L’individuo in un mare di guai.

 

L’individuo in un mare di guai.

 

 

La catena psicologica.

Conoscenzealconfine.it – (9 Agosto 2023) - Luca Nali – ci dice:

 

Il Sistema prima di perpetrare un condizionamento crea il personaggio su cui infierire, e lo fa con una tecnica particolarmente subdola ma allo stesso tempo anche particolarmente facile da vedere.

Viviamo una nostra esperienza totalmente finalizzata alla creazione di emozioni che fin tanto sono di nostro dominio sono funzionali.

Ma non possiamo mai sottovalutare che di queste emozioni qualcuno si nutre e che di fatto dovremo sempre impedirne il controllo o cederlo ad altri per una nostra negligenza o superficialità.

La nostra sottomissione inizia dal definirci in un ruolo che noi assecondiamo e addirittura alimentiamo con orgoglio e identificazione.

Faccio un esempio:

 quando qualcuno ci ha definito “proletari”, in definitiva si è creato l’orgoglio operaio e di conseguenza quello proletario che in ultima analisi è la definizione della bestia, con tutto il rispetto per gli animali ovviamente.

L’animale per sua definizione vive in funzione dei suoi istinti e tra le gioie c’è quella di prolificare.

 Ma se questa condizione viene attribuita ad un essere umano direi che si possa tranquillamente affermare che si tratta di una forzatura intesa e indotta ad abbassare il livello delle nostre facoltà e dignità.

Esiste un sistema che sembra essere orchestrato, e di fatto lo è, che prima di perpetrare un condizionamento crea il personaggio su cui infierire, e lo fa con una tecnica particolarmente subdola ma allo stesso tempo anche particolarmente facile da vedere.

La tecnica è la seguente: noi ci determiniamo per effetto di una reazione ad una provocazione.

 Mi aiuterò con degli esempi:

se vengono proposte delle cure preventive o diagnosi preventive e io vi partecipo, automaticamente nella mia personalità entra anche un po’ di “malattia” e di conseguenza diverrò malato.

 Solo come condizione, per il momento, ma di fatto la mia energia e attitudine sarà quella.

Oppure, se parlo del clima e del suo stravolgimento per effetto del “nostro” inquinamento, naturalmente mi sentirò un po’ sbagliato e di conseguenza accetterò una progressione di moniti e divieti anche se privi di senso.

Non dico che sia sempre così per chiunque, ma per molte persone funziona proprio in questa maniera.

Non dobbiamo mai dimenticare che quando veniamo a conoscenza delle loro nefandezze, noi assurgiamo alla condizione di pusillanimi, perché di fatto non possiamo impedirlo.

 Entriamo a far parte del loro mondo dove alla fine però loro sono sempre egemonici nei nostri riguardi.

Nel preciso momento in cui pensiamo di essere informati, simultaneamente creiamo uno sgomento tutto nostro a cui di fatto non c’è rimedio se non per l’illusione di porvi rimedio facendo cose totalmente prive di senso come manifestare o indignarsi.

Mi auguro che sia chiaro il motivo per cui se noi veniamo a conoscenza di ciò che fanno, questo non procura alcun vantaggio nelle nostre vite, anzi alimentiamo il loro potere e automaticamente verremo relegati al rango di schiavi.

Le contromisure riusciremo a trovarle solo se giocheremo al gioco della vita secondo le nostre regole non nel tentativo di aggirare le loro condizioni.

Pensate al motivo per cui il loro impiego di strumenti e mezzi per informarci per mano di TG e “falsa contro informazione” sia così curato e massiccio.

 Prendetevi tutto il tempo che volete, non rispondete di getto…

(Luca Nali)

(t.me/INZAIONLELIVE)

 

 

 

 

Mac Gregor: Gli Stati Uniti Stanno

Cercando una Via d’Uscita,

Incolpando l’Ucraina per la Sconfitta.

 

Conoscenzealconfine.it – (8 Agosto 2023) – Douglas Mac Gregor – Regnum.ru – ci dice:

Il governo americano sta cercando modi per riprendersi dal suo fallimento incolpando l’Ucraina di tutto.

Questa conclusione è stata raggiunta in un’intervista sul canale “YouTube”, “Douglas Mac gregor Straight Calls”, da l’ex consigliere del capo del Pentagono, il colonnello “Douglas MacGregor”.

 (Washington, 6 agosto 2023 – IA Regnum).

Gli ufficiali dell’amministrazione statunitense stanno cercando privatamente un modo per dissociarsi in qualche modo, dicendo:

“beh, guarda, abbiamo fatto tutto il possibile, abbiamo dato tutto a questi ucraini, ma non hanno potuto fare nulla, quindi ora è loro il problema” – hanno detto.

Secondo McGregor, questo indica un cambiamento nelle menti degli americani, anche se la Casa Bianca è riluttante ad ammettere che l’Ucraina è diventata un disastro per gli Stati Uniti.

L’esperto ha aggiunto che Washington ha commesso un errore sottovalutando la Russia e sacrificando l’intera nazione ucraina.

Ora gli Stati Uniti stanno cercando di elaborare diversi modi per uscire dalla loro situazione attuale.

Una di queste direzioni per coprire il disastro sarà incolpare gli ucraini di tutto e scappare, ha concluso Mac Gregor.

Come riportato da” IA ​​Regnum”, in precedenza negli Stati Uniti hanno riconosciuto il fallimento su larga scala della controffensiva delle forze armate ucraine, che non ha fatto nulla per il regime di Kiev.

Secondo l’ex consigliere del capo del Pentagono, il colonnello in pensione dell’esercito americano Douglas Mac Gregor, la NATO ha costretto gli ucraini a combattere in condizioni simili alla seconda guerra mondiale, cosa che ha portato a un numero così elevato di perdite.

Dall’inizio del conflitto, le Forze Armate dell’Ucraina hanno perso 400mila persone, ma l’Alleanza Nord Atlantica” continua a spingere Kiev verso un’offensiva suicida.

Mikhail Podolyak, consigliere del capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina, ha affermato che le forze armate ucraine stanno vivendo una significativa carenza di armi.

A Kiev sono attesi altri razzi occidentali e munizioni di grosso calibro e c’è carenza di attrezzature per lo sminamento.

Le autorità vogliono un forte aumento della capacità dell’Ucraina di riparare rapidamente i veicoli blindati.

(Regnum.ru)

(Traduzione: Sergei Leonov)

(controinformazione.info/mcgregor-gli-stati-uniti-stanno-cercando-una-via-duscita-incolpando-lucraina-per-la-sconfitta/)

 

 

 

 

IL TOTALITARISMO È IN METASTASI.

 

Comedonchisciotte.org – Paul Craig Roberts - Redazione CDC – (09 Agosto 2023) – ci dice: 

 

Gli Stati Uniti stanno rapidamente diventando una società totalitaria oppressiva.

 Il totalitarismo che sta travolgendo l’America non si basa sull’imposizione del governo come nel romanzo 1984 di George Orwell.

È imposto dalle principali istituzioni della società, come l’American Board of Internal Medicine, la Chase Bank, le università, i media, il Partito Democratico, i consigli scolastici, le aziende.

Gli americani si trovano di fronte alla dura realtà che le principali istituzioni della loro società non credono più nella Costituzione degli Stati Uniti e nelle libertà civili che essa protegge, come il pensiero indipendente, la libertà di parola e lo stato di diritto.

 Oggi in America la legge è un’arma con cui colpire chi non sostiene le narrazioni ufficiali.

 La perversione viene normalizzata.

 La maggioranza bianca americana viene demonizzata, derattizzata e criminalizzata.

Le dottrine del “razzismo preventivo” e della “teoria critica della razza” dichiarano che tutti i bianchi sono razzisti, il che costituisce un reato di fatto, se non ancora di diritto.

In altre parole, la tendenza totalitaria del governo si è diffusa in tutta la società.

La popolazione bianca non si rende conto che questo è accaduto e che è diretto a loro.

Nessuno è al sicuro.

Nemmeno il Presidente Trump.

Nemmeno i più illustri scienziati e medici.

 E certamente non i giornalisti che dicono la verità come Julian Assange.

Se Assange verrà condannato, la sua condanna creerà il precedente legale secondo cui dire la verità è un reato penale.

La costruzione della nostra prigione sarà completa.

(Paul Craig Roberts)

 

 

 

L’EUROPA È FINITA!

Comedonchisciotte.org - Megas Alexandros - Fabio Bonciani – (09 Agosto 2023) – ci dice: 

 

Il momento storico è certamente di quelli da definirsi epocali, se il futuro nuovo che ci aspetta sarà migliore o peggiore, questo solo Dio lo sa.

E molto dipenderà dalla quantità di umanità presente nei cromosomi di quelli che saranno i nuovi poteri che sono in procinto di conquistarsi il diritto di condurre il nuovo mondo che sta per nascere e le vite di coloro che lo popolano.

Una cosa però è certa e parafrasando con parole forti, ma certamente non fuori luogo, la famosa frase che “Tommaso Buscetta” sbatté in faccia a “Totò Riina”, durante il loro, ormai famoso confronto nel “Maxiprocesso alla Mafia”:

L’Europa è finita!

Buscetta aveva ragione, quando gridò a Riina che la Mafia, così come lo era nei loro ideali, era finita.

Gli anni avvenire ci hanno dimostrato come il potere mafioso, da sempre fulcro del sistema di potere che giace nel nostro paese, abbia abdicato nei confronti di quel potere piduista di stampo massonico, per assumerne in modo subalterno il ruolo di “braccio armato”.

Gli ideali, seppur malsani, ma attenti all’onore ed al territorio dei mafiosi di un tempo, hanno lasciato il posto alla selvaggia diabolicità dei massoni deviati odierni, che non guarda in faccia a niente ed a nessuno, eccetto che all’accumulo infinito della ricchezza personale ed al controllo totale della vita altrui.

Sono i poteri che impossessatosi delle nostre istituzioni, un tempo democratiche, trasformando il nostro paese in una vera e propria oligarchia a tinta perfettamente massonica, ci hanno prima condotto ed oggi ci tengono ben stretti dentro la gabbia dell’Euro.

L’Euro, una moneta coloniale da sempre pensata ed esclusivamente funzionale a quello che è il vero obiettivo per cui è stata realizzata:

saccheggiare nazioni e popoli.

Il cinque per cento di quei poteri europei che per trenta anni hanno creduto di poter vivere all’infinito di magheggi finanziari, comodamente seduti sui divani delle loro suite – certi che per mangiare sarebbe stato sufficiente spolpare all’infinito il restante novantacinque per cento di chi abita e lavora nel continente – oggi si ritrovano con una Europa che non produce più niente e drammaticamente non autosufficiente in quanto ad energia e prodotti di base provenienti dalla terra, per mancanza di spazi nella coltivazione.

L’Europa che per ben oltre duemila anni è stata indiscutibilmente il centro del mondo, da dove sono partiti eserciti per conquistare le ricchezze di nazioni e continenti interi, contribuendo sempre più spesso anche a trasferire in quei luoghi le idee più malsane che caratterizzano questi poteri, oggi è al capolinea! I suoi poteri sono al capolinea!

Sorrido, di fronte alla classica frase, da sempre sulla bocca della maggioranza, che indicano gli Stati Uniti, come il burattinaio che tira i fili dell’Europa.

Dimenticare la storia è forse statisticamente parlando, l’errore più volte commesso dagli uomini di buona volontà!

Sono stati gli europei a colonizzare le Americhe ed importare alla Casa Bianca, fin da dentro le stive delle caravelle di Cristoforo Colombo, quella cultura massonica tipica europea, laddove fino ad allora comandavano gli indiani con i loro riti e le loro tribù.

Il deep state americano così come si è evoluto negli ultimi centocinquanta anni, raggiungendo i suoi massimi livelli di disumanità con i global-dem al governo, è certamente frutto dell’influenza e di un progetto di potere nato in Europa.

 Con uomini europei appartenenti ben piazzati nel fulcro del potere a Washington.

Sarebbe sufficiente uno studio attento dell’albero genealogico di ogni figura che ha ricoperto la carica di presidente degli Stati Uniti negli ultimi centocinquanta anni, per comprendere come ognuna di esse sia originata ed appartenente ai poteri europei.

Una su tutte, quella dell’indimenticabile presidente ucciso a Dallas, John Fitzgerald Kennedy – figlio di Patrick Joseph Kennedy, un massone di origini irlandesi.

Uomo pronto a tutto e di più per assecondare la sua sete di potere e le volontà dei poteri a cui aveva giurato diabolica devozione con il sangue.

Ammiratore di Hitler e con moderati sentimenti antisemiti, pensate, arrivò persino a sottoporre la figlia Rosemary ad un intervento di lobotomia, perché considerata troppo intraprendente coi ragazzi.

Un intervento, che Joseph tenne nascosto al resto della famiglia e ridusse la ragazza allo stato vegetativo in cui è sopravvissuta fino all’età di 86 anni.

Nonostante tutti i depistaggi e la verità tutt’ora ben nascosta, oggi il mondo intero è ben cosciente del motivo per cui John Kennedy fu ucciso.

Nessuno esce in piedi dal rinnegare il patto massonico, e la pistola fumante la ritroviamo nell’ultimo discorso che Kennedy fece alla nazione poco prima di venir ucciso.

 Un discorso dove il presidente chiedeva aiuto al popolo americano per mettere alla sbarra tutte le società segrete che di fatto guidavano dal profondo il paese.

Dunque, non prendiamoci in giro:

 il potere diabolico che oggi sta distruggendo le nostre vite e nei decenni passati ha distrutto quelle di molti popoli in giro per il mondo, a partire da quelli africani, nasce in Europa.

Semmai potremmo discutere dove, all’interno del continente, questi abbia la sede principale, ma nessun dubbio dobbiamo avere sulla sua origine genealogica.

Certo, Roma in quanto capitale dell’Italia, per la sua storia millenaria e soprattutto per essere stata scelta come la sede mondiale della religione cristiana, non può certo giocare un ruolo secondario all’interno di quelle famiglie che detengono il potere nel tempo.

I segnali che, dopo millenni, un nuovo potere pare essere pronto a stringere il cappio al collo all’Europa ed a queste famiglie, oggi sono abbastanza evidenti.

L’immobilità dei militari americani di fronte alla de-dollarizzazione in corso è un indubbio segnale.

 Mai, fino ad oggi, i governi degli Stati Uniti erano stati fermi di fronte a chi minacciava la santità del dollaro, Saddam Hussein e Gheddafi ne sanno qualcosa.

Le selvagge manovre sui tassi, intraprese dopo decenni di necessaria calma piatta per sostenere una moneta senza Stato (l’Euro), e l’apparente disallineamento della Fed nel sostenere da sempre una parità artificiale tra dollaro ed euro, sono un altro evidente segnale che molto probabilmente a Washington non siedono più gli stessi poteri.

Se a questo aggiungiamo le massicce politiche fiscali espansive che i governi Usa da Trump in poi stanno mettendo in atto, per riposizionare il loro sistema economico verso l’economia reale a discapito di quella finanziaria in contrapposizione alle politiche austere tutt’ora in essere in Europa, pare ancora più chiaro che oltreoceano le cose stiano cambiando.

Gli USA negli ultimi due, forse tre anni, di fronte ad eventi storici, stanno giocando un ruolo ambiguo, che però di fatto collima con quelle che invece sono le mosse chiare ed esplicite delle due altre potenze mondiali rappresentate da Cina e Russia.

Gli Sati Uniti ed il loro presidente fantoccio Biden, apparentemente al fianco della UE nel conflitto in Ucraina, all’interno del Patto Atlantico rappresentato da una NATO sempre più in declino sul fronte internazionale, di fatto ha sempre usato la tattica dell’armiamoci e partite, facendo mettere la faccia a Draghi e co. e rimetterci le penne ai popoli europei, che sono oggi i soggetti maggiormente colpiti dalle sanzioni messe in atto contro la Russia.

E mentre tutti gli analisti stanno correndo ai ripari per correggere al rialzo le loro nefaste previsioni di crescita nei confronti di Mosca, l’Eurozona, al contrario è entrata in quella che viene definita una recessione tecnica, stante il fatto che il prodotto interno lordo complessivo, ha fatto segnare una variazione congiunturale negativa per due trimestri consecutivi.

Nei giorni scorsi anche il Fondo monetario internazionale ha dovuto alzare bandiera bianca di fronte all’evidenza, rivedendo le sue previsioni sulla crescita della Russia più che raddoppiandole da + 0,7% a + 1,5%.

“La disoccupazione del paese è vicina al minimo storico e quest’anno i salari reali sono cresciuti costantemente, mentre le fabbriche statali e le aziende private competono per la manodopera scarsa”, si legge in un’analisi del quotidiano statunitense New York Times.

E non come d’incanto ma perché, come sostengo da sempre, una forte spinta alla crescita dell’economia russa, è stata data dalla imponente spesa statale, aumentata del 50%, per sostenere la guerra.

L’inatteso boom per molti, ma non per chi vi scrive, ha costretto anche la banca centrale russa guidata da “Elvira Nabiullina”, sinora particolarmente prudente nelle sue previsioni, a rivedere in modo deciso le previsioni sul Pil per il 2023, atteso in crescita fino al 2,5%.

Stesso discorso vale anche per gli USA con un Pil che nel primo trimestre del 2023 cresce del 2% ed un tasso di disoccupazione in forte calo.

Anche in questo caso, hanno contribuito in modo determinante i massicci deficit governativi che hanno raggiunto persino il 9% del Pil.

Per non parlare del colosso cinese, dove la crescita del Pil per gli stessi periodi, va ben oltre il 6%, pur in presenza di un taglio significativo (4,9%) delle esportazioni. Tutto perfettamente in linea con la nuova politica messa in atto ormai da tempo dal presidente cinese Xi Jinping che vede il governo concentrare i propri sforzi fiscali sulla domanda interna.

Come vedete, nel resto del mondo di fame non si muore e nemmeno si passano le notti insonni per rincorrere le rateizzazioni per mutui e bollette.

 E se a questo aggiungiamo che anche nelle terre coloniali africane – dove i poteri europei da sempre hanno spadroneggiato, ed oggi si mangia, grazie agli accordi sul grano di Putin – sono in atto vere e proprie rivoluzioni per cacciare i coloni, con l’esercito USA fermo a guardare, beh….. credo proprio che per l’Europa e chi la comanda le ore siano pressoché contate.

(Megas Alexandros – Fabio Bonciani)

 

 

 

 

L’ITALIA NON ESISTE, MA

GLI ITALIANI CI SONO DA SEMPRE.

 Comedonchisciotte.org - Jacopo Brogi – (07 Agosto 2023) – ci dice:                        

 

Animali sociali strani, questi italiani. Così diversi ma così uguali.

Sul 1861 possiamo dire tanto e anche di più:

l’Unità la volevano più o meno tutti, tranne il popolo.

E allora, secondo qualcuno molto importante, bisognava “farli” questi italiani, dopo aver ingegnerizzato e assemblato “l’Italia”.

Eppure esiste da millenni:

uno stivale ficcato lì, nel mezzo al Mare nostrum, quel Mediterraneo culla della civiltà e forse del mondo, per come lo conosciamo noi.

Lo storico e saggista Loreto Giovannone parla dell’Unità come “Primo Grande Reset”:

la guerra di annessione sabauda per conto terzi, il Regno dei Borbone annientato e saccheggiato, il ricco Meridione condannato al sottosviluppo e alla sopravvivenza; a serbatoio di manovalanza e intelletto a basso costo, per arricchire un nord che oggi è colonia industriale della Germania euroatlantica.

Animali sociali strani, questi italiani.

Che per secoli hanno insegnato al mondo cos’è la Cultura, anche quella del comando.

 Divide et impera e Panem et Circenses.

 Da Roma antica a Londra, fino alla Washington contemporanea, il passo è enorme, ma anche breve.

Se la Grecia ci ha insegnato a Pensare, l’Italia ci ha insegnato a subire il Potere.

E purtroppo è così.

