Gli scienziati corrotti sono la causa delle disgrazie dell’umanità.

 

Gli scienziati corrotti sono la causa delle disgrazie dell’umanità.

 

 

Voi che ci chiamavate

Complottisti!

 Conoscenzealconfine.it - (24 Settembre 2023) - Alberto Medici – ci dice:

 

Voi che ci chiamavate complottisti… Riconoscete che avevamo ragione?

Voi che ci chiamavate complottisti,

quando dicevamo che non era un vaccino, e che non poteva essere stato prodotto e testato così velocemente, e che ci sarebbero stati effetti collaterali, adesso che vedete la strage di atleti, l’esplosione di morti improvvise e di patologie mortali come tumori, riconoscete che avevamo ragione?

Voi che ci chiamavate complottisti,

quando dicevamo che esiste un piano per la riduzione mondiale della popolazione, e che il cosiddetto “vaccino” sarebbe stato funzionale a questo, adesso che vedete i picchi di mortalità e la riduzione delle nascite (1 milione di nati in meno nella sola Europa nel 2022), riconoscete che avevamo ragione?

 

Voi che ci chiamavate complottisti,

 quando dicevamo che il “global warming” e “le politiche green” erano solo una scusa per attuare piani di impoverimento dei popoli e distruzione di economie, adesso che vedete che anche gli alberi, oltre agli animali, secondo loro devono essere abbattuti perché producono troppa CO2, riconoscete che avevamo ragione?

 

Voi che ci chiamavate complottisti,

 quando dicevamo che l’immigrazione era un mezzo per indebolire le nostre culture, indebolire le nazioni ricche di materie prime, e che tutto era stato previsto e pianificato da Kalergi (Piano Kalergi), adesso che vedete l’invasione a Lampedusa di giovani sani e forti, che hanno lasciato a casa madri, mogli, sorelle, e che non scappano da nessuna guerra, riconoscete che avevamo ragione?

Voi che ci chiamavate complottisti,

quando dicevamo che le banche creano denaro dal nulla, e con il meccanismo del denaro creato a debito si impossessano di tutti i beni e schiavizzano l’umanità, adesso che anche la “Bank of England” lo ha scritto e dichiarato in un paper ufficiale, e che avete visto che durante la cosiddetta pandemia le nazioni hanno prodotto denaro a valanghe, creandolo dal nulla, riconoscete che avevamo ragione?

Voi che ci chiamavate complottisti,

quando dicevamo che le scie chimiche nel cielo erano un fenomeno artificiale e voluto, forse per controllare il clima, forse per inquinare l’aria, adesso che lo stanno dicendo apertamente, che per controllare il clima usano la geoingegneria, riconoscete che avevamo ragione?

Voi che ci chiamavate complottisti,

 quando dicevamo che la medicina moderna era uno strumento di controllo, e che tutte le teorie o tecniche alternative venivano censurate per non intaccare i profitti di “Big Pharma”, adesso che con la pandemia avete visto a cosa sono arrivati, censurando e proibendo le cure efficaci e imponendo una iniezione di morte, riconoscete che avevamo ragione?

Voi che ci chiamavate complottisti,

 quando dicevamo che la conquista della Luna nel 1969 presentava troppe incongruenze, adesso che avete sentito anche la NASA dire che si è persa la tecnologia degli anni ’60, riconoscete che avevamo ragione?

Voi che ci chiamavate complottisti,

quando dicevamo che l’informazione era in mano a pochi grandi gruppi che avevano il potere di censurare tutte le voci dissenzienti, adesso che avete visto che anche Google, Youtube, Facebook, Twitter ecc. censurano le notizie scomode, cancellano account con milioni di iscritti solo per aver menzionato qualcosa di scomodo e contro la narrativa ufficiale, riconoscete che avevamo ragione?

Ma noi non ci siamo offesi.

Non era colpa vostra: legati con le mani dietro la schiena, in una grotta buia, costretti a vedere i giochini di luce proiettati sul muro, credevate fosse quella la realtà.

 Non era colpa vostra.

La colpa sarà vostra se… La colpa sarà vostra se, a fronte di tutte quello che vi abbiamo fatto vedere, continuerete a preferire di stare là, nella grotta, a credere alla narrativa proiettata su uno schermo.

(Alberto Medici)

(ingannati.it/2023/09/19/voi-che-ci-chiamavate-complottisti/)

 

Oppenheimer, né demone né eroe.

Iltascabile.com – (6 settembre 2023) - Silvia Kuna Ballero – ci dice:

 

La vicenda umana e scientifica del fisico a capo del progetto Manhattan, soggetto del nuovo film di Christopher Nolan.

(Silvia Kuna Ballero è comunicatrice scientifica e docente, si occupa dei rapporti tra scienza e società con particolare attenzione per la storia dell’esplorazione spaziale e della tecnologia nucleare. Fa parte dell’”associazione culturale Scientificast” e ha collaborato con Le Scienze, Wired e AIRC. Ha pubblicato “Travolti da un atomico destino” (2022) per Chiarelettere e “Scrivere di Scienza” (2023) per Editrice. Bibliografica.)

“Quando vedi qualcosa di tecnicamente dolce, procedi a farlo e discuti cosa farne solo dopo aver conseguito il tuo successo tecnico. Così è andata con la bomba atomica”.

Queste parole di Robert Oppenheimer compaiono nella trascrizione dell’udienza di sicurezza a cui fu sottoposto tra l’aprile e il maggio del 1954 per discutere le sue affiliazioni comuniste e altri comportamenti giudicati un rischio per la sicurezza nazionale.

 All’udienza, che assunse ben presto i toni di un’inquisizione, viene dato considerevole spazio in Oppenheimer, il biopic di Christopher Nolan sulla vita dello scienziato e sul suo ruolo come coordinatore scientifico del “progetto Manhattan”.

L’epilogo è noto:

 Oppenheimer fu giudicato leale agli Stati Uniti e l’accusa di essere una spia che passava i segreti delle armi atomiche all’Unione Sovietica fu ritenuta infondata, ma la Commissione per l’Energia Atomica lo considerò comunque non sufficientemente affidabile e gli revocò il diritto di accedere alle informazioni riservate sulla ricerca atomica, quella ricerca a cui egli stesso aveva dedicato così tanto e che aveva contribuito a costruire.

Dopo questo evento, la carriera di Oppenheimer sostanzialmente si interruppe. Recisi i suoi legami con il governo, troppo distante ormai dalla ricerca accademica, egli divenne una sorta di non-persona.

Nove anni dopo ricevette una riabilitazione simbolica dai presidenti John F. Kennedy e Lyndon B. Johnson, ma fu solo nel dicembre del 2022 che la decisione del 1954 fu formalmente annullata da “Jennifer Granholm”, segretaria dell’energia del governo Biden.

La vera disgrazia di Oppenheimer non fu tanto l’udienza inquisitoria per affiliazioni comuniste, bensì il suo straordinario successo nel progetto Manhattan.

Questo avvenne soprattutto grazie a “Kai Bird” e “Martin J. Sherwin”, autori nel 2005 del libro American Prometheus, vincitore del Premio Pulitzer nel 2006 e tradotto quest’anno in Italia con il titolo Oppenheimer (Garzanti, 2023).

 Per questa biografia i due misero insieme 25 anni di ricerca, raccogliendo 50mila pagine di materiali di archivio a cui si aggiunsero oltre cento interviste e altre ottomila pagine di materiali riservati dell’FBI ottenuti grazie al Freedom of Information Act.

 A partire da tutte queste informazioni,” Bird e Sherwin” cominciarono a compilare dei memorandum in cui documentarono tutte le violazioni compiute nel corso dell’udienza – violazioni che, come dichiarato dalla stessa “Granholm”, contraddicevano il regolamento interno delle Commissione per l’Energia Atomica.

 

In prima battuta, quella di Oppenheimer potrebbe sembrare la storia di una persecuzione politica, dell’ennesima vittima della” red scare statunitense” degli anni ‘50.

Ma la vera disgrazia di Oppenheimer non fu tanto l’udienza inquisitoria con tutto ciò che ne derivò, bensì proprio il suo straordinario successo nel progetto Manhattan:

l’impresa nella quale mise tutto sé stesso e per la quale è ricordato, che lo portò a essere osannato finché sostenne la scelta di creare uno strumento di distruzione di massa e usarlo in guerra, ma che infine lo fece a pezzi quando tentò di arrestare la corsa alle armi successiva all’esplosione della prima bomba atomica.

La mela avvelenata.

Julius Robert Oppenheimer è indubbiamente una figura storica affascinante e molto difficile da inquadrare senza lasciare qualcosa fuori fuoco.

Tra gli aggettivi usati per descriverlo troviamo di sicuro brillante, e poi eclettico, riflessivo, intenso, ma anche volubile, ambiguo, narciso, nevrotico, complicato, genuinamente eccentrico, arrogante, idiosincratico, fragile, interiormente frustrato, sicuro di sé ma allo stesso tempo consapevole della propria vulnerabilità.

Soffrì a più riprese di depressione, e nei suoi anni a Cambridge ricevette una diagnosi (errata) di schizofrenia e poi di repressione sessuale.

Il suo atteggiamento spesso ineffabile potrebbe essere dipeso da una difficoltà nel formarsi un’identità adulta, che negli anni della formazione l’avrebbe resto inquieto e spinto alla continua ricerca di sesso.

Una delle prime tematiche alle quali il film di Nolan ci introduce è quella del peccato:

in una conferenza tenuta al MIT nel novembre del 1947 Oppenheimer disse:

 “in una qualche sorta di senso brutale che nessuna volgarità, umorismo o esagerazione può estinguere del tutto, i fisici hanno conosciuto il peccato; e questa è una conoscenza che non possono perdere”.

E la storia del progetto Manhattan è in larga parte la storia dell’irreversibile perdita dell’innocenza non solo della fisica, ma della storia tutta.

Nei suoi tormentati anni a Cambridge, si racconta che Oppenheimer cercò di avvelenare il suo tutore Patrick Blackett, iniettando nella sua mela una sostanza tossica, forse cianuro.

 Così simile nella forma al nucleo del Gadget, il prototipo di bomba atomica realizzato col progetto Manhattan, la mela di Blackett è la tentazione del peccato:

la tentazione irresistibile di una nuova scienza che aveva scosso le fondamenta del mondo come lo conoscevamo, e che era troppo “tecnicamente dolce” per dire di no.

Pochissimi tra gli scienziati coinvolti, anche i più integerrimi, si sottrassero.

Tra questi Einstein e Szilárd, coloro che avevano tentato di dare il via alla ricerca sugli ordigni nucleari negli Stati Uniti con la loro famosa lettera del 1939 al presidente Roosevelt.

A volte ci si può fermare in tempo – si può impedire che quella mela venga morsa – e a volte no, specialmente quando di mezzo si mette il divario tra teoria e pratica.

Perché a volte per capire qualcosa devi vederlo, portarlo alla luce nella pratica: ma quando lo si vede, può essere troppo tardi.

Così fu con il test Trinity per la bomba atomica, così fu con Hiroshima e Nagasaki per lo sterminio atomico di massa.

La storia del progetto Manhattan è in larga parte la storia dell’irreversibile perdita dell’innocenza non solo della fisica, ma della storia tutta.

Nel film, Oppenheimer strappa la mela dalle mani di Bohr all’ultimo minuto, ma non riesce a impedire che le bombe atomiche escano dal suo controllo all’indomani del test Trinity.

 Può dare il suo parere tecnico, come altri scienziati del progetto, ma la decisione su cosa fare di quella mela avvelenata non spetta più a lui.

 In un fotogramma, appare Patrick Blackett che dà un morso alla mela:

Blackett aveva fatto parte del “Comitato MAUD”, la commissione inglese che aveva decretato la fattibilità di un’arma atomica, e avrebbe dichiarato che i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki non erano tanto “l’ultimo atto militare della Seconda Guerra Mondiale, quanto la prima operazione importante della guerra fredda diplomatica con la Russia”.

Come Oppenheimer, Blackett alla fine morde la mela avvelenata.

 

Dualità, complementarietà, ambiguità.

La tentazione è anche quella che viene dall’approvazione, dall’essere considerato un leader, un punto di collegamento tra mondi.

Da Harvard a Cambridge a Göttingen, negli anni Venti Oppenheimer conobbe e si fece conoscere da moltissimi nomi di quella fisica di punta che stava sconvolgendo le fondamenta della realtà, ma coltivò anche un’estesa e variegata cultura umanistica e linguistica, dall’olandese al sanscrito, da T.S. Eliot a John Donne.

 

I risultati scientifici di Oppenheimer al di fuori del progetto Manhattan furono di tutto rilievo:

per citarne alcuni, intuì l’esistenza dell’antimateria, formulò insieme al suo maestro Max Born un’approssimazione efficace che permette di effettuare calcoli semplificati nella dinamica molecolare quantistica (l’approssimazione di Born-Oppenheimer, appunto, elaborata quando aveva 23 anni) e insieme a Richard Tolman e George Volkoff diede una prima stima della massa limite oltre la quale un resto stellare sarebbe collassato indefinitamente sotto l’effetto della propria gravità, per formare quell’oggetto che oggi chiamiamo buco nero.

 Gli argomenti delle sue ricerche tradiscono l’irrequietezza intellettuale di Oppenheimer e il suo bisogno di conciliare gli estremi: quei punti luminosi che popolano le visioni del suo personaggio cinematografico possono essere atomi, oppure stelle, perché non entrambi?

Ironia del destino, le teorie principe per l’immensamente piccolo (la meccanica quantistica) e l’immensamente grande (la relatività generale) non sono a tutt’oggi conciliabili.

La prima lezione di Oppenheimer a Berkeley è proprio sul principio di complementarietà di Bohr:

 le particelle hanno natura duale, possono essere sia onde sia corpuscoli – è paradossale, ma è così.

 Il problema è che noi possiamo vederne solo un aspetto per volta:

gli esperimenti possono mostrarci l’onda o il corpuscolo, ma mai entrambi assieme.

 In modo analogo, la limitatezza dell’osservatore umano non riesce a vedere gli opposti che concorrono a formare la realtà.

 

Attorno al personaggio di Oppenheimer si vengono a condensare fronti opposti per dare vita alla realtà e alla storia.

Dalle scale inconcepibilmente piccole della dimensione del nucleo atomico, si estrae un’energia distruttiva che non ha pari tra le creazioni degli umani.

Due personaggi opposti per carattere, formazione e ideologia come “Leslie Groves”, l’ingegnere che costruì di fatto le città e il complesso industriale del progetto Manhattan, e “Robert Oppenheimer”, hanno saputo lavorare splendidamente insieme.

La bomba può essere uno spettacolo allo stesso tempo “turpe e magnifico”, come lo descrisse “Kenneth Bainbridge”, il direttore responsabile del “test Trinity”, ed è vista in modo alterno come strumento di pace o come minaccia per l’umanità.

Gli argomenti delle ricerche di Oppenheimer tradiscono la sua irrequietezza intellettuale e il suo bisogno di conciliare gli estremi.

Oppenheimer mise insieme una comunità scientifica quasi utopica, che concentrava in un solo posto il meglio dei cervelli di un’epoca, con lo scopo noto di creare morte e distruzione.

Dedicò la sua vita alla creazione della bomba atomica, difese il suo uso contro il Giappone anche a distanza di tempo, ma si sentì comunque “le mani sporche di sangue”.

Dichiarò che la bomba era stata usata “contro un nemico essenzialmente battuto”, e rifiutò di proseguire sulla strada della “Super”, la bomba a fusione termonucleare molto più potente, spendendosi per porre le armi atomiche sotto il controllo di un’entità sovranazionale.

 Era tutte queste cose insieme, e anche altre.

Agli estremi, le cose sono sempre più semplici.

Il problema è che gli uomini e la storia si trovano in quella terra di mezzo dove vivono i dilemmi, e in essi convivono aspetti inconciliabili tra i quali non si può mediare e dei quali riusciamo a vedere solo uno per volta.

Una posizione molto scomoda nel momento in cui qualcuno decide di scrivere la Storia in un certo modo, perché è molto facile prendere un uomo e usare i dilemmi che albergano in lui per farlo a pezzi.

Il tempo e la morte.

Uno dei temi più cari a Nolan è quello del tempo, e molti dei suoi film si svolgono attraverso strutture temporali non lineari.

In “Memento”, vediamo un alternarsi di tempo lineare e scene svolte al contrario per immedesimarci in “Leonard Shelby”, ex consulente assicurativo che soffre di amnesia anterograda dopo un’aggressione e che non riesce ad assimilare nuovi ricordi.

 In” Inception”, il tempo del sogno viene dilatato man mano che si entra negli strati più profondi della coscienza, al punto da poter trascorrere delle intere vite nel sogno e non poter più capire la differenza.

In “Interstellar”, il tentativo di salvare l’umanità dei personaggi principali è complicato dalle distorsioni temporali degli eventi causate da un buco nero.

 E in “Tenet” non c’è più distinzione tra trame che vanno avanti e indietro nel tempo, ma convivono nelle stesse scene.

Anche Oppenheimer ha una struttura temporale non lineare, che sovverte le convenzioni narrative della fotografia con la scelta di girare le vicende più recenti in bianco e nero.

 Una scelta che evidenzia un’altra abitudine di Nolan, il quale piuttosto che spiegare gli avvenimenti a partire da ciò che avviene prima, prova a dar loro un senso compiuto sulla base di ciò che succederà in futuro – il che è quello che spesso succede: la comprensione degli episodi della nostra esistenza non mentre si verificano, ma solo a posteriori.

La frase più citata di Oppenheimer è un breve estratto dal testo induista Bhagavadgītā a cui, nel corso di un’intervista rilasciata nel 1965, lui stesso dichiarò di aver pensato dopo aver assistito al test Trinity.

 Il Bhagavadgītā è un poema di 700 versi in forma di dialogo tra il principe Arjuna e il suo cocchiere Krishna, avatar della divinità Vishnu, creatore e trasformatore dell’universo, che interviene per riportare l’ordine cosmico in tempi di caos e distruzione.

Arjuna esita ad andare in battaglia contro i Kaurava, perché nell’esercito del nemico vede anche parenti e amici.

 Krishna lo esorta a portare a compimento il suo dharma, il suo dovere morale di guerriero, perché il destino dei suoi nemici era già stato deciso da lui, da Vishnu, e comunque tutte le anime dei morti sarebbero rinate, quindi la morte sarebbe stata solo temporanea.

Oppenheimer cita il verso 32 dell’Undicesimo discorso, e lo riporta con le parole “Ora sono diventato morte, il distruttore di mondi”.

In realtà nella maggior parte delle traduzioni della Bhagavadgītā la parola sanscrita kālo (काल) è resa come “tempo” anziché come “morte”:

d’altro canto, il tempo è morte.

 Il tempo che si manifesta nel mondo lo distrugge e lo ricrea.

Pensare a un prima e a un dopo non ha senso:

nella dottrina induista il tempo non è lineare, ma circolare, e tutto ritorna.

 

Oppenheimer non vede più il tempo come ricorsivo, perché l’energia della bomba ha spezzato la circolarità del tempo, stabilendo un prima e un dopo.

Si pensa che Oppenheimer abbia cercato in questo poema una soluzione al proprio dilemma morale, illudendosi di trovare la pace interiore e un rifugio dalla responsabilità nel proprio dharma, che era quello di fare il proprio dovere portando a compimento la ricerca sulla bomba atomica.

Oppenheimer non vede più il tempo come ricorsivo, perché l’energia della bomba ha spezzato la circolarità del tempo, stabilendo un prima e un dopo.

Ora che abbiamo imparato la tecnologia nucleare militare, non possiamo più tornare indietro e disimpararla, e questo ha cambiato tutto.

