Le radici del caos.
Le
radici del caos.
Le
radici del caos globale
che
aumenta le disuguaglianze.
Ilsussidiario.net
– Gianfranco Fabi – (24.03.2023) – ci dice:
Lo
scenario globale è sicuramente diverso da quello di alcuni anni fa, complice la
rottura di equilibri che si erano consolidati nel tempo.
Cinquant’anni
fa un gruppo di amici varesini, finiti gli esami di maturità, decise di tentare
un’avventura: andare in India in macchina.
E ci sono riusciti con un mini camper
attrezzato alla moda hippy che dominava in quel tempo.
Se ci
provasse un gruppo di giovani d’oggi non arriverebbe lontano.
Ci
sono frontiere che sono diventate difficili, se non invalicabili.
Attraversare
la Serbia e la Turchia sarebbe un azzardo.
Molto difficile superare l’Iran.
Praticamente impossibile passare
dall’Afghanistan. Certamente complesso entrare e uscire dal Pakistan e dalla
stessa India.
Solo
un esempio di una globalizzazione perduta.
Di un
mondo che si è frantumato sotto la spinta di quelle logiche di potere che
stanno sconvolgendo i vecchi equilibri e che hanno interrotto il lungo periodo
di pace di cui ha goduto l’Europa.
Non ci
sono comunque spiegazioni semplici per problemi complessi.
E se
si vogliono cercare le radici non bisogna fermarsi agli slogan della propaganda
o ai giudizi viziati dal pregiudizio dell’ideologia.
È utile e importante guardare alla storia,
esaminare i cambiamenti sociali, valutare i rapporti di forza.
È
quanto positivamente si trova nell’analisi di “Giorgio Arfaras” (Le regole del
caos, Paesi Edizioni, 2023), un’analisi che partendo da un ossimoro compie
tuttavia un percorso di stretta logica nelle diverse prospettive delle più o
meno grandi potenze che tengono in mano i destini del mondo.
“Arfaras”,
economista finanziario, ricercatore del Centro Einaudi, riesce a rintracciare
nel percorso della storia quelle logiche politiche che spiegano, anche se
certamente non giustificano, le crisi attuali.
Il
valore aggiunto di questo libro è infatti soprattutto nella prospettiva
storica. Ecco quanto scrive “Arfaras” sulla guerra scatenata dalla Russia in
Ucraina:
“Osservate
queste dinamiche storiche, si può notare come le continuità con il presente
abbiano radici profonde.
Due, in particolare:
il
contenimento dei nemici potenzialmente ostili alle frontiere (lo si vede ancora
dal desiderio di avere degli Stati cuscinetto soprattutto nella parte
occidentale, dove risiede il potere, il cui emblema è il Cremlino, che tale era
sia ai tempi del comunismo sia ai tempi dell’autocrazia);
e la
commistione fra potere temporale e potere spirituale, dove la Potenza e Verità
sono uniti”.
Sullo
sfondo c’è la volontà di Putin di mettere al primo posto la grande Russia, con
i suoi valori tradizionali anche per sostenere il consenso di gran parte della
popolazione informata solo dai media di regime.
Altrettanto
importanti sono le analisi sulla Cina e sull’Occidente.
La
Cina, più tecnocrazia che comunismo, dominata da un partito unico alle prese
con una difficile transizione dopo una crescita trainata dalle esportazioni.
Di
particolare rilievo anche l’analisi dei cambiamenti sul fronte occidentale dove
i temi della rivoluzione informatica si intrecciano con i difficili equilibri
di uno stato sociale con grandi meriti, ma che fatica a rispondere alle
esigenze di una società con sempre più anziani e sempre meno giovani.
Con
sullo sfondo la crescita delle disuguaglianze all’interno dei singoli Paesi e
nella realtà internazionale.
Russia,
Iran, Hamas e le conseguenze
della
politica estera di Obama.
Linkiesta.it
– Christian Rocca – (6 novembre 2023) – ci dice:
Sono
trascorsi quindici anni dalla storica elezione del 44esimo presidente degli
Stati Uniti.
Ancora
oggi, è uno dei pochi che preferiscono ragionare anziché parlare per slogan, ma
la sua formidabile e irresistibile epopea non deve far dimenticare che la
scelta strategica di fare da amministratore del declino americano è alla base
della situazione che stiamo vivendo adesso.
In
quel simulacro di dibattito pubblico che sono le sequenze di tweet e di post e
di storie sui social network, ieri è stato molto apprezzato l’intervento di
Barack Obama su ciò che sta succedendo in Israele e nella società occidentale.
L’ex
presidente americano, con quel suo ormai desueto ma irresistibile argomentare
problematico, ha detto parole di buon senso sulle responsabilità di entrambi i
protagonisti del conflitto mediorientale, sulle nostre complicità e
sull’inutilità, per non dire di peggio, della militanza social imperniata sul”
farisaico virtue signaling” per cui ci si sente in dovere di segnalare
pubblicamente la propria posizione sull’argomento in tendenza sui social.
Ascoltare
la profondità e la complessità del pensiero di Obama è balsamo per cervelli
ormai ridotti a ragionare per meme e cori da stadio, ma quindici anni esatti
dopo la favolosa elezione del primo presidente nero degli Stati Uniti va detta
qualcosina in più sul suo operato, in particolare sulla sua politica estera,
perché gran parte del caos che stiamo vivendo adesso è il prodotto di scelte
compiute durante i suoi due mandati alla Casa Bianca.
Premesso
che se fossi stato un cittadino statunitense avrei votato Obama sia contro
l’eroe americano John McCain nel 2008 e sia contro uno statista sottovalutato
come Mitt Romney nel 2012, il quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti
è stato uno dei peggiori leader del mondo libero della nostra epoca.
Lo status di peggiore ovviamente nessuno potrà
mai toglierlo a Donald Trump, il primo presidente anti americano della storia
degli Stati Uniti, ma al di là dei modi da ciarlatano e di un’ambigua e non
ancora spiegata complicità con Mosca, la politica estera di Trump per molti
versi è stata in continuità con quella di Obama (l’eccezione è il Medioriente, ma ci
torniamo).
Se
Trump è stato isolazionista, nazionalista e impegnato a far saltare il reticolo
di alleanze e istituzioni internazionali su cui si è basata la leadership
americana dell’Occidente, Obama ha governato da elegante amministratore del
declino americano, che non è una condizione oggettiva dettata dagli Dei
all’America, ma una precisa scelta politica volta a rinunciare al ruolo di
guida del mondo libero, rendendosi al massimo disponibile a guidarlo dal sedile
posteriore («leading
from behind»).
L’Amministrazione
Obama è entrata in funzione dopo la débâcle politica, più che militare,
irachena orchestrata da George W. Bush e da una maggioranza bipartisan dopo le
stragi islamiste dell’11 settembre 2001.
Per
allontanarsi da quello schema, Obama si è fatto guidare dall’idea del
disimpegno americano, non solo da quel preciso quadrante geopolitico, ma anche
da quello più tradizionale europeo e mediorientale.
Obama
ha scelto di fare perno sull’Asia («pivot to East Asia») per motivi geopolitici
ed economici, ma anche per le ragioni anagrafiche e culturali di una nuova
generazione di leader americani, democratici e repubblicani, cresciuta senza
quel legame familiare e storico con il vecchio continente europeo forgiato
nelle battaglie contro i totalitarismi del Novecento.
Il
mondo dei “cold war warriors” sembrava finito ai tempi di Obama, da archiviare,
e si credeva illusoriamente che non ci fosse più bisogno di un poliziotto del
mondo.
Così
Obama ha ridotto il numero dei soldati nelle basi americane in Europa, ha
fermato il progetto di scudo missilistico europeo in Polonia e Repubblica Ceca
che avrebbe tenuto a bada l’Iran e la Russia, ha abbandonato la Georgia alle
grinfie di Mosca non accorgendosi del progetto imperialista di Putin, non ha
mosso un dito quando la Russia ha invaso anche la Crimea e il Donbas, ha
sottovalutato la nascita e la penetrazione dell’Isis nelle aree abbandonate dal
ritiro dell’esercito americano, ha guidato dal sedile posteriore l’intervento
militare in Libia e, non intervenendo nemmeno di fronte alle stragi con le armi
chimiche, ha consegnato la Siria alla Russia non curandosi delle atrocità
commesse da Assad e da Putin, del dramma delle migrazioni in Europa e delle
conseguenze populiste e autoritarie che si sarebbero create nei paesi
democratici suoi alleati.
Obama,
anzi, ha promosso l’idea di un «reset» con la Russia, condonando la strategia
imperialista putiniana e di diffusione del caos in Occidente, e soprattutto
facendo credere al dittatore di Mosca che le democrazie liberali, deboli e
divise al loro interno, non avrebbero mai più avuto la forza morale, civile e
militare di affrontare altri conflitti.
