Quando potremo dire che i padroni del mondo odiano l’umanità?

 

Quando potremo dire che i padroni del mondo odiano l’umanità?

 

 

 

Estratto dal libro "I Piani

Segreti del Club Bilderberg."

Macrolibrarsi.it - Cristina Martin Jiménez – (20-2-2023) – ci dice:

(Autrice: Cristina Martin Jiménez)

“Non posso scrivere solo di rose e di luna perché, talvolta, alla luce della luna i miei fratelli vedono una croce in fiamme attorniata da uomini con un cappuccio nero.

Talvolta, al chiar di luna si scorge un nero linciato e appeso a una corda, e il suo è un funerale senza rose.”

(“Langston Hughes”, scrittore e sostenitore del “Rinascimento di Harlem”).

 

Nel corso di queste pagine, il mio intento è stato quello di mostrarvi una parte della realtà di questo nostro mondo che molti si ostinano a negare rabbiosamente malgrado l'evidenza.

Insieme, ci siamo immersi in un'avventura:

scoprire come l'umanità viene manipolata dai padroni del mondo e, cammin facendo, spero abbiate scoperto al tempo stesso chi siete davvero, e che cosa si possa fare unendosi per uno scopo giusto.

O quantomeno, spero che questa lettura vi sia servita per porvi degli interrogativi.

La rivoluzione delle telecomunicazioni ha fatto sì che oggi non si viva più isolati nel proprio paesino, o nella propria città, ma nel villaggio globale come pronosticato dal semiologo “Marshall McLuhan”, che dopo aver partecipato a una riunione del “Club Bilderberg” ne uscì disgustato.

Per tutto il Novecento, personaggi legati alle sfere del potere, ma anche storici e commentatori di prestigio, non hanno fatto altro che lanciare l'allarme sull'esistenza di un potere occulto, organizzato in modo ferreo per raggiungere un chiaro obiettivo: avere il mondo in pugno.

Chi ha in mano l'oro, il denaro, sta dettando legge al resto dell'umanità.

Analisti statunitensi, come il “dottor Quigley” - professore di storia di “Bill Clinton” alla “Foreign Service School dell'Università di Georgetown” - o “Anthony Sutton” sono stati i primi a denunciare questo stato di cose.

Hanno segnato a dito la massoneria dell’élite (Bohemian Grove, SkuU and Bones, eccetera), i banchieri, la CIA e la Commissione per le relazioni esterne del Senato (il CFR), per poi scoprire i piani della “Commissione Trilaterale”:

 tutte queste tracce mi hanno condotta al “Club Bilderberg”, l'ultima organizzazione segreta di cui si sia avuta notizia.

Non soltanto negli USA, ma anche in Europa e in America Latina si sono alzate voci contro l'FMI, il G8, il G20 e il forum di Davos.

Ma le congreghe di questo tipo sono molte di più e tutte insieme, efficacemente legate tra loro grazie ai loro componenti che solitamente appartengono a più associazioni contemporaneamente, muovono i fili del potere.

Abbiamo toccato con mano che i moniti degli storiografi seri non erano frutto di teorie complottiste, ma di fatti concreti divenuti sempre più tangibili con il passar del tempo.

 E che proprio per screditare chiunque denunci i padroni del mondo, ricerche e critiche in questo senso vengono messe a tacere e questo vale anche per le mie.

Ma c'è un però:

 Internet e i social network hanno compiuto il miracolo di rendere possibile la comunicazione tra persone che vivono in qualunque punto del pianeta, facendo sì che l'informazione nascosta dai proprietari dei grandi gruppi transitasse comunque sulle autostrade virtuali, unendo in movimenti di protesta tutti coloro che credevano di essere soli nella lotta contro le ingiustizie e le corruttele del mondo.

Una delle principali conclusioni del mio lavoro è che stiamo vivendo una rivoluzione culturale, ossia economica, tecnologica e sociale;

 una nuova fase della storia dell'umanità nella quale stanno cambiando le strutture della comunicazione, la politica, la società, i rapporti umani e il lavoro.

Stiamo vivendo un punto di snodo nella storia, paragonabile a quello inaugurato dall'invenzione della stampa.

Oggi la stampa si chiama «nuove tecnologie della comunicazione», e queste stanno cambiando tutto.

Molti se ne spaventano, si sentono intimoriti e spaesati perché non capiscono che cosa stia accadendo e perché non riescono a trovare la propria collocazione nel mondo, dal momento che questa rivoluzione richiede meno mano d'opera in alcuni ambiti aziendali, nel pubblico come nel privato, ma anche nuove specializzazioni.

Con l'avvento della “Rivoluzione industriale”, i lavoratori protestavano facendo a pezzi le macchine nel timore di perdere il proprio ruolo.

 Ma non preoccupatevi:

questa è solo una fase della rivoluzione in atto, bisogna sapersi adattare e reinventare. Ma non abbiate paura, perché la paura impedisce di lottare.

I padroni del mondo ambiscono a controllare questa nuova rivoluzione, ma la situazione sta sfuggendo loro di mano.

Questa loro santa alleanza non ha funzionato neppure con i governanti di alcuni Paesi o con i dirigenti di altri imperi o culture.

Oggi, il dibattito è tra la loro democrazia globale e quella dei popoli.

I giapponesi difendono una globalizzazione in cui la dimensione locale abbia il proprio spazio.

 Ma i padroni del potere sono così ingordi da volere tutto, ed è per questo che stanno fallendo nel loro intento.

Il popolo si è accorto della loro ingordigia e della loro boria e si è ribellato.

Ha perso la paura e li ha fronteggiati.

Il più colossale errore dei padroni del mondo è stata la smania di imporre il loro governo mondiale con la forza («tramite il consenso o per imposizione», aveva dichiarato il banchiere Warburg nel 1950).

Anziché spiegare alla cittadinanza che cosa stia accadendo, in che punto della storia si trovi l'umanità, quale sia la rivoluzione di cui siamo testimoni, hanno seminato paura e confusione nell'illusione di poter mettere le mani su tutto, generando il caos.

Sono cose che i nostri governanti non ci spiegano perché a sapere che cosa stia accadendo davvero sono in pochissimi.

Neppure gli stessi padroni del potere, che saltellano inconsultamente da un luogo all'altro senza sapere come fare per accaparrare tutto.

 Persino i loro complici si sono ridotti a eseguire ordini senza neppure sapere chi li abbia impartiti, e si sentono persi anche loro.

Ma molti altri ancora che si sentono persi volgono lo sguardo verso una vecchia questione dimenticata.

 Racconti, miti sull'aldilà, superstizioni, verità, pretesti per scatenare guerre, l'inconscio individuale e collettivo di cui parla “Jung”, l'interpretazione dei sogni messa in campo da “Freud” ...

Mi riferisco alla religione.

 

Non dimentichiamo, però, che anche questo aspetto figura nella loro agenda segreta:

la religione unica, infida come una serpe.

La religione per giustificare le guerre giuste.

Pareva proprio che tutto fosse stato pianificato alla perfezione, ma non hanno fatto i conti con la loro stessa superbia.

 Il Prometeo, il “Lucifero delle loro logg”e, è caduto in disgrazia agli occhi degli dèi per la sua invidia e per la sua superbia.

Ecco l'altro grave errore dei padroni del mondo:

 l'aver ignorato il monito che pur figura nel loro stesso manuale di guerra tranquilla, quel non perdere «le qualità di discrezione e di umiltà.

Tali virtù sono esercitate nel Suo proprio interesse superiore.

 Non si devii da esse».

 E invece nella loro boria, nel loro narcisismo, se ne sono allontanati.

Forse la speranza è vana, ma chissà che non imparino la lezione e comunque non guasta ricordar loro che non devi volere per gli altri ciò che non vorresti per te, come recita il “tao”.

Ora la patata bollente ce l'hanno in mano loro: come faranno a ripassarcela di nuovo?

 Sono riusciti a farsi odiare da tutti proprio con quel loro tramare nell'ombra, con il loro rifiutarsi di parlar chiaro, con il loro incaponirsi a voler tener segreto ciò che riguarda tutù, con la loro velleità di divenire padroni assoluti della democrazia e, peggio ancora, dell'animo umano.

Hanno fatto fuori “Kennedy”, colpevole di aver denunciato il segreto come metodo di organizzazione sociale, di aver impedito loro di attaccare Paesi interi.

 Hanno tolto di mezzo “Lincoln” perché aveva abolito la schiavitù, hanno ridotto al silenzio pensatori e giornalisti che avevano denunciato i loro abusi.

E ora, accecati dalla loro stessa boria, non capiscono che, intestardendosi a tirar pietre contro i muri che loro stessi hanno eretto per dividere i popoli, rischiano solo di vedersele rimbalzare sulla faccia.

Dovrebbero smetterla di voler comandare e mettersi invece ad ascoltare quella popolazione che hanno la velleità di soggiogare.

 I padroni del potere sono perduti perché si erano illusi che il popolo li avrebbe venerati, che li avrebbe seguiti solo perché sostenevano di essere perfetti, di essere dei benefattori dell'umanità e che quello era il solo modo giusto di dirigere il mondo.

A chi governa, a una guida, viene richiesto di guidare, di mostrare, di suggerire, non di imporre con la forza e neppure per consenso, perché altrimenti chi è governato rischia di sentirsi in trappola e di ribellarsi.

 E le ribellioni, con buona pace di chi pretende il contrario, non sono controllabili.

Un essere umano sotto pressione, angosciato, è capace di tutto.

Chi ha perso tutto giunge alla conclusione di avere tutto da guadagnare altrove e di non sottostare più a un gioco che non è il suo.

I padroni del potere hanno fallito in un atto squisitamente umano: la comunicazione.

Non vi è comunicazione tra la sfera del potere globale e il popolo.

Non vi è comunicazione quando chi pretende di governare il mondo si rintana in incontri a porte chiuse a decidere dei nostri destini.

Si sono creduti padroni delle nostre vite, ma sono sopra di noi soltanto nelle otto ore di lavoro che dedichiamo loro in cambio di uno stipendio.

Si sono autoproclamati padroni del nostro denaro, usando i risparmi che avevamo depositato nelle loro banche per gestirli a piacimento e, peggio ancora, rubandoceli.

Si sono creduti i nostri padroni quando, con gli strumenti della pubblicità, del cinema e delle arti, ci hanno spinti a spendere i nostri soldi nei prodotti che ci offre un mercato in mano a loro.

Si sono creduti padroni delle nostre opinioni quando, usando intellettuali al loro soldo, ci hanno voluto persuadere a prendere partito per una guerra, o per l'aborto, o per il matrimonio omosessuale.

 E si sono creduti padroni dei nostri sentimenti quando i loro guru della psichiatria e della psicologia hanno tentato di dettarci persino ciò che dovevamo provare.

Ma si sono dimenticati di una cosa: del libero arbitrio.

Non avranno mai il controllo della libertà dell'anima, né individuale, né collettiva.

E questo li ossessiona, li fa sentire frustrati.

I padroni del mondo ci odiano perché nasciamo liberi e moriremo liberi. E si sentono persi, esattamente come tutti noi.

Chi lavora per farci perdere la strada si è perso a sua volta.

 Un errore di comunicazione, e la loro barca vaga alla deriva.

Il mondo si sente perso a causa dell'odio che loro hanno seminato ovunque.

Dell'odio che fomentano per tenerci costantemente in guerra, o in uno stato di paura.

 E contro l'odio vi è solo una ricetta possibile: l'amore, l'avvicinamento all'altro, il dialogo, la comprensione.

Aiutare e lasciarsi aiutare.

Il pianeta è nostro, è degli esseri umani, ma i padroni del mondo vogliono rubarcelo.

Dobbiamo invece costruire la nostra comunità, il nostro governo mondiale, alle nostre condizioni.

Armi in pugno, perché questa non è una battaglia, ma una guerra che loro hanno dichiarato alla vita.

Vogliono decimare la popolazione perché hanno già troppi vassalli nel loro mondo ideale, nell'Arcadia felice cui aspirano.

Arcadia per la quale lavorano nell'ombra giorno dopo giorno, lontano dagli occhi dell'opinione pubblica.

Hanno paura di noi.

 Hanno molta più paura loro di quanta non potremo averne mai noi, ed è per questo che si affannano per seminare il panico nelle nostre menti.

Ma non date loro retta: è un panico indotto.

Voi siete forti, siete umani e loro non vogliono che lo sappiate, vi spogliano della vostra stessa natura parlando di consumatori.

 No: ancor prima che consumatori, siamo esseri umani: qualcosa di grandioso, e ciò risulta loro insopportabile.

Vogliono asfissiarci, ucciderci.

Non dobbiamo permetterlo:

 come dicono gli “Yaqui”, nativi americani dello “Stato messicano di Sonora”, meglio morire in piedi che vivere in ginocchio.

Sono in gioco le sorti dell'umanità:

vengono decise in uffici dai pavimenti in marmo, dietro a lunghe scrivanie in mogano, in cima a grattacieli che, come torri di Babele, pretendono di sfidare l'Olimpo con i suoi dèi.

Dite di no!

 Non battetevi per le loro consegne, non cadete nella trappola di usare le loro stesse parole, come per esempio «giustizia sociale»:

 senza giustizia individuale, non vi è giustizia sociale possibile.

 Non fatevi ingannare dal vessillo dell'uguaglianza:

non siamo uguali, ognuno di noi è unico e irripetibile, non siamo massa, non siamo schiavi.

Siamo liberi.

E questo, il frastuono dei loro rumori infernali non deve farvelo dimenticare.

Signori, l'umanità non vi vuole.

 Non vuole il vostro ordine mondiale e non ha intenzione di sottomettersi.

Non è in vendita.

Non siamo articoli del vostro mercato unico.

Vogliamo un pianeta umano, in cui la vita abbia la meglio sulla morte che volete imporre.

 Caro signor “Chomsky”, noi ci uniremo, e lo stiamo già facendo, ma non tra Paesi del Sud contro Paesi del Nord, bensì tra esseri umani contro i padroni del mondo.

Caro signor Juncker, noi non vogliamo guerre fratricide, vogliamo giustizia per le persone che da decenni subiscono la crisi, i debiti e i crimini dei padroni del potere.

 Vogliamo giustizia per i popoli depressi e in guerra, dato che, stando al Codice Penale, l'omissione di soccorso è un reato.

Non vogliamo segreti, vogliamo lavorare, vivere e morire in pace.

Ciò che state facendo ora su scala globale l'avete già fatto con i Paesi che avete bollato come Terzo Mondo.

 Vi siete attribuiti persino il potere di bollare, etichettare e classificare le nazioni.

Depredavate ogni loro ricchezza naturale, avete fomentato le guerre e l'odio tra le etnie, le avete armate, le avete sterminate.

E ora avete la pretesa di fare lo stesso con quelli che chiamate Paesi sviluppati o emergenti.

 

Ma non siete né nostri padroni, né nostri proprietari.

Non siete nostro padre, non siete nostra madre.

Non siamo figli dell'onnipotente Stato unico.

Siamo figli della vita e siamo qui per vivere, non per morire.

 E se dobbiamo morire, che sia per i nostri sogni e i nostri ideali, non per i vostri.

Oggi si può votare su Internet, sposarsi su Internet, ma il web non potrà mai emulare la sensibilità con cui si dà una carezza.

E non si può fare nemmeno l'amore via Internet, né guardare l'altro negli occhi da uno schermo al plasma.

 Sono queste potenzialità e qualità umane insostituibili e insuperabili.

La rivoluzione che deve ancora scoppiare è quella dell'amore, l'amore verso il prossimo e verso sé stessi.

Per quanto tempo ancora intendiamo rinviarla?

 

Lo pseudo amore e le sette dello pseudo amore che noi andiamo finanziando non servono a nulla.

Solo nell'autentico mondo dell'amore potremo ritrovare la rotta, ritrovare noi stessi e tutti gli altri che sentono e pensano come noi:

così non ci sentiremo più persi.

 Ci vuole luce in questa epoca di tenebre, ma non la luce artificiale progettata dai padroni del mondo:

 luce umana, luce interiore che rischiari le tenebre all'esterno.

 

Essere liberi non è soltanto liberarsi dalle catene, ma vivere in un mondo che rispetti e apprezzi la libertà degli altri, come ha detto “Nelson Mandela”.

L'umanità tutta deve unirsi per opporsi, non permettiamo loro di continuare a dividerci.

Avete ormai capito che non si tratta di teorie cospirazioniste, come loro stessi hanno cercato di farci credere al solo scopo di screditare chi lavorava per smascherarli.

Nel corso di queste pagine sono stati loro a svelarci con le loro stesse parole i loro veri obiettivi.

Perché voi poteste conoscere tali obiettivi, io ho svolto un approfondito lavoro di ricerca e analisi, radunando i tasselli e collocandoli al loro posto, tasselli che loro avevano accuratamente nascosto e disperso in modo che nessuno potesse capire che quanto sta accadendo nel mondo in cui viviamo è il prodotto delle loro azioni deliberate, non del caso o dei cicli economici, come cercano di farci credere.

E sebbene attuino tutte le strategie per ingannarci, l'essere umano possiede una cosa che gli antichi avevano chiamato «intelligenza naturale».

Ciò che molti di voi avevano già subodorato esiste veramente.

Non è un caso che gli studi di psicologi e psichiatri siano presi d'assalto.

Non è un caso che la maggior parte della popolazione sia costretta ad assumere ansiolitici o antidepressivi.

Non è un caso che i media siano intrisi di pessime notizie e pronostichino un futuro spaventoso.

Non è un caso che ci sia la crisi.

Sono stati loro a crearla.

E il miglior modo per lottare contro il sistema creato dal “Club Bilderberg” è un cambiamento interiore.

 Vedere il mondo e sentirlo con gli occhi dell'anima.

Ascoltare sé stessi, unire le forze, quelle stesse forze che da tempo immemorabile loro cercano di farci dissipare ogni giorno per farci sentire perduti.

È molto importante essere correttamente informati, non perdere mai la voglia né il piacere di imparare.

Spiritualità e scienza non sono l'una contro l'altra, ma complementari tra loro, come scrive il grande” Cari Sagan”:

 «La scienza non soltanto è compatibile con la spiritualità, ma è anche una profonda fonte di spiritualità.

Riconoscendo il nostro spazio in un'immensità di anni luce e nel succedersi delle ere, cogliendo la complessità, la bellezza e la sottigliezza della vita, si prova un sentimento elevato, un misto di gioia e umiltà, che è indubbiamente spirituale».

Non è un caso che pretendano di controllare tanto le scienze naturali, come quelle dello spirito con la loro religione unica e globale.

 

Ci faccia riflettere la frase di “Calderón de la Barca” in “La vita è sogno”: «Ed io con maggior arbitrio, ho meno libertà?»

Noi questo non possiamo permetterlo. Gli esseri umani sono nati per essere liberi.

Non abbiate paura, e abbiate il coraggio di sognare.

 Di sognare un'altra realtà, un mondo diverso, e datevi da fare ogni giorno per costruirlo.

Abbiate fiducia in voi, nell'umanità, imparate, crescete, non demordete, siate voi i capitani della vostra nave e recuperate la rotta perduta.

La ribellione è una sollevazione davanti ad attacchi economici o politici.

La vera rivoluzione è in voi.

(Cristina Martin Jiménez)

 

 

 

 

“WaPo” cancella la bizzarra intervista

di Zelensky in cui accusa “Paper”

di aiutare la Russia.

Zerohedge.com - Tyler Durden - Dave DeCamp – (15 MAGGIO 2023) – ci dicono:

(AntiWar.com)

 

Aggiornamento:

Sembra, dato il diffuso riconoscimento dell'ignoranza di Zelensky, che il “Washington Post” abbia ripristinato l'imbarazzante estratto dell'intervista che era stato cancellato in precedenza.

Il leader ucraino Zelensky era arrabbiato per le informazioni rivelate da un documento trapelato, dicendo che condividere tali informazioni in Ucraina era un "crimine".

Il “Washington Post” ha cancellato una parte di un'intervista con il presidente ucraino “Volodymyr Zelensky”, in cui accusava il giornale di aiutare la Russia ponendo una domanda sulle informazioni contenute in documenti classificati trapelati.

L'intervista è stata condotta il 1 ° maggio e pubblicata sabato.

Una versione archiviata dell'intervista mostra uno scambio di battute tra” Zelensky “e il “Post”, che è stato successivamente cancellato.

 

Il “Post” ha chiesto a Zelensky dei documenti ottenuti che hanno detto che mostrano che i membri della direzione principale dell'intelligence ucraina, nota come “HUR”, avevano "contatti dietro le quinte" con “Yevgeny Prigozhin”, il capo della forza mercenaria russa “Wagner Group”.

Zelensky sembrava pensare che il “Post “avesse ricevuto le informazioni da un ucraino e avesse chiesto al giornale di rivelare la sua fonte.

"Vorrei anche farti una domanda: con quali fonti dall'Ucraina hai contatti?

Chi sta parlando delle attività della nostra intelligence?

Perché questo è il crimine più grave nel nostro paese.

Con quali ucraini stai parlando?", ha detto.

Il “Post” ha detto che le informazioni "non provenivano dall'Ucraina" e che facevano parte delle fughe di notizie di “Discord”, che hanno rivelato informazioni ottenute dallo spionaggio statunitense su Zelensky.

Il “Post” ha detto che i documenti mostrano che “Kyrylo Budanov”, il capo della direzione principale dell'intelligence ucraina, ha informato Zelensky di un "piano russo per destabilizzare la Moldavia con due ex soci di Wagner".

Il “Post” ha aggiunto:

" “Budanov” vi ha informato che vedeva lo schema russo come un modo per incriminare “Prigozhin” perché 'abbiamo rapporti' con lui.

