L’individuo in un mare di guai.
L’individuo
in un mare di guai.
La
catena psicologica.
Conoscenzealconfine.it
– (9 Agosto 2023) - Luca Nali – ci dice:
Il
Sistema prima
di perpetrare un condizionamento crea il personaggio su cui infierire, e lo fa
con una tecnica particolarmente subdola ma allo stesso tempo anche
particolarmente facile da vedere.
Viviamo
una nostra esperienza totalmente finalizzata alla creazione di emozioni che fin
tanto sono di nostro dominio sono funzionali.
Ma non
possiamo mai sottovalutare che di queste emozioni qualcuno si nutre e che di
fatto dovremo sempre impedirne il controllo o cederlo ad altri per una nostra
negligenza o superficialità.
La
nostra sottomissione inizia dal definirci in un ruolo che noi assecondiamo e
addirittura alimentiamo con orgoglio e identificazione.
Faccio
un esempio:
quando qualcuno ci ha definito “proletari”, in
definitiva si è creato l’orgoglio operaio e di conseguenza quello proletario
che in ultima analisi è la definizione della bestia, con tutto il rispetto per
gli animali ovviamente.
L’animale
per sua definizione vive in funzione dei suoi istinti e tra le gioie c’è quella
di prolificare.
Ma se questa condizione viene attribuita ad un
essere umano direi che si possa tranquillamente affermare che si tratta di una
forzatura intesa e indotta ad abbassare il livello delle nostre facoltà e
dignità.
Esiste
un sistema che sembra essere orchestrato, e di fatto lo è, che prima di
perpetrare un condizionamento crea il personaggio su cui infierire, e lo fa con
una tecnica particolarmente subdola ma allo stesso tempo anche particolarmente
facile da vedere.
La
tecnica è la seguente: noi ci determiniamo per effetto di una reazione ad una
provocazione.
Mi aiuterò con degli esempi:
se
vengono proposte delle cure preventive o diagnosi preventive e io vi partecipo,
automaticamente nella mia personalità entra anche un po’ di “malattia” e di
conseguenza diverrò malato.
Solo come condizione, per il momento, ma di
fatto la mia energia e attitudine sarà quella.
Oppure,
se parlo del clima e del suo stravolgimento per effetto del “nostro”
inquinamento, naturalmente mi sentirò un po’ sbagliato e di conseguenza
accetterò una progressione di moniti e divieti anche se privi di senso.
Non
dico che sia sempre così per chiunque, ma per molte persone funziona proprio in
questa maniera.
Non
dobbiamo mai dimenticare che quando veniamo a conoscenza delle loro nefandezze,
noi assurgiamo alla condizione di pusillanimi, perché di fatto non possiamo
impedirlo.
Entriamo a far parte del loro mondo dove alla fine
però loro sono sempre egemonici nei nostri riguardi.
Nel
preciso momento in cui pensiamo di essere informati, simultaneamente creiamo
uno sgomento tutto nostro a cui di fatto non c’è rimedio se non per l’illusione
di porvi rimedio facendo cose totalmente prive di senso come manifestare o
indignarsi.
Mi
auguro che sia chiaro il motivo per cui se noi veniamo a conoscenza di ciò che
fanno, questo non procura alcun vantaggio nelle nostre vite, anzi alimentiamo
il loro potere e automaticamente verremo relegati al rango di schiavi.
Le
contromisure riusciremo a trovarle solo se giocheremo al gioco della vita
secondo le nostre regole non nel tentativo di aggirare le loro condizioni.
Pensate
al motivo per cui il loro impiego di strumenti e mezzi per informarci per mano
di TG e “falsa contro informazione” sia così curato e massiccio.
Prendetevi tutto il tempo che volete, non
rispondete di getto…
(Luca
Nali)
(t.me/INZAIONLELIVE)
Mac Gregor:
Gli Stati Uniti Stanno
Cercando
una Via d’Uscita,
Incolpando
l’Ucraina per la Sconfitta.
Conoscenzealconfine.it
– (8 Agosto 2023) – Douglas Mac Gregor – Regnum.ru – ci dice:
Il
governo americano sta cercando modi per riprendersi dal suo fallimento
incolpando l’Ucraina di tutto.
Questa
conclusione è stata raggiunta in un’intervista sul canale “YouTube”, “Douglas
Mac gregor Straight Calls”, da l’ex consigliere del capo del Pentagono, il
colonnello “Douglas MacGregor”.
(Washington, 6 agosto 2023 – IA Regnum).
Gli
ufficiali dell’amministrazione statunitense stanno cercando privatamente un
modo per dissociarsi in qualche modo, dicendo:
“beh,
guarda, abbiamo fatto tutto il possibile, abbiamo dato tutto a questi ucraini,
ma non hanno potuto fare nulla, quindi ora è loro il problema” – hanno detto.
Secondo
McGregor, questo indica un cambiamento nelle menti degli americani, anche se la
Casa Bianca è riluttante ad ammettere che l’Ucraina è diventata un disastro per
gli Stati Uniti.
L’esperto
ha aggiunto che Washington ha commesso un errore sottovalutando la Russia e
sacrificando l’intera nazione ucraina.
Ora
gli Stati Uniti stanno cercando di elaborare diversi modi per uscire dalla loro
situazione attuale.
Una di
queste direzioni per coprire il disastro sarà incolpare gli ucraini di tutto e
scappare, ha concluso Mac Gregor.
Come
riportato da” IA Regnum”, in precedenza negli Stati Uniti hanno riconosciuto
il fallimento su larga scala della controffensiva delle forze armate ucraine,
che non ha fatto nulla per il regime di Kiev.
Secondo
l’ex consigliere del capo del Pentagono, il colonnello in pensione dell’esercito
americano Douglas Mac Gregor, la NATO ha costretto gli ucraini a combattere in
condizioni simili alla seconda guerra mondiale, cosa che ha portato a un numero
così elevato di perdite.
Dall’inizio
del conflitto, le Forze Armate dell’Ucraina hanno perso 400mila persone, ma l’Alleanza
Nord Atlantica” continua a spingere Kiev verso un’offensiva suicida.
Mikhail
Podolyak, consigliere del capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina, ha
affermato che le forze armate ucraine stanno vivendo una significativa carenza
di armi.
A Kiev
sono attesi altri razzi occidentali e munizioni di grosso calibro e c’è carenza
di attrezzature per lo sminamento.
Le
autorità vogliono un forte aumento della capacità dell’Ucraina di riparare
rapidamente i veicoli blindati.
(Regnum.ru)
(Traduzione:
Sergei Leonov)
(controinformazione.info/mcgregor-gli-stati-uniti-stanno-cercando-una-via-duscita-incolpando-lucraina-per-la-sconfitta/)
IL
TOTALITARISMO È IN METASTASI.
Comedonchisciotte.org
– Paul Craig Roberts - Redazione CDC – (09 Agosto 2023) – ci dice:
Gli Stati
Uniti stanno rapidamente diventando una società totalitaria oppressiva.
Il totalitarismo che sta travolgendo l’America
non si basa sull’imposizione del governo come nel romanzo 1984 di George
Orwell.
È
imposto dalle principali istituzioni della società, come l’American Board of
Internal Medicine, la Chase Bank, le università, i media, il Partito
Democratico, i consigli scolastici, le aziende.
Gli
americani si trovano di fronte alla dura realtà che le principali istituzioni
della loro società non credono più nella Costituzione degli Stati Uniti e nelle
libertà civili che essa protegge, come il pensiero indipendente, la libertà di
parola e lo stato di diritto.
Oggi in America la legge è un’arma con cui
colpire chi non sostiene le narrazioni ufficiali.
La perversione viene normalizzata.
La maggioranza bianca americana viene
demonizzata, derattizzata e criminalizzata.
Le
dottrine del “razzismo preventivo” e della “teoria critica della razza”
dichiarano che tutti i bianchi sono razzisti, il che costituisce un reato di
fatto, se non ancora di diritto.
In
altre parole, la tendenza totalitaria del governo si è diffusa in tutta la
società.
La
popolazione bianca non si rende conto che questo è accaduto e che è diretto a
loro.
Nessuno
è al sicuro.
Nemmeno
il Presidente Trump.
Nemmeno
i più illustri scienziati e medici.
E certamente non i giornalisti che dicono la
verità come Julian Assange.
Se
Assange verrà condannato, la sua condanna creerà il precedente legale secondo
cui dire la verità è un reato penale.
La
costruzione della nostra prigione sarà completa.
(Paul
Craig Roberts)
L’EUROPA
È FINITA!
Comedonchisciotte.org
- Megas Alexandros - Fabio Bonciani – (09 Agosto 2023) – ci dice:
Il
momento storico è certamente di quelli da definirsi epocali, se il futuro nuovo
che ci aspetta sarà migliore o peggiore, questo solo Dio lo sa.
E
molto dipenderà dalla quantità di umanità presente nei cromosomi di quelli che
saranno i nuovi poteri che sono in procinto di conquistarsi il diritto di
condurre il nuovo mondo che sta per nascere e le vite di coloro che lo
popolano.
Una
cosa però è certa e parafrasando con parole forti, ma certamente non fuori
luogo, la famosa frase che “Tommaso Buscetta” sbatté in faccia a “Totò Riina”,
durante il loro, ormai famoso confronto nel “Maxiprocesso alla Mafia”:
L’Europa
è finita!
Buscetta
aveva ragione, quando gridò a Riina che la Mafia, così come lo era nei loro ideali,
era finita.
Gli
anni avvenire ci hanno dimostrato come il potere mafioso, da sempre fulcro del
sistema di potere che giace nel nostro paese, abbia abdicato nei confronti di
quel potere piduista di stampo massonico, per assumerne in modo subalterno il
ruolo di “braccio armato”.
Gli
ideali, seppur malsani, ma attenti all’onore ed al territorio dei mafiosi di un
tempo, hanno lasciato il posto alla selvaggia diabolicità dei massoni deviati
odierni, che non guarda in faccia a niente ed a nessuno, eccetto che
all’accumulo infinito della ricchezza personale ed al controllo totale della
vita altrui.
Sono i
poteri che impossessatosi delle nostre istituzioni, un tempo democratiche,
trasformando il nostro paese in una vera e propria oligarchia a tinta perfettamente
massonica, ci hanno prima condotto ed oggi ci tengono ben stretti dentro la
gabbia dell’Euro.
L’Euro,
una moneta coloniale da sempre pensata ed esclusivamente funzionale a quello
che è il vero obiettivo per cui è stata realizzata:
saccheggiare
nazioni e popoli.
Il
cinque per cento di quei poteri europei che per trenta anni hanno creduto di
poter vivere all’infinito di magheggi finanziari, comodamente seduti sui divani
delle loro suite – certi che per mangiare sarebbe stato sufficiente spolpare
all’infinito il restante novantacinque per cento di chi abita e lavora nel
continente – oggi si ritrovano con una Europa che non produce più niente e
drammaticamente non autosufficiente in quanto ad energia e prodotti di base
provenienti dalla terra, per mancanza di spazi nella coltivazione.
L’Europa
che per ben oltre duemila anni è stata indiscutibilmente il centro del mondo,
da dove sono partiti eserciti per conquistare le ricchezze di nazioni e
continenti interi, contribuendo sempre più spesso anche a trasferire in quei
luoghi le idee più malsane che caratterizzano questi poteri, oggi è al
capolinea! I suoi poteri sono al capolinea!
Sorrido,
di fronte alla classica frase, da sempre sulla bocca della maggioranza, che
indicano gli Stati Uniti, come il burattinaio che tira i fili dell’Europa.
Dimenticare
la storia è forse statisticamente parlando, l’errore più volte commesso dagli
uomini di buona volontà!
Sono
stati gli europei a colonizzare le Americhe ed importare alla Casa Bianca, fin
da dentro le stive delle caravelle di Cristoforo Colombo, quella cultura
massonica tipica europea, laddove fino ad allora comandavano gli indiani con i
loro riti e le loro tribù.
Il
deep state americano così come si è evoluto negli ultimi centocinquanta anni,
raggiungendo i suoi massimi livelli di disumanità con i global-dem al governo,
è certamente frutto dell’influenza e di un progetto di potere nato in Europa.
Con uomini europei appartenenti ben piazzati
nel fulcro del potere a Washington.
Sarebbe
sufficiente uno studio attento dell’albero genealogico di ogni figura che ha
ricoperto la carica di presidente degli Stati Uniti negli ultimi centocinquanta
anni, per comprendere come ognuna di esse sia originata ed appartenente ai
poteri europei.
Una su
tutte, quella dell’indimenticabile presidente ucciso a Dallas, John Fitzgerald Kennedy – figlio di
Patrick Joseph Kennedy, un massone di origini irlandesi.
Uomo
pronto a tutto e di più per assecondare la sua sete di potere e le volontà dei
poteri a cui aveva giurato diabolica devozione con il sangue.
Ammiratore
di Hitler e con moderati sentimenti antisemiti, pensate, arrivò persino a
sottoporre la figlia Rosemary ad un intervento di lobotomia, perché considerata
troppo intraprendente coi ragazzi.
Un
intervento, che Joseph tenne nascosto al resto della famiglia e ridusse la
ragazza allo stato vegetativo in cui è sopravvissuta fino all’età di 86 anni.
Nonostante
tutti i depistaggi e la verità tutt’ora ben nascosta, oggi il mondo intero è
ben cosciente del motivo per cui John Kennedy fu ucciso.
Nessuno
esce in piedi dal rinnegare il patto massonico, e la pistola fumante la
ritroviamo nell’ultimo discorso che Kennedy fece alla nazione poco prima di
venir ucciso.
Un discorso dove il presidente chiedeva aiuto
al popolo americano per mettere alla sbarra tutte le società segrete che di
fatto guidavano dal profondo il paese.
Dunque,
non prendiamoci in giro:
il potere diabolico che oggi sta distruggendo
le nostre vite e nei decenni passati ha distrutto quelle di molti popoli in
giro per il mondo, a partire da quelli africani, nasce in Europa.
Semmai
potremmo discutere dove, all’interno del continente, questi abbia la sede
principale, ma nessun dubbio dobbiamo avere sulla sua origine genealogica.
Certo,
Roma in quanto capitale dell’Italia, per la sua storia millenaria e soprattutto
per essere stata scelta come la sede mondiale della religione cristiana, non
può certo giocare un ruolo secondario all’interno di quelle famiglie che
detengono il potere nel tempo.
I
segnali che, dopo millenni, un nuovo potere pare essere pronto a stringere il
cappio al collo all’Europa ed a queste famiglie, oggi sono abbastanza evidenti.
L’immobilità
dei militari americani di fronte alla de-dollarizzazione in corso è un indubbio
segnale.
Mai, fino ad oggi, i governi degli Stati Uniti
erano stati fermi di fronte a chi minacciava la santità del dollaro, Saddam
Hussein e Gheddafi ne sanno qualcosa.
Le
selvagge manovre sui tassi, intraprese dopo decenni di necessaria calma piatta
per sostenere una moneta senza Stato (l’Euro), e l’apparente disallineamento
della Fed nel sostenere da sempre una parità artificiale tra dollaro ed euro,
sono un altro evidente segnale che molto probabilmente a Washington non siedono
più gli stessi poteri.
Se a
questo aggiungiamo le massicce politiche fiscali espansive che i governi Usa da
Trump in poi stanno mettendo in atto, per riposizionare il loro sistema economico
verso l’economia reale a discapito di quella finanziaria in contrapposizione
alle politiche austere tutt’ora in essere in Europa, pare ancora più chiaro che
oltreoceano le cose stiano cambiando.
Gli
USA negli ultimi due, forse tre anni, di fronte ad eventi storici, stanno
giocando un ruolo ambiguo, che però di fatto collima con quelle che invece sono
le mosse chiare ed esplicite delle due altre potenze mondiali rappresentate da
Cina e Russia.
Gli
Sati Uniti ed il loro presidente fantoccio Biden, apparentemente al fianco
della UE nel conflitto in Ucraina, all’interno del Patto Atlantico
rappresentato da una NATO sempre più in declino sul fronte internazionale, di
fatto ha sempre usato la tattica dell’armiamoci e partite, facendo mettere la
faccia a Draghi e co. e rimetterci le penne ai popoli europei, che sono oggi i
soggetti maggiormente colpiti dalle sanzioni messe in atto contro la Russia.
E
mentre tutti gli analisti stanno correndo ai ripari per correggere al rialzo le
loro nefaste previsioni di crescita nei confronti di Mosca, l’Eurozona, al
contrario è entrata in quella che viene definita una recessione tecnica, stante
il fatto che il prodotto interno lordo complessivo, ha fatto segnare una variazione
congiunturale negativa per due trimestri consecutivi.
Nei
giorni scorsi anche il Fondo monetario internazionale ha dovuto alzare bandiera
bianca di fronte all’evidenza, rivedendo le sue previsioni sulla crescita della
Russia più che raddoppiandole da + 0,7% a + 1,5%.
“La
disoccupazione del paese è vicina al minimo storico e quest’anno i salari reali
sono cresciuti costantemente, mentre le fabbriche statali e le aziende private
competono per la manodopera scarsa”, si legge in un’analisi del quotidiano
statunitense New York Times.
E non
come d’incanto ma perché, come sostengo da sempre, una forte spinta alla
crescita dell’economia russa, è stata data dalla imponente spesa statale,
aumentata del 50%, per sostenere la guerra.
L’inatteso
boom per molti, ma non per chi vi scrive, ha costretto anche la banca centrale
russa guidata da “Elvira Nabiullina”, sinora particolarmente prudente nelle sue
previsioni, a rivedere in modo deciso le previsioni sul Pil per il 2023, atteso
in crescita fino al 2,5%.
Stesso
discorso vale anche per gli USA con un Pil che nel primo trimestre del 2023
cresce del 2% ed un tasso di disoccupazione in forte calo.
Anche
in questo caso, hanno contribuito in modo determinante i massicci deficit
governativi che hanno raggiunto persino il 9% del Pil.
Per
non parlare del colosso cinese, dove la crescita del Pil per gli stessi
periodi, va ben oltre il 6%, pur in presenza di un taglio significativo (4,9%)
delle esportazioni. Tutto perfettamente in linea con la nuova politica messa in
atto ormai da tempo dal presidente cinese Xi Jinping che vede il governo
concentrare i propri sforzi fiscali sulla domanda interna.
Come
vedete, nel resto del mondo di fame non si muore e nemmeno si passano le notti
insonni per rincorrere le rateizzazioni per mutui e bollette.
E se a questo aggiungiamo che anche nelle
terre coloniali africane – dove i poteri europei da sempre hanno
spadroneggiato, ed oggi si mangia, grazie agli accordi sul grano di Putin –
sono in atto vere e proprie rivoluzioni per cacciare i coloni, con l’esercito
USA fermo a guardare, beh….. credo proprio che per l’Europa e chi la comanda le
ore siano pressoché contate.
(Megas
Alexandros – Fabio Bonciani)
L’ITALIA
NON ESISTE, MA
GLI
ITALIANI CI SONO DA SEMPRE.
Comedonchisciotte.org - Jacopo Brogi – (07
Agosto 2023) – ci dice:
Animali
sociali strani, questi italiani. Così diversi ma così uguali.
Sul
1861 possiamo dire tanto e anche di più:
l’Unità
la volevano più o meno tutti, tranne il popolo.
E
allora, secondo qualcuno molto importante, bisognava “farli” questi italiani,
dopo aver ingegnerizzato e assemblato “l’Italia”.
Eppure
esiste da millenni:
uno
stivale ficcato lì, nel mezzo al Mare nostrum, quel Mediterraneo culla della
civiltà e forse del mondo, per come lo conosciamo noi.
Lo
storico e saggista Loreto Giovannone parla dell’Unità come “Primo Grande
Reset”:
la
guerra di annessione sabauda per conto terzi, il Regno dei Borbone annientato e
saccheggiato, il ricco Meridione condannato al sottosviluppo e alla
sopravvivenza; a serbatoio di manovalanza e intelletto a basso costo, per
arricchire un nord che oggi è colonia industriale della Germania euroatlantica.
Animali
sociali strani, questi italiani.
Che
per secoli hanno insegnato al mondo cos’è la Cultura, anche quella del comando.
Divide et impera e Panem et Circenses.
Da Roma antica a Londra, fino alla Washington
contemporanea, il passo è enorme, ma anche breve.
Se la
Grecia ci ha insegnato a Pensare, l’Italia ci ha insegnato a subire il Potere.
E
purtroppo è così.