La
gestione a Washington del declino americano è stata interpretata a Mosca come
una resa americana.
Tanto più che la Casa Bianca, malgrado ne
fosse pienamente al corrente, non ha fatto niente, ma proprio niente, per
fermare l’ingerenza russa sul processo democratico americano, lasciandola
inquinare fino a far eleggere Trump.
Obama,
infine, ha spostato l’asse geopolitico mediorientale dall’Arabia Saudita
sunnita all’Iran degli Ayatollah sciiti, con la conseguenza che il regime
islamico di Teheran ha ripreso a respirare economicamente, a lavorare alla
costruzione di un arsenale atomico, a opprimere la popolazione civile e a
riannodare il filo della campagna islamica per la distruzione di Israele (ieri,
a proposito, la Guida Suprema della teocrazia iraniana ha ricevuto a Teheran il
gran capo di “Hamas”, e chissà che bell’incontro tra due anziani reazionari,
misogini e assassini che vogliono estendere il loro regno delle tenebre ovunque
nel mondo).
Fidandosi
degli Ayatollah, Obama non solo ha offerto una carota ai nemici dell’Occidente
e di Israele, ma ha anche bastonato gli alleati israeliani, i quali per reazione,
e per timore di non essere più protetti da Washington, si sono radicalizzati
come mai nella storia dello Stato ebraico, con i risultati visti in questi
anni.
(Trump, invece, nel 2017 ha rimesso
nell’angolo l’Iran, consegnando la politica mediorientale ai sauditi chissà per
quali interessi personali e lasciando via libera totale agli estremisti
israeliani già radicalizzati da Obama).
Quindici
anni dopo, le parole di “John McCain sulla Georgia, sull’Isis e sull’Afganistan”,
e poi quelle di” Mitt Romney “sulla Russia «senza dubbio il nostro nemico
geopolitico principale», ridicolizzate come retaggi della Guerra Fredda da
Obama e dai suoi giovani consiglieri, risuonano come un’analisi geopolitica più
accurata del mondo in cui vivevamo allora e oggi.
La
storia ovviamente non si fa col senno di poi, ma non si può nemmeno sorvolare
sul fatto che qualcuno queste cose le ha puntualmente previste, avvertendo
Obama e i suoi che il rischio sarebbe stato esattamente quello che stiamo
vivendo oggi, sia ai confini orientali sia ai confini meridionali dell’Europa.
Gli
ebrei dichiarano
guerra
all'America
unz.com
- GIUSEPPE TIBERIO – (5 NOVEMBRE 2023) – ci dice:
Ci
troviamo di fronte a una situazione rivoluzionaria e senza precedenti.
Gli
ebrei hanno dichiarato guerra all'America.
Questo
è un disastro per l'America, e potrebbe anche essere un disastro per gli ebrei.
Un po'
di storia.
In un
momento in cui Israele sta combattendo per la sua stessa vita (se si deve dare
credito all'analisi di “Scott Ritter” ( Scott Ritter, "Perché non sto più
con Israele") e del colonnello dell'esercito americano in pensione
“Douglas Mac Gregor” ( "Israele ha perso, non importa quello che fa! La
terza guerra mondiale è QUI!"), per non parlare del maggiore generale
israeliano in pensione “Itshak Brik” (Israele potrebbe cessare di esistere
prima dell'80° anniversario, dice l'ex premier Barak), e di Israele assolutamente
dipendente dal sostegno americano ( Mac gregor: "Israele ha fatto il loro
gioco... Hanno PERSO UN SACCO DI TEMPO!" al minuto “9”, gli ebrei hanno
deciso di aprire un secondo fronte!
E
forse molto più pericoloso.
Un
fronte contro l'America.
Per
gli ebrei, questo è molto sciocco.
Anche nel peggiore dei casi (per gli ebrei),
se Israele viene annientato o la sua popolazione espulsa, gli ebrei hanno
ancora gli Stati Uniti come rifugio, un rifugio su cui hanno passato 100 anni a
sputare e che disprezzano, ma pur sempre un rifugio.
Del
resto, è proprio questo rifugio che potrebbe, se non altro, far sì che il primo
oggetto dei loro affetti – Israele – continui ad esistere.
Si
potrebbe pensare che questo sia il momento in cui gli ebrei residenti negli
Stati Uniti "si raffredderebbero" sulla guerra di
"antisemitismo" che hanno condotto contro chiunque si discosti dalla
linea "ebraica" nell'ultimo secolo – anche se solo per un po', per
evitare di alienarsi la grande potenza che è l'unica cosa che si frappone tra
Israele e la sua potenziale distruzione.
Ma no.
Gli ebrei, dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre, hanno essenzialmente
dichiarato guerra non ad “Hamas” – l'IDF sta tentando di farlo – ma agli
americani! E non solo su un americano qualsiasi, ma sul bene più prezioso che
gli americani non ebrei – siano essi cristiani o musulmani americani.
I loro
figli.
Al di
là di questo, gli ebrei hanno dichiarato guerra non a "qualsiasi"
bambini cristiani/musulmani/scintoisti/buddisti/indù, ma ai migliori e più
brillanti di tutti loro – quelli di “Harvard”, dell'”Università della
Pennsylvania”, della “Cornell”, del “MIT” e, implicitamente, quelli di tutte le
altre migliori università degli Stati Uniti.
Una
sequenza temporale è d'obbligo:
10
ottobre 2023.
Il
miliardario ebreo “Bill Ackman”, gestore di “hedge fund”, chiede lo
"smascheramento" di tutti gli studenti di “Harvard” che hanno firmato
una petizione pro-palestinese l'8 ottobre.
Come
discusso in un precedente articolo, questa petizione era relativamente benigna,
non diceva nulla che non fosse stato detto 70 anni prima dagli eroi israeliani “General
Moshe Dayan” ( Moshe Dayan's Eulogy for Roi Rutenberg – 19 aprile 1956 ) e dal
primo Primo Ministro di Israele, “David Ben Gurion” ( Ben-Gurion's Notorious
Quotes: Their Polemical Uses & Abuses – Partners For Progressive Israel) –
per non parlare del padre fondatore israeliano “Ze'ev Jabotinsky “nei suoi
scritti a partire dagli anni '20.
"Il muro di ferro"
(jewishvirtuallibrary.org) .
11
ottobre.
Il
famoso professore ebreo di diritto costituzionale di Harvard, “Alan Dershowitz”
(in pensione ma ancora troppo attivo) chiede la stessa cosa, dicendo che
"smaschererà" ogni studente coinvolto in qualsiasi dichiarazione che
incolpi Israele per le violenze in Medio Oriente.
11
ottobre.
Il professor Dershowitz "smaschera"
una studentessa di legge lesbica nera che aveva pubblicato un manifesto simile
a quello pubblicato ad “Harvard”.
Come
se fosse un segnale, uno studio legale "Big law", “Winston &
Strawn”, ritira la sua offerta di lavoro estivo a questa sfortunata studentessa
di legge lesbica nera, adducendo come motivazione le sue dichiarazioni sul
"Santo" Israele.
12
ottobre .
Il
mega-miliardario ebreo “Leslie Wexner” (che non conosce, non ha mai conosciuto,
“Jeffrey Epstein”) segue l'esempio di “Bill Ackman”, minacciando di usare la
sua influenza per distruggere la reputazione di qualsiasi studente che adotti
una linea non israeliana.
“Wexner”,
il creatore del marchio "Limited" e di “Victoria Secret”, è un uomo
da non sottovalutare.
Anche
se non è mai stato condannato per un crimine, il suo avvocato fiscale, “Arthur
Shapiro”, è stato trovato davanti alla porta di un condominio, morto, dopo
essere stato colpito più volte con una pistola – l'avvocato fiscale di “Les
Wexner”, “Arthur Shapiro”, è stato assassinato nel 1985 in quello che sembrava
un "colpo" mafioso.
Il
crimine non è mai stato risolto.
Questo
rapporto della polizia di Columbus, Ohio, discute i legami di “Wexner” con il
crimine organizzato:
r/Epstein
(reddit.com);
Chi ha ucciso “Arthur Shapiro”, l'avvocato del
miliardario di” Victoria's Secret” “Les Wexner?” (thedailybeast.com).
Vedi anche “A Kingpin”, the Mob, and a Murder:
The
Deeper Mystery Behind the Arthur Shapiro Homicide (unlimitedhangout.com).
Voci di connessioni con persone associate al
crimine organizzato hanno perseguitato il povero signor “Wexner” nel corso
degli anni.
Un
boss, la mafia e un omicidio:
il mistero più profondo dietro l'assassinio di
“Arthur Shapiro” (reseauinternational.net).
