Contro i globalisti che vogliono cancellare la nostra identità.

Contro i globalisti che vogliono cancellare la nostra identità.

 

 

Meloni: "Ideologia globalista

vuole cancellare identità così

nessuno saprà difendere propri diritti."

Leggo.it – redazione – (5 luglio 2021) – ci dice:

(Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev)

 

Video (Agenzia Vista) Milano, 05 luglio 2021.

 "L'ideologia globalista vuole cancellare radici e identità per creare un mondo di utenti a cui puoi vendere lo stesso prodotto, tutti uguali senza identità e senza più nessuno che possa difendere i propri diritti".

Così la leader di FdI Giorgia Meloni a Milano, presentando il suo libro con Vittorio Feltri.

 

 

 

“FdI”, Meloni: conservazione è precondizione

 per qualunque progresso.

I globalisti vogliono cancellare l'identità.

Conquistadellavoro.it – (1° aprile 2022) – Redazione – ci dice:

 

Roma, 1 apr. (askanews) –

"La conservazione è una precondizione per qualunque forma di progresso. Puoi andare avanti senza perderti se sai chi sei".

 Lo ha detto la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, parlando a Bari alla scuola di formazione politica di “FdI”.

"Lo scontro globale - ha spiegato - non è fra conservatori e progressisti ma fra conservatori e globalisti".

"Cosa c'è da conservare?

 L'identità, la civiltà della quale siamo portatori.

Per i globalisti - ha sostenuto - per andare avanti devi cancellare quello che avevi indietro".

"Guardate - ha continuato Meloni - il tema della cancel culture”:

 statue abbattute, perché la storia, il politicamente corretto... tutto deve essere cancellato.

 La storia è piena di contraddizioni ma ti insegna qualcosa, se tu abbatti non cancelli la storia ma l'insegnamento che ti ha dato e se lo fai torni indietro, non vai avanti.

I primi ad abbattere le statue sono stati i talebani, un modello oscurantista che fa leva sull'ignoranza delle persone per limitarne i diritti.

Questo è il tema dello scontro in atto", ha concluso.

 

 

 

Vietato Dissentire, Norma UE

Blocca le Notizie Sgradite.

Conoscenzealconfine.it – (1° Maggio 2023) - Antonio Amorosi -ci dice:

La mannaia” UE” sull’informazione e i commenti degli utenti.

Ecco il “Digital Services Act” che impone alle piattaforme la censura.

“Digital Services Act”, un provvedimento che limita la libertà in Europa.

La “disinformazione” va bloccata.

Ma chi decide cos’è “disinformazione” e cosa non lo è?

Quando si parla del “DSA” europeo viene in mente il mondo di “George Orwell”.

Nei prossimi mesi vi saranno i primi step applicativi del Digital Services Act, provvedimento UE entrato in vigore a novembre del 2022 e che diventa vincolante dall’1° gennaio 2024.

Prevede il controllo sistematico dei contenuti degli utenti da parte delle grandi piattaforme con “più di 45 milioni di utenti attivi” in “UE” (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft, Twitter, TikTok e simili) e impone a queste un controllo serrato (condizione che non permette la reale protezione del diritto fondamentale alla riservatezza delle conversazioni).

 

Il “Digital Services Ac”t prevede sanzioni economiche gravi, il 6% delle vendite annuali in caso di infrazioni ripetute per chi non interviene contro i contenuti illegali e la disinformazione online.

 Di fatto l’Ue impone il blocco su articoli on line, post e commenti social. Una mannaia senza precedenti.

Ma chi decide che cos’è disinformazione?

L’Ue e vari segnalatori, anche privati, considerati “affidabili”.

 L’Ue e i propri partner sono considerati affidabili a priori.

 Ergo tutti i contenuti considerati “disinformazione”, anche se provati e fondati, possono facilmente essere censurati.

Neanche i giornali, se vanno on line, sono esenti dai colpi d’ascia della UE.

Ad esempio, oggi sarebbe considerata disinformazione, censurata e cancellata, la notizia vera che USA e alleati europei bombardavano l’Iraq nel 2003, anche senza prove che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa.

 Anche criticare il governo italiano per la gestione psicotica della pandemia, violando anche la Carta Costituzionale e le norme UE contro le discriminazioni, verrebbe considerata disinformazione, censurata e cancellata.

E chi più ne ha ne metta.

Al contrario, è proprio grazie alla diffusione della rete internet che le fake news vengono svelate, altrimenti avremmo sulla scena solo l’informazione di regime dei governi e quella dei grandi giornaloni allineati e finanziati da questi o dai sodali.

La ciliegina sulla torta è che nel “DSA” si prevede l’assegnazione esclusiva alla” Commissione Europea” dei poteri di supervisione e attuazione dei provvedimenti verso le piattaforme.

Non esistono neanche enti terzi o indipendenti.

Anche il “Movimento Pirata Europeo”, che si batte per la libertà di circolazione della conoscenza, l’utilizzo di software liberi, open source e la protezione dei dati personali, ed ha eletti nel Parlamento, ha espresso numerose critiche al provvedimento.

Secondo il “Movimento” la norma non tutela la privacy dell’utente, inoltre imporre alle piattaforme con la “Digital Services Act” di rimuovere contenuti ritenuti illegali o di disinformazione può produrre solo censura, non altro.

Per i Pirati il “DSA” sarebbe anche ben poco severo con le piattaforme di Big tech in virtù della grande operazione lobbystica portata avanti da queste aziende.

Secondo un report di “Tech Crunch”, sito USA che si occupa di tecnologia e informatica, le spese per operazioni di lobby presso le istituzioni europee delle grandi piattaforme, sarebbero lievitate proprio in corrispondenza degli accordi in vista dell’approvazione del “DSA”.

Il grande filosofo antinazista “Ernst Junger” ha usato una metafora arguta per spiegare la sicurezza di una famiglia.

Questa non risiede nella legge, ma nel padre sulla porta di casa con l’ascia in mano, circondato dai suoi figli.

Metafora per metafora qui la legge è la UE, ma la sicurezza è la nostra che siamo prede e i figli sono la libertà e il giornalismo, messi in serio pericolo forse come mai in passato.

(Antonio Amorosi)

(affaritaliani.it/mediatech/arriva-la-norma-ue-che-blocca-notizie-e-commenti-sgraditi-all-establishment-852465.html)

 

 

 

 

Camera, il candidato della Lega

 Lorenzo Fontana diceva:

Con le unioni gay vogliono dominarci,

 il modello da seguire è la Russia.”

Ilfattoquoidiano.it – Redazione – (13 ottobre 2022) - ci dice:

 

Camera, il candidato della Lega Lorenzo Fontana diceva: “Con le unioni gay vogliono dominarci, il modello da seguire è la Russia”

Matteo Salvini vuole il suo fedelissimo alla presidenza di Montecitorio: noto per le posizioni ultraconservatrici e per le battaglie contro aborto, diritti Lgbt e divorzio, Fontana non ha mai nascosto nemmeno la sua contrarietà alle sanzioni contro la Russia e la sua ammirazione per Putin.

Di lui ha detto:

 "Sono stato favorevolmente impressionato da tante dichiarazioni e dal grande risveglio religioso cristiano".

Il Pd: "Scelta estremista, una provocazione"

Con le unioni gay e l’immigrazione “vogliono dominarci e cancellare il nostro popolo”.

 Per questo l’esempio da seguire è la Russia, che oggi “è il riferimento per chi crede in un modello identitario di società”.

Parole di Lorenzo Fontana, il candidato della Lega per diventare il prossimo presidente della Camera.

Da quel convegno dell’”associazione Pro Vita” tenutosi a Verona nel 2016 fino al banco più alto di Montecitorio, senza mai rinnegare quei concetti e la sua battaglia “identitaria”.

“Se trent’anni fa la Russia, sotto il giogo comunista, materialista e internazionalista, era ciò che più lontano si possa immaginare dalle idee identitarie e di difesa della famiglia e della tradizione, oggi invece è il riferimento per chi crede in un modello identitario di società”, diceva sempre Fontana.

Che appena due settimane fa a Budapest ha dichiarato:

“L’agenda globalista vuole distruggere le tradizioni e l’identità europea, partendo dalla famiglia “.

Fontana nel 2018 ministro della Famiglia lo è stato, lottando per dare il suo patrocinio al “Congresso Mondiale delle Famiglie”: una organizzazione della destra cattolica che si schiera contro i diritti delle persone Lgbt, l’aborto, la maternità surrogata e il divorzio.

L’iniziativa si tenne il 29 marzo 2019, sempre a Verona, con la partecipazione di diversi esponenti vicini al Cremlino.

Fontana rilancia su famiglie gay: “Battersi per la normalità è un atto eroico.

 Questa rivolta delle élite non ci spaventa”

Fontana rilancia su famiglie gay: “Battersi per la normalità è un atto eroico. Questa rivolta delle élite non ci spaventa

Fedelissimo di Matteo Salvini, che ora lo vuole alla presidenza di Montecitorio e con il quale condivide anche la passione per Milano Marittima, Fontana è noto per le posizioni ultraconservatrici in tema di diritti civili. Da prima di diventare ministro e poi da membro del governo Conte 1, non ha mai nascosto le sue posizioni contro le unioni civili, contro le famiglie omogenitoriali e contro l’aborto. A maggio 2018, ad esempio, partecipò alla Marcia per la Vita per l’abrogazione della legge 194 al grido di “l’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo”.

I complimenti a Putin e la maglia “no sanzioni” – Fontana e Salvini sono sempre stati uniti anche nel condannare le sanzioni alla Russia.

 All’epoca in cui entrambi occupavano le poltrone del Parlamento europeo, diverse foto li ritraggono con la stessa maglietta bianca con la scritta “no sanzioni per Mosca “.

Ma Fontana non ha mai nascosto, come detto, la sua ammirazione per Vladimir Putin.

Del presidente russo ha detto: “Da parte mia sono stato favorevolmente impressionato da tante dichiarazioni di Putin e dal grande risveglio religioso cristiano “.

E ancora: “Ho visto in questo una luce anche per noi occidentali, che viviamo la grande crisi dei valori”.

 

 

La battaglia contro aborto e diritti Lgbt – Incentivare le nascite e disincentivare gli aborti; sostenere la famiglia, che è “quella naturale”, mentre le famiglie arcobaleno “per la legge non esistono”.

Questo in sintesi fu il Fontana-pensiero, esplicitato nelle interviste che concesse poco dopo, a giugno 2018, da neoministro della Famiglia.

Sono questi i temi che fanno di Fontana uno degli esponenti di spicco del tradizionalismo cattolico declinato in chiave politica.

Ha un chiodo fisso in testa, la denatalità, cartina di tornasole della crisi dell’Occidente e anticamera di un neocolonialismo culturale da parte di chi viene dal Terzo Mondo.

 È con queste convinzioni che diceva: “Il matrimonio è solo tra mamma e papà, le altre schifezze non le voglio sentire”.

E ancora: “Più figli, meno aborti”.

Tanto da costringere pure Matteo Salvini all’epoca a prendere le distanze.

Il Congresso a Verona (con vista sul Cremlino) –

Da ministro per la Famiglia poi fece esplodere un caso per il suo patrocinio al “Convegno Mondiale sulla Famiglia di Verona”.

Fontana diede il suo appoggio e partecipò anche alla manifestazione, costringendo anche l’allora premier Giuseppe Conte a intervenire per chiarire che la presidenza del Consiglio non aveva niente a che fare con il patrocinio del “World congress of families”.

 A Verona insieme a Fontana (e Salvini), furono presenti anche Alexey Komov, presidente onorario di quell’associazione Lombardia–Russia, e Dmitri Smirnov, arciprete della Chiesa ortodossa.

Tutti esponenti vicini al Cremlino, uniti in nome della lotta contro i diritti Lgbt.

La denatalità e la lotta contro l’immigrazione Fontana ha anche un altro chiodo fisso in testa, la denatalità, a suo modo di vedere cartina di tornasole della crisi dell’Occidente e anticamera di un neocolonialismo culturale da parte di chi viene dal Terzo Mondo.

Ha anche scritto un libro, assieme all’economista ed ex presidente dello “Ior”, Ettore Gotti Tedeschi: “La culla vuota della libertà”.

Presentandolo disse: “La crisi demografica in Italia sta producendo numeri da guerra.

 È come se ogni anno scomparisse dalla cartina geografica una città come Padova.

Noi non ci arrendiamo all’estinzione e difenderemo la nostra identità contro il pensiero unico della globalizzazione, che oggi ci vuole tutti omologati e schiavi”.

 Contro l’immigrazione disse che “la nostra azione politica sull’immigrazione si ispira al catechismo: ‘ama il prossimo tuo‘ ovvero in tua prossimità e per questo dobbiamo occuparci prima dei nostri poveri “.

Di più, nel 2020 ha presentato anche una proposta di legge contro la cristianofobia e un ordine del giorno per impegnare il governo a occuparsi delle discriminazioni anti–cristiane.

Pd: “Scelta estremista, una provocazione” –

 Tutte circostanze sulle quali si avventa il Partito democratico, che in serata fa uscire due veline di fuoco:

il nome di Fontana è “una provocazione, scelta più estremista e discutibile non potevano fare”, e poi, pochi minuti dopo, “la scelta più provocatoria possibile, anche per le sue ambigue relazioni con Putin”.

Su Twitter Alessandro Zan – il deputato dem padre della proposta di legge contro l’omotransfobia, affossata nella scorsa legislatura – scrive: “I nomi della destra per la presidenza delle Camere sono una minaccia per la comunità Lgbt+.

 La Russa urlava “culattone” contro uno studente, Fontana negava l’esistenza delle famiglie arcobaleno.

 Vigileremo perché non utilizzino il loro ruolo per attaccare i diritti”.

“Domani anche Montecitorio avrà il suo presidente, pare quindi che sarà Fontana, quello che crede che “lobby gay e ideologia gender” “cancelleranno il nostro popolo”, quello secondo cui le famiglie arcobaleno non esistono”, scrive invece il neoeletto deputato di Sinistra e Verdi Marco Grimaldi.

“Sono ancora più orgoglioso”, prosegue, “di essere entrato alla Camera sotto un ombrello arcobaleno e di aver depositato subito una proposta di legge sul matrimonio egualitario, le adozioni per i single e il riconoscimento dei figli delle famiglie omogenitoriali.

Sono preoccupato? Certo.

Sogneremo e lotteremo ancora più forte”.

 

 

 

Il dollaro nel nuovo ordine multipolare

  Globalizacion.ca - Adrián Sotelo Valencia – Globalizzazione – (02 maggio 2023) –

Ci dice:

Il multipolarismo è il progetto – umano e sociale – e la speranza dei popoli e dei lavoratori del mondo per costruire e rafforzare un nuovo ordine internazionale del XXI secolo!

Parlare del dollaro significa parlare dell'egemonia-supremazia degli Stati Uniti come imperialismo globale.

La storia del mondo corrobora questa affermazione nella misura in cui, tra gli altri strumenti di dominio, è stato con quella moneta e il suo sistema finanziario e monetario, da Bretton Woods, che ha assicurato e riprodotto non solo la sua geopolitica internazionale, ma anche le relazioni imperialismo/colonialismo/dipendenza.

Quando i meccanismi di questo rapporto falliscono o si rivelano insufficienti per mantenerlo, allora lo Stato, il capitale dominante e le borghesie imperialiste – con la collusione delle borghesie sottoproletarie e delle oligarchie dei paesi dipendenti – si attivano dall'induzione di crisi economiche, monetarie e finanziarie, guerre a bassa intensità e colpi di Stato (ortodossi, soft, parlamentare o giudiziario), per aprire l'intervento militare per ripristinare e mantenere uno status quo in linea con i loro interessi globali e geopolitici.

 Nel corso della loro storia, l'America Latina, l'Asia e l'Africa ne sono state testimoni e ne hanno sofferto, prima come colonie e poi come paesi dipendenti e sottosviluppati che, per sopravvivere, devono riprodurre rapporti imperialismo-dipendenza-colonia a vantaggio dello scambio diseguale, del super-sfruttamento del lavoro, dei trasferimenti di valore, plusvalore e ricchezza verso i centri capitalisti avanzati.

Secondo “RT” (26 aprile 2023), l'uso del dollaro USA è passato dal 73% nel 2001 al 55% nel 2020.

Mentre, dall'applicazione delle "sanzioni" contro la Russia la percentuale è scesa al 47%, perdendo quote di mercato dieci volte più velocemente.

Ciò conferma ciò che è stato detto dalla stampa indipendente e dagli analisti responsabili che, fin dall'inizio, la politica di Washington delle cosiddette sanzioni applicate contro la Russia, e seguite ai suoi ordini dai docili governanti neoliberisti e di destra dell'Occidente collettivo, non ha fatto altro che influenzare il dollaro e i popoli delle nazioni di quel conglomerato territoriale imperialista in cui gli Stati Uniti hanno trasformato gli Stati Uniti, la cosiddetta Unione Europea completamente alienata dalla sua geopolitica.

 

L'inflazione, l'aumento dei tassi di interesse, la crisi energetica, il calo dei salari reali e l'impatto sulle condizioni di vita e di lavoro hanno devastato le classi lavoratrici e popolari europee e statunitensi sotto l'influenza del folle aumento delle spese militari e della spedizione di armi al regime nazionalista ucraino con l'esplicito obiettivo imperialista non solo di "vincere" la guerra contro la Russia, ma anche di "vincere" la guerra contro la Russia, ma per distruggerlo nel contesto del confronto strategico con la Cina.

 

La miopia del presidente Biden, dei suoi consiglieri e di quella della maggior parte dei governanti cantonati nell'”Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico” (NATO), un corpo militare completamente subordinato e diretto dagli Stati Uniti, ha fatto credere, attraverso i media, nei social network e in un'opinione pubblica da loro manipolata, da quando è iniziata l'operazione speciale in Ucraina (24 febbraio 2022), che la Russia "è stata sconfitta" e che è stata una questione di giorni e persino di ore per soccombere al governo neonazista guidato dall'ex comico Zelenski.

