La “Co2” è un gas più pesante dell’aria che respiriamo. E quindi non può volare nella stratosfera!
La “Co2”
è un gas più pesante dell’aria che respiriamo.
E
quindi non può volare nella stratosfera!
“CO2”:
perché manca, come
si
produce e a che serve.
Ehergycue.it
– (1° OTTOBRE 2022) – Maria Chiara Cavuoto – ci dice:
La CO2
è fondamentale per la vita sulla Terra e in molte applicazioni industriali.
Come si produce e quali sono i suoi utilizzi?
L’anidride
carbonica (CO2) è un gas che a temperatura ambiente si presenta incolore e
inodore ed è naturalmente presente nella nostra atmosfera e nell’idrosfera.
L’attuale concentrazione di questo gas in
atmosfera è superiore rispetto a quella registrata in epoca preindustriale,
come effetto del rilascio di emissioni inquinanti prodotti dalle attività
umane.
Ma l’anidride carbonica è anche usata in molte
applicazioni, da quella delle bibite gassate a quella della refrigerazione.
Per questo se la sua abbondanza in atmosfera è
un problema, lo è anche la sua carenza.
L’anidride
carbonica in atmosfera.
L’anidride
carbonica è una sostanza fondamentale per la vita sulla Terra.
Questo gas è tra i principali responsabili
dell’effetto serra.
Si
tratta di un fenomeno dovuto all’assorbimento e all’emissione di radiazione
solare.
I
raggi del sole che arrivano sulla Terra vengono assorbiti dal suolo e dalle
acque, riscaldandoli.
Tutti
i corpi emettono radiazioni elettromagnetiche, ma con lunghezze d’onda
inversamente proporzionali alla temperatura dei corpi stessi.
Per
questo la radiazione del sole, che è ad altissima temperatura, è nel campo
dell’ultravioletto, mentre quella emessa dalla superficie terrestre è
infrarossa.
I gas
serra sono molecole in grado di assorbire questa radiazione infrarossa e, in
parte, di riemetterla verso la superficie.
Se la
nostra atmosfera fosse priva di ” CO2” e di altri gas serra, come il metano o
il vapore d’acqua, il nostro pianeta avrebbe una temperatura media di -18 °C:
sarebbe
impossibile la vita così come la conosciamo.
L’anidride
carbonica in natura.
La
produzione di CO2 dalle attività umane ha origine da diversi processi. La
maggior parte delle emissioni deriva dalla combustione delle fonti fossili, in
particolare da quella di carbone e petrolio nelle centrali termoelettriche, e
da industrie e trasporti via automobili, aerei e navi.
L’anidride
carbonica (Co2) è presente anche negli oceani e nei mari.
La CO2
infatti è un gas solubile in acqua, dove forma acido carbonico, in equilibrio
con gli ioni carbonato e bicarbonato.
Circa
un quarto della CO2 presente nell’atmosfera si scioglie negli oceani.
Quindi, se la concentrazione di questo gas
aumenta nell’atmosfera, aumenta anche quella nell’acqua marina.
Questo
fenomeno è noto come acidificazione degli oceani e la maggiore quantità di
acido carbonico influisce negativamente sugli ecosistemi marini.
La CO2 poi è presente nelle cellule degli
organismi viventi:
le piante e tutti gli organismi autotrofi la
utilizzano per procurarsi il nutrimento con la fotosintesi.
Al
contrario, è il gas di scarto della respirazione cellulare che avviene negli
organismi eterotrofi.
Il
rilascio di CO2 nell’atmosfera avviene in alcuni fenomeni naturali come le
eruzioni vulcaniche, i geysers, gli incendi o per la reazione di dissoluzione
delle rocce carbonatiche.
Perché
si produce la CO2?
La
produzione di CO2 dalle attività umane ha origine da diversi processi. La maggior parte delle emissioni
deriva dalla combustione delle fonti fossili, in particolare da quella di
carbone e petrolio nelle centrali termoelettriche, e da industrie e trasporti
via automobili, aerei e navi.
Anche la fermentazione e la conversione del
metano per produrre idrogeno e ammoniaca sono processi che rilasciano anidride
carbonica nell’ambiente.
La CO2 inoltre è un sottoprodotto della
produzione di fosfato di sodio e del processo di produzione del cemento.
Secondo
recenti stime dell’”Agenzia Europea dell’Ambiente”, le emissioni di gas serra
sono da attribuire per il 77% al settore energetico, per il 9,10% ai processi
industriali, per il 10,55% all’agricoltura e per il 3,32% al trattamento dei
rifiuti.
A cosa
serve la CO2?
L’anidride
carbonica in fase solida è comunemente nota come ghiaccio secco e si utilizza
come mezzo refrigerante, per esempio per conservare gli alimenti, in quanto
permette di mantenere la temperatura più bassa rispetto al ghiaccio.
Inoltre i cristalli di anidride carbonica
possono essere usati per pulire le superfici con il metodo della sabbiatura
criogenica, che consente l’eliminazione di depositi o incrostazioni.
In
fase liquida, la CO2 in pressione si utilizza in molti estintori e giubbotti di
salvataggio.
L’anidride
carbonica gassosa invece è contenuta nelle bibite gassate e nell’acqua
frizzante, ma anche nella birra e nei vini frizzanti, che la contengono per
effetto della fermentazione che è avvenuta.
La CO2
si utilizza in agricoltura per stimolare la crescita delle piante nelle serre o
per abbattere i parassiti, alcuni dei quali non sopravvivono in ambienti ricchi
di questo gas.
Perché
manca la CO2?
Quest’estate
è stato lanciato un allarme per la mancanza di CO2 nel settore alimentare che
ha messo in crisi la produzione delle bibite gassate.
Negli ultimi anni l’industria che produce
bibite gassate o prodotti alimentari sta soffrendo una forte crisi.
Ma
perché manca la CO2 per gli usi industriali?
La ragione sta nel processo di produzione.
La cattura dall’atmosfera richiede costi molto
elevati, considerando che il prelievo deve subire processi di purificazione
spinti per consentire l’utilizzo alimentare.
A questo si aggiungono i costi per il trasporto.
La
maggior parte dell’anidride carbonica destinata al settore industriale quindi è
un prodotto di scarto da altri processi, come la produzione di fertilizzanti.
Per produrre questo gas il punto di partenza
nella maggior parte dei casi è la combustione del gas naturale.
Per
questo, con l‘aumento dei prezzi del gas molte produzioni di bibite gassate
sono state interrotte o rallentate.
L’anidride
carbonica nel settore alimentare.
La
crisi economica ed energetica scatenata dalla guerra Russia – Ucraina ha
colpito le industrie di produzione dei fertilizzanti e dell’ammoniaca.
Questi
settori sono responsabili della produzione della CO2 come sottoprodotto da
destinare all’uso alimentare.
Chiarito
perché manca la CO2, risulta evidente che l’industria alimentare negli ultimi
tempi sta soffrendo di una crisi senza precedenti.
Gli utilizzi di questa sostanza nel settore
sono molteplici:
surgelazione
criogenica degli alimenti;
confezionamento
in atmosfera protettiva;
trasporto
refrigerato di alimenti deperibili;
aumento
del tempo di conservazione degli alimenti a breve scadenza;
criopulizia
di stampi e impianti di produzione alimentare;
estrazione
della caffeina.
Anidride
carbonica e bibite gassate.
La
scorsa estate la produzione di bibite gassate è calata perché manca la CO2 da
addizionare ai prodotti.
La
crisi attuale causa il calo della produzione o l’aumento dei prezzi delle
bibite gassate.
Qualsiasi
sia la tipologia di bibite gassate i produttori hanno l’obbligo di inserire
l‘anidride carbonica nella lista degli ingredienti sull’etichetta.
Lo
stesso vale per la birra e il vino.
La
fermentazione produce spontaneamente bolle di anidride carbonica, ma in alcuni
casi consentiti dalle leggi si inserisce anche come additivo e compare
sull’etichetta.
Anche
per l’acqua frizzante si aggiunge anidride carbonica proveniente da fonti
diverse dalla sorgente oppure dalla sorgente stessa.
La
soluzione proposta per risolvere la carenza di “CO2” è l’estrazione dal biogas
o dal biometano.
Occorre
quindi investire in impianti integrati con i principi di economia circolare.
In
questo modo, allevamenti e agricoltura possono fornire risorse per applicazioni
energetiche e industriali.
(MARIA
CHIARA CAVUOTO - Dottoressa Magistrale in Ingegneria Energetica.)
La
Cina inquinatrice
prima
nel “green.”
Qds.it
- Carlo Alberto Tregua - (22 Agosto 2023) – ci dice:
Dragone
all’avanguardia.
In
quel Paese, accusato della dittatura di Xi Jinping, forse presidente a vita, vi
sono alcuni aspetti relativi al problema più importante di questo mondo, cioè
l’inquinamento, che vengono affrontati con mano ferma.
È vero
che, da un canto, la Cina è il maggiore inquinatore del mondo, perché ha
aumentato la produzione di carbone.
Ma la
stampa occidentale, allineata agli Stati Uniti, non denuncia che anche quel
Paese ha incrementato ulteriormente la produzione di energia da fonti fossili.
Attenzione,
non siamo né filo né contro gli Usa, ma seguiamo semplicemente il nostro dovere
di dire i fatti come sono, senza omissioni.
La
stessa informazione non dice, però, l’altra faccia della medaglia di ciò che
sta avvenendo in Cina e cioè che quel Governo ha imposto a tutte le industrie
che producono e vendono auto elettriche di utilizzare la stessa bocca di
ricarica, in modo che le colonnine siano universali.
Quel
Governo spinge per l’acquisto di auto elettriche, mentre limita quello delle
auto a motore termico.
Infatti,
dal 2011, queste ultime non si possono acquistare liberamente, bensì, chi
volesse farlo, deve partecipare a una lotteria.
Chi la
vince potrà acquistare l’auto.
Ma
anche queste a motore termico sono sottoposte a severissime regole
anti-inquinamento, molto più restrittive di quelle in atto nel mondo
occidentale delle economie avanzate.
Il
Governo cinese alimenta inoltre l’acquisto di auto elettriche e frena quello di
auto a motore termico mediante meccanismi di sovvenzioni e penalizzazioni.
Nessuno
protesta perché tutti, volere o volare, obbediscono.
La
conseguenza è che la Cina, in sette anni, ha ridotto l’inquinamento atmosferico
quanto gli Stati Uniti hanno fatto in trent’anni.
Le
restrizioni e le agevolazioni sono estese alle micro-auto, ai velocipedi, alle
moto. La Cina si sta espandendo nel mondo:
si
stima che 300 milioni di cinesi si trovino ovunque, ma nessuno se ne accorge.
Sono silenziosi, come le formichine producono, pagano, non commettono reati e,
via via, si espandono conquistando quartieri e città come nel caso di Prato,
ove il 15% dei cittadini è cinese (il 63,6% degli stranieri presenti in città).
Anche
nel settore della produzione di energia, la Cina è all’avanguardia perché sta
per entrare in funzione un’enorme centrale solare-idroelettrica che produrrà
due miliardi di chilowattora all’anno.
Inoltre, sta installando numerosi impianti di
idrogeno green.
È
evidente che i fatti positivi prima elencati non possono nascondere quanto
indicato, cioè che comunque la produzione di anidride carbonica continua ad
aumentare.
In
questo senso sembra che in quel Paese la ricerca si stia orientando sempre di
più per l’utilizzazione di quella risorsa residuale che da zavorra potrebbe
diventare materia prima.
Non
sappiamo quale Stato arriverà per primo a questo risultato, ma è pacifico che
chi lo farà avrà risolto definitivamente due problemi:
quello dell’energia e quello
dell’inquinamento.
Sembra
l’uovo di Colombo, ma non lo è.
Si
tratta solo di sapere verso quali obiettivi andare e di concentrare risorse
finanziare per sostenere la relativa ricerca.
I
fatti che abbiamo elencato mettono in discussione ancora una volta la questione
di fondo:
se sia meglio che un Popolo venga gestito dalla Democrazia o da una Dittatura
illuminata per crescere economicamente.
Sappiamo
bene la sollevazione di tanti “intellettuali”, i quali inorridiscono di fronte
al dilemma presentato.
Ma
tali “intellettuali” non si occupano di disinquinare l’ambiente, di far
crescere economicamente gli strati meno abbienti della popolazione, di produrre
la ricchezza che poi verrà redistribuita e di altre amenità di questo genere.
Intendiamoci,
non ce l’abbiamo con gli “intellettuali” che vivono nell’iperuranio e che non
si sporcano le mani nelle questioni che riguardano tutti i cittadini,
ripetiamo, quelli più bisognosi.
Perché
il dilemma?
Perché,
a giudicare dai fatti, sembra più efficiente la Dittatura illuminata di Xi
Jinping, che un’Unione europea più simile all’armata brancaleone che a un
insieme di Stati.
L’Ue è
stata ed è cieca, fra l’altro, di fronte alla questione Africa, dove invece la
Cina si è gettata a mani basse.
Contare
i Morti in Guerra Non
è un
Morboso Esercizio di Necrofilia
Conoscenzealconfine.it
– (29 Agosto 2023) - Claudio Martinotti Doria – ci dice:
Il
fatto che io abbia insistito negli ultimi articoli dedicati alla guerra in
Ucraina sull’effettivo numero di morti dell’esercito ucraino (rapportandolo a
quelli russi) non è frutto di malcelata necrofilia, nulla di morboso, ma è
perché tecnicamente sapere quanti siano i caduti offre un quadro preciso delle
prospettive belliche del paese, correlandolo ai dati demografici e
socioeconomici.
Gli
ultimi dati forniti dagli stessi funzionari USA, che probabilmente nel cambio
di narrativa attualmente in corso sono stati autorizzati a farlo, riferiscono
di circa mezzo milione di caduti, intendendo morti e feriti gravi non più in
grado di combattere (ad esempio i mutilati).
Vi è stata addirittura una fonte interna all’Ucraina
(un’istituzione filogovernativa) che ha riferito di 350mila morti, in netto
contrasto con il regime nazista di Kiev che con ostentata patetica protervia
insiste a riferire da parecchi mesi che sono solo 13mila, come circa un anno fa
quando corresse la von del Leyen che affermò essere 100mila.
Per il
regime di Kiev nell’ultimo anno non è morto nessun soldato ucraino.
Personalmente
avevo riferito pressappoco gli stessi numeri dei funzionari USA parecchi mesi
fa, molto prima della cosiddetta e impropriamente definita “controffensiva”,
durante la quale si stima vi siano stati altri 40/50 mila morti.
Sui
feriti non sono d’accordo con le fonti occidentali, come scrissi già in
passato.
I feriti in una guerra convezione ad alta
intensità, come è ormai divenuto il conflitto in Ucraina, sono mediamente il
triplo dei morti, e di questi almeno il 25% riporta ferite gravi, invalidanti,
cioè rimangono mutilati e/o non più in grado di combattere.
Ma non
è il caso del conflitto in Ucraina, perché è caratterizzato da un uso intensivo
dell’artiglieria e dei bombardamenti aerei e missilistici da parte russa, in un
rapporto di 10 a 1 rispetto all’Ucraina.
Questo
significa che la stragrande maggioranza, forse anche il 90% dei feriti ucraini,
non sono stati colpiti da armi da fuoco ma da esplosioni, quindi da onde d’urto
e schegge.
Sono
cioè stati fatti letteralmente a pezzi.
Ecco perché sono definiti “carne da cannone”.
Le
ferite da artiglieria sono molto più gravi e laceranti di quelle da armi da
fuoco, devastano il corpo e gli organi interni e le articolazioni.
Molti
feriti non sopravvivono, soprattutto considerando che i tempi medi di soccorso
da parte ucraina sono dieci fino a venti volte superiori a quelli russi, che
vengono praticamente soccorsi nei minuti successivi.
Per i
soldati ucraini passano ore prima che riescano a trasportarli in un ospedale
per essere assistiti e curati alla meno peggio, quando gli va bene che non
siano abbandonati a morire di una lenta agonia.
Questa
è la triste, cruda e spietata realtà dei fatti, come testimoniato dagli stessi
soldati ucraini.
Questo
significa che i feriti a distanza di tempo muoiono o rimangono gravemente
invalidi per non aver ricevuto tempestiva assistenza sul campo.
Quindi
a mio avviso la cifra di 50mila mutilati tra i soldati ucraini, fornita dalle
fonti occidentali (quelle serie) non corrispondono alla realtà, sono molti di
più.
Dalle
fonti cui attingo abitualmente, che analizzando scrupolosamente i video,
documenti e testimonianze dirette sul campo, mi sono fatto l’idea che i morti
siano ormai ben oltre i 500mila e i feriti gravi non meno di 250mila.
In
sostanza il regime nazista di Kiev ha perso 750mila uomini.
Ecco
perché da diversi mesi ha scatenato migliaia di commissari per l’arruolamento
forzato di reclute e in rete hanno circolato migliaia di video (nonostante i
divieti e i rischi) che denunciavano i metodi brutali di arruolamento, che
applicavano sistematicamente il sequestro in strada o nelle proprie abitazioni
di tutti gli uomini in età per combattere.
Siccome
molti commissari erano corrotti e in cambio di denaro o beni preziosi
rinunciavano ad arruolare chi li pagava, il regime di Kiev li ha sostituiti con
altri ferocemente nazisti, privi di scrupoli, obbligati ad ottenere un
risultato certo, pena gravi conseguenze per loro, ecco perché ultimamente il
sistema di reclutamento si è intensificato e divenuto ancora più brutale, solo
che non hanno tenuto conto della reazione popolare, ormai satura e non più
disposta a sopportare repressioni e violenze.
Così
sta succedendo che ogni tanto trovano un commissario massacrato di botte e/o
giustiziato con armi da fuoco (di cui moti cittadini ucraini sono dotati).
E
quando le autorità indagano non trovano un solo testimone disposto a parlare.
L’omertà e quindi la complicità popolare è assoluta.
Un
grosso problema per il regime di Kiev, a corto di carne da cannone.
Se
insistono rischiano una sorta di guerra civile, cioè si ammazzeranno tra di
loro.
Fare
il commissario arruolatore è divenuto rischioso come andare a combattere al
fronte.
Ora
cercherò di spiegare il perché di questa situazione, ricorrendo ai dati
demografici e anagrafici.
La
popolazione ucraina era ai tempi dell’indipendenza dall’Unione Sovietica di
circa 50milioni di persone.
Fin dalle prime rivoluzioni colorate filooccidentali
dei primi anni del nuovo millennio e negli anni fino al colpo di stato del 2014
orchestrato dagli USA, la popolazione ucraina era già calata di una decina di
milioni, emigrati in tutta Europa e Russia in cerca di migliori condizioni di
vita, per poi mantenere la famiglia rimasta in patria con le rimesse, non
essendoci lavoro nel proprio paese.
Dopo
il colpo di stato del 2014 divenne evidente per gli ucraini filorussi e
russofoni, che per loro tirava una brutta aria di stampo nazionalista e perfino
nazista e russofoba, quindi ne emigrarono in alcuni anni alcuni milioni e circa
5 milioni non fecero più parte dell’Ucraina, in quanto residenti nelle regioni
secessioniste autoproclamatisi indipendenti del Donbass.
In totale all’incirca altri 10milioni di
ucraini si sono sottratti al dominio del regime nazista di Kiev.
Poi
allo scoppio del conflitto con la Russia nel febbraio 2021 ci fu un altro
fuggi-fuggi generale per sottrarsi alla guerra, oltre tre milioni di russofoni
si rifugiarono in Russia (che ormai ne ospita, secondo le stime dai 5 ai 7
milioni) e altrettanti emigrarono in Europa, pagando tangenti varie alle
guardie di frontiera oppure sono riusciti a fuggire di nascosto.
Nel frattempo altre regioni ucraine del Sud e quasi
l’intero Donbass furono acquisite e poi annesse alla Russia sottraendo altri
milioni di ucraini al controllo del regime di Kiev.
Quindi
ad essere ottimisti il regime di Kiev allo stato attuale controlla (si fa per
dire, meglio sarebbe dire “minaccia e opprime”) solo 17-18 milioni di ucraini
rimasti in patria, perlopiù a occidente del grande fiume Dnepr.
E di questi la stragrande maggioranza sono
donne, anziani e giovani non maggiorenni.
Ecco
perché il regime è alla disperazione non disponendo più di carne da cannone da
inviare al fronte.
I pochi
rimasti piuttosto che farsi quasi certamente ammazzare al fronte e morire per
un regime corrotto e odioso, preferirebbero affrontare armati i commissari
arruolatori oppure simulare di voler combattere per poi arrendersi alla prima
occasione (come avviene sempre più spesso), sempre che riescano a evitare di
farsi sparare alla schiena dai loro ufficiali, ma anche questi alla lunga
potrebbero finire come i commissari arruolatori.
Una
situazione irrisolvibile per il regime di Kiev, che non potrà nascondere a
lungo ai partner occidentali, certamente non ai servizi di intelligence USA e
UK e polacchi, vista la loro pervasiva presenza sul suolo ucraino. Soprattutto
i polacchi lo sanno benissimo.
La
Polonia ha già perso oltre 10mila soldati inviati come mercenari per combattere
a fianco degli ucraini, e anche loro hanno subito la stessa sorte degli ucraini
in termini di feriti, un enorme tributo di sangue per il quale la Polonia vuole
delle importanti contropartite.
Sapendo la grave debolezza in cui versa il
regime di Kiev la Polonia approfitterà certamente di tale vulnerabilità, non
appena l’esercito ucraino collasserà e le forze russe avanzeranno fino al fiume
Dnepr e occuperanno la regione di Odessa dominando l’accesso al mare.
A mio
avviso l’enorme investimento della Polonia per rafforzare il suo esercito non
ha solo lo scopo di affrontare la Russia in una guerra che sanno costerebbe
loro lacrime e sangue, ma per occupare l’Ucraina Occidentale e annetterla sotto
forma di protettorato polacco per poi difenderla dai russi.
Anche
se a leggere i resoconti dei media occidentali sembrerebbe che l’esercito
polacco sia fortissimo, in realtà ai ritmi di armamento e reclutamento attuali,
occorreranno comunque due o tre anni per essere operativo, quindi non sono in
grado attualmente di scendere in guerra contro la Russia, ma potranno soltanto
contenerla al confine naturale rappresentato dal grande fiume Dnepr.
Una
cospicua parte dell’esercito polacco dovrà rimanere schierato al confine con la
Bielorussia, non potendo escludere, dal loro punto di vista, una possibile
aggressione russa da quella parte, nel momento in cui la Polonia ufficialmente
facesse entrare sul suolo ucraino le sue forze armate, perché sarebbe un atto
di guerra.
Quindi,
anche se è vero che i polacchi sono russofobi, non credo siano totalmente pazzi
e suicidi, forse parte del governo ma non la maggioranza della popolazione, per
cui non credo che affronteranno la Russia direttamente sostituendosi agli
ucraini, per compiacere gli USA-UK, ma si limiteranno a cercare (non significa
riuscirci) di portare a casa il massimo risultato col minimo sforzo,
approfittando della debolezza altrui.