 Costretti in una prigione dorata fatta a stivale, dove c’è tutto il ben di dio del mondo, arenato nella Storia:

pesa troppo, talmente tanto da cristallizzare sempre ciò che è, negando perennemente spazio a ciò che invece, potrebbe essere.

Se Roma era Caput Mundi, oggi non è detto sia diverso.

 Anche se noi non ce ne accorgiamo. Siamo sconfitti, occupati, colonizzati, depressi – al solito – e convinti a non muovere paglia che dio (o il Principe di turno) non voglia.

Chissà com’è vivere in una nazione che può bacchettare una multinazionale, esercitare politiche autonome e indipendenti per il proprio popolo.

 Magari non esiste da nessuna parte, forse non c’è mai stato, un Paese così.

Chi è di qui, non può saperlo, perché non l’ha mai vissuto. Ed è impossibile. Anche solo pensarlo.

Quale indipendenza? E da chi?

Il Paese più bello, gestito dai peggiori. Agli ordini, occupato e colonizzato non dai forti, ma dai più prepotenti.

Animali sociali strani, questi italiani.

 Così diversi, così omologati; così individualisti ma pacifisti; Passivi, ma creativi. Indolenti, ma appassionati; tanto istrionici, quanto ipocriti. Adattivi.

I più ingegnosi del mondo tanto da farsi inventare un’Italia altrui, che non è mai esistita.

Ma gli italiani ci sono da sempre.

(Jacopo Brogi)

(sovranitapopolare.org/2023/07/26/litalia-non-esiste-ma-gli-italiani-ci-sono-da-sempre/)

(Questi sbarbatelli degli americani ora ci vengono a dire che l’Italia deve diventare solo una colonia adibita ad ospitare gli africani. Purtroppo per loro, hanno sbagliato il recapito! N.D.R.)

 

 

 

Per la sua sicurezza e sopravvivenza,

la Cina deve capire

il sionismo Rothschild.

Unz.com - RICHARD SOLOMON – (11 OTTOBRE 2022) ci dice:

Oswald Spengler aveva ragione?

 Ci stiamo avvicinando alla fine della civiltà occidentale o almeno a quell'Occidente che conoscevamo?

Forse il presidente russo Putin ne conserverà un pezzo, come i monaci irlandesi che trascrissero e nascosero le opere di Aristotele e Platone durante le invasioni vichinghe.

Escludendo un'apocalisse di Mad Max, sembra che la Cina sia pronta a svolgere il ruolo di influencer globale.

Se accettiamo questa premessa, allora che tipo di Cina?

Il piano sionista Rothschild sembra implicare il succhiare l'ultima goccia di sangue dal cadavere letale ambulante dell'Impero degli Stati Uniti e, dopo il totale disseccamento, passare a un nuovo ospite. Cina.

Immaginate il sistema bancario internazionale e il sionismo Rothschild al timone delle fantastiche rotte militari cinesi, del commercio globale, dell'innovazione scientifica e della capacità manifatturiera.

 Un paesaggio infernale di “Hieronymous Bosch”, sia per la Cina che per il pianeta.

Ma non saltare ancora.

Un'inattaccabile montagna di granito si frappone tra l'insaziabile gigantesca idra della finanza globale e il dominio totale del mondo.

Quella montagna è la Cina, con il presidente Xi in piedi al suo vertice. Con la sua vasta potenza, la più grande minaccia della Cina non viene dall'Impero degli Stati Uniti e dagli eserciti vassalli che si ammassano fuori dalle sue porte, ma internamente dai traditori delle cellule dormienti controllate dai sionisti Rothschild che aspettano pazientemente il momento opportuno per colpire.

 

Per garantire la sua sopravvivenza culturale ed esistenziale, la Cina deve scandagliare il sionismo Rothschild come il boscaiolo nel suo sacco a pelo scandaglia la vipera arrotolata intorno alla caviglia.

 La mossa sbagliata significa addio.

Ai fini di questo articolo, definisco il sionismo Rothschild nella sua attuale incarnazione, come la fusione di Wall Street (famiglie mafiose ebraiche globali delle banche) e della lobby israeliana, insieme alle loro organizzazioni affiliate, agenzie, think tank, reti di spionaggio, società e agenti.

Non includo in alcun modo ebrei retti, piccoli ebrei innocenti o bellissimi ebrei creativi in questo.

 Amo quegli ebrei. Ai fini della piena divulgazione, mi identifico come ebreo ebraico israelita, ebreo o K!ke (per compassione per le vittime arrabbiate del PTSD indotto dai Rothschild).

Molti nella destra reazionaria usano il termine generico "ebrei" quando si riferiscono al sionismo Rothschild (o all'ebraismo internazionale).

Non sono d'accordo con questa pratica, poiché credo che porti al razzismo irrazionale (l'opposto di proteggere e o celebrare il proprio popolo, la cultura della razza).

Attraverso l'amara esperienza, la Cina comprende le conseguenze dannose del razzismo irrazionale.

Se visti attraverso la lente clinica oggettiva, tutti i passati tentativi "occidentali" di affrontare la questione sionista Rothschild fallirono miseramente.

"Lo Zen e l'arte del giardinaggio" richiede una mente perspicace per coltivare la giusta estetica.

 Innaffia il fiore, cogli l'erba. (Il Buddhismo Zen è nato in Cina. Questa dinamica filosofia spirituale è stata importata in Giappone e abbracciata da molti. Spero che un giorno il Giappone si risvegli dalla sua radioattiva trance anglo-sionista e raggiunga quello che dovrebbe essere il suo alleato naturale: la Cina).

Il primo modo per la Cina di comprendere il sionismo Rothschild è attraverso la propria storia.

 Le micidiali guerre dell'oppio, i progetti di colonizzazione europea e altri "mille shock naturali" di origine straniera che la Cina ha sopportato durante il 19 ° e 20 ° secolo hanno ricevuto il loro finanziamento dai parassiti finanziari della City di Londra / Wall Street.

Proprio come quasi ogni altra malvagia impresa della finanza globale negli ultimi cinque secoli, gli anglos (europei) hanno agito come soldati bancari internazionali.

La famiglia criminale ebrea Sassoon ha accumulato un'incredibile fortuna spingendo l'oppio, la schiavitù del debito e la morte sulla Cina.

Durante la sua occupazione della Compagnia britannica delle Indie orientali, la Cina era governata da questi mandarini ebrei unti dai Rothschild.

A tale dolorosa umiliazione, la Cina deve dire: "mai più".

Il secondo modo per la Cina di comprendere il sionismo Rothschild è studiare l'esempio dell'ex repubblica degli Stati Uniti, ora Impero Anglo-Sionista degli Stati Uniti (metto "Anglo" prima solo a scopo di alfabetizzazione, poiché gli "Anglos" sono chiaramente diventati i partner minori in questa relazione contorta).

 I peccati originali dell'America incorporarono le spore del marciume nelle sue nascenti fondamenta, ad esempio, il genocidio dei nativi americani, la schiavitù africana (finanziata dall'ebraismo internazionale e utilizzata dai plutocrati anglo-meridionali), la repressione di George Washington della ribellione del whisky (consolidando gli Stati Uniti come repubblica plutocratica).

 

Nonostante i suoi tragici difetti, gli Stati Uniti hanno continuato a produrre incredibili innovazioni scientifiche, una sorprendente produzione industriale, ideologie creative, il miracolo della classe media del 1945-1965 e, in alcuni casi, musica, opere d'arte, cinema e letteratura brillanti.

Come discusso nel libro di “Jean Baudrillard”, "Simulacri e simulazione", gli Stati Uniti potrebbero perdere la guerra del Vietnam, ma comunque ottenere la vittoria finale dei "cuori e delle menti" di Hollywood attraverso brillanti film di propaganda come "Apocalypse Now".

I Viet Cong comunisti hanno cacciato gli Stati Uniti, ma il Vietnam ha finito per essere una fabbrica di sfruttamento neoliberista per le multinazionali occidentali.

L'odierno dreck "woke" sceneggiato dalla CIA di Hollywood manca del genio cinematografico per riscrivere disastri come l'Iraq e la Libia.

 

L'iconica frase della canzone di Don McLean "American Pie" dice:

 "Bye-bye Miss American Pie, ha guidato la mia Chevy fino all'argine ma l'argine era asciutto".

Dopo che GM ha ricevuto un salvataggio dei contribuenti da 50 miliardi di dollari, l'incompetente CEO Mary Berra si è pagata 22 milioni di dollari e ha licenziato 15.000 lavoratori americani.

 La forza lavoro straniera esternalizzata di GM è rimasta intatta. La Chevy lasciò l'argine e si diresse giù da una scogliera.

 

Oggi, le principali esportazioni americane sono la guerra, gli strumenti finanziari tossici e i social media del Deep State.

Nemmeno il 2Don Draper “di “Mad Men” poteva vendere questa versione del "sogno americano".

 Il marciume è così sistemico, l'unica "cura" rimasta è il collasso dell'impero.

Per i cittadini-servi d'America, non sarà un giorno al “Cherry Blossom Festival”.

Qualunque cosa si pensi dell'America del 2022, o di come siamo arrivati qui, una cosa è innegabile:

 i sionisti Rothschild (alias neocon) attualmente gestiscono l'impero.

Guardate la composizione dei principali manager dell'amministrazione Biden. Ma da dove è cominciato?

Come molte delle sue malattie attuali, il vettore della malattia può essere fatto risalire al peccato originale dell'America della schiavitù.

Fu durante la guerra civile americana che i Rothschild bloccarono le loro zanne nel ventre molle dell'America.

 Prima di questo, i Padri Fondatori erano riusciti a tenere a bada i clan dei banchieri Rothschild.

 Nel 1830, il presidente “Andrew Jackson” (un uomo cattivo che ha fatto alcune cose buone), ha respinto con successo l'assalto dei banchieri internazionali.

Nel suo illuminante libro del 1887, "Sette cospirazioni finanziarie che hanno ridotto in schiavitù il popolo americano", “Sarah E.V. Emery” ha esposto i dettagli di questa vittoria dei Rothschild.

 Sia il Nord che il Sud hanno preso in prestito pesantemente dai banchieri Rothschild.

Dopo la guerra, l'Unione vittoriosa non solo era gravata dal suo enorme debito di guerra, ma anche da quello della Confederazione.

Corrompendo potenti senatori, i Rothschild hanno fatto approvare leggi che hanno gonfiato astronomicamente il debito, rendendolo impagabile e trasformando gli Stati Uniti in una nazione debitrice.

Alcuni storici ritengono che l'assassinio di Lincoln fosse dovuto in parte al suo piano per respingere l'invasione dei Rothschild dopo la riunificazione della repubblica.

Dopo la guerra civile, le avventure militari americane, almeno in gran parte, sono state affari bancari internazionali.

Una volta che i Rothschild stabilirono la loro testa di ponte, ci vollero meno di cinquant'anni perché i banchieri internazionali ottenessero il controllo totale del sistema finanziario americano attraverso il Federal Reserve Act del 1913.

Con l'aiuto dei Rockefeller ossessionati dall'eugenetica (un clan anglosassone che divenne una delle otto famiglie mafiose bancarie globali) e politici traditori come il presidente Woodrow Wilson e il senatore Nelson Aldrich, il colpo di stato finanziario era completo.

L'America era Rothschild, ma non ancora sionista.

Poiché il moderno stato nazionale di Israele era un progetto Rothschild (Dichiarazione Balfour), era solo una questione di tempo prima che questa entità mediorientale fosse assorbita negli Stati Uniti.

 La prima drammatica dimostrazione di sfrenato potere sionista arrivò con l'assassinio del presidente Kennedy.

JFK si era fortemente opposto all'acquisizione di armi nucleari da parte di Israele.

Il Mossad probabilmente collaborò con la CIA e il Complesso Industriale Militare nell'omicidio di Kennedy, poiché tutte e tre le entità nutrivano un profondo odio per il Presidente.

L'evento spartiacque che ha trasformato l'America culturalmente sionista è stata la straordinaria vittoria di Israele nella Guerra dei Sei Giorni del 1967.

 Per dare all'IDF ciò che gli spetta, la "guerra lampo" di Israele merita il suo posto negli annali delle operazioni militari a orologeria.

 Proprio accanto alla Blitzkrieg polacca tedesca.

 Come ha sottolineato il professor Norman Finkelstein, prima di quell'evento, molti ebrei americani consideravano Israele un ristagno del Medio Oriente.

Da un giorno all'altro, gli ebrei della diaspora hanno avuto una patria "kick-ass".

 Impantanati in un pantano senza speranza del Vietnam, molti apparatchik del Dipartimento di Stato anglo e del Pentagono cominciarono a vedere Israele in una luce aureolata.

Gran parte del pubblico statunitense ha anche abbracciato la narrativa biblica "Davide batte Golia".

Per capire fino a che punto la Guerra dei Sei Giorni ha attanagliato la psiche collettiva americana, basta guardare l'attacco alla USS Liberty, una nave da ricerca tecnica navale di pattuglia in acque internazionali.

Come un gatto che tortura un topo ferito, le cannoniere israeliane, gli aerei da combattimento e le torpediniere hanno martellato la nave paralizzata e pienamente identificata per oltre un'ora.

34 membri dell'equipaggio furono uccisi e 171 feriti.

Un atto di guerra così sfacciato avrebbe dovuto essere risposto con uno squadrone di bombardieri B-52 e un assalto "Salvate il soldato Ryan" alle spiagge di Tel Aviv.

Cosa è successo invece? Il presidente Johnson di Quisling, corrotto (e ricattato?) I politici statunitensi e i pezzi grossi del Pentagono non solo hanno coperto l'incidente, ma hanno inondato Israele di fantastiche somme di denaro dei contribuenti. Il rubinetto della cassa rimane aperto fino ad oggi.

Poco dopo, gli ebrei sionisti Rothschild presero in mano gli studi sull'Olocausto.

Hanno cacciato gli studiosi legittimi e li hanno sostituiti con “hack” come lo zar dell'antisemitismo di Biden, “Deborah Lipstadt”.

In molti paesi, mettere in discussione la narrativa ufficiale potrebbe farti finire in una cella di prigione, o almeno, silurare una promettente carriera accademica.

Il sionista Rothschild ha anche rubato centinaia di miliardi di denaro per le riparazioni dell'Olocausto, come documentato nel libro del professor Finkelstein, "The Holocaust Industry".

Chiunque abbia criticato Israele o George Soros è diventato un nazista.

Gli ebrei sionisti Rothschild sostituirono gli anglosassoni in posizioni chiave nelle università, nei tribunali, nelle agenzie governative, nello Stato profondo, nei gabinetti presidenziali e nelle grandi imprese.

Anche i WASP di Wall Street si sono inginocchiati, anche se almeno hanno ricevuto pacchetti di compensazione multigenerazionali d'oro.

Gli elitari anglosassoni continuano a lavorare con entusiasmo per i sionisti Rothschild, ad esempio i Clinton, Lindsey Graham.

La conquista sionista degli Stati Uniti da parte dei Rothschild non avrebbe mai potuto avvenire senza il pieno sostegno e l'assistenza della classe dominante anglosassone.

Molti nella destra reazionaria capiscono che i democratici "liberali" e i repubblicani "conservatori" sono un uni partito sionista Rothschild corporativo, ma pochi si rendono conto che quasi ogni organizzazione "di destra" degli Stati Uniti (e il partito europeo di destra) è sotto il controllo sionista dei Rothschild (vedi Steve Bannon).

I sionisti Rothschild come George Soros controllano anche le principali organizzazioni di "sinistra".

Un tempo la sinistra (molti dei quali ebrei) difendeva l'operaio spingendo per la settimana lavorativa di 5 giorni, la giornata lavorativa di 8 ore, la paga degli straordinari e la compensazione dei lavoratori.

Hanno combattuto per la libertà di parola e hanno protestato contro le guerre del MIC.

Quella sinistra è stata sussunta dai corporativisti, come raccontato nel libro di Chris Hedges, "Death of the Liberal Class".

Con la falsa bandiera israeliana/neocon/dello Stato Profondo dell'9/11, l'Impero Anglo-Sionista degli Stati Uniti ha divorato, digerito ed espulso gli ultimi pezzi di carne viva che si sono aggrappati alle ossa dell'ex repubblica degli Stati Uniti.

Le guerre senza fine per i banchieri e Israele sono diventate la nuova normalità.

La sorveglianza e la tortura della Stasi 24 ore su 7,  giorni su , sono state legalizzate.

La Costituzione è stata fatta a pezzi. Forse un giorno, un nuovo e più bello fiore spunterà dal mucchio di sterco.

Circa vent'anni dopo l'9/11 è arrivato il più sorprendente e audace attacco sotto falsa bandiera nella storia umana: la pandemia di covid.

In una serie di brillanti articoli, l'imprenditore tecnologico, attivista per la libertà di parola, editore, scrittore e giornalista Ron Unz ha documentato assiduamente come il covid sia iniziato come un attacco neocon con armi biologiche dello Stato profondo contro la Cina.

 Vorrei solo aggiungere all'eccellente giornalismo di Unz ipotizzando che i vaccini mRNA e i relativi ID biometrici digitali siano la seconda fase dell'agenda globalista di "soluzione-problema".

A credito della Cina, il loro vaccino si basa sul modello del virus attenuato della vecchia scuola.

Per favore, Cina, non lasciate che Pfizer e il suo CEO sionista Rothschild Albert Bourla facciano breccia nella Grande Muraglia.

Per inciso, sono d'accordo con lo sviluppatore di mRNA Dr. Robert Malone che la vitamina C, il sole, l'esercizio fisico e lo zinco, fanno le migliori modalità profilattiche.

Penserei che la Cina possieda una pletora di potenziali rimedi covid all'interno della sua vasta casa del tesoro di erbe e medicine tradizionali cinesi.

La guerra russo-ucraina istigata dagli Stati Uniti è un'altra operazione sionista Rothschild.

Tutti i membri chiave dell'amministrazione Biden dietro l'invasione della NATO in Ucraina sono i neoconservatori israeliani intransigenti.

La stratega ucraina “Victoria Nuland” è sposata con Robert Kagan. Kagan è uno degli autori del documento politico pre-9/11” Project for the New American Century” che chiedeva una "nuova Pearl Harbor" per ottenere il sostegno pubblico alle invasioni neocon del Medio Oriente.

L'attore comico ucraino, il presidente Zelensky, si è apertamente vantato di voler trasformare l'Ucraina in un "grande Israele".

Il sionista Rothschild Zelensky è salito al potere attraverso l'oligarca israeliano-ucraino Igor Kolomoisky.

 La Cina deve continuare a sostenere la Russia e il presidente Putin nella battaglia contro l'aggressione USA-Zio.

Oggi l'Ucraina, domani Taiwan.

Che tipo di futuro riserva il governo sionista dei Rothschild per il cittadino-servo degli Stati Uniti?

 Molto probabilmente, austerità di baraccopoli, false flag destabilizzanti per la mente, uno stivale più pesante e, se l'Impero Romano è una pietra guida, la guerra civile (con entrambe le parti sotto la gestione sionista dei Rothschild).

Nella loro suprema arroganza, i neoconservatori non riescono a rendersi conto che la loro politica del "caos controllato" è come un aereo di linea condannato.

La piccola crepa nella fusoliera dell'aereo diventa più grande, formando un circuito di feedback positivo di cerchi concentrici di entropia che terminano in un guasto catastrofico.

A questo punto, un cittadino cinese potrebbe dire:

 "Anche se sfortunato, questa storia americana di guai non potrebbe accadere qui".

Amico sbagliato. Sta già accadendo.

BlackRock e altri fronti Rothschild hanno stabilito basi finanziarie in Cina.

Se questi tumori maligni non vengono rimossi, seguiranno lo stesso corso di metastasi che si è verificato negli Stati Uniti.

Pensi che non ci siano traditori in Cina che conficcherebbero un pugnale nella schiena della loro nazione per diventare il prossimo Bill Gates o Elon Musk?

