LORO CREANO DENARO DAL NULLA E VOGLIONO L’IMMORTALITA’.
LORO
CREANO DENARO DAL NULLA E VOGLIONO
L’IMMORTALITA’.
Le
banche creano soldi dal nulla?
Ilpost.it
– Redazione – vox.eu – (22 dic. 2019) – ci dice:
Non le
banche centrali, quelle commerciali che usiamo tutti:
se ne
è parlato tra gli addetti ai lavori per via di un discusso articolo di due
economisti.
Uno
strano dibattito ha coinvolto in questi giorni economisti, studiosi e persino
un ex vicepresidente della Banca Centrale Europea.
Il
dibattito è nato da un articolo pubblicato sul sito “Vox.eu”, uno dei più
importanti siti internet dove si discute di politica europea, a cui in breve
hanno risposto in moltissimi.
Il
tema del dibattito suona abbastanza bizzarro, ma è in realtà una questione
molto seria: le banche creano soldi dal nulla?
Non si
parla di banche centrali, che come sappiamo tutti il denaro lo creano eccome (anche se in modo un po’ più
complicato di come verrebbe da pensare), ma di banche commerciali, le banche
private nelle quali ciascuno deposita il proprio stipendio e dalle quali
preleva con il suo bancomat.
Che
queste banche creino denaro e che, anzi, la maggior parte del denaro in
circolazione venga creato da loro, non è in discussione:
quando
una banca riceve 100 euro in deposito e poi presta 90 di quegli euro a un altro
cliente, infatti, ha di fatto “creato” 90 euro.
Prima
c’erano 100 euro in circolazione, ora ce ne sono 190: i cento del deposito, che
il cliente può ritirare in qualsiasi momento, più i 90 prestati al secondo
cliente (ci sono poi altre discussioni su come avvenga questa creazione).
Ma gli
autori dell’articolo che ha dato inizio al dibattito, Pontus Rendahl e Lukas B. Freund, due studiosi di economia
dell’Università di Cambridge, sostengono che è sbagliato pensare che questa
creazione avvenga “out of thin air”, cioè dal nulla.
Sostengono
anche che questa credenza sia molto diffusa e citano articoli pubblicati su
riviste scientifiche, quotidiani internazionali, ma sembrano prendersela anche con
alcune pubblicazioni ufficiali realizzate dalle banche centrali.
Secondo
i due economisti, sostenendo che le banche creino denaro “dal nulla” si finisce
con l’introdurre una metafora pericolosa, quella del “magico albero della
moneta” che produce denaro a volontà.
La
realtà, sostengono, è ben diversa: le banche non creano moneta dal nulla ma grazie ai
loro “asset”, ossia grazie a ciò che possiedono, la loro affidabilità diffusa
tra i clienti, i beni che possiedono e il denaro liquido che hanno nelle loro
casseforti.
Per
spiegare cosa intendono, i due economisti fanno l’esempio di uno studente di Cambridge
di nome Lukas (che è anche il nome di uno dei due autori dell’articolo) che
prova a pagare una birra in città con una cambiale, una promessa di pagamento.
Difficilmente
il pub gli venderà la birra: i gestori non conoscono Lukas e non sanno se possono
fidarsi della sua capacità di ripagare la cambiale.
Ma Lukas è fortunato, e il suo supervisore
Pontus (che è il nome dell’altro autore dell’articolo) decide di cambiare il
pagherò di Lukas con una sua cambiale personale.
Pontus è molto più conosciuto e rispettato in
città, e quindi Lukas riesce finalmente a ottenere la sua birra.
Non
solo: Pontus è così conosciuto che il pub usa la cambiale per pagare il
birrificio da cui si rifornisce di birra.
In un
certo senso, Pontus ha creato del denaro:
Lukas
prima non aveva soldi con cui comprare una birra, ma li ha ottenuti grazie al
suo intervento e quel “denaro” è stato poi usato dal pub anche per pagare una
terza parte, il birrificio.
Secondo i due autori, questo esempio dimostra
che la creazione di moneta non è avvenuta “dal nulla”: Pontus ha una serie di “asset” che
gli hanno permesso di creare moneta.
La
fiducia della comunità, la sua capacità di valutare se Lukas gli restituirà i
soldi e infine un conto corrente con denaro contante che potrà utilizzare nel
caso in cui il pub dovesse esigere il suo pagherò prima che Lukas finisca di
ripagargli il suo debito.
Con le
banche, concludono gli autori, funziona nella stessa maniera. La loro capacità di creare moneta
facendo prestiti deriva essenzialmente dal fatto che possiedono asset: beni che
gli garantiscono che saranno in grado di ripagare i loro debiti (per esempio i
nostri conti correnti).
Se i clienti iniziassero a sospettare della qualità
degli asset di una banca (come il pub potrebbe sospettare della solidità
economica di Pontus), nessuno depositerebbe soldi sui suoi conti e la banca
finirebbe presto nei guai.
Questo
articolo ha suscitato numerose reazioni soprattutto per via delle implicazioni
che gli autori non esprimono direttamente. In particolare, visto che l’articolo
sottolinea i limiti della creazione di moneta, gli hanno risposto molti di coloro
che invece sostengono che questi limiti non esistano, o che siano più deboli di
quanto si pensi di solito. Per esempio ha suscitato molte risposte tra i sostenitori
della MMT, una teoria economica non ortodossa secondo la quale finché i fattori
produttivi non sono pienamente sfruttati (cioè fino a che ci sono disoccupati e
risorse non utilizzate) si può, e si deve, stampare tutto il denaro che si
vuole.
Ma
l’articolo ha attirato anche i commenti di personaggi molto più inseriti nella
corrente principale dell’attuale pensiero economico, per esempio Vitor Constâncio, ex vice presidente della Banca
Centrale Europea.
In un
thread su Twitter molto commentato, Constâncio ha definito “strano” l’articolo
dei due economisti.
Anche
se non considera le loro puntualizzazioni necessariamente sbagliate, Constâncio si chiede cosa le abbia motivate e
se siano effettivamente utili al dibattito.
Per lui il problema infatti è che i due economisti
sembrano dare per scontato che l’espressione “le banche creano denaro dal
nulla” significhi che possono farlo senza limiti.
I limiti invece esistono, e sono prima di
tutto i limiti imposti dai regolamenti finanziari messi in atto dalle varie
banche centrali e dalle autorità pubbliche.
Stabilito
che le banche non possono creare denaro a volontà, rimane il fatto che le
banche lo creano effettivamente dal nulla, o quasi.
Constâncio ricorda che se nell’esempio classico
(quello del deposito da 100 euro usato dalla banca per fare un prestito da 90
euro che abbiamo visto sopra) il deposito precede il prestito, la realtà è
molto diversa.
Nessuna
banca oggi aspetta il denaro di un deposito prima di fare un prestito. Se
necessario, infatti, può ricorrere a molti altri modi di finanziarsi:
chiedendo
prestiti alla banca centrale, sfruttando il mercato dei prestiti interbancari,
emettendo strumenti finanziari propri come obbligazioni.
Nella
moderna industria finanziaria, insomma, non c’è bisogno che qualcuno da qualche
parte risparmi fisicamente del denaro e lo versi poi sul suo conto per
permettere alla banca di fare prestiti, e quindi creare denaro.
Ciò che rappresenta il vero vincolo alla
produzione di denaro sono invece i regolamenti, per esempio quelli che
stabiliscono quante riserve la banca è obbligata a mantenere in rapporto ai
prestiti che concede.
Ma è
possibile, e accade di frequente, che una banca si esponga molto prestando
molti soldi e, in un secondo momento, le autorità di vigilanza chiedano ai suoi
manager di aumentare le sue riserve, per esempio raccogliendo nuovi depositi o
utilizzando altri strumenti.
Secondo
Constâncio
è
importante ricordare questa sequenza (e cioè che la creazione di denaro può
arrivare prima dei depositi) poiché è una delle ragioni per cui i regolamenti e
la supervisione delle banche sono così importanti.
Anche
se non viene detto apertamente dai due autori dell’articolo su Vox.eu, infatti,
quello che la loro spiegazione rischia di suggerire è che i limiti alla
creazione di denaro da parte delle banche siano limiti imposti automaticamente
dalle forze del mercato:
dagli
asset che la banca possiede e quindi dalla fiducia che i clienti e concorrenti
hanno nella sua capacità di restituire i depositi.
Insomma, il rischio è suggerire che non
servano altre regole, poiché il sistema sarebbe in grado di fare da solo.
«Spero che l’articolo in questione», conclude Constâncio, «non venga interpretato come un
tentativo di mettere in questione le vedute più diffuse a proposito della
creazione di moneta”.
Le
banche creano denaro dal nulla.
Scanarieconomici.it
– (7 Febbraio 2021) - Fabio Conditi – ci dice:
Moneta
Bancaria.
Maurice
Allais,
premio Nobel per l’economia nel 1988, amava ripetere questa frase sulla moneta
creata dal nulla dalle banche: “L’attuale creazione di denaro dal nulla operata dal
sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. La
sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto”.
Sono
ovviamente d’accordo con Maurice Allais, ma per comprendere appieno la natura del problema,
cambierei l’ultimo periodo della frase, sostituendolo con “La sola differenza è che i falsari
non chiedono interessi”.
Nel
convegno “Spread,
debito e sovranità monetaria nel contesto europeo”, cui ho partecipato il 18 marzo 2019 alla Regione Lombardia,
Maurizio Blondet ci ha raccontato il suo incontro come giornalista con Maurice
Allais,
che gli confidò un fatto curioso:
da quando aveva cominciato a parlare del
denaro creato dal nulla dalle banche e della sua convinzione che invece dovesse
crearlo lo Stato, Allais non venne più invitato in tv e dovette pubblicare i
suoi saggi a proprie spese, circostanza alquanto strana per un premio Nobel.
Che
l’argomento sia un tabù e che debba essere trattato con attenzione, lo conferma
anche un fatto di cronaca molto noto, di cui ricorreva il 7 gennaio 2021 il
6° anniversario, dove però la notizia più importante è tuttora sconosciuta ai
più.
Nella
strage di Charlie
Hebdo,
avvenuta alle ore 11:30 del 7 gennaio 2015, furono uccise ben 12 persone, ma tra di loro c’era anche un
componente della redazione del giornale satirico, che però era anche un
personaggio francese molto conosciuto e famoso:
l’economista di area keynesiana Bernard Maris,
che il Presidente del Senato francese Jean-Pierre Bel aveva nominato membro del
Consiglio Generale della Banca di Francia.
Nei
giorni seguenti l’evento tragico e ancora oggi quando lo si ricorda, si è sempre parlato dei componenti
della redazione di Charlie Hebdo, senza mai specificare che tra essi c’era una vittima
in assoluto molto più illustre, perché era un esperto economico di rilevanza
internazionale che ricopriva anche una carica istituzionale.
La sua
caratteristica peculiare è che era uno dei pochi economisti conosciuti che
aveva dichiarato nei suoi libri ed anche in una sua famosa intervista, che le banche
creano denaro dal nulla.
“È qualcosa che è davvero difficile da
capire”, aveva concluso la sua intervista che trovate in un breve video.
Purtroppo
ancora oggi, il fatto che praticamente quasi tutta la moneta che usiamo sia creata dal
nulla dal sistema bancario è un argomento completamente assente nel dibattito
politico ed economico.
Eppure è proprio questo che determina
l’andamento buono o cattivo di una economia.
Nei
passi precedenti abbiamo spiegato e dimostrato che per il buon funzionamento di
un sistema economico è necessario che la moneta circoli in quantità sufficiente
per effettuare tutti gli scambi di beni e servizi, perché se scarseggia o finisce solo
sui mercati finanziari, finiamo in recessione e si aggrava la crisi economica.
In
questo passo, però, non analizzeremo le conseguenze che la creazione del denaro
dal nulla, da parte del sistema bancario, generano all’interno del sistema
economico.
Cercheremo solo di analizzare con quale
sistema le banche creano denaro dal nulla e come vengono gestiti i nostri
pagamenti all’interno dell’economia reale, rimandando ai prossimi passi l’analisi
delle conseguenze.
Considerato
che la creazione di denaro dal nulla da parte delle banche è un argomento molto
tecnico, consiglio, prima di proseguire nella lettura, di vedere un mio video
dove, con delle semplici slides, spiego i passaggi contabili in modo più
semplice e chiaro.
La
moneta bancaria è un debito della banca.
Avevamo
chiarito nel passo precedente qual è la vera natura della moneta elettronica
bancaria, sancita dall’articolo 1834 del Codice Civile secondo il quale il
denaro depositato presso una banca diventa di sua proprietà, obbligandola a
restituire i contanti su richiesta del “depositante”.
Quindi
il nostro conto corrente bancario, in particolare la cifra del suo saldo, è un
debito della banca nei nostri confronti, che però, in particolari condizioni, potrebbe
non essere restituito tutto o in parte, come è già successo in Grecia con la
chiusura di sportelli bancari e bancomat, o in Italia con il bail-in.
Tra
l’altro questa eventualità diventa molto più probabile nei periodi di
prolungata recessione come quello che stiamo vivendo oggi, dove a causa
dell’aumento degli NPLs all’interno del sistema bancario, le banche sono molto
più a rischio di fallimento che nel passato.
Per
creare moneta le banche utilizzano ancora oggi un sistema contabile che è lo
stesso da secoli, la partita doppia, con la quale nel passato venivano create
le “note di banco” o le successive “banconote”, mentre oggi viene creata la ben
più diffusa moneta elettronica bancaria.
La
“nota di banco” rappresentava una promessa di pagamento in monete d’oro, mentre la moneta elettronica bancaria rappresenta una promessa di pagamento
in contanti, cioè in moneta a corso legale.
La
moneta bancaria è una promessa di pagamento in contanti.
Per
capire quale tipo di denaro le anche creano, dobbiamo prima distinguere tra:
“moneta
a corso legale”, che è una moneta ad accettazione obbligatoria ed è l’unica ad avere la
capacità di estinguere un debito secondo l’art.1277 del c.c.;
“promessa
di pagamento in moneta a corso legale”, che è la “moneta elettronica bancaria” ma è ad accettazione volontaria ed ha la capacità di estinguere un
debito solo nel momento in cui il creditore consegue la disponibilità giuridica
della somma di denaro.
Quindi
la banca
non crea “moneta a corso legale”, ma una “promessa di pagamento in moneta a corso legale”, che però, essendo i contanti sempre
meno utilizzati per effetto delle limitazioni legali all’uso dei contanti, permette alla banca di creare molte
più “promesse” rispetto ai contanti che ha.
Infatti
stiamo assistendo alla progressiva eliminazione dei contanti negli scambi
economici, per favorire l’utilizzo della moneta elettronica, ma questo crea non
pochi problemi giuridici, perché ancora oggi la moneta a corso legale
costituisce la base monetaria su cui si fonda tutta la moneta elettronica
bancaria che usiamo.
Più
volte la BCE ha redarguito il Governo per la sua intenzione di “incentivare le transazioni per mezzo
di strumenti di pagamento elettronici per l’acquisto di beni e servizi allo
scopo di combattere l’evasione fiscale”, perché ritiene che “tali limitazioni o disincentivi
devono rispettare il corso legale delle banconote in euro”.
Il
processo però sembra ormai irreversibile, la moneta da oggetto materiale
cartaceo o metallico, sta diventando sempre di più immateriale e caratterizzato
dall’essere solo “una promessa di pagamento in contanti”.
Ma se i contanti spariscono, la moneta
elettronica bancaria rischia di diventare una “promessa di niente”, che sarà considerata una “moneta a corso
legale”, anche se non lo è e non lo potrà mai essere.
Infatti
la moneta a corso legale è per definizione uno strumento monetaria dello Stato,
che è l’unico che può crearlo perché è il solo che può dichiarare di accettarlo
in pagamento delle tasse.
Come
le banche creano il denaro.
Per
capire come le banche creano denaro dal nulla, possiamo fare diverse ipotesi
partendo da quella più semplice per arrivare gradatamente a quella più
complessa:
se
depositiamo contanti in banca, le banconote diventano di proprietà della banca
e sono inserite nel suo attivo di bilancio,
(ma
anche la “moneta creata dal nulla” dovrebbe essere inserita nell’attivo di
bilancio al momento stesso della sua creazione. N.D.R.)
mentre
al passivo compare un numero nel nostro c/c, che rappresenta il debito in
contanti che la banca ha nei nostri confronti.
Se
decidiamo di riprenderci i contanti, la banca li preleva dal suo attivo e ce li
dà, ma azzera la cifra sul nostro c/c;
se
chiediamo i soldi in prestito per acquistare un immobile, dobbiamo firmare un
contratto di mutuo con ipoteca sull’immobile a favore della banca, che essendo un credito lo inserisce
nel suo attivo di bilancio, mentre al passivo compare un numero nel nostro c/c, che
rappresenta il debito in contanti che la banca ha nei nostri confronti.
Al
rogito possiamo trasferire questo debito della banca da noi al proprietario
della casa, che quindi potrà richiederlo in contanti, ma non lo farà quasi mai.
I
limiti normativi alla creazione di denaro dal nulla.
Quando
dico che le banche creano denaro dal nulla, l’obiezione più frequente è:
“ma
allora come fanno a fallire”?
Come
abbiamo già visto, la creazione è possibile mettendo all’attivo del bilancio la
nostra promessa di restituire il denaro creato dal nulla, altrimenti la banca
dovrà far fronte alla sua “promessa di pagamento in contanti” con il suo attivo (che dovrebbe comprendere anche la
creazione di moneta dal nulla. N.D.R), che quindi deve coprire questo
“ammanco”.
Quindi
in pratica la creazione di denaro dal nulla con i prestiti, è “garantita” dalla
nostra capacità di restituire il prestito ricevuto, ma se per qualche motivo
non lo restituiamo, la banca deve utilizzare le proprie risorse (che non comprendono nel suo attivo
anche la monta creata dal nulla! N.D.R).
Per
questo motivo c’è sempre stato un vincolo relativo alla percentuale di riserve
obbligatorie che la banca deve avere proprio per far fronte a questa necessitò.
Ma se fino al 1993 erano obbligate a
conservare una riserva in contanti superiore al 17,5% di tutti i loro depositi,
dopo di quella data la Banca d’Italia e la BCE hanno ridotto progressivamente questa
percentuale fino all’1% fissato nel 2012, cioè con 1 euro se possono creare 100
euro.
Addirittura
in alcuni paesi al mondo l’obbligo di riserva è stato eliminato.
Ma
l’1% è un limite oggettivamente troppo basso, per questo motivo negli ultimi anni
sono state introdotte alcune regole sugli attivi dei bilanci delle banche, le
cosiddette regole di Basilea I, II e III, che impongono un patrimonio di
garanzia minimo pari a circa l’8% del rischio di credito, che però è meno
dell’ammontare di tutti i depositi.
(Ma
nel “patrimonio di garanzia” non viene compreso anche l’utile in “attivo” derivante
alla banca dai “prestiti effettuati di fatto” con moneta creata dal nulla!
N.D.R).
In
realtà solo una parte di questo patrimonio di garanzia può essere considerato
“liquidità disponibile”, quindi il limite reale è inferiore all’8% sui depositi
creati, ma se anche volessimo prendere per buono questo valore, la
moltiplicazione monetaria sarebbe comunque superiore a 1 a 12, che significa che nella migliore
delle ipotesi con 1 euro le banche possono creare circa 12 euro dal nulla.
Come
avvengono i pagamenti tra le banche.
La
domanda che viene spontanea a questo punto è la seguente: come fanno le banche
ad effettuare i pagamenti tra banche diverse se la riserva obbligatoria è così
bassa?
Ricordiamo
che un trasferimento di denaro da un c/c di una banca ad un c/c di un’altra,
corrisponde al trasferimento di un “debito” della banca nei confronti del
cliente, quindi
nessuna banca accetterebbe questo trasferimento senza richiedere un equivalente
in riserve per coprire questo debito.
Nel
caso quindi di un pagamento nei confronti di un soggetto cliente di un’altra
banca, teoricamente il pagamento tra le due banche dovrebbe essere regolato con
un trasferimento di riserve equivalenti, ma, non avendone a sufficienza, le
banche utilizzano altri sistemi per evitare di doverle usare.
Visto
che ogni giorno avvengono molti pagamenti tra tutte le banche che sono
collegate alla Banca d’Italia, quest’ultima può effettuare tutte le
compensazioni tra le entrate e le uscite da ciascuna banca, utilizzando il suo sistema di
compensazione multilaterale Bi-Comp, in modo da ridurre e limitare
l’eventuale uso di riserve.
Infatti se la banca X ha avuto entrate per
100.000 euro (senza aver conteggiato anche le somme di denaro create dal nulla per i
prestiti concessi! N.D.R.)) e uscite per 120.000 euro, l’importante è che abbia riserve
per la differenza, cioè per 20.000 euro.
Ma
anche i residui dopo la compensazione, possono essere risolti, in alternativa
al pagamento in riserve, con un prestito sul mercato interbancario oppure
direttamente con un prestito della Banca d’Italia.
Questo
perché in un sistema bancario “chiuso” le entrate e le uscite sono
matematicamente compensate, quindi se c’è una banca che ha un residuo da pagare
in riserve, ci saranno sicuramente una o più banche che dovranno riceverlo, e
che possono essere disponibili a sostituire questo pagamento con un prestito
sul mercato interbancario.
La BCE
e Target II.
Visto
che però il sistema bancario non è chiuso, perché l’Italia fa parte del “SEBC”,
cioè del” Sistema
Europeo delle Banche Centrali” gestito dalla Banca Centrale Europea, ci saranno
sicuramente pagamenti verso l’estero che possono creare “scompensi”, per questo motivo è stato creato un
meccanismo di compensazione svolto dalla BCE, chiamato “Target II” che immette
riserve della BCE all’interno del sistema bancario “debitore”.
Quindi
“Target II” non è un debito dell’Italia nei confronti della BCE, ma un debito del nostro sistema
bancario, prevalentemente privato, verso la BCE, che verrà naturalmente saldato quando
la moneta creata dal nulla con i prestiti, verrà nel frattempo restituita da
chi l’ha richiesta.
Considerato
però che nel frattempo viene anche creata moneta dal nulla con nuovi prestiti,
in realtà questo “debito” del sistema bancario italiano tende a crescere
all’infinito per effetto del continuo disequilibrio nelle bilance di pagamento
tra i diversi stati europei, ovviamente a vantaggio della Germania.
Conclusione.
Le
banche “creano
dal nulla una moneta elettronica “che è in sostanza una “promessa di denaro”, che però noi ci scambiamo come se
fosse “moneta a corso legale”. (E se è una “moneta a corso legale” allora dovrebbe
essere considerata e registrata come “attivo bancario” - nel momento stesso
della sua creazione da parte della banca- e non è creato dal cliente che ha chiesto
il prestito tramite “contratto di mutuo”. N.D.R.)
Le
limitazioni all’uso dei contanti, ha determinato la condizione che più del 90%
di tutta la moneta che usiamo è una “promessa di denaro” che le banche creano dal nulla con le
nostre garanzie.
Purtroppo
in Italia oggi le banche italiane sono controllate prevalentemente da azionisti
stranieri (i
veri proprietari globalisti! N.D.R), che prestano sempre meno all’economia reale perché
preferiscono le speculazioni finanziarie.
(“Loro”
hanno creato dei” sistemi obbligatori di controllo estero dei bilanci bancari”
i quali hanno l’obbligo contrattuale di trasformare annualmente “i prestiti
concessi alla clientela” e registrati come “passivo” bancario nel conto annuale
approvato – pur essendo un utile di fatto
- e quindi i “veri proprietari
delle banche commerciali” vedranno accumulare nei loro conti segreti” importi
incredibili” annui dovuti alla trasformazione da “debito di bilancio” come “utile” di fatto non ancora distribuito agli
azionisti ignari.