Perché la bomba atomica non è solo una bomba convenzionale moltiplicata per migliaia o milioni di volte, è qualcosa di diverso, non solo un’arma, ma un concetto inedito, in grado di distruggere effettivamente una visione del mondo per crearne una dalle regole nuove.

Peraltro, anche se nella Storia con la “S” maiuscola Oppenheimer può essere paragonato a un Arjuna, è più complicato capire in cosa si identificasse lui stesso, se in Arjuna o in Vishnu.

Nella mitologia induista, ogni divinità monta uno o più suoi veicoli, detti vahana. Uno dei vahana di Vishnu è Garuda, re degli uccelli:

il fatto che Oppenheimer avesse dato il nome Garuda alla sua Chrysler è abbastanza indicativo della possibilità che si vedesse più come colui che tirava le fila della Storia.

Ma è invece più probabile che nella sua pervasiva ambiguità Oppenheimer oscillasse nell’identificazione ora con Arjuna e ora con Vishnu, trovandosi ancora una volta in mezzo a due opposti inconciliabili.

La soggettività e la storia.

In un’intervista rilasciata alla rivista cinematografica Total Film, Christopher Nolan ha spiegato il suo uso dell’alternanza tra bianco e nero e colore in termini di contrapposizione tra soggettivo e oggettivo:

 il colore è la realtà soggettiva di Oppenheimer, il bianco e nero quella oggettiva.

E in effetti questa dialettica irresolubile, tema onnipresente nell’opera di Nolan, è uno degli aspetti principali di Oppenheimer.

 

Una delle critiche mosse più spesso a Nolan è quella di conformarsi al cliché liberal del superuomo, dell’eroe maschio, spesso americano e bianco, che da solo cambia la storia.

Per esempio, a una prima visione, il suo Batman è il Cavaliere Oscuro, il vigilante che mette una pezza alle inefficienze e alla corruzione del sistema poliziesco e giudiziario ristabilendo l’equilibrio a suon di botte e tecnologia, anche se poi a un’analisi più approfondita le cose si rivelano essere un po’ meno semplici di così.

Oppenheimer mise insieme una comunità scientifica quasi utopica, che concentrava un solo posto il meglio dei cervelli di un’epoca, con lo scopo noto di creare morte e distruzione.

Oppenheimer non sfugge del tutto a questa inclinazione.

L’impressionante cast stellare, chiamato a impersonare un numero altrettanto impressionante di scienziati storici, si riduce perlopiù a una sequenza di cameo – “Niels Bohr, Werner Heisenberg, Enrico Fermi, Richard Feynman, Lilli Hornig, Kurt Gödel, Vannevar Bush” – che hanno il tempo di apparire per poi non essere visti mai più, spesso senza nemmeno lasciar capire il loro ruolo e sollevano il sospetto di un fan service fine a sé stesso per il pubblico nerd.

 Gli attori sono abbastanza convincenti da non ridurre i personaggi a delle mere funzioni narrative, eppure la maggior parte di questi personaggi sono introdotti solo in quanto motori delle vicende di Oppenheimer.

 

Ed è altresì vero che Nolan sembra avere un problema con i personaggi femminili, che risentono frequentemente di caratterizzazioni antagonistiche, marginali e poco memorabili.

Il modo in cui sono state rese su schermo le figure di Katherine “Kitty” Puening e Jean Tatlock, rispettivamente moglie e amante di Oppenheimer, è stato da più parti giudicato insoddisfacente, in quanto appiattirebbe il loro vissuto in funzione del protagonista.

 La scelta di glissare sui down winders, i residenti dell’area di Alamogordo che subirono le conseguenze del fallout radioattivo del test Trinity, così come quella di non mostrare – se non in modo evocativo, nelle disturbanti visioni di Oppenheimer – gli effetti dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, sono state biasimate come tentativi di “igienizzare” la storia dell’atomica ripulendola dal punto di vista delle vittime.

 

D’altro canto però Oppenheimer tratta proprio di questo:

la dialettica tra la storia di un uomo e la Storia, che è una proprietà emergente dall’insieme delle storie di tutti, e che non può essere vista in modo compiuto dal singolo uomo nel tempo in cui la vive.

Per Nolan il cinema stesso è una metafora di questo autoinganno, di cui è cosciente lo spettatore, meno i personaggi.

In tal senso, è normale e perfino realistico che la visione del film, che almeno nella parte a colori è il punto di vista di Oppenheimer, sia limitata e distorta: nessuna esperienza soggettiva del singolo può dare conto non solo del quadro generale, ma nemmeno del proprio posto nella Storia.

 

 

Oppenheimer si era sempre tenuto in disparte dalle forme più strutturate dell’ideologia.

Era molto interessato alla spiritualità, ma non era un religioso;

 era convinto sostenitore delle cause della sinistra europea e americana, ma non fece mai parte del partito comunista;

condivideva intimamente le ragioni e gli obiettivi delle associazioni per il disarmo ma non volle mai mettere la propria firma in calce a nessuna petizione. Supervisionava con grande abilità il lavoro di fisici e chimici sperimentali, ma si teneva lontano dal dare contributi sperimentali lui stesso.

 Il suo eclettismo, la sua cultura poliedrica, umanistica e linguistica oltre che scientifica, il suo essere così capace di trovarsi al centro di relazioni scientifiche significative e di poter fare da nucleo di condensazione di tante conoscenze differenti gli fece credere di poter rimanere un’entità a sé, posta al di sopra di tutti e tutto, in grado di decidere in autonomia il proprio posto nella Storia.

 

Ma questo è troppo per qualunque uomo.

Dopo la guerra, per non essere ricordato dalla storia come il “padre della bomba atomica”, Oppenheimer si sceglie il ruolo di portavoce del controllo internazionale degli armamenti nucleari.

 Ma è troppo tardi, forze politiche più grandi di lui spremono il suo passato irrisolto e la sua ambiguità morale e lo sottraggono al percorso che si era convinto di poter intraprendere.

Ironicamente, anche quel “Lewis Strauss” che aveva manovrato contro di lui, una figura storicamente complessa, articolata e polarizzante, subisce un destino analogo a causa della sua visione a tunnel che gli impedisce di vedere “cose più importanti”.

Il collasso: la responsabilità tra scienza e politica

La soggettività è un elemento portato sulla scena della fisica del Novecento dalle due teorie, rivoluzionarie e inconciliabili, della meccanica quantistica e della relatività.

Lo spettatore, che fino a quel momento doveva limitarsi a non interferire con gli esperimenti, ne diventa parte ineliminabile: due osservatori differenti che misurano lo stesso fenomeno non pervengono necessariamente allo stesso risultato.

Nella meccanica quantistica, la presenza dell’osservatore e l’atto stesso di misura inducono il sistema osservato a “collassare” in uno stato fisico:

in altre parole, misurando il sistema fisico lo perturbiamo in modo inevitabile, ma se non lo misuriamo non possiamo conoscerlo.

 Oppenheimer non tratta di questo aspetto la meccanica quantistica se non con un cenno sbrigativo:

“non saprai se c’è un serpente sotto la pietra finché non la sollevi”, dice Bohr in una battuta del film.

Nella sua sceneggiatura, Nolan ha preferito traslare questi significati al divario che, nella complessità della fisica moderna, esiste tra teoria e risultato: non sapremo mai se qualcosa va come deve finché non lo osserviamo.

Cosa si aspetta dalla sola teoria?”, domanda Oppenheimer a un perplesso “Leslie Groves” mentre Fermi, in un episodio realmente accaduto, sta raccogliendo scommesse sull’” eventualità che la reazione a catena del test Trinity” si estenda all’intera atmosfera, distruggendo il mondo.

Oggi sappiamo che i calcoli effettuati da “Hans Bethe” non erano del tutto corretti, ma all’epoca la teoria poteva portare soltanto a prevedere una probabilità minuscola, non nulla.

Il test fu condotto comunque, perché era l’unico modo di vedere cosa sarebbe successo.

Era una decisione rischiosa, ma fu presa perché l’alternativa sembrava un rischio peggiore.

 Le due bombe” Little Boy” e “Fat Man” furono lanciate su Hiroshima e Nagasaki, obiettivi attentamente studiati per mostrare al Giappone e al mondo il potenziale distruttivo di un’arma nucleare, perché tutte le altre alternative sembravano poco efficaci a chi aveva voce in capitolo.

La vicenda del bombardamento atomico del Giappone solleva la grande questione, che poi è il principale tema portante di Oppenheimer, del rapporto tra scienza e politica e in particolare della domanda se, e dove, si possano identificare le responsabilità della scienza nella creazione di uno strumento che può essere usato per scopi controversi – eventualità remota in alcuni casi, ma di certo non nel progetto Manhattan.

 La posizione dello scienziato, e di chi la scienza la deve comunicare, nel decidere le policy è un argomento ancora aperto, nel quale si incontrano diverse domande:

 è davvero possibile dividere le responsabilità della scienza da quelle della politica? Si può veramente essere neutrali come pretendeva Oppenheimer, limitandosi a spiegare rischi e benefici delle varie alternative senza suggerirne nessuna – quel delicato ruolo che viene definito di “honest broker?”

 Oppure uno scienziato, essendo in primis anche cittadino, può e in alcuni casi deve prendere posizione proprio perché più di altri sa?

Nolan non offre suggerimenti né consolazioni, queste risposte dobbiamo trovarcele da soli e non saranno mai le stesse per tutti.

 

E ancora:

definire le alternative in modo “scientifico”, cioè quantitativo, non si porta dietro il rischio di normalizzare la violenza, la morte, il trauma e gli strascichi come danni collaterali riducendoli a un banale confronto tra cifre?

 Non è forse ingenuo portare avanti il progresso scientifico senza farsi domande – come sta succedendo oggi per l’intelligenza artificiale – aspettandosi una regolamentazione a posteriori?

Certo, si può dire che a causa della guerra in corso, la segretezza che ha circondato l’invenzione della bomba atomica ha reso impossibile una qualunque riflessione preliminare nella comunità scientifica globale.

Non sembra che però in tempi di pace siamo stati in grado di fare molto meglio di così.

Oggi, gli armamenti nucleari pongono un dilemma pratico ben noto:

 seguendo la politica della deterrenza – sintetizzata negli anni Cinquanta sotto la sigla MAD, “mutual assured destruction” – e lasciando che la corsa alle armi continui indisturbata, esiste una probabilità non nulla che, per la pazzia o la hybris di qualche capo di governo o per un errore nella catena di comando e controllo, si scateni una guerra termonucleare che può portare alla fine del mondo per come lo conosciamo.

D’altro canto, se uno qualsiasi degli stati possessori di armi nucleari procedesse al disarmo totale, gli altri sarebbero incentivati a mantenere il proprio arsenale per acquisire un vantaggio strategico, e questo è aggravato dalla segretezza e dalla diffidenza che circonda le questioni nucleari militari.

Oggi, qualunque sia l’istanza che scegliamo di sostenere – disarmo o deterrenza – il rischio sarà sempre diverso da zero:

possiamo solo prendere una posizione e vedere cosa succederà.

A volte per capire qualcosa devi vederlo, portarlo alla luce nella pratica: ma quando lo si vede, può essere troppo tardi.

Oppenheimer è un’opera solo parzialmente riuscita, nel quale la straordinaria ricchezza dei temi presenti preme al di sotto una confezione “tecnicamente dolce” e autocompiaciuta.

 Come nella vicenda umana e scientifica del fisico Oppenheimer, anche all’interno del film convivono paradossi:

le tre ore di run time dense di dialogo lasciano molte cose non spiegate e resta in generale la sensazione di non aver visto abbastanza e non aver imparato nulla di nuovo;

alla ricerca della grandiosità nell’esperienza visiva e sonora fa da contrappunto un prodotto che non riesce a emozionare fino in fondo;

 la dimensione collettiva e collaborativa di uno dei primi progetti di big science della storia filtra in modo sbiadito.

Fuori dal buio delle sale, si accende la discussione tra un pubblico diviso:

chi dice che è un’opera monumentale, non solo importante ma imprescindibile, chi invece lo considera un immane guazzabuglio fatto per raggirare gli spettatori, e chi lo definisce un bel film vetrina ma poco più.

Probabilmente, Oppenheimer è un ibrido impossibile tra tutte queste cose, una creatura imperfetta che vale comunque la pena di osservare, capace di “collassare” in qualcosa di diverso agli occhi di ogni spettatore.

Coscientemente o no, Christopher Nolan ci ha messo in guardia dalla pretesa di cercare eroi e demoni nella Storia, e di cercare la Storia negli occhi azzurri di un uomo che non fu né l’uno né l’altro.

Senza dignità.

  Gognablog.sherpa-gate. Com – (5 Ottobre 2021) - Lorenzo Merlo – ci dice:

 

Siamo sul fondo del barile a raschiare qualcosa che sia ancora vero, ma non si trovano che tossiche croste di muffe.

Senza dignità 1

La messe di controinformazione, meglio, di giornalismo dal basso, internazionalmente e nazionalmente disponibile, fatto salvo poche e rare eccezioni, è stata ignorata dai grandi media d’informazione.

L’informazione filogovernativa si è autoproclamata la sola attendibile.

Lo stimolo al dibattito che sarebbe potuto derivare da una loro più aperta, meglio, giornalistica politica, avrebbe giovato alla cultura italiana, al giornalismo, alla fiducia nelle istituzioni e negli uomini.

Non contenti e sospinti dai ciclostili istituzionali non hanno esitato ad alzare il livello.

 Se prima ignoravano le voci non allineati sono passati a censurarle e poi a colpevolizzarle.

 Non è dunque frutto di sé stesso se quelle voci che lamentavano emarginazione, che si chiedevano perché venissero tanto ignorate, che si ponevano e pongono domande elementari, giornalisticamente ineludibili, per i grandi media siano divenute criminali e pericolose.

Superfluo è ricordare quanto enfatizzino il “malato novax”, che dal letto d’ospedale diviene paladino del vaccino;

quanto siano taciuti gli eventi avversi, quanto non sia dato spazio a medici e ospedali che hanno avuto successo sul CoViD-19, quanto di quelle voci si faccia solo un numero, private di contenuti e argomenti, a seconda della strumentalizzazione necessaria, definito tra il dieci e il trenta percento dei vaccinabili.

E non c’è premio Nobel che possa dire la sua senza divenire bersaglio di gentili ma radical-contumelie.

L’intelligence padronale avrà avuto il suo da fare per occultare chi desiderava solo capire le ragioni delle bugie che sentiva, solo comprendere quelle delle contraddizioni che osservava, solo spiegarsi i motivi di una politica tanto antidemocratica, solo trovare una speranza che gli impedisse di vedere la voragine tra sé e le istituzioni allargarsi sempre più.

Penso che in buona misura (sarebbe bello conoscere il pensiero di altri) il popolo privato di dignità sia tendenzialmente depoliticizzato in quanto emancipato dalle tradizionali e ormai svuotate ideologie contrapposte.

Un popolo che osserva il dominio dell’economia e della tecnocrazia sulla politica. Che vede quanto questa non abbia proposte ma solo guinzagli.

Che vede tutte le sovranità nazionali sul banco del mercato, nonostante la facciata istituzionale, gestito da commercianti privati, extranazionali.

Le sovranità, dalla militare all’economica, dalla monetaria alla nazionale, dall’istruzione alla sanitaria non sono più beni degli italiani.

E quel popolo quantificato tra il 10 e il 30 per cento di un qualche totale conteggiato dal contabile di stato lo sa.

Per questo si allarma quando qualcuno con mascherina e finestrini su corre a votare per una delega della democrazia in avaria pesante.

 Per questo il suo “mayday-mayday” è un urlo nella burrasca in cui non si è trovato per merito suo.

È un popolo che vede liquefarsi la propria identità, sempre più omeopaticamente dispersa nella società dello spettacolo unico.

 Essere come qualcuno visto in tv, in youtube, in facebook, in twitter, è più importante che essere sé stesso.

 Ma è un modo di dire:

 quando mai lungo questa china schiavistica qualcuno avrà più modo di riconoscere la farsa in cui, come gli altri, vuole recitare la sua parte?

 

Senza dignità 2.

Se così non fosse, ovvero, se i media e le istituzioni non avessero ignorato le voci indipendenti e alternative alla loro ma semplicemente non le avessero sentite, né, per distrazione, cercate, non ne avessero indagato il gradiente di attendibilità ovvero, se alle loro intelligence fossero sfuggite, le avessero sottostimate, e se, in sostanza i passacarte, vantando buona fede, semplicemente si fossero attenuti al compitino redazionale, allora è a questi che forse manca la dignità deontologica.

Senza dignità 1 e 2

In ambo i casi, si tratta di quelli che nei loro giornali scrivono “solo noi siamo l’informazione”, quelli che le fake news riguardano solo gli altri.

Quelli che pur di avere un click tengono on line gossip e paperissime.

Quelli che “potrebbero urtare la nostra sensibilità” per immagini che non disturbano nessuno.

Che pur di stare a galla sono però disposti a sbatterti in faccia qualunque pubblicità in modi sempre più invadenti e obbligati.

Che per la privacy nascondono i volti dei bimbi e omettono i nomi purché, come segnala “Andrea Zhok”, l’argomento non sia il CoViD-19 e l’abietta campagna vaccinale.

 Quelli che, lo so per informazione diretta, si occupano dei temi di esclusivo interesse per la proprietà.

 Quelli che a qualunque informazione di rilievo non viene dato spazio o viene trattata con il minimo trafiletto, senza alcuna ripresa, solo per sottrarsi dalla responsabilità deontologica.

 Quelli che davanti a questi dati di fatto senza incertezze, invece di piangere vincoli, censure e autocensure si alzeranno altezzosi e con sarcastico sorrisetto ci diranno che in una proprietà privata ognuno fa ciò che vuole.

Esatto. Informazione e proprietà privata.

Spero tutto sia chiaro in merito alla questione della dignità non data, la numero 1, e non in essere, la 2.

 

 

 

 

Se l’economia sostenibile

è una contraddizione.

  gognablog.sherpa-gate.com – (31 Agosto 2023) -  Alessio Donvito – ci dice:

Se l’economia sostenibile è una contraddizione.

Ogni formulazione classica della logica – da Aristotele a Gödel – fonda la correttezza del ragionamento su un principio elementare, detto di non contraddizione.

Tale principio dichiara falsa ogni proposizione che assegna al medesimo oggetto, insieme, un attributo e la negazione di quell’attributo.

 In formule: ¬(A ^ ¬A); è falso che A sia anche non-A.

Un ragionamento che non contempli tale principio – un ragionamento contraddittorio – è detto paradossale, oppure antinomico, a seconda di certi tecnicismi da matematici.

Uno dei paradossi, o meglio, delle antinomie, più celebri della moderna logica matematica si deve alla scoperta di “Bertrand Russell”, filosofo e matematico gallese.

Si finisce, in quel ragionamento, a determinare che un insieme (R) appartiene e non appartiene a sé stesso contemporaneamente.

Siccome la logica non è un divertissement per menti annoiate, e siccome i princìpi del ragionamento sono i princìpi stessi della realtà, qualche rigorista potrebbe tentarne applicazioni diverse.

Certo, c’è da assumersi dosi buone di rischio.

A titolo di esempio, potremmo provare ad affrontare logicamente la questione della sostenibilità ambientale dell’economia di mercato.

 Si tratta di vedere, cioè, se questo insieme complesso di relazioni, che sostanzializziamo e chiamiamo Mercato, possa sussistere – così com’è ora – anche senza generare sfregi irreparabili a quell’altro, più grande e comprensivo, sistema di relazioni, nel quale pure si inserisce, che chiamiamo invece Natura o ecosistema naturale. In altri termini, se sia veramente possibile uno sviluppo sostenibile di qualche genere.

Fino ad ora la semplice evidenza ha mostrato qualcosa di diverso, ossia che è possibile (anzi, usuale) che il Mercato, nell’insieme delle sue modalità e manifestazioni, funga piuttosto da principio primario del deterioramento ambientale.

