IL TRADIMENTO DELLA SINISTRA.

 

IL TRADIMENTO DELLA SINISTRA.

 

 

La Sinistra e il popolo tradito.

 Laterza.it - Carlo Crosato “legge” Luciano Canfora – (10 marzo 2022) – ci dice:

 

«Perché i concetti di “popolo” e “sovranità” fondanti della Costituzione si sono trasformati in concetti denigratori?», si chiede Luciano Canfora.

L’autore del pamphlet “La democrazia dei signori” analizza l’attuale periodo storico, dall’avvento di Draghi al ruolo geopolitico dell’Europa.

«Abbiamo sotto i nostri occhi un fenomeno macroscopico – afferma Luciano Canfora - la denigrazione del popolo, un disdegno per di più riservato al popolo da parte della Sinistra – o ci ciò che ne resta –, la quale usa la parola “populismo” come accusa contro i propri avversari, rei di amoreggiare con il popolo».

Questo il punto di partenza del suo ultimo libro, pubblicato da Laterza, “La democrazia dei signori”:

 un pamphlet puntuto, in cui la più stringente attualità è posta sotto una lente critica spietata.

 «È evidente che la democrazia che hanno in mente le élite dominanti è una democrazia di persone che si distaccano dal popolo e si considerano superiori a esso».

Non solo “populismo”. Spesso si muove anche l’accusa di sovranismo.

L’ordinamento costituzionale italiano si fonda, fin dal suo primo articolo, sul concetto che la sovranità appartiene al popolo:

 com’è potuto accadere che i concetti di “popolo” e “sovranità” presenti nell’articolo fondante della Costituzione italiana si siano trasformati in concetti denigratori?

Oltre alla separazione fra popolo ed élite, c’è un altro elemento:

la ex-Sinistra non ha più alcuna idealità connessa alla sua origine di movimento dei lavoratori.

 L’ex-Sinistra ha in testa un’unica idea:

l’europeismo, ossia la delega di gran parte del potere decisionale a organismi per nulla elettivi e soprattutto separati, lontani e onnipotenti.

 A partire da tale delega, la sovranità è divenuta un ingombro e chi si richiama a essa è considerato un avversario.

La Destra italiana, con le sue idee ripugnanti, ha buon gioco a richiamarsi alla sovranità e a reclamare il tradimento del popolo da parte della ex-Sinistra.

Chiedendo la fiducia al Senato, Draghi ha affermato: «Nelle aree definite dalla debolezza degli Stati nazionali, essi cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa».

Questa della sovranità condivisa non è un’espressione ossimorica?

È un gioco di parole che nasconde un’evidenza ormai consolidata: le leve del potere sono altrove;

i Parlamenti nazionali contano poco o nulla potendo solo ratificare e non legiferare;

i governi legiferano ma, di fatto, sono rinchiusi nella gabbia d’acciaio dei regolamenti europei.

Se questo scenario venisse ammesso in maniera esplicita, susciterebbe sconcerto. Con questa espressione fumosa, “sovranità condivisa”, si può far accettare una dura realtà, che probabilmente si sclerotizzerà fino a produrre ordinamenti nuovi, i quali sostituiranno completamente quelli vigenti.

All’origine della “democrazia dei signori”, lei colloca le pressioni che l’Ue opera sui propri Paesi membri.

L’Italia, essendo membro fondatore, non può essere maltrattata come la Grecia:

serve un autorevole intervento dall’interno e da molto in alto.

Lei cita, come complice dell’istituzione della “democrazia dei signori”, la presidenza della Repubblica, nei casi Monti e Draghi.

I due presidenti, fra loro molto diversi come storia personale, cultura, provenienza politica, che si sono susseguiti nell’ultimo quindicennio, Napolitano e Mattarella, si sono trovati sotto una forte pressione alla quale hanno prestato assenso.

 Quando fu cacciato Berlusconi, reso pressoché indifendibile dai suoi errori, l’azione fu viziata dalla nota lettera di Draghi e Trichet.

 Monti fu nominato senatore a vita e, dopo poche ore, gli fu affidato il compito di comporre un governo.

 Napolitano ordinò a Bersani, allora segretario del Pd, di sostenere il governo Monti assieme all’avversario Forza Italia.

Nacque un governo che, a ben vedere, fu la causa della fioritura del Movimento 5 Stelle, il quale catalizzò lo scontento di tutti coloro che erano rimasti sconcertati da queste manovre di palazzo.

Conosciamo la storia successiva:

 le elezioni del 2018, il risultato apparentemente inconciliabile di tre blocchi che si equivalevano come peso elettorale.

 Poi i governi Conte e, infine, nel gennaio 2021, l’appello con il quale il presidente Mattarella superava i poteri e lo stile riservati al capo dello Stato.

 Se si legge l’articolo della Costituzione, che elenca i poteri e le prerogative della presidenza della Repubblica, quello di rivolgere un appello ai partiti perché formano un governo secondo i suoi desiderata non si trova.

Giuseppe Conte era riuscito a ottenere un cospicuo aiuto economico dall’Europa, i famosi 209 miliardi di euro.

Dall’Europa, però, non ci si fidava di un governo come quello allora vigente:

si ritenne doveroso avere come gestore di questi aiuti un uomo di fiducia.

L’ex presidente della Bce era l’uomo giusto. Sono cose arcinote: messe tutte in fila, delineano un quadro tutt’altro che rassicurante.

Lei pone la seguente domanda: «Il nostro Paese sta forse ricevendo un trattamento di favore in cambio della promozione di Draghi a presidente del Consiglio?». È così?

È una domanda che contiene in sé la risposta.

Mario Monti, nel luglio 2020, scrisse sul Corriere della Sera che i soldi che arrivavano dall’Europa non andavano considerati come un dono.

Si doveva passare attraverso una serie di controlli e vagli.

 È un caso che nel caso del “Pnrr” di Draghi questi passaggi siano stati fluidificati e le prime quote di aiuti siano già arrivate?

Considerata la debolezza del pensiero di Sinistra che abbiamo detto prima, che ne è dello Stato sociale dentro il “Pnrr” e cosa ne sarà quando i soldi dell’Europa per l’emergenza sanitaria finiranno?

 Sono problemi che lei affronta anche in un altro libro, che vorrei segnalare: “Europa: gigante incatenato” pubblicato da Dedalo.

Lo Stato sociale è un oggetto delicato:

nacque in Europa come risposta del mondo occidentale al fenomeno della Rivoluzione comunista, che rappresentava un punto di attrazione molto forte per le masse lavoratrici.

 Lo Stato sociale era lo strumento per evitare la rivoluzione tout court.

 Oggi la situazione è cambiata per molte ragioni:

 i parametri di Maastricht hanno indotto una situazione in cui il precariato è un’alternativa di gran lunga preferibile al padronato.

Lo Stato sociale, di fronte al dilagare del precariato, sembra un fossile.

 Lo Stato sociale, così come lo Statuto dei lavoratori, sono considerati affari d’altri tempi.

Il potere contrattuale dei sindacati è ridotto perché non hanno alcuna sponda politica e lo stesso dicastero che si dovrebbe occupare di simili questioni è impotente.

Come si può ristabilire una “sana conflittualità sociale”, se sul suolo nazionale i partiti si amalgamano in un partito unico, e se sempre di più ci si riferisce a direttive extranazionali impossibili da contestare.

Non è facile rispondere.

Io credo che una delle grandi difficoltà delle organizzazioni sindacali sia di avere un interlocutore solo apparente sul territorio nazionale, e un interlocutore vero e decisivo in una dimensione in cui nessuna trattativa è davvero possibile.

Dal punto di vista della ripresa di una sana conflittualità sociale, la situazione è fra le peggiori.

 E credo che questo possa avere conseguenze profonde e di lunga durata:

un ribellismo inconsulto, mera manifestazione di disperazione, e cinismo e repressione come risposta.

Si dovrebbero mobilitare le energie di un profondo ripensamento degli ordinamenti europei.

 Lo stesso Draghi più volte ha lasciato intendere che, durando lui al governo, si porrà la condizione di rifondare l’Unione europea.

 Lo prendo sulla parola:

chissà se ne avrà le risorse.

D’altra parte il nuovo governo tedesco ha nella sua maggioranza una forza, i liberali, che spingono per proseguire sulla linea del rigore.

Nella partita del rinnovamento così aperta le forze sociali organizzate, se ancora ce ne sono, devono far sentire la propria voce.

Le chiedo provocatoriamente: lei auspica un’uscita dell’Italia dell’Europa?

No!

 Io auspico una trasformazione radicale dell’Unione europea, la quale è nata male, tutta centrata sulla moneta unica e conservando la sudditanza dell’Unione alla Nato e agli Usa.

L’Europa ha una forza economica notevolissima e un drammatico nanismo dal punto di vista politico e militare.

Questa Unione europea, che unione non è, deve trasformarsi profondamente al proprio interno, magari partendo dall’abolizione dei pesanti debiti dei Paesi membri, come richiesto da David Sassoli.

Se l’Unione europea vuole contare, deve divincolarsi da questa sudditanza rispetto agli Stati Uniti, per cui magari un domani ci ritroviamo a far la guerra alla Russia.

Come vede il ruolo dell’Europa nella crisi innescata dall’attacco russo all’Ucraina? Come si sta comportando e come dovrebbe operare, a suo avviso, per sottrarsi alla storica subordinazione rispetto a Usa e Nato?

Nessuno di noi conosce le segrete cose e nessuno può pretendere di fornire ricette definitive.

 E di tutta evidenza che le sanzioni fanno più male all’Europa che le infligge che non alla Russia, che eventualmente le subisce.

 Chi rimane totalmente indenne dalle sanzioni sono gli Stati Uniti d’America.

 L’attualità conferma la diagnosi di sudditanza dell’Europa, priva di una propria linea politica chiara e autonoma.

 L’Europa: un grande continente pieno di cultura, di risorse, di intelligenza, ma totalmente eteronomo, cioè tutt’altro che autonomo.

Difficile rispondere alla domanda su come altrimenti dovrebbe comportarsi:

le automobili non si riparano in corsa, ma da ferme;

e ora la corsa è frenetica e si assiste solo a un “si salvi chi può”.

Per tutelare l’Europa, sarebbe bene che la Germania mettesse in funzione il gasdotto, cosiddetto North Stream 2:

un gasdotto che è stato costruito come alternativa a quello che attraversa l’Ucraina e che proprio ora ritroverebbe il proprio senso.

Abbiamo voluto badare ai nostri interessi ai danni dell’Ucraina e ora fingiamo di piangerne le sorti e, per di più, blocchiamo quel gasdotto a danno di noi stessi.

 È una politica delirante.

 

 

 

 

 

Il tradimento della sinistra.

  Adhocnews.it - ALESSANDRO SCIPIONI – (11 Luglio 2022) – ci dice:

 

Il tradimento della sinistra.

La profonda crisi di identità in cui versa la sinistra, non solo italiana ma mondiale, è oggetto di ampio dibattito.

Dibattito vivo, fertile ma tenuto spesso in sottotono, dall’apparato culturale dove la stessa sinistra è egemone.

La crisi di un sistema di potere.

Prima di tutto bisogna rendersi conto che la crisi della sinistra, è la crisi di un sistema di potere.

La crisi di un’idea, che si trova davanti alla contraddizione di voler rappresentare i deboli.

Ma di sostenere tutto ciò che rende gli ultimi.

L’apparato ha lo scopo di conservare i propri privilegi.

 Utilizza parole d’ordine totalmente fuori tempo.

I suoi cavalli di battaglia si richiamano ad una visione ideologica, che non tiene conto della realtà.

L’ideologia è utilizzata, solo per chiamare a raccolta chi deve difende delle posizioni di influenza.

Il PD o “Dem Usa”, è il partito delle élites globaliste degli straricchi.

Se c’è un partito lontano dai problemi, quello sociali è il Partito Democratico.

I problemi del lavoro, vengono dimenticati.

Si privilegiano solo ed esclusivamente i diritti civili arcobaleno.

 

Milioni di italiani si trovano a dover fronteggiare dei rincari ai quali non riescono a far fronte.

Oltre centomila aziende rischiano di chiudere i battenti.

Mai il precariato è stato così diffuso.

Per molti pensionati la scelta è tra fare la spesa o comprarsi le medicine.

Eppure il principale partito della sinistra (sia Ue e sia USA) parla solo di cannabis, ddl Zan, ius scholae, cancel culture, ideologia Woke, cambio di genere, pensiero unico del politicamente corretto e transumanesimo.

 Con un totale disinteresse per le istanze sociali.

Prospettive inesistenti.

Il Movimento Cinque è in una situazione di caos totale.

Un partito, nato come movimento, e poi corrotto dai peggiori istinti dei propri esponenti e dai peggiori vizi della partitocrazia.

L’esempio storico a cui i grillini possono ispirarsi oggi è solo Masaniello.

 Sono arrivati sull’onda dell’antipolitica per scardinare il palazzo, ed invece si sono fatti conquistare dal potere.

In una simile prospettiva, a sinistra del Partito Democratico c’è il nulla, considerata la totale inconsistenza dei movimenti di sinistra più radicale. Anch’essi totalmente estranei ai problemi correnti della vita sociale.

L’assenza dai temi economici del partito leader della sinistra, in piena rottura con quella che era la tradizione della sinistra storica in Italia, chiude ogni prospettiva di rilancio.

Non interessa il consenso del popolo.

Un altro problema fondamentale del PD in questo momento, è la riforma della legge elettorale.

 

Semplicemente perché perderebbe le elezioni, quindi vuole larghe intese che impongano di tenerlo per forza di cose al governo.

Uno scopo chiarissimo: restare a governare, a prescindere dalla volontà del popolo. Chi dovrebbe essere un cultore della sovranità popolare, ne è il peggior nemico.

Dalla parte del potere.

Un interessante analisi crisi della sinistra attuale è fatta da Federico Rampini nel libro “la notte della sinistra”.

Ma può essere ancor meglio riassunta da un’idea di Gianni Agnelli.

Guardare alla sinistra per fare le riforme di destra.

Ovviamente se per destra si intende quella che guarda meno agli interessi del lavoro e più a quelli del capitale.

Paradossalmente oggi la destra tutela il lavoro più del capitale.

E ciò per un motivo molto semplice.

Molto spesso il capitale della grande finanza internazionale è un capitale apolide, che raramente può essere ricondotto ad un italiano.

La destra tende a difendere l’interesse del paese.

 D’altro canto questa sinistra tende a guardare con simpatia a qualunque cosa sia antinazionale.

Per un’impostazione ideologica rigida.

Il limite della sinistra.

Difendere l’interesse nazionale è difendere il popolo.

Questo non comprende il Partito Democratico.

Oppure questo non vuol fare il Partito Democratico.

E non interessa neanche alla sinistra generale in generale.

 

I grandi gruppi internazionali, l’alta finanza globalista guardano più facilmente ad un partito che non ha nessun riguardo per una preferenza nazionale.

Proprio perché questo gli consente di interloquire con il soggetto vassallo ideale.

Imporre i diritti sociali, tutelare la presenza degli stabilimenti produttivi in loco, guardare prioritariamente al benessere della propria comunità è un freno.

L’alta finanza globalista non vuole vincoli.

Dall’altra parte la gente vuole delle certezze. Vuole essere tutelata.

Anche la grossa presenza di immigrati, non viene mai valutata come necessaria ad abbassare il costo del lavoro dalla sinistra.

 Viene vista come positiva perché cancella, in una visione internazionalista, l’identità nazionale.

Ma non si pensa mai alle implicazioni sul mercato del lavoro.

Paradossalmente passa in secondo piano anche l’ipotetico sfruttamento di queste persone.

Mai come nel caso dei diritti sociali, nel mondo globalizzato, tradire l’Italia è tradire il popolo italiano.

Il tradimento non perdonato.

Sono i salotti, l’alta borghesia, il capitale apolide.

Tutti quelli che non hanno problemi di tipo economico, gli interlocutori naturali del Partito Democratico.

Nel loro mondo avanzato, si privilegiano i diritti civili arcobaleno, non esistono praticamente più i lavoratori se non come uno slogan.

 Questa è la rottura con la tradizione.

 

Non rinchiuderti, Partito, nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada. Diceva il poeta Majakovskij.

Questo il popolo non perdona al PD.

Essere il partito del palazzo. Dell’apparato e delle stanze dei bottoni.

L’aver abbandonato i ragazzi di strada.

(adhocnews.it/carabinieri-trin…lertaallerta-sto)

 

 

 

L'attivismo ambientale come cavallo

di un capitalista e il fattore Bill Gates.

Globalresearch.ca - Dr. Vandana Shiva e Michael Welch – (22 aprile 2023) – ci dicono:

 

Uno speciale per la Giornata della Terra.

Da più di mezzo secolo, la Giornata della Terra è il momento di aprile in cui tutti i pensieri si rivolgono all'amore... del pianeta.

Azioni dedicate alla conservazione e alla riforestazione del pianeta, alla fine dell'inquinamento da plastica, alla limitazione dei cambiamenti climatici e all'agricoltura riparativa sono alcuni dei movimenti che si riflettono in questo gigantesco motore di speranza per tutte le masse del globo.

L'iniziativa in questi giorni è sostenuta da decine di organizzazioni non governative, tra cui il Club di Roma sostenuto dai Rockefeller.

 Quindi, attivismo sancito dai principali attori a livello mondiale.

Il problema in cui ci si può imbattere, ovviamente, è che, come abbiamo visto con la "pandemia" di COVID-19, i Rockefeller, i Gates e le altre entità superiori non sono esattamente sulla stessa pagina del resto di noi e stanno probabilmente usando la crisi che stiamo affrontando come un'opportunità per qualche altro obiettivo.

È vero che le semplici corporazioni sono saltate sul carro del clima ogni Giornata della Terra.

Ad esempio, Nestlé si è impegnata a dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030. Anche se data la loro storia di lavoro minorile, inquinamento, fissazione dei prezzi e etichettatura errata, si è tentati di pensare a tali impegni come "greenwashing" vecchio stile.

Ma la questione più urgente che tutti noi dobbiamo affrontare determinati a fare la nostra parte per il mondo vivente sono i tentativi molto più significativi di ingannare.

Quando i potenti attori decidono di usare l'ambientalismo moderno per ragioni diverse dal mantenimento di una Terra forte e vibrante, noi, la gente, potremmo finire per sentirci più che profondamente fregati.

 I nostri sacrifici per la nostra casa naturale e il nostro focolare potrebbero alla fine essere al servizio dei loro profitti, e alla fine della giornata, non altererebbero il pianeta di una virgola!

La nostra Giornata della Terra e le nostre azioni ambientali sottoscritte dai maestri miliardari ci portano alla nostra disperazione collettiva o in qualche luogo sono ancora peggiori?

 Questa è una domanda posta in questo episodio della Giornata della Terra del “Global Research News Hour”.

 

Nella nostra prima mezz'ora, l'australiano “Michael Swifte” si unisce a noi per parlare del modo in cui i filantropi americani e australiani con le loro ONG climatiche comprate e pagate ci hanno risucchiato in una forma di de-carbonizzazione che in realtà non ridurrà le emissioni, ma aiuterà l'industria dei combustibili fossili a ottenere ancora più petrolio e gas dal terreno.

Poi, nella nostra seconda mezz'ora, la leggendaria studiosa indiana, attivista ambientale ed eco femminista Vandana Shiva sembra affrontare il ruolo dei cosiddetti filantrocapitalisti, e in particolare di Bill Gates, nel minare la sicurezza alimentare e la diversità nel presunto nome di salvarla.

