Una battaglia persa in partenza contro le élite globaliste ecologiste.

 

Una battaglia persa in partenza contro le élite globaliste ecologiste.

 

 

Una battaglia persa in partenza:

Il trionfo della stupidità.

 Fandangolibri.it - Antonio Lombardi – (31 maggio 2019) – ci dice:

 

 L’aggettivo stupido in francese è “bête”, ossia “bestiale”.

Perché è questo il libro di “Farrachi”, una specie di bestiario sotto forma di pamphlet.

Un bestiario che racchiude quel virus "mutaforma" che è la stupidità, che si istilla in tutto ciò che ci circonda, dall’argomento più futile fino ad arrivare alla scrivania della Casa Bianca.

Una lista di aberrazioni a cui mi sono trovato, ahimè, a dover dare conferma durante la lettura, se non addirittura ad aggiungerne altre, a riconferma che la tesi dell’apocalisse del pensiero enunciata da “Farrachi”, in realtà, non sia poi una mera dialettica dai toni funesti, ma qualcosa che si è appropriato degli spazi nella vita di tutti.

Per amor della precisione, usando le stesse parole dell’autore, la stupidità non va intesa nell’accezione più colloquiale del termine, come il contrario dell’intelligenza (esistono schiere foltissime di eruditi imbecilli, alcuni sono anche famosi), perché in fin dei conti è ben altro:

è il non-senso del pensiero.

La stupidità ha un qualcosa di epidemico, per questo la metto sullo stesso piano di un “virus mutaforma”, e il canale più evidente e appariscente, nonché più prolifico è sicuramente la politica.

Povertà di idee, discorsi superficiali, pochezza intellettuale su argomenti basilari, gaffe e uscite infelici, la demagogia come arma.

Non a caso il sottotitolo dell’edizione italiana è “La torta al cioccolato del Presidente Donald Trump”.

Questo è anche il titolo di uno dei paragrafi dell’opuscolo accusatorio di “Farrachi”, in cui partendo dalla premessa di un fatto di cronaca, si discorre sui diversi livelli di bassezza e, per l’appunto, stupidità, che infestano ormai la dialettica politica.

 Infatti, nell’aprile 2017 Bashar al-Assad, dittatore siriano in guerra contro il suo stesso popolo, ha bombardato i civili con il gas nervino.

Trump, da poco eletto Presidente degli Stati Uniti d’America, mentre era a cena con il Presidente cinese, alla vista delle immagini rilasciate dai media, decide di lanciare cinquantanove missili Tomahawk.

Ma ciò che fa più riflettere non è tanto la decisione bellica, quanto la dichiarazione rilasciata ai giornalisti, ossia di aver preso quella decisione “davanti alla più bella fetta di torta al cioccolato che si possa immaginare”.

 

Visto che il fulcro era discorrere dell’uso di un’arma devastante, non si capisce per quale astruso motivo, il Presidente degli Stati Uniti, abbia reputato necessario fare un inciso anche sul suo lauto dessert, del tutto estraneo al contesto.

La stupidità ha davvero trionfato, ha chiuso il suo cerchio vitale, è salita dal basso fino ad arrivare alla rappresentanza politica per poi diffondersi a sua volta senza scrupoli tra la popolazione, creando proseliti idioti, nutrimento per la stupidità capillare che si insinua sia negli angoli dietro casa sia nelle istituzioni, in un “uroboro” gigantesco e affamato.

“La battaglia è persa, non resta che prendere atto della prevalenza del cretino.”

Concordo, la battaglia è persa in partenza.

Ma vale comunque la pena di combatterla.

 

 

 

Global warming: sette

risposte agli scettici.

Infrastrutture.eu – (30 novembre 2009) - "Scientific American"- Redazione – ci dice:

(Traduzione libera per gentile concessione del periodico "Le scienze", versione italiana.)

 

La Comunità scientifica internazionale è ormai da tempo preoccupata dagli effetti del riscaldamento globale accelerato dalle attività umane.   

Ciò che contraddistingue   gli scettici è l’impegno costante a negare la

necessità di intervenire sul problema, spesso con deboli argomentazioni. 

Ecco alcuni esempi:

La quantità di CO2 prodotta dalle attività umane non è sufficiente a modificare il clima perché il CO2 è solo una traccia di gas nell’atmosfera e la quantità prodotta dagli esseri umani è minima rispetto a quella prodotta da vulcani ed altre fonti naturali.

Il vapore acqueo è il più importante gas che causa l’effetto serra, in modo tale che le modifiche del CO2 sono da considerarsi irrilevanti.

Il CO2 rappresenta solo lo 0,04 % dell’atmosfera.

 Anche a bassa concentrazione assorbe infrarossi ed agisce come un gas ad effetto serra, come dimostrato dal fisico John Tyndall nel 1859. 

Nel 1896 il chimico Svante Arrhenius è andato oltre valutando l’impatto delle emissioni di CO2 sul clima con scrupolosi calcoli fatti a mano, concludendo che il raddoppio della sua concentrazione può provocare l’innalzamento della temperatura di quasi 6°C, un risultato molto in linea con i recenti e più rigorosi calcoli.

Contrariamente a quanto affermato dagli scettici, le attività umane costituiscono il maggior contributo all’innalzamento del CO2.

Secondo la “U.S. Geological Survey”, la quantità di CO2 prodotta dall’uomo è pari a circa 30 miliardi di tonnellate l’anno, più di 130 volte quella prodotta dai vulcani. 

È vero, il 95% delle emissioni di CO2 nell’atmosfera sono naturali, ma i processi naturali come la crescita delle piante sono quasi esattamente compensati.

Inoltre diversi insiemi di misure sperimentali, comprese le analisi del rapporto tra lo spostamento di isotopi di carbonio nell’aria, ulteriore conferma che la combustione di carburanti fossili e la deforestazione sono   le ragioni principali che hanno portato ad un aumento del 35% dei livelli di CO2 dal 1832, da 284 ppm a 388 ppm.

Un salto notevole tra i più alti in milioni di anni.

Gli scettici   affermano che il vapore acqueo (H20), e   non il “CO2”, è il gas più abbondante   e più influente sull’effetto serra, insistendo sul fatto che gli scienziati sottovalutano questo aspetto.

Ciò è falso:

da Arrhenius, i climatologi hanno preso in considerazione il vapore acqueo.

In realtà il vapore acqueo è   il   motivo dell’aumento del CO2 e ciò ha un forte impatto sul clima.

Il CO2 assorbe certe lunghezze d’onda dei raggi infrarossi rispetto all’acqua, aumentando il calore in atmosfera.

Con l’aumentare della temperatura, il vapore acqueo  (H2O) entra di più nell’atmosfera moltiplicando l’effetto serra.

 L’IPCC  rileva che  rispetto al vapore acqueo (H2O), circa il doppio aumento dell’effetto serra è dovuto al “CO2”.  

(gli scienziati del IPCC sono “comprati” dalle multinazionali climatiche! N.D.R.)

Tuttavia, all’interno di questa dinamica, il CO2 rimane il driver principale (quello che i climatologi chiamano una “forzatura”),  l’effetto serra.

Come climatologo della NASA  “Gavin Schmidt” , ha spiegato che il vapore acqueo (H2O) entra ed esce dall’atmosfera molto più rapidamente del CO2, e tende a mantenere un livello abbastanza costante di umidità relativa.

I climatologi perciò categorizzano il vapore acqueo (H20) come “feedback” , piuttosto che un fattore di “forcing”.

 (Gli scettici che non vedono il vapore acqueo”( H20) all’interno dei “climate models”, stanno cercando nel posto sbagliato).

Il “CO2” è causa dell’effetto serra e gli scettici tentando di dare spiegazioni naturali al riscaldamento globale, dovrebbero spiegare perché il CO2 non è contemplato nei loro scenari Il grafico  delle temperature (il cosiddetto “hockey stick”)  degli ultimi 1.600 anni è stato smentito.

(Il Co2 è un gas più pesante dell’atmosfera e come può volare nella stratosfera per costituire la parte più nociva del gas serra? N.D.R.)

Non è neanche riconosciuta l’esistenza di un “periodo caldo nel medioevo” intorno al 1000 d.C. che è stato più caldo di oggi.

Pertanto il riscaldamento globale è un mito.

È difficile dire qual’ è più grossa:

se gli scettici sopravvalutano i difetti della ricostruzione storica della temperatura del 1998 di “Michael E. Mann” ed    i suoi colleghi, o l'insignificanza della loro tesi finale sul cambiamento climatico.

 In primo luogo non è semplicemente un”hockey‐stick”  della ricostruzione storica delle temperature usando dati approssimativi.

Elementi a prova che le temperature sono in aumento nel corso degli ultimi due secoli, si hanno guardando carotaggi ed anelli di accrescimento degli alberi per le misure dirette, da diversi luoghi. 

Nonostante le loro differenze, confermano che la terra è più calda. 

Il “Consiglio Nazionale delle Ricerche di Revisione” nel 2006 ha concluso  che “la temperatura globale media  è stata più elevata   negli ultimi decenni del 20° secolo che nel corso di un analogo periodo, durante gli ultimi quattro secoli” che è la sezione del grafico con le più rilevanti tendenze del clima.

 I caldi periodi medievali in Europa ed Asia, con temperature analoghe a quelle del 20° secolo   sono plausibili, ma avrebbero potuto essere dei fenomeni locali: il rapporto ha osservato che “l’ampiezza e la portata geografica del calore sono incerte”.

Ed un nuovo documento  di “Mann”, sembra confermare che il periodo  caldo  medievale e la “Piccola Era Glaciale” tra il 1400 ed il 1700 sono stati entrambi causati  da variazioni di irraggiamento solare e di altri fattori naturali, che non sembrano accadere oggi.

Dopo la revisione NST è stato rilasciato un altro studio di quattro esperti di statistica, denominato “Relazione Wegman” molto più critico dell’ “hockey‐stick”. Nel 2008 “ Mann” ed i suoi colleghi hanno rilasciato una versione aggiornata della ricostruzione della temperatura, eco delle precedenti scoperte.

Il caso del riscaldamento globale di origine antropica proviene da studi di meccanica del clima, non da ricostruzioni di temperature del passato alla ricerca della causa.

Avvertenze sulle tendenze attuali sono note da prima del grafico di Mann. Anche se il mondo fosse stato incontrovertibilmente più caldo 1000 anni fa, non cambierebbe il fatto che il recente rapido aumento delle emissioni di CO2, spiega l’attuale riscaldamento globale più di qualsiasi altro fattore naturale e soprattutto che nessun elemento naturale sembra compensare ulteriori aumenti del riscaldamento per gli anni a venire.

Il riscaldamento globale si è fermato 10 anni fa. La terra da allora si è raffreddata.

Il 1998 è stato una degli anni più caldi del mondo che il “Met Office Hadley Centres” del Regno Unito abbia registrato.

Gli ultimi anni sono stati più freschi del secolo precedente, perciò la tendenza è finita, E’ corretto?

Chiunque abbia familiarità con le statistiche dovrebbe essere in grado di individuare i punti deboli di questo argomento. Dato il periodo di proroga della tendenza al riscaldamento, le variazioni del tasso di aumento  e la gamma delle incertezze nelle misurazioni di temperatura e previsioni,  a detta dei climatologi rivelano un’interruzione lieve è troppo piccola per provare una rottura del modello.

Recentemente, il reporter” SethBorestein” dell’ Associated Press, ha chiesto a quattro climatologi  indipendenti di studiare le tendenze dei dati della temperatura non fornendo numeri.

Egli ha scritto: “ Gli esperti non hanno trovato diminuzioni nel tempo”.

Se la pausa del riscaldamento globale   continua per un altro decennio, sarebbe il caso che rivendichino gli scettici?

Non necessariamente, perché il clima è complesso. Per esempio, “Mojib Latif “ed i suoi colleghi dell’istituto “Leibniz di Scienze Marine”, in Germania hanno pubblicato nel 2008 un documento che ha suggerito modelli di circolazione oceanica che potrebbero causare un periodo di raffreddamento in alcune parti dell’emisfero settentrionale, anche se a lungo termine, il modello del riscaldamento globale è rimasto in vigore. Fondamentalmente gli scettici che hanno resistito alle abbondanti prove che supportano il riscaldamento globale, non dovrebbero essere troppo   frettolosi a prendere in considerazione tesi che accennano al contrario.

Il sole o i raggi cosmici sono con molta probabilità le vere cause del riscaldamento globale.

 (Le vere cause del riscaldamento globale gli scienziati corrotti le hanno individuate nell’aumento del Co2 nell’atmosfera a causa dell’opera dell’uomo. Ma la Co2 rappresenta un 0,04 % del gas serra a confronto del 70 % del gas serra vapore acqueo (H20) e quindi la Co2 ne rappresenta un’inezia! Per quale motivo gli scienziati -se non fossero corrotti -dovrebbero tacere sul fatto che il “gas H2O” è il più potente ed abbondante gas serra? N.d.R.)

Dopotutto anche Marte si sta riscaldando.

I fenomeni astronomici sono evidenti fattori naturali da considerare quando si cerca di capire il clima, in particolare la luminosità   del sole e dettagli dell’orbita terrestre,   poiché esse sembrano essere state  le “principali driver” delle ere glaciali e di cambiamenti climatici  prima della nascita della civiltà industriale. I climatologi,pertanto non ne tengono conto nei loro modelli.

 Ma a dispetto degli scettici che vogliono calcare il riscaldamento recente a cicli naturali, non vi sono prove sufficienti  per giustificare l’aumento delle temperature globali.

Le note” IPCC”, che tra il 1750 ed il 2005 , il forcing radioattivo del sole è aumentato di 0,12 watt/square‐ meter, meno di un decimo dei forzanti delle attività umane (1,6 W/m2).

La maggiore incertezza riguarda il confronto degli effetti stimati di aerosol in atmosfera, che può variare Terra ombra o riscaldarla. Anche alla luce di queste stime però l’aumento dell’influenza umana sul clima supera quello di qualsiasi variazione solare.

(Questo lo dice la “IPCC”, la più influente ed interessata sul “mercato” delle notizie sulla variazione del riscaldamento globale ad opera dell’uomo. N.D.R.) 

Inoltre ricordate che l’effetto di CO2 (per il 0,04%) ed altri gas (tra cui la H2O per il 70 %.N.D.R.) ad effetto serra , è quello di amplificare il riscaldamento del sole.

Il sole non può semplicemente puntare a qualsiasi tendenza in radianza solare: gli scettici  hanno bisogno di quantificare  l’effetto e spiegare perché non ha emissioni di CO2 e di conseguenza diventare driver ancora più potente del cambiamento climatico.

La moda più recente   degli scettici si basa   in gran parte sul   lavoro svolto da “Henrik Svensmark” dell’Università Tecnica Danese, il quale sostiene che l’influenza   del sole sui raggi cosmici deve essere considerata.

 I raggi cosmici entrano nell’atmosfera  aiutati dalla formazione  di aerosol e nubi che riflettono  la luce del sole. In teoria “Svensmark”  sostiene che l’alta velocità solare magnetica nel corso degli ultimi 50  anni  ha protetto la terra dai raggi cosmici ed animali, ma ora che il sole è magneticamente più tranquillo , il riscaldamento globale sarà inverso.” Svensmark” sostiene che le variazioni di temperatura messe in relazione con i livelli di raggi cosmici e l’attività magnetica , che con altri fattori porta all’effetto serra.

La teoria di “Svensmark” per il momento è la più quotata tra gli scettici, ma è tuttavia carente di prove. (La sua teoria sarebbe non più criticabile se Sbvensmark fosse agevolato dalla corruzione! N.D.R.)

 In particolare non sembrano essere chiare le tendenze a lungo termine dell’afflusso di raggi cosmici o di nuvole. Il suo modello non spiega   alcuni   modi in cui   il mondo si sta riscaldando.

Per ora almeno, i raggi cosmici restano un colpevole meno plausibile dei cambiamenti climatici.

Ed il riscaldamento di Marte?

 Esso si basa su una base molto piccola di misurazioni, in modo tale da non rappresentare una tendenza vera.

Troppo poco si sa ancora su ciò che governa il clima marziano per esserne certi, ma un periodo di tempeste di polvere pesante sul pianeta che ha fatto la sua superficie relativamente scura, potrebbe aver aumentato la quantità di luce solare assorbita e delle temperature.

I climatologi cospirano per nascondere la verità sul riscaldamento globale. Il loro consenso al riguardo è scientificamente irrilevante.

E’ praticamente impossibile confutare accuse di complotti di giganti globali a quelli già convinti.

Osservato che la grandezza di questa cospirazione ipotetica comprende migliaia di pubblicazioni  e scienziati rispettati in tutto il mondo, da Arrhenius a Tyndall per quasi 150 anni e   così’ potente da  influenzare le posizioni ufficiali  di organizzazioni scientifiche compresa la “US National Academy of Sciences della Royal Society”, L’”American Association   for the Advancement of Science”, della American Geophysical Union, “American Institute  of Physics “e della “America Metereological Society”.

Se ci fosse un complotto per frodare il mondo sul clima (e per quale scopo?), sicuramente migliaia di e‐mail ed altri file rubati presso la “University of East Anglia’s Research Unit Climate” e distribuiti dagli hacker il 20 Novembre 2009 dovrebbe esserne la prova. 

La maggior parte delle dichiarazioni di alcuni critici, come la prova della condotta illecita, sembrano avere spiegazioni più innocenti, che hanno un senso nel contesto di conversazioni private ed informali di scienziati. Sarebbe deplorevole se uno qualsiasi degli scienziati coinvolti avesse dimostrato di manipolare i dati disonestamente, ostacolando   la libertà di   richieste di informazioni, che tuttavia non è al momento noto sia successo.

Manca un chiaro tentativo di falsificare e diffondere risultati a scala globale o una significativa distorsione  dei dati sui cambiamenti climatici.

I climatologi sono spesso frustati dalla accuse di nascondere informazioni e dati perché, come sottolinea “Gavin Schmidt”, gran parte delle    informazioni sono custodite    in pubbliche banche dati o comunque accessibili .

Nel 2004,  “Naomi Orekes”, storico della scienza, ha pubblicato  un peer‐rewied sul riscaldamento globale “Il consenso scientifico sui cambiamenti climatici”.

Sostiene che il 75 % sostiene l’origine antropica del riscaldamento globale, mentre il  25 % non ha preso posizione sul tema. Ciò non significa che tutti gli scienziati del clima siano d’accordo, piuttosto, il consenso non è tra gli scienziati, ma all’interno della scienza:

la forte predominanza di elementi prova  il riscaldamento globale  e ciò non può essere rovesciato da studi che provino il contrario.

I climatologi hanno tutto l’interesse a dare l’allarme, poiché comporta guadagno e prestigio.

Tra il 1993 ed il 2004, la spesa federale degli USA in materia di cambiamento climatico, è passato da 3,3 miliardi di dollari a 5,1 miliardi di dollari. Un incremento del 55%. Tuttavia, la parte del denaro relativa alla ricerca è scesa al 39%: la maggior parte di questi soldi sono andati a progetti di conservazione energetica ed altri programmi di tecnologia. Il finanziamento ai climatologi è quasi sospeso, mentre altri, compresi quelli del settore industriale, ne beneficiano profumatamente.

Soluzioni tecnologiche, come ad esempio le fonti energetiche che non producono CO2 e Geoingegneria del clima, sarebbero più convenienti e prudenti modi per affrontare i cambiamenti climatici, riducendo le nostre emissioni di carbonio.

     

“Ted Nordhaus” e “Michael Shellenberger”, “Biom Lomborg” ed altri    critici delle risposte politiche standar ai cambiamenti climatici, sono ossessionati da riduzioni di regolamentazione delle emissioni di CO2 e dal disinteressamento alle soluzioni tecnologiche. Le innovazioni tecnologiche in materia di efficienza energetica, la conservazione e la produzione sono destinate ad essere incoraggiate. La questione rilevante è se è prudente per la civiltà limitare o ridurre le proprie emissioni di CO2 prima che queste tecnologie siano pronte e possano essere distribuite in scala.  La conclusione più comune è no.

 Ricordo che fino a quando i livelli di CO2 sono elevati (0,04% dei gas serra!), il calore in eccesso sarà pompato in atmosfera e negli oceani, con un peggioramento delle conseguenze del riscaldamento del clima.

(Come si può “pompare” la “CO2” in atmosfera se questo gas è più pesante dell’aria? N.D.R.)