È chiaro che l'imperialismo nasconde l'ovvio: che la Russia non può essere sconfitta o distrutta e che, al contrario, la crisi e la guerra l'hanno resa uno dei protagonisti del nuovo ordine multipolare in ascesa di fronte al declino, e al deterioramento, dell'unilateralismo storicamente promosso dagli Stati Uniti nel contesto internazionale.

L'imminente declino del dollaro, per almeno due decenni, nelle transazioni commerciali e finanziarie, di fronte alla comparsa di nuovi panieri monetari: yuan o renminbi, rupia, rublo e rial, tra gli altri, guidati da paesi come Cina, India, Russia e Iran; —da blocchi come i BRICS (acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, vedi il nostro articolo "I BRICS mettono sotto scacco l'egemonia del dollaro" o la Shanghai Cooperation Organization (SCO) costituita da 9 membri: Cina, India, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Pakistan, Russia, Tagikistan e Uzbekistan; da tre osservatori: Afghanistan, Bielorussia e Mongolia e otto "partner di dialogo": Arabia Saudita, Azerbaigian, Armenia, Qatar, Cambogia, Egitto, Nepal, Sir Lanka e Turchia (Wikipedia, n.d.), annunciano l'emergere e l'espansione di questo tipo di blocchi e organizzazioni che si stanno moltiplicando man mano che la fiducia viene minata e il declino del dollaro nelle transazioni globali prende piede.

In questo modo si costruiscono le infrastrutture, i progetti, le politiche e le istituzioni nazionali, regionali e globali capaci di promuovere il nuovo ordine multipolare in cui gli Stati Uniti dovranno fare i conti e coesistere, non più come imperialismo supremo e unilaterale, ma come un protagonista in più, anche se importante e con influenza, come è accaduto con il declino storico delle grandi potenze imperialiste, tra gli altri, la Gran Bretagna e la Germania che oggi si trovano, nel quadro dell'economia capitalista mondiale e delle relazioni internazionali, al di sotto di paesi e potenze emergenti come la Cina.

(Adrian Sotelo Valencia: Professore-ricercatore presso il “Centro di Studi Latinoamerica”)

 

 

 

Robert F. Kennedy Jr. e la critica

americana progressista

del pandemicismo.

Globalresearch.ca – Redazione - (02 maggio 2023) Eugyppius – ci dice:

 

Nessun singolo lavoro ha influenzato la discussione americana sull'alt-Covid tanto quanto The Real Anthony Fauci di Robert F. Kennedy, un attacco esteso al complesso medico-industriale e al suo presunto boss, il direttore del “National Institute of Allergy and Infectious Diseases” Anthony Fauci, recentemente in pensione.

Attraverso 450 pagine di margini ristretti e caratteri densamente impostati, Kennedy sostiene che l'intera pandemia di Covid si è svolta come un secondo atto alla paura dell'AIDS degli anni 1980 e 1990.

Secondo Kennedy, Fauci ha svolto un ruolo chiave nella gestione di entrambe le pandemie, per indirizzare enormi profitti nelle casse di aziende farmaceutiche corrotte spingendo i farmaci proprietari dannosi su rimedi molto meno redditizi ma più efficaci, portando in entrambi i casi a una mortalità inutile indicibile.

La discussione di Kennedy sul Covid è divisa tra le sezioni iniziali e conclusive del suo lungo libro.

Il capitolo 1 su "Mismanaging a Pandemic" – a 100 pagine, una piccola monografia a sé stante – sostiene che la maggior parte se non tutta la mortalità americana per Covid deriva dalla cinica soppressione di Fauci di trattamenti precoci come l'ivermectina e l'idrossiclorochina.

Gli ultimi due capitoli espandono il focus ristretto di questa raffica di apertura, tracciando la storia di "epidemie fasulle" come l'influenza suina del 2009 che si sono verificate sotto la sorveglianza di Fauci (Capitolo 11), così come la strana tradizione del wargame pandemico, da “Dark Winter” all'”Evento 201” (Capitolo 12).

 

I capitoli centrali sono completamente diversi.

 Si basano su critiche progressiste di lunga data del ruolo di Fauci nella pandemia di “AIDS”, in particolare la sua promozione di farmaci antivirali costosi e pericolosi come l'”AZT” rispetto a trattamenti molto più economici e più facilmente disponibili (capitoli 2-4); il suo presunto ruolo nel cementare l'ortodossia scientifica dell'”HIV” come causa dell'AIDS rispetto alle opinioni di "eretici" come Peter Duesberg (capitoli 5-6); scandali etici riguardanti le sperimentazioni sui farmaci contro l'AIDS (capitolo 7); e la campagna per ridurre la trasmissione materna dell'AIDS in Africa con “Nevirapina”, che è culminata nel licenziamento del direttore politico chiave della Divisione AIDS “Jonathan M. Fishbein” (Capitolo 8).

Successivamente l'attenzione si sposta sul "filantrocapitalismo" della Fondazione Bill e Melinda Gates in Africa (Capitolo 9) e sul discutibile successo e le controversie che affliggono le iniziative di vaccinazione sostenute da Gates (Capitolo 10).

C'è una ragione per cui questa recensione è stata molto annunciata e molto ritardata:

mentre il libro di Kennedy è altamente leggibile, copre una grande quantità di terreno e presenta una complessa serie di argomenti che mi ci sono volute due letture per comprendere pienamente.

 Ne è valsa la pena, nella misura in cui ha migliorato la mia prospettiva sul più ampio dibattito sul Covid in America e le principali voci dissidenti lì.

 Una tesi ricorrente della cronaca della peste, è che l'Europa – e in particolare l'Italia – è il ground zero per Corona in Occidente.

La risposta americana è avvenuta un po' più tardi e fin dai suoi primi momenti è stata molto più profondamente politicizzata, e questo ha inevitabilmente lasciato il segno nella “RFFA”, in modi a volte salutari, ma a volte anche limitanti.

Poiché gran parte di ciò che segue sarà dedicato ad esplorare i miei disaccordi con la tesi di Kennedy, aprirò con parole di elogio.

Soprattutto, l'attenzione che Kennedy porta agli attori burocratici come Fauci è assolutamente corretta e di vitale importanza.

 Tutti i nostri paesi hanno trascorso anni soggetti alla tirannia di un gruppo arbitrario di “zar Corona”, consiglieri non eletti e molto spesso non ufficiali che sono diventati il volto pubblico delle politiche pandemiche e l'incarnazione di “The Science” per giornalisti isterici e “terrorizzati covidiani” legati alla televisione che si rifugiano a casa.

Questo fenomeno nasce dal fatto che la pandemia ha rappresentato in quasi tutti i nostri paesi una sorta di “golpe burocratico”, in quanto l'apparato istituzionale ha preso l'iniziativa dal braccio politico dello Stato.

 Anche se questo non è esattamente l'argomento che Kennedy fa, la sua attenzione è esattamente nel posto giusto, e la “TRAF” include eccellenti discussioni sulle dinamiche al lavoro, insieme a resoconti buoni, dettagliati e pesantemente citati di come attori burocratici come Fauci hanno accumulato il loro potere in primo luogo.

In secondo luogo, Kennedy ha assolutamente ragione a sottolineare che le politiche pandemiche hanno comportato un'enorme quantità di disonestà, frode scientifica e false dichiarazioni, nessuna delle quali ridondante per la salute o il benessere di nessuno.

 Mentre differisco sui dettagli e sullo scopo di questo massiccio esercizio di inganno e negligenza medica, una delle cose più importanti da capire sulla pandemia (e sul pandemicismo in generale) è che non riguarda la salute umana.

 È un mucchio di politiche antisociali, fondamentalmente malsane, illogiche e folli che non hanno mai avuto alcuna speranza di sopprimere un virus.

Queste politiche sono state difese e attuate attraverso l'autorità di avatar per “The Science” come Fauci, che "ha incoraggiato la sua canonizzazione e l'inquietante inquisizione contro i suoi critici blasfemi", e a un certo punto ha persino dichiarato che "'Attacchi contro di me ... francamente, sono attacchi alla scienza'" (XVII).

In terzo e ultimo luogo, la “RFFA” è meglio vista come un tentativo di far rivivere una tradizione progressista più vecchia e sempre più dimenticata di attivismo e pensiero critici del regime.

 È un enorme promemoria, pagina dopo pagina, che molti degli stessi americani di sinistra che attualmente adorano l'altare di San Fauci erano, non molto tempo fa, apertamente contrari alle macchinazioni dei burocrati della sanità pubblica e profondamente scettici nei confronti dei farmaci proprietari fortemente promossi.

Sono stati tra i primi a lamentarsi di cose come la cattura normativa e gli esorbitanti profitti farmaceutici.

L'intero mondo occidentale ha subito una massiccia trasformazione politica dal 2020, che ha opportunamente allineato i regolatori compromessi, le potenti corporazioni e i loro ex critici di sinistra, e Kennedy è uno dei pochissimi progressisti di sinistra ad averne preso atto.

Ma è anche qui che il mio elogio deve finire, perché penso che ci siano importanti limiti alla prospettiva di Kennedy, e che questo sia un punto di forza che comporta anche alcune debolezze sostanziali.

La “RFFA” non era il libro che mi aspettavo.

Alla prima lettura, sono rimasto sorpreso di scoprire che le politiche pandemiche chiave come i lockdown e gli obblighi di mascherina svolgono un ruolo così piccolo nel suo racconto, così come l'uso improprio delle statistiche sulle malattie propagandate per terrorizzare la popolazione, la ricerca sul guadagno di funzione e le origini della SARS-2, le previsioni fallite dei modellatori di virus, l'uso eccessivo di ventilatori e molti altri temi in questo senso.

A dire il vero, Kennedy riconosce e condanna tutto questo, ma la maggior parte della sua analisi si concentra altrove.

 Sono stato anche sorpreso di scoprire che un scettico sui vaccini così noto dovrebbe avere così poco da dire sui vaccini Covid, limitato per lo più a una breve discussione sull'innesco patogeno nel Capitolo 1.

Per molti versi, quei capitoli che Kennedy dedica a “Corona” sono i suoi meno impressionanti e originali.

La sua argomentazione qui è fortemente in debito con i critici americani della politica pandemica come “Pierre Kory”, “Ryan Cole” e soprattutto “Peter McCullough,” che sono citati in extenso per sostenere la causa del trattamento precoce e delle terribili conseguenze della sua soppressione.

Kennedy è al suo massimo nelle sezioni centrali della “TRAF”, sul ruolo di Fauci nella crisi dell'AIDS.

 Qui le citazioni al giornalismo contemporaneo abbondano, e mentre copre un terreno controverso – come la tesi di “Duesberg” secondo cui l'”HIV” non è la causa dell'”AIDS” – il suo approccio è divertente e anche per molti versi attento e sensibile a una vasta gamma di possibilità.

Il vero Anthony Fauci. RFK Jr. parla del suo libro.

Kennedy condivide l'opinione di molti attivisti gay secondo cui gran parte della mortalità precoce per “AIDS” deve essere posta ai piedi dei manager della sanità pubblica come Fauci, che erano più interessati a promuovere costosi antivirali proprietari che a salvare vite umane, lasciando la comunità gay a badare a sé stessa.)

 

Le reti di medici dell'AIDS basati sulla comunità che si moltiplicavano in città come San Francisco, Los Angeles, New York e Dallas [divenne] specialisti nel trattamento dei sintomi dell'AIDS.

Mentre il dottor Fauci oscillava per le recinzioni – la miracolosa nuova "cura" antivirale per l'AIDS – questi medici della comunità stavano ottenendo risultati promettenti con farmaci terapeutici “off-label” che sembravano efficaci contro la costellazione di sintomi che in realtà uccidevano e tormentavano le persone con AIDS.

Questi includevano rimedi pronti all'uso come ribavirina, interferone alfa, DHPG, peptide D e Foscarnet per l'herpes retinico; e Bactrim, Septra e pentamidina aerosol per le polmoniti correlate all'AIDS.

 

L'azidotimidina antivirale tossica promossa da Fauci, o AZT – che gli scettici dell'HIV come Duesberg invocano per spiegare la mortalità precoce per l'AIDS – diventa nel racconto di Kennedy un precedente diretto per il fallito e tossico antivirale Remdesivir, che Fauci e altri hanno promosso come trattamento Covid secondo lo stesso "logoro playbook dalle orecchie di coniglio" dell'era dell'AIDS.

 In questa analisi, l'ivermectina e l'idrossiclorochina sono presentate di conseguenza come le controparti del 21 ° secolo dei farmaci pronti all'uso acquistati per il trattamento informale dell'AIDS dai club degli acquirenti della leggenda attivista.

Questo mi porta al più grave disaccordo che ho con i miei molti lettori americani.

Proprio come sono molto scettico sul fatto che i vaccini Covid abbiano avuto un qualche tipo di successo, non sono nemmeno convinto che i primi trattamenti avrebbero potuto migliorare o fermare significativamente la pandemia.

Questo non significa che io sia contento della loro soppressione;

I medici dovrebbero avere ampia libertà di trattare le malattie come meglio credono.

Ma non credo che questo sia il nodo centrale nell'arazzo pandemico, e non posso arrivare a credere, come molti degli informatori di Kennedy, che uno qualsiasi di questi trattamenti proposti sia probabilmente "miracoloso".

 

Kennedy ha sicuramente ragione nel sospettare che gli attacchi all'ivermectina e all'idrossiclorochina fossero legati in parte alla promozione incurante del “Remdesivir”, ma non posso nemmeno accettare la tesi associata di dispute normative per aprire la strada alle autorizzazioni all'uso di emergenza del vaccino.

 I pandemici hanno violato tutti i tipi di leggi e regole nella loro eccentrica crociata di tre anni, e falsificare un “EUA” sarebbe stato tra i loro reati minori.

Suggerirei anche che i virus respiratori come la SARS-2 e l'influenza sono un fenomeno vecchio e pervasivo, che affligge il bestiame e gli esseri umani e contro il quale un secolo di ricerca ossessiva non ha scoperto rimedi molto efficaci.

So che ci sono studi che dimostrano il contrario, ma ci sono anche studi che dimostrano che i vaccini sono sicuri ed efficaci.

 Poiché il Covid non è in realtà così pericoloso e non era nemmeno così trasmissibile prima di Omicron, molti interventi, dalle maschere ai blocchi, a volte sembreranno funzionare, e non ho problemi a credere che i medici che hanno evitato la sovra ventilazione della prima ondata di pazienti abbiano visto risultati sostanzialmente migliori solo per questo motivo.

Ma la questione empirica, di ciò che possiamo ragionevolmente sperare che qualsiasi farmaco specifico possa ottenere, è per me quasi una questione secondaria.

Molto più grave è l'inquadramento che l'intero discorso sui primi trattamenti assume.

I sostenitori citati da Kennedy e persone come Fauci sembrano essere d'accordo non solo sul fatto che il Covid rappresentasse un serio pericolo, ma che fosse un problema da risolvere.

Differiscono solo sulle soluzioni, con i tecnocrati della sanità pubblica dalla parte dei lockdown, delle mascherine, dei vaccini e del remdesivir; e sostenitori del trattamento precoce sul lato dell'ivermectina e dell'idrossiclorochina.

 Ciò ha conseguenze scomode, come quando Kennedy cita acriticamente le statistiche sulla mortalità Covid per dimostrare il fallimento di Fauci nella gestione della pandemia, o quando attribuisce il calo della mortalità a cose come l'autorizzazione dell'idrossiclorochina.

 Questo è esattamente il modo in cui gli stessi gestori della pandemia hanno sostenuto, e sottopongo questo intero sistema ideologico intorno ai virus come una cosa da prevenire e gestire – sia tramite ivermectina o maschere o qualsiasi altra cosa – è la radice di tutti i mali.

Questo è un punto cieco naturale per i critici progressisti della politica pandemica come Kennedy, che generalmente sostengono la missione delle moderne democrazie liberali burocratizzate;

È per questo che lamenta la "guerra globale a ... salute pubblica" nel suo sottotitolo.

Dopo l'inferno degli ultimi tre anni, penso che ci siano poche cose che dovremmo accogliere con più entusiasmo di una guerra alla salute pubblica, che non è più da o per i cittadini e non riguarda più la salute.

Come ho detto sopra, la “RFFA” include alcune eccellenti discussioni sulla maligna burocrazia della sanità pubblica che ci governa.

I manager che dominano le nostre istituzioni non sono evidentemente selezionati per la loro visione, la loro compassione o la loro conoscenza scientifica, ma piuttosto per la loro capacità di ascendere alle gerarchie burocratiche bizantine e difendere le loro posizioni in esse.

Le doti [di Fauci] erano la sua attitudine alle lotte burocratiche interne; un temperamento focoso; un'inclinazione per lusingare e insaponare potenti superiori; una natura vendicativa e prepotente nei confronti di subordinati e rivali che dissentivano; il suo famelico appetito per i riflettori; e infine, la sua lingua d'argento e il suo abile sarto.

Kennedy fornisce anche una ricchezza di osservazioni pertinenti su ciò che chiama il "cartello medico", vale a dire il sistema complesso e intrecciato di "aziende farmaceutiche, sistemi ospedalieri, HMO e assicuratori, riviste mediche e regolatori della sanità pubblica" , insieme a un'analisi dettagliata e ben citata di come funziona questo sistema.

L'impresa di sviluppo di farmaci del Dr. Fauci è piena di ... corrompere i conflitti.

 La maggior parte degli americani sarebbe sorpresa di apprendere, ad esempio, che le aziende farmaceutiche pagano regolarmente royalties stravaganti al Dr. Fauci e ai suoi dipendenti e allo stesso NIAID.

Ecco come funziona il sistema delle royalty:

 invece di ricercare le cause delle epidemie di malattie allergiche e autoimmuni ...

Il Dr. Fauci incanala la maggior parte del suo budget di 6 miliardi di dollari verso la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci.

Spesso inizia il processo di finanziamento degli studi meccanicistici iniziali di molecole promettenti nei laboratori del “NIAID” prima di affidare gli studi clinici a una rete di vecchi ragazzi di circa 1.300 accademici "ricercatori principali" ... che conducono sperimentazioni umane presso centri di ricerca affiliati all'università e ospedali di formazione, nonché siti di ricerca stranieri.

