Una battaglia persa in partenza contro le élite globaliste ecologiste.
Una
battaglia persa in partenza contro le élite globaliste ecologiste.
Una
battaglia persa in partenza:
Il
trionfo della stupidità.
Fandangolibri.it - Antonio Lombardi – (31
maggio 2019) – ci dice:
L’aggettivo stupido in francese è “bête”,
ossia “bestiale”.
Perché
è questo il libro di “Farrachi”, una specie di bestiario sotto forma di
pamphlet.
Un
bestiario che racchiude quel virus "mutaforma" che è la stupidità, che si istilla
in tutto ciò che ci circonda, dall’argomento più futile fino ad arrivare alla
scrivania della Casa Bianca.
Una
lista di aberrazioni a cui mi sono trovato, ahimè, a dover dare conferma
durante la lettura, se non addirittura ad aggiungerne altre, a riconferma che
la tesi dell’apocalisse del pensiero enunciata da “Farrachi”, in realtà, non
sia poi una mera dialettica dai toni funesti, ma qualcosa che si è appropriato
degli spazi nella vita di tutti.
Per
amor della precisione, usando le stesse parole dell’autore, la stupidità non va
intesa nell’accezione più colloquiale del termine, come il contrario dell’intelligenza
(esistono schiere foltissime di eruditi imbecilli, alcuni sono anche famosi), perché in fin dei conti è ben
altro:
è il
non-senso del pensiero.
La
stupidità ha un qualcosa di epidemico, per questo la metto sullo stesso piano
di un “virus mutaforma”, e il canale più evidente e appariscente, nonché più
prolifico è sicuramente la politica.
Povertà
di idee, discorsi superficiali, pochezza intellettuale su argomenti basilari,
gaffe e uscite infelici, la demagogia come arma.
Non a
caso il sottotitolo dell’edizione italiana è “La torta al cioccolato del
Presidente Donald Trump”.
Questo
è anche il titolo di uno dei paragrafi dell’opuscolo accusatorio di “Farrachi”,
in cui partendo dalla premessa di un fatto di cronaca, si discorre sui diversi
livelli di bassezza e, per l’appunto, stupidità, che infestano ormai la
dialettica politica.
Infatti, nell’aprile 2017 Bashar al-Assad,
dittatore siriano in guerra contro il suo stesso popolo, ha bombardato i civili
con il gas nervino.
Trump,
da poco eletto Presidente degli Stati Uniti d’America, mentre era a cena con il
Presidente cinese, alla vista delle immagini rilasciate dai media, decide di
lanciare cinquantanove missili Tomahawk.
Ma ciò
che fa più riflettere non è tanto la decisione bellica, quanto la dichiarazione
rilasciata ai giornalisti, ossia di aver preso quella decisione “davanti alla più bella fetta di
torta al cioccolato che si possa immaginare”.
Visto
che il fulcro era discorrere dell’uso di un’arma devastante, non si capisce per
quale astruso motivo, il Presidente degli Stati Uniti, abbia reputato
necessario fare un inciso anche sul suo lauto dessert, del tutto estraneo al
contesto.
La
stupidità ha davvero trionfato, ha chiuso il suo cerchio vitale, è salita dal
basso fino ad arrivare alla rappresentanza politica per poi diffondersi a sua
volta senza scrupoli tra la popolazione, creando proseliti idioti, nutrimento
per la stupidità capillare che si insinua sia negli angoli dietro casa sia
nelle istituzioni, in un “uroboro” gigantesco e affamato.
“La
battaglia è persa, non resta che prendere atto della prevalenza del cretino.”
Concordo,
la battaglia è persa in partenza.
Ma
vale comunque la pena di combatterla.
Global
warming: sette
risposte
agli scettici.
Infrastrutture.eu
– (30 novembre 2009) - "Scientific American"- Redazione – ci dice:
(Traduzione
libera per gentile concessione del periodico "Le scienze", versione
italiana.)
La
Comunità scientifica internazionale è ormai da tempo preoccupata dagli effetti
del riscaldamento globale accelerato dalle attività umane.
Ciò
che contraddistingue gli scettici è
l’impegno costante a negare la
necessità
di intervenire sul problema, spesso con deboli argomentazioni.
Ecco
alcuni esempi:
La
quantità di CO2 prodotta dalle attività umane non è sufficiente a modificare il
clima perché il CO2 è solo una traccia di gas nell’atmosfera e la quantità
prodotta dagli esseri umani è minima rispetto a quella prodotta da vulcani ed
altre fonti naturali.
Il
vapore acqueo è il più importante gas che causa l’effetto serra, in modo tale
che le modifiche del CO2 sono da considerarsi irrilevanti.
Il CO2
rappresenta solo lo 0,04 % dell’atmosfera.
Anche a bassa concentrazione assorbe
infrarossi ed agisce come un gas ad effetto serra, come dimostrato dal fisico
John Tyndall nel 1859.
Nel
1896 il chimico Svante Arrhenius è andato oltre valutando l’impatto delle
emissioni di CO2 sul clima con scrupolosi calcoli fatti a mano, concludendo che
il raddoppio della sua concentrazione può provocare l’innalzamento della temperatura
di quasi 6°C, un risultato molto in linea con i recenti e più rigorosi calcoli.
Contrariamente
a quanto affermato dagli scettici, le attività umane costituiscono il maggior
contributo all’innalzamento del CO2.
Secondo
la “U.S. Geological Survey”, la quantità di CO2 prodotta dall’uomo è pari a
circa 30 miliardi di tonnellate l’anno, più di 130 volte quella prodotta dai
vulcani.
È
vero, il 95% delle emissioni di CO2 nell’atmosfera sono naturali, ma i processi
naturali come la crescita delle piante sono quasi esattamente compensati.
Inoltre
diversi insiemi di misure sperimentali, comprese le analisi del rapporto tra lo
spostamento di isotopi di carbonio nell’aria, ulteriore conferma che la combustione
di carburanti fossili e la deforestazione sono
le ragioni principali che hanno portato ad un aumento del 35% dei
livelli di CO2 dal 1832, da 284 ppm a 388 ppm.
Un
salto notevole tra i più alti in milioni di anni.
Gli
scettici affermano che il vapore acqueo
(H20), e non il “CO2”, è il gas più
abbondante e più influente sull’effetto
serra, insistendo sul fatto che gli scienziati sottovalutano questo aspetto.
Ciò è
falso:
da
Arrhenius, i climatologi hanno preso in considerazione il vapore acqueo.
In
realtà il vapore acqueo è il motivo dell’aumento del CO2 e ciò ha un
forte impatto sul clima.
Il CO2
assorbe certe lunghezze d’onda dei raggi infrarossi rispetto all’acqua,
aumentando il calore in atmosfera.
Con l’aumentare
della temperatura, il vapore acqueo (H2O)
entra di più nell’atmosfera moltiplicando l’effetto serra.
L’IPCC
rileva che rispetto al vapore
acqueo (H2O), circa il doppio aumento dell’effetto serra è dovuto al “CO2”.
(gli
scienziati del IPCC sono “comprati” dalle multinazionali climatiche! N.D.R.)
Tuttavia,
all’interno di questa dinamica, il CO2 rimane il driver principale (quello che
i climatologi chiamano una “forzatura”),
l’effetto serra.
Come
climatologo della NASA “Gavin Schmidt” ,
ha spiegato che il vapore acqueo (H2O) entra ed esce dall’atmosfera molto più
rapidamente del CO2, e tende a mantenere un livello abbastanza costante di umidità
relativa.
I
climatologi perciò categorizzano il vapore acqueo (H20) come “feedback” ,
piuttosto che un fattore di “forcing”.
(Gli scettici che non vedono il vapore acqueo”(
H20) all’interno dei “climate models”, stanno cercando nel posto sbagliato).
Il “CO2”
è causa dell’effetto serra e gli scettici tentando di dare spiegazioni naturali
al riscaldamento globale, dovrebbero spiegare perché il CO2 non è contemplato
nei loro scenari Il grafico delle
temperature (il cosiddetto “hockey stick”)
degli ultimi 1.600 anni è stato smentito.
(Il
Co2 è un gas più pesante dell’atmosfera e come può volare nella stratosfera per
costituire la parte più nociva del gas serra? N.D.R.)
Non è
neanche riconosciuta l’esistenza di un “periodo caldo nel medioevo” intorno al
1000 d.C. che è stato più caldo di oggi.
Pertanto
il riscaldamento globale è un mito.
È
difficile dire qual’ è più grossa:
se gli
scettici sopravvalutano i difetti della ricostruzione storica della temperatura
del 1998 di “Michael E. Mann” ed i
suoi colleghi, o l'insignificanza della loro tesi finale sul cambiamento
climatico.
In primo luogo non è semplicemente
un”hockey‐stick” della ricostruzione
storica delle temperature usando dati approssimativi.
Elementi
a prova che le temperature sono in aumento nel corso degli ultimi due secoli,
si hanno guardando carotaggi ed anelli di accrescimento degli alberi per le misure
dirette, da diversi luoghi.
Nonostante
le loro differenze, confermano che la terra è più calda.
Il “Consiglio
Nazionale delle Ricerche di Revisione” nel 2006 ha concluso che “la temperatura globale media è stata più elevata negli ultimi decenni del 20° secolo che nel
corso di un analogo periodo, durante gli ultimi quattro secoli” che è la
sezione del grafico con le più rilevanti tendenze del clima.
I caldi periodi medievali in Europa ed Asia,
con temperature analoghe a quelle del 20° secolo sono plausibili, ma avrebbero potuto essere
dei fenomeni locali: il rapporto ha osservato che “l’ampiezza e la portata geografica
del calore sono incerte”.
Ed un
nuovo documento di “Mann”, sembra
confermare che il periodo caldo medievale e la “Piccola Era Glaciale” tra il
1400 ed il 1700 sono stati entrambi causati da
variazioni di irraggiamento solare e di altri fattori naturali, che non sembrano accadere oggi.
Dopo
la revisione NST è stato rilasciato un altro studio di quattro esperti di
statistica, denominato “Relazione Wegman” molto più critico dell’ “hockey‐stick”.
Nel 2008 “ Mann” ed i suoi colleghi hanno rilasciato una versione aggiornata
della ricostruzione della temperatura, eco delle precedenti scoperte.
Il
caso del riscaldamento globale di origine antropica proviene da studi di meccanica del
clima, non da ricostruzioni di temperature del passato alla ricerca della
causa.
Avvertenze
sulle tendenze attuali sono note da prima del grafico di Mann. Anche se il mondo
fosse stato incontrovertibilmente più caldo 1000 anni fa, non cambierebbe il
fatto che il recente rapido aumento delle emissioni di CO2, spiega l’attuale
riscaldamento globale più di qualsiasi altro fattore naturale e soprattutto che
nessun elemento naturale sembra compensare ulteriori aumenti del riscaldamento
per gli anni a venire.
Il
riscaldamento globale si è fermato 10 anni fa. La terra da allora si è raffreddata.
Il
1998 è stato una degli anni più caldi del mondo che il “Met Office Hadley
Centres” del Regno Unito abbia registrato.
Gli
ultimi anni sono stati più freschi del secolo precedente, perciò la tendenza è
finita, E’ corretto?
Chiunque
abbia familiarità con le statistiche dovrebbe essere in grado di individuare i
punti deboli di questo argomento. Dato il periodo di proroga della tendenza al
riscaldamento, le variazioni del tasso di aumento e la gamma delle incertezze nelle misurazioni
di temperatura e previsioni, a detta dei
climatologi rivelano un’interruzione lieve è troppo piccola per provare una
rottura del modello.
Recentemente,
il reporter” SethBorestein” dell’ Associated Press, ha chiesto a quattro
climatologi indipendenti di studiare le
tendenze dei dati della temperatura non fornendo numeri.
Egli
ha scritto: “ Gli esperti non hanno trovato diminuzioni nel tempo”.
Se la
pausa del riscaldamento globale
continua per un altro decennio, sarebbe il caso che rivendichino gli
scettici?
Non
necessariamente, perché il clima è complesso. Per esempio, “Mojib Latif “ed i suoi
colleghi dell’istituto “Leibniz di Scienze Marine”, in Germania hanno
pubblicato nel 2008 un documento che ha suggerito modelli di circolazione
oceanica che potrebbero causare un periodo di raffreddamento in alcune parti
dell’emisfero settentrionale, anche se a lungo termine, il modello del
riscaldamento globale è rimasto in vigore. Fondamentalmente gli scettici che
hanno resistito alle abbondanti prove che supportano il riscaldamento globale,
non dovrebbero essere troppo frettolosi
a prendere in considerazione tesi che accennano al contrario.
Il
sole o i raggi cosmici sono con molta probabilità le vere cause del riscaldamento
globale.
(Le vere cause del riscaldamento globale gli
scienziati corrotti le hanno individuate nell’aumento del Co2 nell’atmosfera a
causa dell’opera dell’uomo. Ma la Co2 rappresenta un 0,04 % del gas serra a
confronto del 70 % del gas serra vapore acqueo (H20) e quindi la Co2 ne
rappresenta un’inezia! Per quale motivo gli scienziati -se non fossero corrotti
-dovrebbero tacere sul fatto che il “gas H2O” è il più potente ed abbondante
gas serra? N.d.R.)
Dopotutto
anche Marte si sta riscaldando.
I
fenomeni astronomici sono evidenti fattori naturali da considerare quando si
cerca di capire il clima, in particolare la luminosità del sole e dettagli dell’orbita
terrestre, poiché esse sembrano essere
state le “principali driver” delle ere
glaciali e di cambiamenti climatici
prima della nascita della civiltà industriale. I climatologi,pertanto
non ne tengono conto nei loro modelli.
Ma a dispetto degli scettici che vogliono calcare
il riscaldamento recente a cicli naturali, non vi sono prove sufficienti per giustificare l’aumento delle temperature
globali.
Le
note” IPCC”, che tra il 1750 ed il 2005 , il forcing radioattivo del sole è
aumentato di 0,12 watt/square‐ meter, meno di un decimo dei forzanti delle
attività umane (1,6 W/m2).
La
maggiore incertezza riguarda il confronto degli effetti stimati di aerosol in
atmosfera, che può variare Terra ombra o riscaldarla. Anche alla luce di queste
stime però l’aumento dell’influenza umana sul clima supera quello di qualsiasi
variazione solare.
(Questo
lo dice la “IPCC”, la più influente ed interessata sul “mercato” delle notizie
sulla variazione del riscaldamento globale ad opera dell’uomo. N.D.R.)
Inoltre
ricordate che l’effetto di CO2 (per il 0,04%) ed altri gas (tra cui la H2O per il 70 %.N.D.R.) ad effetto serra , è quello di
amplificare il riscaldamento del sole.
Il
sole non può semplicemente puntare a qualsiasi tendenza in radianza solare: gli
scettici hanno bisogno di
quantificare l’effetto e spiegare perché
non ha emissioni di CO2 e di conseguenza diventare driver ancora più potente
del cambiamento climatico.
La
moda più recente degli scettici si
basa in gran parte sul lavoro svolto da “Henrik Svensmark”
dell’Università Tecnica Danese, il quale sostiene che l’influenza del sole sui raggi cosmici deve essere considerata.
I raggi cosmici entrano nell’atmosfera aiutati dalla formazione di aerosol e nubi che riflettono la luce del sole. In teoria “Svensmark” sostiene che l’alta velocità solare magnetica
nel corso degli ultimi 50 anni ha protetto la terra dai raggi cosmici ed
animali, ma ora che il sole è magneticamente più tranquillo , il riscaldamento
globale sarà inverso.” Svensmark” sostiene che le variazioni di temperatura
messe in relazione con i livelli di raggi cosmici e l’attività magnetica , che
con altri fattori porta all’effetto serra.
La
teoria di “Svensmark” per il momento è la più quotata tra gli scettici, ma è
tuttavia carente di prove. (La sua teoria sarebbe non più criticabile se Sbvensmark fosse
agevolato dalla corruzione! N.D.R.)
In particolare non sembrano essere chiare le
tendenze a lungo termine dell’afflusso di raggi cosmici o di nuvole. Il suo modello
non spiega alcuni modi in cui
il mondo si sta riscaldando.
Per
ora almeno, i raggi cosmici restano un colpevole meno plausibile dei
cambiamenti climatici.
Ed il
riscaldamento di Marte?
Esso si basa su una base molto piccola di
misurazioni, in modo tale da non rappresentare una tendenza vera.
Troppo
poco si sa ancora su ciò che governa il clima marziano per esserne certi, ma un
periodo di tempeste di polvere pesante sul pianeta che ha fatto la sua
superficie relativamente scura, potrebbe aver aumentato la quantità di luce
solare assorbita e delle temperature.
I
climatologi cospirano per nascondere la verità sul riscaldamento globale. Il loro
consenso al riguardo è scientificamente irrilevante.
E’
praticamente impossibile confutare accuse di complotti di giganti globali a
quelli già convinti.
Osservato
che la grandezza di questa cospirazione ipotetica comprende migliaia di
pubblicazioni e scienziati rispettati in
tutto il mondo, da Arrhenius a Tyndall per quasi 150 anni e così’ potente da influenzare le posizioni ufficiali di organizzazioni scientifiche compresa la “US
National Academy of Sciences della Royal Society”, L’”American Association for the Advancement of Science”, della
American Geophysical Union, “American Institute
of Physics “e della “America Metereological Society”.
Se ci
fosse un complotto per frodare il mondo sul clima (e per quale scopo?),
sicuramente migliaia di e‐mail ed altri file rubati presso la “University of
East Anglia’s Research Unit Climate” e distribuiti dagli hacker il 20 Novembre
2009 dovrebbe esserne la prova.
La
maggior parte delle dichiarazioni di alcuni critici, come la prova della
condotta illecita, sembrano avere spiegazioni più innocenti, che hanno un senso
nel contesto di conversazioni private ed informali di scienziati. Sarebbe
deplorevole se uno qualsiasi degli scienziati coinvolti avesse dimostrato di
manipolare i dati disonestamente, ostacolando
la libertà di richieste di informazioni,
che tuttavia non è al momento noto sia successo.
Manca
un chiaro tentativo di falsificare e diffondere risultati a scala globale o una
significativa distorsione dei dati sui
cambiamenti climatici.
I
climatologi sono spesso frustati dalla accuse di nascondere informazioni e dati
perché, come sottolinea “Gavin Schmidt”, gran parte delle informazioni sono custodite in pubbliche banche dati o comunque accessibili
.
Nel
2004, “Naomi Orekes”, storico della
scienza, ha pubblicato un peer‐rewied
sul riscaldamento globale “Il consenso scientifico sui cambiamenti climatici”.
Sostiene
che il 75 % sostiene l’origine antropica del riscaldamento globale, mentre
il 25 % non ha preso posizione sul tema.
Ciò non significa che tutti gli scienziati del clima siano d’accordo,
piuttosto, il consenso non è tra gli scienziati, ma all’interno della scienza:
la
forte predominanza di elementi prova il
riscaldamento globale e ciò non può
essere rovesciato da studi che provino il contrario.
I
climatologi hanno tutto l’interesse a dare l’allarme, poiché comporta guadagno
e prestigio.
Tra il
1993 ed il 2004, la spesa federale degli USA in materia di cambiamento
climatico, è passato da 3,3 miliardi di dollari a 5,1 miliardi di dollari. Un
incremento del 55%. Tuttavia, la parte del denaro relativa alla ricerca è scesa
al 39%: la maggior parte di questi soldi sono andati a progetti di
conservazione energetica ed altri programmi di tecnologia. Il finanziamento ai
climatologi è quasi sospeso, mentre altri, compresi quelli del settore
industriale, ne beneficiano profumatamente.
Soluzioni
tecnologiche, come ad esempio le fonti energetiche che non producono CO2 e
Geoingegneria del clima, sarebbero più convenienti e prudenti modi per
affrontare i cambiamenti climatici, riducendo le nostre emissioni di carbonio.
“Ted
Nordhaus” e “Michael Shellenberger”, “Biom Lomborg” ed altri critici delle risposte politiche standar ai
cambiamenti climatici, sono ossessionati da riduzioni di regolamentazione delle
emissioni di CO2 e dal disinteressamento alle soluzioni tecnologiche. Le
innovazioni tecnologiche in materia di efficienza energetica, la conservazione
e la produzione sono destinate ad essere incoraggiate. La questione rilevante è
se è prudente per la civiltà limitare o ridurre le proprie emissioni di CO2
prima che queste tecnologie siano pronte e possano essere distribuite in
scala. La conclusione più comune è no.
Ricordo che fino a quando i livelli di CO2
sono elevati (0,04% dei gas serra!), il calore in eccesso sarà pompato in
atmosfera e negli oceani, con un peggioramento delle conseguenze del
riscaldamento del clima.
(Come
si può “pompare” la “CO2” in atmosfera se questo gas è più pesante dell’aria?
N.D.R.)