Lei ha incaricato “Budanov” di informare il presidente moldavo “Maia Sandu”, e” Budanov” le ha detto che il GUR [HUR] aveva informato “Prigozhin” che sarebbe stato etichettato come un traditore che ha lavorato con l'Ucraina.

 Il documento dice anche che “Budanov “si aspettava che i russi usassero i dettagli dei colloqui segreti di “Prigozhin” con il GUR [HUR] e gli incontri con gli ufficiali del GUR [HUR] in Africa.

 

Zelensky ha risposto chiedendo se il giornale voleva l'aiuto della Russia.

"State rilasciando una sorta di informazione che non aiuta il nostro stato ad attaccare e non ci aiuta a difendere il nostro stato.

 Quindi, non capisco bene di cosa stai parlando.

Non capisco bene il tuo obiettivo. Il tuo obiettivo è aiutare la Russia?", ha detto.

Quando il “Post” ha risposto dicendo che non voleva aiutare la Russia, Zelensky ha risposto: "Beh, sembra diverso".

 

Non è chiaro perché il “Post” abbia cancellato la parte dell'intervista, ma potrebbe essere stato fatto per volere del governo ucraino, che in precedenza aveva fatto pressioni su “CBS News” per rimuovere un documentario sugli aiuti militari all'Ucraina.

 

Domenica sera, il “Post” ha pubblicato un rapporto sui presunti contatti dell'”HUR” con” Prighozhin”.

Il rapporto afferma che “Prighozhin”, che è noto per parlare contro la leadership militare russa, si è offerto di fornire all'Ucraina informazioni sulle posizioni delle truppe russe se le forze ucraine si fossero ritirate da “Bakhmut”.

Ma il rapporto afferma che i funzionari statunitensi e ucraini pensavano che la proposta fosse in malafede.

 

“Prigozhin” domenica ha fatto luce sulle accuse sui suoi contatti con l'HUR.

Secondo il “Post”, ha incontrato funzionari dell'intelligence ucraina in un paese senza nome in Africa.

"Sì, certo che posso confermare questa informazione, non abbiamo nulla da nascondere ai servizi speciali stranieri.

Budanov e io siamo ancora in Africa", ha scritto “Prighozhin” su Telegram.

 

Ecco la sezione dell'intervista che è stata cancellata:

 

“WaPo”: I documenti indicano che il GUR, la tua direzione dell'intelligence, ha contatti dietro le quinte con “Evgeny Prigozhin” di cui eri a conoscenza, incluso l'incontro con “Evgeny Prigozhin “e gli ufficiali del GUR.

È vero?

“Zelensky”:

Questa è una questione di intelligence [militare]. Vuoi che io sia condannato per tradimento di Stato?

 E quindi, è molto interessante, se qualcuno sta dicendo che hai documenti, o se qualcuno del nostro governo sta parlando delle attività della nostra intelligence, vorrei anche farti una domanda:

 con quali fonti dall'Ucraina hai contatti?

Chi sta parlando delle attività della nostra intelligence?

Perché questo è il crimine più grave nel nostro paese.

 Con quali ucraini stai parlando?

 

“WaPo”: Ho parlato con funzionari del governo, ma questi documenti non provengono dall'Ucraina, provengono da...

“Zelensky”:

Non importa da dove provengono i documenti. La domanda è: con quale funzionario ucraino hai parlato?

 Perché se dicono qualcosa sulla nostra intelligenza, questo è tradimento.

Se dicono qualcosa su uno specifico piano offensivo di un generale o di un altro, anche questo è tradimento.

Ecco perché ti ho chiesto, con quali ucraini stai parlando?

 

“WaP”o: A proposito di questi documenti specifici? Sei la prima persona con cui parlo di loro.

Zelensky: Va bene.

“WaPo”:

E posso leggerti quali informazioni ci sono esattamente su Prigozhin e il GUR.

 Il 13 febbraio, “Kirill Budanov”, capo della direzione principale dell'intelligence ucraina, vi ha informato di un piano russo per destabilizzare la Moldavia con due ex soci di Wagner.

“Budanov” ti ha informato che vedeva lo schema russo come un modo per incriminare “Prigozhin” perché "abbiamo rapporti" con lui.

 Lei ha incaricato “Budanov” di informare il presidente moldavo “Maia Sandu”, e Budanov le ha detto che il GUR aveva informato “Prigozhin” che sarebbe stato etichettato come un traditore che ha lavorato con l'Ucraina.

 Il documento dice anche che “Budanov” si aspettava che i russi usassero i dettagli dei colloqui segreti di “Prigozhin” con il GUR e degli incontri con gli ufficiali del GUR in Africa.

 

“Zelensky”:

Ascolta, ad essere onesti, beh, hai appena letto qualcosa, dici qualcosa. Semplicemente non capisco dove lo prendi, con chi parli e così via.

Parli di come ho incontrato “Budanov”. Questo suggerisce che tu – come lo metti?

Sembra che tu abbia persone che hanno alcuni record o hai qualche prova o hai qualcosa, perché è quello che sembra.

Stai di nuovo facendo, mi scuso, quello che stavi facendo prima.

State rilasciando una sorta di informazione che non aiuta il nostro stato ad attaccare e non ci aiuta a difendere il nostro stato.

 Quindi, non capisco bene di cosa stai parlando.

Non capisco bene il tuo obiettivo. Il tuo obiettivo è aiutare la Russia? Voglio dire, questo significa che abbiamo obiettivi diversi.

Se non sono seduto allo stesso tavolo con loro, non capisco bene di cosa stiamo parlando.

Ognuna di queste inchieste semplicemente demotiva l'Ucraina, demotiva alcuni partner ad aiutare l'Ucraina.

Beh, in un modo o nell'altro, semplicemente non capisco il tuo obiettivo.

“WaPo”: Il nostro obiettivo non è aiutare la Russia.

Zelensky: Beh, sembra diverso.

“WaPo”: Nessuno ci ha dato queste informazioni personalmente.

Questi erano nei documenti trapelati, che indicano, come ho detto prima, che gli Stati Uniti vi stanno ascoltando.

 

 

 

Google svela un piano per demolire

 l'industria del giornalismo

utilizzando l'intelligenza artificiale.

Questo potrebbe cambiare tutto.

Futurism.com – Maggie Harrison – (11-5-2023) – ci dice:

 

Ricordate nel 2018, quando Google ha rimosso "non essere cattivo" dal suo codice di condotta?

Ultimamente è stato all'altezza di quella rimozione.

Al suo annuale I / O a San Francisco questa settimana, il gigante della ricerca ha finalmente sollevato il coperchio sulla sua visione per la ricerca integrata nell'intelligenza artificiale – e quella visione, a quanto pare, comporta il taglio degli editori digitali alle ginocchia.

La nuova interfaccia di ricerca basata sull'intelligenza artificiale di Google, soprannominata "Search Generative Experience" o “SGE” in breve, coinvolge una funzione chiamata "AI Snapshot".

Fondamentalmente, è un'enorme funzione di riepilogo in cima alla pagina.

Chiedi, ad esempio, "perché il pane a lievitazione naturale è ancora così popolare?" - uno degli esempi che Google ha usato nella loro presentazione - e, prima di arrivare ai “link blu” con cui tutti abbiamo familiarità, Google ti fornirà un riepilogo generato da un modello linguistico di grandi dimensioni (LLM).

O, supponiamo, istantanea.

 

"I normali risultati di ricerca di Google si caricano quasi immediatamente", spiega “David Pierce” di “The Verge”.

"Sopra di loro, una sezione rettangolare arancione pulsa e si illumina e mostra la frase 'L'IA generativa è sperimentale'.

Pochi secondi dopo, il bagliore viene sostituito da un riepilogo generato dall'intelligenza artificiale:

 alcuni paragrafi che descrivono in dettaglio il buon sapore del lievito madre, gli aspetti positivi delle sue capacità prebiotiche e altro ancora.

"A destra", aggiunge, "ci sono tre collegamenti a siti con informazioni che Reid dice 'corroborano' ciò che è nel sommario".

Come va da sé, questo formato di ricerca, in cui Google utilizza la tecnologia “AI” per rigurgitare Internet agli utenti, è molto diverso da come funziona oggi Internet facilitato dalla ricerca.

 In questo momento, se cerchi su Google la stessa domanda – "perché il pane a lievitazione naturale è ancora così popolare?" – ti imbatteresti in una scena più familiare:

 un estratto in primo piano da qualsiasi sito web abbia vinto la gara “SEO” (in questo caso, quel sito web era British Baker), seguito da quella serie di “link blu”.

 

A prima vista, il cambiamento potrebbe sembrare relativamente benigno. Spesso, tutto ciò che le persone che navigano sul Web vogliono è comunque un riepilogo rapido o un frammento di qualcosa.

Ma non è ingiusto dire che Google, che ad aprile, secondo i dati di “SimilarWeb”, ospitava circa il 91% di tutto il traffico di ricerca, è in qualche modo sinonimo di, beh, Internet.

 E Internet non è solo una cosa eterea, predeterminata, come l'acqua naturale o l'aria.

Internet è un mercato e Google è il suo kingmaker.

 

In quanto tale, la “demo” solleva una domanda estremamente importante per il futuro dell'industria del giornalismo già devastata:

se l'intelligenza artificiale di Google sta per macinare il lavoro originale e fornirne una versione distillata agli utenti su larga scala, senza mai collegarli al lavoro originale, come faranno gli editori a monetizzare il loro lavoro?

"Google ha svelato la sua visione su come incorporerà l'intelligenza artificiale nella ricerca", ha twittato “James Vincent “di “The Verge.”

 "La risposta rapida: divorerà il web aperto e poi lo riassumerà / riscriverà / rigurgiterà (scegli l'aggettivo che riflette il tuo livello di inquietudine) in una brillante interfaccia utente di Google."

 

La ricerca ha dimostrato che i consumatori di informazioni non arrivano quasi mai nemmeno alla seconda pagina dei risultati di ricerca, per non parlare della parte inferiore della pagina.

 E peggio ancora, non è come Google che toglie clic ai suoi commercianti di informazioni di lunga data assumendo un esercito di scrittori di contenuti umani per sfornare riassunti.

 La nuova interfaccia di ricerca di Google, che è costruita su un modello che è già stato addestrato attraverso carichi di barche su barche di produzione umana non pagata, apparentemente inghiottirà ancora più contenuti creati dall'uomo e li sputerà di nuovo ai cercatori di informazioni, togliendo allo stesso tempo preziosi clic agli editori che stanno effettivamente facendo il lavoro di segnalazione curare, e tenere potenti interessi come Google a rendere conto.

 

A partire da ora, non è chiaro se o come Google prevede di compensare questi editori.

In una dichiarazione inviata via email a “Futurism”, un portavoce di Google ha affermato che "stiamo introducendo questa nuova esperienza di intelligenza artificiale generativa come esperimento nei laboratori di ricerca per aiutarci a iterare e migliorare, incorporando al contempo il feedback degli utenti e di altre parti interessate".

"Mentre sperimentiamo nuove funzionalità basate su “LLM” nella ricerca, continueremo a dare priorità agli approcci che ci consentiranno di inviare traffico prezioso a una vasta gamma di creatori e supportare un web sano e aperto", ha aggiunto il portavoce.

Alla domanda specifica se la società abbia intenzione di compensare gli editori per qualsiasi contenuto rigurgitato dall'IA, Google ha avuto poca risposta.

"Non abbiamo piani per condividere su questo, ma continueremo a lavorare con l'ecosistema più ampio", ha detto il portavoce a “Futurism”.

 

Gli editori, tuttavia, sono estremamente diffidenti nei confronti di questi cambiamenti.

"Se questo funziona davvero e viene implementato in modo fermo", ha scritto il proprietario del sito “RPG Alex Donaldson”, "questa è letteralmente la fine del modello di business per vaste aree di media “digitali lol".

 

Alla fine della giornata, ci sono molte domande a cui Google deve rispondere qui, non ultimo il fatto che i sistemi di intelligenza artificiale, incluso Google, vomitano continuamente falsificazioni.

Il gigante della Silicon Valley ha a lungo affermato che il suo obiettivo è massimizzare l'accesso alle informazioni.

“SGE”, tuttavia, sembra cercare di fare qualcosa di molto diverso – e se la società non trova un modo per compensare gli editori per il lavoro che raccoglierà dai giornalisti, gli effetti sull'effettivo accesso del pubblico alle informazioni potrebbero essere catastrofici.

 

 

 

Gli Stati Uniti stanno spostando

la loro capitale a Gerusalemme?

Unz.com - PHILIP GIRALDI – (16 MAGGIO 2023) – ci dice:

 

I politici americani affollano Israele mentre smembrano la Costituzione degli Stati Uniti in ossequio al potere ebraico.

Sembrerebbe che i politici e i media americani pensino che il mondo intero dovrebbe giustamente conformarsi agli ordini di marcia emanati da Washington, anche se questa pretesa è diventata un po 'logorata dopo più di vent'anni di guerre inutili iniziate e sostenute da una serie di presidenti e Congresso incapaci.

Sempre più spesso, la comunità internazionale sta cercando una via d'uscita dall'abbraccio stretto offerto dalla Casa Bianca, un crescente senso che un mondo multipolare sarebbe molto meglio dello "stato di diritto" dettato da qualsiasi superpotenza autoproclamata.

Recentemente ci sono state indicazioni che, piuttosto che Washington essere il centro dell'universo, quel titolo dovrebbe giustamente appartenere a Gerusalemme come un Israele guidato da estremisti ha dimostrato il suo potere sugli idioti auto-unti che si immaginano di essere i "leader" degli Stati Uniti d'America.

 Perché penso questo?

 Credo davvero che ultimamente ci siano state diverse interazioni che hanno coinvolto politici statunitensi e israeliani che illustrano quanto sia ignorante e egocentrica la classe dirigente americana.

L'esempio più eclatante della sindrome del "wag the dog" per cui Israele dice "salta" e i servili rappresentanti del governo americano implorano di chiedere "Quanto in alto?" viene nientemeno che dal neo-nominato presidente della Camera dei Rappresentanti Kevin McCarthy, che ha parlato davanti alla Knesset israeliana il 1 ° maggio.San.

 McCarthy ha voluto lusingare i suoi ospiti israeliani sottolineando che viaggiare in Israele era il suo primo viaggio all'estero come oratore, sottolineando il valore della relazione e osservando che era anche solo il secondo oratore invitato a fare il viaggio nello stato ebraico per rivolgersi alla Knesset.

McCarthy era accompagnato dal solito cast di “toadies” del Congresso che affollano Israele durante ogni ricreazione.

 Il gruppo era bipartisan e comprendeva l'odioso “Steny Hoyer” del Maryland che ha fatto e persino guidato l'entourage strisciante più di venti volte.

McCarthy, che non è mai stato accusato di avere una grande potenza cerebrale, ha pronunciato un discorso prevedibile che ha prodotto le standing ovation pro forma del pubblico, ma vorrei richiamare l'attenzione su una parte di esso in particolare dove ha detto quanto segue:

"Questo è il fondamento della nostra relazione speciale: siamo gli unici due paesi nella storia che sono stati concepiti in libertà e dedicati alla proposizione che noi sono tutti uguali.

 I nostri valori sono i vostri valori.

Il nostro patrimonio è il vostro patrimonio.

 I nostri sogni sono i vostri sogni.

 L'America è grata per la nostra amicizia con Israele.

Siamo una nazione migliore grazie a questo.

 E non dobbiamo mai esitare a difenderlo... Finché sarò oratore, l'America continuerà a sostenere pienamente il finanziamento dell'assistenza alla sicurezza in Israele".

Quasi ogni riga in questa parte del discorso di McCarthy è fondamentalmente una vera e propria menzogna o una distorsione della realtà a tal punto da essere incomprensibile.

 La Palestina, tra l'altro, non è stata menzionata da McCarthy, ma come può Israele affermare di essere "concepito in libertà" con la "proposizione che siamo tutti uguali" quando è stato impegnato nel genocidio e nell'espulsione, nonché nella violenza approvata dal governo diretta contro la sua popolazione soggetta cristiana e musulmana?

E se i valori americani e israeliani sono identici, possiamo aspettarci negli Stati Uniti leggi diverse basate sulla religione?

 E il nostro "patrimonio" comune?

Gli ebrei israeliani affermano di essere "scelti", non è vero?

 E infine, come diavolo fa McCarthy a sostenere che gli Stati Uniti sono una nazione migliore grazie ai suoi legami con Israele?

È ridicolo e offensivo, ma porta alla battuta finale che McCarthy sta facendo un impegno incostituzionale per difendere Israele, non importa cosa facciano il primo ministro Benjamin Netanyahu e la sua banda di criminali, presumibilmente per includere l'attacco all'Iran.

 McCarthy dovrebbe essere messo sotto accusa.

 O ancora meglio dovrebbe magicamente diventare un palestinese e passare un paio di mesi sotto l'occupazione israeliana.

Potrebbe cambiare la sua melodia.

McCarthy continuò la sua campagna di esaltazione di Israele dopo il suo ritorno a Washington.

Il 9 maggioesimo, ha bloccato un tentativo della deputata Rashida Tlaib di ospitare un incontro al “Capitol Visitor Center” che avrebbe incluso almeno nove gruppi per un evento intitolato "La Nakba 75 e il popolo palestinese".

"Nakba" nel titolo dell'evento annullato di “Tlaib” è la parola araba per "catastrofe", il che avrebbe significato che gli oratori avrebbero descritto la fondazione dello stato di Israele come una "catastrofe" per gli abitanti arabi della Palestina storica, che è stata con centinaia di migliaia di persone rimaste senza casa, molte delle quali finite nei campi profughi.

 McCarthy ha annunciato in un messaggio che stava chiudendo l'evento, twittando che

"Questo evento nel Campidoglio degli Stati Uniti è stato cancellato. Invece, ospiterò una discussione bipartisan per onorare il 75 ° anniversario delle relazioni USA-Israele".

L'annuncio di McCarthy è stato in risposta a una lettera del “CEO” dell'”Anti-Defamation League” (ADL) “Jonathan Greenblatt” a lui indirizzato che diceva che ADL aveva preoccupazioni sul fatto che alcuni degli organizzatori dell'evento "Nakba" "hanno un record di retorica che demonizza e delegittima Israele, così come pericolosi stereotipi sui sostenitori di Israele".

 Apparentemente la libertà di parola relativa a un evento storico non è nemmeno consentita ai membri del Congresso nell'America occupata dai sionisti di oggi.

Se sono necessarie ulteriori prove della melma che è nel cuore della classe politica americana, citerei un altro evento che ha avuto luogo a Gerusalemme il 27 aprile.esimo come vergognoso e vergognoso.

E "no" non mi riferisco alla polizia e all'esercito israeliani che hanno ucciso altri adolescenti palestinesi intorno a quella data prima di rubare le loro case di famiglia e distruggere i loro mezzi di sussistenza.

Mi riferisco alla performance strisciante del governatore della Florida e aspirante alla presidenza “Ron DeSantis” nell'inchinarsi al potere e al denaro ebraico durante il suo viaggio in Israele.

Il suo ripugnante strisciare davanti ai suoi padroni è culminato nella sua firma di una nuova legge statale che sfrutterà, tra l'altro, il meccanismo dell'"odio" per criminalizzare quasi tutte le critiche o persino lo scetticismo nei confronti dell'apartheid israeliano, della cosiddetta narrativa dell'olocausto o del comportamento di gruppi e individui ebrei.

Alla firma, DeSantis si è vantato di come "Stiamo facendo quello che possiamo fare in Florida per migliorare la capacità di ritenere le persone responsabili quando ciò supera davvero la linea di condotta minacciosa. Stiamo combattendo".

Ha anche chiarito che la legislazione riguardava tanto Israele quanto l'ebraismo, sostenendo che rifiutare "il diritto di Israele ad esistere è antisemitismo" e aggiungendo che il movimento non violento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) è "DOA" nel suo stato.

Ha anche descritto in modo bizzarro "la ricerca di armi nucleari da parte dell'Iran" come una "minaccia esistenziale per lo stato di Israele e per gli Stati Uniti d'America".

 

Forse “Desantis “avrebbe dovuto verificare con la “CIA” e persino con il “Mossad” prima di commentare l'Iran, poiché entrambi hanno confermato che gli iraniani non hanno attualmente un programma di armi nucleari.

Non sorprende che Desantis affermi che "la Florida è lo stato più amico di Israele nel paese e finché sarò governatore, continueremo a stare con la comunità ebraica".

 In questo ha senza dubbio ragione.

 Ventisei altri stati hanno penalizzato chiunque cercasse di boicottare Israele o di promuoverlo, a volte per includere la negazione di posti di lavoro o benefici governativi, ma non c'è dubbio che la Florida sia attualmente il numero uno nella sua deferenza allo stato ebraico e ai suoi interessi rivendicati.

Il disegno di legge (HB 269 / SB 994), che è passato all'unanimità in entrambe le camere della legislatura della Florida, tenta di criminalizzare ciò che percepisce come antisemitismo.

 Anche se il suo linguaggio evita di identificare gli ebrei come classe protetta, il chiaro intento del documento è quello di fare proprio questo. Lo fa trasformando quelli che una volta sarebbero stati visti come incidenti banali in crimini d'odio, che sono crimini.

Include "sporcare un cortile con un volantino, molestare le persone, interrompere scuole o servizi religiosi, deturpare tombe e alcuni edifici o proiettare immagini sulla proprietà di qualcun altro" come possibili azioni rese criminali basate su pregiudizi razziali o etnici, rendendoli crimini d'odio.

 Potrebbe significare, ad esempio, che se qualcuno ride dei vestiti di un'altra persona e se l'abbigliamento è considerato "etnico o religioso", quella persona può essere arrestata e accusata di un crimine di terzo grado come crimine d'odio.