Che
ingiustizia!
Come
direbbe uno dei solidi cittadini di “Shakespeare”:
"Chi ruba la mia borsa ruba la
spazzatura... ma chi mi toglie il mio buon nome, mi rende davvero povero".
(Iago,
Otello, Atto III.)
A
ottobre, l'amministratore delegato di “Apollo Global Management”, “Marc Rowan”,
ha esortato gli ex studenti a "chiudere i loro libretti degli
assegni" fino a quando “Penn” non attaccherà "l'antisemitismo",
(È ebreo nonostante il suo nome che suona
WASPY – ricordate "Laugh In" di Rowan e Martin?) e sottomesso al mega-miliardario
fondatore ebreo” Leon Black”, nonché presidente del” New York United Jewish
Appeal”.
A
ottobre, il produttore televisivo, l'ebreo “Richard Wolf”, annuncia che seguirà
l'esempio di “Rowan”.
Nel
mese di ottobre.
“John
Huntsman”, non ebreo ma di tanto in tanto interessato alla politica a livello
nazionale che richiedeva denaro ebraico, seguì l'esempio di “Rowan”, dicendo
che la “Fondazione Huntsman” avrebbe "chiuso il suo libretto degli
assegni".
17
ottobre.
“Ronald Lauder” minaccia di ritirare tutti i
finanziamenti all'Università della Pennsylvania.
Il miliardario “Ronald Lauder” minaccia di
ritirare i finanziamenti se “UPenn” non farà di più per combattere
l'antisemitismo | Affari della CNN.
Come “Clifford
Asness” (sotto) piagnucolava sull'altamente pericoloso – aiuto, aiuto!
Alla “Conferenza
degli scrittori palestinesi”.
Ottobre.
“David
Magerman” (ebreo) del mega “hedge fund” matematico “Rennaisance Technologies”,
fondato dall'ebreo “James "Jim" Simons”, ha detto che stava chiudendo
anche il suo libretto degli assegni, per le stesse ragioni.
18
ottobre.
Il miliardario ebreo “Clifford Asness” decide
di "ritirare i finanziamenti" a causa, in parte, di una conferenza di
scrittori palestinesi in cui un certo numero di individui protetti ha detto
cose "non carine" su Israele "tutto perfetto".
18
ottobre.
“
Steven Solomon”, professore di diritto ebreo presso la “University of
California-Berkeley School of Law”, una delle principali scuole di legge della
nazione, in una lettera pubblica ha esortato i datori di lavoro a NON assumere
i propri studenti, cioè quelli che non credono alla narrativa "Amo
Israele".
A proposito, ha chiesto alla “Cravath Swine &
Moore” di non assumere studenti ebrei che chiedevano il sostegno di Israele?
Certo
che no, perché loro, per loro fortuna, hanno scelto la parte
"giusta". “Solomon” dovrebbe essere licenziato immediatamente.
Se i professori di legge ebrei si
comporteranno in questo modo, questa sarà un'ottima ragione per cui “Berkeley”
– una scuola pubblica, vincolata esplicitamente dal “Primo abilitato come
attore governativo” – potrebbe tranquillamente decidere di "ridurre"
il numero di professori ebrei a cui viene data una cattedra da qui in poi.
Come
puoi dirigere “una scuola di legge” che pubblicizza che i suoi professori
distruggeranno le tue possibilità di una carriera legale se hai un'opinione
sbagliata su un paese di in Medio Oriente?
18
ottobre.
Come se fosse un segnale, il grande studio legale “Davis
Polk & Wardwell” ha revocato le offerte agli studenti di “Harvard” e”
Columbia” che avevano dichiarazioni firmate anti-israeliane.
Ironia della sorte, sembra che questi studenti
facciano parte di un "club" esclusivo al “Davis Polk”.
Sembra
che lo stesso “Frank Lyon Polk”, il co-fondatore della “Davis Polk” e del
"Polk" a nome di quell'azienda, si sia visto revocare l'offerta di
lavoro.
A
questo punto, era Sottosegretario di Stato del Segretario di Stato “Robert
Lansing”, sotto il quale il “Dipartimento di Stato” era fermamente antisionista
e si opponeva a qualsiasi approvazione da parte degli Stati Uniti della “Dichiarazione
Balfour”.
Oltre
a tutto il resto, la completa ignoranza dei loro precedenti da parte degli
attuali partner di “Davis Polk” è un'ulteriore prova del completo marciume nel
cuore della classe dirigente degli Stati Uniti.
26
ottobre.
“Leon
Cooperman”, ex stratega degli investimenti di “Goldman Sachs”, ora alla guida
del suo “hedge fund” da un miliardo di dollari, “Omega Partners”, ha annunciato
la sospensione di qualsiasi finanziamento della sua alma mater, la “Columbia
University” (Cooperman è laureato alla Columbia Business Scuola nel 1967).
“Cooperman”
ha detto, in modo memorabile:
"Questi
ragazzi dei college cosa hanno per cervello ", ha detto mercoledì “Cooperman”
alla conduttrice di "The ClamanCountdown" Liz Claman (enfasi aggiunta).
(Mi dispiace “Lord Leon” - in realtà sono
probabilmente molto più intelligenti di te, dal momento che nel 1965 la “Columbia”
era quasi aperta alle ammissioni rispetto alla competitività delle ammissioni
di oggi).
"Abbiamo
un alleato affidabile in Medio Oriente. Questo è Israele.
Abbiamo
una sola democrazia in Medio Oriente. Questo è Israele.
E
abbiamo un'economia tollerante verso persone diverse, gay, lesbiche, ecc.
Questo è Israele.
Quindi non hanno idea di cosa stiano facendo
questi ragazzini".
"Ora,
la vera vergogna è che ho donato alla “Columbia” probabilmente circa 50 milioni
di dollari in molti anni", ha continuato.
"E
ho intenzione di sospendere le mie donazioni.
Darò la mia donazione ad altre organizzazioni.
Il
miliardario “Leon Cooperman” ritira i finanziamenti alla “Columbia” tra le
proteste studentesche: questi ragazzi cosa hanno "... al posto del
cervello" | Affari della Volpe.
Quindi,
sulla base di questa analisi diplomatica amatoriale, che sarebbe fermamente
contraddetta da almeno un ex Segretario di Stato (George Marshall) e Segretario
della Difesa (James Forrestal), vuole chiudere qualsiasi discorso critico nei
confronti di Israele?
Forse
quello con "per il cervello" non è uno studente della Columbia con un
QI di 150, ma un “Leon Cooperman” scaduto.
2
novembre.
“Steve Eisman”, senior portfolio manager
presso “Neuberger Berman”, famoso per la "Grande Scommessa" (“La
Grande Scommessa di Michael Lewis”), ogni studente che "tiene in mano un
cartello che dice 'liberare la Palestina dal fiume al mare dovrebbe essere
espulso '" dall'università! (Il corsivo è mio.)
(“Steve Eisman “dice alla “UPenn “di togliere
il suo nome dalla borsa di studio nel mezzo della guerra tra Israele e “Hamas”).
Quindi,
in un paese i cui statisti più importanti, “George Kennan”, “George Marshall” e
“Loy Henderson”, hanno fortemente sollecitato che Israele non fosse nemmeno
creato , e che ora sappiamo è stato creato non solo a seguito di minacce di
morte, ma soprattutto grazie a una tangente di 2 milioni di dollari (denaro nel
1948 – forse 30 milioni di dollari oggi) in contanti consegnata dal “suprematista
ebreo Abe Feinberg” al presidente profondamente corrotto” Harry Truman” (che
ora sappiamo che era impegnato a rubare dal suo fondo spese di $ 200.000
(dollari del 1948) (“ The Truman Show”) siamo ora a un punto in cui nessuna
persona sollecita che quella formazione probabilmente sbagliata venga invertita
- presumibilmente inclusi” Kennan, Marshall e Henderson” se erano loro sei
ancora in età universitaria: puoi frequentare il college?”
“Eisman”.
E il
cavallo su cui sei arrivato.
Il 31
ottobre “Bill Ackman” – apparentemente dopo
aver ricevuto qualche "respingimento", forse da parte di “Larry
Summers”, l'ex presidente ebreo di “Harvard”, dice che sta
"ripensando" la sua posizione, e forse sarebbe meglio non farlo
pubblicamente" smascherare" gli studenti anti-israeliani.
Stranamente,
il nuovo sfogo studentesco di cui stava discutendo era molto peggiore (almeno
questo autore penserebbe) dell'originale dichiarazione filo-palestinese.
Coinvolgeva uno studente anonimo di “Harvard”
che invocava, letteralmente, la morte di tutti gli ebrei "come
Hitler".
Apparentemente
“Ackman” non ne fu abbastanza infastidito da chiedere lo smascheramento (!).
