IL TRADIMENTO DELLA SINISTRA.
IL
TRADIMENTO DELLA SINISTRA.
La
Sinistra e il popolo tradito.
Laterza.it - Carlo Crosato “legge” Luciano
Canfora – (10 marzo 2022) – ci dice:
«Perché
i concetti di “popolo” e “sovranità” fondanti della Costituzione si sono
trasformati in concetti denigratori?», si chiede Luciano Canfora.
L’autore
del pamphlet “La democrazia dei signori” analizza l’attuale periodo storico,
dall’avvento di Draghi al ruolo geopolitico dell’Europa.
«Abbiamo
sotto i nostri occhi un fenomeno macroscopico – afferma Luciano Canfora - la
denigrazione del popolo, un disdegno per di più riservato al popolo da parte
della Sinistra – o ci ciò che ne resta –, la quale usa la parola “populismo”
come accusa contro i propri avversari, rei di amoreggiare con il popolo».
Questo
il punto di partenza del suo ultimo libro, pubblicato da Laterza, “La
democrazia dei signori”:
un pamphlet puntuto, in cui la più stringente
attualità è posta sotto una lente critica spietata.
«È evidente che la democrazia che hanno in
mente le élite dominanti è una democrazia di persone che si distaccano dal
popolo e si considerano superiori a esso».
Non
solo “populismo”. Spesso si muove anche l’accusa di sovranismo.
L’ordinamento
costituzionale italiano si fonda, fin dal suo primo articolo, sul concetto che
la sovranità appartiene al popolo:
com’è potuto accadere che i concetti di “popolo” e
“sovranità” presenti nell’articolo fondante della Costituzione italiana si
siano trasformati in concetti denigratori?
Oltre
alla separazione fra popolo ed élite, c’è un altro elemento:
la
ex-Sinistra non ha più alcuna idealità connessa alla sua origine di movimento
dei lavoratori.
L’ex-Sinistra ha in testa un’unica idea:
l’europeismo,
ossia la delega di gran parte del potere decisionale a organismi per nulla
elettivi e soprattutto separati, lontani e onnipotenti.
A partire da tale delega, la sovranità è
divenuta un ingombro e chi si richiama a essa è considerato un avversario.
La
Destra italiana, con le sue idee ripugnanti, ha buon gioco a richiamarsi alla
sovranità e a reclamare il tradimento del popolo da parte della ex-Sinistra.
Chiedendo
la fiducia al Senato, Draghi ha affermato: «Nelle aree definite dalla debolezza
degli Stati nazionali, essi cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità
condivisa».
Questa
della sovranità condivisa non è un’espressione ossimorica?
È un
gioco di parole che nasconde un’evidenza ormai consolidata: le leve del potere
sono altrove;
i
Parlamenti nazionali contano poco o nulla potendo solo ratificare e non
legiferare;
i
governi legiferano ma, di fatto, sono rinchiusi nella gabbia d’acciaio dei
regolamenti europei.
Se
questo scenario venisse ammesso in maniera esplicita, susciterebbe sconcerto. Con questa espressione fumosa,
“sovranità condivisa”, si può far accettare una dura realtà, che probabilmente
si sclerotizzerà fino a produrre ordinamenti nuovi, i quali sostituiranno
completamente quelli vigenti.
All’origine
della “democrazia dei signori”, lei colloca le pressioni che l’Ue opera sui
propri Paesi membri.
L’Italia,
essendo membro fondatore, non può essere maltrattata come la Grecia:
serve
un autorevole intervento dall’interno e da molto in alto.
Lei
cita, come complice dell’istituzione della “democrazia dei signori”, la
presidenza della Repubblica, nei casi Monti e Draghi.
I due
presidenti, fra loro molto diversi come storia personale, cultura, provenienza
politica, che si sono susseguiti nell’ultimo quindicennio, Napolitano e Mattarella,
si sono trovati sotto una forte pressione alla quale hanno prestato assenso.
Quando fu cacciato Berlusconi, reso pressoché
indifendibile dai suoi errori, l’azione fu viziata dalla nota lettera di Draghi
e Trichet.
Monti fu nominato senatore a vita e, dopo
poche ore, gli fu affidato il compito di comporre un governo.
Napolitano ordinò a Bersani, allora segretario
del Pd, di sostenere il governo Monti assieme all’avversario Forza Italia.
Nacque
un governo che, a ben vedere, fu la causa della fioritura del Movimento 5
Stelle, il quale catalizzò lo scontento di tutti coloro che erano rimasti
sconcertati da queste manovre di palazzo.
Conosciamo
la storia successiva:
le elezioni del 2018, il risultato
apparentemente inconciliabile di tre blocchi che si equivalevano come peso
elettorale.
Poi i governi Conte e, infine, nel gennaio 2021,
l’appello con il quale il presidente Mattarella superava i poteri e lo stile
riservati al capo dello Stato.
Se si legge l’articolo della Costituzione, che elenca
i poteri e le prerogative della presidenza della Repubblica, quello di
rivolgere un appello ai partiti perché formano un governo secondo i suoi
desiderata non si trova.
Giuseppe
Conte era riuscito a ottenere un cospicuo aiuto economico dall’Europa, i famosi
209 miliardi di euro.
Dall’Europa,
però, non ci si fidava di un governo come quello allora vigente:
si
ritenne doveroso avere come gestore di questi aiuti un uomo di fiducia.
L’ex
presidente della Bce era l’uomo giusto. Sono cose arcinote: messe tutte in
fila, delineano un quadro tutt’altro che rassicurante.
Lei
pone la seguente domanda: «Il nostro Paese sta forse ricevendo un trattamento di favore
in cambio della promozione di Draghi a presidente del Consiglio?». È così?
È una
domanda che contiene in sé la risposta.
Mario
Monti, nel luglio 2020, scrisse sul Corriere della Sera che i soldi che
arrivavano dall’Europa non andavano considerati come un dono.
Si
doveva passare attraverso una serie di controlli e vagli.
È un caso che nel caso del “Pnrr” di Draghi
questi passaggi siano stati fluidificati e le prime quote di aiuti siano già
arrivate?
Considerata
la debolezza del pensiero di Sinistra che abbiamo detto prima, che ne è
dello Stato sociale dentro il “Pnrr” e cosa ne sarà quando i soldi dell’Europa
per l’emergenza sanitaria finiranno?
Sono problemi che lei affronta anche in un
altro libro, che vorrei segnalare: “Europa: gigante incatenato” pubblicato da Dedalo.
Lo
Stato sociale è un oggetto delicato:
nacque
in Europa come risposta del mondo occidentale al fenomeno della Rivoluzione
comunista, che rappresentava un punto di attrazione molto forte per le masse
lavoratrici.
Lo Stato sociale era lo strumento per evitare
la rivoluzione tout court.
Oggi la situazione è cambiata per molte
ragioni:
i parametri di Maastricht hanno indotto una
situazione in cui il precariato è un’alternativa di gran lunga preferibile al
padronato.
Lo
Stato sociale, di fronte al dilagare del precariato, sembra un fossile.
Lo Stato sociale, così come lo Statuto dei
lavoratori, sono considerati affari d’altri tempi.
Il
potere contrattuale dei sindacati è ridotto perché non hanno alcuna sponda politica
e lo stesso dicastero che si dovrebbe occupare di simili questioni è impotente.
Come
si può ristabilire una “sana conflittualità sociale”, se sul suolo nazionale i
partiti si amalgamano in un partito unico, e se sempre di più ci si riferisce a
direttive extranazionali impossibili da contestare.
Non è
facile rispondere.
Io
credo che una delle grandi difficoltà delle organizzazioni sindacali sia di
avere un interlocutore solo apparente sul territorio nazionale, e un
interlocutore vero e decisivo in una dimensione in cui nessuna trattativa è
davvero possibile.
Dal
punto di vista della ripresa di una sana conflittualità sociale, la situazione
è fra le peggiori.
E credo che questo possa avere conseguenze
profonde e di lunga durata:
un
ribellismo inconsulto, mera manifestazione di disperazione, e cinismo e
repressione come risposta.
Si
dovrebbero mobilitare le energie di un profondo ripensamento degli ordinamenti
europei.
Lo stesso Draghi più volte ha lasciato intendere che,
durando lui al governo, si porrà la condizione di rifondare l’Unione europea.
Lo prendo sulla parola:
chissà
se ne avrà le risorse.
D’altra
parte il nuovo governo tedesco ha nella sua maggioranza una forza, i liberali,
che spingono per proseguire sulla linea del rigore.
Nella
partita del rinnovamento così aperta le forze sociali organizzate, se ancora ce
ne sono, devono far sentire la propria voce.
Le
chiedo provocatoriamente: lei auspica un’uscita dell’Italia dell’Europa?
No!
Io auspico una trasformazione radicale dell’Unione
europea, la quale è nata male, tutta centrata sulla moneta unica e conservando
la sudditanza dell’Unione alla Nato e agli Usa.
L’Europa
ha una forza economica notevolissima e un drammatico nanismo dal punto di vista
politico e militare.
Questa
Unione europea, che unione non è, deve trasformarsi profondamente al proprio interno, magari
partendo dall’abolizione dei pesanti debiti dei Paesi membri, come richiesto da
David Sassoli.
Se
l’Unione europea vuole contare, deve divincolarsi da questa sudditanza rispetto
agli Stati Uniti, per cui magari un domani ci ritroviamo a far la guerra alla
Russia.
Come
vede il ruolo dell’Europa nella crisi innescata dall’attacco russo all’Ucraina?
Come si sta comportando e come dovrebbe operare, a suo avviso, per sottrarsi
alla storica subordinazione rispetto a Usa e Nato?
Nessuno
di noi conosce le segrete cose e nessuno può pretendere di fornire ricette
definitive.
E di tutta evidenza che le sanzioni fanno più
male all’Europa che le infligge che non alla Russia, che eventualmente le
subisce.
Chi rimane totalmente indenne dalle sanzioni sono gli
Stati Uniti d’America.
L’attualità conferma la diagnosi di sudditanza
dell’Europa, priva di una propria linea politica chiara e autonoma.
L’Europa: un grande continente pieno di
cultura, di risorse, di intelligenza, ma totalmente eteronomo, cioè tutt’altro
che autonomo.
Difficile
rispondere alla domanda su come altrimenti dovrebbe comportarsi:
le
automobili non si riparano in corsa, ma da ferme;
e ora
la corsa è frenetica e si assiste solo a un “si salvi chi può”.
Per
tutelare l’Europa, sarebbe bene che la Germania mettesse in funzione il
gasdotto, cosiddetto North Stream 2:
un
gasdotto che è stato costruito come alternativa a quello che attraversa
l’Ucraina e che proprio ora ritroverebbe il proprio senso.
Abbiamo
voluto badare ai nostri interessi ai danni dell’Ucraina e ora fingiamo di
piangerne le sorti e, per di più, blocchiamo quel gasdotto a danno di noi
stessi.
È una politica delirante.
Il
tradimento della sinistra.
Adhocnews.it - ALESSANDRO SCIPIONI –
(11 Luglio 2022) – ci dice:
Il
tradimento della sinistra.
La
profonda crisi di identità in cui versa la sinistra, non solo italiana ma
mondiale, è oggetto di ampio dibattito.
Dibattito
vivo, fertile ma tenuto spesso in sottotono, dall’apparato culturale dove la
stessa sinistra è egemone.
La
crisi di un sistema di potere.
Prima
di tutto bisogna rendersi conto che la crisi della sinistra, è la crisi di un
sistema di potere.
La
crisi di un’idea, che si trova davanti alla contraddizione di voler
rappresentare i deboli.
Ma di
sostenere tutto ciò che rende gli ultimi.
L’apparato
ha lo scopo di conservare i propri privilegi.
Utilizza parole d’ordine totalmente fuori
tempo.
I suoi
cavalli di battaglia si richiamano ad una visione ideologica, che non tiene
conto della realtà.
L’ideologia
è utilizzata, solo per chiamare a raccolta chi deve difende delle posizioni di
influenza.
Il PD o
“Dem Usa”, è il partito delle élites globaliste degli straricchi.
Se c’è
un partito lontano dai problemi, quello sociali è il Partito Democratico.
I
problemi del lavoro, vengono dimenticati.
Si
privilegiano solo ed esclusivamente i diritti civili arcobaleno.
Milioni
di italiani si trovano a dover fronteggiare dei rincari ai quali non riescono a
far fronte.
Oltre
centomila aziende rischiano di chiudere i battenti.
Mai il
precariato è stato così diffuso.
Per
molti pensionati la scelta è tra fare la spesa o comprarsi le medicine.
Eppure
il principale partito della sinistra (sia Ue e sia USA) parla solo di cannabis,
ddl Zan, ius scholae, cancel culture, ideologia Woke, cambio di genere,
pensiero unico del politicamente corretto e transumanesimo.
Con un totale disinteresse per le istanze
sociali.
Prospettive
inesistenti.
Il
Movimento Cinque è in una situazione di caos totale.
Un
partito, nato come movimento, e poi corrotto dai peggiori istinti dei propri
esponenti e dai peggiori vizi della partitocrazia.
L’esempio
storico a cui i grillini possono ispirarsi oggi è solo Masaniello.
Sono arrivati sull’onda dell’antipolitica per scardinare
il palazzo, ed invece si sono fatti conquistare dal potere.
In una
simile prospettiva, a sinistra del Partito Democratico c’è il nulla,
considerata la totale inconsistenza dei movimenti di sinistra più radicale.
Anch’essi totalmente estranei ai problemi correnti della vita sociale.
L’assenza
dai temi economici del partito leader della sinistra, in piena rottura con
quella che era la tradizione della sinistra storica in Italia, chiude ogni
prospettiva di rilancio.
Non
interessa il consenso del popolo.
Un
altro problema fondamentale del PD in questo momento, è la riforma della legge
elettorale.
Semplicemente
perché perderebbe le elezioni, quindi vuole larghe intese che impongano di
tenerlo per forza di cose al governo.
Uno
scopo chiarissimo: restare a governare, a prescindere dalla volontà del popolo.
Chi dovrebbe essere un cultore della sovranità popolare, ne è il peggior
nemico.
Dalla
parte del potere.
Un
interessante analisi crisi della sinistra attuale è fatta da Federico Rampini
nel libro “la
notte della sinistra”.
Ma può
essere ancor meglio riassunta da un’idea di Gianni Agnelli.
Guardare
alla sinistra per fare le riforme di destra.
Ovviamente
se per destra si intende quella che guarda meno agli interessi del lavoro e più
a quelli del capitale.
Paradossalmente
oggi la destra tutela il lavoro più del capitale.
E ciò
per un motivo molto semplice.
Molto
spesso il capitale della grande finanza internazionale è un capitale apolide,
che raramente può essere ricondotto ad un italiano.
La
destra tende a difendere l’interesse del paese.
D’altro canto questa sinistra tende a guardare
con simpatia a qualunque cosa sia antinazionale.
Per
un’impostazione ideologica rigida.
Il
limite della sinistra.
Difendere
l’interesse nazionale è difendere il popolo.
Questo
non comprende il Partito Democratico.
Oppure
questo non vuol fare il Partito Democratico.
E non
interessa neanche alla sinistra generale in generale.
I
grandi gruppi internazionali, l’alta finanza globalista guardano più facilmente
ad un partito che non ha nessun riguardo per una preferenza nazionale.
Proprio
perché questo gli consente di interloquire con il soggetto vassallo ideale.
Imporre
i diritti sociali, tutelare la presenza degli stabilimenti produttivi in loco,
guardare prioritariamente al benessere della propria comunità è un freno.
L’alta
finanza globalista non vuole vincoli.
Dall’altra
parte la gente vuole delle certezze. Vuole essere tutelata.
Anche
la grossa presenza di immigrati, non viene mai valutata come necessaria ad
abbassare il costo del lavoro dalla sinistra.
Viene vista come positiva perché cancella, in
una visione internazionalista, l’identità nazionale.
Ma non
si pensa mai alle implicazioni sul mercato del lavoro.
Paradossalmente
passa in secondo piano anche l’ipotetico sfruttamento di queste persone.
Mai
come nel caso dei diritti sociali, nel mondo globalizzato, tradire l’Italia è
tradire il popolo italiano.
Il
tradimento non perdonato.
Sono i
salotti, l’alta borghesia, il capitale apolide.
Tutti
quelli che non hanno problemi di tipo economico, gli interlocutori naturali del
Partito Democratico.
Nel
loro mondo avanzato, si privilegiano i diritti civili arcobaleno, non esistono
praticamente più i lavoratori se non come uno slogan.
Questa è la rottura con la tradizione.
Non
rinchiuderti, Partito, nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada. Diceva il poeta Majakovskij.
Questo
il popolo non perdona al PD.
Essere
il partito del palazzo. Dell’apparato e delle stanze dei bottoni.
L’aver
abbandonato i ragazzi di strada.
(adhocnews.it/carabinieri-trin…lertaallerta-sto)
L'attivismo
ambientale come cavallo
di un capitalista
e il fattore Bill Gates.
Globalresearch.ca
- Dr. Vandana Shiva e Michael Welch – (22 aprile 2023) – ci dicono:
Uno
speciale per la Giornata della Terra.
Da più
di mezzo secolo, la Giornata della Terra è il momento di aprile in cui tutti i
pensieri si rivolgono all'amore... del pianeta.
Azioni
dedicate alla conservazione e alla riforestazione del pianeta, alla fine
dell'inquinamento da plastica, alla limitazione dei cambiamenti climatici e
all'agricoltura riparativa sono alcuni dei movimenti che si riflettono in
questo gigantesco motore di speranza per tutte le masse del globo.
L'iniziativa
in questi giorni è sostenuta da decine di organizzazioni non governative, tra
cui il Club di Roma sostenuto dai Rockefeller.
Quindi, attivismo sancito dai principali
attori a livello mondiale.
Il
problema in cui ci si può imbattere, ovviamente, è che, come abbiamo visto con
la "pandemia" di COVID-19, i Rockefeller, i Gates e le altre entità
superiori non sono esattamente sulla stessa pagina del resto di noi e stanno
probabilmente usando la crisi che stiamo affrontando come un'opportunità per
qualche altro obiettivo.
È vero
che le semplici corporazioni sono saltate sul carro del clima ogni Giornata
della Terra.
Ad
esempio, Nestlé si è impegnata a dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030.
Anche se data la loro storia di lavoro minorile, inquinamento, fissazione dei
prezzi e etichettatura errata, si è tentati di pensare a tali impegni come
"greenwashing" vecchio stile.
Ma la
questione più urgente che tutti noi dobbiamo affrontare determinati a fare la
nostra parte per il mondo vivente sono i tentativi molto più significativi di
ingannare.
Quando
i potenti attori decidono di usare l'ambientalismo moderno per ragioni diverse
dal mantenimento di una Terra forte e vibrante, noi, la gente, potremmo finire
per sentirci più che profondamente fregati.
I nostri sacrifici per la nostra casa naturale
e il nostro focolare potrebbero alla fine essere al servizio dei loro profitti,
e alla fine della giornata, non altererebbero il pianeta di una virgola!
La nostra
Giornata della Terra e le nostre azioni ambientali sottoscritte dai maestri
miliardari ci portano alla nostra disperazione collettiva o in qualche luogo
sono ancora peggiori?
Questa è una domanda posta in questo episodio
della Giornata della Terra del “Global Research News Hour”.
Nella
nostra prima mezz'ora, l'australiano “Michael Swifte” si unisce a noi per
parlare del modo in cui i filantropi americani e australiani con le loro ONG
climatiche comprate e pagate ci hanno risucchiato in una forma di
de-carbonizzazione che in realtà non ridurrà le emissioni, ma aiuterà l'industria dei
combustibili fossili a ottenere ancora più petrolio e gas dal terreno.
Poi,
nella nostra seconda mezz'ora, la leggendaria studiosa indiana, attivista ambientale ed eco femminista
Vandana Shiva sembra affrontare il ruolo dei cosiddetti filantrocapitalisti, e
in particolare di Bill Gates, nel minare la sicurezza alimentare e la diversità
nel presunto nome di salvarla.
Michael
Swifte è
un attivista australiano e membro del collettivo di pensiero critico “Wrong
Kind of Green”. Scrive su “wrongkindofgreen.org”
Vandana
Shiva è una filosofa, attivista ambientale ed eco femminista. Shiva, attualmente
residente a Delhi, è autore di oltre 20 libri e oltre 500 articoli nelle
principali riviste scientifiche e tecniche.