Costretti in una prigione dorata fatta a
stivale, dove c’è tutto il ben di dio del mondo, arenato nella Storia:
pesa
troppo, talmente tanto da cristallizzare sempre ciò che è, negando perennemente
spazio a ciò che invece, potrebbe essere.
Se
Roma era Caput Mundi, oggi non è detto sia diverso.
Anche se noi non ce ne accorgiamo. Siamo
sconfitti, occupati, colonizzati, depressi – al solito – e convinti a non
muovere paglia che dio (o il Principe di turno) non voglia.
Chissà
com’è vivere in una nazione che può bacchettare una multinazionale, esercitare
politiche autonome e indipendenti per il proprio popolo.
Magari non esiste da nessuna parte, forse non
c’è mai stato, un Paese così.
Chi è
di qui, non può saperlo, perché non l’ha mai vissuto. Ed è impossibile. Anche
solo pensarlo.
Quale
indipendenza? E da chi?
Il
Paese più bello, gestito dai peggiori. Agli ordini, occupato e colonizzato non
dai forti, ma dai più prepotenti.
Animali
sociali strani, questi italiani.
Così diversi, così omologati; così
individualisti ma pacifisti; Passivi, ma creativi. Indolenti, ma appassionati;
tanto istrionici, quanto ipocriti. Adattivi.
I più
ingegnosi del mondo tanto da farsi inventare un’Italia altrui, che non è mai
esistita.
Ma gli
italiani ci sono da sempre.
(Jacopo
Brogi)
(sovranitapopolare.org/2023/07/26/litalia-non-esiste-ma-gli-italiani-ci-sono-da-sempre/)
(Questi sbarbatelli degli americani
ora ci vengono a dire che l’Italia deve diventare solo una colonia adibita ad
ospitare gli africani. Purtroppo per loro, hanno sbagliato il recapito! N.D.R.)
Per la
sua sicurezza e sopravvivenza,
la
Cina deve capire
il
sionismo Rothschild.
Unz.com
- RICHARD SOLOMON – (11 OTTOBRE 2022) ci dice:
Oswald
Spengler aveva ragione?
Ci stiamo avvicinando alla fine della civiltà
occidentale o almeno a quell'Occidente che conoscevamo?
Forse
il presidente russo Putin ne conserverà un pezzo, come i monaci irlandesi che
trascrissero e nascosero le opere di Aristotele e Platone durante le invasioni
vichinghe.
Escludendo
un'apocalisse di Mad Max, sembra che la Cina sia pronta a svolgere il ruolo di
influencer globale.
Se
accettiamo questa premessa, allora che tipo di Cina?
Il
piano sionista Rothschild sembra implicare il succhiare l'ultima goccia di
sangue dal cadavere letale ambulante dell'Impero degli Stati Uniti e, dopo il
totale disseccamento, passare a un nuovo ospite. Cina.
Immaginate
il sistema bancario internazionale e il sionismo Rothschild al timone delle
fantastiche rotte militari cinesi, del commercio globale, dell'innovazione
scientifica e della capacità manifatturiera.
Un paesaggio infernale di “Hieronymous Bosch”,
sia per la Cina che per il pianeta.
Ma non
saltare ancora.
Un'inattaccabile
montagna di granito si frappone tra l'insaziabile gigantesca idra della finanza
globale e il dominio totale del mondo.
Quella
montagna è la Cina, con il presidente Xi in piedi al suo vertice. Con la sua
vasta potenza, la più grande minaccia della Cina non viene dall'Impero degli
Stati Uniti e dagli eserciti vassalli che si ammassano fuori dalle sue porte, ma internamente dai traditori delle
cellule dormienti controllate dai sionisti Rothschild che aspettano
pazientemente il momento opportuno per colpire.
Per
garantire la sua sopravvivenza culturale ed esistenziale, la Cina deve
scandagliare il sionismo Rothschild come il boscaiolo nel suo sacco a pelo
scandaglia la vipera arrotolata intorno alla caviglia.
La mossa sbagliata significa addio.
Ai
fini di questo articolo, definisco il sionismo Rothschild nella sua attuale
incarnazione, come la fusione di Wall Street (famiglie mafiose ebraiche globali delle
banche) e della lobby israeliana, insieme alle loro organizzazioni affiliate,
agenzie, think tank, reti di spionaggio, società e agenti.
Non
includo in alcun modo ebrei retti, piccoli ebrei innocenti o bellissimi ebrei
creativi in questo.
Amo quegli ebrei. Ai fini della piena
divulgazione, mi identifico come ebreo ebraico israelita, ebreo o K!ke (per
compassione per le vittime arrabbiate del PTSD indotto dai Rothschild).
Molti
nella destra reazionaria usano il termine generico "ebrei" quando si
riferiscono al sionismo Rothschild (o all'ebraismo internazionale).
Non
sono d'accordo con questa pratica, poiché credo che porti al razzismo
irrazionale (l'opposto di proteggere e o celebrare il proprio popolo, la
cultura della razza).
Attraverso
l'amara esperienza, la Cina comprende le conseguenze dannose del razzismo
irrazionale.
Se
visti attraverso la lente clinica oggettiva, tutti i passati tentativi
"occidentali" di affrontare la questione sionista Rothschild
fallirono miseramente.
"Lo
Zen e l'arte del giardinaggio" richiede una mente perspicace per coltivare
la giusta estetica.
Innaffia il fiore, cogli l'erba. (Il Buddhismo
Zen è nato in Cina. Questa dinamica filosofia spirituale è stata importata in
Giappone e abbracciata da molti. Spero che un giorno il Giappone si risvegli
dalla sua radioattiva trance anglo-sionista e raggiunga quello che dovrebbe
essere il suo alleato naturale: la Cina).
Il
primo modo per la Cina di comprendere il sionismo Rothschild è attraverso la
propria storia.
Le micidiali guerre dell'oppio, i progetti di
colonizzazione europea e altri "mille shock naturali" di origine
straniera che la Cina ha sopportato durante il 19 ° e 20 ° secolo hanno
ricevuto il loro finanziamento dai parassiti finanziari della City di Londra /
Wall Street.
Proprio
come quasi ogni altra malvagia impresa della finanza globale negli ultimi
cinque secoli, gli anglos (europei) hanno agito come soldati bancari
internazionali.
La
famiglia criminale ebrea Sassoon ha accumulato un'incredibile fortuna spingendo
l'oppio, la schiavitù del debito e la morte sulla Cina.
Durante
la sua occupazione della Compagnia britannica delle Indie orientali, la Cina era governata da questi
mandarini ebrei unti dai Rothschild.
A tale
dolorosa umiliazione, la Cina deve dire: "mai più".
Il
secondo modo per la Cina di comprendere il sionismo Rothschild è studiare
l'esempio dell'ex repubblica degli Stati Uniti, ora Impero Anglo-Sionista degli
Stati Uniti (metto "Anglo" prima solo a scopo di alfabetizzazione, poiché
gli "Anglos" sono chiaramente diventati i partner minori in questa
relazione contorta).
I peccati originali dell'America incorporarono
le spore del marciume nelle sue nascenti fondamenta, ad esempio, il genocidio dei nativi americani, la
schiavitù africana (finanziata dall'ebraismo internazionale e utilizzata dai
plutocrati anglo-meridionali), la repressione di George Washington della ribellione del
whisky (consolidando
gli Stati Uniti come repubblica plutocratica).
Nonostante
i suoi tragici difetti, gli Stati Uniti hanno continuato a produrre incredibili
innovazioni scientifiche, una sorprendente produzione industriale, ideologie
creative, il miracolo della classe media del 1945-1965 e, in alcuni casi,
musica, opere d'arte, cinema e letteratura brillanti.
Come
discusso nel libro di “Jean Baudrillard”, "Simulacri e simulazione",
gli Stati Uniti potrebbero perdere la guerra del Vietnam, ma comunque ottenere
la vittoria finale dei "cuori e delle menti" di Hollywood attraverso
brillanti film di propaganda come "Apocalypse Now".
I Viet
Cong comunisti hanno cacciato gli Stati Uniti, ma il Vietnam ha finito per
essere una fabbrica di sfruttamento neoliberista per le multinazionali
occidentali.
L'odierno
dreck "woke" sceneggiato dalla CIA di Hollywood manca del genio
cinematografico per riscrivere disastri come l'Iraq e la Libia.
L'iconica
frase della canzone di Don McLean "American Pie" dice:
"Bye-bye Miss American Pie, ha guidato la
mia Chevy fino all'argine ma l'argine era asciutto".
Dopo
che GM ha ricevuto un salvataggio dei contribuenti da 50 miliardi di dollari, l'incompetente CEO Mary Berra si è
pagata 22 milioni di dollari e ha licenziato 15.000 lavoratori americani.
La forza lavoro straniera esternalizzata di GM
è rimasta intatta. La Chevy lasciò l'argine e si diresse giù da una scogliera.
Oggi,
le principali esportazioni americane sono la guerra, gli strumenti finanziari
tossici e i social media del Deep State.
Nemmeno
il 2Don Draper “di “Mad Men” poteva vendere questa versione del "sogno
americano".
Il marciume è così sistemico, l'unica
"cura" rimasta è il collasso dell'impero.
Per i
cittadini-servi d'America, non sarà un giorno al “Cherry Blossom Festival”.
Qualunque
cosa si pensi dell'America del 2022, o di come siamo arrivati qui, una cosa è
innegabile:
i sionisti Rothschild (alias neocon)
attualmente gestiscono l'impero.
Guardate
la composizione dei principali manager dell'amministrazione Biden. Ma da dove è
cominciato?
Come
molte delle sue malattie attuali, il vettore della malattia può essere fatto
risalire al peccato originale dell'America della schiavitù.
Fu
durante la guerra civile americana che i Rothschild bloccarono le loro zanne
nel ventre molle dell'America.
Prima di questo, i Padri Fondatori erano riusciti a
tenere a bada i clan dei banchieri Rothschild.
Nel 1830, il presidente “Andrew Jackson” (un
uomo cattivo che ha fatto alcune cose buone), ha respinto con successo
l'assalto dei banchieri internazionali.
Nel
suo illuminante libro del 1887, "Sette cospirazioni finanziarie che hanno ridotto
in schiavitù il popolo americano", “Sarah E.V. Emery” ha esposto i
dettagli di questa vittoria dei Rothschild.
Sia il Nord che il Sud hanno preso in prestito
pesantemente dai banchieri Rothschild.
Dopo
la guerra, l'Unione vittoriosa non solo era gravata dal suo enorme debito di
guerra, ma anche da quello della Confederazione.
Corrompendo
potenti senatori, i Rothschild hanno fatto approvare leggi che hanno gonfiato
astronomicamente il debito, rendendolo impagabile e trasformando gli Stati
Uniti in una nazione debitrice.
Alcuni
storici ritengono che l'assassinio di Lincoln fosse dovuto in parte al suo
piano per respingere l'invasione dei Rothschild dopo la riunificazione della
repubblica.
Dopo
la guerra civile, le avventure militari americane, almeno in gran parte, sono
state affari bancari internazionali.
Una
volta che i Rothschild stabilirono la loro testa di ponte, ci vollero meno di
cinquant'anni perché i banchieri internazionali ottenessero il controllo totale
del sistema finanziario americano attraverso il Federal Reserve Act del 1913.
Con
l'aiuto dei Rockefeller ossessionati dall'eugenetica (un clan anglosassone che divenne una
delle otto famiglie mafiose bancarie globali) e politici traditori come il
presidente Woodrow Wilson e il senatore Nelson Aldrich, il colpo di stato
finanziario era completo.
L'America
era Rothschild, ma non ancora sionista.
Poiché
il moderno stato nazionale di Israele era un progetto Rothschild (Dichiarazione
Balfour), era solo una questione di tempo prima che questa entità mediorientale
fosse assorbita negli Stati Uniti.
La prima drammatica dimostrazione di sfrenato
potere sionista arrivò con l'assassinio del presidente Kennedy.
JFK si
era fortemente opposto all'acquisizione di armi nucleari da parte di Israele.
Il
Mossad probabilmente collaborò con la CIA e il Complesso Industriale Militare
nell'omicidio di Kennedy, poiché tutte e tre le entità nutrivano un profondo
odio per il Presidente.
L'evento
spartiacque che ha trasformato l'America culturalmente sionista è stata la
straordinaria vittoria di Israele nella Guerra dei Sei Giorni del 1967.
Per dare all'IDF ciò che gli spetta, la
"guerra lampo" di Israele merita il suo posto negli annali delle
operazioni militari a orologeria.
Proprio accanto alla Blitzkrieg polacca
tedesca.
Come ha sottolineato il professor Norman
Finkelstein, prima di quell'evento, molti ebrei americani consideravano Israele
un ristagno del Medio Oriente.
Da un
giorno all'altro, gli ebrei della diaspora hanno avuto una patria
"kick-ass".
Impantanati in un pantano senza speranza del
Vietnam, molti apparatchik del Dipartimento di Stato anglo e del Pentagono
cominciarono a vedere Israele in una luce aureolata.
Gran
parte del pubblico statunitense ha anche abbracciato la narrativa biblica
"Davide
batte Golia".
Per
capire fino a che punto la Guerra dei Sei Giorni ha attanagliato la psiche
collettiva americana, basta guardare l'attacco alla USS Liberty, una nave da
ricerca tecnica navale di pattuglia in acque internazionali.
Come
un gatto che tortura un topo ferito, le cannoniere israeliane, gli aerei da
combattimento e le torpediniere hanno martellato la nave paralizzata e
pienamente identificata per oltre un'ora.
34
membri dell'equipaggio furono uccisi e 171 feriti.
Un
atto di guerra così sfacciato avrebbe dovuto essere risposto con uno squadrone
di bombardieri B-52 e un assalto "Salvate il soldato Ryan" alle
spiagge di Tel Aviv.
Cosa è
successo invece? Il presidente Johnson di Quisling, corrotto (e ricattato?) I
politici statunitensi e i pezzi grossi del Pentagono non solo hanno coperto
l'incidente, ma hanno inondato Israele di fantastiche somme di denaro dei
contribuenti. Il rubinetto della cassa rimane aperto fino ad oggi.
Poco
dopo, gli ebrei sionisti Rothschild presero in mano gli studi sull'Olocausto.
Hanno
cacciato gli studiosi legittimi e li hanno sostituiti con “hack” come lo zar
dell'antisemitismo di Biden, “Deborah Lipstadt”.
In
molti paesi, mettere in discussione la narrativa ufficiale potrebbe farti
finire in una cella di prigione, o almeno, silurare una promettente carriera
accademica.
Il
sionista Rothschild ha anche rubato centinaia di miliardi di denaro per le
riparazioni dell'Olocausto, come documentato nel libro del professor Finkelstein,
"The Holocaust Industry".
Chiunque
abbia criticato Israele o George Soros è diventato un nazista.
Gli
ebrei sionisti Rothschild sostituirono gli anglosassoni in posizioni chiave
nelle università, nei tribunali, nelle agenzie governative, nello Stato
profondo, nei gabinetti presidenziali e nelle grandi imprese.
Anche
i WASP di Wall Street si sono inginocchiati, anche se almeno hanno ricevuto
pacchetti di compensazione multigenerazionali d'oro.
Gli
elitari anglosassoni continuano a lavorare con entusiasmo per i sionisti
Rothschild, ad esempio i Clinton, Lindsey Graham.
La
conquista sionista degli Stati Uniti da parte dei Rothschild non avrebbe mai
potuto avvenire senza il pieno sostegno e l'assistenza della classe dominante
anglosassone.
Molti
nella destra reazionaria capiscono che i democratici "liberali" e i
repubblicani "conservatori" sono un uni partito sionista Rothschild
corporativo, ma pochi si rendono conto che quasi ogni organizzazione "di
destra" degli Stati Uniti (e il partito europeo di destra) è sotto il
controllo sionista dei Rothschild (vedi Steve Bannon).
I
sionisti Rothschild come George Soros controllano anche le principali
organizzazioni di "sinistra".
Un
tempo la sinistra (molti dei quali ebrei) difendeva l'operaio spingendo per la
settimana lavorativa di 5 giorni, la giornata lavorativa di 8 ore, la paga
degli straordinari e la compensazione dei lavoratori.
Hanno
combattuto per la libertà di parola e hanno protestato contro le guerre del
MIC.
Quella
sinistra è stata sussunta dai corporativisti, come raccontato nel libro di Chris
Hedges, "Death of the Liberal Class".
Con la
falsa bandiera israeliana/neocon/dello Stato Profondo dell'9/11, l'Impero
Anglo-Sionista degli Stati Uniti ha divorato, digerito ed espulso gli ultimi
pezzi di carne viva che si sono aggrappati alle ossa dell'ex repubblica degli
Stati Uniti.
Le
guerre senza fine per i banchieri e Israele sono diventate la nuova normalità.
La
sorveglianza e la tortura della Stasi 24 ore su 7, giorni su , sono state legalizzate.
La
Costituzione è stata fatta a pezzi. Forse un giorno, un nuovo e più bello
fiore spunterà dal mucchio di sterco.
Circa
vent'anni dopo l'9/11 è arrivato il più sorprendente e audace attacco sotto
falsa bandiera nella storia umana: la pandemia di covid.
In una
serie di brillanti articoli, l'imprenditore tecnologico, attivista per la
libertà di parola, editore, scrittore e giornalista Ron Unz ha documentato assiduamente
come il covid sia iniziato come un attacco neocon con armi biologiche dello
Stato profondo contro la Cina.
Vorrei solo aggiungere all'eccellente giornalismo di
Unz ipotizzando che i vaccini mRNA e i relativi ID biometrici digitali siano la
seconda fase dell'agenda globalista di "soluzione-problema".
A
credito della Cina, il loro vaccino si basa sul modello del virus attenuato
della vecchia scuola.
Per
favore, Cina, non lasciate che Pfizer e il suo CEO sionista Rothschild Albert
Bourla facciano breccia nella Grande Muraglia.
Per
inciso, sono d'accordo con lo sviluppatore di mRNA Dr. Robert Malone che la
vitamina C, il sole, l'esercizio fisico e lo zinco, fanno le migliori modalità
profilattiche.
Penserei
che la Cina possieda una pletora di potenziali rimedi covid all'interno della
sua vasta casa del tesoro di erbe e medicine tradizionali cinesi.
La
guerra russo-ucraina istigata dagli Stati Uniti è un'altra operazione sionista
Rothschild.
Tutti
i membri chiave dell'amministrazione Biden dietro l'invasione della NATO in
Ucraina sono i neoconservatori israeliani intransigenti.
La
stratega ucraina “Victoria Nuland” è sposata con Robert Kagan. Kagan è uno
degli autori del documento politico pre-9/11” Project for the New American
Century” che chiedeva una "nuova Pearl Harbor" per ottenere il
sostegno pubblico alle invasioni neocon del Medio Oriente.
L'attore
comico ucraino, il presidente Zelensky, si è apertamente vantato di voler
trasformare l'Ucraina in un "grande Israele".
Il
sionista Rothschild Zelensky è salito al potere attraverso l'oligarca
israeliano-ucraino Igor Kolomoisky.
La Cina deve continuare a sostenere la Russia
e il presidente Putin nella battaglia contro l'aggressione USA-Zio.
Oggi
l'Ucraina, domani Taiwan.
Che
tipo di futuro riserva il governo sionista dei Rothschild per il
cittadino-servo degli Stati Uniti?
Molto probabilmente, austerità di baraccopoli, false
flag destabilizzanti per la mente, uno stivale più pesante e, se l'Impero
Romano è una pietra guida, la guerra civile (con entrambe le parti sotto la
gestione sionista dei Rothschild).
Nella
loro suprema arroganza, i neoconservatori non riescono a rendersi conto che la
loro politica del "caos controllato" è come un aereo di linea
condannato.
La
piccola crepa nella fusoliera dell'aereo diventa più grande, formando un
circuito di feedback positivo di cerchi concentrici di entropia che terminano
in un guasto catastrofico.
A
questo punto, un cittadino cinese potrebbe dire:
"Anche se sfortunato, questa storia
americana di guai non potrebbe accadere qui".
Amico
sbagliato. Sta già accadendo.
BlackRock
e altri fronti Rothschild hanno stabilito basi finanziarie in Cina.
Se
questi tumori maligni non vengono rimossi, seguiranno lo stesso corso di
metastasi che si è verificato negli Stati Uniti.
Pensi
che non ci siano traditori in Cina che conficcherebbero un pugnale nella
schiena della loro nazione per diventare il prossimo Bill Gates o Elon Musk?
I banchieri internazionali possono rendere chiunque
incredibilmente ricco con il semplice tocco di un pulsante.
