La globalista agenda verde 2030.
La
globalista agenda verde 2030.
La
Cina ha la totale capacità
di
contrastare l'idiota "agenda verde"
che i
pazzi occidentali anti-cinesi stanno spingendo.
Unz.com
- ANDREW ANGLIN – (3 AGOSTO 2023) – ci dice:
Penso
che tutti dobbiamo prenderci un momento e riflettere sul fatto che c'è una
sovrapposizione del 100% tra fanatici anti-Cina e credenti nella bufala del
riscaldamento globale che vogliono usare sostanze chimiche velenose mortali per
costruire inutili macchine catastrofiche (e uccelli genocidi e balene).
La
cosa più esilarante di tutto questo conflitto con la Cina è che gli stupidi”
fat americani” credevano che la Cina sarebbe stata il loro più grande alleato
fino al 2013.
Poi si
è scoperto che “Xi” non era un individuo democratico, ma piuttosto stava
restituendo la Cina alla sua forma tradizionale di governo, che è una monarchia
imperiale che supervisiona un impero mercantile.
Nell'ultimo
decennio, tutti questi froci sono stati come "oh ragazzo, cosa facciamo
ora?"
In
realtà, la Cina farebbe qualsiasi cosa tu li pagassi per fare, in termini di
produzione di qualsiasi stupida "tecnologia verde" distruttiva per
l'ambiente.
La
Cina farà qualsiasi cosa se li paghi.
Ma
questo non è abbastanza buono per l'Occidente, che insiste sul fatto che adotti
il suo stupido
sistema satanico di "democrazia", o paghi il prezzo più alto.
“Ernest
Scheyder” ed “Eric Onstad” – entrambi probabilmente ebrei – scrivono per la “Reuters”:
Raffinare
le terre rare per la transizione energetica verde è difficile.
Basta
chiedere a “MP Materials” e “Lynas”.
Le due
più grandi aziende di terre rare del mondo al di fuori della Cina stanno
affrontando sfide trasformando la roccia dalle loro miniere negli elementi
costitutivi dei magneti utilizzati in tutta l'economia globale, dall'iPhone di
Apple al Model 3 di Tesla al jet da combattimento F-35 di Lockheed Martin.
La
spinta dell'Occidente a sviluppare forniture indipendenti di minerali critici
ha assunto maggiore urgenza dopo che Pechino ha imposto controlli sulle
esportazioni il mese scorso sui metalli strategici gallio e germanio,
sollevando timori globali che la Cina possa bloccare le esportazioni di terre rare
o tecnologia di lavorazione in futuro.
Le
recenti lotte di “MP”, “Lynas” e altre aziende per perfezionare le proprie
terre rare evidenziano il difficile compito che il resto del mondo deve
affrontare per rompere la morsa della Cina sul gruppo chiave di 17 metalli
necessari per la transizione verso l'energia pulita, hanno mostrato interviste
con più di una dozzina di consulenti, dirigenti, investitori e analisti del
settore.
Le
complessità tecniche, le tensioni di partnership e le preoccupazioni sull'inquinamento
stanno ostacolando la capacità delle aziende di strappare quote di mercato alla
Cina, che secondo l'”Agenzia internazionale dell'energia” controlla l'87% della
capacità globale di raffinazione delle terre rare.
Se per
i progetti si continua a lottare, diverse economie potrebbero non riuscire a
raggiungere il loro obiettivo di ridurre le “emissioni di carbonio a zero netto
2050” per ridurre al minimo l'impatto dei cambiamenti climatici, senza il
coinvolgimento di Pechino.
I
piani per l'australiana” Lynas” di costruire una raffineria di terre rare negli
Stati Uniti con un partner con sede in Texas sono crollati, secondo due fonti
vicine alla questione.
“
Lynas” ha detto che sta cercando di completare una raffineria di terre rare
nell'Australia occidentale che ha affrontato ostacoli e sta costruendo il
proprio impianto altrove in Texas.
L'obiettivo
di “MP” di raffinare i propri metalli delle terre rare nel 2020 è stato
ostacolato dalla pandemia di COVID-19 e dalle sfide tecniche, spostando il suo
obiettivo alla fine del 2023.
Gli aggiornamenti potrebbero arrivare giovedì,
quando la società dovrebbe riportare i suoi risultati trimestrali.
Alla
fine dello scorso anno, il deputato statunitense ha dichiarato che stava
commissionando attrezzature di raffinazione vicino alla sua miniera in
California come parte di un intricato processo di calibrazione che finora non
ha avuto successo, lasciando la società dipendente dalla Cina per la
raffinazione e quindi quasi tutte le sue entrate.
“MP”
sta anche costruendo un impianto di magneti in Texas per rifornire” General
Motors” che richiederà che le apparecchiature di raffinazione della California
siano operative.
"Quello
che è successo in Cina per molti anni è che hanno investito molto e abilmente
nella capacità di lavorazione per convertire il materiale (terre rare) dalla
miniera fino al magnete", ha detto “Allan Walton”, professore di
metallurgia presso l'Università di Birmingham.
Non so
se fosse "intelligente" o meno – erano solo normali pratiche
commerciali. L'Occidente ha detto ai cinesi che li avrebbero pagati per costruire tutta questa pericolosa
e distruttiva tecnologia "verde", quindi hanno detto "ok, bene,
andremo avanti e prenderemo le forniture e inizieremo a fare questo prodotto
che vuoi acquistare".
Presumo
che molte delle "terre rare" siano anche preziose per la produzione
della normale tecnologia di consumo, ma la maggior parte della roba super
velenosa proveniente dall'Africa viene letteralmente utilizzata solo per
produrre questi inutili e genocidi mulini a vento, lampadine velenose che
emettono radiazioni che fanno strana (e ancora non compresa) merda al cervello,
schifezze per stupide e inutili auto elettriche, e altre pericolose schifezze
"verdi".
L'esperienza
della raffinazione della Cina ha permesso al paese di progettare i prezzi delle
terre rare in diverse fasi delle catene di lavorazione a suo vantaggio,
compresi i prezzi bassi per i prodotti finiti, per inibire la concorrenza
straniera, hanno detto gli analisti.
La
raffinazione delle terre rare "non viene realmente affrontata nemmeno da
coloro che stanno sviluppando la capacità dei magneti", ha detto “Ryan
Castilloux”, consulente minerario di “Adamas Intelligence”.
Concentrandosi
strategicamente sulle industrie che utilizzano i magneti – costruiti con terre
rare raffinate in Cina con margini di profitto volutamente mantenuti bassi –
Pechino può aumentare la sua fiorente industria “EV”, ha aggiunto “Castilloux2.
Il
modello cinese è entrato in forte rilievo il mese scorso quando i prezzi delle
terre rare sono scesi al livello più basso in quasi tre anni, in parte a causa
dell'aumento dell'offerta cinese.
La Cina offre anche uno sconto all'esportazione
del 13% ai produttori di magneti che utilizzano il suo materiale, promuovendo
la sua posizione dominante.
Pechino
per anni ha permesso l'importazione di rocce leggermente lavorate conosciute
come concentrato di terre rare per la raffinazione.
La strategia aiuta a garantire prezzi che
incentivino altri paesi a scavare nuove miniere ma non a costruire impianti di
lavorazione che possono anche produrre rifiuti radioattivi, hanno detto gli
analisti.
“MP “ha
spedito circa 43.000 tonnellate di concentrato in Cina l'anno scorso per la
raffinazione.
I documenti normativi mostrano che ha anche
venduto rifiuti di fluoruro in Cina, in perdita, lasciati da un precedente
proprietario nel suo sito in California, che ha severe normative di stoccaggio
per il materiale.
Anche
Myanmar, Vietnam e altri spediscono concentrati in Cina per la raffinazione.
“Lynas”
raffina il concentrato in Malesia che produce in Australia, ma le autorità di
Kuala Lumpur prevedono di bloccare le importazioni l'anno prossimo, citando
preoccupazioni che l'impianto di” Lynas” perda rifiuti radioattivi, un'accusa
che “Lynas” contesta.
Mira ad aprire un impianto di lavorazione
sostitutivo in Australia entro la fine dell'anno.
Sì,
l'intero “progetto verde” è così distruttivo che persino i paesi del terzo
mondo sono come "Non possiamo avere questa merda nel nostro paese, è troppo
velenosa".
La
Cina è un grande paese e si preoccupa molto meno dell'ambiente, quindi lo
faranno e poi seppelliranno i rifiuti.
Inoltre,
non stanno usando gran parte di questa merda verde (a parte le batterie di morte che
esplodono nelle loro auto elettriche a carbone, che sono più economiche e
migliori di quelle prodotte da “Elon X”), la stanno esportando ai ritardati in
Europa e in America (o lo erano) che stanno inquinando i loro paesi.
La
società ha a lungo venduto metalli delle terre rare negli Stati Uniti alla
società privata “Blue Line” per trasformarli in materiali specializzati.
Nel
2019, la coppia ha accettato di costruire impianti di raffinazione vicino a San
Antonio, in Texas, e ha discusso con i funzionari dell'amministrazione Trump i
loro piani per essere "l'unico produttore su larga scala di elementi
separati (terre rare) nel mondo al di fuori della Cina", secondo le e-mail
ottenute da Reuters.
Ma
questo sforzo, finanziato in parte dal Pentagono, da allora è fallito, hanno
detto due fonti a Reuters.
Le
ragioni del crollo, che non sono state precedentemente riportate, non hanno
potuto essere immediatamente determinate.
L'intero
progetto "verde" deve essere cancellato. È semplicemente troppo
distruttivo per la terra, ed è troppo stupidamente costoso.
Se le
persone vogliono auto elettriche, possono in qualche modo correre su rotaie.
Non so come funzionerebbe, ma i carrelli esistono.
(Non
lo so, ma penso che si potrebbero costruire strade con emettitori elettrici
sotto di loro - anche se questo potrebbe dare a tutti il cancro.)
Non
sarà mai una buona idea produrre batterie al litio per qualcosa che vada oltre
la piccola elettronica di consumo.
Questi
mulini a vento non produrranno mai più elettricità di quella che consumano nel
processo di produzione.
I
pannelli solari sono ritardati per qualsiasi scopo diverso dal vivere nel mezzo
di un deserto da solo (che è un'azione rara).
L'"agenda
verde" distruggerà il mondo. Avvelenerà tutto e renderà il pianeta
inabitabile.
Anche
se il riscaldamento globale causato dall'uomo fosse reale, a chi importa? Questo non lo fermerà comunque, e se
stesse accadendo, perché dovrebbe importare?
La terra era molto più calda in vari periodi
della storia.
Si
tratta solo di persone grasse che si preoccupano di diventare troppo sudate?
Inizialmente,
ci hanno detto che i "combustibili fossili" si sarebbero esauriti. Si
è rivelata una bufala totale.
È solo
una truffa così massiccia.
È
difficile elaborare che la popolazione sia così ritardata da assecondare questo
e fare sacrifici personali reali e reali per una bufala così ovvia.
Almeno
con la bufala del covid c'era una minaccia teorica.
Queste
persone che si riscaldano globalmente o inventano stupide minacce che sono
ovvie bugie – come quando Al Gore ha detto che le calotte glaciali si stavano
sciogliendo (di nuovo, è davvero una minaccia? andate a chiedere agli olandesi
di vivere sotto il livello del mare) – o mantengono tutto molto vago, come
"i tornado stanno arrivando ..."
(ANDREW
ANGLIN)
(Elvis
Dunderhoff ha contribuito a questo articolo.)
ATTRICE
IN LACRIME: “MINISTRO,
HO
L’ECO-ANSIA”. LA SCIENZA DISTORTA
VUOLE
TERRORIZZARE I GIOVANI.
Byoblu.com – (29 Luglio 2023) - Elisabetta
Barbadoro – ci dice:
Le
confesso, Ministro, che ho molta paura per il mio futuro.
Io personalmente soffro di eco-ansia e alle
volte penso che io non ho un futuro, perché la mia terra brucia, in questi
giorni in Sicilia sta bruciando tutto.
E io
non so se voglio avere figli.
Sinceramente,
Ministro, non lo so.
Lacrime
da emergenza climatica, anzi, da eco-ansia.
È
successo durante il “Giffoni Film Festival”, e il video ha fatto il giro dei
media generalisti che ormai da mesi profetizzano la catastrofe ambientale e che non
mancano occasione per diffondere il panico cercando di contagiare il pubblico
con, appunto, la nuova psicopatologia dell’ansia da riscaldamento globale.
Dopo
le passerelle dell’adolescente Greta Thunberg e di altri giovani nostrani, la
narrazione unica sull’ambiente promuove nuovi volti che possano rilanciare la
drammaticità di un’emergenza che per molti autorevoli scienziati, in realtà,
neanche esiste.
Le
lacrime dell’attrice.
A
proposito di dramma, o psicodramma eco-ansioso, vale la pena sottolineare che
la giovane, che piangendo si è rivolta al “ministro per l’ambiente Gilberto
Pichetto Fratin” – a sua volta in lacrime – durante l’incontro al Festival di
Giffoni, si chiama Giorgia Vasaperna, ha 27 anni e fa l’attrice, ha recitato come protagonista in
due cortometraggi e ha conseguito un diploma da attore e doppiatore.
Certo forse non basta a dimostrare che nel suo
intervento dal pubblico stesse recitando, se fosse così avrebbe peraltro anche
del talento, certamente però il tema che ha sollevato, quello dell’eco-ansia,
merita una riflessione.
Se
questa psicopatologia esiste, chi e perché la sta instillando nelle menti dei
giovani, che di norma sono facilmente condizionabili?
È la
scienza di regime, quella che non dà spazio al dibattito e alle voci critiche.
Dall’ipocondria
all’eco-ansia.
Basta
fare un passo indietro per rendersi conto che è già successo durante la
cosiddetta pandemia Covid, in cui ragazzi perfettamente sani sono stati resi
ipocondriaci e terrorizzati da un virus che nelle loro condizioni è
perfettamente curabile, con un’adeguata profilassi.
Sono stati convinti, su basi completamente infondate,
che se si fossero sottoposti all’iniezione di un prodotto farmaceutico
sperimentale avrebbero protetto anziani e fragili.
Così
hanno rischiato, e in alcuni, troppi, casi contratto malattie gravi cardiache,
neurologiche o autoimmuni.
Ora la
“scienza senza basi scientifiche” si abbatte nuovamente sulle loro menti plasmabili e li convince che la loro stessa
sopravvivenza è a rischio e che è meglio rinunciare a formare una famiglia e
generare figli.
Lo
studio distorto di “Lancet”.
Ogni
giorno abbiamo esempi della “distorsione del pensiero climaticamente corretto”:
il quotidiano La Verità, tanto per citare uno dei casi
più recenti, ha messo in luce la disonestà intellettuale di uno studio
pubblicato dalla prestigiosa “rivista Lancet” sui morti per caldo e per freddo,
che punta a dimostrare il presunto aumento dei decessi dovuti al riscaldamento
globale.
Basta
dare uno sguardo all’asse orizzontale alla tabella per avere la dimostrazione
che il grafico è totalmente sballato:
a sinistra la linea del tasso di mortalità
procede di 50 in 50, a destra di dieci in dieci.
Le
proteste inutili dei collettivi ambientalisti.
Certo,
l’ambiente va protetto, ma con azioni e provvedimenti efficaci.
Hanno
senso le manifestazioni dei gruppi giovanili come “Ultima Generazione” per
sollevare l’attenzione sul tema?
Ha
senso imbrattare monumenti e opere d’arte?
Ha
senso bloccare il traffico con sit-in mezzo alla strada costringendo le auto ad
emettere ancora più gas di scarico nell’immobile attesa che il presidio venga
sciolto?
Le
uniche barriere naturali contro il caldo rinvigorito dal cemento sono gli
alberi.
Ma
dove sono i giovani dei collettivi ambientalisti quando si tengono le proteste
contro gli abbattimenti, partecipate quasi sempre solo da adulti?
Chi
insegnerà ai ragazzi, prima che l’eco-ansia li paralizzi, che auto e
monopattini elettrici non sono la soluzione?
Narrazione
distorta anche sugli incendi
La
giovane attrice “Giorgia Vasaperna” piange per gli incendi che colpiscono la
Sicilia:
qualcuno
può spiegarle, insieme a noi di Byoblu, che i roghi, purtroppo, si verificano
ogni estate da anni e la colpa è dei piromani e di chi vuole distruggere boschi
e foreste per appropriarsi di quei terreni?
“Ministro
Pichetto Fratin”, per favore, faccia chiarezza invece di rispondere alle
lacrime con le lacrime.
Il
Vaccino è Sempre Sicuro, lo
dice la Scienza(h)… Forse…
Conoscenzealconfine.it
– (6 Agosto 2023) – Redazione - ci dice:
Uno
studio recentissimo, febbraio 2023, ha comparato due gruppi di donne, uno
vaccinato dalla 27a settimana di gravidanza con uno specifico vaccino DTP
(Difterite-Tetano-Pertosse), il “Boostrix” della GlaxoSmithKline, e uno non
vaccinato.
L’analisi
dei dati comprendeva 16.350 neonati nati da madri vaccinate, appunto con
vaccino DTP, e 16.088 neonati nati da madri non vaccinate e ciò che ne è emerso
è veramente molto interessante.
Per
trasparenza e onestà intellettuale, ci sentiamo obbligati a citarvi subito le
conclusioni dello studio:
“I
risultati complessivi dello studio supportano la sicurezza dell’immunizzazione
materna con “Boostrix” durante il terzo trimestre di gravidanza”.
Siamo
certi che sarete più rassicurati ad aver letto le conclusioni prima dei dati e questo ci rende meno pesante il dirvi
che il produttore del vaccino oggetto dello studio, ovvero la “GlaxoSmithKline”,
è anche finanziatrice dello studio stesso…
Torniamo
ai dati e prendiamo la Tabella 1 dello studio, andando però a guardare solo i
numeri assoluti e calcolando la differenza percentuale delle anomalie congenite del gruppo
dei neonati nati da madri vaccinate in gravidanza, rispetto a quelli nati da
madri non vaccinate in gravidanza:
–
Anomalie congenite dalla nascita fino ai 6 mesi di età: +41%
–
Sistema nervoso: +21%
–
Occhio: +17%
–
Orecchio, viso o collo: +103%
–
Sistema cardiovascolare: +14%
–
Sistema respiratorio: +36%
–
Sistema gastrointestinale superiore: +82%
–
Organi genitali: +20%
–
Sistema renale: +35%
– Sistema
muscoloscheletrico: +56%
–
Tegumento (cute): +99%
Ovviamente
lo studio ridimensiona queste percentuali e discute in modo ampio la questione
a livello statistico, ma anche aggiungendo tutti i correttivi di questa terra,
tutte le ipotesi di incrementi attesi e quant’altro per calmierare l’aumento
statistico, gli stessi autori dichiarano che è “stata riscontrata una maggiore
incidenza”
di anomalie congenite dopo la vaccinazione prenatale e onestamente non comprendiamo come
questo sia compatibile con la certificazione di vaccino sicuro.
Come
sempre vi lasciamo la fonte per poter approfondire in autonomia, augurandoci
che vengano fatti più studi comparativi tra coorti di vaccinati e non
vaccinati, magari scevri di conflitti di interesse e dogmatismi di vario
genere.
(ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9925651/)
(t.me/corvelva1993)
GLI
SCIENZIATI RUBBIA E ZICHICHI
CONTRO
LA TEORIA DEL SURRISCALDAMENTO
GLOBALE
DOVUTO ALL’UOMO.
It-it.gacebook.com
– (30 settembre 2019 ) – Radio Maria - Giuseppe Merlino – ci dice:
(Giuseppemerlino's
Blog)
Riportiamo
la prima parte del discorso tenuto nel 2014 dal prof. Carlo Rubbia, premio
Nobel per la Fisica, nel corso di un’audizione in Senato.
(Resoconto
stenografico).
Seguono
due interviste al prof. Antonino Zichichi, professore emerito del dipartimento
di Fisica Superiore dell’Università di Bologna.
In
questa relazione al Senato Italiano il professor Rubbia mostra che, in base ai
dati di fatto, i cambiamenti climatici non dipendono dall’uomo.
Prof.
Carlo Rubbia :
“Sono
una persona che ha lavorato almeno un quarto di secolo sulla questione
dell’energia nei vari aspetti e, quindi, conosco le cose con grande chiarezza.
Vorrei
esprimere alcuni concetti rapidamente anche perché i tempi sono brevi.
La prima osservazione è che il clima della
Terra è sempre cambiato.
Oggi
noi pensiamo (in un certo senso, probabilmente, in maniera falsa) che, se
teniamo la CO2 (Anidride Carbonica) sotto controllo, il clima della Terra
resterà invariato.
Questo
non è assolutamente vero.
Vorrei
ricordare che durante il periodo dell’ultimo milione di anni la Terra è stata
dominata da periodi di glaciazione in cui la temperatura media era di meno 10
gradi, tranne brevissimi periodi, in cui c’è stata la temperatura che è quella
di oggi.
L’ultimo
è stato 10.000 anni fa, quando è cominciato il cambiamento con l’agricoltura,
lo sviluppo eccetera, che è la base di tutta la nostra civilizzazione di oggi.
Negli
ultimi 2.000 anni, ad esempio, la temperatura della Terra è cambiata
profondamente.
Ai tempi
dei Romani, Annibale ha attraversato le Alpi con gli elefanti per venire in
Italia.
Oggi
non ci potrebbe venire, perché la temperatura della terra è inferiore a quella
che era ai tempi dei Romani.
Quindi, oggi gli elefanti non potrebbero
attraversare la zona dove sono passati allora.
C’è
stato un periodo, nel Medioevo, in cui si è verificata una piccola glaciazione.
Poi, intorno all’anno 1000 c’è stato un aumento di temperatura simile a quello
dei tempi dei Romani.
Ricordiamo
che ai tempi dei Romani la temperatura era più alta di quella di oggi. Poi c’è
stata una mini-glaciazione, durante il periodo del 1500-1600.
Ad esempio, i Vichinghi hanno avuto degli
enormi problemi di sopravvivenza a causa di questa mini-glaciazione, che si è
sviluppata con cambiamenti di temperatura sostanziali.
Se
restiamo nel periodo degli ultimi 100 anni, ci sono stati dei cambiamenti
climatici notevoli, che sono avvenuti ben prima dell’effetto antropogenico,
dell’effetto serra e così via.
Per
esempio, negli anni Quaranta c’è stato un cambiamento sostanziale.
La
presenza dell’uomo ha probabilmente introdotto ulteriori cambiamenti.
Non dimentichiamo che quando sono nato io, la
popolazione della Terra era 3,7 volte inferiore a quella di oggi.
Nella
mia vita il consumo energetico primario è aumentato 11 volte.
Per
quanto riguarda il comportamento del pianeta, questo ha avuto effetti molto
strani e contraddittori.
Vorrei
ricordare ad esempio che dal 2000 al 2014, la temperatura della Terra non è
aumentata:
essa è
diminuita di 0,2 gradi e noi non abbiamo osservato negli ultimi 15 anni alcun
cambiamento climatico di una certa dimensione.
Questo
è un fatto di cui tutti voi dovete rendervi conto, perché non siamo di fronte
ad un’esplosione della temperatura:
la
temperatura è aumentata fino al 2000: da quel momento siamo rimasti costanti,
anzi siamo scesi di 0,2 gradi.
E’
giusto, Ministro?”
Ministro
GALLETTI (Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) :
“Giusto,
ma le previsioni non sono queste”.
Prof.
Carlo RUBBIA :
“Io
guardo i fatti. Il fatto è che la temperatura media della Terra, negli ultimi
15 anni, non è aumentata ma diminuita”.
A
questo punto riteniamo di aggiungere quanto affermato nel 2012 dal prof.
Antonino Zichichi, professore emerito del dipartimento di Fisica Superiore
dell’Università di Bologna, nel corso di un’intervista a “Il Giornale”:
“Il
motore climatico è in gran parte regolato dalla CO2 prodotta dalla natura,
quella CO2 che nutre le piante ed evita che la Terra sia un luogo gelido e
inospitale.
Quella
prodotta dagli esseri umani è una minima parte, eppure molti scienziati dicono che
è quella minima parte a produrre gravi fenomeni perturbativi.
Ma ogni volta che chiedo loro di esporre dei
modelli matematici adeguati che sostengano la teoria (e comunque oltre ai
modelli servirebbero degli esperimenti) non sono in grado di farlo.
Serve
un gruppo di matematici che controlli i modelli esistenti e dia dei responsi di
attendibilità.
Tra
l’altro molto spesso i teorici dell’ecologia che criticano l’eccessiva
produzione di CO2 sono gli stessi che si oppongono a testa bassa al nucleare”.