 Oppure, se uno studente in una classe di storia universitaria contesta la narrativa standard in gran parte inventata relativa alla fondazione di Israele, uno studente ebreo può fingere angoscia e chiedere che l'autore del reato venga arrestato.

 

Uno dei co-sponsor del disegno di legge, il rappresentante dello Stato “Randy Fine”, che era presente alla firma a Gerusalemme, ha spiegato come

"Non esiste un diritto di condotta del Primo Emendamento. Se graffiti un edificio, ora è un crimine, ma se la tua motivazione è l'odio, sarà un crimine di terzo grado e passerai cinque anni in prigione.

 Se vuoi gettare rifiuti, è un crimine in questo momento, ma se rifiuti e la tua motivazione è un crimine d'odio, sarà un crimine di terzo grado e passerai 5 anni in prigione.

" Dopo che il disegno di legge è passato al Senato, “Fine” ha twittato che il disegno di legge era "il più forte disegno di legge sull'antisemitismo negli Stati Uniti" aggiungendo "Ai teppisti nazisti della Florida, ho una notizia: attacca gli ebrei nelle loro proprietà e andrai in prigione. Mai più significa mai più".

Un altro co-sponsor, Mike Caruso, ha avvertito: "Se non facciamo nulla, avremo di nuovo la Germania nazista del 1933".

 

DeSantis, che sta cercando denaro ebraico e sostegno dei media per la sua corsa alla presidenza, ha trasformato in una sorta di replica del suo viaggio inaugurale in Israele nel 2019.

A quel tempo, si vantava, come “Kevin McCarthy”, che il suo primo viaggio all'estero era stato per un buon amico e alleato perpetuo Israele.

Ha portato con sé tutto il suo gabinetto governativo per celebrare la sua elezione e ha firmato teatralmente un precedente disegno di legge (HB 741) a Gerusalemme che cercava di "criminalizzare il discorso politico ordinario" rendendo la religione come una "classe protetta" simile al "razzismo" da includere nella legislazione sui "crimini d'odio".

La nuova designazione includeva specificamente tentativi di "demonizzare Israele".

Il disegno di legge della Florida includeva anche la controversa definizione di antisemitismo dell'”International Holocaust Remembrance Alliance”, simile a quella che è favorita dall'ufficio dell'inviato speciale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti per monitorare e combattere l'antisemitismo, sostenendo che "l'antisemitismo" è "una certa percezione del popolo ebraico, che può essere espressa come odio verso il popolo ebraico, manifestazioni retoriche e fisiche di antisemitismo dirette verso una persona, la sua proprietà, o verso istituzioni della comunità ebraica o strutture religiose".

Secondo il disegno di legge, il movimento “BD”S è stato definito come un gruppo terroristico di "odio" non diverso dal “Ku Klux Klan” (KKK) o dallo” Stato islamico in Siria” (ISIS), che a quel tempo ha spinto alcuni libertari civili a chiedersi se le critiche al comportamento dello stato ebraico potessero essere deliberatamente fraintese come un "crimine d'odio antisemita" che dovrebbe o potrebbe essere interpretato come una critica al popolo ebraico e alla sua religione.

 

L'HB 741 ha modificato lo statuto dei "crimini d'odio" della Florida per includere atti "antisemiti" come:

"Invocare, aiutare o giustificare la violenza contro gli ebrei.

"Asserire miti su una cospirazione ebraica mondiale o che gli ebrei controllano i media, l'economia, il governo o altre istituzioni.

"Accusare il popolo ebraico nel suo complesso di essere responsabile di illeciti reali o immaginari da parte di una singola persona, gruppo o stato di Israele ebreo, o di atti di non ebrei.

"Accusare il popolo ebraico di inventare o esagerare l'Olocausto.

"Accusare i cittadini ebrei di paesi diversi da Israele di essere più fedeli a Israele che alle loro nazioni.

"Demonizzare, applicare un doppio standard o delegittimare Israele".

Desantis ha a lungo coltivato ambizioni politiche e, riconoscendo il potere e la ricchezza di coloro che sono appassionati di Israele, nutre una particolare "sensibilità" per le questioni ebraiche e israeliane come mezzo per aiutarlo ad andare avanti e verso l'alto.

Quando era un membro del Congresso, i sopravvissuti all'attacco israeliano alla USS Liberty che uccise 34 marinai americani che vivevano nel suo distretto in Florida riferiscono che cercarono di incontrarlo per discutere la possibilità di aprire una nuova inchiesta sull'incidente. Anche se Desantis è un ex ufficiale della Marina, ha rifiutato di incontrarli.

Il potere dell'ebraismo internazionale è stato più osservabile nei tentativi ampiamente riusciti di mettere a tacere le critiche a Israele rendendo tale attività descrivibile come motivata dall'antisemitismo.

L'ex ministro del governo israeliano Shulamit Aloni ha persino descritto la pratica di etichettare tutti i critici come antisemiti come

"È un trucco. Lo usiamo sempre... la sofferenza del popolo ebraico" è abitualmente usata per "giustificare tutto ciò che facciamo ai palestinesi".

Un certo numero di paesi europei ha anche criminalizzato ciò che viene descritto come "negazione dell'olocausto" e in Germania e Francia hanno imprigionato coloro che violano le leggi, anche quando tale negazione consiste solo nel mettere in discussione alcuni dei fatti che sono impiegati nella narrazione standard accettata dell'evento.

 L'ultimo paese a salire sull'espressione "incitamento all'odio" è l'Irlanda, dove la nuova legislazione è all'esame del parlamento del paese.

È interessante notare che il dibattito su ciò che è permesso dire senza offendere penalmente qualcun altro si è in gran parte concentrato sui transessuali e sull'identità di genere, ma è stato anche osservato che la legge avrebbe un impatto sui sostenitori della causa palestinese che criticherebbero forzatamente Israele, lo stato ebraico.

Ciò potrebbe facilmente essere interpretato come antisemitismo e portare a pesanti multe o addirittura al carcere.

 È interessante notare che il disegno di legge criminalizza persino il semplice possesso di materiale considerato "odioso".

In ogni caso, la guerra interna dedicata a sradicare ciò che viene definito antisemitismo continua e cresce negli Stati Uniti, anche quando è banale, in gran parte immaginario, o addirittura fabbricato da gruppi di odio come l'ADL guidato dall'orribile “Jonathan Greenblatt”.

 E se la libertà di parola e la ricerca onesta devono essere sacrificate lungo la strada, così sia.

Il 10 maggioesimo l'amministrazione Biden ha usato il suo veto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per bloccare un rapporto sui crimini di guerra di Israele nel colpire i civili mentre bombardava Gaza, che ha ucciso 25 palestinesi, per lo più donne e bambini.

Non sorprende che il Segretario di Stato “Antony Blinken,” il Segretario alla Difesa “Lloyd Austin” e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale “Jake Sullivan”abbiano risposto allo sviluppo dichiarando il loro incrollabile sostegno al "diritto di Israele a difendersi".

 

Chiaramente, per la stragrande maggioranza dei politici a Washington e anche a livello di stati, la fedeltà e la sottomissione a Israele e ai suoi interessi sono più importanti della protezione dei diritti costituzionali o della gestione di una politica estera sana e responsabile.

 Ci si chiede se “Ron Desantis”, se eletto presidente nel 2024, potrebbe tenere il suo insediamento a Gerusalemme, proprio come ha fatto quando è diventato governatore.

Sarebbe davvero una sorta di sollievo – finalmente il riconoscimento definitivo di chi è veramente al comando qui in America.

(Philip M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del “Council for the National Interest”, una fondazione educativa deducibile dalle tasse.”

 

 

 

DENUNCIATI L’EX MINISTRO SPERANZA

 E L’EX DG AIFA MAGRINI:

 “SEQUESTRATE IL VACCINO PFIZER BIONTECH”

Comedonchisciotte.org - Valentina Bennati – (16 Maggio 2023) – ci dice: 

 

Una denuncia voluminosa, circa 80 pagine più allegati, è stata depositata ieri mattina alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nei confronti dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza e dell’ex Direttore Generale di AIFA Nicola Magrini.

Gli avvocati Angelo Di Lorenzo e Antonietta Veneziano di AVVOCATI LIBERI hanno agito su mandato del Comitato Ascoltami (che riunisce molte persone che hanno subito reazioni avverse dopo la vaccinazione anti-Covid), dell’associazione O.S.A. (composta da membri delle Forze dell’Ordine, Forze Armate e da tutte le categorie che concorrono alla sicurezza e all’ordine pubblico), del Sindacato di Polizia LES, del Sindacato Finanzieri Democratici S.F.D. e della Senatrice Bianca Laura Granato che, annunciando l’iniziativa nel tardo pomeriggio di ieri sul suo canale telegram, ha dichiarato:

“Le evidenze emerse nella trasmissione Fuori dal Coro e in varie sedi inquirenti e giudiziarie non possono più essere sottaciute. Dal canto nostro mai verrà meno l’impegno nel denunciare alla giustizia quanto è avvenuto.”.

A parere dei denuncianti proprio le allarmanti rivelazioni delle inchieste condotte nell’ambito della trasmissione di Mario Giordano, andate in onda su Rete 4 dal 14 marzo al 2 maggio scorso, dimostrerebbero la grave responsabilità dell’ex Direttore Generale di AIFA e dell’ex Ministro Speranza “in concorso tra loro e con altri soggetti da identificare, per i gravissimi fatti commessi durante la campagna vaccinale anti Covid-19”.

Nell’esposto si parla di varie ipotesi di reato e si chiede anche il sequestro del vaccino Pfizer Biotech, in particolare delle fiale versione originaria contraddistinte dal tappo viola e degli altri vaccini a mRNA ancora in circolo.

“Verità e Giustizia. Noi non ci fermiamo. E questo NOI è sempre più numeroso, determinato, compatto, unito”.

 Con queste parole il Comitato Ascoltami ha dato notizia, ieri, del deposito della denuncia.

SEGUE IL COMUNICATO STAMPA DELLA DENUNCIA

Nella mattinata odierna gli avvocati Angelo Di Lorenzo e Antonietta Veneziano di Avvocati LIBERI, su mandato del COMITATO ASCOLTAMI, dell’associazione OPERATORI SICUREZZA ASSOCIATI (O.S.A.), del SINDACATO FINANZIERI DEMOCRATICI (S.F.D.), del sindacato di Polizia LES (in persona del segretario provinciale di Caserta Antonio PORTO)  e di BIANCA LAURA GRANATO (già Senatrice della Repubblica Italiana), hanno depositato DENUNCIA alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, nei confronti dell’ex Direttore Generale di AIFA NICOLA MAGRINI e dell’ex Ministro della Salute ROBERTO SPERANZA, in concorso tra loro e con altri soggetti da identificare, per i gravissimi fatti commessi durante la campagna vaccinale anti covid19 e parzialmente emersi dalle testimonianze, dai documenti, dalle evidenze e dalle consulenze tecniche nonché, per quel che attiene agli aspetti penali, dall’inchiesta giornalistica svelata dalla trasmissione Fuori dal Coro andata in onda su Rete 4 dal 14 marzo al 2 maggio 2023.

Le allarmati rivelazioni venivano chiaramente comprovate da documentazione che, qualora fosse ritenuta autentica, dimostrerebbe la grave responsabilità di AIFA e dell’ex Ministro Speranza per i delitti di cui agli artt. 318 (corruzione per l’esercizio della funzione), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio), 374 bis (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria), 479 (falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale), 575 (omicidio) e 582 (Lesione personale) del codice penale, in connessione teleologica con i delitti di cui agli artt. 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti) e 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica) del codice penale, nonché per tutti gli altri reati che gli Inquirenti ravviseranno dai fatti oggetto della denuncia.

In via cautelare, onde prevenire il protrarsi dei gravi eventi avversi, anche esiziali, conseguenti alla somministrazione dei farmaci anti covid-19, si è chiesto il sequestro probatorio e preventivo delle fiale del Vaccino “Cominarty” di “Pfizer Biontech”, versione originaria, contraddistinte dal tappo viola, nonché in ogni caso dei “vaccini a mRna” ancora in distribuzione.

Infine si è chiesto che il P.M. ordini al Governo italiano e/o all’AIFA e/o al Ministero della Salute e/o a ciascuna azienda farmaceutica produttrice dei medicinali denominati “vaccini anti covid-19” di acquisire i contratti di fornitura stipulati con l’Autorità nazionale e unionale per conto dello Stato e da somministrare ai cittadini italiani.

Roma, 15 maggio 2023.

Comitato Ascoltami – fto. Federica Angelini

O.S.A. Italia – fto. Gianluca Salvatori

LES Polizia Caserta – fto. Antonio Porto

S.F.D. – fto. Pasquale Valente

Sen. Bianca Laura Granato

AVVOCATI LIBERI.

 (Valentina Bennati)

 

 

DAL COVID ALL’ “ECOTRUFFA”

PASSANDO PER GLI EXTRATERRESTRI.

Comedonchisciotte.org - Redazione CDC – (14 Maggio 2023) – ci dice:

 

I “vaccini” a mRNA, “sicuri ed efficaci”, hanno causato più casi di Covid e più decessi del virus stesso.

Riceviamo e pubblichiamo dal “Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina” (CIEB).

Emergono ormai quotidianamente le ammissioni, le confessioni, le intercettazioni e le documentazioni, anche ufficiali, che confermano tanto l’artificiosità dell’emergenza Covid quanto l’uso strumentale della scellerata “campagna vaccinale” a essa collegata, l’una e l’altra concepite e attuate allo scopo di legittimare l’introduzione di sistemi digitalizzati di controllo sociale.

Allo stesso tempo, i dati sulla mortalità in eccesso in Italia, riferita agli anni 2021 e 2022, evidenziano un incremento del 10% rispetto alla media degli anni 2015-20191 , ciò che sarebbe in grado di gettare ombre sul futuro strutturale della società italiana se non fosse che tutti gli ultimi governi hanno favorito l’ingresso di immigrati non vaccinati, rallentando così il declino demografico del Paese e confondendo non poco – ma è solo una coincidenza – le statistiche sull’eccesso di mortalità e sulle relative cause.

 Lo stesso Istituto nazionale di statistica, del resto, imputa le cause dell’eccesso in parola nientemeno che al cambiamento climatico.

 

Di fronte a tanti e tali fatti, che con ogni probabilità integrano gli estremi di numerosi e diversi reati, stupisce che la magistratura non abbia ancora avviato alcuna indagine – ciò che da solo basterebbe ad avviare una riflessione sul grado di autonomia dei magistrati e sulle modalità di selezione degli stessi – e che l’intera classe politica, fino a ieri impegnata a sostenere con il voto “lockdown e altre misure restrittive inutili e dannose per i singoli e per la collettività”, si nasconda oggi dietro sterili commissioni parlamentari d’inchiesta.

Stupisce ancor più che (quasi) tutti i media si ostinino a tacere o, peggio, a confondere l’opinione pubblica, evidentemente allo scopo di perseguire un duplice risultato:

 da una parte, spingere i cittadini a ritenere che la cosiddetta pandemia ha costituito un evento imprevedibile ed eccezionale, tale da giustificare misure altrettanto imprevedibili ed eccezionali, e che ogni forma di analisi critica delle misure così introdotte, come anche ogni recriminazione sulla gestione complessiva dell’emergenza sanitaria, è inutile o dannosa;

dall’altra, alimentare il sospetto che quanti forniscono informazioni diverse da quelle “ufficiali” sull’origine del virus Sars-Cov-2 e sulla gestione del Covid facciano parte di un complotto volto a delegittimare l’azione di governo.

Ma il ruolo dei media non si ferma qui e conferma ogni giorno di più l’appartenenza organica di questi al sistema di potere che opera per imporre, in modo ormai manifesto, strategie di soggiogamento dell’intera popolazione mondiale.

È infatti innegabile che, al crescere della consapevolezza collettiva in merito a determinati fatti (che il Covid non fosse più letale di una normale influenza; che avrebbe potuto essere curato con farmaci già noti;

 che il cosiddetto vaccino altro non è che una terapia genica sperimentale in grado di produrre effetti avversi gravi e talora mortali e potenzialmente in grado di modificare il DNA;

che la maggior parte delle figure apicali della politica e della sanità erano al corrente di tutto ciò),

 i media hanno ritenuto di deviare l’attenzione del pubblico su nuove situazioni di crisi – da quella idrica a quella bellica, da quella ambientale a quella energetica – secondo un metodo emergenziale che il CIEB ha definito, in un suo precedente Parere, “biopandemismo.

Questo metodo consente, a chi esercita il potere di governo, di mettere sullo stesso piano cause ed effetti, problemi e soluzioni, malanni e rimedi, riducendo a una le diverse prospettive rilevanti e fornendo a esse una risposta univoca, da accettare acriticamente “whatever it takes”.

 

Per fare un esempio basti pensare al cosiddetto cambiamento climatico, imputato dalla scienza “ufficiale” e dai media mainstream esclusivamente al “global warming” conseguente all’emissione di anidride carbonica (Co2) prodotta dalle attività umane, senza tenere conto del fatto che la Terra subisce da milioni di anni variazioni climatiche cicliche anche a causa di fattori solari e astronomici e che l’influenza dell’uomo sul trend attuale di temperature è ancora controversa sul piano scientifico, visto che questo trend è cominciato 15.000 anni fa, quando la popolazione umana era piuttosto esigua e i combustibili fossili non rappresentavano la principale fonte energetica .

 

Rispetto al “climate change” i rimedi proposti assumono la portata di diktat in materia sanitaria, alimentare, sessuale e demografica:

dall’“efficientamento” energetico degli edifici, senza il quale gli stessi non potranno più essere venduti o affittati e che di fatto svuota di contenuti il diritto di proprietà;

 alla “città dei quindici minuti”, in cui le persone avranno difficoltà a uscire dal perimetro del proprio quartiere senza speciali permessi, a rischio di essere multate o di vedersi disattivare da remoto l’automobile elettrica, simbolo della tanto propagandata transizione ecologica; ai progetti di riduzione della natalità e degli animali domestici, questi ultimi colpevoli, insieme ai neonati, di produrre troppa CO2 e quindi di non essere sostenibili sul piano ambientale.

Per fare un altro esempio basti pensare al must dell’esplorazione spaziale e della colonizzazione di altri pianeti, che la scienza “ufficiale” e i media mainstream (a partire da Hollywood) propongono da tempo quale alternativa all’estinzione “degli esseri umani come razza” e che nel dicembre 2020 – dunque in piena emergenza sanitaria, ma è solo una coincidenza – ha trovato rinnovato impulso nelle dichiarazioni rese dall’ex direttore del programma israeliano di difesa spaziale, secondo cui gli extraterrestri non solo esistono, ma sono da tempo in contatto con alcune personalità degli Stati Uniti d’America e conducono esperimenti scientifici in collaborazione con gli americani, tanto sulla Terra quanto su Marte (sic!).

Rispetto all’esplorazione e alla colonizzazione dello spazio risultano funzionali altri diktat, quali la rivoluzione biomedica e la transizione ecologico-alimentare:

la prima perché volta a dirottare il ruolo della medicina e della sanità verso pretesi approcci predittivi e preventivi fondati sull’impiego di tecnologie convergenti (nanotecnologie, biorobotica, neuroscienze, biologia sintetica, ecc.) in grado di modificare l’identità psico-fisica degli esseri umani, come nel caso del cosiddetto vaccino anti-Covid;

 la seconda perché volta a fornire “novel foods” (Ogm, farine di insetti, carne, pesce e latte clonati o sintetici, ecc.) che per taluni costituirebbero l’unica fonte alimentare sostenibile, oltreché coerente con l’accezione anglosassone di “food security” imperniata sulla quantità e non sulla qualità degli alimenti;

entrambe perché apparentemente in grado di assicurare quello “human enhancement” che, se da una parte potrebbe aprire la strada alla conquista di mondi lontani, dall’altra condurrà inevitabilmente a una vera e propria rivoluzione antropologica mediante l’affermazione di modelli postumani e transumani.

È agevole osservare che i diktat in parola, elaborati dalle élite finanziarie ed eseguiti da compiacenti governi nazionali, esigono rinunce e sacrifici.

Per restare all’ultimo esempio ricordato, infatti, è evidente che la corsa allo spazio – accelerata dalle conseguenze che avrebbe sull’habitat umano una eventuale escalation nucleare del conflitto in Ucraina – non sarà aperta a chiunque, ma solo a chi avrà i “crediti” necessari, secondo il sistema “premiale” sdoganato dal Covid mediante il Green Pass.

 In altri termini, solo chi ubbidisce si salverà:

ciò che vuol dire accettare acriticamente il transumanesimo fondato sulla somministrazione forzata di farmaci sperimentali e sull’imposizione di fonti proteiche che l’organismo umano non può assimilare su base sistematica o, ciò che è peggio, ossequiare il fideismo tecno-scientifico che veicola messaggi quali “Non possiederai nulla e sarai felice”.

Se i cittadini non contrasteranno adeguatamente questa deriva, il passo successivo e finale potrebbe essere la sterilizzazione di massa, l’eutanasia di Stato, il controllo della mente umana:

ciò che alcuni chiamano “Great Reset” e che è altro non che la nuova normalità del mondo post-Covid, del resto largamente anticipata dalla narrativa (un esempio per tutti: “La peste scarlatta” di Jack London, pubblicato nel 1912) e dalla cinematografia (un esempio per tutti: il film del 1973 “2022: i sopravvissuti”).

Ed è appena il caso di ricordare che nella direzione del “Great Reset” già si indirizzano la revisione del “Regolamento sanitario internazionale” e il negoziato relativo al “trattato sulla cosiddetta prevenzione delle pandemie”, condotti in seno all’OMS (il cui servizio è finanziato dalle multinazionali farmaceutiche), di cui il CIEB si è occupato in un suo precedente Parere.