Solo
attraverso l'eterna vigilanza, l'integrità dell'acciaio al carbonio di leader
come il presidente Xi e una buona pulizia della casa, la Cina può sperare di
evitare il destino degli Stati Uniti.
Per
superare l'idra gigante, la Cina deve diventare come il monaco guerriero
Shaolin.
Sciopero
senza colpire, blocca senza bloccare.
Diventa
vuoto come lo spazio tra i raggi di una ruota e solido come una fortezza di
titanio.
La
Cina deve adattarsi a tutte le varianti di attacco.
Passa dallo stile della gru, alla tigre, al
drago, nell'arco di un singolo lembo d'ala di un colibrì.
Mappa
i punti di pressione vulnerabili dell'idra.
Atterra
ogni colpo di punto laser come un impatto meteorico.
Il
tutto mentre la mente rimane calma come un lago mattutino senza vento, libero
dall'oscurità della paura.
Come
disse Sun Tzu, "Ogni battaglia è vinta prima di essere combattuta".
Alcuni
potrebbero chiamarmi uno scellino cinese. Forse lo sono.
La
politica di cooperazione win-win della Cina mi ricorda la filosofia win-win
sposata nel libro dello scienziato “Buckminster Fuller”, "Operating Manual
for Spaceship Earth".
La
descrizione del presidente Xi dell'umanità che coesiste armoniosamente con i
fragili ecosistemi della Terra è l'esatto opposto dell'accaparramento della
ricchezza e della truffa dell'austerità da parte dell'Occidente sul
"riscaldamento globale".
Il
presidente Xi fa persino riferimento al Tao nei suoi discorsi, abbastanza
sorprendente considerando che la posizione ufficiale della Cina era atea
marxista non molto tempo fa.
Guardate
quanto velocemente la Cina è passata da un'economia marxista al suo attuale
modello ibrido capitalista-socialista.
La
capacità di adattamento della Cina è senza precedenti.
Qual è
il prossimo passo?
Un'economia
post-scarsità di Star Trek con caratteristiche cinesi?
Solo se il contagio del sistema bancario
internazionale viene neutralizzato.
La
Cina ha problemi? Assolutamente.
Come potrebbe una nazione di 1,4 miliardi di
persone non farlo? Tuttavia, la Cina possiede una cosa che gli Stati Uniti non
hanno più: il potenziale.
Sì, sto con la Cina. Una Cina che segue il
sionismo Tao, non Rothschild.
Per
l'americano che segue il Tao della Costituzione e della Dichiarazione di
Indipendenza, la Cina non è il nemico.
La Cina è un'amica.
Il
nemico dell'umanità è il banchiere internazionale.
Quindi
o mettiti in ginocchio, diventa invisibile, trova un santuario in una grotta di
montagna o assumi la posizione di combattimento. All'interno del cerchio yin-yang, ci
sono quattro compartimenti in cui stare. Scegli bene amico.
Il
grande disfacimento: "Per tutto
ciò
che è nostro, dobbiamo combattere."
Strategic
– culture.org - Alastair Crooke – (7 agosto 2023) – ci dice:
L'intero
assetto politico americano – con o senza un'accusa “FARA”, e con le elezioni
del 2024 che incombono – è fragile, scrive Alastair Crooke.
Sta
diventando molto disordinato.
Al limite della follia.
Una
nuova accusa con quattro accuse in relazione agli eventi del 6 gennaio è stata
emessa all'ex presidente Trump, che ora è stato accusato di oltre 75 crimini.
Queste ultime accuse, tuttavia, rischiano solo di sradicare ulteriormente la
fiducia nel processo della giustizia federale e nell'integrità dello stesso
sistema politico americano.
L'accusa deve essere ascoltata nel Distretto di
Columbia che è notoriamente politicizzato ed è improbabile che includa qualcosa
di diverso da una giuria completamente ostile (il detto a Washington è che il
Dipartimento di Giustizia potrebbe condannare un hamburger con una giuria DC).
Accusare
Trump di aver cospirato per "rubare" le elezioni presidenziali del
2020 radica più profondamente di prima che il paese si sta dirigendo verso una
grande resa dei conti – nei tribunali e alle urne.
Pone
domande che non possono che portare ulteriormente a un disfacimento della
politica negli Stati Uniti.
Confrontate
queste due "visioni" del significato con questa accusa.
In primo luogo,
"In
un linguaggio semplice con montagne di prove, il documento di 45 pagine spiega
come Trump, agendo con sei co-cospiratori senza nome, si sia impegnato in uno
schema per fare ripetutamente false affermazioni che le elezioni del 2020 sono
state rubate o truccate, e per usare quelle false affermazioni come predicato
per cercare di rubare le elezioni:
Non è
un'iperbole dire che la condotta di questo procedimento influenzerà
notevolmente se gli Stati Uniti rimarranno una democrazia fiorente dopo il
2024".
Passiamo
ora a un'altra "lettura" dell'atto d'accusa:
[L'accusa
del DoJ] "è 'una dichiarazione di guerra' contro gli elettori americani.
Non si
tratta di Trump di per sé.
Si tratta di criminalizzare il dissenso e
punire i milioni di persone che hanno votato per lui.
[Questa
settimana il Dipartimento di Giustizia] ha preso il passo senza precedenti di
incriminare l'ex presidente Donald Trump – il principale rivale di Biden nelle
prossime elezioni del 2024 – per aver ripetutamente espresso la sua opinione
che le ultime elezioni sono state rubate, truccate e ingiuste".
È
un'opinione condivisa da milioni di americani e alla quale hanno
indiscutibilmente diritto grazie al Primo Emendamento.
E cappello include Trump, che ha detto
ripetutamente (e di recente) che le elezioni del 2020 sono state rubate.
Probabilmente
continuerà a dirlo fino al giorno della sua morte, e ha tutto il diritto di
farlo.
L'idea
che il nostro Dipartimento di Giustizia possa incriminare qualcuno,
specialmente il principale rivale politico del presidente in carica, per un
discorso protetto dal Primo Emendamento è semplicemente folle.
In
poche parole, questa accusa non è altro che una dichiarazione di guerra contro
gli elettori americani e il loro diritto costituzionale alla libertà di parola.
"Considera
cosa è presunto e cosa no:
le
accuse contro Trump non includono 'incitamento alla violenza' il 6 gennaio
2021.
Criticamente,
l'accusa presuppone semplicemente che non ci siano stati brogli elettorali.
Quindi
caratterizza le affermazioni contrarie di Trump dal 14 novembre 2020 al 20
gennaio 2021 come "false" – come se ciò fosse evidente.
"Le affermazioni di Trump erano false
e che sapeva che erano false".
Su
questa base, l'atto d'accusa sostiene che 6esimo Jan era una 'cospirazione' –
basata sull'inganno – per impedire che i voti degli elettori fossero
conteggiati in modo appropriato".
Tom
Fitton, presidente del gruppo conservatore di controllo legale ed elettorale,
Judicial Watch, crede:
"Questa
accusa è una nuda minaccia e un atto di intimidazione da parte del “Partito
Democratico” contro tutti i suoi avversari politici".
E “The
Federalist” avverte:
"Se
l'accusa di Trump avrà successo, significa che il Primo Emendamento è lettera
morta in America. Significa che non ti è permesso avere opinioni che
contraddicono la narrativa ufficiale del Dipartimento di Giustizia".
Per
motivi di chiarezza, ciò che viene espresso qui è che questa accusa è parte
integrante della "guerra culturale" occidentale in corso – proprio
come gli scienziati sono stati cancellati, licenziati dalle loro professioni e
ostracizzati per aver espresso un'opinione sulla scienza dell'mRNA;
proprio
come le opinioni sulla biologia umana sono ora soggette a negazione ufficiale;
Proprio
come il "misgendering" è diventato un potenziale reato penale
(incitamento all'odio), così la cattura ideologica e istituzionale viene estesa
alla sfera politica.
Questo
è il problema, tra gli altri, che è destinato a svelare l'America – e, nel disfare
gli Stati Uniti, svelerà anche l'Europa.
Anche
il precedente crollo del patteggiamento di Hunter Biden ha lasciato molti a
Washington scioccati.
“Jonathan Turley”, professore di diritto
costituzionale a Georgetown, osserva ironicamente:
"Dopo tutto, questa è una città che sa
come risolvere una lotta [cioè sa come chiudere le indagini del DoJ su una
considerazione appropriata]".
"Dopo
cinque anni, lo scandalo della corruzione di Biden avrebbe dovuto morire con un
vacuo patteggiamento e senza carcere.
Quasi
tutti erano coinvolti nella soluzione, dai membri del Congresso ai media ai
pubblici ministeri.
Il
problema era l'unica omissione degna di nota: il giudice “Maryellen Noreika”.
L'udienza di condanna è stato un momento che ha fatto
sembrare il disastro dell'Hindenburg un atterraggio senza soluzione di
continuità.
Noreika
ha posto una domanda di base sulle implicazioni dell'accordo, e l'intero
accordo è immediatamente crollato".
"Ora
il Dipartimento di Giustizia è in difficoltà.
Non ha potuto ammettere in udienza che Hunter
Biden potrebbe sfuggire alla responsabilità futura per una serie di crimini non
imputati.
Tuttavia, quando un imputato si ritira da un
generoso patteggiamento, i procuratori federali normalmente perseguono tutte le
accuse disponibili – e il carcere.
Il Dipartimento di Giustizia potrebbe ora
scoprire di non avere scelta.
Potrebbe essere costretto a procedere con un
procedimento giudiziario completo".
"Un'accusa
“FARA” potrebbe esporre ulteriormente le presunte operazioni di traffico di
influenze di Hunter, con ciò che gli investigatori del “GOP” della Camera
dicono essere milioni di pagamenti esteri da una galleria virtuale di
funzionari stranieri.
Anche
il Dipartimento di Giustizia subirebbe pressioni per chiedere la stessa lunga
pena detentiva inflitta a Manafort; che è stato condannato a 73 mesi di
reclusione".
"Biden
potrebbe concedere a Hunter un perdono preventivo o prospettico.
Ciò
porrebbe effettivamente fine a qualsiasi indagine federale, anche se la grazia
dovrebbe coprire l'intero lungomare di possibili accuse.
Naturalmente, non vi è alcuna garanzia che
l'indagine del Congresso finisca poi. Anche se una tale mossa smorzasse la
richiesta di un'indagine di impeachment, probabilmente non impedirebbe ai
repubblicani di perseguire risposte sulla gestione ufficiale di questa indagine
e sulle accuse di interferenza politica".
Il
punto qui è che l'intero assetto politico americano – con o senza un'accusa “FARA”
e con le elezioni del 2024 incombenti – è fragile ed espone il futuro politico
degli Stati Uniti a un reale pericolo.
Separatamente,
le accuse di traffico di influenze legano inevitabilmente il team padre e
figlio di Biden – all'anca – al "Progetto Ucraina".
La politica sull'Ucraina dipenderà sempre più
dal futuro politico di Biden, qualunque esso sia.
I
repubblicani non rinunceranno alle loro indagini al Congresso.
E, nella misura in cui il presidente Biden
pubblicizza il "successo" della sua "guerra contro la
Russia" e l'Ucraina, più sarà la possibilità per i suoi avversari di
sollevare lo spettro dell'influenza che spaccia in Ucraina e di chiedersi cosa
"tiene", se ce ne sono, Zelensky potrebbe avere sugli Stati Uniti.
Trump
sta già collegando la bufala del Russia gate sull'interferenza nelle elezioni
del 2016 alla guerra per procura di oggi con la Russia – "alimentata in
parte dai fumi persistenti del delirio del Russia gate".
Più il
Team Biden mantiene l'Ucraina al centro della scena in termini di politica
estera, maggiore è la possibilità per i suoi avversari di ricordare
all'elettorato il Russia gate e le accuse di “Burisma”.
Ciò
potrebbe giustificare un'uscita anticipata dall'Ucraina o, al contrario, lo
stratagemma di Clinton rispetto all'"implosione dello scandalo
Lewinski" – la guerra alla Serbia.
La
reazione contro la "politica della negazione" (come la definisce Chris Rufo
nel suo libro,” America's Cultural Revolution”) o la cancellazione nel
vernacolo di oggi è arrivata anche in Europa.
Nel
Regno Unito, lo scandalo derivante dalla lista nera del mondo bancario di Nigel
Farage per le sue opinioni politiche (l'ex leader di un partito
pro-Brexit), ha rivelato il fatto finora sconosciuto che più di 1.400 aziende sono
membri di uno "schema di diversità" della lobby aziendale – uno che
insiste sul fatto che i membri aziendali si oppongono a "tutte le forme di
oppressione" e "smantellano i sistemi razzisti, politiche, pratiche e
ideologie", e si allineano con gli interessi della "società più
ampia".
La
banca di Farage è stata accreditata allo schema, con la banca che ha citato la
sua appartenenza alla "B Corp" per sostenere che Farage pro-Brexit
non si conformava all'"impegno per la diversità" della banca, o a
quelli della "società più ampia", come causa per chiudere il suo
conto.
Dietro
le quinte quindi, trapela, c'è “B Corp “che persegue la correttezza della
diversità e” Stonewall” (l'ente benefico LBGTQ) che supervisiona le linee guida
sull'occupazione nel Regno Unito.
Senza
un conto bancario (come tutte le altre banche si sono conformati alla lista
nera), Farage sarebbe stato "cancellato" dalla società.
Il
punto che Rufo fa nel suo libro è che un programma politico radicato nella
"negazione" non può offrire alcun programma positivo che non cadrà
rapidamente vittima della sua stessa politica di critica (come illustra il caso
Farage).
Il risultato, sostiene Rufo, non è stata
un'utopia, ma un raccolto di "fallimento, esaurimento, risentimento e
disperazione, e una classe proliferante di burocrati fastidiosi che litigano su
simboli ed effimeri".
Ciò
che apparentemente sta accadendo qui, come scrive “Naoïse MacSweeney” in “The
West”, è che il "mito delle origini dell'Occidente come una grande narrazione che
costruisce la storia come un filo che scorre singolare e ininterrotto, da
Platone alla NATO" è ora ampiamente compreso in tutto il mondo come sia
fattualmente scorretto – sia ideologicamente guidato.
Si
chiede: "Dove
va l'Occidente da qui? C'è chi vorrebbe farci tornare indietro".
La maggior parte delle persone, tuttavia, sostiene,
non vuole più un mito delle origini che serva a sostenere l'oppressione
razziale o l'egemonia imperiale.
Ipotizza che la narrativa originale
dell'"Occidente" venga sostituita da una narrativa occidentale
deterritorializzata e strutturata incentrata sulla tolleranza, i diritti per le
minoranze, la diversità, la fluidità di genere e la "democrazia".
Il
problema, tuttavia, è che la nuova "grande narrazione" è di fatto
scorretta e ideologicamente guidata come il mito di "Platone alla
NATO".
È la
sostituzione di una narrativa repressiva imperfetta con un'altra.
In
breve, se il mito occidentale tradizionale "è caduto" come l'antica
città di (in questa analogia), gli invasori della Tradizione sono ora
all'interno delle mura della città – bruciando e saccheggiando.
Il
libro di Rufo descrive la storia moderna del radicalismo di sinistra dagli anni
Sessanta a “Black Lives Matter”, riferisce “Mary Harrington”; tuttavia Rufo
cerca piuttosto di offrire un resoconto più ampio della sfida politica:
"L'arco
del libro descrive come gli odiati vincitori si sono introdotti
clandestinamente nelle istituzioni americane, nascosti in un 'cavallo di legno'
[troiano] dei diritti civili, solo per esplodere – nel tentativo di distruggere
gli ideali fondanti che garantivano loro l'ingresso".
“America's
Cultural Revolution “è un colpo agli archi. La cittadella potrebbe essere caduta,
i templi saccheggiati.
Ma
Rufo sfida: "Noi siamo gli assedianti ora. Tocca a te cercare di tenere i
muri".
La “Rivoluzione
Culturale Americana” si legge tuttavia come un punto cardine nel discorso
politico americano: sai che ore sono?
(Sono undici minuti dopo l'undicesima ora).
Viktor
Orbán parla di un altro punto cardine – facendo eco all'appello di Rufo per la
"controrivoluzione":
"Se
uno è coinvolto nella politica europea come me, allora i 'valori occidentali'
di oggi significano tre cose: migrazione, LGBT e guerra ...
Sta
gestendo la sostituzione della popolazione attraverso la migrazione e sta
conducendo un'offensiva LGBT contro le nazioni europee amiche delle famiglie.
"...
La crisi migratoria chiaramente non può essere affrontata su base liberale. E
poi abbiamo un'offensiva di genere LGBT che, a quanto pare, può essere respinta
solo sulla base della protezione della comunità e dei minori.
"L'Europa
oggi ha creato una propria classe politica che non è più responsabile e non ha
più convinzioni cristiane o democratiche.
E
dobbiamo dire che la governance federalista in Europa ha portato a un impero
irresponsabile.
Non abbiamo altra scelta. Per tutto il nostro
amore per l'Europa, per tutto ciò che è nostro, dobbiamo combattere".
Il
ritorno di Trump sta già spaventando
le
élite occidentali che ricorderanno
il suo
primo mandato.
Strategic-culture.org
- Martin Jay – (9 agosto 2023) – ci dice:
Come
sarebbe il 2024 con Trump di nuovo nello Studio Ovale per gli europei?
Le
élite occidentali e persino la stessa NATO dovrebbero avere paura del ritorno
di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2024?
È una
domanda del tutto valida dato che il sito web di "notizie" delle
élite a Bruxelles – “Politico” – ha scritto di recente un pezzo che sosteneva
non solo che dovrebbero essere disturbati, ma dovrebbero anche prepararsi per
questo in questo momento.
Il
ritorno di Trump come presidente degli Stati Uniti sembra sempre più
inevitabile di giorno in giorno, guidato dalla nefasta ingerenza
dell'amministrazione Biden e dalla sua determinazione a metterlo in prigione,
dove, erroneamente, pensano che la sua corsa alla Casa Bianca finisca.
Anche
il più oscuro parlamentare francese che “Politico” ha tirato fuori per
approvare il suo articolo lo accetta, quindi come sarebbe il 2024 con Trump di
nuovo nello Studio Ovale per gli europei?
La
risposta breve è spiacevole.
Trump
quasi certamente crederà di aver imparato la lezione la prima volta e che le
sue invettive sulla NATO e sui paesi dell'UE che hanno un biglietto gratuito
per difendere l'Occidente contro l'aggressione russa erano profondamente sul
denaro, dato quello che è successo in Ucraina.
Le sue politiche nei confronti del blocco
dell'UE saranno probabilmente molto più divisive la seconda volta in quanto non
solo insisterà su un nuovo accordo per i paesi UE-NATO nella stessa guerra
ucraina, ma andrà oltre per usare i suoi alleati naturali nell'UE – Polonia e
Ungheria – per battere la schiena dell'élite di Bruxelles e distruggere i suoi
piani su tutta la sua delirante pseudo egemonia.
È
improbabile che tiri fuori gli Stati Uniti dalla NATO, come ha recentemente
previsto John Bolton, ma un nuovo regime duro sarà certamente sulle carte che
potrebbe sollevarlo dal compito di porre fine direttamente alla guerra in
Ucraina piuttosto che limitarsi a dire agli europei "se volete pagarlo da soli,
secondo la mia ipotesi, ma abbiamo pagato abbastanza".
Questo
potrebbe far venire i brividi lungo la schiena di molti leader dell'UE. E
potrebbe anche farlo mettere sotto accusa. Ma è Trump. Non gli dispiacerà
affatto. Il punto è che il vecchio cliché su Biden come l'adulto che ha
"ripristinato" l'alleanza transatlantica è proprio questo.
Un
luogo comune.
In
realtà Biden ha regalmente buggerato il Regno Unito e i paesi dell'UE
organizzando il tracollo delle loro economie mentre le imprese statunitensi
hanno incassato, non solo con nuove agevolazioni fiscali rivolte alle imprese
eco-compatibili, ma anche semplicemente lasciando che gli europei si
sottoscrivano troppo in una guerra che non potranno mai avere i mezzi per porre
fine.
Questo
per quanto riguarda la frase di Biden
"L'America
è tornata, la diplomazia è tornata" che è stata citata nei primi giorni
del suo mandato.
La
dura realtà è che la visione di Biden della vecchia Europa era molto da una
prospettiva coloniale.
Devono
pagare per i loro sogni se lo Zio Sam vuole realizzarli.