In
un’intervista a “Il Mattino” del 2017 il prof. Zichichi ha poi detto:
“L’inquinamento
esiste, è dannoso, e chiama in causa l’operato dell’uomo. Ma attribuire alla
responsabilità umana il surriscaldamento globale è un’enormità senza alcun
fondamento: puro inquinamento culturale.
L’azione
dell’uomo incide sul clima per non più del dieci per cento.
Al novanta per cento, il cambiamento climatico è governato
da fenomeni naturali dei quali, ad oggi, gli scienziati non conoscono e non
possono conoscere le possibili evoluzioni future.
Ma io sono ottimista.
In
nome di quale ragione si pretende di descrivere i futuri scenari della Terra e
le terapie per salvarla, se ancora i meccanismi che sorreggono il motore
climatico sono inconoscibili?
Divinazioni!
Perché
molti scienziati concordano sul riscaldamento globale dovuto all’attività
umana?
Perché
hanno costruito modelli matematici buoni alla bisogna.
Ricorrono
a troppi parametri liberi, arbitrari.
Alterano
i calcoli con delle supposizioni per fare in modo che i risultati diano loro
ragione.
Ma il
metodo scientifico è un’altra cosa”.
Clima
ed energia, Zichichi e la realtà
asfaltano
ancora gli affermazionisti.
Romait.it
– (17-2-2022) - Mirko Ciminiello – ci dice:
I dati
scientifici smentiscono di nuovo la narrazione degli eco-catastrofisti, che il
luminare esorta a tornare a studiare: e ARERA certifica il raddoppio delle
bollette in un anno.
Ascolta:
"Vivere
in emergenza, anche per il clima. Si vuole occultare una strategia?"
Da un
lato c’è il clima come lo intendono gli eco-catastrofisti, dall’altro ci sono i
dati scientifici.
Una
distinzione netta che un luminare del calibro di Antonino Zichichi è tornato a
ribadire con forza.
Facendo
riferimento a tutte le crisi globali (come il caro energia) con un rigore
tipicamente galileiano.
Il
clima e le emergenze planetarie.
«Le
emergenze non sono solo climatiche».
Antonino
Zichichi, forse il più grande scienziato italiano vivente, non è mai banale né
scontato e, intervistato da Libero, ha messo subito i puntini sulle i.
Ricordando
che vi sono «15 classi di Emergenze Planetarie», che includono «riscaldamento
globale, variazioni climatiche» e inquinamento.
Ma
anche «corsa agli armamenti e scudo spaziale contro il terrorismo, crisi
energetica mondiale, incendi delle foreste, difesa da epidemie nell’era della
globalizzazione».
Una
visione d’insieme che, non a caso, portò nel lontano 1973 alla creazione
dell’International World Federation of Scientists”.
Un’organizzazione
pensata per individuare i problemi della Terra e fornire ai Governi «le
informazioni rigorosamente scientifiche» per fronteggiarli senza bruciare
miliardi in misure tampone.
Una
postilla che fa pensare immediatamente al caro bollette, per cui occorrerebbe una
strategia strutturale, anziché i palliativi stanziati dall’esecutivo del
Premier Mario Draghi.
I
numeri, sciorinati dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e
Ambiente) e riportati dal Corsera, sono infatti impietosi.
In un
anno la luce è aumentata del 131% (da 20,06 a 46,03 centesimi a kilowattora),
il gas del 94% (da 70,66 a 137,32 centesimi per metro cubo).
E per
chi lavora in smart-working l’impennata può essere rispettivamente del 230% e
220%.
Eppure,
l’energia pulita, «il sogno degli uomini di tutti i tempi, sembra avvicinarsi
molto più di quanto si sperasse», come afferma Zichichi.
Spiegando
che gli oceani sono pieni «di combustibile per la fusione nucleare» [l’idrogeno e i suoi isotopi, N.d.R.].
Basterebbe
abbandonare l’approccio ideologico.
Più
facile a dirsi che a farsi.
La
lezione magistrale di Zichichi.
«La
Scienza non ha l’equazione del clima» perché la matematica che dovrebbe
descriverlo è troppo complicata, precisa ancora il fisico siciliano.
«Quella cosa cui diamo il nome di clima ha 72
componenti, ciascuna delle quali è un’Emergenza Planetaria».
Cosa che, en passant, la dice lunghissima sui
cosiddetti “General Circulation Models,” che dovrebbero provare a riprodurre
quello che è semplicemente il sistema più complesso del pianeta.
Anche
per questo Zichichi ha esortato l’auto-proclamata leader scandinava dei giovani
allarmisti a tornare a studiare (ma sarebbe meglio dire “cominciare”).
Per
poter avere un giorno un modello matematico adeguato e «la prova sperimentale
che ne stabilisce il legame con la realtà».
Una realtà che presto o tardi presenta sempre
il conto.
Non a
caso, l’accademico ha asfaltato ancora gli affermazionisti, ribadendo che «attribuire alle attività umane il
surriscaldamento globale è senza fondamento scientifico».
L’uomo
incide «al livello del 5%: il 95% dipende da fenomeni naturali legati al Sole».
Gioco,
partita, incontro.
Nella
speranza che gli odierni green Culotti sappiano imparare la lezione magistrale
di un grandissimo professore come Zichichi.
Cara
Greta, studia: inquinamento
e
clima sono cose diverse.
Ilgiornale.it
– (30 Settembre 2019) - Antonino Zichichi – ci dice:
Il
finimondo culturale scatenato dalla giovane svedese Greta Thunberg, ci porta a
ricordare che le tre grandi conquiste della Ragione sono il Linguaggio, la
Logica e la Scienza.
Per
risolvere un problema bisogna anzitutto parlarne.
È
quello che ha fatto con enorme successo Greta.
Linguaggio significa esprimersi usando le
parole, non le formule matematiche. Usando le parole si può dire tutto e il
contrario di tutto;
ecco
perché tremila anni fa nacque la Logica.
Logica vuole dire produrre un modello
matematico: non solo parole, ma formule. E, infatti, ci vuole la Matematica per
stabilire la validità scientifica di cui si parla.
Greta
ha parlato di clima per attrarre l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale.
E c'è riuscita.
Ma se
non c'è la Logica, quindi la Matematica e poi la Scienza, cioè la prova
sperimentale, il clima rimane quello che è:
una
cosa della quale si parla tanto, senza usare il rigore logico di un modello
matematico e senza essere riusciti a ottenere la prova sperimentale che ne
stabilisce il legame con la realtà.
Greta
non dovrebbe interrompere gli studi, come ha detto di volere fare, per
dedicarsi alla battaglia ecologista, ma tornare nella sua scuola e dire che
bisogna imparare la Matematica delle equazioni differenziali non lineari
accoppiate e le prove sperimentali necessarie per stabilire se quel sistema di
equazioni descrive effettivamente i fenomeni legati al clima.
Greta
dovrebbe dire che di clima bisognerebbe iniziare a parlarne alle scuole
elementari, mettendo in evidenza che siamo l'unica forma di materia vivente
dotata di quella straordinaria proprietà alla quale si è dato il nome di
Ragione.
È grazie alla Ragione che abbiamo scoperto Linguaggio,
Logica e Scienza, come detto in apertura.
Per
risolvere i problemi climatologici è necessario studiare la Matematica delle
equazioni differenziali non lineari e gli esperimenti da fare affinché questa
Matematica corrisponda alla realtà.
Altrimenti,
si parla di clima senza affrontare i problemi legati al clima.
È come
se volessimo realizzare le invenzioni tecnologiche per avere la Televisione
ignorando l'esistenza dell'Elettrodinamica quantistica, una delle più grandi
conquiste della Ragione.
Se i
nostri nonni si fossero limitati a dire quanto sarebbe stato bello avere
strumenti per vedere e sentire i nostri amici che si trovano a centinaia di
chilometri da noi, non avremmo la Tv.
È stato necessario scoprire le leggi
dell'Elettrodinamica quantistica per avere la Tv.
Questo
vuole dire che è necessario risolvere prima i problemi scientifici per poi
riuscire a inventare le tecnologie necessarie affinché si possano realizzare i
nostri sogni.
Il
clima è un problema estremamente complesso:
la
Matematica ci dice che non potrà mai esistere un'equazione semplice, come
quella di Newton (che regola le orbite dei pianeti intorno al Sole), per
trattare matematicamente il clima.
Sono necessarie almeno tre equazioni
differenziali non lineari accoppiate.
Il
clima è un esempio di fenomeno la cui Matematica stabilisce che non ci sono
soluzioni analitiche.
Il che
vuole dire: nessuno riuscirà mai a descrivere il clima con un'equazione
estremamente semplice, come quella di Newton.
Chi
pensa di avere la descrizione matematica del clima deve capire che la sua
descrizione matematica equivale a dire:
«È così perché l'ho detto io, in modo
rigorosamente logico, usando formule non parole».
Quando
alla Conferenza mondiale della Scienza a Washington negli anni Settanta dissi
che il passaggio dalla materia inerte alla materia vivente non è stato mai
studiato in modo scientifico, dicevano: «Zichichi ce l'ha con Darwin».
Darwin
è come Karl Marx.
Se ne
parla per «sentito dire», come diceva Fermi.
Darwin
non ha né un'equazione né una prova sperimentale per sostenere quel che dice.
Descrivere un fenomeno non vuole dire che
questa descrizione corrisponde alla realtà.
È necessario un modello matematico corroborato
da prove sperimentali.
Molti
parlano di Scienza senza avere mai scoperto né inventato alcunché.
È bene
precisare che cambiamento climatico e inquinamento sono due cose completamente
diverse.
Legarli vuole dire rimandare la soluzione.
E
infatti l'inquinamento si può combattere subito senza problemi, proibendo di
immettere veleni nell'aria o in mare..
Il riscaldamento globale è tutt'altra cosa, in
quanto dipende dal motore meteorologico dominato dalla potenza del Sole.
Le
attività umane incidono al livello del 5%: il 95% dipende invece da fenomeni
naturali legati al Sole.
Attribuire
alle attività umane il surriscaldamento globale è senza fondamento scientifico.
Non
c'è la Matematica che permette di fare una previsione del genere.
L’afa
che fa, la realtà del clima
e le
sue strumentalizzazioni.
Civiltàdellemachine.it
– (24 luglio 2023) - Massimo Falcioni – ci dice:
(Fondazione
Leonardo)
Decenni
addietro, “Che afa fa” era il refrain degli spot pubblicitari di due note Case
produttrici di brandy e di birra che invogliavano gli spettatori di cinema e tv
a bere i loro prodotti per vincere la battaglia contro la calura.
Il caldo soffocante e spossante dell’estate
c’era ovunque, anche in Italia, più o meno come c’è oggi.
“… Questo clima che infligge sei mesi di
febbre a quaranta gradi; li conti Chevalley, li conti: maggio, giugno, luglio,
agosto, settembre, ottobre. Sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle
teste… Lei non lo sa ancora, ma da noi si può dire che nevica fuoco, come le
città maledette della Bibbia…”.
Così
ne “l Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa si descrive il clima nella
Sicilia del 1860.
Da che mondo e mondo la Terra e la vita sul
nostro pianeta sono condizionate dai cambiamenti climatici.
Tuttavia
il “riscaldamento climatico globale” collegato alla questione dell’ambiente è
diventato il tema caldo del giorno, anzi quello più bollente.
Mai
come oggi, non solo in Italia, il tempo e le sue evoluzioni sono state e sono
oggetto di divisione culturale e di scontro sociale e politico.
Fino a
pochi anni fa solo chi lavorava sui campi o chi faceva il pescatore, la sera
prima di coricarsi osservava il cielo e faceva le previsioni del tempo per la
notte e il giorno successivo.
Oggi
il tempo condiziona particolarmente il traffico in città, in autostrada, sui
cieli e sui mari, con ripercussioni economiche, ad esempio sul turismo.
È,
amplificato da tv e media, tutto un allarme, passando dalla siccità e calure
estive alle alluvioni e gelate invernali, da record.
Anche su questo c’è un allarmismo quotidiano,
per alcuni ingiustificato, ad uso dell’audience mediatica, in particolare
televisiva, a fini speculativi.
Quel che manca è il senso del limite, la
moderazione nel valutare quel che sta accadendo e quel che può accadere.
Oramai,
ci sono due fronti, uno contrapposto all’altro: da una parte c’è chi banalizza
dicendo che è “naturale” che d’estate faccia caldo e dall’altra parte c’è
sempre più un rilanciare minacce anche con una strategia di comunicazione per
indurre la paura del clima, come se la fine del mondo fosse già qui.
Ai
primi di giugno 2023 un manifesto firmato a Roma da più di 1500 scienziati
provenienti da diverse nazioni aveva come titolo:
“L’emergenza
climatica non esiste”.
Questi
scienziati non negano che il clima viva dei mutamenti, è così da sempre, ma
escludono la relazione tra le attività antropiche e l’insorgenza di
manifestazioni climatiche estreme.
All’opposto sostengono che “la scienza del clima dovrebbe essere
meno politica, mentre le politiche climatiche dovrebbero essere più
scientifiche”.
La
sfida scientifica è stata sottratta all’Accademia, è diventata oggetto di
scontro nei talk show, una questione gestita per lo più dal sistema della
comunicazione e della politica.
In
particolare, si tende a confondere il clima con l’inquinamento. Nel manifesto dei 1500 scienziati c’è
scritto che l’aumento della CO2 è un fattore positivo essendo la CO2 il cibo
delle piante, il gas della vita.
Ogni essere umano emette, respirando, un
chilogrammo di CO2 al giorno.
Con
questo processo di respirazione si svolgono i principali procedimenti di
sintesi degli zuccheri.
Quindi la CO2 è fondamentale per la vita sulla
terra.
Oggi,
invece, c’è una vera e propria campagna di terrore per la presenza della CO2.
Secondo i 1500 scienziati il clima è sempre
cambiato e l’aumento di temperatura che noi registriamo oggi, di un grado circa
negli ultimi centocinquanta anni, è naturale ed è connesso alla “coda”
dell’ultima piccola era glaciale 1500-1700, durante la quale c’è stato un
abbassamento di temperatura che d’inverno faceva ghiacciare il Tamigi e la
laguna di Venezia.
Da
quel momento in poi la temperatura ha iniziato a crescere.
Noi siamo, saremmo, in questa coda, con
piccole oscillazioni, perché nel 1970 la temperatura è diminuita, tra il 2000
al 2015 è rimasta costante.
Tali
piccole oscillazioni caratterizzano questa coda.
Di
tutt’altro tono lo studio “Nasa” di pochi giorni fa illustrato in una riunione
dell’agenzia governativa statunitense da “Gavin Schmidt”, direttore del “Goddard
Institute for Space Studies”:
“Giugno
e luglio 2023 sono i mesi più caldi della Terra, da secoli.
Stiamo
assistendo a cambiamenti senza precedenti in tutto il mondo.
C’è stato un aumento delle temperature negli
ultimi quattro decenni.
Giugno
è stato il mese più caldo della Terra e luglio si avvia ad essere lo stesso, da
centinaia, se non migliaia di anni.
Tutto
questo calore aumenta certamente le possibilità che il 2023 sia l’anno più
caldo mai registrato”.
Perché
tutto ciò accade?
“Gavin
Schmidt” non ha dubbi:
“Ciò
che sappiamo dalla scienza è che l’attività umana e principalmente le emissioni
di gas serra stanno inevitabilmente causando il riscaldamento che stiamo
osservando nel nostro pianeta.
Questo ha un impatto sulle persone e sugli
ecosistemi di tutto il mondo”.
Chi ci
mette le mani per modificare quel che, secondo Schmidt, sta accadendo sulla
Terra? La “Nasa”.
Perché:
“La Nasa è anche un’agenzia per il clima”.
E la
sua recente iniziativa “l’Earth Information Center”, renderà disponibili in tempo reale
i dati climatici provenienti dai 25 satelliti della “Nasa”.
Sono
in corso altri progetti per il monitoraggio dei cambiamenti ambientali, tra cui
quelli che tengono traccia dell’inquinamento atmosferico, delle emissioni del
metano, dei cicloni tropicali e degli uragani.
L’agenzia
Usa, questo l’obiettivo, vuol contribuire a ridurre l’inquinamento che riscalda
la Terra, su tutti i fronti, ricercando anche, ad esempio, forme di trasporto
aereo a più basso contenuto di carbonio. Bene.
Se son
rose, fioriranno.
Stavolta
nel tunnel della calura c’è anche l’Italia.
Già nel 2022, i dati diffusi dal CNR dicevano
che nei primi sette mesi dell’anno non era stato mai così caldo in Italia dal
1800 a oggi, in particolare con record a luglio ed agosto.
Peggio
ancora nel resto del mondo dove il termometro pare impazzito.
Secondo
la “National Oceanic and Atmospheric Association”, da quando sono iniziate le
rilevazioni nel 1850, giugno 2023 è stato il mese più caldo di sempre sulla
Terra:
non
così in Italia con giugno 2023 particolarmente piovoso.
Luglio
prosegue ancor peggio ed è probabile che agosto farà registrare un altro record.
Tale
tendenza pare destinata a non interrompersi.
Così
la “questione clima” è diventata la questione centrale.
D’estate riguarda ovviamente il caldo con code
di tornado, grandinate, trombe d’aria come quelle avvenute in questi ultimi
giorni in particolare in Lombardia e in altre regioni del settentrione.
Il cambiamento climatico non agisce solo
sull’intensità dei fenomeni ma, soprattutto, sulla frequenza:
i
giorni con temperature superiori ai 30 gradi nell’Europa meridionale sono
passati, in media, da 25 l’anno, a quasi 50.
Secondo
le rilevazioni di “Climate Central”, la possibilità di temperature come quelle
portate sull’Italia dall’ondata di calore di luglio 2023 è aumentata di cinque
volte rispetto al periodo preindustriale.
Evidentemente
l’aumento delle temperature globali c’è e va affrontato, ma con realismo ed
equilibrio perché la medicina non sia peggio del male.
Fa caldo, molto caldo ma non si può dire,
scientificamente, che siamo nell’estate più calda di sempre.
Certo,
negli ultimi decenni si registra un aumento della temperatura media della
superficie del pianeta.
Nell’Europa
del sud maggio e giugno 2023 sono stati piovosi e relativamente freschi ma
mediamente più caldi rispetto agli ultimi decenni.
Luglio
sta proseguendo con un gran caldo definito dai media in termini allarmistici
quali “Bolla
di fuoco sul Mediterraneo”, “Caldo record, pianeta in ginocchio”, “Afa, allarme globale:
nel sud Europa il clima del Sahara”.
Non c’è niente di biblico. Si tratta di onde
di calore.
Siamo
di fronte a forme di meteo-terrorismo per condizionare ovunque le scelte
politiche, istituzionali, imprenditoriali, sociali. Sul tavolo degli imputati c’è l’uomo,
accusato quale responsabile unico del riscaldamento globale.
Ma i
cicli del riscaldamento e del raffreddamento non sono lineari e si susseguono.
Pur in mancanza di dati scientifici certi, il Medioevo, periodo compreso fra la
caduta dell’Impero Romano (476) e la scoperta dell’America (1492), è stato
molto caldo seguito da un periodo freddo fino al 1680 quando poi le temperature
hanno ripreso ad innalzarsi molti decenni prima della Rivoluzione industriale e
delle emissioni di CO2.
La
storia insegna che niente è scontato e che le diverse cause possono sommarsi e
intervenire anche su un tema così complesso qual è il clima.
La comunicazione con il taglio dell’apocalisse forse
aiuta l’audience tv ma non la ricerca delle soluzioni a problemi globali ed
extra globali, assai complessi.
Qui
non si tratta di un pur significativo grado di temperatura in più o in meno ma,
anche attraverso l’allarme climatico e il come e quando farvi fronte, delle
questioni dello sviluppo, dell’energia, degli armamenti, in poche parole della
spartizione politica ed economica del mondo.
Non è
questione di lana caprina che si risolve a battute, nel proprio orticello.
Riscaldamento
globale.
È
tutta colpa del Sole.
Unina.it
– (7 settembre 2021) – Connolly R. e altri 22 autori – ci dicono:
In una
estesa “Invited Review” pubblicata su “Research in Astronomy and Astrophysics”
(IOP Publishing), un gruppo internazionale di 23 scienziati esperti in fisica
solare, astronomia e nei cambiamenti climatici - che include anche il
professore “Nicola Scafetta” del Dipartimento di Scienze della Terra,
dell'Ambiente e delle Risorse della Federico II - mostra che è prematuro dare
la colpa al riscaldamento climatico osservato dal 1900 ad oggi principalmente
alle emissioni antropiche di gas serra.
Lo
studio contraddice la conclusione principale dell'”Intergovernmental Panel on
Climate Change” (IPCC) delle Nazioni Unite, ripetuta anche nell'ultimo rapporto
(Sixth Assessment Report, AR6) pubblicato in agosto, in quanto questo è basato
su dati parziali e incompleti che non sono sufficienti per valutare
correttamente l'effetto del Sole sul clima della Terra.
La review - basata su circa 500 studi scientifici -
usa tutte le serie solari oggi disponibili e numerose serie climatiche globali.
Queste
serie mostrano tra di loro una grande variabilità secolare.
Lo
studio conclude che il possibile contributo del sole al riscaldamento globale
osservato durante il XX secolo dipende fortemente dalle serie solari e
climatiche specifiche adottate per l'analisi.
Gli
studiosi mostrano che l'ipotesi sostenuta dall'IPCC secondo cui l'aumento
dell'attività solare osservato durante il XX secolo avrebbe avuto un effetto
trascurabile sul riscaldamento climatico post-industriale si basa solo su
simulazioni generate da modelli climatici globali che usano come forzanti
solari quelli che si ottengono con le serie astronomiche che presentano la più
piccola variabilità secolare.
Paradossalmente,
i modellisti climatici ignorano le serie solari proposte nella letteratura
scientifica che suggeriscono una variabilità solare secolare molto più ampia
(fino ad un fattore 10) e che presentano anche una diversa modulazione che
meglio si correla con quella mostrata nelle serie climatiche.
Inoltre, nei documenti dell'IPCC le predizioni
dei modelli climatici - che già producono un riscaldamento superiore a quello
riportato nelle serie climatiche ufficiali - vengono anche confrontate con
delle serie climatiche che diversi studi considerano problematiche perché
sicuramente influenzate da una componente spuria di riscaldamento non
climatico, come quello registrato dalle stazioni meteorologiche posizionate in
prossimità dei centri urbani.
Dal dopoguerra ad oggi, le isole di calore
urbano sono cresciute notevolmente in molte parti del mondo inducendo un
riscaldamento solo locale che dovrebbe essere completamente rimosso nelle serie
usate per studiare i cambiamenti climatici.
Questo
però non avviene perché, come lo studio anche mostra, usando solo le serie
meteorologiche registrate nei siti rurali, il riscaldamento globale dell'ultimo
secolo è inferiore di almeno del 20% di quello riportato nelle serie climatiche
usate dall'IPCC.
I 23 studiosi concludono che il selezionare le
serie solari con la più bassa variabilità solare insieme a serie climatiche
influenzate dal riscaldamento urbano ha l'evidente l'effetto di minimizzare la componente
naturale del cambiamento climatico e, simultaneamente, di massimizzare quella
antropica, ma l'operazione è scientificamente scorretta.
Infatti,
data la notevole variabilità e le incertezze esistenti tra le serie
astronomiche e climatiche, diverse selezioni di dati portano a conclusioni
contradditorie:
l'aumento
dell'attività solare durante il XX secolo ad oggi potrebbe avere contribuito
quasi nulla (come sostenuto dall'IPCC) oppure la maggior parte del
riscaldamento osservato.
Quindi,
ritenere che il riscaldamento climatico globale dal 1900 sia dovuto all'uomo e
che i modelli climatici attuali siano sufficientemente validi per prevedere i
cambiamenti climatici futuri è al momento prematuro e probabilmente errato.
(Connolly, R., ed altri 22 autori.)
"How much has the Sun influenced Northern
Hemisphere temperature trends? An ongoing debate." (Invited Review).
Research in Astronomy and Astrophysics (IOP Publishing), 21, 131 (68pp),
2021. doi: 10.1088/1674-4527/21/6/131 doi.org/10.1088/1674-4527/21/6/131
(raa-journal.org/raa/index.php/raa/article/view/4906)
Sul
cambiamento climatico
la
maggioranza la pensa
ciascuno
a modo suo.
Pagellapolitica.it
– (26 LUGLIO 2023) - DAVIDE LEO, FEDERICO GONZATO – ci dicono:
Musumeci
lo riconosce senza problemi, Meloni è più sfumata, numerosi parlamentari ed
europarlamentari negano il fenomeno.
Tra
gli esponenti politici che sostengono la maggioranza di governo sembrano
esserci convinzioni molto diverse, e non di rado contraddittorie, su un tema
cruciale del dibattito pubblico come il cambiamento climatico.
Nelle
ultime settimane l’Italia è stata investita da un rialzo significativo delle
temperature, che tra le altre cose ha causato gravi incendi al Sud.