Come
climatologo della NASA “James Hansen” ha sottolineato, anche se i livelli
attuali di CO2 potrebbero essere stabilizzati durante la notte, la temperatura
della superficie continuerà ad aumentare di 0,5°C nei prossimi decenni a causa
del calore assorbito e rilasciato dal mare.
Più
tempo scorre per la sola
tecnologia di riduzione di CO2, tanto
più veloce saranno le soluzioni per tirare fuori l’aria (H2O?) per ridurre al
minimo i problemi del riscaldamento.
Inoltre
il cambiamento climatico non è solo la crisi derivante dalle elevate emissioni
di CO2.
Rende
gli oceani acidi (per quale motivo. N.D.R.?), che potrebbero avere effetti
nocivi irreversibili sulle barriere coralline e la vita marina.
Solo l’immediata mitigazione di CO2 può
contenere tali perdite. Molto è stato già scritto sul perché i principi di Geoingegneria
dei sistemi del clima terrestre sembrano strategie disperate per affrontare
i cambiamenti climatici.
Le proposte più ambiziose di coinvolgere
tecnologie ampiamente testate, anche se hanno fatto ridurre il riscaldamento,
che potrebbe causare altri gravi problemi
ambientali nel processo. Metodi che rimuovono il CO2 dovrebbero essere mantenuti in perpetuo per
impedire il surriscaldamento.
(Ma la
CO2 rappresenta lo 0,04% dei gas serra mentre la H2O ne rappresenta il 70%. Per
quale motivo gli “scienziati corrotti “dovrebbero temere l’aumento della CO2
nell’atmosfera mentre potrebbe aumentare il gas H2O che è più leggero dell’aria?
N.d.R.)
La governante
del sistema di geoingegneria potrebbe diventare un campo politico minato, con
le nazioni in disaccordo sulle impostazioni ottimali del clima.
Tutti
in tutto, contando sui futuri sviluppi tecnologici per risolvere i cambiamenti
climatici, piuttosto che impegnarsi con
tutti i mezzi disponibili, compresi quelli di regolamentazione, sembra regnare l’irresponsabilità.
Ma ancora una volta l’agire responsabili in
materia di cambiamento globale è ciò che i contrari sembrano più interessati a
negare.
Il
vapore acqueo è il
più
potente dei gas serra.
Skepticalscience.com
– (4 settembre 2023) – Redazione – ci dice:
Che
cosa dice la Scienza...
Il
vapore acqueo è il maggior gas serra.
Il
vapore acqueo (H2O) è anche l'elemento di maggior importanza nel produrre il
meccanismo di feedback (retroazione) sul nostro sistema climatico ed inoltre
amplifica il riscaldamento provocato dall'aumento di CO2.
Questo
feedback spiega perché il Clima è così sensibile al riscaldamento prodotto
dalla CO2 atmosferica.
Le
argomentazioni degli scettici...
"Il
vapore acqueo è il più importante dei gas serra.
Se in
una serata d'autunno il cielo è sereno, accadrà che il calore sfugge verso lo
spazio e fa freddo, mentre se il cielo è nuvoloso il calore viene intrappolato
dal vapore acqueo e la temperatura si manterrà calda.
Se
andate a” In Salah” nel Sud dell'Algeria, a mezzogiorno potreste registrare
52°C, ma a mezzanotte si possono raggiungere -3.6°C.
La
causa risiede nel fatto che c'è pochissimo vapore acqueo in atmosfera e questa
è una dimostrazione che il vapore acqueo è il gas serra più importante" ( “Tim Ball” ).
Il vapore acqueo è tra i gas serra quello
predominante.
Il
flusso radiativo del vapore acqueo causato dalla sua caratteristica di gas
serra è circo 75 W/m 2 mentre la CO 2 apporta un contributo di 32 W/m 2 ( Kiehl
1997 ).
Questa
proporzione è confermata dalle misure della radiazione infrarossa di ritorno
verso la superficie terrestre ( Evans 2006 ).
Il
vapore acqueo (H2O) è anche quello che dà il contributo prevalente come
feedback positivo nei confronti del sistema climatico terrestre ed è anche la
causa principale del perché la temperatura aumenta così tanto delle
modificazioni della concentrazione di CO 2 .
A
differenza di altre forzanti esterne come la CO 2 che possono essere aggiunti
nell'atmosfera, il livello del vapore acqueo è funzione della temperatura
dell'aria.
(La
Co2 non può superare lo 0,04 % del totale dei gas serra! N.D.R.)
Il
vapore acqueo viene trasportato in atmosfera attraverso il processo di
evaporazione, la cui entità dipende dalla temperatura degli oceani e dell'aria,
essendo governata dalla formula di “Clausius-Clapeyron”.
Se una
quantità eccedente di acqua viene introdotta in atmosfera questa condensa e
ritorna in basso come pioggia o neve entro una settimana o due.
Analogamente
se una certa quantità di umidità viene prelevata dall'atmosfera ,
l'evaporazione provvederà a ripristinare il “livello normale” in breve tempo.
Il
vapore acqueo (H2O) come meccanismo di feedback positivo.
Il
vapore acqueo, essendo direttamente legato alla temperatura, è anche un fattore
di feedback positivo ed è in pratica il fattore di feedback positivo principale
del sistema climatico (“ Soden 2005” ).
Con l'aumento della temperatura l'evaporazione
cresce ed una maggior quantità di vapore acqueo si accumula nell'atmosfera.
In
qualità di gas serra il vapore acqueo (H2O) assorbe calore e riscalda l'aria
che a sua volta favorisce altra evaporazione.
Quando
la “CO 2 “viene aggiunta in atmosfera (ma la CO2 è più pesante
dell’atmosfera e quindi non sale, ma scende sempre verso il terreno e verso il mare. N.D.R.), essendo a sua volta un gas serra
ha un effetto riscaldante, e quindi fa sì che altra acqua evapora e riscaldi
l'aria portandosi ad una soglia stabile più alta.
Il riscaldamento è dovuto alla “CO 2”.
Pertanto
ha un effetto di amplificazione.
Qual è l'entità di questa amplificazione?
Senza
altri feedback, un raddoppio della concentrazione di CO 2 (0,04% di gas serra) provocherebbe un aumento
della temperatura del pianeta di circa 1°C.
Il
feedback del vapore acqueo per parte sua causa circa il raddoppio del
riscaldamento dovuto alla CO 2.
Quando
vi si comprendono gli altri feedback (per es. la riduzione dell’albedo dovuta
allo scioglimento dei ghiacci) il riscaldamento complessivo a seguito di un
raddoppio della CO 2 è attorno a 3°C (“ Held 2000” ).
Osservazioni
sperimentali del feedback del vapore acqueo (H2O) e risposta climatica.
L'effetto
di amplificazione del vapore acqueo è stato osservato sotto forma di
raffreddamento globale a seguito della eruzione del Monte Pinatubo ( “Soden
2001” ).
Il raffreddamento fece sì che l'atmosfera diventasse
più secca e la sua volta venne amplificata dalla temperatura indicata.
La citata risposta climatica di circa 3°C è
anche confermata da numerosi studi sperimentali che hanno preso in esame come
il Clima ha risposto a diverse forzanti presentatesi in passato (“ Knutti &
Hegerl 2008” ).
(Tra i
gas serra la CO2, che ha una partecipazione del 0.04 %, essendo più pesante
dell’aria atmosferica rimane sempre tra i gas serra con la stessa percentuale
sopra indicata. N.D.R.)
I
satelliti hanno rilevato un aumento del vapore acqueo atmosferico (H2O) di
circa 0.41 kg/m² per decennio dal 1988.
Una evidenza e una attribuzione nota come
“impronta digitale”, che è stata usata per identificare la causa dell'aumento
dei livelli di vapore acqueo in atmosfera ( Santer 2007).
Impronta digitale perché presuppone l'adozione
di test statistici rigorosi per ricercare le possibili spiegazioni del
cambiamento di talune proprietà del sistema climatico.
I risultati di 22 diversi modelli climatici
(virtualmente i maggiori modelli climatici mondiali) sono stati messi assieme
ed hanno trovato che il recente aumento di vapore acqueo sull'intero ambiente
oceanico del pianeta non è dovuto a forcing solare o ad un graduale recupero
seguito alla eruzione del M.Pinatubo del 1991.
La causa primaria della “umidificazione
dell'atmosfera” è stata identificata con l'aumento della” CO 2” prodotta dai
combustibili fossili.
(La
CO2 rimane sempre presente tra i gas serra con il 0.04 %! N.D.R.)
Sia la
teoria che le osservazioni sperimentali ed i modelli climatici nel loro insieme
mostrano che l'aumento del vapore acqueo (H2O) è attorno al 6-7.5% per grado
Celsius di riscaldamento nella atmosfera più bassa.
I
cambiamenti osservati di temperatura, umidità e circolazione atmosferica si
combinano in maniera fisicamente coerente.
Quando
gli scettici citano il vapore acqueo (H2O) dicendo che è il gas serra
prevalente, in realtà fanno riferimento allo stesso feedback positivo che rende
il Clima della Terra così sensibile anche alla CO 2 ( la “Co2” non può aumentare come influenza di gas serra dal
0,04 %, in quanto è un gas serra molto più pesante dell’atmosfera! N.d.R.) e pertanto non fanno altro che confermare l'evidenza
della origine antropica del riscaldamento globale (dovuto all’aumento del gas “ H2O” e
non del “CO2”! N.D.R.)
La
battaglia contro l’ambientalismo.
Unimondo.org
– (01 Luglio 2023) – Raffaele Crocco – ci dice:
La
battaglia finale sembra essere contro l’ambientalismo.
Anzi, pare avere il profilo preciso del
negazionismo, tacciando come assolutamente falso e strumentale tutto ciò che
denuncia i pericoli legati alle mutazioni forzate del clima.
È la
nuova frontiera della destra fascista mondiale.
Parlo
della destra ultra sovranista, liberista, xenofoba, razzista, clericale e
tradizionalista.
Insomma,
quella che si rifugia nella triade “Dio, patria e famiglia”.
Bene, quella destra sta diventando la vera
nemica di chi sostiene la necessità di intervenire per frenare il riscaldamento
globale.
Le
armi usate, per ora, sono quelle di ridicolizzare l’avversario, definendolo
“uno snob elitario”, nemico del popolo.
La cosa è denunciata con molta chiarezza da”
George Monbiot”, sul “Guardian” e riportata con efficacia da “Alessandro
Trocino”, del “Corriere Della Sera”.
“Anche il più innocente tentativo di
ridurre l’impatto sull’uomo – scrive Monbiot -
viene presentato come una cospirazione per limitare le nostre libertà.
Tutto
viene contestato:
i quartieri a basso traffico, le città da 15
minuti, le pompe di calore, persino i piani cottura a induzione”.
Il
giornalista prosegue descrivendo il circolo vizioso dei migranti, che proprio
nel cambiamento climatico planetario trovano una delle ragioni di fuga dalla
loro terra.
Il
corto circuito, dice è che “la destra nega il cambiamento climatico,
alimentando politiche che impoveriscono terre già disastrate, individua i
migranti come capri espiatori.
Poi,
l’odio per i rifugiati diventa un carburante politico per gli stessi che hanno
alimentato le disparità e negato il cambiamento climatico”.
Così
tutto torna e diventa funzionale a quella “politica dell’odio” – contro gli
stranieri, contro le “aristocrazie di sinistra”, contro tutti – che alimenta le
politiche della destra fascista in tutto il Mondo.
Il
tornaconto è soprattutto economico: con queste politiche, gli oligarchi
vogliono proteggere i loro interessi.
Gli
Usa sono – come spesso capita – all’avanguardia in questo.
In Texas, giusto per fare un esempio, i
petrolieri stanno finanziando i legislatori, per portare a casa norme che
impediscano la diffusione di energie rinnovabili.
In Ohio, per legge le politiche climatiche non
possono essere discusse all’università.
Infine,
il caso più clamoroso, direttamente dalla Florida.
L’ultraconservatore
– con venature fasciste - Ron De Santis sta costruendo la sua candidatura alla
presidenza degli Stati Uniti sulla base della negazione del problema clima.
“
Monbiot “scrive che De Santis “su Fox News ha denunciato la scienza del clima come
politicizzazione del meteo. Ha approvato una legge che obbliga le città a
continuare a usare i combustibili fossili. Poi, ha tagliato le tasse, compresa
l’imposta per la prevenzione dei disastri, minando la capacità della Florida di
rispondere alle crisi ambientali”.
In
Europa non va meglio.
Lo
spiega “Tonia Mastrobuoni”, di “Repubblica”.
La destra fascista e ultra conservatrice sta
vincendo ovunque, partendo da posizioni completamente anti ambientali.
I post nazisti dell’Afd sono diventati il
terzo partito della Germania attaccando a testa bassa i Verdi al governo.
Li
hanno attaccati su tutto, scrive Mastrobuoni, “sulla fine del motore a scoppio,
sull’uscita dal nucleare e le fonti rinnovabili, sulla legge che punta a
sostituire gli impianti di riscaldamento alimentati a gas o carbone, su tutto.
Per
uno dei leader, “Tino Chrupalla”, i cittadini possono vedere benissimo a cosa
conducono le politiche dei Verdi: alla guerra economica, all’inflazione e alla deindustrializzazione”.
La
tesi è semplice:
l’ambientalismo è un lusso da borghesia
urbana, una cosa da fighetti.
Un’idea
che ha presa, ma che semplifica pericolosamente tutto.
La
destra fascista, infatti, non trova la soluzione nell’affermare la necessità di
una migliore distribuzione di ricchezza e diritti umani arcobaleno.
Non
riprende – per essere chiari - il concetto di “Chico Mendez”, attivista
brasiliano ucciso per le sue lotte ambientaliste, di “ecologia senza lotta di classe
vuol dire giardinaggio”.
Non ha
nemmeno lontanamente il senso di “lotta per la giustizia”.
Il
messaggio della destra fascista è più elementare.
Alla
gente dice: “quei cattivi di sinistra vogliono – con l’ecologia – impedirvi di
avere le cose che vi meritate. Seguite noi, che invece ve le garantiamo”.
E poco importa se questo continua a ad
arricchire sempre le eterne multinazionali e i soliti oligarchi.
L’importante è garantire – pur bassissimo – un
certo standard di vita e l’adesione ad un tipo di mercato.
Una
logica che funziona anche in Spagna.
I post franchisti di “Santiago Abscal “sono in
campagna permanente contro “l’élite ambientalista”.
Un
deputato, Carreras, ha spiegato in Parlamento che, in fondo, il riscaldamento
globale eviterà alle persone di morire di freddo.
In
Svezia e in Austria, la destra fascista avanza con le stesse tecniche.
Continuando
così, dicono gli osservatori, mettere in piedi serie politiche di contenimento
del riscaldamento globale sarà praticamente impossibile.
Il
rischio è di arrivare a distorte e grottesche “prove di forza” destabilizzanti,
con i conservatori fascisti a vestire i panni di “difensori del diritti del popolo” contro una piccole élite borghese
che vuol far pagare ai più poveri il progresso sostenibile.
(Raffaele
Crocco)
L'ecologismo,
una
religione
occidentale.
ilfoglio.it - GIULIO MEOTTI – (09 SET. 2019) –
ci dice:
Non
solo Greta.
Ci
sono santoni, diavoli ed eretici, giorni sacri e tabù alimentari, torve
profezie e un’idea di salvezza.
L’ambientalismo
ora ha tutto per funzionare come la fede del Terzo millennio.
“L’ambientalismo
è la religione degli atei urbanizzati”, ha detto lo scrittore “Michael Crichton”.
“Il
cibo biologico è la sua comunione.”
La
preoccupazione e la cura dell’ambiente sono ormai universali (almeno in
occidente):
ci hanno messo in casa una infinita varietà di
cestini per riciclare, siamo invitati a non abusare dell’aria condizionata
(abbassate però quei trenta gradi negli edifici pubblici d’inverno), facciamo
del nostro meglio, e qualche sfida che sembrava insormontabile l’abbiamo già
vinta.
Il buco dell’ozono, l’angoscia del decennio
precedente, si sta restringendo.
Dal
1990, c’è stata una riduzione del 90 per cento delle emissioni automobilistiche
(e una riduzione del 99 per cento dal 1960), anche se l’auto rimane il nemico
pubblico numero uno.
Intanto,
un miliardo di persone è uscito dalla povertà assoluta, l’aspettativa di vita è
aumentata, la guerra è più rara, molte malattie gravi sono state sradicate, il
cibo è abbondante, la Nasa ci dice che la terra è più verde oggi di vent’anni
fa, la popolazione mondiale si stabilizzerà a metà del secolo per poi scendere,
e considerando la mortalità infantile, il reddito medio mondiale e la
disponibilità di risorse, lo stato di salute dell’umanità e del mondo non è mai
stato migliore, e persino in via di costante miglioramento.
Eppure, una nuova religione del pessimismo si
profila all’orizzonte e macina fedeli.
In
Islanda, alla presenza del primo ministro, oggi hanno appena celebrato il
funerale di un ghiacciaio.
Era il
15 settembre 2003 quando lo scrittore “Michael Crichton” tenne un discorso al
Commonwealth Club di San Francisco.
Titolo:
“L’ambientalismo è una religione”.
“Oggi,
una delle religioni più potenti del mondo occidentale è l’ambientalismo.
È la
religione degli atei urbanizzati.
C’è un
Eden iniziale, un paradiso, uno stato di grazia e unità con la natura, c’è la
caduta dalla grazia in uno stato di inquinamento risultato dell’aver mangiato
dall’albero della conoscenza e c’è un giorno del giudizio che verrà per tutti
noi.
Siamo
tutti peccatori di energia, destinati a morire, a meno che non cerchiamo la
salvezza, che ora si chiama ‘sostenibilità’.
La
sostenibilità è la salvezza nella chiesa dell’ambiente. Proprio come il cibo biologico è la
sua comunione”.
Crichton
voleva parodiare la trasformazione dell’ecologismo in una chiesa.
Come
il suo gran sacerdote “David Brower”, il fondatore dei “Friends of the Earth”,
che ha scritto:
“I sei
giorni della Genesi sono un’immagine per rappresentare ciò che è accaduto in
quattro miliardi di anni.
Il
nostro pianeta è nato lunedì. Da martedì a mercoledì, fino a mezzogiorno, si è
formata la terra.
La vita inizia mercoledì e si sviluppa in
tutta la sua bellezza per i successivi quattro giorni.
Domenica
alle quattro del pomeriggio compaiono i rettili. Alle nove di sera, le sequoie
spuntano dal terreno.
Un
quarantesimo di secondo prima di mezzanotte inizia la rivoluzione industriale.
Adesso è mezzanotte e siamo circondati da persone che credono che quello che hanno
fatto possa continuare indefinitamente”.
Il
Nobel” Ivan Giaver “paragona l’ecologismo a una “chiesa”.
Per “Bruckner”,
sorge sulle “macerie di un mondo miscredente”
Sei
giorni, sei gradi alla dannazione.
Un
grado in più: gran parte delle barriere coralline e dei ghiacciai scomparsi.
Due gradi: l’arcipelago di Tuvalu, nell’oceano
Pacifico, completamente sommerso. Tre gradi:
la
foresta amazzonica distrutta da incendi e siccità.
Quattro
gradi: il livello degli oceani si innalza al punto di distruggere paesi come il
Bangladesh e sommergere città come Venezia.
Cinque
gradi: milioni di persone costrette a lasciare le aree in cui vivono,
scatenando possibili conflitti per il controllo delle ultime risorse presenti
sul pianeta.
Con sei gradi in più, quasi tutte le forme di vita
(compresa quella umana) scompaiono.
Benvenuti
in un mondo più caldo di sei gradi.
E per
prefigurarlo si coniano nuovi termini ricolmi di panico, come “insectopocalypse”.
“Michael
Crichton” fece quella denuncia quando ancora un certo estremismo ecologista
doveva sfoderare tutto il proprio millenarismo e sembrava ancora soltanto
un’industria di gruppi di interesse, lobbisti, periti e burocrati.
Adesso
il clima è una fede insindacabile.
Le
multinazionali e i governi dei paesi ricchi da una parte, dall’altra i popoli del sud e le
ong che li difendono, i nuovi missionari.
Nei
giorni scorsi, in Islanda, gli ecologisti hanno celebrato un funerale a un
ghiacciaio.
Una
vera e propria cerimonia paganeggiante nel terreno arido ma un tempo coperto
dal ghiaccio dell’Okjökull.
C’erano
anche il primo ministro islandese, “Katrín Jakobsdóttir”, e l’ex commissario
delle Nazioni Unite per i diritti umani,” Mary Robinson”.
È
stata apposta una targa che reca la scritta “Una lettera al futuro”.
Pochi
giorni prima, alla Cattedrale anglicana di Liverpool (la più grande
d’Inghilterra) è arrivato un modello di “Gaia”, installato al centro della
navata principale.
“Ivar
Giaever”, vincitore del premio Nobel per la Fisica, teme che questa ortodossia
sui cambiamenti climatici sia diventata una “nuova religione”:
“Non se ne può discutere, è una verità
incontrovertibile, è una chiesa”.