Per
concludere la conta dei morti e feriti anche da parte russa, riferisco per
semplificare che la maggioranza degli analisti occidentali seri e indipendenti
(non propagandisti NATO) stima in 1 a 8 il rapporto morti e feriti tra russi e
ucraini (personalmente propenderei per 1 a 10), quindi le conclusioni traetele
voi, tenendo conto di quanto ho riferito in precedenza, cioè che l’artiglieria
ucraina è ridotta a un decimo di quella russa, quindi i feriti russi da
artiglieria sono infinitamente meno in proporzione, e l’assistenza e le cure ai
soldati russi feriti è praticamente immediata e di elevatissima qualità, per
cui il numero di invalidi e mutilati è ridottissimo.
Appare
evidente a chiunque abbia avuto la pazienza di leggere questo mio modesto
articolo, che le prospettive belliche dell’Ucraina sono ridotti al lumicino.
Nonostante i loro sforzi non sono riusciti neppure ad avvicinarsi alla prima
linea difensiva russa, e dopo ve ne sono altre due.
Finora
tutti i numerosi attacchi ucraini sono stati fermati solo dagli avamposti
difensivi russi, dai campi minati, dall’artiglieria mobile e delle retrovie e
dall’aviazione leggera (perlopiù elicotteri e droni), che è riuscita in questi
mesi a distruggere il 50% delle loro armi pesanti, soprattutto i mezzi
corazzati, forniti dall’Occidente (quelli che avrebbero dovuto cambiare le
sorti della guerra) e a uccidere tra i 40 e i 50mila soldati ucraini mandati
all’attacco senza adeguata copertura aerea, come carne da cannone.
E
nonostante queste evidenze oggettive, l’Occidente continua ancora a fornirli di
armi, rendendosi moralmente responsabile della loro inutile morte e della
sofferenza dei pochi sopravvissuti.
Un’ignominia.
(Cav.
Dottor Claudio Martinotti Doria)
(cavalieredimonferrato.it/).
Anidride
Carbonica (Co2)
Assogastecnici.federchimica.it
– L. De Lorenzi -Sol Spa – (20-1-2023) – ci dice:
(…)
•
Negli ultimi anni la CO2 è stato oggetto di diversi dibattiti riguardante
l’effetto serra.
• CO2
è un elemento chiave per il nostro pianeta e per
l’intero
ecosistema.
–
usato dalle piante per formare la materia organica
attraverso
la fotosintesi;
–
respirazione, la conversione di ossigeno in anidride
carbonica,
è un ulteriore processo elementare della
natura
per mantenere la vita;
– un
importante prodotto finale della decomposizione di
tutti
i materiali organici;
Generalità
– Ciclo CO2.
CO2 Industria
ed Ambiente
•
Emissioni di CO2.
L’anidride
carbonica.
•
L’anidride carbonica (formula chimica: CO2) non è
infiammabile
e, a condizioni atmosferiche, è chimicamente
stabile
e inerte ed ha la capacità di ritardare o sopprimere le
reazioni
di combustione.
• La CO2, in condizioni atmosferiche, è
circa 1,5 volte più pesante dell’aria;
“ tende perciò a stratificare verso il
basso”, con la possibilità di accumularsi in fosse, o avvallamenti del terreno.
Proprietà
della CO2.
La CO2
si può presentare allo stato solido, liquido, gassoso oppure
contemporaneamente
in tutte e tre le fasi.
Ciò
dipende dalla pressione e dalla temperatura.
Proprietà
della CO2 in acqua.
• La
CO2 si scioglie in acqua formando acido carbonico (H2CO3). Quest’ultimo ha una
lieve reazione acida ed è corrosivo sull’acciaio al carbonio ed alcuni metalli
non ferrosi.
• La
solubilità in acqua della CO2 è molto sensibile alla temperatura e pressione.
•
Alcune leghe non possono essere utilizzate.
• Materiali
adeguati alle basse temperature come acciai inossidabili.
•
Materiale più comunemente usato è l’acciaio al carbonio.
Proprietà
della compatibilità con i materiali:
Gas
CO2: Incolore.
L’unico
modo sicuro per individuare la CO2 è avere un analizzatore di CO2!
Quale
percezione della presenza di CO2?
Rischi
dell’anidride carbonica:
Più
pesante dell’aria.
Cosa succede?
Quando
la concentrazione di anidride carbonica nell’aria ambiente incrementa, la
capacità polmonare viene compromessa, in quanto minori quantità di anidride
carbonica lasciano il sangue e c'è meno spazio per l'ossigeno!
Senza ossigeno non è possibile vivere.
Imparare
dagli errori: anidride carbonica
e
monossido di carbonio.
Repertoriosalute.it - 22 Marzo 2014 –
Redazione – ci dice:
Incidenti
avvenuti in ambienti confinati e correlati all’esposizione ad anidride
carbonica e monossido di carbonio.
Le
dinamiche degli incidenti, le caratteristiche delle sostanze e i fattori di
rischio degli ambienti confinati.
Riprendiamo
a parlare di luoghi di lavoro confinati e di sostanze inquinanti convinti che
gli incidenti dipendano anche da una scarsa consapevolezza dei rischi e
pericoli correlati al contatto con alcuni agenti chimici pericolosi.
La
ULSS 5 dell’Ovest vicentino ha avviato una campagna di prevenzione del rischio
chimico negli ambienti confinati pubblicando un documento dal titolo “La
valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un
caso storico di rischio chimico per la sicurezza” a cura di Lucio Ros (SPISAL
ULSS 9), Alberto Brocco (SPISAL ULSS 21), Celestino Piz (SPISAL ULSS 6) e
Franco Zanin (SPISAL ULSS 6).
Nel
documento vengono citati diversi rischi chimici, quali l’azoto, l’anidride
carbonica e monossido di carbonio.
Come è
noto numerosi incidenti sono dovuti alla sottovalutazione di queste ultime due
sostanze.
Il
documento della USSL ne riporta una casistica esemplificativa.
I
primi tre causati dall’anidride carbonica:
nel primo caso due operai “scendono nella
stiva di una nave in porto per recuperare, utilizzando un mezzo cingolato,
delle granaglie di cereali sversate e sparse sul fondo.
La
fermentazione delle stesse aveva provocato una concentrazione di CO2 sufficiente
a rendere l’atmosfera della stiva asfissiante. I due lavoratori muoiono per
asfissia; un soccorritore sviene ma è tratto in salvo”.
Nel
secondo caso “un operaio in una cantina, salito con una scala a pioli sulla
sommità di una cisterna contenente mosto in fermentazione, sveniva a seguito
delle esalazioni di CO2.
Rimanendo
con il capo reclinato all’interno del recipiente moriva per asfissia prima di
essere soccorso”;
nel
terzo caso viene presentata la “discesa di un lavoratore in una fossa di servizio agli
impianti di trasporto automatico ove si era accumulata, per gravità, CO2
sviluppatasi dalla fermentazione del mais stoccato nel capannone in prossimità
della fossa stessa. Evento mortale”.
Altri
due casi sono relativi all’esposizione al monossido di carbonio:
nel primo caso in una fonderia di ghisa “un
lavoratore entrato in un cubilotto spento per il rifacimento del refrattario,
rimane intossicato da CO richiamato all’interno del forno, per tiraggio
naturale, dal cubilotto attiguo che era in funzione. Il lavoratore viene
soccorso tempestivamente”;
nel
secondo caso “durante l’installazione di dispositivi di rilevazione e di
allarme in alcune aree, all’interno di una fonderia di ghisa, soggette a
inquinamento da CO, due operatori della ditta incaricata dell’intervento
rimangono intossicati gravemente perché soccorsi tardivamente”.
Nel
documento si ricorda che:
L’Anidride
Carbonica (CO2) è un gas incolore e inodore più pesante dell’aria e “tende a
stratificarsi verso il basso”.
Il gas, “utilizzato intenzionalmente
nell’industria alimentare come conservante e congelante, è usato “anche come
estinguente, nel trattamento dell’acqua e in applicazioni medicali”.
Si può
inoltre formare, non voluto, “da fenomeni di combustione, di putrefazione, di
fermentazione (granaglie in presenza di acqua), da dissociazione del
bicarbonato di calcio, nel sottosuolo, con formazione di carbonato (lavori
svolti nel sottosuolo).
Vengono
normalmente segnalati incidenti in ambienti dove avvengono fermentazioni di
sostanze alimentari”.
Mentre
iI
Monossido di Carbonio (CO) è una gas incolore e inodore, di densità simile
all’aria, che “forma facilmente miscele esplosive”.
In particolare si produce “da combustione in difetto di
ossigeno. Gli incidenti determinati da questo gas, che avendo un’affinità per
l’emoglobina 200 volte superiore a quella dell’ossigeno provoca anossia
anemica, avvengono soprattutto in ambiente domestico per malfunzionamento di
stufe, camini otturati, ecc.” …
Di
anidride carbonica parla anche il Manuale illustrato per lavori in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del dpr
177/2011 nell’allegato 6 “Sostanze tossiche e asfissianti e incidenti tipo”.
Allegato che ricorda come, tra gli effetti del gas, ci siano: “vertigine, mal
di testa, tachicardia, senso di soffocamento, stato d’incoscienza”.
Nel
documento “La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti
confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza” si ricorda che
molti fattori di rischio riscontrabili in un luogo di lavoro “normale” –
pensato per la presenza continuativa di lavoratori – possono essere presenti
anche in un ambiente confinato e possono includere:
“operazioni
in quota;
presenza
di parti meccaniche in movimento;
presenza
di reti elettriche;
presenza
di atmosfere sotto-ossigenate;
presenza
di atmosfere infiammabili/esplosive;
presenza
di atmosfere inquinate da gas, fumi o vapori tossici derivanti dai prodotti
contenuti e dai materiali introdotti, formatisi a seguito di reazioni
impreviste, introdotti dalle utilities, diffusi da stoccaggi contigui,
liberatisi dal terreno, ecc.;
presenza
di atmosfere sovra-ossigenate;
ingresso
o presenza di liquidi;
presenza
di materiali solidi di piccola pezzatura che possono riversarsi o creare
‘ponte’ e franare;
presenza
di calore o di freddo eccessivi, umidità elevata;
correnti
elettriche o elettricità statica;
presenza
di microorganismi patogeni;
scarsa
visibilità”.
E
nella fase di identificazione e valutazione dei pericoli potenziali “ci si deve
far carico non solo delle particolari caratteristiche strutturali del luogo ma
anche del fatto che le condizioni iniziali possono cambiare rapidamente, certe
volte sotto l’influenza dell’ambiente circostante”.
Ad esempio
“possono verificarsi combinazioni imprevedibili per presenza di più agenti con
effetto concomitante o sequenziale (gas inerte, acqua, calore, ecc. …). Certi
locali di normale uso possono diventare accidentalmente ambienti confinati
inquinati, come nel caso di interventi di fumigazione, di bonifica o di uso di
estinguenti”.
CO2,
il principale gas serra.
Ancler.org - Massimo – Redazione - (20/07/2019) – ci dice:
Anidride
carbonica (CO2):
si
presenta a temperatura ambiente come un gas incolore, più pesante dell’aria, di odore leggermente pungente allo
stato puro e di sapore acidulo.
Alla temperatura di 20ºC, sottoposto a una
pressione di 56,5 atm, liquefa trasformandosi in un liquido incolore;
alla
pressione atmosferica e alla temperatura di –79 ºC passa invece direttamente
dallo stato gassoso a quello solido, costituendo il cosiddetto ghiaccio secco o
neve carbonica.
Il
biossido di carbonio (Co2)è assai solubile in acqua, ma la sua solubilità
diminuisce fortemente al crescere della temperatura: la solubilità aumenta
invece con la pressione.
L’atmosfera
contiene in media una quantità di biossido di carbonio pari al 2-4×10 – 2%
circa in volume, che varia però notevolmente da una zona all’altra;
è per
esempio minore nelle zone boschive, assai più elevata nell’atmosfera dei grandi
centri urbani e industriali.
Le
fonti di emissione di CO2.
Le
fonti naturali di CO2 atmosferica includono la de-gassificazione da vulcani, la
combustione, il decadimento naturale della materia organica, la respirazione da
parte di organismi aerobici che utilizzano ossigeno.
Queste
sorgenti sono bilanciate, in media, da una serie di processi fisici, chimici o
biologici, chiamati “pozzi”, che tendono a rimuovere la CO2 dall’atmosfera.
Le fonti antropiche principali di CO2
atmosferica includono l’uso dei combustibili fossili, la gestione forestale, la
deforestazione, la produzione di cemento, la gestione dei suoli.
Nel
complesso la presenza dell’anidride carbonica nell’atmosfera è dovuta al ciclo
del carbonio e la CO2 non distrutta nel corso del tempo si accumula nel sistema
oceano-atmosfera-terra, spostandosi da un comparto all’altro di tale sistema:
parte di essa può essere assorbita dagli oceani o dalla biosfera terrestre,
mentre la parte in eccesso si accumula in atmosfera.
(Dovreste
spiegarmi il mistero della Co2. È più pesante dell’aria e quindi non può volare
libero nei cieli. E pertanto non può partecipare all’effetto serra! N.d.R.)
I gas
ad effetto serra.
L’anidride
carbonica (CO2) è “tra i gas ad effetto serra” (Greenhouse gas o GHG) che
maggiormente contribuiscono al riscaldamento del pianeta.
(Ma la
Co2 è più pesante dell’aria e quindi non può esistere nell’alto dei cieli!
N.d.R.)
Tali
gas presenti nell’atmosfera terrestre catturano il calore del sole impedendogli
di ritornare nello spazio.
Molti di essi sono presenti in natura, ma
l’attività dell’uomo ne aumenta le concentrazioni nell’atmosfera.
Attualmente
si calcola che la concentrazione in atmosfera dell’anidride carbonica supera
del 40% il livello registrato agli inizi dell’era industriale e che la CO2 è responsabile del 63% del
riscaldamento globale causato dall’uomo mentre il metano è responsabile del
19% del riscaldamento globale di origine antropica, l’ossido di azoto del 6%.
(Ma quanto hanno pagato i padroni del
mondo per far dire agli scienziati del clima che la Co2 -pur essendo più
pesante dell’atmosfera- vola leggera nell’alto dei cieli e crea la cupola per
il gas serra! N.D.R.)
Cause
dell’aumento delle emissioni di CO2 e dei gas ad effetto serra sono la
combustione di carbone, petrolio e gas che produce anidride carbonica e ossido
di azoto (si calcola che le centrali elettriche e gli altri impianti
industriali siano le principali fonti di CO2), la deforestazione (gli alberi
aiutano a regolare il clima assorbendo CO2 dall’atmosfera, ma con il loro
abbattimento questa funzione viene a mancare e l’anidride carbonica contenuta nel
legno viene rilasciata nell’atmosfera” a contatto del terreno” N.d.R.), lo sviluppo dell’allevamento di
bestiame (in quanto bovini e ovini durante il processo di digestione producono
grandi quantità di metano), l’utilizzo di fertilizzanti azotati in agricoltura
(che producono emissioni di ossido di azoto), l’utilizzo di gas fluorurati
(regolamentato dalla legislazione dell’UE che ne ha previsto la graduale
eliminazione, causa un effetto serra molto importate, fino a 23000 volte più
forte dei quello provocato dalla CO2).
(La
Co2 non provocherà mai l’’effetto serra” atmosferico in quanto è un gas pesante
più dell’aria e non può volare nell’atmosfera! N.d.R.)
Il
riscaldamento globale.
L’attuale
temperatura media mondiale è più alta di 0,85ºC rispetto ai livelli della fine
del 19° secolo.
Ciascuno
degli ultimi tre decenni è stato più caldo dei precedenti decenni, da quando
sono iniziate le prime rilevazioni nel 1850.
I più
grandi esperti di clima a livello mondiale ritengono che le attività dell’uomo
siano quasi certamente la causa principale dell’aumento delle temperature
osservato dalla metà del 20° secolo.
Un
aumento di 2ºC rispetto alla temperatura dell’era preindustriale viene
considerato dagli scienziati come la soglia oltre la quale vi è un rischio di
gran lunga maggiore che si verifichino mutamenti ambientali pericolosi e
potenzialmente catastrofici a livello mondiale.
Per questo motivo, la comunità internazionale
ha riconosciuto la necessità di mantenere il riscaldamento sotto i 2ºC.
Le
conseguenze dei cambiamenti climatici.
I
cambiamenti climatici interessano tutte le regioni del mondo. Le calotte polari
si sciolgono e cresce il livello dei mari. In alcune regioni i fenomeni
meteorologici estremi e le precipitazioni sono sempre più diffusi, mentre altre
sono colpite da siccità e ondate di calore senza precedenti.
Le
forti precipitazioni e altri eventi climatici estremi stanno diventando sempre
più frequenti.
Ciò
può causare inondazioni e un deterioramento della qualità dell’acqua, e in
alcune regioni anche la progressiva carenza di risorse idriche.
I
cambiamenti climatici stanno già avendo un impatto sulla salute:
in alcune regioni si registra un aumento nel
numero di decessi dovuti al calore e in altre si assiste a un aumento delle
morti causate dal freddo;
si
osservano già alcuni cambiamenti nella distribuzione di determinate malattie
trasmesse dall’acqua e dai vettori di malattie.
I
danni alle case, alle infrastrutture e alla salute umana impongono elevati
costi alla società e all’economia.
Tra il 1980 e il 2011 le alluvioni hanno
colpito più di 5,5 milioni di persone e provocato perdite economiche dirette
per oltre 90 miliardi di euro.
I settori che dipendono fortemente da
determinate temperature e livelli di precipitazioni come l’agricoltura, la
silvicoltura, l’energia e il turismo, sono particolarmente colpiti.
Se non
si instaura una inversione di tendenza volta ad una importante riduzione delle
emissioni di CO2 questi fenomeni dovrebbero intensificarsi nei prossimi
decenni.
(Non
si comprende il motivo per cui la CO2 dovrebbe causare cambiamenti climatici,
pur non potendo volare nell’alto dei cieli in quanto più pesante dell’aria!
N.d.R.)
(ec.europa.eu/clima/change/consequences_it)
Cos'è
l'effetto serra: cause,
conseguenze
e come ridurlo.
Sanpellegrino-corporate.it
– (28 aprile 2021) – Redazione – ci dice:
Cos'è
l'effetto serra: definizione e significato.
L'effetto
serra è un particolare fenomeno di regolazione della temperatura di un pianeta
(o satellite) provvisto di atmosfera, che consiste nell'accumulo all'interno
della stessa atmosfera di una parte dell'energia termica proveniente dalla
stella attorno alla quale orbita il corpo celeste, per effetto della presenza
in atmosfera di alcuni gas, detti appunto "gas serra, come CO2, metano,
ozono.
(La
Co2 è un gas più pesante dell’atmosfera e nessun scienziato può affermare che
un gas più pesante può esistere nell’alta atmosfera di volontà propria! N.d.R.)
Come
funziona l'effetto serra: spiegazione.
Nel caso della terra, i raggi del sole
riscaldano la superficie del nostro pianeta e vengono riflessi sotto forma di
raggi infrarossi.
I gas
serra presenti nell’atmosfera filtrano i raggi solari in ingresso e trattengono
la radiazione infrarossa riemessa dalla superficie del corpo celeste.
Queste hanno un effetto sulla temperatura del
pianeta, influenzando il clima.
La conseguenza positiva dell’effetto serra
naturale è la mitigazione del clima della terra:
è proprio grazie ad esso che la temperatura terrestre
è mite e compatibile con la vita, in quanto il calore assorbito viene ceduto
più lentamente verso l'esterno. L’effetto serra si basa su un delicato
equilibrio:
tutto dipende dalla quantità e dalla
percentuale di gas serra presenti in atmosfera.
Il rapporto tra effetto serra, inquinamento e
riscaldamento globale.
L’effetto serra è direttamente collegato al
riscaldamento globale e all’inquinamento:
l’aumento dei gas serra nell’atmosfera
modifica l’equilibrio climatico terrestre.
La principale causa che turba l’equilibrio dei gas
serra in atmosfera è dovuta all’attività umana che sta causando l’aumento
eccessivo dei gas presenti nell’atmosfera, e quindi la minore capacità da parte
dell’atmosfera terrestre di filtrare i raggi ultravioletti del sole.
Proprio come una serra che trattiene troppo
calore, anche il pianeta Terra sta attualmente trattenendo le radiazioni
solari, con conseguente riscaldamento globale.
(Anche
se potesse l’attività umana non può inviare un gas pesante come è la Co2
nell’atmosfera. Quindi tra i gas serra non è possibile l’esistenza della CO2
per causa umana! N.d.R.)
Il
primo responsabile dell’effetto serra è l’eccessivo uso dei combustibili
fossili come carbone, petrolio e gas naturale, sia per ragioni produttive sia
per utilizzo individuale.
L’uso massivo di combustibili fossili ha
determinato un’enorme quantità di emissioni di CO2, uno dei principali gas
serra.
Un
altro fattore che turba gli equilibri dell’effetto serra naturale è la
deforestazione:
la
scomparsa delle foreste e delle piante ha fortemente ridotto la capacità degli
alberi di assorbire la CO2.
(La
Co2 è assorbita anche dall’erba! N.d.R.)
Conseguenze
dell'effetto serra.
L’aumento dei gas serra nell’atmosfera porta
innumerevoli conseguenze negative sul nostro pianeta:
Aumento
della temperatura terreste.
Scioglimento
dei ghiacciai e innalzamento del livello del mare.
Cambiamenti
climatici.
Ondate
di calore, periodi di siccità e aumento delle zone desertiche.
Aumento
dei fenomeni naturali estremi come alluvioni, tempeste, uragani e incendi.
L’aumento delle temperature sta mettendo a
rischio inoltre sempre di più le specie animali e marine e la fauna selvatica,
già in crisi per la deforestazione e per la distruzione dei loro habitat.
Come
ridurre l'effetto serra: i rimedi
Per contrastare l’effetto serra è possibile adottando
scelte di vita sostenibili per il pianeta.
Ridurre
le emissioni di CO2 è fondamentale:
l’Unione
Europea si è posta l’obiettivo di ridurre entro il 2050 le emissioni di gas
serra dell’80%.
Questo
attraverso politiche economiche che favoriscano uno sviluppo green e con
accordo vincolanti, come l’Accordo di Parigi.
Sono
sempre di più i progetti scientifici e le azioni concrete messe in atto da
privati ed aziende per ripristinare gli habitat, proteggere l’ambiente e
sviluppare un’economia circolare.
Ridurre l’impatto della plastica, la quantità
di rifiuti e le emissioni di CO2 inquinanti rappresentano alcuni degli obiettivi
principali del Gruppo Sanpellegrino, da sempre in prima linea nella creazione di valore
condiviso e nel promuovere comportamenti responsabili nei confronti
dell’ambiente e delle risorse idriche.
Non
solo le aziende:
anche i singoli cittadini possono dare il
proprio contributo nel ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera e di conseguenza
l’effetto serra, adottando semplici ma efficaci abitudini quotidiane.
(Le
emissioni di Co2 nell’atmosfera si limitano a restare a livello del terreno e
del mare. Non si comprende come la Co2 possa salire in alto nell’atmosfera per
risiedere sotto la cupola dell’effetto serra! N.d.R.)
