Quando potremo dire che i padroni del mondo odiano l’umanità?
Quando
potremo dire che i padroni del mondo odiano l’umanità?
Estratto
dal libro "I Piani
Segreti
del Club Bilderberg."
Macrolibrarsi.it
- Cristina Martin Jiménez – (20-2-2023) – ci dice:
(Autrice:
Cristina Martin Jiménez)
“Non
posso scrivere solo di rose e di luna perché, talvolta, alla luce della luna i
miei fratelli vedono una croce in fiamme attorniata da uomini con un cappuccio
nero.
Talvolta,
al chiar di luna si scorge un nero linciato e appeso a una corda, e il suo è un
funerale senza rose.”
(“Langston
Hughes”, scrittore e sostenitore del “Rinascimento di Harlem”).
Nel
corso di queste pagine, il mio intento è stato quello di mostrarvi una parte
della realtà di questo nostro mondo che molti si ostinano a negare
rabbiosamente malgrado l'evidenza.
Insieme,
ci siamo immersi in un'avventura:
scoprire
come l'umanità viene manipolata dai padroni del mondo e, cammin facendo, spero
abbiate scoperto al tempo stesso chi siete davvero, e che cosa si possa fare
unendosi per uno scopo giusto.
O
quantomeno, spero che questa lettura vi sia servita per porvi degli
interrogativi.
La
rivoluzione delle telecomunicazioni ha fatto sì che oggi non si viva più
isolati nel proprio paesino, o nella propria città, ma nel villaggio globale
come pronosticato dal semiologo “Marshall McLuhan”, che dopo aver partecipato a una
riunione del “Club Bilderberg” ne uscì disgustato.
Per
tutto il Novecento, personaggi legati alle sfere del potere, ma anche storici e
commentatori di prestigio, non hanno fatto altro che lanciare l'allarme
sull'esistenza di un potere occulto, organizzato in modo ferreo per raggiungere
un chiaro obiettivo: avere il mondo in pugno.
Chi ha
in mano l'oro, il denaro, sta dettando legge al resto dell'umanità.
Analisti
statunitensi, come il “dottor Quigley” - professore di storia di “Bill Clinton”
alla “Foreign Service School dell'Università di Georgetown” - o “Anthony Sutton”
sono stati i primi a denunciare questo stato di cose.
Hanno
segnato a dito la massoneria dell’élite (Bohemian Grove, SkuU and Bones, eccetera), i banchieri, la CIA e la Commissione
per le relazioni esterne del Senato (il CFR), per poi scoprire i piani della “Commissione
Trilaterale”:
tutte queste tracce mi hanno condotta al “Club
Bilderberg”, l'ultima organizzazione segreta di cui si sia avuta notizia.
Non
soltanto negli USA, ma anche in Europa e in America Latina si sono alzate voci
contro l'FMI, il G8, il G20 e il forum di Davos.
Ma le
congreghe di questo tipo sono molte di più e tutte insieme, efficacemente
legate tra loro grazie ai loro componenti che solitamente appartengono a più
associazioni contemporaneamente, muovono i fili del potere.
Abbiamo
toccato con mano che i moniti degli storiografi seri non erano frutto di teorie
complottiste, ma di fatti concreti divenuti sempre più tangibili con il passar
del tempo.
E che proprio per screditare chiunque denunci
i padroni del mondo, ricerche e critiche in questo senso vengono messe a tacere
e questo vale anche per le mie.
Ma c'è
un però:
Internet e i social network hanno compiuto il
miracolo di rendere possibile la comunicazione tra persone che vivono in
qualunque punto del pianeta, facendo sì che l'informazione nascosta dai
proprietari dei grandi gruppi transitasse comunque sulle autostrade virtuali,
unendo in movimenti di protesta tutti coloro che credevano di essere soli nella
lotta contro le ingiustizie e le corruttele del mondo.
Una
delle principali conclusioni del mio lavoro è che stiamo vivendo una
rivoluzione culturale, ossia economica, tecnologica e sociale;
una nuova fase della storia dell'umanità nella quale
stanno cambiando le strutture della comunicazione, la politica, la società, i
rapporti umani e il lavoro.
Stiamo
vivendo un punto di snodo nella storia, paragonabile a quello inaugurato
dall'invenzione della stampa.
Oggi
la stampa si chiama «nuove tecnologie della comunicazione», e queste stanno cambiando tutto.
Molti
se ne spaventano, si sentono intimoriti e spaesati perché non capiscono che
cosa stia accadendo e perché non riescono a trovare la propria collocazione nel
mondo, dal momento che questa rivoluzione richiede meno mano d'opera in alcuni
ambiti aziendali, nel pubblico come nel privato, ma anche nuove
specializzazioni.
Con
l'avvento della “Rivoluzione industriale”, i lavoratori protestavano facendo a
pezzi le macchine nel timore di perdere il proprio ruolo.
Ma non preoccupatevi:
questa
è solo una fase della rivoluzione in atto, bisogna sapersi adattare e
reinventare. Ma non abbiate paura, perché la paura impedisce di lottare.
I
padroni del mondo ambiscono a controllare questa nuova rivoluzione, ma la
situazione sta sfuggendo loro di mano.
Questa
loro santa alleanza non ha funzionato neppure con i governanti di alcuni Paesi
o con i dirigenti di altri imperi o culture.
Oggi,
il dibattito è tra la loro democrazia globale e quella dei popoli.
I
giapponesi difendono una globalizzazione in cui la dimensione locale abbia il
proprio spazio.
Ma i padroni del potere sono così ingordi da
volere tutto, ed è per questo che stanno fallendo nel loro intento.
Il
popolo si è accorto della loro ingordigia e della loro boria e si è ribellato.
Ha
perso la paura e li ha fronteggiati.
Il più
colossale errore dei padroni del mondo è stata la smania di imporre il loro
governo mondiale con la forza («tramite il consenso o per imposizione», aveva dichiarato il
banchiere Warburg nel 1950).
Anziché
spiegare alla cittadinanza che cosa stia accadendo, in che punto della storia
si trovi l'umanità, quale sia la rivoluzione di cui siamo testimoni, hanno
seminato paura e confusione nell'illusione di poter mettere le mani su tutto,
generando il caos.
Sono
cose che i nostri governanti non ci spiegano perché a sapere che cosa stia
accadendo davvero sono in pochissimi.
Neppure
gli stessi padroni del potere, che saltellano inconsultamente da un luogo
all'altro senza sapere come fare per accaparrare tutto.
Persino i loro complici si sono ridotti a
eseguire ordini senza neppure sapere chi li abbia impartiti, e si sentono persi
anche loro.
Ma
molti altri ancora che si sentono persi volgono lo sguardo verso una vecchia
questione dimenticata.
Racconti, miti sull'aldilà, superstizioni,
verità, pretesti per scatenare guerre, l'inconscio individuale e collettivo di
cui parla “Jung”, l'interpretazione dei sogni messa in campo da “Freud” ...
Mi
riferisco alla religione.
Non
dimentichiamo, però, che anche questo aspetto figura nella loro agenda segreta:
la
religione unica, infida come una serpe.
La
religione per giustificare le guerre giuste.
Pareva
proprio che tutto fosse stato pianificato alla perfezione, ma non hanno fatto i
conti con la loro stessa superbia.
Il Prometeo, il “Lucifero delle loro logg”e, è
caduto in disgrazia agli occhi degli dèi per la sua invidia e per la sua
superbia.
Ecco
l'altro grave errore dei padroni del mondo:
l'aver ignorato il monito che pur figura nel loro
stesso manuale di guerra tranquilla, quel non perdere «le qualità di
discrezione e di umiltà.
Tali
virtù sono esercitate nel Suo proprio interesse superiore.
Non si devii da esse».
E invece nella loro boria, nel loro
narcisismo, se ne sono allontanati.
Forse
la speranza è vana, ma chissà che non imparino la lezione e comunque non guasta
ricordar loro che non devi volere per gli altri ciò che non vorresti per te,
come recita il “tao”.
Ora la
patata bollente ce l'hanno in mano loro: come faranno a ripassarcela di nuovo?
Sono riusciti a farsi odiare da tutti proprio con quel
loro tramare nell'ombra, con il loro rifiutarsi di parlar chiaro, con il loro
incaponirsi a voler tener segreto ciò che riguarda tutù, con la loro velleità di divenire
padroni assoluti della democrazia e, peggio ancora, dell'animo umano.
Hanno
fatto fuori “Kennedy”, colpevole di aver denunciato il segreto come metodo di
organizzazione sociale, di aver impedito loro di attaccare Paesi interi.
Hanno tolto di mezzo “Lincoln” perché aveva
abolito la schiavitù, hanno ridotto al silenzio pensatori e giornalisti che
avevano denunciato i loro abusi.
E ora,
accecati dalla loro stessa boria, non capiscono che, intestardendosi a tirar
pietre contro i muri che loro stessi hanno eretto per dividere i popoli,
rischiano solo di vedersele rimbalzare sulla faccia.
Dovrebbero
smetterla di voler comandare e mettersi invece ad ascoltare quella popolazione
che hanno la velleità di soggiogare.
I padroni del potere sono perduti perché si
erano illusi che il popolo li avrebbe venerati, che li avrebbe seguiti solo
perché sostenevano di essere perfetti, di essere dei benefattori dell'umanità e
che quello era il solo modo giusto di dirigere il mondo.
A chi
governa, a una guida, viene richiesto di guidare, di mostrare, di suggerire,
non di imporre con la forza e neppure per consenso, perché altrimenti chi è
governato rischia di sentirsi in trappola e di ribellarsi.
E le ribellioni, con buona pace di chi
pretende il contrario, non sono controllabili.
Un
essere umano sotto pressione, angosciato, è capace di tutto.
Chi ha
perso tutto giunge alla conclusione di avere tutto da guadagnare altrove e di
non sottostare più a un gioco che non è il suo.
I padroni
del potere hanno fallito in un atto squisitamente umano: la comunicazione.
Non vi
è comunicazione tra la sfera del potere globale e il popolo.
Non vi
è comunicazione quando chi pretende di governare il mondo si rintana in
incontri a porte chiuse a decidere dei nostri destini.
Si
sono creduti padroni delle nostre vite, ma sono sopra di noi soltanto nelle
otto ore di lavoro che dedichiamo loro in cambio di uno stipendio.
Si
sono autoproclamati padroni del nostro denaro, usando i risparmi che avevamo
depositato nelle loro banche per gestirli a piacimento e, peggio ancora,
rubandoceli.
Si
sono creduti i nostri padroni quando, con gli strumenti della pubblicità, del
cinema e delle arti, ci hanno spinti a spendere i nostri soldi nei prodotti che
ci offre un mercato in mano a loro.
Si
sono creduti padroni delle nostre opinioni quando, usando intellettuali al loro
soldo, ci hanno voluto persuadere a prendere partito per una guerra, o per
l'aborto, o per il matrimonio omosessuale.
E si sono creduti padroni dei nostri
sentimenti quando i loro guru della psichiatria e della psicologia hanno
tentato di dettarci persino ciò che dovevamo provare.
Ma si
sono dimenticati di una cosa: del libero arbitrio.
Non
avranno mai il controllo della libertà dell'anima, né individuale, né
collettiva.
E
questo li ossessiona, li fa sentire frustrati.
I
padroni del mondo ci odiano perché nasciamo liberi e moriremo liberi. E si
sentono persi, esattamente come tutti noi.
Chi
lavora per farci perdere la strada si è perso a sua volta.
Un errore di comunicazione, e la loro barca
vaga alla deriva.
Il
mondo si sente perso a causa dell'odio che loro hanno seminato ovunque.
Dell'odio
che fomentano per tenerci costantemente in guerra, o in uno stato di paura.
E contro l'odio vi è solo una ricetta
possibile: l'amore, l'avvicinamento all'altro, il dialogo, la comprensione.
Aiutare
e lasciarsi aiutare.
Il
pianeta è nostro, è degli esseri umani, ma i padroni del mondo vogliono
rubarcelo.
Dobbiamo
invece costruire la nostra comunità, il nostro governo mondiale, alle nostre
condizioni.
Armi
in pugno, perché questa non è una battaglia, ma una guerra che loro hanno
dichiarato alla vita.
Vogliono
decimare la popolazione perché hanno già troppi vassalli nel loro mondo ideale,
nell'Arcadia felice cui aspirano.
Arcadia
per la quale lavorano nell'ombra giorno dopo giorno, lontano dagli occhi
dell'opinione pubblica.
Hanno
paura di noi.
Hanno molta più paura loro di quanta non
potremo averne mai noi, ed è per questo che si affannano per seminare il panico
nelle nostre menti.
Ma non
date loro retta: è un panico indotto.
Voi
siete forti, siete umani e loro non vogliono che lo sappiate, vi spogliano
della vostra stessa natura parlando di consumatori.
No: ancor prima che consumatori, siamo esseri
umani: qualcosa di grandioso, e ciò risulta loro insopportabile.
Vogliono
asfissiarci, ucciderci.
Non
dobbiamo permetterlo:
come dicono gli “Yaqui”, nativi americani
dello “Stato messicano di Sonora”, meglio morire in piedi che vivere in
ginocchio.
Sono
in gioco le sorti dell'umanità:
vengono
decise in uffici dai pavimenti in marmo, dietro a lunghe scrivanie in mogano,
in cima a grattacieli che, come torri di Babele, pretendono di sfidare l'Olimpo
con i suoi dèi.
Dite
di no!
Non battetevi per le loro consegne, non cadete
nella trappola di usare le loro stesse parole, come per esempio «giustizia
sociale»:
senza giustizia individuale, non vi è
giustizia sociale possibile.
Non fatevi ingannare dal vessillo
dell'uguaglianza:
non
siamo uguali, ognuno di noi è unico e irripetibile, non siamo massa, non siamo
schiavi.
Siamo
liberi.
E
questo, il frastuono dei loro rumori infernali non deve farvelo dimenticare.
Signori,
l'umanità non vi vuole.
Non vuole il vostro ordine mondiale e non ha
intenzione di sottomettersi.
Non è
in vendita.
Non
siamo articoli del vostro mercato unico.
Vogliamo
un pianeta umano, in cui la vita abbia la meglio sulla morte che volete
imporre.
Caro signor “Chomsky”, noi ci uniremo, e lo stiamo già
facendo, ma non tra Paesi del Sud contro Paesi del Nord, bensì tra esseri umani
contro i padroni del mondo.
Caro
signor Juncker, noi non vogliamo guerre fratricide, vogliamo giustizia per le
persone che da decenni subiscono la crisi, i debiti e i crimini dei padroni del
potere.
Vogliamo giustizia per i popoli depressi e in
guerra, dato che, stando al Codice Penale, l'omissione di soccorso è un reato.
Non
vogliamo segreti, vogliamo lavorare, vivere e morire in pace.
Ciò
che state facendo ora su scala globale l'avete già fatto con i Paesi che avete
bollato come Terzo Mondo.
Vi siete attribuiti persino il potere di
bollare, etichettare e classificare le nazioni.
Depredavate
ogni loro ricchezza naturale, avete fomentato le guerre e l'odio tra le etnie,
le avete armate, le avete sterminate.
E ora
avete la pretesa di fare lo stesso con quelli che chiamate Paesi sviluppati o
emergenti.
Ma non
siete né nostri padroni, né nostri proprietari.
Non
siete nostro padre, non siete nostra madre.
Non
siamo figli dell'onnipotente Stato unico.
Siamo
figli della vita e siamo qui per vivere, non per morire.
E se dobbiamo morire, che sia per i nostri
sogni e i nostri ideali, non per i vostri.
Oggi
si può votare su Internet, sposarsi su Internet, ma il web non potrà mai emulare la sensibilità con cui si
dà una carezza.
E non
si può fare nemmeno l'amore via Internet, né guardare l'altro negli occhi da
uno schermo al plasma.
Sono queste potenzialità e qualità umane
insostituibili e insuperabili.
La
rivoluzione che deve ancora scoppiare è quella dell'amore, l'amore verso il
prossimo e verso sé stessi.
Per
quanto tempo ancora intendiamo rinviarla?
Lo
pseudo amore e le sette dello pseudo amore che noi andiamo finanziando non
servono a nulla.
Solo
nell'autentico mondo dell'amore potremo ritrovare la rotta, ritrovare noi
stessi e tutti gli altri che sentono e pensano come noi:
così
non ci sentiremo più persi.
Ci vuole luce in questa epoca di tenebre, ma
non la luce artificiale progettata dai padroni del mondo:
luce umana, luce interiore che rischiari le
tenebre all'esterno.
Essere
liberi non è soltanto liberarsi dalle catene, ma vivere in un mondo che
rispetti e apprezzi la libertà degli altri, come ha detto “Nelson Mandela”.
L'umanità
tutta deve unirsi per opporsi, non permettiamo loro di continuare a dividerci.
Avete
ormai capito che non si tratta di teorie cospirazioniste, come loro stessi
hanno cercato di farci credere al solo scopo di screditare chi lavorava per
smascherarli.
Nel corso
di queste pagine sono stati loro a svelarci con le loro stesse parole i loro
veri obiettivi.
Perché
voi poteste conoscere tali obiettivi, io ho svolto un approfondito lavoro di
ricerca e analisi, radunando i tasselli e collocandoli al loro posto, tasselli
che loro avevano accuratamente nascosto e disperso in modo che nessuno potesse
capire che quanto sta accadendo nel mondo in cui viviamo è il prodotto delle
loro azioni deliberate, non del caso o dei cicli economici, come cercano di
farci credere.
E sebbene
attuino tutte le strategie per ingannarci, l'essere umano possiede una cosa che
gli antichi avevano chiamato «intelligenza naturale».
Ciò
che molti di voi avevano già subodorato esiste veramente.
Non è
un caso che gli studi di psicologi e psichiatri siano presi d'assalto.
Non è
un caso che la maggior parte della popolazione sia costretta ad assumere
ansiolitici o antidepressivi.
Non è
un caso che i media siano intrisi di pessime notizie e pronostichino un futuro
spaventoso.
Non è
un caso che ci sia la crisi.
Sono
stati loro a crearla.
E il
miglior modo per lottare contro il sistema creato dal “Club Bilderberg” è un
cambiamento interiore.
Vedere il mondo e sentirlo con gli occhi
dell'anima.
Ascoltare
sé stessi, unire le forze, quelle stesse forze che da tempo immemorabile loro
cercano di farci dissipare ogni giorno per farci sentire perduti.
È
molto importante essere correttamente informati, non perdere mai la voglia né
il piacere di imparare.
Spiritualità
e scienza non sono l'una contro l'altra, ma complementari tra loro, come scrive
il grande” Cari Sagan”:
«La scienza non soltanto è compatibile con la
spiritualità, ma è anche una profonda fonte di spiritualità.
Riconoscendo
il nostro spazio in un'immensità di anni luce e nel succedersi delle ere,
cogliendo la complessità, la bellezza e la sottigliezza della vita, si prova un
sentimento elevato, un misto di gioia e umiltà, che è indubbiamente spirituale».
Non è
un caso che pretendano di controllare tanto le scienze naturali, come quelle
dello spirito con la loro religione unica e globale.
Ci
faccia riflettere la frase di “Calderón de la Barca” in “La vita è sogno”: «Ed io con maggior arbitrio, ho meno
libertà?»
Noi
questo non possiamo permetterlo. Gli esseri umani sono nati per essere liberi.
Non
abbiate paura, e abbiate il coraggio di sognare.
Di sognare un'altra realtà, un mondo diverso,
e datevi da fare ogni giorno per costruirlo.
Abbiate
fiducia in voi, nell'umanità, imparate, crescete, non demordete, siate voi i
capitani della vostra nave e recuperate la rotta perduta.
La
ribellione è una sollevazione davanti ad attacchi economici o politici.
La
vera rivoluzione è in voi.
(Cristina
Martin Jiménez)
“WaPo”
cancella la bizzarra intervista
di Zelensky in cui accusa “Paper”
di
aiutare la Russia.
Zerohedge.com
- Tyler Durden - Dave DeCamp – (15 MAGGIO 2023) – ci dicono:
(AntiWar.com)
Aggiornamento:
Sembra,
dato il diffuso riconoscimento dell'ignoranza di Zelensky, che il “Washington
Post” abbia ripristinato l'imbarazzante estratto dell'intervista che era stato
cancellato in precedenza.
Il
leader ucraino Zelensky era arrabbiato per le informazioni rivelate da un
documento trapelato, dicendo che condividere tali informazioni in Ucraina era un
"crimine".
Il “Washington
Post” ha cancellato una parte di un'intervista con il presidente ucraino “Volodymyr
Zelensky”, in cui accusava il giornale di aiutare la Russia ponendo una domanda
sulle informazioni contenute in documenti classificati trapelati.
L'intervista
è stata condotta il 1 ° maggio e pubblicata sabato.
Una
versione archiviata dell'intervista mostra uno scambio di battute tra” Zelensky
“e il “Post”, che è stato successivamente cancellato.
Il “Post”
ha chiesto a Zelensky dei documenti ottenuti che hanno detto che mostrano che i
membri della direzione principale dell'intelligence ucraina, nota come “HUR”,
avevano "contatti dietro le quinte" con “Yevgeny Prigozhin”, il capo della forza mercenaria russa “Wagner
Group”.
Zelensky
sembrava pensare che il “Post “avesse ricevuto le informazioni da un ucraino e
avesse chiesto al giornale di rivelare la sua fonte.
"Vorrei
anche farti una domanda: con quali fonti dall'Ucraina hai contatti?
Chi
sta parlando delle attività della nostra intelligence?
Perché
questo è il crimine più grave nel nostro paese.
Con
quali ucraini stai parlando?", ha detto.
Il “Post”
ha detto che le informazioni "non provenivano dall'Ucraina" e che
facevano parte delle fughe di notizie di “Discord”, che hanno rivelato informazioni
ottenute dallo spionaggio statunitense su Zelensky.
Il “Post”
ha detto che i documenti mostrano che “Kyrylo Budanov”, il capo della direzione
principale dell'intelligence ucraina, ha informato Zelensky di un
"piano russo per destabilizzare la Moldavia con due ex soci di
Wagner".
Il “Post”
ha aggiunto:
"
“Budanov” vi ha informato che vedeva lo schema russo come un modo per
incriminare “Prigozhin” perché 'abbiamo rapporti' con lui.