“Greta
Thunberg”, la giovanissima santona di questa religione, è appena arrivata a New
York, “uno dei tanti eventi recenti che illustrano quanto rapidamente
l’ambientalismo moderno stia degenerando in un culto millenaristico”, scrive “Niall
Ferguson sul Times”.
Questi
accusatori gnostici del progresso stanno scagliando i loro esorcismi verdi.
“L’ambiente
è la nuova religione laica che s’innalza, almeno in Europa, sulle macerie di un
mondo miscredente, una religione che a sua volta andrebbe sottoposta a critica,
per stanare questa malattia infantile che la corrode e la scredita:
il
catastrofismo”, spiega “Pascal Bruckner”.
Per il
marxismo, il nemico era il borghese.
Per il
Terzo mondo, era l’occidente.
Per
l’ecologismo è l’uomo: un nuovo peccato originale.
L’atteggiamento
allarmista degli ambientalisti assomiglia molto a quello delle sette
millenariste che aspettavano la fine del mondo o la seconda venuta del Messia.
Alcune
di esse erano convinte che Cristo sarebbe tornato esattamente il 22 ottobre
1844;
e
quando gli eventi estremamente improbabili da loro profetizzati non si
verificavano, semplicemente ne spostavano in avanti la data.
Intanto, l’ecologismo è diventato il nuovo
“marcatore” delle società europee.
Ne
parla al” Figaro “di questa settimana “Jérôme Fourquet “dell’istituto” Ifop” e
massimo studioso di opinione pubblica francese.
“Greta
Thunberg è una figura profetica, una sorta di ibrido tra “Giovanna d’Arco” e”
Bernadette Soubirous” (quella delle visioni di Lourdes, ndr)”, dice “Fourquet”.
“Come
loro, è una novizia, nata dal popolo, che niente aveva destinato a questo, ma
che all’improvviso ha ricevuto una rivelazione che ora deve annunciare ai
potenti di questo mondo e all’opinione pubblica”.
L’ecologismo
in Francia ha già scalzato il cattolicesimo come segno della società. “Stiamo
assistendo alla nascita di una nuova matrice, laica e non più religiosa,
attorno all’ecologia.
L’ecologismo funziona sociologicamente e culturalmente
come in passato la matrice cattolica.
Esistono
somiglianze sorprendenti nei termini e nei riferimenti utilizzati.
Stiamo
parlando anche di ‘santuari’ della biodiversità.
C’è un’ecologia ricorrente di annunci
apocalittici: questo è l’effetto delle immagini terrificanti dei roghi in
Amazzonia”.
E sull’Amazzonia a ottobre si tiene il sinodo
in Vaticano.
Non mancheranno flirt con il panteismo
ecologista.
Da qui
una visione binaria del mondo, che oppone il Bene al Male:
da un
lato le multinazionali e i governi dei paesi ricchi, dall’altro i popoli del
sud, nonché le ong che li difendono, i nuovi missionari del nostro tempo.
Per
ripristinare la creazione, l’occidente deve essere svezzato!
“Africa, contribuisci al nostro sviluppo
mentale”, scrive sul “Monde” Hervé Kempf. “Africa, aiuta l’Europa a
intraprendere una nuova storia. L’Africa può insegnare all’occidente ad
abituarsi alla frugalità”.
Spiega “Harald Welzer,” autore di “Climate
Wars: Why People Will Be Killed in the 21st Century” (uno dei tanti manifesti
green che incitano all’isteria), che “il modello capitalista si
autodistruggerà” e “l’era
del consumo finirà” grazie ai numerosi flagelli climatici che si abbattono su
di noi.
Si odono echi cristiano-dolciniani.
I
verdi con la loro mistica della decrescita si vedono come i vettori ideologici
di una nuova austerity, dettata non più dai mercati finanziari ma dalla salute
del pianeta.
Sul “Nouveau
Magazine Litteraire” di luglio, il filosofo “Fabrice Flipo” si chiede se
l’ecologismo non sia diventato una “nuova religione” che invita l’occidente a
una nuova astinenza.
Ci
viene chiesto di fare tante cose per pentirci.
Per il
marxismo, il nemico era il borghese.
Per il
Terzo mondo era l’occidente, il grande predatore della storia.
Per
l’ecologismo religioso è l’uomo il grande colpevole, l’equivalente del peccato
originale.
L’”ambientalismo radicale” non vuole, come il
marxismo, promettere il paradiso in terra o, come il cristianesimo, prepararci
al paradiso dopo la morte.
Si
limita a denunciare l’inferno delle nostre società, ad abbracciarne la
regressione volontaria, a idolatrare la privazione, ad affondare nella
religione del terrore, a sospettare che tutta l’innovazione tecnologica sia
oscurantismo puro e semplice.
“Il consumismo è la più grande arma di
distruzione di massa pensata dal genere umano” (“Mathis Wackernagel”)
Ci
viene chiesto di smettere di fare figli, di farne al massimo uno, guai se sono
due. Un deputato francese, “Yves Cochet”, ha proposto, insieme a uno “sciopero
della pancia”, di penalizzare le coppie che mettono al mondo un terzo figlio, perché un bebè, in termini di
inquinamento, equivale a 620 voli andata-ritorno Parigi-New York.
La “religione
green” è post-umana e anti-specista, il peccato commesso da chi fa una
distinzione morale tra persone e altri animali, sottintendendo che questa
abitudine discriminatoria è simile al razzismo e al sessismo (il termine ha
attecchito grazie a “Peter Singer”).
Ha spiegato il sociologo francese “Jean-Pierre Le Goff”
che “questa eco-ideologia rafforza la visione nera e penitenziale della storia
occidentale, che è responsabile di tutti i mali ecologici”.
In
contrapposizione a questa visione nera c’è “l’utopia di un’umanità riconciliata
con sé stessa e naturalizzata”:
“la
salvaguardia del pianeta diventa il nuovo principio unificante di un mondo
fraterno e pacificato che ignorerebbe i confini, le differenze tra nazioni e
civiltà, metterebbe fine alle contraddizioni e ai conflitti”.
Una
religione che ha anche i propri catechismi da mandare a memoria.
Dopo l’adorazione della dea ragione, quella della dea
madre.
“L’ecologia presenta le
caratteristiche di una nuova ‘religione laica’ che si pone come una spiegazione
globale del mondo e che detiene le chiavi della storia umana e della salvezza”
spiega ancora” Le Goff”.
“In
una forma più morbida e igienizzata, partecipa a nuove forme di spiritualità
che si sono diffuse in società democratiche “de cristianizzate” e in crisi di
identità”.
L’appello
ecologista è ormai quasi sempre accompagnato da un riferimento a un “divino”
naturale che, rimpiazzando l’eredità ebraica e cristiana, ravviva un
“paganesimo rivisitato alla luce dell’ecologia.”
Questo cocktail religioso si è diffuso senza
problemi nelle società occidentali in un contesto di “deculturazione storica”.
“L’ambientalismo
offre un resoconto alternativo della religione” spiega “John Kay,” uno dei
maggiori economisti inglesi.
“All’ambientalismo
all’inizio mancava un mito persuasivo dell’Apocalisse. La litania del degrado ambientale ha dovuto affrontare il fatto
evidente che molti aspetti dell’ambiente stavano costantemente migliorando,
come l’aria, più pulita, i fiumi, le spiagge.
La scoperta del riscaldamento globale ha
colmato una lacuna”.
“Kay”
sostiene che gli “evangelisti green” non sono interessati a soluzioni
pragmatiche al cambiamento climatico.
Sono contrari a tutto, al carbone, al gas
naturale, al gas di scisto, all’etanolo, alle dighe, ai camion, al Tgv, alla
macchina, all’aereo.
“I mulini a vento e andare in bicicletta al
lavoro sono insignificanti come conseguenze pratiche, ma ogni ideologia ha
bisogno di rituali che dimostrino l’impegno dei seguaci”.
L’ecologismo
sta edificando un vero e proprio culto:
ha i propri giorni santi (la Giornata della
Terra), i propri tabù alimentari (veganesimo e campagne per ridurre il consumo
di carne di mucca, come in Germania), i propri templi (le università
occidentali) e un proprio proselitismo (gli scettici sono trattati da eretici e
peccatori malvagi).
Per
dirla con il canadese “Mark Steyn”, “l’ambientalismo non ha bisogno del
sostegno della chiesa anglicana perché è esso stesso una chiesa”.
Si
rivisita anche la cristiana “tentazione” nell’idea green di “negawatt”, che
consiste nel non usare energia diminuendo così la nostra razione giornaliera di
“watt” (“Amory Lovins”).
Gli
ambientalisti hanno trasformato la scienza in una verità evangelica, che può
essere usata per correggere il comportamento peccaminoso dell’uomo.
La
presunta onnipotenza dell’uomo trascritta nel termine stesso di “Antropocene” risponderebbe alla feroce resistenza
del pianeta-martire che si vendica.
Una “doxa”
con cui spiegare ormai tutto, dalla guerra in Darfur alla caduta dell’Impero
romano.
Ognuno
ha la propria data fissata per la fine del mondo, che chiamano “Envirogeddon” (l’Armageddon ecologica), in un
“domani” infinitamente aggiornabile.
Alluvione?
Cambiamento climatico.
Siccità?
Cambiamento climatico.
Niente
neve? Cambiamento climatico.
Troppa neve? Cambiamento climatico.
Uragani?
Cambiamento climatico.
Mancanza
di uragani? Cambiamento climatico.
Cos’è questa, se non una religione?
Nel
Medioevo i cataclismi naturali venivano interpretati come una punizione di Dio;
oggi sono imputati all’orgoglio dell’uomo.
E
quando finirà il mondo?
Per il
francese “Jean-Pierre Le Goff”, “è una nuova ‘religione laica’ che detiene le
chiavi della storia umana e della salvezza”
Nel
1967 uscì un libro di notevole successo, “Famine 1975”, che per quell’anno annunciava la fame di massa nel
mondo.
“La
maggior parte delle persone che moriranno nel più grande cataclisma della
storia dell’uomo sono già nate”, scrisse “Paul Ehrlich” (il guru della
population bomb) in un saggio del 1969 intitolato “Eco-Catastrofe!”.
“Ehrlich”
predisse per il 1980 “l’estinzione di tutti i cetacei” e la trasformazione
dell’Inghilterra in una landa sterile.
“Peter
Gunter”, professore della “North Texas State University”, annunciò nel 1970:
“Entro
il 1975 inizieranno le carestie in India; si diffonderanno nel 1990 per
includere Pakistan, Cina e Africa.
Entro
il 2000, o presumibilmente prima, l’America del Sud e quella Centrale saranno
in carestia…”.
“Harrison
Brown”, uno scienziato della “National Academy of Sciences”, pubblicò un
grafico su “Scientific American” che esaminava le riserve di metallo e stimava
che l’umanità sarebbe finita completamente a corto di rame dopo il 2000.
Piombo, zinco, oro e argento sarebbero spariti
prima del 1990.
Nel 1982, il funzionario delle Nazioni Unite “Mostafa
Tolba”, direttore esecutivo del “Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente”,
avvertì:
“All’inizio
del secolo, una catastrofe ambientale causerà la devastazione”.
Nel
1989, “Noel Brown”, direttore dell’ufficio di New York del “Programma
ambientale delle Nazioni Unite”, profetizzò:
“Entro
il 2000 intere nazioni potrebbero essere spazzate via dalla faccia della terra
dall’innalzamento del livello del mare”.
Il
raffreddamento globale una volta era una preoccupazione per molti ecologisti,
come il professore dell’Università della California” Kenneth Watt”, che avvertì
che le tendenze attuali avrebbero reso il mondo “undici gradi più freddo nel
2000…”.
Nel
2006, mentre promuoveva il film “An Inconvenient Truth”, Al Gore disse che all’umanità
mancavano soltanto dieci anni prima di raggiungere il punto di non ritorno,
suggerendolo con scene di inondazioni di Manhattan e della Florida.
È arrivato il 2016 e abbiamo tirato un sospiro
di sollievo.
Ora la
deputata “dem” americana “Alexandria Ocasio-Cortez”, quella del “New Green Deal”,
ci avverte:
“Il mondo finirà tra dodici anni se non
affronteremo i cambiamenti climatici”.
Nel
2031 ci penserà qualcun altro a fissare la nuova data per la fine del mondo.
È
diventato una religione che ha soppiantato il cristianesimo” (“James Lovelock”, l’ideatore dell’”ipotesi
di Gaia”)
Nel
frattempo, chi osa criticare Greta, la “ragazza che vuole salvare il mondo”?
“I gree”n agitano cartelli con scritto “Gli scienziati
hanno parlato”, come un tempo si faceva con “Questa è la parola del Signore”.
È
stato “James Lovelock,” lo scienziato inglese divenuto noto per la “teoria di
Gaia”, a spiegare che l’ambientalismo è mutato, da pragmatico e razionalistico
si è fatto messianico e religioso.
La sua storia inizia nel 1965, quando venne
invitato ai “Jet Propulsion Laboratories” di Pasadena a condurre ricerca
spaziale, in particolare studi sulla possibilità di vita sul pianeta Marte.
“Lovelock” propose un metodo nuovo per
scoprire se su un pianeta c’è vita o no: osservare l’evoluzione nella
composizione chimica della sua atmosfera.
“Lovelock”
ebbe l’ispirazione di considerare il pianeta come un essere vivente.
Secondo
alcuni critici si trattava già di mera teleologia dai risvolti mistici e
filosofici.
Lovelock dice oggi dell’ambientalismo: “E’
diventato una religione, una religione che ha soppiantato il cristianesimo”.
“Lovelock” è un appassionato di
energia nucleare, il che lo ha reso impopolare fra i verdi.
“Sono
uno scienziato e un inventore ed è assurdo rifiutare l’energia nucleare.
Tutto
proviene dal lato religioso. Si sentono in colpa per aver lanciato bombe
atomiche.
E
questo dono dato agli esseri umani – una fonte di energia sicura ed economica –
viene orribilmente maltrattato.
Stiamo
ancora manifestando i sensi di colpa a riguardo”.
È
stato scritto un libro, “Dark Green Religion”, a firma di “Bron Taylor”,
professore di religione e natura all’Università della Florida, su pratiche
molto diffuse per entrare “in comunione con la natura”.
Lo scrittore verde “Mark Lynas” ha ammonito
che “Poseidone,” il dio del mare, “è irritato da semplici mortali come noi. Lo
abbiamo svegliato da un sonno millenario e questa volta la sua ira non
conoscerà limiti”.
Altri ambientalisti parlano della “vendetta di
Gaia” e di parti dell’umanità spazzate via da inondazioni e uragani (mancano
soltanto gli sciami di locuste).
È un
mix di ecologismo, psicoterapia e buddismo meditativo.
Meglio se condito con del “pauperismo di
religiosa memoria”, perché nella propaganda ambientalista lo scopo è
trasformare il consumismo in una patologia spaventosa, “la più grande arma di
distruzione di massa pensata dal genere umano” (scrive l’ambientalista svizzero
“Mathis Wackernagel” in “Il nostro pianeta si sta esaurendo”).
Proliferano gruppi di “verdi apocalittici”,
come gli ambientalisti più radicali del Regno Unito, “Extinction Rebellion”,
battezzati addirittura dall’ex arcivescovo di Canterbury, “Rowan Williams”, che
si veste da druido.
C’è chi considera spacciata metà della terra e
vorrebbe proteggere l’altra metà facendone un parco naturale, riedizione
dell’arca di Noè.
È
“Half Earth” del fondatore della “sociobiologia”, il guru di Harvard” Edward
Wilson”.
Ha una proposta su come fermare l’estinzione
della biosfera: mettere da parte la metà del pianeta e farne un parco naturale
senza esseri umani.
“Dopo tutto, è la diffusione dell’umanità che ha
accelerato i tassi di estinzione”, si legge nel libro.
Il
clima diventa lo strumento della nostra stessa espiazione.
Un
ambientalista negli anni Settanta, “Edward Abbey”, propose che la natura
selvaggia dovesse essere riservata a un numero relativamente piccolo di
persone, solo i soggetti fisicamente in forma e attenti all’ambiente.
“The
world without us”, il mondo senza di noi esseri umani, scrive “Alan Weisman”
nel suo romanzo di successo su un pianeta che si è liberato di quel virus che è
l’umanità.
Lo
scrittore inglese “Paul Kingsnorth” ha scritto “Uncivilization”, libro di culto
fra gli ecologisti.
Siamo entrati nella fase dell’“ecocidio”, il
futuro consiste nella “decivilizzazione”.
Non si
perora più l’uso della tecnologia o delle risorse come al Sierra Club.
Siamo
allo stadio finale dell’ambientalismo, atarassia e attesa della fine, come gli “gnostici
catari” sul Montségur.
Non esistono più santuari, siamo circondati.
È il
nuovo oppio dei popoli occidentali.
Dio
non è morto. È soltanto diventato verde.
Il
Delirio della Malattia “x”.
Conoscenzealconfine.it
– (8 Settembre 2023) – Redazione – ci dice:
La
stampa igienica è tornata all’attacco con del terrorismo psicologico su una
malattia che non esiste, della quale non sanno nemmeno il nome e non sanno
nemmeno quando arriverà.
Un’Invenzione
dell’”OMS” corrotto già nel 2018.
Nel
2018 l’OMS iniziò a dichiarare ad alcuni giornali (independent.co.uk/news/science/disease-x-what-is-infection-virus-world-health-organisation-warning-ebola-zika-sars-a8250766.html) che sarebbe arrivata una “malattia
x”, cioè una malattia ignota che avrebbe decimato la popolazione mondiale.
Lo
stesso “Fauci” (il Truffatore made Usa) si unì al delirio, sostenendo che “x
sta per inaspettato” e che prima o poi sarebbe arrivata una “nuova Ebola” che
avrebbe messo in ginocchio il mondo e quindi era necessario dare i fondi
all’OMS (sempre più corrotta) per investire sullo sviluppo di vaccini.
Nel”
blueprint” del 2018 (who.int/activities/prioritizing-diseases-for-research-and-development-in-emergency-contexts) dell’OMS compare questa “malattia x”,
specificando che in quel momento non esisteva, ma che sarebbe esistita in
futuro.
Nelle
foto di questo articolo (telegraph.co.uk/global-health/science-and-disease/beware-disease-x-mystery-killer-keeping-scientists-awake-night/)
del 2018,
si può vedere come già stessero provando a sdoganare l’uso delle mascherine,
con tanto di foto di sanitari bardati e paragrafi sulla zoonosi.
Col
senno di poi, tutto questo servì per abituare le persone al clima di terrorismo
pandemico della “farsa covid”, del resto loro stessi nei media iniziarono a
dire che la “malattia x” era proprio il covid, così da poter spostare la paura
dell’ignoto dalla “malattia x” al covid, e spingere le persone ad associare le
due cose.
Il
Cambio di Marcia dell’”OMS” e del “WEF (entrambe strutture sempre aperte
alla corruzione più sfrenata! N.D.R.).
Poi
hanno cambiato idea e hanno detto che la malattia x non è la covid, ma è
qualcosa che non è ancora arrivato (who.int/news/item/21-11-2022-who-to-identify-pathogens-that-could-cause-future-outbreaks-and-pandemics), qualcosa di ancora più temibile.
Per
evitare di cadere in una completa contraddizione, l’OMS ha detto che non esiste una
sola malattia X, ma malattia X è una dicitura per indicare tutte le malattie sconosciute
che soddisfano determinate caratteristiche, e quindi ve ne potrebbero essere di
più oltre alla covid e hanno creato
un’intera agenda (cdn.who.int/media/docs/default-source/blue-print/agenda_pathogen-x-august-2022_v15.pdf?sfvrsn=f7bfe562_3) per andare a caccia di questa nuova
malattia.
Il WEF
con questo articolo(weforum.org/agenda/2023/07/diseasex-pandemic-preparedness-cepi/) ne fa propaganda dicendo che esistono
da 250 a 300 minacce virali sconosciute e che bisogna produrre un vaccino per
ognuna di esse, consigliando poi un libro (simonandschuster.co.uk/books/Disease-X/Kate-Kelland/9781912454952), dove si ammette di aver preso tra le
fonti di ispirazione Bill Gates, in cui l’obiettivo è analizzare le reazioni
delle istituzioni alla “farsa pandemica covid” e trarre degli insegnamenti per creare
“un piano pandemico globale”.
Il “CEPI”: Normalizzare l’Uso di Vaccini
Sperimentali.
Il
prodotto di tutto questo è il “CEPI” (cepi.net/), una sorta di fondo di
investimenti, che è specializzato nel finanziare vaccini (cepi.net/research_dev/our-portfolio/), anche quelli a mRNA (100days.cepi.net/cepi-and-sk-bioscience-partner-to-advance-mrna-vaccine-technology-to-build-vaccine-library-enable-rapid-response-against-disease-x/),
e nel
distribuirli soprattutto in Africa, come hanno fatto per “i veleni covid”
attraverso”
la
struttura COVAX, che è gestita insieme all’OMS, alla banca mondiale e
all’UNICEF (tutte strutture controllate dalle multinazionali globaliste! N.D.R.)