Dopo che questi ricercatori finanziati dal “NIAID” sviluppano un potenziale nuovo farmaco, il “NIAID” trasferisce parte o tutta la sua quota di proprietà intellettuale alle aziende farmaceutiche private, attraverso l'”Office of Technology Transfer” di HHS.

L'Università e i suoi PI possono anche rivendicare la loro quota di diritti di brevetto e royalty, cementando la lealtà della medicina accademica al Dr. Fauci.

Ripete anche le critiche standard e utili di sinistra dei principali filantropi come Bill Gates, con una consapevolezza uguale del sistema più ampio in cui partecipano e dei dividendi che la loro attività apparentemente caritatevole paga loro.

Gates prende di mira strategicamente le donazioni di beneficenza [della Bill and Melinda Gates Foundation] per dargli il controllo delle agenzie sanitarie e agricole internazionali e dei media, permettendogli di dettare le politiche sanitarie e alimentari globali in modo da aumentare la redditività delle grandi multinazionali in cui lui e la sua fondazione detengono grandi posizioni di investimento.

Seguendo tali tattiche, la Fondazione Gates ha dato via circa 54,8 miliardi di dollari dal 1994, ma invece di esaurire la sua ricchezza, quei doni strategici l'hanno amplificata.

 La filantropizzazione strategica ha aumentato il corpus di capitale della Fondazione Gates a $ 49,8 miliardi entro il 2019.

 Inoltre, il patrimonio netto personale di Gates è cresciuto da $ 63 miliardi nel 2000 a 133,6 miliardi di oggi.

La ricchezza di Gates si è espansa di $ 23 miliardi solo durante i blocchi del 2020 che lui e il dottor Fauci hanno svolto ruoli chiave nell'orchestrazione. ...

Nel 2017, l'Huffington Post ha osservato che la Fondazione Gates offusca "i confini tra filantropia, affari e organizzazioni non profit" e avverte che chiamare la strategia di investimento di Gates "filantropia" stava causando "la rapida decostruzione del termine accettato.

Questi sono, ancora una volta, attacchi da una prospettiva apertamente progressista, il che va bene e in vista del pubblico di Kennedy forse anche un punto di forza, ma vedo queste questioni in termini più ampi.

Ciò che abbiamo davanti a noi non sono tanto gerarchie, con manager come Fauci al vertice che comandano un esercito di leali investigatori principali in trincea, quanto reti complesse densamente interconnesse di relazioni e lealtà personali e istituzionali, che si estendono oltre i confini istituzionali delle agenzie governative per abbracciare ampie fasce del mondo accademico.

 ONG, prodotti farmaceutici e filantropi.

Quando il denaro scorre in una direzione attraverso un dato nodo, il potere scorre molto spesso nella direzione opposta.

 Le sovvenzioni “NIAID” sono un modo per estendere l'influenza istituzionale delle istituzioni sanitarie pubbliche al mondo accademico, mentre gli accademici e i prodotti farmaceutici sono a loro volta sempre più importanti in ruoli spesso informali e difficili da valutare nella formulazione delle politiche.

Questo è un esempio di un fenomeno pervasivo su cui sono tornato molte volte, vale a dire la diffusione del potere politico verso il basso, fuori dalle istituzioni burocratiche e in una gamma sempre più ampia di attori aziendali, universitari e dei media.

È un sistema complicato, non un feudo gestito da una singola persona, e mentre accetto che ci possano essere vantaggi retorici nel focalizzare la critica su una singola personalità emblematica come Fauci, c'è anche un costo nella concomitante tendenza a sopravvalutare l'importanza di individui specifici.

 La "quarantena dei sani" che "ucciderebbe molte più persone del COVID" non può essere posta interamente o principalmente ai piedi di Fauci.

 Né era l'unico responsabile di "cancellare l'economia, facendo precipitare milioni di persone nella povertà ... e ferendo gravemente la democrazia costituzionale a livello globale" (XVIII).

Fauci è una faccia di un consenso burocratico ampiamente distribuito, e il suo significato personale, sebbene sicuramente sostanziale, è anche spesso oscuro.

Per prendere uno dei tanti esempi possibili, non è stato Fauci a "inviare l'élite selezionata del corpo degli ufficiali della virologia a redigere e firmare i consequenziali pubblicati su Nature e The Lancet ... assicurando al mondo che l'ipotesi della perdita di laboratorio era una cospirazione 'crackpot'.

Come suggeriscono le successive fughe di e-mail (non disponibili a Kennedy al momento della scrittura), egli era solo un partecipante a una discussione più ampia che coinvolgeva Jeremy Farrar e virologi chiave, e lontano dal contributore più attivo.

 Dal punto di vista parziale che abbiamo, sembra che Christian Drosten, non Fauci, sia stata la voce più stridente a favore delle origini naturali all'inizio.

 In relazione e in un altro contesto, trovo la tesi spesso ripetuta – difficilmente originale per Kennedy – che "Gates controlla l'OMS" (300) o che esercita "autorità dittatoriale" (302) sulla cabala globale dei vaccinatori nota come GAVI troppo limitata.

L'agenda di Gates rispetto agli interventi medici del terzo mondo e ai vaccini non è nemmeno così originale.

Questa è un'agenda che sostiene per trasformare parte della sua ricchezza in considerazione sociale e culturale.

Gates è un seguace ancor più che un leader.

Un costo di questo focus è il fatto che mette da parte molti attori chiave le cui motivazioni fino ad oggi attendono una spiegazione adeguata. Questo è particolarmente il caso di Neil Ferguson all'Imperial College, che è qui lanciato nel suo fin troppo breve cameo come semplice agente di Farrar e Bill Gates.

Il ruolo di Ferguson nel promuovere il panico da virus nel corso di decenni è cruciale, e probabilmente non è una buona idea scartarlo come il semplice agente di altri uomini più grandi.

Riassumendo, direi che c'è una ristrettezza nell'approccio che la “TRAF” adotta alla pandemia, che è facile perdere perché la portata di Kennedy è così ampia sotto altri aspetti.

 I capitoli finali su "Hyping Phony Epidemics" e "Germ Games" si leggono come tentativi di includere argomenti altrimenti esclusi dalla logica interna dell'argomentazione di Kennedy.

 È assolutamente giusto e necessario attirare l'attenzione sul fallito allarmismo dell'establishment pandemico, e qui c'è un resoconto particolarmente prezioso dell'influenza suina del 1976, che troppi (me compreso) hanno trascurato.

Molto più importanti per comprendere “Corona”, tuttavia, sono epidemie molto reali come SARS-1 in Asia dal 2003/4 e Ebola in Africa occidentale dal 2014.

Questi eventi hanno attirato ingenti finanziamenti e attenzione sul programma pandemico e hanno reso i loro scenari di apocalisse del virus molto più credibili agli occhi del pubblico.

 I precedenti e i parallelismi più appropriati con la risposta al Covid del 2020 si trovano qui, piuttosto che con la crisi dell'AIDS che per prima ha portato Fauci alla ribalta.

 

Nell'ultimo capitolo di Kennedy, nel frattempo, Fauci scompare a favore di nuove personalità come Peter Daszak e Robert Kadlec.

Qui, il burocrate civile responsabile dell'organizzazione della catastrofica risposta alla pandemia è sostituito da tesi molto diverse sugli aspetti di biosicurezza del wargame pandemico e del Covid come "progetto militare" .

Trovo che il libro sia più debole in queste pagine.

 In particolare, la discussione sul wargame pandemico è troppo superficiale;

 come ho detto molte volte, ciò che è significativo di queste esercitazioni non è che hanno pianificato in anticipo politiche di contenimento di massa, ma proprio che manca la soppressione apertamente coercitiva del virus

 Spesso giocano con la prospettiva di misure autoritarie, è vero, ma una lettura sensibile mostra che lo fanno in gran parte per provocare discussioni istrioniche sull'importanza delle libertà civili.

 Il contenimento di massa non è stata un'invenzione di Fauci, ma un esercizio follemente repressivo e in gran parte teatrale di soppressione del virus che ha avuto origine in Cina, a cui Fauci si è convertito relativamente tardi.

 

Poiché queste questioni sono abbastanza lontane dalle preoccupazioni più centrali di Kennedy, non voglio insistere troppo qui;

e a quei lettori che sono irritati, estenderò alla fine di questa recensione la concessione che è stata implicita in tutto:

Kennedy è un attivista politico di lunga data, ed è probabilmente vero che il suo approccio ha importanti vantaggi tattici.

 Le mie preoccupazioni sono molto più empiriche.

Voglio capire la risposta alla pandemia, come è nata e come è persistita per così tanto tempo.

Spetta ad altre persone trovare i modi più efficaci per screditare le politiche pandemiche davanti al pubblico votante.

C'è un punto che non concederò, però, e su cui la cronaca della peste insisterà finché ci saranno ancora bit che scorrono attraverso Internet.

Questo è che le burocrazie egoistiche troppo complicate degli stati occidentali devono essere mantenute, in futuro, il più lontano possibile dalla prevenzione o dalla mitigazione delle epidemie di virus.

 Il problema non è che in questo caso si sono lanciati nella soluzione sbagliata;

È che hanno assunto il progetto di risolvere i virus respiratori stagionali pervasivi in primo luogo.

 Anche se l'ivermectina funzionasse così bene come sostengono i suoi sostenitori, il leviatano tecnocratico difficilmente sarebbe soddisfatto di questo, e la ragione non sono solo i profitti farmaceutici.

 È la predilezione delle nostre istituzioni per problemi intrattabili e soluzioni altamente complicate attraverso le quali giustificano la propria esistenza e assicurano la loro propagazione e l'espansione della loro giurisdizione.

Una volta che entrano in possesso di qualcosa come un virus, che si diffonde attraverso il contatto sociale, non vedrete altro che la proliferazione e l'applicazione brutale di politiche anti-sociali anti-umane ancora e ancora.

 

 

 

 

DRONI UCRAINI CONTRO

 IL CREMLINO, PUTIN ILLESO.

Comedonchisciotte.org - Massimo Cascone – (03 Maggio 2023) -  ci dice: 

 

Come riportato su tutti i principali quotidiani russi, nella notte tra martedì 2 e mercoledì 3 maggio le forze armate ucraine hanno tentato di colpire il Cremlino con veicoli aerei senza pilota (UAV), intercettati e messi fuori uso poco prima dello schianto dai sistemi di sicurezza delle forze speciali.

 Le autorità confermano che non ci sono state vittime.

Questa la nota rilasciata dall’Ufficio Stampa presidenziale: Questa notte il regime di Kiev ha tentato di colpire con veicoli aerei senza equipaggio la residenza del Presidente della Federazione Russa al Cremlino.

Due veicoli aerei senza equipaggio erano puntati contro il Cremlino.

 A seguito di azioni tempestive intraprese dai militari e dai servizi speciali con l’uso di sistemi di guerra radar, i veicoli sono stati messi fuori combattimento.

A seguito della loro caduta e della dispersione di frammenti sul territorio del Cremlino, non ci sono state vittime o danni materiali.

Consideriamo queste azioni come un atto terroristico pianificato e un attentato al Presidente, effettuato alla vigilia del Giorno della Vittoria, la parata del 9 maggio, alla quale è prevista anche la presenza di ospiti stranieri.

A seguito di questo atto terroristico, il Presidente non è stato ferito.

Il programma del suo lavoro non è cambiato, continua come al solito.

La parte russa si riserva il diritto di adottare misure di ritorsione dove e quando lo ritenga opportuno.

(kremlin.ru/events/president/news/71091)

Il portavoce del Presidente Dmitry Peskov, ha spiegato che Putin non era al Cremlino durante l’attacco “UAV” ucraino in quanto sta attualmente lavorando dalla sua residenza vicino a Mosca.

Come si legge nella nota, questo attacco potrebbe essere un modo per l’Ucraina di forzare una reazione violenta della Russia, alzando ancora di più l’asticella del conflitto.

Seguiranno aggiornamenti.

(Massimo A. Cascone)

 

 

 

LA MEDICINA NON È SCIENZA.

Comedonchisciotte.org - Valentina Bennati – dott. Mauro Manghi – (03 Maggio 2023) – ci dicono:

 

Negli ultimi anni abbiamo visto spesso la politica nascondersi dietro “la scienza” per giustificare le proprie scelte, ma “la scienza” – come scrive il dottor Mauro Manghi nell’interessante articolo che segue a questa breve introduzione – “ha valori che, purtroppo, le istituzioni mediche non conoscono neppure lontanamente” e che, infatti, “non abbiamo visto applicare nelle scelte mediche di questo tempo, dunque la medicina che stiamo conoscendo non appartiene al mondo della scienza”.

In realtà ci sono molti motivi per cui la medicina non può essere considerata scienza e sono tutti elencati in questo testo che invito a leggere perché induce a una riflessione profonda e a fare un confronto tra “la medicina occidentale moderna, accademica, ufficiale, positivistica falsamente EBM” e “la medicina olistica che ha un approccio al paziente considerato in tutte le sue componenti: corpo, psiche, anima e fattori relazionali”.

Una medicina dunque personalizzata, che non si chiude superbamente in dogmi e ben lontana da linee guida e protocolli.

Una medicina che è esistita nel nostro passato (già Ippocrate affermava che “il medico doveva essere necessariamente dedito alla propria arte e avere il massimo rispetto per il malato”, ricorda il dott. Manghi) e che esiste, fortunatamente, anche oggi grazie a quei medici che sono determinati a difendere la propria autonomia di lavorare in scienza e coscienza sulla individualità di ogni malato.

In questo senso l’esperienza Covid è stata al contempo tragica e illuminante, mostrando da un lato professionisti che si sono limitati a seguire acriticamente protocolli e direttive (la maggior parte) e, dall’altro, sanitari che, invece, fin dalle prime fasi di emergenza hanno curato precocemente a domicilio i malati rispondendo concretamente al bisogno di salute dei pazienti che in quel momento erano disperati e inascoltati.

Anche se gli organismi tecnici governativi non hanno fatto nulla per incentivare le terapie domiciliari, anzi hanno remato contro questa possibilità, questi medici hanno dimostrato con i fatti che guarire a casa si poteva con il risultato di evitare il temutissimo sovraffollamento di ospedali e terapie intensive.

Si spera che i tre anni drammatici che abbiamo passato (e dai quali ancora non ci siamo del tutto ripresi) possano trasformarsi in occasione reale per un ripensamento serio di ciò che è stato, di conseguenza siano anche effettuate le necessarie riforme di rottura con il passato.

Perché, prima delle tanto declamate “transizione ecologica” e “transizione digitale”, deve attuarsi una transizione culturale che metta al centro la persona e i suoi bisogni.

E in ciò la salute, che implica necessariamente la libertà di scelta di come curare e di come farsi curare, occupa indubbiamente un posto primario e prioritario da tutelare.

  Dott. Mauro Manghi.

I FONDAMENTI DELLA SCIENZA.

Proviamo a dare sostanza alle nostre intenzioni iniziando con il definire cosa è la scienza vera.

La scienza moderna nasce con Galileo e si differenzia dalla filosofia per l’introduzione, nel processo di conoscenza delle leggi di natura, di due fattori indispensabili:

Il rigore matematico.

L’esperimento riproducibile.

La fisica e la chimica sono materie che applicano la scienza galileiana di primo livello.

La matematica è invece l’essenza del pensiero scientifico.

 

Con l’esperimento lo scienziato pone la sua domanda alla natura/Dio e aspetta la risposta che svela il segreto delle cose.

Ogni arroganza, ogni pregiudizio, ogni desiderio sfuma di fronte al risultato sperimentale.

Con la scienza sperimentale iniziano a scoprirsi le leggi di natura, si inizia a comprendere come è fatto il mondo.

Con la scienza sperimentale nasce e cresce la fisica classica newtoniana.

Il processo che percorre il pensiero scientifico classico, quindi, attraversa 3 fondamentali fasi che devono portare risposta alla domanda che la realtà ci pone:

Ipotesi: il primo approfondimento razionale/sperimentale/matematico del problema porta a più ipotesi di soluzione.

Teoria: dalla elaborazione delle varie ipotesi vengono presentate una o poche teorie che rappresentano le soluzioni matematiche al problema. Inizia il tempo della divulgazione dei dati, della loro confutazione e dell’approccio sperimentale all’enigma da risolvere.

Legge: Colui che trova una soluzione sperimentale la porta agli altri centri di ricerca affinché anche loro ne verifichino la veridicità (la famosa riproducibilità).

 Quando l’esperimento è coerente con la teoria e viene riprodotto da altri scienziati ottenendo gli stessi risultati, allora siamo in presenza di una legge fisica.

Solo la legge, il non opinabile, è verità scientifica, tutto il resto appartiene al mondo del possibile razionale, della filosofia.

Ne deriva quindi che una disciplina scientifica è solo quella che è in grado di scoprire le leggi di natura.

Tecnica/tecnologia.

Per tecnica si può intendere l’applicazione delle scoperte scientifiche a scopi pratici e alla produzione di strumenti per realizzarli.

 La parola tecnologia indica invece la catalogazione e lo studio sistematico di tecniche applicate.

Sono quindi discipline tecnologiche e non scientifiche l’ingegneria, l’elettronica, l’informatica ecc.

Mentre la scienza, avendo la sola funzione di svelare la realtà, non è soggetta a discernimento etico (anche se si può porre il dubbio della opportunità…), la tecnologia può applicare la scoperta scientifica per fini di bene o di male.

 Per questo la tecnologia dovrebbe sempre essere sottoposta a valutazione etica.

Es: scoprire le leggi che regolano le interazioni atomiche, di per sé, non è né bene, né male.

Utilizzare quelle stesse scoperte per costruire una bomba atomica o una centrale nucleare può invece fare la differenza (il tema è stato particolarmente approfondito dal filosofo Emanuele Severino, scomparso di recente).

La scienza ha valori che le istituzioni mediche, purtroppo, non conoscono neppure lontanamente.

I valori della scienza.

La rivoluzione scientifica non produce né morti né feriti, non ha né vinti né vincitori, alla fine tutti sono più ricchi di prima. La scienza non rinnega mai il passato, lo si migliora e lo si integra.

In scienza non ci sono bianchi e neri, belli o brutti, sani o malati, poveri o ricchi.