Si è
formata come fisica e ha conseguito il dottorato di ricerca in fisica presso la
University of Western Ontario, Canada.
Ha
ricevuto il Right Livelihood Award nel 1993.
È la
fondatrice di Navdanya (navdanya.org/).
Collabora
frequentemente con Global Research.
Trascrizione
di Vandana Shiva:
Parte
prima.
Global
Research:
Hai
aperto il tuo libro "Philanthrocapitalism and the Erosion of Democracy: a
Global Citizens Report on the Corporate Control of Technology, Health, and
Agriculture",
ma
parli della terra e di come le comunità indiane di tutto il mondo hanno evoluto
i sistemi agricoli più ingegnosi nel tempo.
E poi,
circa un secolo fa, le tradizioni hanno cominciato a crollare a causa del
modello agricolo chimicamente intensivo che ha avuto origine sotto le società “IG
Farben”, il "cartello dei veleni" come dici tu, che ha iniziato a
produrre armi chimiche nella prima e nella seconda guerra mondiale.
E poi,
nel tentativo di continuare a fare profitti, si è rivolto all'uso in
agricoltura. Hanno visto una grande opportunità nella “Rivoluzione Verde” per fare
soldi.
Questo ha dato inizio a una nuova area di
conquista, e non solo della terra, ma del cibo di cui tutti ci nutriamo.
Parla
di come questo sistema ha trasformato la qualità delle diete nel mondo, in
particolare nel Sud del mondo, dove è stata praticata la rivoluzione verde.
Vandana
Shiva: Sì.
Michael,
in realtà prima dell'industrializzazione dell'agricoltura, compresa la sua fase
di Rivoluzione Verde quando è stata imposta al Terzo Mondo, è la
privatizzazione della terra e la creazione della proprietà privata.
La
gente pensa che la proprietà privata sia sempre esistita.
Nel
mio paese, la terra non è mai stata posseduta come proprietà privata.
La
terra era un bene comune e le assegnazioni erano fatte dalla comunità per il
suo uso.
Esattamente
come i territori erano, sapete, assegnati alle culture indigene, people sapeva
quale gruppo ha quale terra.
Per
l'India, è recente come l'83 o l'87 quando “Lord Cornwallis” scrisse con una
frase, che "Tutta
la terra dell'India appartiene all'Inghilterra ".
Tutto il continente australiano apparteneva
all'Inghilterra.
Tutto
il Canada apparteneva all'Inghilterra.
Tutti
gli Stati Uniti appartenevano all'Inghilterra.
Così
una parte dell'Africa cominciò ad appartenere all'Inghilterra.
E
l'alienazione della terra è davvero la storia del colonialismo.
Ed è per questo che il movimento “Land Back” dei
popoli indigeni è così significativo come la decolonizzazione e il ristabilimento
del nostro rapporto con la Terra in modo legittimo.
Il
prossimo passo dell'alienazione è “IG Farben” e “Standard Oil” come origine di
"Oneness Vs. the 1%".
Le aziende tedesche hanno la tecnologia, la
tecnologia chimica, ma i combustibili fossili da cui l'industria chimica ha
fatto i suoi fertilizzanti, pesticidi, le sue sostanze chimiche per uccidere le
persone, che provenivano dalla Standard Oil.
Veniva da Rockefeller.
E Standard Oil, IG Farben, aveva una società.
E
anche in quel momento, dopo aver stabilito un monopolio, Rockefeller si rese conto che
doveva creare un'immagine filantropica, così crearono la Fondazione
Rockefeller.
E
proprio qui, sulla mia scrivania, c'è l'”Operazione Paperclip”, di come gli scienziati nazisti furono
trasportati per fare tutto questo lavoro negli Stati Uniti.
E non
è un caso che l'ingegneria genetica sia poi sviluppata da Rockefeller sulla
base della disciplina della biologia molecolare che hanno finanziato al 100%.
E sono quelli che hanno spinto l'agricoltura chimica.
E la
Rivoluzione Verde è stata spinta a chiudersi dal governo degli Stati Uniti,
dalla Banca Mondiale, ma anche dalla Fondazione Rockefeller e dalla Fondazione
Ford.
Oggi,
anche se Rockefeller è ancora molto attivo, non si sono ritirati dalla scena.
La
Rivoluzione Verde per l'Africa, l'Alleanza per la Rivoluzione Verde in Africa,
è un progetto congiunto di Rockefeller e Gates.
Naturalmente,
dalla globalizzazione, Gates è diventato super ricco come tutti i miliardari
della tecnologia.
Sia il
mio libro "Oneness Vs. the 1%" che i libri raccolti attraverso i movimenti del
filantrocapitalismo, stanno davvero mostrando come non ci sia un singolo campo
che non abbia un impatto diretto sulla libertà umana e sul benessere umano in
cui Gates non stia cercando di prendere il sopravvento in questo momento.
Ed è diventato il più grande proprietario di terreni
agricoli d'America.
E ha
già lanciato qualcosa chiamato “Gates Ag One”.
Proprio
quando il Covid stava scoppiando, sognava un'agricoltura sotto il suo
controllo, i semi sotto il suo controllo, la tecnologia sotto il suo controllo,
il cibo sotto il suo controllo, cibo da laboratorio, cibo finto.
Quindi,
se volete vedere che tutto ciò che sapevamo era sbagliato con l'agricoltura, se
è stato dato il passo avanti, è dal filantrocapitalismo di Gates.
Nel
2000, hanno portato il riso dorato in India.
Abbiamo
mostrato come fosse una fonte molto inferiore di vitamina A, e c'era molta più
diversità.
Gates
l'ha portato ora nelle Filippine, solo per rivolgersi ai contadini delle
Filippine qualche settimana fa, perché stanno combattendo il riso dorato.
Abbiamo
fermato la melanzana BT della Monsanto —
GR:
Mm-hmm.
VS: — Abbiamo messo una moratoria. Il
signor Gates lo porta in Bangladesh. Quindi, tutto ciò che è stato fatto ha
portato alla democrazia, Gates la sta sollevando finché ci sono soldi e potere
da fare.
Quindi,
per chiunque abbia a cuore la terra, le sementi, l'agricoltura, devi tenere
d'occhio Bill Gates.
GR:
Mm.
Beh,
sì, voglio dire, parli del pericolo di Bill Gates e del filantrocapitalismo.
È solo
un ritorno della Rivoluzione Verde del 1960 ma in bottiglie diverse, o c'è,
come, dici come un angolo unico che è rappresentato da Gates e dai miliardari,
sai?
Puoi
parlarci di come ha alzato la posta, per così dire?
VS:
Sì.
Sapete,
al tempo della Rivoluzione Verde, gli strumenti di distruzione erano i
fertilizzanti chimici.
E
usando l'allevamento convenzionale per cambiare la pianta per adattarla ai
fertilizzanti. Ma se questo è il più alto livello di violenza che possono fare.
Quando
il signor Gates svolge questo ruolo, abbiamo strumenti non solo di ingegneria
genetica, che sono già stati un fallimento totale in termini di mantenimento
delle promesse:
promesse
di controllo delle erbe infestanti, promesse di controllo dei parassiti.
Sai,
ho lavorato anni con” Percy Schmeiser”, e lo ricordo con tanto affetto,
l'agricoltore canadese, che è stato citato in giudizio dalla “Monsanto” dopo
che la Monsanto ha contaminato i suoi campi con la” Roundup Ready Canola”.
E so che c'è un film che si chiama
"Percy".
E quelli che non sanno del caso di Percy, per
favore guardano quel film.
Gli OGM di prima generazione hanno fallito.
Gates
ora, proprio come Rockefeller, ha creato singolarmente la disciplina della
biologia molecolare, del riduzionismo genetico della vita.
Non
complesso come un sistema organizzato, ma come una macchina che potevano
controllare e possedere.
Vandana
Shiva: una
nuova ondata di colonizzazione, schiavitù del carbonio.
In
questo momento, gli “strumenti di editing genetico” sono stati totalmente
finanziati da Mr. Gates.
Entrambi
gli scienziati che hanno ulteriormente sviluppato la tecnologia “CRISPR”, “CRISPR
/ Cas9” che è l'editing genetico, finanziato da Gates.
Ha
persino finanziato la lotta per i brevetti.
Ed è
lui che sta deregolamentando la regolamentazione degli OGM e la
regolamentazione della legge sui brevetti per spingere le colture geneticamente
modificate.
L'Europa
e la grande lotta in corso.
Il Regno Unito aveva appena approvato una
legge sulla selezione di precisione che pone gli OGM al di fuori della
regolamentazione.
E la cosa più importante che ho scritto, è un
capitolo del libro "Philanthro capitalism" sulla questione delle
sementi.
Prima
della Rivoluzione Verde, tutti i semi del mondo venivano raccolti e messi in
queste banche, le chiamano banche genetiche, chiamate “CGIAR Systems”, “IRRI”, “Rice
Research Institute”,” ICRISAT”, “Dire Land Crop Institute”, “ICARDA”, “Arid
Zone Institute”.
Man
mano che la privatizzazione è cresciuta, la spesa pubblica è diminuita, e se si
guardano tutti i centri “CGIAR” e tutte le piantine che contengono, il più
grande contributore è diventato “Mr Gates,” il che significa che detiene questa
cintura genetica del mondo, detiene i semi del mondo.
Controlla
anche la banca dei semi delle Svalbard.
Quindi,
ha il controllo del seme, il primo anello della catena alimentare, il controllo
sulle tecnologie attraverso le quali prenderebbe i brevetti e avrebbe i monopoli.
E il
controllo sulla terra dove si coltiverebbe il cibo.
GR:
Mm-hmm.
VS: E
non si ferma a questo.
Si
rende conto che se l'agricoltura viene lasciata come agricoltura, ci sarà
decentramento e diversità.
E i
creatori monopolistici odiano la decentralizzazione e odiano la diversità.
Quindi,
ecco perché la parte di Gates va avanti.
E sta
lavorando con Bayer e tutte queste aziende.
In effetti, il suo ufficio “Gates Ag One” è
proprio accanto all'ufficio della “Monsanto” a St. Louis, nel Missouri, sai.
Ecco
dov'è la Monsanto.
Perché la nuova partnership per dimenticare
l'agricoltura come comunità che produce il proprio cibo.
L'agricoltura
sarà uniforme in tutto il mondo, tutta basata su OGM, tutta a base di
glifosato, producendo materia prima di amminoacidi e proteine come materia
prima.
Proprio
come trasformiamo le mucche in oggetti di fabbrica alimentati con mangimi per
animali, in modo simile, vogliono trasformarci in oggetti di fabbrica
alimentati da alimenti fatti in laboratorio la cui materia prima proviene dalle
fattorie su larga scala.
E
questo, per me, è il riassunto di questo linguaggio basato sul piano che hanno
creato.
Si
tratta davvero di “cibo falso” globalista progressista.
E se
guardi chi sta facendo cosa.
Impossible
Burger? Signor Gates.
Latte
materno finto? Signor Gates.
Toccheranno
qualsiasi idea folle di come non dovremmo vivere su questo pianeta.
I soldi del signor Gates sono lì perché “la
follia green”diventi legge.
GR: Oh
ragazzo.
Voglio
dire, dicono che Bill Gates, il suo approccio a Microsoft non era tanto quello
di costruire una trappola per topi migliore e far sì che il mondo fosse a un
percorso verso la tua porta, quanto di costruire una pessima trappola per topi
e costruire percorsi verso la porta di tutti gli altri.
Sai,
questo è tutto – voglio dire, è comparso in tribunale affrontando, sai, accuse
di antitrust fondamentalmente.
Minare
la concorrenza e avere, sapete, monopoli ingiustificati.
Ma,
sai, “flash forward” al presente ora:
è il
numero uno – come hai detto tu – il numero uno detentore di terra in Nord
America.
Che tipo di gioco sta giocando ora con il
possesso di tutta questa terra?
In che
modo influenzerà il cibo nel mio piatto in un futuro non troppo lontano?
VS:
Sì.
La
prima è: i
miliardari globalisti vogliono la nostra terra e vogliono il nostro cibo,
perché queste sono due cose, senza le quali l'umanità non può vivere.
Quindi,
nel momento in cui sta afferrando la terra, sta dicendo ai contadini di
lasciare la terra.
Sta cercando di far sembrare che l'agricoltura
non sia per il futuro.
È lo slogan dei suoi servitori – io li chiamo
"i suoi servitori" – persone a cui fa parlare il potere.
Agricoltura
senza agricoltori, cibo senza fattorie, questa è la distopia.
Coltivare
senza agricoltori, significa che ci sono più prodotti chimici, più macchine. E
cibo senza fattorie, niente cibo direttamente dalle fattorie, niente grano con
cui cuocere il pane.
No, solo aminoacidi e proteine, che vanno come materia
prima per la fabbrica e il laboratorio.
Agricoltura
cellulare.
Di
cosa vuole il controllo?
Come
ha detto Kissinger, quando ho fatto il mio libro sulla violenza della
Rivoluzione Verde, ho guardato tutta la letteratura e l'affermazione di
Kissinger che: "Se controlli le armi, controlli i governi. Quando controlli il
cibo, controlli le persone".
Ed è
per questo che dico, quando controlli il seme, controlli il pianeta.
Ecco
cos'è la sua distopia: controllo totale.
GR:
Ehm.
VS: E lo stesso con, non aveva creato
il software di base.
Erano
i professori di matematica in un college del Vermont che poi afferma di aver
inventato.
La sua
pirateria di quel tempo, i monopoli e l'antitrust, esattamente la stessa cosa
che sta facendo con i semi.
Sta
cercando di convertire il nostro cibo in software, sta cercando di convertire
la vita in software.
Ed è
per questo che non è un caso che ovunque sia la vita, stia cercando di spingere
i sistemi software, sia come sistema monopolistico di polizia, sia come sistema
monopolistico di sorveglianza ed estrazione di risorse.
GR: Beh, questo mi fa venire in mente
qualcosa chiamato “Impossible Food”, che è come un nutrimento fatto in
laboratorio, immagino, immagino che sia fatto per assomigliare alla carne e
abbia un sapore simile alla carne, ma senza, credo, gli effetti collaterali
della carne o della morte animale.
Voglio dire...
VS: Effetti collaterali peggiori.
Effetti
collaterali peggiori. Chiunque pensi che un hamburger di soia OGM non abbia
effetti collaterali non sta seguendo ciò che fa un'agricoltura OGM industriale.
La
soia “Roundup Ready” spruzzata OGM e glifosato, che è la maggior parte della
soia coltivata nel mondo, è responsabile di centinaia di migliaia di morti per
cancro di persone.
GR:
Mm-hmm.
VS: E questo Impossible Burger ha residui
di glifosato molto più alti di quanto chiunque consenta. Ha spinto la farfalla
monarca all'estinzione.
È
progettato per uccidere tutto ciò che è verde.
Chiunque
sostenga “Impossible Burger” e la “finta carne a base vegetale “come non
violenta non vede la violenza alle farfalle, alle api, agli esseri umani.
E,
soprattutto, alla vita vegetale.
Sai, prima gli umani erano arroganti e
tracciavano una linea tra loro e gli altri animali per sentirsi superiori.
Torturateli
negli allevamenti intensivi.
Ma chi
ti dà il diritto di dire che le piante non sono senzienti?
Comprendere
la letteratura per vedere che le piante non devono essere "basate" e
trasformate in carne.
Le piante sono esseri senzienti e hanno
bisogno di tanto rispetto quanto gli animali.
E
qualsiasi sistema che trasformi le piante in materie prime è una violazione
delle piante.
Qualsiasi
sistema che distrugge la biodiversità delle piante è una violazione della
pianta.
Quindi,
vengono fatte alcune affermazioni molto basilari e non scientifiche.
E
affermazioni non scientifiche.
Ci
sono 14 brevetti associati a “Impossible Burger”.
E da quello che ho capito, il brevetto europeo
è stato appena ritirato.
Quindi,
purtroppo ci sono molte persone che non conoscono l'agricoltura, che non sanno
nulla di cibo.
Che lambiscono la propaganda di Mr. Gates e,
in un certo senso, consegnano il loro cervello al signor Gates.
Questo
è il momento di sapere cos'è il cibo, di sapere cos'è il cibo sano.
Per
sapere come sono le piante e com'è la diversità delle piante.
Comprendere
la relazione simbiotica tra piante e animali.
Perché
sicuramente c'è una relazione simbiotica tra piante e animali che ci darà un
sistema non violento.
Un sistema che dice: "Uccidi tutte le
piante e uccidi tutti gli animali, tranne la soia che vogliamo sia resistente
al Roundup".
Ora le
persone non stanno pensando fino in fondo.
Non
stanno pensando.
Parte
seconda.
GR: Parliamo un po' del fronte del
cambiamento climatico, Bill Gates e i filantrocapitalisti, ma in particolare
Bill Gates è stato attivo nel prescrivere soluzioni al cambiamento climatico.
Bill
Gates ha ideato “Breakthrough Energy”, che è un ombrello di organizzazioni
dedicate all'”energia sostenibile” e ai “progetti high-tech”.
Il
presidente Obama lo ha completato con “Mission Innovation”. E il suo approccio è stato adottato
dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e dai
paesi di tutto il mondo.
Voglio
dire, quali preoccupazioni hai con il suo approccio al cambiamento climatico
come attualmente modellato?
VS:
Sì. In
primo luogo, non è scientifico.
GR:
Sì.
VS: Più parlano di scienza, meno scienza
fanno.
Non è
scientifico, perché incolpare la mucca di avere quattro stomaci per il problema
climatico è solo cattiva scienza.
Sono
le cattive diete che ci stanno dando il metano.
Il
metano biogenetico torna subito nel ciclo.
In
dieci anni, è sparito, si trasforma in anidride carbonica e di nuovo nel
sistema.
“Impossible
Burger” è una delle sue soluzioni climatiche.
Non
per soluzioni climatiche.
Spruzzare
Roundup ovunque per uccidere le piante che ti danno la fotosintesi che risolve
il problema climatico, non è una soluzione climatica.
Geoingegneria, cambiare il clima.
Cambiare
il tempo con l'inquinamento non è una soluzione climatica.
La sua
“Breakthrough Energy” supporta “Biomilq”, sai.
Sono
una madre, ho avuto un bambino e ho allattato al seno.
Ora,
la distanza tra me e il mio bambino è di zero miglia.
Non ho
emissioni mentre sto allattando il mio bambino.
E ha
brevettato il latte da laboratorio – il falso latte da laboratorio chiamato “Biomilq”
come soluzione al cambiamento climatico.
La
spedizione della carne sintetica in tutto il mondo aumenterà le emissioni
climalteranti.
Sappiamo
già con la Nestlé e tutti gli alimenti per bambini quante malattie e morti di
bambini hanno avuto luogo.
Nessuno
ha fatto il test di sicurezza su questo latte sintetico da laboratorio come un
finto latte materno.
(Ma i
criminali globalisti istruiti da Klaus Schwab e Harari sono difesi a spada
tratta dalla sinistra “Dem Usa”, dal governo UE e dal PD italiano! N.D.R.)
Un
altro motivo per cui sta acquistando terreni è perché è lì che stanno creando
tutti gli ordini per le compensazioni di carbonio, che è – stanno sognando che
sarà la nuova economia.
Come
dice chiaramente nel suo libro, "Catastrofe climatica", non lo è – net-zero non
significa che abbiamo smesso di inquinare.
Net-zero
significa solo che dobbiamo trovare i pozzi e gli offset.
E come
ripetuto, ha detto nei dibattiti quando le persone promuovono lo “zero netto”.
Ascolta,
non siamo i tuoi lavandini, ci hai inquinato abbastanza, ci hai scaricato
abbastanza.
Ma la
nostra terra è nostra madre, e la nostra terra non è lì per il vostro
inquinamento.
“La
nostra terra è lì per sostenere la vita sulla Terra”.
GR:
Ehm.
Sai,
penso che ci sia la sensazione che – beh, voglio dire, i primi colonizzatori
dell'America, voglio dire, sì, hanno fatto il” pundering” e stavano cercando
oro, terra e altri modi di fare soldi.
Ma allo stesso tempo, sembravano anche aver perpetuato
questa idea che avrebbero effettivamente cercato di aiutare la gente, sai,
portare loro la civiltà e cose del genere.