Il “CEPI”
ha ricevuto ingenti finanziamenti dai governi del Regno unito, Giappone,
Norvegia, USA, Germania, Australia, dal presidente del G20, dalla “Bill &
Melinda Gates foundation” e da “Wellcome”.
Vogliono
creare una “biblioteca” di vaccini a mRNA, perché sono facili da produrre,
sostenendo che il “topicida” Pfizer è un modello da seguire:
il loro obiettivo è riformare l’iter di
sperimentazione di nuovi vaccini per accorciarlo il più possibile, rendendo
norma l’uso di intrugli sperimentali così che non saranno più chiamati nemmeno
tali.
Conclusioni.
La
retorica della “malattia x” è puro terrorismo psicologico, e serve per abituare
le persone al clima pandemico continuo, visto che si offre come oggetto della
paura qualcosa che non esiste.
A dire
il vero è difficile rimanere seri nel raccontarvi queste cose, perché ormai con
queste
buffonate sono
diventati la parodia di loro stessi e lo ammettono pure, facendo il preambolo,
quando parlano di “malattia x”… che non si tratta di fantascienza! (ecohealthalliance.org/2018/03/disease-x).
Questo
non è casuale, perché la satira e la parodia sono sempre stati strumenti di
dissenso, e creando un sistema che è la parodia di sé stesso, esso diventa
impermeabile alla satira e alla ridicolizzazione.
Come si può fare “satira del potere”, quando al potere
ci sono dei “clown”?
(money.it/malattia-x-scatta-operazione-contro-prossima-pandemia-vaccino-in-100-giorni)
Le
radici dogmatiche e razziste del
nostro
movimento ambientalista moderno.
Survival.it
- Stephen Corry – (10-8-2023) – ci dice:
Il
“movimento per la conservazione” ritiene di poggiare su basi scientifiche ma,
di fatto, deriva da alcune credenze che trovano le loro origini nel
protestantesimo, e in particolare nella dottrina calvinista.
Il
fatto che “il movimento ambientalista”, a un certo punto, si sia ramificato in
due dottrine che hanno visioni opposte dell’uomo, è generalmente poco noto.
Una di queste include nella sua visione gli
esseri umani, mentre l’altra – la più antica e potente – non li contempla.
Se
vogliono avere almeno una possibilità di contribuire a un mondo migliore,
coloro che hanno a cuore l’ambiente devono fare pressione sulle grandi
organizzazioni della conservazione affinché rinuncino a queste loro dogmatiche
fondamenta.
Per
quel che sappiamo, i primi uomini bianchi a essere entrati nella” valle di
Yosemite” erano soldati del battaglione Mariposa a caccia di Nativi Americani.
Le tribù si stavano ribellando al furto delle
loro terre e dovevano essere contenute e pacificate per proteggere i cercatori
d’oro che stavano invadendo i loro territori.
Nel
suo libro “The Ahwahneechees: A Story of the Yosemite Indians”, datato 1966,
“John W. Bingaman “scrive che quando “i negoziati con gli Indiani fallirono,
per farli venire a patti fu usata la forza”.
Quando le milizie raggiunsero la valle, nel
1851, gli indigeni ebbero il buon senso di battere tatticamente in ritirata,
salvo una donna troppo vecchia per scappare.
Per
ritorsione, il battaglione distrusse le scorte di cibo che gli Indiani avevano
accantonato per l’inverno.
Tre
mesi dopo, la guerra di Mariposa era finita e una sorta di pace regnava
sovrana.
I Nativi erano stati uccisi, costretti in
riserve o ridotti a superstiti sottomessi e spodestati.
Dopo averla completamente liberata dei suoi
abitanti originari, i nuovi invasori iniziarono a connotare la valle di
Yosemite in termini religiosi.
In un
suo sermone del 1890, il famoso pastore protestante “Thomas Starr King” disse
che: “su
ogni roccia è scritto un passo della Sacra Scrittura”.
E poco
dopo,” Jhon Muir”, figlio di un pastore e oggi riverito come il padre
dell’ambientalismo americano, descrisse la sua ascesa verso la cima della “cattedrale
di Yosemite” come “la prima volta che entrai in chiesa in California”.
“Muir”
si considerava un “fedele solitario” e con un certo lirismo sentenziò:
“Nei nostri momenti migliori, ogni cosa
diviene religione, il mondo intero sembra una chiesa e le montagne altari”.
I primi semi del movimento ambientalista per come lo
conosciamo noi oggi, erano stati gettati.
Il
modello di conservazione adottato a Yosemite è la versione originale, ed è
fondamentalmente anti-uomo.
Alle
sue fondamenta ci sono quei credi che nel XVI secolo presero il loro nome dal
pensiero del francese “Giovanni Calvino”, il secondo illustre fondatore del
protestantesimo dell’Europa settentrionale.
Calvino
nacque 26 anni dopo Martin Lutero, il monaco tedesco che per primo denunciò la
spaventosa corruzione del clero cattolico.
Le
tesi di Lutero finirono per dividere la cristianità occidentale nei suoi due
rami antagonisti.
E, da allora, la storia dell’Europa
occidentale sarebbe restata intrappolata fino ai giorni nostri nella narrativa
di questa opposizione tra protestantesimo e cattolicesimo romano tradizionale.
Sia il luteranesimo sia il calvinismo hanno
dato vita a miriadi di chiese e rimangono fra i pilastri più importanti del
protestantesimo dei giorni nostri (anche se i seguaci di entrambi sono numericamente
inferiori ai cattolici romani).
Comprendere
perché la conservazione sia vista in modo così diverso in luoghi e società dove
il calvinismo non ha mai avuto una grande influenza, significa riconoscere la
divergenza tra le credenze principali di Calvino e quelle della maggior parte
dei cattolici romani.
Confrontare due teologie tanto complesse in
poche righe è un’impresa folle ma, sostanzialmente, quel che ci interessa qui
rilevare è che il calvinismo tende a dare più importanza all’individuo che alla
società nel suo complesso.
Questa
distinzione diventa evidente se si confrontano gli approcci dei missionari
cattolici e protestanti nel mondo contemporaneo.
Le eccezioni non si contano ma, generalmente,
i cattolici cercano di istituire una congregazione per poi guidare il gregge,
mentre i protestanti sono più attenti alla salvezza delle singole anime.
I non-cristiani saranno forse sorpresi di
sapere che non solo gli appartenenti a fedi cristiane diverse si considerano
vicendevolmente come non-cristiani, ma anche che i protestanti estremisti, ancora oggi,
considerano il Papa della Chiesa cattolica romana come un emissario di Satana,
il re dei diavoli in persona.
Il
calvinismo ruota attorno a tre precetti centrali:
la
Bibbia è verità letterale, Dio si è manifestato attraverso il creato visibile
(la “natura”), e il genere umano è peccatore.
Pone
meno enfasi sugli insegnamenti del Nuovo Testamento a proposito dell’amore o
della carità, come fanno ad esempio la parabola del “buon Samaritano”, o il
comandamento “ama il tuo prossimo” (il che, ovviamente, non significa dire che
i calvinisti siano meno amorevoli o caritatevoli!).
Minimizzando
l’idea che gli individui potessero salvarsi praticando la compassione e le
opere buone, la fede fu posta sopra ogni cosa.
Nella teologia calvinista vi è poco che
possiamo fare – in realtà, assolutamente nulla – per garantirci la salvazione.
La
decisione di Dio è immutabile ed eterna. Pochi saranno salvati dalla grazia di
Dio, la grande maggioranza, no.
I
primi Europei a stabilirsi permanentemente in Nord America furono i cattolici
romani.
In seguito, dall’Europa settentrionale
arrivarono i colonizzatori provenienti dalle aree più importanti del
protestantesimo calvinista – le isole britanniche, la Germania e i Paesi Bassi
– importando la loro nuova religione nelle colonie americane (così come fecero anche nell’Africa
meridionale, il che è rilevante, come spiegherò in seguito).
È
stata la loro teologia, sincretizzando e prendendo a prestito il rapimento
estatico del romanticismo verso il paesaggio, a ispirare direttamente la
nascita del movimento ambientalista.
La natura era il divino, e il genere umano il
male,
destinato a contaminare la buona creazione di Dio; poche persone erano virtuose
(in questo caso, quelle che credevano nella conservazione), la maggior parte
no.
Nonostante
il cattolicesimo fosse ancora la confessione che contava più adepti negli Stati
Uniti quando, nel XIX secolo, nacque il “movimento per la conservazione”, gli ambientalisti più importati erano
sempre di formazione protestante.
“Henry
D. Thoreau” era un trascendentalista, un movimento filosofico derivato dal
calvinismo.
“ Aldo
Leopold”, autore di “A Sand County Almanac”, nacque in una famiglia di luterani
protestanti (la sua prima lingua era il tedesco) e frequentò corsi biblici a
Yale.
“Rachel
Carson”, autrice di “Silent Spring”, era la figlia di un devoto presbiteriano
calvinista.
“David Brower”, uno dei fondatori di” Friends
of the Earth” e forse il più famoso ambientalista californiano del XX secolo, si descriveva come un
“ex-presbiteriano” e dava lezioni su come “attrarre le persone verso la
religione” definendo i suoi discorsi addirittura come dei sermoni.
“I
profeti della conservazione” sono questi, e sono tutti nomi familiari agli
ambientalisti americani.
Molti di loro potrebbero aver disconosciuto la
religione sottesa alla loro visione del mondo, molti non potrebbero essere
considerati anti-uomo, né tanto meno ritenuti responsabili per i crimini
compiuti nel nome della conservazione.
Tuttavia,
è chiaro che il protestantesimo in generale, e il calvinismo nello specifico,
hanno plasmato sia i sistemi ideologici secolari dominanti negli Stati Uniti di
oggi, sia la tutela dell’ambiente e il progresso economico (come illustra in modo convincente “Robert
H. Nelson”).
Riconoscere
il divino nella natura” ovviamente non è prerogativa esclusiva del
protestantesimo; è un concetto ampiamente diffuso, forse onnipresente.
I
Nativi Americani lo fanno, anche se in modi abbastanza diversi, così come i
cattolici.
Il
problema incistato nell’approccio che gli Stati Uniti hanno con l’ambiente non
è certamente quello di credere nella sacralità della natura!
L’errore
sta nel ritenere che “wilderness “debba necessariamente significare natura
vergine e incontaminata, libera dalla presenza umana.
Quest’idea
semplice, che mette ai ferri corti l’umanità peccatrice nei confronti di una
natura celestiale, ha conseguenze disastrose per la conservazione e affonda le
radici direttamente nelle sue origini teologiche.
Negli
Stati Uniti, “il concetto di conservazione people-free” viene applicato in modo
rigoroso.
Nelle
zone di wilderness del “Parco Nazionale di Yosemite” i sentieri sono tracciati
a malapena, e vige il divieto assoluto di svolgervi una qualsiasi attività
economica o di costruirvi abitazioni.
Gli
escursionisti che vi entrano devono prima registrarsi, indicando
scrupolosamente i loro itinerari e i luoghi, pochissimi consentiti, in cui
sosteranno.
Pagano,
e devono portare con sé i loro permessi, pena l’espulsione.
Quando i guardaparco ritengono che le persone
su un dato percorso siano abbastanza, smettono semplicemente di distribuire i
biglietti.
I
visitatori hanno l’obbligo di portare via ogni cosa, persino la carta igienica
usata.
Gli
appassionati sostenitori di questa “wilderness americana” la venerano come un
santuario sacro, dove le persone sono tollerate a malincuore, e solo quando
rispettano i comandamenti e pagano per il privilegio.
Secondo la teologia, simili “pellegrini”
ottengono indubbiamente qualcosa di grande in cambio del loro denaro.
“Nell’essenza
incontaminata di Dio sta la speranza del mondo” spiegava l’ex-presbiteriano “Jhon
Muir”, aggiungendo che: “non esiste nulla di veramente selvaggio che sia
impuro”.
Negli
anni Novanta, quando “Roger G. Kennedy”, a capo del “National Park Service”,
predicava:
“Dovremmo concepire la wilderness come parte
della nostra vita religiosa”, il culto della “natura selvaggia” era ormai
diventato un articolo di fede ben oltre i confini del calvinismo.
Tuttavia,
il collegamento con la religione è sempre ben visibile appena sotto la
superficie.
Due dei guru dell’ambientalismo dei giorni
nostri sono “Dave Foreman” e “Doug Tomkins”.
Foreman è il fondatore di “Earth First!” ed
ex-direttore di “Sierra Club”.
Prima
della sua rivelazione secondo cui “la Terra è Divinità e il vero oggetto della devozione
umana”,
aveva preso in considerazione l’idea di diventare prete.
“Tomkins”,
milionario co-fondatore di “North Face”, nonché figura di primo piano dietro le
aree protette di Cile e Argentina, aveva le stesse inclinazioni:
“Il
concetto di condivisione del pianeta con altre creature è per me un precetto
religioso… Significa che… a ispirare la conservazione della biodiversità è
l’etica”.
In
gioventù, era un devoto protestante anche il famoso “padre della biodiversità”, “E.O. Wilson”.
Alcune
di queste persone arrivano al punto di piegare il linguaggio alla loro fede,
usando l’improbabile teoria secondo cui i termini inglesi “wild” e
“self-willed” un tempo significassero la stessa cosa.
“Wild Nature” (Natura Selvaggia – spesso scritto
con la maiuscola come Dio) sarebbe presumibilmente uguale a “self-willed Nature” (Natura autodeterminata).
Un
tempo, così narra il racconto, la gente comprese che la wilderness seguiva il
proprio progetto “autodeterminato”, che gli umani erano condannati a rovinare.
Proprio come Eva aveva corrotto Adamo, portando il
genere umano al meritato sfratto dal Paradiso.
Descrivere
il mondo come un terreno di scontro tra l’uomo peccatore e la Natura divina è,
ovviamente, un assunto religioso che non ha nulla a che fare con la scienza.
Quello
che è certo, nelle menti di chi osserva questo dogma, è che le persone sono ben
poco tollerate nella wilderness dell’Eden.
“Dave
Foreman” è ben lontano dall’essere il solo a considerare l’umanità come
“qualcosa di maligno” e a pensare che la popolazione mondiale dovrebbe essere
ridotta a due miliardi di individui dagli attuali sette.
Ovviamente
sono pochi gli ambientalisti che si azzardano a proporre apertamente una
qualunque idea sul come far scomparire il 70% dell’umanità!
Un’eccezione tragicomica viene dal “primo
presidente del WWF del Regno Unito”, il duca di Edimburgo, che ha
dichiarato:
“Nel caso mi reincarnassi, mi
piacerebbe tornare sotto forma di virus letale, per poter contribuire in
qualche modo a risolvere il problema della sovrappopolazione”.
Molti
ambientalisti non si preoccupano di servire il genere umano; se qualcuna delle
loro iniziative finisce con il beneficiare le persone, è del tutto casuale.
Cercano
piuttosto di promuovere la Natura per le sue finalità intrinseche, nella
convinzione di dover rispettare solo il suo “volere”, e certamente non quello
dell’uomo.
Provate,
nella loro “dottrina”, a sostituire la parola “natura” con la parola “Dio”, e
questa eredità teologica diventerà lampante.
A loro
non importa se nessuno visita le zone protette, a nome delle quali sostengono
di parlare.
Anzi: meno visitatori ci sono, meglio è.
Alcuni
hanno portato le loro convinzioni all’estremo.
Nei
suoi scritti, “Jhonaan Spiro” illustra come, all’inizio del XX secolo, i
conservazionisti si trovassero in prima fila sia nel movimento eugenetico sia
nell’opposizione all’immigrazione dai paesi “non-ariani” (o, a volerla vedere in altro modo,
specialmente cattolici ed ebrei).
Descrive
accuratamente anche il loro programma misantropo, che si opponeva ai matrimoni
“misti” e sosteneva la sterilizzazione forzata.
Non si
tratta di una semplice coincidenza, come affermano scrupolosamente alcuni
ambientalisti contemporanei.
A loro
piace credere che quelle opinioni fossero universali, ma non lo erano; c’erano
sempre altre voci che sostenevano l’eguaglianza razziale e la compassione.
Per
quanto possa essere sgradevole ammetterlo oggi, la verità è che vi era un legame
diretto tra l’eugenetica e l’idea della conservazione finalizzata al controllo della
selvaggina:
l’eliminazione
dei deboli al fine di mantenere forte la specie.
Oggi è
luogo comune addossare le colpe del degrado ambientale alla sovrappopolazione.
Ovviamente
non è una teoria totalmente infondata, ma in realtà gli Stati Uniti sono ancora
scarsamente popolati.
Per
raggiungere la stessa densità della Gran Bretagna, ad esempio, il numero degli
abitanti dovrebbe aumentare di otto volte.
(Vale anche la pena sottolineare che la popolazione
americana potrebbe continuare a crescere fino a tal punto senza consumare più
risorse di quanto non faccia adesso; per farlo, basterebbe che ogni americano
medio non consumasse più dell’uomo medio in Messico o in America centrale).
Gli
Stati Uniti sono la forza e il finanziatore principale dell’ambientalismo.
L’Europa
li segue a breve distanza, ma qui le cose non potrebbero essere più diverse.
Gli
Europei, che hanno familiarità con i loro parchi nazionali dove gli
escursionisti possono andare e venire liberamente e accamparsi durante la
notte, si sorprenderebbero delle rigide restrizioni imposte dagli Americani.
Gli
Europei possono adorare la natura come chiunque altro, ma accettano
l’integrazione delle persone con il paesaggio. È una differenza sostanziale.
In
Europa, i parchi nazionali spesso includono fattorie, comunità e addirittura
intere cittadine.
Il modo in cui il genere umano ha
caratterizzato il suo ambiente, è oggetto di celebrazione.
Sulla
maggior parte delle montagne europee svettano enormi croci cristiane ben
visibili da lontano.
Spesso vi si trovano incisi versi ispiratori,
che di solito invocano la divinità.
In un
continente con una storia scritta che copre migliaia di anni, dove popoli
antichi hanno costruito massicci edifici di pietra e strade, e dove l’Homo
sapiens ha abitato per oltre 40.000 anni, e quello di Neanderthal dieci volte
più a lungo, qualunque nozione di “wilderness libera dalla presenza dell’uomo” – per citare una frase controversa dal
Wilderness Act statunitense del 1964 – suona come un errore cieco e accecante.
E lo è.
Le
aree protette europee mostrano ancora il loro lato selvaggio, ma non sono
riuscito a trovare nessuna area di conservazione che sia stata fondata sullo
sfratto o l’uccisione dei suoi abitanti.
Ma non in virtù di un’interpretazione diversa della
religione o della wilderness, bensì perché l’indignazione che ne risulterebbe
toglierebbe immediatamente il sostegno popolare alla conservazione stessa (che in Europa è ancora largamente
finanziato da Gran Bretagna e Germania, roccaforti del protestantesimo).
Purtroppo
per i popoli indigeni, però, a essere esportato per primo in Africa e Asia è
stato il modello americano.
Praticamente
tutte le aree protette dell’Africa, così come molte in Asia, sono state create
sottraendole ai popoli indigeni e ad altre comunità locali.
Il furto ha comportato lo sfratto forzato di
milioni di persone, e continua ancora oggi.
Strada
facendo sono state distrutte intere tribù, proprio come accadde negli Stati
Uniti nel XIX secolo.
Che
non vi sia stata nessuna reazione di sdegno da parte dell’opinione pubblica, è
scandaloso.
Nonostante
il modello fosse americano, il crimine può essere attribuito ai nordeuropei.
Con la
(apparente) eccezione di “Virunga”, il primo parco creato in Africa, gli imperi
che più di tutti hanno guidato l’imposizione dei più grandi parchi nazionali dell’Africa
sono stati la Gran Bretagna, la Francia e la Germania, mentre le aree di
conservazione sudafricane sono state create dai discendenti dei coloni olandesi
e dei coloni ugonotti francesi.
È pertanto facile vedere i parchi Africani, e
l’intero sogno della wilderness africana, come un’invenzione di persone che
condividono lo stesso retaggio etnico e religioso – quasi sempre protestante –
dei padri fondatori della conservazione negli Stati Uniti.
Credere
in una wilderness “vuota” è un costrutto razzista.
La nostra specie ha avuto inizio in Africa
circa 200.000 anni fa, e occupa il Nord America da almeno 15.000 anni, se non
più.
Un
numero crescente di prove scientifiche dimostra che i popoli indigeni hanno
modificato le loro terre ovunque nel corso migliaia di anni, piantando,
bonificando, bruciando, incoraggiando i pascoli e utilizzando tanti altri
metodi efficaci per gestire al meglio gli animali e le piante che li
sostentavano.
Come chiunque altro, stavano plasmando
attivamente l’ecosistema per migliorare le loro vite.
Ma i
conservazionisti non sono stati in grado di capirlo.