Lei ha
incaricato “Budanov” di informare il presidente moldavo “Maia Sandu”, e”
Budanov” le ha detto che il GUR [HUR] aveva informato “Prigozhin” che sarebbe
stato etichettato come un traditore che ha lavorato con l'Ucraina.
Il documento dice anche che “Budanov “si
aspettava che i russi usassero i dettagli dei colloqui segreti di “Prigozhin”
con il GUR [HUR] e gli incontri con gli ufficiali del GUR [HUR] in Africa.
Zelensky
ha risposto chiedendo se il giornale voleva l'aiuto della Russia.
"State
rilasciando una sorta di informazione che non aiuta il nostro stato ad
attaccare e non ci aiuta a difendere il nostro stato.
Quindi, non capisco bene di cosa stai
parlando.
Non
capisco bene il tuo obiettivo. Il tuo obiettivo è aiutare la Russia?", ha
detto.
Quando
il “Post” ha risposto dicendo che non voleva aiutare la Russia, Zelensky ha
risposto: "Beh, sembra diverso".
Non è
chiaro perché il “Post” abbia cancellato la parte dell'intervista, ma potrebbe
essere stato fatto per volere del governo ucraino, che in precedenza aveva
fatto pressioni su “CBS News” per rimuovere un documentario sugli aiuti
militari all'Ucraina.
Domenica
sera, il “Post” ha pubblicato un rapporto sui presunti contatti dell'”HUR” con”
Prighozhin”.
Il
rapporto afferma che “Prighozhin”, che è noto per parlare contro la leadership
militare russa, si è offerto di fornire all'Ucraina informazioni sulle
posizioni delle truppe russe se le forze ucraine si fossero ritirate da “Bakhmut”.
Ma il
rapporto afferma che i funzionari statunitensi e ucraini pensavano che la
proposta fosse in malafede.
“Prigozhin”
domenica ha fatto luce sulle accuse sui suoi contatti con l'HUR.
Secondo
il “Post”, ha incontrato funzionari dell'intelligence ucraina in un paese senza
nome in Africa.
"Sì,
certo che posso confermare questa informazione, non abbiamo nulla da nascondere
ai servizi speciali stranieri.
Budanov
e io siamo ancora in Africa", ha scritto “Prighozhin” su Telegram.
Ecco
la sezione dell'intervista che è stata cancellata:
“WaPo”:
I documenti indicano che il GUR, la tua direzione dell'intelligence, ha
contatti dietro le quinte con “Evgeny Prigozhin” di cui eri a conoscenza,
incluso l'incontro con “Evgeny Prigozhin “e gli ufficiali del GUR.
È
vero?
“Zelensky”:
Questa
è una questione di intelligence [militare]. Vuoi che io sia condannato per
tradimento di Stato?
E quindi, è molto interessante, se qualcuno
sta dicendo che hai documenti, o se qualcuno del nostro governo sta parlando
delle attività della nostra intelligence, vorrei anche farti una domanda:
con quali fonti dall'Ucraina hai contatti?
Chi
sta parlando delle attività della nostra intelligence?
Perché
questo è il crimine più grave nel nostro paese.
Con quali ucraini stai parlando?
“WaPo”:
Ho parlato con funzionari del governo, ma questi documenti non provengono
dall'Ucraina, provengono da...
“Zelensky”:
Non
importa da dove provengono i documenti. La domanda è: con quale funzionario
ucraino hai parlato?
Perché se dicono qualcosa sulla nostra
intelligenza, questo è tradimento.
Se
dicono qualcosa su uno specifico piano offensivo di un generale o di un altro,
anche questo è tradimento.
Ecco
perché ti ho chiesto, con quali ucraini stai parlando?
“WaP”o:
A proposito di questi documenti specifici? Sei la prima persona con cui parlo
di loro.
Zelensky:
Va bene.
“WaPo”:
E
posso leggerti quali informazioni ci sono esattamente su Prigozhin e il GUR.
Il 13 febbraio, “Kirill Budanov”, capo della
direzione principale dell'intelligence ucraina, vi ha informato di un piano
russo per destabilizzare la Moldavia con due ex soci di Wagner.
“Budanov”
ti ha informato che vedeva lo schema russo come un modo per incriminare “Prigozhin”
perché "abbiamo rapporti" con lui.
Lei ha incaricato “Budanov” di informare il
presidente moldavo “Maia Sandu”, e Budanov le ha detto che il GUR aveva
informato “Prigozhin” che sarebbe stato etichettato come un traditore che ha
lavorato con l'Ucraina.
Il documento dice anche che “Budanov” si
aspettava che i russi usassero i dettagli dei colloqui segreti di “Prigozhin”
con il GUR e degli incontri con gli ufficiali del GUR in Africa.
“Zelensky”:
Ascolta,
ad essere onesti, beh, hai appena letto qualcosa, dici qualcosa. Semplicemente
non capisco dove lo prendi, con chi parli e così via.
Parli
di come ho incontrato “Budanov”. Questo suggerisce che tu – come lo metti?
Sembra
che tu abbia persone che hanno alcuni record o hai qualche prova o hai
qualcosa, perché è quello che sembra.
Stai
di nuovo facendo, mi scuso, quello che stavi facendo prima.
State
rilasciando una sorta di informazione che non aiuta il nostro stato ad
attaccare e non ci aiuta a difendere il nostro stato.
Quindi, non capisco bene di cosa stai
parlando.
Non
capisco bene il tuo obiettivo. Il tuo obiettivo è aiutare la Russia? Voglio
dire, questo significa che abbiamo obiettivi diversi.
Se non
sono seduto allo stesso tavolo con loro, non capisco bene di cosa stiamo
parlando.
Ognuna
di queste inchieste semplicemente demotiva l'Ucraina, demotiva alcuni partner
ad aiutare l'Ucraina.
Beh,
in un modo o nell'altro, semplicemente non capisco il tuo obiettivo.
“WaPo”:
Il nostro
obiettivo non è aiutare la Russia.
Zelensky:
Beh,
sembra diverso.
“WaPo”:
Nessuno ci ha dato queste informazioni personalmente.
Questi
erano nei documenti trapelati, che indicano, come ho detto prima, che gli Stati
Uniti vi stanno ascoltando.
Google
svela un piano per demolire
l'industria del giornalismo
utilizzando
l'intelligenza artificiale.
Questo
potrebbe cambiare tutto.
Futurism.com
– Maggie Harrison – (11-5-2023) – ci dice:
Ricordate
nel 2018, quando Google ha rimosso "non essere cattivo" dal suo
codice di condotta?
Ultimamente
è stato all'altezza di quella rimozione.
Al suo
annuale I / O a San Francisco questa settimana, il gigante della ricerca ha
finalmente sollevato il coperchio sulla sua visione per la ricerca integrata
nell'intelligenza artificiale – e quella visione, a quanto pare, comporta il
taglio degli editori digitali alle ginocchia.
La
nuova interfaccia di ricerca basata sull'intelligenza artificiale di Google,
soprannominata "Search Generative Experience" o “SGE” in breve, coinvolge
una funzione chiamata "AI Snapshot".
Fondamentalmente,
è un'enorme funzione di riepilogo in cima alla pagina.
Chiedi,
ad esempio, "perché il pane a lievitazione naturale è ancora così
popolare?" - uno degli esempi che Google ha usato nella loro presentazione
- e, prima di arrivare ai “link blu” con cui tutti abbiamo familiarità, Google
ti fornirà un riepilogo generato da un modello linguistico di grandi dimensioni
(LLM).
O,
supponiamo, istantanea.
"I
normali risultati di ricerca di Google si caricano quasi immediatamente",
spiega “David Pierce” di “The Verge”.
"Sopra
di loro, una sezione rettangolare arancione pulsa e si illumina e mostra la
frase 'L'IA
generativa è sperimentale'.
Pochi
secondi dopo, il bagliore viene sostituito da un riepilogo generato dall'intelligenza
artificiale:
alcuni paragrafi che descrivono in dettaglio
il buon sapore del lievito madre, gli aspetti positivi delle sue capacità
prebiotiche e altro ancora.
"A
destra", aggiunge, "ci sono tre collegamenti a siti con informazioni
che Reid dice 'corroborano' ciò che è nel sommario".
Come
va da sé, questo formato di ricerca, in cui Google utilizza la tecnologia “AI” per rigurgitare Internet agli utenti,
è molto diverso da come funziona oggi Internet facilitato dalla ricerca.
In questo momento, se cerchi su Google la
stessa domanda – "perché il pane a lievitazione naturale è ancora così popolare?" – ti imbatteresti in una
scena più familiare:
un estratto in primo piano da qualsiasi sito
web abbia vinto la gara “SEO” (in questo caso, quel sito web era British
Baker), seguito da quella serie di “link blu”.
A
prima vista, il cambiamento potrebbe sembrare relativamente benigno. Spesso,
tutto ciò che le persone che navigano sul Web vogliono è comunque un riepilogo
rapido o un frammento di qualcosa.
Ma non
è ingiusto dire che Google, che ad aprile, secondo i dati di “SimilarWeb”,
ospitava circa il 91% di tutto il traffico di ricerca, è in qualche modo
sinonimo di, beh, Internet.
E Internet non è solo una cosa eterea,
predeterminata, come l'acqua naturale o l'aria.
Internet
è un mercato e Google è il suo kingmaker.
In
quanto tale, la “demo” solleva una domanda estremamente importante per il
futuro dell'industria del giornalismo già devastata:
se
l'intelligenza artificiale di Google sta per macinare il lavoro originale e
fornirne una versione distillata agli utenti su larga scala, senza mai collegarli
al lavoro originale, come faranno gli editori a monetizzare il loro lavoro?
"Google
ha svelato la sua visione su come incorporerà l'intelligenza artificiale nella
ricerca", ha twittato “James Vincent “di “The Verge.”
"La risposta rapida: divorerà il web
aperto e poi lo riassumerà / riscriverà / rigurgiterà (scegli l'aggettivo che
riflette il tuo livello di inquietudine) in una brillante interfaccia utente di
Google."
La
ricerca ha dimostrato che i consumatori di informazioni non arrivano quasi mai
nemmeno alla seconda pagina dei risultati di ricerca, per non parlare della
parte inferiore della pagina.
E peggio ancora, non è come Google che toglie
clic ai suoi commercianti di informazioni di lunga data assumendo un esercito
di scrittori di contenuti umani per sfornare riassunti.
La nuova interfaccia di ricerca di Google, che
è costruita su un modello che è già stato addestrato attraverso carichi di
barche su barche di produzione umana non pagata, apparentemente inghiottirà
ancora più contenuti creati dall'uomo e li sputerà di nuovo ai cercatori di
informazioni, togliendo allo stesso tempo preziosi clic agli editori che stanno
effettivamente facendo il lavoro di segnalazione curare, e tenere potenti
interessi come Google a rendere conto.
A partire
da ora, non è chiaro se o come Google prevede di compensare questi editori.
In una
dichiarazione inviata via email a “Futurism”, un portavoce di Google ha
affermato che "stiamo introducendo questa nuova esperienza di intelligenza
artificiale generativa come esperimento nei laboratori di ricerca per aiutarci
a iterare e migliorare, incorporando al contempo il feedback degli utenti e di
altre parti interessate".
"Mentre
sperimentiamo nuove funzionalità basate su “LLM” nella ricerca, continueremo a
dare priorità agli approcci che ci consentiranno di inviare traffico prezioso a
una vasta gamma di creatori e supportare un web sano e aperto", ha
aggiunto il portavoce.
Alla
domanda specifica se la società abbia intenzione di compensare gli editori per
qualsiasi contenuto rigurgitato dall'IA, Google ha avuto poca risposta.
"Non
abbiamo piani per condividere su questo, ma continueremo a lavorare con
l'ecosistema più ampio", ha detto il portavoce a “Futurism”.
Gli
editori, tuttavia, sono estremamente diffidenti nei confronti di questi
cambiamenti.
"Se
questo funziona davvero e viene implementato in modo fermo", ha scritto il
proprietario del sito “RPG Alex Donaldson”, "questa è letteralmente la
fine del modello di business per vaste aree di media “digitali lol".
Alla
fine della giornata, ci sono molte domande a cui Google deve rispondere qui,
non ultimo il fatto che i sistemi di intelligenza artificiale, incluso Google,
vomitano continuamente falsificazioni.
Il
gigante della Silicon Valley ha a lungo affermato che il suo obiettivo è
massimizzare l'accesso alle informazioni.
“SGE”,
tuttavia, sembra cercare di fare qualcosa di molto diverso – e se la società
non trova un modo per compensare gli editori per il lavoro che raccoglierà dai
giornalisti, gli effetti sull'effettivo accesso del pubblico alle informazioni
potrebbero essere catastrofici.
Gli
Stati Uniti stanno spostando
la
loro capitale a Gerusalemme?
Unz.com
- PHILIP GIRALDI – (16 MAGGIO 2023) – ci dice:
I
politici americani affollano Israele mentre smembrano la Costituzione degli
Stati Uniti in ossequio al potere ebraico.
Sembrerebbe
che i politici e i media americani pensino che il mondo intero dovrebbe
giustamente conformarsi agli ordini di marcia emanati da Washington, anche se
questa pretesa è diventata un po 'logorata dopo più di vent'anni di guerre
inutili iniziate e sostenute da una serie di presidenti e Congresso incapaci.
Sempre
più spesso, la comunità internazionale sta cercando una via d'uscita
dall'abbraccio stretto offerto dalla Casa Bianca, un crescente senso che un
mondo multipolare sarebbe molto meglio dello "stato di diritto"
dettato da qualsiasi superpotenza autoproclamata.
Recentemente
ci sono state indicazioni che, piuttosto che Washington essere il centro
dell'universo, quel titolo dovrebbe giustamente appartenere a Gerusalemme come
un Israele guidato da estremisti ha dimostrato il suo potere sugli idioti
auto-unti che si immaginano di essere i "leader" degli Stati Uniti
d'America.
Perché penso questo?
Credo davvero che ultimamente ci siano state diverse
interazioni che hanno coinvolto politici statunitensi e israeliani che
illustrano quanto sia ignorante e egocentrica la classe dirigente americana.
L'esempio
più eclatante della sindrome del "wag the dog" per cui Israele dice "salta" e i servili rappresentanti del
governo americano implorano di chiedere "Quanto in alto?" viene nientemeno che dal neo-nominato
presidente della Camera dei Rappresentanti Kevin McCarthy, che ha parlato
davanti alla Knesset israeliana il 1 ° maggio.San.
McCarthy ha voluto lusingare i suoi ospiti
israeliani sottolineando che viaggiare in Israele era il suo primo viaggio
all'estero come oratore, sottolineando il valore della relazione e osservando
che era anche solo il secondo oratore invitato a fare il viaggio nello stato
ebraico per rivolgersi alla Knesset.
McCarthy
era accompagnato dal solito cast di “toadies” del Congresso che affollano
Israele durante ogni ricreazione.
Il gruppo era bipartisan e comprendeva
l'odioso “Steny Hoyer” del Maryland che ha fatto e persino guidato l'entourage
strisciante più di venti volte.
McCarthy,
che non è mai stato accusato di avere una grande potenza cerebrale, ha
pronunciato un discorso prevedibile che ha prodotto le standing ovation pro
forma del pubblico, ma vorrei richiamare l'attenzione su una parte di esso in
particolare dove ha detto quanto segue:
"Questo
è il fondamento della nostra relazione speciale: siamo gli unici due paesi
nella storia che sono stati concepiti in libertà e dedicati alla proposizione
che noi sono tutti uguali.
I nostri valori sono i vostri valori.
Il
nostro patrimonio è il vostro patrimonio.
I nostri sogni sono i vostri sogni.
L'America è grata per la nostra amicizia con
Israele.
Siamo
una nazione migliore grazie a questo.
E non dobbiamo mai esitare a difenderlo...
Finché sarò oratore, l'America continuerà a sostenere pienamente il
finanziamento dell'assistenza alla sicurezza in Israele".
Quasi
ogni riga in questa parte del discorso di McCarthy è fondamentalmente una vera e propria menzogna o una distorsione della realtà a tal
punto da essere incomprensibile.
La Palestina, tra l'altro, non è stata
menzionata da McCarthy, ma come può Israele affermare di essere "concepito
in libertà" con la "proposizione che siamo tutti uguali" quando
è stato impegnato nel genocidio e nell'espulsione, nonché nella violenza
approvata dal governo diretta contro la sua popolazione soggetta cristiana e
musulmana?
E se i
valori americani e israeliani sono identici, possiamo aspettarci negli Stati
Uniti leggi diverse basate sulla religione?
E il nostro "patrimonio" comune?
Gli
ebrei israeliani affermano di essere "scelti", non è vero?
E infine, come diavolo fa McCarthy a sostenere
che gli Stati Uniti sono una nazione migliore grazie ai suoi legami con
Israele?
È
ridicolo e offensivo, ma porta alla battuta finale che McCarthy sta facendo un
impegno incostituzionale per difendere Israele, non importa cosa facciano il
primo ministro Benjamin Netanyahu e la sua banda di criminali, presumibilmente
per includere l'attacco all'Iran.
McCarthy dovrebbe essere messo sotto accusa.
O ancora meglio dovrebbe magicamente diventare
un palestinese e passare un paio di mesi sotto l'occupazione israeliana.
Potrebbe
cambiare la sua melodia.
McCarthy
continuò la sua campagna di esaltazione di Israele dopo il suo ritorno a
Washington.
Il 9
maggioesimo, ha bloccato un tentativo della deputata Rashida Tlaib di ospitare
un incontro al “Capitol Visitor Center” che avrebbe incluso almeno nove gruppi
per un evento intitolato "La Nakba 75 e il popolo palestinese".
"Nakba"
nel titolo dell'evento annullato di “Tlaib” è la parola araba per
"catastrofe", il che avrebbe significato che gli oratori avrebbero
descritto la fondazione dello stato di Israele come una "catastrofe"
per gli abitanti arabi della Palestina storica, che è stata con centinaia di
migliaia di persone rimaste senza casa, molte delle quali finite nei campi
profughi.
McCarthy ha annunciato in un messaggio che
stava chiudendo l'evento, twittando che
"Questo
evento nel Campidoglio degli Stati Uniti è stato cancellato. Invece, ospiterò
una discussione bipartisan per onorare il 75 ° anniversario delle relazioni
USA-Israele".
L'annuncio
di McCarthy è stato in risposta a una lettera del “CEO” dell'”Anti-Defamation
League” (ADL) “Jonathan Greenblatt” a lui indirizzato che diceva che ADL aveva
preoccupazioni sul fatto che alcuni degli organizzatori dell'evento
"Nakba" "hanno un record di retorica che demonizza e delegittima
Israele, così come pericolosi stereotipi sui sostenitori di Israele".
Apparentemente la libertà di parola relativa a
un evento storico non è nemmeno consentita ai membri del Congresso nell'America
occupata dai sionisti di oggi.
Se
sono necessarie ulteriori prove della melma che è nel cuore della classe
politica americana, citerei un altro evento che ha avuto luogo a Gerusalemme il
27 aprile.esimo come vergognoso e vergognoso.
E
"no" non mi riferisco alla polizia e all'esercito israeliani che
hanno ucciso altri adolescenti palestinesi intorno a quella data prima di
rubare le loro case di famiglia e distruggere i loro mezzi di sussistenza.
Mi
riferisco alla performance strisciante del governatore della Florida e
aspirante alla presidenza “Ron DeSantis” nell'inchinarsi al potere e al denaro
ebraico durante il suo viaggio in Israele.
Il suo
ripugnante strisciare davanti ai suoi padroni è culminato nella sua firma di
una nuova legge statale che sfrutterà, tra l'altro, il meccanismo
dell'"odio" per criminalizzare quasi tutte le critiche o persino lo
scetticismo nei confronti dell'apartheid israeliano, della cosiddetta narrativa
dell'olocausto o del comportamento di gruppi e individui ebrei.
Alla
firma, DeSantis si è vantato di come "Stiamo facendo quello che
possiamo fare in Florida per migliorare la capacità di ritenere le persone
responsabili quando ciò supera davvero la linea di condotta minacciosa. Stiamo
combattendo".
Ha
anche chiarito che la legislazione riguardava tanto Israele quanto l'ebraismo,
sostenendo che rifiutare "il diritto di Israele ad esistere è antisemitismo" e aggiungendo che il movimento non violento di
Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) è "DOA" nel suo
stato.
Ha
anche descritto in modo bizzarro "la ricerca di armi nucleari da parte
dell'Iran" come una "minaccia esistenziale per lo stato di Israele e
per gli Stati Uniti d'America".
Forse “Desantis
“avrebbe dovuto verificare con la “CIA” e persino con il “Mossad” prima di
commentare l'Iran, poiché entrambi hanno confermato che gli iraniani non hanno
attualmente un programma di armi nucleari.
Non
sorprende che Desantis affermi che "la Florida è lo stato più amico di Israele nel
paese e finché sarò governatore, continueremo a stare con la comunità
ebraica".
In questo ha senza dubbio ragione.
Ventisei altri stati hanno penalizzato
chiunque cercasse di boicottare Israele o di promuoverlo, a volte per includere
la negazione di posti di lavoro o benefici governativi, ma non c'è dubbio che
la Florida sia attualmente il numero uno nella sua deferenza allo stato ebraico
e ai suoi interessi rivendicati.
Il
disegno di legge (HB 269 / SB 994), che è passato all'unanimità in entrambe le
camere della legislatura della Florida, tenta di criminalizzare ciò che
percepisce come antisemitismo.
Anche se il suo linguaggio evita di
identificare gli ebrei come classe protetta, il chiaro intento del documento è
quello di fare proprio questo. Lo fa trasformando quelli che una volta sarebbero
stati visti come incidenti banali in crimini d'odio, che sono crimini.
Include
"sporcare un cortile con un volantino, molestare le persone, interrompere
scuole o servizi religiosi, deturpare tombe e alcuni edifici o proiettare
immagini sulla proprietà di qualcun altro" come possibili azioni rese
criminali basate su pregiudizi razziali o etnici, rendendoli crimini d'odio.
Potrebbe significare, ad esempio, che se
qualcuno ride dei vestiti di un'altra persona e se l'abbigliamento è
considerato "etnico o religioso", quella persona può essere arrestata
e accusata di un crimine di terzo grado come crimine d'odio.