E mi chiedo se, come con Bill Gates, se non lo
è – voglio dire, se crede davvero che otterrà del bene per le persone.
Perché vuole, sai, fare soldi e avere tutti
questi risultati raggiunti.
Ma
penso che probabilmente voglia, allo stesso tempo, alleviare la sua coscienza
nel dire che, beh, è una vittoria per noi.
Voglio
dire, è questa la tua opinione?
O è
solo un cattivo -
VS: Beh, come ho scritto nel mio libro
"Oneness
Vs. the 1%", sai, è in missione civilizzatrice.
Pensa
che siamo tutti primitivi.
Pensa
di volerci liberare.
Ha
così poca conoscenza di come vivono le culture, di come vivono gli esseri
umani, di come vive la vita su questa Terra.
Non ha alcuna conoscenza.
Sa
solo di aver fatto soldi rubando il software di altre persone.
E sa quanto sia facile fare soldi.
E ora,
sotto forma di filantropo capitalisti, si è convinto proprio come i missionari
che hanno massacrato gli indigeni e spazzato via il 90% degli indigeni delle
Americhe.
Lo hanno fatto in nome della missione civilizzatrice.
Gates
sta facendo esattamente lo stesso, è in missione civilizzatrice per “spazzarci
via”, mentre finge di civilizzarci.
(Ma è mai possibile che nessuna forza
politica o giuridica possa eliminare dalla terra simile gente criminale senza scrupoli!
N.D.R.)
GR:
Ehm.
VS:
Non è diverso. Non è diverso, è solo che gli strumenti sono più violenti ora.
GR:
Sì, e non lo vede – sì, la Rivoluzione Verde –
VS:
Non vede molto. Non vede molto. Sai, parliamo con la gente comune, guardi i loro
occhi, vedi le parole che sono nei loro occhi.
GR:
Sì.
VS: Gates ha un vocabolario limitato di
circa 20 parole. Non può andare oltre.
GR: Ma passa anche attraverso il
meccanismo di andare, mandare le persone nelle diverse comunità e avere un
dialogo e dire: "Ok, questi sono i tuoi problemi".
E poi,
tornano ed ecco il tuo -
VS: No, non un dialogo, una missione.
Andate e fate questo alla gente. Sa già cosa fare.
GR:
Ehm. Quindi,
qual è l'approccio che state adottando in termini di richiesta di democrazia
della Terra? Come possiamo non solo combattere il -
VS:
Molto semplice.
GR: — lotta contro i filantropisti —
VS:
Beh, lo sai. Sì.
GR: — ma anche, ricostruire l'eredità degli
agricoltori indigeni del passato.
VS:
Sì. Quindi, sapete, ho scritto “Earth Democracy” dopo che siamo riusciti a
fermare il WTO a Seattle.
E
parlavano di un Nuovo Ordine Mondiale.
Stavano parlando di una costituzione globale che
avrebbe riguardato prima il fare soldi o perseguire i profitti.
E per me, una democrazia significa, in primo luogo,
il riconoscimento che siamo parte della Terra, non siamo separati.
In secondo luogo, non siamo superiori ad altre
specie e nessuna cultura è superiore ad altre culture.
E
nessuna razza è superiore alle altre razze.
La
democrazia della Terra è una democrazia della diversità, ma non della
disuguaglianza, senza gerarchie.
Come
possiamo combattere il filantrocapitalismo con questo? Rendendosi conto che il denaro non è
la valuta della vita.
E aver accumulato miliardi non significa che un
miliardario abbia diritti diseguali.
Alla
fine della giornata, noi, l'albero, il salmone nel fiume, abbiamo tutti il
diritto di essere qui su questo pianeta.
Essere
sostenuti dal pianeta e sostenerlo.
Una democrazia
significa che dobbiamo sbarazzarci di tutte le gerarchie, compresa la gerarchia
tra i miliardari, l'unità e il resto di noi.
E otteniamo quel potere per combattere queste
divisioni rivolgendoci alla Terra per sapere come funziona la vita.
Ed è
qui che le culture indigene e la natura stessa diventano la nostra maestra per
il prossimo passo della liberazione.
La
liberazione dell'umanità viene dalla scala non umana e da coloro che sono stati
dichiarati primitivi dalla maledizione delle missioni civilizzatrici.
GR: La Giornata della Terra è una
giornata annuale in cui i cittadini di tutto il mondo si mobilitano per
proteggere il pianeta per le generazioni future, anche se alcuni si lamentano
del” grande green-washing” delle “grandi aziende”.
Quindi,
quando le persone vogliono abbracciare la Terra nella prossima Giornata della
Terra, cosa suggerisci loro - dove suggerisci che mettano i loro sforzi?
VS: La prima cosa che dovrebbero dire,
ovunque si trovino, è che Madre Terra non è in vendita.
Perché i filantropisti globalisti vogliono
possedere la Terra.
La
seconda cosa è che la valuta di base della vita è il cibo e vogliono il nostro
cibo. Quindi, vai a piantare qualcosa:
nel
davanzale della finestra, nel tuo giardino sul retro, trova un contadino con
cui puoi relazionarti.
Crea
una comunità alimentare.
Terzo,
questa Giornata della Terra, ricordate solo che siamo parte della Terra, non siamo i suoi padroni.
E
quelli che fingono di essere padroni non sono nemmeno i suoi padroni.
GR: Vandana Shiva, è stato bello parlare
di nuovo con te e ascoltare la tua saggezza e conoscenza.
Grazie
mille per aver fatto parte di questo evento molto speciale –
VS:
Grazie.
GR: —
conversazione. Abbiamo parlato con -
VS: Buona Giornata della Terra a tutti.
ABBIAMO
PERMESSO AGLI
IMBECILLI
DI COMANDARE.
Comedonchisciotte.org
– 22 aprile 2023 – Redazione CDC - Katia Migliore – ci dice:
Gli
imbecilli comandano, ma è ora di dire basta.
Nella
realtà quotidiana ci capita sempre di più di assistere a episodi di rara e
stupefacente imbecillità.
Sono episodi noti, ampiamente diffusi sui quotidiani e
i social, una vera casistica di affermazioni senza senso e azioni ancora più
idiote.
Mi chiedo se dipenda dal fatto che abbiamo accettato per troppo tempo in
nome del quieto vivere la narrazione imposta dalle élite del mondo occidentale
popolate da “psicopatici con manie di grandezza”, o semplicemente dal fatto che siamo
rimasti talmente spiazzati da certe affermazioni roboanti e prive di logica da arrivare a
essere incapaci di pensare a una contromossa di carattere ideologico e
culturale.
Eppure,
ci sarebbero cosa da dire.
Per
esempio, ci si potrebbe chiedere cosa avesse nella testa la responsabile del
famoso marchio di birra americano che non ha trovato di meglio che farlo
pubblicizzare da un trans, provocando il crollo in borsa, la perdita colossale
in termini finanziari e la reputazione della birra stessa, boicottata dai
consumatori americani.
Probabilmente
questo genio del marketing è parente stretta di chi ha ben pensato di far
pubblicizzare gli assorbenti da donna sempre a un trans.
A loro
volta, sicuramente avranno copiato la famosa marca di abbigliamento sportivo
che ha deciso di far pubblicizzare la linea femminile sempre da un trans.
Cosa
c’è di imbecille in tutto questo?
È presto detto:
credere che il marketing sia una disciplina economica
con funzione messianica, per cui non conta l’opinione del consumatore ma quello
che hanno deciso che egli debba credere, operazione che non funziona mai, nel
senso che prima o poi si subodora il giochetto e allora apriti cielo, le
vendite vanno a farsi benedire e la reputazione del marchio con esse.
E gli imbecilli sono quelli che, a capo delle aziende,
invece di dire basta si piegano, si adeguano, abbozzano, tanto al limite pagano
i dipendenti quando le cose non vanno più bene.
Vogliamo
poi parlare dei recenti licenziamenti delle grandi multinazionali dello
streaming a pagamento che, con titoli scarsi e completamente in balia del
politicamente corretto, stanno perdendo spettatori e credibilità in
continuazione?
Ma
loro vanno avanti con Cleopatre dell’Africa nera e improbabili Sirenette che
non vogliono essere baciate dal principe, e vai di taglio al testo delle
canzoncine in
nome del femminismo d’accatto.
E se non è imbecillità questa, ditemi cosa lo
è.
E meno
male ancora che è intervenuta l’Accademia della Crusca ad arginare un’altra idiozia globale
totale qual è la famigerata “schwa” mettendo la pietra tombale su un’altra
stratosferica testimonianza di imbecillità assoluta:
“…non dobbiamo cercare o pretendere di
forzare la lingua – almeno nei suoi usi istituzionali, quelli propri dello
standard che si insegna e si apprende a scuola – al servizio di un’ideologia,
per quanto buona questa ci possa apparire.
L’italiano ha due generi grammaticali, il maschile e il femminile, ma non il
neutro, così
come, nella categoria grammaticale del numero, distingue il singolare dal
plurale, ma non ha il duale, presente in altre lingue, tra cui il greco antico.
Dobbiamo serenamente prenderne atto, consci del fatto che sesso biologico
e identità di genere sono cose diverse dal genere grammaticale”.
E non
lascerei certo stare le prodezze degli attivisti fanatici ecologisti, i quali, per spingere l’opinione pubblica alla
religione verde, pensano bene di imbrattare i Beni Culturali della nostra
Nazione e di bloccare il traffico delle nostre tangenziali, col bel risultato non solo di farsi
odiare da grandissima parte degli italiani, ma di allontanare definitivamente la
causa ecologista dall’opinione pubblica del nostro Paese.
Come
degli idioti (e arroganti) qualsiasi.
Per il
resto, l’imbecillità
imperante è storia ormai:
dal “non ti vaccini, ti ammali, muori” a
“l’Italia senza “Eu” ed euro non ce la può fare”, affermazioni che sono state ormai
smentite dai fatti e dalle esperienze che stiamo vivendo nel nostro presente
con una crisi economica che ci attanaglia ormai da anni pur avendo l’euro come
moneta (straniera) e con i non vaccinati in perfetta salute, e che ci dimostrano che i dogmi in
bocca agli idioti diventano pericolosi diktat degni della “peggior dittatura
del pensiero”.
Li
abbiamo lasciati fare, questa è la verità.
Abbiamo
sottovalutato la portata del problema: l’imbecille spaccia per verità la
menzogna e, solitamente, ne va molto fiero.
Per
maggiori informazioni, chiedere ai verificatori di fatti dei vari social,
quelli che giudicano le opinioni altrui e le censurano in nome della loro
appartenenza politica e ideologica.
Loro
decidono quello che si può o non si può dire.
Salvo
poi andare a vedere chi siano questi “illuminati” che preservano tutti noi
dalle notizie false e ci si rende conto che il Lombroso, in effetti, qualche
ragione ce l’aveva.
E
ancora li lasciamo dire che gli immigrati che arrivano coi barconi fanno del
bene al nostro PIL e che mangiare insetti è tutto a vantaggio del pianeta, come
se il nostro pianeta, che ha 4,54 miliardi di anni di anni fosse lì ad
aspettare il nostro aiuto, ché ad ammazzare la nostra economia è sicuramente un bel
risultato quando c’è tutto il resto del mondo che fa i propri interessi, ma vuoi mettere la soddisfazione di
essere “green”?
Imbecilli con manie di grandezza, contano zero
e si illudono di essere onnipotenti.
E
tutto questo non sarebbe possibile se non ci fossero i nostri media nostrani
che suonando la grancassa devono compiacere tutti lo stesso padrone, salvo poi piagnucolare quando si
accorgono che perdono esponenzialmente lettori e spettatori.
Un “gnegne”
insopportabile, perché forse basterebbe avere il buon senso di scrivere e
parlare di fatti che interessano alle persone con un minimo di obiettività e di
onestà intellettuale, e magari qualche risultato si porterebbe a casa, ma questa soluzione è troppo
intelligente per le brillanti menti di gran parte del giornalismo nostrano.
E
dunque, che fare di fronte a tutta questa ottusità?
Innanzitutto,
ribaltiamo un concetto su cui si poggiano tutte le bestialità fin qui narrate,
insieme a tante altre: nessuno può insegnarci come vivere.
Nessuno
può arrogarsi il diritto di giudicare con epiteti definitivi e spesso offensivi
la nostra opinione.
In
sintesi, chi
la pensa diversamente dagli imbecilli ha diritto di esprimere e difendere il
proprio pensiero.
Non è del giudizio dei “minus habèntes” che dobbiamo
avere paura.
Anzi,
di più: gli
imbecilli arcobalenati, i politicamente corretti, gli opinionisti da salotto
televisivo devono sapere che, banalmente, ci siamo definitivamente stufati
delle loro litanie, dei loro sproloqui, delle loro frasi fatte, del loro modo
d’essere.
Spesso
nei dibattiti sentiamo la frase pronunciata da questi personaggi nipotini del
Marchese del Grillo ad apertura della loro filippica “siamo tutti d’accordo sul fatto
che…”.
Ecco.
No.
Non siamo d’accordo su nulla di quello che
affermate.
Abbiamo la nostra Verità, che non vale meno
della vostra.
E non
condividiamo mai nulla di quello che dite, come lo dite, quando e perché lo
dite.
In
poche parole, le vostre esternazioni ci annoiano, quando non ci disgustano del
tutto.
Perché
noi siamo noi, e voi non siete nessuno.
Manteniamo
le distanze, imbecilli.
(Katia
Migliore)
Lo
scandalo Qatargate: potrebbe
segnare la fine della "UE di
Bruxelles"?
Globalresearch.ca
– (22 aprile 2023) - Paul Anthony Taylor – ci dice:
Con
l'Europa sempre più distratta dalla guerra in corso in Ucraina e i timori di
una nuova crisi bancaria, l'ultimo scandalo di corruzione che ha travolto la cosiddetta
"Unione Europea" (UE) del continente è convenientemente sceso più in
basso nei titoli delle notizie.
Soprannominato "Qatargate", lo scandalo riguarda le
accuse secondo cui un vicepresidente del Parlamento europeo e altri legislatori
dell'UE sono stati corrotti dai governi di Qatar, Marocco, Mauritania e forse
altri paesi,
in cambio di influenzare il costrutto politico con sede a Bruxelles.
Dopo
le incursioni della polizia, gli arresti e il sequestro di denaro, computer e
telefoni cellulari ai sospetti, alcuni osservatori si stanno già chiedendo se lo scandalo potrebbe persino
segnare la fine dell'UE.
(Le
multinazionali straricche comandano l’UE e nessuno se ne accorge! N.D.R.)
Profondamente
danneggiato a causa delle ripetute ignominie negli ultimi due decenni, il
Qatargate arriva sulla scia della Brexit e della nostra esposizione
internazionale delle radici naziste dell'UE.
I
primi arresti nello scandalo Qatargate hanno avuto luogo nel dicembre 2022 e
hanno visto la vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, Antonio Panzeri
(un parlamentare dell'UE in pensione dall'Italia) e altri detenuti nell'ambito
dell'indagine.
Panzeri
ha successivamente ammesso di essere il capobanda dello schema e ha accettato
un patteggiamento in base al quale, in cambio di una pena detentiva più breve,
avrebbe rivelato le identità di coloro che ha corrotto e cospirato con.
Un
altro parlamentare dell'UE, Marc Tarabella dal Belgio, è stato successivamente
arrestato nel febbraio 2023, mentre Andrea Cozzolino, un parlamentare dell'UE
italiano, è attualmente agli arresti domiciliari a Napoli per combattere
l'estradizione a Bruxelles.
Alcuni
rapporti suggeriscono che fino a 60 legislatori aggiuntivi potrebbero alla fine
essere trascinati nelle indagini.
Una
storia di scandali e segretezza.
(E
tutto organizzato con la più “politicamente corretta” metodologia applicativa!
N.D.R.).
Mentre
si prevede che il “Qatargate” passerà alla storia come il più grande scandalo
mai avvenuto nella politica europea, non è certo il primo a infliggere gravi
danni alla credibilità dell'UE.
Nel
1999, ad esempio, tutti i 20 membri della Commissione europea, l'organo esecutivo
dell'UE, sono stati costretti a dimettersi dopo che un rapporto di un
informatore ha rivelato frodi diffuse, nepotismo e gravi carenze gestionali.
(Le leggi “green” se le fanno
direttamente le multinazionali dirette dagli uomini di Davos e poi vengono
approvate dallo “pseudo governo” della UE. N.D.R.)
Lungi dall'essere foriero di cambiamento,
tuttavia, l'incidente è stato semplicemente un assaggio di ciò che sarebbe poi
accaduto.
La
relazione Galvin, che prende il nome da Robert Galvin, il funzionario di audit interno dell'UE che
l'ha redatta, è stata redatta alla fine del 2006 come audit delle spese e delle indennità
richieste da un campione di oltre 160 legislatori.
Rivelando
abusi scioccanti, l'esistenza del rapporto è stata deliberatamente nascosta fino al
febbraio 2008, quando la notizia è trapelata da Chris Davies, un legislatore
dell'UE del Regno Unito.
Anche
allora, il suo contenuto rimase segreto e solo un gruppo selezionato di
legislatori fu autorizzato a leggerlo in una stanza chiusa a chiave e
sorvegliata.
Se non fosse stato pubblicato da Wikileaks nel 2009,
il rapporto sarebbe probabilmente ancora segreto oggi.
Che
cos'è l'UE?
La
segretezza e la non trasparenza sono la norma nelle istituzioni dell'UE, che
abitualmente si sforzano di nascondere la verità ai loro cittadini.
In
effetti, una nota interna della Commissione europea trapelata del 2009
incoraggia attivamente i funzionari a nascondere le informazioni al controllo
pubblico.
Il memorandum, pubblicato dal dipartimento
commerciale della Commissione, dice ai funzionari che possono eludere le leggi
europee sulla libertà di informazione realizzando due serie di documenti, uno
neutro per la divulgazione pubblica e una versione classificata solo per uso
interno.
Anche
Eurojust, l'agenzia anticrimine dell'UE, è stata coinvolta in scandali di
corruzione.
Nel
dicembre 2009, il capo di Eurojust, Jose da Mota, si è dimesso dopo essere
stato sospeso per 30 giorni per aver fatto pressione sui pubblici ministeri
portoghesi per fermare un'indagine per corruzione che coinvolgeva il primo
ministro portoghese José Sócrates.
Non estraneo allo scandalo, Sócrates fu
successivamente arrestato con l'accusa di “riciclaggio di denaro e altri
crimini”.
Le
radici naziste dell'"UE di Bruxelles"?
Per
quanto profondamente dannosi per l'UE siano questi ripetuti scandali di
corruzione, la crescente consapevolezza delle radici storiche del “costrutto nella
Germania nazista” minaccia non solo la sua credibilità politica, ma anche la
sua stessa esistenza.
Nel nostro libro” The Nazi Roots of the 'Brussels EU' “descriviamo come gli architetti
chiave dell'Unione Europea sono stati reclutati tra gli stessi tecnocrati che
avevano precedentemente progettato i piani per un'Europa post-seconda guerra
mondiale sotto il controllo dei nazisti.
Dalla
sua pubblicazione nel 2010, il libro ha ricevuto l'attenzione dei media in
paesi come Paesi Bassi, Romania, Regno Unito e Stati Uniti.
Nel
maggio 2016, un mese prima del referendum sulla Brexit nel Regno Unito, il
legislatore britannico Boris Johnson ha descritto sul quotidiano Sunday
Telegraph come, nel tentativo di creare un potente superstato europeo, l'UE stia "perseguendo un
obiettivo simile a Hitler".
La
validità della sua dichiarazione è stata apertamente sostenuta da molti dei
suoi colleghi parlamentari.
Significativamente,
quindi, solo pochi giorni prima, Johnson e altri legislatori britannici avevano
ricevuto copie del nostro libro.
Come
il libro e la sua documentazione di supporto dimostrano definitivamente, il
progetto nazista per la struttura e la funzione dell'UE fu redatto nel 1941,
due anni dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale.
A
Dresda, in Germania, a quel tempo, esisteva un “istituto di ricerca nazista
poco conosciuto” che era diretto da un uomo chiamato Arno Sölter.
Nel 1941, Sölter riassunse i piani nazisti per
l'Europa del dopoguerra in un libro intitolato "The Greater Sphere Cartel – An
Instrument of Industrial Market Order in a New Europe".