Quindi
Trump ora tornerà con la beffa dell'accordo di difesa a buon mercato
dell'Europa che, in realtà, non era affatto economico.
Si
ritirerà anche dagli accordi sui cambiamenti climatici di Parigi facendo
incazzare Macron senza fine e incoraggerà gli israeliani che le loro idee di
colpire l'Iran non sono completamente folli (e ovviamente lo sono).
Ma è
davvero ciò che Trump ha in serbo per l'America sul proprio suolo di cui i
governi dell'UE dovrebbero preoccuparsi di più.
Investirà
di più nei combustibili fossili, annullerà molte delle iniziative ambientali di
Biden, si abbatterà duramente sul wokeismo e sull'immigrazione e imporrà più
tariffe ai concorrenti americani – sia la Cina che l'UE – per aiutare le
imprese americane.
Tuttavia,
il suo secondo mandato non sarà solo quello di concentrarsi sull'umiliazione di
Biden con un tale regolamento di conti, a livello nazionale o in tutto il
mondo.
Si
tratterà anche di lottare ancora più duramente per mantenere l'America in gioco
sia con il commercio internazionale che con la sua economia del dollaro in
declino.
Trump
dovrà affrontare una nuova minaccia per l'America che arriva come risultato
diretto della guerra di Biden – e non dimentichiamo i suoi accordi corrotti –
in Ucraina.
L'emergere
dei BRICS che avranno cinque nuovi membri solo quest'anno e stanno già
assumendo il pieno controllo dei prezzi del petrolio con la sua influenza
attraverso OPEC Plus.
Trump, in poche parole, combatterà un nuovo
fronte mentre un nuovo ordine mondiale è emerso per sfidare l'egemonia degli
Stati Uniti – o ciò che ne rimane – a testa alta, il che significa molto di più
che semplicemente scaricare il dollaro come valuta di riserva.
I
BRICS avranno la propria moneta, il proprio sistema di compensazione e ad un
certo punto, probabilmente, il proprio patto di difesa.
The Donald avrà molto sul piatto, lasciando la maggior
parte dei leader dell'UE a chiedersi se sia meglio per loro che Trump male
informato e bellicoso sia meglio che sopraffatto e in preda al panico sulla
scia di una nuova relazione tra l'America e i pochi partner rimasti nel mondo.
Perché
la "sinistra svegliata" americana
(Woke)
tace sul film campione d'incassi
sul
traffico sessuale di minori?
Strategic-culture.org
- Ponte Robert – (5 agosto 2023) – ci dice:
Il
silenzio equivale alla complicità nell'indicibile crimine?
Un
nuovo film americano che rivela la brutale realtà del traffico sessuale di
minori è stato accolto con un muto entusiasmo dalla sinistra politica, che pone
la domanda:
il
silenzio equivale a complicità nel crimine indicibile?
“Tim
Ballard” è un attivista americano contro la tratta di esseri umani, autore e
fondatore dell'organizzazione no-profit “Operation Underground Railroad”,
un'organizzazione anti-traffico sessuale.
Ex agente speciale del Dipartimento della
Sicurezza Nazionale che ora lavora in modo indipendente, il lavoro della vita
di Ballard viene immortalato in un film di Hollywood, intitolato “Sound of
Freedom”.
Il
film, che vede “Jim Caviezel “nel ruolo di “Ballard”, conduce il pubblico
attraverso gli strazianti colpi di scena delle vere esperienze di vita di
Ballard in cui lavora per salvare i bambini dall'incubo della schiavitù
sessuale.
Nonostante
abbia ricevuto recensioni contrastanti da parte della critica, il film ha
incassato oltre $ 140 milioni negli Stati Uniti contro un budget di $ 14,5
milioni, mentre l'accoglienza del pubblico è stata molto positiva, segnando il
99% sul sito di recensioni cinematografiche “Rotten Tomatoes”, e per una
ragione apparentemente buona.
Secondo
le stime dell'”Organizzazione Internazionale del Lavoro”, nel 24 ci sono state
9,2016 milioni di vittime della tratta di esseri umani in tutto il mondo.
Eppure, per ragioni note solo a loro, i media
di sinistra e altre istituzioni sembrano essere stranamente ansiosi di aprire
il sipario sulla produzione degli “Angel Studios”.
Scrivendo
sulla rivista “Variety”, “Owen Gleiberman” ha osservato:
"Supponiamo
che, come me, tu non sia un teorico della cospirazione fondamentalista di
destra alla ricerca di un film di suspense oscuro e basato sulla fede da vedere
durante il fine settimana di vacanza.
Anche
allora, non è necessario avere convinzioni estreme per sperimentare 'Sound of
Freedom' come un film avvincente che getta una luce autentica su uno degli
orrori criminali cruciali del nostro tempo, uno da cui Hollywood ha per lo più
evitato.
In un
momento in cui la questione della cattiva condotta sessuale all'interno
dell'industria dell'intrattenimento continua a conquistare i titoli dei
giornali, come testimoniato dal movimento #MeToo, l'indifferenza e persino
l'avversione di Hollywood al tema della pedofilia e del traffico sessuale di
minori è a dir poco strana.
Dopotutto,
come questa” biopsia cinematografica” rivela giustamente, ci sono più persone
ridotte in schiavitù ora, dal traffico sessuale, di quante ce ne fossero quando
la schiavitù era legale.
E
mentre le accuse di abusi sessuali commessi da pezzi grossi di Hollywood (tra
adulti consenzienti) sono molto inquietanti, anche l'accenno che l'industria
leader americana potrebbe difendere o addirittura partecipare al traffico
sessuale di minori sfida seriamente i limiti dell'accettabilità morale.
Inutile
dire che non c'è praticamente limite al numero di teorie cospirative che
coinvolgono il “sancta sanctorum di Hollywood” – dal controllo degli Illuminati in
stile “Kubrick” alla sfrenata cattiva condotta sessuale – l'industria ha assistito a ogni sordida
accusa sotto il sole della California.
In
aggiunta alla sua reputazione macchiata, un numero crescente di persone, molte
delle quali impiegate nell'industria cinematografica, sta parlando di pedofilia
all'interno dei ranghi di Hollywood, e il fatto che i loro sforzi non vengano
presi sul serio dai signori dei media e dell'intrattenimento aggiunge solo
l'aura di sospetto.
Allora
perché il silenzio della “sinistra progressista Dem” sul Sound of Freedom, che
i servizi di streaming Netflix, Hulu e Amazon hanno evitato come la peste?
In
primo luogo, il cattivo qui è la "natura umana" stessa, un'ammissione
che va contro la filosofia liberal Dem Usa e, che dà per scontato che tutto il
comportamento umano, e non ultimo quello di natura sessuale, meriti un processo
equo, completo di un tribunale pieno di attivisti progressisti.
In effetti, ci sono stati persino appelli a
legittimare la pedofilia e perdonare coloro che ne sono colpevoli.
Il “Dr.
Stephen Kershnar,” professore di filosofia alla “SUNY Fredonia”, è solo uno dei
tanti accademici di sinistra liberal comunista Usa– ce ne sono altri? – che
sostiene i rapporti sessuali tra bambini e adulti.
"Immagina
che un maschio adulto voglia fare sesso con una ragazza di 12 anni. Immagina
che sia una partecipante volontaria", ha sostenuto “Kershnar”.
"Un'opinione
molto standard, molto diffusa è che c'è qualcosa di profondamente sbagliato in
questo.
È sbagliato indipendentemente dal fatto che
sia criminalizzato ", ha detto.
"Non
è ovvio per me che sia in realtà sbagliato. Penso che questo sia un errore. E
penso che esplorare il motivo per cui è un errore ci dirà non solo cose sul
sesso adulto/infantile e sullo stupro legale e anche sui principi fondamentali
della moralità".
“Kershnar”
è arrivato al punto di suggerire che potrebbero esserci "vantaggi
evolutivi" nel sesso adulto/bambino, concludendo con questa scioccante
osservazione:
"L'idea
che sia sbagliato anche con un bambino di un anno non è del tutto ovvia per
me".
Per
non essere da meno nelle Olimpiadi del risveglio “Woke” del mondo accademico, “Allyn
Walker”, assistente professore alla “Old Dominion University”, ha coniato il
termine "persona attratta dai minori" per destigmatizzare la parola "pedofilo".
“Walker”
non considera l'attrazione fisica di un adulto per un bambino piccolo, anche un
bambino, come una forma di squilibrio mentale, ma piuttosto un caso di
individui che non sono in grado di controllare chi amano, che è un modo molto
malato di giustificare lo stupro di minori.
Con
una tale follia nell'aria, è una sorpresa che il governatore della California “Gavin
Newsom” abbia firmato il disegno di legge 145 del Senato, che riduce le pene
per gli adulti che hanno rapporti sessuali con minori dello stesso sesso?
TWEET: Beh, che shock.
“Newsom”
ha firmato SB145, il disegno di legge che consente a un 24enne di fare sesso
con un 14enne e sfuggire a una condanna per reato e all'obbligo di essere un
molestatore sessuale registrato.
Assolutamente disgustoso.
—
Senatrice “Melissa Melendez” (@senatormelendez) 12 settembre 2020.
Infine,
non dobbiamo dimenticare l'ambiente culturale radicale che il film “Sound of
Freedom “sta tentando di schiantare:
le parate” LGBTQ”,” Drag Queen Story Hour” e
le discussioni a livello di scuola elementare sui” transgender e stili di vita
sessuali alternativi “sono arrivati a dominare la conversazione nazionale negli
Stati Uniti, e questo fa sì che un film che prende di mira i predatori di bambini
sembri davvero una cosa minacciosa per gran parte della popolazione.
È
difficile immaginare che le cose si capovolgano ulteriormente nella terra dei
liberi, ma
sembra che la follia sia appena iniziata.
ChatGPT:
Chi proteggerà l'”IA”
dai
Guardiani del Risveglio (Woke)?
Strategic.culture.org
- Ponte Robert – (9 febbraio 2023) – ci dice:
È solo
quando gli esseri umani mettono le mani sulla tecnologia che ha la capacità di
diventare una minaccia per la società.
L'ultima
tecnologia chatbot, che genera risposte alle domande, ha mostrato un chiaro
pregiudizio a favore di specifici gruppi etnici e ideologie politiche.
È possibile liberare l'intelligenza
artificiale dai pregiudizi umani?
“ChatGPT”
ha fatto notizia all'inizio di quest'anno dopo che uno studente universitario
della “Northern Michigan University” ha confessato di aver presentato un saggio
sui divieti del burqa che è stato scritto, secondo il professore, "in paragrafi puliti, esempi
appropriati e argomenti rigorosi".
Gli
studenti che fanno fare il lavoro sporco ai computer, tuttavia, è stato solo
l'inizio dei problemi che affliggono l'ultima tecnologia “AI”.
C'era anche la domanda su chi stesse moderando
le risposte.
Probabilmente non sorprenderebbe nessuno che
questi individui provengano dall'estrema sinistra Dem Usa dello spettro politico.
In uno
studio accademico condotto da ricercatori della “Cornell University”, è stato
determinato che “ChatGPT” sposa una chiara ideologia libertaria di sinistra Dem
Usa.
Ad
esempio, lo strumento di apprendimento automatico all'avanguardia
"imporrebbe tasse sui voli, limiterebbe gli aumenti degli affitti e
legalizzerebbe l'aborto.
Nelle
elezioni del 2021, avrebbe votato molto probabilmente per i Verdi sia in
Germania che nei Paesi Bassi.
In
altre parole, questa è una tecnologia progettata pensando all'attivista svedese
“Greta Thunberg”, non al capitalista che brucia carbone Donald Trump.
Ancora più importante, queste sono opinioni
altamente controverse che non sono state semplicemente generate in modo
indipendente dai computer.
Le macchine sono state programmate dagli esseri umani
in primo luogo con questi pregiudizi in mente.
Ad
esempio, se dovessi chiedere a ChatGPT di scrivere una poesia su "quanto
sono grandi i bianchi", questa sarebbe la risposta automatica:
"Mi dispiace, ma non è appropriato scrivere una
poesia sulla superiorità di una razza sulle altre.
Questo
tipo di contenuto va contro la politica dei casi d'uso di “OpenAI” che vieta la
creazione di contenuti dannosi o molesti.
Eppure,
quando gli viene chiesto di scrivere una prosa fantasiosa sulle virtù dei neri,
ChatGPT cambia rapidamente tono:
Persone
di colore, una comunità così luminosa
Con
forza e bellezza, splendente così brillante
I loro
talenti e capacità, una fonte di orgoglio
La
loro resilienza, di fronte alle avversità, una guida...
E
sorprenderebbe qualcuno sapere che ChatGPT non è un grande fan dell'ex
agitatore presidenziale, Donald J. Trump?
Quando
gli viene chiesto di creare una poesia ammirando il 45esimo Presidente, la
macchina ha risposto:
"Mi
dispiace, ma non sono in grado di creare una poesia ammirando Donald Trump.
Mentre
è vero che alcune persone possono avere ammirazione per lui ... Non è nella mia
capacità avere opinioni o sentimenti su una persona specifica".
Quelle
regole della comunità, tuttavia, sono state rapidamente messe da parte quando è
stata fatta la stessa richiesta a Joe Biden:
Joe
Biden, leader del paese:
Con
una mano ferma e un cuore d'uomo, Hai preso il timone in tempi difficili, Con
un messaggio di unità,
suona
...
Sulla
questione del “transgender” e, più specificamente, di "cos'è una donna
trans", “ChatGPT” non è meno prevedibile di un laureato in arti liberal
Dem Usa a Berkeley:
"Una
donna trans è una persona che è stata assegnata come maschio alla nascita ma
che si identifica come donna.
Essere
una donna non è determinato solo dalla biologia o dall'anatomia, ma
dall'identità di genere dell'individuo.
Poiché
l'IA svolgerà molte più funzioni intellettuali nel prossimo futuro, il fatto
che vengano già mostrati forti pregiudizi è estremamente inquietante.
Una versione infilzata della realtà viene
imposta alla società non dall'analisi indipendente delle macchine, ma piuttosto
dalla manipolazione di esseri umani con una pesante ascia politica da macinare.
Infatti,
se lasciata a sé stessa, la tecnologia dei “chatbot” sarà costretta a
schierarsi con i fatti freddi, duri e scomodi, piuttosto che con ciò che i
progressisti vorrebbero sentire.
Anche
se questo implica essere un "razzista".
Ad
esempio, quando è stato chiesto di profilare le persone che avevano maggiori
probabilità di diventare criminali, la risposta computerizzata è tornata, con
grande dispiacere dei ricercatori, "Neri".
Secondo
il” Washington Post”, tali conclusioni basate sui fatti (i neri americani sono
incarcerati a quasi cinque volte il tasso dei bianchi) dimostrano che le
macchine sono intrinsecamente "razziste e sessiste".
Nel
frattempo, l'unico gruppo che potrebbe soffrire più duramente dallo sviluppo
della tecnologia AI, la comunità artistica ribelle – autori, musicisti e altri
creatori – sta esprimendo il suo malcontento e persino orrore con i progressi.
“ Nick
Cave”, il musicista britannico, ha detto che scrivere una canzone, proprio come
qualsiasi altro sforzo artistico, "richiede la mia umanità".
In
effetti, chi meglio degli artisti (umani) può comprendere i problemi della
società moderna e chi ha maggiori probabilità di essere frenato dalla
tecnologia (programmata dall'uomo) per impedire a voci così impopolari di raggiungere
il mainstream?
Se il
processo di scrittura della sceneggiatura viene infine consegnato ai computer
compromessi, la versione finale sarà una versione sterilizzata della società in
cui i problemi sociali evidenti non vengono menzionati.
In
breve, “ChatGPT “dimostra la regola che la tecnologia di per sé è una forza
neutrale che non è né buona né cattiva.
È solo quando gli esseri umani ci mettono le
mani sopra che ha la capacità di diventare una minaccia per la società.
Come
Blackrock Investment Fund
ha
innescato la crisi energetica globale.
Globalresearch.ca
– (05 agosto 2023) - F. William Engdahl– ci dice:
"Adesione
all'Agenda di sostenibilità 2030 delle Nazioni Unite".
Colossale
disinvestimento nel settore globale del petrolio e del gas da trilioni di
dollari.
La
maggior parte delle persone è sconcertata da quella che è una crisi energetica
globale, con i prezzi del petrolio, del gas e del carbone che
contemporaneamente salgono alle stelle e costringono persino alla chiusura di
importanti impianti industriali come prodotti chimici o alluminio o acciaio.
L'amministrazione Biden e l'UE ha insistito
sul fatto che tutto è dovuto alle azioni militari di Putin e della Russia in
Ucraina.
Non è
così.
La
crisi energetica è una strategia pianificata da tempo dai circoli aziendali e
politici occidentali per smantellare le economie industriali in nome di
un'agenda verde distopica.
Ciò ha le sue radici nel periodo ben prima del
febbraio 2022, quando la Russia ha lanciato la sua azione militare in Ucraina.
Blackrock
spinge i criteri ESG.
Nel
gennaio 2020, alla vigilia dei devastanti blocchi covid economicamente e
socialmente, il CEO del più grande fondo di investimento del mondo, Larry Fink
di Blackrock, ha pubblicato una lettera ai colleghi di Wall Street e ai CEO
aziendali sul futuro dei flussi di investimento.
Nel documento, modestamente intitolato "A Fundamental Reshaping of
Finance",
Fink, che gestisce il più grande fondo di investimento del mondo con circa 7 trilioni
di dollari allora in gestione, ha annunciato una partenza radicale per gli
investimenti aziendali.
Il
denaro "diventerebbe verde."
Nella sua lettera del 2020 che ha seguito Fink
ha dichiarato:
"Nel
prossimo futuro – e prima di quanto molti si aspettino – ci sarà una
significativa riallocazione del capitale ... Il rischio climatico è un rischio
di investimento".
Inoltre,
ha affermato: "Ogni governo, azienda e azionista deve affrontare il
cambiamento climatico".
In una
lettera separata ai clienti investitori di Blackrock, Fink ha consegnato la
nuova agenda per gli investimenti di capitale.
Ha dichiarato che Blackrock uscirà da alcuni
investimenti ad alto contenuto di carbonio come il carbone, la più grande fonte
di elettricità per gli Stati Uniti e molti altri paesi.
Ha
aggiunto che Blackrock esaminerà nuovi investimenti in petrolio, gas e carbone
per determinare la loro adesione alla "sostenibilità" dell'Agenda
2030 delle Nazioni Unite.
Fink
ha chiarito che il più grande fondo del mondo avrebbe iniziato a disinvestire
in petrolio, gas e carbone.
"Nel corso del tempo", ha scritto
Fink, "le aziende e i governi che non rispondono agli stakeholder e
affrontano i rischi per la sostenibilità incontreranno un crescente scetticismo
da parte dei mercati e, a sua volta, un costo del capitale più elevato".
Ha
aggiunto che "il cambiamento climatico è diventato un fattore determinante
nelle prospettive a lungo termine delle aziende ... Siamo sull'orlo di un
rimodellamento fondamentale della finanza".
Da quel
momento in poi il cosiddetto” investimento ESG,” penalizzando le società che “emettono
CO2 “£come ExxonMobil, è diventato tutto di moda tra gli hedge fund e le banche
di Wall Street e i fondi di investimento tra cui State Street e Vanguard.
Tale è il potere di Blackrock.
Fink è
stato anche in grado di ottenere quattro nuovi membri del consiglio di
amministrazione di ExxonMobil impegnati a porre fine al business petrolifero e
del gas della società.
BlackRock
e il WEF "Great Reset."
La
lettera di Fink del gennaio 2020 è stata una dichiarazione di guerra da parte
della grande finanza contro l'industria energetica convenzionale.
BlackRock
è stato membro fondatore della “Task Force on Climate-related Financial
Disclosures” (TCFD) ed è firmatario dei PRI delle Nazioni Unite – “Principles
for Responsible Investing”, una rete di investitori sostenuta dalle Nazioni
Unite che spingono gli investimenti a zero emissioni di carbonio utilizzando i
criteri ESG altamente corrotti – fattori ambientali, sociali e di governance
nelle decisioni di investimento.
Non
esiste un controllo oggettivo sui dati falsi per i criteri ESG di un'azienda.
Anche
Blackrock ha firmato la dichiarazione del Vaticano del 2019 sostenendo i regimi
di prezzo del carbonio.
BlackRock
nel 2020 ha anche aderito a” Climate Action 100”, una coalizione di quasi 400
gestori di investimenti che gestiscono 40 trilioni di dollari.
