La “Co2” è un gas più pesante dell’aria che respiriamo. E quindi non può volare nella stratosfera!

 

La “Co2” è un gas più pesante dell’aria che respiriamo.

E quindi non può volare nella stratosfera!

 

 

“CO2”: perché manca, come

si produce e a che serve.

Ehergycue.it – (1° OTTOBRE 2022) – Maria Chiara Cavuoto – ci dice:

 

La CO2 è fondamentale per la vita sulla Terra e in molte applicazioni industriali. Come si produce e quali sono i suoi utilizzi?

L’anidride carbonica (CO2) è un gas che a temperatura ambiente si presenta incolore e inodore ed è naturalmente presente nella nostra atmosfera e nell’idrosfera.

 L’attuale concentrazione di questo gas in atmosfera è superiore rispetto a quella registrata in epoca preindustriale, come effetto del rilascio di emissioni inquinanti prodotti dalle attività umane.

 Ma l’anidride carbonica è anche usata in molte applicazioni, da quella delle bibite gassate a quella della refrigerazione.

 Per questo se la sua abbondanza in atmosfera è un problema, lo è anche la sua carenza.

L’anidride carbonica in atmosfera.

L’anidride carbonica è una sostanza fondamentale per la vita sulla Terra.

 Questo gas è tra i principali responsabili dell’effetto serra.

Si tratta di un fenomeno dovuto all’assorbimento e all’emissione di radiazione solare.

I raggi del sole che arrivano sulla Terra vengono assorbiti dal suolo e dalle acque, riscaldandoli.

Tutti i corpi emettono radiazioni elettromagnetiche, ma con lunghezze d’onda inversamente proporzionali alla temperatura dei corpi stessi.

Per questo la radiazione del sole, che è ad altissima temperatura, è nel campo dell’ultravioletto, mentre quella emessa dalla superficie terrestre è infrarossa.

I gas serra sono molecole in grado di assorbire questa radiazione infrarossa e, in parte, di riemetterla verso la superficie.

Se la nostra atmosfera fosse priva di ” CO2” e di altri gas serra, come il metano o il vapore d’acqua, il nostro pianeta avrebbe una temperatura media di -18 °C:

sarebbe impossibile la vita così come la conosciamo.

 

L’anidride carbonica in natura.

La produzione di CO2 dalle attività umane ha origine da diversi processi. La maggior parte delle emissioni deriva dalla combustione delle fonti fossili, in particolare da quella di carbone e petrolio nelle centrali termoelettriche, e da industrie e trasporti via automobili, aerei e navi.

 

L’anidride carbonica (Co2) è presente anche negli oceani e nei mari.

La CO2 infatti è un gas solubile in acqua, dove forma acido carbonico, in equilibrio con gli ioni carbonato e bicarbonato.

Circa un quarto della CO2 presente nell’atmosfera si scioglie negli oceani.

 Quindi, se la concentrazione di questo gas aumenta nell’atmosfera, aumenta anche quella nell’acqua marina.

Questo fenomeno è noto come acidificazione degli oceani e la maggiore quantità di acido carbonico influisce negativamente sugli ecosistemi marini.

 La CO2 poi è presente nelle cellule degli organismi viventi:

 le piante e tutti gli organismi autotrofi la utilizzano per procurarsi il nutrimento con la fotosintesi.

Al contrario, è il gas di scarto della respirazione cellulare che avviene negli organismi eterotrofi.

Il rilascio di CO2 nell’atmosfera avviene in alcuni fenomeni naturali come le eruzioni vulcaniche, i geysers, gli incendi o per la reazione di dissoluzione delle rocce carbonatiche.

Perché si produce la CO2?

La produzione di CO2 dalle attività umane ha origine da diversi processi. La maggior parte delle emissioni deriva dalla combustione delle fonti fossili, in particolare da quella di carbone e petrolio nelle centrali termoelettriche, e da industrie e trasporti via automobili, aerei e navi.

 Anche la fermentazione e la conversione del metano per produrre idrogeno e ammoniaca sono processi che rilasciano anidride carbonica nell’ambiente.

 La CO2 inoltre è un sottoprodotto della produzione di fosfato di sodio e del processo di produzione del cemento.

Secondo recenti stime dell’”Agenzia Europea dell’Ambiente”, le emissioni di gas serra sono da attribuire per il 77% al settore energetico, per il 9,10% ai processi industriali, per il 10,55% all’agricoltura e per il 3,32% al trattamento dei rifiuti.

 

A cosa serve la CO2?

L’anidride carbonica in fase solida è comunemente nota come ghiaccio secco e si utilizza come mezzo refrigerante, per esempio per conservare gli alimenti, in quanto permette di mantenere la temperatura più bassa rispetto al ghiaccio.

 Inoltre i cristalli di anidride carbonica possono essere usati per pulire le superfici con il metodo della sabbiatura criogenica, che consente l’eliminazione di depositi o incrostazioni.

In fase liquida, la CO2 in pressione si utilizza in molti estintori e giubbotti di salvataggio.

L’anidride carbonica gassosa invece è contenuta nelle bibite gassate e nell’acqua frizzante, ma anche nella birra e nei vini frizzanti, che la contengono per effetto della fermentazione che è avvenuta.

La CO2 si utilizza in agricoltura per stimolare la crescita delle piante nelle serre o per abbattere i parassiti, alcuni dei quali non sopravvivono in ambienti ricchi di questo gas.

 

Perché manca la CO2?

Quest’estate è stato lanciato un allarme per la mancanza di CO2 nel settore alimentare che ha messo in crisi la produzione delle bibite gassate.

 Negli ultimi anni l’industria che produce bibite gassate o prodotti alimentari sta soffrendo una forte crisi.

Ma perché manca la CO2 per gli usi industriali?

 La ragione sta nel processo di produzione.

 La cattura dall’atmosfera richiede costi molto elevati, considerando che il prelievo deve subire processi di purificazione spinti per consentire l’utilizzo alimentare.

 A questo si aggiungono i costi per il trasporto.

La maggior parte dell’anidride carbonica destinata al settore industriale quindi è un prodotto di scarto da altri processi, come la produzione di fertilizzanti.

 Per produrre questo gas il punto di partenza nella maggior parte dei casi è la combustione del gas naturale.

Per questo, con l‘aumento dei prezzi del gas molte produzioni di bibite gassate sono state interrotte o rallentate.

L’anidride carbonica nel settore alimentare.

La crisi economica ed energetica scatenata dalla guerra Russia – Ucraina ha colpito le industrie di produzione dei fertilizzanti e dell’ammoniaca.

Questi settori sono responsabili della produzione della CO2 come sottoprodotto da destinare all’uso alimentare.

Chiarito perché manca la CO2, risulta evidente che l’industria alimentare negli ultimi tempi sta soffrendo di una crisi senza precedenti.

 Gli utilizzi di questa sostanza nel settore sono molteplici:

surgelazione criogenica degli alimenti;

confezionamento in atmosfera protettiva;

trasporto refrigerato di alimenti deperibili;

aumento del tempo di conservazione degli alimenti a breve scadenza;

criopulizia di stampi e impianti di produzione alimentare;

estrazione della caffeina.

Anidride carbonica e bibite gassate.

La scorsa estate la produzione di bibite gassate è calata perché manca la CO2 da addizionare ai prodotti.

La crisi attuale causa il calo della produzione o l’aumento dei prezzi delle bibite gassate.

Qualsiasi sia la tipologia di bibite gassate i produttori hanno l’obbligo di inserire l‘anidride carbonica nella lista degli ingredienti sull’etichetta.

Lo stesso vale per la birra e il vino.

La fermentazione produce spontaneamente bolle di anidride carbonica, ma in alcuni casi consentiti dalle leggi si inserisce anche come additivo e compare sull’etichetta.

Anche per l’acqua frizzante si aggiunge anidride carbonica proveniente da fonti diverse dalla sorgente oppure dalla sorgente stessa.

La soluzione proposta per risolvere la carenza di “CO2” è l’estrazione dal biogas o dal biometano.

Occorre quindi investire in impianti integrati con i principi di economia circolare.

In questo modo, allevamenti e agricoltura possono fornire risorse per applicazioni energetiche e industriali.

(MARIA CHIARA CAVUOTO - Dottoressa Magistrale in Ingegneria Energetica.)

 

 

 

 

La Cina inquinatrice

prima nel “green.”

Qds.it - Carlo Alberto Tregua - (22 Agosto 2023) – ci dice:

 

Dragone all’avanguardia.

In quel Paese, accusato della dittatura di Xi Jinping, forse presidente a vita, vi sono alcuni aspetti relativi al problema più importante di questo mondo, cioè l’inquinamento, che vengono affrontati con mano ferma.

È vero che, da un canto, la Cina è il maggiore inquinatore del mondo, perché ha aumentato la produzione di carbone.

Ma la stampa occidentale, allineata agli Stati Uniti, non denuncia che anche quel Paese ha incrementato ulteriormente la produzione di energia da fonti fossili.

Attenzione, non siamo né filo né contro gli Usa, ma seguiamo semplicemente il nostro dovere di dire i fatti come sono, senza omissioni.

La stessa informazione non dice, però, l’altra faccia della medaglia di ciò che sta avvenendo in Cina e cioè che quel Governo ha imposto a tutte le industrie che producono e vendono auto elettriche di utilizzare la stessa bocca di ricarica, in modo che le colonnine siano universali.

Quel Governo spinge per l’acquisto di auto elettriche, mentre limita quello delle auto a motore termico.

Infatti, dal 2011, queste ultime non si possono acquistare liberamente, bensì, chi volesse farlo, deve partecipare a una lotteria.

Chi la vince potrà acquistare l’auto.

Ma anche queste a motore termico sono sottoposte a severissime regole anti-inquinamento, molto più restrittive di quelle in atto nel mondo occidentale delle economie avanzate.

Il Governo cinese alimenta inoltre l’acquisto di auto elettriche e frena quello di auto a motore termico mediante meccanismi di sovvenzioni e penalizzazioni.

Nessuno protesta perché tutti, volere o volare, obbediscono.

La conseguenza è che la Cina, in sette anni, ha ridotto l’inquinamento atmosferico quanto gli Stati Uniti hanno fatto in trent’anni.

Le restrizioni e le agevolazioni sono estese alle micro-auto, ai velocipedi, alle moto. La Cina si sta espandendo nel mondo:

si stima che 300 milioni di cinesi si trovino ovunque, ma nessuno se ne accorge. Sono silenziosi, come le formichine producono, pagano, non commettono reati e, via via, si espandono conquistando quartieri e città come nel caso di Prato, ove il 15% dei cittadini è cinese (il 63,6% degli stranieri presenti in città).

Anche nel settore della produzione di energia, la Cina è all’avanguardia perché sta per entrare in funzione un’enorme centrale solare-idroelettrica che produrrà due miliardi di chilowattora all’anno.

 Inoltre, sta installando numerosi impianti di idrogeno green.

È evidente che i fatti positivi prima elencati non possono nascondere quanto indicato, cioè che comunque la produzione di anidride carbonica continua ad aumentare.

In questo senso sembra che in quel Paese la ricerca si stia orientando sempre di più per l’utilizzazione di quella risorsa residuale che da zavorra potrebbe diventare materia prima.

Non sappiamo quale Stato arriverà per primo a questo risultato, ma è pacifico che chi lo farà avrà risolto definitivamente due problemi:

 quello dell’energia e quello dell’inquinamento.

Sembra l’uovo di Colombo, ma non lo è.

Si tratta solo di sapere verso quali obiettivi andare e di concentrare risorse finanziare per sostenere la relativa ricerca.

I fatti che abbiamo elencato mettono in discussione ancora una volta la questione di fondo: se sia meglio che un Popolo venga gestito dalla Democrazia o da una Dittatura illuminata per crescere economicamente.

Sappiamo bene la sollevazione di tanti “intellettuali”, i quali inorridiscono di fronte al dilemma presentato.

Ma tali “intellettuali” non si occupano di disinquinare l’ambiente, di far crescere economicamente gli strati meno abbienti della popolazione, di produrre la ricchezza che poi verrà redistribuita e di altre amenità di questo genere.

Intendiamoci, non ce l’abbiamo con gli “intellettuali” che vivono nell’iperuranio e che non si sporcano le mani nelle questioni che riguardano tutti i cittadini, ripetiamo, quelli più bisognosi.

Perché il dilemma?

Perché, a giudicare dai fatti, sembra più efficiente la Dittatura illuminata di Xi Jinping, che un’Unione europea più simile all’armata brancaleone che a un insieme di Stati.

L’Ue è stata ed è cieca, fra l’altro, di fronte alla questione Africa, dove invece la Cina si è gettata a mani basse.

 

 

 

Contare i Morti in Guerra Non

è un Morboso Esercizio di Necrofilia

Conoscenzealconfine.it – (29 Agosto 2023) - Claudio Martinotti Doria – ci dice: 

Il fatto che io abbia insistito negli ultimi articoli dedicati alla guerra in Ucraina sull’effettivo numero di morti dell’esercito ucraino (rapportandolo a quelli russi) non è frutto di malcelata necrofilia, nulla di morboso, ma è perché tecnicamente sapere quanti siano i caduti offre un quadro preciso delle prospettive belliche del paese, correlandolo ai dati demografici e socioeconomici.

Gli ultimi dati forniti dagli stessi funzionari USA, che probabilmente nel cambio di narrativa attualmente in corso sono stati autorizzati a farlo, riferiscono di circa mezzo milione di caduti, intendendo morti e feriti gravi non più in grado di combattere (ad esempio i mutilati).

 Vi è stata addirittura una fonte interna all’Ucraina (un’istituzione filogovernativa) che ha riferito di 350mila morti, in netto contrasto con il regime nazista di Kiev che con ostentata patetica protervia insiste a riferire da parecchi mesi che sono solo 13mila, come circa un anno fa quando corresse la von del Leyen che affermò essere 100mila.

Per il regime di Kiev nell’ultimo anno non è morto nessun soldato ucraino.

Personalmente avevo riferito pressappoco gli stessi numeri dei funzionari USA parecchi mesi fa, molto prima della cosiddetta e impropriamente definita “controffensiva”, durante la quale si stima vi siano stati altri 40/50 mila morti.

Sui feriti non sono d’accordo con le fonti occidentali, come scrissi già in passato.

 I feriti in una guerra convezione ad alta intensità, come è ormai divenuto il conflitto in Ucraina, sono mediamente il triplo dei morti, e di questi almeno il 25% riporta ferite gravi, invalidanti, cioè rimangono mutilati e/o non più in grado di combattere.

Ma non è il caso del conflitto in Ucraina, perché è caratterizzato da un uso intensivo dell’artiglieria e dei bombardamenti aerei e missilistici da parte russa, in un rapporto di 10 a 1 rispetto all’Ucraina.

Questo significa che la stragrande maggioranza, forse anche il 90% dei feriti ucraini, non sono stati colpiti da armi da fuoco ma da esplosioni, quindi da onde d’urto e schegge.

Sono cioè stati fatti letteralmente a pezzi.

 Ecco perché sono definiti “carne da cannone”.

Le ferite da artiglieria sono molto più gravi e laceranti di quelle da armi da fuoco, devastano il corpo e gli organi interni e le articolazioni.

Molti feriti non sopravvivono, soprattutto considerando che i tempi medi di soccorso da parte ucraina sono dieci fino a venti volte superiori a quelli russi, che vengono praticamente soccorsi nei minuti successivi.

Per i soldati ucraini passano ore prima che riescano a trasportarli in un ospedale per essere assistiti e curati alla meno peggio, quando gli va bene che non siano abbandonati a morire di una lenta agonia.

Questa è la triste, cruda e spietata realtà dei fatti, come testimoniato dagli stessi soldati ucraini.

Questo significa che i feriti a distanza di tempo muoiono o rimangono gravemente invalidi per non aver ricevuto tempestiva assistenza sul campo.

Quindi a mio avviso la cifra di 50mila mutilati tra i soldati ucraini, fornita dalle fonti occidentali (quelle serie) non corrispondono alla realtà, sono molti di più.

Dalle fonti cui attingo abitualmente, che analizzando scrupolosamente i video, documenti e testimonianze dirette sul campo, mi sono fatto l’idea che i morti siano ormai ben oltre i 500mila e i feriti gravi non meno di 250mila.

In sostanza il regime nazista di Kiev ha perso 750mila uomini.

Ecco perché da diversi mesi ha scatenato migliaia di commissari per l’arruolamento forzato di reclute e in rete hanno circolato migliaia di video (nonostante i divieti e i rischi) che denunciavano i metodi brutali di arruolamento, che applicavano sistematicamente il sequestro in strada o nelle proprie abitazioni di tutti gli uomini in età per combattere.

Siccome molti commissari erano corrotti e in cambio di denaro o beni preziosi rinunciavano ad arruolare chi li pagava, il regime di Kiev li ha sostituiti con altri ferocemente nazisti, privi di scrupoli, obbligati ad ottenere un risultato certo, pena gravi conseguenze per loro, ecco perché ultimamente il sistema di reclutamento si è intensificato e divenuto ancora più brutale, solo che non hanno tenuto conto della reazione popolare, ormai satura e non più disposta a sopportare repressioni e violenze.

Così sta succedendo che ogni tanto trovano un commissario massacrato di botte e/o giustiziato con armi da fuoco (di cui moti cittadini ucraini sono dotati).

E quando le autorità indagano non trovano un solo testimone disposto a parlare. L’omertà e quindi la complicità popolare è assoluta.

Un grosso problema per il regime di Kiev, a corto di carne da cannone.

Se insistono rischiano una sorta di guerra civile, cioè si ammazzeranno tra di loro.

Fare il commissario arruolatore è divenuto rischioso come andare a combattere al fronte.

Ora cercherò di spiegare il perché di questa situazione, ricorrendo ai dati demografici e anagrafici.

La popolazione ucraina era ai tempi dell’indipendenza dall’Unione Sovietica di circa 50milioni di persone.

 Fin dalle prime rivoluzioni colorate filooccidentali dei primi anni del nuovo millennio e negli anni fino al colpo di stato del 2014 orchestrato dagli USA, la popolazione ucraina era già calata di una decina di milioni, emigrati in tutta Europa e Russia in cerca di migliori condizioni di vita, per poi mantenere la famiglia rimasta in patria con le rimesse, non essendoci lavoro nel proprio paese.

Dopo il colpo di stato del 2014 divenne evidente per gli ucraini filorussi e russofoni, che per loro tirava una brutta aria di stampo nazionalista e perfino nazista e russofoba, quindi ne emigrarono in alcuni anni alcuni milioni e circa 5 milioni non fecero più parte dell’Ucraina, in quanto residenti nelle regioni secessioniste autoproclamatisi indipendenti del Donbass.

 In totale all’incirca altri 10milioni di ucraini si sono sottratti al dominio del regime nazista di Kiev.

Poi allo scoppio del conflitto con la Russia nel febbraio 2021 ci fu un altro fuggi-fuggi generale per sottrarsi alla guerra, oltre tre milioni di russofoni si rifugiarono in Russia (che ormai ne ospita, secondo le stime dai 5 ai 7 milioni) e altrettanti emigrarono in Europa, pagando tangenti varie alle guardie di frontiera oppure sono riusciti a fuggire di nascosto.

 Nel frattempo altre regioni ucraine del Sud e quasi l’intero Donbass furono acquisite e poi annesse alla Russia sottraendo altri milioni di ucraini al controllo del regime di Kiev.

Quindi ad essere ottimisti il regime di Kiev allo stato attuale controlla (si fa per dire, meglio sarebbe dire “minaccia e opprime”) solo 17-18 milioni di ucraini rimasti in patria, perlopiù a occidente del grande fiume Dnepr.

 E di questi la stragrande maggioranza sono donne, anziani e giovani non maggiorenni.

Ecco perché il regime è alla disperazione non disponendo più di carne da cannone da inviare al fronte.

I pochi rimasti piuttosto che farsi quasi certamente ammazzare al fronte e morire per un regime corrotto e odioso, preferirebbero affrontare armati i commissari arruolatori oppure simulare di voler combattere per poi arrendersi alla prima occasione (come avviene sempre più spesso), sempre che riescano a evitare di farsi sparare alla schiena dai loro ufficiali, ma anche questi alla lunga potrebbero finire come i commissari arruolatori.

 

Una situazione irrisolvibile per il regime di Kiev, che non potrà nascondere a lungo ai partner occidentali, certamente non ai servizi di intelligence USA e UK e polacchi, vista la loro pervasiva presenza sul suolo ucraino. Soprattutto i polacchi lo sanno benissimo.

La Polonia ha già perso oltre 10mila soldati inviati come mercenari per combattere a fianco degli ucraini, e anche loro hanno subito la stessa sorte degli ucraini in termini di feriti, un enorme tributo di sangue per il quale la Polonia vuole delle importanti contropartite.

 Sapendo la grave debolezza in cui versa il regime di Kiev la Polonia approfitterà certamente di tale vulnerabilità, non appena l’esercito ucraino collasserà e le forze russe avanzeranno fino al fiume Dnepr e occuperanno la regione di Odessa dominando l’accesso al mare.

A mio avviso l’enorme investimento della Polonia per rafforzare il suo esercito non ha solo lo scopo di affrontare la Russia in una guerra che sanno costerebbe loro lacrime e sangue, ma per occupare l’Ucraina Occidentale e annetterla sotto forma di protettorato polacco per poi difenderla dai russi.

Anche se a leggere i resoconti dei media occidentali sembrerebbe che l’esercito polacco sia fortissimo, in realtà ai ritmi di armamento e reclutamento attuali, occorreranno comunque due o tre anni per essere operativo, quindi non sono in grado attualmente di scendere in guerra contro la Russia, ma potranno soltanto contenerla al confine naturale rappresentato dal grande fiume Dnepr.

Una cospicua parte dell’esercito polacco dovrà rimanere schierato al confine con la Bielorussia, non potendo escludere, dal loro punto di vista, una possibile aggressione russa da quella parte, nel momento in cui la Polonia ufficialmente facesse entrare sul suolo ucraino le sue forze armate, perché sarebbe un atto di guerra.

 

Quindi, anche se è vero che i polacchi sono russofobi, non credo siano totalmente pazzi e suicidi, forse parte del governo ma non la maggioranza della popolazione, per cui non credo che affronteranno la Russia direttamente sostituendosi agli ucraini, per compiacere gli USA-UK, ma si limiteranno a cercare (non significa riuscirci) di portare a casa il massimo risultato col minimo sforzo, approfittando della debolezza altrui.