Il
libro descrive tutti gli elementi chiave che vediamo intorno a noi nell'UE
oggi, come la” Commissione europea non eletta” che funge da organo esecutivo
del costrutto e il
sistema di "direttive" che vengono utilizzate per il suo processo
legislativo.
Ma non
è tutto.
Il
primo presidente e capo architetto dell'UE fu “Walter Hallstein”, un avvocato
tedesco.
Membro
di organizzazioni naziste ufficiali, prima e durante la seconda guerra mondiale
Hallstein fu un architetto chiave del “Nuovo Ordine Mondiale” attraverso il
quale i nazisti e il cartello industriale “IG Farben” avevano sperato di
governare l'Europa e alla fine il mondo.
Lo
sappiamo dal fatto che, nel maggio 1938, Hitler incontrò Mussolini a Roma, in
Italia, per pianificare la loro conquista militare globale e progettare il
mondo del secondo dopoguerra.
Un
mese dopo, nel giugno 1938, Walter Hallstein visitò Roma come parte della
delegazione ufficiale dello Stato nazista che finalizzò il quadro giuridico del
previsto” Nuovo Ordine Mondiale”.
Il 23
gennaio 1939, rivelò questi piani in un discorso pubblico tenuto a Rostock, in
Germania.
Meno
di due decenni dopo, il 25 marzo 1957, Hallstein era di nuovo a Roma e divenne
uno dei soli 12 firmatari dei "Trattati di Roma", i documenti
fondanti dell'UE.
Successivamente,
tra il 1958 e il 1967, ha continuato a ricoprire la carica di presidente
fondatore della Commissione europea e ha iniziato ad attuare il progetto
nazista per l'Europa.
Una
cosa sembra quindi certa in quanto se lo stesso “Qatargate” non segnerà
l'inizio della fine per l'UE, la crescente consapevolezza mondiale delle sue radici naziste
quasi certamente lo farà.
(Quello
che scandalizza di più è che “la sinistra” che di fatto governa la Ue, gli Usa
e l’Italia appoggia il governo della “Ue” pur sapendo che “questo non stato” è
“solo” una creatura diabolica del nazismo più ripugnante ed ingannatore dei
popoli! N.D.R.)
CAPOSSELA:
POVERA EUROPA,
SE
PENSA DI SEPARARSI DALLA RUSSIA.
Visionetv.it – (22 Aprile 2023) – Giorgio
Cattaneo – ci dice:
Finalmente.
Incredibile,
ma vero.
Dal
Mar Glaciale Artico della verità prigioniera emerge una nave pirata.
Il capitano, Vinicio Capossela, è un grande
esperto di “marinai, profeti e balene”.
Era il
titolo di un suo album del 2011: dedicato all’arte di esplorare l’altrove, se
l’aria qui diventa irrespirabile.
Poi è crollato il mondo: si è proprio schiantato, nel
2020.
E
tutti zitti, come se niente fosse.
Non un
fiato, contro gli abusi del nuovo regime.
I
cantanti? Improvvisamente sordomuti.
Tranne
lui: che adesso si libera di colpo, a modo suo.
Sputando
il rospo con arte e ispirazione. Precisamente, con “Tredici canzoni urgenti”.
Una
sorta di ribellione, di insurrezione morale e culturale. La rivolta civile di un
intellettuale erratico e debitamente eretico.
Un
animale strano: autore e polistrumentista, scrittore premiato, sofisticato cultore di
splendori dimenticati.
Capace di carotaggi impensabili, scavando nel
passato.
Voci e
stili, suggestioni, rivisitazioni personalissime, grandi invenzioni poetiche.
Sempre visionario, Vinicio Capossela.
Spesso
geniale. Imprevedibile, anomalo. Unico.
E
adesso anche all’attacco, a viso aperto.
Ai
comandi di un vascello inequivocabile: battente bandiera nera, quella dei
bucanieri irriducibili.
Il “jolly roger” del sentimento, l’indignazione civile di stampo
pasoliniano.
LA
DENUNCIA DEL CANTAUTORE.
Nel
2022, mentre l’Italia marciva sotto i lasciapassare del “Governo dei Migliori”,
quello che testava il “moto ondulatorio” dei blindati e cacciava dalla polizia “Nunzia
Schilirò”, lui – il capitano Capossela – era già sceso in cambusa: scriveva, componeva.
Si
preparava a lasciar esplodere il suo pensiero libero e tagliente, accomodato
tra i riverberi e gli spigoli di accenti musicali volutamente ruvidi.
Poi è
scoppiata anche la guerra ultima: la guerra dichiarata.
Con il
suo intollerabile corollario di menzogne unilaterali, imposte a reti unificate.
Non in mio nome, si affretta a dire il cantautore.
E intanto: giù le mani dalla Russia, intesa come
universo umano.
«Il
conflitto scoppiato in Ucraina sta ovviamente radicalizzando le posizioni, col
risultato che tutto quello che è Occidente, in Europa, smette di essere Europa,
per farsi invece Patto Atlantico».
Letteralmente
sbalorditivo, il coraggio politico di Capossela, intervistato da Didamir Ivic
per “Rolling Stone”.
«A me
dispiace che in questa maniera venga meno un’idea ben precisa di Europa: quella
idea per cui la Russia è assolutamente Europa».
Beninteso,
non si tratta di essere “putiniani”.
Niente
affatto: «Attenzione,
non voglio essere frainteso: quello che intendo dire è semplicemente che è
terribile come stiamo perdendo la Russia, intesa non come governo ed entità
politica ma come paese, come popolo, come insieme di persone».
FOLLIA,
RINUNCIARE ALLA RUSSIA.
Come
ogni guerra, anche questa semplifica tutto: e intrappola ogni possibile
alternativa nella sola logica, comunque perdente, dello scontro.
«Questa polarizzazione è una tragedia nella tragedia»,
sottolinea
Capossela.
«C’è un libro bellissimo di Paolo Nori sulla vita di
Dostoevskij, “Sanguina ancora”, dove si racconta di come lo scrittore russo
vada alla commemorazione di Pushkin e faccia un discorso in grado di provocare
una commozione fortissima».
Il pubblico infatti si scioglie in lacrime.
Perché
il discorso «si basa sul fatto che la Russia è parte dell’Europa: e all’Europa
riesce a donare un certo tipo di sangue, di vitalità, che l’Europa stessa in
qualche modo stava perdendo».
Proprio
Paolo Nori, tra parentesi, si è visto cancellare un corso su Dostoevskij
all’università.
«Ecco,
appunto: se iniziamo a togliere la cultura come ponte, dove crediamo di poter
andare? Certamente esiste un dualismo, fra Occidente e Oriente.
Ma non
dovrebbe mai diventare conflitto: un conflitto impoverisce tutti, tantissimo».
L’artista
ne fornisce una dimostrazione anche pratica nel brano d’apertura del suo ultimo
lavoro, “Il
bene rifugio”.
Denuncia:
“Il mondo
cade a pezzi, il gas sale alle stelle. L’alluminio rincara, il brent impenna.
La benzina s’infiamma, l’oro si rafforza. La speranza si riduce”.
L’OCCIDENTE
AFFOSSATO DALLA NATO.
Colpa
anche nostra, che restiamo sdraiati.
Dove? “Sul divano occidentale”, risponde l’artista.
Versi
ruggenti: “Arruolati
da sdraiati disputiamo, guerreggiamo: interventisti. Sul divano sorvoliamo sui
conflitti, sulla storia”.
Niente
di glorioso: “Col deretano sul divano guerreggiamo, ci diciamo che resistere è il modo
per esistere”.
Citando
Brecht (“La
parte del torto”), il capitano Capossela spara le sue cannonate, una dopo l’altra.
“Voi
che vi dite più buoni e più civili, voi che v’imbellettate di cultura, noi che
premiamo la paura: per paura dell’altro, con noi vi porteremo dalla parte del
torto”.
Ecco,
la paura: tema-chiave, nelle “Tredici canzoni urgenti”. L’Occidente si è spezzato, ma
prima ancora si era lentamente decomposto: e proprio grazie alla paura sono
state introdotte le peggiori distorsioni.
Inutile
prendersela con la destra – sintetizza Vinicio – se la sinistra ha smesso da
tempo di fare il suo mestiere: proteggere le fasce più deboli.
«C’è
in effetti un senso di pericolo, di disorientamento, nel vedere quello che
succede nel mondo. Credo che sia un fenomeno che nasce forse già negli anni
’90, ma che esplode dopo il G8 a Genova: lì la rappresentanza di un certo tipo
di istanze va in pezzi».
LA
MORTE DELLA POLITICA.
«C’è
un forte processo di atomizzazione: processo che sta contrassegnando tutto
quello che è avvenuto e sta avvenendo nel nuovo millennio».
Aggiunge
Capossela, sempre parlando a “Rolling Stone” in veste di sociologo e
politologo:
«Negli
anni ’90, certe istanze e certi modi di vedere il mondo producevano un forte
senso di comunità, anche al di fuori delle proprie nicchie di appartenenza.
C’erano
degli spazi comuni, non soltanto il comune sentire.
C’erano
luoghi e situazioni dove ti potevi ritrovare.
E non
da solo: non dietro uno schermo. Ma con altre persone, faccia a faccia».
Ancora:
«Ho
l’impressione che questo processo di atomizzazione, che si è fatto fortissimo
proprio dopo Genova, favorisca una specie di fatalismo».
La morte della politica tradotta in canzone?
Nel modo più diretto:
“Né
destra né sinistra, solo potere d’acquisto”.
È il
potere, a parlare: “Saremo il vostro specchio, dalla parte del torto”.
Nessuno
escluso: “Voi
complessisti pacifisti, voi santi ecologisti: noi vi prenderemo anche la parte
del torto”.
Ne ha
davvero per tutti, il capitano-pirata: “Voi buonisti, voi sinistri ottimati
appena nati: siete più sinceri nella parte del torto”.
IL
TRADIMENTO DELLA SINISTRA.
Giù la
maschera: non si salva nessuno.
È un
naufragio senza appello, una catastrofe antropologica.
Rappresentata in modo crudo, senza sconti.
Capossela
affonda il coltello nella piaga: «Non è stata la Meloni o un certo tipo di destra a
togliere l’identità a una certa parte politica, sono stati i fatti.
È
questa parte politica che ha rinunciato a farsi carico e occuparsi delle
istanze sociali legate al mondo del lavoro, alle diseguaglianze che lì si
annidano».
Doveva
invece occuparsene: «Dovrebbe essere proprio la sua prima vocazione, quella di
chi vuole stare “dalla parte del torto” e non dei potenti».
La
sinistra?
Certo,
doveva stare «dalla parte di chi non ha rappresentanza: di chi non conta nulla, al
grande tavolo del capitale».
Problema:
«Se hai
smesso di occuparti di tutto questo, cosa sei? Sei un’altra cosa, rispetto a
prima».
Un’altra
cosa, sì: e pure abbastanza orrenda.
Capace di infliggere alla popolazione anche le vessazioni
più inimmaginabili.
E qui
bisognerebbe fare un monumento, al capitano Capossela: la sua è l’unica voce, tra quelle che
hanno accesso al mainstream, a dire finalmente tutta la verità sulla deriva
orwelliana imboccata proprio nel 2020, sotto il regime psico-sanitario del
terrore mediatico.
ORRORI
E DITTATURA: DAL COVID AL TRANSUMANESIMO.
Le
bordate piovono, una dopo l’altra, nel brano “Minorità”.
Un
atto d’accusa drammatico, sulla nostra attuale condizione.
Sul
passato recentissimo e sul futuro, che assomiglia a un incubo post-umano.
Le
restrizioni: “Ora che tutto si è fatto piccino e chiedo permesso pure per
prendere l’aria”.
Il
lockdown:
“Siamo
tutti in un carcere duro, i muri costruiti con la paura”.
Il
coprifuoco: “Minorità, larve nell’oscurità”.
Le
mascherine: “Esser guardati senza potersi guardare, senza potere cambiare (ma solo consumare, senza evoluzione,
chiusi nella prigione della minorità)”.
Si può
anche “crepare di irrealtà”, se si accetta di “azzerarsi e ridursi a pipì e pupù”.
Minorità: “Regredire, non crescere più”.
E
magari inoltrarsi in territori abominevoli, quelli tratteggiati dall’orizzonte
oscuro chiamato “transumanesimo”.
Il
paradiso capovolto degli stregoni di Davos.
La
santificazione del delirio “gender fluid” tendenzialmente obbligatorio, ben oltre il
cielo sacrosanto dei diritti.
Fino
allo sdoganamento dell’utero in affitto.
Sentite
Capossela: “Ora
che mio padre è un modulo, e sono figlio di una procedura”, un feto in prestito
“nella pancia di una balena fissata per procura, che ognuno solleva di
responsabilità”.
IL
CORAGGIO DI ESSERE SINCERI.
Un
salto quantico, rispetto al Vinicio Capossela di ieri? Sì e no.
È lui stesso a chiarirlo: solo un cieco poteva non sentire la
passione anche politica nel retroterra delle sue liriche.
Certo,
è cambiata la musica: da “Che coss’è l’amor”, la strada è lunga.
Si
passa per “Il
ballo di San Vito”, che ha consacrato il cantautore “tarantolato” presso il grande
pubblico.
Per
arrivare a capolavori come “Canzoni a manovella”, puro distillato di genialità.
Con
quel memorabile, sontuoso sberleffo (“Marajà”) dedicato al grottesco autocrate
di turno:
far
volare la politica sulle ali dell’arte, ecco il segreto dei grandi.
Assenti
Gaber e Jannacci, salutati Battiato e De André, chi se non lui – il pirata
Vinicio – poteva scarcerare l’anima collettiva tuffandola in un bagno
liberatorio di verità?
Parole
di fuoco, che arrivano dal mare aperto: profumano di dignità e coraggio.
Finalmente.
«Ormai,
tutto è ridotto alla specularità dell’eterno duello: che non cambia minimamente
la sostanza delle cose».
Grosso
guaio: abbiamo
smesso di sapere chi siamo.
«Parliamo
di identità: come definirla, oggi?
La si
definisce più rispetto a chi hai come nemico, a chi ti scegli come avversario,
piuttosto che rispetto a quello che sei veramente».
OLOCAUSTO
NUCLEARE?
A
questo si è ridotto, il “divano occidentale”: persino alla follia di immaginare
un’Europa senza la Russia.
L’Occidente
contro l’Oriente?
«È una faglia che si era già manifestata in Jugoslavia».
Si è
spinta sempre più in là, verso Mosca: e adesso infatti travolge l’Ucraina.
Costringendo
il pubblico a subire il peggiore degli spettacoli, la guerra, contro la quale
Capossela ha scritto versi memorabili anche in quest’ultimo album (da “Gloria
dell’archibugio” a “La crociata dei bambini”).
È una
subdola prigione, il “divano” occidentale popolato di dormienti: “Sul divano
fronteggiamo le paure”.
Una
ciurma sotto ipnosi, depistata da mercenari: “Non c’è più noi, non c’è bandiera che
non sia il pezzo di sedere occupato e riscaldato sul divano occidentale”.
Ecco
perché l’equipaggio si sta inoltrando in acque pericolose: “L’Occidente va alla notte, va a
morire con il sole. L’Occidente va alla morte, va a morire con il sonno”. Se ne
accorge qualcuno? Macché: “Non si sta poi tanto male, sul divano occidentale”.
Così
almeno pensano (“fino al fungo nucleare”, che non vediamo arrivare: come il più atroce dei
risvegli).
Parole
e musica del capitano Capossela: medaglia d’oro al valor civile, in questa Italia di
pavidi e bugiardi, così piena di ipocriti smemorati.
(GIORGIO
CATTANEO)
IL
SEGRETO NUCLEARE DEGLI
STATI
UNITI A ZAPORIZHZHYA.
Visionetv.it – (21 Aprile 2023) – Giulia
Burgazzi – ci dice:
Gli
Stati Uniti hanno avvertito la Russia di non toccare la loro “tecnologia
nucleare sensibile” presente nella centrale nucleare di Zaporizhzhya.
La
centrale si trova in Ucraina, è controllata dalla Russia ed è vicinissima alla
linea del fronte.
Quale
mai sarà il segreto di Zaporizhzhya che gli Usa vogliono difendere?
Non lo
dice nessuno.
Si può
però avanzare una ragionevole ipotesi: questo segreto riguarda le barre del
combustibile nucleare.
IL
SEGRETO DELLA TECNOLOGIA SENSIBILE.
La Cnn
ha diffuso la notizia dell’ammonimento statunitense il 19 aprile 2023, dopo
aver visto una lettera che il dipartimento dell’Energia statunitense ha inviato
all’”azienda di Stato russa Rosatom”, attuale gestore di Zaporizhzhya.
La
testata non fa ipotesi a proposito della natura della “tecnologia nucleare sensibile”.
Scrive
però che la lettera è del marzo scorso.
Tuttavia
la Russia ha preso possesso della centrale nucleare nel marzo 2022: un anno
prima.
Il
tempo intercorso fra la conquista russa di Zaporizhzhya e la lettera
statunitense è un particolare consono al fatto che si tratti proprio delle
barre del combustibile.
Ma non
è l’unico. Andiamo con ordine.
La
centrale nucleare di Zaporizhzhya conta sei reattori ed è la più grande
d’Europa.
Come le altre centrali dell’Ucraina, risale a quando
il Paese faceva parte dell’Unione Sovietica.
L’Unione europea ha finanziato
l’ammodernamento di tutti questi impianti.
Nei
mesi successivi ad Euromaidan – la violenta svolta filo Ue ed atlantista – alle
autorità ucraine non piaceva l’idea di dover alimentare le loro centrali
nucleari con il combustibile russo, fatto per così dire su misura per le
centrali nucleari di epoca sovietica.
Per
cui ben presto a Zaporizhzhya sono arrivate barre di combustibile della
statunitense Westinghouse.
LA
SOSTITUZIONE DEL COMBUSTIBILE.
La
sostituzione del combustibile russo con quello statunitense è avvenuta poco per
volta, nel corso degli anni.
Non è
come cambiare benzinaio: esistono problemi tecnici e di design, e dunque
rischi.
Lo
ricordava qualche anno fa una rivista di ingegneria nucleare facendo il punto
della situazione:
nel
2012, cioè in epoca pre Euromaidan, l’Ucraina aveva già sperimentato il
combustibile nucleare made in Usa.
Si era
accorta però che le barre di Westinghouse, se usate in centrali nucleari di
design sovietico, potevano deformarsi danneggiando il reattore.
E dunque, allora, aveva lasciato cadere la
cosa.
Dopo
la svolta atlantista, l’Ucraina ha rispolverato l’idea del combustibile
nucleare statunitense anziché russo.
Ma
alla luce di quanto era avvenuto nel 2012, l’inizio dell’impiego delle barre
Westinghouse a Zaporizhzhya, nel dicembre 2014, ha causato preoccupazione:
almeno, l’ha causata fuori dall’Ucraina.
Si diceva perfino che si fosse verificata una
fuga radioattiva, nascosta e negata dalle autorità.
Sono
passati quasi 10 anni e gran parte di quelle vicende non è più online.
Bisogna
far ricorso alla “macchina del tempo” di Internet per ricostruire i fatti.
Le
barre vanno sostituite solo ad intervalli abbastanza lunghi. Quando la centrale nucleare è passata
sotto il controllo russo, verosimilmente non era necessario preoccuparsi subito
che i russi mettessero le mani sui segreti ad esse connessi.
Si
poteva ad esempio sperare (invano) in una riconquista.
QUAL È
IL SEGRETO DI ZAPORIZHZHYA?
Che il
segreto di Zaporizhzhya riguardi proprio le barre, lo si desume anche da quanto
pubblica oggi il magazine” World Nuclear News”.
Non
cita Westinghouse, ma scrive che l’impianto possiede combustibile nucleare
statunitense sufficiente per quattro anni.
I
russi, dice ancora “World Nuclear News”, intendono usare il proprio
combustibile e sono disposti a negoziare la questione che sta a cuore agli Stati
Uniti.
Negoziare
significa “concedere qualcosa in cambio di qualcos’altro”. Cosa vorrà la Russia
per restituire intatti i segreti made in Usa?