Solo
per il sistema globale delle banche italiane i “banchieri globalisti” incassano
in nero e in segreto nei loro conti personali esteri circa 1.500 miliardi di
euro ogni anno, ossia l’importo annale totale dei prestiti concessi alla
clientela. N.D.R.)
Se lo
Stato italiano avesse un sistema bancario come ha la Germania, dove più del 50%
delle banche sono pubbliche, anche in Italia lo Stato potrebbe creare denaro
per le famiglie e le imprese.
Con un
moltiplicatore minimo di 1 a 12, lo Stato potrebbe, con soli 30 mld di euro,
prestare all’economia reale più di 360 mld di euro, senza aver bisogno di
chiedere prestiti ai mercati finanziari o alle istituzioni europee.
La
banca pubblica potrebbe anche prendere prestiti a tasso negativo dalla BCE (TLTRO, Targeted Longer-Term
Refinancing Operations) come Unicredit, che nell’ultima asta di è aggiudicata ben
94,3 mld di euro ad un tasso negativo intorno a -0,75%.
Solo
se diventiamo consapevoli che oggi praticamente tutto il denaro che usiamo
viene creato dal nulla dal sistema bancario con i prestiti, allora saremo in grado di capire
perché il debito pubblico e privato cresce continuamente, ma soprattutto riusciremo a cambiare
paradigma per trovare soluzioni concrete e realizzabili per uscire dalla crisi.
Perché
“LORO” non molleranno facilmente, ma “NOI NON MOLLEREMO MAI”.
La
moneta sarà di proprietà dei cittadini e libera dal debito.
(Fabio
Conditi – Presidente dell’associazione Moneta Positiva).
(monetapositiva.it/)
LA
FINE DELLE ELITE OCCIDENTALI
E
DELLA MONETA A DEBITO.
Scanarieconomici.it
– (15 Aprile 2023) - Gianmarco Landi – ci dice:
Importanti
documenti del Pentagono, rivelati questa settimana in America, ci hanno
testimoniato che è in corso una guerra tra le nazioni occidentali, capeggiate
dall’Amministrazione Biden, contro la Russia alleata delle potenze asiatiche.
Questa
guerra non ha forme a cui siamo stati abituati a pensare poiché i grandi
eserciti non si stanno fronteggiando l’uno contro l’altro con armi da fuoco.
La III° Guerra mondiale non è un conflitto
laterale tra nazioni portatrici di ideologie create dall’élite finanziaria,
come lo sono state la I° e la II° Guerra Mondiale, bensì è un conflitto in seno
all’Umanità in una complessa contrapposizione verticale tra i leader dell’élite
finanziaria globale, e alcuni leader dei popoli di molte nazioni.
Il
periodo storico che stiamo vivendo è concettualmente simile a quello delle due
guerre civili alla fine della Roma Repubblicana, quando i leader dei “Populares”,
come Giulio Cesare e Ottaviano Augusto, batterono le potenti élite del Senato.
Cesare
e Augusto avevano degli eserciti di legionari ma alle spalle anche una coriacea
fetta di popolo che guerreggiò in un conflitto civile che terminò con gli
uomini e le donne delle élite che non potevano camminare per la strada e
dovettero fuggire da Roma, per essere comunque giustiziati in una qualche
provincia nella maggior parte dei casi.
Il
consenso e la partecipazione tra le fasce popolari che ebbe Giulio Cesare fu
indispensabile all’affermazione politica delle istanze dei “Populares”, così
come dopo la sua uccisione, le esecuzioni dei suoi congiurati o di esponenti
degli Ottimati (il partito delle élite), avvenute ad opera di cittadini romani
qualsiasi, in forza delle liste di
proscrizione redatte da Ottaviano e Marco Antonio, furono molto significative nel
senso di trasformare le Idi di Marzo (l’assassinio di Cesare) nella definitiva
affermazione delle istanze di progresso generale dei popoli.
Quando
gli “esponenti della Suburra” presero il sopravvento sulle famiglie degli “Ottimati”,
seguirono una serie di cambiamenti politici, socioculturali e socioeconomici
enormi, che hanno riverberato effetti anche nei successivi duemila anni.
La
III° guerra mondiale di questi anni è una sorta di guerra civile in tutto il
Villaggio Globale, e le parti in conflitto non sono le nazioni allineate in una
guerra per l’affermazione di una leadership politica verticale imposta
attraverso le armi.
Essa è
stata definita una guerra di 5° generazione, cioè all’insegna di attriti e
rappresaglie di vario genere concepite per perseguire macro obiettivi di ordine
finanziario e sociopolitico, soprattutto mediante armi biologiche e propagande
manipolative della mente e dei cuori degli occidentali.
Gli occidentali sono i popoli più ricchi e potenti
della Terra, e perciò l’élite che ha perseguito l’ideologia di un unico Governo
sopra tutte le Nazioni ha dovuto mettersi alla testa dell’Occidente per
governare il Mondo.
Allo
stesso tempo questa élite ha dovuto preoccuparsi di controllare perfettamente i
popoli delle nazioni occidentali attuando sistemi di vita consumistici
eterodiretti da dinamiche finanziarie manipolative delle masse.
Così
come è stato alla fine della Prima e della Seconda Guerra mondiale, eventi
preparatori a questa III° Guerra, la posta più importate in palio è quella di
determinare un ordine finanziario internazionale a cui sottintende la possibilità del
rilascio di brevetti e tecnologie, questa volta di valenza ancora più grande.
Si
parla di circa 600 brevetti la cui applicazione in un senso o in un altro, sconvolgerebbe
i sistemi di vita degli esseri umani di tutto il Pianeta.
Con la Prima Guerra Mondiale le innovazioni più
importanti furono l’elettricità della corrente alternata di Tesla, il petrolio
e la diffusione dei treni in molti posti in cui non vi erano ancora, mentre le
auto, gli elettrodomestici e i beni di consumo di massa arrivarono alla fine
della II° Guerra Mondiale.
Un
esito della III° Guerra Mondiale favorevole ai popoli e a scapito dell’élite
occidentale, potrebbe comportare sistemi sociali dal salto evolutivo immenso,
che allungherebbero la vita media ben oltre 150 anni, in una prospettiva di
benessere materiale e fortificazione spirituale come mai è stato narrato nella
Storia dell’Umanità da Noi riconosciuta, cioè dal 500 a. C. in poi.
La
contrapposizione politica nel Villagio Globale può essere sintetizzata in due
alleanze:
quella
dell’élite apolide e finanziaria a capo dell’Occidente e della Globalizzazione
(Globalisti dal pensiero verticale, unipolare e materialista), e quella dell’alleanza tra leadership
nazionali o locali (Patrioti dal pensiero laterale, multipolare e ad alta
spiritualità).
Importanti
‘pedine’ dell’”Alleanza Globalista” sono sicuramente i media e i social media che
spalleggiano istituzioni governative o non governative internazionali, ma il vero e proprio arsenale bellico
dei globalisti è costituito dal sistema delle Banche Centrali, da cui a cascata
dipendono le grandi banche e tutte le multinazionali occidentali i cui consigli di amministrazione
sono sottoposti al ricatto del debito non restituibile.
Il
sistema delle Banche centrali è un “circolo massonico elitario” che esercita un potere abusivo e prevaricante il Diritto di ogni
popolo della Terra.
Per
capire il rigore di questa mia affermazione, apparentemente troppo forte e
probabilmente disturbante molti, occorre capire il senso dell’ossequio all’”Agenda
2030” portato proprio dai banchieri centrali, a cui sarebbe spettato l’onore e l’onere di suggellare la
finalizzazione di un sistema di schiavitù dell’Umanità attraverso la moneta
digitale centralizzata.
I banchieri hanno sempre usato i cicli del
capitalismo di Schumpeter ben sapendo che attraverso l’alternanza dei giochi di
inflazione e deflazione, espropriavano ricchezze a chi le aveva effettivamente
prodotte, ed attualmente stanno usando l’inflazione per ‘succhiare’ il valore
dall’economia con una fondamentale novità: l’inflazione si ritorcerà contro il
vertice del Sistema.
Questa
volta non potranno vincere perché hanno perseguito di trasformare il denaro
corrente in un credito non più esigibile, e quindi hanno complottato per
espropriare la proprietà privata mediante la trasformazione del concetto del
denaro in un nuovo concetto: una concessione del Sistema finanziario su basi del tutto
arbitrarie e illegali.
Ma vi
spiegherò nel dettaglio perché non ci riusciranno andando invece incontro alla
loro fine, una
consapevolezza che non potrete maturare senza conoscere un po’ di Storia e
nozioni di Finanza.
Per
prima cosa riflettiamo insieme: cosa sono i soldi?
I
soldi sono un mezzo che permette lo scambio di beni e servizi, e se questo
concetto non sussistesse nelle nostre vite la quasi totalità delle transazioni
economiche non sarebbero possibili.
L’economia,
infatti, è l’insieme delle transazioni (scambi economici) che avvengono in una
comunità, e perciò senza le necessarie logiche del vile denaro l’economia non
si potrebbe sviluppare, facendoci rimanere ad un primordiale stato di benessere
materiale.
Forti di questa verità empirica una élite costituita dall’alleanza
tra un pugno di famiglie di ebrei askenaziti, solo apparentemente di religione
ebraica, e un ordine politico militare della Chiesa Cattolica nato dal Concilio
di Trento e buttato fuori dalla Chiesa già nel 700 (poi riammesso il secolo
successivo durante la Restaurazione), cioè i Gesuiti, ha tratto profitto
politico per instaurare un governo segreto del Mondo a scapito delle nazioni e
di tutti i popoli.
Questo
governo occulto è stato attuato mediante la forza del denaro scientemente
impiegato per dominare i popoli, dilaniandoli alla bisogna attraverso guerre,
attraverso crisi economiche, epidemie, ideologie sanguinarie o regolamentazioni
internazionali proditorie e malvagie.
Il
fine ultimo di questa élite è stato quello di realizzare una Umanità ordinata
in una piramide stratificata a vari livelli di schiavitù, ignoranza e povertà.
Coloro
i quali oggi detengono la facoltà di emettere moneta senza freni sono i
principali artefici di questo Governo Segreto, perché essi hanno controllato
l’economia reale, i governi, i finanziamenti alle guerre, le possibilità di
sviluppo tecnologico e quindi hanno determinato le situazioni di benessere o di
malessere dei popoli.
Chiunque
affermasse che l’economia reale sia regolata dalla Legge della domanda e
dell’offerta e i governi dalle elezioni democratiche, semplicemente
dimostrerebbe di non capire nulla di economia e politica, due ambiti che non
possono essere compresi senza conoscere le logiche che le dominano, cioè quelle
della finanza.
Le
leggi di mercato di Adam Smith, ad esempio, sono un’apparenza esteriore che
funziona a livello superficiale ma non sostanziale, e di questo ne hanno
parlato soprattutto i pensatori liberali e liberisti, come Von Hayek o Milton
Fridman, i cui pensieri sono stati artefatti e manipolati in sensi caricaturali
attuando puro ordoliberismo, cioè l’opposto a quello che Von Hayek e Fridman
avevano affermato.
In
guise parallele è avvenuta la stessa cosa asservendo gli apparati statali agli
interessi di trust privati, così vanificando il senso delle economie miste e
dell’intervento statale perorato dagli economisti keynesiani.
Sin
dagli inizi del 1700 una “élite di banchieri noti come Mafia Khazara”,
strettamente alleati dei Gesuiti, ha complottato dietro alle quinte dei personaggi
politici e culturali della Nostra Storia, per il fine di arrivare a controllare
le quantità di oro ed infine nasconderle nel caos di una guerra, al fine ultimo
di imporre meccanismi finanziari astratti poi attuatati dalle Banche Centrali.
Un grande impulso al loro dominio si è avuto alla fine
della II° Guerra mondiale, quando questi banchieri, che peraltro avevano creato
l’ascesa di Hitler in Germania (gli Warburg e i Rockfeller furono determinanti
all’ascesa del Fuhrer) indussero la Germania a scatenare il conflitto mondiale
finalizzato ad unificare l’Europa rastrellando oro ovunque, devastando le
Russie e accentrando infine il potere
finanziario e tecnologico in America, riuscendo in ultimo a svincolare il
denaro dall’oro, una situazione alla base delle loro attuali possibilità di
esercitare uno smisurato potere.
Nel 1944, poco prima della fine del conflitto,
le élite
finanziarie hanno combinato un accordo propedeutico alla futura pace (accordo di Bretton Woods) con il
quale si sono poi consegnati Hitler e Mussolini alla sconfitta sui libri di
storia, consentendo
però ai banchieri le condizioni per svincolare tutti i soldi da un dato fisico
di valore oggettivo e controllabile.
Con
Bretton Woods solo il dollaro rimase agganciato all’oro mentre tutte le altre
monete furono sganciate ritenendosi indirettamente agganciate attraverso il
dollaro, ma quando nel 1971 anche il dollaro fu sganciato dal vincolo fisico,
il potere dei banchieri si è potuto accrescere in maniera illimitata.
Il culmine di questa orgia di potere arbitrario si è
avuto nel culto idiota della necessità di indipendenza delle Banche Centrali
dai Parlamenti e dai Governi.
Questa indipendenza delle Banche Centrali è
l’insegna perbenista sottesa ad una tirannide tecnocratica tanto palese quanto
violenta.
Oggi
molti commentatori poco preparati vedono il problema della democrazia
finanziaria nella digitalizzazione del denaro, senza sapere che la
digitalizzazione è già passata da decenni.
Il denaro fisico costituisce il 2%, massimo il
3%, dei soldi totali, che sono scritture bancarie digitalizzate grandemente
corrotte in tanti sensi.
Innanzi
tutto da un “sistema SWIFT “per decenni funestato da scambi di “Asset Bank
Security” tra banchieri impegnati a creare enormi quantità di denaro emesso a debito,
cioè facendo credito a qualcuno senza reale interesse economico, oltre che da
innumerevoli truffe finanziarie rimaste impunite.
Il grosso delle truffe finanziarie rimaste
impunite è costituito da masse trilionarie di valori derivati scaturiti da
contratti fittizi o gonfiati, cioè da una serie di valori alla base dei bilanci dei colossi
bancari ‘Too big to Fail’ (troppo grandi per farli fallire), nonché dalla creazione di
centinaia di conti correnti multimiliardari dormienti da cui ‘magicamente’ alle
volte, attraverso hacker esterni agli “uffici Swift delle banche”, ma con i banchieri che in realtà
voltavano la faccia dall’altra parte, sono stati fatti enormi prelievi e perciò
versamenti nell’economia reale.
Il risvolto pratico di questo sistema assurdo si percepisce
recandosi in banca per chiedere 10 mila euro in banconote dei propri averi:
in
questo modo si può maturare contezza di come il Sistema sia contrario a tutto
ciò abbia natura fisica, in modo che un correntista inizi a prepararsi all’idea
di non essere pienamente padrone del denaro frutto di puro lavoro o di un
diritto di proprietà riconosciuto dall’Ordinamento Statale.
Ma non
è la digitalizzazione il problema, bensì il concetto tecnico retrostante al
denaro.
Oggi il
97-98% del denaro che consente tutte le
transazione è già in forma digitale, e il contante costituisce una minima percentuale dei
soldi, i quali a loro volta, sebbene di natura fisica, sono carta insulsa poiché costituita
da banconote fiat, cioè
emesse grazie ad un debito, e quindi il cui valore per una debolezza di origine non
sarebbe esigibile dal detentore qualora succedesse un collasso della moneta di
standard, il dollaro, e perciò di tutte
le monete nazionali espresse in una dimensione internazionale correlata al
dollaro.
Quindi già oggi il denaro ha una natura
digitale, ma non è questo il problema:
lo è l’assenza di contenuto fisico oggettivo,
una situazione realizzata dai banchieri per il fine di esercitare un enorme
potere di arbitrio finanziario, e così dominare miliardi di persone intrappolate
in una vita materialista sempre in corsa frenetica, con il 90 percento delle
persone ignare di essere considerate dalle massonerie elevate alla stregua di
animaletti dentro una ruota per criceti.
Le
cattedrali di questo male insediato al vertice del Sistema finanziario sono le
Banche Centrali, cioè delle organizzazioni in mano a potentati privati che fanno capo ad
un pugno di famiglie impregnate di ispirazioni sataniste.
Esse
sono state capaci nell’arco dell’ultimo secolo, di svuotare di senso tutte le
istituzioni, anche quelle religiose, tenendo lontane intere masse di cittadini
dalle Verità fondamentali dell’esistenza umana, così relegandole sempre più
alla incapacità di comprendere il regresso dell’Occidente in una bassa sfera
materiale priva di una qualche profondità razionale e spirituale.
Queste
stesse élite, forti per la prima volta nella Storia di un Papa bianco gesuita
dalla loro parte, hanno provato a sferrare un colpo decisivo dall’inizio del
2020 in avanti, ma sono state sorprese da eventi che le hanno spiazzate.
L’élite
globalista ha agito con la sicumera di potersi disfarsi di Trump attraverso il
voto aggiustato via posta e via internet, nonché di ‘pensionare’ Putin mediante
i risvolti della Guerra in Ucraina, ed infine di poter controllare Xi Jinping
attorcigliandolo nei viluppi complicati del Partito Comunista cinese a capo di
un territorio e di una popolazione immensi, ma si è trovata sbilanciata a causa
dei loro stessi piani, che hanno prodotto eventi rivoltatisi contro come tanti
boomerang affilati, in arrivo sulle loro teste da tutte le parti.
Il
fine ultimo dell’Agenda 2030 era quello della realizzazione di un modello “monetario” agghiacciante,
in grado di superare in malvagità contro gli esseri umani qualsiasi romanzo di
letteratura distopica.
Le
Banche centrali avrebbero dovuto realizzare le “CBDC”, Central Bank Digital
Currency, cioè “monete digitali delle banche centrali”, e a questo punto si impone una disamina
cruciale:
quali
sono i presupposti e le implicazioni aberranti delle” CBDC”, posto che come vi
ho appena spiegato non sono nella natura digitale, né nell’adozione delle
Intelligenze artificiali?
L’abominevole intento perorato dalle Banche Centrali
si coglie comprendendo il disegno di trasformare quello che è un valore
riconosciuto da tutti, il valore del denaro che consente lo scambio di propri
valori con quelli di altri, in un riconoscimento soggettivo concesso con
arbitrio, cioè in un diritto digitale sindacato apparentemente da un algoritmo
della Banca Centrale, ma in realtà in piena rispondenza agli interessi del
Vertice elitario.
Per
capire il concetto vale la pena fare l’esempio di Netflix e Facebook.
Quando acquistiamo un film o una serie TV magari autenticando l’accesso
con una nostra identità digitale, possiamo essere fruitori del contenuto poiché
sussiste un diritto digitale connaturato ad un database chiamato “Digital
Rights Management”, cioè Gestione dei Diritti Digitali.
Questo
database informatico stabilisce cosa possiamo fare con il film che abbiamo
selezionato, cioè quante volte possiamo vederlo, su quanti dispositivi, per
quanto tempo, se possiamo trasferirlo, etc…
Le “CBDC
“sono concepite allo stesso modo di Netflix:
ti
affidi e dai a loro i tuoi soldi, e loro ti danno una programmazione stabilendo
cosa puoi fare e cosa non puoi fare.
Le “CBDC “sono l’evoluzione delle “cripto-valute”, perché come le cripto prevedono
l’utilizzo dei cosiddetti “smart contracts”, cioè una
scadenza per poter spendere, una modalità di utilizzo finalizzata a specifici
beni e servizi, precludendone ovviamente altri, un limite di utilizzo entro un
certo raggio chilometrico dalla propria residenza, e così via.
Già solo questo farebbe storcere il naso a molti, ma
ben più grave è la situazione nella realtà.
Nei
piani delle banche Centrali le IA assumerebbero un ruolo prevaricante e attivo
sulla vita patrimoniale ed economica degli esseri umani, una situazione inaccettabile
e che non coincide con il significato esatto di Intelligenza Artificiale.
Per capire cosa voglio dire pensate a
Facebook:
le
censure sono fatte apparentemente da algoritmi di un’IA in funzione, ma in realtà si tratta di una
programmazione fatta da esseri umani, i quali ben sapendo di non avere la
legittimità di poter fare censure, fanno operare per loro conto una macchina esattamente
intelligente e dipendente dall’uomo come i computer tradizionali, solamente
molto più potente nel senso di elaborare in una frazione di secondo parecchi
miliardi di informazioni digitali, e non migliaia come i computer tradizionali.
Il problema risiede perciò nei piani del WEF, e nella
implementazione della digitalizzazione e delle tecnologie informatiche in
ossequio alla volontà di controllo della vita umana attraverso le CBDC.
Di
cosa si tratta quindi?
Si
tratta di una moneta a programmazione che sarebbe gestita da un’Intelligenza
Artificiale attiva, come quelle adottate da YouTube e Facebook per censurare le
opinioni e i fatti sgraditi.
Questo
computer è programmato a ricevere miliardi di dati e in ragione di una programmazione
fatta dai kapò dell’élite, perseguirà il fine di imporsi sulle Libertà degli
esseri umani.
Le CBDC sono diverse dal cripto perché hanno
un modello bancario centralizzato ed ovviamente non in anonimato.
Esse
sarebbero emesse e gestite direttamente dalle Banche Centrali, i cui funzionari
impiegati nei settaggi sarebbero più potenti di un occhio di Dio, perché in
ogni momento non solo saprebbero quanto denaro avrete, cosa ci state facendo,
ma in base ad impostazioni arbitrarie potrebbero programmare di sottrarvi il
‘libero arbitrio’ di spesa facendo arrestare dal Sistema una vostra possibilità
di spesa se qualcosa di voi fosse sgradita.
Tutto sarebbe gestito a livello informatico da
una Banca Centrale e una volta realizzato pienamente, le banche commerciali non
esisterebbero più, ma sicuramente esisterebbero delle figure di money checkers alla stregua
dei fact checkers di Facebook e You Tube, cioè anonimi inibitori di libertà in
grado di mettervi in castigo per tre giorni, trenta o forse più, sulla base di
necessità e visioni che possono essere anche del tutto estranee alle vostre.
Il problema quindi non è nella digitalizzazione o
nelle IA,
ma nel loro utilizzo per fare una piramide sociale sempre più aspra, così come
la vergogna di mettere a rogo Giordano Bruno non era insita nel fuoco, un mero
strumento, ma nei Gesuiti che decisero di arderlo per rendere l’evoluzione
dell’Umanità più lineare, semplice e purificata da pensieri troppo complessi ed
elevati.
Le “CBDC”,
quindi, nei piani di Davos sarebbero dovute essere uno strumento
in grado di far culminare tutto il decennio di assurdità previste nell’Agenda 2030, nata all’insegna di una pandemia
programmata e ridicola, e delle
conseguenti restrizioni alle Libertà, degli obblighi di sperimentazione
farmaceutica, della insulsa lotta al cambiamento climatico o delle necessità di
alimentarsi con insetti, cambiare sesso o trasformare l’infanzia da soggetto di
diritto ad oggetto di diritto omosessuale o di libidine pedofila, in un regime totalitario di ideologie Woke da far rivoltare lo stomaco a
chiunque abbia l’intelligenza per capire.
Le “CBDC” non passeranno perché i soldi, uno strumento
necessario alle libere transazioni, ritorneranno ad essere “asset backed” così
come era prima di Bretton Woods, cioè nasceranno in un sistema solo con
l’origine di un credito e non di un debito, e avranno una dimensione digitale e
una cartacea.
Ritengo di poter affermare che un potentato
militare americano totalmente indipendente dall’Amministrazione Biden, è al
lavoro da anni per introdurre il dollaro statunitense garantito dall’oro
ricavato dai Titoli storici portati al riscatto (Redemption), cioè crediti
poggiati su depositi d’oro non onorati dalle banche debitrici, e perciò occultati durante la crisi
del 1929 e della II° Guerra Mondiale.