Nella
notte tra lunedì 24 e martedì 25 luglio violenti nubifragi hanno invece colpito
varie regioni del Nord, in particolare la Lombardia e il Veneto, causando anche
alcuni morti.
Su
questi eventi si è espressa, naturalmente, anche Giorgia Meloni. Il 25 luglio,
ospite di “Non Stop News “su Rtl 102.5, la presidente del Consiglio Giorgia
Meloni ha parlato di una «situazione complessa» e di «una realtà climatica
imprevedibile», con «fenomeni totalmente diversi tra loro», dichiarando che è
necessaria «una messa in sicurezza del territorio».
La presidente del Consiglio non ha comunque
parlato in modo esplicito di problemi legati al cambiamento climatico.
Con
più decisione, il ministro del suo governo Nello Musumeci (Fratelli d’Italia)
sembra avere pochi dubbi sulla realtà e urgenza del problema del cambiamento
climatico, come testimoniano diverse dichiarazioni di questi giorni.
«Dobbiamo
fare i conti con lo sconvolgimento del clima e quindi con una nuova condizione
che ci imporrà un approccio culturale e pratico assai diverso»,
ha
dichiarato in un’intervista a Sky TG24 il ministro per la Protezione civile
e le Politiche del mare, che ha detto di essere pronto a concedere lo stato di
emergenza per la situazione meteorologica alle regioni che ne hanno fatto
richiesta.
«Dobbiamo stare in allerta, non siamo
preoccupati, ma occupati, come sta avvenendo in questi giorni 24 ore su 24.
Nel
Sud ci si aspetta una diminuzione del caldo, nel Nord il maltempo però può
ancora perdurare, quindi massima allerta per ragioni diverse, ma che sono due
facce della stessa medaglia: il cambiamento del clima», ha aggiunto Musumeci.
La
stessa presidente del Consiglio ha fatto dichiarazioni che sembrano riconoscere
la realtà del cambiamento climatico, anche se piuttosto caute nei toni.
Il 15
marzo scorso, durante un question time” alla Camera, Meloni aveva detto che «gli italiani non hanno scelto un
governo composto da pericolosi negazionisti climatici».
Ha
aggiunto che l’approccio del governo è «pragmatico e non ideologico».
Con
più decisione l’8 giugno scorso, ospite del “Festival di Green&Blue “a
Milano, il ministro Musumeci aveva criticato chi «fa l’indiano» e non riconosce
l’esistenza del cambiamento climatico, precisando di rivolgersi anche ai suoi
compagni di partito e coalizione.
Le
prese di posizione di Musumeci sul tema del cambiamento climatico, e in parte anche quelle di Meloni, contrastano
con quanto dichiarato da diversi esponenti dei partiti di governo, in
particolare di Fratelli d’Italia e Lega, che in varie occasioni hanno messo in
dubbio, e in alcuni casi del tutto negato, l’esistenza del fenomeno.
I
critici del cambiamento climatico.
Come
detto in precedenza, tra i partiti che compongono la maggioranza di governo,
Fratelli d’Italia e Lega sono quelli con più membri che mettono in discussione l’impatto
dell’uomo sul cambiamento climatico o la sua stessa esistenza.
Secondo
le verifiche di “Pagella Politica”, gli esponenti dei due partiti che hanno
posizioni scettiche sul clima sono spesso membri del Parlamento Europeo.
Se infatti tra deputati e senatori è più difficile
trovare dichiarazioni riconducibili al negazionismo climatico i parlamentari
europei, che hanno poi il compito di votare le direttive della Commissione Ue
sulla transizione ecologica, hanno espresso idee molto più nette dei loro
colleghi a Roma.
Il termine “negazionista climatico” non viene
usato solo per chi nega del tutto l’esistenza dei cambiamenti climatici, ma anche per chi nega che questi siano causati in una
parte rilevante dalle attività umane, un punto su cui la comunità
scientifica e le istituzioni internazionali sono unanimi.
Un
esempio di dichiarazioni in contrasto con il consenso scientifico – ma anche,
come abbiamo visto, con quanto espresso da membri del governo – è il parlamentare europeo Sergio
Berlato (Fratelli d’Italia), che il 23 luglio ha dichiarato come sia «impossibile
negare i cambiamenti climatici, che però non sono provocati dalle attività
umane ma dall’attività del Sole in continuo cambiamento».
Questa teoria è stata smentita dall’”Intergovernmental panel on climate
change”
(Ipcc), il
gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite che periodicamente realizza report considerati tra i più
autorevoli a livello internazionale sui cambiamenti climatici e i loro effetti.
Secondo
il report dell’Ipcc più recente, pubblicato il 20 marzo scorso, le attività
umane hanno causato il riscaldamento globale, con un aumento della temperatura
stimabile in circa 1.1°C rispetto al periodo preindustriale.
L’aumento,
che può sembrare di poco conto, ha in realtà già causato gravi conseguenze
sugli ecosistemi e sulle persone.
Nonostante questo, secondo Berlato non c’è
correlazione tra l’inquinamento causato dall’uomo e il cambiamento climatico:
«Chi dice che il cambiamento climatico è
causato dalle attività antropiche sta dicendo una bufala», ha detto Berlato il
6 luglio.
Oltre
a Berlato, posizioni scettiche sul rapporto tra attività umane e clima sono
state espresse dal parlamentare europeo di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza, che
il 18 luglio su la Repubblica ha minimizzato il problema, affermando che «i cambiamenti
climatici ci sono sempre stati nel corso dei millenni e vanno affrontati senza
toni apocalittici».
Tra i
componenti del Parlamento italiano il principale esempio di negazionista
climatico è invece il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato “Lucio Malan”,
che da tempo condivide sui social network contenuti che mettono in dubbio gli
effetti dei cambiamenti climatici e l’impatto dell’attività umana su di essi.
(Forse Malan è l’unico che è al
corrente che la CO2 é 4 volte più pesante dell’aria atmosferica e quindi non
può volare alto nell’atmosfera per costituire l’effetto serra fantomatico!
N.D.R)
Rimanendo
al Senato ma cambiando partito, il già citato articolo de la Repubblica riporta
anche le dichiarazioni del senatore leghista “Claudio Borghi”.
Quest’ultimo
ha detto che «d’estate fa caldo, non c’è nessun motivo di creare allarmismo.
Alcuni ghiacciai si sciolgono, ma questo rientra nella storia del mondo».
Il 25
luglio, per smentire l’eccezionalità degli eventi che stanno colpendo il nostro
Paese, Borghi ha condiviso su Twitter le foto di due articoli di giornale degli
anni Sessanta che parlavano di caldi estremi nel Centro e nel Sud Italia e di
alluvioni e grandinate al Nord, prendendosela con chi «sciacalla» su «disgrazie
che in Italia ahimè ci sono sempre state per bassi fini politici».
Ma
come hanno verificato i nostri colleghi di” Facta.news,” il contenuto di quegli
articoli è espresso in modo fuorviante per veicolare una notizia falsa.
Un
altro senatore leghista che ha messo in dubbio il cambiamento climatico è “Alberto
Bagnai”.
«CLAMOROSO!
Un’estate mai così normale dal milleottocentocredici!
Lo
dicono gli Scienziati!», ha scritto “Bagnai” con ovvi toni sarcastici il 26
luglio su Twitter, condividendo una schermata del telefono con le previsioni
meteo a Roma per i prossimi giorni.
Diversi
scettici dei cambiamenti climatici si trovano anche tra i parlamentari europei
della Lega.
Per
esempio, il 16 giugno il deputato europeo “Paolo Borchia” ha condiviso sui
social network parte di un suo discorso a Bruxelles in cui ha criticato i non
meglio precisati «alfieri del pensiero unico» per la loro «guerra santa al
cambiamento climatico», mentre il post è accompagnato dalla didascalia
«cambiamento climatico: scienza o ideologia?».
Un
altro europarlamentare leghista che ha espresso di recente posizioni simili è “Marco
Zanni”, che il 27 maggio scorso ha condiviso su Facebook un post che citava una
frase del premio Nobel per la fisica “John Clauser,” noto per aver negato la
crisi climatica.
Al di
là di Fratelli d’Italia e Lega, il 23 luglio, in un’intervista con la
Repubblica, anche il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica “Gilberto
Pichetto “Fratin (Forza Italia) ha parlato del cambiamento climatico come se
fosse un argomento su cui il dibattito è aperto.
«L’Italia
è un piccolo fazzoletto di terra nel Mediterraneo rispetto al mondo.
Senza
entrare nelle discussioni se siamo di fronte al cambiamento ciclico della
terra, dall’estremo freddo al caldo, e quanto possa incidere l’uomo su questo,
bisogna intervenire.
L’unica
risposta è un contributo alla diminuzione delle emissioni di Co2 a livello
globale, accelerando la decarbonizzazione e mitigando il cambiamento climatico», ha detto Fratin.
In passato, il ministro aveva comunque
espresso posizioni più nette sul tema, sostenendo l’esistenza del fenomeno.
Ricapitolando,
al netto delle posizioni prese da Meloni e Musumeci negli ultimi giorni,
diversi esponenti dei partiti che sostengono il governo hanno espresso e
continuano a condividere messaggi negazionisti o che mettono in dubbio la realtà del
cambiamento climatico.
(Non
tutti i politici sono “ignoranti”! N.D.R.)
Great
Reset: l’Unione europea spinge
per
rafforzare i “legami transatlantici”
con
Joe Biden. Il ruolo dell’Agenda Verde.
Agenparl.eu - Luigi Camilloni – (11 Dicembre
2020) – ci dice:
(AGENPARL)
– Roma, 11 dicembre 2020.
L’Unione
europea sta cercando dei modi per ripristinare i legami transatlantici, dopo il
periodo isolazionista di Trump, con gli Stati Uniti, partendo dal presupposto
che l’ex vicepresidente di mentalità globalista Joe Biden venga eletto alla
Casa Bianca.
Gli
eurocrati si sono incontrati lunedì a Bruxelles per discutere le strategie per
lavorare con un’eventuale presidenza Biden, su questioni relative all’agenda
verde «Build Back Better» e la pandemia cinese.
«Con
l’elezione di Joe Biden, come nuovo presidente americano, ci sono molte grandi
opportunità che noi come Europa vogliamo cogliere», ha detto il ministro degli
Esteri tedesco Heiko Maas”.
Il
presidente della riunione, il capo della politica estera dell’UE, “Josep
Borrell,” ha dichiarato all’”Associated Press” che l’obiettivo del raduno era
quello di stabilire «un nuovo inizio riveduto e corretto del nostro impegno con
gli Stati Uniti».
In un
documento pubblicato la scorsa settimana, intitolato «Una nuova agenda UE-USA
per il cambiamento globale», la Commissione UE ha affermato che cercherà di
«rafforzare e riformare l’Organizzazione mondiale della sanità» con Biden.
Come è
noto, all’inizio di quest’anno, il presidente Trump ha tolto gli Stati Uniti
dall’organismo delle Nazioni Unite a causa delle forti preoccupazioni che l’”OMS”
fosse compromessa con i suoi stretti legami con il Partito comunista cinese (finanziamenti a go, go! N.D.R.)
«L’UE
vuole lavorare con gli Stati Uniti per garantire finanziamenti per lo sviluppo
e un’equa distribuzione globale di vaccini, test e trattamenti, sviluppare
capacità congiunte di preparazione e di risposta, facilitare il commercio di
beni medici essenziali e rafforzare e riformare l’”Organizzazione mondiale
della sanità” ha riferito la Commissione.
Ci
sono anche speranze nell’UE che una presidenza a guida Biden vedrebbe gli Stati
Uniti rientrare negli “accordi di Parigi sul clima”, mantenendo così una
promessa elettorale.
Facendo
eco al linguaggio dei sostenitori del “Grande Reset”, l’UE ha chiesto la
creazione di una «agenda verde transatlantica».
Il “blocco
continentale del potere” ha affermato che mentre il coronavirus cinese continua
a porre «sfide significative», le questioni del «cambiamento climatico e della
perdita di biodiversità rimangono le sfide principali del nostro tempo».
Il
piano vedrebbe gli Stati Uniti insieme ai paesi europei impegnarsi a ridurre le
emissioni nette entro il 2050, oltre a massicci investimenti nella cosiddetta
energia verde.
L’UE
ha inoltre affermato che il blocco e gli Stati Uniti condividono un «interesse
fondamentale» nella promozione della democrazia in tutto il mondo e nel
rispetto dei diritti umani.
Tuttavia,
il documento non indicava la Cina, che è uno dei più eclatanti trasgressori dei
diritti umani al mondo, nonché uno dei meno democratici.
La
scorsa settimana, i dati di Eurostat hanno rivelato che in mezzo alla pandemia
globale causata dai fallimenti dello Stato cinese, la nazione comunista ha
superato gli Stati Uniti come principale partner commerciale dell’UE.
Durante
i primi nove mesi di quest’anno, tra la Cina e l’Unione Europea sono stati
scambiati 425,5 miliardi di euro (514 miliardi di dollari), circa 13 miliardi
di euro in più rispetto a quelli scambiati con gli Stati Uniti.
Parlando
in vista delle elezioni presidenziali di novembre, l’ex ambasciatore degli
Stati Uniti presso l’UE e consigliere per la campagna di Biden, Anthony
Gardner, ha affermato che, se eletto, Biden annuncerebbe una «dichiarazione
di sostegno all’Unione europea».
«Se
Biden viene eletto, credo presto, forse il primo giorno, [ci sarà] una
dichiarazione di sostegno all’Unione europea, di sostegno all’integrazione
europea, di sostegno a favore della NATO, fulcro dell’alleanza transatlantica,
che è stata indebolita a causa delle politiche di questa amministrazione», ha
detto “Gardner”.
In
netto contrasto con Joe Biden, il presidente Trump è stato spesso in contrasto
con gli eurocrati globalisti, in particolare per il fallimento di molti paesi
europei della “NATO” – leggasi Germania – nel pagare la loro giusta quota della
spesa per la difesa.
Gli
ultimi dati dell’alleanza militare hanno mostrato che la Germania ha speso solo
l’ 1,38% del PIL per la difesa nel 2019,
molto al di sotto del 2% richiesto che la più grande economia europea si era
impegnata a raggiungere nel 2014.
La
pressione del presidente Trump è stata tuttavia accreditata dal segretario
generale dell’alleanza” Jens Stoltenberg”, che nel 2019 ha affermato che il ”
messaggio chiaro ” di Trump ha contribuito a garantire 100 miliardi di dollari
in più di investimenti dai membri della “NATO”.
In
sostanza l’agenda verde è uno dei tanti ‘mezzi’ a disposizione del Great Reset.
E uno
dei pochi leader politici a capirlo è stato proprio il presidente degli USA
Donald Trump.
In un
video della Casa Bianca trasmesso durante il vertice del Gruppo dei 20,
ospitato dall’Arabia Saudita, ha detto chiaramente che l’accordo di Parigi sul
clima «non è stato progettato per salvare l’ambiente».
È
stato progettato per uccidere l’economia.
Se gli
Stati Uniti avessero firmato, avrebbero ceduto un enorme vantaggio competitivo
ad economie come India e Cina ma soprattutto senza alcuno scopo utile, per non
parlare del fatto che come ha calcolato una volta” Bjorn Lomborg” (ambientalista e accademico danese,
noto per le posizioni scettiche sul problema del riscaldamento globale, da lui
espresse nel 1998), anche se ogni paese del mondo rispettasse gli obiettivi di riduzione
del carbonio concordati a Parigi, lo scenario migliore è che si potrebbe ridurre il
riscaldamento globale entro la fine del secolo di 0,170 gradi C.
È una
differenza così piccola che sarà appena misurabile e certamente non
percettibile, con un costo per l’economia globale che si aggirerebbe attorno ai
1,5 trilioni di dollari all’anno.
Eppure
Joe Biden – nel caso in cui diventasse presidente – ha promesso che trascinerà
di nuovo gli Stati Uniti in questo accordo frivolo, distruttivo e
incredibilmente costoso.
La
domanda a questo punto è «perché?».
(Ma
quanti finanziamenti personali riceve dall’ élite globalista Usa? N.D.R.)
Proviamo
a rispondere.
Nel
Regno Unito, l’amministrazione «conservatrice (?)» di Boris Johnson ha
decretato che le auto diesel e a benzina devono essere gradualmente eliminate
dal 2030, come parte di un piano stilato in 10 punti per una «rivoluzione
industriale verde» che include più parchi eolici, più «finanza verde», più
soldi spesi per i trasporti pubblici e le piste ciclabili, più «investimenti»
in tecnologie finora altamente infruttuose come la «cattura del carbonio».
E
queste sarebbero le politiche conservatrici?
Va
sottolineato che parte della classe operaia hanno votato per i conservatori nel
2019, molti dei quali è stata la prima volta.
La
domanda che sorge spontanea è:
ma
erano consapevoli che Johnson avrebbe aumentato le bollette del riscaldamento o
addirittura avrebbe confiscato le loro auto a benzina, costringendoli a
comprare quelle elettriche che non avrebbero mai potuto permettersi a causa
dell’alto costo?
Suona
male.
E’ una nuova ricetta per una rinascita economica:
tasse più
alte, più sussidi governativi, dopo il crollo causato dalle politiche di blocco
draconiane del governo UK?
Se hai
risposto “sì” a una di queste domande, allora entra immediatamente in un
autosalone e compra un’auto elettrica a buon prezzo, sempre se la trovi.
Come “Matt
Ridley” argomenta in modo convincente, ci potrebbe essere un modo più efficace
di uccidere il futuro post-Brexit della Gran Bretagna che è quello di attuare
la rivoluzione verde di Boris Johnson.
«La
mia paura è che realizzando il piano in 10 punti promesso da Boris,
paralizzeremo la nostra economia, rovineremo i nostri paesaggi anche quelli
marini, e poi a metà del 2030 arriveranno reattori a fusione economici, piccoli
e sicuri.
L’industria eolica offshore, ormai così piena
di sussidi che possono permettersi di esercitare pressioni su politici e
giornalisti ancor più di quanto non facciano oggi, si succhierà i denti e dirà:
“no, no, no – ignorate la folla fusion.
Siamo sul punto di risolvere il problema
dell’affidabilità e non preoccuparti, il costo alla fine scenderà. Promesso!»
«Boris,
questa non è la strada per la terra promessa, specialmente quando il Governo
prende in prestito 300 miliardi di sterline a causa del covid.
L’elettricità ad alto costo impedirà al Regno Unito
di avere successo con la Brexit. Ci farà fallire nel breve periodo, ci renderà
meno competitivi nel lungo periodo e comunque non taglierà molto le emissioni».
Una
teoria che circola vuole che tutto dipenda dall’influenza della fidanzata
attivista verde di Boris, “Carrie Symonds”, del suo potente amico alla Camera
dei Lord “Zac Goldsmith” , e dal Cancelliere del “Ducato di Lancaster”, “Michael
Gove”, che è stato memorabilmente raffigurato l’anno scorso con un gruppo di colleghi parlamentari ecologisti
che sbavano attorno a “Greta Thunberg”.
Ma
questa è un’altra storia.
La
realtà è molto più sinistra e globale di così.
Non è
solo negli Stati Uniti e nel Regno Unito che si sta abbracciando l’agenda
verde.
Sta
accadendo in tutta Europa e in tutto il mondo, dall’Australia al Canada.
In
termini di salvaguardia dell’ambiente non ha senso neanche quello di offrire un
mondo migliore agli elettori:
significherà
solo più restrizioni, tasse più alte, bollette energetiche più alte, meno
viaggi all’estero, meno libertà e così via.
Quello
che bisogna capire è che la presunta «crisi climatica» di cui abbiamo sentito
parlare fino alla nausea almeno dal “Vertice della Terra di Rio del 1992” era in realtà solo un pretesto per il
tipo di presa di potere globalista ora condotta dai nostri governi al passo con
la “The Great Reset” del World Economic Forum e l’Agenda 2030 parallela delle
Nazioni Unite (un aggiornamento della sua famigerata Agenda 21).
Il
riscaldamento globale provocato dall’uomo (antropico)non è mai stato una
minaccia plausibile esistente solo nelle proiezioni modellate al computer di
scienziati
(attivisti di parte).
(Ma
come si fa a credere alla bufala che la Cop2 possa alzarsi in volo verso la
stratosfera, pur pesando più del doppio
dell’atmosfera che respiriamo? N.D.R)
E
sappiamo tutto su di loro, e potrebbe saperlo bene il “Professor Lockdown”
alias “Neil Ferguson.”
Per
decenni, è stato un utile pretesto per un’azione concertata da parte dei
governi di tutto il mondo, sotto gli auspici di organizzazioni come le Nazioni
Unite e i suoi vari vertici sul clima della COP, per aumentare artificialmente
i prezzi dell’energia e aumentare le norme e i regolamenti statali, e
arricchire quindi gli amici lobbisti, con la scusa che tutto è stato fatto per
salvare il pianeta….
(Ma quante
“bustarelle climatiche” hanno percepito gli scienziati favorevoli all’”Agenda
verde 2030”? N.D.R.)
Ma
qual è l’obiettivo finale di questi globalisti? E perché l’ambientalismo è una
parte così fondamentale del loro piano?
Per
questo bisognerà aspettare i prossimi articoli, quando si pubblicherà lo studio
di questo fenomeno da quando è iniziato nei primi anni Settanta.
Sfortunatamente,
i pazzi che sostengono questo “Great Reset” sono fin troppo seri.
Hanno
i soldi, hanno il potere e hanno dalla loro parte i MMS.
Hanno
solo bisogno di un po’ più di tempo per realizzare la loro ‘creatura’ sinistra…
A meno
che, ovviamente, non ci informiamo su cosa stanno facendo e prendiamo misure
preventive prima che sia troppo tardi.
Comunque
bisogna avere fiducia.
Lentamente
le persone si stanno svegliando….
(Aiutaci
a salvaguardare le nostre libertà e la nostra Repubblica per le generazioni
future!).
CONSENSO
UNANIME SUL CLIMATE CHANGE?
UNA
FAKE NEWS.
Opinione.it
- Federico Punzi – (01 giugno 2023) – ci dice:
Ogni
volta, in qualsiasi sede si discuta di clima, non manca mai chi prova a zittire
gli interlocutori ammonendo che ormai il “caso è chiuso”, che c’è consenso
scientifico sull’origine antropica (ossia dell’uomo) del cambiamento climatico.
Il 97 per cento degli scienziati – se non il
99 per cento, azzarda qualcuno – concorda che l’aumento delle temperature è
dovuto alla Co2 emessa dalle attività umane.
(E che
la Co2, essendo più pesante dell’aria, può volare in alto, sempre più in alto a
formare la cupola dell’effetto serra stratosferico! N.D.R.)
Un
espediente dialettico per delegittimare chiunque – anche scienziati di chiara
fama – osi obiettare, o anche solo dubitare.
Se lo afferma quasi il 100 per cento degli
scienziati, chiunque lo neghi è “contro la Scienza” e fa disinformazione.
ALL’ORIGINE
DELLA BUFALA.
Ma da
dove arriva questo 97 per cento?
La
scorsa settimana, su La Verità, il professor “Franco Battaglia” è voluto andare
all’origine di questa narrazione, risalendo allo studio da cui ha preso vita e
arrivando alla conclusione che si tratta di una bufala.
Lo
studio è quello pubblicato nel 2013 da “John Cook” e altri otto autori, che
hanno preso in esame 11.944 articoli scientifici sul cambiamento climatico o il
riscaldamento globale pubblicati tra il 1991 e il 2011.
In
effetti, come ammettono gli autori stessi nell’abstract, nel 66,4 per cento di
essi non si parla nemmeno di “riscaldamento globale antropogenico”.
Il
32,6 per cento degli articoli sostiene l’origine antropica, lo 0,7 la nega e lo
0,3 per cento è incerto.
È tra
questi ultimi articoli, che esprimono una posizione sul “riscaldamento globale
antropogenico (o ad opera dell’uomo)”, dunque, che si ottiene il numero magico
del 97,1 per cento.
Ma
come osserva correttamente il professor “Battaglia”, è il 97,1 per cento del
33,6 per cento, quindi in realtà solo un 32,6 per cento degli 11.944 articoli
esaminati prende esplicitamente posizione a favore della teoria dell’origine
antropica del riscaldamento globale o cambiamento climatico.
In
realtà, il professor Battaglia è stato fin troppo cauto e generoso.
Ad un
ulteriore approfondimento, infatti, la bufala risulta essere ancora più
clamorosa.
IL
“CONSENSO” SCIENTIFICO.
(Ottenuto
tramite laute bustarelle! N.D.R.)
Innanzitutto,
una premessa molto importante.
Dobbiamo
sempre tenere a mente che la scienza non avanza attraverso il consenso, a colpi
di maggioranza.