Mentre alcuni sembrano adattarsi al nuovo stato di cose – vuoi per ignoranza, vuoi per pavidità, vuoi per collusione – il CIEB assicura che continuerà nella sua azione volta a promuovere un dibattito aperto, trasparente e scientificamente fondato su queste materie, allo scopo di riportare i principi generali della bioetica e del biodiritto al centro delle decisioni politiche e di contribuire, così, alla salvaguardia della dignità e dei diritti fondamentali dell’essere umano nei riguardi delle applicazioni della biomedicina.

(CIEB, 12 maggio 2023 - Comunicato n.22)

(ecsel.org/cieb)

 

 

 

 

LA GRAN BRETAGNA GLOBALE

E IL GRANDE RESET DI RE CARLO.

Comedonchisciotte.org - Matthew Ehret, canadianpatriot.org -                                             Redazione CDC – (10 Maggio 2023) – ci dice: 

 

Questa settimana, il mondo è stato esposto a un’inquietante, arcaica e bizzarra pagliuzza che non si vedeva da oltre 70 anni, con l’incoronazione di re Carlo III a capo del Commonwealth britannico globale, capo della Chiesa anglicana e portavoce di un programma denominato “Global Britain” (Gran Bretagna Globale) che è stato messo online come mandato ufficiale del partito conservatore nel 2021.

Dopo aver gestito un impero globale di schiavitù economica e aver invaso quasi tutte le nazioni della Terra in un momento o nell’altro, la Gran Bretagna continua a esercitare un vasto controllo sulle concessioni minerarie dell’Africa con oltre 1.000 miliardi di dollari di interessi minerari diretti controllati da società britanniche e/o basate sul Commonwealth britannico.

Secondo il rapporto del 2016 prodotto da “War on Want”:

“101 società quotate alla Borsa di Londra (LSE) – la maggior parte delle quali britanniche – hanno operazioni minerarie in 37 Paesi dell’Africa subsahariana.

Collettivamente controllano oltre 1.000 miliardi di dollari di risorse più preziose dell’Africa.

Il governo britannico ha usato il suo potere e la sua influenza per garantire alle società minerarie britanniche l’accesso alle materie prime africane.

Questo accadeva durante il periodo coloniale e continua ad accadere oggi”.

La City.

Come illustrato nel mio nuovo libro “The Anglo Venetian Roots of the Deep State” [“Le radici anglo-veneziane dello Stato profondo”], il “miglio quadrato” soprannominato “The City of London” (un’entità giuridica separata da Londra stessa) è il centro nevralgico della finanza mondiale, con la Banca d’Inghilterra e “i paradisi fiscali offshore del Commonwealth” che dirigono trilioni di dollari di riciclaggio di denaro sporco, finanziamento del terrorismo e altre pratiche di corruzione a livello globale.

La sovranità della City al di là di ogni giurisdizione nazionale è stata sancita dalla “Magna Charta” oligarchica del 1214, che ha istituito l’hub finanziario come una corporazione sovranazionale in grado di gestire le proprie forze di polizia e il proprio sistema giudiziario…che continua a mantenere 800 anni dopo.

Durante i 183 anni tra il 1763 e il 1946, che hanno visto la massima influenza diretta della supremazia unipolare britannica sul mondo, le nazioni impoverite del mondo si sono trovate più impoverite, meno capaci di acquisire mezzi di produzione industriale e più in guerra con sé stesse e con i loro vicini attraverso tattiche di “divide et impera”.

Dal momento che questo impero ha assunto la forma della “relazione speciale” anglo-americana dopo il 1945, questa tendenza è stata solo esacerbata.

La mano causale dell’intelligence britannica.

Dal punto di vista delle operazioni di intelligence globali, la Gran Bretagna è il creatore e la struttura di comando centrale dell’apparato di intelligence “Five Eyes” ed è stata anche soprannominata “Londonistan” per aver fornito rifugi sicuri ai gruppi terroristici internazionali che hanno trovato rifugio sotto l’ideologia liberale di superficie della tollerante Gran Bretagna.

 

È stato inoltre accertato che l’intelligence britannica ha contribuito a creare e/o ha continuato a sostenere gruppi terroristici a livello internazionale, come sottolineato dal ricercatore dell’EIR Michael Billington nel rapporto 2020 “British Creation and Control of Islamic Terror: Background to China’s Defeat of Terror in Xinjiang”.

Mentre alimentava il terrorismo globale e l’Islam radicale, l’intelligence britannica non ha perso tempo a coltivare le varianti più rabbiose del sionismo politico e ha creato lo stesso Stato di Israele dal programma della Tavola Rotonda e dei Fabiani che è stato chiamato “Accordi di Balfour”.

La storia della creazione del sionismo politico e del cristianesimo naturista da parte della Gran Bretagna è descritta in un episodio del 2021 di The Great Game.

Mentre la Cina ha fornito prestiti su larga scala per corridoi di trasporto, nuove zone industriali e investimenti in carbone, petrolio, gas naturale, energia idroelettrica e nucleare a Paesi che hanno un disperato bisogno di un vero sviluppo, la Gran Bretagna globale e le sue coorti americane e della UE hanno passato decenni a fornire solo prestiti condizionati con vincoli e tecnologie verdi “appropriate” che impediranno per sempre all’Africa o ad altre nazioni povere di stare in piedi da sole.

L’idea della “Gran Bretagna globale” ha sempre avuto al centro il concetto di un “Commonwealth britannico integrato”, con i “Five Eye”s a capo dell’intelligence, la “City di Londra a capo della finanza” e le strutture ereditarie di potere incentrate sulla Corona come fonte titolare di tutti gli onori attraverso cui tutti i rami dello Stato profondo internazionale traggono i loro poteri.

Agenti della Corona.

Dal 1833, la Gran Bretagna globale è gestita da un sistema pseudo-privato di Agenti della Corona, oggi denominato “Crown Agents for Overseas Government and Administration”.

 Questo vasto organismo esiste come status semi-ufficiale e si descrive come “un’emanazione della Corona” ed è estremamente attivo nell’Europa centrale e orientale con la massima attenzione al sistema di gestione economica, energetica e sanitaria dell’Ucraina.

 L’agenzia è partner della Banca Mondiale, delle Nazioni Unite e della Fondazione Bill e Melinda Gates e agisce come una gigantesca holding con un azionista chiamato “Crown Agents Foundation” con sede a Southwark, Londra.

Nato negli anni ’30 come nuovo volto dell’Impero britannico, l’attuale “Commonwealth britannico” occupa 12,2 milioni di chilometri quadrati di territorio, ospita 2,4 miliardi di persone e rappresenta il 21% della superficie mondiale.

 Per coloro che credono ancora nel mito della scomparsa dell’Impero britannico dopo la Seconda guerra mondiale, vale la pena di confrontare le mappe del Commonwealth e dell’Impero.

(Commonwealth oggi -Impero Britannico 1920)

Il fatto è che l’Impero britannico continua ad esercitare una vasta influenza dall’alto sugli affari mondiali.

 Nonostante sia nominalmente scomparso dopo la Seconda guerra mondiale, lasciando il posto ad un “Impero americano”, la Gran Bretagna globale è semplicemente un tentativo di rendere esplicito ciò che è sempre stato vero.

Gli strateghi di oggi che gestiscono il “coming out party” dell’agenda della Gran Bretagna globale sono nel disperato tentativo di posizionare il Commonwealth come il centro di una nuova era post-restaurazione.

Essendo un’istituzione organizzata interamente su base ereditaria, il fulcro della continuità di questa riforma è imperniato su una famiglia regnante che occupa la posizione di “Prima inter pares” ufficiale attorno alla quale l’intera struttura di controllo può esercitare la propria influenza.

Nell’epoca attuale, questo ruolo è toccato a un certo essere consanguineo di nome Carlo.

La regina è morta, lunga vita al re.

London Bridge is Down” sono le parole in codice consegnate dal segretario privato della Regina, Edward Young, ad alti funzionari alla morte della Regina Elisabetta II.

Questo codice è stato scelto come parte di un protocollo più ampio soprannominato stranamente “Operazione Unicorno” per ragioni che vanno al di là della più fervida immaginazione di questo autore e che mette in moto una serie di azioni che culminano nell’unzione del Principe Carlo come nuovo Re della Gran Bretagna e del Commonwealth.

 

I canadesi che pensavano di non essere più costretti a sopportare di vedere il loro Primo Ministro dichiarare servilmente i suoi giuramenti di fedeltà (e di segretezza) a un monarca invasato che siede dall’altra parte dell’oceano, come era accaduto nel 2017, rimarranno molto delusi.

 

La legge canadese sui giuramenti parlamentari del 1866 prevede che entrambe le Camere del Parlamento siano tenute a prestare giuramento di fedeltà anche dopo la morte di tutti i monarchi in carica.

 Esatto: ogni singolo membro del governo canadese, che si suppone “eletto e democratico”, deve dichiarare il proprio giuramento di fedeltà non al popolo o ad una costituzione inesistente, ma ad una qualche stirpe consanguinea dall’altra parte del mondo.

Giuramenti simili sono stati letti dai funzionari eletti in tutti gli altri Stati membri del “Commonwealth Five Eyes”.

 

Vale quindi la pena di chiedersi se questa istituzione di poteri ereditari che Carlo ha ereditato sia solo un concerto cerimoniale senza alcuna sostanza o influenza reale alle spalle.

Anche se la maggioranza dei cittadini, compresi i sudditi britannici, crede che sia così, i fatti indicano una realtà molto diversa.

Il Principe Carlo: il più grande proprietario di immobili al mondo.

Forse vi sorprenderà, ma la Corona britannica è il più grande proprietario di immobili al mondo, con un patrimonio di 6,6 miliardi di acri [circa26.709.540 km2 ] in Australia, Nuova Zelanda, Irlanda del Nord, Canada, Gran Bretagna e Isole Falkland.

Oltre alle “Crown Lands” e alle “Crown Corporations” che sono legalmente di proprietà del monarca britannico, un’organizzazione chiamata “The Crown Estate” è uno dei più grandi gruppi immobiliari del mondo.

Descrivendo l’istituzione, che ogni anno versa il 25% dei suoi guadagni direttamente nelle casse del monarca, “Die Welt Business “ha scritto quanto segue:

 

Il “Crown Estate” possiede proprietà in tutto il Regno Unito, da castelli e cottage a terreni agricoli e foreste, oltre a parchi commerciali e centri commerciali.

Possiede più della metà dell’intera costa del Regno Unito, il che le conferisce diritti d’asta di enorme valore per le attività commerciali offshore, come i parchi eolici.

La Corona controlla quasi l’intero fondale marino (e metà della costa) del Regno Unito e tutte le aziende che desiderano costruire mulini a vento offshore nell’ambito del “Green New Deal” sono costrette ad affittare i loro fondali dal “Crown Estate”.

 Secondo “Byline Times”, la Corona diventerà “il più grande beneficiario dell’Agenda Verde del Regno Unito”, che ha recentemente presentato un piano in 10 punti per una “rivoluzione verde” e la completa decarbonizzazione entro il 2050.

Chiunque sia confuso dall’esplosione dei prezzi delle fonti energetiche inefficienti in Inghilterra, non andrebbe lontano senza apprezzare la “stupidaggine delle fattorie eoliche”, sovvenzionate dai contribuenti.

Lo stesso Principe Carlo ha dimostrato di non vedere la Corona come un’entità simbolica e nel 2013 è stato accusato di “lobbismo incontinente” quando decine di lettere personali (soprannominate “Memo del Ragno Nero”) ai parlamentari e al Primo Ministro sono state rese pubbliche dopo un’intensa battaglia legale per tenerle segrete.

Il biografo ufficiale di Carlo, “Jonathan Dimbleby”, ha persino scritto nel 2013 che, con la successione di Carlo alla Corona, le cose sarebbero diventate molto più pratiche e “che è in atto una tranquilla rivoluzione costituzionale”.

I poteri prerogativi sono Reali.

Sebbene ci si sforzi molto di dipingere i poteri prerogative della Corona come meramente simbolici, essi coprono quasi tutti i rami del governo e sono stati occasionalmente utilizzati…anche se le sfere d’influenza britanniche in cui si applicano maggiormente sono di solito così autoregolate da richiedere pochissimi input da parte di un’influenza esterna per mantenerle in linea.

Questi poteri sono stati rivelati pubblicamente per la prima volta nel 2003 e, in un articolo intitolato “Mystery Lifted on the Prerogative Powers”, il” London Guardian” ha osservato che questi poteri includono (ma non sono limitati a):

Gli affari interni, la nomina e la revoca dei ministri, la convocazione, la proroga e lo scioglimento del Parlamento, l’assenso reale alle proposte di legge, la nomina e la regolamentazione del servizio civile, la nomina di ufficiali nelle forze armate, la direzione della disposizione delle forze armate nel Regno Unito (e in altre nazioni del Commonwealth), la nomina del “Queen’s Counsel”, il rilascio e il ritiro dei passaporti, il “Prerogative of mercy” (si applicava nei casi di pena capitale. Ancora utilizzata, ad esempio per rimediare a errori nel calcolo della pena), la concessione di onorificenze, la creazione di corporazioni tramite Charter, gli Affari esteri, la stipula di trattati, la dichiarazione di guerra, il dispiegamento di forze armate all’estero, il riconoscimento di Stati stranieri, l’accreditamento e l’accoglienza di diplomatici.

 

Quando nel 2009 è stato presentato in Parlamento un disegno di legge che proponeva di limitare questi poteri, una revisione del “Ministero della Giustizia” condotta dal “Privy Council” ha concluso che tali limitazioni avrebbero “indebolito pericolosamente” la capacità dello Stato di rispondere a una crisi e il disegno di legge è stato prontamente bocciato.

A livello provinciale, troviamo “Luogotenenti Governatori” che (in Canada) sono membri dei Cavalieri massoni di San Giovanni di Gerusalemme.

Re Carlo e il Grande Reset.

Carlo ha dimostrato questo approccio “più pratico” alla governance il 3 giugno 2020, quando è diventato il” patrono ufficiale del Great Reset del World Economic Forum “e ha persino lanciato ufficialmente” il progetto twittando #TheGreatReset”.

Sul suo sito ufficiale, il Principe ha lanciato il progetto dicendo:

 “Oggi, attraverso la “Sustainable Markets Initiative” di Sua Altezza Reale e il “World Economic Forum”, il Principe di Galles ha lanciato una nuova iniziativa globale, “The Great Reset”.

Re eco-guerriero di una nuova crociata.

Carlo ha dimostrato il tipo di entusiasmo per la decarbonizzazione del mondo che si tende a trovare solo in un fanatico religioso che si propone come l’eco-guerriero dei monarchi, un Re Crociato di una nuova religione, solo che invece dei musulmani in Terra Santa, i nostri nuovi eco-crociati collegati a Davos hanno preso di mira l’anidride carbonica e la civiltà industriale, l’agricoltura e gli inutili mangiatori che la causano, come la minaccia velenosa che deve essere distrutta.

 Charles sembra vedere sé stesso camminare sulle orme del padre fondatore del WWF come il nuovo portavoce principale per una trasformazione totale della società sotto un sacerdozio di governo verde del WEF.

Un’edizione del luglio 2022 dell’australiano “Spectator “ha giustamente caratterizzato l’”attivismo misantropico di Carlo” nei seguenti termini:

L’ambientalismo di cui il Principe ha deciso di occuparsi in attesa di salire al trono non è una sorta di innocua attività apolitica di piantumazione di alberi o di salvataggio della foresta pluviale.

 Non sta abbracciando panda o finanziando santuari della fauna selvatica.

Al contrario, si è impegnato in un’ibrida rivolta commerciale e politica che minaccia la sopravvivenza del sistema politico che è destinato a supervisionare.

Oltre a essere un tradimento del cittadino comune, le sue azioni rappresentano un fallimento del suo unico dovere di futuro re: proteggere la monarchia costituzionale dal fascismo climatico e dal globalismo in ascesa.

 

Radici naziste della Casa di Saxe-Coburgo-Gotha.

Il ruolo della Corona nel guidare una rinascita di pratiche di totalitarismo globale, controllo della popolazione e fascismo non è inedito.

Un fatto scomodo che è stato recentemente svelato dal documentario “Edward VIII: Britain’s traitor King” [“Edoardo VIII: il re traditore della Gran Bretagna”] su Channel 4, in Gran Bretagna, è che questo cuore fascista della Corona era vivo durante gli anni più bui prima e durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il film, basato su un libro di prossima pubblicazione dello storico “Andrew Lownie”, si avvale di rapporti recentemente declassificati provenienti dagli Archivi Reali per raccontare la storia del re nazista britannico Edoardo VIII, che non solo desiderava una vittoria nazista nella Seconda Guerra Mondiale, ma si adoperò attivamente per raggiungere tale obiettivo dal momento in cui fu costretto ad abdicare al trono nel 1936 (presumibilmente per sposare una divorziata americana, Wallis Simpson) fino ai giorni più bui della guerra stessa.

Corona britannica nazismo.

Come dimostra un documentario, insegnare alla giovane nipote Elisabetta II come fare un vero e proprio “sieg heil” non fu il suo unico ballo con il nazismo.

Mentre si trovava in esilio in Portogallo, dove la famiglia reale aveva rapporti con l’élite tedesca, il documentario cita i cablogrammi diplomatici inviati da Edoardo ai funzionari tedeschi che chiedevano ai nazisti di bombardare senza sosta l’Inghilterra fino a sottometterla nel 1940, incoraggiando la morte di milioni di civili innocenti.

 Il film cita anche un discorso poco conosciuto in cui Edward chiedeva la resa della Gran Bretagna ai nazisti nel 1939, che la BBC rifiutò di mandare in onda.

 Anche dopo essere stato inviato alle Bahamas dai funzionari imperiali che avevano deciso che era più conveniente abbattere il loro mostro di Frankenstein piuttosto che continuare con i loro piani precedenti per un Nuovo Ordine Mondiale fascista, l’aspirante re nazista aveva scritto ai funzionari di Hitler indicando la sua disponibilità a tornare in Europa quando necessario e a riprendere il suo legittimo posto sul trono come re ariano.

Oltre il film: altre radici naziste dei Windsor.

Oltre al caso di Edoardo VIII, ci sono molti altri imbarazzanti legami nazisti con la casa di Windsor (ex Saxe-Coburg-Gotha) che il film non ha menzionato, alcuni dei quali coinvolgono direttamente il defunto principe consorte Filippo Mountbatten (alias: Duca di Edimburgo).

Tutte e tre le sorelle del Duca di Edimburgo erano sposate con principi nazisti e il marito di una di loro (Sophie) divenne un ufficiale delle “Waffen SS” con il grado di “Oberführer” (capo supremo).

 

Il marito della sorella di Filippo, Sophie, il principe Cristoforo d’Assia-Cassel, era a capo della Forschungsamt (Direzione della Ricerca Scientifica), un’operazione speciale di intelligence gestita da Hermann Göring, ed era anche Standartenführer (colonnello) delle SS nello staff personale di Heinrich Himmler.

 I quattro cognati di Filippo, con i quali viveva, divennero tutti alti funzionari del Partito nazista.

Filippo stesso ha mantenuto la tradizione di famiglia, avendo dapprima ricevuto un’educazione nazista incentrata sull’eugenetica negli anni ’30, per poi fondare nel 1961 il “World Wildlife Fund” (WWF) con il collega un tempo membro del Partito Nazista, il Principe Bernhard dei Paesi Bassi, eugenista da sempre e fondatore del Gruppo Bilderberg.

A Philip e Bernhard si aggiunse Sir Julian Huxley (allora presidente della “Eugenics Society of Britain”) come cofondatore del WWF.

il principe Bernhard, il principe Filippo e sir Julian Huxley.

Tre inutili mangiatori appassionati di proiezioni: il principe Bernhard, il principe Filippo e sir Julian Huxley.

In un’intervista dell’agosto 1988 al “Deutsche Press Agentur”, il “Principe Filippo” ha proclamato il suo desiderio di tornare nella prossima vita come virus mortale per aiutare a “risolvere la sovrappopolazione”.

 

Per tutta la vita, il Principe Filippo ha espresso fredde “riflessioni” misantropiche, contemplando lo zoo umano e affermando che:

Non si può tenere un gregge di pecore più grande di quello che si è in grado di nutrire.

 In altre parole, la conservazione può comportare l’abbattimento di animali per mantenere un equilibrio tra i numeri relativi di ciascuna specie all’interno di un particolare habitat.

Mi rendo conto che si tratta di un argomento molto delicato, ma resta il fatto che l’uomo fa parte del mondo vivente.

 Ogni nuovo acro messo a coltura significa un altro acro negato alle specie selvatiche.

Va notato che Re Carlo ha continuato l’eredità di suo padre come presidente della “World Wildlife Foundation” britannica, che ha guidato per oltre 30 anni.

Il pedigree nazista della famiglia reale e dei suoi fedeli dirigenti solleva una domanda:

perché la loro continuazione della dottrina eugenetica nazista sotto forma di movimenti per l’eutanasia e la crescita zero non è diventata più nota?

In che razza di mondo viviamo, se questi fatti così sconvolgenti non sono diventati di dominio pubblico?

 

Il vero Impero è sempre stato un’oligarchia finanziaria utilizzata da una vasta rete di strutture di potere per promuovere gli interessi dell’aristocrazia europea;

l’attuale epicentro del potere è costituito dalle monarchie anglo-olandesi.

È questo potere che controlla il “Gruppo Bilderberg”, la sua appendice minore, il “Forum Economico Mondiale” e orienta la politica americana attraverso il” Council on Foreign Relations” di New York (la versione americana di Chatham House).

