Le radici del caos.

 

Le radici del caos.

 

 

Le radici del caos globale

che aumenta le disuguaglianze.

Ilsussidiario.net – Gianfranco Fabi – (24.03.2023) – ci dice:

Lo scenario globale è sicuramente diverso da quello di alcuni anni fa, complice la rottura di equilibri che si erano consolidati nel tempo.

Cinquant’anni fa un gruppo di amici varesini, finiti gli esami di maturità, decise di tentare un’avventura: andare in India in macchina.

 E ci sono riusciti con un mini camper attrezzato alla moda hippy che dominava in quel tempo.

Se ci provasse un gruppo di giovani d’oggi non arriverebbe lontano.

Ci sono frontiere che sono diventate difficili, se non invalicabili.

Attraversare la Serbia e la Turchia sarebbe un azzardo.

 Molto difficile superare l’Iran.

 Praticamente impossibile passare dall’Afghanistan. Certamente complesso entrare e uscire dal Pakistan e dalla stessa India.

Solo un esempio di una globalizzazione perduta.

Di un mondo che si è frantumato sotto la spinta di quelle logiche di potere che stanno sconvolgendo i vecchi equilibri e che hanno interrotto il lungo periodo di pace di cui ha goduto l’Europa.

Non ci sono comunque spiegazioni semplici per problemi complessi.

E se si vogliono cercare le radici non bisogna fermarsi agli slogan della propaganda o ai giudizi viziati dal pregiudizio dell’ideologia.

 È utile e importante guardare alla storia, esaminare i cambiamenti sociali, valutare i rapporti di forza.

È quanto positivamente si trova nell’analisi di “Giorgio Arfaras” (Le regole del caos, Paesi Edizioni, 2023), un’analisi che partendo da un ossimoro compie tuttavia un percorso di stretta logica nelle diverse prospettive delle più o meno grandi potenze che tengono in mano i destini del mondo.

“Arfaras”, economista finanziario, ricercatore del Centro Einaudi, riesce a rintracciare nel percorso della storia quelle logiche politiche che spiegano, anche se certamente non giustificano, le crisi attuali.

Il valore aggiunto di questo libro è infatti soprattutto nella prospettiva storica. Ecco quanto scrive “Arfaras” sulla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina:

“Osservate queste dinamiche storiche, si può notare come le continuità con il presente abbiano radici profonde.

 Due, in particolare:

il contenimento dei nemici potenzialmente ostili alle frontiere (lo si vede ancora dal desiderio di avere degli Stati cuscinetto soprattutto nella parte occidentale, dove risiede il potere, il cui emblema è il Cremlino, che tale era sia ai tempi del comunismo sia ai tempi dell’autocrazia);

e la commistione fra potere temporale e potere spirituale, dove la Potenza e Verità sono uniti”.

Sullo sfondo c’è la volontà di Putin di mettere al primo posto la grande Russia, con i suoi valori tradizionali anche per sostenere il consenso di gran parte della popolazione informata solo dai media di regime.

Altrettanto importanti sono le analisi sulla Cina e sull’Occidente.

La Cina, più tecnocrazia che comunismo, dominata da un partito unico alle prese con una difficile transizione dopo una crescita trainata dalle esportazioni.

Di particolare rilievo anche l’analisi dei cambiamenti sul fronte occidentale dove i temi della rivoluzione informatica si intrecciano con i difficili equilibri di uno stato sociale con grandi meriti, ma che fatica a rispondere alle esigenze di una società con sempre più anziani e sempre meno giovani.

Con sullo sfondo la crescita delle disuguaglianze all’interno dei singoli Paesi e nella realtà internazionale.

 

 

 

 

Russia, Iran, Hamas e le conseguenze

della politica estera di Obama.

Linkiesta.it – Christian Rocca – (6 novembre 2023) – ci dice:

 

Sono trascorsi quindici anni dalla storica elezione del 44esimo presidente degli Stati Uniti.

Ancora oggi, è uno dei pochi che preferiscono ragionare anziché parlare per slogan, ma la sua formidabile e irresistibile epopea non deve far dimenticare che la scelta strategica di fare da amministratore del declino americano è alla base della situazione che stiamo vivendo adesso.

In quel simulacro di dibattito pubblico che sono le sequenze di tweet e di post e di storie sui social network, ieri è stato molto apprezzato l’intervento di Barack Obama su ciò che sta succedendo in Israele e nella società occidentale.

L’ex presidente americano, con quel suo ormai desueto ma irresistibile argomentare problematico, ha detto parole di buon senso sulle responsabilità di entrambi i protagonisti del conflitto mediorientale, sulle nostre complicità e sull’inutilità, per non dire di peggio, della militanza social imperniata sul” farisaico virtue signaling” per cui ci si sente in dovere di segnalare pubblicamente la propria posizione sull’argomento in tendenza sui social.

Ascoltare la profondità e la complessità del pensiero di Obama è balsamo per cervelli ormai ridotti a ragionare per meme e cori da stadio, ma quindici anni esatti dopo la favolosa elezione del primo presidente nero degli Stati Uniti va detta qualcosina in più sul suo operato, in particolare sulla sua politica estera, perché gran parte del caos che stiamo vivendo adesso è il prodotto di scelte compiute durante i suoi due mandati alla Casa Bianca.

Premesso che se fossi stato un cittadino statunitense avrei votato Obama sia contro l’eroe americano John McCain nel 2008 e sia contro uno statista sottovalutato come Mitt Romney nel 2012, il quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti è stato uno dei peggiori leader del mondo libero della nostra epoca.

 Lo status di peggiore ovviamente nessuno potrà mai toglierlo a Donald Trump, il primo presidente anti americano della storia degli Stati Uniti, ma al di là dei modi da ciarlatano e di un’ambigua e non ancora spiegata complicità con Mosca, la politica estera di Trump per molti versi è stata in continuità con quella di Obama (l’eccezione è il Medioriente, ma ci torniamo).

Se Trump è stato isolazionista, nazionalista e impegnato a far saltare il reticolo di alleanze e istituzioni internazionali su cui si è basata la leadership americana dell’Occidente, Obama ha governato da elegante amministratore del declino americano, che non è una condizione oggettiva dettata dagli Dei all’America, ma una precisa scelta politica volta a rinunciare al ruolo di guida del mondo libero, rendendosi al massimo disponibile a guidarlo dal sedile posteriore («leading from behind»).

L’Amministrazione Obama è entrata in funzione dopo la débâcle politica, più che militare, irachena orchestrata da George W. Bush e da una maggioranza bipartisan dopo le stragi islamiste dell’11 settembre 2001.

Per allontanarsi da quello schema, Obama si è fatto guidare dall’idea del disimpegno americano, non solo da quel preciso quadrante geopolitico, ma anche da quello più tradizionale europeo e mediorientale.

Obama ha scelto di fare perno sull’Asia («pivot to East Asia») per motivi geopolitici ed economici, ma anche per le ragioni anagrafiche e culturali di una nuova generazione di leader americani, democratici e repubblicani, cresciuta senza quel legame familiare e storico con il vecchio continente europeo forgiato nelle battaglie contro i totalitarismi del Novecento.

Il mondo dei “cold war warriors” sembrava finito ai tempi di Obama, da archiviare, e si credeva illusoriamente che non ci fosse più bisogno di un poliziotto del mondo.

 

Così Obama ha ridotto il numero dei soldati nelle basi americane in Europa, ha fermato il progetto di scudo missilistico europeo in Polonia e Repubblica Ceca che avrebbe tenuto a bada l’Iran e la Russia, ha abbandonato la Georgia alle grinfie di Mosca non accorgendosi del progetto imperialista di Putin, non ha mosso un dito quando la Russia ha invaso anche la Crimea e il Donbas, ha sottovalutato la nascita e la penetrazione dell’Isis nelle aree abbandonate dal ritiro dell’esercito americano, ha guidato dal sedile posteriore l’intervento militare in Libia e, non intervenendo nemmeno di fronte alle stragi con le armi chimiche, ha consegnato la Siria alla Russia non curandosi delle atrocità commesse da Assad e da Putin, del dramma delle migrazioni in Europa e delle conseguenze populiste e autoritarie che si sarebbero create nei paesi democratici suoi alleati.

Obama, anzi, ha promosso l’idea di un «reset» con la Russia, condonando la strategia imperialista putiniana e di diffusione del caos in Occidente, e soprattutto facendo credere al dittatore di Mosca che le democrazie liberali, deboli e divise al loro interno, non avrebbero mai più avuto la forza morale, civile e militare di affrontare altri conflitti.

La gestione a Washington del declino americano è stata interpretata a Mosca come una resa americana.

 Tanto più che la Casa Bianca, malgrado ne fosse pienamente al corrente, non ha fatto niente, ma proprio niente, per fermare l’ingerenza russa sul processo democratico americano, lasciandola inquinare fino a far eleggere Trump.

Obama, infine, ha spostato l’asse geopolitico mediorientale dall’Arabia Saudita sunnita all’Iran degli Ayatollah sciiti, con la conseguenza che il regime islamico di Teheran ha ripreso a respirare economicamente, a lavorare alla costruzione di un arsenale atomico, a opprimere la popolazione civile e a riannodare il filo della campagna islamica per la distruzione di Israele (ieri, a proposito, la Guida Suprema della teocrazia iraniana ha ricevuto a Teheran il gran capo di “Hamas”, e chissà che bell’incontro tra due anziani reazionari, misogini e assassini che vogliono estendere il loro regno delle tenebre ovunque nel mondo).

Fidandosi degli Ayatollah, Obama non solo ha offerto una carota ai nemici dell’Occidente e di Israele, ma ha anche bastonato gli alleati israeliani, i quali per reazione, e per timore di non essere più protetti da Washington, si sono radicalizzati come mai nella storia dello Stato ebraico, con i risultati visti in questi anni.

 (Trump, invece, nel 2017 ha rimesso nell’angolo l’Iran, consegnando la politica mediorientale ai sauditi chissà per quali interessi personali e lasciando via libera totale agli estremisti israeliani già radicalizzati da Obama).

Quindici anni dopo, le parole di “John McCain sulla Georgia, sull’Isis e sull’Afganistan”, e poi quelle di” Mitt Romney “sulla Russia «senza dubbio il nostro nemico geopolitico principale», ridicolizzate come retaggi della Guerra Fredda da Obama e dai suoi giovani consiglieri, risuonano come un’analisi geopolitica più accurata del mondo in cui vivevamo allora e oggi.

La storia ovviamente non si fa col senno di poi, ma non si può nemmeno sorvolare sul fatto che qualcuno queste cose le ha puntualmente previste, avvertendo Obama e i suoi che il rischio sarebbe stato esattamente quello che stiamo vivendo oggi, sia ai confini orientali sia ai confini meridionali dell’Europa.

 

 

 

Gli ebrei dichiarano

guerra all'America

unz.com - GIUSEPPE TIBERIO – (5 NOVEMBRE 2023) – ci dice:

 

Ci troviamo di fronte a una situazione rivoluzionaria e senza precedenti.

Gli ebrei hanno dichiarato guerra all'America.

Questo è un disastro per l'America, e potrebbe anche essere un disastro per gli ebrei.

Un po' di storia.

In un momento in cui Israele sta combattendo per la sua stessa vita (se si deve dare credito all'analisi di “Scott Ritter” ( Scott Ritter, "Perché non sto più con Israele") e del colonnello dell'esercito americano in pensione “Douglas Mac Gregor” ( "Israele ha perso, non importa quello che fa! La terza guerra mondiale è QUI!"), per non parlare del maggiore generale israeliano in pensione “Itshak Brik” (Israele potrebbe cessare di esistere prima dell'80° anniversario, dice l'ex premier Barak), e di Israele assolutamente dipendente dal sostegno americano ( Mac gregor: "Israele ha fatto il loro gioco... Hanno PERSO UN SACCO DI TEMPO!" al minuto “9”, gli ebrei hanno deciso di aprire un secondo fronte!

E forse molto più pericoloso.

Un fronte contro l'America.

Per gli ebrei, questo è molto sciocco.

 Anche nel peggiore dei casi (per gli ebrei), se Israele viene annientato o la sua popolazione espulsa, gli ebrei hanno ancora gli Stati Uniti come rifugio, un rifugio su cui hanno passato 100 anni a sputare e che disprezzano, ma pur sempre un rifugio.

Del resto, è proprio questo rifugio che potrebbe, se non altro, far sì che il primo oggetto dei loro affetti – Israele – continui ad esistere.

 

Si potrebbe pensare che questo sia il momento in cui gli ebrei residenti negli Stati Uniti "si raffredderebbero" sulla guerra di "antisemitismo" che hanno condotto contro chiunque si discosti dalla linea "ebraica" nell'ultimo secolo – anche se solo per un po', per evitare di alienarsi la grande potenza che è l'unica cosa che si frappone tra Israele e la sua potenziale distruzione.

Ma no. Gli ebrei, dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre, hanno essenzialmente dichiarato guerra non ad “Hamas” – l'IDF sta tentando di farlo – ma agli americani! E non solo su un americano qualsiasi, ma sul bene più prezioso che gli americani non ebrei – siano essi cristiani o musulmani americani.

I loro figli.

Al di là di questo, gli ebrei hanno dichiarato guerra non a "qualsiasi" bambini cristiani/musulmani/scintoisti/buddisti/indù, ma ai migliori e più brillanti di tutti loro – quelli di “Harvard”, dell'”Università della Pennsylvania”, della “Cornell”, del “MIT” e, implicitamente, quelli di tutte le altre migliori università degli Stati Uniti.

Una sequenza temporale è d'obbligo:

10 ottobre 2023.

Il miliardario ebreo “Bill Ackman”, gestore di “hedge fund”, chiede lo "smascheramento" di tutti gli studenti di “Harvard” che hanno firmato una petizione pro-palestinese l'8 ottobre.

Come discusso in un precedente articolo, questa petizione era relativamente benigna, non diceva nulla che non fosse stato detto 70 anni prima dagli eroi israeliani “General Moshe Dayan” ( Moshe Dayan's Eulogy for Roi Rutenberg – 19 aprile 1956 ) e dal primo Primo Ministro di Israele, “David Ben Gurion” ( Ben-Gurion's Notorious Quotes: Their Polemical Uses & Abuses – Partners For Progressive Israel) – per non parlare del padre fondatore israeliano “Ze'ev Jabotinsky “nei suoi scritti a partire dagli anni '20.

 "Il muro di ferro" (jewishvirtuallibrary.org) .

 

11 ottobre.

Il famoso professore ebreo di diritto costituzionale di Harvard, “Alan Dershowitz” (in pensione ma ancora troppo attivo) chiede la stessa cosa, dicendo che "smaschererà" ogni studente coinvolto in qualsiasi dichiarazione che incolpi Israele per le violenze in Medio Oriente.

 

11 ottobre.

 Il professor Dershowitz "smaschera" una studentessa di legge lesbica nera che aveva pubblicato un manifesto simile a quello pubblicato ad “Harvard”.

Come se fosse un segnale, uno studio legale "Big law", “Winston & Strawn”, ritira la sua offerta di lavoro estivo a questa sfortunata studentessa di legge lesbica nera, adducendo come motivazione le sue dichiarazioni sul "Santo" Israele.

 

12 ottobre .

Il mega-miliardario ebreo “Leslie Wexner” (che non conosce, non ha mai conosciuto, “Jeffrey Epstein”) segue l'esempio di “Bill Ackman”, minacciando di usare la sua influenza per distruggere la reputazione di qualsiasi studente che adotti una linea non israeliana.

“Wexner”, il creatore del marchio "Limited" e di “Victoria Secret”, è un uomo da non sottovalutare.

Anche se non è mai stato condannato per un crimine, il suo avvocato fiscale, “Arthur Shapiro”, è stato trovato davanti alla porta di un condominio, morto, dopo essere stato colpito più volte con una pistola – l'avvocato fiscale di “Les Wexner”, “Arthur Shapiro”, è stato assassinato nel 1985 in quello che sembrava un "colpo" mafioso.

Il crimine non è mai stato risolto.

Questo rapporto della polizia di Columbus, Ohio, discute i legami di “Wexner” con il crimine organizzato:

r/Epstein (reddit.com);

 Chi ha ucciso “Arthur Shapiro”, l'avvocato del miliardario di” Victoria's Secret” “Les Wexner?” (thedailybeast.com).

 Vedi anche “A Kingpin”, the Mob, and a Murder:

The Deeper Mystery Behind the Arthur Shapiro Homicide (unlimitedhangout.com).

 Voci di connessioni con persone associate al crimine organizzato hanno perseguitato il povero signor “Wexner” nel corso degli anni.

Un boss, la mafia e un omicidio:

 il mistero più profondo dietro l'assassinio di “Arthur Shapiro” (reseauinternational.net).

Che ingiustizia!

Come direbbe uno dei solidi cittadini di “Shakespeare”:

 "Chi ruba la mia borsa ruba la spazzatura... ma chi mi toglie il mio buon nome, mi rende davvero povero".

(Iago, Otello, Atto III.)

A ottobre, l'amministratore delegato di “Apollo Global Management”, “Marc Rowan”, ha esortato gli ex studenti a "chiudere i loro libretti degli assegni" fino a quando “Penn” non attaccherà "l'antisemitismo",

 (È ebreo nonostante il suo nome che suona WASPY – ricordate "Laugh In" di Rowan e Martin?) e sottomesso al mega-miliardario fondatore ebreo” Leon Black”, nonché presidente del” New York United Jewish Appeal”.

 

A ottobre, il produttore televisivo, l'ebreo “Richard Wolf”, annuncia che seguirà l'esempio di “Rowan”.

Nel mese di ottobre.

“John Huntsman”, non ebreo ma di tanto in tanto interessato alla politica a livello nazionale che richiedeva denaro ebraico, seguì l'esempio di “Rowan”, dicendo che la “Fondazione Huntsman” avrebbe "chiuso il suo libretto degli assegni".

17 ottobre.

 “Ronald Lauder” minaccia di ritirare tutti i finanziamenti all'Università della Pennsylvania.

 Il miliardario “Ronald Lauder” minaccia di ritirare i finanziamenti se “UPenn” non farà di più per combattere l'antisemitismo | Affari della CNN.

Come “Clifford Asness” (sotto) piagnucolava sull'altamente pericoloso – aiuto, aiuto!

Alla “Conferenza degli scrittori palestinesi”.

Ottobre.

“David Magerman” (ebreo) del mega “hedge fund” matematico “Rennaisance Technologies”, fondato dall'ebreo “James "Jim" Simons”, ha detto che stava chiudendo anche il suo libretto degli assegni, per le stesse ragioni.

18 ottobre.

 Il miliardario ebreo “Clifford Asness” decide di "ritirare i finanziamenti" a causa, in parte, di una conferenza di scrittori palestinesi in cui un certo numero di individui protetti ha detto cose "non carine" su Israele "tutto perfetto".

 

18 ottobre.

“ Steven Solomon”, professore di diritto ebreo presso la “University of California-Berkeley School of Law”, una delle principali scuole di legge della nazione, in una lettera pubblica ha esortato i datori di lavoro a NON assumere i propri studenti, cioè quelli che non credono alla narrativa "Amo Israele".

 A proposito, ha chiesto alla “Cravath Swine & Moore” di non assumere studenti ebrei che chiedevano il sostegno di Israele?

Certo che no, perché loro, per loro fortuna, hanno scelto la parte "giusta". “Solomon” dovrebbe essere licenziato immediatamente.

 Se i professori di legge ebrei si comporteranno in questo modo, questa sarà un'ottima ragione per cui “Berkeley” – una scuola pubblica, vincolata esplicitamente dal “Primo abilitato come attore governativo” – potrebbe tranquillamente decidere di "ridurre" il numero di professori ebrei a cui viene data una cattedra da qui in poi.

Come puoi dirigere “una scuola di legge” che pubblicizza che i suoi professori distruggeranno le tue possibilità di una carriera legale se hai un'opinione sbagliata su un paese di in Medio Oriente?

18 ottobre.

 Come se fosse un segnale, il grande studio legale “Davis Polk & Wardwell” ha revocato le offerte agli studenti di “Harvard” e” Columbia” che avevano dichiarazioni firmate anti-israeliane.

 Ironia della sorte, sembra che questi studenti facciano parte di un "club" esclusivo al “Davis Polk”.

Sembra che lo stesso “Frank Lyon Polk”, il co-fondatore della “Davis Polk” e del "Polk" a nome di quell'azienda, si sia visto revocare l'offerta di lavoro.

A questo punto, era Sottosegretario di Stato del Segretario di Stato “Robert Lansing”, sotto il quale il “Dipartimento di Stato” era fermamente antisionista e si opponeva a qualsiasi approvazione da parte degli Stati Uniti della “Dichiarazione Balfour”.

Oltre a tutto il resto, la completa ignoranza dei loro precedenti da parte degli attuali partner di “Davis Polk” è un'ulteriore prova del completo marciume nel cuore della classe dirigente degli Stati Uniti.

26 ottobre.

“Leon Cooperman”, ex stratega degli investimenti di “Goldman Sachs”, ora alla guida del suo “hedge fund” da un miliardo di dollari, “Omega Partners”, ha annunciato la sospensione di qualsiasi finanziamento della sua alma mater, la “Columbia University” (Cooperman è laureato alla Columbia Business Scuola nel 1967).

“Cooperman” ha detto, in modo memorabile:

"Questi ragazzi dei college cosa hanno per cervello ", ha detto mercoledì “Cooperman” alla conduttrice di "The ClamanCountdown" Liz Claman (enfasi aggiunta).

 (Mi dispiace “Lord Leon” - in realtà sono probabilmente molto più intelligenti di te, dal momento che nel 1965 la “Columbia” era quasi aperta alle ammissioni rispetto alla competitività delle ammissioni di oggi).