È una attività intellettuale pura ed è l’unico luogo dove persone di tutto il mondo, con le loro differenze, possono intendersi.

La scienza, scoprendo leggi universali, porta a quella realizzazione di uomo sempre teso alla ricerca di valori universali.

 La scienza ha come obiettivo di capire ciò che Dio ha scritto usando il rigore della matematica.

La scienza esalta l’uomo e il suo lavoro per quello che realmente sono e non per valori politici, religiosi, economici ecc.

Nello stesso tempo esalta l’azione corale perché ognuno deve riconoscere che il proprio operato è sempre la continuazione dell’opera di un altro.

La scienza è azione umile per eccellenza.

Lo scienziato è quotidianamente posto dinanzi a problemi che non sa risolvere.

 L’esperimento non è nient’altro che la domanda che l’uomo fa al Creatore riguardo la logica da lui usata a costruire il mondo.

La risposta non è dello scienziato ma di colui che ha fatto il mondo. L’arroganza è frutto dell’ignoranza.

 Lo scientismo afferma che la scienza ha scoperto tutto, ed è falso.

Lo scienziato è l’uomo della verità perché dopo di lui tutti devono essere in grado di riprodurre quel determinato risultato.

Lo scienziato deve amare la verità e l’umiltà insieme:

dopo aver scoperto una legge di natura la deve esporre agli altri i quali hanno l’obbligo assoluto di confutarla in tutti i suoi aspetti.

Solo dopo questa azione di critica severa, qualora nessuno sia stato in grado di confutarla, una legge appartiene a tutti.

Uno scienziato non potrà mai dire “questo lo so fare solo io, solo la mia intelligenza lo può capire” un artista sì, la sua opera è completamente sua e non può essere ripetuta da altri.

La scienza educa a giudicare in modo obiettivo e non emotivo.

La scienza insegna bontà e tolleranza intellettuale, tutte le ipotesi prima della scoperta di una realtà oggettiva, possono essere vere e utili.

L’uomo di scienza deve essere educato ad una libertà totale verso i pregiudizi.

Quando si chiede qualcosa a colui che ha fatto il mondo occorre essere totalmente liberi.

La scienza educa alla generosità; chi dà quello che sa non perde nulla pur potendo arrivare a dare tutto quello che sa.

Purtroppo siamo costretti a dover affermare che nessuna di queste regole l’abbiamo vista applicata alle scelte mediche di questo tempo; nulla di nulla.

 Anche in questo senso la medicina che stiamo conoscendo non appartiene al mondo della scienza!

 

PERCHE’ LA MEDICINA NON PUÒ ESSERE CONSIDERATA SCIENZA.

Se guardiamo alle definizioni sopra citate è chiaro che la medicina non è scienza ma disciplina che ne applica le conoscenze; sotto questo punto vista la possiamo considerare una tecnica.

Se però andiamo un po’ più a fondo ci accorgiamo che il medico non solo ha a che fare con dati tecnico-scientifici ma anche con il mondo della psiche, delle esperienze, delle intuizioni; di tanti aspetti che non hanno interpretazioni scientifiche.

Per questo motivo la medicina è da considerare più come arte (arte medica) che come scienza (scienza medica).

Ciò è perfettamente in sintonia con la lunga storia della medicina nel mondo;

già Ippocrate affermava che il medico “doveva essere necessariamente dedito alla propria arte ed avere il massimo rispetto per il malato”.

La medicina moderna, invece, è fondata sul paradigma riduzionista-materialistico così come la fisica classica newtoniana.

Come si può applicare la fisica classica newtoniana?

 Solo all’interno un sistema fisico chiuso, cioè un sistema entro il quale sono conosciute tutte le possibili variabili.

La medicina moderna quindi non può essere considerata una scienza perché il suo sistema fisico di riferimento, cioè il paziente, è un sistema aperto dove le variabili capaci di interferire con qualsiasi misurazione sono tante e talmente complesse che non si possono considerare contemporaneamente tutte insieme.

A dimostrazione di ciò possiamo affermare che la disciplina medica non è mai stata in grado di elaborare una legge.

Cosa porta il riduzionismo cartesiano.

A livello ontologico il riduzionismo cartesiano impone la suddivisione del mondo in “res extensa” (la materia) e “res cogitans” (la mente).

 Questa disintegrazione del mondo e dell’uomo è stato uno dei più gravi condizionamenti culturali della storia.

In concreto questo pensiero ha creato una dicotomia intellettuale:

Lo scienziato è chiamato a scoprire come è fatto il mondo ma non a conoscerne i significati nascosti.

I filosofi e i religiosi non sono chiamati a comprendere come è fatto il mondo poiché loro compito è quello di comprenderne solo il significato.

Questa situazione impone un limite alla conoscenza che è drammatico nelle sue conseguenze.

Da qui nasce l’idea che i corpi sono curati dai medici, l’anima dai sacerdoti; senza che ci possa essere interferenza tra i due campi d’azione.

Ricordiamo che tale visione della realtà è presente solo in quella parte del mondo che noi abbiamo definito moderno/occidentale.

L’ autogiustificazione scientifica della medicina come scienza ha favorito il “danno iatrogeno”, e la perdita dei suoi riferimenti in funzione della cura: chi o cosa sto curando?

Una macchina biologica o una persona con tutti i suoi livelli di realtà?

Il paradigma riduzionista a livello scientifico impone la rinuncia della comprensione della realtà nella sua interezza (che è troppo complessa) per concentrarsi sulla ricerca del particolare (riduzionismo appunto) come metodo di conoscenza.

Dogmi del paradigma riduzionista sono:

Causalità lineare, deterministica: compio un determinato atto e ottengo sempre un determinato effetto.

Il mio atto non crea nessuna interferenza sull’esperimento.

Realtà materiali e realtà immateriali non interferiscono tra loro.

Misurazione e riproducibilità: ripetendo l’esperimento si deve produrre sempre lo stesso risultato.

Funziona solo in un sistema fisico chiuso.

Questo è il fondamento della medicina occidentale, accademica, ufficiale, positivistica, falsamente EBM.

Possiamo quindi tentare di descrivere alcuni dei più significativi limiti intriseci al pensiero riduzionista:

a) Tende a rendere assoluta una conoscenza relativa precludendosi qualsiasi evoluzione nel mondo della conoscenza.

b) Pensa di portare verità dogmatiche e quindi indisponibile a qualsiasi tipo di confronto.

c) La rigidità intellettuale che impone un sistema dogmatico richiede di essere protetta dalla possibile presenza di altre e più forti verità;

 ciò provoca una ulteriore istituzionalizzazione della disciplina e quindi una ulteriore rigidità del sistema.

d) Non è in grado di cogliere il proprio limite per la limitatezza del proprio orizzonte e quindi non trova in sé stesso gli strumenti per una crescita culturale ampia e continua.

Nella medicina moderna il pensiero riduzionista ha portato alcune drammatiche trasformazioni:

la persona umana non è più una unità corpo, psiche, anima ma l’insieme di più organi ben definiti tra loro (nascono le specializzazioni dove il medico conosce solo una parte della persona; nasce il concetto di organismo che viene associato al concetto di corpo = macchina).

Del paziente mi interesso solo degli aspetti materiali.

Gli aspetti materiali dei pazienti sono tra di loro molto simili quindi anche l’aspetto terapeutico è spesso spersonalizzato, standard.

Essendo semplificato il concetto di malattia e anche di persona (nella sua complessità) è inutile andare a cercarne le cause, è più semplice gestire i sintomi (antinfiammatori, antiacidità, antiansia, antibiotici, antidolorifici ecc.).

Si considera il paziente come un oggetto di cura piuttosto che come un soggetto.

Eppure da almeno cent’anni le cose sono cambiate, da quando la fisica si è trovata di fronte alla teoria della relatività e al mondo quantistico.

La fisica classica newtoniana ha conosciuto il suo grande limite e la conoscenza della realtà (fisica e non fisica) ha fatto balzi imprevedibili.

Il mondo della filosofia e della cultura si sono riappropriati del concetto di complessità (che in realtà non avevano mai abbandonato);

siamo entrati nel paradigma sistemico dove il mondo si presenta ai nostri occhi come complessità non più disintegrabile se non a scapito della sua stessa comprensione.

Ci accontentiamo di sondare un mondo difficile da comprendere ma reale, con la presenza di perfezioni che sono, ad oggi, assolutamente al di sopra delle nostre capacità di comprensione.

Il paradigma sistemico è interpretato, in medicina, dal concetto dell’olismo.

La medicina olistica infatti ha un approccio al paziente considerato in tutte le sue componenti (corpo, psiche, anima e fattori relazionali).

Quindi, seguendo questi semplici concetti, possiamo dire che la medicina moderna non è una scienza per questi semplici motivi:

Non è in grado di esaminare l’oggetto del suo studio (la persona umana) in tutta la sua realtà ma è costretta a semplificarlo (paradigma riduzionista) per poter produrre pochi piccoli dati utili al suo agire.

Ciò che esce dai suoi studi, alla fine, è una persona non reale.

I dati che sostengono le ricerche mediche sono spesso molto discordanti tra loro.

 Ricerche fatte su stessi argomenti presentano differenze statistiche assai rilevanti.

Tutto questo allontana drammaticamente il mondo medico dalle discipline scientifiche.

La medicina non ha prodotto alcuna legge medica.

 Il principale strumento di analisi è la statistica:

 la statistica è una disciplina di mero indirizzo, che dà una idea della realtà ma non descrive alcuna realtà concreta.

Es: statisticamente gli uomini sono alti 175 cm. ma probabilmente nessuno tra quelli misurati è realmente di quella altezza.

 La statistica non rappresenta la matematica capace di definire una legge di natura…

Pensate se la forza di gravità avesse un valore che si manifesta al 45%! Certamente non andremmo sulla luna e non faremmo orbitare i vari satelliti.

L’esperienza dice che il 50% di ciò che oggi è vero in medicina non lo è più tra 10 anni…ma non sappiamo cosa cambierà.

 Non può esistere una scienza con questi presupposti.

Conflitti di interesse: Roma, Collegio Docenti 2002, venne trattato il tema “dati in medicina”: l’EBM.

L’87% degli autori delle linee guida erano economicamente coinvolti nelle strategie terapeutiche presentate.

 I dati medici sono dati che hanno matrice economica…altro che scienza!

La medicina moderna nasce nel 1910 con l’entrata dei capitali economici nelle istituzioni mediche statunitensi.

Le fondazioni Rockefeller e Carnegie (le due famiglie più ricche del mondo), in cambio dei loro finanziamenti pretendono di entrare nei consigli di amministrazione delle università di medicina e con il loro Rapporto Fener definiscono i criteri che staranno a fondamento della medicina che verrà.

Da allora è la finanza che deciderà cosa si dovrà insegnare nelle scuole di medicina, è la finanza che deciderà cosa dovrà essere insegnato ai medici del futuro.

Il paradigma riduzionista sarà preso come riferimento culturale; questa scelta si rivelerà decisiva per coloro che avevano l’intenzione di mettere al centro della terapia medica l’uso di farmaci.

Con ciò si è usciti per la prima volta e definitivamente da quel concetto di olismo che ha contrassegnato la storia della medicina e l’atto medico di tutti i tempi.

Oggi la medicina si trova ad essere culturalmente molto arretrata;

 da molti decenni le ricerche scientifiche e umanistiche sono uscite dal riduzionismo per entrare con energia nel tempo contrassegnato dalla visione sistemica della realtà: paradigma sistemico.

Infatti si definisce “Sistema”, un insieme di oggetti/soggetti interdipendenti, ove la variazione di uno, porta ad una variazione di tutti gli altri.

Ancora una volta la medicina si presenta come disciplina molto lontana dalla cultura contemporanea, anche quella a carattere scientifico.

Il suo fondamento riduzionista è perfettamente funzionale nel sostenete gli aspetti economici che guidano il mondo medico, non altro.

 

Tecnica/metodo medico.

Il processo che porta il medico alla cura del paziente passa attraverso alcuni passaggi consequenziali:

Anamnesi (remota e attuale): è la raccolta dei dati che ci viene dal paziente.

È la sua storia sanitaria, considera le predisposizioni genetiche, epigenetiche, costituzionali; ne esce la sua cultura, l’ambiente in cui vive, i suoi vizi.

Ci dice del lavoro che fa, quali sintomi ha, come vive i suoi sintomi, come cambiano durante il giorno ecc.

 I dati che escono da questa fase conoscitiva sono infiniti e assolutamente unici, personali.

Semeiotica: sono i segni che il medico va a cercare sul corpo del paziente; sono le auscultazioni, le stimolazioni tendinee, le palpazioni ecc. Questa fase deriva dalla conoscenza medica vera e propria.

Indagini strumentali: esami del sangue, tac ecc. I dati che escono da questa fase non dipendono da conoscenze mediche ma da applicazioni tecniche di ingegneria e di biotecnologie.

Diagnosi: l’elaborazione di tutti i dati raccolti permette di pronunciare una diagnosi. 

Le diagnosi sono il presupposto alla corretta terapia; azzecchi la diagnosi e riesci ad impostare una terapia.

 Purtroppo però molte diagnosi indicano una malattia standard che spesso non rappresenta lo stato del paziente.

Valori di riferimento standard producono, a volte, diagnosi standard….

Le patologie funzionali, ad esempio, non presentano sempre esami strumentali alterati…ma il paziente non sta bene.

Su cosa faccio la mia diagnosi?

sulle sensazioni del paziente o sui dati strumentali?

 

Terapia: dalla diagnosi ne deriva la terapia la quale si concretizza per:

l’esperienza e l’intuizione del medico,

per il sapere medico tramandato,

per l’interazione medico-paziente,

per la presenza o meno di terapie efficaci,

per le conoscenze più o meno ampie del medico.

Ricordiamo che l’”OMS” ha identificato più di 200 tipi di medicina, quella moderna occidentale alla quale facciamo riferimento è una delle tante ma ognuna ha ambiti privilegiati di applicazione.

Più discipline mediche si conoscono e più possibilità terapeutiche il medico ha a sua disposizione.

Prognosi: è la fase che tenta di predire l’efficacia della terapia, ci dice dei tempi di guarigione, di che tipo di guarigione dobbiamo aspettarci ecc.

Diciamo che rappresenta il grado di efficacia della terapia.

 Se tutto va bene…e sappiamo come vanno a finire le storie di malattia.

È inutile dire che nessuno di queste fasi può affrontare l’incognita portata dalla persona malata in modo scientifico.

È l’essenza stessa della medicina che non può essere riferita alla scienza!

I PARADOSSI E GLI ERRORI MEDICI IN TEMPO DI COVID-19:

UNA EVIDENZA IN PIÙ DELLA ASCIENTIFICITÀ ASSOLUTA DELLA MEDICINA.

Per comprendere meglio quanto sia inconsistente il livello scientifico del mondo medico, ci è sufficiente osservare quanto è successo in tempo di Covid-19.

È stato detto tutto ed anche il suo contrario; i famosi tecnici si sono contraddetti mille volte nelle loro affermazioni.

Ogni acquisizione medica assodata è stata negata nei fatti.

Le lobby economiche hanno guidato ogni scelta e lo dimostrano gli spaventosi introiti finanziari realizzati in questi pochi mesi…” seguite i soldi… “ dicevano i giudici antimafia.

Riferito a ciò potrebbe essere molto utile leggere l’indagine giornalistica di Tiziana Alterio: “Il dio vaccino”.

Altri testi riportano attentamente le tracce che legano il mondo della sanità ai potentati economici…non c’è che l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda le fonti.

Riportiamo solo alcuni degli infiniti atti di “illogica applicazione dell’arte medica”:

la pandemia più disastrosa della storia non è stata dichiarata in nessun documento ufficiale.

Causata da un virus che non è mai stato isolato, facendo diventare la pandemia una sinto-pandemia (cioè legata a sintomi ma non a identificazione di virus conosciuti).

 Essendo i sintomi quelli delle influenze e delle parainfluenze è successo che influenze e parainfluenze sono scomparse dalla terra; tutto è diventato covid-19.

Per creare e giustificare il caos è stata falsificata la governance sanitaria a livello mondiale, europeo e nazionale (materiale contenuto nell’esposto del Prof. Belli alle procure italiane).

La buona pratica medica è stata negata imponendo, come linee guida, dei cicli di anti cura (cioè favorenti la malattia piuttosto che curarla o prevenirla).

 È questo che ha causato i contagi e i morti.

– intubateli tutti (anche se morivano tutti perché era la terapia sbagliata!)

 

non fate autopsie (l’autopsia è la prima cosa che si deve fare in presenza di morti senza cause certe).

La cosa è stata imposta per evitare che si scoprisse la causa certa delle morti.

– tutte le terapie e le scoperte utili alla cura del covid-19 sono state trovate da medici che sono usciti dai protocolli imposti da OMS.

 I protocolli dati erano sbagliati o gravemente insufficienti alle cure.

– tutte le terapie efficaci sono state negate contro ogni evidenza.

state in casa, non uscite! quando si sa che i virus non resistono all’esterno (anche per azione di raggi UV) e che la vita all’aperto era enormemente più salutare della vita in luoghi chiusi, compreso il proprio appartamento

non fate prevenzione (cioè rinforzo del sistema immunitario) quando si sa che una buona integrazione rinforza il sistema immunitario e impedisce la malattia.

– blocco dell’uso della efficacissima idrossiclorochina fatto attraverso uno studio “fake” fatto su “The Lancet”.

L’articolo è stato ritirato ma l’idrossiclorochina non è ancora entrata tra i farmaci indicati per la cura di covid-19; di fatto non è ancora riconosciuta in Italia!

 

la bibliografia internazionale dice che le polmoniti virali, nella maggior parte dei casi, diventano mortali per sovra infezione batterica e questo obbliga all’uso degli antibiotici: perché non sono stati utilizzati?

tachipirina e vigile attesa hanno favorito grandemente l’aggravamento dei sintomi e le ospedalizzazioni dei pazienti.

Ricordiamo che la tachipirina (cioè il paracetamolo), è un farmaco che non ha alcun effetto positivo su covid-19 ma anzi, bruciando glutatione endogeno riduce di fatto le difese dell’organismo.