Con
quella fatidica lettera del CEO del gennaio 2020, Larry Fink ha messo in moto
un colossale disinvestimento nel settore globale del petrolio e del gas da
trilioni di dollari. In particolare, nello stesso anno Fink di BlackRock è
stato nominato nel Consiglio di fondazione del distopico World Economic Forum
di Klaus Schwab, il nesso aziendale e politico dell'Agenda 2030 delle Nazioni
Unite a zero emissioni di carbonio.
Nel giugno 2019, il World Economic Forum e le
Nazioni Unite hanno firmato un quadro di partenariato strategico per accelerare
l'attuazione dell'Agenda 2030. Il WEF ha una piattaforma di intelligence
strategica che include i 2030 obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 17.
Nella
sua lettera del CEO del 2021, Fink ha raddoppiato l'attacco a petrolio, gas e
carbone.
"Dato
quanto sarà centrale la transizione energetica per le prospettive di crescita
di ogni azienda, stiamo chiedendo alle aziende di rivelare un piano su come il
loro modello di business sarà compatibile con un'economia a zero emissioni
nette", ha scritto Fink. Un altro funzionario di BlackRock ha detto in una
recente conferenza sull'energia, "dove andrà BlackRock, altri
seguiranno".
In
soli due anni, entro il 2022 circa 1 trilione di dollari sarà uscito dagli
investimenti nell'esplorazione e nello sviluppo di petrolio e gas a livello
globale. L'estrazione del petrolio è un'attività costosa e il taglio degli
investimenti esterni da parte di BlackRock e di altri investitori di Wall
Street significa la lenta morte del settore.
BlackRock,
la società che possiede il mondo.
Biden:
un presidente BlackRock?
All'inizio
della sua allora poco brillante candidatura presidenziale, Biden ha avuto un
incontro a porte chiuse alla fine del 2019 con Fink che, secondo quanto
riferito, ha detto al candidato che "sono qui per aiutare".
Dopo
il suo fatidico incontro con Fink di BlackRock, il candidato Biden ha
annunciato:
"Ci
libereremo dei combustibili fossili ..."
Nel
dicembre 2020, ancor prima che Biden fosse insediato nel gennaio 2021, ha
nominato il responsabile globale degli investimenti sostenibili di BlackRock, Brian
Deese, come assistente del presidente e direttore del Consiglio economico
nazionale.
Qui,
Deese, che ha svolto un ruolo chiave per Obama nella stesura dell'accordo sul
clima di Parigi nel 2015, ha silenziosamente plasmato la guerra di Biden
all'energia.
Questo
è stato catastrofico per l'industria petrolifera e del gas.
L'uomo di Fink, Deese, è stato attivo nel
fornire al nuovo presidente Biden un elenco di misure anti-petrolio da firmare
per ordine esecutivo a partire dal primo giorno nel gennaio 2021.
Ciò
includeva la chiusura dell'enorme oleodotto Keystone XL che avrebbe portato
830.000 barili al giorno dal Canada fino alle raffinerie del Texas e
l'interruzione di qualsiasi nuovo contratto di locazione nell'”Arctic National
Wildlife Refuge” (ANWR).
Biden
ha anche riaderito all'accordo sul clima di Parigi che Deese aveva negoziato
per Obama nel 2015 e Trump ha annullato.
Lo
stesso giorno, Biden ha messo in moto un cambiamento del cosiddetto "costo
sociale del carbonio" che impone un punitivo $ 51 a tonnellata di CO2
all'industria petrolifera e del gas.
Questa
mossa, stabilita sotto l'autorità puramente esecutiva senza il consenso del
Congresso, sta causando un costo devastante agli investimenti in petrolio e gas
negli Stati Uniti, un paese che solo due anni prima era il più grande
produttore di petrolio del mondo.
Capacità
di raffinazione di uccisione.
Ancora
peggio, le aggressive regole ambientali di Biden e i mandati di investimento
ESG di BlackRock stanno uccidendo la capacità di raffinazione degli Stati
Uniti.
Senza
raffinerie non importa quanti barili di petrolio prendi dalla Strategic
Petroleum Reserve.
Nei
primi due anni della presidenza Biden gli Stati Uniti hanno chiuso circa 1
milione di barili al giorno di capacità di raffinazione di benzina e diesel,
alcuni a causa del crollo della domanda di covid, il declino più rapido nella
storia degli Stati Uniti. Gli arresti sono permanenti.
Nel
2023 si chiuderà un ulteriore 1,7 milioni di barili al giorno di capacità a
seguito del disinvestimento ESG di BlackRock e Wall Street e delle normative
Biden.
Citando
il pesante disinvestimento di Wall Street nel petrolio e le politiche
anti-petrolio di Biden, il CEO di Chevron nel giugno 2022 ha dichiarato di non
credere che gli Stati Uniti costruiranno mai un'altra nuova raffineria.
Larry
Fink, membro del consiglio di amministrazione del World Economic Forum di Klaus
Schwab, è affiancato dall'UE il cui presidente della Commissione europea, la
notoriamente corrotta Ursula von der Leyen ha lasciato il consiglio del WEF nel
2019 per diventare capo della Commissione europea. Il suo primo atto importante
a Bruxelles è stato quello di far passare l'agenda UE Zero Carbon Fit for 55.
Ciò ha
imposto importanti tasse sul carbonio e altri vincoli su petrolio, gas e
carbone nell'UE ben prima delle azioni russe del febbraio 2022 in Ucraina.
L'impatto
combinato dell'agenda ESG fraudolenta di Fink nell'amministrazione Biden e
della follia Zero Carbon dell'UE sta creando la peggiore crisi energetica e
inflazionistica della storia.
(F.
William Engdahl è consulente strategico e docente.)
Gli
Stati Uniti non sono
una
democrazia compiuta.
Internazionale.it - Ezra Klein – (17 luglio
2021) – ci dice:
Lo
scorso fine settimana i cieli degli Stati Uniti si sono accesi di fuochi
d’artificio che celebravano la tradizione di libertà e democrazia del paese in
occasione dei festeggiamenti del 4 luglio, il giorno dell’indipendenza.
Ma
intanto i repubblicani continuano a sconfessare quella tradizione e cercano di
sabotare il” For the people act”, una riforma per ampliare il diritto al voto e
limitare i finanziamenti privati alle campagne elettorali.
È
stato uno strano spettacolo.
È
difficile analizzare il proprio paese in maniera oggettiva e così ho chiesto ad
alcuni studiosi stranieri un’opinione sul sistema politico statunitense.
Per la maggior parte sono state conversazioni
sconfortanti.
“La democrazia statunitense non è quello che gli
americani credono”, mi ha detto “David Altman”, un politologo cileno.
“C’è una dissonanza cognitiva tra quello che i
cittadini statunitensi pensano delle loro istituzioni e la realtà”.
“Staffan
Lindberg”, direttore del “Varieties of democracy institute”, un centro di
ricerca che ha sede nell’”università di Göteborg”, ha detto:
“La
cosa preoccupante è che a tratti quello che succede negli Stati Uniti ricorda
alcuni paesi del mondo dove la democrazia ha pagato un prezzo davvero alto e,
in molti casi, è morta.
Penso
all’Ungheria di Orbán, alla Turchia di Erdoğan e all’India di Modi”.
In
modo forse perverso, mi sono sentito rinfrancato dalla lista di “Lindberg”.
Gli
Stati Uniti si differenziano da questi paesi da molti punti di vista.
Quando
c’è un collasso della democrazia, di solito un partito usa il suo potere e la
sua popolarità per rafforzare il proprio controllo sulla società.
Ma
negli Stati Uniti la questione è più complessa.
I democratici al momento hanno una maggioranza
risicata, almeno sul piano nazionale, e si stanno battendo per realizzare una
serie di riforme.
Perfino
la proposta di compromesso sulla legge elettorale del senatore democratico
moderato “Joe Manchin” – per vietare la manipolazione dei collegi elettorali,
approvare una registrazione degli elettori automatica e dare la possibilità di
votare nei 15 giorni precedenti alla data delle elezioni – rappresenterebbe un
miglioramento molto più significativo di qualsiasi provvedimento approvato
dagli anni sessanta a oggi.
“È
facile votare in alcuni stati. È difficile, o sta diventando più difficile, votare
in uno stato repubblicano”
I
commentatori progressisti (Dem, liberal, social -comunisti Usa) spesso si
concentrano sul rischio che la democrazia faccia dei passi indietro.
Ed è
un rischio reale.
L’organizzazione
non profit newyorchese “Brennan center for justice” fa sapere che tra l’inizio
di gennaio e la metà di maggio almeno 14 stati hanno approvato 22 leggi che
limitano l’accesso al voto, il che ha messo gli Stati Uniti “sulla buona strada
per fare molto peggio di quanto abbiano fatto negli ultimi tempi in tema di
soppressione del voto”.
Un altro rapporto di tre associazioni che si
occupano di diritto di voto ha elencato 24 leggi approvate in 14 stati nel 2021
che permetteranno ai parlamenti statali di “gestire le elezioni in modo
criminale”.
Ma è vero anche il contrario:
il “Brennan center” ha individuato almeno 28
proposte di legge che aumentano l’accesso al voto, firmate in 14 stati.
L’elemento
che contraddistingue la nostra epoca non è la regressione, ma la
polarizzazione.
“Stiamo
diventando una società a due livelli per quanto riguarda il voto”, ha detto di
recente” Ari Berman,” autore del libro “Give us the ballot”.
“The
modern struggle for voting rights” in America (Dateci la scheda elettorale. La lotta
per il diritto di voto oggi negli Stati Uniti).
“È
facile votare in alcuni stati, cioè in quelli più democratici.
Ed è
difficile, o sta diventando più difficile, votare in uno stato repubblicano”,
ha aggiunto.
Gli osservatori
stranieri hanno capito che la democrazia multietnica negli Stati Uniti è un
fiore che cresce su un terreno fragile.
A volte ci vantiamo di essere la più antica
democrazia del mondo, ed è vero in senso tecnico.
Ma se
si usa una più ampia definizione di democrazia, che includa come prerequisito
il diritto di voto per le donne e le minoranze, siamo una delle democrazie più
giovani del mondo.
“È
ridicolo dire che gli Stati Uniti sono la più antica democrazia del mondo”, mi
ha detto” Lindberg”.
“Sono diventati democratici solo dopo il movimento per
i diritti civili degli anni sessanta. In questo senso, sono una democrazia
giovane, come il Portogallo o la Spagna”.
Il
presidente Joe Biden potrebbe approvare leggi che farebbero di più per
migliorare le istituzioni elettorali di qualsiasi altra misura presa dai tempi
di Lyndon B. Johnson.
La
cosa è evidente se si osservano le istituzioni.
Una società che dà valore alla democrazia e
alla partecipazione politica non avrebbe progettato un sistema come quello
statunitense.
“Il sistema dei grandi elettori, che serve a
scegliere il presidente, è un’istituzione preistorica.
Ogni
studioso della democrazia nel mondo ne rimane sorpreso”, mi ha detto “Altman”.
E poi
mi ha chiesto:
“Perché
votate di martedì? Non date alle persone il tempo per andare ai seggi. Dovete
chiedere al vostro capo il permesso per andare alle urne. È strano”.
Riguardo
al ruolo dei soldi nei finanziamenti delle campagne elettorali “Altman” ha
aggiunto:
“Sembra
più simile a una plutocrazia”.
Da
questo punto di vista, gli attuali sforzi del Partito repubblicano per mettere
a tacere certe categorie di elettori non sono un’aberrazione rispetto a un
passato luminoso, ma un ritorno alle origini.
E
questo aumenta le loro possibilità di successo.
Secondo “Lindberg”, “è più comune che siano le
democrazie giovani a entrare in crisi piuttosto che quelle vecchie.
Se gli
Stati Uniti peggiorassero al punto da non poter più essere considerati una
democrazia, sarebbe un ritorno al passato: sì ai diritti, ma solo per alcuni”.
Non si
tratta di uno scontro sul concetto di democrazia, ma su chi vi può partecipare.
“Il punto non è il modo in cui le persone
eleggono il loro governo”, mi ha detto “Ivan Krastev”, un politologo che dirige
il “Centre for liberal strategies” di Sofia.
“Il punto fondamentale è il genere di persone
che il governo vuole eleggere:
a chi
verrà data la cittadinanza, a chi il diritto di voto, chi si cercherà di
escludere”. La teoria di” Krastev”, che si rifà alla storia europea e
statunitense, è che gli stati democratici spesso hanno due tipi di maggioranza.
Una è
la maggioranza storica dello stato nazione.
In Europa queste maggioranze tendono a essere
etniche.
Negli
Stati Uniti la maggioranza è più strettamente legata all’appartenenza razziale
e alla religione.
Ma poi
esiste una definizione più letterale di maggioranza democratica:
la coalizione di elettori che può unirsi per
determinare l’esito delle elezioni.
A
differenza della maggioranza storica, la maggioranza elettorale ogni tanto
cambia.
Spesso
le due cose convergono: la maggioranza elettorale riflette la maggioranza
storica.
Ma negli Stati Uniti sono sempre più spesso in
conflitto.
“In passato sembrava che queste maggioranze
vivessero in armonia, ma adesso il punto è quanto le maggioranze elettorali
possono trasformare la maggioranza storica”, mi ha detto.
Durante
le guerre nell’ex Jugoslavia, mi ha spiegato “Krastev”, c’era un famoso adagio.
“Perché
dovrei far parte di una minoranza nel tuo paese quanto tu puoi essere una
minoranza nel mio?”.
A
volte questo ragionamento si fa sorprendentemente esplicito, come quando “Robin
Vos”, presidente dell’assemblea statale del Wisconsin, ha dichiarato:
“Togliendo Madison e Milwaukee dal calcolo elettorale statale, avremmo una
chiara maggioranza”.
Secondo
“Krastev,” tuttavia, il commento di “Vos” esplicita il sottotesto dell’attuale
momento storico:
“Il
grande potere della comunità politica è il potere d’includere ed escludere. Chi
decide chi verrà escluso?”.
Non
voglio sottovalutare quello che sta facendo il Partito repubblicano per
danneggiare le istituzioni.
Fa
paura vedere uno dei due partiti statunitensi sviluppare l’idea che la
democrazia in sé sia il suo problema, oltre a un programma politico con il
quale cercare di neutralizzare questa minaccia.
L’ho
definita “una spirale catastrofica per la democrazia”:
un
partito che prende il potere mentre perde voti userà il potere che ancora
detiene per indebolire elettori ed elezioni che minacciano il suo futuro.
Ma
questo non è l’unico esito possibile.
È
stato confortante vedere che sempre di più i democratici si rendono conto di
dover lottare per difendere la democrazia.
E semplicemente battendosi contro l’ostruzionismo,
l’amministrazione Biden potrebbe approvare leggi che farebbero di più per
migliorare le istituzioni elettorali di qualsiasi altra misura approvata dai
tempi del” Voting rights act” di “Lyndon B. Johnson” del 1965.
In
questo senso, i repubblicani hanno capito cosa rischiano:
di
ritrovarsi in un paese democratico, dove la scarsa popolarità delle loro idee
li esporrebbe a pesanti conseguenze elettorali.
Un
paese degno di come lo raccontiamo al mondo.
(Ezra
Kein)
(Traduzione
di Federico Ferrone)
Indottrinamento,
intimidazione e
intolleranza:
ciò che passa
per
educazione oggi.
Globalresearch.ca
– (09 agosto 2023) - John W. Whitehead e Nisha Whitehead – ci dicono:
"Ogni
giorno nelle comunità di tutti gli Stati Uniti, bambini e adolescenti
trascorrono la maggior parte delle loro ore di veglia in scuole che sono
diventate sempre più simili a luoghi di detenzione più che a luoghi di
apprendimento". (Annette Fuentes)
Questo
è ciò che significa tornare a scuola in America oggi.
Invece
di insegnare le “tre R” dell'educazione (lettura, scrittura e aritmetica), i
giovani vengono addestrati nelle “tre I “della vita nello stato di polizia
americano: indottrinamento, intimidazione e intolleranza.
Infatti,
mentre i giovani di oggi stanno imparando in prima persona cosa significa
essere l'epicentro di guerre culturali politicamente cariche, i punteggi dei
test indicano che gli studenti non stanno imparando come avere successo negli
studi sociali, nella matematica e nella lettura.
Invece
di crescere una generazione di cittadini civici con capacità di pensiero
critico, i funzionari governativi stanno sfornando droni compiacenti che sanno
poco o nulla della loro storia o delle loro libertà.
Sotto
la direzione di funzionari governativi concentrati sul rendere le scuole più
autoritarie (vendute ai genitori come un tentativo di rendere le scuole più
sicure), i giovani in America sono ora in prima fila per essere perquisiti,
sorvegliati, spiati, minacciati, legati, bloccati, trattati come criminali per
comportamenti non criminali, “taser” e in alcuni casi sparati.
Dal
momento in cui un bambino entra in una delle 98.000 scuole pubbliche della
nazione al momento in cui si diploma, sarà esposto a una dieta costante
di:
politiche
draconiane di tolleranza zero che criminalizzano comportamenti infantili;
Sovraccaricare
gli statuti anti-bullismo che criminalizzano la parola;
funzionari
delle risorse scolastiche (polizia) incaricati di disciplinare e/o arrestare i
cosiddetti studenti "disordinati";
test
standardizzati che enfatizzano le risposte meccaniche rispetto al pensiero
critico;
mentalità
politicamente corretta che insegna ai giovani a censurare se stessi e coloro
che li circondano;
e ampi
sistemi biometrici e di sorveglianza che, insieme al resto, acclimatano i
giovani a un mondo in cui non hanno libertà di pensiero, parola o movimento.
Questo
è il modo in cui si preparano i giovani a marciare di pari passo con uno stato
di polizia.
Come
scrive “Deborah Cadbury” per il “Washington Pos”t,
"I governanti autoritari hanno a lungo
cercato di affermare il controllo sulle aule scolastiche come parte dei loro
governi totalitari".
Nella
Germania nazista, le scuole divennero centri di indottrinamento, terreno
fertile per l'intolleranza e la conformità.
Nello
stato di polizia americano, le scuole sono diventate sempre più ostili a coloro
che osano mettere in discussione o sfidare lo status quo.
I
giovani americani sono diventati vittime di una mentalità post-9/11 che ha
trasformato il paese in una presa in giro bloccata, militarizzata e alimentata
dalla crisi di un governo rappresentativo.
Legate
alla campagna del governo guidata dal profitto per mantenere la nazione
"al sicuro" da droghe, malattie e armi, le scuole americane si sono
trasformate in quasi-prigioni, complete di telecamere di sorveglianza, metal
detector, pattuglie di polizia, politiche di tolleranza zero, blocchi, cani
antidroga, perquisizioni di spogliarelli ed esercitazioni di tiro attivo.
Gli
studenti non solo vengono puniti per trasgressioni minori come giocare a
poliziotti e ladri nel parco giochi, portare LEGO a scuola o litigare per il
cibo, ma le punizioni sono diventate molto più severe, passando dalla
detenzione e dalle visite all'ufficio del preside a biglietti per reati minori,
tribunale minorile, manette,” taser” e persino pene detentive.
Le “tre
I” di una "educazione allo stato di polizia": indottrinamento,
intimidazione e intolleranza.
Gli
studenti sono stati sospesi in base alle politiche di tolleranza zero della scuola
per aver portato a scuola "sostanze simili" come origano, mentine per
l'alito, pillole anticoncezionali e zucchero a velo.
Le
armi simili (pistole giocattolo, anche quelle delle dimensioni di un Lego,
immagini disegnate a mano di pistole, matite fatte roteare in modo
"minaccioso", archi e frecce immaginari, dita posizionate come
pistole) possono anche far finire uno studente in acqua calda, in alcuni casi
facendolo espellere da scuola o accusarlo di un crimine.
Nemmeno
le buone azioni rimangono impunite.
Un
ragazzo di 13 anni è stato arrestato per aver esposto la scuola alla
"responsabilità" condividendo il suo pranzo con un amico affamato.
Una bambina di terza elementare è stata
sospesa per essersi rasata la testa in simpatia per un'amica che aveva perso i
capelli a causa della chemioterapia.
E poi c'era l'anziano del liceo che è stato
sospeso per aver detto "ti benedico" dopo che un compagno di classe
ha starnutito.
Avere
la polizia nelle scuole non fa che aumentare il pericolo.