Si
tratta di valori superiori ad alcuni quadrilioni di dollari, cioè in una misura
tale da rendere possibile il cambio di monete su tutto il Pianeta attuando una
vera e propria rivoluzione del sistema finanziario.
La Russia, la Cina e tutti gli altri paesi
Brics sono in sintonia con il nuovo dollaro “asset backed”, e sempre più
nazioni hanno disconosciuto il valore del dollaro fiat della FED, la Banca
Centrale americana, che sarà smantellata dopo la fine di una fase transitoria e
molto prima di arrivare al 2030.
Il
dollaro FED è già carta straccia nella macroeconomia, così come le scritture
bancarie milionarie di dollari o euro, saranno destinate ad essere azzerate a
meno che il detentore non dimostri l’integrità e la legittimità dell’origine
dei fondi, un adempimento che non sarà ovviamente necessario per i correntisti
ordinari.
I Banchieri centrali hanno ricevuto già
disposizioni da militari per eseguire transazioni con i dollari statunitensi, e
i progetti delle “CBDC” non prenderanno mai il volo, anche perché il Congresso USA non ha autorizzato
la FED ad istituirle, e mai lo farà.
L’euro e l’Italia andranno in scia con quello
che succederà di importante in America, e di cui ovviamente TV e giornali ora
non parlano.
Le”
CBDC” e l’Agenda 2030 sono state dei deliri peggiori a quelli dei nazisti, e non
avrebbero mai potuto vincere questa partita.
Attraverso
di esse una
minuscola élite avrebbe trasformato i soldi in una tirannide ancora più arbitraria, all’insegna di un legame tra le
monete e il titolare che avrebbe fatto diventare la moneta a valore variabile a
seconda di chi la utilizza, cioè un titolo nominale a sfondo potenzialmente
discriminatorio in ragione dei comportamenti assunti, e non semplicemente al
portatore o al proprietario di un valore.
Le “CBDC” avrebbero permesso la fine delle
Costituzioni e delle Leggi in un inferno politically correct e di cancel culture, esattamente a come avviene nei
social media, quando una volontà terza tra le due o più che fanno una
comunicazione tra di loro o in un gruppo, irrompe senza legittimità di Legge
per cancellare opinioni e testimonianze sgradite ai padroni del Sistema.
Per capire cosa sarebbero state le “CBDC”
dovete pensare ai “fact checker” e ai blocchi nel senso di disabilitare la vita
economica del titolare del denaro in ragione di comportamenti ‘deplorati’ dal
Grande Fratello, come ad esempio non vaccinarsi o esprimere parere fortemente
contrario all’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali, così come già
avviene nei principali Social media e nelle programmazioni televisive.
In questo modo le Banche centrali sarebbero
passate dall’esercizio abusivo di una gestione dell’economia in maniera
verticistica di fatto, come fanno ormai da molti anni, a quella di una gestione
dettagliata dei rapporti sociali e delle convinzioni pubbliche, religiose e
non, di ogni singolo essere umano che avesse accettato un orizzonte così grandemente
distopico,
del quale il green pass covid 19 è stato solo un piccolo esperimento
sociopolitico.
Le”
CBDC “avrebbero richiesto l’Identità Digitale, un’identità univoca, tipicamente
autenticata da credenziali biometriche, che avrebbe permesso di identificare il
portatore del titolo, proprio perché le proprietà del titolo dipendono dal
portatore.
In
questi termini le “CBDC non solo” avrebbero sostituito il denaro come
regolatore dell’economia, ma sarebbero state sostitutive del diritto giuridico
civile e penale divenendo uno strumento automatizzato di pena in grado di
esercitare un potere di repressione dei comportamenti sociali contrari agli
standard della Comunity diretta dagli uffici dei banchieri centrali in pieno
anonimato.
Con le “CBDC”, l’Identità Digitale, la
digitalizzazione compulsiva della società e le IA abilitate in senso attivo, tutte e quattro integrati in maniera
sistemica come descritto nell’Agenda 2030, sarebbe stato possibile restringere
le vacanze, le feste, le gite al mare o le quantità di cibi e vestiti che si
possono o meno acquistare in riferimento a emergenze che sarebbero valse solo
per i popoli e non per le élite, ovviamente.
L’operazione
COVID 19 è stata chiaramente necessaria a prepararne il terreno, sfasciando le
Libertà Democratiche, introducendo obblighi ‘sanitari’ invasivi del corpo
umano, imponendo passaporti digitali di stampo nazista, ed infine
l’Identità Digitale, tutti ingredienti atti a
propinare il cocktail avvelenato “CBDC”.
In
tutto il Mondo le Banche Centrali erano impegnate da anni nelle sperimentazioni
delle “CBDC” e delle “Identità Digitale”, seguendo dei piani ufficiali dell’ONU
e dell’”Alleanza ID2020”, i cui sponsor sono GAVI (Bill Gates), la Rockefeller Foundation e tutto il
carrozzone di poteri forti finanziari dietro ai grandi nomi come Facebook, UNICC, Mastercard, e altri criminali mascherati operanti per il WEF che si sono giustappunto
occupati della promozione dell’Identità Digitale così come di propalare le
menzogne della pandemia Covid 19 e delle vaccinazioni sperimentali.
Le “CBDC”
sarebbero esistite nel mondo virtuale programmabile, perciò avrebbero potuto
essere classificate per servizi/beni, avere una scadenza (come se la banconota
di carta si distruggesse da sola) o anche divenire inutilizzabili a seconda del
luogo (come
se la banconota scomparisse dai vostri conti se vi trovaste in Russia o nel
posto ritenuto inopportuno da chi comanda).
Se
siete arrivati alla lettura fino a questo punto, avrete capito che il
fallimento della “Silicon Valley Bank”, la banca a supporto dei settori
innovativi necessari ad implementare proprio le “CBDC”, non era voluto
dall’élite finanziaria, la quale semmai avrebbe fatto fallire una “Lehman
Brothers qualsiasi”, ancorché più grande, ma non certo la “Silicon Valley Bank”.
Il
piano delle “CBDC” non sarà compiuto perché è contrario a tutte le
Costituzioni, e i vertici dell’Esercito Americano, quelli veri, hanno appena
dato due opzioni ai banchieri centrali occidentali mediante una lettera
pervenuta a tutte le banche Centrali:
collaborare
al nuovo sistema finanziario sulla base di regole partorite durante la
Presidenza Trump in ottica di rispetto multipolare, oppure collaborare lo
stesso con una pistola puntata alla testa, perché tanto nessun media racconterà
cosa succederà nelle stanze dei bottoni del sistema finanziario occidentale, e
in Ucraina è già da tempo ora di farla finita perché stanno morendo troppe
persone.
Nulla
di diverso rispetto a quello che ho fin qui descritto potrebbe accadere.
La “Rivoluzione
del Sistema finanziario” è in corso e il mio auspicio per l’Italia è che non sia necessario lo spargimento di
sangue degli sconfitti, cioè dei servi della “mafia Khazara”, dei gesuiti e dei
banchieri centrali, dando così corso a redivive liste di proscrizione simili concettualmente
a quelle di poco oltre 2000 anni fa, in un’epoca augusta.
Tuttavia la resa dell’élite italiana, serva
dei satanisti, non potrà non essere che totalmente incondizionata, una implicazione
naturale quando le rivelazioni saranno imposte, con forza di mezzi e
tecnologie, alla attenzione di tutto il Popolo italiano.
Il FMI
introduce una nuova valuta,
ma
nessuno ne parla. Perché?
Scenarieconomici.it
– Guido da Landriano – (15 aprile 2023) – ci dice:
È
stata appena lanciata una nuova valuta globale, ma il 99% della popolazione
mondiale non ha idea di cosa sia appena successo.
L'”Unità
monetaria universale”, nota anche come “Unicoin”, è una “moneta digitale della
banca centrale internazionale” progettata per funzionare insieme a tutte le
valute nazionali esistenti.
Ovviamente l’adozione diffusa di una nuova “moneta
globale” sarebbe un enorme passo avanti per l’agenda globalista.
Il FMI non ha creato questa nuova moneta, ma è
stata presentata in occasione di un’importante riunione del FMI all’inizio di
questa settimana…
Oggi,
in occasione degli Incontri di Primavera 2023 del Fondo Monetario Internazionale
(FMI), l’Autorità Monetaria per le Valute Digitali (DCMA) ha annunciato il lancio ufficiale di
una valuta digitale internazionale delle banche centrali (CBDC) che rafforza la sovranità monetaria
delle banche centrali partecipanti ed è conforme alle recenti raccomandazioni
politiche sugli asset crittografici proposte dal FMI.
L’Unità
Monetaria Universale (UMU), simboleggiata dal carattere ANSI Ü, è legalmente un
bene monetario, può effettuare transazioni in qualsiasi valuta di regolamento a
corso legale e funziona come una “CBDC “per applicare le normative bancarie e
proteggere l’integrità finanziaria del sistema bancario internazionale.
Come
indica il comunicato stampa sopra citato, questa nuova “unità monetaria
universale” è stata creata dalla “Digital Currency Monetary Authority”.
Chi è l’Autorità Monetaria per la Moneta
Digitale (DCMA)? Il comunicato stampa dice che l‘organizzazione è composta da “Stati sovrani, banche centrali,
banche commerciali e al dettaglio e altre istituzioni finanziarie”.
Data
la riservatezza sembra quasi un’associazione segreta di stati e banche centrali
per spingere all’adozione della moneta digitale delle banche centrali.
Ci
viene detto che l'”Unità Monetaria Universale” è una “cripto 2.0”, e coloro che
l’hanno creata sperano che venga ampiamente adottata da “tutti i settori
dell’economia globale” …
Il
“DCMA” presenta l’”Unità Monetaria Universale” come Crypto 2.0 perché innova
una nuova ondata di tecnologie crittografiche per realizzare un sistema
monetario pubblico a valuta digitale con un quadro di adozione diffusa che
comprende casi d’uso per tutti i settori dell’economia globale.
E
sorprenderebbe qualcuno che l’amministrazione Biden stia pubblicizzando i
potenziali benefici di una “forma digitale del dollaro americano”? Quanto segue proviene dal sito
ufficiale della Casa Bianca…
Una
moneta digitale della banca centrale degli Stati Uniti (CBDC) sarebbe una forma digitale del
dollaro americano.
Pur
non avendo ancora deciso se perseguire un “CBDC”, gli Stati Uniti hanno
esaminato attentamente le implicazioni e le opzioni per l’emissione di un CBDC.
Se gli Stati Uniti volessero emettere una
CBDC, i vantaggi potrebbero essere molti, come ad esempio facilitare
transazioni efficienti e a basso costo, favorire un maggiore accesso al sistema
finanziario, stimolare la crescita economica e sostenere la continua centralità
degli Stati Uniti nel sistema finanziario internazionale.
Non
credo sia una coincidenza che i governi di tutto il mondo occidentale stiano
contemporaneamente sviluppando i CBDC, e il FMI ha già messo a punto un ampio
manuale “per
assistere le banche centrali e i governi di tutto il mondo nell’introduzione
dei CBDC”.
Pubblicato
pubblicamente il 10 aprile 2023, il rapporto “IMF Approach to Central Bank Digital
Currency Capacity Development” delinea la strategia pluriennale del FMI per aiutare
l’introduzione delle CBDC, compreso lo sviluppo di un “CBDC Handbook” vivente che le
autorità monetarie dovranno seguire.
É
indispensabile capire che se tutti utilizzassero le CBDC, la privacy
finanziaria sarà quasi del tutto scomparsa.
Le
autorità saranno in grado di tracciare praticamente tutto ciò che comprate e
vendete e sono certo che non esiteranno a usare queste informazioni contro di
voi.
Riuscite
a immaginare un mondo in cui vi viene impedito di acquistare carne per un certo
periodo perché avete già utilizzato i vostri “crediti di carbonio” per il mese?
Oppure
vietarvi di comprare un’auto impedendovi di pagarla.
Questo
mondo distopico può essere facilmente realizzato dalla valuta digitale
controllata dalle banche centrali.
Questo
sarà possibile con le “CBDC”.
Per spingere all’uso delle CBDC al posto dei contanti
o di altre valute digitali private, quindi libere, le autorità abbasseranno
progressivamente i limiti di uso del contante, unica vera moneta libera e non
tracciabile.
Già il
Parlamento europeo ha imposto limiti di 7 mila euro per il contante e mille
euro per i trasferimenti di criptovalute, limiti teorici per ora, ma che se imposti
sarebbero una spinta verso le “CBDC”.
A quel
punto una valuta centralizzata mondiale permetterebbe il controllo perfetto da
parte di un’autorità sovrannazionale non eletta, e potremmo dire addio al poco
di democrazia che è rimasto.
Christine
Lagarde: Prove
Generali
di Tecnocrazia.
Conoscenzealconfine.it
– (19 Aprile 2023) - Matteo Masi: ci dice:
Lunedì
17 Aprile 2023 Christine Lagarde ha tenuto un interessante discorso dal titolo:
“Le banche
centrali in un mondo che si frammenta” in un evento organizzato dal “Council on
Foreign Relations”, un importante (forse uno trai più importanti) think tank
statunitense specializzato in politica estera e affari internazionali (pubblica
il bimestrale “Foreign Affairs”).
Nel
discorso della Lagarde vengono toccati i più importanti argomenti di politica
internazionale, dal punto di vista della politica monetaria e come questi
argomenti influenzano e influenzeranno le azioni delle banche centrali.
Il
titolo del discorso lascia intuire l’argomento principale attorno al quale
ruota la dissertazione:
ci
troviamo di fronte a un mondo che si sta frammentando e diventando
inevitabilmente “multipolare” (punto su cui ritornerà più volte).
Qual è
il contesto geopolitico, cosa si intende per multipolarità e come le banche
centrali dovrebbero reagire secondo la Lagarde?
“Stiamo
assistendo a una frammentazione dell’economia globale in blocchi in
competizione tra loro, con ciascun blocco che cerca di avvicinare il resto del
mondo ai propri interessi strategici e valori condivisi. […]
In
breve, potremmo assistere a due effetti profondi sull’ecosistema politico delle
banche centrali:
in
primo luogo, potremmo assistere a una maggiore instabilità, dato che
l’elasticità dell’offerta globale diminuisce;
in secondo luogo, potremmo assistere a una
maggiore multipolarità, dato che le tensioni geopolitiche continuano a
crescere.”
Questa
l’introduzione del discorso, dove si punta subito l’attenzione sull’emergente multipolarità dovuta alle tensioni geopolitiche e
la conseguente instabilità dovuta all’interruzione delle catene del valore
globale che avevano garantito una relatività stabilità negli anni passati.
“Sotto
la guida egemonica degli Stati Uniti, sono fiorite le istituzioni
internazionali basate su regole e si è ampliato il commercio globale. […] Di
conseguenza, l’offerta globale è diventata più elastica ai cambiamenti della
domanda interna, portando a un lungo periodo di inflazione relativamente bassa
e stabile. […] quel periodo di relativa stabilità potrebbe ora lasciare il posto a
un’instabilità duratura, che si traduce in una crescita più bassa, in costi più
elevati e in partenariati commerciali più incerti.”
Catene
del valore globale che erano state garantite, come ammette la Lagarde, dalla
globalizzazione a guida USA e dalle istituzioni nate dalla loro egemonia (FMI,
WTO, Banca mondiale etc.…).
“Oggi
gli Stati Uniti dipendono completamente dalle importazioni per almeno 14
minerali critici.
E
l’Europa dipende dalla Cina per il 98% delle sue forniture di terre rare.
Le interruzioni dell’approvvigionamento su
questi fronti potrebbero avere ripercussioni su settori critici dell’economia,
come l’industria automobilistica e la sua transizione verso la produzione di
veicoli elettrici. […]
Questa
‘nuova mappa globale’ avrà probabilmente implicazioni di primo ordine per le
banche centrali.”
In
questo passaggio abbiamo un assaggio di quanto poi la Lagarde confermerà nei
passaggi successivi del discorso.
Di fronte alle nuove sfide del mondo multipolare le banche
centrali non potranno più essere del tutto indipendenti dalla politica fiscale
e dalla politica industriale. Vedi la scelta della UE di puntare sull’auto
elettrica.
“Questi
cambiamenti suggeriscono anche che si sta verificando un secondo cambiamento
nel panorama delle banche centrali: potremmo assistere a un mondo sempre più multipolare.
[…]
I
nuovi modelli commerciali possono avere ramificazioni per i pagamenti e le
riserve valutarie internazionali. […]
Negli
ultimi decenni la Cina ha già aumentato di oltre 130 volte il suo commercio
bilaterale di beni con i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo,
diventando anche il primo esportatore mondiale. […]
Tutto ciò potrebbe creare un’opportunità per
alcuni Paesi che cercano di ridurre la loro dipendenza dai sistemi di pagamento
e dai quadri valutari occidentali, sia per ragioni di preferenza politica, sia
per dipendenze finanziarie, sia per l’uso di sanzioni finanziarie nell’ultimo
decennio.”
Qui la
Lagarde conferma che le sanzioni finanziarie stanno minando alla base
l’egemonia del Dollaro spingendo la transizione verso un “nuovo mondo
multipolare”.
Quindi,
secondo la Lagarde: “Come dovrebbero rispondere le banche centrali a queste due
sfide?”.
“In
questo senso, nella misura in cui la geopolitica porta a una frammentazione
dell’economia globale in blocchi concorrenti, ciò richiede una maggiore
coesione politica.
Non si
tratta di compromettere l’indipendenza, ma di riconoscere l’interdipendenza tra
le politiche e il modo in cui ciascuna di esse può raggiungere al meglio il
proprio obiettivo se allineata a un traguardo strategico. […]
Potremmo vederne i benefici soprattutto in Europa,
dove l’effetto moltiplicatore di un’azione comune in settori come la politica
industriale, la difesa e gli investimenti nelle tecnologie verdi e digitali è
molto più alto rispetto a quello degli Stati membri che agisce da soli. “
Ecco
che si arriva al punto di maggior interesse di questo discorso:
la
Lagarde, infatti, sembra mettere in discussione il “dogma dell’indipendenza
delle banche centrali dai governi”.
Con una fondamentale differenza, a mio parere,
rispetto al tipo di dipendenza che sarebbe invece auspicabile:
secondo la Lagarde i “traguardi strategici”
sono quelli già decisi dalle élite tecnocratiche europee, una dipendenza al
contrario quindi, dove i governi dovrebbero adattarsi a questi traguardi e
seguire le indicazioni dei banchieri centrali.
E per
garantire questo obiettivo, cioè la definitiva messa in soffitta della democrazia a favore di una tecnocrazia in tutto
e per tutto, la Lagarde conclude indicando i prossimi passi che l’Unione
Europea dovrebbe intraprendere a questo scopo:
“Per
l’Europa, progetti a lungo rimandati come l’approfondimento e l’integrazione
dei nostri mercati dei capitali non possono più essere visti solo attraverso la
lente della politica finanziaria nazionale.
In
poche parole, dobbiamo completare l’unione dei mercati dei capitali europei.
Questo sarà determinante per stabilire se l’euro rimarrà tra le principali
valute globali o se altre prenderanno il suo posto.”
Non
possiamo che auspicare il fallimento di questo progetto antipopolare.
(Matteo
Masi) -(lafionda.org/2023/04/18/christine-lagarde-prove-generali-di-tecnocrazia/).
(ecb.europa.eu/press/key/date
2023/html/ecb.sp230417~9f8d34fbd6.en.html)
(it.wikipedia.org/wiki/Council_on_Foreign_Relations).
Non
Mangiate Nulla
con
l’Etichetta “APEEL”!
Conoscenzealconfine.it
– (18 Aprile 2023) - Dott. Paolo Magli – ci dice:
L’etichetta
“APEEL” è appena apparsa nei negozi di alimentari americani.
I
cetrioli non sono avvolti nella plastica, ma c’è un grande cartello che dice
che sono ricoperti di “Apeel” per proteggerne la freschezza e ridurre rifiuti
di plastica. Sui Cetrioli c’è anche un adesivo con la parola “Apeel”.
L’azienda
è finanziata da Bill Gates e altri, e il WEF l’ha approvata (ovviamente…).
Se
controlli il sito (apeel.com), non riesci a trovare alcuna informazione su cosa
sia esattamente “APEEL”. In Italia è distribuito dal Gruppo ORSERO (fratelliorsero.it/) .
Guarda
le domande frequenti (FAQ).
Ti
dicono anche di non comprarlo se sei preoccupato. In Canada finora è usato solo
su Cetrioli e mele. Negli Stati Uniti su avocado, mele, limoni e cetrioli.
L’azienda
è molto misteriosa su cosa sia effettivamente il prodotto.
E dice anche che non può essere lavato via,
non importa quando si strofini.
Lo afferma anche nelle FAQ del sito web.
Presumibilmente
può far durare i prodotti fino a 3 volte di più. Inoltre, improvvisamente negli Usa il
prezzo dei cetrioli è sceso.
Vogliono
davvero che le persone comprino questi cetrioli…
La
Scheda dei dati di Sicurezza dice (APEEL INDICAZIONI di PERICOLO):
– H318
provoca gravi LESIONI OCULARI.
– H317
può provocare una REAZIONE allergica CUTANEA.
– H412
NOCIVO per gli ORGANISMI acquatici con EFFETTI di lunga DURATA.
Consigli
di prudenza:
– P280
Indossare guanti/indumenti protettivi/Proteggere gli occhi/Proteggere il viso.
–
P302+P352 In caso di CONTATTO CON LA PELLE: lavare abbondantemente con acqua.
(evansvanodine.co.uk/assets/eng_apeel.pdf).
Controllate
sempre tutte le etichette, mi raccomando.
Questa
è guerra alimentare.
(Dott.
Paolo Magli)
(m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid02i1BdHEBTekoZyaARf6zRWCtSp7EtaL6oSZ6K99RPxJp7VYcZtKcAqAYd9EyHt8Hal&id=100007378534515&sfnsn=scwspwa)
(t.me/canalemontesano)
Mortalità
Bambini: +755% nel 2022
in Europa dopo i Vaccini Covid.
(Dati
EuroMOMO).
Conoscenzealconfine.it
– (18 Aprile 2023) – Redazione – ci dice:
Mortalità
bambini alle stelle…
Da quando
l’EMA ha approvato per la prima volta il vaccino contro il Covid-19 per i
bambini, i decessi in eccesso tra 0-14 anni sono stati registrati su base
settimanale: al 18 settembre 2022 i decessi in eccesso tra i bambini erano del
630% superiori alla media quinquennale, con un aumento del 755% nel solo 2022.
I
decessi in eccesso tra i bambini sono cresciuti a partire dalla settimana 22
del 2021, che coincide con la settimana in cui l’Agenzia europea per i medicinali
(EMA) ha concesso “un’estensione dell’indicazione per il vaccino COVID-19
Comirnaty (Pfizer) per includere uso nei bambini di età compresa tra 12 e 15″.
La
denuncia arriva da “European Mortality Monitoring Project” (EuroMOMO).
I dati sono ufficiali.
EuroMOMO ha come scopo “rilevare e misurare i decessi in eccesso legati
all’influenza stagionale, alle pandemie e ad altre minacce per la salute
pubblica.
Conducendo attività di rete regolari, i
partner apprenderanno e scambieranno le migliori pratiche su come applicare i
dati del monitoraggio della mortalità in tempo reale per la valutazione del
rischio, in particolare per quanto riguarda le minacce transfrontaliere e la
gestione della risposta della sanità pubblica alle emergenze”.
Le
statistiche nazionali ufficiali sulla mortalità vengono fornite settimanalmente
dai 29 paesi europei o regioni subnazionali della rete collaborativa EuroMOMO.
Si fa
fatica a trattenere i conati nel vedere quanto infame sia stato lo “spettacolo
da circo” messo in piedi con lo scopo di manipolare bambini e ragazzi… (nota di conoscenzealconfine).