– imposizione di vaccini sperimentali come terapia compassionevole, cioè per malattia grave senza speranza di sopravvivenza e senza cure.

imposizione di vaccini su presentazione di falsi dati di efficacia prontamente evidenziato dal “British Medical Journal”.

I dati reali non avrebbero permesso l’uso di tali vaccini……però non ci sono state conseguenze.

più tardi anche “The Lancet” ha presentato dati di totale inefficacia dei vaccini, ma non ci sono state conseguenze.

– imposizione di una sperimentazione su uomo quando quelle già fatte su animali si sono dimostrate inaccettabili per morti eccessive degli animali vaccinati.

Per questo non si sarebbero potute fare su uomini.

 

pensare di fare un vaccino per virus a RNA è stato un grave errore medico poiché si sa che i virus a RNA sono altamente variabili e i vaccini non possono dare alcuna copertura reale.

– l’esecuzione di vaccinazione di massa in fase di piena emergenza pandemica è il modo certo di creare varianti resistenti …come si è verificato.

– imporre una vaccinazione di massa di vaccino inefficace è stata una decisione gravissima perché porta le persone inoculate a guadagnare solo effetti collaterali.

– sono state imposte sperimentazioni vaccinali ma non sono stati seguiti i dettami della sperimentazione, cioè l’uso dei placebo in doppia dose (è stata data solo in prima dose).

In questo modo i dati che si otterranno saranno inutili e fuorvianti

– è stata fatta una deroga alla Sorveglianza Attiva che è obbligatoria in tutte le sperimentazioni.

– è stata fatta Sorveglianza Passiva (cioè quella volontaria fatta da paziente) sapendo che in questo caso i dati che ne risultano sono fino a 100 volte inferiori.

– i vaccini che dovevano seguire una scrupolosissima catena del freddo (-85°C) per mantenere la loro efficacia sono stati tranquillamente inoculati in spiaggia a +40°C.!

– i diversi vaccini che non si dovevano assolutamente mischiare tra loro sono oggi tranquillamente mischiabili.

 

– le vaccinazioni sono state fatte senza un vero consenso informato.

– le sperimentazioni vaccinali non sono state fatte secondo i dettami delle sperimentazioni (50% di pazienti devono essere trattati con placebo…)

i medici di mg si sono rifiutati (su indicazione impositiva di AUSL) di fare accertamenti pre-vaccinali per verificare eventuali controindicazioni.

Con ciò sono andati contro il loro codice deontologico e contro il ruolo loro richiesto come medico di base.

– sono state fatte vaccinazioni in luoghi non protetti.

negazione di ogni rapporto causale per danni post-vaccinali gravi (morti incluse).

scudo penale per i medici vaccinatori e per ditte produttrici di vaccini: come mai se il vaccino è sicuro?

– vaccinazioni imposte anche ai bambini quando le comunità scientifiche imponevano di non trattarli.

vaccinazioni imposte anche a chi è già guarito dalla malattia che si vuole prevenire… cosa mai successa nella storia della medicina, decisione che va contro qualsiasi conoscenza medica acquisita in secoli di storia, contro la fisiologia e tutti i meccanismi che regolano il nostro sistema immunitario.

– sono stati alterati i dati relativi a covid-19 e a efficacia di vaccino.

 

sono stati negati gli studi nano molecolari del contenuto vaccinale; fatto di nascosto è uscito che sono presenti sostanze non dichiarate che lo rendono pericolosissimo.

di fatto, tutto è stato fatto non in funzione di un trattamento sanitario (che abbiamo capito tutti essere inutile e inefficace prima ancora che fosse messo in commercio) ma in funzione di un inoculo…come mai?

Come mai tutta la comunicazione è stata fatta per imporre un inoculo?

– per la prima volta nella storia della medicina i sani non sintomatici sono considerati malati e con obbligo di quarantena per la presenza di un test tampone PCR positivo.

utilizzo di tampone PCR dichiaratamente inutili per qualsiasi diagnosi.

*  per la sua gravissima a specificità.

*  per il gravissimo modo in cui è stato utilizzato: oltre i 24 cicli , fino a 40 cicli ed oltre dove l’attendibilità è pari a zero.

Tutto è stato finalizzato alla ricerca di falsi positivi.

–  definizione di malato covid non coincidente con norme OMS.

–  impossibilità a controllare le cartelle cliniche di dimissione.

– dichiarazione politica di morte:

“tutti coloro che muoiono avendo fatto un tampone positivo al covid saranno morti covid”.

I medici hanno accettato l’inaccettabile tradendo gravemente il loro codice deontologico e la loro stessa coscienza.

Norme di contagio alterate.

Obbligo di mascherine all’aperto dove non ci sono virus.

Obbligo di mascherine in mancanza di sintomi (contrariamente a cosa dice OMS).

Obbligo di mascherina anche per individui che non hanno nessun rischio infettivo (bimbi e giovani).

Distanziamenti con misure variabili, anche 5 metri all’aperto se sei in spiaggia!

Green pass non obbligatorio se vai al bar e stai in piedi, se ti siedi ci vuole.

Green pass illegale imposti per motivi politici e non sanitari.

Contraddizioni continue su ciò che si deve fare e non si deve fare.

Contraddizioni assolute nella gestione delle chiusure e aperture delle varie attività.

Decisione di portare la soglia di emergenza alla occupazione di bassa percentuale di posti letto in terapia intensiva: quando sono al 30% siamo al collasso e si chiude tutto!

Imposizioni di coprifuoco senza alcuna motivazione scientifica: i virus non si presentano a orario stabilito!

Oobbligo di guanti all’inizio della pandemia, poi sono diventati dannosi (ricordiamo che studi su uso ed efficacia di DPI sono conosciuti da anni!)

il Codice Deontologico afferma che ogni medico che agisce in conflitto di interesse non dovrebbe decidere su bene sociale che è la salute pubblica.

Avete voi una idea dei conflitti di interesse a cui rispondono coloro che hanno gestito questa situazione sanitaria?

Efficacia, sicurezza, economicità, disponibilità sono le più importanti regole per la decisione di quali farmaci occorre utilizzare in una terapia di massa: come mai questi principi non sono applicati?

La bibliografia internazionale dice che le polmoniti virali, nella maggior parte dei casi, diventano mortali per sovra infezione batterica e questo obbliga all’uso degli antibiotici: perché non sono stati utilizzati?

Tutto ciò che abbiamo descritto in questo elenco è perfettamente conosciuto e documentato, appartiene al contenuto delle innumerevoli cause legali depositate presso le procure italiane e che nessun giudice decide di aprirne i fascicoli.

Potrei continuare a descrivere per ore le scelte mediche irrazionali di questo tempo, tutto è visibile.

Se fino ad ora abbiamo dimostrato quanto le istituzioni mediche siano lontane dall’applicare la “Vera arte medica”, possiamo ben dire che anche l’istituzione giudiziaria è ben lontana dalla” Vera giustizia”.

In campo legale potremmo fare un elenco altrettanto importante sulle decisioni fatte da ministri e parlamento in completo disaccordo con la Legge.

Come per la medicina possiamo affermare che, al di là di qualche bravo giudice che ha avuto il coraggio di affermare il “Vero”, tutti gli altri si sono ben guardati dal rischio di dover legiferare atti politicamente scomodi…che vergogna!

(Dott.Mauro Manghi)

(Il Dott. Mauro Manghi è Odontoiatra, Omeopata conoscitore dei principi dell’olismo in medicina.).

Valentina Bennati.

 

 

 

 

LA RIVOLUZIONE FEMMINISTA

E L’INVERNO DEMOGRAFICO.

 Comedonchisciotte.org – Redazione CDC - Santiago Gascó Altaba – (03 Maggio 2023) - ci dice:                                         

(lafionda.com)

Inverno demografico è il termine coniato per descrivere l’invecchiamento, ovvero l’aumento dell’età media, della popolazione, ovvero la mancanza di natalità.

Ci vuole un tasso di natalità di 2,1 figli per donna per mantenere la popolazione.

In Italia il tasso di natalità è di 1,3 figli per donna circa, più della metà delle donne in età fertile non ha neanche un figlio.

La Plasmon ha realizzato un cortometraggio, “Adamo”, sull’ultimo bambino che nascerà in Italia fra una generazione.

«Se le nascite in Italia proseguissero il percorso di diminuzione con il ritmo osservato nel decennio scorso ci troveremmo a entrare nella seconda metà di questo secolo con reparti di maternità del tutto vuoti».

 A Genova, la città più vecchia d’Europa, per venti giorni consecutivi non c’è stata nessuna nascita.

Ci sono 269 anziani per ogni 100 bambini, i morti sono il triplo dei nati, per due negozi della linea per bambini Prénatal ci sono una quindicina tra punti vendita e supermercati per animali delle catene “Arcaplanet” e “Fortesan”.

«La città che presto potrebbe svanire nel nulla», intitolano i media.

Ma l’inverno demografico non riguarda unicamente l’Italia.

 

In Giappone il mercato dei pannoloni per anziani da anni surclassa quello per bambini.

Qualche giorno fa c’è stato un professore dell’Università di Yale che ha suggerito il suicidio di massa dei vecchi per risolvere il problema dell’invecchiamento in Giappone.

Anche qui il tasso di fecondità è di 1,3 figli per donna circa, le nascite totali sono cadute nel 2022 per la prima volta nella storia del paese sotto le 800.000.

La popolazione sotto i 15 anni è al minimo storico, 11,7%, a fronte di un numero crescente di persone con più di 65 anni, 29%.

Il paese con il tasso di fecondità più basso al mondo è la Corea del Sud, era di 0,81 figli per donna nel 2021, nel 2022 è crollato ancora fino a 0,78 figli per donna.

 Nel 2022, nel paese ci furono 249.000 nascite e 372.800 decessi.

 Nel frattempo l’età media delle madri continua a protrarsi fino a 33,5 anni nel 2022.

In Italia, 33,1 anni per le italiane e 31 anni per le cittadine straniere.

 In 16 anni il governo della Corea ha speso più 200.000 milioni di dollari allo scopo di aumentare la popolazione senza riuscirci.

Tra alcune delle misure elencate dagli esperti per capovolgere la situazione e aumentare le nascite ci sono la promozione sociale delle famiglie monoparentali, l’accesso delle donne single a trattamenti di fecondazione in vitro e il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Il denaro non inverte la tendenza.

L’inverno demografico rappresenta uno sconvolgimento della società di una portata incalcolabile.

 Non solo mette a rischio la salute del sistema pensionistico, o può provoca lo spopolamento di certi territori e cittadine e il deterioramento dei loro servizi, fino ad arrivare addirittura alla completa sostituzione e scomparsa della cultura autoctona per altre di popolazioni immigranti.

Dalla crisi demografica e dalla sparizione dei legami familiari ne derivano nuovi fenomeni dovuti all’isolamento sociale, una volta sconosciuti, come è ad esempio la “morte in solitudine”.

Si tratta di persone che muoiono da sole, il corpo talvolta scoperto dopo giorni o settimane.

Alcuni paesi, come il Giappone o il Regno Unito, hanno emanato delle normative per prevenire “la morte in solitudine”.

 Sempre in Corea del Sud il fenomeno riguarda migliaia di persone, fenomeno in aumento.

Nel 2021 ci furono 3.378 morti di questo tipo, a fronte di 2.412 nel 2017. I gruppi sociali più a rischio sono gli anziani e gli uomini.

Nel 2021 il numero di uomini che sono morti da soli è stato 5,3 volte superiore a quello delle donne, in precedenza il numero era solo 4 volte superiore.

Oltre alla mancanza di figli, il rischio «aumenta rapidamente a causa della perdita del lavoro e del divorzio».

Suicidio demografico, declino demografico, denatalità, invecchiamento della popolazione, insomma, inverno demografico, in questi ultimi anni gli articoli sul tema si stanno moltiplicando velocemente.

Infatti, si tratta di un fenomeno con accelerazione costante, i suoi effetti seguono una progressione geometrica:

se 20 anni fa gli effetti sembravano trascurabili e ora sono preoccupanti, tra 20 anni possono essere diventati sconvolgenti, oltre che inarrestabili.

È normale dunque che l’inverno demografico riceva sempre di più l’attenzione dei media.

 Questi articoli solitamente seguono lo stesso pattern: elencano dei dati preoccupanti, avvertono sugli effetti devastanti, ipotizzano le cause e citano le misure che i governi hanno intrapreso o pensano di intraprendere per combatterle.

 Ed è proprio sulle cause che voglio richiamare l’attenzione del lettore e che riguardano i temi che trattiamo su questo sito.

 Evidentemente si tratta di un fenomeno multifattoriale.

Secondo la visione prevalente di questi articoli e dei governi la causa principale è economica, il fenomeno può essere invertito solo mediante un consistente sostegno economico a favore delle donne che decidono di avere dei figli:

creazioni di asili nido, sostegno della carriera lavorativa, gravidanza e maternità retribuite, ferie pagate per trascorrere con i figli, assegni per i figli, agevolazioni per l’affitto e l’acquisto della casa, conteggio dei figli per la pensione… In altre parole, oltre 200.000 milioni di dollari spesi dal governo della Corea del Sud che non sono serviti a invertire il fenomeno, al contrario, è peggiorato nel tempo.

E chi dice la Corea dice il Giappone, la Germania, il Portogallo, il Regno Unito, l’Italia…

I giovani non vogliono figli.

Qualcuno avrà notato che nelle misure economiche proposte dalle istituzioni pubbliche mai, o quasi mai, compare la figura paterna. L’aspetto economico per promuovere la natalità è spesso legato al concetto dello sviluppo dei diritti delle donne.

 Per qualche misteriosa ragione, natalità e femminismo devono camminare di pari passo.

 Per far crescere la natalità, si deve agevolare la carriera lavorativa delle madri, sostenere i loro redditi, garantire la loro libertà, a tutte le madri, anche a quelle single, e in qualsiasi contesto familiare.

 Quindi si tratta di promuovere le famiglie monoparentali, la fecondazione in vitro per le donne single, la maternità surrogata e i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Se è vero che è stata osservata e ammessa una forte correlazione negativa tra il tasso di natalità e la partecipazione del lavoro femminile, questa presunta incompatibilità (tra maternità e carriera) non viene messa in discussione da nessuno.

Al contrario, come è stato già detto, i governi continuano a promuovere il lavoro femminile.

Parimenti succede su un altro fattore, innominabile, che gravita intorno ai diritti delle donne: l’aborto, raramente accennato.

Per quanto riguarda invece la coppia tradizionale, l’uomo dovrebbe essere coinvolto di più nella crescita e nelle cure dei figli e dei lavori di casa.

Il mutamento dei comportamenti inadatti dei padri, mediante la loro rieducazione, a sostegno delle madri, oberate di impegni, gioverebbe alla crescita della natalità.

Io sono piuttosto del parere che i governi e i media sbagliano, che la causa principale dell’inverno demografico sia ideologica e possa essere nominata: si chiama femminismo.

 Il femminismo è l’ideologia di maggior successo e più influente nella società occidentale, per stessa ammissione delle sue stesse seguaci.

 Da oltre mezzo secolo quest’ideologia promuove e divulga esplicitamente la guerra alla famiglia, alla maternità, al matrimonio, all’allattamento al seno, al compagno sentimentale e padre (uomo)…

Il femminismo ha osannato l’aborto, il divorzio, le pratiche sessuali sterili, dalla masturbazione al lesbismo.

Quest’ideologia è dichiaratamente anti-natalità.

I figli sono una «schiavitù», il desiderio di averli o il sogno femminile di un progetto familiare sono chiaramente vestigia patriarcali.

L’amore romantico è un mito patriarcale, e il legame con un uomo in un progetto familiare un “pericolo”.

La felicità e la realizzazione delle donne passano unicamente per la carriera lavorativa, se possibile lontana dagli uomini, nella sorellanza, meglio se lesbiche.

C’è un’innegabile correlazione nella società tra diffusione del femminismo e crollo della natalità.

 Da oltre mezzo secolo le nuove generazioni hanno assorbito con un martellamento costante questi insegnamenti, dalle istituzioni, dai media e nelle scuole.

 I giovani e le giovani non fanno figli principalmente perché non li vogliono. Punto.

 La questione economica è secondaria.

La domanda è: perché non li vogliono?

Come è stato possibile trasformare una società che prima degli anni ’70 era pro-famiglia e pro-natalità in una società che rifugge la famiglia e i figli?

Le conseguenze della rivoluzione femminista.

Risulta assurdo che l’ideologia di maggior successo e più influente di quest’epoca, il femminismo, non abbia alcuna responsabilità per i mali che affliggono sempre di più le società moderne: l’aumento dei suicidi, la diffusione di malattie mentali, della depressione e dell’insonnia, il consumo di analgesici, farmaci e psicofarmaci, l’isolamento sociale, o per l’appunto, l’inverno demografico.

Secondo uno studio del 2020 le donne di sinistra in America sono il gruppo sociale che più patisce problemi di salute mentale.

Nello specifico, e con differenza rispetto a qualsiasi altro gruppo sociale, oltre il 50% delle donne bianche di sinistra sotto i 30 anni in America ha un problema di salute mentale.

Se bombardiamo le giovani menti ogni santo giorno, in special modo quelle delle ragazze, con pericoli reali e soprattutto fittizi che le colpiscono di continuo, vittime della storia, del patriarcato, della violenza, del linguaggio, dell’uomo, del razzismo, dell’inquinamento, della sessualizzazione del corpo, della transfobia, della omofobia, del lgbt fobia… è normale che queste ragazze crescano tra la paranoia giustizialista e il delirio di persecuzione.

In questa realtà parallela, quante di queste ragazze potrebbero desiderare avere dei figli in un progetto familiare a lungo termine?

Scrive il Corriere sulla denatalità in Cina: «il femminismo delle donne cinesi […] ormai le giovani donne cinesi ignorano gli incentivi alla natalità, non fanno figli e non si sposano.

Allevare un figlio in Cina, oggi, è un tremendo sforzo economico, ricade soprattutto sulla donna e c’è un vero femminismo cinese che si ribella alla visione tradizionale della moglie e della madre».