Michael Swifte è un attivista australiano e membro del collettivo di pensiero critico “Wrong Kind of Green”. Scrive su “wrongkindofgreen.org”

 

Vandana Shiva è una filosofa, attivista ambientale ed eco femminista. Shiva, attualmente residente a Delhi, è autore di oltre 20 libri e oltre 500 articoli nelle principali riviste scientifiche e tecniche.

Si è formata come fisica e ha conseguito il dottorato di ricerca in fisica presso la University of Western Ontario, Canada.

Ha ricevuto il Right Livelihood Award nel 1993.

È la fondatrice di Navdanya (navdanya.org/).

Collabora frequentemente con Global Research.

 

Trascrizione di Vandana Shiva:

Parte prima.

Global Research:

Hai aperto il tuo libro "Philanthrocapitalism and the Erosion of Democracy: a Global Citizens Report on the Corporate Control of Technology, Health, and Agriculture",

ma parli della terra e di come le comunità indiane di tutto il mondo hanno evoluto i sistemi agricoli più ingegnosi nel tempo.

E poi, circa un secolo fa, le tradizioni hanno cominciato a crollare a causa del modello agricolo chimicamente intensivo che ha avuto origine sotto le società “IG Farben”, il "cartello dei veleni" come dici tu, che ha iniziato a produrre armi chimiche nella prima e nella seconda guerra mondiale.

E poi, nel tentativo di continuare a fare profitti, si è rivolto all'uso in agricoltura. Hanno visto una grande opportunità nella “Rivoluzione Verde” per fare soldi.

 Questo ha dato inizio a una nuova area di conquista, e non solo della terra, ma del cibo di cui tutti ci nutriamo.

Parla di come questo sistema ha trasformato la qualità delle diete nel mondo, in particolare nel Sud del mondo, dove è stata praticata la rivoluzione verde.

Vandana Shiva: Sì.

Michael, in realtà prima dell'industrializzazione dell'agricoltura, compresa la sua fase di Rivoluzione Verde quando è stata imposta al Terzo Mondo, è la privatizzazione della terra e la creazione della proprietà privata.

La gente pensa che la proprietà privata sia sempre esistita.

Nel mio paese, la terra non è mai stata posseduta come proprietà privata.

La terra era un bene comune e le assegnazioni erano fatte dalla comunità per il suo uso.

Esattamente come i territori erano, sapete, assegnati alle culture indigene, people sapeva quale gruppo ha quale terra.

Per l'India, è recente come l'83 o l'87 quando “Lord Cornwallis” scrisse con una frase, che "Tutta la terra dell'India appartiene all'Inghilterra ".

 Tutto il continente australiano apparteneva all'Inghilterra.

Tutto il Canada apparteneva all'Inghilterra.

Tutti gli Stati Uniti appartenevano all'Inghilterra.

Così una parte dell'Africa cominciò ad appartenere all'Inghilterra.

E l'alienazione della terra è davvero la storia del colonialismo.

 Ed è per questo che il movimento “Land Back” dei popoli indigeni è così significativo come la decolonizzazione e il ristabilimento del nostro rapporto con la Terra in modo legittimo.

Il prossimo passo dell'alienazione è “IG Farben” e “Standard Oil” come origine di "Oneness Vs. the 1%".

 Le aziende tedesche hanno la tecnologia, la tecnologia chimica, ma i combustibili fossili da cui l'industria chimica ha fatto i suoi fertilizzanti, pesticidi, le sue sostanze chimiche per uccidere le persone, che provenivano dalla Standard Oil.

 Veniva da Rockefeller.

 E Standard Oil, IG Farben, aveva una società.

E anche in quel momento, dopo aver stabilito un monopolio, Rockefeller si rese conto che doveva creare un'immagine filantropica, così crearono la Fondazione Rockefeller.

E proprio qui, sulla mia scrivania, c'è l'”Operazione Paperclip”, di come gli scienziati nazisti furono trasportati per fare tutto questo lavoro negli Stati Uniti.

E non è un caso che l'ingegneria genetica sia poi sviluppata da Rockefeller sulla base della disciplina della biologia molecolare che hanno finanziato al 100%.

 E sono quelli che hanno spinto l'agricoltura chimica.

E la Rivoluzione Verde è stata spinta a chiudersi dal governo degli Stati Uniti, dalla Banca Mondiale, ma anche dalla Fondazione Rockefeller e dalla Fondazione Ford.

Oggi, anche se Rockefeller è ancora molto attivo, non si sono ritirati dalla scena.

La Rivoluzione Verde per l'Africa, l'Alleanza per la Rivoluzione Verde in Africa, è un progetto congiunto di Rockefeller e Gates.

Naturalmente, dalla globalizzazione, Gates è diventato super ricco come tutti i miliardari della tecnologia.

Sia il mio libro "Oneness Vs. the 1%" che i libri raccolti attraverso i movimenti del filantrocapitalismo, stanno davvero mostrando come non ci sia un singolo campo che non abbia un impatto diretto sulla libertà umana e sul benessere umano in cui Gates non stia cercando di prendere il sopravvento in questo momento.

 Ed è diventato il più grande proprietario di terreni agricoli d'America.

E ha già lanciato qualcosa chiamato “Gates Ag One”.

Proprio quando il Covid stava scoppiando, sognava un'agricoltura sotto il suo controllo, i semi sotto il suo controllo, la tecnologia sotto il suo controllo, il cibo sotto il suo controllo, cibo da laboratorio, cibo finto.

Quindi, se volete vedere che tutto ciò che sapevamo era sbagliato con l'agricoltura, se è stato dato il passo avanti, è dal filantrocapitalismo di Gates.

Nel 2000, hanno portato il riso dorato in India.

Abbiamo mostrato come fosse una fonte molto inferiore di vitamina A, e c'era molta più diversità.

Gates l'ha portato ora nelle Filippine, solo per rivolgersi ai contadini delle Filippine qualche settimana fa, perché stanno combattendo il riso dorato.

Abbiamo fermato la melanzana BT della Monsanto

GR: Mm-hmm.

VS: — Abbiamo messo una moratoria. Il signor Gates lo porta in Bangladesh. Quindi, tutto ciò che è stato fatto ha portato alla democrazia, Gates la sta sollevando finché ci sono soldi e potere da fare.

Quindi, per chiunque abbia a cuore la terra, le sementi, l'agricoltura, devi tenere d'occhio Bill Gates.

GR: Mm.

Beh, sì, voglio dire, parli del pericolo di Bill Gates e del filantrocapitalismo.

È solo un ritorno della Rivoluzione Verde del 1960 ma in bottiglie diverse, o c'è, come, dici come un angolo unico che è rappresentato da Gates e dai miliardari, sai?

Puoi parlarci di come ha alzato la posta, per così dire?

VS: Sì.

Sapete, al tempo della Rivoluzione Verde, gli strumenti di distruzione erano i fertilizzanti chimici.

E usando l'allevamento convenzionale per cambiare la pianta per adattarla ai fertilizzanti. Ma se questo è il più alto livello di violenza che possono fare.

Quando il signor Gates svolge questo ruolo, abbiamo strumenti non solo di ingegneria genetica, che sono già stati un fallimento totale in termini di mantenimento delle promesse:

promesse di controllo delle erbe infestanti, promesse di controllo dei parassiti.

Sai, ho lavorato anni con” Percy Schmeiser”, e lo ricordo con tanto affetto, l'agricoltore canadese, che è stato citato in giudizio dalla “Monsanto” dopo che la Monsanto ha contaminato i suoi campi con la” Roundup Ready Canola”.

 E so che c'è un film che si chiama "Percy".

 E quelli che non sanno del caso di Percy, per favore guardano quel film.

 Gli OGM di prima generazione hanno fallito.

Gates ora, proprio come Rockefeller, ha creato singolarmente la disciplina della biologia molecolare, del riduzionismo genetico della vita.

Non complesso come un sistema organizzato, ma come una macchina che potevano controllare e possedere.

Vandana Shiva: una nuova ondata di colonizzazione, schiavitù del carbonio.

In questo momento, gli “strumenti di editing genetico” sono stati totalmente finanziati da Mr. Gates.

Entrambi gli scienziati che hanno ulteriormente sviluppato la tecnologia “CRISPR”, “CRISPR / Cas9” che è l'editing genetico, finanziato da Gates.

Ha persino finanziato la lotta per i brevetti.

Ed è lui che sta deregolamentando la regolamentazione degli OGM e la regolamentazione della legge sui brevetti per spingere le colture geneticamente modificate.

L'Europa e la grande lotta in corso.

 Il Regno Unito aveva appena approvato una legge sulla selezione di precisione che pone gli OGM al di fuori della regolamentazione.

 E la cosa più importante che ho scritto, è un capitolo del libro "Philanthro capitalism" sulla questione delle sementi.

Prima della Rivoluzione Verde, tutti i semi del mondo venivano raccolti e messi in queste banche, le chiamano banche genetiche, chiamate “CGIAR Systems”, “IRRI”, “Rice Research Institute”,” ICRISAT”, “Dire Land Crop Institute”, “ICARDA”, “Arid Zone Institute”.

Man mano che la privatizzazione è cresciuta, la spesa pubblica è diminuita, e se si guardano tutti i centri “CGIAR” e tutte le piantine che contengono, il più grande contributore è diventato “Mr Gates,” il che significa che detiene questa cintura genetica del mondo, detiene i semi del mondo.

Controlla anche la banca dei semi delle Svalbard.

Quindi, ha il controllo del seme, il primo anello della catena alimentare, il controllo sulle tecnologie attraverso le quali prenderebbe i brevetti e avrebbe i monopoli.

E il controllo sulla terra dove si coltiverebbe il cibo.

GR: Mm-hmm.

VS: E non si ferma a questo.

Si rende conto che se l'agricoltura viene lasciata come agricoltura, ci sarà decentramento e diversità.

E i creatori monopolistici odiano la decentralizzazione e odiano la diversità.

Quindi, ecco perché la parte di Gates va avanti.

E sta lavorando con Bayer e tutte queste aziende.

 In effetti, il suo ufficio “Gates Ag One” è proprio accanto all'ufficio della “Monsanto” a St. Louis, nel Missouri, sai.

Ecco dov'è la Monsanto.

 Perché la nuova partnership per dimenticare l'agricoltura come comunità che produce il proprio cibo.

L'agricoltura sarà uniforme in tutto il mondo, tutta basata su OGM, tutta a base di glifosato, producendo materia prima di amminoacidi e proteine come materia prima.

Proprio come trasformiamo le mucche in oggetti di fabbrica alimentati con mangimi per animali, in modo simile, vogliono trasformarci in oggetti di fabbrica alimentati da alimenti fatti in laboratorio la cui materia prima proviene dalle fattorie su larga scala.

E questo, per me, è il riassunto di questo linguaggio basato sul piano che hanno creato.

Si tratta davvero di “cibo falso” globalista progressista.

E se guardi chi sta facendo cosa.

Impossible Burger? Signor Gates.

Latte materno finto? Signor Gates.

Toccheranno qualsiasi idea folle di come non dovremmo vivere su questo pianeta.

 I soldi del signor Gates sono lì perché “la follia green”diventi legge.

GR: Oh ragazzo.

Voglio dire, dicono che Bill Gates, il suo approccio a Microsoft non era tanto quello di costruire una trappola per topi migliore e far sì che il mondo fosse a un percorso verso la tua porta, quanto di costruire una pessima trappola per topi e costruire percorsi verso la porta di tutti gli altri.

Sai, questo è tutto – voglio dire, è comparso in tribunale affrontando, sai, accuse di antitrust fondamentalmente.

Minare la concorrenza e avere, sapete, monopoli ingiustificati.

Ma, sai, “flash forward” al presente ora:

è il numero uno – come hai detto tu – il numero uno detentore di terra in Nord America.

 Che tipo di gioco sta giocando ora con il possesso di tutta questa terra?

In che modo influenzerà il cibo nel mio piatto in un futuro non troppo lontano?

VS: Sì.

La prima è: i miliardari globalisti vogliono la nostra terra e vogliono il nostro cibo, perché queste sono due cose, senza le quali l'umanità non può vivere.

Quindi, nel momento in cui sta afferrando la terra, sta dicendo ai contadini di lasciare la terra.

 Sta cercando di far sembrare che l'agricoltura non sia per il futuro.

 È lo slogan dei suoi servitori – io li chiamo "i suoi servitori" – persone a cui fa parlare il potere.

Agricoltura senza agricoltori, cibo senza fattorie, questa è la distopia.

Coltivare senza agricoltori, significa che ci sono più prodotti chimici, più macchine. E cibo senza fattorie, niente cibo direttamente dalle fattorie, niente grano con cui cuocere il pane.

 No, solo aminoacidi e proteine, che vanno come materia prima per la fabbrica e il laboratorio.

Agricoltura cellulare.

Di cosa vuole il controllo?

Come ha detto Kissinger, quando ho fatto il mio libro sulla violenza della Rivoluzione Verde, ho guardato tutta la letteratura e l'affermazione di Kissinger che: "Se controlli le armi, controlli i governi. Quando controlli il cibo, controlli le persone".

Ed è per questo che dico, quando controlli il seme, controlli il pianeta.

Ecco cos'è la sua distopia: controllo totale.

 

GR: Ehm.

VS: E lo stesso con, non aveva creato il software di base.

Erano i professori di matematica in un college del Vermont che poi afferma di aver inventato.

La sua pirateria di quel tempo, i monopoli e l'antitrust, esattamente la stessa cosa che sta facendo con i semi.

Sta cercando di convertire il nostro cibo in software, sta cercando di convertire la vita in software.

Ed è per questo che non è un caso che ovunque sia la vita, stia cercando di spingere i sistemi software, sia come sistema monopolistico di polizia, sia come sistema monopolistico di sorveglianza ed estrazione di risorse.

GR: Beh, questo mi fa venire in mente qualcosa chiamato “Impossible Food”, che è come un nutrimento fatto in laboratorio, immagino, immagino che sia fatto per assomigliare alla carne e abbia un sapore simile alla carne, ma senza, credo, gli effetti collaterali della carne o della morte animale.

 Voglio dire...

VS: Effetti collaterali peggiori.

Effetti collaterali peggiori. Chiunque pensi che un hamburger di soia OGM non abbia effetti collaterali non sta seguendo ciò che fa un'agricoltura OGM industriale.

La soia “Roundup Ready” spruzzata OGM e glifosato, che è la maggior parte della soia coltivata nel mondo, è responsabile di centinaia di migliaia di morti per cancro di persone.

GR: Mm-hmm.

VS: E questo Impossible Burger ha residui di glifosato molto più alti di quanto chiunque consenta. Ha spinto la farfalla monarca all'estinzione.

È progettato per uccidere tutto ciò che è verde.

Chiunque sostenga “Impossible Burger” e la “finta carne a base vegetale “come non violenta non vede la violenza alle farfalle, alle api, agli esseri umani.

E, soprattutto, alla vita vegetale.

 Sai, prima gli umani erano arroganti e tracciavano una linea tra loro e gli altri animali per sentirsi superiori.

Torturateli negli allevamenti intensivi.

Ma chi ti dà il diritto di dire che le piante non sono senzienti?

Comprendere la letteratura per vedere che le piante non devono essere "basate" e trasformate in carne.

 Le piante sono esseri senzienti e hanno bisogno di tanto rispetto quanto gli animali.

E qualsiasi sistema che trasformi le piante in materie prime è una violazione delle piante.

Qualsiasi sistema che distrugge la biodiversità delle piante è una violazione della pianta.

Quindi, vengono fatte alcune affermazioni molto basilari e non scientifiche.

E affermazioni non scientifiche.

Ci sono 14 brevetti associati a “Impossible Burger”.

 E da quello che ho capito, il brevetto europeo è stato appena ritirato.

Quindi, purtroppo ci sono molte persone che non conoscono l'agricoltura, che non sanno nulla di cibo.

 Che lambiscono la propaganda di Mr. Gates e, in un certo senso, consegnano il loro cervello al signor Gates.

Questo è il momento di sapere cos'è il cibo, di sapere cos'è il cibo sano.

Per sapere come sono le piante e com'è la diversità delle piante.

Comprendere la relazione simbiotica tra piante e animali.

Perché sicuramente c'è una relazione simbiotica tra piante e animali che ci darà un sistema non violento.

 Un sistema che dice: "Uccidi tutte le piante e uccidi tutti gli animali, tranne la soia che vogliamo sia resistente al Roundup".

Ora le persone non stanno pensando fino in fondo.

Non stanno pensando.

Parte seconda.

 

GR: Parliamo un po' del fronte del cambiamento climatico, Bill Gates e i filantrocapitalisti, ma in particolare Bill Gates è stato attivo nel prescrivere soluzioni al cambiamento climatico.

Bill Gates ha ideato “Breakthrough Energy”, che è un ombrello di organizzazioni dedicate all'”energia sostenibile” e ai “progetti high-tech”.

Il presidente Obama lo ha completato con “Mission Innovation”. E il suo approccio è stato adottato dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e dai paesi di tutto il mondo.

Voglio dire, quali preoccupazioni hai con il suo approccio al cambiamento climatico come attualmente modellato?

VS: Sì. In primo luogo, non è scientifico.

GR: Sì.

 

VS: Più parlano di scienza, meno scienza fanno.

Non è scientifico, perché incolpare la mucca di avere quattro stomaci per il problema climatico è solo cattiva scienza.

Sono le cattive diete che ci stanno dando il metano.

Il metano biogenetico torna subito nel ciclo.

In dieci anni, è sparito, si trasforma in anidride carbonica e di nuovo nel sistema.

“Impossible Burger” è una delle sue soluzioni climatiche.

Non per soluzioni climatiche.

Spruzzare Roundup ovunque per uccidere le piante che ti danno la fotosintesi che risolve il problema climatico, non è una soluzione climatica.

 Geoingegneria, cambiare il clima.

Cambiare il tempo con l'inquinamento non è una soluzione climatica.

La sua “Breakthrough Energy” supporta “Biomilq”, sai.

Sono una madre, ho avuto un bambino e ho allattato al seno.

Ora, la distanza tra me e il mio bambino è di zero miglia.

Non ho emissioni mentre sto allattando il mio bambino.

E ha brevettato il latte da laboratorio – il falso latte da laboratorio chiamato “Biomilq” come soluzione al cambiamento climatico.
La spedizione della carne sintetica in tutto il mondo aumenterà le emissioni climalteranti.

Sappiamo già con la Nestlé e tutti gli alimenti per bambini quante malattie e morti di bambini hanno avuto luogo.

Nessuno ha fatto il test di sicurezza su questo latte sintetico da laboratorio come un finto latte materno.

(Ma i criminali globalisti istruiti da Klaus Schwab e Harari sono difesi a spada tratta dalla sinistra “Dem Usa”, dal governo UE e dal PD italiano! N.D.R.)

Un altro motivo per cui sta acquistando terreni è perché è lì che stanno creando tutti gli ordini per le compensazioni di carbonio, che è – stanno sognando che sarà la nuova economia.

Come dice chiaramente nel suo libro, "Catastrofe climatica", non lo è – net-zero non significa che abbiamo smesso di inquinare.

Net-zero significa solo che dobbiamo trovare i pozzi e gli offset.

E come ripetuto, ha detto nei dibattiti quando le persone promuovono lo “zero netto”.

Ascolta, non siamo i tuoi lavandini, ci hai inquinato abbastanza, ci hai scaricato abbastanza.

Ma la nostra terra è nostra madre, e la nostra terra non è lì per il vostro inquinamento.

“La nostra terra è lì per sostenere la vita sulla Terra”.

 

GR: Ehm.

Sai, penso che ci sia la sensazione che – beh, voglio dire, i primi colonizzatori dell'America, voglio dire, sì, hanno fatto il” pundering” e stavano cercando oro, terra e altri modi di fare soldi.