Quindi
forse questo ragazzo ad un certo punto diventerà il pediatra dei nipoti di “Bill”,
della “Harvard Medical School”.
Per
quanto riguarda i processi di pensiero (se così si possono chiamare) di “Ackman”,
devo solo dire, come avrebbe potuto dire “Jose Luis Borges”:
"yo
no comprendo".
Poco
dopo, “Ackman” disse che gli studenti filo-palestinesi, piuttosto che essere
derubati, dovrebbero essere costretti a partecipare a programmi di rieducazione
che apparentemente – o almeno così pensa “Ackman” – li convinceranno a
ribaltare tutte le loro posizioni fermamente mantenute e a fare volontariato
nell'IDF.
Buona
fortuna amico.
Allora
“Bill Ackman” divenne completamente autoritario, affermando che, invece di
smascherare gli studenti, “Harvard et al.” bisognerebbe semplicemente dire che
nessuna banca di investimento, hedge fund o azienda pubblica assumerà alcun
laureato di “Harvard” a meno che Harvard non si trasformi in uno stato di
polizia, molestando e inseguendo – e presumibilmente espellendo – tutti gli
studenti che non seguono la linea prescritta su Israele.
Quindi,
immagino che la piaga da decubito di “Bill Ackman” sarà una storia infinita.
“Ackman”
propone una nuova prospettiva, questa volta riguardante un folto gruppo di
sostenitori palestinesi di Harvard che affrontano un attivista ebreo che tenta
di fotografarli e "doxarli".
Apparentemente
nel gruppo che si confrontava con il "doxer" c'era l'immagine confusa
di uno studente bianco che “Ackman” in qualche modo ha identificato come un
membro dello staff editoriale della “Harvard Law Review”, forse la rivista
giuridica più elitaria intellettualmente negli Stati Uniti.
“Ackman”
chiede che il redattore di “Law Review” – che, come gli altri suoi redattori,
sono gli studenti di giurisprudenza più ricercati negli Stati Uniti da giudici,
studi legali e altri potenziali datori di lavoro – venga
"smascherato" e gli venga negato qualsiasi tipo di impiego dopo la Laurea.
1°
novembre.
Ventiquattro tra i più grandi e prestigiosi
studi legali degli Stati Uniti inviano lettere a tutte le migliori scuole di
diritto degli Stati Uniti affermando che, se ciascuno di loro non intraprende
"misure" non specificate per eliminare "antisemitismo",
nessuno di questi studi legali assumerà alcun laureato di quelle facoltà di
giurisprudenza.
Questi includono ex bastioni “WASP” come “Cravath
Swaine & Moore”, “Sullivan & Cromwell”, “Davis Polk & Wardwell”
(vedi sopra) e “Debevoise & Plimpton”, così come aziende tradizionalmente
cattoliche / WASP come” Wilkie Farr & Gallegher”.
Presumibilmente
queste aziende o sono state rilevate completamente da soci senior ebrei o hanno
così tanti clienti ebrei che si sono sentiti obbligati a rilasciare questa
dichiarazione sbalorditiva.
Questi
studi legali e banche sono – a parte i datori di lavoro hi-tech della costa
occidentale – il principale bastione di posti di lavoro ben retribuiti e
carriere influenti negli Stati Uniti.
Se
tutti, tranne gli adulatori degli ebrei, venissero tagliati fuori da queste
aziende, il risultato sarebbe un disastro per la libertà e le prospettive
economiche del resto dell'America.
Se
queste minacce venissero messe in atto, sarebbe a dir poco un disastro per gli
americani non ebrei.
Questo
è, in una parola, un attacco frontale diretto contro ogni americano non ebreo.
Se i
migliori e più brillanti tra i non ebrei – siano essi cristiani bianchi, neri,
musulmani del Medio Oriente, cattolici immigrati latino-americani (si noti che ad eccezione del piccolo
Paraguay, tutti i paesi dell'emisfero occidentale, esclusi gli Stati Uniti,
chiedono una cessazione incendio a Gaza), cinesi, giapponesi, indiani o
musulmani pakistani – non potranno trovare un futuro impiego se non con il
consenso degli ebrei, entreremo in una fase rivoluzionaria in cui i non ebrei
avranno solo la possibilità di una rivoluzione violenta per rimuovere una
comunità ebraica sempre più oppressiva, ossia tirannica.
In
effetti, si tratta di una versione non violenta della raccomandazione di Lenin.
Disse
che se avessi imprigionato, ucciso o neutralizzato in altro modo i 10.000
dirigenti della borghesia, avresti controllato la nazione, perché la rimanente
borghesia non avrebbe avuto leadership.
Se gli
ebrei privassero gli americani non ebrei delle loro 10.000 classi di leadership
all'anno (approssimativamente la popolazione degli “Ivies”), taglierebbero
fuori alla testa l'opposizione non ebraica.
Quindi
questa è una battaglia esistenziale.
Beh,
che dire del Congresso, direte voi?
È
"eletto" e quindi non può essere governato da soli 5 milioni di
ebrei?
Sbagliato, o almeno così sembra.
Un
nuovo presidente della Camera, profondamente conservatore, ha appena messo in
scena un grande pacchetto di aiuti per il nostro "caro amico,
Israele", con solo due dissidenti repubblicani.
(I democratici “Dem” si opponevano perché
dovevano essere pagati tagliando i fondi per l'IRS).
Parte
del problema è stata descritta da “Trotsky” nel suo libro “La rivoluzione russa”.
Ha
sottolineato che, in tempi tranquilli, i rappresentanti eletti tendono a
rappresentare bene le opinioni delle persone che li hanno eletti;
se le opinioni dell'elettorato cambiassero, il
cambiamento sarebbe graduale; questo cambiamento si rifletterebbe poi
generalmente nelle prossime elezioni, riportando una legislatura in sintonia
con il suo elettorato.
Tuttavia, fece notare “Trotsky”, in tempi
rivoluzionari non è così.
Le
opinioni delle persone cambiano in modo così drammatico e così rapido che,
subito dopo le elezioni, i legislatori sono già in disaccordo con il loro
elettorato e rimangono tali per un tempo insopportabilmente lungo – fino alle
prossime elezioni, spesso a distanza di anni.
Se si
tiene conto anche dell'effetto fossilizzante e travolgente del denaro ebraico e
dei media controllati dagli ebrei nelle campagne politiche, abbiamo una
legislatura che risponde solo ai suoi donatori e alla pressione dei media, non
al suo elettorato.
In questi casi, entrambi i partiti presentano
candidati che sostengono il punto di vista "filo-ebraico", quindi a
chi importa chi vince?
Siamo
in tempi rivoluzionari con un” Congresso ossificato,” vincolato dal denaro
ebraico e dai media ebraici, incapace di intraprendere le azioni necessarie per
proteggere 350 milioni di americani da un'élite finanziaria ebraica predatoria
che ora sembra determinata a schiacciare l'ultimo barlume di dissenso totale.
La “Supremazia
ebraica”.
È
sorprendente che 350 milioni di americani non ebrei siano dominati da 5 milioni
di ebrei in una repubblica apparentemente "democratica".
Perché gli ebrei sono così influenti? Ma è lì
che siamo.
In una
vera repubblica democratica, i nostri legislatori dovrebbero rapidamente
promulgare una legislazione ai sensi della clausola commerciale che vieta a
qualsiasi azienda impegnata nel commercio interstatale (una definizione molto
ampia) di condizionare o negare l'impiego sulla base delle opinioni politiche
dei richiedenti, imposto da pesanti sanzioni penali, tra cui un periodo di
prigione significativo.
Ciò dovrebbe ovviamente essere accompagnato da
restrizioni simili sulla "negazione di servizio" da parte di banche,
istituti finanziari e account Internet come “Youtube”, “X” e “Facebook”.
Potremmo
chiamarli "Legge sulla libertà di lavoro" e "Legge sulla libertà
di pensiero".
Ma c'è
una forte possibilità che uno di questi possa mai superare la nostra
legislatura dominata dagli ebrei?
Abbiamo
già citato Lenin. Quindi citiamolo di nuovo.
Lenin
notoriamente chiede: "Che fare?" Ebbene, che fare? Questo è il
problema principale dei nostri tempi.
Ecco
alcuni suggerimenti. Non molto, ma più di niente:
(1)-
Attivismo diretto non contro Israele, ma contro gli ebrei americani, in
particolare quelli come “Dershowitz” e “Ackman” che cercano di privare gli
americani non ebrei della loro libertà di parola.
Invece
di una marcia di un milione di persone a Park Avenue o a Londra, fate marciare
un milione di persone intorno alle loro case, magari su base di "flash
mob".
(2)-
Attivismo nei loro luoghi di lavoro.