Per concludere la conta dei morti e feriti anche da parte russa, riferisco per semplificare che la maggioranza degli analisti occidentali seri e indipendenti (non propagandisti NATO) stima in 1 a 8 il rapporto morti e feriti tra russi e ucraini (personalmente propenderei per 1 a 10), quindi le conclusioni traetele voi, tenendo conto di quanto ho riferito in precedenza, cioè che l’artiglieria ucraina è ridotta a un decimo di quella russa, quindi i feriti russi da artiglieria sono infinitamente meno in proporzione, e l’assistenza e le cure ai soldati russi feriti è praticamente immediata e di elevatissima qualità, per cui il numero di invalidi e mutilati è ridottissimo.

Appare evidente a chiunque abbia avuto la pazienza di leggere questo mio modesto articolo, che le prospettive belliche dell’Ucraina sono ridotti al lumicino. Nonostante i loro sforzi non sono riusciti neppure ad avvicinarsi alla prima linea difensiva russa, e dopo ve ne sono altre due.

Finora tutti i numerosi attacchi ucraini sono stati fermati solo dagli avamposti difensivi russi, dai campi minati, dall’artiglieria mobile e delle retrovie e dall’aviazione leggera (perlopiù elicotteri e droni), che è riuscita in questi mesi a distruggere il 50% delle loro armi pesanti, soprattutto i mezzi corazzati, forniti dall’Occidente (quelli che avrebbero dovuto cambiare le sorti della guerra) e a uccidere tra i 40 e i 50mila soldati ucraini mandati all’attacco senza adeguata copertura aerea, come carne da cannone.

 

E nonostante queste evidenze oggettive, l’Occidente continua ancora a fornirli di armi, rendendosi moralmente responsabile della loro inutile morte e della sofferenza dei pochi sopravvissuti.

Un’ignominia.

(Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria)

(cavalieredimonferrato.it/).

 

 

 

 

Anidride Carbonica (Co2)

Assogastecnici.federchimica.it – L. De Lorenzi -Sol Spa – (20-1-2023) – ci dice:

(…)

• Negli ultimi anni la CO2 è stato oggetto di diversi dibattiti riguardante l’effetto serra.

• CO2 è un elemento chiave per il nostro pianeta e per

l’intero ecosistema.

– usato dalle piante per formare la materia organica

attraverso la fotosintesi;

– respirazione, la conversione di ossigeno in anidride

carbonica, è un ulteriore processo elementare della

natura per mantenere la vita;

– un importante prodotto finale della decomposizione di

tutti i materiali organici;

Generalità – Ciclo CO2.

CO2 Industria ed Ambiente

• Emissioni di CO2.

L’anidride carbonica.

• L’anidride carbonica (formula chimica: CO2) non è

infiammabile e, a condizioni atmosferiche, è chimicamente

stabile e inerte ed ha la capacità di ritardare o sopprimere le

reazioni di combustione.

La CO2, in condizioni atmosferiche, è circa 1,5 volte più pesante dell’aria;

tende perciò a stratificare verso il basso”, con la possibilità di accumularsi in fosse, o avvallamenti del terreno.

Proprietà della CO2.

La CO2 si può presentare allo stato solido, liquido, gassoso oppure

contemporaneamente in tutte e tre le fasi.

Ciò dipende dalla pressione e dalla temperatura.

Proprietà della CO2 in acqua.

• La CO2 si scioglie in acqua formando acido carbonico (H2CO3). Quest’ultimo ha una lieve reazione acida ed è corrosivo sull’acciaio al carbonio ed alcuni metalli non ferrosi.

• La solubilità in acqua della CO2 è molto sensibile alla temperatura e pressione.

• Alcune leghe non possono essere utilizzate.

• Materiali adeguati alle basse temperature come acciai inossidabili.

• Materiale più comunemente usato è l’acciaio al carbonio.

Proprietà della compatibilità con i materiali:

Gas CO2: Incolore.

L’unico modo sicuro per individuare la CO2 è avere un analizzatore di CO2!

Quale percezione della presenza di CO2?

Rischi dell’anidride carbonica:

Più pesante dell’aria.

 Cosa succede?

Quando la concentrazione di anidride carbonica nell’aria ambiente incrementa, la capacità polmonare viene compromessa, in quanto minori quantità di anidride carbonica lasciano il sangue e c'è meno spazio per l'ossigeno!

 Senza ossigeno non è possibile vivere.

 

 

 

 

Imparare dagli errori: anidride carbonica

e monossido di carbonio.

 Repertoriosalute.it - 22 Marzo 2014 – Redazione – ci dice:

 

Incidenti avvenuti in ambienti confinati e correlati all’esposizione ad anidride carbonica e monossido di carbonio.

Le dinamiche degli incidenti, le caratteristiche delle sostanze e i fattori di rischio degli ambienti confinati.

Riprendiamo a parlare di luoghi di lavoro confinati e di sostanze inquinanti convinti che gli incidenti dipendano anche da una scarsa consapevolezza dei rischi e pericoli correlati al contatto con alcuni agenti chimici pericolosi.

La ULSS 5 dell’Ovest vicentino ha avviato una campagna di prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati pubblicando un documento dal titolo “La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza” a cura di Lucio Ros (SPISAL ULSS 9), Alberto Brocco (SPISAL ULSS 21), Celestino Piz (SPISAL ULSS 6) e Franco Zanin (SPISAL ULSS 6).

Nel documento vengono citati diversi rischi chimici, quali l’azoto, l’anidride carbonica e monossido di carbonio.

Come è noto numerosi incidenti sono dovuti alla sottovalutazione di queste ultime due sostanze.

Il documento della USSL ne riporta una casistica esemplificativa.

I primi tre causati dall’anidride carbonica:

 nel primo caso due operai “scendono nella stiva di una nave in porto per recuperare, utilizzando un mezzo cingolato, delle granaglie di cereali sversate e sparse sul fondo.

La fermentazione delle stesse aveva provocato una concentrazione di CO2 sufficiente a rendere l’atmosfera della stiva asfissiante. I due lavoratori muoiono per asfissia; un soccorritore sviene ma è tratto in salvo”.

Nel secondo caso “un operaio in una cantina, salito con una scala a pioli sulla sommità di una cisterna contenente mosto in fermentazione, sveniva a seguito delle esalazioni di CO2.

Rimanendo con il capo reclinato all’interno del recipiente moriva per asfissia prima di essere soccorso”;

nel terzo caso viene presentata la “discesa di un lavoratore in una fossa di servizio agli impianti di trasporto automatico ove si era accumulata, per gravità, CO2 sviluppatasi dalla fermentazione del mais stoccato nel capannone in prossimità della fossa stessa. Evento mortale”.

 

Altri due casi sono relativi all’esposizione al monossido di carbonio:

 nel primo caso in una fonderia di ghisa “un lavoratore entrato in un cubilotto spento per il rifacimento del refrattario, rimane intossicato da CO richiamato all’interno del forno, per tiraggio naturale, dal cubilotto attiguo che era in funzione. Il lavoratore viene soccorso tempestivamente”;

nel secondo caso “durante l’installazione di dispositivi di rilevazione e di allarme in alcune aree, all’interno di una fonderia di ghisa, soggette a inquinamento da CO, due operatori della ditta incaricata dell’intervento rimangono intossicati gravemente perché soccorsi tardivamente”.

Nel documento si ricorda che:

L’Anidride Carbonica (CO2) è un gas incolore e inodore più pesante dell’aria e “tende a stratificarsi verso il basso”.

 Il gas, “utilizzato intenzionalmente nell’industria alimentare come conservante e congelante, è usato “anche come estinguente, nel trattamento dell’acqua e in applicazioni medicali”.

Si può inoltre formare, non voluto, “da fenomeni di combustione, di putrefazione, di fermentazione (granaglie in presenza di acqua), da dissociazione del bicarbonato di calcio, nel sottosuolo, con formazione di carbonato (lavori svolti nel sottosuolo).

 

Vengono normalmente segnalati incidenti in ambienti dove avvengono fermentazioni di sostanze alimentari”.

Mentre iI Monossido di Carbonio (CO) è una gas incolore e inodore, di densità simile all’aria, che “forma facilmente miscele esplosive”.

 In particolare si produce “da combustione in difetto di ossigeno. Gli incidenti determinati da questo gas, che avendo un’affinità per l’emoglobina 200 volte superiore a quella dell’ossigeno provoca anossia anemica, avvengono soprattutto in ambiente domestico per malfunzionamento di stufe, camini otturati, ecc.” …

 

Di anidride carbonica parla anche il Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del dpr 177/2011 nell’allegato 6 “Sostanze tossiche e asfissianti e incidenti tipo”. Allegato che ricorda come, tra gli effetti del gas, ci siano: “vertigine, mal di testa, tachicardia, senso di soffocamento, stato d’incoscienza”.

Nel documento “La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza” si ricorda che molti fattori di rischio riscontrabili in un luogo di lavoro “normale” – pensato per la presenza continuativa di lavoratori – possono essere presenti anche in un ambiente confinato e possono includere:

“operazioni in quota;

presenza di parti meccaniche in movimento;

presenza di reti elettriche;

presenza di atmosfere sotto-ossigenate;

presenza di atmosfere infiammabili/esplosive;

presenza di atmosfere inquinate da gas, fumi o vapori tossici derivanti dai prodotti contenuti e dai materiali introdotti, formatisi a seguito di reazioni impreviste, introdotti dalle utilities, diffusi da stoccaggi contigui, liberatisi dal terreno, ecc.;

presenza di atmosfere sovra-ossigenate;

ingresso o presenza di liquidi;

presenza di materiali solidi di piccola pezzatura che possono riversarsi o creare ‘ponte’ e franare;

presenza di calore o di freddo eccessivi, umidità elevata;

correnti elettriche o elettricità statica;

presenza di microorganismi patogeni;

scarsa visibilità”.

E nella fase di identificazione e valutazione dei pericoli potenziali “ci si deve far carico non solo delle particolari caratteristiche strutturali del luogo ma anche del fatto che le condizioni iniziali possono cambiare rapidamente, certe volte sotto l’influenza dell’ambiente circostante”.

Ad esempio “possono verificarsi combinazioni imprevedibili per presenza di più agenti con effetto concomitante o sequenziale (gas inerte, acqua, calore, ecc. …). Certi locali di normale uso possono diventare accidentalmente ambienti confinati inquinati, come nel caso di interventi di fumigazione, di bonifica o di uso di estinguenti”.

 

 

 

CO2, il principale gas serra.

 Ancler.org - Massimo –  Redazione - (20/07/2019) – ci dice:

 

Anidride carbonica (CO2):

si presenta a temperatura ambiente come un gas incolore, più pesante dell’aria, di odore leggermente pungente allo stato puro e di sapore acidulo.

 Alla temperatura di 20ºC, sottoposto a una pressione di 56,5 atm, liquefa trasformandosi in un liquido incolore;

alla pressione atmosferica e alla temperatura di –79 ºC passa invece direttamente dallo stato gassoso a quello solido, costituendo il cosiddetto ghiaccio secco o neve carbonica.

Il biossido di carbonio (Co2)è assai solubile in acqua, ma la sua solubilità diminuisce fortemente al crescere della temperatura: la solubilità aumenta invece con la pressione.

L’atmosfera contiene in media una quantità di biossido di carbonio pari al 2-4×10 – 2% circa in volume, che varia però notevolmente da una zona all’altra;

è per esempio minore nelle zone boschive, assai più elevata nell’atmosfera dei grandi centri urbani e industriali.

 

Le fonti di emissione di CO2.

Le fonti naturali di CO2 atmosferica includono la de-gassificazione da vulcani, la combustione, il decadimento naturale della materia organica, la respirazione da parte di organismi aerobici che utilizzano ossigeno.

Queste sorgenti sono bilanciate, in media, da una serie di processi fisici, chimici o biologici, chiamati “pozzi”, che tendono a rimuovere la CO2 dall’atmosfera.

Le fonti antropiche principali di CO2 atmosferica includono l’uso dei combustibili fossili, la gestione forestale, la deforestazione, la produzione di cemento, la gestione dei suoli.

Nel complesso la presenza dell’anidride carbonica nell’atmosfera è dovuta al ciclo del carbonio e la CO2 non distrutta nel corso del tempo si accumula nel sistema oceano-atmosfera-terra, spostandosi da un comparto all’altro di tale sistema: parte di essa può essere assorbita dagli oceani o dalla biosfera terrestre, mentre la parte in eccesso si accumula in atmosfera.

(Dovreste spiegarmi il mistero della Co2. È più pesante dell’aria e quindi non può volare libero nei cieli. E pertanto non può partecipare all’effetto serra! N.d.R.)

 

I gas ad effetto serra.

L’anidride carbonica (CO2) è “tra i gas ad effetto serra” (Greenhouse gas o GHG) che maggiormente contribuiscono al riscaldamento del pianeta.

(Ma la Co2 è più pesante dell’aria e quindi non può esistere nell’alto dei cieli! N.d.R.)

Tali gas presenti nell’atmosfera terrestre catturano il calore del sole impedendogli di ritornare nello spazio.

 Molti di essi sono presenti in natura, ma l’attività dell’uomo ne aumenta le concentrazioni nell’atmosfera.

Attualmente si calcola che la concentrazione in atmosfera dell’anidride carbonica supera del 40% il livello registrato agli inizi dell’era industriale e che la CO2 è responsabile del 63% del riscaldamento globale causato dall’uomo mentre il metano è responsabile del 19% del riscaldamento globale di origine antropica, l’ossido di azoto del 6%.

(Ma quanto hanno pagato i padroni del mondo per far dire agli scienziati del clima che la Co2 -pur essendo più pesante dell’atmosfera- vola leggera nell’alto dei cieli e crea la cupola per il gas serra! N.D.R.)

Cause dell’aumento delle emissioni di CO2 e dei gas ad effetto serra sono la combustione di carbone, petrolio e gas che produce anidride carbonica e ossido di azoto (si calcola che le centrali elettriche e gli altri impianti industriali siano le principali fonti di CO2), la deforestazione (gli alberi aiutano a regolare il clima assorbendo CO2 dall’atmosfera, ma con il loro abbattimento questa funzione viene a mancare e l’anidride carbonica contenuta nel legno viene rilasciata nell’atmosfera” a contatto del terreno” N.d.R.), lo sviluppo dell’allevamento di bestiame (in quanto bovini e ovini durante il processo di digestione producono grandi quantità di metano), l’utilizzo di fertilizzanti azotati in agricoltura (che producono emissioni di ossido di azoto), l’utilizzo di gas fluorurati (regolamentato dalla legislazione dell’UE che ne ha previsto la graduale eliminazione, causa un effetto serra molto importate, fino a 23000 volte più forte dei quello provocato dalla CO2).

(La Co2 non provocherà mai l’’effetto serra” atmosferico in quanto è un gas pesante più dell’aria e non può volare nell’atmosfera! N.d.R.)

Il riscaldamento globale.

L’attuale temperatura media mondiale è più alta di 0,85ºC rispetto ai livelli della fine del 19° secolo.

Ciascuno degli ultimi tre decenni è stato più caldo dei precedenti decenni, da quando sono iniziate le prime rilevazioni nel 1850.

I più grandi esperti di clima a livello mondiale ritengono che le attività dell’uomo siano quasi certamente la causa principale dell’aumento delle temperature osservato dalla metà del 20° secolo.

Un aumento di 2ºC rispetto alla temperatura dell’era preindustriale viene considerato dagli scienziati come la soglia oltre la quale vi è un rischio di gran lunga maggiore che si verifichino mutamenti ambientali pericolosi e potenzialmente catastrofici a livello mondiale.

 Per questo motivo, la comunità internazionale ha riconosciuto la necessità di mantenere il riscaldamento sotto i 2ºC.

Le conseguenze dei cambiamenti climatici.

I cambiamenti climatici interessano tutte le regioni del mondo. Le calotte polari si sciolgono e cresce il livello dei mari. In alcune regioni i fenomeni meteorologici estremi e le precipitazioni sono sempre più diffusi, mentre altre sono colpite da siccità e ondate di calore senza precedenti.

Le forti precipitazioni e altri eventi climatici estremi stanno diventando sempre più frequenti.

Ciò può causare inondazioni e un deterioramento della qualità dell’acqua, e in alcune regioni anche la progressiva carenza di risorse idriche.

I cambiamenti climatici stanno già avendo un impatto sulla salute:

 in alcune regioni si registra un aumento nel numero di decessi dovuti al calore e in altre si assiste a un aumento delle morti causate dal freddo;

si osservano già alcuni cambiamenti nella distribuzione di determinate malattie trasmesse dall’acqua e dai vettori di malattie.

I danni alle case, alle infrastrutture e alla salute umana impongono elevati costi alla società e all’economia.

 Tra il 1980 e il 2011 le alluvioni hanno colpito più di 5,5 milioni di persone e provocato perdite economiche dirette per oltre 90 miliardi di euro.

 I settori che dipendono fortemente da determinate temperature e livelli di precipitazioni come l’agricoltura, la silvicoltura, l’energia e il turismo, sono particolarmente colpiti.

Se non si instaura una inversione di tendenza volta ad una importante riduzione delle emissioni di CO2 questi fenomeni dovrebbero intensificarsi nei prossimi decenni.

(Non si comprende il motivo per cui la CO2 dovrebbe causare cambiamenti climatici, pur non potendo volare nell’alto dei cieli in quanto più pesante dell’aria! N.d.R.)

(ec.europa.eu/clima/change/consequences_it)

 

 

 

 

Cos'è l'effetto serra: cause,

conseguenze e come ridurlo.

Sanpellegrino-corporate.it – (28 aprile 2021) – Redazione – ci dice:

 

Cos'è l'effetto serra: definizione e significato.

L'effetto serra è un particolare fenomeno di regolazione della temperatura di un pianeta (o satellite) provvisto di atmosfera, che consiste nell'accumulo all'interno della stessa atmosfera di una parte dell'energia termica proveniente dalla stella attorno alla quale orbita il corpo celeste, per effetto della presenza in atmosfera di alcuni gas, detti appunto "gas serra, come CO2, metano, ozono.

(La Co2 è un gas più pesante dell’atmosfera e nessun scienziato può affermare che un gas più pesante può esistere nell’alta atmosfera di volontà propria! N.d.R.)

 

Come funziona l'effetto serra: spiegazione.

 Nel caso della terra, i raggi del sole riscaldano la superficie del nostro pianeta e vengono riflessi sotto forma di raggi infrarossi.

I gas serra presenti nell’atmosfera filtrano i raggi solari in ingresso e trattengono la radiazione infrarossa riemessa dalla superficie del corpo celeste.

 Queste hanno un effetto sulla temperatura del pianeta, influenzando il clima.

 La conseguenza positiva dell’effetto serra naturale è la mitigazione del clima della terra:

 è proprio grazie ad esso che la temperatura terrestre è mite e compatibile con la vita, in quanto il calore assorbito viene ceduto più lentamente verso l'esterno. L’effetto serra si basa su un delicato equilibrio:

 tutto dipende dalla quantità e dalla percentuale di gas serra presenti in atmosfera.

 

 Il rapporto tra effetto serra, inquinamento e riscaldamento globale.

 L’effetto serra è direttamente collegato al riscaldamento globale e all’inquinamento:

 l’aumento dei gas serra nell’atmosfera modifica l’equilibrio climatico terrestre.

 La principale causa che turba l’equilibrio dei gas serra in atmosfera è dovuta all’attività umana che sta causando l’aumento eccessivo dei gas presenti nell’atmosfera, e quindi la minore capacità da parte dell’atmosfera terrestre di filtrare i raggi ultravioletti del sole.

 Proprio come una serra che trattiene troppo calore, anche il pianeta Terra sta attualmente trattenendo le radiazioni solari, con conseguente riscaldamento globale.

(Anche se potesse l’attività umana non può inviare un gas pesante come è la Co2 nell’atmosfera. Quindi tra i gas serra non è possibile l’esistenza della CO2 per causa umana! N.d.R.)

Il primo responsabile dell’effetto serra è l’eccessivo uso dei combustibili fossili come carbone, petrolio e gas naturale, sia per ragioni produttive sia per utilizzo individuale.

 L’uso massivo di combustibili fossili ha determinato un’enorme quantità di emissioni di CO2, uno dei principali gas serra.

Un altro fattore che turba gli equilibri dell’effetto serra naturale è la deforestazione:

la scomparsa delle foreste e delle piante ha fortemente ridotto la capacità degli alberi di assorbire la CO2.

(La Co2 è assorbita anche dall’erba! N.d.R.)

Conseguenze dell'effetto serra.

 L’aumento dei gas serra nell’atmosfera porta innumerevoli conseguenze negative sul nostro pianeta:

Aumento della temperatura terreste.

Scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello del mare.

Cambiamenti climatici.

Ondate di calore, periodi di siccità e aumento delle zone desertiche.

Aumento dei fenomeni naturali estremi come alluvioni, tempeste, uragani e incendi.

 L’aumento delle temperature sta mettendo a rischio inoltre sempre di più le specie animali e marine e la fauna selvatica, già in crisi per la deforestazione e per la distruzione dei loro habitat.

Come ridurre l'effetto serra: i rimedi

 Per contrastare l’effetto serra è possibile adottando scelte di vita sostenibili per il pianeta.

Ridurre le emissioni di CO2 è fondamentale:

l’Unione Europea si è posta l’obiettivo di ridurre entro il 2050 le emissioni di gas serra dell’80%.

Questo attraverso politiche economiche che favoriscano uno sviluppo green e con accordo vincolanti, come l’Accordo di Parigi.

Sono sempre di più i progetti scientifici e le azioni concrete messe in atto da privati ed aziende per ripristinare gli habitat, proteggere l’ambiente e sviluppare un’economia circolare.

 Ridurre l’impatto della plastica, la quantità di rifiuti e le emissioni di CO2 inquinanti rappresentano alcuni degli obiettivi principali del Gruppo Sanpellegrino, da sempre in prima linea nella creazione di valore condiviso e nel promuovere comportamenti responsabili nei confronti dell’ambiente e delle risorse idriche.

Non solo le aziende:

 anche i singoli cittadini possono dare il proprio contributo nel ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera e di conseguenza l’effetto serra, adottando semplici ma efficaci abitudini quotidiane.

(Le emissioni di Co2 nell’atmosfera si limitano a restare a livello del terreno e del mare. Non si comprende come la Co2 possa salire in alto nell’atmosfera per risiedere sotto la cupola dell’effetto serra! N.d.R.)