Ecco
come ridurre l’effetto serra con piccoli gesti:
Optare
per energia verde e rinnovabile.
Scegliere
i mezzi pubblici oppure optare per la mobilità green ed elettrica.
Diminuire
gli sprechi di energia elettrica.
Riciclare
in maniera corretta.
Usare
prodotti di pulizia organici.
Usare
lampadine a lunga durata.
L’uso consapevole e corretto dell’energia
domestica può avere un impatto positivo sull’ambiente.
Sostenibilità
e tutela del territorio.
Cambiamento
climatico:
gas a effetto
serra
che causano il riscaldamento globale.
Europarl.europa.eu
– Redazione - Società – (23-03-2023) – ci dice:
I gas fluorurati a effetto serra (gas
fluorurati) sono prodotti dall'uomo e hanno un elevato potenziale di
riscaldamento globale, spesso migliaia di volte più forte della CO2.
Gli
idro fluorocarburi (HFC) rappresentano circa il 90% delle emissioni di gas
fluorurati e sono utilizzati principalmente nei refrigeranti di frigoriferi,
congelatori, condizionatori d'aria e pompe di calore.
I gas
fluorurati a effetto serra sono prodotti dall'attività umana e contribuiscono
notevolmente al riscaldamento globale.
L'anidride
carbonica (CO2) è fra i tanti gas ad effetto serra.
Scoprite come influisce sul riscaldamento
globale, la sua origine e il suo contributo alle emissioni dell'UE.
(La CO2 non è un gas a effetto serra
in quanto più pesante dell’atmosfera e non può volare verso l’alto. Si può
spostare solo a livello del terreno e del mare! N.D.R)
L'UE
vuole ridurre drasticamente i gas serra, che contribuiscono al cambiamento
climatico.
La più
nota è l'anidride carbonica (CO2), ma altre, presenti nell'atmosfera in misura
minore, possono contribuire ancora di più al riscaldamento globale.
(Ma la
Co2 essendo un gas più pesante dell’atmosfera non potrà mai raggiungere l’alta
cupola atmosferica per diventare così un gas serra! N.D.R.)
Cosa
causa i gas ad effetto serra?
I gas
nell'atmosfera agiscono in modo simile al vetro di una serra:
intrappolano il calore del sole e gli
impediscono di disperdersi nello spazio, provocando così il riscaldamento globale.
L'effetto
serra fa sì che la temperatura della superficie terrestre sia più alta di
quanto sarebbe se non ci fossero gas serra nell'atmosfera, permettendo la vita
sul pianeta.
Molti
gas serra sono presenti naturalmente nell'atmosfera.
Tuttavia,
l'attività umana contribuisce al suo accumulo e aumenta il riscaldamento
globale.
Di
conseguenza, i modelli di neve e precipitazioni cambiano, le temperature medie
aumentano e gli eventi meteorologici estremi, come ondate di calore e
inondazioni, si verificano con maggiore frequenza.
Altri
fattori e cifre sul cambiamento climatico.
Quali
sono i principali gas serra?
Esistono
diversi tipi di gas serra e il loro contributo al riscaldamento globale varia.
L'anidride
carbonica(CO2) (non
è un gas serra in quanto è più pesante dell’atmosfera”! N.D.R), il metano (CH4) e il
protossido di azoto (N2O), tra gli altri, sono naturalmente presenti
nell'atmosfera, ma sono anche generati dalle attività umane.
I gas
fluorurati a effetto serra sono il tipo più potente e persistente di gas a
effetto serra emessi dalle attività umane.
Possono
produrre un effetto serra migliaia di volte maggiore della CO2.
“Come
già detto la Co2 essendo più pesante dell’aria non può diventare un gas serra
atmosferico.N.D.R.)
Inclusi
in questo tipo sono idrofluorocarburi (HFC), (perfluorocarburi), esafluoruro di
zolfo (SF6) e trifluoruro di azoto (NF3).
Questi
gas sono spesso usati come sostituti delle sostanze che riducono lo strato di
ozono, che sono sostanze chimiche artificiali che, una volta emesse,
raggiungono l'atmosfera superiore e distruggono lo strato protettivo di ozono.
A differenza delle sostanze che riducono lo
strato di ozono, i gas fluorurati non danneggiano lo strato di ozono.
Il
Protocollo di Kyoto e l'Accordo di Parigi, il cui obiettivo è coordinare la
risposta globale ai cambiamenti climatici, includono i seguenti sette gas
serra:
Diossido
di carbonio è lo stesso biossido di carbonio, ossia la CO2.
La CO2 è prodotta naturalmente dagli animali
durante la respirazione e attraverso la scomposizione della biomassa.
Inoltre la Co2, può entrare nell'atmosfera
attraverso la combustione di combustibili fossili e reazioni chimiche.
(la Co2 può entrare nell’atmosfera ma
solo a livello del terreno e del mare in quanto è un gas più pesante dell’aria
e quindi non può salire nel cielo! N.D.R.)
Durante
la fotosintesi, il processo che converte la luce solare in energia, le piante
la sottraggono all'atmosfera.
Pertanto,
le foreste svolgono un ruolo importante nel sequestro della Co2: (l’ossigeno prodotto vola nell’aria
mentre il carbonio viene utilizzato dalle radici delle piante. N.D.R)
Metano
Il
metano è un gas incolore che è il componente principale del gas naturale. Le
sue emissioni provengono dalla produzione e dal trasporto di carbone, gas
naturale e petrolio, nonché dal bestiame e da altre pratiche agricole, dall'uso
del suolo e dalla decomposizione dei rifiuti organici nelle discariche
municipali. Nel 2021, la maggior parte delle emissioni di metano proveniva da
agricoltura, silvicoltura e pesca.
Ossido
nitroso
Questo gas viene prodotto a seguito
dell'azione microbica nel suolo, dell'uso di fertilizzanti contenenti azoto,
della combustione del legno e della produzione chimica.
Viene emesso nelle attività agricole e
industriali, nonché nell'uso del suolo; la combustione di combustibili fossili
e rifiuti solidi; e trattamento delle acque reflue. Nell'UE, l'agricoltura, la
silvicoltura e la pesca hanno prodotto la maggior parte delle emissioni di
metano nel 2021.
Idro fluorocarburi.
Gli
idro fluorocarburi rappresentano circa il 90% delle emissioni di gas fluorurati
e l'UE sta lavorando per eliminarli gradualmente entro il 2050.
Sono
utilizzati principalmente per assorbire il calore in frigoriferi, congelatori,
condizionatori d'aria e pompe di calore, nonché spray per l'asma e aerosol
tecnici, agenti schiumogeni e negli estintori.
Nel
2021 hanno prevalso nei settori del commercio all'ingrosso e al dettaglio,
riparazione di autoveicoli e motocicli.
Per fluorocarburi.
I per fluorocarburi
sono composti artificiali comunemente usati nei processi di produzione
industriale.
Esafluoruro
di zolfo
L'esafluoruro
di zolfo è spesso utilizzato nell'isolamento delle linee elettriche.
Tri fluoruro
di azoto.
Il tri
fluoruro di azoto viene utilizzato come "gas di pulizia della camera"
nei processi di produzione per pulire l'accumulo indesiderato dalle parti e dai
circuiti del microprocessore mentre vengono costruiti.
Impatto
dei gas serra sul riscaldamento globale.
I gas
serra hanno un diverso potenziale di riscaldamento globale.
Per
poterli confrontare, i loro impatti vengono solitamente convertiti in CO2 equivalente.
(Questo
è un trucco da scienziati ben pagati: perché paragonare i veri gas serra con la
CO2 che non può essere un gas serra essendo più pesante dell’aria? N.D.R)
Nel
2021, le emissioni di gas a effetto serra generate dalle attività economiche
nell'UE hanno raggiunto i 3,6 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, il 22%
in meno rispetto al 2008.
La CO2 ha rappresentato quasi l'80% del volume
di tutte le emissioni di gas a effetto serra e a metano con oltre il 12%. Il
metano dura meno della CO2 nell'atmosfera, ma assorbe molta più energia solare.
(Ma
come fa il metano ad essere paragonato alla CO2 se questa è più pesante
dell’aria? N.D.R.)
Il
metano é un pericoloso inquinante atmosferico e le sue perdite possono causare
esplosioni.
Nel
complesso, tutti i gas fluorurati rappresentano solo il 2,5% circa delle
emissioni di gas a effetto serra dell'UE. Tuttavia, anche se vengono emesse in
quantità minori, intrappolano il calore in modo molto più efficace della CO2.
(Ma se
la Co2 non esiste nella cupola del gas serra nell’atmosfera, come si può
paragonarla ai veri gas serra che sono più leggeri dell’aria? N.D.R.)
Altri
fatti e cifre sulle emissioni di gas a effetto serra per paese e settore
dell'UE.
In che
modo l'UE intende ridurre i gas serra?
La
legge sul clima dell'UE fissa obiettivi giuridicamente vincolanti per la
riduzione delle emissioni di gas a effetto serra:
entro
il 2030 devono essere diminuite del 55% rispetto ai livelli del 1990 e l'UE
deve raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050.
Per
raggiungere questi obiettivi, l'UE ha implementato diverse misure:
-
ridurre le emissioni nei trasporti;
-
fissare standard per risparmiare energia e investire nelle energie rinnovabili;
-
impedire il trasferimento delle industrie che emettono gas a effetto serra al
di fuori dell'UE per evitare normative più severe;
-
promuovere il primo grande mercato mondiale del carbonio, il sistema europeo di
scambio di quote di emissione.
(Ma il
carbonio è il residuo della fotosintesi: la Co2 ha donato l’ossigeno per le
foglie delle piante, mentre il carbonio rimane per l’uso delle radici delle
piante. N.D.R)
-
stabilire obiettivi di riduzione per ciascun paese dell'UE;
-
promozione delle foreste e di altre aree di sequestro del carbonio.
(Per
favore non confondiamo il carbonio con la “CO2”! N.D.R).
Il
Nuovo Ordine Mondiale e
i BRICS: Analisi dell’Inganno.
Conoscenzealconfine.it
– (30 Agosto 2023) - Giuseppe Rago – Fox
Allen - ci dicono:
In
questo articolo si analizza l’inganno rappresentato dai BRICS in un’epoca di
disperazione e paura, in cui i media mainstream e quelli di pseudo
controinformazione pilotano l’opinione pubblica.
Si
cerca di avallare i piani del nemico attraverso un consenso artificialmente creato.
La verità rappresenta l’unica cosa che può
liberare la popolazione mondiale dalle grandi menzogne.
(Fox Allen è l’autore di questo
articolo.
mirrortruthblog.wordpress.com/2023/08/01/brics-come-e-perche-dellennesimo-inganno/).
Lui analizza
come i BRICS siano solo un altro inganno perpetrato dal Nuovo Ordine Mondiale.
Viviamo
in un’epoca di disperazione e paura, in cui i media mainstream e quelli di
pseudo controinformazione governano l’opinione pubblica a loro piacimento.
Ciò
porta a un consenso artificiale che avalla i piani del nemico.
Solo
la verità può liberare la popolazione mondiale dalle grandi menzogne.
Come
Nascono i BRICS.
Secondo
Allen, i BRICS nascono nel 1956 quando la famiglia Rockefeller fece stilare un
documento intitolato “Prospect for America: The Rockefeller Panel Reports”.
Questo
testo delineava il progetto per il Nuovo Ordine Mondiale da raggiungersi attraverso una
narrazione di facciata che promuovesse una multipolarità che de facto non c’è
mai stata.
Ed è
per questo che è fondamentale partire da qui, poiché quanto scritto in quel
testo rappresenta il punto esatto in cui ci troviamo oggi.
Lo
“Special Studies Project”, diretto da Henry Kissinger, prese vita subito dopo la Seconda
Guerra Mondiale.
Il suo
compito era quello di creare un piano d’azione per realizzare il governo
mondiale all’interno dell’ambiente postbellico esistente e implementare
l’Agenda in modo tale da poter essere venduta alla popolazione mondiale come
qualcosa che era stato concepito per il bene dei popoli.
Il
documento delineava un mondo diviso in unità più piccole, ma organizzate,
operanti e controllate da un unico vertice, in uno sforzo comune per permettere
e favorire il progresso della vita economica, politica, culturale e spirituale.
Tale comunità consisteva in istituzioni regionali
sotto un organismo internazionale di crescente autorità, unite in modo da poter
affrontare quei problemi che sempre più le singole nazioni non saranno in grado
di risolvere da sole.
Il
documento chiariva anche quale fosse questa organizzazione internazionale di
crescente autorità: le Nazioni Unite.
Gli
Stati Uniti partecipavano direttamente allo sviluppo di due gruppi regionali e
partecipavano pienamente e fin dall’inizio alle Nazioni Unite, l’organizzazione
internazionale che oggi nutre la ragionevole speranza di poter assumere sempre
più funzioni e ad assumersi responsabilità sempre più grandi.
L’ONU è la prova della convinzione degli Stati
Uniti che i problemi che hanno un impatto mondiale devono essere affrontati
attraverso istituzioni globali nella loro portata.
L’Inganno
dei BRICS.
Secondo”
Allen”, i BRICS sono solo un altro inganno perpetrato dal Nuovo Ordine
Mondiale.
I BRICS sono stati creati per promuovere una
multipolarità che non esiste nella realtà.
Si
tratta solo di una narrazione di facciata per nascondere l’agenda del “Nuovo
Ordine Mondiale”.
L’obiettivo è quello di creare problemi sempre
più difficili per costringere le nazioni ad aderire a quel “Superstato mondiale” di cui parlava “Gary Allen” nel suo
libro “Nessuno
Osi chiamarla cospirazione”.
Inoltre,
secondo “Allen”, i BRICS sono solo uno strumento nelle mani del “Nuovo Ordine
Mondiale” per raggiungere il proprio obiettivo finale: il governo mondiale.
I
BRICS sono solo un’altra facciata dell’agenda del “Nuovo Ordine Mondiale”.
Conclusioni.
Secondo
“Allen”, la verità rappresenta l’unica cosa che può liberare la popolazione
mondiale dalle grandi menzogne funzionali alla rieducazione dei popoli secondo
i “dictat” di chi muove il mondo.
Solo
conoscendo la verità si può combattere l’inganno dei BRICS e del Nuovo Ordine
Mondiale.
In
conclusione, il testo di “Allen” ci invita a non credere a ciò che ci viene
presentato come “verità assoluta” dai media mainstream e dai canali di” pseudo
controinformazione”.
(Giuseppe
Rago)
(mirrortruthblog.wordpress.com/2023/08/01/brics-come-e-perche-dellennesimo-inganno/#)
(giornalismolibero.com/il-nuovo-ordine-mondiale-e-i-brics-analisi-dellinganno/).
Mega-riviste, il fenomeno editoriale
che
potrebbe rivoluzionare
il
mondo della ricerca scientifica.
Panoramasanita.it – (30/03/2023) - Redazione
in Studi e Ricerca – ci dice:
(riviste
scientifiche)
Open
access, ma anche aperte a ogni tipo di lavoro scientifico, rischiano di minare
il rigoroso processo di selezione e verifica del lavoro degli scienziati. Un editoriale sulla prestigiosa
rivista “Jama” a firma di esperti dell’Università Cattolica, campus di Roma, si
interroga sul futuro delle pubblicazioni scientifiche.
Il
numero di pubblicazioni scientifiche prodotto nel mondo ogni anno è più che
decuplicato dal 1970 a oggi:
gli
articoli pubblicati e indicizzati nel 2022 su “Web of Science”, uno dei
principali database multidisciplinari della ricerca scientifica, superano i due
milioni e mezzo (erano duecentomila nel 1970 e ottocentomila nel 2000).
L’editoria
scientifica è un mercato da 30 miliardi di euro di fatturato annuo,
un’industria globale che potrebbe implodere soprattutto per l’operato delle
“mega-riviste”, giornali scientifici che tutti possono leggere e su cui gli scienziati possono
pubblicare senza limiti, solo pagando (tariffe salate, anche di 2000 euro a
lavoro pubblicato).
A
lanciare l’allarme sulle sorti dell’editoria e della ricerca scientifica
mondiale tout court è un editoriale pubblicato sulla prestigiosa rivista “JAMA”
dal team di Stefania Boccia, Ordinario di Igiene generale e applicata, responsabile
della Sezione di Igiene del Dipartimento di Scienze della Vita e Sanità
Pubblica della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e
Vicedirettrice scientifica dell’IRCCS Fondazione Policlinico Universitario
Agostino Gemelli, con Angelo Maria Pezzullo, docente di Igiene generale e
applicata alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, e il professor John P. A. Ioannidis,
esperto Epidemiologo di fama internazionale, docente di Medicina preventiva
alla Facoltà di Medicina e chirurgia della Stanford University in California.
Le
mega-riviste, come” Plos One” e “Scientific Reports”, che pubblicano ciascuna
più di 2000 articoli scientifici ogni anno, hanno avuto in pochi anni una
crescita vertiginosa:
se nel 2015 solo il 6% della letteratura
biomedica era pubblicato su una mega-rivista, nel 2022 lo era un quarto degli
articoli.
Se le
riviste che pubblicavano più di 3500 articoli scientifici nel 2015 erano solo
le due precedentemente menzionate, nel 2022 sono state ventisei.
Le
riviste scientifiche tradizionali, come “Nature” e “Science”, sono a pagamento
per il lettore (scienziati, enti di ricerca, università), mentre i ricercatori
possono pubblicarvi gratuitamente il proprio lavoro scientifico, che però deve
passare una fase di revisione e accettazione molto selettiva (controllo dei
dati, originalità del lavoro) prima di essere pubblicato.
Per le
mega-riviste, invece, l’unico scopo è pubblicare:
gli
scienziati pagano per pubblicarvi il proprio lavoro, mentre per il lettore la
consultazione è assolutamente gratuita.
Il
processo di selezione dei lavori che andranno sulle loro pagine è quindi meno
stringente, potendo favorire la pubblicazione di falsi scientifici, “ricerche
fotocopia”, rendendo meno trasparente tutto il processo della ricerca
scientifica e quindi anche determinando il rischio di orientare la ricerca
verso obiettivi sbagliati e inconcludenti.
Inoltre, richiedendo tariffe salate per la
pubblicazione, potrebbero sfavorire ricercatori con pochi fondi e altresì
risucchiare denaro, anche pubblico, destinato alla ricerca scientifica.
L’ascesa
delle mega-riviste ha coinciso anche con un analogo aumento dei “preprint” in
archivi online accessibili a tutti, ovvero pre-pubblicazioni di lavori
che non hanno ancora passato alcun processo di revisione, come avviene prima che un articolo
approdi sulle pagine di una rivista scientifica tradizionale.
I
server di preprint hanno tassi di accettazione di articoli in genere superiori
al 70%, quindi fanno una selezione solo minima dei lavori.
I
mega-journal sembrano aver creato il mix perfetto per mandare in crisi il
vecchio sistema dell’editoria scientifica, la selezione stessa delle ricerche
migliori così come viene attualmente operata da parte di revisori esperti che
lo fanno senza fini di lucro.
Hanno
il potenziale di rendere la ricerca e il mondo accademico, il cui obiettivo e
metro per valutare i propri ricercatori è ormai sempre più spesso quello del
numero di pubblicazioni, meno trasparente.
In
questo senso, la decisione di alcuni giorni fa da parte di “Web of Science” di
rimuovere l’”International Journal of Environmental Research and Public Health”
edito dall’elvetica “MDPI”, dalla propria lista madre delle riviste, conferma
il contenuto dell’editoriale su “JAMA”.
Con
16.889 articoli pubblicati nel solo 2022, questa rivista è la seconda più
prolifica nell’intera area delle scienze biomediche.
La decisione è stata presa sulla base dei
parametri di qualità di “Web of Science” ed è particolarmente dolorosa per una
rivista scientifica.
“Nonostante
i potenziali svantaggi – concludono Boccia e Pezzullo – le mega-riviste hanno
la potenzialità di rappresentare un cambiamento positivo se si impegnano a
promuovere il rigore metodologico e, soprattutto, la trasparenza, nel rispetto
delle pratiche di “Open Science” che si fanno sempre più necessarie”.
Gli autori evidenziano, quindi, l’importanza
di dare la priorità a pratiche di ricerca trasparenti e rigorose e invitano
ricercatori, istituzioni e finanziatori a sostenere le riviste che difendono
questi principi.
Sottolineano
inoltre il potenziale delle riviste tradizionali di dare l’esempio puntando ai
più alti standard di trasparenza e rigore.
Man mano che le mega-riviste crescono, gli
autori prevedono che alcune riviste prestigiose potrebbero scomparire, ma alla fine ciò che conta è se la
maggior parte delle riviste aderisca, sostenga e faciliti le migliori pratiche
di ricerca”.
Riviste
predatorie,
un
pericolo per la scienza.
Lavoce.info
– (17- 01- 2017) - MANUEL F. BAGUES, MAURO SYLOS LABINI E NATALIA ZINOVYEVA –
ci dicono:
INVESTIMENTI
E INNOVAZIONE, SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA.
Esistono
riviste scientifiche che millantano standard accademici, ma che a pagamento
pubblicano qualsiasi articolo.
Sono
un pericolo perché a volte queste pubblicazioni sono considerate nelle
valutazioni della qualità della ricerca.
Un
problema anche in Italia.
I suggerimenti per risolverlo.
Articoli
pubblicati a pagamento.
La
scienza non è immune alla corruzione.
Da
qualche anno, accanto alle frodi classiche (fabbricazione, falsificazione e
plagio), la credibilità della comunicazione scientifica deve affrontare una
nuova minaccia:
le
riviste che millantano standard accademici, ma che, invece, pubblicano
qualsiasi articolo a pagamento.
“Jeffrey
Beall”, bibliotecario dell’università del Colorado, le ha battezzate riviste
“predatorie” e dal 2010 redige una lista che, non senza problemi e
controversie, prova a catalogarle.
“John
Bohannon” ne ha testato l’affidabilità in un esperimento i cui risultati sono
stati pubblicati su “Science”:
ha
inviato un articolo chiaramente artefatto a un centinaio di riviste della
lista. Solo il 16 per cento l’ha rifiutato, mentre l’84 per cento l’ha
accettato senza alcuna revisione.
Un
nostro lavoro mostra che l’Italia non è immune al problema. Incrociando i curricula di 46mila
ricercatori che hanno partecipato all’abilitazione scientifica nazionale con le
riviste della” lista di Beall”, abbiamo identificato circa 6mila articoli ivi pubblicati
nel periodo 2002-2012, lo 0,3 per cento del totale.
L’economia
e il management sembrano essere i settori dove il problema è più grave:
nel
2012, più del 5 per cento degli articoli è stato pubblicato su una rivista
della lista.
Complessivamente,
circa il 5 per cento dei ricercatori del campione ha almeno una pubblicazione
predatoria e, a parità di altre condizioni, la percentuale è più alta fra i più
giovani e fra chi lavora nelle università meridionali.
Perché
si pubblica su una rivista predatoria.
Per
comprendere meglio le motivazioni dei ricercatori e misurare la qualità delle
riviste identificate, abbiamo somministrato un questionario via email a un
campione di circa mille ricercatori e professori che vi hanno pubblicato.
