La globalista agenda verde 2030.

 

La globalista agenda verde 2030.

 

 

La Cina ha la totale capacità

di contrastare l'idiota "agenda verde"

che i pazzi occidentali anti-cinesi stanno spingendo.

Unz.com - ANDREW ANGLIN – (3 AGOSTO 2023) – ci dice:

 

Penso che tutti dobbiamo prenderci un momento e riflettere sul fatto che c'è una sovrapposizione del 100% tra fanatici anti-Cina e credenti nella bufala del riscaldamento globale che vogliono usare sostanze chimiche velenose mortali per costruire inutili macchine catastrofiche (e uccelli genocidi e balene).

La cosa più esilarante di tutto questo conflitto con la Cina è che gli stupidi” fat americani” credevano che la Cina sarebbe stata il loro più grande alleato fino al 2013.

Poi si è scoperto che “Xi” non era un individuo democratico, ma piuttosto stava restituendo la Cina alla sua forma tradizionale di governo, che è una monarchia imperiale che supervisiona un impero mercantile.

Nell'ultimo decennio, tutti questi froci sono stati come "oh ragazzo, cosa facciamo ora?"

In realtà, la Cina farebbe qualsiasi cosa tu li pagassi per fare, in termini di produzione di qualsiasi stupida "tecnologia verde" distruttiva per l'ambiente.

La Cina farà qualsiasi cosa se li paghi.

Ma questo non è abbastanza buono per l'Occidente, che insiste sul fatto che adotti il suo stupido sistema satanico di "democrazia", o paghi il prezzo più alto.

“Ernest Scheyder” ed “Eric Onstad” – entrambi probabilmente ebrei – scrivono per la “Reuters”:

Raffinare le terre rare per la transizione energetica verde è difficile.

Basta chiedere a “MP Materials” e “Lynas”.

Le due più grandi aziende di terre rare del mondo al di fuori della Cina stanno affrontando sfide trasformando la roccia dalle loro miniere negli elementi costitutivi dei magneti utilizzati in tutta l'economia globale, dall'iPhone di Apple al Model 3 di Tesla al jet da combattimento F-35 di Lockheed Martin.

La spinta dell'Occidente a sviluppare forniture indipendenti di minerali critici ha assunto maggiore urgenza dopo che Pechino ha imposto controlli sulle esportazioni il mese scorso sui metalli strategici gallio e germanio, sollevando timori globali che la Cina possa bloccare le esportazioni di terre rare o tecnologia di lavorazione in futuro.

Le recenti lotte di “MP”, “Lynas” e altre aziende per perfezionare le proprie terre rare evidenziano il difficile compito che il resto del mondo deve affrontare per rompere la morsa della Cina sul gruppo chiave di 17 metalli necessari per la transizione verso l'energia pulita, hanno mostrato interviste con più di una dozzina di consulenti, dirigenti, investitori e analisti del settore.

Le complessità tecniche, le tensioni di partnership e le preoccupazioni sull'inquinamento stanno ostacolando la capacità delle aziende di strappare quote di mercato alla Cina, che secondo l'”Agenzia internazionale dell'energia” controlla l'87% della capacità globale di raffinazione delle terre rare.

Se per i progetti si continua a lottare, diverse economie potrebbero non riuscire a raggiungere il loro obiettivo di ridurre le “emissioni di carbonio a zero netto 2050” per ridurre al minimo l'impatto dei cambiamenti climatici, senza il coinvolgimento di Pechino.

I piani per l'australiana” Lynas” di costruire una raffineria di terre rare negli Stati Uniti con un partner con sede in Texas sono crollati, secondo due fonti vicine alla questione.

“ Lynas” ha detto che sta cercando di completare una raffineria di terre rare nell'Australia occidentale che ha affrontato ostacoli e sta costruendo il proprio impianto altrove in Texas.

L'obiettivo di “MP” di raffinare i propri metalli delle terre rare nel 2020 è stato ostacolato dalla pandemia di COVID-19 e dalle sfide tecniche, spostando il suo obiettivo alla fine del 2023.

 Gli aggiornamenti potrebbero arrivare giovedì, quando la società dovrebbe riportare i suoi risultati trimestrali.

Alla fine dello scorso anno, il deputato statunitense ha dichiarato che stava commissionando attrezzature di raffinazione vicino alla sua miniera in California come parte di un intricato processo di calibrazione che finora non ha avuto successo, lasciando la società dipendente dalla Cina per la raffinazione e quindi quasi tutte le sue entrate.

“MP” sta anche costruendo un impianto di magneti in Texas per rifornire” General Motors” che richiederà che le apparecchiature di raffinazione della California siano operative.

"Quello che è successo in Cina per molti anni è che hanno investito molto e abilmente nella capacità di lavorazione per convertire il materiale (terre rare) dalla miniera fino al magnete", ha detto “Allan Walton”, professore di metallurgia presso l'Università di Birmingham.

Non so se fosse "intelligente" o meno – erano solo normali pratiche commerciali. L'Occidente ha detto ai cinesi che li avrebbero pagati per costruire tutta questa pericolosa e distruttiva tecnologia "verde", quindi hanno detto "ok, bene, andremo avanti e prenderemo le forniture e inizieremo a fare questo prodotto che vuoi acquistare".

Presumo che molte delle "terre rare" siano anche preziose per la produzione della normale tecnologia di consumo, ma la maggior parte della roba super velenosa proveniente dall'Africa viene letteralmente utilizzata solo per produrre questi inutili e genocidi mulini a vento, lampadine velenose che emettono radiazioni che fanno strana (e ancora non compresa) merda al cervello, schifezze per stupide e inutili auto elettriche, e altre pericolose schifezze "verdi".

L'esperienza della raffinazione della Cina ha permesso al paese di progettare i prezzi delle terre rare in diverse fasi delle catene di lavorazione a suo vantaggio, compresi i prezzi bassi per i prodotti finiti, per inibire la concorrenza straniera, hanno detto gli analisti.

La raffinazione delle terre rare "non viene realmente affrontata nemmeno da coloro che stanno sviluppando la capacità dei magneti", ha detto “Ryan Castilloux”, consulente minerario di “Adamas Intelligence”.

Concentrandosi strategicamente sulle industrie che utilizzano i magneti – costruiti con terre rare raffinate in Cina con margini di profitto volutamente mantenuti bassi – Pechino può aumentare la sua fiorente industria “EV”, ha aggiunto “Castilloux2.

Il modello cinese è entrato in forte rilievo il mese scorso quando i prezzi delle terre rare sono scesi al livello più basso in quasi tre anni, in parte a causa dell'aumento dell'offerta cinese.

 La Cina offre anche uno sconto all'esportazione del 13% ai produttori di magneti che utilizzano il suo materiale, promuovendo la sua posizione dominante.

 

Pechino per anni ha permesso l'importazione di rocce leggermente lavorate conosciute come concentrato di terre rare per la raffinazione.

 La strategia aiuta a garantire prezzi che incentivino altri paesi a scavare nuove miniere ma non a costruire impianti di lavorazione che possono anche produrre rifiuti radioattivi, hanno detto gli analisti.

“MP “ha spedito circa 43.000 tonnellate di concentrato in Cina l'anno scorso per la raffinazione.

 I documenti normativi mostrano che ha anche venduto rifiuti di fluoruro in Cina, in perdita, lasciati da un precedente proprietario nel suo sito in California, che ha severe normative di stoccaggio per il materiale.

Anche Myanmar, Vietnam e altri spediscono concentrati in Cina per la raffinazione.

“Lynas” raffina il concentrato in Malesia che produce in Australia, ma le autorità di Kuala Lumpur prevedono di bloccare le importazioni l'anno prossimo, citando preoccupazioni che l'impianto di” Lynas” perda rifiuti radioattivi, un'accusa che “Lynas” contesta.

 Mira ad aprire un impianto di lavorazione sostitutivo in Australia entro la fine dell'anno.

Sì, l'intero “progetto verde” è così distruttivo che persino i paesi del terzo mondo sono come "Non possiamo avere questa merda nel nostro paese, è troppo velenosa".

La Cina è un grande paese e si preoccupa molto meno dell'ambiente, quindi lo faranno e poi seppelliranno i rifiuti.

Inoltre, non stanno usando gran parte di questa merda verde (a parte le batterie di morte che esplodono nelle loro auto elettriche a carbone, che sono più economiche e migliori di quelle prodotte da “Elon X”), la stanno esportando ai ritardati in Europa e in America (o lo erano) che stanno inquinando i loro paesi.

La società ha a lungo venduto metalli delle terre rare negli Stati Uniti alla società privata “Blue Line” per trasformarli in materiali specializzati.

 

Nel 2019, la coppia ha accettato di costruire impianti di raffinazione vicino a San Antonio, in Texas, e ha discusso con i funzionari dell'amministrazione Trump i loro piani per essere "l'unico produttore su larga scala di elementi separati (terre rare) nel mondo al di fuori della Cina", secondo le e-mail ottenute da Reuters.

Ma questo sforzo, finanziato in parte dal Pentagono, da allora è fallito, hanno detto due fonti a Reuters.

Le ragioni del crollo, che non sono state precedentemente riportate, non hanno potuto essere immediatamente determinate.

L'intero progetto "verde" deve essere cancellato. È semplicemente troppo distruttivo per la terra, ed è troppo stupidamente costoso.

Se le persone vogliono auto elettriche, possono in qualche modo correre su rotaie. Non so come funzionerebbe, ma i carrelli esistono.

(Non lo so, ma penso che si potrebbero costruire strade con emettitori elettrici sotto di loro - anche se questo potrebbe dare a tutti il cancro.)

Non sarà mai una buona idea produrre batterie al litio per qualcosa che vada oltre la piccola elettronica di consumo.

Questi mulini a vento non produrranno mai più elettricità di quella che consumano nel processo di produzione.

I pannelli solari sono ritardati per qualsiasi scopo diverso dal vivere nel mezzo di un deserto da solo (che è un'azione rara).

L'"agenda verde" distruggerà il mondo. Avvelenerà tutto e renderà il pianeta inabitabile.

Anche se il riscaldamento globale causato dall'uomo fosse reale, a chi importa? Questo non lo fermerà comunque, e se stesse accadendo, perché dovrebbe importare?

 La terra era molto più calda in vari periodi della storia.

Si tratta solo di persone grasse che si preoccupano di diventare troppo sudate?

Inizialmente, ci hanno detto che i "combustibili fossili" si sarebbero esauriti. Si è rivelata una bufala totale.

È solo una truffa così massiccia.

È difficile elaborare che la popolazione sia così ritardata da assecondare questo e fare sacrifici personali reali e reali per una bufala così ovvia.

Almeno con la bufala del covid c'era una minaccia teorica.

Queste persone che si riscaldano globalmente o inventano stupide minacce che sono ovvie bugie – come quando Al Gore ha detto che le calotte glaciali si stavano sciogliendo (di nuovo, è davvero una minaccia? andate a chiedere agli olandesi di vivere sotto il livello del mare) – o mantengono tutto molto vago, come "i tornado stanno arrivando ..."

(ANDREW ANGLIN)

(Elvis Dunderhoff ha contribuito a questo articolo.)

 

 

 

ATTRICE IN LACRIME: “MINISTRO,

HO L’ECO-ANSIA”. LA SCIENZA DISTORTA

VUOLE TERRORIZZARE I GIOVANI.

 

  Byoblu.com – (29 Luglio 2023) - Elisabetta Barbadoro – ci dice:

Le confesso, Ministro, che ho molta paura per il mio futuro.

 Io personalmente soffro di eco-ansia e alle volte penso che io non ho un futuro, perché la mia terra brucia, in questi giorni in Sicilia sta bruciando tutto.

E io non so se voglio avere figli.

Sinceramente, Ministro, non lo so.

Lacrime da emergenza climatica, anzi, da eco-ansia.

È successo durante il “Giffoni Film Festival”, e il video ha fatto il giro dei media generalisti che ormai da mesi profetizzano la catastrofe ambientale e che non mancano occasione per diffondere il panico cercando di contagiare il pubblico con, appunto, la nuova psicopatologia dell’ansia da riscaldamento globale.

Dopo le passerelle dell’adolescente Greta Thunberg e di altri giovani nostrani, la narrazione unica sull’ambiente promuove nuovi volti che possano rilanciare la drammaticità di un’emergenza che per molti autorevoli scienziati, in realtà, neanche esiste.

Le lacrime dell’attrice.

A proposito di dramma, o psicodramma eco-ansioso, vale la pena sottolineare che la giovane, che piangendo si è rivolta al “ministro per l’ambiente Gilberto Pichetto Fratin” – a sua volta in lacrime – durante l’incontro al Festival di Giffoni, si chiama Giorgia Vasaperna, ha 27 anni e fa l’attrice, ha recitato come protagonista in due cortometraggi e ha conseguito un diploma da attore e doppiatore.

 Certo forse non basta a dimostrare che nel suo intervento dal pubblico stesse recitando, se fosse così avrebbe peraltro anche del talento, certamente però il tema che ha sollevato, quello dell’eco-ansia, merita una riflessione.

Se questa psicopatologia esiste, chi e perché la sta instillando nelle menti dei giovani, che di norma sono facilmente condizionabili?

È la scienza di regime, quella che non dà spazio al dibattito e alle voci critiche.

Dall’ipocondria all’eco-ansia.

Basta fare un passo indietro per rendersi conto che è già successo durante la cosiddetta pandemia Covid, in cui ragazzi perfettamente sani sono stati resi ipocondriaci e terrorizzati da un virus che nelle loro condizioni è perfettamente curabile, con un’adeguata profilassi.

 Sono stati convinti, su basi completamente infondate, che se si fossero sottoposti all’iniezione di un prodotto farmaceutico sperimentale avrebbero protetto anziani e fragili.

Così hanno rischiato, e in alcuni, troppi, casi contratto malattie gravi cardiache, neurologiche o autoimmuni.

Ora la “scienza senza basi scientifiche” si abbatte nuovamente sulle loro menti plasmabili e li convince che la loro stessa sopravvivenza è a rischio e che è meglio rinunciare a formare una famiglia e generare figli.

Lo studio distorto di “Lancet”.

Ogni giorno abbiamo esempi della “distorsione del pensiero climaticamente corretto”:

 il quotidiano La Verità, tanto per citare uno dei casi più recenti, ha messo in luce la disonestà intellettuale di uno studio pubblicato dalla prestigiosa “rivista Lancet” sui morti per caldo e per freddo, che punta a dimostrare il presunto aumento dei decessi dovuti al riscaldamento globale.

Basta dare uno sguardo all’asse orizzontale alla tabella per avere la dimostrazione che il grafico è totalmente sballato:

 a sinistra la linea del tasso di mortalità procede di 50 in 50, a destra di dieci in dieci.

Le proteste inutili dei collettivi ambientalisti.

Certo, l’ambiente va protetto, ma con azioni e provvedimenti efficaci.

Hanno senso le manifestazioni dei gruppi giovanili come “Ultima Generazione” per sollevare l’attenzione sul tema?

Ha senso imbrattare monumenti e opere d’arte?

Ha senso bloccare il traffico con sit-in mezzo alla strada costringendo le auto ad emettere ancora più gas di scarico nell’immobile attesa che il presidio venga sciolto?

Le uniche barriere naturali contro il caldo rinvigorito dal cemento sono gli alberi.

Ma dove sono i giovani dei collettivi ambientalisti quando si tengono le proteste contro gli abbattimenti, partecipate quasi sempre solo da adulti?

Chi insegnerà ai ragazzi, prima che l’eco-ansia li paralizzi, che auto e monopattini elettrici non sono la soluzione?

Narrazione distorta anche sugli incendi

La giovane attrice “Giorgia Vasaperna” piange per gli incendi che colpiscono la Sicilia:

qualcuno può spiegarle, insieme a noi di Byoblu, che i roghi, purtroppo, si verificano ogni estate da anni e la colpa è dei piromani e di chi vuole distruggere boschi e foreste per appropriarsi di quei terreni?

“Ministro Pichetto Fratin”, per favore, faccia chiarezza invece di rispondere alle lacrime con le lacrime.

 

 

Il Vaccino è Sempre Sicuro, lo

 dice la Scienza(h)… Forse…

Conoscenzealconfine.it – (6 Agosto 2023) – Redazione - ci dice:

 

Uno studio recentissimo, febbraio 2023, ha comparato due gruppi di donne, uno vaccinato dalla 27a settimana di gravidanza con uno specifico vaccino DTP (Difterite-Tetano-Pertosse), il “Boostrix” della GlaxoSmithKline, e uno non vaccinato.

L’analisi dei dati comprendeva 16.350 neonati nati da madri vaccinate, appunto con vaccino DTP, e 16.088 neonati nati da madri non vaccinate e ciò che ne è emerso è veramente molto interessante.

Per trasparenza e onestà intellettuale, ci sentiamo obbligati a citarvi subito le conclusioni dello studio:

“I risultati complessivi dello studio supportano la sicurezza dell’immunizzazione materna con “Boostrix” durante il terzo trimestre di gravidanza”.

Siamo certi che sarete più rassicurati ad aver letto le conclusioni prima dei dati e questo ci rende meno pesante il dirvi che il produttore del vaccino oggetto dello studio, ovvero la “GlaxoSmithKline”, è anche finanziatrice dello studio stesso

Torniamo ai dati e prendiamo la Tabella 1 dello studio, andando però a guardare solo i numeri assoluti e calcolando la differenza percentuale delle anomalie congenite del gruppo dei neonati nati da madri vaccinate in gravidanza, rispetto a quelli nati da madri non vaccinate in gravidanza:

– Anomalie congenite dalla nascita fino ai 6 mesi di età: +41%

– Sistema nervoso: +21%

– Occhio: +17%

– Orecchio, viso o collo: +103%

– Sistema cardiovascolare: +14%

– Sistema respiratorio: +36%

– Sistema gastrointestinale superiore: +82%

– Organi genitali: +20%

– Sistema renale: +35%

– Sistema muscoloscheletrico: +56%

– Tegumento (cute): +99%

Ovviamente lo studio ridimensiona queste percentuali e discute in modo ampio la questione a livello statistico, ma anche aggiungendo tutti i correttivi di questa terra, tutte le ipotesi di incrementi attesi e quant’altro per calmierare l’aumento statistico, gli stessi autori dichiarano che è “stata riscontrata una maggiore incidenza” di anomalie congenite dopo la vaccinazione prenatale e onestamente non comprendiamo come questo sia compatibile con la certificazione di vaccino sicuro.

Come sempre vi lasciamo la fonte per poter approfondire in autonomia, augurandoci che vengano fatti più studi comparativi tra coorti di vaccinati e non vaccinati, magari scevri di conflitti di interesse e dogmatismi di vario genere.

(ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9925651/)

(t.me/corvelva1993)

 

 

 

GLI SCIENZIATI RUBBIA E ZICHICHI

CONTRO LA TEORIA DEL SURRISCALDAMENTO

GLOBALE DOVUTO ALL’UOMO.

It-it.gacebook.com – (30 settembre 2019 ) – Radio Maria - Giuseppe Merlino – ci dice:

(Giuseppemerlino's Blog)

Riportiamo la prima parte del discorso tenuto nel 2014 dal prof. Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica, nel corso di un’audizione in Senato.

(Resoconto stenografico).

Seguono due interviste al prof. Antonino Zichichi, professore emerito del dipartimento di Fisica Superiore dell’Università di Bologna.

In questa relazione al Senato Italiano il professor Rubbia mostra che, in base ai dati di fatto, i cambiamenti climatici non dipendono dall’uomo.

Prof. Carlo Rubbia :

“Sono una persona che ha lavorato almeno un quarto di secolo sulla questione dell’energia nei vari aspetti e, quindi, conosco le cose con grande chiarezza.

Vorrei esprimere alcuni concetti rapidamente anche perché i tempi sono brevi.

 La prima osservazione è che il clima della Terra è sempre cambiato.

Oggi noi pensiamo (in un certo senso, probabilmente, in maniera falsa) che, se teniamo la CO2 (Anidride Carbonica) sotto controllo, il clima della Terra resterà invariato.

Questo non è assolutamente vero.

Vorrei ricordare che durante il periodo dell’ultimo milione di anni la Terra è stata dominata da periodi di glaciazione in cui la temperatura media era di meno 10 gradi, tranne brevissimi periodi, in cui c’è stata la temperatura che è quella di oggi.

L’ultimo è stato 10.000 anni fa, quando è cominciato il cambiamento con l’agricoltura, lo sviluppo eccetera, che è la base di tutta la nostra civilizzazione di oggi.

Negli ultimi 2.000 anni, ad esempio, la temperatura della Terra è cambiata profondamente.

Ai tempi dei Romani, Annibale ha attraversato le Alpi con gli elefanti per venire in Italia.

Oggi non ci potrebbe venire, perché la temperatura della terra è inferiore a quella che era ai tempi dei Romani.

 Quindi, oggi gli elefanti non potrebbero attraversare la zona dove sono passati allora.

C’è stato un periodo, nel Medioevo, in cui si è verificata una piccola glaciazione. Poi, intorno all’anno 1000 c’è stato un aumento di temperatura simile a quello dei tempi dei Romani.

Ricordiamo che ai tempi dei Romani la temperatura era più alta di quella di oggi. Poi c’è stata una mini-glaciazione, durante il periodo del 1500-1600.

 Ad esempio, i Vichinghi hanno avuto degli enormi problemi di sopravvivenza a causa di questa mini-glaciazione, che si è sviluppata con cambiamenti di temperatura sostanziali.

Se restiamo nel periodo degli ultimi 100 anni, ci sono stati dei cambiamenti climatici notevoli, che sono avvenuti ben prima dell’effetto antropogenico, dell’effetto serra e così via.

Per esempio, negli anni Quaranta c’è stato un cambiamento sostanziale.

La presenza dell’uomo ha probabilmente introdotto ulteriori cambiamenti.

 Non dimentichiamo che quando sono nato io, la popolazione della Terra era 3,7 volte inferiore a quella di oggi.

Nella mia vita il consumo energetico primario è aumentato 11 volte.

Per quanto riguarda il comportamento del pianeta, questo ha avuto effetti molto strani e contraddittori.

Vorrei ricordare ad esempio che dal 2000 al 2014, la temperatura della Terra non è aumentata:

essa è diminuita di 0,2 gradi e noi non abbiamo osservato negli ultimi 15 anni alcun cambiamento climatico di una certa dimensione.

Questo è un fatto di cui tutti voi dovete rendervi conto, perché non siamo di fronte ad un’esplosione della temperatura:

la temperatura è aumentata fino al 2000: da quel momento siamo rimasti costanti, anzi siamo scesi di 0,2 gradi.

E’ giusto, Ministro?”

Ministro GALLETTI (Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) :

“Giusto, ma le previsioni non sono queste”.

Prof. Carlo RUBBIA :

“Io guardo i fatti. Il fatto è che la temperatura media della Terra, negli ultimi 15 anni, non è aumentata ma diminuita”.

A questo punto riteniamo di aggiungere quanto affermato nel 2012 dal prof. Antonino Zichichi, professore emerito del dipartimento di Fisica Superiore dell’Università di Bologna, nel corso di un’intervista a “Il Giornale”:

“Il motore climatico è in gran parte regolato dalla CO2 prodotta dalla natura, quella CO2 che nutre le piante ed evita che la Terra sia un luogo gelido e inospitale.

Quella prodotta dagli esseri umani è una minima parte, eppure molti scienziati dicono che è quella minima parte a produrre gravi fenomeni perturbativi.

 Ma ogni volta che chiedo loro di esporre dei modelli matematici adeguati che sostengano la teoria (e comunque oltre ai modelli servirebbero degli esperimenti) non sono in grado di farlo.

Serve un gruppo di matematici che controlli i modelli esistenti e dia dei responsi di attendibilità.

Tra l’altro molto spesso i teorici dell’ecologia che criticano l’eccessiva produzione di CO2 sono gli stessi che si oppongono a testa bassa al nucleare”.