(presskit.it/2022/11/21/mortalita-bambini-755-nel-2022-in-europa-dopo-i-vaccini-covid-european-mortality-monitoring-project)
Seymour
Hersh, Nuova Bomba:
“Zelensky
si è intascato 400 Milioni
stanziati dagli USA per Ucraina”
Conoscenzealconfine.it
– (17 Aprile 2023) – Redazione – “Substack”- ci dice:
Il
presidente ucraino “Volodymyr Zelensky” e membri della sua squadra hanno
sottratto centinaia di milioni di dollari che gli Stati Uniti hanno elargito
per l’acquisto di carburante, secondo il giornalista americano e vincitore del
premio Pulitzer “Seymour Hersh”.
Lo si legge in un articolo pubblicato sulla
piattaforma “Substack”.
Il
governo ucraino, guidato da “Volodymyr Zelensky”, ha usato i fondi dei
contribuenti americani per pagare a caro prezzo il carburante diesel,
considerato vitale poiché mantiene l’esercito ucraino in movimento nella guerra
con la Russia.
Non è
noto quanto il governo di Kiev stia pagando a gallone per il carburante, ma il
Pentagono pagava fino a 400 dollari al gallone per trasportare con i camion la
benzina da un porto in Pakistan fino all’Afghanistan, durante la decennale
presenza americana nel paese, dopo la guerra d’invasione contro i talebani.
Ciò
che molti ignorano è che Zelensky ha acquistato il carburante dalla Russia, il paese
con cui Usa e Ucraina sono in guerra, e che lui e molti nel suo entourage hanno
sottratto milioni di dollari americani destinati ai pagamenti del diesel.
Una
stima da parte degli analisti della CIA ha parlato di almeno 400 milioni di
dollari.
Un altro esperto ha confrontato il livello di
corruzione a Kiev a quello della guerra afgana, “sebbene non ci saranno
rapporti ufficiali dall’Ucraina”.
“Zelensky
ha acquistato con lo sconto il diesel dai russi”, ha detto un ufficiale di
intelligence americano esperto, scrive Hersh.
E chi
paga per il gas e il petrolio? Noi, gli USA.
Putin
e i suoi oligarchi stanno guadagnando milioni.
“Molti
ministeri del governo a Kiev sono stati letteralmente in competizione”, scrive ancora il giornalista,
citando la sua fonte, per stabilire i contratti di esportazione per armi e
munizioni con venditori privati di armi in tutto il mondo.
Molte
di queste compagnie sono in Polonia e Repubblica Ceca, ma si ritiene che altre
esistano nel Golfo Persico e Israele.
“Non
sarei sorpreso di apprendere che ci sono altri in luoghi come le Isole Cayman e
Panama, e ci sono molti americani coinvolti “, ha scritto Hersh riportando la
confidenza di un esperto americano del commercio internazionale.
La
questione della corruzione è stata sollevata direttamente con Zelensky in una
riunione lo scorso gennaio a Kiev, con il direttore della CIA William Burns.
Scrive
il giornalista premio Pulitzer:
“Il
suo messaggio al presidente ucraino – mi è stato detto da un funzionario
dell’intelligence – è che i generali e i funzionari del governo di Kiev erano
arrabbiati per l’avidità di Zelensky, perché stava prendendo una quota di soldi
più ampia di quanto andasse a loro”.
Burns
ha poi presentato a Zelensky un elenco di trentacinque generali e alti funzionari
la cui corruzione era nota alla CIA e ad altri nel governo americano.
Zelensky
ha risposto alla pressione americana dieci giorni dopo allontanando
pubblicamente dieci dei funzionari più in vista della lista.
“I dieci di cui si è sbarazzato erano quelli
più sfacciati che si vantano per i soldi che avevano, attraversando Kiev nella
loro nuova Mercedes”, chiude Hersh, citando nuovamente il funzionario
dell’intelligence.
(kulturjam.it/costume-e-societa/seymour-hersh-zelensky-si-e-intascato-400-milioni-usa-per-
ucraina/#:~text=Ci%C3%B2%20che%20molti%20ignorano%20%C3%A8,destinati%20ai%20pagamenti%20del%20diesel)
Il
potere dei pochi
umilia
i molti.
Sikelian.it
- Leandro Distefano – (10- 4- 2023) – ci dice:
Da millenni
ci interroghiamo su come si può arginare il potere nelle mani di pochi uomini
(Élite) a discapito delle popolazioni di tutte le latitudini del mondo.
E ad oggi non abbiamo ancora risolto questa
marcata disparità.
Già
Platone nel libro “La Repubblica” affrontava questo argomento con rara
attenzione e precisione dando ad intendere quanto sia difficile un governo
giusto.
Per il
filosofo ateniese qualsiasi governo può degenerare e diventare nocivo per i
cittadini.
Nel
modello platonico le forme di governo sono tre: aristocrazia, oligarchia e
democrazia.
Le
quali dopo un buon inizio, col tempo si corrompono diventando il peggio di sé
stesse, infatti
degenerano in timocrazia, oligarchia, tirannide e demagogia.
Platone
propose come soluzione a questo pericolo di dare il governo della città ai
filosofi, i soli che potevano davvero pensare al bene di tutti.
A
questo proposito lui stesso provò per ben tre volte, andando a Siracusa a
formare il monarca della città con i principi filosofici, ben diversi da quelli
che conosciamo oggi, senza successo.
Osservando
la storia dell’uomo in tutte le sue declinazioni in un modo o nell’altro, prima
o poi anche con le migliori intenzioni il potere prende la mente degli uomini.
L’uomo
ha dentro di sé dei conflitti che lo lacerano danzando tra l’altruismo e
l’egoismo.
Quest’ultimo
lo trasporta nell’avidità, nella vanità e in un senso di onnipotenza capace di
assoggettare e annientare chiunque senza limiti.
Questo
è il pericolo più grande!
Nel
momento che questo tipo di persone si uniscono in gruppi di potere (lobby) nel
campo finanziario, bancario e politico il gioco è fatto.
Insieme
tutte queste forze in scala globale sono capaci di mettere in ginocchio il
mondo.
Mi
chiedo quale possano essere le azioni deterrenti contro questo atavico e
ancestrale desiderio di sottomettere l’altro?
Perché ci possiamo nascondere con tonnellate
di demagogia ma, questo atteggiamento umano è strisciante, è sempre lì.
Ricordiamo
le varie rivoluzioni, sette segrete e gli infiniti libri, tavole rotonde che
nei secoli hanno attraversato il tempo senza in realtà produrre il cambiamento
radicale nell’uomo che si auspicava.
Tornando
alla domanda di prima, quale pensiero, quale atteggiamento può trasformare
questa abiezione oscura dentro l’uomo?
Abbiamo
conosciuto attraversando la nostra cultura uomini di una coscienza elevatissima
che hanno identificato il loro “Io” nell’altro, è inutile fare nomi visto che è
un patrimonio universale condiviso.
Questi
uomini quando appaiono nel mondo fanno cose mirabolanti e sembra che tutto
possa cambiare ma, alla loro morte si ha l’impressione che l’umanità non abbia
imparato nulla e ritorna nel buio.
La
moltitudine degli uomini vive spesso in posizione vittima-carnefice nei
confronti di chi lo governa e tutte le lezioni del passato sulla libertà
s’infrangono su questo atteggiamento naturale di sottomissione.
Forse
per cambiare il nostro antico senso di inadeguatezza nel mondo che ci spinge ad
azioni a volte inenarrabili, dovremmo alzare la nostra coscienza umana ai
livelli di quegli uomini illuminati di cui accennavo prima?
In
studi recenti si è scoperto che il bosco comunica in una sorta di
interdipendenza tra i suoi vari componenti.
Gli alberi dialogano tra loro, così il
sottobosco e i funghi hanno la funzione di recettori e distributori di
informazioni per il bosco, come una sorta di internet.
Questo
fa pensare, come già nell’universo, che la vita nella sua natura è
interdipendente. Cioè il tutto è in relazione simbiotica e imprescindibile l’uno con
l’altro.
Perché
l’essere umano ha questa difficoltà profonda, tranne in alcuni casi, di
cooperare con gli altri della sua specie e con il resto degli abitanti del
pianeta?
Io
penso che il nostro ostacolo al raggiungimento di un’armonia con noi stessi e
con tutto ciò che ci circonda sia la mente.
La quale ci aiuta nei suoi vari aspetti a
migliorarci ad esempio nella creatività, nell’immaginazione, nella scoperta
scientifica e nel costruire opere meravigliose ma, dall’altra è capace di
spingerci a distruggere e devastare nella sua perversione tutto ciò che
incontra.
Un
altro aspetto importante da affrontare è la razza.
Gli antropologici ed altri studiosi hanno
affrontato nel corso degli ultimi secoli il concetto di razza su varie
angolazioni.
Spaziando dalla superiorità della razza, alla
cultura, alle condizioni economiche o tutte messe insieme per spiegare le
differenze socio-economiche e culturali tra gli uomini.
E quasi sempre si arriva al punto che c’è
sempre un popolo, un’etnia, una élite, perfino un quartiere di una città
superiore ad un’altra.
Studi
recenti affermano con certezza che le razze non esistono, c’è solo la razza
umana ciò che ci differenzia sono le etnie.
Gli
studi recenti ci portano a datare la comparsa dell’Homo Sapiens e circa
duecentomila anni fa in Africa, da un unico gruppo che nei millenni successivi
ha viaggiato in tutto il mondo.
Oggi
con il DNA si è scoperto che lo stesso Sapiens non è puro, ci sono nel genoma
percentuali anche di altri tipi di uomini tra cui il Neanderthal.
Quindi
parlare di superiorità tra i popoli, fino all’interno di un gruppo ristretto
alla luce di queste scoperte è scientificamente errato.
Ovviamente
per non parlare dell’eresia della superiorità degli uomini sulle donne ma,
anche viceversa.
Ci troviamo sempre in una patologica convinzione che
qualcuno è superiore ad un altro, non riuscendo proprio a comprendere la
diversità all’interno di un sistema di cooperazione.
Tutti
insieme come in un bosco, ognuno con la sua specificità e ruolo diventa
indispensabile affinché funzioni e sia in armonia con il mondo.
Basta
pensare ad un qualsiasi oggetto, un’auto per esempio, ogni cosa anche il più
piccolo ingranaggio è al servizio di tutta la macchina.
Tornado
alla domanda del perché l’uomo ha così difficoltà a riconoscere l’altro come
compagno di questa avventura meravigliosa e misteriosa che è la vita e invece
lo vede spesso come un nemico da schiacciare, dovremmo ricorrere alla
filosofia, alla psicologia, alla scienza per dipanare questo problema?
Nel
corso dei secoli studiosi di diverse discipline hanno indagato la complessità,
la prevedibilità e l’imprevedibilità dell’essere umano dando diverse
spiegazioni più o meno plausibili, ma il nocciolo della questione è come può
l’uomo può vivere in armonia con sé stesso, con i suoi simili e con la natura?
Leggiamo, osserviamo e seguiamo uomini, come
già ho accennato prima, che si sono elevati a una coscienza la quale ha
identificato l’io nell’altro, ma è davvero raro.
Sono
spesso illuminazioni individuali o di piccoli gruppi, ma quando ciò si deve
tradurre in larga scala abbiamo visto ad oggi che il risultato è impossibile.
La
storia sembra ripetersi senza soluzione di continuità, anche se non è mai
identica, con lo stesso schema.
Noi esseri umani non riusciamo ad imparare dai
nostri errori, dalle atrocità e dalle crudeltà che ci procuriamo l’un l’altro.
La
ricerca della verità, del buon senso, il vivere bene insieme, l’onestà sono
ancora importanti per la società contemporanea?
Sembra
di no, nel passato credo avesse maggiore valenza.
Noi
tutti vediamo che la ricchezza del mondo è sempre più nelle mani di pochi
uomini a discapito di quasi tutti gli esseri viventi di questo pianeta che
stanno soffrendo per l’avidità di pochi che si sentono onnipotenti, la loro
ingordigia li porta ad una spietatezza e ad in cinismo che in queste dimensioni
globali a memoria d’uomo non si erano mai viste.
Cosa
fare?
Come
arginare questa deriva che sembra con un finale scontato?
Può essere la nostra estinzione, in così breve
tempo, visto la velocità di come stiamo fagocitando questo splendido pianeta?
Certo
nessuno può dare una risposta certa, ma sicuramente il pericolo della fine
dell’umanità e di altre specie sulla Terra può sembrare la strada più evidente.
Cosa
dovrebbe accadere per invertire questa dinamica perversa?
Negli scritti
della maggior parte dei libri sacri delle diverse culture umane si menzionano
più volte dei momenti bui per l’uomo e poi una risalita.
E si scrive pure in questi testi religiosi,
pieni di miti ed allegorie, che ci sarà un momento nella storia dell’uomo in
cui sull’orlo del baratro egli troverà dentro di sé una spinta che lo
catapulterà in una rinascita spirituale collettiva che lo trascinerà a vivere
in questo mondo in armonia con sé stesso e con le altre specie viventi.
Tutto
ciò è un espediente per creare un ottimismo nella mente dell’uomo, per placarlo
dalle sue paure ancestrali di morte e di autodistruzione?
Può
davvero la spiritualità singola e collettiva arginare la nostra forte
componente distruttiva?
Lo
abbiamo visto molte volte nella storia umana che dopo delle catastrofi di vario
genere, l’uomo si rialza e inizia a cooperare con i suoi simili con risultati
notevoli. Non
c’è certamente una risposta certa e univoca su queste enormi domande, ma di
sicuro non si può stare fermi davanti a questi immensi disastri soprattutto per
le generazioni future.
Un tempo si dava importanza alla cura del presente per
preservare il futuro, ma ciò si è smarrito.
Noi
siamo la razza umana che vive in un pianeta insieme ad altri esseri viventi in
un sistema molto più vasto all’ interno di un universo composto da miliardi di
altre esistenze come pianeti e stelle, come possiamo sentirci onnipotenti in
confronto ad un Cosmo di cui non riusciamo a pensare un limite?
Noi che siamo limitati dallo spazio e dal tempo, siamo
mortali e viviamo a volte come degli dei immortali, ci troviamo davanti ad un
conflitto dentro di noi che sembra irrisolvibile.
Concludo
con un pensiero, tutto questo che sta accadendo davanti ai nostri occhi mi fa
venire in mente l’episodio biblico della “Torre di Babele”.
L’uomo
che si pone senza limiti e con arroganza provando ad avvicinarsi e sfidandolo
il suo Dio, il cielo e forze più grandi di lui e che vuole dominarle a
qualsiasi costo.
È l’uomo
che vuole essere Dio e sappiamo la fine che ha fatto.
L’informatica
ha rotto il potere
dell’intelligenza
umana: ecco
perché
parliamo di rivoluzione.
Agendadigitale.eu
– Prof. Enrico Nardelli – (16 Mar 2023) – ci dice:
L’informatica
ha portato in mezzo a noi macchine in grado di realizzare operazioni di natura
cognitiva. Per questo è necessario insegnarla come disciplina scientifica a
tutti i cittadini: solo così ognuno sarà in grado di capire la differenza tra
ciò che tali macchine possono fare e ciò che non devono fare.
Come
esseri umani immersi nella società digitale, siamo ormai tutti consapevoli di
essere nel mezzo di una rivoluzione per l’umanità intera.
Una
rivoluzione resa possibile dalla tecnologia dei computer, spiegata e alimentata
dalle conquiste scientifiche dell’informatica, che ha permesso di realizzare
per la prima volta nella storia dell’umanità sistemi automatici capaci di
trasformare – manipolando simboli di cui ignorano il significato secondo
istruzioni di cui ignorano il significato – dati che hanno significato per
l’uomo.
L’impatto
sociale dell’informatica.
Gli
effetti sono sotto gli occhi di tutti.
Basti
pensare alla sfera dei media e della comunicazione, dove lettere, articoli e
libri si sono ormai completamente smaterializzati (tweet, e-mail, post) oppure
alla sfera delle relazioni sociali, dove i sistemi digitali di comunicazione e
interazione sostituiscono in misura sempre maggiore quelli che un tempo erano
riunioni in presenza e incontri diretti.
Un
impatto ancora maggiore è atteso (e in parte si sta già sperimentando) con la
diffusione delle tecniche della cosiddetta intelligenza artificiale (artificial intelligence), tra le quali hanno particolare
rilievo e importanza quelle di apprendimento automatico (machine learning), che promettono di fornire
assistenti digitali in grado di rendere il lavoro più efficace e più
efficiente, e non solo.
Si pensi al dibattito che sta suscitando la chatbot di OpenAI, il ChatGPT, con i pro e i contro che
inevitabilmente qualsiasi avanzamento tecnologico comporta.
Pochi
però si soffermano a considerare come questo “reame” di sistemi digitali sia
governato da leggi scientifiche, esattamente come quello dei sistemi fisici,
così come pochi sono consapevoli del fatto che queste leggi costituiscono la
scienza detta “informatica”.
La
simulazione di fenomeni e scenari che, attraverso programmi informatici, rende
concreti ed eseguibili modelli astratti, è diventato un terzo paradigma della
scienza, talvolta l’unico possibile quando la teoria è ingestibile e
l’esperimento irrealizzabile.
In ogni settore scientifico, al fianco dei
teorici e degli sperimentali vi sono i “computazionali”, tutti accomunati dalla
ricerca della comprensione delle leggi della natura.
L’informatica è il loro linguaggio di base,
così come la matematica lo è per i teorici.
In
alcuni settori è condizione imprescindibile per lo sviluppo: senza informatica
non ci sarebbero viaggi nello spazio, robot, comunicazioni mobili, e così via.
Le
trasformazioni che la tecnologia dell’informatica ha apportato in tutti i
settori fanno sì che ogni professione e ogni disciplina ne sia in qualche modo
influenzata.
Esse
costituiscono uno dei fattori fondamentali dello sviluppo economico degli
ultimi 50 anni.
L’impatto
sociale dell’informatica è evidente nell’ubiquità del World Wide Web e della
sua estensione in corso all’Internet delle Cose (Internet of Things).
La sua
rilevanza scientifica è sostanziata dalla pubblicazione, nei suoi quasi 70 anni
di vita come materia autonoma, di circa 2 milioni di articoli scientifici, a
fronte di una stima di un totale di 70 milioni per tutte le discipline.
Il
punto chiave è che la comprensione dei princìpi fondamentali di questa scienza
è essenziale per consentire ad ogni persona di avere quella conoscenza di base
necessaria per gestire in modo efficace strumenti e scenari digitali, e
contribuire a una crescita armoniosa di una società digitale giusta, equa e
sicura.
Inoltre, dal momento che una porzione sempre
più rilevante dell’economia mondiale è influenzata dai sistemi digitali, la
preparazione di tutti i cittadini, in generale, e dei lavoratori, in
particolare, sarà sempre più necessaria per assicurare prosperità economica e
sociale.
Perché
parliamo di “rivoluzione” informatica.
Considerati
i progressi odierni in ambito informatico e gli impatti a livello economico e
sociale, oggi non solo appare quanto mai attinente parlare di “rivoluzione
informatica”, ma è necessario aggiungere anche l’espressione “rivoluzione dei rapporti di potere”, perché per la prima volta nella
storia dell’umanità funzioni cognitive tipicamente associate agli individui
vengono svolte da macchine.
Io la
definisco come la “terza rivoluzione dei rapporti di potere” perché le prime due sono state
quella della stampa a caratteri mobili e quella industriale.
Dapprima
la rivoluzione della stampa aveva dato una marcia in più all’umanità sul piano
immateriale dell’informazione, provocando una prima rivoluzione nei rapporti di
potere perché da quel momento in poi l’autorità non era più legata alla parola,
al dover essere in un certo luogo in un certo momento per poter sapere e
apprendere dalla viva voce del maestro.
Poi la
rivoluzione industriale si è focalizzata sulla sfera materiale, dal momento che
la disponibilità di macchine ha reso replicabile il lavoro fisico delle
persone. Veniva
così alterato il rapporto di potere tra uomo e natura: l’umanità assoggetta la
natura e ne supera i limiti.
Infine,
questa terza rivoluzione, ancora più travolgente, “rompe” (o tenta di rompere)
il potere dell’intelligenza umana, realizzando artefatti che possono
meccanicamente replicare azioni cognitive caratteristiche dell’uomo.
La
società digitale è infatti pervasa da macchine cognitive, che realizzano cioè
operazioni di natura cognitiva.
È
importante sottolineare che con tale termine non sto assegnando a queste
macchine una capacità intrinseca di acquisire conoscenza come accade per gli
esseri umani, ma solo che le funzioni che esse meccanicamente svolgono sono analoghe a
quelle di elaborazione puramente logico-razionale che svolgono le persone.
È però opportuno sottolineare che negli
individui, avvenendo tali elaborazioni in una mente incarnata in un corpo
fisico, è difficile, se non impossibile in certe situazioni, farle accadere su
un piano esclusivamente logico-razionale.
Dalla
conoscenza statica dei libri a quella dinamica dei programmi informatici.
Anche
se queste macchine immateriali richiedono un supporto fisico per poter operare,
non sono più artefatti fisici, sono artefatti cognitivi dinamici, azione
congelata che viene sbloccata dalla sua esecuzione in un computer e genera
conoscenza come risultato di tale esecuzione.
La
conoscenza statica dei libri diventa conoscenza dinamica nei programmi, in
grado di produrre automaticamente, senza l’intervento umano, nuova conoscenza.
È
questo aspetto che mi ha spinto a definirle macchine cognitive.
Esse sono amplificatori delle funzioni cognitive delle
persone, vale a dire dispositivi che potenziano le capacità di quell’organo la
cui funzione costituisce il tratto distintivo dell’essere umano.
È importante riflettere che questo
rafforzamento, come sempre nella storia dell’umanità, vale sia nel bene (p.es.,
la scoperta di nuovi farmaci) che nel male (p.es., la messa a punto di nuove armi).
Il
potere che viene scardinato, in questo caso, è quello dell’intelligenza umana.
L’umanità è sempre stata, in tutta la sua storia, signora e padrona delle sue
macchine.
Per la
prima volta questa supremazia rischia di essere messa in crisi: abbiamo delle
macchine che esibiscono comportamenti che, quando vengono attuati dagli esseri
umani, sono considerati manifestazioni di intelligenza.
L’umanità
ha perso il dominio esclusivo su certe attività cognitive.
Attività
cognitive che fino a poco tempo fa solo le persone potevano compiere sono
adesso alla portata di queste potenti macchine.
Abbiamo
iniziato con cose semplici, come mettere in ordine delle liste di nomi, ma
adesso possiamo riconoscere se un frutto è maturo o se un tessuto presenta
difetti.
Certe
attività cognitive non sono più dominio esclusivo dell’umanità: lo vediamo in
vari giochi da scacchiera (dama, scacchi, go, …), un tempo unità di misura per
l’intelligenza, nei quali ormai il computer batte regolarmente i campioni del
mondo.
Lo vediamo in tutta una serie di attività
lavorative, un tempo appannaggio esclusivo delle persone, nelle quali sono
ormai abitualmente utilizzati i cosiddetti “bot”, sofisticati sistemi
informatici appositamente progettati anche mediante tecniche di apprendimento
automatico.
I
limiti e i rischi della tecnologia.
La
capacità di queste macchine cognitive stimola da più parti l’idea di delegare
ad esse processi decisionali fino ad oggi detenuti dall’individuo.
Indipendentemente da come la si pensi, la vera
domanda da porsi è: chi può dire quale sia il modo migliore di prendere le
decisioni?
Dal
mio punto di vista, però, ritengo che chi pensa fermamente che mediante tali
macchine si possa governare la società umana nel modo migliore per tutti non ha
ben compreso i limiti ed i rischi di tale tecnologia e la complessità della
natura umana (o ha interessi nascosti).