Però a
proposito del segreto nucleare di Zaporizhzhya le ragionevoli supposizioni
possono arrivare solo fin qui:
solo
cioè fino all’oggetto del segreto, ma non alle sue caratteristiche e al suo
valore.
Del
resto, altrimenti che segreto sarebbe?
(GIULIA
BURGAZZI)
IL
MONDO VOLTA LE SPALLE AGLI USA:
ANCHE
LULA CON PUTIN E LA CINA.
Visionetv.it – Giorgio Cattaneo – (19 Aprile
2023) – ci dice:
L’aveva
prescritto il medico, che dovesse essere proprio il dollaro a regolare il
commercio mondiale?
Perché non possiamo utilizzare le nostre
valute?
Questo il tono del presidente brasiliano Lula,
reduce da una storica visita a Pechino.
Missione:
far rinascere l’industria del colosso sudamericano grazie al sostegno cinese,
visto che la finanza statunitense starebbe battendo in ritirata.
Colpo
durissimo al prestigio yankee:
parole di fuoco contro l’unilateralismo atlantista
anche a Shangai, dove Lula ha incontrato l’ex presidente carioca Dilma
Rousseff, oggi a capo della banca di sviluppo” dei Brics.
Autentiche
bordate contro i ricatti del “Fondo Monetario Internazionale” in paesi come
l’Argentina: chi accetta quei prestiti poi deve sottostare a pesanti condizionamenti
politici.
IL
BRASILE CONTRO GLI USA.
Già
smentiti, a quanto pare, i timori legati all’avvicendamento a Brasilia a spese
di Bolsonaro, dopo un risultato elettorale fortemente contestato, tra accuse di
brogli e le inquietudini dei militari.
Bolsonaro
aveva avuto il coraggio di opporsi al diktat “vaccinale”, allineando il Brasile
alla Russia anche nel respingere le sanzioni contro Mosca.
La
notizia: oggi
lo stesso Lula attribuisce agli Usa la maggiore responsabilità nel conflitto in
Ucraina.
Per
Washington, un vero e proprio affronto.
Lo sottolinea John Kirby, portavoce del Consiglio di
sicurezza nazionale:
«Il
Brasile sta ripetendo a pappagallo la propaganda russa e cinese senza guardare
ai fatti».
Parole che dimostrano essenzialmente
frustrazione e impotenza:
agli Usa starebbe sfuggendo il controllo su
vaste aree del pianeta.
LULA,
I SAUDITI E L’IRAN.
Colpisce
sicuramente il posizionamento di Lula, che infrange una serie di tabù
atlantisti.
L’antagonista
di Bolsonaro era considerato una sorta di” totem della sinistra”, dunque – si
presumeva – non ostile all’agenda di Davos di Klaus Schwab contestata dai biechi “sovranisti”.
Il
pragmatismo di Lula spiazza tutti: sembra comportarsi come Trump, senza
imbarazzi nello stringere alleanze eterodosse.
I
media sottolineano un altro passaggio simbolico del viaggio di Lula in Oriente:
la tappa ad “Abu Dhabi” per siglare ulteriori accordi economici, dopo quelli
con Xi Jinping.
Sullo
sfondo: la
vicinanza degli Emirati all’Arabia Saudita, protagonista di una ribellione
senza precedenti.
Riyad
infatti disobbedisce agli Usa, tagliando l’estrazione del greggio in modo da
far pesare l’assenza del petrolio russo, colpito dalle sanzioni.
E i sauditi si avvicinano addirittura
all’Iran, partner di Mosca e storico bersaglio degli Stati Uniti.
OCCIDENTE
ISOLATO, EUROPA (di origine nazista) KO.
Sta
franando il “sistema atlantico”?
Lo dimostra in modo plastico proprio la geografia delle sanzioni contro la
Russia: a
essere sempre più isolato è ormai l’Occidente, mentre il resto del mondo (Asia, Africa,
Sudamerica) si sta coalizzando per imporre una propria governance, alternativa alla supremazia del
dollaro e delle portaerei.
Vero e
proprio vaso di coccio, l’Europa:
la
Germania sabotata dall’embargo del gas russo, l’Italia ridotta a zerbino della
Nato, la Francia dilaniata dalla rivolta sociale contro Macron (l’unico,
peraltro, a manifestare insofferenza verso il bellicismo americano).
In
Finlandia, poi, gli elettori hanno appena bocciato la giovane Sanna Marin,
prototipo della generazione arcobaleno Nato-Davos.
UNGHERIA
E POLONIA SFIDANO L’UE.
E se
Washington esprime la sua rabbia verso Lula, Bruxelles se la prende – in modo
altrettanto tragicomico – con l’Ungheria e la Polonia, entrambe disobbedienti.
Sonoro
il ceffone inflitto agli euro-vassalli americani da Orbán, che ha siglato
clamorosi accordi energetici con Mosca.
Dal
canto loro, i polacchi hanno cessato di sostenere l’Ucraina tramite l’acquisto
del grano: rinunciano al cereale proveniente da Kiev.
Analoghi
smottamenti sono in corso praticamente ovunque, a cominciare dal Nordafrica.
Le
massime potenze regionali, Egitto e Algeria, sono in lista d’attesa per entrare
nei Brics, il cartello mondiale trainato da Cina, Russia e India.
La
stessa Tunisia ha appena messo alla porta il Fmi.
È
Pechino il nuovo playmaker dell’economia africana, mentre paesi come il Burkina
Faso chiedono l’aiuto militare della Federazione Russa per stabilizzare le
frontiere, minacciate dal neo-terrorismo islamista.
TRUMP:
IL MONDO RIDE DELL’AMERICA.
«Il mondo ha perso il rispetto per
l’America», ha scandito di recente Donald Trump: «Ormai ridono di noi».
Di
sicuro, con Biden, la credibilità della Casa Bianca è crollata.
Ne
sanno qualcosa proprio gli africani: si ripetono riunioni di vertice tra paesi
che lanciano lo stesso allarme:
armamenti
pesanti occidentali che, da Kiev, raggiungono i tagliagole di Boko Haram,
succursale africana dell’Isis.
Sembra
che stia davvero cadendo in mille pezzi, il vecchio mappamondo americano.
Persino
il disastrato Venezuela post-Chávez è riuscito a resistere all’aggressione
“yanqui”.
I
dietrologi, addirittura, arrivano a sospettare che qualcosa di anomalo (armi
segrete?) possa aver aggravato il bilancio del devastante terremoto in Turchia
e Siria.
Fantasie?
IN
PEZZI IL MAPPAMONDO USA.
Non ci
sono prove, del fatto che l’evento sismico non sia stato di origine
esclusivamente naturale.
In
compenso, non è un mistero l’ostilità degli Usa verso l’ondivago Erdoğan,
incline ad accordi proibiti con Mosca:
come
quello per l’acquisto del sistema missilistico S-400.
Fino
all’altro ieri, Erdoğan era il principale supporter occulto
dell’operazione-Isis in Siria.
Ora
invece la situazione si è capovolta anche su quel fronte: Ankara e Damasco hanno ricominciato a
parlarsi.
Quanto
all’altro storico partner regionale della superpotenza atlantica, le immagini
parlano da sole:
la
popolazione israeliana sta animando una ribellione di massa contro Netanyahu,
che vorrebbe nominare lui stesso i giudici che dovrebbero processarlo per
corruzione.
Neppure
Israele (prudente, sull’Ucraina) è spendibile, in questo momento, per
operazioni come quelle in cui sono specializzati i servizi segreti anglosassoni.
ALLEANZA
MONDIALE CONTRO IL DOLLARO.
Il
mondo guarda: vede benissimo chi è stato, a far saltare i gasdotti.
Capisce
che i carri armati russi sono entrati nel Donbass dopo otto anni di
bombardamenti ucraini sulla popolazione civile.
La mano è sempre la stessa:
quella che ha usato l’11 Settembre per
scatenare la “guerra infinita”, come la chiamava Giulietto Chiesa.
Afghanistan
e Iraq, poi la Libia, lo Yemen, la Siria.
E
adesso, dulcis in fundo, l’Ucraina.
Di
fatto, sette miliardi di esseri umani sfuggono al mainstream occidentale.
E oggi si stanno coalizzando, contro gli abusi
del “miliardo d’oro” (o meglio, della sua leadership neoliberista e
imperialista).
È un
cataclisma geopolitico, quello che sta esplodendo?
Nel caso, non sfugge il ruolo – anche simbolico –
svolto dalla Russia: la fermezza di Putin, nel reggere alla tempesta.
Era
stato tutto concertato fin dall’inizio, in modo sotterraneo?
Lo
sostengono gli analisti che parlano del silenzioso ritorno al “gold standard”
(Quantum Financial System) per liquidare lo storico signoraggio globalista del
dollaro e lo strapotere dell’élite atlantista.
E
mentre la casta di Washington mette sotto processo Trump, si prenota un altro
formidabile outsider: Robert Kennedy Junior, campione della resistenza contro il
delirio Covid.
Sarà
candidato alle primarie dei democratici.
Missione:
insidiare
il fortino dei signori della guerra, sempre più feroci.
E sempre più invisi al resto del mondo.
(GIORGIO
CATTANEO).
Rimuovere
i neoconservatori,
difficile
ma necessario.
Unz.com - RON UNZ – (24 APRILE 2023) – ci dice:
Ecco marito e moglie , “Dem Usa” neo
conservatori:
il “neocon
di Bush” Robert Kagan e la “neocon di Obama/Biden” Victoria Nuland.
La
scorsa settimana ho discusso il ruolo ironico che i neoconservatori dominanti
dell'America potrebbero aver giocato nel plasmare i recenti eventi mondiali,
forse inavvertitamente producendo un risultato benefico esattamente contrario
al loro intento aggressivo.
Nell'ultimo
decennio, eminenti scienziati politici come Graham Allison di Harvard e John
Mearsheimer dell'Università di Chicago avevano sostenuto che un modello
secolare suggeriva che il mondo era bloccato in una "trappola di Tucidide", la probabilità di uno scontro
incombente tra il potere globale dominante dell'America e il crescente potere
globale della Cina.
Questo
conflitto politico e potenzialmente militare non aveva nulla a che fare con le
caratteristiche ideologiche o sociali di quei due enormi paesi né con la loro
leadership, ma era semplicemente l'inevitabile conseguenza delle dimensioni e
del crescente potere della Cina, che minacciava di spostare l'America dalla sua
posizione di dominio mondiale.
Il
termine si riferiva all'analoga rivalità tra Atene e Sparta che aveva scatenato
la lunga guerra del Peloponneso, devastando la Grecia classica.
Nel
frattempo, su basi totalmente diverse, la politica estera ideologicamente
guidata dei neoconservatori dominanti dell'America ha anche minacciato la guerra globale
contro tutti i paesi che hanno rifiutato di accettare l'egemonia americana, con la Russia e l'Iran come obiettivi
principali della loro intensa ostilità.
Durante l'amministrazione Obama, questi
individui avevano orchestrato un colpo di stato del 2014 che ha rovesciato il
governo filo-russo democraticamente eletto dell'Ucraina.
Sette anni di rafforzamento militare e
provocazioni anti-russe avevano infine portato allo scoppio della guerra in
Ucraina all'inizio del 2022, con il primo anno di combattimenti che è già
costato molte decine di migliaia di vite, aumentando il rischio della terza
guerra mondiale.
Così
il mondo ha affrontato due pericoli geopolitici completamente diversi, uno
guidato ideologicamente e uno no.
Tuttavia,
ho poi sostenuto che queste due minacce separate alla pace mondiale potrebbero
essersi annullate molto fortuitamente a vicenda.
L'estrema
reazione eccessiva dell'Occidente contro la Russia nell'ultimo anno aveva
spinto quell'enorme paese ricco di risorse nelle braccia della Cina, e la
risultante alleanza Cina-Russia era ora così forte che probabilmente superava
il potere geopolitico dell'America e dei suoi alleati.
Inoltre,
le
oltraggiose misure anti-russe adottate dalla sconsiderata leadership americana – il sequestro di 300 miliardi di
dollari nelle riserve finanziarie russe, la distruzione degli oleodotti
tedeschi Nord Stream – avevano profondamente alienato molte altre grandi potenze
mondiali, che naturalmente gravitavano verso il blocco Cina-Russia come conseguenza, in
particolare tra cui Arabia Saudita, Iran, India e Brasile.
Anche
alcuni dei nostri più importanti stati vassalli come la Francia e il Giappone
sembrano essere recentemente diventati un po' traballanti nella loro fedeltà.
Così,
negli ultimi dodici mesi, la coalizione globale allineata con la Cina era
rapidamente diventata così schiacciante che la probabilità di qualsiasi
conflitto con l'America era notevolmente diminuita.
L'arroganza aggressiva e l'incompetenza dei
Neoconservatori potrebbero aver permesso al mondo di sfuggire alla trappola di Tucidide,
aumentando le possibilità che la Cina potesse sostituire l'America come potenza
leader mondiale senza spargimento di sangue o aspri conflitti.
Ma
anche se questa analisi è corretta e il disastroso fallimento della strategia
geopolitica neocon ha inavvertitamente prodotto un risultato positivo, tale
comportamento difficilmente può essere scusato.
Una classe dirigente politica d'élite così
incompetente da evitare la guerra distruggendo involontariamente le alleanze
strategiche del proprio paese deve ovviamente essere rimossa per timore che
futuri errori abbiano conseguenze meno fortunate.
Inoltre,
lo stesso tipo di cecità alla realtà che ha prodotto questi disastri strategici
americani potrebbe ancora portare a una crisi mortale.
Forse i Neoconservatori (Dem Usa) non riusciranno a
riconoscere gli enormi vantaggi di cui ora gode il blocco Cina-Russia che
l'America affronta e continueranno arrogantemente le loro provocazioni
militari, innescando infine una guerra più ampia.
Come
esempio di tali convinzioni sorprendentemente irrealistiche, il WSJ l'anno
scorso ha pubblicato un articolo di un redattore dell'arci-neocon New York Sun
che sosteneva che Cina e Russia potrebbero essere contenute con successo dagli
Stati Uniti insieme a una manciata di potenze "Rimland" come Israele,
Emirati Arabi Uniti e Australia, sebbene le prime superino le seconde forse 50
a 1 in popolazione e base industriale.
Tuttavia,
rimuovere i Neoconservatori dall'autorità può essere difficile da raggiungere
poiché sono diventati così profondamente radicati nei circoli politici DC e
nella più ampia comunità atlantista.
Dopo
aver guadagnato influenza nell'amministrazione Reagan durante gli anni 1980 e
aver mantenuto gran parte di essa sotto il suo successore George HW Bush,
presto iniziarono a dominare pesantemente la politica estera di Bill Clinton.
Poiché hanno sostenuto il senatore John McCain
nelle primarie repubblicane del 2000, sono stati apparentemente esclusi dal
potere sotto George W. Bush, non ricevendo una sola nomina di gabinetto;
eppure, sulla scia degli attacchi dell'9/11,
riuscirono comunque a ottenere il controllo dell'intero governo.
Barack Obama è stato eletto in parte perché
sembrava rappresentare il ripudio totale del suo impopolare predecessore, ma
nella sua amministrazione i neoconservatori di Bush sono stati semplicemente
sostituiti dai neoconservatori di Obama.
Poi,
nel 2016, la massiccia repulsione popolare contro entrambi i partiti politici
ha inaspettatamente spinto Donald Trump alla Casa Bianca, ma presto ha messo la
sua politica estera nelle mani di neoconservatori particolarmente intransigenti come
Mike Pompeo e John Bolton, e più recentemente i neoconservatori democratici hanno
riconquistato lo stesso ruolo sotto Biden.
Quindi
il controllo dei Neoconservatori (Dem Usa) ha resistito per più di trent'anni,
estendendosi sia alle amministrazioni democratiche, repubblicane e trumpiste.
Un
esempio perfetto di questa straordinaria situazione è il fatto che Robert
Kagan, uno dei principali architetti neoconservatori della politica estera di
George W. Bush, è il marito di Victoria Nuland, che successivamente ha svolto
lo stesso ruolo per Barack Obama e ora Joe Biden.
Un'élite
politica così fallimentare e insoddisfacente deve essere cacciata dal potere,
eppure a quanto pare questo è più facile a dirsi che a farsi.
Una
difficoltà è che il termine stesso "Neocon" usato qui è diventato in
realtà molto meno significativo di quanto non fosse una volta.
Dopo aver controllato la politica estera
americana per più di tre decenni, promuovendo i loro alleati e protetti ed
epurando i loro oppositori, i seguaci di quella visione del mondo ora
costituiscono quasi l'intero establishment politico, compreso il controllo dei
principali think tank e pubblicazioni.
Ormai,
dubito che ci siano molte figure di spicco in entrambi i partiti che seguono
una linea nettamente diversa.
Inoltre, negli ultimi due decenni, i
neoconservatori focalizzati sulla sicurezza nazionale si sono in gran parte
fusi con i neoliberisti focalizzati sull'economia, formando un blocco
ideologico unificato che rappresenta la visione politica del mondo delle élite
che gestiscono entrambi i partiti americani.
Già
nel 2012 avevo notato l'emergere di quello che equivaleva a uno stato americano
a partito unico.
Consideriamo
il modello dell'ultimo decennio.
Con due guerre rovinose e un crollo
finanziario al suo record, George W. Bush è stato ampiamente considerato come
uno dei presidenti più disastrosi della storia americana, e a volte i suoi
numeri di approvazione pubblica sono scesi ai livelli più bassi mai misurati.
La
vittoria travolgente del suo successore, Barack Obama, ha rappresentato più un
ripudio di Bush e delle sue politiche che altro, e i principali attivisti
politici, sia di sinistra che di destra, hanno caratterizzato Obama come
l'assoluta antitesi di Bush, sia nel background che nell'ideologia.
Questo
sentimento è stato certamente condiviso all'estero, con Obama selezionato per il Premio
Nobel per la Pace pochi mesi dopo essere entrato in carica, sulla base
dell'ipotesi diffusa che fosse certo di invertire la maggior parte delle
politiche del suo detestato predecessore e riportare l'America alla sanità
mentale.
Eppure
quasi nessuna di queste inversioni ha avuto luogo.
Invece, la continuità della politica
dell'amministrazione è stata così completa e così ovvia che molti critici ora
parlano abitualmente dell'amministrazione Bush / Obama.
Le
dure violazioni dei principi costituzionali e delle libertà civili di cui Bush
è stato pioniere dopo gli attacchi dell'9/11 si sono solo ulteriormente
intensificate sotto Obama, l'annunciato studioso costituzionale di Harvard e
ardente libertario civile, e questo è avvenuto senza la scusa di nuovi
importanti attacchi terroristici.
Durante
la sua campagna per le primarie democratiche, Obama promise che si sarebbe
mosso per porre fine alla futile guerra in Iraq di Bush subito dopo essere
entrato in carica, ma invece grandi forze americane rimasero sul posto per anni
fino a quando le forti pressioni del governo iracheno alla fine costrinsero la
loro rimozione;
nel
frattempo, l'esercito di occupazione americano in Afghanistan è effettivamente
triplicato.
Il salvataggio governativo degli odiati
manipolatori finanziari di Wall Street, iniziato sotto Bush, è continuato a
ritmo sostenuto sotto Obama, senza seri tentativi né di procedimenti giudiziari
governativi né di drastiche riforme.
Gli
americani stanno ancora soffrendo per lo più attraverso la peggiore recessione
economica dalla Grande Depressione, ma i profitti di WALL Street e i bonus
multimilionari sono presto tornati a livelli record.
In
particolare, la continuità degli alti funzionari è stata notevole.
Come
secondo segretario alla difesa di Bush, Robert Gates era stato responsabile
della gestione in corso delle guerre straniere e delle occupazioni militari
americane dal 2006;
Obama lo ha tenuto in carica, e ha continuato
a svolgere lo stesso ruolo nella nuova amministrazione.
Allo
stesso modo, Timothy Geithner era stato uno degli incarichi finanziari più
importanti di Bush, giocando un ruolo cruciale nel salvataggio finanziario
ampiamente impopolare di WALL Street;
Obama
lo promosse segretario del Tesoro e autorizzò la continuazione di quelle stesse
politiche.
Ben
Bernanke era stato nominato presidente della Federal Reserve da Bush ed è stato
riconfermato da Obama.
Le guerre e i salvataggi di Bush sono
diventati guerre e salvataggi di Obama.