I più saranno a conoscenza di quel famoso rapporto, “Limits to growth”, commissionato al “Massachussets Institute of Technology” dal “Club di Roma” e pubblicato negli anni Settanta del secolo scorso.

 Per la prima volta, con la sorpresa di molti, furono scientificamente messi in relazione sviluppo industriale e limiti fisici del pianeta (la sua “carrying capacity” o capacità di carico).

Il monito era chiaro:

la crescita illimitata dell’industrializzazione, della demografia, dello sfruttamento delle risorse ambientali, non è possibile né auspicabile, essendo limitate le risorse sulle quali essa si fonda.

As simple as that.

Si obietterà: “Cosa c’entra il Mercato?”.

Risposta: pur nella straordinaria complessità e diversificazione di ciò che, per ragioni di sintesi, abbiamo chiamato Mercato, ogni atto che ascriviamo a quell’ambito sottende sempre la stessa logica, quella dell’estensione del profitto.

 A sua volta, essa necessita un’estensione della produttività.

 Il Mercato è il presupposto del produttivismo;

 esso richiede sempre che qualcosa cresca: la produzione, l’industria, i servizi, i consumi.

Ora, da qualche tempo è in uso nel linguaggio comune un sintagma eccentrico, persino bizzarro: “sviluppo sostenibile”.

Lo si usa intendendolo nei termini di un fatto concreto.

Secondo tale retorica, qualcosa come una “crescita” delle forze produttive ed economiche che sia allo stesso tempo compatibile con la piena salute dell’ambiente, non solo appartiene all’ambito della possibilità effettiva, risultando dunque concretizzabile, ma è addirittura già all’opera in determinate circostanze.

Ad oggi, invece, nessuno sviluppo sostenibile in senso pieno si è potuto realizzare.

 Pertanto, la formula appartiene alla narrazione e al mito, più che al ragionamento.

È il mito, ubiquitariamente propagandato, della” green economy”.

Siccome essa non si vede da nessuna parte, la convinzione che esista è un puro atto di fede.

 La religione dello sviluppo industriale verde, con tutti i suoi preti e i suoi fedeli.

 Il dibattito intorno alla religione ha un nome: teologia.

Proviamo allora a svincolarci dalle difficoltà che ogni teologia comporta per mezzo della logica.

Dobbiamo vedere se l’economia di mercato, qualora pretenda di rappresentarsi come sostenibile, operi entro una qualche aporia.

Ritorniamo alla non-contraddizione.

Se quell’ente che (in modo improprio – repetita iuvant) abbiamo chiamato “Mercato” genera interesse tanto attorno a forme ambientalmente compatibili di produzione, quanto attorno a produttivismi assolutamente incompatibili con l’ambiente, non è in questo già all’opera una contraddizione? Se dovessimo decidere, poi, di spingerci oltre e di verificare le proporzioni della distribuzione di sostenibilità ambientale e insostenibilità ambientale, faremmo scoperte degne di nota.

Nel bilancio economico globale, quanto pesano le attività economiche sostenibili rispetto alle altre?

Corrano pure tutti alle calcolatrici; già possiamo approssimare una risposta.

Al fondo delle nostre difficoltà, nel campo della crisi ambientale, alberga un problema di struttura.

Il nostro – tornando al lessico teologico – “peccato originale” è l’ignoranza delle leggi fondamentali di pensiero e realtà insieme.

 Il Mercato, dovremo riconoscerlo, è un oggetto massimamente contraddittorio, perché incoraggia insieme condotte ambientaliste e il loro diretto contrario, con netta prevalenza delle seconde.

Esso è allo stesso tempo A e non-A.

Alla domanda: “E’ vero che un’economia di mercato pienamente ambientalista è possibile?”, non noi, ma Aristotele in persona risponde un perentorio “no”.

Il modello della green economy, dichiaratamente teorico sin dalla nascita, è il tentativo, sempre svolgentesi in deroga a quelle leggi, di migliorare l’efficienza energetica e produttiva del Mercato senza tuttavia abbandonare la matrice del grattacapo, ossia il produttivismo fine a sé stesso che lo caratterizza.

Tentativo sterile.

Un nano senza gambe può percorrere, stremandosi, giusto qualche metro. “Sviluppo” e “sostenibilità”, intesi come sono, stanno tra loro in contraddizione.

Perseguire l’obiettivo della crescita significa abdicare a quello dell’ecologia e, viceversa, ambire alla piena salvaguardia dell’ambiente significa rinunciare alla prospettiva della crescita fine a sé stessa.

Dalla contraddizione si esce solo abbandonandola.

 Potremmo anche scegliere, in tutta coscienza, di permanere entro i limiti stessi della contraddizione.

Anche in quel caso la logica ci fornirebbe alcune indicazioni.

 Ci avvertirebbe:

“Sappiate di dover accogliere, se accettate come premessa ciò che è contraddittorio, anche tutto ciò che c’è di falso. Non spaventatevi allora se due più due non farà più quattro e se il triangolo avrà cinque lati.

 Ex falso sequitur quodlibet”.

 

 

 

 

The age of Q – Il piano globale per

 sessualizzare i bambini

e normalizzare la pedofilia.

Theageofq.wordpress.com – (agosto 23rd, 2023) – Wyatt -qanon.it – ci dice:

 

Proponiamo qui la traduzione dell’ottimo thread pubblicato su Twitter da Wyatt, specificando però che, a nostro avviso, il progetto qui descritto e l’intera Agenda 2030 non hanno più nessuna possibilità di avere successo ed essere applicati a livello mondiale.

Ciò non toglie che le propaggini del “deep state” ancora al potere, soprattutto in Occidente, non tenteranno fino all’ultimo di spingere in quella direzione, causando danni gravissimi.

Pubblichiamo il thread sotto forma di articolo, soprattutto con lo scopo di gettare ulteriore luce sulle reali intenzioni e sui terribili crimini delle élite finanziarie nei confronti dei bambini.

 In alcuni passaggi, abbiamo volutamente edulcorato il linguaggio che aveva riferimenti secondo noi troppo espliciti a pratiche sessuali con i bambini, mettendo comunque il link al post originale.

La stessa cosa abbiamo fatto con le immagini che ritenevamo troppo disturbanti, sostituendole con il link alle stesse.

L’OMS e l’ONU hanno pubblicato dei documenti indirizzati a tutte le nazioni per istruire le scuole di tutto il mondo su come sessualizzare i bambini piccoli, parte di un programma per normalizzare la pedofilia.

Le affermazioni ufficiali sono chiare: vogliono la trasformazione del mondo.

 Insegnare ai bambini di 2 o 3 anni a masturbarsi e a quelle di 9 anni ad usare la pornografia online e a fare sesso è parte di questo programma.

L’Amministrazione Biden ha rilasciato diverse comunicazioni a supporto.

Sono stati ampiamente distribuiti poster scolastici che incoraggiano i bambini ad avere rapporti omosessuali con i loro compagni di classe e vengono consigliati libri che parlano ai bambini di sesso orale.

Altri libri consigliati raccontano storie di insegnanti che fanno sesso con i loro alunni.

Le scuole organizzano giochi/gare sessuali, durante i quali i bambini si impegnano in attività sessuali da adulti (linguaggio volutamente edulcorato, link al post originale) come parte dell’”ampia educazione sessuale” pensata dall’OMS e dall’ONU.

Agli insegnanti viene data l’istruzione di incoraggiare i bambini a fare sesso il prima possibile.

 Il documento “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa” pubblicato dall’OMS contiene le seguenti istruzioni:

 

1 – I bambini da 0 a 4 anni devono imparare che cos’è la masturbazione e sviluppare un interesse per il loro e l’altrui corpo.

2 – I bambini tra i 4 e i 6 anni devono imparare che cos’è la masturbazione ed essere incoraggiati ad esprimere le loro necessità e i loro desideri sessuali.

3 – I bambini tra i 6 e i 9 anni devono imparare che cosa sono i rapporti sessuali, la pornografia online, ad avere un amore segreto e ad auto-stimolarsi.

4 – I bambini tra i 9 e i 12 anni dovrebbero avere la loro prima esperienza sessuale ed imparare ad usare la pornografia online.

 

Esiste un video che è parte di un programma scolastico europeo che lavora a stretto contatto con l’OMS.

 Mostra come i bambini piccoli siano incoraggiati ad iniziare a masturbarsi.

 È stato inviato a diverse migliaia di scuole come parte dell’”ampia educazione sessuale” dell’OMS, che afferma che i bambini dovrebbero cominciare a fare sesso il prima possibile.

Il video è stato pubblicato dalla Rutgers Foundation, che opera in 27 Paesi del mondo ed è partner dell’OMS.

Il documento successivo, a cui si riferisce l’immagine sotto, è stato pubblicato dall’ONU e si intitola “Guida tecnica internazionale per l’educazione sessuale”.

Sono le linee guida ufficiali per le scuole elementari nel mondo.

L’obiettivo del documento viene descritto a pagina 16 [N.B.: i numeri di pagina si riferiscono sempre all’edizione in inglese, n.d.r.]: dare ai bambini gli strumenti per avere rapporti sessuali.

A pagina 17 l’ONU spiega che la guida serve ad aiutare i bambini piccoli a costruire relazioni romantiche o sessuali.

A pagina 71 si istruiscono gli insegnanti ad insegnare ai bambini a partire dai 5 anni cosa sono i baci, gli abbracci, il toccarsi e i comportamenti sessuali.

I marchi posti su questa guida mostrano che essa è parte degli obiettivi dell’Agenda 2030.

Tale Agenda è il piano dell’ONU per trasformare ogni aspetto dell’esistenza umana entro l’anno 2030.

Dicono chiaramente che la trasformazione della vita umana raggiungerà tutto il mondo “Mentre iniziamo questo viaggio collettivo, promettiamo che nessuno verrà lasciato indietro. Questi sono obiettivi universali che coinvolgono il mondo intero, i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo allo stesso modo”.

L’Amministrazione Biden ha dichiarato che farà di tutto per applicare l’Agenda 2030 il prima possibile, e comunque non più tardi del 2030.

I Paesi Bassi sono al centro di questo progetto globale per sessualizzare i bambini piccoli.

 Quello che succede qui, verrà replicato in tutto il mondo.

È in questo Paese che ha sede la “Rutgers Foundation”, che è finanziata da organizzazioni globali come la “Bill and Melinda Gates Foundation” e “Planned Parenthood”.

Nella primavera del 2023 è stato lanciato un programma nazionale denominato “Febbre di primavera”.

Un poster scolastico è stato affisso in migliaia di scuole elementari.

Alcuni dei messaggi raffigurati sul poster:

 due maschietti che si tengono per mano e dicono “Sì, lo vogliamo”, due femminucce si appartano in un luogo sicuro per fare sesso.

Il programma “Febbre di primavera” impone aggressivamente il tema dell’omosessualità a bambini ingenui e vulnerabili.

Una cosa è una persona confusa circa la propria identità sessuale e le proprie preferenze, ma imporre la confusione sessuale nelle scuole elementari per spingere i bambini verso uno stile di vita omosessuale è tutta un’altra cosa.

Spingere i bambini piccoli all’omosessualità è un’istruzione diretta dell’OMS e dell’ONU.

A pagina 40 degli “Standard per l’Educazione Sessuale” citati, si dice alle scuole di insegnare ai bambini di 4 anni cosa sono le relazioni tra individui dello stesso sesso e a pagina 44 si istruiscono gli educatori ad insegnare ai bambini di nove anni cosa siano l’amicizia e l’amore verso una persona dello stesso sesso.

Uno dei libri raccomandati, “What is sex?” [Che cos’è il sesso?], presenta un disegno esplicito di sesso orale, spiega di cosa si tratti e incoraggia a provare il sesso orale (link all’immagine).

Perché qualcuno dovrebbe volere che i bambini dai 4 agli 8 anni sappiano tutto sul sesso orale?

In una pagina di un programma scolastico per le elementari, in modo specifico per i bambini di 10 anni, si legge un elenco esaustivo delle attività sessuali (contenuto volutamente edulcorato, link al post originale).

Dando uno sguardo più approfondito al programma, troviamo una definizione chiara dell’obiettivo della lezione:

 “I bambini piccoli dovrebbero sapere tutto sulla lussuria, l’eccitazione fisica e l’intimità. Dovrebbero sapere che tutti hanno pulsioni sessuali e non dovrebbero vergognarsene.”

La vergogna è una sensazione naturale di base che i bambini hanno e che li protegge dal subire traumi in esperienze inappropriate.

La sessualità è l’aspetto più sensibile e vulnerabile dell’umanità, che può dar luogo, in caso di approccio errato, a ferite che durano per l’intera vita.

 La vergogna è una barriera essenziale che ci tiene al sicuro.

 I programmi che abbiamo descritto mirano a rimuovere questa barriera naturale, in modo che i bambini non seguano più l’istinto che li porta a proteggere il loro corpo.

 Questo li rende estremamente vulnerabili e facili vittime di predatori sessuali.

Quello che segue è un esempio di programma scolastico ufficiale dei Paesi Bassi, pubblicato dallo “School Leerplan Ondrewijs”, editore ufficiale di tutti i programmi scolastici.

Possiamo vedere che rispecchia gli standard dell’OMS:

1 – I bambini nel gruppo di età tra 0 e 4 anni devono imparare cosa significa innamorarsi, stare in intimità ed avere pulsioni sessuali.

2 – I bambini dai 5 anni di età devono imparare cosa siano i rapporti sessuali, la pornografia online e sperimentare il desiderio toccando il loro corpo.

La “Rutgers” ha pubblicato una guida per spiegare agli insegnanti come indottrinare i bambini piccoli riguardo al sesso.

In essa fanno diversi riferimenti alla guida dell’OMS “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa”, confermando ulteriormente su quale base stiano collaborando con l’OMS.

Inoltre, un membro dello staff della “Rutgers” ha contribuito alla redazione della guida dell’OMS.

Nella sua pubblicazione, la “Rutgers” chiarisce qual è lo scopo di questo tipo di educazione (vedi immagine sotto):

 “L’educazione sessuale e di relazione forniscono ai bambini idee che li aiuteranno ad iniziare ad avere rapporti sessuali anticipatamente”.

L’intera idea alla base di questa forma di educazione sessuale non è quella di assistere i bambini durante il loro sviluppo naturale, per accompagnarli verso una sessualità sana e matura, ma lo scopo è quello di indottrinarli affinché inizino a fare sesso il prima possibile.

Diverse scuole stanno organizzando giochi/gare di sesso, in cui i bambini sono spinti a fare tra loro esperienze che sono tipiche dell’età adolescenziale o adulta (linguaggio volutamente edulcorato, link al post originale).

Potete vedere l’immagine di un articolo nelle news riguardante giochi/gare di sesso in una scuola elementare nei Paesi Bassi.

La sessualizzazione dei bambini avviene anche fuori dalla scuola.

Sotto potete vedere le immagini di aree giochi approvate da amministrazioni locali e scuole.

La stessa cosa accade anche a livello globale con le multinazionali, come nel caso di queste tazze di “McDonalds” in Giappone, che, quando girate ad un certo angolo, mostrano bambini impegnati in atti sessuali.

L’esecuzione delle linee guida dell’ONU e dell’OMS nei Paesi Bassi viene effettuata alla “Rutgers”, un’organizzazione internazionale attiva in 27 Paesi. Le informazioni che seguono rivelano come la “Rutgers” sia sempre stata in prima linea nel movimento pedofilo internazionale.

Jan Rutgers (1850-1924) era un feroce oppositore del matrimonio, che considerava contro natura.

Era anche un appassionato promotore della riduzione della popolazione umana attraverso l’introduzione nella società della cultura del sesso libero.

Quando la “Rutgers Foundation” venne fondata nel 1969, il suo scopo principale era la riduzione della popolazione attraverso l’educazione sessuale, l’aborto e la contraccezione.

Nel 1999 la “Rutgers” si è fusa con il gruppo NISSO (Istituto dei Paesi Bassi per la Ricerca Sessuologica Sociale), il cui scopo era la riduzione della natalità attraverso la promozione dell’aborto, del sesso libero e dell’educazione sessuale.

 Nel 2011 la “Rutgers” si fuse ancora con la “World Population Foundation”, che condivideva l’obiettivo di ridurre la popolazione attraverso l’aborto e l’educazione sessuale.

La “Rutgers” è sempre stata fortemente coinvolta nel movimento mondiale per normalizzare la pedofilia.

 Nel 1946, venne fondata l’”Associazione per la Riforma Sessuale dei Paesi Bassi” (NVSH), di nuovo con l’obiettivo di ridurre la popolazione.

La NVSH organizzò dei gruppi di lavoro sulla pedofilia che furono sostenuti dal Senatore del Partito Laburista dr. “Edward Brongersma”.

Lo stesso Brongersma divenne il leader del movimento per l’accettazione della pedofilia negli anni ‘70.

“Brongersma” era noto per aver abusato di minori.

Negli anni ‘60 Brongersma divenne membro del direttivo della NVSH, dove di nuovo organizzò dei gruppi di lavoro sulla pedofilia.

Pubblicavano la rivista NIKS (abbreviazione olandese di “Verso l’integrazione della sessualità infantile”).

In un archivio online della rivista, si possono vedere le disturbanti oscenità promosse: bambini nudi in copertina con i genitali esposti, bambini che fanno sesso e così via (link all’immagine).

Un numero della rivista pedofila di “Brongersma” si intitola “La puntata anti-educazione” e contiene un articolo che spiega quanto la famiglia naturale sia “malvagia” (link all’immagine).

L’articolo è intitolato “Come uccido mio padre e mia madre?”, cito: “In famiglia l’amore è impossibile. L’amore dei genitori è una menzogna… La famiglia limita, inasprisce, svilisce, scoraggia, maltratta, deforma…”

La rivista pedofila “NIKS” ospitava articoli di prominenti pedofili a livello internazionale, come “Theo Sandfort”, che ha scritto per diverse pubblicazioni pedofile ben note, come “Paedo Alert News” e la britannica “Paidika”.

Nel 1999 la” Rutgers” ha pubblicato un articolo del pedofilo “Sandfort”.

Nel 2000 un’altra organizzazione pedofila è salita alla ribalta delle cronache per aver costruito un archivio di pornografia infantile.

 Il suo fondatore, “Frits Bernard”, era un avido pedofilo.

 I loro articoli costitutivi affermano che collaboravano con la Rutgers.

 Il 22 giugno 1979 la Rutgers ha firmato una petizione, insieme al pedofilo condannato “Brongersma”, per la legalizzazione del sesso con i bambini.

 L’attuale Direttore del Comitato di Supervisione della Rutgers è Andrée van Es, ex politico della Sinistra Verde e del PSP, un partito che ha fatto pressioni per la legalizzazione della pedofilia.

L’ex direttore della “Rutgers”, “Pieter Wijnsma”, ha affermato in un’intervista che aveva incoraggiato un gruppo di bambini a masturbarsi, perché “l’aspetto del desiderio deve essere sviluppato”.

 

L’organizzazione del pedofilo “Brongersma” è stata sostituita dal “Fondo per la Ricerca Scientifica sulla Sessualità” (FWOS).

 Loro affermano che la “Rutgers” gestisce la vasta collezione di materiale di pornografia infantile di Brongersma”.

 

La “International Planned Parenthood Foundation” (un’organizzazione per l’aborto fondata dal padre di Bill Gates) ha pubblicato un vero e proprio manifesto per la pedofilia intitolato “EXCLAIM!”, che è stato distribuito dalle Nazioni Unite.

 In esso si ritrovano affermazioni tipicamente usate da pedofili e predatori di bambini.

 È letteralmente infarcito tipici “storici” argomenti utilizzati dai pedofili, quando affermano che i bambini di ogni età e gli adolescenti hanno il “diritto umano” di fare sesso.

