispettano i diritti umani.
Un’economia
di mercato,
non senza macchie ma funzionante, esiste di fatto solo in Occidente, poiché ad altre latitudini
l’economia è diretta o dal crimine organizzato, per mezzo di corruzione e
violenza, o da oligarchi o dallo Stato, o da tutte queste cose messe insieme.
Una
società non priva di difetti ma pur sempre aperta, nella quale i cittadini
possono esprimere i loro talenti, possono contare su una giustizia generalmente
indipendente e possono influire sulla legislazione attraverso una
rappresentanza parlamentare votata liberamente – tutto ciò l’abbiamo, nella
misura massima oggi possibile, solo noi in Occidente.
Il
nostro modello di sviluppo presenta molte lacune, ma tutti gli altri sono
peggiori.
In
quanto minoranza del mondo, possiamo conservare il nostro modello di società
solo se manteniamo nel tempo il nostro primato intellettuale.
La
ricerca e lo sviluppo nelle scienze, tecniche e umane, sono la base del nostro
benessere e delle nostre libertà.
Finché
sediamo in prima fila per capacità intellettuali, abbiamo l’opportunità di
trasmettere alle prossime generazioni i valori fondamentali della nostra società,
anche se siamo minoranza.
La
Russia ha attaccato l’Ucraina, e adesso?
Putin
vuole la guerra perché il primato dell’Occidente è in bilico.
Vladimir
Putin ritiene che il modello neoliberale di sviluppo dell’Occidente sia entrato
in una crisi dottrinale.
Putin
ha ragione.
Nel
progresso tecnologico manteniamo il primato, ma nelle scienze umane siamo oggi
più deboli che mai.
Le
scienze umane sono il presupposto della capacità di giudizio nelle questioni
fondamentali di valore, dove è necessario saper distinguere il vero dal falso –
poiché è possibile, distinguere il vero dal falso.
Un’ordinata
scienza della politica, come fondamento dello sviluppo della nostra società
sulla base sicura dei valori fondamentali, presuppone un sano e diffuso sapere
umanistico.
La
guerra in Ucraina ha denudato senza pudore la debolezza intellettuale
dell’Occidente.
Politici
dei parlamenti d’Europa che sostengono le sanguinose azioni del regime russo;
ministri
e capi di governo che discettano senza risultati per settimane, anzi mesi,
sulle forniture di armi;
docenti
che diffondono letture falsificate della Storia;
televisioni
e giornali di largo ascolto, talvolta persino obbligati al servizio pubblico,
che offrono palcoscenici e milioni di ascoltatori a leader d’opinione nei quali
non si riconosce la minima competenza.
I
perché di Putin sulla guerra e la debolezza culturale dell'Occidente.
(Stoccolma,
biblioteca pubblica).
Il
dibattito pubblico sulla guerra in Ucraina ha messo in luce quanto in fretta possiamo
diventare davvero la minoranza ammutolita che Putin e i suoi scherani deridono
in noi.
Rinunciando al nostro primato nelle scienze
umane, perdiamo la capacità di prendere posizioni chiare.
Indecisi
tra vero e falso, per mancanza di capacità di giudizio, abbiamo elevato
l’indifferenza a equità e ne facciamo dibattiti che sconfinano nell’eternamente
insignificante.
Così
noi, gli autoproclamati protagonisti del gran teatro del mondo, diventiamo
burattini di legno su un palcoscenico di provincia, nelle mani di burattinai
spaventosi.
La
«nuova frontiera» di Putin: verso il futuro oppure…
Il
mondo unipolare – dunque il mondo dei valori occidentali, dei nostri valori –
apparterrà presto al passato, ammonisce Putin.
Anche
su questo ci avrà preso, se noi non interveniamo rapidamente contro
l’inaridimento della nostra capacità di pensiero.
Il
mondo, osserva Putin con ragione, è sulla soglia di una nuova frontiera.
Noi,
da parte nostra, dovremmo fare in modo che questa frontiera, come disse Kennedy
nel 1960, si apra verso il futuro;
nell’idea
di mondo di Putin, la nuova frontiera è un passo indietro verso il passato.
Dove vogliamo andare?
Perché
la guerra di Putin.
(John
F. Kennedy annuncia il programma spaziale USA -1961)
PERCHÉ
PUTIN VUOLE LA GUERRA CONTRO «L’UNIVERSALISMO»
Infine,
lo spunto forse più importante del discorso di Putin.
Il presidente russo lo riprende ancora una
volta alla lettera dalla dottrina di Dugin.
I valori occidentali – democrazia, diritti
umani, diritto internazionale – hanno pretesa di universalità, ossia pretendono
di valere per tutta l’umanità.
Pertanto,
secondo Putin, sono uno strumento di prevaricazione da parte dell’Occidente sul
resto del mondo.
La
validità universale dei diritti umani non è una pretesa coloniale
dell’Occidente: è un pilastro della civiltà umana – non solo di quella
occidentale. I diritti umani sono universali perché:
«Il
riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e
dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della
libertà, della giustizia e della pace nel mondo.»