 

Ecco come ridurre l’effetto serra con piccoli gesti:

Optare per energia verde e rinnovabile.

Scegliere i mezzi pubblici oppure optare per la mobilità green ed elettrica.

Diminuire gli sprechi di energia elettrica.

Riciclare in maniera corretta.

Usare prodotti di pulizia organici.

Usare lampadine a lunga durata.

 L’uso consapevole e corretto dell’energia domestica può avere un impatto positivo sull’ambiente.

Sostenibilità e tutela del territorio.

 

 

 

Cambiamento climatico: gas a effetto

serra che causano il riscaldamento globale.

 

Europarl.europa.eu – Redazione - Società – (23-03-2023) – ci dice:

 

 I gas fluorurati a effetto serra (gas fluorurati) sono prodotti dall'uomo e hanno un elevato potenziale di riscaldamento globale, spesso migliaia di volte più forte della CO2.

Gli idro fluorocarburi (HFC) rappresentano circa il 90% delle emissioni di gas fluorurati e sono utilizzati principalmente nei refrigeranti di frigoriferi, congelatori, condizionatori d'aria e pompe di calore.  

I gas fluorurati a effetto serra sono prodotti dall'attività umana e contribuiscono notevolmente al riscaldamento globale.

L'anidride carbonica (CO2) è fra i tanti gas ad effetto serra.

 Scoprite come influisce sul riscaldamento globale, la sua origine e il suo contributo alle emissioni dell'UE.

(La CO2 non è un gas a effetto serra in quanto più pesante dell’atmosfera e non può volare verso l’alto. Si può spostare solo a livello del terreno e del mare! N.D.R)

L'UE vuole ridurre drasticamente i gas serra, che contribuiscono al cambiamento climatico.

La più nota è l'anidride carbonica (CO2), ma altre, presenti nell'atmosfera in misura minore, possono contribuire ancora di più al riscaldamento globale.

(Ma la Co2 essendo un gas più pesante dell’atmosfera non potrà mai raggiungere l’alta cupola atmosferica per diventare così un gas serra! N.D.R.)

Cosa causa i gas ad effetto serra?

I gas nell'atmosfera agiscono in modo simile al vetro di una serra:

 intrappolano il calore del sole e gli impediscono di disperdersi nello spazio, provocando così il riscaldamento globale.

L'effetto serra fa sì che la temperatura della superficie terrestre sia più alta di quanto sarebbe se non ci fossero gas serra nell'atmosfera, permettendo la vita sul pianeta.

Molti gas serra sono presenti naturalmente nell'atmosfera.

Tuttavia, l'attività umana contribuisce al suo accumulo e aumenta il riscaldamento globale.

Di conseguenza, i modelli di neve e precipitazioni cambiano, le temperature medie aumentano e gli eventi meteorologici estremi, come ondate di calore e inondazioni, si verificano con maggiore frequenza.

Altri fattori e cifre sul cambiamento climatico.

Quali sono i principali gas serra?

Esistono diversi tipi di gas serra e il loro contributo al riscaldamento globale varia.

L'anidride carbonica(CO2) (non è un gas serra in quanto è più pesante dell’atmosfera”! N.D.R), il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O), tra gli altri, sono naturalmente presenti nell'atmosfera, ma sono anche generati dalle attività umane.

 

I gas fluorurati a effetto serra sono il tipo più potente e persistente di gas a effetto serra emessi dalle attività umane.

Possono produrre un effetto serra migliaia di volte maggiore della CO2.

“Come già detto la Co2 essendo più pesante dell’aria non può diventare un gas serra atmosferico.N.D.R.)

Inclusi in questo tipo sono idrofluorocarburi (HFC), (perfluorocarburi), esafluoruro di zolfo (SF6) e trifluoruro di azoto (NF3).

Questi gas sono spesso usati come sostituti delle sostanze che riducono lo strato di ozono, che sono sostanze chimiche artificiali che, una volta emesse, raggiungono l'atmosfera superiore e distruggono lo strato protettivo di ozono.

 A differenza delle sostanze che riducono lo strato di ozono, i gas fluorurati non danneggiano lo strato di ozono.

Il Protocollo di Kyoto e l'Accordo di Parigi, il cui obiettivo è coordinare la risposta globale ai cambiamenti climatici, includono i seguenti sette gas serra:

 

Diossido di carbonio è lo stesso biossido di carbonio, ossia la CO2.

 La CO2 è prodotta naturalmente dagli animali durante la respirazione e attraverso la scomposizione della biomassa.

 Inoltre la Co2, può entrare nell'atmosfera attraverso la combustione di combustibili fossili e reazioni chimiche.

(la Co2 può entrare nell’atmosfera ma solo a livello del terreno e del mare in quanto è un gas più pesante dell’aria e quindi non può salire nel cielo! N.D.R.)

Durante la fotosintesi, il processo che converte la luce solare in energia, le piante la sottraggono all'atmosfera.

Pertanto, le foreste svolgono un ruolo importante nel sequestro della Co2: (l’ossigeno prodotto vola nell’aria mentre il carbonio viene utilizzato dalle radici delle piante. N.D.R)

Metano

Il metano è un gas incolore che è il componente principale del gas naturale. Le sue emissioni provengono dalla produzione e dal trasporto di carbone, gas naturale e petrolio, nonché dal bestiame e da altre pratiche agricole, dall'uso del suolo e dalla decomposizione dei rifiuti organici nelle discariche municipali. Nel 2021, la maggior parte delle emissioni di metano proveniva da agricoltura, silvicoltura e pesca.

Ossido nitroso

 Questo gas viene prodotto a seguito dell'azione microbica nel suolo, dell'uso di fertilizzanti contenenti azoto, della combustione del legno e della produzione chimica.

 Viene emesso nelle attività agricole e industriali, nonché nell'uso del suolo; la combustione di combustibili fossili e rifiuti solidi; e trattamento delle acque reflue. Nell'UE, l'agricoltura, la silvicoltura e la pesca hanno prodotto la maggior parte delle emissioni di metano nel 2021.

Idro fluorocarburi.

Gli idro fluorocarburi rappresentano circa il 90% delle emissioni di gas fluorurati e l'UE sta lavorando per eliminarli gradualmente entro il 2050.

Sono utilizzati principalmente per assorbire il calore in frigoriferi, congelatori, condizionatori d'aria e pompe di calore, nonché spray per l'asma e aerosol tecnici, agenti schiumogeni e negli estintori.

Nel 2021 hanno prevalso nei settori del commercio all'ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli.

Per fluorocarburi.

I per fluorocarburi sono composti artificiali comunemente usati nei processi di produzione industriale.

Esafluoruro di zolfo

L'esafluoruro di zolfo è spesso utilizzato nell'isolamento delle linee elettriche.

Tri fluoruro di azoto.

Il tri fluoruro di azoto viene utilizzato come "gas di pulizia della camera" nei processi di produzione per pulire l'accumulo indesiderato dalle parti e dai circuiti del microprocessore mentre vengono costruiti.

Impatto dei gas serra sul riscaldamento globale.

I gas serra hanno un diverso potenziale di riscaldamento globale.

Per poterli confrontare, i loro impatti vengono solitamente convertiti in CO2 equivalente.

(Questo è un trucco da scienziati ben pagati: perché paragonare i veri gas serra con la CO2 che non può essere un gas serra essendo più pesante dell’aria? N.D.R)

 

Nel 2021, le emissioni di gas a effetto serra generate dalle attività economiche nell'UE hanno raggiunto i 3,6 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, il 22% in meno rispetto al 2008.

 La CO2 ha rappresentato quasi l'80% del volume di tutte le emissioni di gas a effetto serra e a metano con oltre il 12%. Il metano dura meno della CO2 nell'atmosfera, ma assorbe molta più energia solare.

(Ma come fa il metano ad essere paragonato alla CO2 se questa è più pesante dell’aria? N.D.R.)

Il metano é un pericoloso inquinante atmosferico e le sue perdite possono causare esplosioni.

Nel complesso, tutti i gas fluorurati rappresentano solo il 2,5% circa delle emissioni di gas a effetto serra dell'UE. Tuttavia, anche se vengono emesse in quantità minori, intrappolano il calore in modo molto più efficace della CO2.

(Ma se la Co2 non esiste nella cupola del gas serra nell’atmosfera, come si può paragonarla ai veri gas serra che sono più leggeri dell’aria? N.D.R.)

Altri fatti e cifre sulle emissioni di gas a effetto serra per paese e settore dell'UE.

In che modo l'UE intende ridurre i gas serra?

La legge sul clima dell'UE fissa obiettivi giuridicamente vincolanti per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra:

entro il 2030 devono essere diminuite del 55% rispetto ai livelli del 1990 e l'UE deve raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050.

Per raggiungere questi obiettivi, l'UE ha implementato diverse misure:

- ridurre le emissioni nei trasporti;

- fissare standard per risparmiare energia e investire nelle energie rinnovabili;

- impedire il trasferimento delle industrie che emettono gas a effetto serra al di fuori dell'UE per evitare normative più severe;

 

- promuovere il primo grande mercato mondiale del carbonio, il sistema europeo di scambio di quote di emissione.

(Ma il carbonio è il residuo della fotosintesi: la Co2 ha donato l’ossigeno per le foglie delle piante, mentre il carbonio rimane per l’uso delle radici delle piante. N.D.R)

- stabilire obiettivi di riduzione per ciascun paese dell'UE;

- promozione delle foreste e di altre aree di sequestro del carbonio.

(Per favore non confondiamo il carbonio con la “CO2”! N.D.R).

 

 

 

Il Nuovo Ordine Mondiale e

 i BRICS: Analisi dell’Inganno.

Conoscenzealconfine.it – (30 Agosto 2023) - Giuseppe Rago –   Fox Allen - ci dicono:

 

In questo articolo si analizza l’inganno rappresentato dai BRICS in un’epoca di disperazione e paura, in cui i media mainstream e quelli di pseudo controinformazione pilotano l’opinione pubblica.

Si cerca di avallare i piani del nemico attraverso un consenso artificialmente creato.

 La verità rappresenta l’unica cosa che può liberare la popolazione mondiale dalle grandi menzogne.

(Fox Allen è l’autore di questo articolo. mirrortruthblog.wordpress.com/2023/08/01/brics-come-e-perche-dellennesimo-inganno/).

Lui analizza come i BRICS siano solo un altro inganno perpetrato dal Nuovo Ordine Mondiale.

Viviamo in un’epoca di disperazione e paura, in cui i media mainstream e quelli di pseudo controinformazione governano l’opinione pubblica a loro piacimento.

Ciò porta a un consenso artificiale che avalla i piani del nemico.

Solo la verità può liberare la popolazione mondiale dalle grandi menzogne.

Come Nascono i BRICS.

Secondo Allen, i BRICS nascono nel 1956 quando la famiglia Rockefeller fece stilare un documento intitolato “Prospect for America: The Rockefeller Panel Reports”.

Questo testo delineava il progetto per il Nuovo Ordine Mondiale da raggiungersi attraverso una narrazione di facciata che promuovesse una multipolarità che de facto non c’è mai stata.

Ed è per questo che è fondamentale partire da qui, poiché quanto scritto in quel testo rappresenta il punto esatto in cui ci troviamo oggi.

Lo “Special Studies Project”, diretto da Henry Kissinger, prese vita subito dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il suo compito era quello di creare un piano d’azione per realizzare il governo mondiale all’interno dell’ambiente postbellico esistente e implementare l’Agenda in modo tale da poter essere venduta alla popolazione mondiale come qualcosa che era stato concepito per il bene dei popoli.

Il documento delineava un mondo diviso in unità più piccole, ma organizzate, operanti e controllate da un unico vertice, in uno sforzo comune per permettere e favorire il progresso della vita economica, politica, culturale e spirituale.

 Tale comunità consisteva in istituzioni regionali sotto un organismo internazionale di crescente autorità, unite in modo da poter affrontare quei problemi che sempre più le singole nazioni non saranno in grado di risolvere da sole.

Il documento chiariva anche quale fosse questa organizzazione internazionale di crescente autorità: le Nazioni Unite.

Gli Stati Uniti partecipavano direttamente allo sviluppo di due gruppi regionali e partecipavano pienamente e fin dall’inizio alle Nazioni Unite, l’organizzazione internazionale che oggi nutre la ragionevole speranza di poter assumere sempre più funzioni e ad assumersi responsabilità sempre più grandi.

 L’ONU è la prova della convinzione degli Stati Uniti che i problemi che hanno un impatto mondiale devono essere affrontati attraverso istituzioni globali nella loro portata.

L’Inganno dei BRICS.

Secondo” Allen”, i BRICS sono solo un altro inganno perpetrato dal Nuovo Ordine Mondiale.

 I BRICS sono stati creati per promuovere una multipolarità che non esiste nella realtà.

Si tratta solo di una narrazione di facciata per nascondere l’agenda del “Nuovo Ordine Mondiale”.

 L’obiettivo è quello di creare problemi sempre più difficili per costringere le nazioni ad aderire a quel “Superstato mondiale” di cui parlava “Gary Allen” nel suo libro “Nessuno Osi chiamarla cospirazione”.

Inoltre, secondo “Allen”, i BRICS sono solo uno strumento nelle mani del “Nuovo Ordine Mondiale” per raggiungere il proprio obiettivo finale: il governo mondiale.

I BRICS sono solo un’altra facciata dell’agenda del “Nuovo Ordine Mondiale”.

Conclusioni.

Secondo “Allen”, la verità rappresenta l’unica cosa che può liberare la popolazione mondiale dalle grandi menzogne funzionali alla rieducazione dei popoli secondo i “dictat” di chi muove il mondo.

Solo conoscendo la verità si può combattere l’inganno dei BRICS e del Nuovo Ordine Mondiale.

In conclusione, il testo di “Allen” ci invita a non credere a ciò che ci viene presentato come “verità assoluta” dai media mainstream e dai canali di” pseudo controinformazione”.

(Giuseppe Rago)

(mirrortruthblog.wordpress.com/2023/08/01/brics-come-e-perche-dellennesimo-inganno/#)

(giornalismolibero.com/il-nuovo-ordine-mondiale-e-i-brics-analisi-dellinganno/).

 

 

 

 

Mega-riviste, il fenomeno editoriale

che potrebbe rivoluzionare

il mondo della ricerca scientifica.

 Panoramasanita.it – (30/03/2023) - Redazione in Studi e Ricerca – ci dice:

(riviste scientifiche)

Open access, ma anche aperte a ogni tipo di lavoro scientifico, rischiano di minare il rigoroso processo di selezione e verifica del lavoro degli scienziati. Un editoriale sulla prestigiosa rivista “Jama” a firma di esperti dell’Università Cattolica, campus di Roma, si interroga sul futuro delle pubblicazioni scientifiche.

Il numero di pubblicazioni scientifiche prodotto nel mondo ogni anno è più che decuplicato dal 1970 a oggi:

gli articoli pubblicati e indicizzati nel 2022 su “Web of Science”, uno dei principali database multidisciplinari della ricerca scientifica, superano i due milioni e mezzo (erano duecentomila nel 1970 e ottocentomila nel 2000).

L’editoria scientifica è un mercato da 30 miliardi di euro di fatturato annuo, un’industria globale che potrebbe implodere soprattutto per l’operato delle “mega-riviste”, giornali scientifici che tutti possono leggere e su cui gli scienziati possono pubblicare senza limiti, solo pagando (tariffe salate, anche di 2000 euro a lavoro pubblicato).

 

A lanciare l’allarme sulle sorti dell’editoria e della ricerca scientifica mondiale tout court è un editoriale pubblicato sulla prestigiosa rivista “JAMA” dal team di Stefania Boccia, Ordinario di Igiene generale e applicata, responsabile della Sezione di Igiene del Dipartimento di Scienze della Vita e Sanità Pubblica della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e Vicedirettrice scientifica dell’IRCCS Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, con Angelo Maria Pezzullo, docente di Igiene generale e applicata alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, e il professor John P. A. Ioannidis, esperto Epidemiologo di fama internazionale, docente di Medicina preventiva alla Facoltà di Medicina e chirurgia della Stanford University in California.

Le mega-riviste, come” Plos One” e “Scientific Reports”, che pubblicano ciascuna più di 2000 articoli scientifici ogni anno, hanno avuto in pochi anni una crescita vertiginosa:

 se nel 2015 solo il 6% della letteratura biomedica era pubblicato su una mega-rivista, nel 2022 lo era un quarto degli articoli.

Se le riviste che pubblicavano più di 3500 articoli scientifici nel 2015 erano solo le due precedentemente menzionate, nel 2022 sono state ventisei.

Le riviste scientifiche tradizionali, come “Nature” e “Science”, sono a pagamento per il lettore (scienziati, enti di ricerca, università), mentre i ricercatori possono pubblicarvi gratuitamente il proprio lavoro scientifico, che però deve passare una fase di revisione e accettazione molto selettiva (controllo dei dati, originalità del lavoro) prima di essere pubblicato.

Per le mega-riviste, invece, l’unico scopo è pubblicare:

gli scienziati pagano per pubblicarvi il proprio lavoro, mentre per il lettore la consultazione è assolutamente gratuita.

Il processo di selezione dei lavori che andranno sulle loro pagine è quindi meno stringente, potendo favorire la pubblicazione di falsi scientifici, “ricerche fotocopia”, rendendo meno trasparente tutto il processo della ricerca scientifica e quindi anche determinando il rischio di orientare la ricerca verso obiettivi sbagliati e inconcludenti.

 Inoltre, richiedendo tariffe salate per la pubblicazione, potrebbero sfavorire ricercatori con pochi fondi e altresì risucchiare denaro, anche pubblico, destinato alla ricerca scientifica.

L’ascesa delle mega-riviste ha coinciso anche con un analogo aumento dei “preprint” in archivi online accessibili a tutti, ovvero pre-pubblicazioni di lavori che non hanno ancora passato alcun processo di revisione, come avviene prima che un articolo approdi sulle pagine di una rivista scientifica tradizionale.

I server di preprint hanno tassi di accettazione di articoli in genere superiori al 70%, quindi fanno una selezione solo minima dei lavori.

I mega-journal sembrano aver creato il mix perfetto per mandare in crisi il vecchio sistema dell’editoria scientifica, la selezione stessa delle ricerche migliori così come viene attualmente operata da parte di revisori esperti che lo fanno senza fini di lucro.

Hanno il potenziale di rendere la ricerca e il mondo accademico, il cui obiettivo e metro per valutare i propri ricercatori è ormai sempre più spesso quello del numero di pubblicazioni, meno trasparente.

In questo senso, la decisione di alcuni giorni fa da parte di “Web of Science” di rimuovere l’”International Journal of Environmental Research and Public Health” edito dall’elvetica “MDPI”, dalla propria lista madre delle riviste, conferma il contenuto dell’editoriale su “JAMA”.

Con 16.889 articoli pubblicati nel solo 2022, questa rivista è la seconda più prolifica nell’intera area delle scienze biomediche.

 La decisione è stata presa sulla base dei parametri di qualità di “Web of Science” ed è particolarmente dolorosa per una rivista scientifica.

“Nonostante i potenziali svantaggi – concludono Boccia e Pezzullo – le mega-riviste hanno la potenzialità di rappresentare un cambiamento positivo se si impegnano a promuovere il rigore metodologico e, soprattutto, la trasparenza, nel rispetto delle pratiche di “Open Science” che si fanno sempre più necessarie”.

 Gli autori evidenziano, quindi, l’importanza di dare la priorità a pratiche di ricerca trasparenti e rigorose e invitano ricercatori, istituzioni e finanziatori a sostenere le riviste che difendono questi principi.

Sottolineano inoltre il potenziale delle riviste tradizionali di dare l’esempio puntando ai più alti standard di trasparenza e rigore.

 Man mano che le mega-riviste crescono, gli autori prevedono che alcune riviste prestigiose potrebbero scomparire, ma alla fine ciò che conta è se la maggior parte delle riviste aderisca, sostenga e faciliti le migliori pratiche di ricerca”.

 

 

 

Riviste predatorie,

un pericolo per la scienza.

Lavoce.info – (17- 01- 2017) - MANUEL F. BAGUES, MAURO SYLOS LABINI E NATALIA ZINOVYEVA – ci dicono:

 

INVESTIMENTI E INNOVAZIONE, SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA.

Esistono riviste scientifiche che millantano standard accademici, ma che a pagamento pubblicano qualsiasi articolo.

Sono un pericolo perché a volte queste pubblicazioni sono considerate nelle valutazioni della qualità della ricerca.

Un problema anche in Italia.

 I suggerimenti per risolverlo.

Articoli pubblicati a pagamento.

La scienza non è immune alla corruzione.

Da qualche anno, accanto alle frodi classiche (fabbricazione, falsificazione e plagio), la credibilità della comunicazione scientifica deve affrontare una nuova minaccia:

le riviste che millantano standard accademici, ma che, invece, pubblicano qualsiasi articolo a pagamento.

“Jeffrey Beall”, bibliotecario dell’università del Colorado, le ha battezzate riviste “predatorie” e dal 2010 redige una lista che, non senza problemi e controversie, prova a catalogarle.

“John Bohannon” ne ha testato l’affidabilità in un esperimento i cui risultati sono stati pubblicati su “Science”:

ha inviato un articolo chiaramente artefatto a un centinaio di riviste della lista. Solo il 16 per cento l’ha rifiutato, mentre l’84 per cento l’ha accettato senza alcuna revisione.

Un nostro lavoro mostra che l’Italia non è immune al problema. Incrociando i curricula di 46mila ricercatori che hanno partecipato all’abilitazione scientifica nazionale con le riviste della” lista di Beall”, abbiamo identificato circa 6mila articoli ivi pubblicati nel periodo 2002-2012, lo 0,3 per cento del totale.

L’economia e il management sembrano essere i settori dove il problema è più grave:

nel 2012, più del 5 per cento degli articoli è stato pubblicato su una rivista della lista. 

Complessivamente, circa il 5 per cento dei ricercatori del campione ha almeno una pubblicazione predatoria e, a parità di altre condizioni, la percentuale è più alta fra i più giovani e fra chi lavora nelle università meridionali.

Perché si pubblica su una rivista predatoria.

Per comprendere meglio le motivazioni dei ricercatori e misurare la qualità delle riviste identificate, abbiamo somministrato un questionario via email a un campione di circa mille ricercatori e professori che vi hanno pubblicato.

 Il tasso di risposta è stato inaspettatamente alto (54 per cento).