Oppure, se uno studente in una classe di
storia universitaria contesta la narrativa standard in gran parte inventata
relativa alla fondazione di Israele, uno studente ebreo può fingere angoscia e
chiedere che l'autore del reato venga arrestato.
Uno
dei co-sponsor del disegno di legge, il rappresentante dello Stato “Randy Fine”,
che era presente alla firma a Gerusalemme, ha spiegato come
"Non
esiste un diritto di condotta del Primo Emendamento. Se graffiti un edificio,
ora è un crimine, ma se la tua motivazione è l'odio, sarà un crimine di terzo
grado e passerai cinque anni in prigione.
Se vuoi gettare rifiuti, è un crimine in
questo momento, ma se rifiuti e la tua motivazione è un crimine d'odio, sarà un
crimine di terzo grado e passerai 5 anni in prigione.
"
Dopo che il disegno di legge è passato al Senato, “Fine” ha twittato che il
disegno di legge era "il più forte disegno di legge sull'antisemitismo negli Stati
Uniti"
aggiungendo
"Ai teppisti nazisti della Florida, ho una notizia: attacca gli ebrei
nelle loro proprietà e andrai in prigione. Mai più significa mai più".
Un
altro co-sponsor, Mike Caruso, ha avvertito: "Se non facciamo nulla,
avremo di nuovo la Germania nazista del 1933".
DeSantis,
che sta cercando
denaro ebraico e sostegno dei media per la sua corsa alla presidenza, ha
trasformato in una sorta di replica del suo viaggio inaugurale in Israele nel
2019.
A quel
tempo, si vantava, come “Kevin McCarthy”, che il suo primo viaggio all'estero
era stato per un buon amico e alleato perpetuo Israele.
Ha
portato con sé tutto il suo gabinetto governativo per celebrare la sua elezione
e ha firmato teatralmente un precedente disegno di legge (HB 741) a Gerusalemme
che cercava di "criminalizzare il discorso politico ordinario"
rendendo la religione come una "classe protetta" simile al
"razzismo" da includere nella legislazione sui "crimini
d'odio".
La
nuova designazione includeva specificamente tentativi di "demonizzare
Israele".
Il
disegno di legge della Florida includeva anche la controversa definizione di
antisemitismo dell'”International Holocaust Remembrance Alliance”, simile a
quella che è favorita dall'ufficio dell'inviato speciale del Dipartimento di
Stato degli Stati Uniti per monitorare e combattere l'antisemitismo, sostenendo
che "l'antisemitismo"
è "una certa percezione del popolo ebraico, che può essere espressa come
odio verso il popolo ebraico, manifestazioni retoriche e fisiche di
antisemitismo dirette verso una persona, la sua proprietà, o verso istituzioni
della comunità ebraica o strutture religiose".
Secondo
il disegno di legge, il movimento “BD”S è stato definito come un gruppo
terroristico di "odio" non diverso dal “Ku Klux Klan” (KKK) o dallo”
Stato islamico in Siria” (ISIS), che a quel tempo ha spinto alcuni libertari
civili a chiedersi se le critiche al comportamento dello stato ebraico
potessero essere deliberatamente fraintese come un "crimine d'odio
antisemita" che dovrebbe o potrebbe essere interpretato come una critica
al popolo ebraico e alla sua religione.
L'HB
741 ha modificato lo statuto dei "crimini d'odio" della Florida per
includere atti "antisemiti" come:
"Invocare,
aiutare o giustificare la violenza contro gli ebrei.
"Asserire
miti su una cospirazione ebraica mondiale o che gli ebrei controllano i media,
l'economia, il governo o altre istituzioni.
"Accusare
il popolo ebraico nel suo complesso di essere responsabile di illeciti reali o
immaginari da parte di una singola persona, gruppo o stato di Israele ebreo, o
di atti di non ebrei.
"Accusare
il popolo ebraico di inventare o esagerare l'Olocausto.
"Accusare
i cittadini ebrei di paesi diversi da Israele di essere più fedeli a Israele
che alle loro nazioni.
"Demonizzare,
applicare un doppio standard o delegittimare Israele".
Desantis
ha a lungo coltivato ambizioni politiche e, riconoscendo il potere e la
ricchezza di coloro che sono appassionati di Israele, nutre una particolare
"sensibilità" per le questioni ebraiche e israeliane come mezzo per
aiutarlo ad andare avanti e verso l'alto.
Quando
era un membro del Congresso, i sopravvissuti all'attacco israeliano alla USS
Liberty che uccise 34 marinai americani che vivevano nel suo distretto in
Florida riferiscono che cercarono di incontrarlo per discutere la possibilità
di aprire una nuova inchiesta sull'incidente. Anche se Desantis è un ex ufficiale
della Marina, ha rifiutato di incontrarli.
Il
potere dell'ebraismo internazionale è stato più osservabile nei tentativi
ampiamente riusciti di mettere a tacere le critiche a Israele rendendo tale
attività descrivibile come motivata dall'antisemitismo.
L'ex
ministro del governo israeliano Shulamit Aloni ha persino descritto la pratica
di etichettare tutti i critici come antisemiti come
"È
un trucco. Lo usiamo sempre... la sofferenza del popolo ebraico" è
abitualmente usata per "giustificare tutto ciò che facciamo ai
palestinesi".
Un
certo numero di paesi europei ha anche criminalizzato ciò che viene descritto
come "negazione dell'olocausto" e in Germania e Francia hanno
imprigionato coloro che violano le leggi, anche quando tale negazione consiste
solo nel mettere in discussione alcuni dei fatti che sono impiegati nella
narrazione standard accettata dell'evento.
L'ultimo paese a salire sull'espressione
"incitamento all'odio" è l'Irlanda, dove la nuova legislazione è
all'esame del parlamento del paese.
È
interessante notare che il dibattito su ciò che è permesso dire senza offendere
penalmente qualcun altro si è in gran parte concentrato sui transessuali e
sull'identità di genere, ma è stato anche osservato che la legge avrebbe un
impatto sui sostenitori della causa palestinese che criticherebbero
forzatamente Israele, lo stato ebraico.
Ciò
potrebbe facilmente essere interpretato come antisemitismo e portare a pesanti
multe o addirittura al carcere.
È interessante notare che il disegno di legge
criminalizza persino il semplice possesso di materiale considerato
"odioso".
In
ogni caso, la guerra interna dedicata a sradicare ciò che viene definito
antisemitismo continua e cresce negli Stati Uniti, anche quando è banale, in
gran parte immaginario, o addirittura fabbricato da gruppi di odio come l'ADL
guidato dall'orribile “Jonathan Greenblatt”.
E se la libertà di parola e la ricerca onesta
devono essere sacrificate lungo la strada, così sia.
Il 10
maggioesimo l'amministrazione Biden ha usato il suo veto al Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite per bloccare un rapporto sui crimini di guerra di
Israele nel colpire i civili mentre bombardava Gaza, che ha ucciso 25
palestinesi, per lo più donne e bambini.
Non
sorprende che il Segretario di Stato “Antony Blinken,” il Segretario alla
Difesa “Lloyd Austin” e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale “Jake
Sullivan”abbiano risposto allo sviluppo dichiarando il loro incrollabile
sostegno al "diritto di Israele a difendersi".
Chiaramente,
per la stragrande maggioranza dei politici a Washington e anche a livello di
stati, la fedeltà e la sottomissione a Israele e ai suoi interessi sono più
importanti della protezione dei diritti costituzionali o della gestione di una
politica estera sana e responsabile.
Ci si chiede se “Ron Desantis”, se eletto
presidente nel 2024, potrebbe tenere il suo insediamento a Gerusalemme, proprio
come ha fatto quando è diventato governatore.
Sarebbe
davvero una sorta di sollievo – finalmente il riconoscimento definitivo di chi
è veramente al comando qui in America.
(Philip
M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del “Council for the National Interest”,
una fondazione educativa deducibile dalle tasse.”
DENUNCIATI
L’EX MINISTRO SPERANZA
E L’EX DG AIFA MAGRINI:
“SEQUESTRATE IL VACCINO PFIZER BIONTECH”
Comedonchisciotte.org
- Valentina Bennati – (16 Maggio 2023) – ci dice:
Una
denuncia voluminosa, circa 80 pagine più allegati, è stata depositata ieri
mattina alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nei confronti
dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza e dell’ex Direttore Generale di
AIFA Nicola Magrini.
Gli
avvocati Angelo Di Lorenzo e Antonietta Veneziano di AVVOCATI LIBERI hanno
agito su mandato del Comitato Ascoltami (che riunisce molte persone che hanno
subito reazioni avverse dopo la vaccinazione anti-Covid), dell’associazione
O.S.A. (composta da membri delle Forze dell’Ordine, Forze Armate e da tutte le
categorie che concorrono alla sicurezza e all’ordine pubblico), del Sindacato
di Polizia LES, del Sindacato Finanzieri Democratici S.F.D. e della Senatrice
Bianca Laura Granato che, annunciando l’iniziativa nel tardo pomeriggio di ieri
sul suo canale telegram, ha dichiarato:
“Le
evidenze emerse nella trasmissione Fuori dal Coro e in varie sedi inquirenti e
giudiziarie non possono più essere sottaciute. Dal canto nostro mai verrà meno
l’impegno nel denunciare alla giustizia quanto è avvenuto.”.
A
parere dei denuncianti proprio le allarmanti rivelazioni delle inchieste
condotte nell’ambito della trasmissione di Mario Giordano, andate in onda su Rete
4 dal 14 marzo al 2 maggio scorso, dimostrerebbero la grave responsabilità
dell’ex Direttore Generale di AIFA e dell’ex Ministro Speranza “in concorso tra
loro e con altri soggetti da identificare, per i gravissimi fatti commessi
durante la campagna vaccinale anti Covid-19”.
Nell’esposto
si parla di varie ipotesi di reato e si chiede anche il sequestro del vaccino
Pfizer Biotech, in particolare delle fiale versione originaria contraddistinte
dal tappo viola e degli altri vaccini a mRNA ancora in circolo.
“Verità
e Giustizia. Noi non ci fermiamo. E questo NOI è sempre più numeroso,
determinato, compatto, unito”.
Con queste parole il Comitato Ascoltami ha
dato notizia, ieri, del deposito della denuncia.
SEGUE
IL COMUNICATO STAMPA DELLA DENUNCIA
Nella
mattinata odierna gli avvocati Angelo Di Lorenzo e Antonietta Veneziano di
Avvocati LIBERI, su mandato del COMITATO ASCOLTAMI, dell’associazione OPERATORI
SICUREZZA ASSOCIATI (O.S.A.), del SINDACATO FINANZIERI DEMOCRATICI (S.F.D.),
del sindacato di Polizia LES (in persona del segretario provinciale di Caserta
Antonio PORTO) e di BIANCA LAURA GRANATO
(già Senatrice della Repubblica Italiana), hanno depositato DENUNCIA alla
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, nei confronti dell’ex Direttore
Generale di AIFA NICOLA MAGRINI e dell’ex Ministro della Salute ROBERTO
SPERANZA, in concorso tra loro e con altri soggetti da identificare, per i
gravissimi fatti commessi durante la campagna vaccinale anti covid19 e
parzialmente emersi dalle testimonianze, dai documenti, dalle evidenze e dalle
consulenze tecniche nonché, per quel che attiene agli aspetti penali,
dall’inchiesta giornalistica svelata dalla trasmissione Fuori dal Coro andata
in onda su Rete 4 dal 14 marzo al 2 maggio 2023.
Le
allarmati rivelazioni venivano chiaramente comprovate da documentazione che,
qualora fosse ritenuta autentica, dimostrerebbe la grave responsabilità di AIFA
e dell’ex Ministro Speranza per i delitti di cui agli artt. 318 (corruzione per
l’esercizio della funzione), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri
d’ufficio), 374 bis (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati
all’autorità giudiziaria), 479 (falsità ideologica commessa da pubblico
ufficiale), 575 (omicidio) e 582 (Lesione personale) del codice penale, in
connessione teleologica con i delitti di cui agli artt. 443 (commercio o
somministrazione di medicinali guasti) e 445 (somministrazione di medicinali in
modo pericoloso per la salute pubblica) del codice penale, nonché per tutti gli
altri reati che gli Inquirenti ravviseranno dai fatti oggetto della denuncia.
In via
cautelare, onde prevenire il protrarsi dei gravi eventi avversi, anche
esiziali, conseguenti alla somministrazione dei farmaci anti covid-19, si è
chiesto il sequestro probatorio e preventivo delle fiale del Vaccino “Cominarty”
di “Pfizer Biontech”, versione originaria, contraddistinte dal tappo viola,
nonché in ogni caso dei “vaccini a mRna” ancora in distribuzione.
Infine
si è chiesto che il P.M. ordini al Governo italiano e/o all’AIFA e/o al
Ministero della Salute e/o a ciascuna azienda farmaceutica produttrice dei
medicinali denominati “vaccini anti covid-19” di acquisire i contratti di
fornitura stipulati con l’Autorità nazionale e unionale per conto dello Stato e
da somministrare ai cittadini italiani.
Roma,
15 maggio 2023.
Comitato
Ascoltami – fto. Federica Angelini
O.S.A.
Italia – fto. Gianluca Salvatori
LES
Polizia Caserta – fto. Antonio Porto
S.F.D.
– fto. Pasquale Valente
Sen.
Bianca Laura Granato
AVVOCATI
LIBERI.
(Valentina Bennati)
DAL
COVID ALL’ “ECOTRUFFA”
PASSANDO
PER GLI EXTRATERRESTRI.
Comedonchisciotte.org
- Redazione CDC – (14 Maggio 2023) – ci dice:
I
“vaccini” a mRNA, “sicuri ed efficaci”, hanno causato più casi di Covid e più
decessi del virus stesso.
Riceviamo
e pubblichiamo dal “Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina”
(CIEB).
Emergono
ormai quotidianamente le ammissioni, le confessioni, le intercettazioni e le
documentazioni, anche ufficiali, che confermano tanto l’artificiosità
dell’emergenza Covid quanto l’uso strumentale della scellerata “campagna
vaccinale” a essa collegata, l’una e l’altra concepite e attuate allo scopo di
legittimare l’introduzione di sistemi digitalizzati di controllo sociale.
Allo
stesso tempo, i dati sulla mortalità in eccesso in Italia, riferita agli anni
2021 e 2022, evidenziano un incremento del 10% rispetto alla media degli anni
2015-20191 , ciò che sarebbe in grado di gettare ombre sul futuro strutturale
della società italiana se non fosse che tutti gli ultimi governi hanno favorito
l’ingresso di immigrati non vaccinati, rallentando così il declino demografico
del Paese e confondendo non poco – ma è solo una coincidenza – le statistiche
sull’eccesso di mortalità e sulle relative cause.
Lo stesso Istituto nazionale di statistica, del resto,
imputa le cause dell’eccesso in parola nientemeno che al cambiamento climatico.
Di
fronte a tanti e tali fatti, che con ogni probabilità integrano gli estremi di
numerosi e diversi reati, stupisce che la magistratura non abbia ancora avviato
alcuna indagine – ciò che da solo basterebbe ad avviare una riflessione sul grado di
autonomia dei magistrati e sulle modalità di selezione degli stessi – e che l’intera classe politica, fino
a ieri impegnata a sostenere con il voto “lockdown e altre misure
restrittive inutili e dannose per i singoli e per la collettività”, si nasconda
oggi dietro sterili commissioni parlamentari d’inchiesta.
Stupisce
ancor più che (quasi) tutti i media si ostinino a tacere o, peggio, a
confondere l’opinione pubblica, evidentemente allo scopo di perseguire un
duplice risultato:
da una parte, spingere i cittadini a ritenere
che la cosiddetta pandemia ha costituito un evento imprevedibile ed
eccezionale, tale da giustificare misure altrettanto imprevedibili ed
eccezionali, e che ogni forma di analisi critica delle misure così introdotte,
come anche ogni recriminazione sulla gestione complessiva dell’emergenza
sanitaria, è inutile o dannosa;
dall’altra,
alimentare il sospetto che quanti forniscono informazioni diverse da quelle
“ufficiali” sull’origine del virus Sars-Cov-2 e sulla gestione del Covid
facciano parte di un complotto volto a delegittimare l’azione di governo.
Ma il
ruolo dei media non si ferma qui e conferma ogni giorno di più l’appartenenza
organica di questi al sistema di potere che opera per imporre, in modo ormai
manifesto, strategie di soggiogamento dell’intera popolazione mondiale.
È
infatti innegabile che, al crescere della consapevolezza collettiva in merito a
determinati fatti (che il Covid non fosse più letale di una normale influenza;
che avrebbe potuto essere curato con farmaci già noti;
che il cosiddetto vaccino altro non è che una terapia
genica sperimentale in grado di produrre effetti avversi gravi e talora mortali
e potenzialmente in grado di modificare il DNA;
che la
maggior parte delle figure apicali della politica e della sanità erano al
corrente di tutto ciò),
i media hanno ritenuto di deviare l’attenzione
del pubblico su nuove situazioni di crisi – da quella idrica a quella bellica,
da quella ambientale a quella energetica – secondo un metodo emergenziale che
il CIEB ha definito, in un suo precedente Parere, “biopandemismo.”
Questo
metodo consente, a chi esercita il potere di governo, di mettere sullo stesso
piano cause ed effetti, problemi e soluzioni, malanni e rimedi, riducendo a una
le diverse prospettive rilevanti e fornendo a esse una risposta univoca, da
accettare acriticamente “whatever it takes”.
Per
fare un esempio basti pensare al cosiddetto cambiamento climatico, imputato dalla scienza “ufficiale”
e dai media mainstream esclusivamente al “global warming” conseguente all’emissione di
anidride carbonica (Co2) prodotta dalle attività umane, senza tenere conto del
fatto che la Terra subisce da milioni di anni variazioni climatiche cicliche
anche a causa di fattori solari e astronomici e che l’influenza dell’uomo sul
trend attuale di temperature è ancora controversa sul piano scientifico, visto
che questo trend è cominciato 15.000 anni fa, quando la popolazione umana era
piuttosto esigua e i combustibili fossili non rappresentavano la principale
fonte energetica .
Rispetto
al “climate
change” i
rimedi proposti assumono la portata di diktat in materia sanitaria, alimentare,
sessuale e demografica:
dall’“efficientamento”
energetico degli edifici, senza il quale gli stessi non potranno più essere
venduti o affittati e che di fatto svuota di contenuti il diritto di proprietà;
alla “città dei quindici minuti”, in cui le
persone avranno difficoltà a uscire dal perimetro del proprio quartiere senza
speciali permessi, a rischio di essere multate o di vedersi disattivare da
remoto l’automobile elettrica, simbolo della tanto propagandata transizione
ecologica; ai progetti di riduzione della natalità e degli animali domestici,
questi ultimi colpevoli, insieme ai neonati, di produrre troppa CO2 e quindi di
non essere sostenibili sul piano ambientale.
Per
fare un altro esempio basti pensare al must dell’esplorazione spaziale e della
colonizzazione di altri pianeti, che la scienza “ufficiale” e i media
mainstream (a partire da Hollywood) propongono da tempo quale alternativa
all’estinzione “degli esseri umani come razza” e che nel dicembre 2020 – dunque
in piena emergenza sanitaria, ma è solo una coincidenza – ha trovato rinnovato
impulso nelle dichiarazioni rese dall’ex direttore del programma israeliano di
difesa spaziale, secondo cui gli extraterrestri non solo esistono, ma sono da
tempo in contatto con alcune personalità degli Stati Uniti d’America e
conducono esperimenti scientifici in collaborazione con gli americani, tanto
sulla Terra quanto su Marte (sic!).
Rispetto
all’esplorazione e alla colonizzazione dello spazio risultano funzionali altri
diktat, quali la rivoluzione biomedica e la transizione ecologico-alimentare:
la
prima perché volta a dirottare il ruolo della medicina e della sanità verso
pretesi approcci predittivi e preventivi fondati sull’impiego di tecnologie convergenti
(nanotecnologie, biorobotica, neuroscienze, biologia sintetica, ecc.) in grado
di modificare l’identità psico-fisica degli esseri umani, come nel caso del
cosiddetto vaccino anti-Covid;
la seconda perché volta a fornire “novel foods” (Ogm, farine di insetti, carne,
pesce e latte clonati o sintetici, ecc.) che per taluni costituirebbero l’unica
fonte alimentare sostenibile, oltreché coerente con l’accezione anglosassone di
“food
security”
imperniata sulla quantità e non sulla qualità degli alimenti;
entrambe
perché apparentemente in grado di assicurare quello “human enhancement” che, se
da una parte potrebbe aprire la strada alla conquista di mondi lontani,
dall’altra condurrà inevitabilmente a una vera e propria rivoluzione
antropologica mediante l’affermazione di modelli postumani e transumani.
È
agevole osservare che i diktat in parola, elaborati dalle élite finanziarie ed
eseguiti da compiacenti governi nazionali, esigono rinunce e sacrifici.
Per
restare all’ultimo esempio ricordato, infatti, è evidente che la corsa allo
spazio – accelerata dalle conseguenze che avrebbe sull’habitat umano una
eventuale escalation nucleare del conflitto in Ucraina – non sarà aperta a
chiunque, ma solo a chi avrà i “crediti” necessari, secondo il sistema
“premiale” sdoganato dal Covid mediante il Green Pass.
In altri termini, solo chi ubbidisce si
salverà:
ciò
che vuol dire accettare acriticamente il transumanesimo fondato sulla
somministrazione forzata di farmaci sperimentali e sull’imposizione di fonti
proteiche che l’organismo umano non può assimilare su base sistematica o, ciò
che è peggio, ossequiare il fideismo tecno-scientifico che veicola messaggi
quali “Non possiederai nulla e sarai felice”.
Se i
cittadini non contrasteranno adeguatamente questa deriva, il passo successivo e
finale potrebbe essere la sterilizzazione di massa, l’eutanasia di Stato, il
controllo della mente umana:
ciò
che alcuni chiamano “Great Reset” e che è altro non che la nuova normalità del
mondo post-Covid, del resto largamente anticipata dalla narrativa (un esempio
per tutti: “La peste scarlatta” di Jack London, pubblicato nel 1912) e dalla
cinematografia (un esempio per tutti: il film del 1973 “2022: i
sopravvissuti”).