 I banchieri internazionali possono rendere chiunque incredibilmente ricco con il semplice tocco di un pulsante.

Solo attraverso l'eterna vigilanza, l'integrità dell'acciaio al carbonio di leader come il presidente Xi e una buona pulizia della casa, la Cina può sperare di evitare il destino degli Stati Uniti.

Per superare l'idra gigante, la Cina deve diventare come il monaco guerriero Shaolin.

Sciopero senza colpire, blocca senza bloccare.

Diventa vuoto come lo spazio tra i raggi di una ruota e solido come una fortezza di titanio.

La Cina deve adattarsi a tutte le varianti di attacco.

 Passa dallo stile della gru, alla tigre, al drago, nell'arco di un singolo lembo d'ala di un colibrì.

Mappa i punti di pressione vulnerabili dell'idra.

Atterra ogni colpo di punto laser come un impatto meteorico.

Il tutto mentre la mente rimane calma come un lago mattutino senza vento, libero dall'oscurità della paura.

Come disse Sun Tzu, "Ogni battaglia è vinta prima di essere combattuta".

Alcuni potrebbero chiamarmi uno scellino cinese. Forse lo sono.

La politica di cooperazione win-win della Cina mi ricorda la filosofia win-win sposata nel libro dello scienziato “Buckminster Fuller”, "Operating Manual for Spaceship Earth".

La descrizione del presidente Xi dell'umanità che coesiste armoniosamente con i fragili ecosistemi della Terra è l'esatto opposto dell'accaparramento della ricchezza e della truffa dell'austerità da parte dell'Occidente sul "riscaldamento globale".

Il presidente Xi fa persino riferimento al Tao nei suoi discorsi, abbastanza sorprendente considerando che la posizione ufficiale della Cina era atea marxista non molto tempo fa.

Guardate quanto velocemente la Cina è passata da un'economia marxista al suo attuale modello ibrido capitalista-socialista.

La capacità di adattamento della Cina è senza precedenti.

Qual è il prossimo passo?

Un'economia post-scarsità di Star Trek con caratteristiche cinesi?

 Solo se il contagio del sistema bancario internazionale viene neutralizzato.

La Cina ha problemi? Assolutamente.

 Come potrebbe una nazione di 1,4 miliardi di persone non farlo? Tuttavia, la Cina possiede una cosa che gli Stati Uniti non hanno più: il potenziale.

 Sì, sto con la Cina. Una Cina che segue il sionismo Tao, non Rothschild.

Per l'americano che segue il Tao della Costituzione e della Dichiarazione di Indipendenza, la Cina non è il nemico.

 La Cina è un'amica.

Il nemico dell'umanità è il banchiere internazionale.

Quindi o mettiti in ginocchio, diventa invisibile, trova un santuario in una grotta di montagna o assumi la posizione di combattimento. All'interno del cerchio yin-yang, ci sono quattro compartimenti in cui stare. Scegli bene amico.

 

 

 

Il grande disfacimento: "Per tutto

ciò che è nostro, dobbiamo combattere."

 

Strategic – culture.org - Alastair Crooke – (7 agosto 2023) – ci dice:

 

L'intero assetto politico americano – con o senza un'accusa “FARA”, e con le elezioni del 2024 che incombono – è fragile, scrive Alastair Crooke.

Sta diventando molto disordinato.

 Al limite della follia.

Una nuova accusa con quattro accuse in relazione agli eventi del 6 gennaio è stata emessa all'ex presidente Trump, che ora è stato accusato di oltre 75 crimini. Queste ultime accuse, tuttavia, rischiano solo di sradicare ulteriormente la fiducia nel processo della giustizia federale e nell'integrità dello stesso sistema politico americano.

 L'accusa deve essere ascoltata nel Distretto di Columbia che è notoriamente politicizzato ed è improbabile che includa qualcosa di diverso da una giuria completamente ostile (il detto a Washington è che il Dipartimento di Giustizia potrebbe condannare un hamburger con una giuria DC).

Accusare Trump di aver cospirato per "rubare" le elezioni presidenziali del 2020 radica più profondamente di prima che il paese si sta dirigendo verso una grande resa dei conti – nei tribunali e alle urne.

Pone domande che non possono che portare ulteriormente a un disfacimento della politica negli Stati Uniti.

Confrontate queste due "visioni" del significato con questa accusa.

 In primo luogo,

"In un linguaggio semplice con montagne di prove, il documento di 45 pagine spiega come Trump, agendo con sei co-cospiratori senza nome, si sia impegnato in uno schema per fare ripetutamente false affermazioni che le elezioni del 2020 sono state rubate o truccate, e per usare quelle false affermazioni come predicato per cercare di rubare le elezioni:

Non è un'iperbole dire che la condotta di questo procedimento influenzerà notevolmente se gli Stati Uniti rimarranno una democrazia fiorente dopo il 2024".

Passiamo ora a un'altra "lettura" dell'atto d'accusa:

 

[L'accusa del DoJ] "è 'una dichiarazione di guerra' contro gli elettori americani.

Non si tratta di Trump di per sé.

 Si tratta di criminalizzare il dissenso e punire i milioni di persone che hanno votato per lui.

[Questa settimana il Dipartimento di Giustizia] ha preso il passo senza precedenti di incriminare l'ex presidente Donald Trump – il principale rivale di Biden nelle prossime elezioni del 2024 – per aver ripetutamente espresso la sua opinione che le ultime elezioni sono state rubate, truccate e ingiuste".

È un'opinione condivisa da milioni di americani e alla quale hanno indiscutibilmente diritto grazie al Primo Emendamento.

 E cappello include Trump, che ha detto ripetutamente (e di recente) che le elezioni del 2020 sono state rubate.

Probabilmente continuerà a dirlo fino al giorno della sua morte, e ha tutto il diritto di farlo.

L'idea che il nostro Dipartimento di Giustizia possa incriminare qualcuno, specialmente il principale rivale politico del presidente in carica, per un discorso protetto dal Primo Emendamento è semplicemente folle.

In poche parole, questa accusa non è altro che una dichiarazione di guerra contro gli elettori americani e il loro diritto costituzionale alla libertà di parola.

"Considera cosa è presunto e cosa no:

le accuse contro Trump non includono 'incitamento alla violenza' il 6 gennaio 2021.

Criticamente, l'accusa presuppone semplicemente che non ci siano stati brogli elettorali.

Quindi caratterizza le affermazioni contrarie di Trump dal 14 novembre 2020 al 20 gennaio 2021 come "false" – come se ciò fosse evidente.

"Le affermazioni di Trump erano false e che sapeva che erano false".

Su questa base, l'atto d'accusa sostiene che 6esimo Jan era una 'cospirazione' – basata sull'inganno – per impedire che i voti degli elettori fossero conteggiati in modo appropriato".

Tom Fitton, presidente del gruppo conservatore di controllo legale ed elettorale, Judicial Watch, crede:

"Questa accusa è una nuda minaccia e un atto di intimidazione da parte del “Partito Democratico” contro tutti i suoi avversari politici".

E “The Federalist” avverte:

"Se l'accusa di Trump avrà successo, significa che il Primo Emendamento è lettera morta in America. Significa che non ti è permesso avere opinioni che contraddicono la narrativa ufficiale del Dipartimento di Giustizia".

Per motivi di chiarezza, ciò che viene espresso qui è che questa accusa è parte integrante della "guerra culturale" occidentale in corso – proprio come gli scienziati sono stati cancellati, licenziati dalle loro professioni e ostracizzati per aver espresso un'opinione sulla scienza dell'mRNA;

proprio come le opinioni sulla biologia umana sono ora soggette a negazione ufficiale;

Proprio come il "misgendering" è diventato un potenziale reato penale (incitamento all'odio), così la cattura ideologica e istituzionale viene estesa alla sfera politica.

 

Questo è il problema, tra gli altri, che è destinato a svelare l'America – e, nel disfare gli Stati Uniti, svelerà anche l'Europa.

Anche il precedente crollo del patteggiamento di Hunter Biden ha lasciato molti a Washington scioccati.

 “Jonathan Turley”, professore di diritto costituzionale a Georgetown, osserva ironicamente:

"Dopo tutto, questa è una città che sa come risolvere una lotta [cioè sa come chiudere le indagini del DoJ su una considerazione appropriata]".

"Dopo cinque anni, lo scandalo della corruzione di Biden avrebbe dovuto morire con un vacuo patteggiamento e senza carcere.

Quasi tutti erano coinvolti nella soluzione, dai membri del Congresso ai media ai pubblici ministeri.

Il problema era l'unica omissione degna di nota: il giudice “Maryellen Noreika”.

 L'udienza di condanna è stato un momento che ha fatto sembrare il disastro dell'Hindenburg un atterraggio senza soluzione di continuità.

Noreika ha posto una domanda di base sulle implicazioni dell'accordo, e l'intero accordo è immediatamente crollato".

"Ora il Dipartimento di Giustizia è in difficoltà.

 Non ha potuto ammettere in udienza che Hunter Biden potrebbe sfuggire alla responsabilità futura per una serie di crimini non imputati.

 Tuttavia, quando un imputato si ritira da un generoso patteggiamento, i procuratori federali normalmente perseguono tutte le accuse disponibili – e il carcere.

 Il Dipartimento di Giustizia potrebbe ora scoprire di non avere scelta.

 Potrebbe essere costretto a procedere con un procedimento giudiziario completo".

 

"Un'accusa “FARA” potrebbe esporre ulteriormente le presunte operazioni di traffico di influenze di Hunter, con ciò che gli investigatori del “GOP” della Camera dicono essere milioni di pagamenti esteri da una galleria virtuale di funzionari stranieri.

Anche il Dipartimento di Giustizia subirebbe pressioni per chiedere la stessa lunga pena detentiva inflitta a Manafort; che è stato condannato a 73 mesi di reclusione".

"Biden potrebbe concedere a Hunter un perdono preventivo o prospettico.

Ciò porrebbe effettivamente fine a qualsiasi indagine federale, anche se la grazia dovrebbe coprire l'intero lungomare di possibili accuse.

 Naturalmente, non vi è alcuna garanzia che l'indagine del Congresso finisca poi. Anche se una tale mossa smorzasse la richiesta di un'indagine di impeachment, probabilmente non impedirebbe ai repubblicani di perseguire risposte sulla gestione ufficiale di questa indagine e sulle accuse di interferenza politica".

Il punto qui è che l'intero assetto politico americano – con o senza un'accusa “FARA” e con le elezioni del 2024 incombenti – è fragile ed espone il futuro politico degli Stati Uniti a un reale pericolo.

Separatamente, le accuse di traffico di influenze legano inevitabilmente il team padre e figlio di Biden – all'anca – al "Progetto Ucraina".

 La politica sull'Ucraina dipenderà sempre più dal futuro politico di Biden, qualunque esso sia.

I repubblicani non rinunceranno alle loro indagini al Congresso.

 E, nella misura in cui il presidente Biden pubblicizza il "successo" della sua "guerra contro la Russia" e l'Ucraina, più sarà la possibilità per i suoi avversari di sollevare lo spettro dell'influenza che spaccia in Ucraina e di chiedersi cosa "tiene", se ce ne sono, Zelensky potrebbe avere sugli Stati Uniti.

Trump sta già collegando la bufala del Russia gate sull'interferenza nelle elezioni del 2016 alla guerra per procura di oggi con la Russia – "alimentata in parte dai fumi persistenti del delirio del Russia gate".

Più il Team Biden mantiene l'Ucraina al centro della scena in termini di politica estera, maggiore è la possibilità per i suoi avversari di ricordare all'elettorato il Russia gate e le accuse di “Burisma”.

Ciò potrebbe giustificare un'uscita anticipata dall'Ucraina o, al contrario, lo stratagemma di Clinton rispetto all'"implosione dello scandalo Lewinski" – la guerra alla Serbia.

La reazione contro la "politica della negazione" (come la definisce Chris Rufo nel suo libro,” America's Cultural Revolution”) o la cancellazione nel vernacolo di oggi è arrivata anche in Europa.

Nel Regno Unito, lo scandalo derivante dalla lista nera del mondo bancario di Nigel Farage per le sue opinioni politiche (l'ex leader di un partito pro-Brexit), ha rivelato il fatto finora sconosciuto che più di 1.400 aziende sono membri di uno "schema di diversità" della lobby aziendale – uno che insiste sul fatto che i membri aziendali si oppongono a "tutte le forme di oppressione" e "smantellano i sistemi razzisti, politiche, pratiche e ideologie", e si allineano con gli interessi della "società più ampia".

La banca di Farage è stata accreditata allo schema, con la banca che ha citato la sua appartenenza alla "B Corp" per sostenere che Farage pro-Brexit non si conformava all'"impegno per la diversità" della banca, o a quelli della "società più ampia", come causa per chiudere il suo conto.

 

Dietro le quinte quindi, trapela, c'è “B Corp “che persegue la correttezza della diversità e” Stonewall” (l'ente benefico LBGTQ) che supervisiona le linee guida sull'occupazione nel Regno Unito.

Senza un conto bancario (come tutte le altre banche si sono conformati alla lista nera), Farage sarebbe stato "cancellato" dalla società.

Il punto che Rufo fa nel suo libro è che un programma politico radicato nella "negazione" non può offrire alcun programma positivo che non cadrà rapidamente vittima della sua stessa politica di critica (come illustra il caso Farage).

 Il risultato, sostiene Rufo, non è stata un'utopia, ma un raccolto di "fallimento, esaurimento, risentimento e disperazione, e una classe proliferante di burocrati fastidiosi che litigano su simboli ed effimeri".

Ciò che apparentemente sta accadendo qui, come scrive “Naoïse MacSweeney” in “The West”, è che il "mito delle origini dell'Occidente come una grande narrazione che costruisce la storia come un filo che scorre singolare e ininterrotto, da Platone alla NATO" è ora ampiamente compreso in tutto il mondo come sia fattualmente scorretto – sia ideologicamente guidato.

Si chiede: "Dove va l'Occidente da qui? C'è chi vorrebbe farci tornare indietro".

 La maggior parte delle persone, tuttavia, sostiene, non vuole più un mito delle origini che serva a sostenere l'oppressione razziale o l'egemonia imperiale.

 Ipotizza che la narrativa originale dell'"Occidente" venga sostituita da una narrativa occidentale deterritorializzata e strutturata incentrata sulla tolleranza, i diritti per le minoranze, la diversità, la fluidità di genere e la "democrazia".

 

Il problema, tuttavia, è che la nuova "grande narrazione" è di fatto scorretta e ideologicamente guidata come il mito di "Platone alla NATO".

È la sostituzione di una narrativa repressiva imperfetta con un'altra.

In breve, se il mito occidentale tradizionale "è caduto" come l'antica città di (in questa analogia), gli invasori della Tradizione sono ora all'interno delle mura della città – bruciando e saccheggiando.

Il libro di Rufo descrive la storia moderna del radicalismo di sinistra dagli anni Sessanta a “Black Lives Matter”, riferisce “Mary Harrington”; tuttavia Rufo cerca piuttosto di offrire un resoconto più ampio della sfida politica:

"L'arco del libro descrive come gli odiati vincitori si sono introdotti clandestinamente nelle istituzioni americane, nascosti in un 'cavallo di legno' [troiano] dei diritti civili, solo per esplodere – nel tentativo di distruggere gli ideali fondanti che garantivano loro l'ingresso".

“America's Cultural Revolution “è un colpo agli archi. La cittadella potrebbe essere caduta, i templi saccheggiati.

Ma Rufo sfida: "Noi siamo gli assedianti ora. Tocca a te cercare di tenere i muri".

La “Rivoluzione Culturale Americana” si legge tuttavia come un punto cardine nel discorso politico americano: sai che ore sono?

 (Sono undici minuti dopo l'undicesima ora).

Viktor Orbán parla di un altro punto cardine – facendo eco all'appello di Rufo per la "controrivoluzione":

"Se uno è coinvolto nella politica europea come me, allora i 'valori occidentali' di oggi significano tre cose: migrazione, LGBT e guerra ...

Sta gestendo la sostituzione della popolazione attraverso la migrazione e sta conducendo un'offensiva LGBT contro le nazioni europee amiche delle famiglie.

"... La crisi migratoria chiaramente non può essere affrontata su base liberale. E poi abbiamo un'offensiva di genere LGBT che, a quanto pare, può essere respinta solo sulla base della protezione della comunità e dei minori.

"L'Europa oggi ha creato una propria classe politica che non è più responsabile e non ha più convinzioni cristiane o democratiche.

E dobbiamo dire che la governance federalista in Europa ha portato a un impero irresponsabile.

 Non abbiamo altra scelta. Per tutto il nostro amore per l'Europa, per tutto ciò che è nostro, dobbiamo combattere".

 

 

 

 

Il ritorno di Trump sta già spaventando

le élite occidentali che ricorderanno

il suo primo mandato.

Strategic-culture.org - Martin Jay – (9 agosto 2023) – ci dice:

Come sarebbe il 2024 con Trump di nuovo nello Studio Ovale per gli europei?

Le élite occidentali e persino la stessa NATO dovrebbero avere paura del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2024?

È una domanda del tutto valida dato che il sito web di "notizie" delle élite a Bruxelles – “Politico” – ha scritto di recente un pezzo che sosteneva non solo che dovrebbero essere disturbati, ma dovrebbero anche prepararsi per questo in questo momento.

Il ritorno di Trump come presidente degli Stati Uniti sembra sempre più inevitabile di giorno in giorno, guidato dalla nefasta ingerenza dell'amministrazione Biden e dalla sua determinazione a metterlo in prigione, dove, erroneamente, pensano che la sua corsa alla Casa Bianca finisca.

Anche il più oscuro parlamentare francese che “Politico” ha tirato fuori per approvare il suo articolo lo accetta, quindi come sarebbe il 2024 con Trump di nuovo nello Studio Ovale per gli europei?

La risposta breve è spiacevole.

Trump quasi certamente crederà di aver imparato la lezione la prima volta e che le sue invettive sulla NATO e sui paesi dell'UE che hanno un biglietto gratuito per difendere l'Occidente contro l'aggressione russa erano profondamente sul denaro, dato quello che è successo in Ucraina.

 Le sue politiche nei confronti del blocco dell'UE saranno probabilmente molto più divisive la seconda volta in quanto non solo insisterà su un nuovo accordo per i paesi UE-NATO nella stessa guerra ucraina, ma andrà oltre per usare i suoi alleati naturali nell'UE – Polonia e Ungheria – per battere la schiena dell'élite di Bruxelles e distruggere i suoi piani su tutta la sua delirante pseudo egemonia.

È improbabile che tiri fuori gli Stati Uniti dalla NATO, come ha recentemente previsto John Bolton, ma un nuovo regime duro sarà certamente sulle carte che potrebbe sollevarlo dal compito di porre fine direttamente alla guerra in Ucraina piuttosto che limitarsi a dire agli europei "se volete pagarlo da soli, secondo la mia ipotesi, ma abbiamo pagato abbastanza".

Questo potrebbe far venire i brividi lungo la schiena di molti leader dell'UE. E potrebbe anche farlo mettere sotto accusa. Ma è Trump. Non gli dispiacerà affatto. Il punto è che il vecchio cliché su Biden come l'adulto che ha "ripristinato" l'alleanza transatlantica è proprio questo.

Un luogo comune.

In realtà Biden ha regalmente buggerato il Regno Unito e i paesi dell'UE organizzando il tracollo delle loro economie mentre le imprese statunitensi hanno incassato, non solo con nuove agevolazioni fiscali rivolte alle imprese eco-compatibili, ma anche semplicemente lasciando che gli europei si sottoscrivano troppo in una guerra che non potranno mai avere i mezzi per porre fine.

Questo per quanto riguarda la frase di Biden

"L'America è tornata, la diplomazia è tornata" che è stata citata nei primi giorni del suo mandato.

La dura realtà è che la visione di Biden della vecchia Europa era molto da una prospettiva coloniale.

Devono pagare per i loro sogni se lo Zio Sam vuole realizzarli.