Così
stabilisce il preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, promulgata nel 1948 dalle Nazioni
unite e firmata anche dalla Russia (allora come Unione sovietica).
I diritti oggettivi sono stabiliti dalla legge;
i diritti soggettivi nascono dai rapporti
giuridici;
i
diritti umani sono fondati esclusivamente sul fatto che nasciamo persone umane.
Per
questo motivo, ogni persona umana, non importa dove, gode degli stessi diritti
umani.
Se si
distingue – e in base a cosa, poi? – una persona A, che ha diritto alle libertà
fondamentali, da una persona B, alla quale queste libertà vengono negate, il
concetto di «diritto umano» perde il suo fondamento.
Il
principio dell’universalità dei diritti umani ha una storia antica.
Compare in modo esplicito nella Dichiarazione
dei diritti dell’Uomo e del cittadino del 1789, all’articolo 1:
«Gli uomini
nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti.»
Il
germe dei diritti umani emerge ancor più anticamente, nelle prime concessioni
della monarchia inglese, dalla “Magna Charta” al “Bill of Rights”, in uno
spazio di tempo tra il tredicesimo e il diciassettesimo secolo.
Negando l’universalità dei diritti umani, la
Russia mette in discussione un fondamento giuridico e storico per il quale
l’umanità ha lottato a lungo e duramente.
Se
passa la visione russa, la civilizzazione umana torna indietro di secoli.
Putin
vuole la guerra contro l’universalità dei diritti umani.
Capire
l'attualità internazionale.
(Il
corso di Luca Lovisolo per capire gli avvenimenti del mondo).
La
negazione dell’universalità dei diritti umani è forse l’elemento più importante
della dottrina delle relazioni internazionali nella Russia post-sovietica.
Se i diritti umani valgono senza distinzione
per tutti gli Uomini, l’intero costrutto della teoria politica di Aleksandr
Dugin crolla.
Con
esso cade la politica estera russa degli ultimi 20 anni, orchestrata da Vladimir
Putin.
Il
motivo dichiarato per il quale la dottrina russa rifiuta la validità dei
diritti umani per tutti è che il mondo multipolare deve tenere conto della
diversità delle culture.
In
realtà, la Russia e gli altri Stati illiberali voglio tenere aperti degli spazi
in cui i governi dittatoriali possano esercitare il loro potere indisturbati,
circondati solo da alleati consenzienti, incapaci di autodeterminazione.
L’Occidente
non è privo di colpe: l’Europa e gli Stati uniti, nella loro lunga storia, hanno
accumulato molti debiti.
Si
possono trovare numerose circostanze nelle quali il modello occidentale è stato
davvero imposto con prevaricazione coloniale.
È
anche vero ciò che afferma Dugin, quando osserva che lo Stato nazionale non è
più adeguato al mondo di oggi e che vi sono popoli che hanno difficoltà ad
applicare i principi della democrazia.
Ciò
premesso, ridurre i diritti umani e il diritto internazionale a uno strumento
di dominio occidentale non è la soluzione del problema.
Il
modello di sviluppo occidentale si impone perché è un modello di successo.
Putin
pensa, l’ho già citato, che la maggioranza dell’umanità respinga il nostro
modello di società.
Certo,
esiste un diffuso antioccidentalismo, nel mondo, in parte motivato, in parte
dovuto a ignoranza e presunzione.
Tuttavia,
le donne iraniane che dimostrano contro l’obbligo del velo; i migranti africani
che sbarcano ogni giorno sulle coste meridionali dell’Europa; gli oligarchi
russi e gli arrampicatori sociali asiatici che vogliono studiare e fare
business in Occidente sono attratti tutti dal nostro modello di sviluppo,
perché gli Uomini aspirano al progresso e alla libera realizzazione della loro
personalità.
La costante mobilitazione in nome degli
interessi dello Stato, di una religione o di una «civilizzazione» non è una
ragione di vita.
Perché
Putin vuole la guerra: una filosofia radicata a fondo.
Indipendentemente
da come finirà la guerra in Ucraina e da quanto tempo Putin resterà avvinghiato
al potere, dovremo confrontarci ancora a lungo con la visione del mondo della
Russia post-sovietica, poiché ha ingranato a fondo nelle teste dei decisori
politici e dell’opinione pubblica, in Russia e in parte anche in Occidente.
Perché
la guerra di Putin in Ucraina.
(Kyiv,
Piazza Indipendenza -Majdan Nezaležnosti)
La
Russia non abbandonerà questa politica, se noi non ce ne difenderemo con
vigore.
Dopo
gli insuccessi militari di Kyiv e Kharkiv, i russi hanno ritirato le loro
truppe anche da Kherson.
E‘ una
ritirata militare, ma non un arretramento ideologico.
È bene
sottolineare un principio che molti politici occidentali sembrano non aver
ancora recepito del tutto: la realizzazione della visione del mondo russa presuppone
l’eliminazione dell’Occidente come luogo d’origine della società aperta, poiché
la dottrina russa nega la validità universale dei diritti umani, che sono la
base del modello di sviluppo occidentale.