Come climatologo della NASA “James Hansen” ha sottolineato, anche se i livelli attuali di CO2 potrebbero essere stabilizzati durante la notte, la temperatura della superficie continuerà ad aumentare di 0,5°C nei prossimi decenni a causa del calore assorbito e rilasciato dal mare.

Più tempo scorre   per la sola tecnologia  di riduzione di CO2, tanto più veloce saranno le soluzioni per tirare fuori l’aria (H2O?) per ridurre al minimo i problemi del riscaldamento.

Inoltre il cambiamento climatico non è solo la crisi derivante dalle elevate emissioni di CO2.

  Rende gli oceani acidi (per quale motivo. N.D.R.?), che potrebbero avere effetti nocivi irreversibili sulle barriere coralline e la vita marina.

 Solo l’immediata mitigazione di CO2 può contenere tali perdite. Molto è stato già scritto sul perché i principi di Geoingegneria dei sistemi  del clima terrestre   sembrano strategie disperate per affrontare i cambiamenti climatici.

 Le proposte più ambiziose di coinvolgere tecnologie ampiamente testate, anche se hanno fatto ridurre il riscaldamento, che potrebbe causare altri gravi problemi    ambientali nel processo. Metodi che rimuovono il CO2   dovrebbero essere mantenuti in perpetuo per impedire il surriscaldamento.

(Ma la CO2 rappresenta lo 0,04% dei gas serra mentre la H2O ne rappresenta il 70%. Per quale motivo gli “scienziati corrotti “dovrebbero temere l’aumento della CO2 nell’atmosfera mentre potrebbe aumentare il gas H2O che è più leggero dell’aria? N.d.R.)

La governante del sistema di geoingegneria potrebbe diventare un campo politico minato, con le nazioni in disaccordo sulle impostazioni ottimali del clima. 

Tutti in tutto, contando sui futuri sviluppi tecnologici per risolvere i cambiamenti climatici, piuttosto che impegnarsi   con tutti i mezzi disponibili, compresi quelli di regolamentazione, sembra regnare l’irresponsabilità.

 Ma ancora una volta l’agire responsabili in materia di cambiamento globale è ciò che i contrari sembrano più interessati a negare.

 

 

Il vapore acqueo è il

più potente dei gas serra.

Skepticalscience.com – (4 settembre 2023) – Redazione – ci dice:

 

Che cosa dice la Scienza...

Il vapore acqueo è il maggior gas serra.

Il vapore acqueo (H2O) è anche l'elemento di maggior importanza nel produrre il meccanismo di feedback (retroazione) sul nostro sistema climatico ed inoltre amplifica il riscaldamento provocato dall'aumento di CO2.

Questo feedback spiega perché il Clima è così sensibile al riscaldamento prodotto dalla CO2 atmosferica.

Le argomentazioni degli scettici...

"Il vapore acqueo è il più importante dei gas serra.

Se in una serata d'autunno il cielo è sereno, accadrà che il calore sfugge verso lo spazio e fa freddo, mentre se il cielo è nuvoloso il calore viene intrappolato dal vapore acqueo e la temperatura si manterrà calda.

Se andate a” In Salah” nel Sud dell'Algeria, a mezzogiorno potreste registrare 52°C, ma a mezzanotte si possono raggiungere -3.6°C.

La causa risiede nel fatto che c'è pochissimo vapore acqueo in atmosfera e questa è una dimostrazione che il vapore acqueo è il gas serra più importante" ( “Tim Ball” ).

  Il vapore acqueo è tra i gas serra quello predominante.

Il flusso radiativo del vapore acqueo causato dalla sua caratteristica di gas serra è circo 75 W/m 2 mentre la CO 2 apporta un contributo di 32 W/m 2 ( Kiehl 1997 ).

Questa proporzione è confermata dalle misure della radiazione infrarossa di ritorno verso la superficie terrestre ( Evans 2006 ).

Il vapore acqueo (H2O) è anche quello che dà il contributo prevalente come feedback positivo nei confronti del sistema climatico terrestre ed è anche la causa principale del perché la temperatura aumenta così tanto delle modificazioni della concentrazione di CO 2 .

A differenza di altre forzanti esterne come la CO 2 che possono essere aggiunti nell'atmosfera, il livello del vapore acqueo è funzione della temperatura dell'aria.

(La Co2 non può superare lo 0,04 % del totale dei gas serra! N.D.R.)

Il vapore acqueo viene trasportato in atmosfera attraverso il processo di evaporazione, la cui entità dipende dalla temperatura degli oceani e dell'aria, essendo governata dalla formula di “Clausius-Clapeyron”.

Se una quantità eccedente di acqua viene introdotta in atmosfera questa condensa e ritorna in basso come pioggia o neve entro una settimana o due.

Analogamente se una certa quantità di umidità viene prelevata dall'atmosfera , l'evaporazione provvederà a ripristinare il “livello normale” in breve tempo.

 

Il vapore acqueo (H2O) come meccanismo di feedback positivo.

Il vapore acqueo, essendo direttamente legato alla temperatura, è anche un fattore di feedback positivo ed è in pratica il fattore di feedback positivo principale del sistema climatico (“ Soden 2005” ).

 Con l'aumento della temperatura l'evaporazione cresce ed una maggior quantità di vapore acqueo si accumula nell'atmosfera.

In qualità di gas serra il vapore acqueo (H2O) assorbe calore e riscalda l'aria che a sua volta favorisce altra evaporazione.

Quando la “CO 2 “viene aggiunta in atmosfera (ma la CO2 è più pesante dell’atmosfera e quindi non sale, ma scende sempre  verso il terreno e verso il mare. N.D.R.), essendo a sua volta un gas serra ha un effetto riscaldante, e quindi fa sì che altra acqua evapora e riscaldi l'aria portandosi ad una soglia stabile più alta.

 Il riscaldamento è dovuto alla “CO 2”.

Pertanto ha un effetto di amplificazione.

 Qual è l'entità di questa amplificazione?

Senza altri feedback, un raddoppio della concentrazione di CO 2  (0,04% di gas serra) provocherebbe un aumento della temperatura del pianeta di circa 1°C.

Il feedback del vapore acqueo per parte sua causa circa il raddoppio del riscaldamento dovuto alla CO 2.

Quando vi si comprendono gli altri feedback (per es. la riduzione dell’albedo dovuta allo scioglimento dei ghiacci) il riscaldamento complessivo a seguito di un raddoppio della CO 2 è attorno a 3°C (“ Held 2000” ).

Osservazioni sperimentali del feedback del vapore acqueo (H2O) e risposta climatica.

L'effetto di amplificazione del vapore acqueo è stato osservato sotto forma di raffreddamento globale a seguito della eruzione del Monte Pinatubo ( “Soden 2001” ).

 Il raffreddamento fece sì che l'atmosfera diventasse più secca e la sua volta venne amplificata dalla temperatura indicata.

 La citata risposta climatica di circa 3°C è anche confermata da numerosi studi sperimentali che hanno preso in esame come il Clima ha risposto a diverse forzanti presentatesi in passato (“ Knutti & Hegerl 2008” ).

(Tra i gas serra la CO2, che ha una partecipazione del 0.04 %, essendo più pesante dell’aria atmosferica rimane sempre tra i gas serra con la stessa percentuale sopra indicata. N.D.R.)

I satelliti hanno rilevato un aumento del vapore acqueo atmosferico (H2O) di circa 0.41 kg/m² per decennio dal 1988.

 Una evidenza e una attribuzione nota come “impronta digitale”, che è stata usata per identificare la causa dell'aumento dei livelli di vapore acqueo in atmosfera ( Santer 2007).

 Impronta digitale perché presuppone l'adozione di test statistici rigorosi per ricercare le possibili spiegazioni del cambiamento di talune proprietà del sistema climatico.

 I risultati di 22 diversi modelli climatici (virtualmente i maggiori modelli climatici mondiali) sono stati messi assieme ed hanno trovato che il recente aumento di vapore acqueo sull'intero ambiente oceanico del pianeta non è dovuto a forcing solare o ad un graduale recupero seguito alla eruzione del M.Pinatubo del 1991.

 La causa primaria della “umidificazione dell'atmosfera” è stata identificata con l'aumento della” CO 2” prodotta dai combustibili fossili.

(La CO2 rimane sempre presente tra i gas serra con il 0.04 %! N.D.R.)

Sia la teoria che le osservazioni sperimentali ed i modelli climatici nel loro insieme mostrano che l'aumento del vapore acqueo (H2O) è attorno al 6-7.5% per grado Celsius di riscaldamento nella atmosfera più bassa.

I cambiamenti osservati di temperatura, umidità e circolazione atmosferica si combinano in maniera fisicamente coerente.

Quando gli scettici citano il vapore acqueo (H2O) dicendo che è il gas serra prevalente, in realtà fanno riferimento allo stesso feedback positivo che rende il Clima della Terra così sensibile anche alla CO 2 ( la “Co2”  non può aumentare come influenza di gas serra dal 0,04 %, in quanto è un gas serra molto più pesante dell’atmosfera! N.d.R.)  e pertanto non fanno altro che confermare l'evidenza della origine antropica del riscaldamento globale (dovuto all’aumento del gas “ H2O” e non del “CO2”! N.D.R.)

 

 

 

 

La battaglia contro l’ambientalismo.

Unimondo.org – (01 Luglio 2023) – Raffaele Crocco – ci dice:

La battaglia finale sembra essere contro l’ambientalismo.

 Anzi, pare avere il profilo preciso del negazionismo, tacciando come assolutamente falso e strumentale tutto ciò che denuncia i pericoli legati alle mutazioni forzate del clima.

È la nuova frontiera della destra fascista mondiale.

Parlo della destra ultra sovranista, liberista, xenofoba, razzista, clericale e tradizionalista.

Insomma, quella che si rifugia nella triade “Dio, patria e famiglia”.

 Bene, quella destra sta diventando la vera nemica di chi sostiene la necessità di intervenire per frenare il riscaldamento globale.

Le armi usate, per ora, sono quelle di ridicolizzare l’avversario, definendolo “uno snob elitario”, nemico del popolo.

 La cosa è denunciata con molta chiarezza da” George Monbiot”, sul “Guardian” e riportata con efficacia da “Alessandro Trocino”, del “Corriere Della Sera”.

Anche il più innocente tentativo di ridurre l’impatto sull’uomo – scrive Monbiot -  viene presentato come una cospirazione per limitare le nostre libertà.

Tutto viene contestato:

 i quartieri a basso traffico, le città da 15 minuti, le pompe di calore, persino i piani cottura a induzione”.

Il giornalista prosegue descrivendo il circolo vizioso dei migranti, che proprio nel cambiamento climatico planetario trovano una delle ragioni di fuga dalla loro terra.

Il corto circuito, dice è che “la destra nega il cambiamento climatico, alimentando politiche che impoveriscono terre già disastrate, individua i migranti come capri espiatori.

Poi, l’odio per i rifugiati diventa un carburante politico per gli stessi che hanno alimentato le disparità e negato il cambiamento climatico”.

Così tutto torna e diventa funzionale a quella “politica dell’odio” – contro gli stranieri, contro le “aristocrazie di sinistra”, contro tutti – che alimenta le politiche della destra fascista in tutto il Mondo.

Il tornaconto è soprattutto economico: con queste politiche, gli oligarchi vogliono proteggere i loro interessi.

Gli Usa sono – come spesso capita – all’avanguardia in questo.

 In Texas, giusto per fare un esempio, i petrolieri stanno finanziando i legislatori, per portare a casa norme che impediscano la diffusione di energie rinnovabili.

 In Ohio, per legge le politiche climatiche non possono essere discusse all’università.

Infine, il caso più clamoroso, direttamente dalla Florida.

L’ultraconservatore – con venature fasciste - Ron De Santis sta costruendo la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti sulla base della negazione del problema clima.

“ Monbiot “scrive che De Santis “su Fox News ha denunciato la scienza del clima come politicizzazione del meteo. Ha approvato una legge che obbliga le città a continuare a usare i combustibili fossili. Poi, ha tagliato le tasse, compresa l’imposta per la prevenzione dei disastri, minando la capacità della Florida di rispondere alle crisi ambientali”.

In Europa non va meglio.

Lo spiega “Tonia Mastrobuoni”, di “Repubblica”.

 La destra fascista e ultra conservatrice sta vincendo ovunque, partendo da posizioni completamente anti ambientali.

 I post nazisti dell’Afd sono diventati il terzo partito della Germania attaccando a testa bassa i Verdi al governo.

Li hanno attaccati su tutto, scrive Mastrobuoni, “sulla fine del motore a scoppio, sull’uscita dal nucleare e le fonti rinnovabili, sulla legge che punta a sostituire gli impianti di riscaldamento alimentati a gas o carbone, su tutto.

Per uno dei leader, “Tino Chrupalla”, i cittadini possono vedere benissimo a cosa conducono le politiche dei Verdi: alla guerra economica, all’inflazione e alla deindustrializzazione”.

La tesi è semplice:

 l’ambientalismo è un lusso da borghesia urbana, una cosa da fighetti.

Un’idea che ha presa, ma che semplifica pericolosamente tutto.

La destra fascista, infatti, non trova la soluzione nell’affermare la necessità di una migliore distribuzione di ricchezza e diritti umani arcobaleno.

Non riprende – per essere chiari - il concetto di “Chico Mendez”, attivista brasiliano ucciso per le sue lotte ambientaliste, di “ecologia senza lotta di classe vuol dire giardinaggio”.

Non ha nemmeno lontanamente il senso di “lotta per la giustizia”.

Il messaggio della destra fascista è più elementare.

Alla gente dice: “quei cattivi di sinistra vogliono – con l’ecologia – impedirvi di avere le cose che vi meritate. Seguite noi, che invece ve le garantiamo”.

 E poco importa se questo continua a ad arricchire sempre le eterne multinazionali e i soliti oligarchi.

 L’importante è garantire – pur bassissimo – un certo standard di vita e l’adesione ad un tipo di mercato.

Una logica che funziona anche in Spagna.

 I post franchisti di “Santiago Abscal “sono in campagna permanente contro “l’élite ambientalista”.

Un deputato, Carreras, ha spiegato in Parlamento che, in fondo, il riscaldamento globale eviterà alle persone di morire di freddo.

In Svezia e in Austria, la destra fascista avanza con le stesse tecniche.

Continuando così, dicono gli osservatori, mettere in piedi serie politiche di contenimento del riscaldamento globale sarà praticamente impossibile.

Il rischio è di arrivare a distorte e grottesche “prove di forza” destabilizzanti, con i conservatori fascisti a vestire i panni di “difensori del diritti del popolo” contro una piccole élite borghese che vuol far pagare ai più poveri il progresso sostenibile.

(Raffaele Crocco)

 

 

 

 

L'ecologismo, una

religione occidentale.

 ilfoglio.it - GIULIO MEOTTI – (09 SET. 2019) – ci dice:

    

Non solo Greta.

Ci sono santoni, diavoli ed eretici, giorni sacri e tabù alimentari, torve profezie e un’idea di salvezza.

L’ambientalismo ora ha tutto per funzionare come la fede del Terzo millennio.

“L’ambientalismo è la religione degli atei urbanizzati”, ha detto lo scrittore “Michael Crichton”.

“Il cibo biologico è la sua comunione.”

La preoccupazione e la cura dell’ambiente sono ormai universali (almeno in occidente):

 ci hanno messo in casa una infinita varietà di cestini per riciclare, siamo invitati a non abusare dell’aria condizionata (abbassate però quei trenta gradi negli edifici pubblici d’inverno), facciamo del nostro meglio, e qualche sfida che sembrava insormontabile l’abbiamo già vinta.

 Il buco dell’ozono, l’angoscia del decennio precedente, si sta restringendo.

Dal 1990, c’è stata una riduzione del 90 per cento delle emissioni automobilistiche (e una riduzione del 99 per cento dal 1960), anche se l’auto rimane il nemico pubblico numero uno.

Intanto, un miliardo di persone è uscito dalla povertà assoluta, l’aspettativa di vita è aumentata, la guerra è più rara, molte malattie gravi sono state sradicate, il cibo è abbondante, la Nasa ci dice che la terra è più verde oggi di vent’anni fa, la popolazione mondiale si stabilizzerà a metà del secolo per poi scendere, e considerando la mortalità infantile, il reddito medio mondiale e la disponibilità di risorse, lo stato di salute dell’umanità e del mondo non è mai stato migliore, e persino in via di costante miglioramento.

 Eppure, una nuova religione del pessimismo si profila all’orizzonte e macina fedeli.

In Islanda, alla presenza del primo ministro, oggi hanno appena celebrato il funerale di un ghiacciaio.

Era il 15 settembre 2003 quando lo scrittore “Michael Crichton” tenne un discorso al Commonwealth Club di San Francisco.

Titolo: “L’ambientalismo è una religione”.

“Oggi, una delle religioni più potenti del mondo occidentale è l’ambientalismo.

È la religione degli atei urbanizzati.

C’è un Eden iniziale, un paradiso, uno stato di grazia e unità con la natura, c’è la caduta dalla grazia in uno stato di inquinamento risultato dell’aver mangiato dall’albero della conoscenza e c’è un giorno del giudizio che verrà per tutti noi.

Siamo tutti peccatori di energia, destinati a morire, a meno che non cerchiamo la salvezza, che ora si chiama ‘sostenibilità’.

La sostenibilità è la salvezza nella chiesa dell’ambiente. Proprio come il cibo biologico è la sua comunione”.

Crichton voleva parodiare la trasformazione dell’ecologismo in una chiesa.

Come il suo gran sacerdote “David Brower”, il fondatore dei “Friends of the Earth”, che ha scritto:

“I sei giorni della Genesi sono un’immagine per rappresentare ciò che è accaduto in quattro miliardi di anni.

Il nostro pianeta è nato lunedì. Da martedì a mercoledì, fino a mezzogiorno, si è formata la terra.

 La vita inizia mercoledì e si sviluppa in tutta la sua bellezza per i successivi quattro giorni.

Domenica alle quattro del pomeriggio compaiono i rettili. Alle nove di sera, le sequoie spuntano dal terreno.

Un quarantesimo di secondo prima di mezzanotte inizia la rivoluzione industriale. Adesso è mezzanotte e siamo circondati da persone che credono che quello che hanno fatto possa continuare indefinitamente”.

Il Nobel” Ivan Giaver “paragona l’ecologismo a una “chiesa”.

Per “Bruckner”, sorge sulle “macerie di un mondo miscredente”

Sei giorni, sei gradi alla dannazione.

Un grado in più: gran parte delle barriere coralline e dei ghiacciai scomparsi.

 Due gradi: l’arcipelago di Tuvalu, nell’oceano Pacifico, completamente sommerso. Tre gradi:

la foresta amazzonica distrutta da incendi e siccità.

Quattro gradi: il livello degli oceani si innalza al punto di distruggere paesi come il Bangladesh e sommergere città come Venezia.

Cinque gradi: milioni di persone costrette a lasciare le aree in cui vivono, scatenando possibili conflitti per il controllo delle ultime risorse presenti sul pianeta.

 Con sei gradi in più, quasi tutte le forme di vita (compresa quella umana) scompaiono.

Benvenuti in un mondo più caldo di sei gradi.

E per prefigurarlo si coniano nuovi termini ricolmi di panico, come “insectopocalypse”.

“Michael Crichton” fece quella denuncia quando ancora un certo estremismo ecologista doveva sfoderare tutto il proprio millenarismo e sembrava ancora soltanto un’industria di gruppi di interesse, lobbisti, periti e burocrati.

Adesso il clima è una fede insindacabile.

Le multinazionali e i governi dei paesi ricchi da una parte, dall’altra i popoli del sud e le ong che li difendono, i nuovi missionari.

Nei giorni scorsi, in Islanda, gli ecologisti hanno celebrato un funerale a un ghiacciaio. 

Una vera e propria cerimonia paganeggiante nel terreno arido ma un tempo coperto dal ghiaccio dell’Okjökull.

C’erano anche il primo ministro islandese, “Katrín Jakobsdóttir”, e l’ex commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani,” Mary Robinson”.

È stata apposta una targa che reca la scritta “Una lettera al futuro”.

Pochi giorni prima, alla Cattedrale anglicana di Liverpool (la più grande d’Inghilterra) è arrivato un modello di “Gaia”, installato al centro della navata principale.