Quando
fu creato il modello di parco nazionale americano, il razzismo imperante nel
XIX secolo impedì il riconoscimento di questi impatti ambientali positivi.
La
verità è che, in primo luogo, nessuna di quelle aree era “vuota”, ma i loro
abitanti di pelle nera e marrone non erano considerati umani al pari degli
arroganti conservazionisti bianchi.
Apparentemente
occupavano un gradino più basso della scala evolutiva, o ne erano addirittura
al di fuori.
Proprio
perché erano considerati “a malapena umani”, le loro terre potevano essere
definite “disabitate” e “vergini”, e i loro territori resi deserti, cacciandoli
fuori.
Ma la
tragedia è che, proprio come l’ottusità di quei coloni impedì loro di
riconoscere il modo in cui i popoli indigeni si prendevano cura delle loro
terre, molti ambientalisti non riescono a vederlo ancora oggi.
Molti
ecoturisti occidentali non sanno che i parchi nazionali che pagano per visitare
in Africa e in alcune zone dell’Asia sono stati liberati con la forza, per
creare una wilderness artificiale.
I sostenitori delle cause ambientali sono fra
le persone più altruiste e sensibili che esistano, e molti di loro resterebbero
scioccati se sapessero che gli sfratti illegali e gli abusi dei diritti umani
perpetrati nel nome della conservazione sono diffusi ancora oggi, e che le
strategie per combattere il bracconaggio si basano sempre di più su omicidi
extragiudiziali – in altre parole, illegali – principalmente nei confronti di
poveri locali.
Anche
se molti esperti lo sanno fin troppo bene, nessuna delle grandi organizzazioni
della conservazione ammette pubblicamente che la letale militarizzazione
“verde” che hanno scatenato, è del tutto inutile se non addirittura dannosa ai
fini di combattere i veri collaboratori del bracconaggio – i funzionari
corrotti.
Gli
ambientalisti comuni non si rendono conto che tra costoro vi sono membri degli
stessi dipartimenti governativi, finanziati dalle loro donazioni.
Se
continueranno ad alienarsi la popolazione locale, a uccidere la conservazione
saranno i conservazionisti stessi.
Ci viene detto continuamente che il
bracconaggio è in aumento, per esempio, ma nessuno ammette che lo è
principalmente a causa dell’inefficacia delle strategie di conservazioniste,
profondamente difettose.
Se
vogliamo proteggere l’ambiente, dobbiamo renderci conto che il” termine
wilderness” è stato indebitamente usato per descrivere le terre ancestrali di
popoli che da esse sono poi stati cacciati per realizzare il mito biblico di un
Eden vuoto.
È ora
di togliere questo antidiluviano luogo comune dal canone ambientalista.
È
giunto il momento di approcciare i popoli indigeni e le altre comunità che
vivono all’interno o nei pressi delle aree di conservazione con il rispetto che
meritano, e di riconoscere e contrastare realmente i crimini commessi nel nome
della conservazione.
Il successo dell’ambientalismo dipenderà
principalmente dalla scelta che vorranno fare i leader del movimento
conservazionista e l’industria miliardaria che li sostiene:
se
dare più importanza alla protezione del loro mito di un Eden inviolato, o
piuttosto alla protezione del mondo naturale reale, che le persone hanno nutrito e
plasmato nel corso dei millenni.
Gli
anni attorno al 1850 sono stati un’epoca di grandi cambiamenti.
I
bianchi hanno annientato gli Indiani di Yosemite e poi hanno consacrato la loro
terra, dando così vita al mito romantico della creazione conservazionista.
Il libro “Le origini delle specie” di Darwin sconvolse
l’antica versione biblica della creazione alimentando allo stesso tempo a un
nuovo mito maligno, che oggi viene chiamato razzismo “scientifico”.
Nello
stesso decennio, “Henry D. Thoreau” ci regalava “Walden, vita nei boschi”, il suo capolavoro letterario, in
cui saggiamente scriveva che:
“Non è mai troppo tardi per rinunciare ai
nostri pregiudizi”. Guardare
alla storia è molto di più di un intrattenimento fine a sé stesso;
la storia è una guida e un mentore che può
sottrarci dal ripetere all’infinito le crudeltà del passato, e indirizzarci
verso qualcosa di migliore per tutti.
(Stephen
Corry è l’ex direttore generale di “Survival International” e l’autore di
“Tribal Peoples for Tomorrow’s World.”)
L’emergenza
ecologista e
il
nuovo
ordine mondiale: perché
i
conservatori dovrebbero sparigliare.
Magna-carta.it – (Gaetano Quagliariello) –
(3-3-2021) – ci dice:
Pubblichiamo
qui l’intervento di Gaetano Quagliariello nel “dodicesimo Rapporto” sulla “Dottrina sociale della Chiesa” nel mondo, dal titolo “Ambientalismo e globalismo: nuove
ideologie politiche”, realizzato dall’”Osservatorio Van Thuan” a cura di Riccardo Cascioli, Giampaolo Crepaldi
e Stefano Fontana (ed. Cantagalli).
Una
questione di metodo.
Di
fronte a un problema che c’è, ed è evidente, il modo giusto per contrastare
false rappresentazioni, schemi contraddittori e ricette ideologiche non è
negare l’esistenza del problema stesso, ma contrapporre alle letture distorte
una visione consapevole e razionale della realtà.
La
questione ambientale è un terreno ideale sul quale tentare questo cambio di
approccio.
Al cospetto infatti di un ecologismo assurto quasi a
religione civile, fondato sul sovvertimento dell’ordine naturale e divenuto arma di lotta
politica e
soprattutto di guerra geopolitica, pensare di difendersi trincerandosi dietro
quello che con un termine abusato può definirsi “negazionismo” significa
regalare campo agli avversari.
E significa rinunciare a far proprio un tema che,
interpretato secondo le corrette categorie, può portare a una nuova stagione di
sviluppo e soprattutto aiutarci a capire cosa sta accadendo nel mondo al di là dell’ipocrisia della
narrazione dominante.
La
natura che cambia.
Insomma,
rifiutarsi di ribaltare l’ordine gerarchico del creato, scorgere nel nuovo
moloch ambientalista la riproposizione del vizio materialista e totalitario già
sperimentato in altri ambiti, non impedisce a un liberal-conservatore di riconoscere che un
problema ambientale vi sia.
Non
certo perché ce lo dicano gli striscioni di Greta Thunberg o il dibattito sul
surriscaldamento globale.
A
dircelo sono indicatori più complessi e diversissimi per caratteristiche e
dimensioni di scala.
C’è
l’esperienza diretta degli operatori economici che esercitano attività legate
al territorio, i quali possono testimoniare i mutamenti che condizionano il
loro lavoro e quanto il successo e la stessa sopravvivenza della loro impresa
dipendano dalla capacità di coglierli e di reinventarsi di conseguenza.
Vi
sono le ripercussioni del consumo del suolo da un lato e dell’incuria
dall’altro, di cui ci si rende conto in occasione delle calamità naturali
(incendi, alluvioni…) ma che il giorno dopo già vengono dimenticate fino alla
tragedia successiva.
C’è, per riferirci a un’epoca recentissima, la
stessa constatazione della ricomparsa di specie animali prima introvabili in
contesti antropizzati in coincidenza con il fermo produttivo determinato dalla
pandemia.
Circostanza,
quest’ultima, che se ha portato i fanatici a vedere nel Covid una sorta di
vendicatore della natura contro l’uomo cattivo, non può non contribuire, per
chi avesse voglia di farlo razionalmente, ad approcciare la questione
ambientale nei suoi termini di realtà.
Infine,
a segnalare che un problema esiste, vi sono le mire espansionistiche di taluni
grandi Stati, che solo in parte si spiegano con ambizioni “imperiali” declinate
secondo la geopolitica del terzo millennio, e che hanno a che fare anche con la
scarsità di risorse agroalimentari autoctone dovuta a politiche
economico-industriali sregolate e selvagge dettate dal connubio tra il peggio
del comunismo e il peggio del capitalismo.
Politiche
nei confronti delle quali le anime belle, stranamente, tacciono.
La
globalizzazione, il “politicamente corretto” e lo strabismo delle anime belle.
In
questo senso, affermare che la globalizzazione abbia accentuato di molto il
problema ambientale è una adamantina verità.
Spesso, tuttavia, raccontata all’inverso:
al
contrario di ciò che sostiene la propaganda pauperista e mondialista, il fenomeno non è dovuto
all’espansionismo del cattivo Occidente, ma a una dinamica di segno quasi
opposto.
L’apertura
dei mercati e degli interscambi a livello mondiale, infatti, ha posto il
problema di una concorrenza più spietata e meno regolata.
È un
dato di fatto che si può cogliere già intuitivamente:
con il
venir meno di barriere protettive fra ambiti di mercato circoscritti e
omogenei, dettate da un substrato di regole minime comuni, il confronto
commerciale con chi riesce a produrre a costi minori grazie allo sfruttamento
selvaggio dell’ambiente (e delle risorse umane, tema che però esula da questa
riflessione), rischia di indurre i concorrenti a forzare nella medesima
direzione per reggere la competizione.
La risposta spesso inadeguata degli Stati
occidentali e soprattutto delle istituzioni sovranazionali, che non di rado
appaiono vocati più a complicare la vita a chi mette in atto pratiche virtuose
che ad arginare l’aggressività degli imperi emergenti con armi efficaci,
completa il quadro di inaudita complessità nel quale gli operatori economici
sono costretti a muoversi.
Caso
emblematico è quello della Cina.
Alcuni
osservatori particolarmente acuti, come “Giulio Tremonti”, posero per tempo
quello che nel giro di qualche anno sarebbe diventato un problema epocale per
il mondo e in particolare per l’Occidente europeo, ma purtroppo sono rimasti inascoltati.
Dal
punto di vista che qui ci occupa, è vistoso lo strabismo con il quale
determinati circuiti ambientalisti concentrano la propria offensiva nei
confronti dei modelli produttivi occidentali (certamente perfettibili ma
quantomeno regolati), giudicati insostenibili e responsabili di qualsiasi
cataclisma (reale o immaginario che sia), mentre sono colti da improvviso
mutismo – quando non addirittura da compiacente acquiescenza – di fronte a
regimi come quello cinese che, come abbiamo già detto, alimentano la propria
prepotente espansione commerciale attraverso lo sfruttamento selvaggio delle
persone e dell’ambiente.
Ugualmente – giusto per fare un altro esempio – si
tace di fronte alla situazione ambientale disastrosa determinata da un mix
micidiale di industrializzazione e arretratezza in Paesi strategici ma
dimenticati dal mainstream, come l’India.
(…)
Il
nuovo ordine mondiale.
La
guerra ecologica è anche geopolitica.
E non
è un caso che, come appare evidente ad esempio nel fenomeno “Greta” ma non
solo, taluni circuiti ambientalisti particolarmente ideologizzati siano
sostenuti da potenti lobby con capacità di penetrazione mediatica, politica,
economica e culturale a livello internazionale.
Per questo – soprattutto per questo – la
questione ambientale rischia oggi di rappresentare il paravento dietro il quale
realizzare un nuovo ordine mondiale nel quale l’Occidente, con il suo modello
sociale e i suoi valori che siamo diventati incapaci di difendere, sia relegato
al ruolo di comprimario.
La
risposta dell’Occidente.
Tuttavia,
come detto in premessa, la risposta giusta da parte dei pochi che non intendano
rassegnarsi a questa deriva, non è negare che un problema ambientale esista.
La risposta è far proprio questo tema
declinando in modo nuovo i modelli di sviluppo socio-economico dell’Occidente,
che rimangono quanto di più avanzato la civiltà umana abbia saputo introdurre e
dimostrano come la più alta forma di ambientalismo sia quella che non demonizza ma
valorizza le attività antropiche, se correttamente esercitate, come strumento principe di cura del
territorio.
Il
problema dello sfruttamento ambientale, amplificato a dismisura dalla
globalizzazione, può
essere insomma affrontato in modo pragmatico con un poderoso percorso di
riforme che investa tanto il piano culturale quanto quello dei concreti
processi produttivi, che consenta di addivenire a un mercato che sia al tempo
stesso realmente libero e realmente regolato anche su scala globale, e che
sappia coniugare il patrimonio delle nostre tradizioni con le opportunità
offerte dalla modernizzazione.
L’alternativa
è che la questione ambientale diventi definitivo ed esclusivo appannaggio di un
ecologismo ideologico, ipocrita, pauperista e materialista.
Attacco
alla centralità dell’uomo.
L’ecologismo
mondialista, cosa ben diversa dal rispetto dell’ambiente, non è poi altro che
una delle facce di una medesima deriva culturale e sociale che tende a mettere in dubbio
l’antropocentrismo.
Non è un caso che il “fanatismo ambientalista”
coincida spesso con posizioni di segno totalmente opposto sul versante
antropologico.
Gli
stessi che si stracciano le vesti per un agnello mangiato a Pasqua, per una
scultura realizzata su un tronco o per un medicinale sperimentato su un topo,
sono poi favorevoli all’aborto, all’eutanasia, alla compravendita dei bambini e
mostrano una idiosincrasia verso ogni forma di disabilità e di fragilità che
diviene invece meritevole della massima tutela quando riguarda un gatto o un
filo d’erba.
Checché
se ne dica, insomma, una certa forma di ambientalismo non è altro che un
attacco geopolitico non convenzionale all’Occidente, un attacco culturale alle
sue tradizioni, e un attacco a quella religione rivelata che si fonda sulla
centralità dell’uomo e sul rispetto per il creato come casa dell’uomo stesso.
Non a
caso l’offensiva
dell’ambientalismo ideologico, di cui abbiamo parlato poc’anzi, è spietata nei confronti dei modelli produttivi
sviluppisti di Paesi del mondo cristiano mentre tacitamente approva il
materialismo sfrenato, assai più dannoso per l’ambiente, di regimi illiberali e
profondamente ateisti.
Dove
va la Chiesa?
Ciò
che colpisce, in questo quadro, è che tale tipo di visione si stia facendo
strada con il consenso della Chiesa, che in vari modi la asseconda, invece di
rappresentare una forza di interdizione che contrapponga all’ideologia una
visione ambientale corretta.
È
paradossale che per certi versi sia la Chiesa ad avallare il fatto che proprio
mentre si nega il dato naturale dell’antropologia si esalti l’ideologia
ambientalista, ribaltando il nesso tra il fine e lo strumento di cui alla
formula kantiana per la quale il soggetto umano è da considerarsi sempre come
un fine e mai come un mezzo.
Insomma, in ambito ecclesiastico, dalla riflessione ratzingeriana sulla
precisa gerarchia che esiste tra Dio, l’uomo e il creato, si è passati a un’idea quantomeno
“orizzontale”, di intima connessione e scarsa differenziazione – talvolta in aperta contrapposizione
con l’antropocentrismo occidentale -, quando non proprio a un rovesciamento del
triangolo.
Cesare,
l’ambiente e Dio.
Dallo
stesso punto di vista laico, del resto, il venir meno di ogni distinzione, fino
a negare quella fra Creatore e creatura, determina la messa in discussione del
principio personale, fino al predominio della tribù e dello Stato in chiave
anti-personale e anti-comunitaria e, paradossalmente, alla perdita della separazione fra
Cesare e Dio.
Si
perde, al fondo, anche l’idea della dimensione economica come attività umana
funzionale al completamento del disegno sull’uomo.
Non è
un caso che la concezione lineare del tempo, per la quale con la messa a frutto
dei talenti e con la sottomissione della natura all’uomo si sviluppa il disegno
di Dio, sia negata proprio dai regimi ateisti fondati su modelli di produzione
e di organizzazione sociale assai distanti dai nostri.
Sicché,
come ha ben spiegato “Salvatore Rebecchini” in diverse sue riflessioni, taluni
economisti sono giunti ad affermare che per “salvare la natura” (sottinteso,
salvarla dal primato dell’uomo considerato “usurpatore”) non bisogna cambiare
le fonti di approvvigionamento energetico ma bisogna cambiare religione,
rimuovendo la concezione cristiana fondata sulla supremazia dell’uomo sulla
natura e sulla liceità del suo utilizzo per i fini umani.
Beninteso,
il rispetto dell’ambiente è un valore importantissimo e l’utilizzo è qualcosa
di ben diverso dall’abuso.
Di
più:
l’ambiente
merita rispetto proprio in quanto è l’òikos nel quale l’uomo vive e opera, e a
tal fine la vera tutela dell’ambiente è quella che si coniuga con le attività
antropiche eticamente realizzate.
Basti
pensare all’immenso valore ambientale dell’agricoltura, o alla funzione
bonificante di attività produttive opportunamente regolate in territori
altrimenti abbandonati al degrado.
Insomma,
una visione cristianamente orientata della società e del modo di rapportarci
con l’ambiente è essenziale anche da un punto di vista laico.
Tutelare una certa visione di Dio significa tutelare
anche una certa visione di Cesare da chi, anche attraverso il “moloch
ecologista”, vorrebbe imporci un “nuovo ordine mondiale.
Dal comunismo si va all'ecologia.
Italiaoggi.it
– (14-3-2023) – Gianni Pardo – ci dice:
Nel
Novecento il marxismo concretamente applicato aveva
preso
il posto del cristianesimo.
L'umanità
è scivolata attraverso tre diverse religioni.
Nel
Seicento l'Europa era ancora cristiana.
Nel
Settecento ha perso la Fede.
Nell'Ottocento
la Fede (sentimentale) l'ha ritrovata, ma non la dottrina.
Nel Novecento ha perso anche quella e abbiamo avuto il
comunismo.
Poi il comunismo è morto ed ora si è creata
una nuova religione: l'ecologismo.
Molti
saranno sorpresi vedendo mettere nello stesso paniere “Cristianesimo”, “Comunismo”
ed “Ecologismo” ma tutto sta ad intendersi sul concetto di religione,
esaminando poi tutti e tre i fenomeni.
Se si
considera la realtà spassionatamente, c'è da essere disperati: siamo tutti
destinati a morire;
la
casualità degli eventi ci lascia disorientati;
il
Male vince troppo spesso sul Bene e nel complesso ci sentiamo orfani.
Così
ci poniamo le tremende, eterne domande metafisiche:
Dio
esiste? C'è una vita dopo la morte?
Qual è
il senso della nostra esistenza?
La ragione è purtroppo incapace di dare
risposte positive a queste domande ma l'uomo non rinunzia ad averle: e se ne dà
alcune più o meno inventate.
Si
chiama Fede.
La
fede – diversamente dalla scienza - è un complesso di credenze di cui non è
stata dimostrata la validità e cui nondimeno si aderisce.
Innanzi tutto perché l'uomo ha bisogno di
credere in qualcosa.
Poi
perché ha fiducia (fede=fiducia) in colui che gliela predica.
Infine
qualunque religione minaccia la Geenna ai miscredenti ma in compenso, ottenuta
la genuflessione, promette la salvazione.
In nome di questi vantaggi il singolo chiude
gli occhi su qualunque obiezione.
Fra l'altro è abituato a sentir parlare della
dottrina della religione in cui è nato e non ne nota più le assurdità.
Nota
soltanto le assurdità delle altre religioni.
Noi
non immaginiamo neppure che, per i musulmani, siamo politeisti perché veneriamo
la Madonna e i Santi.
Vedendo
la religione come fenomeno sociale, si spiega perché siano religioni anche il
comunismo o l'ecologismo.
Il comunismo è stato sonoramente smentito
dalla miseria dell'Unione Sovietica ma la massa ha continuato ad essere
comunista.
Come
mai?
Semplicemente
perché il singolo ha tendenza a conformarsi alla fede dei molti, soprattutto
quando anche le persone importanti aderiscono alla Fede.
La coralità supera tutte le obiezioni:
«Se ci
credono tutti, chi sono io per dire che non è niente vero?»
Inoltre essere al centro del gregge dà un confortevole
senso di sicurezza e dubitare è pericoloso: chi è fuori dal coro è sospetto,
allarmante, e in fin dei conti un reprobo.
L'adesione
ad una religione (è il comunismo ne è una) offre l'incontrovertibile sentimento
di essere nel giusto:
da qui
la «superiorità genetica» della sinistra.
Un sentimento tanto forte da renderli feroci.
I veri comunisti non tollerano chi non è
comunista e chi non è di sinistra è fascista, dunque un acerrimo nemico da
combattere.
Si è
arrivati a dire che «Uccidere un fascista non è reato».
Né
scalfiscono la fede i pessimi risultati concreti del comunismo: per i credenti
le tragedie si sono avute per colpa degli uomini, mentre la teoria è perfetta.
Bisogna
cambiare l'umanità, non la teoria, anche con le cattive, fino ad uccidere a freddo
milione di persone.
Così
la pensava Pol Pot.
Oggi
il comunismo è morto e il bisogno di una Fede si è spostato sull'ecologismo,
divenuto a sua volta una dottrina tanto salvifica quanto intollerante.