"Abbiamo un alleato affidabile in Medio Oriente. Questo è Israele.

Abbiamo una sola democrazia in Medio Oriente. Questo è Israele.

E abbiamo un'economia tollerante verso persone diverse, gay, lesbiche, ecc. Questo è Israele.

 Quindi non hanno idea di cosa stiano facendo questi ragazzini".

"Ora, la vera vergogna è che ho donato alla “Columbia” probabilmente circa 50 milioni di dollari in molti anni", ha continuato.

"E ho intenzione di sospendere le mie donazioni.

 Darò la mia donazione ad altre organizzazioni.

Il miliardario “Leon Cooperman” ritira i finanziamenti alla “Columbia” tra le proteste studentesche: questi ragazzi cosa hanno "... al posto del cervello" | Affari della Volpe.

Quindi, sulla base di questa analisi diplomatica amatoriale, che sarebbe fermamente contraddetta da almeno un ex Segretario di Stato (George Marshall) e Segretario della Difesa (James Forrestal), vuole chiudere qualsiasi discorso critico nei confronti di Israele?

Forse quello con "per il cervello" non è uno studente della Columbia con un QI di 150, ma un “Leon Cooperman” scaduto.

2 novembre.

 “Steve Eisman”, senior portfolio manager presso “Neuberger Berman”, famoso per la "Grande Scommessa" (“La Grande Scommessa di Michael Lewis”), ogni studente che "tiene in mano un cartello che dice 'liberare la Palestina dal fiume al mare dovrebbe essere espulso '" dall'università! (Il corsivo è mio.)

 (“Steve Eisman “dice alla “UPenn “di togliere il suo nome dalla borsa di studio nel mezzo della guerra tra Israele e “Hamas”).

Quindi, in un paese i cui statisti più importanti, “George Kennan”, “George Marshall” e “Loy Henderson”, hanno fortemente sollecitato che Israele non fosse nemmeno creato , e che ora sappiamo è stato creato non solo a seguito di minacce di morte, ma soprattutto grazie a una tangente di 2 milioni di dollari (denaro nel 1948 – forse 30 milioni di dollari oggi) in contanti consegnata dal “suprematista ebreo Abe Feinberg” al presidente profondamente corrotto” Harry Truman” (che ora sappiamo che era impegnato a rubare dal suo fondo spese di $ 200.000 (dollari del 1948) (“ The Truman Show”) siamo ora a un punto in cui nessuna persona sollecita che quella formazione probabilmente sbagliata venga invertita - presumibilmente inclusi” Kennan, Marshall e Henderson” se erano loro sei ancora in età universitaria: puoi frequentare il college?”

“Eisman”.

E il cavallo su cui sei arrivato.

 

Il 31 ottobre Bill Ackman” – apparentemente dopo aver ricevuto qualche "respingimento", forse da parte di “Larry Summers”, l'ex presidente ebreo di “Harvard”, dice che sta "ripensando" la sua posizione, e forse sarebbe meglio non farlo pubblicamente" smascherare" gli studenti anti-israeliani.

Stranamente, il nuovo sfogo studentesco di cui stava discutendo era molto peggiore (almeno questo autore penserebbe) dell'originale dichiarazione filo-palestinese.

 Coinvolgeva uno studente anonimo di “Harvard” che invocava, letteralmente, la morte di tutti gli ebrei "come Hitler".

Apparentemente “Ackman” non ne fu abbastanza infastidito da chiedere lo smascheramento (!).

Quindi forse questo ragazzo ad un certo punto diventerà il pediatra dei nipoti di “Bill”, della “Harvard Medical School”.

Per quanto riguarda i processi di pensiero (se così si possono chiamare) di “Ackman”, devo solo dire, come avrebbe potuto dire “Jose Luis Borges”:

"yo no comprendo".

Poco dopo, “Ackman” disse che gli studenti filo-palestinesi, piuttosto che essere derubati, dovrebbero essere costretti a partecipare a programmi di rieducazione che apparentemente – o almeno così pensa “Ackman” – li convinceranno a ribaltare tutte le loro posizioni fermamente mantenute e a fare volontariato nell'IDF.

Buona fortuna amico.

 

Allora “Bill Ackman” divenne completamente autoritario, affermando che, invece di smascherare gli studenti, “Harvard et al.” bisognerebbe semplicemente dire che nessuna banca di investimento, hedge fund o azienda pubblica assumerà alcun laureato di “Harvard” a meno che Harvard non si trasformi in uno stato di polizia, molestando e inseguendo – e presumibilmente espellendo – tutti gli studenti che non seguono la linea prescritta su Israele.

Quindi, immagino che la piaga da decubito di “Bill Ackman” sarà una storia infinita.

“Ackman” propone una nuova prospettiva, questa volta riguardante un folto gruppo di sostenitori palestinesi di Harvard che affrontano un attivista ebreo che tenta di fotografarli e "doxarli".

Apparentemente nel gruppo che si confrontava con il "doxer" c'era l'immagine confusa di uno studente bianco che “Ackman” in qualche modo ha identificato come un membro dello staff editoriale della “Harvard Law Review”, forse la rivista giuridica più elitaria intellettualmente negli Stati Uniti.

“Ackman” chiede che il redattore di “Law Review” – che, come gli altri suoi redattori, sono gli studenti di giurisprudenza più ricercati negli Stati Uniti da giudici, studi legali e altri potenziali datori di lavoro – venga "smascherato" e gli venga negato qualsiasi tipo di impiego dopo la Laurea.

1° novembre.

 Ventiquattro tra i più grandi e prestigiosi studi legali degli Stati Uniti inviano lettere a tutte le migliori scuole di diritto degli Stati Uniti affermando che, se ciascuno di loro non intraprende "misure" non specificate per eliminare "antisemitismo", nessuno di questi studi legali assumerà alcun laureato di quelle facoltà di giurisprudenza.

 Questi includono ex bastioni “WASP” come “Cravath Swaine & Moore”, “Sullivan & Cromwell”, “Davis Polk & Wardwell” (vedi sopra) e “Debevoise & Plimpton”, così come aziende tradizionalmente cattoliche / WASP come” Wilkie Farr & Gallegher”.

Presumibilmente queste aziende o sono state rilevate completamente da soci senior ebrei o hanno così tanti clienti ebrei che si sono sentiti obbligati a rilasciare questa dichiarazione sbalorditiva.

Questi studi legali e banche sono – a parte i datori di lavoro hi-tech della costa occidentale – il principale bastione di posti di lavoro ben retribuiti e carriere influenti negli Stati Uniti.

Se tutti, tranne gli adulatori degli ebrei, venissero tagliati fuori da queste aziende, il risultato sarebbe un disastro per la libertà e le prospettive economiche del resto dell'America.

Se queste minacce venissero messe in atto, sarebbe a dir poco un disastro per gli americani non ebrei.

Questo è, in una parola, un attacco frontale diretto contro ogni americano non ebreo.

 

Se i migliori e più brillanti tra i non ebrei – siano essi cristiani bianchi, neri, musulmani del Medio Oriente, cattolici immigrati latino-americani (si noti che ad eccezione del piccolo Paraguay, tutti i paesi dell'emisfero occidentale, esclusi gli Stati Uniti, chiedono una cessazione incendio a Gaza), cinesi, giapponesi, indiani o musulmani pakistani – non potranno trovare un futuro impiego se non con il consenso degli ebrei, entreremo in una fase rivoluzionaria in cui i non ebrei avranno solo la possibilità di una rivoluzione violenta per rimuovere una comunità ebraica sempre più oppressiva, ossia tirannica.

In effetti, si tratta di una versione non violenta della raccomandazione di Lenin.

Disse che se avessi imprigionato, ucciso o neutralizzato in altro modo i 10.000 dirigenti della borghesia, avresti controllato la nazione, perché la rimanente borghesia non avrebbe avuto leadership.

Se gli ebrei privassero gli americani non ebrei delle loro 10.000 classi di leadership all'anno (approssimativamente la popolazione degli “Ivies”), taglierebbero fuori alla testa l'opposizione non ebraica.

Quindi questa è una battaglia esistenziale.

Beh, che dire del Congresso, direte voi?

È "eletto" e quindi non può essere governato da soli 5 milioni di ebrei?

 Sbagliato, o almeno così sembra.

Un nuovo presidente della Camera, profondamente conservatore, ha appena messo in scena un grande pacchetto di aiuti per il nostro "caro amico, Israele", con solo due dissidenti repubblicani.

 (I democratici “Dem” si opponevano perché dovevano essere pagati tagliando i fondi per l'IRS).

Parte del problema è stata descritta da “Trotsky” nel suo libro “La rivoluzione russa”.

Ha sottolineato che, in tempi tranquilli, i rappresentanti eletti tendono a rappresentare bene le opinioni delle persone che li hanno eletti;

 se le opinioni dell'elettorato cambiassero, il cambiamento sarebbe graduale; questo cambiamento si rifletterebbe poi generalmente nelle prossime elezioni, riportando una legislatura in sintonia con il suo elettorato.

 Tuttavia, fece notare “Trotsky”, in tempi rivoluzionari non è così.

Le opinioni delle persone cambiano in modo così drammatico e così rapido che, subito dopo le elezioni, i legislatori sono già in disaccordo con il loro elettorato e rimangono tali per un tempo insopportabilmente lungo – fino alle prossime elezioni, spesso a distanza di anni.

Se si tiene conto anche dell'effetto fossilizzante e travolgente del denaro ebraico e dei media controllati dagli ebrei nelle campagne politiche, abbiamo una legislatura che risponde solo ai suoi donatori e alla pressione dei media, non al suo elettorato.

 In questi casi, entrambi i partiti presentano candidati che sostengono il punto di vista "filo-ebraico", quindi a chi importa chi vince?

Siamo in tempi rivoluzionari con un” Congresso ossificato,” vincolato dal denaro ebraico e dai media ebraici, incapace di intraprendere le azioni necessarie per proteggere 350 milioni di americani da un'élite finanziaria ebraica predatoria che ora sembra determinata a schiacciare l'ultimo barlume di dissenso totale.

La “Supremazia ebraica”.

 

È sorprendente che 350 milioni di americani non ebrei siano dominati da 5 milioni di ebrei in una repubblica apparentemente "democratica".

 Perché gli ebrei sono così influenti? Ma è lì che siamo.

In una vera repubblica democratica, i nostri legislatori dovrebbero rapidamente promulgare una legislazione ai sensi della clausola commerciale che vieta a qualsiasi azienda impegnata nel commercio interstatale (una definizione molto ampia) di condizionare o negare l'impiego sulla base delle opinioni politiche dei richiedenti, imposto da pesanti sanzioni penali, tra cui un periodo di prigione significativo.

 Ciò dovrebbe ovviamente essere accompagnato da restrizioni simili sulla "negazione di servizio" da parte di banche, istituti finanziari e account Internet come “Youtube”, “X” e “Facebook”.

Potremmo chiamarli "Legge sulla libertà di lavoro" e "Legge sulla libertà di pensiero".

Ma c'è una forte possibilità che uno di questi possa mai superare la nostra legislatura dominata dagli ebrei?

Abbiamo già citato Lenin. Quindi citiamolo di nuovo.

Lenin notoriamente chiede: "Che fare?" Ebbene, che fare? Questo è il problema principale dei nostri tempi.

Ecco alcuni suggerimenti. Non molto, ma più di niente:

(1)- Attivismo diretto non contro Israele, ma contro gli ebrei americani, in particolare quelli come “Dershowitz” e “Ackman” che cercano di privare gli americani non ebrei della loro libertà di parola.

Invece di una marcia di un milione di persone a Park Avenue o a Londra, fate marciare un milione di persone intorno alle loro case, magari su base di "flash mob".

(2)- Attivismo nei loro luoghi di lavoro.

Fate sciamare un milione di uomini attorno al 125 di Broad Street (Sullivan & Cromwell) e al 450 di Lexington Avenue (Davis Polk).

E gli uffici di tutte le altre Aziende.

(3)- Attivismo nelle case e nelle case di vacanza dei soci controllanti di queste aziende.

Organizzare "flash mob" di milioni di persone fuori dalle case di “H. Rodgin Cohen” e” Joseph Shenker”, i due partner più potenti di “Sullivan & Cromwell” in questi giorni, entrambi ebrei, e senza dubbio parte del “gruppo S&C “dietro la firma da parte di S&C del gruppo " lettera alle facoltà di giurisprudenza americane”.

(4) - Attivismo simile anche a casa dei membri dei comitati esecutivi o di gestione di ciascuna delle altre aziende sulla lista (non voglio essere discriminatorio qui), sia che tali membri siano ebrei o semplicemente patetici “Shabbos goyim”.

(5)- Attivismo simile – marce lampo – nelle scuole private d'élite frequentate da eventuali figli o nipoti di questi avvocati "pezzi grossi".

 Poiché ciò che è buono per l'oca è buono per l'oca, assicuratevi che i cartelli di queste manifestazioni – come quelle di “Harvard “– contengano le fotografie e i nomi di ciascuno di quei bambini, magari insieme alla scritta "Vergogna!" o "nipote di sanguinari assassini" o qualcosa del genere.

(6)- Petizioni ai fondi pensione statali per chiedere che smettano di cedere più di miliardi di capitale di investimento a qualsiasi gestore di “hedge fund” coinvolto in queste campagne contro la libertà di parola.

Nessuno degli "hedgies" avrebbe più del patrimonio netto di un dentista del New Jersey se non fosse per il "carry" di enormi quantità di denaro del fondo pensione statale.

(7) Idem (6) per tutte le dotazioni universitarie e i piani pensionistici privati.

(8) Fino a quando e se le leggi sulla "Libertà di lavorare" e sulla "Libertà di vivere" non saranno convertite in legge dal Congresso, manifestazioni simili negli uffici e nelle case dei membri delle commissioni del lavoro e delle comunicazioni del Senato e della Camera degli Stati Uniti.

In una parola, dal momento che non possiamo controllare questi delinquenti attraverso un'adeguata legislazione da parte del Congresso, rendiamo la vita dei delinquenti che portano avanti questa campagna un inferno vivente finché qualcosa – qualsiasi cosa – si rompe.

1/) - In molti di questi studi legali, i partner ebrei hanno sostituito i vecchi partner WASP tra la fine degli anni '70 e gli anni '80, uno sviluppo che all'epoca sembrava insignificante ma con conseguenze minacciose che ora stanno diventando pienamente visibili.

Inoltre, i clienti importanti di queste aziende divennero sempre più ebrei.

Ancora nel 1985, la metà di tutte “e transazioni di M&A” venivano elaborate attraverso la tradizionalista “WASP Morgan Stanley & Co, Incorporated”, la banca di investimento più elitaria degli Stati Uniti con pochissimi partner ebrei.

“Morgan Stanley “e la sua banca commerciale sorella,” JP Morgan”, furono i due principali clienti di “Davis Polk” in quegli anni.

Inoltre, c'erano un certo numero di altre banche d'investimento WASP – anche se con alcuni partner ebrei – di altissimo prestigio:

“First Boston”, “Kidder Peabody”, “Paine Webber”, ecc.

Queste banche d'investimento non ebraiche – insieme alla ebraica “Goldman Sachs” – più aziende decisamente "tutte americane" come “Exxon”, erano i principali clienti di “Sullivan Cromwell”.

“Cravath”, generalmente più dal lato degli emittenti che da quello delle banche di investimento, aveva clienti principali come “IBM non ebrei”,” General Electric e simili”.

Non più.

“Morgan” è ancora un grande attore, ma per molti anni è stata messa in ombra dalla molto più famosa” Goldman Sachs”, e le altre “società WASP” sono tutte svanite in bancarotte o svendite.

Quindi non solo i partner più potenti di questi studi legali sono principalmente ebrei, ma lo sono anche i loro clienti.

Ad esempio, uno dei firmatari, “Simpson Thacher & Bartlett”, probabilmente è diventato leggermente meno dominato dagli ebrei rispetto alla metà degli anni '80, essendo guidato dal non ebreo “Richard Beattie” e da un certo numero di partner amministrativi non ebrei.

Tuttavia, i principali clienti di “Beattie” sono “KKR” e “Blackstone” di proprietà ebraica.

Inoltre, molti dei clienti più importanti oggi sono “hedge fund” piccoli ma incredibilmente redditizi, probabilmente più della metà dei quali sono gestiti dai loro fondatori ebrei imprenditoriali originali, come “Apollo” (Leon Black di Drexel), “KKR” (menzionato sopra) , Blackstone (Steve Schwarzman) e una miriade di altri, ultimo ma non meno importante, incluso “Pershing Capital”, posseduto e gestito dal famigerato “Bill Ackman”.

Musk: “George Soros

Odia l’Umanità.“

Conoscenzealconfine.it – (8 Novembre 2023) – Redazione – Radioradio – ci dice:

 

L’Accusa al vetriolo di “Musk” contro “Soros”:

“Odia l’umanità. Ha trovato il modo per cambiare le leggi”.

“Elon Musk” lo aveva già detto tempo addietro.

Ora torna a ribadirlo a gran voce nel “podcast di Joe Rogan”, nel quale ha anche raccontato di gravi sistemi di censure scovati nel vecchio Twitter e di un importante errore nella gestione del Covid.

Non si è poi risparmiato sull’imprenditore e filantropo di Budapest.

Con un patrimonio di 6,7 miliardi di dollari, stima” Forbes”, si posiziona nell’impero dei grandi magnati del mondo.

Tuttavia “Musk” ne svela importanti retroscena.

Padrone della” Open Society Foundations”, Soros sarebbe “il maggior finanziatore del Partito Democratico Usa “, svela “Musk” nella recente chiacchierata con “Rogan”, (dove per Partito Democratico ovviamente si intendono i democratici statunitensi).

Per spiegare definitivamente il perché dell’ipotetico odio di Soros verso gli altri esseri umani, il “CEO di Space “X” menziona di un fatto di cui anche il “New York Post” scrisse qualche anno fa.

 Finanziamenti importanti sarebbero arrivati nel sistema dei procuratori USA.

 “Ovunque vadano i procuratori sostenuti da Soros, il crimine li segue “, diceva “Tom Cotton”, senatore dello Stato dell’Arkansas.

Che si tratti proprio di quei 220 milioni di dollari investiti dalla “Open Society” per “la giustizia razziale”?

 “Non è colpa mia “, rispose il diretto interessato a chi gli diceva che da quei finanziamenti gli arresti erano diminuiti.

 “Sta facendo cose – spiega “Musk” – che erodono il tessuto della civiltà, facendo eleggere procuratori che si rifiutano di perseguire il crimine.

 Perché fare una cosa del genere? “

“Musk” menziona poi, per fare un quadro delle qualità del filantropo, arbitraggio e “vendita allo scoperto”, o “short selling”:

 entrambe sono operazioni aderenti al campo economico, del trading.

Mentre la prima si differenzia dalla speculazione, la seconda un po’ meno:

 l’arbitraggio consiste infatti nell’acquisto di un bene e nella sua rivendita in un altro mercato, ad un prezzo maggiore così da ricavarne profitto.

 Lo “short selling” gioca invece col tempo.

La vendita inoltre avviene su titoli presi in prestito:

 vendendo quei titoli ad un prezzo, li si rivende quando il loro valore è minore, così da riacquistarli a prezzo diminuito e fare dunque profitto.

Non a caso la vendita allo scoperto ha attirato verso di sé molti dubbi e talvolta divieti.

“Elon Musk” ricorda infatti:

È famoso per aver shortato la sterlina britannica. Così credo abbia fatto i suoi primi soldi “.

 In sostanza, il complimento è quello di vedere occasioni che la moltitudine non vede.

Capacità che” Musk” riflette anche sul campo politico, ma con stima personale diversa.

Tornando sugli spogli locali infatti:

“Soros ha notato che lì il valore monetario è molto più alto di quello degli spogli nazionali.

 Il valore più basso è quello di un’elezione presidenziale.

Quando vai su spogli di città o sui procuratori distrettuali, il valore è estremamente buono “.

Motivo per cui la conclusione del CEO di “X” è che “Soros ha capito che non è necessario cambiare le leggi, ma solo il modo in cui vengono applicate “.

 E ritornando sulla questione controversa dei procuratori anti-arresti, “se nessuno sceglie di far rispettare la legge o se vengono applicate in modo diverso, è come cambiarle”.

(Redazione Radioradio)

(radioradio.it/2023/11/musk-contro-soros-umanita-leggi/)

 

 

 

DRAGHI PASSA ALLE MINACCE

PER SALVARE L’EURO.

Comedonchisciotte.org - Megas Alexandros – (09 Novembre 2023) – ci dice: 

 

"Senza fare gli Stati Uniti d'Europa l’Unione Europea non sopravviverà se non come mercato unico”. 

Le parole di Draghi rilasciate al” Financial Times” piombano come un meteorite sull'”Ecofin” dove si deciderà sulla riforma del “Patto di Stabilità”.

Alla vigilia dell’attesissimo meeting che si terrà oggi 9 novembre all’Ecofin, per decidere sulla più che necessaria riforma del Patto di stabilità, Mario Draghi ha deciso di consegnare ai partecipanti un pizzino per niente simpatico, mettendo in guardia chi si oppone ai suoi voleri.

È dalle colonne del “Financial Times”, ormai assunto al ruolo di postino ufficiale, che “Supermario” non usa mezzi termini per minacciare addirittura la fine della cosa a lui più cara: l’Euro;

se non si procederà immediatamente a completare il progetto di integrazione europea con unione fiscale e bancaria.

Draghi – dall’alto del suo nuovo ruolo assegnatoli poche settimane fa dalla presidente della Commissione europea “Ursula Von der Leyen”, per delineare una strategia sul futuro della competitività dell’industria Ue per tenere testa a Cina e Usa – ha fornito una visione pessimistica della crescita economica dell’UE, prevedendo una recessione entro la fine di quest’anno, avvertendo che la sopravvivenza a lungo termine del progetto europeo dipende da un’urgente integrazione politica.