“Ivar Giaever”, vincitore del premio Nobel per la Fisica, teme che questa ortodossia sui cambiamenti climatici sia diventata una “nuova religione”:

 “Non se ne può discutere, è una verità incontrovertibile, è una chiesa”.

“Greta Thunberg”, la giovanissima santona di questa religione, è appena arrivata a New York, “uno dei tanti eventi recenti che illustrano quanto rapidamente l’ambientalismo moderno stia degenerando in un culto millenaristico”, scrive “Niall Ferguson sul Times”.

Questi accusatori gnostici del progresso stanno scagliando i loro esorcismi verdi.

“L’ambiente è la nuova religione laica che s’innalza, almeno in Europa, sulle macerie di un mondo miscredente, una religione che a sua volta andrebbe sottoposta a critica, per stanare questa malattia infantile che la corrode e la scredita:

il catastrofismo”, spiega “Pascal Bruckner”.

Per il marxismo, il nemico era il borghese.

Per il Terzo mondo, era l’occidente.

Per l’ecologismo è l’uomo: un nuovo peccato originale.

 

L’atteggiamento allarmista degli ambientalisti assomiglia molto a quello delle sette millenariste che aspettavano la fine del mondo o la seconda venuta del Messia.

Alcune di esse erano convinte che Cristo sarebbe tornato esattamente il 22 ottobre 1844;

e quando gli eventi estremamente improbabili da loro profetizzati non si verificavano, semplicemente ne spostavano in avanti la data.

 Intanto, l’ecologismo è diventato il nuovo “marcatore” delle società europee.

Ne parla al” Figaro “di questa settimana “Jérôme Fourquet “dell’istituto” Ifop” e massimo studioso di opinione pubblica francese.

“Greta Thunberg è una figura profetica, una sorta di ibrido tra “Giovanna d’Arco” e” Bernadette Soubirous” (quella delle visioni di Lourdes, ndr)”, dice “Fourquet”.

“Come loro, è una novizia, nata dal popolo, che niente aveva destinato a questo, ma che all’improvviso ha ricevuto una rivelazione che ora deve annunciare ai potenti di questo mondo e all’opinione pubblica”.

L’ecologismo in Francia ha già scalzato il cattolicesimo come segno della società. “Stiamo assistendo alla nascita di una nuova matrice, laica e non più religiosa, attorno all’ecologia.

 L’ecologismo funziona sociologicamente e culturalmente come in passato la matrice cattolica.

Esistono somiglianze sorprendenti nei termini e nei riferimenti utilizzati.

Stiamo parlando anche di ‘santuari’ della biodiversità.

 C’è un’ecologia ricorrente di annunci apocalittici: questo è l’effetto delle immagini terrificanti dei roghi in Amazzonia”.

 E sull’Amazzonia a ottobre si tiene il sinodo in Vaticano.

 Non mancheranno flirt con il panteismo ecologista.

Da qui una visione binaria del mondo, che oppone il Bene al Male:

da un lato le multinazionali e i governi dei paesi ricchi, dall’altro i popoli del sud, nonché le ong che li difendono, i nuovi missionari del nostro tempo.

Per ripristinare la creazione, l’occidente deve essere svezzato!

 “Africa, contribuisci al nostro sviluppo mentale”, scrive sul “Monde” Hervé Kempf. “Africa, aiuta l’Europa a intraprendere una nuova storia. L’Africa può insegnare all’occidente ad abituarsi alla frugalità”.

 Spiega “Harald Welzer,” autore di “Climate Wars: Why People Will Be Killed in the 21st Century” (uno dei tanti manifesti green che incitano all’isteria), che “il modello capitalista si autodistruggerà” e “l’era del consumo finirà” grazie ai numerosi flagelli climatici che si abbattono su di noi.

 Si odono echi cristiano-dolciniani.

I verdi con la loro mistica della decrescita si vedono come i vettori ideologici di una nuova austerity, dettata non più dai mercati finanziari ma dalla salute del pianeta.

Sul “Nouveau Magazine Litteraire” di luglio, il filosofo “Fabrice Flipo” si chiede se l’ecologismo non sia diventato una “nuova religione” che invita l’occidente a una nuova astinenza.

Ci viene chiesto di fare tante cose per pentirci.

Per il marxismo, il nemico era il borghese.

Per il Terzo mondo era l’occidente, il grande predatore della storia.

Per l’ecologismo religioso è l’uomo il grande colpevole, l’equivalente del peccato originale.

 L’”ambientalismo radicale” non vuole, come il marxismo, promettere il paradiso in terra o, come il cristianesimo, prepararci al paradiso dopo la morte.

Si limita a denunciare l’inferno delle nostre società, ad abbracciarne la regressione volontaria, a idolatrare la privazione, ad affondare nella religione del terrore, a sospettare che tutta l’innovazione tecnologica sia oscurantismo puro e semplice.

 

 “Il consumismo è la più grande arma di distruzione di massa pensata dal genere umano” (“Mathis Wackernagel”)

Ci viene chiesto di smettere di fare figli, di farne al massimo uno, guai se sono due. Un deputato francese, “Yves Cochet”, ha proposto, insieme a uno “sciopero della pancia”, di penalizzare le coppie che mettono al mondo un terzo figlio, perché un bebè, in termini di inquinamento, equivale a 620 voli andata-ritorno Parigi-New York.

La “religione green” è post-umana e anti-specista, il peccato commesso da chi fa una distinzione morale tra persone e altri animali, sottintendendo che questa abitudine discriminatoria è simile al razzismo e al sessismo (il termine ha attecchito grazie a “Peter Singer”).

 Ha spiegato il sociologo francese “Jean-Pierre Le Goff” che “questa eco-ideologia rafforza la visione nera e penitenziale della storia occidentale, che è responsabile di tutti i mali ecologici”.

In contrapposizione a questa visione nera c’è “l’utopia di un’umanità riconciliata con sé stessa e naturalizzata”:

“la salvaguardia del pianeta diventa il nuovo principio unificante di un mondo fraterno e pacificato che ignorerebbe i confini, le differenze tra nazioni e civiltà, metterebbe fine alle contraddizioni e ai conflitti”.

Una religione che ha anche i propri catechismi da mandare a memoria.

 Dopo l’adorazione della dea ragione, quella della dea madre.

L’ecologia presenta le caratteristiche di una nuova ‘religione laica’ che si pone come una spiegazione globale del mondo e che detiene le chiavi della storia umana e della salvezza” spiega ancora” Le Goff”.

“In una forma più morbida e igienizzata, partecipa a nuove forme di spiritualità che si sono diffuse in società democratiche “de cristianizzate” e in crisi di identità”.

L’appello ecologista è ormai quasi sempre accompagnato da un riferimento a un “divino” naturale che, rimpiazzando l’eredità ebraica e cristiana, ravviva un “paganesimo rivisitato alla luce dell’ecologia.”

 Questo cocktail religioso si è diffuso senza problemi nelle società occidentali in un contesto di “deculturazione storica”.

“L’ambientalismo offre un resoconto alternativo della religione” spiega “John Kay,” uno dei maggiori economisti inglesi.

“All’ambientalismo all’inizio mancava un mito persuasivo dell’Apocalisse. La litania del degrado ambientale ha dovuto affrontare il fatto evidente che molti aspetti dell’ambiente stavano costantemente migliorando, come l’aria, più pulita, i fiumi, le spiagge.

 La scoperta del riscaldamento globale ha colmato una lacuna”.

“Kay” sostiene che gli “evangelisti green” non sono interessati a soluzioni pragmatiche al cambiamento climatico.

 Sono contrari a tutto, al carbone, al gas naturale, al gas di scisto, all’etanolo, alle dighe, ai camion, al Tgv, alla macchina, all’aereo.

 “I mulini a vento e andare in bicicletta al lavoro sono insignificanti come conseguenze pratiche, ma ogni ideologia ha bisogno di rituali che dimostrino l’impegno dei seguaci”.

 

 

L’ecologismo sta edificando un vero e proprio culto:

 ha i propri giorni santi (la Giornata della Terra), i propri tabù alimentari (veganesimo e campagne per ridurre il consumo di carne di mucca, come in Germania), i propri templi (le università occidentali) e un proprio proselitismo (gli scettici sono trattati da eretici e peccatori malvagi).

Per dirla con il canadese “Mark Steyn”, “l’ambientalismo non ha bisogno del sostegno della chiesa anglicana perché è esso stesso una chiesa”.

Si rivisita anche la cristiana “tentazione” nell’idea green di “negawatt”, che consiste nel non usare energia diminuendo così la nostra razione giornaliera di “watt” (“Amory Lovins”).

Gli ambientalisti hanno trasformato la scienza in una verità evangelica, che può essere usata per correggere il comportamento peccaminoso dell’uomo.

La presunta onnipotenza dell’uomo trascritta nel termine stesso di Antropocene” risponderebbe alla feroce resistenza del pianeta-martire che si vendica.

Una “doxa” con cui spiegare ormai tutto, dalla guerra in Darfur alla caduta dell’Impero romano.

Ognuno ha la propria data fissata per la fine del mondo, che chiamano “Envirogeddon” (l’Armageddon ecologica), in un “domani” infinitamente aggiornabile.

Alluvione? Cambiamento climatico.

Siccità? Cambiamento climatico.

Niente neve? Cambiamento climatico.

 Troppa neve? Cambiamento climatico.

Uragani? Cambiamento climatico.

Mancanza di uragani? Cambiamento climatico.

 Cos’è questa, se non una religione?

Nel Medioevo i cataclismi naturali venivano interpretati come una punizione di Dio; oggi sono imputati all’orgoglio dell’uomo.

E quando finirà il mondo?

Per il francese “Jean-Pierre Le Goff”, “è una nuova ‘religione laica’ che detiene le chiavi della storia umana e della salvezza”

 

Nel 1967 uscì un libro di notevole successo, “Famine 1975”, che per    quell’anno annunciava la fame di massa nel mondo.

“La maggior parte delle persone che moriranno nel più grande cataclisma della storia dell’uomo sono già nate”, scrisse “Paul Ehrlich” (il guru della population bomb) in un saggio del 1969 intitolato “Eco-Catastrofe!”.

“Ehrlich” predisse per il 1980 “l’estinzione di tutti i cetacei” e la trasformazione dell’Inghilterra in una landa sterile.

“Peter Gunter”, professore della “North Texas State University”, annunciò nel 1970:

“Entro il 1975 inizieranno le carestie in India; si diffonderanno nel 1990 per includere Pakistan, Cina e Africa.

Entro il 2000, o presumibilmente prima, l’America del Sud e quella Centrale saranno in carestia…”.

“Harrison Brown”, uno scienziato della “National Academy of Sciences”, pubblicò un grafico su “Scientific American” che esaminava le riserve di metallo e stimava che l’umanità sarebbe finita completamente a corto di rame dopo il 2000.

 Piombo, zinco, oro e argento sarebbero spariti prima del 1990.

 Nel 1982, il funzionario delle Nazioni Unite “Mostafa Tolba”, direttore esecutivo del “Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente”, avvertì:

“All’inizio del secolo, una catastrofe ambientale causerà la devastazione”.

Nel 1989, “Noel Brown”, direttore dell’ufficio di New York del “Programma ambientale delle Nazioni Unite”, profetizzò:

“Entro il 2000 intere nazioni potrebbero essere spazzate via dalla faccia della terra dall’innalzamento del livello del mare”.

Il raffreddamento globale una volta era una preoccupazione per molti ecologisti, come il professore dell’Università della California” Kenneth Watt”, che avvertì che le tendenze attuali avrebbero reso il mondo “undici gradi più freddo nel 2000…”.

Nel 2006, mentre promuoveva il film “An Inconvenient Truth”, Al Gore disse che all’umanità mancavano soltanto dieci anni prima di raggiungere il punto di non ritorno, suggerendolo con scene di inondazioni di Manhattan e della Florida.

 È arrivato il 2016 e abbiamo tirato un sospiro di sollievo.

Ora la deputata “dem” americana “Alexandria Ocasio-Cortez”, quella del “New Green Deal”, ci avverte:

 “Il mondo finirà tra dodici anni se non affronteremo i cambiamenti climatici”.

Nel 2031 ci penserà qualcun altro a fissare la nuova data per la fine del mondo.

È diventato una religione che ha soppiantato il cristianesimo” (“James Lovelock”, l’ideatore dell’”ipotesi di Gaia”)

 

Nel frattempo, chi osa criticare Greta, la “ragazza che vuole salvare il mondo”?

 I gree”n agitano cartelli con scritto “Gli scienziati hanno parlato”, come un tempo si faceva con “Questa è la parola del Signore”.

È stato “James Lovelock,” lo scienziato inglese divenuto noto per la “teoria di Gaia”, a spiegare che l’ambientalismo è mutato, da pragmatico e razionalistico si è fatto messianico e religioso.

 La sua storia inizia nel 1965, quando venne invitato ai “Jet Propulsion Laboratories” di Pasadena a condurre ricerca spaziale, in particolare studi sulla possibilità di vita sul pianeta Marte.

 “Lovelock” propose un metodo nuovo per scoprire se su un pianeta c’è vita o no: osservare l’evoluzione nella composizione chimica della sua atmosfera.

“Lovelock” ebbe l’ispirazione di considerare il pianeta come un essere vivente.

Secondo alcuni critici si trattava già di mera teleologia dai risvolti mistici e filosofici.

 Lovelock dice oggi dell’ambientalismo: “E’ diventato una religione, una religione che ha soppiantato il cristianesimo”.

Lovelock” è un appassionato di energia nucleare, il che lo ha reso impopolare fra i verdi.

“Sono uno scienziato e un inventore ed è assurdo rifiutare l’energia nucleare.

Tutto proviene dal lato religioso. Si sentono in colpa per aver lanciato bombe atomiche.

E questo dono dato agli esseri umani – una fonte di energia sicura ed economica – viene orribilmente maltrattato.

Stiamo ancora manifestando i sensi di colpa a riguardo”.

È stato scritto un libro, “Dark Green Religion”, a firma di “Bron Taylor”, professore di religione e natura all’Università della Florida, su pratiche molto diffuse per entrare “in comunione con la natura”.

 Lo scrittore verde “Mark Lynas” ha ammonito che “Poseidone,” il dio del mare, “è irritato da semplici mortali come noi. Lo abbiamo svegliato da un sonno millenario e questa volta la sua ira non conoscerà limiti”.

 Altri ambientalisti parlano della “vendetta di Gaia” e di parti dell’umanità spazzate via da inondazioni e uragani (mancano soltanto gli sciami di locuste).

È un mix di ecologismo, psicoterapia e buddismo meditativo.

 Meglio se condito con del “pauperismo di religiosa memoria”, perché nella propaganda ambientalista lo scopo è trasformare il consumismo in una patologia spaventosa, “la più grande arma di distruzione di massa pensata dal genere umano” (scrive l’ambientalista svizzero “Mathis Wackernagel” in “Il nostro pianeta si sta esaurendo”).

 Proliferano gruppi di “verdi apocalittici”, come gli ambientalisti più radicali del Regno Unito, “Extinction Rebellion”, battezzati addirittura dall’ex arcivescovo di Canterbury, “Rowan Williams”, che si veste da druido.

 C’è chi considera spacciata metà della terra e vorrebbe proteggere l’altra metà facendone un parco naturale, riedizione dell’arca di Noè.

È “Half Earth” del fondatore della “sociobiologia”, il guru di Harvard” Edward Wilson”.

 Ha una proposta su come fermare l’estinzione della biosfera: mettere da parte la metà del pianeta e farne un parco naturale senza esseri umani.

 “Dopo tutto, è la diffusione dell’umanità che ha accelerato i tassi di estinzione”, si legge nel libro.

Il clima diventa lo strumento della nostra stessa espiazione.

Un ambientalista negli anni Settanta, “Edward Abbey”, propose che la natura selvaggia dovesse essere riservata a un numero relativamente piccolo di persone, solo i soggetti fisicamente in forma e attenti all’ambiente.

“The world without us”, il mondo senza di noi esseri umani, scrive “Alan Weisman” nel suo romanzo di successo su un pianeta che si è liberato di quel virus che è l’umanità.

Lo scrittore inglese “Paul Kingsnorth” ha scritto “Uncivilization”, libro di culto fra gli ecologisti.

 Siamo entrati nella fase dell’“ecocidio”, il futuro consiste nella “decivilizzazione”.

Non si perora più l’uso della tecnologia o delle risorse come al Sierra Club.

Siamo allo stadio finale dell’ambientalismo, atarassia e attesa della fine, come gli “gnostici catari” sul Montségur.

 Non esistono più santuari, siamo circondati.

È il nuovo oppio dei popoli occidentali.

Dio non è morto. È soltanto diventato verde.

 

 

Il Delirio della Malattia “x”.

Conoscenzealconfine.it – (8 Settembre 2023) – Redazione – ci dice:

La stampa igienica è tornata all’attacco con del terrorismo psicologico su una malattia che non esiste, della quale non sanno nemmeno il nome e non sanno nemmeno quando arriverà.

Un’Invenzione dell’”OMS” corrotto già nel 2018.

Nel 2018 l’OMS iniziò a dichiarare ad alcuni giornali (independent.co.uk/news/science/disease-x-what-is-infection-virus-world-health-organisation-warning-ebola-zika-sars-a8250766.html) che sarebbe arrivata una “malattia x”, cioè una malattia ignota che avrebbe decimato la popolazione mondiale.

Lo stesso “Fauci” (il Truffatore made Usa) si unì al delirio, sostenendo che “x sta per inaspettato” e che prima o poi sarebbe arrivata una “nuova Ebola” che avrebbe messo in ginocchio il mondo e quindi era necessario dare i fondi all’OMS (sempre più corrotta) per investire sullo sviluppo di vaccini.

Nel” blueprint” del 2018 (who.int/activities/prioritizing-diseases-for-research-and-development-in-emergency-contexts) dell’OMS compare questa “malattia x”, specificando che in quel momento non esisteva, ma che sarebbe esistita in futuro.

Nelle foto di questo articolo (telegraph.co.uk/global-health/science-and-disease/beware-disease-x-mystery-killer-keeping-scientists-awake-night/) del 2018, si può vedere come già stessero provando a sdoganare l’uso delle mascherine, con tanto di foto di sanitari bardati e paragrafi sulla zoonosi.

Col senno di poi, tutto questo servì per abituare le persone al clima di terrorismo pandemico della “farsa covid”, del resto loro stessi nei media iniziarono a dire che la “malattia x” era proprio il covid, così da poter spostare la paura dell’ignoto dalla “malattia x” al covid, e spingere le persone ad associare le due cose.

Il Cambio di Marcia dell’”OMS” e del “WEF (entrambe strutture sempre aperte alla corruzione più sfrenata! N.D.R.).

Poi hanno cambiato idea e hanno detto che la malattia x non è la covid, ma è qualcosa che non è ancora arrivato (who.int/news/item/21-11-2022-who-to-identify-pathogens-that-could-cause-future-outbreaks-and-pandemics), qualcosa di ancora più temibile.

Per evitare di cadere in una completa contraddizione, l’OMS ha detto che non esiste una sola malattia X, ma malattia X è una dicitura per indicare tutte le malattie sconosciute che soddisfano determinate caratteristiche, e quindi ve ne potrebbero essere di più oltre alla covid  e hanno creato un’intera agenda (cdn.who.int/media/docs/default-source/blue-print/agenda_pathogen-x-august-2022_v15.pdf?sfvrsn=f7bfe562_3) per andare a caccia di questa nuova malattia.

Il WEF con questo articolo(weforum.org/agenda/2023/07/diseasex-pandemic-preparedness-cepi/) ne fa propaganda dicendo che esistono da 250 a 300 minacce virali sconosciute e che bisogna produrre un vaccino per ognuna di esse, consigliando poi un libro (simonandschuster.co.uk/books/Disease-X/Kate-Kelland/9781912454952), dove si ammette di aver preso tra le fonti di ispirazione Bill Gates, in cui l’obiettivo è analizzare le reazioni delle istituzioni alla “farsa pandemica covid” e trarre degli insegnamenti per creare “un piano pandemico globale”.

Il “CEPI”: Normalizzare l’Uso di Vaccini Sperimentali.