Per
raggiungere questo scopo, la Russia ritiene giustificato qualunque mezzo:
guerra militare, ingerenza nei processi democratici, ricatto energetico.
La guerra in Ucraina mostra quanto in fretta,
in tutto ciò, vengano superati i freni inibitori della morale, perché,
ricordiamolo: «La teoria multipolare è molto […] dura e aggressiva […]. Il mondo
multipolare sarà possibile solo dopo che il mondo unipolare sarà stato
liquidato in modo definitivo e irreversibile» – per citare ancora una volta la
conferenza di Dugin.
Perché
Putin vuole la guerra: Ucraina e discorso del Valdaj.
«Il
pragmatismo trionferà. Prima o poi l’Occidente e i nuovi centri dell’ordine mondiale
multipolare dovranno parlarsi a pari livello, a proposito del loro futuro
comune.»
Per
concludere, un cenno allo sviluppo della guerra in Ucraina alla luce del
discorso di Putin al Valdaj.
Nel suo intervento, il presidente russo ha dichiarato le
sue intenzioni con un’argomentazione passeggera ma pesantissima, che ho già citato poco sopra:
«Il pragmatismo trionferà. Prima o poi
l’Occidente e i nuovi centri dell’ordine mondiale multipolare dovranno parlarsi
a pari livello, a proposito del loro futuro comune.»
Applicato
alla quotidianità concreta della guerra, ciò significa:
Putin
porta all’esasperazione gli ucraini e l’Occidente con attacchi missilistici,
terrorismo e tortura, nella convinzione che l’Ucraina e l’Occidente prima o poi
cederanno, vorranno negoziare e accetteranno la visione del mondo russa per
pragmatismo.
I cosiddetti «pacifinti» occidentali – i partiti
populisti, i leader d’opinione filorussi, la Chiesa cattolica – che si ergono
contro il sostegno e le forniture di armi all’Ucraina, condividono la stessa
convinzione di Putin.
Il
discorso del presidente russo al Valdaj ha portato brillantemente alla luce
come la guerra d’Ucraina sia solo una parte di un’aggressione che è rivolta a
noi occidentali come difensori della modernità.
Se vogliamo
portare in salvo i valori del nostro modello di società oltre la «nuova
frontiera,» dovremmo confrontarci seriamente con la visione del mondo russa,
perché è nociva per noi.
Purtroppo
non lo stiamo facendo. Cinguettiamo sui rami dell’albero, mentre la Russia colpisce
energicamente con l’ascia il tronco della società aperta.
Sulla
guerra in Ucraina circola un detto che gli ucraini hanno elevato a motto della
loro lotta resistenza:
«Se la
Russia smette di combattere, non ci sarà più guerra; se l’Ucraina smette di
combattere, non ci sarà più l’Ucraina.»
È una verità parziale. La verità completa è che se l’Ucraina
e noi stessi smettiamo di combattere, non ci sarà più né l’Ucraina, né il
modello di sviluppo della modernità.
LA
CINA E LA FORMAZIONE DI
UN
FRONTE DEL SUD GLOBALE
INCRINANO
L’EGEMONIA USA.
Comedonchiasciotte.org - Domenico Moro - Redazione
CDC – (25 Marzo 2023) – ci dice:
La
guerra in Ucraina, per quanto sia importante, è solo un aspetto del confronto a
livello globale tra, da una parte, la Russia e, dall’altra parte, l’Occidente,
cioè gli Usa e i loro alleati più stretti dell’Europa occidentale e del
Giappone.
All’interno
di questo confronto acquista, inoltre, un ruolo sempre più importante la Cina,
che si sta ritagliando una posizione di mediatore internazionale.
La competizione si gioca su diversi ambiti:
la de-dollarizzazione, cioè la sostituzione del
dollaro come moneta di scambio globale, la conquista delle materie prime, e, a
livello geostrategico, la costruzione di un fronte del Sud globale, che si sta
sottraendo all’influenza statunitense e occidentale e sta stabilendo rapporti
sempre più stretti con Cina e Russia.
Quest’ultimo
aspetto è di primaria importanza, perché la costruzione di un unico fronte, il
Sud globale, disallineato se non contrapposto all’Occidente, sancisce una
modifica, epocale e dalle conseguenze inedite, dei rapporti di forza e degli
equilibri mondiali.
Ovviamente
tutti i cambiamenti storici hanno una incubazione di lungo periodo, ma
subiscono accelerazioni improvvise che li rendono evidenti.
Così è
stato per la guerra in Ucraina che sta diventando il banco di prova della
costruzione di un fronte globale che può mettere in crisi l’egemonia mondiale
statunitense, che dura ininterrottamente dalla fine della Seconda guerra
mondiale.
La
formazione di un fronte del Sud globale appare visibile in sede Onu in
occasione delle votazioni sulle risoluzioni di condanna della Russia per quanto
sta accadendo in Ucraina.