In un’intervista a “Il Mattino” del 2017 il prof. Zichichi ha poi detto:

“L’inquinamento esiste, è dannoso, e chiama in causa l’operato dell’uomo. Ma attribuire alla responsabilità umana il surriscaldamento globale è un’enormità senza alcun fondamento: puro inquinamento culturale.

L’azione dell’uomo incide sul clima per non più del dieci per cento.

 Al novanta per cento, il cambiamento climatico è governato da fenomeni naturali dei quali, ad oggi, gli scienziati non conoscono e non possono conoscere le possibili evoluzioni future.

 Ma io sono ottimista.

In nome di quale ragione si pretende di descrivere i futuri scenari della Terra e le terapie per salvarla, se ancora i meccanismi che sorreggono il motore climatico sono inconoscibili?

Divinazioni!

Perché molti scienziati concordano sul riscaldamento globale dovuto all’attività umana?

Perché hanno costruito modelli matematici buoni alla bisogna.

Ricorrono a troppi parametri liberi, arbitrari.

Alterano i calcoli con delle supposizioni per fare in modo che i risultati diano loro ragione.

Ma il metodo scientifico è un’altra cosa”.

 

 

 

Clima ed energia, Zichichi e la realtà

asfaltano ancora gli affermazionisti.

Romait.it – (17-2-2022) - Mirko Ciminiello – ci dice:

 

I dati scientifici smentiscono di nuovo la narrazione degli eco-catastrofisti, che il luminare esorta a tornare a studiare: e ARERA certifica il raddoppio delle bollette in un anno.

Ascolta: "Vivere in emergenza, anche per il clima. Si vuole occultare una strategia?"

Da un lato c’è il clima come lo intendono gli eco-catastrofisti, dall’altro ci sono i dati scientifici.

Una distinzione netta che un luminare del calibro di Antonino Zichichi è tornato a ribadire con forza.

Facendo riferimento a tutte le crisi globali (come il caro energia) con un rigore tipicamente galileiano.

Il clima e le emergenze planetarie.

«Le emergenze non sono solo climatiche».

Antonino Zichichi, forse il più grande scienziato italiano vivente, non è mai banale né scontato e, intervistato da Libero, ha messo subito i puntini sulle i.

Ricordando che vi sono «15 classi di Emergenze Planetarie», che includono «riscaldamento globale, variazioni climatiche» e inquinamento.

Ma anche «corsa agli armamenti e scudo spaziale contro il terrorismo, crisi energetica mondiale, incendi delle foreste, difesa da epidemie nell’era della globalizzazione».

Una visione d’insieme che, non a caso, portò nel lontano 1973 alla creazione dell’International World Federation of Scientists”.

Un’organizzazione pensata per individuare i problemi della Terra e fornire ai Governi «le informazioni rigorosamente scientifiche» per fronteggiarli senza bruciare miliardi in misure tampone.

Una postilla che fa pensare immediatamente al caro bollette, per cui occorrerebbe una strategia strutturale, anziché i palliativi stanziati dall’esecutivo del Premier Mario Draghi.

I numeri, sciorinati dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) e riportati dal Corsera, sono infatti impietosi.

In un anno la luce è aumentata del 131% (da 20,06 a 46,03 centesimi a kilowattora), il gas del 94% (da 70,66 a 137,32 centesimi per metro cubo).

E per chi lavora in smart-working l’impennata può essere rispettivamente del 230% e 220%.

Eppure, l’energia pulita, «il sogno degli uomini di tutti i tempi, sembra avvicinarsi molto più di quanto si sperasse», come afferma Zichichi.

Spiegando che gli oceani sono pieni «di combustibile per la fusione nucleare» [l’idrogeno e i suoi isotopi, N.d.R.].

Basterebbe abbandonare l’approccio ideologico.

Più facile a dirsi che a farsi.

La lezione magistrale di Zichichi.

«La Scienza non ha l’equazione del clima» perché la matematica che dovrebbe descriverlo è troppo complicata, precisa ancora il fisico siciliano.

 «Quella cosa cui diamo il nome di clima ha 72 componenti, ciascuna delle quali è un’Emergenza Planetaria».

 Cosa che, en passant, la dice lunghissima sui cosiddetti “General Circulation Models,” che dovrebbero provare a riprodurre quello che è semplicemente il sistema più complesso del pianeta.

Anche per questo Zichichi ha esortato l’auto-proclamata leader scandinava dei giovani allarmisti a tornare a studiare (ma sarebbe meglio dire “cominciare”).

Per poter avere un giorno un modello matematico adeguato e «la prova sperimentale che ne stabilisce il legame con la realtà».

 Una realtà che presto o tardi presenta sempre il conto.

Non a caso, l’accademico ha asfaltato ancora gli affermazionisti, ribadendo che «attribuire alle attività umane il surriscaldamento globale è senza fondamento scientifico».

L’uomo incide «al livello del 5%: il 95% dipende da fenomeni naturali legati al Sole».

Gioco, partita, incontro.

Nella speranza che gli odierni green Culotti sappiano imparare la lezione magistrale di un grandissimo professore come Zichichi.

 

 

 

 

Cara Greta, studia: inquinamento

e clima sono cose diverse.

Ilgiornale.it – (30 Settembre 2019) - Antonino Zichichi – ci dice:

Il finimondo culturale scatenato dalla giovane svedese Greta Thunberg, ci porta a ricordare che le tre grandi conquiste della Ragione sono il Linguaggio, la Logica e la Scienza.

Per risolvere un problema bisogna anzitutto parlarne.

È quello che ha fatto con enorme successo Greta.

 Linguaggio significa esprimersi usando le parole, non le formule matematiche. Usando le parole si può dire tutto e il contrario di tutto;

ecco perché tremila anni fa nacque la Logica.

 Logica vuole dire produrre un modello matematico: non solo parole, ma formule. E, infatti, ci vuole la Matematica per stabilire la validità scientifica di cui si parla.

Greta ha parlato di clima per attrarre l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale. E c'è riuscita.

Ma se non c'è la Logica, quindi la Matematica e poi la Scienza, cioè la prova sperimentale, il clima rimane quello che è:

una cosa della quale si parla tanto, senza usare il rigore logico di un modello matematico e senza essere riusciti a ottenere la prova sperimentale che ne stabilisce il legame con la realtà.

Greta non dovrebbe interrompere gli studi, come ha detto di volere fare, per dedicarsi alla battaglia ecologista, ma tornare nella sua scuola e dire che bisogna imparare la Matematica delle equazioni differenziali non lineari accoppiate e le prove sperimentali necessarie per stabilire se quel sistema di equazioni descrive effettivamente i fenomeni legati al clima.

Greta dovrebbe dire che di clima bisognerebbe iniziare a parlarne alle scuole elementari, mettendo in evidenza che siamo l'unica forma di materia vivente dotata di quella straordinaria proprietà alla quale si è dato il nome di Ragione.

 È grazie alla Ragione che abbiamo scoperto Linguaggio, Logica e Scienza, come detto in apertura.

Per risolvere i problemi climatologici è necessario studiare la Matematica delle equazioni differenziali non lineari e gli esperimenti da fare affinché questa Matematica corrisponda alla realtà.

Altrimenti, si parla di clima senza affrontare i problemi legati al clima.

È come se volessimo realizzare le invenzioni tecnologiche per avere la Televisione ignorando l'esistenza dell'Elettrodinamica quantistica, una delle più grandi conquiste della Ragione.

Se i nostri nonni si fossero limitati a dire quanto sarebbe stato bello avere strumenti per vedere e sentire i nostri amici che si trovano a centinaia di chilometri da noi, non avremmo la Tv.

 È stato necessario scoprire le leggi dell'Elettrodinamica quantistica per avere la Tv.

Questo vuole dire che è necessario risolvere prima i problemi scientifici per poi riuscire a inventare le tecnologie necessarie affinché si possano realizzare i nostri sogni.

Il clima è un problema estremamente complesso:

la Matematica ci dice che non potrà mai esistere un'equazione semplice, come quella di Newton (che regola le orbite dei pianeti intorno al Sole), per trattare matematicamente il clima.

 Sono necessarie almeno tre equazioni differenziali non lineari accoppiate.

Il clima è un esempio di fenomeno la cui Matematica stabilisce che non ci sono soluzioni analitiche.

Il che vuole dire: nessuno riuscirà mai a descrivere il clima con un'equazione estremamente semplice, come quella di Newton.

Chi pensa di avere la descrizione matematica del clima deve capire che la sua descrizione matematica equivale a dire:

 «È così perché l'ho detto io, in modo rigorosamente logico, usando formule non parole».

Quando alla Conferenza mondiale della Scienza a Washington negli anni Settanta dissi che il passaggio dalla materia inerte alla materia vivente non è stato mai studiato in modo scientifico, dicevano: «Zichichi ce l'ha con Darwin».

Darwin è come Karl Marx.

Se ne parla per «sentito dire», come diceva Fermi.

Darwin non ha né un'equazione né una prova sperimentale per sostenere quel che dice.

 Descrivere un fenomeno non vuole dire che questa descrizione corrisponde alla realtà.

 È necessario un modello matematico corroborato da prove sperimentali.

Molti parlano di Scienza senza avere mai scoperto né inventato alcunché.

È bene precisare che cambiamento climatico e inquinamento sono due cose completamente diverse. Legarli vuole dire rimandare la soluzione.

E infatti l'inquinamento si può combattere subito senza problemi, proibendo di immettere veleni nell'aria o in mare..

 Il riscaldamento globale è tutt'altra cosa, in quanto dipende dal motore meteorologico dominato dalla potenza del Sole.

Le attività umane incidono al livello del 5%: il 95% dipende invece da fenomeni naturali legati al Sole.

Attribuire alle attività umane il surriscaldamento globale è senza fondamento scientifico.

Non c'è la Matematica che permette di fare una previsione del genere.

 

 

 

L’afa che fa, la realtà del clima

e le sue strumentalizzazioni.

Civiltàdellemachine.it – (24 luglio 2023) - Massimo Falcioni – ci dice:

(Fondazione Leonardo)

Decenni addietro, “Che afa fa” era il refrain degli spot pubblicitari di due note Case produttrici di brandy e di birra che invogliavano gli spettatori di cinema e tv a bere i loro prodotti per vincere la battaglia contro la calura.

 Il caldo soffocante e spossante dell’estate c’era ovunque, anche in Italia, più o meno come c’è oggi.

 “… Questo clima che infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; li conti Chevalley, li conti: maggio, giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre. Sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste… Lei non lo sa ancora, ma da noi si può dire che nevica fuoco, come le città maledette della Bibbia…”.

Così ne “l Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa si descrive il clima nella Sicilia del 1860.

 Da che mondo e mondo la Terra e la vita sul nostro pianeta sono condizionate dai cambiamenti climatici.

Tuttavia il “riscaldamento climatico globale” collegato alla questione dell’ambiente è diventato il tema caldo del giorno, anzi quello più bollente.

Mai come oggi, non solo in Italia, il tempo e le sue evoluzioni sono state e sono oggetto di divisione culturale e di scontro sociale e politico.

Fino a pochi anni fa solo chi lavorava sui campi o chi faceva il pescatore, la sera prima di coricarsi osservava il cielo e faceva le previsioni del tempo per la notte e il giorno successivo.

Oggi il tempo condiziona particolarmente il traffico in città, in autostrada, sui cieli e sui mari, con ripercussioni economiche, ad esempio sul turismo.

È, amplificato da tv e media, tutto un allarme, passando dalla siccità e calure estive alle alluvioni e gelate invernali, da record.

 Anche su questo c’è un allarmismo quotidiano, per alcuni ingiustificato, ad uso dell’audience mediatica, in particolare televisiva, a fini speculativi.

 Quel che manca è il senso del limite, la moderazione nel valutare quel che sta accadendo e quel che può accadere.

Oramai, ci sono due fronti, uno contrapposto all’altro: da una parte c’è chi banalizza dicendo che è “naturale” che d’estate faccia caldo e dall’altra parte c’è sempre più un rilanciare minacce anche con una strategia di comunicazione per indurre la paura del clima, come se la fine del mondo fosse già qui.

Ai primi di giugno 2023 un manifesto firmato a Roma da più di 1500 scienziati provenienti da diverse nazioni aveva come titolo:

“L’emergenza climatica non esiste”.

Questi scienziati non negano che il clima viva dei mutamenti, è così da sempre, ma escludono la relazione tra le attività antropiche e l’insorgenza di manifestazioni climatiche estreme.

 All’opposto sostengono che “la scienza del clima dovrebbe essere meno politica, mentre le politiche climatiche dovrebbero essere più scientifiche”.

La sfida scientifica è stata sottratta all’Accademia, è diventata oggetto di scontro nei talk show, una questione gestita per lo più dal sistema della comunicazione e della politica.

In particolare, si tende a confondere il clima con l’inquinamento. Nel manifesto dei 1500 scienziati c’è scritto che l’aumento della CO2 è un fattore positivo essendo la CO2 il cibo delle piante, il gas della vita.

 Ogni essere umano emette, respirando, un chilogrammo di CO2 al giorno.

Con questo processo di respirazione si svolgono i principali procedimenti di sintesi degli zuccheri.

 Quindi la CO2 è fondamentale per la vita sulla terra.

Oggi, invece, c’è una vera e propria campagna di terrore per la presenza della CO2.

 Secondo i 1500 scienziati il clima è sempre cambiato e l’aumento di temperatura che noi registriamo oggi, di un grado circa negli ultimi centocinquanta anni, è naturale ed è connesso alla “coda” dell’ultima piccola era glaciale 1500-1700, durante la quale c’è stato un abbassamento di temperatura che d’inverno faceva ghiacciare il Tamigi e la laguna di Venezia.

Da quel momento in poi la temperatura ha iniziato a crescere.

 Noi siamo, saremmo, in questa coda, con piccole oscillazioni, perché nel 1970 la temperatura è diminuita, tra il 2000 al 2015 è rimasta costante.

Tali piccole oscillazioni caratterizzano questa coda.

Di tutt’altro tono lo studio “Nasa” di pochi giorni fa illustrato in una riunione dell’agenzia governativa statunitense da “Gavin Schmidt”, direttore del “Goddard Institute for Space Studies”:

“Giugno e luglio 2023 sono i mesi più caldi della Terra, da secoli.

Stiamo assistendo a cambiamenti senza precedenti in tutto il mondo.

 C’è stato un aumento delle temperature negli ultimi quattro decenni.

Giugno è stato il mese più caldo della Terra e luglio si avvia ad essere lo stesso, da centinaia, se non migliaia di anni.

Tutto questo calore aumenta certamente le possibilità che il 2023 sia l’anno più caldo mai registrato”.

Perché tutto ciò accade?

“Gavin Schmidt” non ha dubbi:

“Ciò che sappiamo dalla scienza è che l’attività umana e principalmente le emissioni di gas serra stanno inevitabilmente causando il riscaldamento che stiamo osservando nel nostro pianeta.

 Questo ha un impatto sulle persone e sugli ecosistemi di tutto il mondo”.

Chi ci mette le mani per modificare quel che, secondo Schmidt, sta accadendo sulla Terra? La “Nasa”.

Perché: “La Nasa è anche un’agenzia per il clima”.

E la sua recente iniziativa “l’Earth Information Center”, renderà disponibili in tempo reale i dati climatici provenienti dai 25 satelliti della “Nasa”.

Sono in corso altri progetti per il monitoraggio dei cambiamenti ambientali, tra cui quelli che tengono traccia dell’inquinamento atmosferico, delle emissioni del metano, dei cicloni tropicali e degli uragani.

L’agenzia Usa, questo l’obiettivo, vuol contribuire a ridurre l’inquinamento che riscalda la Terra, su tutti i fronti, ricercando anche, ad esempio, forme di trasporto aereo a più basso contenuto di carbonio. Bene.

Se son rose, fioriranno.

Stavolta nel tunnel della calura c’è anche l’Italia.

 Già nel 2022, i dati diffusi dal CNR dicevano che nei primi sette mesi dell’anno non era stato mai così caldo in Italia dal 1800 a oggi, in particolare con record a luglio ed agosto.

Peggio ancora nel resto del mondo dove il termometro pare impazzito.

Secondo la “National Oceanic and Atmospheric Association”, da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1850, giugno 2023 è stato il mese più caldo di sempre sulla Terra:

non così in Italia con giugno 2023 particolarmente piovoso.

Luglio prosegue ancor peggio ed è probabile che agosto farà registrare un altro record.

Tale tendenza pare destinata a non interrompersi.

Così la “questione clima” è diventata la questione centrale.

 D’estate riguarda ovviamente il caldo con code di tornado, grandinate, trombe d’aria come quelle avvenute in questi ultimi giorni in particolare in Lombardia e in altre regioni del settentrione.

 Il cambiamento climatico non agisce solo sull’intensità dei fenomeni ma, soprattutto, sulla frequenza:

i giorni con temperature superiori ai 30 gradi nell’Europa meridionale sono passati, in media, da 25 l’anno, a quasi 50.

Secondo le rilevazioni di “Climate Central”, la possibilità di temperature come quelle portate sull’Italia dall’ondata di calore di luglio 2023 è aumentata di cinque volte rispetto al periodo preindustriale.

 

Evidentemente l’aumento delle temperature globali c’è e va affrontato, ma con realismo ed equilibrio perché la medicina non sia peggio del male.

 Fa caldo, molto caldo ma non si può dire, scientificamente, che siamo nell’estate più calda di sempre.

Certo, negli ultimi decenni si registra un aumento della temperatura media della superficie del pianeta.

Nell’Europa del sud maggio e giugno 2023 sono stati piovosi e relativamente freschi ma mediamente più caldi rispetto agli ultimi decenni.

Luglio sta proseguendo con un gran caldo definito dai media in termini allarmistici quali “Bolla di fuoco sul Mediterraneo”, “Caldo record, pianeta in ginocchio”, “Afa, allarme globale: nel sud Europa il clima del Sahara”.

 Non c’è niente di biblico. Si tratta di onde di calore.

Siamo di fronte a forme di meteo-terrorismo per condizionare ovunque le scelte politiche, istituzionali, imprenditoriali, sociali. Sul tavolo degli imputati c’è l’uomo, accusato quale responsabile unico del riscaldamento globale.

Ma i cicli del riscaldamento e del raffreddamento non sono lineari e si susseguono. Pur in mancanza di dati scientifici certi, il Medioevo, periodo compreso fra la caduta dell’Impero Romano (476) e la scoperta dell’America (1492), è stato molto caldo seguito da un periodo freddo fino al 1680 quando poi le temperature hanno ripreso ad innalzarsi molti decenni prima della Rivoluzione industriale e delle emissioni di CO2.

La storia insegna che niente è scontato e che le diverse cause possono sommarsi e intervenire anche su un tema così complesso qual è il clima.

 La comunicazione con il taglio dell’apocalisse forse aiuta l’audience tv ma non la ricerca delle soluzioni a problemi globali ed extra globali, assai complessi.

Qui non si tratta di un pur significativo grado di temperatura in più o in meno ma, anche attraverso l’allarme climatico e il come e quando farvi fronte, delle questioni dello sviluppo, dell’energia, degli armamenti, in poche parole della spartizione politica ed economica del mondo.

Non è questione di lana caprina che si risolve a battute, nel proprio orticello.

 

 

 

 

Riscaldamento globale.

È tutta colpa del Sole.

Unina.it – (7 settembre 2021) – Connolly R. e altri 22 autori – ci dicono:

In una estesa “Invited Review” pubblicata su “Research in Astronomy and Astrophysics” (IOP Publishing), un gruppo internazionale di 23 scienziati esperti in fisica solare, astronomia e nei cambiamenti climatici - che include anche il professore “Nicola Scafetta” del Dipartimento di Scienze della Terra, dell'Ambiente e delle Risorse della Federico II - mostra che è prematuro dare la colpa al riscaldamento climatico osservato dal 1900 ad oggi principalmente alle emissioni antropiche di gas serra.

Lo studio contraddice la conclusione principale dell'”Intergovernmental Panel on Climate Change” (IPCC) delle Nazioni Unite, ripetuta anche nell'ultimo rapporto (Sixth Assessment Report, AR6) pubblicato in agosto, in quanto questo è basato su dati parziali e incompleti che non sono sufficienti per valutare correttamente l'effetto del Sole sul clima della Terra.

 La review - basata su circa 500 studi scientifici - usa tutte le serie solari oggi disponibili e numerose serie climatiche globali.

Queste serie mostrano tra di loro una grande variabilità secolare.

Lo studio conclude che il possibile contributo del sole al riscaldamento globale osservato durante il XX secolo dipende fortemente dalle serie solari e climatiche specifiche adottate per l'analisi.

Gli studiosi mostrano che l'ipotesi sostenuta dall'IPCC secondo cui l'aumento dell'attività solare osservato durante il XX secolo avrebbe avuto un effetto trascurabile sul riscaldamento climatico post-industriale si basa solo su simulazioni generate da modelli climatici globali che usano come forzanti solari quelli che si ottengono con le serie astronomiche che presentano la più piccola variabilità secolare.

Paradossalmente, i modellisti climatici ignorano le serie solari proposte nella letteratura scientifica che suggeriscono una variabilità solare secolare molto più ampia (fino ad un fattore 10) e che presentano anche una diversa modulazione che meglio si correla con quella mostrata nelle serie climatiche.

 Inoltre, nei documenti dell'IPCC le predizioni dei modelli climatici - che già producono un riscaldamento superiore a quello riportato nelle serie climatiche ufficiali - vengono anche confrontate con delle serie climatiche che diversi studi considerano problematiche perché sicuramente influenzate da una componente spuria di riscaldamento non climatico, come quello registrato dalle stazioni meteorologiche posizionate in prossimità dei centri urbani.

 Dal dopoguerra ad oggi, le isole di calore urbano sono cresciute notevolmente in molte parti del mondo inducendo un riscaldamento solo locale che dovrebbe essere completamente rimosso nelle serie usate per studiare i cambiamenti climatici.

Questo però non avviene perché, come lo studio anche mostra, usando solo le serie meteorologiche registrate nei siti rurali, il riscaldamento globale dell'ultimo secolo è inferiore di almeno del 20% di quello riportato nelle serie climatiche usate dall'IPCC.

 I 23 studiosi concludono che il selezionare le serie solari con la più bassa variabilità solare insieme a serie climatiche influenzate dal riscaldamento urbano ha l'evidente l'effetto di minimizzare la componente naturale del cambiamento climatico e, simultaneamente, di massimizzare quella antropica, ma l'operazione è scientificamente scorretta.

Infatti, data la notevole variabilità e le incertezze esistenti tra le serie astronomiche e climatiche, diverse selezioni di dati portano a conclusioni contradditorie:

l'aumento dell'attività solare durante il XX secolo ad oggi potrebbe avere contribuito quasi nulla (come sostenuto dall'IPCC) oppure la maggior parte del riscaldamento osservato.

Quindi, ritenere che il riscaldamento climatico globale dal 1900 sia dovuto all'uomo e che i modelli climatici attuali siano sufficientemente validi per prevedere i cambiamenti climatici futuri è al momento prematuro e probabilmente errato.   

(Connolly, R., ed altri 22 autori.)

 "How much has the Sun influenced Northern Hemisphere temperature trends? An ongoing debate." (Invited Review). Research in Astronomy and Astrophysics (IOP Publishing), 21, 131 (68pp), 2021.  doi: 10.1088/1674-4527/21/6/131  doi.org/10.1088/1674-4527/21/6/131

(raa-journal.org/raa/index.php/raa/article/view/4906)

  

 

 

Sul cambiamento climatico

la maggioranza la pensa

ciascuno a modo suo.

Pagellapolitica.it – (26 LUGLIO 2023) - DAVIDE LEO, FEDERICO GONZATO – ci dicono:

 

Musumeci lo riconosce senza problemi, Meloni è più sfumata, numerosi parlamentari ed europarlamentari negano il fenomeno.

Tra gli esponenti politici che sostengono la maggioranza di governo sembrano esserci convinzioni molto diverse, e non di rado contraddittorie, su un tema cruciale del dibattito pubblico come il cambiamento climatico.