I risultati indicano che almeno il 36 per cento delle riviste identificate non svolge” peer review” e altre hanno falsificato il loro impact factor, contrattato aggressivamente sul prezzo, pubblicato articoli senza il consenso degli autori.

 Per alcune riviste, invece, abbiamo ottenuto commenti coerenti con una buona attività editoriale.

 In molti casi, si trattava di numeri speciali curati da editor esterni alla rivista.

La bassa qualità media delle riviste esaminate è confermata da dati bibliometrici: solo il 38 per cento ha pubblicato negli ultimi cinque anni almeno cinque articoli con cinque citazioni e più di un terzo degli articoli del campione non ha alcuna citazione su “Google Scholar”.

A conferma dell’eterogeneità dei commenti ricevuti, qualche articolo ha invece avuto un buon impatto ed è citato su riviste come “Science” e “The Lancet”.

Ci siamo anche chiesti cosa spinga i colleghi a pubblicare, spesso a pagamento, su riviste dal dubbio valore scientifico.

Una prima spiegazione, come suggerisce uno dei commenti ricevuti, è l’inesperienza:

“Avevo poca esperienza con riviste straniere. Successivamente sono stato criticato da un collega per quella pubblicazione, oggi non lo rifarei anche perché l’articolo in questione ha avuto poca visibilità ma a me è costato fatica”.

Ma anche valutazioni che enfatizzano la quantità e non la qualità delle pubblicazioni rischiano di spingere le prede fra le braccia dei predatori:

“Partecipai a una conferenza di quell’organizzazione e mi fu offerto di pubblicare velocemente il paper in una rivista (…). Avevo bisogno della pubblicazione per l’abilitazione e accettai di pubblicare nella rivista che mi proponevano. Mi sono pentita di quella scelta”.

Un altro autore si chiede come sia possibile che le pubblicazioni su queste riviste vengano considerate nella valutazione:

“Tutte le riviste della casa editrice sono solo spazzatura e non capisco come possano essere considerate ai fini Vqr (valutazione qualità della ricerca)”.

Il motivo principale è che quasi un quarto delle riviste identificate è indicizzato in “Scopus”, una delle principali banche dati di settore, spesso utilizzata come segno di qualità.

Mentre secondo i nostri risultati in almeno un terzo dei casi anche le riviste che compaiono nella lista e sono indicizzate hanno comportamenti predatori.

Il nostro studio mostra che anche in Italia un numero significativo di ricercatori pubblica articoli su riviste con nessun valore accademico sprecando risorse economiche e intellettuali.

È arrivato il momento di affrontare il problema.

Un primo passo è quello di sensibilizzare i giovani ricercatori a scegliere con maggiore attenzione le riviste sulle quali pubblicare.

Un secondo potrebbe essere quello di migliorare ancora la qualità della valutazione.

 Il nostro lavoro mostra che liste come” Scopus” o la stessa lista di “Beall” sono informative, ma imperfette.

 Più in generale, l’uso di liste predeterminate dovrebbe essere accompagnato dalla peer review.

Forse il lato selvaggio della scienza può ancora essere sconfitto.

(Non mi pare proprio… quando oggi nel 2023, per “distruggere il mondo che conosciamo” si ricorre ad argomenti scientifici palesemente falsi come quello che vorrebbe far credere che un gas pesante più dell’aria -come la “Co2”- possa volare nell’alto dei cieli per far parte della” cupola dei gas serra”! N.d.R.)

 

 

 

 

Apriti, scienza! L'importanza di

pubblicare su riviste open access.

Wired.it – Sabina Leonelli - (8-9-2021) – ci dice:

 

Accedere alle ricerche più importanti è spesso costoso, il che ne limita la diffusione e l'impatto.

 Ma il 2021 è l'anno della svolta. Grazie a “Plan S”, una coalizione che da ora in poi finanzierà solo i progetti i cui risultati siano disponibili per tutti.

Era il 12 gennaio 2020 quando la Cina condivideva col mondo intero la sequenza di Sars-CoV-2, il virus che ha fatto da scintilla per la pandemia che tuttora viviamo.

Siamo distanti poco più di un anno da quel giorno eppure, se guardiamo alla mole di scoperte sul patogeno e sulla malattia che scatena Covid-19, potrebbe quasi sembrare il condensato di svariati lustri di ricerca scientifica.

Quella prima condivisione ha consentito ai ricercatori di ogni parte del globo di condurre immediatamente indagini sulle caratteristiche del virus, pur non avendolo fisicamente a disposizione nel proprio laboratorio, e ha dato a tutti i paesi la possibilità di sviluppare kit diagnostici in tempi record.

In una manciata di mesi, gli scienziati sono riusciti a mettere a punto l’arma più potente contro la malattia: il vaccino.

Nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile, o almeno non altrettanto velocemente, senza una posizione di apertura.

Non solo a proposito dei dati, ma anche delle pubblicazioni scientifiche, i cosiddetti paper:

la stragrande maggioranza di quelli che riguardavano ricerche attinenti a Covid-19 è stata resa disponibile in un formato “open access”, cioè gratuitamente, a chiunque avesse bisogno di conoscerne i risultati.

Un fatto, possiamo dirlo, più unico che raro, che ha consentito di generare da subito un’enorme base di conoscenza grazie alla quale ospedali, università, istituzioni e aziende hanno potuto lavorare in sinergia, pur trovandosi a grande distanza tra loro, e generare nuova conoscenza in tempi rapidissimi.

Appendendo – momentaneamente – al chiodo la vecchia scuola degli studi condotti in successione e muovendosi come un unico smisurato cervello interamente focalizzato sulla lotta contro il virus.

Momentaneamente, dicevamo, perché di fatto è già ora di chiederci:

 fino a quanto funzionerà ancora così?

 

Binario veloce, binario lento.

Con l'arrivo dei vaccini, che certo rappresentano una sorta di “tregua” dal punto di vista medico, sono già iniziate le pressioni verso il ritorno a un sistema di pubblicazioni chiuse, a pagamento.

 Ma quanto è lecito, ora che sappiamo quanto possiamo correre, decidere di convogliare la ricerca di nuovo sul “binario lento”?

Inoltre, pensare di rallentare solo perché iniziano a esserci soluzioni, significa guardare al problema da una prospettiva squisitamente biomedica: ce lo possiamo davvero permettere, a fronte del disastro sociale a cui stiamo assistendo?

C’è moltissima competenza, nel mondo delle scienze sociali e umanistiche, che può dare un contributo a superare questa grande crisi e sostenere (anche) le persone che lavorano nella sanità pubblica.

 Pensiamo, per esempio, alla ricerca sull'impatto della pandemia sulle relazioni sociali, sulla salute mentale, sulle condizioni lavorative, oppure alla comunicazione scientifica (incluso il dibattito sulle vaccinazioni).

Non dovrebbe essere necessario specificarlo, ma si tratta di una conoscenza tanto importante quanto quella prettamente biologica.

 Eppure, nel caso di nuove restrizioni, potrebbe subire una brusca frenata.

Quale sarà considerata ricerca fondamentale per la pandemia e quale invece sarà reputata marginale?

 Che cosa conta come scienza?

Dove verrà segnata la linea di demarcazione?

Sarà proprio questo a dare il polso di quanto sia grande il potere di chi decide.

 E ancora una volta, persino in un momento come questo dove le verità alternative fioccano da ogni dove, la decisione non spetterà a chi la scienza* la fa*, a chi lavora nel mondo accademico, della ricerca o dell'innovazione industriale.

 A decidere se una pubblicazione scientifica sarà liberamente fruibile o meno sarà un pugno di grosse case editrici.

E questo, sia chiaro, non avviene da oggi né soltanto con il coronavirus.

Per un pugno di paper.

Sono almeno cent'anni che la tendenza dei contenuti scientifici è quella di crescere, moltiplicarsi coinvolgendo un numero maggiore di persone, nazioni, culture, diversificandosi in discipline sempre più specializzate.

Oggi, la quantità di informazioni che devono essere trasmesse è diventata enorme e richiede infrastrutture complesse e costose.

All'opposto, il sistema che convoglia e muove i fili del sapere è sempre più limitato, con disseminazione e comunicazione vincolate a chi queste infrastrutture le ha costruite, e cioè i grossi editori.

 Ma non è tutto.

 L’espansione del mondo scientifico ha portato con sé anche problemi intrinseci di valutazione:

 capire chi siano i bravi ricercatori, coloro ai quali spettano i fondi di ricerca, e quali siano le ricerche più promettenti, quelle su cui vale la pena di investire, richiede un sistema di misura efficace e immediato.

È così che è nato quello che viene definito impact factor:

 un metro per giudicare i ricercatori sulla base di quante pubblicazioni producono e dove riescono a collocarle.

 Più alto è il prestigio delle riviste scientifiche su cui un ricercatore pubblica, più è alto il suo “impact factor”.

Tutto bene, se non fosse per un problema:

le riviste che conferiscono un valore maggiore a un ricercatore e alla sua attività sono letteralmente “proprietà privata”, o meglio, sono in mano a case editrici commerciali, che dal sistema di pubblicazioni devono trarre profitto.

 E, in nome di questo profitto, chi vuole consultare i risultati di una ricerca deve acquistarli, facendosi carico di spese a volte anche molto consistenti.

Under pressure.

Un ingranaggio così costituito finisce per escludere moltissime persone dal poter accedere ai risultati scientifici, a partire da una buona parte dei protagonisti stessi della ricerca: gli scienziati.

Non tutte le istituzioni dove i ricercatori lavorano, infatti, possono permettersi di versare le somme necessarie accedere ai “paper”; uno scienziato dell’università di un **paese in via di sviluppo **rimane molto spesso – e poco democraticamente – escluso.

Se non bastasse, a rimanere tagliati fuori sono anche settori e professioni non direttamente coinvolti nel mondo della ricerca, ma che potrebbero lavorare meglio attingendo ai suoi frutti, come per esempio l’industria, l’educazione, l’avvocatura, i medici di ogni istituto e gli stessi pazienti, a cui sarebbero in questo modo concessi nuovi livelli di consapevolezza.

 Un'esigenza confermata dai dati.

 Per esempio, un rapporto redatto dall’editore “Springer Nature”, uno dei maggiori del settore, ha reso noto il traffico di lettori sui propri articoli “open access” nel corso del 2020:

gli utenti generici, inclusi appunto insegnanti, avvocati, pazienti, erano il 28% del totale.

Ai quali va sommato un ulteriore 15% di personale dell’industria e di personale medico non direttamente operativo nel mondo della ricerca.

La pressione che questa macchina del dentro e fuori genera finisce per schiacciare, comprimendole, le possibilità di conoscenza, e per rinnegare in parte l’idea stessa di scienza, che per definizione è continuo confronto, critica, revisione, dibattito, contaminazione di saperi e che, per poter essere tale, deve per forza di cose essere esposta, visibile, partecipata.

 La conseguenza è che a perderci siamo tutti.

È solo nell’ultima ventina d’anni che il problema si è evoluto da elefante nella stanza a vero e proprio tema di dibattito a caccia di soluzioni concrete.

 E quel che è assolutamente chiaro, dopo le prime iniziative che tentavano di boicottare o “mandare in tilt” il business delle pubblicazioni a partire dal basso, è che solo un’azione coordinata e trasversale è in grado di generare un cambiamento.

 Altrettanto chiaro è che non esiste, purtroppo, una soluzione semplice, né tantomeno immediata, al problema: esistono, semmai, alcune vie più percorribili di altre.

Quella che sembra più promettente, e che stiamo sperimentando, prevede di creare una serie di incentivi che, come una leva, spinga i ricercatori verso la produzione di “paper aperti”, cioè situati al di fuori del classico circuito a pagamento.

L'inizio di una rivoluzione.

È qui che si colloca “Plan S”, il risultato di una lunga serie di riflessioni e mediazioni verso l’”open access”, e allo stesso tempo un passo importante per provare a dare una svolta all’intero sistema.

Nato due anni fa, “Plan S” è una coalizione di agenzie nazionali (17 in totale) e di alcune grosse agenzie private che si occupano di fornire fondi alla ricerca (tra le quali “Wellcome Trust” e “Howard Hughes Medical Institute”, due dei maggiori finanziatori mondiali della ricerca biomedica, ma anche “John Templeton Foundation e Bill & Melinda Gates Foundation”, per esempio) unite da una linea comune:

non finanziare più progetti scientifici i cui risultati non saranno messi in circolazione, il prima possibile, in un formato “open access”.

 Si tratta di un modo per spronare i ricercatori a mettersi in gioco sottoponendo le proprie pubblicazioni a testate alternative, con la prospettiva di ottenere nuovi fondi, e molto prestigiosi, per la ricerca.

E è anche un'enorme spinta a evolversi per le case editrici stesse.

Innescato questo nuovo meccanismo, è infatti probabile che si instauri uno scenario in cui molti dei migliori ricercatori riusciranno a ottenere questi fondi.

 E così, seguendo le regole di” Plan S”, una grossa fetta della migliore ricerca in Europa sarà inevitabilmente pubblicata in un regime “open access”.

Una prospettiva che i grossi editori non potranno certo permettersi di ignorare, perché preme sul loro modello di business dall’interno.

 

Il 2021 è per “Plan S” l’anno della svolta:

 i suoi principi sono già entrati in vigore. Questo significa che adesso gli autori finanziati dalla coalizione sono tenuti a pubblicare i risultati delle proprie ricerche in modo che siano accessibili a tutti, attraverso varie modalità.

L’opzione più semplice, accettata da alcuni editori negli ultimi anni, è quella cosiddetta del “green open access”, cioè rilasciare i risultati su riviste, comprese quelle che normalmente applicano il “paywall”, in una versione completa e revisionata se non ancora sua formattazione finale.

Questo ne garantisce la gratuità e ovviamente incoraggia altri ricercatori al confronto, ma ha anche dei limiti non trascurabili, come per esempio una minor indicizzazione rispetto ai “classici paper” e una scarsa possibilità di essere rintracciati con motori di ricerca che si basano sull’intelligenza artificiale, sempre più utilizzati e ormai fondamentali nella gestione dei “big data”.

Oro e diamanti.

Un altro esperimento è quello del “gold open access”, che inverte in un certo senso i ruoli rispetto al pagamento delle pubblicazioni:

a dover investire e rendere conto dei costi di produzione, in questo caso, non è il fruitore, bensì gli autori stessi della ricerca.

Il vantaggio di questo modello è che tutti i potenziali lettori possono accedere liberamente ai risultati, pubblicati nella loro forma finale.

A subire una stretta sono però i ricercatori:

solo quelli che hanno fondi sufficienti per far fronte alla spesa (con prezzi che vanno da 1.500 ai quasi 10mila euro per una singola pubblicazione) possono adottare questa modalità.

 E questo solleva problemi enormi.

Gli scienziati di istituzioni molto ricche, in paesi sviluppati, ne escono avvantaggiati, mentre chi si trova in istituzioni, o realtà nazionali, più povere, viene tagliato fuori dal sistema, assieme a tutti i ricercatori ai primi stadi della carriera (come gli studenti di dottorato, che difficilmente hanno a disposizione grossi budget).

Così, ancora una volta, a essere penalizzata è la moltitudine di voci, specie nuove ed emergenti, che possono apportare un valore aggiunto alla conoscenza.

Proprio perché ciascuna di queste strade, al di là della fruizione gratuita, presenta alcuni limiti innegabili, i membri di “Plan S” – ma non solo, esistono altri progetti paralleli che portano avanti gli stessi valori  – stanno lavorando su strategie alternative, che mirano alla gratuità su entrambi i fronti (autori e fruitori) e, allo stesso tempo, garantiscano la sostenibilità (per le case editrici) del sistema.

Così si va verso un meccanismo che prenderà il nome di “diamond open access”, che sarà fondato su investimenti garantiti non dai singoli autori, bensì da intere istituzioni o, meglio ancora, da nazioni pronte a investire in una piattaforma comune in grado di accogliere varie riviste in formato aperto.

 Farlo significherebbe ricavarne un ritorno in reputazione, per esempio, oppure stimolare la ricerca in uno specifico settore a cui siano particolarmente interessate.

Vedute dal futuro.

Anche se a oggi non abbiamo ancora una soluzione definitiva, il dado è tratto.

 Il settore è in grande evoluzione.

 È ormai innegabile che i paesi più avanzati, che ospitano le università più ricche e più popolate, abbiano una grande responsabilità e che, mettendosi in gioco potrebbero dare il colpo di coda per l’apertura dei contenuti.

Ma è sempre più evidente anche la necessità di scambiare dati e pubblicazioni nella maniera più efficace possibile in modo trasversale e transnazionale, così come accade nella scienza stessa, dove il divario economico e le frontiere nazionali non hanno alcun senso di esistere.

E come, d’altronde, la pandemia sta brutalmente testimoniando.

I tempi di questo “viaggio”?

È razionale pensare che il sistema delle pubblicazioni scientifiche cambierà radicalmente in direzione “open” entro i prossimi cinque anni.

C’è fermento, ci sono moltissimi consensi, e questo movimento è ormai inarrestabile.

E, se proviamo ad allargare lo sguardo oltre ai risultati della ricerca, iniziamo a intravedere anche quelli che sono gli altri moti paralleli:

l’”open data”, la condivisione dei dati e dei metodi che vengono via via sviluppati, lo scambio dei materiali stessi, come per esempio campioni biologici (non solo virus, ma anche campionamenti ambientali, per esempio).

Tutto questo, prima o poi, dovrà trovare piattaforme sulle quali muoversi, amplificando le possibilità di indagine alla loro massima espressione.

Abbiamo di fronte un lavoro immenso, ma è solo così che potremo farci trovare preparati ad affrontare le nuove sfide globali.

Anche le più inaspettate.

 

 

 

I padroni del mondo. Come la cupola

della finanza mondiale decide

 il destino dei governi e delle popolazioni

 amazon.it - Luca Ciarrocca (Autore) – (13-8-2023) – Redazione - ci dice:

 

Un club esclusivo di poche migliaia di persone super ricche, non elette democraticamente, che decide i destini di intere popolazioni, in grado di manipolare i mercati finanziari e di imporsi sulla politica e sugli Stati.

Chi sono, come agiscono e quali obiettivi hanno i banchieri - i famigerati bankster - che guidano i giochi delle banche centrali e vivono sulle spalle della classe media e dei ceti più poveri?

 Il libro di “Ciarrocca” riesce a mappare il genoma della finanza mondiale attraverso la rete di società finanziarie e industriali che di fatto controllano l'economia mondiale, e ne denuncia la pericolosità per il genere umano.

 Ecco come i grandi istituti commerciali azionisti delle banche centrali, innanzitutto la Federal Reserve e la Bce, riescono a veicolare le informazioni e a tirare le fila del capitalismo mondiale.

 Il prezzo di materie prime, azioni, obbligazioni, valute, non è frutto di una contrattazione libera, quella è solo una messa in scena.

 La realtà è ben diversa:

sono i bankster a condurre il gregge dei piccoli risparmiatori e dei contribuenti, complici le agenzie specializzate come Moody's e Standard & Poor's e i governi loro alleati, pronti a scaricare sulla collettività il peso delle crisi e l'onere di generare nuovo cash.

 Come uscirne? La proposta c'è, e l'autore ce la illustra.

I cittadini sarebbero finalmente svincolati dai diktat della finanza, e i governi non dovrebbero più cedere il potere di creare moneta.

Una rivoluzione dalla parte della gente che lavora e dell'economia reale.

 

 

 

La politica interna del “partito

Americano” alimenta

la catastrofe ucraina.

  Unz.com - PHILIP GIRALDI – (29 AGOSTO 2023) – ci dice:

 

La guerra può finire solo quando aiuta Biden a ricandidarsi.

Sicuramente non sono l'unico ad aver notato che le linee di propaganda difensiva che stanno diffondendo l'amministrazione democratica sono diventate più che normalmente ridicole negli ultimi tempi.

Si è stupiti dalla fusione di realtà e finzione per creare narrazioni che descrivono la Casa Bianca e tutto ciò che la riguarda come forgiare un nuovo e più meraviglioso paese.

 "Build Back Better" non era il grido di battaglia, qualunque cosa significhi?

E il giro è infinito, anche quando un ignaro Joe Biden finisce tardivamente a “Maui” per raccontare la tragedia in cui almeno 1.000 sono morti, solo per essere accolti dai residenti locali sopravvissuti che salutano il presidente con il dito medio alzato.

 Mentre il presidente guardava la distruzione di un'intera città da parte di un incendio, ricordava il suo incontro "quasi" molto tempo fa con un incendio nella sua cucina.

La gente del posto che chiedeva aiuto al governo non stava ottenendo quasi nulla mentre il capo dell'esecutivo della nazione era nello Studio Ovale gongolante per aver inviato altri 23 miliardi di dollari all' arci truffatore Volodymyr Zelensky dell'Ucraina, denaro per combattere una guerra che Biden ha incoraggiato e in cui è entrato allegramente.

I politici di Washington tipicamente non hanno morale e sono guidati solo dal loro desiderio di perpetuare il dominio del loro partito in modo che la corruzione che rende ricchi così tanti di coloro che aderiscono al processo, incluso Joe Biden.

Che importanza hanno 500.000 morti ucraini e russi se un mito sugli Stati Uniti e sui suoi valori può essere sfruttato per ottenere la vittoria elettorale di Biden nel 2024?

Come disse una volta il “mostro” molto stimato “Madeleine Albright”, "Penso che ne valga la pena!"

 

Suggerirei che la nostra classe politica e i parassiti che la circondano si stanno avvicinando a profondità non ancora piombate quando di tanto in tanto leggo articoli o ascolto discorsi prodotti dalla macchina da spin di Washington DC.

 Ma anche da questa misura, sono rimasto sconvolto da un recente articolo apparso su “Politico” e che ha immediatamente ricevuto una notevole replica in altre pubblicazioni frequentate dalla folla all'interno della “Beltway”.

“Politico” è stata acquisita da “Axel Springer”, un editore tedesco nel 2021, il più grande conglomerato di giornali e riviste in Europa.

 Ideologicamente, alcuni hanno descritto il pregiudizio politico delle pubblicazioni Springer "come tendente a sinistra del centro o moderato", ma la mia esposizione personale al gruppo sin dai miei giorni militari in Germania mi ha portato a credere che in realtà sia molto più conservatore di così.

Tutti i dipendenti di Springer, incluso “Politico”, dovrebbero sostenere l'Unione Europea, la NATO, Israele, la guerra contro l'Ucraina, la società aperta e le politiche di libero mercato.