Già il 2 marzo del 2022, poco dopo l’inizio
delle ostilità, 35 paesi si erano astenuti.
Apparentemente
si tratta di un numero piccolo in confronto a quello dell’insieme degli stati
mondiali.
In realtà questi 35 Paesi, insieme a quelli che hanno
votato contro la risoluzione, rappresentano un po’ più della metà della
popolazione mondiale, comprendendo giganti come la Cina, l’India, il Pakistan,
il Bangladesh, l’Etiopia, il Vietnam e l’Iran che da soli arrivano a quasi 3,6
miliardi di abitanti.
È da notare che tra i 35 astenuti ci sono 17
Paesi africani, che altri 8 paesi del continente sono stati assenti durante la
votazione e che l’Eritrea ha votato contro. Di recente, alla votazione della fine
di febbraio 2023, che chiedeva il ritiro delle Forze armate della Russia dall’Ucraina,
gli
astenuti sono stati 32, e i contrari 7, tra cui per la prima volta lo stato
africano del Mali.
L’Africa
è il continente dove l’egemonia statunitense ed europea appare essere
maggiormente in declino.
Tra
gli astenuti all’Onu c’è anche il Sud-Africa, che ha tenuto tra il 17 e il 27
febbraio, con grande disappunto degli Usa, delle esercitazioni militari sulle
proprie coste insieme alle Forze Armate di Cina e Russia.
Inoltre, diversi stati ex colonie francesi si
stanno smarcando dalla tutela e dall’influenza transalpina.
Tra
questi c’è il Burkina Faso che ha chiesto recentemente alla Francia di ritirare
i 400 soldati, schierati nel paese con la motivazione di combattere gli
jihadisti, e
che sembra abbia intenzione avvicinarsi alla Russia.
A
questo proposito giova ricordare i viaggi del ministro degli esteri russo,
Lavrov, sia nel luglio 2022, quando toccò quattro Paesi (Egitto,
Congo-Brazzaville, Uganda e Etiopia) e si incontrò con i leader dell’Unione
Africana ad Addis Abeba, sia più recentemente a gennaio 2023, quando la
missione di Lavrov in diversi Paesi africani, tra cui il Sud Africa, si è
incrociata con quella del segretario del Tesoro statunitense Janet Yellen.
Lo
scontro tra Occidente e Cina e Russia avviene, soprattutto in Africa, per
contendersi lo sfruttamento delle ingenti risorse minerarie.
L’aspetto saliente è che l’Africa, dopo aver
raggiunto l’indipendenza diversi decenni fa, era rimasta dipendente dalle
potenze europee che continuavano a esercitare il loro controllo sulle ex
colonie, soprattutto dal punto di vista economico ma anche dal punto di vista
politico-militare come provano le numerose missioni delle Forze armate francesi
negli ultimi anni.
Strumento
di controllo economico e di drenaggio di risorse locali verso la Francia è
soprattutto il franco CFA, una moneta garantita dal Tesoro francese, che è adottata da
diversi Paesi africani, ma il cui dominio sembra vacillare.
Infatti,
il 21 dicembre 2019 i paesi dell’Africa occidentale si sono accordati per
l’acquisizione di una moneta propria che permetterà di abbandonare il franco
CFA.
Secondo
alcuni analisti, la nuova moneta,” l’ECO”, potrebbe essere ancorata alla moneta
cinese, lo “yuan-renmimbi”, per evitare oscillazioni pericolose sui mercati.
I
paesi africani si stanno volgendo ormai da diversi anni verso la Cina, voltando
le spalle alle ex potenze coloniali.
La
Cina è per molti paesi africani un modello da copiare, perché dalla fine degli
anni ’80 ha emancipato dalla povertà 800 milioni di persone.
La Cina ha adottato da diversi anni nel
continente nero una politica commerciale basata sullo scambio tra materie prime
e costruzione e finanziamento di infrastrutture.
Molti
Paesi hanno contratto prestiti con la Cina, anche perché sia il Fondo monetario
internazionale sia la Banca Mondiale di solito vincolano il credito a requisiti
irraggiungibili.
Gli
effetti dei programmi imposti dalla Banca Mondiale, con la concessione di
prestiti e di aiuti subordinata all’approvazione di riforme strutturali orientate
al libero mercato, sono stati disastrosi.
Almeno 16 Paesi africani, dopo aver aderito
alle richieste della Banca Mondiale, uscirono dall’elenco delle economie in
crescita.
Pertanto
l’arrivo della Cina con capitali, know how, progetti a basso costo e manodopera
qualificata è stato visto dai Paesi africani come un’occasione da non perdere.
La
stessa strategia cinese della Belt and Road Initiative (BRI) va inquadrata nell’ambito della
cooperazione internazionale per lo sviluppo.
L’approccio
cinese è di tipo “win-win”, cioè di guadagno reciproco sia della Cina sia dei
paesi partner.
Questo
approccio si vede soprattutto nelle telecomunicazioni e nel digitale, dove la
Cina ha lo scopo di trainare l’export delle proprie imprese tecnologiche,
promuovendo al contempo l’emancipazione dei paesi partner.