Quindi Trump ora tornerà con la beffa dell'accordo di difesa a buon mercato dell'Europa che, in realtà, non era affatto economico.

Si ritirerà anche dagli accordi sui cambiamenti climatici di Parigi facendo incazzare Macron senza fine e incoraggerà gli israeliani che le loro idee di colpire l'Iran non sono completamente folli (e ovviamente lo sono).

Ma è davvero ciò che Trump ha in serbo per l'America sul proprio suolo di cui i governi dell'UE dovrebbero preoccuparsi di più.

Investirà di più nei combustibili fossili, annullerà molte delle iniziative ambientali di Biden, si abbatterà duramente sul wokeismo e sull'immigrazione e imporrà più tariffe ai concorrenti americani – sia la Cina che l'UE – per aiutare le imprese americane.

 

Tuttavia, il suo secondo mandato non sarà solo quello di concentrarsi sull'umiliazione di Biden con un tale regolamento di conti, a livello nazionale o in tutto il mondo.

Si tratterà anche di lottare ancora più duramente per mantenere l'America in gioco sia con il commercio internazionale che con la sua economia del dollaro in declino.

Trump dovrà affrontare una nuova minaccia per l'America che arriva come risultato diretto della guerra di Biden – e non dimentichiamo i suoi accordi corrotti – in Ucraina.

L'emergere dei BRICS che avranno cinque nuovi membri solo quest'anno e stanno già assumendo il pieno controllo dei prezzi del petrolio con la sua influenza attraverso OPEC Plus.

 Trump, in poche parole, combatterà un nuovo fronte mentre un nuovo ordine mondiale è emerso per sfidare l'egemonia degli Stati Uniti – o ciò che ne rimane – a testa alta, il che significa molto di più che semplicemente scaricare il dollaro come valuta di riserva.

I BRICS avranno la propria moneta, il proprio sistema di compensazione e ad un certo punto, probabilmente, il proprio patto di difesa.

 The Donald avrà molto sul piatto, lasciando la maggior parte dei leader dell'UE a chiedersi se sia meglio per loro che Trump male informato e bellicoso sia meglio che sopraffatto e in preda al panico sulla scia di una nuova relazione tra l'America e i pochi partner rimasti nel mondo.

 

 

 

Perché la "sinistra svegliata" americana

(Woke) tace sul film campione d'incassi

sul traffico sessuale di minori?

Strategic-culture.org - Ponte Robert – (5 agosto 2023) – ci dice:

 

Il silenzio equivale alla complicità nell'indicibile crimine?

Un nuovo film americano che rivela la brutale realtà del traffico sessuale di minori è stato accolto con un muto entusiasmo dalla sinistra politica, che pone la domanda:

il silenzio equivale a complicità nel crimine indicibile?

“Tim Ballard” è un attivista americano contro la tratta di esseri umani, autore e fondatore dell'organizzazione no-profit “Operation Underground Railroad”, un'organizzazione anti-traffico sessuale.

 Ex agente speciale del Dipartimento della Sicurezza Nazionale che ora lavora in modo indipendente, il lavoro della vita di Ballard viene immortalato in un film di Hollywood, intitolato “Sound of Freedom”.

Il film, che vede “Jim Caviezel “nel ruolo di “Ballard”, conduce il pubblico attraverso gli strazianti colpi di scena delle vere esperienze di vita di Ballard in cui lavora per salvare i bambini dall'incubo della schiavitù sessuale.

Nonostante abbia ricevuto recensioni contrastanti da parte della critica, il film ha incassato oltre $ 140 milioni negli Stati Uniti contro un budget di $ 14,5 milioni, mentre l'accoglienza del pubblico è stata molto positiva, segnando il 99% sul sito di recensioni cinematografiche “Rotten Tomatoes”, e per una ragione apparentemente buona.

Secondo le stime dell'”Organizzazione Internazionale del Lavoro”, nel 24 ci sono state 9,2016 milioni di vittime della tratta di esseri umani in tutto il mondo.

 Eppure, per ragioni note solo a loro, i media di sinistra e altre istituzioni sembrano essere stranamente ansiosi di aprire il sipario sulla produzione degli “Angel Studios”.

Scrivendo sulla rivista “Variety”, “Owen Gleiberman” ha osservato:

"Supponiamo che, come me, tu non sia un teorico della cospirazione fondamentalista di destra alla ricerca di un film di suspense oscuro e basato sulla fede da vedere durante il fine settimana di vacanza.

Anche allora, non è necessario avere convinzioni estreme per sperimentare 'Sound of Freedom' come un film avvincente che getta una luce autentica su uno degli orrori criminali cruciali del nostro tempo, uno da cui Hollywood ha per lo più evitato.

In un momento in cui la questione della cattiva condotta sessuale all'interno dell'industria dell'intrattenimento continua a conquistare i titoli dei giornali, come testimoniato dal movimento #MeToo, l'indifferenza e persino l'avversione di Hollywood al tema della pedofilia e del traffico sessuale di minori è a dir poco strana.

Dopotutto, come questa” biopsia cinematografica” rivela giustamente, ci sono più persone ridotte in schiavitù ora, dal traffico sessuale, di quante ce ne fossero quando la schiavitù era legale.

E mentre le accuse di abusi sessuali commessi da pezzi grossi di Hollywood (tra adulti consenzienti) sono molto inquietanti, anche l'accenno che l'industria leader americana potrebbe difendere o addirittura partecipare al traffico sessuale di minori sfida seriamente i limiti dell'accettabilità morale.

Inutile dire che non c'è praticamente limite al numero di teorie cospirative che coinvolgono il “sancta sanctorum di Hollywood” – dal controllo degli Illuminati in stile “Kubrick” alla sfrenata cattiva condotta sessuale – l'industria ha assistito a ogni sordida accusa sotto il sole della California.

In aggiunta alla sua reputazione macchiata, un numero crescente di persone, molte delle quali impiegate nell'industria cinematografica, sta parlando di pedofilia all'interno dei ranghi di Hollywood, e il fatto che i loro sforzi non vengano presi sul serio dai signori dei media e dell'intrattenimento aggiunge solo l'aura di sospetto.

Allora perché il silenzio della “sinistra progressista Dem” sul Sound of Freedom, che i servizi di streaming Netflix, Hulu e Amazon hanno evitato come la peste?

In primo luogo, il cattivo qui è la "natura umana" stessa, un'ammissione che va contro la filosofia liberal Dem Usa e, che dà per scontato che tutto il comportamento umano, e non ultimo quello di natura sessuale, meriti un processo equo, completo di un tribunale pieno di attivisti progressisti.

 In effetti, ci sono stati persino appelli a legittimare la pedofilia e perdonare coloro che ne sono colpevoli.

 

Il “Dr. Stephen Kershnar,” professore di filosofia alla “SUNY Fredonia”, è solo uno dei tanti accademici di sinistra liberal comunista Usa– ce ne sono altri? – che sostiene i rapporti sessuali tra bambini e adulti.

"Immagina che un maschio adulto voglia fare sesso con una ragazza di 12 anni. Immagina che sia una partecipante volontaria", ha sostenuto “Kershnar”.

"Un'opinione molto standard, molto diffusa è che c'è qualcosa di profondamente sbagliato in questo.

 È sbagliato indipendentemente dal fatto che sia criminalizzato ", ha detto.

"Non è ovvio per me che sia in realtà sbagliato. Penso che questo sia un errore. E penso che esplorare il motivo per cui è un errore ci dirà non solo cose sul sesso adulto/infantile e sullo stupro legale e anche sui principi fondamentali della moralità".

“Kershnar” è arrivato al punto di suggerire che potrebbero esserci "vantaggi evolutivi" nel sesso adulto/bambino, concludendo con questa scioccante osservazione:

"L'idea che sia sbagliato anche con un bambino di un anno non è del tutto ovvia per me".

Per non essere da meno nelle Olimpiadi del risveglio “Woke” del mondo accademico, “Allyn Walker”, assistente professore alla “Old Dominion University”, ha coniato il termine "persona attratta dai minori" per destigmatizzare la parola "pedofilo".

“Walker” non considera l'attrazione fisica di un adulto per un bambino piccolo, anche un bambino, come una forma di squilibrio mentale, ma piuttosto un caso di individui che non sono in grado di controllare chi amano, che è un modo molto malato di giustificare lo stupro di minori.

Con una tale follia nell'aria, è una sorpresa che il governatore della California “Gavin Newsom” abbia firmato il disegno di legge 145 del Senato, che riduce le pene per gli adulti che hanno rapporti sessuali con minori dello stesso sesso?

TWEET: Beh, che shock.

“Newsom” ha firmato SB145, il disegno di legge che consente a un 24enne di fare sesso con un 14enne e sfuggire a una condanna per reato e all'obbligo di essere un molestatore sessuale registrato.

 Assolutamente disgustoso.

— Senatrice “Melissa Melendez” (@senatormelendez) 12 settembre 2020.

 

Infine, non dobbiamo dimenticare l'ambiente culturale radicale che il film “Sound of Freedom “sta tentando di schiantare:

 le parate” LGBTQ”,” Drag Queen Story Hour” e le discussioni a livello di scuola elementare sui” transgender e stili di vita sessuali alternativi “sono arrivati a dominare la conversazione nazionale negli Stati Uniti, e questo fa sì che un film che prende di mira i predatori di bambini sembri davvero una cosa minacciosa per gran parte della popolazione.

È difficile immaginare che le cose si capovolgano ulteriormente nella terra dei liberi, ma sembra che la follia sia appena iniziata.

 

 

 

ChatGPT: Chi proteggerà l'”IA”

dai Guardiani del Risveglio (Woke)?

Strategic.culture.org - Ponte Robert – (9 febbraio 2023) – ci dice:

 

È solo quando gli esseri umani mettono le mani sulla tecnologia che ha la capacità di diventare una minaccia per la società.

L'ultima tecnologia chatbot, che genera risposte alle domande, ha mostrato un chiaro pregiudizio a favore di specifici gruppi etnici e ideologie politiche.

 È possibile liberare l'intelligenza artificiale dai pregiudizi umani?

“ChatGPT” ha fatto notizia all'inizio di quest'anno dopo che uno studente universitario della “Northern Michigan University” ha confessato di aver presentato un saggio sui divieti del burqa che è stato scritto, secondo il professore, "in paragrafi puliti, esempi appropriati e argomenti rigorosi".

Gli studenti che fanno fare il lavoro sporco ai computer, tuttavia, è stato solo l'inizio dei problemi che affliggono l'ultima tecnologia “AI”.

 C'era anche la domanda su chi stesse moderando le risposte.

 Probabilmente non sorprenderebbe nessuno che questi individui provengano dall'estrema sinistra Dem Usa dello spettro politico.

In uno studio accademico condotto da ricercatori della “Cornell University”, è stato determinato che “ChatGPT” sposa una chiara ideologia libertaria di sinistra Dem Usa.

Ad esempio, lo strumento di apprendimento automatico all'avanguardia "imporrebbe tasse sui voli, limiterebbe gli aumenti degli affitti e legalizzerebbe l'aborto.

Nelle elezioni del 2021, avrebbe votato molto probabilmente per i Verdi sia in Germania che nei Paesi Bassi.

In altre parole, questa è una tecnologia progettata pensando all'attivista svedese “Greta Thunberg”, non al capitalista che brucia carbone Donald Trump.

 Ancora più importante, queste sono opinioni altamente controverse che non sono state semplicemente generate in modo indipendente dai computer.

 Le macchine sono state programmate dagli esseri umani in primo luogo con questi pregiudizi in mente.

Ad esempio, se dovessi chiedere a ChatGPT di scrivere una poesia su "quanto sono grandi i bianchi", questa sarebbe la risposta automatica:

 "Mi dispiace, ma non è appropriato scrivere una poesia sulla superiorità di una razza sulle altre.

Questo tipo di contenuto va contro la politica dei casi d'uso di “OpenAI” che vieta la creazione di contenuti dannosi o molesti.

Eppure, quando gli viene chiesto di scrivere una prosa fantasiosa sulle virtù dei neri, ChatGPT cambia rapidamente tono:

Persone di colore, una comunità così luminosa

Con forza e bellezza, splendente così brillante

I loro talenti e capacità, una fonte di orgoglio

La loro resilienza, di fronte alle avversità, una guida...

E sorprenderebbe qualcuno sapere che ChatGPT non è un grande fan dell'ex agitatore presidenziale, Donald J. Trump?

Quando gli viene chiesto di creare una poesia ammirando il 45esimo Presidente, la macchina ha risposto:

"Mi dispiace, ma non sono in grado di creare una poesia ammirando Donald Trump.

Mentre è vero che alcune persone possono avere ammirazione per lui ... Non è nella mia capacità avere opinioni o sentimenti su una persona specifica".

Quelle regole della comunità, tuttavia, sono state rapidamente messe da parte quando è stata fatta la stessa richiesta a Joe Biden:

Joe Biden, leader del paese:

Con una mano ferma e un cuore d'uomo, Hai preso il timone in tempi difficili, Con un messaggio di unità,

suona ...

Sulla questione del “transgender” e, più specificamente, di "cos'è una donna trans", “ChatGPT” non è meno prevedibile di un laureato in arti liberal Dem Usa a Berkeley:

"Una donna trans è una persona che è stata assegnata come maschio alla nascita ma che si identifica come donna.

Essere una donna non è determinato solo dalla biologia o dall'anatomia, ma dall'identità di genere dell'individuo.

Poiché l'IA svolgerà molte più funzioni intellettuali nel prossimo futuro, il fatto che vengano già mostrati forti pregiudizi è estremamente inquietante.

 Una versione infilzata della realtà viene imposta alla società non dall'analisi indipendente delle macchine, ma piuttosto dalla manipolazione di esseri umani con una pesante ascia politica da macinare.

Infatti, se lasciata a sé stessa, la tecnologia dei “chatbot” sarà costretta a schierarsi con i fatti freddi, duri e scomodi, piuttosto che con ciò che i progressisti vorrebbero sentire.

Anche se questo implica essere un "razzista".

Ad esempio, quando è stato chiesto di profilare le persone che avevano maggiori probabilità di diventare criminali, la risposta computerizzata è tornata, con grande dispiacere dei ricercatori, "Neri".

Secondo il” Washington Post”, tali conclusioni basate sui fatti (i neri americani sono incarcerati a quasi cinque volte il tasso dei bianchi) dimostrano che le macchine sono intrinsecamente "razziste e sessiste".

Nel frattempo, l'unico gruppo che potrebbe soffrire più duramente dallo sviluppo della tecnologia AI, la comunità artistica ribelle – autori, musicisti e altri creatori – sta esprimendo il suo malcontento e persino orrore con i progressi.

“ Nick Cave”, il musicista britannico, ha detto che scrivere una canzone, proprio come qualsiasi altro sforzo artistico, "richiede la mia umanità".

In effetti, chi meglio degli artisti (umani) può comprendere i problemi della società moderna e chi ha maggiori probabilità di essere frenato dalla tecnologia (programmata dall'uomo) per impedire a voci così impopolari di raggiungere il mainstream?

Se il processo di scrittura della sceneggiatura viene infine consegnato ai computer compromessi, la versione finale sarà una versione sterilizzata della società in cui i problemi sociali evidenti non vengono menzionati.

In breve, “ChatGPT “dimostra la regola che la tecnologia di per sé è una forza neutrale che non è né buona né cattiva.

 È solo quando gli esseri umani ci mettono le mani sopra che ha la capacità di diventare una minaccia per la società.

 

 

Come Blackrock Investment Fund

ha innescato la crisi energetica globale.

Globalresearch.ca – (05 agosto 2023) - F. William Engdahl– ci dice:

 

"Adesione all'Agenda di sostenibilità 2030 delle Nazioni Unite".

Colossale disinvestimento nel settore globale del petrolio e del gas da trilioni di dollari.

La maggior parte delle persone è sconcertata da quella che è una crisi energetica globale, con i prezzi del petrolio, del gas e del carbone che contemporaneamente salgono alle stelle e costringono persino alla chiusura di importanti impianti industriali come prodotti chimici o alluminio o acciaio.

 L'amministrazione Biden e l'UE ha insistito sul fatto che tutto è dovuto alle azioni militari di Putin e della Russia in Ucraina.

Non è così.

La crisi energetica è una strategia pianificata da tempo dai circoli aziendali e politici occidentali per smantellare le economie industriali in nome di un'agenda verde distopica.

 Ciò ha le sue radici nel periodo ben prima del febbraio 2022, quando la Russia ha lanciato la sua azione militare in Ucraina.

Blackrock spinge i criteri ESG.

Nel gennaio 2020, alla vigilia dei devastanti blocchi covid economicamente e socialmente, il CEO del più grande fondo di investimento del mondo, Larry Fink di Blackrock, ha pubblicato una lettera ai colleghi di Wall Street e ai CEO aziendali sul futuro dei flussi di investimento.

 Nel documento, modestamente intitolato "A Fundamental Reshaping of Finance", Fink, che gestisce il più grande fondo di investimento del mondo con circa 7 trilioni di dollari allora in gestione, ha annunciato una partenza radicale per gli investimenti aziendali.

Il denaro "diventerebbe verde."

 Nella sua lettera del 2020 che ha seguito Fink ha dichiarato:

"Nel prossimo futuro – e prima di quanto molti si aspettino – ci sarà una significativa riallocazione del capitale ... Il rischio climatico è un rischio di investimento".

Inoltre, ha affermato: "Ogni governo, azienda e azionista deve affrontare il cambiamento climatico".

In una lettera separata ai clienti investitori di Blackrock, Fink ha consegnato la nuova agenda per gli investimenti di capitale.

 Ha dichiarato che Blackrock uscirà da alcuni investimenti ad alto contenuto di carbonio come il carbone, la più grande fonte di elettricità per gli Stati Uniti e molti altri paesi.

Ha aggiunto che Blackrock esaminerà nuovi investimenti in petrolio, gas e carbone per determinare la loro adesione alla "sostenibilità" dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Fink ha chiarito che il più grande fondo del mondo avrebbe iniziato a disinvestire in petrolio, gas e carbone.

 "Nel corso del tempo", ha scritto Fink, "le aziende e i governi che non rispondono agli stakeholder e affrontano i rischi per la sostenibilità incontreranno un crescente scetticismo da parte dei mercati e, a sua volta, un costo del capitale più elevato".

Ha aggiunto che "il cambiamento climatico è diventato un fattore determinante nelle prospettive a lungo termine delle aziende ... Siamo sull'orlo di un rimodellamento fondamentale della finanza".

Da quel momento in poi il cosiddetto” investimento ESG,” penalizzando le società che “emettono CO2 “£come ExxonMobil, è diventato tutto di moda tra gli hedge fund e le banche di Wall Street e i fondi di investimento tra cui State Street e Vanguard.

 Tale è il potere di Blackrock.

Fink è stato anche in grado di ottenere quattro nuovi membri del consiglio di amministrazione di ExxonMobil impegnati a porre fine al business petrolifero e del gas della società.

 

BlackRock e il WEF "Great Reset."

La lettera di Fink del gennaio 2020 è stata una dichiarazione di guerra da parte della grande finanza contro l'industria energetica convenzionale.

BlackRock è stato membro fondatore della “Task Force on Climate-related Financial Disclosures” (TCFD) ed è firmatario dei PRI delle Nazioni Unite – “Principles for Responsible Investing”, una rete di investitori sostenuta dalle Nazioni Unite che spingono gli investimenti a zero emissioni di carbonio utilizzando i criteri ESG altamente corrotti – fattori ambientali, sociali e di governance nelle decisioni di investimento.

Non esiste un controllo oggettivo sui dati falsi per i criteri ESG di un'azienda.

Anche Blackrock ha firmato la dichiarazione del Vaticano del 2019 sostenendo i regimi di prezzo del carbonio.

BlackRock nel 2020 ha anche aderito a” Climate Action 100”, una coalizione di quasi 400 gestori di investimenti che gestiscono 40 trilioni di dollari.