La
nuova religione non ha orecchie per nessuna obiezione, e va serenamente contro l'economia,
contro ogni novità che potrebbe essere utile agli uomini, contro gli interessi
dell'umanità (preferendole la foca monaca o i panda) e, in una parola, contro
il buon senso.
Il vero ecologista è un fanatico che non sente
ragioni. E tutte queste caratteristiche fanno dell'ecologismo una religione.
Per
gli ecologisti l'uomo è un irredimibile peccatore, un animale abusivo
responsabile di tutto, a partire dal cambiamento climatico.
Un'assoluta certezza, questa, contro la quale
non è nemmeno lecito sollevare obiezioni: il clima è cambiato ed è cambiato per
colpa dell'uomo.
E
basta.
Non sono provate né l'una cosa né l'altra, ma
poco importa.
Né
vale far notare che in passato la Terra è stata per lunghi periodi molto più
fredda o molto più calda di oggi, mentre l'uomo ancora non esisteva.
Gli ecologisti non ci crederebbero.
Gli si
potrebbe anche far notare che l'intera Europa influisce sulla creazione di
anidride carbonica per l'8% del pianeta.
Dunque, se da domani non accendessimo neanche
un fiammifero, sulla Terra la cosa non avrebbe un impatto significativo.
Balle,
direbbero.
In un
dibattito l'ecologista non soltanto non è turbato da nessuna delle obiezioni,
ma al miscredente non lascia nemmeno esporre il suo pensiero.
Lo
attacca, lo interrompe, gli dà dell'ignorante, e chissà che altro.
E
probabilmente gli astanti darebbero ragione a lui e non al miscredente, perché
anche loro sono ecologisti.
O
comunque non avrebbero il coraggio di andare controcorrente.
Sembra
di sentire ancora la voce di “Giovanni il Battista”:
«E voi
umani cambiate vita e fate penitenza. Altrimenti la collera del Dio
dell'Ecologia si abbatterà su di voi e nessuno di voi sfuggirà all'Apocalisse».
Ma
forse è soltanto la voce di Greta Thunberg.
Ogni
epoca ha il profeta che merita.
(giannipardo.myblog.it)
Carlo
il verde. Diventa re un
principe
ecologista da cinquant’anni.
corriere.it
- Luigi Ippolito - (28 aprile 2023) – ci dice:
Ha
un’Aston Martin che funziona con scarti di vino e formaggio.
Da
mezzo secolo il re è un ambientalista convinto. E avverte: «Noi, sonnambuli in
cammino verso la catastrofe».
Re
Carlo III d’Inghilterra appoggiato a una quercia centenaria nel parco di
Windsor: l’albero è uno dei più antichi del Nord Europa.
Carlo
è stato Ranger del parco a novembre dello scorso anno.
Prima
di Greta, c’era Carlo:
«Forse
il più significativo ambientalista della storia», lo ha definito di recente
alla Bbc “Toni Juniper”, presidente di “Natural England”, l’ente inglese per la
conservazione dell’ambiente.
Perché l’impegno dell’attuale sovrano
britannico per la tutela della natura si è snodato attraverso più di 50 anni,
che lo hanno visto adoperare la sua posizione privilegiata per instillare nelle
coscienze dei potenti e della gente comune la necessità di un approccio
sostenibile al mondo che ci circonda.
Un “re
verde”, insomma, un precursore, che ha preso a cuore questi temi quando ancora
erano visti come un eccentrico passatempo: e che oggi può dire di aver visto
giusto.
Il giovane principe di Galles aveva infatti
cominciato a occuparsi di ambiente ben prima che lo stesso concetto di
“riscaldamento globale” venisse coniato.
A 22
ANNI ACCOMPAGNÒ IL PADRE FILIPPO A UNA CONFERENZA EUROPEA SULLA
“CONSERVAZIONE”:
COMINCIÒ
COSÌ IL SUO INTERESSE PER L’AMBIENTE.
Nel
febbraio del 1970 un 22enne Carlo seguì a Strasburgo suo padre, il principe
Filippo, a una conferenza sulla tutela della fauna:
lì
rappresentanti governativi e attivisti lanciarono l’”Anno Europeo della
Conservazione”.
Ma in
realtà l’erede al trono era stato già impegnato per due anni nella preparazione
dell’iniziativa:
nello
sforzo di avvicinarsi di più al Galles, di cui era diventato principe, Carlo
aveva presieduto il comitato della regione incaricato di pianificare la
partecipazione all’Anno Europeo.
E una
settimana dopo il viaggio a Strasburgo, inaugurò a Cardiff £la conferenza sulla
Campagna” nel Galles, dove pronunciò il suo primo discorso sull’ambiente.
«SIAMO
DI FRONTE AGLI ORRIBILI EFFETTI DELL’INQUINAMENTO IN TUTTE LE SUE FORME
CANCEROSE.
C’È
UNA CRESCENTE MINACCIA DI INQUINAMENTO DA PETROLIO NEL MARE, CHE QUASI
DISTRUGGE LE SPIAGGE E CERTAMENTE DISTRUGGE CENTINAIA DI UCCELLI MARINI»,
LO DICEVA CARLO GIÀ NEL 1970.
(Re
Carlo III, che sarà incoronato il 6 maggio, mentre dà da mangiare alle galline
nella sua tenuta).
A
leggerle oggi, quelle parole appaiono profetiche:
«In questo momento siamo di fronte agli orribili
effetti dell’inquinamento in tutte le sue forme cancerose», diceva Carlo già
nel 1970.
«C’è
una crescente minaccia di inquinamento da petrolio nel mare, che quasi
distrugge le spiagge e certamente distrugge centinaia di uccelli marini.
C’è
l’inquinamento chimico scaricato nei fiumi da fabbriche e impianti chimici, che
intasa i fiumi con sostanze tossiche e aumenta la sporcizia nei mari.
C’è l’inquinamento dell’aria da parte di fumi
ed esalazioni emanati dalle fabbriche e da parte dei gas pompati da infinite
automobili e aeroplani»:
un
catalogo di orrori che oggi appare quanto mai attuale e che colpisce per i toni
adoperati, inusuali sulla bocca di un principe.
Ma
alle parole Carlo ha fatto seguire i fatti.
HA
INCARICATO UNA SOCIETÀ DI VERIFICARE LA SUA PRODUZIONE PERSONALE DI ANIDRIDE
CARBONICA PER POTERLA “COMPENSARE”.
(Carlo
III, allora erede al trono, mentre pianta i fiori a Highgrove, nel
Gloucestershire)
Il
coordinamento con Al Gore.
Nel
1987 il principe prestò la sua opera come patrono per la Gran Bretagna nell’”Anno
Europeo per l’Ambiente”, mentre nel 1989 apparve come ospite in un documentario
sul “riscaldamento globale”, un tema sul quale aveva cominciato a coordinarsi
con” Al Gore” — l’ex vicepresidente americano e paladino dell’ecologismo — già
dalla metà degli Anni 80:
i due
si erano incontrati una prima volta a Washington e si sono scambiati idee per
decenni (nel 1990 Carlo realizzò un altro documentario, “La Terra in Bilico” ,
e due anni dopo “Gore” pubblicò un libro con lo stesso titolo).
In
quello stesso periodo il principe ospitò sul Britannia, lo yacht reale, una
conferenza nel delta del Rio delle Amazzoni che preparò il terreno per il “Summit
sulla Terra di Rio nel 1992”, momento di nascita delle “Coop”, le “Conferenze
internazionali sull’ambiente” che si tengono ogni anno.
Glasgow
e il” progetto Rainforest”.
Vent’anni
più tardi Carlo si rivolse alla “Cop Rio+20”, ammonendo che «come un
sonnambulo, sembriamo incapaci di svegliarci al fatto che tante conseguenze catastrofiche,
se continuiamo come se niente fosse, ricadranno su di noi più velocemente di
quanto pensiamo».
E quando nel 2021 la Cop26 si è svolta in Gran
Bretagna, a Glasgow, Carlo tenne il discorso inaugurale, avvertendo i partecipanti che «il
tempo è scaduto» ed esortandoli a mettersi «sul piede di guerra».
Non è insolito per Carlo organizzare tavole
rotonde e occasioni di incontro ora con capi di Stato e di governo, ora con
leader di aziende e banche, ora con agenzie internazionali e organizzazioni non
governative, per diffondere le sue idee in un pubblico in grado di
massimizzarne l’influenza.
Un’attività di lobbying che ha dato frutti:
Carlo, per esempio, ha avuto un ruolo significativo
nell’accordo del 2009 che vede la Norvegia compensare la Guyana perché mantenga
intatte le sue foreste tropicali.
Al “Progetto
Rainforests” è succeduta poi l’”Unità Internazionale per la Sostenibilità”, che
ha svolto un’intensa azione con i leader mondiali per costruire un consenso
attorno ai temi della deforestazione, della sicurezza alimentare, del
cambiamento climatico, dell’economia circolare e della salute dell’ambiente
marino.
A
Davos la sua Iniziativa per i Mercati Sostenibili.
Il più
recente intervento su larga scala è l’Iniziativa per i Mercati Sostenibili,
lanciata al summit di Davos del 2020, che intende aiutare le aziende nella
transizione verso un futuro sostenibile:
a oggi
ne fanno parte oltre 500 Ceo, fra cui i leader di alcune delle più grandi
istituzioni finanziarie mondiali, che hanno sottoscritto gli impegni della
“Terra Carta”, la” Magna Carta sull’ambiente” promossa da Carlo.
Tutto questo impegno civile potrebbe apparire
in contrasto con l’immagine ufficiale del figlio di Elisabetta, personaggio da
sempre ingessato nei suoi abiti di sartoria e che parla con un accento d’altri
tempi:
ma in
realtà il suo ecologismo ha una radice filosofica e religiosa di tipo
conservatore che si sposa con una visione “olistica” del mondo, che punta ad
armonizzare l’uomo e la natura.
È un
approccio che spesso è stato ridicolizzato dalla stampa, che ne ha messo in
risalto i risvolti più bizzarri, come la confessata abitudine di Carlo di parlare alle
piante.
Il
principe che parlava alle piante.
«Sono stato descritto come vecchio
stile, fuori dalla realtà, antiscientifico, un sognatore in un mondo moderno»,
ha
scritto lo stesso Carlo nel suo libro “Armonia” , nel quale identifica una
crisi nel modo in cui l’umanità vede il suo posto nel mondo, avendo reciso se
stessa dalla natura:
e
proprio riconnettere gli uomini alla natura in questa «era della
disconnessione» è stata la costante delle campagne di Carlo.
Si
tratta, secondo lui, di recuperare un elemento filosofico nel nostro rapporto
con la natura e ritrovare «il delicato equilibrio e la sacra armonia
dell’Universo».
Un afflato religioso che fa tutt’uno con la
polemica contro una visione meccanicistica della realtà:
«Nessuno
scanner del cervello è riuscito mai a fotografare un pensiero, o un frammento
d’amore, e mai ci riuscirà.
Siamo arrivati a funzionare sulla base di un
approccio materialistico e unilaterale che è definito non dalla sua
inclusività, ma dal rigetto di quelle cose che non possono essere misurate in
termini materiali».
(Il
sovrano d’Inghilterra con i figli William (a sinistra) e Harry qualche anno fa
durante un soggiorno a Balmoral, una delle sue residenze preferite.)
Ora è
a capo della Chiesa anglicana.
Nella
sua ispirazione religiosa Carlo, pur uomo di fede e ora capo della Chiesa
anglicana, si è sempre mostrato più che ecumenico, arrivando a citare il “Corano”
per auspicare un mondo in cui non c’è separazione fra umanità e natura
«precisamente perché non c’è separazione fa il mondo naturale e Dio» ed
esaltando il credo dei popoli indigeni che considerano il mondo naturale quale
espressione di una presenza sacra.
«Mi ricordo anni fa» ha detto, ripercorrendo i
decenni del suo impegno «negli Anni 60, quando ero un ragazzo, mi preoccupavo
così tanto di tutto ciò che succedeva, la distruzione di tutto.
Lo sradicamento degli alberi e delle siepi...
questa sorta di calor bianco del progresso e della tecnologia, a esclusione
della natura.
Questa
completa determinazione a sconfiggere in qualche modo la natura».
Ma
l’ecologismo di Carlo non si smarrisce in arcane fumisterie: lui fin
dall’inizio ha messo in pratica anche a livello personale le sue convinzioni.
Le
colture organiche di “Highgrove”.
Già
nel 1985 aveva trasformato le coltivazioni della sua tenuta di Highgrove, nel
Gloucestershire, in colture organiche:
inizialmente gli agricoltori della zona erano
scettici, ma l’iniziativa si è poi sviluppata fino a diventare “Duchy Organic,”
un grande business agro-alimentare che vende i suoi prodotti - dalle uova alle
marmellate alle verdure - nei supermercati “Waitrose” in tutta la Gran
Bretagna.
Carlo ha sempre considerato Highgrove la sua
vera casa, il luogo dove poteva far diventare realtà le sue visioni
utopistiche:
ed è
lì che è sbocciata all’inizio la storia d’amore con Camilla, che è dopotutto
una gentildonna di campagna più a suo agio con gli stivaloni infangati che con
i tacchi a spillo e che condivide la sua passione per la natura.
Carlo ha installato pannelli solari anche
sulla sua residenza ufficiale a Londra, Clarence House, che assieme a quelli di
“Highgrove” e della “Duchy Home Farm” generano 80 mila kilowatt l’anno.
Quello
strano mix di biocarburanti.
Pure
la sua macchina personale, una Aston Martin del 1960, viene alimentata da un
mix di bio-carburanti ottenuti - incredibilmente - da vini inglesi e scarti del
formaggio.
Per
ottemperare all’impegno verso le emissioni zero, Carlo acquista crediti da
progetti sostenibili per compensare l’anidride carbonica prodotta dai suoi
possedimenti e dai suoi viaggi:
e ha
addirittura incaricato una società di consulenza per la sostenibilità, l’”Anthesis
Group”, di verificare in modo indipendente la sua “impronta carbonica”.
L’ultimo rapporto attesta che l’89% dell’energia delle
attività di Carlo deriva da fonti rinnovabili e quasi la metà da pannelli
solari, boiler a biomasse e pompe di calore.
Ma il
nuovo re non è stato finora esente da critiche.
Lui si
è rifiutato, per esempio, di far installare turbine eoliche nel suo “Ducato di
Cornovaglia “perché rovinano il paesaggio:
ed è qui che l’afflato tradizionalista del suo
ambientalismo si scontra col fatto che la transizione ecologica ha bisogno di
far ricorso alle tecnologie più avanzate, che lui spesso ha criticato.
IL SUO
IMPEGNO ORA DOVRÀ CAMBIARE:
GRANDE
IL DISAPPUNTO QUANDO GLI È STATO IMPEDITO DI ANDARE ALLA COP SUL CLIMA DI SHARM.
(Re
Carlo III e sua moglie Camilla durante una visita alla Lower Moor Farm Nature
Reserve di Malmesbury, nel Wiltshire).
Il
problema dei viaggi con jet privati.
Ma una
attenzione ancora maggiore hanno suscitato i suoi viaggi e quelli della
famiglia reale, che si svolgono a bordo di jet privati:
un
mezzo di trasporto che emette anidride carbonica per passeggero 20 volte di più
di un volo commerciale.
Ancora più controverse sono le sue vedute,
espresse in più occasioni, sulla questione della sovrappopolazione mondiale e
il suo impatto sulla Terra, un tema che stava molto a cuore a suo padre
Filippo.
Ancora
nel 2010, in un discorso all’università di Oxford, Carlo aveva sottolineato
l’esplosione del numero di abitanti di una città come Lagos, in Nigeria:
ma
come è stato da tempo fatto notare, nei Paesi sviluppati, dietro l’idea che ci
sono troppe persone, si cela spesso l’idea razzista che sono “certi popoli” a
essere troppi.
E non
a caso nel 2020, quando Carlo ha ripreso quel suo primo discorso del 1970 in un
video pubblicato sul canale YouTube della famiglia reale, ha omesso i passaggi
dedicati alla sovrappopolazione, probabilmente consapevole di quanto il tema
sia diventato scivoloso.
La
battaglia dopo l’incoronazione.
Ma ora
che Carlo è diventato re e il 6 maggio cingerà finalmente attorno al capo
quella corona agognata per tutta la vita, continuerà a essere in prima fila
nella battaglia per l’ambiente?
È un terreno delicato, perché da sempre sono
stati forti i timori che lui potesse diventare un “sovrano impiccione”, a
differenza di sua madre, che si è sempre tenuta al di sopra delle contese
politiche e non ha mai espresso una posizione.
Da principe di Galles, Carlo non aveva esitato
a immischiarsi nell’attività di governo:
celebri
sono le sue lettere, scritte con la famosa “grafia da ragno”, indirizzate ai
ministri per dire la sua su temi che andavano dalle coltivazioni geneticamente
modificate all’architettura.
Ma lui stesso è sempre stato conscio della
differenza dei ruoli:
una cosa è essere l’erede al trono, un’altra è
starci seduto sopra.
«Se
diventi il sovrano allora svolgi il ruolo nella maniera in cui ci si aspetta.
Chiaramente non sarò in grado di fare le stesse cose che ho fatto come erede»,
aveva detto in un documentario della Bbc in occasione dei suoi 70 anni;
e nel suo primo discorso da re, lo scorso
settembre, aveva ribadito che «non sarà più possibile per me dedicare così tanto tempo ed
energie alle questioni che mi stanno così profondamente a cuore».
L’esclusione
(imposta) da Sharm el-Sheik
Un
assaggio lo si è avuto subito, nel novembre scorso, quando avrebbe voluto
partecipare alla “Cop27 a Sharm el-Sheik”:
ma il
governo di Londra — timoroso di politicizzare la Corona - glielo ha vietato,
con suo grande disappunto.
Eppure
la “promozione” a re non significa che Carlo abbia mutato le sue convinzioni:
dovrà solo esercitare la sua influenza in modo
diverso, più discreto.
E nel discorso di insediamento ha aggiunto di
sapere che «questo lavoro importante continuerà nelle mani fidate di altri»:
a
raccogliere il testimone, infatti, c’è suo figlio William, il nuovo principe di
Galles, che non a caso ha adoperato il suo discorso al “Giubileo di Platino”
per parlare di cambiamento climatico e deforestazione.
Con i
Windsor, la “monarchia verde” va avanti.
Google
proverà a eliminare
le
scie di condensazione degli aerei
con
l’intelligenza artificiale.
Ilsole24ore.com
- Antonino Caffo – (10 agosto 2023) – ci dice:
Una
partnership tra “Google”, “Breakthrough Energy” di Bill Gates e” American
Airlines”, mira a ridurre le scie di condensazione lasciate dagli aerei.
È uno
degli argomenti più dibattuto in rete, anche grazie alle fantasiose ipotesi dei
complottisti.
Le
scie chimiche, a cavallo tra segreti irrisolti e certezze poco consolidate,
potrebbero avere i giorni contati.
Grazie
all'intelligenza artificiale, una partnership tra Google, Breakthrough Energy
di Bill Gates e American Airlines, mira a ridurre le scie chimiche “visibili” a
occhio nudo, ossia quelle lasciate dagli aerei, conosciute come “scie di
condensazione”.
Un
report indipendente citata dalla stessa Google afferma che alle scie bianche,
che spesso si formano con il passaggio di un aereo, si deve circa il 35% dell'impatto
totale del mercato dell'aviazione sul riscaldamento globale.
Nello
specifico, le scie di condensazione si creano quando gli aerei attraversano
strati come le nuvole, densi di vapore acqueo (H2O).
E qui
arriva l'IA:
immagini
satellitari, dati meteo e rotte di volo possono essere una fonte di assoluto
valore da cui software di intelligenza artificiale possono creare mappe di
previsione delle scie di condensazione, arrivando persino a consigliare la
rotta migliore per gli aerei nell'evitare percorsi più nuvolosi, quindi più
soggetti alla formazione di tali scie.
C'è da
dire che, almeno in parte, processi del genere sono già attivi per i sistemi di
controllo aereo, seppur finalizzati alla sicurezza dei voli e non solo alla
questione ambientale.
Ad
ogni modo, l'accordo tra Google, Breakthrough Energy di Bill Gates e American
Airlines è già figlio di una sperimentazione durata sei mesi su 70 voli.
Seguendo
le previsioni generate con l'IA e modificando leggermente la rotta, il numero
di scie è stato ridotto del 54% rispetto ai voli con rotte standard che non
hanno seguito le indicazioni dell'intelligenza artificiale.
Dai
risultati dei test emerge che l'ottimizzazione dei percorsi può portare ad un
aumento di carburante, per lo più di bassa portata e nell'ordine del 2% in più.
“Studi
recenti dimostrano che è necessario regolare una piccola percentuale di voli
per evitare la maggior parte del riscaldamento delle scie.
Pertanto,
l’impatto totale sul carburante potrebbe essere pari allo 0,3% dei voli della
compagnia aerea.