La Cina, in questo campo, sembra avere
posizioni migliori rispetto agli Usa che escludono a priori la cessione di
tecnologia strategica ai paesi africani, che si trovano, quindi, a dover fare
affidamento sulla Cina.
Lo
sviluppo di reti fisiche e digitali è, inoltre, strettamente collegato ai piani
cinesi di internazionalizzazione finanziaria.
In
particolare, il governo cinese punta a rendere la sua valuta, lo yuan-renmimbi,
una moneta globale, ridimensionando lo strapotere del dollaro.
Negli
ultimi anni il ruolo dello yuan-renmimbi è molto cresciuto sia come valuta di
scambio commerciale sia come valuta di riserva.
La
valuta cinese è la quarta moneta più scambiata nel mondo, dopo dollaro, euro e
yen giapponese.
Secondo la Banca centrale cinese, le
transazioni in yuan sono aumentate del 15% nel 2022, che rappresenta il quinto
anno consecutivo di crescita, rispetto al 2021.
Il colpo più grosso è stato segnato dalla Cina
in America Latina, il cortile di casa degli Usa e del dollaro.
Qui l’Argentina e il Brasile hanno rafforzato le loro
riserve in yuan, allo scopo di avere uno scudo nei confronti della politica
finanziaria statunitense.
L’attacco
nei confronti del dollaro Usa vede anche il protagonismo della Russia, che sta
cercando di attrarre i Paesi africani in un blocco economico estraneo
all’influenza Usa e capeggiato dai Paesi del Brics, in particolare da Cina e
Russia.
Fra gli obiettivi c’è la cosiddetta “de-dollarization”,
cioè la sostituzione del dollaro con le valute nazionali negli scambi interni
all’area.
Ma
l’azione della Cina, sia economica sia politico-diplomatica non si limita
all’Africa e all’America Latina, estendendosi al Medio oriente, che è un’area
decisiva a livello mondiale per la presenza delle maggiori riserve di materie
prime energetiche, in particolare quelle di petrolio.
La
Cina è stata mediatrice negli accordi che hanno portato al riavvicinamento di
due paesi centrali nell’area medio-orientale, l’Arabia Saudita e l’Iran.
Si
tratta di un risultato clamoroso, perché l’Arabia Saudita è dalla fine della
Seconda guerra mondiale stretto alleato degli Usa e il suo riavvicinamento
all’Iran, nemico degli Usa, per di più sotto la mediazione della Cina,
rappresenta uno scacco per la politica diplomatica statunitense nell’area
medio-orientale.
Va
aggiunto anche che le sanzioni contro la Russia hanno svolto un effetto
controproducente per gli Usa e l’Occidente.
Infatti, il blocco degli investimenti russi nelle
banche occidentali ha messo sul chi vive tutti i Paesi emergenti che hanno
investimenti nelle banche occidentali, tanto da farne paventare un ritiro.
Un
esempio in questo senso è quanto accaduto al Credit Suisse, che ha rischiato di
fallire perché la banca saudita, che ne detiene la quota azionaria maggiore, ha
rifiutato di offrire ulteriore assistenza finanziaria alla banca svizzera in
difficoltà.
In
sintesi, possiamo osservare come la guerra in Ucraina stia accelerando alcuni
processi internazionali che erano in incubazione da tempo. In particolare, si
sta rendendo manifesto il disallineamento rispetto agli Usa di molti paesi
della cosiddetta periferia del sistema economico mondiale, specialmente di
quelli dell’Africa.
In
Occidente si parla molto dell’isolamento internazionale della Russia, ma, se
allarghiamo lo sguardo a livello mondiale, si può osservare che l’isolamento
della Russia è minore di quanto appaia ad uno sguardo limitato all’Occidente.
Quello
che appare è che si stanno modificando i rapporti di forza mondiali tra Cina
e Usa, con
un miglioramento delle posizioni della Cina.
Il
dragone si sta accreditando non solo come superpotenza economica, ma anche sul
piano diplomatico, come mediatore di pace non solo nel conflitto russo-ucraino
ma anche a livello globale.
Sicuramente
la Cina fa i suoi interessi economici e politici.
Tuttavia, va a suo merito l’approccio
economico “win-win” e il fatto che, a differenza degli Usa, non cerca,
attraverso i commerci e la finanza, di imporre la sua linea politica ad altri
Paesi.
Va
pure segnalato che la Cina, sempre a differenza degli Usa, non fa ricorso da
decenni alla guerra come strumento di politica internazionale.
Nel
caso dell’accordo tra Iran e Arabia Saudita la differenza di approccio è
macroscopica:
mentre
gli Usa hanno sempre sfruttato e accentuato le differenze religiose nel mondo
islamico, in particolare quella tra sciiti e sunniti, la Cina ha lavorato per
superarle.
Ad
ogni modo, al di là del confronto Usa-Cina è di primaria importanza rilevare
come si stia formando un Sud globale, che, dopo la decolonizzazione politica,
sta entrando in una nuova fase, quella della decolonizzazione economica.