Ed è
appena il caso di ricordare che nella direzione del “Great Reset” già si
indirizzano la revisione del “Regolamento sanitario internazionale” e il
negoziato relativo al “trattato sulla cosiddetta prevenzione delle pandemie”,
condotti in seno all’OMS (il cui servizio è finanziato dalle multinazionali
farmaceutiche), di cui il CIEB si è occupato in un suo precedente Parere.
Mentre
alcuni sembrano adattarsi al nuovo stato di cose – vuoi per ignoranza, vuoi per
pavidità, vuoi per collusione – il CIEB assicura che continuerà nella sua
azione volta a promuovere un dibattito aperto, trasparente e scientificamente
fondato su queste materie, allo scopo di riportare i principi generali della
bioetica e del biodiritto al centro delle decisioni politiche e di contribuire,
così, alla salvaguardia della dignità e dei diritti fondamentali dell’essere
umano nei riguardi delle applicazioni della biomedicina.
(CIEB,
12 maggio 2023 - Comunicato n.22)
(ecsel.org/cieb)
LA
GRAN BRETAGNA GLOBALE
E IL
GRANDE RESET DI RE CARLO.
Comedonchisciotte.org
- Matthew Ehret, canadianpatriot.org - Redazione CDC – (10 Maggio 2023) – ci dice:
Questa
settimana, il mondo è stato esposto a un’inquietante, arcaica e bizzarra
pagliuzza che non si vedeva da oltre 70 anni, con l’incoronazione di re Carlo
III a capo del Commonwealth britannico globale, capo della Chiesa anglicana e
portavoce di un programma denominato “Global Britain” (Gran Bretagna Globale)
che è stato messo online come mandato ufficiale del partito conservatore nel
2021.
Dopo
aver gestito un impero globale di schiavitù economica e aver invaso quasi tutte
le nazioni della Terra in un momento o nell’altro, la Gran Bretagna continua a
esercitare un vasto controllo sulle concessioni minerarie dell’Africa con oltre
1.000 miliardi di dollari di interessi minerari diretti controllati da società
britanniche e/o basate sul Commonwealth britannico.
Secondo
il rapporto del 2016 prodotto da “War on Want”:
“101
società quotate alla Borsa di Londra (LSE) – la maggior parte delle quali
britanniche – hanno operazioni minerarie in 37 Paesi dell’Africa subsahariana.
Collettivamente
controllano oltre 1.000 miliardi di dollari di risorse più preziose
dell’Africa.
Il
governo britannico ha usato il suo potere e la sua influenza per garantire alle
società minerarie britanniche l’accesso alle materie prime africane.
Questo
accadeva durante il periodo coloniale e continua ad accadere oggi”.
La
City.
Come
illustrato nel mio nuovo libro “The Anglo Venetian Roots of the Deep State”
[“Le radici anglo-veneziane dello Stato profondo”], il “miglio quadrato”
soprannominato “The City of London” (un’entità giuridica separata da Londra
stessa) è il centro nevralgico della finanza mondiale, con la Banca
d’Inghilterra e “i paradisi fiscali offshore del Commonwealth” che dirigono
trilioni di dollari di riciclaggio di denaro sporco, finanziamento del
terrorismo e altre pratiche di corruzione a livello globale.
La
sovranità della City al di là di ogni giurisdizione nazionale è stata sancita
dalla “Magna Charta” oligarchica del 1214, che ha istituito l’hub finanziario
come una corporazione sovranazionale in grado di gestire le proprie forze di
polizia e il proprio sistema giudiziario…che continua a mantenere 800 anni
dopo.
Durante
i 183 anni tra il 1763 e il 1946, che hanno visto la massima influenza diretta
della supremazia unipolare britannica sul mondo, le nazioni impoverite del
mondo si sono trovate più impoverite, meno capaci di acquisire mezzi di
produzione industriale e più in guerra con sé stesse e con i loro vicini
attraverso tattiche di “divide et impera”.
Dal
momento che questo impero ha assunto la forma della “relazione speciale”
anglo-americana dopo il 1945, questa tendenza è stata solo esacerbata.
La
mano causale dell’intelligence britannica.
Dal
punto di vista delle operazioni di intelligence globali, la Gran Bretagna è il
creatore e la struttura di comando centrale dell’apparato di intelligence “Five Eyes” ed è stata anche soprannominata “Londonistan” per aver fornito rifugi sicuri ai
gruppi terroristici internazionali che hanno trovato rifugio sotto l’ideologia
liberale di superficie della tollerante Gran Bretagna.
È
stato inoltre accertato che l’intelligence britannica ha contribuito a creare
e/o ha continuato a sostenere gruppi terroristici a livello internazionale,
come sottolineato dal ricercatore dell’EIR Michael Billington nel rapporto 2020
“British Creation and Control of Islamic Terror: Background to China’s Defeat
of Terror in Xinjiang”.
Mentre
alimentava il terrorismo globale e l’Islam radicale, l’intelligence britannica
non ha perso tempo a coltivare le varianti più rabbiose del sionismo politico e
ha creato lo stesso Stato di Israele dal programma della Tavola Rotonda e dei
Fabiani che è stato chiamato “Accordi di Balfour”.
La
storia della creazione del sionismo politico e del cristianesimo naturista da
parte della Gran Bretagna è descritta in un episodio del 2021 di The Great Game.
Mentre
la Cina ha fornito prestiti su larga scala per corridoi di trasporto, nuove
zone industriali e investimenti in carbone, petrolio, gas naturale, energia
idroelettrica e nucleare a Paesi che hanno un disperato bisogno di un vero
sviluppo, la Gran Bretagna globale e le sue coorti americane e della UE hanno
passato decenni a fornire solo prestiti condizionati con vincoli e tecnologie
verdi “appropriate” che impediranno per sempre all’Africa o ad altre nazioni
povere di stare in piedi da sole.
L’idea
della “Gran Bretagna globale” ha sempre avuto al centro il concetto di un “Commonwealth
britannico integrato”, con i “Five Eye”s a capo dell’intelligence, la “City di
Londra a capo della finanza” e le strutture ereditarie di potere incentrate sulla
Corona come fonte titolare di tutti gli onori attraverso cui tutti i rami dello
Stato profondo internazionale traggono i loro poteri.
Agenti
della Corona.
Dal
1833, la Gran Bretagna globale è gestita da un sistema pseudo-privato di Agenti
della Corona, oggi denominato “Crown Agents for Overseas Government and
Administration”.
Questo vasto organismo esiste come status
semi-ufficiale e si descrive come “un’emanazione della Corona” ed è
estremamente attivo nell’Europa centrale e orientale con la massima attenzione
al sistema di gestione economica, energetica e sanitaria dell’Ucraina.
L’agenzia è partner della Banca Mondiale,
delle Nazioni Unite e della Fondazione Bill e Melinda Gates e agisce come una
gigantesca holding con un azionista chiamato “Crown Agents Foundation” con sede
a Southwark, Londra.
Nato
negli anni ’30 come nuovo volto dell’Impero britannico, l’attuale “Commonwealth
britannico” occupa 12,2 milioni di chilometri quadrati di territorio, ospita
2,4 miliardi di persone e rappresenta il 21% della superficie mondiale.
Per coloro che credono ancora nel mito della
scomparsa dell’Impero britannico dopo la Seconda guerra mondiale, vale la pena
di confrontare le mappe del Commonwealth e dell’Impero.
(Commonwealth
oggi -Impero Britannico 1920)
Il
fatto è che l’Impero britannico continua ad esercitare una vasta influenza
dall’alto sugli affari mondiali.
Nonostante sia nominalmente scomparso dopo la
Seconda guerra mondiale, lasciando il posto ad un “Impero americano”, la Gran
Bretagna globale è semplicemente un tentativo di rendere esplicito ciò che è
sempre stato vero.
Gli
strateghi di oggi che gestiscono il “coming out party” dell’agenda della Gran
Bretagna globale sono nel disperato tentativo di posizionare il Commonwealth
come il centro di una nuova era post-restaurazione.
Essendo
un’istituzione organizzata interamente su base ereditaria, il fulcro della
continuità di questa riforma è imperniato su una famiglia regnante che occupa
la posizione di “Prima inter pares” ufficiale attorno alla quale l’intera
struttura di controllo può esercitare la propria influenza.
Nell’epoca
attuale, questo ruolo è toccato a un certo essere consanguineo di nome Carlo.
La
regina è morta, lunga vita al re.
“London Bridge is Down” sono le parole in codice consegnate
dal segretario privato della Regina, Edward Young, ad alti funzionari alla
morte della Regina Elisabetta II.
Questo
codice è stato scelto come parte di un protocollo più ampio soprannominato
stranamente “Operazione Unicorno” per ragioni che vanno al di là della più fervida
immaginazione di questo autore e che mette in moto una serie di azioni che culminano
nell’unzione del Principe Carlo come nuovo Re della Gran Bretagna e del
Commonwealth.
I
canadesi che pensavano di non essere più costretti a sopportare di vedere il loro Primo Ministro dichiarare
servilmente i suoi giuramenti di fedeltà (e di segretezza) a un monarca
invasato che siede dall’altra parte dell’oceano, come era accaduto nel 2017,
rimarranno molto delusi.
La
legge canadese sui giuramenti parlamentari del 1866 prevede che entrambe le
Camere del Parlamento siano tenute a prestare giuramento di fedeltà anche dopo
la morte di tutti i monarchi in carica.
Esatto: ogni singolo membro del governo
canadese, che si suppone “eletto e democratico”, deve dichiarare il proprio
giuramento di fedeltà non al popolo o ad una costituzione inesistente, ma ad
una qualche stirpe consanguinea dall’altra parte del mondo.
Giuramenti
simili sono stati letti dai funzionari eletti in tutti gli altri Stati membri
del “Commonwealth Five Eyes”.
Vale
quindi la pena di chiedersi se questa istituzione di poteri ereditari che Carlo
ha ereditato sia solo un concerto cerimoniale senza alcuna sostanza o influenza
reale alle spalle.
Anche
se la maggioranza dei cittadini, compresi i sudditi britannici, crede che sia
così, i fatti indicano una realtà molto diversa.
Il Principe
Carlo: il più grande proprietario di immobili al mondo.
Forse
vi sorprenderà, ma la Corona britannica è il più grande proprietario di
immobili al mondo, con un patrimonio di 6,6 miliardi di acri [circa26.709.540
km2 ] in Australia, Nuova Zelanda, Irlanda del Nord, Canada, Gran Bretagna e
Isole Falkland.
Oltre
alle “Crown
Lands” e
alle “Crown
Corporations” che sono legalmente di proprietà del monarca britannico,
un’organizzazione chiamata “The Crown Estate” è uno dei più grandi gruppi immobiliari del mondo.
Descrivendo
l’istituzione, che ogni anno versa il 25% dei suoi guadagni direttamente nelle
casse del monarca, “Die Welt Business “ha scritto quanto segue:
Il “Crown
Estate” possiede proprietà in tutto il Regno Unito, da castelli e cottage a
terreni agricoli e foreste, oltre a parchi commerciali e centri commerciali.
Possiede
più della metà dell’intera costa del Regno Unito, il che le conferisce diritti
d’asta di enorme valore per le attività commerciali offshore, come i parchi
eolici.
La
Corona controlla quasi l’intero fondale marino (e metà della costa) del Regno
Unito e tutte le aziende che desiderano costruire mulini a vento offshore
nell’ambito del “Green New Deal” sono costrette ad affittare i loro fondali dal
“Crown Estate”.
Secondo “Byline Times”, la Corona diventerà “il più grande
beneficiario dell’Agenda Verde del Regno Unito”, che ha recentemente presentato un
piano in 10 punti per una “rivoluzione verde” e la completa decarbonizzazione
entro il 2050.
Chiunque
sia confuso dall’esplosione dei prezzi delle fonti energetiche inefficienti in
Inghilterra, non andrebbe lontano senza apprezzare la “stupidaggine delle
fattorie eoliche”, sovvenzionate dai contribuenti.
Lo
stesso Principe Carlo ha dimostrato di non vedere la Corona come un’entità
simbolica e nel 2013 è stato accusato di “lobbismo incontinente” quando decine di lettere personali
(soprannominate “Memo del Ragno Nero”) ai parlamentari e al Primo Ministro sono
state rese pubbliche dopo un’intensa battaglia legale per tenerle segrete.
Il
biografo ufficiale di Carlo, “Jonathan Dimbleby”, ha persino scritto nel 2013
che, con la successione di Carlo alla Corona, le cose sarebbero diventate molto
più pratiche e “che è in atto una tranquilla rivoluzione costituzionale”.
I
poteri prerogativi sono Reali.
Sebbene
ci si sforzi molto di dipingere i poteri prerogative della Corona come
meramente simbolici, essi coprono quasi tutti i rami del governo e sono stati
occasionalmente utilizzati…anche se le sfere d’influenza britanniche in cui si
applicano maggiormente sono di solito così autoregolate da richiedere
pochissimi input da parte di un’influenza esterna per mantenerle in linea.
Questi
poteri sono stati rivelati pubblicamente per la prima volta nel 2003 e, in un
articolo intitolato “Mystery Lifted on the Prerogative Powers”, il” London
Guardian” ha osservato che questi poteri includono (ma non sono limitati a):
Gli
affari interni, la nomina e la revoca dei ministri, la convocazione, la proroga
e lo scioglimento del Parlamento, l’assenso reale alle proposte di legge, la
nomina e la regolamentazione del servizio civile, la nomina di ufficiali nelle
forze armate, la direzione della disposizione delle forze armate nel Regno
Unito (e in altre nazioni del Commonwealth), la nomina del “Queen’s Counsel”,
il rilascio e il ritiro dei passaporti, il “Prerogative of mercy” (si applicava
nei casi di pena capitale. Ancora utilizzata, ad esempio per rimediare a errori
nel calcolo della pena), la concessione di onorificenze, la creazione di
corporazioni tramite Charter, gli Affari esteri, la stipula di trattati, la
dichiarazione di guerra, il dispiegamento di forze armate all’estero, il
riconoscimento di Stati stranieri, l’accreditamento e l’accoglienza di
diplomatici.
Quando
nel 2009 è stato presentato in Parlamento un disegno di legge che proponeva di
limitare questi poteri, una revisione del “Ministero della Giustizia” condotta
dal “Privy Council” ha concluso che tali limitazioni avrebbero “indebolito
pericolosamente” la capacità dello Stato di rispondere a una crisi e il disegno
di legge è stato prontamente bocciato.
A
livello provinciale, troviamo “Luogotenenti Governatori” che (in Canada) sono
membri dei Cavalieri massoni di San Giovanni di Gerusalemme.
Re
Carlo e il Grande Reset.
Carlo
ha dimostrato questo approccio “più pratico” alla governance il 3 giugno 2020,
quando è diventato il” patrono ufficiale del Great Reset del World Economic
Forum “e ha persino lanciato ufficialmente” il progetto twittando
#TheGreatReset”.
Sul
suo sito ufficiale, il Principe ha lanciato il progetto dicendo:
“Oggi, attraverso la “Sustainable Markets
Initiative” di Sua Altezza Reale e il “World Economic Forum”, il Principe di
Galles ha lanciato una nuova iniziativa globale, “The Great Reset”.
Re
eco-guerriero di una nuova crociata.
Carlo
ha dimostrato il tipo di entusiasmo per la decarbonizzazione del mondo che si
tende a trovare solo in un fanatico religioso che si propone come
l’eco-guerriero dei monarchi, un Re Crociato di una nuova religione, solo che invece dei musulmani in
Terra Santa, i nostri nuovi eco-crociati collegati a Davos hanno preso di mira
l’anidride carbonica e la civiltà industriale, l’agricoltura e gli inutili
mangiatori che la causano, come la minaccia velenosa che deve essere distrutta.
Charles sembra vedere sé stesso camminare
sulle orme del padre fondatore del WWF come il nuovo portavoce principale per
una trasformazione totale della società sotto un sacerdozio di governo verde
del WEF.
Un’edizione
del luglio 2022 dell’australiano “Spectator “ha giustamente caratterizzato l’”attivismo
misantropico di Carlo” nei seguenti termini:
L’ambientalismo
di cui il Principe ha deciso di occuparsi in attesa di salire al trono non è
una sorta di innocua attività apolitica di piantumazione di alberi o di
salvataggio della foresta pluviale.
Non sta abbracciando panda o finanziando
santuari della fauna selvatica.
Al
contrario, si è impegnato in un’ibrida rivolta commerciale e politica che
minaccia la sopravvivenza del sistema politico che è destinato a
supervisionare.
Oltre
a essere un tradimento del cittadino comune, le sue azioni rappresentano un
fallimento del suo unico dovere di futuro re: proteggere la monarchia
costituzionale dal fascismo climatico e dal globalismo in ascesa.
Radici
naziste della Casa di Saxe-Coburgo-Gotha.
Il
ruolo della Corona nel guidare una rinascita di pratiche di totalitarismo
globale, controllo della popolazione e fascismo non è inedito.
Un
fatto scomodo che è stato recentemente svelato dal documentario “Edward VIII:
Britain’s traitor King” [“Edoardo VIII: il re traditore della Gran Bretagna”] su
Channel 4, in Gran Bretagna, è che questo cuore fascista della Corona era vivo durante gli
anni più bui prima e durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il
film, basato su un libro di prossima pubblicazione dello storico “Andrew Lownie”,
si avvale di rapporti recentemente declassificati provenienti dagli Archivi
Reali per
raccontare la storia del re nazista britannico Edoardo VIII, che non solo desiderava una vittoria
nazista nella Seconda Guerra Mondiale, ma si adoperò attivamente per
raggiungere tale obiettivo dal momento in cui fu costretto ad abdicare al trono
nel 1936
(presumibilmente per sposare una divorziata americana, Wallis Simpson) fino ai giorni più bui della guerra
stessa.
Corona
britannica nazismo.
Come
dimostra un documentario, insegnare alla giovane nipote Elisabetta II come fare
un vero e proprio “sieg heil” non fu il suo unico ballo con il nazismo.
Mentre
si trovava in esilio in Portogallo, dove la famiglia reale aveva rapporti con
l’élite tedesca, il documentario cita i cablogrammi diplomatici inviati da
Edoardo ai funzionari tedeschi che chiedevano ai nazisti di bombardare senza
sosta l’Inghilterra fino a sottometterla nel 1940, incoraggiando la morte di
milioni di civili innocenti.
Il film cita anche un discorso poco conosciuto
in cui Edward chiedeva la resa della Gran Bretagna ai nazisti nel 1939, che la
BBC rifiutò di mandare in onda.
Anche dopo essere stato inviato alle Bahamas dai
funzionari imperiali che avevano deciso che era più conveniente abbattere il
loro mostro di Frankenstein piuttosto che continuare con i loro piani
precedenti per un Nuovo Ordine Mondiale fascista, l’aspirante re nazista aveva scritto ai funzionari di Hitler
indicando la sua disponibilità a tornare in Europa quando necessario e a
riprendere il suo legittimo posto sul trono come re ariano.
Oltre
il film: altre radici naziste dei Windsor.
Oltre
al caso di Edoardo VIII, ci sono molti altri imbarazzanti legami nazisti con la
casa di Windsor (ex Saxe-Coburg-Gotha) che il film non ha menzionato, alcuni
dei quali coinvolgono direttamente il defunto principe consorte Filippo
Mountbatten (alias: Duca di Edimburgo).
Tutte
e tre le sorelle del Duca di Edimburgo erano sposate con principi nazisti e il
marito di una di loro (Sophie) divenne un ufficiale delle “Waffen SS” con il
grado di “Oberführer” (capo supremo).
Il
marito della sorella di Filippo, Sophie, il principe Cristoforo d’Assia-Cassel,
era a capo della Forschungsamt (Direzione della Ricerca Scientifica),
un’operazione speciale di intelligence gestita da Hermann Göring, ed era anche
Standartenführer (colonnello) delle SS nello staff personale di Heinrich
Himmler.
I quattro cognati di Filippo, con i quali
viveva, divennero tutti alti funzionari del Partito nazista.
Filippo
stesso ha mantenuto la tradizione di famiglia, avendo dapprima ricevuto
un’educazione nazista incentrata sull’eugenetica negli anni ’30, per poi
fondare nel 1961 il “World Wildlife Fund” (WWF) con il collega un tempo membro
del Partito Nazista, il Principe Bernhard dei Paesi Bassi, eugenista da sempre e fondatore del Gruppo Bilderberg.
A
Philip e Bernhard si aggiunse Sir Julian Huxley (allora presidente della “Eugenics
Society of Britain”) come cofondatore del WWF.
il
principe Bernhard, il principe Filippo e sir Julian Huxley.
Tre
inutili mangiatori appassionati di proiezioni: il principe Bernhard, il
principe Filippo e sir Julian Huxley.
In
un’intervista dell’agosto 1988 al “Deutsche Press Agentur”, il “Principe
Filippo” ha proclamato il suo desiderio di tornare nella prossima vita come
virus mortale per aiutare a “risolvere la sovrappopolazione”.
Per
tutta la vita, il Principe Filippo ha espresso fredde “riflessioni”
misantropiche, contemplando lo zoo umano e affermando che:
Non si
può tenere un gregge di pecore più grande di quello che si è in grado di
nutrire.
In altre parole, la conservazione può
comportare l’abbattimento di animali per mantenere un equilibrio tra i numeri
relativi di ciascuna specie all’interno di un particolare habitat.
Mi
rendo conto che si tratta di un argomento molto delicato, ma resta il fatto che
l’uomo fa parte del mondo vivente.
Ogni nuovo acro messo a coltura significa un
altro acro negato alle specie selvatiche.
Va
notato che Re Carlo ha continuato l’eredità di suo padre come presidente della “World
Wildlife Foundation” britannica, che ha guidato per oltre 30 anni.
Il
pedigree nazista della famiglia reale e dei suoi fedeli dirigenti solleva una
domanda:
perché
la loro continuazione della dottrina eugenetica nazista sotto forma di
movimenti per l’eutanasia e la crescita zero non è diventata più nota?
In che
razza di mondo viviamo, se questi fatti così sconvolgenti non sono diventati di
dominio pubblico?
Il
vero Impero è sempre stato un’oligarchia finanziaria utilizzata da una vasta
rete di strutture di potere per promuovere gli interessi dell’aristocrazia
europea;
l’attuale
epicentro del potere è costituito dalle monarchie anglo-olandesi.
È
questo potere che controlla il “Gruppo Bilderberg”, la sua appendice minore, il “Forum Economico Mondiale” e orienta la politica americana
attraverso il” Council on Foreign Relations” di New York (la versione americana di Chatham House).