Il tasso di risposta è stato inaspettatamente
alto (54 per cento).
I
risultati indicano che almeno il 36 per cento delle riviste identificate non
svolge” peer review” e altre hanno falsificato il loro impact factor, contrattato
aggressivamente sul prezzo, pubblicato articoli senza il consenso degli autori.
Per alcune riviste, invece, abbiamo ottenuto
commenti coerenti con una buona attività editoriale.
In molti casi, si trattava di numeri speciali
curati da editor esterni alla rivista.
La
bassa qualità media delle riviste esaminate è confermata da dati bibliometrici:
solo il 38 per cento ha pubblicato negli ultimi cinque anni almeno cinque
articoli con cinque citazioni e più di un terzo degli articoli del campione non
ha alcuna citazione su “Google Scholar”.
A
conferma dell’eterogeneità dei commenti ricevuti, qualche articolo ha invece avuto un
buon impatto ed è citato su riviste come “Science” e “The Lancet”.
Ci
siamo anche chiesti cosa spinga i colleghi a pubblicare, spesso a pagamento, su
riviste dal dubbio valore scientifico.
Una
prima spiegazione, come suggerisce uno dei commenti ricevuti, è l’inesperienza:
“Avevo
poca esperienza con riviste straniere. Successivamente sono stato criticato da
un collega per quella pubblicazione, oggi non lo rifarei anche perché
l’articolo in questione ha avuto poca visibilità ma a me è costato fatica”.
Ma
anche valutazioni che enfatizzano la quantità e non la qualità delle
pubblicazioni rischiano di spingere le prede fra le braccia dei predatori:
“Partecipai
a una conferenza di quell’organizzazione e mi fu offerto di pubblicare
velocemente il paper in una rivista (…). Avevo bisogno della pubblicazione per
l’abilitazione e accettai di pubblicare nella rivista che mi proponevano. Mi
sono pentita di quella scelta”.
Un
altro autore si chiede come sia possibile che le pubblicazioni su queste
riviste vengano considerate nella valutazione:
“Tutte
le riviste della casa editrice sono solo spazzatura e non capisco come possano
essere considerate ai fini Vqr (valutazione qualità della ricerca)”.
Il
motivo principale è che quasi un quarto delle riviste identificate è
indicizzato in “Scopus”, una delle principali banche dati di settore, spesso
utilizzata come segno di qualità.
Mentre
secondo i nostri risultati in almeno un terzo dei casi anche le riviste che
compaiono nella lista e sono indicizzate hanno comportamenti predatori.
Il
nostro studio mostra che anche in Italia un numero significativo di ricercatori
pubblica articoli su riviste con nessun valore accademico sprecando risorse economiche
e intellettuali.
È
arrivato il momento di affrontare il problema.
Un
primo passo è quello di sensibilizzare i giovani ricercatori a scegliere con
maggiore attenzione le riviste sulle quali pubblicare.
Un
secondo potrebbe essere quello di migliorare ancora la qualità della
valutazione.
Il nostro lavoro mostra che liste come” Scopus”
o la stessa lista di “Beall” sono informative, ma imperfette.
Più in generale, l’uso di liste predeterminate
dovrebbe essere accompagnato dalla peer review.
Forse
il lato selvaggio della scienza può ancora essere sconfitto.
(Non
mi pare proprio… quando oggi nel 2023, per “distruggere il mondo che conosciamo”
si ricorre ad argomenti scientifici palesemente falsi come quello che vorrebbe
far credere che un gas pesante più dell’aria -come la “Co2”- possa volare
nell’alto dei cieli per far parte della” cupola dei gas serra”! N.d.R.)
Apriti,
scienza! L'importanza
di
pubblicare
su riviste open
access.
Wired.it
– Sabina Leonelli - (8-9-2021) – ci dice:
Accedere
alle ricerche più importanti è spesso costoso, il che ne limita la diffusione e
l'impatto.
Ma il 2021 è l'anno della svolta. Grazie a “Plan
S”, una coalizione che da ora in poi finanzierà solo i progetti i cui risultati
siano disponibili per tutti.
Era il
12 gennaio 2020 quando la Cina condivideva col mondo intero la sequenza di
Sars-CoV-2, il virus che ha fatto da scintilla per la pandemia che tuttora
viviamo.
Siamo
distanti poco più di un anno da quel giorno eppure, se guardiamo alla mole di
scoperte sul patogeno e sulla malattia che scatena Covid-19, potrebbe quasi
sembrare il condensato di svariati lustri di ricerca scientifica.
Quella
prima condivisione ha consentito ai ricercatori di ogni parte del globo di
condurre immediatamente indagini sulle caratteristiche del virus, pur non
avendolo fisicamente a disposizione nel proprio laboratorio, e ha dato a tutti
i paesi la possibilità di sviluppare kit diagnostici in tempi record.
In una
manciata di mesi, gli scienziati sono riusciti a mettere a punto l’arma più
potente contro la malattia: il vaccino.
Nulla
di tutto ciò sarebbe stato possibile, o almeno non altrettanto velocemente,
senza una posizione di apertura.
Non
solo a proposito dei dati, ma anche delle pubblicazioni scientifiche, i
cosiddetti paper:
la
stragrande maggioranza di quelli che riguardavano ricerche attinenti a Covid-19
è stata resa disponibile in un formato “open access”, cioè gratuitamente, a
chiunque avesse bisogno di conoscerne i risultati.
Un
fatto, possiamo dirlo, più unico che raro, che ha consentito di generare da
subito un’enorme base di conoscenza grazie alla quale ospedali, università,
istituzioni e aziende hanno potuto lavorare in sinergia, pur trovandosi a
grande distanza tra loro, e generare nuova conoscenza in tempi rapidissimi.
Appendendo
– momentaneamente – al chiodo la vecchia scuola degli studi condotti in
successione e muovendosi come un unico smisurato cervello interamente focalizzato
sulla lotta contro il virus.
Momentaneamente,
dicevamo, perché di fatto è già ora di chiederci:
fino a quanto funzionerà ancora così?
Binario
veloce, binario lento.
Con
l'arrivo dei vaccini, che certo rappresentano una sorta di “tregua” dal punto
di vista medico, sono già iniziate le pressioni verso il ritorno a un sistema
di pubblicazioni chiuse, a pagamento.
Ma quanto è lecito, ora che sappiamo quanto
possiamo correre, decidere di convogliare la ricerca di nuovo sul “binario
lento”?
Inoltre,
pensare di rallentare solo perché iniziano a esserci soluzioni, significa
guardare al problema da una prospettiva squisitamente biomedica: ce lo possiamo davvero permettere, a
fronte del disastro sociale a cui stiamo assistendo?
C’è
moltissima competenza, nel mondo delle scienze sociali e umanistiche, che può
dare un contributo a superare questa grande crisi e sostenere (anche) le
persone che lavorano nella sanità pubblica.
Pensiamo, per esempio, alla ricerca
sull'impatto della pandemia sulle relazioni sociali, sulla salute mentale,
sulle condizioni lavorative, oppure alla comunicazione scientifica (incluso il
dibattito sulle vaccinazioni).
Non
dovrebbe essere necessario specificarlo, ma si tratta di una conoscenza tanto
importante quanto quella prettamente biologica.
Eppure, nel caso di nuove restrizioni,
potrebbe subire una brusca frenata.
Quale
sarà considerata ricerca fondamentale per la pandemia e quale invece sarà
reputata marginale?
Che cosa conta come scienza?
Dove
verrà segnata la linea di demarcazione?
Sarà
proprio questo a dare il polso di quanto sia grande il potere di chi decide.
E ancora una volta, persino in un momento come
questo dove le verità alternative fioccano da ogni dove, la decisione non
spetterà a chi la scienza* la fa*, a chi lavora nel mondo accademico, della
ricerca o dell'innovazione industriale.
A decidere se una pubblicazione scientifica
sarà liberamente fruibile o meno sarà un pugno di grosse case editrici.
E
questo, sia chiaro, non avviene da oggi né soltanto con il coronavirus.
Per un
pugno di paper.
Sono
almeno cent'anni che la tendenza dei contenuti scientifici è quella di
crescere, moltiplicarsi coinvolgendo un numero maggiore di persone, nazioni,
culture, diversificandosi in discipline sempre più specializzate.
Oggi,
la quantità di informazioni che devono essere trasmesse è diventata enorme e
richiede infrastrutture complesse e costose.
All'opposto,
il sistema che convoglia e muove i fili del sapere è sempre più limitato, con
disseminazione e comunicazione vincolate a chi queste infrastrutture le ha
costruite, e cioè i grossi editori.
Ma non è tutto.
L’espansione del mondo scientifico ha portato
con sé anche problemi intrinseci di valutazione:
capire chi siano i bravi ricercatori, coloro ai quali
spettano i fondi di ricerca, e quali siano le ricerche più promettenti, quelle
su cui vale la pena di investire, richiede un sistema di misura efficace e
immediato.
È così
che è nato quello che viene definito impact factor:
un metro per giudicare i ricercatori sulla
base di quante pubblicazioni producono e dove riescono a collocarle.
Più alto è il prestigio delle riviste
scientifiche su cui un ricercatore pubblica, più è alto il suo “impact factor”.
Tutto
bene, se non fosse per un problema:
le
riviste che conferiscono un valore maggiore a un ricercatore e alla sua
attività sono letteralmente “proprietà privata”, o meglio, sono in mano a case
editrici commerciali, che dal sistema di pubblicazioni devono trarre profitto.
E, in nome di questo profitto, chi vuole
consultare i risultati di una ricerca deve acquistarli, facendosi carico di
spese a volte anche molto consistenti.
Under
pressure.
Un
ingranaggio così costituito finisce per escludere moltissime persone dal poter
accedere ai risultati scientifici, a partire da una buona parte dei
protagonisti stessi della ricerca: gli scienziati.
Non
tutte le istituzioni dove i ricercatori lavorano, infatti, possono permettersi
di versare le somme necessarie accedere ai “paper”; uno scienziato
dell’università di un **paese in via di sviluppo **rimane molto spesso – e poco
democraticamente – escluso.
Se non
bastasse, a rimanere tagliati fuori sono anche settori e professioni non
direttamente coinvolti nel mondo della ricerca, ma che potrebbero lavorare
meglio attingendo ai suoi frutti, come per esempio l’industria, l’educazione,
l’avvocatura, i medici di ogni istituto e gli stessi pazienti, a cui sarebbero
in questo modo concessi nuovi livelli di consapevolezza.
Un'esigenza confermata dai dati.
Per esempio, un rapporto redatto dall’editore “Springer
Nature”, uno dei maggiori del settore, ha reso noto il traffico di lettori sui
propri articoli “open access” nel corso del 2020:
gli
utenti generici, inclusi appunto insegnanti, avvocati, pazienti, erano il 28%
del totale.
Ai
quali va sommato un ulteriore 15% di personale dell’industria e di personale
medico non direttamente operativo nel mondo della ricerca.
La
pressione che questa macchina del dentro e fuori genera finisce per schiacciare,
comprimendole, le possibilità di conoscenza, e per rinnegare in parte l’idea
stessa di scienza, che per definizione è continuo confronto, critica,
revisione, dibattito, contaminazione di saperi e che, per poter essere tale,
deve per forza di cose essere esposta, visibile, partecipata.
La conseguenza è che a perderci siamo tutti.
È solo
nell’ultima ventina d’anni che il problema si è evoluto da elefante nella
stanza a vero e proprio tema di dibattito a caccia di soluzioni concrete.
E quel che è assolutamente chiaro, dopo le prime
iniziative che tentavano di boicottare o “mandare in tilt” il business delle
pubblicazioni a partire dal basso, è che solo un’azione coordinata e
trasversale è in grado di generare un cambiamento.
Altrettanto chiaro è che non esiste,
purtroppo, una soluzione semplice, né tantomeno immediata, al problema:
esistono, semmai, alcune vie più percorribili di altre.
Quella
che sembra più promettente, e che stiamo sperimentando, prevede di creare una
serie di incentivi che, come una leva, spinga i ricercatori verso la produzione
di “paper aperti”, cioè situati al di fuori del classico circuito a pagamento.
L'inizio
di una rivoluzione.
È qui
che si colloca “Plan S”, il risultato di una lunga serie di riflessioni e
mediazioni verso l’”open access”, e allo stesso tempo un passo importante per
provare a dare una svolta all’intero sistema.
Nato
due anni fa, “Plan S” è una coalizione di agenzie nazionali (17 in totale) e di
alcune grosse agenzie private che si occupano di fornire fondi alla ricerca
(tra le quali “Wellcome Trust” e “Howard Hughes Medical Institute”, due dei
maggiori finanziatori mondiali della ricerca biomedica, ma anche “John
Templeton Foundation e Bill & Melinda Gates Foundation”, per esempio) unite
da una linea comune:
non
finanziare più progetti scientifici i cui risultati non saranno messi in
circolazione, il prima possibile, in un formato “open access”.
Si tratta di un modo per spronare i
ricercatori a mettersi in gioco sottoponendo le proprie pubblicazioni a testate
alternative, con la prospettiva di ottenere nuovi fondi, e molto prestigiosi,
per la ricerca.
E è
anche un'enorme spinta a evolversi per le case editrici stesse.
Innescato
questo nuovo meccanismo, è infatti probabile che si instauri uno scenario in
cui molti dei migliori ricercatori riusciranno a ottenere questi fondi.
E così, seguendo le regole di” Plan S”, una
grossa fetta della migliore ricerca in Europa sarà inevitabilmente pubblicata
in un regime “open access”.
Una
prospettiva che i grossi editori non potranno certo permettersi di ignorare,
perché preme sul loro modello di business dall’interno.
Il
2021 è per “Plan S” l’anno della svolta:
i suoi principi sono già entrati in vigore.
Questo significa che adesso gli autori finanziati dalla coalizione sono tenuti
a pubblicare i risultati delle proprie ricerche in modo che siano accessibili a
tutti, attraverso varie modalità.
L’opzione
più semplice, accettata da alcuni editori negli ultimi anni, è quella
cosiddetta del “green open access”, cioè rilasciare i risultati su riviste,
comprese quelle che normalmente applicano il “paywall”, in una versione
completa e revisionata se non ancora sua formattazione finale.
Questo
ne garantisce la gratuità e ovviamente incoraggia altri ricercatori al
confronto, ma ha anche dei limiti non trascurabili, come per esempio una minor
indicizzazione rispetto ai “classici paper” e una scarsa possibilità di essere
rintracciati con motori di ricerca che si basano sull’intelligenza artificiale,
sempre più utilizzati e ormai fondamentali nella gestione dei “big data”.
Oro e
diamanti.
Un
altro esperimento è quello del “gold open access”, che inverte in un certo
senso i ruoli rispetto al pagamento delle pubblicazioni:
a
dover investire e rendere conto dei costi di produzione, in questo caso, non è
il fruitore, bensì gli autori stessi della ricerca.
Il
vantaggio di questo modello è che tutti i potenziali lettori possono accedere
liberamente ai risultati, pubblicati nella loro forma finale.
A
subire una stretta sono però i ricercatori:
solo
quelli che hanno fondi sufficienti per far fronte alla spesa (con prezzi che
vanno da 1.500 ai quasi 10mila euro per una singola pubblicazione) possono
adottare questa modalità.
E questo solleva problemi enormi.
Gli
scienziati di istituzioni molto ricche, in paesi sviluppati, ne escono
avvantaggiati, mentre chi si trova in istituzioni, o realtà nazionali, più
povere, viene tagliato fuori dal sistema, assieme a tutti i ricercatori ai
primi stadi della carriera (come gli studenti di dottorato, che difficilmente
hanno a disposizione grossi budget).
Così,
ancora una volta, a essere penalizzata è la moltitudine di voci, specie nuove
ed emergenti, che possono apportare un valore aggiunto alla conoscenza.
Proprio
perché ciascuna di queste strade, al di là della fruizione gratuita, presenta
alcuni limiti innegabili, i membri di “Plan S” – ma non solo, esistono altri
progetti paralleli che portano avanti gli stessi valori – stanno lavorando su strategie alternative,
che mirano alla gratuità su entrambi i fronti (autori e fruitori) e, allo
stesso tempo, garantiscano la sostenibilità (per le case editrici) del sistema.
Così
si va verso un meccanismo che prenderà il nome di “diamond open access”, che
sarà fondato su investimenti garantiti non dai singoli autori, bensì da intere
istituzioni o, meglio ancora, da nazioni pronte a investire in una piattaforma
comune in grado di accogliere varie riviste in formato aperto.
Farlo significherebbe ricavarne un ritorno in
reputazione, per esempio, oppure stimolare la ricerca in uno specifico settore
a cui siano particolarmente interessate.
Vedute
dal futuro.
Anche
se a oggi non abbiamo ancora una soluzione definitiva, il dado è tratto.
Il settore è in grande evoluzione.
È ormai innegabile che i paesi più avanzati,
che ospitano le università più ricche e più popolate, abbiano una grande
responsabilità e che, mettendosi in gioco potrebbero dare il colpo di coda per
l’apertura dei contenuti.
Ma è
sempre più evidente anche la necessità di scambiare dati e pubblicazioni nella
maniera più efficace possibile in modo trasversale e transnazionale, così come
accade nella scienza stessa, dove il divario economico e le frontiere nazionali
non hanno alcun senso di esistere.
E
come, d’altronde, la pandemia sta brutalmente testimoniando.
I
tempi di questo “viaggio”?
È
razionale pensare che il sistema delle pubblicazioni scientifiche cambierà
radicalmente in direzione “open” entro i prossimi cinque anni.
C’è
fermento, ci sono moltissimi consensi, e questo movimento è ormai
inarrestabile.
E, se
proviamo ad allargare lo sguardo oltre ai risultati della ricerca, iniziamo a
intravedere anche quelli che sono gli altri moti paralleli:
l’”open
data”, la condivisione dei dati e dei metodi che vengono via via sviluppati, lo
scambio dei materiali stessi, come per esempio campioni biologici (non solo virus, ma anche
campionamenti ambientali, per esempio).
Tutto
questo, prima o poi, dovrà trovare piattaforme sulle quali muoversi,
amplificando le possibilità di indagine alla loro massima espressione.
Abbiamo
di fronte un lavoro immenso, ma è solo così che potremo farci trovare preparati
ad affrontare le nuove sfide globali.
Anche
le più inaspettate.
I
padroni del mondo. Come la cupola
della
finanza mondiale decide
il destino dei governi e delle popolazioni
amazon.it - Luca Ciarrocca (Autore) –
(13-8-2023) – Redazione - ci dice:
Un
club esclusivo di poche migliaia di persone super ricche, non elette
democraticamente, che decide i destini di intere popolazioni, in grado di
manipolare i mercati finanziari e di imporsi sulla politica e sugli Stati.
Chi
sono, come agiscono e quali obiettivi hanno i banchieri - i famigerati bankster
- che guidano i giochi delle banche centrali e vivono sulle spalle della classe
media e dei ceti più poveri?
Il libro di “Ciarrocca” riesce a mappare il
genoma della finanza mondiale attraverso la rete di società finanziarie e
industriali che di fatto controllano l'economia mondiale, e ne denuncia la
pericolosità per il genere umano.
Ecco come i grandi istituti commerciali
azionisti delle banche centrali, innanzitutto la Federal Reserve e la Bce,
riescono a veicolare le informazioni e a tirare le fila del capitalismo
mondiale.
Il prezzo di materie prime, azioni,
obbligazioni, valute, non è frutto di una contrattazione libera, quella è solo
una messa in scena.
La realtà è ben diversa:
sono i
bankster a condurre il gregge dei piccoli risparmiatori e dei contribuenti,
complici le agenzie specializzate come Moody's e Standard & Poor's e i
governi loro alleati, pronti a scaricare sulla collettività il peso delle crisi
e l'onere di generare nuovo cash.
Come uscirne? La proposta c'è, e l'autore ce
la illustra.
I
cittadini sarebbero finalmente svincolati dai diktat della finanza, e i governi
non dovrebbero più cedere il potere di creare moneta.
Una
rivoluzione dalla parte della gente che lavora e dell'economia reale.
La
politica interna del “partito
Americano”
alimenta
la
catastrofe ucraina.
Unz.com - PHILIP GIRALDI – (29 AGOSTO 2023) –
ci dice:
La
guerra può finire solo quando aiuta Biden a ricandidarsi.
Sicuramente
non sono l'unico ad aver notato che le linee di propaganda difensiva che stanno
diffondendo l'amministrazione democratica sono diventate più che normalmente
ridicole negli ultimi tempi.
Si è
stupiti dalla fusione di realtà e finzione per creare narrazioni che descrivono
la Casa Bianca e tutto ciò che la riguarda come forgiare un nuovo e più
meraviglioso paese.
"Build Back Better" non era il grido
di battaglia, qualunque cosa significhi?
E il
giro è infinito, anche quando un ignaro Joe Biden finisce tardivamente a “Maui”
per raccontare la tragedia in cui almeno 1.000 sono morti, solo per essere
accolti dai residenti locali sopravvissuti che salutano il presidente con il
dito medio alzato.
Mentre il presidente guardava la distruzione
di un'intera città da parte di un incendio, ricordava il suo incontro
"quasi" molto tempo fa con un incendio nella sua cucina.
La
gente del posto che chiedeva aiuto al governo non stava ottenendo quasi nulla
mentre il capo dell'esecutivo della nazione era nello Studio Ovale gongolante
per aver inviato altri 23 miliardi di dollari all' arci truffatore Volodymyr
Zelensky dell'Ucraina, denaro per combattere una guerra che Biden ha
incoraggiato e in cui è entrato allegramente.
I
politici di Washington tipicamente non hanno morale e sono guidati solo dal loro
desiderio di perpetuare il dominio del loro partito in modo che la corruzione che rende ricchi così
tanti di coloro che aderiscono al processo, incluso Joe Biden.
Che
importanza hanno 500.000 morti ucraini e russi se un mito sugli Stati Uniti e
sui suoi valori può essere sfruttato per ottenere la vittoria elettorale di
Biden nel 2024?
Come
disse una volta il “mostro” molto stimato “Madeleine Albright”, "Penso che
ne valga la pena!"
Suggerirei
che la nostra classe politica e i parassiti che la circondano si stanno
avvicinando a profondità non ancora piombate quando di tanto in tanto leggo
articoli o ascolto discorsi prodotti dalla macchina da spin di Washington DC.
Ma anche da questa misura, sono rimasto
sconvolto da un recente articolo apparso su “Politico” e che ha immediatamente
ricevuto una notevole replica in altre pubblicazioni frequentate dalla folla
all'interno della “Beltway”.
“Politico”
è stata acquisita da “Axel Springer”, un editore tedesco nel 2021, il più
grande conglomerato di giornali e riviste in Europa.
Ideologicamente, alcuni hanno descritto il
pregiudizio politico delle pubblicazioni Springer "come tendente a sinistra del centro o
moderato",
ma la mia esposizione personale al gruppo sin dai miei giorni militari in
Germania mi ha portato a credere che in realtà sia molto più conservatore di
così.
Tutti
i dipendenti di Springer, incluso “Politico”, dovrebbero sostenere l'Unione
Europea, la NATO, Israele, la guerra contro l'Ucraina, la società aperta e le
politiche di libero mercato.