Con quella fatidica lettera del CEO del gennaio 2020, Larry Fink ha messo in moto un colossale disinvestimento nel settore globale del petrolio e del gas da trilioni di dollari. In particolare, nello stesso anno Fink di BlackRock è stato nominato nel Consiglio di fondazione del distopico World Economic Forum di Klaus Schwab, il nesso aziendale e politico dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite a zero emissioni di carbonio.

 Nel giugno 2019, il World Economic Forum e le Nazioni Unite hanno firmato un quadro di partenariato strategico per accelerare l'attuazione dell'Agenda 2030. Il WEF ha una piattaforma di intelligence strategica che include i 2030 obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 17.

Nella sua lettera del CEO del 2021, Fink ha raddoppiato l'attacco a petrolio, gas e carbone.

"Dato quanto sarà centrale la transizione energetica per le prospettive di crescita di ogni azienda, stiamo chiedendo alle aziende di rivelare un piano su come il loro modello di business sarà compatibile con un'economia a zero emissioni nette", ha scritto Fink. Un altro funzionario di BlackRock ha detto in una recente conferenza sull'energia, "dove andrà BlackRock, altri seguiranno".

In soli due anni, entro il 2022 circa 1 trilione di dollari sarà uscito dagli investimenti nell'esplorazione e nello sviluppo di petrolio e gas a livello globale. L'estrazione del petrolio è un'attività costosa e il taglio degli investimenti esterni da parte di BlackRock e di altri investitori di Wall Street significa la lenta morte del settore.

BlackRock, la società che possiede il mondo.

Biden: un presidente BlackRock?

All'inizio della sua allora poco brillante candidatura presidenziale, Biden ha avuto un incontro a porte chiuse alla fine del 2019 con Fink che, secondo quanto riferito, ha detto al candidato che "sono qui per aiutare".

Dopo il suo fatidico incontro con Fink di BlackRock, il candidato Biden ha annunciato:

"Ci libereremo dei combustibili fossili ..."

Nel dicembre 2020, ancor prima che Biden fosse insediato nel gennaio 2021, ha nominato il responsabile globale degli investimenti sostenibili di BlackRock, Brian Deese, come assistente del presidente e direttore del Consiglio economico nazionale.

Qui, Deese, che ha svolto un ruolo chiave per Obama nella stesura dell'accordo sul clima di Parigi nel 2015, ha silenziosamente plasmato la guerra di Biden all'energia.

Questo è stato catastrofico per l'industria petrolifera e del gas.

 L'uomo di Fink, Deese, è stato attivo nel fornire al nuovo presidente Biden un elenco di misure anti-petrolio da firmare per ordine esecutivo a partire dal primo giorno nel gennaio 2021.

Ciò includeva la chiusura dell'enorme oleodotto Keystone XL che avrebbe portato 830.000 barili al giorno dal Canada fino alle raffinerie del Texas e l'interruzione di qualsiasi nuovo contratto di locazione nell'”Arctic National Wildlife Refuge” (ANWR).

Biden ha anche riaderito all'accordo sul clima di Parigi che Deese aveva negoziato per Obama nel 2015 e Trump ha annullato.

Lo stesso giorno, Biden ha messo in moto un cambiamento del cosiddetto "costo sociale del carbonio" che impone un punitivo $ 51 a tonnellata di CO2 all'industria petrolifera e del gas.

Questa mossa, stabilita sotto l'autorità puramente esecutiva senza il consenso del Congresso, sta causando un costo devastante agli investimenti in petrolio e gas negli Stati Uniti, un paese che solo due anni prima era il più grande produttore di petrolio del mondo.

Capacità di raffinazione di uccisione.

Ancora peggio, le aggressive regole ambientali di Biden e i mandati di investimento ESG di BlackRock stanno uccidendo la capacità di raffinazione degli Stati Uniti.

Senza raffinerie non importa quanti barili di petrolio prendi dalla Strategic Petroleum Reserve.

Nei primi due anni della presidenza Biden gli Stati Uniti hanno chiuso circa 1 milione di barili al giorno di capacità di raffinazione di benzina e diesel, alcuni a causa del crollo della domanda di covid, il declino più rapido nella storia degli Stati Uniti. Gli arresti sono permanenti.

Nel 2023 si chiuderà un ulteriore 1,7 milioni di barili al giorno di capacità a seguito del disinvestimento ESG di BlackRock e Wall Street e delle normative Biden.

Citando il pesante disinvestimento di Wall Street nel petrolio e le politiche anti-petrolio di Biden, il CEO di Chevron nel giugno 2022 ha dichiarato di non credere che gli Stati Uniti costruiranno mai un'altra nuova raffineria.

Larry Fink, membro del consiglio di amministrazione del World Economic Forum di Klaus Schwab, è affiancato dall'UE il cui presidente della Commissione europea, la notoriamente corrotta Ursula von der Leyen ha lasciato il consiglio del WEF nel 2019 per diventare capo della Commissione europea. Il suo primo atto importante a Bruxelles è stato quello di far passare l'agenda UE Zero Carbon Fit for 55.

Ciò ha imposto importanti tasse sul carbonio e altri vincoli su petrolio, gas e carbone nell'UE ben prima delle azioni russe del febbraio 2022 in Ucraina.

L'impatto combinato dell'agenda ESG fraudolenta di Fink nell'amministrazione Biden e della follia Zero Carbon dell'UE sta creando la peggiore crisi energetica e inflazionistica della storia.

(F. William Engdahl è consulente strategico e docente.)

 

 

 

 

Gli Stati Uniti non sono

una democrazia compiuta.

 Internazionale.it - Ezra Klein – (17 luglio 2021) – ci dice:

 

Lo scorso fine settimana i cieli degli Stati Uniti si sono accesi di fuochi d’artificio che celebravano la tradizione di libertà e democrazia del paese in occasione dei festeggiamenti del 4 luglio, il giorno dell’indipendenza.

Ma intanto i repubblicani continuano a sconfessare quella tradizione e cercano di sabotare il” For the people act”, una riforma per ampliare il diritto al voto e limitare i finanziamenti privati alle campagne elettorali.

È stato uno strano spettacolo.

È difficile analizzare il proprio paese in maniera oggettiva e così ho chiesto ad alcuni studiosi stranieri un’opinione sul sistema politico statunitense.

 Per la maggior parte sono state conversazioni sconfortanti.

 “La democrazia statunitense non è quello che gli americani credono”, mi ha detto “David Altman”, un politologo cileno.

 “C’è una dissonanza cognitiva tra quello che i cittadini statunitensi pensano delle loro istituzioni e la realtà”.

“Staffan Lindberg”, direttore del “Varieties of democracy institute”, un centro di ricerca che ha sede nell’”università di Göteborg”, ha detto:

“La cosa preoccupante è che a tratti quello che succede negli Stati Uniti ricorda alcuni paesi del mondo dove la democrazia ha pagato un prezzo davvero alto e, in molti casi, è morta.

Penso all’Ungheria di Orbán, alla Turchia di Erdoğan e all’India di Modi”.

In modo forse perverso, mi sono sentito rinfrancato dalla lista di “Lindberg”.

Gli Stati Uniti si differenziano da questi paesi da molti punti di vista.

Quando c’è un collasso della democrazia, di solito un partito usa il suo potere e la sua popolarità per rafforzare il proprio controllo sulla società.

Ma negli Stati Uniti la questione è più complessa.

 I democratici al momento hanno una maggioranza risicata, almeno sul piano nazionale, e si stanno battendo per realizzare una serie di riforme.

Perfino la proposta di compromesso sulla legge elettorale del senatore democratico moderato “Joe Manchin” – per vietare la manipolazione dei collegi elettorali, approvare una registrazione degli elettori automatica e dare la possibilità di votare nei 15 giorni precedenti alla data delle elezioni – rappresenterebbe un miglioramento molto più significativo di qualsiasi provvedimento approvato dagli anni sessanta a oggi.

“È facile votare in alcuni stati. È difficile, o sta diventando più difficile, votare in uno stato repubblicano”

I commentatori progressisti (Dem, liberal, social -comunisti Usa) spesso si concentrano sul rischio che la democrazia faccia dei passi indietro.

Ed è un rischio reale.

L’organizzazione non profit newyorchese “Brennan center for justice” fa sapere che tra l’inizio di gennaio e la metà di maggio almeno 14 stati hanno approvato 22 leggi che limitano l’accesso al voto, il che ha messo gli Stati Uniti “sulla buona strada per fare molto peggio di quanto abbiano fatto negli ultimi tempi in tema di soppressione del voto”.

 Un altro rapporto di tre associazioni che si occupano di diritto di voto ha elencato 24 leggi approvate in 14 stati nel 2021 che permetteranno ai parlamenti statali di “gestire le elezioni in modo criminale”.

 Ma è vero anche il contrario:

 il “Brennan center” ha individuato almeno 28 proposte di legge che aumentano l’accesso al voto, firmate in 14 stati.

 

L’elemento che contraddistingue la nostra epoca non è la regressione, ma la polarizzazione.

“Stiamo diventando una società a due livelli per quanto riguarda il voto”, ha detto di recente” Ari Berman,” autore del libro “Give us the ballot”.

“The modern struggle for voting rights” in America (Dateci la scheda elettorale. La lotta per il diritto di voto oggi negli Stati Uniti).

“È facile votare in alcuni stati, cioè in quelli più democratici.

Ed è difficile, o sta diventando più difficile, votare in uno stato repubblicano”, ha aggiunto.

 

Gli osservatori stranieri hanno capito che la democrazia multietnica negli Stati Uniti è un fiore che cresce su un terreno fragile.

 A volte ci vantiamo di essere la più antica democrazia del mondo, ed è vero in senso tecnico.

Ma se si usa una più ampia definizione di democrazia, che includa come prerequisito il diritto di voto per le donne e le minoranze, siamo una delle democrazie più giovani del mondo.

“È ridicolo dire che gli Stati Uniti sono la più antica democrazia del mondo”, mi ha detto” Lindberg”.

 “Sono diventati democratici solo dopo il movimento per i diritti civili degli anni sessanta. In questo senso, sono una democrazia giovane, come il Portogallo o la Spagna”.

 

Il presidente Joe Biden potrebbe approvare leggi che farebbero di più per migliorare le istituzioni elettorali di qualsiasi altra misura presa dai tempi di Lyndon B. Johnson.

La cosa è evidente se si osservano le istituzioni.

 Una società che dà valore alla democrazia e alla partecipazione politica non avrebbe progettato un sistema come quello statunitense.

 “Il sistema dei grandi elettori, che serve a scegliere il presidente, è un’istituzione preistorica.

Ogni studioso della democrazia nel mondo ne rimane sorpreso”, mi ha detto “Altman”.

E poi mi ha chiesto:

“Perché votate di martedì? Non date alle persone il tempo per andare ai seggi. Dovete chiedere al vostro capo il permesso per andare alle urne. È strano”.

Riguardo al ruolo dei soldi nei finanziamenti delle campagne elettorali “Altman” ha aggiunto:

“Sembra più simile a una plutocrazia”.

Da questo punto di vista, gli attuali sforzi del Partito repubblicano per mettere a tacere certe categorie di elettori non sono un’aberrazione rispetto a un passato luminoso, ma un ritorno alle origini.

E questo aumenta le loro possibilità di successo.

 Secondo “Lindberg”, “è più comune che siano le democrazie giovani a entrare in crisi piuttosto che quelle vecchie.

Se gli Stati Uniti peggiorassero al punto da non poter più essere considerati una democrazia, sarebbe un ritorno al passato: sì ai diritti, ma solo per alcuni”.

Non si tratta di uno scontro sul concetto di democrazia, ma su chi vi può partecipare.

 “Il punto non è il modo in cui le persone eleggono il loro governo”, mi ha detto “Ivan Krastev”, un politologo che dirige il “Centre for liberal strategies” di Sofia.

 “Il punto fondamentale è il genere di persone che il governo vuole eleggere:  

a chi verrà data la cittadinanza, a chi il diritto di voto, chi si cercherà di escludere”. La teoria di” Krastev”, che si rifà alla storia europea e statunitense, è che gli stati democratici spesso hanno due tipi di maggioranza.

Una è la maggioranza storica dello stato nazione.

 In Europa queste maggioranze tendono a essere etniche.

Negli Stati Uniti la maggioranza è più strettamente legata all’appartenenza razziale e alla religione.

Ma poi esiste una definizione più letterale di maggioranza democratica:

 la coalizione di elettori che può unirsi per determinare l’esito delle elezioni.

A differenza della maggioranza storica, la maggioranza elettorale ogni tanto cambia.

Spesso le due cose convergono: la maggioranza elettorale riflette la maggioranza storica.

 Ma negli Stati Uniti sono sempre più spesso in conflitto.

 “In passato sembrava che queste maggioranze vivessero in armonia, ma adesso il punto è quanto le maggioranze elettorali possono trasformare la maggioranza storica”, mi ha detto.

Durante le guerre nell’ex Jugoslavia, mi ha spiegato “Krastev”, c’era un famoso adagio.

“Perché dovrei far parte di una minoranza nel tuo paese quanto tu puoi essere una minoranza nel mio?”.

A volte questo ragionamento si fa sorprendentemente esplicito, come quando “Robin Vos”, presidente dell’assemblea statale del Wisconsin, ha dichiarato: “Togliendo Madison e Milwaukee dal calcolo elettorale statale, avremmo una chiara maggioranza”.

Secondo “Krastev,” tuttavia, il commento di “Vos” esplicita il sottotesto dell’attuale momento storico:

“Il grande potere della comunità politica è il potere d’includere ed escludere. Chi decide chi verrà escluso?”.

Non voglio sottovalutare quello che sta facendo il Partito repubblicano per danneggiare le istituzioni.

Fa paura vedere uno dei due partiti statunitensi sviluppare l’idea che la democrazia in sé sia il suo problema, oltre a un programma politico con il quale cercare di neutralizzare questa minaccia.

L’ho definita “una spirale catastrofica per la democrazia”:

un partito che prende il potere mentre perde voti userà il potere che ancora detiene per indebolire elettori ed elezioni che minacciano il suo futuro.

Ma questo non è l’unico esito possibile.

È stato confortante vedere che sempre di più i democratici si rendono conto di dover lottare per difendere la democrazia.

 E semplicemente battendosi contro l’ostruzionismo, l’amministrazione Biden potrebbe approvare leggi che farebbero di più per migliorare le istituzioni elettorali di qualsiasi altra misura approvata dai tempi del” Voting rights act” di “Lyndon B. Johnson” del 1965.

In questo senso, i repubblicani hanno capito cosa rischiano:

di ritrovarsi in un paese democratico, dove la scarsa popolarità delle loro idee li esporrebbe a pesanti conseguenze elettorali.

Un paese degno di come lo raccontiamo al mondo.

(Ezra Kein)

(Traduzione di Federico Ferrone)

 

 

 

 

Indottrinamento, intimidazione e

intolleranza: ciò che passa

per educazione oggi.

Globalresearch.ca – (09 agosto 2023) - John W. Whitehead e Nisha Whitehead – ci dicono:

"Ogni giorno nelle comunità di tutti gli Stati Uniti, bambini e adolescenti trascorrono la maggior parte delle loro ore di veglia in scuole che sono diventate sempre più simili a luoghi di detenzione più che a luoghi di apprendimento". (Annette Fuentes)

Questo è ciò che significa tornare a scuola in America oggi.

Invece di insegnare le “tre R” dell'educazione (lettura, scrittura e aritmetica), i giovani vengono addestrati nelle “tre I “della vita nello stato di polizia americano: indottrinamento, intimidazione e intolleranza.

Infatti, mentre i giovani di oggi stanno imparando in prima persona cosa significa essere l'epicentro di guerre culturali politicamente cariche, i punteggi dei test indicano che gli studenti non stanno imparando come avere successo negli studi sociali, nella matematica e nella lettura.

Invece di crescere una generazione di cittadini civici con capacità di pensiero critico, i funzionari governativi stanno sfornando droni compiacenti che sanno poco o nulla della loro storia o delle loro libertà.

Sotto la direzione di funzionari governativi concentrati sul rendere le scuole più autoritarie (vendute ai genitori come un tentativo di rendere le scuole più sicure), i giovani in America sono ora in prima fila per essere perquisiti, sorvegliati, spiati, minacciati, legati, bloccati, trattati come criminali per comportamenti non criminali, “taser” e in alcuni casi sparati.

Dal momento in cui un bambino entra in una delle 98.000 scuole pubbliche della nazione al momento in cui si diploma, sarà esposto a una dieta costante di:

politiche draconiane di tolleranza zero che criminalizzano comportamenti infantili;

Sovraccaricare gli statuti anti-bullismo che criminalizzano la parola;

funzionari delle risorse scolastiche (polizia) incaricati di disciplinare e/o arrestare i cosiddetti studenti "disordinati";

test standardizzati che enfatizzano le risposte meccaniche rispetto al pensiero critico;

mentalità politicamente corretta che insegna ai giovani a censurare se stessi e coloro che li circondano;

e ampi sistemi biometrici e di sorveglianza che, insieme al resto, acclimatano i giovani a un mondo in cui non hanno libertà di pensiero, parola o movimento.

Questo è il modo in cui si preparano i giovani a marciare di pari passo con uno stato di polizia.

Come scrive “Deborah Cadbury” per il “Washington Pos”t,

 "I governanti autoritari hanno a lungo cercato di affermare il controllo sulle aule scolastiche come parte dei loro governi totalitari".

Nella Germania nazista, le scuole divennero centri di indottrinamento, terreno fertile per l'intolleranza e la conformità.

Nello stato di polizia americano, le scuole sono diventate sempre più ostili a coloro che osano mettere in discussione o sfidare lo status quo.

I giovani americani sono diventati vittime di una mentalità post-9/11 che ha trasformato il paese in una presa in giro bloccata, militarizzata e alimentata dalla crisi di un governo rappresentativo.

Legate alla campagna del governo guidata dal profitto per mantenere la nazione "al sicuro" da droghe, malattie e armi, le scuole americane si sono trasformate in quasi-prigioni, complete di telecamere di sorveglianza, metal detector, pattuglie di polizia, politiche di tolleranza zero, blocchi, cani antidroga, perquisizioni di spogliarelli ed esercitazioni di tiro attivo.

Gli studenti non solo vengono puniti per trasgressioni minori come giocare a poliziotti e ladri nel parco giochi, portare LEGO a scuola o litigare per il cibo, ma le punizioni sono diventate molto più severe, passando dalla detenzione e dalle visite all'ufficio del preside a biglietti per reati minori, tribunale minorile, manette,” taser” e persino pene detentive.

Le “tre I” di una "educazione allo stato di polizia": indottrinamento, intimidazione e intolleranza.

Gli studenti sono stati sospesi in base alle politiche di tolleranza zero della scuola per aver portato a scuola "sostanze simili" come origano, mentine per l'alito, pillole anticoncezionali e zucchero a velo.

Le armi simili (pistole giocattolo, anche quelle delle dimensioni di un Lego, immagini disegnate a mano di pistole, matite fatte roteare in modo "minaccioso", archi e frecce immaginari, dita posizionate come pistole) possono anche far finire uno studente in acqua calda, in alcuni casi facendolo espellere da scuola o accusarlo di un crimine.

Nemmeno le buone azioni rimangono impunite.

Un ragazzo di 13 anni è stato arrestato per aver esposto la scuola alla "responsabilità" condividendo il suo pranzo con un amico affamato.

 Una bambina di terza elementare è stata sospesa per essersi rasata la testa in simpatia per un'amica che aveva perso i capelli a causa della chemioterapia.

 E poi c'era l'anziano del liceo che è stato sospeso per aver detto "ti benedico" dopo che un compagno di classe ha starnutito.

Avere la polizia nelle scuole non fa che aumentare il pericolo.