Le pratiche pedofile di alti ufficiali dell’OMS e dell’ONU vengono di solito nascoste con attenzione, ma di quando in quando uno di loro viene scoperto.

È il caso di “Peter Dalglish”, ufficiale che ha ricoperto cariche di alto profilo all’ONU, all’UNICEF e all’OMS per oltre 30 anni ed è stato il fondatore di “Street Kids International” [associazione che si occupa dei ragazzi di strada, n.d.r.].

È stato premiato con l’”Ordine del Canada” per il suo umanitario.

Nel 2015 è stato il rappresentante dell’ONU a Kabul.

Nel 2018, “Dalglish” è stato colto in flagrante mentre abusava di due minori in Nepal ed è stato condannato a nove anni di prigione.

“Dalglish” adescava i bambini promettendo loro di farli studiare, portarli all’estero e fargli avere un lavoro.

 

Gli investigatori affermano che ha abusato di minori per un periodo di 15 anni, mentre ricopriva cariche all’ONU e all’OMS.

Le maggiori entità che spingono per questa agenda pedofila sono proprio l’ONU e l’OMS.

Dobbiamo però ricordarci che, in realtà, queste non sono organizzazioni governative, ma organizzazioni private nelle mani di élite finanziarie.

Come organizzazioni private, non hanno autorità su nessuno in nessun modo, eppure operano come un “Governo Mondiale” che controlla le politiche sanitarie e il sistema scolastico in tutto il mondo.

L’OMS non opera per gli interessi dell’umanità, ma per i programmi criminali di entità nascoste.

 L’OMS ha soppresso le cure per il COVID e ordinato alle aziende che controllano i social media di censurare scienziati e medici riguardo alle cure efficaci.

 È stata l’OMS a dire al mondo che solo un’iniezione sperimentale poteva essere la risposta alla pandemia, il che ha causato milioni di morti e ha reso migliaia di persone permanentemente disabili come risultato delle inoculazioni.

Il programma per sopprimere di ogni cura efficace per il COVID e dire al mondo che solo un’iniezione sperimentale non testata poteva salvarci è stato fortemente spinto dal multimiliardario e portavoce delle élite finanziarie Bill Gates.

 Egli è il primo mercante di vaccini al mondo e ha guadagnato cifre astronomiche da questa campagna di vaccinazione mondiale.

Quando veniamo a conoscenza del fatto che Gates è il maggior donatore per l’OMS, capiamo anche che ha il pieno controllo delle loro politiche.

Bill Gates è noto per le sue strette relazioni con Jeffrey Epstein, che organizzava per le élite orge con bambini sulla sua nota isola.

 Epstein è stato arrestato nel 2018 sotto l’Amministrazione Trump e ufficialmente si è impiccato in cella.

Il nome di Bill Gates compare diverse volte sulle liste dei voli per l’isola di Epstein.

Perché i governi e le élite finanziarie insistono nel voler sessualizzare i bambini in ogni nazione del mondo?

La risposta ci viene da tutti fatti che abbiamo riportato e che spiegano in dettaglio come la maggior parte delle élite abbiano una cosa in comune:

sono pesantemente coinvolte nell’abuso organizzato di minori.

Ciò è confermato dall’ex direttore dell’FBI “Ted Gunderson”, come da ex membri dell’esercito, di organizzazioni di polizia di diversi paesi a da detective privati.

Il pericolo di queste organizzazioni è che sono diventate esperte nell’abilità di ipnotizzare l’umanità con i loro giochi di parole, che fanno sembrare l’adescamento dei bambini piccoli in favore dei predatori sessuali come una cosa meravigliosa, che dobbiamo appoggiare senza riserve.

Sono dei maghi delle chiacchiere che fanno incantesimi sulla mente delle persone a cui mancano la prontezza e l’allenamento per riconoscere i loro trucchi.

Per questo molta gente inconsapevole ci casca.

Tutti abbiamo la scelta di chiudere gli occhi e diventare complici con il nostro silenzio o comportarci da persone coraggiose e opporci, denunciando tutto pubblicamente.

I bambini non possono difendersi da soli da questi mostri.

Se non li combattiamo noi, nessuno lo farà e questo orrore potrà solo aumentare in tutto il mondo.

(qanonitaly)

(QANON.IT)

 

 

 

 

Perché siamo entrati in fissa

con i contenuti “true crime”.

Elle.com – Carlotta Sisti – (9-1-2023) – ci dice:

 

Mai come nell'ultimo anno anche in Italia hanno avuto enorme successo podcast e canali YouTube a tema” true crime”, ma che cosa dice di noi tutto ciò?

Uno dei primi in Italia ad averci fatto entrare in eventi terribili, operati da menti crudeli o malate, è stato” Carlo Lucarelli”.

 I suoi “Blu Notte” prima, “Profondo Nero “poi, sono stati, insieme alle “Storie Maledette” di “Franca Leosini” e a “Un giorno in Pretura” di “Roberta Petrelluzzi”, i primi programmi televisivi a parlare di omicidi brutali, violenze inaudite.

La sacra trinità della cronaca nerissima, che dalle reti ammiraglie della Rai ha affrontato con registri e stili molto diversi fatti traumatici come il “massacro del Circeo” o la mattanza compiuta dal serial killer “Donato Bilancia”, chissà se si sarebbe mai immaginato che anni dopo quel genere padroneggiato con maestria da pochi, sarebbe diventato la cosa più mainstream di tutte.

 Forse sì, forse già avevano capito le potenzialità attrattive di quei mondi indicibili, forse sapevano che quella potenza narrativa sarebbe potuta diventare pop.

D'altronde lo motivava molto bene tre anni fa lo stesso Lucarelli, il perché di questo fascino sinistro:

"il noir - raccontava a gennaio 2020 a “The Wise Magazine” - è una macchina narrativa quasi perfetta.

Se raccontassi una storia, iniziando con un mistero, svelando piano piano i particolari e facendo crescere la tensione, ovviamente questo sarebbe attraente per chi mi ascolta.

Altro motivo per cui il racconto ci affascina è perché parla di quella che definisco la 'metà oscura'.

Questa ci interessa proprio perché ci fa paura.

Spesso queste narrazioni si identificano con la cronaca nera, ma se ci pensiamo bene, anche la fede, la religione e la scienza raccontano le cose con la tecnica del giallo, indagando e scoprendo di volta in volta qualcosa di nuovo".

 Terzo fattore, poi, per cui il giallo ci affascina così tanto è il fatto che si va a solleticare una parte di noi che è facilmente solleticabile, che è quella dell’orrore, del sangue in sostanza.

Questo è un altro importante elemento che ha fatto il successo del giallo, sia come genere letterario, sia come cronaca nera da quotidiano, sia, oggi, come documentari, podcast e canali YouTube dedicati.

“Franca Leosini”, invece, in un'intervista del 2016 ad Elle, alla domanda "che cosa ha capito dopo tante storie maledette?", rispose:

"Che in ognuno di noi c’è un alter ego in incognito, un doppio io e quando prende il sopravvento può indurre a gesti estremi che non ci somigliano”.

Parlo dei non professionisti del crimine, la malavita è un’altra sezione dell’umanità.

I più fortunati di noi non attraversano quella soglia.

La pensa allo stesso modo “Nicola Lagioia”, che sulla crepa sottilissima che separa ognuno di noi dall'abisso del male ha costruito il più bel libro italiano degli ultimi anni, che è” La città dei vivi”, diventato poi anche un podcast di enorme successo.

All'origine un'ossessione, quella per l'omicidio efferatissimo del giovane “Luca Varani” avvenuto a Roma per mano di “Manuel Foffo e Marco Prato”, che ha trascinato “Lagioia” in un labirinto di domande esistenziali e anche personali.

 Dice lo scrittore e direttore del Salone del Libro di Torino:

 "noi di solito tendiamo a relegare chi è coinvolto in questi fatti, sia le vittime sia i carnefici, nel novero delle creature fantastiche:

 i carnefici sono i mostri, le vittime i santi e non appartengono all’umano;

come fosse tutta roba che non ha niente a che fare con noi.

Questo è ciò che siamo portati a pensare, ma io credo che si debba scendere a patti con il contrario, con il fatto che di gente capace di macchiarsi di delitti atroci ce ne sia e che, pur potendo commettere azioni così terribili, sia in grado, allo stesso tempo, di provare sentimenti buoni, d’amore".

Queste riflessioni, queste domande di rado verbalizzate, questi tabù intorno alle possibilità di diventare noi stessi fuori controllo, sono insite nella natura umana.

 E il true crime è in grado di togliere loro colpa, vergogna e stima.

Il true crime ci porta con sé in un viaggio allucinato e insidioso, nel cuore del male più abietto, ma oggi lo fa giocandosi una carta in più, rispetto al passato:

 ha cominciato a parlare attraverso persone comuni, simili a noi, che nulla hanno a che fare (salvo eccezioni come il podcast Indagini de Il Post, come vedremo) con figure professionali di riconosciuta competenza e autorevolezza, ma che molto hanno a che fare con noi.

Oggi le storie di crimini sono più popolari che mai, grazie anche al fatto che il genere ha saputo prendere una nuova strada:

non c'è più solo Pablo Trincia che fa l'inchiesta del decennio con il podcast Veleno, o l'americano Serial, la cui prima stagione ha indagato su un omicidio capovolgendo la sentenza finale, ma ci sono pure ragazze comuni, come l'ormai famosissima “Elisa De Marco” aka “Elisa True Crime”, che raccontano casi, anche estremi, con una dialettica semplice, costruendo un racconto accessibile a tutti, e in grado di s-colpevolizzarci dalla sensazione obliqua di star facendo qualcosa di non propriamente giusto.

 Avete presente quando schiacciate play su un video o un podcast che sapete già essere profondamente disturbante, con addosso quel velo di senso di colpa dato dall'idea che no, non dovreste interessarvi a cosa del genere?

Ecco, una come “De Marco” vi rassicura:

se ve lo racconta lei, che ha una vita per quel che ne possiamo sapere felice, che ha un aspetto rassicurante e piacevole, che non è una criminologa ma una semplice appassionata di cronaca nera, che potrebbe essere la vostra amica del cuore e che, però, non ha remora alcuna a riferire anche i dettagli più estremi, allora non potrà essere una cosa così strana avere quel desiderio di sapere.

 E le recenti ossessioni di TikTok per l'aspetto delle scene del crimine mostrano che nulla è troppo esplicito quando si tratta di soddisfare il nostro appetito per i lati più oscuri della società.

Gli psicologi evoluzionisti affermano che siamo attratti da questi racconti perché l'omicidio, lo stupro e il furto hanno svolto un ruolo significativo nella società umana sin dai tempi più antichi. È nella nostra natura essere molto in sintonia con i reati criminali e istintivamente vogliamo scoprire "chi", "cosa", "quando" e "dove" in modo da poter scoprire cosa mette in moto i criminali e come poter proteggere meglio noi stessi e i nostri cari.

Uno studio del 2010 dell'”Università dell'Illinois” a Urbana-Champaign ha rilevato che le donne tendono ad essere attratte dal true crime più degli uomini e che sono più interessate alle storie che riescono a riferire che cosa abbia motivato un assassino a compiere i suoi delitti, che contengono informazioni su come le vittime sono riuscite a fuggire e che presentano vittime femminili.

Questo si adatta all'idea evolutiva che le persone siano istintivamente attratte da storie in cui possono identificarsi con la vittima e in cui possano leggere suggerimenti e strategie per sconfiggere i "cattivi".

Spesso, quando vediamo notizie insolite al telegiornale o quando veniamo a conoscenza di un omicidio o di una strage, una delle prime cose che ci domandiamo è come sia potuto succedere?

Il desiderio della comprensione dell’universo ha sempre fatto parte del cervello umano, capire le motivazioni che muovono il mondo, per questo sono nate scienza, religione e tante altre materie che studiano diverse sfere.

Grazie al genere true crime, abbiamo la possibilità di capire, esaminando i fatti, i motivi che hanno portato un assassino o un qualsiasi altro criminale, a fare ciò che ha fatto. Senza dubbio, la maggior parte delle volte, ci consola sapere che questi individui hanno vissuto traumi o subito abusi, perché ce ne allontaniamo a livello umano, anche se corriamo il rischio di renderli vittime.

 

Ma ci sono anche altre conseguenze alle abbuffate di true crime: alcune ricerche hanno dimostrato che il consumo di notizie di cronaca nera può portare a un'eccessiva paura di diventare a nostra volta vittime e, per chi è sopravvissuto alla violenza, la sovrabbondanza di questo tipo di contenuti può diventare insopportabile.

 Da quando” Dahmer” ha debuttato un mese fa, diventando rapidamente una delle serie più popolari di Netflix, la serie è stata subissata da critiche da parte della comunità Lgbtq+ e dai familiari delle vittime, che hanno trovato traumatico assistere a un ritorno di interesse del pubblico nei confronti del serial killer cannibale.

Altri hanno ritenuto profondamente ingiusto che siano quasi sempre i malvagi, in particolare i serial, a diventare delle icone pop, mentre delle vittime, delle loro vite, dei loro sogni spezzati freghi poco o nulla.

 Ed è vero, nella maggior parte dei casi di serial killer: più o meno tutti conosciamo, tanto per fare un esempio di casa nostra, il presunto mostro di Firenze Pietro Pacciani, ma pochi di noi saprebbero dire un solo nome di una delle sue tante vittime.

Oppure, ci siamo ossessionati nel voler sapere tutto di Amanda Knox ma di Meredith Kercher ci siamo interessati assai meno.

 Sebbene la consapevolezza dei rischi e delle cose da evitare, le precauzioni da usare nella vita per auto tutelarsi, siano un aspetto positivo dei documentari di questo genere, il neuropsicologo” Jasdeep Mago Jethani” ha affermato che la sovraesposizione a crimini orribili e l'ossessione per il "perché" e il "come" è noto per causare paranoia, ansia, risposte spaventate e un sistema nervoso iperattivo.

"Ti mette in modalità lotta o fuga e la nostra salute mentale e fisica in uno stato di stress, anche se potrebbe non essere reale per noi nella situazione attuale", ha detto.

Ha aggiunto che se ti senti nervoso e ansioso o facilmente spaventato dai suoni, questo potrebbe essere un segno per te di premere "stop".

Il “true crime”, dunque, offre alle persone uno sguardo nelle menti delle persone che hanno commesso quello che lo psicologo forense Dr. “Paul G. Mattiuzzi” definisce "un tabù fondamentale e anche, forse, un impulso umano fondamentale": l'omicidio.

Questo fascino per il bene contro il male, secondo Mantell, esiste da sempre;

La dottoressa “Elizabeth Rutha”, psicologa clinica autorizzata presso l'”Advocate Illinois Masonic Medical Center” di Chicago, ha dichiarato ad “AHC Health News” che la fascinazione inizia quando siamo giovani.

Anche da bambini, siamo attratti dalla tensione tra il bene e il male, e il” true crime” rispecchia proprio quella dinamica.

Vogliamo capire cosa ha spinto queste persone a compiere questo atto estremo. Vogliamo un'idea della psicologia di un assassino, in parte per imparare a proteggere le nostre famiglie e noi stessi, ma anche perché siamo semplicemente attratti dai comportamenti aberranti e dai molti percorsi che le percezioni distorte possono prendere.

Ma oggi lo vogliamo sentire raccontare da nostri pari.

Da potenziali vittime tanto quanto lo siamo noi.

(A noi ingenue persone sembra che l’attuale “OMS” e l’”ONU” siano ormai governate da una moltitudine di assassini green, e questo crea in noi sgomento e paura! N.D.R) 

 

L’inchiesta di Bergamo.

Covid, il “report fantasma” dell’Oms

che mette a nudo le falle del sistema Italia.

Ilsole24ore.com – Sara Monaci – (18 aprile 2021) – ci dice:

Il documento ritirato dopo solo sette ore: i pm indagano sulla reticenza dell’istituto.

Covid, Oms: "Registriamo circa 4,4 milioni di nuovi contagi alla settimana"

I punti chiave.

Le accuse del report nascosto.

Terapie in tilt, medici contagiati.

Le altre patologie trascurate.

L’aumento delle violenze.

Si allarga il fronte dello scandalo internazionale sul report italiano dell’Oms, ritirato dopo solo 7 ore il 13 maggio 2020.

L’inchiesta per epidemia colposa, coordinata dalla procura di Bergamo, ha messo in luce come l’autore del documento, il ricercatore “Francesco Zambon,” potrebbe aver subito pressioni dal vicario italiano dell’organizzazione, “Ranieri Guerra”, preoccupato delle ripercussioni politiche.

Ora anche secondo la Pm “Maria Cristina Rot”a, l’”Oms” avrebbe accolto le indagini con «un muro di gomma», nel tentativo probabilmente di coprire presunte negligenze dello Stato italiano.

Le accuse del report nascosto.

Cosa metteva in luce di tanto scabroso il rapporto dedicato all’Italia? C’era sì l’assenza del piano pandemico, fermo di fatto al 2006.

Ma c’era anche la critica dei sistemi sanitari e del modello regionale;

l’assenza di terapie intensive adeguate;

l’aumento della gravità delle altre malattie a causa del collasso del sistema sanitario;

il contagio negli ospedali e nelle Rsa (con l’aumento della mortalità soprattutto in Lombardia);

l’assenza di adeguate protezioni come le mascherine.

 E persino l’aumento della violenza familiare.

Terapie in tilt, medici contagiati.

Un quadro impietoso, riassumibile in qualche passaggio significativo.

«Nel 2006, dopo la sindrome Sars, l’Italia approvò un piano nazionale pandemico, confermato nel 2017, con le linee guida per le regioni.

Più recentemente il virus H1N1/09 nel 2009 e l’Ebola nel 2014 hanno posto l’attenzione sui rischi di tale fenomeno... il nuovo piano tuttavia rimase più teorico che pratico, con pochi investimenti».

 L’epidemia, viene ricordato, ha avuto in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto il suo epicentro.

Per quanto riguarda il tracciamento, Veneto e Emilia Romagna hanno potuto fare affidamento sulla loro rete sanitaria, mentre altre regioni come la Lombardia «hanno dovuto combattere per dare vita al tracciamento».

Il Sud, viene precisato, ha solo avuto più tempo per prepararsi.

Dal primo caso di Codogno si comprese rapidamente che il vero problema erano le terapie intensive e «dopo pochi giorni il primo ospedale coinvolto non aveva già più letti ed è costretto a fronteggiare il trasferimento dei pazienti in altri ospedali».

 Prosegue:

«Il 2 marzo sono ricoverati 2.036 pazienti, con 127 persone in terapia intensiva in Lombardia, 16 in Emilia Romagna e 14 in Veneto... I posti letto disponibili nelle regioni del Nord oscillano tra i 6 e i 12 ogni 100mila abitanti, mentre in Europa la media è di 12 ogni 100mila.

C’erano in tutto 5.293 posti in tutta Italia durante il picco del 3 aprile, solo un mese e mezzo dopo 4.068 erano già occupati (con 29.010 ricoverati)».

Tuttavia durante la fase di picco i posti in terapia intensiva sono stati aumentati rapidamente a 9.284. I

l problema si è acuito con «gli operatori della salute diventati loro stessi un grande rischio di infezione.

Si calcola che siano stati la causa fino al 10% dei casi di Covid.

Tra l’11 marzo e il 30 aprile sono morti 153 dottori».

A causare il problema negli ospedali è stata prima di tutto «la mancanza di adeguate protezioni, fatto che ha esposto gli operatori del sistema sanitario ad eccessivi e evitabili livelli di rischio.

 Gli ospedali non avevano prodotti di protezione come guanti, mascherine, respiratori, occhiali, visiere, camici e grembiuli».