È vero, come obietterà qualcuno, che le
persone sbagliano, ma sono anche le uniche in grado di arrivare a soluzioni
creative e a comprendere cosa voglia dire essere persone.
L’unica intelligenza che può prendere
decisioni appropriate in questo contesto è l’intelligenza incarnata delle
persone, non quella artificiale delle macchine cognitive.
Questo
non implica che non ci sia un ruolo per tali macchine. Il loro uso dovrebbe rimanere
confinato a quello di potenti assistenti personali, che ci alleviano la
pesantezza del lavoro intellettuale di routine, aiutandoci a non fare errori a
causa della fatica o di sviste.
Ma le
persone devono sempre avere il controllo e le decisioni finali, soprattutto
quelle che – direttamente o indirettamente – hanno conseguenze rilevanti per
altre persone, devono sempre essere prese da esseri umani.
Le
macchine cognitive sono sicuramente utili al progresso della società umana e,
data la velocità con cui l’innovazione sta procedendo, è ragionevole aspettarsi
che su un piano cognitivo puramente razionale le loro capacità
analitico-deduttive saranno presto insuperate.
Tuttavia,
ciò non vuol dire che la cosiddetta “singolarità tecnologica” verrà presto
raggiunta, ovvero che la macchina cognitiva diventerà più intelligente di un
essere umano, prefigurando quindi la sottomissione della nostra specie.
Intelligenza
umana e intelligenza delle macchine.
La
realtà è ben diversa.
L’intelligenza delle macchine e l’intelligenza
umana sono due cose piuttosto differenti, anche se hanno una qualche
sovrapposizione.
Il
problema è che usando il termine intelligenza, che per tutta la storia
dell’umanità ha sempre indicato quella umana, accoppiato all’aggettivo
artificiale, tendiamo a evocare l’idea che si tratti di intelligenza umana
artificialmente realizzata mediante automi.
Invece,
come detto, si tratta solo dell’aspetto legato alle capacità
analitico-deduttive puramente razionali, ovvero alla possibilità di calcolare
nuovi dati logicamente implicati dai dati sotto esame.
In quest’ambito, come abbiamo già avuto prova nel
campo dei giochi da tavolo, le macchine cognitive sono superiori alle capacità
umane, così come le macchine industriali hanno superato l’uomo per quanto
riguarda le capacità fisiche.
Conclusioni.
Resta
il fatto che le macchine cognitive, e in modo particolare quelle che utilizzano
le tecniche dell’intelligenza artificiale, si diffonderanno sempre di più, per
la loro indubbia utilità, mentre le persone cambieranno il tipo di lavoro che
fanno.
D’altro
canto, si pensi a cosa è accaduto in passato:
nell’Ottocento
più del 90% della forza-lavoro era impiegata nell’agricoltura, adesso è meno
del 10% nei paesi più industrializzati.
Pertanto
è della massima importanza che ogni persona sia appropriatamente istruita e
formata sulle basi concettuali della disciplina scientifica che rende possibile
la loro costruzione, l’informatica.
Questo
è il motivo per cui è necessario insegnare l’informatica come disciplina
scientifica nelle scuole e a tutti i cittadini, perché solo in questo modo
ognuno sarà in grado di capire la differenza tra ciò che tali macchine possono
fare e ciò che non devono fare.
Si
tratta di una conoscenza essenziale affinché l’umanità possa continuare a
dirigere e governare il proprio futuro.
(Prof.Enrico
Nardelli)
Il “Grande
Reset” della verità.
Macrolibrarsi.it
– -Giorgio Cattaneo - Mauro Biglino,un
estratto da” la bibbia nuda”-
(10 – 4 - 2022) – ci dice:
Un
estratto da "La Bibbia Nuda" di Mauro Biglino.
Chi è
complottista? Chi vede complotti dappertutto o chi un complotto lo ordisce
davvero?
E che
dire del grande Machiavelli, che raccomanda al "Principe" di saper
essere leone ma anche volpe, capace cioè di complicate macchinazioni, per
dissimulare all'occorrenza il suo reale intento, beffando gli avversari?
Oggi,
specie nel grande mare del web, non manca chi tende a far discendere solo e
sempre da oscure cospirazioni ogni grande evento della storia.
In
questo modo, per chi governa la narrazione ufficiale, è facile liquidare - alla
voce "complottista", appunto - anche chi indaga seriamente su vicende
poco chiare, certamente non spiegabili in modo incontrovertibile dalla versione
ufficiale che ne è stata fornita.
L'incontro
con il lavoro di Mauro Biglino è profondamente salutare, stimolante e
inevitabilmente destabilizzante: costringe a riconsiderare la solidità della
consapevolezza che nutre molte delle nostre comuni convinzioni.
E testimonia il coraggio...
È
possibile scomodare casi clamorosi e ancora vicinissimi come l'11Settembre, o
la "fialetta di antrace" agitata all'Onu da” Colin Powell” per
evocare le famose armi di Saddam.
Ma la
storiografia la ammette, l'esistenza di complotti?
Eccome:
e lo fa anche sulla base di documenti precisi, a lungo protetti dal riserbo e
poi desecretati.
Solo
per restare alla seconda metà del '900, è piuttosto recente la
"declassificazione" del celebre incidente del Golfo del Tonchino,
preteso casus belli all'origine della Guerra del Vietnam.
E poi stata la stessa superpotenza
statunitense ad ammettere, decenni dopo, che nessun natante nordvietnamita
aveva mai sparato, in quelle acque, contro l'incrociatore statunitense Uss
Maddox, il cui comandante nel lontano 1964 si era dichiarato vittima di
un'aggressione.
Appena
un anno prima, a Dallas, sotto il naso dell'apparato di sicurezza più rinomato
del pianeta, era stato ucciso il presidente John Fitzgerald Kennedy.
Per
decenni, la versione ufficiale ha proposto una sola ipotesi: quella dell'azione
solitaria condotta da un killer squilibrato, Lee Harvey Oswald.
Sul
caso, nel corso degli anni, quintali di libri e famosi film hanno esplorato
possibili verità alternative.
Complottismo?
Soltanto
nel 2007, in punto di morte, a vuotare il sacco ha provveduto Howard Hunt, che
nel 1963 era il "numero due" della Cia: al figlio, in un nastro
registrato, ha consegnato la sua confessione.
Kennedy,
ha rivelato Hunt, era stato ucciso su ordine di quello che oggi viene spesso
chiamato “Deep State”.
Insieme
all'Fbi, la Cia si era avvalsa di killer della mafia di Chicago.
Uno di
questi, James Files, ha ammesso di aver esploso il colpo decisivo, mortale.
Del
caso Kennedy ha appena "riparlato" a modo suo, clamorosamente, un
personaggio insospettabile: Bob Dylan.
Il decano
dei cantautori, Premio Nobel per la Letteratura nel 2016, ha dedicato
all'omicidio di Dallas un brano epico e monumentale, "Murder Most Foul", nel quale -
in modo cifrato, eppure chiaramente decodificabile - si mettono a fuoco i veri
artefici del complotto.
Dettaglio:
a stupire è anche la tempistica dell'uscita della canzone, proposta "worldwide" - in modo gratuito, sul web - proprio nei giorni dell'esplosione
mondiale della pandemia.
Kennedy
e il coronavirus?
«Mettetevi
al riparo»,
ha scritto Dylan sul suo sito Internet nel presentare il brano, come a
suggerire una sconcertante correlazione tra i possibili "registi"
dell'emergenza sanitaria e gli eredi del potere oscuro che, nel 1963, decise di
assassinare il presidente della “New Frontier”.
Un
uomo che evidentemente faceva paura, vista la sua intenzione di cambiare il
pianeta, da cima a fondo, mettendone in discussione alcuni fondamenti politici,
economici e finanziari.
Obiettivo
supremo: la valorizzazione dei diritti umani,
ad ogni latitudine. In una parola, giustizia: fine di una catena sterminata di
sostanziali abusi.
Giustamente,
gli storici si tengono lontani da qualsiasi rischio di
"santificazione", ricordando anche le ombre della presidenza Kennedy,
dall'incidente della Baia dei Porci (la fallita invasione di Cuba, con
l'intento di rovesciare Fidel Castro) alla conferenza panamericana di
Punta del Este, che parve una concessione al tradizionale colonialismo
imperialista delle multinazionali "yankee", proiettate verso lo
sfruttamento del cortile di casa, l'America del Sud.
Inevitabili
equilibrismi di potere, per poi puntare davvero a un "cambio di
paradigma" positivo, per l'umanità, come testimonierebbe il carteggio
segreto con Nikita Khrushev, incluso il miraggio di porre fine alla corsa agli
armamenti e all'incubo nucleare della guerra fredda con l'Urss?
Sono
tante, le voci che - in questo frangente storico - stanno emergendo, con
l'intenzione di proporre pagine virtualmente decisive di una possibile storia
"nascosta".
Un
nome tra i più celebri è quello dello scozzese Graham Hancock, notissimo al pubblico
internazionale per i suoi rinomati besteller.
A
partire dalle piramidi egizie, la loro reale datazione e la vera funzione di
quei monumenti, siamo dunque di fronte alla necessità di riscrivere
completamente la storia?
Di
recente, Biglino ha scelto di citare un autore italiano: Paolo Rumor.
Un avvocato vicentino, esponente di una grande
famiglia legata al mondo cattolico.
Il suo libro, "L'altra Europa", uscito nel
2010, raccoglie le memorie private del padre, Giacomo, a sua volta cugino di
Mariano Rumor, più volte primo ministro italiano.
Cosa
racconta, Paolo Rumor?
Un
retroscena imbarazzante: l'ennesimo.
Una precisa struttura di potere avrebbe segretamente
orchestrato i destini del mondo intero, condizionando gli eventi storici
attraverso la "sovra gestione" occulta di dinastie, regni e imperi,
fino agli Stati moderni e addirittura alla creazione dell'attuale Unione
Europea.
Sottinteso: quella "struttura" avrebbe
anche controllato in modo ferreo l'informazione, dunque la narrazione ufficiale
della storia.
Paolo
Rumor spiega che suo padre era stato incaricato di rappresentare nientemeno che
il Vaticano, nelle complesse trattative per la ricostruzione dell'Europa
postbellica, avviate mentre la Seconda Guerra Mondiale era ancora in corso.
Giacomo
Rumor, racconta il figlio, rispondeva direttamente a Giovanni Battista Montini:
all'epoca, il futuro pontefice Paolo VI era il referente degli efficientissimi
servizi segreti vaticani: organismo di cui molti, tuttora, probabilmente
ignorano l'esistenza.
Ebbene:
quei servizi segreti, unitamente ad analoghi apparati europei e statunitensi,
avrebbero progettato l'Ue a partire dagli anni terribili della Battaglia di
Stalingrado e dello Sbarco in Normandia.
Complottismo,
ancora?
Mauro
Biglino ha affrontato il tema direttamente, nel video "Le radici del Progetto'"
pubblicato il 20 novembre 2020 sul suo canale YouTube
"ilveromaurobiglino".
«Specie in una situazione come quella che stiamo
vivendo - è la premessa - credo che conoscere il passato ci aiuti veramente a
comprendere il presente, e forse anche a fare ipotesi sui possibili sviluppi
futuri».
L'autore non si nasconde i rischi dell'impresa».
«So
bene che parlare di certi temi fa sì che si possa essere inseriti nella
categoria dei cosiddetti complottisti
Ma,
appunto: una volta, "complottista" non era chi lo avesse ordito, un
complotto?
Oggi, si sa, le cose sono cambiate.
«"Complottista"
è passato a significare: colui che vede complotti, o che svela complotti, o
addirittura - in modo denigratorio - chi vede complotti ovunque».
Non è
così, sottolinea lo studioso: «Basti pensare a Rudolf Steiner, che già all'inizio del '900
parlava di élite che, in modo occulto, cercano di mettere in piedi e gestire
programmi di controllo dell'umanità».
A
quanto pare, però, l'atmosfera "apocalittica" della stagione
planetaria del Covid sta cambiando, giorno per giorno, la tipologia delle
informazioni che vengono veicolate.
Fino
ad arrivare all'impensabile.
«Ci
sono altre persone, infatti, che non vedo come possano essere inserite nella categoria
dei complottisti. Persone che, però, fanno affermazioni che sembrano tipiche
del cospirazionismo».
Un
nome su tutti: quello di monsignor Carlo Maria Vigano, arcivescovo cattolico e
già nunzio apostolico negli Usa.
Nelle sue lettere aperte, rivolte a Donald
Trump in prossimità delle presidenziali 2020, ha usato esplicitamente il
termine "Grande Reset".
Attenzione:
«Quell'espressione
non è tipica dei complottisti: è stata usata dalle grandi istituzioni,
dall'Onu, dal Forum Economico Mondiale di Davos».
E non
è il solo, Vigano: a esprimersi in quei termini è anche un altro esponente di
primo piano del mondo cattolico. Si tratta di Livio Fanzaga, presbitero dei
Padri Scolopi, popolarissimo direttore di “Radio Maria”.
Quell'emittente,
fa notare Biglino, è un network a diffusione mondiale, gestito da 20.000
volontari e seguito da 30 milioni di persone: trasmette in più di 70 nazioni,
in oltre 50 lingue.
Facendo eco a monsignor Vigano, ricorda Biglino, Livio
Fanzaga ha parlato di «colpo di Stato sanitario» e «colpo di Stato
massmediatico».
L'accusa
è frontale:
un potere-ombra avrebbe quantomeno sfruttato
il coronavirus nel modo più cinico, facendone il pretesto ideale per infliggere
all'umanità un «nuovo paradigma», di tipo neo-schiavistico, fondato sulla paura
e sul «totalitarismo» imposto da una sorta di regime psico-sanitario.
Strano,
che - proprio ora - riaffiori anche il cognome Kennedy?
A parlare di cospirazione è infatti lo stesso
Robert Kennedy, figlio di Bob Kennedy. Nell'estate 2020, il nipote del
presidente assassinato a Dallas ha voluto ribadire le sue accuse, intervenendo
a Berlino anche in ricordo dello storico discorso berlinese di suo zio, John,
contro la dittatura.
Se
però la dinastia Kennedy è pur sempre associabile alla politica, appare ben più
insolita l'esplicita discesa in campo, sul terreno apertamente politico, di
esponenti del mondo religioso come Vigano e Fanzaga.
Cosa
aveva scritto, innanzitutto, monsignor Vigano? Parole di fuoco, per lanciare accuse
inequivocabili.
«Siamo
in un'ora in cui le sorti del mondo intero sono minacciate da una cospirazione
globale: un piano globale, denominato “Great Reset” è in via di realizzazione».
Secondo l'alto prelato, «ne è artefice una élite che
vuole sottomettere l'umanità intera, imponendo misure coercitive con cui
limitare le libertà delle persone e dei popoli».
Nelle
intenzioni dei suoi "registi", sempre secondo Vigano, «questa crisi serve a rendere
irreversibile il ricorso degli Stati a questo Grande Reset, dando il colpo di
grazia a un mondo di cui si vuole cancellare completamente l'esistenza e lo
stesso ricordo».
Lo
stesso Vigano parla anche di "suicidio" della cultura occidentale.
E
dice: «Mentre
ai cittadini sono negati i diritti fondamentali, tutto questo avviene in nome
di una emergenza sanitaria che sempre più si rivela come strumentale alla
instaurazione di una disumana tirannide senza volto».
Carlo
Maria Vigano si rende perfettamente conto della portata delle sue accuse, e dei
rischi ai quali si espone chi le formula.
Per contro, aggiunge, la nuda realtà è ormai
sotto gli occhi di tutti:
«Fino
a qualche mese fa, era cosa facile sminuire come complottisti coloro che
denunciavano quei piani terribili, che ora vediamo compiersi fin nei minimi
dettagli».
In un
altro intervento, ripreso anche in video, Vigano ha detto che questo
"disegno", che sarebbe gestito da una élite occulta, avrebbe radici
molto antiche.
Mauro
Biglino fa notare che un giornalista autorevole come Aldo Maria Valli, storico
vaticanista della Rai, nel suo blog ha ripreso i concetti espressi da Vigano,
mettendo l'accento sulle origini di questo fenomeno, che andrebbero ricercate
nei secoli scorsi.
Il
nodo cruciale? Il controllo assoluto dell'informazione, della narrazione degli
eventi.
«La
gestione della storia è fondamentale, per chi vuole governare», sottolinea
Biglino, che ricorda quello che George Orwell aveva scritto già nel 1948, nel
celebre romanzo ("1984") ora tornato drammaticamente attuale.
«Chi
controlla il passato controlla il futuro, e chi controlla il presente controlla
il passato», scrive Orwell, mettendo in bocca queste parole alla propaganda
ufficiale - da incubo - che domina un mondo che, nella fiction letteraria, è
ormai spaventosamente distopico.
Profezie?
Constatazioni:
«Chi ha in
mano il potere fa in modo di gestire le conoscenze che riteniamo di avere sul
passato», sintetizza Biglino, che si sofferma su un aspetto decisivo: «Per
Orwell, la manipolazione del passato ha anche lo scopo di salvaguardare l'infallibilità
del potere, che nel romanzo è incarnato dal partito unico del Grande Fratello».
Infallibilità?
Certo:
«Così si
isola chiunque si permetta di dubitare di quanto viene raccontato, sul passato:
quasi che si commettesse un reato di lesa maestà». Come dire: «Il passato è
quello, e guai a chi lo tocca».
Attenzione:
«Vale per
i testi antichi e vale per la costruzione delle religioni, che sono basate su
una certa interpretazione, dogmatica, degli scritti da cui vengono fatte
derivare: interpretazione che non deve essere toccata».
Viganò
/ “La dottrina globalista
è
essenzialmente satanica.
Nostro
dovere è schierarci e combattere.”
Aldomariavalli.it
- monsignor Carlo Maria Viganò – (14 agosto 2022) – ci dice:
La
visione “teologica” del “Great Reset”.
Quando
l’essere umano agisce, per prima cosa ha uno scopo. La sua azione, ciò che
compie rappresenta un mezzo ordinato a un fine, che può essere moralmente buono
o cattivo.
L’azione
è atto della volontà, e nasce dal pensiero, che è atto dell’intelletto.
Quel che facciamo, insomma, è determinato da
chi siamo (l’insieme delle nostre facoltà: memoria, intelligenza e volontà): la
scolastica riassume perfettamente questo concetto in tre parole: “agere sequitur esse”.
Nessuno
agisce senza scopo, e anche quanto avviene sotto i nostri occhi da ormai più di
due anni è la conseguenza di un insieme di cause concomitanti che presuppongono
un pensiero iniziale, un principio informatore, per così dire.
E quando ci accorgiamo che le ragioni che ci
vengono date per giustificare le azioni intraprese non hanno alcuna
ragionevolezza, significa che queste ragioni sono dei pretesti, dei falsi motivi che
servono a nascondere una verità inconfessabile.
Questo,
in realtà, è il modo di procedere del Maligno.
Quando
ci tenta, mente per farci credere di essere nostro amico, preoccupato di noi,
del nostro bene.
Proprio come un imbonitore da fiera, il
demonio ci propone i suoi ritrovati miracolosi, i suoi elisir di felicità e
ricchezza, alla modica somma della nostra anima immortale.
Ma questo, ovviamente, lo tace, e come un
truffatore scrive in piccolo le clausole del contratto.
Tutto
è menzogna, quando si tratta di Satana.
False le premesse: il tuo Dio ti opprime con
precetti gravosi. False le promesse: puoi decidere tu, e ottenere ciò che
desideri. E
tutto è menzogna quando i servi di Satana si organizzano per instaurare la
distopia del Nuovo Ordine Mondiale.
Ora,
siccome non possiamo pretendere che tutti i cospiratori del Great Reset ci
dicano a chiare lettere qual è il loro scopo finale – visto che si tratta di
qualcosa di inconfessabile e di criminale – possiamo comunque ricostruire la “mens”
delle loro azioni conoscendo i principi ispiratori del loro agire e
suffragandoli con le loro stesse parole.
E
siamo anche in grado di capire che le ragioni addotte sono solo dei pretesti.
Anzi
proprio i pretesti, per come vengono presentati, dimostrano il dolo e la
premeditazione, dal momento che se il loro progetto fosse onesto e buono non avrebbero
bisogno di dissimularlo con scuse illogiche e incoerenti.
Ma
cos’è, questo Great Reset?
È
l’imposizione forzata di una quarta rivoluzione industriale che conduca
l’attuale sistema economico e sociale all’implosione e consenta, tramite l’impoverimento generale e
una drastica riduzione della popolazione, l’accentramento del potere nelle mani
di un’élite di aspiranti all’immortalità e al dominio sul mondo.
Costoro
vorrebbero ridurci ad una massa amorfa di clienti/schiavi confinati in cubicoli
e perpetuamente connessi alla rete.
Tramite
il Great Reset costoro vogliono cancellare la società cristiana occidentale per
instaurare una sinarchia liberal-comunista sul modello della dittatura cinese,
in cui tutta la popolazione sia controllata e manovrabile a piacimento.
In una società ispirata anche solo in parte ai
valori del cattolicesimo, i gruppi di potere finanziario e l’élite del NWO non
avrebbero spazio, ma questo non deve far pensare ad alcuni che la loro
opposizione alla società cristiana abbia una motivazione essenzialmente
economica e di potere.
In
realtà, ciò che scatena quell’odio è che possa esistere, fosse anche nel più
remoto angolo del pianeta, un’alternativa possibile alla distopia globalista, un mondo in cui il datore di lavoro
può pagare onestamente i propri dipendenti, in cui lo Stato chieda tasse
ragionevoli ai cittadini, in cui le opere di carità svolgono gratuitamente e
senza speculazioni quei servizi che oggi sono subappaltati ai privati per
lucro, in cui sia rispettata l’innocenza dei bambini e non si ammetta la
propaganda Lgbtq+.
Un
mondo in cui il Regno sociale di Cristo si mostri non solo come possibile, ma
come la migliore forma di società, amministrata per il bene comune e la gloria
di Dio.
La
semplice esistenza di un termine di paragone è una sconfessione bruciante
dell’inganno globalista, ne mostra il fallimento e l’orrore.
Le menzogne sulla necessità dei lockdown sono
sconfessate dall’evidenza che dove non lo si è adottato i casi di malattia
grave sono stati meno che dove si sono imposte chiusure e coprifuoco.
Le
menzogne sull’efficacia del siero genico sono sbugiardate dai casi di
reinfezione di plurivaccinati, dagli effetti avversi gravi, dalle morti
improvvise.
Le
menzogne sul popolo sovrano e sui diritti inviolabili della persona sono state
smentite da regole assurde, norme incostituzionali, leggi discriminatorie nel
silenzio della magistratura.
E, ad
essere onesti, anche il termine di paragone costituito dalla Messa di sempre
rende impossibile preferire la sua contraffazione montiniana: motivo per cui la
chiesa bergogliana vuole impedirne la celebrazione e tenerne lontani i fedeli.
Anche
per imporci questo orrore si è fatto ricorso all’inganno, raccontando ai fedeli
che la Messa antica era incomprensibile, e che occorreva tradurla e
semplificarla per farne meglio apprezzare il significato ai fedeli.
Ma era
una menzogna, e se ci avessero spiegato che il loro scopo era esattamente lo
stesso che si erano prefisso gli eresiarchi protestanti – ossia distruggere il
cuore della Chiesa Cattolica – saremmo andati a prenderli con i forconi.
Il
mondo globalista, dunque, non tollera confronti.
Pretende
quell’esclusività che denuncia con orrore appena non è lui a rivendicarla. Si
straccia le vesti sul potere temporale della Chiesa – con la complicità di
chierici eretici e fornicatori – per poi esigere obbedienza assoluta e irrazionale ai
dogmi che proclama da Davos o da Bruxelles.
Celebra
la libertà di espressione e di stampa che generosamente finanzia, ma non
tollera né il dissenso né la verità, che cerca di rendere semplicemente
inaccessibile, invisibile.