L'articolo è intitolato "Ecco 3 modi per porre fine alla guerra in Ucraina. One Might Actually Work" con un sottotitolo "Putin ha il veto su due finali per l'Ucraina. Ma ce n'è un terzo che lo bypasserebbe".

Il pezzo è stato scritto da un certo “Tom Malinowski”, un assistente “segretario di Stato per la democrazia, i diritti umani e il lavoro” nell'amministrazione Obama prima di servire come membro del Congresso del Partito Democratico dal New Jersey 7esimo distretto tra il 2019 e il 2023.

Attualmente è sotto inchiesta da parte dell'”Office of Congressional Ethics “per "sostanziali ragioni per credere" di aver violato le leggi federali relative ai conflitti di interesse.

Secondo quanto riferito, aveva scambiato e non aveva rivelato circa $ 1 milione di azioni in società mediche e tecniche che avrebbero ricevuto assistenza dei contribuenti come parte della risposta alla pandemia di COVID-19, che avrebbe inevitabilmente comportato un forte aumento dei valori azionari.

Malinowski è attualmente senior fellow presso il “McCain Institute”, una di quelle fondazioni finanziate dalle industrie della difesa in cui i politici vanno a nascondersi e arricchirsi tra un mandato e l'altro.

L'Istituto è un presunto "think tank apartitico con sede a Washington DC istituito in collaborazione con l'Arizona State University".

La sua missione dichiarata è quella di "lottare per la democrazia, la dignità umana e la sicurezza per un mondo libero, sicuro e giusto per tutte le persone".

Inevitabilmente, è piuttosto selettivo in termini di chi beneficia esattamente della sua generosità e si potrebbe ricordare che il suo omonimo fondatore, il senatore John McCain, non ha quasi mai visto una guerra che non gli piaceva e una volta ha liquidato la Russia di Vladimir Putin come una "stazione di servizio che finge di essere un vero paese".

 McCain è stato anche un attore importante nell'operazione di "cambio di regime" in Ucraina nel 2014, suggerendo che il suo giudizio sulle relazioni dell'America con il resto del mondo potrebbe essere un po’ imperfetto.

Malinowski è inevitabilmente pienamente d'accordo con la visione della Casa Bianca sul perché gli Stati Uniti sono andati fino in fondo in una guerra per procura contro la Russia che usa l'Ucraina come strumento di scelta.

Dice nel suo primo paragrafo che "'L'Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia – mai'’, ha detto il presidente Joe Biden in un discorso in Polonia quest'anno, e giustamente.

Affinché la guerra in Ucraina si concluda in termini coerenti con gli interessi e gli ideali americani, l'Ucraina deve essere vista come vincente, e l'invasione della Russia deve passare alla storia come un fallimento decisivo, abbastanza da dissuadere altre potenze autoritarie dal lanciare simili guerre di aggressione in futuro.

Malinowski pone le sue "3 vie" come segue:

 in primo luogo, per "le sue forze armate per riprendersi tutto il territorio che la Russia ha illegalmente sequestrato dalla sua prima invasione nel 2014 – compresa la Crimea.

Questo sarebbe un risultato fantastico.

 È ancora possibile.

 E gli Stati Uniti dovrebbero fare tutto il possibile per sostenerlo, incluso, se il Congresso approverà maggiori finanziamenti, fornendo le armi più avanzate che l'Ucraina ha richiesto".

Se Malinowski pensa che la vittoria armata dell'Ucraina sia "ancora possibile" sta delirando, ma non si aspetta seriamente quel risultato, tranne che per la parte "più finanziamenti".

La sua Seconda Via, anch'essa una "falsa pista" per mascherare dove vuole davvero andare, sarebbe "attraverso un accordo diplomatico.

All'inizio di questo mese, 40 paesi, tra cui Cina e Stati Uniti, si sono incontrati in Arabia Saudita per discutere il piano in 10 punti del presidente Volodymyr Zelensky per la pace, che richiederebbe il ritiro di tutte le truppe russe dall'Ucraina, il ritorno dei bambini rapiti e la giustizia per i crimini di guerra.

Qualsiasi accordo basato su quel piano sarebbe, ovviamente, meraviglioso.

Ma la Russia sotto Putin non ha mai concluso le sue guerre al tavolo dei negoziati; Nella migliore delle ipotesi li ha congelati, mantenendo aperte le sue opzioni.

 La Russia non ha mostrato alcun interesse nel fare concessioni che si avvicinerebbero ai requisiti minimi dell'Ucraina e dei suoi alleati.

Finché il suo esercito eviterà il collasso totale, e crede che ci sia una possibilità di cambiamento politico in Occidente, Putin probabilmente continuerà a sacrificare i russi per rimanere nella lotta.

Quindi la Seconda Via di Malinowski è un vicolo cieco deliberatamente progettato e lui, naturalmente, dà la colpa di tutto a Putin.

 

La sua vera "soluzione" sarebbe la Terza Via:

"Quindi, se la Russia riesce a ostacolare i piani A e B, dove ci lascerebbe passare, diciamo questa volta l'anno prossimo?

L'Ucraina e i suoi alleati dovrebbero semplicemente andare avanti, sperando in una svolta nel 2025 o oltre?

Data la posta in gioco – non solo la sopravvivenza dell'Ucraina ma dell'intero ordine internazionale – sarebbe rischioso.

Renderebbe il successo dipendente da eventi che non possiamo prevedere o controllare, compreso l'esito delle elezioni nei paesi occidentali, compresi gli Stati Uniti.

E mentre non abbiamo il diritto di dire agli ucraini di smettere di combattere prima che il loro paese sia completo, non abbiamo nemmeno il diritto di aspettarci che continuino a combattere ad ogni costo.

Fortunatamente, c'è un terzo modo possibile per soddisfare la necessità del successo ucraino e del fallimento russo, su cui Putin non avrebbe alcun veto.

Malinowski richiede che "gli Stati Uniti diano all'esercito ucraino tutto ciò di cui ha bisogno per avanzare il più lontano possibile nella sua controffensiva. Al momento opportuno l'anno prossimo, l'Ucraina dichiarerà una pausa nelle operazioni militari offensive e sposterà il suo obiettivo primario sulla difesa e la ricostruzione delle aree liberate, integrandosi con le istituzioni occidentali.

 Poi, al suo vertice del luglio 2024 a Washington, la NATO inviterebbe l'Ucraina ad aderire all'alleanza occidentale, garantendo la sicurezza di tutto il territorio controllato dal governo ucraino a quel punto ai sensi dell'articolo 5 del trattato NATO.

Questo sarebbe un patto difensivo, ma non un impegno a prendere parte diretta a qualsiasi futura operazione offensiva che l'Ucraina potrebbe scegliere di intraprendere.

L'adesione dell'Ucraina alla NATO potrebbe essere essa stessa il modo in cui la guerra finisce, coerentemente con l'attuale politica di Biden – e in un momento e alle condizioni stabiliti dall'Ucraina e dai suoi alleati, non dalla Russia.

 Ottenere sicurezza all'interno della NATO come uno stato forte, pluralistico e democratico conterebbe assolutamente come una vittoria per l'Ucraina – probabilmente grande quanto riconquistare rapidamente la Crimea.

Potrebbe rendere politicamente possibile per Zelensky, se lo desidera, enfatizzare strategie non militari per rivendicare qualsiasi parte del suo paese ancora sotto occupazione russa, che anche gli alleati dell'Ucraina continuerebbero a sostenere – potenzialmente includendo qualsiasi cosa, dalla diplomazia e dalle sanzioni al blocco e al sabotaggio.

L'aggiunta di un'Ucraina democratica nella NATO segnerebbe la sconfitta totale e permanente della crociata di Putin per assorbirla in un impero russo.

Sì, le forze russe potrebbero provare a passare di nuovo all'offensiva, ma la probabile futilità di attaccare le posizioni ucraine fortificate ora sostenute dalla minaccia della potenza di fuoco della NATO sarebbe un forte deterrente.

Nel frattempo, le sanzioni contro la Russia rimarrebbero; la sua forza economica e militare continuerebbe a erodersi; e Putin poteva solo guardare mentre i suoi beni congelati all'estero venivano prelevati per pagare la ricostruzione dell'Ucraina".

 

È facile vedere cosa c'è di sbagliato nella Terza Via di Malinowski, a parte il fatto che è una porta aperta per iniziare una terza guerra mondiale nucleare.

E si potrebbe suggerire che è anche possibile discernere la politica interna degli Stati Uniti che lo sta guidando.

Il modo in cui la guerra in Ucraina finirà dipende dal comportamento razionale di Zelensky, per il quale non è rinomato, ed è perfettamente in grado di aderire alla NATO prima di usare una falsa bandiera o altrimenti provocare un incidente con la Russia che richiederebbe l'intervento dell'articolo 5 della NATO.

Inoltre, tutte le altre parti coinvolte dovrebbero agire in modo prevedibile e sano, compresi gli Stati Uniti, il che è improbabile.

Zelensky in particolare cerca disperatamente di trascinare gli Stati Uniti e la NATO nella sua guerra e farà tutto il necessario per arrivare a quel punto e la sua richiesta non negoziabile per il pieno ripristino di tutto il territorio ucraino, compresa la Crimea, approvata da Malinowski, è un accordo che in ogni caso la Russia non potrebbe accettare.

Anche i media mainstream statunitensi fino ad ora favorevoli stanno cominciando a vedere la luce e stanno ammettendo sia che la tanto propagandata controffensiva ucraina è stata un fallimento sia che l'Ucraina non ha la capacità di sconfiggere la Russia, non importa quante armi siano messe in cantiere a caro prezzo per sostenerla.

E c'è anche la frode del regime di Biden che sta avvenendo con rapporti secondo cui anche la CIA normalmente disponibile ha avvertito inutilmente che la guerra è invincibile.

Il fatto che almeno mezzo milione di ucraini e russi siano già stati uccisi o feriti sta iniziando a colpire sia gli americani che gli europei e aumenterà le richieste di porre fine ai combattimenti nel modo più incondizionato necessario.

Un ultimo ma molto importante punto che deve essere fatto è la tempistica deliberata del "3Rd Way" che molto convenientemente presenta Joe Biden con una grande vittoria militare poco prima delle elezioni presidenziali statunitensi, cancellando tutti i ricordi del vergognoso ritiro dall'Afghanistan.

 A quanto pare non importa che così facendo continui una guerra sanguinosa e inutile e distrugga l'Ucraina come stato e come popolo.

L'osservatore di “Sottostack online” “Simplicius the Thinker” descrive come "i democratici avranno bisogno di tutto l'aiuto possibile”.

Se un piano potesse essere progettato e confezionato in modo da poter essere venduto come una grande "vittoria", allora certamente i democratici tenteranno di trascinarlo fino alla vigilia delle elezioni per cercare di usare "la grande vittoria ucraina di Biden" come un'enorme spinta dell'ultima ora.

Joe e Malinowski apparentemente credono che la vittoria in un'elezione sia più importante che trovare la sanità mentale per prendere provvedimenti per salvare centinaia di migliaia di vite e continueranno a fare tutto il necessario per "vincere".

 Nauseante.

(Philip M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del Council for the National Interest).

 

 

 

 

«Così nel 2050 la civiltà umana

 Collasserà per il climate change».

 

Ilsole24ore.com – (27 giugno 2019) - Enrico Marro – ci dice:

 

Un’allarmante analisi dei ricercatori del “National Center for Climate Restoration australiano” delinea uno scenario in cui entro il 2050 il riscaldamento globale supererà i tre gradi centigradi, innescando alterazioni fatali dell'ecosistema globale e colossali migrazioni da almeno un miliardo di persone.

Ecco cosa potrebbe avvenire anno dopo anno.

“Climate change”, cosa succede se non fermiamo il riscaldamento globale.

Un decennio perduto.

Tra il 2020 e il 2030 i policy-maker mondiali sottovalutano clamorosamente i rischi del climate change, perdendo l’ultima occasione per mobilitare tutte le risorse tecnologiche ed economiche disponibili verso un unico obiettivo:

costruire un’economia a zero emissioni cercando di abbattere i livelli di CO2, per avere una possibilità realistica di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei due gradi.

L’ultima occasione viene clamorosamente bruciata.

(Ma la Co2 essendo più pesante dell’aria non può salire sino alla volta per provocare l’effetto serra e quindi il riscalamento climatico non può dipendere dal gas Co2! N.d.R.)

Il risultato è che nel 2030, come avevano ammonito tredici anni prima gli scienziati Yangyang Xu e Veerabhadran Ramanthan in una pubblicazione scientifica che aveva fatto discutere, le emissioni di anidride carbonica raggiungono livelli mai visti negli ultimi due milioni di anni.

(La Co2 quale gas più pesante dell’aria si sposta a livello del terreno e del mare e le emissioni di Co2 sul terreno e sul mare sono solo un fenomeno già previsto di chi ha creato il mondo! N.d.R.)

Nel ventennio successivo si tenta di porre rimedio alla situazione, ma è troppo tardi:

nel 2050 il riscaldamento globale raggiunge tre gradi, di cui 2,4 legati alle emissioni e 0,6 al cosiddetto “carbon feedback”, la reazione negativa del pianeta al riscaldamento globale.

(Se “carbon feedbak” vuol dire di quanto è cresciuto il gas Co2 nell’alta atmosfera, si può stare tranquilli. Il gas Co2  rimane- come ora- tutto a livello del terreno e del mare. Non può salire in cielo in quanto più pesante dell’aria. N.D.R.)

L’anno 2050 rappresenta l’inizio della fine.

Buona parte degli ecosistemi terrestri collassano, dall’Artico all’Amazzonia alla Barriera corallina.

 Il 35% della superficie terrestre, dove vive il 55% della popolazione mondiale, viene investita per almeno 20 giorni l’anno da ondate di calore letali.

Il 30% della superficie terrestre diventa arida:

Mediterraneo, Asia occidentale, Medio Oriente, Australia interna e sud-ovest degli Stati Uniti diventano inabitabili.

Una crisi idrica colossale investe circa due miliardi di persone, mentre l’agricoltura globale implode, con raccolti crollati del 20% e prezzi alle stelle, portando ad almeno un miliardo di “profughi climatici”.

Guerre e carestie portano a una probabile fine della civiltà umana così come la intendiamo oggi.

(Poveri noi… gli scienziati non sanno che un gas pesante più dell’atmosfera come è la Co2 non potrà mai essere una causa per la fine dell’umanità. I ricchi globalisti vogliono eliminare la Co2 sul terreno e sul mare, con la conseguente fine dell’umanità e la fine della vita animale e vegetale! N.d.R.)

Solo un romanzo di fanta-ecologia?

Purtroppo no:

quello che abbiamo letto qui sopra è uno studio scientifico ben documentato (e anche ben pagato)” dei ricercatori del “National Center for Climate Restoration australiano”, guidati da “David Spratt e “Ian Dunlop”, dal sinistro titolo “Existential climate-related security risk”.

L’ipotesi dello studio è che esistano rischi di riscaldamento globale non calcolati dagli Accordi di Parigi e in grado di porre “rischi esistenziali” alla civiltà umana.

Le ipotesi di “climate change” delineate nel 2015 dagli Accordi di Parigi, pari a un aumento di tre gradi entro il 2100, non tengono infatti conto del meccanismo di “long term carbon feedback” con cui il pianeta tende ad amplificare i mutamenti climatici in senso negativo, quindi portando a un ulteriore aumento della temperatura.

Se si tiene conto anche del “carbon feedback”, secondo diverse fonti tra le quali scienziati del calibro di Yangyang Xu e Veerabhadran Ramanathan, esiste un concreto rischio di arrivare a tre gradi di riscaldamento già nel 2050, che salirebbero a cinque gradi entro il 2100.

 La cività umana non farebbe in tempo a vederli, poiché la maggior parte degli scienziati ritiene che un aumento di quattro gradi distruggerebbe l’ecosistema mondiale portando alla fine della civiltà come la conosciamo oggi.

Una china pericolosa in cui, come nota “Hans Joachim Schellnhuber “del Potsdam Institute, probabilmente

«la specie umana in qualche modo sopravviverà, ma distruggeremo tutto quello che abbiamo costruito negli ultimi duemila anni».

Il vero problema, sottolinea lo studio australiano, è rappresentato da alcune “soglie di non ritorno” climatiche come la distruzione delle calotte polari e il conseguente innalzamento del livello del mare.

“Soglie di non ritorno” molto pericolose che, una volta oltrepassate, trasformerebbero il “climate change” in un evento non lineare e difficilmente prevedibile con gli strumenti oggi a disposizione della scienza.

Dopo il superamento di quei “punti di non ritorno” il riscaldamento globale si autoalimenterebbe anche senza l'azione dell'uomo, rendendo inutile ogni tardivo tentativo di eliminare le emissioni.

Quello della fine della civiltà umana è un rischio minimo ma non assente, sottolinea Ramanathan, che lo stima al 5% («e chi prenderebbe un aereo sapendo che ha il 5% di possibilità di schiantarsi?», nota lo scienziato).

 È oggi che dobbiamo agire, conclude lo studio: domani potrebbe essere troppo tardi.

(Ma gli aerei del futuro andrebbero a schiantarsi forse perché troppo più pesanti rispetto alla futura atmosfera? N.D.R) 

 

 

 

 

La degradazione e distruzione degli

alberi produce grandi quantità di CO2.

Conalpa.it - (3 Agosto 2019) – Redazione – ci dice:

 

Il taglio indiscriminato di alberi, la distruzione delle foreste e la degradazione di infrastrutture verdi in ambiente urbano producono ingenti quantità di Anidride Carbonica.

I boschi fissano grandi quantità di anidride carbonica.

Gli alberi trasformano la CO2 in biomassa.

E’ tra i primi concetti basilari di scienze che si insegnano (o si dovrebbero insegnare) a scuola, ma nel mondo di oggi, così superficiale e così dedito a dimenticare gli insegnamenti dei padri, si rischia di perdere anche questo.

Gli alberi hanno la capacità di sottrarre la CO2 dall’atmosfera per trasformarla in biomassa.

 Non tutti lo sanno o fanno finta di non sapere, questa è la triste realtà.

Noi cerchiamo di spiegarlo nel modo più semplice possibile.

Secondo gli scienziati l’unico rimedio per mitigare gli effetti nefasti del clima impazzito è proprio la messa a dimora di miliardi di alberi in tutto il pianeta, ricostruendo le foreste e rendono verdeggianti le città.

 Secondo un recente studio comparso sulla “rivista Science” un progetto globale di riforestazione su larga scala potrebbe abbattere i livelli di CO2 in bassa atmosfera (ossia a livello del terreno e del mare) del 25 percento.

Qualunque parte di un organismo vegetale è frutto di produzione primaria, in altre parole tutte le principali parti di una pianta e che ne costituiscono il peso (tronco, rami, foglie, radici) rappresentano biomassa vegetale che è quindi il prodotto della fissazione della CO2 atmosferica (anidride carbonica) per merito del processo di fotosintesi.

Tutto il peso di una parte morta di una pianta, in funzione del tempo, è irrimediabilmente destinato a tornare sotto forma di anidride carbonica in bassa atmosfera per processi di ossidazione più o meno veloci (dalla combustione alla biodegradazione microbica).

Conseguentemente, un albero o una pianta è tanto più patrimonio collettivo quanto più è vecchia ed aumenta di peso, poiché quello è tutto peso di CO2 sottratta all’atmosfera nel corso di decenni o secoli di vita. 

Le foreste sono degli straordinari contenitori di CO2, osserviamo le grandi foreste con le gigantesche sequoie della California o le grandi foreste equatoriali.

Nelle foreste la continua rigenerazione delle piante, alberi e arbusti, compensa la degradazione del legno morto che diventa esso stesso humus per nutrire la nuova vegetazione.

La distruzione degli alberi produce tonnellate di CO2 che torna velocemente nella bassa atmosfera.

La degradazione del verde produce CO2.

Abbattere alberi in buone condizioni di salute o scatenare processi di degenerazione delle infrastrutture verdi, attraverso mutilazioni e capitozzature, produce grandi quantità di Anidride Carbonica che ritorna in atmosfera.

(la Co2 è un gas più pesante dell’aria e quindi ritorna nella bassa atmosfera, prossima alla terra e alle cime degli alberi, oltre che prossima al mare. Non può volare nell’alto dei cieli! N.D.R.)

Gli incendi distruttivi di origine dolosa sprigionano ingenti quantità di CO2.

La distruzione delle foreste produce tonnellate di CO2.

Al tempo stesso, il processo degenerativo della copertura vegetale impoverisce la biodiversità e la capacità di migliorare il clima.

Secondo dati del “CNR Ibimet”, un albero adulto in un contesto ottimale e ben curato nell’arco di dodici mesi produce ossigeno per dieci persone ed è in grado di assorbire dai 20 ai 50 kg di anidride carbonica, a seconda della specie.

 In ambiente urbano, dove gli alberi sono continuamente sottoposti a stress, il dato di assorbimento della CO2 può diminuire fino ai 10-20 kg.

Ecco perché è indispensabile in aree urbane realizzare un buon sito di impianto e creare ove possibile maggiore spazio per lo sviluppo della pianta.

 Ogni aiuola cittadina dovrebbe essere occupata da un albero verdeggiante e in buona salute, operazione per eliminare quelle ceppaie marcescenti o rinsecchite che, degradandosi nel corso del tempo, producono anidride carbonica e non forniscono più servizi ecosistemici.

Nelle aree urbane la sostituzione di alberi in grave stato di salute è indispensabile. Alberi ridotti in condizioni precarie da gravi mutilazioni o da torture antropiche, ormai irrecuperabili, oltre a essere pericoli pubblici per la stabilità diventano produttori di CO2 degradandosi un po’ alla volta a causa di malattie e degenerazione del legno.

In questo caso, è necessario intervenire con graduali sostituzioni, pianificando un lavoro di miglioramento e rinnovamento del verde.

Un bel viale alberato cittadino oltre a mitigare l’inquinamento fissa grandi quantità di CO2.

Tutelare e incrementare il verde contro la CO2.

(Il verde delle piante produce ossigeno di notte con la fotosintesi. Senza la Co2 le piante muoiono, come muoiono gli animali e gli uomini! N.D.R.)

Se da una parte l’inserimento di nuovi alberi è importante per ricostruire le infrastrutture verdi, dall’altra non dobbiamo dimenticare di conservare e curare nel migliore dei modi gli alberi adulti, quelli monumentali e i filari storici e di alto valore identitario che sono i simboli del nostro paesaggio.