 “È quasi sicuro che avremo una recessione entro la fine dell’anno”, ha dichiarato alla conferenza “Global Boardroom” del FT.

“È abbastanza chiaro che i primi due trimestri del prossimo anno lo dimostreranno”.

Ma le parole più pesanti e significative sono giunte su quello che Draghi ritiene necessario essere il futuro più che prossimo della UE:

“O l’Europa agisce insieme e diventa un’unione più profonda, un’unione capace di esprimere una politica estera e una politica di difesa, oltre a tutte le politiche economiche . . . oppure temo che l’Unione Europea non sopravviverà se non come mercato unico”.

Le parole che fanno seguito a quella che è l’idea d’Europa che Draghi ormai esprime da diverso tempo, suonano come una vera e propria minaccia verso quei poteri europei (falchi tedeschi in primis), che ancora sono restii a mettere la cassa in comune.

Ed il fatto che l’abbia fatta poche ore prima che i ministri delle finanze dei paesi membri si riuniscano per decidere le nuove regole del Patto di Stabilità, avvalora la tesi che “Mr Britannia” non è più disposto ad attendere sul futuro dell’Euro.

La possibilità concreta che in conseguenza della recessione ormai alle porte, si arrivi a veder saltare una banca sistemica in Europa (con relativo contagio), senza che prima si sia completata l’unione bancaria, non fa dormire sonni tranquilli all’ex governatore della BCE.

Nelle mani di Draghi non c’è soltanto il destino della moneta euro, ma anche quello di “Giancarlo Giorgetti” e “Giorgia Meloni”, che dall’Ecofin si attendono una decisione favorevole sullo scorporo dal deficit delle spese militari e quelle per il PNRR , in modo da poter disporre di quello spazio finanziario utile almeno a salvare la faccia davanti agli italiani, che a breve si recheranno nuovamente alle urne per le elezioni europee.

Continuando nella sua analisi sull’erosione della competitività globale, in particolare rispetto a Stati Uniti e Cina, che hanno investito molto nel sostenere la transizione verde delle loro economie, Draghi ha detto:

 “Dovremmo preoccuparci molto di questo” – e poi ha aggiunto:

“L’economia europea ha perso competitività negli ultimi 20 e più anni, rispetto non solo agli Stati Uniti ma anche al Giappone, alla Corea del Sud e, ovviamente, alla Cina”.

“In molte, molte aree tecnologiche, campi tecnologici, abbiamo perso presenza, abbiamo perso impronta”, ha continuato.

Se l’economia europea in questi anni ha perso competitività, certamente una delle principali cause è stata proprio l’euro e tutte le politiche di austerità che sono servite per tenere in piedi una moneta senza Stato usata ad esclusivo vantaggio delle élite che la controllano in spregio ad ogni principio di democrazia e socialità.

Draghi, come già fatto nel recente passato torna a criticare il modello dell’UE (al quale lui stesso però ha contribuito), che faceva ampio affidamento sugli Stati Uniti per la difesa, sulla Cina per il commercio e sulla Russia per l’energia, oggi di fatto terminato per i cambiamenti geopolitici in corso.

 “Il modello geopolitico ed economico su cui poggiava l’Europa dalla fine della seconda guerra mondiale è scomparso”, ha affermato.

L’ex primo ministro italiano ha individuato come punti deboli la bassa produttività dell’Europa, gli alti costi energetici e la mancanza di manodopera qualificata.

 “Per avere un’economia in grado di sostenere una società che invecchia al ritmo che abbiamo in Europa, dobbiamo avere una produttività molto più elevata”, ha affermato.

 “Il punto in cui dobbiamo agire insieme è l’energia.

 Non andremo da nessuna parte pagando l’energia due o tre volte quello che costa in altre parti del mondo”.

Sembra quasi che Mario Draghi fosse su un altro pianeta della galassia, quando i poteri che lui da sempre difende, hanno deciso di costruire questa Europa esclusivamente sulla finanza e la deflazione salariale infinita, portando ogni tipo di produzione fuori dal continente ed esportando i nostri migliori cervelli.

E non dimentichiamoci quanto il suo governo sia stato immobile a livello fiscale di fronte alla recente speculazione sull’energia che ha acceso il fenomeno inflattivo in corso.

Mi chiedo ma dove era Mario Draghi, quando nel suo paese si conseguivano avanzi primari uno dietro l’altro, per dare seguito a quello che è stato il più grande trasferimento di ricchezza finanziaria, dalla massa ad una ristretta élite, della storia dell’umanità?

 Stiamo parlando di oltre 2 mila miliardi in 30 anni che hanno prodotto il risultato disastroso che conosciamo.

(E poi Draghi non si è mai occupato del fatto che le banche private, potendo creare il denaro dal nulla, hanno creato un debito verso lo Stato di circa 300 miliardi di euro ogni anno di tasse non pagate sull’utile realizzato tramite” i prestiti con  il denaro creato dal nulla”! N.D.R.)

L’Italia è l’unico paese al mondo, insieme alla Grecia, che dall’introduzione dell’Euro ha un livello di GDP reale molto inferiore rispetto a prima.

Non per niente sono gli unici due popoli costretti a vivere all’interno di avanzi primari, che succhiano sangue al lavoro per consegnarlo alla rendita.

In conclusione, nell’attesa di capire cosa accadrà all’Ecofin, dobbiamo ben pesare le parole di Draghi sul destino della UE e della sua moneta.

Se da una parte ci auguriamo che i falchi tedeschi tengano duro sul patto di stabilità in modo da porre le basi per una rottura della moneta unica, dall’altra, la frase di Draghi potrebbe anche suonare diabolicamente così:

O ci lasciate continuare a spennare gli italiani con l’Euro oppure noi li spenneremo ugualmente con la Lira…

Del resto, eliminando l’euro, non si eliminano automaticamente anche tutti quei poteri di casa nostra che ancora lottano per tenerci dentro!

(O meglio detto “quei poteri di cosa nostra”! N.D.R.)

(Megas Alexandros alias Fabio Boncini)

 

 

 

 

 

Il traballante Israele ricorre

alle minacce nucleari.

Tehrantinces.com – Internazionale - Ali Ahmadi – (5 Novembre 2023) – ci dice:

 

Che cosa significa la minaccia nucleare del ministro israeliano a Gaza?

TEHERAN - Parlando in un'intervista radiofonica, il ministro israeliano del Patrimonio “Amichai Eliyahu” ha detto domenica che una delle opzioni di Israele nella guerra contro “Hamas£ è quella di sganciare una "bomba nucleare" sulla Striscia di Gaza.

“Eliyahu” ha anche sostenuto la ricostruzione degli insediamenti israeliani, aggiungendo che i palestinesi possono "andare in Irlanda o nei deserti".

Il ministro israeliano ha anche espresso obiezioni a consentire l'ingresso di aiuti umanitari a Gaza, dicendo: "Non consegneremmo aiuti umanitari ai nazisti".

Ha anche insistito sul fatto che la parte settentrionale della Striscia di Gaza non ha il diritto di esistere, sottolineando che chiunque sventoli una bandiera palestinese o di “Hamas” "non dovrebbe continuare a vivere sulla faccia della terra.

I suoi commenti sono stati definiti "un'osservazione orribile e folle" da “Yair Lapid”, leader del partito di opposizione ed ex primo ministro, che ha chiesto al primo ministro Netanyahu di "licenziare" “Eliyahu”.

Per quanto riguarda i 240 prigionieri detenuti nella Striscia di Gaza, il ministro israeliano del patrimonio ha detto che pregherà per loro, ma "c'è un prezzo da pagare in guerra".

In reazione alle osservazioni del ministro, “Lapid” ha detto: "Ha offeso le famiglie dei prigionieri [detenuti a Gaza], ha offeso la società israeliana e ha danneggiato la nostra posizione internazionale".

Anche il leader dell'unità nazionale, il ministro “Benny Gantz”, membro del gabinetto di guerra, ha attaccato i commenti di “Eliyahu” in un post su “X”, affermando che la dichiarazione di “Eliyahu” è stata dannosa e ha causato pesanti danni politici.

“Mansour Abbas”,” leader del partito arabo Ra'am”, ha scritto su” X” che “Eliyahu” stava facendo eco a un sentimento espresso da altri funzionari israeliani, e ha espresso preoccupazione per il fatto che i suoi commenti disumanizzassero gli abitanti di Gaza.

“Abu Mazen” ha aggiunto che la disumanizzazione e la punizione collettiva sono la via per "il genocidio e i crimini di guerra".

Ci sarà un giorno dopo la guerra, non è la fine della storia o l'Armageddon, ha detto il leader del partito.

In risposta alle dichiarazioni del ministro israeliano di estrema destra, il capo della fazione “Meretz” alla Knesset, “Zehava Galon”, ha dichiarato: "Il ministro incolto propone di usare una bomba nucleare a Gaza, quindi cosa accadrà ai prigionieri israeliani?"

Ha inoltre aggiunto: "Dice che la guerra costa! [Bene], manda i tuoi figli [a Gaza] in modo che paghino anche per questo, il tuo idolo".

Tra le crescenti preoccupazioni per la dichiarazione di “Eliyahu”, l'ufficio di Netanyahu ha annunciato che è stato sospeso dalle riunioni di gabinetto "a tempo indeterminato".

L'azione dell'ufficio di Netanyahu è stata etichettata come "priva di significato" da un funzionario israeliano che ha detto:

"Questo è uno scherzo, ci sono a malapena riunioni di gabinetto comunque, e la maggior parte del lavoro viene fatto in turni di votazioni per telefono".

Per evitare la censura, il partito di estrema destra “Eliyahu” ha twittato che la dichiarazione era "metaforica".

Hamas” ha anche reagito alle osservazioni di “Eliyahu” in una dichiarazione, dicendo che il suo approccio dimostra l'"entità terroristica" di Israele contro la nazione palestinese.

 

La “Jihad islamica” ha anche rilasciato una dichiarazione in cui afferma che la dichiarazione di “Eliyahu” mostra la "realtà del loro crimine (israeliano)".

Anche il “Ministero degli Affari Esteri della Palestina” ha censurato la dichiarazione del ministro israeliano, affermando che le osservazioni razziste e brutali del ministro israeliano sono orribili.

Anche il” ministero degli Esteri saudita” ha condannato le minacce del ministro israeliano, affermando che il rinvio del suo licenziamento riflette che i valori umanitari sono inutili in Israele.

Indipendentemente dal fatto di essere "pazzo, un membro del gabinetto junior, un ministro di estrema destra" o qualsiasi cosa i funzionari israeliani abbiano etichettato “Eliyahu” è un membro ufficiale del governo israeliano che ha parlato dal cuore del regime sionista.

La proposta di bombardare Gaza da parte del ministro estremista viene dal regime di Tel Aviv che ha tappezzato Gaza di bombe.

Nel suo ultimo barbaro attacco, il regime di Tel Aviv ha bombardato il campo profughi di Maghazi nel centro della Striscia di Gaza sabato sera, provocando 45 morti palestinesi e un centinaio di feriti, secondo un rapporto pubblicato domenica dal “Ministero della Sanità di Hamas”.

"Il numero dei martiri nel massacro di Maghazi è salito a 45, ha detto il ministero in un comunicato”.

Mentre il regime occupante ha continuato a condurre campagne di propaganda contro il programma nucleare iraniano, definendolo una "minaccia" per la regione e per il mondo, “Amichai Eliyahu” ha confessato ufficialmente che Israele ha bombe atomiche, cosa su cui il regime è stato silenzioso e si è rifiutato di firmare” il Trattato di non proliferazione nucleare” (TNP).

Si dice che Israele abbia un programma nucleare dagli anni '50, ma non ha mai confermato o negato di avere armi nucleari e ha adottato una politica ambigua al riguardo.

Il Centro di ricerca nucleare del Negev, a 10 chilometri dalla città di Dimona, è il sito nucleare più importante di Israele.

Nel 1986, un tecnico nucleare israeliano, per la prima volta, fornì informazioni e immagini dall'interno del reattore di Dimona e delle testate nucleari israeliane al settimanale britannico Sunday Times.

Secondo “Jane's Defense Weekly”, Israele è la sesta potenza nucleare al mondo.

“I Jane” hanno anche detto che Israele ha da 100 a 300 testate nucleari, che è uguale alle testate nucleari dell'Inghilterra.

La minaccia nucleare è indicativa del fallimento israeliano.

La proposta di sganciare bombe nucleari su Gaza indica le successive sconfitte che Tel Aviv ha dovuto affrontare dal 7 ottobre.

Dopo l'irreparabile sconfitta del 7 ottobre, il regime occupante ha lanciato crimini di guerra a un livello senza precedenti a Gaza, bombardando aree residenziali, scuole e ospedali e tagliando acqua, cibo, medicine e altri beni essenziali all'enclave.

Eppure nessuna di queste brutalità ha aiutato i funzionari israeliani a nascondere le loro sconfitte.

L'immagine israeliana dell'invincibilità, dell'intelligence, dell'intelligenza artificiale e dell'esercito è andata via con il vento.

L'entità della sconfitta ha lasciato i leader israeliani senza altra scelta se non quella di minacciare la Striscia di Gaza con "armi nucleari".

 

Gli attacchi di terra su Gaza, seguiti da quasi un mese di attacchi aerei, hanno anche aggravato le condizioni di Tel Aviv.

 Il regime non ha ottenuto nulla nell'offensiva di terra.

 Ha appena perso altri soldati.

(Inutile dire che Israele ha finora sganciato due bombe nucleari sulla Striscia di Gaza.)

L'Osservatorio euromediterraneo dei diritti umani ha annunciato che Israele ha usato più di 25.000 tonnellate di esplosivo nella Striscia di Gaza, l'equivalente di due bombe nucleari.

(Ali Ahmadi)

 

 

 

La deputata palestinese degli Stati Uniti

Tlaib accusa la censura della Camera

durante il genocidio di Gaza.

Vtforeingnpolicy.com - Fabio G. C. Carisio – (Novembre 8, 2023) – ci dice:

 

Rashida Tlaib (MI-12):

 "La maggioranza degli americani sostiene un cessate il fuoco, ma questo Congresso non ascolta le loro voci".

 

VT condanna la PULIZIA ETNICA DEI PALESTINESI da parte di USA/Israele.

280 MILIARDI DI DOLLARI DEI CONTRIBUENTI STATUNITENSI INVESTITI dal 1948 in operazioni di pulizia etnica e occupazione USA/Israele;

150 miliardi di dollari di "aiuti" diretti e 130 miliardi di dollari in contratti

di "offesa".

(Fonte: Ambasciata di Israele, Washington, D.C. e Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.)

Rashida Tlaib (MI-12):

 "È un peccato che i miei colleghi siano più concentrati a mettermi a tacere che a salvare vite umane, dato che il bilancio delle vittime a Gaza supera le 10.000".

Martedì i legislatori della Camera hanno censurato la deputata “Rashida Tlaib”, l'unica palestinese americana al Congresso, per le sue osservazioni e azioni in risposta alla “guerra tra Israele e “Hamas”.

La risoluzione di censura, redatta dal deputato “Rich McCormick, R-Ga”., è passata con 234 voti a favore e 188 contrari, con 22 democratici che hanno votato a favore e quattro repubblicani che si sono opposti alla misura.

Un voto di censura richiede solo una maggioranza semplice per passare.

La risoluzione censura” Tlaib, D-Michigan”, per "aver promosso false narrazioni sull'attacco di “Hamas” del 7 ottobre 2023 a Israele e per aver chiesto la distruzione dello Stato di Israele".

"È un fatto triste, ma questo tipo di odio antisemita è promosso da un piccolo gruppo di membri di questo organismo, principalmente dal deputato Tlaib", ha detto “McCormick” alla Camera prima del voto.

"Dobbiamo ritenerla responsabile".

Il voto arriva un mese dopo l'attacco terroristico mortale di “Hamas” contro Israele e nel mezzo del devastante bombardamento israeliano della Striscia di Gaza densamente popolata.

Dichiarazione di “Tlaib” sulle risoluzioni di censura.

Oggi, la rappresentante Rashida Tlaib (MI-12) ha rilasciato la seguente dichiarazione:

"È un peccato che i miei colleghi siano più concentrati a mettermi a tacere che a salvare vite umane, dato che il bilancio delle vittime a Gaza supera le 10.000 unità.

Molti di loro mi hanno dimostrato che le vite dei palestinesi semplicemente non contano per loro, ma io continuo a non controllare la loro retorica o le loro azioni.

Piuttosto che riconoscere la voce e il punto di vista dell'unico palestinese americano al Congresso, i miei colleghi hanno fatto ricorso a distorcere le mie posizioni in risoluzioni piene di ovvie bugie.

Ho ripetutamente denunciato gli orribili attacchi e le uccisioni di civili da parte di “Hamas” e del “governo israeliano”, e ho pianto le vite israeliane e palestinesi perdute.

"Nel frattempo, ogni giorno che passa senza un cessate il fuoco porta più morte e distruzione su civili innocenti, che non hanno un posto sicuro dove andare, attirando l'indignazione e la condanna del popolo americano e della comunità internazionale.

La maggioranza degli americani sostiene un cessate il fuoco, ma questo Congresso non ascolta le loro voci.

 Continuerò a chiedere un cessate il fuoco reciproco, il rilascio degli ostaggi e di coloro che sono detenuti arbitrariamente, l'immediata consegna di aiuti umanitari e il ritorno a casa di ogni americano.

Continuerò a lavorare per una pace giusta e duratura che sostenga i diritti umani e la dignità di tutte le persone, metta al centro la coesistenza pacifica tra israeliani e palestinesi e assicuri che nessuna persona, nessun bambino debba soffrire o vivere nella paura della violenza".

“Tlaib” parla della risoluzione di censura.

WASHINGTON, D.C. Oggi, la deputata Rashida Tlaib (MI-12) ha tenuto un discorso alla Camera sui tentativi di metterla a tacere:

Una trascrizione completa delle osservazioni in aula è disponibile.

Trascrizione:

Sono l'unico palestinese americano che fa parte del Congresso, signor Presidente, e il mio punto di vista è necessario qui ora più che mai. Non sarò messo a tacere e non permetterò che tu distorca le mie parole.

La gente dimentica che vengo dalla città di Detroit, la città più bella e più nera del paese, dove ho imparato a dire la verità al potere, anche se la mia voce trema. Cercare di intimidirmi o censurarmi non funzionerà perché questo movimento per un cessate il fuoco è molto più grande di una persona.

 Cresce ogni singolo giorno.

Ci sono milioni di persone in tutto il nostro paese che si oppongono all'estremismo di Netanyahu e hanno finito di guardare il nostro governo sostenere la punizione collettiva e l'uso di bombe al fosforo bianco che sciolgono la carne fino all'osso.

Hanno finito di guardare il nostro governo, signor Presidente, sostenere il taglio di cibo, acqua, elettricità e cure mediche a milioni di persone che non hanno un posto dove andare.

Come me, signor Presidente, non credono che la risposta ai crimini di guerra sia più crimini di guerra.

 Il rifiuto del Congresso e dell'Amministrazione di riconoscere le vite dei palestinesi mi sta sgretolando l'anima.

 Più di 10.000 palestinesi sono stati uccisi, la maggior parte erano bambini.

Ma lasciatemi essere chiaro:

 la mia critica è sempre stata rivolta al governo israeliano e alle azioni di Netanyahu.

 È importante separare le persone e i governi, signor Presidente. Nessun governo è esente da critiche.

L'idea che criticare il governo di Israele sia antisemita crea un precedente molto pericoloso e viene usata per mettere a tacere diverse voci che parlano a favore dei diritti umani in tutta la nostra nazione.

Si rende conto di cosa vuol dire, signor Presidente, per le persone fuori dall'Aula in questo momento, che ascoltano agonizzanti il loro stesso governo che le disumanizza?

 A sentire il Presidente degli Stati Uniti, che abbiamo aiutato a eleggere, contestare il bilancio delle vittime, mentre vediamo video su video di bambini e genitori morti sotto le macerie?

Signor Presidente, sa cosa vuol dire temere l'aumento dei crimini d'odio?

 Per sapere come l'islamofobia e l'antisemitismo ci rendono tutti meno sicuri?

E preoccupatevi che vostro figlio possa subire gli orrori che “Wadea”, di sei anni, ha fatto nell'Illinois.

Non posso credere di doverlo dire, ma i palestinesi non sono usa e getta.

Siamo esseri umani come chiunque altro.

Mia “Sity”, mia nonna, come tutti i palestinesi, vuole solo vivere la sua vita con la libertà e la dignità umana che tutti meritiamo.

 Parlare per salvare vite umane, signor Presidente, non importa la fede, non importa l'etnia, non dovrebbe essere oggetto di polemiche in quest'Aula.

Le grida dei bambini palestinesi e israeliani non mi sembrano diverse.

 Quello che non capisco è perché le grida dei palestinesi suonino diverse per tutti voi.

Non possiamo perdere la nostra comune umanità, signor Presidente.

 

Sento le voci dei sostenitori della pace in Israele, in Palestina, in tutta l'America e in tutto il mondo.

Mi ispiro ai coraggiosi sopravvissuti in Israele che hanno perso i loro cari, ma che chiedono un cessate il fuoco e la fine della violenza.

 Sono grato alle persone nelle strade, per il movimento pacifista, con innumerevoli ebrei americani in tutto il paese, che si sono alzati in piedi e hanno detto amorevolmente "Non nel nostro nome".

Continueremo a chiedere un cessate il fuoco, signor Presidente, l'immediata consegna di aiuti umanitari critici a Gaza, il rilascio di tutti gli ostaggi e di coloro che sono detenuti arbitrariamente, e che ogni americano torni a casa.