Fate
sciamare un milione di uomini attorno al 125 di Broad Street (Sullivan &
Cromwell) e al 450 di Lexington Avenue (Davis Polk).
E gli
uffici di tutte le altre Aziende.
(3)-
Attivismo nelle case e nelle case di vacanza dei soci controllanti di queste
aziende.
Organizzare
"flash mob" di milioni di persone fuori dalle case di “H. Rodgin
Cohen” e” Joseph Shenker”, i due partner più potenti di “Sullivan &
Cromwell” in questi giorni, entrambi ebrei, e senza dubbio parte del “gruppo
S&C “dietro la firma da parte di S&C del gruppo " lettera alle
facoltà di giurisprudenza americane”.
(4) - Attivismo
simile anche a casa dei membri dei comitati esecutivi o di gestione di ciascuna
delle altre aziende sulla lista (non voglio essere discriminatorio qui), sia
che tali membri siano ebrei o semplicemente patetici “Shabbos goyim”.
(5)- Attivismo
simile – marce lampo – nelle scuole private d'élite frequentate da eventuali
figli o nipoti di questi avvocati "pezzi grossi".
Poiché ciò che è buono per l'oca è buono per
l'oca, assicuratevi che i cartelli di queste manifestazioni – come quelle di “Harvard
“– contengano le fotografie e i nomi di ciascuno di quei bambini, magari
insieme alla scritta "Vergogna!" o "nipote di sanguinari
assassini" o qualcosa del genere.
(6)-
Petizioni ai fondi pensione statali per chiedere che smettano di cedere più di
miliardi di capitale di investimento a qualsiasi gestore di “hedge fund”
coinvolto in queste campagne contro la libertà di parola.
Nessuno
degli "hedgies" avrebbe più del patrimonio netto di un dentista del
New Jersey se non fosse per il "carry" di enormi quantità di denaro
del fondo pensione statale.
(7)
Idem (6) per tutte le dotazioni universitarie e i piani pensionistici privati.
(8)
Fino a quando e se le leggi sulla "Libertà di lavorare" e sulla
"Libertà di vivere" non saranno convertite in legge dal Congresso,
manifestazioni simili negli uffici e nelle case dei membri delle commissioni
del lavoro e delle comunicazioni del Senato e della Camera degli Stati Uniti.
In una
parola, dal momento che non possiamo controllare questi delinquenti attraverso un'adeguata legislazione
da parte del Congresso, rendiamo la vita dei delinquenti che portano avanti questa campagna un
inferno vivente finché qualcosa – qualsiasi cosa – si rompe.
1/) - In molti di questi studi legali, i
partner ebrei hanno sostituito i vecchi partner WASP tra la fine degli anni '70
e gli anni '80, uno sviluppo che all'epoca sembrava insignificante ma con
conseguenze minacciose che ora stanno diventando pienamente visibili.
Inoltre,
i clienti importanti di queste aziende divennero sempre più ebrei.
Ancora
nel 1985, la metà di tutte “e transazioni di M&A” venivano elaborate
attraverso la tradizionalista “WASP Morgan Stanley & Co, Incorporated”, la
banca di investimento più elitaria degli Stati Uniti con pochissimi partner
ebrei.
“Morgan
Stanley “e la sua banca commerciale sorella,” JP Morgan”, furono i due
principali clienti di “Davis Polk” in quegli anni.
Inoltre,
c'erano un certo numero di altre banche d'investimento WASP – anche se con
alcuni partner ebrei – di altissimo prestigio:
“First
Boston”, “Kidder Peabody”, “Paine Webber”, ecc.
Queste
banche d'investimento non ebraiche – insieme alla ebraica “Goldman Sachs” – più
aziende decisamente "tutte americane" come “Exxon”, erano i
principali clienti di “Sullivan Cromwell”.
“Cravath”,
generalmente più dal lato degli emittenti che da quello delle banche di
investimento, aveva clienti principali come “IBM non ebrei”,” General Electric
e simili”.
Non
più.
“Morgan”
è ancora un grande attore, ma per molti anni è stata messa in ombra dalla molto
più famosa” Goldman Sachs”, e le altre “società WASP” sono tutte svanite in
bancarotte o svendite.
Quindi
non solo i partner più potenti di questi studi legali sono principalmente
ebrei, ma lo sono anche i loro clienti.
Ad
esempio, uno dei firmatari, “Simpson Thacher & Bartlett”, probabilmente è
diventato leggermente meno dominato dagli ebrei rispetto alla metà degli anni
'80, essendo guidato dal non ebreo “Richard Beattie” e da un certo numero di
partner amministrativi non ebrei.
Tuttavia,
i principali clienti di “Beattie” sono “KKR” e “Blackstone” di proprietà
ebraica.
Inoltre,
molti dei clienti più importanti oggi sono “hedge fund” piccoli ma
incredibilmente redditizi, probabilmente più della metà dei quali sono gestiti
dai loro fondatori ebrei imprenditoriali originali, come “Apollo” (Leon Black
di Drexel), “KKR” (menzionato sopra) , Blackstone (Steve Schwarzman) e una
miriade di altri, ultimo ma non meno importante, incluso “Pershing Capital”,
posseduto e gestito dal famigerato “Bill Ackman”.
Musk:
“George Soros
Odia
l’Umanità.“
Conoscenzealconfine.it
– (8 Novembre 2023) – Redazione – Radioradio – ci dice:
L’Accusa
al vetriolo di “Musk” contro “Soros”:
“Odia
l’umanità. Ha trovato il modo per cambiare le leggi”.
“Elon
Musk” lo aveva già detto tempo addietro.
Ora
torna a ribadirlo a gran voce nel “podcast di Joe Rogan”, nel quale ha anche
raccontato di gravi sistemi di censure scovati nel vecchio Twitter e di un
importante errore nella gestione del Covid.
Non si
è poi risparmiato sull’imprenditore e filantropo di Budapest.
Con un
patrimonio di 6,7 miliardi di dollari, stima” Forbes”, si posiziona nell’impero
dei grandi magnati del mondo.
Tuttavia
“Musk” ne svela importanti retroscena.
Padrone
della” Open Society Foundations”, Soros sarebbe “il maggior finanziatore del
Partito Democratico Usa “, svela “Musk” nella recente chiacchierata con “Rogan”,
(dove per
Partito Democratico ovviamente si intendono i democratici statunitensi).
Per
spiegare definitivamente il perché dell’ipotetico odio di Soros verso gli altri
esseri umani, il “CEO di Space “X” menziona di un fatto di cui anche il “New
York Post” scrisse qualche anno fa.
Finanziamenti importanti sarebbero arrivati nel
sistema dei procuratori USA.
“Ovunque vadano i procuratori sostenuti da Soros, il
crimine li segue “, diceva “Tom Cotton”, senatore dello Stato dell’Arkansas.
Che si
tratti proprio di quei 220 milioni di dollari investiti dalla “Open Society”
per “la giustizia razziale”?
“Non è colpa mia “, rispose il diretto
interessato a chi gli diceva che da quei finanziamenti gli arresti erano
diminuiti.
“Sta facendo cose – spiega “Musk” – che
erodono il tessuto della civiltà, facendo eleggere procuratori che si rifiutano
di perseguire il crimine.
Perché fare una cosa del genere? “
“Musk”
menziona poi, per fare un quadro delle qualità del filantropo, arbitraggio e “vendita
allo scoperto”, o “short selling”:
entrambe sono operazioni aderenti al campo
economico, del trading.
Mentre
la prima si differenzia dalla speculazione, la seconda un po’ meno:
l’arbitraggio consiste infatti nell’acquisto
di un bene e nella sua rivendita in un altro mercato, ad un prezzo maggiore
così da ricavarne profitto.
Lo “short selling” gioca invece col tempo.
La
vendita inoltre avviene su titoli presi in prestito:
vendendo quei titoli ad un prezzo, li si
rivende quando il loro valore è minore, così da riacquistarli a prezzo
diminuito e fare dunque profitto.
Non a
caso la vendita allo scoperto ha attirato verso di sé molti dubbi e talvolta
divieti.
“Elon
Musk” ricorda infatti:
È
famoso per aver shortato la sterlina britannica. Così credo abbia fatto i suoi
primi soldi “.
In sostanza, il complimento è quello di vedere
occasioni che la moltitudine non vede.
Capacità
che” Musk” riflette anche sul campo politico, ma con stima personale diversa.
Tornando
sugli spogli locali infatti:
“Soros
ha notato che lì il valore monetario è molto più alto di quello degli spogli
nazionali.
Il valore più basso è quello di un’elezione
presidenziale.
Quando
vai su spogli di città o sui procuratori distrettuali, il valore è estremamente
buono “.
Motivo
per cui la conclusione del CEO di “X” è che “Soros ha capito che non è
necessario cambiare le leggi, ma solo il modo in cui vengono applicate “.