Nel
1937 Hitler espose a Lord Lothian, membro di spicco di Chatham House, il suo concetto di Nuovo Ordine
Mondiale anglo-tedesco, affermando che: “La Germania, l’Inghilterra, la
Francia, l’Italia, l’America e la Scandinavia… dovrebbero giungere a un accordo
che impedisca ai loro cittadini di assistere all’industrializzazione di Paesi
come la Cina e l’India.
È un
suicidio promuovere l’insediamento di industrie manifatturiere nei Paesi
agricoli dell’Asia”.
Un
numero qualsiasi di tecnocrati che spingano per uno schema di “Build Back Better for the World” o di “Global Green New Deal” avrebbe potuto dire la stessa cosa.
Oggi,
l’”Istituto canadese per gli affari internazionali” è stato rinominato “Consiglio
internazionale canadese” (CIC).
Il “CIC” è presieduto da “Ben Rowswell,”
specialista di cambi di regime formatosi a Oxford, che ha lavorato a stretto
contatto con il consigliere privato “Chrystia Freeland” nel tentativo di
rovesciare il “governo di Maduro” a favore del “fantoccio del WEF Juan Guaido”,
che continua tuttora.
Un pilastro
fondamentale nel controllo delle colonie di influenza anglo-olandese rimane il
sistema del “Privy Council,” che ha sede in Gran Bretagna, ma ha filiali
secondarie in alcuni Paesi del Commonwealth.
È sotto l’influenza del “Privy Council” che
vengono istituiti i funzionari di livello inferiore sotto forma di
viceministri, il Treasury Board, i Select Committees e altri funzionari
nominati nel Civil Service.
Altri
nodi chiave del settore pubblico e privato gestiscono gli interessi della
Corona.
Tutti i membri del gabinetto del governo sono “Consiglieri
Privati “e tutti i “Consiglieri Privati” prestano giuramento di segretezza e
fedeltà alla Regina, compreso il giuramento di mantenere il segreto sulle cose
di cui si parla nelle riunioni del Consiglio Privato.
La
Corona come chiave per la continuità dell’Impero.
Naturalmente,
sarebbe sciocco credere che Carlo (o qualsiasi altro monarca precedentemente
regnante) fosse una persona a sé stante, ignorando l’armata di manipolatori,
cortigiani e grandi strateghi più profondi e bizantini che ruotano attorno alla Corona come
istituzione talvolta soprannominata la “Fonte di Tutti gli Onori”.
La
“Fonte di tutti gli onori” è un termine ufficiale che denota l’idea giuridica
che tutta l’autorità per gli affari pubblici e privati emani dall’unica fonte
della Corona e dalla sua discendenza ininterrotta.
La
continuità è tutto per l’impero e l’importanza di mantenere istituzioni che
trascendano le singole vite è sempre stata un punto di grande preoccupazione.
In un
mondo che, dopo il 1776, cominciava ad apprezzare l’autogoverno, la libertà e
la democrazia come nuova modalità di auto-organizzazione, la “stabilità” delle
istituzioni ereditarie fu gravemente minacciata.
Non
sarebbe esagerato dire che gli ultimi 250 anni sono stati caratterizzati dallo
scontro tra questi due paradigmi opposti di organizzazione della società.
Laddove
un paradigma assume come autoevidente l’esistenza di diritti inalienabili per
tutte le persone, l’altro sistema presume che gli unici diritti inalienabili
siano quelli detenuti da una classe dirigente oligarchica che desidera
governare su sudditi (alias: inutili mangiatori) i cui livelli di popolazione devono
essere periodicamente abbattuti per facilitare la gestione.
La
supposizione che “i diritti” non possano essere concessi o negati da una stirpe
superiore è un vero e proprio anatema per qualsiasi sistema oligarchico, anche se si maschera dietro il costume di una specie di
democrazia progettata per placare le plebi, ma che non permette loro o ai loro
rappresentanti di influenzare qualcosa di veramente significativo sulla loro
realtà.
(Matthew Ehret, canadianpatriot.org)
(canadianpatriot.org/2023/05/07/global-britain-and-king-charles-great-reset/)
Discorso
di Putin
del 9
maggio 2023.
Luogocomune.net
– (10-5-2023) – Putin – Redazione -ci dice:
IL
TESTO COMPLETO:
Cari
cittadini della Russia! Cari veterani! Compagni soldati e marinai, sergenti e
sottufficiali! Ufficiali, generali e ammiragli! Soldati e comandanti impegnati
nell'Operazione Militare Speciale! Buona Giornata della Vittoria!
In
onore dei nostri padri, nonni e bisnonni, che hanno glorificato il proprio nome
difendendo la Patria. Con incommensurabile coraggio ed enormi sacrifici hanno
salvato l'umanità dal nazismo. Oggi la civiltà si trova ancora una volta a un
punto di svolta cruciale.
Contro
la nostra Patria è stata ancora una volta scatenata una vera e propria guerra,
ma noi abbiamo resistito al terrorismo internazionale e proteggeremo anche la
popolazione del Donbass e garantiremo la nostra sicurezza.
Per noi, per la Russia, non ci sono nazioni
ostili e nemiche né in Occidente né in Oriente.
Come la stragrande maggioranza delle persone
sul pianeta, vogliamo un futuro di pace, libertà e stabilità.
Riteniamo
che qualsiasi ideologia di supremazia sia intrinsecamente riprovevole,
criminale e mortale.
Eppure
le élite globaliste occidentali continuano a parlare della loro esclusività, a
mettere i popoli gli uni contro gli altri e a dividere le società, a provocare
violenti conflitti e colpi di Stato, a seminare odio, russofobia e nazionalismo
aggressivo, a distruggere la famiglia e i valori tradizionali che rendono
l'uomo umano.
E tutto per continuare a dettare, a imporre ai
popoli la propria volontà, i propri diritti, le proprie regole, in sostanza, un sistema di ladrocinio, violenza e
repressione.
[Queste
élites] sembrano aver dimenticato a cosa ha portato la folle pretesa dei
nazisti di dominare il mondo.
Hanno
dimenticato chi ha sconfitto questo male mostruoso e totale, chi ha difeso la
patria e ha sacrificato la propria vita per liberare i popoli d'Europa.
Vediamo
come in alcuni Paesi vengono distrutti, senza scrupoli e a sangue freddo, i
memoriali ai soldati sovietici, come vengono demoliti i monumenti ai grandi
generali, e come si stia invece creando un vero e proprio culto dei nazisti e
dei loro complici, cancellando e falsificando al contempo la memoria dei veri
eroi.
Questa
profanazione delle imprese e delle vittime della generazione vittoriosa è
anch'essa un crimine, il palese revanscismo di coloro che hanno cinicamente e
manifestamente preparato una nuova campagna contro la Russia, riunendo a questo
scopo la feccia neonazista di tutto il mondo.
Il
loro obiettivo non è nulla di nuovo:
disintegrare
e annientare il nostro Paese, rovesciare l'esito della Seconda guerra mondiale,
distruggere una volta per tutte il sistema di sicurezza globale e il diritto
internazionale, soffocare qualsiasi centro di sviluppo sovrano.
Ambizioni
eccessive, arroganza e lassismo portano inevitabilmente alla tragedia.
Questa
è la ragione della catastrofe che sta vivendo il popolo ucraino. [Un popolo]
che è diventato ostaggio di un colpo di Stato, del regime criminale che ne è
nato e dei suoi padroni occidentali, [per i quali il popolo ucraino è] una
merce di scambio per la realizzazione dei propri piani crudeli ed egoistici.
Per
noi in Russia la memoria dei difensori della Patria è sacra, la conserviamo nei
nostri cuori.
Rendiamo
omaggio ai partecipanti alla Resistenza che hanno coraggiosamente combattuto
contro il nazismo e ai soldati degli eserciti alleati di Stati Uniti, Gran
Bretagna e altri Paesi.
Ricordiamo
e onoriamo l'impresa dei combattenti cinesi nella lotta contro il militarismo
giapponese.
Sono convinto di una cosa: l'esperienza di
solidarietà e partenariato maturata negli anni di lotta contro la minaccia
comune è la nostra inestimabile eredità.
Un
solido pilastro, specialmente ora che la tendenza irreversibile verso un mondo
multipolare più giusto, basato sui princìpi della fiducia e della sicurezza
indivisibile e su uguali opportunità per tutti i Paesi e per tutti i popoli per
uno sviluppo libero e indipendente, sta prendendo slancio.
È
molto importante che i leader della Comunità degli Stati Indipendenti si siano
riuniti qui a Mosca oggi.
Lo
considero un gesto di gratitudine verso l'impresa d'armi dei nostri antenati,
che hanno combattuto insieme e hanno vinto insieme - tutti i popoli dell'URSS
hanno contribuito alla vittoria comune.
Lo
ricorderemo sempre.
Chiniamo il capo in memoria di tutti coloro
che sono stati uccisi in guerra, in memoria di figli, figlie, padri, madri,
nonni, mariti, mogli, fratelli, sorelle, parenti e amici.
Osserviamo
un minuto di silenzio.
Cari
cittadini della Russia!
Le
battaglie decisive per il destino della nostra Patria sono sempre state
patriottiche, nazionali e sacre.
Siamo fedeli al volere dei nostri antenati,
comprendiamo profondamente e chiaramente cosa significa essere degni
dell'altezza delle loro conquiste militari, lavorative e morali.
Siamo
orgogliosi dei partecipanti all'operazione militare speciale, di tutti coloro
che combattono in prima linea, che assicurano il fronte sotto al fuoco, che
soccorrono i feriti.
Al momento non c'è causa più grande del vostro
lavoro.
Da voi dipendono la sicurezza del nostro
Paese, il futuro del nostro Stato e del nostro popolo.
Con
onore state compiendo il vostro dovere militare, state combattendo per la
Russia.
Le vostre famiglie, i vostri figli e i vostri
amici sono con voi.
Vi stanno aspettando.
Sono sicuro che sentite il loro amore
sconfinato.
L'intero Paese si è mobilitato per sostenere i
nostri eroi. Tutti sono pronti ad aiutare e pregare per voi.
Compagni!
Amici, cari veterani!
Oggi ogni famiglia del nostro Paese onora i
veterani della Grande Guerra Patriottica, ricorda i propri parenti ed eroi e
depone fiori presso i monumenti di guerra.
Siamo
insieme sulla Piazza Rossa, in una terra che ricorda Yuri Dolgorùkij e Dmitrij
Donskòj, le imprese di Mìnin e Pozhàrsky, i soldati di Pietro il Grande e
Kutùzov, le parate del 1941 e del 1945.
Oggi
sono qui i partecipanti all'operazione militare speciale: i membri regolari
dell'esercito e coloro che si sono uniti ai ranghi delle Forze Armate durante
la mobilitazione parziale, i soldati dei corpi di Lugànsk e Donétsk, molte
unità di combattimento volontarie, i dipendenti della Guardia Nazionale, del
Ministero degli Interni, dell'FSB, del Ministero delle Emergenze e di altri
servizi e agenzie speciali.
Auguri,
amici! Auguri a tutti coloro che stanno combattendo per la Russia, che ora sono
sul campo di battaglia.
Durante
la Grande Guerra Patriottica i nostri eroici antenati hanno dimostrato che non
c'è nulla di più forte, più potente e più solido della nostra unità.
Non
c'è nulla al mondo più forte dell'amore per la nostra patria.
Alla
Russia! Alle nostre valorose Forze Armate!
Alla
vittoria! Urrà!
Zelensky
gioca alla terza guerra
mondiale
e tiene in ostaggio
il
nostro servizio pubblico.
Luogocomune.net
– (15-5-2023) – Agata Iacono – ci dice:
Ci
sono alcuni punti salienti della visita di Zelensky in una Roma blindata,
militarizzata, con enorme dispiegamento di forze e soldi, che mi hanno colpita.
L'incontro con il Papa.
Già il simbolismo della contrapposizione stridente,
iconica, tra il regalo del Papa (un rametto di ulivo di bronzo) e quello di
Zelensky, (una decorazione su un giubbotto militare), basteranno alla Storia
per definire figurativamente questo tragico evento.
L'ex
comico scarica immediatamente il Papa e il suo tentativo di mediazione per un
percorso di Pace.
E lo
fa su Rai uno, servizio pubblico pagato dagli italiani, ospite palesemente
sbracato di Bruno Vespa.
«Parlare
con Putin? (risatina) No, di cosa dovremmo parlare?......Potrebbe fare dei
passi diplomatici, ma un anno dopo ricomincerebbe a uccidere di nuovo».
Quindi
esclude immediatamente senza se e senza ma qualsiasi tavolo di Pace, qualsiasi
tentativo di soluzione diplomatica, qualsiasi trattativa per porre fine alla
morte quotidiana del suo stesso popolo.
Sull'incontro
con il Papa è infatti lapidario, sprezzante, sembra che abbia la puzza o come si
chiama sotto il naso.
«Con tutto il rispetto per Sua Santità, noi
non abbiamo bisogno di mediatori, noi abbiamo bisogno di una pace giusta».
Ha
detto il leader ucraino a Porta a Porta.
E
ancora, per specificare che questa "pace giusta" non è neppure un suo
obiettivo:
«Noi
invitiamo il Papa, come altri leader, per lavorare ad una pace giusta ma prima
dobbiamo fare tutto il resto».
"Prima dobbiamo fare tutto il resto", cioè
vincere, sterminare fino all'ultimo ucraino, fino all'ultimo russofono, fino
all'ultimo essere umano nato in Donbass o in Crimea?
«Non
si può fare una mediazione con Putin, nessun Paese al mondo lo può fare», ha
aggiunto.
Nessuno
può essere mediatore di Pace, solo armi e morte devono parlare o tacere.
Nella puntata di Vespa evidentemente il
presidente ucraino doveva sentirsi proprio a suo agio, perché ha rivelato al
mondo che la Cina gli ha promesso di non aiutare militarmente la Russia.
«Ho parlato con il leader cinese, abbiamo
discusso questioni importanti, ho detto che contiamo che Pechino non fornisca
armi a Mosca.
Xi ha risposto che non daranno le armi e non
sosterranno la Russia».
Quindi ha negato, ovviamente, che l'Ucraina
abbia responsabilità sull'attacco dei due droni al Cremlino.
Secondo Zelensky è Putin ad avere paura, tanta paura
di morire da rendere irrealizzabile, una bufala insomma, qualsiasi minaccia
nucleare da parte della Russia.
«Credo che Putin non userà le armi nucleari.
Nessuno
può sapere che cosa passa per la testa del presidente russo, ma non dobbiamo
avere paura».
E ha
aggiunto, cercando di trasformare il presidente della Federazione Russa da
"malato terminale" in imbelle e tremante psicopatico tanatofobico:
«Putin
ha tanta voglia di vivere e cercherà di fare di tutto per vivere».
Ad una
domanda sulla possibilità che le prossime elezioni negli USA possono cambiare i
rapporti di forza, se Trump dovesse diventare Presidente, Zelensky risponde da
Vespa:
"non so se Donald Trump potrà aiutarci in questa
situazione".
E aggiunge, non proprio velatamente, che Trump
stesso è corresponsabile dell'attuale situazione, per non essersi reso conto a
suo tempo...
"Voglio
ricordare che ho incontrato Trump quando eravamo entrambi presidenti e non c'era
un'invasione su larga scala, ma un'aggressione visto che Donbass e Crimea erano
state occupate, non sono sicuro che all'epoca si rendesse conto, non sono
sicuro fosse una sua priorità.
Nessuno
ha risolto la questione e Putin ha ricevuto questo segnale, ecco perché è
andato avanti".
Quindi
la minaccia: «So che se l'Ucraina cade, il passo successivo è la Moldavia e poi
i Paesi baltici.
Putin arriva lì, forse non Italia, ma i Paesi
baltici sono membri della Nato e voi dovrete mandare lì in guerra i vostri
figli».
Cioè:
Siete
membri della NATO, non siete costretti a mandare a morire i vostri ragazzi in
Ucraina, perché noi non siamo un Paese NATO, ma se non ci aiutate in tutti i
modi a sconfiggere la Russia, mandando armi e soldi, riducendo praticamente il
vostro Paese, la vostra Storia, la vostra cultura, in una acefala grancassa di
propaganda di guerra, sarete voi a dover mandare a morire i vostri figli.
D'altronde
oggi l'Italia, per bocca della Meloni, "scommette" sulla vittoria
dell'Ucraina.
Mi
auguro che i cittadini italiani prendano finalmente atto che gli enormi
sacrifici per l'invio di armi all'Ucraina non serve e non servirà mai ad
agevolare i negoziati di pace.
Non ci
resta che firmare per chiedere di poterci esprimere attraverso il referendum.
È una
responsabilità morale e storica cui non possiamo sottrarci, se non vogliamo
essere complici.
(lantidiplomatico.it)
LA
TENDENZA ALLA GUERRA CONTRO
LA
CINA, CON IL PRETESTO TAIWAN.
Lantidiplomatico.it
– (17-5-2023) – Danile Burgo, Massimo Leoni, Roberto Sidoli – ci dicono:
I
fatti si rivelano molteplici e indiscutibili, anche prendendo in esame solo i
primi mesi del 2023.
“Duecento
militari statunitensi risultano ormai presenti ufficialmente a Taiwan dall'
inizio dell'anno.
Gli
Stati Uniti aumentano le loro truppe a Taiwan.
Saliranno dalle 30 di un anno fa a 100-200,
con l’obiettivo di addestrare le forze armate dell’isola a resistere alla
minaccia cinese.
Gli Stati Uniti stanno considerevolmente
aumentando il numero di truppe dispiegate a Taiwan.
Nello
specifico, stanno quadruplicando il numero attuale per rafforzare un programma
di addestramento per le forze armate dell’isola in risposta a una crescente
minaccia da parte della Cina.
Secondo
i funzionari americani, nei prossimi mesi gli Stati Uniti dispiegheranno
sull’isola tra le 100 e le 200 truppe, rispetto alle 30 circa presenti un anno
fa.
L’aumento
delle forze militari espanderà un programma di addestramento che il Pentagono
si è premurato di non rendere pubblico, in quanto gli Stati Uniti lavorano per
fornire a Taipei le capacità necessarie per difendersi senza provocare
Pechino.”
L'alto rappresentante dell'Unione Europea, J. Borrell,
ha proposto a sua volta nell' aprile di quest'anno che tutte le marine militari
della UE pattuglino proprio lo stretto di Taiwan.
LONDRA
– “Navi
militari dell’Unione Europea dovrebbero pattugliare lo stretto di Taiwan, per
proteggere l’isola dalla Cina nella disputa tra i governi di Pechino e di Taipei.
Lo afferma Josep Borrell, l’Alto
rappresentante della Ue per gli affari esteri e la sicurezza, in un articolo
pubblicato stamane dal “Journal Du Dimanche”.
Un intervento a favore di un maggiore ruolo
per l’Europa unita, a fianco dell’America, in difesa di Taiwan.”
Rispondendo
come al solito positivamente alle richieste dell'imperialismo USA, a fine
aprile il disastroso governo Meloni ha già inviato una nave militare italiana
verso il Mar Cinese Meridionale, mentre simultaneamente è stato annunciato che
la marina italiana invierà vicino a Taiwan una squadra navale, inclusa la
portaerei Cavour, verso la fine del 2023.
“Aiuto
agli Usa per Taiwan: navi da guerra italiane verso la Cina.”
Anche
l'Italia in campo in una delle partite più delicate dello scenario geopolitico,
quella che vede la Cina determinata a riconquistare l'isola di Taiwan con la
forza.
Su
richiesta degli Stati Uniti avvieremo nuovi pattugliamenti navali e missioni
militari nel Pacifico.
Washington
chiama, Roma risponde.
"Quando
nei giorni scorsi il capo di Stato Maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone
è andato a Washington per incontrare l’omologo Mark Milley, ovviamente si è
parlato della riunione di Ramstein del gruppo di contatto per aiutare Kiev,
dove l’Italia dà un supporto significativo alle difese aeree",
ricostruisce Repubblica.
Ma sul tavolo c'era anche la preoccupazione
degli Usa per le manovre cinesi a Taiwan "anche perché Xi ha ordinato ai
suoi militari di essere pronti a invadere l’isola entro il 2027".
Così
gli americani hanno chiesto agli alleati di mandare un segnale a Pechino
"sul piano politico e militare", si legge nell'articolo.
In cosa consiste?
La Morosini, nave della classe Pattugliatori
Polivalenti d’Altura, è già partita ai primi di aprile per una campagna di
cinque mesi in Estremo oriente che la porterà in Giappone, Corea del Sud,
Vietnam, India e nel Mar Cinese Meridionale, dove Pechino sta costruendo da tempo
basi.
Il sottocapo di Stato Maggiore della Marina
italiana, Giuseppe Berutti Bergotto, inoltre, ha annunciato recentemente che
tra la fine del 2023 e l'inizio del 2024 la Marina invierà una squadra
portaerei che comprende la Cavour e il suo cacciatorpediniere di scorta, una
fregata e un rifornitore di squadra, nella regione dell’Indo-Pacifico, fino al
Giappone.
In
aggiunta il “Comando Operativo di Vertice Interforze” ha già inviato una
missione esplorativa a Seul e Tokyo, per definire la possibile partecipazione a
esercitazioni terrestri con nuclei delle forze speciali, e un tour degli F35
italiani entro la fine dell’anno in Giappone, Corea e Singapore.
Insomma,
la guerra in Ucraina compatta la Nato, e l'Italia è chiamata a fornire il suo
contributo ben oltre l'area del Mediterraneo.”
Come è
purtroppo già avvenuto molte altre volte in passato, inoltre, il 28 aprile un
aereo militare statunitense da pattugliamento del tipo Poseidon è passato in
modo provocatorio sopra lo stretto di Taiwan.
“Tensione
Usa-Cina, aereo militare Poseidon degli Usa sorvola lo stretto di Taiwan.
Il
teatro orientale dell'Esercito Popolare di Liberazione cinese ha dichiarato di
avere monitorato il passaggio di un aereo da pattugliamento marittimo
statunitense e denuncia frequenti "azioni provocatorie" da parte
degli Stati Uniti.
Gli
Usa: "Passaggio in conformità col diritto internazionale".
Nuove
tensioni tra Cina e Stati Uniti nei cieli dopo che un aereo statunitense è
passato sopra lo Stretto di Taiwan.