Il
pubblico americano ha votato per un anti-Bush, ma ha invece ottenuto il terzo
mandato di Bush.
Durante
la Guerra Fredda, i propagandisti sovietici caratterizzavano abitualmente la nostra
democrazia come una farsa, con il pubblico americano che sceglieva
semplicemente quale dei due rami intrecciati del loro singolo partito politico
dovesse alternarsi al potere, mentre le attuali politiche sottostanti
rimanevano essenzialmente invariate, essendo decise e attuate dalla stessa
classe dominante corrotta.
Questa
accusa potrebbe essere stata per lo più falsa al momento in cui è stata fatta,
ma sembra inquietantemente accurata oggi.
Nel
2016 l'insoddisfazione pubblica per gli evidenti fallimenti politici di questo
consenso politico bipartisan era diventata così diffusa da fornire un'apertura
per un outsider arrabbiato come Donald Trump, un candidato la cui campagna è stata
resa possibile dal nuovo potere di Twitter e di altri social media.
Trump
era stato considerato un candidato scherzoso quando ha partecipato per la prima
volta alle primarie presidenziali repubblicane del 2016, una popolare star dei
reality televisivi che non aveva serie possibilità contro pesi massimi politici
affermati come il governatore Jeb Bush della Florida e il senatore Ted Cruz del
Texas.
In uno
dei suoi primi dibattiti, denunciò il presidente George W. Bush per aver
mentito all'America nella disastrosa guerra in Iraq, una dichiarazione
scioccante che sembrava destinata a condannare la sua candidatura con la base
repubblicana conservatrice.
Ma
stranamente non è riuscito a intaccare il suo entusiastico sostegno di destra,
suggerendo che la nostra politica estera da falco in realtà risuonava molto più
profondamente con i donatori repubblicani, i think tanker DC e i lobbisti della
Beltway che con gli elettori conservatori delle primarie.
L'inaspettato
trionfo di Trump alle primarie contro i suoi avversari repubblicani
dell'establishment è stato dovuto principalmente a questioni interne, in
particolare alla sua forte attenzione ai temi conservatori caldi
dell'immigrazione illegale e degli accordi di libero scambio.
Di
conseguenza, è stato considerato un estremo sfavorito contro la campagna
democratica di Hillary Clinton, con quest'ultima sostenuta da uno schiacciante
vantaggio in termini di denaro e sostegno dei media.
Le
posizioni della Clinton rappresentavano il consenso bipartisan dell'élite sulla
politica estera, e in uno dei suoi ultimi dibattiti con Trump ha dichiarato che
avrebbe immediatamente dichiarato una "No Fly Zone" in Siria contro
la forza di spedizione russa a sostegno del governo del presidente Assad, con
l'aviazione americana presumibilmente abbattendo qualsiasi aereo russo che
continuasse ad attaccare i ribelli antigovernativi.
Un
candidato presidenziale che prometteva guerra con la Russia dotata di armi
nucleari avrebbe dovuto sollevare qualche sopracciglio, ma i media e le
istituzioni politiche americane apparentemente consideravano le sue posizioni
solide e sensate in contrasto con le oltraggiose proposte di Trump di
ristabilire buone relazioni con i russi.
La
vittoria di misura di Trump nella corsa del 2016 ha sbalordito entrambi i
partiti politici.
Le
istituzioni della sicurezza nazionale dei democratici e dei repubblicani
reagirono visceralmente alla possibilità che le sue idee contrarie potessero
ora impostare la politica di Washington, e l'organismo politico DC mostrò una
feroce reazione immunitaria, cercando di respingere l'ideologia aliena che era
stata improvvisamente innestata al vertice del governo americano.
I
media mainstream sono stati rapidamente arruolati nello sforzo di delegittimare
l'elezione di Trump e frustrare i suoi piani di politica estera.
Sebbene
le bizzarre affermazioni secondo cui l'interferenza russa aveva inclinato
l'elezione verso Trump – o addirittura l'aveva rubata a titolo definitivo –
probabilmente hanno avuto origine dalle scuse imbarazzate della Clinton per
spiegare la sua scioccante sconfitta contro ogni previsione, il grido è stato
rapidamente ripreso dalla camera di eco dei media e lo scandalo Russiagate ha
presto perseguitato la nuova amministrazione Trump.
Di
fronte a una valanga di accuse dei media secondo cui Trump era un agente russo
e un burattino di Putin, né il presidente né i suoi alti funzionari potevano
permettersi il rischio di tentare di riparare le nostre relazioni con quel
paese.
Nel
frattempo, una vasta gamma di siti web dissenzienti – di destra, di sinistra,
razzisti e libertari – sono stati immediatamente etichettati come fonti di
disinformazione russe, e sebbene la maggior parte delle accuse fossero
assolutamente risibili – Ron Paul un agente russo? – alcune di queste
pubblicazioni sono state intimidite da quelle accuse selvagge mentre i nostri
guardiani dei social media sono stati esortati a limitare la circolazione di
tale materiale.
Tutte
queste pressioni esterne sulla nuova amministrazione per seguire la linea
dell'establishment sulla politica estera sono state accompagnate anche da
pressioni interne, soprattutto dopo che Trump è stato convinto a elevare Mike
Pompeo da direttore della CIA a Segretario di Stato alla fine di marzo 2018 e
portare John Bolton come suo nuovo consigliere per la sicurezza nazionale nello
stesso periodo.
Bolton era noto come una delle figure più estremamente
aggressive dell'amministrazione Bush, uno dei principali sostenitori della
guerra in Iraq, e Pompeo era considerato un sostenitore di quelle stesse
politiche.
Sebbene
le opinioni di Trump potrebbero non essere cambiate, le figure di spicco che
gestivano la sua politica estera erano ora solidamente all'interno del consenso
neocon della Beltway, anche se situate nella sua estremità più estrema.
Il
segretario di Stato Mike Pompeo e il consigliere per la sicurezza nazionale
John Bolton dell'amministrazione Trump.
Bolton
in particolare sembrava desideroso e disposto a sabotare le iniziative
politiche del suo nuovo superiore disattento.
Ad
esempio, Trump aveva compiuto notevoli progressi nel persuadere il leader
nordcoreano Kim Jong-un ad abbandonare il suo programma di sviluppo di armi
nucleari in cambio di garanzie di sicurezza americane, ispirando i leader
sudcoreani a suggerire che il presidente americano meritava un premio Nobel per
la pace per la sua svolta diplomatica di successo.
Tuttavia,
poco dopo la sua nomina, Bolton ha dichiarato che l'accordo sarebbe stato
modellato su quello con Muammar Gheddafi della Libia, che aveva rinunciato allo
stesso modo ai suoi sforzi per le armi nucleari nel 2004, solo per essere
rovesciato e ucciso in una rivolta militare sostenuta dalla NATO del 2011,
ponendo fine alla sua vita sodomizzato da una baionetta.
Ciò ha
silurato ogni possibilità di un patto con Kim e Trump in seguito ha dichiarato
che quelle osservazioni erano state un "disastro" per quanto riguarda
i negoziati.
Nello
stesso anno Trump stava finalizzando il suo cruciale accordo commerciale con il
leader cinese Xi Jinping in una cena privata quando Bolton ordinò segretamente
l'arresto di Meng Wanzhou, uno dei dirigenti tecnologici di più alto profilo
della Cina mentre cambiava aereo in Canada, un atto che accecò e indignò la
leadership cinese.
Secondo
un resoconto del WSJ, Trump era completamente all'oscuro di ciò che stava
accadendo e in seguito ha chiesto a Bolton "Perché hai arrestato Meng? Non
sai che è l'Ivanka Trump della Cina?"
I
principali giornalisti hanno persino riferito che gli stessi assistenti senior
di Trump a volte nascondevano gli ordini esecutivi che intendeva emettere,
impedendogli di firmarli in legge e credendo correttamente che il nostro capo
dell'esecutivo disimpegnato se ne sarebbe dimenticato.
Le
speranze originali di Trump di migliorare le nostre relazioni con la Russia
erano state immediatamente ostacolate dalla bufala del Russiagate, orchestrata
dai suoi oppositori dello “Stato Profond”o e dai loro alleati dei media
mainstream.
Ma la
sua politica nei confronti della Cina ha seguito una traiettoria diversa, e
penso che il libro di “Kevin Rudd” del 2022 “The Avoidable War” fornisca una
buona panoramica di questi sviluppi.
Come
ex primo ministro dell'Australia, “Rudd” si era trasferito negli Stati Uniti
nel 2014 dopo aver lasciato l'incarico e in seguito è stato presidente della “Asia
Society” con sede a New York City.
Era ovviamente un individuo molto ben
collegato, anche lobbista per la nomina a Segretario Generale delle Nazioni Unite
nel 2016, e si stava già concentrando intensamente sulle relazioni tra Cina e
America, che sono diventate l'argomento del suo libro successivo.
Il suo
racconto spiega la brusca rottura che alla fine si è verificata.
Mentre
Rudd racconta la storia, Trump era prevalentemente concentrato sulle questioni
commerciali con la Cina e sebbene fosse disposto a prendere posizioni negoziali
difficili, ha anche sottolineato l'importanza del suo rapporto personale con il
suo "molto, molto buon amico" Xi.
Credeva
che la formazione di tali legami rappresentasse un elemento cruciale delle sue
capacità di negoziatore ed era estremamente soddisfatto del successo
dell'accordo commerciale che i due paesi avevano finalizzato, con “Rudd”
invitato alla cerimonia della firma del 15 gennaio 2020 alla Casa Bianca.
Più o
meno nello stesso periodo, le prime notizie dell'epidemia di Covid a Wuhan
stavano iniziando a raggiungere l'America, ma Trump non ha prestato attenzione
alla questione.
Anche
settimane dopo che il virus aveva iniziato a diffondersi in tutto il mondo,
Trump ha continuato a lodare gli sforzi di successo dei leader cinesi nel
controllare la malattia nel proprio paese, ignorando qualsiasi rischio che
potesse rappresentare per gli Stati Uniti.
Solo dopo che la fiorente epidemia globale ha
innescato un crollo del mercato azionario tra le indicazioni di diffusi focolai
americani, Trump
ha iniziato a incolpare la Cina per la catastrofe, criticando aspramente quel
paese alla fine di marzo e suggerendo che il virus potrebbe essere fuggito da
un laboratorio di virologia cinese.
Questo
cambiamento sembrava aver riflesso la crescente influenza di Pompeo, una delle
principali figure anti-cinesi nell'amministrazione Trump, e in effetti il
nostro canale di propaganda “Radio Free Asia “affiliato alla CIA aveva già iniziato a sostenere che il
Covid era un'arma biologica cinese sfuggita mesi prima, il 9 gennaio, prima
ancora che si verificasse la prima morte.
Secondo
il racconto di “Rudd”, l'impatto politico dell'epidemia di Covid è stato
enorme, essendo interamente responsabile del completo capovolgimento della
politica cinese di Trump, che è stata trasformata da difficili negoziati sul
commercio ma altrimenti cooperazione strategica amichevole in intensa ostilità
internazionale.
E quel
cambiamento epocale nella posizione americana sulla Cina è rimasto anche dopo
che Biden ha sostituito Trump nel gennaio 2021.
Come
hanno dimostrato le elezioni di Barack Obama e Donald Trump, anche la
sorprendente vittoria politica di qualcuno percepito come un outsider estremo
sembra avere un impatto molto minore sulla politica estera americana di quanto
ci si potrebbe aspettare.
Negli
ultimi due decenni, le istituzioni politiche di entrambi i partiti sono state
così pesantemente assorbite dalla “visione del mondo neocon” che potrebbe
essere necessario un terremoto geopolitico di portata generazionale per
rimuovere la loro presa sul potere.
Ma
guarda caso, negli ultimi tre anni la società americana ha vissuto esattamente
un tale terremoto.
L'epidemia di Covid ha ucciso oltre un milione
di americani e sconvolto notevolmente la vita di tutti gli altri, certamente
pari al più grande disastro che la nostra società abbia vissuto dalla Grande
Depressione più di tre generazioni fa.
Inoltre,
l'improvvisa comparsa del virus ha avuto anche un drastico impatto politico,
guidando l'intensa ostilità nei confronti della Cina che ha governato la nostra
vita politica dall'inizio del 2020.
Eppure,
nonostante la sua enorme importanza e impatto sul mondo, l'effettiva origine di
questa malattia calamitosa ha ricevuto molta meno attenzione di quanto meriti,
e quella discussione è stata estremamente circoscritta sia nel mainstream che
persino nei media alternativi.
Da gennaio 2020, il dibattito pubblico è stato
quasi interamente limitato a due grandi teorie sulle origini del Covid.
La
maggior parte dell'establishment scientifico e dei media ha rapidamente
dichiarato che il virus era naturale ed era apparso casualmente nella città di
Wuhan alla fine del 2019.
Nel frattempo, una forte opinione minoritaria diffusa
su Internet aveva sostenuto che il virus era stato bioingegnerizzato in un
laboratorio di Wuhan e accidentalmente fuoriuscito nella città circostante,
scatenando l'epidemia globale.
L'anno
scorso ho esaminato le prove contraddittorie e gli argomenti dei principali
sostenitori di entrambe le parti, suggerendo che una terza possibilità esclusa
era la soluzione migliore.
Penso
che questi scambi dimostrino che, in misura considerevole, i due campi
principali sul dibattito sulle origini del Covid si sono parlati.
Le
testimonianze fornite da “Quammen” e “Holmes” hanno fortemente contestato la
possibilità di qualsiasi perdita di laboratorio a Wuhan, suggerendo che ciò
dimostra che il virus deve essere stato naturale, anche se sono mai stati fatti
pochi argomenti su quest'ultimo punto;
Al
massimo, hanno sollevato alcuni dubbi sulla forza delle prove per la
bioingegneria.
Nel
frattempo, gli articoli e i documenti di “Wade”, “Sachs”, “Bruttel” e altri
hanno fornito prove evidenti che il virus era artificiale.
Tutto ciò è stato solitamente interpretato come
supporto per l'ipotesi della perdita di laboratorio, anche se sono state
presentate pochissime prove che si siano verificate perdite di laboratorio.
Eppure
l'apparente somma vettoriale di questi argomenti contrastanti è la conclusione
che il virus Covid non è trapelato dal laboratorio di Wuhan né era naturale, e
questo suggerisce che il dibattito pubblico è stato impropriamente limitato
solo a queste due possibilità.
Per
più di 30 mesi ho sottolineato che ci sono in realtà tre ipotesi perfettamente
plausibili per l'epidemia di Covid.
Il virus potrebbe essere stato naturale,
apparso casualmente a Wuhan durante la fine del 2019;
il
virus potrebbe essere stato il prodotto artificiale di un laboratorio
scientifico di Wuhan, che è trapelato accidentalmente in quel momento;
oppure
il virus potrebbe essere stato il prodotto bioingegnerizzato del programma di
guerra biologica da cento miliardi di dollari dell'America, il più antico e il
più grande del mondo, un'arma biologica schierata contro la Cina e l'Iran da
elementi dell'amministrazione Trump al culmine del nostro ostile confronto
internazionale con quei paesi.
Le
prime due possibilità sono state ampiamente discusse e dibattute attraverso i
media mainstream e alternativi occidentali, mentre la terza è stata quasi
totalmente ignorata, nonostante alti funzionari governativi russi, iraniani e
cinesi abbiano pubblicamente accusato l'America di rilasciare Covid in un
attacco deliberato di guerra biologica.
In
effetti, a partire da aprile 2020 ho pubblicato una lunga serie di articoli sostenendo
che ci sono prove forti forse anche schiaccianti a favore di quella terza
possibilità ignorata.
Lo
scorso dicembre avevo discusso e recensito diversi importanti libri recenti
sulle origini
del virus Covid, tutti a sostegno dell'ipotesi della perdita di laboratorio.
Ho notato che nessuno degli autori – “Jasper
Becker”, “Sharri Markson”, “Alina Chan” e “Matt Ridley” – aveva osato anche
solo prendere in considerazione la terza possibilità esclusa, forse perché le
realtà dell'industria editoriale richiedevano loro di applicare tale
"crimestop" orwelliano al loro pensiero.
Pochi giorni fa abbiamo superato il terzo
anniversario del mio articolo originale di aprile 2020 in cui avevo delineato i
probabili motivi di questo attacco.
Se il
virus fosse stato rilasciato intenzionalmente, il contesto e il motivo di un
tale attacco di guerra biologica contro la Cina non potrebbero essere più
evidenti.
Sebbene
i nostri media in malafede continuino a fingere il contrario, le dimensioni
dell'economia cinese hanno superato quelle della nostra diversi anni fa e hanno
continuato a crescere molto più rapidamente.
Le aziende cinesi hanno anche assunto un ruolo
guida in diverse tecnologie cruciali, con Huawei che è diventata il principale
produttore mondiale di apparecchiature per le telecomunicazioni e domina
l'importante mercato 5G.
La “Belt and Road Initiative” cinese ha minacciato di riorientare
il commercio globale attorno a una massa continentale eurasiatica
interconnessa, diminuendo notevolmente l'influenza del controllo americano sui
mari.
Seguo
da vicino la Cina da oltre quarant'anni e le linee di tendenza non sono mai
state più evidenti.
Nel
2012, ho pubblicato un articolo dal titolo provocatorio "L'ascesa della Cina, la caduta
dell'America?" e da allora non ho visto alcun motivo per rivalutare il mio
verdetto.
Per
tre generazioni dopo la fine della seconda guerra mondiale, l'America era stata
la suprema potenza economica e tecnologica del mondo, mentre il crollo
dell'Unione Sovietica trent'anni fa ci ha lasciato come l'unica superpotenza
rimasta, di fronte a nessun rivale militare concepibile.
La crescente sensazione che stessimo
rapidamente perdendo quella posizione incontrastata aveva certamente ispirato
la retorica anti-cinese di molte figure di alto livello dell'amministrazione
Trump, che hanno lanciato una grande guerra commerciale subito dopo essere
entrati in carica.
La
crescente miseria e l'impoverimento di ampi settori della popolazione americana
hanno naturalmente lasciato questi elettori alla ricerca di un comodo capro
espiatorio, e i prosperi cinesi in ascesa sono diventati un bersaglio perfetto.
Nonostante
il crescente conflitto economico dell'America con la Cina negli ultimi due
anni, non avevo mai considerato la possibilità che le cose potessero prendere
una piega militare.
I
cinesi avevano da tempo schierato missili avanzati a raggio intermedio che
molti credevano potessero facilmente affondare le nostre portaerei nella
regione, e avevano anche generalmente migliorato il loro deterrente militare
convenzionale.
Inoltre,
la Cina era in buoni rapporti con la Russia, che a sua volta era stata oggetto
di intensa ostilità americana per diversi anni;
e la nuova suite di rivoluzionari missili
ipersonici della Russia aveva drasticamente ridotto qualsiasi vantaggio
strategico americano.
Così,
una guerra convenzionale contro la Cina sembrava un'impresa assolutamente senza
speranza, mentre gli eccezionali uomini d'affari e ingegneri cinesi stavano
costantemente guadagnando terreno contro il sistema economico decadente e
pesantemente finanziarizzato dell'America.
In
queste difficili circostanze, un attacco americano di guerra biologica contro
la Cina avrebbe potuto sembrare l'unica carta rimasta da giocare nella speranza
di mantenere la supremazia americana.
La negazione plausibile ridurrebbe al minimo il
rischio di qualsiasi rappresaglia diretta cinese e, in caso di successo, il
terribile colpo inflitto all'economia cinese la farebbe arretrare per molti
anni, forse anche destabilizzando il suo sistema sociale e politico.
L'uso di media alternativi per promuovere
immediatamente teorie secondo cui l'epidemia di coronavirus era il risultato di
una fuga di notizie da un laboratorio di guerra biologica cinese era un mezzo
naturale per prevenire eventuali successive accuse cinesi su linee simili, consentendo
così all'America di vincere la guerra di propaganda internazionale prima ancora
che la Cina avesse iniziato a combattere.
Una
decisione da parte di elementi del nostro establishment della sicurezza
nazionale di condurre una guerra biologica nella speranza di mantenere il
potere mondiale americano sarebbe stato certamente un atto estremamente
sconsiderato, ma l'estrema incoscienza è diventata un aspetto regolare del
comportamento americano dal 2001, specialmente sotto l'amministrazione Trump.