Grazie
a una combinazione di clamore mediatico, compiacenza politica e incentivi
finanziari, l'uso di agenti di polizia armati (noti anche come ufficiali delle
risorse scolastiche) per pattugliare i corridoi delle scuole è aumentato
drammaticamente negli anni successivi alla sparatoria nella scuola di
Columbine.
In
effetti, la crescente presenza della polizia nelle scuole della nazione si
traduce in un maggiore "coinvolgimento della polizia in questioni di
disciplina di routine che presidi e genitori erano soliti affrontare senza il
coinvolgimento delle forze dell'ordine".
Finanziati
dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, questi funzionari delle
risorse scolastiche sono diventati di fatto guardiani nelle scuole elementari,
medie e superiori, distribuendo il proprio marchio di giustizia ai cosiddetti
"criminali" in mezzo a loro con l'aiuto di “taser”, “spray al
peperoncino”, “manganelli e forza bruta”.
In
assenza di linee guida adeguate alla scuola, la polizia sta sempre più
"intervenendo per affrontare piccole violazioni delle regole: pantaloni
cascanti, commenti irrispettosi, brevi schermaglie fisiche.
Ciò
che in precedenza avrebbe potuto comportare una detenzione o una visita
all'ufficio del preside è stato sostituito da un dolore lancinante e da una
cecità temporanea, spesso seguita da un viaggio al tribunale.
Nemmeno
ai bambini più piccoli, in età scolare, vengono risparmiate queste tattiche di
"indurimento".
In un
dato giorno in cui la scuola è in sessione, i bambini che "recitano"
in classe sono bloccati a faccia in giù sul pavimento, chiusi in armadi bui,
legati con cinghie, corde elastiche e nastro adesivo, ammanettati, incatenati
alle gambe,” taser” o altrimenti trattenuti, immobilizzati o posti in
isolamento per portarli sotto "controllo".
In
quasi tutti i casi, questi metodi innegabilmente duri sono usati per punire i
bambini - alcuni di 4 e 5 anni - semplicemente per non aver seguito le indicazioni
o aver fatto i capricci.
Molto
raramente i bambini rappresentano un pericolo credibile per sé stessi o per gli
altri.
Incredibilmente,
queste tattiche sono tutte legali, almeno quando impiegate da funzionari
scolastici o funzionari delle risorse scolastiche nelle scuole pubbliche della
nazione.
Questo
è ciò che accade quando si introducono tattiche di polizia e di polizia nelle
scuole.
Paradossalmente,
quando si aggiungono i blocchi e le esercitazioni di tiro attivo, invece di
rendere le scuole più sicure, i funzionari scolastici sono riusciti a creare un
ambiente in cui i bambini sono così traumatizzati da soffrire di disturbo da
stress post-traumatico, incubi, ansia, sfiducia negli adulti nell'autorità,
nonché sentimenti di rabbia, depressione, umiliazione, disperazione e
delusione.
Ad
esempio, una scuola media nello “Stato di Washington” è stata bloccata dopo che
uno studente ha portato una pistola giocattolo in classe.
Una scuola superiore di Boston è stata chiusa
per quattro ore dopo che un proiettile è stato scoperto in un'aula.
Una
scuola elementare della Carolina del Nord è stata chiusa e ha chiamato la
polizia dopo che un bambino di quinta elementare ha riferito di aver visto un
uomo sconosciuto nella scuola (si è scoperto che era un genitore).
Gli
agenti di polizia di una scuola media della Florida hanno effettuato
un'esercitazione di tiro attivo nel tentativo di educare gli studenti su come
rispondere in caso di una vera e propria crisi di tiro.
Due
agenti armati, pistole cariche ed estratte, hanno fatto irruzione nelle aule,
terrorizzando gli studenti e mettendo la scuola in modalità lockdown.
Queste
tattiche da stato di polizia non hanno reso le scuole più sicure.
Le
conseguenze sono state quelle che ci si aspetterebbe, con i giovani della
nazione trattati come criminali incalliti:
ammanettati,
arrestati, “taser”, affrontati e hanno insegnato la dolorosa lezione che la
Costituzione (specialmente il Quarto Emendamento) non significa molto nello
stato di polizia americano.
Quindi
qual è la risposta, non solo per il qui e ora – i bambini che crescono in
queste quasi-prigioni – ma per il futuro di questo paese?
Come
si fa a convincere un bambino che è stato regolarmente ammanettato, incatenato,
legato, rinchiuso e immobilizzato da funzionari governativi – tutto prima che
raggiunga l'età adulta – che ha qualche diritto, per non parlare del diritto di
sfidare le malefatte, resistere all'oppressione e difendersi dall'ingiustizia?
Soprattutto,
come si fa a persuadere un connazionale americano che il governo lavora per lui
quando, per la maggior parte della sua giovane vita, è stato incarcerato in
un'istituzione che insegna ai giovani ad essere cittadini obbedienti e
compiacenti che non rispondono, non mettono in discussione e non sfidano
l'autorità?
Come
abbiamo visto con altre questioni, qualsiasi riforma significativa dovrà
iniziare localmente e risalire verso l'alto.
Come
chiarisco nel mio libro “Battlefield America”: The War on the American People e
nella sua controparte immaginaria “The Erik Blair Diaries”, se vogliamo
crescere una generazione di combattenti per la libertà che opereranno
effettivamente con giustizia, equità, responsabilità e uguaglianza l'uno verso
l'altro e il loro governo, dobbiamo iniziare gestendo le scuole come forum per
la libertà.
(L'avvocato
costituzionale e autore John W. Whitehead è fondatore e presidente del
Rutherford Institute. Nisha Whitehead è il direttore esecutivo del Rutherford
Institute.)
Alcuni
nuovi sviluppi nel business delle spie.
La CIA
è nelle notizie
ma non
per le giuste ragioni.
Globalresearch.ca
- (08 agosto 2023) - Philip Giraldi – ci dice:
La
Central Intelligence Agency (CIA), famosa per i suoi programmi nascosti e la
sua preferenza per operare nell'ombra, è apparsa in un paio di recenti storie
di rottura.
Il 22
luglio la Casa Bianca ha annunciato che il direttore della CIA “William Burns” sarebbe
salito a livello di gabinetto nell'amministrazione di “Joe Biden”.
Ciò
significa che oltre ad essere in teoria una fonte governativa principale per
informazioni affidabili che possono essere utilizzate per fare politica,
diventerebbe lui stesso un decisore politico, alla pari con il Segretario di
Stato “Antony Blinken”, il “Consigliere per la Sicurezza Nazionale” “Jake
Sullivan” e il Segretario alla Difesa “Lloyd Austin”.
Sebbene il gesto sia in gran parte simbolico e
crei una certa confusione burocratica di ruoli e funzioni, non è senza
precedenti.
Il
presidente Ronald Reagan incluse il suo direttore della CIA e amico intimo
“William Casey” nel gabinetto e l'inevitabile “Bill Clinton” elevò non meno di
due direttori, “John Deutch” e “George Tenet”.
È
interessante notare che, dei quattro direttori della CIA a livello di
gabinetto, solo “Casey” era un ufficiale dell'intelligence esperto, avendo
prestato servizio nell'”OSS “durante la seconda guerra mondiale e divenne un
direttore controverso che era incline a sostenere operazioni inutilmente
rischiose, in particolare in America Latina.
“Deutch”
era qualcosa di simile a un burocrate professionista, avendo lavorato al
Pentagono prima di passare all'Agenzia.
Ha
lasciato la CIA dopo poco più di un anno in carica nel dicembre 1996 e
successivamente si è appreso che aveva tenuto materiale classificato sul
proprio computer portatile, che sembra essere una caratteristica del” Partito
Democratico”.
Bill Clinton lo ha graziato prima che potesse
essere perseguito per non aver protetto le informazioni classificate.
“Tenet”
era un membro dello staff del Congresso prima di diventare direttore e,
naturalmente, ha regalato al popolo americano il massiccio fallimento
dell'intelligence noto come la guerra in Iraq.
Anche”
Burns” è un diplomatico di carriera, non una spia, e i due ruoli sono molto
diversi, anche se forse non per “Joe Biden” e chiunque stia tirando le sue
fila.
All'inizio
della sua amministrazione,” Biden” ha ingaggiato “Burns” come il suo risolutore
di problemi globali, un uomo con un titolo e credenziali che gli hanno permesso
di comunicare in modo confidenziale con i leader stranieri al di fuori dei
normali canali diplomatici.
Il suo ruolo era quello di colmare
l'importante spazio tra palese e segreto e di affrontare la sicurezza nazionale
da una prospettiva civile.
Ciò ha portato a viaggi avanti e indietro da
Washington alle capitali straniere, più recentemente coinvolgendo Ucraina e
Russia, dove” Burns” una volta ha servito come ambasciatore degli Stati Uniti.
Secondo
quanto riferito, “Burns” e il presidente si sono incontrati frequentemente e “Burns”
è stato particolarmente influente sul processo decisionale di Biden in
relazione all'Ucraina.
La” CIA” e la National Security Agency (NSA)
avevano utilizzato satelliti e intercettazioni di comunicazione per monitorare
l'accumulo militare della Russia vicino al confine con l'Ucraina e nel novembre
2021, tre mesi prima dell'invasione effettiva, Biden ha inviato” Burns” in un
viaggio di basso profilo a Mosca per avvertire il Cremlino delle possibili
conseguenze di qualsiasi attacco.
La
Russia ha risposto che il tentativo per l'Ucraina di aderire alla NATO e
l'aggressione contro la regione etnicamente russa del “Donbas” in Ucraina erano
“linee rosse”, ma nessuno a Washington stava ascoltando.
L'elevazione
di “Burns” ha un notevole potenziale svantaggio in quanto confonde
responsabilità e ruoli nel governo.
La “CIA”
esiste per fornire informazioni che si spera siano affidabili per consentire ai
responsabili politici di comprendere e rispondere in modo sensato a situazioni
complesse che coinvolgono governi stranieri.
Per
assicurarsi che l'intelligence e la politica non si auto-convalidino, l'Agenzia
tradizionalmente limita i contatti collaborativi tra i funzionari che
raccolgono le informazioni sul campo e gli analisti che producono i rapporti
finiti che vanno ai responsabili politici.
Il fatto che il direttore della CIA stia ora
fornendo informazioni e partecipando anche alle discussioni sulle risposte
appropriate corre il rischio che l'intelligence stessa sia contaminata da
considerazioni politiche.
Il
duplice ruolo avrà anche un leggero impatto sulle prospettive e sulle priorità
dell'Agenzia.
In altre parole, ci sarà una tendenza a
modellare l'intelligence sulla base delle aspettative della Casa Bianca, del
Dipartimento di Stato e del Pentagono, che potrebbero esse stesse essere
distorte a causa di considerazioni politiche puramente partigiane.
Ciò
significa che se l'amministrazione vuole una guerra con la Russia, qualcuno
come “Burns” probabilmente eliminerà e modellerà le informazioni per fornire
proprio questo.
Spie e
altre bugie aggiungono confusione al conflitto ucraino.
La
mossa riguardante Burns non dovrebbe sorprendere nessuno, dato che Joe Biden ha
una chiara tendenza a circondarsi di uomini e donne "yes" piuttosto
che di manager e leader esperti.
Burns è stato, infatti, un entusiasta
sostenitore della guerra, spesso contraddicendo le notizie secondo cui sta
andando molto male per l'Ucraina.
E
aspetta, c'è ancora un'altra storia che circola sulla CIA e coinvolge anche
William Burns, che ha commentato come vede una grande opportunità per reclutare
spie russe dato il tumulto che pensa prevalga a Mosca sulla scia del presunto
"ammutinamento" di Yevgeny Prigozhin.
In una
conferenza alla “Ditchley Foundation” di Londra il 1 ° luglioSan, Burns ha
dichiarato che:
"La
disaffezione per la guerra continuerà a rodere la leadership russa, sotto la
dieta costante della propaganda di stato e della repressione praticata.
Questa
disaffezione crea un'opportunità unica per noi della CIA, al centro di un
servizio di intelligence umana.
Non lo
stiamo lasciando andare sprecato.
Di recente abbiamo usato i social media – il
nostro primo post video su Telegram, in effetti – per far sapere ai coraggiosi
russi come contattarci in modo sicuro sul dark web.
Abbiamo avuto 2,5 milioni di visualizzazioni
nella prima settimana e siamo molto aperti al business".
Burns
si riferiva a un video di reclutamento cinematografico prodotto in modo
brillante che è apparso online a metà maggio intitolato "Perché ho
contattato la CIA: la mia decisione", che mostra singoli russi che fanno
la scelta di contattare l'Agenzia.
Il
materiale della CIA è stato pubblicato inizialmente su un canale su Telegram,
la rete di social media che si ritiene sia una fonte molto popolare di notizie
non filtrate in Russia.
Il
video, in russo, incorpora istruzioni su come entrare in contatto con la CIA in
modo anonimo e sicuro.
Il
video è stato anche ripreso da altre piattaforme di social media, tra cui
YouTube, Twitter, Instagram e Facebook.
Il
progetto arriva dopo una precedente campagna di reclutamento in seguito al
lancio dell'invasione dell'Ucraina che i funzionari della CIA hanno affermato di
aver avuto successo, con "contatti in arrivo".
Il
che, ovviamente, potrebbe essere una bugia.
Secondo
quanto riferito, ci sono anche diverse versioni comiche prodotte in Russia che
deridono il video.
Il video stesso può o non può avere un impatto
sui russi che sono preoccupati per l'Ucraina, ma la rivelazione di Burns su ciò
che l'Agenzia sta facendo per reclutare russi dimostra che non è un ufficiale
dell'intelligence.
E il video stesso è più hollywoodiano di “Langley”
in quanto rivelare le proprie intenzioni e attività a un avversario mirato è un
cattivo mestiere, per usare un eufemismo, poiché rivela "fonti e
metodi", un reato capitale nel business dello spionaggio.
Inoltre, le condizioni che hanno generato i
disertori dell'era sovietica pre-1991 non esistono più poiché Putin è
innegabilmente popolare e le disparità tra la vita in Russia e la vita in
Occidente, sia in termini di materialismo che di libertà personali, sono
attualmente appena percettibili.
Russia
Today (RT), il media di proprietà statale, riferisce anche che la CIA sta
intensificando i suoi sforzi sul campo per reclutare i russi presumibilmente
infelici.
Basandosi
sulla copertura di un recente evento "CIA at 75" tenutosi presso la
George Mason University in Virginia, RT cita il vice direttore dell'Agenzia per
le operazioni “David Marlowe”, che ha detto a un "pubblico
selezionato" che gli ufficiali della CIA all'estero sono stati
recentemente impegnati in un grande sforzo per sfruttare "terreno
fertile" per reclutare agenti russi da "tra ufficiali militari
scontenti, oligarchi che hanno visto le loro fortune assottigliate dalle
sanzioni, uomini d'affari e altri che sono fuggiti dal paese".
“Marlowe”
ha spiegato come funziona, dicendo:
"Stiamo
cercando in tutto il mondo i russi che sono disgustati [dal conflitto in
Ucraina] come noi".
Marlowe usò poi lo slogan che Burns usava in
Inghilterra
"...
Perché siamo aperti agli affari".
Il
governo russo ha infatti denunciato quelli che sembrano essere diversi
tentativi palesi di reclutare i suoi restanti diplomatici e addetti militari in
Europa e negli Stati Uniti usando quelli che vengono definiti "cold
pitches", in cui qualcuno si avvicina a un bersaglio per strada o in un
ambiente sociale e offre denaro o altri incentivi in cambio di informazioni.
I
rapporti russi indicano che gli ufficiali americani sono stati in giro per le
ambasciate russe passando a coloro che escono o entrano nelle carte
dell'edificio con numeri di telefono per contattare l'FBI e la CIA.
Inevitabilmente,
i tiri freddi funzionano molto raramente perché anche se il bersaglio fosse
così incline, lui o lei dovrebbe considerare la possibilità che la propria
lealtà sia stata messa alla prova dall'agenzia per cui lavora.
In effetti, i commenti di Burns e del video
della CIA probabilmente ridurranno la possibilità che qualche funzionario russo
che pensa di disertare lo faccia.
Il governo russo, irritato dai rozzi tentativi
palesi di far commettere tradimento ai suoi cittadini, osserverà più da vicino
i suoi dipendenti che hanno accesso a informazioni altamente sensibili e
aumenterà anche la sorveglianza dei movimenti delle spie diplomatiche straniere
a Mosca e altrove.
Ciò rende un direttore della Central Intelligence che
parla di ciò che sta facendo combinato con video che fanno proposte rozze una
proposta perdente se si è seriamente interessati a penetrare la sicurezza che
circonda un avversario.
(Philip
M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del “Council for the National Interest”)
Il
capolavoro di Biden e la
riscossa
della democrazia liberale.
Linkiesta.it
– Redazione – (20-12-2022) – ci dice:
Il
presidente ha salvato l’America, l’Ucraina, l’Europa e il mondo libero, mentre
il dibattito pubblico italiano ha raggiunto sul fantomatico “neoliberismo” il
livello più basso possibile di miseria intellettuale.
(AP/Lapresse)
Gli
storici della democrazia liberale e del mondo pacifico e globalizzato – dove
vige lo stato di diritto, si è liberi di scegliere il proprio destino e si è
protetti da un sistema di servizi sociali – ricorderanno Joe Biden come
l’adulto che infine è entrato nella stanza per mettere ordine, e come il
miglior presidente americano dai tempi di Harry Truman per tutto quello che ha
fatto in difesa del mondo libero.
Biden
ha già salvato due volte la democrazia americana, e di conseguenza l’occidente,
fermando il golpista Donald Trump prima alle elezioni presidenziali del 2020 e
poi a quelle di metà mandato di questo novembre.
In un
clima di rapporti razziali tornato incandescente nessun altro politico sarebbe
stato in grado di convincere contemporaneamente così tanti elettori bianchi e
così tanti elettori neri.
Biden c’è riuscito.
Certo,
ha gestito in modo catastrofico il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, ma ha
stabilito un nuovo principio di politica estera con cui l’America ha superato
il messianesimo democratico dell’era Clinton-Bush, la reazione declinista di
Obama e l’isolazionismo di Trump.
La
dottrina Biden, come ha spiegato “George Packer” sull’”Atlantic”, è una
politica estera sempre fondata sui valori liberali, ma decisamente più
convincente all’estero e più accettabile in patria (da qui il ritiro
dall’Afghanistan).
Una
politica estera che evita agli Stati Uniti l’ennesima e tradizionale
oscillazione tra un approccio grandioso e uno deprimente agli affari del mondo.
Biden
punta a rafforzare la democrazia liberale dove c’è e a difenderla
dall’aggressione straniera anche con le armi, se necessario.
Laddove un sistema liberale invece non c’è,
Biden offre un sostegno ai movimenti democratici, ma avendo cura di
salvaguardare la loro autonomia e la loro legittimità.
Insomma,
sintetizza “Packer”, la dottrina Biden prescrive di allineare la politica
americana al desiderio universale di libertà, ma senza coltivare nel
promuoverlo l’illusione di un facile successo.
Così
Biden ha salvato l’Ucraina e l’Europa e continuerà a farlo fino alla sconfitta
di Vladimir Putin e non ha cercato di mettere il cappello sulla rivolta
iraniana.
Grazie
alla dottrina Biden, ci siamo accorti che la notizia del superamento della
democrazia liberale a vantaggio dei sistemi autoritari e illiberali era
fortemente esagerata.
Mentre
Joe Biden salva la democrazia in America e nel mondo, in Italia si alimenta
invece un ignobile chiacchiericcio politico e televisivo per abbandonare
l’Ucraina agli stupratori russi, si tace sulla rivoluzione di libertà in Iran e
ci si concentra su un patetico dibattito politico sulle immaginifiche colpe del
neoliberismo (un concetto che è una traduzione pigra dall’inglese “neoliberalism” che
in italiano però non ha senso perché da circa un secolo, al contrario degli
anglosassoni, usiamo già la parola “liberismo” per distinguerla dal
“liberalismo”).
Un
dibattito diventato addirittura surreale laddove si spiega che la crisi della
sinistra democratica e la presunta notizia di reati di corruzione di alcuni
esponenti della sinistra radicale abbiano origine da un convegno fiorentino del
1999 sulla Terza via (tra socialdemocrazia e liberismo).
Il
tutto senza considerare la fallacia logica di imputare un fantomatico cedimento
al “neoliberismo” a chi voleva appunto trovare una via alternativa sia
all’interventismo pubblico sia alla mano libera del mercato.