A questo proposito sono significative le
parole pronunciate nel marzo 2021 dal ministro degli esteri Ugandese, Sam
Kutesa, riferendosi ai cinesi:
“Hanno
partecipato alle lotte di liberazione africane, alle guerre anticoloniali e ora
ci assistono nella nostra emancipazione economica.”
(Domenico
Moro)
Guerra
Ucraina, Putin
annuncia:
«Porteremo
armi nucleari tattiche
e
aerei in Bielorussia».
Paesi
nordici verso difesa aerea congiunta.
Ilmessaggero.it
– Redazione – (25-3-2023) – ci dice:
La
diretta del conflitto nel cuore dell'Europa.
Aggiornamenti
in evidenza.
Putin: "Dispiegheremo armi nucleari
tattiche in Bielorussia."
Polonia: "Kiev ha bisogno di munizioni
qui e ora".
Erdogan a Putin: negoziati e stop subito alla
guerra.
Paesi nordici verso difesa aerea congiunta
dalla Russia.
Gb: l'attacco a Bakhmut è in stallo.
12 ore
fa.
Putin:
"Missili e aerei con capacità nucleare in Bielorussia"
«La
Russia ha già consegnato alla Bielorussia il sistema missilistico Iskander, in
grado di trasportare armi nucleari».
Lo annuncia il presidente russo Vladimir Putin
citato dalla Tass.
«Schiereremo in Bielorussia anche 10 aerei in
grado di trasportare armi nucleari tattiche», ha poi aggiunto Putin
nell'intervista ai media russi.
12 ore
fa.
Putin:
"Risponderemo alle munizioni all'uranio impoverito."
«La
Russia risponderà per le munizioni all'uranio impoverito. Mosca ha molte di
queste armi, ma non le ha ancora usate».
Lo ha detto il presidente russo Vladimir
Putin, citato da Ria Novosti.
«Le
munizioni all'uranio impoverito sono armi molto pericolose per l'uomo e la
natura a causa della polvere radioattiva», ha affermato Putin.
12 ore
fa.
Putin:
"La Russia produrrà 1.600 tank entro un anno."
«La
Russia produrrà oltre 1.600 carri armati entro un anno. Il numero totale di
carri armati russi supererà così il numero di carri armati ucraini di oltre tre
volte». Lo
ha affermato il presidente russo Vladimir Putin, citato da Ria Novosti.
12 ore
fa.
Putin:
"Dispiegheremo armi nucleari tattiche in Bielorussia."
«Il
primo luglio sarà completata la costruzione di un deposito di armi nucleari
tattiche in Bielorussia. Mosca e Minsk hanno convenuto che, senza violare i loro
obblighi ai sensi del Trattato Start, avrebbero dispiegato lì armi nucleari
tattiche».
Lo annuncia il presidente russo Vladimir Putin citato da Ria Novosti.
Putin,
citato da Interfax, ha precisato che «non trasferiamo le nostre armi nucleari
tattiche in Bielorussia, ma le metteremo lì per addestrare i militari»
bielorussi, «come hanno fatto gli Stati Uniti in Europa».
«Gli
Stati Uniti hanno distribuito da tempo le loro armi nucleari tattiche in alcuni
Paesi, quindi la richiesta della Bielorussia di queste armi alla Russia non è
insolita», ha
aggiunto il leader del Cremlino.
13 ore
fa.
Polonia:
"Kiev ha bisogno di munizioni qui e ora."
L'Ucraina
ha bisogno di munizioni «qui e ora», ma l'Unione europea non ne ha a
sufficienza e questo «è un segreto di Pulcinella» che a Bruxelles tutti
conoscono.
Lo ha detto il primo ministro polacco, Mateusz
Morawiecki, intervistato dall'emittente radiofonica nazionale Rmf.
Il
primo ministro ha quindi invitato i partner ad acquistarne fuori dai confini
dell'Europa:
«Ci
sono diversi posti nel mondo, tra cui la Corea del Sud e Israele, dove ci sono
molte più munizioni».
Pertanto,
ha sottolineato Morawiecki, «mi aspetto che i nostri colloqui congiunti, con la
Commissione europea e diversi Paesi chiave, in particolare Polonia, Germania e
Francia, porteranno alla rapida ricezione di munizioni, poiché l'Ucraina ne ha
bisogno qui e ora».
Il
primo ministro polacco è fiducioso di riuscire a convincere le nazioni
scettiche, aggiungendo che è «difficile immaginare» quanti missili e proiettili
di artiglieria vengano lanciati ogni giorno sul fronte in Ucraina.
Le
forze armate di Kiev utilizzano da 2.000 a 6.000 colpi, mentre i russi ne
sparano da 20.000 a 60.000.
«Pertanto,
questa produzione deve coprire i bisogni», ha affermato Morawiecki, augurandosi
infine che l'undicesimo pacchetto di sanzioni dell'Ue sia adottato entro i
prossimi due mesi, nonostante «la stanchezza» osservata in un certo numero di
Paesi dell'Unione.