L'articolo
è intitolato "Ecco 3 modi per porre fine alla guerra in Ucraina. One Might
Actually Work" con un sottotitolo "Putin ha il veto su due finali per
l'Ucraina. Ma ce n'è un terzo che lo bypasserebbe".
Il
pezzo è stato scritto da un certo “Tom Malinowski”, un assistente “segretario
di Stato per la democrazia, i diritti umani e il lavoro” nell'amministrazione
Obama prima di servire come membro del Congresso del Partito Democratico dal
New Jersey 7esimo distretto tra il 2019 e il 2023.
Attualmente
è sotto inchiesta da parte dell'”Office of Congressional Ethics “per
"sostanziali ragioni per credere" di aver violato le leggi federali
relative ai conflitti di interesse.
Secondo
quanto riferito, aveva scambiato e non aveva rivelato circa $ 1 milione di
azioni in società mediche e tecniche che avrebbero ricevuto assistenza dei
contribuenti come parte della risposta alla pandemia di COVID-19, che avrebbe
inevitabilmente comportato un forte aumento dei valori azionari.
Malinowski
è attualmente senior fellow presso il “McCain Institute”, una di quelle fondazioni finanziate
dalle industrie della difesa in cui i politici vanno a nascondersi e
arricchirsi tra un mandato e l'altro.
L'Istituto
è un presunto "think tank apartitico con sede a Washington DC istituito in
collaborazione con l'Arizona State University".
La sua
missione dichiarata è quella di "lottare per la democrazia, la dignità umana e la
sicurezza per un mondo libero, sicuro e giusto per tutte le persone".
Inevitabilmente,
è piuttosto selettivo in termini di chi beneficia esattamente della sua
generosità e si potrebbe ricordare che il suo omonimo fondatore, il senatore
John McCain, non ha quasi mai visto una guerra che non gli piaceva e una volta
ha liquidato la Russia di Vladimir Putin come una "stazione di servizio che finge di
essere un vero paese".
McCain è stato anche un attore importante
nell'operazione di "cambio di regime" in Ucraina nel 2014, suggerendo
che il suo giudizio sulle relazioni dell'America con il resto del mondo
potrebbe essere un po’ imperfetto.
Malinowski
è inevitabilmente pienamente d'accordo con la visione della Casa Bianca sul
perché gli Stati Uniti sono andati fino in fondo in una guerra per procura
contro la Russia che usa l'Ucraina come strumento di scelta.
Dice
nel suo primo paragrafo che "'L'Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia –
mai'’, ha
detto il presidente Joe Biden in un discorso in Polonia quest'anno, e
giustamente.
Affinché
la guerra in Ucraina si concluda in termini coerenti con gli interessi e gli
ideali americani, l'Ucraina deve essere vista come vincente, e l'invasione
della Russia deve passare alla storia come un fallimento decisivo, abbastanza
da dissuadere altre potenze autoritarie dal lanciare simili guerre di
aggressione in futuro.
Malinowski
pone le sue "3 vie" come segue:
in primo luogo, per "le sue forze armate per
riprendersi tutto il territorio che la Russia ha illegalmente sequestrato dalla
sua prima invasione nel 2014 – compresa la Crimea.
Questo
sarebbe un risultato fantastico.
È ancora possibile.
E gli Stati Uniti dovrebbero fare tutto il possibile
per sostenerlo, incluso, se il Congresso approverà maggiori finanziamenti, fornendo le armi più avanzate che
l'Ucraina ha richiesto".
Se
Malinowski pensa che la vittoria armata dell'Ucraina sia "ancora possibile"
sta delirando, ma non si aspetta seriamente quel risultato, tranne che per la
parte "più finanziamenti".
La sua
Seconda Via, anch'essa una "falsa pista" per mascherare dove vuole
davvero andare, sarebbe "attraverso un accordo diplomatico.
All'inizio
di questo mese, 40 paesi, tra cui Cina e Stati Uniti, si sono incontrati in
Arabia Saudita per discutere il piano in 10 punti del presidente Volodymyr
Zelensky per la pace, che richiederebbe il ritiro di tutte le truppe russe
dall'Ucraina, il ritorno dei bambini rapiti e la giustizia per i crimini di
guerra.
Qualsiasi
accordo basato su quel piano sarebbe, ovviamente, meraviglioso.
Ma la
Russia sotto Putin non ha mai concluso le sue guerre al tavolo dei negoziati;
Nella migliore delle ipotesi li ha congelati, mantenendo aperte le sue opzioni.
La Russia non ha mostrato alcun interesse nel
fare concessioni che si avvicinerebbero ai requisiti minimi dell'Ucraina e dei
suoi alleati.
Finché
il suo esercito eviterà il collasso totale, e crede che ci sia una possibilità
di cambiamento politico in Occidente, Putin probabilmente continuerà a
sacrificare i russi per rimanere nella lotta.
Quindi
la Seconda Via di Malinowski è un vicolo cieco deliberatamente progettato e
lui, naturalmente, dà la colpa di tutto a Putin.
La sua
vera "soluzione" sarebbe la Terza Via:
"Quindi,
se la Russia riesce a ostacolare i piani A e B, dove ci lascerebbe passare,
diciamo questa volta l'anno prossimo?
L'Ucraina
e i suoi alleati dovrebbero semplicemente andare avanti, sperando in una svolta
nel 2025 o oltre?
Data
la posta in gioco – non solo la sopravvivenza dell'Ucraina ma dell'intero
ordine internazionale – sarebbe rischioso.
Renderebbe
il successo dipendente da eventi che non possiamo prevedere o controllare,
compreso l'esito delle elezioni nei paesi occidentali, compresi gli Stati
Uniti.
E
mentre non abbiamo il diritto di dire agli ucraini di smettere di combattere
prima che il loro paese sia completo, non abbiamo nemmeno il diritto di
aspettarci che continuino a combattere ad ogni costo.
Fortunatamente,
c'è un terzo modo possibile per soddisfare la necessità del successo ucraino e
del fallimento russo, su cui Putin non avrebbe alcun veto.
Malinowski
richiede che "gli Stati Uniti diano all'esercito ucraino tutto ciò di cui
ha bisogno per avanzare il più lontano possibile nella sua controffensiva. Al
momento opportuno l'anno prossimo, l'Ucraina dichiarerà una pausa nelle operazioni
militari offensive e sposterà il suo obiettivo primario sulla difesa e la
ricostruzione delle aree liberate, integrandosi con le istituzioni occidentali.
Poi, al suo vertice del luglio 2024 a
Washington, la NATO inviterebbe l'Ucraina ad aderire all'alleanza occidentale,
garantendo la sicurezza di tutto il territorio controllato dal governo ucraino
a quel punto ai sensi dell'articolo 5 del trattato NATO.
Questo
sarebbe un patto difensivo, ma non un impegno a prendere parte diretta a
qualsiasi futura operazione offensiva che l'Ucraina potrebbe scegliere di
intraprendere.
L'adesione
dell'Ucraina alla NATO potrebbe essere essa stessa il modo in cui la guerra
finisce, coerentemente con l'attuale politica di Biden – e in un momento e alle
condizioni stabiliti dall'Ucraina e dai suoi alleati, non dalla Russia.
Ottenere sicurezza all'interno della NATO come
uno stato forte, pluralistico e democratico conterebbe assolutamente come una
vittoria per l'Ucraina – probabilmente grande quanto riconquistare rapidamente
la Crimea.
Potrebbe
rendere politicamente possibile per Zelensky, se lo desidera, enfatizzare
strategie non militari per rivendicare qualsiasi parte del suo paese ancora
sotto occupazione russa, che anche gli alleati dell'Ucraina continuerebbero a
sostenere – potenzialmente includendo qualsiasi cosa, dalla diplomazia e dalle
sanzioni al blocco e al sabotaggio.
L'aggiunta
di un'Ucraina democratica nella NATO segnerebbe la sconfitta totale e
permanente della crociata di Putin per assorbirla in un impero russo.
Sì, le
forze russe potrebbero provare a passare di nuovo all'offensiva, ma la
probabile futilità di attaccare le posizioni ucraine fortificate ora sostenute
dalla minaccia della potenza di fuoco della NATO sarebbe un forte deterrente.
Nel
frattempo, le sanzioni contro la Russia rimarrebbero; la sua forza economica e
militare continuerebbe a erodersi; e Putin poteva solo guardare mentre i suoi
beni congelati all'estero venivano prelevati per pagare la ricostruzione
dell'Ucraina".
È
facile vedere cosa c'è di sbagliato nella Terza Via di Malinowski, a parte il
fatto che è una porta aperta per iniziare una terza guerra mondiale nucleare.
E si
potrebbe suggerire che è anche possibile discernere la politica interna degli
Stati Uniti che lo sta guidando.
Il
modo in cui la guerra in Ucraina finirà dipende dal comportamento razionale di
Zelensky, per il quale non è rinomato, ed è perfettamente in grado di aderire
alla NATO prima di usare una falsa bandiera o altrimenti provocare un incidente
con la Russia che richiederebbe l'intervento dell'articolo 5 della NATO.
Inoltre,
tutte le altre parti coinvolte dovrebbero agire in modo prevedibile e sano,
compresi gli Stati Uniti, il che è improbabile.
Zelensky
in particolare cerca disperatamente di trascinare gli Stati Uniti e la NATO
nella sua guerra e farà tutto il necessario per arrivare a quel punto e la sua
richiesta non negoziabile per il pieno ripristino di tutto il territorio
ucraino, compresa la Crimea, approvata da Malinowski, è un accordo che in ogni
caso la Russia non potrebbe accettare.
Anche
i media mainstream statunitensi fino ad ora favorevoli stanno cominciando a
vedere la luce e stanno ammettendo sia che la tanto propagandata controffensiva
ucraina è stata un fallimento sia che l'Ucraina non ha la capacità di
sconfiggere la Russia, non importa quante armi siano messe in cantiere a caro
prezzo per sostenerla.
E c'è
anche la frode del regime di Biden che sta avvenendo con rapporti secondo cui
anche la CIA normalmente disponibile ha avvertito inutilmente che la guerra è
invincibile.
Il
fatto che almeno mezzo milione di ucraini e russi siano già stati uccisi o
feriti sta iniziando a colpire sia gli americani che gli europei e aumenterà le
richieste di porre fine ai combattimenti nel modo più incondizionato
necessario.
Un
ultimo ma molto importante punto che deve essere fatto è la tempistica
deliberata del "3Rd Way" che molto convenientemente presenta Joe
Biden con una grande vittoria militare poco prima delle elezioni presidenziali
statunitensi, cancellando tutti i ricordi del vergognoso ritiro
dall'Afghanistan.
A quanto pare non importa che così facendo
continui una guerra sanguinosa e inutile e distrugga l'Ucraina come stato e
come popolo.
L'osservatore
di “Sottostack online” “Simplicius the Thinker” descrive come "i
democratici avranno bisogno di tutto l'aiuto possibile”.
Se un
piano potesse essere progettato e confezionato in modo da poter essere venduto
come una grande "vittoria", allora certamente i democratici
tenteranno di trascinarlo fino alla vigilia delle elezioni per cercare di usare
"la grande vittoria ucraina di Biden" come un'enorme spinta
dell'ultima ora.
Joe e
Malinowski apparentemente credono che la vittoria in un'elezione sia più
importante che trovare la sanità mentale per prendere provvedimenti per salvare
centinaia di migliaia di vite e continueranno a fare tutto il necessario per
"vincere".
Nauseante.
(Philip
M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del Council for the National Interest).
«Così
nel 2050 la civiltà umana
Collasserà per il climate change».
Ilsole24ore.com
– (27 giugno 2019) - Enrico Marro – ci dice:
Un’allarmante
analisi dei ricercatori del “National Center for Climate Restoration
australiano” delinea uno scenario in cui entro il 2050 il riscaldamento globale
supererà i tre gradi centigradi, innescando alterazioni fatali dell'ecosistema
globale e colossali migrazioni da almeno un miliardo di persone.
Ecco
cosa potrebbe avvenire anno dopo anno.
“Climate
change”, cosa succede se non fermiamo il riscaldamento globale.
Un
decennio perduto.
Tra il
2020 e il 2030 i policy-maker mondiali sottovalutano clamorosamente i rischi
del climate change, perdendo l’ultima occasione per mobilitare tutte le risorse
tecnologiche ed economiche disponibili verso un unico obiettivo:
costruire
un’economia a zero emissioni cercando di abbattere i livelli di CO2, per avere una possibilità
realistica di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei due gradi.
L’ultima
occasione viene clamorosamente bruciata.
(Ma la
Co2 essendo più pesante dell’aria non può salire sino alla volta per provocare l’effetto
serra e quindi il riscalamento climatico non può dipendere dal gas Co2! N.d.R.)
Il
risultato è che nel 2030, come avevano ammonito tredici anni prima gli
scienziati Yangyang Xu e Veerabhadran Ramanthan in una pubblicazione
scientifica che aveva fatto discutere, le emissioni di anidride carbonica
raggiungono livelli mai visti negli ultimi due milioni di anni.
(La
Co2 quale gas più pesante dell’aria si sposta a livello del terreno e del mare
e le emissioni di Co2 sul terreno e sul mare sono solo un fenomeno già previsto
di chi ha creato il mondo! N.d.R.)
Nel
ventennio successivo si tenta di porre rimedio alla situazione, ma è troppo
tardi:
nel
2050 il riscaldamento globale raggiunge tre gradi, di cui 2,4 legati alle
emissioni e 0,6 al cosiddetto “carbon feedback”, la reazione negativa del
pianeta al riscaldamento globale.
(Se
“carbon feedbak” vuol dire di quanto è cresciuto il gas Co2 nell’alta
atmosfera, si può stare tranquilli. Il gas Co2 rimane- come ora- tutto a livello del terreno
e del mare. Non può salire in cielo in quanto più pesante dell’aria. N.D.R.)
L’anno
2050 rappresenta l’inizio della fine.
Buona
parte degli ecosistemi terrestri collassano, dall’Artico all’Amazzonia alla
Barriera corallina.
Il 35% della superficie terrestre, dove vive
il 55% della popolazione mondiale, viene investita per almeno 20 giorni l’anno
da ondate di calore letali.
Il 30%
della superficie terrestre diventa arida:
Mediterraneo,
Asia occidentale, Medio Oriente, Australia interna e sud-ovest degli Stati
Uniti diventano inabitabili.
Una
crisi idrica colossale investe circa due miliardi di persone, mentre
l’agricoltura globale implode, con raccolti crollati del 20% e prezzi alle
stelle, portando ad almeno un miliardo di “profughi climatici”.
Guerre
e carestie portano a una probabile fine della civiltà umana così come la intendiamo
oggi.
(Poveri noi… gli scienziati non sanno
che un gas pesante più dell’atmosfera come è la Co2 non potrà mai essere una
causa per la fine dell’umanità. I ricchi globalisti vogliono eliminare la Co2
sul terreno e sul mare, con la conseguente fine dell’umanità e la fine della
vita animale e vegetale! N.d.R.)
Solo
un romanzo di fanta-ecologia?
Purtroppo
no:
quello
che abbiamo letto qui sopra è uno studio scientifico ben documentato (e anche
ben pagato)” dei ricercatori del “National Center for Climate Restoration
australiano”, guidati da “David Spratt e “Ian Dunlop”, dal sinistro titolo
“Existential climate-related security risk”.
L’ipotesi
dello studio è che esistano rischi di riscaldamento globale non calcolati dagli
Accordi di Parigi e in grado di porre “rischi esistenziali” alla civiltà umana.
Le
ipotesi di “climate change” delineate nel 2015 dagli Accordi di Parigi, pari a
un aumento di tre gradi entro il 2100, non tengono infatti conto del meccanismo
di “long term carbon feedback” con cui il pianeta tende ad amplificare i
mutamenti climatici in senso negativo, quindi portando a un ulteriore aumento
della temperatura.
Se si
tiene conto anche del “carbon feedback”, secondo diverse fonti tra le quali
scienziati del calibro di Yangyang Xu e Veerabhadran Ramanathan, esiste un
concreto rischio di arrivare a tre gradi di riscaldamento già nel 2050, che
salirebbero a cinque gradi entro il 2100.
La cività umana non farebbe in tempo a
vederli, poiché la maggior parte degli scienziati ritiene che un aumento di
quattro gradi distruggerebbe l’ecosistema mondiale portando alla fine della
civiltà come la conosciamo oggi.
Una
china pericolosa in cui, come nota “Hans Joachim Schellnhuber “del Potsdam
Institute, probabilmente
«la
specie umana in qualche modo sopravviverà, ma distruggeremo tutto quello che
abbiamo costruito negli ultimi duemila anni».
Il
vero problema, sottolinea lo studio australiano, è rappresentato da alcune
“soglie di non ritorno” climatiche come la distruzione delle calotte polari e
il conseguente innalzamento del livello del mare.
“Soglie
di non ritorno” molto pericolose che, una volta oltrepassate, trasformerebbero
il “climate change” in un evento non lineare e difficilmente prevedibile con
gli strumenti oggi a disposizione della scienza.
Dopo
il superamento di quei “punti di non ritorno” il riscaldamento globale si
autoalimenterebbe anche senza l'azione dell'uomo, rendendo inutile ogni tardivo
tentativo di eliminare le emissioni.
Quello
della fine della civiltà umana è un rischio minimo ma non assente, sottolinea
Ramanathan, che lo stima al 5% («e chi prenderebbe un aereo sapendo che ha il
5% di possibilità di schiantarsi?», nota lo scienziato).
È oggi che dobbiamo agire, conclude lo studio:
domani potrebbe essere troppo tardi.
(Ma gli aerei del futuro andrebbero a
schiantarsi forse perché troppo più pesanti rispetto alla futura atmosfera?
N.D.R)
La
degradazione e distruzione degli
alberi
produce grandi quantità di CO2.
Conalpa.it
- (3 Agosto 2019) – Redazione – ci dice:
Il
taglio indiscriminato di alberi, la distruzione delle foreste e la degradazione
di infrastrutture verdi in ambiente urbano producono ingenti quantità di
Anidride Carbonica.
I
boschi fissano grandi quantità di anidride carbonica.
Gli
alberi trasformano la CO2 in biomassa.
E’ tra
i primi concetti basilari di scienze che si insegnano (o si dovrebbero
insegnare) a scuola, ma nel mondo di oggi, così superficiale e così dedito a
dimenticare gli insegnamenti dei padri, si rischia di perdere anche questo.
Gli
alberi hanno la capacità di sottrarre la CO2 dall’atmosfera per trasformarla in
biomassa.
Non tutti lo sanno o fanno finta di non
sapere, questa è la triste realtà.
Noi
cerchiamo di spiegarlo nel modo più semplice possibile.
Secondo
gli scienziati l’unico rimedio per mitigare gli effetti nefasti del clima
impazzito è proprio la messa a dimora di miliardi di alberi in tutto il
pianeta, ricostruendo le foreste e rendono verdeggianti le città.
Secondo un recente studio comparso sulla “rivista
Science” un progetto globale di riforestazione su larga scala potrebbe
abbattere i livelli di CO2 in bassa atmosfera (ossia a livello del terreno e
del mare) del 25 percento.
Qualunque
parte di un organismo vegetale è frutto di produzione primaria, in altre parole
tutte le principali parti di una pianta e che ne costituiscono il peso (tronco,
rami, foglie, radici) rappresentano biomassa vegetale che è quindi il prodotto
della fissazione della CO2 atmosferica (anidride carbonica) per merito del
processo di fotosintesi.
Tutto
il peso di una parte morta di una pianta, in funzione del tempo, è
irrimediabilmente destinato a tornare sotto forma di anidride carbonica in bassa
atmosfera per processi di ossidazione più o meno veloci (dalla combustione alla
biodegradazione microbica).
Conseguentemente,
un albero o una pianta è tanto più patrimonio collettivo quanto più è vecchia
ed aumenta di peso, poiché quello è tutto peso di CO2 sottratta all’atmosfera
nel corso di decenni o secoli di vita.
Le
foreste sono degli straordinari contenitori di CO2, osserviamo le grandi
foreste con le gigantesche sequoie della California o le grandi foreste
equatoriali.
Nelle
foreste la continua rigenerazione delle piante, alberi e arbusti, compensa la
degradazione del legno morto che diventa esso stesso humus per nutrire la nuova
vegetazione.
La
distruzione degli alberi produce tonnellate di CO2 che torna velocemente nella
bassa atmosfera.
La
degradazione del verde produce CO2.
Abbattere
alberi in buone condizioni di salute o scatenare processi di degenerazione
delle infrastrutture verdi, attraverso mutilazioni e capitozzature, produce grandi quantità di Anidride
Carbonica che ritorna in atmosfera.
(la
Co2 è un gas più pesante dell’aria e quindi ritorna nella bassa atmosfera,
prossima alla terra e alle cime degli alberi, oltre che prossima al mare. Non
può volare nell’alto dei cieli! N.D.R.)
Gli
incendi distruttivi di origine dolosa sprigionano ingenti quantità di CO2.
La
distruzione delle foreste produce tonnellate di CO2.
Al
tempo stesso, il processo degenerativo della copertura vegetale impoverisce la
biodiversità e la capacità di migliorare il clima.
Secondo
dati del “CNR Ibimet”, un albero adulto in un contesto ottimale e ben curato
nell’arco di dodici mesi produce ossigeno per dieci persone ed è in grado di
assorbire dai 20 ai 50 kg di anidride carbonica, a seconda della specie.
In ambiente urbano, dove gli alberi sono
continuamente sottoposti a stress, il dato di assorbimento della CO2 può
diminuire fino ai 10-20 kg.
Ecco
perché è indispensabile in aree urbane realizzare un buon sito di impianto e
creare ove possibile maggiore spazio per lo sviluppo della pianta.
Ogni aiuola cittadina dovrebbe essere occupata
da un albero verdeggiante e in buona salute, operazione per eliminare quelle
ceppaie marcescenti o rinsecchite che, degradandosi nel corso del tempo, producono anidride carbonica e non
forniscono più servizi ecosistemici.
Nelle
aree urbane la sostituzione di alberi in grave stato di salute è
indispensabile. Alberi ridotti in condizioni precarie da gravi mutilazioni o da
torture antropiche, ormai irrecuperabili, oltre a essere pericoli pubblici per
la stabilità diventano produttori di CO2 degradandosi un po’ alla volta a causa
di malattie e degenerazione del legno.
In
questo caso, è necessario intervenire con graduali sostituzioni, pianificando
un lavoro di miglioramento e rinnovamento del verde.
Un bel
viale alberato cittadino oltre a mitigare l’inquinamento fissa grandi quantità
di CO2.
Tutelare
e incrementare il verde contro la CO2.
(Il
verde delle piante produce ossigeno di notte con la fotosintesi. Senza la Co2
le piante muoiono, come muoiono gli animali e gli uomini! N.D.R.)
Se da
una parte l’inserimento di nuovi alberi è importante per ricostruire le
infrastrutture verdi, dall’altra non dobbiamo dimenticare di conservare e
curare nel migliore dei modi gli alberi adulti, quelli monumentali e i filari
storici e di alto valore identitario che sono i simboli del nostro paesaggio.