Nel 1937 Hitler espose a Lord Lothian, membro di spicco di Chatham House, il suo concetto di Nuovo Ordine Mondiale anglo-tedesco, affermando che: “La Germania, l’Inghilterra, la Francia, l’Italia, l’America e la Scandinavia… dovrebbero giungere a un accordo che impedisca ai loro cittadini di assistere all’industrializzazione di Paesi come la Cina e l’India.

È un suicidio promuovere l’insediamento di industrie manifatturiere nei Paesi agricoli dell’Asia”.

Un numero qualsiasi di tecnocrati che spingano per uno schema di “Build Back Better for the World” o di “Global Green New Deal” avrebbe potuto dire la stessa cosa.

 

Oggi, l’”Istituto canadese per gli affari internazionali” è stato rinominato “Consiglio internazionale canadese” (CIC).

 Il “CIC” è presieduto da “Ben Rowswell,” specialista di cambi di regime formatosi a Oxford, che ha lavorato a stretto contatto con il consigliere privato “Chrystia Freeland” nel tentativo di rovesciare il “governo di Maduro” a favore del “fantoccio del WEF Juan Guaido”, che continua tuttora.

Un pilastro fondamentale nel controllo delle colonie di influenza anglo-olandese rimane il sistema del “Privy Council,” che ha sede in Gran Bretagna, ma ha filiali secondarie in alcuni Paesi del Commonwealth.

 È sotto l’influenza del “Privy Council” che vengono istituiti i funzionari di livello inferiore sotto forma di viceministri, il Treasury Board, i Select Committees e altri funzionari nominati nel Civil Service.

Altri nodi chiave del settore pubblico e privato gestiscono gli interessi della Corona.

 Tutti i membri del gabinetto del governo sono “Consiglieri Privati “e tutti i “Consiglieri Privati” prestano giuramento di segretezza e fedeltà alla Regina, compreso il giuramento di mantenere il segreto sulle cose di cui si parla nelle riunioni del Consiglio Privato.

La Corona come chiave per la continuità dell’Impero.

Naturalmente, sarebbe sciocco credere che Carlo (o qualsiasi altro monarca precedentemente regnante) fosse una persona a sé stante, ignorando l’armata di manipolatori, cortigiani e grandi strateghi più profondi e bizantini che ruotano attorno alla Corona come istituzione talvolta soprannominata la “Fonte di Tutti gli Onori”.

La “Fonte di tutti gli onori” è un termine ufficiale che denota l’idea giuridica che tutta l’autorità per gli affari pubblici e privati emani dall’unica fonte della Corona e dalla sua discendenza ininterrotta.

La continuità è tutto per l’impero e l’importanza di mantenere istituzioni che trascendano le singole vite è sempre stata un punto di grande preoccupazione.

In un mondo che, dopo il 1776, cominciava ad apprezzare l’autogoverno, la libertà e la democrazia come nuova modalità di auto-organizzazione, la “stabilità” delle istituzioni ereditarie fu gravemente minacciata.

Non sarebbe esagerato dire che gli ultimi 250 anni sono stati caratterizzati dallo scontro tra questi due paradigmi opposti di organizzazione della società.

Laddove un paradigma assume come autoevidente l’esistenza di diritti inalienabili per tutte le persone, l’altro sistema presume che gli unici diritti inalienabili siano quelli detenuti da una classe dirigente oligarchica che desidera governare su sudditi (alias: inutili mangiatori) i cui livelli di popolazione devono essere periodicamente abbattuti per facilitare la gestione.

La supposizione che “i diritti” non possano essere concessi o negati da una stirpe superiore è un vero e proprio anatema per qualsiasi sistema oligarchico, anche se si maschera dietro il costume di una specie di democrazia progettata per placare le plebi, ma che non permette loro o ai loro rappresentanti di influenzare qualcosa di veramente significativo sulla loro realtà.

(Matthew Ehret, canadianpatriot.org)

(canadianpatriot.org/2023/05/07/global-britain-and-king-charles-great-reset/)

 

 

 

 

 

Discorso di Putin

del 9 maggio 2023.

Luogocomune.net – (10-5-2023) – Putin – Redazione -ci dice:

 

IL TESTO COMPLETO:

Cari cittadini della Russia! Cari veterani! Compagni soldati e marinai, sergenti e sottufficiali! Ufficiali, generali e ammiragli! Soldati e comandanti impegnati nell'Operazione Militare Speciale! Buona Giornata della Vittoria!

In onore dei nostri padri, nonni e bisnonni, che hanno glorificato il proprio nome difendendo la Patria. Con incommensurabile coraggio ed enormi sacrifici hanno salvato l'umanità dal nazismo. Oggi la civiltà si trova ancora una volta a un punto di svolta cruciale.

Contro la nostra Patria è stata ancora una volta scatenata una vera e propria guerra, ma noi abbiamo resistito al terrorismo internazionale e proteggeremo anche la popolazione del Donbass e garantiremo la nostra sicurezza.

 Per noi, per la Russia, non ci sono nazioni ostili e nemiche né in Occidente né in Oriente.

 Come la stragrande maggioranza delle persone sul pianeta, vogliamo un futuro di pace, libertà e stabilità.

Riteniamo che qualsiasi ideologia di supremazia sia intrinsecamente riprovevole, criminale e mortale.

Eppure le élite globaliste occidentali continuano a parlare della loro esclusività, a mettere i popoli gli uni contro gli altri e a dividere le società, a provocare violenti conflitti e colpi di Stato, a seminare odio, russofobia e nazionalismo aggressivo, a distruggere la famiglia e i valori tradizionali che rendono l'uomo umano.

 E tutto per continuare a dettare, a imporre ai popoli la propria volontà, i propri diritti, le proprie regole, in sostanza, un sistema di ladrocinio, violenza e repressione.

[Queste élites] sembrano aver dimenticato a cosa ha portato la folle pretesa dei nazisti di dominare il mondo.

Hanno dimenticato chi ha sconfitto questo male mostruoso e totale, chi ha difeso la patria e ha sacrificato la propria vita per liberare i popoli d'Europa.

Vediamo come in alcuni Paesi vengono distrutti, senza scrupoli e a sangue freddo, i memoriali ai soldati sovietici, come vengono demoliti i monumenti ai grandi generali, e come si stia invece creando un vero e proprio culto dei nazisti e dei loro complici, cancellando e falsificando al contempo la memoria dei veri eroi.

Questa profanazione delle imprese e delle vittime della generazione vittoriosa è anch'essa un crimine, il palese revanscismo di coloro che hanno cinicamente e manifestamente preparato una nuova campagna contro la Russia, riunendo a questo scopo la feccia neonazista di tutto il mondo.

Il loro obiettivo non è nulla di nuovo:

disintegrare e annientare il nostro Paese, rovesciare l'esito della Seconda guerra mondiale, distruggere una volta per tutte il sistema di sicurezza globale e il diritto internazionale, soffocare qualsiasi centro di sviluppo sovrano.

Ambizioni eccessive, arroganza e lassismo portano inevitabilmente alla tragedia.

Questa è la ragione della catastrofe che sta vivendo il popolo ucraino. [Un popolo] che è diventato ostaggio di un colpo di Stato, del regime criminale che ne è nato e dei suoi padroni occidentali, [per i quali il popolo ucraino è] una merce di scambio per la realizzazione dei propri piani crudeli ed egoistici.

Per noi in Russia la memoria dei difensori della Patria è sacra, la conserviamo nei nostri cuori.

Rendiamo omaggio ai partecipanti alla Resistenza che hanno coraggiosamente combattuto contro il nazismo e ai soldati degli eserciti alleati di Stati Uniti, Gran Bretagna e altri Paesi.

Ricordiamo e onoriamo l'impresa dei combattenti cinesi nella lotta contro il militarismo giapponese.

 Sono convinto di una cosa: l'esperienza di solidarietà e partenariato maturata negli anni di lotta contro la minaccia comune è la nostra inestimabile eredità.

Un solido pilastro, specialmente ora che la tendenza irreversibile verso un mondo multipolare più giusto, basato sui princìpi della fiducia e della sicurezza indivisibile e su uguali opportunità per tutti i Paesi e per tutti i popoli per uno sviluppo libero e indipendente, sta prendendo slancio.

È molto importante che i leader della Comunità degli Stati Indipendenti si siano riuniti qui a Mosca oggi.

Lo considero un gesto di gratitudine verso l'impresa d'armi dei nostri antenati, che hanno combattuto insieme e hanno vinto insieme - tutti i popoli dell'URSS hanno contribuito alla vittoria comune.

Lo ricorderemo sempre.

 Chiniamo il capo in memoria di tutti coloro che sono stati uccisi in guerra, in memoria di figli, figlie, padri, madri, nonni, mariti, mogli, fratelli, sorelle, parenti e amici.

Osserviamo un minuto di silenzio.

Cari cittadini della Russia!

Le battaglie decisive per il destino della nostra Patria sono sempre state patriottiche, nazionali e sacre.

 Siamo fedeli al volere dei nostri antenati, comprendiamo profondamente e chiaramente cosa significa essere degni dell'altezza delle loro conquiste militari, lavorative e morali.

Siamo orgogliosi dei partecipanti all'operazione militare speciale, di tutti coloro che combattono in prima linea, che assicurano il fronte sotto al fuoco, che soccorrono i feriti.

 Al momento non c'è causa più grande del vostro lavoro.

 Da voi dipendono la sicurezza del nostro Paese, il futuro del nostro Stato e del nostro popolo.

Con onore state compiendo il vostro dovere militare, state combattendo per la Russia.

 Le vostre famiglie, i vostri figli e i vostri amici sono con voi.

 Vi stanno aspettando.

 Sono sicuro che sentite il loro amore sconfinato.

 L'intero Paese si è mobilitato per sostenere i nostri eroi. Tutti sono pronti ad aiutare e pregare per voi.

Compagni! Amici, cari veterani!

 Oggi ogni famiglia del nostro Paese onora i veterani della Grande Guerra Patriottica, ricorda i propri parenti ed eroi e depone fiori presso i monumenti di guerra.

Siamo insieme sulla Piazza Rossa, in una terra che ricorda Yuri Dolgorùkij e Dmitrij Donskòj, le imprese di Mìnin e Pozhàrsky, i soldati di Pietro il Grande e Kutùzov, le parate del 1941 e del 1945.

Oggi sono qui i partecipanti all'operazione militare speciale: i membri regolari dell'esercito e coloro che si sono uniti ai ranghi delle Forze Armate durante la mobilitazione parziale, i soldati dei corpi di Lugànsk e Donétsk, molte unità di combattimento volontarie, i dipendenti della Guardia Nazionale, del Ministero degli Interni, dell'FSB, del Ministero delle Emergenze e di altri servizi e agenzie speciali.

Auguri, amici! Auguri a tutti coloro che stanno combattendo per la Russia, che ora sono sul campo di battaglia.

 

Durante la Grande Guerra Patriottica i nostri eroici antenati hanno dimostrato che non c'è nulla di più forte, più potente e più solido della nostra unità.

Non c'è nulla al mondo più forte dell'amore per la nostra patria.

Alla Russia! Alle nostre valorose Forze Armate!

Alla vittoria! Urrà!

 

 

 

Zelensky gioca alla terza guerra

mondiale e tiene in ostaggio

il nostro servizio pubblico.

Luogocomune.net – (15-5-2023) – Agata Iacono – ci dice:

Ci sono alcuni punti salienti della visita di Zelensky in una Roma blindata, militarizzata, con enorme dispiegamento di forze e soldi, che mi hanno colpita.

 L'incontro con il Papa.

 Già il simbolismo della contrapposizione stridente, iconica, tra il regalo del Papa (un rametto di ulivo di bronzo) e quello di Zelensky, (una decorazione su un giubbotto militare), basteranno alla Storia per definire figurativamente questo tragico evento.

 

L'ex comico scarica immediatamente il Papa e il suo tentativo di mediazione per un percorso di Pace.

E lo fa su Rai uno, servizio pubblico pagato dagli italiani, ospite palesemente sbracato di Bruno Vespa.

«Parlare con Putin? (risatina) No, di cosa dovremmo parlare?......Potrebbe fare dei passi diplomatici, ma un anno dopo ricomincerebbe a uccidere di nuovo».

Quindi esclude immediatamente senza se e senza ma qualsiasi tavolo di Pace, qualsiasi tentativo di soluzione diplomatica, qualsiasi trattativa per porre fine alla morte quotidiana del suo stesso popolo.

Sull'incontro con il Papa è infatti lapidario, sprezzante, sembra che abbia la puzza o come si chiama sotto il naso.

 «Con tutto il rispetto per Sua Santità, noi non abbiamo bisogno di mediatori, noi abbiamo bisogno di una pace giusta».

Ha detto il leader ucraino a Porta a Porta.

E ancora, per specificare che questa "pace giusta" non è neppure un suo obiettivo:

«Noi invitiamo il Papa, come altri leader, per lavorare ad una pace giusta ma prima dobbiamo fare tutto il resto».

 "Prima dobbiamo fare tutto il resto", cioè vincere, sterminare fino all'ultimo ucraino, fino all'ultimo russofono, fino all'ultimo essere umano nato in Donbass o in Crimea?

 

«Non si può fare una mediazione con Putin, nessun Paese al mondo lo può fare», ha aggiunto.

Nessuno può essere mediatore di Pace, solo armi e morte devono parlare o tacere.

 Nella puntata di Vespa evidentemente il presidente ucraino doveva sentirsi proprio a suo agio, perché ha rivelato al mondo che la Cina gli ha promesso di non aiutare militarmente la Russia.

 «Ho parlato con il leader cinese, abbiamo discusso questioni importanti, ho detto che contiamo che Pechino non fornisca armi a Mosca.

 Xi ha risposto che non daranno le armi e non sosterranno la Russia».

 Quindi ha negato, ovviamente, che l'Ucraina abbia responsabilità sull'attacco dei due droni al Cremlino.

 Secondo Zelensky è Putin ad avere paura, tanta paura di morire da rendere irrealizzabile, una bufala insomma, qualsiasi minaccia nucleare da parte della Russia.

 «Credo che Putin non userà le armi nucleari.

Nessuno può sapere che cosa passa per la testa del presidente russo, ma non dobbiamo avere paura».

E ha aggiunto, cercando di trasformare il presidente della Federazione Russa da "malato terminale" in imbelle e tremante psicopatico tanatofobico:

«Putin ha tanta voglia di vivere e cercherà di fare di tutto per vivere».

Ad una domanda sulla possibilità che le prossime elezioni negli USA possono cambiare i rapporti di forza, se Trump dovesse diventare Presidente, Zelensky risponde da Vespa:

 "non so se Donald Trump potrà aiutarci in questa situazione".

 E aggiunge, non proprio velatamente, che Trump stesso è corresponsabile dell'attuale situazione, per non essersi reso conto a suo tempo...

"Voglio ricordare che ho incontrato Trump quando eravamo entrambi presidenti e non c'era un'invasione su larga scala, ma un'aggressione visto che Donbass e Crimea erano state occupate, non sono sicuro che all'epoca si rendesse conto, non sono sicuro fosse una sua priorità.

Nessuno ha risolto la questione e Putin ha ricevuto questo segnale, ecco perché è andato avanti".

Quindi la minaccia: «So che se l'Ucraina cade, il passo successivo è la Moldavia e poi i Paesi baltici.

 Putin arriva lì, forse non Italia, ma i Paesi baltici sono membri della Nato e voi dovrete mandare lì in guerra i vostri figli».

Cioè:

Siete membri della NATO, non siete costretti a mandare a morire i vostri ragazzi in Ucraina, perché noi non siamo un Paese NATO, ma se non ci aiutate in tutti i modi a sconfiggere la Russia, mandando armi e soldi, riducendo praticamente il vostro Paese, la vostra Storia, la vostra cultura, in una acefala grancassa di propaganda di guerra, sarete voi a dover mandare a morire i vostri figli.

D'altronde oggi l'Italia, per bocca della Meloni, "scommette" sulla vittoria dell'Ucraina.

Mi auguro che i cittadini italiani prendano finalmente atto che gli enormi sacrifici per l'invio di armi all'Ucraina non serve e non servirà mai ad agevolare i negoziati di pace.

Non ci resta che firmare per chiedere di poterci esprimere attraverso il referendum.

È una responsabilità morale e storica cui non possiamo sottrarci, se non vogliamo essere complici.

 (lantidiplomatico.it)

 

 

 

LA TENDENZA ALLA GUERRA CONTRO

LA CINA, CON IL PRETESTO TAIWAN.

Lantidiplomatico.it – (17-5-2023) – Danile Burgo, Massimo Leoni, Roberto Sidoli – ci dicono:

 

I fatti si rivelano molteplici e indiscutibili, anche prendendo in esame solo i primi mesi del 2023.

“Duecento militari statunitensi risultano ormai presenti ufficialmente a Taiwan dall' inizio dell'anno.

Gli Stati Uniti aumentano le loro truppe a Taiwan.

 Saliranno dalle 30 di un anno fa a 100-200, con l’obiettivo di addestrare le forze armate dell’isola a resistere alla minaccia cinese.

 Gli Stati Uniti stanno considerevolmente aumentando il numero di truppe dispiegate a Taiwan.

Nello specifico, stanno quadruplicando il numero attuale per rafforzare un programma di addestramento per le forze armate dell’isola in risposta a una crescente minaccia da parte della Cina.

Secondo i funzionari americani, nei prossimi mesi gli Stati Uniti dispiegheranno sull’isola tra le 100 e le 200 truppe, rispetto alle 30 circa presenti un anno fa.

L’aumento delle forze militari espanderà un programma di addestramento che il Pentagono si è premurato di non rendere pubblico, in quanto gli Stati Uniti lavorano per fornire a Taipei le capacità necessarie per difendersi senza provocare Pechino.”

 L'alto rappresentante dell'Unione Europea, J. Borrell, ha proposto a sua volta nell' aprile di quest'anno che tutte le marine militari della UE pattuglino proprio lo stretto di Taiwan.

LONDRA – “Navi militari dell’Unione Europea dovrebbero pattugliare lo stretto di Taiwan, per proteggere l’isola dalla Cina nella disputa tra i governi di Pechino e di Taipei.

 Lo afferma Josep Borrell, l’Alto rappresentante della Ue per gli affari esteri e la sicurezza, in un articolo pubblicato stamane dal “Journal Du Dimanche”.

 Un intervento a favore di un maggiore ruolo per l’Europa unita, a fianco dell’America, in difesa di Taiwan.”

Rispondendo come al solito positivamente alle richieste dell'imperialismo USA, a fine aprile il disastroso governo Meloni ha già inviato una nave militare italiana verso il Mar Cinese Meridionale, mentre simultaneamente è stato annunciato che la marina italiana invierà vicino a Taiwan una squadra navale, inclusa la portaerei Cavour, verso la fine del 2023.

“Aiuto agli Usa per Taiwan: navi da guerra italiane verso la Cina.”

Anche l'Italia in campo in una delle partite più delicate dello scenario geopolitico, quella che vede la Cina determinata a riconquistare l'isola di Taiwan con la forza.

Su richiesta degli Stati Uniti avvieremo nuovi pattugliamenti navali e missioni militari nel Pacifico.

Washington chiama, Roma risponde.

"Quando nei giorni scorsi il capo di Stato Maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone è andato a Washington per incontrare l’omologo Mark Milley, ovviamente si è parlato della riunione di Ramstein del gruppo di contatto per aiutare Kiev, dove l’Italia dà un supporto significativo alle difese aeree", ricostruisce Repubblica.

 Ma sul tavolo c'era anche la preoccupazione degli Usa per le manovre cinesi a Taiwan "anche perché Xi ha ordinato ai suoi militari di essere pronti a invadere l’isola entro il 2027".

Così gli americani hanno chiesto agli alleati di mandare un segnale a Pechino "sul piano politico e militare", si legge nell'articolo.

 In cosa consiste?

 La Morosini, nave della classe Pattugliatori Polivalenti d’Altura, è già partita ai primi di aprile per una campagna di cinque mesi in Estremo oriente che la porterà in Giappone, Corea del Sud, Vietnam, India e nel Mar Cinese Meridionale, dove Pechino sta costruendo da tempo basi.

 Il sottocapo di Stato Maggiore della Marina italiana, Giuseppe Berutti Bergotto, inoltre, ha annunciato recentemente che tra la fine del 2023 e l'inizio del 2024 la Marina invierà una squadra portaerei che comprende la Cavour e il suo cacciatorpediniere di scorta, una fregata e un rifornitore di squadra, nella regione dell’Indo-Pacifico, fino al Giappone.

In aggiunta il “Comando Operativo di Vertice Interforze” ha già inviato una missione esplorativa a Seul e Tokyo, per definire la possibile partecipazione a esercitazioni terrestri con nuclei delle forze speciali, e un tour degli F35 italiani entro la fine dell’anno in Giappone, Corea e Singapore.

Insomma, la guerra in Ucraina compatta la Nato, e l'Italia è chiamata a fornire il suo contributo ben oltre l'area del Mediterraneo.”

Come è purtroppo già avvenuto molte altre volte in passato, inoltre, il 28 aprile un aereo militare statunitense da pattugliamento del tipo Poseidon è passato in modo provocatorio sopra lo stretto di Taiwan.

“Tensione Usa-Cina, aereo militare Poseidon degli Usa sorvola lo stretto di Taiwan.

Il teatro orientale dell'Esercito Popolare di Liberazione cinese ha dichiarato di avere monitorato il passaggio di un aereo da pattugliamento marittimo statunitense e denuncia frequenti "azioni provocatorie" da parte degli Stati Uniti.

Gli Usa: "Passaggio in conformità col diritto internazionale".