 Ma allo stesso tempo, sembravano anche aver perpetuato questa idea che avrebbero effettivamente cercato di aiutare la gente, sai, portare loro la civiltà e cose del genere.

 E mi chiedo se, come con Bill Gates, se non lo è – voglio dire, se crede davvero che otterrà del bene per le persone.

 Perché vuole, sai, fare soldi e avere tutti questi risultati raggiunti.

Ma penso che probabilmente voglia, allo stesso tempo, alleviare la sua coscienza nel dire che, beh, è una vittoria per noi.

Voglio dire, è questa la tua opinione?

O è solo un cattivo -

VS: Beh, come ho scritto nel mio libro "Oneness Vs. the 1%", sai, è in missione civilizzatrice.

Pensa che siamo tutti primitivi.

Pensa di volerci liberare.

Ha così poca conoscenza di come vivono le culture, di come vivono gli esseri umani, di come vive la vita su questa Terra.

 Non ha alcuna conoscenza.

Sa solo di aver fatto soldi rubando il software di altre persone.

 E sa quanto sia facile fare soldi.

E ora, sotto forma di filantropo capitalisti, si è convinto proprio come i missionari che hanno massacrato gli indigeni e spazzato via il 90% degli indigeni delle Americhe.

 Lo hanno fatto in nome della missione civilizzatrice.

Gates sta facendo esattamente lo stesso, è in missione civilizzatrice per “spazzarci via”, mentre finge di civilizzarci.

(Ma è mai possibile che nessuna forza politica o giuridica possa eliminare dalla terra simile gente criminale senza scrupoli! N.D.R.)

GR: Ehm.

VS: Non è diverso. Non è diverso, è solo che gli strumenti sono più violenti ora.

GR: Sì, e non lo vede – sì, la Rivoluzione Verde

VS: Non vede molto. Non vede molto. Sai, parliamo con la gente comune, guardi i loro occhi, vedi le parole che sono nei loro occhi.

GR: Sì.

VS: Gates ha un vocabolario limitato di circa 20 parole. Non può andare oltre.

GR: Ma passa anche attraverso il meccanismo di andare, mandare le persone nelle diverse comunità e avere un dialogo e dire: "Ok, questi sono i tuoi problemi".

E poi, tornano ed ecco il tuo -

VS: No, non un dialogo, una missione. Andate e fate questo alla gente. Sa già cosa fare.

GR: Ehm. Quindi, qual è l'approccio che state adottando in termini di richiesta di democrazia della Terra? Come possiamo non solo combattere il -

VS: Molto semplice.

GR: — lotta contro i filantropisti

VS: Beh, lo sai. Sì.

GR: — ma anche, ricostruire l'eredità degli agricoltori indigeni del passato.

VS: Sì. Quindi, sapete, ho scritto “Earth Democracy” dopo che siamo riusciti a fermare il WTO a Seattle.

E parlavano di un Nuovo Ordine Mondiale.

 Stavano parlando di una costituzione globale che avrebbe riguardato prima il fare soldi o perseguire i profitti.

 E per me, una democrazia significa, in primo luogo, il riconoscimento che siamo parte della Terra, non siamo separati.

 In secondo luogo, non siamo superiori ad altre specie e nessuna cultura è superiore ad altre culture.

E nessuna razza è superiore alle altre razze.

La democrazia della Terra è una democrazia della diversità, ma non della disuguaglianza, senza gerarchie.

 

Come possiamo combattere il filantrocapitalismo con questo? Rendendosi conto che il denaro non è la valuta della vita.

 E aver accumulato miliardi non significa che un miliardario abbia diritti diseguali.

Alla fine della giornata, noi, l'albero, il salmone nel fiume, abbiamo tutti il diritto di essere qui su questo pianeta.

Essere sostenuti dal pianeta e sostenerlo.

Una democrazia significa che dobbiamo sbarazzarci di tutte le gerarchie, compresa la gerarchia tra i miliardari, l'unità e il resto di noi.

 E otteniamo quel potere per combattere queste divisioni rivolgendoci alla Terra per sapere come funziona la vita.

Ed è qui che le culture indigene e la natura stessa diventano la nostra maestra per il prossimo passo della liberazione.

La liberazione dell'umanità viene dalla scala non umana e da coloro che sono stati dichiarati primitivi dalla maledizione delle missioni civilizzatrici.

GR: La Giornata della Terra è una giornata annuale in cui i cittadini di tutto il mondo si mobilitano per proteggere il pianeta per le generazioni future, anche se alcuni si lamentano del” grande green-washing” delle “grandi aziende”.

Quindi, quando le persone vogliono abbracciare la Terra nella prossima Giornata della Terra, cosa suggerisci loro - dove suggerisci che mettano i loro sforzi?

VS: La prima cosa che dovrebbero dire, ovunque si trovino, è che Madre Terra non è in vendita.

 Perché i filantropisti globalisti vogliono possedere la Terra.

La seconda cosa è che la valuta di base della vita è il cibo e vogliono il nostro cibo. Quindi, vai a piantare qualcosa:

nel davanzale della finestra, nel tuo giardino sul retro, trova un contadino con cui puoi relazionarti.

Crea una comunità alimentare.

Terzo, questa Giornata della Terra, ricordate solo che siamo parte della Terra, non siamo i suoi padroni.

E quelli che fingono di essere padroni non sono nemmeno i suoi padroni.

GR: Vandana Shiva, è stato bello parlare di nuovo con te e ascoltare la tua saggezza e conoscenza.

Grazie mille per aver fatto parte di questo evento molto speciale

VS: Grazie.

GR: — conversazione. Abbiamo parlato con -

VS: Buona Giornata della Terra a tutti.

 

 

 

ABBIAMO PERMESSO AGLI

IMBECILLI DI COMANDARE.

Comedonchisciotte.org – 22 aprile 2023 – Redazione CDC - Katia Migliore – ci dice:

 

Gli imbecilli comandano, ma è ora di dire basta.

Nella realtà quotidiana ci capita sempre di più di assistere a episodi di rara e stupefacente imbecillità.

 Sono episodi noti, ampiamente diffusi sui quotidiani e i social, una vera casistica di affermazioni senza senso e azioni ancora più idiote.

 Mi chiedo se dipenda dal fatto che abbiamo accettato per troppo tempo in nome del quieto vivere la narrazione imposta dalle élite del mondo occidentale popolate da “psicopatici con manie di grandezza”, o semplicemente dal fatto che siamo rimasti talmente spiazzati da certe affermazioni roboanti e prive di logica da arrivare a essere incapaci di pensare a una contromossa di carattere ideologico e culturale.

Eppure, ci sarebbero cosa da dire.

Per esempio, ci si potrebbe chiedere cosa avesse nella testa la responsabile del famoso marchio di birra americano che non ha trovato di meglio che farlo pubblicizzare da un trans, provocando il crollo in borsa, la perdita colossale in termini finanziari e la reputazione della birra stessa, boicottata dai consumatori americani.

Probabilmente questo genio del marketing è parente stretta di chi ha ben pensato di far pubblicizzare gli assorbenti da donna sempre a un trans.

A loro volta, sicuramente avranno copiato la famosa marca di abbigliamento sportivo che ha deciso di far pubblicizzare la linea femminile sempre da un trans.

Cosa c’è di imbecille in tutto questo?

 È presto detto:

 credere che il marketing sia una disciplina economica con funzione messianica, per cui non conta l’opinione del consumatore ma quello che hanno deciso che egli debba credere, operazione che non funziona mai, nel senso che prima o poi si subodora il giochetto e allora apriti cielo, le vendite vanno a farsi benedire e la reputazione del marchio con esse.

 E gli imbecilli sono quelli che, a capo delle aziende, invece di dire basta si piegano, si adeguano, abbozzano, tanto al limite pagano i dipendenti quando le cose non vanno più bene.

Vogliamo poi parlare dei recenti licenziamenti delle grandi multinazionali dello streaming a pagamento che, con titoli scarsi e completamente in balia del politicamente corretto, stanno perdendo spettatori e credibilità in continuazione?

Ma loro vanno avanti con Cleopatre dell’Africa nera e improbabili Sirenette che non vogliono essere baciate dal principe, e vai di taglio al testo delle canzoncine in nome del femminismo d’accatto.

 E se non è imbecillità questa, ditemi cosa lo è.

E meno male ancora che è intervenuta l’Accademia della Crusca ad arginare un’altra idiozia globale totale qual è la famigerata “schwa” mettendo la pietra tombale su un’altra stratosferica testimonianza di imbecillità assoluta:

“…non dobbiamo cercare o pretendere di forzare la lingua – almeno nei suoi usi istituzionali, quelli propri dello standard che si insegna e si apprende a scuola – al servizio di un’ideologia, per quanto buona questa ci possa apparire.

 L’italiano ha due generi grammaticali, il maschile e il femminile, ma non il neutro, così come, nella categoria grammaticale del numero, distingue il singolare dal plurale, ma non ha il duale, presente in altre lingue, tra cui il greco antico.

 Dobbiamo serenamente prenderne atto, consci del fatto che sesso biologico e identità di genere sono cose diverse dal genere grammaticale”.

E non lascerei certo stare le prodezze degli attivisti fanatici ecologisti, i quali, per spingere l’opinione pubblica alla religione verde, pensano bene di imbrattare i Beni Culturali della nostra Nazione e di bloccare il traffico delle nostre tangenziali, col bel risultato non solo di farsi odiare da grandissima parte degli italiani, ma di allontanare definitivamente la causa ecologista dall’opinione pubblica del nostro Paese.

Come degli idioti (e arroganti) qualsiasi.

Per il resto, l’imbecillità imperante è storia ormai:

 dal “non ti vaccini, ti ammali, muori” a “l’Italia senza “Eu” ed euro non ce la può fare”, affermazioni che sono state ormai smentite dai fatti e dalle esperienze che stiamo vivendo nel nostro presente con una crisi economica che ci attanaglia ormai da anni pur avendo l’euro come moneta (straniera) e con i non vaccinati in perfetta salute, e che ci dimostrano che i dogmi in bocca agli idioti diventano pericolosi diktat degni della “peggior dittatura del pensiero”.

Li abbiamo lasciati fare, questa è la verità.

Abbiamo sottovalutato la portata del problema: l’imbecille spaccia per verità la menzogna e, solitamente, ne va molto fiero.

Per maggiori informazioni, chiedere ai verificatori di fatti dei vari social, quelli che giudicano le opinioni altrui e le censurano in nome della loro appartenenza politica e ideologica.

Loro decidono quello che si può o non si può dire.

Salvo poi andare a vedere chi siano questi “illuminati” che preservano tutti noi dalle notizie false e ci si rende conto che il Lombroso, in effetti, qualche ragione ce l’aveva.

E ancora li lasciamo dire che gli immigrati che arrivano coi barconi fanno del bene al nostro PIL e che mangiare insetti è tutto a vantaggio del pianeta, come se il nostro pianeta, che ha 4,54 miliardi di anni di anni fosse lì ad aspettare il nostro aiuto, ché ad ammazzare la nostra economia è sicuramente un bel risultato quando c’è tutto il resto del mondo che fa i propri interessi, ma vuoi mettere la soddisfazione di essere “green”?

 Imbecilli con manie di grandezza, contano zero e si illudono di essere onnipotenti.

E tutto questo non sarebbe possibile se non ci fossero i nostri media nostrani che suonando la grancassa devono compiacere tutti lo stesso padrone, salvo poi piagnucolare quando si accorgono che perdono esponenzialmente lettori e spettatori.

Un “gnegne” insopportabile, perché forse basterebbe avere il buon senso di scrivere e parlare di fatti che interessano alle persone con un minimo di obiettività e di onestà intellettuale, e magari qualche risultato si porterebbe a casa, ma questa soluzione è troppo intelligente per le brillanti menti di gran parte del giornalismo nostrano.

E dunque, che fare di fronte a tutta questa ottusità?

Innanzitutto, ribaltiamo un concetto su cui si poggiano tutte le bestialità fin qui narrate, insieme a tante altre: nessuno può insegnarci come vivere.

Nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare con epiteti definitivi e spesso offensivi la nostra opinione.

In sintesi, chi la pensa diversamente dagli imbecilli ha diritto di esprimere e difendere il proprio pensiero.

 Non è del giudizio dei “minus habèntes” che dobbiamo avere paura.

Anzi, di più: gli imbecilli arcobalenati, i politicamente corretti, gli opinionisti da salotto televisivo devono sapere che, banalmente, ci siamo definitivamente stufati delle loro litanie, dei loro sproloqui, delle loro frasi fatte, del loro modo d’essere.

Spesso nei dibattiti sentiamo la frase pronunciata da questi personaggi nipotini del Marchese del Grillo ad apertura della loro filippica “siamo tutti d’accordo sul fatto che…”.

Ecco. No.

 Non siamo d’accordo su nulla di quello che affermate.

 Abbiamo la nostra Verità, che non vale meno della vostra.

E non condividiamo mai nulla di quello che dite, come lo dite, quando e perché lo dite.

In poche parole, le vostre esternazioni ci annoiano, quando non ci disgustano del tutto.

Perché noi siamo noi, e voi non siete nessuno.

Manteniamo le distanze, imbecilli.

(Katia Migliore)

 

 

 

 

Lo scandalo Qatargate: potrebbe

 segnare la fine della "UE di Bruxelles"?

Globalresearch.ca – (22 aprile 2023) - Paul Anthony Taylor – ci dice:

 

Con l'Europa sempre più distratta dalla guerra in corso in Ucraina e i timori di una nuova crisi bancaria, l'ultimo scandalo di corruzione che ha travolto la cosiddetta "Unione Europea" (UE) del continente è convenientemente sceso più in basso nei titoli delle notizie.

 Soprannominato "Qatargate", lo scandalo riguarda le accuse secondo cui un vicepresidente del Parlamento europeo e altri legislatori dell'UE sono stati corrotti dai governi di Qatar, Marocco, Mauritania e forse altri paesi, in cambio di influenzare il costrutto politico con sede a Bruxelles.

Dopo le incursioni della polizia, gli arresti e il sequestro di denaro, computer e telefoni cellulari ai sospetti, alcuni osservatori si stanno già chiedendo se lo scandalo potrebbe persino segnare la fine dell'UE.

(Le multinazionali straricche comandano l’UE e nessuno se ne accorge! N.D.R.)

Profondamente danneggiato a causa delle ripetute ignominie negli ultimi due decenni, il Qatargate arriva sulla scia della Brexit e della nostra esposizione internazionale delle radici naziste dell'UE.

I primi arresti nello scandalo Qatargate hanno avuto luogo nel dicembre 2022 e hanno visto la vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, Antonio Panzeri (un parlamentare dell'UE in pensione dall'Italia) e altri detenuti nell'ambito dell'indagine.

Panzeri ha successivamente ammesso di essere il capobanda dello schema e ha accettato un patteggiamento in base al quale, in cambio di una pena detentiva più breve, avrebbe rivelato le identità di coloro che ha corrotto e cospirato con.

Un altro parlamentare dell'UE, Marc Tarabella dal Belgio, è stato successivamente arrestato nel febbraio 2023, mentre Andrea Cozzolino, un parlamentare dell'UE italiano, è attualmente agli arresti domiciliari a Napoli per combattere l'estradizione a Bruxelles.

Alcuni rapporti suggeriscono che fino a 60 legislatori aggiuntivi potrebbero alla fine essere trascinati nelle indagini.

Una storia di scandali e segretezza.

(E tutto organizzato con la più “politicamente corretta” metodologia applicativa! N.D.R.).

Mentre si prevede che il “Qatargate” passerà alla storia come il più grande scandalo mai avvenuto nella politica europea, non è certo il primo a infliggere gravi danni alla credibilità dell'UE.

Nel 1999, ad esempio, tutti i 20 membri della Commissione europea, l'organo esecutivo dell'UE, sono stati costretti a dimettersi dopo che un rapporto di un informatore ha rivelato frodi diffuse, nepotismo e gravi carenze gestionali.

(Le leggi “green” se le fanno direttamente le multinazionali dirette dagli uomini di Davos e poi vengono approvate dallo “pseudo governo” della UE. N.D.R.)

 Lungi dall'essere foriero di cambiamento, tuttavia, l'incidente è stato semplicemente un assaggio di ciò che sarebbe poi accaduto.

La relazione Galvin, che prende il nome da Robert Galvin, il funzionario di audit interno dell'UE che l'ha redatta, è stata redatta alla fine del 2006 come audit delle spese e delle indennità richieste da un campione di oltre 160 legislatori.

Rivelando abusi scioccanti, l'esistenza del rapporto è stata deliberatamente nascosta fino al febbraio 2008, quando la notizia è trapelata da Chris Davies, un legislatore dell'UE del Regno Unito.

Anche allora, il suo contenuto rimase segreto e solo un gruppo selezionato di legislatori fu autorizzato a leggerlo in una stanza chiusa a chiave e sorvegliata.

 Se non fosse stato pubblicato da Wikileaks nel 2009, il rapporto sarebbe probabilmente ancora segreto oggi.

Che cos'è l'UE?

La segretezza e la non trasparenza sono la norma nelle istituzioni dell'UE, che abitualmente si sforzano di nascondere la verità ai loro cittadini.

In effetti, una nota interna della Commissione europea trapelata del 2009 incoraggia attivamente i funzionari a nascondere le informazioni al controllo pubblico.

 Il memorandum, pubblicato dal dipartimento commerciale della Commissione, dice ai funzionari che possono eludere le leggi europee sulla libertà di informazione realizzando due serie di documenti, uno neutro per la divulgazione pubblica e una versione classificata solo per uso interno.

Anche Eurojust, l'agenzia anticrimine dell'UE, è stata coinvolta in scandali di corruzione.

Nel dicembre 2009, il capo di Eurojust, Jose da Mota, si è dimesso dopo essere stato sospeso per 30 giorni per aver fatto pressione sui pubblici ministeri portoghesi per fermare un'indagine per corruzione che coinvolgeva il primo ministro portoghese José Sócrates.

 Non estraneo allo scandalo, Sócrates fu successivamente arrestato con l'accusa di “riciclaggio di denaro e altri crimini”.

Le radici naziste dell'"UE di Bruxelles"?

Per quanto profondamente dannosi per l'UE siano questi ripetuti scandali di corruzione, la crescente consapevolezza delle radici storiche del “costrutto nella Germania nazista” minaccia non solo la sua credibilità politica, ma anche la sua stessa esistenza.

 Nel nostro libro” The Nazi Roots of the 'Brussels EU' descriviamo come gli architetti chiave dell'Unione Europea sono stati reclutati tra gli stessi tecnocrati che avevano precedentemente progettato i piani per un'Europa post-seconda guerra mondiale sotto il controllo dei nazisti.

Dalla sua pubblicazione nel 2010, il libro ha ricevuto l'attenzione dei media in paesi come Paesi Bassi, Romania, Regno Unito e Stati Uniti.

Nel maggio 2016, un mese prima del referendum sulla Brexit nel Regno Unito, il legislatore britannico Boris Johnson ha descritto sul quotidiano Sunday Telegraph come, nel tentativo di creare un potente superstato europeo, l'UE stia "perseguendo un obiettivo simile a Hitler".

La validità della sua dichiarazione è stata apertamente sostenuta da molti dei suoi colleghi parlamentari.

Significativamente, quindi, solo pochi giorni prima, Johnson e altri legislatori britannici avevano ricevuto copie del nostro libro.

Come il libro e la sua documentazione di supporto dimostrano definitivamente, il progetto nazista per la struttura e la funzione dell'UE fu redatto nel 1941, due anni dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale.

A Dresda, in Germania, a quel tempo, esisteva un “istituto di ricerca nazista poco conosciuto” che era diretto da un uomo chiamato Arno Sölter.