Nelle ultime settimane l’Italia è stata investita da un rialzo significativo delle temperature, che tra le altre cose ha causato gravi incendi al Sud.

Nella notte tra lunedì 24 e martedì 25 luglio violenti nubifragi hanno invece colpito varie regioni del Nord, in particolare la Lombardia e il Veneto, causando anche alcuni morti.

Su questi eventi si è espressa, naturalmente, anche Giorgia Meloni. Il 25 luglio, ospite di “Non Stop News “su Rtl 102.5, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato di una «situazione complessa» e di «una realtà climatica imprevedibile», con «fenomeni totalmente diversi tra loro», dichiarando che è necessaria «una messa in sicurezza del territorio».

 La presidente del Consiglio non ha comunque parlato in modo esplicito di problemi legati al cambiamento climatico.

Con più decisione, il ministro del suo governo Nello Musumeci (Fratelli d’Italia) sembra avere pochi dubbi sulla realtà e urgenza del problema del cambiamento climatico, come testimoniano diverse dichiarazioni di questi giorni.

«Dobbiamo fare i conti con lo sconvolgimento del clima e quindi con una nuova condizione che ci imporrà un approccio culturale e pratico assai diverso»,

ha dichiarato in un’intervista a Sky TG24 il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, che ha detto di essere pronto a concedere lo stato di emergenza per la situazione meteorologica alle regioni che ne hanno fatto richiesta.

 «Dobbiamo stare in allerta, non siamo preoccupati, ma occupati, come sta avvenendo in questi giorni 24 ore su 24.

Nel Sud ci si aspetta una diminuzione del caldo, nel Nord il maltempo però può ancora perdurare, quindi massima allerta per ragioni diverse, ma che sono due facce della stessa medaglia: il cambiamento del clima», ha aggiunto Musumeci.

La stessa presidente del Consiglio ha fatto dichiarazioni che sembrano riconoscere la realtà del cambiamento climatico, anche se piuttosto caute nei toni.

Il 15 marzo scorso, durante un question time” alla Camera, Meloni aveva detto che «gli italiani non hanno scelto un governo composto da pericolosi negazionisti climatici».

Ha aggiunto che l’approccio del governo è «pragmatico e non ideologico».

Con più decisione l’8 giugno scorso, ospite del “Festival di Green&Blue “a Milano, il ministro Musumeci aveva criticato chi «fa l’indiano» e non riconosce l’esistenza del cambiamento climatico, precisando di rivolgersi anche ai suoi compagni di partito e coalizione.

Le prese di posizione di Musumeci sul tema del cambiamento climatico, e in parte anche quelle di Meloni, contrastano con quanto dichiarato da diversi esponenti dei partiti di governo, in particolare di Fratelli d’Italia e Lega, che in varie occasioni hanno messo in dubbio, e in alcuni casi del tutto negato, l’esistenza del fenomeno. 

I critici del cambiamento climatico.

Come detto in precedenza, tra i partiti che compongono la maggioranza di governo, Fratelli d’Italia e Lega sono quelli con più membri che mettono in discussione l’impatto dell’uomo sul cambiamento climatico o la sua stessa esistenza.

Secondo le verifiche di “Pagella Politica”, gli esponenti dei due partiti che hanno posizioni scettiche sul clima sono spesso membri del Parlamento Europeo.

 Se infatti tra deputati e senatori è più difficile trovare dichiarazioni riconducibili al negazionismo climatico i parlamentari europei, che hanno poi il compito di votare le direttive della Commissione Ue sulla transizione ecologica, hanno espresso idee molto più nette dei loro colleghi a Roma.

 Il termine “negazionista climatico” non viene usato solo per chi nega del tutto l’esistenza dei cambiamenti climatici, ma anche per chi nega che questi siano causati in una parte rilevante dalle attività umane, un punto su cui la comunità scientifica e le istituzioni internazionali sono unanimi.

Un esempio di dichiarazioni in contrasto con il consenso scientifico – ma anche, come abbiamo visto, con quanto espresso da membri del governo – è il parlamentare europeo Sergio Berlato (Fratelli d’Italia), che il 23 luglio ha dichiarato come sia «impossibile negare i cambiamenti climatici, che però non sono provocati dalle attività umane ma dall’attività del Sole in continuo cambiamento».

 Questa teoria è stata smentita dall’”Intergovernmental panel on climate change” (Ipcc), il gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite che periodicamente realizza report considerati tra i più autorevoli a livello internazionale sui cambiamenti climatici e i loro effetti.

Secondo il report dell’Ipcc più recente, pubblicato il 20 marzo scorso, le attività umane hanno causato il riscaldamento globale, con un aumento della temperatura stimabile in circa 1.1°C rispetto al periodo preindustriale.

L’aumento, che può sembrare di poco conto, ha in realtà già causato gravi conseguenze sugli ecosistemi e sulle persone.

 Nonostante questo, secondo Berlato non c’è correlazione tra l’inquinamento causato dall’uomo e il cambiamento climatico:

 «Chi dice che il cambiamento climatico è causato dalle attività antropiche sta dicendo una bufala», ha detto Berlato il 6 luglio.

Oltre a Berlato, posizioni scettiche sul rapporto tra attività umane e clima sono state espresse dal parlamentare europeo di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza, che il 18 luglio su la Repubblica ha minimizzato il problema, affermando che «i cambiamenti climatici ci sono sempre stati nel corso dei millenni e vanno affrontati senza toni apocalittici».

Tra i componenti del Parlamento italiano il principale esempio di negazionista climatico è invece il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato “Lucio Malan”, che da tempo condivide sui social network contenuti che mettono in dubbio gli effetti dei cambiamenti climatici e l’impatto dell’attività umana su di essi.

(Forse Malan è l’unico che è al corrente che la CO2 é 4 volte più pesante dell’aria atmosferica e quindi non può volare alto nell’atmosfera per costituire l’effetto serra fantomatico! N.D.R)

Rimanendo al Senato ma cambiando partito, il già citato articolo de la Repubblica riporta anche le dichiarazioni del senatore leghista “Claudio Borghi”.

Quest’ultimo ha detto che «d’estate fa caldo, non c’è nessun motivo di creare allarmismo. Alcuni ghiacciai si sciolgono, ma questo rientra nella storia del mondo».

Il 25 luglio, per smentire l’eccezionalità degli eventi che stanno colpendo il nostro Paese, Borghi ha condiviso su Twitter le foto di due articoli di giornale degli anni Sessanta che parlavano di caldi estremi nel Centro e nel Sud Italia e di alluvioni e grandinate al Nord, prendendosela con chi «sciacalla» su «disgrazie che in Italia ahimè ci sono sempre state per bassi fini politici».

Ma come hanno verificato i nostri colleghi di” Facta.news,” il contenuto di quegli articoli è espresso in modo fuorviante per veicolare una notizia falsa.

Un altro senatore leghista che ha messo in dubbio il cambiamento climatico è “Alberto Bagnai”.

«CLAMOROSO! Un’estate mai così normale dal milleottocentocredici!

Lo dicono gli Scienziati!», ha scritto “Bagnai” con ovvi toni sarcastici il 26 luglio su Twitter, condividendo una schermata del telefono con le previsioni meteo a Roma per i prossimi giorni.

Diversi scettici dei cambiamenti climatici si trovano anche tra i parlamentari europei della Lega.

Per esempio, il 16 giugno il deputato europeo “Paolo Borchia” ha condiviso sui social network parte di un suo discorso a Bruxelles in cui ha criticato i non meglio precisati «alfieri del pensiero unico» per la loro «guerra santa al cambiamento climatico», mentre il post è accompagnato dalla didascalia «cambiamento climatico: scienza o ideologia?».

Un altro europarlamentare leghista che ha espresso di recente posizioni simili è “Marco Zanni”, che il 27 maggio scorso ha condiviso su Facebook un post che citava una frase del premio Nobel per la fisica “John Clauser,” noto per aver negato la crisi climatica.

Al di là di Fratelli d’Italia e Lega, il 23 luglio, in un’intervista con la Repubblica, anche il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica “Gilberto Pichetto “Fratin (Forza Italia) ha parlato del cambiamento climatico come se fosse un argomento su cui il dibattito è aperto.

«L’Italia è un piccolo fazzoletto di terra nel Mediterraneo rispetto al mondo.

Senza entrare nelle discussioni se siamo di fronte al cambiamento ciclico della terra, dall’estremo freddo al caldo, e quanto possa incidere l’uomo su questo, bisogna intervenire.

L’unica risposta è un contributo alla diminuzione delle emissioni di Co2 a livello globale, accelerando la decarbonizzazione e mitigando il cambiamento climatico», ha detto Fratin.

 In passato, il ministro aveva comunque espresso posizioni più nette sul tema, sostenendo l’esistenza del fenomeno.

 

Ricapitolando, al netto delle posizioni prese da Meloni e Musumeci negli ultimi giorni, diversi esponenti dei partiti che sostengono il governo hanno espresso e continuano a condividere messaggi negazionisti o che mettono in dubbio la realtà del cambiamento climatico.

(Non tutti i politici sono “ignoranti”! N.D.R.)

 

 

 

 

Great Reset: l’Unione europea spinge

per rafforzare i “legami transatlantici”

con Joe Biden. Il ruolo dell’Agenda Verde.

 Agenparl.eu - Luigi Camilloni – (11 Dicembre 2020) – ci dice:

 

(AGENPARL) – Roma, 11 dicembre 2020.

L’Unione europea sta cercando dei modi per ripristinare i legami transatlantici, dopo il periodo isolazionista di Trump, con gli Stati Uniti, partendo dal presupposto che l’ex vicepresidente di mentalità globalista Joe Biden venga eletto alla Casa Bianca.

Gli eurocrati si sono incontrati lunedì a Bruxelles per discutere le strategie per lavorare con un’eventuale presidenza Biden, su questioni relative all’agenda verde «Build Back Better» e la pandemia cinese.

«Con l’elezione di Joe Biden, come nuovo presidente americano, ci sono molte grandi opportunità che noi come Europa vogliamo cogliere», ha detto il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas”.

Il presidente della riunione, il capo della politica estera dell’UE, “Josep Borrell,” ha dichiarato all’”Associated Press” che l’obiettivo del raduno era quello di stabilire «un nuovo inizio riveduto e corretto del nostro impegno con gli Stati Uniti».

In un documento pubblicato la scorsa settimana, intitolato «Una nuova agenda UE-USA per il cambiamento globale», la Commissione UE ha affermato che cercherà di «rafforzare e riformare l’Organizzazione mondiale della sanità» con Biden.

Come è noto, all’inizio di quest’anno, il presidente Trump ha tolto gli Stati Uniti dall’organismo delle Nazioni Unite a causa delle forti preoccupazioni che l’”OMS” fosse compromessa con i suoi stretti legami con il Partito comunista cinese (finanziamenti a go, go! N.D.R.)

«L’UE vuole lavorare con gli Stati Uniti per garantire finanziamenti per lo sviluppo e un’equa distribuzione globale di vaccini, test e trattamenti, sviluppare capacità congiunte di preparazione e di risposta, facilitare il commercio di beni medici essenziali e rafforzare e riformare l’”Organizzazione mondiale della sanità” ha riferito la Commissione.

Ci sono anche speranze nell’UE che una presidenza a guida Biden vedrebbe gli Stati Uniti rientrare negli “accordi di Parigi sul clima”, mantenendo così una promessa elettorale.

Facendo eco al linguaggio dei sostenitori del “Grande Reset”, l’UE ha chiesto la creazione di una «agenda verde transatlantica».

Il “blocco continentale del potere” ha affermato che mentre il coronavirus cinese continua a porre «sfide significative», le questioni del «cambiamento climatico e della perdita di biodiversità rimangono le sfide principali del nostro tempo».

Il piano vedrebbe gli Stati Uniti insieme ai paesi europei impegnarsi a ridurre le emissioni nette entro il 2050, oltre a massicci investimenti nella cosiddetta energia verde.

 

L’UE ha inoltre affermato che il blocco e gli Stati Uniti condividono un «interesse fondamentale» nella promozione della democrazia in tutto il mondo e nel rispetto dei diritti umani.

Tuttavia, il documento non indicava la Cina, che è uno dei più eclatanti trasgressori dei diritti umani al mondo, nonché uno dei meno democratici.

La scorsa settimana, i dati di Eurostat hanno rivelato che in mezzo alla pandemia globale causata dai fallimenti dello Stato cinese, la nazione comunista ha superato gli Stati Uniti come principale partner commerciale dell’UE.

Durante i primi nove mesi di quest’anno, tra la Cina e l’Unione Europea sono stati scambiati 425,5 miliardi di euro (514 miliardi di dollari), circa 13 miliardi di euro in più rispetto a quelli scambiati con gli Stati Uniti.

Parlando in vista delle elezioni presidenziali di novembre, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti presso l’UE e consigliere per la campagna di Biden, Anthony Gardner, ha affermato che, se eletto, Biden annuncerebbe una «dichiarazione di sostegno all’Unione europea».

«Se Biden viene eletto, credo presto, forse il primo giorno, [ci sarà] una dichiarazione di sostegno all’Unione europea, di sostegno all’integrazione europea, di sostegno a favore della NATO, fulcro dell’alleanza transatlantica, che è stata indebolita a causa delle politiche di questa amministrazione», ha detto “Gardner”.

In netto contrasto con Joe Biden, il presidente Trump è stato spesso in contrasto con gli eurocrati globalisti, in particolare per il fallimento di molti paesi europei della “NATO” – leggasi Germania – nel pagare la loro giusta quota della spesa per la difesa.

 

Gli ultimi dati dell’alleanza militare hanno mostrato che la Germania ha speso solo l’ 1,38%  del PIL per la difesa nel 2019, molto al di sotto del 2% richiesto che la più grande economia europea si era impegnata a raggiungere nel 2014.

La pressione del presidente Trump è stata tuttavia accreditata dal segretario generale dell’alleanza” Jens Stoltenberg”, che nel 2019 ha affermato che il ” messaggio chiaro ” di Trump ha contribuito a garantire 100 miliardi di dollari in più di investimenti dai membri della “NATO”.

In sostanza l’agenda verde è uno dei tanti ‘mezzi’ a disposizione del Great Reset.

E uno dei pochi leader politici a capirlo è stato proprio il presidente degli USA Donald Trump.

In un video della Casa Bianca trasmesso durante il vertice del Gruppo dei 20, ospitato dall’Arabia Saudita, ha detto chiaramente che l’accordo di Parigi sul clima «non è stato progettato per salvare l’ambiente».

È stato progettato per uccidere l’economia.

Se gli Stati Uniti avessero firmato, avrebbero ceduto un enorme vantaggio competitivo ad economie come India e Cina ma soprattutto senza alcuno scopo utile, per non parlare del fatto che come ha calcolato una volta” Bjorn Lomborg” (ambientalista e accademico danese, noto per le posizioni scettiche sul problema del riscaldamento globale, da lui espresse nel 1998), anche se ogni paese del mondo rispettasse gli obiettivi di riduzione del carbonio concordati a Parigi, lo scenario migliore è che si potrebbe ridurre il riscaldamento globale entro la fine del secolo di 0,170 gradi C.

È una differenza così piccola che sarà appena misurabile e certamente non percettibile, con un costo per l’economia globale che si aggirerebbe attorno ai 1,5 trilioni di dollari all’anno.

 

Eppure Joe Biden – nel caso in cui diventasse presidente – ha promesso che trascinerà di nuovo gli Stati Uniti in questo accordo frivolo, distruttivo e incredibilmente costoso.

La domanda a questo punto è «perché?».

(Ma quanti finanziamenti personali riceve dall’ élite globalista Usa? N.D.R.)

Proviamo a rispondere.

Nel Regno Unito, l’amministrazione «conservatrice (?)» di Boris Johnson ha decretato che le auto diesel e a benzina devono essere gradualmente eliminate dal 2030, come parte di un piano stilato in 10 punti per una «rivoluzione industriale verde» che include più parchi eolici, più «finanza verde», più soldi spesi per i trasporti pubblici e le piste ciclabili, più «investimenti» in tecnologie finora altamente infruttuose come la «cattura del carbonio».

E queste sarebbero le politiche conservatrici?

Va sottolineato che parte della classe operaia hanno votato per i conservatori nel 2019, molti dei quali è stata la prima volta.

La domanda che sorge spontanea è:

ma erano consapevoli che Johnson avrebbe aumentato le bollette del riscaldamento o addirittura avrebbe confiscato le loro auto a benzina, costringendoli a comprare quelle elettriche che non avrebbero mai potuto permettersi a causa dell’alto costo?

Suona male.

 E’ una nuova ricetta per una rinascita economica: tasse più alte, più sussidi governativi, dopo il crollo causato dalle politiche di blocco draconiane del governo UK?

 

Se hai risposto “sì” a una di queste domande, allora entra immediatamente in un autosalone e compra un’auto elettrica a buon prezzo, sempre se la trovi.

Come “Matt Ridley” argomenta in modo convincente, ci potrebbe essere un modo più efficace di uccidere il futuro post-Brexit della Gran Bretagna che è quello di attuare la rivoluzione verde di Boris Johnson.

«La mia paura è che realizzando il piano in 10 punti promesso da Boris, paralizzeremo la nostra economia, rovineremo i nostri paesaggi anche quelli marini, e poi a metà del 2030 arriveranno reattori a fusione economici, piccoli e sicuri.

 L’industria eolica offshore, ormai così piena di sussidi che possono permettersi di esercitare pressioni su politici e giornalisti ancor più di quanto non facciano oggi, si succhierà i denti e dirà: “no, no, no – ignorate la folla fusion.

 Siamo sul punto di risolvere il problema dell’affidabilità e non preoccuparti, il costo alla fine scenderà. Promesso!»

«Boris, questa non è la strada per la terra promessa, specialmente quando il Governo prende in prestito 300 miliardi di sterline a causa del covid.

 L’elettricità ad alto costo impedirà al Regno Unito di avere successo con la Brexit. Ci farà fallire nel breve periodo, ci renderà meno competitivi nel lungo periodo e comunque non taglierà molto le emissioni».

Una teoria che circola vuole che tutto dipenda dall’influenza della fidanzata attivista verde di Boris, “Carrie Symonds”, del suo potente amico alla Camera dei Lord “Zac Goldsmith” , e dal Cancelliere del “Ducato di Lancaster”, “Michael Gove”, che è stato memorabilmente raffigurato l’anno scorso con un  gruppo di colleghi parlamentari ecologisti che sbavano attorno a “Greta Thunberg”.

 

Ma questa è un’altra storia.

La realtà è molto più sinistra e globale di così.

Non è solo negli Stati Uniti e nel Regno Unito che si sta abbracciando l’agenda verde.

Sta accadendo in tutta Europa e in tutto il mondo, dall’Australia al Canada.

In termini di salvaguardia dell’ambiente non ha senso neanche quello di offrire un mondo migliore agli elettori:

significherà solo più restrizioni, tasse più alte, bollette energetiche più alte, meno viaggi all’estero, meno libertà e così via.

Quello che bisogna capire è che la presunta «crisi climatica» di cui abbiamo sentito parlare fino alla nausea almeno dal “Vertice della Terra di Rio del 1992” era in realtà solo un pretesto per il tipo di presa di potere globalista ora condotta dai nostri governi al passo con la “The Great Reset” del World Economic Forum e l’Agenda 2030 parallela delle Nazioni Unite (un aggiornamento della sua famigerata Agenda 21).

Il riscaldamento globale provocato dall’uomo (antropico)non è mai stato una minaccia plausibile esistente solo nelle proiezioni modellate al computer di scienziati (attivisti di parte).

(Ma come si fa a credere alla bufala che la Cop2 possa alzarsi in volo verso la stratosfera,  pur pesando più del doppio dell’atmosfera che respiriamo? N.D.R)

E sappiamo tutto su di loro, e potrebbe saperlo bene il “Professor Lockdown” alias “Neil Ferguson.”

 

Per decenni, è stato un utile pretesto per un’azione concertata da parte dei governi di tutto il mondo, sotto gli auspici di organizzazioni come le Nazioni Unite e i suoi vari vertici sul clima della COP, per aumentare artificialmente i prezzi dell’energia e aumentare le norme e i regolamenti statali, e arricchire quindi gli amici lobbisti, con la scusa che tutto è stato fatto per salvare il pianeta….

(Ma quante “bustarelle climatiche” hanno percepito gli scienziati favorevoli all’”Agenda verde 2030”? N.D.R.)

Ma qual è l’obiettivo finale di questi globalisti? E perché l’ambientalismo è una parte così fondamentale del loro piano?

Per questo bisognerà aspettare i prossimi articoli, quando si pubblicherà lo studio di questo fenomeno da quando è iniziato nei primi anni Settanta.

Sfortunatamente, i pazzi che sostengono questo “Great Reset” sono fin troppo seri.

Hanno i soldi, hanno il potere e hanno dalla loro parte i MMS.

Hanno solo bisogno di un po’ più di tempo per realizzare la loro ‘creatura’ sinistra

A meno che, ovviamente, non ci informiamo su cosa stanno facendo e prendiamo misure preventive prima che sia troppo tardi.

Comunque bisogna avere fiducia.

Lentamente le persone si stanno svegliando….

(Aiutaci a salvaguardare le nostre libertà e la nostra Repubblica per le generazioni future!).

 

 

 

 

 

CONSENSO UNANIME SUL CLIMATE CHANGE?

UNA FAKE NEWS.

Opinione.it - Federico Punzi – (01 giugno 2023) – ci dice:

 

Ogni volta, in qualsiasi sede si discuta di clima, non manca mai chi prova a zittire gli interlocutori ammonendo che ormai il “caso è chiuso”, che c’è consenso scientifico sull’origine antropica (ossia dell’uomo) del cambiamento climatico.

 Il 97 per cento degli scienziati – se non il 99 per cento, azzarda qualcuno – concorda che l’aumento delle temperature è dovuto alla Co2 emessa dalle attività umane.

(E che la Co2, essendo più pesante dell’aria, può volare in alto, sempre più in alto a formare la cupola dell’effetto serra stratosferico! N.D.R.)

Un espediente dialettico per delegittimare chiunque – anche scienziati di chiara fama – osi obiettare, o anche solo dubitare.

 Se lo afferma quasi il 100 per cento degli scienziati, chiunque lo neghi è “contro la Scienza” e fa disinformazione.

 

ALL’ORIGINE DELLA BUFALA.

Ma da dove arriva questo 97 per cento?

La scorsa settimana, su La Verità, il professor “Franco Battaglia” è voluto andare all’origine di questa narrazione, risalendo allo studio da cui ha preso vita e arrivando alla conclusione che si tratta di una bufala.

Lo studio è quello pubblicato nel 2013 da “John Cook” e altri otto autori, che hanno preso in esame 11.944 articoli scientifici sul cambiamento climatico o il riscaldamento globale pubblicati tra il 1991 e il 2011.

In effetti, come ammettono gli autori stessi nell’abstract, nel 66,4 per cento di essi non si parla nemmeno di “riscaldamento globale antropogenico”.

Il 32,6 per cento degli articoli sostiene l’origine antropica, lo 0,7 la nega e lo 0,3 per cento è incerto.

È tra questi ultimi articoli, che esprimono una posizione sul “riscaldamento globale antropogenico (o ad opera dell’uomo)”, dunque, che si ottiene il numero magico del 97,1 per cento.

Ma come osserva correttamente il professor “Battaglia”, è il 97,1 per cento del 33,6 per cento, quindi in realtà solo un 32,6 per cento degli 11.944 articoli esaminati prende esplicitamente posizione a favore della teoria dell’origine antropica del riscaldamento globale o cambiamento climatico.

In realtà, il professor Battaglia è stato fin troppo cauto e generoso.

Ad un ulteriore approfondimento, infatti, la bufala risulta essere ancora più clamorosa.

IL “CONSENSO” SCIENTIFICO.

(Ottenuto tramite laute bustarelle! N.D.R.)

Innanzitutto, una premessa molto importante.

Dobbiamo sempre tenere a mente che la scienza non avanza attraverso il consenso, a colpi di maggioranza.