Nuove tensioni tra Cina e Stati Uniti nei cieli dopo che un aereo statunitense è passato sopra lo Stretto di Taiwan.

 Il teatro orientale dell'Esercito Popolare di Liberazione cinese ha dichiarato di avere monitorato il passaggio di un aereo da pattugliamento marittimo statunitense P-8A Poseidon e di aver "organizzato aerei da combattimento per seguire e monitorare l'aereo statunitense durante tutto il processo".

La Cina: "Da Usa azioni provocatorie."

"Negli ultimi tempi navi e aerei da guerra statunitensi hanno spesso effettuato azioni provocatorie, dimostrando pienamente che gli Stati Uniti sono un perturbatore della pace e della stabilità nello Stretto di Taiwan e creano rischi per la sicurezza nello Stretto di Taiwan", si legge in una nota del teatro orientale dell'”Epl” a firma del portavoce” Shi Yi”, sottolineando che "le truppe del teatro mantengono sempre un alto livello di allerta e difendono risolutamente la sovranità e la sicurezza nazionale, nonché la pace e la stabilità regionali".

 

Sul piano diplomatico, la presidente separatista “Tsai Ing- Wen” nell' aprile di quest'anno ha incontrato lo speaker della Camera degli Stati Uniti, venendo accolta con tutti gli onori in terra americana.

“Taiwan, al via il viaggio della presidente “Tsai”. La risposta della Cina: "Se avrà contatti con McCarthy reagiremo con determinazione"

(Tsai Ing-wen in partenza dal Taoyuan International Airport Tsai Ing-wen in partenza dal Taoyuan International Airport” .

La tappa che irrita maggiormente Pechino è quella del ritorno, a Los Angeles il 5 aprile.

 In California “Tsai” dovrebbe - anche se non c'è ancora una conferma ufficiale - incontrare lo speaker della Camera Usa.”

Che fare contro la spinta alla guerra di una frazione importante dell'imperialismo occidentale?

Innanzitutto chiarire a livello di massa, come ha già fatto anche il genio dei” Pink Floyd” Roger Waters, Taiwan, è parte della Cina.

Roger Waters sta con la Cina: "Taiwan ne fa parte, andate a studiare se non lo sapete."

La leggenda del rock in un'intervista alla “Cnn” commenta la questione Taiwan spiegando che la comunità accetta le ragioni cinesi dal 1948.

 E non risparmia la guerra in Ucraina.

“Roger Waters” sta con la Cina: "Taiwan ne fa parte, andate a studiare se non lo sapete"CNN.

"Taiwan non è circondata dalla Cina, Taiwan è parte della Cina: è scritto in un trattato riconosciuto a livello internazionale sin dal 1948, prendilo e leggilo!", risponde piccato “Roger Waters” durante un'intervista esclusiva alla “Cnn”.

Il breve video che riprende la leggenda del rock sottolineare le ragioni cinesi sulla questione Taiwan, viene molto commentato sui social.”

Infatti l'isola venne abitata dai cinesi fin dal 1200, mentre già nel 1335 la dinastia “Yuan” istituì alcuni organismi per Taiwan.

Nel 1662 la popolazione locale insorse contro i colonialisti olandesi, che da alcuni decenni occupavano l'isola, cacciandoli e riunendosi alla madrepatria;

la lingua usata a Taiwan è il mandarino e tutta la sua cultura risulta di matrice cinese.

Non solo: anche la fortissima forza politica di opposizione di Taiwan, il Kuomintang, riconosce l'appartenenza alla Cina di Taiwan.

Non solo: con la risoluzione 2758 del 1971, l'ONU ha dichiarato chiaramente che nel mondo sussiste una sola Cina, e che Taiwan risultava parte integrante della Cina.

Non solo: almeno sul piano formale, persino il presidente americano Biden ha riconosciuto più volte, durante gli ultimi due anni, il principio dell'esistenza "di una sola Cina", mentre sempre a livello ufficiale gli USA hanno interrotto i loro rapporti diplomatici con Taiwan nel 1972, aprendo invece una propria ambasciata a Pechino.

“Escono dall'ambiguità strategica stabilita nel 1972 da Nixon e Kissinger con Mao Zedong.”

Gli Usa si schierano con Taiwan.

Il viaggio della Pelosi non è un caso ma è stato voluto.

Parecchi segnali indicano che gli Stati Uniti intendono porre fine alla loro politica di «ambiguità strategica» nei confronti di Taiwan.

Com'è noto, con tale politica Washington s'impegna a riconoscere l'esistenza di «una sola Cina», aderendo quindi ai desiderata di Pechino.

Al contempo, però, intende mantenere lo status quo, chiedendo alla Repubblica Popolare di non compiere atti di forza contro l'isola.

L'ambiguità strategica pone agli americani problemi di grande portata.

Dopo aver spostato la loro ambasciata a Pechino a seguito della visita di Nixon e Kissinger a Mao Zedong nel 1972, i rapporti diplomatici ufficiali con Taiwan furono interrotti, lasciando a Taipei un semplice ufficio di rappresentanza.

La mossa si rivelò molto utile per staccare la Cina comunista dall'Unione Sovietica, che, a quel tempo, era la principale rivale degli Usa.”

Come notò giustamente “Roger Waters”, conoscere la storia diventa uno strumento indispensabile per smascherare i fautori occidentali della guerra contro la Cina, prendendo a pretesto Taiwan.

 

 

 

 

LA DOTTRINA MORAWIECKI: IL PIANO

DELLA DESTRA RADICALE POLACCA

PER RIORGANIZZARE L’EUROPA.

Legrandcontinent.eu – Valentin Behr – (27-3-2023) – ci dice:

A pochi mesi dalle elezioni e a più di un anno dall’invasione dell’Ucraina, il “PiS” polacco ha una nuova dottrina europea.

Traduciamo e commentiamo per la prima volta in francese il “discorso della Sorbona” di “Mateusz Morawiecki” pronunciato martedì scorso a “Heidelberg”.

Un programma da studiare molto attentamente.

Il 20 marzo 2023, il primo ministro polacco “Mateusz Morawiecki “ha tenuto un discorso sull’Europa e sui valori europei a “Heidelberg”.

 La conferenza del capo di governo polacco è in linea con i discorsi sul futuro dell’Unione europea tenuti dal presidente francese Emmanuel Macron (La Sorbona, settembre 2017) e dal cancelliere tedesco Olaf Scholz (Praga, agosto 2022).

Questo importante documento offre la prospettiva di un leader dell’Europa centrale, il cui ruolo politico nell’Unione europea si è rafforzato dopo la guerra in Ucraina, qui descritta come una «svolta storica».

 “Morawiecki” espone una visione delle sfide che l’Unione deve affrontare e dei modi per affrontarle, in netto contrasto con quelle proposte dai suoi omologhi francese e tedesco.

Sua Magnificenza, Professor Eitel,

Signor Primo Ministro Kretschmann,

Signore e Signori,

Cari studenti.

Vi ringrazio molto per l’invito a “Heidelberg”.

È per me un grande onore parlare qui, in una delle più antiche università del continente.

 È un luogo che ha formato decine di generazioni di europei eccellenti. Molti grandi tedeschi, naturalmente, ma anche molti polacchi. Uno di loro è stato addirittura rettore.

“Heidelberg” è una città bellissima, costruita e coltivata per generazioni. Eppure questa meravigliosa città, che per molti versi è un microcosmo dell’Europa, è stata testimone di molto male, violenza, guerra e atrocità. Oggi, purtroppo, esse tornano nel nostro continente.

L’Europa si trova di fronte a una svolta storica, più importante di quella affrontata durante la caduta del comunismo, perché per la maggior parte della popolazione del continente quei cambiamenti furono pacifici, mentre oggi, quando il mondo intero è minacciato da una guerra di aggressione russa, vengono in mente i tempi di 70 e 80 anni fa.

Oggi voglio parlarvi di quattro questioni fondamentali per il futuro dell’Europa.

 Dividerò quindi il mio discorso in quattro sezioni, e in ognuna di queste sezioni farò riferimento a quella che considero una questione fondamentale: il ruolo degli Stati nazionali.

Comincerò con il primo grande tema:

1.) Cosa ci insegna oggi la storia dell’Europa.

Poi, passerò a:

2.) L’importanza della lotta dell’Ucraina contro la Russia e quali conclusioni possiamo trarre per l’Europa dalla guerra in Ucraina.

 

Più avanti affronterò un terzo tema:

3.) Che cosa sono i valori europei e che cosa li minaccia attualmente.

Infine, discuterò il quarto punto.

4.) Come l’Europa può assumere il ruolo di leader globale.

Cosa ci insegna la storia dell’Europa.

Se ci chiediamo cosa può insegnarci la storia dell’Europa, vorrei iniziare dalle nostre relazioni, quelle tra polacchi e tedeschi.

Siamo stati vicini per oltre undici secoli, abbiamo vissuto, lavorato, ci siamo preoccupati e abbiamo risolto i nostri problemi fianco a fianco e spesso insieme.

Abbiamo fondato le nostre prime università nello stesso periodo:

 a Cracovia nel 1364, a Heidelberg nel 1386.

Nel corso dei secoli ci sono stati molti polacchi di origine tedesca o tedeschi di origine polacca e slava.

 Oggi, polacchi e tedeschi lavorano a stretto contatto dal punto di vista economico, il che crea interdipendenza.

Siamo il quinto partner commerciale della Germania, dopo Cina, Stati Uniti, Paesi Bassi e Francia. Presto passeremo al quarto posto, superando la Francia. E poi addirittura al terzo. Molti non se ne rendono conto, ma la Russia è al 16° posto.

E la Polonia, insieme ad altri Paesi del Gruppo di Visegrad, è oggi un partner molto più importante della Cina o degli Stati Uniti.

Vale la pena sottolineare l’importanza che Germania e Polonia rivestono l’una per l’altra.

E sebbene abbiamo prospettive diverse su alcune questioni, condividiamo anche molti problemi comuni che devono essere superati insieme. 

“Morawiecki “esordisce ricordando l’importanza cruciale della Polonia, e più in generale dei Paesi dell’Europa centrale, come partner economico della Germania, in un contesto in cui è soprattutto la dipendenza di questo Paese (e di altri in Europa) dal gas russo a essere al centro del dibattito dall’inizio della guerra in Ucraina.”

L’obiettivo del leader polacco è relativizzare il carattere presumibilmente periferico – e quindi trascurabile, nel gioco geopolitico e negli scambi economici – dell’Europa centrale rispetto all’Europa occidentale.

Sull’importanza degli scambi economici (diseguali) tra i Paesi di Visegrad e i loro vicini europei, si può fare riferimento a “Thomas Piketty”, «2018, l’anno dell’Europa» (16 gennaio 2018).

La Polonia lotta ancora oggi con la crudele eredità della Seconda Guerra Mondiale. 

Abbiamo perso l’indipendenza, la libertà e oltre 5 milioni di cittadini, molte città polacche sono state lasciate in rovina e oltre mille villaggi sono stati brutalmente pacificati.

Mentre la Germania occidentale ha potuto svilupparsi liberamente, la Polonia ha perso 50 anni del suo futuro a causa della Seconda Guerra Mondiale.

 Non voglio soffermarmi su questo tema nel mio discorso, ma non posso trascurarlo… La Polonia non ha mai ricevuto dalla Germania un risarcimento per i crimini della Seconda Guerra Mondiale, per la distruzione, la sottrazione di beni e tesori della cultura nazionale.

Dopotutto, la piena riconciliazione tra un colpevole e la sua vittima è possibile solo quando c’è un risarcimento.

In questo momento cruciale della storia europea, abbiamo bisogno di questa riconciliazione più che mai, perché le sfide che abbiamo di fronte sono gravi.

La storia dell’Europa – con la sua ferita più grande, la Seconda guerra mondiale – ha spinto il mio Paese, insieme a molti altri, dietro la “cortina di ferro” per quasi mezzo secolo.

Insieme ai miei coetanei, siamo cresciuti, siamo andati a scuola, abbiamo intrapreso un lavoro o degli studi all’ombra dei crimini comunisti.

 Milioni di giovani europei che vivevano dietro la cortina di ferro sapevano che da una parte c’era la libertà e dall’altra il colonialismo russo; sovranità per alcuni, dominazione imperiale per altri; da un lato, la tanto desiderata Europa libera, dall’altra, un totalitarismo barbaro: la vita sotto il tallone della Russia sovietica.

Se qualcuno ci avesse detto che avremmo vissuto per vedere la fine del comunismo, non gli avremmo creduto.

Come la maggior parte degli esperti occidentali di Russia sovietica. Eppure è successo!

  La Solidarietà polacca – “Solidarność” – la guerra in Afghanistan, Papa Giovanni Paolo II e la dura posizione degli Stati Uniti durante l’era Reagan hanno portato alla caduta del comunismo criminale.

Era arrivato il tempo della democrazia.

Oggi vorrei sottolineare il ruolo della sovranità dello Stato nazionale nel mantenere la libertà delle nazioni.

La lotta delle nazioni schiavizzate dell’Europa centrale era, fondamentalmente, una lotta per la sovranità nazionale.

Questa questione ha unito i patrioti in tutto lo spettro politico, perché credevamo che i nostri diritti e le nostre libertà potessero essere salvaguardati solo nel contesto di Stati sovrani riconquistati.

Con questo richiamo storico, Morawiecki si inserisce in continuità con la “politica storica” sostenuta dal “PiS”, che consiste nel difendere il «punto di vista polacco» sulla storia per rivendicare la propria grandezza morale in contrapposizione ai suoi vicini, in particolare alla Germania.

Il risvolto concreto di questa posizione si può ravvisare nelle richieste, avanzate dal governo polacco alla Germania, di riparazioni di guerra per le immense perdite umane e materiali causate dal Terzo Reich alla Polonia durante la Seconda guerra mondiale.

Su questa spinosa questione, che il governo tedesco ha liquidato come giuridicamente chiusa, si veda “Mateusz Piątkowski”, «The legal questions behind Poland’s claim for war reparations from Germany» (Note dalla Polonia, 9 settembre 2022).

Inoltre Morawiecki presenta l’esperienza comunista in Polonia come una semplice occupazione sovietica, contro la quale la società polacca nel suo complesso si sarebbe sollevata prima di liberarsi grazie alle sue mobilitazioni (Solidarność, Giovanni Paolo II) e al sostegno americano (Reagan).

La sua descrizione è in linea le interpretazioni preferite dal suo schieramento politico, ossia la destra nazionalista e anticomunista, ma questa visione semplicistica di una storia più complessa affonda le sue radici anche in una storia personale:

il padre di Mateusz, Kornel Morawiecki (1941-2019), è stato una figura importante dell’opposizione anticomunista, fondatore dell’’organizzazione clandestina Solidarność Walcząca (Solidarietà Combattente) a Breslavia nel 1982, durante lo stato di guerra, dopo che il sindacato Solidarność era stato messo al bando e i suoi leader arrestati.

È in virtù di questa eredità storica, quella di una nazione che ha lottato per tutta la sua storia per l’indipendenza, in particolare contro il totalitarismo nazista e sovietico nel XX secolo, che Morawiecki presenta lo “Stato-nazione non solo come caro ai polacchi, ma anche come il principale garante della democrazia di fronte alle tentazioni imperialiste”, un argomento che svilupperà in seguito in relazione all’Unione europea.

Sulla politica storica in Polonia ci permettiamo di rinviare a Valentin Behr, «Genèse et usages d’une politique publique de l’histoire. La ‘politique historique’ en Pologne», Revue d’études comparatives Est-Ouest, vol. 46, no. 3, 2015, e al dossier coordinato da Frédéric Zalewski, «La “politique historique” en Pologne. La mémoire au service de l’identité nationale», Revue d’études comparatives Est-Ouest, vol. 1, no. 1, 2020.

 

Avevamo ragione.

Questo è stato particolarmente evidente durante i periodi di crisi sociale ed economica.

Anche durante la recente crisi del Covid, abbiamo visto che Stati nazionali efficienti sono fondamentali per proteggere la salute dei cittadini.

In precedenza, durante la crisi del debito, abbiamo assistito a un chiaro conflitto tra i Paesi dell’Europa meridionale – Grecia, Italia e Spagna – e le istituzioni sovranazionali che prendevano decisioni economiche per loro conto senza un mandato democratico.

In entrambi i casi, ci siamo trovati di fronte ai limiti della governance sovranazionale in Europa.

In Europa niente potrà salvaguardare la libertà delle nazioni, la loro cultura, la loro sicurezza sociale, economica, politica e militare meglio degli Stati nazionali.

Altri sistemi sono illusori o utopici.

Possono essere rafforzati da organizzazioni intergovernative e anche parzialmente sovranazionali, come l’Unione Europea, ma gli Stati nazionali in Europa non possono essere sostituiti.

Citando la crisi del debito sovrano e quella del Covid-19 nella sua professione di fede a favore di un’Europa delle nazioni,” Mateusz Morawiecki” sembra dimenticare di sfuggita gli importanti fondi comuni istituiti a livello europeo per far fronte alle conseguenze economiche della pandemia.

L’attribuzione di questi fondi alla Polonia è stata oggetto di un braccio di ferro con la Commissione europea, che ha cercato di usarli come leva per indurre il governo polacco a revocare alcune riforme del sistema giudiziario, accusate di minare lo Stato di diritto.

 La denuncia di “Morawiecki” contro «istituzioni sovranazionali» che operano «senza un mandato democratico» solleva l’annosa e ricorrente questione del rispetto da parte degli Stati membri dei trattati che hanno firmato e ratificato – tra l’altro con un referendum al momento dell’adesione della Polonia all’Unione europea nel 2004.

Questa questione è al centro del resto del discorso, quando si parla di valori europei e del futuro dell’Unione.

L’Europa è nata molto prima della Repubblica americana, la cui unità è stata forgiata anche attraverso la guerra civile.

 Ecco perché è fuorviante fare riferimento a questa analogia storica.

Qualsiasi sistema politico che non rispetti la sovranità altrui, la democrazia o la volontà elementare della nazione, prima o poi diventerà utopia o porterà alla tirannia.

È stata l’Europa cristiana a dare vita a una civiltà che rispetta la dignità umana più di ogni altra.

Questa civiltà merita di essere protetta.

Soprattutto di fronte a civiltà dal cuore duro e sempre più forti, per le quali i valori democratici e liberali non contano.

 

Vogliamo costruire un’Europa forte per affrontare le sfide globali del XXI secolo.

 È la dimensione dell’Unione europea che la rende una forza significativa nel mondo, non il suo sistema decisionale sempre più incomprensibile. Abbiamo bisogno di un’Europa forte grazie ai suoi Stati nazionali, non di un’Europa costruita sulle loro rovine.

 Un’Europa del genere non avrà mai forza, perché il potere politico, economico e culturale dell’Europa deriva dall’energia vitale fornita dagli Stati nazionali.

Le alternative sono un’utopia tecnocratica, che alcuni a Bruxelles sembrano immaginare, o un neo-imperialismo, già screditato dalla storia moderna.

La lotta delle nazioni europee per la libertà non è finita nel 1989.

 Lo si vede meglio al nostro confine orientale.

 

Vorrei quindi passare a una questione di vitale importanza per l’Europa: l’Ucraina.

Discuterò l’importanza della lotta dell’Ucraina dal punto di vista dei nostri valori comuni europei.

 Inoltre, esporrò le conclusioni che dovremmo trarne.

 

Per cosa combattono davvero gli ucraini oggi? Per cosa sono disposti a rischiare la vita? Perché non si sono arresi immediatamente al secondo esercito più forte del mondo?

La lotta degli ucraini per il diritto all’autodeterminazione nazionale è un’altra manifestazione eroica della difesa dello Stato nazionale e della libertà.

Ma per avere la volontà di combattere, bisogna credere davvero in ciò per cui si combatte.

Oggi gli ucraini non combattono solo per la propria libertà.

Dal 24 febbraio 2022, combattono quotidianamente anche per la libertà di tutta l’Europa.

Anche il nostro futuro dipende da come si svolgerà questa guerra: la sconfitta dell’Ucraina sarebbe la sconfitta dell’Occidente, anzi dell’intero mondo libero.

 Una sconfitta più grande del Vietnam.

 Dopo una tale sconfitta, la Russia tornerebbe a colpire impunemente e il mondo, così come lo conosciamo, cambierebbe radicalmente, perché una vittoria di Mosca sarebbe seguita da una lunga serie di pericolose incognite.

La sconfitta del mondo libero probabilmente incoraggerebbe Putin, proprio come l’acquiescenza degli anni Trenta incoraggiò Hitler.

 

Morawiecki” descrive la lotta degli ucraini contro gli invasori russi come una lotta civile e politica, con implicazioni che vanno oltre questo conflitto:

 Gli ucraini stanno combattendo «per la nostra libertà e per la vostra», per citare uno slogan polacco («za wolność naszą i waszą») formulato nel XIX secolo durante le insurrezioni anti zariste, poi ripreso dai combattenti polacchi durante la Seconda guerra mondiale, e che dal 24 febbraio 2022 è tornato di attualità, soprattutto nei discorsi ufficiali polacchi e ucraini.

Al di là del simbolismo, si riferisce anche a un immaginario collettivo diffuso nelle società dell’Europa centrale e orientale che temono di essere sacrificate dagli alleati occidentali a vantaggio della Russia:

è il mito di Yalta come «tradimento degli alleati», da cui le molteplici associazioni, nel discorso di “Mateusz Morawiecki”, tra “Putin, Hitler e Stalin”.

Anche Putin, come Hitler all’epoca, gode di un enorme sostegno pubblico.

 Non è esagerato dire che ci troviamo di fronte alla minaccia di una terza guerra mondiale.

Il modo per evitare questo esito è smettere di alimentare la bestia.

La storia si sta svolgendo sotto i nostri occhi.