Il prodotto di tutto questo è il “CEPI” (cepi.net/), una sorta di fondo di investimenti, che è specializzato nel finanziare vaccini (cepi.net/research_dev/our-portfolio/), anche quelli a mRNA (100days.cepi.net/cepi-and-sk-bioscience-partner-to-advance-mrna-vaccine-technology-to-build-vaccine-library-enable-rapid-response-against-disease-x/), e nel distribuirli soprattutto in Africa, come hanno fatto per “i veleni covid” attraversola struttura COVAX, che è gestita insieme all’OMS, alla banca mondiale e all’UNICEF (tutte strutture controllate dalle multinazionali globaliste! N.D.R.)

Il “CEPI” ha ricevuto ingenti finanziamenti dai governi del Regno unito, Giappone, Norvegia, USA, Germania, Australia, dal presidente del G20, dalla “Bill & Melinda Gates foundation” e da “Wellcome”.

Vogliono creare una “biblioteca” di vaccini a mRNA, perché sono facili da produrre, sostenendo che il “topicida” Pfizer è un modello da seguire:

 il loro obiettivo è riformare l’iter di sperimentazione di nuovi vaccini per accorciarlo il più possibile, rendendo norma l’uso di intrugli sperimentali così che non saranno più chiamati nemmeno tali.

Conclusioni.

La retorica della “malattia x” è puro terrorismo psicologico, e serve per abituare le persone al clima pandemico continuo, visto che si offre come oggetto della paura qualcosa che non esiste.

A dire il vero è difficile rimanere seri nel raccontarvi queste cose, perché ormai con queste buffonate sono diventati la parodia di loro stessi e lo ammettono pure, facendo il preambolo, quando parlano di “malattia x”… che non si tratta di fantascienza! (ecohealthalliance.org/2018/03/disease-x).

Questo non è casuale, perché la satira e la parodia sono sempre stati strumenti di dissenso, e creando un sistema che è la parodia di sé stesso, esso diventa impermeabile alla satira e alla ridicolizzazione.

 Come si può fare “satira del potere”, quando al potere ci sono dei “clown”?

(money.it/malattia-x-scatta-operazione-contro-prossima-pandemia-vaccino-in-100-giorni)

 

 

 

 

 

Le radici dogmatiche e razziste del

nostro movimento ambientalista moderno.

Survival.it - Stephen Corry – (10-8-2023) – ci dice:

 

Il “movimento per la conservazione” ritiene di poggiare su basi scientifiche ma, di fatto, deriva da alcune credenze che trovano le loro origini nel protestantesimo, e in particolare nella dottrina calvinista.

Il fatto che “il movimento ambientalista”, a un certo punto, si sia ramificato in due dottrine che hanno visioni opposte dell’uomo, è generalmente poco noto.

 Una di queste include nella sua visione gli esseri umani, mentre l’altra – la più antica e potente – non li contempla.

Se vogliono avere almeno una possibilità di contribuire a un mondo migliore, coloro che hanno a cuore l’ambiente devono fare pressione sulle grandi organizzazioni della conservazione affinché rinuncino a queste loro dogmatiche fondamenta.

Per quel che sappiamo, i primi uomini bianchi a essere entrati nella” valle di Yosemite” erano soldati del battaglione Mariposa a caccia di Nativi Americani.

 Le tribù si stavano ribellando al furto delle loro terre e dovevano essere contenute e pacificate per proteggere i cercatori d’oro che stavano invadendo i loro territori.

Nel suo libro “The Ahwahneechees: A Story of the Yosemite Indians”, datato 1966, “John W. Bingaman “scrive che quando “i negoziati con gli Indiani fallirono, per farli venire a patti fu usata la forza”.

 Quando le milizie raggiunsero la valle, nel 1851, gli indigeni ebbero il buon senso di battere tatticamente in ritirata, salvo una donna troppo vecchia per scappare.

Per ritorsione, il battaglione distrusse le scorte di cibo che gli Indiani avevano accantonato per l’inverno.

Tre mesi dopo, la guerra di Mariposa era finita e una sorta di pace regnava sovrana.

 I Nativi erano stati uccisi, costretti in riserve o ridotti a superstiti sottomessi e spodestati.

 Dopo averla completamente liberata dei suoi abitanti originari, i nuovi invasori iniziarono a connotare la valle di Yosemite in termini religiosi.

In un suo sermone del 1890, il famoso pastore protestante “Thomas Starr King” disse che: “su ogni roccia è scritto un passo della Sacra Scrittura”.

E poco dopo,” Jhon Muir”, figlio di un pastore e oggi riverito come il padre dell’ambientalismo americano, descrisse la sua ascesa verso la cima della “cattedrale di Yosemite” come “la prima volta che entrai in chiesa in California”.

“Muir” si considerava un “fedele solitario” e con un certo lirismo sentenziò:

 “Nei nostri momenti migliori, ogni cosa diviene religione, il mondo intero sembra una chiesa e le montagne altari”.

 I primi semi del movimento ambientalista per come lo conosciamo noi oggi, erano stati gettati.

Il modello di conservazione adottato a Yosemite è la versione originale, ed è fondamentalmente anti-uomo.

Alle sue fondamenta ci sono quei credi che nel XVI secolo presero il loro nome dal pensiero del francese “Giovanni Calvino”, il secondo illustre fondatore del protestantesimo dell’Europa settentrionale.

Calvino nacque 26 anni dopo Martin Lutero, il monaco tedesco che per primo denunciò la spaventosa corruzione del clero cattolico.

Le tesi di Lutero finirono per dividere la cristianità occidentale nei suoi due rami antagonisti.

 E, da allora, la storia dell’Europa occidentale sarebbe restata intrappolata fino ai giorni nostri nella narrativa di questa opposizione tra protestantesimo e cattolicesimo romano tradizionale.

 Sia il luteranesimo sia il calvinismo hanno dato vita a miriadi di chiese e rimangono fra i pilastri più importanti del protestantesimo dei giorni nostri (anche se i seguaci di entrambi sono numericamente inferiori ai cattolici romani).

Comprendere perché la conservazione sia vista in modo così diverso in luoghi e società dove il calvinismo non ha mai avuto una grande influenza, significa riconoscere la divergenza tra le credenze principali di Calvino e quelle della maggior parte dei cattolici romani.

 Confrontare due teologie tanto complesse in poche righe è un’impresa folle ma, sostanzialmente, quel che ci interessa qui rilevare è che il calvinismo tende a dare più importanza all’individuo che alla società nel suo complesso.

Questa distinzione diventa evidente se si confrontano gli approcci dei missionari cattolici e protestanti nel mondo contemporaneo.

 Le eccezioni non si contano ma, generalmente, i cattolici cercano di istituire una congregazione per poi guidare il gregge, mentre i protestanti sono più attenti alla salvezza delle singole anime.

 I non-cristiani saranno forse sorpresi di sapere che non solo gli appartenenti a fedi cristiane diverse si considerano vicendevolmente come non-cristiani, ma anche che i protestanti estremisti, ancora oggi, considerano il Papa della Chiesa cattolica romana come un emissario di Satana, il re dei diavoli in persona.

Il calvinismo ruota attorno a tre precetti centrali:

la Bibbia è verità letterale, Dio si è manifestato attraverso il creato visibile (la “natura”), e il genere umano è peccatore.

Pone meno enfasi sugli insegnamenti del Nuovo Testamento a proposito dell’amore o della carità, come fanno ad esempio la parabola del “buon Samaritano”, o il comandamento “ama il tuo prossimo” (il che, ovviamente, non significa dire che i calvinisti siano meno amorevoli o caritatevoli!).

Minimizzando l’idea che gli individui potessero salvarsi praticando la compassione e le opere buone, la fede fu posta sopra ogni cosa.

 Nella teologia calvinista vi è poco che possiamo fare – in realtà, assolutamente nulla – per garantirci la salvazione.

La decisione di Dio è immutabile ed eterna. Pochi saranno salvati dalla grazia di Dio, la grande maggioranza, no.

I primi Europei a stabilirsi permanentemente in Nord America furono i cattolici romani.

 In seguito, dall’Europa settentrionale arrivarono i colonizzatori provenienti dalle aree più importanti del protestantesimo calvinista – le isole britanniche, la Germania e i Paesi Bassi – importando la loro nuova religione nelle colonie americane (così come fecero anche nell’Africa meridionale, il che è rilevante, come spiegherò in seguito).

È stata la loro teologia, sincretizzando e prendendo a prestito il rapimento estatico del romanticismo verso il paesaggio, a ispirare direttamente la nascita del movimento ambientalista.

 La natura era il divino, e il genere umano il male, destinato a contaminare la buona creazione di Dio; poche persone erano virtuose (in questo caso, quelle che credevano nella conservazione), la maggior parte no.

 

Nonostante il cattolicesimo fosse ancora la confessione che contava più adepti negli Stati Uniti quando, nel XIX secolo, nacque il “movimento per la conservazione”, gli ambientalisti più importati erano sempre di formazione protestante.

“Henry D. Thoreau” era un trascendentalista, un movimento filosofico derivato dal calvinismo.

“ Aldo Leopold”, autore di “A Sand County Almanac”, nacque in una famiglia di luterani protestanti (la sua prima lingua era il tedesco) e frequentò corsi biblici a Yale.

“Rachel Carson”, autrice di “Silent Spring”, era la figlia di un devoto presbiteriano calvinista.

 “David Brower”, uno dei fondatori di” Friends of the Earth” e forse il più famoso ambientalista californiano del XX secolo, si descriveva come un “ex-presbiteriano” e dava lezioni su come “attrarre le persone verso la religione” definendo i suoi discorsi addirittura come dei sermoni.

 

“I profeti della conservazione” sono questi, e sono tutti nomi familiari agli ambientalisti americani.

 Molti di loro potrebbero aver disconosciuto la religione sottesa alla loro visione del mondo, molti non potrebbero essere considerati anti-uomo, né tanto meno ritenuti responsabili per i crimini compiuti nel nome della conservazione.

Tuttavia, è chiaro che il protestantesimo in generale, e il calvinismo nello specifico, hanno plasmato sia i sistemi ideologici secolari dominanti negli Stati Uniti di oggi, sia la tutela dell’ambiente e il progresso economico (come illustra in modo convincente “Robert H. Nelson”).

 

Riconoscere il divino nella natura” ovviamente non è prerogativa esclusiva del protestantesimo; è un concetto ampiamente diffuso, forse onnipresente.

I Nativi Americani lo fanno, anche se in modi abbastanza diversi, così come i cattolici.

Il problema incistato nell’approccio che gli Stati Uniti hanno con l’ambiente non è certamente quello di credere nella sacralità della natura!

L’errore sta nel ritenere che “wilderness “debba necessariamente significare natura vergine e incontaminata, libera dalla presenza umana.

Quest’idea semplice, che mette ai ferri corti l’umanità peccatrice nei confronti di una natura celestiale, ha conseguenze disastrose per la conservazione e affonda le radici direttamente nelle sue origini teologiche.

Negli Stati Uniti, “il concetto di conservazione people-free” viene applicato in modo rigoroso.

Nelle zone di wilderness del “Parco Nazionale di Yosemite” i sentieri sono tracciati a malapena, e vige il divieto assoluto di svolgervi una qualsiasi attività economica o di costruirvi abitazioni.

Gli escursionisti che vi entrano devono prima registrarsi, indicando scrupolosamente i loro itinerari e i luoghi, pochissimi consentiti, in cui sosteranno.

Pagano, e devono portare con sé i loro permessi, pena l’espulsione.

 Quando i guardaparco ritengono che le persone su un dato percorso siano abbastanza, smettono semplicemente di distribuire i biglietti.

I visitatori hanno l’obbligo di portare via ogni cosa, persino la carta igienica usata.

Gli appassionati sostenitori di questa “wilderness americana” la venerano come un santuario sacro, dove le persone sono tollerate a malincuore, e solo quando rispettano i comandamenti e pagano per il privilegio.

 Secondo la teologia, simili “pellegrini” ottengono indubbiamente qualcosa di grande in cambio del loro denaro.

“Nell’essenza incontaminata di Dio sta la speranza del mondo” spiegava l’ex-presbiteriano “Jhon Muir”, aggiungendo che: “non esiste nulla di veramente selvaggio che sia impuro”.

Negli anni Novanta, quando “Roger G. Kennedy”, a capo del “National Park Service”, predicava:

 “Dovremmo concepire la wilderness come parte della nostra vita religiosa”, il culto della “natura selvaggia” era ormai diventato un articolo di fede ben oltre i confini del calvinismo.

Tuttavia, il collegamento con la religione è sempre ben visibile appena sotto la superficie.

 Due dei guru dell’ambientalismo dei giorni nostri sono “Dave Foreman” e “Doug Tomkins”.

 Foreman è il fondatore di “Earth First!” ed ex-direttore di “Sierra Club”.

Prima della sua rivelazione secondo cui “la Terra è Divinità e il vero oggetto della devozione umana”, aveva preso in considerazione l’idea di diventare prete.

“Tomkins”, milionario co-fondatore di “North Face”, nonché figura di primo piano dietro le aree protette di Cile e Argentina, aveva le stesse inclinazioni:

“Il concetto di condivisione del pianeta con altre creature è per me un precetto religioso… Significa che… a ispirare la conservazione della biodiversità è l’etica”.

In gioventù, era un devoto protestante anche il famoso “padre della biodiversità”, “E.O. Wilson”.

Alcune di queste persone arrivano al punto di piegare il linguaggio alla loro fede, usando l’improbabile teoria secondo cui i termini inglesi “wild” e “self-willed” un tempo significassero la stessa cosa.

 “Wild Nature” (Natura Selvaggia – spesso scritto con la maiuscola come Dio) sarebbe presumibilmente uguale a “self-willed Nature” (Natura autodeterminata).

Un tempo, così narra il racconto, la gente comprese che la wilderness seguiva il proprio progetto “autodeterminato”, che gli umani erano condannati a rovinare.

 Proprio come Eva aveva corrotto Adamo, portando il genere umano al meritato sfratto dal Paradiso.

Descrivere il mondo come un terreno di scontro tra l’uomo peccatore e la Natura divina è, ovviamente, un assunto religioso che non ha nulla a che fare con la scienza.

Quello che è certo, nelle menti di chi osserva questo dogma, è che le persone sono ben poco tollerate nella wilderness dell’Eden.

“Dave Foreman” è ben lontano dall’essere il solo a considerare l’umanità come “qualcosa di maligno” e a pensare che la popolazione mondiale dovrebbe essere ridotta a due miliardi di individui dagli attuali sette.

Ovviamente sono pochi gli ambientalisti che si azzardano a proporre apertamente una qualunque idea sul come far scomparire il 70% dell’umanità!

 Un’eccezione tragicomica viene dal “primo presidente del WWF del Regno Unito”, il duca di Edimburgo, che ha dichiarato:

Nel caso mi reincarnassi, mi piacerebbe tornare sotto forma di virus letale, per poter contribuire in qualche modo a risolvere il problema della sovrappopolazione”.

Molti ambientalisti non si preoccupano di servire il genere umano; se qualcuna delle loro iniziative finisce con il beneficiare le persone, è del tutto casuale.

Cercano piuttosto di promuovere la Natura per le sue finalità intrinseche, nella convinzione di dover rispettare solo il suo “volere”, e certamente non quello dell’uomo.

Provate, nella loro “dottrina”, a sostituire la parola “natura” con la parola “Dio”, e questa eredità teologica diventerà lampante.

A loro non importa se nessuno visita le zone protette, a nome delle quali sostengono di parlare.

 Anzi: meno visitatori ci sono, meglio è.

Alcuni hanno portato le loro convinzioni all’estremo.

Nei suoi scritti, “Jhonaan Spiro” illustra come, all’inizio del XX secolo, i conservazionisti si trovassero in prima fila sia nel movimento eugenetico sia nell’opposizione all’immigrazione dai paesi “non-ariani” (o, a volerla vedere in altro modo, specialmente cattolici ed ebrei).

Descrive accuratamente anche il loro programma misantropo, che si opponeva ai matrimoni “misti” e sosteneva la sterilizzazione forzata.

Non si tratta di una semplice coincidenza, come affermano scrupolosamente alcuni ambientalisti contemporanei.

A loro piace credere che quelle opinioni fossero universali, ma non lo erano; c’erano sempre altre voci che sostenevano l’eguaglianza razziale e la compassione.

Per quanto possa essere sgradevole ammetterlo oggi, la verità è che vi era un legame diretto tra l’eugenetica e l’idea della conservazione finalizzata al controllo della selvaggina:

l’eliminazione dei deboli al fine di mantenere forte la specie.

Oggi è luogo comune addossare le colpe del degrado ambientale alla sovrappopolazione.

Ovviamente non è una teoria totalmente infondata, ma in realtà gli Stati Uniti sono ancora scarsamente popolati.

Per raggiungere la stessa densità della Gran Bretagna, ad esempio, il numero degli abitanti dovrebbe aumentare di otto volte.

 (Vale anche la pena sottolineare che la popolazione americana potrebbe continuare a crescere fino a tal punto senza consumare più risorse di quanto non faccia adesso; per farlo, basterebbe che ogni americano medio non consumasse più dell’uomo medio in Messico o in America centrale).

Gli Stati Uniti sono la forza e il finanziatore principale dell’ambientalismo.

L’Europa li segue a breve distanza, ma qui le cose non potrebbero essere più diverse.

Gli Europei, che hanno familiarità con i loro parchi nazionali dove gli escursionisti possono andare e venire liberamente e accamparsi durante la notte, si sorprenderebbero delle rigide restrizioni imposte dagli Americani.

Gli Europei possono adorare la natura come chiunque altro, ma accettano l’integrazione delle persone con il paesaggio. È una differenza sostanziale.

In Europa, i parchi nazionali spesso includono fattorie, comunità e addirittura intere cittadine.

 Il modo in cui il genere umano ha caratterizzato il suo ambiente, è oggetto di celebrazione.

Sulla maggior parte delle montagne europee svettano enormi croci cristiane ben visibili da lontano.

 Spesso vi si trovano incisi versi ispiratori, che di solito invocano la divinità.

In un continente con una storia scritta che copre migliaia di anni, dove popoli antichi hanno costruito massicci edifici di pietra e strade, e dove l’Homo sapiens ha abitato per oltre 40.000 anni, e quello di Neanderthal dieci volte più a lungo, qualunque nozione di “wilderness libera dalla presenza dell’uomo” – per citare una frase controversa dal Wilderness Act statunitense del 1964 – suona come un errore cieco e accecante. E lo è.

Le aree protette europee mostrano ancora il loro lato selvaggio, ma non sono riuscito a trovare nessuna area di conservazione che sia stata fondata sullo sfratto o l’uccisione dei suoi abitanti.

 Ma non in virtù di un’interpretazione diversa della religione o della wilderness, bensì perché l’indignazione che ne risulterebbe toglierebbe immediatamente il sostegno popolare alla conservazione stessa (che in Europa è ancora largamente finanziato da Gran Bretagna e Germania, roccaforti del protestantesimo).

 

Purtroppo per i popoli indigeni, però, a essere esportato per primo in Africa e Asia è stato il modello americano.

Praticamente tutte le aree protette dell’Africa, così come molte in Asia, sono state create sottraendole ai popoli indigeni e ad altre comunità locali.

 Il furto ha comportato lo sfratto forzato di milioni di persone, e continua ancora oggi.

Strada facendo sono state distrutte intere tribù, proprio come accadde negli Stati Uniti nel XIX secolo.

Che non vi sia stata nessuna reazione di sdegno da parte dell’opinione pubblica, è scandaloso.

Nonostante il modello fosse americano, il crimine può essere attribuito ai nordeuropei.

Con la (apparente) eccezione di “Virunga”, il primo parco creato in Africa, gli imperi che più di tutti hanno guidato l’imposizione dei più grandi parchi nazionali dell’Africa sono stati la Gran Bretagna, la Francia e la Germania, mentre le aree di conservazione sudafricane sono state create dai discendenti dei coloni olandesi e dei coloni ugonotti francesi.

 È pertanto facile vedere i parchi Africani, e l’intero sogno della wilderness africana, come un’invenzione di persone che condividono lo stesso retaggio etnico e religioso – quasi sempre protestante – dei padri fondatori della conservazione negli Stati Uniti.

Credere in una wilderness “vuota” è un costrutto razzista.

 La nostra specie ha avuto inizio in Africa circa 200.000 anni fa, e occupa il Nord America da almeno 15.000 anni, se non più.

Un numero crescente di prove scientifiche dimostra che i popoli indigeni hanno modificato le loro terre ovunque nel corso migliaia di anni, piantando, bonificando, bruciando, incoraggiando i pascoli e utilizzando tanti altri metodi efficaci per gestire al meglio gli animali e le piante che li sostentavano.