Nei
processi di gestione del verde occorre fare le giuste distinzioni evitando il
classico “tabula rasa” che viene utilizzato in tante occasioni per non
affrontare il problema e distruggere ogni cosa.
Bisogna valutare ogni singolo caso
scientificamente.
Il
vero professionista sa riconoscere il valore identitario ed ecologico di un
albero storico e si impegna a conservarlo nel tempo, trovando tutte le
soluzioni possibili all’abbattimento.
Non
serve a nulla piantare alberi e poi dimenticarsi di loro.
Anche un giovane alberello può morire e
trasformarsi in un produttore di CO2 se non curato.
In molti casi, le piante che subiscono
stagioni aride e secche possono perdere la capacità di fissare la CO2 chiudendo
gli stomi per evitare la disidratazione.
In
città il tasso di mortalità delle alberature presenti lungo le arterie stradali
e nelle zone residenziali è molto alto per i primi cinque anni.
Il miglioramento dei siti d’impianto e
l’apporto di cure costanti sono indispensabili per evitare il collasso di molti
esemplari.
Anche
la scelta di specie adatte a condizioni complesse può ridurre le perdite, ecco
perché è importante una buona progettazione e piantare alberi che si adattano
al contesto climatico.
Situazioni
di stress ambientali possono provocare una crescita molto lenta che influisce
negativamente sul sequestro di CO2, vanificando progetti di compensazione.
Restaurare
e conservare le foreste e i boschi, piantare alberi e conservare e curare
professionalmente quelli esistenti costa molto meno che subire gli effetti
nocivi di una città malata e sanare i disastri climatici.
(Coordinamento
Nazionale Alberi e Paesaggio Onlus)
IL
FUOCO SPAZZA VIA IL VECCHIO MONDO
E
ARRIVA “LA SMART ISLAND”:
NULLA
SARÀ COME PRIMA.
Comedonchisciotte.org
- Patrizia Pisino – (30 Agosto 2023) – ci dice:
Incendi
di “Maui” e “Tenerife”, l'obsolescenza della natura in un'era super
tecnologica. Le domande da porsi.
Dal
grande continente/isola che è l’Australia, alle piccole isole come Maui e
Tenerife.
Cosa
le accomuna?
La
devastazione dovuta agli incendi. La causa ufficiale?
Le alte temperature, il terreno arido per
l’assenza di piogge e il vento, queste le tre componenti principali
dell’innesco che la natura, sovvertita dal cambiamento climatico, ha provocato.
Questa
narrazione ufficiale è iniziata già da molto tempo, ma uno dei fatti più
eclatanti risale al 2019, con le immagini terrificanti degli incendi in Australia
che sono durati mesi, da giugno a febbraio del 2020 che hanno causato perdita
di vite umane e un danno inestimabile per le biodiversità di flora e fauna.
Forse ci stavano preparando ad uno scenario
apocalittico per il futuro.
Si è
stimato che ciò ha provocato un rilascio in atmosfera (a livello del terreno e dei mari!
N.D.R.) di
900 milioni di tonnellate di anidride carbonica, considerato poi che la nostra terra
respira anche attraverso le foreste e bruciandole manca l’ossigeno necessario
alla sopravvivenza della stessa natura.
Gli
incendi attuali quanti danni continueranno a provocare?
Ma
niente paura: l’uomo interviene artificialmente a sanare quello che distrugge
intenzionalmente.
Questa
tragica visione ci ha poi subito guidato verso un’altra altrettanto
terrificante:
quella
della “pandemia” creata, probabilmente, con l’obiettivo di distruggere gli
esseri umani considerati il cancro che sta ammalando il pianeta e per questo da
debellare, riducendo la popolazione mondiale.
Siamo
nel 2023 ma l’intenzione di sottomettere natura e genere umano si sta sempre di
più intensificando con azioni ancor più drastiche.
Così
assistiamo alla devastazione di una intera isola, situata nell’arcipelago delle
Hawaii, che nel nostro immaginario già consideravamo terra ospitale, selvaggia
e in parte avente ancora tradizioni locali grazie ai pochi nativi rimasti.
Invece,
scopriamo che sono proprio gli abitanti originali di “Maui”, il virus da
estirpare per poter realizzare un’isola intelligente.
Per
questo basta distruggere e poi intervenire con le soluzioni ad hoc, che però
escludono i nativi retrogradi che si oppongono al progresso necessario per
“ridurre il riscaldamento globale”.
Bisogna
sempre chiedersi: chi è che ricava il maggior profitto da questi incendi?
Il
sole può veramente bruciare un bosco, una foresta?
Difficilmente
gli incendi nascono da soli per autocombustione, la responsabilità dell’innesco
non si può dare alla Natura, ma a cause esterne intenzionali.
Far
distruggere con il fuoco una intera città come “Lahaina” e non permettere ai
suoi abitanti di salvarsi è diabolico.
Il
momento più favorevole, per coprire le tracce, con molta probabilità è stato
scelto quando un forte vento ha colpito l’isola, questo nella pianificazione
degli incendiari doveva favorire, insieme ad altri fattori, lo sviluppo delle
fiamme.
Ricordiamoci
che situazioni metereologiche tali sono la norma per queste isole; sarebbe
bastato, da parte delle autorità locali, almeno far partire l’allarme in tempo
e staccare la rete di alta tensione.
Perché
non è stato fatto?
(Chi
ha “pagato” per queste intenzionali disattenzioni? N.D.R)
Magari
scatenare cataclismi di fuoco serve a far piazza pulita di ogni oppositore al
progetto di “trasformazione super tecnologica di Maui”?
Sicuramente
con l’isola intelligente gli idranti avrebbero funzionato automaticamente,
l’allarme sarebbe stato dato in tempo grazie al sofisticato software presente
in ogni cellulare e, siccome gli esseri umani (senzienti) spaventati potevano
andare verso le fiamme, l’Intelligenza Artificiale (I.A.) avrebbe indicato la
strada da seguire per raggiungere i luoghi al sicuro in tempo; la rete
elettrica sarebbe stata disattivata perché solo I.A. può ritenere i forti venti
o gli uragani pericolosi, mentre chi ci vive da sempre non è in grado di
comprendere il rischio che può causare una linea di alta tensione che cade al
suolo.
Nessun
bambino e anziano sarebbe morto bruciato perché sarebbero stati al sicuro nella
bella casa domotica grazie a I.A., ma chi si può davvero permettere una
abitazione così altamente tecnologica?
Purtroppo
gli incendi, da tempo, sono tecniche utilizzate dalle “varie lobby di potere
per i loro loschi affari economici”; e sono state progettate
intenzionalmente per rendere necessario il cambiamento della destinazione d’uso
di un territorio sotto il falso alibi del risanamento ambientale.
La
collusione governanti/multinazionali è molto stretta e cosi, anche in Europa, si attuano le scelte indicate dal
padrone del mondo statunitense.
Anche
l’incendio di Tenerife, un’isola che fa parte della Spagna, segue questa logica
pazzesca di distruzione.
Il
copione si ripete con sfumature diverse, ma con lo stesso terrificante scopo:
condizionare la popolazione che non accetta il progetto di cambiamento con la solita
leva della “pseudo scienza a pagamento” che profetizza l’innalzamento del
livello del mare e far passare così queste scelte necessarie per “il bene comune”.
Ma
convincere alcuni residenti come i pescatori, tra i maggiori oppositori alla
installazione dei parchi eolici offshore nella fascia costiera, che questi
impianti non provocheranno dei seri danni all’ecosistema marino, non sarà così
facile.
Così
si fa in modo di ritardare gli interventi e si intralciano le azioni immediate
dei pompieri e dei volontari con la motivazione della mancanza d’acqua dovuta alla
condotta guasta, nella giornata più afosa ed in assenza di pioggia.
Perché
queste già bellissime isole sono state scelte per diventare intelligenti, e
cosa significa intelligenti?
Chi è
che si arroga la capacità di trasformare un territorio naturale in una isola
super tecnologica/artificiale a scapito e con un alto costo di perdita umana e
ambientale?
Già lo
stesso intervento del presidente americano Biden è palesemente chiaro:
700
dollari agli abitanti di Maui che hanno perso tutto, accompagnato dall’ordine
di sfratto dalle poche abitazioni salvate dall’incendio con la scusa della
sicurezza.
Dove
verranno confinati?
Questo
ancora non è chiaro, forse verranno mandati via dall’isola?
Così
le multinazionali (“Hitachi energy” è una tra le tante) avranno campo libero per trasformare l’isola con la scusa
di eliminare l’utilizzo del carburante fossile, che ha contribuito all’innalzamento
della temperatura, si proprio quell’oro nero tanto ricercato e oggetto di tante quelle guerre che
gli Stati Uniti hanno sempre scatenato.
Ora
invece sventolano la bandiera ecologista, prima contestata, come l’unica
soluzione a tutti i problemi. Non vi sembra strano?
Chi ha
provocato l’inquinamento, ora si ammanta da difensore del pianeta! (ricordiamoci che sono gli stessi
artefici della devastazione di intere nazioni spazzate via per la conquista dei
giacimenti di petrolio).
Per
rispondere alla domanda: chi si arroga questo diritto di scegliere cosa è
giusto fare?
La
risposta viene da lontano, si concretizza con Klaus Schwab, (Il Pazzo) fondatore
ed Executive Chairman del World Economic Forum (WEF) di Davos, – via agenda Onu
2030 – che stabilisce
che le società capitalistiche per sopravvivere in un’era di cambiamenti
climatici devono arrivare alla globalizzazione e alla digitalizzazione del
mondo.
Questa
soluzione fa però prosperare soltanto loro, mentre annullano l’intera umanità
asservita a semplice bestiame da controllare e utilizzare per scopi a dir poco
satanici.
(Gli
assassini globalisti dell’umanità al comando del mondo! N.D.R.)
Così
trasformano la natura, vissuta e coltivata dai nativi che certo non hanno
causato nessun contrasto ambientale, con soluzioni altamente innovative di cui
non si conoscono gli effetti, senza considerare che avere la soluzione magica
per abbassare la temperatura del pianeta come si fa in un ambiente artificiale,
sembra a dir poco utopistico, tant’è che, nel tempo, ogni previsione
catastrofica sul cambiamento climatico si è rivelata erronea.
Unico
fatto certo l’enorme business finanziario che ci sta dietro.
(Si
sono inventati che la Co2 - più pesante dell’aria e che quindi non può volare nell’alto
dei cieli – è il responsabile del gas serra che distruggerà la vita umana,
vegetale e animale del pianeta terra! N.D.R.)
Perché
utilizzare le isole?
La
loro stessa limitazione geografica è potenzialmente utile e necessaria, in
quanto sono territori chiaramente definiti e dipendenti dall’esterno e per
questo più ricattabili.
Una
Smart Island (isola intelligente) consiste sostanzialmente nell’applicare il
paradigma della “Smart City” all’ambiente insulare, così queste magnifiche
isole vengono trasformate digitalmente e associate al concetto di “isola
autonoma, straniera e ultra-connessa”.
Tenerife,
come Maui,
è stata scelta come banco di prova di questa globale visione ambientale.
“Tenerife Intelligent Island” fa parte
quindi della strategia Tenerife 2030, incentrata, apparentemente, sulle persone e il cui
obiettivo è preparare la società e l’isola ad affrontare le sfide del futuro,
in cui istruzione, innovazione, imprenditorialità, sport e tecnologia ne
costituiscono gli assi portanti fondamentali.
Ma per
realizzare questa interconnessione, occorre che i residenti siano manipolabili
e che accettino il cambiamento come un miglioramento del loro stile di vita:
quindi, come si fa?
Con la
paura, la colpevolizzazione, il ricatto economico e soprattutto la falsa
informazione.
(Presto
toccherà anche all’Italia questa diabolica fine antiumana, ma per il nostro
bene! N.D.R.)
Tra i
progetti già realizzati e che fanno parte degli “strumenti” di cui dispone oggi
l’isola per diventare un’isola smart ci sono:
1.
Dalix:
si
tratta di un data center situato nel sud che non solo ha le caratteristiche di
un data center avanzato, ma fa anche parte della dorsale di Internet,
collegando Tenerife con diversi continenti.
2.
TeideHPC:
fino a
poco tempo fa il secondo potenziale supercomputer in Spagna.
3.
Anello in fibra ottica:
una
rete in fibra ottica che circonda l’intera isola.
4. Intech:
una società dipendente dal Cabildo che cerca
di gestire l’intero ecosistema dell’innovazione, di cui il Parco Tecnologico e
Scientifico è una delle parti più importanti.
Ma non
si fermano qui.
In base alla strategia progettata e alle
infrastrutture disponibili, si sta lavorando a più di 17 iniziative in diverse
aree della città intelligente che hanno un impatto diretto sui cittadini.
Ne
cito solo tre:
Ten+:
attualmente
è una tessera dei trasporti (autobus e tram) ma intende diventare la tessera del
cittadino, cioè con essa si può entrare a teatro, auditorium, impianti
sportivi, biblioteche, ecc.
Sulla
base di questo elemento, l’obiettivo è quello di trattare i dati generati con “tecniche
Big Data” che consentano di stabilire politiche e azioni per, ad esempio,
incentivare la lettura premiando le persone che si recano in biblioteca con
biglietti per l’auditorium o trasporti gratuiti.
HOV:
veicoli
ad alta occupazione (più di 3 persone per veicolo).
Cercano
di rimuovere i veicoli dall’autostrada.
Attraverso
un’App, un conducente registra un viaggio che genera un QR che può essere
utilizzato dai passeggeri in modo tale che chi effettua il viaggio venga
registrato.
Questi
veicoli HOV riceveranno punti in base alla distanza del viaggio effettuato che
potranno scambiare, ad esempio, con parcheggio gratuito, bonus di trasporto,
ecc.
LUCIA:
è un sistema intelligente di monitoraggio e allerta
per anziani e persone non autosufficienti che vivono sole.
Si
basa su tecniche di Intelligenza Artificiale e Machine Learning che imparano a
identificare modelli di comportamento e avvisare quando si verificano
cambiamenti in essi.
Vi
siete chiesti se tutto questo bel progetto innovativo è veramente ad impatto
ZERO?
È
evidente che per far funzionare questo complesso sistema, bisogna realizzare un
insieme di opere:
un
interconnettore sottomarino, una struttura dove collocare il super computer per
il controllo operativo, installare gli impianti fotovoltaici ed eolici,
trasformare tutti gli edifici e le infrastrutture.
Pensate
veramente che tutto ciò non danneggi l’ecosistema marino e terrestre e sia
salubre per l’uomo?
Questi impianti sono realizzati con materiali
altamente nocivi e di difficile smaltimento come le terre rare, il litio e il
cobalto che per essere estratti necessitano di un gran quantitativo energetico
e lo sfruttamento dei luoghi di coltivazione.
Purtroppo
a Tenerife hanno già realizzato parte del progetto, ossia quattro punti
sopramenzionati, e stranamente la zona sud, dove è collocato il super computer chiamato Anaga, specializzato per l’intelligenza
artificiale, non è stata raggiunta dall’incendio.
Quando
il progetto sarà completato e verrà utilizzata solo l’energia elettrica,
immaginate quale possibile scenario potrebbe verificarsi considerando i recenti
incidenti causati dalle auto elettriche che si sono dimostrate poco sicure e
facilmente infiammabili, o gli stessi impianti fotovoltaici che stanno
provocando problemi di innesco di scintille che possono causare incendi, o le
case domotiche che in caso (vedi
alluvione in Emilia) di una improvvisa interruzione dell’energia non permette
di uscire di casa per le porte bloccate … siamo proprio certi di essere al
sicuro e che veramente questa è l’unica possibile soluzione?
Quando
si svilupperà un probabile futuro incendio daranno nuovamente la colpa
all’autocombustione generata da cause naturali?
Vogliamo
veramente che l’intelligenza dell’uomo sia governata da un algoritmo gestito da
compagnie private che hanno come scopo il profitto aziendale?
E la
nostra tanto amata privacy?
(Ma
quale privacy se i ricchi assassini globalisti ci vogliono ammazzare tutti!
N.D.R.)
Si
perché la volontà è quella di far diventare prima tutte le isole, e poi
l’intero mondo occidentale un luogo intelligente governato dall’I.A. e gestito
dai pochi padroni che credono di sostituirsi a Dio, diventando l’occhio
onnisciente del Grande Fratello Orwelliano.
C’è da
chiedersi: cosa c’è davvero di intelligente in tutto ciò?
Se
pensate che gli incendi si fermeranno, pensate male:
il
fuoco distruggerà tutto ciò che sarà di intralcio a questa folle visione, solo
che questi loschi personaggi non sanno che “Quos Deus perdere volt, dementas
prius”:
qualsiasi
progetto contrario alla natura dell’uomo e all’ordine delle cose è destinato
inevitabilmente al fallimento finale, ma può tuttavia arrecare dei seri
danni, per molti anni a venire.
Solo
uno studio più olistico ci può far uscire da questa logica perversa di
prevaricazione e, se rispettiamo coscientemente il “Genius loci” , possiamo creare dei
luoghi significativi senza distruggerne
lo Spirito, perché – come affermava “Heidegger” -” l’uomo abita quando riesce ad
orientarsi ed identificarsi in un ambiente; allora gli spazi in cui la vita si
svolge devono essere luoghi nel vero senso della parola. Spazi dotati di
caratteri distintivi.”
In
conclusione, gli interrogativi sono tanti e le risposte che ci vengono date
poco convincenti, bisogna essere vigili e valutare in modo consapevole il
rischio che corriamo:
perdere
sia la nostra libertà di scelta che le nostre tradizioni, ma soprattutto: vale
la pena realizzare tutto ciò a scapito di un’enorme perdita di vite umane,
polverizzando tutto ciò che i popoli hanno costruito nei secoli?
(Patrizia
Pisino)
(islasinteligentes.com/)
(t.me/In_Telegram_Veritas/2557)
(islasinteligentes.com/wp-content/uploads/pdf/ponencias/tenerife-PONENCIAS-islas-Inteligentes-LaPalma.pdf)
IL
PIACERE DI SPOPOLARE LA TERRA.
Comedonchisciotte.org
- CptHook – (29 Agosto 2023) - Henry Kissinger – ci dicono:
Il
saggio che segue, pubblicato originariamente due anni fa su “Moon of Shangai”,
mi è stato segnalato da “Larry” (o meglio da Luisa, la sua eccellente
collaboratrice e comunicatrice) e, in effetti, concordo sul fatto che oggi più
di ieri sia di estrema attualità in quanto ci fornisce un filo storico, logico
e sequenziale, sulle personalità malate che, purtroppo per noi, sono dietro a
tutto quello che oggi si manifesta davanti ai nostri occhi in uno squallido
orrore, squallido quanto i personaggi di cui parla.
Si
dice che la Storia, maestra di vita, si ripeta ma che l’uomo non impara le sue
lezioni;
forse, bisognerebbe domandarsi se, durante le
lezioni, stava abbastanza attento.
Lezioni
negli ultimi tre anni ne abbiamo ormai viste abbastanza;
se non
impariamo a capire e a reagire con tutti i mezzi e tutte le forze, soprattutto
comunicando, saremo anche noi gli animali da mandare al macello, come predicato
dai folli, dai veri “tarati” che Larry ci presenta con tanta chiarezza.
Se non
sapremo sopravvivere perderemo la battaglia due volte:
perché non ce l’avremo fatta e perché avremo
dimostrato, gli dei non vogliano, che hanno ragione “loro”.
Questo
è il senso che dobbiamo ricavare da questo ennesimo brillante lavoro. Grazie
Larry, grazie Luisa.
Larry Romanoff
– bluemoonofshangai.com – 28 agosto 2023.
Quando
si parla dei mali della globalizzazione, molti autori si concentrano sugli
aspetti commerciali, come la privatizzazione, mentre altre componenti
principalmente politiche, come la perdita della sovranità nazionale, la
distruzione delle culture e delle civiltà e della famiglia, della moralità e
delle società, non sono forse ignorate, ma non sono viste o incluse come parti
integranti dello stesso quadro.
Non
sembra che sia ampiamente riconosciuto che un pilastro fondamentale della
globalizzazione, del nostro imminente Nuovo Ordine Mondiale, è un tentativo
sorprendentemente vigoroso e feroce di eliminare non solo i poveri in eccesso
del mondo, ma di spopolare l’intero mondo non bianco.
Questo
saggio è un’introduzione alle origini dello spopolamento.
Emma
Goldman.
Emma
Goldman era un’ebrea comunista bolscevica, anarchica, evasa da un manicomio,
complice di violenze e omicidi, piantagrane e ninfomane, e non necessariamente
in quest’ordine.
Fin
dall’adolescenza la Goldman studiò gli anarchici bolscevichi, portando la sua
immaginazione a immaginare un ordine sociale con libertà d’azione non limitata
da leggi create dall’uomo.
La
Goldman arrivò rapidamente a sostenere l’omicidio politico e la rivoluzione
violenta, nonché l’assassinio di individui politicamente significativi, come
strumento di cambiamento sociale.
Divenne una convinta sostenitrice della
violenza ogni volta che le parole non riuscivano a fare il loro lavoro, un
atteggiamento che alcuni storici descrivono come “propaganda dell’atto“,
ovvero: se non ci ascoltano, li uccideremo.
Secondo
il “Jewish Womens’ Website”,
“desiderando
uno stato di libertà assoluta e credendo che non si sarebbe mai realizzato
attraverso una riforma graduale, la Goldman e i suoi compagni sostenevano la
completa distruzione dello Stato.”
La
Goldman emigrò dalla Russia da adolescente e iniziò presto a promulgare vari
modelli di società basati principalmente su due pilastri:
l’anarchia politica ed il sesso promiscuo.
La
promozione diffusa ed eccessivamente esplicita di questi [pretesi] ideali valse
alla Goldman l’etichetta di uno dei due anarchici più pericolosi d’America.
Tuttavia, lo stesso Jewish Womens’ Website ci dice che la sua insistenza sul
“diritto di esprimersi” – principalmente attraverso la promiscuità sessuale,
l’aborto e l’omicidio – l’ha portata a diventare una figura di spicco nello
“portare alla luce la libertà di parola in America“.
Una
definizione di libertà di parola piuttosto in contrasto con la mia.
Lo stesso sito web riportava l’articolo su
Emma Goldman sotto la voce “Women of Valor” (donne di valore).
Non so
perché, ma è così che si fa la storia.
Vari
apologeti hanno riferito che Goldman e il suo amante Berkman (una sorta di
Bonnie e Clyde politici) erano “inorriditi dalla violenza “, come nel caso
della repressione dei lavoratori in sciopero.
Il
nostro dinamico duo reagì come avrebbe fatto qualsiasi essere razionale
inorridito dalla violenza:
decise
di uccidere il responsabile della violenza antioperaia, l’allora presidente
degli Stati Uniti William McKinley .
La
polizia non fu mai in grado di collegare direttamente la Goldman all’omicidio
di McKinley, sebbene l’assassino si fosse incontrato spesso con lei e avesse
affermato di aver agito secondo le sue istruzioni.
La
Goldman e il suo gruppo non presero di mira solo un Presidente degli Stati Uniti.