Quando i nostri figli leggeranno i libri di testo, si chiederanno se abbiamo fatto abbastanza per garantire loro un futuro di pace. Abbiamo pensato a loro e al bene a lungo termine dei nostri Paesi o solo alla comodità a breve termine e al rinvio di decisioni difficili per il futuro?

Abbiamo imparato dagli errori del passato o continueremo a ripeterli?

Ora, qualche ulteriore riflessione su questo punto 2.1 Perché questo è un punto di svolta nella storia europea?

Fino a poco prima del 24 febbraio, avevo sentito dire che Putin non avrebbe attaccato l’Ucraina. 

Molti politici europei hanno preferito credere a questa versione, sperando che fosse possibile continuare il “Wandel durch Handel” [l’espressione tedesca indica “cambiamento attraverso il commercio”, NDT] con la Russia a spese dell’Europa centrale.

In questo contesto, torniamo alla domanda: per cosa combattono gli ucraini?

Se fossero concentrati solo sui beni materiali e non fossero uniti dal loro senso di comunità, si sarebbero arresi molto tempo fa.

È su questo che Putin contava.

Credeva che gli ucraini avrebbero scelto la pace piuttosto che la libertà.

Ma si sbagliava.

Perché? Qual è stato l’errore del Cremlino?

 Putin non è un pazzo, come molti di coloro che hanno fatto affari con lui per vent’anni vorrebbero farci credere, ma è accecato dalla sua visione del mondo.

 Non è riuscito a capire che gli ucraini sono una nazione.

E ora che finalmente hanno il loro Stato nazionale –per quanto sia tutt’altro che perfetto – sono disposti a sacrificare le loro vite per difenderlo.

La propaganda russa sostiene che non esista una nazione ucraina separata.

Conosciamo tutti il detto: «Se i fatti non corrispondono alla teoria, cambia i fatti».

 Ecco perché la Russia sta cercando di spiegare agli ucraini, con la forza, che non hanno diritto a un’identità nazionale.

Eppure sono i nipoti dei soldati che oggi rischiano la vita per un’Ucraina libera che un giorno diranno con orgoglio a scuola: mio nonno ha combattuto vicino a Kherson!

E il mio ha respinto l’assalto a Kiev!

 Mio nonno è morto a Mariupol.

I soldati di oggi, questi futuri nonni, sanno che stanno combattendo anche perché i loro nipoti possano vivere in un Paese libero.

 Ricordiamo:

una nazione è una comunità di vivi, di morti e di coloro che devono ancora nascere.

Oggi l’Europa è testimone di crimini commessi in nome di un’ideologia antinazionale.

Questo è ciò che motiva Putin:

il desiderio di eliminare ogni differenza, distruggere tutte le identità nazionali e fonderle nel grande impero russo. Nel “Russkij Mir”.

La propaganda russa ha ripetutamente lanciato la falsa accusa di fascismo ucraino.

 Questo è esattamente ciò che disse Stalin:

 «Chiamate i vostri avversari fascisti o antisemiti. Basta ripetere questi epiteti abbastanza spesso».

Va detto chiaramente: un fascista è qualcuno che vuole distruggere altre nazioni, qualcuno che viola i diritti umani e calpesta la dignità umana.

 I fascisti oggi sono Vladimir Putin e tutti i complici dell’aggressione russa.

Come europei, abbiamo il dovere di opporci al fascismo russo.

 È questo il senso dell’identità europea.

Ora…

2.2) Quali lezioni possiamo imparare dalla guerra in Ucraina?

Gli ucraini oggi ci ricordano cosa “dovrebbe essere” l’Europa.

Ogni europeo ha il diritto alla libertà personale e alla sicurezza.

Ogni nazione ha il diritto di prendere decisioni fondamentali sul futuro del proprio territorio.

La democrazia può essere attuata a livello comunale, regionale o nazionale, ovunque vi siano legami basati su un’identità comune. Pertanto, una votazione in cui 140 milioni di russi voterebbero “a favore” dell’annessione dell’Ucraina alla Russia e 40 milioni di ucraini “contro” non sarebbe democratica, giusto?

Quali altre lezioni si possono trarre da oltre un anno di guerra in Ucraina?

 Una cosa è chiara per me:

 la politica di “concludere accordi” con la Russia ha fallito.

 Chi per decenni ha sostenuto la necessità di stringere un’alleanza strategica con la Russia rendendo i Paesi europei dipendenti dalla sua energia ha commesso un terribile errore.

 Coloro che hanno messo in guardia dall’imperialismo russo e hanno ripetutamente avvertito di non fidarsi della Russia avevano ragione.

Coloro che per molti anni hanno finanziato i preparativi bellici russi, disarmato l’Europa e imposto una partnership con la Russia a chi era più debole, sono corresponsabili politicamente della guerra in Ucraina e degli attuali problemi economici ed energetici di centinaia di milioni di europei.

Putin si è comportato come uno spacciatore che dà la prima dose gratis, sapendo che il tossicodipendente tornerà più tardi e accetterà qualsiasi prezzo.

Putin è astuto, ma non è brillante.

 L’Europa ha ceduto a lui così facilmente soprattutto a causa della propria debolezza.

Questa debolezza si è materializzata nel perseguimento dei propri interessi particolari a spese di altri Paesi.

Se le singole nazioni dell’Unione Europea cercano di dominare gli altri, l’Europa potrebbe cadere vittima degli stessi errori del passato.

 E tutte le decisioni per fermare l’aggressore russo possono essere nuovamente annullate.

Questo accadrà se alcuni dei Paesi più grandi decideranno che per le loro élite è più redditizio fare affari con il Cremlino, anche a costo del sangue.

Oggi è il sangue ucraino.

Domani potrebbe essere lituano, finlandese, ceco, polacco, ma anche tedesco o francese… Dobbiamo evitare che questo accada.

Morawiecki” sviluppa qui il nucleo della sua argomentazione sul conflitto in Ucraina, presentando il punto di vista di un leader dell’Europa centrale per il quale la guerra riflette e deriva dalla cecità dei principali leader europei nei confronti della Russia di Putin.

La politica denunciata precedentemente del “Wandel durch Hande”l (o commercio dolce) che si basa sullo scambio economico per provocare un cambiamento politico nei regimi autoritari, trova in questo contesto i suoi limiti.

 Anche la Polonia e i paesi dell’Europa centrale, come altre economie europee, sono dipendenti dal gas russo, ma i gasdotti del Mar Baltico che collegano la Germania direttamente alla Russia (NordStream) hanno dato l’impressione di un sacrificio degli Stati dell’Europa centrale e orientale agli interessi economici tedeschi.

Le previsioni e gli avvertimenti, in tempi non sospetti, di diversi leader politici della regione, compresi quelli del “PiS”, si sono tragicamente avverati.

 

3.) Queste lezioni dovrebbero farci porre una domanda fondamentale: quali sono i valori europei oggi e cosa li minaccia?

Adesso mi concentrerò su questa terza “questione fondamentale”.

In termini di prosperità materiale, stiamo vivendo i tempi migliori della storia dell’umanità.

 Ma questa prosperità ha ucciso il nostro spirito?

Ci interessa ancora il motivo per cui viviamo?

 Saremmo pronti a difendere le nostre case, i nostri cari, la nostra nazione, se venissero attaccati?

Questa tensione tra il regno dello spirito e il materiale non è nuova. Siamo, dopo tutto, nell’università in cui ha insegnato Hegel.

In letteratura, pochi si sono occupati di questo problema come il grande Thomas Mann, “la coscienza della Germania” all’epoca dei crimini nazisti tedeschi.

 Gli eroi di Mann desiderano un significato più elevato della vita, non solo l’accumulo di beni e il loro consumo.

 

Negli ultimi decenni, molti europei sono arrivati a credere che il consumo, cosparso di dichiarazioni sommarie sui “valori europei”, sia la fase finale della storia.

Noi siamo contrari a questo approccio.

Colpire gli altri con la frusta dei “valori europei” senza concordare sulla loro definizione o capire quali cambiamenti devono essere apportati dai singoli Paesi, è – nel senso di Thomas Mann – autodistruttivo per l’Unione Europea.

Un tempo il simbolo dell’Europa era l’antica agorà.

Un luogo in cui ogni cittadino poteva parlare in condizioni di parità.

Oggi, troppo spesso l’agorà europea è sostituita dagli uffici delle istituzioni di Bruxelles, dove le decisioni vengono prese a porte chiuse.

Come disse una volta un politico europeo in merito al meccanismo delle istituzioni europee:

 «Noi decretiamo qualcosa, se non ci sono proteste perché la maggior parte delle persone non capisce cosa è stato attuato, continuiamo passo dopo passo, fino al punto di non ritorno».

Questo è un modo per trasformare rapidamente l’Unione europea in un’”autocrazia burocratica”.

Oltre alle nuove circostanze geopolitiche, si sta decidendo anche il destino dell’Unione europea. Sarà una comunità democratica o una macchina burocratica e una struttura centralista?

La politica è sempre una questione di scelte.

Ma questa scelta deve essere fatta alle urne, non nell’intimità degli uffici dei burocrati.

Vogliamo davvero un’élite cosmopolita paneuropea con un potere immenso ma senza mandato elettorale?

In questo passaggio il discorso si sposta verso il dibattito sui «valori europei», che è valso alle cosiddette democrazie “illiberali” di Polonia e Ungheria una procedura di infrazione contro l”o Stato di diritto”, avviata dall’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea (TUE).

“Mateusz Morawiecki” denuncia questa procedura, criticando al contempo un’élite «cosmopolita» e burocratica, in un filone simile a quello di altri discorsi euroscettici.

La sua argomentazione riecheggia quella del filosofo Ryszard Legutko, europarlamentare del” PiS”, il cui libro «The Demon in Democracy. Totalitarian Temptations in Free Societies» (Encounter Books, 2016; tradotto in francese come «Le diable dans la démocratie. Tentations totalitaires au cœur des sociétés libres», Éditions de l’Artilleur, 2021) è ampiamente diffuso nelle reti conservatrici internazionali in Europa e negli Stati Uniti.

Metto in guardia tutti coloro che vogliono creare un super Stato governato da una ristretta élite.

Se ignoriamo le differenze culturali, il risultato sarà l’indebolimento dell’Europa e una serie di rivolte, forse anche una nuova Primavera delle Nazioni come quella del 1848.

 All’epoca, i tedeschi fecero uno sforzo enorme per costruire uno Stato unito e moderno.

 Dovettero aspettare vent’anni per ottenere i risultati politici, ma ne uscirono vittoriosi.

 Oggi ci troviamo di fronte a un dilemma simile.

Se i governanti europei, come gli aristocratici di Metternich dell’epoca, preferiscono il potere delle élite e l’imposizione dall’alto dei loro valori, alla fine incontreranno una resistenza.

Può non arrivare subito, ma è inevitabile.

Vale la pena di tornare alla prima domanda: quali sono i valori europei?

E soprattutto: cos’è l’Europa? La sua storia non è iniziata qualche decennio fa.

L’Europa ha più di due millenni, nasce dall’eredità degli antichi greci, dei romani e del cristianesimo.

Queste sono le nostre radici, da cui siamo cresciuti e da cui non possiamo separarci.

 

“Morawiecki” promuove una visione dell’Europa come civiltà, una base culturale comune con una storia secolare.

Ciò riecheggia la visione della storia ufficiale europea diffusa in Europa centrale, che viene criticata per aver presentato una storia che sopravvaluta l’eredità dell’Illuminismo e stigmatizza le nazioni a scapito dell’eredità dell’antichità greco-romana e del cristianesimo.

 In questo senso, si legga Platform of European Memory and Conscience, «The House of European History. Report on the Permanent Exhibition», 30 ottobre 2017.

 

Una visione simile dell’Europa come identità e patrimonio culturale si ritrova nel corpus ideologico della destra conservatrice.

Non è una novità, sono le fondamenta su cui il governo polacco cerca di costruire la propria visione di un’Europa delle nazioni, in contrapposizione a un’Europa federale.

Si possono citare le riflessioni dello storico belga” David Engels”, professore all’Instytut Zachodni di Poznan, tra cui il suo «Preambolo di una Costituzione per una Confederazione di Nazioni Europee»; nonché il libro da lui diretto: “Renovatio Europae. Plaidoyer pour un renouveau hespérialiste de l’Europe”, Éditions du Cerf, 2019.

 

Non c’è Europa senza le altissime cattedrali gotiche o senza gli edifici delle università.

L’Europa ha sempre volato sulle ali della fede e della ragione, e il modello di istruzione universitaria creato qui si è diffuso in tutto il mondo.

Questo è accaduto perché l’università europea era uno spazio di discussione e di scontro di idee opposte, l’ambiente più favorevole alla ricerca della verità.

Anche in questo caso troviamo una retorica comune alla destra e all’estrema destra, basata sulla denuncia della «politicamente corretto» e, più recentemente, del «wokismo» come minacce alla libertà di espressione, messe sullo stesso piano degli autodafé nazisti.

A parte la grossolana esagerazione, va notato che, ironia della sorte, sono proprio i governi polacco e ungherese ad aver attuato politiche che hanno portato a una riduzione delle possibilità di espressione per i gruppi minoritari (in particolare LGBT) e ad aver condotto campagne contro «l’ideologia di genere», in particolare nell’istruzione superiore.

 Possiamo citare su questi argomenti” David Paternotte” e Mieke Verloo”,  «De-democratization and the Politics of Knowledge: Unpacking the Cultural Marxism Narrative», Social Politics: International Studies in Gender, State & Society, vol. 29, no 3, 2021.

 

Inoltre, le argomentazioni qui utilizzate hanno alcune convergenze con quelle di Vladimir Putin, che è stato eretto a eroe “anti woke” e celebrato da una parte della destra trumpiana americana.

 Il passaggio di “Morawiecki” a favore dei valori europei «democratici» e «liberali» trova qui i suoi limiti pratici, poiché l’ideologia nazional-conservatrice del suo schieramento politico è l’antitesi dei valori europei, come definiti nell’articolo 2 del TUE:

«L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini».

In Europa non dovrebbe esserci posto per la censura o l’indottrinamento ideologico.

 Ci siamo già passati in passato, quando le autorità comuniste ci dicevano cosa pensare.

Lo hanno sperimentato anche i tedeschi ai tempi di Hitler, quando i libri degli autori liberi di pensare venivano bruciati.

L’Europa dovrebbe essere una cattedrale del bene e un’università della verità.

 

Anche in questo caso, vale la pena sottolineare che i vari divieti, le decisioni arbitrarie su ciò che può o non può essere presentato tra le mura delle università e il politicamente corretto minano la missione eterna dell’accademia: la ricerca della verità.

Così come proteggiamo il nostro patrimonio materiale, dovremmo proteggere anche il nostro patrimonio spirituale, che consiste in decine di tradizioni culturali e linguistiche diverse.

 La forza dell’Europa nel corso dei secoli è stata la sua diversità. Condividiamo valori comuni, ma ogni nazione ha la propria identità.

Gleichschalten, uravnilovka, è una strada che non porta da nessuna parte.

Germania e Francia sono due attori centrali in Europa.

 Nei 75 anni tra il 1870 e il 1945 hanno combattuto tre guerre e solo dopo l’ultima hanno raggiunto la riconciliazione, che oggi si concretizza nella relazione politica speciale tra Berlino e Parigi.

La particolare sensibilità reciproca alle ragioni e alle sensibilità delle due capitali è nata da un passato tragico.

Per il bene dell’equilibrio europeo, ma anche a causa di un passato molto più tragico, è necessario lo stesso modello di sensibilità reciproca alle motivazioni e agli interessi di Varsavia.

 Oggi a Varsavia non ci sembra di notare questa sensibilità negli altri.

Le fondamenta di questa riconciliazione sono state gettate da due grandi europei: Charles de Gaulle e Konrad Adenauer.

 Entrambi volevano costruire una pace duratura in Europa.

I due leader capirono che il rispetto reciproco e la consapevolezza delle radici dell’altro sono i prerequisiti per la cooperazione.

 Il Cancelliere Adenauer disse: «Se ora ci allontaniamo dalle fonti della nostra civiltà europea, nata dal cristianesimo, è impossibile per noi non fallire nel tentativo di ricostruire l’unità della vita europea. Si tratta dell’unico mezzo efficace per mantenere la pace».

Il generale de Gaulle era anche profondamente consapevole sia del grande patrimonio culturale europeo sia degli orrori della “guerra interna”.

 Lo cito: «Dante, Goethe, Chateaubriand appartengono tutti all’Europa nella misura in cui erano rispettivamente ed eminentemente italiani, tedeschi e francesi. Non sarebbero stati molto utili all’Europa se fossero stati apolidi e se avessero pensato, scritto in una specie di esperanto o di Volapük».

La nostra identità di base è l’identità nazionale.

Sono un europeo perché sono un polacco, un francese, un tedesco, non perché rinnego il mio essere polacco o tedesco.

Il tentativo odierno in Europa di eliminare questa diversità, di creare un uomo nuovo, sradicato dalla sua identità nazionale, significa tagliare le radici e segare il ramo su cui siamo seduti.

Attenzione possiamo cadere facilmente, e le culture forti e le dittature di altri angoli del pianeta non aspettano altro.

 Sarebbero sicuramente felici di vedere l’Europa cadere nell’insignificanza.

Vorremmo che tutti gli europei dimenticassero le loro lingue e parlassero solo in Volapük?

Io no.

 

Alcuni cercano di negare il contributo dell’Europa allo sviluppo del mondo perché vedono solo i lati oscuri della storia.

In effetti, i Paesi responsabili dello sfruttamento e del colonialismo, dell’imperialismo e di crimini terribili – come il nazismo tedesco e il comunismo russo, come i crimini nelle colonie – dovrebbero fare ammenda per il proprio passato.

Questo fa parte del nostro “DNA europeo”: la ricerca della verità e della giustizia.

Ma l’Europa storica non è solo una fonte di vergogna per noi.

Tutto lo straordinario sviluppo scientifico e la prosperità di oggi sono, si potrebbe dire, figli dell’Europa.

La via da seguire per l’Europa non è nemmeno la “McDonaldizzazione politica”.

Occorre attingere alla propria diversità, perché il tentativo di unificare artificialmente l’Europa in nome dell’abolizione delle differenze nazionali e politiche porterà al caos e al conflitto tra europei.

È la cooperazione, unita alla concorrenza, il modo migliore per l’Europa di avere successo nel mondo globale.

 Milioni di persone da tutto il mondo visitano ogni anno Parigi, Roma, Colonia, Madrid, Cracovia, Londra o Praga.

La ricchezza di queste belle città e la forza di attrazione che esercitano derivano dal fatto che ognuna di esse ha una propria identità unica.

Non vogliamo un’Europa che dia ultimatum del tipo «o cambiate volontariamente la vostra identità nazionale, o per farlo applicheremo ogni tipo di pressione politica ed economica su di voi».

Negli ultimi mesi la Polonia ha accolto milioni di rifugiati.

 Gli ucraini hanno trovato rifugio nelle nostre case.

La nostra concezione dei valori europei comprende certamente il sostegno al vicino in difficoltà.

Tuttavia, abbiamo ricevuto un aiuto minimo, e assistiamo a trattamenti diversi tra Paesi che si trovano nella stessa situazione.

Questa è la definizione stessa di discriminazione.

Mentre la Polonia è in prima linea nel fornire armi all’Ucraina e nell’accogliere i rifugiati ucraini, il che ha contribuito ad appianare le sue divergenze con la Commissione europea, l’Ungheria di Viktor Orban ha difficoltà a prendere le distanze da Putin.

 L’enfasi di “Mateusz Morawiecki” sull’accoglienza dei rifugiati ucraini in Polonia non deve far dimenticare che, pochi mesi prima dello scoppio della guerra in Ucraina, il governo polacco si era contraddistinto per la sua intransigenza poco ospitale (e poco cristiana, si sarebbe tentati di aggiungere) quando i rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa centrale si ammassavano al confine tra Polonia e Bielorussia.

Vietando l’accesso ai media e alle ONG nella zona di confine – le stesse che ora svolgono un ruolo centrale nell’accoglienza dei rifugiati ucraini – e grazie al metodo del «push back», il governo polacco ha in quell’occasione violato, ancora una volta, i trattati europei.

 Alla luce di questa politica doppio pesista sui rifugiati, che distingue tra europei e non europei, cristiani e musulmani, il seguente passaggio sulla «discriminazione» di cui la Polonia sarebbe vittima è indecente.

La Polonia subisce questa discriminazione anche a causa della totale mancanza di comprensione delle riforme che un Paese emergente dal post-comunismo doveva fare e del coinvolgimento delle istituzioni europee nelle controversie interne di uno Stato membro con la pretesa di “difendere lo Stato di diritto”.

Voglio essere assolutamente chiaro: in Polonia abbiamo la stessa concezione del termine “Stato di diritto” che c’è in Germania.

 E ci sono poche cose di cui sono sicuro come del fatto che il mio schieramento politico difende il vero Stato di diritto in misura molto maggiore rispetto ai primi 25 anni dopo il 1989.

Noi lottiamo contro l’oligarchia, contro il dominio delle corporazioni professionali chiuse, contro la povertà e contro la corruzione.

 Ci difendiamo da queste patologie.

Ma poiché questo non è l’argomento principale del mio discorso, permettetemi di fermarmi qui.

Morawiecki “giustifica qui le famigerate riforme del sistema giudiziario e della magistratura che sono valse alla Polonia una procedura di infrazione europea.