Nei processi di gestione del verde occorre fare le giuste distinzioni evitando il classico “tabula rasa” che viene utilizzato in tante occasioni per non affrontare il problema e distruggere ogni cosa.

 Bisogna valutare ogni singolo caso scientificamente.

Il vero professionista sa riconoscere il valore identitario ed ecologico di un albero storico e si impegna a conservarlo nel tempo, trovando tutte le soluzioni possibili all’abbattimento.

Non serve a nulla piantare alberi e poi dimenticarsi di loro.

 Anche un giovane alberello può morire e trasformarsi in un produttore di CO2 se non curato.

 In molti casi, le piante che subiscono stagioni aride e secche possono perdere la capacità di fissare la CO2 chiudendo gli stomi per evitare la disidratazione.

In città il tasso di mortalità delle alberature presenti lungo le arterie stradali e nelle zone residenziali è molto alto per i primi cinque anni.

 Il miglioramento dei siti d’impianto e l’apporto di cure costanti sono indispensabili per evitare il collasso di molti esemplari.

Anche la scelta di specie adatte a condizioni complesse può ridurre le perdite, ecco perché è importante una buona progettazione e piantare alberi che si adattano al contesto climatico.

Situazioni di stress ambientali possono provocare una crescita molto lenta che influisce negativamente sul sequestro di CO2, vanificando progetti di compensazione. 

Restaurare e conservare le foreste e i boschi, piantare alberi e conservare e curare professionalmente quelli esistenti costa molto meno che subire gli effetti nocivi di una città malata e sanare i disastri climatici.

(Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio Onlus)

 

 

 

 

 

IL FUOCO SPAZZA VIA IL VECCHIO MONDO

E ARRIVA “LA SMART ISLAND”:

NULLA SARÀ COME PRIMA.

 

Comedonchisciotte.org - Patrizia Pisino – (30 Agosto 2023) – ci dice: 

 

Incendi di “Maui” e “Tenerife”, l'obsolescenza della natura in un'era super tecnologica. Le domande da porsi.

Dal grande continente/isola che è l’Australia, alle piccole isole come Maui e Tenerife.

Cosa le accomuna?

La devastazione dovuta agli incendi. La causa ufficiale?

 Le alte temperature, il terreno arido per l’assenza di piogge e il vento, queste le tre componenti principali dell’innesco che la natura, sovvertita dal cambiamento climatico, ha provocato.

Questa narrazione ufficiale è iniziata già da molto tempo, ma uno dei fatti più eclatanti risale al 2019, con le immagini terrificanti degli incendi in Australia che sono durati mesi, da giugno a febbraio del 2020 che hanno causato perdita di vite umane e un danno inestimabile per le biodiversità di flora e fauna.

 Forse ci stavano preparando ad uno scenario apocalittico per il futuro.

Si è stimato che ciò ha provocato un rilascio in atmosfera (a livello del terreno e dei mari! N.D.R.) di 900 milioni di tonnellate di anidride carbonica, considerato poi che la nostra terra respira anche attraverso le foreste e bruciandole manca l’ossigeno necessario alla sopravvivenza della stessa natura.

Gli incendi attuali quanti danni continueranno a provocare?

Ma niente paura: l’uomo interviene artificialmente a sanare quello che distrugge intenzionalmente.

Questa tragica visione ci ha poi subito guidato verso un’altra altrettanto terrificante:

quella della “pandemia” creata, probabilmente, con l’obiettivo di distruggere gli esseri umani considerati il cancro che sta ammalando il pianeta e per questo da debellare, riducendo la popolazione mondiale.

Siamo nel 2023 ma l’intenzione di sottomettere natura e genere umano si sta sempre di più intensificando con azioni ancor più drastiche.

Così assistiamo alla devastazione di una intera isola, situata nell’arcipelago delle Hawaii, che nel nostro immaginario già consideravamo terra ospitale, selvaggia e in parte avente ancora tradizioni locali grazie ai pochi nativi rimasti.

Invece, scopriamo che sono proprio gli abitanti originali di “Maui”, il virus da estirpare per poter realizzare un’isola intelligente.

Per questo basta distruggere e poi intervenire con le soluzioni ad hoc, che però escludono i nativi retrogradi che si oppongono al progresso necessario per “ridurre il riscaldamento globale”.

Bisogna sempre chiedersi: chi è che ricava il maggior profitto da questi incendi?

Il sole può veramente bruciare un bosco, una foresta?

Difficilmente gli incendi nascono da soli per autocombustione, la responsabilità dell’innesco non si può dare alla Natura, ma a cause esterne intenzionali.

Far distruggere con il fuoco una intera città come “Lahaina” e non permettere ai suoi abitanti di salvarsi è diabolico.

Il momento più favorevole, per coprire le tracce, con molta probabilità è stato scelto quando un forte vento ha colpito l’isola, questo nella pianificazione degli incendiari doveva favorire, insieme ad altri fattori, lo sviluppo delle fiamme.

Ricordiamoci che situazioni metereologiche tali sono la norma per queste isole; sarebbe bastato, da parte delle autorità locali, almeno far partire l’allarme in tempo e staccare la rete di alta tensione.

Perché non è stato fatto?

(Chi ha “pagato” per queste intenzionali disattenzioni? N.D.R)

Magari scatenare cataclismi di fuoco serve a far piazza pulita di ogni oppositore al progetto di “trasformazione super tecnologica di Maui”?

Sicuramente con l’isola intelligente gli idranti avrebbero funzionato automaticamente, l’allarme sarebbe stato dato in tempo grazie al sofisticato software presente in ogni cellulare e, siccome gli esseri umani (senzienti) spaventati potevano andare verso le fiamme, l’Intelligenza Artificiale (I.A.) avrebbe indicato la strada da seguire per raggiungere i luoghi al sicuro in tempo; la rete elettrica sarebbe stata disattivata perché solo I.A. può ritenere i forti venti o gli uragani pericolosi, mentre chi ci vive da sempre non è in grado di comprendere il rischio che può causare una linea di alta tensione che cade al suolo.

Nessun bambino e anziano sarebbe morto bruciato perché sarebbero stati al sicuro nella bella casa domotica grazie a I.A., ma chi si può davvero permettere una abitazione così altamente tecnologica?

Purtroppo gli incendi, da tempo, sono tecniche utilizzate dalle “varie lobby di potere per i loro loschi affari economici”;                           e sono state progettate intenzionalmente per rendere necessario il cambiamento della destinazione d’uso di un territorio sotto il falso alibi del risanamento ambientale.

La collusione governanti/multinazionali è molto stretta e cosi, anche in Europa, si attuano le scelte indicate dal padrone del mondo statunitense.

Anche l’incendio di Tenerife, un’isola che fa parte della Spagna, segue questa logica pazzesca di distruzione.

Il copione si ripete con sfumature diverse, ma con lo stesso terrificante scopo: condizionare la popolazione che non accetta il progetto di cambiamento con la solita leva della “pseudo scienza a pagamento” che profetizza l’innalzamento del livello del mare e far passare così queste scelte necessarie per “il bene comune”.

Ma convincere alcuni residenti come i pescatori, tra i maggiori oppositori alla installazione dei parchi eolici offshore nella fascia costiera, che questi impianti non provocheranno dei seri danni all’ecosistema marino, non sarà così facile.

Così si fa in modo di ritardare gli interventi e si intralciano le azioni immediate dei pompieri e dei volontari con la motivazione della mancanza d’acqua dovuta alla condotta guasta, nella giornata più afosa ed in assenza di pioggia.

Perché queste già bellissime isole sono state scelte per diventare intelligenti, e cosa significa intelligenti?

Chi è che si arroga la capacità di trasformare un territorio naturale in una isola super tecnologica/artificiale a scapito e con un alto costo di perdita umana e ambientale?

Già lo stesso intervento del presidente americano Biden è palesemente chiaro:

700 dollari agli abitanti di Maui che hanno perso tutto, accompagnato dall’ordine di sfratto dalle poche abitazioni salvate dall’incendio con la scusa della sicurezza.

Dove verranno confinati?

Questo ancora non è chiaro, forse verranno mandati via dall’isola?

Così le multinazionali (“Hitachi energy” è una tra le tante) avranno campo libero per trasformare l’isola con la scusa di eliminare l’utilizzo del carburante fossile, che ha contribuito all’innalzamento della temperatura, si proprio quell’oro nero tanto ricercato e oggetto di tante quelle guerre che gli Stati Uniti hanno sempre scatenato.

Ora invece sventolano la bandiera ecologista, prima contestata, come l’unica soluzione a tutti i problemi. Non vi sembra strano?

Chi ha provocato l’inquinamento, ora si ammanta da difensore del pianeta! (ricordiamoci che sono gli stessi artefici della devastazione di intere nazioni spazzate via per la conquista dei giacimenti di petrolio).

Per rispondere alla domanda: chi si arroga questo diritto di scegliere cosa è giusto fare?

La risposta viene da lontano, si concretizza con Klaus Schwab, (Il Pazzo) fondatore ed Executive Chairman del World Economic Forum (WEF) di Davos, – via agenda Onu 2030 – che stabilisce che le società capitalistiche per sopravvivere in un’era di cambiamenti climatici devono arrivare alla globalizzazione e alla digitalizzazione del mondo.

Questa soluzione fa però prosperare soltanto loro, mentre annullano l’intera umanità asservita a semplice bestiame da controllare e utilizzare per scopi a dir poco satanici.

(Gli assassini globalisti dell’umanità al comando del mondo! N.D.R.)

Così trasformano la natura, vissuta e coltivata dai nativi che certo non hanno causato nessun contrasto ambientale, con soluzioni altamente innovative di cui non si conoscono gli effetti, senza considerare che avere la soluzione magica per abbassare la temperatura del pianeta come si fa in un ambiente artificiale, sembra a dir poco utopistico, tant’è che, nel tempo, ogni previsione catastrofica sul cambiamento climatico si è rivelata erronea.

Unico fatto certo l’enorme business finanziario che ci sta dietro.

(Si sono inventati che la Co2 - più pesante dell’aria e che quindi non può volare nell’alto dei cieli – è il responsabile del gas serra che distruggerà la vita umana, vegetale e animale del pianeta terra! N.D.R.)

Perché utilizzare le isole?

La loro stessa limitazione geografica è potenzialmente utile e necessaria, in quanto sono territori chiaramente definiti e dipendenti dall’esterno e per questo più ricattabili.

Una Smart Island (isola intelligente) consiste sostanzialmente nell’applicare il paradigma della “Smart City” all’ambiente insulare, così queste magnifiche isole vengono trasformate digitalmente e associate al concetto di “isola autonoma, straniera e ultra-connessa”.

Tenerife, come Maui, è stata scelta come banco di prova di questa globale visione ambientale.

Tenerife Intelligent Island” fa parte quindi della strategia Tenerife 2030, incentrata, apparentemente, sulle persone e il cui obiettivo è preparare la società e l’isola ad affrontare le sfide del futuro, in cui istruzione, innovazione, imprenditorialità, sport e tecnologia ne costituiscono gli assi portanti fondamentali.

Ma per realizzare questa interconnessione, occorre che i residenti siano manipolabili e che accettino il cambiamento come un miglioramento del loro stile di vita:

 quindi, come si fa?

 

Con la paura, la colpevolizzazione, il ricatto economico e soprattutto la falsa informazione.

(Presto toccherà anche all’Italia questa diabolica fine antiumana, ma per il nostro bene! N.D.R.)

Tra i progetti già realizzati e che fanno parte degli “strumenti” di cui dispone oggi l’isola per diventare un’isola smart ci sono:

1. Dalix:

si tratta di un data center situato nel sud che non solo ha le caratteristiche di un data center avanzato, ma fa anche parte della dorsale di Internet, collegando Tenerife con diversi continenti.

2. TeideHPC:

fino a poco tempo fa il secondo potenziale supercomputer in Spagna.

3. Anello in fibra ottica:

una rete in fibra ottica che circonda l’intera isola.

4. Intech:

 una società dipendente dal Cabildo che cerca di gestire l’intero ecosistema dell’innovazione, di cui il Parco Tecnologico e Scientifico è una delle parti più importanti.

Ma non si fermano qui.

 In base alla strategia progettata e alle infrastrutture disponibili, si sta lavorando a più di 17 iniziative in diverse aree della città intelligente che hanno un impatto diretto sui cittadini.

Ne cito solo tre:

Ten+:

attualmente è una tessera dei trasporti (autobus e tram) ma intende diventare la tessera del cittadino, cioè con essa si può entrare a teatro, auditorium, impianti sportivi, biblioteche, ecc.

Sulla base di questo elemento, l’obiettivo è quello di trattare i dati generati con “tecniche Big Data” che consentano di stabilire politiche e azioni per, ad esempio, incentivare la lettura premiando le persone che si recano in biblioteca con biglietti per l’auditorium o trasporti gratuiti.

HOV:

veicoli ad alta occupazione (più di 3 persone per veicolo).

Cercano di rimuovere i veicoli dall’autostrada.

Attraverso un’App, un conducente registra un viaggio che genera un QR che può essere utilizzato dai passeggeri in modo tale che chi effettua il viaggio venga registrato.

Questi veicoli HOV riceveranno punti in base alla distanza del viaggio effettuato che potranno scambiare, ad esempio, con parcheggio gratuito, bonus di trasporto, ecc.

LUCIA:

 è un sistema intelligente di monitoraggio e allerta per anziani e persone non autosufficienti che vivono sole.

Si basa su tecniche di Intelligenza Artificiale e Machine Learning che imparano a identificare modelli di comportamento e avvisare quando si verificano cambiamenti in essi.

Vi siete chiesti se tutto questo bel progetto innovativo è veramente ad impatto ZERO?

È evidente che per far funzionare questo complesso sistema, bisogna realizzare un insieme di opere:

un interconnettore sottomarino, una struttura dove collocare il super computer per il controllo operativo, installare gli impianti fotovoltaici ed eolici, trasformare tutti gli edifici e le infrastrutture.

Pensate veramente che tutto ciò non danneggi l’ecosistema marino e terrestre e sia salubre per l’uomo?

 Questi impianti sono realizzati con materiali altamente nocivi e di difficile smaltimento come le terre rare, il litio e il cobalto che per essere estratti necessitano di un gran quantitativo energetico e lo sfruttamento dei luoghi di coltivazione.

Purtroppo a Tenerife hanno già realizzato parte del progetto, ossia quattro punti sopramenzionati, e stranamente la zona sud, dove è collocato il super computer chiamato Anaga, specializzato per l’intelligenza artificiale, non è stata raggiunta dall’incendio.

Quando il progetto sarà completato e verrà utilizzata solo l’energia elettrica, immaginate quale possibile scenario potrebbe verificarsi considerando i recenti incidenti causati dalle auto elettriche che si sono dimostrate poco sicure e facilmente infiammabili, o gli stessi impianti fotovoltaici che stanno provocando problemi di innesco di scintille che possono causare incendi, o le case domotiche che in caso  (vedi alluvione in Emilia) di una improvvisa interruzione dell’energia non permette di uscire di casa per le porte bloccate … siamo proprio certi di essere al sicuro e che veramente questa è l’unica possibile soluzione?

Quando si svilupperà un probabile futuro incendio daranno nuovamente la colpa all’autocombustione generata da cause naturali?

Vogliamo veramente che l’intelligenza dell’uomo sia governata da un algoritmo gestito da compagnie private che hanno come scopo il profitto aziendale?

E la nostra tanto amata privacy?

(Ma quale privacy se i ricchi assassini globalisti ci vogliono ammazzare tutti! N.D.R.)

Si perché la volontà è quella di far diventare prima tutte le isole, e poi l’intero mondo occidentale un luogo intelligente governato dall’I.A. e gestito dai pochi padroni che credono di sostituirsi a Dio, diventando l’occhio onnisciente del Grande Fratello Orwelliano.

C’è da chiedersi: cosa c’è davvero di intelligente in tutto ciò?

Se pensate che gli incendi si fermeranno, pensate male:

il fuoco distruggerà tutto ciò che sarà di intralcio a questa folle visione, solo che questi loschi personaggi non sanno che “Quos Deus perdere volt, dementas prius”:

qualsiasi progetto contrario alla natura dell’uomo e all’ordine delle cose è destinato inevitabilmente al fallimento finale, ma può tuttavia arrecare dei seri danni, per molti anni a venire.

Solo uno studio più olistico ci può far uscire da questa logica perversa di prevaricazione e, se rispettiamo coscientemente il “Genius loci” , possiamo creare dei luoghi significativi  senza distruggerne lo Spirito, perché – come affermava “Heidegger” -” l’uomo abita quando riesce ad orientarsi ed identificarsi in un ambiente; allora gli spazi in cui la vita si svolge devono essere luoghi nel vero senso della parola. Spazi dotati di caratteri distintivi.”

In conclusione, gli interrogativi sono tanti e le risposte che ci vengono date poco convincenti, bisogna essere vigili e valutare in modo consapevole il rischio che corriamo:

perdere sia la nostra libertà di scelta che le nostre tradizioni, ma soprattutto: vale la pena realizzare tutto ciò a scapito di un’enorme perdita di vite umane, polverizzando tutto ciò che i popoli hanno costruito nei secoli?

(Patrizia Pisino)

(islasinteligentes.com/)

(t.me/In_Telegram_Veritas/2557)

(islasinteligentes.com/wp-content/uploads/pdf/ponencias/tenerife-PONENCIAS-islas-Inteligentes-LaPalma.pdf)

 

 

 

 

 

IL PIACERE DI SPOPOLARE LA TERRA.

Comedonchisciotte.org - CptHook – (29 Agosto 2023) - Henry Kissinger – ci dicono:

 

Il saggio che segue, pubblicato originariamente due anni fa su “Moon of Shangai”, mi è stato segnalato da “Larry” (o meglio da Luisa, la sua eccellente collaboratrice e comunicatrice) e, in effetti, concordo sul fatto che oggi più di ieri sia di estrema attualità in quanto ci fornisce un filo storico, logico e sequenziale, sulle personalità malate che, purtroppo per noi, sono dietro a tutto quello che oggi si manifesta davanti ai nostri occhi in uno squallido orrore, squallido quanto i personaggi di cui parla.

Si dice che la Storia, maestra di vita, si ripeta ma che l’uomo non impara le sue lezioni;

 forse, bisognerebbe domandarsi se, durante le lezioni, stava abbastanza attento.

Lezioni negli ultimi tre anni ne abbiamo ormai viste abbastanza;

se non impariamo a capire e a reagire con tutti i mezzi e tutte le forze, soprattutto comunicando, saremo anche noi gli animali da mandare al macello, come predicato dai folli, dai veri “tarati” che Larry ci presenta con tanta chiarezza.

Se non sapremo sopravvivere perderemo la battaglia due volte:

 perché non ce l’avremo fatta e perché avremo dimostrato, gli dei non vogliano, che hanno ragione “loro”.

Questo è il senso che dobbiamo ricavare da questo ennesimo brillante lavoro. Grazie Larry, grazie Luisa.

Larry Romanoff – bluemoonofshangai.com – 28 agosto 2023.

 

Quando si parla dei mali della globalizzazione, molti autori si concentrano sugli aspetti commerciali, come la privatizzazione, mentre altre componenti principalmente politiche, come la perdita della sovranità nazionale, la distruzione delle culture e delle civiltà e della famiglia, della moralità e delle società, non sono forse ignorate, ma non sono viste o incluse come parti integranti dello stesso quadro.

Non sembra che sia ampiamente riconosciuto che un pilastro fondamentale della globalizzazione, del nostro imminente Nuovo Ordine Mondiale, è un tentativo sorprendentemente vigoroso e feroce di eliminare non solo i poveri in eccesso del mondo, ma di spopolare l’intero mondo non bianco.

Questo saggio è un’introduzione alle origini dello spopolamento.

Emma Goldman.

 

 

Emma Goldman era un’ebrea comunista bolscevica, anarchica, evasa da un manicomio, complice di violenze e omicidi, piantagrane e ninfomane, e non necessariamente in quest’ordine.

Fin dall’adolescenza la Goldman studiò gli anarchici bolscevichi, portando la sua immaginazione a immaginare un ordine sociale con libertà d’azione non limitata da leggi create dall’uomo.

La Goldman arrivò rapidamente a sostenere l’omicidio politico e la rivoluzione violenta, nonché l’assassinio di individui politicamente significativi, come strumento di cambiamento sociale.

 Divenne una convinta sostenitrice della violenza ogni volta che le parole non riuscivano a fare il loro lavoro, un atteggiamento che alcuni storici descrivono come “propaganda dell’atto“, ovvero: se non ci ascoltano, li uccideremo.

Secondo il “Jewish Womens’ Website”,

“desiderando uno stato di libertà assoluta e credendo che non si sarebbe mai realizzato attraverso una riforma graduale, la Goldman e i suoi compagni sostenevano la completa distruzione dello Stato.”

La Goldman emigrò dalla Russia da adolescente e iniziò presto a promulgare vari modelli di società basati principalmente su due pilastri:

 l’anarchia politica ed il sesso promiscuo.

La promozione diffusa ed eccessivamente esplicita di questi [pretesi] ideali valse alla Goldman l’etichetta di uno dei due anarchici più pericolosi d’America.

 Tuttavia, lo stesso Jewish Womens’ Website ci dice che la sua insistenza sul “diritto di esprimersi” – principalmente attraverso la promiscuità sessuale, l’aborto e l’omicidio – l’ha portata a diventare una figura di spicco nello “portare alla luce la libertà di parola in America“.

Una definizione di libertà di parola piuttosto in contrasto con la mia.

 Lo stesso sito web riportava l’articolo su Emma Goldman sotto la voce “Women of Valor” (donne di valore).

Non so perché, ma è così che si fa la storia.

Vari apologeti hanno riferito che Goldman e il suo amante Berkman (una sorta di Bonnie e Clyde politici) erano “inorriditi dalla violenza “, come nel caso della repressione dei lavoratori in sciopero.

Il nostro dinamico duo reagì come avrebbe fatto qualsiasi essere razionale inorridito dalla violenza:

decise di uccidere il responsabile della violenza antioperaia, l’allora presidente degli Stati Uniti William McKinley .

La polizia non fu mai in grado di collegare direttamente la Goldman all’omicidio di McKinley, sebbene l’assassino si fosse incontrato spesso con lei e avesse affermato di aver agito secondo le sue istruzioni.