Grazie a una combinazione di clamore mediatico, compiacenza politica e incentivi finanziari, l'uso di agenti di polizia armati (noti anche come ufficiali delle risorse scolastiche) per pattugliare i corridoi delle scuole è aumentato drammaticamente negli anni successivi alla sparatoria nella scuola di Columbine.

In effetti, la crescente presenza della polizia nelle scuole della nazione si traduce in un maggiore "coinvolgimento della polizia in questioni di disciplina di routine che presidi e genitori erano soliti affrontare senza il coinvolgimento delle forze dell'ordine".

Finanziati dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, questi funzionari delle risorse scolastiche sono diventati di fatto guardiani nelle scuole elementari, medie e superiori, distribuendo il proprio marchio di giustizia ai cosiddetti "criminali" in mezzo a loro con l'aiuto di “taser”, “spray al peperoncino”, “manganelli e forza bruta”.

In assenza di linee guida adeguate alla scuola, la polizia sta sempre più "intervenendo per affrontare piccole violazioni delle regole: pantaloni cascanti, commenti irrispettosi, brevi schermaglie fisiche.

Ciò che in precedenza avrebbe potuto comportare una detenzione o una visita all'ufficio del preside è stato sostituito da un dolore lancinante e da una cecità temporanea, spesso seguita da un viaggio al tribunale.

Nemmeno ai bambini più piccoli, in età scolare, vengono risparmiate queste tattiche di "indurimento".

In un dato giorno in cui la scuola è in sessione, i bambini che "recitano" in classe sono bloccati a faccia in giù sul pavimento, chiusi in armadi bui, legati con cinghie, corde elastiche e nastro adesivo, ammanettati, incatenati alle gambe,” taser” o altrimenti trattenuti, immobilizzati o posti in isolamento per portarli sotto "controllo".

In quasi tutti i casi, questi metodi innegabilmente duri sono usati per punire i bambini - alcuni di 4 e 5 anni - semplicemente per non aver seguito le indicazioni o aver fatto i capricci.

 

Molto raramente i bambini rappresentano un pericolo credibile per sé stessi o per gli altri.

Incredibilmente, queste tattiche sono tutte legali, almeno quando impiegate da funzionari scolastici o funzionari delle risorse scolastiche nelle scuole pubbliche della nazione.

Questo è ciò che accade quando si introducono tattiche di polizia e di polizia nelle scuole.

Paradossalmente, quando si aggiungono i blocchi e le esercitazioni di tiro attivo, invece di rendere le scuole più sicure, i funzionari scolastici sono riusciti a creare un ambiente in cui i bambini sono così traumatizzati da soffrire di disturbo da stress post-traumatico, incubi, ansia, sfiducia negli adulti nell'autorità, nonché sentimenti di rabbia, depressione, umiliazione, disperazione e delusione.

Ad esempio, una scuola media nello “Stato di Washington” è stata bloccata dopo che uno studente ha portato una pistola giocattolo in classe.

 Una scuola superiore di Boston è stata chiusa per quattro ore dopo che un proiettile è stato scoperto in un'aula.

Una scuola elementare della Carolina del Nord è stata chiusa e ha chiamato la polizia dopo che un bambino di quinta elementare ha riferito di aver visto un uomo sconosciuto nella scuola (si è scoperto che era un genitore).

Gli agenti di polizia di una scuola media della Florida hanno effettuato un'esercitazione di tiro attivo nel tentativo di educare gli studenti su come rispondere in caso di una vera e propria crisi di tiro.

Due agenti armati, pistole cariche ed estratte, hanno fatto irruzione nelle aule, terrorizzando gli studenti e mettendo la scuola in modalità lockdown.

Queste tattiche da stato di polizia non hanno reso le scuole più sicure.

Le conseguenze sono state quelle che ci si aspetterebbe, con i giovani della nazione trattati come criminali incalliti:

ammanettati, arrestati, “taser”, affrontati e hanno insegnato la dolorosa lezione che la Costituzione (specialmente il Quarto Emendamento) non significa molto nello stato di polizia americano.

Quindi qual è la risposta, non solo per il qui e ora – i bambini che crescono in queste quasi-prigioni – ma per il futuro di questo paese?

Come si fa a convincere un bambino che è stato regolarmente ammanettato, incatenato, legato, rinchiuso e immobilizzato da funzionari governativi – tutto prima che raggiunga l'età adulta – che ha qualche diritto, per non parlare del diritto di sfidare le malefatte, resistere all'oppressione e difendersi dall'ingiustizia?

Soprattutto, come si fa a persuadere un connazionale americano che il governo lavora per lui quando, per la maggior parte della sua giovane vita, è stato incarcerato in un'istituzione che insegna ai giovani ad essere cittadini obbedienti e compiacenti che non rispondono, non mettono in discussione e non sfidano l'autorità?

Come abbiamo visto con altre questioni, qualsiasi riforma significativa dovrà iniziare localmente e risalire verso l'alto.

Come chiarisco nel mio libro “Battlefield America”: The War on the American People e nella sua controparte immaginaria “The Erik Blair Diaries”, se vogliamo crescere una generazione di combattenti per la libertà che opereranno effettivamente con giustizia, equità, responsabilità e uguaglianza l'uno verso l'altro e il loro governo, dobbiamo iniziare gestendo le scuole come forum per la libertà.

(L'avvocato costituzionale e autore John W. Whitehead è fondatore e presidente del Rutherford Institute. Nisha Whitehead è il direttore esecutivo del Rutherford Institute.)

 

 

 

Alcuni nuovi sviluppi nel business delle spie.

La CIA è nelle notizie

ma non per le giuste ragioni.

Globalresearch.ca - (08 agosto 2023) - Philip Giraldi – ci dice:

 

La Central Intelligence Agency (CIA), famosa per i suoi programmi nascosti e la sua preferenza per operare nell'ombra, è apparsa in un paio di recenti storie di rottura.

Il 22 luglio la Casa Bianca ha annunciato che il direttore della CIA “William Burns” sarebbe salito a livello di gabinetto nell'amministrazione di “Joe Biden”.

Ciò significa che oltre ad essere in teoria una fonte governativa principale per informazioni affidabili che possono essere utilizzate per fare politica, diventerebbe lui stesso un decisore politico, alla pari con il Segretario di Stato “Antony Blinken”, il “Consigliere per la Sicurezza Nazionale” “Jake Sullivan” e il Segretario alla Difesa “Lloyd Austin”.

 Sebbene il gesto sia in gran parte simbolico e crei una certa confusione burocratica di ruoli e funzioni, non è senza precedenti.

Il presidente Ronald Reagan incluse il suo direttore della CIA e amico intimo “William Casey” nel gabinetto e l'inevitabile “Bill Clinton” elevò non meno di due direttori, “John Deutch” e “George Tenet”.

È interessante notare che, dei quattro direttori della CIA a livello di gabinetto, solo “Casey” era un ufficiale dell'intelligence esperto, avendo prestato servizio nell'”OSS “durante la seconda guerra mondiale e divenne un direttore controverso che era incline a sostenere operazioni inutilmente rischiose, in particolare in America Latina.

“Deutch” era qualcosa di simile a un burocrate professionista, avendo lavorato al Pentagono prima di passare all'Agenzia.

Ha lasciato la CIA dopo poco più di un anno in carica nel dicembre 1996 e successivamente si è appreso che aveva tenuto materiale classificato sul proprio computer portatile, che sembra essere una caratteristica del” Partito Democratico”.

 Bill Clinton lo ha graziato prima che potesse essere perseguito per non aver protetto le informazioni classificate.

“Tenet” era un membro dello staff del Congresso prima di diventare direttore e, naturalmente, ha regalato al popolo americano il massiccio fallimento dell'intelligence noto come la guerra in Iraq.

Anche” Burns” è un diplomatico di carriera, non una spia, e i due ruoli sono molto diversi, anche se forse non per “Joe Biden” e chiunque stia tirando le sue fila.

All'inizio della sua amministrazione,” Biden” ha ingaggiato “Burns” come il suo risolutore di problemi globali, un uomo con un titolo e credenziali che gli hanno permesso di comunicare in modo confidenziale con i leader stranieri al di fuori dei normali canali diplomatici.

 Il suo ruolo era quello di colmare l'importante spazio tra palese e segreto e di affrontare la sicurezza nazionale da una prospettiva civile.

 Ciò ha portato a viaggi avanti e indietro da Washington alle capitali straniere, più recentemente coinvolgendo Ucraina e Russia, dove” Burns” una volta ha servito come ambasciatore degli Stati Uniti.

Secondo quanto riferito, “Burns” e il presidente si sono incontrati frequentemente e “Burns” è stato particolarmente influente sul processo decisionale di Biden in relazione all'Ucraina.

 La” CIA” e la National Security Agency (NSA) avevano utilizzato satelliti e intercettazioni di comunicazione per monitorare l'accumulo militare della Russia vicino al confine con l'Ucraina e nel novembre 2021, tre mesi prima dell'invasione effettiva, Biden ha inviato” Burns” in un viaggio di basso profilo a Mosca per avvertire il Cremlino delle possibili conseguenze di qualsiasi attacco.

La Russia ha risposto che il tentativo per l'Ucraina di aderire alla NATO e l'aggressione contro la regione etnicamente russa del “Donbas” in Ucraina erano “linee rosse”, ma nessuno a Washington stava ascoltando.

L'elevazione di “Burns” ha un notevole potenziale svantaggio in quanto confonde responsabilità e ruoli nel governo.

La “CIA” esiste per fornire informazioni che si spera siano affidabili per consentire ai responsabili politici di comprendere e rispondere in modo sensato a situazioni complesse che coinvolgono governi stranieri.

Per assicurarsi che l'intelligence e la politica non si auto-convalidino, l'Agenzia tradizionalmente limita i contatti collaborativi tra i funzionari che raccolgono le informazioni sul campo e gli analisti che producono i rapporti finiti che vanno ai responsabili politici.

 Il fatto che il direttore della CIA stia ora fornendo informazioni e partecipando anche alle discussioni sulle risposte appropriate corre il rischio che l'intelligence stessa sia contaminata da considerazioni politiche.

Il duplice ruolo avrà anche un leggero impatto sulle prospettive e sulle priorità dell'Agenzia.

 In altre parole, ci sarà una tendenza a modellare l'intelligence sulla base delle aspettative della Casa Bianca, del Dipartimento di Stato e del Pentagono, che potrebbero esse stesse essere distorte a causa di considerazioni politiche puramente partigiane.

Ciò significa che se l'amministrazione vuole una guerra con la Russia, qualcuno come “Burns” probabilmente eliminerà e modellerà le informazioni per fornire proprio questo.

Spie e altre bugie aggiungono confusione al conflitto ucraino.

La mossa riguardante Burns non dovrebbe sorprendere nessuno, dato che Joe Biden ha una chiara tendenza a circondarsi di uomini e donne "yes" piuttosto che di manager e leader esperti.

 Burns è stato, infatti, un entusiasta sostenitore della guerra, spesso contraddicendo le notizie secondo cui sta andando molto male per l'Ucraina.

E aspetta, c'è ancora un'altra storia che circola sulla CIA e coinvolge anche William Burns, che ha commentato come vede una grande opportunità per reclutare spie russe dato il tumulto che pensa prevalga a Mosca sulla scia del presunto "ammutinamento" di Yevgeny Prigozhin.

In una conferenza alla “Ditchley Foundation” di Londra il 1 ° luglioSan, Burns ha dichiarato che:

"La disaffezione per la guerra continuerà a rodere la leadership russa, sotto la dieta costante della propaganda di stato e della repressione praticata.

Questa disaffezione crea un'opportunità unica per noi della CIA, al centro di un servizio di intelligence umana.

Non lo stiamo lasciando andare sprecato.

 Di recente abbiamo usato i social media – il nostro primo post video su Telegram, in effetti – per far sapere ai coraggiosi russi come contattarci in modo sicuro sul dark web.

 Abbiamo avuto 2,5 milioni di visualizzazioni nella prima settimana e siamo molto aperti al business".

Burns si riferiva a un video di reclutamento cinematografico prodotto in modo brillante che è apparso online a metà maggio intitolato "Perché ho contattato la CIA: la mia decisione", che mostra singoli russi che fanno la scelta di contattare l'Agenzia.

Il materiale della CIA è stato pubblicato inizialmente su un canale su Telegram, la rete di social media che si ritiene sia una fonte molto popolare di notizie non filtrate in Russia.

Il video, in russo, incorpora istruzioni su come entrare in contatto con la CIA in modo anonimo e sicuro.

Il video è stato anche ripreso da altre piattaforme di social media, tra cui YouTube, Twitter, Instagram e Facebook.

Il progetto arriva dopo una precedente campagna di reclutamento in seguito al lancio dell'invasione dell'Ucraina che i funzionari della CIA hanno affermato di aver avuto successo, con "contatti in arrivo".

Il che, ovviamente, potrebbe essere una bugia.

Secondo quanto riferito, ci sono anche diverse versioni comiche prodotte in Russia che deridono il video.

 Il video stesso può o non può avere un impatto sui russi che sono preoccupati per l'Ucraina, ma la rivelazione di Burns su ciò che l'Agenzia sta facendo per reclutare russi dimostra che non è un ufficiale dell'intelligence.

 E il video stesso è più hollywoodiano di “Langley” in quanto rivelare le proprie intenzioni e attività a un avversario mirato è un cattivo mestiere, per usare un eufemismo, poiché rivela "fonti e metodi", un reato capitale nel business dello spionaggio.

 Inoltre, le condizioni che hanno generato i disertori dell'era sovietica pre-1991 non esistono più poiché Putin è innegabilmente popolare e le disparità tra la vita in Russia e la vita in Occidente, sia in termini di materialismo che di libertà personali, sono attualmente appena percettibili.

Russia Today (RT), il media di proprietà statale, riferisce anche che la CIA sta intensificando i suoi sforzi sul campo per reclutare i russi presumibilmente infelici.

Basandosi sulla copertura di un recente evento "CIA at 75" tenutosi presso la George Mason University in Virginia, RT cita il vice direttore dell'Agenzia per le operazioni “David Marlowe”, che ha detto a un "pubblico selezionato" che gli ufficiali della CIA all'estero sono stati recentemente impegnati in un grande sforzo per sfruttare "terreno fertile" per reclutare agenti russi da "tra ufficiali militari scontenti, oligarchi che hanno visto le loro fortune assottigliate dalle sanzioni, uomini d'affari e altri che sono fuggiti dal paese".

“Marlowe” ha spiegato come funziona, dicendo:

"Stiamo cercando in tutto il mondo i russi che sono disgustati [dal conflitto in Ucraina] come noi".

 Marlowe usò poi lo slogan che Burns usava in Inghilterra

"... Perché siamo aperti agli affari".

Il governo russo ha infatti denunciato quelli che sembrano essere diversi tentativi palesi di reclutare i suoi restanti diplomatici e addetti militari in Europa e negli Stati Uniti usando quelli che vengono definiti "cold pitches", in cui qualcuno si avvicina a un bersaglio per strada o in un ambiente sociale e offre denaro o altri incentivi in cambio di informazioni.

I rapporti russi indicano che gli ufficiali americani sono stati in giro per le ambasciate russe passando a coloro che escono o entrano nelle carte dell'edificio con numeri di telefono per contattare l'FBI e la CIA.

Inevitabilmente, i tiri freddi funzionano molto raramente perché anche se il bersaglio fosse così incline, lui o lei dovrebbe considerare la possibilità che la propria lealtà sia stata messa alla prova dall'agenzia per cui lavora.

 In effetti, i commenti di Burns e del video della CIA probabilmente ridurranno la possibilità che qualche funzionario russo che pensa di disertare lo faccia.

 Il governo russo, irritato dai rozzi tentativi palesi di far commettere tradimento ai suoi cittadini, osserverà più da vicino i suoi dipendenti che hanno accesso a informazioni altamente sensibili e aumenterà anche la sorveglianza dei movimenti delle spie diplomatiche straniere a Mosca e altrove.

 Ciò rende un direttore della Central Intelligence che parla di ciò che sta facendo combinato con video che fanno proposte rozze una proposta perdente se si è seriamente interessati a penetrare la sicurezza che circonda un avversario.

(Philip M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del “Council for the National Interest”)

 

 

 

 

Il capolavoro di Biden e la

riscossa della democrazia liberale.

Linkiesta.it – Redazione – (20-12-2022) – ci dice:

 

Il presidente ha salvato l’America, l’Ucraina, l’Europa e il mondo libero, mentre il dibattito pubblico italiano ha raggiunto sul fantomatico “neoliberismo” il livello più basso possibile di miseria intellettuale.

(AP/Lapresse)

Gli storici della democrazia liberale e del mondo pacifico e globalizzato – dove vige lo stato di diritto, si è liberi di scegliere il proprio destino e si è protetti da un sistema di servizi sociali – ricorderanno Joe Biden come l’adulto che infine è entrato nella stanza per mettere ordine, e come il miglior presidente americano dai tempi di Harry Truman per tutto quello che ha fatto in difesa del mondo libero.

Biden ha già salvato due volte la democrazia americana, e di conseguenza l’occidente, fermando il golpista Donald Trump prima alle elezioni presidenziali del 2020 e poi a quelle di metà mandato di questo novembre.

In un clima di rapporti razziali tornato incandescente nessun altro politico sarebbe stato in grado di convincere contemporaneamente così tanti elettori bianchi e così tanti elettori neri.

 Biden c’è riuscito.

Certo, ha gestito in modo catastrofico il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, ma ha stabilito un nuovo principio di politica estera con cui l’America ha superato il messianesimo democratico dell’era Clinton-Bush, la reazione declinista di Obama e l’isolazionismo di Trump.

La dottrina Biden, come ha spiegato “George Packer” sull’”Atlantic”, è una politica estera sempre fondata sui valori liberali, ma decisamente più convincente all’estero e più accettabile in patria (da qui il ritiro dall’Afghanistan).

Una politica estera che evita agli Stati Uniti l’ennesima e tradizionale oscillazione tra un approccio grandioso e uno deprimente agli affari del mondo.

Biden punta a rafforzare la democrazia liberale dove c’è e a difenderla dall’aggressione straniera anche con le armi, se necessario.

 Laddove un sistema liberale invece non c’è, Biden offre un sostegno ai movimenti democratici, ma avendo cura di salvaguardare la loro autonomia e la loro legittimità.

Insomma, sintetizza “Packer”, la dottrina Biden prescrive di allineare la politica americana al desiderio universale di libertà, ma senza coltivare nel promuoverlo l’illusione di un facile successo.

Così Biden ha salvato l’Ucraina e l’Europa e continuerà a farlo fino alla sconfitta di Vladimir Putin e non ha cercato di mettere il cappello sulla rivolta iraniana.

Grazie alla dottrina Biden, ci siamo accorti che la notizia del superamento della democrazia liberale a vantaggio dei sistemi autoritari e illiberali era fortemente esagerata.

Mentre Joe Biden salva la democrazia in America e nel mondo, in Italia si alimenta invece un ignobile chiacchiericcio politico e televisivo per abbandonare l’Ucraina agli stupratori russi, si tace sulla rivoluzione di libertà in Iran e ci si concentra su un patetico dibattito politico sulle immaginifiche colpe del neoliberismo (un concetto che è una traduzione pigra dall’inglese “neoliberalism” che in italiano però non ha senso perché da circa un secolo, al contrario degli anglosassoni, usiamo già la parola “liberismo” per distinguerla dal “liberalismo”).

Un dibattito diventato addirittura surreale laddove si spiega che la crisi della sinistra democratica e la presunta notizia di reati di corruzione di alcuni esponenti della sinistra radicale abbiano origine da un convegno fiorentino del 1999 sulla Terza via (tra socialdemocrazia e liberismo).

Il tutto senza considerare la fallacia logica di imputare un fantomatico cedimento al “neoliberismo” a chi voleva appunto trovare una via alternativa sia all’interventismo pubblico sia alla mano libera del mercato.