Possiamo ricordare brevemente le principali misure adottate dal governo polacco dal 2015, che sono tutt’altro che aneddotiche in quanto minano la separazione dei poteri:

 la nomina di lealisti del “PiS” alla “Corte costituzionale”; la nomina di membri del “Consiglio giudiziario nazionale” (competente per la nomina dei giudici) posta sotto il controllo del Parlamento; il pensionamento forzato dei giudici della Corte suprema; il licenziamento di oltre 150 presidenti e vicepresidenti di tribunale da parte del ministro della Giustizia; l’istituzione di una nuova camera disciplinare per i giudici della Corte suprema, i cui membri sono selezionati dal Consiglio nazionale della magistratura; l’avvio di procedimenti disciplinari contro i giudici che applicano alcune disposizioni del diritto europeo o che sottopongono questioni preliminari alla “Corte di giustizia dell’Unione europea “(CGUE).

 

La CGUE ha ripetutamente condannato queste riforme, che continuano a essere utilizzate per trasferire o licenziare i giudici.

Si veda Johannes Vöhler, «Les “affaires polonaises” et la jurisprudence de la Cour de justice de l’Union européenne en matière d’État de droit», Europe des droits & libertés, mars 2022/1, n° 5.

Inoltre, recenti sentenze della” Corte costituzionale” hanno stabilito che la “Convenzione europea dei diritti dell’uomo” e il “Trattato sull’Unione europea “sono solo parzialmente compatibili con la Costituzione polacca.

Questa sfida al principio del primato del diritto dell’Unione mina la struttura giuridica su cui si fonda l’integrazione europea.

In un senso più profondo, la disputa oggi è tra la sovranità degli Stati e la sovranità delle istituzioni.

Tra il potere democratico del popolo l’imposizione dall’alto del potere da parte di una ristretta élite.

Nei duemila anni di esistenza dell’Europa, nessuno è mai riuscito a subordinare politicamente l’intero continente.

Non funzionerà nemmeno oggi.

 La visione di un’Europa centralizzata finirà esattamente nello stesso punto in cui è finito il concetto di fine della storia annunciato trent’anni fa.

 Prima ci allontaniamo da questa visione e accettiamo la democrazia come fonte di potere legittimo in Europa, migliore sarà il nostro futuro.

In ogni modo, questa non è la fine della storia. La storia sta accelerando e sta ponendo di fronte a noi sfide di proporzioni gigantesche.

La contrapposizione tra la sovranità degli Stati e quella delle istituzioni europee, tra il voto democratico del popolo e l’élite cosmopolita, riflette una concezione minimalista della democrazia, come quella difesa da Viktor Orban.

 Una democrazia puramente formale in cui conta solo la volontà della maggioranza espressa attraverso le elezioni, senza pesi e contrappesi, senza gerarchie di norme e senza libertà fondamentali che possano essere opposte alla volontà dei governanti che, in questa concezione della democrazia, non hanno nulla che impedisca loro di trasformarsi in tiranni.

Purtroppo, gran parte dell’attuale élite dell’Unione europea opera in una realtà alternativa:

 se insiste ostinatamente sulla visione di un super Stato centralizzato, dovrà affrontare la resistenza di più nazioni europee.

Più si ostina, più feroce sarà la ribellione.

Non voglio polarizzazione, divisione e caos.

Voglio un’Europa forte e competitiva.

4.) Quindi, permettetemi di concentrarmi sull’ultimo grande tema: come può l’Europa conquistare la prima posizione nella corsa alla leadership globale?

Innanzitutto, le politiche dell’Unione devono cambiare.

Non verso una maggiore centralizzazione e il trasferimento del potere a poche istituzioni chiave e ai Paesi più forti, ma verso il rafforzamento dell’equilibrio di potere tra i popoli dell’Europa settentrionale, occidentale, centrale, orientale e meridionale.

E verso l’integrazione dell’Unione europea con i Balcani occidentali, l’Ucraina e la Moldavia, in linea con i confini geografici dell’Europa.

La domanda da porsi è: quanto seriamente prendiamo la questione della costruzione di un’Unione europea forte e influente?

Oggi, l’europeismo si esprime nella nostra mentalità di allargamento, non nel concentrarci su noi stessi e sulla centralizzazione dell’Unione europea.

Stranamente, i Paesi che amano presentarsi come europeisti e proporre la turbo-integrazione sono allo stesso tempo i più scettici nei confronti della politica di allargamento e giocano a poker politico.

Non dovremmo parlare dei valori che uniscono l’Unione dividendo l’Europa in coloro che meritano di farne parte e coloro ai quali l’accesso è negato.

Un mercato comune più ampio e la diversità delle sue risorse economiche ci renderebbero un forte attore globale. 

Spesso sento dire che l’Unione europea ha bisogno di compiere delle riforme per allargarsi.

Molto spesso si tratta di una proposta che nasconde la federalizzazione.

Di fatto si propone di centralizzare il potere decisionale.

Questo perché lo slogan della “federalizzazione” non è altro che una concentrazione del processo decisionale imposta dall’alto.

Secondo gli autori di questa centralizzazione chiamata “federalizzazione”, il processo decisionale deve essere modificato passando dall’unanimità alla maggioranza qualificata in una serie di nuovi settori.

 L’argomento a favore di questa soluzione è che sarà difficile ottenere l’unanimità tra più di 30 Paesi.

È vero che è più difficile ottenere un parere unificato all’interno di un gruppo più ampio di Stati.

 Tuttavia, la questione è se questo deve portarci a pensare che le decisioni debbano essere spinte dalla maggioranza, contro gli interessi della minoranza in altri settori.

 

“Mateusz Morawiecki “sostiene un riequilibrio geopolitico dell’Unione a favore degli Stati dell’Europa centrale e orientale, giustificato dalla guerra in Ucraina e dalla prospettiva (ancora molto ipotetica) di un’adesione di Kiev all’Unione.

Questa posizione si accompagna a una messa in discussione dei progetti di federalizzazione («centralizzazione»), come quelli avanzati da Scholz e Macron, con l’idea di abbandonare il voto all’unanimità in alcuni settori – a favore di una concezione opposta, quella di un’Unione più intergovernativa, ancora una volta in nome della sovranità degli Stati nazionali, presumibilmente democratica.

Io ho una proposta diversa: non dobbiamo intrometterci in questioni in cui l’interesse nazionale rimane diviso.

 Facciamo un passo indietro per farne due avanti.

 Concentriamoci sui settori in cui il Trattato di Roma ha attribuito competenze all’Unione e lasciamo che il resto sia guidato dal principio di sussidiarietà.

Da diversi decenni osserviamo il processo di “spill over” delle competenze dell’Unione europea in nuovi settori, valutato criticamente in molti Stati membri. 

Tuttavia, di recente ha subito un’accelerazione.

La questione di quanto gli Stati rimangano «i padroni del Trattato», come ha detto la Corte costituzionale di Karlsruhe, è oggi ancora più rilevante.

Pertanto, se l’Unione vuole apportare modifiche al suo processo decisionale che abbiano legittimità democratica e permettano la fiducia reciproca, gli Stati membri devono riacquistare la piena autorità sui Trattati.

Non possono cedere il potere decisionale ai «quartieri generali di Bruxelles» e alle «coalizioni di potere».

In altre parole, bisogna rivedere le aree sotto l’autorità di Bruxelles e, guidati dal principio di sussidiarietà, e ripristinare un maggiore equilibrio.

Più democrazia, più consenso, più equilibrio tra Stati e istituzioni europee.

Bisogna ridurre il numero di aree di competenza dell’Unione, che diventerà, anche con 35 Paesi, più facile da navigare e più democratica.

Imporre una maggiore centralizzazione significa ripetere gli stessi errori. È un fallimento non ascoltare le voci di quei Paesi che avevano ragione su Putin, dare potere a persone come Gerhard Schroeder, che ha reso l’Europa dipendente dalla Russia e ha messo l’intero continente a rischio esistenziale.

“Morawiecki” si riferisce al ruolo svolto dall’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder che, dopo la sua carriera politica, ha assunto la direzione del consorzio incaricato della costruzione del gasdotto Nord Stream ed è entrato nel consiglio di amministrazione della società russa Gazprom.

Un esempio: solo pochi mesi fa, nel giugno 2021, si è pensato di celebrare la riunione del Consiglio europeo con Vladimir Putin.

Come se per allora non ci fossero state azioni aggressive da parte della Russia.

 Dove saremmo senza l’opposizione di Polonia, Finlandia e Stati baltici? Se il principio di unanimità non fosse più in vigore?

La politica estera polacca – in questo contesto – è decisa in elezioni democratiche dai cittadini polacchi, persone per le quali un vicino aggressivo è un problema reale.

Non si tratta di persone che vivono a migliaia di chilometri di distanza e che vedono la Russia solo attraverso il prisma delle opere di Puskin, Tolstoj o Tchaikovsky.

Oggi non basta parlare di ricostruzione dell’Europa.

Dobbiamo parlare di una nuova visione dell’Europa.

Affinché la pace e la sicurezza diventino basi durature dello sviluppo per i decenni a venire.

Se gli ultimi mesi possono essere considerati un successo in qualche modo, lo si deve certamente alla cooperazione nel campo della sicurezza.

La cooperazione transatlantica e la NATO in particolare hanno dimostrato di essere l’alleanza di difesa più efficiente di sempre.

Senza il coinvolgimento degli Stati Uniti e – forse – della Polonia, oggi l’Ucraina sarebbe scomparsa.

 

La NATO, presto rafforzata dalla futura adesione di Finlandia e Svezia, è fondamentale per la sicurezza dell’Europa, deve quindi essere rafforzata e sviluppata.

Allo stesso tempo, dobbiamo costruire le nostre capacità di difesa, come la Polonia sta facendo.

Stiamo costruendo un esercito moderno non solo per difenderci, ma anche per aiutare i nostri alleati, spendendo fino al 4% del PIL per la difesa, una capacità che abbiamo raggiunto grazie al miglioramento delle nostre finanze pubbliche dopo i buchi lasciati dai nostri predecessori.

 Proponiamo che la spesa per la difesa non rientri nel criterio del Trattato di Maastricht del limite del 3% nel rapporto tra deficit e Pil.

L’Europa si è disarmata, fissando l’aggressione russa come un coniglio di fronte alla luce dei fari.

 Oggi mancano le munizioni e le armi di base per rispondere alla sfida di Mosca, per non parlare di minacce per la nostra sicurezza in altre aree geografiche.

 Il mio desiderio per i Paesi europei è di essere così forti militarmente da non aver bisogno di aiuti esterni in caso di attacco, ma di poter fornire supporto militare ad altri.

Oggi non è così.

Senza il coinvolgimento americano, l’Ucraina non esisterebbe più.

E il Cremlino sarebbe passato alla sua prossima vittima. Durante la “distensione” degli anni Settanta sono stati commessi molti errori, fino all’invasione sovietica dell’Afghanistan. In quell’occasione l’occidente rispose adeguatamente, mentre negli ultimi vent’anni la politica aggressiva russa non ha destato tanta preoccupazione.

La sveglia è arrivata tardi, il 24 febbraio 2022.

 

Ora, 4.1) Cos’altro si può fare per rinforzare la posizione dell’Europa?

Tutti ricordiamo lo slogan della campagna elettorale di Clinton: «It’s the economy, stupid!» [è l’economia, stupido!].

 A quei tempi quasi tutti credevano che il denaro fosse un farmaco curativo, e che avrebbe fatto crescere la classe media e democratizzato la vita pubblica anche in Paesi come la Russia e la Cina.

Le cose sono andate diversamente.

Oggi sappiamo che l’economia deve andare di pari passo con i desideri sociali e le esigenze di sicurezza.

Molti dei problemi dell’Europa moderna derivano dalla frustrazione dei giovani, le cui prospettive sono spesso peggiori di quelle dei loro genitori.

 La classe media si sta erodendo ovunque in Europa. 

Un mondo in cui l’1% più ricco accumula più ricchezza del restante 99% è scandaloso.

Oggi sta accadendo questo.

I paradisi fiscali, che potrebbero essere più giustamente chiamati inferni fiscali, derubano la classe media e i bilanci statali di Germania, Francia, Spagna e Polonia.

La forza dell’Europa deriva in primo luogo dalle sue fondamenta più solide, ovvero la sua robusta classe media.

 La convinzione che la prosperità e la crescita possano essere condivise non solo da un gruppo di ricchi, ma dall’intera società, è stata la forza trainante dello sviluppo dell’Occidente a partire dagli anni Cinquanta.

Purtroppo, questa convinzione sta scomparendo e la disuguaglianza sta aumentando.

 Ciò è molto pericoloso perché, da un lato, rafforza i movimenti radicali che chiedono la distruzione dell’attuale struttura economica e politica; dall’altro, scoraggia il lavoro e lo sviluppo.

Dobbiamo invertire questo processo.

 Perché rischiamo di perdere la gara contro i nostri concorrenti, che sono civiltà dure, resistenti e intransigenti, dove le relazioni sociali ed economiche funzionano in modo diverso.

Il nostro compito di leader politici è quello di garantire condizioni in cui tutti possano guadagnarsi da vivere onestamente.

 Il mercato del lavoro europeo deve offrire salari dignitosi, facilitare l’ingresso dei giovani nelle professioni e dare loro un senso di stabilità.

Dobbiamo anche creare le migliori condizioni possibili per avere una famiglia.

 Allora l’Europa avrà un futuro luminoso.

Le famiglie ben funzionanti sono il fondamento di una vita sana, felice e stabile.

Dobbiamo anche evitare che l’Europa diventi dipendente da altri.

La cooperazione con la Cina è una grande sfida.

 È un Paese enorme, con grandi ambizioni.

 Come Europa, dobbiamo essere almeno un partner alla pari per la Cina, perché esserne dipendenti è una strada che non porta da nessuna parte.

Si tratta di un obiettivo verso il quale l’Europa deve urgentemente tendere, ed è l’altra grande sfida per i prossimi anni oltre alla vittoria dell’Ucraina.

Non ci sono errori che non possano essere corretti. Almeno in parte. Quando sento che il nostro governo ha avuto ragione su Russia e Ucraina, mi sento soddisfatto.

Ma scambierei volentieri il senso di soddisfazione con la volontà europea di combattere, con una volontà politica ancora più forte: quella di continuare a sostenere l’Ucraina.

E con la volontà di confiscare 400 miliardi di euro di beni russi.

Non basta congelarli: la Russia deve rispondere dei suoi crimini e della distruzione materiale che ha causato, i brutali aggressori devono sapere che prima o poi il loro Paese pagherà per i danni causati dalla violenza.

Oggi mi rivolgo nuovamente a tutti i leader europei:

è tempo di confiscare in modo totale e permanente i beni russi.

Per ricostruire l’Ucraina e ridurre i costi energetici per i cittadini europei.

L’Europa è molto più forte della Russia, ma dobbiamo avere la volontà di usare il nostro potenziale.

Se lasciamo che la Russia vinca questa guerra, rischiamo di non perdere solo l’Ucraina, ma di emarginare l’intero continente.

 La conclusione è semplice. Nel mondo contano solo i Paesi forti, efficienti e sicuri di sé. Putin ha attaccato l’Ucraina perché riteneva che gli europei fossero allo stremo, deboli e inattivi. Un anno dopo, possiamo affermare che si sbagliava. Almeno in parte.

L’Europa non è ancora morta. Non lo sarà finché saremo in vita. Ma non è ancora vittoriosa.

Qui c’è una citazione diretta dell’inno nazionale polacco: «Jeszcze Polska nie zginęła, kiedy my żyjemy» («La Polonia non è ancora morta finché noi viviamo»).

Signore e signori,

all’inizio ho ricordato che molti polacchi si sono laureati all’Università di Heidelberg: medici, avvocati, filosofi.

 Uno di loro era il nostro grande poeta, “Adam Asnyk”.

 Nella primavera del 1871 – proprio quando era in corso l’unificazione della Germania – anche Asnyk sognava di far rinascere una Polonia indipendente.

Capì che i grandi obiettivi potevano essere raggiunti solo attraverso un lavoro paziente e sistematico, attraverso lo sforzo collettivo di tutta la comunità.

Scriveva “Asnyk”:

«Abbiate sempre disprezzo per la vanagloria trionfante,

non applaudite l’oppressore violento.

Ma non venerate le vostre numerose sconfitte,

né siate orgogliosi di essere sempre inferiori».

 

L’Europa deve dimostrare la sua forza e il suo valore.

Questo è il nostro momento di «essere o non essere».

Ma, a differenza dell’Amleto di Shakespeare, non possiamo esitare.

Nel 1844, quando la Germania era ancora come le rovine del castello di Heidelberg – imponente ma incompleto – il poeta tedesco” Ferdinand Freiligrath” ammoniva: «Deutschland ist Hamlet!».

I tedeschi esitano troppo invece di stare chiaramente dalla parte del bene.

Giovanni Paolo II è stato uno dei principali sostenitori dell’unificazione europea.

Ha svolto un ruolo chiave nella liberazione delle nazioni europee insieme al suo grande successore tedesco, Benedetto XVI.

Questo duo polacco-tedesco, unico nel suo genere, è stato una voce importante per il futuro dell’Europa, per la sua direzione, la sua cultura e la sua civiltà.

Per concludere, permettetemi di riassumere i quattro temi principali al centro del mio discorso.

1.) In primo luogo, non possiamo costruire il nostro futuro senza imparare dal nostro passato.

La storia dimostra che una politica che non rispetta la sovranità e la volontà del popolo prima o poi si dissolve in utopia o dittatura.

L’Europa ha un futuro luminoso se rispetta la diversità delle sue nazioni.

 

2.) In secondo luogo, il futuro dell’Europa è forgiato dalla lotta dell’Ucraina per la libertà a nostro nome.

 È nostro dovere sostenere l’Ucraina. Lo spirito combattivo degli ucraini deve essere fonte di ispirazione e guida per le nostre azioni.

3.) In terzo luogo, una comunità democratica di nazioni, basata su un’antica eredità greca, romana e cristiana, che promuove la pace, la libertà e la solidarietà, è il fondamento dei valori europei.

 Questi valori hanno costituito la base dell’integrazione europea e possono continuare a essere la forza trainante del continente.

Ciò che minaccia di indebolire queste forze è la centralizzazione.

Il dominio del più forte e l’affidamento arbitrario del futuro dell’Europa a una burocrazia senza cuore, che sta cercando di «resettare i valori». Questo «reset», cioè la centralizzazione burocratica che si cela dietro alla maschera della “federalizzazione”, è il seme di grandi conflitti e ribellioni sociali future.

4.)  In quarto luogo, se l’Europa vuole vincere la corsa alla leadership globale, deve trasformarsi.

Deve essere pronta ad accogliere nuovi Paesi ma anche, di fronte a una comunità più ampia, a limitare alcune delle sue competenze.

Di fronte alle minacce esterne, deve rafforzare le proprie capacità difensive.

Di fronte alle sfide economiche e sociali, deve costruire una prosperità di tipo egualitario e ordoliberale e combattere gli inferni fiscali travestiti da paradisi fiscali. L’Europa deve mantenere alleanze sagge, ma deve anche promuovere l’indipendenza e non diventare vittima di ricatti energetici o economici.

Un tempo l’Europa era il centro del mondo, rispettata in ogni continente.

 Ci interessa ancora che l’Europa e la nostra civiltà sopravvivano?

E non solo se sopravviveranno, ma in quale forma?

Abbiamo la volontà di essere leader, o forse ci siamo già rassegnati a passare in secondo piano?

Abbiamo il coraggio di far tornare grande l’Europa, di renderla vittoriosa?

Io credo di sì.

L’Europa ha un grande potenziale. Esso deriva dalla sua storia e dal suo patrimonio, ma continua oggi nelle sue innumerevoli qualità e vantaggi.

Ciò di cui l’Europa ha bisogno, tuttavia, sono la determinazione e il coraggio.

E sono profondamente convinto che se lavoreremo duramente – a nome delle nostre rispettive patrie e del continente nel suo complesso – l’Europa prevarrà.

In conclusione, questo è il discorso di un capo di governo polacco la cui posizione nel gioco politico europeo sembra essere stata temporaneamente rafforzata dalla nuova situazione aperta dalla guerra in Ucraina.

Lo scoppio della guerra ha convalidato il punto di vista tradizionalmente diffidente del “PiS” nei confronti della Russia.

La richiesta di un riequilibrio dei rapporti di forza tra gli Stati europei a favore dell’Europa centrale, e in particolare della Polonia, dissimula maldestramente il timore di un «accordo» tra i leader europei (guidati da Macron) e Putin, che ricorderebbe ai polacchi il «tradimento di Yalta».

Il timore di vedere i Paesi dell’Europa centrale e orientale relegati ai margini e sacrificati a vantaggio delle potenze occidentali e russe dovrebbe farci interrogare sulla natura della costruzione europea e sul modo in cui essa integra questa periferia centro-orientale, che vi ha aderito quasi vent’anni fa.

Per liberarci da una visione geopolitica ereditata dalla Guerra Fredda, dovremmo prendere sul serio le aspirazioni sovrane delle nazioni poste tra la Germania e la Russia.

Questo è l’aspetto più rilevante, ma anche il più inquietante, del discorso di Morawiecki.

Ciò non significa, tuttavia, che si debba aderire all’ideologia nazionalista, conservatrice, familista e nativista dell’autore, evidente in questo testo.

Non è certo che il governo polacco sia in grado di unire un’ampia coalizione di Stati europei attorno a un simile programma politico.

 Resta il fatto che l’attuale governo polacco si oppone fermamente a qualsiasi progresso verso un’Europa più federale e potrebbe raccogliere l’opposizione a tale processo.

La posizione riflette ancora una volta la paura di essere relegati in un’Europa a più velocità.

L’Europa sarà vittoriosa!

Vi ringrazio per il vostro ascolto.

Commenti

Post popolari in questo blog

Quale futuro per il mondo?

Co2 per produrre alimenti.

Caos e dazi.