Continueremo a lavorare per una pace reale e duratura che sostenga i diritti umani e la dignità di tutte le persone e metta al centro la coesistenza pacifica tra israeliani e palestinesi.

 E non censura nessuno.

 E assicura che nessuna persona, nessun bambino debba soffrire o vivere nella paura della violenza.

Il 71% dei democratici del Michigan sostiene un cessate il fuoco.

 Quindi puoi provare a censurarmi, ma non puoi mettere a tacere le loro voci. Esorto i miei colleghi a unirsi alla maggioranza degli americani e a sostenere un cessate il fuoco ora per salvare quante più vite possibili.

Il presidente Biden deve ascoltare e rappresentare tutti noi, non solo alcuni di noi. Esorto il Presidente ad avere il coraggio di chiedere un cessate il fuoco e la fine delle uccisioni.

Grazie. E mi arrendo.

(La deputata Rashida Tlaib)

 

 

 

 

 

 

Inghilterra, Canada e Svezia contro

la svolta verde che finisce nel cassetto.           

Laverità.info – Sergio Giraldo – (9 -11-2023) – ci dice:

 

Il primo discorso del re di Carlo d’Inghilterra deve essere stato particolarmente difficile da digerire per il sovrano.

(…) Tra le altre cose, nel programma di “Rishi Sunak” , spicca un progetto di legge  per aumentare la concessione di nuove licenze  di esplorazione e coltivazione di giacimenti di petrolio e gas nel Mare del Nord.

Annualmente saranno concessi nuovi permessi per trivellare il fondo marino in cerca di idrocarburi con buona pace della transizione energetica e dei suoi aedi. 

Già due mesi fa “Sunak” aveva tirato bruscamente il freno sulla transizione, rinviando al 2035 l’introduzione del divieto di vendita di automobili con motore diesel e benzina e mandando in soffitta l’obbligo per i proprietari di case di cambiare le caldaie a gas con sistemi elettrici o a idrogeno.

Con il discorso del re di martedì, il governo inglese attua quanto aveva già promesso proprio lo scorso settembre, ossia la concessione di nuove licenze di perforazione per avere maggiori quantità di petrolio e gas nazionali e aumentare, quindi, strategicamente, la propria sicurezza energetica.

Come dimenticare, del resto, l’episodio verificatosi nel febbraio scorso, quando in Scozia alcune turbine eoliche furono alimentate in emergenza con generatori diesel dopo un guasto sulla rete.

(…) Londra dà segno di accodarsi ad altri governi che in queste settimane stanno venendo a patti con la realtà. 

In Svezia, per esempio, il governo ha annunciato che taglierà la spesa legata alle politiche energetiche.

Inoltre, il governo di Stoccolma ha annunciato che le emissioni di Co2, nel breve termine, sono destinate ad aumentare.

Dati gli stretti vincoli di bilancio, il governo ha annunciato di voler dare priorità nella spesa pubblica alla difesa, considerato l’ingresso nella Nato, al sostegno alle famiglie appesantite dall’inflazione, alle spese per giustizia e per l’ordine pubblico.

 Il problema delle baby-gang in Svezia è, infatti, diventato un’emergenza nazionale, tanto che è stato chiamato pure l’esercito per fronteggiare la situazione.        

Anche il governo canadese di Justin Trudeau è costretto a prendere atto della difficoltà politica e tecnica nel raggiungimento di obiettivi di riduzione delle emissioni che appaiono sempre più velleitari.

Qualche giorno fa, Trudeau ha deciso di sospendere per tre anni l’applicazione di una tassa sull’uso del gasolio per il risaldamento, utilizzato soprattutto nelle regioni sull’Atlantico. 

La sospensione della tassa aiuta le famiglie a pagare meno pe riscaldarsi, ma ha subito provocato la levata di scudi degli ambientalisti che temono una frenata delle politiche di decarbonizzazione.

Inoltre due giorni fa il commissario canadese per l’ambiente ha emesso un rapporto nel quale afferma che, nonostante tutte le tasse e i divieti imposti ai cittadini, il Canada non raggiungerà gli obiettivi climatici nel 2030.

Secondo il rapporto, Ottawa riuscirà a ridurre le emissioni del 36 %, contro il 40-45% cui il governo si era impegnato ad arrivare.

Peccato, però, che il Canada sia anche il quarto produttore mondiale di petrolio.

La presa di coscienza dei costi esorbitanti ma necessari per arrivare agli obiettivi “ambiziosi” di decarbonizzazione si sta diffondendo tra i governi.

In vista della Cop28, prevista per fine mese a Dubai, è possibile che questi ed altri rallentamenti nella transizione possano spingere i Paesi in via di sviluppo a rallentare a loro volta.

L’onere della transizione è, infatti, soprattutto su di loro, tanto che le discussioni sul fondo che dovrebbe finanziare la transizione sono accesissime.

La Cop28 rischia di diventare un Vietnam per i verdi.    

 

Impianti cerebrali per Neuralink di Elon Musk:

secondo quanto riferito, migliaia di persone

si stanno mettendo in fila per farsi

rimuovere una parte del cranio.

Globalresearch.ca - The LakeTribune - Redazione – (08 novembre 2023) – ci dice:

 

Secondo un rapporto di “Bloomberg”, migliaia di persone si starebbero mettendo in fila per avere l'opportunità di ricevere un impianto cerebrale da “Neuralink”, la società di neurotecnologie co-fondata da “Elon Musk”.

Questo entusiasmo persiste nonostante la natura invasiva della procedura, che prevede la rimozione di una porzione del cranio per impiantare il dispositivo.

“Neuralink”, fondata nel 2016, ha piani ambiziosi per condurre sperimentazioni sull'uomo, con l'obiettivo di operare su 11 individui il prossimo anno ed espandersi a oltre 22.000 entro il 2030.

 Gli obiettivi dell'azienda non sono modesti;

Cerca di forgiare una nuova frontiera in cui gli esseri umani e le macchine possono interagire senza soluzione di continuità, consentendo potenzialmente agli individui di comunicare o controllare i giochi attraverso il solo pensiero.

 Inizialmente, tuttavia, l'attenzione si concentra sull'aiutare le persone con condizioni neurologiche.

“Neuralink” di “Elon Musk” potrebbe essere sperimentato sugli esseri umani nel 2023.

Ecco cosa c'è da sapere.

La “Food and Drug Administration” (FDA) degli Stati Uniti ha dato il via libera a “Neuralink “per iniziare i test sull'uomo, un significativo passo avanti dopo le preoccupazioni iniziali sulla sicurezza.

Queste preoccupazioni includevano la possibilità che i fili del dispositivo si spostassero all'interno del cervello o che il chip si surriscaldasse.

Nonostante i rischi, il fascino di essere all'avanguardia in questa tecnologia rivoluzionaria ha suscitato un'ondata di interesse da parte di potenziali volontari.

 La procedura, che prevede l'inserimento di elettrodi nel cervello da parte di un robot, rappresenta un passo avanti significativo nelle tecniche neurochirurgiche e solleva interrogativi sul futuro delle interazioni uomo-computer.

L'urgenza di “Musk” di far progredire “Neuralink” è guidata dalla concorrenza di altre startup di interfacce cervello-computer che stanno già conducendo test sull'uomo.

Il suo approccio, caratterizzato da un "maniacale senso di urgenza", rispecchia l'intensa etica del lavoro vista nelle sue altre imprese, “Tesla” e “SpaceX”. Tuttavia, la leadership di “Neuralink” riconosce l'alta posta in gioco, sottolineando la necessità di cautela nei loro sforzi chirurgici pionieristici.

Mentre “Neuralink” si prepara per la sua prima sperimentazione umana, il mondo osserva con il fiato sospeso, anticipando i potenziali benefici e consapevole delle sfide che ci attendono in questa audace intersezione tra tecnologia e biologia.

 

 

La "carne finta" di Bill Gates

vietata dall'Italia citando

"gravi problemi di salute"

Globalresearch.ca - Ethan Huff - NaturalNews.com – (8 Novembre 2023) – ci dice:

 

La carne sintetica coltivata in laboratorio promossa dall'eugenista miliardario “Bill Gates” sta innescando la formazione di turbo tumori negli esseri umani.

Per la prima volta nel mondo sviluppato, l'Italia ha deciso di vietare tutta la carne finta dal paese, citando "gravi problemi di salute".

Numerosi studi recenti dimostrano che la carne sintetica coltivata in laboratorio del tipo promosso dall'eugenista miliardario Bill Gates sta innescando la formazione di turbo tumori negli esseri umani –

I famosi "vaccini" delinquenziali contro il coronavirus di Wuhan (COVID-19) stanno facendo la stessa cosa, tra l'altro.

In contrasto con la recente decisione del regime di Biden di accelerare l'approvazione della carne sintetica qui in America, l'Italia sta adottando l'approccio opposto, vietando completamente la roba prima che abbia la possibilità di danneggiare il popolo italiano.

(Ma per quale motivo Bill Gates che ha comprato i migliori alberghi turistici in Italia a Portofino, Roma, Venezia, ecc. vuole assassinare gli italiani “povera gente”? N.D.R.).

"L'Italia è la prima nazione a dire no al cibo sintetico, alla cosiddetta 'carne sintetica'", ha annunciato il ministro della Salute “Orazio Schillaci”.

"Lo fa con un atto formale e ufficiale".

"La risoluzione chiede un impegno a vietare la produzione, la commercializzazione e l'importazione di alimenti sintetici all'interno del nostro territorio".

Secondo Schillaci, le nuove norme italiane contro le carni sintetiche mirano a proteggere il pubblico da qualsiasi situazione in cui "la salute pubblica ambientale possa essere a rischio, o quando vi sia incertezza sugli effetti di determinati prodotti che vengono o saranno immessi sul mercato o consumati".

"È fondamentale disporre di misure per affrontare questi potenziali rischi e garantire la sicurezza dell'ambiente e della salute pubblica in questi casi", ha aggiunto.

Il regime di Biden accelera l'approvazione della carne sintetica, compresa la "carne di pollo" coltivata in laboratorio di Gates.

Gran parte della spinta a favore della carne sintetica proviene non solo da Gates, ma anche da altri globalisti come Klaus Schwab, il “sicario delinquente” a capo del World Economic Forum (WEF), che sostengono che è necessario fermare il "riscaldamento globale" e il "cambiamento climatico" (con opportune dosi di veleno per topi? N.D.R)

Nel 2021, per promuovere il suo libro "Come evitare un disastro climatico", Gates ha dichiarato al “MIT Technology Review” che "tutti i paesi ricchi dovrebbero passare al 100% di carne sintetica".

Il sogno di Gates per il mondo probabilmente non si realizzerà, almeno per come lo aveva immaginato, perché la scienza continua a dimostrare che il consumo di carne sintetica è collegato al cancro attraverso le linee cellulari immortalate che il corpo utilizza per produrre cellule tumorali in presenza di una sostanza provocante, in questo caso carne finta.

Il regime del falso presidente “Joe Biden” ha finora indicato il suo pieno sostegno allo scatenamento della carne finta qui negli Stati Uniti, dove gli interessi delle multinazionali private sembrano controllare praticamente tutto.

Con una mossa senza precedenti, il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) di Biden ha approvato la vendita della "carne di pollo" coltivata in laboratorio di Gates alla fine di giugno.

 Questa approvazione da parte delle autorità di regolamentazione consentirà alle aziende di carne finta di tutto il mondo di inondare il mercato alimentare degli Stati Uniti con i loro prodotti tossici e mortali.

 

"Ora dobbiamo vietare qualsiasi prodotto o messaggio del “WEF” e dell'NOW (nuovo ordine mondiale)", ha scritto un commentatore in risposta alla buona notizia dall'Italia.

(Il covo degli assassini globalisti si trova a Davos, Svizzera. N.D.R.)

"Tornando alla vecchia piaga, le “nostre puttane corruttrici nel parlamento delle Nazioni Unite” saranno felici di spingerci addosso questa “merda", ha scritto un altro, presumibilmente dal Regno Unito dove, come negli Stati Uniti, “la carne finta e altri rifiuti” sono più facilmente approvati e spinti sul pubblico a causa della corruzione del governo.

"Aspettatevi una diffusa “BS “e una campagna pubblicitaria finanziata dai contribuenti per promuovere questo nuovo prodotto altamente tossico".

 

 

 

 

Putin promette «armi basate

su nuovi principi della fisica».

E «avverte» gli oligarchi

Corriere.it - Marco Imarisio – (12 settembre 2023) – ci dice:

 

Il presidente russo al “Forum di Vladivostok” afferma che lo stato di salute dell’economia russa è eccellente, condanna gli errori dell’Urss nel mandare i carri armati in Ungheria e Cecoslovacchia, non mostra segni di aperture al negoziato con l’Ucraina.

E su Trump dice: «Vittima di una persecuzione, ma la politica estera Usa non cambierà»

Putin promette «armi basate su nuovi principi della fisica». E «avverte» gli oligarchi.

Come vivere, e bene, senza l’Occidente.

Il senso delle fluviali dichiarazioni odierne di Vladimir Putin è questo.

Il palcoscenico era quello giusto.

Il Forum economico orientale di Vladivostok nasce nel 2015 come risposta diretta alle prime sanzioni degli Usa e dell’Unione europea per l’invasione del Donbass e l’annessione della Crimea, con l’intento di raccogliere investimenti per la Russia asiatica da parte di tutti i principali Paesi limitrofi, poco importa se amici o meno, dal Giappone all’India, dalla Corea del sud alla Mongolia, fino alla Corea del nord, con l’attesa visita del leader supremo “Kim Jong-un”, prevista per domani.

Lo stato dell’economia russa, secondo Putin

Ma quella del presidente russo, presente di persona sul palco del campus universitario della principale città dell’Estremo Oriente, era una lunga intervista condotta da un presentatore televisivo, non un discorso scritto e previsto da tempo.

E per quanto concordate, le domande hanno coperto una quantità notevole di temi.

 A cominciare da quelle di natura «commerciale», fatte in buona sostanza per vendere a investitori stranieri la solidità e la convenienza del prodotto-Russia, è stata forse l’uscita più interessante e meno scontata degli ultimi mesi.

Putin ha sminuito le difficoltà russe sul mercato interno, sostenendo che l’inflazione è un rischio ben gestito e per questo i tassi di interesse sono saliti al 12%, che la continua caduta del rublo non ha bisogno di essere contrastata con il controllo dei capitali, e che non sono previste nuove tasse di nessun genere.

 Tutto va bene, insomma, la resistenza economica russa è efficace, la politica delle sanzioni danneggerà solo chi la promuove.

È una interpretazione della realtà che fa a pugni persino con i dati ufficiali, anche questa non una novità, ma dato il contesto di promozione del proprio Paese, era difficile aspettarsi qualcosa di diverso.

 Per rendere l’idea, Putin ha anche aggiunto che tutti i funzionari statali dovranno usare soltanto auto prodotte in Russia, «che non hanno nulla da invidiare alle marche straniere».

Il «mea culpa» su Ungheria e Cecoslovacchia (ma non sull’Ucraina).

I titoli di giornata saranno tutti per il curioso mea culpa sui carri armati sovietici inviati nel 1956 in Ungheria e nel 1968 nell’allora Cecoslovacchia.

 «Abbiamo ammesso da tempo che questa parte della politica dell’Unione Sovietica era sbagliata e ha portato solo all’escalation delle tensioni» ha detto il presidente russo.

 Fino a qui tutto bene, e nulla di nuovo.

 La chiosa sul fatto che è sbagliato fare atti ostili «in contrasto con gli interessi degli altri popoli» suggerisce invece qualche ragionamento sul pulpito da cui proviene, data l’attualità dell’Operazione militare speciale in Ucraina.

Che non finirà presto, a giudicare da quanto sostiene Putin, perché al momento di cessazione delle ostilità non se ne parla proprio.

 «L’Ucraina comincerà a parlare di pace solo quando sarà a corto di uomini e armi come conseguenza di una controffensiva che sta fallendo, ma al tempo stesso Kiev userebbe ogni tregua per implementare la capacità di combattimento del proprio esercito».

Quindi, niente.

 Anche perché, l’Ucraina dovrebbe prima cancellare la legge votata l’anno scorso che vieta trattative di pace con la Russia.

 «Dopo che l’avrà fatto, vedremo» ha aggiunto con fare elusivo il presidente russo, che invece della pace pensa ad armi inedite, «basate su nuovi principi della fisica, alle quali stiamo lavorando».

Trump, gli Usa e la Cina.

A domanda sullo stato di salute degli Stati Uniti, Putin ha risposto che a suo avviso Donald Trump è oggetto di una «persecuzione motivata solo da ragioni politiche» che dimostra «il marciume» del sistema americano.

In ogni caso, ha aggiunto, poco importa chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca.

 «Gli Usa ci percepiscono come un nemico esistenziale, e non ci saranno cambi fondamentali nelle linee guida della loro politica estera».

 Anche per questo, ha difeso la sua svolta «asiatica», che a suo dire è stata accelerata dai tentativi statunitensi «di imbrigliare la nostra economia» e per dimostrare l’impotenza del «vecchio mondo», si è fatto beffe dei tentativi dell’Occidente di frenare la Cina nella sua marcai di avvicinamento a Mosca. «L’unico risultato ottenuto è che i nostri rapporti e i nostri scambi con Pechino hanno raggiunto un livello senza precedenti».

Un esercito di volontari.

Avanti così, insomma.

 Putin promuove a pieni voti la linea di Putin.

E aggiunge che il popolo sta dalla sua parte, come dimostrano le 270 mila persone che negli ultimi sette mesi hanno siglato un contratto di arruolamento al fronte con il ministero della Difesa, al ritmo di 1.500 nuovi soldati al giorno.

Tutti uomini che si offrono «volontariamente e consapevolmente», e che allontanano l’ipotesi di una mobilitazione generale, che nell’anno delle elezioni presidenziali, si voterà il prossimo marzo, potrebbe avere spiacevoli effetti collaterali.

L’avvertimento agli oligarchi.

Tra le molte domande varie ed eventuali, ne segnaliamo una più curiosa delle altre.

L’intervistatore ha sentito il bisogno di chiedere a Putin un suo parere sulla fuga all’estero dell’economista “Anatoly Chubais”, che quando ha lasciato il Paese nel marzo del 2022 guidava la “Rosnano”, l’Agenzia statale per lo sviluppo delle tecnologie avanzate.

«Mi hanno mostrato una sua foto dove appare con il nome di “Moisha Israelievich”… non so perché è scappato, forse teme di finire nei guai per via dell’enorme buco che ha lasciato nella società che dirigeva…».

Negli anni Novanta, durante la presidenza di “Boris Eltsin”, “Chubais” costruì il sistema delle privatizzazioni forzate.

È il papà di tutti gli oligarchi, categoria ben poco amata dal russo medio.

La frase di Putin che lo riguarda va catalogata alla voce «parlare a nuora perché suocera intenda».

Una specialità della casa.

 

 

 

 

NYTimes: America in forte crisi

con Israele sui crimini di guerra.

Remocontro.it - Piero Orteca – (8 Novembre 2023) – ci dice:

 

Per ora più l’opinione pubblica che il governo, ma anche alla Casa Bianca e nel Congresso, le ‘sofferenze’ crescono.

I dubbi sui crimini di guerra che si teme possano essere contestati ad Israele per i bombardamenti indiscriminati su Gaza, ma non soltanto.

E il giurista avverte, «Gli attacchi israeliani a cui abbiamo assistito dovrebbero sollevare seri interrogativi su come vengono utilizzate le armi americane».

Israele, Stati Uniti e resto del mondo.

Più Gaza viene polverizzata dalle bombe israeliane e più aumenta lo sconcerto dei giornali americani.

 E quelli ‘liberal’, come il New York Times, non fanno più sconti.

Secondo il NYT, gli americani stanno perdendo la pazienza con gli israeliani. Pubblicamente li difendono, ma dietro le quinte li criticano.

La risposta militare assomiglia più a una rappresaglia, che avvelenerà definitivamente i pozzi.

La manifesta noncuranza verso i civili, poi, rischia di creare un fossato sempre più largo tra Israele, gli Stati Uniti e il resto del mondo.

Crimini di guerra uguali per tutti?

Ma in questa riflessione, si inseriscono anche preoccupanti valutazioni di tipo giuridico.

Praticamente, il New York Times rilancia gli echi di un dibattito che si è già aperto nell’Ufficio per i Diritti umani delle Nazioni Unite.

Quegli attacchi aerei israeliani in cui ci sia ‘palese sproporzione’, tra obiettivi e vittime civili collaterali potrebbe essere giudicati ‘crimini di guerra’.

Significa che se per colpire un capo di “Hamas” uccido anche cento innocenti, allora sono passibile di essere accusato di ‘crimini di guerra’.

Certo, si dirà, poi la legge la applica (o la interpreta) chi vince.

Ma resta, comunque, il giudizio morale.

Armi Usa usate come?

Di più.

Il New York Times avvisa anche il suo governo.

Ci sono inchieste interne, al Dipartimento di Stato, sull’eventuale utilizzo illegale di armi cedute dagli Stati Uniti agli alleati.

Si tratta, in particolare, di casi in cui l’uso di questi mezzi bellici provochi vittime civili.

«Ad agosto il Dipartimento di Stato ha inviato un cablogramma alle sue ambasciate e ai consolati, annunciando un’indagine sulla questione», scrive il NYT. Come mai tutti questi scrupoli?

Il caso delle bombe ai sauditi.

Il NYT rivela che nel 2016 l’Ufficio legale del Dipartimento di Stato ha messo in guardia il governo:

 vendere bombe all’Arabia Saudita, che le impiegava nello Yemen, ammazzando civili, era un crimine di guerra.