Ancora peggio nelle Rsa, dove «il 40,2% dei morti è associato al Covid», con un aumento «in Lombardia fino al 6,7%».

Le altre patologie trascurate.

Nel periodo del Covid sono diminuiti i ricoveri per altre malattie, e questo «suggerisce che un aumento significativo della mortalità può non essere spiegato del tutto con il Covid».

Sostanzialmente: sono state trascurate altre patologie pericolose.

 Si ricorda che il ministro alla Salute ha dato «specifiche raccomandazioni per i malati di cancro», tuttavia «l’associazione Codice Viola ha rilevato che il 37% delle prime visite sono state cancellate, il 40% delle visite di controllo sono state spostate e due terzi delle operazioni sono state rimandate».

L’aumento delle violenze.

Il sistema di isolamento e quarantene (in Lombardia fino a 28 giorni) ha causato a sua volta problemi.

Ovviamente in famiglia il contagio è aumentato.

Inoltre si è visto «l’attività fisica ridotta e il consumo di cibo spazzatura aumentato;

problemi di relazione, depressione e aumento della violenza domestica».

A fallire, viene sottolineato, è stato soprattutto il sistema regionale e i continui contenziosi fra livello locale e nazionale, mentre occorrerebbe una chiara catena di comando durante le emergenze.

 

 

 

Intelligenza Artificiale.

Meer.com – (26 APRILE 2023) - TURI GRASSO – ci dice:

 

Strumento di sviluppo e di pace o pericolo per l’umanità?

Il primo chatbot, un piccolo software con il quale veniva simulata per la prima volta una conversazione con una voce che sembrava umana, fu sviluppato nel 1966 e venne chiamato Elisa.

Da quel momento la crescita dell’intelligenza artificiale avvenne in modo sempre più veloce.

Si svilupparono algoritmi sempre più sofisticati, dando via a quella che oggi definiamo Intelligenza Artificiale (IA) o Artificial intelligence (AI).

 

Le chatbot le utilizziamo ormai da anni, spesso senza rendercene conto, come assistenti domestici, come “Google Home” e” Amazon Alexa”, per attivare impianti ed elettrodomestici, li utilizziamo come navigatori sulle auto o nei telefoni cellulari, ecc.

Con livelli più avanzati si sono ottenuti sistemi di guida aerea con pilota automatico e importanti esperimenti sulle automobili senza guidatore.

Questo articolo è desunto da una mia nota che ho avuto l’onore di presentare al Simposio su "Intelligenza artificiale.

Una sfida per l’umanità" tenutosi a Roma il 30 marzo 2023.

 

L’avvento delle ChatGPT.

Di recente è stato realizzato un sistema di intelligenza artificiale che consente di scrivere articoli, email e poesie, creare post social, correggere errori matematici, ecc.

Macchine che tentano di imitare il funzionamento del cervello umano attraverso reti neurali artificiali (artificial neural networks), che curano l’apprendimento immagazzinando una grandissima quantità di dati disponibili sul web.

Tale nuovo sistema, sviluppato dalla OpenAI, un’organizzazione non profit sulla ricerca dell’IA e sulla sua promozione della GPT, è stato chiamato Chat Generative Pre-trained Transformer (GPT) o semplicemente ChatGPT.

 

Dalle macchine per apprendimento automatico (machine learning) si è passato alle macchine per apprendimento profondo (deep learning), di cui l’ultima generazione è rappresentata dalle ChatGPT4.

Con quest’ultimo livello d’intelligenza artificiale, attraverso algoritmi di ultima generazione, la macchina ha la capacità di arricchirsi sempre più automaticamente di dati dal web (testi, immagini e suoni) senza l’aiuto dell’uomo per la loro ricerca e il loro immagazzinamento e di elaborali, riuscendo a rispondere con nuovi potenti algoritmi.

È un software che sa rispondere alle domande e conversare, sa rispondere a test di medicina o per avvocati, commettendo molti meno errori dell’uomo.

Una scoperta che preoccupa alcuni.

Una crescente preoccupazione invade l’umanità intera per la velocità con cui si afferma sempre più l’intelligenza artificiale (IA), in particolare per l’alto livello raggiunto da ChatGPT4.

 È il nostro stesso uso continuo che ne facciamo inconsciamente da anni che sta partecipando ad accelerare lo sviluppo di tale intelligenza, poiché arricchisce sempre più i potenti data base dove sono allocati i miliardi di dati già esistenti e utilizzati dall’IA.

Ormai ci sembra un fatto normale parlare al nostro cellulare e vedere che le nostre parole vengono trasformate in frasi, corrette grammaticalmente, e tradotte nella lingua che desideriamo, compreso arabo o cinese.

Parlare al nostro televisore per farci selezionare il film o la musica di nostro gradimento.

Quando usiamo i nostri cellulari per scrivere un testo passa ormai quasi inosservato che le parole delle nostre frasi spesso ci vengono anticipate automaticamente, che una ricerca su internet è sempre più veloce e ci suggerisce una quantità di notizie sempre maggiore.

E non si tratta forse di intelligenza artificiale a cui siamo ormai assoggettati?

A conferma di tale assuefazione è la nostra poca attenzione alle conseguenze che si stanno registrando in tutto il mondo come causa dell’IA.

Le rassicurazioni di Bill Gates.

Bill Gates il 21 marzo 2023 ha pubblicato su un suo blog un pensiero sull’IA, mettendo in risalto soprattutto i lati positivi e il fatto che l’IA diventerà un vero supporto dell’uomo e l’aiuterà nelle sue attività lavorative.

 Viene fatto anche un breve cenno sui lavoratori che dovranno comunque modificare le loro attività quando esse vengono sostituite dall’IA.

Sono descritti anche i grandi benefici che ne avrebbero i popoli, soprattutto quelli più poveri, nell’assistenza sanitaria e nell’istruzione.

 L’articolo nel suo complesso è fortemente ottimista e mette in risalto che l’IA migliorerà la vita degli umani.

In definitiva oggi non solo Bill Gates, ma tutta l’umanità sembra plaudire per gli alti progressi raggiunti e ai quali si è ormai adattata, anche perché la crescita dell’IA e il relativo impatto sociale sono risultati ancora sostenibili.

La preoccupazione è però di recente tornata alla ribalta, soprattutto perché non si conoscono ancora i veri limiti che potrà realmente raggiungere l’IA in questa sua crescita vertiginosa, anche perché spesso si legge che essa potrà sostituire la mente umana con capacità operative di gran lunga superiori.

In un commento pubblicato sul citato blog di Bill Gates da parte di un lettore è scritto:

Ho tanta paura di ciò che gli umani possono fare con tale tecnologia e di ciò che una tecnologia pensata dagli umani può fare da sola.

 Ho visto dittatori, radicali religiosi, grandi aziende inquinanti, "conquistatori" dello spazio, folle, cartelli della droga e molti altri in una posizione di potere, e credetemi useranno l'IA per i propri scopi malvagi/umani.

Spero solo di non riuscire a vedere la fine dell'umanità a causa dell'intelligenza artificiale.

Un timore sicuramente condivisibile, pertanto, è normale chiederci se tale “progresso”, al di là dei vantati benefici che ne derivano, sarà veramente un bene o una vera fonte di preoccupazione per l’umanità, se, ad esempio, potrà risolvere i problemi occupazionali legati agli aspetti alimentari, alle guerre, alle risorse energetiche, agli sfruttamenti umani e dei beni materiali naturali esistenti, alla sicurezza internazionale o se, invece, potrebbe incrementare tali problemi diventando un boomerang.

La dinamica delle innovazioni tecnologiche.

Nei decenni scorsi i cambiamenti, ancorché rapidi, sono stati accettati dall’uomo con processi evolutivi anch’essi veloci che, quasi di pari passo, seguivano la velocità dell’evoluzione tecnologica.

 È evidente che questa tecnologia potrà essere utilizzata per una miriade di attività che potrebbero venire in aiuto dell’uomo più di quanto oggi già accade.

Ma allora perché tanta preoccupazione?

Una forte attenzione è stata di recente posta alle conseguenze che potrebbero derivare da queste ultime scoperte e soprattutto dall’ancora poco chiaro limite massimo che esse potrebbero raggiungere, anche perché spesso si sente parlare della realizzazione di un’IA che dovrebbe simulare perfettamente la mente umana, superando le sue capacità per velocità delle risposte e per la vastità dei dati non contenibili nella memoria umana.

La ricerca non si deve trasformare in una sfida a Dio.

La ricerca rivolta verso l’infinito è sempre stata la massima e legittima ambizione dell’uomo.

Quasi un modo per misurarsi con chi tutto ciò ha creato.

È come una sete insaziabile che ha l’uomo di potere conoscere ciò che sta oltre, infatti, il desiderio di superare ciò che già conosce è stata la molla più importante dell’evoluzione tecnologica.

Ciò a mio avviso è il frutto della naturale aspirazione dell’uomo, sia sotto l’aspetto fisico che spirituale, perché ciò contribuisce nell’uomo alla sua crescita interiore.

Ma l’aspirazione è da ritenere legittima fin quando si è nella consapevolezza dell’impossibilità di potere costruire un robot con caratteristiche generali simili o superiori a quelle dell’uomo.

Per un credente di qualunque religione una tale aspirazione significherebbe l’arroganza di volere superare ciò che il Creatore ha realizzato.

Un’arroganza che potrebbe fare perdere temporaneamente all’uomo i confini della realtà accessibile, creandogli delle pericolose illusioni e ponendolo nelle condizioni di volere attuare una vera sfida a Dio.

 Nel cristianesimo l’angelo bellissimo che con ambizione e arroganza sfidò Dio venne cacciato dall’Eden e venne chiamato Satana.

I pericoli potenziali dell’esponenziale crescita dell’IA.

Poiché vengono elogiati spesso solo gli aspetti positivi dell’IA, di seguito metterò in evidenza alcuni potenziali aspetti negativi per l’umanità che potrebbero derivarne soprattutto da un suo indiscriminato uso.

Perdita di posti di lavoro e aumento delle diseguaglianze.

La prima e forse la più importante conseguenza potrebbe essere quella della creazione di macchine sempre più sofisticate che sostituiranno sempre più l’uomo nell’espletamento delle attività lavorative, creandogli naturali disagi e preoccupazioni.

 Infatti, è ben noto che negli ultimi anni la vertiginosa crescita demografica e la sostituzione di attività lavorative umane con macchine intelligenti hanno portato ad un notevole incremento della disoccupazione.

Le prime notizie sembravano mitigare tale preoccupazione, perché con l’avvento dell’IA si prospettava di convertire alcune attuali attività umane con attività umane di livello superiore.

 La riconversione, purtroppo, è avvenuta solo in minima parte interessando principalmente persone che avevano già cultura e predisposizione per l’accesso ad attività di livello scientifico superiore.

 Da evidenziare poi che la velocità delle nuove scoperte in tale materia non ha consentito all’uomo di evolversi di pari passo e tale divario tenderà sempre più ad aumentare, causando un incremento delle diseguaglianze che si manifesterà in maniera differente nei diversi paesi del mondo, soprattutto in relazione al loro attuale stato sociale, economico e culturale.

Incremento delle migrazioni.

La perdita di posti di lavoro con IA, che sta già avvenendo nei paesi più evoluti, nei paesi con un alto tasso di povertà e analfabetismo sarà sicuramente devastante.

E poiché la tendenza internazionale è di occupare sempre più potere economico in detti paesi, spesso ricchi di materie prime molto appetibili, è verosimile ipotizzare che in detti paesi il lavoratore tradizionale correrà il rischio di ridurre le già minime possibilità che ha di accesso al lavoro.

In tal modo la sua figura si ridurrebbe a quella di un essere vivente la cui presenza sarà sempre meno necessaria e forse anche meno opportuna in quanto tenderebbe a destabilizzare il potere dei sistemi forti locali e internazionali.

 La povertà potrà così diventare anche una causa scatenante di tensioni interne, di sommosse di difficile controllo e talvolta di vere guerre civili.

Non bisogna sottovalutare il fatto che questi popoli poveri, con le nuove generazioni che vivono in condizioni limite per la loro sopravvivenza, hanno una forte crescita demografica e sono sempre più indignati di quel che accade attorno a loro.

 Condizioni queste che non sono certamente foriere di stabilità e di pace, ma quasi certamente cause principali per incrementare l’emigrazione.

L’incrudimento mentale.

La ricerca procede speditamente e in maniera automatica da parte dell’IA, che a sua volta, con l’alto livello tecnologico raggiunto, potenzierà sempre più e automaticamente la velocità di ricerca e di memorizzazione di nuovi dati, formandosi quasi un circuito di autoesaltazione del fenomeno, una sorta di quella che in fisica si chiama “risonanza”:

maggiori dati si accumulano automaticamente, maggiore diventa la capacità operativa dell’IA per la ricerca, la raccolta e l’elaborazione di nuovi dati.

Di conseguenza sarà sempre meno necessario stimolare la mente umana nell’attività di ricerca, in quanto la stessa ricerca sarebbe in parte realizzabile direttamente dall’IA.

Ciò porterà sempre più ad una sorta di incrudimento delle menti umane, creandosi nel tempo un vero processo di involuzione e la forte riduzione della capacità produttiva umana.

Tale perdita non sarà facilmente recuperata con l’IA, qualunque sarà la sua alta performance, perché essa non potrà mai tenere conto di aspetti congeniti delle menti umane, né di aspetti politico sociali dei singoli uomini la cui variabilità è elevatissima.

La gestione della sicurezza informatica.

La cybersecurity, cioè la capacità di tutela e controllo dei sistemi informatici, rappresenterà uno dei grandi problemi legati anche all’IA.

 La sicurezza informatica sarà il solo strumento in grado di limitare i rischi, anche se involontari, di una diffusione anomala delle azioni dell’IA.

Azioni che potrebbero portare, come caso limite, all’auto distruzione dell’umanità o alla distruzione programmata di parte di essa.

Non è da escludere che siamo così affascinati dai benefici apportati e apportabili dall’IA da evidenziare solo o principalmente gli aspetti positivi derivanti dalla sua attuazione e trascurare la sicurezza e gli enormi pericoli che ne possono derivare dal suo eventuale uso improprio.

 Una volta si diceva “chi possiede le chiavi del web ha le chiavi del mondo” e tale previsione si è già messa in atto quando, ad esempio, per brevi periodi alcune principali reti informatiche sono state bloccate per un guasto o volutamente.

 È evidente che in tali condizioni si può fermare il mondo intero o una grande parte di esso.

Estendendo tale concetto è facile ipotizzare cosa potrebbe accadere se il massimo livello di IA fosse lasciato in mano ad una sola persona o ad un solo paese.

La cosiddetta pace armata si amplierebbe, ma in tal caso chi avrà il coltello dalla parte del manico sarà sempre chi per primo raggiungerà gli alti livelli dell’IA, perché ne avrà il pieno controllo.

Purtroppo, la storia insegna che la bramosia del potere può fare commettere azioni riprovevoli e forse quasi inimmaginabili.

Sicurezza significa anche maggiori probabilità di pace.

Pertanto, ci siamo chiesti, ad esempio, se l’IA saprà mediare problemi di pace o saprà fare le scelte giuste nel momento in cui dalle sue decisioni potrebbe derivare la vita o la morte di centinaia di persone?

 Le scelte certamente non seguiranno un’etica, né una vera coscienza, ma procederanno per raggiungere obiettivi programmati da quelli che hanno effettuato le metodologie di arricchimento dei dati, della loro selezione e della loro comparazione in caso di scelte.

Potenziali freni all’espansione indiscriminata dell’IA.

La nascita delle ChatGPT ha fatto immediatamente pensare alla possibilità di creare un robot con capacità superiori a quelle umane.

Sembra però che ciò non sia realizzabile, tranne che il robot non abbia o comunque possa acquisire alcune specifiche capacità umane quali una coscienza, un’empatia, un’intuizione, una capacità introspettiva, un codice etico, ecc. come di seguito è brevemente richiamato.

Robot e coscienza.

Come potrà mai un robot avere una sua coscienza, quella stessa coscienza che dà all’uomo la consapevolezza di sé stesso e dei rapporti col mondo esterno in cui vive, di autocontrollo e di autoregolazione, che gli permette di mediare tra i tanti stimoli e le tante sensazioni che riceve dal mondo in cui vive e che sono variabili per ogni uomo?

 Per avere una coscienza occorre che il robot possa ricevere e riconoscere delle sensazioni e delle emozioni attraverso la percezione visiva, uditiva e olfattiva e possa avere la capacità di elaborarli sapendo individuare le relazioni che esistono tra l’ambiente circostante e ogni singolo individuo.

Per ottenere ciò non sembra sia sufficiente avere la capacità di gestire la miriade di informazioni disponibili, che sono di gran lunga superiori a quelle che può contenere la mente umana, ma occorrerebbe un algoritmo, che simulando l’uomo, riuscisse a fare distinguere il bene dal male, agendo come per l’uomo anche attraverso quel tipo di spiritualità che guida ciascun uomo in relazione agli aspetti materiali della vita.

 L’IA potrà mai avere questo tipo di coscienza, tipica della capacità umana, che attraverso la formazione della coscienza morale possa guidare le sue azioni verso aspetti etici?

Robot e empatia.

Se l’uomo ha bisogno di aiuto potrà l’IA intervenire positivamente?

Potrà l’IA avere un’empatia, cioè la capacità di capire, senza alcuna specifica richiesta, e rispettare l’uomo e di relazionarsi con lui in uno spirito di collaborazione e di reciproco rispetto?

Il robot, per comprendere l’uomo in caso di un suo bisogno, dovrebbe avere la capacità di mettersi nei suoi panni, ma per fare ciò dovrebbe innanzitutto avere la capacità di provare proprie emozioni, ciò gli consentirebbe di riconoscere anche le emozioni degli altri e in particolare dell’uomo.

 Tra gli umani, ad esempio, l’empatia si manifesta anche attraverso un semplice sguardo che può trasmettere una forte emozione o un particolare stato d’animo.

 D’altra parte basta risalire all’origine della parola per comprendere se ciò è ipotizzabile per un robot.

 La parola deriva dal greco en-pathos che, tradotto letteralmente, significa “sentire dentro”.

Non sembra ancora ipotizzabile che un robot possa sentire un così intenso sentimento da riuscire a provare un’emozione che è poi diversa per ogni uomo.

Robot e intuizione.

L’uomo è dotato della capacità di intuire e l’intuizione spesso viene repressa dalla razionalità, ma l’intuito non è fondato su ragionamenti, poiché proviene principalmente dal subconscio, dunque utilizza esperienze personali che non possono essere inserite nel data base generale che utilizza l’IA che raccoglie dati provenienti dal mondo del web.

È ancora poco chiara la conoscenza di come funzione l’intuizione nell’uomo, sappiamo che la conoscenza razionale è impostata sulle informazioni che raccogliamo e sul modo in cui le elaboriamo, ma non sappiamo molto sul funzionamento della conoscenza intuitiva, oltre quali siano le parti del cervello in cui essa viene elaborata.

 Inoltre, non è possibile acquisire dati certi sulle origini dell’intuizione utilizzando quelli provenienti da un dato individuo per poi inserirli nella raccolta generale dei dati utilizzabili dall’IA per estenderli poi ad altri individui con caratteristiche ben differenti.

Robot e introspezione.

Perché avvenga un processo di introspezione, cioè di osservazione di fatti della propria coscienza, l’individuo deve allontanarsi dal pensiero razionale, da quello analitico, per potere fare delle valutazioni senza alcun condizionamento esterno.

 

Ciò è possibile con la meditazione, attraverso la quale la mente umana rilassata riesce a valutare, senza condizionamenti, aspetti sociali difficilmente valutabili nelle condizioni normali della vita quotidiana.