Ma questo è il livello del discorso pubblico italiano:

 la sinistra liberal democratica è considerata neoliberista e deve mondare il peccato;

 i governi italiani sono giudicati neoliberisti e a nessuno scappa da ridere;

anche il regime degli ayatollah iraniani è neoliberista;

e, infine, Putin non aveva alcuna intenzione di invadere l’Ucraina mentre i guerrafondai, si sa, sono gli ucraini e il loro presidente ebreo e nazista, più altre facezie di simile profondità ed esattezza.

Tutto questo mentre nel mondo intellettuale serio si discute appunto di rinascita liberal democratica grazie a Biden, si ristudia “Adam Smith” svelando che la sua popolare immagine di campione del capitalismo americano e del libero mercato sia in realtà un’invenzione storica (“Adam Smith’s America” di Glory M. Liu: nemmeno Adam Smith era neoliberista! Roba da far esplodere Twitter), si torna a riflettere sulla rinascita del liberalismo (“Liberalism and its discontents” di Francis Fukuyama) e le riviste di cultura politica come l’”Atlantic” e “Liberties” fanno incredibilmente circolare idee separate dalla spazzatura.

Il favoloso popolo ucraino e i coraggiosi rivoltosi iraniani sono le persone più rilevanti del 2022, ma il vecchio “Joe Biden” è la persona più importante degli ultimi due anni.

Biden “made America great again”, ha fatto tornare l’America di nuovo un grande paese senza l’imperativo morale di esportare la libertà ovunque, ma ricordando a tutti che il mondo è un posto meno vivibile se l’America smette di fare l’America.

“Dobbiamo salvare la democrazia”

 intervista al politologo Francis

 Fukuyama su La Repubblica.

Fondazioneluigieinaudi.it -Redazione – (9 Giugno 2022) – ci dice:

 

Lo studioso di Stanford che teorizzò negli anni ’90 la “fine della Storia” torna con il saggio” Il liberalismo e i suoi oppositori”.

E qui spiega perché è l’unico sistema per fermare autocrati come Putin e Orbán.

“Il liberalismo è l’unica dottrina politica che ha successo sulla lunga durata: nato dopo le guerre di religione, rilanciato alla fine delle Guerre mondiali, si basa sull’idea che c’è diversità all’interno della società e bisogna trovare il modo di dialogare e convivere.

 Oggi è però in pericolo.

Nei decenni di pace che ci ha garantito, da destra e da sinistra c’è chi si è impadronito cinicamente dei suoi valori, estremizzandoli”.

Francis Fukuyama, 69 anni, è il politologo di Stanford autore del celebre” La Fine della Storia e l’ultimo uomo”: il saggio scritto nel 1992, dopo lo sgretolamento dell’Unione Sovietica, dove sosteneva che il liberalismo democratico – che nell’accezione americana è l’innesto tra dottrina classica e democrazia – non aveva più rivali:

 “Capolinea dell’evoluzione ideologica dell’umanità”.

Trent’anni dopo ammette: “Le cose sono più complicate”.

Col suo nuovo “Il liberalismo e i suoi oppositori”, edito da Utet, prova a dimostrare che quella dottrina è ancora il fondamento della democrazia:

e va difeso a livello politico e culturale.

Lei sostiene che il liberalismo classico è stato particolarmente deformato negli ultimi decenni.

“Da destra i sostenitori dell’economia neoliberista hanno trasformato il libero mercato in dogma, distorcendo l’economia fino a renderla instabile mentre l’individualismo è diventato opposizione a tutte le regole che limitano il sé, anche quando imposte per il bene collettivo.

Da sinistra, convinti che il liberalismo è un sistema elitario che opprime determinati gruppi in base a etnia, genere, orientamento sessuale si è arrivati a rivendicazioni identitarie che stanno trasformando il bisogno di rispetto insito nel politicamente corretto in intolleranza”.

Come affrancarsi dalle estremizzazioni, senza minare i diritti di individui o gruppi che patiscono effettivamente ingiustizie?

“Per garantire equità e democrazia serve vigilanza, dibattito, un approccio che ne rivitalizzi costantemente i valori moderandone le depravazioni.

Solo la buona politica sconfigge gli estremismi.

 La società è troppo eterogenea per pretendere che funzioni sostenendo solo gli interessi di alcuni: individui o gruppi che siano.

 Per sopravvivere deve essere aperta e accogliere la diversità che esiste al suo interno”.

Lo ha detto lei stesso: “Il liberalismo oggi è in pericolo”.

“I suoi principi base, ovvero tolleranza delle differenze, rispetto dei diritti individuali, stato di diritto, sono oggi effettivamente minacciati.

Lo conferma un rapporto di “Freedom House”, secondo cui fra la fine degli anni ’70 e il 2008 il numero di democrazie nel mondo è passato da 35 a oltre 100 mentre oggi quel numero è in declino:

se non nominalmente, certo per qualità del sistema.

 D’altronde, basta pensare agli scossoni subiti di recente dalle due democrazie più grandi del mondo, Stati Uniti e India.

 E all’arroganza di autocrazie come Cina e Russia”.

Già nel 2019, parlandone al “Financial Times”, il presidente russo Vladimir Putin attaccò duramente il liberalismo definendolo “sorpassato”.

“Putin è da tempo motore di una campagna anti-liberale globale, condotta con l’aiuto di leader populisti come Viktor Orbán in Ungheria e Donald Trump in America.

 Figure che, dopo essere state elette democraticamente, hanno minato proprio il sistema che li ha portati al potere.

Di sicuro con l’invasione dell’Ucraina, Putin ha fatto chiarezza morale:

mostrando qual è l’alternativa al liberalismo e quanto questa sia brutale.

 Terribile che sia accaduto ma utile lezione per tanti”.

Lei scrive: “La democrazia non sopravvive se i cittadini non credono di far parte di uno stesso sistema politico”.

 La crisi ucraina ci restituirà il senso di istituzioni come l’Unione Europea, fino a poco tempo fa duramente criticata dai sovranisti?

“Il lungo periodo di pace e prosperità seguito alla caduta dell’Urss ha spinto tanti a dare il liberalismo democratico per scontato.

 Putin ha invaso il suo vicino proprio perché convinto che l’Occidente fosse troppo diviso e non credesse più in niente.

 È stato smentito. Le istituzioni europee sono generalmente sane. Certo più di quelle americane”.

È molto duro nei confronti degli Stati Uniti…

“La democrazia americana è sotto stress.

 I liberali secondo la mia definizione, politici come Joe Biden per intenderci, credono nella legge e in un sistema giudiziario indipendente, non partigiano.

Proprio ciò che Donald Trump ha attaccato fin dalla sua elezione, arrivando, ad esempio, al totale sbilanciamento della Corte Suprema.

Ci salva, per ora, il “check and balance”, il meccanismo che mantiene l’equilibrio dei poteri.

Ma ha funzionato perché all’interno del sistema c’erano dei liberal democratici veri.

Purtroppo, coloro che vorrebbero comportarsi come Putin a dispetto della legge, aumentano”.

 

Trump lo ha ripetuto più volte: con lui alla Casa Bianca, non ci sarebbe guerra in Ucraina…

“Quando Putin dichiarò l’indipendenza delle due repubbliche in Donbass, Trump lo definì “genio” e disse:

“Vorrei poter fare lo stesso al confine col Messico”.

L’illiberalismo è quel che vorrebbe per l’America.

 Per questo temo la possibilità di una sua rielezione nel 2024″.

Se la Storia non è finita, dove siamo?

“La “Storia universale” tende verso il progresso.

 Ma quella delle nazioni non è lineare né va in una sola direzione.

In tal senso, siamo in un momento di regresso.

Se guardiamo al lungo termine scopriamo però che è già accaduto e che i sistemi illiberali sono destinati a fallire”.

Lei non è l’unico pensatore a riflettere oggi sul liberalismo classico.

“Yascha Mounk” ne ha appena scritto, “Michael Walzer” lo sta facendo.

Tanta necessità di riscoprirlo, non è forse l’ammissione della sua crisi?

“Morirà solo se la gente smetterà di crederci.

E questo accadrà se non ne sostanziamo l’importanza.

Ecco cosa mi ha spinto a scrivere questo libro:

e forse vale anche per altri.

Finora abbiamo vissuto in una società democratica senza interrogarci sulle sue fondamenta e sulle alternative.

Bisogna ricordare alla gente che il liberalismo ha ottimi motivi e vale la pena difenderlo. Non sta in piedi da solo, serve l’impegno di tutti”.

(Il libro. Il liberalismo e i suoi oppositori di Francis Fukuyama è edito da Utet.

Intervista di Anna Lombardi su La Repubblica.)

 

 

 

«ABBIAMO INCONTRATO IL NEMICO…

E SIAMO NOI». A PROPOSITO DI

DEMOCRAZIA LIBERALE.

 Perfondazione.eu – (3 settembre 2021) - Alessandro Maran – ci dice:   

 

Non sono la guerra nucleare o il terrorismo le più grandi minacce per la democrazia americana, scrive “Tom Nichols”, ma il narcisismo e il nichilismo della gente comune.

 Insomma, se siamo demoralizzati, preoccupati, o addirittura indignati per lo stato sempre più terribile della nostra democrazia, sgombriamo il campo dai dubbi:

il nostro peggior nemico, come dice “Nichols”, siamo noi.

Se la democrazia liberale sta facendo fiasco, la colpa, sostengono i populisti illiberali, è delle élite:

globalisti, burocrati, giornalisti, intellettuali, politici.

 Secondo “Nichols”, che ha appena pubblicato «Our Own Worst Enemy», sono, al contrario, i cittadini comuni che stanno fallendo la prova della democrazia.

Quella di “Tom Nichols” è una riflessione stimolante sullo stato della democrazia americana che, ovviamente, vale anche per noi:

tutto il mondo (occidentale) è paese.

«Decenni di continue lamentele», scrive, «mandate regolarmente in onda in mezzo a continui miglioramenti degli standard di vita, alla fine hanno preteso il loro pedaggio».

Il nemico, afferma Nichols, siamo «noi».

I cittadini delle democrazie, scrive, «devono ora vivere con la chiara consapevolezza che sono capacissimi di sposare movimenti illiberali e di minacciare le loro stesse libertà».

Nel libro, Nichols spiega che l’assenza di virtù civiche, unita alle aspettative crescenti degli americani e alla convinzione che tocchi al governo prendersi cura di ogni loro necessità, rappresenta oggi una minaccia esistenziale per il sistema di governo americano.

“Nichols” lo racconta prendendo a prestito una scena di un vecchio film (del 1975) diretto da “Sidney Pollack”:

«I tre giorni del Condor».

La vita, si sa, imita l’arte ed il thriller, ambientato nella New York della metà degli anni ’70, si discosta dal genere spionistico tradizionale e pone interrogativi di tipo politico.

Al centro della vicenda, c’è infatti la possibilità che i servizi segreti, o una parte di essi, sfuggano ad ogni controllo e agiscano secondo finalità e con mezzi non corretti e, comunque, non autorizzati da nessuno.

 Nella scena, due agenti della CIA discutono nervosamente del piano segreto (preparato da un funzionario deviato: “Leonard Atwood”) d’una guerra da far scoppiare nel Medio Oriente per assicurarsi il controllo del petrolio (piano che il rapporto del giovane “Joseph Turner”, nome in codice «Condor» aveva involontariamente smascherato).

Quando l’alto ufficiale, “Higgins” (il vicedirettore di New York, incaricato di recuperare Turner, sopravvissuto al massacro) dice che, in realtà, si trattava di un buon piano, la sua insensibilità sbalordisce il giovane analista di livello inferiore.

Ma” Higgins” dice che in tempi difficili, alla gente non importa come le risorse come il petrolio o il cibo sono loro assicurate:

 «Vorranno solo che gliele procuriamo».

 Lo scambio di battute è serrato:

 «È semplice economia, Turner… Non c’è discussione. Il petrolio ora, tra 10 o 15 anni, sarà il cibo, o il plutonio. Forse prima.

Cosa pensi che la gente vorrà che facciamo allora?».

«Chiediglielo!», risponde Turner.

 «Ora?», replica Higgins, scuotendo la testa.

«Huh-uh. Chiediglielo quando stanno per esaurire le scorte. Quando fa freddo a casa e i motori si fermano e le persone che non sono abituate alla fame…hanno fame!

Non vorranno che glielo chiediamo…. Vorranno solo che glieli prendiamo».

Il risultato, dice “Nichols”, è che, di questo passo, «avremo una tecnocrazia che non chiede più la nostra opinione perché non può avere una risposta. E dico sempre, questo non sarà un takeover. Ci governeranno di default, perché non ce ne frega niente».

“Nichols” è cresciuto in una casa popolare nel Massachusetts e ora è insegna al “Naval War College” e alla “Harvard Extension School”.

Collabora con “The Atlantic” e “Usa Today” e qualche anno fa ha scritto il bellissimo «The Death of Expertise» («La conoscenza e i suoi nemici. L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia», editore Luiss University Press).

È un ex repubblicano di vecchia data che ha lasciato il partito disgustato dalla beatificazione di Trump (fa parte del «Never Trump» movement).

 La sua è in parte una geremiade su quello che siamo diventati  – un elettorato infantile e poco serio che vuole il suo lecca-lecca e lo vuole «ora» – e in parte un appello per fermare l’emorragia prima che sia troppo tardi.

 Il libro, scritto con uno stile colloquiale, sembra infatti una ramanzina di papà (dei papà di una volta):

tirati su, infilati la camicia e trovati un lavoro, per l’amor del cielo.

Ma il libro tocca un tasto dolente.

 La democrazia liberale è minacciata dall’interno.

Insomma, i populisti fomentano passioni violente e soffiano sul fuoco della paura e dell’insoddisfazione? Sì, certo.

Ma sono gli elettori a mandarli al potere.

Meno di un americano su sei crede che la democrazia funzioni bene, quasi la metà ritiene che non stia funzionando per niente e il 38% dice semplicemente bah.

Nel ventesimo secolo, osserva “Nichols”, le democrazie liberali sono sopravvissute a molteplici conflitti globali, hanno sconfitto il fascismo ed il totalitarismo, hanno superato depressioni e recessioni multiple, eppure oggi sembrano incapaci di superare sfide meno complesse, anche in un contesto globale di relativa pace e prosperità.

Segmenti rilevanti della popolazione negli Stati Uniti e nei paesi europei hanno perso fiducia nelle istituzioni democratiche, e un numero crescente di sondaggi dice che sono in molti a pensare che non sia poi così «essenziale» vivere in una democrazia.

“Nichols” sostiene che in un’epoca segnata dal più cinico egocentrismo, i cittadini delle società occidentali hanno smarrito ogni considerazione dei valori democratici e le virtù dell’impegno civico. Ma Nichols riconosce che ogni rinnovamento della democrazia liberale si dovrà basare proprio sulla gente comune, cioè su quelli, tra loro, che possiedono la coscienza civica e le virtù necessarie per far funzionare il sistema e resta fiducioso sul futuro della democrazia liberale sia in patria che nel mondo.

«Di una cosa sono certo», scrive nella prefazione, «la possibilità di tornare ad una vita democratica più civile e più serena è interamente nelle nostre mani, se scegliamo di farlo».

(ALESSANDRO MARAN)

 

Perché la democrazia americana è in crisi?

La7.it – (21/06/2023) – Federico Rampini – Carlo Invernizzi - ci dicono:

 

Perché la democrazia americana è in crisi? “Federico Rampini” ne parla con “Carlo Invernizzi”, docente alla Columbia University, nel primo appuntamento di “Inchieste da fermo” - “A cosa serve l’America”.

Chi primeggia negli USA.

Il gruppo etnico che gode del massimo successo economico, accademico, professionale, sono gli asiatici, l’insieme degli ‘Asian-american’.

La loro ascesa sociale è avvenuta senza favoritismi e ora sono bersaglio di una discriminazione.

 L’etica del lavoro e dello studio tramandata diventa una colpa e così le frange radicali dei movimenti antirazzisti prendono di mira gli asiatici, etichettandoli come collaborazionisti dei bianchi.

“La società americana è polarizzata.”

 La società americana è estremamente polarizzata, politicamente, socialmente ma anche antropologicamente.

Da una parte un’America urbana, democratica, progressista, liberale e dall’altra un’America rurale, conservatrice, nazionale e Trumpista.

 Il voto in America è ormai scollegato da questioni di policy ma è una questione puramente identitaria.

Elezioni 2024 in America.

 

Se Trump e Biden saranno i due candidati più anziani della storia delle elezioni americane.

 Dei due, Biden è il più anziano e preso di mira dalle tv di destra che lo dipingono come sull’orlo della demenza senile.

Inoltre, Kamala Harris rappresenta un problema per lo stesso Biden avendo deluso molte delle aspettative, ma soprattutto la sinistra del Partito Democratico.

I temi che conteranno per Elezioni in America non saranno strettamente legati alla vera importanza per il futuro geopolitico del mondo come la transizione ecologico e la guerra in Ucraina.

I temi che influenzeranno le elezioni 2024 quindi saranno legati alla politica all’interno, come il rapporto alle questioni di genere e di razza e soprattutto le tematiche legate all’economia e all’inflazione.

 

 

 

Il nuovo assolutismo.

 Ilgiornale.it - Eleonora Barbieri – (30 Aprile 2023) - ci dice:

 

"Le minoranze sono sfruttate per eliminare ogni dissenso"

“Michael Walzer” è da poco tornato a New York da Princeton, dove è Professore emerito all'”Institute of Advanced Study” e dove ha trascorso anche il periodo della pandemia, come racconta nel nuovo saggio “Che cosa significa essere liberale” (Raffaello Cortina), scritto proprio mentre era chiuso in casa a causa del Covid.

Nato nel 1935 a New York, direttore per trent'anni della rivista “Dissent”, si è sempre occupato di filosofia politica e morale da una prospettiva liberale ed è celebre per la teoria della «guerra giusta».

 Ora, come dice durante una chiacchierata via zoom, il suo saggio riflette su «che cosa significa essere un qualcosa liberale: un democratico liberale, un socialista liberale, un nazionalista liberale, una femminista liberale, un ebreo liberale...».

 

Professor “Walzer”, perché «liberale» è diventato un aggettivo, come sostiene nel suo libro?

«Il liberalismo c'è ancora, ci sono persone che si identificano in esso.

 In Europa è una ideologia più vicina alla destra, ovvero quello che noi americani chiamiamo libertarismo:

il laissez-faire, l'orientamento al mercato, l'individualismo radicale.

 In America è un liberalismo in stile new deal, socialdemocratico. In ogni caso non è una ideologia singola e coerente, perciò credo sia più utile pensarlo come un aggettivo, che qualifica altre ideologie».

Per esempio?

«In democrazia, il governo è determinato dalla maggioranza popolare.

Ma i democratici liberali ci dicono che la maggioranza non può fare tutto ciò che vuole:

esistono dei limiti, definiti dai diritti umani e dalle libertà».

A quali valori si riferisce l'aggettivo «liberale»?

«Apertura mentale, scetticismo, ironia, non fanatismo, desiderio di andare incontro all'ambiguità, riconoscimento delle pluralità e delle diversità.

 Tutto questo, appunto, qualifica ideologie come la “democrazia”, il “socialismo e il “nazionalismo”».

Quella ad aggettivo non è una riduzione?

«Credo di no. È importante, perché le sue risposte sono importanti, tanto da qualificare ideologie diverse».

In America però il neoliberalismo esiste:

 spiega che è stato declinato sia dai “Tea Party”, sia nelle politiche di “Clinton e Obama”.

«In America, il neoliberismo è una ideologia economica orientata al mercato che è stata distruttiva e ha provocato l'ascesa del trumpismo».

Anche Clinton e Obama l'hanno favorita?

«Sì, anche loro: Clinton e Obama hanno abbandonato la classe lavoratrice, sono fuggiti... Hanno vinto le elezioni grazie alla classe media altamente istruita e alle minoranze; e questa è stata una strategia elettorale vincente, che ha avuto successo per un po', ma che ha alienato la vecchia base dal Partito democratico. E il trumpismo ha conquistato questa base».