 Ovviamente il consenso della comunità scientifica va preso sul serio e considerato, ma non può esaurire il dibattito scientifico.

Sarà banale ricordarlo, ma ai tempi di Galileo Galilei, il “97 per cento” degli scienziati (non solo bigotti e superstiziosi) credeva fermamente che fossero il sole e gli altri pianeti a girare intorno alla Terra.

Se poi coloro i quali sostengono la causa umana del cambiamento climatico si aggrappano ad un consenso immaginario, basato su una falsa rappresentazione del dibattito scientifico in corso, ciò è ovviamente degno di nota.

Dobbiamo inoltre far notare che l’articolo di Cook, come scrivono gli stessi autori, “è stato concepito come un progetto di “citizen science” da volontari che contribuiscono al sito web “Skeptical Science”, un sito che si occupa di contrastare lo scetticismo e la disinformazione sul riscaldamento globale antropogenico.

LO 0,3 PER CENTO.

Entriamo ora nel merito.

Ciò che emerge è che non solo l’articolo esclude arbitrariamente dal conteggio 7.930 studi che non prendono alcuna posizione sull’argomento.

 C’è di più: quel cosiddetto “97 per cento”, che abbiamo visto in realtà essere un 32,6 per cento, include tre diversi gradi di consenso alla teoria dell’origine antropica del cambiamento climatico.

Solo gli studi che rientrano nella prima categoria sostengono esplicitamente che le attività umane sono la causa principale del riscaldamento.

Nella seconda e nella terza categoria, che guarda caso includono la maggior parte dei lavori, rientrano quegli studi che riconoscono che le attività umane giocano un ruolo nel riscaldamento globale o cambiamento climatico, ma senza quantificarlo, o che le emissioni di gas serra sono responsabili del riscaldamento, senza tuttavia affermare esplicitamente che le attività umane ne siano la causa.

Un successivo studio del 2015, a firma “David Legates” e altri due autori, ha revisionato gli stessi 11.944 articoli scientifici esaminati da “Cook”, scoprendo che solo uno 0,3 per cento di essi (1,6 per cento escludendo i lavori che non si esprimono sull’argomento) sostiene la teoria delle attività umane come causa principale del riscaldamento globale, spacciata invece per verità scientifica al 97 per cento nel dibattito pubblico.

 

Sorprendentemente, rileva questo studio, Cook e i suoi collaboratori avevano essi stessi contrassegnato solo 64 articoli (lo 0,5 per cento degli 11.944 esaminati) a sostegno di questa tesi.

Nessun articolo a sostegno della catastrofe imminente.

 

CONSENSO IMMAGINARIO.

(“Pecunia non olet ”)

Dunque, l’articolo di Cook e soci, da cui trae origine la pretesa dei Verdi e degli attivisti, ha alimentato una falsa rappresentazione del consenso scientifico sulle cause del riscaldamento globale o cambiamento climatico.

 Il 97 per cento è un numero senza alcun fondamento.

La stragrande maggioranza degli studi esaminati o non si esprime, o non ritiene le attività umane la causa principale, ma al più una concausa.

(Nessun vero scienziato del clima potrà mai ammettere che un gas come la CO2 possa volare tranquillo nella stratosfera pur essendo sino quattro volte più pesante dell’aria che respiriamo! N.D.R.)

 

 

 

“Puoi Essere ciò che Vuoi”:

l’Epoca dell’Identità

Psicologicamente Disturbata.

Conoscenzealconfine.it – (7 Agosto 2023) -  Matteo Fais – ci dice:

Non è strano imbattersi, in particolare sui social, in elogi della possibilità di essere qualsiasi cosa si preferisca, a seconda di come ci si sveglia, del giorno, dell’ora, del secondo, seguendo l’umoralità più instabile e lunatica.

 

Addirittura, qualcuno invitava a prendere con serenità il fatto di identificarsi ieri con “Mercoledì Addams” e, oggi, con “Barbie”, cioè con dei personaggi della finzione, di film o produzioni della ricca industria culturale.

Precisamente stava scritto “Potete essere tantissime cose e non c’è nulla che non va”.

Una delle principali caratteristiche dell’essere umano è certo quella di non essere mai fino in fondo sé stesso.

Per quanto il soggetto possa impegnarsi in un ruolo, egli non è mai ciò che è come questo tavolo è rettangolare.

L’essere di quest’ultimo è solido, come quello del minerale.

Esso è, senza la possibilità che nulla turbi la sua natura.

Chi l’ha progettato e, successivamente costruito, gli ha violentemente imposto un’essenza: servire per ospitare qualcosa sopra di sé.

L’uomo non sarà mai un tavolo, poiché egli è libero.

Potrà ben dire “Socrate” di essere quell’uomo coraggioso che va incontro al proprio destino, bevendo la cicuta e assumendo su di sé l’”autorità delle Leggi della Polis” che l’hanno condannato.

Egli mente, come il cameriere che fa di tutto con il suo atteggiamento solerte e servizievole per sembrare solo e unicamente un semplice cameriere.

Entrambi si impegnano in operazioni che li portino a essere ciò che sono.

 Eppure, sia l’uno che l’altro potrebbero decidere di cedere: Socrate alla codardia, fuggendo dalla città e dal tribunale che l’ha giudicato;

 e l’altro a un’idea che gli suggerisse la visione del suo ruolo come semplicemente degradante, da sfruttato.

Quindi, sì, assolutamente, l’uomo è libero, anzi condannato a essere tale.

Se fuori impazza la guerra, tra morte, sangue, stupri e distruzione, io posso ben decidere di godere del mio privilegio e continuare a dedicarmi al sollazzo letterario, opponendo il mio otium alle grida strazianti che giungono da là fuori.

La Storia stabilirà, in futuro, se ero un uomo che ha fatto una scelta in controtendenza, o semplicemente un imboscato infame che non è andato a supportare i suoi connazionali in lotta per liberare il Paese dall’invasore.

Sta di fatto che tendenzialmente, con maggiore o minore sofferenza, a seconda dei casi, e per quanto destinato allo scacco, l’uomo è un disperato tentativo di essere fino in fondo ciò che è.

 Il professore cerca di mostrarsi, financo nel modo di vestire austero e castigato, come quell’uomo che mette l’intelletto sopra ogni cosa.

 La puttana, che ostenta la sua carne, fa di tutto per apparire come votata anima e corpo al conseguimento del piacere.

Per questo, dice “Sartre”, “l’uomo è una passione inutile, un progetto fallito di essere Dio”, cioè di coincidenza con il proprio essere.

In ultimo, noi siamo il nostro immane e fallimentare compito di essere qualcosa: professore o puttana, santo o libertino, manovale o uomo di lettere.

 Noi siamo, insomma, il tentativo di trovare una stabilità su fondamenta ontologicamente terremotate.

 Questa volontà ci ossessionerà dalla culla alla tomba.

Al netto di tutto, non vi è niente di strano in questa aspirazione.

 La volontà che non si limita sfugge a sé stessa verso la pazzia.

E ciò è esattamente quello a cui siamo assistendo. Invece di progettare sé stessi, si fugge da qualsiasi ambizione di concretezza. Essere oggi Mercoledì Addams, domani Barbie, dopodomani un satellite che gravita intorno a Marte…

Perciò la nostra è l’epoca dell’instabilità psicologica eretta a sistema, della schizofrenia che diviene paradigma del vivere civile.

 Non più maschi o femmine, bianchi o neri, intellettuali o cultori della leggerezza, rifiutando o facendo proprio tutto ciò che questi diversi aspetti comportano, ma fluidi e senza peso, sollevati da quello che Pasolini chiama “il selvaggio dolore di essere uomini”.

Perché di lottare contro un male si tratta:

quello di esistere, di dover essere, di trovare un proprio spazio nella valle di lacrime, di decidere se assumere o rifiutare il destino che gli altri ci hanno cucito addosso – il padre di Proust era solito dire “Marcel è un abulico, nella vita non combinerà mai niente, perderà solo tempo”.

Quando sarà realizzata la morte dell’identità, di cui già adesso vediamo alcune tragiche e patetiche manifestazioni, l’umanità sprofonderà in un gioco di specchi che rimanda se non al vuoto, all’inconsistenza.

La dissoluzione è la nostra sorte, l’entropia totale della soggettività.

(Non so Voi, ma a me parrebbe naturale -se fossi scienziato del clima – di gonfiare un palloncino da bambini con gas CO2 e vedere se sale verso il cielo o rimane melanconicamente attaccato alla terra! N.D.R.)

(Matteo Fais)

(ildetonatore.it/2023/08/06/19276/)

 

 

 

 

Clima e riscaldamento globale,

ecco chi finanzia le fake news.

Corriere.it - Milena Gabanelli e Francesco Tortora – (27 aprile 2021) – ci dicono:

 

Sono passati più di 25 anni da quando l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, la massima autorità mondiale sui temi climatici) ha pubblicato il «Climate Change 1995: the Science of Climate Change» il rapporto che per la prima volta mostrava in modo chiaro le evidenze scientifiche sul riscaldamento globale e sull’influenza dell’attività umana.

Eppure ancora oggi sono migliaia le fake news che circolano in rete e che contestano la necessità di un’azione decisa.

La” Royal Swedish Academy of Sciences”, che proprio in questi giorni ha organizzato il primo vertice dei Premi Nobel dedicato al clima («Our Planet, Our Future», 26-28 aprile), lancia l’allarme:

la disinformazione sui social network mette in pericolo le misure per salvare il pianeta.

Dal tabacco al riscaldamento climatico, da sempre i gruppi di interesse usano i media per screditare la scienza.

Negli Usa, con il sostegno dell’ala più conservatrice del partito repubblicano, oggi ripropongono «la strategia del tabacco» sperimentata con successo sin dagli anni ’50 dalle multinazionali delle sigarette per ritardare l’adozione di misure contro il fumo:

 solo nel 2009 il Congresso ha finalmente autorizzato la Food and Drug Administration a regolamentare il consumo del tabacco.

Già all’indomani del rapporto dell’IPCC scienziati, think tank e multinazionali hanno lanciato campagne di disinformazione che sono state riprese da giornali autorevoli come Wall Street Journal, New York Times e Newsweek, e soprattutto dai canali televisivi, ad esempio Fox News.

Tra 2003 e 2010 queste organizzazioni hanno ricevuto dal settore dei combustibili fossili finanziamenti per oltre 900 milioni di dollari l’anno.

La disinformazione si sposta sul web.

Nell’ultimo decennio con il boom dei social media la strategia si è trasferita in rete, dove i negazionisti sostengono che la scienza del clima sia «illegittima, politicizzata, inaffidabile e corrotta».

 Una delle prime «prove» durante l’uragano Sandy del 2012 negli Stati Uniti: i negazionisti hanno postato foto false per accusare i climatologi di allarmismo, riuscendo così a polarizzare il dibattito su Twitter e a far passare l’idea che dietro l’emergenza ci fosse una cospirazione del governo per controllare il Paese.

 Il fenomeno esplode nel 2016 con l’elezione di Donald Trump che in 4 anni ha varato 176 atti e provvedimenti per ridurre le misure contro il riscaldamento climatico, tra cui il ritiro Usa dall’accordo di Parigi sul clima siglato nel 2015.

La tecnica di manipolazione.

I negazionisti isolano pezzi di verità scientifica e li usano strumentalmente per rendere credibili le fake news.

 Prendiamo uno dei loro cavalli di battaglia:

«Il sole è il responsabile del riscaldamento climatico e noi non ci possiamo fare nulla».

In questa frase c’è una parte di verità: come fonte di quasi tutta l’energia terrestre, il sole ha una forte influenza sul clima.

Tuttavia le ricerche scientifiche dimostrano non solo che negli ultimi 40 anni il sole ha subito una leggera tendenza al raffreddamento, ma anche che le temperature sono aumentate solo nella troposfera, ovvero la parte più calda e vicina alla superficie della Terra.

 Nella parte più esterna, la stratosfera, si sono abbassate.

Se il riscaldamento fosse davvero causato dal sole, dovremmo registrare un aumento sia della temperatura sia nella troposfera sia nella stratosfera, perché il calore proverrebbe dallo spazio esterno all’atmosfera

Invece i gas serra, prodotti dall’essere umano, intrappolano il calore solo nella parte più bassa.

Dunque il riscaldamento climatico ha natura antropica.

(La Co2 è molto più pesante dell’atmosfera. Come è possibile solo pensare che la Co2 possa viaggiare nello spazio sopra la terra e non precipitare sula stessa. Insomma un gas pesante più dell’aria non potrà mai raggiungere la stratosfera con modalità naturali. N.D.R)

I principali siti negazionisti.

Uno studio dell’organizzazione” InfluenceMap” pubblicato nel 2019 afferma che negli anni successivi all’accordo di Parigi «le cinque maggiori aziende di gas e petrolio (ExxonMobil, Royal Dutch Shell, Chevron, British Petroleum e Total) hanno investito più di un miliardo di dollari per le campagne di disinformazione sul clima».

Da chi sono finanziati?

Il blog scientifico «Desmog» ha raccolto in un database i nomi di persone, aziende e think tank impegnati a ostacolare la transizione dai combustibili fossili.

Tra i più attivi c’è l’”Heartland Institute” dell’Illinois, in prima linea nel negare le prove scientifiche dell’origine antropica del surriscaldamento terrestre, sostenendo che gli scienziati siano d’accordo sul fatto che si tratta di un fenomeno naturale.

Uno dei più recenti articoli pubblicati sul sito «Climaterealism» contesta i dati sulla siccità affermando che «i satelliti della NASA hanno dimostrato che dal 2003 c’è una diminuzione del 25% delle terre bruciate a livello globale».

Al contrario, lo studio «Climate change increases the risk of wildfires», pubblicato a gennaio del 2020 sulla rivista scientifica “ScienceBrief Review”, rivela come negli ultimi anni i cambiamenti climatici abbiano aumentato sia la frequenza sia la gravità degli incendi in tutto il mondo.

L’Heartland Institute è un ente non-profit, dunque non ha l’obbligo di rivelare le fonti di finanziamento.

Tuttavia dal 1998 ha ricevuto almeno 676.500 dollari da ExxonMobil, attraverso Donor Trust, un fondo che può erogare risorse nascondendo l’identità dei donatori, e 55 mila dollari da Koch Industries, mentre fino al 2012 aveva ricevuto 395 mila dollari dalla Philip Morris.

Tra i siti negazionisti più famosi ci sono “JunkScience.com” e “Friendsofscience.org”.

Il primo è gestito da “Steve Milloy”, avvocato, lobbista e commentatore di Fox News:

tra le sue bufale più celebri c’è quella secondo cui la messa la bando del pesticida Ddt da parte degli Stati Uniti ha causato milioni di morti in Africa.

“Friendsofscience.org” è stato lanciato nel 2002 da una società non-profit di Calgary, Canada, e diffonde fake news come «La terra si sta raffreddando» e «Il sole provoca il cambiamento climatico».

Secondo il “Globe&Mail” i principali finanziatori di “Friendsofscience.org” sono le industrie di petrolio e gas canadesi.

 In Europa si distingue la “Global Warming Policy Foundation”, lobby britannica creata nel 2009 da “Lord Nigel Lawson”, ex ministro delle Finanze di Margaret Thatcher (nel Consiglio d’amministrazione il milionario Terence Mordaunt, l’ex direttore del Daily Telegraph Lord Charles Moore, l’ex europarlamentare lib-dem baronessa Emma Nicholson e il deputato laburista Graham Stringer), che di recente ha diffuso un articolo sul presunto aumento della popolazione degli orsi polari: da 26 mila nel 2016 a 30 mila nel 2020.

 In realtà, come dimostra uno studio pubblicato su “Nature” nel luglio del 2020, gli orsi polari sono sempre di meno e in 80 anni tutti gli esemplari presenti sulla Terra potrebbero scomparire.

Il 25% dei tweet sul clima sono opera di “bot”.

Nel 2020 una ricerca della “Brown University “ha rivelato come un quarto dei tweet sul clima nei giorni precedenti e successivi alla decisione di Trump di uscire dagli accordi di Parigi siano stati pubblicati da” bot”, programmi automatici in grado di svolgere precise attività o di interagire con gli umani.

Gli esperti hanno esaminato 6,5 milioni di tweet lanciati tra maggio e giugno 2017 e ordinati dai ricercatori secondo categorie tematiche con il software dell’Università dell’Indiana «Botometer».

Lo studio ha appurato che in una giornata normale il 25% di tutti i tweet sulla crisi climatica proveniva da “bot”.

 Negli ultimi anni, sempre su Twitter, i negazionisti hanno adottato una nuova strategia: presentarsi come «realisti» contrapposti agli «allarmisti».

 Il sito New Republic ha rivelato che l’uso dei termini «realisti» e «allarmisti» fino al 2016 era piuttosto raro (circa 200 tweet all’anno), mentre tra gennaio 2016 e marzo 2020 è cresciuto del 900%.

Le fake news sui media italiani.

Nel giugno 2019 diversi siti web italiani hanno pubblicato la «Petizione sul riscaldamento globale antropico», documento inviato ai presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera dei Deputati e del Senato, in cui si contesta «l’allarmismo climatico» e si dice apertamente che non c’è nessuna urgenza né crisi irrimediabile.

La petizione, sottoscritta da 83 persone tra cui alcuni scienziati, ha avuto una grande eco.

Il blog scientifico “climalteranti.it “, che da anni fa le pulci ai negazionisti in rete, ha smontato le fake news presenti nel documento e mostrato come i firmatari, tranne pochissime eccezioni, non avevano alcuna competenza di scienza del clima.

È stata anche ricostruita la storia della petizione del 1997 che ne era il modello: in particolare sono emersi i legami tra il promotore del testo del 1997, il fisico “Frederick Seitz”, e le industrie del tabacco e del fossile.

“Stefano Caserini”, docente di” Mitigazione dei cambiamenti climatici” al Politecnico di Milano e coordinatore di “climalteranti.it”, afferma che rispetto a dieci anni fa la situazione è nettamente migliorata:

«Oggi più del 99% degli scienziati riconosce il riscaldamento climatico di origine antropica.

 E in effetti sui siti scientifici e sulle testate più autorevoli le fake news non compaiono più, mentre sono diventate virali sul web.

E l’effetto è devastante perché instillano dubbi in una parte della popolazione, proprio nel momento in cui è indispensabile un cambio radicale dei comportamenti collettivi.

L’ultimo appiglio dei negazionisti, ormai privi di teorie alternative e sconfessati dai fatti, è quello di sostenere che ormai è troppo tardi per intervenire».

Il nuovo corso di Facebook e le emissioni di C02 nel mondo.

Dopo anni di totale assenza di controlli qualcosa sta cambiando, almeno sul social network più diffuso.

 Dal 2020 Facebook ha ideato il «Climate Science Information Center», piattaforma che segnala le fake news climatiche postate dagli utenti e invita a consultare fonti ufficiali e affidabili come l’IPCC.

Intanto nel 2020 le emissioni globali di CO2, causa lockdown planetario, sono diminuite del 5,8%, ma le previsioni per il 2021 mostrano già un aumento del 5%.

La Cina, nonostante abbia firmato l’accordo di Parigi, continua ad aumentare le emissioni che sono cresciute dello 0,8% anche nell’anno della pandemia.

Pechino resta il principale inquinatore con oltre il 29% della CO2 prodotta nel mondo.

Fanno meglio sia gli Usa (nonostante Trump), sia la Ue.

 L’anno scorso hanno entrambi ridotto del 10% le emissioni di CO2 e oggi producono rispettivamente il 16% e l’11% delle emissioni mondiali.

La buona notizia è che Joe Biden, appena diventato Presidente degli Stati Uniti, ha riportato gli Usa nell’accordo sul clima.

La Cina ha in programma di raggiungere la neutralità climatica nel 2060, Usa e Ue nel 2050.

(Comunque è incredibile che il gas serra CO2- più pesante dell’aria -possa viaggiare nell’atmosfera e creare una volta di Co2 -come previsto dal gas serra- sopra la terra! N.D.R).

 

 

 

I “500 scienziati” e la bufala

dell’emergenza climatica

che “non esiste.”

Qualenergia.it – (26 settembre 2019) - Redazione QualEnergia.it – ci dice:

 

Rilanciata anche dai media italiani la lettera dei 500 scienziati e accademici che si ostinano a negare l’esistenza di una crisi ambientale.

In questi giorni molte testate e siti web d’informazione in Italia hanno rilanciato la notizia dei 500 scienziati che negano l’esistenza di una crisi climatica.

Il loro pensiero si riassume nella lettera indirizzata al segretario generale delle Nazioni Unite, “Antonio Guterres”, alla vigilia del “vertice di New York dedicato ai cambiamenti climatici”.

“There is no climate emergency” è l’inizio, con caratteri ben evidenziati in grassetto e più grandi rispetto al corpo principale del testo, del documento firmato da 14 ambasciatori dell’”European Climate Declaration”, tra cui l’italiano “Alberto Prestininzi”, docente di Geologia applicata presso l’Università La Sapienza di Roma.

Il primo firmatario è l’olandese “Guus Berkhout”, ex professore di geofisica alla “Delft University of Technology” dal 1976 al 2007;

“Berkhout” ha iniziato la sua carriera nell’industria petrolifera lavorando per “Shell” negli anni ’60 ed è il co-fondatore di un’organizzazione che punta a smentire i presupposti dell’emergenza climatica, “Climate Intelligence Foundation” (Clintel).

È stato il quotidiano britannico online” The Independent”, il 6 settembre, a parlare di una campagna orchestrata da centinaia di esponenti clima-scettici (professori, lobbisti, politici) volta a bloccare ogni impegno internazionale per costruire un’economia a zero emissioni di CO2 entro il 2050.

Nell’articolo si citava una lettera che sarebbe stata inviata all’ONU prima del “Climate Action Summit “di New York; il quotidiano a sua volta rimandava al sito inglese di giornalismo investigativo “DeSmog”, che per primo aveva ottenuto il documento.

Poi la lettera è sbarcata anche in Italia.

Gli argomenti sono quelli classici di chi nega apertamente la relazione tra attività umane e surriscaldamento globale:

ad esempio, si sostiene che il clima della Terra è cambiato più volte da quando esiste il nostro pianeta, con periodi più caldi e più freddi causati da fattori naturali.

Ma questa tesi è stata smontata da un recente studio dove si spiega che per la prima volta nella storia un periodo eccezionalmente caldo sta interessando tutta la superficie terrestre nello stesso momento, con temperature medie globali mai così alte da 2.000 anni, al contrario di quanto avveniva in passato con picchi di caldo o freddo che si verificavano in tempi differenti e in diverse zone geografiche.

In altre parole: nelle altre epoche non c’è mai stato un surriscaldamento o raffreddamento “globale”.

Per parlare di “global warming” c’è voluta la rivoluzione industriale con l’utilizzo massiccio di combustibili fossili, che ha fatto aumentare velocemente la concentrazione di gas-serra nell’atmosfera.

Poi nella lettera si afferma che i modelli climatici attuali sono inadeguati e che il Pianeta si sta scaldando meno del previsto;

inoltre, i firmatari dichiarano che manca un’evidenza statistica tra il cambiamento climatico e l’intensificarsi degli eventi “estremi” come uragani, ondate di calore, inondazioni e così via.

Non resta che supporre che questi professori, scienziati, lobbisti, abbiano ignorato gli ultimi rapporti dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organismo dell’Onu che studia l’evoluzione del clima), del programma ambientale delle Nazioni Unite, di università, istituzioni, centri meteorologici, tutti concordi nel sostenere che l’emergenza climatica esiste ed è in pieno svolgimento

Certamente ci sono diverse incertezze e incognite nei modelli climatici.

Ad esempio, molti dubbi restano su come la Terra “risponderà” alle sempre più elevate concentrazioni di CO2 nell’atmosfera:

 rimandiamo a questo articolo per approfondire il dibattito su un futuro “Pianeta-serra”.

Il punto poi è che la lettera firmata da “Berkhout” e dai suoi colleghi omette di argomentare sotto il profilo scientifico l’affermazione secondo cui non c’è alcuna emergenza climatica.