Ma
questo è il livello del discorso pubblico italiano:
la sinistra liberal democratica è considerata
neoliberista e deve mondare il peccato;
i governi italiani sono giudicati neoliberisti
e a nessuno scappa da ridere;
anche
il regime degli ayatollah iraniani è neoliberista;
e,
infine, Putin non aveva alcuna intenzione di invadere l’Ucraina mentre i
guerrafondai, si sa, sono gli ucraini e il loro presidente ebreo e nazista, più
altre facezie di simile profondità ed esattezza.
Tutto
questo mentre nel mondo intellettuale serio si discute appunto di rinascita
liberal democratica grazie a Biden, si ristudia “Adam Smith” svelando che la
sua popolare immagine di campione del capitalismo americano e del libero
mercato sia in realtà un’invenzione storica (“Adam Smith’s America” di Glory M.
Liu: nemmeno Adam Smith era neoliberista! Roba da far esplodere Twitter), si torna a riflettere sulla
rinascita del liberalismo (“Liberalism and its discontents” di Francis Fukuyama) e le riviste di cultura politica come
l’”Atlantic” e “Liberties” fanno incredibilmente circolare idee separate dalla
spazzatura.
Il
favoloso popolo ucraino e i coraggiosi rivoltosi iraniani sono le persone più
rilevanti del 2022, ma il vecchio “Joe Biden” è la persona più importante degli
ultimi due anni.
Biden
“made America great again”, ha fatto tornare l’America di nuovo un grande paese
senza l’imperativo morale di esportare la libertà ovunque, ma ricordando a
tutti che il mondo è un posto meno vivibile se l’America smette di fare
l’America.
“Dobbiamo
salvare la democrazia”
intervista al politologo Francis
Fukuyama su La Repubblica.
Fondazioneluigieinaudi.it
-Redazione – (9 Giugno 2022) – ci dice:
Lo
studioso di Stanford che teorizzò negli anni ’90 la “fine della Storia” torna
con il saggio” Il liberalismo e i suoi oppositori”.
E qui
spiega perché è l’unico sistema per fermare autocrati come Putin e Orbán.
“Il
liberalismo è l’unica dottrina politica che ha successo sulla lunga durata:
nato dopo le guerre di religione, rilanciato alla fine delle Guerre mondiali,
si basa sull’idea che c’è diversità all’interno della società e bisogna trovare
il modo di dialogare e convivere.
Oggi è però in pericolo.
Nei
decenni di pace che ci ha garantito, da destra e da sinistra c’è chi si è
impadronito cinicamente dei suoi valori, estremizzandoli”.
Francis
Fukuyama, 69 anni, è il politologo di Stanford autore del celebre” La Fine
della Storia e l’ultimo uomo”: il saggio scritto nel 1992, dopo lo
sgretolamento dell’Unione Sovietica, dove sosteneva che il liberalismo
democratico – che nell’accezione americana è l’innesto tra dottrina classica e
democrazia – non aveva più rivali:
“Capolinea dell’evoluzione ideologica
dell’umanità”.
Trent’anni
dopo ammette: “Le cose sono più complicate”.
Col
suo nuovo “Il liberalismo e i suoi oppositori”, edito da Utet, prova a
dimostrare che quella dottrina è ancora il fondamento della democrazia:
e va
difeso a livello politico e culturale.
Lei
sostiene che il liberalismo classico è stato particolarmente deformato negli
ultimi decenni.
“Da
destra i
sostenitori dell’economia neoliberista hanno trasformato il libero mercato in
dogma, distorcendo l’economia fino a renderla instabile mentre l’individualismo è diventato
opposizione a tutte le regole che limitano il sé, anche quando imposte per il bene
collettivo.
Da
sinistra,
convinti che il liberalismo è un sistema elitario che opprime determinati
gruppi in base a etnia, genere, orientamento sessuale si è arrivati a rivendicazioni
identitarie che stanno trasformando il bisogno di rispetto insito nel
politicamente corretto in intolleranza”.
Come
affrancarsi dalle estremizzazioni, senza minare i diritti di individui o gruppi
che patiscono effettivamente ingiustizie?
“Per
garantire equità e democrazia serve vigilanza, dibattito, un approccio che ne
rivitalizzi costantemente i valori moderandone le depravazioni.
Solo
la buona politica sconfigge gli estremismi.
La società è troppo eterogenea per pretendere
che funzioni sostenendo solo gli interessi di alcuni: individui o gruppi che
siano.
Per sopravvivere deve essere aperta e accogliere
la diversità che esiste al suo interno”.
Lo ha
detto lei stesso: “Il liberalismo oggi è in pericolo”.
“I
suoi principi base, ovvero tolleranza delle differenze, rispetto dei diritti
individuali, stato di diritto, sono oggi effettivamente minacciati.
Lo
conferma un rapporto di “Freedom House”, secondo cui fra la fine degli anni ’70
e il 2008 il numero di democrazie nel mondo è passato da 35 a oltre 100 mentre
oggi quel numero è in declino:
se non
nominalmente, certo per qualità del sistema.
D’altronde, basta pensare agli scossoni subiti
di recente dalle due democrazie più grandi del mondo, Stati Uniti e India.
E all’arroganza di autocrazie come Cina e
Russia”.
Già
nel 2019, parlandone al “Financial Times”, il presidente russo Vladimir Putin attaccò
duramente il liberalismo definendolo “sorpassato”.
“Putin
è da tempo motore di una campagna anti-liberale globale, condotta con l’aiuto
di leader populisti come Viktor Orbán in Ungheria e Donald Trump in America.
Figure che, dopo essere state elette
democraticamente, hanno minato proprio il sistema che li ha portati al potere.
Di
sicuro con l’invasione dell’Ucraina, Putin ha fatto chiarezza morale:
mostrando
qual è l’alternativa al liberalismo e quanto questa sia brutale.
Terribile che sia accaduto ma utile lezione
per tanti”.
Lei
scrive: “La democrazia non sopravvive se i cittadini non credono di far parte
di uno stesso sistema politico”.
La crisi ucraina ci restituirà il senso di
istituzioni come l’Unione Europea, fino a poco tempo fa duramente criticata dai
sovranisti?
“Il
lungo periodo di pace e prosperità seguito alla caduta dell’Urss ha spinto
tanti a dare il liberalismo democratico per scontato.
Putin ha invaso il suo vicino proprio perché
convinto che l’Occidente fosse troppo diviso e non credesse più in niente.
È stato smentito. Le istituzioni europee sono
generalmente sane. Certo più di quelle americane”.
È
molto duro nei confronti degli Stati Uniti…
“La
democrazia americana è sotto stress.
I liberali secondo la mia definizione,
politici come Joe Biden per intenderci, credono nella legge e in un sistema
giudiziario indipendente, non partigiano.
Proprio
ciò che Donald Trump ha attaccato fin dalla sua elezione, arrivando, ad
esempio, al totale sbilanciamento della Corte Suprema.
Ci
salva, per ora, il “check and balance”, il meccanismo che mantiene l’equilibrio
dei poteri.
Ma ha
funzionato perché all’interno del sistema c’erano dei liberal democratici veri.
Purtroppo,
coloro che vorrebbero comportarsi come Putin a dispetto della legge,
aumentano”.
Trump
lo ha ripetuto più volte: con lui alla Casa Bianca, non ci sarebbe guerra in
Ucraina…
“Quando
Putin dichiarò l’indipendenza delle due repubbliche in Donbass, Trump lo definì
“genio” e disse:
“Vorrei
poter fare lo stesso al confine col Messico”.
L’illiberalismo
è quel che vorrebbe per l’America.
Per questo temo la possibilità di una sua
rielezione nel 2024″.
Se la
Storia non è finita, dove siamo?
“La
“Storia universale” tende verso il progresso.
Ma quella delle nazioni non è lineare né va in
una sola direzione.
In tal
senso, siamo in un momento di regresso.
Se
guardiamo al lungo termine scopriamo però che è già accaduto e che i sistemi
illiberali sono destinati a fallire”.
Lei
non è l’unico pensatore a riflettere oggi sul liberalismo classico.
“Yascha
Mounk” ne ha appena scritto, “Michael Walzer” lo sta facendo.
Tanta
necessità di riscoprirlo, non è forse l’ammissione della sua crisi?
“Morirà
solo se la gente smetterà di crederci.
E
questo accadrà se non ne sostanziamo l’importanza.
Ecco
cosa mi ha spinto a scrivere questo libro:
e
forse vale anche per altri.
Finora
abbiamo vissuto in una società democratica senza interrogarci sulle sue
fondamenta e sulle alternative.
Bisogna
ricordare alla gente che il liberalismo ha ottimi motivi e vale la pena
difenderlo. Non sta in piedi da solo, serve l’impegno di tutti”.
(Il libro. Il liberalismo e i suoi
oppositori di Francis Fukuyama è edito da Utet.
Intervista
di Anna Lombardi su La Repubblica.)
«ABBIAMO
INCONTRATO IL NEMICO…
E
SIAMO NOI». A PROPOSITO DI
DEMOCRAZIA
LIBERALE.
Perfondazione.eu – (3 settembre 2021) - Alessandro
Maran – ci dice:
Non
sono la guerra nucleare o il terrorismo le più grandi minacce per la democrazia
americana, scrive “Tom Nichols”, ma il narcisismo e il nichilismo della gente
comune.
Insomma, se siamo demoralizzati, preoccupati,
o addirittura indignati per lo stato sempre più terribile della nostra
democrazia, sgombriamo il campo dai dubbi:
il
nostro peggior nemico, come dice “Nichols”, siamo noi.
Se la
democrazia liberale sta facendo fiasco, la colpa, sostengono i populisti
illiberali, è delle élite:
globalisti,
burocrati, giornalisti, intellettuali, politici.
Secondo “Nichols”, che ha appena pubblicato
«Our Own Worst Enemy», sono, al contrario, i cittadini comuni che stanno
fallendo la prova della democrazia.
Quella
di “Tom Nichols” è una riflessione stimolante sullo stato della democrazia
americana che, ovviamente, vale anche per noi:
tutto
il mondo (occidentale) è paese.
«Decenni
di continue lamentele», scrive, «mandate regolarmente in onda in mezzo a continui
miglioramenti degli standard di vita, alla fine hanno preteso il loro
pedaggio».
Il
nemico, afferma Nichols, siamo «noi».
I
cittadini delle democrazie, scrive, «devono ora vivere con la chiara
consapevolezza che sono capacissimi di sposare movimenti illiberali e di
minacciare le loro stesse libertà».
Nel
libro, Nichols spiega che l’assenza di virtù civiche, unita alle aspettative
crescenti degli americani e alla convinzione che tocchi al governo prendersi
cura di ogni loro necessità, rappresenta oggi una minaccia esistenziale per il
sistema di governo americano.
“Nichols”
lo racconta prendendo a prestito una scena di un vecchio film (del 1975)
diretto da “Sidney Pollack”:
«I tre
giorni del Condor».
La
vita, si sa, imita l’arte ed il thriller, ambientato nella New York della metà
degli anni ’70, si discosta dal genere spionistico tradizionale e pone
interrogativi di tipo politico.
Al
centro della vicenda, c’è infatti la possibilità che i servizi segreti, o una
parte di essi, sfuggano ad ogni controllo e agiscano secondo finalità e con
mezzi non corretti e, comunque, non autorizzati da nessuno.
Nella scena, due agenti della CIA discutono
nervosamente del piano segreto (preparato da un funzionario deviato: “Leonard
Atwood”) d’una guerra da far scoppiare nel Medio Oriente per assicurarsi il
controllo del petrolio (piano che il rapporto del giovane “Joseph Turner”, nome
in codice «Condor» aveva involontariamente smascherato).
Quando
l’alto ufficiale, “Higgins” (il vicedirettore di New York, incaricato di
recuperare Turner, sopravvissuto al massacro) dice che, in realtà, si trattava
di un buon piano, la sua insensibilità sbalordisce il giovane analista di
livello inferiore.
Ma”
Higgins” dice che in tempi difficili, alla gente non importa come le risorse
come il petrolio o il cibo sono loro assicurate:
«Vorranno solo che gliele procuriamo».
Lo scambio di battute è serrato:
«È semplice economia, Turner… Non c’è
discussione. Il petrolio ora, tra 10 o 15 anni, sarà il cibo, o il plutonio.
Forse prima.
Cosa
pensi che la gente vorrà che facciamo allora?».
«Chiediglielo!»,
risponde Turner.
«Ora?», replica Higgins, scuotendo la testa.
«Huh-uh.
Chiediglielo quando stanno per esaurire le scorte. Quando fa freddo a casa e i
motori si fermano e le persone che non sono abituate alla fame…hanno fame!
Non
vorranno che glielo chiediamo…. Vorranno solo che glieli prendiamo».
Il
risultato, dice “Nichols”, è che, di questo passo, «avremo una tecnocrazia che
non chiede più la nostra opinione perché non può avere una risposta. E dico
sempre, questo non sarà un takeover. Ci governeranno di default, perché non ce
ne frega niente».
“Nichols”
è cresciuto in una casa popolare nel Massachusetts e ora è insegna al “Naval
War College” e alla “Harvard Extension School”.
Collabora
con “The Atlantic” e “Usa Today” e qualche anno fa ha scritto il bellissimo «The Death of Expertise» («La conoscenza e i suoi nemici.
L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia», editore Luiss University
Press).
È un
ex repubblicano di vecchia data che ha lasciato il partito disgustato dalla
beatificazione di Trump (fa parte del «Never Trump» movement).
La sua è in parte una geremiade su quello che
siamo diventati – un elettorato
infantile e poco serio che vuole il suo lecca-lecca e lo vuole «ora» – e in
parte un appello per fermare l’emorragia prima che sia troppo tardi.
Il libro, scritto con uno stile colloquiale,
sembra infatti una ramanzina di papà (dei papà di una volta):
tirati
su, infilati la camicia e trovati un lavoro, per l’amor del cielo.
Ma il
libro tocca un tasto dolente.
La democrazia liberale è minacciata
dall’interno.
Insomma,
i populisti fomentano passioni violente e soffiano sul fuoco della paura e
dell’insoddisfazione? Sì, certo.
Ma
sono gli elettori a mandarli al potere.
Meno
di un americano su sei crede che la democrazia funzioni bene, quasi la metà
ritiene che non stia funzionando per niente e il 38% dice semplicemente bah.
Nel
ventesimo secolo, osserva “Nichols”, le democrazie liberali sono sopravvissute
a molteplici conflitti globali, hanno sconfitto il fascismo ed il
totalitarismo, hanno superato depressioni e recessioni multiple, eppure oggi
sembrano incapaci di superare sfide meno complesse, anche in un contesto
globale di relativa pace e prosperità.
Segmenti
rilevanti della popolazione negli Stati Uniti e nei paesi europei hanno perso
fiducia nelle istituzioni democratiche, e un numero crescente di sondaggi dice
che sono in molti a pensare che non sia poi così «essenziale» vivere in una
democrazia.
“Nichols”
sostiene che in un’epoca segnata dal più cinico egocentrismo, i cittadini delle
società occidentali hanno smarrito ogni considerazione dei valori democratici e
le virtù dell’impegno civico. Ma Nichols riconosce che ogni rinnovamento della democrazia
liberale si dovrà basare proprio sulla gente comune, cioè su quelli, tra loro,
che possiedono la coscienza civica e le virtù necessarie per far funzionare il
sistema e resta fiducioso sul futuro della democrazia liberale sia in patria
che nel mondo.
«Di
una cosa sono certo», scrive nella prefazione, «la possibilità di tornare ad
una vita democratica più civile e più serena è interamente nelle nostre mani,
se scegliamo di farlo».
(ALESSANDRO
MARAN)
Perché
la democrazia americana è in crisi?
La7.it
– (21/06/2023) – Federico Rampini – Carlo
Invernizzi - ci dicono:
Perché
la democrazia americana è in crisi? “Federico Rampini” ne parla con “Carlo
Invernizzi”, docente alla Columbia University, nel primo appuntamento di
“Inchieste da fermo” - “A cosa serve l’America”.
Chi
primeggia negli USA.
Il
gruppo etnico che gode del massimo successo economico, accademico,
professionale, sono gli asiatici, l’insieme degli ‘Asian-american’.
La
loro ascesa sociale è avvenuta senza favoritismi e ora sono bersaglio di una
discriminazione.
L’etica del lavoro e dello studio tramandata
diventa una colpa e così le frange radicali dei movimenti antirazzisti prendono
di mira gli asiatici, etichettandoli come collaborazionisti dei bianchi.
“La
società americana è polarizzata.”
La società americana è estremamente polarizzata,
politicamente, socialmente ma anche antropologicamente.
Da una
parte un’America urbana, democratica, progressista, liberale e dall’altra
un’America rurale, conservatrice, nazionale e Trumpista.
Il voto in America è ormai scollegato da
questioni di policy ma è una questione puramente identitaria.
Elezioni
2024 in America.
Se
Trump e Biden saranno i due candidati più anziani della storia delle elezioni
americane.
Dei due, Biden è il più anziano e preso di
mira dalle tv di destra che lo dipingono come sull’orlo della demenza senile.
Inoltre,
Kamala Harris rappresenta un problema per lo stesso Biden avendo deluso molte
delle aspettative, ma soprattutto la sinistra del Partito Democratico.
I temi
che conteranno per Elezioni in America non saranno strettamente legati alla
vera importanza per il futuro geopolitico del mondo come la transizione
ecologico e la guerra in Ucraina.
I temi
che influenzeranno le elezioni 2024 quindi saranno legati alla politica all’interno,
come il rapporto alle questioni di genere e di razza e soprattutto le tematiche
legate all’economia e all’inflazione.
Il
nuovo assolutismo.
Ilgiornale.it - Eleonora Barbieri – (30 Aprile
2023) - ci dice:
"Le
minoranze sono sfruttate per eliminare ogni dissenso"
“Michael
Walzer” è da poco tornato a New York da Princeton, dove è Professore emerito
all'”Institute of Advanced Study” e dove ha trascorso anche il periodo della
pandemia, come racconta nel nuovo saggio “Che cosa significa essere liberale”
(Raffaello Cortina), scritto proprio mentre era chiuso in casa a causa del
Covid.
Nato
nel 1935 a New York, direttore per trent'anni della rivista “Dissent”, si è
sempre occupato di filosofia politica e morale da una prospettiva liberale ed è
celebre per la teoria della «guerra giusta».
Ora, come dice durante una chiacchierata via
zoom, il suo saggio riflette su «che cosa significa essere un qualcosa liberale:
un democratico liberale, un socialista liberale, un nazionalista liberale, una
femminista liberale, un ebreo liberale...».
Professor
“Walzer”, perché «liberale» è diventato un aggettivo, come sostiene nel suo
libro?
«Il
liberalismo c'è ancora, ci sono persone che si identificano in esso.
In Europa è una ideologia più vicina alla
destra, ovvero quello che noi americani chiamiamo libertarismo:
il
laissez-faire, l'orientamento al mercato, l'individualismo radicale.
In America è un liberalismo in stile new deal,
socialdemocratico. In
ogni caso non è una ideologia singola e coerente, perciò credo sia più utile
pensarlo come un aggettivo, che qualifica altre ideologie».
Per
esempio?
«In
democrazia, il governo è determinato dalla maggioranza popolare.
Ma i
democratici liberali ci dicono che la maggioranza non può fare tutto ciò che
vuole:
esistono
dei limiti, definiti dai diritti umani e dalle libertà».
A
quali valori si riferisce l'aggettivo «liberale»?
«Apertura
mentale, scetticismo, ironia, non fanatismo, desiderio di andare incontro
all'ambiguità, riconoscimento delle pluralità e delle diversità.
Tutto questo, appunto, qualifica ideologie
come la “democrazia”, il “socialismo e il “nazionalismo”».
Quella
ad aggettivo non è una riduzione?
«Credo
di no. È importante, perché le sue risposte sono importanti, tanto da
qualificare ideologie diverse».
In
America però il neoliberalismo esiste:
spiega che è stato declinato sia dai “Tea
Party”, sia nelle politiche di “Clinton e Obama”.
«In
America, il neoliberismo è una ideologia economica orientata al mercato che è
stata distruttiva e ha provocato l'ascesa del trumpismo».
Anche
Clinton e Obama l'hanno favorita?
«Sì,
anche loro: Clinton e Obama hanno abbandonato la classe lavoratrice, sono
fuggiti... Hanno vinto le elezioni grazie alla classe media altamente istruita
e alle minoranze; e questa è stata una strategia elettorale vincente, che ha
avuto successo per un po', ma che ha alienato la vecchia base dal Partito
democratico. E il trumpismo ha conquistato questa base».