E ritornando sulla questione controversa dei
procuratori anti-arresti, “se nessuno sceglie di far rispettare la legge o se vengono applicate
in modo diverso, è come cambiarle”.
(Redazione
Radioradio)
(radioradio.it/2023/11/musk-contro-soros-umanita-leggi/)
DRAGHI
PASSA ALLE MINACCE
PER
SALVARE L’EURO.
Comedonchisciotte.org
- Megas Alexandros – (09 Novembre 2023) – ci dice:
"Senza
fare gli Stati Uniti d'Europa l’Unione Europea non sopravviverà se non come
mercato unico”.
Le
parole di Draghi rilasciate al” Financial Times” piombano come un meteorite
sull'”Ecofin” dove si deciderà sulla riforma del “Patto di Stabilità”.
Alla
vigilia dell’attesissimo meeting che si terrà oggi 9 novembre all’Ecofin, per
decidere sulla più che necessaria riforma del Patto di stabilità, Mario Draghi
ha deciso di consegnare ai partecipanti un pizzino per niente simpatico,
mettendo in guardia chi si oppone ai suoi voleri.
È
dalle colonne del “Financial Times”, ormai assunto al ruolo di postino
ufficiale, che “Supermario” non usa mezzi termini per minacciare addirittura la
fine della cosa a lui più cara: l’Euro;
se non
si procederà immediatamente a completare il progetto di integrazione europea
con unione fiscale e bancaria.
Draghi
– dall’alto del suo nuovo ruolo assegnatoli poche settimane fa dalla presidente
della Commissione europea “Ursula Von der Leyen”, per delineare una strategia
sul futuro della competitività dell’industria Ue per tenere testa a Cina e Usa
– ha
fornito una visione pessimistica della crescita economica dell’UE, prevedendo una recessione entro la
fine di quest’anno, avvertendo che la sopravvivenza a lungo termine del
progetto europeo dipende da un’urgente integrazione politica.
“È quasi sicuro che avremo una recessione entro la
fine dell’anno”, ha dichiarato alla conferenza “Global Boardroom” del FT.
“È
abbastanza chiaro che i primi due trimestri del prossimo anno lo dimostreranno”.
Ma le
parole più pesanti e significative sono giunte su quello che Draghi ritiene
necessario essere il futuro più che prossimo della UE:
“O
l’Europa agisce insieme e diventa un’unione più profonda, un’unione capace di
esprimere una politica estera e una politica di difesa, oltre a tutte le
politiche economiche . . . oppure temo che l’Unione Europea non sopravviverà se
non come mercato unico”.
Le
parole che fanno seguito a quella che è l’idea d’Europa che Draghi ormai
esprime da diverso tempo, suonano come una vera e propria minaccia verso quei
poteri europei (falchi tedeschi in primis), che ancora sono restii a mettere la
cassa in comune.
Ed il
fatto che l’abbia fatta poche ore prima che i ministri delle finanze dei paesi
membri si riuniscano per decidere le nuove regole del Patto di Stabilità, avvalora la tesi che “Mr Britannia”
non è più disposto ad attendere sul futuro dell’Euro.
La
possibilità concreta che in conseguenza della recessione ormai alle porte, si arrivi a veder saltare una banca
sistemica in Europa (con relativo contagio), senza che prima si sia completata
l’unione bancaria, non fa dormire sonni tranquilli all’ex governatore della
BCE.
Nelle
mani di Draghi non c’è soltanto il destino della moneta euro, ma anche quello
di “Giancarlo Giorgetti” e “Giorgia Meloni”, che dall’Ecofin si attendono una
decisione favorevole sullo scorporo dal deficit delle spese militari e quelle
per il PNRR , in modo da poter disporre di quello spazio finanziario utile almeno a
salvare la faccia davanti agli italiani, che a breve si recheranno nuovamente
alle urne per le elezioni europee.
Continuando
nella sua analisi sull’erosione della competitività globale, in particolare
rispetto a Stati Uniti e Cina, che hanno investito molto nel sostenere la
transizione verde delle loro economie, Draghi ha detto:
“Dovremmo preoccuparci molto di questo” – e
poi ha aggiunto:
“L’economia
europea ha perso competitività negli ultimi 20 e più anni, rispetto non solo
agli Stati Uniti ma anche al Giappone, alla Corea del Sud e, ovviamente, alla
Cina”.
“In
molte, molte aree tecnologiche, campi tecnologici, abbiamo perso presenza,
abbiamo perso impronta”, ha continuato.
Se
l’economia europea in questi anni ha perso competitività, certamente una delle
principali cause è stata proprio l’euro e tutte le politiche di austerità che
sono servite per tenere in piedi una moneta senza Stato usata ad esclusivo
vantaggio delle élite che la controllano in spregio ad ogni principio di
democrazia e socialità.
Draghi,
come già fatto nel recente passato torna a criticare il modello dell’UE (al
quale lui stesso però ha contribuito), che faceva ampio affidamento sugli Stati
Uniti per la difesa, sulla Cina per il commercio e sulla Russia per l’energia, oggi di fatto terminato per i
cambiamenti geopolitici in corso.
“Il modello geopolitico ed economico su cui poggiava
l’Europa dalla fine della seconda guerra mondiale è scomparso”, ha affermato.
L’ex
primo ministro italiano ha individuato come punti deboli la bassa produttività
dell’Europa, gli alti costi energetici e la mancanza di manodopera qualificata.
“Per avere un’economia in grado di sostenere
una società che invecchia al ritmo che abbiamo in Europa, dobbiamo avere una
produttività molto più elevata”, ha affermato.
“Il punto in cui dobbiamo agire insieme è
l’energia.
Non andremo da nessuna parte pagando l’energia
due o tre volte quello che costa in altre parti del mondo”.
Sembra
quasi che Mario Draghi fosse su un altro pianeta della galassia, quando i
poteri che lui da sempre difende, hanno deciso di costruire questa Europa
esclusivamente sulla finanza e la deflazione salariale infinita, portando ogni
tipo di produzione fuori dal continente ed esportando i nostri migliori
cervelli.
E non
dimentichiamoci quanto il suo governo sia stato immobile a livello fiscale di
fronte alla recente speculazione sull’energia che ha acceso il fenomeno
inflattivo in corso.
Mi
chiedo ma dove era Mario Draghi, quando nel suo paese si conseguivano avanzi
primari uno dietro l’altro, per dare seguito a quello che è stato il più grande trasferimento di
ricchezza finanziaria, dalla massa ad una ristretta élite, della storia dell’umanità?
Stiamo parlando di oltre 2 mila miliardi in 30
anni che hanno prodotto il risultato disastroso che conosciamo.
(E poi
Draghi non si è mai occupato del fatto che le banche private, potendo creare il
denaro dal nulla, hanno creato un debito verso lo Stato di circa 300 miliardi di
euro ogni anno di tasse non pagate sull’utile realizzato tramite” i prestiti
con il denaro creato dal nulla”! N.D.R.)
L’Italia
è l’unico paese al mondo, insieme alla Grecia, che dall’introduzione dell’Euro
ha un livello di GDP reale molto inferiore rispetto a prima.
Non
per niente sono gli unici due popoli costretti a vivere all’interno di avanzi
primari, che succhiano sangue al lavoro per consegnarlo alla rendita.
In
conclusione, nell’attesa di capire cosa accadrà all’Ecofin, dobbiamo ben pesare
le parole di Draghi sul destino della UE e della sua moneta.
Se da
una parte ci auguriamo che i falchi tedeschi tengano duro sul patto di
stabilità in modo da porre le basi per una rottura della moneta unica, dall’altra, la frase di Draghi
potrebbe anche suonare diabolicamente così:
O ci
lasciate continuare a spennare gli italiani con l’Euro oppure noi li spenneremo
ugualmente con la Lira…
Del
resto, eliminando l’euro, non si eliminano automaticamente anche tutti quei poteri di casa nostra che ancora lottano per tenerci
dentro!
(O
meglio detto “quei poteri di cosa nostra”! N.D.R.)
(Megas
Alexandros alias Fabio Boncini)
Il
traballante Israele ricorre
alle
minacce nucleari.
Tehrantinces.com
– Internazionale - Ali Ahmadi – (5 Novembre 2023) – ci dice:
Che
cosa significa la minaccia nucleare del ministro israeliano a Gaza?
TEHERAN
- Parlando
in un'intervista radiofonica, il ministro israeliano del Patrimonio “Amichai
Eliyahu” ha detto domenica che una delle opzioni di Israele nella guerra contro
“Hamas£ è quella di sganciare una "bomba nucleare" sulla Striscia di
Gaza.
“Eliyahu”
ha anche sostenuto la ricostruzione degli insediamenti israeliani, aggiungendo
che i palestinesi possono "andare in Irlanda o nei deserti".