Solo
un anno prima avevamo rapito la figlia del fondatore e presidente di Huawei,
che era anche CFO e classificato come uno dei massimi dirigenti cinesi, mentre
all'inizio di gennaio abbiamo improvvisamente assassinato il principale leader
militare iraniano.
Sotto
questa ricostruzione esplosiva, l'epidemia di malattia Covid che ha preso più di
milioni di vite americane è il risultato del contraccolpo di un fallito attacco
di guerra biologica americana contro la Cina (e l'Iran), un attacco effettuato
senza la conoscenza o l'approvazione del presidente Donald Trump.
Tutte
le prove convincenti a sostegno di questa controversa ipotesi sono state
facilmente disponibili nelle fonti dei media mainstream dall'inizio del 2020,
ma pochissime persone in tutto il mondo sono state disposte a riconoscerla o
menzionarla.
La mia
lunga serie di articoli ha presentato e analizzato tutto questo materiale e lo
ha anche collocato nel contesto della storia nascosta dei programmi di guerra
biologica di lunga data dell'America.
Questi
pezzi sono stati raccolti in un ebook scaricabile gratuitamente.
Sebbene
gli articoli contengano molte decine di migliaia di parole, alcune delle prove
più sorprendenti possono essere riassunte in pochi paragrafi per lo più
estratti dal mio articolo originale di aprile 2020.
Ad
esempio, nel 2017 Trump ha portato “Robert Kadlec”, che dal 1990 era stato uno
dei principali sostenitori della guerra biologica americana.
L'anno
successivo nel 2018 una misteriosa epidemia virale ha colpito l'industria
avicola cinese e nel 2019, un'altra misteriosa epidemia virale ha devastato
l'industria cinese della carne suina ...
Fin
dai primi giorni dell'amministrazione, i principali funzionari di Trump avevano
considerato la Cina come il più formidabile avversario geopolitico dell'America
e orchestrato una politica di confronto.
Quindi,
da gennaio ad agosto 2019, il dipartimento di “Kadlec” ha eseguito l'esercizio
di simulazione "Crimson Contagion", che coinvolge l'ipotetico focolaio di una pericolosa
malattia virale respiratoria in Cina, che alla fine si diffonde negli Stati
Uniti, con i partecipanti che si concentrano sulle misure necessarie per
controllarlo in questo paese.
Come uno dei maggiori esperti di guerra
biologica americani, “Kadlec” aveva sottolineato l'efficacia unica delle armi
biologiche già alla fine del 1990 e dobbiamo lodarlo per la sua considerevole
preveggenza nell'aver organizzato un importante esercizio di epidemia virale
nel 2019 che era così notevolmente simile a quello che in realtà è iniziato nel
mondo reale solo pochi mesi dopo.
Con i
principali funzionari di Trump molto innamorati della guerra biologica,
ferocemente ostili alla Cina e che eseguono simulazioni su larga scala del 2019
sulle conseguenze di una misteriosa epidemia virale in quel paese, sembra del
tutto irragionevole ignorare completamente la possibilità che tali piani
estremamente spericolati possano essere stati discussi privatamente e alla fine
implementati, anche se probabilmente senza l'autorizzazione presidenziale.
Ma con
le orribili conseguenze della nostra successiva inazione governativa che sono
ovvie, elementi all'interno delle nostre agenzie di intelligence hanno cercato
di dimostrare che non erano quelli addormentati all'interruttore.
All'inizio
di questo mese, una storia di “ABC News” ha citato quattro fonti governative
separate per rivelare che già alla fine di novembre, una speciale unità di
intelligence medica all'interno della nostra “Defense Intelligence Agency”
aveva prodotto un rapporto che avvertiva che un'epidemia di malattia fuori
controllo si stava verificando nell'area cinese di Wuhan e ampiamente
distribuito quel documento tra i vertici del nostro governo. avvertendo che
dovrebbero essere prese misure per proteggere le forze statunitensi di stanza
in Asia.
Dopo che la storia è andata in onda, un
portavoce del Pentagono ha ufficialmente negato l'esistenza di quel rapporto di
novembre, mentre vari altri funzionari governativi e di intelligence di alto
livello si sono rifiutati di commentare.
Ma
pochi giorni dopo, la televisione israeliana ha menzionato che a novembre
l'intelligence americana aveva effettivamente condiviso un tale rapporto
sull'epidemia della malattia di Wuhan con la NATO e gli alleati israeliani,
sembrando così confermare in modo indipendente la completa accuratezza della
storia originale di “ABC News” e delle sue diverse fonti governative.
Sembra
quindi che elementi della Defense Intelligence Agency fossero a conoscenza
dell'epidemia virale mortale a Wuhan più di un mese prima di qualsiasi
funzionario dello stesso governo cinese.
A meno
che le nostre agenzie di intelligence non abbiano aperto la strada alla
tecnologia della precognizione, penso che ciò possa essere accaduto per la
stessa ragione per cui i piromani hanno la prima conoscenza degli incendi
futuri.
Secondo
questi resoconti dei media mainstream di origine multipla, entro "la seconda
settimana di novembre" la nostra “Agenzia di intelligence della difesa”
stava già preparando un rapporto segreto che avvertiva di un'epidemia di
malattia "cataclismica" che si stava verificando a Wuhan.
Eppure,
a quel punto, probabilmente non più di un paio di dozzine di persone erano
state infettate in quella città di 11 milioni, con pochi di questi che avevano
ancora sintomi gravi.
Le implicazioni sono piuttosto ovvie. Inoltre:
Quando
il coronavirus ha iniziato gradualmente a diffondersi oltre i confini della
Cina, si è verificato un altro sviluppo che ha moltiplicato notevolmente i miei
sospetti.
La
maggior parte di questi primi casi si era verificata esattamente dove ci si
potrebbe aspettare, tra i paesi dell'Asia orientale confinanti con la Cina.
Ma
alla fine di febbraio l'Iran era diventato il secondo epicentro dell'epidemia
globale.
Ancora
più sorprendentemente, le sue élite politiche erano state particolarmente
colpite, con un pieno 10% dell'intero parlamento iraniano presto infettato e
almeno una dozzina di suoi funzionari e politici morti a causa della malattia,
compresi alcuni che erano piuttosto anziani.
In
effetti, gli attivisti neoconservatori su Twitter hanno iniziato a notare
allegramente che i loro odiati nemici iraniani stavano cadendo come mosche.
Consideriamo
le implicazioni di questi fatti.
In tutto il mondo le uniche élite politiche che hanno
ancora subito perdite umane significative sono state quelle dell'Iran, e sono
morte in una fase molto precoce, prima ancora che focolai significativi si
verificassero quasi in qualsiasi altra parte del mondo al di fuori della Cina.
Così, abbiamo l'America che assassina il
principale comandante militare iraniano il 2 gennaio e poi solo poche settimane
dopo gran parte delle élite dominanti iraniane sono state infettate da un nuovo
virus misterioso e mortale, con molti di loro che presto moriranno di
conseguenza.
Potrebbe un individuo razionale considerare
questo come una semplice coincidenza?
Gli
stessi iraniani erano ben consapevoli di questi fatti, e i loro principali
leader politici e militari hanno accusato pubblicamente l'America di un attacco
illegale di guerra biologica contro il loro paese e la Cina, con il loro ex
presidente che ha persino presentato una protesta ufficiale alle Nazioni Unite.
Ma
sebbene queste accuse esplosive siano state ampiamente riportate dalla stampa
iraniana, sono state completamente ignorate dai media americani in modo che
quasi nessun americano ne sia mai venuto a conoscenza.
La
rinascita della fabbrica,
l’America
torna in gioco.
Corriere.it
– (22-4-2023) - Federico Rampini – ci dice:
Per
sganciarsi dalla dipendenza cinese, Joe Biden rilancia la produzione
industriale: incentivi e politiche ad hoc hanno già creato 800mila posti di
lavoro.
La
rinascita della fabbrica, l’America torna in gioco.
L’Occidente
può riscoprirsi una vocazione industriale, perfino un «mestiere operaio», a
certe condizioni.
Ci
eravamo convinti del contrario.
L’esempio
americano costringe a un ripensamento, utile anche per l’Italia.
In due
anni gli Stati Uniti hanno riportato a casa ottocentomila posti di lavoro,
aprendo nuove fabbriche in attività che prima erano state delocalizzate, in
Cina o altrove.
Sembra
cominciato quel ritorno di attività manifatturiera reso auspicabile da pandemia
e guerra, che hanno rivelato la nostra vulnerabilità.
Molti
erano scettici perché l’America per tornare a «fabbricare cose» deve superare
problemi noti in Italia:
costi
alti, mancanza di manodopera, vincoli di natura ambientalista o burocratica. Di
fatto sta superando quegli ostacoli.
L’industria Usa si è rimessa a fare una cosa
che sembrava appartenere al passato: aprire nuove fabbriche sul proprio
territorio.
Ritorno
in fabbrica.
Il
WALL Street Journal in una recente inchiesta annunciava «America Is Back in the Factory
Business»,
cioè l’America è di ritorno nel mestiere di fabbrica.
I dati
del censimento indicano che nel solo 2022 sono stati investiti 108 miliardi di
dollari nella costruzione di nuovi stabilimenti produttivi, molto più di quanto
è stato speso per costruire uffici.
I numeri vanno messi nella giusta prospettiva.
Ottocentomila nuovi assunti in un biennio,
ri-localizzando attività dai paesi emergenti, sono tanti ma non tantissimi,
visto che in un solo mese (marzo) il mercato del lavoro Usa ha generato 236.000
assunzioni.
Un altro punto di riferimento è il totale
degli occupati nell’industria: 13 milioni.
Non si ribalta in poco tempo un flusso di
delocalizzazioni che durava da trent’anni.
Dopo gli accordi Nafta degli anni Novanta che
avevano creato il mercato unico con Canada e Messico, dopo l’ingresso della
Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio (2001), lo smantellamento di
attività manifatturiere aveva eliminato dai sei ai dieci milioni di posti di
lavoro operai in America, secondo le stime più diffuse.
Il
rilancio della produzione industriale.
La
globalizzazione.
Quell’età
aurea della globalizzazione si è infranta negli shock del Covid e della guerra
di Putin.
Abbiamo scoperto i costi di una dipendenza
eccessiva da fornitori lontani.
Dai lockdown alle sanzioni, gli ostacoli
recenti al flusso globale delle merci ci hanno allarmato.
Sparpagliare
su più continenti produzioni essenziali ha ridotto i costi ma ci ha reso
fragili: come consumatori, pazienti, cittadini.
Le auto non arrivano più dai concessionari
senza i semiconduttori da Taiwan o dalla Corea.
Certi
medicinali scarseggiano se mancano principi attivi prodotti in Cina.
I
materiali indispensabili per le tecnologie verdi (batterie per auto elettriche,
pannelli solari) sono appesi a catene di fornitori che vanno dalla Bolivia al
Congo, con un passaggio finale (la trasformazione) nella solita Cina.
Gli
ottocentomila posti «tornati a casa» in America non sono un numero enorme però
possono segnalare un’inversione di tendenza, l’inizio di una fase nuova,
all’insegna dell’autodifesa.
Resta
molto da fare.
Non appena la Cina ha decretato la fine della
pandemia le sue esportazioni hanno ripreso a galoppare.
È segno che siamo ancora dipendenti.
Però
l’esperienza degli Stati Uniti indica che la dipendenza può cominciare ad
attenuarsi, in quei settori giudicati prioritari per la sicurezza nazionale o
per il futuro assetto dell’energia.
Circa
la metà delle nuove fabbriche che sono state costruite in America nel biennio,
si concentrano in due settori soltanto: i semiconduttori e le batterie
elettriche.
Possiamo continuare a importare tanto «made in China»,
purché non consegniamo a Xi Jinping le chiavi del nostro futuro energetico e
tecnologico.
Né
basta spostare produzioni verso Paesi emergenti più affidabili come India,
Vietnam, Bangladesh.
L’Italia
può aspirare ad attrarre investimenti per le ri-localizzazioni, e in effetti
molte imprese italiane ci stanno pensando, come rivela un’indagine di Lorenzo
Tavazzi per Ambrosetti-Promos.
Gli
ostacoli sono noti.
I
costi più elevati a cominciare dal lavoro.
La
mancanza di manodopera con vocazione e formazione operaia o
tecnico-ingegneristica.
La burocrazia, che la Cina comunista alleggerì
fin dagli anni Ottanta con la proliferazione delle «zone economiche speciali»
dove ogni procedura è semplificata.
Il pragmatismo.
Il
caso americano indica che il pragmatismo aiuta, se non proprio a eliminare,
quantomeno ad attenuare quegli ostacoli.
Sul
fronte dei costi, il lavoro operaio è ancora più caro in America che in Italia.
Però si può guadagnare competitività con l’automazione e si possono compensare
i costi con i sussidi pubblici.
L’Amministrazione Biden dà l’esempio con due
leggi varate nel biennio, “l’Inflation Reduction Act” che eroga aiuti di Stato
per le tecnologie sostenibili (370 miliardi di dollari).
Altri
280 miliardi di dollari sono nella manovra a favore di ricerca e innovazione;
di cui
52 miliardi riservati ai semiconduttori nel “Chips Act”.
In un
certo senso Washington «copia Pechino», dopo decenni in cui l’industria cinese
ha fatto terra bruciata in casa nostra con la concorrenza sleale sostenuta dai
suoi aiuti di Stato.
L’Unione europea prima ha esitato a inseguire Xi
Jinping e Biden su questo terreno, di recente sembra più flessibile.
Purtroppo
la Germania ha ben più risorse di noi da destinare a questo genere di politica
industriale.
Però i
soldi del Pnrr se ben spesi aiuterebbero anche l’Italia.
In
quanto alla penuria di manodopera operaia, anche qui è visibile il pragmatismo
americano.
Biden
è «trumpiano» contro gli ingressi illegali, ma ha riaperto i canali
dell’immigrazione legale chiesta dalle imprese (sette milioni di permessi di
lavoro nel 2022).
Inoltre non è del tutto vero che gli americani
non vogliono più lavorare nell’industria: a certe condizioni lo fanno.
È istruttivo scoprire che nel dopo-pandemia, e
con le frontiere semi-chiuse all’immigrazione, il tasso di disoccupazione della
componente «black» è sceso ai minimi storici, ormai vicino a quello dei
bianchi.
Il dato va affiancato a quello sui forti
aumenti salariali per le mansioni operaie.
Se
pagate bene, le vocazioni manifatturiere rinascono.
La
burocrazia.
Sui
costi dell’energia Biden mescola ambientalismo e realismo:
le
energie fossili non possono essere abbandonate di colpo, se non si vuole
penalizzare la competitività e uccidere lo sviluppo.
In quanto alla semplificazione burocratica, come
rispondere al proliferare di «zone economiche speciali» che dalla Cina ad altri
Paesi emergenti offrono sportelli unici, corsie preferenziali, procedure veloci
e semplificate, sconti fiscali?
L’America
ha una forma estrema di federalismo, per cui a volte è lo stesso governatore di
uno Stato a offrire direttamente facilitazioni e incentivi in aggiunta a quelli
federali, per attirare multinazionali come Tsmc (taiwanese), Samsung e Lg
(sudcoreane) a costruire fabbriche sul suo territorio.
Si può obiettare che questa è una nuova
concorrenza al ribasso, in cui gli Stati, le regioni, perfino le città, fanno a
gara nel ridurre gli oneri sulle imprese.
La
risposta a questa obiezione non si limita a constatare che «così fan tutti».
Va
aggiunto che la pretesa occidentale di esportare regole, di raddrizzare tutti i
torti del mondo a colpi di imposizioni e controlli, tasse e balzelli, non ha
dato risultati spettacolari.
La rinascita del made in Usa, per quanto allo
stadio iniziale, dimostra che buon senso e moderazione potrebbero tornare di
moda.
Il
lavoro nelle nostre mani.
Nelcuoredelpaese.it
– Redazione -Cristina Maccarone – (10 – 02 – 2023) – ci dice:
La
storia degli operai e soci “Raviplast”.
Un'azienda
in crisi, quattro anni di incertezza, la paura di rimanere a casa senza
stipendio: come può un gruppo di operai salvare il proprio lavoro?
Eravamo
riuniti in assemblea, informati del progetto di ricomprare l’azienda.
Era
impossibile non accorgersi che sarebbe stato un impegno a tempo pieno: eppure
nessuno si è tirato indietro.
Diventare
imprenditori dopo essere stati dipendenti è un salto che richiede coraggio.
Ma la
scelta di investire i nostri risparmi in una cooperativa per rilevare la fabbrica
ci faceva meno paura di perdere il lavoro.
Quattro
anni d’incertezza.
Dopo
30 anni di lavoro nella Pansac ho visto la crescita e il declino di questa
azienda una volta leader nel settore di imballaggi plastici.
Nel
2010 infatti cominciano le difficoltà economiche:
il
lavoro non manca, ma la Pansac entra in crisi finanziaria a causa della cattiva
gestione del proprietario.
Iniziano quattro anni duri, anni di incertezza
per chi di noi aveva bambini, famiglia, un mutuo per la casa da pagare.
Durante
gli anni di amministrazione straordinaria e di cassa integrazione abbiamo
vissuto con la paura della chiusura imminente.
Non riuscivamo a trovare compratori, e messi
alle strette abbiamo realizzato che per salvare il posto di lavoro dovevamo
prendere in mano la situazione.
Allora abbiamo deciso costituire la “Raviplast”,
società cooperativa, per rilevare la “Pansac”.
La
rinascita della fabbrica.
Con
l’aiuto delle tre centrali cooperative provinciali (Confcooperative, Legacoop e
Agci) abbiamo avviato l’analisi di fattibilità per creare un’azienda solida dal
punto di vista finanziario.
Siamo
stati noi lavoratori con le nostre indennità a costruire il capitale sociale, a
cui si sono aggiunti i fondi di sviluppo delle centrali cooperative e i
finanziamenti delle banche, tra cui la BCC Ravennate e Imolese.
"Diventare
cooperativa per salvare il lavoro è un impegno a tempo pieno. Ma nessun operaio
si è tirato indietro".
Dare
vita alla cooperativa significa che adesso decisioni come comprare un nuovo
macchinario o organizzare i turni di lavoro non vengono dall’alto: si prendono
assieme.
Ma è
anche una scommessa nelle capacità di ogni lavoratore di impegnarsi più di
prima – siamo noi ad essere responsabili dei successi o insuccessi
dell’azienda.
Ho
lavorato per 30 anni qui, ho pensato spesso che se l’azienda fosse stata mia,
mi sarei comportato in modo diverso in molte circostanze.
Adesso che l’azienda è in parte anche mia, è
l’occasione per mettere in pratica le nostre ambizioni e le nostre idee.
I
primi risultati sono incoraggianti e guardiamo con speranza al futuro. Con il
lavoro nelle nostre mani, è la nostra occasione per dimostrare di cosa siamo
capaci.
Smart working e coworking per migliorare il welfare aziendale.
(Cristina
Maccarrone).
Andare
oltre il telelavoro per far stare meglio i dipendenti, ma anche attrarre
talenti e cambiare la cultura:
sono
solo alcuni dei motivi per cui le imprese scelgono il lavoro agile, che spesso
trova un’ottima soluzione nel coworking.
Per
qualcuno, fino a una manciata di anni fa, erano solo una moda passeggera.
E invece smart working e coworking sono entrati nel vocabolario di
tutti, anche di chi in effetti non li ha mai provati direttamente, che dimostra
che non sono delle tendenze, ma dei veri e propri, per dirla all’inglese, “state of mind”, ossia degli stati mentali o,
meglio ancora, dei modi di essere.
Vediamo
in che modo hanno cambiato il mondo del lavoro, non solo lato dipendente, ma
anche lato imprese e come far sì che siano davvero uno strumento di welfare e
non soltanto un investimento fine a sé stesso.
Smart
working in crescita tra le grandi imprese, meno tra le PMI.
I
numeri parlano chiaro: secondo l’Osservatorio Smart Working della School of
Management del Politecnico di Milano, i cui dati risalgono all’ottobre del
2019, gli smart worker, che godono di flessibilità e autonomia nella scelta di
orari e posto dove lavorare, sono 570 mila, +20% rispetto al 2018.