Ciò
suggerisce che le scie potrebbero essere evitate su scala per circa 5-25
dollari/tonnellata di “CO2e” (anidride carbonica equivalente) utilizzando le
nostre attuali previsioni, rendendole una misura di riduzione del riscaldamento
efficace dal punto di vista dei costi, e sono previsti ulteriori miglioramenti”
spiegano da Google.
No
alla Tirannia ambientalista:
il
Governo rigetti gli accordi globali
ispirati
a ideologie
anti-umane.
provitaefamiglia.it
– Redazione – (20-1-2023) – ci dice:
L’ambientalismo
radicale minaccia il progresso sociale dei popoli e lo stesso sviluppo della
vita umana sulla Terra.
L’uomo
non è “il cancro del pianeta”, come sostiene la lobby ecologista, ma la sua più
grande risorsa.
Tuttavia,
i sacerdoti della “religione ambientalista”, che siedono al “Forum di Davo”s e
ai vertici dell’ “ONU” (in particolare, nell’Intergovernmental Panel on
Climate Change) e della
UE, strumentalizzano, esagerano e
falsificano l’impatto dell’attività umana e delle emissioni di CO2 sui
cambiamenti del clima (che nella storia del pianeta ha sempre conosciuto
oscillazioni fisiologiche), ingenerando un ingiustificato terrore per una prossima “fine
del mondo” soprattutto nelle nuove generazioni.
Le
radici “culturali” di questa tirannia ambientalista affondano nel
malthusianesimo, una dottrina economica che, sbandierando il falso mito del
“sovrappopolamento mondiale”, mira a imporre politiche fondate sul controllo
delle nascite e la limitazione dello sviluppo demografico.
Non a caso, questa ideologia anti-umana
propaganda gli stessi strumenti cari all’attuale società dello scarto:
a
partire dall’aborto, la contraccezione e in generale i cosiddetti “diritti
sessuali e riproduttivi”, volti a impedire che vengano al mondo nuovi “cuccioli
d’uomo”; l’eutanasia, finalizzata a eliminare gli esseri umani considerati
ormai improduttivi; nonché l’ostilità verso la famiglia, baluardo di quei
valori che la mentalità modernista imperante mira a scardinare.
Questi
obiettivi vengono perseguiti a livello normativo mediante una serie di atti
internazionali dettati dalla psicosi allarmista, tra cui vale la pena ricordare:
Il
Protocollo di Kyoto (1997):
varato
nell’ambito della “Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti
Climatici”,
è a oggi
l’unico trattato giuridicamente vincolante a livello mondiale per ridurre le
emissioni di gas serra, pur essendo stato ratificato da Paesi che coprono solo
il 18% delle emissioni globali. L’Italia lo ha ratificato nel 2002.
L’Agenda
2030 per lo Sviluppo Sostenibile (2015):
un
programma Onu «d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità» che
promuove tra l’altro il contrasto al cambiamento climatico.
L’Italia l’ha adottata nel 2017 attraverso la
“Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile”.
L’Accordo
di Parigi (2015):
il
primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici
a livello mondiale, chiede di «integrare le misure di cambiamento climatico
nelle politiche, strategie e pianificazione nazionali», con l'obbligo di
perseguire misure domestiche per la sua attuazione. L’Italia lo ha ratificato
nel 2016.
Il
Green Deal europeo (2019):
la
tabella di marcia che punta a rendere l’Europa il primo continente a impatto
climatico zero entro il 2050, e a dare attuazione all’Agenda 2030 per lo
Sviluppo Sostenibile, che si vuole trasformare in una disposizione vincolante
del diritto UE.
Il
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR (2021):
il
programma di investimenti a cui l’Italia ha destinato più del 31%
dell’ammontare complessivo del PNRR (circa 70 miliardi di euro), con
particolare riferimento ai temi dell’efficienza energetica, riqualificazione
degli edifici, mobilità sostenibile, incremento della quota di energia prodotta
da fonti rinnovabili.
Questi
dispositivi si fondano su una visione ideologica e irrazionale dell’ambiente e
contraria ai Diritti e alle Libertà fondamentali degli esseri umani:
non
hanno nessuna ricaduta effettiva sull’inquinamento che è invece un problema da
combattere, ma limitano le libertà dei cittadini, impoveriscono il loro tenore
di vita, modificano le loro abitudini alimentari (per esempio, incentivando il
consumo di insetti) e arricchiscono solo chi detiene il monopolio degli
investimenti e delle tecnologie “green”.
Prima
di varare politiche di "transizione ecologica", si dovrebbe ascoltare
anche la voce degli scienziati non allineati ai diktat del Forum di Davos,
dell'Onu e della Ue.
Firma
la petizione per chiedere al Governo Italiano di recedere in tutti gli
organismi internazionali da trattati e regolamenti che si richiamano al totalitarismo
ambientalista:
Sì alla cura del Creato, alla lotta all’inquinamento e
agli sprechi, No a politiche socio-economiche, industriali ed energetiche
regressive influenzate da un eco-catastrofismo anti-umano che chiede alle famiglie italiane
sacrifici economici gravosissimi e inutili.
Custodiamo
l’ambiente, custodendo l’Uomo!
(Ma
come si può solo pensare che la “CO2” che è più pesante dell’aria, possa
raggiungere volando verso l’alto addirittura la stratosfera e diventare così un
importante gas serra.
La Co2
vola a basso livello sulla terra e sul mare ed è indispensabile alla vita
umana, vegetale e animale.
IL gas
serra “H2O” rappresenta il 70 % del totale dei gas serra. La” Co2” ne
rappresenta solo lo 0,04 %! N.D.R.)
Lo
scienziato del clima smaschera
un
importante giornale per aver
pubblicato
la sua ricerca intenzionalmente
sovrastimata
sugli incendi.
Lifesitenews.com
– (8 settembre 2023) - Andreas Wailzer – ci dice:
Un
docente della John Hopkins University ha detto che sapeva che avrebbe avuto
maggiori possibilità di pubblicare il suo articolo sulla rivista “Nature” se
avesse enfatizzato gli effetti del cambiamento climatico.
“Patrick Brown”, docente alla John
Hopkins University che ha conseguito un dottorato di ricerca in Scienze della Terra e del Clima, ha affermato di aver scelto di
presentare i dati nel suo articolo di ricerca in un modo incentrato sul
cambiamento climatico per poterli pubblicare sulla prestigiosa rivista Nature.
In una
serie di post su X (ex Twitter), Brown ha spiegato che nel suo articolo
recentemente pubblicato intitolato “Il riscaldamento climatico aumenta il rischio di
crescita estrema quotidiana degli incendi boschivi in California”, si è concentrato sull’effetto che
il riscaldamento ha sugli incendi boschivi invece di evidenziare altri fattori
rilevanti.
Brown
ha affermato che la sua “ricerca ha esaminato l’effetto del riscaldamento in
modo isolato, ma che il riscaldamento è solo una delle tante influenze
importanti sugli incendi boschivi, oltre ai cambiamenti nei modelli di
accensione umana e ai cambiamenti nella vegetazione/combustibili”.
“Allora
perché non ho incluso fin dall'inizio questi fattori ovviamente rilevanti nella
mia ricerca?
Perché
mi sono concentrato esclusivamente sull’impatto del cambiamento climatico?”
"In
parole povere, ho scoperto che esiste una formula per il successo nella
pubblicazione della ricerca sul cambiamento climatico nelle riviste
scientifiche più prestigiose e più lette e sfortunatamente questa formula rende
anche la ricerca meno utile", ha affermato lo scienziato.
Brown
ha spiegato che mostrare il cambiamento climatico ha un impatto su qualcosa,
senza quantificare tale impatto e confrontarlo con altri fattori rilevanti è
solitamente sufficiente per essere pubblicato su” Nature”.
(
Una nuova ricerca mostra che gli incendi sono diminuiti a livello globale
mentre la copertura mediatica è aumentata del 400%)
“Nel
documento, mi sono concentrato sull’influenza del cambiamento climatico sul
comportamento estremo degli incendi boschivi, ma non ho quantificato… l’influenza di altri fattori
ovviamente rilevanti come i cambiamenti negli incendi causati dall’uomo o
l’effetto di una cattiva gestione delle foreste”, ha affermato Brown.
"Sapevo
che considerare questi fattori avrebbe reso l'analisi più realistica (e quindi
utile), ma sapevo anche che avrebbe confuso le acque di una storia altrimenti
pulita e quindi avrebbe reso la ricerca più difficile da pubblicare."
“Questo
tipo di inquadramento, in cui l’influenza del cambiamento climatico è
irrealisticamente considerata isolatamente, è la norma per i documenti di
ricerca di alto profilo”, ha affermato Brown.
Il
ricercatore ha inoltre affermato che un’altra parte della “formula” per essere
pubblicati su riviste prestigiose è “ignorare o almeno minimizzare le azioni
pratiche a breve termine che possono negare l’impatto del cambiamento
climatico”.
“Se i
decessi legati alle temperature esterne diminuiscono e i rendimenti agricoli
aumentano, allora è ovvio che possiamo superare alcuni dei principali effetti
negativi del cambiamento climatico.
È
quindi prezioso studiare questo successo in modo da poterlo agevolare
maggiormente”.
“Tuttavia,
esiste un tabù contro lo studio o anche solo la menzione dei successi poiché si
ritiene che minino la motivazione per la riduzione delle emissioni di gas
serra”, ha continuato.
"Identificare
e concentrarsi sui problemi piuttosto che studiare l'efficacia delle soluzioni
rende gli abstract più convincenti che possono essere trasformati in
titoli."
Brown
ha ammesso di aver seguito questa formula per essere pubblicato “perché ho
iniziato questa ricerca come nuovo professore assistente affrontando la
pressione di affermarmi in un nuovo campo e di massimizzare le mie prospettive
di assicurarmi il rispetto dei miei colleghi, finanziamenti futuri, mandato e,
in definitiva, un carriera di successo."
"Sto
portando alla luce questi problemi perché spero che evidenziarli spinga verso
riforme che allineeranno meglio gli incentivi dei ricercatori con la produzione
della conoscenza più utile per la società", ha affermato.
La
rivista “Nature” afferma di non avere una “narrativa preferita.”
Molti
media hanno accusato Brown di “manipolare i dati” e il redattore capo di “Science
“, la dottoressa” Magdalena Skipper”, ha affermato di aver mostrato “pratiche di ricerca inadeguate” dopo
che lo scienziato del clima ha pubblicato la sua “ammissione”.
Brown
insiste di non aver manipolato i dati e ha detto che non rinnega il suo
articolo di per sé;
piuttosto, ha semplicemente inquadrato le
informazioni in un modo “meno utile” per promuovere la narrativa tradizionale
sul clima.
“Nel
complesso, il punto che sto sottolineando è che il percorso più semplice verso
una pubblicazione di grande impatto in questo campo è concentrarsi ed
evidenziare l’impatto del cambiamento climatico (anche quando si tratta solo di
un fattore in un sistema complesso e multi causale), ", ha detto Brown .
Nella
sua risposta alle accuse di Brown, Skipper ha affermato che “quando si tratta di scienza, la “Rivista
Nature” non ha una narrativa preferita”.
Brown
non è d’accordo, affermando che un documento che “proietta grandi aumenti
futuri della mortalità correlata al caldo ma ignora totalmente la mortalità
correlata al freddo” verrebbe facilmente pubblicato (ed è stato pubblicato),
mentre un documento che “fa il contrario: proietta un grande futuro diminuisce la
mortalità correlata al freddo ma ignora qualsiasi cambiamento nella mortalità
correlata al caldo”, avrebbe molte meno probabilità di essere pubblicato su
Nature.
Il
biologo evoluzionista “Nick Longerich” dell’”Università di Bath” ha commentato
la discussione su “X”, affermando che “ Springer-Nature è un impero
mediatico privato multimiliardario a scopo di lucro. Hanno gli stessi incentivi
di qualsiasi società di media a scopo di lucro – NYT o Fox News – per
raccontare storie che coinvolgano il pubblico.
Gli
scienziati hanno un incentivo, sotto forma di prestigio, a stare al gioco”.
Anche “Pete
Irvin”, docente di “cambiamento climatico e geoingegneria solare” presso l'”University
College di Londra”, è intervenuto, confermando le affermazioni di Brown.
"Cose
importanti da Patrick Brown qui sulle distorsioni introdotte nella discussione
pubblica e politica sul cambiamento climatico da parte degli scienziati che
modellano la loro ricerca per supportare la narrativa dominante sul cambiamento
climatico", ha scritto Irvin su X, aggiungendo che "La maggior parte
di noi nel campo sa questo è vero, ma pochi lo dicono”.
Le
affermazioni di Brown sono in accordo con le recenti dichiarazioni della
climatologa “Judith Curry”, la quale ha affermato che esiste un “consenso
fabbricato” nella scienza del clima perché gli scienziati otterrebbero “fama e
fortuna” esagerando i rischi associati al “cambiamento climatico”.
Bill
Gates sta finanziando un piano
per
abbattere 70 milioni di acri
di
foreste in Nord America.
Globalresearch.ca
– (08 settembre 2023) - Rhoda Wilson – ci dice:
(L'Expose)
Teniamo
gli alberi e liberiamoci dei miliardari.
Bill
Gates e altri investitori stanno scommettendo che “Kodama Systems” può ridurre
l'anidride carbonica nell'aria abbattendo e seppellendo alberi.
La
mossa vedrà 70 milioni di acri di foreste, principalmente negli Stati Uniti
occidentali, abbattuti nel prossimo decennio.
Dopo
aver tagliato gli alberi, “Kodama” progetta di seppellirli – per ridurre il
riscaldamento globale.
Tuttavia,
il "riscaldamento globale" è una truffa per consentire ai ricchi di
diventare più ricchi e la vera ragione della distruzione delle foreste è quella
di raccogliere compensazioni di carbonio (Co2) vendibili.
Il
ciclo del carbonio (CO2).
Il
seguente testo in questa sezione è estratto dall'enciclopedia del National
Geographic destinato ai bambini dai 10 ai 13 anni.
Il
carbonio (CO2) è in uno stato costante di movimento da un luogo all'altro.
È immagazzinato in quelli che sono noti come
serbatoi e si muove tra questi serbatoi attraverso una varietà di processi, tra
cui la fotosintesi, la combustione di combustibili fossili e semplicemente il
rilascio di respiro dai polmoni.
Il
movimento del carbonio (CO2) da un serbatoio all'altro è noto come ciclo del
carbonio (CO2).
Il
carbonio (CO2) può essere immagazzinato in una varietà di serbatoi, tra cui
piante e animali, motivo per cui sono considerati forme di vita del carbonio
(CO2). Il carbonio (CO2) viene utilizzato dalle piante per costruire foglie e
steli, che vengono poi digeriti dagli animali e utilizzati per la crescita
cellulare.
Nell'atmosfera,
il carbonio (CO2) viene immagazzinato sotto forma di gas, come anidride
carbonica.
È
anche immagazzinato negli oceani, catturato da molti tipi di organismi marini.
Alcuni organismi, come vongole o coralli, usano il carbonio (CO2) per formare
conchiglie e scheletri.
La
maggior parte del carbonio (CO2) sul pianeta è contenuto all'interno di rocce,
minerali e altri sedimenti sepolti sotto la superficie del pianeta.
Poiché
la Terra è un sistema chiuso, la quantità di carbonio (CO2) sul pianeta non
cambia mai.
Il
ciclo del carbonio (CO2) è vitale per la vita sulla Terra.
La natura tende a mantenere equilibrati i
livelli di carbonio, il che significa che la quantità di carbonio (CO2)
rilasciata naturalmente dai serbatoi è uguale alla quantità che viene assorbita
naturalmente dai serbatoi.
Mantenere questo bilancio di carbonio (CO2)
consente al pianeta di rimanere ospitale per la vita.
Per
saperne di più: Il ciclo del carbonio per i gradi 5-8, voce enciclopedica,
National Geographic.
Il
cambiamento climatico antropogenico è una frode.
La
voce National Geographic Encyclopaedic sopra termina con la frase:
"Gli
scienziati ritengono che gli esseri umani abbiano sconvolto questo bilancio
[del carbonio (CO2)] bruciando combustibili fossili, che ha aggiunto più
carbonio (CO2) all'atmosfera del solito e ha portato al cambiamento climatico e
al riscaldamento globale".
“National Geographic “deve riferirsi a
scienziati finanziati dalle corporazioni o scienziati impiegati da società.
Come
vedremo nella prossima sezione, gli scienziati che sono veramente preoccupati
per il pianeta e la vita che sostiene rivelano i fatti.
Il
cambiamento climatico antropogenico o causato dall'uomo è una frode ed è noto
per essere una frode fin dall'inizio.
Questo è stato dimostrato al mondo nel 2009
con il rilascio di e-mail trapelate soprannominate “Climategate”.
Mentre
conduce alla sezione successiva, vale anche la pena notare un articolo
illuminante del 2013 pubblicato da” Forbes” che ha utilizzato citazioni di
allarmisti climatici per rivelare la verità sull'agenda del cambiamento
climatico.
L'articolo era giustamente intitolato: "Nelle loro stesse parole: gli
allarmisti climatici sfatano la loro 'scienza'".
Bill
Gates progetta di abbattere gli alberi.
Alla
fine di luglio, “Forbes” ha ricevuto il compito di promuovere l'ultimo piano di
Gates per distruggere e capitalizzare il mondo naturale in nome del
"cambiamento climatico" in un articolo intitolato:
"Abbattere
le foreste per salvare il pianeta? Forse non così folle come sembra".
Sì, è
folle come sembra.
Almeno
“Forbes “è stato abbastanza onesto da evidenziare perché l'articolo è stato
pubblicato nella sua testa a goccia:
"Bill
Gates e altri investitori stanno scommettendo che “Kodama Systems “può ridurre
l'anidride carbonica (CO2) nell'aria abbattendo e seppellendo alberi. Ora, se
solo lo Zio Sam salisse a bordo anche con i crediti d'imposta".
La
frase finale dà un indizio su cosa sia quest'ultima truffa: i soldi.
Vediamo cosa ha da dire l'articolo e come Forbes manipola
e mente apertamente per cercare di vendere l'idea che Gates e altri investitori
stiano facendo questo per il bene del pianeta.
Non è
molto tempo nell'articolo che “Forbes” collega il carbonio (CO2)al commercio di
crediti di carbonio (CO2) e compensazioni di carbonio (CO2):
Benvenuti
nella carta di credito per il monitoraggio della CO2 che ti taglia fuori al tuo
“Carbon (CO2) Max”
Sì,
l'idea convenzionale è quella di piantare alberi per assorbire l'anidride
carbonica dall'aria e poi vendere crediti a società, proprietari di jet privati
e altri che hanno bisogno o vogliono compensare le loro emissioni.
Ma gli
scienziati dicono che seppellire gli alberi può anche ridurre il riscaldamento
globale, in particolare se quegli alberi finirebbero altrimenti per bruciare o
decadere, vomitando il loro carbonio (CO2) immagazzinato nell'aria.
Abbattere
le foreste per salvare il pianeta? Forse non così pazzo come sembra, Forbes, 28
luglio 2023.
Gli
alberi stanno "vomitando" carbonio(CO2) nell'aria.
Davvero?
È propaganda spudorata.
“Forbes
“potrebbe trarre beneficio dalla lettura dell'enciclopedia per bambini del “National
Geographic”.
E poi,
se l'autore sente di poter far fronte a contenuti più adulti, forse può
ascoltare “Patrick Moor”e spiegare che l'idea di “CO2” Essere un inquinante è
propaganda pericolosa.
O forse può esaminare immagini satellitari che
dimostrano come il CO2 come fertilizzante della natura ha costantemente
arricchito l'atmosfera terrestre.
E, se” Forbes” dovesse ritenere
necessario ripiegare sulla narrativa predefinita della "crisi climatica
causata dall'uomo", uno studio condotto sui dati dal 1750 al 2018 chiarirà
le cose per lui.
Lo studio ha stimato che il valore della
concentrazione atmosferica di “CO2” antropogenico di origine fossile nel 2018 è
stato di 46,84 ppm su un totale di 405,40 ppm.
“Forbes”
si è poi rivolto agli incendi per sostenere il caso di Bill Gates e di altri
investitori:
Gli
enormi incendi boschivi della California del 2020 hanno portato a casa i rischi
per l'aria, la proprietà e la vita posti dalle foreste incolte ... Per aiutare
ad affrontare il problema, il Servizio forestale degli Stati Uniti mira a
diradare 70 milioni di acri di foreste occidentali, principalmente in
California, nel prossimo decennio, estraendo oltre 1 miliardo di tonnellate di
biomassa secca.
Abbattere
le foreste per salvare il pianeta? Forse non così pazzo come sembra, “Forbes”, 28 luglio 2023.
Secondo
“Roger Pielke”, professore presso il “College of Arts and Sciences”
dell'Università del Colorado, le tendenze degli incendi boschivi del Canada non
mostrano alcun aumento negli ultimi decenni, gli incendi erano molto più estesi
nei secoli passati e gli incendi fanno parte dell'ecosistema naturale.