Ovviamente il consenso della comunità
scientifica va preso sul serio e considerato, ma non può esaurire il dibattito
scientifico.
Sarà
banale ricordarlo, ma ai tempi di Galileo Galilei, il “97 per cento” degli
scienziati (non solo bigotti e superstiziosi) credeva fermamente che fossero il
sole e gli altri pianeti a girare intorno alla Terra.
Se poi
coloro i quali sostengono la causa umana del cambiamento climatico si
aggrappano ad un consenso immaginario, basato su una falsa rappresentazione del
dibattito scientifico in corso, ciò è ovviamente degno di nota.
Dobbiamo
inoltre far notare che l’articolo di Cook, come scrivono gli stessi autori, “è
stato concepito come un progetto di “citizen science” da volontari che
contribuiscono al sito web “Skeptical Science”, un sito che si occupa di
contrastare lo scetticismo e la disinformazione sul riscaldamento globale
antropogenico.
LO 0,3
PER CENTO.
Entriamo
ora nel merito.
Ciò
che emerge è che non solo l’articolo esclude arbitrariamente dal conteggio
7.930 studi che non prendono alcuna posizione sull’argomento.
C’è di più: quel cosiddetto “97 per cento”,
che abbiamo visto in realtà essere un 32,6 per cento, include tre diversi gradi
di consenso alla teoria dell’origine antropica del cambiamento climatico.
Solo
gli studi che rientrano nella prima categoria sostengono esplicitamente che le
attività umane sono la causa principale del riscaldamento.
Nella
seconda e nella terza categoria, che guarda caso includono la maggior parte dei
lavori, rientrano quegli studi che riconoscono che le attività umane giocano un
ruolo nel riscaldamento globale o cambiamento climatico, ma senza
quantificarlo, o che le emissioni di gas serra sono responsabili del
riscaldamento, senza tuttavia affermare esplicitamente che le attività umane ne
siano la causa.
Un
successivo studio del 2015, a firma “David Legates” e altri due autori, ha
revisionato gli stessi 11.944 articoli scientifici esaminati da “Cook”,
scoprendo che solo uno 0,3 per cento di essi (1,6 per cento escludendo i lavori
che non si esprimono sull’argomento) sostiene la teoria delle attività umane
come causa principale del riscaldamento globale, spacciata invece per verità
scientifica al 97 per cento nel dibattito pubblico.
Sorprendentemente,
rileva questo studio, Cook e i suoi collaboratori avevano essi stessi
contrassegnato solo 64 articoli (lo 0,5 per cento degli 11.944 esaminati) a
sostegno di questa tesi.
Nessun
articolo a sostegno della catastrofe imminente.
CONSENSO
IMMAGINARIO.
(“Pecunia
non olet ”)
Dunque,
l’articolo di Cook e soci, da cui trae origine la pretesa dei Verdi e degli
attivisti, ha alimentato una falsa rappresentazione del consenso scientifico
sulle cause del riscaldamento globale o cambiamento climatico.
Il 97 per cento è un numero senza alcun
fondamento.
La
stragrande maggioranza degli studi esaminati o non si esprime, o non ritiene le
attività umane la causa principale, ma al più una concausa.
(Nessun
vero scienziato del clima potrà mai ammettere che un gas come la CO2 possa
volare tranquillo nella stratosfera pur essendo sino quattro volte più pesante
dell’aria che respiriamo! N.D.R.)
“Puoi
Essere ciò che Vuoi”:
l’Epoca
dell’Identità
Psicologicamente
Disturbata.
Conoscenzealconfine.it
– (7 Agosto 2023) - Matteo Fais – ci
dice:
Non è
strano imbattersi, in particolare sui social, in elogi della possibilità di
essere qualsiasi cosa si preferisca, a seconda di come ci si sveglia, del
giorno, dell’ora, del secondo, seguendo l’umoralità più instabile e lunatica.
Addirittura,
qualcuno invitava a prendere con serenità il fatto di identificarsi ieri con “Mercoledì
Addams” e, oggi, con “Barbie”, cioè con dei personaggi della finzione, di film
o produzioni della ricca industria culturale.
Precisamente
stava scritto “Potete essere tantissime cose e non c’è nulla che non va”.
Una
delle principali caratteristiche dell’essere umano è certo quella di non essere
mai fino in fondo sé stesso.
Per
quanto il soggetto possa impegnarsi in un ruolo, egli non è mai ciò che è come
questo tavolo è rettangolare.
L’essere
di quest’ultimo è solido, come quello del minerale.
Esso
è, senza la possibilità che nulla turbi la sua natura.
Chi
l’ha progettato e, successivamente costruito, gli ha violentemente imposto
un’essenza: servire per ospitare qualcosa sopra di sé.
L’uomo
non sarà mai un tavolo, poiché egli è libero.
Potrà
ben dire “Socrate” di essere quell’uomo coraggioso che va incontro al proprio
destino, bevendo la cicuta e assumendo su di sé l’”autorità delle Leggi della
Polis” che l’hanno condannato.
Egli
mente, come il cameriere che fa di tutto con il suo atteggiamento solerte e
servizievole per sembrare solo e unicamente un semplice cameriere.
Entrambi
si impegnano in operazioni che li portino a essere ciò che sono.
Eppure, sia l’uno che l’altro potrebbero
decidere di cedere: Socrate alla codardia, fuggendo dalla città e dal tribunale
che l’ha giudicato;
e l’altro a un’idea che gli suggerisse la
visione del suo ruolo come semplicemente degradante, da sfruttato.
Quindi,
sì, assolutamente, l’uomo è libero, anzi condannato a essere tale.
Se
fuori impazza la guerra, tra morte, sangue, stupri e distruzione, io posso ben
decidere di godere del mio privilegio e continuare a dedicarmi al sollazzo
letterario, opponendo il mio otium alle grida strazianti che giungono da là
fuori.
La
Storia stabilirà, in futuro, se ero un uomo che ha fatto una scelta in
controtendenza, o semplicemente un imboscato infame che non è andato a
supportare i suoi connazionali in lotta per liberare il Paese dall’invasore.
Sta di
fatto che tendenzialmente, con maggiore o minore sofferenza, a seconda dei
casi, e per quanto destinato allo scacco, l’uomo è un disperato tentativo di
essere fino in fondo ciò che è.
Il professore cerca di mostrarsi, financo nel
modo di vestire austero e castigato, come quell’uomo che mette l’intelletto
sopra ogni cosa.
La puttana, che ostenta la sua carne, fa di
tutto per apparire come votata anima e corpo al conseguimento del piacere.
Per
questo, dice “Sartre”, “l’uomo è una passione inutile, un progetto fallito di
essere Dio”, cioè di coincidenza con il proprio essere.
In
ultimo, noi siamo il nostro immane e fallimentare compito di essere qualcosa:
professore o puttana, santo o libertino, manovale o uomo di lettere.
Noi siamo, insomma, il tentativo di trovare
una stabilità su fondamenta ontologicamente terremotate.
Questa volontà ci ossessionerà dalla culla
alla tomba.
Al
netto di tutto, non vi è niente di strano in questa aspirazione.
La volontà che non si limita sfugge a sé
stessa verso la pazzia.
E ciò
è esattamente quello a cui siamo assistendo. Invece di progettare sé stessi, si
fugge da qualsiasi ambizione di concretezza. Essere oggi Mercoledì Addams,
domani Barbie, dopodomani un satellite che gravita intorno a Marte…
Perciò
la nostra è l’epoca dell’instabilità psicologica eretta a sistema, della
schizofrenia che diviene paradigma del vivere civile.
Non più maschi o femmine, bianchi o neri,
intellettuali o cultori della leggerezza, rifiutando o facendo proprio tutto
ciò che questi diversi aspetti comportano, ma fluidi e senza peso, sollevati da
quello che Pasolini chiama “il selvaggio dolore di essere uomini”.
Perché
di lottare contro un male si tratta:
quello
di esistere, di dover essere, di trovare un proprio spazio nella valle di
lacrime, di decidere se assumere o rifiutare il destino che gli altri ci hanno
cucito addosso – il padre di Proust era solito dire “Marcel è un abulico, nella vita non
combinerà mai niente, perderà solo tempo”.
Quando
sarà realizzata la morte dell’identità, di cui già adesso vediamo alcune
tragiche e patetiche manifestazioni, l’umanità sprofonderà in un gioco di
specchi che rimanda se non al vuoto, all’inconsistenza.
La
dissoluzione è la nostra sorte, l’entropia totale della soggettività.
(Non
so Voi, ma a me parrebbe naturale -se fossi scienziato del clima – di gonfiare
un palloncino da bambini con gas CO2 e vedere se sale verso il cielo o rimane
melanconicamente attaccato alla terra! N.D.R.)
(Matteo
Fais)
(ildetonatore.it/2023/08/06/19276/)
Clima
e riscaldamento globale,
ecco
chi finanzia le fake news.
Corriere.it
- Milena Gabanelli e Francesco Tortora – (27 aprile 2021) – ci dicono:
Sono
passati più di 25 anni da quando l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate
Change, la massima autorità mondiale sui temi climatici) ha pubblicato il
«Climate Change 1995: the Science of Climate Change» il rapporto che per la
prima volta mostrava in modo chiaro le evidenze scientifiche sul riscaldamento
globale e sull’influenza dell’attività umana.
Eppure
ancora oggi sono migliaia le fake news che circolano in rete e che contestano
la necessità di un’azione decisa.
La”
Royal Swedish Academy of Sciences”, che proprio in questi giorni ha organizzato
il primo vertice dei Premi Nobel dedicato al clima («Our Planet, Our Future», 26-28
aprile), lancia
l’allarme:
la
disinformazione sui social network mette in pericolo le misure per salvare il
pianeta.
Dal
tabacco al riscaldamento climatico, da sempre i gruppi di interesse usano i
media per screditare la scienza.
Negli
Usa, con il sostegno dell’ala più conservatrice del partito repubblicano, oggi
ripropongono «la strategia del tabacco» sperimentata con successo sin dagli
anni ’50 dalle multinazionali delle sigarette per ritardare l’adozione di
misure contro il fumo:
solo nel 2009 il Congresso ha finalmente
autorizzato la Food and Drug Administration a regolamentare il consumo del
tabacco.
Già
all’indomani del rapporto dell’IPCC scienziati, think tank e multinazionali
hanno lanciato campagne di disinformazione che sono state riprese da giornali
autorevoli come Wall Street Journal, New York Times e Newsweek, e soprattutto
dai canali televisivi, ad esempio Fox News.
Tra
2003 e 2010 queste organizzazioni hanno ricevuto dal settore dei combustibili
fossili finanziamenti per oltre 900 milioni di dollari l’anno.
La
disinformazione si sposta sul web.
Nell’ultimo
decennio con il boom dei social media la strategia si è trasferita in rete,
dove i negazionisti sostengono che la scienza del clima sia «illegittima,
politicizzata, inaffidabile e corrotta».
Una delle prime «prove» durante l’uragano Sandy del
2012 negli Stati Uniti: i negazionisti hanno postato foto false per accusare i
climatologi di allarmismo, riuscendo così a polarizzare il dibattito su Twitter
e a far passare l’idea che dietro l’emergenza ci fosse una cospirazione del
governo per controllare il Paese.
Il fenomeno esplode nel 2016 con l’elezione di
Donald Trump che in 4 anni ha varato 176 atti e provvedimenti per ridurre le
misure contro il riscaldamento climatico, tra cui il ritiro Usa dall’accordo di
Parigi sul clima siglato nel 2015.
La
tecnica di manipolazione.
I
negazionisti isolano pezzi di verità scientifica e li usano strumentalmente per
rendere credibili le fake news.
Prendiamo uno dei loro cavalli di battaglia:
«Il
sole è il responsabile del riscaldamento climatico e noi non ci possiamo fare
nulla».
In
questa frase c’è una parte di verità: come fonte di quasi tutta l’energia
terrestre, il sole ha una forte influenza sul clima.
Tuttavia
le ricerche scientifiche dimostrano non solo che negli ultimi 40 anni il sole
ha subito una leggera tendenza al raffreddamento, ma anche che le temperature
sono aumentate solo nella troposfera, ovvero la parte più calda e vicina alla
superficie della Terra.
Nella parte più esterna, la stratosfera, si
sono abbassate.
Se il
riscaldamento fosse davvero causato dal sole, dovremmo registrare un aumento
sia della temperatura sia nella troposfera sia nella stratosfera, perché il
calore proverrebbe dallo spazio esterno all’atmosfera
Invece
i gas serra, prodotti dall’essere umano, intrappolano il calore solo nella
parte più bassa.
Dunque
il riscaldamento climatico ha natura antropica.
(La
Co2 è molto più pesante dell’atmosfera. Come è possibile solo pensare che la
Co2 possa viaggiare nello spazio sopra la terra e non precipitare sula stessa. Insomma
un gas pesante più dell’aria non potrà mai raggiungere la stratosfera con
modalità naturali. N.D.R)
I
principali siti negazionisti.
Uno
studio dell’organizzazione” InfluenceMap” pubblicato nel 2019 afferma che negli
anni successivi all’accordo di Parigi «le cinque maggiori aziende di gas e
petrolio (ExxonMobil, Royal Dutch Shell, Chevron, British Petroleum e Total)
hanno investito più di un miliardo di dollari per le campagne di
disinformazione sul clima».
Da chi
sono finanziati?
Il
blog scientifico «Desmog» ha raccolto in un database i nomi di persone, aziende
e think tank impegnati a ostacolare la transizione dai combustibili fossili.
Tra i
più attivi c’è l’”Heartland Institute” dell’Illinois, in prima linea nel negare
le prove scientifiche dell’origine antropica del surriscaldamento terrestre,
sostenendo che gli scienziati siano d’accordo sul fatto che si tratta di un
fenomeno naturale.
Uno
dei più recenti articoli pubblicati sul sito «Climaterealism» contesta i dati
sulla siccità affermando che «i satelliti della NASA hanno dimostrato che dal
2003 c’è una diminuzione del 25% delle terre bruciate a livello globale».
Al
contrario, lo studio «Climate change increases the risk of wildfires»,
pubblicato a gennaio del 2020 sulla rivista scientifica “ScienceBrief Review”,
rivela come negli ultimi anni i cambiamenti climatici abbiano aumentato sia la
frequenza sia la gravità degli incendi in tutto il mondo.
L’Heartland
Institute è un ente non-profit, dunque non ha l’obbligo di rivelare le fonti di
finanziamento.
Tuttavia
dal 1998 ha ricevuto almeno 676.500 dollari da ExxonMobil, attraverso Donor
Trust, un fondo che può erogare risorse nascondendo l’identità dei donatori, e
55 mila dollari da Koch Industries, mentre fino al 2012 aveva ricevuto 395 mila
dollari dalla Philip Morris.
Tra i
siti negazionisti più famosi ci sono “JunkScience.com” e “Friendsofscience.org”.
Il
primo è gestito da “Steve Milloy”, avvocato, lobbista e commentatore di Fox
News:
tra le
sue bufale più celebri c’è quella secondo cui la messa la bando del pesticida
Ddt da parte degli Stati Uniti ha causato milioni di morti in Africa.
“Friendsofscience.org”
è stato lanciato nel 2002 da una società non-profit di Calgary, Canada, e
diffonde fake news come «La terra si sta raffreddando» e «Il sole provoca il
cambiamento climatico».
Secondo
il “Globe&Mail” i principali finanziatori di “Friendsofscience.org” sono le
industrie di petrolio e gas canadesi.
In Europa si distingue la “Global Warming
Policy Foundation”, lobby britannica creata nel 2009 da “Lord Nigel Lawson”, ex
ministro delle Finanze di Margaret Thatcher (nel Consiglio d’amministrazione il
milionario Terence Mordaunt, l’ex direttore del Daily Telegraph Lord Charles
Moore, l’ex europarlamentare lib-dem baronessa Emma Nicholson e il deputato
laburista Graham Stringer), che di recente ha diffuso un articolo sul presunto
aumento della popolazione degli orsi polari: da 26 mila nel 2016 a 30 mila nel
2020.
In realtà, come dimostra uno studio pubblicato
su “Nature” nel luglio del 2020, gli orsi polari sono sempre di meno e in 80
anni tutti gli esemplari presenti sulla Terra potrebbero scomparire.
Il 25%
dei tweet sul clima sono opera di “bot”.
Nel
2020 una ricerca della “Brown University “ha rivelato come un quarto dei tweet
sul clima nei giorni precedenti e successivi alla decisione di Trump di uscire
dagli accordi di Parigi siano stati pubblicati da” bot”, programmi automatici
in grado di svolgere precise attività o di interagire con gli umani.
Gli
esperti hanno esaminato 6,5 milioni di tweet lanciati tra maggio e giugno 2017
e ordinati dai ricercatori secondo categorie tematiche con il software
dell’Università dell’Indiana «Botometer».
Lo studio
ha appurato che in una giornata normale il 25% di tutti i tweet sulla crisi
climatica proveniva da “bot”.
Negli ultimi anni, sempre su Twitter, i
negazionisti hanno adottato una nuova strategia: presentarsi come «realisti»
contrapposti agli «allarmisti».
Il sito New Republic ha rivelato che l’uso dei
termini «realisti» e «allarmisti» fino al 2016 era piuttosto raro (circa 200
tweet all’anno), mentre tra gennaio 2016 e marzo 2020 è cresciuto del 900%.
Le
fake news sui media italiani.
Nel
giugno 2019 diversi siti web italiani hanno pubblicato la «Petizione sul riscaldamento globale
antropico»,
documento inviato ai presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera
dei Deputati e del Senato, in cui si contesta «l’allarmismo climatico» e si dice apertamente che non c’è
nessuna urgenza né crisi irrimediabile.
La
petizione, sottoscritta da 83 persone tra cui alcuni scienziati, ha avuto una
grande eco.
Il
blog scientifico “climalteranti.it “, che da anni fa le pulci ai negazionisti
in rete, ha smontato le fake news presenti nel documento e mostrato come i
firmatari, tranne pochissime eccezioni, non avevano alcuna competenza di
scienza del clima.
È
stata anche ricostruita la storia della petizione del 1997 che ne era il
modello: in particolare sono emersi i legami tra il promotore del testo del
1997, il fisico “Frederick Seitz”, e le industrie del tabacco e del fossile.
“Stefano
Caserini”, docente di” Mitigazione dei cambiamenti climatici” al Politecnico di
Milano e coordinatore di “climalteranti.it”, afferma che rispetto a dieci anni
fa la situazione è nettamente migliorata:
«Oggi
più del 99% degli scienziati riconosce il riscaldamento climatico di origine
antropica.
E in effetti sui siti scientifici e sulle
testate più autorevoli le fake news non compaiono più, mentre sono diventate
virali sul web.
E
l’effetto è devastante perché instillano dubbi in una parte della popolazione,
proprio nel momento in cui è indispensabile un cambio radicale dei
comportamenti collettivi.
L’ultimo
appiglio dei negazionisti, ormai privi di teorie alternative e sconfessati dai
fatti, è quello di sostenere che ormai è troppo tardi per intervenire».
Il
nuovo corso di Facebook e le emissioni di C02 nel mondo.
Dopo
anni di totale assenza di controlli qualcosa sta cambiando, almeno sul social
network più diffuso.
Dal 2020 Facebook ha ideato il «Climate Science Information Center», piattaforma che segnala le fake
news climatiche postate dagli utenti e invita a consultare fonti ufficiali e
affidabili come l’IPCC.
Intanto
nel 2020 le emissioni globali di CO2, causa lockdown planetario, sono diminuite
del 5,8%, ma le previsioni per il 2021 mostrano già un aumento del 5%.
La
Cina, nonostante abbia firmato l’accordo di Parigi, continua ad aumentare le
emissioni che sono cresciute dello 0,8% anche nell’anno della pandemia.
Pechino
resta il principale inquinatore con oltre il 29% della CO2 prodotta nel mondo.
Fanno
meglio sia gli Usa (nonostante Trump), sia la Ue.
L’anno scorso hanno entrambi ridotto del 10%
le emissioni di CO2 e oggi producono rispettivamente il 16% e l’11% delle
emissioni mondiali.
La
buona notizia è che Joe Biden, appena diventato Presidente degli Stati Uniti,
ha riportato gli Usa nell’accordo sul clima.
La
Cina ha in programma di raggiungere la neutralità climatica nel 2060, Usa e Ue
nel 2050.
(Comunque è incredibile che il gas
serra CO2- più pesante dell’aria -possa viaggiare nell’atmosfera e creare una
volta di Co2 -come previsto dal gas serra- sopra la terra! N.D.R).
I “500
scienziati” e la bufala
dell’emergenza
climatica
che
“non esiste.”
Qualenergia.it
– (26 settembre 2019) - Redazione QualEnergia.it – ci dice:
Rilanciata
anche dai media italiani la lettera dei 500 scienziati e accademici che si
ostinano a negare l’esistenza di una crisi ambientale.
In
questi giorni molte testate e siti web d’informazione in Italia hanno
rilanciato la notizia dei 500 scienziati che negano l’esistenza di una crisi
climatica.
Il
loro pensiero si riassume nella lettera indirizzata al segretario generale
delle Nazioni Unite, “Antonio Guterres”, alla vigilia del “vertice di New York
dedicato ai cambiamenti climatici”.
“There
is no climate emergency” è l’inizio, con caratteri ben evidenziati in grassetto e
più grandi rispetto al corpo principale del testo, del documento firmato da 14
ambasciatori dell’”European Climate Declaration”, tra cui l’italiano “Alberto Prestininzi”,
docente di Geologia applicata presso l’Università La Sapienza di Roma.
Il
primo firmatario è l’olandese “Guus Berkhout”, ex professore di geofisica alla “Delft
University of Technology” dal 1976 al 2007;
“Berkhout”
ha iniziato la sua carriera nell’industria petrolifera lavorando per “Shell”
negli anni ’60 ed è il co-fondatore di un’organizzazione che punta a smentire i
presupposti dell’emergenza climatica, “Climate Intelligence Foundation” (Clintel).
È
stato il quotidiano britannico online” The Independent”, il 6 settembre, a
parlare di una campagna orchestrata da centinaia di esponenti clima-scettici
(professori, lobbisti, politici) volta a bloccare ogni impegno internazionale per
costruire un’economia a zero emissioni di CO2 entro il 2050.
Nell’articolo
si citava una lettera che sarebbe stata inviata all’ONU prima del “Climate
Action Summit “di New York; il quotidiano a sua volta rimandava al sito inglese
di giornalismo investigativo “DeSmog”, che per primo aveva ottenuto il
documento.
Poi la
lettera è sbarcata anche in Italia.
Gli
argomenti sono quelli classici di chi nega apertamente la relazione tra
attività umane e surriscaldamento globale:
ad
esempio, si sostiene che il clima della Terra è cambiato più volte da quando
esiste il nostro pianeta, con periodi più caldi e più freddi causati da fattori
naturali.
Ma
questa tesi è stata smontata da un recente studio dove si spiega che per la
prima volta nella storia un periodo eccezionalmente caldo sta interessando
tutta la superficie terrestre nello stesso momento, con temperature medie
globali mai così alte da 2.000 anni, al contrario di quanto avveniva in passato
con picchi di caldo o freddo che si verificavano in tempi differenti e in
diverse zone geografiche.
In
altre parole: nelle altre epoche non c’è mai stato un surriscaldamento o raffreddamento
“globale”.
Per
parlare di “global warming” c’è voluta la rivoluzione industriale con
l’utilizzo massiccio di combustibili fossili, che ha fatto aumentare
velocemente la concentrazione di gas-serra nell’atmosfera.
Poi
nella lettera si afferma che i modelli climatici attuali sono inadeguati e che
il Pianeta si sta scaldando meno del previsto;
inoltre,
i firmatari dichiarano che manca un’evidenza statistica tra il cambiamento
climatico e l’intensificarsi degli eventi “estremi” come uragani, ondate di
calore, inondazioni e così via.
Non
resta che supporre che questi professori, scienziati, lobbisti, abbiano
ignorato gli ultimi rapporti dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate
Change, l’organismo dell’Onu che studia l’evoluzione del clima), del programma ambientale delle
Nazioni Unite, di università, istituzioni, centri meteorologici, tutti concordi
nel sostenere che l’emergenza climatica esiste ed è in pieno svolgimento
Certamente
ci sono diverse incertezze e incognite nei modelli climatici.
Ad
esempio, molti dubbi restano su come la Terra “risponderà” alle sempre più
elevate concentrazioni di CO2 nell’atmosfera:
rimandiamo a questo articolo per approfondire
il dibattito su un futuro “Pianeta-serra”.
Il
punto poi è che la lettera firmata da “Berkhout” e dai suoi colleghi omette di
argomentare sotto il profilo scientifico l’affermazione secondo cui non c’è
alcuna emergenza climatica.