Il
ministro israeliano ha anche espresso obiezioni a consentire l'ingresso di
aiuti umanitari a Gaza, dicendo: "Non consegneremmo aiuti umanitari ai
nazisti".
Ha
anche insistito sul fatto che la parte settentrionale della Striscia di Gaza
non ha il diritto di esistere, sottolineando che chiunque sventoli una bandiera
palestinese o di “Hamas” "non dovrebbe continuare a vivere sulla faccia della
terra.
I suoi
commenti sono stati definiti "un'osservazione orribile e folle" da “Yair Lapid”,
leader del partito di opposizione ed ex primo ministro, che ha chiesto al primo
ministro Netanyahu di "licenziare" “Eliyahu”.
Per
quanto riguarda i 240 prigionieri detenuti nella Striscia di Gaza, il ministro
israeliano del patrimonio ha detto che pregherà per loro, ma "c'è un prezzo da pagare in
guerra".
In
reazione alle osservazioni del ministro, “Lapid” ha detto: "Ha offeso le famiglie dei
prigionieri [detenuti a Gaza], ha offeso la società israeliana e ha danneggiato
la nostra posizione internazionale".
Anche
il leader dell'unità nazionale, il ministro “Benny Gantz”, membro del gabinetto
di guerra, ha attaccato i commenti di “Eliyahu” in un post su “X”, affermando
che la dichiarazione di “Eliyahu” è stata dannosa e ha causato pesanti danni
politici.
“Mansour
Abbas”,” leader del partito arabo Ra'am”, ha scritto su” X” che “Eliyahu” stava facendo eco a un
sentimento espresso da altri funzionari israeliani, e ha espresso
preoccupazione per il fatto che i suoi commenti disumanizzassero gli abitanti
di Gaza.
“Abu
Mazen” ha aggiunto che la disumanizzazione e la punizione collettiva sono la via per
"il genocidio e i crimini di guerra".
Ci
sarà un giorno dopo la guerra, non è la fine della storia o l'Armageddon, ha
detto il leader del partito.
In
risposta alle dichiarazioni del ministro israeliano di estrema destra, il capo
della fazione “Meretz” alla Knesset, “Zehava Galon”, ha dichiarato: "Il ministro incolto propone di
usare una bomba nucleare a Gaza, quindi cosa accadrà ai prigionieri
israeliani?"
Ha
inoltre aggiunto: "Dice che la guerra costa! [Bene], manda i tuoi figli [a
Gaza] in modo che paghino anche per questo, il tuo idolo".
Tra le
crescenti preoccupazioni per la dichiarazione di “Eliyahu”, l'ufficio di
Netanyahu ha annunciato che è stato sospeso dalle riunioni di gabinetto "a
tempo indeterminato".
L'azione
dell'ufficio di Netanyahu è stata etichettata come "priva di
significato" da un funzionario israeliano che ha detto:
"Questo
è uno scherzo, ci sono a malapena riunioni di gabinetto comunque, e la maggior
parte del lavoro viene fatto in turni di votazioni per telefono".
Per
evitare la censura, il partito di estrema destra “Eliyahu” ha twittato che la
dichiarazione era "metaforica".
“Hamas” ha anche reagito alle
osservazioni di “Eliyahu” in una dichiarazione, dicendo che il suo approccio
dimostra l'"entità terroristica" di Israele contro la nazione
palestinese.
La “Jihad
islamica” ha anche rilasciato una dichiarazione in cui afferma che la
dichiarazione di “Eliyahu” mostra la "realtà del loro crimine
(israeliano)".
Anche
il “Ministero degli Affari Esteri della Palestina” ha censurato la
dichiarazione del ministro israeliano, affermando che le osservazioni razziste
e brutali del ministro israeliano sono orribili.
Anche
il” ministero degli Esteri saudita” ha condannato le minacce del ministro
israeliano, affermando che il rinvio del suo licenziamento riflette che i
valori umanitari sono inutili in Israele.
Indipendentemente
dal fatto di essere "pazzo, un membro del gabinetto junior, un ministro di
estrema destra" o qualsiasi cosa i funzionari israeliani abbiano
etichettato “Eliyahu” è un membro ufficiale del governo israeliano che ha
parlato dal cuore del regime sionista.
La
proposta di bombardare Gaza da parte del ministro estremista viene dal regime
di Tel Aviv che ha tappezzato Gaza di bombe.
Nel
suo ultimo barbaro attacco, il regime di Tel Aviv ha bombardato il campo profughi di
Maghazi nel centro della Striscia di Gaza sabato sera, provocando 45 morti
palestinesi e un centinaio di feriti, secondo un rapporto pubblicato
domenica dal “Ministero della Sanità di Hamas”.
"Il
numero dei martiri nel massacro di Maghazi è salito a 45, ha detto il ministero
in un comunicato”.
Mentre
il regime occupante ha continuato a condurre campagne di propaganda contro il
programma nucleare iraniano, definendolo una "minaccia" per la
regione e per il mondo, “Amichai Eliyahu” ha confessato ufficialmente che
Israele ha bombe atomiche, cosa su cui il regime è stato silenzioso e si è
rifiutato di firmare” il Trattato di non proliferazione nucleare” (TNP).
Si
dice che Israele abbia un programma nucleare dagli anni '50, ma non ha mai
confermato o negato di avere armi nucleari e ha adottato una politica ambigua
al riguardo.
Il
Centro di ricerca nucleare del Negev, a 10 chilometri dalla città di Dimona, è
il sito nucleare più importante di Israele.
Nel
1986, un tecnico nucleare israeliano, per la prima volta, fornì informazioni e
immagini dall'interno del reattore di Dimona e delle testate nucleari
israeliane al settimanale britannico Sunday Times.
Secondo
“Jane's Defense Weekly”, Israele è la sesta potenza nucleare al mondo.
“I
Jane” hanno anche detto che Israele ha da 100 a 300 testate nucleari, che è
uguale alle testate nucleari dell'Inghilterra.
La
minaccia nucleare è indicativa del fallimento israeliano.
La
proposta di sganciare bombe nucleari su Gaza indica le successive sconfitte che
Tel Aviv ha dovuto affrontare dal 7 ottobre.
Dopo
l'irreparabile sconfitta del 7 ottobre, il regime occupante ha lanciato crimini
di guerra a un livello senza precedenti a Gaza, bombardando aree residenziali,
scuole e ospedali e tagliando acqua, cibo, medicine e altri beni essenziali
all'enclave.
Eppure
nessuna di queste brutalità ha aiutato i funzionari israeliani a nascondere le
loro sconfitte.
L'immagine
israeliana dell'invincibilità, dell'intelligence, dell'intelligenza artificiale
e dell'esercito è andata via con il vento.
L'entità
della sconfitta ha lasciato i leader israeliani senza altra scelta se non
quella di minacciare la Striscia di Gaza con "armi nucleari".
Gli
attacchi di terra su Gaza, seguiti da quasi un mese di attacchi aerei, hanno
anche aggravato le condizioni di Tel Aviv.
Il regime non ha ottenuto nulla nell'offensiva
di terra.
Ha appena perso altri soldati.
(Inutile
dire che Israele ha finora sganciato due bombe nucleari sulla Striscia di Gaza.)
L'Osservatorio
euromediterraneo dei diritti umani ha annunciato che Israele ha usato più di
25.000 tonnellate di esplosivo nella Striscia di Gaza, l'equivalente di due
bombe nucleari.
(Ali
Ahmadi)
La
deputata palestinese degli Stati Uniti
Tlaib
accusa la censura della Camera
durante
il genocidio di Gaza.
Vtforeingnpolicy.com
- Fabio G. C. Carisio – (Novembre 8, 2023) – ci dice:
Rashida
Tlaib (MI-12):
"La maggioranza degli americani sostiene un
cessate il fuoco, ma questo Congresso non ascolta le loro voci".
VT condanna
la PULIZIA ETNICA DEI PALESTINESI da parte di USA/Israele.
280
MILIARDI DI DOLLARI DEI CONTRIBUENTI STATUNITENSI INVESTITI dal 1948 in
operazioni di pulizia etnica e occupazione USA/Israele;
150
miliardi di dollari di "aiuti" diretti e 130 miliardi di dollari in
contratti
di
"offesa".
(Fonte:
Ambasciata di Israele, Washington, D.C. e Dipartimento di Stato degli Stati
Uniti.)
Rashida
Tlaib (MI-12):
"È un peccato che i miei colleghi siano
più concentrati a mettermi a tacere che a salvare vite umane, dato che il
bilancio delle vittime a Gaza supera le 10.000".