 Nel 1941, Sölter riassunse i piani nazisti per l'Europa del dopoguerra in un libro intitolato "The Greater Sphere Cartel – An Instrument of Industrial Market Order in a New Europe".

Il libro descrive tutti gli elementi chiave che vediamo intorno a noi nell'UE oggi, come la” Commissione europea non eletta” che funge da organo esecutivo del costrutto e il sistema di "direttive" che vengono utilizzate per il suo processo legislativo.

Ma non è tutto.

Il primo presidente e capo architetto dell'UE fu “Walter Hallstein”, un avvocato tedesco.

Membro di organizzazioni naziste ufficiali, prima e durante la seconda guerra mondiale Hallstein fu un architetto chiave del “Nuovo Ordine Mondiale” attraverso il quale i nazisti e il cartello industriale “IG Farben” avevano sperato di governare l'Europa e alla fine il mondo.

Lo sappiamo dal fatto che, nel maggio 1938, Hitler incontrò Mussolini a Roma, in Italia, per pianificare la loro conquista militare globale e progettare il mondo del secondo dopoguerra.

Un mese dopo, nel giugno 1938, Walter Hallstein visitò Roma come parte della delegazione ufficiale dello Stato nazista che finalizzò il quadro giuridico del previsto” Nuovo Ordine Mondiale”.

Il 23 gennaio 1939, rivelò questi piani in un discorso pubblico tenuto a Rostock, in Germania.

Meno di due decenni dopo, il 25 marzo 1957, Hallstein era di nuovo a Roma e divenne uno dei soli 12 firmatari dei "Trattati di Roma", i documenti fondanti dell'UE.

Successivamente, tra il 1958 e il 1967, ha continuato a ricoprire la carica di presidente fondatore della Commissione europea e ha iniziato ad attuare il progetto nazista per l'Europa.

Una cosa sembra quindi certa in quanto se lo stesso “Qatargate” non segnerà l'inizio della fine per l'UE, la crescente consapevolezza mondiale delle sue radici naziste quasi certamente lo farà.

(Quello che scandalizza di più è che “la sinistra” che di fatto governa la Ue, gli Usa e l’Italia appoggia il governo della “Ue” pur sapendo che “questo non stato” è “solo” una creatura diabolica del nazismo più ripugnante ed ingannatore dei popoli! N.D.R.)

 

 

 

 

CAPOSSELA: POVERA EUROPA,

SE PENSA DI SEPARARSI DALLA RUSSIA.

 Visionetv.it – (22 Aprile 2023) – Giorgio Cattaneo – ci dice: 

Finalmente.

Incredibile, ma vero.

Dal Mar Glaciale Artico della verità prigioniera emerge una nave pirata.

 Il capitano, Vinicio Capossela, è un grande esperto di “marinai, profeti e balene”.

Era il titolo di un suo album del 2011: dedicato all’arte di esplorare l’altrove, se l’aria qui diventa irrespirabile.

 Poi è crollato il mondo: si è proprio schiantato, nel 2020.

E tutti zitti, come se niente fosse.

Non un fiato, contro gli abusi del nuovo regime.

I cantanti? Improvvisamente sordomuti.

Tranne lui: che adesso si libera di colpo, a modo suo.

Sputando il rospo con arte e ispirazione. Precisamente, con “Tredici canzoni urgenti”.

Una sorta di ribellione, di insurrezione morale e culturale. La rivolta civile di un intellettuale erratico e debitamente eretico.

Un animale strano: autore e polistrumentista, scrittore premiato, sofisticato cultore di splendori dimenticati.

 Capace di carotaggi impensabili, scavando nel passato.

Voci e stili, suggestioni, rivisitazioni personalissime, grandi invenzioni poetiche. Sempre visionario, Vinicio Capossela.

Spesso geniale. Imprevedibile, anomalo. Unico.

E adesso anche all’attacco, a viso aperto.

Ai comandi di un vascello inequivocabile: battente bandiera nera, quella dei bucanieri irriducibili.

 Il “jolly roger” del sentimento, l’indignazione civile di stampo pasoliniano.

LA DENUNCIA DEL CANTAUTORE.

Nel 2022, mentre l’Italia marciva sotto i lasciapassare del “Governo dei Migliori”, quello che testava il “moto ondulatorio” dei blindati e cacciava dalla polizia “Nunzia Schilirò”, lui – il capitano Capossela – era già sceso in cambusa: scriveva, componeva.

Si preparava a lasciar esplodere il suo pensiero libero e tagliente, accomodato tra i riverberi e gli spigoli di accenti musicali volutamente ruvidi.

Poi è scoppiata anche la guerra ultima: la guerra dichiarata.

Con il suo intollerabile corollario di menzogne unilaterali, imposte a reti unificate. Non in mio nome, si affretta a dire il cantautore.

 E intanto: giù le mani dalla Russia, intesa come universo umano.

 

«Il conflitto scoppiato in Ucraina sta ovviamente radicalizzando le posizioni, col risultato che tutto quello che è Occidente, in Europa, smette di essere Europa, per farsi invece Patto Atlantico».

Letteralmente sbalorditivo, il coraggio politico di Capossela, intervistato da Didamir Ivic per “Rolling Stone”.

«A me dispiace che in questa maniera venga meno un’idea ben precisa di Europa: quella idea per cui la Russia è assolutamente Europa».

Beninteso, non si tratta di essere “putiniani”.

Niente affatto: «Attenzione, non voglio essere frainteso: quello che intendo dire è semplicemente che è terribile come stiamo perdendo la Russia, intesa non come governo ed entità politica ma come paese, come popolo, come insieme di persone».

FOLLIA, RINUNCIARE ALLA RUSSIA.

Come ogni guerra, anche questa semplifica tutto: e intrappola ogni possibile alternativa nella sola logica, comunque perdente, dello scontro.

 «Questa polarizzazione è una tragedia nella tragedia», sottolinea Capossela.

 «C’è un libro bellissimo di Paolo Nori sulla vita di Dostoevskij, “Sanguina ancora”, dove si racconta di come lo scrittore russo vada alla commemorazione di Pushkin e faccia un discorso in grado di provocare una commozione fortissima».

 Il pubblico infatti si scioglie in lacrime.

Perché il discorso «si basa sul fatto che la Russia è parte dell’Europa: e all’Europa riesce a donare un certo tipo di sangue, di vitalità, che l’Europa stessa in qualche modo stava perdendo».

Proprio Paolo Nori, tra parentesi, si è visto cancellare un corso su Dostoevskij all’università.

«Ecco, appunto: se iniziamo a togliere la cultura come ponte, dove crediamo di poter andare? Certamente esiste un dualismo, fra Occidente e Oriente.

Ma non dovrebbe mai diventare conflitto: un conflitto impoverisce tutti, tantissimo».

L’artista ne fornisce una dimostrazione anche pratica nel brano d’apertura del suo ultimo lavoro, “Il bene rifugio”.

Denuncia: “Il mondo cade a pezzi, il gas sale alle stelle. L’alluminio rincara, il brent impenna. La benzina s’infiamma, l’oro si rafforza. La speranza si riduce”.

L’OCCIDENTE AFFOSSATO DALLA NATO.

Colpa anche nostra, che restiamo sdraiati.

 Dove? “Sul divano occidentale”, risponde l’artista.

Versi ruggenti: “Arruolati da sdraiati disputiamo, guerreggiamo: interventisti. Sul divano sorvoliamo sui conflitti, sulla storia”.

Niente di glorioso: “Col deretano sul divano guerreggiamo, ci diciamo che resistere è il modo per esistere”.

Citando Brecht (“La parte del torto”), il capitano Capossela spara le sue cannonate, una dopo l’altra.

“Voi che vi dite più buoni e più civili, voi che v’imbellettate di cultura, noi che premiamo la paura: per paura dell’altro, con noi vi porteremo dalla parte del torto”.

 

Ecco, la paura: tema-chiave, nelle “Tredici canzoni urgenti”. L’Occidente si è spezzato, ma prima ancora si era lentamente decomposto: e proprio grazie alla paura sono state introdotte le peggiori distorsioni.

Inutile prendersela con la destra – sintetizza Vinicio – se la sinistra ha smesso da tempo di fare il suo mestiere: proteggere le fasce più deboli.

«C’è in effetti un senso di pericolo, di disorientamento, nel vedere quello che succede nel mondo. Credo che sia un fenomeno che nasce forse già negli anni ’90, ma che esplode dopo il G8 a Genova: lì la rappresentanza di un certo tipo di istanze va in pezzi».

LA MORTE DELLA POLITICA.

«C’è un forte processo di atomizzazione: processo che sta contrassegnando tutto quello che è avvenuto e sta avvenendo nel nuovo millennio».

Aggiunge Capossela, sempre parlando a “Rolling Stone” in veste di sociologo e politologo:

«Negli anni ’90, certe istanze e certi modi di vedere il mondo producevano un forte senso di comunità, anche al di fuori delle proprie nicchie di appartenenza.

C’erano degli spazi comuni, non soltanto il comune sentire.

C’erano luoghi e situazioni dove ti potevi ritrovare.

E non da solo: non dietro uno schermo. Ma con altre persone, faccia a faccia».

Ancora: «Ho l’impressione che questo processo di atomizzazione, che si è fatto fortissimo proprio dopo Genova, favorisca una specie di fatalismo».

 La morte della politica tradotta in canzone? Nel modo più diretto:

“Né destra né sinistra, solo potere d’acquisto”.

È il potere, a parlare: “Saremo il vostro specchio, dalla parte del torto”.

Nessuno escluso: “Voi complessisti pacifisti, voi santi ecologisti: noi vi prenderemo anche la parte del torto”.

Ne ha davvero per tutti, il capitano-pirata: “Voi buonisti, voi sinistri ottimati appena nati: siete più sinceri nella parte del torto”.

IL TRADIMENTO DELLA SINISTRA.

Giù la maschera: non si salva nessuno.

È un naufragio senza appello, una catastrofe antropologica.

 Rappresentata in modo crudo, senza sconti.

Capossela affonda il coltello nella piaga: «Non è stata la Meloni o un certo tipo di destra a togliere l’identità a una certa parte politica, sono stati i fatti.

È questa parte politica che ha rinunciato a farsi carico e occuparsi delle istanze sociali legate al mondo del lavoro, alle diseguaglianze che lì si annidano».

Doveva invece occuparsene: «Dovrebbe essere proprio la sua prima vocazione, quella di chi vuole stare “dalla parte del torto” e non dei potenti».

La sinistra?

Certo, doveva stare «dalla parte di chi non ha rappresentanza: di chi non conta nulla, al grande tavolo del capitale».

Problema: «Se hai smesso di occuparti di tutto questo, cosa sei? Sei un’altra cosa, rispetto a prima».

Un’altra cosa, sì: e pure abbastanza orrenda.

 Capace di infliggere alla popolazione anche le vessazioni più inimmaginabili.

E qui bisognerebbe fare un monumento, al capitano Capossela: la sua è l’unica voce, tra quelle che hanno accesso al mainstream, a dire finalmente tutta la verità sulla deriva orwelliana imboccata proprio nel 2020, sotto il regime psico-sanitario del terrore mediatico.

ORRORI E DITTATURA: DAL COVID AL TRANSUMANESIMO.

Le bordate piovono, una dopo l’altra, nel brano “Minorità”.

Un atto d’accusa drammatico, sulla nostra attuale condizione.

Sul passato recentissimo e sul futuro, che assomiglia a un incubo post-umano.

Le restrizioni: “Ora che tutto si è fatto piccino e chiedo permesso pure per prendere l’aria”.

Il lockdown:

“Siamo tutti in un carcere duro, i muri costruiti con la paura”.

Il coprifuoco: “Minorità, larve nell’oscurità”.

Le mascherine: “Esser guardati senza potersi guardare, senza potere cambiare (ma solo consumare, senza evoluzione, chiusi nella prigione della minorità)”.

Si può anche “crepare di irrealtà”, se si accetta di “azzerarsi e ridursi a pipì e pupù”.

 Minorità: “Regredire, non crescere più”.

E magari inoltrarsi in territori abominevoli, quelli tratteggiati dall’orizzonte oscuro chiamato “transumanesimo”.

Il paradiso capovolto degli stregoni di Davos.

La santificazione del delirio “gender fluid” tendenzialmente obbligatorio, ben oltre il cielo sacrosanto dei diritti.

Fino allo sdoganamento dell’utero in affitto.

Sentite Capossela: “Ora che mio padre è un modulo, e sono figlio di una procedura”, un feto in prestito “nella pancia di una balena fissata per procura, che ognuno solleva di responsabilità”.

IL CORAGGIO DI ESSERE SINCERI.

Un salto quantico, rispetto al Vinicio Capossela di ieri? Sì e no.

 È lui stesso a chiarirlo: solo un cieco poteva non sentire la passione anche politica nel retroterra delle sue liriche.

Certo, è cambiata la musica: da “Che coss’è l’amor”, la strada è lunga.

Si passa per “Il ballo di San Vito”, che ha consacrato il cantautore “tarantolato” presso il grande pubblico.

Per arrivare a capolavori come “Canzoni a manovella”, puro distillato di genialità.

Con quel memorabile, sontuoso sberleffo (“Marajà”) dedicato al grottesco autocrate di turno:

far volare la politica sulle ali dell’arte, ecco il segreto dei grandi.

Assenti Gaber e Jannacci, salutati Battiato e De André, chi se non lui – il pirata Vinicio – poteva scarcerare l’anima collettiva tuffandola in un bagno liberatorio di verità?

Parole di fuoco, che arrivano dal mare aperto: profumano di dignità e coraggio.

Finalmente.

«Ormai, tutto è ridotto alla specularità dell’eterno duello: che non cambia minimamente la sostanza delle cose».

Grosso guaio: abbiamo smesso di sapere chi siamo.

«Parliamo di identità: come definirla, oggi?

La si definisce più rispetto a chi hai come nemico, a chi ti scegli come avversario, piuttosto che rispetto a quello che sei veramente».

OLOCAUSTO NUCLEARE?

A questo si è ridotto, il “divano occidentale”: persino alla follia di immaginare un’Europa senza la Russia.

L’Occidente contro l’Oriente?

 «È una faglia che si era già manifestata in Jugoslavia».

Si è spinta sempre più in là, verso Mosca: e adesso infatti travolge l’Ucraina.

Costringendo il pubblico a subire il peggiore degli spettacoli, la guerra, contro la quale Capossela ha scritto versi memorabili anche in quest’ultimo album (da “Gloria dell’archibugio” a “La crociata dei bambini”).

È una subdola prigione, il “divano” occidentale popolato di dormienti: “Sul divano fronteggiamo le paure”.

Una ciurma sotto ipnosi, depistata da mercenari: “Non c’è più noi, non c’è bandiera che non sia il pezzo di sedere occupato e riscaldato sul divano occidentale”.

Ecco perché l’equipaggio si sta inoltrando in acque pericolose: “L’Occidente va alla notte, va a morire con il sole. L’Occidente va alla morte, va a morire con il sonno”. Se ne accorge qualcuno? Macché: “Non si sta poi tanto male, sul divano occidentale”.

Così almeno pensano (“fino al fungo nucleare”, che non vediamo arrivare: come il più atroce dei risvegli).

Parole e musica del capitano Capossela: medaglia d’oro al valor civile, in questa Italia di pavidi e bugiardi, così piena di ipocriti smemorati.

(GIORGIO CATTANEO)

 

 

 

 

IL SEGRETO NUCLEARE DEGLI

STATI UNITI A ZAPORIZHZHYA.

 Visionetv.it – (21 Aprile 2023) – Giulia Burgazzi – ci dice:

Gli Stati Uniti hanno avvertito la Russia di non toccare la loro “tecnologia nucleare sensibile” presente nella centrale nucleare di Zaporizhzhya.

La centrale si trova in Ucraina, è controllata dalla Russia ed è vicinissima alla linea del fronte.

Quale mai sarà il segreto di Zaporizhzhya che gli Usa vogliono difendere?

Non lo dice nessuno.

Si può però avanzare una ragionevole ipotesi: questo segreto riguarda le barre del combustibile nucleare.

IL SEGRETO DELLA TECNOLOGIA SENSIBILE.

La Cnn ha diffuso la notizia dell’ammonimento statunitense il 19 aprile 2023, dopo aver visto una lettera che il dipartimento dell’Energia statunitense ha inviato all’”azienda di Stato russa Rosatom”, attuale gestore di Zaporizhzhya.

La testata non fa ipotesi a proposito della natura della “tecnologia nucleare sensibile”.

Scrive però che la lettera è del marzo scorso.

Tuttavia la Russia ha preso possesso della centrale nucleare nel marzo 2022: un anno prima.

Il tempo intercorso fra la conquista russa di Zaporizhzhya e la lettera statunitense è un particolare consono al fatto che si tratti proprio delle barre del combustibile.

Ma non è l’unico. Andiamo con ordine.

La centrale nucleare di Zaporizhzhya conta sei reattori ed è la più grande d’Europa.

 Come le altre centrali dell’Ucraina, risale a quando il Paese faceva parte dell’Unione Sovietica.

 L’Unione europea ha finanziato l’ammodernamento di tutti questi impianti.

Nei mesi successivi ad Euromaidan – la violenta svolta filo Ue ed atlantista – alle autorità ucraine non piaceva l’idea di dover alimentare le loro centrali nucleari con il combustibile russo, fatto per così dire su misura per le centrali nucleari di epoca sovietica.

Per cui ben presto a Zaporizhzhya sono arrivate barre di combustibile della statunitense Westinghouse.

LA SOSTITUZIONE DEL COMBUSTIBILE.

La sostituzione del combustibile russo con quello statunitense è avvenuta poco per volta, nel corso degli anni.

Non è come cambiare benzinaio: esistono problemi tecnici e di design, e dunque rischi.

Lo ricordava qualche anno fa una rivista di ingegneria nucleare facendo il punto della situazione:

nel 2012, cioè in epoca pre Euromaidan, l’Ucraina aveva già sperimentato il combustibile nucleare made in Usa.

Si era accorta però che le barre di Westinghouse, se usate in centrali nucleari di design sovietico, potevano deformarsi danneggiando il reattore.

 E dunque, allora, aveva lasciato cadere la cosa.

Dopo la svolta atlantista, l’Ucraina ha rispolverato l’idea del combustibile nucleare statunitense anziché russo.

Ma alla luce di quanto era avvenuto nel 2012, l’inizio dell’impiego delle barre Westinghouse a Zaporizhzhya, nel dicembre 2014, ha causato preoccupazione: almeno, l’ha causata fuori dall’Ucraina.

 Si diceva perfino che si fosse verificata una fuga radioattiva, nascosta e negata dalle autorità.

Sono passati quasi 10 anni e gran parte di quelle vicende non è più online.

Bisogna far ricorso alla “macchina del tempo” di Internet per ricostruire i fatti.

Le barre vanno sostituite solo ad intervalli abbastanza lunghi. Quando la centrale nucleare è passata sotto il controllo russo, verosimilmente non era necessario preoccuparsi subito che i russi mettessero le mani sui segreti ad esse connessi.

Si poteva ad esempio sperare (invano) in una riconquista.

QUAL È IL SEGRETO DI ZAPORIZHZHYA?

Che il segreto di Zaporizhzhya riguardi proprio le barre, lo si desume anche da quanto pubblica oggi il magazine” World Nuclear News”.

Non cita Westinghouse, ma scrive che l’impianto possiede combustibile nucleare statunitense sufficiente per quattro anni.

I russi, dice ancora “World Nuclear News”, intendono usare il proprio combustibile e sono disposti a negoziare la questione che sta a cuore agli Stati Uniti.

Negoziare significa “concedere qualcosa in cambio di qualcos’altro”. Cosa vorrà la Russia per restituire intatti i segreti made in Usa?