Un’accusa che avrebbe potuto essere estesa alla Casa Bianca.

Ora, conclude il New York Times, citando “Brian Finucane”, un ex avvocato del Dipartimento e attuale componente dell’”International Crisis Group”, «gli attacchi israeliani a cui abbiamo assistito dovrebbero sollevare seri interrogativi su come vengono utilizzate le armi americane».

Retroscena a mala politica.

Ancora il report del New York Times.

 «Di fronte alle critiche globali per la sanguinosa campagna militare a Gaza, che ha ucciso migliaia di civili – scrive il NYT – i funzionari israeliani si sono rivolti alla storia in loro difesa.

 E hanno sulle labbra i nomi di numerosi famigerati luoghi di morte e distruzione». In sostanza, le riservate fonti diplomatiche del NYT hanno rivelato che, nei colloqui privati, gli esponenti dello Stato ebraico hanno giustificato il loro approccio ‘con pochi scrupoli’, ricordando come, in caso di necessità, avessero già fatto lo stesso anche gli americani.

Pro memoria di Israele agli Usa

Si comincia sempre con le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, che hanno causato quasi 200 mila morti, e la cosa fa venire i brividi, dopo la sparata del “Ministro Eliyahu” per una atomica su Gaza.

Quindi, niente di paragonabile ai «‘soli’ 10 mila palestinesi finora uccisi -per ora- a Gaza».

 Inoltre, scrive sempre il New York Times, gli informatissimi israeliani hanno ricordato, ai diplomatici statunitensi, tutte le vittime civili provocate dall’US Army durante gli attacchi di Falluja e di Mosul, in Irak.

Quindi, loro vanno avanti e la tregua se la possono scordare:

Onu e Washington per primi.

La Casa Bianca e la trappola.

La Casa Bianca si è infilata in una trappola, e il vento gira male: nell’ultimo sondaggio per le Presidenziali (NYT-Siena), il plurinquisito Trump supera largamente Biden.

 Se si votasse domani, lo Studio Ovale cambierebbe inquilino.

Insomma, dopo il disastro ucraino, anche in Medio Oriente gli Stati Uniti devono trovare il modo per limitare i ‘danni collaterali’ in politica interna.

Tutta la solidarietà di questo mondo allo Stato ebraico, colpito dal bestiale attacco di “Hamas”, ma, come dicevano i latini, «est modus in rebus».

Cioè, c’è modo e modo di fare le cose.

E a molti la reazione ciecamente truculenta di Tel Aviv non sta piacendo per niente.

Israele in crisi di identità.

Non si può rispondere a un indegno massacro con uno sterminio, che non distingue minimamente il bene dal male.

Specialmente, poi, se le giustificazioni che accompagnano la furia iconoclasta israeliana non convincono nessuno.

 Le esigenze di ‘sicurezza nazionale’ impallidiscono, infatti, di fronte alla catasta di morti, quasi tutti civili, che l’aviazione con la stella di David sta provocando quotidianamente nella Striscia.

Dunque, sotto questa narrazione spuntano probabilmente altre verità, molto più complesse.

A cominciare da un sofisticato gioco di ricerca del consenso, che ha molto a che fare con la cronica instabilità istituzionale del Paese, che appare ormai spaccato in due.

Dall’incapacità israeliana di pensare e di parlare con una voce unica, nasce oggi la montagna di problemi che deve affrontare tutto il Paese, nella sua interezza.

La questione palestinese.

E, proprio in questo senso, deve essere sottolineato come la ‘questione palestinese’ sia stata brutalmente trascurata, negli ultimi anni o, peggio ancora, affrontata con un approccio pericolosamente conflittuale.

Questo gli americani lo sanno, ma tutti presi com’erano dalla guerra in Ucraina e dal confronto con la Cina, hanno completamente messo da parte il Medio Oriente.

Netanyahu sfida Biden: prenderemo il controllo di Gaza.

Nel giorno che segna l’ingresso nel secondo mese di guerra, con l’esercito israeliano che avanza in profondità a Gaza e mentre per quattro ore è stato aperto un corridoio per consentire ai palestinesi di spostarsi nel sud e sfuggire ai combattimenti, è il premier israeliano Netanyahu a tracciare il perimetro di «dell’impegno di Israele a Gaza».

«Israele avrà la responsabilità complessiva della sicurezza della Striscia di Gaza per un periodo di tempo indefinito dopo la fine della guerra contro “Hamas».

In un’intervista alla tv americana Abc, Netanyahu sfida apertamente la Casa Bianca, contraria a una rioccupazione israeliana di Gaza.

«Non va bene per Israele, non va bene per il popolo israeliano», ha chiarito il portavoce Usa, “John Kirby”.

Tutto questo mentre si è aggravato ancora il bilancio delle vittime palestinesi, salite a 10.328.

 Tra queste – secondo i dati del ministero della Sanità di Gaza, 4.237 sono i minori e 2.741 le donne.

La Croce Rossa ha denunciato che un suo convoglio umanitario è stato colpito a Gaza.

 

 

 

Voti e veti. Alle radici del caos italiano.

 Formiche.net - Francesco Sisci – (29/07/2022) – ci dice:

Voti e veti. Alle radici del caos italiano.

Negare l’influenza russa e le ingerenze cinesi sulla politica italiana significa negare la realtà.

Ma il caos istituzionale e politico che aleggia nei palazzi romani ha radici più profonde.

Il commento di Francesco Sisci.

Il sistema politico italiano nasce alla fine della seconda guerra mondiale con pesi e contrappesi per evitare che la vecchia forza dei fascisti e la nuova forza dei comunisti prendano il potere.

Oltre alle misure formali c’erano poi misure informali che cementano la situazione – un veto culturale/politico a allearsi con fascisti e comunisti portandoli al governo.

Poi, i partiti di destra e di sinistra erano esclusi dal governo con un accordo informale, e il Paese era governato da un centro massiccio e magmatico, che ruotava attorno alla Democrazia Cristiana (DC).

Con il partito comunista più forte dell’Occidente, dalla fine degli anni ‘60 l’Italia divenne un campo di battaglia informale della guerra fredda.

Il terrorismo rosso e nero minacciava la stabilità del paese.

Questo culminò con il rapimento e l’assassinio nel 1978 del politico più potente del paese, il leader della Dc Aldo Moro.

Dopo il rapimento di Moro, negli anni ’80, il governo attuò una serie di misure che avrebbero dovuto diminuire lo scontento sociale e eliminare le basi in cui pescava il terrorismo.

Roma distribuì soldi a pioggia raddoppiando il deficit di bilancio dello stato.

La distribuzione di benefici sociali effettivamente contribuì a drenare il Paese dalla protesta sociale.

 Una simile politica era stata usata agli inizi degli anni ‘60, sempre per limitare le proteste sociali.

Allora il deficit venne prosciugato negli anni ‘70 in poco tempo attraverso un’inflazione a due cifre e rigorose misure di bilancio.

Forse il governo italiano pensava di ricorrere all’inflazione e a una grande disciplina di bilancio per riportare i conti in ordine negli anni ‘90.

 In realtà la fine della guerra fredda nel 1989 è connessa con la fine di fatto di tutti i parametri politici ed economici che avevano retto l’Italia fino a quel momento.

Con la crisi del 1994 le colonne del sistema politico italiano, la DC, il PSI e i partiti minori, crollarono e vennero invece sdoganato i comunisti del PCI.

La stessa cosa non accadde completamente per gli eredi del partito fascista, nonostante che anch’essi avevano cambiato nome.

D’altro canto emersero forze politiche nuove, con agende diverse, che raccolsero parti delle eredità passate ma con pulsioni nuove, Forza Italia di Silvio Berlusconi e la Lega di Umberto Bossi.

 Inoltre l’Italia si accordò per entrare nella moneta unica europea, l’euro.

Infine ci fu una riforma elettorale, che avrebbe dovuto dare maggiore governabilità al paese.

Tutto ciò avvenne però senza cambiare la Costituzione, pensata invece per affrontare sfide politiche diverse, che a quel punto non esistevano più.

Si creò quindi un insieme di vincoli esterni, con l’Unione europea, e fragilità interne, la mancanza di partiti di continuità di governo ed un mix di paletti istituzionali vecchi, e partiti nuovi.

 In questo magma nei fatti nessun partito ha avuto la forza politica di affrontare radicalmente il deficit di bilancio e le arretratezze dello stato sociale e burocratico italiano.

Quindi siamo ad oggi.

La combinazione di un rapporto debito/Pil arrivato al 150% e tante restrizioni nella libertà di mercato del paese sono un freno enorme per lo sviluppo nazionale.

 Ci sono rendite di posizione, ciascuna comprensibile e giustificabile che però messe insieme paralizzano il paese.

I monopoli dei piccoli imprenditori sulle spiagge, i tassisti, ma anche i farmacisti, i giornalisti eccetera ciascuno ha una sua ragione, ma tutti insieme paralizzano il Paese.

In una situazione di confusione e debolezza strutturale estrema, con un’astensione crescente dal voto, nel 2018 arrivano al potere gli M5s.

Essi non diventano in realtà una forza di governo, ma con la loro insipienza aumentano la enorme confusione nazionale.

 In tale frangente, nel mezzo del Covid arriva il governo di Mario Draghi l’anno scorso senza passare da un voto popolare.

Ciò è possibile perché l’Italia ha appunto un sistema di pesi e contrappesi, e la democrazia è indiretta:

il premier è tale non se votato dagli elettori ma se votato dal parlamento.

Giusto o meno, occorre una riforma costituzionale per cambiare il sistema.

Intanto in questi trent’anni l’ex Pci ha cambiato nome, ha assorbito parte della ex Dc, e come la Dc di una volta è diventato un partito/sistema, parte dell’amministrazione dello Stato, garantisce la governabilità del Paese.

Tale governabilità è minima, e per alcuni è un problema perché non affronta i problemi di fondo accumulati in questi tre decenni.

 Intanto negli ultimi anni è tornata anche la guerra fredda e la pericolosa influenza di Mosca in Italia.

In tale contesto dire che Mosca ha fatto cadere il governo Draghi significa attribuire un grande successo politico alla Russia.

D’altro canto negare l’influenza russa nella politica italiana significa negare la realtà.

Così comincia ad allargarsi un nuovo veto informale politico in Italia su Mosca.

 Oggi Giorgia Meloni, secondo i sondaggi leader del maggiore partito dopo le elezioni, si muove quindi fra due veti, uno vecchio ma mai del tutto eliminato, quello di essere “neo fascista”, e uno nuovo, non suo ma dei suoi alleati, quello di essere filorussi.

 È un passaggio molto difficile, al di là del numero dei voti raccolti alle urne.

Per governare in ciascun Paese contano sia i voti che i veti.

Quindi, con la guerra in Ucraina aperta, con una Italia che chiaramente traballa, con la Russia che si vanta a torto o a ragione di avere fatto cadere il premier inglese, avere tagliato le gambe al presidente francese facendo eleggere una maggioranza parlamentare contraria, con una Germania in stato di confusione, gli Usa mandano la speaker del Congresso Nancy Pelosi a Taiwan irritando la Cina.

Da Pechino tutto questo non si capisce.

 La Cina ha un animo estremamente pratico.

 Se la Russia perde militarmente in Ucraina e politicamente in Europa Pechino si spaventa e forse potrebbe cominciare a cambiare.

Se viceversa la Russia vince su questi due fronti allora la Cina seguirà la Russia.

La concordanza tra partita Ucraina e partita cinese deve essere anche chiara a Washington visto che il segretario per la sicurezza nazionale ha recentemente spiegato che vincere la Russia significa rassicurare Taiwan.

Certo la politica americana non è un leviatano onnisciente, è fatta di mille rivoli, tendenze e controtendenze che devono trovare continuamente una mediazione, ma oggettivamente in queste condizioni internazionali e senza un obiettivo preciso da perseguire il viaggio della Pelosi a Taiwan rischia di creare confusione non solo in Asia ma anche in Europa, e in Ucraina.

Sarebbe meglio piuttosto concentrarsi sulla guerra e sulla stabilizzazione politica in alcuni paesi europei, per dare un messaggio importante alla Cina ma anche in Europa, e in Ucraina.

Del resto durante la prima Guerra fredda la guerra di Corea e la lunga guerra in Indocina prima dei francesi e poi degli americani avevano un effetto politico diretto e importante anche nelle vicende europee.

Oggi le vicende e le guerre europee possono essere fondamentali per le questioni asiatiche.

 Viceversa, muoversi in maniera scoordinata tra est e ovest dà a Pechino un messaggio di confusione oppure di complotti invisibili da parte americana. Entrambi sono segnali pericolosi.

 La domanda quindi oggi sarebbe cosa può fare la Pelosi in Italia per aiutare Taiwan?

Per certi versi la questione cinese si vede anche in Italia.

La Meloni oggi candidato premier in pectore ha anche l’onere e l’onore di rispondere a tale questione.

 

 

 

Hanno reciso le radici dell’Europa,

 siamo passati dal Cosmo al Caos”:

dialogo con Renato Cristin.

Pangea.news – (17 luglio 2018) – Renato Cristin – Redazione – ci dice:

 

Il problema è sempre quello.

Capire cosa sta accadendo.

Io faccio la parte della bella lavanderina, che ignora tutto tranne di essere al mondo:

non mi fido di chi ha risposte impanate nell’ideologia;

 non sopporto chi semplifica il problema in un claim pubblicitario, tipo ‘sovranisti vs. globalisti’.

Ora.

 Renato Cristin è professore di Ermeneutica filosofica all’Università degli Studi di Trieste, è, tra l’altro, un raffinato esegeta di Husserl, e per Donzelli, nel 2001, ha firmato un saggio a suo modo profetico, “La rinascita dell’Europa”, in cui ci si poneva la domanda – da allora ripetuta fino alla follia – “che cosa vuol dire, oggi, essere europei?”.

 L’anno scorso, per “Liberi libri”, Cristin ha pubblicato un libro illuminante, dal titolo che ricorda un livido romanzo di “Anthony Burgess”,” I padroni del caos”.

In 500 pagine, con provvidenziale chiarezza, Cristin assembla tutti i problemi cocenti del nostro tempo – identità europea, Islam, fenomeno migratorio, libertà sociali e sessuali, neo-pauperismo, capitalismo, sovranismo – senza ‘risolverli’, ma dandoci gli strumenti – cioè, mettendo sale e concetti nella nostra zucca – per comprenderli nella loro profondità.

“Aver voluto stroncare le nazioni è stato un errore capitale commesso dai buro-politici europeisti, ignari o dimentichi del fatto che le nazioni europee non sono entità artificiali, ma organismi viventi tanto quanto i popoli che le hanno formate, come insegnava Herder opponendosi a Kant”, scrive Cristin nell’introduzione, ad esempio.

 Particolarmente interessante – giusto per capire il profilo del discorso – la combutta descritta da Cristin tra Sade, il Marchese che, a braccetto con Marx, è l’artefice della filosofia sessantottina tesa, sadicamente, appunto, a sostituire il Cosmo con il Caos, e Cervantes.

 “Sade scatena la follia per distruggere la ragione, Cervantes cerca e vivifica la follia per recuperare la ragione.

Impossibile trovare in Don Chisciotte qualcosa anche di solo vagamente analogo alla frase con cui il libertino Dolmancé gioisce delle sue scelleratezze:

«non mangio mai meglio, non dormo mai più tranquillo di quando mi sono macchiato sufficientemente di quelli che gli sciocchi chiamano crimini»…

Sade, giacobino, lotta contro l’autorità, sia quella dell’ancien régime sia quella napoleonica, che lo imprigiona;

Cervantes, cattolico, lotta contro i musulmani per difendere la tradizione europea”.

La ‘liberazione’ sessuale e sociale, in realtà, ci ha reso schiavi delle nostre pulsioni, soli, frustrati:

non più uomini con un destino – piccolo o grande che sia – ma consumatori con un portafogli, da sbandierare quando andiamo in deficit di ego.

Il libro di Cristin non si può ridurre nel format di un articolo:

 per questo ho preferito che fosse lui a raccontarlo, esplicitando alcuni passaggi decisivi.

La sua ricetta, in fondo, in un libro pieno di agudeza (“i veri guerrafondai si sono camuffati da pacifisti, senza però perdere l’antico vizio dell’odio, anzi, rinnovandolo e adattandolo alle esigenze del presente, mascherandolo da amore incondizionato per l’altro, purché non sia l’avversario politico, al quale viene negato lo statuto di «altro» e affibbiato quello di malefico”), è quella di guardare le cose come sono, faccia dentro faccia, sfacciatamente, senza filtri ideologici.

“Si tratta, diceva Husserl, di guardare, semplicemente di guardare, anche se lo sguardo immediato deve essere accompagnato da una teoria che lo sostenga nel suo movimento estrinseco e nella sua esplicitazione.

In questo caso, guardare direttamente significa cogliere l’essenza delle cose senza i veli delle opinioni, dei dogmatismi o, peggio ancora, degli strumentalismi con cui una propaganda di tipo immigrazionista, anti-identitario e sostituzionista cerca di sviare l’attenzione e confondere il giudizio degli individui e, quindi, dei popoli”.

 

 

 

Tra ordine e caos.

Lo stato di eccezione in Carl Schmitt.

di Torquato G. Tasso.

Giustiziainsieme.it (20 ottobre 2021) – Torquato G.Tasso – ci dice:

Sommario: 1. “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”. Il punto di partenza. - 2. Carl Schmitt. Un giurista e la sua epoca. - 3. Tra ordine e caos. L’eccezione in Carl Schmitt. - 4. Dall’eccezione della regola alla regola dell’eccezione. - 5. Per una (prima e necessariamente interlocutoria) conclusione. L’intuizione politica della tesi schmittiana. - 6. La suggestione dell’incipit o l’incipit di una suggestione. - 7. In conclusione. La parola a Carl Schmitt.

 

1. “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”. Il punto di partenza.

“Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”. Questo celeberrimo incipit  dell’opera Teologia politica di Carl Schmitt, in questo periodo pandemico, è stato molto spesso richiamato nei vari contributi pubblicati, al punto da poter quasi essere assunto come il manifesto dello stato emergenziale che sta flagellando l’intero globo.

Se non si può certo nascondere che la facilità e l’impatto emotivo ed evocativo di questa suggestiva immagine ne ha decretato un successo per certi versi non del tutto inaspettato, è anche vero che proprio questi caratteri ne hanno comportato un uso indiscriminato che rischia di far perdere l’autentico significato che Carl Schmitt voleva attribuirgli.

 

Senza spirito di polemica alcuno, preso atto di questa larga diffusione, riteniamo sia opportuno soffermarci proprio su questo incipit per verificare se e in che misura sia possibile coglierne l’originario significato e, quindi, comprendere se e in che misura le citazioni che hanno arricchito i vari contributi apparsi in questo periodo, hanno rispettato il pensiero schmittiano.

 Per fare questo sarà quindi necessario ricostruire, anche se, ai fini del presente contributo, solo brevemente, la figura di Carl Schmitt e del periodo storico in cui maturò la sua dottrina. 

 

2. Carl Schmitt. Un giurista e la sua epoca.

Ricordiamo che all’inizio del Novecento, in Europa imperava il positivismo giuridico, secondo il quale è diritto solo il diritto positivo e, quindi, unica possibile fonte del diritto è il legislatore.

È singolare evidenziare come i due movimenti politici che nacquero in quel periodo in Italia e in Germania, rispettivamente il fascismo e il nazionalsocialismo, che presentavano molti aspetti comuni o comunque simili da punto di vista ideologico e culturale, ebbero un rapporto ben diverso con il giuspositivismo.

In Italia si può affermare che il fascismo non ebbe e, probabilmente neppure ricercò, inizialmente, una dottrina che ne teorizzasse i caratteri, in quanto nacque come movimento prettamente politico in cui confluivano interessi di diversa estrazione e sentimenti politici a volte molto diversi, accomunati dalla volontà di un cambiamento politico che portasse alla conquista del potere.

Fu solo nel 1932 che il fascismo si diede una dottrina, quando Giovanni Gentile scrisse la famosa voce dell’Enciclopedia del Diritto, dal titolo Fascismo, dottrina che, in gran parte, veniva a teorizzare una realtà già esistente da tempo.

Per quanto riguarda l’aspetto più squisitamente giuridico, il fascismo in gran parte sposò le posizioni del positivismo giuridico in quanto la riduzione del diritto a legge dello Stato che questi operava, fu ampiamente utilizzata dal movimento per consolidare il proprio potere.

In Germania, invece, l’analogo movimento, il nazionalsocialismo, assunse una posizione diametralmente opposta, opponendosi al giuspositivismo per realizzare una radicale trasformazione della concezione del diritto e dello Stato.

Pur partendo anch’esso da una prospettiva anti individualistica, all’individuo non viene contrapposto lo Stato ma un ente che a questo è anteriore la Volksgemeinschaft ossia la “comunità del popolo” che si pone come fonte primaria del diritto e che, sotto la guida di un proprio capo, il Führer, usa lo Stato come un proprio strumento.

 Il giuspositivismo venne quindi sostituito con una teoria del diritto libero che trovava la propria fonte nella Volksgemeinschaft il cui massimo interprete sarebbe stato proprio il Führer con la conseguenza che il giudice, per esempio, non avrebbe neppure dovuto farsi interprete della volontà generale della comunità ma avrebbe semplicemente dovuto seguire le indicazioni dello stesso Führer.

Conseguenze di questa visione è che “la comunità del popolo” viene ad escludere la possibile esistenza (che sarebbe antitetica) della comunità giuridica, la Rechtsgemeinschaft, figlia di una visione contrattualistica del diritto, e gli individui si vedono riconosciuti dei diritti solo ed esclusivamente in quanto membri della comunità prestatale, della Volksgemeinschaft appunto e nella misura in cui questa realizza i propri fini.