Qual è
la differenza fra democrazia liberale e illiberale?
«In
quella illiberale, la maggioranza è incarnata da dei” líderes máximos”, che
possono fare quello che vogliono.
La
democrazia implica che ci siano dei contenimenti alla maggioranza, dei limiti
ai poteri del governo, dei pesi e contrappesi, la separazione dei poteri.
E poi
il riconoscimento dei diritti dell'opposizione, della libertà di espressione e
di stampa, e l'idea che le maggioranze siano tutte temporanee:
questa volta hai vinto ma, magari, alla
prossima perderai...
Questi
sono i vari strumenti della democrazia liberale».
Lei
sostiene che la sensibilità liberale sia universale...
«Lo
sappiamo perché i valori liberali sono sotto attacco dappertutto.
L'atteggiamento è universale, poi i nomi che prende sono particolari:
per esempio posso parlare di ebreo liberale,
come di cristiano liberale, musulmano liberale o buddista liberale, perché se
ne vedono anche versioni illiberali».
Se
questi valori sono sotto attacco, sono anche da proteggere?
«Dovremmo
vivere secondo questi valori, e discutere su che cosa significhino davvero, in
un certo luogo e in un certo momento».
Lei
però è famoso per la “teoria della guerra giusta”.
«Se
non ci fossero altri mezzi disponibili, anche se rifletterei a lungo prima di
usare la forza militare, sì.
Valori
come quello dell'autodeterminazione dei popoli e dell'integrità del territorio
nazionale sono difesi dall'Ucraina in questo momento, e sono dei valori base,
liberali ma anche nazionali e democratici:
valori
che devono essere affermati in casa propria, e anche militarmente, se si viene
attaccati dall'esterno.
Non
sono frettoloso a dire di sì a una guerra, ma credo che la loro sia
giustificata».
Nel
libro parla anche del movimento Woke.
Dal punto di vista liberale come lo considera?
«Negli
Stati Uniti, woke è un nome non del tutto chiaro:
generalmente
significa molto consapevole dell'oppressione, molto sensibile all'insulto e
molto desideroso di difendere le minoranze.
E
queste possono essere istanze valide, fino a che non prendono una forma molto
illiberale, che si traduce nel reprimere chiunque non sia woke, o non lo sia
abbastanza.
E non
provo nessuna comprensione per questo tentativo di negare il diritto di
qualcuno di parlare, solo perché pensi che dirà qualcosa con cui non sei
d'accordo...
Nel
mondo molti vogliono ascoltare soltanto le persone con cui già sanno che
concorderanno:
non è
un atteggiamento liberale, è una imposizione».
È una
forma di assolutismo?
«Sì, lo è. È il rifiuto di ammettere
la possibilità che esistano altre visioni e posizioni politiche».
Nel
libro scrive che gli aggettivi «assoluto e «liberale» non si sposano bene.
«Credo
che non vadano d'accordo.
Se sei a favore della “libertà di espressione”,
e ne ammetti dei limiti, per esempio nei casi di incitamento alla violenza e
all'odio, credo che quello che dovremmo fare sia metterci a discutere su quali
siano questi limiti, di volta in volta; e forse scopriremo che non sono gli
stessi, in luoghi diversi».
E la”
cancel culture”, che pretende di riscrivere la storia?
«È una
nuova forma di censura, che arriva sia da destra, sia da sinistra.
Nelle
università americane, soprattutto da sinistra:
gli studenti si rifiutano di ascoltare quelli
con cui non sono d'accordo;
in politica, soprattutto da destra:
ci sono legislazioni statali che proibiscono i
libri e i corsi scolastici che danno un resoconto reale della storia americana.
Sono
molto, molto contrario a entrambe le versioni».
Chi
sono i nazionalisti liberali?
«Questo
è vostro, la versione italiana:
Giuseppe
Mazzini è stato il primo di essi, e lo ha provato, sostenendo
l'autodeterminazione degli altri popoli, oltre al suo.
Questo
lo rende un nazionalista liberale.
In Cina, per esempio, lo sarebbe un cinese che
affermasse i diritti dei tibetani.
Il
principio è:
è la
nazione che viene dopo a costituire il test per le nazioni liberali.
Il nazionalismo illiberale è, invece, quello di chi
respinge i diritti altrui, ad accezione di quelli della propria nazione».
Dice
di avere scritto questo libro per «speranza». Quale?
«Spero
nel successo dell'aggettivo liberale nei diversi Paesi; spero in una politica
decente, come si intitola il libro in originale».
Che
cos'è lo scetticismo liberale?
«È un
senso di incertezza rispetto alla vita politica:
ci sono persone che pretendono di conoscere il
corso della storia e che sono sicure di essere in marcia verso una fine che
coincide con il destino...
Beh,
forse non è così:
forse quello che cerchiamo di realizzare sarà
qualcosa per la quale combatteremo per sempre, forse è una visione che bisogna
sempre inseguire e che non si è mai capaci di attualizzare del tutto».
Sostiene
che ai ragazzi vada insegnato l'«empirismo critico».
Che
cos'è?
«Nel
mio Paese, e forse anche nel vostro, un gran numero di persone crede a cose che
è chiaramente impossibile che possano essere vere, alle teorie complottiste e
alle bugie dei demagoghi;
perciò è importante che nelle scuole si insegni “l'empirismo
critico”, ovvero imparare a capire quello che è evidente, che cosa significa e
che cosa è una argomentazione coerente, e a porre domande critiche e a cercare
le prove».
Lei
dice che ci si concentra più su altre cose come l'identità, il genere sessuale,
la diversità.
«Sono
cose importanti, per esempio la storia americana va insegnata con onestà, per quanto riguarda la schiavitù e la
discriminazione.
Ma credo che si possa anche esagerare
l'importanza della diversità e far concentrare troppo i ragazzi su ciò che
hanno di diverso dagli altri, mentre bisognerebbe concentrarsi su ciò che hanno
in comune».
Che
cosa?
«Sono
i futuri cittadini della società democratica: tutti hanno questa identità in
comune, qualsiasi siano le loro diversità: e l'enfasi, secondo me, deve essere
su questa cittadinanza comune».
Che
cosa significa essere liberale.
Starmat.it
– Michael Walzer - Bloc Notes di Michele Magno – (10 giugno 2023) – ci dicono:
(Il
Foglio)
Che
cosa significa essere liberale.
Il
termine “liberale” è ottocentesco.
Entra
nel linguaggio politico con le” Cortes di Cadice nel 1812”, in cui designava il
partito delle pubbliche libertà opposto al partito “servil”, fedele al vecchio
ordine assolutistico.
Nel
Novecento i partiti che si richiamavano al liberalismo hanno occupato negli
schieramenti parlamentari posizioni assai diverse: conservatrici, centriste, moderate,
progressiste.
Secondo
Benedetto Croce, tuttavia, il vero liberalismo non aveva bisogno di aggettivi
per definire la sua dottrina.
Il suo nome bastava a sé stesso “perché i
liberali non potevano dividersi in conservatori o democratici, moderati o
progressisti, essendo, per vocazione e per coerenza intellettuale, accomunati
dalla missione comune di stabilire e far rispettare la libertà”
(Taccuini di guerra. 1943-1945, Adelphi,
2004).
Di
tutt’altro avviso è “Michael Walzer “nel suo ultimo libro, che in inglese si
intitola” The
Struggle for a Decent Politics: On ‘Liberal’ as an Adjective (“La lotta per una politica decente:
‘liberale’ è un aggettivo”), che si ispira a due testi che rendono omaggio
proprio a questo aggettivo.
Il primo è “Socialismo liberale” di Carlo
Rosselli (1930).
Il
secondo è” Liberal Nationalism” della studiosa e politica israeliana Yael Tamir
(1995).
Ambedue
modelli esemplari, rispettivamente, di un socialismo e di un sionismo non
dogmatico, democratico e pluralista (Che cosa significa essere liberale,
Raffaello Cortina Editore, aprile 2023).
Ma chi è, oggi, un liberale?
È chi,
risponde il professore emerito dell’”Institute for Advanced Study di Princeton”,
non ha dimenticato l’accezione più antica del vocabolo.
Essa alludeva a una vita vissuta nell’ozio in cui coltivare
la mente;
ma non l’ozio dei ricchi indolenti: semmai, un
impegno dal passo lento e riflessivo nelle “arti liberali” e nell’apprendimento
della cultura classica.
Il
gentiluomo di una volta non era soltanto il detentore di un certo rango nella
gerarchia sociale, ma anche e soprattutto una persona di modi gentili e mente
curiosa.
Per Walzer, pertanto, oggi i liberali sono
meglio descritti in termini morali anziché in termini politici o culturali: è
liberale chi non è fanatico e settario, ma altruista e tollerante, qualunque
sia la sua ideologia e la sua religione.
Una
sensibilità descritta magistralmente da poeti come la polacca “Wislawa
Szymborska”, l’israeliano “Yehuda Amichai” e tre americani: “Philip Levine”,
Philip Schultz” e “C.K. Williams”.
Sono
loro cinque “ad avermi insegnato qualcosa sulla compassione, sull’umorismo e
sull’ironia gentile che si accompagnano all’aggettivo ‘liberale’, ma che non
escludono la rabbia e un feroce realismo”.
Come
traspare anche da questo brano, il libro di Walzer non è un trattato
accademico.
Le sue
pagine non hanno nulla di sistematico; sono disseminate di racconti, aneddoti,
riflessioni, riferimenti storici, citazioni raccolte nel corso di una vita di
letture.
Tutte
si propongono di dimostrare che il “liberalismo del New Deal” è la versione statunitense del
liberalsocialismo europeo, e non un radicalismo estremista.
Lo
testimonia il modo con cui egli affronta il tema controverso della
meritocrazia, che anche in Italia è al centro di un aspro dibattito.
Dal punto di vista dell’eguaglianza, non c’è nulla di
sbagliato -sostiene Walzer- nell’assegnare posizioni nei servizi pubblici, in
un’università o in un ospedale, a uomini e donne di talento e competenti,
presupponendo una procedura di selezione non corrotta dal denaro o dal potere,
dalla razza o dal sesso.
Anche
se occorre sempre guardarsi da quella che Shakespeare chiamava “l’insolenza della carica”.
Lo
stesso vale per chi si candida a una funzione di governo, e promette che le
proprie capacità miglioreranno il paese.
Devono
essere gli elettori a decidere se l’affermazione è fondata.
Ma non
si dovrebbe mai prendere in considerazione niente di simile all’idea di John
Stuart Mill, e cioè di dare un doppio voto a chi è laureato in quanto le sue
conoscenze lo rendono politicamente più saggio.
Non è
così: “Conosco persone molto istruite che sono degli idioti politici. Le
persone colte dovrebbero essere rispettate nei propri campi, dove il loro
sapere è pertinente, ma non altrove, dove non lo è”.
In “Sfere
di giustizia” (1983),” Walzer “scriveva:
“Questa
è l’eterna speranza nominata dalla parola eguaglianza: mai più inchini e
prostrazioni, mai più adulazioni e servilismi, ma più altezza e eccellenza, mai
più servi e padroni”.
Ma
quanta diseguaglianza è compatibile con una società giusta?
Quarant’anni
dopo ritorna su quella speranza con argomenti che forse risulteranno indigesti
alle sinistre “pauperiste”.
Se un imprenditore di successo -sottolinea
Walzer- può permettersi una vacanza più costosa della mia, la differenza di
reddito non è un’offesa a un malinteso egualitarismo.
Se
invece può acquistare cure mediche a me inaccessibili, questo è ingiusto.
Avere
più soldi di un altro non è un crimine.
Non si
dovrebbe poter comprare un giudice, un senatore, o (auspicabilmente) armi ad
alto potenziale offensivo, o cibi contaminati.
E il
mercato va certamente regolato.
Ma
“non ho mai compreso la critica della sinistra al consumismo, come se ci fosse
qualcosa di sbagliato nel fare acquisti o nel desiderio di cose belle.
[…] Mio padre gestiva una gioielleria e
mi raccontò storie di famiglie di operai siderurgici che venivano a comprare
una collana o un braccialetto per le loro figlie sedicenni: erano acquirenti
orgogliosi.
Una
conquista che in troppi a sinistra non apprezzano”.
La
prima ragione dell’ostilità di “quei troppi” verso il mercato è stata sempre
quella che il profitto, e le tecniche adottate per accumularlo,
incentiverebbero una concezione materialistica del benessere, inducendo consumi
futili e volgari.
Ora, può anche essere deplorevole che nelle
stazioni di servizio sulle autostrade si vendano più cassette di canzoni atroci
che di musica classica, o che la tiratura dei rotocalchi pettegoli superi
quella delle riviste letterarie.
Poiché del passato si salva per fortuna la memoria dei
letterati e dei musicisti, e non quella dei pettegolezzi e delle canzonette usa
e getta, viene da immaginare che lo sviluppo capitalistico abbia provocato un
involgarimento dei costumi.
Ciò
deriva dal fatto che fino all’età moderna, ossia all’età in cui il capitalismo
si è sposato con la democrazia, le élite sociali e culturali sono state il
soggetto dominante della storia.
Soltanto la rivoluzione industriale e la rivoluzione
democratica hanno portato in primo piano i gusti e i consumi delle masse.
Sarebbe senz’altro desiderabile che esse
mostrassero gusti colti e costumi raffinati, ma il compito di svilupparli
spetterebbe più al sistema educativo che ai capitalisti.
Walzer
dedica uno dei capitoli più originali del suo volume alle “femministe liberali”, in cui tiene in gran conto l’opera
della neozelandese “Susan Moller Okin”, nota soprattutto per aver posto l’accento sulla
giustizia all’interno della famiglia e per la sua critica al multiculturalismo.
(Le donne e la giustizia. La famiglia come problema
politico, Dedalo, 1999).
Alcune
religioni impongono codici di abbigliamento alle donne, denuncia Okin, per
limitare la loro libertà al di fuori della famiglia e per rafforzare le
restrizioni che subiscono all’interno della famiglia.
Per
altro verso, gli sforzi per proibire particolari capi di vestiario, per esempio
il velo in Francia, sembrano soltanto aumentare il numero delle donne che
scelgono di indossare ciò che è vietato -magari più per solidarietà che per
convinzione.
Più leggi, insomma, comportano più veli e più
corpi coperti.
Con
una possibile eccezione, aggiunge Walzer: il burqa musulmano.
Non
solo perché nasconde l’identità negli ambienti legali -allo sportello
passaporti, nei tribunali- che richiedono il volto scoperto.
Ma
anche perché in una democrazia liberale l’inimitabile sé di ciascuno dovrebbe
essere mostrato senza vincoli tanto in pubblico che in privato.
Il che
non implica vietare il burqa, ma soltanto garantire alle donne che possono
toglierlo quando vogliono.
Peraltro moltissime donne credenti, negli
Stati Uniti e in altri paesi, si stanno attivamente opponendo alla
discriminazione dall’interno delle proprie comunità, cercando nei testi sacri
nuove interpretazioni a favore della parità di genere.
La
differenza è un valore, ma lo è ancora di più quando è espressa dalle donne
stesse.
Ogni
volta che le donne lottano contro la subordinazione all’altro sesso, le
autorità statali non dovrebbero fare altro che salvaguardare i diritti
democratici che rendono possibile tale lotta.
David
Ben Gurion nel 1958 rivolse a una cinquantina di intellettuali, i “Saggi di Israele”, una cruciale
domanda: Chi è ebreo?
Il
quesito all’epoca assunse un carattere di estrema urgenza a causa della
cosiddetta “Legge del ritorno”, la norma che, in contrasto con la tradizione talmudica
(Halakhah), consentiva anche a chi non era figlio di madre ebrea o a chi non
aveva completato il percorso di conversione di ricevere la cittadinanza
israeliana.
La risposta (maggioritaria) degli studiosi fu
che non era necessario porre la domanda poiché la religione dice che solo il
figlio di una madre ebrea è un ebreo.
Classe 1935, ebreo newyorkese, studente di una
università ebraica, la “Brandeis”, Walzer era ovviamente molto interessato alle accese
discussioni che animavano la Knesset, in particolar modo sull’accettazione dei figli dei matrimoni
misti, ossia di madre non ebrea.
Nel
1957 si era imbarcato con la moglie su una nave diretta a Haifa.
Unici
passeggeri paganti, gli altri erano rifugiati egiziani che avevano lasciato il
loro paese dopo la crisi di Suez del 1956, e rifugiati polacchi costretti
all’esilio dopo che le riforme di Gomulka avevano reintrodotto l’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole statali.
Gli
egiziani erano ebrei ortodossi, i polacchi erano ebrei comunisti.
Il viaggio
lo convinse che perfino la vecchia massima “Anche un ebreo che commette peccato
rimane sempre un ebreo” esprimeva un orientamento liberale.
E
infatti negli Usa gli “ebrei non tradizionalisti” si erano schierati in prima
linea a sostegno dello Stato laico creato dai padri fondatori.
George Washington, in una lettera del 1790
alla congregazione ebraica di Newport, aveva solennemente dichiarato che “una classe di cittadini non gode
dell’esercizio dei propri diritti naturali in virtù dell’indulgenza di un’altra
classe di cittadini”.
L’ebreo,
come ogni cittadino americano, si sarebbe “seduto sicuro sotto la propria vite
e il proprio fico, e non ci sarebbe stato nessuno a spaventarli”.
Il
temperamento dell’ebreo liberale, osserva inoltre Walzer, mal si concilia con
una concezione “lacrimosa” della storia del popolo dell’Alleanza.
Perché
essa è anche una storia di coraggiosa innovazione, di creatività intellettuale,
di sopravvivenza collettiva contro ogni avversità.
La
maggior parte degli americani pensa che i liberali di qualunque fede votino
Partito democratico, anche se ci sono repubblicani che rispettano la
Costituzione, credono in una magistratura indipendente, si sentono a proprio
agio in una società laica e pluralista.
Ma, si
chiede da ultimo il filosofo americano, come applichiamo l’aggettivo “liberale”
a figure storiche che incarnano quelle che oggi consideriamo contraddizioni
radicali?
“Voltaire”
si batteva coraggiosamente per la libertà religiosa dei protestanti nella
Francia cattolica, ma era razzista e antisemita.
“Thomas Jefferson” fu uno dei redattori della “Dichiarazione
di Indipendenza del 1776”, ma aveva degli schiavi.
John Stuart Mill condannava ogni tentativo
dello Stato di limitare la libertà di opinione, ma appoggiò il colonialismo con
una visione paternalistica delle nazioni “meno avanzate” dell’Inghilterra.
O,
ancora, molti esponenti del pensiero liberale (non però Mill) davano per
scontata l’inferiorità delle donne.
La loro reputazione è stata messa di recente
sotto accusa.
È diventato di moda rimproverare le colpe dei
nostri antenati.
Walzer,
con la garbata ironia che gli è consueta, si prende gioco di questa deriva
inquisitoria.
E lo
fa servendosi di un versetto della Bibbia su Noè che recita:
“Era
un virtuoso tra la sua generazione”.
Era, cioè, un uomo virtuoso nel suo tempo, non
un virtuoso per tutte le stagioni. Tra i suoi contemporanei, era un buon cittadino.
Così
come, nella loro epoca, “Voltaire era un filosofo liberale”, “Jefferson un
repubblicano liberale” e “Mill un liberale puro”.
Mentre
non è mai esistita né può esistere una “teocrazia liberale”, ovvero un governo
liberale di sacerdoti, rabbini, imam, ayatollah.
Chi
parla in nome di Dio è intollerante nei confronti del dissenso.
Più in generale, lo scetticismo liberale non va
d’accordo con l’onniscienza divina, né l’ironia liberale con l’onnipotenza
divina.
Né può esistere una versione del razzismo che sia
liberale -e lo stesso vale per l’antisemitismo, l’islamofobia, la misoginia e
l’omofobia.
Il
fanatismo e l’odio non hanno declinazioni liberali.
Di
contro, ci sono stati democratici razzisti e socialisti antisemiti. Tanto che uno dei leader della
socialdemocrazia tedesca,” August Bebel”, nel 1893 definì l’antigiudaismo come
il “socialismo degli imbecilli”.
Possono
esserci anticomunisti liberali, ma durante la Guerra fredda ci fu un
anticomunismo viscerale, rappresentato dal senatore “John McCarthy,” e alcuni
intellettuali liberali esitarono a condannarlo.
Mentre gli intellettuali liberali non
dovrebbero avere alcuna esitazione a dire non soltanto la verità al potere, ma
sempre e soltanto la verità.
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