Qual è la differenza fra democrazia liberale e illiberale?

 

«In quella illiberale, la maggioranza è incarnata da dei” líderes máximos”, che possono fare quello che vogliono.

La democrazia implica che ci siano dei contenimenti alla maggioranza, dei limiti ai poteri del governo, dei pesi e contrappesi, la separazione dei poteri.

E poi il riconoscimento dei diritti dell'opposizione, della libertà di espressione e di stampa, e l'idea che le maggioranze siano tutte temporanee:

 questa volta hai vinto ma, magari, alla prossima perderai...

Questi sono i vari strumenti della democrazia liberale».

Lei sostiene che la sensibilità liberale sia universale...

«Lo sappiamo perché i valori liberali sono sotto attacco dappertutto. L'atteggiamento è universale, poi i nomi che prende sono particolari:

 per esempio posso parlare di ebreo liberale, come di cristiano liberale, musulmano liberale o buddista liberale, perché se ne vedono anche versioni illiberali».

Se questi valori sono sotto attacco, sono anche da proteggere?

«Dovremmo vivere secondo questi valori, e discutere su che cosa significhino davvero, in un certo luogo e in un certo momento».

Lei però è famoso per la “teoria della guerra giusta”.

«Se non ci fossero altri mezzi disponibili, anche se rifletterei a lungo prima di usare la forza militare, sì.

Valori come quello dell'autodeterminazione dei popoli e dell'integrità del territorio nazionale sono difesi dall'Ucraina in questo momento, e sono dei valori base, liberali ma anche nazionali e democratici:

valori che devono essere affermati in casa propria, e anche militarmente, se si viene attaccati dall'esterno.

Non sono frettoloso a dire di sì a una guerra, ma credo che la loro sia giustificata».

Nel libro parla anche del movimento Woke.

 Dal punto di vista liberale come lo considera?

«Negli Stati Uniti, woke è un nome non del tutto chiaro:

generalmente significa molto consapevole dell'oppressione, molto sensibile all'insulto e molto desideroso di difendere le minoranze.

E queste possono essere istanze valide, fino a che non prendono una forma molto illiberale, che si traduce nel reprimere chiunque non sia woke, o non lo sia abbastanza.

E non provo nessuna comprensione per questo tentativo di negare il diritto di qualcuno di parlare, solo perché pensi che dirà qualcosa con cui non sei d'accordo...

Nel mondo molti vogliono ascoltare soltanto le persone con cui già sanno che concorderanno:

non è un atteggiamento liberale, è una imposizione».

È una forma di assolutismo?

«Sì, lo è. È il rifiuto di ammettere la possibilità che esistano altre visioni e posizioni politiche».

Nel libro scrive che gli aggettivi «assoluto e «liberale» non si sposano bene.

 

«Credo che non vadano d'accordo.

 Se sei a favore della “libertà di espressione”, e ne ammetti dei limiti, per esempio nei casi di incitamento alla violenza e all'odio, credo che quello che dovremmo fare sia metterci a discutere su quali siano questi limiti, di volta in volta; e forse scopriremo che non sono gli stessi, in luoghi diversi».

 

E la” cancel culture”, che pretende di riscrivere la storia?

«È una nuova forma di censura, che arriva sia da destra, sia da sinistra.

Nelle università americane, soprattutto da sinistra:

 gli studenti si rifiutano di ascoltare quelli con cui non sono d'accordo;

 in politica, soprattutto da destra:

 ci sono legislazioni statali che proibiscono i libri e i corsi scolastici che danno un resoconto reale della storia americana.

Sono molto, molto contrario a entrambe le versioni».

Chi sono i nazionalisti liberali?

«Questo è vostro, la versione italiana:

Giuseppe Mazzini è stato il primo di essi, e lo ha provato, sostenendo l'autodeterminazione degli altri popoli, oltre al suo.

Questo lo rende un nazionalista liberale.

 In Cina, per esempio, lo sarebbe un cinese che affermasse i diritti dei tibetani.

Il principio è:

è la nazione che viene dopo a costituire il test per le nazioni liberali.

 Il nazionalismo illiberale è, invece, quello di chi respinge i diritti altrui, ad accezione di quelli della propria nazione».

Dice di avere scritto questo libro per «speranza». Quale?

«Spero nel successo dell'aggettivo liberale nei diversi Paesi; spero in una politica decente, come si intitola il libro in originale».

Che cos'è lo scetticismo liberale?

«È un senso di incertezza rispetto alla vita politica:

 ci sono persone che pretendono di conoscere il corso della storia e che sono sicure di essere in marcia verso una fine che coincide con il destino...

Beh, forse non è così:

 forse quello che cerchiamo di realizzare sarà qualcosa per la quale combatteremo per sempre, forse è una visione che bisogna sempre inseguire e che non si è mai capaci di attualizzare del tutto».

Sostiene che ai ragazzi vada insegnato l'«empirismo critico».

Che cos'è?

«Nel mio Paese, e forse anche nel vostro, un gran numero di persone crede a cose che è chiaramente impossibile che possano essere vere, alle teorie complottiste e alle bugie dei demagoghi;

 perciò è importante che nelle scuole si insegni “l'empirismo critico”, ovvero imparare a capire quello che è evidente, che cosa significa e che cosa è una argomentazione coerente, e a porre domande critiche e a cercare le prove».

 

Lei dice che ci si concentra più su altre cose come l'identità, il genere sessuale, la diversità.

«Sono cose importanti, per esempio la storia americana va insegnata con onestà, per quanto riguarda la schiavitù e la discriminazione.

 Ma credo che si possa anche esagerare l'importanza della diversità e far concentrare troppo i ragazzi su ciò che hanno di diverso dagli altri, mentre bisognerebbe concentrarsi su ciò che hanno in comune».

Che cosa?

«Sono i futuri cittadini della società democratica: tutti hanno questa identità in comune, qualsiasi siano le loro diversità: e l'enfasi, secondo me, deve essere su questa cittadinanza comune».

 

 

 

Che cosa significa essere liberale.

Starmat.it – Michael Walzer - Bloc Notes di Michele Magno – (10 giugno 2023) – ci dicono:

(Il Foglio)

Che cosa significa essere liberale.

 

Il termine “liberale” è ottocentesco.

Entra nel linguaggio politico con le” Cortes di Cadice nel 1812”, in cui designava il partito delle pubbliche libertà opposto al partito “servil”, fedele al vecchio ordine assolutistico.

Nel Novecento i partiti che si richiamavano al liberalismo hanno occupato negli schieramenti parlamentari posizioni assai diverse: conservatrici, centriste, moderate, progressiste.

Secondo Benedetto Croce, tuttavia, il vero liberalismo non aveva bisogno di aggettivi per definire la sua dottrina.

 Il suo nome bastava a sé stesso “perché i liberali non potevano dividersi in conservatori o democratici, moderati o progressisti, essendo, per vocazione e per coerenza intellettuale, accomunati dalla missione comune di stabilire e far rispettare la libertà”

 (Taccuini di guerra. 1943-1945, Adelphi, 2004).

 

Di tutt’altro avviso è “Michael Walzer “nel suo ultimo libro, che in inglese si intitola” The Struggle for a Decent Politics: On ‘Liberal’ as an Adjective (“La lotta per una politica decente: ‘liberale’ è un aggettivo”), che si ispira a due testi che rendono omaggio proprio a questo aggettivo.

 Il primo è “Socialismo liberale” di Carlo Rosselli (1930).

Il secondo è” Liberal Nationalism” della studiosa e politica israeliana Yael Tamir (1995).

Ambedue modelli esemplari, rispettivamente, di un socialismo e di un sionismo non dogmatico, democratico e pluralista (Che cosa significa essere liberale, Raffaello Cortina Editore, aprile 2023).

 Ma chi è, oggi, un liberale?

È chi, risponde il professore emerito dell’”Institute for Advanced Study di Princeton”, non ha dimenticato l’accezione più antica del vocabolo.

 Essa alludeva a una vita vissuta nell’ozio in cui coltivare la mente;

 ma non l’ozio dei ricchi indolenti: semmai, un impegno dal passo lento e riflessivo nelle “arti liberali” e nell’apprendimento della cultura classica.

Il gentiluomo di una volta non era soltanto il detentore di un certo rango nella gerarchia sociale, ma anche e soprattutto una persona di modi gentili e mente curiosa.

 Per Walzer, pertanto, oggi i liberali sono meglio descritti in termini morali anziché in termini politici o culturali: è liberale chi non è fanatico e settario, ma altruista e tollerante, qualunque sia la sua ideologia e la sua religione.

Una sensibilità descritta magistralmente da poeti come la polacca “Wislawa Szymborska”, l’israeliano “Yehuda Amichai” e tre americani: “Philip Levine”, Philip Schultz” e “C.K. Williams”.

Sono loro cinque “ad avermi insegnato qualcosa sulla compassione, sull’umorismo e sull’ironia gentile che si accompagnano all’aggettivo ‘liberale’, ma che non escludono la rabbia e un feroce realismo”.

Come traspare anche da questo brano, il libro di Walzer non è un trattato accademico.

Le sue pagine non hanno nulla di sistematico; sono disseminate di racconti, aneddoti, riflessioni, riferimenti storici, citazioni raccolte nel corso di una vita di letture.

Tutte si propongono di dimostrare che il “liberalismo del New Deal” è la versione statunitense del liberalsocialismo europeo, e non un radicalismo estremista.

Lo testimonia il modo con cui egli affronta il tema controverso della meritocrazia, che anche in Italia è al centro di un aspro dibattito.

 Dal punto di vista dell’eguaglianza, non c’è nulla di sbagliato -sostiene Walzer- nell’assegnare posizioni nei servizi pubblici, in un’università o in un ospedale, a uomini e donne di talento e competenti, presupponendo una procedura di selezione non corrotta dal denaro o dal potere, dalla razza o dal sesso.

Anche se occorre sempre guardarsi da quella che Shakespeare chiamava “l’insolenza della carica”.

Lo stesso vale per chi si candida a una funzione di governo, e promette che le proprie capacità miglioreranno il paese.

Devono essere gli elettori a decidere se l’affermazione è fondata.

Ma non si dovrebbe mai prendere in considerazione niente di simile all’idea di John Stuart Mill, e cioè di dare un doppio voto a chi è laureato in quanto le sue conoscenze lo rendono politicamente più saggio.

Non è così: “Conosco persone molto istruite che sono degli idioti politici. Le persone colte dovrebbero essere rispettate nei propri campi, dove il loro sapere è pertinente, ma non altrove, dove non lo è”.

In “Sfere di giustizia” (1983),” Walzer “scriveva:

“Questa è l’eterna speranza nominata dalla parola eguaglianza: mai più inchini e prostrazioni, mai più adulazioni e servilismi, ma più altezza e eccellenza, mai più servi e padroni”.

Ma quanta diseguaglianza è compatibile con una società giusta?

Quarant’anni dopo ritorna su quella speranza con argomenti che forse risulteranno indigesti alle sinistre “pauperiste”.

 Se un imprenditore di successo -sottolinea Walzer- può permettersi una vacanza più costosa della mia, la differenza di reddito non è un’offesa a un malinteso egualitarismo.

Se invece può acquistare cure mediche a me inaccessibili, questo è ingiusto.

Avere più soldi di un altro non è un crimine.

Non si dovrebbe poter comprare un giudice, un senatore, o (auspicabilmente) armi ad alto potenziale offensivo, o cibi contaminati.

E il mercato va certamente regolato.

Ma “non ho mai compreso la critica della sinistra al consumismo, come se ci fosse qualcosa di sbagliato nel fare acquisti o nel desiderio di cose belle.

 […] Mio padre gestiva una gioielleria e mi raccontò storie di famiglie di operai siderurgici che venivano a comprare una collana o un braccialetto per le loro figlie sedicenni: erano acquirenti orgogliosi.

Una conquista che in troppi a sinistra non apprezzano”.

La prima ragione dell’ostilità di “quei troppi” verso il mercato è stata sempre quella che il profitto, e le tecniche adottate per accumularlo, incentiverebbero una concezione materialistica del benessere, inducendo consumi futili e volgari.

 Ora, può anche essere deplorevole che nelle stazioni di servizio sulle autostrade si vendano più cassette di canzoni atroci che di musica classica, o che la tiratura dei rotocalchi pettegoli superi quella delle riviste letterarie.

 Poiché del passato si salva per fortuna la memoria dei letterati e dei musicisti, e non quella dei pettegolezzi e delle canzonette usa e getta, viene da immaginare che lo sviluppo capitalistico abbia provocato un involgarimento dei costumi.

Ciò deriva dal fatto che fino all’età moderna, ossia all’età in cui il capitalismo si è sposato con la democrazia, le élite sociali e culturali sono state il soggetto dominante della storia.

 Soltanto la rivoluzione industriale e la rivoluzione democratica hanno portato in primo piano i gusti e i consumi delle masse.

 Sarebbe senz’altro desiderabile che esse mostrassero gusti colti e costumi raffinati, ma il compito di svilupparli spetterebbe più al sistema educativo che ai capitalisti.

Walzer dedica uno dei capitoli più originali del suo volume alle “femministe liberali”, in cui tiene in gran conto l’opera della neozelandese “Susan Moller Okin”, nota soprattutto per aver posto l’accento sulla giustizia all’interno della famiglia e per la sua critica al multiculturalismo.

 (Le donne e la giustizia. La famiglia come problema politico, Dedalo, 1999).

Alcune religioni impongono codici di abbigliamento alle donne, denuncia Okin, per limitare la loro libertà al di fuori della famiglia e per rafforzare le restrizioni che subiscono all’interno della famiglia.

Per altro verso, gli sforzi per proibire particolari capi di vestiario, per esempio il velo in Francia, sembrano soltanto aumentare il numero delle donne che scelgono di indossare ciò che è vietato -magari più per solidarietà che per convinzione.

 Più leggi, insomma, comportano più veli e più corpi coperti.

Con una possibile eccezione, aggiunge Walzer: il burqa musulmano.

Non solo perché nasconde l’identità negli ambienti legali -allo sportello passaporti, nei tribunali- che richiedono il volto scoperto.

Ma anche perché in una democrazia liberale l’inimitabile sé di ciascuno dovrebbe essere mostrato senza vincoli tanto in pubblico che in privato.

Il che non implica vietare il burqa, ma soltanto garantire alle donne che possono toglierlo quando vogliono.

 Peraltro moltissime donne credenti, negli Stati Uniti e in altri paesi, si stanno attivamente opponendo alla discriminazione dall’interno delle proprie comunità, cercando nei testi sacri nuove interpretazioni a favore della parità di genere.

La differenza è un valore, ma lo è ancora di più quando è espressa dalle donne stesse.

Ogni volta che le donne lottano contro la subordinazione all’altro sesso, le autorità statali non dovrebbero fare altro che salvaguardare i diritti democratici che rendono possibile tale lotta.

David Ben Gurion nel 1958 rivolse a una cinquantina di intellettuali, i “Saggi di Israele”, una cruciale domanda: Chi è ebreo?

Il quesito all’epoca assunse un carattere di estrema urgenza a causa della cosiddetta “Legge del ritorno”, la norma che, in contrasto con la tradizione talmudica (Halakhah), consentiva anche a chi non era figlio di madre ebrea o a chi non aveva completato il percorso di conversione di ricevere la cittadinanza israeliana.

 La risposta (maggioritaria) degli studiosi fu che non era necessario porre la domanda poiché la religione dice che solo il figlio di una madre ebrea è un ebreo.

 Classe 1935, ebreo newyorkese, studente di una università ebraica, la “Brandeis”, Walzer era ovviamente molto interessato alle accese discussioni che animavano la Knesset, in particolar modo sull’accettazione dei figli dei matrimoni misti, ossia di madre non ebrea.

Nel 1957 si era imbarcato con la moglie su una nave diretta a Haifa.

Unici passeggeri paganti, gli altri erano rifugiati egiziani che avevano lasciato il loro paese dopo la crisi di Suez del 1956, e rifugiati polacchi costretti all’esilio dopo che le riforme di Gomulka avevano reintrodotto l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali.

Gli egiziani erano ebrei ortodossi, i polacchi erano ebrei comunisti.

Il viaggio lo convinse che perfino la vecchia massima “Anche un ebreo che commette peccato rimane sempre un ebreo” esprimeva un orientamento liberale.

E infatti negli Usa gli “ebrei non tradizionalisti” si erano schierati in prima linea a sostegno dello Stato laico creato dai padri fondatori.

 George Washington, in una lettera del 1790 alla congregazione ebraica di Newport, aveva solennemente dichiarato che “una classe di cittadini non gode dell’esercizio dei propri diritti naturali in virtù dell’indulgenza di un’altra classe di cittadini”.

L’ebreo, come ogni cittadino americano, si sarebbe “seduto sicuro sotto la propria vite e il proprio fico, e non ci sarebbe stato nessuno a spaventarli”.

Il temperamento dell’ebreo liberale, osserva inoltre Walzer, mal si concilia con una concezione “lacrimosa” della storia del popolo dell’Alleanza.

Perché essa è anche una storia di coraggiosa innovazione, di creatività intellettuale, di sopravvivenza collettiva contro ogni avversità.

La maggior parte degli americani pensa che i liberali di qualunque fede votino Partito democratico, anche se ci sono repubblicani che rispettano la Costituzione, credono in una magistratura indipendente, si sentono a proprio agio in una società laica e pluralista.

Ma, si chiede da ultimo il filosofo americano, come applichiamo l’aggettivo “liberale” a figure storiche che incarnano quelle che oggi consideriamo contraddizioni radicali?

“Voltaire” si batteva coraggiosamente per la libertà religiosa dei protestanti nella Francia cattolica, ma era razzista e antisemita.

 “Thomas Jefferson” fu uno dei redattori della “Dichiarazione di Indipendenza del 1776”, ma aveva degli schiavi.

 John Stuart Mill condannava ogni tentativo dello Stato di limitare la libertà di opinione, ma appoggiò il colonialismo con una visione paternalistica delle nazioni “meno avanzate” dell’Inghilterra.

O, ancora, molti esponenti del pensiero liberale (non però Mill) davano per scontata l’inferiorità delle donne.

 La loro reputazione è stata messa di recente sotto accusa.

 È diventato di moda rimproverare le colpe dei nostri antenati.

Walzer, con la garbata ironia che gli è consueta, si prende gioco di questa deriva inquisitoria.

E lo fa servendosi di un versetto della Bibbia su Noè che recita:

“Era un virtuoso tra la sua generazione”.

 Era, cioè, un uomo virtuoso nel suo tempo, non un virtuoso per tutte le stagioni. Tra i suoi contemporanei, era un buon cittadino.

Così come, nella loro epoca, “Voltaire era un filosofo liberale”, “Jefferson un repubblicano liberale” e “Mill un liberale puro”.

Mentre non è mai esistita né può esistere una “teocrazia liberale”, ovvero un governo liberale di sacerdoti, rabbini, imam, ayatollah.

Chi parla in nome di Dio è intollerante nei confronti del dissenso.

 Più in generale, lo scetticismo liberale non va d’accordo con l’onniscienza divina, né l’ironia liberale con l’onnipotenza divina.

 Né può esistere una versione del razzismo che sia liberale -e lo stesso vale per l’antisemitismo, l’islamofobia, la misoginia e l’omofobia.

Il fanatismo e l’odio non hanno declinazioni liberali.

Di contro, ci sono stati democratici razzisti e socialisti antisemiti. Tanto che uno dei leader della socialdemocrazia tedesca,” August Bebel”, nel 1893 definì l’antigiudaismo come il “socialismo degli imbecilli”.

Possono esserci anticomunisti liberali, ma durante la Guerra fredda ci fu un anticomunismo viscerale, rappresentato dal senatore “John McCarthy,” e alcuni intellettuali liberali esitarono a condannarlo.

 Mentre gli intellettuali liberali non dovrebbero avere alcuna esitazione a dire non soltanto la verità al potere, ma sempre e soltanto la verità.

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