 Come chiunque altro, stavano plasmando attivamente l’ecosistema per migliorare le loro vite.

Ma i conservazionisti non sono stati in grado di capirlo.

Quando fu creato il modello di parco nazionale americano, il razzismo imperante nel XIX secolo impedì il riconoscimento di questi impatti ambientali positivi.

La verità è che, in primo luogo, nessuna di quelle aree era “vuota”, ma i loro abitanti di pelle nera e marrone non erano considerati umani al pari degli arroganti conservazionisti bianchi.

Apparentemente occupavano un gradino più basso della scala evolutiva, o ne erano addirittura al di fuori.

Proprio perché erano considerati “a malapena umani”, le loro terre potevano essere definite “disabitate” e “vergini”, e i loro territori resi deserti, cacciandoli fuori.

Ma la tragedia è che, proprio come l’ottusità di quei coloni impedì loro di riconoscere il modo in cui i popoli indigeni si prendevano cura delle loro terre, molti ambientalisti non riescono a vederlo ancora oggi.

Molti ecoturisti occidentali non sanno che i parchi nazionali che pagano per visitare in Africa e in alcune zone dell’Asia sono stati liberati con la forza, per creare una wilderness artificiale.

 I sostenitori delle cause ambientali sono fra le persone più altruiste e sensibili che esistano, e molti di loro resterebbero scioccati se sapessero che gli sfratti illegali e gli abusi dei diritti umani perpetrati nel nome della conservazione sono diffusi ancora oggi, e che le strategie per combattere il bracconaggio si basano sempre di più su omicidi extragiudiziali – in altre parole, illegali – principalmente nei confronti di poveri locali.

Anche se molti esperti lo sanno fin troppo bene, nessuna delle grandi organizzazioni della conservazione ammette pubblicamente che la letale militarizzazione “verde” che hanno scatenato, è del tutto inutile se non addirittura dannosa ai fini di combattere i veri collaboratori del bracconaggio – i funzionari corrotti.

Gli ambientalisti comuni non si rendono conto che tra costoro vi sono membri degli stessi dipartimenti governativi, finanziati dalle loro donazioni.

Se continueranno ad alienarsi la popolazione locale, a uccidere la conservazione saranno i conservazionisti stessi.

 Ci viene detto continuamente che il bracconaggio è in aumento, per esempio, ma nessuno ammette che lo è principalmente a causa dell’inefficacia delle strategie di conservazioniste, profondamente difettose.

Se vogliamo proteggere l’ambiente, dobbiamo renderci conto che il” termine wilderness” è stato indebitamente usato per descrivere le terre ancestrali di popoli che da esse sono poi stati cacciati per realizzare il mito biblico di un Eden vuoto.

È ora di togliere questo antidiluviano luogo comune dal canone ambientalista.

È giunto il momento di approcciare i popoli indigeni e le altre comunità che vivono all’interno o nei pressi delle aree di conservazione con il rispetto che meritano, e di riconoscere e contrastare realmente i crimini commessi nel nome della conservazione.

 Il successo dell’ambientalismo dipenderà principalmente dalla scelta che vorranno fare i leader del movimento conservazionista e l’industria miliardaria che li sostiene:

se dare più importanza alla protezione del loro mito di un Eden inviolato, o piuttosto alla protezione del mondo naturale reale, che le persone hanno nutrito e plasmato nel corso dei millenni.

Gli anni attorno al 1850 sono stati un’epoca di grandi cambiamenti.

I bianchi hanno annientato gli Indiani di Yosemite e poi hanno consacrato la loro terra, dando così vita al mito romantico della creazione conservazionista.

 Il libro “Le origini delle specie” di Darwin sconvolse l’antica versione biblica della creazione alimentando allo stesso tempo a un nuovo mito maligno, che oggi viene chiamato razzismo “scientifico”.

Nello stesso decennio, “Henry D. Thoreau” ci regalava “Walden, vita nei boschi”, il suo capolavoro letterario, in cui saggiamente scriveva che:

 “Non è mai troppo tardi per rinunciare ai nostri pregiudizi”. Guardare alla storia è molto di più di un intrattenimento fine a sé stesso;

 la storia è una guida e un mentore che può sottrarci dal ripetere all’infinito le crudeltà del passato, e indirizzarci verso qualcosa di migliore per tutti.

(Stephen Corry è l’ex direttore generale di “Survival International” e l’autore di “Tribal Peoples for Tomorrow’s World.”)

 

 

 

 

L’emergenza ecologista e il

nuovo ordine mondiale: perché

i conservatori dovrebbero sparigliare.

 Magna-carta.it – (Gaetano Quagliariello) – (3-3-2021) – ci dice:

 

Pubblichiamo qui l’intervento di Gaetano Quagliariello nel “dodicesimo Rapporto” sulla “Dottrina sociale della Chiesa” nel mondo, dal titolo “Ambientalismo e globalismo: nuove ideologie politiche”, realizzato dall’”Osservatorio Van Thuan” a cura di Riccardo Cascioli, Giampaolo Crepaldi e Stefano Fontana (ed. Cantagalli).

Una questione di metodo.

Di fronte a un problema che c’è, ed è evidente, il modo giusto per contrastare false rappresentazioni, schemi contraddittori e ricette ideologiche non è negare l’esistenza del problema stesso, ma contrapporre alle letture distorte una visione consapevole e razionale della realtà.

La questione ambientale è un terreno ideale sul quale tentare questo cambio di approccio.

 Al cospetto infatti di un ecologismo assurto quasi a religione civile, fondato sul sovvertimento dell’ordine naturale e divenuto arma di lotta politica e soprattutto di guerra geopolitica, pensare di difendersi trincerandosi dietro quello che con un termine abusato può definirsi “negazionismo” significa regalare campo agli avversari.

 E significa rinunciare a far proprio un tema che, interpretato secondo le corrette categorie, può portare a una nuova stagione di sviluppo e soprattutto aiutarci a capire cosa sta accadendo nel mondo al di là dell’ipocrisia della narrazione dominante.

La natura che cambia.

Insomma, rifiutarsi di ribaltare l’ordine gerarchico del creato, scorgere nel nuovo moloch ambientalista la riproposizione del vizio materialista e totalitario già sperimentato in altri ambiti, non impedisce a un liberal-conservatore di riconoscere che un problema ambientale vi sia.

Non certo perché ce lo dicano gli striscioni di Greta Thunberg o il dibattito sul surriscaldamento globale.

A dircelo sono indicatori più complessi e diversissimi per caratteristiche e dimensioni di scala.

C’è l’esperienza diretta degli operatori economici che esercitano attività legate al territorio, i quali possono testimoniare i mutamenti che condizionano il loro lavoro e quanto il successo e la stessa sopravvivenza della loro impresa dipendano dalla capacità di coglierli e di reinventarsi di conseguenza.

Vi sono le ripercussioni del consumo del suolo da un lato e dell’incuria dall’altro, di cui ci si rende conto in occasione delle calamità naturali (incendi, alluvioni…) ma che il giorno dopo già vengono dimenticate fino alla tragedia successiva.

 C’è, per riferirci a un’epoca recentissima, la stessa constatazione della ricomparsa di specie animali prima introvabili in contesti antropizzati in coincidenza con il fermo produttivo determinato dalla pandemia.

Circostanza, quest’ultima, che se ha portato i fanatici a vedere nel Covid una sorta di vendicatore della natura contro l’uomo cattivo, non può non contribuire, per chi avesse voglia di farlo razionalmente, ad approcciare la questione ambientale nei suoi termini di realtà.

Infine, a segnalare che un problema esiste, vi sono le mire espansionistiche di taluni grandi Stati, che solo in parte si spiegano con ambizioni “imperiali” declinate secondo la geopolitica del terzo millennio, e che hanno a che fare anche con la scarsità di risorse agroalimentari autoctone dovuta a politiche economico-industriali sregolate e selvagge dettate dal connubio tra il peggio del comunismo e il peggio del capitalismo.

Politiche nei confronti delle quali le anime belle, stranamente, tacciono.

La globalizzazione, il “politicamente corretto” e lo strabismo delle anime belle.

In questo senso, affermare che la globalizzazione abbia accentuato di molto il problema ambientale è una adamantina verità.

 Spesso, tuttavia, raccontata all’inverso:

al contrario di ciò che sostiene la propaganda pauperista e mondialista, il fenomeno non è dovuto all’espansionismo del cattivo Occidente, ma a una dinamica di segno quasi opposto.

L’apertura dei mercati e degli interscambi a livello mondiale, infatti, ha posto il problema di una concorrenza più spietata e meno regolata.

È un dato di fatto che si può cogliere già intuitivamente:

con il venir meno di barriere protettive fra ambiti di mercato circoscritti e omogenei, dettate da un substrato di regole minime comuni, il confronto commerciale con chi riesce a produrre a costi minori grazie allo sfruttamento selvaggio dell’ambiente (e delle risorse umane, tema che però esula da questa riflessione), rischia di indurre i concorrenti a forzare nella medesima direzione per reggere la competizione.

 La risposta spesso inadeguata degli Stati occidentali e soprattutto delle istituzioni sovranazionali, che non di rado appaiono vocati più a complicare la vita a chi mette in atto pratiche virtuose che ad arginare l’aggressività degli imperi emergenti con armi efficaci, completa il quadro di inaudita complessità nel quale gli operatori economici sono costretti a muoversi.

Caso emblematico è quello della Cina.

Alcuni osservatori particolarmente acuti, come “Giulio Tremonti”, posero per tempo quello che nel giro di qualche anno sarebbe diventato un problema epocale per il mondo e in particolare per l’Occidente europeo, ma purtroppo sono rimasti inascoltati.

Dal punto di vista che qui ci occupa, è vistoso lo strabismo con il quale determinati circuiti ambientalisti concentrano la propria offensiva nei confronti dei modelli produttivi occidentali (certamente perfettibili ma quantomeno regolati), giudicati insostenibili e responsabili di qualsiasi cataclisma (reale o immaginario che sia), mentre sono colti da improvviso mutismo – quando non addirittura da compiacente acquiescenza – di fronte a regimi come quello cinese che, come abbiamo già detto, alimentano la propria prepotente espansione commerciale attraverso lo sfruttamento selvaggio delle persone e dell’ambiente.

 Ugualmente – giusto per fare un altro esempio – si tace di fronte alla situazione ambientale disastrosa determinata da un mix micidiale di industrializzazione e arretratezza in Paesi strategici ma dimenticati dal mainstream, come l’India.

(…)

Il nuovo ordine mondiale.

La guerra ecologica è anche geopolitica.

E non è un caso che, come appare evidente ad esempio nel fenomeno “Greta” ma non solo, taluni circuiti ambientalisti particolarmente ideologizzati siano sostenuti da potenti lobby con capacità di penetrazione mediatica, politica, economica e culturale a livello internazionale.

 Per questo – soprattutto per questo – la questione ambientale rischia oggi di rappresentare il paravento dietro il quale realizzare un nuovo ordine mondiale nel quale l’Occidente, con il suo modello sociale e i suoi valori che siamo diventati incapaci di difendere, sia relegato al ruolo di comprimario.

La risposta dell’Occidente.

Tuttavia, come detto in premessa, la risposta giusta da parte dei pochi che non intendano rassegnarsi a questa deriva, non è negare che un problema ambientale esista.

 La risposta è far proprio questo tema declinando in modo nuovo i modelli di sviluppo socio-economico dell’Occidente, che rimangono quanto di più avanzato la civiltà umana abbia saputo introdurre e dimostrano come la più alta forma di ambientalismo sia quella che non demonizza ma valorizza le attività antropiche, se correttamente esercitate, come strumento principe di cura del territorio.

Il problema dello sfruttamento ambientale, amplificato a dismisura dalla globalizzazione, può essere insomma affrontato in modo pragmatico con un poderoso percorso di riforme che investa tanto il piano culturale quanto quello dei concreti processi produttivi, che consenta di addivenire a un mercato che sia al tempo stesso realmente libero e realmente regolato anche su scala globale, e che sappia coniugare il patrimonio delle nostre tradizioni con le opportunità offerte dalla modernizzazione.

L’alternativa è che la questione ambientale diventi definitivo ed esclusivo appannaggio di un ecologismo ideologico, ipocrita, pauperista e materialista.

Attacco alla centralità dell’uomo.

L’ecologismo mondialista, cosa ben diversa dal rispetto dell’ambiente, non è poi altro che una delle facce di una medesima deriva culturale e sociale che tende a mettere in dubbio l’antropocentrismo.

 Non è un caso che il “fanatismo ambientalista” coincida spesso con posizioni di segno totalmente opposto sul versante antropologico.

Gli stessi che si stracciano le vesti per un agnello mangiato a Pasqua, per una scultura realizzata su un tronco o per un medicinale sperimentato su un topo, sono poi favorevoli all’aborto, all’eutanasia, alla compravendita dei bambini e mostrano una idiosincrasia verso ogni forma di disabilità e di fragilità che diviene invece meritevole della massima tutela quando riguarda un gatto o un filo d’erba.

Checché se ne dica, insomma, una certa forma di ambientalismo non è altro che un attacco geopolitico non convenzionale all’Occidente, un attacco culturale alle sue tradizioni, e un attacco a quella religione rivelata che si fonda sulla centralità dell’uomo e sul rispetto per il creato come casa dell’uomo stesso.

Non a caso l’offensiva dell’ambientalismo ideologico, di cui abbiamo parlato poc’anzi, è spietata nei confronti dei modelli produttivi sviluppisti di Paesi del mondo cristiano mentre tacitamente approva il materialismo sfrenato, assai più dannoso per l’ambiente, di regimi illiberali e profondamente ateisti.

Dove va la Chiesa?

Ciò che colpisce, in questo quadro, è che tale tipo di visione si stia facendo strada con il consenso della Chiesa, che in vari modi la asseconda, invece di rappresentare una forza di interdizione che contrapponga all’ideologia una visione ambientale corretta.

È paradossale che per certi versi sia la Chiesa ad avallare il fatto che proprio mentre si nega il dato naturale dell’antropologia si esalti l’ideologia ambientalista, ribaltando il nesso tra il fine e lo strumento di cui alla formula kantiana per la quale il soggetto umano è da considerarsi sempre come un fine e mai come un mezzo.

 Insomma, in ambito ecclesiastico, dalla riflessione ratzingeriana sulla precisa gerarchia che esiste tra Dio, l’uomo e il creato, si è passati a un’idea quantomeno “orizzontale”, di intima connessione e scarsa differenziazione – talvolta in aperta contrapposizione con l’antropocentrismo occidentale -, quando non proprio a un rovesciamento del triangolo.

Cesare, l’ambiente e Dio.

Dallo stesso punto di vista laico, del resto, il venir meno di ogni distinzione, fino a negare quella fra Creatore e creatura, determina la messa in discussione del principio personale, fino al predominio della tribù e dello Stato in chiave anti-personale e anti-comunitaria e, paradossalmente, alla perdita della separazione fra Cesare e Dio.

Si perde, al fondo, anche l’idea della dimensione economica come attività umana funzionale al completamento del disegno sull’uomo.

Non è un caso che la concezione lineare del tempo, per la quale con la messa a frutto dei talenti e con la sottomissione della natura all’uomo si sviluppa il disegno di Dio, sia negata proprio dai regimi ateisti fondati su modelli di produzione e di organizzazione sociale assai distanti dai nostri.

Sicché, come ha ben spiegato “Salvatore Rebecchini” in diverse sue riflessioni, taluni economisti sono giunti ad affermare che per “salvare la natura” (sottinteso, salvarla dal primato dell’uomo considerato “usurpatore”) non bisogna cambiare le fonti di approvvigionamento energetico ma bisogna cambiare religione, rimuovendo la concezione cristiana fondata sulla supremazia dell’uomo sulla natura e sulla liceità del suo utilizzo per i fini umani.

Beninteso, il rispetto dell’ambiente è un valore importantissimo e l’utilizzo è qualcosa di ben diverso dall’abuso.

Di più:

l’ambiente merita rispetto proprio in quanto è l’òikos nel quale l’uomo vive e opera, e a tal fine la vera tutela dell’ambiente è quella che si coniuga con le attività antropiche eticamente realizzate.

Basti pensare all’immenso valore ambientale dell’agricoltura, o alla funzione bonificante di attività produttive opportunamente regolate in territori altrimenti abbandonati al degrado.

Insomma, una visione cristianamente orientata della società e del modo di rapportarci con l’ambiente è essenziale anche da un punto di vista laico.

 Tutelare una certa visione di Dio significa tutelare anche una certa visione di Cesare da chi, anche attraverso il “moloch ecologista”, vorrebbe imporci un “nuovo ordine mondiale.

 

Dal comunismo si va all'ecologia.

Italiaoggi.it – (14-3-2023) – Gianni Pardo – ci dice:

Nel Novecento il marxismo concretamente applicato aveva

preso il posto del cristianesimo.

L'umanità è scivolata attraverso tre diverse religioni.

Nel Seicento l'Europa era ancora cristiana.

Nel Settecento ha perso la Fede.

Nell'Ottocento la Fede (sentimentale) l'ha ritrovata, ma non la dottrina.

 Nel Novecento ha perso anche quella e abbiamo avuto il comunismo.

 Poi il comunismo è morto ed ora si è creata una nuova religione: l'ecologismo.

Molti saranno sorpresi vedendo mettere nello stesso paniere “Cristianesimo”, “Comunismo” ed “Ecologismo” ma tutto sta ad intendersi sul concetto di religione, esaminando poi tutti e tre i fenomeni.

Se si considera la realtà spassionatamente, c'è da essere disperati: siamo tutti destinati a morire;

la casualità degli eventi ci lascia disorientati;

il Male vince troppo spesso sul Bene e nel complesso ci sentiamo orfani.

Così ci poniamo le tremende, eterne domande metafisiche:

Dio esiste? C'è una vita dopo la morte?

Qual è il senso della nostra esistenza?

 La ragione è purtroppo incapace di dare risposte positive a queste domande ma l'uomo non rinunzia ad averle: e se ne dà alcune più o meno inventate.

Si chiama Fede.

La fede – diversamente dalla scienza - è un complesso di credenze di cui non è stata dimostrata la validità e cui nondimeno si aderisce.

 Innanzi tutto perché l'uomo ha bisogno di credere in qualcosa.

Poi perché ha fiducia (fede=fiducia) in colui che gliela predica.

Infine qualunque religione minaccia la Geenna ai miscredenti ma in compenso, ottenuta la genuflessione, promette la salvazione.

 In nome di questi vantaggi il singolo chiude gli occhi su qualunque obiezione.

 Fra l'altro è abituato a sentir parlare della dottrina della religione in cui è nato e non ne nota più le assurdità.

Nota soltanto le assurdità delle altre religioni.

Noi non immaginiamo neppure che, per i musulmani, siamo politeisti perché veneriamo la Madonna e i Santi.

Vedendo la religione come fenomeno sociale, si spiega perché siano religioni anche il comunismo o l'ecologismo.

 Il comunismo è stato sonoramente smentito dalla miseria dell'Unione Sovietica ma la massa ha continuato ad essere comunista.

Come mai?

Semplicemente perché il singolo ha tendenza a conformarsi alla fede dei molti, soprattutto quando anche le persone importanti aderiscono alla Fede.

 La coralità supera tutte le obiezioni:

«Se ci credono tutti, chi sono io per dire che non è niente vero?»

 Inoltre essere al centro del gregge dà un confortevole senso di sicurezza e dubitare è pericoloso: chi è fuori dal coro è sospetto, allarmante, e in fin dei conti un reprobo.

L'adesione ad una religione (è il comunismo ne è una) offre l'incontrovertibile sentimento di essere nel giusto:

da qui la «superiorità genetica» della sinistra.

 Un sentimento tanto forte da renderli feroci.

 I veri comunisti non tollerano chi non è comunista e chi non è di sinistra è fascista, dunque un acerrimo nemico da combattere.

Si è arrivati a dire che «Uccidere un fascista non è reato».

Né scalfiscono la fede i pessimi risultati concreti del comunismo: per i credenti le tragedie si sono avute per colpa degli uomini, mentre la teoria è perfetta.

Bisogna cambiare l'umanità, non la teoria, anche con le cattive, fino ad uccidere a freddo milione di persone.

Così la pensava Pol Pot.