Dove sono i dati, i rapporti statistici, i grafici, gli studi che dovrebbero farci buttare nel cestino le migliaia di pagine finora scritte dalla comunità scientifica internazionale in tema di surriscaldamento globale?

Quando si parla di cambiamento climatico di fronte a coloro, a dispetto delle evidenze, che ancora sostengono che il contributo dell’uomo sia “scientificamente controverso” si è soliti citare uno studio della letteratura scientifica del 2013 pubblicato su “Environmental Research Letter: Quantifying the consensus on anthropogenic global warming” in” the scientific literature”, di John Cook et al.

Quel lavoro mostrava che il 97-98% delle pubblicazioni scientifiche sull’argomento concludono che il “climate change” è reale ed è legato alle emissioni antropogeniche di gas serra.

Una successiva ricerca sulla scienza del clima, pubblicata nel 2017 su “Theoretical and Applied Climatology”, va oltre, esaminando proprio quel 2% degli studi di climatologia che non confermano la tesi del riscaldamento globale dovuto alle attività umane e, in particolare, quello 0,4% che la nega esplicitamente.

La pubblicazione (di cui avevamo parlato qui) si intitola” Learning from mistakes in climate research” e il team di ricercatori che la firma ha fatto le pulci a 38 studi di questo tipo, ricontrollando le assunzioni di base e rifacendo i calcoli.

 Il risultato è molto interessante.

“Ognuna di quelle analisi contiene almeno un errore – nelle assunzioni, nella metodologia o nell’interpretazione dei risultati – che, una volta corretto, porta a risultati in linea con quelli del resto della comunità scientifica”, cioè di quel 97% delle pubblicazioni che conferma che è in atto un grave cambiamento climatico dovuto alla CO2 e agli altri gas immessi in atmosfera dall’uomo, spiega una delle autrici, “Katharine Hayhoe” della “Texas Tech University”.

(Ma come fa la Co2 - che è più pesante dell’atmosfera - ad essere salita nell’atmosfera così in alto senza cadere sulla terra? N.D.R.)

 

 

 

Senza i super ricchi globalisti

non salveremo il clima.

Valori.it - Andrea Barolini – (17.01.2022) – ci dice:

 

L’1% più ricco della popolazione mondiale è responsabile del 17% delle emissioni totali di CO2.

 Al contrario, al 50% più povero è attribuibile appena il 12% dei gas ad effetto serra dispersi nell’atmosfera.

A spiegarlo è uno studio del “World Inequality Database”, condotto dall”’economista Lucas Chancel”.

L’analisi spiega in particolare che la porzione più abbiente della popolazione della Terra emette, in media, 110 tonnellate all’anno di CO2, mentre la metà più povera tocca appena le 1,6 tonnellate.

 Il rapporto è dunque di 1 a 70: un’enormità.

Lo studio ricorda inoltre che, a partire dal periodo preindustriale, le emissioni di biossido di carbonio dovute alle attività antropiche sono state pari a circa 2.500 miliardi tonnellate.

Ne discende che, se si vorrà centrare l’obiettivo più ambizioso dell’”Accordo di Parigi”, ovvero limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 gradi centigradi, alla fine del secolo, possiamo ancora permetterci di disperdere nell’atmosfera non più di 300 miliardi di tonnellate.

Quanto ci vorrà per farlo?

Al ritmo attuale basteranno sei anni per esaurire tale “bonus”.

I super ricchi globalisti devono fare la loro parte.

Cosa si può fare per evitare il peggio?

Dati alla mano, la soluzione è semplice:

 cominciare ad attenuare, e se possibile eliminare, le disuguaglianze.

 È chiaro infatti, leggendo un rapporto come quello del “World Inequality Database”, che non è pensabile immaginare di salvare il clima del Pianeta chiedendo sforzi soltanto alla popolazione povera o mediamente agiata.

Se a cambiare rotta non saranno anche i super ricchi della Terra, non avremo scampo.

Una proposta giunta dagli autori del rapporto è quella di introdurre una carbon tax basata su un principio di progressività.

Il che significherebbe non soltanto pagare di più in funzione del quantitativo di CO2 emesso, ma chiedere un contributo maggiore a chi è più abbiente.

 Semplice quanto efficace.

In un’intervista al quotidiano francese “Le Monde”, “Chancel” ha spiegato che «un’imposta progressiva sui più alti patrimoni, accompagnata da una tassa supplementare sull’inquinamento prodotto da chi possiede azioni di aziende di settori ad alto impatto in termini di emissioni climalteranti, potrebbe generare entrate per gli Stati comprese tra l’1,5 e il 2% del Pil mondiale».

Quanto basterebbe per fronteggiare i costi della transizione ecologica.

Cari governi, preferite aspettare la catastrofe?

(La Co2 è la vita per la terra e per gli uomini che la abitano. La Co2 è più pesante dell’atmosfera e quindi si adagia alla terra e al mare! La Co2 è stata creata da Dio per difendere questo sistema. La co2 assieme ai suoi creatori non ha necessità di finanziamenti per esistere e farci vivere. Sono i ricchi globalisti che vogliono attuare la transizione ecologica per distruggere il pianeta su cui viviamo credendo di arricchirsi! N.D.R.)

 

 

 

Il cambiamento climatico:

le cause e le conseguenze

tuttosanità.com – (1° Agosto 2023) - GIAMPIERO PANE – ci dice:

 

Il cambiamento climatico, assieme alla perdita di biodiversità, è una delle più grandi sfide che il nostro mondo deve affrontare.

 L’aumento delle temperature medie globali sta infatti compromettendo il nostro clima e tali effetti, se non contrastati con azioni concrete, sono destinati ad aggravarsi nei prossimi anni.

È soltanto adesso che ci è concessa la possibilità di poter agire e prevenire cambiamenti in futuro irreparabili.

Dobbiamo contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo devono necessariamente diminuire almeno del 50% entro il 2030.

Cos’è il cambiamento climatico.

Il clima è naturalmente variabile.

 La mancanza di regolarità nelle stagioni da un anno all’altro è un esempio di questa variabilità causata da molti fattori che interagiscono tra loro (cambiamenti delle correnti oceaniche, attività vulcanica, radiazione solare, grandi eventi climatici come El Niño, i monsoni indiani e così via).

 Il cambiamento climatico rappresenta quindi una variazione significativa e duratura nella distribuzione statistica dell’andamento meteorologico e può avvenire in decenni o in milioni di anni.

 Il cambiamento si realizza in variazioni delle condizioni meteorologiche medie (ad esempio, data media di inizio della stagione umida ai tropici) o in variazioni della frequenza di eventi meteorologici estremi come inondazioni, siccità e tempeste.

 I cambiamenti negli schemi orbitali del sole, chiamati “Cicli di Milanković”, sono il più significativo fattore del cambiamento climatico:

negli ultimi 40mila anni sono stati infatti la principale forza trainante degli ultimi quattro cicli di glaciazioni e periodi caldi.

Il clima della Terra è tuttavia cambiato in modo significativo negli ultimi 150 anni ed è estremamente importante capire quali siano le cause di tale anomala variazione in un periodo di tempo così breve.

Surriscaldamento del pianeta su scala globale.

Molti studi hanno dimostrato in modo risolutivo che le temperature medie globali hanno iniziato ad aumentare dalla seconda metà del XIX secolo.

Questo fenomeno, comunemente chiamato “surriscaldamento globale”, è in realtà definito da scienziati ed esperti “cambiamento climatico antropogenico” perché causato, appunto, da attività umane (in particolare da emissioni di CO2 nell’atmosfera dovute all’utilizzo di combustibili fossili).

Il rapporto speciale dell’IPCC sul riscaldamento globale di 1,5 ºC, pubblicato nell’ottobre 2018, ha dimostrato che le attività umane hanno già avuto un impatto significativo sulle temperature globali e che il riscaldamento è in continuo aumento:

“Si stima che le attività umane abbiano causato circa 1,0 °C di riscaldamento globale al di sopra dei livelli preindustriali, con un possibile range che va da 0,8 °C a 1,2 °C.

Se continuerà ad aumentare al ritmo attuale, il riscaldamento globale raggiungerà probabilmente 1,5 °C tra il 2030 e il 2052″.

Sebbene un aumento della temperatura di 1,5 °C possa sembrare insignificante, il già citato rapporto dell’IPCC dimostra come ciò potrà condurre a gravi conseguenze.

Le cause del cambiamento climatico.

Le temperature sulla Terra sono vivibili grazie a un processo naturale chiamato “effetto serra”.

Quando le radiazioni del sole raggiungono la nostra atmosfera, alcune vengono riflesse nello spazio mentre altre passano e vengono assorbite dalla Terra, facendo sì che la superficie del nostro pianeta si riscaldi.

Il calore della Terra viene tuttavia irradiato verso l’esterno e assorbito dai gas presenti nell’atmosfera terrestre, chiamati “gas serra”.

 I gas serra impediscono che il calore si dissipi nuovamente nello spazio e mantengono la temperatura media della Terra a circa +15 °C invece che a -18 °C.

Nel corso dell’ultimo secolo, gli esseri umani hanno immesso nell’atmosfera più gas serra, aumentandone così il relativo effetto.

Molti di questi gas provengono dall’utilizzo di combustibili fossili impiegati in fabbriche, mezzi di trasporto e agricoltura.

 L’anidride carbonica (Co2)è il gas maggiormente responsabile del surriscaldamento, soprattutto perché maggiormente presente.

Altri gas a effetto serra sono il metano, il protossido di azoto, i CFC, gli HCFC e il bromuro di metile.

Il riscaldamento climatico è ulteriormente aggravato dalla perdita di foreste e zone umide, responsabili di immagazzinare CO2:

si stima che ogni giorno vengano abbattuti più di 32mila ettari di foresta pluviale tropicale per l’industria del legname o per la costruzione di campi agricoli.

Le conseguenze.

Il cambiamento climatico sta alterando non solo l’ambiente in cui viviamo, ma anche l’economia, le comunità e, non ultima, la nostra salute.

 Se non modificheremo il nostro stile di vita e il nostro consumo di energia per contenere l’incremento della temperatura globale al di sotto di 1,5 °C, le conseguenze saranno disastrose.

Lo scenario che il report speciale dell’IPCC descrive dopo accurati studi scientifici prevede gravi effetti. Alcuni di questi includono:

Scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello del mare a causa dell’espansione dell’acqua a temperature più calde.

Aumento dell’intensità e della frequenza di fenomeni meteorologici estremi come uragani, inondazioni, siccità e tempeste.

Scarsità d’acqua in alcune zone, desertificazione e diminuzione delle rese dei raccolti con conseguente inasprimento delle tensioni regionali esistenti e ulteriori violenti conflitti.

Stagioni meno affidabili e prevedibili, pianificazione a lungo termine difficile e più probabile al fallimento per i raccolti con conseguente carenza di cibo.

Distruzione delle barriere coralline, acidificazione degli oceani e diminuzione delle rese nell’industria della pesca.

Perdita degli habitat, biodiversità, ecosistemi ed estinzione di specie.

Cambiamenti nella gamma geografica delle specie.

Aumento delle malattie, in particolare malaria e febbre dengue, in quanto le zanzare sono in grado di sopravvivere a latitudini e altitudini più elevate.

In passato si pensava che la lotta al cambiamento climatico avrebbe richiesto un costo finanziario imponente, il che potrebbe spiegare perché molti Paesi sono stati riluttanti nel prendere misure preventive.

 Ad oggi l’impatto economico del cambiamento climatico si considera enorme:

il surriscaldamento del pianeta è una situazione di perdita per tutti ed è nell’interesse di tutti noi prevenirlo!

L’urgenza di agire.

Come spiega il rapporto speciale dell’IPCC, partendo dal 2018 ci restano solo 12 anni per limitare il riscaldamento globale ad un massimo di 1,5 °C.

Ciò significa, in pratica, che le emissioni di gas serra devono essere ridotte drasticamente a partire da ora.

10 Soluzioni Semplici per “Contrastare i Cambiamenti Climatici”

Per contrastare i cambiamenti climatici serve il contributo di tutti.

Scopri 10 consigli utili e pratici per fare la tua parte tutti i giorni

I disastrosi effetti dei cambiamenti climatici stanno preoccupando sempre di più. Recentemente è stato pubblicato un rapporto dell’”Intergovernmental Panel on Climate Change” (IPCC) dell’ONU, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, con dati aggiornati allarmanti.

Si registra che gli ultimi 5 anni sono stati i più caldi dal 1850 a oggi e che i livelli di CO2 nell’aria sono altissimi.

 Questo contribuisce all’aumento delle temperature e al divampare di gravi incendi.

Per non parlare ovviamente dello scioglimento dei ghiacciai che sta portando sull’orlo dell’estinzione numerosissime specie animali.

 Senza contare che l’innalzamento dei mari nei prossimi anni costringerà chi vive nelle zone costiere a trasferirsi altrove perché inabitabili.

Tutte queste conseguenze sono inequivocabilmente legate alle attività umane.

Stando al rapporto, però, non tutto è perduto.

Se tutti, Nazioni e cittadini, si impegnassero e si unissero si otterrebbero degli ottimi risultati e si concorrerebbe a frenare questo preoccupante fenomeno.

Cosa possiamo fare noi nel nostro piccolo ogni giorno per contribuire ad ostacolare i cambiamenti climatici?

Ecco 10 consigli utili e pratici da mettere in pratica nel quotidiano.

Piantare nuovi alberi e salvaguardare le foreste.

 Piantare nuovi alberi può sembrare quasi un gesto banale e scontato, ma si tratta di un’azione molto significativa che può contribuire enormemente a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Gli alberi apportano infatti numerosi benefici:

assorbono la Co2 e migliorano la qualità dell’aria, abbassano le temperature, contribuiscono al mantenimento della biodiversità e ci permettono di avere uno stile di vita più sano ed equilibrato.

 Per questo motivo è importantissimo non solo non danneggiare le foreste, ma anche, se ne abbiamo la possibilità, piantare più alberi possibili nei nostri giardini.

 

Proteggere gli oceani.

Anche gli oceani, così come le foreste, contribuiscono in larga misura ad assorbire l’anidride carbonica in eccesso e a regolare le temperature.

Tuttavia anche gli oceani sono in grave pericolo: le specie che li abitano sono minacciate dalla pesca intensiva e spesso e volentieri gli oceani sono utilizzati come delle vere e proprie discariche.

All’interno di essi vengono riversati rifiuti, liquami e tristemente conosciute sono le isole di plastica.

Anche se questo problema sembra enorme e ci sentiamo impotenti, è fondamentale che ognuno faccia la propria piccola parte.

È importante non inquinare le spiagge, non abbandonare rifiuti e contribuire attivamente alla loro pulizia.

 Sarebbe anche auspicabile ridurre i consumi di pesce o comunque preferire prodotti provenienti da pesca sostenibile.

Migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni.

 Per limitare i consumi di energia all’interno delle nostre abitazioni è importante fare scelte consapevoli e investimenti che, seppur inizialmente costosi, faranno la differenza nel lungo periodo, non solo da un punto di vista ambientale ma anche economico.

 Si potrebbero installare pannelli solari per riscaldare l’acqua e pannelli fotovoltaici ottenere energia elettrica in modo pulito e autosufficiente.

 È anche importante isolare le abitazioni per non disperdere calore e diminuire gli sprechi di energia.

A tal proposito bisognerebbe optare per lampadine a led a basso consumo e non lasciare gli apparecchi in stand-by.

Sarebbe opportuno anche sostituire vecchi elettrodomestici e riparare eventuali guasti.

Optare per mezzi di trasporto sostenibili.

 I mezzi di trasporto che impiegano carburanti derivanti dai combustibili fossili per funzionare sono tra i maggiori responsabili dell’innalzamento delle temperature e dei cambiamenti climatici in generale. Sarebbe quindi auspicabile optare per automobili ibride o elettriche, utilizzare mezzi di trasporto pubblici oppure, ancora meglio, muoversi a piedi o in bicicletta. Anche per i viaggi sarebbe consigliabile muoversi in treno anziché in aereo e in nave.

Ridurre l’utilizzo della plastica.

 Siamo ormai tutti consapevoli del fatto che la plastica sia un materiale altamente inquinante che andrebbe decisamente evitato.

Per far ciò si potrebbe smettere di acquistare prodotti confezionati nella plastica, come ad esempio acqua e cibo, preferendo in alternativa prodotti sfusi oppure imballati in materiali più sostenibili come carta e vetro.

Per evitare di acquistare bottiglie in plastica sarebbe bene dotarsi di una borraccia o di una bottiglia riutilizzabile da portare sempre con sé.

Bando a tutti i prodotti monouso e a quelli che ormai sono proposti anche in materiali naturali, come spazzolini da denti in bamboo e dischetti di cotone riutilizzabili.

Smaltire correttamente i rifiuti.

 Una delle regole d’oro per aiutare l’ambiente e per contrastare i cambiamenti climatici è quella di fare la raccolta differenziata.

In molti comuni italiani è ormai attiva la raccolta porta a porta dei rifiuti, molto utile nell’aiutarci ad avere uno stile di vita più sostenibile.

In ogni caso è indispensabile continuare ad impegnarci facendo la nostra piccola parte, dividendo correttamente i rifiuti.

Per chi possiede un giardino, inoltre, è molto utile creare un compost fatto in casa: oltre a dare una seconda vita ai rifiuti organici, le vostre piante ne beneficeranno.

Seguire le tre “R”: ricicla, riutilizza e riduci.

 Oggigiorno siamo abituati ad acquistare tantissime cose superflue: che siano oggetti o capi d’abbigliamento, i bassi prezzi offerti dalla grande distribuzione ci spingono ad acquistare anche ciò che non ci serve.

Tutto ciò è deleterio per il nostro pianeta perché le risorse vengono sfruttate in modo sconsiderato per produrre beni non necessari e che non vengono talvolta nemmeno utilizzati.

Ad esempio, è stato provato che l’industria del “fast fashion” è una delle più inquinanti.

 Per questo motivo sarebbe meglio limitare i consumi, acquistando solamente cose durevoli che ci servono davvero.

Quando un oggetto si rompe, sarebbe bene cercare di ripararlo anziché correre a comprarne uno nuovo.

 Come sarebbe bene donare tutti gli oggetti che non usiamo più invece di gettarli. Dare nuova vita agli oggetti è un ottimo modo per aiutare il nostro Pianeta.

Investire in fonti di energia rinnovabile.

Le energie rinnovabili sono delle grandissime alleate per contrastare i cambiamenti climatici.

 Energia solare, eolica, idrica e geotermica sono infatti non inquinanti e sostenibili, ciò significa che sono sempre disponibili e si potrà beneficiarne anche in futuro, al contrario dei combustibili fossili.

 Se ancora non l’hai fatto, dovresti optare per un fornitore di energia al 100% da fonti rinnovabili.

Alimentazione vegetale: un’alleata contro i cambiamenti climatici

 Anche gli allevamenti intensivi per la produzione di carne, uova e latticini contribuiscono ai cambiamenti climatici.

 L’ideale sarebbe optare per l’alimentazione vegana, ma se questa scelta può suonare come troppo radicale ci sono altri modi per migliorare la nostra alimentazione a favore del pianeta.

Si potrebbe limitare il consumo di carne, optando in alternativa per prodotti vegetali come frutta e verdura, cereali e legumi.

È anche importante scegliere prodotti di stagione e coltivati in modo biologico e a km zero.

Creare un orto nel proprio giardino è un’ottima idea per cercare di adottare un’alimentazione più sana e sostenibile.

Adottare accorgimenti eco-friendly tutti i giorni.

Infine, l’attenzione alle nostre pratiche e abitudini quotidiane non è mai troppa. Basta veramente poco per fare la differenza nel nostro piccolo, ad esempio spegnendo le luci quando non servono, fare docce brevi e preferirle al posto della vasca da bagno, utilizzare l’acqua piovana per irrigare i fiori.

 Anche le nostre abitudini di consumo possono essere cambiate ed essere più sostenibili:

 si dovrebbe optare per piccole realtà locali, acquistare prodotti artigianali e investire in prodotti di qualità e durevoli.

Anche se i cambiamenti climatici ci spaventano e ci sentiamo impotenti davanti a un fenomeno che sembra ormai inevitabile è importante non perdere la speranza, continuare a impegnarci facendo la nostra parte e adottare accorgimenti che potrebbero fare la differenza.

 

 

 

 

Prima si dragavano i fiumi, si pulivano

i tombini oggi si dice “Allarme meteo”

Ed è tutto risolto?

ARGINI E MARGINI. COLPA DELL’ANIDRIDE CARBONICA (CO2)?

 

Sovranitàpopolare.org – Redazione -Francesco Cappello – (20/05/2023) – ci dice:

 

Pulizia dei fiumi. Uno dei tanti interventi necessari che in Italia non si fanno.

Là, dove il fiume rallenta, l’impeto delle acque perde la capacità di trascinamento di detriti e sassi che perciò si depositano sul letto del fiume/torrente alzandolo continuamente rispetto al livello precedente.

Molto sbrigativamente, piuttosto che intervenire dragando i fondali, si decide di alzare gli argini.

 Il risultato è che il torrente/fiume scorre “lassù”, sempre più in alto.

È facile poi prendersela con il tarpone che scava le sue tane creando un varco alle acque o con i cambiamenti climatici globali e le bombe d’acqua mentre si grida alla necessità di alti argini di cemento armato (soluzioni ingegneristiche ad alto valore aggiunto…).

È facile poi prendersela con il tarpone o gridare alla necessità di alti argini di cemento armato (soluzioni ingegneristiche ad alto valore aggiunto…).

Gli “attivisti del clima” dovrebbero smettere di imbrattare i monumenti nazionali e studiare le vere cause e i veri rimedi tenendo presente che:

Pigliandosela con l’anidride carbonica(Co2) si può ignorare:

1. la necessità di urgente intervento rispetto al dissesto idrogeologico in atto nel Paese da decenni mentre si continua indisturbati nell‘opera di devastazione del territorio;

2. la necessità di indagare sulla eventuale sperimentazione militare di armi per la alterazione climatica a scopo bellico e la loro eventuale applicazione così da fugare una volta per tutte dubbi di questo tipo;

Mentre si impongono:

3. la tassazione della produzione della CO2 a imprese e famiglie;

4. le stupide quanto esose tecnologie green proposte dalle grandi multinazionali e le “soluzioni” green con cui si intendono camuffare i nuovi sistemi di sorveglianza, i nuovi lockdown di colore green (vedi città “smart” 15 minuti).

Si tratta sempre di danni provocati dall’incuria del territorio, dalla mancata manutenzione e dal conseguente dissesto idrogeologico;

basti pensare alle conseguenze dell’abbandono del territorio montano.

 Il patrimonio artistico, monumentale e culturale italiano è unico al mondo per il suo indissolubile rapporto con l’ambiente;

nei secoli si è determinata una stratificazione tra patrimonio artistico ed ambiente. Per dare un futuro al paesaggio reso fragile da mille processi che ne negano conservazione e riproduzione, alla montagna povera e agli interni (in Italia piú della metà del territorio)

«lungo le valli frontaliere delle Alpi Marittime, le antiche vie del sale appenniniche e il paesaggio delle case in terra cruda dall’Adriatico al Tirreno passando per la fragilità di tante città come Venezia» e costruire ponti tra passato e progetti di futuro è necessario tornare a investire attraverso grandi piani nazionali di intervento e mobilitare le energie e le competenze in grado di reinventare il futuro che ci è stato sottratto.

Siamo un paese a grandissima vocazione turistica.

Cura e messa in sicurezza del territorio e dell’ambiente, cura della persona, delle strutture pubbliche, piani di intervento di riqualificazione urbana, ristrutturazione energetica di edifici pubblici e privati, possono dare l’idea di quanto lavoro utile si manca di fare.

Avremmo bisogno di inaugurare un nuovo sistema economico che dovrebbe condurre alla piena occupazione delle nostre energie e alla piena applicazione delle nostre competenze.

 E pensare che ai giovani si dice che non c’è lavoro.