 Ma sappiamo che gli elementi essenziali per una corretta introspezione sono: una buona capacità di riflettere su sé stessi, riuscire a provare empatia e possedere una buona intelligenza emotiva con cui si riconoscono, utilizzano e si comprendono le proprie emozioni e quelle degli altri.

Mancanza di un codice etico.

Se l’IA mira a sostituire l’uomo con delle macchine potranno mai dette macchine rispettare un codice etico nei loro rapporti con gli uomini?

In particolare, come agiranno in materia di sicurezza nelle attività che dovranno svolgere, ben sapendo che la poca sicurezza tra le macchine nel loro operare potrebbe avere immediate ripercussioni sull’uomo e sulla sua integrità fisica?

Si dirà: “è andato in tilt un circuito, pertanto la macchina ha creato un disastro ancor prima che venisse automaticamente o con interventi umani resa innocua”.

E se il tilt interessa le decisioni sull’attivazione di un armamento militare o nucleare a cosa servirebbero le eventuali scuse e/o giustificazioni postume?

Da alcune notizie sembra che la macchina gestita dall’IA abbia in definitiva meno possibilità di sbagliare di un essere umano, ma l’essere umano in situazioni strategiche si consulta con altri uomini che si esprimeranno poi secondo un’etica ed una coscienza.

Cosa farebbero i robot in tali occasioni?

Potrebbero fare un veloce consulto?

Ma se sono tutti frutto dell’elaborazione degli stessi dati gestiti con gli stessi algoritmi le risposte non potrebbero essere divergenti, quindi sarebbe superfluo il consulto.

In tali casi strategici siamo certi che la scelta algoritmica sarebbe quella più corretta o comunque meno pericolosa?

In generale, se l’IA si dovrà relazionare con degli uomini sarà in grado di affrontarli riconoscendone il loro valore, la loro dignità, la loro funzione umana?

Potrebbe avere quell’autonomia e capacità per potere assumere decisioni per affrontare situazioni di bisogno o di disagio nei confronti dell’umano, avendo essa stessa di fatto sostituito gli umani?

 Forse potremmo riscontrare un aspetto positivo determinato dal fatto che l’IA potrà affrontare il suo lavoro senza alcuna discriminazione di etnia, di nazionalità, di religione, di sesso, di condizione sociale, di ideologia politica o comunque di qualsiasi altra differenza o caratteristica personale.

Sempre che l’algoritmo da cui dipende la sua attività non venga manomesso o indirizzato verso altri fini da parte di chi gestisce l’algoritmo o di chi dovrebbe gestire la sicurezza.

Limiti dell’IA che al momento sembrano irraggiungibili.

Le capacità brevemente esposte non sembrano al momento acquisibili da parte dell’IA.

Il limite da raggiungere dovrebbe essere quello di una macchina perfetta, con algoritmi in grado di valutare esperienze derivanti da aspetti sociali, da aspetti politici e da tradizioni maturate da ogni essere umano.

Se ciò fosse realmente possibile si aprirebbe un baratro per l’umanità, perché avremmo una macchina capace di provare emozioni e reagire a stimoli che tenderebbero ad annullare la stessa necessità dell’intervento umano e a limite l’uomo stesso.

E per il rispetto dei diritti umani, sarà l’IA a decidere ciò che è bene o ciò che è male e in funzione a cosa?

 In definitiva, sarà dunque l’IA a decidere ciò che è morale, ben sapendo che non c’è una morale universale?

L’IA, non potendo acquisire le singole esperienze di tutti gli uomini, penserà sempre e solo in funzione dei dati in suo possesso e degli input ricevuti e derivanti da precisi interessi economici e politici di chi la gestisce, si tenderebbe dunque ad annullare qualunque forma di umanità, facendo emergere sempre più l’interesse economico e la sete di potere e di conseguenza le diseguaglianze.

Sembra comunque che non ci sia ancora alcuna prospettiva concreta per dotare l’IA di tali capacità e soprattutto che possa essere creato l’algoritmo della genialità, una dote che resta strettamente legata ad alcuni uomini e che non è trasferibile da un uomo all’altro.

Mi sono anche chiesto se esite un limite a questo processo tecnologico, cioè se è stato pensato un limite o se si pensa che il limite vero sia la clonazione umana attraverso una macchina con IA.

Intervento in Italia del Garante per la protezione dei dati personali.

Con provvedimento n. 112 del 30 marzo 2023, in Italia, il Garante per la protezione dei dati personali ha bloccato l’uso di ChatGPT4 principalmente perché «non viene fornita alcuna informativa agli utenti, né agli interessati i cui dati sono stati raccolti da OpenAI, L.L.C. e trattati tramite il servizio di ChatGPT» e perché non c’è alcun controllo sull’accesso ai dati da parte dei minori, ecc.

Questo provvedimento è stato pesantemente criticato, soprattutto da quanto lo hanno valutato come un impedimento all’evolversi delle nuove tecnologie.

La sospensione dell’uso di Chat GPT4 per la sua complessità e per non appesantire il presente articolo, si ritiene opportuno trattarla successivamente.

Considerazioni finali.

L’IA è frutto dell’ingegno dell’uomo e può diventare un importantissimo e indispensabile strumento portatore di bene e di mezzo opportuno per schivare eventi disastrosi o per limitarne i danni.

Non possiamo sottovalutare che tanti disastri, dovuti, ad esempio, a cedimento strutturale di dighe e di viadotti potevano essere evitati e potevano essere salvate tante vite umane se solo ci fosse stata la possibilità di un controllo adeguatamente monitorato e una adeguata e veloce interpretazione dei dati nei tempi utili precedenti i disastri; attività e controlli oggi in massima parte gestibili attraverso l’IA.

Il presidente di Microsoft, “Brad Smith,” nell’incontro avuto in Vaticano con Papa Francesco il 13 febbraio 2019 disse in relazione all’IA, come pubblicato su RAI NEWS del 13 febbraio 2019:

Nelle mani sbagliate ogni strumento può diventare un’arma se la potenza organizzativa dell’umanità non riesce a tenere il passo con la tecnologia stessa.

Per garantire che le persone abbiano fiducia nella tecnologia, dobbiamo pensare oltre la tecnologia stessa;

abbiamo bisogno di forti principi etici, di nuove leggi evolute, di una formazione di persone con nuove competenze e persino riforme del mercato del lavoro.

Se vogliamo sfruttare al massimo la potente e promettente tecnologia dell'intelligenza artificiale, tutto ciò deve venire insieme.

Ciò significa che i benefici si potranno ottenere solo se le innovazioni sociali avverranno contemporaneamente all’evolversi dell’IA, cosa non certamente facile data la crescita esponenziale delle capacità dell’IA rispetto l’adattamento dell’uomo nei suoi processi evolutivi.

 Il pericolo potrebbe diventare reale se l’individuo, preso da un delirio di onnipotenza, volesse tentare di sostituirsi a Dio.

 E, a tale scopo, non è certo casuale se il 10 gennaio 2023 in Vaticano, tra i rappresentanti delle tre religioni abramitiche, è stata sottoscritta la “Call for AI Ethics” con cui vengono assunti i seguenti impegni per uno sviluppo etico dell’IA:

Trasparenza: in linea di principio, i sistemi di IA devono essere chiari e spiegabili.

Inclusione: le esigenze di tutti gli esseri umani devono essere prese in considerazione affinché tutti possano trarre beneficio e a tutti gli individui possano essere offerte le migliori condizioni possibili per esprimersi in modo costruttivo.

Responsabilità: chi progetta e utilizza l'IA deve farlo in modo responsabile e con trasparenza.

Imparzialità: gli strumenti di IA non dovrebbero essere sviluppati con pregiudizi, ma dovrebbero sforzarsi di essere equi, onesti e di proteggere la dignità umana.

Affidabilità: occorre fare ogni sforzo per garantire che i sistemi di IA funzionino in modo affidabile.

Sicurezza e privacy: I sistemi di IA devono garantire la sicurezza e rispettare la privacy degli utenti.

Si tratta dunque di un documento importantissimo, dove emergono tutte le nostre paure, idoneo per promuovere una «algoretica», ovvero uno sviluppo etico dell’intelligenza artificiale, attraverso la creazione di un adeguato algoritmo. Infatti,

le implicazioni sociali ed etiche delle AI e degli algoritmi rendono necessaria tanto un algor-etica quanto una governance di queste invisibili strutture che regolano sempre più il nostro mondo per evitare forme disumane di quella che potremmo definire una algo-crazia.

Resta, comunque, il dubbio se ci sarà mai la possibilità di mettere in atto questo programma mediando le esigenze tecnologiche e tenendo conto che l’uomo ha anche una parte spirituale che non potrà mai essere realizzata con alcun particolare algoritmo.

La sfida dell’IA è ormai ad un livello molto avanzato dal quale non si può più tornare indietro.

Resta da chiedersi che ne sarà della coscienza umana, se sarà in grado di controllare o comunque di mitigare lo sviluppo dell’IA perché tale sviluppo non sfugga al controllo umano e il progresso tecnologico non si trasformi in una vera sfida che l’uomo lancia a Dio.

 

 

Nel 2022 la Cina ha superato

gli Stati Uniti nella ricerca

scientifica di alta qualità.

Unz.com - JOHN V. WALSH – (25 SETTEMBRE 2023) – ci dice:

 

La principale rivista scientifica internazionale, “Nature”, valuta la Cina al primo posto.

“Per la prima volta, la Cina ha superato gli Stati Uniti come paese o territorio numero uno in classifica per i contributi agli articoli di ricerca pubblicati nell’indice Nature delle riviste di scienze naturali di alta qualità”, ha riferito la rivista Nature sui risultati per l’anno 2022.

Inutile dire che tale valutazione ha profonde implicazioni di fronte agli sforzi americani volti a soffocare lo sviluppo scientifico e tecnico cinese e a “separare” la Cina dalla scienza americana.

La competizione sui microchip è ora sotto i riflettori, ma si tratta solo di una scaramuccia in una competizione più ampia.

Nel lungo termine, i risultati ottenuti dalla scienza cinese e le fondamenta su cui è costruita determineranno il comportamento della Cina.

L'indice della “Nature”.

La rivista “Nature”, fondata nel 1869 e con sede a Londra, è considerata da molti la principale rivista multidisciplinare di ricerca scientifica a livello mondiale ed è una delle più lette, più citate e più rispettate.

“Nature” e “Science”, la rivista dell'AAAS (American Association of the Advancement of Science), sono probabilmente le due riviste scientifiche multidisciplinari più prestigiose al mondo.

In un recente supplemento ai suoi numeri settimanali, “Nature” ha riportato in dettaglio la prima posizione della Cina per il 2022.

La valutazione annuale della posizione di un paese nel campo delle scienze naturali da parte della rivista si basa su tutte le pubblicazioni apparse in 82 delle più importanti riviste scientifiche sottoposte a revisione paritaria nei campi delle scienze biologiche, della chimica, delle scienze fisiche e delle scienze della terra e dell'ambiente.

 La scelta molto selettiva delle riviste di altissima qualità effettuata da un gruppo di eminenti scienziati è progettata per dare una misura della quantità di ricerca di alta qualità.

 La valutazione non è semplicemente una misura di quantità.

 Secondo la National Science Foundation statunitense, la Cina ha superato gli Stati Uniti grazie a un semplice parametro, ovvero il numero totale di pubblicazioni scientifiche nel 2017.

Utilizzando tutti gli articoli che compaiono in queste 82 riviste ogni anno solare, Nature calcola la sua metrica distintiva chiamata “Condivisione”.

Il contributo di un paese o di un’istituzione a tutti questi articoli è la “ Condivisione ”. Il database aperto contenente tutte le informazioni utilizzate in questo processo è chiamato “Nature Index” .

In genere, almeno due revisori paritari e un editore decidono ogni anno il destino di ciascuna delle decine di migliaia di articoli presenti nel “Nature Index”.

In questo modo, un vero e proprio esercito internazionale dei migliori scienziati emette giudizi che contribuiscono alla metrica Share.

Consapevolmente, giudicano la qualità di ogni contributo esaminato per la pubblicazione, ma la somma dei loro giudizi è alla base della metrica “Condividi”.

Si tratta di una metrica basata non sulle citazioni ma sulle accettazioni risultanti da “peer review” molto esigenti.

Si tratta di un'autovalutazione internazionale da parte degli stessi scienziati per determinare la qualità e la quantità complessiva di ciascuna nazione e istituzione.

La crescita fulminea della Cina nel campo delle scienze naturali.

Quali sono le quote per ciascuna nazione nelle scienze naturali per l'anno solare 2022 ?

Cina: 19.373

Stati Uniti: 17.610

Questo risultato è rafforzato da un’altra misura dell’alta qualità scientifica, ovvero il contributo agli articoli che rientrano nell’1% delle pubblicazioni più citate.

Anche in questo caso la Cina ha superato gli Stati Uniti nel 2022 secondo l’Istituto nazionale di scienza e tecnologia giapponese.

La Cina è cresciuta con una rapidità mozzafiato.

I primi rating azionari risalgono al 2016, e lì la classifica di Stati Uniti e Cina si è notevolmente invertita, con la quota della Cina pari solo al 37% di quella degli Stati Uniti.

Per il 2016 la Quota è stata:

Stati Uniti: 20.767

Cina: 7.676

Ma c'è di più nella storia.

Dal 2021 al 2022, la quota della Cina corretta per il totale globale complessivo è cresciuta del 21% mentre quella degli Stati Uniti è diminuita del 7%!

Questo modello di declino degli Stati Uniti e aumento della Cina si è mantenuto ogni anno da quando è stato osservato per la prima volta nel 2016.

A questo punto vale la pena notare che le 82 riviste del Nature Index sono pubblicate in Occidente!

 Considerato questo fatto, è a dir poco improbabile che un pregiudizio pro-Cina sia all’opera nei calcoli della quota.

Infine, la scienza cinese è spesso stereotipata come imitativa e poco originale.

 Tuttavia, le riviste elencate nel “Nature Index” si sforzano di pubblicare ricerche originali e innovative.

L'elevata posizione della Cina nella classifica azionaria non è coerente con lo stereotipo.

Questa conclusione è rafforzata da uno studio citato nel supplemento Nature che contava i riferimenti di un articolo a riviste di altri campi.

Questo conteggio del lavoro che attraversa i confini disciplinari è considerato un indice di creatività.

Si è scoperto che gli articoli con almeno un coautore cinese contengono più riferimenti di questo tipo che abbracciano discipline rispetto ad altri articoli.

La situazione delle università cinesi.

Uno “Share rating” è stato calcolato anche da “Nature Index” per 500 università in tutto il mondo nel 2022.

Delle prime dieci , 7 erano cinesi e 3 americane.

 Sono:

Università di Harvard.

Università dell'Accademia Cinese delle Scienze.

Università della Scienza e della Tecnologia della Cina.

Università di Nanchino.

Università di Stanford.

Università di Pechino.

Università di Tsinghua.

Istituto di Tecnologia del Massachussetts.

Università di Zhejiang.

Università Sun Yat-sen.

Dei primi 20, 11 erano cinesi; 4 erano americani.

La quota degli 11 cinesi è aumentata dal 2021;

 gli altri avevano tutti rifiutato.

Le università cinesi nel 2019 hanno prodotto 49.498 dottorati di ricerca STEM rispetto ai 33.759 degli Stati Uniti.

Si prevede che entro il 2025 la Cina produrrà 77.179 dottorati di ricerca in ambito STEM, quasi il doppio rispetto ai 39.959 degli Stati Uniti.

Questi dottorati di ricerca costituiscono il capitale umano da cui dipende uno sforzo scientifico sostenibile e in crescita.

 A sua volta, la capacità di formare dottorandi di alta qualità dipende da un sistema educativo che sviluppi gli studenti per l'Università.

 E anche qui la Cina non delude.

Nel test triennale condotto dall'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo) in 79 paesi e coinvolgendo 600.000 quindicenni, gli studenti cinesi "hanno superato di gran lunga i coetanei di tutti gli altri paesi in un sondaggio sulle capacità di lettura, matematica e scienze", come scrive Forbes, segnalato.

 Ciò ha portato Forbes a intitolare il suo articolo con “Gli scolari cinesi sono ora ufficialmente i più intelligenti del mondo”.

 

I budget per ricerca e sviluppo (R&S) di Stati Uniti e Cina.

Sostenere attività di ricerca e sviluppo di prim’ordine richiede spese sostanziali e talento umano ben istruito.

Nel 2022 il budget statunitense per ricerca e sviluppo è stato di 679,4 miliardi di dollari, mentre quello cinese è stato di 439 miliardi di dollari (3,08 trilioni di yuan).

Ma questo valore in dollari per le spese della Cina viene calcolato utilizzando il tasso di cambio.

Se traduciamo questo in parità di potere d'acquisto con un fattore di correzione, che calcolo essere 1,7 (cioè il rapporto tra PIL-PPA/PIL nominale per la Cina ), la spesa cinese ammonta a 746 miliardi di dollari.

 (Per gli Stati Uniti, PPP-PIL e PIL sono gli stessi; il rapporto è 1.)

Inoltre, il budget statunitense per la ricerca e lo sviluppo è cresciuto del 5,5% dal 2021 al 2022, mentre il tasso di crescita della Cina è stato del 10,4% e ha superato il 10% per sette anni consecutivi.

Gli sforzi degli Stati Uniti per separarsi dalla scienza cinese potrebbero rivelarsi controproducenti.

A partire dal 2011 con il “Pivot to Asia”, gli Stati Uniti hanno cercato di indebolire la Cina e di rallentare o invertire il suo sviluppo, il cui eufemismo è “contenimento”.

Lo sforzo statunitense è di natura militare, come dimostrato dal continuo rafforzamento delle forze statunitensi nel Pacifico occidentale;

economico, come illustrato dalle sanzioni, dai dazi e dalle restrizioni all’esportazione degli Stati Uniti;

e scientifico, più recentemente nelle” sanzioni Chip” e più notoriamente nella “China Initiative” rivolta agli scienziati sino-americani che continua nonostante il suo nome sia stato cancellato per scopi cosmetici.

 Più di recente l’amministrazione Biden si è mossa per porre fine al protocollo USA-Cina sulla cooperazione scientifica e tecnologica, vecchio di 43 anni, che ha attirato una lettera di protesta indirizzata al Presidente da due fisici di Stanford firmata da 1000 scienziati.

Ciò è stato avvertito nel numero di collaborazioni di ricerca sino-americane che sono diminuite del 15% dal 2020 al 2022, in coincidenza con i primi anni dell’amministrazione Biden.

 Oltre a ciò, la strategia non sembra funzionare poiché le collaborazioni della Cina con altri importanti paesi della ricerca continuano a crescere.

Infine, considerato il ruolo guida della Cina nel campo della ricerca, resta da vedere se la Cina o gli Stati Uniti subiranno maggiori danni da questa competizione che dovrebbe davvero essere una collaborazione.

Chiaramente, la motivazione degli Stati Uniti è quella di trattenere la Cina isolandola dall’Occidente, ma è un triste commento sugli Stati Uniti il ​​fatto che siano disposti a danneggiare la scienza, a beneficio di tutta l’umanità, per portare avanti il ​​​​loro obiettivo di dominio globale.

(John V. Walsh, ex professore di fisiologia presso la Chan Medical School dell'Università del Massachusetts, scrive su questioni relative alle relazioni internazionali e all'assistenza sanitaria.)

 

 

 

 

La guerra per procura perdente

della NATO in Ucraina.

  Unz.com - RON UNZ – (25 SETTEMBRE 2023) – ci dice:

Dalla fine di febbraio 2022 la guerra della Russia con l’Ucraina ha dominato i titoli dei giornali globali, ma quello che potrebbe essere stato l’incidente più importante di quel conflitto ha ricevuto solo una minima copertura dai media mainstream occidentali.