Ancora:
il mondo globalista non ha un passato da mostrarci a conferma della grandezza
delle proprie idee, della propria filosofia, della propria fede.
Viceversa,
vive della falsificazione della Storia, della cancellazione del passato, della
sua rimozione dalle nuove generazioni.
In modo che non ci sia nessuno che, dinanzi
alla cattedrale di Chartres, sia in grado di riconoscere le immagini di Cristo
e dei Santi.
In
modo che nessuno sappia che nella Sainte Chapelle era custodita l’ampolla del Crisma
portato da un Angelo per consacrare i Re di Francia.
In
modo che non ne possa conoscere le gesta, non trovi la loro tomba, non
comprenda i tesori di arte e letteratura che hanno reso grandi le nazioni
cattoliche. La cancellazione della cultura è rivelatrice della radicale inconsistenza
ontologica del globalismo dinanzi allo splendore della Cristianità.
Il
mondo globalista non ha un futuro.
O meglio: il futuro che intende riservarci è
quanto di più tetro e terrificante possa concepire la mente umana.
Il
futuro che ci prospetta, quindi, è falso e irrealizzabile.
«Non
ho una casa, non possiedo nulla e sono felice», cercano di convincerci Schwab e
i promotori dell’Agenda 2030.
Ma il
loro scopo non è di renderci felici – cosa che puntualmente non avverrà,
ovviamente – ma di confiscarci la casa e i beni, mettendoceli a disposizione a
pagamento.
Quando
ci parlano di pacifismo e di disarmo, non è perché vogliono la pace, ma perché
essendo noi disarmati e senza ideali ci lasceremo invadere e dominare senza
reagire.
Nell’imporci
l’accoglienza
e la “inclusività” – adottando un lessico da iniziati – non vogliono farci realmente
accogliere e integrare persone di altre culture e religioni, ma creare le premesse del disordine
sociale e della conseguente cancellazione delle nostre tradizioni e della
nostra Fede.
Quando ci parlano di “resilienza” non ci dicono che ci proteggeranno dagli eventi avversi, ma
che dobbiamo rassegnarci ad assorbirli senza protestare.
Quando
ci accusano di estremismo o di integralismo, è solo perché sanno che fedeli e
cittadini con nobili e santi ideali possono resistere, organizzare
un’opposizione, diffondere il dissenso.
E
quando ci impongono l’inoculazione di massa con un siero genico privo di
efficacia ma pieno di effetti avversi gravi e letali, non lo fanno per la
nostra salute, ma per modificare il nostro Dna e renderci malati cronici, con
un sistema immunitario definitivamente compromesso e una speranza di vita
inferiore alla media dei sani.
E per
inserire nei nostri organi – come abbiamo appreso dalla denuncia recentemente
depositata dall’avvocato Carlo Alberto Brusa – delle nanostrutture auto
assemblanti al grafene, in grado di renderci geo localizzabili, militari
inclusi.
Non
aspettatevi mai la verità dai fautori del Great Reset.
Perché
dove non c’è Cristo, non può esservi la Verità, e sappiamo quanto essi provino
odio per Nostro Signore.
Un odio che non riescono a celare, che
ostentano negli spettacoli di inaugurazione degli eventi europei (pensiamo
all’inaugurazione del traforo del San Gottardo, ai Giochi Olimpici di Londra e,
recentemente, all’inaugurazione dei Giochi del Commonwealth a Birmingham),
nelle “raccomandazioni” di non festeggiare il Natale e di non usare nomi
cristiani per i nostri figli.
Il
loro odio emerge livido quando teorizzano l’aborto come un “diritto umano”,
nascondendone l’atrocità dietro l’ipocrita espressione “salute riproduttiva”:
perché è la vita che odiano, in cui vedono l’immagine e la somiglianza di quel
Dio che hanno perduto per sempre.
Questa
immagine e somiglianza, in realtà, è molto più profonda di quanto non si creda.
Essa consiste nella dimensione trinitaria
dell’uomo, con le sue facoltà che rimandano alle Tre Divine Persone: la memoria
(il Padre), l’intelligenza (il Figlio), la volontà (lo Spirito Santo). E come
nella Santissima Trinità lo Spirito è l’Amore che procede dal Padre e dal
Figlio, così nell’uomo la volontà è la facoltà che origina dalla memoria delle
cose passate e dalla comprensione di quelle presenti.
Non è un caso se, nel capovolgimento infernale
del mondo contemporaneo, l’uomo si trovi privato dei propri ricordi, della
propria storia e delle proprie tradizioni (pensiamo alla cancel culture e alle
richieste di “perdono” per azioni del nostro passato falsate o travisate), incapace di esprimere un giudizio
critico (pensiamo alla dissonanza cognitiva generata dalla psico-pandemia) e di ordinare la propria volontà
subordinandola all’intelletto (pensiamo alla incapacità di reagire dinanzi al male imposto
o al bene di cui siamo privati).
La
società moderna, con la sua favola della democrazia, ci ha insegnato a pensare
che possiamo anche essere cattolici, magari anche tradizionalisti, a patto di
non mettere in discussione che pari diritto vada riconosciuto a chiunque altro.
Bisogna rispettare le idee altrui, ci dicono.
Ma nel
mondo metafisico, nell’eternità di Dio, questa battaglia tra Bene e Male non ha
nulla di laico né di ecumenico:
è
reale, come reali sono gli eserciti schierati, quello della Civitas Dei e
quello della civitas diaboli.
Gli
Angeli del paradiso e gli spiriti apostatici dell’inferno non sanno che farsene
dei buonismi conciliari: combattono una battaglia in cui strappare
all’avversario quante più anime possibile.
I
Santi che intercedono per noi non hanno letto Fratelli tutti, e la bilancia di
San Michele non è tarata sulla morale della situazione di qualche gesuita
eretico o sui contorsionismi pastorali del sentiero sinodale.
Smettiamola
di essere politicamente corretti, sempre presi dal timore che le nostre
convinzioni possano oltraggiare le sensibili coscienze di chi non esita a fare
a pezzi una creatura indifesa nel ventre materno o a soffocare nel sonno
l’anziano e il malato.
Siamo
stati troppo spesso silenziosi dinanzi a cose che non dovrebbero essere nemmeno
menzionate, dalla normalizzazione dei vizi alle più degradanti trasgressioni.
Eppure
come Cattolici dovremmo sapere che Dio è vivo e vero a dispetto degli atei, e
che Cristo ha i titoli di sovranità su di noi in quanto nostro Creatore e
Redentore a dispetto dei liberali.
Se non
siamo persuasi di queste realtà, non possiamo comprendere nemmeno l’azione del
nemico, che di questa realtà è perfettamente consapevole.
Se non siamo persuasi di queste realtà, non
daremo alcun esempio credibile a chi dalle nostre parole e dalle nostre azioni
potrebbe essere reso docile alla Grazia, aprendo gli occhi.
È difficile credere a chi per primo non ama
ciò che professa, così com’è difficile prestare fede ai modernisti, che con il
loro comportamento privo di carità sconfessano tutti i loro verbosi vaniloqui.
E a chi ci chiede di mangiare cavallette e scarafaggi
per salvare il pianeta, mentre non rinuncia ai pregiatissimi tagli di manzo di
Kobe, o di rinunciare all’auto diesel, mentre per spostarsi usa il jet privato.
Dobbiamo
ritrovare quella dimensione di realismo e di oggettività, di consapevolezza del
combattimento spirituale, che passo dopo passo ci hanno portato a perdere, o di
cui ci hanno insegnato a vergognarci.
Siamo “milites
Christi”, chiamati a combattere un nemico che vorrebbe colpirci alle spalle o
farci disertare vilmente, perché sa che quando ci combatte in campo aperto,
dietro di noi trova la Vergine Immacolata, “terribilis ut castrorum acies”
ordinata.
Quella
Madre che il Nemico odia in tutte le madri della terra, quella Sposa
dell’Agnello che vilipende nell’attaccare la santità del Matrimonio e delle
virtù domestiche, quella Donna che umilia sfigurando la femminilità o facendone
l’oscena parodia.
La
dottrina globalista è essenzialmente satanica, perché è la diretta e più
coerente applicazione sociale e globale della ribellione di Satana.
Vi
troviamo quella hybris, quella sfida al Cielo che la civiltà classica – ancora
pagana ma già preordinata all’avvento del messaggio di Cristo nella pienezza
dei tempi – aveva saggiamente stigmatizzato e che ci riporta alla ribellione di
Lucifero. La
hybris,
l’orgoglio folle di chi si crede come Dio e Gli usurpa gli attributi divini, porta oggi la scienza a rinnegare la
propria vocazione al servizio del bene per trasformarla in serva del Nuovo
Ordine, per compiere con il progresso tecnologico ciò che in passato era
impensabile: cancellare la separazione tra l’uomo e la macchina, tra la sua mente e
l’intelligenza artificiale.
Non ci
deve quindi stupire se il transumanesimo è uno dei punti irrinunciabili
dell’Agenda 2030.
Dietro questo folle progetto di porre mano al Creato e
osare addirittura manomettere il santuario della coscienza in cui solo Dio
scende con la Grazia, dietro questo disegno di violare l’essere umano per
“renderlo più efficiente” vi è, ancora una volta, un errore dottrinale, una
menzogna opposta alla Verità di Dio.
Creare un essere immortale – come vorrebbero
alcuni – è la riproposizione tecnologica di un delirio infernale, alla base del
quale c’è la presunzione di poter cancellare le conseguenze sull’uomo del
Peccato Originale, riportandolo allo stato di perfezione in cui si trovava
prima di cedere alla tentazione del Serpente.
Dove il peccato di Adamo ha portato la morte e
la malattia, l’inganno del transumanesimo promette l’immortalità e la salute;
dove
ha portato l’indebolimento dell’intelletto e l’inclinazione al male della
volontà, la frode dell’uomo-macchina promette l’accesso alla conoscenza e la
possibilità di essere legge a sé stessi.
Dove
ha condotto alla fatica del lavoro, alla guerra e alle pestilenze, la distopia
globalista promette il reddito universale, la pace e la prevenzione di tutte le
malattie.
Ma la
morte, la malattia, l’indebolimento dell’intelletto e l’inclinazione al male
della volontà, la fatica del lavoro, la guerra e le pestilenze sono la giusta
pena per l’infinita offesa che l’umanità intera, nei suoi Progenitori, ha
arrecato alla Maestà di Dio disobbedendoGli.
Chi si
illude che non vi siano conseguenze a quella disobbedienza, è perché non vuole
né accettare di essere figlio dell’ira, né riconoscere l’opera della Redenzione
di Gesù Cristo, venuto in terra propter nos homines et propter nostram salutem
e morto sulla Croce per riscattarci dal giogo di Satana.
Qui
sta la vera prospettiva teologica, dalla quale considerare la crisi della
società e della Chiesa.
Il
delirio del transumanesimo non mira a rendere più veloce la corsa dell’atleta o
più acuta la mira del soldato, ma a corrompere l’uomo nel corpo, dopo averlo
colpito nell’anima.
Satana
non si rassegna alla sconfitta, tanto più tremenda quanto maggiormente in essa
è apparsa l’obbedienza di Nostro Signore nei confronti del Padre Eterno, in
opposizione all’orgoglio del “Non serviam” luciferino.
E se
Dio, attraverso i sentieri della Grazia, riesce a toccare le anime e ricondurle
a Sé restituendole alla vita eterna, Satana si accanisce oggi anche sui corpi,
per contaminare l’opera del Creatore e sfigurare la creatura.
Infatti,
la sua opera devastatrice si estende anche agli animali e alle piante, con
risultati abominevoli che mai potranno competere con la magnificenza di Dio.
Questa
è l’agenda del conflitto tra Bene e Male, che dalla creazione di Adamo
comprende anche gli esseri umani, che scelgono comunque uno schieramento, anche
quando scelgono di non scegliere.
Perché la neutralità è già un’alleanza con chi
merita la sconfitta.
Sappiamo
quanto sia potente il nemico del Nuovo Ordine Mondiale, e quale sia la sua
organizzazione.
Conosciamo anche ciò che lo muove, e quel che
vuole ottenere.
Ma proprio per questo sappiamo che le sue
vittorie sono solo apparenti e destinate al fallimento; e che il nostro dovere,
in questa guerra già vinta da Cristo sulla Croce, è di schierarci e di
combattere, anzitutto aprendo gli occhi sulle menzogne che ci propina
l’informazione mainstream.
Comprendere
che vi possono essere persone cattive, votate al male, che deliberatamente
scelgono di schierarsi con Lucifero contro Dio è il primo passo da compiere per
chi vuole opporre resistenza al golpe bianco in atto.
Queste
persone costituiscono, in un qualche modo, il “corpo mistico” di Satana, e come
tali agiscono per propagare il male nel mondo e cancellare il nome di Cristo:
esattamente come il Corpo Mistico di Cristo, che è la Chiesa, agisce nella
Comunione dei Santi per propagare la Grazia.
Di
nuovo, civitas diaboli e Civitas Dei.
Se
pensiamo che l’emergenza pandemica sia stata gestita da incompetenti e non da “cinici
sterminatori”, siamo completamente fuori strada.
Così
come siamo fuori strada se crediamo che i nostri governanti non siano asserviti
a questa élite di criminali, usurai ed eversori, dopo aver fatto carriera
grazie a loro.
Vi fu
un’epoca in cui era normale che in un regno cristiano i sudditi vivessero nel
rispetto dei Comandamenti, che vi fossero proibiti l’aborto, il divorzio, la
sodomia, l’usura.
Quel
mondo, grazie all’opera lenta e paziente dei cospiratori, è stato sostituito da
questo, che ancora non è completamente loro, in cui regnano poteri che non
traggono la propria legittimazione né da Dio, né dal popolo. E questi poteri impediscono tutto
ciò che prima era incoraggiato e premiato, e incoraggiano quel che era proibito
e punito.
Se
nella Civitas Dei regna Cristo, chi regna nella civitas diaboli, se non
l’Anticristo?
Così,
se nella bene ordinata repubblica il vero, il bene e il bello sono espressione
teologica, per così dire, delle perfezioni di Dio;
nella
repubblica globalista il falso, il male e il brutto ne saranno la più
inequivocabile manifestazione.
Al
punto da dover diventare norma generale, legge dello Stato, precetto morale cui
conformarsi.
Anche in questo caso, se ci fate caso, si
ripropone un altro inganno: quello secondo cui la tirannide dei sovrani e del
clero, giustificata dalla superstizione papista, sarebbe stata definitivamente
cancellata dalla società rivoluzionaria, per sostituirvi il governo del popolo
sotto gli auspici della dea Regione.
Oggi
vediamo quanto siano ben più tirannici il “Leviatano globalista” e il “sinedrio
bergogliano”, accomunati dall’aver rinnegato e tradito il proprio ruolo di
governanti dello Stato e pastori della Chiesa.
Cari
amici, il vostro compito – come quello che in tante altre nazioni stanno
compiendo molte persone di buona volontà – è un compito sacro e
importantissimo.
È il compito di ricostruire, di restaurare, di
edificare.
Esattamente
l’opposto di quanto sanno fare i seguaci della civitas diaboli, capaci solo di
distruggere, di demolire, di accumulare macerie.
E per ricostruire, occorre ripartire dalle
fondamenta, che sono le basi dell’edificio sociale, ponendo Cristo come pietra
angolare, come chiave di volta.
Ricordatevi
che questa generazione perversa e corrotta non ha futuro: essa è vittima della
propria cecità, della propria sterilità, della propria incapacità di generare.
Perché
dare la vita è opera divina, e questo vale tanto per la vita del corpo quanto
per quella dell’anima;
mentre
il demonio è solo capace di dare la morte, e con essa la sorda disperazione
dell’anima strappata al suo fine ultimo e supremo che è Dio.
Il
Nuovo Ordine Mondiale non prevarrà, siatene certi.
Non
prevarrà la sua furia devastatrice che vorrebbe ridurre la popolazione mondiale
a mezzo miliardo di esseri umani.
Non
prevarrà il suo odio per la vita nascente e per quella che va spegnendosi.
Non
prevarrà il suo piano di tirannide, perché è proprio nella privazione del Bene
che ci accorgiamo di ciò che ci è stato sottratto e troviamo la determinazione
e la forza di combattere e resistere.
Non
prevarrà nemmeno l’apostasia che affligge la Gerarchia cattolica, resasi serva
del mondo: i
seminatori di discordia e di errori che infestano le nostre chiese si estingueranno
inesorabilmente, lasciando vuote quelle cattedrali e quelle chiese, deserti
quei conventi e quei seminari che hanno occupato settant’anni fa con la falsa
promessa della primavera conciliare.
Perché
dietro tutto ciò c’è sempre la frode e il dolo del Mentitore.
Cari
amici,
Sono
molto felice per l’opportunità che mi è stata offerta di partecipare a questa
edizione della vostra Università d’Estate.
È per
me un grande onore poter porgere i miei più cordiali saluti ai militanti di
Civitas, a cominciare dal vostro Presidente Alain Escada, dal Segretario
Generale Léon-Pierre Durin, dal vostro caro Cappellano, Padre Joseph e i
Cappuccini della Resistenza.
Nel
suo combattimento per la restaurazione del Regno Sociale di Nostro Signore Gesù
Cristo e contro
l’oligarchia massonica e la setta di Davos, Civitas si trova – come Davide
contro Golia – al centro della lotta dell’Alleanza Anti-Globalista che ho lanciato sotto
i migliori auspici.
Non
posso che rallegrarmi di sapere che anche Svizzera, Belgio, Italia, Canada,
Spagna hanno ora fondato, sull’esempio della Francia, delle sedi sul loro
territorio; credo sia altamente auspicabile che la stessa iniziativa si diffonda
ovunque.
È tempo che i Cattolici di tutto il mondo si
uniscano in un fronte unito contro la tirannia globalista.
La
casa costruita sulla Roccia è la Chiesa cattolica e la Civiltà cristiana.
È anche la Francia battezzata a Reims da san Remigio,
fondata sull’alleanza di Trono e Altare nel giorno dell’Incoronazione di
Clodoveo, Re dei Franchi.
Non ci
può essere rimedio ai mali del nostro tempo se non nel Regno Sociale di Nostro
Signore Gesù Cristo, in una società riconciliata con Dio che Lo onori e che
professi pubblicamente la Fede Cattolica ricevuta dagli Apostoli e fedelmente
trasmessa dalla Santa Chiesa nel corso dei secoli.
Questa
è la vera controrivoluzione.
Cari
amici, tenete nel cuore e nella mente l’esempio dei Martiri per preservare la
Cristianità e promuovere il Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo; di
questi Martiri che hanno fecondato con il loro sangue il futuro della Chiesa,
della società e dei popoli! Non può esserci società giusta e prospera se non là
dove regna Cristo Re e Principe della Pace. Perché la pace di Cristo può esistere
solo nel Regno di Cristo: Pax Christi in regno Christi.
Il
signor Durin mi ha anticipato di volermi porre alcune domande.
Domanda:
Eccellenza,
il Vaticano II ebbe luogo più di 60 anni fa, la distruzione della liturgia 50
anni fa, Assisi quasi 50 anni fa;
dopo 60 anni di disastro religioso e politico
che tutto ha distrutto, durante il quale i fedeli cattolici sono disprezzati,
perfino ingiustamente condannati, Vostra Eccellenza è diventata, a più di 80 anni,
un implacabile anticonciliare.
Qual è il motivo per cui Ella ha deciso solo
ora di agire?
Risposta:
Ho già
avuto occasione di testimoniare nei miei interventi passati il mio cammino di
progressiva consapevolezza della crisi che affligge la Chiesa cattolica e delle
cause profonde dell’attuale apostasia.
Come ho detto allora, il mio impegno al
servizio diplomatico della Santa Sede (prima come giovane segretario presso le
Rappresentanze Pontificie in Iraq e Kuwait, poi a Londra; in Segreteria di
Stato; e poi come Capo Missione a Strasburgo presso il Consiglio d’Europa; poi
come Nunzio Apostolico in Nigeria; e ancora presso la Segreteria di Stato come
Delegato per le Rappresentanze Pontificie, poi come Segretario Generale del
Governatorato ed infine come Nunzio Apostolico negli Stati Uniti);
il mio
impegno – dicevo – al servizio della Santa Sede, che ho cercato di esercitare
dedicandovi tutto il mio tempo e le mie forze, mi ha completamente assorbito,
rendendo praticamente impossibile una riflessione profonda sugli eventi che si
svolgevano nella Chiesa.
Questo
non mi ha impedito tuttavia di nutrire forti perplessità interiori e persino
critiche alle “novità” introdotte dopo il Concilio.
Penso
in particolare ai gravi abusi liturgici, alla crisi della vita religiosa, penso
al pantheon di Assisi, alle deplorevoli richieste di perdono per le Crociate,
ad esempio, durante il Giubileo dell’anno 2000.
Penso
anche a ciò che avevo potuto percepire da giovane studente all’Università
Gregoriana di Roma.
Compresi
che tutto ciò derivava dai nuovi principi stabiliti dal Concilio.
Ma fu
solo molto più tardi, di fronte ai gravissimi scandali dell’allora Cardinale
McCarrick e di tutta la sua rete omosessuale, e di fronte agli ancor più gravi
scandali di Bergoglio, che il legame intrinseco tra corruzione dottrinale e
corruzione morale mi apparve in tutta la sua evidenza, così come le cause
profonde della crisi che imperversa da decenni nella Chiesa, generata dalla
rivoluzione conciliare.
E non
ho potuto tacere.
Il
disastro era prevedibile fin dall’inizio.
Ma
come ho spiegato, eravamo stati educati – nella nostra formazione al ministero
sacerdotale e ancor più in quella al servizio diplomatico – a ritenere
impensabile che il Papa e l’intera Gerarchia cattolica potessero abusare della
loro autorità, esercitandola per uno scopo contrario a ciò che Nostro Signore
ha voluto per la sua Chiesa.
Eravamo
stati formati a non mettere in discussione l’autorità dei Superiori.
E
questo è stato sfruttato da chi, proprio approfittando della nostra obbedienza
e del nostro amore verso la Chiesa di Cristo, piano piano, passo dopo passo, ci
ha condotto ad accettare nuove dottrine, estranee a quelle che la Santa Chiesa ha
sempre insegnato, soprattutto riguardo all’ecumenismo e alla libertà religiosa.
Del
resto, come nella Chiesa la “deep church “si è estesa per gradi verso la
dissoluzione del corpo ecclesiale, così nell’ambito civile il “deep state” è
sviluppato in modo direi simile, attraverso una progressiva infiltrazione fino alle
forme tiranniche del Nuovo Ordine Mondiale, del World Economic Forum e
dell’Agenda 2030.
Anche
in questo caso ci si potrebbe chiedere: perché i cittadini non si sono
ribellati alla sovversione dello Stato da parte degli insorti che hanno preso
il potere con lo scopo di distruggere le istituzioni che avrebbero invece
dovuto servire per il bene comune?
Molti
risponderebbero: Non potevamo immaginare il loro disegno malvagio, il loro piano per renderci
schiavi di un sistema iniquo. Non potevamo credere che quando parlavano di democrazia o di
sovranità popolare, volessero assoggettarci gradualmente a un potere
totalitario radicalmente anticristiano.
Ritengo
che il fatto di non aver compreso ieri la natura del processo rivoluzionario in
atto, possa essere scusabile;
mentre
il fatto di non capire oggi è irresponsabile e ci rende complici di un colpo di
stato mondiale nelle questioni temporali e dell’apostasia in ambito ecclesiale.
Ringraziamo
quindi coloro che molto prima di noi, con la loro voce profetica, hanno
lanciato l’allarme per la minaccia che gravava sia sulla società civile che
sulla Chiesa cattolica.
Domanda:
Grazie,
Monsignore. Le faccio una seconda domanda: cosa pensa di Monsignor Lefebvre e
della sua lotta, in particolare nel suo atto controverso come le Consacrazioni
del 1988?