In questo clima culturale si inserisce la dottrina e l'opera di Carl Schmitt, certamente uno dei più autorevoli studiosi di diritto pubblico, che è stato considerato uno dei più importanti teorici del nazionalsocialismo. Secondo il giurista tedesco, ispirato, quanto meno nella fase iniziale della propria ricerca, da Machiavelli ed Hobbes, il diritto è essenzialmente decisione politica in quanto ogni legge richiede necessariamente in ultima istanza per essere valida una decisione politica presa ed assunta da colui che è titolare del potere. Possiamo quindi dire che secondo Schmidt il diritto si risolve nella politica.

La politica viene vista come indipendente dalla razionalità, non è espressione di valori di bene o di giustizia, ma è espressione di pura volontà, legata alla dialettica “amico-nemico”, cioè ricollegata al fatto che un gruppo di uomini combatte per la propria sopravvivenza contrapponendosi sempre comunque ad un altro gruppo che fa altrettanto.

Se l'originaria posizione di Schmitt può essere definita decisionismo, nel 1934 lo stesso autore passa ad una posizione molto più vicina alle tesi del nazionalsocialismo, quella della “concezione concreta dell'ordinamento” a cui mal si adatta il positivismo giuridico espressione di decisionismo (secondo il quale il diritto è atto di volontà personale del legislatore) e normativismo (secondo il quale il diritto è un insieme di regole astratte e generali e non riconducibile alla volontà del legislatore storico). La “concezione concreta dell'ordinamento” vede il diritto nella sua evoluzione effettiva e nella realtà della vita, il fatto che continuamente si rinnova nella concreta attuazione da parte della comunità, la quale spontaneamente sì dà ordine e nella cui prospettiva la regola e la norma che la esprime sono solo secondarie.

 

Questa tesi che avvicina l’autore alle posizioni istituzionalistiche di Houriou e di Santi Romano, che il giurista tra l’altro espressamente cita, allontana radicalmente Schmitt dal positivismo e, di conseguenza, dall’individualismo che questo presuppone. Il giurista tedesco, infatti, supera il dualismo Stato-società in quanto lo Stato non può più essere considerato il detentore di ciò che è politico ma semplicemente uno degli ordini che costituiscono l'unità politica insieme al Movimento (nazionalsocialista) e al Popolo, alla Comunità popolare. Il diritto deve essere espressione del Movimento e della Comunità popolare, in funzione di questa che è la fonte della legittimità dell'ordinamento.  

 

3. Tra ordine e caos. L’eccezione in Carl Schmitt

A questo punto, alla luce di quanto abbiamo anticipato ed illustrato, possiamo passare ad una lettura più attenta e contestualizzata del passo del giurista tedesco e verificare se, e in che termini, il frequente richiamo allo stesso da parte degli studiosi sia condivisibile o meno o se sia dettato da mera suggestione concettuale e stilistica.

Va subito detto che il famoso incipit è stato oggetto di diverse interpretazioni. Pur dovendo ammettere che l’autore non è sempre stato lineare nell’esposizione della propria tesi, creando il presupposto per possibili fraintendimenti interpretativi, ci pare di poter dire invece che il concetto di eccezione sia stato, complessivamente, delineato in maniera chiara dal giurista tedesco.

 

Dobbiamo focalizzare l’attenzione sul fatto che il più volte citato incipit della Teologia Politica, viene subito seguito da un ulteriore passaggio che viene a chiarirlo e che deve orientarci nella lettura dell’intero contributo di Schmitt.

 Dopo aver esordito con “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”, infatti, lo stesso immediatamente aggiunge

“Questa definizione può essere appropriata al concetto di sovranità, solo in quanto questo si assuma come concetto limite (…) A ciò corrisponde il fatto che la sua definizione non può applicarsi al caso normale, ma ad un caso limite” .  Solo in quanto questo si assuma come concetto limite. E proprio questo ci deve illuminare nel proseguo della nostra riflessione sulle tesi di Schmitt. 

Stato di eccezione è quindi una situazione limite.

 È quella situazione tale per cui le normali regole giuridiche, dettate dalle leggi statali non sono operanti, non sono osservate e, ancor di più, non sono osservabili. Si tratta di una situazione nella quale gli strumenti normativi che si erano usati all’interno di un determinato ordinamento giuridico, improvvisamente, non sono più in grado di svolgere la propria funzione regolatrice e di garantire quell’ordine che è proprio di un ordinamento giuridico.

Stabilità. Certezza. Efficacia. Effettività. Tutto scompare nello stato di eccezione. “Il caso d'eccezione” - dice Schmitt è “il caso non descritto nell'ordinamento giuridico vigente” .

 Infatti, è proprio Schmitt che precisa che “nel caso di eccezione, lo stato sospende il diritto” anche perché “non esiste nessuna norma che sia applicabile ad un caos. Prima dev’essere stabilito l’ordine: solo allora ha un senso l’ordinamento giuridico”.

Prima si riporta l’ordine. Poi ha senso parlare di ordinamento.

Schmitt non spiega quali possono essere i motivi per cui un ordinamento improvvisamente non è più in grado di garantire l’ordine attraverso le ordinarie regole. Ma, per certi versi, questo è del tutto coerente con la sua visione dell’eccezione, in quanto la stessa si pone come altro dall’ordine, come negazione dell’ordine costituito e, per questo, non prevedibile e, quindi, non regolabile. Se invece l’eccezione fosse prevedibile, sarebbe possibile prevedere preventivamente una regola che la disciplinasse ma, a questo punto, non sarebbe un’eccezione (nella prospettiva schmittiana) ma sarebbe una regola, o meglio un fatto suscettibile di regolamentazione e, per questo, non una autentica eccezione. Ecco perché l’immediata precisazione del giurista che aggiunge “non si può affermare con chiarezza incontrovertibile quando sussista un caso di emergenza, né si può descrivere dal punto di vista del contenuto che cosa possa accadere quando realmente si tratta del caso estremo di emergenza e del suo superamento” .

 

Comincia ad emergere il motivo per cui è solo il sovrano “che decide sullo stato di eccezione” in quanto si dimostrerà sovrano colui che è in grado di decidere che sussiste lo stato di eccezione, che ci si trova in uno stato di eccezione e, all’esito, che decide “cosa si debba fare per superarlo”.

Il giurista tedesco, infatti, precisa che “allora diventa automaticamente chiaro chi è il sovrano. Egli decide tanto sul fatto se sussista il fatto estremo di emergenza, quanto sul fatto di che cosa si debba fare per superarlo”. Quindi sovrano è colui che riesce, in questa situazione eccezionale ed emergenziale, innanzitutto a riconoscere che ci si trova in questa situazione eccezionale e, poi, a porvi rimedio con un proprio intervento.

Solo questi si può dire sia Sovrano, non perché si proclami tale ma perché, nei fatti, opera come sovrano. Fa ciò che fa e deve fare un sovrano. Dimostra nei fatti di esserlo.

 

Secondo Schmitt, l’azione del vero sovrano non può incontrare alcun limite. Non può trovare un limite politico, perché l’individuazione dell’eccezione e la capacità di risolvere lo stato di eccezione è l’atto politico per eccellenza, in quanto è l’atto originario, il nuovo atto originario che darà vita ad un nuovo ordine, ad un nuovo ordinamento, ponendo fine al disordine. È l’atto che crea i presupposti per parlare di politica e, per traslato, che crea la nuova politica.

 

Ma l’intervento del vero sovrano e la sua decisione non può trovare nemmeno un limite giuridico. Un limite giuridico dovrebbe essere un limite fissato dall’ordinamento giuridico ma, come abbiamo appena detto, lo stato di eccezione si caratterizza proprio come una sospensione dell’ordinamento giuridico, come il necessario riconoscimento della limitatezza dell’ordinamento giuridico. L’eccezione è la negazione dell’ordinamento.

 

Se, per risolvere l’eccezione, si potesse ricorrere a delle regole già previste per risolverlo, allora non saremmo in uno stato di eccezione, ma ci troveremmo in una situazione prevista (e prevedibile) che l’ordinamento è in grado di risolvere proprio perché lo ha preventivamente regolato.  E questo è uno dei motivi per cui, secondo Schmitt, il sovrano “sta al di fuori dell'ordinamento giuridico normalmente vigente”. 

È anche vero che, con quella ambiguità a cui si è accennato in precedenza, Schmitt aggiunge che il sovrano “tuttavia appartiene ad esso” (ossia all’ordinamento), ma in realtà, questa appartenenza è assolutamente labile e impalpabile (per non dire logicamente contraddittoria) in quanto si fonda su una originaria creazione dell’ordine e del relativo ordinamento giuridico, e quindi non è una vera appartenenza. Se sovrano è colui che ha posto le fondamenta dell’ordinamento e ha creato l’attuale ordinamento, è evidente che gli eventuali limiti che questi avesse posto a sé stesso e alla propria azione non sono dei veri limiti, perché come ha creato quei limiti, disegnandosi come appartenente (anche inteso come parte) di un determinato ordinamento, tale appartenenza potrebbe essere messa nel nulla per una sua decisione, preso atto dello stato di eccezione, che l’ordine ha scardinato. Ecco perché Schmitt, resosi forse conto che questa affermazione poteva essere fuorviante, si affretta ad aggiungere che “a lui tocca la competenza di decidere se la costituzione in toto possa essere sospesa” . Se a lui tocca il compito di decidere di sospendere la costituzione da lui stesso disegnata e nella quale si è posto (e anche eventualmente vincolato) ovviamente vuol dire che quei vincoli sarebbero solamente un flatus voci e potrebbero essere liberamente sciolti.

 

Ma questo assunto può essere portato alle estreme conseguenze e rapportato anche alla realtà giuridica ordinaria della Costituzione.

 Il sovrano – per quanto siamo venuti a dire - si colloca sempre e comunque al di fuori della stessa Costituzione. Per decidere se ci si trova in uno stato di eccezione e, una volta preso atto dell’esistenza di uno stato di eccezione, per decidere cosa fare per superare questo stato di eccezione, è e sarebbe logicamente inutile far riferimento a colui che viene indicato dalla Costituzione vigente come sovrano, perché lo stato di eccezione presuppone proprio la concreta inapplicabilità e, quindi, la non vigenza della Costituzione. Il riconoscimento della sovranità, quindi, non è mai desumibile dalla Costituzione vigente né dalla normativa vigente in quel regime costituzionale dato, proprio perché l’eccezione è la negazione di quella Costituzione e di quell’ordinamento. Sovrano sarà colui che, non limitato da alcuna norma e regola, sarà in grado di decide in modo concreto ed effettivo sull’ordine. 

Certamente più efficaci sono le parole di Schmitt che infatti precisa “se fosse possibile stabilire le competenze che vengono attribuite per il caso d'eccezione - sia mediante un reciproco controllo, sia mediante una delimitazione temporale (…) mediante l'enumerazione delle competenze straordinarie - in tal caso il problema riguardante la sovranità compirebbe un grosso passo indietro” . 

 

4. Dall’eccezione della regola alla regola dell’eccezione.

 

Lo sviluppo del pensiero schmittiano ci conduce ad una inevitabile e già intuita conseguente conclusione che, se ben compresa, è molto più profonda di quanto le apparentemente semplici parole del giurista tedesco possono far pensare. Se l’eccezione è la negazione dell’ordinamento, se l’eccezione è la negazione sia fattuale che logica della regola, l’eccezione, vista sotto una corretta luce, diviene la vera regola. È più importante della regola stessa perché è il punto di fusione (come lo definisce Agamben della regola che porterà alla necessità di una nuova regola, dettandone l’urgenza e l’ineluttabilità. Possiamo dire che l’eccezione è il prius da cui nasce una nuova regola, è il segno di ciò che non è più e l’origine del nuovo ordinamento.

L’eccezione è la regola. L’eccezione è la regola delle regole.

 

L’eccezione suscita maggior interesse anche per uno studioso del diritto perché è in grado di disvelare allo stesso la radicale ed essenziale natura della sovranità, è in grado di far comprendere ciò che il naturale evolversi della quotidianità giuridica, della normalità della vita quotidiana, regolata dalle norme, non è in grado di far percepire e che l’ordinamento vigente non è in grado di disvelare.  L’origine. L’atto originario con cui la sovranità, con una decisione (che non vuol dire forza) pone fine al caos, alla sospensione del diritto, al disordine e si pone come nuova regola, rendendo palese la limitatezza e la non autosufficienza della precedente regola.

 

Ed è questo che, in fondo, ci dice Schmitt quando con quello che può sembrare una tautologia, scrive: “l'eccezione è più interessante del caso normale. quest'ultimo non prova nulla, l'eccezione prova tutto; non solo essa conferma la regola: la regola stessa vive solo dell'eccezione. Nell'eccezione, la forza della vita reale rompe la crosta di una meccanica irrigidita nella ripetizione” . 

 

5. Per una (prima e necessariamente interlocutoria) conclusione. L’intuizione politica della tesi schmittiana.

 

Molti autori evidenziano che lo stato di eccezione comporta la necessità da parte del sovrano di intervenire e che, a seguito del suo intervento, gli si prospettano due opzioni. O restaurare, conservare (a seconda delle prospettive) l’ordinamento giuridico vigente o ristabilire l’ordine attraverso un nuovo ordinamento giuridico che si sostituisca al precedente.

Tra questi Agamben il quale evidenzia come la tesi schmittiana prevede due forme diverse di dittature, entrambe riconducibili al concetto di eccezione ma distinte tra di loro dal diverso fine operativo.

Da un lato, “la ‘dittatura commissaria’, che ha lo scopo di difendere o restaurare la costituzione vigente, e dall’altro la ‘dittatura sovrana’, nella quale, come figura dell’eccezione, essa raggiunge per così dire la sua massa critica o il suo punto di fusione”.

 

Da un punto di vista squisitamente pratico, questa tesi è del tutto condivisibile in quanto, colui che è sovrano, può ricostituire un precedente ordinamento, confermandone la vigenza o dar vita ad un nuovo ordinamento che sostituisca, in tutto o in parte, il precedente.

 Sovrano è colui che ha il potere di farlo, di mettere ordine nel caos, è l’unico che può ricostituire l’ordinamento e, quindi e a maggior ragione, è assolutamente libero di decidere quale sia l’ordine per il futuro.

 

Da un punto di vista teoretico, però, temiamo che questa conclusione, che pur trova sostegno nelle pagine di Schmitt, non colga fino in fondo il significato del concetto di eccezione che abbiamo in precedenza delineato proprio grazie ai contributi del giurista tedesco, vi è il timore che questa lettura finisca per incorrere in una possibile aporia.

Abbiamo detto che eccezione è una situazione nella quale le ordinarie regole giuridiche, di origine statale non sono in grado di operare, non vengono osservate e, in maniera ancora più pregante, non sono osservabili. È il momento storico nel quale un determinato ordinamento giuridico non è più in grado di regolare la vita dei consociati, non è più in grado di garantire l’ordine. Tutto svanisce nello stato di eccezione che è “il caso non descritto nell'ordinamento giuridico vigente” .

 

È proprio Schmitt che precisa, infatti, che “nel caso di eccezione, lo stato sospende il diritto” anche perché “non esiste nessuna norma che sia applicabile ad un caos. Prima dev’essere stabilito l’ordine: solo allora ha un senso l’ordinamento giuridico”.

Di fronte al caos, non vi è ordine e, quindi e a maggior ragione, non vi è più un ordinamento.

Anzi, prima di tutto si deve ristabilire l’ordine, perché solo allora ha un senso l’ordinamento giuridico.

Richiamandoci a quanto abbiamo detto in precedenza circa la natura dell’eccezione, come il momento originario, l’origine partendo dalla quale si giungerà all’ordine e, per l’effetto, all’ordinamento, dire che il sovrano può essere chiamato a “difendere o restaurare la costituzione vigente” può apparire contraddittorio in sé e contraddittorio rispetto alla stessa tesi schmittiana.

Può apparire contraddittorio in sé perché difendere e restaurare sono due concetti tra loro molto diversi e tra loro in antitesi, che richiamano due presupposti diversi. Difendere vuol dire impedire che un elemento esterno faccia venir meno (nel nostro caso) l’ordinamento, ossia, presuppone che l’ordinamento non sia venuto meno grazie proprio anche all’intervento sovrano. Sovrano che ponendosi a baluardo dell’ordinamento ne garantisce la sopravvivenza.

 

Restaurare, invece, vuol dire ricostruire ciò che c’era prima, vuol dire che un elemento esterno ha fatto venir meno (nel nostro caso) l’ordinamento, ossia, presuppone che l’ordinamento sia venuto meno ma il sovrano, accertata l’eccezione e decidendo di superarla, con un ritorno all’ordine, decida di costituire come nuovo ordine, un ordine ad immagine e somiglianza del primo. Un nuovo ordine che è esattamente identico a quello precedente, restaurando il precedente.

 

Vediamo, quindi, che i due casi sono molto diversi l’uno dall’altro (al punto dall’essere tra loro contraddittori). Nel primo caso, vi è un’opera di difesa che garantisce la continuità dell’ordinamento, impedisce che vi sia quel punto di non ritorno e, di conseguenza, pare un’ipotesi che mal si concilia con il concetto di eccezione nel significato che, come evidenziato in precedenza, Schmitt sembra voler elaborare. Nel secondo caso, invece, vi è un’azione del sovrano che, accertata l’eccezione, ricostruisce il precedente ordine. Ma, in questo secondo caso, l’idea schmittiana di eccezione, come interruzione, sospensione dell’ordinamento, come caos che deve prima di tutto essere ordinato, per poter poi parlare di ordinamento giuridico, viene confermata, perché il sovrano, nella sua assoluta libertà, può decidere come superare l’eccezione, quale ordine ridisegnare, creando un nuovo ordine, diverso dal precedente, o, come detto, restaurando il precedente. Ma, in ogni caso, l’interruzione, l’eccezione in senso autentico vi è stata.

 

Ecco perché, quando si parla dell’ordine che il sovrano crea per superare l’eccezione, è giusto parlare sempre di nuovo ordine.  Nuovo perché l’eccezione è sempre una interruzione. Nuovo perché non è più il precedente ordine. Nuovo perché l’eccezione è comunque l’origine del nuovo ordine. Ovviamente, però, proprio perché il sovrano è il Sovrano, ossia la figura onnipotente che garantirà l’ordine, nella sua assoluta libertà potrà decidere come configurare il nuovo ordine, se ad immagine e somiglianza del precedente (ossia restaurando il precedente) o se, invece, in un modo del tutto originale. Ma la diversa scelta dipende dalla volontà del sovrano che è sempre e comunque una volontà originaria. 

 

6. La suggestione dell’incipit o l’incipit di una suggestione

 

Alla luce di quanto siamo venuti a dire, possiamo ora cercare di dare una risposta (o quanto meno una nostra valutazione relativa) alla domanda originaria, ossia se alla luce di una analisi attenta del ricordato incipit del celeberrimo passo di Schmitt, opportunamente contestualizzato all’interno della sua opera, si possa sostenere che questo sia stato correttamente citato e sia, quindi, utilizzabile e applicabile al periodo pandemico che stiamo vivendo o invece sia stato, in questo periodo, impropriamente richiamato, per far (probabilmente) leva sulla sua forza evocativa e suggestiva.

Come noto, lo stato di emergenza è stato dichiarato con Delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 e, al momento in cui scriviamo, è ancora in essere. Gli interventi normativi con cui l’ordinamento sta reagendo all’emergenza sono certamente molto numerosi e provengono da una pluralità di numerose fonti diverse. Se guardiamo agli atti di natura governativa troviamo Decreti Legge (portati poi alla conversione), Decreti del Consiglio dei Ministri, Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, Decreti Ministeriali dei vari Ministeri (Salute, Economia, Sviluppi Economico e Giustizia principalmente), Decreti del Dipartimento della Protezione Civile, Decreti del Commissario Straordinario a cui si devono aggiungere le singole circolari interpretative e applicative.

 

A queste si aggiungono gli atti emanati dalle singole Regioni e da organi della Regione quali Leggi ma anche Decreti della Giunta Regionale, Ordinanze del Presidente e Decreti dei Direttori di Direzioni, Delibere di Giunta principalmente. In maniera un po' semplicistica possiamo dire che nel periodo pandemico sono stati emanati migliaia di provvedimenti normativi, provvedimenti provenienti da fonti diverse, anche di grado diverso, e non sempre di facile ricostruzione.

 

La premessa che illustra il copioso intervento normativo in materia, ad opera dei diversi organi interessati, nel periodo pandemico ci evidenzia una produzione ipertrofica, che mira a dare soluzione ai problemi di volta in volta emergenti dalla contingenza, ma che inevitabilmente, si presta ad una serie di critiche. Se ci soffermiamo sugli effetti e sulle conseguenze che questa copiosa produzione può comportare, diviene inevitabile sollevare una serie di perplessità e di critiche, sia da una prospettiva pratica che giuridica. 

 

Da un punto di vista pratico perché questa eterna rincorsa a dare una regolamentazione a fattispecie impreviste (e comunque, va detto, spesso imprevedibili), da un lato evidenzia le difficoltà che l’ordinamento sta affrontando nel porre rimedio alla pandemia e dall’altro inevitabilmente incorre in alcuni errori e antinomie, con inevitabili conseguenti difficoltà interpretative e applicative, che si prestano facilmente a critiche.

 

Da un punto di vista giuridico, perché questa produzione ipertrofica, se naturale sviluppo delle tesi positivistiche, rischia però di incorrere in contraddizioni logiche rispetto alle proprie premesse teoretiche, non riuscendo a garantire la certezza del diritto, per il tramite della coerenza e della completezza dell’ordinamento giuridico.