Un anno fa, una serie di massicce esplosioni sottomarine distrussero la maggior parte dei gasdotti Nord Stream russo -tedeschi da 30 miliardi di dollari, probabilmente la più importante infrastruttura energetica civile d'Europa.

Tutti gli osservatori concordarono presto che le esplosioni erano state intenzionali, costituendo probabilmente il più grande caso di terrorismo industriale nella storia del mondo e un evidente atto di guerra contro la Germania, il principale membro europeo della NATO.

 E poi, in sequenza, quasi tutti i media occidentali hanno dichiarato che i russi avevano distrutto i propri oleodotti, un’azione che dimostra ulteriormente la pericolosa follia del presidente Vladimir Putin, il nostro diabolico avversario di Mosca.

Solo una manciata di voci della frangia dissidente suggeriva il contrario.

(Pravda americana: di condutture e piaghe

Ron Unz • The Unz Review • 3 ottobre 2022 )

Ma cinque mesi dopo la questione si è improvvisamente riproposta.

Nel corso del suo mezzo secolo di carriera, Seymour Hersh si era affermato come il giornalista investigativo più famoso d'America, e ora pubblicava una delle sue più grandi denunce, un resoconto meticolosamente dettagliato di come una squadra di sommozzatori militari americani aveva distrutto gli oleodotti, agendo sotto gli ordini dell'amministrazione Biden.

(Seymour Hersh: Stare a testa alta in un mare di bugie

Ron Unz • The Unz Review • 13 febbraio 2023)

Nonostante l'imponente reputazione di Hersh, praticamente tutti i nostri giornalisti mainstream hanno evitato scrupolosamente di menzionare quelle rivelazioni.

Ma molti milioni di persone in tutto il mondo hanno letto il suo articolo o guardato le sue interviste, e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha presto tenuto delle udienze sulla questione, con il Prof. Jeffrey Sachs e l'ex analista della CIA Ray Cover che hanno fortemente sostenuto le conclusioni di Hersh.

Considerati questi sviluppi, la precedente affermazione secondo cui Putin aveva distrutto i suoi stessi oleodotti cominciò a sembrare un po’ logora, così i servizi segreti occidentali fecero presto circolare una nuova storia di copertura, sostenendo che i giganteschi attacchi erano stati in realtà organizzati da un oscuro manipolo di attivisti filo-ucraini che operavano da una barca a vela noleggiata. Ancora una volta, quasi tutti i nostri esperti hanno annuito con entusiasmo.

Viviamo in un’epoca di grottesche falsità che potrebbero rivaleggiare con quelle rappresentate in 1984 di George Orwell , e penso che Putin avesse ragione quando ha condannato l’America come “un impero di bugie”.

L’inverno scorso è stato insolitamente mite, mitigando in qualche modo l’impatto complessivo della perdita totale in Europa di energia russa a basso costo.

 Ma anche così, un recente articolo in prima pagina sul Wall Street Journal ha descritto la grave crisi economica che affligge la Germania, il motore industriale dell’Europa.

 Se il racconto di Hersh fosse confermato, la NATO sarebbe legalmente in guerra con gli Stati Uniti.

Anche se un risultato così bizzarro è poco probabile, il futuro dell’alleanza sembra molto incerto.

“Lawrence Wilkerson” ha avuto una brillante carriera nel mainstream, servendo per lungo tempo come capo dello staff dell'ex Segretario di Stato Colin Powell, e in una lunga intervista di un paio di giorni fa ha previsto la perdita dell'alleato tedesco dell'America e lo scioglimento della NATO.

Se quell’alleanza durata 76 anni si disintegra, gli storici futuri indicheranno sicuramente gli attacchi al gasdotto Nord Stream come l’evento scatenante cruciale.

 I media occidentali possiedono uno straordinario potere di illusione, ma la Realtà di solito ha l’ultima parola.

Inizialmente Hersh aveva inteso che il suo attuale articolo si concentrasse sull’anniversario degli attacchi all’oleodotto, ma importanti sviluppi nella più ampia guerra in Ucraina hanno messo da parte l’idea.

Come ha riferito, una delle sue fonti fidate con accesso all’intelligence attuale ha spiegato lo stato disastroso della situazione militare:

"Sono tutte bugie", ha detto il funzionario, parlando delle affermazioni ucraine di progressi incrementali nell'offensiva che ha subito perdite sconcertanti, mentre guadagnava terreno in alcune aree sparse che l'esercito ucraino misura in metri a settimana.

Il funzionario dell’intelligence americana con cui ho parlato ha trascorso i primi anni della sua carriera lavorando contro l’aggressione sovietica e facendo spionaggio, rispetta l’intelletto di Putin ma disprezza la sua decisione di entrare in guerra con l’Ucraina e di dare inizio alla morte e alla distruzione che la guerra porta.

Ma, come mi ha detto, “La guerra è finita. La Russia ha vinto. Non c’è più alcuna offensiva ucraina, ma la Casa Bianca e i media americani devono continuare a mentire.

L'informatore di Hersh ha anche descritto il modo in cui l'intelligence occidentale ha manipolato i nostri media mainstream e li ha utilizzati per ingannare i nostri stessi cittadini:

Sì”, ha detto il funzionario, “Putin ha fatto qualcosa di stupido, non importa quanto provocato, violando la carta delle Nazioni Unite e così abbiamo fatto anche noi”, intendendo la decisione del presidente Biden di intraprendere una guerra per procura con la Russia finanziando Zelenskyj e il suo esercito.

“E quindi ora dobbiamo dipingerlo di nero, con l’aiuto dei media, per giustificare il nostro errore”.

Si riferiva a un’operazione segreta di disinformazione volta a sminuire Putin, intrapresa dalla CIA in coordinamento con elementi dell’intelligence britannica.

 Il successo dell’operazione ha portato i principali media qui e a Londra a riferire che il presidente russo soffriva di varie malattie, tra cui disturbi del sangue e un grave cancro.

 Una storia spesso citata raccontava che Putin veniva trattato con forti dosi di steroidi.

 Non tutti si sono lasciati ingannare.

 Il “Guardian” ha riferito scetticamente nel maggio del 2022 che le voci abbracciavano una vasta gamma:

Vladimir Putin soffre di cancro o morbo di Parkinson, dicono rapporti non confermati e non verificati”.

Ma molte delle principali testate giornalistiche hanno abboccato.

Nel giugno 2022, Newsweek ha pubblicizzato quello che aveva annunciato come un importante scoop, citando fonti anonime secondo cui Putin era stato sottoposto a cure due mesi prima per un cancro in stadio avanzato:

“La presa di Putin è forte ma non più assoluta. Le manovre all’interno del Cremlino non sono mai state così intense. . .  tutti sentono che la fine è vicina”.

Gli eventi pubblici sembravano confermare rapidamente l’accuratezza della cupa prognosi sulla guerra in Ucraina riportata da Hersh.

 La Polonia è sempre stata fortemente ostile alla Russia, quindi dall’inizio dei combattimenti, il governo di Varsavia è stato il più forte ed entusiasta sostenitore dello sforzo militare dell’Ucraina, secondo alcuni addirittura inviando segretamente molte migliaia delle proprie truppe in combattimento.

Ma il presidente polacco “Andrzej Duda” ha ora dichiarato che il suo paese non fornirà ulteriori aiuti militari, sottolineando la sua posizione con un linguaggio decisamente poco diplomatico:

L’Ucraina si sta comportando come una persona che sta annegando e si aggrappa a tutto ciò che può… ma abbiamo il diritto di difenderci dal male che ci viene fatto. Una persona che sta annegando è estremamente pericolosa, può trascinarti negli abissi... semplicemente annegare il soccorritore.

Dobbiamo agire per proteggerci dal danno che ci viene fatto, perché se la persona che sta annegando... ci annega, non riceverà aiuto.

Dobbiamo quindi prenderci cura dei nostri interessi e lo faremo in modo efficace e deciso.

 

E la drammatica rottura pubblica della Polonia con l’Ucraina non è certa l’unica, poiché arriva dopo segnali che vari altri leader europei stanno fortemente rivalutando il loro coinvolgimento.

Come avevo sottolineato all'inizio di questo mese, un articolo in prima pagina sul New York Times scritto dal suo editorialista europeo di lunga data descriveva come numerose figure di spicco europee hanno cambiato posizione, aprendosi con questi paragrafi sorprendenti:

 

PARIGI – “Nicolas Sarkozy”, l’ex presidente francese, una volta era conosciuto come “Sarko l’americano” per il suo amore per il libero mercato, il dibattito a ruota libera ed Elvis.

Negli ultimi tempi, tuttavia, è apparso più simile a “Sarko il russo”, anche se la spietatezza del presidente Vladimir V. Putin appare più evidente che mai.

Nelle interviste condotte in concomitanza con la pubblicazione di un libro di memorie, Sarkozy, presidente dal 2007 al 2012, ha affermato che invertire l’annessione della Crimea da parte della Russia era “illusorio”, escludendo l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea o alla NATO perché deve rimanere “neutrale,” e ha insistito sul fatto che Russia e Francia “hanno bisogno l’una dell’altra”.

“La gente mi dice che Vladimir Putin non è lo stesso uomo che ho incontrato. Non lo trovo convincente.

Ho avuto decine di conversazioni con lui. Non è irrazionale", ha detto a Le Figaro. “Questa volta gli interessi europei non sono allineati con gli interessi americani”, ha aggiunto.

Le sue dichiarazioni, al giornale e alla rete televisiva “TF1,” sono state insolite per un ex presidente in quanto sono profondamente in contrasto con la politica ufficiale francese.

Hanno provocato l’indignazione dell’ambasciatore ucraino in Francia e la condanna di diversi politici francesi, tra cui il presidente Emmanuel Macron.

Nel frattempo, i nostri media stanno finalmente cominciando a rivelare la vera portata della difficile situazione militare dell’Occidente.

Poco più di una settimana fa, un importante articolo in prima pagina sul “New York Times” descriveva il completo fallimento dei nostri tentativi di paralizzare la produzione militare russa, che ora supera drammaticamente il totale combinato dell’America e dei suoi alleati della NATO.

L’artiglieria ha svolto un ruolo dominante nella guerra in Ucraina e il vantaggio della Russia sia in termini di quantità che di costi è enorme:

I funzionari occidentali ritengono inoltre che la Russia sia sulla buona strada per produrre due milioni di proiettili di artiglieria all’anno, il doppio della quantità che i servizi di intelligence occidentali avevano inizialmente stimato che la Russia potesse produrre prima della guerra.

Come risultato di questa spinta, la Russia ora produce più munizioni degli Stati Uniti e dell’Europa.

Nel complesso,” Kusti Salm”, un alto funzionario del ministero della Difesa estone, ha stimato che l'attuale produzione di munizioni della Russia è sette volte maggiore di quella dell'Occidente.

Anche i costi di produzione della Russia sono molto inferiori a quelli dell'Occidente, in parte perché Mosca sta sacrificando la sicurezza e la qualità nel suo sforzo di costruire armi a costi più bassi, ha detto “Salm”.

Ad esempio, a un paese occidentale costa dai 5.000 ai 6.000 dollari produrre un proiettile di artiglieria da 155 millimetri, mentre alla Russia costa circa 600 dollari produrre un proiettile di artiglieria comparabile da 152 millimetri, ha detto.

Quando ho visto per la prima volta l’affermazione di un alto funzionario della Difesa della NATO secondo cui “l’attuale produzione di munizioni della Russia è sette volte maggiore di quella dell’Occidente”, mi sono chiesto se qualche ridicolo errore di stampa fosse sfuggito ai redattori del nostro quotidiano nazionale di riferimento; ma la cifra sembra assolutamente corretta.

 Solo un paio di giorni fa, un rapporto di “Fox Business” citava un alto funzionario americano degli appalti:

 

"Saremo a 100.000 al mese nel 2025. Eravamo a 14.000 al mese 6 o 8 mesi fa, ora siamo a 28.000 al mese oggi", ha detto “Bill LaPlante”, capo dell'acquisizione di armi del Pentagono, in una conferenza sul venerdì.

Quindi la produzione russa è attualmente di circa 170.000 proiettili al mese e la nostra è solo il 15%, mentre speriamo di raggiungere il 60% entro un paio d'anni, a quel punto anche la produzione russa sarà sicuramente aumentata notevolmente.

Da mesi ormai, onesti analisti militari e di intelligence come “Douglas Macgregor”, “Ray McGovern”, “Larry Johnson” e “Scott Ritter” sottolineano che la NATO sta rapidamente esaurendo sia le armi che le munizioni, e il Pentagono sembra aver ora confermato questa realtà.

Anche se i nostri libri di storia agiografica hanno generalmente attribuito il successo delle guerre del secolo scorso all’eroismo delle truppe americane, la realtà dei fatti era diversa.

Le vittorie militari del nostro paese nella seconda guerra mondiale e in quelle successive furono quasi interamente dovute ai nostri enormi vantaggi in termini di capacità produttiva, che ci permisero di sommergere i nostri nemici con grandi quantità di attrezzature.

“Henry Ford” può essere stato fortemente contrario al coinvolgimento americano nella seconda guerra mondiale, ma l’efficienza mondiale del sistema di fabbrica di cui fu pioniere fu probabilmente più importante per la nostra vittoria di qualsiasi dei nostri famosi generali o ammiragli.

 

Tali vantaggi furono ovviamente molto maggiori nelle altre guerre che seguirono, tra cui Corea, Vietnam, Iraq e Afghanistan, tutti conflitti che non riuscimmo a vincere nonostante possedessimo una schiacciante superiorità materiale, e dalla Seconda Guerra Mondiale non abbiamo mai dovuto affrontare qualcosa come un concorrente alla pari.

 La nostra arrogante e compiacente classe dirigente politica ha quindi consentito alla nostra industria della difesa di spostare la propria attenzione dalla produzione al profitto, e di conseguenza la Russia ci sta ampiamente superando in termini di produzione solo ad una frazione dei nostri costi.

Nel frattempo, come ho sottolineato all’inizio di quest’anno, l’alleato cinese della Russia ha un’economia realmente produttiva tre volte più grande della nostra, e potrebbe facilmente sommergere la nostra produzione se ciò si rivelasse necessario.

I proiettili di artiglieria possono essere diventati le principali munizioni consumabili della guerra in Ucraina, ma difficilmente rappresentano una tecnologia all’avanguardia, e molti americani potrebbero consolarsi pensando che decenni dei nostri enormi budget annuali per la difesa, che ammontano a più di dieci volte quello della Russia, hanno sicuramente dato abbiamo una superiorità senza pari negli armamenti ad alta tecnologia.

Ma la realtà è piuttosto diversa.

All’inizio del 2018, abbiamo pubblicato un articolo di “Andrei Martyanov”, un immigrato sovietico con una forte esperienza militare, in cui discuteva della suite rivoluzionaria di sistemi missilistici ipersonici che Putin aveva appena annunciato, e la nostra pubblicazione è stata una delle prime in Occidente a sottolineare l’importanza di questa svolta tecnologica.

Le implicazioni dei nuovi sistemi d'arma russi.

(Andrei Martyanov • The Unz Review • 5 marzo 2018)

All’epoca, la reazione mainstream era per lo più un misto di scetticismo sul fatto che l’ipersonico avrebbe effettivamente funzionato e sarebbe stato significativo, insieme ad affermazioni rassicuranti secondo cui saremmo stati rapidamente in grado di eguagliare qualsiasi sistema russo.

 Ma sono ormai passati più di cinque anni e gli aerei ipersonici russi sono stati regolarmente utilizzati con grande efficacia in Ucraina, dimostrando che non possono essere fermati da nessun sistema difensivo occidentale.

 Poi la settimana scorsa un articolo in prima pagina sul Wall Street Journal ha riassunto la nostra situazione attuale:

L’arma lanciata da Pechino sul Mar Cinese Meridionale viaggiava a una velocità di oltre 15.000 miglia orarie mentre faceva il giro del globo.

Volando ad almeno 20 volte la velocità del suono, potrebbe raggiungere qualsiasi punto della terra in meno di un'ora.

Il volo di prova dell’estate 2021 si è concluso con il missile che ha colpito vicino a un obiettivo in Cina, ma ha provocato onde d’urto attraverso Washington.

Funzionari della sicurezza nazionale conclusero che Pechino aveva lanciato un’arma ipersonica, un proiettile capace di viaggiare ad almeno cinque volte la velocità del suono.

Le armi possono attaccare con estrema velocità, essere lanciate da grandi distanze ed eludere la maggior parte delle difese aeree.

Possono trasportare esplosivi convenzionali o testate nucleari.

Cina e Russia li hanno pronti all’uso.

 Gli Stati Uniti no.

Per più di 60 anni, gli Stati Uniti hanno investito miliardi di dollari in decine di programmi per sviluppare la propria versione della tecnologia.

 Tali sforzi si sono conclusi con un fallimento o sono stati annullati prima di avere la possibilità di avere successo.

I missili ipersonici cambiano le regole del gioco e l'America non li possiede.

L'esercito americano sta investendo risorse nelle armi superveloci ma ha faticato a svilupparle.

Cina e Russia sono molto più avanti.

(Sharon Weinberger • The Wall Street Journal • 18 settembre 2023)

Per quasi un decennio, il Prof. John Mearsheimer e altri eminenti studiosi hanno sottolineato che l’intera leadership politica russa considerava la presenza militare della NATO sul confine russo come una minaccia esistenziale alla sicurezza nazionale.

La Russia non solo possiede il più grande arsenale di armi nucleari del mondo, ma la sua suite di sistemi di lancio ipersonici le ha ora fornito un notevole grado di superiorità strategica, rendendo il nostro massiccio coinvolgimento nella guerra in Ucraina un atto di colossale incoscienza.

Pochi giorni fa, un attacco missilistico ucraino ha danneggiato il quartier generale della flotta russa del Mar Nero in Crimea, un’operazione che quasi certamente ha richiesto la ricognizione e il supporto dell’intelligence della NATO, rendendo legalmente l’alleanza un cobelligerante nel conflitto.

 I russi potrebbero annunciare domani che risponderanno utilizzando un missile ipersonico armato convenzionalmente per demolire il quartier generale della NATO a Bruxelles, fornendo anche l’ora e i minuti esatti dell’attacco pianificato in modo da ridurre al minimo qualsiasi conseguente perdita di vite umane, e da quello che ho appreso ho letto che nessuna delle nostre difese missilistiche generosamente finanziate è riuscita a salvare l'edificio condannato dal suo destino.

Ma anche a parte il rischio di uno scontro militare diretto, i nostri leader sembrano non considerare che la Russia potrebbe adottare misure di ritorsione orizzontale in altri teatri che potrebbero mettere gravemente a repentaglio la nostra stessa sicurezza nazionale.

Una di queste contromosse russe potrebbe essere già avvenuta.

Il mese scorso, il CSIS ha pubblicato un rapporto del “Prof. Ted Postol del MIT”, uno dei massimi esperti di controllo degli armamenti, sostenendo che l’improvvisa comparsa di nuovi missili balistici intercontinentali nordcoreani a combustibile solido era probabilmente il risultato di un trasferimento di tecnologia diretto dalla Russia.

Ha spiegato:

“Questo missile è equipaggiato per penetrare le difese missilistiche balistiche statunitensi esistenti con contromisure e consegnare molteplici armi termonucleari verso obiettivi negli Stati Uniti continentali”.

 Di conseguenza, molte decine di milioni di vite americane sono ora alla mercé di un dittatore straniero giovane e talvolta irregolare, profondamente ostile a noi, dando così ovviamente alla Corea del Nord un potere molto maggiore in qualsiasi futuro confronto militare che coinvolga la Corea del Sud o il Giappone.

Il caso di” Postol” non è certo ineccepibile e alcuni altri esperti di controllo degli armamenti hanno contestato le sue conclusioni.