Dove
sono i dati, i rapporti statistici, i grafici, gli studi che dovrebbero farci
buttare nel cestino le migliaia di pagine finora scritte dalla comunità
scientifica internazionale in tema di surriscaldamento globale?
Quando
si parla di cambiamento climatico di fronte a coloro, a dispetto delle
evidenze, che ancora sostengono che il contributo dell’uomo sia
“scientificamente controverso” si è soliti citare uno studio della letteratura
scientifica del 2013 pubblicato su “Environmental Research Letter: Quantifying
the consensus on anthropogenic global warming” in” the scientific literature”,
di John Cook et al.
Quel
lavoro mostrava che il 97-98% delle pubblicazioni scientifiche sull’argomento
concludono che il “climate change” è reale ed è legato alle emissioni
antropogeniche di gas serra.
Una
successiva ricerca sulla scienza del clima, pubblicata nel 2017 su “Theoretical
and Applied Climatology”, va oltre, esaminando proprio quel 2% degli studi di
climatologia che non confermano la tesi del riscaldamento globale dovuto alle
attività umane e, in particolare, quello 0,4% che la nega esplicitamente.
La
pubblicazione (di cui avevamo parlato qui) si intitola” Learning from mistakes
in climate research” e il team di ricercatori che la firma ha fatto le pulci a
38 studi di questo tipo, ricontrollando le assunzioni di base e rifacendo i
calcoli.
Il risultato è molto interessante.
“Ognuna
di quelle analisi contiene almeno un errore – nelle assunzioni, nella
metodologia o nell’interpretazione dei risultati – che, una volta corretto,
porta a risultati in linea con quelli del resto della comunità scientifica”, cioè di quel 97% delle
pubblicazioni che conferma che è in atto un grave cambiamento climatico dovuto
alla CO2 e agli altri gas immessi in atmosfera dall’uomo, spiega una delle
autrici, “Katharine Hayhoe” della “Texas Tech University”.
(Ma
come fa la Co2 - che è più pesante dell’atmosfera - ad essere salita
nell’atmosfera così in alto senza cadere sulla terra? N.D.R.)
Senza
i super ricchi globalisti
non
salveremo il clima.
Valori.it
- Andrea Barolini – (17.01.2022) – ci dice:
L’1%
più ricco della popolazione mondiale è responsabile del 17% delle emissioni
totali di CO2.
Al contrario, al 50% più povero è attribuibile
appena il 12% dei gas ad effetto serra dispersi nell’atmosfera.
A
spiegarlo è uno studio del “World Inequality Database”, condotto dall”’economista
Lucas Chancel”.
L’analisi
spiega in particolare che la porzione più abbiente della popolazione della
Terra emette, in media, 110 tonnellate all’anno di CO2, mentre la metà più
povera tocca appena le 1,6 tonnellate.
Il rapporto è dunque di 1 a 70: un’enormità.
Lo
studio ricorda inoltre che, a partire dal periodo preindustriale, le emissioni
di biossido di carbonio dovute alle attività antropiche sono state pari a circa
2.500 miliardi tonnellate.
Ne
discende che, se si vorrà centrare l’obiettivo più ambizioso dell’”Accordo di
Parigi”, ovvero limitare la crescita della temperatura media globale ad un
massimo di 1,5 gradi centigradi, alla fine del secolo, possiamo ancora
permetterci di disperdere nell’atmosfera non più di 300 miliardi di tonnellate.
Quanto
ci vorrà per farlo?
Al
ritmo attuale basteranno sei anni per esaurire tale “bonus”.
I
super ricchi globalisti devono fare la loro parte.
Cosa
si può fare per evitare il peggio?
Dati
alla mano, la soluzione è semplice:
cominciare ad attenuare, e se possibile
eliminare, le disuguaglianze.
È chiaro infatti, leggendo un rapporto come
quello del “World Inequality Database”, che non è pensabile immaginare di
salvare il clima del Pianeta chiedendo sforzi soltanto alla popolazione povera
o mediamente agiata.
Se a
cambiare rotta non saranno anche i super ricchi della Terra, non avremo scampo.
Una
proposta giunta dagli autori del rapporto è quella di introdurre una carbon tax
basata su un principio di progressività.
Il che
significherebbe non soltanto pagare di più in funzione del quantitativo di CO2
emesso, ma chiedere un contributo maggiore a chi è più abbiente.
Semplice quanto efficace.
In
un’intervista al quotidiano francese “Le Monde”, “Chancel” ha spiegato che «un’imposta progressiva sui più alti
patrimoni, accompagnata da una tassa supplementare sull’inquinamento prodotto
da chi possiede azioni di aziende di settori ad alto impatto in termini di
emissioni climalteranti, potrebbe generare entrate per gli Stati comprese tra
l’1,5 e il 2% del Pil mondiale».
Quanto
basterebbe per fronteggiare i costi della transizione ecologica.
Cari
governi, preferite aspettare la catastrofe?
(La Co2 è la vita per la terra e per
gli uomini che la abitano. La Co2 è più pesante dell’atmosfera e quindi si
adagia alla terra e al mare! La Co2 è stata creata da Dio per difendere questo
sistema. La co2 assieme ai suoi creatori non ha necessità di finanziamenti per
esistere e farci vivere. Sono i ricchi globalisti che vogliono attuare la
transizione ecologica per distruggere il pianeta su cui viviamo credendo di
arricchirsi! N.D.R.)
Il
cambiamento climatico:
le
cause e le conseguenze
tuttosanità.com
– (1° Agosto 2023) - GIAMPIERO PANE – ci dice:
Il
cambiamento climatico, assieme alla perdita di biodiversità, è una delle più
grandi sfide che il nostro mondo deve affrontare.
L’aumento delle temperature medie globali sta
infatti compromettendo il nostro clima e tali effetti, se non contrastati con
azioni concrete, sono destinati ad aggravarsi nei prossimi anni.
È
soltanto adesso che ci è concessa la possibilità di poter agire e prevenire
cambiamenti in futuro irreparabili.
Dobbiamo
contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5 °C rispetto ai
livelli preindustriali, le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo devono
necessariamente diminuire almeno del 50% entro il 2030.
Cos’è
il cambiamento climatico.
Il
clima è naturalmente variabile.
La mancanza di regolarità nelle stagioni da un
anno all’altro è un esempio di questa variabilità causata da molti fattori che
interagiscono tra loro (cambiamenti delle correnti oceaniche, attività
vulcanica, radiazione solare, grandi eventi climatici come El Niño, i monsoni
indiani e così via).
Il cambiamento climatico rappresenta quindi
una variazione significativa e duratura nella distribuzione statistica dell’andamento
meteorologico e può avvenire in decenni o in milioni di anni.
Il cambiamento si realizza in variazioni delle
condizioni meteorologiche medie (ad esempio, data media di inizio della
stagione umida ai tropici) o in variazioni della frequenza di eventi
meteorologici estremi come inondazioni, siccità e tempeste.
I cambiamenti negli schemi orbitali del sole,
chiamati “Cicli
di Milanković”, sono il più significativo fattore del cambiamento climatico:
negli
ultimi 40mila anni sono stati infatti la principale forza trainante degli
ultimi quattro cicli di glaciazioni e periodi caldi.
Il
clima della Terra è tuttavia cambiato in modo significativo negli ultimi 150
anni ed è estremamente importante capire quali siano le cause di tale anomala variazione
in un periodo di tempo così breve.
Surriscaldamento
del pianeta su scala globale.
Molti
studi hanno dimostrato in modo risolutivo che le temperature medie globali
hanno iniziato ad aumentare dalla seconda metà del XIX secolo.
Questo
fenomeno, comunemente chiamato “surriscaldamento globale”, è in realtà definito
da scienziati ed esperti “cambiamento climatico antropogenico” perché causato,
appunto, da attività umane (in particolare da emissioni di CO2 nell’atmosfera
dovute all’utilizzo di combustibili fossili).
Il
rapporto speciale dell’IPCC sul riscaldamento globale di 1,5 ºC, pubblicato
nell’ottobre 2018, ha dimostrato che le attività umane hanno già avuto un
impatto significativo sulle temperature globali e che il riscaldamento è in
continuo aumento:
“Si
stima che le attività umane abbiano causato circa 1,0 °C di riscaldamento
globale al di sopra dei livelli preindustriali, con un possibile range che va
da 0,8 °C a 1,2 °C.
Se
continuerà ad aumentare al ritmo attuale, il riscaldamento globale raggiungerà
probabilmente 1,5 °C tra il 2030 e il 2052″.
Sebbene
un aumento della temperatura di 1,5 °C possa sembrare insignificante, il già
citato rapporto dell’IPCC dimostra come ciò potrà condurre a gravi conseguenze.
Le
cause del cambiamento climatico.
Le
temperature sulla Terra sono vivibili grazie a un processo naturale chiamato
“effetto serra”.
Quando
le radiazioni del sole raggiungono la nostra atmosfera, alcune vengono riflesse
nello spazio mentre altre passano e vengono assorbite dalla Terra, facendo sì
che la superficie del nostro pianeta si riscaldi.
Il
calore della Terra viene tuttavia irradiato verso l’esterno e assorbito dai gas
presenti nell’atmosfera terrestre, chiamati “gas serra”.
I gas serra impediscono che il calore si
dissipi nuovamente nello spazio e mantengono la temperatura media della Terra a
circa +15 °C invece che a -18 °C.
Nel
corso dell’ultimo secolo, gli esseri umani hanno immesso nell’atmosfera più gas
serra, aumentandone così il relativo effetto.
Molti
di questi gas provengono dall’utilizzo di combustibili fossili impiegati in
fabbriche, mezzi di trasporto e agricoltura.
L’anidride carbonica (Co2)è il gas
maggiormente responsabile del surriscaldamento, soprattutto perché maggiormente
presente.
Altri
gas a effetto serra sono il metano, il protossido di azoto, i CFC, gli HCFC e
il bromuro di metile.
Il
riscaldamento climatico è ulteriormente aggravato dalla perdita di foreste e
zone umide, responsabili di immagazzinare CO2:
si
stima che ogni giorno vengano abbattuti più di 32mila ettari di foresta
pluviale tropicale per l’industria del legname o per la costruzione di campi
agricoli.
Le
conseguenze.
Il
cambiamento climatico sta alterando non solo l’ambiente in cui viviamo, ma
anche l’economia, le comunità e, non ultima, la nostra salute.
Se non modificheremo il nostro stile di vita e
il nostro consumo di energia per contenere l’incremento della temperatura
globale al di sotto di 1,5 °C, le conseguenze saranno disastrose.
Lo
scenario che il report speciale dell’IPCC descrive dopo accurati studi
scientifici prevede gravi effetti. Alcuni di questi includono:
Scioglimento
dei ghiacciai e innalzamento del livello del mare a causa dell’espansione
dell’acqua a temperature più calde.
Aumento
dell’intensità e della frequenza di fenomeni meteorologici estremi come
uragani, inondazioni, siccità e tempeste.
Scarsità
d’acqua in alcune zone, desertificazione e diminuzione delle rese dei raccolti
con conseguente inasprimento delle tensioni regionali esistenti e ulteriori
violenti conflitti.
Stagioni
meno affidabili e prevedibili, pianificazione a lungo termine difficile e più
probabile al fallimento per i raccolti con conseguente carenza di cibo.
Distruzione
delle barriere coralline, acidificazione degli oceani e diminuzione delle rese
nell’industria della pesca.
Perdita
degli habitat, biodiversità, ecosistemi ed estinzione di specie.
Cambiamenti
nella gamma geografica delle specie.
Aumento
delle malattie, in particolare malaria e febbre dengue, in quanto le zanzare
sono in grado di sopravvivere a latitudini e altitudini più elevate.
In
passato si pensava che la lotta al cambiamento climatico avrebbe richiesto un
costo finanziario imponente, il che potrebbe spiegare perché molti Paesi sono
stati riluttanti nel prendere misure preventive.
Ad oggi l’impatto economico del cambiamento
climatico si considera enorme:
il
surriscaldamento del pianeta è una situazione di perdita per tutti ed è
nell’interesse di tutti noi prevenirlo!
L’urgenza
di agire.
Come
spiega il rapporto speciale dell’IPCC, partendo dal 2018 ci restano solo 12
anni per limitare il riscaldamento globale ad un massimo di 1,5 °C.
Ciò
significa, in pratica, che le emissioni di gas serra devono essere ridotte
drasticamente a partire da ora.
10
Soluzioni Semplici per “Contrastare i Cambiamenti Climatici”
Per
contrastare i cambiamenti climatici serve il contributo di tutti.
Scopri
10 consigli utili e pratici per fare la tua parte tutti i giorni
I
disastrosi effetti dei cambiamenti climatici stanno preoccupando sempre di più.
Recentemente è stato pubblicato un rapporto dell’”Intergovernmental Panel on
Climate Change” (IPCC) dell’ONU, il principale organismo internazionale per la
valutazione dei cambiamenti climatici, con dati aggiornati allarmanti.
Si
registra che gli ultimi 5 anni sono stati i più caldi dal 1850 a oggi e che i
livelli di CO2 nell’aria sono altissimi.
Questo contribuisce all’aumento delle
temperature e al divampare di gravi incendi.
Per
non parlare ovviamente dello scioglimento dei ghiacciai che sta portando
sull’orlo dell’estinzione numerosissime specie animali.
Senza contare che l’innalzamento dei mari nei
prossimi anni costringerà chi vive nelle zone costiere a trasferirsi altrove perché
inabitabili.
Tutte
queste conseguenze sono inequivocabilmente legate alle attività umane.
Stando
al rapporto, però, non tutto è perduto.
Se
tutti, Nazioni e cittadini, si impegnassero e si unissero si otterrebbero degli
ottimi risultati e si concorrerebbe a frenare questo preoccupante fenomeno.
Cosa
possiamo fare noi nel nostro piccolo ogni giorno per contribuire ad ostacolare
i cambiamenti climatici?
Ecco
10 consigli utili e pratici da mettere in pratica nel quotidiano.
Piantare
nuovi alberi e salvaguardare le foreste.
Piantare nuovi alberi può sembrare quasi un gesto
banale e scontato, ma si tratta di un’azione molto significativa che può
contribuire enormemente a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici.
Gli
alberi apportano infatti numerosi benefici:
assorbono
la Co2 e migliorano la qualità dell’aria, abbassano le temperature, contribuiscono
al mantenimento della biodiversità e ci permettono di avere uno stile di vita
più sano ed equilibrato.
Per questo motivo è importantissimo non solo
non danneggiare le foreste, ma anche, se ne abbiamo la possibilità, piantare
più alberi possibili nei nostri giardini.
Proteggere
gli oceani.
Anche
gli oceani, così come le foreste, contribuiscono in larga misura ad assorbire
l’anidride carbonica in eccesso e a regolare le temperature.
Tuttavia
anche gli oceani sono in grave pericolo: le specie che li abitano sono
minacciate dalla pesca intensiva e spesso e volentieri gli oceani sono
utilizzati come delle vere e proprie discariche.
All’interno
di essi vengono riversati rifiuti, liquami e tristemente conosciute sono le
isole di plastica.
Anche
se questo problema sembra enorme e ci sentiamo impotenti, è fondamentale che
ognuno faccia la propria piccola parte.
È
importante non inquinare le spiagge, non abbandonare rifiuti e contribuire
attivamente alla loro pulizia.
Sarebbe anche auspicabile ridurre i consumi di
pesce o comunque preferire prodotti provenienti da pesca sostenibile.
Migliorare
l’efficienza energetica delle abitazioni.
Per limitare i consumi di energia all’interno
delle nostre abitazioni è importante fare scelte consapevoli e investimenti
che, seppur inizialmente costosi, faranno la differenza nel lungo periodo, non
solo da un punto di vista ambientale ma anche economico.
Si potrebbero installare pannelli solari per
riscaldare l’acqua e pannelli fotovoltaici ottenere energia elettrica in modo
pulito e autosufficiente.
È anche importante isolare le abitazioni per
non disperdere calore e diminuire gli sprechi di energia.
A tal
proposito bisognerebbe optare per lampadine a led a basso consumo e non
lasciare gli apparecchi in stand-by.
Sarebbe
opportuno anche sostituire vecchi elettrodomestici e riparare eventuali guasti.
Optare
per mezzi di trasporto sostenibili.
I mezzi di trasporto che impiegano carburanti
derivanti dai combustibili fossili per funzionare sono tra i maggiori
responsabili dell’innalzamento delle temperature e dei cambiamenti climatici in
generale. Sarebbe quindi auspicabile optare per automobili ibride o elettriche,
utilizzare mezzi di trasporto pubblici oppure, ancora meglio, muoversi a piedi
o in bicicletta. Anche per i viaggi sarebbe consigliabile muoversi in treno
anziché in aereo e in nave.
Ridurre
l’utilizzo della plastica.
Siamo ormai tutti consapevoli del fatto che la
plastica sia un materiale altamente inquinante che andrebbe decisamente
evitato.
Per
far ciò si potrebbe smettere di acquistare prodotti confezionati nella
plastica, come ad esempio acqua e cibo, preferendo in alternativa prodotti
sfusi oppure imballati in materiali più sostenibili come carta e vetro.
Per
evitare di acquistare bottiglie in plastica sarebbe bene dotarsi di una
borraccia o di una bottiglia riutilizzabile da portare sempre con sé.
Bando
a tutti i prodotti monouso e a quelli che ormai sono proposti anche in
materiali naturali, come spazzolini da denti in bamboo e dischetti di cotone
riutilizzabili.
Smaltire
correttamente i rifiuti.
Una delle regole d’oro per aiutare l’ambiente
e per contrastare i cambiamenti climatici è quella di fare la raccolta
differenziata.
In
molti comuni italiani è ormai attiva la raccolta porta a porta dei rifiuti,
molto utile nell’aiutarci ad avere uno stile di vita più sostenibile.
In
ogni caso è indispensabile continuare ad impegnarci facendo la nostra piccola
parte, dividendo correttamente i rifiuti.
Per
chi possiede un giardino, inoltre, è molto utile creare un compost fatto in
casa: oltre a dare una seconda vita ai rifiuti organici, le vostre piante ne
beneficeranno.
Seguire
le tre “R”: ricicla, riutilizza e riduci.
Oggigiorno siamo abituati ad acquistare
tantissime cose superflue: che siano oggetti o capi d’abbigliamento, i bassi
prezzi offerti dalla grande distribuzione ci spingono ad acquistare anche ciò
che non ci serve.
Tutto
ciò è deleterio per il nostro pianeta perché le risorse vengono sfruttate in
modo sconsiderato per produrre beni non necessari e che non vengono talvolta
nemmeno utilizzati.
Ad
esempio, è stato provato che l’industria del “fast fashion” è una delle più
inquinanti.
Per questo motivo sarebbe meglio limitare i
consumi, acquistando solamente cose durevoli che ci servono davvero.
Quando
un oggetto si rompe, sarebbe bene cercare di ripararlo anziché correre a
comprarne uno nuovo.
Come sarebbe bene donare tutti gli oggetti che
non usiamo più invece di gettarli. Dare nuova vita agli oggetti è un ottimo
modo per aiutare il nostro Pianeta.
Investire
in fonti di energia rinnovabile.
Le
energie rinnovabili sono delle grandissime alleate per contrastare i
cambiamenti climatici.
Energia solare, eolica, idrica e geotermica
sono infatti non inquinanti e sostenibili, ciò significa che sono sempre
disponibili e si potrà beneficiarne anche in futuro, al contrario dei
combustibili fossili.
Se ancora non l’hai fatto, dovresti optare per
un fornitore di energia al 100% da fonti rinnovabili.
Alimentazione
vegetale: un’alleata contro i cambiamenti climatici
Anche gli allevamenti intensivi per la produzione di
carne, uova e latticini contribuiscono ai cambiamenti climatici.
L’ideale sarebbe optare per l’alimentazione
vegana, ma se questa scelta può suonare come troppo radicale ci sono altri modi
per migliorare la nostra alimentazione a favore del pianeta.
Si
potrebbe limitare il consumo di carne, optando in alternativa per prodotti
vegetali come frutta e verdura, cereali e legumi.
È
anche importante scegliere prodotti di stagione e coltivati in modo biologico e
a km zero.
Creare
un orto nel proprio giardino è un’ottima idea per cercare di adottare
un’alimentazione più sana e sostenibile.
Adottare
accorgimenti eco-friendly tutti i giorni.
Infine,
l’attenzione alle nostre pratiche e abitudini quotidiane non è mai troppa.
Basta veramente poco per fare la differenza nel nostro piccolo, ad esempio
spegnendo le luci quando non servono, fare docce brevi e preferirle al posto
della vasca da bagno, utilizzare l’acqua piovana per irrigare i fiori.
Anche le nostre abitudini di consumo possono
essere cambiate ed essere più sostenibili:
si dovrebbe optare per piccole realtà locali,
acquistare prodotti artigianali e investire in prodotti di qualità e durevoli.
Anche
se i cambiamenti climatici ci spaventano e ci sentiamo impotenti davanti a un
fenomeno che sembra ormai inevitabile è importante non perdere la speranza,
continuare a impegnarci facendo la nostra parte e adottare accorgimenti che
potrebbero fare la differenza.
Prima
si dragavano i fiumi, si pulivano
i
tombini oggi si dice “Allarme meteo”
Ed è
tutto risolto?
ARGINI
E MARGINI. COLPA DELL’ANIDRIDE CARBONICA (CO2)?
Sovranitàpopolare.org
– Redazione -Francesco Cappello – (20/05/2023) – ci dice:
Pulizia
dei fiumi. Uno dei tanti interventi necessari che in Italia non si fanno.
Là,
dove il fiume rallenta, l’impeto delle acque perde la capacità di trascinamento
di detriti e sassi che perciò si depositano sul letto del fiume/torrente
alzandolo continuamente rispetto al livello precedente.
Molto
sbrigativamente, piuttosto che intervenire dragando i fondali, si decide di
alzare gli argini.
Il risultato è che il torrente/fiume scorre
“lassù”, sempre più in alto.
È
facile poi prendersela con il tarpone che scava le sue tane creando un varco
alle acque o con i cambiamenti climatici globali e le bombe d’acqua mentre si
grida alla necessità di alti argini di cemento armato (soluzioni
ingegneristiche ad alto valore aggiunto…).
È
facile poi prendersela con il tarpone o gridare alla necessità di alti argini
di cemento armato (soluzioni ingegneristiche ad alto valore aggiunto…).
Gli
“attivisti del clima” dovrebbero smettere di imbrattare i monumenti nazionali e
studiare le vere cause e i veri rimedi tenendo presente che:
Pigliandosela
con l’anidride carbonica(Co2) si può ignorare:
1. la
necessità di urgente intervento rispetto al dissesto idrogeologico in atto nel
Paese da decenni mentre si continua indisturbati nell‘opera di devastazione del
territorio;
2. la
necessità di indagare sulla eventuale sperimentazione militare di armi per la
alterazione climatica a scopo bellico e la loro eventuale applicazione così da
fugare una volta per tutte dubbi di questo tipo;
Mentre
si impongono:
3. la
tassazione della produzione della CO2 a imprese e famiglie;
4. le
stupide quanto esose tecnologie green proposte dalle grandi multinazionali e le
“soluzioni” green con cui si intendono camuffare i nuovi sistemi di
sorveglianza, i nuovi lockdown di colore green (vedi città “smart” 15 minuti).
Si
tratta sempre di danni provocati dall’incuria del territorio, dalla mancata
manutenzione e dal conseguente dissesto idrogeologico;
basti
pensare alle conseguenze dell’abbandono del territorio montano.
Il patrimonio artistico, monumentale e
culturale italiano è unico al mondo per il suo indissolubile rapporto con
l’ambiente;
nei
secoli si è determinata una stratificazione tra patrimonio artistico ed
ambiente. Per dare un futuro al paesaggio reso fragile da mille processi che ne
negano conservazione e riproduzione, alla montagna povera e agli interni (in
Italia piú della metà del territorio)
«lungo
le valli frontaliere delle Alpi Marittime, le antiche vie del sale appenniniche
e il paesaggio delle case in terra cruda dall’Adriatico al Tirreno passando per
la fragilità di tante città come Venezia» e costruire ponti tra passato e
progetti di futuro è necessario tornare a investire attraverso grandi piani
nazionali di intervento e mobilitare le energie e le competenze in grado di
reinventare il futuro che ci è stato sottratto.
Siamo
un paese a grandissima vocazione turistica.
Cura e
messa in sicurezza del territorio e dell’ambiente, cura della persona, delle
strutture pubbliche, piani di intervento di riqualificazione urbana,
ristrutturazione energetica di edifici pubblici e privati, possono dare l’idea
di quanto lavoro utile si manca di fare.
Avremmo
bisogno di inaugurare un nuovo sistema economico che dovrebbe condurre alla
piena occupazione delle nostre energie e alla piena applicazione delle nostre
competenze.
E pensare che ai giovani si dice che non c’è
lavoro.