Però a proposito del segreto nucleare di Zaporizhzhya le ragionevoli supposizioni possono arrivare solo fin qui:

solo cioè fino all’oggetto del segreto, ma non alle sue caratteristiche e al suo valore.

Del resto, altrimenti che segreto sarebbe?

(GIULIA BURGAZZI)

 

 

 

IL MONDO VOLTA LE SPALLE AGLI USA:

ANCHE LULA CON PUTIN E LA CINA.

 Visionetv.it – Giorgio Cattaneo – (19 Aprile 2023) – ci dice: 

 

L’aveva prescritto il medico, che dovesse essere proprio il dollaro a regolare il commercio mondiale?

 Perché non possiamo utilizzare le nostre valute?

 Questo il tono del presidente brasiliano Lula, reduce da una storica visita a Pechino.

Missione: far rinascere l’industria del colosso sudamericano grazie al sostegno cinese, visto che la finanza statunitense starebbe battendo in ritirata.

Colpo durissimo al prestigio yankee:

 parole di fuoco contro l’unilateralismo atlantista anche a Shangai, dove Lula ha incontrato l’ex presidente carioca Dilma Rousseff, oggi a capo della banca di sviluppo” dei Brics.

Autentiche bordate contro i ricatti del “Fondo Monetario Internazionale” in paesi come l’Argentina: chi accetta quei prestiti poi deve sottostare a pesanti condizionamenti politici.

IL BRASILE CONTRO GLI USA.

Già smentiti, a quanto pare, i timori legati all’avvicendamento a Brasilia a spese di Bolsonaro, dopo un risultato elettorale fortemente contestato, tra accuse di brogli e le inquietudini dei militari.

Bolsonaro aveva avuto il coraggio di opporsi al diktat “vaccinale”, allineando il Brasile alla Russia anche nel respingere le sanzioni contro Mosca.

La notizia: oggi lo stesso Lula attribuisce agli Usa la maggiore responsabilità nel conflitto in Ucraina.

Per Washington, un vero e proprio affronto.

 Lo sottolinea John Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale:

«Il Brasile sta ripetendo a pappagallo la propaganda russa e cinese senza guardare ai fatti».

 Parole che dimostrano essenzialmente frustrazione e impotenza:

 agli Usa starebbe sfuggendo il controllo su vaste aree del pianeta.

LULA, I SAUDITI E L’IRAN.

Colpisce sicuramente il posizionamento di Lula, che infrange una serie di tabù atlantisti.

L’antagonista di Bolsonaro era considerato una sorta di” totem della sinistra”, dunque – si presumeva – non ostile all’agenda di Davos di Klaus Schwab contestata dai biechi “sovranisti”.

Il pragmatismo di Lula spiazza tutti: sembra comportarsi come Trump, senza imbarazzi nello stringere alleanze eterodosse.

I media sottolineano un altro passaggio simbolico del viaggio di Lula in Oriente: la tappa ad “Abu Dhabi” per siglare ulteriori accordi economici, dopo quelli con Xi Jinping.

Sullo sfondo: la vicinanza degli Emirati all’Arabia Saudita, protagonista di una ribellione senza precedenti.

Riyad infatti disobbedisce agli Usa, tagliando l’estrazione del greggio in modo da far pesare l’assenza del petrolio russo, colpito dalle sanzioni.

 E i sauditi si avvicinano addirittura all’Iran, partner di Mosca e storico bersaglio degli Stati Uniti.

OCCIDENTE ISOLATO, EUROPA (di origine nazista) KO.

Sta franando il “sistema atlantico”?

 Lo dimostra in modo plastico proprio la geografia delle sanzioni contro la Russia: a essere sempre più isolato è ormai l’Occidente, mentre il resto del mondo (Asia, Africa, Sudamerica) si sta coalizzando per imporre una propria governance, alternativa alla supremazia del dollaro e delle portaerei.

Vero e proprio vaso di coccio, l’Europa:

la Germania sabotata dall’embargo del gas russo, l’Italia ridotta a zerbino della Nato, la Francia dilaniata dalla rivolta sociale contro Macron (l’unico, peraltro, a manifestare insofferenza verso il bellicismo americano).

In Finlandia, poi, gli elettori hanno appena bocciato la giovane Sanna Marin, prototipo della generazione arcobaleno Nato-Davos.

UNGHERIA E POLONIA SFIDANO L’UE.

E se Washington esprime la sua rabbia verso Lula, Bruxelles se la prende – in modo altrettanto tragicomico – con l’Ungheria e la Polonia, entrambe disobbedienti.

Sonoro il ceffone inflitto agli euro-vassalli americani da Orbán, che ha siglato clamorosi accordi energetici con Mosca.

Dal canto loro, i polacchi hanno cessato di sostenere l’Ucraina tramite l’acquisto del grano: rinunciano al cereale proveniente da Kiev.

Analoghi smottamenti sono in corso praticamente ovunque, a cominciare dal Nordafrica.

Le massime potenze regionali, Egitto e Algeria, sono in lista d’attesa per entrare nei Brics, il cartello mondiale trainato da Cina, Russia e India.

La stessa Tunisia ha appena messo alla porta il Fmi.

È Pechino il nuovo playmaker dell’economia africana, mentre paesi come il Burkina Faso chiedono l’aiuto militare della Federazione Russa per stabilizzare le frontiere, minacciate dal neo-terrorismo islamista.

TRUMP: IL MONDO RIDE DELL’AMERICA.

«Il mondo ha perso il rispetto per l’America», ha scandito di recente Donald Trump: «Ormai ridono di noi».

Di sicuro, con Biden, la credibilità della Casa Bianca è crollata.

Ne sanno qualcosa proprio gli africani: si ripetono riunioni di vertice tra paesi che lanciano lo stesso allarme:

armamenti pesanti occidentali che, da Kiev, raggiungono i tagliagole di Boko Haram, succursale africana dell’Isis.

Sembra che stia davvero cadendo in mille pezzi, il vecchio mappamondo americano.

Persino il disastrato Venezuela post-Chávez è riuscito a resistere all’aggressione “yanqui”.

I dietrologi, addirittura, arrivano a sospettare che qualcosa di anomalo (armi segrete?) possa aver aggravato il bilancio del devastante terremoto in Turchia e Siria.

Fantasie?

IN PEZZI IL MAPPAMONDO USA.

Non ci sono prove, del fatto che l’evento sismico non sia stato di origine esclusivamente naturale.

In compenso, non è un mistero l’ostilità degli Usa verso l’ondivago Erdoğan, incline ad accordi proibiti con Mosca:

come quello per l’acquisto del sistema missilistico S-400.

Fino all’altro ieri, Erdoğan era il principale supporter occulto dell’operazione-Isis in Siria.

Ora invece la situazione si è capovolta anche su quel fronte: Ankara e Damasco hanno ricominciato a parlarsi.

Quanto all’altro storico partner regionale della superpotenza atlantica, le immagini parlano da sole:

la popolazione israeliana sta animando una ribellione di massa contro Netanyahu, che vorrebbe nominare lui stesso i giudici che dovrebbero processarlo per corruzione.

Neppure Israele (prudente, sull’Ucraina) è spendibile, in questo momento, per operazioni come quelle in cui sono specializzati i servizi segreti anglosassoni.

ALLEANZA MONDIALE CONTRO IL DOLLARO.

Il mondo guarda: vede benissimo chi è stato, a far saltare i gasdotti.

Capisce che i carri armati russi sono entrati nel Donbass dopo otto anni di bombardamenti ucraini sulla popolazione civile.

 La mano è sempre la stessa:

 quella che ha usato l’11 Settembre per scatenare la “guerra infinita”, come la chiamava Giulietto Chiesa.

Afghanistan e Iraq, poi la Libia, lo Yemen, la Siria.

E adesso, dulcis in fundo, l’Ucraina.

Di fatto, sette miliardi di esseri umani sfuggono al mainstream occidentale.

 E oggi si stanno coalizzando, contro gli abusi del “miliardo d’oro” (o meglio, della sua leadership neoliberista e imperialista).

È un cataclisma geopolitico, quello che sta esplodendo?

 Nel caso, non sfugge il ruolo – anche simbolico – svolto dalla Russia: la fermezza di Putin, nel reggere alla tempesta.

Era stato tutto concertato fin dall’inizio, in modo sotterraneo?

Lo sostengono gli analisti che parlano del silenzioso ritorno al “gold standard” (Quantum Financial System) per liquidare lo storico signoraggio globalista del dollaro e lo strapotere dell’élite atlantista.

E mentre la casta di Washington mette sotto processo Trump, si prenota un altro formidabile outsider: Robert Kennedy Junior, campione della resistenza contro il delirio Covid.

Sarà candidato alle primarie dei democratici.

Missione: insidiare il fortino dei signori della guerra, sempre più feroci.

 E sempre più invisi al resto del mondo.

(GIORGIO CATTANEO).

 

 

 

 

Rimuovere i neoconservatori,

difficile ma necessario.

 Unz.com - RON UNZ – (24 APRILE 2023) – ci dice:

 

 Ecco marito e moglie , “Dem Usa” neo conservatori:

il “neocon di Bush” Robert Kagan e la “neocon di Obama/Biden” Victoria Nuland.

La scorsa settimana ho discusso il ruolo ironico che i neoconservatori dominanti dell'America potrebbero aver giocato nel plasmare i recenti eventi mondiali, forse inavvertitamente producendo un risultato benefico esattamente contrario al loro intento aggressivo.

Nell'ultimo decennio, eminenti scienziati politici come Graham Allison di Harvard e John Mearsheimer dell'Università di Chicago avevano sostenuto che un modello secolare suggeriva che il mondo era bloccato in una "trappola di Tucidide", la probabilità di uno scontro incombente tra il potere globale dominante dell'America e il crescente potere globale della Cina.

Questo conflitto politico e potenzialmente militare non aveva nulla a che fare con le caratteristiche ideologiche o sociali di quei due enormi paesi né con la loro leadership, ma era semplicemente l'inevitabile conseguenza delle dimensioni e del crescente potere della Cina, che minacciava di spostare l'America dalla sua posizione di dominio mondiale.

Il termine si riferiva all'analoga rivalità tra Atene e Sparta che aveva scatenato la lunga guerra del Peloponneso, devastando la Grecia classica.

Nel frattempo, su basi totalmente diverse, la politica estera ideologicamente guidata dei neoconservatori dominanti dell'America ha anche minacciato la guerra globale contro tutti i paesi che hanno rifiutato di accettare l'egemonia americana, con la Russia e l'Iran come obiettivi principali della loro intensa ostilità.

 Durante l'amministrazione Obama, questi individui avevano orchestrato un colpo di stato del 2014 che ha rovesciato il governo filo-russo democraticamente eletto dell'Ucraina.

 Sette anni di rafforzamento militare e provocazioni anti-russe avevano infine portato allo scoppio della guerra in Ucraina all'inizio del 2022, con il primo anno di combattimenti che è già costato molte decine di migliaia di vite, aumentando il rischio della terza guerra mondiale.

Così il mondo ha affrontato due pericoli geopolitici completamente diversi, uno guidato ideologicamente e uno no.

 

Tuttavia, ho poi sostenuto che queste due minacce separate alla pace mondiale potrebbero essersi annullate molto fortuitamente a vicenda.

L'estrema reazione eccessiva dell'Occidente contro la Russia nell'ultimo anno aveva spinto quell'enorme paese ricco di risorse nelle braccia della Cina, e la risultante alleanza Cina-Russia era ora così forte che probabilmente superava il potere geopolitico dell'America e dei suoi alleati.

Inoltre, le oltraggiose misure anti-russe adottate dalla sconsiderata leadership americana – il sequestro di 300 miliardi di dollari nelle riserve finanziarie russe, la distruzione degli oleodotti tedeschi Nord Stream – avevano profondamente alienato molte altre grandi potenze mondiali, che naturalmente gravitavano verso il blocco Cina-Russia come conseguenza, in particolare tra cui Arabia Saudita, Iran, India e Brasile.

Anche alcuni dei nostri più importanti stati vassalli come la Francia e il Giappone sembrano essere recentemente diventati un po' traballanti nella loro fedeltà.

Così, negli ultimi dodici mesi, la coalizione globale allineata con la Cina era rapidamente diventata così schiacciante che la probabilità di qualsiasi conflitto con l'America era notevolmente diminuita.

 L'arroganza aggressiva e l'incompetenza dei Neoconservatori potrebbero aver permesso al mondo di sfuggire alla trappola di Tucidide, aumentando le possibilità che la Cina potesse sostituire l'America come potenza leader mondiale senza spargimento di sangue o aspri conflitti.

Ma anche se questa analisi è corretta e il disastroso fallimento della strategia geopolitica neocon ha inavvertitamente prodotto un risultato positivo, tale comportamento difficilmente può essere scusato.

 Una classe dirigente politica d'élite così incompetente da evitare la guerra distruggendo involontariamente le alleanze strategiche del proprio paese deve ovviamente essere rimossa per timore che futuri errori abbiano conseguenze meno fortunate.

Inoltre, lo stesso tipo di cecità alla realtà che ha prodotto questi disastri strategici americani potrebbe ancora portare a una crisi mortale.

 Forse i Neoconservatori (Dem Usa) non riusciranno a riconoscere gli enormi vantaggi di cui ora gode il blocco Cina-Russia che l'America affronta e continueranno arrogantemente le loro provocazioni militari, innescando infine una guerra più ampia.

Come esempio di tali convinzioni sorprendentemente irrealistiche, il WSJ l'anno scorso ha pubblicato un articolo di un redattore dell'arci-neocon New York Sun che sosteneva che Cina e Russia potrebbero essere contenute con successo dagli Stati Uniti insieme a una manciata di potenze "Rimland" come Israele, Emirati Arabi Uniti e Australia, sebbene le prime superino le seconde forse 50 a 1 in popolazione e base industriale.

Tuttavia, rimuovere i Neoconservatori dall'autorità può essere difficile da raggiungere poiché sono diventati così profondamente radicati nei circoli politici DC e nella più ampia comunità atlantista.

Dopo aver guadagnato influenza nell'amministrazione Reagan durante gli anni 1980 e aver mantenuto gran parte di essa sotto il suo successore George HW Bush, presto iniziarono a dominare pesantemente la politica estera di Bill Clinton.

 Poiché hanno sostenuto il senatore John McCain nelle primarie repubblicane del 2000, sono stati apparentemente esclusi dal potere sotto George W. Bush, non ricevendo una sola nomina di gabinetto;

 eppure, sulla scia degli attacchi dell'9/11, riuscirono comunque a ottenere il controllo dell'intero governo.

 Barack Obama è stato eletto in parte perché sembrava rappresentare il ripudio totale del suo impopolare predecessore, ma nella sua amministrazione i neoconservatori di Bush sono stati semplicemente sostituiti dai neoconservatori di Obama.

Poi, nel 2016, la massiccia repulsione popolare contro entrambi i partiti politici ha inaspettatamente spinto Donald Trump alla Casa Bianca, ma presto ha messo la sua politica estera nelle mani di neoconservatori particolarmente intransigenti come Mike Pompeo e John Bolton, e più recentemente i neoconservatori democratici hanno riconquistato lo stesso ruolo sotto Biden.

Quindi il controllo dei Neoconservatori (Dem Usa) ha resistito per più di trent'anni, estendendosi sia alle amministrazioni democratiche, repubblicane e trumpiste.

Un esempio perfetto di questa straordinaria situazione è il fatto che Robert Kagan, uno dei principali architetti neoconservatori della politica estera di George W. Bush, è il marito di Victoria Nuland, che successivamente ha svolto lo stesso ruolo per Barack Obama e ora Joe Biden.

Un'élite politica così fallimentare e insoddisfacente deve essere cacciata dal potere, eppure a quanto pare questo è più facile a dirsi che a farsi.

 

Una difficoltà è che il termine stesso "Neocon" usato qui è diventato in realtà molto meno significativo di quanto non fosse una volta.

 Dopo aver controllato la politica estera americana per più di tre decenni, promuovendo i loro alleati e protetti ed epurando i loro oppositori, i seguaci di quella visione del mondo ora costituiscono quasi l'intero establishment politico, compreso il controllo dei principali think tank e pubblicazioni.

Ormai, dubito che ci siano molte figure di spicco in entrambi i partiti che seguono una linea nettamente diversa.

 Inoltre, negli ultimi due decenni, i neoconservatori focalizzati sulla sicurezza nazionale si sono in gran parte fusi con i neoliberisti focalizzati sull'economia, formando un blocco ideologico unificato che rappresenta la visione politica del mondo delle élite che gestiscono entrambi i partiti americani.

Già nel 2012 avevo notato l'emergere di quello che equivaleva a uno stato americano a partito unico.

Consideriamo il modello dell'ultimo decennio.

 Con due guerre rovinose e un crollo finanziario al suo record, George W. Bush è stato ampiamente considerato come uno dei presidenti più disastrosi della storia americana, e a volte i suoi numeri di approvazione pubblica sono scesi ai livelli più bassi mai misurati.

La vittoria travolgente del suo successore, Barack Obama, ha rappresentato più un ripudio di Bush e delle sue politiche che altro, e i principali attivisti politici, sia di sinistra che di destra, hanno caratterizzato Obama come l'assoluta antitesi di Bush, sia nel background che nell'ideologia.

Questo sentimento è stato certamente condiviso all'estero, con Obama selezionato per il Premio Nobel per la Pace pochi mesi dopo essere entrato in carica, sulla base dell'ipotesi diffusa che fosse certo di invertire la maggior parte delle politiche del suo detestato predecessore e riportare l'America alla sanità mentale.

Eppure quasi nessuna di queste inversioni ha avuto luogo.

 Invece, la continuità della politica dell'amministrazione è stata così completa e così ovvia che molti critici ora parlano abitualmente dell'amministrazione Bush / Obama.

 

Le dure violazioni dei principi costituzionali e delle libertà civili di cui Bush è stato pioniere dopo gli attacchi dell'9/11 si sono solo ulteriormente intensificate sotto Obama, l'annunciato studioso costituzionale di Harvard e ardente libertario civile, e questo è avvenuto senza la scusa di nuovi importanti attacchi terroristici.

Durante la sua campagna per le primarie democratiche, Obama promise che si sarebbe mosso per porre fine alla futile guerra in Iraq di Bush subito dopo essere entrato in carica, ma invece grandi forze americane rimasero sul posto per anni fino a quando le forti pressioni del governo iracheno alla fine costrinsero la loro rimozione;

nel frattempo, l'esercito di occupazione americano in Afghanistan è effettivamente triplicato.

 Il salvataggio governativo degli odiati manipolatori finanziari di Wall Street, iniziato sotto Bush, è continuato a ritmo sostenuto sotto Obama, senza seri tentativi né di procedimenti giudiziari governativi né di drastiche riforme.

Gli americani stanno ancora soffrendo per lo più attraverso la peggiore recessione economica dalla Grande Depressione, ma i profitti di WALL Street e i bonus multimilionari sono presto tornati a livelli record.

In particolare, la continuità degli alti funzionari è stata notevole.

Come secondo segretario alla difesa di Bush, Robert Gates era stato responsabile della gestione in corso delle guerre straniere e delle occupazioni militari americane dal 2006;

 Obama lo ha tenuto in carica, e ha continuato a svolgere lo stesso ruolo nella nuova amministrazione.

Allo stesso modo, Timothy Geithner era stato uno degli incarichi finanziari più importanti di Bush, giocando un ruolo cruciale nel salvataggio finanziario ampiamente impopolare di WALL Street;

Obama lo promosse segretario del Tesoro e autorizzò la continuazione di quelle stesse politiche.

Ben Bernanke era stato nominato presidente della Federal Reserve da Bush ed è stato riconfermato da Obama.