Il loro piano di bombardare la villa di John D. Rockefeller a New York fallì
solo perché la bomba esplose prematuramente, uccidendo una dozzina di anarchici
e distruggendo gran parte della casa della Goldman.
Uno
degli anarchici della Goldman, Carlo Valdinoci, fece esplodere la facciata
della casa del procuratore generale A. Mitchell Palmer a Washington, facendosi
anche saltare in aria quando la bomba esplose troppo presto.
E vi furono altri buoni tentativi.
Alla
fine la Goldman si vide revocare la cittadinanza e fu deportata in Russia,
trascorrendo il resto della sua vita in esilio e morendo in Canada, sola,
povera e senza amici, sostenendo che “non c’è nessuno a cui importi se uno è
vivo o morto. “
Ciò nonostante, un sostenitore della Goldman
affermò (senza peraltro fornire prove) che
“Migliaia
di persone si sono accalcate per vedere il suo feretro e i tributi sono
arrivati da ogni parte del mondo“.
Tuttavia,
le mie ricerche suggeriscono che le poche persone in lutto effettivamente
presenti erano lì solo per assicurarsi che fosse davvero morta, e l’unico
tributo di cui sono a conoscenza è stato quello del New York Times.
Come
una sorta di necrologio, la Jewish Womens’ Organisation sostiene che
“la difesa
della…
libertà sessuale ha contribuito a plasmare la moderna società americana“,
omettendo però di notare che la nuova forma dell’America che ne è derivata non
è stata necessariamente una benedizione.
Gli
stessi amanti della Goldman affermano che il suo lavoro ha contribuito non solo
allo sviluppo della libertà di parola in America, ma ha mostrato “il vero
significato del patriottismo. “
Non so
come.
Prima
che la Goldman morisse, la sua sostenitrice Peggy Guggenheim ed alcuni amici
raccolsero 4.000 dollari per permetterle di prendere in affitto un piccolo
cottage a Saint-Tropez, sulla Costa Azzurra, in Francia, dove trascorse due
anni a scrivere la sua autobiografia, fantasiosamente intitolata “Vivere la mia
vita “, che fu pubblicata nel 1931.
A proposito di questo libro, uno scrittore
della PBS ha fatto la seguente osservazione:
“Alla
sua pubblicazione, il New York Times consigliò ai lettori ‘di prestare meno
attenzione alla politica della Goldman e di leggere il libro come un documento
umano del più coinvolgente interesse’“.
Non
tutti erano d’accordo.
Un
critico di spicco attaccò il libro di memorie come “mille pagine noiose di
fornicazione e fanatismo.”
Non
sono solo il Jewish Womens’ Website e il New York Times a essere impegnati a ripulire e
ritoccare [l’immagine della Goldaman].
Wikipedia
non vuole essere esclusa da questa “riattintatura”, informandoci solennemente
che Emma Goldman “è stata un importante contributore in diversi campi della
filosofia politica moderna“, lasciando alla nostra immaginazione il compito di
identificare tali campi e dedurre il suo contributo.
Riferendosi a un’occasione in cui un gruppo di
colleghi politici anarchici attaccò la Goldman per la sua dilagante promiscuità
sessuale, la deliziosa sottigliezza di Wikipedia è che “fu rimproverata da un
socio per il suo atteggiamento spensierato.”
[Come
emerge] dai rapporti con i suoi amici ebrei bolscevichi, lo scopo reale della
Goldman era quello di fomentare una rivoluzione comunista negli Stati Uniti,
seguendo il modello che costoro avevano tracciato con le loro rivoluzioni in
Russia, Ungheria, Germania e altri Paesi.
Ma,
alla fine, la Goldman non riuscì a realizzare l’anarchia come avrebbe voluto,
soprattutto perché scoprì di essere più interessata al sesso che alla politica.
“Chiedo
l’indipendenza della donna, di amare chi vuole, o quanti ne vuole. “
E
quanti ne vuole allo stesso tempo;
la Goldman aveva la reputazione di godere
particolarmente del sesso nei gruppi di colleghi anarchici.
Il nostro sito delle donne ebree ci dice che
la Goldman era un’instancabile sostenitrice “dell’emancipazione” delle donne,
ma le cose non stavano esattamente così.
“Considerando
il matrimonio attraverso una lente di prostituzione repressiva“, la sua
emancipazione delle donne si concentrava sulla loro “libertà“, cioè sulla
libertà sessuale e riproduttiva, cioè sul sesso sfrenato e promiscuo,
individualmente, in serie e simultaneamente, seguito da aborti gratuiti come
metodo di controllo delle nascite.
Emma non esitò a raccogliere fondi per le sue
attività anarchiche lavorando per strada come prostituta;
i genitori del marito la consideravano così
priva di morale da rifiutarsi di farla entrare in casa loro.
È
interessante notare che la Goldman non voleva una vera emancipazione per le
donne, né per i diritti di voto o politici, né per l’occupazione o la carriera
professionale, né per la proprietà.
Per la
Goldman, l’intero concetto di libertà, indipendenza, emancipazione, diritti
delle donne, era solo un nastro rosso che avvolgeva la questione centrale della
promiscuità sessuale.
Il suo
interesse per l’emancipazione delle donne era per lo più personale, derivante
dalla sua esperienza di sesso sconsiderato, di gravidanze ripetute e di
necessità di abortire, che a quei tempi erano pericolosi e illegali.
E così la donna si emancipa.
La Goldman credeva che le donne dovessero
entrare e uscire dalle relazioni sessuali senza freni, essendo la sessualità
promiscua “cruciale per la realizzazione personale e professionale” (nota del Traduttore: non me ne
vogliano le gentili lettrici se mi permetto di affermare che, in questo senso,
nella mia vita aziendale ho visto emerite galline che, pur non avendo
sicuramente mai sentito parlare della Sanger, ne applicavano con successo il
‘modus operandi’), e per questo si impegnò in “numerose relazioni appassionate
nel corso della sua vita“.
Ce ne
dà testimonianza quanto scrisse ad un amante che, apparentemente, l’aveva
lasciata “sopraffatta dalla sessualità“:
“Hai aperto le porte della prigione della mia
femminilità.
Tutta
la passione che era rimasta insoddisfatta in me per tanti anni, è balzata in
una tempesta selvaggia e impetuosa, senza limiti come il mare.”
E chi
ha detto che i comunisti non sanno divertirsi.
Il motivo per cui mi sono soffermato su
quest’ultimo punto è che, mentre la Goldman non ha lasciato alcuna eredità di
valore agli anarchici, ha fallito miseramente come rivoluzionaria e sicuramente
non ha dato alcun contributo alla filosofia politica moderna, il suo “contegno
spensierato” ha lasciato un segno indelebile nel mondo poiché, come il destino
ha voluto, chi doveva entrare in questo vero e proprio Giardino delle delizie
terrestri se non una giovane donna di nome Margaret Sanger?
Margaret
Sanger.
A
differenza di Emma Goldman, Margaret Sanger non era una bolscevica, né una
sostenitrice della violenza o dell’omicidio politico.
Tuttavia,
come la Goldman, era un’anarchica, un’evasa da un manicomio, una piantagrane e
una ninfomane e, come la Goldman, non necessariamente in quest’ordine.
I libri di storia sembrano un po’ scarni sulla
relazione originaria tra queste due donne, ma le indicazioni sono che il
“contegno spensierato” della Goldman alimentò il fuoco della passione di Sanger
e “aprì le porte” della sua femminilità, entrambe condividendo profondamente il
bisogno comune di contraccezione in qualsiasi forma, e molto probabilmente
condividendo molto di più.
L’unico
contributo apparente di Goldman alla carriera della Sanger fu quello di
risvegliare la sua ninfomania, anche se, come vedremo, si trattò di qualcosa di
più di un nulla di fatto.
Avendo
così stabilito quelli che potremmo definire reciproci legami di fertilità, la
Goldman fornì un “sostegno aggressivo” alle crociate sessuali e contraccettive
della Sanger;
entrambe
le donne furono arrestate per diffusione di materiale osceno, ma entrambe
sfuggirono alla condanna per il comportamento alla base di quel materiale.
La
Goldman condusse persino tournée di conferenze a livello nazionale per conto
della Sanger, sensibilizzando l’opinione pubblica sulla contraccezione e solo
il cielo sa cos’altro.
Come
la Goldman, lo zelo della Sanger per il controllo delle nascite era in gran
parte dovuto al suo stile di vita sessualmente promiscuo.
All’epoca dell’incontro con la Goldman aveva
già avuto numerose relazioni, definendo il letto matrimoniale “l’influenza più
degenerante dell’ordine sociale” e dedicando con fervore la sua sfrenata
condotta sessuale alla rigenerazione di tale ordine.
Viste
le obiezioni del marito sorpreso, i due si separarono presto, mentre la sua
condotta “socialmente rigenerante” accelerò notevolmente e attirò una notevole
attenzione pubblica.
Allo
stesso tempo, e forse a causa delle stesse passioni, la Sanger iniziò a
pubblicare bollettini e a distribuire materiale sessuale chiaramente illegale,
che la portarono all’arresto con accuse che molto probabilmente l’avrebbero
portata a una condanna a circa 45 anni di carcere.
Essendo
il discernimento la parte migliore del valore, il giorno prima del processo la
Sanger scaricò i figli sul marito che l’aveva abbandonata e fuggì in
Inghilterra, dove il destino sarebbe intervenuto ancora una volta.
Al suo arrivo in Inghilterra, la Sanger
incontrò alcuni uomini che le avrebbero inavvertitamente fornito gli strumenti
che avrebbero (purtroppo) cambiato la storia per sempre.
Non è
del tutto chiaro dove iniziarono le sue relazioni, ma il sessuologo Havelock
Ellis , H. G. Wells e George Bernard Shaw erano presenti, così come forse la
maggior parte dei membri della nuova “Fabian Debating Society”.
Wells
ebbe certamente una relazione appassionata con lei, e la Sanger prese
sicuramente l’iniziativa con Ellis, ed entrambi molto probabilmente la
passarono poi alla Debating Society.
Uno scrittore ha osservato che Wells ed Ellis
erano solo una parte di “un’enorme schiera di uomini” con cui Sanger ebbe
relazioni.
Le teorie di Ellis sulla sessualità femminile
aiutarono la Sanger ad “ampliare la sua prospettiva” sul pieno godimento dei
rapporti sessuali da parte delle donne, anche se lei sembrava già avere poche o
nessuna inibizione al riguardo.
Tuttavia,
Ellis in particolare ampliò le sue giustificazioni per il controllo delle
nascite in più di un modo.
Forse
il fattore più significativo dell’esilio europeo della Sanger è che la società
di questi uomini era composta da radicali, femministe e, soprattutto, da un
vero e proprio stuolo di neomalthusiani che educarono la Sanger alla terribile minaccia dell’eccesso
di popolazione mondiale, affinando così notevolmente la sua logica sessuale.
La Sanger barattò abbondante amore gratuito e
informazioni sulle necessità contraccettive, ricevendo in cambio un’educazione
di incomparabile valore.
Prima
di allora, né la Goldman né la Sanger avevano ottenuto grandi risultati con le
loro promozioni sulla contraccezione, almeno non in senso pubblico, perché i
loro sforzi erano visti realisticamente come una copertura per le loro
inclinazioni personali e promettevano benefici solo ai poveri, che non
interessavano a nessuno.
Ma ora
la missione della Sanger aveva improvvisamente acquisito una struttura
intellettuale, una sorta di impalcatura filosofica rispettabile su cui
promuovere le sue idee.
Era ora pronta a tornare negli Stati Uniti per
promuovere l’intera gamma genocida di eugenetica, contraccezione, aborto ed
eutanasia, non per i suoi ristretti interessi personali ma per salvare
l’umanità da sé stessa.
All’epoca,
l’aborto non era affatto visto di buon occhio, tanto meno come metodo di
controllo delle nascite occasionale, ed era illegale.
Ma
eccoci qui, negli Stati Uniti, con le nostre due piccole ninfomani prive dei
servizi di “pianificazione familiare” dell’”OMS “e dell’”USAID”, non ancora
inventati, ma con un gran bisogno di aborti regolari.
Cosa
facciamo se vogliamo portare a termine un’impresa illegale e altamente immorale
per gli standard dell’epoca, dove una normale esecuzione ci farebbe finire in
prigione e procurerebbe una diffusa condanna morale?
Beh, avvolgiamo il nostro intento in un mantello di
libertà e diritti umani, poi vi imprimiamo un codice a barre biblico e lo
presentiamo come un’impresa di immenso valore umanitario, le nostre azioni eseguite in umiltà e
abnegazione per il bene del mondo.
E così
vide la luce “Planned Parenthood” , presentata non come controllo delle nascite per
ninfomani sconsiderate, e solo secondariamente come “libertà di scelta delle
donne“, senza specificare esattamente cosa stessero scegliendo;
l’obiettivo
principale era ora la sovrappopolazione e la disperata necessità di limitare,
abbattere e altrimenti sterminare i poveri in eccesso del mondo.
Ora la Sanger avrebbe attirato l’attenzione di
tutti, almeno di quelli dell’élite che erano tutti malthusiani nel profondo.
Naturalmente,
anche la popolazione generale avrebbe recepito il messaggio, ma questo non aveva molta importanza
perché l’élite forniva i finanziamenti e la popolazione generale era
l’obiettivo.
Fu
allora, al suo ritorno negli Stati Uniti dopo il breve esilio europeo, che
Margaret Sanger si mostrò in tutta la sua evidenza e dimostrò di essere davvero
un’evasa da un manicomio.
La prima cosa che fece fu risposarsi, questa volta con
un uomo di nome J. Noah H. Slee, un milionario ebreo proprietario di un’azienda di
prodotti petroliferi.
La
documentazione storica ci dice che Margaret mantenne il nome del suo primo
marito – Sanger – e che dopo aver sposato il signor Slee, “mantenne la sua
indipendenza sessuale.“
Usate
la vostra immaginazione.
Questo è curioso perché, come vedrete, le attività
promozionali e di raccolta fondi di Margaret hanno attraversato le camere da
letto e i divani degli uffici di industriali, banchieri, finanzieri, sponsor di
ogni tipo, praticamente tutti uomini, con i quali, a detta di tutti, Margaret
ha imbandito la tavola con più che informazione.
E per 20 anni, fino alla sua morte, il signor
Slee finanziò le sue attività, apparentemente senza lamentarsi.
bill_gates.
La
combinazione unica di ateismo, marxismo, malthusianesimo, sessualità
disinibita, disprezzo per la religione, in particolare per il cristianesimo, e
un razzismo intrinseco che deve essere sempre stato presente, hanno fatto sì
che la
Sanger diventasse
non solo offensiva ma addirittura malvagia.
Le sue motivazioni non riguardavano più la liberazione
delle donne, ma l’eugenetica, avendo in qualche modo raggiunto la posizione filosofica
secondo cui, attraverso una sessualità sfrenata e rampante, seguita da contraccezione,
aborto, sterilizzazione ed eutanasia, la sua missione era quella di assistere
la razza umana nella progressiva eliminazione di sé stessa, o almeno di quella
parte che
il suo idolatra adepto, Bill Gates, avrebbe in seguito ritenuto inadatta a vivere.
Mentre
la sua promiscuità sessuale aumentava a dismisura, abbandonò la morale e
l’etica, sviluppò l’amore per la volgarità e il cattivo gusto generale,
un’aggressività inutile e spesso controproducente e un entusiasmo del tutto
ingiustificato per lo sterminio.
Una
volta tornata negli Stati Uniti e dopo aver fatto sventolare la sua nuova
bandiera, la Sanger elogiò le politiche di sterilizzazione della Germania
nazista, divenne violentemente anti-famiglia e profondamente razzista, tanto da
affermare che ai neri non doveva essere permesso di contaminare il pool
genetico bianco.
Divenne anche virulentemente anticristiana,
affermando in un articolo di giornale che le piaceva promuovere il controllo
delle nascite perché era “calcolato per minare l’autorità della Chiesa
cristiana “.
In un
primo momento, la Sanger evitò di promuovere l’eutanasia, scrivendo che la
comunità non avrebbe dovuto inviare la progenie difettosa alle camere a gas, ma
poco dopo (nello stesso libro) affermò piuttosto duramente che tutta la carità
avrebbe dovuto cessare perché serviva solo a prolungare la vita dei non idonei
e che la società richiedeva “l’eliminazione delle erbacce umane”.
Il suo
punto di vista sull’aborto cambiò in modo simile, fino al punto in cui lei e la
sua organizzazione sponsorizzavano attivamente i diritti all’aborto.
A
questo punto, sembra che la Sanger fosse pazza, anche se Planned Parenthood cerca in tutti i modi di insabbiare
l’argomento follia affermando:
“Non possiamo sapere cosa Margaret intendesse
veramente dire, perché è morta“.
Ebbene,
sì, possiamo sapere cosa intendeva dire. Le sue parole hanno lo stesso
significato oggi e allora.
Per
prima cosa, la parte meno sgradevole della nuova Margaret era che approvava la
riproduzione selettiva per produrre esseri umani perfetti, come sosteneva in un
articolo intitolato “Il controllo delle nascite per creare una razza di purosangue
“, auspicando una maternità che si rifiutasse di “far nascere i deboli“, spingendo
per “più figli da quelli adatti, meno da quelli non adatti“, i quali
rappresentano “la più grande minaccia attuale alla civiltà“.
In un
libro, la Sanger scrisse che ai genitori di un bambino difettoso non dovrebbero
essere permessi altri figli e che “il controllo delle nascite… non è niente di
più e niente di meno che… estirpare i non idonei, impedire la nascita di
[figli] difettosi o di quelli che lo diventeranno“.
Nello
stesso libro, deplorava le famiglie con più figli e scriveva: “L’immoralità
delle famiglie numerose non risiede solo nel danno che esse arrecano ai loro
membri, ma anche alla società… La cosa più misericordiosa che la famiglia
numerosa fa a uno dei suoi membri neonati è di ucciderlo”.
Esaminando
i dati storici, è estremamente difficile capire perché “Planned Parenthood”, la
“Jewish Womens’ Society”, “Bill Gates” o chiunque altro dovrebbe venerare
questa donna.
La
Sanger promuoveva l’uso di ciò che chiamava “controllo delle nascite” per
sterminare le razze geneticamente inferiori, che per lei significavano la
maggior parte del mondo non bianco.
Affermava
che gli ebrei, gli ispanici e i neri erano “erbacce umane” che, se si fossero
riprodotte, “avrebbero portato un peso morto di rifiuti umani nel mondo“.
Il suo
obiettivo dichiarato era lo sterminio di tutti i neri negli Stati Uniti e
disumanizzava i poveri come “parassiti“, “deficienti” ed “errori”.
La
Sanger scrisse:
“Più
scendiamo nella scala dello sviluppo umano, meno controllo sessuale troviamo.
Si
dice che l’aborigeno australiano, la specie più bassa conosciuta della famiglia
umana, appena un gradino più in alto dello scimpanzé nello sviluppo cerebrale,
abbia un controllo sessuale così scarso che solo l’autorità di polizia gli
impedisce di ottenere soddisfazione sessuale per le strade”.
In una
perfetta espressione di ironia, potremmo esprimere questi stessi sentimenti
riguardo a Margaret stessa, anche se la storia ci dice che persino la polizia a
volte non era sufficiente a reprimere il “comportamento spensierato” di
Margaret.
In un
altro libro la Sanger scrisse:
“L’eugenetica
dimostra che stiamo pagando e persino sottomettendoci ai dettami di una classe
crescente e incessante di esseri umani che non avrebbero mai dovuto nascere“.
Proseguiva
dicendo che “ogni singolo caso di difetto ereditario, ogni bambino malformato,
ogni essere umano congenitamente contaminato messo al mondo è di infinita
importanza per quel povero individuo;
ma è
di importanza appena minore per il resto di noi e per tutti i nostri figli che
devono pagare in un modo o nell’altro per questi errori biologici e razziali”.
In un
discorso pubblico ampiamente pubblicizzato, la Sanger promosse l’eliminazione
di intere classi di persone, affermando che la società deve “tenere chiuse le
porte dell’immigrazione all’ingresso di certi stranieri la cui condizione è
nota per essere dannosa per la resistenza della razza, come i deboli di mente,
gli idioti, i deficienti, i pazzi, i sifilitici, gli epilettici, i criminali,
le prostitute professioniste e altri di questa classe”.
La
Sanger propose anche di mettere i poveri, gli “imbecilli e gli immorali” e
altri “tipi inferiori” in campi di concentramento dove potessero essere
rieducati a quella che lei chiamava “migliore condotta morale“, cioè abortire
in abbondanza.
E
continuava:
“Ritengo che il mondo e quasi la nostra
civiltà per i prossimi venticinque anni dipenderanno da un contraccettivo
semplice, economico e sicuro da usare nelle baraccopoli e nelle giungle e tra
le persone più ignoranti.
Anche
questo non sarà sufficiente, perché credo che ora, immediatamente, ci dovrebbe
essere una sterilizzazione nazionale per alcuni tipi disgenici della nostra popolazione
che sono incoraggiati a riprodursi e che si estinguerebbero se il governo non
li nutrisse“.
Scriveva:
“Mentre
personalmente credo nella sterilizzazione dei deboli di mente, dei pazzi e dei
sifilitici, non sono stata in grado di scoprire che queste misure sono più che
deterrenti superficiali se applicate al flusso in costante crescita dei non
idonei…
L’eugenetica,
senza controllo delle nascite, [è] una casa costruita sulla sabbia “.
Fu
particolarmente dura con i neri:
“La
massa dei negri… in particolare nel Sud, continua a riprodursi in modo incauto
e disastroso, con il risultato che l’aumento tra i negri, ancor più che tra i
bianchi, proviene da quella porzione di popolazione meno intelligente e adatta,
“ affermando altrove che il suo intento era quello di sterminare tutti i neri
in America, ma che sperava che tale intento non sarebbe stato scoperto da loro
fino a quando non sarebbe stato troppo tardi .
Al New
York Times non piaceva questa versione della verità, così i redattori crearono
la propria storia di Margaret Sanger.
In un
necrologio della Sanger, “Special to the New York Times“, scrissero che la Sanger aveva
semplicemente “cercato di creare l’uguaglianza tra i sessi liberando le donne”
.
Forse
sono duro di comprendonio ma, se ho capito bene, i redattori del NYT ci stanno
dicendo che
(a) uccidere tutti i neri renderà le donne libere,
e
(b)
che abortire tutti i feti in America renderà uguali donne e uomini.
Il NYT
ci informa anche che Margaret ha semplicemente cercato di presentare “il suo
punto di vista secondo cui la pianificazione familiare è un diritto umano
fondamentale “.
Tuttavia,
la Redazione ha trascurato di considerare il “diritto umano fondamentale” di
tutti noi deficienti di vivere la nostra vita senza l’aiuto di Margaret.
È il caso di notare che il NYT ha pubblicato
necrologi entusiastici di quasi tutti i mostri umani degli ultimi 100 anni,
quasi senza eccezioni, a quanto mi risulta, forse perché quasi tutti questi
individui erano ebrei.