In
verità siamo circondati da lavoro incompiuto…
La
geofisica del nostro territorio è generalmente caratterizzata da terreni
argillosi o sabbiosi spesso in- coerenti e non stabilmente ancorati alla
roccia.
Il
nostro è uno dei Paesi più franosi al mondo.
Circa
i 2/3 delle frane in tutta la UE sono italiane.
Territori
fragili, densamente abitati, con carenza di pianificazione e repentina
scomparsa delle manutenzioni.
Nel 42% dei centri abitati, in ottemperanza ai
vincoli del patto di stabilità, non viene svolta regolarmente la manutenzione
ordinaria di fossi e corsi d’acqua, canali di drenaggio e scolo malgrado si
sappia che 1 euro speso in prevenzione fa risparmiare fino a 100 euro in
riparazione dei danni.
Alla pericolosità
da frana si aggiunge quella idraulica.
Il
Rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
fornisce i dati degli indicatori nazionali di rischio per frane e alluvioni
relativi a popolazione, imprese, beni culturali e superfici artificiali,
elaborati sul territorio nazionale con l’obiettivo di fornire un importante
base conoscitiva a supporto delle politiche di mitigazione del rischio.
Si
monitora ma non si interviene adeguatamente.
(isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/
rapporti/dissesto-idrogeologico-in-italia-pericolosita-e-indicatori-di-rischio-rapporto-2015
e successivi).
È
necessario piuttosto gestire l’impatto del cambiamento climatico come si è
sempre fatto in passato con i mezzi allora a disposizione, nell’immediato, a
breve e lungo termine, per adattarsi agli eventi di più intensa precipitazione,
causa di inondazioni in territori fragili e franosi.
Servono perciò mappe del rischio locale (zone
a maggiore vulnerabilità), ad uso degli enti governativi locali, per giungere a
piani di adattamento secondo le indicazioni del piano di adattamento nazionale.
Tali
piani presuppongono naturalmente piani di finanziamento a lungo termine.
Il
Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) è disponibile
all’indirizzo che segue: (minambiente.it/sites/default/files/archivio_immagini/adattamenti_climatici/documento_
pnacc_luglio_2017.pdf)
Ridurre
e gestire il rischio sarebbe un investimento strategico per ridare un futuro al
Paese, per sbloccare economie e lavoro ed evitare lo spreco di territorio,
cultura e bellezza, come il New Deal, lanciato dal Presidente Roosevelt per gli
Usa, dopo la crisi del 1929.
Purtroppo un New Deal italiano, nell’attuale
modello economico, è visto solo come un costo (un lusso), impossibile da
mettere in opera per mancanza di adeguate risorse finanziarie.
È
questa un ulteriore menzogna come è possibile capire se si analizzano le
proposte del “Piano di Salvezza nazionale” che propone di usare moneta non a
debito e risorse endogene.
Infine,
non sarebbe meglio evitare l’ulteriore incremento di spese militari per
compiacere i padroni USA-NATO (che intendono portarla da 80 a 100 milioni di euro al giorno
e piuttosto tirare Fuori l’Italia dalla guerra )?
Dopo
tutto questa è una reale questione di “Sicurezza Nazionale”.
“ELETTRODOMESTICI
DA ROTTAMARE”.
Nuovo
delirio UE sulla sostituzione
obbligata
di frigoriferi, fornelli a gas
e
balle varie secondo le normative green.
Il
livello pervasivo di controllo e di assurde imposizioni che l’Unione europea
sta mettendo in atto, sacrificando sull’altare della nuova ideologia green i
suoi cittadini, raggiunge picchi prossimi al delirio.
Ora,
Bruxelles ci dice anche se il “nostro” frigorifero o la “nostra” caldaia le
stanno bene oppure no.
Non
stiamo scherzando, anche se ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.
L’obiettivo
dell’Unione europea è di eliminare ogni elettrodomestico inquinante (inquinante
quanto può esserlo un frigorifero, ovvero infinitamente meno delle grandi
industrie, anche europee, per non parlare della Cina).
In principio furono le auto a benzina e
diesel, le quali dal 2035 dovranno praticamente sparire perché non a norma, e
non è neppure il caso di rammentare i numerosissimi episodi di autocombustione
delle auto elettriche, la “mobilità del futuro”;
poi
arrivarono le case delle quali, con ingentissimi costi, dovrebbe essere
ottimizzato l’efficientamento energetico per via della nota direttiva” Epb”; adesso
persino gli elettrodomestici.
In
definitiva, dovremo abituarci a cambiare molto del nostro modo di vivere. L’Unione europea continua ad
accelerare sul Green Deal, ovvero una lunga teoria di folli obblighi estesa a
tutti i Paesi membri Ue.
Gli elettrodomestici
da “rottamare”.
Già
più volte abbiamo scritto delle caldaie a gas, le prime che finiscono sotto la
scure della folle tecnocrazia comunitaria:
non
saranno più in vendita dal 2029, e tra il 2025 e il 2026 non saranno nemmeno
più disponibili gli incentivi per il loro acquisto.
Incentivi
che, però, resteranno disponibili per l’installazione di tecnologie alternative
sostitutive.
Seguiranno,
con passaggi graduali, le cucine a gas, che verranno rottamate dalle cucine a
induzione, meno inquinanti e che, peraltro riducono i tempi di cottura:
lo
abbiamo scritto in apertura che oramai siamo prossimi al delirio, o forse
abbondantemente oltre.
Veniamo, ora, ai condizionatori che, in questi
giorni, stanno rinfrescando un po’ di noi.
Anche
questi rappresentano un problema per gli “eco ansiosi” (come si dice nella
neolingua europea) di Bruxelles?
Sì, certo: i condizionatori si basano
sull’utilizzo degli idro-fluorocarburi, tra i maggiori responsabili delle
emissioni di gas ad effetto serra, come si legge sul portale “Investire oggi”.
L’obbligo
di sostituire questa tipologia di impianti scatterà a partire dal primo gennaio
2024.
Dunque,
se la prossima estate – che probabilmente sarà “la più calda di sempre”, come
non mancano di ripeterci ogni anno – vorremo rinfrescarci, dovremo tirare fuori
il portafoglio e sostituire l’impianto, ce lo chiede l’Europa.
Analogamente ai condizionatori contenenti gas
fluorurati, la Ue imporrà anche l’obbligo di sostituire i frigoriferi più
inquinanti, a partire da quelli che presentano, anch’essi, i famigerati gas
fluorurati.
Inquina
di più un frigorifero o una fabbrica?
Ora,
torniamo a domandarci se le cause principali del cambiamento climatico, sul
quale peraltro diversi scienziati non allineati nutrono più di un dubbio,
ovvero le emissioni di gas serra prodotte dall’utilizzo di combustibili
fossili, siano da ricercare nei nostri frigoriferi o, piuttosto, nelle
industrie e nelle fabbriche di alcuni Paesi non intaccati dalle direttive green
di Bruxelles.
(IL PARAGONE.IT)
DALL’ECO-ANSIA
ALL’ECO-RAZZISMO.
Comedonchisciotte.org
– (07 Agosto 2023) – Redazione CDC - Marcello Veneziani – ci dice:
L’angoscia
si esprime oggi in due modi: ego-ansia ed eco-ansia.
Siamo angosciati per l’io e per il pianeta;
di
tutto quel che sta nel mezzo – persone, famiglie, società, nazioni, popoli,
culture, religioni, civiltà, umanità – ci interessa sempre meno.
L’eco-ansia
è la patologia dei nostri giorni, una specie di infiammazione ecologica. I
malati più acuti sono i ragazzi, poi vengono i media e tutti gli altri;
ma ne
patiscono anche alcuni ministri.
La nuova linea di discriminazione tra i buoni
e i cattivi, gli insider e gli outsider, è quella:
se ti affibbiano il marchio di negazionista
ambientale sei fritto, come il pianeta; hai perso ogni rispetto, non puoi
coprire alcun ruolo, devi solo nasconderti.
Ma
cos’è l’eco-ansia?
È un fenomeno non solo italiano ma occidentale, trae
suggestioni dal movimento di Greta Thunberg, però non nasce dal nulla:
alcune
emergenze ambientali e climatiche toccano reali alterazioni dell’eco-sistema.
Quanto
però queste dipendano dai comportamenti umani è da verificare:
alcune
di più (per es. la plastica nei mari), altre assai meno (i mutamenti
nell’ecosistema).
E poco dipendono da singoli stati e singoli
paesi, di modeste dimensioni, come il nostro.
L’eco-ansia è divenuto improvvisamente
ossessivo, monomaniacale, con un giacobinismo ideologico e un fanatismo
patologico.
Ma la
sua motivazione originaria, la salvaguardia della natura in pericolo, è
sacrosanta.
Ed è
più coerente con una visione del mondo conservatrice e tradizionale, in cui è
un bene primario la difesa, il rispetto e l’amore per la natura, a partire
dalla natura umana.
Il legame profondo tra l’uomo e la terra, le
sue radici, il suo habitat, i suoi luoghi originari e identitari sorgono non a
caso in una concezione della tradizione, nei suoi legami spirituali e
biologici, naturali e culturali.
A
lungo questa visione della natura ha trovato come suoi avversari il capitalismo
e il comunismo, il mercato globale e la pianificazione statale socialista,
figli entrambi della rivoluzione industriale, e legati entrambi a una visione
utilitarista, produttivista e antinaturale.
Alla
fine degli anni ottanta, in “Processo all’Occidente”, analizzai questo scontro
tra la difesa della natura e i suoi nemici ideologici, sovietici e
mercantilisti.
Poi
con gli anni è avvenuto qualcosa: da una parte l’insensibilità verso i temi
della natura in pericolo da parte di una “turbo-destra” liberista e iper
mercatista, dall’altra la sostituzione di madre natura con la maternità surrogata
dell’ambiente, termine più asettico che può valere per qualunque habitat, anche
una fabbrica.
Da lì nasce il ménage à trois fra eco-ansia,
progressismo radical e capitalismo “eco-sostenibile”.
Il
risultato che ne è derivato è questo ambientalismo allarmato, anti natura,
ideologico e funzionale al nuovo capitalismo globale e allo sfruttamento del
business ambientale.
Al
massimalismo ideologico e al suo profitto politico si unisce così
l’eco-speculazione.
La
strategia pubblicitaria delle grandi aziende alimentari non vanta più le
qualità dei prodotti ma il fatto che siano eco-sostenibili;
vantano
la loro buona coscienza ecologica oltre alla buona coscienza ideologica (gli spot con dosi obbligate di mondo
verde, ma anche nero, gay e arcobaleno).
Il pregio
principale del prodotto è che non nuoce all’ambiente ed è ideologicamente
conforme;
non
conta la qualità del cibo ma i rifiuti e gli effetti ideologici derivati.
All’industria
del food eco-sostenibile si è aggiunta la cosmesi e la moda eco-sostenibile;
grandi
marchi vendono vestiari, scarpe, creme eco-sostenibili.
L’eco-sostenibile
leggerezza dell’essere…
Ma il
core business dell’eco-ansia è nei farmaci, nella sanità e nelle cure
psicanalitiche.
Viene
monetizzata l’ansia.
Per
non parlare della riconversione verde dell’industria e delle case, dei
trasporti e dell’energia.
Un
business enorme sullo spavento diffuso e sulle nuove norme obbligate da
adottare.
Sulla
nuova pandemia chiamata “eco-anxiety” e sul suo target giovanile, ho scritto
nel recente libro “Scontenti”.
L’eco-ansia
investe la salute mentale;
vi si accompagna un disturbo psichico chiamato
“solastalgia”, generato dal cambiamento eco-climatico.
I
sintomi e gli effetti dell’eco-ansia sono: attacchi di panico, traumi,
depressione, disturbi da stress, abuso di sostanze, aggressività, ridotte
capacità di autonomia e controllo, senso d’impotenza, fatalismo e paura, spinta
al suicidio.
E un grande senso di colpa ambientale.
Il popolo degli eco-ansiosi reputa il futuro
“spaventoso”.
Gli
eco-ansiosi sono considerati malati virtuosi, i loro disturbi sono ritenuti
lodevoli perché denotano sensibilità green.
I colpevoli invece sono quegli adulti che
hanno così malridotto il pianeta e non patiscono eco-ansia.
L’umanità
viene nuovamente divisa in buoni e cattivi, e dopo i no-vax, i no-war, ecco i
no-eco:
da una
parte le vittime gli eco-ansiosi, dall’altra i negazionisti, gli eco-mostri, che minimizzano il
problema da loro creato.
La
follia ulteriore di questa drammaturgia ambientale è che non produce effetti
concreti sull’ambiente:
una
volta esaltata la minoranza benemerita degli eco-attivisti e vituperata la
minoranza maledetta degli eco-negazionisti, non viene fuori alcun risultato
pratico in tema di degrado ambientale.
Si è solo usata un’ennesima discriminazione
ideologica per sostenere un nuovo, manicheo eco-razzismo da cui trarre profitto
politico.
Allo
stesso tempo l’eco-ansia dirotta il mondo dalla realtà:
l’incubo è il clima, concentriamoci sul
riscaldamento globale, il resto è irrilevante o meno urgente.
Non pensate più all’economia e alla politica,
alla società reale e all’economia, alla famiglia e alle ingiustizie, alla
disumanizzazione e alla fine della civiltà;
è in
ballo il pianeta da salvare.
Tra
l’io e il pianeta c’è di mezzo il vuoto; di quello spazio se ne occupa la
governance globale.
Voi
pensate al clima, agli animali e ai ghiacciai, e al vostro io angosciato.
Il
mondo si va disumanizzando, ma il tema su cui concentrarsi è il clima.
L’importante è salvare il pianeta; e se l’umanità è di ostacolo, salviamo il
pianeta anche a prezzo dell’umanità.
(Marcello
Veneziani)
(marcelloveneziani.com/articoli/dalleco-ansia-alleco-razzismo/)
INNALZAMENTO
DELLE SOGLIE ELETTROMAGNETICHE,
L’APPELLO
DI 50 SCIENZIATI ALLE ISTITUZIONI.
Comedonchisciotte.org
- Valentina Bennati – (07 Agosto 2023) – ci dice:
È
iniziato alle 17 di questo pomeriggio l’ultimo Consiglio dei Ministri prima
della pausa estiva.
Tra i temi all’ordine del giorno nella
riunione del Governo Meloni anche l’aumento dei limiti di legge per la
radiofrequenza per promuovere lo sviluppo della rete 5G.
Nei
giorni scorsi un gruppo di 50 scienziati esperti di effetti biologici dei campi
elettromagnetici (biologi, fisici, chimici e medici) ha inviato un appello per
esortare l’Esecutivo a un ripensamento.
Pubblichiamo il testo di questo documento che
è rivolto non solo al Governo, ma anche al Parlamento, alle Regioni e alle
Province Autonome Italiane.
A
seguire, linkabile, il PDF del documento con i nomi dei 50 firmatari, tutti
scienziati di primo piano, come l’oncologo svedese “Lennart Hardell” che ha
pubblicato decine di studi sul rischio cancerogeno dei cellulari e delle
relative antenne, il professore emerito “Henry Lai” dell’”Università di
Washington”, editor della rivista” Bioelettromagnetics” e l’ex direttore
dell’”Agenzia Europea per la Protezione Ambientale”, il Prof.” David Gee”.
Segue,
inoltre, anche il testo del comunicato stampa con le dichiarazioni del Dott.
“Fiorenzo Marinelli”, già ricercatore dell’”Istituto di Genetica Molecolare del
Consiglio Nazionale della Ricerca” di Bologna e del Dott.” Livio Giuliani”, già
dirigente di ricerca ISPESL/INAIL e portavoce della “Commissione Internazionale
per la Sicurezza Elettromagnetica”.
Come evidenziato in questo secondo documento
allegato, l’aumento dei limiti non pone solo un problema di salute pubblica, ma
anche una seria questione di opportunità economica “poiché distoglierebbe un giro di
affari dal mercato interno italiano per andare a costituire profitti per
società estere”.
Appello
degli Scienziati Italiani per la Sicurezza Elettromagnetica.
Al
Governo, al Parlamento, alle Regioni e Province Autonome Italiane,
noi
sottoscritti biologi, fisici, chimici e medici conduciamo ricerche da decenni
sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici e non abbiamo mai usufruito
di fondi dell’industria delle telecomunicazioni, a dimostrazione di aver lavorato
sempre nell’interesse esclusivo della salute pubblica.
La
notizia che il Governo sta prendendo in considerazione la possibilità di
aumentare il valore di attenzione di 6 V/m per i luoghi di vita dove si permane
più di 4 ore è motivo di grande preoccupazione.
I
nostri studi, e più in generale le ricerche internazionali, da almeno vent’anni
hanno ampiamente dimostrato che le esposizioni alla radiofrequenza, anche al di
sotto degli attuali standard di sicurezza ICNIRP/WHO, producono danni alla
salute e riducono i livelli di benessere nella popolazione.
Gruppi
di scienziati, come” ICEMS” e “Bioinitiative”, e il “Consiglio d’Europa”
(Raccomandazione n° 1815 del 2011) hanno diramato appelli per richiedere la
riduzione immediata dei limiti di esposizione della popolazione a 0,6 V/m, per
garantire la salute pubblica e, in particolare, l’incolumità dei soggetti
vulnerabili come i bambini, le donne in gravidanza, i malati cronici, i malati
di tumore e gli elettrosensibili.
La
radiofrequenza è stata associata a diverse problematiche sanitarie tra cui:
–
cancro (la
RF è stata classificata dalla IARC come “possibile cancerogeno per l’Uomo” nel
2011, ma studi successivi hanno concluso che la radiofrequenza rientra nei
parametri della Classe 2A1, ovvero “probabile cancerogeno”, e della Classe 1
ovvero “cancerogeno certo”);
–
malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer;
–
infertilità maschile e femminile;
–
aumento dello stress ossidativo (correlato a numerosissime malattie croniche);
– alterazioni
neuro comportamentali nei bambini nati da madri che usavano il cellulare in
gravidanza;
–
disfunzioni immunitarie;
–
alterazioni del metabolismo dell’insulina;
–
aumento della permeabilità cerebrale e alterazioni del metabolismo cerebrale.
Stiamo
già pagando i costi sociali e sanitari dell’aver immesso nell’ambiente livelli
di radiazioni artificiali da radiofrequenza che non sono del tutto compatibili
con la vita.
Un aumento ulteriore dell’esposizione della
popolazione a radiofrequenza non è eticamente accettabile e neppure
economicamente sostenibile.
Servono,
piuttosto, misure per tutelare la salute pubblica e l’ambiente.
Non
solo l’Uomo, ma anche animali e piante, infatti, risentono dell’esposizione
cronica alla radiofrequenza, con danni significativi soprattutto alle
popolazioni di uccelli, anfibi e api.
Un
recente articolo del professor “James Lin” su “IEEE Microwave Magazine” del 3
Giugno 2023, la rivista della più prestigiosa organizzazione internazionale
degli ingegneri, conclude che le linee guida “ICNIRP” presentano gravi
limitazioni:
–
proteggono solo da effetti termici acuti per esposizioni di alta intensità e di
breve durata (30 minuti);
– non
sono applicabili alle esposizioni a lungo termine e di bassa intensità, come
effettivamente avviene nei contesti di vita quotidiani;
– si
basano su informazioni obsolete;
– non
proteggono dalle “radiazioni della tecnologia 5G”, che ha caratteristiche di forte
polarizzazione, molto diverse dalle generazioni precedenti della telefonia
mobile, per le quali servirebbero ulteriori studi.
Le
linee guida “ICNIRP”, quindi, non sono idonee a tutelare la salute umana e
dovrebbero essere aggiornate secondo le più recenti pubblicazioni del settore.
La
legislazione italiana (Legge 36/2001) prevede fortunatamente limiti più
cautelativi perché i decisori di allora presero in considerazione due principi
fondamentali e irrinunciabili:
– il
Principio di Precauzione, originariamente sancito nel diritto internazionale
dell’ambiente all’interno della Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992;
– il
Principio di Minimizzazione “ALARA” (As Low As Reasonably Achievable), ovvero
il più basso livello ragionevolmente ottenibile senza compromettere lo sviluppo
tecnologico.
Per le
suddette ragioni noi sottoscritti chiediamo:
1. di
mantenere il valore massimo a 20 V/m per la protezione della salute pubblica
dagli effetti acuti delle radiazioni;
2. di
mantenere fermo il valore di attenzione di 6 V/m previsto dall’attuale
legislazione (DPCM 8.07.2003);
3. di
misurare il suddetto valore sulla media di 6 minuti che ha una precisa ragione
biologica (è
il tempo necessario alle cellule per dissipare il calore prodotto dal campo
elettromagnetico) come previsto dal D.P.C.M. dell’8.07.2003, ovvero si richiede
di abrogare l’articolo 14, comma 8 lett. d) del D.L. 179/2012, che stabilì la
misurazione nell’intervallo di tempo di 24 ore, che è del tutto arbitrario e
privo di ragioni se non quella di diluire i valori misurati;
4. di
portare l’obiettivo di qualità a 0,6 V/m;
5. di
approvare una legge sul conflitto di interessi, al fine di obbligare gli
esperti chiamati a fornire pareri scientifici in ambito istituzionale a
dichiarare pubblicamente
le fonti di finanziamento delle loro ricerche, le loro proprietà azionarie in
aziende del settore e le consulenze in conflitto con l’interesse pubblico.
Rimaniamo
a disposizione per un incontro e per fornire ulteriori chiarimenti e
documentazione.
Il
COMUNICATO STAMPA con le dichiarazioni del Dott. Marinelli e del Dott. Giuliani.
Roma,
4 agosto 2023.
Oltre
50 scienziati esperti di effetti biologici dei campi elettromagnetici hanno
firmato in sole 48 ore un appello rivolto al Governo Italiano per chiedere di
adottare limiti di legge adeguati a proteggere la salute della popolazione.
“Abbiamo
deciso di scrivere questo appello appena saputo che il Governo stava valutando
un aumento dei limiti di legge per la radiofrequenza per promuovere lo sviluppo
della rete 5G”, dichiara il Dott. Fiorenzo Marinelli, già ricercatore dell’Istituto
di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerca di Bologna.
“Un
aumento dei limiti sarebbe una scelta del tutto irrazionale e pericolosa per la
salute pubblica, visto che la ricerca scientifica ha dimostrato che gli attuali
standard di sicurezza sono inadeguati.”
In
Italia la legge sui campi elettromagnetici prevede tre limiti:
– Il
limite massimo di 20 V/m (mentre gli standard internazionali promossi dall’ICNIRP è di
61 V/m);
– Il
valore di attenzione di 6 V/m per le aree dove la popolazione soggiorna più di
quattro ore, come le abitazioni e i luoghi di lavoro;
– Il
limite di qualità per proteggere fasce più vulnerabili della popolazione che è
sempre 6 V/m perché all’epoca il legislatore presumeva che il valore di
attenzione fosse già sufficientemente cautelativo.
“Da
almeno vent’anni la ricerca scientifica ha chiarito che è 0,6 V/m il limite
adeguato a prevenire gli effetti a lungo termine dell’esposizione alle
radiazioni da radiofrequenza”, continua ancora il Dott. Marinelli.
“Gli standard internazionali considerano
sicuro il limite di 61 V/m, ma questo tutela solo dagli effetti acuti dei campi
elettromagnetici, ovvero dal riscaldamento da essi prodotti.”
“Bisogna
tenere conto della mole di studi che dimostrano gli effetti non termici della
radiofrequenza, compreso l’effetto cancerogeno che si osserva nei forti utilizzatori dei
cellulari e nella popolazione più esposta alle antenne”, dichiara il Dott. Livio Giuliani, già
dirigente di ricerca ISPESL/INAIL e portavoce della Commissione Internazionale
per la Sicurezza Elettromagnetica (ICEMS).
Il
limite di 0,6 V/m è stato proposto per la prima volta nel 2000 dalla
“Risoluzione di Salisburgo”, a conclusione di un convegno a cui hanno
partecipato sia il Dott. Marinelli che il Dott. Giuliani .
Lo
stesso limite è stato poi ribadito da diverse risoluzioni di scienziati
indipendenti .
Nel
2011 il Consiglio d’Europa ha concluso all’unanimità con la Risoluzione 1815 che
bisogna adottare immediatamente il limite di 0,6 V/m e puntare sul lungo
termine alla riduzione delle radiazioni fino alla soglia di 0,2 V/m 6.
“A chi
conviene davvero questo aumento dei limiti di legge per la radiofrequenza?”,
continua il Dott. Livio Giuliani.
“Lo
sviluppo delle reti 5G rappresenta un enorme potenziale di sviluppo per la
piccola e media impresa italiana di elettronica, di telecomunicazioni e di
impiantistica civile che sarebbero chiamate dalle multinazionali a realizzare
una pianificazione e corretta installazione di nuove antenne sul territorio per
far rientrare le emissioni elettromagnetiche nel limite attuale di 6 V/m.”