 L’analisi del Corriere non manca di menzionare il «tremendo sforzo economico», come al solito, per dire successivamente che la vera causa dell’inverno demografico cinese è il rifiuto «delle donne cinesi», ormai «femministe», ad accettare i “malvagi” ruoli tradizionali:

 «non fanno figli e non si sposano».

I soldi c’entrano poco. E in Italia?

Lo stesso. I valori nella società sono stati sostituiti, gli effetti sono visibili, ma le istituzioni e i media sono troppo invasi da femminismo per poter fare un semplice lettura critica delle conseguenze della rivoluzione femminista.

(Santiago Gascó Altaba).

(lafionda.com/la-rivoluzione-femminista-e-linverno-demografico/)

 

 

 

 

Il centro estremo: come

si sono svegliati i Neoconservatori.

Unz.com - OLIVER WILLIAMS – (2 MAGGIO 2023) – ci dice:

 

Nessuna diminuzione, nessuna conseguenza.

La guerra in Iraq è stata guidata da un gruppo notevolmente piccolo di persone.

 È diventato politicamente insostenibile giustificare quel disastro palese e alcuni dei principali architetti di quella guerra sono arrivati, molto tardivamente, a riconoscerlo.

Ancora nel 2013 “Max Boot” sosteneva che non c'era bisogno di pentirsi per la guerra in Iraq.

Aveva cambiato tono nel 2018, scrivendo nel suo libro” The Corrosion of Conservatism: Why I Left the Right”, "Mi pento di aver sostenuto l'invasione e mi sento in colpa per tutte le vite perse".

“Boot” afferma:

"È stata una lezione castigante sui limiti del potere americano", ma nello stesso libro si lamenta che il moderno movimento conservatore è "permeato di" razzismo, estremismo e isolazionismo.

“David Frum” ora descrive l'invasione come "un grave e costoso errore" e fa un mea culpa completamente equivoco.

“Robert Kagan” dice che la guerra "non è andata esattamente come volevamo" e che "molti aspetti della guerra" sono stati "sfortunati".

 “Bill Kristol “riconosce che l'Iraq è stato "molto difficile" e che "molte cose sono state fatte male", ma conclude: "Sono incline a non pensare che sia stato [un errore]".

Dall'insediamento di Trump, Kristol ha cambiato idea sui diritti dei trans, sui gay, sull'aborto – ma non sulla catastrofe che ha portato a oltre centomila morti civili.

Ha detto a “Jewish Insider”: "Ironia della sorte, direi che ho cambiato o ripensato le mie opinioni più sulle questioni di politica interna ... Politica estera, non ho davvero cambiato le mie opinioni. E sono stato critico nei confronti di Biden per il ritiro dall'Afghanistan".

Nonostante i ripetuti disastri in Iraq, Afghanistan, Libia e altrove, queste figure rimangono combattive come sempre.

Nel 2018 “Kristol” ha detto a “Vox”, "il fatto che il pubblico sia, cito, "stanco della guerra"... Quegli istinti sono stati sfidati".

Ha detto al” podcast” di “Al Franken “che l'intervento in Iraq "non ha destabilizzato l'intero Medio Oriente, vorrei che avesse destabilizzato di più alcuni di quei luoghi".

I neoconservatori hanno costantemente sbagliato sulla politica estera, e non solo sbagliati, ma sbagliati nel modo più rumoroso, dottrinario e intransigente possibile. Penseresti che potrebbero affrontare qualche contraccolpo di carriera ...

 

Cosa è successo in realtà?

Adulazione liberale.

Nel suo show “MSNBC”, “Ari Melber” ha fatto riferimento al 2018 come all'anno in cui "molte persone hanno iniziato a riferirsi a 'svegliato Bill Kristol'".

Secondo “Melber”, questo era "un tributo all'idea che le persone si evolvono e che il trumpismo può creare strani compagni di letto".

Joy Reid”, forse la personalità più nociva su “MSNBC”, è stata positivamente raggiante di elogi:

Uno dei risultati più sorprendenti dell'amministrazione Trump è il numero di neo-conservatori con cui ora siamo miei amici e con cui siamo allineati. M

i sono trovato d'accordo su un panel con Bill Kristol.

 Sono più d'accordo con “Jennifer Rubin”, “David Frum” e “Max Boot” che con alcune persone dell'estrema sinistra. S

ono scioccato dal modo in cui Donald Trump ha unito le persone.

 

Si è scoperto che in preda alla sindrome di “Trump Derangement”, essere veementemente contro Trump era sufficiente per raccogliere l'adulazione liberale (liberal dem Usa).

 Durante i quattro anni in carica di Donald Trump abbiamo assistito alla riabilitazione totale dei propagandisti più screditati della guerra al terrorismo.

 Dopo che Trump ha definito la guerra in Iraq un "grosso e grosso errore" nel dibattito presidenziale repubblicano del 2016, i neoconservatori si sono ribattezzati come la voce "moderata" contro il pericolo di una presidenza Trump.

Hanno continuato a trovare posizioni redditizie nell'apparato di messaggistica liberale.

“Frum” divenne redattore senior per “The Atlantic”. “Boot” è ora senior fellow presso il “Council on Foreign Relations”, “analista della CNN”, “editorialista del Washington Post” e collaboratore delle pagine editoriali del “New York Times”.

“Robert Kagan” è senior fellow presso la “Brookings Institution” e redattore del “Washington Post”.

“Kristol “è un commentatore frequente su “CNN” e “MSNBC”.

 

Nell'immaginario liberale (liberal Dem Usa), i Neoconservatori sono passati dall'essere criminali di guerra a centristi moderati ragionevoli e, dopo le elezioni del 2020 e il 6 gennaio, coraggiosi e difensori di principio della democrazia.

Come è potuto accadere?

Falchi per Hillary.

Nel 2014 “Jacob Heilbrunn”, autore di “They Knew They Were Right”: “The Rise of the Neocons”, ha predetto che "i neoconservatori potrebbero preparare un'impresa più sfacciata:

allinearsi con “Hillary Rodham Clinton” e la sua nascente campagna presidenziale, nel tentativo di tornare al posto di guida della politica estera americana".

 Partecipando a una raccolta fondi per” Hillary”, “Robert Kagan” ha detto:

"Direi che tutti i professionisti della politica estera repubblicana sono anti-Trump.

Direi che la maggioranza delle persone nella mia cerchia voterà per Hillary".

Hillary ha ottenuto l'approvazione di quasi tutti i neoconservatori di alto profilo che si possano nominare.

“Eliot Cohen”, co-fondatore del “Project for the New American Century”; “Mark Salter”, scrittore di discorsi di “John McCain”;

il goon del think tank “James Kirchick”.

“Boot” ha detto che avrebbe "votato prima per Josef Stalin di quanto avrebbe votato per Donald Trump".

L'editorialista più aggressivo del “Wall Street Journal,” il neocon “Bret Stephens”, ha scritto un editoriale intitolato “Hillary: The Conservative Hope”.

Ma nessun altro è andato così lontano come “Bill Kristol”, che, quando, dopo aver corso un candidato rivale nel 2016 si è rivelato un compito sciocco, ha twittato che avrebbe "preferito lo stato profondo allo stato di Trump".

Questa coalizione all'ingrosso tra neoconservatori dell'era Bush e falchi democratici è iniziata prima di Trump ed è continuata dopo che ha lasciato la Casa Bianca.

Nel 2008 “The Weekly Standard” ha celebrato “Hillary Clinton” come "la grande speranza giusta" della politica estera, salutando la sua trasformazione da "First Feminist" a "Warrior Queen".

 Nel 2013 “John McCain” ha descritto Hillary Clinton come una "rock star" della politica estera.

In un profilo del 2014 di “Robert Kagan sul New York Time”s, Kagan menziona di aver fatto parte del "gruppo bipartisan di battitori pesanti della politica estera di Hillary al Dipartimento di Stato, dove sua moglie lavorava come sua portavoce".

 Ha detto della politica estera della “Clinton”, "è qualcosa che avrebbe potuto essere chiamato neocon, ma chiaramente i suoi sostenitori non lo chiameranno così".

 

Questo è stato più di un matrimonio temporaneo di convenienza per fermare Donald Trump.

 Questa è più di un'alleanza pragmatica.

È una convergenza ideologica.

 I Neoconservatori hanno abbandonato ogni pretesa di conservatorismo, mentre il “Partito Democratico” è diventato uniformemente pro-guerra. “David Frum” ha spiegato il riallineamento:

Trump ha spinto i repubblicani di “Never Trump” a collaborare con i democratici moderati – e ha spronato anche persone precedentemente di mentalità conservatrice – a vedere il potere in idee come “Me Too” e “Black Lives Matter”. ... I vecchi schemi si stanno dissolvendo in qualcosa di nuovo.

 

I neoconservatori avevano perso l'accesso al potere nel “GOP” e avevano bisogno di trovare un nuovo elettorato.

“Robert Kagan” è stato coautore di un articolo nel 2019 che attaccava la politica estera "America First" con “Antony Blinken”, che ora è il Segretario di Stato di Joe Biden.

La moglie di “Kagan” è “Victoria Nuland”.

 I due si innamorarono "parlando della democrazia e del ruolo dell'America nel mondo".

“Nuland” è l'ultimo esempio della continuità (interrotta solo brevemente da Donald Trump) del personale indipendentemente dall'amministrazione.

“Nuland” è stata consigliere di politica estera del vicepresidente “Dick Cheney”, portavoce del “Dipartimento di Stato” sotto Obama e sottosegretario di Stato per gli affari politici nell'amministrazione “Biden”. La sua visione del mondo è identica a quella di suo marito.

 

L'”Alliance for Securing Democracy”, il gruppo di difesa della sicurezza nazionale responsabile della “truffa Hamilton 68” dell'influenza russa pro-Trump, è governata da un consiglio che include “Michael Chertoff”, ex segretario della sicurezza nazionale sotto George W. Bush; “Michael McFaul”, ex ambasciatore in Russia sotto Barack Obama;” Bill Kristol”; “Giovanni Podestà”; e, un tempo, “Jake Sullivan”, ora consigliere per la sicurezza nazionale del presidente “Biden”. Se mai ci fosse stata una distinzione significativa tra gli interventisti liberali e i neoconservatori, i due sono ora completamente fusi.

 

Invadere il mondo, invitare il mondo: Imperialismo + Immigrazione.

 

Figure neoconservatrici di alto profilo hanno cambiato radicalmente le loro posizioni su tutta una serie di questioni per fare appello ai loro nuovi seguaci liberali (liberal Dem Usa), ma sono sempre state notevolmente coerenti su due politiche: guerra senza fine e immigrazione sfrenata.

Impedire la migrazione dei musulmani da paesi così inclini al terrorismo come l'Afghanistan è oltre il limite, bombardare quelle stesse persone è visto come giusto.

 

“Bill Kristol” vuole che i "nuovi americani" sostituiscano una popolazione che definisce "pigra" e "viziata" – "per fortuna ci sono queste ondate di persone che arrivano".

Kristol ha pianto la "follia e la crudeltà" dei raid dell'ICE.

 "Prenderei in un batter d'occhio un gruppo di cittadini americani appena naturalizzati per le viziate cose native del CPAC", ha twittato nel 2018.

 Kristol ha fatto delle frontiere aperte una cartina di tornasole della rispettabilità.

Alla domanda sul suo precedente sostegno alla cerebralmente morta Sarah Palin, ha detto:

"Mi dispiace. ... Per essere onesti, se si guarda a ciò che ha detto nel 2008, a parte alcune sciocchezze, non era anti-immigrazione. Non era xenofoba. Non era isolazionista. ...

Quindi, in un modo divertente, se avessimo potuto cooptare parte del populismo e dare loro un posto in un Partito Repubblicano nominato da “McCain”, forse sarebbe stato un buon risultato".

 

Ha detto a Vox: "Dirò che il Weekly Standard era piuttosto impenitentemente anti-Buchanan. ... Abbastanza liberale sull'immigrazione".

Come documentato dall'ex neocon pentito “Scott McConnell” in un articolo del 2003 sull'American Conservative, e più ampiamente nel libro “The Great Purge: The Deformation of the Conservative Movement”, i neoconservatori sono stati determinanti nella cancellazione di qualsiasi conservatore che esprimesse riserve sull'immigrazione.

“Boot” ha espresso la sintesi finale dell'imperialismo all'estero e della colonizzazione multiculturale in patria.

 Lamentando le dimensioni della forza combattente americana, ha osservato, "c'è un bacino piuttosto grande di manodopera che non viene sfruttato: tutti sul pianeta che non sono cittadini statunitensi".

 Ha lanciato l'idea di pagare semplicemente gli afghani per occupare il proprio paese:

"Il modo più efficiente per espandere il corpo governativo di parlanti pashtu o arabo non è quello di mandare i nativi americani alle scuole di lingua; È per reclutare madrelingua di quelle lingue".

Storicamente il progetto imperiale ha permesso al potere militare di ottenere nuovi territori per la sua gente.

Nel nuovo quadro imperialista, l'America invade i paesi solo per accogliere le ondate di rifugiati che la guerra inevitabilmente crea. Quindi il ritorno del sangue e del tesoro spesi in Iraq, Afghanistan e Libia è sempre più che Iraq, Afghanistan e Libia trovano spazio vitale negli Stati Uniti.

Secondo il New York Times, nel 2005, pochi anni dopo l'9/11, "più persone provenienti da paesi musulmani sono diventate residenti permanenti legali negli Stati Uniti – quasi 96.000 – che in qualsiasi anno nei due decenni precedenti".

 

Invade/invite sono entrambi formati da una simile visione panglossiana della diversità.

Nonostante tutta la celebrazione della diversità, c'è una cecità in essa, la convinzione che in fondo siamo tutti fondamentalmente americani, desiderosi di democrazia laica e "libertà" (sotto forma di edonismo liberale sfrenato e libero mercato).

 Se la diversità è un punto di forza, non c'è motivo di pensare che forzare la democrazia in un paese profondamente settario come l'Iraq potrebbe non funzionare.

Ecco Kristol sull'Iraq: "Penso che ci sia stata una certa quantità di, francamente, una sorta di sociologia pop in America che, sai, in qualche modo gli sciiti non possono andare d'accordo con i sunniti".

In realtà gli sciiti non andavano d'accordo con i sunniti e l'orribile spargimento di sangue tra i due gruppi seguì la cacciata di Saddam.

 

Nel 2016 Robert Kagan ha scritto un articolo su Trump intitolato “This is how Fascism comes to America”:

 

Il suo discorso pubblico consiste nell'attaccare o ridicolizzare una vasta gamma di "altri" – musulmani, ispanici, donne, cinesi, messicani, europei, arabi, immigrati, rifugiati – che egli dipinge come minacce o come oggetti di derisione.

 Il suo programma, così com'è, consiste principalmente nella promessa di diventare duro con gli stranieri e le persone di carnagione non bianca. Li deporterà, li sbarazzerà, li farà inginocchiare, li farà pagare o li farà tacere.

Ma non li bombarderà. Qui sta il problema.

Anarchia in patria, occupazione militare all'estero.

 

Nel 2020 oltre 130 alti funzionari della sicurezza nazionale repubblicana hanno firmato una dichiarazione che condanna Donald Trump perché "alimenta i timori che 'folle arrabbiate' e 'anarchici' stiano distruggendo il nostro paese" e abbia violato "l'eredità dell'America come nazione di immigrati".

L'élite della politica estera americana vorrebbe condurre una guerra senza sosta per "mantenere l'America al sicuro", ma quando i centri urbani americani assomigliano a zone di guerra, l'establishment fa spallucce o applaude i rivoltosi (almeno 25 persone sono morte durante le rivolte” BLM”, tra cui un sostenitore di Trump assassinato in mezzo alla strada a Portland).

 

“Kori Schake”, direttore della politica estera e di difesa presso l'”American Enterprise Institute”, scrive: "Le recenti proteste ad Amsterdam, Londra e altrove dimostrano che ciò che accade in America è importante per il progresso dei diritti umani e delle libertà civili altrove. ... Le nostre lotte sono le lotte del mondo, perché i valori che formano la nostra repubblica sono valori universali".

“Schake” è stato consigliere di politica estera per la campagna presidenziale McCain-Palin del 2008 ed è stato direttore della strategia di difesa nel Consiglio di sicurezza nazionale sotto George W. Bush.

 In un articolo intitolato "Questo sconvolgimento è il modo in cui l'America diventa migliore", Schake ha celebrato le violente rivolte del 2020:

 "Ora stiamo vedendo l'America diventare migliore di quanto non fosse. Questa dinamica agitata, controversa e persino talvolta violenta è ciò che sembra il cambiamento sociale in America.

 Ha elogiato i militari per "modellare come amplificare le voci nere" mentre si collegava a un video di “Dave Goldfein”, capo di stato maggiore della US Air Force, che parlava di trasformare la forza in uno "spazio sicuro".

 

"Ero un conservatore intelligente che si faceva beffe della 'correttezza politica'", ha scritto “Max Boot”, ma il 2017 è stato "l'anno in cui ho imparato a conoscere il mio privilegio bianco".

"L'era Trump mi ha aperto gli occhi. ... Ho avuto la mia coscienza sollevata. Sul serio." Ha fatto riferimento al crescente sostegno a BLM come "motivo di ottimismo".

 Questo è l'uomo che, un mese dopo l'9/11, ha scritto un saggio per il Weekly Standard intitolato "The Case for American Empire" in cui ha chiesto all'America di "abbracciare il suo ruolo imperiale".

“David Frum”, l'uomo che ha coniato la famigerata frase "asse del male" come scrittore di discorsi per George W. Bush, è un redattore senior di “The Atlantic”, una rivista che sposa il radicalismo nero con il militarismo rabbioso.

 Durante le rivolte selvaggiamente distruttive di “Black Lives Matter” ha pubblicato articoli con titoli come "La rabbia può costruire un mondo migliore" e "Come la rabbia può combattere il razzismo".

Ho scritto in precedenza che "L'ideologia egemonica dell'America è ora una simbiosi mutante del pensiero di Dick Cheney e Ibram X. Kendi".