13 ore
fa.
Kuleba:
Putin introduce i crimini di guerra nello sport.
«Non
c'è modo per gli atleti russi di competere alle Olimpiadi di Parigi del 2024 o
in qualsiasi altro grande evento sportivo, poiché Putin ha già introdotto nello
sport non solo la politica, ma anche i crimini di guerra».
Lo
scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.
«Lo
sport, la propaganda di stato e l'esercito sono indivisibili in Russia», ha
precisato Kuleba.
13 ore
fa.
Erdogan
a Putin: negoziati e stop subito alla guerra.
Il
presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ribadito la necessità di «cessazione
immediata» del conflitto in Ucraina durante il colloquio telefonico con il capo
del Cremlino, Vladimir Putin.
Lo
riportano i media turchi.
Erdogan, hanno fatto sapere le autorità di
Ankara, ha insistito con Putin sull'«importanza che la Turchia attribuisce alla
cessazione immediata del conflitto tra Russia e Ucraina attraverso i
negoziati».
17 ore
fa.
Colloquio
telefonico tra Erdogan e Putin.
Colloquio
telefonico tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il capo del Cremlino,
Vladimir Putin.
Al centro della conversazione, riporta
l'agenzia turca Anadolu, gli sviluppi relativi alla guerra in Ucraina e i
rapporti bilaterali.
Erdogan,
riferiscono ancora i media turchi, ha «ringraziato» Putin dopo la proroga
dell'accordo sul grano.
19 ore
fa.
Kiev:
Mosca mantiene 2 navi con missili Kalibr nel Mar Nero.
La Russia
ha mantenuto due navi da guerra armate con un massimo di otto missili da
crociera Kalibr nel Mar Nero.
Lo ha
detto il comando operativo sud dell'Ucraina, secondo quanto riferito da
Ukrinform.
«La
presenza del raggruppamento di navi nemiche nel Mar Nero è stata ridotta a
dieci questa mattina.
Le navi missilistiche di superficie sono
tornate alle loro basi.
Ci
sono due sottomarini in mare, armati con fino a otto (missili ndr) Kalibr», si
legge nel rapporto.
Il
comando ha avvertito che la minaccia di attacchi missilistici rimane alta
. Il
24 marzo, la Russia aveva quattro navi da guerra nel Mar Nero, armate con un
massimo di 24 missili da crociera Kalibr.
19 ore
fa.
Zelensky:
non possiamo lanciare controffensiva, nostre armi insufficienti.
Le
forze armate non possono ancora lanciare una controffensiva al fronte.
Lo ha
dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un'intervista al
quotidiano giapponese “The Yomiuri Shimbun”.
Il
presidente ha anche definito «difficile» la situazione nell'est e ha ribadito
che la ragione di ciò è la mancanza di munizioni.
L'Ucraina ha bisogno di munizioni e aerei da
combattimento, ha sottolineato. «Stiamo aspettando munizioni dai nostri
partner», ha aggiunto, osservando che l'esercito russo usa ogni giorno tre
volte più munizioni delle forze ucraine.
20 ore
fa.
Paesi
nordici verso difesa aerea congiunta dalla Russia.
I
comandanti delle forze aeree di Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca hanno
firmato una lettera d'intenti per creare una difesa aerea nordica unificata
volta a contrastare la crescente minaccia della Russia.
L'obiettivo
è quello di poter operare in modo congiunto, sulla base delle modalità
operative già note nell'ambito della Nato, secondo quanto dichiarato ieri dalle
forze armate dei 4 Paesi.
La
decisione di integrare le forze aeree è stata innescata dall'invasione
dell'Ucraina da parte di Mosca, ha detto alla Reuters il comandante delle forze
aeree danesi, il maggiore generale Jan Dam, riporta l'agenzia di stampa sul suo
sito.
21 ore
fa.
Kiev:
abbattuti 6 droni e un elicottero Mi-24 di Mosca
L'esercito
ucraino ha colpito nelle ultime 24 ore 17 aree in cui si trovavano truppe
russe, ha abbattuto sei droni e un elicottero Mi-24 e ha distrutto un'unità di
artiglieria di Mosca: lo ha reso noto lo Stato Maggiore delle Forze Armate di
Kiev nel suo aggiornamento quotidiano della situazione sul campo.
Lo
riporta il “Kyiv Independent”.
Secondo l'Esercito, sono stati colpiti inoltre
due centri di controllo russi, quattro basi, due sistemi missilistici
antiaerei, un deposito di munizioni, un'unità di artiglieria e due stazioni per
la guerra elettronica.
Da
parte loro, le truppe russe hanno concentrato gli sforzi soprattutto in azioni
offensive nella regione di Donetsk e in particolare vicino alle città di Lyman,
Bakhmut, Avdiika, Marinka e Shakhtar:
in
queste zone l'esercito ucraino ha respinto 59 attacchi russi.
Sempre
nelle ultime 24 ore, la Russia ha effettuato 50 raid aerei, 11 attacchi
missilistici e 75 attacchi con lanciarazzi “Salvo” contro posizioni delle
truppe ucraine e infrastrutture civili.