 Le guerre e i salvataggi di Bush sono diventati guerre e salvataggi di Obama.

Il pubblico americano ha votato per un anti-Bush, ma ha invece ottenuto il terzo mandato di Bush.

Durante la Guerra Fredda, i propagandisti sovietici caratterizzavano abitualmente la nostra democrazia come una farsa, con il pubblico americano che sceglieva semplicemente quale dei due rami intrecciati del loro singolo partito politico dovesse alternarsi al potere, mentre le attuali politiche sottostanti rimanevano essenzialmente invariate, essendo decise e attuate dalla stessa classe dominante corrotta.

Questa accusa potrebbe essere stata per lo più falsa al momento in cui è stata fatta, ma sembra inquietantemente accurata oggi.

Nel 2016 l'insoddisfazione pubblica per gli evidenti fallimenti politici di questo consenso politico bipartisan era diventata così diffusa da fornire un'apertura per un outsider arrabbiato come Donald Trump, un candidato la cui campagna è stata resa possibile dal nuovo potere di Twitter e di altri social media.

Trump era stato considerato un candidato scherzoso quando ha partecipato per la prima volta alle primarie presidenziali repubblicane del 2016, una popolare star dei reality televisivi che non aveva serie possibilità contro pesi massimi politici affermati come il governatore Jeb Bush della Florida e il senatore Ted Cruz del Texas.

In uno dei suoi primi dibattiti, denunciò il presidente George W. Bush per aver mentito all'America nella disastrosa guerra in Iraq, una dichiarazione scioccante che sembrava destinata a condannare la sua candidatura con la base repubblicana conservatrice.

Ma stranamente non è riuscito a intaccare il suo entusiastico sostegno di destra, suggerendo che la nostra politica estera da falco in realtà risuonava molto più profondamente con i donatori repubblicani, i think tanker DC e i lobbisti della Beltway che con gli elettori conservatori delle primarie.

L'inaspettato trionfo di Trump alle primarie contro i suoi avversari repubblicani dell'establishment è stato dovuto principalmente a questioni interne, in particolare alla sua forte attenzione ai temi conservatori caldi dell'immigrazione illegale e degli accordi di libero scambio.

Di conseguenza, è stato considerato un estremo sfavorito contro la campagna democratica di Hillary Clinton, con quest'ultima sostenuta da uno schiacciante vantaggio in termini di denaro e sostegno dei media.

Le posizioni della Clinton rappresentavano il consenso bipartisan dell'élite sulla politica estera, e in uno dei suoi ultimi dibattiti con Trump ha dichiarato che avrebbe immediatamente dichiarato una "No Fly Zone" in Siria contro la forza di spedizione russa a sostegno del governo del presidente Assad, con l'aviazione americana presumibilmente abbattendo qualsiasi aereo russo che continuasse ad attaccare i ribelli antigovernativi.

Un candidato presidenziale che prometteva guerra con la Russia dotata di armi nucleari avrebbe dovuto sollevare qualche sopracciglio, ma i media e le istituzioni politiche americane apparentemente consideravano le sue posizioni solide e sensate in contrasto con le oltraggiose proposte di Trump di ristabilire buone relazioni con i russi.

La vittoria di misura di Trump nella corsa del 2016 ha sbalordito entrambi i partiti politici.

Le istituzioni della sicurezza nazionale dei democratici e dei repubblicani reagirono visceralmente alla possibilità che le sue idee contrarie potessero ora impostare la politica di Washington, e l'organismo politico DC mostrò una feroce reazione immunitaria, cercando di respingere l'ideologia aliena che era stata improvvisamente innestata al vertice del governo americano.

I media mainstream sono stati rapidamente arruolati nello sforzo di delegittimare l'elezione di Trump e frustrare i suoi piani di politica estera.

Sebbene le bizzarre affermazioni secondo cui l'interferenza russa aveva inclinato l'elezione verso Trump – o addirittura l'aveva rubata a titolo definitivo – probabilmente hanno avuto origine dalle scuse imbarazzate della Clinton per spiegare la sua scioccante sconfitta contro ogni previsione, il grido è stato rapidamente ripreso dalla camera di eco dei media e lo scandalo Russiagate ha presto perseguitato la nuova amministrazione Trump.

Di fronte a una valanga di accuse dei media secondo cui Trump era un agente russo e un burattino di Putin, né il presidente né i suoi alti funzionari potevano permettersi il rischio di tentare di riparare le nostre relazioni con quel paese.

Nel frattempo, una vasta gamma di siti web dissenzienti – di destra, di sinistra, razzisti e libertari – sono stati immediatamente etichettati come fonti di disinformazione russe, e sebbene la maggior parte delle accuse fossero assolutamente risibili – Ron Paul un agente russo? – alcune di queste pubblicazioni sono state intimidite da quelle accuse selvagge mentre i nostri guardiani dei social media sono stati esortati a limitare la circolazione di tale materiale.

Tutte queste pressioni esterne sulla nuova amministrazione per seguire la linea dell'establishment sulla politica estera sono state accompagnate anche da pressioni interne, soprattutto dopo che Trump è stato convinto a elevare Mike Pompeo da direttore della CIA a Segretario di Stato alla fine di marzo 2018 e portare John Bolton come suo nuovo consigliere per la sicurezza nazionale nello stesso periodo.

 Bolton era noto come una delle figure più estremamente aggressive dell'amministrazione Bush, uno dei principali sostenitori della guerra in Iraq, e Pompeo era considerato un sostenitore di quelle stesse politiche.

Sebbene le opinioni di Trump potrebbero non essere cambiate, le figure di spicco che gestivano la sua politica estera erano ora solidamente all'interno del consenso neocon della Beltway, anche se situate nella sua estremità più estrema.

Il segretario di Stato Mike Pompeo e il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton dell'amministrazione Trump.

Bolton in particolare sembrava desideroso e disposto a sabotare le iniziative politiche del suo nuovo superiore disattento.

Ad esempio, Trump aveva compiuto notevoli progressi nel persuadere il leader nordcoreano Kim Jong-un ad abbandonare il suo programma di sviluppo di armi nucleari in cambio di garanzie di sicurezza americane, ispirando i leader sudcoreani a suggerire che il presidente americano meritava un premio Nobel per la pace per la sua svolta diplomatica di successo.

Tuttavia, poco dopo la sua nomina, Bolton ha dichiarato che l'accordo sarebbe stato modellato su quello con Muammar Gheddafi della Libia, che aveva rinunciato allo stesso modo ai suoi sforzi per le armi nucleari nel 2004, solo per essere rovesciato e ucciso in una rivolta militare sostenuta dalla NATO del 2011, ponendo fine alla sua vita sodomizzato da una baionetta.

Ciò ha silurato ogni possibilità di un patto con Kim e Trump in seguito ha dichiarato che quelle osservazioni erano state un "disastro" per quanto riguarda i negoziati.

Nello stesso anno Trump stava finalizzando il suo cruciale accordo commerciale con il leader cinese Xi Jinping in una cena privata quando Bolton ordinò segretamente l'arresto di Meng Wanzhou, uno dei dirigenti tecnologici di più alto profilo della Cina mentre cambiava aereo in Canada, un atto che accecò e indignò la leadership cinese.

Secondo un resoconto del WSJ, Trump era completamente all'oscuro di ciò che stava accadendo e in seguito ha chiesto a Bolton "Perché hai arrestato Meng? Non sai che è l'Ivanka Trump della Cina?"

I principali giornalisti hanno persino riferito che gli stessi assistenti senior di Trump a volte nascondevano gli ordini esecutivi che intendeva emettere, impedendogli di firmarli in legge e credendo correttamente che il nostro capo dell'esecutivo disimpegnato se ne sarebbe dimenticato.

Le speranze originali di Trump di migliorare le nostre relazioni con la Russia erano state immediatamente ostacolate dalla bufala del Russiagate, orchestrata dai suoi oppositori dello “Stato Profond”o e dai loro alleati dei media mainstream.

Ma la sua politica nei confronti della Cina ha seguito una traiettoria diversa, e penso che il libro di “Kevin Rudd” del 2022 “The Avoidable War” fornisca una buona panoramica di questi sviluppi.

Come ex primo ministro dell'Australia, “Rudd” si era trasferito negli Stati Uniti nel 2014 dopo aver lasciato l'incarico e in seguito è stato presidente della “Asia Society” con sede a New York City.

 Era ovviamente un individuo molto ben collegato, anche lobbista per la nomina a Segretario Generale delle Nazioni Unite nel 2016, e si stava già concentrando intensamente sulle relazioni tra Cina e America, che sono diventate l'argomento del suo libro successivo.

Il suo racconto spiega la brusca rottura che alla fine si è verificata.

Mentre Rudd racconta la storia, Trump era prevalentemente concentrato sulle questioni commerciali con la Cina e sebbene fosse disposto a prendere posizioni negoziali difficili, ha anche sottolineato l'importanza del suo rapporto personale con il suo "molto, molto buon amico" Xi.

Credeva che la formazione di tali legami rappresentasse un elemento cruciale delle sue capacità di negoziatore ed era estremamente soddisfatto del successo dell'accordo commerciale che i due paesi avevano finalizzato, con “Rudd” invitato alla cerimonia della firma del 15 gennaio 2020 alla Casa Bianca.

Più o meno nello stesso periodo, le prime notizie dell'epidemia di Covid a Wuhan stavano iniziando a raggiungere l'America, ma Trump non ha prestato attenzione alla questione.

Anche settimane dopo che il virus aveva iniziato a diffondersi in tutto il mondo, Trump ha continuato a lodare gli sforzi di successo dei leader cinesi nel controllare la malattia nel proprio paese, ignorando qualsiasi rischio che potesse rappresentare per gli Stati Uniti.

 Solo dopo che la fiorente epidemia globale ha innescato un crollo del mercato azionario tra le indicazioni di diffusi focolai americani, Trump ha iniziato a incolpare la Cina per la catastrofe, criticando aspramente quel paese alla fine di marzo e suggerendo che il virus potrebbe essere fuggito da un laboratorio di virologia cinese.

Questo cambiamento sembrava aver riflesso la crescente influenza di Pompeo, una delle principali figure anti-cinesi nell'amministrazione Trump, e in effetti il nostro canale di propaganda “Radio Free Asia “affiliato alla CIA aveva già iniziato a sostenere che il Covid era un'arma biologica cinese sfuggita mesi prima, il 9 gennaio, prima ancora che si verificasse la prima morte.

Secondo il racconto di “Rudd”, l'impatto politico dell'epidemia di Covid è stato enorme, essendo interamente responsabile del completo capovolgimento della politica cinese di Trump, che è stata trasformata da difficili negoziati sul commercio ma altrimenti cooperazione strategica amichevole in intensa ostilità internazionale.

E quel cambiamento epocale nella posizione americana sulla Cina è rimasto anche dopo che Biden ha sostituito Trump nel gennaio 2021.

 

 

Come hanno dimostrato le elezioni di Barack Obama e Donald Trump, anche la sorprendente vittoria politica di qualcuno percepito come un outsider estremo sembra avere un impatto molto minore sulla politica estera americana di quanto ci si potrebbe aspettare.

Negli ultimi due decenni, le istituzioni politiche di entrambi i partiti sono state così pesantemente assorbite dalla “visione del mondo neocon” che potrebbe essere necessario un terremoto geopolitico di portata generazionale per rimuovere la loro presa sul potere.

Ma guarda caso, negli ultimi tre anni la società americana ha vissuto esattamente un tale terremoto.

 L'epidemia di Covid ha ucciso oltre un milione di americani e sconvolto notevolmente la vita di tutti gli altri, certamente pari al più grande disastro che la nostra società abbia vissuto dalla Grande Depressione più di tre generazioni fa.

Inoltre, l'improvvisa comparsa del virus ha avuto anche un drastico impatto politico, guidando l'intensa ostilità nei confronti della Cina che ha governato la nostra vita politica dall'inizio del 2020.

Eppure, nonostante la sua enorme importanza e impatto sul mondo, l'effettiva origine di questa malattia calamitosa ha ricevuto molta meno attenzione di quanto meriti, e quella discussione è stata estremamente circoscritta sia nel mainstream che persino nei media alternativi.

 Da gennaio 2020, il dibattito pubblico è stato quasi interamente limitato a due grandi teorie sulle origini del Covid.

La maggior parte dell'establishment scientifico e dei media ha rapidamente dichiarato che il virus era naturale ed era apparso casualmente nella città di Wuhan alla fine del 2019.

 Nel frattempo, una forte opinione minoritaria diffusa su Internet aveva sostenuto che il virus era stato bioingegnerizzato in un laboratorio di Wuhan e accidentalmente fuoriuscito nella città circostante, scatenando l'epidemia globale.

L'anno scorso ho esaminato le prove contraddittorie e gli argomenti dei principali sostenitori di entrambe le parti, suggerendo che una terza possibilità esclusa era la soluzione migliore.

Penso che questi scambi dimostrino che, in misura considerevole, i due campi principali sul dibattito sulle origini del Covid si sono parlati.

 

Le testimonianze fornite da “Quammen” e “Holmes” hanno fortemente contestato la possibilità di qualsiasi perdita di laboratorio a Wuhan, suggerendo che ciò dimostra che il virus deve essere stato naturale, anche se sono mai stati fatti pochi argomenti su quest'ultimo punto;

Al massimo, hanno sollevato alcuni dubbi sulla forza delle prove per la bioingegneria.

Nel frattempo, gli articoli e i documenti di “Wade”, “Sachs”, “Bruttel” e altri hanno fornito prove evidenti che il virus era artificiale.

 Tutto ciò è stato solitamente interpretato come supporto per l'ipotesi della perdita di laboratorio, anche se sono state presentate pochissime prove che si siano verificate perdite di laboratorio.

Eppure l'apparente somma vettoriale di questi argomenti contrastanti è la conclusione che il virus Covid non è trapelato dal laboratorio di Wuhan né era naturale, e questo suggerisce che il dibattito pubblico è stato impropriamente limitato solo a queste due possibilità.

Per più di 30 mesi ho sottolineato che ci sono in realtà tre ipotesi perfettamente plausibili per l'epidemia di Covid.

 Il virus potrebbe essere stato naturale, apparso casualmente a Wuhan durante la fine del 2019;

il virus potrebbe essere stato il prodotto artificiale di un laboratorio scientifico di Wuhan, che è trapelato accidentalmente in quel momento;

oppure il virus potrebbe essere stato il prodotto bioingegnerizzato del programma di guerra biologica da cento miliardi di dollari dell'America, il più antico e il più grande del mondo, un'arma biologica schierata contro la Cina e l'Iran da elementi dell'amministrazione Trump al culmine del nostro ostile confronto internazionale con quei paesi.

Le prime due possibilità sono state ampiamente discusse e dibattute attraverso i media mainstream e alternativi occidentali, mentre la terza è stata quasi totalmente ignorata, nonostante alti funzionari governativi russi, iraniani e cinesi abbiano pubblicamente accusato l'America di rilasciare Covid in un attacco deliberato di guerra biologica.

In effetti, a partire da aprile 2020 ho pubblicato una lunga serie di articoli sostenendo che ci sono prove forti forse anche schiaccianti a favore di quella terza possibilità ignorata.

Lo scorso dicembre avevo discusso e recensito diversi importanti libri recenti sulle origini del virus Covid, tutti a sostegno dell'ipotesi della perdita di laboratorio.

 Ho notato che nessuno degli autori – “Jasper Becker”, “Sharri Markson”, “Alina Chan” e “Matt Ridley” – aveva osato anche solo prendere in considerazione la terza possibilità esclusa, forse perché le realtà dell'industria editoriale richiedevano loro di applicare tale "crimestop" orwelliano al loro pensiero.

 Pochi giorni fa abbiamo superato il terzo anniversario del mio articolo originale di aprile 2020 in cui avevo delineato i probabili motivi di questo attacco.

Se il virus fosse stato rilasciato intenzionalmente, il contesto e il motivo di un tale attacco di guerra biologica contro la Cina non potrebbero essere più evidenti.

Sebbene i nostri media in malafede continuino a fingere il contrario, le dimensioni dell'economia cinese hanno superato quelle della nostra diversi anni fa e hanno continuato a crescere molto più rapidamente.

 Le aziende cinesi hanno anche assunto un ruolo guida in diverse tecnologie cruciali, con Huawei che è diventata il principale produttore mondiale di apparecchiature per le telecomunicazioni e domina l'importante mercato 5G.

La “Belt and Road Initiative” cinese ha minacciato di riorientare il commercio globale attorno a una massa continentale eurasiatica interconnessa, diminuendo notevolmente l'influenza del controllo americano sui mari.

Seguo da vicino la Cina da oltre quarant'anni e le linee di tendenza non sono mai state più evidenti.

Nel 2012, ho pubblicato un articolo dal titolo provocatorio "L'ascesa della Cina, la caduta dell'America?" e da allora non ho visto alcun motivo per rivalutare il mio verdetto.

Per tre generazioni dopo la fine della seconda guerra mondiale, l'America era stata la suprema potenza economica e tecnologica del mondo, mentre il crollo dell'Unione Sovietica trent'anni fa ci ha lasciato come l'unica superpotenza rimasta, di fronte a nessun rivale militare concepibile.

 La crescente sensazione che stessimo rapidamente perdendo quella posizione incontrastata aveva certamente ispirato la retorica anti-cinese di molte figure di alto livello dell'amministrazione Trump, che hanno lanciato una grande guerra commerciale subito dopo essere entrati in carica.

La crescente miseria e l'impoverimento di ampi settori della popolazione americana hanno naturalmente lasciato questi elettori alla ricerca di un comodo capro espiatorio, e i prosperi cinesi in ascesa sono diventati un bersaglio perfetto.

Nonostante il crescente conflitto economico dell'America con la Cina negli ultimi due anni, non avevo mai considerato la possibilità che le cose potessero prendere una piega militare.

I cinesi avevano da tempo schierato missili avanzati a raggio intermedio che molti credevano potessero facilmente affondare le nostre portaerei nella regione, e avevano anche generalmente migliorato il loro deterrente militare convenzionale.

Inoltre, la Cina era in buoni rapporti con la Russia, che a sua volta era stata oggetto di intensa ostilità americana per diversi anni;

 e la nuova suite di rivoluzionari missili ipersonici della Russia aveva drasticamente ridotto qualsiasi vantaggio strategico americano.

Così, una guerra convenzionale contro la Cina sembrava un'impresa assolutamente senza speranza, mentre gli eccezionali uomini d'affari e ingegneri cinesi stavano costantemente guadagnando terreno contro il sistema economico decadente e pesantemente finanziarizzato dell'America.

In queste difficili circostanze, un attacco americano di guerra biologica contro la Cina avrebbe potuto sembrare l'unica carta rimasta da giocare nella speranza di mantenere la supremazia americana.

 La negazione plausibile ridurrebbe al minimo il rischio di qualsiasi rappresaglia diretta cinese e, in caso di successo, il terribile colpo inflitto all'economia cinese la farebbe arretrare per molti anni, forse anche destabilizzando il suo sistema sociale e politico.

 L'uso di media alternativi per promuovere immediatamente teorie secondo cui l'epidemia di coronavirus era il risultato di una fuga di notizie da un laboratorio di guerra biologica cinese era un mezzo naturale per prevenire eventuali successive accuse cinesi su linee simili, consentendo così all'America di vincere la guerra di propaganda internazionale prima ancora che la Cina avesse iniziato a combattere.

Una decisione da parte di elementi del nostro establishment della sicurezza nazionale di condurre una guerra biologica nella speranza di mantenere il potere mondiale americano sarebbe stato certamente un atto estremamente sconsiderato, ma l'estrema incoscienza è diventata un aspetto regolare del comportamento americano dal 2001, specialmente sotto l'amministrazione Trump.