Con
l’aumento dei limiti della radiofrequenza ambientale le multinazionali
potrebbero installare nuove antenne e antenne più potenti sui siti attuali, con
un risparmio stimato di circa 1,3 miliardi di Euro ciascuna.
Le multinazionali licenziatarie dei servizi di
telefonia mobile in Italia sono tutte straniere:
TIM è francese, Vodafone è inglese, Wind 3G è
di Hong Kong, Iliad è francese e Fastweb è svizzera.
“L’aumento
dei limiti, quindi pone non solo un problema di salute pubblica, ma anche una
seria questione di opportunità economica – denuncia il Dott. Giuliani – perché
distoglierebbe un giro di affari dal mercato interno italiano per andare a
costituire profitti per società estere.”
“Le
radiazioni della tecnologia 5G, inoltre, non è stata sufficientemente studiata
e diversi lavori già oggi concludono che servono limiti più cautelativi per
proteggere da questo tipo di radiazioni che sono fortemente pulsate e
polarizzate.”
“Oltre
alla salute dell’Uomo, siamo preoccupati per i rischi che l’aumento della
radiofrequenza ambientale comporterebbe sulla biodiversità e anche sui consumi
energetici”, continua il Dott. Marinelli.
“Studi
hanno dimostrato che le “radiazioni wireless” comportano un consumo molto più
elevato delle comunicazioni via cavo;
quindi
sarebbe molto più razionale investire sulle reti cablate per far arrivare la
fibra ottica in ogni edificio del nostro Paese.
Lo sviluppo della tecnologia delle reti senza
fili non può in ogni caso prescindere dalla tutela dei valori primari della
salute pubblica e dell’ambiente.”
“Abbiamo
voluto inserire alcune pubblicazioni dei firmatari dell’appello proprio perché
i politici possano rendersi conto che la richiesta di abbassare i limiti di
legge arriva da scienziati con una vasta esperienza sul campo”, conclude il
Dott. Marinelli.
Hanno
sottoscritto l’appello scienziati di primo piano come l’oncologo svedese “Lennart
Hardell” che ha pubblicato decine di studi sul rischio cancerogeno dei
cellulari e delle relative antenne, il professore emerito “Henry Lai”
dell’Università di Washington, editor della rivista” Bioelettromagnetics” e
l’ex direttore dell’Agenzia Europea per laProtezione Ambientale, il Prof. “David
Gee”.
“Dott.ssa
Francesca Romana Orlando”
(Come
si può immaginare le “multinazionali finanziarie e non” hanno investito enormi
capitali nello sviluppo nell’”innalzamento delle soglie elettromagnetiche” al
fine di aumentare i loro guadagni sovraumani. Cercheranno di “comprare” tutti i
governi del mondo occidentale per il trionfo della loro ricchezza! N.D.R.).
PIANI
DI RIDUZIONE DELLA POPOLAZIONE.
VOLEVATE
LE PROVE? ECCOLE.
(No,
non è una "teoria del complotto".)
Comedonchisciotte.org
- Redazione CDC - (30 Luglio 2023) - Alessio Fortunati – ci dice:
(Abbreviazioni:
WEF – World Economic Forum; NSSM 200 – National Security Study Memorandum
200; CCP – Chinese Communist Party; CIA – Central Intelligence Agency; NU –
Nazioni Unite; LDC –
Paesi Sottosviluppati; WPPA – Piano di Azione sulla Popolazione Mondiale.)
Piccola
premessa sul pensiero critico.
Sinceramente
parlando, in pochi, all’inizio dell’era covid, hanno avuto il coraggio o
l’ardire di collegare tutti i singoli aspetti del fenomeno pandemico e di
interpretarli poi in un quadro generale più grande, profondo e oscuro: la plandemia.
Ancor
meno furono coloro i quali azzardarono tale ipotesi prima della catastrofica
campagna vaccinale universale, in tempi che possiamo dire ancora fossero
definibili come “non sospetti”.
Quando
finii di scrivere il saggio Reset: “l’Ultima grande Pandemia”, l’idea che
questa grande macchina del male fosse stata costruita nel tempo e infine
avviata per uno scopo ben preciso, con finalità ben precise, era perfettamente
formata nella mia mente.
Controllo
della popolazione e riduzione della stessa erano e sono ancora i due punti
cardine su cui una coerente e logica politica di mantenimento e accrescimento
del potere, da parte dei governanti totalitari, si sarebbe dovuta per forza
basare.
Oggi,
anche molti dei più riluttanti ad accettare una (insana) logica nella politica
di chi comanda, si stanno ricredendo;
si
comincia a collegare fatti e tattiche tra loro;
disegnare un’immagine più nitida della
strategia globale cui tali fatti e tattiche fanno capo.
C’era
da chiarire invero come e dove collocare la “Strategic Intelligence” delle
politiche covid, come definite sul portale del “World Economic Forum”, in un più ampio
contesto politico, economico e sociale.
Oltretutto,
dovevamo capire ancora perché è stato scelto proprio il 2020 come anno zero.
Se
c’era una realtà dietro la teoria del fine, dietro la possibilità che il covid
e le seguenti misure economico-sociali-sanitarie fossero parte di un piano
strategico, volto al controllo della popolazione/depopolamento, occorreva
procedere per step.
Serviva
un movente per proporre ai governanti un’agenda politica che concentrasse gli
sforzi sulla riduzione della fertilità;
un
programma dettagliato di azione;
un
consenso diffuso e globale;
una
strategia attentamente pianificata che prevedesse l’applicazione delle proposte
nel corso di molti decenni.
Servivano
insomma delle prove di pianificazione, piani strategici da cui partire.
In
effetti, esistevano.
E c’era tutto, progetti e proposte, tutto
scritto e in attesa che qualcuno ne intuisse la grandiosità.
Il 10
dicembre 1974, Kissinger scrive un rapporto per la Casa Bianca, un documento
dal titolo: National Security Study Memorandum – NSSM 200 – Implications of Wolrdwide
Population Growth For U.S. Security and Overseas Interests (THE KISSINGER
REPORT).
NSSM-200
THE KISSINGER REPORT.
Prima
di entrare nel merito del documento, occorre ricordare che Henry Kissinger è
uno dei principali sostenitori e mentori di Klaus Schwab ed è coinvolto, con la
CIA stessa, nella creazione iniziale del” World Economic Forum” e nello
sviluppo della sua agenda, muovendosi da consulente strategico sia per il WEF come per
il CCP e del presidente della Cina, Xi Jinping.
Probabilmente,
la prima riflessione allarmante, non appena si finisce di leggere il rapporto,
non potrà non essere la preoccupante similarità che subito notai, tra l’agenda
di controllo e riduzione della popolazione mondiale e le innumerevoli
iniziative promosse negli anni da tanti gruppi privati e non, come la Bill & Melinda Gates
Foundation, la Rockefeller Foundation, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le Nazioni Unite e molte altre
istituzioni non-governative e governative internazionali.
Secondo
spunto di riflessione è invece l’interessante somiglianza, e in alcuni casi
vera e propria sovrapposizione, di alcune delle politiche post-covid applicate
dai governi e le raccomandazioni descritte nel rapporto NSSM 200 di Kissinger.
Raccomandazioni,
quest’ultime, formalmente integrate nella politica statunitense già nel 1975
dal Presidente Gerald Ford e, in teoria, ancor oggi attive.
Qualcuno
a questo punto potrà dire che il rapporto in sé non è una prova; per usare una
perifrasi di moda in questi tempi, dire che: “non c’è nessuna correlazione”.
Partiamo
dal presupposto che una correlazione non dimostra certamente il nesso di
causalità;
né
dobbiamo e né possiamo dimostrare che le politiche di controllo/riduzione della
popolazione elaborate negli anni settanta abbiano influenzato le scelte (per
quanto assurde e scellerate in molti casi) fatte per gestire la questione
covid, come alcuni cosiddetti “teorici della cospirazione” dogmaticamente
propongono come lettura della realtà.
Il
punto chiave qui non è quello di dare verità assolute, che ad oggi non abbiamo,
ma di soffiare sul sacro fuoco del ragionamento critico e riaccenderlo;
riappropriarci, come spesso ripeto, della nostra perduta curiosità per il reale
e farci domande sul mondo che ci circonda.
Ciò
che invece posso realizzare e riconoscere è l’incredibile parallelismo, che
chiunque potrebbe e dovrebbe riconoscere, tra le analisi strategiche sulla
popolazione, presentate nel rapporto NSSM 200 – entrate effettivamente nei
piani politici americani da decenni -, e le azioni politiche intraprese dal
2020 negli USA e nella maggior parte dei Paesi occidentali.
Politiche
che coprono gli aspetti chiave dell’agenda di controllo della popolazione:
controllo delle nascite, fertilità, riduzione delle cure per i malati, lavoro,
cibo, rapporti tra persone dello stesso sesso, contraccezione, propaganda e indottrinamento e guerra.
Suggerisco
vivamente di leggere attentamente il “Rapporto Kissinger” affinché ciascuno si
possa fare una propria idea e valutare se e quanto sia profondo il legame di
causalità tra l’agenda politica integrata dal NSSM 200 e le politiche covid e
post-covid.
8
miliardi di abitanti sono troppi.
Il
Rapporto si apre così:
“A
causa del momento delle dinamiche di popolazione, riduzioni nei tassi di
natalità influenzano solo lentamente i numeri totali. […] Comunque, se i numeri
futuri saranno tenuti entro valori ragionevoli, è urgente che misure per
ridurre la fertilità siano iniziate e rese effettive negli anni ’70 e ’80“.
Qual è
la preoccupazione più grande? Su quali proiezioni si spinge l’amministrazione
americana e le Nazioni Unite stesse, a programmare un piano strategico di
azione per il controllo della popolazione?
Il
rapporto ci dice che:
“Le
Nazioni Unite stimano l’uso di una popolazione di 3.6 miliardi del 1970 come
base (ci sono quasi 4 miliardi adesso) e prospettano dai circa 6 miliardi agli
8 miliardi di persone per l’anno 2000. […] Le proiezioni medie degli USA
mostrano una popolazione mondiale di 12 miliardi nel 2075 […].
Non
sappiamo se gli sviluppi tecnologici ci permetteranno di sfamare più di 8
figuriamoci i 12 miliardi di persone nel ventunesimo secolo.
Non possiamo essere definitivamente certi che
i cambiamenti climatici nel prossimo decennio non creeranno grandi difficoltà
nello sfamare una popolazione in crescita, specialmente le persone negli LDC
[nota: Low-Developed Countries; Paesi sottosviluppati] che vivono in crescenti
condizioni marginali e più vulnerabili. Esiste almeno la possibilità che gli
sviluppi presenti puntino alle condizioni Malthusiane per molte ragioni del mondo
“.
Popolazione
mondiale.
Secondo
l’Organizzazione delle Nazioni Unite:
“Il 15 novembre 2022, la popolazione mondiale ha
raggiunto gli 8 miliardi di persone, una pietra miliare nello sviluppo umano“.
Sarà
una coincidenza che la popolazione mondiale, nel 2020, raggiunse i 7.84
miliardi di persone e pochi mesi fa la simbolica cifra dei fatidici 8 miliardi?
Il famigerato punto di non ritorno?
Le
preoccupazioni espresse nel rapporto, insieme alle raccomandazioni strategiche
per l’amministrazione americana su quali azioni politiche compiere per
affrontare il problema, entreranno nella politica del governo federale nel
1975.
In un rapporto datato 26 novembre 1975, il “National
Security Council” rilascia il: “National Security Decision Memorandum 314“, che aveva come oggetto:
“Implicazioni
della crescita della popolazione mondiale per la sicurezza degli Stati Uniti e
per gli interessi oltre confine “.
Nel
memorandum, si chiarisce che il Presidente Gerald Ford aveva visionato la
risposta delle agenzie al NSSM 200 e che l’avesse appoggiata.
“Egli crede che la leadership degli Stati
Uniti è essenziale per combattere la crescita della popolazione, per
implementare il “World Population Plan of Action” e per incrementare la
sicurezza degli Stati Uniti e gli interessi oltreconfine.
Il Presidente appoggia le raccomandazioni
normative contenute nel Sommario Esecutivo della risposta al NSSM 200…“
Tutte
queste raccomandazioni, o “policy” che gli Stati Uniti svilupperanno in futuro
sulla base del rapporto, furono essenzialmente interpretate e viste come
risposta a una minaccia reale e concreta;
l’incontrollata esplosione demografica,
soprattutto in Paesi chiave dal punto di vista strategico (militare, alimentare,
minerario energetico), fu interpretata come ostacolo e un vero pericolo
all’accumulo di ricchezza.
Il
controllo della popolazione mondiale, specificatamente applicato nei Paesi
sottosviluppati o in via di sviluppo, avrebbe facilitato gli stati ricchi, e in
particolare gli USA, nell’impedire che in un Paese povero, ma con rilevanti
risorse, si sviluppassero e che accrescessero il loro peso politico.
Tali
politiche, così come vengono fuori dalle raccomandazioni descritte nel
rapporto, furono presentate anche come mezzo fondamentale per preservare e
proteggere gli interessi americani in giro per il mondo.
I
programmi e le politiche a livello mondiale, nel campo del controllo della
popolazione, dovrebbero quindi includere due principali obiettivi:
azioni
per stabilizzare la continua crescita della popolazione a un massimo di 6
miliardi per la metà del 21° secolo, senza una massiccia denutrizione o una
totale frustrazione delle speranze di sviluppo;
azioni
per tenere il livello massimo il più vicino possibile agli 8 miliardi piuttosto
che permettergli di raggiungere i 10 miliardi, 13 miliardi, o più.
Così,
se andiamo ad analizzare l’agenda sviluppata e messa in pratica dal governo
americano per decenni, mettendo da parte tutto ciò che riguarda il covid e
quanto fatto dal 2020 di conseguenza, e ci fermiamo, focalizzando l’attenzione
sulle azioni prese, sulla base di quei due obiettivi principali, e, ancora,
focalizzando l’attenzione sugli effetti che quelle politiche hanno avuto a
livello globale, emerge che ne è risultato un più esasperato controllo della
popolazione e una riduzione della popolazione (e un controllo della crescita
della popolazione).
Questo,
detto senza trarne giudizi, senza specularne la bontà o meno. Una semplice e
oggettiva analisi del quadro generale.
Ma
qualche domanda su queste “strane coincidenze” è opportuno, anzi meglio
necessario, farle e farsele.
A cosa servirono realmente i lockdown?
Perché chiudere l’economia per così tanto tempo e in
modo così invasivo? Terminata la fase di puro terrore in cui magari questa
domanda per molti sarebbe stata difficile da porsi, oggi appare chiaro come
nulla, quelle restrizioni, avessero a che fare con la scienza, tantomeno con
una benché minima attinenza con la prevenzione/riduzione dei contagi da un
ipotetico virus influenzale.
Di
fatto il risultato ottenuto fu l’incremento esponenziale del numero di persone
a rischio denutrizione.
Salvaguardare
gli interessi degli USA prima di tutto.
Nel
rapporto si avvisano i Paesi di quanto pericoloso sia un incontrollato aumento
della popolazione e che per fermare tale andamento occorre agire prontamente e
nell’immediato, da così vederne i risultati nei successivi decenni.
“Se un
Paese vuole influenzare i propri numeri totali attraverso politiche
demografiche, deve agire nell’immediato futuro in modo da fare una sostanziale
differenza nel lungo periodo “.
Ma
quanto incide una rapida crescita demografica sullo sviluppo economico?
Soprattutto
nei Paesi poveri, che nella maggior parte dei casi hanno un ruolo strategico
per i Paesi ricchi (energetico, minerario, alimentare, petrolifero, ecc.);
questa domanda pone un problema per gli interessi degli Stati Uniti.
Moderare
la crescita della popolazione offre:
“benefici
in termini di risorse salvate per investimenti e/o consumi pro capite più
alti“.
Viene
presentato così il quadro degli effetti macroeconomici avversi più importanti,
che possono essere analizzati in tre categorie:
Il
“saving effect”;
La
“qualità dei bambini” contro “quantità dei bambini”;
L’abbassamento
del capitale contro l’allargamento dei capitali.
Il
“saving effect” consiste nel ruolo del rapporto tra economia e fertilità.
Un’economia
con alta fertilità avrà una forzata dipendenza rispetto a un’economia a bassa
fertilità, poiché una più larga parte della popolazione consiste in bambini,
troppo giovani per lavorare.
Più
bocche da sfamare, educare, curare e far crescere, diminuendo così la capacità
di sviluppo economico.
Per
quanto riguarda il confronto “quantità” Vs “qualità” dei bambini, il rapporto
suggerisce che bambini più ricchi sono meglio educati, più sani e più
produttivi, sia da piccoli sia quando cresceranno come adulti.
Oltretutto, i bambini poveri soffrono anche
di:
“Effetti
avversi biologici certi, […] come una più alta mortalità e una limitata
crescita del cervello a causa della maggiore incidenza della malnutrizione“.
Infine,
Paesi con bassa fertilità avranno più capitali per implementare città e
servizi, migliorando per indotto l’intera società.
Il problema quindi gira intorno sempre allo
stesso punto:
crescita
incontrollata della popolazione, soprattutto negli LDC, pone a rischio gli
interessi degli Stati uniti e, in secondo luogo, la stabilità stessa dei Paesi più
ricchi e sviluppati.
I
principali rischi per gli interessi globali degli Stati Uniti, provocati
dall’aumento della popolazione mondiale, come possiamo derivare dal rapporto,
sarebbero quindi:
nei
Paesi ad elevato tasso di crescita demografica:
“I
giovani, che sono in proporzioni molto superiori in molti LDC, è probabile che
siano più volubili, instabili, proni agli estremismi, all’alienazione e alla
violenza che non in una popolazione più anziana.
Questi
giovani possono essere più prontamente persuasi ad attaccare le istituzioni del
governo o la proprietà reale di “establishment”, “imperialisti”, corporazioni
multinazionali, o altre – spesso straniere – influenze incolpate per i loro
problemi”.
“Migrazioni
nei Paesi confinanti (specialmente quelli più ricchi o molto scarsamente
stabili), non importa se legali o illegali, possono provocare reazioni
politiche negative o di forza”.
Per
capire meglio quanto sia preoccupante per la politica americana l’aumento
demografico incontrollato, il rapporto elenca alcuni casi particolari (India, Equador, Paesi arabi, ecc.).
Ecco
per esempio il caso del Bangladesh:
“In un certo senso, se noi insieme agli altri
elementi più ricchi della comunità mondiale falliamo nel formulare una politica
che aiuti il Bangladesh a risvegliarsi dal suo incubo economico e demografico,
non saremo preparati nei prossimi decenni a fare i conti con le conseguenze di
problemi simili in altri Paesi che avranno molte più conseguenze politiche ed
economiche per gli interessi degli USA “.
Il rapporto
spiega poi quali siano i fattori di rilevanza globale, per i Paesi ricchi e
quelli poveri.
Effetti
sui Paesi industrializzati:
“Nelle nazioni industrializzate, la
crescita della popolazione incrementa la domanda per la produzione industriale. Questo nel tempo tende a ridurre le
risorse nazionali di materie prime e richiama sempre più su fonti di
rifornimenti esteri e dal profitto marginale. Per ottenere materie prime, le
nazioni industriali tendono a localizzare e sviluppare fonti estere di
approvvigionamento. Il potenziale per dei conflitti d’interesse tra i Paesi in
via di sviluppo è scontato ed è già iniziato “.
E
quelli sui Paesi più poveri:
“Nei
Paesi in via di sviluppo, il peso dei fattori relativi alla popolazione,
sommati ad altri, indebolirà i governi instabili, spesso efficace marginalmente
nei tempi di benessere, e aprirà la strada a regimi estremisti.
I Paesi che schiacciati sotto questi pesi
saranno più suscettibili a una radicalizzazione. La loro vulnerabilità potrebbe anche
invitare un intervento esterno da parte di nazioni più forti inclini ad
acquisire un vantaggio politico ed economico “.
Infine,
come conclusione generale, il rapporto invita il governo a muoversi velocemente
e con decisione per evitare le catastrofiche conseguenze dell’incremento
incontrollato della popolazione globale.
“Il
mondo ha un abbondante avvertimento che noi tutti dobbiamo compiere più rapidi
sforzi verso lo sviluppo sociale ed economico per evitare o mitigare queste
preoccupanti prospettive.
Dovremmo essere anche attenti al fatto che noi
tutti dobbiamo muoverci il più rapidamente possibile per stabilizzare la
crescita della popolazione nazionale e mondiale “.
La “World
Population Conference”
Nell’agosto
del 1974 – pochi mesi prima della redazione del rapporto Kissinger –
l’Organizzazione delle Nazioni Unite tiene una conferenza a Bucarest, in
Romania, la “World Population Conference”, in cui viene redatto, con il
sostanziale contributo degli Stati Uniti, il World Population Plan of Action (WPPA).
L’ONU
decide di adottare le politiche in merito alla crescita della popolazione
mondiale, raccolte in un piano di azione valido come strumento per i Paesi che
intendono affrontare questo problema;
il
tutto all’interno di un contesto internazionale, offrendo delle strategie utili
per il progresso nazionale e internazionale.
Il rapporto spiega come sia stato fondamentale
l’apporto degli Stati Uniti nella redazione della bozza del WPPA poi deliberato
dall’Assemblea Generale e, soprattutto, come siano riusciti a far inserire i
punti chiave dell’agenda sul controllo/riduzione della popolazione.
Gli
USA hanno contribuito con molti punti sostanziali alla redazione della bozza
del Piano.
Abbiamo
particolarmente enfatizzato l’incorporazione dei fattori di popolazione nei
piani nazionali dei programmi sulla popolazione dei Paesi in via di sviluppo per
assicurare la disponibilità dei significati della pianificazione familiare alle
persone in età riproduttiva, obiettivi volontari ma specifici per la riduzione
della crescita della popolazione e i perimetri di tempo per l’azione.
Il
rapporto cita quindi un breve commento analitico del Piano e della discussione
tenuta nelle diverse sedute dell’Assemblea, fino alla votazione finale che, per
acclamazione, approva la versione finale del WPPA, mantenendo sia le principali
linee progettuali che lo spirito iniziale.
Il
rapporto elenca poi i punti di maggiore interesse per gli Stati Uniti
dichiarati, in alcuni casi per la prima volta, in una delibera delle Nazioni
Unite;
punti
che, secondo Kissinger, offriranno un ottimo appiglio, una solida leva da usare
per legittimare politiche di controllo/riduzione della popolazione in giro per
il mondo.
Le
politiche sulla popolazione devono:
“essere
esercitate […] tenendo conto della solidarietà universale in modo da rafforzare
la qualità della vita delle persone del mondo “.
“Popolazione
e sviluppo sono interconnesse:
le
variabili di popolazione influenzano le variabili dello sviluppo e da esse sono
anche influenzate;
la formulazione di un “Piano di Azione sulla
Popolazione Mondiale” riflette la consapevolezza della comunità internazionale
dell’importanza dei trend di popolazione per lo sviluppo socio-economico, e la
natura socio-economica delle raccomandazioni contenute in questo “Piano di
Azione” riflette la sua consapevolezza del ruolo cruciale che lo sviluppo gioca
nell’influire sui trend di popolazione “.
“Tutte
le coppie e gli individui hanno il diritto umano base di decidere liberamente e
responsabilmente il numero e l’intervallo dei propri bambini “.
“La
responsabilità delle coppie e degli individui nell’esercizio di questo diritto
prende in considerazione i bisogni dei loro figli attuali e futuri, e le loro
responsabilità nei confronti della comunità “.
“La
crescente interdipendenza dei Paesi rende sempre più importante l’adozione di
misure a livello internazionale per la soluzione di problemi di sviluppo e
problemi di popolazione “.
Infine,
il rapporto rimanda a quelli che sono gli obiettivi principali del WPPA
deliberato dall’ONU.
L’obiettivo
primario del “Piano di Azione” è dichiarato essere quello di espandere e
radicare le capacità dei Paesi di affrontare efficacemente i loro problemi
nazionali e sub-nazionali di popolazione e di promuovere un’appropriata
risposta internazionale ai loro bisogni incrementando l’attività internazionale
nella ricerca, scambio d’informazione, e fornire assistenza su richiesta.
Sulla
base di questi presupposti, come spiegato nel rapporto, ben indirizzati dagli
Stati Uniti stessi, le Nazioni Unite sottoscrivono una serie di raccomandazioni
politiche nel WPPA.