Il teatro orientale dell'Esercito Popolare di
Liberazione cinese ha dichiarato di avere monitorato il passaggio di un aereo
da pattugliamento marittimo statunitense P-8A Poseidon e di aver
"organizzato aerei da combattimento per seguire e monitorare l'aereo
statunitense durante tutto il processo".
La
Cina: "Da Usa azioni provocatorie."
"Negli ultimi tempi navi e aerei da
guerra statunitensi hanno spesso effettuato azioni provocatorie, dimostrando
pienamente che gli Stati Uniti sono un perturbatore della pace e della stabilità
nello Stretto di Taiwan e creano rischi per la sicurezza nello Stretto di
Taiwan", si legge in una nota del teatro orientale dell'”Epl” a firma del
portavoce” Shi Yi”, sottolineando che "le truppe del teatro mantengono
sempre un alto livello di allerta e difendono risolutamente la sovranità e la
sicurezza nazionale, nonché la pace e la stabilità regionali".
Sul
piano diplomatico, la presidente separatista “Tsai Ing- Wen” nell' aprile di
quest'anno ha incontrato lo speaker della Camera degli Stati Uniti, venendo
accolta con tutti gli onori in terra americana.
“Taiwan,
al via il viaggio della presidente “Tsai”. La risposta della Cina: "Se avrà contatti con McCarthy
reagiremo con determinazione"
(Tsai Ing-wen in partenza dal Taoyuan
International Airport Tsai Ing-wen in partenza dal Taoyuan
International Airport” .
La
tappa che irrita maggiormente Pechino è quella del ritorno, a Los Angeles il 5
aprile.
In California “Tsai” dovrebbe - anche se non
c'è ancora una conferma ufficiale - incontrare lo speaker della Camera Usa.”
Che
fare contro la spinta alla guerra di una frazione importante dell'imperialismo
occidentale?
Innanzitutto
chiarire a livello di massa, come ha già fatto anche il genio dei” Pink Floyd”
Roger Waters, Taiwan, è parte della Cina.
“Roger Waters sta con la Cina:
"Taiwan ne fa parte, andate a studiare se non lo sapete."
La
leggenda del rock in un'intervista alla “Cnn” commenta la questione Taiwan
spiegando che la comunità accetta le ragioni cinesi dal 1948.
E non risparmia la guerra in Ucraina.
“Roger
Waters” sta con la Cina: "Taiwan ne fa parte, andate a studiare se non lo
sapete"CNN.
"Taiwan non è circondata dalla Cina,
Taiwan è parte della Cina: è scritto in un trattato riconosciuto a livello
internazionale sin dal 1948, prendilo e leggilo!", risponde piccato “Roger
Waters” durante un'intervista esclusiva alla “Cnn”.
Il
breve video che riprende la leggenda del rock sottolineare le ragioni cinesi
sulla questione Taiwan, viene molto commentato sui social.”
Infatti
l'isola venne abitata dai cinesi fin dal 1200, mentre già nel 1335 la dinastia “Yuan”
istituì alcuni organismi per Taiwan.
Nel
1662 la popolazione locale insorse contro i colonialisti olandesi, che da
alcuni decenni occupavano l'isola, cacciandoli e riunendosi alla madrepatria;
la
lingua usata a Taiwan è il mandarino e tutta la sua cultura risulta di matrice
cinese.
Non
solo: anche la fortissima forza politica di opposizione di Taiwan, il
Kuomintang, riconosce l'appartenenza alla Cina di Taiwan.
Non
solo: con la risoluzione 2758 del 1971, l'ONU ha dichiarato chiaramente che nel
mondo sussiste una sola Cina, e che Taiwan risultava parte integrante della
Cina.
Non
solo: almeno sul piano formale, persino il presidente americano Biden ha
riconosciuto più volte, durante gli ultimi due anni, il principio
dell'esistenza "di una sola Cina", mentre sempre a livello ufficiale
gli USA hanno interrotto i loro rapporti diplomatici con Taiwan nel 1972,
aprendo invece una propria ambasciata a Pechino.
“Escono
dall'ambiguità strategica stabilita nel 1972 da Nixon e Kissinger con Mao
Zedong.”
Gli
Usa si schierano con Taiwan.
Il
viaggio della Pelosi non è un caso ma è stato voluto.
Parecchi
segnali indicano che gli Stati Uniti intendono porre fine alla loro politica di
«ambiguità strategica» nei confronti di Taiwan.
Com'è
noto, con tale politica Washington s'impegna a riconoscere l'esistenza di «una
sola Cina», aderendo quindi ai desiderata di Pechino.
Al
contempo, però, intende mantenere lo status quo, chiedendo alla Repubblica
Popolare di non compiere atti di forza contro l'isola.
L'ambiguità
strategica pone agli americani problemi di grande portata.
Dopo
aver spostato la loro ambasciata a Pechino a seguito della visita di Nixon e
Kissinger a Mao Zedong nel 1972, i rapporti diplomatici ufficiali con Taiwan
furono interrotti, lasciando a Taipei un semplice ufficio di rappresentanza.
La
mossa si rivelò molto utile per staccare la Cina comunista dall'Unione
Sovietica, che, a quel tempo, era la principale rivale degli Usa.”
Come
notò giustamente “Roger Waters”, conoscere la storia diventa uno strumento indispensabile
per smascherare i fautori occidentali della guerra contro la Cina, prendendo a
pretesto Taiwan.
LA
DOTTRINA MORAWIECKI: IL PIANO
DELLA
DESTRA RADICALE POLACCA
PER
RIORGANIZZARE L’EUROPA.
Legrandcontinent.eu
– Valentin Behr – (27-3-2023) – ci dice:
A
pochi mesi dalle elezioni e a più di un anno dall’invasione dell’Ucraina, il
“PiS” polacco ha una nuova dottrina europea.
Traduciamo
e commentiamo per la prima volta in francese il “discorso della Sorbona” di “Mateusz Morawiecki” pronunciato
martedì scorso a “Heidelberg”.
Un
programma da studiare molto attentamente.
Il 20
marzo 2023, il primo ministro polacco “Mateusz Morawiecki “ha tenuto un
discorso sull’Europa e sui valori europei a “Heidelberg”.
La conferenza del capo di governo polacco è in
linea con i discorsi sul futuro dell’Unione europea tenuti dal presidente
francese Emmanuel Macron (La Sorbona, settembre 2017) e dal cancelliere tedesco
Olaf Scholz (Praga, agosto 2022).
Questo
importante documento offre la prospettiva di un leader dell’Europa centrale, il
cui ruolo politico nell’Unione europea si è rafforzato dopo la guerra in
Ucraina, qui descritta come una «svolta storica».
“Morawiecki” espone una visione delle sfide
che l’Unione deve affrontare e dei modi per affrontarle, in netto contrasto con
quelle proposte dai suoi omologhi francese e tedesco.
Sua
Magnificenza, Professor Eitel,
Signor
Primo Ministro Kretschmann,
Signore
e Signori,
Cari
studenti.
Vi
ringrazio molto per l’invito a “Heidelberg”.
È per
me un grande onore parlare qui, in una delle più antiche università del
continente.
È un luogo che ha formato decine di generazioni di
europei eccellenti. Molti grandi tedeschi, naturalmente, ma anche molti
polacchi. Uno di loro è stato addirittura rettore.
“Heidelberg”
è una città bellissima, costruita e coltivata per generazioni. Eppure questa
meravigliosa città, che per molti versi è un microcosmo dell’Europa, è stata
testimone di molto male, violenza, guerra e atrocità. Oggi, purtroppo, esse
tornano nel nostro continente.
L’Europa
si trova di fronte a una svolta storica, più importante di quella affrontata
durante la caduta del comunismo, perché per la maggior parte della popolazione
del continente quei cambiamenti furono pacifici, mentre oggi, quando il mondo
intero è minacciato da una guerra di aggressione russa, vengono in mente i
tempi di 70 e 80 anni fa.
Oggi
voglio parlarvi di quattro questioni fondamentali per il futuro dell’Europa.
Dividerò quindi il mio discorso in quattro
sezioni, e in ognuna di queste sezioni farò riferimento a quella che considero
una questione fondamentale: il ruolo degli Stati nazionali.
Comincerò
con il primo grande tema:
1.) Cosa ci insegna oggi la storia
dell’Europa.
Poi,
passerò a:
2.)
L’importanza della lotta dell’Ucraina contro la Russia e quali conclusioni
possiamo trarre per l’Europa dalla guerra in Ucraina.
Più
avanti affronterò un terzo tema:
3.)
Che cosa sono i valori europei e che cosa li minaccia attualmente.
Infine,
discuterò il quarto punto.
4.)
Come l’Europa può assumere il ruolo di leader globale.
Cosa
ci insegna la storia dell’Europa.
Se ci
chiediamo cosa può insegnarci la storia dell’Europa, vorrei iniziare dalle
nostre relazioni, quelle tra polacchi e tedeschi.
Siamo
stati vicini per oltre undici secoli, abbiamo vissuto, lavorato, ci siamo
preoccupati e abbiamo risolto i nostri problemi fianco a fianco e spesso
insieme.
Abbiamo
fondato le nostre prime università nello stesso periodo:
a Cracovia nel 1364, a Heidelberg nel 1386.
Nel
corso dei secoli ci sono stati molti polacchi di origine tedesca o tedeschi di
origine polacca e slava.
Oggi, polacchi e tedeschi lavorano a stretto
contatto dal punto di vista economico, il che crea interdipendenza.
Siamo
il quinto partner commerciale della Germania, dopo Cina, Stati Uniti, Paesi
Bassi e Francia. Presto passeremo al quarto posto, superando la Francia. E poi
addirittura al terzo. Molti non se ne rendono conto, ma la Russia è al 16°
posto.
E la
Polonia, insieme ad altri Paesi del Gruppo di Visegrad, è oggi un partner molto
più importante della Cina o degli Stati Uniti.
Vale
la pena sottolineare l’importanza che Germania e Polonia rivestono l’una per
l’altra.
E
sebbene abbiamo prospettive diverse su alcune questioni, condividiamo anche
molti problemi comuni che devono essere superati insieme.
“Morawiecki
“esordisce ricordando l’importanza cruciale della Polonia, e più in generale
dei Paesi dell’Europa centrale, come partner economico della Germania, in un
contesto in cui è soprattutto la dipendenza di questo Paese (e di altri in
Europa) dal gas russo a essere al centro del dibattito dall’inizio della guerra
in Ucraina.”
L’obiettivo
del leader polacco è relativizzare il carattere presumibilmente periferico – e
quindi trascurabile, nel gioco geopolitico e negli scambi economici –
dell’Europa centrale rispetto all’Europa occidentale.
Sull’importanza
degli scambi economici (diseguali) tra i Paesi di Visegrad e i loro vicini
europei, si può fare riferimento a “Thomas Piketty”, «2018, l’anno dell’Europa»
(16 gennaio 2018).
La
Polonia lotta ancora oggi con la crudele eredità della Seconda Guerra
Mondiale.
Abbiamo
perso l’indipendenza, la libertà e oltre 5 milioni di cittadini, molte città
polacche sono state lasciate in rovina e oltre mille villaggi sono stati
brutalmente pacificati.
Mentre
la Germania occidentale ha potuto svilupparsi liberamente, la Polonia ha perso
50 anni del suo futuro a causa della Seconda Guerra Mondiale.
Non voglio soffermarmi su questo tema nel mio
discorso, ma non posso trascurarlo… La Polonia non ha mai ricevuto dalla
Germania un risarcimento per i crimini della Seconda Guerra Mondiale, per la
distruzione, la sottrazione di beni e tesori della cultura nazionale.
Dopotutto,
la piena riconciliazione tra un colpevole e la sua vittima è possibile solo
quando c’è un risarcimento.
In
questo momento cruciale della storia europea, abbiamo bisogno di questa
riconciliazione più che mai, perché le sfide che abbiamo di fronte sono gravi.
La
storia dell’Europa – con la sua ferita più grande, la Seconda guerra mondiale –
ha spinto il mio Paese, insieme a molti altri, dietro la “cortina di ferro” per
quasi mezzo secolo.
Insieme
ai miei coetanei, siamo cresciuti, siamo andati a scuola, abbiamo intrapreso un
lavoro o degli studi all’ombra dei crimini comunisti.
Milioni di giovani europei che vivevano dietro
la cortina di ferro sapevano che da una parte c’era la libertà e dall’altra il
colonialismo russo; sovranità per alcuni, dominazione imperiale per altri; da
un lato, la tanto desiderata Europa libera, dall’altra, un totalitarismo
barbaro: la vita sotto il tallone della Russia sovietica.
Se
qualcuno ci avesse detto che avremmo vissuto per vedere la fine del comunismo,
non gli avremmo creduto.
Come
la maggior parte degli esperti occidentali di Russia sovietica. Eppure è
successo!
La Solidarietà polacca – “Solidarność” – la
guerra in Afghanistan, Papa Giovanni Paolo II e la dura posizione degli Stati
Uniti durante l’era Reagan hanno portato alla caduta del comunismo criminale.
Era
arrivato il tempo della democrazia.
Oggi
vorrei sottolineare il ruolo della sovranità dello Stato nazionale nel
mantenere la libertà delle nazioni.
La
lotta delle nazioni schiavizzate dell’Europa centrale era, fondamentalmente,
una lotta per la sovranità nazionale.
Questa
questione ha unito i patrioti in tutto lo spettro politico, perché credevamo
che i nostri diritti e le nostre libertà potessero essere salvaguardati solo
nel contesto di Stati sovrani riconquistati.
Con
questo richiamo storico, Morawiecki si inserisce in continuità con la “politica
storica” sostenuta dal “PiS”, che consiste nel difendere il «punto di vista
polacco» sulla storia per rivendicare la propria grandezza morale in
contrapposizione ai suoi vicini, in particolare alla Germania.
Il
risvolto concreto di questa posizione si può ravvisare nelle richieste,
avanzate dal governo polacco alla Germania, di riparazioni di guerra per le
immense perdite umane e materiali causate dal Terzo Reich alla Polonia durante
la Seconda guerra mondiale.
Su
questa spinosa questione, che il governo tedesco ha liquidato come
giuridicamente chiusa, si veda “Mateusz Piątkowski”, «The legal questions
behind Poland’s claim for war reparations from Germany» (Note dalla Polonia, 9 settembre
2022).
Inoltre
Morawiecki presenta l’esperienza comunista in Polonia come una semplice
occupazione sovietica, contro la quale la società polacca nel suo complesso si
sarebbe sollevata prima di liberarsi grazie alle sue mobilitazioni
(Solidarność, Giovanni Paolo II) e al sostegno americano (Reagan).
La sua
descrizione è in linea le interpretazioni preferite dal suo schieramento
politico, ossia la destra nazionalista e anticomunista, ma questa visione
semplicistica di una storia più complessa affonda le sue radici anche in una storia
personale:
il
padre di Mateusz, Kornel Morawiecki (1941-2019), è stato una figura importante
dell’opposizione anticomunista, fondatore dell’’organizzazione clandestina
Solidarność Walcząca (Solidarietà Combattente) a Breslavia nel 1982, durante lo
stato di guerra, dopo che il sindacato Solidarność era stato messo al bando e i
suoi leader arrestati.
È in
virtù di questa eredità storica, quella di una nazione che ha lottato per tutta
la sua storia per l’indipendenza, in particolare contro il totalitarismo
nazista e sovietico nel XX secolo, che Morawiecki presenta lo “Stato-nazione
non solo come caro ai polacchi, ma anche come il principale garante della
democrazia di fronte alle tentazioni imperialiste”, un argomento che svilupperà in
seguito in relazione all’Unione europea.
Sulla
politica storica in Polonia ci permettiamo di rinviare a Valentin Behr, «Genèse
et usages d’une politique publique de l’histoire. La ‘politique historique’ en
Pologne», Revue d’études comparatives Est-Ouest, vol. 46, no. 3, 2015, e al
dossier coordinato da Frédéric Zalewski, «La “politique historique” en Pologne.
La mémoire au service de l’identité nationale», Revue d’études comparatives
Est-Ouest, vol. 1, no. 1, 2020.
Avevamo
ragione.
Questo
è stato particolarmente evidente durante i periodi di crisi sociale ed
economica.
Anche
durante la recente crisi del Covid, abbiamo visto che Stati nazionali
efficienti sono fondamentali per proteggere la salute dei cittadini.
In
precedenza, durante la crisi del debito, abbiamo assistito a un chiaro
conflitto tra i Paesi dell’Europa meridionale – Grecia, Italia e Spagna – e le
istituzioni sovranazionali che prendevano decisioni economiche per loro conto
senza un mandato democratico.
In
entrambi i casi, ci siamo trovati di fronte ai limiti della governance
sovranazionale in Europa.
In
Europa niente potrà salvaguardare la libertà delle nazioni, la loro cultura, la
loro sicurezza sociale, economica, politica e militare meglio degli Stati
nazionali.
Altri
sistemi sono illusori o utopici.
Possono
essere rafforzati da organizzazioni intergovernative e anche parzialmente
sovranazionali, come l’Unione Europea, ma gli Stati nazionali in Europa non
possono essere sostituiti.
Citando
la crisi del debito sovrano e quella del Covid-19 nella sua professione di fede
a favore di un’Europa delle nazioni,” Mateusz Morawiecki” sembra dimenticare di
sfuggita gli importanti fondi comuni istituiti a livello europeo per far fronte
alle conseguenze economiche della pandemia.
L’attribuzione
di questi fondi alla Polonia è stata oggetto di un braccio di ferro con la
Commissione europea, che ha cercato di usarli come leva per indurre il governo polacco a
revocare alcune riforme del sistema giudiziario, accusate di minare lo Stato di
diritto.
La denuncia di “Morawiecki” contro «istituzioni sovranazionali»
che operano «senza un mandato democratico» solleva l’annosa e ricorrente
questione del rispetto da parte degli Stati membri dei trattati che hanno
firmato e ratificato – tra l’altro con un referendum al momento dell’adesione
della Polonia all’Unione europea nel 2004.
Questa
questione è al centro del resto del discorso, quando si parla di valori europei
e del futuro dell’Unione.
L’Europa
è nata molto prima della Repubblica americana, la cui unità è stata forgiata
anche attraverso la guerra civile.
Ecco perché è fuorviante fare riferimento a
questa analogia storica.
Qualsiasi
sistema politico che non rispetti la sovranità altrui, la democrazia o la
volontà elementare della nazione, prima o poi diventerà utopia o porterà alla
tirannia.
È
stata l’Europa cristiana a dare vita a una civiltà che rispetta la dignità
umana più di ogni altra.
Questa
civiltà merita di essere protetta.
Soprattutto
di fronte a civiltà dal cuore duro e sempre più forti, per le quali i valori
democratici e liberali non contano.
Vogliamo
costruire un’Europa forte per affrontare le sfide globali del XXI secolo.
È la dimensione dell’Unione europea che la
rende una forza significativa nel mondo, non il suo sistema decisionale sempre
più incomprensibile. Abbiamo bisogno di un’Europa forte grazie ai suoi Stati
nazionali, non di un’Europa costruita sulle loro rovine.
Un’Europa del genere non avrà mai forza, perché il
potere politico, economico e culturale dell’Europa deriva dall’energia vitale
fornita dagli Stati nazionali.
Le
alternative sono un’utopia tecnocratica, che alcuni a Bruxelles sembrano immaginare, o un neo-imperialismo, già screditato dalla storia
moderna.
La
lotta delle nazioni europee per la libertà non è finita nel 1989.
Lo si vede meglio al nostro confine orientale.
Vorrei
quindi passare a una questione di vitale importanza per l’Europa: l’Ucraina.
Discuterò
l’importanza della lotta dell’Ucraina dal punto di vista dei nostri valori
comuni europei.
Inoltre, esporrò le conclusioni che dovremmo
trarne.
Per
cosa combattono davvero gli ucraini oggi? Per cosa sono disposti a rischiare la
vita? Perché non si sono arresi immediatamente al secondo esercito più forte
del mondo?
La
lotta degli ucraini per il diritto all’autodeterminazione nazionale è un’altra
manifestazione eroica della difesa dello Stato nazionale e della libertà.
Ma per
avere la volontà di combattere, bisogna credere davvero in ciò per cui si
combatte.
Oggi
gli ucraini non combattono solo per la propria libertà.
Dal 24
febbraio 2022, combattono quotidianamente anche per la libertà di tutta
l’Europa.
Anche
il nostro futuro dipende da come si svolgerà questa guerra: la sconfitta
dell’Ucraina sarebbe la sconfitta dell’Occidente, anzi dell’intero mondo
libero.
Una sconfitta più grande del Vietnam.
Dopo una tale sconfitta, la Russia tornerebbe
a colpire impunemente e il mondo, così come lo conosciamo, cambierebbe
radicalmente, perché una vittoria di Mosca sarebbe seguita da una lunga serie
di pericolose incognite.
La
sconfitta del mondo libero probabilmente incoraggerebbe Putin, proprio come
l’acquiescenza degli anni Trenta incoraggiò Hitler.
“Morawiecki” descrive la lotta degli
ucraini contro gli invasori russi come una lotta civile e politica, con
implicazioni che vanno oltre questo conflitto:
Gli ucraini stanno combattendo «per la nostra
libertà e per la vostra», per citare uno slogan polacco («za wolność naszą i
waszą») formulato nel XIX secolo durante le insurrezioni anti zariste, poi
ripreso dai combattenti polacchi durante la Seconda guerra mondiale, e che dal
24 febbraio 2022 è tornato di attualità, soprattutto nei discorsi ufficiali
polacchi e ucraini.
Al di
là del simbolismo, si riferisce anche a un immaginario collettivo diffuso nelle
società dell’Europa centrale e orientale che temono di essere sacrificate dagli
alleati occidentali a vantaggio della Russia:
è il
mito di Yalta come «tradimento degli alleati», da cui le molteplici
associazioni, nel discorso di “Mateusz Morawiecki”, tra “Putin, Hitler e Stalin”.
Anche
Putin, come Hitler all’epoca, gode di un enorme sostegno pubblico.
Non è esagerato dire che ci troviamo di fronte
alla minaccia di una terza guerra mondiale.
Il
modo per evitare questo esito è smettere di alimentare la bestia.
La
storia si sta svolgendo sotto i nostri occhi.