Oggi il comunismo è morto e il bisogno di una Fede si è spostato sull'ecologismo, divenuto a sua volta una dottrina tanto salvifica quanto intollerante.

La nuova religione non ha orecchie per nessuna obiezione, e va serenamente contro l'economia, contro ogni novità che potrebbe essere utile agli uomini, contro gli interessi dell'umanità (preferendole la foca monaca o i panda) e, in una parola, contro il buon senso.

 Il vero ecologista è un fanatico che non sente ragioni. E tutte queste caratteristiche fanno dell'ecologismo una religione.

Per gli ecologisti l'uomo è un irredimibile peccatore, un animale abusivo responsabile di tutto, a partire dal cambiamento climatico.

 Un'assoluta certezza, questa, contro la quale non è nemmeno lecito sollevare obiezioni: il clima è cambiato ed è cambiato per colpa dell'uomo.

E basta.

 Non sono provate né l'una cosa né l'altra, ma poco importa.

Né vale far notare che in passato la Terra è stata per lunghi periodi molto più fredda o molto più calda di oggi, mentre l'uomo ancora non esisteva.

 Gli ecologisti non ci crederebbero.

Gli si potrebbe anche far notare che l'intera Europa influisce sulla creazione di anidride carbonica per l'8% del pianeta.

 Dunque, se da domani non accendessimo neanche un fiammifero, sulla Terra la cosa non avrebbe un impatto significativo.

Balle, direbbero.

In un dibattito l'ecologista non soltanto non è turbato da nessuna delle obiezioni, ma al miscredente non lascia nemmeno esporre il suo pensiero.

Lo attacca, lo interrompe, gli dà dell'ignorante, e chissà che altro.

E probabilmente gli astanti darebbero ragione a lui e non al miscredente, perché anche loro sono ecologisti.

O comunque non avrebbero il coraggio di andare controcorrente.

Sembra di sentire ancora la voce di “Giovanni il Battista”:

«E voi umani cambiate vita e fate penitenza. Altrimenti la collera del Dio dell'Ecologia si abbatterà su di voi e nessuno di voi sfuggirà all'Apocalisse».

Ma forse è soltanto la voce di Greta Thunberg.

Ogni epoca ha il profeta che merita.

(giannipardo.myblog.it)

 

 

 

 

Carlo il verde. Diventa re un

principe ecologista da cinquant’anni.

corriere.it - Luigi Ippolito - (28 aprile 2023) – ci dice:

Ha un’Aston Martin che funziona con scarti di vino e formaggio.

Da mezzo secolo il re è un ambientalista convinto. E avverte: «Noi, sonnambuli in cammino verso la catastrofe».

 

Re Carlo III d’Inghilterra appoggiato a una quercia centenaria nel parco di Windsor: l’albero è uno dei più antichi del Nord Europa.

Carlo è stato Ranger del parco a novembre dello scorso anno.

Prima di Greta, c’era Carlo:

«Forse il più significativo ambientalista della storia», lo ha definito di recente alla Bbc “Toni Juniper”, presidente di “Natural England”, l’ente inglese per la conservazione dell’ambiente.

 Perché l’impegno dell’attuale sovrano britannico per la tutela della natura si è snodato attraverso più di 50 anni, che lo hanno visto adoperare la sua posizione privilegiata per instillare nelle coscienze dei potenti e della gente comune la necessità di un approccio sostenibile al mondo che ci circonda.

Un “re verde”, insomma, un precursore, che ha preso a cuore questi temi quando ancora erano visti come un eccentrico passatempo: e che oggi può dire di aver visto giusto.

 Il giovane principe di Galles aveva infatti cominciato a occuparsi di ambiente ben prima che lo stesso concetto di “riscaldamento globale” venisse coniato.

A 22 ANNI ACCOMPAGNÒ IL PADRE FILIPPO A UNA CONFERENZA EUROPEA SULLA “CONSERVAZIONE”:

COMINCIÒ COSÌ IL SUO INTERESSE PER L’AMBIENTE.

Nel febbraio del 1970 un 22enne Carlo seguì a Strasburgo suo padre, il principe Filippo, a una conferenza sulla tutela della fauna:

lì rappresentanti governativi e attivisti lanciarono l’”Anno Europeo della Conservazione”.

Ma in realtà l’erede al trono era stato già impegnato per due anni nella preparazione dell’iniziativa:

nello sforzo di avvicinarsi di più al Galles, di cui era diventato principe, Carlo aveva presieduto il comitato della regione incaricato di pianificare la partecipazione all’Anno Europeo.

E una settimana dopo il viaggio a Strasburgo, inaugurò a Cardiff £la conferenza sulla Campagna” nel Galles, dove pronunciò il suo primo discorso sull’ambiente.

«SIAMO DI FRONTE AGLI ORRIBILI EFFETTI DELL’INQUINAMENTO IN TUTTE LE SUE FORME CANCEROSE.

C’È UNA CRESCENTE MINACCIA DI INQUINAMENTO DA PETROLIO NEL MARE, CHE QUASI DISTRUGGE LE SPIAGGE E CERTAMENTE DISTRUGGE CENTINAIA DI UCCELLI MARINI»,

 LO DICEVA CARLO GIÀ NEL 1970.

(Re Carlo III, che sarà incoronato il 6 maggio, mentre dà da mangiare alle galline nella sua tenuta).

A leggerle oggi, quelle parole appaiono profetiche:

 «In questo momento siamo di fronte agli orribili effetti dell’inquinamento in tutte le sue forme cancerose», diceva Carlo già nel 1970.

«C’è una crescente minaccia di inquinamento da petrolio nel mare, che quasi distrugge le spiagge e certamente distrugge centinaia di uccelli marini.

C’è l’inquinamento chimico scaricato nei fiumi da fabbriche e impianti chimici, che intasa i fiumi con sostanze tossiche e aumenta la sporcizia nei mari.

 C’è l’inquinamento dell’aria da parte di fumi ed esalazioni emanati dalle fabbriche e da parte dei gas pompati da infinite automobili e aeroplani»:

un catalogo di orrori che oggi appare quanto mai attuale e che colpisce per i toni adoperati, inusuali sulla bocca di un principe.

Ma alle parole Carlo ha fatto seguire i fatti.

HA INCARICATO UNA SOCIETÀ DI VERIFICARE LA SUA PRODUZIONE PERSONALE DI ANIDRIDE CARBONICA PER POTERLA “COMPENSARE”.

(Carlo III, allora erede al trono, mentre pianta i fiori a Highgrove, nel Gloucestershire)

Il coordinamento con Al Gore.

Nel 1987 il principe prestò la sua opera come patrono per la Gran Bretagna nell’”Anno Europeo per l’Ambiente”, mentre nel 1989 apparve come ospite in un documentario sul “riscaldamento globale”, un tema sul quale aveva cominciato a coordinarsi con” Al Gore” — l’ex vicepresidente americano e paladino dell’ecologismo — già dalla metà degli Anni 80:

i due si erano incontrati una prima volta a Washington e si sono scambiati idee per decenni (nel 1990 Carlo realizzò un altro documentario, “La Terra in Bilico” , e due anni dopo “Gore” pubblicò un libro con lo stesso titolo).

In quello stesso periodo il principe ospitò sul Britannia, lo yacht reale, una conferenza nel delta del Rio delle Amazzoni che preparò il terreno per il “Summit sulla Terra di Rio nel 1992”, momento di nascita delle “Coop”, le “Conferenze internazionali sull’ambiente” che si tengono ogni anno.

Glasgow e il” progetto Rainforest”.

Vent’anni più tardi Carlo si rivolse alla “Cop Rio+20”, ammonendo che «come un sonnambulo, sembriamo incapaci di svegliarci al fatto che tante conseguenze catastrofiche, se continuiamo come se niente fosse, ricadranno su di noi più velocemente di quanto pensiamo».

 E quando nel 2021 la Cop26 si è svolta in Gran Bretagna, a Glasgow, Carlo tenne il discorso inaugurale, avvertendo i partecipanti che «il tempo è scaduto» ed esortandoli a mettersi «sul piede di guerra».

 Non è insolito per Carlo organizzare tavole rotonde e occasioni di incontro ora con capi di Stato e di governo, ora con leader di aziende e banche, ora con agenzie internazionali e organizzazioni non governative, per diffondere le sue idee in un pubblico in grado di massimizzarne l’influenza.

 Un’attività di lobbying che ha dato frutti:

 Carlo, per esempio, ha avuto un ruolo significativo nell’accordo del 2009 che vede la Norvegia compensare la Guyana perché mantenga intatte le sue foreste tropicali.

Al “Progetto Rainforests” è succeduta poi l’”Unità Internazionale per la Sostenibilità”, che ha svolto un’intensa azione con i leader mondiali per costruire un consenso attorno ai temi della deforestazione, della sicurezza alimentare, del cambiamento climatico, dell’economia circolare e della salute dell’ambiente marino.

A Davos la sua Iniziativa per i Mercati Sostenibili.

Il più recente intervento su larga scala è l’Iniziativa per i Mercati Sostenibili, lanciata al summit di Davos del 2020, che intende aiutare le aziende nella transizione verso un futuro sostenibile:

a oggi ne fanno parte oltre 500 Ceo, fra cui i leader di alcune delle più grandi istituzioni finanziarie mondiali, che hanno sottoscritto gli impegni della “Terra Carta”, la” Magna Carta sull’ambiente” promossa da Carlo.

 Tutto questo impegno civile potrebbe apparire in contrasto con l’immagine ufficiale del figlio di Elisabetta, personaggio da sempre ingessato nei suoi abiti di sartoria e che parla con un accento d’altri tempi:

ma in realtà il suo ecologismo ha una radice filosofica e religiosa di tipo conservatore che si sposa con una visione “olistica” del mondo, che punta ad armonizzare l’uomo e la natura.

È un approccio che spesso è stato ridicolizzato dalla stampa, che ne ha messo in risalto i risvolti più bizzarri, come la confessata abitudine di Carlo di parlare alle piante.

Il principe che parlava alle piante.

«Sono stato descritto come vecchio stile, fuori dalla realtà, antiscientifico, un sognatore in un mondo moderno»,

ha scritto lo stesso Carlo nel suo libro “Armonia” , nel quale identifica una crisi nel modo in cui l’umanità vede il suo posto nel mondo, avendo reciso se stessa dalla natura:

e proprio riconnettere gli uomini alla natura in questa «era della disconnessione» è stata la costante delle campagne di Carlo.

Si tratta, secondo lui, di recuperare un elemento filosofico nel nostro rapporto con la natura e ritrovare «il delicato equilibrio e la sacra armonia dell’Universo».

 Un afflato religioso che fa tutt’uno con la polemica contro una visione meccanicistica della realtà:

«Nessuno scanner del cervello è riuscito mai a fotografare un pensiero, o un frammento d’amore, e mai ci riuscirà.

 Siamo arrivati a funzionare sulla base di un approccio materialistico e unilaterale che è definito non dalla sua inclusività, ma dal rigetto di quelle cose che non possono essere misurate in termini materiali».

(Il sovrano d’Inghilterra con i figli William (a sinistra) e Harry qualche anno fa durante un soggiorno a Balmoral, una delle sue residenze preferite.)

Ora è a capo della Chiesa anglicana.

Nella sua ispirazione religiosa Carlo, pur uomo di fede e ora capo della Chiesa anglicana, si è sempre mostrato più che ecumenico, arrivando a citare il “Corano” per auspicare un mondo in cui non c’è separazione fra umanità e natura «precisamente perché non c’è separazione fa il mondo naturale e Dio» ed esaltando il credo dei popoli indigeni che considerano il mondo naturale quale espressione di una presenza sacra.

 «Mi ricordo anni fa» ha detto, ripercorrendo i decenni del suo impegno «negli Anni 60, quando ero un ragazzo, mi preoccupavo così tanto di tutto ciò che succedeva, la distruzione di tutto.

 Lo sradicamento degli alberi e delle siepi... questa sorta di calor bianco del progresso e della tecnologia, a esclusione della natura.

Questa completa determinazione a sconfiggere in qualche modo la natura».

Ma l’ecologismo di Carlo non si smarrisce in arcane fumisterie: lui fin dall’inizio ha messo in pratica anche a livello personale le sue convinzioni.

Le colture organiche di “Highgrove”.

Già nel 1985 aveva trasformato le coltivazioni della sua tenuta di Highgrove, nel Gloucestershire, in colture organiche:

 inizialmente gli agricoltori della zona erano scettici, ma l’iniziativa si è poi sviluppata fino a diventare “Duchy Organic,” un grande business agro-alimentare che vende i suoi prodotti - dalle uova alle marmellate alle verdure - nei supermercati “Waitrose” in tutta la Gran Bretagna.

 Carlo ha sempre considerato Highgrove la sua vera casa, il luogo dove poteva far diventare realtà le sue visioni utopistiche:

ed è lì che è sbocciata all’inizio la storia d’amore con Camilla, che è dopotutto una gentildonna di campagna più a suo agio con gli stivaloni infangati che con i tacchi a spillo e che condivide la sua passione per la natura.

 Carlo ha installato pannelli solari anche sulla sua residenza ufficiale a Londra, Clarence House, che assieme a quelli di “Highgrove” e della “Duchy Home Farm” generano 80 mila kilowatt l’anno.

Quello strano mix di biocarburanti.

Pure la sua macchina personale, una Aston Martin del 1960, viene alimentata da un mix di bio-carburanti ottenuti - incredibilmente - da vini inglesi e scarti del formaggio.

Per ottemperare all’impegno verso le emissioni zero, Carlo acquista crediti da progetti sostenibili per compensare l’anidride carbonica prodotta dai suoi possedimenti e dai suoi viaggi:

e ha addirittura incaricato una società di consulenza per la sostenibilità, l’”Anthesis Group”, di verificare in modo indipendente la sua “impronta carbonica”.

 L’ultimo rapporto attesta che l’89% dell’energia delle attività di Carlo deriva da fonti rinnovabili e quasi la metà da pannelli solari, boiler a biomasse e pompe di calore.

Ma il nuovo re non è stato finora esente da critiche.

Lui si è rifiutato, per esempio, di far installare turbine eoliche nel suo “Ducato di Cornovaglia “perché rovinano il paesaggio:

 ed è qui che l’afflato tradizionalista del suo ambientalismo si scontra col fatto che la transizione ecologica ha bisogno di far ricorso alle tecnologie più avanzate, che lui spesso ha criticato.

IL SUO IMPEGNO ORA DOVRÀ CAMBIARE:

GRANDE IL DISAPPUNTO QUANDO GLI È STATO IMPEDITO DI ANDARE ALLA COP SUL CLIMA DI SHARM.

(Re Carlo III e sua moglie Camilla durante una visita alla Lower Moor Farm Nature Reserve di Malmesbury, nel Wiltshire).

Il problema dei viaggi con jet privati.

Ma una attenzione ancora maggiore hanno suscitato i suoi viaggi e quelli della famiglia reale, che si svolgono a bordo di jet privati:

un mezzo di trasporto che emette anidride carbonica per passeggero 20 volte di più di un volo commerciale.

 Ancora più controverse sono le sue vedute, espresse in più occasioni, sulla questione della sovrappopolazione mondiale e il suo impatto sulla Terra, un tema che stava molto a cuore a suo padre Filippo.

Ancora nel 2010, in un discorso all’università di Oxford, Carlo aveva sottolineato l’esplosione del numero di abitanti di una città come Lagos, in Nigeria:

ma come è stato da tempo fatto notare, nei Paesi sviluppati, dietro l’idea che ci sono troppe persone, si cela spesso l’idea razzista che sono “certi popoli” a essere troppi.

E non a caso nel 2020, quando Carlo ha ripreso quel suo primo discorso del 1970 in un video pubblicato sul canale YouTube della famiglia reale, ha omesso i passaggi dedicati alla sovrappopolazione, probabilmente consapevole di quanto il tema sia diventato scivoloso.

 

La battaglia dopo l’incoronazione.

Ma ora che Carlo è diventato re e il 6 maggio cingerà finalmente attorno al capo quella corona agognata per tutta la vita, continuerà a essere in prima fila nella battaglia per l’ambiente?

 È un terreno delicato, perché da sempre sono stati forti i timori che lui potesse diventare un “sovrano impiccione”, a differenza di sua madre, che si è sempre tenuta al di sopra delle contese politiche e non ha mai espresso una posizione.

 Da principe di Galles, Carlo non aveva esitato a immischiarsi nell’attività di governo:

celebri sono le sue lettere, scritte con la famosa “grafia da ragno”, indirizzate ai ministri per dire la sua su temi che andavano dalle coltivazioni geneticamente modificate all’architettura.

 Ma lui stesso è sempre stato conscio della differenza dei ruoli:

 una cosa è essere l’erede al trono, un’altra è starci seduto sopra.

«Se diventi il sovrano allora svolgi il ruolo nella maniera in cui ci si aspetta. Chiaramente non sarò in grado di fare le stesse cose che ho fatto come erede», aveva detto in un documentario della Bbc in occasione dei suoi 70 anni;

 e nel suo primo discorso da re, lo scorso settembre, aveva ribadito che «non sarà più possibile per me dedicare così tanto tempo ed energie alle questioni che mi stanno così profondamente a cuore».

L’esclusione (imposta) da Sharm el-Sheik

Un assaggio lo si è avuto subito, nel novembre scorso, quando avrebbe voluto partecipare alla “Cop27 a Sharm el-Sheik”:

ma il governo di Londra — timoroso di politicizzare la Corona - glielo ha vietato, con suo grande disappunto.

Eppure la “promozione” a re non significa che Carlo abbia mutato le sue convinzioni:

 dovrà solo esercitare la sua influenza in modo diverso, più discreto.

 E nel discorso di insediamento ha aggiunto di sapere che «questo lavoro importante continuerà nelle mani fidate di altri»:

a raccogliere il testimone, infatti, c’è suo figlio William, il nuovo principe di Galles, che non a caso ha adoperato il suo discorso al “Giubileo di Platino” per parlare di cambiamento climatico e deforestazione.

Con i Windsor, la “monarchia verde” va avanti.

 

 

 

Google proverà a eliminare

le scie di condensazione degli aerei

con l’intelligenza artificiale.

Ilsole24ore.com - Antonino Caffo – (10 agosto 2023) – ci dice:

 

Una partnership tra “Google”, “Breakthrough Energy” di Bill Gates e” American Airlines”, mira a ridurre le scie di condensazione lasciate dagli aerei.

È uno degli argomenti più dibattuto in rete, anche grazie alle fantasiose ipotesi dei complottisti.

Le scie chimiche, a cavallo tra segreti irrisolti e certezze poco consolidate, potrebbero avere i giorni contati.

Grazie all'intelligenza artificiale, una partnership tra Google, Breakthrough Energy di Bill Gates e American Airlines, mira a ridurre le scie chimiche “visibili” a occhio nudo, ossia quelle lasciate dagli aerei, conosciute come “scie di condensazione”.

Un report indipendente citata dalla stessa Google afferma che alle scie bianche, che spesso si formano con il passaggio di un aereo, si deve circa il 35% dell'impatto totale del mercato dell'aviazione sul riscaldamento globale.

Nello specifico, le scie di condensazione si creano quando gli aerei attraversano strati come le nuvole, densi di vapore acqueo (H2O).

E qui arriva l'IA:

immagini satellitari, dati meteo e rotte di volo possono essere una fonte di assoluto valore da cui software di intelligenza artificiale possono creare mappe di previsione delle scie di condensazione, arrivando persino a consigliare la rotta migliore per gli aerei nell'evitare percorsi più nuvolosi, quindi più soggetti alla formazione di tali scie.

C'è da dire che, almeno in parte, processi del genere sono già attivi per i sistemi di controllo aereo, seppur finalizzati alla sicurezza dei voli e non solo alla questione ambientale.

Ad ogni modo, l'accordo tra Google, Breakthrough Energy di Bill Gates e American Airlines è già figlio di una sperimentazione durata sei mesi su 70 voli.

Seguendo le previsioni generate con l'IA e modificando leggermente la rotta, il numero di scie è stato ridotto del 54% rispetto ai voli con rotte standard che non hanno seguito le indicazioni dell'intelligenza artificiale.

Dai risultati dei test emerge che l'ottimizzazione dei percorsi può portare ad un aumento di carburante, per lo più di bassa portata e nell'ordine del 2% in più.

“Studi recenti dimostrano che è necessario regolare una piccola percentuale di voli per evitare la maggior parte del riscaldamento delle scie.