Gli
incendi in tutto il mondo che i media finanziati dalle corporazioni hanno
pubblicizzato con entusiasmo sono stati il risultato dell'intervento dell'uomo,
ma non del
cambiamento climatico causato dall'uomo che i media corporativi supportano.
Gli
incendi in Grecia, Spagna, Italia e nella foresta pluviale amazzonica sono
molto probabilmente dovuti a incendi dolosi.
E per quanto riguarda i recenti incendi alle Hawaii –
ci sono così tante domande senza risposte oneste sulla distruzione di Lahaina a
Maui, che anche le persone che normalmente si fidano del governo stanno
iniziando a chiedersi cosa sia realmente successo lì.
“Forbes”
tenta quindi di giustificare la sepoltura del legno in caveau artificiali, che
dovrebbe essere un bel guadagno.
In effetti, Y”ale Carbon Containment Lab”
("CC Lab"), partner di “Kodama”, spera di fare un business con
"caveau di terra" o "caveau di biomassa".
È
consuetudine, dopo tale diradamento della foresta, che i tronchi di dimensioni
commerciabili vadano alle segherie, con la maggior parte del resto ammucchiato
e successivamente bruciato in condizioni controllate.
Kodama
vuole invece seppellire gli avanzi – in volte di terra progettate per mantenere
condizioni asciutte e anossiche (prive di ossigeno) e proteggere il legno dalla
decomposizione o dalla combustione.
Abbattere
le foreste per salvare il pianeta? Forse non così pazzo come sembra, Forbes, 28
luglio 2023.
CC Lab
ammette che i caveaux a biomassa non sono praticabili: "Il rischio maggiore per questo
progetto è l'alto costo per trasportare il legno da fonti disperse a un unico
sito di stoccaggio.
Il trasporto di legna bagnata richiede molto
più tempo ed energia rispetto a lasciarlo nella foresta.
La logistica ha un grande impatto sulla
fattibilità del progetto, anche se il prezzo del carbonio (CO2) è
elevato".
E
"il valore di contenimento del carbonio(CO2) di seppellire grandi volumi
di legno può essere parzialmente o totalmente compensato dal carbonio (CO2)
rilasciato dai terreni durante lo scavo di una fossa di stoccaggio".
Nonostante
ciò, come ha osservato il “MIT Technology Review”,” Merritt Jenkins,
co-fondatore e amministratore delegato di Kodama, afferma che hanno in
programma di guadagnare entrate dal loro lavoro di diradamento delle foreste,
nonché dalla vendita di legname utilizzabile e crediti di carbonio (CO2) dai
suoi progetti di sepoltura.
Forbes
ha riassunto i potenziali benefici per Kodama e i suoi investitori:
Insieme
al capitale di rischio, Kodama ha già ricevuto 1,1 milioni di dollari in
sovvenzioni dall'agenzia per gli incendi boschivi della California e altri,
nonché impegni di acquisto per i crediti di carbonio (CO2) legati alle prime
400 tonnellate di alberi che seppellisce.
Sul
mercato aperto, quei crediti dovrebbero fruttare $ 200 a tonnellata.
Alla
fine, Kodama vuole abbattere e seppellire più di 5.000 tonnellate di alberi
all'anno.
Se
vuoi abbattere gli alberi e pelletizzarli per bruciarli al posto del carbone
(CO2), ci sono crediti d'imposta anche per quello.
Ma
non, per ora, per seppellirli.
Abbattere
le foreste per salvare il pianeta? Forse non così pazzo come sembra, Forbes, 28
luglio 2023.
Quindi,
possiamo concludere che l'idea è di non usare il legno, non riciclarlo e non
permettergli di arricchire l'ambiente, semplicemente tagliare gli alberi e
seppellirli. Ti sembra folle?
Abbiamo
una crisi ma non è una crisi climatica.
Le politiche verdi stanno uccidendo le
persone, le economie e, sempre più, il pianeta.
L'obiettivo
di ridurre le emissioni di carbonio (CO2) è una truffa per consentire ai ricchi
di diventare più ricchi sulle spalle dei poveri.
Gli
investitori.
Kodama
Systems, con sede nella città pedemontana della Sierra Nevada di Sonora, opera
in modalità stealth da quando è stata fondata nell'estate del 2021, ha scritto
MIT Technology Review.
"Modalità stealth"?
È un altro modo per dire che Kodama ha
disboscato illegalmente e poi seppellito le prove?
Se è
così, i taglialegna illegali da allora hanno raccolto milioni.
Nel
dicembre 2022, Kodama ha annunciato di aver raccolto 6,6 milioni di dollari in
un round di finanziamento Series Seed co-guidato dai principali investitori di
tecnologia climatica “Breakthrough Energy Venture”s e “Congruent Ventures”.
Kodama
ha inoltre ricevuto una sovvenzione per lo sviluppo del business dai servizi
forestali e antincendio della California CAL FIRE per sviluppare la
connettività e l'automazione del sito per il diradamento delle foreste e una
sovvenzione per la ricerca e lo sviluppo della rimozione del carbonio (CO2)da Frontier Climate per un progetto
pilota di stoccaggio della biomassa in collaborazione con lo “Yale Carbon
Containment Lab”.
Breakthrough
Energy Ventures ("BEV") è stata fondata da Bill Gates ed è sostenuta
da molti dei principali leader aziendali del mondo, BEV ha raccolto oltre 2
miliardi di dollari di capitale impegnato per sostenere aziende all'avanguardia
che stanno portando il mondo a zero emissioni nette.
BEV è
una società di investimento appositamente costruita che sta cercando di
investire, lanciare e scalare società globali che elimineranno le emissioni di
gas serra in tutta l'economia il prima possibile.
“”Congruent
Ventures è una delle principali società di venture capital in fase iniziale
focalizzata sulla collaborazione con gli imprenditori per costruire aziende che
affrontano le sfide climatiche e di sostenibilità.
Congruent è uno degli investitori statunitensi
più attivi nel settore del clima.
Il suo
portafoglio rappresenta aziende che "aiuteranno a decarbonizzare, ossia
eliminare la CO2" in ogni settore dell'economia:
energia,
elettrificazione della flotta, agricoltura, nuovi prodotti alimentari,
carburanti sostenibili per l'aviazione, produzione e altro ancora.
Nell'aprile 2023, aveva più di $ 700 milioni
di asset in gestione.
Frontier
Climate è
stata fondata da Stripe, Alphabet, Shopify, Meta, McKinsey e decine di migliaia di aziende
che utilizzano Stripe Climate.
Frontier mira a fungere da intermediario tra
acquirenti e venditori di rimozione del carbonio (CO2).
Ciò significa in termini semplici che gli
acquirenti decidono quanto vogliono spendere per la rimozione del carbonio
(CO2) ogni anno, Frontier aggrega i budget degli acquirenti e quindi paga i
fornitori per rimuovere il carbonio (CO2).
Il MIT
Technology Review ha riferito che il 15 dicembre Stripe ha rivelato che avrebbe
fornito una sovvenzione di ricerca di $ 250.000 a Kodama e Yale Carbon
Containment Lab come parte di un più ampio annuncio di rimozione del carbonio
(CO2).
Tale sovvenzione sosterrà uno sforzo pilota
per seppellire la biomassa di scarto raccolta dalle foreste della California
nel deserto del Nevada e studiare "quanto bene impedisce il rilascio di gas serra
che guidano il cambiamento climatico".
Stripe
ha anche accettato di acquistare circa 415 tonnellate di anidride carbonica (CO2)
eventualmente sequestrate da Kodama per altri $ 250.000, se quel progetto
proof-of-concept raggiunge determinati parametri di riferimento.
Negli
ultimi anni, Stripe ha pre-acquistato tonnellate di anidride carbonica (CO2) che
le start-up mirano a estrarre dall'aria e sequestrare in modo permanente, nel
tentativo di aiutare a costruire un'industria di rimozione del carbonio (CO2).
Teniamo
gli alberi e liberiamoci dei miliardari.
Anche
gli scienziati che sono stati comprati o indottrinati con l'ideologia della
"crisi climatica" ne hanno avuto abbastanza delle buffonate dei
miliardari.
Alcuni
hanno chiesto una tassa sul carbonio(CO2) basata sugli azionisti.
Il 10% più ricco degli Stati Uniti è la fonte
del 40% delle emissioni nazionali di gas serra degli Stati Uniti, dicono.
Inoltre,
l'1% più ricco delle famiglie è responsabile tra il 15% e il 17% delle
emissioni.
E
sempre più spesso, gli attivisti climatici stanno puntando sull'1%.
Gli
stili di vita dei miliardari sono insostenibili, i miliardari sono dannosi per
il pianeta, dicono.
Possiamo
essere d'accordo per ragioni diverse, ma siamo d'accordo che i miliardari sono
un male per il pianeta.
"La
città che conoscevamo e stiamo per perdere."
Perché
il sindaco di New York “Adams” si sbagliava
così
tanto sull'impatto dell'immigrazione.
Unz.com
- JOHN DERBY SHIRE - (8 SETTEMBRE 2023) – ci dice:
Il sindaco
di New York” Eric Adams” sta sentendo il calore generato dalle decine di
migliaia di stranieri illegali che si riversano nella sua città, causando
strazianti dilemmi amministrativi e di bilancio per il governo della città.
È difficile provare molta simpatia per i
newyorkesi.
In
effetti è difficile non ridere degli sciocchi.
Hanno
portato queste disgrazie su sé stessi votando per un partito Dem “Open Borders”
per gestire il governo federale e per i politici locali che amano New York come
una città santuario con un'ordinanza locale che garantisce alloggi protetti a
chiunque lo chieda.
Tuttavia,
è interessante speculare su come una città con un'alta percentuale di elettori
molto istruiti – accademici, intellettuali, professionisti e uomini d'affari di
successo – come una città del genere si metta in un tale caos.
Non ho
una risposta, ma penso di aver identificato alcuni fattori che contribuiscono.
Ecco”
Eric Adams”, sindaco di New York City, che parla mercoledì sera di questa
settimana a quello che il New York Times ha descritto come "un raduno in
stile municipio a Manhattan" [In escalation, Adams Says Migrant Crisis 'Will
Destroy New York City' di Emma G. Fitzsimmons, 7 settembre 2023].
L'argomento era la potente ondata di stranieri
illegali nella sua città.
(Clip:
E lasciate che vi dica una cosa, newyorkesi. Mai nella mia vita ho avuto un
problema che non riuscivo a vedere una fine. Non vedo un finale a questo. Non
vedo un finale a questo).
Questo
problema distruggerà New York City, distruggerà New York City.
Stiamo
ricevendo diecimila migranti [a.k.a. infiltrati illegali]in un mese.
Una
volta stavamo solo ottenendo il Venezuela; ora stiamo ottenendo l'Ecuador,
stiamo facendo arrivare i russofoni attraverso il Messico, ora stiamo ottenendo
l'Africa occidentale.
Ora
stiamo ricevendo persone da tutto il mondo che hanno deciso che avrebbero
attraversato la parte meridionale del confine e sarebbero arrivate a New York
City. E tutti dicono che è un problema di New York City.
Ogni
comunità in questa città sarà colpita. Ora il deficit di dodici miliardi di
dollari che dovremo tagliare ... Ogni servizio in città sarà influenzato. Tutti
noi.
Quindi
vi dico, mentre ve lo consegno:
questi
sono alcuni, alcuni dei più istruiti, alcuni dei più esperti, probabilmente più
dei miei commissari e vice commissari e capi vivono in questa comunità.
Quindi, visto che mi hai fatto una domanda sui
migranti, dimmi che ruolo svolge. Quanti di voi si sono organizzati per fermare
quello che ci stanno facendo?
Quanti
di voi hanno fatto parte del movimento per dire: "Stiamo vedendo cosa sta
cercando di fare questo sindaco, e stanno distruggendo New York City".
Arriverà
nei tuoi quartieri. Tutti noi ne saremo influenzati. L'ho detto l'anno scorso
quando ne avevamo quindicimila;
Vi sto dicendo ora, con centodiecimila: la
città che conoscevamo, che stiamo per perdere.
E
siamo tutti sulla stessa lunghezza d'arte, tutti noi.
“Staten
Island” disse: "Mandali a Manhattan".
“Manhattan”
sta dicendo: "Mandali nel Queens".
Il “Queens” sta dicendo: "Mandali a
Brooklyn".
No!
Non è il gioco che possiamo giocare.
Non
posso fare a meno di ricordarvi di nuovo, come ho fatto il 18 agosto, che
questo è il sindaco che, poco più di un anno fa – il 19 agosto 2022 – ha
annunciato “Project Open Arms.
Citazione da lui allora: "La nostra città è stata, e sarà
sempre, una città di immigrati che accoglie i nuovi arrivati a braccia aperte" [L'amministrazione Adams annuncia
'Project Open Arms,' Piano di supporto completo per soddisfare i bisogni
educativi delle famiglie in cerca di asilo, NYC.gov, 19 agosto 2022].
La
scorsa settimana, ho inveito contro la stupidità e l'innumerabilità del sindaco
“Adams”. Così... C'è qualcosa di nuovo da dire?
Forse.
In quel segmento della settimana scorsa ho notato che la stupidità e
l'innumeracy sono internazionali, o comunque transatlantiche.
Il
Regno Unito è ben fornito di cloni del sindaco Adams.
Ciò ha
portato un articolo sulla rivista online “Aporia” a febbraio, pubblicato da “Andrew
Collingwood”, uno scrittore britannico.
Collingwood
ci guida attraverso una storia molto interessante:
la storia della drammatica sottovalutazione da
parte delle autorità governative dei risultati – cioè del numero di persone che
entrano – i risultati dell'apertura delle porte dell'immigrazione.
Negli
ultimi tre quarti di secolo, i governi britannici hanno costantemente
sottovalutato la probabile portata della futura immigrazione, e in misura
risibile.
Nel
1948, tra i cambiamenti accelerati nelle relazioni della Gran Bretagna con il
suo impero, il Parlamento approvò il “British Nationality Act”, che mise i
sudditi britannici all'interno dei “Dominions” e del “Commonwealth” del Regno
Unito su un piano di parità con quelli delle isole britanniche.
In
altre parole, qualcuno nato a “Kingston”, in Giamaica, aveva per legge lo
stesso diritto di vivere e lavorare in “Gran Bretagna” comei qualcuno nato a”
Kingston-upon-Thames”.
Sembra
essere stato uno shock per i membri del Parlamento che una persona che vive in
una schiacciante povertà del terzo mondo possa vedere il valore di trasferirsi
in una delle nazioni più ricche e sicure della terra.
I “Cabinet Papers”, una raccolta di revisioni
dell'Archivio Nazionale di documenti governativi, mostrano che, un po’ come con
le piccole traversate in barca della Manica, quello che era iniziato come un
rivolo si trasformò presto in un diluvio.
Per i
cinque anni successivi all'approvazione della legge, "l'immigrazione dalle
colonie è rimasta a non più di 2.000 all'anno. Questo aumentò nel 1954 e
raggiunse oltre 135.000 nel 1961.
(Perché
il Regno Unito non può fermare la migrazione? di Andrew Collingwood, Aporia
Magazine, 16 febbraio 2023)
Come
vedremo, "la parola gira" è una delle forze trainanti più potenti
della migrazione.
Collingwood
commenta poi alcune pietre miliari nella politica di immigrazione del Regno
Unito.
Si
sofferma prima sull'anno 2004, quando un gruppo di paesi poveri, per lo più
ex-sovietici, sono stati ammessi nell'Unione europea.
Il
governo britannico ha stimato che da cinque a tredicimila persone all'anno da
questi paesi si trasferirebbero nel Regno Unito.
Il numero effettivo era di settanta duemila
all'anno.
Avanti
di dieci anni fino al 2014, quando rumeni e bulgari hanno ottenuto i diritti di
migrazione.
I numeri di quei paesi, ha previsto il
comitato governativo britannico competente, sarebbero al massimo ventimila
all'anno.
Nel
2017 il numero effettivo era di novantamila all'anno.
E così
via.
Sì, è la stupidità è transatlantica e risale
ad almeno settantacinque anni fa.
Ora
posso affermare con sicurezza la legge di sottovalutazione del Derby shire.
Quando,
in America o in Gran Bretagna, verrà proposto un certo allentamento delle norme
sull'immigrazione, l'aumento ex post del numero di arrivi sarà un grande
multiplo delle stime ex ante offerte dalle autorità.
Essendo
la natura umana ciò che purtroppo è, queste ripetute sottovalutazioni sono
comunemente attribuite dagli osservatori sul lato patriottico della questione
alla malizia.
Quelle
assurde sottovalutazioni, si dice, erano deliberate, destinate a ingannarci in
modo che la rivoluzione demografica voluta dal nemico potesse procedere.
Certamente
c'era qualcosa di tutto questo.
La grande ondata di immigrati nel Regno Unito
durante l'amministrazione di Tony Blair (1997-2007), di cui l'esempio di
Collingwood del 2004 era solo una componente, è stata infatti guidata in parte
dalla malizia.
“Andrew
Neather”, un ex consigliere e scrittore di discorsi nella squadra di Blair, ha
versato i fagioli nell'ottobre 2009 dicendo agli inglesi che lo scopo della
strategia sull'immigrazione di Blair, che aveva contribuito a ideare, era
quello di "strofinare il naso della destra nella diversità e rendere
obsoleti i loro argomenti
[Come
il Labour ha spalancato le porte alla migrazione di massa in un complotto
segreto per creare un “Regno Unito multiculturale£, di “James Slac”k, Daily
Mail, 10 febbraio 2010].
Indubbiamente
ci sono motivi simili in gioco tra i nostri sostenitori dell'immigrazione.
Dubito
che spieghino pienamente la legge di sottovalutazione del Derby shire, però.
Quegli
esempi degli anni 1940 e 1950 citati da Andrew Collingwood precedettero di
molto il moderno progressismo anti-bianco.
Il
sentimentalismo sull'impero britannico era più di un fattore;
Ed era
molto diffuso, non solo nella provincia di una fazione malevola.
Quindi
cosa spiega la legge del Derby shire e il dilemma in cui si trova il sindaco
Eric Adams?
Ho detto "stupidità" e
"innumerazione", ma non credo che quei sostantivi colgano tutto il
problema.
Ri-citazione
da Andrew Collingwood:
Sembra
essere stato uno shock per i membri del Parlamento che una persona che vive
nella schiacciante povertà del Terzo Mondo possa vedere il valore di trasferirsi
in una delle nazioni più ricche e sicure della terra.
Non
c'erano molti vincitori del premio Nobel nei primi anni 1950 nel parlamento
britannico (solo uno nella Camera dei Comuni, credo).
Non
c'erano nemmeno molti dunces, però.
I
membri del Parlamento erano normali cittadini con un QI medio, probabilmente un
po' al di sopra della media.
Come
ci dice Collingwood, il problema non era l'intelligenza, era l'immaginazione:
l'immaginazione per capire cosa spinge una persona a lasciare il suo luogo
natale familiare e andare a stabilirsi in un paese lontano con modi e lingue
diverse.
Fermati
a riflettere per un momento su questa domanda:
quanto
è probabile che il sindaco di New York Eric Adams sia un uomo di molta
immaginazione?
Quindi
no, non è stupidità banale. È più una parziale cecità verso cose molto al di
fuori della propria esperienza diretta.
E
l'innumeracy?
Quello
mi atterrò saldamente. Si dice che i cacciatori-raccoglitori nella foresta
pluviale amazzonica contino così: uno, due, molti.
Un
numero sorprendente di cittadini nel mondo sviluppato non è andato molto oltre.
Quindi,
anche se rimuovi gli agenti di deliberata malizia dai ranghi dei nostri
responsabili delle politiche sull'immigrazione, rimani ancora con legioni di
tipi di “Eric Adams”: persone di intelligenza media per le quali il mondo al di
là delle nostre coste non è poi così diverso dal mondo al loro interno, ed è
popolato da poche migliaia di persone qua o là.
Alcune
centinaia di loro potrebbero voler venire a vivere qui.
Va
bene: sono un fanatico dei numeri; in ogni caso più numerico della media. (Questo è stato scritto il 28.587 °
giorno della mia vita. Martedì prossimo è un numero primo!)
E ho
girato il mondo considerevolmente e letto un sacco di narrativa fantasiosa.
Quindi
sono uno snob; Quindi citami in giudizio.
Ma
avevo ragione sul sindaco "moderato" Adams; e avevo ragione sul
vergognoso silenzio dei funzionari eletti dello Stato di New York sulle
conseguenze della corsa di Biden:
Mentre
la stupidità e l'illegalità aumentano, il silenzio dei principali politici
dello Stato di New York diventa sempre più assordante.
Governatore
“Hochul”, senatori “Schumer” e “Gillibrand”:
cosa
hanno avuto da dire o proporre sulla questione?
Nothing, zip, zilch, rien, nichts, nada, ничево. Non una parola.
Grande
leadership lì nell'Empire State.
Per
l'amor di Dio, chi vota per questi inutili scalda poltrone?
(John
Derby shire).
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