Quando
i nostri figli leggeranno i libri di testo, si chiederanno se abbiamo fatto
abbastanza per garantire loro un futuro di pace. Abbiamo pensato a loro e al
bene a lungo termine dei nostri Paesi o solo alla comodità a breve termine e al
rinvio di decisioni difficili per il futuro?
Abbiamo
imparato dagli errori del passato o continueremo a ripeterli?
Ora,
qualche ulteriore riflessione su questo punto 2.1 Perché questo è un punto di
svolta nella storia europea?
Fino a
poco prima del 24 febbraio, avevo sentito dire che Putin non avrebbe attaccato
l’Ucraina.
Molti
politici europei hanno preferito credere a questa versione, sperando che fosse
possibile continuare il “Wandel durch Handel” [l’espressione tedesca indica
“cambiamento attraverso il commercio”, NDT] con la Russia a spese dell’Europa
centrale.
In
questo contesto, torniamo alla domanda: per cosa combattono gli ucraini?
Se
fossero concentrati solo sui beni materiali e non fossero uniti dal loro senso
di comunità, si sarebbero arresi molto tempo fa.
È su
questo che Putin contava.
Credeva
che gli ucraini avrebbero scelto la pace piuttosto che la libertà.
Ma si
sbagliava.
Perché?
Qual è stato l’errore del Cremlino?
Putin non è un pazzo, come molti di coloro che
hanno fatto affari con lui per vent’anni vorrebbero farci credere, ma è
accecato dalla sua visione del mondo.
Non è riuscito a capire che gli ucraini sono
una nazione.
E ora
che finalmente hanno il loro Stato nazionale –per quanto sia tutt’altro che
perfetto – sono disposti a sacrificare le loro vite per difenderlo.
La
propaganda russa sostiene che non esista una nazione ucraina separata.
Conosciamo
tutti il detto: «Se i fatti non corrispondono alla teoria, cambia i fatti».
Ecco perché la Russia sta cercando di spiegare
agli ucraini, con la forza, che non hanno diritto a un’identità nazionale.
Eppure
sono i nipoti dei soldati che oggi rischiano la vita per un’Ucraina libera che
un giorno diranno con orgoglio a scuola: mio nonno ha combattuto vicino a
Kherson!
E il
mio ha respinto l’assalto a Kiev!
Mio nonno è morto a Mariupol.
I
soldati di oggi, questi futuri nonni, sanno che stanno combattendo anche perché
i loro nipoti possano vivere in un Paese libero.
Ricordiamo:
una
nazione è una comunità di vivi, di morti e di coloro che devono ancora nascere.
Oggi
l’Europa è testimone di crimini commessi in nome di un’ideologia antinazionale.
Questo
è ciò che motiva Putin:
il
desiderio di eliminare ogni differenza, distruggere tutte le identità nazionali
e fonderle nel grande impero russo. Nel “Russkij Mir”.
La
propaganda russa ha ripetutamente lanciato la falsa accusa di fascismo ucraino.
Questo è esattamente ciò che disse Stalin:
«Chiamate i vostri avversari fascisti o
antisemiti. Basta ripetere questi epiteti abbastanza spesso».
Va
detto chiaramente: un fascista è qualcuno che vuole distruggere altre nazioni,
qualcuno che viola i diritti umani e calpesta la dignità umana.
I fascisti oggi sono Vladimir Putin e tutti i
complici dell’aggressione russa.
Come
europei, abbiamo il dovere di opporci al fascismo russo.
È questo il senso dell’identità europea.
Ora…
2.2)
Quali lezioni possiamo imparare dalla guerra in Ucraina?
Gli
ucraini oggi ci ricordano cosa “dovrebbe essere” l’Europa.
Ogni
europeo ha il diritto alla libertà personale e alla sicurezza.
Ogni
nazione ha il diritto di prendere decisioni fondamentali sul futuro del proprio
territorio.
La
democrazia può essere attuata a livello comunale, regionale o nazionale,
ovunque vi siano legami basati su un’identità comune. Pertanto, una votazione
in cui 140 milioni di russi voterebbero “a favore” dell’annessione dell’Ucraina
alla Russia e 40 milioni di ucraini “contro” non sarebbe democratica, giusto?
Quali
altre lezioni si possono trarre da oltre un anno di guerra in Ucraina?
Una cosa è chiara per me:
la politica di “concludere accordi” con la
Russia ha fallito.
Chi per decenni ha sostenuto la necessità di
stringere un’alleanza strategica con la Russia rendendo i Paesi europei
dipendenti dalla sua energia ha commesso un terribile errore.
Coloro che hanno messo in guardia
dall’imperialismo russo e hanno ripetutamente avvertito di non fidarsi della
Russia avevano ragione.
Coloro
che per molti anni hanno finanziato i preparativi bellici russi, disarmato
l’Europa e imposto una partnership con la Russia a chi era più debole, sono
corresponsabili politicamente della guerra in Ucraina e degli attuali problemi
economici ed energetici di centinaia di milioni di europei.
Putin
si è comportato come uno spacciatore che dà la prima dose gratis, sapendo che
il tossicodipendente tornerà più tardi e accetterà qualsiasi prezzo.
Putin
è astuto, ma non è brillante.
L’Europa ha ceduto a lui così facilmente
soprattutto a causa della propria debolezza.
Questa
debolezza si è materializzata nel perseguimento dei propri interessi
particolari a spese di altri Paesi.
Se le
singole nazioni dell’Unione Europea cercano di dominare gli altri, l’Europa
potrebbe cadere vittima degli stessi errori del passato.
E tutte le decisioni per fermare l’aggressore russo
possono essere nuovamente annullate.
Questo
accadrà se alcuni dei Paesi più grandi decideranno che per le loro élite è più
redditizio fare affari con il Cremlino, anche a costo del sangue.
Oggi è
il sangue ucraino.
Domani
potrebbe essere lituano, finlandese, ceco, polacco, ma anche tedesco o
francese… Dobbiamo evitare che questo accada.
“Morawiecki” sviluppa qui il nucleo
della sua argomentazione sul conflitto in Ucraina, presentando il punto di
vista di un leader dell’Europa centrale per il quale la guerra riflette e
deriva dalla cecità dei principali leader europei nei confronti della Russia di
Putin.
La
politica denunciata precedentemente del “Wandel durch Hande”l (o commercio
dolce) che si basa sullo scambio economico per provocare un cambiamento
politico nei regimi autoritari, trova in questo contesto i suoi limiti.
Anche la Polonia e i paesi dell’Europa
centrale, come altre economie europee, sono dipendenti dal gas russo, ma i
gasdotti del Mar Baltico che collegano la Germania direttamente alla Russia
(NordStream) hanno dato l’impressione di un sacrificio degli Stati dell’Europa
centrale e orientale agli interessi economici tedeschi.
Le
previsioni e gli avvertimenti, in tempi non sospetti, di diversi leader
politici della regione, compresi quelli del “PiS”, si sono tragicamente
avverati.
3.)
Queste lezioni dovrebbero farci porre una domanda fondamentale: quali sono i
valori europei oggi e cosa li minaccia?
Adesso
mi concentrerò su questa terza “questione fondamentale”.
In
termini di prosperità materiale, stiamo vivendo i tempi migliori della storia
dell’umanità.
Ma questa prosperità ha ucciso il nostro
spirito?
Ci
interessa ancora il motivo per cui viviamo?
Saremmo pronti a difendere le nostre case, i
nostri cari, la nostra nazione, se venissero attaccati?
Questa
tensione tra il regno dello spirito e il materiale non è nuova. Siamo, dopo
tutto, nell’università in cui ha insegnato Hegel.
In
letteratura, pochi si sono occupati di questo problema come il grande Thomas
Mann, “la
coscienza della Germania” all’epoca dei crimini nazisti tedeschi.
Gli eroi di Mann desiderano un significato più
elevato della vita, non solo l’accumulo di beni e il loro consumo.
Negli
ultimi decenni, molti europei sono arrivati a credere che il consumo, cosparso
di dichiarazioni sommarie sui “valori europei”, sia la fase finale della
storia.
Noi
siamo contrari a questo approccio.
Colpire
gli altri con la frusta dei “valori europei” senza concordare sulla loro
definizione o capire quali cambiamenti devono essere apportati dai singoli
Paesi, è – nel senso di Thomas Mann – autodistruttivo per l’Unione Europea.
Un
tempo il simbolo dell’Europa era l’antica agorà.
Un
luogo in cui ogni cittadino poteva parlare in condizioni di parità.
Oggi,
troppo spesso l’agorà europea è sostituita dagli uffici delle istituzioni di
Bruxelles, dove le decisioni vengono prese a porte chiuse.
Come
disse una volta un politico europeo in merito al meccanismo delle istituzioni
europee:
«Noi decretiamo qualcosa, se non ci sono proteste
perché la maggior parte delle persone non capisce cosa è stato attuato,
continuiamo passo dopo passo, fino al punto di non ritorno».
Questo
è un modo per trasformare rapidamente l’Unione europea in un’”autocrazia
burocratica”.
Oltre
alle nuove circostanze geopolitiche, si sta decidendo anche il destino
dell’Unione europea. Sarà una comunità democratica o una macchina burocratica e
una struttura centralista?
La
politica è sempre una questione di scelte.
Ma
questa scelta deve essere fatta alle urne, non nell’intimità degli uffici dei burocrati.
Vogliamo
davvero un’élite cosmopolita paneuropea con un potere immenso ma senza mandato
elettorale?
In
questo passaggio il discorso si sposta verso il dibattito sui «valori europei»,
che è valso alle cosiddette democrazie “illiberali” di Polonia e Ungheria una
procedura di infrazione contro l”o Stato di diritto”, avviata dall’articolo 7
del Trattato sull’Unione europea (TUE).
“Mateusz
Morawiecki” denuncia questa procedura, criticando al contempo un’élite
«cosmopolita» e burocratica, in un filone simile a quello di altri discorsi
euroscettici.
La sua
argomentazione riecheggia quella del filosofo Ryszard Legutko, europarlamentare
del” PiS”, il cui libro «The Demon in Democracy. Totalitarian Temptations in Free
Societies»
(Encounter Books, 2016; tradotto in francese come «Le diable dans la démocratie.
Tentations totalitaires au cœur des sociétés libres», Éditions de l’Artilleur, 2021) è ampiamente diffuso nelle reti
conservatrici internazionali in Europa e negli Stati Uniti.
Metto
in guardia tutti coloro che vogliono creare un super Stato governato da una
ristretta élite.
Se
ignoriamo le differenze culturali, il risultato sarà l’indebolimento
dell’Europa e una serie di rivolte, forse anche una nuova Primavera delle
Nazioni come quella del 1848.
All’epoca, i tedeschi fecero uno sforzo enorme
per costruire uno Stato unito e moderno.
Dovettero aspettare vent’anni per ottenere i
risultati politici, ma ne uscirono vittoriosi.
Oggi ci troviamo di fronte a un dilemma
simile.
Se i
governanti europei, come gli aristocratici di Metternich dell’epoca, preferiscono il potere delle élite e
l’imposizione dall’alto dei loro valori, alla fine incontreranno una
resistenza.
Può
non arrivare subito, ma è inevitabile.
Vale
la pena di tornare alla prima domanda: quali sono i valori europei?
E
soprattutto: cos’è l’Europa? La sua storia non è iniziata qualche decennio fa.
L’Europa
ha più di due millenni, nasce dall’eredità degli antichi greci, dei romani e
del cristianesimo.
Queste
sono le nostre radici, da cui siamo cresciuti e da cui non possiamo separarci.
“Morawiecki”
promuove una visione dell’Europa come civiltà, una base culturale comune con
una storia secolare.
Ciò
riecheggia la visione della storia ufficiale europea diffusa in Europa
centrale, che viene criticata per aver presentato una storia che sopravvaluta
l’eredità dell’Illuminismo e stigmatizza le nazioni a scapito dell’eredità
dell’antichità greco-romana e del cristianesimo.
In questo senso, si legga Platform of European
Memory and Conscience, «The House of European History. Report on the Permanent
Exhibition», 30 ottobre 2017.
Una
visione simile dell’Europa come identità e patrimonio culturale si ritrova nel
corpus ideologico della destra conservatrice.
Non è
una novità, sono le fondamenta su cui il governo polacco cerca di costruire la
propria visione di un’Europa delle nazioni, in contrapposizione a un’Europa
federale.
Si
possono citare le riflessioni dello storico belga” David Engels”, professore
all’Instytut Zachodni di Poznan, tra cui il suo «Preambolo di una Costituzione per
una Confederazione di Nazioni Europee»; nonché il libro da lui diretto: “Renovatio
Europae. Plaidoyer pour un renouveau hespérialiste de l’Europe”, Éditions du
Cerf, 2019.
Non
c’è Europa senza le altissime cattedrali gotiche o senza gli edifici delle
università.
L’Europa
ha sempre volato sulle ali della fede e della ragione, e il modello di
istruzione universitaria creato qui si è diffuso in tutto il mondo.
Questo
è accaduto perché l’università europea era uno spazio di discussione e di
scontro di idee opposte, l’ambiente più favorevole alla ricerca della verità.
Anche
in questo caso troviamo una retorica comune alla destra e all’estrema destra,
basata sulla denuncia della «politicamente corretto» e, più recentemente, del «wokismo» come minacce alla libertà di espressione, messe sullo stesso piano degli
autodafé nazisti.
A
parte la grossolana esagerazione, va notato che, ironia della sorte, sono
proprio i governi polacco e ungherese ad aver attuato politiche che hanno
portato a una riduzione delle possibilità di espressione per i gruppi
minoritari (in
particolare LGBT) e ad aver condotto campagne contro «l’ideologia di genere», in particolare nell’istruzione
superiore.
Possiamo citare su questi argomenti” David
Paternotte” e Mieke Verloo”, «De-democratization and the Politics
of Knowledge: Unpacking the Cultural Marxism Narrative», Social Politics: International
Studies in Gender, State & Society, vol. 29, no 3, 2021.
Inoltre,
le argomentazioni qui utilizzate hanno alcune convergenze con quelle di
Vladimir Putin, che è stato eretto a eroe “anti woke” e celebrato da una parte della
destra trumpiana americana.
Il passaggio di “Morawiecki” a favore dei
valori europei «democratici» e «liberali» trova qui i suoi limiti pratici,
poiché l’ideologia nazional-conservatrice del suo schieramento politico è
l’antitesi dei valori europei, come definiti nell’articolo 2 del TUE:
«L’Unione
si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della
democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti
umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori
sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo,
dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà
e dalla parità tra donne e uomini».
In
Europa non dovrebbe esserci posto per la censura o l’indottrinamento
ideologico.
Ci siamo già passati in passato, quando le
autorità comuniste ci dicevano cosa pensare.
Lo
hanno sperimentato anche i tedeschi ai tempi di Hitler, quando i libri degli
autori liberi di pensare venivano bruciati.
L’Europa
dovrebbe essere una cattedrale del bene e un’università della verità.
Anche
in questo caso, vale la pena sottolineare che i vari divieti, le decisioni
arbitrarie su ciò che può o non può essere presentato tra le mura delle
università e il politicamente corretto minano la missione eterna dell’accademia:
la ricerca
della verità.
Così
come proteggiamo il nostro patrimonio materiale, dovremmo proteggere anche il
nostro patrimonio spirituale, che consiste in decine di tradizioni culturali e
linguistiche diverse.
La forza dell’Europa nel corso dei secoli è
stata la sua diversità. Condividiamo valori comuni, ma ogni nazione ha la
propria identità.
Gleichschalten,
uravnilovka, è una strada che non porta da nessuna parte.
Germania
e Francia sono due attori centrali in Europa.
Nei 75 anni tra il 1870 e il 1945 hanno
combattuto tre guerre e solo dopo l’ultima hanno raggiunto la riconciliazione,
che oggi si concretizza nella relazione politica speciale tra Berlino e Parigi.
La
particolare sensibilità reciproca alle ragioni e alle sensibilità delle due
capitali è nata da un passato tragico.
Per il
bene dell’equilibrio europeo, ma anche a causa di un passato molto più tragico,
è necessario lo stesso modello di sensibilità reciproca alle motivazioni e agli
interessi di Varsavia.
Oggi a Varsavia non ci sembra di notare questa
sensibilità negli altri.
Le
fondamenta di questa riconciliazione sono state gettate da due grandi europei:
Charles de Gaulle e Konrad Adenauer.
Entrambi volevano costruire una pace duratura in
Europa.
I due
leader capirono che il rispetto reciproco e la consapevolezza delle radici
dell’altro sono i prerequisiti per la cooperazione.
Il Cancelliere Adenauer disse: «Se ora ci allontaniamo dalle fonti
della nostra civiltà europea, nata dal cristianesimo, è impossibile per noi non
fallire nel tentativo di ricostruire l’unità della vita europea. Si tratta
dell’unico mezzo efficace per mantenere la pace».
Il
generale de Gaulle era anche profondamente consapevole sia del grande
patrimonio culturale europeo sia degli orrori della “guerra interna”.
Lo cito: «Dante, Goethe, Chateaubriand
appartengono tutti all’Europa nella misura in cui erano rispettivamente ed
eminentemente italiani, tedeschi e francesi. Non sarebbero stati molto utili
all’Europa se fossero stati apolidi e se avessero pensato, scritto in una
specie di esperanto o di Volapük».
La
nostra identità di base è l’identità nazionale.
Sono
un europeo perché sono un polacco, un francese, un tedesco, non perché rinnego
il mio essere polacco o tedesco.
Il
tentativo odierno in Europa di eliminare questa diversità, di creare un uomo
nuovo, sradicato dalla sua identità nazionale, significa tagliare le radici e
segare il ramo su cui siamo seduti.
Attenzione
possiamo cadere facilmente, e le culture forti e le dittature di altri angoli
del pianeta non aspettano altro.
Sarebbero sicuramente felici di vedere
l’Europa cadere nell’insignificanza.
Vorremmo
che tutti gli europei dimenticassero le loro lingue e parlassero solo in
Volapük?
Io no.
Alcuni
cercano di negare il contributo dell’Europa allo sviluppo del mondo perché
vedono solo i lati oscuri della storia.
In
effetti, i Paesi responsabili dello sfruttamento e del colonialismo,
dell’imperialismo e di crimini terribili – come il nazismo tedesco e il
comunismo russo, come i crimini nelle colonie – dovrebbero fare ammenda per il
proprio passato.
Questo
fa parte del nostro “DNA europeo”: la ricerca della verità e della giustizia.
Ma
l’Europa storica non è solo una fonte di vergogna per noi.
Tutto
lo straordinario sviluppo scientifico e la prosperità di oggi sono, si potrebbe
dire, figli dell’Europa.
La via
da seguire per l’Europa non è nemmeno la “McDonaldizzazione politica”.
Occorre
attingere alla propria diversità, perché il tentativo di unificare
artificialmente l’Europa in nome dell’abolizione delle differenze nazionali e
politiche porterà al caos e al conflitto tra europei.
È la
cooperazione, unita alla concorrenza, il modo migliore per l’Europa di avere
successo nel mondo globale.
Milioni di persone da tutto il mondo visitano
ogni anno Parigi, Roma, Colonia, Madrid, Cracovia, Londra o Praga.
La
ricchezza di queste belle città e la forza di attrazione che esercitano derivano
dal fatto che ognuna di esse ha una propria identità unica.
Non
vogliamo un’Europa che dia ultimatum del tipo «o cambiate volontariamente la
vostra identità nazionale, o per farlo applicheremo ogni tipo di pressione
politica ed economica su di voi».
Negli
ultimi mesi la Polonia ha accolto milioni di rifugiati.
Gli ucraini hanno trovato rifugio nelle nostre
case.
La
nostra concezione dei valori europei comprende certamente il sostegno al vicino
in difficoltà.
Tuttavia,
abbiamo ricevuto un aiuto minimo, e assistiamo a trattamenti diversi tra Paesi
che si trovano nella stessa situazione.
Questa
è la definizione stessa di discriminazione.
Mentre
la Polonia è in prima linea nel fornire armi all’Ucraina e nell’accogliere i
rifugiati ucraini, il che ha contribuito ad appianare le sue divergenze con la
Commissione europea, l’Ungheria di Viktor Orban ha difficoltà a prendere le
distanze da Putin.
L’enfasi di “Mateusz Morawiecki”
sull’accoglienza dei rifugiati ucraini in Polonia non deve far dimenticare che,
pochi mesi prima dello scoppio della guerra in Ucraina, il governo polacco si era
contraddistinto per la sua intransigenza poco ospitale (e poco cristiana, si
sarebbe tentati di aggiungere) quando i rifugiati provenienti dal Medio Oriente
e dall’Africa centrale si ammassavano al confine tra Polonia e Bielorussia.
Vietando
l’accesso ai media e alle ONG nella zona di confine – le stesse che ora
svolgono un ruolo centrale nell’accoglienza dei rifugiati ucraini – e grazie al
metodo del «push back», il governo polacco ha in quell’occasione violato,
ancora una volta, i trattati europei.
Alla luce di questa politica doppio pesista
sui rifugiati, che distingue tra europei e non europei, cristiani e musulmani,
il seguente passaggio sulla «discriminazione» di cui la Polonia sarebbe vittima
è indecente.
La
Polonia subisce questa discriminazione anche a causa della totale mancanza di
comprensione delle riforme che un Paese emergente dal post-comunismo doveva
fare e del coinvolgimento delle istituzioni europee nelle controversie interne
di uno Stato membro con la pretesa di “difendere lo Stato di diritto”.
Voglio
essere assolutamente chiaro: in Polonia abbiamo la stessa concezione del
termine “Stato di diritto” che c’è in Germania.
E ci sono poche cose di cui sono sicuro come
del fatto che il mio schieramento politico difende il vero Stato di diritto in
misura molto maggiore rispetto ai primi 25 anni dopo il 1989.
Noi
lottiamo contro l’oligarchia, contro il dominio delle corporazioni
professionali chiuse, contro la povertà e contro la corruzione.
Ci difendiamo da queste patologie.
Ma
poiché questo non è l’argomento principale del mio discorso, permettetemi di
fermarmi qui.
“Morawiecki “giustifica qui le
famigerate riforme del sistema giudiziario e della magistratura che sono valse
alla Polonia una procedura di infrazione europea.