Hanno
notato il “fascino infallibile e l’arguzia persuasiva” della Sanger,
specificando che “a molti poliziotti che l’hanno scortata alla stazione di
polizia sono cadute le orecchie per le sue invettive irlandesi“, omettendo di
dire che questo non è rappresentativo del fascino e dell’arguzia, ma di una
bocca sboccata. E il suo buon amico e collega di Planned Parenthood, il dottor “Alan
Guttmacher”, apparentemente ignaro di quanto sopra, ha affermato che Sanger “ha
convinto l’America e il mondo che… il concepimento è un diritto umano fondamentale. “
Anche
in questo caso, se il concepimento è un diritto umano fondamentale, perché
Guttmacher è così determinato a farmi abortire tutti i miei figli non ancora
nati?
Forse il concepimento e la nascita sono diritti
diversi.
Guttmacher
ha trascurato di dire che evitare la sterilizzazione e l’eutanasia, cioè il
diritto di vivere, è forse un diritto umano ancora più fondamentale.
E se
tutto ciò non bastasse, l’élite globalista ha dichiarato la Sanger “umanista dell’anno” e
le ha conferito un premio per aver dato “il contributo più cospicuo
all’arricchimento della vita“, senza specificare esattamente di chi sia stata
arricchita la vita.
O come.
Ciò
nonostante, è recente la notizia che Planned Parenthood, almeno a New
York, sta cancellando il nome della Sanger dalla testata, a causa delle sue
opinioni, finalmente venute alla luce, sull’eutanasia per tutti noi deficienti .
Un
passo indietro nel passato:
darwin_spencer_galton
Da sx
a dx, Darwin, Spencer, Galton.
Prima
di scoprire dove porta questo eugenicidio di ispirazione sessuale, facciamo un
salto nel passato e scopriamo le sue origini.
Il
processo iniziò in Inghilterra, principalmente con quattro uomini:
Thomas Malthus, Charles Darwin, Herbert
Spencer e Francis Galton.
thomas_malthus
Thomas
Robert Malthus.
Intorno
al 1800, l’economista britannico Thomas Malthus pubblicò il suo Primo saggio
sulla popolazione , spaventando la società britannica con la prospettiva che la
produzione di cibo non sarebbe mai stata sufficiente a rifornire una
popolazione che sarebbe sempre aumentata a un ritmo più veloce, lasciando una
parte della società perennemente senza cibo.
Egli
teorizzò che la natura stessa gestisse ed eseguisse le restrizioni alla
crescita eccessiva della popolazione, adeguando il cibo alla popolazione per mezzo
di guerre, pestilenze e carestie.
Nella
sua concezione erano i poveri (e in generale tutti i non bianchi) a essere
“ordinati dalla natura” a sopportare il peso di queste necessarie devastazioni
genocide occasionali ma ricorrenti, la loro ineluttabile sorte nella vita in
virtù della loro sfortuna di essere nati in povertà e, inoltre, che questi
sfortunati indigenti non avevano né la capacità di elevarsi al di sopra della
loro posizione né le risorse per farlo anche se ne avessero avuto la capacità.
Malthus
divise essenzialmente il suo mondo in due nuove e fino ad allora indefinite
razze di persone: i ricchi superiori e i poveri inferiori.
Poi,
basandosi sull’inviolabilità e la spietatezza delle leggi della natura,
sostenne che era una sfida controproducente e persino pericolosa al potere
della natura nutrire o assistere in altro modo i poveri, poiché un
miglioramento delle loro condizioni fisiche avrebbe portato a un aumento della
riproduzione, che sarebbe stato poi contrastato con una crescente durezza
quando la natura avesse ritenuto necessario frenare l’eccesso di crescita
demografica.
La
sfida alla natura porterà inevitabilmente a ritorsioni.
Intorno
al 1800, l’economista britannico “Thomas Malthus” pubblicò il suo Primo saggio
sulla popolazione, spaventando la società britannica con la prospettiva che la
produzione di cibo non sarebbe mai stata sufficiente a rifornire una
popolazione che sarebbe sempre aumentata a un ritmo più veloce, lasciando una
parte della società perennemente senza cibo.
Egli teorizzò che la natura stessa gestisse ed
eseguisse le restrizioni alla crescita eccessiva della popolazione, equiparando
il cibo alla popolazione per mezzo di guerre, pestilenze e carestie.
Nella
sua concezione, erano i poveri (e in generale tutti i non bianchi) a essere
“ordinati dalla natura” a sopportare il peso di queste necessarie devastazioni
genocide occasionali ma ricorrenti, la loro ineluttabile sorte nella vita in
virtù della loro sfortuna di essere nati in povertà, e inoltre che questi sfortunati
impuniti non avevano né la capacità di elevarsi al di sopra della loro
posizione né le risorse per farlo anche se ne avessero avuto la capacità.
“Malthus”
separò essenzialmente il suo mondo in due nuove e fino ad allora indefinite
razze di persone: i ricchi superiori e i poveri inferiori.
Poi, basandosi sull’inviolabilità e la
spietatezza delle leggi della natura, sosteneva che era una sfida
controproducente e persino pericolosa al potere della natura nutrire o
assistere in altro modo i poveri, poiché un miglioramento delle loro condizioni
fisiche avrebbe portato a un aumento della riproduzione, che sarebbe stato poi
contrastato con una crescente durezza quando la natura avesse ritenuto
necessario frenare l’eccesso di crescita demografica.
La sfida alla natura porterà inevitabilmente a
ritorsioni.
“Malthus”
divenne piuttosto sinistro nelle sue raccomandazioni, affermando che la natura
non doveva essere ostacolata, ma piuttosto aiutata nel suo compito di eliminare
l’eccesso di poveri nel mondo.
Nelle sue parole:
“Dovremmo
facilitare, invece di tentare stupidamente e vanamente di ostacolarle, le
operazioni della natura nel produrre questa mortalità;
e se temiamo il verificarsi troppo frequente
di orribili forme di carestia, dovremmo incoraggiare diligentemente le altre
forme di distruzione che costringiamo la natura a usare “.
“Malthus”
raccomandava di incoraggiare il sovraffollamento e la sporcizia per favorire le
malattie infettive e causare il ritorno della peste.
E soprattutto, affermava che si sarebbe dovuto
proibire i rimedi medici per le loro malattie, lasciando che il vaiolo, ad
esempio, devastasse totalmente i quartieri e i villaggi poveri senza alzare una
mano per aiutarli.
Questa era la loro giusta punizione, basata
sulla loro naturale inferiorità dovuta alla mancanza di denaro.
Forse
non è molto noto, ma è stata l’adozione delle teorie e delle politiche di
Malthus a portare direttamente alla morte per fame di innumerevoli milioni di
persone in Irlanda e in India.
Inoltre,
è stato lo spauracchio delle teorie di Malthus a spingere la Cina ad attuare la
politica del figlio unico, ma vorrei far notare che gli occidentali (ebrei) che
hanno spinto la Cina in questa direzione sono proprio le stesse persone che
oggi condannano la Cina per averli ascoltati.
I
ricchi, l’élite, la nobiltà terriera, erano naturalmente entusiasti di
apprendere questa rivelazione, di ricevere una convalida scientifica della loro
segreta convinzione di superiorità, di veder incisa su tavole di pietra nel santuario
dell’umanità la loro sempre sospettata ma ora dimostrata eccellenza naturale.
Erano
altrettanto entusiasti di ricevere un potente motivo, per gentile concessione
della natura e delle leggi dell’universo, per non sentirsi più obbligati ad
assistere i poveri.
La
filantropia era morta.
La
carità non era solo uno sciocco spreco di denaro, ma un atto ingiustificato di
sfida contro la natura stessa, che avrebbe portato a una dura punizione contro
gli stessi oggetti di quella carità.
Tante
buone notizie da un solo uomo.
Malthus si guadagnò naturalmente un grato
seguito tra le élite della nazione e, nel processo, creò un razzismo economico
del tutto nuovo e del tutto sgradevole, molto migliore di quello etnico in
quanto in un colpo solo candidò forse l’80% della popolazione come candidata ad
essere abbattuta dai dettami di Madre Natura stessa.
charles_darwin
Charles
Darwin.
All’incirca
nello stesso periodo, Charles Darwin enunciò la sua nuova teoria dell’evoluzione,
o ciò che egli definì “selezione naturale “:
in parole povere, gli organismi e gli esseri cambiano,
mutano e si adattano nel corso del tempo, e quelle mutazioni che aiutano gli
organismi ad adattarsi all’ambiente persistono mentre le altre si estinguono.
Allo stesso modo, gli organismi che contengono
queste mutazioni favorevoli tenderanno a sopravvivere perché saranno meglio
adattati, non così stressati dal loro ambiente.
La
teoria scientifica ed essenzialmente solida di Darwin fu poi utilizzata da”
Herbert Spencer” per creare una base “scientifica” per il razzismo anti-umano
di Malthus, producendo nel processo quello che oggi chiamiamo “darwinismo sociale
“.
herbert_spencer
Herbert
Spencer.
Spencer
combinò la teoria di Malthus, secondo cui i poveri esistevano come razza umana
inferiore, e quella di Darwin, secondo cui chi meglio si adatta meglio
sopravvive,
ipotizzando che, nel corso dei millenni, alcuni elementi dell’umanità si
fossero dimostrati non solo più mutevoli, ma avessero intelligentemente
selezionato le mutazioni più propizie, emergendo quindi come l’élite e la ricca
classe superiore della società.
In
virtù della selezione naturale di Darwin e della sopravvivenza del più adatto,
l’élite dei ricchi si rivelava non solo economicamente e scientificamente, ma
anche geneticamente superiore alle classi povere.
francis_galton
Francis
Galton.
Sulla
scia di Spencer, Francis Galton diede un ulteriore impulso a questa allettante
visione dell’umanità, annunciando prove scientifiche appena scoperte che
[confermavano che] il processo di selezione naturale di Darwin aveva
effettivamente portato a un’evoluzione dei poveri, in questo caso regressiva e
verso il basso, e che Madre Natura stessa aveva effettivamente reso i poveri
inferiori e privi di valore, un processo evolutivo forse ancora incompleto.
Galton
si distinse ulteriormente come scienziato, rendendosi conto che, proprio come
avviene per le piante o gli animali, l’incrocio e la consanguineità di tratti
umani desiderabili poteva servire ad aiutare la natura a produrre un prodotto
ancora superiore.
Galton creò così quella che oggi chiamiamo
eugenetica, che definì in modo approssimativo come “la scienza del
miglioramento del bestiame mediante accoppiamento giudizioso “.
Spencer
condivideva il pensiero di Malthus per quanto riguarda l’aiuto ai poveri,
perché la carità sfidava “le verità naturali della biologia” e serviva solo
come “conservazione artificiale di coloro che sono meno in grado di badare a se
stessi“, come potremmo pensare al continuo finanziamento di un’azienda in
bancarotta, un’assistenza artificiale che serve solo a prolungare la sofferenza
e a impedire la rinascita.
A suo
avviso, così come la natura estirpa i non idonei, anche la società deve
permettere loro di morire per mantenere la salute dell’élite rimanente.
Secondo lui, l’umanità era in fase di
evoluzione, con la natura stessa che proteggeva chi aveva i soldi e uccideva
chi non li aveva.
Galton, da parte sua, era angosciato dalla
possibilità che le classi inferiori ostacolassero l’evoluzione naturale verso
la ricchezza dell’élite e, poiché vedeva queste cose in termini genetici,
considerava i poveri come nemici dello Stato, diventando uno dei primi
sostenitori della sterilizzazione forzata di tutti tranne che dell’élite.
Entrambi vedevano l’eugenetica come un aiuto
alla natura, per evitare nascite che erano comunque destinate a morire
prematuramente e, in secondo luogo, per migliorare il bestiame umano con
pratiche di allevamento sane – in altre parole, accoppiando denaro con denaro.
Nel
suo libro, “Allan Chase” ha scritto in modo molto appropriato:
“Laddove Spencer offriva razionali ‘rivoluzionari’
per i bassi salari e le condizioni di lavoro e di vita subumane, Galton offriva le ragioni ‘ereditarie’ delle
leggi naturali della biologia per non sprecare simpatia, denaro, istruzione e,
soprattutto, assistenza sanitaria per i tipi biologicamente di bassa classe che
erano destinati, per volontà di Dio e/o della Natura, a essere nient’altro che
un salasso per la società e una popolazione in rapida proliferazione di poveri,
ladri e parassiti ereditari ”.
“Steven
Mosher” ha scritto in un articolo delizioso, informativo e ben documentato che
l’alta borghesia britannica
“ha
contribuito a garantire che il Saggio sulla popolazione del loro fondatore
fosse un successo commerciale, apparendo in non meno di sei edizioni dal 1798 al
1826.
Da
allora le storie di orrore sulla popolazione hanno venduto bene.
La
durata della vita si allungò e la salute generale migliorò nel corso del XIX
secolo, ma Charles Darwin diede ai malthusiani qualcosa di nuovo su cui
rimuginare.
Non
solo i poveri erano troppo prolifici, ma avendo tutti quei figli – la maggior
parte dei quali, come se non bastasse, sopravviveva all’infanzia – stavano
rapidamente abbassando il livello della popolazione.
Per i
ricchi e i privilegiati, che si trovavano sempre più in inferiorità numerica
rispetto ai grandi diseredati, si trattava della “‘sopravvivenza del più adatto al contrario”.
È
corretto affermare che il razzismo economico di Malthus, intrecciato con le
teorie di Darwin sull’evoluzione e la selezione naturale, lasciava i poveri in
una posizione poco invidiabile, ma poi Spencer e Galton presero questi elementi
e fusero ulteriormente il tradizionale razzismo etnico della nazione con la
loro versione di razzismo scientifico, lasciando l’élite bianca del mondo con la
confortevole certezza che non solo i poveri, ma praticamente tutte le
popolazioni non bianche fossero intrinsecamente, scientificamente,
geneticamente e moralmente inferiori a loro.
Queste
felici epifanie sono davvero rare;
non deve quindi sorprendere che il darwinismo
sociale di Spencer e l’eugenetica di Galton abbiano unito le forze e abbiano
travolto l’élite del mondo anglosassone più o meno con la stessa passione
sconfinata e insoddisfatta di “Emma Goldman” per la sessualità.
Tuttavia,
possiamo sorprenderci della virulenza con cui questa deplorevole filosofia ha
contagiato l’uomo bianco occidentale e, soprattutto, della misura inconcepibile
in cui gli americani l’hanno applicata in modo errato e delle spregevoli
applicazioni politiche e militari che hanno trovato per essa, applicazioni oggi
in pieno vigore.
Un’altra
sorpresa è stato il contributo di questa filosofia a collegare ulteriormente le
profondità fino ad allora inimmaginate del razzismo americano e del disprezzo per
l’umanità, le idee originali di Malthus, Spencer e Galton che ancora oggi
pervadono l’America.
Per
comprendere meglio la profondità dell’ideologia darwinista americana, ecco il
vice-governatore della Carolina del Sud, “Andre Bauer”, che spiega perché è
sbagliato che il governo degli Stati Uniti fornisca assistenza alimentare ai
poveri e perché si opporrebbe a qualsiasi legge di questo tipo:
“Mia nonna non era una donna molto
istruita, ma da piccolo mi disse di smettere di dare da mangiare agli animali
randagi.
Sapete perché? Perché si riproducono.
Se si
dà a un animale o a una persona un’ampia disponibilità di cibo, si aiuta il
problema.
Si riprodurranno, soprattutto quelli che non pensano troppo oltre. Quindi
bisogna limitare questo tipo di comportamento.
Non sanno fare di meglio”.
Un’altra
luminosa stella nella nebulosa democratica, il deputato americano dell’Alaska”
Don Young”, ha detto che la soluzione ai poveri senzatetto sono i lupi, perché
sono predatori, e che se potesse introdurre i lupi nelle comunità americane,
“non ci sarebbe più il problema dei senzatetto”.
Vorrei
scrivere qualcosa in merito, ma non mi viene in mente nulla da dire.
john_holdren
Dr.
John Holdren.
Il Dr.”
John Holdren”, lo zar della scienza del Presidente Obama, ha proposto aborti forzati e
sterilizzazioni obbligatorie, oltre alla creazione di un “Regime Planetario”
che controllerebbe con la forza i livelli di popolazione umana gravemente
ridotti in tutto il mondo.
“Holdren”
nega quando può, ma in un libro di testo che ha scritto insieme a “Paul e Anne
Ehrlich” nel 1977, questo è esattamente ciò che ha detto.
Se ricordo bene i dettagli, menzionò anche i piani per
impiantare capsule sterilizzanti nelle persone quando raggiungono la pubertà, e
il riempimento delle riserve d’acqua con sostanze chimiche sterilizzanti (guarda caso il tema conduttore nel
romanzo “Inferno” di Dan Brown, ma non nel film omonimo, nota del Traduttore).
Essendo
un vero malthusiano, “Holdren” basava le sue teorie interamente sulle
affermazioni secondo cui la disponibilità di cibo nel mondo sarebbe sempre
stata insufficiente, affermazioni che nel corso di due secoli si sono
ripetutamente rivelate una vera e propria sciocchezza.
Certamente
era vero che l’élite all’inizio del secolo scorso, come è vero ancora oggi, non
aveva alcun amore per gli esseri umani o l’umanità.
Persone come J.P. Morgan, Harriman, Hill,
Rockefeller, Carnegie, Mellon, Baruch, Vanderbilt, Warburg, Bush, Astor,
Monsanto, Duke, Scaife, Lasker, Sulzberger, DuPont e la nostra solita collezione di
famiglie di banchieri ebrei europei, credevano e agivano come se il 95% degli esseri
umani fossero parassiti infestanti che erano tollerabili solo nella misura in
cui consentivano loro di aumentare le proprie ricchezze, mentre coloro che
frustravano questa ambizione generalmente ricevevano disprezzo e proiettili in
quantità più o meno uguale.
E furono questi stessi individui, in
particolare Rockefeller e Carnegie, ad appassionarsi anima e corpo alla nuova
“scienza” dell’eugenetica e, di fatto, anche all’eutanasia.
Fu
Carnegie (o il suo istituto) a raccomandare l’uso di camere a gas a livello
locale per sterminare le classi inferiori.
Era
davvero una filosofia mostruosa che diventava estremamente pericolosa quando
veniva messa in atto da uomini di enorme ricchezza e influenza, perché quasi
nessuno aveva il potere di contraddirli o di ostacolarli.
Il
risultato fu che nel giro di pochi anni, nel primo decennio del secolo scorso,
si verificarono già sterilizzazioni forzate legalizzate e legiferate, che
culminarono almeno in innumerevoli centinaia di migliaia e non nelle poche
migliaia elencate nei libri di storia.
All’inizio
venivano sterilizzati contro la loro volontà coloro che potevano essere
considerati criminali, idioti, imbecilli, stupratori, infermi, internati.
Poi,
tutti gli altri.
Questo
saggio descrive solo l’inizio di un “enorme programma mondiale di spopolamento
della terra”, un vero e spaventoso “genocidio su scala globale” che oggi è in
silenziosa esecuzione, parte integrante della globalizzazione, apparentemente
non riconosciuta.
Non ha
portato solo al vasto programma di eugenetica insegnato nelle università
americane, alle sterilizzazioni forzate e alle camere a gas del Carnegie
Institute.
Ha portato direttamente al “National Security
Memorandum 200” (NSSM 200) di Henry Kissinger, un piano ferocemente aggressivo
per impedire, apparentemente a qualsiasi costo, alle popolazioni dei Paesi non
occidentali di avere figli.
Ha
portato l’”USAID” e la “Reimert Ravenholt” a sterilizzare almeno 100 milioni di
donne inconsapevoli, uccidendone decine di milioni nel processo.
Ha
portato a centinaia di migliaia di donne americane rese permanentemente sterili
e a milioni di sterilizzazioni e morti nei Paesi non sviluppati, a causa del “Dalkon
Shield”.
Ha
portato al Progetto 100.000 di Robert McNamara, in base al quale circa 500.000
persone con un basso quoziente intellettivo furono arruolate nell’esercito
statunitense e inviate in Vietnam e dei quali solo pochi tornarono.
Ha portato
all’utilizzo da parte dell’OMS di vaccini contro il tetano e la poliomielite
prodotti dai laboratori “Sanofi-Connaught di Rothschild” e addizionati con
l’ormone femminile HCG fornito dal CDC statunitense, per sterilizzare
surrettiziamente forse 150 milioni di donne nei Paesi in via di sviluppo, a
loro insaputa e certamente contro la loro volontà.
È diventato parte del programma di “Armi
Biologiche degli Stati Uniti “e molte prove suggeriscono che la “SARS”, la “MERS”
e forse l’”AIDS” sono stati creati a questo scopo, nell’ambito del
“dipartimento privato” della Banca Mondiale, con voci persistenti da casa degli
orrori.
Ha
portato al virus “Zika” con le zanzare GM “Terminator” della “Oxitec” , e molto
altro ancora.
Se non conoscete la storia dello “ZIKA” o
delle vaccinazioni anti-fertilità con HCG dell’OMS, vi invito a leggere i
relativi articoli.
Nel
2001, dopo aver scoperto una rara classe di anticorpi umani che attaccano lo
sperma, gli scienziati del laboratorio “Epicyte” di San Diego hanno creato un
mais contraccettivo geneticamente modificato.
I ricercatori hanno isolato i geni che
regolano la produzione di questi anticorpi e li hanno inseriti nelle piante di
mais, creando fattorie orti-colturali che producono contraccettivi.
Poco
dopo il comunicato stampa di Epicyte del 2001, tutte le discussioni sulla
scoperta sono scomparse.
L’azienda
fu rilevata da Biolex e nei media non si sentì più parlare dello sviluppo del
mais spermicida.
Epicyte,
DuPont e Syngenta (sponsor della Svalbard Seed Vault) avevano una joint venture
per condividere e utilizzare questa tecnologia.
Silvia Ribeiro, dell’ONG ETC Group, ha
avvertito in una rubrica del quotidiano messicano La Jornada che “Il potenziale del mais spermicida
come arma biologica è molto alto “, e ha ricordato l’uso delle sterilizzazioni
forzate contro le popolazioni indigene.
Questo
è il motivo per cui le aziende produttrici di sementi stanno improvvisamente
promuovendo l’uso dei semi di cotone come alimento primario per i Paesi
sottosviluppati.
I semi di cotone sono tossici e contengono una
sostanza chimica chiamata gossipolo, che è un efficace sterilizzante maschile.
Le
aziende produttrici di semi sostengono di aver rimosso questa tossina a un
livello sicuro, ma non esiste un livello sicuro per il gossipolo.
Anche
dosi minime assunte ripetutamente (come nel caso di un alimento di base)
rendono sterile un’intera popolazione maschile.
Ciò
che i
Rothschild e Sanofi, Bill Gates, l’OMS, la Banca Mondiale, l’USAID e l’UNICEF fanno per le popolazioni femminili,
le aziende produttrici di sementi lo faranno per la parte maschile.
Se
avranno modo di farlo, gran parte del mondo potrebbe un giorno essere
disabitata.
(Larry
Romanoff. Attualmente vive e lavora a Shangai. )
(bluemoonofshanghai.com/politics/5760/)
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