In verità siamo circondati da lavoro incompiuto…

La geofisica del nostro territorio è generalmente caratterizzata da terreni argillosi o sabbiosi spesso in- coerenti e non stabilmente ancorati alla roccia.

Il nostro è uno dei Paesi più franosi al mondo.

Circa i 2/3 delle frane in tutta la UE sono italiane.

Territori fragili, densamente abitati, con carenza di pianificazione e repentina scomparsa delle manutenzioni.

 Nel 42% dei centri abitati, in ottemperanza ai vincoli del patto di stabilità, non viene svolta regolarmente la manutenzione ordinaria di fossi e corsi d’acqua, canali di drenaggio e scolo malgrado si sappia che 1 euro speso in prevenzione fa risparmiare fino a 100 euro in riparazione dei danni.

Alla pericolosità da frana si aggiunge quella idraulica.

Il Rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale fornisce i dati degli indicatori nazionali di rischio per frane e alluvioni relativi a popolazione, imprese, beni culturali e superfici artificiali, elaborati sul territorio nazionale con l’obiettivo di fornire un importante base conoscitiva a supporto delle politiche di mitigazione del rischio.

Si monitora ma non si interviene adeguatamente.

(isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/ rapporti/dissesto-idrogeologico-in-italia-pericolosita-e-indicatori-di-rischio-rapporto-2015 e successivi).

È necessario piuttosto gestire l’impatto del cambiamento climatico come si è sempre fatto in passato con i mezzi allora a disposizione, nell’immediato, a breve e lungo termine, per adattarsi agli eventi di più intensa precipitazione, causa di inondazioni in territori fragili e franosi.

 Servono perciò mappe del rischio locale (zone a maggiore vulnerabilità), ad uso degli enti governativi locali, per giungere a piani di adattamento secondo le indicazioni del piano di adattamento nazionale.

Tali piani presuppongono naturalmente piani di finanziamento a lungo termine.

Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) è disponibile all’indirizzo che segue: (minambiente.it/sites/default/files/archivio_immagini/adattamenti_climatici/documento_ pnacc_luglio_2017.pdf)

Ridurre e gestire il rischio sarebbe un investimento strategico per ridare un futuro al Paese, per sbloccare economie e lavoro ed evitare lo spreco di territorio, cultura e bellezza, come il New Deal, lanciato dal Presidente Roosevelt per gli Usa, dopo la crisi del 1929.

 Purtroppo un New Deal italiano, nell’attuale modello economico, è visto solo come un costo (un lusso), impossibile da mettere in opera per mancanza di adeguate risorse finanziarie.

È questa un ulteriore menzogna come è possibile capire se si analizzano le proposte del “Piano di Salvezza nazionale” che propone di usare moneta non a debito e risorse endogene.

Infine, non sarebbe meglio evitare l’ulteriore incremento di spese militari per compiacere i padroni USA-NATO (che intendono portarla da 80 a 100 milioni di euro al giorno e piuttosto tirare Fuori l’Italia dalla guerra )?

Dopo tutto questa è una reale questione di “Sicurezza Nazionale”.

 

 

“ELETTRODOMESTICI DA ROTTAMARE”.

Nuovo delirio UE sulla sostituzione

obbligata di frigoriferi, fornelli a gas

e balle varie secondo le normative green.

 

Il livello pervasivo di controllo e di assurde imposizioni che l’Unione europea sta mettendo in atto, sacrificando sull’altare della nuova ideologia green i suoi cittadini, raggiunge picchi prossimi al delirio.

Ora, Bruxelles ci dice anche se il “nostro” frigorifero o la “nostra” caldaia le stanno bene oppure no.

Non stiamo scherzando, anche se ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

L’obiettivo dell’Unione europea è di eliminare ogni elettrodomestico inquinante (inquinante quanto può esserlo un frigorifero, ovvero infinitamente meno delle grandi industrie, anche europee, per non parlare della Cina).

 In principio furono le auto a benzina e diesel, le quali dal 2035 dovranno praticamente sparire perché non a norma, e non è neppure il caso di rammentare i numerosissimi episodi di autocombustione delle auto elettriche, la “mobilità del futuro”;

poi arrivarono le case delle quali, con ingentissimi costi, dovrebbe essere ottimizzato l’efficientamento energetico per via della nota direttiva” Epb”; adesso persino gli elettrodomestici.

In definitiva, dovremo abituarci a cambiare molto del nostro modo di vivere. L’Unione europea continua ad accelerare sul Green Deal, ovvero una lunga teoria di folli obblighi estesa a tutti i Paesi membri Ue.

Gli elettrodomestici da “rottamare”.

Già più volte abbiamo scritto delle caldaie a gas, le prime che finiscono sotto la scure della folle tecnocrazia comunitaria:

non saranno più in vendita dal 2029, e tra il 2025 e il 2026 non saranno nemmeno più disponibili gli incentivi per il loro acquisto.

Incentivi che, però, resteranno disponibili per l’installazione di tecnologie alternative sostitutive.

Seguiranno, con passaggi graduali, le cucine a gas, che verranno rottamate dalle cucine a induzione, meno inquinanti e che, peraltro riducono i tempi di cottura:

lo abbiamo scritto in apertura che oramai siamo prossimi al delirio, o forse abbondantemente oltre.

 Veniamo, ora, ai condizionatori che, in questi giorni, stanno rinfrescando un po’ di noi.

Anche questi rappresentano un problema per gli “eco ansiosi” (come si dice nella neolingua europea) di Bruxelles?

 Sì, certo: i condizionatori si basano sull’utilizzo degli idro-fluorocarburi, tra i maggiori responsabili delle emissioni di gas ad effetto serra, come si legge sul portale “Investire oggi”.

L’obbligo di sostituire questa tipologia di impianti scatterà a partire dal primo gennaio 2024.

Dunque, se la prossima estate – che probabilmente sarà “la più calda di sempre”, come non mancano di ripeterci ogni anno – vorremo rinfrescarci, dovremo tirare fuori il portafoglio e sostituire l’impianto, ce lo chiede l’Europa.

 Analogamente ai condizionatori contenenti gas fluorurati, la Ue imporrà anche l’obbligo di sostituire i frigoriferi più inquinanti, a partire da quelli che presentano, anch’essi, i famigerati gas fluorurati.

Inquina di più un frigorifero o una fabbrica?

Ora, torniamo a domandarci se le cause principali del cambiamento climatico, sul quale peraltro diversi scienziati non allineati nutrono più di un dubbio, ovvero le emissioni di gas serra prodotte dall’utilizzo di combustibili fossili, siano da ricercare nei nostri frigoriferi o, piuttosto, nelle industrie e nelle fabbriche di alcuni Paesi non intaccati dalle direttive green di Bruxelles.

(IL PARAGONE.IT)

 

DALL’ECO-ANSIA ALL’ECO-RAZZISMO.

Comedonchisciotte.org – (07 Agosto 2023) – Redazione CDC - Marcello Veneziani – ci dice:

L’angoscia si esprime oggi in due modi: ego-ansia ed eco-ansia.

 Siamo angosciati per l’io e per il pianeta;

di tutto quel che sta nel mezzo – persone, famiglie, società, nazioni, popoli, culture, religioni, civiltà, umanità – ci interessa sempre meno.

L’eco-ansia è la patologia dei nostri giorni, una specie di infiammazione ecologica. I malati più acuti sono i ragazzi, poi vengono i media e tutti gli altri;

ma ne patiscono anche alcuni ministri.

 La nuova linea di discriminazione tra i buoni e i cattivi, gli insider e gli outsider, è quella:

 se ti affibbiano il marchio di negazionista ambientale sei fritto, come il pianeta; hai perso ogni rispetto, non puoi coprire alcun ruolo, devi solo nasconderti.

Ma cos’è l’eco-ansia?

 È un fenomeno non solo italiano ma occidentale, trae suggestioni dal movimento di Greta Thunberg, però non nasce dal nulla:

alcune emergenze ambientali e climatiche toccano reali alterazioni dell’eco-sistema.

Quanto però queste dipendano dai comportamenti umani è da verificare:

alcune di più (per es. la plastica nei mari), altre assai meno (i mutamenti nell’ecosistema).

 E poco dipendono da singoli stati e singoli paesi, di modeste dimensioni, come il nostro.

 L’eco-ansia è divenuto improvvisamente ossessivo, monomaniacale, con un giacobinismo ideologico e un fanatismo patologico.

Ma la sua motivazione originaria, la salvaguardia della natura in pericolo, è sacrosanta.

Ed è più coerente con una visione del mondo conservatrice e tradizionale, in cui è un bene primario la difesa, il rispetto e l’amore per la natura, a partire dalla natura umana.

 Il legame profondo tra l’uomo e la terra, le sue radici, il suo habitat, i suoi luoghi originari e identitari sorgono non a caso in una concezione della tradizione, nei suoi legami spirituali e biologici, naturali e culturali.

A lungo questa visione della natura ha trovato come suoi avversari il capitalismo e il comunismo, il mercato globale e la pianificazione statale socialista, figli entrambi della rivoluzione industriale, e legati entrambi a una visione utilitarista, produttivista e antinaturale.

Alla fine degli anni ottanta, in “Processo all’Occidente”, analizzai questo scontro tra la difesa della natura e i suoi nemici ideologici, sovietici e mercantilisti.

Poi con gli anni è avvenuto qualcosa: da una parte l’insensibilità verso i temi della natura in pericolo da parte di una “turbo-destra” liberista e iper mercatista, dall’altra la sostituzione di madre natura con la maternità surrogata dell’ambiente, termine più asettico che può valere per qualunque habitat, anche una fabbrica.

 Da lì nasce il ménage à trois fra eco-ansia, progressismo radical e capitalismo “eco-sostenibile”.

Il risultato che ne è derivato è questo ambientalismo allarmato, anti natura, ideologico e funzionale al nuovo capitalismo globale e allo sfruttamento del business ambientale.

Al massimalismo ideologico e al suo profitto politico si unisce così l’eco-speculazione.

La strategia pubblicitaria delle grandi aziende alimentari non vanta più le qualità dei prodotti ma il fatto che siano eco-sostenibili;

vantano la loro buona coscienza ecologica oltre alla buona coscienza ideologica (gli spot con dosi obbligate di mondo verde, ma anche nero, gay e arcobaleno).

Il pregio principale del prodotto è che non nuoce all’ambiente ed è ideologicamente conforme;

non conta la qualità del cibo ma i rifiuti e gli effetti ideologici derivati.

All’industria del food eco-sostenibile si è aggiunta la cosmesi e la moda eco-sostenibile;

grandi marchi vendono vestiari, scarpe, creme eco-sostenibili.

L’eco-sostenibile leggerezza dell’essere…

Ma il core business dell’eco-ansia è nei farmaci, nella sanità e nelle cure psicanalitiche.

Viene monetizzata l’ansia.

Per non parlare della riconversione verde dell’industria e delle case, dei trasporti e dell’energia.

Un business enorme sullo spavento diffuso e sulle nuove norme obbligate da adottare.

Sulla nuova pandemia chiamata “eco-anxiety” e sul suo target giovanile, ho scritto nel recente libro “Scontenti”.

L’eco-ansia investe la salute mentale;

 vi si accompagna un disturbo psichico chiamato “solastalgia”, generato dal cambiamento eco-climatico.

I sintomi e gli effetti dell’eco-ansia sono: attacchi di panico, traumi, depressione, disturbi da stress, abuso di sostanze, aggressività, ridotte capacità di autonomia e controllo, senso d’impotenza, fatalismo e paura, spinta al suicidio.

 E un grande senso di colpa ambientale.

 Il popolo degli eco-ansiosi reputa il futuro “spaventoso”.

Gli eco-ansiosi sono considerati malati virtuosi, i loro disturbi sono ritenuti lodevoli perché denotano sensibilità green.

 I colpevoli invece sono quegli adulti che hanno così malridotto il pianeta e non patiscono eco-ansia.

L’umanità viene nuovamente divisa in buoni e cattivi, e dopo i no-vax, i no-war, ecco i no-eco:

da una parte le vittime gli eco-ansiosi, dall’altra i negazionisti, gli eco-mostri, che minimizzano il problema da loro creato.

La follia ulteriore di questa drammaturgia ambientale è che non produce effetti concreti sull’ambiente:

una volta esaltata la minoranza benemerita degli eco-attivisti e vituperata la minoranza maledetta degli eco-negazionisti, non viene fuori alcun risultato pratico in tema di degrado ambientale.

 Si è solo usata un’ennesima discriminazione ideologica per sostenere un nuovo, manicheo eco-razzismo da cui trarre profitto politico.

Allo stesso tempo l’eco-ansia dirotta il mondo dalla realtà:

 l’incubo è il clima, concentriamoci sul riscaldamento globale, il resto è irrilevante o meno urgente.

 Non pensate più all’economia e alla politica, alla società reale e all’economia, alla famiglia e alle ingiustizie, alla disumanizzazione e alla fine della civiltà;

è in ballo il pianeta da salvare.

Tra l’io e il pianeta c’è di mezzo il vuoto; di quello spazio se ne occupa la governance globale.

Voi pensate al clima, agli animali e ai ghiacciai, e al vostro io angosciato.

Il mondo si va disumanizzando, ma il tema su cui concentrarsi è il clima. L’importante è salvare il pianeta; e se l’umanità è di ostacolo, salviamo il pianeta anche a prezzo dell’umanità.

(Marcello Veneziani)

(marcelloveneziani.com/articoli/dalleco-ansia-alleco-razzismo/)

 

 

 

INNALZAMENTO DELLE SOGLIE ELETTROMAGNETICHE,

L’APPELLO DI 50 SCIENZIATI ALLE ISTITUZIONI.

Comedonchisciotte.org - Valentina Bennati – (07 Agosto 2023) – ci dice: 

 

È iniziato alle 17 di questo pomeriggio l’ultimo Consiglio dei Ministri prima della pausa estiva.

 Tra i temi all’ordine del giorno nella riunione del Governo Meloni anche l’aumento dei limiti di legge per la radiofrequenza per promuovere lo sviluppo della rete 5G.

Nei giorni scorsi un gruppo di 50 scienziati esperti di effetti biologici dei campi elettromagnetici (biologi, fisici, chimici e medici) ha inviato un appello per esortare l’Esecutivo a un ripensamento.

 Pubblichiamo il testo di questo documento che è rivolto non solo al Governo, ma anche al Parlamento, alle Regioni e alle Province Autonome Italiane.

A seguire, linkabile, il PDF del documento con i nomi dei 50 firmatari, tutti scienziati di primo piano, come l’oncologo svedese “Lennart Hardell” che ha pubblicato decine di studi sul rischio cancerogeno dei cellulari e delle relative antenne, il professore emerito “Henry Lai” dell’”Università di Washington”, editor della rivista” Bioelettromagnetics” e l’ex direttore dell’”Agenzia Europea per la Protezione Ambientale”, il Prof.” David Gee”.

Segue, inoltre, anche il testo del comunicato stampa con le dichiarazioni del Dott. “Fiorenzo Marinelli”, già ricercatore dell’”Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale della Ricerca” di Bologna e del Dott.” Livio Giuliani”, già dirigente di ricerca ISPESL/INAIL e portavoce della “Commissione Internazionale per la Sicurezza Elettromagnetica”.

 Come evidenziato in questo secondo documento allegato, l’aumento dei limiti non pone solo un problema di salute pubblica, ma anche una seria questione di opportunità economica poiché distoglierebbe un giro di affari dal mercato interno italiano per andare a costituire profitti per società estere”.

 

Appello degli Scienziati Italiani per la Sicurezza Elettromagnetica.

 

Al Governo, al Parlamento, alle Regioni e Province Autonome Italiane,

noi sottoscritti biologi, fisici, chimici e medici conduciamo ricerche da decenni sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici e non abbiamo mai usufruito di fondi dell’industria delle telecomunicazioni, a dimostrazione di aver lavorato sempre nell’interesse esclusivo della salute pubblica.

 

La notizia che il Governo sta prendendo in considerazione la possibilità di aumentare il valore di attenzione di 6 V/m per i luoghi di vita dove si permane più di 4 ore è motivo di grande preoccupazione.

I nostri studi, e più in generale le ricerche internazionali, da almeno vent’anni hanno ampiamente dimostrato che le esposizioni alla radiofrequenza, anche al di sotto degli attuali standard di sicurezza ICNIRP/WHO, producono danni alla salute e riducono i livelli di benessere nella popolazione.

Gruppi di scienziati, come” ICEMS” e “Bioinitiative”, e il “Consiglio d’Europa” (Raccomandazione n° 1815 del 2011) hanno diramato appelli per richiedere la riduzione immediata dei limiti di esposizione della popolazione a 0,6 V/m, per garantire la salute pubblica e, in particolare, l’incolumità dei soggetti vulnerabili come i bambini, le donne in gravidanza, i malati cronici, i malati di tumore e gli elettrosensibili.

La radiofrequenza è stata associata a diverse problematiche sanitarie tra cui:

– cancro (la RF è stata classificata dalla IARC come “possibile cancerogeno per l’Uomo” nel 2011, ma studi successivi hanno concluso che la radiofrequenza rientra nei parametri della Classe 2A1, ovvero “probabile cancerogeno”, e della Classe 1 ovvero “cancerogeno certo”);

– malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer;

– infertilità maschile e femminile;

– aumento dello stress ossidativo (correlato a numerosissime malattie croniche);

– alterazioni neuro comportamentali nei bambini nati da madri che usavano il cellulare in gravidanza;

– disfunzioni immunitarie;

– alterazioni del metabolismo dell’insulina;

 

– aumento della permeabilità cerebrale e alterazioni del metabolismo cerebrale.

Stiamo già pagando i costi sociali e sanitari dell’aver immesso nell’ambiente livelli di radiazioni artificiali da radiofrequenza che non sono del tutto compatibili con la vita.

 Un aumento ulteriore dell’esposizione della popolazione a radiofrequenza non è eticamente accettabile e neppure economicamente sostenibile.

Servono, piuttosto, misure per tutelare la salute pubblica e l’ambiente.

Non solo l’Uomo, ma anche animali e piante, infatti, risentono dell’esposizione cronica alla radiofrequenza, con danni significativi soprattutto alle popolazioni di uccelli, anfibi e api.

 

Un recente articolo del professor “James Lin” su “IEEE Microwave Magazine” del 3 Giugno 2023, la rivista della più prestigiosa organizzazione internazionale degli ingegneri, conclude che le linee guida “ICNIRP” presentano gravi limitazioni:

– proteggono solo da effetti termici acuti per esposizioni di alta intensità e di breve durata (30 minuti);

– non sono applicabili alle esposizioni a lungo termine e di bassa intensità, come effettivamente avviene nei contesti di vita quotidiani;

– si basano su informazioni obsolete;

– non proteggono dalle “radiazioni della tecnologia 5G”, che ha caratteristiche di forte polarizzazione, molto diverse dalle generazioni precedenti della telefonia mobile, per le quali servirebbero ulteriori studi.

Le linee guida “ICNIRP”, quindi, non sono idonee a tutelare la salute umana e dovrebbero essere aggiornate secondo le più recenti pubblicazioni del settore.

La legislazione italiana (Legge 36/2001) prevede fortunatamente limiti più cautelativi perché i decisori di allora presero in considerazione due principi fondamentali e irrinunciabili:

– il Principio di Precauzione, originariamente sancito nel diritto internazionale dell’ambiente all’interno della Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992;

– il Principio di Minimizzazione “ALARA” (As Low As Reasonably Achievable), ovvero il più basso livello ragionevolmente ottenibile senza compromettere lo sviluppo tecnologico.

Per le suddette ragioni noi sottoscritti chiediamo:

1. di mantenere il valore massimo a 20 V/m per la protezione della salute pubblica dagli effetti acuti delle radiazioni;

2. di mantenere fermo il valore di attenzione di 6 V/m previsto dall’attuale legislazione (DPCM 8.07.2003);

3. di misurare il suddetto valore sulla media di 6 minuti che ha una precisa ragione biologica (è il tempo necessario alle cellule per dissipare il calore prodotto dal campo elettromagnetico) come previsto dal D.P.C.M. dell’8.07.2003, ovvero si richiede di abrogare l’articolo 14, comma 8 lett. d) del D.L. 179/2012, che stabilì la misurazione nell’intervallo di tempo di 24 ore, che è del tutto arbitrario e privo di ragioni se non quella di diluire i valori misurati;

4. di portare l’obiettivo di qualità a 0,6 V/m;

5. di approvare una legge sul conflitto di interessi, al fine di obbligare gli esperti chiamati a fornire pareri scientifici in ambito istituzionale a dichiarare pubblicamente le fonti di finanziamento delle loro ricerche, le loro proprietà azionarie in aziende del settore e le consulenze in conflitto con l’interesse pubblico.

Rimaniamo a disposizione per un incontro e per fornire ulteriori chiarimenti e documentazione.

Il COMUNICATO STAMPA con le dichiarazioni del Dott. Marinelli e del Dott. Giuliani.

 

Roma, 4 agosto 2023.

 

Oltre 50 scienziati esperti di effetti biologici dei campi elettromagnetici hanno firmato in sole 48 ore un appello rivolto al Governo Italiano per chiedere di adottare limiti di legge adeguati a proteggere la salute della popolazione.

“Abbiamo deciso di scrivere questo appello appena saputo che il Governo stava valutando un aumento dei limiti di legge per la radiofrequenza per promuovere lo sviluppo della rete 5G”, dichiara il Dott. Fiorenzo Marinelli, già ricercatore dell’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerca di Bologna.

“Un aumento dei limiti sarebbe una scelta del tutto irrazionale e pericolosa per la salute pubblica, visto che la ricerca scientifica ha dimostrato che gli attuali standard di sicurezza sono inadeguati.”

In Italia la legge sui campi elettromagnetici prevede tre limiti:

– Il limite massimo di 20 V/m (mentre gli standard internazionali promossi dall’ICNIRP è di 61 V/m);

– Il valore di attenzione di 6 V/m per le aree dove la popolazione soggiorna più di quattro ore, come le abitazioni e i luoghi di lavoro;

– Il limite di qualità per proteggere fasce più vulnerabili della popolazione che è sempre 6 V/m perché all’epoca il legislatore presumeva che il valore di attenzione fosse già sufficientemente cautelativo.

“Da almeno vent’anni la ricerca scientifica ha chiarito che è 0,6 V/m il limite adeguato a prevenire gli effetti a lungo termine dell’esposizione alle radiazioni da radiofrequenza”, continua ancora il Dott. Marinelli.

 “Gli standard internazionali considerano sicuro il limite di 61 V/m, ma questo tutela solo dagli effetti acuti dei campi elettromagnetici, ovvero dal riscaldamento da essi prodotti.”

“Bisogna tenere conto della mole di studi che dimostrano gli effetti non termici della radiofrequenza, compreso l’effetto cancerogeno che si osserva nei forti utilizzatori dei cellulari e nella popolazione più esposta alle antenne”, dichiara il Dott. Livio Giuliani, già dirigente di ricerca ISPESL/INAIL e portavoce della Commissione Internazionale per la Sicurezza Elettromagnetica (ICEMS).

Il limite di 0,6 V/m è stato proposto per la prima volta nel 2000 dalla “Risoluzione di Salisburgo”, a conclusione di un convegno a cui hanno partecipato sia il Dott. Marinelli che il Dott. Giuliani .

Lo stesso limite è stato poi ribadito da diverse risoluzioni di scienziati indipendenti .

Nel 2011 il Consiglio d’Europa ha concluso all’unanimità con la Risoluzione 1815 che bisogna adottare immediatamente il limite di 0,6 V/m e puntare sul lungo termine alla riduzione delle radiazioni fino alla soglia di 0,2 V/m 6.

“A chi conviene davvero questo aumento dei limiti di legge per la radiofrequenza?”, continua il Dott. Livio Giuliani.

“Lo sviluppo delle reti 5G rappresenta un enorme potenziale di sviluppo per la piccola e media impresa italiana di elettronica, di telecomunicazioni e di impiantistica civile che sarebbero chiamate dalle multinazionali a realizzare una pianificazione e corretta installazione di nuove antenne sul territorio per far rientrare le emissioni elettromagnetiche nel limite attuale di 6 V/m.”