Su “theatlantic.com” articoli di” Kendi” e David Frum (anche se non Cheney stesso) sono solo a un clic di distanza (il rappresentante speciale di Joe Biden per l'equità razziale e la giustizia presso il Dipartimento di Stato ha recentemente incontrato Kendi e ha avuto una discussione su "l'impatto globale in corso della supremazia bianca e l'importanza dello sforzo collettivo in tutti i settori per costruire un mondo in cui prevalgano l'equità razziale ed etnica e la giustizia sociale").

 Il “New York Times”, l'ultimo vettore di formazione del consenso dell'élite, è diventato una casa per Max Boot e Bret Stephens per chiedere all'America di agire come polizia mondiale mentre pubblicava anche articoli come” Yes, We Mean” Letteralmente “Abolish the Police” – ma non, ovviamente, l'esercito.

 

“Jennifer Rubin”, un'altra ex neocon e una blogger profondamente poco seria specializzata in spacconate iper-partigiane cariche di emozioni, ha compiuto un notevole ottanta-ottanta, ma continua ad essere una delle guerrafondaie più rabbiose della nazione.

“Rubin” è passato dall'essere un fanatico anti-aborto a preoccuparsi "se le donne non possono abortire, i militari avranno problemi a reclutare donne?"

Nel 2011 ha criticato Newt Gingrich per non essere sufficientemente entusiasta della guerra in Iraq.

Ha scritto un post sul blog che ha chiamato John McCain per essersi opposto alle "tecniche di interrogatorio avanzate".

Più recentemente, “Rubin” è diventato l'esperto preferito di Biden alla Casa Bianca.

 

Rispondendo ai dati del censimento, Rubin ha twittato: "Una società più diversificata e più inclusiva.

 Questa è una notizia favolosa. Ora dobbiamo impedire il dominio della minoranza bianca".

Durante le rivolte diffuse e i saccheggi del 2020, Rubin ha twittato "BLM è pacifico".

"Il nazionalismo cristiano bianco", al contrario, "porterà inevitabilmente alla violenza, alla crudeltà e all'illegalità".

 Ha dato la colpa della violenza del 2020 agli "agitatori bianchi". Combinando le sue credenziali “neocon e woke” in una sola frase, dopo la morte dell'agitatore per i diritti civili “John Lewis” ha affermato che "è facile essere scoraggiati – come molti lo sono stati dopo la morte di John McCain".

 Il coraggio di Lewis, ha twittato, è stato "onorato e riecheggiato nelle azioni dei manifestanti BLM".

 

Parlando su “MSNBC AM” Joy of Trump sostenitori, Rubin ha detto del Partito Repubblicano (di cui era stata membro solo pochi anni prima):

Quello che dovremmo fare è evitare queste persone. Evitare, svergognare queste persone è una dichiarazione di indignazione morale per il fatto che queste persone non sono adatte alla società educata. Dobbiamo collettivamente, in sostanza, bruciare il Partito Repubblicano. Dobbiamo livellarli perché se ci sono sopravvissuti, se ci sono persone che resistono a questa tempesta, lo faranno di nuovo.

“Rubin” si è dimostrata più che disposta a sostenere l'effettivo livellamento fisico dei nemici ideologici all'estero, quindi forse questa non è retorica iperbolica quanto una prescrizione politica letterale.

Quando l'account Twitter ufficiale del “GOP” ha accuratamente sottolineato che il candidato alla Corte Suprema “Ketanji Brown Jackson” sosteneva la teoria critica della razza, Bill Kristol ha risposto "Mai più fischi per cani. Solo fanatismo sfacciato".

 

Conclusione.

In "Unpatriotic Conservatives", David Frum è riuscito ad accusare quei conservatori scettici sulla guerra in Iraq di essere sia nativisti che antipatriottici.

I neoconservatori sono riusciti a strumentalizzare e sfruttare una versione ridefinita del nazionalismo americano che ha intrecciato l'identità americana e il nazionalismo stesso con le proprie inclinazioni ideologiche.

 In quel saggio” Frum” accusa il grande intellettuale conservatore “Sam Francis” di perseguire "una politica dedicata alla protezione degli interessi di quello che ha definito il 'nucleo culturale euro-americano' della nazione americana", e condanna i sostenitori bianchi come “Kevin MacDonald”. Questa, nella mente dei neoconservatori, è la definizione stessa di antipatriottico.

Molti conservatori venerano ancora di riflesso i militari.

Questo assomiglia sempre più a un caso di sindrome della moglie maltrattata.

“Enoch Powell “una volta disse a Margaret Thatcher che se la Gran Bretagna fosse diventata comunista, avrebbe comunque combattuto per il suo paese in guerra.

L'ho sempre considerato un sentimento idiota.

 Ci si chiede fino a quando il nazionalismo alla “Toby Keith” possa essere strumentalizzato per un progetto politico che è fondamentalmente in contrasto con gli interessi di coloro che effettivamente combattono e muoiono.

 Nonostante tutti i suoi difetti, Trump aveva ragione quando ha detto a “Tucker Carlson” che la più grande minaccia per gli Stati Uniti non è un nemico esterno:

"Chi è il problema più grande? È la Cina? Potrebbe essere la Russia? Potrebbe essere la Corea del Nord? No.

Il problema più grande viene dall'interno. Sono queste persone malate e radicali dall'interno".

In un video della campagna Trump ribadisce: "La più grande minaccia alla civiltà occidentale oggi non è la Russia. Siamo noi stessi".

L'America ha vinto la Guerra Fredda “contro l'Impero del Male” solo per assomigliare un giorno a una versione gay, trans, razzializzata di esso – un Leviatano svegliato a cavallo del globo.

“Michael Ledeen”, forse il più apertamente squilibrato di tutti i neoconservatori, ha scritto nel suo libro “War Against the Terror Masters”:

Abbattiamo il vecchio ordine ogni giorno. ... I nostri nemici hanno sempre odiato questo vortice di energia e creatività, che minaccia le loro tradizioni (qualunque esse siano) e li fa vergognare per la loro incapacità di tenere il passo.

Vedendo l'America disfare le società tradizionali, ci temono, perché non vogliono essere disfatti.

Non possono sentirsi sicuri finché siamo lì, perché la nostra stessa esistenza – la nostra esistenza, non la nostra politica – minaccia la loro legittimità.

Devono attaccarci per sopravvivere, proprio come noi dobbiamo distruggerli per portare avanti la nostra missione storica.

Sempre più spesso, quella missione storica è la diffusione globale della teoria critica della razza e dell'ideologia radicale di genere.

 Se mai avesse avuto qualche pretesa morale di sorvegliare il mondo o di esportare il suo stile di vita, tale affermazione è stata rasa al suolo nel 2020.

È quando la folla svegliata smette di bruciare la bandiera americana e inizia a sventolarla che il mondo ha davvero un problema.

Quando la certezza morale della giustizia sociale incontrerà il militarismo impenetrabile del “neoconservatorismo”, diventerà il tipo di imperialismo più nocivo e distruttivo che il mondo abbia mai visto.

 

 

 

La trovata dell’Unione Europea

sul Natale è fallita: così vogliono

 cancellare le nostre identità.

Radioradio.it - Diego Fusaro –(02 Dicembre 2021) – ci dice:

 

Voglio tornare sulla vexata quaestio delle identità e delle lotte che contro le identità stanno conducendo i pedagoghi del turbocapitalismo.

L’Unione Europea ha proposta sciaguratamente l’abolizione della formula “Buon Natale”, evidentemente vissuta come un pericolosissimo retaggio identitario e nazionalista in grado di incrinare la tenuta dell’ordine finanziario dell’impero turbo capitalistico dell’Unione europea.

È di oggi la notizia che l’Unione Europea ha ritrattato e quindi ha deciso, bontà sua, di non proibire o non sconsigliare la formula “Buon Natale”. Sotto questo riguardo almeno il Natale è fatto salvo.

 Vorrei svolgere ulteriori considerazioni sul tema dell’importanza delle identità culturali, politiche e spirituali dei popoli come ultimi fortilizi resistenziali rispetto al nulla che avanza, il nichilismo globalista e relativista della civiltà apolide dei mercati.

Le culture e le identità infatti rappresentano una preziosa risorsa di resistenza dacché i popoli e gli individui aventi ancora identità sono quelli che possono dunque opporre al nulla della civiltà dei mercati i valori della propria identità e della propria civiltà.

Vige quello che io ho definito il teorema anti-identitario.

 Gli architetti del globalismo associano inappellabilmente il concetto d’identità a quello di violenza muovendo dal presupposto, ingiustificato, che chi ha un’identità è pericoloso per le identità altrui.

 Il teorema che consegue da questa proposizione è il seguente:

se vogliamo un mondo pacificato dobbiamo rinunciare alla nostra identità per aprirci a quella altrui.

Tuttavia questo teorema se applicato universalmente produce non certo il dialogo multiculturale tra le identità ma uno svuotamento delle identità e dunque la produzione di un mondo post-identitario.

Se noi chiediamo ad ogni popolo di abbandonare la propria identità per aprirsi a quella altrui, questa proposta genera l’abbandono di ogni identità e cultura.

 È sbagliato il fondamento stesso di questo teorema.

Non è vero che chi ha un’identità è per ciò stesso nemico delle identità altrui, se ciò accade è per una patologica deviazione rispetto al concetto d’identità.

 La vera identità è quella che esiste nel dialogo e nella relazione con le identità.

La vera identità è quella che esiste nel dialogo e nella relazione con le identità altrui.

Potremmo anzi dire che il concetto d’identità è intrinsecamente relazionale.

Non mi sono mai sentito escluso, offeso o turbato quanto amici islamici mi hanno rivolto di cuore il loro augurio di “Eid Mubarak “, né loro non si sono sentiti offesi quando ho detto loro di cuore Buon Natale.

La verità è questa, chi ha un’identità non è turbato da quelle altrui, anzi solo chi ha un’identità può dialogare con quelle altrui a partire dalla propria identità.

Rispettare le identità altrui non vuol dire rinunciare alle proprie ma significa partire dalla propria e aprirsi alle altre.

 I banchieri, padroni del capitale, chiamano invece inclusività la loro lotta contro le identità e la cultura, chiamano inclusività quella che viene sarebbe meglio appellare la colonizzazione nichilista dell’intero mondo sotto il segno di un turbocapitalismo sradicante.

Il capitale ha dichiarato guerra a tutte le identità e finge di creare un mondo multiculturale nel quale in realtà non vi è più spazio per alcune identità che non sia quella nuda e priva di valore dello scambio mercantile.

(Diego Fusaro, filosofo e scrittore)

 

 

 

All'attenzione del presidente

della Commissione Europea,

Ursula von der Leyen.

Citizeng.org – (20-11-2020) – Redazione – ci dice:

Come cittadino italiano ed europeo, trovo inaccettabile il ricatto che state perpetrando contro la mia nazione e l'intera Europa attraverso la strategia LGBTIQ 2025.

Le dichiarazioni di” Helena Dalli”, Commissario europeo per l'uguaglianza, rappresentano un ricatto ideologico contro gli Stati sovrani.

Il Parlamento europeo e il Consiglio europeo non possono stabilire il reato di "omofobia" perché esula dalle loro competenze, come stabilito dall'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'UE.

Sostituire le parole "padre e madre" con "genitore 1" e "genitore 2" per conformarsi al linguaggio "politicamente corretto" è una bugia ideologica!

Chiedo che sia rispettata la sovranità del mio Stato su questioni come la famiglia, la sessualità, l'educazione, il matrimonio e la biologia.

Vi ricordo le radici cristiane dell'Europa e dei suoi fondatori.

Chiedo che la strategia LGBTQ 2025 sia immediatamente ritirata e che i diritti di "Veto" dei Paesi UE siano tutelati.

 

Fermiamo la colonizzazione LGBTQ in Europa.

(+ AGGIORNAMENTO+)

Il processo di colonizzazione LGBTQ europea promossa dai globalisti ha fatto un passo avanti.

Per imporre gradualmente i nuovi dogmi contenuti nella Strategia LGBTQ 2025, l'Unione Europea ha intrapreso una vera e propria campagna di colonizzazione anche delle strutture istituzionali, attraverso l'approvazione di due documenti ideologici e persuasivi.

La risoluzione "Unione Europea come zona di libertà LGBTQI" approvata dal Parlamento Europeo, che vuole imporre il riconoscimento delle unioni gay in tutti i paesi europei, compreso il diritto di adozione (liberando così l'utero in affitto).

Il glossario del "linguaggio sensibile", che suggerisce agli europarlamentari di non usare le parole "madre e padre", ma di usare piuttosto la parola "genitore 1 e 2"; non più "maternità surrogata" ma "gestazione per altri"; non più sesso biologico ma "sesso assegnato alla nascita"; non più matrimonio gay ma "matrimonio egualitario".

Vogliono cancellare la nostra cultura, le nostre identità nazionali, la verità biologica e persino le parole mamma e papà in nome del politicamente corretto e dell'agenda LGBTQ!

Tutto questo con la costante minaccia di tagli agli aiuti economici a quegli stati che non si piegheranno al diktat europeo!

Non possiamo permetterglielo!

Un nuovo totalitarismo sta colpendo l'Europa.

Il 12 novembre scorso la Commissione dell’Unione europea ha emanato una comunicazione in cui si rende nota la volontà di imporre una strategia affinché tutti i Paesi dell’UE si pieghino all’agenda LGBTQ.

La pericolosissima strategia vuole imporre l'integrazione giuridica a livello europeo e nazionale dei seguenti punti:

Introduzione del reato di "Omofobia" a livello europeo.

Riconoscimento di fatto dei matrimoni omosessuali in tutti i paesi europei.

Introduzione dell'educazione di genere nelle scuole.

Cambio "di sesso" legale senza restrizioni di età - anche per i bambini!

Assegnazione di fondi alle associazioni LGBTIQ.

Utilizzo del Fondo di recupero con particolare attenzione alla comunità LGBTIQ.

Coloro che non seguiranno il diktat della nuova Europa arcobaleno saranno esclusi dai finanziamenti dell'UE, compreso il Fondo di recupero per affrontare la crisi Covid-19.

E per imporre la loro dittatura LGBT intendono cancellare il "Veto" che ogni Paese ha nell'UE per proteggere i propri cittadini e la propria sovranità!

Alcuni Paesi si stanno già coraggiosamente ribellando, come la Polonia e l'Ungheria, che hanno posto il veto al Recovery Fund.

 L'Ungheria sta già promuovendo nuovi emendamenti per proteggere la famiglia naturale.

E naturalmente i media del regime li stanno già screditando e attaccando pubblicamente.

“Helena Dalli”, commissario europeo per l'uguaglianza e relatrice del testo, ha affermato che i paesi europei che non rispettano la strategia saranno multati:

"Sono molto convinta di questo", ha detto.

 "Perché è un modo per mettere in riga uno Stato membro, si spera, dicendo 'OK, non si ottiene una quota che si dovrebbe ottenere se non si rispetta lo stato di diritto'.

Per i totalitari dell'UE, l'ideologia LGBT equivale allo "Stato di diritto".

Ti rendi conto? Un ricatto economico in tempo di crisi degno delle più scellerate dittature!

Vogliono perpetuare un vero e proprio abuso ideologico contro quegli Stati sovrani che hanno dimostrato fermezza e coraggio contro l'ideologia” LGBTQ”, negando loro il sostegno finanziario per combattere la crisi dovuta dalla pandemia.

Infatti, stanno usando la crisi covid per imporre a tutti i Paesi europei una nuova colonizzazione ideologica “LGBTQ” che distruggerà la nostra cultura, la nostra identità, la nostra fede.

Senza il vostro aiuto non saremo in grado di fermarli.

Salva l'Europa, salva l'Italia!

 

 

 

Cosa vogliono i militanti

di Fratelli d’Italia.

Internazionale.it - Angelo Mastrandrea – (7 novembre 2022) – ci dice:

 

La sede di Gioventù nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia, Roma 28 settembre 2022. (Matteo Minnella per L'Essenziale).

A un mese e mezzo dalle elezioni che hanno portato Giorgia Meloni alla presidenza del consiglio, le voci dei giovani della destra radicale.

Sono passate sei settimane da quando Fratelli d’Italia è diventato il primo partito in Italia con il 26 per cento dei voti e nella sede romana di via Sommacampagna, a pochi metri da Porta Pia, è un viavai continuo: i militanti di Gioventù nazionale, il movimento giovanile del partito, stanno risistemando il loro quartier generale.

Salvatore Perfetto, 26 anni, si è trasferito a Roma da Corigliano Calabro, un paese della Calabria, per studiare scienze politiche, e da allora partecipa alle riunioni settimanali e ai campi scuola estivi di Gioventù nazionale e organizza il “lavoro culturale” con i più giovani, “cose che gli altri partiti ormai non fanno più”.

Dice che la passione per la politica gli è venuta a 17 anni, seguendo i comizi nel suo paese.

A casa sua, racconta, non si parlava di politica.

 Sua madre fa la cuoca in una residenza per anziani, suo padre lavora come elettricista per l’Enel.

Ha una fidanzata “di sinistra” ma lui dice di riconoscersi “in questa destra perché valorizza e protegge le comunità”.

Sui pavimenti ci sono pacchi di volantini gettati alla rinfusa e barattoli di colla utilizzati per affiggere in tutta la città i manifesti con il volto di Giorgia Meloni e lo slogan “Pronti a risollevare l’Italia” o con la scritta “Patrioti vs globalisti”.

 L’unica ragazza presente, “la nostra Giorgia Meloni” come la chiama Perfetto, sta facendo le pulizie, mentre i ragazzi sono seduti a chiacchierare tra loro.

Gli striscioni srotolati ai comizi sono stati messi in un angolo.

Per il momento rimarranno lì.

 Il 25 settembre, quando ancora lo spoglio delle schede non era terminato ma il successo di Fratelli d’Italia era chiaro, il partito ha dato l’ordine di non festeggiare pubblicamente e i militanti hanno ubbidito. Secondo il quotidiano il Foglio, la stessa Meloni avrebbe inviato un sms ai deputati la sera delle elezioni chiedendo di evitare festeggiamenti.

La notte del voto, ad aspettare le prime dichiarazioni dei politici nella sede del comitato elettorale, nell’hotel Parco dei Principi a Roma, c’erano più giornalisti che militanti.