Tuttavia, la Corea del Nord ha mostrato i nuovi missili balistici intercontinentali nello stesso periodo in cui il paese ha ricevuto la prima visita di un ministro della Difesa russo in più di tre decenni, e questa pietra miliare è stata rapidamente seguita dalla visita personale senza precedenti del leader nordcoreano Kim Jong Un a Russia per incontri con Putin.

Questi sviluppi altamente insoliti tendono a supportare l'analisi di “Postol”, e con i principali esperti di sicurezza nazionale come “Ray Cover”, “Larry Wilkinson” e “Douglas McGregor” che sostengono tutti le sue conclusioni.

In una recente intervista, McGregor ha affermato che la Cina ha a lungo considerato la Corea del Nord come un pericoloso creatore di problemi regionali e ha quindi posto il veto a qualsiasi trasferimento di sistemi ICBM russi in quel paese.

Ma le infinite provocazioni americane in Ucraina e Taiwan alla fine hanno convinto i cinesi a lasciare che i russi giocassero la loro carta nordcoreana.

McGregor ha inoltre suggerito che i russi potrebbero eventualmente decidere di reagire al nostro continuo sostegno all’Ucraina trasferendo allo stesso modo sistemi d’arma avanzati o tecnologia missilistica ai paesi dell’emisfero occidentale come Cuba e Venezuela che sono stati a lungo obiettivi della nostra ostilità.

Quindi la nostra irrazionale politica ucraina potrebbe innescare un’altra crisi missilistica cubana.

Inoltre, la portata della continua sconfitta strategica dell’America va ben oltre le semplici questioni militari.

Un paio di anni fa, l’America aveva lanciato un tentativo oltraggioso di strangolare il settore tecnologico cinese in espansione vietando improvvisamente tutte le spedizioni di microchip occidentali e relativi prodotti di design, con l’obiettivo di massima priorità Huawei, il campione tecnologico globale della Cina e il principale produttore mondiale delle apparecchiature di rete.

 L'attacco economico americano a “Pearl Harbor” ha portato alla rapida distruzione della divisione di telefonia mobile di” Huawei”, un tempo in rapida crescita, con gli americani sciovinisti che esultano per quella vittoria.

Ma Huawei e i suoi sostenitori governativi hanno tranquillamente raddoppiato i loro sforzi, concentrandosi sullo sviluppo di sostituti dei microchip coltivati ​​internamente.

Di conseguenza, la società ha recentemente lanciato sul mercato un nuovo potente telefono cellulare costruito interamente con componenti domestici, e lo ha fatto in una frazione del tempo che gli analisti americani avevano ritenuto possibile.

Una settimana fa il professor Jeffrey Sachs ha discusso le implicazioni di questo ulteriore fallimento nell'insensata spinta americana verso l'egemonia globale.

Poco dopo, “Michael Brenner”, professore di affari internazionali, rifletteva su come l’America avrebbe potuto reagire all’imminente sconfitta militare in Ucraina.

Ha sostenuto che nel corso dei decenni gli organi di propaganda mediatica molto ben oliati del nostro paese si sono dimostrati estremamente abili nello spazzare via i ricordi dei nostri fallimenti e sconfitte passate, ma ha poi suggerito che il probabile risultato in Ucraina potrebbe essere molto più difficile da nascondere.

Gli Stati Uniti vengono sconfitti in Ucraina.

Si potrebbe dire che sta affrontando la sconfitta – o, più crudamente, che sta guardando in faccia la sconfitta.

Nessuna delle due formulazioni, però, è appropriata.

Gli Stati Uniti non guardano la realtà direttamente negli occhi.

Preferisce guardare il mondo attraverso la lente distorta delle sue fantasie.

Si lancia in avanti su qualunque percorso scelga distogliendo lo sguardo dalla topografia che sta cercando di attraversare.

 La sua unica luce guida è il bagliore di un miraggio lontano.

Questa è la sua calamita.

Lo spostamento del focus dalla Russia in Europa alla Cina in Asia non è tanto un meccanismo per affrontare la sconfitta quanto la reazione patologica di un paese che, sentendosi tormentato da un senso di diminuzione delle proprie capacità, non riesce a fare altro che tentare un ultimo tentativo per dimostrare di stesso che ha ancora la stoffa giusta, dal momento che vivere senza quell'esaltato senso di sé è intollerabile.

Ciò che è considerato eterodosso e audace a Washington in questi giorni è sostenere che dovrebbe concludere la questione Ucraina in un modo o nell’altro in modo da potersi preparare per la competizione davvero storica con Pechino.

 La sconcertante verità che nessuno di rilievo nell’establishment della politica estera del paese ha denunciato questa pericolosa svolta verso la guerra supporta l’ipotesi che le emozioni profonde, piuttosto che il pensiero ragionato, stiano spingendo gli Stati Uniti verso un conflitto evitabile e potenzialmente catastrofico.

Una società rappresentata da un’intera classe politica che non si lascia riflettere da questa prospettiva può essere giustamente giudicata come una prova evidente di essere collettivamente sconvolta.

L’amnesia può servire allo scopo di risparmiare alle nostre élite politiche, e alla popolazione americana in generale, l’acuto disagio di riconoscere gli errori e la sconfitta.

 Tuttavia, questo successo non è accompagnato da un analogo processo di cancellazione della memoria in altri luoghi.

Gli Stati Uniti hanno avuto la fortuna, nel caso del Vietnam, che la posizione dominante degli Stati Uniti nel mondo al di fuori del blocco sovietico e della Repubblica popolare cinese gli abbia permesso di mantenere rispetto, status e influenza.

 

Le cose ora sono cambiate, però.

 La forza relativa degli Stati Uniti in tutti i settori è più debole, le forti forze centrifughe in tutto il mondo stanno producendo una dispersione di potere, volontà e prospettive tra gli altri stati.

Il fenomeno BRIC è l’incarnazione concreta di quella realtà.

Pertanto, le prerogative degli Stati Uniti si stanno restringendo, la loro capacità di modellare il sistema globale in conformità con le proprie idee e interessi è messa a dura prova, e si stanno premiando la diplomazia di un ordine che sembra oltre le sue attuali attitudini.

Gli Stati Uniti sono confusi.

(Gli Stati Uniti non riescono ad affrontare la sconfitta.

Michael Brenner • Notizie dal consorzio • 21 settembre 2023)

 

Tutti questi stimati studiosi accademici e influenti intellettuali pubblici hanno sostenuto in modo molto forte e sostanziale il disastroso fallimento militare e politico della politica americana in Ucraina.

 Ma un esempio perfetto della pura follia del nostro impegno è arrivato in un breve post di “Andrew Anglin”, l'attivista dell'”alt-right” deliberatamente provocatorio che ha ereditato il mantello sociale degli scandalosi Yippies della fine degli anni '60 e di conseguenza è diventato il gruppo più censurato al mondo come scrittore.

 

Pochi giorni fa ha menzionato che l’esercito ucraino aveva appena licenziato uno dei suoi principali portavoce, Michael “Sarah” Ashton-Cirillo, un transessuale americano che aveva pubblicamente chiesto l’assassinio di giornalisti stranieri critici nei confronti del regime ucraino.

Ciò sembra dimostrare che l’agenda della propaganda ucraina è in ritardo.

Dopo l'omicidio della figlia di “Alexander Dugin” e l'attentato contro il giornalista “Vladlen Tatarsky” in un bar di San Pietroburgo, lo Stato ucraino ha lanciato le stesse identiche minacce, dicendo che avrebbe ucciso sempre più giornalisti e scrittori che dicono cose contro di loro.

Ovviamente, l’obiettivo dell’omicidio dei giornalisti è creare un effetto agghiacciante, in cui le persone hanno paura di criticarti.

Quando ero su Twitter, molte persone dicevano che mi avrebbero dato la caccia e mi avrebbero ucciso per aver criticato la guerra.

Sono tipo "lol, ok".

Ma ho potuto vedere che anche quella situazione – solo minacce di morte su Internet – ha portato molte persone a smettere di esprimersi contro la guerra.

È un comportamento davvero disgustoso e non è il segno di un vincitore.

Ma è qualcosa che l’Ucraina ha fatto con coerenza, quindi il fatto che stiano punendo questa transessuale e facendo un controllo dei danni dimostra che sentono il caldo.

Trans statunitense licenziata dal governo ucraino dopo aver minacciato l'assassinio globale di giornalisti e scrittori.

(Andrew Anglin • The Daily Stormer • 21 settembre 2023 )

Uno dei commentatori di” Anglin” che si fa chiamare “Robertson” ha riassunto la situazione in una sola frase:

Se nel 2015 mi aveste detto che gli Stati Uniti avrebbero dato oltre 100 miliardi di aiuti a un “alleato” militare in una guerra calda con la Russia che aveva come portavoce un transessuale americano con un’evidente parrucca che minacciava di morte i giornalisti che coprivano la guerra per non mentire, tutto con la nostra approvazione, ti avrei detto che bevi davvero troppo, ma ora è difficile immaginare che le cose stiano diversamente.

 

 

 

 

Chi possiede gli Stati Uniti?

 Unz.com - FILIPPO GIRALDI - 26 SETTEMBRE 2023) – ci dice:

 

Chiedi a persone di nome “Haim Saban” e “Miriam Adelson”.

Il recente scontro tra “Elson Must” e lo spregevole “Jonathan Greenblatt “dell'Anti-Defamation League (ADL) ha gettato molta luce sui tentativi riusciti da parte di gruppi ebraici di dominare la politica estera e alcune politiche interne americane, in parte eliminando il” Primo Emendamento” ossia il diritto alla libertà di parola in modo che il loro comportamento non possa essere contestato.

Come i lettori di “Unz” sapranno, Must ha minacciato di citare in giudizio l'ADL per ben 22 miliardi di dollari per averlo diffamato e causato danni materiali ai suoi interessi commerciali, diffamando falsamente Must stesso e la sua piattaforma per aver presumibilmente fornito un rifugio antisemita per gli “incitamenti all’odio”.

Secondo Must, l'ADL ha esercitato pressioni sui potenziali inserzionisti affinché non facessero affari con lui e si impegnassero in un boicottaggio totale dei suoi siti di social network.

La tesi di Greenblatt è che il materiale che considera antisemita non dovrebbe essere consentito su nessun forum pubblico, compreso il sito” X “di Must, precedentemente noto come Twitter.

Se Greenblatt fosse preoccupato dell’incitamento pubblico a uccidere gli ebrei o a danneggiare le loro proprietà, ci sarebbero delle ragioni da sostenere, ma il fatto è che tale comportamento è già criminalizzato.

Greenblatt è molto più espansivo di così, condannando qualsiasi critica al comportamento di un gruppo ebraico o anche individuale o alle azioni di Israele, che hanno incluso vari crimini di guerra e crimini contro l’umanità, tra cui il prendere di mira e uccidere bambini palestinesi e il prelievo di organi da prigionieri palestinesi.

 Israele è anche una nazione sempre più etnicamente esclusiva e ha una religione di stato intollerante e repressiva nei confronti degli altri credi, comprese le minoranze cristiane e musulmane.

 

Oltre a Must, Greenblatt e l’ADL si sono concentrati anche su “Tucker Carlson” dato il suo alto profilo e la sua popolarità tra i conservatori.

 Greenblatt ha ripetutamente chiesto a Fox News di licenziare Tucker per aver discusso la teoria della “grande sostituzione” e altri punti di discussione nazionalisti bianchi.

Greenblatt ha denunciato la presunta volontà di Tucker Carlson "di usare la sua piattaforma come megafono per diffondere la 'teoria della grande sostituzione' tossica, antisemita e xenofoba è un abuso ripugnante e pericoloso della sua piattaforma".

Ha invitato gli inserzionisti a smettere di sostenere il programma “Carlson” e la “Fox” con i loro dollari ed è stato felice quando Carlson è stato finalmente licenziato in aprile.

Molti credono che il licenziamento sia stato in gran parte dovuto alle pressioni dell'ADL e di altri gruppi ebraici.

In altre parole, nell’America immaginata da Greenblatt e dai suoi amici, che fanno pressione sugli inserzionisti affinché non supportino siti come” X” e approvano leggi che penalizzano o addirittura criminalizzano chiunque cerchi di boicottare Israele per il suo comportamento, sarà più o meno possibile parlare liberamente di qualsiasi argomento purché non coinvolga gli ebrei.

Ciò suggerisce l’ipotesi dell’ADL secondo cui gli ebrei hanno uno status speciale di cui nessun altro gode.

 Di conseguenza gli ebrei hanno potuto sfruttare il loro presunto vittimismo singolare e perpetuo per assumere una posizione di fatto di controllo sulle fonti di informazione dei media e su entrambi i principali partiti politici che utilizzano quel vecchio meccanismo collaudato, denaro e molto altro.

È un argomento che di per sé non è aperto alla discussione e che Greenblatt liquida come un tropo antisemita equivalente a un “incitamento all’odio”.

È interessante notare che l'ira di Greenblatt non è apparentemente condivisa dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che è considerato una viola non timida quando si tratta di promuovere gli interessi del suo paese, come li vede lui, e il dominio degli ebrei nel mondo.

 Netanyahu era negli Stati Uniti la scorsa settimana per la riunione annuale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ma ha trovato il tempo per volare in California per visitare lo stabilimento di assemblaggio di automobili “Tesla di Must”.

 I due uomini si sono seduti per una chiacchierata pubblica davanti alle telecamere e, se da un lato era chiaro che si stavano comportando in modo educato e non combattivo, era anche vero che Netanyahu era stato attento a non accusare Must di essere un antisemita o un antisemita o qualcosa del genere.

Netanyahu, che potrebbe avere una migliore comprensione di Greenblatt riguardo al modo in cui soffia il vento riguardo al suo paese e al potere ebraico in generale, potrebbe giocare un gioco intelligente in cui evita un approccio duro e pericoloso di Greenblatt mentre procede tranquillamente con la questione etnica.

La pulizia dei palestinesi e l'aumento del potere attraverso il suo attacco ai tribunali del paese.

Netanyahu capisce chiaramente che Israele ha varcato la soglia dell’apartheid nei confronti della Palestina e dei suoi vicini e che la maggior parte del mondo disprezza il suo paese, compresi molti americani che stanno cominciando a vedere la luce di essere stati usati e abusati in passato da 75 anni.

Ha scelto di ignorare i critici come la strada più saggia, nella quale potrebbe avere ragione.

In che modo gli ebrei in America e Canada, così come in Europa e in Australasia, sono diventati così politicamente potenti?

Ora che Must ha aperto la porta alla discussione della questione ebraica con un certo candore, una serie di articoli e discussioni hanno cominciato ad apparire sui media e alcune università hanno persino sviluppato abbastanza coraggio per iniziare a insegnare narrazioni vere sul Medio Oriente supportate da libri che gruppi come ADL stanno cercando di vietare.

L’ articolo più potente apparso di recente è stato su “Mondo Weiss , intitolato “La politica israeliana di Biden è scritta da Saban”.

 

Quello di Mondo Weiss quale titolo si riferisce al produttore mediatico israelo-americano di Hollywood Haim Saban, che riassume la sua filosofia politica con un conciso "Sono un ragazzo con un unico problema e il mio problema è Israele!"

Saban è stato il più grande donatore individuale del Partito Democratico dai tempi dei Clinton e il suo potere si è tradotto in una fedeltà incrollabile agli interessi statunitensi percepiti attraverso l’ottica del suo rapporto con lo Stato ebraico.

È simile al mega donatore Sheldon Adelson, ora deceduto, che ha svolto lo stesso servizio con il Partito Repubblicano.

 La moglie di Sheldon, Miriam, israeliana, ha mantenuto l'eredità di mantenere in linea il GOP attraverso il controllo delle donazioni politiche.

 Secondo quanto riferito, gli Adelson sarebbero responsabili dello spostamento dell'ambasciata americana in Israele da parte di Donald Trump da Tel Aviv a Gerusalemme e di altre concessioni a favore di palestinesi, iraniani e siriani.

 Il ritiro degli Stati Uniti dal Piano d’azione globale congiunto (JCPOA) è stato dovuto alle pressioni degli Adelson, una mossa contraria all’effettivo interesse degli Stati Uniti di monitorare gli sviluppi nucleari iraniani.

L’unico fallimento di Sheldon è stato non riuscire a convincere Trump a bombardare l’Iran.

Saban, che recentemente ha trascorso tre ore nello Studio Ovale come consulente di Joe Biden, si vede chiaramente attraverso i suoi commenti sulla relazione tra Stati Uniti e Israele.

Suggerimento:

 gli interessi di Israele vengono sempre al primo posto!

 Ad esempio, si è scrollato di dosso le critiche per aver donato soldi all’AIPAC, “che sostiene i negazionisti repubblicani delle elezioni, perché il suo unico problema è Israele”, affermando in un’intervista:

 “L’unico obiettivo di questa organizzazione è impedire alle persone che sono contro USA-Israele relazioni dall'avanzare e sostenere coloro che sostengono le relazioni tra Gerusalemme e Washington… Molti democratici mi hanno chiamato e mi hanno detto: 'sei stupido? sei un democratico che sostiene [i negazionisti delle elezioni del 2020]?' Dico sempre la stessa cosa: è una questione specifica e definita, e questa è la relazione USA-Israele.

In questo senso non mi interessa nient’altro”.

Riguardo alla leadership del Partito Democratico e a Joe Biden, Saban ha osservato che il partito è “ancora solidamente filo-israeliano, e ci sono solo una dozzina circa di membri del Congresso che sono anti-israeliani”.

Saban ha finanziato Hillary Clinton nel 2008, ma ha risposto con rabbia quando Obama “ha rifiutato di riecheggiare l’appello di Hillary Clinton a ‘cancellare’ l’Iran se l’Iran avesse attaccato Israele”.

 Saban non si fidava di Obama sulla questione di Israele e inizialmente fu respinto quando tentò di organizzare un incontro nel 2010.

Disse a un giornalista che "avevo una lista di domande... e Chicago", il quartier generale della campagna di Obama, "non poteva organizzarle" in un  incontro. …

Ero pronto e disposto a essere d'aiuto, ma 'utile' non è firmare un assegno di duemilatrecento dollari.

 Si tratta di raccogliere milioni, cosa che sono pienamente in grado di fare”.

Alla fine Obama arrivò a rispettare i milioni di Saban.

 “Entro il 2013,il  Presidente Obama è stato il relatore ad una raccolta fondi presso la casa dei Saban a Los Angeles alla quale hanno partecipato 120 persone che hanno pagato tra i 16.200 e i 32.400 dollari ciascuna per partecipare.

Il risultato di questa generosità è che la politica di Biden sul Medio Oriente è ora scritta da Haim Saban, di cui ha bisogno i milioni per la prossima campagna del 2024.

È semplice, comprendere che la donazione di denaro contante è meglio delle banalità sulla sofferenza dei palestinesi.

Questo è ciò che costituisce la “verità” per entrambi i principali partiti politici, che lo sono de facto di proprietà degli Adelson e dei Saban che metteranno sempre Israele al primo posto.

 Che Saban e Adelson (che è sepolto a Gerusalemme) fossero e siano entrambi cittadini israeliani e gli sia stato permesso di esercitare un tale potere per conto di un paese straniero con il quale gli Stati Uniti non condividono quasi nulla in termini di valori reali è vergognoso ed è anche tecnicamente illegali o forse addirittura traditori poiché agiscono come agenti stranieri.

 Ed è più di questo dal punto di vista morale: è una vergogna.

 Joe Biden in particolare dovrebbe vergognarsi di aver abbandonato di fronte al denaro ebraico mentre è al comando, ma a quanto pare non è un’emozione con cui ha familiarità.

(Philip M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del Council for the National Interest, una fondazione educativa deducibile dalle tasse 501(c)3 (numero ID federale n. 52-1739023) che persegue una politica estera statunitense più basata sugli interessi nel Medio Oriente.)

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