22 ore
fa.
Zelensky:
la Cina non si è proposta come mediatrice.
La
Cina non si è proposta a Kiev come mediatore nel conflitto in Ucraina: lo ha
detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un'intervista al quotidiano
giapponese “Yomiuri Shimbun”.
«La Cina non mi ha inviato una proposta per
fare da mediatore.
Non ho
ricevuto la proposta di incontrarci», ha detto Zelensky, aggiungendo: «Inoltre,
ho inviato messaggi diretti (a Pechino), attraverso canali diplomatici, dicendo
che voglio parlare con il leader della Cina».
22 ore
fa.
Gb:
l'attacco a Bakhmut è in stallo.
L'attacco
russo alla città di Bakhmut, nell'Ucraina orientale, è praticamente in fase di
stallo, soprattutto a causa delle pesanti perdite subite finora da Mosca: lo
scrive il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento quotidiano di
intelligence.
Anche
Kiev ha subito forti perdite, ma il rapporto - pubblicato su Twitter-
sottolinea che la situazione russa è stata probabilmente aggravata dalle
tensioni tra il Ministero della Difesa russo e il Gruppo Wagner.
In questo quadro, la Russia ha spostato
presumibilmente il suo obiettivo operativo verso Avdiivka, a sud di Bakhmut, e
il settore di Kreminna-Svatove a nord, aree in cui probabilmente Mosca punta
solo a stabilizzare la sua linea del fronte.
Questo,
conclude il rapporto, suggerisce un ritorno a un disegno operativo più
difensivo dopo i risultati inconcludenti dei suoi tentativi di condurre
un'offensiva ad ampio raggio dall'inizio dell'anno.
23 ore
fa.
Mosca:
con trasferimento MIg-29 Slovacchia ha violato contratto.
La
Russia ha accusato la Slovacchia di violazione di un contratto firmato nel 1997
per aver consegnato all' Ucraina aerei da combattimento MiG-29 dell'era
sovietica. I
n base
all'accordo, Bratislava non può trasferire i jet a un altro stato senza il
consenso della Russia, ha affermato il Servizio federale per la cooperazione
tecnico-militare di Mosca.
Le
autorità russe hanno parlato di «atto ostile» e di violazione degli obblighi
internazionali della Slovacchia secondo il contratto, che è stato anche
pubblicato sul sito web del ministero degli Esteri russo.
Ieri
la Slovacchia ha deciso di consegnare quattro aerei all' Ucraina, con altri
nove che seguiranno «nel corso delle prossime settimane», ha detto alla Dpa il
ministero della Difesa di Bratislava.
Tre
dei 13 velivoli totali non sono operativi e devono essere utilizzati per i
pezzi di ricambio.
23 ore
fa.
Kiev:
via alla produzione nazionale di droni.
l
governo di Kiev ha varato l'attuazione di un progetto sperimentale biennale di
approvvigionamento per la difesa di sistemi senza pilota di produzione
nazionale. Lo ha reso noto il vice primo ministro della trasformazione digitale
Mykhailo Fedorov su Telegram.
«Il governo ha lanciato la produzione di massa
di droni in Ucraina.
È
stata approvata una risoluzione veramente storica per la vittoria, che
accelererà in modo significativo la creazione e la consegna di droni al fronte
e, cosa più importante, creerà le condizioni per il rapido sviluppo delle forze
militari ucraine.
Ciò consentirà
ai produttori di UAV di svilupparsi più attivamente, espandersi, reinvestire i
profitti e competere con le società straniere.
Invece
di spendere mesi in documenti inutili e lavoro burocratico, l'autorizzazione
per l'uso degli UAV, il loro acquisto e la consegna al fronte saranno
accelerati».
23 ore
fa.
Biden:
manterremo pressione su Putin e aiuti a Kiev.
«Manterremo
la pressione su Putin con le sanzioni e continueremo a fornire assistenza a
Kiev»: lo ha detto Joe Biden in una conferenza stampa congiunta ad Ottawa con
il premier canadese Justin Trudeau.
23 ore
fa.
Ucraina,
Kiev: occupanti vendono proprietà e lasciano la Crimea.
«Le
autorità di occupazione russe della Crimea hanno iniziato l'evacuazione dalla
penisola conquistata».
Lo ha dichiarato Andriy Yusov, un
rappresentante della direzione principale dell'intelligence del ministero della
Difesa dell'Ucraina, precisando che il comando russo e l'amministrazione sulla
penisola stanno vendendo molte proprietà immobiliari e stanno portando le loro
famiglie fuori dalla Crimea.
«Ma ai
privati cittadini viene detto: non preoccuparti, tutto è calmo, tutto è sotto
controllo e che l’operazione speciale sta andando secondo i piani...«, ha
aggiunto Yusov.
Guerra
in Ucraina, le notizie di oggi 25 marzo.
Putin
rischia l'arresto? La trasferta prevista in Sudafrica e i legami del Paese con
Mosca.
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