Pertanto, l’impatto totale sul carburante potrebbe essere pari allo 0,3% dei voli della compagnia aerea.

Ciò suggerisce che le scie potrebbero essere evitate su scala per circa 5-25 dollari/tonnellata di “CO2e” (anidride carbonica equivalente) utilizzando le nostre attuali previsioni, rendendole una misura di riduzione del riscaldamento efficace dal punto di vista dei costi, e sono previsti ulteriori miglioramenti” spiegano da Google.

 

 

 

 

No alla Tirannia ambientalista:

il Governo rigetti gli accordi globali

ispirati a ideologie anti-umane.

provitaefamiglia.it – Redazione – (20-1-2023) – ci dice:

L’ambientalismo radicale minaccia il progresso sociale dei popoli e lo stesso sviluppo della vita umana sulla Terra.

L’uomo non è “il cancro del pianeta”, come sostiene la lobby ecologista, ma la sua più grande risorsa.

Tuttavia, i sacerdoti della “religione ambientalista”, che siedono al “Forum di Davo”s e ai vertici dell’ “ONU” (in particolare, nell’Intergovernmental Panel on Climate Change) e della UE, strumentalizzano, esagerano e falsificano l’impatto dell’attività umana e delle emissioni di CO2 sui cambiamenti del clima (che nella storia del pianeta ha sempre conosciuto oscillazioni fisiologiche), ingenerando un ingiustificato terrore per una prossima “fine del mondo” soprattutto nelle nuove generazioni.

Le radici “culturali” di questa tirannia ambientalista affondano nel malthusianesimo, una dottrina economica che, sbandierando il falso mito del “sovrappopolamento mondiale”, mira a imporre politiche fondate sul controllo delle nascite e la limitazione dello sviluppo demografico.

 Non a caso, questa ideologia anti-umana propaganda gli stessi strumenti cari all’attuale società dello scarto:

a partire dall’aborto, la contraccezione e in generale i cosiddetti “diritti sessuali e riproduttivi”, volti a impedire che vengano al mondo nuovi “cuccioli d’uomo”; l’eutanasia, finalizzata a eliminare gli esseri umani considerati ormai improduttivi; nonché l’ostilità verso la famiglia, baluardo di quei valori che la mentalità modernista imperante mira a scardinare.

Questi obiettivi vengono perseguiti a livello normativo mediante una serie di atti internazionali dettati dalla psicosi allarmista, tra cui vale la pena ricordare:

Il Protocollo di Kyoto (1997):

varato nell’ambito della “Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici”, è a oggi l’unico trattato giuridicamente vincolante a livello mondiale per ridurre le emissioni di gas serra, pur essendo stato ratificato da Paesi che coprono solo il 18% delle emissioni globali. L’Italia lo ha ratificato nel 2002.

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (2015):

un programma Onu «d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità» che promuove tra l’altro il contrasto al cambiamento climatico.

 L’Italia l’ha adottata nel 2017 attraverso la “Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile”.

L’Accordo di Parigi (2015):

il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici a livello mondiale, chiede di «integrare le misure di cambiamento climatico nelle politiche, strategie e pianificazione nazionali», con l'obbligo di perseguire misure domestiche per la sua attuazione. L’Italia lo ha ratificato nel 2016.

Il Green Deal europeo (2019):

la tabella di marcia che punta a rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, e a dare attuazione all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, che si vuole trasformare in una disposizione vincolante del diritto UE.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR (2021):

il programma di investimenti a cui l’Italia ha destinato più del 31% dell’ammontare complessivo del PNRR (circa 70 miliardi di euro), con particolare riferimento ai temi dell’efficienza energetica, riqualificazione degli edifici, mobilità sostenibile, incremento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili.

Questi dispositivi si fondano su una visione ideologica e irrazionale dell’ambiente e contraria ai Diritti e alle Libertà fondamentali degli esseri umani:

non hanno nessuna ricaduta effettiva sull’inquinamento che è invece un problema da combattere, ma limitano le libertà dei cittadini, impoveriscono il loro tenore di vita, modificano le loro abitudini alimentari (per esempio, incentivando il consumo di insetti) e arricchiscono solo chi detiene il monopolio degli investimenti e delle tecnologie “green”.

Prima di varare politiche di "transizione ecologica", si dovrebbe ascoltare anche la voce degli scienziati non allineati ai diktat del Forum di Davos, dell'Onu e della Ue.

Firma la petizione per chiedere al Governo Italiano di recedere in tutti gli organismi internazionali da trattati e regolamenti che si richiamano al totalitarismo ambientalista:

 Sì alla cura del Creato, alla lotta all’inquinamento e agli sprechi, No a politiche socio-economiche, industriali ed energetiche regressive influenzate da un eco-catastrofismo anti-umano che chiede alle famiglie italiane sacrifici economici gravosissimi e inutili.

Custodiamo l’ambiente, custodendo l’Uomo!

(Ma come si può solo pensare che la “CO2” che è più pesante dell’aria, possa raggiungere volando verso l’alto addirittura la stratosfera e diventare così un importante gas serra.

La Co2 vola a basso livello sulla terra e sul mare ed è indispensabile alla vita umana, vegetale e animale.

IL gas serra “H2O” rappresenta il 70 % del totale dei gas serra. La” Co2” ne rappresenta solo lo 0,04 %! N.D.R.)

 

 

Lo scienziato del clima smaschera

un importante giornale per aver

pubblicato la sua ricerca intenzionalmente

sovrastimata sugli incendi.

Lifesitenews.com – (8 settembre 2023) - Andreas Wailzer – ci dice:

 

Un docente della John Hopkins University ha detto che sapeva che avrebbe avuto maggiori possibilità di pubblicare il suo articolo sulla rivista “Nature” se avesse enfatizzato gli effetti del cambiamento climatico.

Patrick Brown”, docente alla John Hopkins University che ha conseguito un dottorato di ricerca in Scienze della Terra e del Clima, ha affermato di aver scelto di presentare i dati nel suo articolo di ricerca in un modo incentrato sul cambiamento climatico per poterli pubblicare sulla prestigiosa rivista Nature.

In una serie di post su X (ex Twitter), Brown ha spiegato che nel suo articolo recentemente pubblicato intitolato “Il riscaldamento climatico aumenta il rischio di crescita estrema quotidiana degli incendi boschivi in ​​California”, si è concentrato sull’effetto che il riscaldamento ha sugli incendi boschivi invece di evidenziare altri fattori rilevanti. 

Brown ha affermato che la sua “ricerca ha esaminato l’effetto del riscaldamento in modo isolato, ma che il riscaldamento è solo una delle tante influenze importanti sugli incendi boschivi, oltre ai cambiamenti nei modelli di accensione umana e ai cambiamenti nella vegetazione/combustibili”.

“Allora perché non ho incluso fin dall'inizio questi fattori ovviamente rilevanti nella mia ricerca?

Perché mi sono concentrato esclusivamente sull’impatto del cambiamento climatico?”

"In parole povere, ho scoperto che esiste una formula per il successo nella pubblicazione della ricerca sul cambiamento climatico nelle riviste scientifiche più prestigiose e più lette e sfortunatamente questa formula rende anche la ricerca meno utile", ha affermato lo scienziato.

Brown ha spiegato che mostrare il cambiamento climatico ha un impatto su qualcosa, senza quantificare tale impatto e confrontarlo con altri fattori rilevanti è solitamente sufficiente per essere pubblicato su” Nature”.

( ​​Una nuova ricerca mostra che gli incendi sono diminuiti a livello globale mentre la copertura mediatica è aumentata del 400%)

“Nel documento, mi sono concentrato sull’influenza del cambiamento climatico sul comportamento estremo degli incendi boschivi, ma non ho quantificato… l’influenza di altri fattori ovviamente rilevanti come i cambiamenti negli incendi causati dall’uomo o l’effetto di una cattiva gestione delle foreste”, ha affermato Brown.

"Sapevo che considerare questi fattori avrebbe reso l'analisi più realistica (e quindi utile), ma sapevo anche che avrebbe confuso le acque di una storia altrimenti pulita e quindi avrebbe reso la ricerca più difficile da pubblicare."

“Questo tipo di inquadramento, in cui l’influenza del cambiamento climatico è irrealisticamente considerata isolatamente, è la norma per i documenti di ricerca di alto profilo”, ha affermato Brown.

 

Il ricercatore ha inoltre affermato che un’altra parte della “formula” per essere pubblicati su riviste prestigiose è “ignorare o almeno minimizzare le azioni pratiche a breve termine che possono negare l’impatto del cambiamento climatico”.

“Se i decessi legati alle temperature esterne diminuiscono e i rendimenti agricoli aumentano, allora è ovvio che possiamo superare alcuni dei principali effetti negativi del cambiamento climatico.

È quindi prezioso studiare questo successo in modo da poterlo agevolare maggiormente”.

“Tuttavia, esiste un tabù contro lo studio o anche solo la menzione dei successi poiché si ritiene che minino la motivazione per la riduzione delle emissioni di gas serra”, ha continuato.

"Identificare e concentrarsi sui problemi piuttosto che studiare l'efficacia delle soluzioni rende gli abstract più convincenti che possono essere trasformati in titoli."

Brown ha ammesso di aver seguito questa formula per essere pubblicato “perché ho iniziato questa ricerca come nuovo professore assistente affrontando la pressione di affermarmi in un nuovo campo e di massimizzare le mie prospettive di assicurarmi il rispetto dei miei colleghi, finanziamenti futuri, mandato e, in definitiva, un carriera di successo."

"Sto portando alla luce questi problemi perché spero che evidenziarli spinga verso riforme che allineeranno meglio gli incentivi dei ricercatori con la produzione della conoscenza più utile per la società", ha affermato.

La rivista “Nature” afferma di non avere una “narrativa preferita.”

 

Molti media hanno accusato Brown di “manipolare i dati” e il redattore capo di “Science “, la dottoressa” Magdalena Skipper”, ha affermato di aver mostrato “pratiche di ricerca inadeguate” dopo che lo scienziato del clima ha pubblicato la sua “ammissione”.

Brown insiste di non aver manipolato i dati e ha detto che non rinnega il suo articolo di per sé;

 piuttosto, ha semplicemente inquadrato le informazioni in un modo “meno utile” per promuovere la narrativa tradizionale sul clima.

“Nel complesso, il punto che sto sottolineando è che il percorso più semplice verso una pubblicazione di grande impatto in questo campo è concentrarsi ed evidenziare l’impatto del cambiamento climatico (anche quando si tratta solo di un fattore in un sistema complesso e multi causale), ", ha detto Brown .

Nella sua risposta alle accuse di Brown, Skipper ha affermato che “quando si tratta di scienza, la “Rivista Nature” non ha una narrativa preferita”.

Brown non è d’accordo, affermando che un documento che “proietta grandi aumenti futuri della mortalità correlata al caldo ma ignora totalmente la mortalità correlata al freddo” verrebbe facilmente pubblicato (ed è stato pubblicato), mentre un documento che “fa il contrario: proietta un grande futuro diminuisce la mortalità correlata al freddo ma ignora qualsiasi cambiamento nella mortalità correlata al caldo”, avrebbe molte meno probabilità di essere pubblicato su Nature. 

Il biologo evoluzionista “Nick Longerich” dell’”Università di Bath” ha commentato la discussione su “X”, affermando che “ Springer-Nature è un impero mediatico privato multimiliardario a scopo di lucro. Hanno gli stessi incentivi di qualsiasi società di media a scopo di lucro – NYT o Fox News – per raccontare storie che coinvolgano il pubblico.

Gli scienziati hanno un incentivo, sotto forma di prestigio, a stare al gioco”.

Anche “Pete Irvin”, docente di “cambiamento climatico e geoingegneria solare” presso l'”University College di Londra”, è intervenuto, confermando le affermazioni di Brown.

"Cose importanti da Patrick Brown qui sulle distorsioni introdotte nella discussione pubblica e politica sul cambiamento climatico da parte degli scienziati che modellano la loro ricerca per supportare la narrativa dominante sul cambiamento climatico", ha scritto Irvin su X, aggiungendo che "La maggior parte di noi nel campo sa questo è vero, ma pochi lo dicono”.

Le affermazioni di Brown sono in accordo con le recenti dichiarazioni della climatologa “Judith Curry”, la quale ha affermato che esiste un “consenso fabbricato” nella scienza del clima perché gli scienziati otterrebbero “fama e fortuna” esagerando i rischi associati al “cambiamento climatico”.

 

 

 

 

Bill Gates sta finanziando un piano

per abbattere 70 milioni di acri

di foreste in Nord America.

Globalresearch.ca – (08 settembre 2023) - Rhoda Wilson – ci dice:

(L'Expose)

 

Teniamo gli alberi e liberiamoci dei miliardari.

Bill Gates e altri investitori stanno scommettendo che “Kodama Systems” può ridurre l'anidride carbonica nell'aria abbattendo e seppellendo alberi.

La mossa vedrà 70 milioni di acri di foreste, principalmente negli Stati Uniti occidentali, abbattuti nel prossimo decennio.

Dopo aver tagliato gli alberi, “Kodama” progetta di seppellirli – per ridurre il riscaldamento globale.

Tuttavia, il "riscaldamento globale" è una truffa per consentire ai ricchi di diventare più ricchi e la vera ragione della distruzione delle foreste è quella di raccogliere compensazioni di carbonio (Co2) vendibili.

Il ciclo del carbonio (CO2).

Il seguente testo in questa sezione è estratto dall'enciclopedia del National Geographic destinato ai bambini dai 10 ai 13 anni.

Il carbonio (CO2) è in uno stato costante di movimento da un luogo all'altro.

 È immagazzinato in quelli che sono noti come serbatoi e si muove tra questi serbatoi attraverso una varietà di processi, tra cui la fotosintesi, la combustione di combustibili fossili e semplicemente il rilascio di respiro dai polmoni.

Il movimento del carbonio (CO2) da un serbatoio all'altro è noto come ciclo del carbonio (CO2).

Il carbonio (CO2) può essere immagazzinato in una varietà di serbatoi, tra cui piante e animali, motivo per cui sono considerati forme di vita del carbonio (CO2). Il carbonio (CO2) viene utilizzato dalle piante per costruire foglie e steli, che vengono poi digeriti dagli animali e utilizzati per la crescita cellulare.

Nell'atmosfera, il carbonio (CO2) viene immagazzinato sotto forma di gas, come anidride carbonica.

È anche immagazzinato negli oceani, catturato da molti tipi di organismi marini. Alcuni organismi, come vongole o coralli, usano il carbonio (CO2) per formare conchiglie e scheletri.

La maggior parte del carbonio (CO2) sul pianeta è contenuto all'interno di rocce, minerali e altri sedimenti sepolti sotto la superficie del pianeta.

Poiché la Terra è un sistema chiuso, la quantità di carbonio (CO2) sul pianeta non cambia mai.

Il ciclo del carbonio (CO2) è vitale per la vita sulla Terra.

 La natura tende a mantenere equilibrati i livelli di carbonio, il che significa che la quantità di carbonio (CO2) rilasciata naturalmente dai serbatoi è uguale alla quantità che viene assorbita naturalmente dai serbatoi.

 Mantenere questo bilancio di carbonio (CO2) consente al pianeta di rimanere ospitale per la vita.

Per saperne di più: Il ciclo del carbonio per i gradi 5-8, voce enciclopedica, National Geographic.

Il cambiamento climatico antropogenico è una frode.

La voce National Geographic Encyclopaedic sopra termina con la frase:

"Gli scienziati ritengono che gli esseri umani abbiano sconvolto questo bilancio [del carbonio (CO2)] bruciando combustibili fossili, che ha aggiunto più carbonio (CO2) all'atmosfera del solito e ha portato al cambiamento climatico e al riscaldamento globale".

 

National Geographic “deve riferirsi a scienziati finanziati dalle corporazioni o scienziati impiegati da società.

Come vedremo nella prossima sezione, gli scienziati che sono veramente preoccupati per il pianeta e la vita che sostiene rivelano i fatti.

Il cambiamento climatico antropogenico o causato dall'uomo è una frode ed è noto per essere una frode fin dall'inizio.

 Questo è stato dimostrato al mondo nel 2009 con il rilascio di e-mail trapelate soprannominate “Climategate”.

Mentre conduce alla sezione successiva, vale anche la pena notare un articolo illuminante del 2013 pubblicato da” Forbes” che ha utilizzato citazioni di allarmisti climatici per rivelare la verità sull'agenda del cambiamento climatico.

 L'articolo era giustamente intitolato: "Nelle loro stesse parole: gli allarmisti climatici sfatano la loro 'scienza'".

Bill Gates progetta di abbattere gli alberi.

Alla fine di luglio, “Forbes” ha ricevuto il compito di promuovere l'ultimo piano di Gates per distruggere e capitalizzare il mondo naturale in nome del "cambiamento climatico" in un articolo intitolato:

"Abbattere le foreste per salvare il pianeta? Forse non così folle come sembra".

Sì, è folle come sembra.

Almeno “Forbes “è stato abbastanza onesto da evidenziare perché l'articolo è stato pubblicato nella sua testa a goccia:

"Bill Gates e altri investitori stanno scommettendo che “Kodama Systems “può ridurre l'anidride carbonica (CO2) nell'aria abbattendo e seppellendo alberi. Ora, se solo lo Zio Sam salisse a bordo anche con i crediti d'imposta".

 

La frase finale dà un indizio su cosa sia quest'ultima truffa: i soldi.

 Vediamo cosa ha da dire l'articolo e come Forbes manipola e mente apertamente per cercare di vendere l'idea che Gates e altri investitori stiano facendo questo per il bene del pianeta.

Non è molto tempo nell'articolo che “Forbes” collega il carbonio (CO2)al commercio di crediti di carbonio (CO2) e compensazioni di carbonio (CO2):

 

Benvenuti nella carta di credito per il monitoraggio della CO2 che ti taglia fuori al tuo “Carbon (CO2) Max”

Sì, l'idea convenzionale è quella di piantare alberi per assorbire l'anidride carbonica dall'aria e poi vendere crediti a società, proprietari di jet privati e altri che hanno bisogno o vogliono compensare le loro emissioni.

Ma gli scienziati dicono che seppellire gli alberi può anche ridurre il riscaldamento globale, in particolare se quegli alberi finirebbero altrimenti per bruciare o decadere, vomitando il loro carbonio (CO2) immagazzinato nell'aria.

Abbattere le foreste per salvare il pianeta? Forse non così pazzo come sembra, Forbes, 28 luglio 2023.

Gli alberi stanno "vomitando" carbonio(CO2) nell'aria.

Davvero? È propaganda spudorata.

“Forbes “potrebbe trarre beneficio dalla lettura dell'enciclopedia per bambini del “National Geographic”.

E poi, se l'autore sente di poter far fronte a contenuti più adulti, forse può ascoltare “Patrick Moor”e spiegare che l'idea di “CO2” Essere un inquinante è propaganda pericolosa.

 O forse può esaminare immagini satellitari che dimostrano come il CO2 come fertilizzante della natura ha costantemente arricchito l'atmosfera terrestre.

E, se” Forbes” dovesse ritenere necessario ripiegare sulla narrativa predefinita della "crisi climatica causata dall'uomo", uno studio condotto sui dati dal 1750 al 2018 chiarirà le cose per lui.

 Lo studio ha stimato che il valore della concentrazione atmosferica di “CO2” antropogenico di origine fossile nel 2018 è stato di 46,84 ppm su un totale di 405,40 ppm.

“Forbes” si è poi rivolto agli incendi per sostenere il caso di Bill Gates e di altri investitori:

Gli enormi incendi boschivi della California del 2020 hanno portato a casa i rischi per l'aria, la proprietà e la vita posti dalle foreste incolte ... Per aiutare ad affrontare il problema, il Servizio forestale degli Stati Uniti mira a diradare 70 milioni di acri di foreste occidentali, principalmente in California, nel prossimo decennio, estraendo oltre 1 miliardo di tonnellate di biomassa secca.

Abbattere le foreste per salvare il pianeta? Forse non così pazzo come sembra, “Forbes”, 28 luglio 2023.

Secondo “Roger Pielke”, professore presso il “College of Arts and Sciences” dell'Università del Colorado, le tendenze degli incendi boschivi del Canada non mostrano alcun aumento negli ultimi decenni, gli incendi erano molto più estesi nei secoli passati e gli incendi fanno parte dell'ecosistema naturale.