Quelle
più rilevanti per gli interessi degli USA e utilizzabili per la progettazione
di future azioni governative con una parvenza di legittimità e consenso
internazionale, sono:
I
governi dovrebbero integrare misure e programmi di controllo della popolazione
in piani economici e sociali omnicomprensivi;
I
Paesi che considerano la crescita della loro popolazione un ostacolo al
raggiungimento dei loro obiettivi dovrebbero considerare l’adozione di
politiche di popolazione — attraverso un basso livello dei rapporti tra nascite
e decessi;
La
massima priorità dovrebbe essere data alla riduzione della mortalità e della
morbidità e incremento dell’aspettativa di vita;
I
Paesi sono esortati a incoraggiare un’educazione appropriata riguardo l’essere
genitori responsabili;
La
pianificazione familiare e i servizi relativi dovrebbero mirare alla
prevenzione di gravidanze indesiderate e anche all’eliminazione della sterilità
involontaria o sub-fecondità per fare in modo che le coppie raggiungano il loro
desiderato numero di bambini;
Personale
ausiliario adeguatamente addestrato, lavoratori sociali e canali
non-governativi dovrebbero essere usati per aiutare a garantire servizi di
pianificazione familiare;
Governi
con programmi di pianificazione familiare dovrebbero considerare di coordinarli
con servizi sanitari e altri designati per migliorare la qualità della vita;
Paesi
che volessero modificare i livelli di fertilità dovrebbero dare priorità a
programmi di sviluppo e a strategie di sanità e educazione che hanno un effetto
decisivo sui trend demografici, inclusa la fertilità;
Paesi
che considerano i loro tassi di natalità dannosi per i loro propositi nazionali
sono invitati a mettere a punto obiettivi quantitativi e implementare politiche
per raggiungerli per il 1985;
Paesi
sviluppati sono esortati a sviluppare appropriate politiche nella popolazione,
consumi e investimenti, tenendo a mente il bisogno per un fondamentale
miglioramento nell’equità internazionale.
Qual è
l’utilità del “World Population Plan of Action”?
Secondo
Kissinger, la versione definitiva, approvata dall’Assemblea generale,
rappresenta comunque un buon punto di partenza per sviluppare politiche
nazionali di controllo/riduzione della popolazione applicate su scala mondiale.
“Nonostante
la ridondanza e il tono spesso esitante, contiene tutte le necessarie
componenti per dei programmi di controllo della crescita della popolazione
efficienti a livelli nazionali e internazionali.
Manca
soltanto di dichiarazioni complete sugli obiettivi quantitativi con dei
perimetri di tempo per il loro raggiungimento.
Queste
dovranno essere aggiunte da un’azione e uno sviluppo nazionale individuale il
più rapidamente possibile nei prossimi documenti delle Nazioni Unite “.
Il
rapporto ribadisce come alcuni aspetti della società, interpretati e raccontati
sotto la giusta ottica, possono funzionare benissimo come leva per portare
tutti ad accettare politiche di controllo/riduzione della popolazione.
“La
pericolosa situazione evidenziata dall’attuale situazione alimentare e le
proiezioni per il futuro rendono essenziale il premere per la realizzazione di
questi obiettivi “.
Quali
furono i risultati ottenuti dagli Stati Uniti?
Gli
Stati Uniti, secondo il rapporto, avevano ottenuto, dalla delibera del WPPA,
diversi risultati importanti.
Gli
USA hanno rafforzato la loro credibilità nel perorare tassi di crescita della
popolazione più bassi spiegando che, sebbene non abbia una singola norma
scritta di azione sulla popolazione, aveva una legislazione, politiche del Ramo
Esecutivo e decisioni delle corti che funzionavano da politica nazionale e che
il nostro livello di fertilità nazionale era già soggetto a revisione e
sembrava prossimo ad ottenere una popolazione stabile per il 2000.
Gli
USA hanno anche proposto di unirsi con altri Paesi sviluppati in uno sforzo
collaborativo internazionale nella ricerca sulla riproduzione umana e sul
controllo della fertilità coprendo fattori macro-medici e socio-economici.
Altro
punto importante da tenere in considerazione, da parte della politica
governativa americana, è la percezione che gli altri Paesi possano avere di
queste strategie.
È
vitale che lo sforzo di sviluppare e rafforzare un accordo dalla parte di
leader di un LDC non sia visto da loro come una politica di un Paese
industrializzato per tenere giù la loro forza o per riservarsi le risorse ad
uso dei Paesi “ricchi”.
Lo
svilupparsi di una tale percezione potrebbe creare un serio contraccolpo
avverso alla causa di una stabilità della popolazione.
La via
alternativa.
Il
rapporto spiega che in molti ritengono che gli attuali programmi di assistenza
in entrambe le aree di sviluppo sociale ed economico e di popolazione saranno
in grado di risolvere il problema.
C’è
tuttavia una via alternativa di pensiero che: “è condivisa da un numero
crescente di esperti “.
La via
di cui si parla è quella delle costrizioni, degli obblighi imposti alla
popolazione per far accettare misure emergenziali che normalmente non
accetterebbe.
(Non vi ricorda per caso un linguaggio simile
usato per convincerci ad accettare le misure in risposta al covid?)
“La
conclusione di questa via è che programmi obbligatori possano essere necessari
e che dovremmo considerare queste possibilità adesso “.
Così,
il rapporto si chiede:
Gli
USA dovrebbero lanciare uno sforzo totale per una limitazione sostanziale della
popolazione mondiale con tutti i costi finanziari e di politica interna come
internazionale che ne deriverebbero?
Dovrebbero
gli USA organizzare obiettivi di produzione agricola più alti che permetterebbero
di garantire addizionali risorse alimentari sostanziali agli altri Paesi?
Dovrebbero
essere controllati a livello nazionale o internazionale?”
Su
quale base dovrebbero essere distribuite tali risorse alimentari?
Il cibo sarebbe considerato uno strumento di
potere nazionale?
Saremo
costretti a compiere delle scelte come a chi possiamo ragionevolmente
assistere, e se così, gli sforzi della popolazione dovrebbero essere un
criterio per tale assistenza?
Gli
USA sono preparati ad accettare il razionamento alimentare per aiutare quei
popoli che non possono/non vogliono controllare la crescita della loro
popolazione?
Dovrebbero
gli USA puntare a cambiare le proprie abitudini di consumo alimentare
attraverso usi più efficienti di proteine?”
(Qualche riflessione sovviene sulla
strana campagna del cibo, sul suo uso, sulla sostituzione di grano con farine
d’insetti, proteine sintetiche e sull’insolita necessità di Bill Gates di
acquisire enormi proprietà agricole negli USA, tutto nell’era covid).
“Le
misure obbligatorie di controllo della popolazione sono appropriate per gli USA
e/o per gli altri?” (A quanto pare, visto l’obbligo vaccinale anti-covid e le
leggi sul controllo dei dati in conseguenza del Patriot Act del 2001, forse il
sospetto viene.)
“Gli
USA dovrebbero avviare uno sforzo sostanziale nella ricerca per rispondere ai
crescenti problemi della riserva di acqua potabile, danni ecologici e clima
avverso?”
(Tutte tematiche che, coincidenza, ritroviamo
riaffiorate proprio con il covid, perfettamente in linea con le previsioni e
raccomandazioni del rapporto.)
Raccomandazioni
per il de popolamento.
Comunque,
molte sono le azioni che sono state intraprese per risolvere il problema e nel
rapporto vengono descritti anche altri enti, nazionali e internazionali, che
avevano dato un grosso contributo all’espansione di programmi di controllo
della popolazione (Nazioni unite, il Fondo delle Nazioni Unite per le Attività
della Popolazione – UNFPA; il Pathfinder Fund, l’International Planned
Parenthood Foundation, il Population Council).
In
quest’ottica di collaborazioni bilaterali e assistenza da parte degli USA in
Paesi ritenuti strategici per i loro interessi, per il controllo della crescita
demografica, il rapporto spinge affinché si focalizzi l’attenzione soprattutto:
“Sui Paesi in via di sviluppo con la massima e
più veloce crescita dove ci sia uno speciale interesse strategico e politico
degli USA “.
I
Paesi citati nel rapporto erano:
India,
Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Messico, Indonesia, Brasile, Filippine,
Tailandia, Egitto, Turchia, Etiopia e Colombia.
Da
notare come nel 2021, oltre cinquant’anni più tardi, gli Stati Uniti decisero
di donare milioni di dosi di vaccini a mRNA ai Paesi seguenti, tutti
specificatamente nominati nel rapporto:
Bangladesh,
Pakistan, Nigeria, Indonesia, Brasile, Filippine, Tailandia, Etiopia e
Colombia.
Secondo
il rapporto, la popolazione dovrebbe essere vista come una “variabile che
interagisce, a livelli differenti, con un ampio range di programmi di sviluppo“.
(Ciò
mi riporta subito alla mente la strana sensazione di distacco che ho sempre
notato nei discorsi, conferenze e interviste di molti dei noti nomi più
coinvolti, a partire da Bill Gates stesso, fino a giungere a singoli politici e
intellettuali.
Parlano
tutti di numeri e percentuali come se non stessero descrivendo persone ma
cifre, numeri corrispondenti a una variabile matematica astratta da inserire in
un’equazione.
Forse
così, questa la mia impressione, spersonalizzando, avrà un impatto differente sulla
mente di chi ascolta, quando si descrivono azioni per l’abbassamento di tale
“variabile”).
Il
ruolo delle donne.
Un
importante spazio è dedicato anche alle donne.
Quando si parla di fertilità e controllo delle
nascite non si può non toccare la porzione femminile della popolazione.
Il
rapporto suggerisce quanti fondi governativi gli Stati Uniti dovrebbero
destinare alle donne (intendendo l’educazione, il lavoro, lo stato sociale, la
cura dei figli) affinché si ottenga il miglior rapporto tra sviluppo della società e
riduzione della fertilità.
Per
esempio, nel caso dell’educazione femminile, […] ha determinato un declino della
fertilità o il processo di sviluppo in alcune situazioni ha portato a vedere da
parte di entrambi i genitori un minor bisogno economico per famiglie numerose e
a indugiare nel “lusso” di educare le loro figlie?
Se una
maggiore educazione femminile causa in effetti declini di fertilità, vedranno i
genitori con alta fertilità poveri un vantaggio maggiore nel mandare le loro
figlie a scuola?
Se così, quanto costa educare una ragazza al
punto per cui la sua fertilità sia ridotta (che accade circa al livello del
quarto grado)?
Quali
programmi specifici nell’educazione femminile sono i più efficaci dal punto di
vista dei costi? […]
Quali
sono, in termini quantitativi grezzi, i benefici non-di-popolazione per ogni
ulteriore dollaro investito nell’educazione femminile in una data situazione se
comparati ad alternativi investimenti non-di-popolazione?
Quali
sono i benefici per la popolazione per ogni dollaro speso nell’educazione
femminile se comparati ad altri investimenti legati alla popolazione, come per
i rifornimenti di contraccettivi o nei sistemi sanitari pediatrici e di
maternità?”
La
strategia suggerita dalle precedenti considerazioni è che il volume e il tipo
di programmi che mirano ai “determinanti della fertilità” dovrebbero essere
direttamente collegati alla nostra stima dei benefici totali (inclusi i
benefici di non-popolazione) per ogni dollaro investito in un dato programma
proposto e alla nostra fiducia nella affidabilità di quella stima.
Le
aree più promettenti per un controllo della crescita della popolazione.
Il
rapporto raccomanda di investire fondi e promuovere programmi di sviluppo,
sperimentazione e ricerca in sei macro-aree considerate “promettenti”.
Provvedere
a livelli minimi di educazione, specialmente per le donne.
Si
suggerisce di aiutare soprattutto i Paesi sottosviluppati, a garantire un
livello minimo d’istruzione scolastica, in particolare alle donne, in modo da
motivare le prossime generazioni verso un’idea di famiglia composta da due
figli.
Riduzione
della mortalità infantile e pediatrica.
Gli
USA dovrebbero incoraggiare l’interesse internazionale e l’investimento di
risorse per sviluppare sistemi di scambi per rendere disponibili sistemi
integrati sanitari e servizi di pianificazione familiare.
Espandere
le opportunità di lavoro retribuito, specialmente per le donne.
“Lo
stato e l’utilizzo delle donne nelle società LDC è particolarmente importante
nella riduzione delle dimensioni della famiglia.
Per le donne, un impiego fuori da casa offre
un’alternativa a un matrimonio precoce e a rimanere in cinta presto, e un
incentivo ad avere meno figli dopo il matrimonio.”
Sviluppo
di alternative al ruolo della sicurezza sociale garantita dai bambini verso i
genitori anziani.
Se in una famiglia ci sono persone anziane o
malate da assistere, è probabile che i genitori tendano a voler avere più figli
in modo da potersene occupare senza ricorrere a ingenti spese sanitarie o
assistenziali.
Perseguire
strategie di sviluppo che deviano la crescita delle entrate verso il povero,
specialmente lo sviluppo rurale focalizzato sulla povertà rurale.
“Più alte le entrate di una famiglia, meno
figli probabilmente avrà, eccetto che per i massimi livelli della scala delle
entrate.”
6.
Concentrarsi sull’educazione e indottrinamento della nuova generazione di
bambini riguardo il desiderio di una ridotta dimensione della famiglia.
“La
grande necessità è convincere le masse della popolazione che è per interesse
loro e della nazione avere, in media, solo tre e poi solo due figli”.
Il
rapporto raccomanda alle agenzie statunitensi:
“L’importanza
dell’educazione della prossima generazione di genitori, a partire dalle scuole
elementari, verso una famiglia ideale di due figli.”
Organizzazioni
internazionali e altri programmi multilaterali sulla popolazione.
Dagli
anni sessanta, i Paesi membri delle Nazioni Unite hanno lentamente cominciato
ad essere d’accordo nel dare all’ONU un ruolo sempre maggiore riguardo
questioni sulla popolazione.
Nel 1969, si definisce il Fondo delle Nazioni
Unite per le Attività di Popolazione (UNFPA).
Molti
dei progetti finanziati dall’UNFPA sono implementati con l’assistenza
dell’UNICEF, dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), la FAO,
l’UNESCO e l’OMS.
A questo si aggiunge il settore privato. Il
rapporto raccomanda e incoraggia, infatti, le organizzazioni private.
“La
cooperazione delle organizzazioni private e gruppi a livello nazionale,
regionale e mondiale è essenziale per il successo di una efficace strategia
sulla popolazione “.
Il
rapporto suggerisce che gli Stati Uniti:
“Dovrebbero continuare a garantire supporto a
quelle organizzazioni internazionali e Statunitensi il cui lavoro contribuisce
alla riduzione della rapida crescita della popolazione “.
“Oltre a creare un clima di declino della
fertilità,” suggerisce il rapporto:
“è essenziale provvedere a tecniche sicure ed
efficaci per il controllo della fertilità“.
Ciò
significa: “Aumentare l’efficacia dei metodi già esistenti di controllo della
fertilità e svilupparne di nuovi “.
Sterilizzazione
e riduzione della fertilità.
“Cercare
di migliorare la tecnologia di controllo della fertilità “.
Il
rapporto suggerisce come sia fondamentale raggiungere i Paesi più poveri con
metodi efficaci e poco costosi e che non richiedano un dispiego di personale
tecnico specializzato.
Come ci viene chiaramente spiegato:
“Nessuno
degli attuali metodi disponibili di controllo della fertilità è completamente
efficace e privo di reazioni avverse e di caratteristiche questionabili.
Il
contraccettivo ideale, perfetto in tutti questi aspetti, potrebbe non essere
mai realizzato “.
Intanto,
il rapporto raccomanda di aumentare gli sforzi di sperimentazione e test sul
campo di tecnologie già esistenti e lo sviluppo di nuove.
I
contraccettivi orali sono diventati popolari e largamente usati; tuttavia le
combinazioni e dosi ottimali di ormoni steroidei per le popolazioni LDC
necessitano di ulteriori definizioni.
Dovrebbero
essere testati sistemi intra-uterini di differenti taglie, forma e bio-attività
per determinarne i livelli di efficacia, sicurezza e accettabilità.
Metodi
avanzati di previsione dell’ovulazione saranno importanti per quelle coppie che
desiderino praticare attività sessuale con maggiore certezza di efficacia di
quanto non ne abbiano adesso.
La
sterilizzazione di maschi e femmine ha ricevuto un consenso diffuso in molte
aree dove una procedura semplice, veloce e sicura sia già disponibile.
La
sterilizzazione femminile è stata migliorata da avanzamenti tecnici con i
laparoscopi, culdoscopie e enormemente semplificate le tecniche di chirurgia
addominale.
Ulteriori miglioramenti dall’uso di clip delle
tube, approcci trans-cervice, e tecniche più semplici possono essere
sviluppate.
Per
gli uomini numerose tecniche attuali sono promettenti ma richiedono maggiore
valutazione e perfezionamento.”
Contraccettivi
iniettabili per le donne che sono efficaci per tre mesi o più e sono
somministrati da paramedici senza dubbio subiranno un significativo sviluppo.
Approcci
leptolitici e anti-progesterone per il controllo della fertilità incluso l’uso
di prostaglandine sono teoricamente attraenti ma rimane da fare un
considerevole lavoro.
Metodi
non clinici.
È
necessaria ulteriore ricerca su metodi non clinici inclusi schiume, creme, e
preservativi.
Il
rapporto raccomanda di investire molto sulla ricerca scientifica sul controllo
della popolazione.
In
particolare, viene suggerito di puntare su sostanze iniettabili che mitighino o
blocchino la fertilità.
“Ricerca
di base deve essere fatta ma ci sono ragioni per ritenere che lo sviluppo di un
contraccettivo iniettabile per uomini sia fattibile.
Un
altro metodo che dovrebbe essere sviluppato è un’iniezione che assicuri alla
donna dei cicli mestruali regolari “.
Riguardo
all’aborto, nonostante si riconosca l’opposizione della Corte Suprema in
materia, il rapporto dice chiaramente:
“Nessun Paese ha ridotto la crescita della sua
popolazione senza ricorrere all’aborto “.
Oltretutto,
le strade che gli Stati Uniti dovrebbero seguire riguardo l’aborto nei Paesi
sottosviluppati sono diverse:
“Procurare
o distribuire gli strumenti necessari con il proposito di indurre l’aborto come
metodo di pianificazione familiare “;
“Supportare
direttamente le attività di aborto negli LDC “;
“Programmi
di comunicazione, informazione, educazione o training che promuovono l’aborto
come metodo di pianificazione familiare “;
“Pagare
le donne negli LDC ad abortire come metodo di pianificazione familiare o pagare
persone per eseguire aborti o per sollecitare persone a sottoporsi all’aborto “.
Non
poteva mancare certo la propaganda, e l’uso dei mezzi di comunicazione di
massa.
Nel
rapporto si fa preciso riferimento all’uso:
“dei mass-media per la disseminazione dei
servizi e informazione di pianificazione familiare.
Il potenziale dell’educazione e i suoi vari
mezzi è primariamente una funzione delle (a) popolazioni bersaglio dove
condizioni socio-economiche permettano a persone ragionevoli di cambiare il
loro comportamento tramite la ricezione di informazioni sulla pianificazione
familiare e (b) di adeguare lo sviluppo del contesto motivazionale sostanziale
del messaggio “.
“Il
progresso nella tecnologia per le comunicazioni dei mass-media ha portato a
considerare che una prioritaria necessità possa soggiacere nell’uso di questa
tecnologia, soprattutto con le vaste popolazioni rurali prive di cultura “.
Il
rapporto ci rassicura che oltre ai mezzi di comunicazione più “datati”, come
radio, poster, materiale stampato e contatti personali, un enorme ruolo è
giocato dalla televisione.
“C’è
un grande potenziale per l’uso dei mass-media, particolarmente nelle fasi
iniziali nel rendere le persone consapevoli dei benefici della pianificazione
familiare e dei servizi disponibili “.
Il
rapporto suggerisce che: “La migliore scommessa nella strategia dei media è
incoraggiare l’uso intensivo dei media già disponibili, o disponibili a un
costo relativamente basso “.
Qualche
lezione dalla storia.
Da ciò
che abbiamo letto e analizzato, quello che possiamo affermare è che esistono
politiche di controllo/riduzione della popolazione mondiale, politiche discusse
ed entrate della politica governativa degli USA.
Politiche
e concetti che sono stati affrontati da decenni, da stati, organizzazioni
nazionali e internazionali, governative e non governative.
Politiche
che gli Stati Uniti applicano, non possiamo certo dire con precisione quanto,
da mezzo secolo.
Lungo la
storia recente, ci stiamo così rendendo conto che il potere soffia da sempre
sui venti di guerra; guerra ai popoli, alle idee e ai più giovani.
Sono
sempre loro alla fine il bersaglio, perché più resistenti alla conformità e
poco inclini alla condiscendenza.
La
fascia più giovane della popolazione è da sempre poco incline alla “resilienza”.
La
storia ci ha insegnato che, seppur nel breve periodo che è stato quello
dell’era covid, chiunque si opponesse o semplicemente sollevasse dubbi o
domande sulla narrazione dominante, diventa un nemico dello Stato.
È
sempre la conformità fondamento del potere totalitario, – come già due anni fa
esprimevo nel saggio Reset:
L’Ultima
Grande Pandemia.
E la
conformazione alla narrazione del potere dominante è sempre imposta con la
forza, mentre si premia sempre chi spontaneamente si conforma.
Basti
ricordare la propaganda della vaccinazione di massa:
se ti vaccini sei un “bravo bambino” e salvi l’umanità;
non ti
vaccini e allora diventi un nemico dello Stato, e sarai escluso dalla società.
Di scientifico non c’era nulla, ovviamente. Solo costringere la massa alla
conformità.
La stessa storia che ci racconta la necessità di de popolare
il pianeta e per farlo, tutti devono fare la propria parte.
Chi
non si piega è un nemico dello Stato. Semplice.
E
allora arriviamo al fatidico punto di non ritorno, alla congiuntura nefasta per
avverarsi delle condizioni Malthusiane, agli 8 miliardi di abitanti su questo
pianeta.
Cosa
abbiamo imparato dalla storia, lungo tutti questi decenni, fino al 2022?
Il
libero arbitrio è nemico dello Stato;
Il
pensiero critico, fuori dal controllo e indottrinamento è nemico dello Stato;
Lo
spirito umano, la sua tendenza all’infinito divino che è in ciascuno di noi è
nemico dello Stato;
La
non-conformità, l’anarchia del pensare privi di conforme dottrina è nemica
dello Stato;
La
stessa natura umana in quanto tale è diventata nemica dello Stato;
L’essere
umano non ha nulla di divino, assoluto o unico, è un ostacolo alla natura, una
variabile come altre e come tale non può avere diritti inalienabili e sarà
sostituito da macchine e ingranaggi.
In
considerazione delle loro politiche, della loro agenda, pratiche che tutt’ora
usano e che partono da molto lontano, ciò che posso vedere è un piano di controllo
e riduzione della popolazione mondiale.
Come
portarlo avanti?
Sterilizzazione
mirata, maschile e femminile;
Guerre,
rivolte e sommosse nei Paesi sottosviluppati d’interesse strategico;
Riduzione
delle cure pubbliche e gratuite, sostituzione dei medici con sistemi
informatici da remoto e totale controllo da parte delle case farmaceutiche su
organi di regolazione dei farmaci, senza dimenticare il divieto di curare
pazienti se non si eseguono alla lettera i protocolli dello Stato.Diffusione
delle malattie sessualmente trasmissibili e di prodotti farmacologici (come i
vaccini covid a mRNA) che possano alterare o danneggiare l’apparato
riproduttivo o la fertilità;
Manipolazione
del clima e dell’ecologia del paesaggio urbano e rurale;
Spingere
i Paesi più poveri a praticare l’aborto;
La
diffusione di OGM e la creazione di ogni sorta di organismi animali, insetti e
vegetali, geneticamente modificati e alterati.
L’impatto
sulla produzione di alimenti, di natura soprattutto vegetale, e proprio nei
Paesi poveri ne è esempio drammaticamente reale e concreto;
Indottrinamento
tramite uso militarizzato dei mass-media;
Il
de-umanesimo.
Già,
perché se con il transumanesimo controllo e riduzione della popolazione saranno
obsoleti, poiché i governanti totalitari di quel futuro distopico avranno
potere diretto e letterale su mente e corpo, questo non sarà che un passaggio,
per riuscire infine a togliere l’umanità stessa dall’uomo, deumanizzare la
nostra specie e giungere infine alla realizzazione del loro sogno distopico.
Ma
questa, per fortuna, è solo un’altra folle visione di un altro folle
visionario.
(Alessio
Fortunati)
(Dott.
Alessio Fortunati, PhD. Dottore in Scienze Biologiche, Biologo Molecolare,
Saggista e libero pensatore, autore del saggio Reset: L’Ultima Grande Pandemia,
ed. Albatros, 2022)
(il
Memorandum 314 :
static1.squarespace.com/static/61910a2d98732d54b73ef8fc/t/64bfe4b98dabae7cf6d3dc64/1690297530817/nsdm314.pd)
Commenti
Posta un commento