Risposta:
Guardo
all’arcivescovo Lefebvre con ammirazione e grande gratitudine per la sua
fedeltà e il suo coraggio.
Coraggio
e fedeltà invincibili di fronte a tante avversità, ostilità, e persino
all’accanimento da parte di una Gerarchia conquistata alle idee della modernità
e infiltrata dai massonici sostenitori di un progetto di distruzione capillare,
senza precedenti, di cui oggi realizziamo l’impatto devastante nelle sue
estreme conseguenze.
Monsignor
Lefebvre deve essere considerato come un sant’uomo, non come uno scismatico!
Come
fervente missionario e confessore della Fede, zelante difensore della
Tradizione, del Sacerdozio e della Messa cattolica.
Si è esposto a gravi sanzioni, fino alla scomunica,
perché riteneva più giusto dover obbedire a Dio piuttosto che agli uomini,
mantenere e trasmettere la Tradizione piuttosto che abbracciare dottrine
moderniste.
La sua
vita è segnata dalla pietà, dallo spirito di sacrificio, dal senso del dovere,
dalla rettitudine di coscienza e da una grande coerenza interiore.
La sua è una vita donata a Dio e alla Chiesa, dedita
al servizio delle anime, all’evangelizzazione, all’insegnamento e alla
predicazione della sana Dottrina, alla celebrazione del Santo Sacrificio e alla
formazione dei giovani chiamati al Sacerdozio.
Una
vita che è tutta una testimonianza della solidità della Fede trasmessaci dagli
Apostoli, dai Romani Pontefici, dai Concili e dai Santi Dottori della Fede e
per la quale i Martiri hanno versato il loro sangue.
Alcuni
giudicano le Consacrazioni del 1988 “un passo di troppo”; altri vi riconoscono
una necessità vitale per la salvaguardia della Messa di tutti i tempi.
Monsignor
Lefebvre ha colto l’urgenza dei tempi che stiamo vivendo e il dramma di una
situazione che è ulteriormente peggiorata e che si è ulteriormente aggravata
negli ultimi anni, rendendo più evidente lo stato di eccezione in cui ci
troviamo.
C’è chi parla di disobbedienza; noi parliamo
di fedeltà!
Monsignor
Marcel Lefebvre ha continuato a insegnare e a fare ciò che la Santa Chiesa ha
sempre fatto e insegnato.
Si
oppose al liberalismo, alla distruzione della Messa e dell’intero edificio
liturgico della Chiesa, alla rovina del Sacerdozio, della vita religiosa e
della Morale cristiana.
Lo
ripeto: alcuni
parlano di disobbedienza, noi parliamo di fedeltà!
Domanda:
Grazie
Monsignore.
Ho un’ultima domanda per Lei, prima di darle
la parola per un breve intervento finale.
Eccellenza,
potrebbe spiegarci in poche parole il progetto dell’Alleanza Anti-Globalista di
cui ha parlato, e come parteciparvi concretamente?
Risposta:
L’Alleanza
Anti-Globalista è un appello che ho lanciato lo scorso novembre, consapevole
della gravissima minaccia senza precedenti che incombe sull’intera umanità in
quest’ora della Storia.
Consapevole anche dell’urgenza di formare ovunque un
fronte di resistenza volto a contrastare il colpo di stato planetario
orchestrato da un’élite potentissima in vista dell’instaurazione del Nuovo
Ordine Mondiale, intrinsecamente disumano e anticristo.
Non ho
mai avuto la pretesa di diventare il leader di un movimento o di assumerne
l’organizzazione.
Come
un seminatore, ho gettato il seme ai quattro venti, perché sia raccolto con
saggezza e porti frutto.
Non
posso misurare lo stato della sua germinazione.
La
situazione attuale, tanto a livello delle varie Nazioni quanto sulla scena
internazionale, è molto complessa, oscura e difficile da decifrare. Sappiamo solo che dobbiamo
prepararci interiormente agli eventi che ci aspettano e implorare il Cielo per
un intervento di Dio.
Solo
una cosa è certa: è impossibile risolvere con mezzi umani la crisi civile ed
ecclesiale in cui stiamo sprofondando.
L’uomo deve prima inginocchiarsi davanti al
suo Dio e al suo Re, Nostro Signore Gesù Cristo.
Nazioni
e Popoli devono riconoscere la sua Signoria, e la Chiesa per prima deve
restituire al Re la Corona che gli usurpatori gli hanno tolto.
Rimettiamo
dunque Cristo al centro dei nostri cuori e al centro di tutto, Lui che è l’Alfa
e l’Omega.
Cerchiamo
prima il Regno e la sua giustizia, e anche il resto ci sarà dato in sovrappiù.
Durin:
Grazie,
Eccellenza.
Peccato
che non possa vedere le persone nella sala e la loro gioia di aver sentito un
vero Vescovo rivolgersi a loro, ripetendo loro le verità eterne della Chiesa.
Grazie ancora dai Cappuccini, dai Domenicani
di Avrillé che sono qui, da padre Morgan che è qui con noi. Grazie di tutto
Monsignore.
Le do la parola un’ultima volta ringraziandola
personalmente per tutto quello che ha fatto per noi.
Mons.
Viganò:
Caro
Monsieur Durin, anch’io mi rammarico molto di non aver avuto l’opportunità di
vedervi e soprattutto di essere con voi in questa felice occasione di incontro,
per rendere grazie, per pregare insieme la Vergine Maria in questa vigilia
della festa della sua Assunzione, Lei che è la Patrona principale della
Francia.
Rinnoviamo
dunque il nostro atto di speranza e volgiamo lo sguardo alle cose del cielo.
Sostenuti dalla materna protezione e
intercessione della Vergine Maria, la Donna vestita di Sole che schiaccia sotto i suoi piedi la testa
del Drago infernale, possiamo perseverare nei combattimenti di quaggiù, con
accresciuta forza e coraggio, ma anche con umiltà e fiducia.
Di tutto cuore vi benedico tutti: Benedicat
vos omnipotens Deus Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen.
Elon
Musk: l'élite
della
neoplebe
doppiozero.com - Nello Barile – (15 Novembre
2022) – ci dice:
Nel
formidabile film “The triangle of Sadness” di Ruben Östlund (2022), la metafora
“titanica” di una nave alla deriva nella tempesta è un espediente narrativo per
raccontare la deriva delle classi sociali e la crisi delle élite nel
contemporaneo.
Se tra la super-élite e i lavoratori
subordinati esiste una sostanziale simmetria, nel senso che al mutare delle
condizioni ambientali la lavoratrice asiatica si trasforma in capitano grazie
all’immediato consenso da parte dei più ricchi, i rappresentanti della classe
creativa vengono sfruttati a prescindere:
prima
dal potere immateriale del business, come durante il casting del protagonista,
poi dal potere materiale e fisico della sopravvivenza, in cui chi sa fare
qualcosa di concreto vale più del denaro e del lusso.
Una
delle conseguenze più dirette della globalizzazione, quella che i partiti di sinistra
non hanno voluto considerare, è stata la polarizzazione socioeconomica tra le classi sociali
e l’impoverimento
drammatico del ceto medio occidentale, a lungo considerato come il pilastro
delle democrazie avanzate.
La grande illusione della globalizzazione si è
fondata sull’idea che a compensare tale impoverimento arrivassero i ceti medi
dei paesi emergenti, il cui sviluppo avrebbe trainato le produzioni dei paesi
un tempo egemoni.
Senza capire che il travaso di tecnologie e competenze
da ovest a est, sull’onda lunga delle delocalizzazioni, avrebbe comunque messo
in discussione la centralità dell’industria occidentale, ancor più se pensiamo
ai costi dell’attuale transizione ecologica.
Con il
passaggio dalla globalizzazione alla deglobalizzazione, le frattaglie che componevano gli ex
ceti medi sono state infettate dal populismo-sovranismo (gli underdog) in cerca
di una nuova identità, che un tempo fu di classe ma che ormai è frammentaria e
metonimica (individuo/popolo).
Allo
stesso modo questi ceti impoveriti e intronati dalla successione di varie
crisi, si costituiscono come nuova controcultura che, alla stregua delle
vecchie controculture, ammicca a qualcosa che sta dall’altra parte della
barricata:
stavolta però non è più l’antimateria del
capitalismo globalizzato, come nel caso dell’ex Unione Sovietica, bensì un
regime diversamente liberista e cleptocratico che domina una società ancor più
polarizzata e infettata dal denaro/consumo.
Come
ho discusso insieme a Panos Kompatsiaris nel XII Scrittoio della Biennale
intitolato “The Biennials post-presencial” era.
“Challenges
and opportunities”, organizzato da Francesca Castellani (IUAV) in apertura
della Biennale di Venezia 2022, anche l’arte, il cinema, la musica e la circolazione di
talenti in generale potrebbero essere condizionati da tale processo.
Se infatti, per fare un esempio, le
piattaforme hanno lasciato la Russia con le altre corporation, è perché la guerra più profonda è
mossa proprio contro i contenuti e i valori della cosiddetta “Netflix Society”, simbolo di una cultura che
rivaluta e promuove valori progressisti:
dalla gender fluidity, all’inclusione
multiculturale, fino alla reinvenzione di un passato postcoloniale inglese
(come nel caso di Bridgerton).
La “Netflix Society” è l’avamposto che
globalizza i valori della classe creativa attraverso le piattaforme.
Valori che collidono drasticamente con quelli
proposti dalle formazioni populiste. Essa è la prosecuzione della cultura
della “Silicon valley” con nuovi mezzi.
Se la
metafora organicista di Menenio Agrippa tentò di incorporare il ceto subalterno
riottoso dell’antica Roma nella totalità funzionale di un corpo unitario le cui
membra sono “naturalmente” subordinate al comando della testa, il rapporto tra
élite, classe creativa e neo plebe, ci racconta invece una società smembrata e
disorganica.
Nel
loro nuovo libro,” Neoplebe”, classe creativa, élite (Laterza, 2022), Paolo
Perulli e Luciano Vettoretto affrontano in modo sistematico il problema
squisitamente sociologico di questo “sfaldamento” delle classi sociali.
Al ruolo sempre più dominante delle élite, si
assomma quello di un ceto medio post industrializzato che assume i tratti di
fragilità della nuova classe creativa.
Al di
sotto di questa si espande sempre più una neo plebe vittima sacrificale delle
politiche neoliberiste.
Mentre
la ricchezza sempre più si “concentra verso l’alto”, i livelli intermedi vivono
un sostanziale scivolamento verso il basso, a partire dalle famiglie, passando
per i “working poor” (i nuovi poveri), fino ai “Neet” che ormai hanno
rinunciato a qualsiasi “escatologia” del mito della mobilità verticale.
Gli autori problematizzano anche l’idea che il
ceto medio sia il “baricentro” delle società avanzate, una riduzione di
complessità che ha svolto per tanto tempo una funzione promozionale delle
società a capitalismo avanzato.
A tale prospettiva essi preferiscono un quadro
più composito basato sull’idea di un “pluralismo conflittuale”.
L’élite
attuale prosegue la missione della vecchia vocazione distintiva (alla Bourdieu) basata sul “contare, contarsi e
annettersi”
e lo fa oltre che attraverso la classica legge del consumo vistoso, anche
nell’esaltazione del merito, non a caso recentemente inserito dal nuovo governo nella
denominazione del Ministero dell’istruzione.
La
logica meritocratica prevale nell’iter formativo delle élite globali che hanno
ormai rimosso il suo retaggio illuminista e borghese, per prediligere la
dimensione dello status che consente loro di frequentare gli atenei più
esclusivi e dunque costosi del mondo (MIT, Harvard ecc.).
Tale
valore è condiviso tanto dalle élite degli stati democratici quanto da quelle
delle democrature (p. 12), ma molto meno dalle élite nostrane che si
configurano perlopiù come élite locali, che mostrano in tal modo la misura
della loro arretratezza.
Mentre
le classi che hanno guidato il boom economico avevano una capacità di
leadership e pedagogica nei confronti dei ceti subalterni, capaci di fungere da
collegamento tra porzione e classe creativa come nello sviluppo del design
italiano a Milano negli anni cinquanta e sessanta, le odierne élite, come nel già citato
“Triangle of Sadness”, stringono un’alleanza paradossale con la neo plebe che determina una “caduta del
linguaggio della classe dominante” che si mostra così sempre più simile alla neo
plebe (come
quando D. Trump spiegava al popolo: “sono uguale a voi ma sono ricco”).
La
sociologia anglosassone ha riflettuto molto sulla “categoria di classe creativa”
a partire da “The Polish Peasant in Europe and America” di W. Thomas e F.
Znaniecky, passando per T. Parsons, fino alla più recente variante neoliberale
di R. Florida, in cui i valori della società globalista (tolleranza, fluidità, ecc.)
vengono reificati in indicatori quantitativi della concentrazione di ricchezza
nelle città americane, come il “gay index”, il “diversity index”, il “bohemian
index” ecc.
“Neoplebe”
è il termine adottato da Perulli e Vettoretto per indicare l’attualità di uno
strato sociale subalterno che più degli altri s’identifica nei “leader
populisti e sovranisti”.
Rispetto a queste due classi al vertice e alla
base della nuova gerarchia sociale in una alleanza paradossale che sembra
permeare e condizionare tutta la realtà sociale immobilizzandola, Perulli e
Vettorello scommettono proprio sul futuro della classe creativa che cavalcando
lo sviluppo di robotica, dell’intelligenza artificiale e delle piattaforme,
potrebbe guidare la transizione ecologica e quella tecnologica della “Quarta
Rivoluzione Industriale”.
In
altri termini l’alleanza con i lavoratori della “gig economy,” delle università
e con le donne in generale, dovrebbe condurre la classe creativa a governare la
società del futuro.
Una
profezia plausibile ma non del tutto auspicabile, se pensiamo alle attuali
tendenze del mercato.
La
figura di Elon Musk mostra oggi quanto sia controversa e attualissima tale
tematica.
L’immagine
dell’imprenditore sudafricano fonde in sé elementi caratteristici della
super-élite finanziaria, della classe creativa e di un certo populismo dal
basso.
Tale
prospettiva supera il conflitto culturale, consolidatosi a partire dalla vittoria
di Donald Trump nel 2016, tra l’apertura globalista della Silicon Valley e la
chiusura retro topica del sovranismo americano.
Da “innovatore,
visionario transumanista e geek” con venature cyberpunk, il genio controverso della Silicon
Valley ha
assunto tratti distintivi di un neoliberismo spietato sia nei confronti degli
addetti interni che degli user di Twitter.
Secondo
Clare Duffy di “CNN Business”, Musk ha usato un linguaggio populista per
comunicare tale iniziativa che rappresenta una rottura “dell'attuale sistema di
signori e contadini di Twitter”.
L’idea di far pagare otto euro al mese per l’accesso
al celebre social medium potrebbe lanciare un trend potenzialmente imitabile dagli
altri social, fino a far saltare la matrice “digital socialista”, per dirla alla Kevin Kelly, che ha assicurato
decenni di gratuità del web.
Assommato alle innovazioni della “blockchain”, delle “cryptovalute” e agli “NFT”, tutto ciò potrebbe riconfigurare il
mondo della comunicazione tramite una tendenza alla monetizzazione spinta.
Uno
dei capolavori dell’arte “NFT” è infatti “The Passion of the Elon”, che ritrae
l’uomo più ricco del mondo sulla croce, con indosso una tuta da astronauta,
mentre è circondato da un gruppo di scimmie che giocano sul fondo dell’immagine.
Un
sincretismo culturale tra “L’ascensione di Cristo” del Perugino, quello di Dalì, la
famosa scena di apertura di 2001: Odissea nello spazio, e le scene finali del
film: dalla scoperta del pollice opponibile, passando per il lancio dell’osso
che diventa astronave, fino al delirio dell’astronauta che torna a casa dopo il
viaggio joyciano fuori e dentro sé (che ricorda anche Bowie appeso al muro nel video di “Ashes
to Ashes” del 1979).
Non
appena messe le mani su Twitter, il magnate visionario che ha indicato la via
verso Marte, si è comportato come il più retrogrado degli impresari, con
un’ondata di licenziamenti massivi di circa 7.000 addetti, tra l’altro
comunicandoli via email.
Dai
tagli forsennati al personale di Twitter all’”endorsement post-ideologico” nei
confronti dei Repubblicani, il passo è stato brevissimo.
La Routers ha dato l’annuncio del suo Tweet, postato la sera prima delle
elezioni midterm sul suo profilo seguito da 110.000.000 di utenti:
“La
condivisione del potere frena i peggiori eccessi di entrambi i partiti, quindi
consiglio di votare per i Repubblicani, visto che la Presidenza è democratica”,
aggiungendo di essere “propenso all’idea di votare di nuovo i Democratici in
futuro”.
A ben
vedere, setacciando le interviste online, divenute pillole per “Tik Tok” e “Instagram”,
emergono vari segnali di questa deriva populista.
Come
ad esempio l’idea secondo cui le Università non hanno più alcun senso in un
mondo in cui tutte le conoscenze sono rese immediatamente accessibili tramite
la rete (simile all’uno vale uno nostrano).
Un “populismo
pedagogico” che entra in netta contraddizione con l’immagine dell’imprenditore
illuminato che ha fatto della scienza e della sostenibilità il suo business, fino a sostituire con investimenti
privati il ruolo del capitale pubblico nella progettazione delle imprese
aerospaziali.
Lo stesso look di Musk, austero e informale
con sporadici innesti di futuribile, espande il sostanziale “stile mormore”
tipico degli altri leader della Silicon valley (da Steve Jobs a Zuckerberg).
Il
rifiuto stesso di orologi e accessori di lusso (“il mio telefono mi dice
l’ora”), indica un minimalismo che rinnega i valori tipici della classe a cui
appartiene, ricordando altri grandi imprenditori come Marchionne con il suo
maglioncino rassicurante.
Tale
logica, che chiamo “airbag cognitivo”, è molto simile a quella che
consente ai partiti di sinistra di implementare politiche neoliberiste senza
sollevare particolare dissenso, come con le liberalizzazioni di Blair o con il Jobs
Act renziano, oppure alle leadership femminili di caratterizzarsi per
iniziative più che maschili, come Margaret Tatcher con la guerra nelle
Falkland.
Il
superamento del conflitto culturale tra “Silicon Valley” e classi creative da
un lato, e formazioni populiste dall’altro, potrebbe aprire nuove prospettive
di sviluppo alla società del futuro.
Non
tanto nella direzione di una” neo repubblica platonica” governata dai nuovi
sapienti, quanto
piuttosto nell’espansione di una struttura flessibile e on demand, in cui
l’accesso alla conoscenza sarà sempre più decentralizzato ma anche sempre più
monetizzato dalle “piattaforme” e dalla “blockchain”.
Perché
la finanza mondialista sta
smontando
gli stati sovrani.
Tempi.it
– Diego Fusaro – (21 -9 – 2020) – ci dice:
La
riduzione del pianeta intero a piano liscio per lo scorrimento illimitato delle
merci passa per l’annientamento degli spazi ove la politica possa governare
l’economia.
Articolo
tratto dal numero di Tempi in edicola.
La
sovranità nazionale sussiste dopo la caduta del Muro di Berlino come l’ultimo
muro di cinta contro il quale i poliorceti del mondialismo scagliano arieti per
penetrare nella cittadella e depredarne ogni bene (diritti, beni comuni, tutele
a sostegno dei più deboli):
la
Destra del Danaro aspira ad abbattere quelle mura, per poter spoliticizzare del
tutto l’economia deregolamentandola e destrutturando l’ultima linea di difesa
dei dominati nel conflitto di classe;
la
Sinistra del Costume – ancora una volta fornendo le superstrutture alle
strutture della Destra del Danaro – delegittima ogni sovranità nazionale,
subito identificandola con il ritorno del fascismo, dello stalinismo e del
totalitarismo.
Può,
così, del resto realizzarsi indisturbatamente l’opera di “privatizzazione”,
secondo il lemma con cui l’élite globalista qualifica i propri saccheggi e
rapine ai danni delle plebi neofeudali.
Gli
stati vengono “scassinati” dagli agenti del mondialismo finanziario, i quali,
mediante astuti accorgimenti all’insegna della deresponsabilizzazione (riforme
con il “pilota automatico”, emergenzialità della crisi, eccetera), si peritano
di non lasciare impronte digitali.
Il potere concentrato della finanza costringe
lo Stato a svalorizzare la ricchezza sociale, di modo che, mediante saccheggi e
rapine chiamate “privatizzazioni” e “liberalizzazioni” dall’ordine linguistico
dominante, la massa pauperizzata sia privata di tutto e la ristretta cerchia
dei signori apolidi del regno finanziario accresca sempre più il proprio
patrimonio.
Quando
non ci saranno più frontiere.
L’oligarchia
finanziaria favorisce la sparizione degli enti pubblici e la sopravvivenza
esclusiva degli attori privati.
Opera in vista della de-sovranizzazione e,
dunque, della spoliticizzazione dell’economico, affinché quest’ultimo,
deregolamentato, non possa essere gestito e governato dallo Stato
nell’interesse delle comunità democratiche nazionali.
Si compie la profezia formulata da Hayek in “The Economic Conditions of Interstate
Federalism” (1939):
«Quando
le frontiere smetteranno di esser chiuse e la libera circolazione sarà
assicurata, tutte queste organizzazioni nazionali, siano esse sindacati,
cartelli od organizzazioni professionali, perderanno le loro posizioni monopolistiche
e dunque, in quanto organizzazioni nazionali, il potere di controllare
l’offerta dei loro servizi e dei beni».
Gli
architetti del mondialismo capitalistico hanno realizzato, a modo loro,
l’antico sogno dell’alchemica mutazione del piombo in oro: sono riusciti a trasformare i
consulenti d’affari in politici e i politici in consulenti d’affari.
Basti
qui rammentare, tra i tanti, i casi di Mario Monti, Mario Draghi e Romano
Prodi:
i quali, prima dell’ingresso nelle istituzioni
dell’Unione Europea, avevano ricoperto incarichi di prestigio presso la banca
d’affari Goldman Sachs.
Per converso, si può ricordare José Barroso,
dal 2004 al 2014 presidente della Commissione europea e, a seguire, dal 2016
presidente non esecutivo e advisor in Goldman Sachs.
in
effetti, fra i tratti salienti della “global class del competitivismo senza
frontiere “vi
è anche il seguente:
essa
non si espone mai a elezioni democratiche e preferisce agire nell’ombra, operando sui politici al proprio
servizio e governandone autocraticamente le scelte.
L’annientamento
dell’eticità borghese trova nella distruzione della potenza degli stati sovrani
un momento fondamentale:
la riduzione del mondo intero a piano liscio per lo
scorrimento illimitato delle merci deve intrinsecamente fondarsi
sull’annientamento delle sovranità nazionali e, più in generale,
sull’annichilimento degli spazi territoriali ove ancora la politica possa
disciplinare e governare l’economia.
L’esproprio
della moneta.
La de-sovranizzazione
e la spoliticizzazione dell’economico sono condizioni inaggirabili per
l’assolutizzazione del capitalismo culminante nella mondializzazione intesa, in
antitesi con le grammatiche dominanti, come passaggio dell’intero pianeta
sotto il dominio non più limitato del mercato sovrano e deregolamentato.
In
questo senso, la data fatale del 1989 segnò anche il transito, se non altro in
Europa, dal primato della questione nazionale e sociale al primato impersonale
delle leggi del libero mercato su qualsivoglia soggettività politica
eventualmente in antitesi con tale ordine che si faceva tanto più totalitario
quanto più si mostrava in forma suadente e lasca, permissiva e liberal.
Dopo il 1989 si attua senza residui
l’esproprio forzato della sovranità monetaria dello Stato nazionale ad opera
dei mercati transnazionali:
per questa via, lo Stato è privato della
possibilità di decidere sovranamente una legislazione in materia di politica
economica.