E sono anche mediamente soddisfatti, più di
chi svolge il lavoro in modalità “tradizionale”, ossia andando in ufficio ogni
giorno.
Il 76% è contento della sua professione,
contro il 55% di altri dipendenti e uno su tre si sente pienamente coinvolto
nella realtà in cui opera, contro il 21% degli altri colleghi.
Non
solo lavoratori soddisfatti, nel 2019 anche le grandi imprese che hanno
attivato progetti di smart working sono cresciute del 2%, passando dal 56% del
2018, al 58% di adesso.
Oltre a queste, vanno considerate altre
percentuali importanti, oseremmo dire quasi “culturali”.
Il 7% delle imprese non ha ancora attuato lo
smart working, ma ha avviato iniziative informali e c’è un 5% che prevede di
farlo nell’anno che verrà.
Certo, se siete bravi in matematica, vi sarete
accorti che manca un pezzo: ossia il restante 30%.
Di
questi, il 22% parla di una generica introduzione futura, di cui l’8% non sa se
lo farà mai, o comunque non è particolarmente interessato.
E cosa
succede alle PMI?
Per
loro il segno è positivo quanto ai progetti strutturati, passati dall’8% al
12%, mentre quelli informali dal 16 al 18%, ma continuano ad esserci molte
imprese disinteressate al tema, probabilmente per una questione culturale e non
solo di mezzi.
I
benefici e le criticità dello smart working.
I
benefici poi, sono tutt’altro che trascurabili.
Come
viene fuori sempre dalla ricerca – condotta su un campione di 1000 persone tra
cui impiegati, quadri e dirigenti di organizzazioni con almeno 10 dipendenti –
questi sono i principali vantaggi:
miglioramento
dell’equilibrio tra vita professionale e privata (46%);
aumento
della motivazione e del coinvolgimento dei lavoratori (35%);
soddisfazione
lavorativa (32%).
Ci
sono però delle criticità:
secondo
i manager intervistati, tra queste c’è la difficoltà nel gestire le urgenze,
come asserisce il 34%, nell’utilizzare le tecnologie (32%) e nel pianificare le
attività (26%).
Se
ancora state facendo i conti, sappiate che il restante 46% dei manager non
riscontra invece nessun problema.
"Le
aziende vogliono aumentare l’engagement e l’attrazione verso i talenti".
Diverso
è il modo di intendere lo smart working dai principali protagonisti, ossia gli
smart worker:
per
loro la prima criticità è l’isolamento, come dice il 35%, seguito dalle
distrazioni esterne (21%) e tra gli ultimi posti i problemi di comunicazione,
collaborazione virtuale e le barriere tecnologiche: 11% in entrambi i casi.
Queste
criticità possono essere ancora più comprensibili se si guarda ai motivi per
cui grandi aziende e PMI decidono di puntare parte del welfare aziendale sullo
smart working.
Tra
questi, oltre al miglioramento del work life balance, c’è la voglia di
aumentare l’engagement e l’attrazione verso i cosiddetti talenti così come il
portare dentro una cultura diversa che si basi sul raggiungimento degli
obiettivi.
Le piccole medie imprese, d’altro canto,
mirano al miglioramento del benessere organizzativo e dei processi aziendali.
Inoltre,
per quanto riguarda le grandi aziende, sempre stando all’”Osservatorio Smart
Working”, il 50% dei progetti va verso il lavoro da remoto, mentre il resto
verso un modello più completo, che prevede anche il ripensamento degli ambienti
in ottica di “ufficio smart”.
Occorre
però fare una riflessione che va oltre i numeri.
Lo
smart working: oltre il telelavoro.
Lo
smart working, o lavoro agile, in Italia è abbastanza recente: a introdurlo, o meglio a regolarlo,
è stata la Legge n.81 del 22 maggio 2017, detta Legge sul Lavoro Agile, in cui sono stati chiariti diversi
punti rispetto a un passato piuttosto nebuloso.
Smart
working e telelavoro non sono infatti sinonimi.
Il telelavoro è una forma contrattuale in cui
l’azienda deve far sì che vengano rispettate alcune regole abbastanza fisse
riguardo a orari, luoghi e strumenti tecnologici stabiliti a priori e dopo vari
controlli e che rispettano l’assetto dell’organizzazione.
"Il
lavoratore decide da sé modalità e tempi purché rispetti gli obiettivi".
Il
lavoro agile, lo dice la parola stessa, basa tutto sull’agilità del lavoratore.
È
frutto di un accordo tra azienda e lavoratore in cui si punta su flessibilità e
autonomia.
Il
lavoratore decide da sé modalità e tempi, purché ovviamente rispetti gli
obiettivi.
Ecco
perché per far sì che lo smart working funzioni, non basta pensare solo alla
flessibilità accennata: concorrono gli “strumenti digital” sì, ma anche e soprattutto le competenze e una
cultura completamente diversa.
Bisogna
poi coinvolgere tutti: se si decide di attuare lo smart working e in giorni
fissi alla settimana, l’accordo non deve essere solo il risultato del dialogo
tra management e lavoratore.
Bisogna
coinvolgere tutti i responsabili a vari livelli che devono cambiare modalità di
gestione delle riunioni, così come pensare a nuove tecnologie per comunicare lo
stato di avanzamento dei progetti (tool come Trello o Jira, tipico del mondo
informatico ma anche creati ad hoc) e altre informazioni essenziali.
Questo
riguarda anche i colleghi che devono sapere in che modo interfacciarsi con il
lavoratore quando è da remoto e capire che l’impegno di tutti deve basarsi sui
risultati e non su orari e presenza in ufficio.
Il cambiamento pertanto è fortemente culturale
e investe tutti:
bisogna
migliorare i processi responsabilizzando le persone e facendo sì che ognuna di
loro non si senta tanto un “dipendente”, quanto un manager (nel senso di
“gestore”) per il suo pezzetto di lavoro.
Chi si
sente responsabilizzato infatti tende a dare il massimo, indipendentemente da
dove stia lavorando.
Molte
sono le aziende che negli ultimi anni hanno attuato con successo lo smart
working, come “Axa”, che 2 anni fa ha vinto lo “Smart Working Award”.
Nella
nota azienda di assicurazioni, il dipendente può, a scelta, sottoscrivere un
accordo individuale per gestire in autonomia il proprio tempo, sia con
collaboratori, che con clienti.
Lo fa
ovviamente collaborando con il management, con cui si stabiliscono i giorni
della settimana per il lavoro da remoto.
Oltre
a questo, “Axa” ha deciso di modificare gli ambienti di lavoro: niente più
postazioni fisse, ma posti in cui si può lavorare insieme.
L’azienda
ha creato anche delle sale individuali in cui i dipendenti possono riposarsi,
cercare un attimo di relax per riorganizzare le idee prima di una riunione
importante.
Anche
le “BCC” da tempo si stanno indirizzando verso lo smart working, fra le tante
sul territorio, citiamo per esempio la BCC ravennate, forlivese e imolese che
da più di un anno ha recepito la legislazione sul lavoro agile per migliorare
il welfare delle loro persone.
I dipendenti, in accordo con l’azienda,
possono infatti lavorare in una sede diversa da quella assegnata
originariamente, riducendo i tempi degli spostamenti, anche in ottica di
rispetto per l’ambiente.
Questo,
specie per chi lavora parecchio lontano da casa, può essere un punto a favore:
evitare code, traffico, o uscire con il gelo invernale.
Inoltre, predispone in maniera positiva chi,
invece di perdere tanto tempo e stressarsi, può iniziare e concludere la
giornata lavorativa in maggior relax.
Co-working.
Il
coworking sempre più cruciale per lo smart working.
Se
l’isolamento è uno dei problemi del lavoro agile, i coworking sono un ottimo modo
per superarlo.
Spesso
visti come spazi condivisi solo per freelance, possono essere una soluzione
anche per le aziende e in molte da tempo l’hanno capito.
Prevedere
di affittare una scrivania in un coworking, magari non di grandi dimensioni e
in cui ci sono altri liberi professionisti, vuol dire pensare a fare star
meglio il proprio lavoratore.
Per
tanti motivi.
Non
solo perché lavora in spazi spesso di design, o comunque progettati per
favorire l’incontro, ma pure perché trae continuamente linfa dalle persone
vicine, anche dal punto di vista professionale.
Lavorare
in un coworking, per un dipendente di un’azienda che non è in sede o che ha
scelto lo smart working per varie ragioni (figli, parenti malati, distanza
eccessiva dalla sede, ecc.), vuol dire venire a contatto con persone che fanno
cose diverse ed essere sempre aggiornato.
Conoscere sì gente, ma anche prospettive,
idee, azioni, essere al corrente magari di quello che succede in determinati
settori, o riuscire a vedere al di là del proprio.
"Lavorare
in un coworking vuol dire venire a contatto con persone che fanno cose diverse
ed essere sempre aggiornato".
Vuol
dire poi sperimentare la collaborazione a tutto tondo, cosa che a volte non c’è
tra i colleghi.
Nel
coworking, specie in quelli piccoli come sono per esempio i coworking della “Rete
Cowo” (più di 100 tra Italia e Svizzera), le occasioni per conoscersi meglio
sono tante e non ci sono né l’acredine, né l’invidia che si prova tra i
colleghi: quando si ha un problema, è molto più facile alzare la testa,
chiedere al vicino di scrivania o raccontarlo durante la pausa pranzo – spesso
insieme – per trovare una soluzione. Inoltre, nel coworking, sempre nel
rispetto delle norme aziendali, un dipendente può sentirsi più autonomo e allo stesso
tempo più responsabile di quello che sta facendo.
E c’è
un altro vantaggio che riguarda il dress code:
niente
giacca e cravatta, ma largo a jeans e sneakers se non si deve incontrare
nessuno o non sono previste “videocall” di un certo tipo.
Se in
qualche modo anche l’abbigliamento può influenzare l’umore e a cascata il modo
di lavorare, lo smart working può dare un’ulteriore possibilità al dipendente:
quello di essere sé stesso, senza dover rispettare per forza delle regole con
cui magari proprio quel giorno non si sente a suo agio.
Raggiungere
gli obiettivi in modalità smart, vuol dire anche questo.
Servizi green in azienda in ottica welfare.
(di
Cristina Maccarrone).
Dalla
concierge ai poliambulatori aziendali ecco le iniziative verdi di welfare
aziendale.
Non
solo smart working, corsi di formazione, bonus vari, la differenza possono
farla anche vari servizi green.
Dalla
lavanderia alla concierge aziende, ecco in cosa consistono e i vantaggi che
apportano a imprese e lavoratori.
Dici
welfare aziendale e il primo pensiero, nella mentalità comune, va alla
possibilità di entrare e uscire dal lavoro un’ora dopo, allo smart working, ai
corsi di formazione, alla partecipazione a eventi vari.
Tutti
aspetti, a dire il vero, molto importanti quando si tratta del benessere dei
dipendenti all’interno di un’azienda, ma che sono solo una piccola parte di
quello che, in un mondo del lavoro in continua evoluzione, può essere fatto per
far sentire i lavoratori a loro agio e migliorare qualitativamente la loro
vita.
C’è
infatti tutta una serie di servizi che possiamo definire anche “verdi”, i quali
possono incidere sulla gestione del tempo, sulle incombenze quotidiane e anche
sul modo di vivere la propria giornata senza correre a destra a manca.
Dalla
lavanderia aziendale alla concierge, passando per Banche del Tempo e mercati a
km zero, per continuare con bici elettriche e poliambulatori in azienda, ecco
alcuni benefit originali e al passo con i tempi, alla riscoperta di un
benessere che non è incentivabile solo con aumenti in busta paga, premi di
produzione, ecc., ma con una serie di accorgimenti che strizzano l’occhio
all’ambiente e allo stesso tempo permettono di raggiungere un vero” work life
balance”.
Vediamo
di seguito in cosa consistono e quali vantaggi danno, lato dipendente e lato
azienda.
Maggiordomo aziendale: il tuttofare che migliora la vita.
Chiamatelo
maggiordomo aziendale all’italiana o concierge alla francese, comunque sia si
tratta di una figura nuova che nelle aziende sta diventando sempre più
cruciale, in un certo senso equiparabile al tuttofare degli alberghi.
Si
occupa infatti di tutte quelle piccole grandi incombenze quotidiane che possono
incidere sulla giornata lavorativa di dipendenti e manager.
Quante
volte avete dovuto scrivere quella relazione di fretta e furia per andare in
posta prima che chiudesse o bruciarvi tutta la pausa pranzo per pagare la tassa
dei rifiuti?
E quante volte, come responsabili di team o
manager, vi è capitato che un vostro collaboratore vi chiedesse di anticipare
l’inizio di una riunione o di uscire qualche minuto prima per ritirare delle
analisi o per andare dal medico prima che terminasse l’orario delle visite?
Tutte
commissioni che il maggiordomo aziendale può sbrigare per conto dei dipendenti:
pagare
le bollette, occuparsi del ritiro della biancheria in lavanderia o del vestito
da usare nella riunione del giorno dopo, portare a termine alcune pratiche
burocratiche, ritirare una raccomandata, dei farmaci, delle analisi e tanto
altro ancora.
"Il tuttofare si occupa in azienda di
tutte quelle piccole grandi incombenze quotidiane che possono incidere sulla giornata
lavorativa di dipendenti e manager".
Un
tuttofare che prende nota delle commissioni per conto dei dipendenti e le porta
a compimento entro un tempo prestabilito.
Meno
preoccupazioni per i lavoratori, più tempo da dedicare al lavoro in serenità e soprattutto
anche la possibilità di dare una mano all’ambiente.
Un’unica
persona – con staff al seguito in caso sia necessario – è sicuramente più green
di un dipendente che si ritrova a prendere l’auto più volte al giorno e a
doversi sbrigare per tornare in tempo.
Per
l’azienda i vantaggi sono diversi:
può dedurre le spese e allo stesso limitare
l’assenteismo, ha dei dipendenti più soddisfatti e più “coccolati” e in ottica
di “employer branding”, quello del maggiordomo aziendale, è un benefit cui possono aspirare
diversi talenti e può fare la differenza quando il lavoratore sta vagliando la
proposta fatta dall’azienda.
È un
plus anche per chi in azienda c’è già e può decidere, grazie a un servizio del
genere, di non cambiare lavoro o di pensarci due volte prima di mettersi a
cercare.
Lato
dipendente:
migliora
sicuramente l’equilibrio lavoro-vita privata, si ha più tempo per sé stessi e
si fanno meno code magari durante le pause pranzo, si ha la possibilità di
usufruire di permessi o giorni di ferie per attività più gradevoli del dover
pagare le bollette o passare le ore dal medico.
Inoltre si ha la sensazione di stare
nell’“azienda giusta”.
La
concierge può essere un dipendente interno o venire da “fuori”.
A
offrire tali servizi sono infatti diverse società di welfare management così
come c’è anche chi svolge tali incombenze come libero professionista.
Quanto
ai costi, possono essere assorbiti dall’azienda stessa o essere a carico dei
dipendenti, ma comunque irrisori.
Alla “Bosch”
di Bari, per esempio, il factotum e il suo team, come racconta un articolo di
Repubblica, sono a disposizione dei dipendenti 2 giorni a settimana con costi
che vanno da 1,50 centesimi per stirare una camicia a 3 euro per ritirare
farmaci, pagare multe e bollette.
Lavanderie
aziendali.
Il
bucato? Si fa in azienda.
Certo,
il concierge aziendale è l’optimum, ma piccole e medie imprese che non possono
permettersi una spesa simile possono virare sulle cosiddette “lavanderie
aziendali”.
Si
tratta di un servizio di lavanderia interna con raccolta e riconsegna
direttamente nella sede dell’impresa o attraverso convenzioni con centri
diffusi sul territorio. Lodevoli iniziative green che favoriscono l’ambiente e
danno una mano ai dipendenti, in particolare donne, ma non solo.
La
Banca del Tempo: quando lo scambio è reciproco.
E per
chi invece avesse del tempo a disposizione da dedicare agli altri e volesse
allo stesso tempo imparare cose nuove?
La risposta sono le Banche del Tempo.
Nate
come occasioni di volontariato tra privati cittadini, possono diventare parte
del welfare di un’azienda e dare anche una mano all’ambiente oltre a promuovere
la solidarietà e la collaborazione.
Come
funziona la Banca del Tempo all’interno di un’impresa?
Viene
allestita una piattaforma ad hoc o si usa la Intranet aziendale per dare la
possibilità ai vari dipendenti di dire quali servizi possono mettere a
disposizione, in quali giorni e orari e cosa piacerebbe loro ricevere in
cambio.
La
piattaforma infatti permette di fare “matching” tra chi offre per esempio
lezioni di chitarra con chi, in cambio di queste, potrebbe curare piante e
giardini o tra chi lavorando part-time si rende disponibile a prendere i figli
degli altri all’asilo e in cambio chiede lezioni di inglese o su come si usa
PowerPoint.
"Dare
la possibilità ai dipendenti di dire quali servizi possono mettere a
disposizione e cosa piacerebbe loro ricevere in cambio".
Oltre
a Banche del tempo di questo genere, esiste anche la banca solidale in cui si
effettuano donazioni sì, ma senza per forza ricevere nulla in cambio.
In
questo caso non si tratta di attività o competenze, ma di “puro” tempo: giorni
di ferie, permessi, ecc.
Una
soluzione di welfare che di recente è stata adottata anche dal Contratto
nazionale di lavoro del Credito Cooperativo prevede che i dipendenti possano
donare in modo volontario e a titolo gratuito ore che vengono da permessi ex
art. 118, banca delle ore, permessi ex festività, ferie, ma solo per la parte
eccedente il minimo di legge.
Anche
i dirigenti possono partecipare donando permessi ex festività, maturati e non
goduti e ferie, sempre per la parte eccedente il minimo di legge.
Nelle
Banche di Credito Cooperativo, previsto dal CCNL Federcasse per l’anno 2019,
una giornata di permesso ex festività, o di permesso ex art. 118, può essere
fruita per svolgere attività di volontariato sociale, civile, o ambientale,
oppure donata alla Banca del Tempo solidale.
Spesa
aziendale.
La
spesa? Si fa direttamente in azienda.
Un
servizio non ancora particolarmente diffuso, ma destinato a espandersi è la
possibilità di fare la spesa direttamente in azienda.
Ci
sono imprese che organizzano mercatini settimanali o mensili per agevolare i
dipendenti ed evitare loro di dovere, una volta concluso l’orario di lavoro,
correre per mettere in tavola la cena.
Tali
iniziative sono di varia natura: aziende che hanno grandi spazi possono
organizzarsi con Gruppi di acquisto solidali o direttamente con rivenditori e
fornitori per dare loro la possibilità di commercializzare prodotti con una
certa periodicità.
Così come
ci sono aziende che mettono a disposizione dei dipendenti delle aree specifiche
per depositare la merce che comprano online (in mercati come Cortilia o Zolle
che invece opera a Roma e dintorni).
Una
spesa green, con attenzione anche alla qualità dei prodotti e che fa sì che i
dipendenti impieghino al meglio il loro tempo libero e possano tornare prima
possibile dalla famiglia.
Poliambulatori
aziendali e bici elettriche.
Sempre
in ottica green e di sostegno all’equilibrio tra vita privata e lavoro sono i
poliambulatori allestiti all’interno dell’azienda con medici, infermieri e
tutto il personale occorrente per fare prelievi, analisi di vario tipo e
controlli di routine.
Lo fa per esempio “BASF Italia” nel suo sito
di Pontecchio Marconi, in provincia di Bologna, per evitare che i dipendenti
debbano assentarsi di continuo, guidare per ore o restare imbottigliati nel
traffico e per incentivare anche la tendenza a farsi dei controlli più
periodici.
Strizzano
sempre l’occhio all’ambiente, ma in modalità diversa le bici elettriche che le
aziende possono mettere a disposizione dei propri dipendenti o addirittura
regalare.
Come
ha fatto per esempio la società di traduzioni” Logos di Modena” che, nel 2017,
ne ha donate ben 100.
O la “Sesaab”,
azienda editoriale de” L’Eco di Bergamo” e di 2 tv locali, che ne ha regalate
10 agli altrettanti dipendenti.
Tutte
azioni di “welfare green” che, parafrasando lo scrittore peruviano Sergio
Bambarén, dimostrano che “ogni azienda ha il potere di fare del mondo un posto
migliore”.
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