Con l’aumento dei limiti della radiofrequenza ambientale le multinazionali potrebbero installare nuove antenne e antenne più potenti sui siti attuali, con un risparmio stimato di circa 1,3 miliardi di Euro ciascuna.

 Le multinazionali licenziatarie dei servizi di telefonia mobile in Italia sono tutte straniere:

 TIM è francese, Vodafone è inglese, Wind 3G è di Hong Kong, Iliad è francese e Fastweb è svizzera.

 

“L’aumento dei limiti, quindi pone non solo un problema di salute pubblica, ma anche una seria questione di opportunità economica – denuncia il Dott. Giuliani – perché distoglierebbe un giro di affari dal mercato interno italiano per andare a costituire profitti per società estere.”

“Le radiazioni della tecnologia 5G, inoltre, non è stata sufficientemente studiata e diversi lavori già oggi concludono che servono limiti più cautelativi per proteggere da questo tipo di radiazioni che sono fortemente pulsate e polarizzate.”

“Oltre alla salute dell’Uomo, siamo preoccupati per i rischi che l’aumento della radiofrequenza ambientale comporterebbe sulla biodiversità e anche sui consumi energetici”, continua il Dott. Marinelli.

“Studi hanno dimostrato che le “radiazioni wireless” comportano un consumo molto più elevato delle comunicazioni via cavo;

quindi sarebbe molto più razionale investire sulle reti cablate per far arrivare la fibra ottica in ogni edificio del nostro Paese.

 Lo sviluppo della tecnologia delle reti senza fili non può in ogni caso prescindere dalla tutela dei valori primari della salute pubblica e dell’ambiente.”

“Abbiamo voluto inserire alcune pubblicazioni dei firmatari dell’appello proprio perché i politici possano rendersi conto che la richiesta di abbassare i limiti di legge arriva da scienziati con una vasta esperienza sul campo”, conclude il Dott. Marinelli.

Hanno sottoscritto l’appello scienziati di primo piano come l’oncologo svedese “Lennart Hardell” che ha pubblicato decine di studi sul rischio cancerogeno dei cellulari e delle relative antenne, il professore emerito “Henry Lai” dell’Università di Washington, editor della rivista” Bioelettromagnetics” e l’ex direttore dell’Agenzia Europea per laProtezione Ambientale, il Prof. “David Gee”.

“Dott.ssa Francesca Romana Orlando”

(Come si può immaginare le “multinazionali finanziarie e non” hanno investito enormi capitali nello sviluppo nell’”innalzamento delle soglie elettromagnetiche” al fine di aumentare i loro guadagni sovraumani. Cercheranno di “comprare” tutti i governi del mondo occidentale per il trionfo della loro ricchezza! N.D.R.).    

 

 

 

 

PIANI DI RIDUZIONE DELLA POPOLAZIONE.

VOLEVATE LE PROVE? ECCOLE.

(No, non è una "teoria del complotto".)

 

Comedonchisciotte.org - Redazione CDC - (30 Luglio 2023) - Alessio Fortunati – ci dice:

(Abbreviazioni: WEF – World Economic Forum; NSSM 200 – National Security Study Memorandum 200; CCP – Chinese Communist Party; CIA – Central Intelligence Agency; NU – Nazioni Unite; LDC – Paesi Sottosviluppati; WPPA – Piano di Azione sulla Popolazione Mondiale.)

Piccola premessa sul pensiero critico.

Sinceramente parlando, in pochi, all’inizio dell’era covid, hanno avuto il coraggio o l’ardire di collegare tutti i singoli aspetti del fenomeno pandemico e di interpretarli poi in un quadro generale più grande, profondo e oscuro: la plandemia.

Ancor meno furono coloro i quali azzardarono tale ipotesi prima della catastrofica campagna vaccinale universale, in tempi che possiamo dire ancora fossero definibili come “non sospetti”.

Quando finii di scrivere il saggio Reset: “l’Ultima grande Pandemia”, l’idea che questa grande macchina del male fosse stata costruita nel tempo e infine avviata per uno scopo ben preciso, con finalità ben precise, era perfettamente formata nella mia mente.

Controllo della popolazione e riduzione della stessa erano e sono ancora i due punti cardine su cui una coerente e logica politica di mantenimento e accrescimento del potere, da parte dei governanti totalitari, si sarebbe dovuta per forza basare.

Oggi, anche molti dei più riluttanti ad accettare una (insana) logica nella politica di chi comanda, si stanno ricredendo;

si comincia a collegare fatti e tattiche tra loro;

 disegnare un’immagine più nitida della strategia globale cui tali fatti e tattiche fanno capo.

C’era da chiarire invero come e dove collocare la “Strategic Intelligence” delle politiche covid, come definite sul portale del “World Economic Forum”, in un più ampio contesto politico, economico e sociale.

Oltretutto, dovevamo capire ancora perché è stato scelto proprio il 2020 come anno zero.

Se c’era una realtà dietro la teoria del fine, dietro la possibilità che il covid e le seguenti misure economico-sociali-sanitarie fossero parte di un piano strategico, volto al controllo della popolazione/depopolamento, occorreva procedere per step.

Serviva un movente per proporre ai governanti un’agenda politica che concentrasse gli sforzi sulla riduzione della fertilità;

un programma dettagliato di azione;

un consenso diffuso e globale;

una strategia attentamente pianificata che prevedesse l’applicazione delle proposte nel corso di molti decenni.

Servivano insomma delle prove di pianificazione, piani strategici da cui partire.

In effetti, esistevano.

 E c’era tutto, progetti e proposte, tutto scritto e in attesa che qualcuno ne intuisse la grandiosità.

Il 10 dicembre 1974, Kissinger scrive un rapporto per la Casa Bianca, un documento dal titolo: National Security Study Memorandum – NSSM 200 – Implications of Wolrdwide Population Growth For U.S. Security and Overseas Interests (THE KISSINGER REPORT).

NSSM-200 THE KISSINGER REPORT.

Prima di entrare nel merito del documento, occorre ricordare che Henry Kissinger è uno dei principali sostenitori e mentori di Klaus Schwab ed è coinvolto, con la CIA stessa, nella creazione iniziale del” World Economic Forum” e nello sviluppo della sua agenda, muovendosi da consulente strategico sia per il WEF come per il CCP e del presidente della Cina, Xi Jinping.

Probabilmente, la prima riflessione allarmante, non appena si finisce di leggere il rapporto, non potrà non essere la preoccupante similarità che subito notai, tra l’agenda di controllo e riduzione della popolazione mondiale e le innumerevoli iniziative promosse negli anni da tanti gruppi privati e non, come la Bill & Melinda Gates Foundation, la Rockefeller Foundation, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le Nazioni Unite e molte altre istituzioni non-governative e governative internazionali.

Secondo spunto di riflessione è invece l’interessante somiglianza, e in alcuni casi vera e propria sovrapposizione, di alcune delle politiche post-covid applicate dai governi e le raccomandazioni descritte nel rapporto NSSM 200 di Kissinger.

Raccomandazioni, quest’ultime, formalmente integrate nella politica statunitense già nel 1975 dal Presidente Gerald Ford e, in teoria, ancor oggi attive.

Qualcuno a questo punto potrà dire che il rapporto in sé non è una prova; per usare una perifrasi di moda in questi tempi, dire che: “non c’è nessuna correlazione”.

Partiamo dal presupposto che una correlazione non dimostra certamente il nesso di causalità;

né dobbiamo e né possiamo dimostrare che le politiche di controllo/riduzione della popolazione elaborate negli anni settanta abbiano influenzato le scelte (per quanto assurde e scellerate in molti casi) fatte per gestire la questione covid, come alcuni cosiddetti “teorici della cospirazione” dogmaticamente propongono come lettura della realtà.

Il punto chiave qui non è quello di dare verità assolute, che ad oggi non abbiamo, ma di soffiare sul sacro fuoco del ragionamento critico e riaccenderlo; riappropriarci, come spesso ripeto, della nostra perduta curiosità per il reale e farci domande sul mondo che ci circonda.

Ciò che invece posso realizzare e riconoscere è l’incredibile parallelismo, che chiunque potrebbe e dovrebbe riconoscere, tra le analisi strategiche sulla popolazione, presentate nel rapporto NSSM 200 – entrate effettivamente nei piani politici americani da decenni -, e le azioni politiche intraprese dal 2020 negli USA e nella maggior parte dei Paesi occidentali.

Politiche che coprono gli aspetti chiave dell’agenda di controllo della popolazione: controllo delle nascite, fertilità, riduzione delle cure per i malati, lavoro, cibo, rapporti tra persone dello stesso sesso, contraccezione, propaganda e indottrinamento e guerra.

Suggerisco vivamente di leggere attentamente il “Rapporto Kissinger” affinché ciascuno si possa fare una propria idea e valutare se e quanto sia profondo il legame di causalità tra l’agenda politica integrata dal NSSM 200 e le politiche covid e post-covid.

8 miliardi di abitanti sono troppi.

Il Rapporto si apre così:

“A causa del momento delle dinamiche di popolazione, riduzioni nei tassi di natalità influenzano solo lentamente i numeri totali. […] Comunque, se i numeri futuri saranno tenuti entro valori ragionevoli, è urgente che misure per ridurre la fertilità siano iniziate e rese effettive negli anni ’70 e ’80“.

Qual è la preoccupazione più grande? Su quali proiezioni si spinge l’amministrazione americana e le Nazioni Unite stesse, a programmare un piano strategico di azione per il controllo della popolazione?

Il rapporto ci dice che:

“Le Nazioni Unite stimano l’uso di una popolazione di 3.6 miliardi del 1970 come base (ci sono quasi 4 miliardi adesso) e prospettano dai circa 6 miliardi agli 8 miliardi di persone per l’anno 2000. […] Le proiezioni medie degli USA mostrano una popolazione mondiale di 12 miliardi nel 2075 […].

Non sappiamo se gli sviluppi tecnologici ci permetteranno di sfamare più di 8 figuriamoci i 12 miliardi di persone nel ventunesimo secolo.

 Non possiamo essere definitivamente certi che i cambiamenti climatici nel prossimo decennio non creeranno grandi difficoltà nello sfamare una popolazione in crescita, specialmente le persone negli LDC [nota: Low-Developed Countries; Paesi sottosviluppati] che vivono in crescenti condizioni marginali e più vulnerabili. Esiste almeno la possibilità che gli sviluppi presenti puntino alle condizioni Malthusiane per molte ragioni del mondo “.

Popolazione mondiale.

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite:

 “Il 15 novembre 2022, la popolazione mondiale ha raggiunto gli 8 miliardi di persone, una pietra miliare nello sviluppo umano“.

Sarà una coincidenza che la popolazione mondiale, nel 2020, raggiunse i 7.84 miliardi di persone e pochi mesi fa la simbolica cifra dei fatidici 8 miliardi? Il famigerato punto di non ritorno?

Le preoccupazioni espresse nel rapporto, insieme alle raccomandazioni strategiche per l’amministrazione americana su quali azioni politiche compiere per affrontare il problema, entreranno nella politica del governo federale nel 1975.

 In un rapporto datato 26 novembre 1975, il “National Security Council” rilascia il: “National Security Decision Memorandum 314“, che aveva come oggetto:

“Implicazioni della crescita della popolazione mondiale per la sicurezza degli Stati Uniti e per gli interessi oltre confine “.

Nel memorandum, si chiarisce che il Presidente Gerald Ford aveva visionato la risposta delle agenzie al NSSM 200 e che l’avesse appoggiata.

 “Egli crede che la leadership degli Stati Uniti è essenziale per combattere la crescita della popolazione, per implementare il “World Population Plan of Action” e per incrementare la sicurezza degli Stati Uniti e gli interessi oltreconfine.

 Il Presidente appoggia le raccomandazioni normative contenute nel Sommario Esecutivo della risposta al NSSM 200…“

 

Tutte queste raccomandazioni, o “policy” che gli Stati Uniti svilupperanno in futuro sulla base del rapporto, furono essenzialmente interpretate e viste come risposta a una minaccia reale e concreta;

 l’incontrollata esplosione demografica, soprattutto in Paesi chiave dal punto di vista strategico (militare, alimentare, minerario energetico), fu interpretata come ostacolo e un vero pericolo all’accumulo di ricchezza.

Il controllo della popolazione mondiale, specificatamente applicato nei Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo, avrebbe facilitato gli stati ricchi, e in particolare gli USA, nell’impedire che in un Paese povero, ma con rilevanti risorse, si sviluppassero e che accrescessero il loro peso politico.

Tali politiche, così come vengono fuori dalle raccomandazioni descritte nel rapporto, furono presentate anche come mezzo fondamentale per preservare e proteggere gli interessi americani in giro per il mondo.

I programmi e le politiche a livello mondiale, nel campo del controllo della popolazione, dovrebbero quindi includere due principali obiettivi:

azioni per stabilizzare la continua crescita della popolazione a un massimo di 6 miliardi per la metà del 21° secolo, senza una massiccia denutrizione o una totale frustrazione delle speranze di sviluppo;

azioni per tenere il livello massimo il più vicino possibile agli 8 miliardi piuttosto che permettergli di raggiungere i 10 miliardi, 13 miliardi, o più.

Così, se andiamo ad analizzare l’agenda sviluppata e messa in pratica dal governo americano per decenni, mettendo da parte tutto ciò che riguarda il covid e quanto fatto dal 2020 di conseguenza, e ci fermiamo, focalizzando l’attenzione sulle azioni prese, sulla base di quei due obiettivi principali, e, ancora, focalizzando l’attenzione sugli effetti che quelle politiche hanno avuto a livello globale, emerge che ne è risultato un più esasperato controllo della popolazione e una riduzione della popolazione (e un controllo della crescita della popolazione).

Questo, detto senza trarne giudizi, senza specularne la bontà o meno. Una semplice e oggettiva analisi del quadro generale.

Ma qualche domanda su queste “strane coincidenze” è opportuno, anzi meglio necessario, farle e farsele.

 A cosa servirono realmente i lockdown?

 Perché chiudere l’economia per così tanto tempo e in modo così invasivo? Terminata la fase di puro terrore in cui magari questa domanda per molti sarebbe stata difficile da porsi, oggi appare chiaro come nulla, quelle restrizioni, avessero a che fare con la scienza, tantomeno con una benché minima attinenza con la prevenzione/riduzione dei contagi da un ipotetico virus influenzale.

Di fatto il risultato ottenuto fu l’incremento esponenziale del numero di persone a rischio denutrizione.

Salvaguardare gli interessi degli USA prima di tutto.

Nel rapporto si avvisano i Paesi di quanto pericoloso sia un incontrollato aumento della popolazione e che per fermare tale andamento occorre agire prontamente e nell’immediato, da così vederne i risultati nei successivi decenni.

“Se un Paese vuole influenzare i propri numeri totali attraverso politiche demografiche, deve agire nell’immediato futuro in modo da fare una sostanziale differenza nel lungo periodo “.

 

Ma quanto incide una rapida crescita demografica sullo sviluppo economico?

Soprattutto nei Paesi poveri, che nella maggior parte dei casi hanno un ruolo strategico per i Paesi ricchi (energetico, minerario, alimentare, petrolifero, ecc.); questa domanda pone un problema per gli interessi degli Stati Uniti.

Moderare la crescita della popolazione offre:

“benefici in termini di risorse salvate per investimenti e/o consumi pro capite più alti“.

Viene presentato così il quadro degli effetti macroeconomici avversi più importanti, che possono essere analizzati in tre categorie:

Il “saving effect”;

La “qualità dei bambini” contro “quantità dei bambini”;

L’abbassamento del capitale contro l’allargamento dei capitali.

Il “saving effect” consiste nel ruolo del rapporto tra economia e fertilità.

Un’economia con alta fertilità avrà una forzata dipendenza rispetto a un’economia a bassa fertilità, poiché una più larga parte della popolazione consiste in bambini, troppo giovani per lavorare.

Più bocche da sfamare, educare, curare e far crescere, diminuendo così la capacità di sviluppo economico.

Per quanto riguarda il confronto “quantità” Vs “qualità” dei bambini, il rapporto suggerisce che bambini più ricchi sono meglio educati, più sani e più produttivi, sia da piccoli sia quando cresceranno come adulti.

 Oltretutto, i bambini poveri soffrono anche di:

“Effetti avversi biologici certi, […] come una più alta mortalità e una limitata crescita del cervello a causa della maggiore incidenza della malnutrizione“.

Infine, Paesi con bassa fertilità avranno più capitali per implementare città e servizi, migliorando per indotto l’intera società.

 Il problema quindi gira intorno sempre allo stesso punto:

crescita incontrollata della popolazione, soprattutto negli LDC, pone a rischio gli interessi degli Stati uniti e, in secondo luogo, la stabilità stessa dei Paesi più ricchi e sviluppati.

I principali rischi per gli interessi globali degli Stati Uniti, provocati dall’aumento della popolazione mondiale, come possiamo derivare dal rapporto, sarebbero quindi:

nei Paesi ad elevato tasso di crescita demografica:

“I giovani, che sono in proporzioni molto superiori in molti LDC, è probabile che siano più volubili, instabili, proni agli estremismi, all’alienazione e alla violenza che non in una popolazione più anziana.

Questi giovani possono essere più prontamente persuasi ad attaccare le istituzioni del governo o la proprietà reale di “establishment”, “imperialisti”, corporazioni multinazionali, o altre – spesso straniere – influenze incolpate per i loro problemi”.

“Migrazioni nei Paesi confinanti (specialmente quelli più ricchi o molto scarsamente stabili), non importa se legali o illegali, possono provocare reazioni politiche negative o di forza”.

Per capire meglio quanto sia preoccupante per la politica americana l’aumento demografico incontrollato, il rapporto elenca alcuni casi particolari (India, Equador, Paesi arabi, ecc.).

Ecco per esempio il caso del Bangladesh:

 “In un certo senso, se noi insieme agli altri elementi più ricchi della comunità mondiale falliamo nel formulare una politica che aiuti il Bangladesh a risvegliarsi dal suo incubo economico e demografico, non saremo preparati nei prossimi decenni a fare i conti con le conseguenze di problemi simili in altri Paesi che avranno molte più conseguenze politiche ed economiche per gli interessi degli USA “.

 

Il rapporto spiega poi quali siano i fattori di rilevanza globale, per i Paesi ricchi e quelli poveri.

Effetti sui Paesi industrializzati:

Nelle nazioni industrializzate, la crescita della popolazione incrementa la domanda per la produzione industriale. Questo nel tempo tende a ridurre le risorse nazionali di materie prime e richiama sempre più su fonti di rifornimenti esteri e dal profitto marginale. Per ottenere materie prime, le nazioni industriali tendono a localizzare e sviluppare fonti estere di approvvigionamento. Il potenziale per dei conflitti d’interesse tra i Paesi in via di sviluppo è scontato ed è già iniziato “.

E quelli sui Paesi più poveri:

“Nei Paesi in via di sviluppo, il peso dei fattori relativi alla popolazione, sommati ad altri, indebolirà i governi instabili, spesso efficace marginalmente nei tempi di benessere, e aprirà la strada a regimi estremisti.

 I Paesi che schiacciati sotto questi pesi saranno più suscettibili a una radicalizzazione. La loro vulnerabilità potrebbe anche invitare un intervento esterno da parte di nazioni più forti inclini ad acquisire un vantaggio politico ed economico “.

Infine, come conclusione generale, il rapporto invita il governo a muoversi velocemente e con decisione per evitare le catastrofiche conseguenze dell’incremento incontrollato della popolazione globale.

“Il mondo ha un abbondante avvertimento che noi tutti dobbiamo compiere più rapidi sforzi verso lo sviluppo sociale ed economico per evitare o mitigare queste preoccupanti prospettive.

 Dovremmo essere anche attenti al fatto che noi tutti dobbiamo muoverci il più rapidamente possibile per stabilizzare la crescita della popolazione nazionale e mondiale “.

 

La “World Population Conference”

Nell’agosto del 1974 – pochi mesi prima della redazione del rapporto Kissinger – l’Organizzazione delle Nazioni Unite tiene una conferenza a Bucarest, in Romania, la “World Population Conference”, in cui viene redatto, con il sostanziale contributo degli Stati Uniti, il World Population Plan of Action (WPPA).

L’ONU decide di adottare le politiche in merito alla crescita della popolazione mondiale, raccolte in un piano di azione valido come strumento per i Paesi che intendono affrontare questo problema;

il tutto all’interno di un contesto internazionale, offrendo delle strategie utili per il progresso nazionale e internazionale.

 Il rapporto spiega come sia stato fondamentale l’apporto degli Stati Uniti nella redazione della bozza del WPPA poi deliberato dall’Assemblea Generale e, soprattutto, come siano riusciti a far inserire i punti chiave dell’agenda sul controllo/riduzione della popolazione.

Gli USA hanno contribuito con molti punti sostanziali alla redazione della bozza del Piano.

Abbiamo particolarmente enfatizzato l’incorporazione dei fattori di popolazione nei piani nazionali dei programmi sulla popolazione dei Paesi in via di sviluppo per assicurare la disponibilità dei significati della pianificazione familiare alle persone in età riproduttiva, obiettivi volontari ma specifici per la riduzione della crescita della popolazione e i perimetri di tempo per l’azione.

 

Il rapporto cita quindi un breve commento analitico del Piano e della discussione tenuta nelle diverse sedute dell’Assemblea, fino alla votazione finale che, per acclamazione, approva la versione finale del WPPA, mantenendo sia le principali linee progettuali che lo spirito iniziale.

Il rapporto elenca poi i punti di maggiore interesse per gli Stati Uniti dichiarati, in alcuni casi per la prima volta, in una delibera delle Nazioni Unite;

punti che, secondo Kissinger, offriranno un ottimo appiglio, una solida leva da usare per legittimare politiche di controllo/riduzione della popolazione in giro per il mondo.

 

Le politiche sulla popolazione devono:

“essere esercitate […] tenendo conto della solidarietà universale in modo da rafforzare la qualità della vita delle persone del mondo “.

“Popolazione e sviluppo sono interconnesse:

le variabili di popolazione influenzano le variabili dello sviluppo e da esse sono anche influenzate;

 la formulazione di un “Piano di Azione sulla Popolazione Mondiale” riflette la consapevolezza della comunità internazionale dell’importanza dei trend di popolazione per lo sviluppo socio-economico, e la natura socio-economica delle raccomandazioni contenute in questo “Piano di Azione” riflette la sua consapevolezza del ruolo cruciale che lo sviluppo gioca nell’influire sui trend di popolazione “.

“Tutte le coppie e gli individui hanno il diritto umano base di decidere liberamente e responsabilmente il numero e l’intervallo dei propri bambini “.

“La responsabilità delle coppie e degli individui nell’esercizio di questo diritto prende in considerazione i bisogni dei loro figli attuali e futuri, e le loro responsabilità nei confronti della comunità “.

“La crescente interdipendenza dei Paesi rende sempre più importante l’adozione di misure a livello internazionale per la soluzione di problemi di sviluppo e problemi di popolazione “.

Infine, il rapporto rimanda a quelli che sono gli obiettivi principali del WPPA deliberato dall’ONU.

 

L’obiettivo primario del “Piano di Azione” è dichiarato essere quello di espandere e radicare le capacità dei Paesi di affrontare efficacemente i loro problemi nazionali e sub-nazionali di popolazione e di promuovere un’appropriata risposta internazionale ai loro bisogni incrementando l’attività internazionale nella ricerca, scambio d’informazione, e fornire assistenza su richiesta.

 

Sulla base di questi presupposti, come spiegato nel rapporto, ben indirizzati dagli Stati Uniti stessi, le Nazioni Unite sottoscrivono una serie di raccomandazioni politiche nel WPPA.