La Goldman e il suo gruppo non presero di mira solo un Presidente degli Stati Uniti. Il loro piano di bombardare la villa di John D. Rockefeller a New York fallì solo perché la bomba esplose prematuramente, uccidendo una dozzina di anarchici e distruggendo gran parte della casa della Goldman.

Uno degli anarchici della Goldman, Carlo Valdinoci, fece esplodere la facciata della casa del procuratore generale A. Mitchell Palmer a Washington, facendosi anche saltare in aria quando la bomba esplose troppo presto.

 E vi furono altri buoni tentativi.

 

Alla fine la Goldman si vide revocare la cittadinanza e fu deportata in Russia, trascorrendo il resto della sua vita in esilio e morendo in Canada, sola, povera e senza amici, sostenendo che “non c’è nessuno a cui importi se uno è vivo o morto.

 Ciò nonostante, un sostenitore della Goldman affermò (senza peraltro fornire prove) che

“Migliaia di persone si sono accalcate per vedere il suo feretro e i tributi sono arrivati da ogni parte del mondo“.

Tuttavia, le mie ricerche suggeriscono che le poche persone in lutto effettivamente presenti erano lì solo per assicurarsi che fosse davvero morta, e l’unico tributo di cui sono a conoscenza è stato quello del New York Times.

Come una sorta di necrologio, la Jewish Womens’ Organisation sostiene che

“la difesa della… libertà sessuale ha contribuito a plasmare la moderna società americana“, omettendo però di notare che la nuova forma dell’America che ne è derivata non è stata necessariamente una benedizione.

Gli stessi amanti della Goldman affermano che il suo lavoro ha contribuito non solo allo sviluppo della libertà di parola in America, ma ha mostrato “il vero significato del patriottismo. “

Non so come.

Prima che la Goldman morisse, la sua sostenitrice Peggy Guggenheim ed alcuni amici raccolsero 4.000 dollari per permetterle di prendere in affitto un piccolo cottage a Saint-Tropez, sulla Costa Azzurra, in Francia, dove trascorse due anni a scrivere la sua autobiografia, fantasiosamente intitolata “Vivere la mia vita “, che fu pubblicata nel 1931.

 A proposito di questo libro, uno scrittore della PBS ha fatto la seguente osservazione:

“Alla sua pubblicazione, il New York Times consigliò ai lettori ‘di prestare meno attenzione alla politica della Goldman e di leggere il libro come un documento umano del più coinvolgente interesse’“.

Non tutti erano d’accordo.

Un critico di spicco attaccò il libro di memorie come “mille pagine noiose di fornicazione e fanatismo.”

Non sono solo il Jewish Womens’ Website e il New York Times a essere impegnati a ripulire e ritoccare [l’immagine della Goldaman].

Wikipedia non vuole essere esclusa da questa “riattintatura”, informandoci solennemente che Emma Goldman “è stata un importante contributore in diversi campi della filosofia politica moderna“, lasciando alla nostra immaginazione il compito di identificare tali campi e dedurre il suo contributo.

 Riferendosi a un’occasione in cui un gruppo di colleghi politici anarchici attaccò la Goldman per la sua dilagante promiscuità sessuale, la deliziosa sottigliezza di Wikipedia è che “fu rimproverata da un socio per il suo atteggiamento spensierato.”

 

[Come emerge] dai rapporti con i suoi amici ebrei bolscevichi, lo scopo reale della Goldman era quello di fomentare una rivoluzione comunista negli Stati Uniti, seguendo il modello che costoro avevano tracciato con le loro rivoluzioni in Russia, Ungheria, Germania e altri Paesi.

Ma, alla fine, la Goldman non riuscì a realizzare l’anarchia come avrebbe voluto, soprattutto perché scoprì di essere più interessata al sesso che alla politica.

“Chiedo l’indipendenza della donna, di amare chi vuole, o quanti ne vuole. “

E quanti ne vuole allo stesso tempo;

 la Goldman aveva la reputazione di godere particolarmente del sesso nei gruppi di colleghi anarchici.

 Il nostro sito delle donne ebree ci dice che la Goldman era un’instancabile sostenitrice “dell’emancipazione” delle donne, ma le cose non stavano esattamente così.

“Considerando il matrimonio attraverso una lente di prostituzione repressiva“, la sua emancipazione delle donne si concentrava sulla loro “libertà“, cioè sulla libertà sessuale e riproduttiva, cioè sul sesso sfrenato e promiscuo, individualmente, in serie e simultaneamente, seguito da aborti gratuiti come metodo di controllo delle nascite.

 Emma non esitò a raccogliere fondi per le sue attività anarchiche lavorando per strada come prostituta;

 i genitori del marito la consideravano così priva di morale da rifiutarsi di farla entrare in casa loro.

 

È interessante notare che la Goldman non voleva una vera emancipazione per le donne, né per i diritti di voto o politici, né per l’occupazione o la carriera professionale, né per la proprietà.

Per la Goldman, l’intero concetto di libertà, indipendenza, emancipazione, diritti delle donne, era solo un nastro rosso che avvolgeva la questione centrale della promiscuità sessuale.

Il suo interesse per l’emancipazione delle donne era per lo più personale, derivante dalla sua esperienza di sesso sconsiderato, di gravidanze ripetute e di necessità di abortire, che a quei tempi erano pericolosi e illegali.

 E così la donna si emancipa.

 La Goldman credeva che le donne dovessero entrare e uscire dalle relazioni sessuali senza freni, essendo la sessualità promiscua “cruciale per la realizzazione personale e professionale” (nota del Traduttore: non me ne vogliano le gentili lettrici se mi permetto di affermare che, in questo senso, nella mia vita aziendale ho visto emerite galline che, pur non avendo sicuramente mai sentito parlare della Sanger, ne applicavano con successo il ‘modus operandi’), e per questo si impegnò in “numerose relazioni appassionate nel corso della sua vita“.

Ce ne dà testimonianza quanto scrisse ad un amante che, apparentemente, l’aveva lasciata “sopraffatta dalla sessualità“:

 “Hai aperto le porte della prigione della mia femminilità.

Tutta la passione che era rimasta insoddisfatta in me per tanti anni, è balzata in una tempesta selvaggia e impetuosa, senza limiti come il mare.” 

E chi ha detto che i comunisti non sanno divertirsi.

 Il motivo per cui mi sono soffermato su quest’ultimo punto è che, mentre la Goldman non ha lasciato alcuna eredità di valore agli anarchici, ha fallito miseramente come rivoluzionaria e sicuramente non ha dato alcun contributo alla filosofia politica moderna, il suo “contegno spensierato” ha lasciato un segno indelebile nel mondo poiché, come il destino ha voluto, chi doveva entrare in questo vero e proprio Giardino delle delizie terrestri se non una giovane donna di nome Margaret Sanger?

Margaret Sanger.

A differenza di Emma Goldman, Margaret Sanger non era una bolscevica, né una sostenitrice della violenza o dell’omicidio politico.

Tuttavia, come la Goldman, era un’anarchica, un’evasa da un manicomio, una piantagrane e una ninfomane e, come la Goldman, non necessariamente in quest’ordine.

 I libri di storia sembrano un po’ scarni sulla relazione originaria tra queste due donne, ma le indicazioni sono che il “contegno spensierato” della Goldman alimentò il fuoco della passione di Sanger e “aprì le porte” della sua femminilità, entrambe condividendo profondamente il bisogno comune di contraccezione in qualsiasi forma, e molto probabilmente condividendo molto di più.

L’unico contributo apparente di Goldman alla carriera della Sanger fu quello di risvegliare la sua ninfomania, anche se, come vedremo, si trattò di qualcosa di più di un nulla di fatto.

Avendo così stabilito quelli che potremmo definire reciproci legami di fertilità, la Goldman fornì un “sostegno aggressivo” alle crociate sessuali e contraccettive della Sanger;

entrambe le donne furono arrestate per diffusione di materiale osceno, ma entrambe sfuggirono alla condanna per il comportamento alla base di quel materiale.

La Goldman condusse persino tournée di conferenze a livello nazionale per conto della Sanger, sensibilizzando l’opinione pubblica sulla contraccezione e solo il cielo sa cos’altro.

Come la Goldman, lo zelo della Sanger per il controllo delle nascite era in gran parte dovuto al suo stile di vita sessualmente promiscuo.

 All’epoca dell’incontro con la Goldman aveva già avuto numerose relazioni, definendo il letto matrimoniale “l’influenza più degenerante dell’ordine sociale” e dedicando con fervore la sua sfrenata condotta sessuale alla rigenerazione di tale ordine.

Viste le obiezioni del marito sorpreso, i due si separarono presto, mentre la sua condotta “socialmente rigenerante” accelerò notevolmente e attirò una notevole attenzione pubblica.

Allo stesso tempo, e forse a causa delle stesse passioni, la Sanger iniziò a pubblicare bollettini e a distribuire materiale sessuale chiaramente illegale, che la portarono all’arresto con accuse che molto probabilmente l’avrebbero portata a una condanna a circa 45 anni di carcere.

Essendo il discernimento la parte migliore del valore, il giorno prima del processo la Sanger scaricò i figli sul marito che l’aveva abbandonata e fuggì in Inghilterra, dove il destino sarebbe intervenuto ancora una volta.

 Al suo arrivo in Inghilterra, la Sanger incontrò alcuni uomini che le avrebbero inavvertitamente fornito gli strumenti che avrebbero (purtroppo) cambiato la storia per sempre.

Non è del tutto chiaro dove iniziarono le sue relazioni, ma il sessuologo Havelock Ellis , H. G. Wells e George Bernard Shaw erano presenti, così come forse la maggior parte dei membri della nuova “Fabian Debating Society”.

Wells ebbe certamente una relazione appassionata con lei, e la Sanger prese sicuramente l’iniziativa con Ellis, ed entrambi molto probabilmente la passarono poi alla Debating Society.

 Uno scrittore ha osservato che Wells ed Ellis erano solo una parte di “un’enorme schiera di uomini” con cui Sanger ebbe relazioni.

 Le teorie di Ellis sulla sessualità femminile aiutarono la Sanger ad “ampliare la sua prospettiva” sul pieno godimento dei rapporti sessuali da parte delle donne, anche se lei sembrava già avere poche o nessuna inibizione al riguardo.

Tuttavia, Ellis in particolare ampliò le sue giustificazioni per il controllo delle nascite in più di un modo.

Forse il fattore più significativo dell’esilio europeo della Sanger è che la società di questi uomini era composta da radicali, femministe e, soprattutto, da un vero e proprio stuolo di neomalthusiani che educarono la Sanger alla terribile minaccia dell’eccesso di popolazione mondiale, affinando così notevolmente la sua logica sessuale.

 La Sanger barattò abbondante amore gratuito e informazioni sulle necessità contraccettive, ricevendo in cambio un’educazione di incomparabile valore.

Prima di allora, né la Goldman né la Sanger avevano ottenuto grandi risultati con le loro promozioni sulla contraccezione, almeno non in senso pubblico, perché i loro sforzi erano visti realisticamente come una copertura per le loro inclinazioni personali e promettevano benefici solo ai poveri, che non interessavano a nessuno.

Ma ora la missione della Sanger aveva improvvisamente acquisito una struttura intellettuale, una sorta di impalcatura filosofica rispettabile su cui promuovere le sue idee.

 Era ora pronta a tornare negli Stati Uniti per promuovere l’intera gamma genocida di eugenetica, contraccezione, aborto ed eutanasia, non per i suoi ristretti interessi personali ma per salvare l’umanità da sé stessa.

All’epoca, l’aborto non era affatto visto di buon occhio, tanto meno come metodo di controllo delle nascite occasionale, ed era illegale.

Ma eccoci qui, negli Stati Uniti, con le nostre due piccole ninfomani prive dei servizi di “pianificazione familiare” dell’”OMS “e dell’”USAID”, non ancora inventati, ma con un gran bisogno di aborti regolari.

Cosa facciamo se vogliamo portare a termine un’impresa illegale e altamente immorale per gli standard dell’epoca, dove una normale esecuzione ci farebbe finire in prigione e procurerebbe una diffusa condanna morale?

 Beh, avvolgiamo il nostro intento in un mantello di libertà e diritti umani, poi vi imprimiamo un codice a barre biblico e lo presentiamo come un’impresa di immenso valore umanitario, le nostre azioni eseguite in umiltà e abnegazione per il bene del mondo.

 

E così vide la luce “Planned Parenthood” , presentata non come controllo delle nascite per ninfomani sconsiderate, e solo secondariamente come “libertà di scelta delle donne“, senza specificare esattamente cosa stessero scegliendo;

l’obiettivo principale era ora la sovrappopolazione e la disperata necessità di limitare, abbattere e altrimenti sterminare i poveri in eccesso del mondo.

 Ora la Sanger avrebbe attirato l’attenzione di tutti, almeno di quelli dell’élite che erano tutti malthusiani nel profondo.

Naturalmente, anche la popolazione generale avrebbe recepito il messaggio, ma questo non aveva molta importanza perché l’élite forniva i finanziamenti e la popolazione generale era l’obiettivo.

Fu allora, al suo ritorno negli Stati Uniti dopo il breve esilio europeo, che Margaret Sanger si mostrò in tutta la sua evidenza e dimostrò di essere davvero un’evasa da un manicomio.

 La prima cosa che fece fu risposarsi, questa volta con un uomo di nome J. Noah H. Slee, un milionario ebreo proprietario di un’azienda di prodotti petroliferi.

La documentazione storica ci dice che Margaret mantenne il nome del suo primo marito – Sanger – e che dopo aver sposato il signor Slee, “mantenne la sua indipendenza sessuale.“

Usate la vostra immaginazione.

 Questo è curioso perché, come vedrete, le attività promozionali e di raccolta fondi di Margaret hanno attraversato le camere da letto e i divani degli uffici di industriali, banchieri, finanzieri, sponsor di ogni tipo, praticamente tutti uomini, con i quali, a detta di tutti, Margaret ha imbandito la tavola con più che informazione.

 E per 20 anni, fino alla sua morte, il signor Slee finanziò le sue attività, apparentemente senza lamentarsi.

 

bill_gates.

La combinazione unica di ateismo, marxismo, malthusianesimo, sessualità disinibita, disprezzo per la religione, in particolare per il cristianesimo, e un razzismo intrinseco che deve essere sempre stato presente, hanno fatto sì che la Sanger diventasse non solo offensiva ma addirittura malvagia.

 Le sue motivazioni non riguardavano più la liberazione delle donne, ma l’eugenetica, avendo in qualche modo raggiunto la posizione filosofica secondo cui, attraverso una sessualità sfrenata e rampante, seguita da contraccezione, aborto, sterilizzazione ed eutanasia, la sua missione era quella di assistere la razza umana nella progressiva eliminazione di sé stessa, o almeno di quella parte che il suo idolatra adepto, Bill Gates, avrebbe in seguito ritenuto inadatta a vivere.

 

Mentre la sua promiscuità sessuale aumentava a dismisura, abbandonò la morale e l’etica, sviluppò l’amore per la volgarità e il cattivo gusto generale, un’aggressività inutile e spesso controproducente e un entusiasmo del tutto ingiustificato per lo sterminio.

Una volta tornata negli Stati Uniti e dopo aver fatto sventolare la sua nuova bandiera, la Sanger elogiò le politiche di sterilizzazione della Germania nazista, divenne violentemente anti-famiglia e profondamente razzista, tanto da affermare che ai neri non doveva essere permesso di contaminare il pool genetico bianco.

 Divenne anche virulentemente anticristiana, affermando in un articolo di giornale che le piaceva promuovere il controllo delle nascite perché era “calcolato per minare l’autorità della Chiesa cristiana “.

In un primo momento, la Sanger evitò di promuovere l’eutanasia, scrivendo che la comunità non avrebbe dovuto inviare la progenie difettosa alle camere a gas, ma poco dopo (nello stesso libro) affermò piuttosto duramente che tutta la carità avrebbe dovuto cessare perché serviva solo a prolungare la vita dei non idonei e che la società richiedeva “l’eliminazione delle erbacce umane”.

Il suo punto di vista sull’aborto cambiò in modo simile, fino al punto in cui lei e la sua organizzazione sponsorizzavano attivamente i diritti all’aborto.

A questo punto, sembra che la Sanger fosse pazza, anche se Planned Parenthood cerca in tutti i modi di insabbiare l’argomento follia affermando:

 “Non possiamo sapere cosa Margaret intendesse veramente dire, perché è morta“.

Ebbene, sì, possiamo sapere cosa intendeva dire. Le sue parole hanno lo stesso significato oggi e allora.

Per prima cosa, la parte meno sgradevole della nuova Margaret era che approvava la riproduzione selettiva per produrre esseri umani perfetti, come sosteneva in un articolo intitolato Il controllo delle nascite per creare una razza di purosangue “, auspicando una maternità che si rifiutasse di “far nascere i deboli“, spingendo per “più figli da quelli adatti, meno da quelli non adatti“, i quali rappresentano “la più grande minaccia attuale alla civiltà“.

In un libro, la Sanger scrisse che ai genitori di un bambino difettoso non dovrebbero essere permessi altri figli e che “il controllo delle nascite… non è niente di più e niente di meno che… estirpare i non idonei, impedire la nascita di [figli] difettosi o di quelli che lo diventeranno“.

Nello stesso libro, deplorava le famiglie con più figli e scriveva: “L’immoralità delle famiglie numerose non risiede solo nel danno che esse arrecano ai loro membri, ma anche alla società… La cosa più misericordiosa che la famiglia numerosa fa a uno dei suoi membri neonati è di ucciderlo”.

Esaminando i dati storici, è estremamente difficile capire perché “Planned Parenthood”, la “Jewish Womens’ Society”, “Bill Gates” o chiunque altro dovrebbe venerare questa donna.

La Sanger promuoveva l’uso di ciò che chiamava “controllo delle nascite” per sterminare le razze geneticamente inferiori, che per lei significavano la maggior parte del mondo non bianco.

Affermava che gli ebrei, gli ispanici e i neri erano “erbacce umane” che, se si fossero riprodotte, “avrebbero portato un peso morto di rifiuti umani nel mondo“.

Il suo obiettivo dichiarato era lo sterminio di tutti i neri negli Stati Uniti e disumanizzava i poveri come “parassiti“, “deficienti” ed “errori”.

La Sanger scrisse:

“Più scendiamo nella scala dello sviluppo umano, meno controllo sessuale troviamo.

Si dice che l’aborigeno australiano, la specie più bassa conosciuta della famiglia umana, appena un gradino più in alto dello scimpanzé nello sviluppo cerebrale, abbia un controllo sessuale così scarso che solo l’autorità di polizia gli impedisce di ottenere soddisfazione sessuale per le strade”.

In una perfetta espressione di ironia, potremmo esprimere questi stessi sentimenti riguardo a Margaret stessa, anche se la storia ci dice che persino la polizia a volte non era sufficiente a reprimere il “comportamento spensierato” di Margaret.

In un altro libro la Sanger scrisse:

“L’eugenetica dimostra che stiamo pagando e persino sottomettendoci ai dettami di una classe crescente e incessante di esseri umani che non avrebbero mai dovuto nascere“.

Proseguiva dicendo che “ogni singolo caso di difetto ereditario, ogni bambino malformato, ogni essere umano congenitamente contaminato messo al mondo è di infinita importanza per quel povero individuo;

ma è di importanza appena minore per il resto di noi e per tutti i nostri figli che devono pagare in un modo o nell’altro per questi errori biologici e razziali”.

In un discorso pubblico ampiamente pubblicizzato, la Sanger promosse l’eliminazione di intere classi di persone, affermando che la società deve “tenere chiuse le porte dell’immigrazione all’ingresso di certi stranieri la cui condizione è nota per essere dannosa per la resistenza della razza, come i deboli di mente, gli idioti, i deficienti, i pazzi, i sifilitici, gli epilettici, i criminali, le prostitute professioniste e altri di questa classe”.

La Sanger propose anche di mettere i poveri, gli “imbecilli e gli immorali” e altri “tipi inferiori” in campi di concentramento dove potessero essere rieducati a quella che lei chiamava “migliore condotta morale“, cioè abortire in abbondanza.

E continuava:

 “Ritengo che il mondo e quasi la nostra civiltà per i prossimi venticinque anni dipenderanno da un contraccettivo semplice, economico e sicuro da usare nelle baraccopoli e nelle giungle e tra le persone più ignoranti.

Anche questo non sarà sufficiente, perché credo che ora, immediatamente, ci dovrebbe essere una sterilizzazione nazionale per alcuni tipi disgenici della nostra popolazione che sono incoraggiati a riprodursi e che si estinguerebbero se il governo non li nutrisse“.

Scriveva:

“Mentre personalmente credo nella sterilizzazione dei deboli di mente, dei pazzi e dei sifilitici, non sono stata in grado di scoprire che queste misure sono più che deterrenti superficiali se applicate al flusso in costante crescita dei non idonei…

L’eugenetica, senza controllo delle nascite, [è] una casa costruita sulla sabbia “.

Fu particolarmente dura con i neri:

“La massa dei negri… in particolare nel Sud, continua a riprodursi in modo incauto e disastroso, con il risultato che l’aumento tra i negri, ancor più che tra i bianchi, proviene da quella porzione di popolazione meno intelligente e adatta, “ affermando altrove che il suo intento era quello di sterminare tutti i neri in America, ma che sperava che tale intento non sarebbe stato scoperto da loro fino a quando non sarebbe stato troppo tardi .

Al New York Times non piaceva questa versione della verità, così i redattori crearono la propria storia di Margaret Sanger.

In un necrologio della Sanger, “Special to the New York Times“, scrissero che la Sanger aveva semplicemente “cercato di creare l’uguaglianza tra i sessi liberando le donne” .

Forse sono duro di comprendonio ma, se ho capito bene, i redattori del NYT ci stanno dicendo che

 (a) uccidere tutti i neri renderà le donne libere, e

(b) che abortire tutti i feti in America renderà uguali donne e uomini.

Il NYT ci informa anche che Margaret ha semplicemente cercato di presentare “il suo punto di vista secondo cui la pianificazione familiare è un diritto umano fondamentale “.

Tuttavia, la Redazione ha trascurato di considerare il “diritto umano fondamentale” di tutti noi deficienti di vivere la nostra vita senza l’aiuto di Margaret.

 È il caso di notare che il NYT ha pubblicato necrologi entusiastici di quasi tutti i mostri umani degli ultimi 100 anni, quasi senza eccezioni, a quanto mi risulta, forse perché quasi tutti questi individui erano ebrei.