A ciò si aggiunge, a mo’ di completamento, la
fusione – fonte del disastro finanziario del 2007 – delle banche commerciali
con quelle d’investimento.
(Diego
Fusaro)
Il
mondo paranoico e
classista
dei super-ricchi.
Transform-italia.it
- Alessandro Scassellati – (01/02/2023) – ci dice:
Questo
testo era stato scritto per essere incluso nel mio libro” Il suprematismo bianco.”
Alle
radici dell’economia, ideologia e cultura della società occidentale,
DeriveApprodi, Roma, 2023, nelle librerie entro questo febbraio.
Purtroppo, per ragioni di spazio l’ho dovuto
tagliare, ma ora mi sembra utile condividere queste riflessioni con i lettori
di Transform! Italia.
“C’è
guerra di classe, va bene, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo
la guerra, e stiamo vincendo”.
(Warren
E. Buffet)
Il
populismo reazionario che da ormai un decennio investe le società occidentali è in
grado di attirare, oltre che i ceti più vulnerabili, anche gli elettori ricchi,
in quanto il pregiudizio e l’ostilità possono essere ugualmente prevalenti tra
le fasce più abbienti della popolazione.
“Mols” e “Jetten” parlano di «paradosso della ricchezza» e sostengono che le fasce più
abbienti percepiscono che i confini tra il loro gruppo e quelli socialmente
inferiori (come il ceto medio) sono permeabili, e quindi si percepiscono
insidiate dal pericolo di un declino della propria posizione.
Cercano
di rafforzare i meccanismi di legittimazione dei propri livelli di reddito e di
ricchezza che giustificano che altri stiano peggio, o perfino che restino
esclusi dall’accesso a fondamentali diritti e opportunità.
In
loro cresce il timore che la propria ricchezza si possa dissipare in un breve
lasso di tempo per l’instabilità politica o per quella economica (ad esempio, a
seguito dei crolli delle azioni in borsa o della crisi dell’impresa familiare),
e accumulano risentimento credendo di essere colpiti dalle misure di austerità
implementate dai governi più duramente degli altri gruppi.
I veri
ricchi,
come ha osservato Francis Scott Fitzgerald ne “Il grande Gatsby”, «sono diversi da te e me», perché la
loro ricchezza li rende «cinici dove noi siamo fiduciosi» e li fa pensare che
siano «migliori di noi».
I super ricchi americani – nel 2022, tre
multimiliardari, Elon Musk, Jeff Bezos e Bill Gates possedevano più ricchezza
della metà inferiore della società americana, ossia di 160 milioni di americani – sono consapevoli che nel medio e
lungo termine queste dinamiche sociali ed economiche così inique (basti pensare che i maschi americani
più ricchi vivono 15 anni in più rispetto ai maschi americani più poveri,
mentre per le donne la differenza è di 10 anni) non sono sostenibili e in molti,
oltre a fare la tradizionale beneficenza filantropica, vivono nell’ansia che il
paese possa insorgere contro di loro e che nel prossimo futuro possano
scoppiare gravi disordini, sommosse, tensioni razziali e conflitti sociali.
I
super ricchi vivono in un’atmosfera paranoica (in linea con il «paranoid style» presente nella storia della
politica americana che venne denunciato dallo storico Richard Hofstadter nel
1964 ) e
temono l’arrivo del collasso ambientale, di una catastrofe (come nei casi degli uragani Katrina
e Irma o di un’esplosione nucleare o di una tempesta solare), di una pandemia (come il coronavirus CoVid-19), di una guerra civile, di una
rivoluzione, di un hacking digitale che distrugge tutto o di un collasso del
governo e delle istituzioni.
Una
situazione di crollo dell’apparato statale che viene chiamata “wrol – without
rule of law” – cioè «fine dello stato di diritto».
Per
questo si preparano a sopravvivere («survivalism») rifugiandosi in bunker sotterranei con
armi automatiche e provviste o predisponendo vie di fuga in rifugi dorati in
isole sperdute o in case di lusso in Alaska e Nuova Zelanda, un arcipelago di
oltre 600 isole che ai loro occhi offre distanza e sicurezza, ma dove di
recente, proprio
per contenere il «caro-casa» e bloccare la «invasione» dei super ricchi
americani e cinesi, il governo laburista ha bloccato la possibilità di
acquistare case da parte di stranieri non residenti.
Il
loro manifesto è il libro “The sovereign individual: how to survive and thrive during
the collapse of the welfare state”, pubblicato nel 1997 da “Simon & Schuster”, i
cui co-autori sono “James Dale Davidson”, un investitore privato
specializzato nel consigliare i ricchi su come trarre profitto dalle catastrofi
economiche, e il
defunto Lord William Rees-Mogg, a lungo direttore del Times (il cui figlio, Jacob Rees-Mogg, è
deputato e ex-Ministro ultra-conservatore pro-Brexit britannico).
Il
libro-manifesto è un testo apocalittico e distopico che preconizza il collasso
della civiltà occidentale basata sullo Stato-nazione, rimpiazzata da deboli
confederazioni di città-Stato corporative, con la presa del potere da parte di
una «élite cognitaria» globale, una classe di individui sovrani in grado di
controllare enormi risorse (una sorta di neo-feudalesimo oligarchico).
Inoltre,
molte delle persone più ricche della Silicon Valley (come Peter Thiel, oltre che
co-fondatore di PayPal, uno dei primi investitori in Facebook e un libertario e
tecno-elitista convinto, o Serge Faguet) e di Wall Street (come Julian Robertson, guru degli
hedge funds), stanno investendo a piene mani nel «business dell’immortalità» per migliorare chi è già in salute
e costituire una nuova élite di super uomini potenziati in grado di controllare
i propri algoritmi biochimici, applicando a sé stessi forme di “biohacking” (che uniscono l’alta tecnologia dell’intelligenza
artificiale, wellness, interventi anti-invecchiamento) – per cui c’è chi, come gli
sviluppatori dell’intelligenza artificiale “Sam Altman e Ray Kurzweil”, che
cerca di caricare la sua mente nei supercomputer, chi dorme su materassi
elettromagnetici, fa continui esercizi fisici sotto la guida di personal
trainer, segue rigide diete alimentari, si fa fare trasfusioni di cellule
staminali e prende fino a 150 pillole «cognitive» al giorno.
Finanziano
a piene mani la ricerca nell’ingegneria genetica (modifiche del DNA e dei
telomeri) e biomedica (organi artificiali), medicina rigenerativa,
nanotecnologie e interfacce cervello-intelligenza artificiale.
Di
recente, Facebook ha comprato per circa un miliardo di dollari “Ctrl-Labs”, una
startup che sta studiando il modo di comunicare con i computer tramite segnali
cerebrali (il pensiero) con l’obiettivo di utilizzare la tecnologia a
interfaccia neurale di “Ctrl-Labs” per sviluppare un braccialetto «che dia alle persone il controllo
dei loro dispositivi come una naturale estensione del movimento».
Inoltre,
con l’avvento delle tecnologie della “biologia sintetica” ora i geni possono
essere prodotti e modificati ripetutamente.
La
capacità di progettare cose viventi che questa evoluzione tecnico-scientifica
fornisce rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui gli esseri
umani interagiscono con la vita del pianeta, potenzialmente di maggiore impatto
rispetto al sorgere dell’agricoltura o dello sfruttamento dei combustibili
fossili.
Per i
super-ricchi, il futuro della tecnologia riguarda solo una cosa: fuggire dal
resto dell’umanità e dall’apocalisse che loro stessi stanno producendo.
Cercano
di accumulare abbastanza denaro per isolarsi dalla realtà terrestre devastata,
elevarsi al di sopra dei comuni mortali ed approntare la propria “exit strategy”.
Secondo
un acuto storico scenarista come “Yuval Noah Harari”, «due processi insieme – la bio-progettazione abbinata alla
crescita dell’intelligenza artificiale – potrebbero avere come conseguenza la
divisione dell’umanità in una ristretta classe di superuomini e in una
sconfinata sottoclasse di inutili Homo Sapiens.
A
peggiorare la già nefasta situazione, con la perdita di importanza economica e
potere politico delle masse, lo Stato perderà gran parte dei motivi per
investire in salute, educazione e welfare.
È
pericoloso essere superflui.
Il
futuro delle masse dipenderà allora dalla buona volontà di un’élite.
Forse ci sarà buona volontà per alcuni
decenni.
Ma in
un momento di crisi – nel caso per esempio di una catastrofe climatica – sarà facile essere tentati di
scaricare le persone superflue».
Un
mondo in cui l’umanità cercherebbe di percorrere la strada del dottor
Frankenstein e potrebbe finire per essere divisa non più solo in diverse classi sociali,
ma addirittura «in diverse caste biologiche o persino in diverse specie», con una casta superiore di entità
super-intelligenti che potrebbe decidere di costruire muri o colonie spaziali
su altri pianeti (Luna e Marte) per tenere fuori le masse dei «barbari» divenuti ormai
irrilevanti perché la loro forza lavoro sarebbe sostituita da quella di fedeli
e meno costosi robot e cyborg prodotti in serie e dotati di intelligenza
artificiale, in grado di dare vita ad una «robonomics».
Da
questo punto di vista, grazie alla combinazione di bioingegneria, interfacce
cervello-intelligenza artificiale e ingegneria sociale, sembra ormai a portata
di mano la possibile costruzione di quel «mondo nuovo» distopico preconizzato
dalle visioni fantascientifiche di grandi scrittori come
Aldous
Huxley, George Orwell (memorabile la sua descrizione dello Stato di
sorveglianza), Isaac Asimov, Philip K. Dick, Anthony Burgess, James D. Ballard,
Cormac McCarthy e dei narratori cyberpunk degli anni ’80 (William Gibson, Bruce
Sterling, Pat Cadigan, Rudy Rucker e altri), oltre che di grandi registi
cinematografici come Stanley Kubrick con 2001: Odissea nello Spazio, Ridley
Scott con Blade Runner, Steven Spielberg con Minority Report, James Cameron con
la saga Terminator, le sorelle Lana e Lilly Wachowski con The Matrix e Peter
Weir con The Truman Show.
Per
questo molti dei teorici dell’intelligenza artificiale – guidati dal filosofo
Nick Bostrom – sostengono che lo scenario apparentemente fantascientifico di
un’intelligenza artificiale cosciente che sfugge al controllo umano (e in
effetti la storia della programmazione informatica è piena di piccoli errori
che hanno scatenato catastrofi) e si impadronisce del mondo, rappresenta una
minaccia esistenziale per l’umanità così enorme che è ora di prendere
provvedimenti – da parte dei parlamenti, dei governi, dell’ONU e degli altri
organismi internazionali – per evitare che ciò accada.
Affidarsi
alla super-intelligenza artificiale potrebbe essere un’enorme minaccia per la
sopravvivenza dell’umanità ed è possibile che ad un certo punto la stessa comunità
dell’intelligenza artificiale possa seguire l’esempio del movimento
anti-nucleare degli anni ’40 del secolo scorso quando, dopo i bombardamenti di
Hiroshima e Nagasaki, gli scienziati si unirono per cercare di limitare
ulteriori test nucleari.
Negli
ultimi tre decenni, una parte rilevante degli ultraricchi americani – con i
fratelli Koch, Dick e Betsy DeVos e Lynde e Harry Bradley in prima fila – ha
finanziato a piene mani la filantropia di orientamento conservatore.
La
loro agenda è stata quella di cambiare il dibattito pubblico in modo che fosse più
accomodante nei confronti della loro visione del mondo neoliberista e
anarcocapitalista, contraria alla regolamentazione della finanza, al
miglioramento del salario minimo, ai controlli sulle industrie inquinanti e
alla creazione di un’assistenza sanitaria universale.
Finanziano
accademici che negano il cambiamento climatico o propugnano un «nazionalismo
climatico» (ponendo l’accento sul pericolo che il cambiamento climatico pone
agli interessi nazionali), sostengono” think-tanks “del libero mercato,
stringono alleanze con gruppi religiosi conservatori, finanziano stazioni
televisive e radio populiste e creano «istituti aziendali» all’interno delle università,
che consentono loro, non ai consigli universitari, di selezionare gli
accademici.
Allo
stesso tempo, c’è anche un altro crescente segmento «illuminato» di ultraricchi
americani – guidato da Bill e Melinda Gates e da George Soros – che promuove
l’idea di cambiamento sociale e che aspira a guidarlo.
Vogliono
essere adulati, si aspettano di essere elogiati come eroici creatori di posti
di lavoro e come esempi di uomini d’affari innovativi e moralmente integri e
responsabili che non hanno beneficiato di un «sistema truccato».
La maggior parte dei miliardari, ha affermato
Zuckerberg, sono semplicemente «persone che fanno cose veramente buone e che
aiutano un sacco di altre persone; e per questo sono ben ricompensati».
Molti
di questi ultraricchi si ritengono altruisti e sostengono finanziariamente
movimenti sociali iniziati da altri che cercano di cambiare aspetti specifici
della società.
Più
spesso, avviano nuove iniziative autonome gestite non in modo democratico, e
che non riflettono realmente la ricerca di soluzioni collettive o universali,
ma piuttosto privilegiano l’uso del settore privato e delle sue appendici
universitarie, di comunicazione e istituzionali/fondazionali filantropiche,
nate principalmente per eludere le tasse e mantenere il controllo delle corporations
che accumulano ricchezza.
Sostengono
che la soluzione ai problemi del mondo attuale – prevenire il riscaldamento
globale, promuovere la diversità e l’inclusione, eliminare la povertà,
prepararsi alle nuove pandemie – debba essere trovata nel mercato privato,
nelle tecnologie sviluppate dalle imprese e nell’azione volontaria gestita in
modo imprenditoriale, non nella vita politica pubblica, nella democrazia
partecipativa, nell’azione di governanti eletti e responsabili nei confronti di
cittadini/elettori, nella legge, nell’intervento redistributivo e regolativo
statale.
Il magnate del computer “Michael Dell”, la 39esima
persona più ricca al mondo, ad esempio, a Davos 2019 ha affermato che:
«Mi sento molto più a mio agio con la nostra
capacità […] di allocare quei fondi rispetto che a darli al governo».
Sono
convinti che la tassazione tolga la libertà di scegliere di essere dei
benefattori virtuosi e che gli strumenti, le mentalità e i valori che li hanno
aiutati ad essere dei vincenti, siano il segreto per rimediare alle ingiustizie
sociali.
Per
cui, paradossalmente, coloro che con metodi predatori e spesso monopolistici (o
semplicemente per avere ereditato giganteschi patrimoni finanziari dai loro
padri o nonni) sono tra i maggiori beneficiari dell’attuale sistema economico,
ma anche tra i maggiori responsabili delle crescenti disuguaglianze sociali, si
mobilitano per difendere le loro rendite di posizione, mentre pretendono di
presentarsi come salvatori dell’umanità da un’epoca di disuguaglianze e catastrofe
ambientale.
Dei
riformatori che vogliono «cambiare il mondo per renderlo un posto migliore».
Ma,
nel migliore dei casi, questi paladini del «filantrocapitalismo» cercano di curare i sintomi, non di
affrontare le cause profonde del disagio sociale.
La filantropia è la disposizione dell’animo a
iniziative umanitarie che si traduce in attività dirette a realizzarle, mentre il filantropo è senza dubbio una persona generosa
che aiuta il prossimo, ma è altresì una persona molto ricca che usa una parte
del suo cospicuo patrimonio per iniziative caritatevoli. Sentimento e carità, non diritti.
Attraverso
la filantropia gli ultraricchi migliorano la propria immagine pubblica e
condizionano il dibattito pubblico, spostando l’attenzione da soluzioni politicamente
più radicali che potrebbero risolvere i problemi per tutti, ma metterebbero in
discussione le basi e la legittimità della loro enorme ricchezza.
Finanziano
progetti per nutrire gli affamati, creare posti di lavoro per «soggetti
deboli», costruire alloggi di housing sociale e migliorare i servizi, ma tutto
questo lavoro a fin di bene può essere spazzato via da tagli alla spesa
pubblica, prestiti predatori o bassi livelli di retribuzione.
Essendo le persone che più hanno da perdere da
un vero cambiamento sociale, di fatto, per loro la società dovrebbe essere
cambiata secondo modalità che non cambiano il sistema economico sottostante che
ha permesso loro di essere dei vincitori ma, allo stesso tempo, ha favorito
l’acuirsi di molti problemi sociali, economici ed ambientali che essi ora
vorrebbero cercare di risolvere con la beneficenza.
Un’operazione
«gattopardesca», una sorta di «smokescreen», di cortina fumogena di autodifesa
conservatrice in linea con l’affermazione «se vogliamo che tutto rimanga come
è, bisogna che tutto cambi» dell’aristocratico Tancredi Falconeri nel romanzo
di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Così
ci sono i finanzieri di Goldman Sachs e BlackRock che cercano di cambiare il
mondo attraverso iniziative «Inwin» (soluzioni vantaggiose per tutti) come i «green bonds», l’investimento ESG (ossia attento alle politiche aziendali
in campo ambientale, sociale e della governance), l’«impact investing» nei
«purpose-driven brands» (portafogli basati su attività che curano l’ambiente e
portano benefici per la società), il «social venture capital» e il miglioramento della
qualità della governance.
Oppure,
aziende tecnologiche come “Uber” e” Airbnb” che si dipingono come strumenti che
danno potere ai poveri, consentendo loro di fare gli autisti o di affittare
stanze delle loro case ai turisti, ma operano per deregolamentare i settori dei
taxi e dell’accoglienza turistica, erodere i diritti dei lavoratori e aumentare
il controllo delle corporations su privacy e dati delle persone.
O finanzieri che cercano di convincere il
mondo dell’associazionismo sociale che la ricerca di una maggiore uguaglianza
debba essere perseguita accettando posti nei consigli di amministrazione e
posizioni di leadership.
Ancora,
grandi corporations costruite e gestite in modi discutibili che si dichiarano
impegnate nel perseguire la responsabilità sociale d’impresa e lo «stakeholder capitalism», tenendo conto del benessere dei
consumatori, dei dipendenti, dei fornitori, della comunità in cui opera
l’impresa.
D’altra
parte, sappiamo che i consumatori tendono a premiare le imprese che appaiono
eticamente responsabili, oppure possono causare danni seri attraverso i
boicottaggi, coordinati sui social media, a quelle che violano apertamente i
princìpi di equità e correttezza.
Ma,
qualunque sia il bene che questi ultraricchi e le global corporations che essi
controllano potrebbero fare, l’instancabile spinta verso l’efficienza, la
sistematica distruzione del potere dei sindacati, la massimizzazione del valore
per gli azionisti, l’avvelenamento dell’ambiente naturale e l’evasione o
elusione delle tasse (non pagano la loro giusta quota anche grazie agli
incentivi fiscali per le donazioni filantropiche) minano la qualità e le basi
stesse dello Stato democratico, privando necessariamente la maggior parte delle
persone della loro dignità, del loro potere sociale e politico, della loro
voce, dei loro diritti e della possibilità di incidere sullo stato reale delle
cose, migliorando l’istruzione e l’assistenza sanitaria universale e riducendo
la povertà e i disagio abitativo.
Il
presidente Theodore Roosevelt dava un duro giudizio dei ricchi filantropi come
John D. Rockefeller, esponente di spicco della generazione dei “robber barons”
cinici costruttori dei grandi imperi monopolistici del capitalismo americano
convertitosi alla filantropia industriale, sostenendo che «nessuna quantità di beneficenza nello
spendere tali fortune può in alcun modo compensare la cattiva condotta
nell’acquisirle».
La
risposta di Roosevelt ai “robber barons” era di applicare delle norme antitrust
e di tassare la ricchezza.
Un’imposta federale sui redditi venne introdotta
nel 1913, la tassa di successione fu emanata nel 1916 e l’imposta sulle
plusvalenze nel 1922.
Thomas
Paine (1737–1809),
un
rivoluzionario, politico intellettuale, filosofo illuminista e studioso
britannico, estensore de “I diritti dell’uomo” (1791) e dell’opuscolo di 47
pagine “Common Sense” contro i «ruffiani incoronati» che divenne virale nelle
colonie americane quando fu pubblicato nel gennaio 1776, viene considerato uno
dei «padri fondatori» degli Stati Uniti d’America e riteneva che la ricchezza
estrema dovesse essere tassata perché mina l’uguaglianza essenziale per il
funzionamento del governo repubblicano.
Il giovane storico olandese “Rutger Bregman”
ha suscitato scandalo per aver detto al meeting di Davos 2019 che «il re è
nudo», che la volontà degli ultraricchi del «club dei globalisti» di impiegare
parte delle loro ricchezze nelle fondazioni filantropiche, piuttosto che
vederla spesa da uno Stato legittimo, è una forma di anarchismo e una
«cazzata»:
«sento persone che parlano il linguaggio della
partecipazione, della giustizia, dell’uguaglianza e della trasparenza, ma
nessuno solleva il vero problema dell’elusione fiscale e dei ricchi che
semplicemente non pagano la loro giusta quota».
Se nel
mondo vigesse un’equa distribuzione delle risorse non ci sarebbe tanto spazio
per la filantropia, perché non ci sarebbero più i pochi plutocrati o oligarchi
che detengono più della metà delle risorse del pianeta.
D’altra
parte, negli Stati Uniti, il paese dove le statistiche mostrano che la
filantropia è più diffusa e massiccia, appena un quinto del denaro donato dai
grandi donatori va ai poveri.
Molto
va alle arti, alle squadre sportive e ad altre attività culturali, e la metà va
all’istruzione e all’assistenza sanitaria.
Le donazioni più grandi nel settore
dell’istruzione nel 2019, però, sono andate alle università e alle scuole
d’élite frequentate dagli stessi ricchi.
Gli
ultra ricchi filantropi dicono di volere una società più giusta, ma non sono
disponibili a discutere su quali debbano essere gli strumenti realmente
necessari, come se ad una conferenza dei vigili del fuoco «nessuno avesse il
permesso di parlare dell’acqua», ha affermato Bregman.
Apple,
Google, Amazon e tante altre aziende come loro e anche i loro azionisti
pretendono di essere considerati dei soggetti socialmente responsabili, ma il
primo elemento della responsabilità sociale dovrebbe essere quello di pagare
una giusta quota di tasse.
Amazon
ha realizzato un profitto di 11,2 miliardi di dollari nel 2018, ma non ha
pagato alcuna imposta federale per il secondo anno consecutivo, a causa di vari
«crediti d’imposta» non specificati e il tax break per le stock options dei
suoi amministratori.
Lo stesso è successo per Netflix (un profitto
di 845 milioni e zero tasse federali o statali pagate).
Il
numero di aziende che hanno pagato zero imposte societarie è raddoppiato nel
2018 per effetto della riforma fiscale di Trump del 2017 e tra queste c’erano,
oltre Amazon e Netflix, anche altre delle più redditizie corporations (60 delle
Fortune 500): Delta Airlines, Chevron, General Motors, EOG Resources, Duke
Energy, Occidental Petroleum, Dominion Energy, Honeywell, Deere & Co,
American Electric Power, Hulliburton, IBM, Saleforce. Zero tasse per un totale
di utili pari a 79 miliardi di dollari nel 2018.
Amazon
ha anche costretto Seattle, la sua città natale, a fare marcia indietro su un
piano volto a tassare le grandi corporations per finanziare un programma di
edilizia popolare per i senzatetto e per una popolazione in crescita che non
può permettersi gli altissimi affitti causati in parte dalla stessa Amazon.
Se
tutti evitassero e evadessero le tasse come queste società – che, grazie alle catene del valore
e all’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale hanno di fatto reso
inapplicabile il sistema del cosiddetto “transfer pricing” basato sul principio che le tasse si
pagano dove si svolge un’attività economica – la società e lo Stato non potrebbero
funzionare, né tanto meno fare quegli investimenti pubblici che hanno portato a
Internet, da cui le stesse Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft
dipendono.
(Alessandro
Scassellati)
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