Lo stesso è accaduto nella sede romana di Fratelli d’Italia a via della Scrofa, in centro.

 Per le vie di Roma non sono risuonati cori da stadio e non si sono visti saluti romani.

Nel 2008, quando Gianni Alemanno era stato eletto sindaco della capitale, le braccia tese sulla scalinata del Campidoglio avevano fatto il giro del mondo, e Giorgia Meloni ha voluto evitare che succedesse di nuovo, anche se per la prima volta dal dopoguerra il partito che discende dal Movimento sociale italiano (Msi), fondato nel 1946 dai reduci della Repubblica di Salò, è diventato la prima forza politica del paese.

“Anche questo è un segnale politico, o no?”, dice Simone D’Alpa, jeans, maglietta blu e barba da hipster, a 31 anni uno dei veterani di un movimento che ha 50mila iscritti in tutta Italia, ottomila dei quali a Roma.

“Abbiamo pensato che non ci fosse nulla da festeggiare, anche per rispetto alla difficile situazione del paese e a quello che ci aspetta al governo”, aggiunge Sonia Giglietti, vicesegretaria dell’associazione “Ambiente e/è vita”.

Lo storico Francesco Filippi, esperto di destre e autore tra l’altro di “Ma perché siamo ancora fascisti?” (Bollati Boringhieri 2020), non è sorpreso da questa reazione controllata.

 Secondo Filippi è dovuta a “uno shock da vittoria”:

“Sognavano da decenni di andare al governo ma non si aspettavano un successo così ampio in un momento tanto difficile dal punto di vista economico e internazionale, e sono bloccati dalla paura di perdere tutto in pochi mesi”.

Per questo “non hanno stappato il prosecco per festeggiare”.

Il giorno dopo le elezioni, D’Alpa si è messo a imbiancare le pareti della sede di Gioventù nazionale.

“Il partito ha mandato un imbianchino solo per i loro uffici”, che si trovano nello stesso palazzo, dice.

Su una parete spicca una gigantografia stilizzata di Gabriele D’Annunzio.

 Su quella di fronte, tra una frase di Tolkien e la scritta XMas – è “l’abbreviazione di Christmas”, dice D’Alpa, anche se ovviamente fa pensare alla Decima Mas, l’unità militare speciale della Repubblica di Salò – alcuni ritratti rivelano i riferimenti culturali dei militanti che hanno sostenuto la destra arrivata al governo.

In alto a sinistra c’è “Bobby Sands”, l’attivista dell’”Irish provisional army” (Ira) morto in carcere nel 1981 in seguito a uno sciopero della fame per chiedere il riconoscimento dello status di prigionieri politici.

Sotto di lui Ettore Muti, squadrista della prima ora e alla fine degli anni trenta segretario del Partito nazionale fascista.

 

Seguono Italo Balbo, organizzatore dello squadrismo agrario in Emilia-Romagna e in seguito governatore coloniale della Libia, e Filippo Corridoni, un sindacalista rivoluzionario amico di Benito Mussolini e morto durante la prima guerra mondiale.

E ancora, i filosofi Julius Evola, Ernst Jünger e Friedrich Nietzsche, e la politica argentina Evita Perón.

 “Ascoltiamo senza problemi anche la musica di Guccini, anche se non ha le nostre idee”, dice D’Alpa.

 A Salvatore Perfetto piace Ernesto Che Guevara, “una persona che ha lottato per le sue idee”.

Della guerra in Ucraina i militanti romani di Gioventù nazionale non parlano volentieri.

Da quando nel marzo 2020 l’allora sindaca di Roma Virginia Raggi ha sfrattato Fratelli d’Italia dagli uffici di Colle Oppio sostenendo che erano “occupanti morosi con contratto scaduto nel 1972”, quella di via Sommacampagna è rimasta la più antica sede della destra che discende dall’Msi a Roma.

In queste stanze negli anni settanta si riuniva il Fronte della gioventù e trasmetteva Radio Alternativa, fondata dal giovane Teodoro Buontempo, leader della destra sociale romana noto per le sue maratone oratorie in consiglio comunale.

 Il 2 febbraio 1977 fu pure assaltata e data alle fiamme dai militanti di Autonomia operaia.

Oggi di quella stagione rimane il simbolo della fiamma, che per alcuni rappresenta la fiaccola sulla tomba di Benito Mussolini e per altri lo stemma degli Arditi, un reggimento del Regio esercito italiano.

 Di fatto, rappresenta la continuità della tradizione politica post-fascista.

In un’intervista rilasciata al settimanale britannico “The Spectator”, Meloni se n’è detta “orgogliosa”, spiegando che quella fiamma “non ha niente a che fare con il fascismo, ma è il riconoscimento del viaggio fatto dalla destra democratica attraverso la storia della nostra repubblica”.

Secondo Giglietti di “Ambiente e/è Vita”, “i giovani di oggi non sanno nulla di cosa è stato il fascismo, ne conoscono gli orrori e ne vogliono stare ben lontani, ma il loro problema è che si ritrovano con i debiti e sono costretti a emigrare”.

Nella sede romana di Gioventù nazionale, 28 settembre 2022. –

Matteo Minnella per L'Essenziale.

Nella sede romana di Gioventù nazionale, 28 settembre 2022. (Matteo Minnella per L'Essenziale)

Simone D’Alpa abita nel quartiere Trieste, nel nordest della capitale, lavora come grafico e fa politica da quando aveva 17 anni, prima in Alleanza nazionale e ora in Fratelli d’Italia.

Ha già visto il centrodestra al governo con Silvio Berlusconi, ma “nel Popolo delle libertà non c’era molto spazio per noi” e i rapporti di forza questa volta si sono invertiti.

“In quindici anni che faccio politica, non avevo mai visto una crescita di consensi così rapida”, dice.

Alle elezioni del 2018, Fratelli d’Italia aveva ottenuto poco più del 4 per cento, poco meno di un milione e mezzo di voti in totale.

Ora sono 7,3 milioni, quasi sei milioni in più.

Per questo i militanti di Gioventù nazionale pensano che oggi sarà diverso.

“Mi aspetto un governo di destra”, dice D’Alpa enfatizzando l’ultima parola.

Questo non vuol dire che “vogliamo cancellare la legge sull’aborto” e neppure che “chiederemo lo scioglimento concordato dell’eurozona come abbiamo fatto in passato”, ma che, per esempio, “sull’adozione vanno privilegiate le famiglie eterosessuali” e che l’Europa deve diventare una “nazione” e non essere solo un’unione finanziaria, governata da tecnocrati.

La pensa allo stesso modo il presidente romano di Gioventù nazionale, Francesco Todde, che è seduto sotto una gigantografia di Meloni.

 Todde ha 31 anni, vive a Trastevere e gestisce alcuni bed and breakfast in città.

Secondo lui il nuovo governo dovrebbe per prima cosa aiutare le giovani coppie, “perché oggi è quasi impossibile fare un figlio e ottenere un mutuo per comprare casa”.

Poi dovrebbe “eliminare il reddito di cittadinanza, che è diventato una mancetta di stato”, “riqualificare gli istituti tecnici per formare le professioni del futuro”, “aiutare i giovani imprenditori” e “destinare gli edifici abbandonati nelle periferie a incubatori di startup o a spazi di aggregazione giovanile, piuttosto che lasciare che vengano occupati e poi sgomberati”.

Della guerra in Ucraina i militanti romani di Gioventù nazionale non parlano volentieri.

Tutti ribadiscono la linea ufficiale del partito, atlantista e dalla parte del governo di Kiev.

“Nei mesi scorsi abbiamo organizzato una carovana che ha portato degli aiuti ai profughi al confine con la Polonia”, racconta Todde.

 La spedizione è arrivata a Rzeszów, dove ha incontrato alcuni sindaci della zona e altri esponenti politici che hanno apprezzato il “grande spirito di collaborazione tra il popolo italiano e quello polacco”, ha spiegato Fratelli d’Italia in una nota.

Il centro sociale di destra è vicino a Fratelli d’Italia.

Affacciato su una strada a pochi passi dalla stazione di Campo di Marte, a Firenze, c’è un “centro sociale di destra” vicino a Fratelli d’Italia.

 Si chiama Casaggì e si definisce “uno spazio identitario”. Al suo interno ospita un pub dove spiccano i ritratti del gerarca fascista Alessandro Pavolini con la divisa delle Brigate nere e del capo indiano Toro Seduto, del poeta statunitense Ezra Pound e del giornalista francese Robert Brasillach, direttore della rivista antisemita Je suis partout e condannato a morte per aver collaborato con il regime di Vichy.

Ci sono pure una palestra di arti marziali e la casa editrice Passaggio al bosco, un progetto ispirato dai concetti di “ribellione interiore” e “resistenza spirituale al dominio della tecnica” del filosofo tedesco Ernst Jünger.

Tra i libri pubblicati da “Passaggio nel bosco”, ce n’è uno sul Donbass: “Un viaggio nella geopolitica dell’Est Europa, dove le consorterie occidentali perseguono lo scopo di minare la potenza russa, alimentando tensioni religiose, etniche e sociali”, si legge sulla quarta di copertina.

La postfazione è del filosofo russo ultraconservatore Alexander Dugin, uno dei principali ideologi dell’invasione dell’Ucraina. “L’unica speranza per l’Europa e il continente eurasiatico è un riavvicinamento alla Russia”, che è un “simbolo della resistenza globale all’inciviltà”.

Dopo lo scoppio della guerra, però, i militanti di Casaggì hanno solo organizzato un incontro su Twitch per ricostruire la storia del conflitto “senza assumere l’atteggiamento del tifoso”.

 “La scelta di campo del partito di cui sono parte integrante li ha messi nell’imbarazzante situazione del non potersi schierare”, ha commentato il periodico online dell’Associazione nazionale partigiani italiani (Anpi), Patria indipendente.

È chiaro che hanno un problema, visto che Vladimir Putin sul piano geopolitico e Dugin sul piano intellettuale per loro sono stati riferimenti forti in questi anni, perché hanno dimostrato che si può pensare di governare un paese superando la democrazia liberale e perfino metterlo in pratica”, commenta Guido Caldiron, giornalista del quotidiano il Manifesto e autore di numerosi libri sulle destre.

L’europeismo e l’atlantismo, l’invio di armi all’Ucraina e perfino il sostegno alle misure contro il covid hanno diviso i movimenti di estrema destra, da “Casapound” a “Forza nuova”, che alle elezioni del 25 settembre non hanno appoggiato Fratelli d’Italia.

“Non li abbiamo mai fatti confluire nel nostro partito e non abbiamo nulla a che vedere con loro”, sostiene Simone D’Alpa.

Contattati dall’Essenziale, i militanti di Casaggì hanno detto che non rilasciano dichiarazioni “a titolo personale” e che non vogliono incontrare nessuno.

Hanno chiesto di mandare le domande per email: “Le valuteremo e decideremo se rispondere”.

Le domande sono state inviate ma a tutt’oggi non hanno risposto.

 

Negli stessi giorni uno dei leader, il fondatore di” Passaggio al bosco “Marco Scatarzi, rispondeva attraverso il suo profilo Facebook a chi contestava l’eccessiva vicinanza del gruppo alla destra istituzionale.

L’accusa è arrivata dopo che il 4 ottobre i tre consiglieri toscani di Fratelli d’Italia hanno approvato un articolo dello statuto regionale che dice: “L’antifascismo e la Resistenza costituiscono le radici della Regione Toscana”.

“Dovremmo smettere?”, si legge nel post in cui Scatarzi replica alle accuse. “Recidere ogni sinergia? Abbandonare ogni collaborazione e darci alla macchia?

Lavorare alla costruzione dell’ennesima formazione da prefisso telefonico?

 Rinunciare anche a quel poco che possiamo far passare, in un quartiere o in un comune, perché qualcuno in un partito al 26 per cento, nel quale ci siamo limitati ad eleggere dei ragazzi, senza aver mai preteso di poterlo cambiare o dirigere – ha fatto o detto qualcosa che non condividiamo?”.

Sul fascismo, così come sulla guerra in Ucraina, i giovani di Fratelli d’Italia sono ambivalenti.

Secondo Filippi, stanno prendendo tempo:

“Per ora mi pare che abbiano deciso di accettare la linea di Meloni sull’economia, sull’Europa e sul fascismo, in attesa di vedere se ci saranno dei cambiamenti concreti nelle politiche sociali e sulla famiglia”, dice.

Gli adesivi contro lo “schwa”.

All’inizio di ottobre, pochi giorni dopo le elezioni, nell’università di Torino sono comparsi degli adesivi con uno “schwa color arcobaleno” barrato e rovesciato, e la scritta “tieni pulita la tua università”.

Negli stessi giorni, in città si svolgeva la conferenza annuale dell’”European pride organizers association”, con 160 delegati dei movimenti lgbt+ arrivati da tutta Europa per decidere dove si sarebbe svolto l’Europride del 2025.

Torino era in corsa insieme a Lisbona, e al termine della riunione è stata scelta la capitale portoghese.

Gli adesivi erano firmati “Fuan-Aliud”.

La prima sigla riecheggia il “Fronte universitario d’azione nazionale”, il movimento giovanile dell’Msi sciolto nel 1996 dopo il congresso di Fiuggi che portò alla nascita di Alleanza nazionale;

la seconda rimanda a un altro “centro sociale di destra” che a sua volta si ispira ai fiorentini di Casaggì.

L’università ha fatto subito ripulire i muri, precisando che “sostiene e supporta politiche operative e strumenti come il linguaggio di genere”,

l’assessore comunale alle politiche sociali Jacopo Rosatelli ha condannato la “provocazione del gruppo di estrema destra” e l’Arcigay ha parlato di “adesivi omolesbotransfobici” firmati da “organizzazioni studentesche di stampo fascista”.

L’iniziativa ha diviso pure la destra.

Fuan-Azione universitaria è l’associazione giovanile di Fratelli d’Italia, Aliud è un’organizzazione esterna al nostro partito. Evidentemente utilizzano la sigla “Fuan” per creare confusione”, ha detto la deputata torinese di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli al quotidiano la Repubblica.

Azione universitaria ha preso le distanze dall’iniziativa, spiegando che “nessuno degli studenti ascrivibili al gruppo” Aliud” figura nell’organigramma del nostro movimento o risulta ricoprire incarichi in Azione universitaria”.

Nella sede di “Aliud” non la pensano allo stesso modo.

“Siamo presenti come “Fuan” all’università, dove abbiamo dodici rappresentanti, e come “Azione studentesca” negli istituti superiori, molti di noi sono anche militanti di Fratelli d’Italia”, spiegano.

Invece, “nessuno di noi milita in Gioventù nazionale”.

Come a Casaggì, anche qui ci sono un bar e una sala riunioni con una libreria che ha in bella vista i libri di “Passaggio al bosco”.

Nell’atrio e nel bagno le mura sono tappezzate di adesivi antifascisti o dei movimenti lgbt+.

 C’è pure una bandiera rossa della Fiom-Cgil, il sindacato dei metalmeccanici.

Sono tutte a testa in giù, come la “schwa” sull’adesivo contestato.

I ragazzi di Aliud lo definiscono “un gesto futurista”.

“L’università di Torino ha cominciato a fare i comunicati utilizzando lo schwa e noi abbiamo voluto lanciare una provocazione contro la modifica forzata della lingua”, spiega Francesco Ronchiero, 26 anni, ex studente di lettere moderne ora alla ricerca di lavoro (“ma prima o poi riprenderò gli studi”, dice), figlio di genitori che definisce post-sessantottini.

“Mio padre era del Pci e ora parteggia per il Partito comunista di Marco Rizzo, con lui ho scoperto di avere molte cose in comune, su diversi argomenti non siamo distanti, mia madre invece ha votato Pd e sul gender siamo in conflitto”.

 I militanti di” Aliud” considerano la vittoria della destra “una grande occasione”.

Ora, spiegano, “non vogliamo più essere tacciati di oscurantismo, ci aspettiamo che venga garantita la possibilità di esprimere le nostre opinioni”.

Eccone alcune: “Un conto è dire che accettiamo tutte le sensibilità e un altro insegnare a scuola la fluidità di genere”;

 “la transizione di genere non si può proporre a ragazzini che non hanno gli strumenti per capire certe cose, impedirla non è una misura liberticida ma di tutela delle persone fragili”;

“il ddl Zan era una legge liberticida, non vogliamo vivere in un paese dove il parroco di campagna non può dire quello che vuole”;

“sulla legge 194 Meloni è stata chiara: non si possono negare i diritti alle persone, però aiutiamo chi non vuole abortire”.

Tutte dichiarazioni che riportano al centro le politiche identitarie di cui parla Filippi, ispirate al modello polacco “Dio, patria e famiglia”.

 L’unico terreno possibile di lotta politica per questi ragazzi:

“Sanno bene di avere le mani legate sull’economia e sulle alleanze internazionali”, spiega lo storico.

“Per questo puntano tutte le loro aspettative su politiche come quelle sulla natalità, che in maniera indiretta richiamano il programma del fascismo”.

“I temi etici sono gli unici che – agitando lo spettro della” cancel culture”, della “gender theory”, dell’”ideologia woke”, dello” strapotere della lobby lgbtq+” eccetera – possono giustificare e motivare la nascita di un fronte comune delle destre”, ha detto il politologo Marco Tarchi, dirigente del Fronte della gioventù negli anni settanta, al quotidiano” il Manifesto”.

“Il loro obiettivo, che è lo stesso di Meloni, è la formazione di una destra conservatrice che sia alleata delle altre destre radicali europee e di quella statunitense”, spiega “Caldiron”.

 “Qual è il punto d’incontro tra il postfascismo e il nuovo conservatorismo radicale?

La ricostruzione di un mondo antagonista alla modernità egualitaria, che percepiscono come erede del vogliamo tutto sessantottino”.

 Da qui l’insistenza sui “valori, a partire dalla famiglia tradizionale, tutti fondati sul rigetto del sessantotto”, conclude “Caldiron”.

In questo senso, la campagna politica di “Aliud” sull’“identità di genere non binaria”, cominciata con lo “schwa” rovesciato, è esemplare. 

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