Quelle più rilevanti per gli interessi degli USA e utilizzabili per la progettazione di future azioni governative con una parvenza di legittimità e consenso internazionale, sono:

I governi dovrebbero integrare misure e programmi di controllo della popolazione in piani economici e sociali omnicomprensivi;

I Paesi che considerano la crescita della loro popolazione un ostacolo al raggiungimento dei loro obiettivi dovrebbero considerare l’adozione di politiche di popolazione — attraverso un basso livello dei rapporti tra nascite e decessi;

La massima priorità dovrebbe essere data alla riduzione della mortalità e della morbidità e incremento dell’aspettativa di vita;

I Paesi sono esortati a incoraggiare un’educazione appropriata riguardo l’essere genitori responsabili;

La pianificazione familiare e i servizi relativi dovrebbero mirare alla prevenzione di gravidanze indesiderate e anche all’eliminazione della sterilità involontaria o sub-fecondità per fare in modo che le coppie raggiungano il loro desiderato numero di bambini;

Personale ausiliario adeguatamente addestrato, lavoratori sociali e canali non-governativi dovrebbero essere usati per aiutare a garantire servizi di pianificazione familiare;

Governi con programmi di pianificazione familiare dovrebbero considerare di coordinarli con servizi sanitari e altri designati per migliorare la qualità della vita;

Paesi che volessero modificare i livelli di fertilità dovrebbero dare priorità a programmi di sviluppo e a strategie di sanità e educazione che hanno un effetto decisivo sui trend demografici, inclusa la fertilità;

Paesi che considerano i loro tassi di natalità dannosi per i loro propositi nazionali sono invitati a mettere a punto obiettivi quantitativi e implementare politiche per raggiungerli per il 1985;

Paesi sviluppati sono esortati a sviluppare appropriate politiche nella popolazione, consumi e investimenti, tenendo a mente il bisogno per un fondamentale miglioramento nell’equità internazionale.

Qual è l’utilità del “World Population Plan of Action”?

Secondo Kissinger, la versione definitiva, approvata dall’Assemblea generale, rappresenta comunque un buon punto di partenza per sviluppare politiche nazionali di controllo/riduzione della popolazione applicate su scala mondiale.

“Nonostante la ridondanza e il tono spesso esitante, contiene tutte le necessarie componenti per dei programmi di controllo della crescita della popolazione efficienti a livelli nazionali e internazionali.

Manca soltanto di dichiarazioni complete sugli obiettivi quantitativi con dei perimetri di tempo per il loro raggiungimento.

Queste dovranno essere aggiunte da un’azione e uno sviluppo nazionale individuale il più rapidamente possibile nei prossimi documenti delle Nazioni Unite “.

Il rapporto ribadisce come alcuni aspetti della società, interpretati e raccontati sotto la giusta ottica, possono funzionare benissimo come leva per portare tutti ad accettare politiche di controllo/riduzione della popolazione.

“La pericolosa situazione evidenziata dall’attuale situazione alimentare e le proiezioni per il futuro rendono essenziale il premere per la realizzazione di questi obiettivi “.

Quali furono i risultati ottenuti dagli Stati Uniti?

Gli Stati Uniti, secondo il rapporto, avevano ottenuto, dalla delibera del WPPA, diversi risultati importanti.

 

Gli USA hanno rafforzato la loro credibilità nel perorare tassi di crescita della popolazione più bassi spiegando che, sebbene non abbia una singola norma scritta di azione sulla popolazione, aveva una legislazione, politiche del Ramo Esecutivo e decisioni delle corti che funzionavano da politica nazionale e che il nostro livello di fertilità nazionale era già soggetto a revisione e sembrava prossimo ad ottenere una popolazione stabile per il 2000.

Gli USA hanno anche proposto di unirsi con altri Paesi sviluppati in uno sforzo collaborativo internazionale nella ricerca sulla riproduzione umana e sul controllo della fertilità coprendo fattori macro-medici e socio-economici.

Altro punto importante da tenere in considerazione, da parte della politica governativa americana, è la percezione che gli altri Paesi possano avere di queste strategie.

È vitale che lo sforzo di sviluppare e rafforzare un accordo dalla parte di leader di un LDC non sia visto da loro come una politica di un Paese industrializzato per tenere giù la loro forza o per riservarsi le risorse ad uso dei Paesi “ricchi”.

Lo svilupparsi di una tale percezione potrebbe creare un serio contraccolpo avverso alla causa di una stabilità della popolazione.

La via alternativa.

Il rapporto spiega che in molti ritengono che gli attuali programmi di assistenza in entrambe le aree di sviluppo sociale ed economico e di popolazione saranno in grado di risolvere il problema.

C’è tuttavia una via alternativa di pensiero che: “è condivisa da un numero crescente di esperti “.

La via di cui si parla è quella delle costrizioni, degli obblighi imposti alla popolazione per far accettare misure emergenziali che normalmente non accetterebbe.

 (Non vi ricorda per caso un linguaggio simile usato per convincerci ad accettare le misure in risposta al covid?)

“La conclusione di questa via è che programmi obbligatori possano essere necessari e che dovremmo considerare queste possibilità adesso “.

Così, il rapporto si chiede:

Gli USA dovrebbero lanciare uno sforzo totale per una limitazione sostanziale della popolazione mondiale con tutti i costi finanziari e di politica interna come internazionale che ne deriverebbero?

Dovrebbero gli USA organizzare obiettivi di produzione agricola più alti che permetterebbero di garantire addizionali risorse alimentari sostanziali agli altri Paesi?

Dovrebbero essere controllati a livello nazionale o internazionale?”

Su quale base dovrebbero essere distribuite tali risorse alimentari?

 Il cibo sarebbe considerato uno strumento di potere nazionale?

Saremo costretti a compiere delle scelte come a chi possiamo ragionevolmente assistere, e se così, gli sforzi della popolazione dovrebbero essere un criterio per tale assistenza?

Gli USA sono preparati ad accettare il razionamento alimentare per aiutare quei popoli che non possono/non vogliono controllare la crescita della loro popolazione?

Dovrebbero gli USA puntare a cambiare le proprie abitudini di consumo alimentare attraverso usi più efficienti di proteine?”

(Qualche riflessione sovviene sulla strana campagna del cibo, sul suo uso, sulla sostituzione di grano con farine d’insetti, proteine sintetiche e sull’insolita necessità di Bill Gates di acquisire enormi proprietà agricole negli USA, tutto nell’era covid).

 

“Le misure obbligatorie di controllo della popolazione sono appropriate per gli USA e/o per gli altri?” (A quanto pare, visto l’obbligo vaccinale anti-covid e le leggi sul controllo dei dati in conseguenza del Patriot Act del 2001, forse il sospetto viene.)

“Gli USA dovrebbero avviare uno sforzo sostanziale nella ricerca per rispondere ai crescenti problemi della riserva di acqua potabile, danni ecologici e clima avverso?

 (Tutte tematiche che, coincidenza, ritroviamo riaffiorate proprio con il covid, perfettamente in linea con le previsioni e raccomandazioni del rapporto.)

 

Raccomandazioni per il de popolamento.

Comunque, molte sono le azioni che sono state intraprese per risolvere il problema e nel rapporto vengono descritti anche altri enti, nazionali e internazionali, che avevano dato un grosso contributo all’espansione di programmi di controllo della popolazione (Nazioni unite, il Fondo delle Nazioni Unite per le Attività della Popolazione – UNFPA; il Pathfinder Fund, l’International Planned Parenthood Foundation, il Population Council).

 

In quest’ottica di collaborazioni bilaterali e assistenza da parte degli USA in Paesi ritenuti strategici per i loro interessi, per il controllo della crescita demografica, il rapporto spinge affinché si focalizzi l’attenzione soprattutto:

 “Sui Paesi in via di sviluppo con la massima e più veloce crescita dove ci sia uno speciale interesse strategico e politico degli USA “.

I Paesi citati nel rapporto erano:

India, Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Messico, Indonesia, Brasile, Filippine, Tailandia, Egitto, Turchia, Etiopia e Colombia.

Da notare come nel 2021, oltre cinquant’anni più tardi, gli Stati Uniti decisero di donare milioni di dosi di vaccini a mRNA ai Paesi seguenti, tutti specificatamente nominati nel rapporto:

Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Indonesia, Brasile, Filippine, Tailandia, Etiopia e Colombia.

Secondo il rapporto, la popolazione dovrebbe essere vista come una “variabile che interagisce, a livelli differenti, con un ampio range di programmi di sviluppo“.

(Ciò mi riporta subito alla mente la strana sensazione di distacco che ho sempre notato nei discorsi, conferenze e interviste di molti dei noti nomi più coinvolti, a partire da Bill Gates stesso, fino a giungere a singoli politici e intellettuali.

Parlano tutti di numeri e percentuali come se non stessero descrivendo persone ma cifre, numeri corrispondenti a una variabile matematica astratta da inserire in un’equazione.

Forse così, questa la mia impressione, spersonalizzando, avrà un impatto differente sulla mente di chi ascolta, quando si descrivono azioni per l’abbassamento di tale “variabile”).

Il ruolo delle donne.

Un importante spazio è dedicato anche alle donne.

 Quando si parla di fertilità e controllo delle nascite non si può non toccare la porzione femminile della popolazione.

Il rapporto suggerisce quanti fondi governativi gli Stati Uniti dovrebbero destinare alle donne (intendendo l’educazione, il lavoro, lo stato sociale, la cura dei figli) affinché si ottenga il miglior rapporto tra sviluppo della società e riduzione della fertilità.

Per esempio, nel caso dell’educazione femminile, […] ha determinato un declino della fertilità o il processo di sviluppo in alcune situazioni ha portato a vedere da parte di entrambi i genitori un minor bisogno economico per famiglie numerose e a indugiare nel “lusso” di educare le loro figlie?

Se una maggiore educazione femminile causa in effetti declini di fertilità, vedranno i genitori con alta fertilità poveri un vantaggio maggiore nel mandare le loro figlie a scuola?

 Se così, quanto costa educare una ragazza al punto per cui la sua fertilità sia ridotta (che accade circa al livello del quarto grado)?

Quali programmi specifici nell’educazione femminile sono i più efficaci dal punto di vista dei costi? […]

Quali sono, in termini quantitativi grezzi, i benefici non-di-popolazione per ogni ulteriore dollaro investito nell’educazione femminile in una data situazione se comparati ad alternativi investimenti non-di-popolazione?

Quali sono i benefici per la popolazione per ogni dollaro speso nell’educazione femminile se comparati ad altri investimenti legati alla popolazione, come per i rifornimenti di contraccettivi o nei sistemi sanitari pediatrici e di maternità?”

La strategia suggerita dalle precedenti considerazioni è che il volume e il tipo di programmi che mirano ai “determinanti della fertilità” dovrebbero essere direttamente collegati alla nostra stima dei benefici totali (inclusi i benefici di non-popolazione) per ogni dollaro investito in un dato programma proposto e alla nostra fiducia nella affidabilità di quella stima.

Le aree più promettenti per un controllo della crescita della popolazione.

Il rapporto raccomanda di investire fondi e promuovere programmi di sviluppo, sperimentazione e ricerca in sei macro-aree considerate “promettenti”.

Provvedere a livelli minimi di educazione, specialmente per le donne.

Si suggerisce di aiutare soprattutto i Paesi sottosviluppati, a garantire un livello minimo d’istruzione scolastica, in particolare alle donne, in modo da motivare le prossime generazioni verso un’idea di famiglia composta da due figli.

Riduzione della mortalità infantile e pediatrica.

Gli USA dovrebbero incoraggiare l’interesse internazionale e l’investimento di risorse per sviluppare sistemi di scambi per rendere disponibili sistemi integrati sanitari e servizi di pianificazione familiare.

Espandere le opportunità di lavoro retribuito, specialmente per le donne.

“Lo stato e l’utilizzo delle donne nelle società LDC è particolarmente importante nella riduzione delle dimensioni della famiglia.

 Per le donne, un impiego fuori da casa offre un’alternativa a un matrimonio precoce e a rimanere in cinta presto, e un incentivo ad avere meno figli dopo il matrimonio.”

Sviluppo di alternative al ruolo della sicurezza sociale garantita dai bambini verso i genitori anziani.

 Se in una famiglia ci sono persone anziane o malate da assistere, è probabile che i genitori tendano a voler avere più figli in modo da potersene occupare senza ricorrere a ingenti spese sanitarie o assistenziali.

Perseguire strategie di sviluppo che deviano la crescita delle entrate verso il povero, specialmente lo sviluppo rurale focalizzato sulla povertà rurale.

 “Più alte le entrate di una famiglia, meno figli probabilmente avrà, eccetto che per i massimi livelli della scala delle entrate.”

6. Concentrarsi sull’educazione e indottrinamento della nuova generazione di bambini riguardo il desiderio di una ridotta dimensione della famiglia.

“La grande necessità è convincere le masse della popolazione che è per interesse loro e della nazione avere, in media, solo tre e poi solo due figli”.

Il rapporto raccomanda alle agenzie statunitensi:

“L’importanza dell’educazione della prossima generazione di genitori, a partire dalle scuole elementari, verso una famiglia ideale di due figli.”

Organizzazioni internazionali e altri programmi multilaterali sulla popolazione.

Dagli anni sessanta, i Paesi membri delle Nazioni Unite hanno lentamente cominciato ad essere d’accordo nel dare all’ONU un ruolo sempre maggiore riguardo questioni sulla popolazione.

 Nel 1969, si definisce il Fondo delle Nazioni Unite per le Attività di Popolazione (UNFPA).

Molti dei progetti finanziati dall’UNFPA sono implementati con l’assistenza dell’UNICEF, dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), la FAO, l’UNESCO e l’OMS.

 A questo si aggiunge il settore privato. Il rapporto raccomanda e incoraggia, infatti, le organizzazioni private.

“La cooperazione delle organizzazioni private e gruppi a livello nazionale, regionale e mondiale è essenziale per il successo di una efficace strategia sulla popolazione “.

 

Il rapporto suggerisce che gli Stati Uniti:

 “Dovrebbero continuare a garantire supporto a quelle organizzazioni internazionali e Statunitensi il cui lavoro contribuisce alla riduzione della rapida crescita della popolazione “.

 “Oltre a creare un clima di declino della fertilità,” suggerisce il rapporto:

 “è essenziale provvedere a tecniche sicure ed efficaci per il controllo della fertilità“.

Ciò significa: “Aumentare l’efficacia dei metodi già esistenti di controllo della fertilità e svilupparne di nuovi “.

Sterilizzazione e riduzione della fertilità.

“Cercare di migliorare la tecnologia di controllo della fertilità “.

Il rapporto suggerisce come sia fondamentale raggiungere i Paesi più poveri con metodi efficaci e poco costosi e che non richiedano un dispiego di personale tecnico specializzato.

 Come ci viene chiaramente spiegato:

“Nessuno degli attuali metodi disponibili di controllo della fertilità è completamente efficace e privo di reazioni avverse e di caratteristiche questionabili.

Il contraccettivo ideale, perfetto in tutti questi aspetti, potrebbe non essere mai realizzato “.

Intanto, il rapporto raccomanda di aumentare gli sforzi di sperimentazione e test sul campo di tecnologie già esistenti e lo sviluppo di nuove.

I contraccettivi orali sono diventati popolari e largamente usati; tuttavia le combinazioni e dosi ottimali di ormoni steroidei per le popolazioni LDC necessitano di ulteriori definizioni.

Dovrebbero essere testati sistemi intra-uterini di differenti taglie, forma e bio-attività per determinarne i livelli di efficacia, sicurezza e accettabilità.

Metodi avanzati di previsione dell’ovulazione saranno importanti per quelle coppie che desiderino praticare attività sessuale con maggiore certezza di efficacia di quanto non ne abbiano adesso.

La sterilizzazione di maschi e femmine ha ricevuto un consenso diffuso in molte aree dove una procedura semplice, veloce e sicura sia già disponibile.

La sterilizzazione femminile è stata migliorata da avanzamenti tecnici con i laparoscopi, culdoscopie e enormemente semplificate le tecniche di chirurgia addominale.

 Ulteriori miglioramenti dall’uso di clip delle tube, approcci trans-cervice, e tecniche più semplici possono essere sviluppate.

Per gli uomini numerose tecniche attuali sono promettenti ma richiedono maggiore valutazione e perfezionamento.”

Contraccettivi iniettabili per le donne che sono efficaci per tre mesi o più e sono somministrati da paramedici senza dubbio subiranno un significativo sviluppo.

 

Approcci leptolitici e anti-progesterone per il controllo della fertilità incluso l’uso di prostaglandine sono teoricamente attraenti ma rimane da fare un considerevole lavoro.

Metodi non clinici.

È necessaria ulteriore ricerca su metodi non clinici inclusi schiume, creme, e preservativi.

Il rapporto raccomanda di investire molto sulla ricerca scientifica sul controllo della popolazione.

In particolare, viene suggerito di puntare su sostanze iniettabili che mitighino o blocchino la fertilità.

“Ricerca di base deve essere fatta ma ci sono ragioni per ritenere che lo sviluppo di un contraccettivo iniettabile per uomini sia fattibile.

Un altro metodo che dovrebbe essere sviluppato è un’iniezione che assicuri alla donna dei cicli mestruali regolari “.

Riguardo all’aborto, nonostante si riconosca l’opposizione della Corte Suprema in materia, il rapporto dice chiaramente:

 “Nessun Paese ha ridotto la crescita della sua popolazione senza ricorrere all’aborto “.

Oltretutto, le strade che gli Stati Uniti dovrebbero seguire riguardo l’aborto nei Paesi sottosviluppati sono diverse:

“Procurare o distribuire gli strumenti necessari con il proposito di indurre l’aborto come metodo di pianificazione familiare “;

“Supportare direttamente le attività di aborto negli LDC “;

“Programmi di comunicazione, informazione, educazione o training che promuovono l’aborto come metodo di pianificazione familiare “;

“Pagare le donne negli LDC ad abortire come metodo di pianificazione familiare o pagare persone per eseguire aborti o per sollecitare persone a sottoporsi all’aborto “.

Non poteva mancare certo la propaganda, e l’uso dei mezzi di comunicazione di massa.

Nel rapporto si fa preciso riferimento all’uso:

 “dei mass-media per la disseminazione dei servizi e informazione di pianificazione familiare.

 Il potenziale dell’educazione e i suoi vari mezzi è primariamente una funzione delle (a) popolazioni bersaglio dove condizioni socio-economiche permettano a persone ragionevoli di cambiare il loro comportamento tramite la ricezione di informazioni sulla pianificazione familiare e (b) di adeguare lo sviluppo del contesto motivazionale sostanziale del messaggio “.

“Il progresso nella tecnologia per le comunicazioni dei mass-media ha portato a considerare che una prioritaria necessità possa soggiacere nell’uso di questa tecnologia, soprattutto con le vaste popolazioni rurali prive di cultura “.

Il rapporto ci rassicura che oltre ai mezzi di comunicazione più “datati”, come radio, poster, materiale stampato e contatti personali, un enorme ruolo è giocato dalla televisione.

 

“C’è un grande potenziale per l’uso dei mass-media, particolarmente nelle fasi iniziali nel rendere le persone consapevoli dei benefici della pianificazione familiare e dei servizi disponibili “.

Il rapporto suggerisce che: “La migliore scommessa nella strategia dei media è incoraggiare l’uso intensivo dei media già disponibili, o disponibili a un costo relativamente basso “.

Qualche lezione dalla storia.

Da ciò che abbiamo letto e analizzato, quello che possiamo affermare è che esistono politiche di controllo/riduzione della popolazione mondiale, politiche discusse ed entrate della politica governativa degli USA.

Politiche e concetti che sono stati affrontati da decenni, da stati, organizzazioni nazionali e internazionali, governative e non governative.

Politiche che gli Stati Uniti applicano, non possiamo certo dire con precisione quanto, da mezzo secolo.

Lungo la storia recente, ci stiamo così rendendo conto che il potere soffia da sempre sui venti di guerra; guerra ai popoli, alle idee e ai più giovani.

Sono sempre loro alla fine il bersaglio, perché più resistenti alla conformità e poco inclini alla condiscendenza.

La fascia più giovane della popolazione è da sempre poco incline alla “resilienza”.

La storia ci ha insegnato che, seppur nel breve periodo che è stato quello dell’era covid, chiunque si opponesse o semplicemente sollevasse dubbi o domande sulla narrazione dominante, diventa un nemico dello Stato.

È sempre la conformità fondamento del potere totalitario, – come già due anni fa esprimevo nel saggio Reset:

L’Ultima Grande Pandemia.

E la conformazione alla narrazione del potere dominante è sempre imposta con la forza, mentre si premia sempre chi spontaneamente si conforma.

Basti ricordare la propaganda della vaccinazione di massa:

 se ti vaccini sei un “bravo bambino” e salvi l’umanità;

non ti vaccini e allora diventi un nemico dello Stato, e sarai escluso dalla società. Di scientifico non c’era nulla, ovviamente. Solo costringere la massa alla conformità.

 La stessa storia che ci racconta la necessità di de popolare il pianeta e per farlo, tutti devono fare la propria parte.

Chi non si piega è un nemico dello Stato. Semplice.

E allora arriviamo al fatidico punto di non ritorno, alla congiuntura nefasta per avverarsi delle condizioni Malthusiane, agli 8 miliardi di abitanti su questo pianeta.

Cosa abbiamo imparato dalla storia, lungo tutti questi decenni, fino al 2022?

Il libero arbitrio è nemico dello Stato;

Il pensiero critico, fuori dal controllo e indottrinamento è nemico dello Stato;

Lo spirito umano, la sua tendenza all’infinito divino che è in ciascuno di noi è nemico dello Stato;

La non-conformità, l’anarchia del pensare privi di conforme dottrina è nemica dello Stato;

La stessa natura umana in quanto tale è diventata nemica dello Stato;

L’essere umano non ha nulla di divino, assoluto o unico, è un ostacolo alla natura, una variabile come altre e come tale non può avere diritti inalienabili e sarà sostituito da macchine e ingranaggi.

In considerazione delle loro politiche, della loro agenda, pratiche che tutt’ora usano e che partono da molto lontano, ciò che posso vedere è un piano di controllo e riduzione della popolazione mondiale.

Come portarlo avanti?

Sterilizzazione mirata, maschile e femminile;

Guerre, rivolte e sommosse nei Paesi sottosviluppati d’interesse strategico;

Riduzione delle cure pubbliche e gratuite, sostituzione dei medici con sistemi informatici da remoto e totale controllo da parte delle case farmaceutiche su organi di regolazione dei farmaci, senza dimenticare il divieto di curare pazienti se non si eseguono alla lettera i protocolli dello Stato.Diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili e di prodotti farmacologici (come i vaccini covid a mRNA) che possano alterare o danneggiare l’apparato riproduttivo o la fertilità;

Manipolazione del clima e dell’ecologia del paesaggio urbano e rurale;

Spingere i Paesi più poveri a praticare l’aborto;

La diffusione di OGM e la creazione di ogni sorta di organismi animali, insetti e vegetali, geneticamente modificati e alterati.

L’impatto sulla produzione di alimenti, di natura soprattutto vegetale, e proprio nei Paesi poveri ne è esempio drammaticamente reale e concreto;

Indottrinamento tramite uso militarizzato dei mass-media;

Il de-umanesimo.

Già, perché se con il transumanesimo controllo e riduzione della popolazione saranno obsoleti, poiché i governanti totalitari di quel futuro distopico avranno potere diretto e letterale su mente e corpo, questo non sarà che un passaggio, per riuscire infine a togliere l’umanità stessa dall’uomo, deumanizzare la nostra specie e giungere infine alla realizzazione del loro sogno distopico.

Ma questa, per fortuna, è solo un’altra folle visione di un altro folle visionario.

(Alessio Fortunati)

(Dott. Alessio Fortunati, PhD. Dottore in Scienze Biologiche, Biologo Molecolare, Saggista e libero pensatore, autore del saggio Reset: L’Ultima Grande Pandemia, ed. Albatros, 2022)

(il Memorandum 314 : static1.squarespace.com/static/61910a2d98732d54b73ef8fc/t/64bfe4b98dabae7cf6d3dc64/1690297530817/nsdm314.pd)

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