Date queste premesse, possiamo comunque concludere che l’attuale stato emergenziale rientri nel concetto di stato di eccezione schmittiano o, viceversa, dobbiamo concludere che i richiami alle tesi del giurista tedesco sono sproporzionate rispetta all’autentico significato di questo concetto?

Abbiamo appena illustrato il fatto che il concetto di eccezione è un concetto estremo, che rappresenta una situazione limite (o meglio ancora ove il limite è già stato superato) in cui l’ordinamento cessa di essere applicato, perché inapplicabile, e si ha una vera e propria sospensione dell’ordinamento giuridico. Un caso in cui vi è un assoluto vuoto normativo.

Riguardo a questo aspetto risulta difficile poter sostenere che questo sia ciò a cui stiamo assistendo in questo periodo. Un periodo nel quale lo Stato non solo è presente ma, in una determinata prospettiva, forse anche troppo presente, e dove l’ordinamento giuridico non è assolutamente sospeso ma, anzi, sembra quasi essere eccessivamente attivo, proprio per questa reazione ipertrofica alla difficoltà affrontata. Certo, sviluppo forse criticabile che porta a doversi porre altre questioni teoretiche, per esempio, su quale sarebbe il giusto equilibrio tra attività politica e attività amministrativa, che pare essere in questo periodo in parte smarrito, ma che non ci può certo portare a pensare che vi sia una paralisi e una sospensione dell’ordinamento.

Abbiamo poi detto che eccezione è una situazione costituzionale che richiede la riemersione del sovrano alla ricerca della ricostituzione di un ordine che l’ordinamento giuridico costituito non è più in grado garantire. Anche a questo proposito, risulta difficile poter sostenere teoreticamente che nell’attuale contingenza vi sia un disordine, dovuto al fatto che l’ordinamento giuridico non riesce a garantire l’ordine, al punto tale da richiedere l’intervento di un sovrano che sia in grado di riportare ordine nel caos, superandolo con un nuovo ordinamento giuridico.

 La reazione dell’ordinamento giuridico attuale, forse criticabile per la sua ipertroficità, certamente criticabile per le non infrequenti antinomie e contraddizioni, non si può dire che non sia applicabile e applicato, e che ad oggi ci sia un caos a cui reagire. La particolare contingenza sta certamente sottoponendo ad una forte sollecitazione il nostro ordinamento giuridico, ma non è tale da poter dire che di fatto lo stesso sia sospeso ed inapplicato perché inapplicabile.

 

Abbiamo inoltre sottolineato come l’eccezione sia una situazione che si pone al di fuori dall’ordinamento giuridico. Anche sotto questo aspetto diviene non credibile che la situazione attuale si ponga al di fuori dell’ordinamento giuridico; forse possiamo dire che ci troviamo in una situazione che si pone ai margini dell’ordinamento. Ma questa non è eccezione perché, invece, si tratta di vigenza dell’ordinamento che, benché messo in difficoltà dalla contingenza, è in grado di dare risposte, confermando la propria valenza ordinatoria.

 

E, per quanto detto e a maggior ragione, non possiamo concludere che, attualmente, ci si trovi in una situazione che richieda un atto originario, che crei un nuovo ordinamento giuridico, situazione che invece viene disegnata dalle tesi schmittiane, perché, ripetiamo, per quanto la reazione dell’ordinamento sia sotto vari profili criticabili, è pur sempre testimonianza della esistenza di un ordinamento, che reagisce alle sollecitazioni esterne, rivendicando il proprio ruolo regolatore.

 

Cercando di trovare un punto di contatto con chi sostiene che attualmente ci si trovi in uno stato di eccezione secondo i parametri di Carl Schmitt, possiamo riprendere la distinzione (ma anche la relativa avvertenza) su cui ci siamo soffermati in precedenza, tra difesa e restaurazione dell’ordinamento giuridico. Il sovrano, secondo alcuni, può intervenire per difendere o per restaurare l’ordinamento giuridico superato dallo iato posto dall’eccezione. 

Possiamo certamente dire che gli attuali organi politici stanno attivamente operando in difesa dell’ordinamento giuridico vigente, con quotidiani e numerosi interventi normativi, nel difficile e difficoltoso compito di difendere l’ordinamento giuridico esistente, ma, richiamandoci a quando ampiamente premesso, questo non è il vuoto, l’assenza dell’ordinamento secondo l’autentico senso che Schmitt voleva dare alla propria idea di eccezione. È la quotidiana lotta per la sua difesa e riconferma.

 

Una cosa è dunque certa.

Una cosa è l’eccezione disegnata da Schmitt (intesa come sospensione dell’ordinamento giuridico, come origine del nuovo ordine) e una cosa ben diversa è la situazione contingente in cui l’ordinamento reagisce con l’ipertrofica (e certamente per questo criticabile) produzione normativa che comunque rimane nell’alveo di un ordinamento tutt’ora vigente e che, anzi, proprio con questa frequente, quasi quotidiana, produzione normativa rivendica e ribadisce il proprio ruolo (costituzionale). Nell’attuale contingenza, l’ordinamento giuridico sta reagendo, certamente evidenziando diverse criticità e difficoltà, ma sempre muovendosi all’interno dell’ordinamento giuridico esistente. 

 

7. In conclusione. La parola a Carl Schmitt

 

Abbiamo quindi detto che una cosa è il vuoto, il caos. Cosa ben diversa sono i singoli provvedimenti normativi (per quanto numerosi e nel merito qualche volta criticabili) che lo Stato emana per cercare di risolvere i problemi dell’emergenza sanitaria.

Ma, a questo punto, ci si deve chiedere se questa lettura possa trovare conferma nelle pagine di Schmitt o sia frutto di un tradimento delle sue posizioni.

 A confortarci in questa lettura è proprio l’opera di Schmitt che, se anziché essere citato (bisogna riconoscerlo) ad pompam, fosse stato letto nella sua interezza, ci avrebbe fornito lo spunto per trovare la risposta alla nostra domanda.

 Abbiamo già detto che, immediatamente dopo aver affermato che “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione” lo stesso Schmitt nelle righe immediatamente successive aggiunge “Questa definizione può essere appropriata al concetto di sovranità, solo in quanto questo si assuma come concetto limite (…) A ciò corrisponde il fatto che la sua definizione non può applicarsi al caso normale, ma ad un caso limite”.

 

Ma soprattutto poco dopo è lo stesso giurista di Plettenberg che precisa anticipando nelle premesse la propria tesi:

“Risulterà dal seguito che qui con stato d’eccezione va inteso un concetto generale della dottrina dello Stato, e non qualsiasi ordinanza d’emergenza o stato d’assedio”; quindi con eccezione non si intende identificare singoli atti o provvedimenti governativi (neppure quando questi sono molto numerosi come nel nostro caso) ma una concetto generale che affonda le radici nella dottrina dello Stato, ponendo le basi per una riflessione profonda sull’essere Stato e la sua negazione, ma non avente ad oggetto dei provvedimenti (per quanto numerosi) giustificati da emergenze specifiche.

 

Schmitt, tra l’altro, era probabilmente preoccupato che la sua visione potesse essere in qualche modo, volontariamente o involontariamente (?) fraintesa che, ribadisce: “infatti non ogni competenza inconsueta, non ogni misura o ordinanza poliziesca di emergenza è già una situazione d’eccezione: a questa pertiene piuttosto una competenza illimitata in via di principio, cioè la sospensione dell’intero ordinamento vigente”.

 

In definitiva conclusione, si può quindi dire che, proprio una attenta lettura dell’opera di Schmitt ci porta a concludere che il famoso incipit schmittiano è stato spesso richiamato per la sua forza evocativa e per l’inevitabile suggestione che questo poteva creare ma spesso si è caduti nell’errore di trarre da questo un significato che non aveva, non solo alla luce di un doveroso approfondimento teoretico ma anche e soprattutto proprio alla luce delle chiare lettere usate dallo stesso giurista tedesco nella medesima opera.

Errore che, con una attenta lettura della sua Teologia Politica, sarebbe stato evitabile.   

 

 

 

 

La Francia prepara un piano

anti-sommosse contro

il caos banlieue.

:

Agi.it – (28 ottobre 2023) - Elisabeth Borne – Redazione – ci dice:

La premier Elisabeth Borne promette pugno duro contro i delinquenti e una serie di interventi per i quartieri popolari.

 

AGI - Pugno duro contro i delinquenti, dispiegamento di 'Forze d'azione repubblicane', 100 milioni di euro per riparare gli edifici danneggiati, alloggi sociali e scuole aperte ad agosto: sono questi alcuni dei punti del piano anti sommosse del governo presentato in due tempi dalla premier Elisabeth Borne.

 Il piano per le banlieue e i quartieri popolari francesi era atteso da settimane, quale risposta delle autorità alle devastanti violenze urbane scoppiate lo scorso giugno, sulla scia dell'uccisione del giovane “Nahel” a Nanterre da parte di un agente di polizia.

Gli annunci della capa del governo sono passati in secondo piano della cronaca mediatica, quasi del tutto incentrata sul conflitto in Medio Oriente e gli ostaggi francesi uccisi da “Hamas”.

Davanti ai sindaci, all'Università della Sorbona, “Borne” ha assicurato di essere al loro fianco, annunciando un fondo da 100 milioni di euro per "contribuire alla riparazione e alla ricostruzione" degli edifici colpiti dai disordini, "oltre al risarcimento assicurativo".

Il piano stabilisce la "responsabilità finanziaria per il danno causato" per i genitori di un figlio minorenne, che siano separati oppure no.

"Proporremo al Parlamento che si possano imporre corsi sulla responsabilità genitoriale o condanne a servizio comunitario ai genitori che si sottraggono ai loro doveri educativi", ha indicato “Borne”.

 Come provvedimento ad hoc, è stata annunciata la creazione di 'Forze d'azione repubblicane’ che dovranno "concentrare le risorse in un quartiere" in termini di sicurezza, ma anche di "risposte giudiziarie, educative o sociali", con i primi dispiegamenti previsti a Besancon, Valence e Maubeuge entro la fine dell'anno.

Queste forze saranno composte da agenti di polizia, agenti di polizia giudiziaria, funzionari finanziari, personale educativo e assistenti sociali, che insieme contribuiranno alla messa in sicurezza dei quartieri più complessi. Tale dispositivo, promessa elettorale di Emmanuel Macron nel 2022, sarà pilotato sul campo "dal sindaco, dal prefetto e dal pubblico ministero", ha precisato Matignon.

La premier ha poi anticipato il lancio di un nuovo piano nazionale per combattere la droga, "matrice di ogni delinquenza" e "causa di tanta violenza".

 Per rispondere a quella che ha definito una "crisi di autorità", per arginare la violenza dei giovani delinquenti, oltre al controllo dei militari, sarà introdotta una multa da 750 euro - cinque volte l'importo attuale - in caso di violazione del coprifuoco oltre alla rimozione temporanea dai social network.

Dopo questi annunci, oggi a Chanteloup-les-Vignes (Yvelines) si è tenuto un Comitato interministeriale delle città, più volte rinviato. Deve fornire soluzioni ai problemi ricorrenti dei quartieri prioritari, in termini di occupazione, alloggio, istruzione e discriminazione.

Gang di giovanissimi si affrontano con coltelli, asce da guerra e Kalashnikov per il controllo del territorio, anche in pieno giorno. Le radici delle rivolte affondano nel colonialismo.

Le banlieue francesi e l'integrazione fallita.

 L'equazione secondo cui queste violenze sono state la prerogativa dei quartieri più disagiati "non è esatta", ha evidenziato Matignon.

 La metà dei quartieri prioritari delle città (QPV) non sono stati colpiti dalle ultime violenze, ma al contrario, un terzo dei comuni colpiti da questi disordini non sono stati classificati come QPV, hanno spiegato i servizi del primo ministro.

In particolare è stato proposto di riabilitare i 700 condomini che in Francia versano in condizioni pessime, per pericolosità e insalubrità, minacciando la vita stessa dei residenti.

Nei quartieri cosiddetti prioritari, il tasso di disoccupazione al 18,6% è il doppio rispetto alle altre aree, motivo per cui dal 2024 il governo intende avviare un dispositivo per generare occupazione e lotta alle discriminazioni all'impiego sulla base della zona di provenienza del lavoratore.

Saranno eseguiti dei test di controllo di 500 aziende per verificare l'accesso a stage, lavoro, case e prestiti bancari da parte dei residenti in quelle aree.

Inoltre, le scuole riapriranno prima, a fine agosto, per ridurre la pausa delle vacanze estive, valutata da Macron come "troppo lunga e generatrice di diseguaglianze tra studenti".

Infine, "per non concentrare tutte le difficoltà negli stessi quartieri", il governo ha chiesto alle istituzioni competenti "migliori criteri di ripartizione delle case popolari".

Le rivolte scoppiate lo scorso giugno, più brevi per durata, hanno superato quelle del 2005 per l'entità dei danni, segnando profondamente il paese.

 In agosto, 2.107 persone coinvolte nelle violenze sono state processate e 1.989 condannate, al 90% a una pena detentiva.    

 

 

 

 

La guerra di Gaza minaccerà il potere

 ebraico negli Stati Uniti e il loro

 status di occupare l'altura morale?

Unz.com - KEVIN MACDONALD – (7 NOVEMBRE 2023) – ci dice:

 

Il potere ebraico negli Stati Uniti è in bella mostra.

La guerra di Gaza ci sta portando un'impressionante dimostrazione del potere ebraico sui media e sulla cultura politica degli Stati Uniti.

 E' una dimostrazione che potrebbe effettivamente risvegliare gli americani su quanto profondamente radicati gli ebrei siano radicati nella struttura di potere americana.

Anche i media mainstream stanno riportando immagini di sofferenze di Gaza, bambini insanguinati e oltre 10000 morti di Gaza, per lo più donne e bambini.

Anche gli sprovveduti liberali bianchi devono iniziare a svegliarsi riguardo a Israele, ma naturalmente chiuderanno un occhio sul potere ebraico in America come se permettesse tutto questo, come ad esempio il fatto che stanno fondamentalmente finanziando il partito democratico e la sua agenda “woke”, il partito che predica una visione utopica dell'armonia etnica come imperativo morale a sostegno di un altro round di distruzione e violenza etnica contro i palestinesi che dura da decenni.

L'amministrazione Biden sembra rendersi conto che il loro cieco sostegno alla violenza israeliana non può essere venduto ai loro elettori e sta supplicando gli israeliani di fare pause umanitarie.

Inutilmente.

Come sempre, "il più grande alleato dell'America" mette il naso all'America quando vuole.

E perché no? Solo un esempio: l'America ha implorato invano Israele di fermare gli insediamenti in Cisgiordania per oltre 50 anni.

A nessun effetto. E in questo momento i coloni stanno attaccando violentemente i palestinesi della Cisgiordania.

 I soldi e il sostegno diplomatico continuano ad arrivare.

 Il New York Times di oggi.

C'è una lunga storia di presidenti degli Stati Uniti che si sono resi conto di non avere così tanta influenza su Israele come pensavano", ha detto il deputato Seth Moulton, un democratico del Massachusetts ed ex marine che ha prestato servizio in quattro missioni in Iraq.

 E ha detto che lo stesso vale per l'Ucraina, "dove questa è prima di tutto la loro lotta, anche se abbiamo enormi interessi nel risultato.

L'atmosfera nei circoli ebraici in questo momento può essere meglio descritta come

"Sete di sangue. Uccidete tutti i palestinesi, o almeno gli abitanti di Gaza.

Non c'è alcun contesto nei messaggi che emanano dall'alto della cultura americana: poca o nessuna menzione dell'occupazione decennale, della pulizia etnica e dell'apartheid, o dello status di prigione a cielo aperto di Gaza e del blocco di 17 anni.

 Ed è ovvio che l'influenza dei media ebraici è fondamentale per questo.

Tuttavia, come sempre, la causa ultima del potere ebraico è semplicemente il denaro, che ovviamente finanzia una potente infrastruttura di influenza, organizzazioni come l'ADL. AIPAC, JINSA, gruppi di pressione di sinistra e guerrafondai come WINEP – il tipo di organizzazioni a cui i politici ambiziosi (e sociopatici) prestano necessariamente attenzione.

 Il peso finanziario ebraico è quindi in piena mostra, ad esempio punendo le università e i manifestanti pro-“Hamas” per aver permesso discorsi anti-israeliani.

Gli studenti pro-“Hamas” e i manifestanti nelle università della Ivy League sono stati doxxati e inseriti nella lista nera dei posti di lavoro che erano stati loro offerti in prestigiosi studi legali.

Il miliardario Bill Ackman ha chiesto una lista nera di studenti che avevano protestato contro Israele, in modo che lui e altri non li assumessero inavvertitamente in futuro.

Un cartello mobile girava per Harvard Square con i nomi degli studenti che avevano sostenuto i palestinesi anche mentre le atrocità di Hamas si stavano svolgendo.

"Dobbiamo assicurarci che questi studenti paghino un prezzo e che i loro vicini, amici e datori di lavoro sappiano che nutrono queste convinzioni", ha spiegato un amministratore delegato.

Ha ripetuto le sue accuse in un tweet del 4 novembre diretto alla presidente dell'affirmative action di Harvard, “Claudine Gay”:

"Gli studenti ebrei sono vittime di bullismo, intimiditi fisicamente, sputati addosso e, in diversi video ampiamente diffusi di uno di questi incidenti, aggrediti fisicamente.

 Le bacheche studentesche di Slack sono piene di dichiarazioni, meme e immagini antisemite", ha scritto “Ackman”.

 

“Ackman”, 57 anni, ha anche osservato che gli studenti del campus hanno invocato "un'insurrezione violenta" e "usano un linguaggio eliminazionista che cerca la distruzione dello Stato di Israele e del popolo ebraico".

Supponendo che questo sia vero, gli ebrei sono decisamente sulla difensiva nelle università.

Ma il messaggio è chiaro.

Gli studenti ambiziosi farebbero bene a dimenticare i loro principi e ad andare con la prospettiva ebraica sulla guerra.

E, naturalmente, non c'è solo Ackman: Alan Dershowitz, Leslie Wexner, Marc Rowan, Richard Wolf, David Magerman, Steven Solomon, Clifford Asness, Leon Cooperman, Steve Eisman – persone ricche e potenti. L'attivismo di Rowan minaccia di far esplodere un buco di un miliardo di dollari nel bilancio dell'Università della Pennsylvania e i posti di lavoro del presidente dell'università e del capo del consiglio di amministrazione sono a rischio.

Come sempre, gli ebrei, come élite, mirano il loro attivismo a influenzare le istituzioni più potenti e prestigiose della società.

L'influenza ebraica è sempre dall'alto verso il basso: controlla i punti più alti della piramide di potere mediatica, accademica e politica, e il resto si conformerà o almeno sarà gestibile.

 E per enfatizzare ulteriormente il punto, l'attivismo di “Ackman” è stato seguito da 27 prestigiosi studi legali che hanno inviato lettere alle scuole di legge di prestigiose università.

Nelle ultime settimane, siamo stati allarmati dalle notizie di molestie antisemite, vandalismo e aggressioni nei campus universitari, comprese manifestazioni che chiedevano la morte degli ebrei e l'eliminazione dello Stato di Israele.

 Tali attività antisemite non sarebbero tollerate in nessuna delle nostre aziende. Inoltre, non tolleriamo che gruppi esterni si impegnino in atti di molestia e minacce di violenza, come è accaduto anche in molti dei vostri campus.

Un articolo di Reuters ha osservato:

Un portavoce di Sullivan & Cromwell ha detto giovedì che il presidente senior Joseph Shenker ha guidato la lettera alle scuole di legge conosciute nel settore legale come "T-14", come classificato da U.S. News & World Report.

 Tra gli altri firmatari figurano alcuni degli studi legali più grandi e redditizi della nazione, tra cui Cravath, Swaine & Moore; Latham & Watkins; Skadden, Arps, Slate, Meagher & Flom; e Paul, Weiss, Rifkind, Wharton & Garrison.

L'editore ebreo di” eLife”, una rivista online per le scienze della vita, è stato licenziato per aver ritwittato un articolo di “Onion “che denunciava l'indifferenza per la vita dei civili palestinesi con il titolo "'The Onion' sta con Israele perché sembra che tu ti metta meno nei guai per questo".

Ottimo titolo e ovviamente vero.

L'articolo parla dei probabili costi di qualsiasi critica a Israele, incluso l'essere inseriti nella lista nera dei loro posti di lavoro.

L'articolo è troppo vicino a casa per i poteri forti.

Pensiamo che la sinistra sia la principale responsabile della “cancel culture”, ma la destra tradizionale, che è tutta dalla parte di Israele, ha le stesse tendenze nonostante abbia meno potere.

Ma ecco il senatore repubblicano “Tom Cotton”, Tom Cotton, in una lettera al malvagio segretario del “DHS Majorkas”, questa settimana:

Le scrivo per esortarla a espellere immediatamente qualsiasi cittadino straniero – incluso e soprattutto qualsiasi straniero con un visto per studenti – che abbia espresso sostegno a “Hamas” e ai suoi attacchi omicidi contro Israele. Questi quinti colonialisti non hanno posto negli Stati Uniti.

Rimuovere rapidamente e impedire in modo permanente il futuro rientro di qualsiasi studente straniero che abbia firmato o condiviso con approvazione la lettera antisemita del Comitato di Solidarietà per la Palestina di Harvard il 7 ottobre sarebbe un buon punto di partenza.

 

Ma “Glenn Beck” si aggiudica il primo premio come il conservatore più servile e incapace:

Beck, un cristiano devoto, ha detto nel suo show che vuole fare di più che semplicemente offrire parole di sostegno per il paese.

 

Sta chiedendo la cittadinanza, ha detto, in modo da poter offrire "fatti" per il popolo ebraico, piuttosto che semplici parole.