Possiamo
ricordare brevemente le principali misure adottate dal governo polacco dal
2015, che sono tutt’altro che aneddotiche in quanto minano la separazione dei
poteri:
la nomina di lealisti del “PiS” alla “Corte
costituzionale”; la nomina di membri del “Consiglio giudiziario nazionale”
(competente per la nomina dei giudici) posta sotto il controllo del Parlamento;
il pensionamento forzato dei giudici della Corte suprema; il licenziamento di
oltre 150 presidenti e vicepresidenti di tribunale da parte del ministro della
Giustizia; l’istituzione di una nuova camera disciplinare per i giudici della
Corte suprema, i cui membri sono selezionati dal Consiglio nazionale della
magistratura; l’avvio di procedimenti disciplinari contro i giudici che
applicano alcune disposizioni del diritto europeo o che sottopongono questioni
preliminari alla “Corte di giustizia dell’Unione europea “(CGUE).
La
CGUE ha ripetutamente condannato queste riforme, che continuano a essere
utilizzate per trasferire o licenziare i giudici.
Si
veda Johannes Vöhler, «Les “affaires polonaises” et la jurisprudence de la Cour
de justice de l’Union européenne en matière d’État de droit», Europe des droits
& libertés, mars 2022/1, n° 5.
Inoltre,
recenti sentenze della” Corte costituzionale” hanno stabilito che la “Convenzione
europea dei diritti dell’uomo” e il “Trattato sull’Unione europea “sono solo
parzialmente compatibili con la Costituzione polacca.
Questa
sfida al principio del primato del diritto dell’Unione mina la struttura
giuridica su cui si fonda l’integrazione europea.
In un
senso più profondo, la disputa oggi è tra la sovranità degli Stati e la
sovranità delle istituzioni.
Tra il
potere democratico del popolo l’imposizione dall’alto del potere da parte di
una ristretta élite.
Nei
duemila anni di esistenza dell’Europa, nessuno è mai riuscito a subordinare
politicamente l’intero continente.
Non
funzionerà nemmeno oggi.
La visione di un’Europa centralizzata finirà
esattamente nello stesso punto in cui è finito il concetto di fine della storia
annunciato trent’anni fa.
Prima ci allontaniamo da questa visione e
accettiamo la democrazia come fonte di potere legittimo in Europa, migliore
sarà il nostro futuro.
In
ogni modo, questa non è la fine della storia. La storia sta accelerando e sta
ponendo di fronte a noi sfide di proporzioni gigantesche.
La
contrapposizione tra la sovranità degli Stati e quella delle istituzioni
europee, tra il voto democratico del popolo e l’élite cosmopolita, riflette una
concezione minimalista della democrazia, come quella difesa da Viktor Orban.
Una democrazia puramente formale in cui conta
solo la volontà della maggioranza espressa attraverso le elezioni, senza pesi e
contrappesi, senza gerarchie di norme e senza libertà fondamentali che possano
essere opposte alla volontà dei governanti che, in questa concezione della
democrazia, non hanno nulla che impedisca loro di trasformarsi in tiranni.
Purtroppo,
gran parte dell’attuale élite dell’Unione europea opera in una realtà
alternativa:
se insiste ostinatamente sulla visione di un super
Stato centralizzato, dovrà affrontare la resistenza di più nazioni europee.
Più si
ostina, più feroce sarà la ribellione.
Non
voglio polarizzazione, divisione e caos.
Voglio
un’Europa forte e competitiva.
4.)
Quindi, permettetemi di concentrarmi sull’ultimo grande tema: come può l’Europa
conquistare la prima posizione nella corsa alla leadership globale?
Innanzitutto,
le politiche dell’Unione devono cambiare.
Non
verso una maggiore centralizzazione e il trasferimento del potere a poche
istituzioni chiave e ai Paesi più forti, ma verso il rafforzamento
dell’equilibrio di potere tra i popoli dell’Europa settentrionale, occidentale,
centrale, orientale e meridionale.
E
verso l’integrazione dell’Unione europea con i Balcani occidentali, l’Ucraina e
la Moldavia, in linea con i confini geografici dell’Europa.
La
domanda da porsi è: quanto seriamente prendiamo la questione della costruzione
di un’Unione europea forte e influente?
Oggi,
l’europeismo si esprime nella nostra mentalità di allargamento, non nel concentrarci
su noi stessi e sulla centralizzazione dell’Unione europea.
Stranamente,
i Paesi che amano presentarsi come europeisti e proporre la turbo-integrazione
sono allo stesso tempo i più scettici nei confronti della politica di
allargamento e giocano a poker politico.
Non
dovremmo parlare dei valori che uniscono l’Unione dividendo l’Europa in coloro
che meritano di farne parte e coloro ai quali l’accesso è negato.
Un
mercato comune più ampio e la diversità delle sue risorse economiche ci
renderebbero un forte attore globale.
Spesso
sento dire che l’Unione europea ha bisogno di compiere delle riforme per
allargarsi.
Molto
spesso si tratta di una proposta che nasconde la federalizzazione.
Di
fatto si propone di centralizzare il potere decisionale.
Questo
perché lo slogan della “federalizzazione” non è altro che una concentrazione
del processo decisionale imposta dall’alto.
Secondo
gli autori di questa centralizzazione chiamata “federalizzazione”, il processo decisionale deve essere
modificato passando dall’unanimità alla maggioranza qualificata in una serie di
nuovi settori.
L’argomento a favore di questa soluzione è che
sarà difficile ottenere l’unanimità tra più di 30 Paesi.
È vero
che è più difficile ottenere un parere unificato all’interno di un gruppo più
ampio di Stati.
Tuttavia, la questione è se questo deve
portarci a pensare che le decisioni debbano essere spinte dalla maggioranza,
contro gli interessi della minoranza in altri settori.
“Mateusz
Morawiecki “sostiene un riequilibrio geopolitico dell’Unione a favore degli
Stati dell’Europa centrale e orientale, giustificato dalla guerra in Ucraina e
dalla prospettiva (ancora molto ipotetica) di un’adesione di Kiev all’Unione.
Questa
posizione si accompagna a una messa in discussione dei progetti di
federalizzazione («centralizzazione»), come quelli avanzati da Scholz e Macron,
con l’idea di abbandonare il voto all’unanimità in alcuni settori – a favore di
una concezione opposta, quella di un’Unione più intergovernativa, ancora una volta in nome della
sovranità degli Stati nazionali, presumibilmente democratica.
Io ho
una proposta diversa: non dobbiamo intrometterci in questioni in cui
l’interesse nazionale rimane diviso.
Facciamo un passo indietro per farne due
avanti.
Concentriamoci sui settori in cui il Trattato
di Roma ha attribuito competenze all’Unione e lasciamo che il resto sia guidato
dal principio di sussidiarietà.
Da
diversi decenni osserviamo il processo di “spill over” delle competenze
dell’Unione europea in nuovi settori, valutato criticamente in molti Stati
membri.
Tuttavia,
di recente ha subito un’accelerazione.
La
questione di quanto gli Stati rimangano «i padroni del Trattato», come ha detto
la Corte costituzionale di Karlsruhe, è oggi ancora più rilevante.
Pertanto,
se l’Unione vuole apportare modifiche al suo processo decisionale che abbiano
legittimità democratica e permettano la fiducia reciproca, gli Stati membri
devono riacquistare la piena autorità sui Trattati.
Non
possono cedere il potere decisionale ai «quartieri generali di Bruxelles» e
alle «coalizioni di potere».
In
altre parole, bisogna rivedere le aree sotto l’autorità di Bruxelles e, guidati
dal principio di sussidiarietà, e ripristinare un maggiore equilibrio.
Più
democrazia, più consenso, più equilibrio tra Stati e istituzioni europee.
Bisogna
ridurre il numero di aree di competenza dell’Unione, che diventerà, anche con
35 Paesi, più facile da navigare e più democratica.
Imporre
una maggiore centralizzazione significa ripetere gli stessi errori. È un
fallimento non ascoltare le voci di quei Paesi che avevano ragione su Putin, dare potere a persone come Gerhard
Schroeder, che ha reso l’Europa dipendente dalla Russia e ha messo l’intero
continente a rischio esistenziale.
“Morawiecki”
si
riferisce al ruolo svolto dall’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder che,
dopo la sua carriera politica, ha assunto la direzione del consorzio incaricato
della costruzione del gasdotto Nord Stream ed è entrato nel consiglio di amministrazione
della società russa Gazprom.
Un
esempio: solo pochi mesi fa, nel giugno 2021, si è pensato di celebrare la
riunione del Consiglio europeo con Vladimir Putin.
Come
se per allora non ci fossero state azioni aggressive da parte della Russia.
Dove saremmo senza l’opposizione di Polonia,
Finlandia e Stati baltici? Se il principio di unanimità non fosse più in vigore?
La
politica estera polacca – in questo contesto – è decisa in elezioni
democratiche dai cittadini polacchi, persone per le quali un vicino aggressivo
è un problema reale.
Non si
tratta di persone che vivono a migliaia di chilometri di distanza e che vedono
la Russia solo attraverso il prisma delle opere di Puskin, Tolstoj o
Tchaikovsky.
Oggi
non basta parlare di ricostruzione dell’Europa.
Dobbiamo
parlare di una nuova visione dell’Europa.
Affinché
la pace e la sicurezza diventino basi durature dello sviluppo per i decenni a
venire.
Se gli
ultimi mesi possono essere considerati un successo in qualche modo, lo si deve
certamente alla cooperazione nel campo della sicurezza.
La
cooperazione transatlantica e la NATO in particolare hanno dimostrato di essere
l’alleanza di difesa più efficiente di sempre.
Senza
il coinvolgimento degli Stati Uniti e – forse – della Polonia, oggi l’Ucraina
sarebbe scomparsa.
La
NATO, presto rafforzata dalla futura adesione di Finlandia e Svezia, è
fondamentale per la sicurezza dell’Europa, deve quindi essere rafforzata e
sviluppata.
Allo
stesso tempo, dobbiamo costruire le nostre capacità di difesa, come la Polonia
sta facendo.
Stiamo
costruendo un esercito moderno non solo per difenderci, ma anche per aiutare i
nostri alleati, spendendo fino al 4% del PIL per la difesa, una capacità che
abbiamo raggiunto grazie al miglioramento delle nostre finanze pubbliche dopo i
buchi lasciati dai nostri predecessori.
Proponiamo che la spesa per la difesa non
rientri nel criterio del Trattato di Maastricht del limite del 3% nel rapporto
tra deficit e Pil.
L’Europa
si è disarmata, fissando l’aggressione russa come un coniglio di fronte alla
luce dei fari.
Oggi mancano le munizioni e le armi di base
per rispondere alla sfida di Mosca, per non parlare di minacce per la nostra
sicurezza in altre aree geografiche.
Il mio desiderio per i Paesi europei è di
essere così forti militarmente da non aver bisogno di aiuti esterni in caso di
attacco, ma di poter fornire supporto militare ad altri.
Oggi
non è così.
Senza
il coinvolgimento americano, l’Ucraina non esisterebbe più.
E il
Cremlino sarebbe passato alla sua prossima vittima. Durante la “distensione”
degli anni Settanta sono stati commessi molti errori, fino all’invasione
sovietica dell’Afghanistan. In quell’occasione l’occidente rispose
adeguatamente, mentre negli ultimi vent’anni la politica aggressiva russa non
ha destato tanta preoccupazione.
La
sveglia è arrivata tardi, il 24 febbraio 2022.
Ora,
4.1) Cos’altro si può fare per rinforzare la posizione dell’Europa?
Tutti
ricordiamo lo slogan della campagna elettorale di Clinton: «It’s the economy,
stupid!» [è l’economia, stupido!].
A quei tempi quasi tutti credevano che il
denaro fosse un farmaco curativo, e che avrebbe fatto crescere la classe media
e democratizzato la vita pubblica anche in Paesi come la Russia e la Cina.
Le
cose sono andate diversamente.
Oggi
sappiamo che l’economia deve andare di pari passo con i desideri sociali e le
esigenze di sicurezza.
Molti
dei problemi dell’Europa moderna derivano dalla frustrazione dei giovani, le
cui prospettive sono spesso peggiori di quelle dei loro genitori.
La classe media si sta erodendo ovunque in
Europa.
Un
mondo in cui l’1% più ricco accumula più ricchezza del restante 99% è
scandaloso.
Oggi
sta accadendo questo.
I
paradisi fiscali, che potrebbero essere più giustamente chiamati inferni
fiscali, derubano la classe media e i bilanci statali di Germania, Francia,
Spagna e Polonia.
La
forza dell’Europa deriva in primo luogo dalle sue fondamenta più solide, ovvero
la sua robusta classe media.
La convinzione che la prosperità e la crescita
possano essere condivise non solo da un gruppo di ricchi, ma dall’intera
società, è stata la forza trainante dello sviluppo dell’Occidente a partire
dagli anni Cinquanta.
Purtroppo,
questa convinzione sta scomparendo e la disuguaglianza sta aumentando.
Ciò è molto pericoloso perché, da un lato, rafforza i
movimenti radicali che chiedono la distruzione dell’attuale struttura economica
e politica; dall’altro, scoraggia il lavoro e lo sviluppo.
Dobbiamo
invertire questo processo.
Perché rischiamo di perdere la gara contro i
nostri concorrenti, che sono civiltà dure, resistenti e intransigenti, dove le
relazioni sociali ed economiche funzionano in modo diverso.
Il
nostro compito di leader politici è quello di garantire condizioni in cui tutti
possano guadagnarsi da vivere onestamente.
Il mercato del lavoro europeo deve offrire
salari dignitosi, facilitare l’ingresso dei giovani nelle professioni e dare
loro un senso di stabilità.
Dobbiamo
anche creare le migliori condizioni possibili per avere una famiglia.
Allora l’Europa avrà un futuro luminoso.
Le
famiglie ben funzionanti sono il fondamento di una vita sana, felice e stabile.
Dobbiamo
anche evitare che l’Europa diventi dipendente da altri.
La
cooperazione con la Cina è una grande sfida.
È un Paese enorme, con grandi ambizioni.
Come Europa, dobbiamo essere almeno un partner alla
pari per la Cina, perché esserne dipendenti è una strada che non porta da
nessuna parte.
Si
tratta di un obiettivo verso il quale l’Europa deve urgentemente tendere, ed è
l’altra grande sfida per i prossimi anni oltre alla vittoria dell’Ucraina.
Non ci
sono errori che non possano essere corretti. Almeno in parte. Quando sento che il nostro governo ha
avuto ragione su Russia e Ucraina, mi sento soddisfatto.
Ma
scambierei volentieri il senso di soddisfazione con la volontà europea di
combattere, con una volontà politica ancora più forte: quella di continuare a
sostenere l’Ucraina.
E con
la volontà di confiscare 400 miliardi di euro di beni russi.
Non
basta congelarli: la Russia deve rispondere dei suoi crimini e della distruzione
materiale che ha causato, i brutali aggressori devono sapere che prima o poi il
loro Paese pagherà per i danni causati dalla violenza.
Oggi
mi rivolgo nuovamente a tutti i leader europei:
è
tempo di confiscare in modo totale e permanente i beni russi.
Per
ricostruire l’Ucraina e ridurre i costi energetici per i cittadini europei.
L’Europa
è molto più forte della Russia, ma dobbiamo avere la volontà di usare il nostro
potenziale.
Se
lasciamo che la Russia vinca questa guerra, rischiamo di non perdere solo
l’Ucraina, ma di emarginare l’intero continente.
La conclusione è semplice. Nel mondo contano solo i Paesi forti,
efficienti e sicuri di sé. Putin ha attaccato l’Ucraina perché riteneva che gli
europei fossero allo stremo, deboli e inattivi. Un anno dopo, possiamo
affermare che si sbagliava. Almeno in parte.
L’Europa
non è ancora morta. Non lo sarà finché saremo in vita. Ma non è ancora
vittoriosa.
Qui
c’è una citazione diretta dell’inno nazionale polacco: «Jeszcze Polska nie zginęła, kiedy
my żyjemy» («La
Polonia non è ancora morta finché noi viviamo»).
Signore
e signori,
all’inizio
ho ricordato che molti polacchi si sono laureati all’Università di Heidelberg:
medici, avvocati, filosofi.
Uno di loro era il nostro grande poeta, “Adam
Asnyk”.
Nella primavera del 1871 – proprio quando era
in corso l’unificazione della Germania – anche Asnyk sognava di far rinascere
una Polonia indipendente.
Capì
che i grandi obiettivi potevano essere raggiunti solo attraverso un lavoro
paziente e sistematico, attraverso lo sforzo collettivo di tutta la comunità.
Scriveva
“Asnyk”:
«Abbiate
sempre disprezzo per la vanagloria trionfante,
non
applaudite l’oppressore violento.
Ma non
venerate le vostre numerose sconfitte,
né
siate orgogliosi di essere sempre inferiori».
L’Europa
deve dimostrare la sua forza e il suo valore.
Questo
è il nostro momento di «essere o non essere».
Ma, a
differenza dell’Amleto di Shakespeare, non possiamo esitare.
Nel
1844, quando la Germania era ancora come le rovine del castello di Heidelberg –
imponente ma incompleto – il poeta tedesco” Ferdinand Freiligrath” ammoniva: «Deutschland ist Hamlet!».
I
tedeschi esitano troppo invece di stare chiaramente dalla parte del bene.
Giovanni
Paolo II è stato uno dei principali sostenitori dell’unificazione europea.
Ha
svolto un ruolo chiave nella liberazione delle nazioni europee insieme al suo
grande successore tedesco, Benedetto XVI.
Questo
duo polacco-tedesco, unico nel suo genere, è stato una voce importante per il
futuro dell’Europa, per la sua direzione, la sua cultura e la sua civiltà.
Per
concludere, permettetemi di riassumere i quattro temi principali al centro del
mio discorso.
1.) In
primo luogo, non possiamo costruire il nostro futuro senza imparare dal nostro
passato.
La
storia dimostra che una politica che non rispetta la sovranità e la volontà del
popolo prima o poi si dissolve in utopia o dittatura.
L’Europa
ha un futuro luminoso se rispetta la diversità delle sue nazioni.
2.) In
secondo luogo, il futuro dell’Europa è forgiato dalla lotta dell’Ucraina per la
libertà a nostro nome.
È nostro dovere sostenere l’Ucraina. Lo
spirito combattivo degli ucraini deve essere fonte di ispirazione e guida per
le nostre azioni.
3.) In
terzo luogo, una comunità democratica di nazioni, basata su un’antica eredità
greca, romana e cristiana, che promuove la pace, la libertà e la solidarietà, è
il fondamento dei valori europei.
Questi valori hanno costituito la base
dell’integrazione europea e possono continuare a essere la forza trainante del
continente.
Ciò
che minaccia di indebolire queste forze è la centralizzazione.
Il
dominio del più forte e l’affidamento arbitrario del futuro dell’Europa a una burocrazia senza cuore, che sta
cercando di «resettare i valori». Questo «reset», cioè la centralizzazione burocratica
che si cela dietro alla maschera della “federalizzazione”, è il seme di grandi
conflitti e ribellioni sociali future.
4.) In quarto luogo, se l’Europa vuole vincere la
corsa alla leadership globale, deve trasformarsi.
Deve
essere pronta ad accogliere nuovi Paesi ma anche, di fronte a una comunità più
ampia, a limitare alcune delle sue competenze.
Di
fronte alle minacce esterne, deve rafforzare le proprie capacità difensive.
Di
fronte alle sfide economiche e sociali, deve costruire una prosperità di tipo
egualitario e ordoliberale e combattere gli inferni fiscali travestiti da
paradisi fiscali. L’Europa deve mantenere alleanze sagge, ma deve anche
promuovere l’indipendenza e non diventare vittima di ricatti energetici o
economici.
Un
tempo l’Europa era il centro del mondo, rispettata in ogni continente.
Ci interessa ancora che l’Europa e la nostra
civiltà sopravvivano?
E non
solo se sopravviveranno, ma in quale forma?
Abbiamo
la volontà di essere leader, o forse ci siamo già rassegnati a passare in
secondo piano?
Abbiamo
il coraggio di far tornare grande l’Europa, di renderla vittoriosa?
Io
credo di sì.
L’Europa
ha un grande potenziale. Esso deriva dalla sua storia e dal suo patrimonio, ma
continua oggi nelle sue innumerevoli qualità e vantaggi.
Ciò di
cui l’Europa ha bisogno, tuttavia, sono la determinazione e il coraggio.
E sono
profondamente convinto che se lavoreremo duramente – a nome delle nostre
rispettive patrie e del continente nel suo complesso – l’Europa prevarrà.
In
conclusione, questo è il discorso di un capo di governo polacco la cui
posizione nel gioco politico europeo sembra essere stata temporaneamente
rafforzata dalla nuova situazione aperta dalla guerra in Ucraina.
Lo
scoppio della guerra ha convalidato il punto di vista tradizionalmente
diffidente del “PiS” nei confronti della Russia.
La
richiesta di un riequilibrio dei rapporti di forza tra gli Stati europei a
favore dell’Europa centrale, e in particolare della Polonia, dissimula
maldestramente il timore di un «accordo» tra i leader europei (guidati da
Macron) e Putin, che ricorderebbe ai polacchi il «tradimento di Yalta».
Il
timore di vedere i Paesi dell’Europa centrale e orientale relegati ai margini e
sacrificati a vantaggio delle potenze occidentali e russe dovrebbe farci
interrogare sulla natura della costruzione europea e sul modo in cui essa
integra questa periferia centro-orientale, che vi ha aderito quasi vent’anni
fa.
Per
liberarci da una visione geopolitica ereditata dalla Guerra Fredda, dovremmo
prendere sul serio le aspirazioni sovrane delle nazioni poste tra la Germania e
la Russia.
Questo
è l’aspetto più rilevante, ma anche il più inquietante, del discorso di
Morawiecki.
Ciò
non significa, tuttavia, che si debba aderire all’ideologia nazionalista,
conservatrice, familista e nativista dell’autore, evidente in questo testo.
Non è
certo che il governo polacco sia in grado di unire un’ampia coalizione di Stati
europei attorno a un simile programma politico.
Resta il fatto che l’attuale governo polacco si oppone
fermamente a qualsiasi progresso verso un’Europa più federale e potrebbe
raccogliere l’opposizione a tale processo.
La
posizione riflette ancora una volta la paura di essere relegati in un’Europa a
più velocità.
L’Europa
sarà vittoriosa!
Vi
ringrazio per il vostro ascolto.
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