Hanno notato il “fascino infallibile e l’arguzia persuasiva” della Sanger, specificando che “a molti poliziotti che l’hanno scortata alla stazione di polizia sono cadute le orecchie per le sue invettive irlandesi“, omettendo di dire che questo non è rappresentativo del fascino e dell’arguzia, ma di una bocca sboccata. E il suo buon amico e collega di Planned Parenthood, il dottor “Alan Guttmacher”, apparentemente ignaro di quanto sopra, ha affermato che Sanger “ha convinto l’America e il mondo che… il concepimento è un diritto umano fondamentale.

Anche in questo caso, se il concepimento è un diritto umano fondamentale, perché Guttmacher è così determinato a farmi abortire tutti i miei figli non ancora nati?

 Forse il concepimento e la nascita sono diritti diversi.

Guttmacher ha trascurato di dire che evitare la sterilizzazione e l’eutanasia, cioè il diritto di vivere, è forse un diritto umano ancora più fondamentale.

E se tutto ciò non bastasse, l’élite globalista  ha dichiarato la Sanger “umanista dell’anno” e le ha conferito un premio per aver dato “il contributo più cospicuo all’arricchimento della vita“, senza specificare esattamente di chi sia stata arricchita la vita.

 O come.

Ciò nonostante, è recente la notizia che Planned Parenthood, almeno a New York, sta cancellando il nome della Sanger dalla testata, a causa delle sue opinioni, finalmente venute alla luce, sull’eutanasia per tutti noi deficienti .

Un passo indietro nel passato:

darwin_spencer_galton

Da sx a dx, Darwin, Spencer, Galton.

Prima di scoprire dove porta questo eugenicidio di ispirazione sessuale, facciamo un salto nel passato e scopriamo le sue origini.

Il processo iniziò in Inghilterra, principalmente con quattro uomini:

 Thomas Malthus, Charles Darwin, Herbert Spencer e Francis Galton.

thomas_malthus

Thomas Robert Malthus.

Intorno al 1800, l’economista britannico Thomas Malthus pubblicò il suo Primo saggio sulla popolazione , spaventando la società britannica con la prospettiva che la produzione di cibo non sarebbe mai stata sufficiente a rifornire una popolazione che sarebbe sempre aumentata a un ritmo più veloce, lasciando una parte della società perennemente senza cibo.

Egli teorizzò che la natura stessa gestisse ed eseguisse le restrizioni alla crescita eccessiva della popolazione, adeguando il cibo alla popolazione per mezzo di guerre, pestilenze e carestie.

Nella sua concezione erano i poveri (e in generale tutti i non bianchi) a essere “ordinati dalla natura” a sopportare il peso di queste necessarie devastazioni genocide occasionali ma ricorrenti, la loro ineluttabile sorte nella vita in virtù della loro sfortuna di essere nati in povertà e, inoltre, che questi sfortunati indigenti non avevano né la capacità di elevarsi al di sopra della loro posizione né le risorse per farlo anche se ne avessero avuto la capacità.

Malthus divise essenzialmente il suo mondo in due nuove e fino ad allora indefinite razze di persone: i ricchi superiori e i poveri inferiori.

Poi, basandosi sull’inviolabilità e la spietatezza delle leggi della natura, sostenne che era una sfida controproducente e persino pericolosa al potere della natura nutrire o assistere in altro modo i poveri, poiché un miglioramento delle loro condizioni fisiche avrebbe portato a un aumento della riproduzione, che sarebbe stato poi contrastato con una crescente durezza quando la natura avesse ritenuto necessario frenare l’eccesso di crescita demografica.

La sfida alla natura porterà inevitabilmente a ritorsioni.

Intorno al 1800, l’economista britannico “Thomas Malthus” pubblicò il suo Primo saggio sulla popolazione, spaventando la società britannica con la prospettiva che la produzione di cibo non sarebbe mai stata sufficiente a rifornire una popolazione che sarebbe sempre aumentata a un ritmo più veloce, lasciando una parte della società perennemente senza cibo.

 Egli teorizzò che la natura stessa gestisse ed eseguisse le restrizioni alla crescita eccessiva della popolazione, equiparando il cibo alla popolazione per mezzo di guerre, pestilenze e carestie.

Nella sua concezione, erano i poveri (e in generale tutti i non bianchi) a essere “ordinati dalla natura” a sopportare il peso di queste necessarie devastazioni genocide occasionali ma ricorrenti, la loro ineluttabile sorte nella vita in virtù della loro sfortuna di essere nati in povertà, e inoltre che questi sfortunati impuniti non avevano né la capacità di elevarsi al di sopra della loro posizione né le risorse per farlo anche se ne avessero avuto la capacità.

“Malthus” separò essenzialmente il suo mondo in due nuove e fino ad allora indefinite razze di persone: i ricchi superiori e i poveri inferiori.

 Poi, basandosi sull’inviolabilità e la spietatezza delle leggi della natura, sosteneva che era una sfida controproducente e persino pericolosa al potere della natura nutrire o assistere in altro modo i poveri, poiché un miglioramento delle loro condizioni fisiche avrebbe portato a un aumento della riproduzione, che sarebbe stato poi contrastato con una crescente durezza quando la natura avesse ritenuto necessario frenare l’eccesso di crescita demografica.

 La sfida alla natura porterà inevitabilmente a ritorsioni.

 

“Malthus” divenne piuttosto sinistro nelle sue raccomandazioni, affermando che la natura non doveva essere ostacolata, ma piuttosto aiutata nel suo compito di eliminare l’eccesso di poveri nel mondo.

 Nelle sue parole:

“Dovremmo facilitare, invece di tentare stupidamente e vanamente di ostacolarle, le operazioni della natura nel produrre questa mortalità;

 e se temiamo il verificarsi troppo frequente di orribili forme di carestia, dovremmo incoraggiare diligentemente le altre forme di distruzione che costringiamo la natura a usare “.

“Malthus” raccomandava di incoraggiare il sovraffollamento e la sporcizia per favorire le malattie infettive e causare il ritorno della peste.

 E soprattutto, affermava che si sarebbe dovuto proibire i rimedi medici per le loro malattie, lasciando che il vaiolo, ad esempio, devastasse totalmente i quartieri e i villaggi poveri senza alzare una mano per aiutarli.

 Questa era la loro giusta punizione, basata sulla loro naturale inferiorità dovuta alla mancanza di denaro.

Forse non è molto noto, ma è stata l’adozione delle teorie e delle politiche di Malthus a portare direttamente alla morte per fame di innumerevoli milioni di persone in Irlanda e in India.

Inoltre, è stato lo spauracchio delle teorie di Malthus a spingere la Cina ad attuare la politica del figlio unico, ma vorrei far notare che gli occidentali (ebrei) che hanno spinto la Cina in questa direzione sono proprio le stesse persone che oggi condannano la Cina per averli ascoltati.

I ricchi, l’élite, la nobiltà terriera, erano naturalmente entusiasti di apprendere questa rivelazione, di ricevere una convalida scientifica della loro segreta convinzione di superiorità, di veder incisa su tavole di pietra nel santuario dell’umanità la loro sempre sospettata ma ora dimostrata eccellenza naturale.

Erano altrettanto entusiasti di ricevere un potente motivo, per gentile concessione della natura e delle leggi dell’universo, per non sentirsi più obbligati ad assistere i poveri.

La filantropia era morta.

La carità non era solo uno sciocco spreco di denaro, ma un atto ingiustificato di sfida contro la natura stessa, che avrebbe portato a una dura punizione contro gli stessi oggetti di quella carità.

Tante buone notizie da un solo uomo.

 Malthus si guadagnò naturalmente un grato seguito tra le élite della nazione e, nel processo, creò un razzismo economico del tutto nuovo e del tutto sgradevole, molto migliore di quello etnico in quanto in un colpo solo candidò forse l’80% della popolazione come candidata ad essere abbattuta dai dettami di Madre Natura stessa.

 

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Charles Darwin.

All’incirca nello stesso periodo, Charles Darwin enunciò la sua nuova teoria dell’evoluzione, o ciò che egli definì “selezione naturale “:

 in parole povere, gli organismi e gli esseri cambiano, mutano e si adattano nel corso del tempo, e quelle mutazioni che aiutano gli organismi ad adattarsi all’ambiente persistono mentre le altre si estinguono.

 Allo stesso modo, gli organismi che contengono queste mutazioni favorevoli tenderanno a sopravvivere perché saranno meglio adattati, non così stressati dal loro ambiente.

La teoria scientifica ed essenzialmente solida di Darwin fu poi utilizzata da” Herbert Spencer” per creare una base “scientifica” per il razzismo anti-umano di Malthus, producendo nel processo quello che oggi chiamiamo “darwinismo sociale “.

 

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Herbert Spencer.

Spencer combinò la teoria di Malthus, secondo cui i poveri esistevano come razza umana inferiore, e quella di Darwin, secondo cui chi meglio si adatta meglio sopravvive, ipotizzando che, nel corso dei millenni, alcuni elementi dell’umanità si fossero dimostrati non solo più mutevoli, ma avessero intelligentemente selezionato le mutazioni più propizie, emergendo quindi come l’élite e la ricca classe superiore della società.

In virtù della selezione naturale di Darwin e della sopravvivenza del più adatto, l’élite dei ricchi si rivelava non solo economicamente e scientificamente, ma anche geneticamente superiore alle classi povere.

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Francis Galton.

Sulla scia di Spencer, Francis Galton diede un ulteriore impulso a questa allettante visione dell’umanità, annunciando prove scientifiche appena scoperte che [confermavano che] il processo di selezione naturale di Darwin aveva effettivamente portato a un’evoluzione dei poveri, in questo caso regressiva e verso il basso, e che Madre Natura stessa aveva effettivamente reso i poveri inferiori e privi di valore, un processo evolutivo forse ancora incompleto.

Galton si distinse ulteriormente come scienziato, rendendosi conto che, proprio come avviene per le piante o gli animali, l’incrocio e la consanguineità di tratti umani desiderabili poteva servire ad aiutare la natura a produrre un prodotto ancora superiore.

 Galton creò così quella che oggi chiamiamo eugenetica, che definì in modo approssimativo come “la scienza del miglioramento del bestiame mediante accoppiamento giudizioso “.

Spencer condivideva il pensiero di Malthus per quanto riguarda l’aiuto ai poveri, perché la carità sfidava “le verità naturali della biologia” e serviva solo come “conservazione artificiale di coloro che sono meno in grado di badare a se stessi“, come potremmo pensare al continuo finanziamento di un’azienda in bancarotta, un’assistenza artificiale che serve solo a prolungare la sofferenza e a impedire la rinascita.

A suo avviso, così come la natura estirpa i non idonei, anche la società deve permettere loro di morire per mantenere la salute dell’élite rimanente.

 Secondo lui, l’umanità era in fase di evoluzione, con la natura stessa che proteggeva chi aveva i soldi e uccideva chi non li aveva.

 Galton, da parte sua, era angosciato dalla possibilità che le classi inferiori ostacolassero l’evoluzione naturale verso la ricchezza dell’élite e, poiché vedeva queste cose in termini genetici, considerava i poveri come nemici dello Stato, diventando uno dei primi sostenitori della sterilizzazione forzata di tutti tranne che dell’élite.

 Entrambi vedevano l’eugenetica come un aiuto alla natura, per evitare nascite che erano comunque destinate a morire prematuramente e, in secondo luogo, per migliorare il bestiame umano con pratiche di allevamento sane – in altre parole, accoppiando denaro con denaro.

 

Nel suo libro, “Allan Chase” ha scritto in modo molto appropriato:

 “Laddove Spencer offriva razionali ‘rivoluzionari’ per i bassi salari e le condizioni di lavoro e di vita subumane, Galton offriva le ragioni ‘ereditarie’ delle leggi naturali della biologia per non sprecare simpatia, denaro, istruzione e, soprattutto, assistenza sanitaria per i tipi biologicamente di bassa classe che erano destinati, per volontà di Dio e/o della Natura, a essere nient’altro che un salasso per la società e una popolazione in rapida proliferazione di poveri, ladri e parassiti ereditari ”.

“Steven Mosher” ha scritto in un articolo delizioso, informativo e ben documentato che l’alta borghesia britannica

“ha contribuito a garantire che il Saggio sulla popolazione del loro fondatore fosse un successo commerciale, apparendo in non meno di sei edizioni dal 1798 al 1826.

Da allora le storie di orrore sulla popolazione hanno venduto bene.

La durata della vita si allungò e la salute generale migliorò nel corso del XIX secolo, ma Charles Darwin diede ai malthusiani qualcosa di nuovo su cui rimuginare.

Non solo i poveri erano troppo prolifici, ma avendo tutti quei figli – la maggior parte dei quali, come se non bastasse, sopravviveva all’infanzia – stavano rapidamente abbassando il livello della popolazione.

Per i ricchi e i privilegiati, che si trovavano sempre più in inferiorità numerica rispetto ai grandi diseredati, si trattava della “‘sopravvivenza del più adatto al contrario”.

È corretto affermare che il razzismo economico di Malthus, intrecciato con le teorie di Darwin sull’evoluzione e la selezione naturale, lasciava i poveri in una posizione poco invidiabile, ma poi Spencer e Galton presero questi elementi e fusero ulteriormente il tradizionale razzismo etnico della nazione con la loro versione di razzismo scientifico, lasciando l’élite bianca del mondo con la confortevole certezza che non solo i poveri, ma praticamente tutte le popolazioni non bianche fossero intrinsecamente, scientificamente, geneticamente e moralmente inferiori a loro.

Queste felici epifanie sono davvero rare;

 non deve quindi sorprendere che il darwinismo sociale di Spencer e l’eugenetica di Galton abbiano unito le forze e abbiano travolto l’élite del mondo anglosassone più o meno con la stessa passione sconfinata e insoddisfatta di “Emma Goldman” per la sessualità.

Tuttavia, possiamo sorprenderci della virulenza con cui questa deplorevole filosofia ha contagiato l’uomo bianco occidentale e, soprattutto, della misura inconcepibile in cui gli americani l’hanno applicata in modo errato e delle spregevoli applicazioni politiche e militari che hanno trovato per essa, applicazioni oggi in pieno vigore.

Un’altra sorpresa è stato il contributo di questa filosofia a collegare ulteriormente le profondità fino ad allora inimmaginate del razzismo americano e del disprezzo per l’umanità, le idee originali di Malthus, Spencer e Galton che ancora oggi pervadono l’America.

Per comprendere meglio la profondità dell’ideologia darwinista americana, ecco il vice-governatore della Carolina del Sud, “Andre Bauer”, che spiega perché è sbagliato che il governo degli Stati Uniti fornisca assistenza alimentare ai poveri e perché si opporrebbe a qualsiasi legge di questo tipo:

Mia nonna non era una donna molto istruita, ma da piccolo mi disse di smettere di dare da mangiare agli animali randagi.

 Sapete perché? Perché si riproducono.

Se si dà a un animale o a una persona un’ampia disponibilità di cibo, si aiuta il problema. Si riprodurranno, soprattutto quelli che non pensano troppo oltre. Quindi bisogna limitare questo tipo di comportamento.

 Non sanno fare di meglio”.

Un’altra luminosa stella nella nebulosa democratica, il deputato americano dell’Alaska” Don Young”, ha detto che la soluzione ai poveri senzatetto sono i lupi, perché sono predatori, e che se potesse introdurre i lupi nelle comunità americane, “non ci sarebbe più il problema dei senzatetto”.

Vorrei scrivere qualcosa in merito, ma non mi viene in mente nulla da dire.

 

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Dr. John Holdren.

Il Dr.” John Holdren”, lo zar della scienza del Presidente Obama, ha proposto aborti forzati e sterilizzazioni obbligatorie, oltre alla creazione di un “Regime Planetario” che controllerebbe con la forza i livelli di popolazione umana gravemente ridotti in tutto il mondo.

“Holdren” nega quando può, ma in un libro di testo che ha scritto insieme a “Paul e Anne Ehrlich” nel 1977, questo è esattamente ciò che ha detto.

 Se ricordo bene i dettagli, menzionò anche i piani per impiantare capsule sterilizzanti nelle persone quando raggiungono la pubertà, e il riempimento delle riserve d’acqua con sostanze chimiche sterilizzanti (guarda caso il tema conduttore nel romanzo “Inferno” di Dan Brown, ma non nel film omonimo, nota del Traduttore).

Essendo un vero malthusiano, “Holdren” basava le sue teorie interamente sulle affermazioni secondo cui la disponibilità di cibo nel mondo sarebbe sempre stata insufficiente, affermazioni che nel corso di due secoli si sono ripetutamente rivelate una vera e propria sciocchezza.

 

Certamente era vero che l’élite all’inizio del secolo scorso, come è vero ancora oggi, non aveva alcun amore per gli esseri umani o l’umanità.

 Persone come J.P. Morgan, Harriman, Hill, Rockefeller, Carnegie, Mellon, Baruch, Vanderbilt, Warburg, Bush, Astor, Monsanto, Duke, Scaife, Lasker, Sulzberger, DuPont e la nostra solita collezione di famiglie di banchieri ebrei europei, credevano e agivano come se il 95% degli esseri umani fossero parassiti infestanti che erano tollerabili solo nella misura in cui consentivano loro di aumentare le proprie ricchezze, mentre coloro che frustravano questa ambizione generalmente ricevevano disprezzo e proiettili in quantità più o meno uguale.

 E furono questi stessi individui, in particolare Rockefeller e Carnegie, ad appassionarsi anima e corpo alla nuova “scienza” dell’eugenetica e, di fatto, anche all’eutanasia.

Fu Carnegie (o il suo istituto) a raccomandare l’uso di camere a gas a livello locale per sterminare le classi inferiori.

Era davvero una filosofia mostruosa che diventava estremamente pericolosa quando veniva messa in atto da uomini di enorme ricchezza e influenza, perché quasi nessuno aveva il potere di contraddirli o di ostacolarli.

Il risultato fu che nel giro di pochi anni, nel primo decennio del secolo scorso, si verificarono già sterilizzazioni forzate legalizzate e legiferate, che culminarono almeno in innumerevoli centinaia di migliaia e non nelle poche migliaia elencate nei libri di storia.

All’inizio venivano sterilizzati contro la loro volontà coloro che potevano essere considerati criminali, idioti, imbecilli, stupratori, infermi, internati.

Poi, tutti gli altri.

Questo saggio descrive solo l’inizio di un “enorme programma mondiale di spopolamento della terra”, un vero e spaventoso “genocidio su scala globale” che oggi è in silenziosa esecuzione, parte integrante della globalizzazione, apparentemente non riconosciuta.

Non ha portato solo al vasto programma di eugenetica insegnato nelle università americane, alle sterilizzazioni forzate e alle camere a gas del Carnegie Institute.

 Ha portato direttamente al “National Security Memorandum 200” (NSSM 200) di Henry Kissinger, un piano ferocemente aggressivo per impedire, apparentemente a qualsiasi costo, alle popolazioni dei Paesi non occidentali di avere figli.

Ha portato l’”USAID” e la “Reimert Ravenholt” a sterilizzare almeno 100 milioni di donne inconsapevoli, uccidendone decine di milioni nel processo.

Ha portato a centinaia di migliaia di donne americane rese permanentemente sterili e a milioni di sterilizzazioni e morti nei Paesi non sviluppati, a causa del “Dalkon Shield”.

Ha portato al Progetto 100.000 di Robert McNamara, in base al quale circa 500.000 persone con un basso quoziente intellettivo furono arruolate nell’esercito statunitense e inviate in Vietnam e dei quali solo pochi tornarono.

Ha portato all’utilizzo da parte dell’OMS di vaccini contro il tetano e la poliomielite prodotti dai laboratori “Sanofi-Connaught di Rothschild” e addizionati con l’ormone femminile HCG fornito dal CDC statunitense, per sterilizzare surrettiziamente forse 150 milioni di donne nei Paesi in via di sviluppo, a loro insaputa e certamente contro la loro volontà.

 È diventato parte del programma di “Armi Biologiche degli Stati Uniti “e molte prove suggeriscono che la “SARS”, la “MERS” e forse l’”AIDS” sono stati creati a questo scopo, nell’ambito del “dipartimento privato” della Banca Mondiale, con voci persistenti da casa degli orrori.

Ha portato al virus “Zika” con le zanzare GM “Terminator” della “Oxitec” , e molto altro ancora.

 Se non conoscete la storia dello “ZIKA” o delle vaccinazioni anti-fertilità con HCG dell’OMS, vi invito a leggere i relativi articoli.

 

Nel 2001, dopo aver scoperto una rara classe di anticorpi umani che attaccano lo sperma, gli scienziati del laboratorio “Epicyte” di San Diego hanno creato un mais contraccettivo geneticamente modificato.

 I ricercatori hanno isolato i geni che regolano la produzione di questi anticorpi e li hanno inseriti nelle piante di mais, creando fattorie orti-colturali che producono contraccettivi.

Poco dopo il comunicato stampa di Epicyte del 2001, tutte le discussioni sulla scoperta sono scomparse.

L’azienda fu rilevata da Biolex e nei media non si sentì più parlare dello sviluppo del mais spermicida.

Epicyte, DuPont e Syngenta (sponsor della Svalbard Seed Vault) avevano una joint venture per condividere e utilizzare questa tecnologia.

 Silvia Ribeiro, dell’ONG ETC Group, ha avvertito in una rubrica del quotidiano messicano La Jornada che Il potenziale del mais spermicida come arma biologica è molto alto “, e ha ricordato l’uso delle sterilizzazioni forzate contro le popolazioni indigene.

Questo è il motivo per cui le aziende produttrici di sementi stanno improvvisamente promuovendo l’uso dei semi di cotone come alimento primario per i Paesi sottosviluppati.

 I semi di cotone sono tossici e contengono una sostanza chimica chiamata gossipolo, che è un efficace sterilizzante maschile.

Le aziende produttrici di semi sostengono di aver rimosso questa tossina a un livello sicuro, ma non esiste un livello sicuro per il gossipolo.

Anche dosi minime assunte ripetutamente (come nel caso di un alimento di base) rendono sterile un’intera popolazione maschile.

Ciò che i Rothschild e Sanofi, Bill Gates, l’OMS, la Banca Mondiale, l’USAID e l’UNICEF fanno per le popolazioni femminili, le aziende produttrici di sementi lo faranno per la parte maschile.

Se avranno modo di farlo, gran parte del mondo potrebbe un giorno essere disabitata.

(Larry Romanoff. Attualmente vive e lavora a Shangai. )

(bluemoonofshanghai.com/politics/5760/)

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