"Non so perché sono nato, ma c'è qualcosa nello stato di Israele che si connette profondamente a me", ha detto Beck ai suoi ascoltatori.

Ha aggiunto: "Avere il privilegio di stare con l'ebreo è un enorme onore, spiritualmente. Quindi, voglio leggere una lettera che ho scritto e che sto inviando allo Stato di Israele".

“Beck” ha poi recitato la lettera, che diceva: "Al primo ministro Benjamin Netanyahu e agli onorevoli funzionari dello Stato di Israele. In questo momento, ho scelto di chiedervi la cittadinanza nello Stato di Israele.

I repubblicani sono sicuramente peggiori nei confronti di Israele rispetto ai democratici, che probabilmente hanno più difficoltà a conciliare il comportamento di Israele con i loro segnali di virtù sull'odio etnico.

Come alla recente convention della “Republican Jewish Coalition” a Las Vegas. “Nikki Haley” è stata la star e ha il sostegno dei neoconservatori che hanno disertato Trump nel 2016 ma sono riusciti a dominare la politica estera nell'amministrazione Biden.

“Ramaswamy” era il cattivo, e con i Never-Trumpers al posto di guida:

Trump è troppo isolazionista per queste persone, e ha criticato Netanyahu e ha definito Hezbollah, il gruppo militante libanese, "molto intelligente".

"Non criticherò il primo ministro israeliano nel bel mezzo di una tragedia e di una guerra", ha aggiunto “Haley” mentre Israele espandeva la sua offensiva di terra a Gaza, con Netanyahu che avvertiva di una guerra lunga e difficile dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre.

“Ramaswamy” ha espresso sostegno per il diritto di Israele di respingere il "mito" di una soluzione a due stati – almeno riconosce che è un mito, ma non è stato sufficiente.

Dopo tutto, ha avuto la temerarietà di dire in un'intervista con “Tucker Carlson” che gli interessi degli Stati Uniti devono venire prima di tutto, anche con Israele. “Ramaswamy” ha sostenuto che gli Stati Uniti hanno bisogno di ricordare gli errori del recente passato, come l'indebitamento di trilioni di dollari per due guerre fallite in Afghanistan e in Iraq, guerre che non erano ben pianificate e non avevano un obiettivo chiaro.

Inaccettabile! La guerra è bella!

De Santis, che ha tenuto la sua prima riunione di gabinetto come governatore in Florida, ha definito la Cisgiordania come "la più antica terra ebraica risalente ai tempi biblici, apparentemente dando il via libera alla pulizia etnica.

 Il senatore “Tim Scott” della Florida ha ribadito le sue richieste di espellere gli studenti stranieri che partecipano alle proteste "antisemite" nei campus universitari.

Fondamentalmente, i repubblicani sono senza speranza perché lo sono praticamente su tutto.

Per inciso, “Nikki Haley” è comprata e pagata per:

L'ultima volta che “Haley” è stata ambasciatrice degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, le finanze della sua famiglia erano un disastro.

 I suoi genitori dovevano oltre 1 milione di dollari e rischiavano di perdere la loro casa di Lexington, nella Carolina del Sud.

Figlia devota, Haley aveva prestato loro centinaia di migliaia di dollari in passato con suo marito.

Ma non è riuscita a risolvere tutti i problemi dei suoi genitori, con meno di $ 100.000 nei suoi conti bancari e $ 185.000 in arrivo ogni anno di stipendio.

Da allora, il patrimonio netto di “Haley “è passato da meno di $ 1 milione a circa $ 8 milioni.

Come ha fatto a fare così tanti soldi in così poco tempo?

Seguendo un copione collaudato per i politici che cercano di incassare la loro fama. I discorsi ad aziende come “Barclays” e organizzazioni come il “Centro per Israele” e gli Affari Ebraici hanno fornito più soldi in un giorno di quanti ne avesse guadagnati “Haley” in un anno.

Non è chiaro quanti discorsi abbia tenuto dal 2019 al 2021, ma Haley ha incassato 2,3 milioni di dollari da soli 11 eventi nel 2022.

Vendetta ebraica.

In un discorso ai soldati dell'IDF, Netanyahu ha inquadrato l'invasione in termini biblici, dichiarando che "Dovete ricordare ciò che “Amalek” vi ha fatto, dice la nostra Sacra Bibbia".

"Ora va' e colpisci Amalek, e distruggi tutto ciò che possiede, e non risparmiarli; ma uccidete l'uomo e la donna, il bambino e il lattante il bue e la pecora, il cammello e l'asino" (1 Samuele 15:3)

Ed è esattamente quello che stanno facendo. Il ripetuto bombardamento di un campo profughi a Gaza con molte vittime, per non parlare degli ospedali, sembra aver avuto un impatto anche sui media statunitensi.

 Nel caso del campo profughi, centinaia di civili sono morti per aver presumibilmente ucciso due alti dirigenti di “Hama”s.

Nessuno crede seriamente che Israele stia cercando di risparmiare i civili.

Gli ebrei hanno una lunga memoria e un forte senso di vendetta contro coloro che considerano loro nemici.

Il problema è che, in ultima analisi, gli ebrei ci vedono come nemici mortali.

 Per gli ebrei seri, la loro storia in Occidente è poco più di una lunga serie di disastri:

la distruzione del Secondo Tempio da parte dei Romani, le espulsioni e i pogrom medievali, i pogrom del diciannovesimo secolo in Russia, la legge sull'immigrazione degli Stati Uniti del 1924 e le quote nelle università della Ivy League e, infine, l'olocausto.

 La trasformazione degli Stati Uniti in un calderone multietnico e multiculturale e in un'imminente minoranza bianca dovrebbe far capire ai bianchi americani che alla fine gli ebrei si rivolteranno contro di loro quando avranno abbastanza potere, come hanno ottenuto in Unione Sovietica dopo la rivoluzione bolscevica.

Gli ebrei e l'altura morale.

Forse la più grande forza che gli ebrei hanno è che dalla seconda guerra mondiale hanno occupato un terreno moralmente elevato.

I media occidentali sono stati inondati di messaggi sugli ebrei come vittime di un antisemitismo irrazionale.

 Questo messaggio è stato fatto esplodere dai media mainstream per decenni ed è un aspetto integrante della cultura accademica in cui il potere e l'influenza ebraica si sono notevolmente espansi, specialmente durante gli anni '60.

Naturalmente, noi, come Americani Bianchi, abbiamo ottime ragioni per opporci all'influenza ebraica, in particolare la loro influenza nel promuovere i cambiamenti trasformativi derivanti dalla massiccia immigrazione non bianca che ha già indebolito il potere degli Americani Bianchi.

 Non è un caso che l'attuale Segretario alla Sicurezza Nazionale sia un ebreo che ha importato circa 4-8 milioni di clandestini che alla fine andranno a votare, insieme ai loro figli.

Ma l'immigrazione non-bianca è presentata come un imperativo morale nei media e tu sei un nazista malvagio se ti opponi.

Il fatto è che gli sforzi ebraici per alterare l'equilibrio etnico degli Stati Uniti riflettono l'odio ebraico per l'Occidente tradizionale a causa dei movimenti antiebraici del passato che risalgono all'Impero Romano, e in particolare molti attivisti ebrei cercano esplicitamente di prevenire il tipo di movimento di massa che si è verificato in Germania negli anni '30.

Ci sono molte dichiarazioni di questo tipo da parte di attivisti ebrei, alcune citate nel capitolo sull'immigrazione in “The Culture of Critique”, ma la più recente che ho trovato è quella dello scrittore del Boston Globe “S. I. Rosenbaum£ che scrive su un organo di stampa molto mainstream, il “Boston Globe”, che ha affermato nel 2019 che la lezione principale dell'Olocausto è "che la supremazia bianca potrebbe rivoltarsi contro di noi in qualsiasi momento, " e che la strategia di appellarsi alla maggioranza bianca "non ha mai funzionato per noi.

 Non ci proteggeva in Spagna, o in Inghilterra, o in Francia, o in Germania. Non c'è motivo di pensare che funzionerà ora".

 Quindi potete vedere questo odio contro l'Occidente in piena mostra.

La questione centrale dell'impegno politico ebraico nelle società occidentali, ha insistito, è "come sopravvivere come popolazione minoritaria", dove l'unico grande vantaggio di cui gode l'ebraismo americano è che "a differenza di altri luoghi in cui l'etno-nazionalismo è fiorito, gli Stati Uniti si stanno rapidamente avvicinando a una pluralità di minoranze".

Presiedere una coalizione di gruppi non-bianchi per opporsi attivamente agli interessi dei bianchi è il nuovo imperativo etno-politico ebraico:

"Se gli ebrei vogliono sopravvivere in futuro, dovremo stare dalla parte delle persone di colore per il nostro reciproco vantaggio".

 

Lo stesso vale per il Regno Unito: “Tobias Langdon “cita “Barbara Roche”, ministro dell'immigrazione nel disastroso governo di Tony Blair:

"Venerdì ora di punta. Stazione di Euston [a Londra]. Chi c'è qui? Chi non lo è. Un caleidoscopio di colori della pelle.

Il mondo in un unico capolinea.

Barbara Roche può vederlo oltre il bordo della sua tazza di caffè americano. "Adoro la diversità di Londra", mi dice.

"Mi sento a mio agio." (Gran Bretagna orribilmente diversa: la 'cospirazione' dell'immigrazione, The Guardian, 2 marzo 2011)

“Roche” non stava agendo da sola quando è diventata ministro dell'immigrazione e ha aperto i confini della Gran Bretagna ai somali e ad altri abitanti del Terzo Mondo con un basso quoziente intellettivo e un alto tasso di criminalità.

 Stava collaborando con altri ebrei per rendere la Gran Bretagna un posto più "confortevole" per gli ebrei. E da quando ha lasciato l'incarico, ha continuato a fare campagna per l'apertura delle frontiere e per una burocrazia più anti-bianca.

Tony Blair dovrebbe promuovere i benefici dell'immigrazione legale in Gran Bretagna e "non fare marcia indietro" dai piani per creare una super commissione per le pari opportunità, ha esortato “Barbara Roche”, l'ex ministro per le pari opportunità. ...

Figlia di padre ashkenazita polacco-russo e madre sefardita ispano-portoghese, la signora Roche ha ragione dei suoi sentimenti sull'immigrazione.

"Il mio essere ebreo mi informa totalmente, informa la mia politica. Capisco l'alterità dei gruppi etnici. Gli americani sono più avanti di noi su cose come l'identità multipla. Sono ebreo ma sono anche londinese; Sono inglese ma anche britannico". (Roche esorta i laburisti a promuovere i benefici dell'immigrazione legale, The Independent, 24 giugno 2003)

In realtà, “Barbara Roche” non è né inglese né britannica.

 Come potrebbe esserlo, quando "l'essere ebrea la informa totalmente"?

Per lei e per altri potenti ebrei in Occidente, un termine come "britannico" o "francese" o "americano" è puramente geografico.

 Questo è il motivo per cui era così ansiosa di inondare la Gran Bretagna di persone del Terzo Mondo con un basso quoziente intellettivo, rimodellando la sua demografia in un modo che, pur infliggendo enormi danni e spese ai bianchi britannici nativi, le permettesse di "sentirsi a suo agio" mentre sorseggiava "la sua tazza di caffè americano" alla stazione di Euston.

 

Nel loro libro del 2023 “Anglofobia”, Harry Richardson e Frank Salter osservano che le organizzazioni ebraiche hanno assunto un ruolo di leadership nella promozione del multiculturalismo e dell'immigrazione in Australia, ad esempio stringendo alleanze con gruppi etnici meno organizzati e meno motivati.

Questo fenomeno di leadership si verifica anche negli Stati Uniti, dove le organizzazioni ebraiche hanno stretto alleanze con un'ampia varietà di organizzazioni di attivisti etnici non bianchi.

Ma questa migrazione di massa nelle società occidentali presenta alcuni problemi per gli ebrei, in particolare l'immigrazione dai paesi musulmani.

 Dopo l'invasione di Gaza ci sono state enormi proteste nei paesi occidentali contro il trattamento dei palestinesi da parte di Israele, con una rappresentanza molto visibile dei musulmani.

Ho sempre pensato che gli attivisti ebrei, come “Steven Steinlight,” sapessero che tale immigrazione avrebbe avuto alcuni aspetti negativi per gli ebrei, ma che l'establishment ebraico la ritenesse gestibile, e finora hanno certamente avuto ragione.

In generale, i musulmani in tutto l'Occidente hanno votato per la sinistra insieme agli ebrei.

Tuttavia, a causa del sostegno di Biden a quasi tutto ciò che Israele fa, come fare l'affermazione oltraggiosa che "Siamo certi che Israele stia facendo del suo meglio per evitare vittime civili" e opporsi a un cessate il fuoco, questo potrebbe cambiare.

E gli ebrei potrebbero voler ripensare il loro sostegno all'immigrazione musulmana se le cose continuano in questa direzione.

Ma al momento gli ebrei mantengono il loro status di vittime nei media. Mantenere la superiorità morale è particolarmente importante nelle società individualiste occidentali.

A differenza del resto del mondo, dove le relazioni di parentela e la famiglia allargata sono fondamentali, il collante sociale delle società occidentali è la reputazione in una comunità morale, uno dei temi principali del mio libro del 2019, “L'individualismo e la tradizione liberale occidentale”.

 Vogliamo essere visti come persone moralmente oneste e buone e valutiamo le persone in base alla loro competenza e ai tratti della personalità, non ai legami di parentela.

Questa preoccupazione per una buona immagine è particolarmente caratteristica di troppe donne bianche per le quali lo status nella cultura politica dominante è un modo sicuro per evitare i molti pericoli di uscire da questo quadro morale: ostracismo sociale, perdita del lavoro e persino attacchi fisici da parte degli antifa, ecc.

Non sorprende che le donne bianche siano molto più propense a votare per l'agenda di sinistra per la diversità, l'equità e l'inclusione, a credere nei messaggi di colpevolezza dei bianchi e nei confronti dei bianchi, ad accogliere i rifugiati provenienti da stati falliti come Haiti, ad adottare bambini non bianchi e tutto il resto.

Nella cultura occidentale tradizionale, il quadro morale era fornito dalle autorità religiose cristiane che spesso, anche tipicamente, non erano amichevoli con gli ebrei.

L'antisemitismo era molto comune negli Stati Uniti negli anni '20 e '30 (ad esempio, Henry Ford, che finanziò il “Dearborn Independent” che sottolineava il ruolo degli ebrei nel bolscevismo omicida e i loro sforzi per sradicare il cristianesimo dalla pubblica piazza, e il prete cattolico padre “Charles Coughlin” che aveva un programma radiofonico molto popolare a livello nazionale sintonizzato da 30 milioni di ascoltatori in un momento in cui la popolazione degli Stati Uniti era di 130 milioni – un pubblico del livello del Super Bowl – e attaccò in modo molto esplicito i banchieri ebrei).

 Ma sia Ford che Coughlin furono messi a tacere dall'attivismo ebraico, e gli atteggiamenti antiebraici diminuirono rapidamente dopo la seconda guerra mondiale di concerto con l'ascesa degli ebrei ai vertici della società americana, compresa in particolare la loro profonda influenza nel mondo accademico e nei media (uno sforzo molto consapevole di una propaggine degli intellettuali della Scuola di Francoforte) in un momento in cui i media e la cultura accademica stabiliscono i confini delle comunità morali occidentali.

Voglio sottolineare questo:

i tradizionali temi religiosi e patriottici della comunità morale americana sono stati sostituiti da temi generati dai media che sono stati prodotti dalle élite ebraiche nei media e nel mondo accademico e che riflettono gli atteggiamenti della più ampia comunità ebraica.

Questi temi sono ora tutti inclusi nell'agenda DEI, CRT e LGBTQ+.

La ricerca psicologica mostra che i messaggi dei media sono in grado di inibire l'etnocentrismo tra i bianchi, e non c'è dubbio che i mali dell'etnocentrismo bianco siano in primo piano e al centro dei media.

A ciò si aggiunga la tendenza generale a volersi conformare alla cultura più ampia per andare avanti (tutte le ricompense sono dalla parte del conformarsi alle narrazioni dei media) ed evitare l'ostracismo, la perdita del lavoro e altri problemi che accadono alle persone che dissentono da queste narrazioni.

Ma l'orrore del comportamento israeliano in questa guerra, combinato con l'incessante clamore da parte degli ebrei che l'opposizione o anche la critica di Israele è antisemitismo, è destinato a produrre una dissonanza cognitiva tra molti liberali americani (e forse anche alcuni conservatori) quando si rendono conto della brutalità decennale degli israeliani nei confronti dei palestinesi.

 La posizione morale sempre più disperata di Israele in un momento in cui l'Occidente è inondato di messaggi sui mali dell'odio etnico è un problema enorme. A parte i conservatori cristiani che pensano che “la Seconda Venuta” dipenda dalla vittoria di Israele, è probabile che sia un grosso problema per gli ebrei americani.

Questo viene messo in scena nelle mailing list della mia facoltà, mentre i professori di studi etnici e altri liberali richiamano l'attenzione sul comportamento israeliano, mentre gli attivisti ebrei sono costretti a lasciare la storia al livello dell'attacco del 7 ottobre contro gli israeliani e a rimuovere completamente il contesto: l'oppressione decennale dei palestinesi, specialmente a Gaza come prigione a cielo aperto, insieme al blocco di tutto tranne che delle necessità della vita è completamente evitato.

Non hanno più la superiorità morale e, francamente, questo mi fa molto piacere. Qualche anno fa, quando dicevo molte delle stesse cose su Israele, non ho ricevuto alcun sostegno per affermazioni simili su Israele (oltre a richiamare l'attenzione sugli atteggiamenti ebraici nei confronti dell'immigrazione in Israele rispetto agli atteggiamenti ebraici sull'immigrazione nei paesi occidentali). Anche ora c'è un movimento per trasferire gli abitanti di Gaza fuori da Gaza in altri paesi (un think tank israeliano ha suggerito di trasferirli in Egitto o nei paesi occidentali) e non c'è dubbio che questo includerà i paesi occidentali, anche se gli ebrei potrebbero pensarci due volte prima di far entrare milioni di palestinesi che hanno buone ragioni per odiare gli ebrei.

 Il NYTimes:

I leader e i diplomatici israeliani hanno proposto privatamente l'idea a diversi governi stranieri, inquadrandola come un'iniziativa umanitaria [sempre efficace con i governi occidentali – la superiorità morale, ecc.] che consentirebbe ai civili di sfuggire temporaneamente ai pericoli di Gaza per i campi profughi nel deserto del Sinai, appena oltre il confine con il vicino Egitto.

Il suggerimento è stato respinto dalla maggior parte degli interlocutori israeliani – che includono gli Stati Uniti e la Gran Bretagna – a causa del rischio che un tale spostamento di massa possa diventare permanente [che è ovviamente l'intenzione].

Questi paesi temono che un tale sviluppo possa destabilizzare l'Egitto e bloccare un numero significativo di palestinesi fuori dalla loro patria, secondo i diplomatici, che hanno parlato in forma anonima per discutere più liberamente di una questione delicata.

L'idea è stata respinta con fermezza anche dai palestinesi, che temono che Israele stia usando la guerra – iniziata il 7 ottobre dopo che i terroristi di Gaza hanno fatto irruzione in Israele e ucciso circa 1.400 persone – per sfollare definitivamente gli oltre due milioni di persone che vivono a Gaza. [Chi l'avrebbe mai detto?]

Molti scrittori hanno sostenuto che Israele doveva essere a conoscenza dell'attacco di Hamas, date le sue sofisticate capacità di intelligence, gli informatori, i droni, ecc.

Se è così, dobbiamo presumere che Israele abbia avuto un fine di gioco nel permettere che ciò accadesse, nonostante le morti tra gli israeliani.

Quello che ora chiedono è la completa pulizia etnica dei palestinesi che hanno iniziato nel 1948.

 Potrebbero ottenerlo, dato che i paesi occidentali alla fine cedono alle loro richieste.

Ma gli ebrei non rinunceranno facilmente al loro status di vittime moralmente pure.

Fondamentalmente gestiscono ancora i nostri media, e la maggior parte degli ebrei accademici sta ancora pagando per Israele.

Politici ambiziosi si aggrappano ancora alla narrativa pro-Israele per tutta la vita, non importa quale sia il livello di ipocrisia, e i media continuano a promuovere la narrativa vittimistica dell'olocausto che giustifica qualsiasi comportamento da parte di Israele.

 Uno dei nostri più grandi problemi è che i politici occidentali sono fondamentalmente sociopatici interessati solo al potere, al denaro e ad avere una grande carriera.

 Le discussioni sulla guerra prive di contesto dominano ancora i media mainstream.

Il mondo sta cambiando nella direzione di un declino del potere americano e dell'ascesa economica e militare delle nazioni BRICS.

Lo status di paria morale di Israele in questi paesi è un problema enorme per la politica estera americana.

 Israele non è mai stato un buon alleato, ma questa guerra sarà un albatro intorno al collo dell'Occidente a causa della sua indifendibile storia di sostegno a Israele.

Ma è facile vedere che molti americani, in particolare i liberali, molte etnie non bianche e i giovani in generale si stanno ispirando a questa narrazione.

Le persone dalla nostra parte non credono che gli ebrei siano esempi di virtù e non facciano mai del male agli altri.

Ricordiamo il ruolo degli ebrei negli omicidi di massa sovietici e la loro etica tradizionale in cui i non ebrei non hanno alcun valore morale e in cui lo sfruttamento dei non ebrei va bene finché non danneggia gli interessi ebraici in generale.

 Ci preoccupiamo di un futuro dominato dai non-Bianchi in cui gli ebrei vendicativi manterranno o espanderanno il loro potere.

 È giunto il momento che questo diventi il punto di vista dominante.

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