 

Gli incendi in tutto il mondo che i media finanziati dalle corporazioni hanno pubblicizzato con entusiasmo sono stati il risultato dell'intervento dell'uomo, ma non del cambiamento climatico causato dall'uomo che i media corporativi supportano.

Gli incendi in Grecia, Spagna, Italia e nella foresta pluviale amazzonica sono molto probabilmente dovuti a incendi dolosi.

 E per quanto riguarda i recenti incendi alle Hawaii – ci sono così tante domande senza risposte oneste sulla distruzione di Lahaina a Maui, che anche le persone che normalmente si fidano del governo stanno iniziando a chiedersi cosa sia realmente successo lì.

“Forbes” tenta quindi di giustificare la sepoltura del legno in caveau artificiali, che dovrebbe essere un bel guadagno.

 In effetti, Y”ale Carbon Containment Lab” ("CC Lab"), partner di “Kodama”, spera di fare un business con "caveau di terra" o "caveau di biomassa".

È consuetudine, dopo tale diradamento della foresta, che i tronchi di dimensioni commerciabili vadano alle segherie, con la maggior parte del resto ammucchiato e successivamente bruciato in condizioni controllate.

Kodama vuole invece seppellire gli avanzi – in volte di terra progettate per mantenere condizioni asciutte e anossiche (prive di ossigeno) e proteggere il legno dalla decomposizione o dalla combustione.

Abbattere le foreste per salvare il pianeta? Forse non così pazzo come sembra, Forbes, 28 luglio 2023.

 

CC Lab ammette che i caveaux a biomassa non sono praticabili: "Il rischio maggiore per questo progetto è l'alto costo per trasportare il legno da fonti disperse a un unico sito di stoccaggio.

 Il trasporto di legna bagnata richiede molto più tempo ed energia rispetto a lasciarlo nella foresta.

 La logistica ha un grande impatto sulla fattibilità del progetto, anche se il prezzo del carbonio (CO2) è elevato".

E "il valore di contenimento del carbonio(CO2) di seppellire grandi volumi di legno può essere parzialmente o totalmente compensato dal carbonio (CO2) rilasciato dai terreni durante lo scavo di una fossa di stoccaggio".

Nonostante ciò, come ha osservato il “MIT Technology Review”,” Merritt Jenkins, co-fondatore e amministratore delegato di Kodama, afferma che hanno in programma di guadagnare entrate dal loro lavoro di diradamento delle foreste, nonché dalla vendita di legname utilizzabile e crediti di carbonio (CO2) dai suoi progetti di sepoltura.

 

Forbes ha riassunto i potenziali benefici per Kodama e i suoi investitori:

Insieme al capitale di rischio, Kodama ha già ricevuto 1,1 milioni di dollari in sovvenzioni dall'agenzia per gli incendi boschivi della California e altri, nonché impegni di acquisto per i crediti di carbonio (CO2) legati alle prime 400 tonnellate di alberi che seppellisce.

Sul mercato aperto, quei crediti dovrebbero fruttare $ 200 a tonnellata.

Alla fine, Kodama vuole abbattere e seppellire più di 5.000 tonnellate di alberi all'anno.

Se vuoi abbattere gli alberi e pelletizzarli per bruciarli al posto del carbone (CO2), ci sono crediti d'imposta anche per quello.

Ma non, per ora, per seppellirli.

Abbattere le foreste per salvare il pianeta? Forse non così pazzo come sembra, Forbes, 28 luglio 2023.

Quindi, possiamo concludere che l'idea è di non usare il legno, non riciclarlo e non permettergli di arricchire l'ambiente, semplicemente tagliare gli alberi e seppellirli. Ti sembra folle?

Abbiamo una crisi ma non è una crisi climatica.

 Le politiche verdi stanno uccidendo le persone, le economie e, sempre più, il pianeta.

L'obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio (CO2) è una truffa per consentire ai ricchi di diventare più ricchi sulle spalle dei poveri.

Gli investitori.

Kodama Systems, con sede nella città pedemontana della Sierra Nevada di Sonora, opera in modalità stealth da quando è stata fondata nell'estate del 2021, ha scritto MIT Technology Review.

 "Modalità stealth"?

 È un altro modo per dire che Kodama ha disboscato illegalmente e poi seppellito le prove?

Se è così, i taglialegna illegali da allora hanno raccolto milioni.

Nel dicembre 2022, Kodama ha annunciato di aver raccolto 6,6 milioni di dollari in un round di finanziamento Series Seed co-guidato dai principali investitori di tecnologia climatica “Breakthrough Energy Venture”s e “Congruent Ventures”.

Kodama ha inoltre ricevuto una sovvenzione per lo sviluppo del business dai servizi forestali e antincendio della California CAL FIRE per sviluppare la connettività e l'automazione del sito per il diradamento delle foreste e una sovvenzione per la ricerca e lo sviluppo della rimozione del carbonio  (CO2)da Frontier Climate per un progetto pilota di stoccaggio della biomassa in collaborazione con lo “Yale Carbon Containment Lab”.

Breakthrough Energy Ventures ("BEV") è stata fondata da Bill Gates ed è sostenuta da molti dei principali leader aziendali del mondo, BEV ha raccolto oltre 2 miliardi di dollari di capitale impegnato per sostenere aziende all'avanguardia che stanno portando il mondo a zero emissioni nette.

BEV è una società di investimento appositamente costruita che sta cercando di investire, lanciare e scalare società globali che elimineranno le emissioni di gas serra in tutta l'economia il prima possibile.

“”Congruent Ventures è una delle principali società di venture capital in fase iniziale focalizzata sulla collaborazione con gli imprenditori per costruire aziende che affrontano le sfide climatiche e di sostenibilità.

 Congruent è uno degli investitori statunitensi più attivi nel settore del clima.

Il suo portafoglio rappresenta aziende che "aiuteranno a decarbonizzare, ossia eliminare la CO2" in ogni settore dell'economia:

energia, elettrificazione della flotta, agricoltura, nuovi prodotti alimentari, carburanti sostenibili per l'aviazione, produzione e altro ancora.

 Nell'aprile 2023, aveva più di $ 700 milioni di asset in gestione.

Frontier Climate è stata fondata da Stripe, Alphabet, Shopify, Meta, McKinsey e decine di migliaia di aziende che utilizzano Stripe Climate.

 Frontier mira a fungere da intermediario tra acquirenti e venditori di rimozione del carbonio (CO2).

 Ciò significa in termini semplici che gli acquirenti decidono quanto vogliono spendere per la rimozione del carbonio (CO2) ogni anno, Frontier aggrega i budget degli acquirenti e quindi paga i fornitori per rimuovere il carbonio (CO2).

Il MIT Technology Review ha riferito che il 15 dicembre Stripe ha rivelato che avrebbe fornito una sovvenzione di ricerca di $ 250.000 a Kodama e Yale Carbon Containment Lab come parte di un più ampio annuncio di rimozione del carbonio (CO2).

 Tale sovvenzione sosterrà uno sforzo pilota per seppellire la biomassa di scarto raccolta dalle foreste della California nel deserto del Nevada e studiare "quanto bene impedisce il rilascio di gas serra che guidano il cambiamento climatico".

Stripe ha anche accettato di acquistare circa 415 tonnellate di anidride carbonica (CO2) eventualmente sequestrate da Kodama per altri $ 250.000, se quel progetto proof-of-concept raggiunge determinati parametri di riferimento.

Negli ultimi anni, Stripe ha pre-acquistato tonnellate di anidride carbonica (CO2) che le start-up mirano a estrarre dall'aria e sequestrare in modo permanente, nel tentativo di aiutare a costruire un'industria di rimozione del carbonio (CO2).

Teniamo gli alberi e liberiamoci dei miliardari.

Anche gli scienziati che sono stati comprati o indottrinati con l'ideologia della "crisi climatica" ne hanno avuto abbastanza delle buffonate dei miliardari.

Alcuni hanno chiesto una tassa sul carbonio(CO2) basata sugli azionisti.

 Il 10% più ricco degli Stati Uniti è la fonte del 40% delle emissioni nazionali di gas serra degli Stati Uniti, dicono.

Inoltre, l'1% più ricco delle famiglie è responsabile tra il 15% e il 17% delle emissioni.

E sempre più spesso, gli attivisti climatici stanno puntando sull'1%.

Gli stili di vita dei miliardari sono insostenibili, i miliardari sono dannosi per il pianeta, dicono.

Possiamo essere d'accordo per ragioni diverse, ma siamo d'accordo che i miliardari sono un male per il pianeta.

 

 

 

 

"La città che conoscevamo e stiamo per perdere."

Perché il sindaco di New York “Adams” si sbagliava

così tanto sull'impatto dell'immigrazione.

Unz.com - JOHN DERBY SHIRE - (8 SETTEMBRE 2023) – ci dice:

 

Il sindaco di New York” Eric Adams” sta sentendo il calore generato dalle decine di migliaia di stranieri illegali che si riversano nella sua città, causando strazianti dilemmi amministrativi e di bilancio per il governo della città.

 È difficile provare molta simpatia per i newyorkesi.

In effetti è difficile non ridere degli sciocchi.

 

Hanno portato queste disgrazie su sé stessi votando per un partito Dem “Open Borders” per gestire il governo federale e per i politici locali che amano New York come una città santuario con un'ordinanza locale che garantisce alloggi protetti a chiunque lo chieda.

Tuttavia, è interessante speculare su come una città con un'alta percentuale di elettori molto istruiti – accademici, intellettuali, professionisti e uomini d'affari di successo – come una città del genere si metta in un tale caos.

Non ho una risposta, ma penso di aver identificato alcuni fattori che contribuiscono.

Ecco” Eric Adams”, sindaco di New York City, che parla mercoledì sera di questa settimana a quello che il New York Times ha descritto come "un raduno in stile municipio a Manhattan" [In escalation, Adams Says Migrant Crisis 'Will Destroy New York City' di Emma G. Fitzsimmons, 7 settembre 2023].

 L'argomento era la potente ondata di stranieri illegali nella sua città.

(Clip: E lasciate che vi dica una cosa, newyorkesi. Mai nella mia vita ho avuto un problema che non riuscivo a vedere una fine. Non vedo un finale a questo. Non vedo un finale a questo).

Questo problema distruggerà New York City, distruggerà New York City.

Stiamo ricevendo diecimila migranti [a.k.a. infiltrati illegali]in  un mese.

Una volta stavamo solo ottenendo il Venezuela; ora stiamo ottenendo l'Ecuador, stiamo facendo arrivare i russofoni attraverso il Messico, ora stiamo ottenendo l'Africa occidentale.

Ora stiamo ricevendo persone da tutto il mondo che hanno deciso che avrebbero attraversato la parte meridionale del confine e sarebbero arrivate a New York City. E tutti dicono che è un problema di New York City.

 

Ogni comunità in questa città sarà colpita. Ora il deficit di dodici miliardi di dollari che dovremo tagliare ... Ogni servizio in città sarà influenzato. Tutti noi.

Quindi vi dico, mentre ve lo consegno:

questi sono alcuni, alcuni dei più istruiti, alcuni dei più esperti, probabilmente più dei miei commissari e vice commissari e capi vivono in questa comunità.

 Quindi, visto che mi hai fatto una domanda sui migranti, dimmi che ruolo svolge. Quanti di voi si sono organizzati per fermare quello che ci stanno facendo?

Quanti di voi hanno fatto parte del movimento per dire: "Stiamo vedendo cosa sta cercando di fare questo sindaco, e stanno distruggendo New York City".

Arriverà nei tuoi quartieri. Tutti noi ne saremo influenzati. L'ho detto l'anno scorso quando ne avevamo quindicimila;

 Vi sto dicendo ora, con centodiecimila: la città che conoscevamo, che stiamo per perdere.

E siamo tutti sulla stessa lunghezza d'arte, tutti noi.

“Staten Island” disse: "Mandali a Manhattan".

“Manhattan” sta dicendo: "Mandali nel Queens".

 Il “Queens” sta dicendo: "Mandali a Brooklyn".

No! Non è il gioco che possiamo giocare.

Non posso fare a meno di ricordarvi di nuovo, come ho fatto il 18 agosto, che questo è il sindaco che, poco più di un anno fa – il 19 agosto 2022 – ha annunciato “Project Open Arms.

 Citazione da lui allora: "La nostra città è stata, e sarà sempre, una città di immigrati che accoglie i nuovi arrivati a braccia aperte" [L'amministrazione Adams annuncia 'Project Open Arms,' Piano di supporto completo per soddisfare i bisogni educativi delle famiglie in cerca di asilo, NYC.gov, 19 agosto 2022].

La scorsa settimana, ho inveito contro la stupidità e l'innumerabilità del sindaco “Adams”. Così... C'è qualcosa di nuovo da dire?

Forse. In quel segmento della settimana scorsa ho notato che la stupidità e l'innumeracy sono internazionali, o comunque transatlantiche.

Il Regno Unito è ben fornito di cloni del sindaco Adams.

Ciò ha portato un articolo sulla rivista online “Aporia” a febbraio, pubblicato da “Andrew Collingwood”, uno scrittore britannico.

Collingwood ci guida attraverso una storia molto interessante:

 la storia della drammatica sottovalutazione da parte delle autorità governative dei risultati – cioè del numero di persone che entrano – i risultati dell'apertura delle porte dell'immigrazione.

Negli ultimi tre quarti di secolo, i governi britannici hanno costantemente sottovalutato la probabile portata della futura immigrazione, e in misura risibile.

Nel 1948, tra i cambiamenti accelerati nelle relazioni della Gran Bretagna con il suo impero, il Parlamento approvò il “British Nationality Act”, che mise i sudditi britannici all'interno dei “Dominions” e del “Commonwealth” del Regno Unito su un piano di parità con quelli delle isole britanniche.

In altre parole, qualcuno nato a “Kingston”, in Giamaica, aveva per legge lo stesso diritto di vivere e lavorare in “Gran Bretagna” comei qualcuno nato a” Kingston-upon-Thames”.

 

Sembra essere stato uno shock per i membri del Parlamento che una persona che vive in una schiacciante povertà del terzo mondo possa vedere il valore di trasferirsi in una delle nazioni più ricche e sicure della terra.

 I “Cabinet Papers”, una raccolta di revisioni dell'Archivio Nazionale di documenti governativi, mostrano che, un po’ come con le piccole traversate in barca della Manica, quello che era iniziato come un rivolo si trasformò presto in un diluvio.

Per i cinque anni successivi all'approvazione della legge, "l'immigrazione dalle colonie è rimasta a non più di 2.000 all'anno. Questo aumentò nel 1954 e raggiunse oltre 135.000 nel 1961.

(Perché il Regno Unito non può fermare la migrazione? di Andrew Collingwood, Aporia Magazine, 16 febbraio 2023)

Come vedremo, "la parola gira" è una delle forze trainanti più potenti della migrazione.

Collingwood commenta poi alcune pietre miliari nella politica di immigrazione del Regno Unito.

 

Si sofferma prima sull'anno 2004, quando un gruppo di paesi poveri, per lo più ex-sovietici, sono stati ammessi nell'Unione europea.

Il governo britannico ha stimato che da cinque a tredicimila persone all'anno da questi paesi si trasferirebbero nel Regno Unito.

 Il numero effettivo era di settanta duemila all'anno.

 

Avanti di dieci anni fino al 2014, quando rumeni e bulgari hanno ottenuto i diritti di migrazione.

 I numeri di quei paesi, ha previsto il comitato governativo britannico competente, sarebbero al massimo ventimila all'anno.

Nel 2017 il numero effettivo era di novantamila all'anno.

E così via.

 Sì, è la stupidità è transatlantica e risale ad almeno settantacinque anni fa.

 

Ora posso affermare con sicurezza la legge di sottovalutazione del Derby shire.

Quando, in America o in Gran Bretagna, verrà proposto un certo allentamento delle norme sull'immigrazione, l'aumento ex post del numero di arrivi sarà un grande multiplo delle stime ex ante offerte dalle autorità.

Essendo la natura umana ciò che purtroppo è, queste ripetute sottovalutazioni sono comunemente attribuite dagli osservatori sul lato patriottico della questione alla malizia.

Quelle assurde sottovalutazioni, si dice, erano deliberate, destinate a ingannarci in modo che la rivoluzione demografica voluta dal nemico potesse procedere.

Certamente c'era qualcosa di tutto questo.

 La grande ondata di immigrati nel Regno Unito durante l'amministrazione di Tony Blair (1997-2007), di cui l'esempio di Collingwood del 2004 era solo una componente, è stata infatti guidata in parte dalla malizia.

“Andrew Neather”, un ex consigliere e scrittore di discorsi nella squadra di Blair, ha versato i fagioli nell'ottobre 2009 dicendo agli inglesi che lo scopo della strategia sull'immigrazione di Blair, che aveva contribuito a ideare, era quello di "strofinare il naso della destra nella diversità e rendere obsoleti i loro argomenti

[Come il Labour ha spalancato le porte alla migrazione di massa in un complotto segreto per creare un “Regno Unito multiculturale£, di “James Slac”k, Daily Mail, 10 febbraio 2010].

Indubbiamente ci sono motivi simili in gioco tra i nostri sostenitori dell'immigrazione.

Dubito che spieghino pienamente la legge di sottovalutazione del Derby shire, però.

Quegli esempi degli anni 1940 e 1950 citati da Andrew Collingwood precedettero di molto il moderno progressismo anti-bianco.

Il sentimentalismo sull'impero britannico era più di un fattore;

Ed era molto diffuso, non solo nella provincia di una fazione malevola.

Quindi cosa spiega la legge del Derby shire e il dilemma in cui si trova il sindaco Eric Adams?

 Ho detto "stupidità" e "innumerazione", ma non credo che quei sostantivi colgano tutto il problema.

Ri-citazione da Andrew Collingwood:

Sembra essere stato uno shock per i membri del Parlamento che una persona che vive nella schiacciante povertà del Terzo Mondo possa vedere il valore di trasferirsi in una delle nazioni più ricche e sicure della terra.

 

Non c'erano molti vincitori del premio Nobel nei primi anni 1950 nel parlamento britannico (solo uno nella Camera dei Comuni, credo).

Non c'erano nemmeno molti dunces, però.

I membri del Parlamento erano normali cittadini con un QI medio, probabilmente un po' al di sopra della media.

Come ci dice Collingwood, il problema non era l'intelligenza, era l'immaginazione: l'immaginazione per capire cosa spinge una persona a lasciare il suo luogo natale familiare e andare a stabilirsi in un paese lontano con modi e lingue diverse.

Fermati a riflettere per un momento su questa domanda:

quanto è probabile che il sindaco di New York Eric Adams sia un uomo di molta immaginazione?

Quindi no, non è stupidità banale. È più una parziale cecità verso cose molto al di fuori della propria esperienza diretta.

E l'innumeracy?

Quello mi atterrò saldamente. Si dice che i cacciatori-raccoglitori nella foresta pluviale amazzonica contino così: uno, due, molti.

Un numero sorprendente di cittadini nel mondo sviluppato non è andato molto oltre.

Quindi, anche se rimuovi gli agenti di deliberata malizia dai ranghi dei nostri responsabili delle politiche sull'immigrazione, rimani ancora con legioni di tipi di “Eric Adams”: persone di intelligenza media per le quali il mondo al di là delle nostre coste non è poi così diverso dal mondo al loro interno, ed è popolato da poche migliaia di persone qua o là.

Alcune centinaia di loro potrebbero voler venire a vivere qui.

 

Va bene: sono un fanatico dei numeri; in ogni caso più numerico della media. (Questo è stato scritto il 28.587 ° giorno della mia vita. Martedì prossimo è un numero primo!)

E ho girato il mondo considerevolmente e letto un sacco di narrativa fantasiosa.

Quindi sono uno snob; Quindi citami in giudizio.

Ma avevo ragione sul sindaco "moderato" Adams; e avevo ragione sul vergognoso silenzio dei funzionari eletti dello Stato di New York sulle conseguenze della corsa di Biden:

Mentre la stupidità e l'illegalità aumentano, il silenzio dei principali politici dello Stato di New York diventa sempre più assordante.

Governatore “Hochul”, senatori “Schumer” e “Gillibrand”:

cosa hanno avuto da dire o proporre sulla questione?

Nothing, zip, zilch, rien, nichts, nada, ничево. Non una parola.

Grande leadership lì nell'Empire State.

Per l'amor di Dio, chi vota per questi inutili scalda poltrone?

(John Derby shire).

 

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