Solo un anno prima avevamo rapito la figlia del fondatore e presidente di Huawei, che era anche CFO e classificato come uno dei massimi dirigenti cinesi, mentre all'inizio di gennaio abbiamo improvvisamente assassinato il principale leader militare iraniano.

Sotto questa ricostruzione esplosiva, l'epidemia di malattia Covid che ha preso più di milioni di vite americane è il risultato del contraccolpo di un fallito attacco di guerra biologica americana contro la Cina (e l'Iran), un attacco effettuato senza la conoscenza o l'approvazione del presidente Donald Trump.

Tutte le prove convincenti a sostegno di questa controversa ipotesi sono state facilmente disponibili nelle fonti dei media mainstream dall'inizio del 2020, ma pochissime persone in tutto il mondo sono state disposte a riconoscerla o menzionarla.

La mia lunga serie di articoli ha presentato e analizzato tutto questo materiale e lo ha anche collocato nel contesto della storia nascosta dei programmi di guerra biologica di lunga data dell'America.

Questi pezzi sono stati raccolti in un ebook scaricabile gratuitamente.

Sebbene gli articoli contengano molte decine di migliaia di parole, alcune delle prove più sorprendenti possono essere riassunte in pochi paragrafi per lo più estratti dal mio articolo originale di aprile 2020.

Ad esempio, nel 2017 Trump ha portato “Robert Kadlec”, che dal 1990 era stato uno dei principali sostenitori della guerra biologica americana.

L'anno successivo nel 2018 una misteriosa epidemia virale ha colpito l'industria avicola cinese e nel 2019, un'altra misteriosa epidemia virale ha devastato l'industria cinese della carne suina ...

Fin dai primi giorni dell'amministrazione, i principali funzionari di Trump avevano considerato la Cina come il più formidabile avversario geopolitico dell'America e orchestrato una politica di confronto.

Quindi, da gennaio ad agosto 2019, il dipartimento di “Kadlec” ha eseguito l'esercizio di simulazione "Crimson Contagion", che coinvolge l'ipotetico focolaio di una pericolosa malattia virale respiratoria in Cina, che alla fine si diffonde negli Stati Uniti, con i partecipanti che si concentrano sulle misure necessarie per controllarlo in questo paese.

 Come uno dei maggiori esperti di guerra biologica americani, “Kadlec” aveva sottolineato l'efficacia unica delle armi biologiche già alla fine del 1990 e dobbiamo lodarlo per la sua considerevole preveggenza nell'aver organizzato un importante esercizio di epidemia virale nel 2019 che era così notevolmente simile a quello che in realtà è iniziato nel mondo reale solo pochi mesi dopo.

Con i principali funzionari di Trump molto innamorati della guerra biologica, ferocemente ostili alla Cina e che eseguono simulazioni su larga scala del 2019 sulle conseguenze di una misteriosa epidemia virale in quel paese, sembra del tutto irragionevole ignorare completamente la possibilità che tali piani estremamente spericolati possano essere stati discussi privatamente e alla fine implementati, anche se probabilmente senza l'autorizzazione presidenziale.

Ma con le orribili conseguenze della nostra successiva inazione governativa che sono ovvie, elementi all'interno delle nostre agenzie di intelligence hanno cercato di dimostrare che non erano quelli addormentati all'interruttore.

All'inizio di questo mese, una storia di “ABC News” ha citato quattro fonti governative separate per rivelare che già alla fine di novembre, una speciale unità di intelligence medica all'interno della nostra “Defense Intelligence Agency” aveva prodotto un rapporto che avvertiva che un'epidemia di malattia fuori controllo si stava verificando nell'area cinese di Wuhan e ampiamente distribuito quel documento tra i vertici del nostro governo. avvertendo che dovrebbero essere prese misure per proteggere le forze statunitensi di stanza in Asia.

 Dopo che la storia è andata in onda, un portavoce del Pentagono ha ufficialmente negato l'esistenza di quel rapporto di novembre, mentre vari altri funzionari governativi e di intelligence di alto livello si sono rifiutati di commentare.

Ma pochi giorni dopo, la televisione israeliana ha menzionato che a novembre l'intelligence americana aveva effettivamente condiviso un tale rapporto sull'epidemia della malattia di Wuhan con la NATO e gli alleati israeliani, sembrando così confermare in modo indipendente la completa accuratezza della storia originale di “ABC News” e delle sue diverse fonti governative.

Sembra quindi che elementi della Defense Intelligence Agency fossero a conoscenza dell'epidemia virale mortale a Wuhan più di un mese prima di qualsiasi funzionario dello stesso governo cinese.

A meno che le nostre agenzie di intelligence non abbiano aperto la strada alla tecnologia della precognizione, penso che ciò possa essere accaduto per la stessa ragione per cui i piromani hanno la prima conoscenza degli incendi futuri.

Secondo questi resoconti dei media mainstream di origine multipla, entro "la seconda settimana di novembre" la nostra “Agenzia di intelligence della difesa” stava già preparando un rapporto segreto che avvertiva di un'epidemia di malattia "cataclismica" che si stava verificando a Wuhan.

Eppure, a quel punto, probabilmente non più di un paio di dozzine di persone erano state infettate in quella città di 11 milioni, con pochi di questi che avevano ancora sintomi gravi.

 Le implicazioni sono piuttosto ovvie. Inoltre:

Quando il coronavirus ha iniziato gradualmente a diffondersi oltre i confini della Cina, si è verificato un altro sviluppo che ha moltiplicato notevolmente i miei sospetti.

La maggior parte di questi primi casi si era verificata esattamente dove ci si potrebbe aspettare, tra i paesi dell'Asia orientale confinanti con la Cina.

Ma alla fine di febbraio l'Iran era diventato il secondo epicentro dell'epidemia globale.

Ancora più sorprendentemente, le sue élite politiche erano state particolarmente colpite, con un pieno 10% dell'intero parlamento iraniano presto infettato e almeno una dozzina di suoi funzionari e politici morti a causa della malattia, compresi alcuni che erano piuttosto anziani.

In effetti, gli attivisti neoconservatori su Twitter hanno iniziato a notare allegramente che i loro odiati nemici iraniani stavano cadendo come mosche.

Consideriamo le implicazioni di questi fatti.

 In tutto il mondo le uniche élite politiche che hanno ancora subito perdite umane significative sono state quelle dell'Iran, e sono morte in una fase molto precoce, prima ancora che focolai significativi si verificassero quasi in qualsiasi altra parte del mondo al di fuori della Cina.

 Così, abbiamo l'America che assassina il principale comandante militare iraniano il 2 gennaio e poi solo poche settimane dopo gran parte delle élite dominanti iraniane sono state infettate da un nuovo virus misterioso e mortale, con molti di loro che presto moriranno di conseguenza.

 Potrebbe un individuo razionale considerare questo come una semplice coincidenza?

Gli stessi iraniani erano ben consapevoli di questi fatti, e i loro principali leader politici e militari hanno accusato pubblicamente l'America di un attacco illegale di guerra biologica contro il loro paese e la Cina, con il loro ex presidente che ha persino presentato una protesta ufficiale alle Nazioni Unite.

Ma sebbene queste accuse esplosive siano state ampiamente riportate dalla stampa iraniana, sono state completamente ignorate dai media americani in modo che quasi nessun americano ne sia mai venuto a conoscenza.

 

 

 

La rinascita della fabbrica,

l’America torna in gioco.

Corriere.it – (22-4-2023) - Federico Rampini – ci dice:

 

Per sganciarsi dalla dipendenza cinese, Joe Biden rilancia la produzione industriale: incentivi e politiche ad hoc hanno già creato 800mila posti di lavoro.

La rinascita della fabbrica, l’America torna in gioco.

L’Occidente può riscoprirsi una vocazione industriale, perfino un «mestiere operaio», a certe condizioni.

Ci eravamo convinti del contrario.

L’esempio americano costringe a un ripensamento, utile anche per l’Italia.

In due anni gli Stati Uniti hanno riportato a casa ottocentomila posti di lavoro, aprendo nuove fabbriche in attività che prima erano state delocalizzate, in Cina o altrove.

Sembra cominciato quel ritorno di attività manifatturiera reso auspicabile da pandemia e guerra, che hanno rivelato la nostra vulnerabilità.

Molti erano scettici perché l’America per tornare a «fabbricare cose» deve superare problemi noti in Italia:

costi alti, mancanza di manodopera, vincoli di natura ambientalista o burocratica. Di fatto sta superando quegli ostacoli.

 L’industria Usa si è rimessa a fare una cosa che sembrava appartenere al passato: aprire nuove fabbriche sul proprio territorio.

Ritorno in fabbrica.

Il WALL Street Journal in una recente inchiesta annunciava «America Is Back in the Factory Business», cioè l’America è di ritorno nel mestiere di fabbrica.

I dati del censimento indicano che nel solo 2022 sono stati investiti 108 miliardi di dollari nella costruzione di nuovi stabilimenti produttivi, molto più di quanto è stato speso per costruire uffici.

 I numeri vanno messi nella giusta prospettiva.

 Ottocentomila nuovi assunti in un biennio, ri-localizzando attività dai paesi emergenti, sono tanti ma non tantissimi, visto che in un solo mese (marzo) il mercato del lavoro Usa ha generato 236.000 assunzioni.

 Un altro punto di riferimento è il totale degli occupati nell’industria: 13 milioni.

 Non si ribalta in poco tempo un flusso di delocalizzazioni che durava da trent’anni.

 Dopo gli accordi Nafta degli anni Novanta che avevano creato il mercato unico con Canada e Messico, dopo l’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio (2001), lo smantellamento di attività manifatturiere aveva eliminato dai sei ai dieci milioni di posti di lavoro operai in America, secondo le stime più diffuse.

Il rilancio della produzione industriale.

La globalizzazione.

Quell’età aurea della globalizzazione si è infranta negli shock del Covid e della guerra di Putin.

 Abbiamo scoperto i costi di una dipendenza eccessiva da fornitori lontani.

 Dai lockdown alle sanzioni, gli ostacoli recenti al flusso globale delle merci ci hanno allarmato.

Sparpagliare su più continenti produzioni essenziali ha ridotto i costi ma ci ha reso fragili: come consumatori, pazienti, cittadini.

 Le auto non arrivano più dai concessionari senza i semiconduttori da Taiwan o dalla Corea.

Certi medicinali scarseggiano se mancano principi attivi prodotti in Cina.

I materiali indispensabili per le tecnologie verdi (batterie per auto elettriche, pannelli solari) sono appesi a catene di fornitori che vanno dalla Bolivia al Congo, con un passaggio finale (la trasformazione) nella solita Cina.

Gli ottocentomila posti «tornati a casa» in America non sono un numero enorme però possono segnalare un’inversione di tendenza, l’inizio di una fase nuova, all’insegna dell’autodifesa.

Resta molto da fare.

 Non appena la Cina ha decretato la fine della pandemia le sue esportazioni hanno ripreso a galoppare.

 È segno che siamo ancora dipendenti.

Però l’esperienza degli Stati Uniti indica che la dipendenza può cominciare ad attenuarsi, in quei settori giudicati prioritari per la sicurezza nazionale o per il futuro assetto dell’energia.

Circa la metà delle nuove fabbriche che sono state costruite in America nel biennio, si concentrano in due settori soltanto: i semiconduttori e le batterie elettriche.

 Possiamo continuare a importare tanto «made in China», purché non consegniamo a Xi Jinping le chiavi del nostro futuro energetico e tecnologico.

Né basta spostare produzioni verso Paesi emergenti più affidabili come India, Vietnam, Bangladesh.

L’Italia può aspirare ad attrarre investimenti per le ri-localizzazioni, e in effetti molte imprese italiane ci stanno pensando, come rivela un’indagine di Lorenzo Tavazzi per Ambrosetti-Promos.

Gli ostacoli sono noti.

I costi più elevati a cominciare dal lavoro.

La mancanza di manodopera con vocazione e formazione operaia o tecnico-ingegneristica.

 La burocrazia, che la Cina comunista alleggerì fin dagli anni Ottanta con la proliferazione delle «zone economiche speciali» dove ogni procedura è semplificata.

Il pragmatismo.

Il caso americano indica che il pragmatismo aiuta, se non proprio a eliminare, quantomeno ad attenuare quegli ostacoli.

Sul fronte dei costi, il lavoro operaio è ancora più caro in America che in Italia. Però si può guadagnare competitività con l’automazione e si possono compensare i costi con i sussidi pubblici.

 L’Amministrazione Biden dà l’esempio con due leggi varate nel biennio, “l’Inflation Reduction Act” che eroga aiuti di Stato per le tecnologie sostenibili (370 miliardi di dollari).

Altri 280 miliardi di dollari sono nella manovra a favore di ricerca e innovazione;

di cui 52 miliardi riservati ai semiconduttori nel “Chips Act”.

In un certo senso Washington «copia Pechino», dopo decenni in cui l’industria cinese ha fatto terra bruciata in casa nostra con la concorrenza sleale sostenuta dai suoi aiuti di Stato.

 L’Unione europea prima ha esitato a inseguire Xi Jinping e Biden su questo terreno, di recente sembra più flessibile.

Purtroppo la Germania ha ben più risorse di noi da destinare a questo genere di politica industriale.

Però i soldi del Pnrr se ben spesi aiuterebbero anche l’Italia.

In quanto alla penuria di manodopera operaia, anche qui è visibile il pragmatismo americano.

Biden è «trumpiano» contro gli ingressi illegali, ma ha riaperto i canali dell’immigrazione legale chiesta dalle imprese (sette milioni di permessi di lavoro nel 2022).

 Inoltre non è del tutto vero che gli americani non vogliono più lavorare nell’industria: a certe condizioni lo fanno.

 È istruttivo scoprire che nel dopo-pandemia, e con le frontiere semi-chiuse all’immigrazione, il tasso di disoccupazione della componente «black» è sceso ai minimi storici, ormai vicino a quello dei bianchi.

 Il dato va affiancato a quello sui forti aumenti salariali per le mansioni operaie.

Se pagate bene, le vocazioni manifatturiere rinascono.

La burocrazia.

Sui costi dell’energia Biden mescola ambientalismo e realismo:

le energie fossili non possono essere abbandonate di colpo, se non si vuole penalizzare la competitività e uccidere lo sviluppo.

 In quanto alla semplificazione burocratica, come rispondere al proliferare di «zone economiche speciali» che dalla Cina ad altri Paesi emergenti offrono sportelli unici, corsie preferenziali, procedure veloci e semplificate, sconti fiscali?

L’America ha una forma estrema di federalismo, per cui a volte è lo stesso governatore di uno Stato a offrire direttamente facilitazioni e incentivi in aggiunta a quelli federali, per attirare multinazionali come Tsmc (taiwanese), Samsung e Lg (sudcoreane) a costruire fabbriche sul suo territorio.

 Si può obiettare che questa è una nuova concorrenza al ribasso, in cui gli Stati, le regioni, perfino le città, fanno a gara nel ridurre gli oneri sulle imprese.

La risposta a questa obiezione non si limita a constatare che «così fan tutti».

Va aggiunto che la pretesa occidentale di esportare regole, di raddrizzare tutti i torti del mondo a colpi di imposizioni e controlli, tasse e balzelli, non ha dato risultati spettacolari.

 La rinascita del made in Usa, per quanto allo stadio iniziale, dimostra che buon senso e moderazione potrebbero tornare di moda.

 

 

Il lavoro nelle nostre mani.

Nelcuoredelpaese.it – Redazione -Cristina Maccarone – (10 – 02 – 2023) – ci dice:

 

La storia degli operai e soci “Raviplast”.

Un'azienda in crisi, quattro anni di incertezza, la paura di rimanere a casa senza stipendio: come può un gruppo di operai salvare il proprio lavoro?

Eravamo riuniti in assemblea, informati del progetto di ricomprare l’azienda.

Era impossibile non accorgersi che sarebbe stato un impegno a tempo pieno: eppure nessuno si è tirato indietro.

Diventare imprenditori dopo essere stati dipendenti è un salto che richiede coraggio.

Ma la scelta di investire i nostri risparmi in una cooperativa per rilevare la fabbrica ci faceva meno paura di perdere il lavoro.

Quattro anni d’incertezza.

Dopo 30 anni di lavoro nella Pansac ho visto la crescita e il declino di questa azienda una volta leader nel settore di imballaggi plastici.

Nel 2010 infatti cominciano le difficoltà economiche:

il lavoro non manca, ma la Pansac entra in crisi finanziaria a causa della cattiva gestione del proprietario.

 Iniziano quattro anni duri, anni di incertezza per chi di noi aveva bambini, famiglia, un mutuo per la casa da pagare.

Durante gli anni di amministrazione straordinaria e di cassa integrazione abbiamo vissuto con la paura della chiusura imminente.

 Non riuscivamo a trovare compratori, e messi alle strette abbiamo realizzato che per salvare il posto di lavoro dovevamo prendere in mano la situazione.

 Allora abbiamo deciso costituire la “Raviplast”, società cooperativa, per rilevare la “Pansac”.

La rinascita della fabbrica.

Con l’aiuto delle tre centrali cooperative provinciali (Confcooperative, Legacoop e Agci) abbiamo avviato l’analisi di fattibilità per creare un’azienda solida dal punto di vista finanziario.

Siamo stati noi lavoratori con le nostre indennità a costruire il capitale sociale, a cui si sono aggiunti i fondi di sviluppo delle centrali cooperative e i finanziamenti delle banche, tra cui la BCC Ravennate e Imolese.

"Diventare cooperativa per salvare il lavoro è un impegno a tempo pieno. Ma nessun operaio si è tirato indietro".

Dare vita alla cooperativa significa che adesso decisioni come comprare un nuovo macchinario o organizzare i turni di lavoro non vengono dall’alto: si prendono assieme.

Ma è anche una scommessa nelle capacità di ogni lavoratore di impegnarsi più di prima – siamo noi ad essere responsabili dei successi o insuccessi dell’azienda.

Ho lavorato per 30 anni qui, ho pensato spesso che se l’azienda fosse stata mia, mi sarei comportato in modo diverso in molte circostanze.

 Adesso che l’azienda è in parte anche mia, è l’occasione per mettere in pratica le nostre ambizioni e le nostre idee.

I primi risultati sono incoraggianti e guardiamo con speranza al futuro. Con il lavoro nelle nostre mani, è la nostra occasione per dimostrare di cosa siamo capaci.

 

 Smart working e coworking per migliorare il welfare aziendale.

(Cristina Maccarrone).

Andare oltre il telelavoro per far stare meglio i dipendenti, ma anche attrarre talenti e cambiare la cultura:

sono solo alcuni dei motivi per cui le imprese scelgono il lavoro agile, che spesso trova un’ottima soluzione nel coworking.

Per qualcuno, fino a una manciata di anni fa, erano solo una moda passeggera.

E invece smart working e coworking sono entrati nel vocabolario di tutti, anche di chi in effetti non li ha mai provati direttamente, che dimostra che non sono delle tendenze, ma dei veri e propri, per dirla all’inglese, “state of mind”, ossia degli stati mentali o, meglio ancora, dei modi di essere.

Vediamo in che modo hanno cambiato il mondo del lavoro, non solo lato dipendente, ma anche lato imprese e come far sì che siano davvero uno strumento di welfare e non soltanto un investimento fine a sé stesso.

Smart working in crescita tra le grandi imprese, meno tra le PMI.

I numeri parlano chiaro: secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, i cui dati risalgono all’ottobre del 2019, gli smart worker, che godono di flessibilità e autonomia nella scelta di orari e posto dove lavorare, sono 570 mila, +20% rispetto al 2018.

 E sono anche mediamente soddisfatti, più di chi svolge il lavoro in modalità “tradizionale”, ossia andando in ufficio ogni giorno.

 Il 76% è contento della sua professione, contro il 55% di altri dipendenti e uno su tre si sente pienamente coinvolto nella realtà in cui opera, contro il 21% degli altri colleghi.

Non solo lavoratori soddisfatti, nel 2019 anche le grandi imprese che hanno attivato progetti di smart working sono cresciute del 2%, passando dal 56% del 2018, al 58% di adesso.

 Oltre a queste, vanno considerate altre percentuali importanti, oseremmo dire quasi “culturali”.

 Il 7% delle imprese non ha ancora attuato lo smart working, ma ha avviato iniziative informali e c’è un 5% che prevede di farlo nell’anno che verrà.

 Certo, se siete bravi in matematica, vi sarete accorti che manca un pezzo: ossia il restante 30%.

Di questi, il 22% parla di una generica introduzione futura, di cui l’8% non sa se lo farà mai, o comunque non è particolarmente interessato.

 

E cosa succede alle PMI?

Per loro il segno è positivo quanto ai progetti strutturati, passati dall’8% al 12%, mentre quelli informali dal 16 al 18%, ma continuano ad esserci molte imprese disinteressate al tema, probabilmente per una questione culturale e non solo di mezzi.

I benefici e le criticità dello smart working.

I benefici poi, sono tutt’altro che trascurabili.

Come viene fuori sempre dalla ricerca – condotta su un campione di 1000 persone tra cui impiegati, quadri e dirigenti di organizzazioni con almeno 10 dipendenti – questi sono i principali vantaggi:

miglioramento dell’equilibrio tra vita professionale e privata (46%);

aumento della motivazione e del coinvolgimento dei lavoratori (35%);

soddisfazione lavorativa (32%).

Ci sono però delle criticità:

secondo i manager intervistati, tra queste c’è la difficoltà nel gestire le urgenze, come asserisce il 34%, nell’utilizzare le tecnologie (32%) e nel pianificare le attività (26%).

Se ancora state facendo i conti, sappiate che il restante 46% dei manager non riscontra invece nessun problema.

"Le aziende vogliono aumentare l’engagement e l’attrazione verso i talenti".

Diverso è il modo di intendere lo smart working dai principali protagonisti, ossia gli smart worker:

per loro la prima criticità è l’isolamento, come dice il 35%, seguito dalle distrazioni esterne (21%) e tra gli ultimi posti i problemi di comunicazione, collaborazione virtuale e le barriere tecnologiche: 11% in entrambi i casi.

 

Queste criticità possono essere ancora più comprensibili se si guarda ai motivi per cui grandi aziende e PMI decidono di puntare parte del welfare aziendale sullo smart working.

Tra questi, oltre al miglioramento del work life balance, c’è la voglia di aumentare l’engagement e l’attrazione verso i cosiddetti talenti così come il portare dentro una cultura diversa che si basi sul raggiungimento degli obiettivi.

 Le piccole medie imprese, d’altro canto, mirano al miglioramento del benessere organizzativo e dei processi aziendali.

Inoltre, per quanto riguarda le grandi aziende, sempre stando all’”Osservatorio Smart Working”, il 50% dei progetti va verso il lavoro da remoto, mentre il resto verso un modello più completo, che prevede anche il ripensamento degli ambienti in ottica di “ufficio smart”.

Occorre però fare una riflessione che va oltre i numeri.

Lo smart working: oltre il telelavoro.

Lo smart working, o lavoro agile, in Italia è abbastanza recente: a introdurlo, o meglio a regolarlo, è stata la Legge n.81 del 22 maggio 2017, detta Legge sul Lavoro Agile, in cui sono stati chiariti diversi punti rispetto a un passato piuttosto nebuloso.

Smart working e telelavoro non sono infatti sinonimi.

 Il telelavoro è una forma contrattuale in cui l’azienda deve far sì che vengano rispettate alcune regole abbastanza fisse riguardo a orari, luoghi e strumenti tecnologici stabiliti a priori e dopo vari controlli e che rispettano l’assetto dell’organizzazione.

"Il lavoratore decide da sé modalità e tempi purché rispetti gli obiettivi".

Il lavoro agile, lo dice la parola stessa, basa tutto sull’agilità del lavoratore.

È frutto di un accordo tra azienda e lavoratore in cui si punta su flessibilità e autonomia.

Il lavoratore decide da sé modalità e tempi, purché ovviamente rispetti gli obiettivi.

Ecco perché per far sì che lo smart working funzioni, non basta pensare solo alla flessibilità accennata: concorrono gli “strumenti digital” sì, ma anche e soprattutto le competenze e una cultura completamente diversa.

Bisogna poi coinvolgere tutti: se si decide di attuare lo smart working e in giorni fissi alla settimana, l’accordo non deve essere solo il risultato del dialogo tra management e lavoratore.

Bisogna coinvolgere tutti i responsabili a vari livelli che devono cambiare modalità di gestione delle riunioni, così come pensare a nuove tecnologie per comunicare lo stato di avanzamento dei progetti (tool come Trello o Jira, tipico del mondo informatico ma anche creati ad hoc) e altre informazioni essenziali.

Questo riguarda anche i colleghi che devono sapere in che modo interfacciarsi con il lavoratore quando è da remoto e capire che l’impegno di tutti deve basarsi sui risultati e non su orari e presenza in ufficio.

 Il cambiamento pertanto è fortemente culturale e investe tutti:

bisogna migliorare i processi responsabilizzando le persone e facendo sì che ognuna di loro non si senta tanto un “dipendente”, quanto un manager (nel senso di “gestore”) per il suo pezzetto di lavoro.

Chi si sente responsabilizzato infatti tende a dare il massimo, indipendentemente da dove stia lavorando.

Molte sono le aziende che negli ultimi anni hanno attuato con successo lo smart working, come “Axa”, che 2 anni fa ha vinto lo “Smart Working Award”.

Nella nota azienda di assicurazioni, il dipendente può, a scelta, sottoscrivere un accordo individuale per gestire in autonomia il proprio tempo, sia con collaboratori, che con clienti.

Lo fa ovviamente collaborando con il management, con cui si stabiliscono i giorni della settimana per il lavoro da remoto.

Oltre a questo, “Axa” ha deciso di modificare gli ambienti di lavoro: niente più postazioni fisse, ma posti in cui si può lavorare insieme.

L’azienda ha creato anche delle sale individuali in cui i dipendenti possono riposarsi, cercare un attimo di relax per riorganizzare le idee prima di una riunione importante.

Anche le “BCC” da tempo si stanno indirizzando verso lo smart working, fra le tante sul territorio, citiamo per esempio la BCC ravennate, forlivese e imolese che da più di un anno ha recepito la legislazione sul lavoro agile per migliorare il welfare delle loro persone.

 I dipendenti, in accordo con l’azienda, possono infatti lavorare in una sede diversa da quella assegnata originariamente, riducendo i tempi degli spostamenti, anche in ottica di rispetto per l’ambiente.

Questo, specie per chi lavora parecchio lontano da casa, può essere un punto a favore: evitare code, traffico, o uscire con il gelo invernale.

 Inoltre, predispone in maniera positiva chi, invece di perdere tanto tempo e stressarsi, può iniziare e concludere la giornata lavorativa in maggior relax.

Co-working.

 

Il coworking sempre più cruciale per lo smart working.

Se l’isolamento è uno dei problemi del lavoro agile, i coworking sono un ottimo modo per superarlo.

Spesso visti come spazi condivisi solo per freelance, possono essere una soluzione anche per le aziende e in molte da tempo l’hanno capito.

Prevedere di affittare una scrivania in un coworking, magari non di grandi dimensioni e in cui ci sono altri liberi professionisti, vuol dire pensare a fare star meglio il proprio lavoratore.

Per tanti motivi.

Non solo perché lavora in spazi spesso di design, o comunque progettati per favorire l’incontro, ma pure perché trae continuamente linfa dalle persone vicine, anche dal punto di vista professionale.

Lavorare in un coworking, per un dipendente di un’azienda che non è in sede o che ha scelto lo smart working per varie ragioni (figli, parenti malati, distanza eccessiva dalla sede, ecc.), vuol dire venire a contatto con persone che fanno cose diverse ed essere sempre aggiornato.

 Conoscere sì gente, ma anche prospettive, idee, azioni, essere al corrente magari di quello che succede in determinati settori, o riuscire a vedere al di là del proprio.

"Lavorare in un coworking vuol dire venire a contatto con persone che fanno cose diverse ed essere sempre aggiornato".

Vuol dire poi sperimentare la collaborazione a tutto tondo, cosa che a volte non c’è tra i colleghi.

Nel coworking, specie in quelli piccoli come sono per esempio i coworking della “Rete Cowo” (più di 100 tra Italia e Svizzera), le occasioni per conoscersi meglio sono tante e non ci sono né l’acredine, né l’invidia che si prova tra i colleghi: quando si ha un problema, è molto più facile alzare la testa, chiedere al vicino di scrivania o raccontarlo durante la pausa pranzo – spesso insieme – per trovare una soluzione. Inoltre, nel coworking, sempre nel rispetto delle norme aziendali, un dipendente può sentirsi più autonomo e allo stesso tempo più responsabile di quello che sta facendo.

E c’è un altro vantaggio che riguarda il dress code:

niente giacca e cravatta, ma largo a jeans e sneakers se non si deve incontrare nessuno o non sono previste “videocall” di un certo tipo.

Se in qualche modo anche l’abbigliamento può influenzare l’umore e a cascata il modo di lavorare, lo smart working può dare un’ulteriore possibilità al dipendente: quello di essere sé stesso, senza dover rispettare per forza delle regole con cui magari proprio quel giorno non si sente a suo agio.

Raggiungere gli obiettivi in modalità smart, vuol dire anche questo.

 

 Servizi green in azienda in ottica welfare.

(di Cristina Maccarrone).

Dalla concierge ai poliambulatori aziendali ecco le iniziative verdi di welfare aziendale.

Non solo smart working, corsi di formazione, bonus vari, la differenza possono farla anche vari servizi green.

Dalla lavanderia alla concierge aziende, ecco in cosa consistono e i vantaggi che apportano a imprese e lavoratori.

Dici welfare aziendale e il primo pensiero, nella mentalità comune, va alla possibilità di entrare e uscire dal lavoro un’ora dopo, allo smart working, ai corsi di formazione, alla partecipazione a eventi vari.

Tutti aspetti, a dire il vero, molto importanti quando si tratta del benessere dei dipendenti all’interno di un’azienda, ma che sono solo una piccola parte di quello che, in un mondo del lavoro in continua evoluzione, può essere fatto per far sentire i lavoratori a loro agio e migliorare qualitativamente la loro vita.

C’è infatti tutta una serie di servizi che possiamo definire anche “verdi”, i quali possono incidere sulla gestione del tempo, sulle incombenze quotidiane e anche sul modo di vivere la propria giornata senza correre a destra a manca.

Dalla lavanderia aziendale alla concierge, passando per Banche del Tempo e mercati a km zero, per continuare con bici elettriche e poliambulatori in azienda, ecco alcuni benefit originali e al passo con i tempi, alla riscoperta di un benessere che non è incentivabile solo con aumenti in busta paga, premi di produzione, ecc., ma con una serie di accorgimenti che strizzano l’occhio all’ambiente e allo stesso tempo permettono di raggiungere un vero” work life balance”.

Vediamo di seguito in cosa consistono e quali vantaggi danno, lato dipendente e lato azienda.

 

 Maggiordomo aziendale: il tuttofare che migliora la vita.

Chiamatelo maggiordomo aziendale all’italiana o concierge alla francese, comunque sia si tratta di una figura nuova che nelle aziende sta diventando sempre più cruciale, in un certo senso equiparabile al tuttofare degli alberghi.

Si occupa infatti di tutte quelle piccole grandi incombenze quotidiane che possono incidere sulla giornata lavorativa di dipendenti e manager.

Quante volte avete dovuto scrivere quella relazione di fretta e furia per andare in posta prima che chiudesse o bruciarvi tutta la pausa pranzo per pagare la tassa dei rifiuti?

 E quante volte, come responsabili di team o manager, vi è capitato che un vostro collaboratore vi chiedesse di anticipare l’inizio di una riunione o di uscire qualche minuto prima per ritirare delle analisi o per andare dal medico prima che terminasse l’orario delle visite?

Tutte commissioni che il maggiordomo aziendale può sbrigare per conto dei dipendenti:

pagare le bollette, occuparsi del ritiro della biancheria in lavanderia o del vestito da usare nella riunione del giorno dopo, portare a termine alcune pratiche burocratiche, ritirare una raccomandata, dei farmaci, delle analisi e tanto altro ancora.

"Il tuttofare si occupa in azienda di tutte quelle piccole grandi incombenze quotidiane che possono incidere sulla giornata lavorativa di dipendenti e manager".

Un tuttofare che prende nota delle commissioni per conto dei dipendenti e le porta a compimento entro un tempo prestabilito.

Meno preoccupazioni per i lavoratori, più tempo da dedicare al lavoro in serenità e soprattutto anche la possibilità di dare una mano all’ambiente.

Un’unica persona – con staff al seguito in caso sia necessario – è sicuramente più green di un dipendente che si ritrova a prendere l’auto più volte al giorno e a doversi sbrigare per tornare in tempo.

Per l’azienda i vantaggi sono diversi:

 può dedurre le spese e allo stesso limitare l’assenteismo, ha dei dipendenti più soddisfatti e più “coccolati” e in ottica di “employer branding”, quello del maggiordomo aziendale, è un benefit cui possono aspirare diversi talenti e può fare la differenza quando il lavoratore sta vagliando la proposta fatta dall’azienda.

È un plus anche per chi in azienda c’è già e può decidere, grazie a un servizio del genere, di non cambiare lavoro o di pensarci due volte prima di mettersi a cercare.

Lato dipendente:

migliora sicuramente l’equilibrio lavoro-vita privata, si ha più tempo per sé stessi e si fanno meno code magari durante le pause pranzo, si ha la possibilità di usufruire di permessi o giorni di ferie per attività più gradevoli del dover pagare le bollette o passare le ore dal medico.

 Inoltre si ha la sensazione di stare nell’“azienda giusta”.

La concierge può essere un dipendente interno o venire da “fuori”.

A offrire tali servizi sono infatti diverse società di welfare management così come c’è anche chi svolge tali incombenze come libero professionista.

Quanto ai costi, possono essere assorbiti dall’azienda stessa o essere a carico dei dipendenti, ma comunque irrisori.

Alla “Bosch” di Bari, per esempio, il factotum e il suo team, come racconta un articolo di Repubblica, sono a disposizione dei dipendenti 2 giorni a settimana con costi che vanno da 1,50 centesimi per stirare una camicia a 3 euro per ritirare farmaci, pagare multe e bollette.

Lavanderie aziendali.

Il bucato? Si fa in azienda.

Certo, il concierge aziendale è l’optimum, ma piccole e medie imprese che non possono permettersi una spesa simile possono virare sulle cosiddette “lavanderie aziendali”.

Si tratta di un servizio di lavanderia interna con raccolta e riconsegna direttamente nella sede dell’impresa o attraverso convenzioni con centri diffusi sul territorio. Lodevoli iniziative green che favoriscono l’ambiente e danno una mano ai dipendenti, in particolare donne, ma non solo.

La Banca del Tempo: quando lo scambio è reciproco.

E per chi invece avesse del tempo a disposizione da dedicare agli altri e volesse allo stesso tempo imparare cose nuove?

 La risposta sono le Banche del Tempo.

Nate come occasioni di volontariato tra privati cittadini, possono diventare parte del welfare di un’azienda e dare anche una mano all’ambiente oltre a promuovere la solidarietà e la collaborazione.

Come funziona la Banca del Tempo all’interno di un’impresa?

Viene allestita una piattaforma ad hoc o si usa la Intranet aziendale per dare la possibilità ai vari dipendenti di dire quali servizi possono mettere a disposizione, in quali giorni e orari e cosa piacerebbe loro ricevere in cambio.

La piattaforma infatti permette di fare “matching” tra chi offre per esempio lezioni di chitarra con chi, in cambio di queste, potrebbe curare piante e giardini o tra chi lavorando part-time si rende disponibile a prendere i figli degli altri all’asilo e in cambio chiede lezioni di inglese o su come si usa PowerPoint.

"Dare la possibilità ai dipendenti di dire quali servizi possono mettere a disposizione e cosa piacerebbe loro ricevere in cambio".

Oltre a Banche del tempo di questo genere, esiste anche la banca solidale in cui si effettuano donazioni sì, ma senza per forza ricevere nulla in cambio.

In questo caso non si tratta di attività o competenze, ma di “puro” tempo: giorni di ferie, permessi, ecc.

Una soluzione di welfare che di recente è stata adottata anche dal Contratto nazionale di lavoro del Credito Cooperativo prevede che i dipendenti possano donare in modo volontario e a titolo gratuito ore che vengono da permessi ex art. 118, banca delle ore, permessi ex festività, ferie, ma solo per la parte eccedente il minimo di legge.

Anche i dirigenti possono partecipare donando permessi ex festività, maturati e non goduti e ferie, sempre per la parte eccedente il minimo di legge.

Nelle Banche di Credito Cooperativo, previsto dal CCNL Federcasse per l’anno 2019, una giornata di permesso ex festività, o di permesso ex art. 118, può essere fruita per svolgere attività di volontariato sociale, civile, o ambientale, oppure donata alla Banca del Tempo solidale.

Spesa aziendale.

La spesa? Si fa direttamente in azienda.

Un servizio non ancora particolarmente diffuso, ma destinato a espandersi è la possibilità di fare la spesa direttamente in azienda.

Ci sono imprese che organizzano mercatini settimanali o mensili per agevolare i dipendenti ed evitare loro di dovere, una volta concluso l’orario di lavoro, correre per mettere in tavola la cena.

Tali iniziative sono di varia natura: aziende che hanno grandi spazi possono organizzarsi con Gruppi di acquisto solidali o direttamente con rivenditori e fornitori per dare loro la possibilità di commercializzare prodotti con una certa periodicità.

Così come ci sono aziende che mettono a disposizione dei dipendenti delle aree specifiche per depositare la merce che comprano online (in mercati come Cortilia o Zolle che invece opera a Roma e dintorni).

Una spesa green, con attenzione anche alla qualità dei prodotti e che fa sì che i dipendenti impieghino al meglio il loro tempo libero e possano tornare prima possibile dalla famiglia.

Poliambulatori aziendali e bici elettriche.

Sempre in ottica green e di sostegno all’equilibrio tra vita privata e lavoro sono i poliambulatori allestiti all’interno dell’azienda con medici, infermieri e tutto il personale occorrente per fare prelievi, analisi di vario tipo e controlli di routine.

 Lo fa per esempio “BASF Italia” nel suo sito di Pontecchio Marconi, in provincia di Bologna, per evitare che i dipendenti debbano assentarsi di continuo, guidare per ore o restare imbottigliati nel traffico e per incentivare anche la tendenza a farsi dei controlli più periodici.

Strizzano sempre l’occhio all’ambiente, ma in modalità diversa le bici elettriche che le aziende possono mettere a disposizione dei propri dipendenti o addirittura regalare.

Come ha fatto per esempio la società di traduzioni” Logos di Modena” che, nel 2017, ne ha donate ben 100.

O la “Sesaab”, azienda editoriale de” L’Eco di Bergamo” e di 2 tv locali, che ne ha regalate 10 agli altrettanti dipendenti.

Tutte azioni di “welfare green” che, parafrasando lo scrittore peruviano Sergio Bambarén, dimostrano che “ogni azienda ha il potere di fare del mondo un posto migliore”.

Commenti

Post popolari in questo blog

Quale futuro per il mondo?

Co2 per produrre alimenti.

Caos e dazi.