Martedì
i legislatori della Camera hanno censurato la deputata “Rashida Tlaib”, l'unica
palestinese americana al Congresso, per le sue osservazioni e azioni in
risposta alla “guerra tra Israele e “Hamas”.
La
risoluzione di censura, redatta dal deputato “Rich McCormick, R-Ga”., è passata
con 234 voti a favore e 188 contrari, con 22 democratici che hanno votato a
favore e quattro repubblicani che si sono opposti alla misura.
Un
voto di censura richiede solo una maggioranza semplice per passare.
La
risoluzione censura” Tlaib, D-Michigan”, per "aver promosso false
narrazioni sull'attacco di “Hamas” del 7 ottobre 2023 a Israele e per aver
chiesto la distruzione dello Stato di Israele".
"È
un fatto triste, ma questo tipo di odio antisemita è promosso da un piccolo
gruppo di membri di questo organismo, principalmente dal deputato Tlaib",
ha detto “McCormick” alla Camera prima del voto.
"Dobbiamo
ritenerla responsabile".
Il
voto arriva un mese dopo l'attacco terroristico mortale di “Hamas” contro
Israele e nel mezzo del devastante bombardamento israeliano della Striscia di
Gaza densamente popolata.
Dichiarazione
di “Tlaib” sulle risoluzioni di censura.
Oggi,
la rappresentante Rashida Tlaib (MI-12) ha rilasciato la seguente
dichiarazione:
"È
un peccato che i miei colleghi siano più concentrati a mettermi a tacere che a
salvare vite umane, dato che il bilancio delle vittime a Gaza supera le 10.000
unità.
Molti
di loro mi hanno dimostrato che le vite dei palestinesi semplicemente non
contano per loro, ma io continuo a non controllare la loro retorica o le loro
azioni.
Piuttosto
che riconoscere la voce e il punto di vista dell'unico palestinese americano al
Congresso, i miei colleghi hanno fatto ricorso a distorcere le mie posizioni in
risoluzioni piene di ovvie bugie.
Ho
ripetutamente denunciato gli orribili attacchi e le uccisioni di civili da
parte di “Hamas” e del “governo israeliano”, e ho pianto le vite israeliane e
palestinesi perdute.
"Nel
frattempo, ogni giorno che passa senza un cessate il fuoco porta più morte e
distruzione su civili innocenti, che non hanno un posto sicuro dove andare,
attirando l'indignazione e la condanna del popolo americano e della comunità
internazionale.
La
maggioranza degli americani sostiene un cessate il fuoco, ma questo Congresso
non ascolta le loro voci.
Continuerò a chiedere un cessate il fuoco
reciproco, il rilascio degli ostaggi e di coloro che sono detenuti
arbitrariamente, l'immediata consegna di aiuti umanitari e il ritorno a casa di
ogni americano.
Continuerò
a lavorare per una pace giusta e duratura che sostenga i diritti umani e la
dignità di tutte le persone, metta al centro la coesistenza pacifica tra
israeliani e palestinesi e assicuri che nessuna persona, nessun bambino debba
soffrire o vivere nella paura della violenza".
“Tlaib”
parla della risoluzione di censura.
WASHINGTON,
D.C. Oggi, la deputata Rashida Tlaib (MI-12) ha tenuto un discorso alla Camera
sui tentativi di metterla a tacere:
Una
trascrizione completa delle osservazioni in aula è disponibile.
Trascrizione:
Sono
l'unico palestinese americano che fa parte del Congresso, signor Presidente, e
il mio punto di vista è necessario qui ora più che mai. Non sarò messo a tacere
e non permetterò che tu distorca le mie parole.
La
gente dimentica che vengo dalla città di Detroit, la città più bella e più nera
del paese, dove ho imparato a dire la verità al potere, anche se la mia voce
trema. Cercare di intimidirmi o censurarmi non funzionerà perché questo
movimento per un cessate il fuoco è molto più grande di una persona.
Cresce ogni singolo giorno.
Ci
sono milioni di persone in tutto il nostro paese che si oppongono
all'estremismo di Netanyahu e hanno finito di guardare il nostro governo
sostenere la punizione collettiva e l'uso di bombe al fosforo bianco che
sciolgono la carne fino all'osso.
Hanno
finito di guardare il nostro governo, signor Presidente, sostenere il taglio di
cibo, acqua, elettricità e cure mediche a milioni di persone che non hanno un
posto dove andare.
Come
me, signor Presidente, non credono che la risposta ai crimini di guerra sia più
crimini di guerra.
Il rifiuto del Congresso e
dell'Amministrazione di riconoscere le vite dei palestinesi mi sta sgretolando
l'anima.
Più di 10.000 palestinesi sono stati uccisi,
la maggior parte erano bambini.
Ma
lasciatemi essere chiaro:
la mia critica è sempre stata rivolta al
governo israeliano e alle azioni di Netanyahu.
È importante separare le persone e i governi,
signor Presidente. Nessun governo è esente da critiche.
L'idea
che criticare il governo di Israele sia antisemita crea un precedente molto
pericoloso e viene usata per mettere a tacere diverse voci che parlano a favore
dei diritti umani in tutta la nostra nazione.
Si
rende conto di cosa vuol dire, signor Presidente, per le persone fuori
dall'Aula in questo momento, che ascoltano agonizzanti il loro stesso governo
che le disumanizza?
A sentire il Presidente degli Stati Uniti, che
abbiamo aiutato a eleggere, contestare il bilancio delle vittime, mentre
vediamo video su video di bambini e genitori morti sotto le macerie?
Signor
Presidente, sa cosa vuol dire temere l'aumento dei crimini d'odio?
Per sapere come l'islamofobia e
l'antisemitismo ci rendono tutti meno sicuri?
E
preoccupatevi che vostro figlio possa subire gli orrori che “Wadea”, di sei
anni, ha fatto nell'Illinois.
Non
posso credere di doverlo dire, ma i palestinesi non sono usa e getta.
Siamo
esseri umani come chiunque altro.
Mia “Sity”,
mia nonna, come tutti i palestinesi, vuole solo vivere la sua vita con la
libertà e la dignità umana che tutti meritiamo.
Parlare per salvare vite umane, signor
Presidente, non importa la fede, non importa l'etnia, non dovrebbe essere
oggetto di polemiche in quest'Aula.
Le
grida dei bambini palestinesi e israeliani non mi sembrano diverse.
Quello che non capisco è perché le grida dei
palestinesi suonino diverse per tutti voi.
Non
possiamo perdere la nostra comune umanità, signor Presidente.
Sento
le voci dei sostenitori della pace in Israele, in Palestina, in tutta l'America
e in tutto il mondo.
Mi
ispiro ai coraggiosi sopravvissuti in Israele che hanno perso i loro cari, ma
che chiedono un cessate il fuoco e la fine della violenza.
Sono grato alle persone nelle strade, per il
movimento pacifista, con innumerevoli ebrei americani in tutto il paese, che si
sono alzati in piedi e hanno detto amorevolmente "Non nel nostro nome".
Continueremo
a chiedere un cessate il fuoco, signor Presidente, l'immediata consegna di
aiuti umanitari critici a Gaza, il rilascio di tutti gli ostaggi e di coloro
che sono detenuti arbitrariamente, e che ogni americano torni a casa.
Continueremo
a lavorare per una pace reale e duratura che sostenga i diritti umani e la
dignità di tutte le persone e metta al centro la coesistenza pacifica tra
israeliani e palestinesi.
E non censura nessuno.
E assicura che nessuna persona, nessun bambino
debba soffrire o vivere nella paura della violenza.
Il 71%
dei democratici del Michigan sostiene un cessate il fuoco.
Quindi puoi provare a censurarmi, ma non puoi
mettere a tacere le loro voci. Esorto i miei colleghi a unirsi alla maggioranza
degli americani e a sostenere un cessate il fuoco ora per salvare quante più
vite possibili.
Il
presidente Biden deve ascoltare e rappresentare tutti noi, non solo alcuni di
noi. Esorto il Presidente ad avere il coraggio di chiedere un cessate il fuoco
e la fine delle uccisioni.
Grazie.
E mi arrendo.
(La
deputata Rashida Tlaib)
Inghilterra,
Canada e Svezia contro
la
svolta verde che finisce nel cassetto.
Laverità.info
– Sergio Giraldo – (9 -11-2023) – ci dice:
Il
primo discorso del re di Carlo d’Inghilterra deve essere stato particolarmente
difficile da digerire per il sovrano.
(…)
Tra le altre cose, nel programma di “Rishi Sunak” , spicca un progetto di
legge per aumentare la concessione di
nuove licenze di esplorazione e
coltivazione di giacimenti di petrolio e gas nel Mare del Nord.
Annualmente
saranno concessi nuovi permessi per trivellare il fondo marino in cerca di
idrocarburi con buona pace della transizione energetica e dei suoi aedi.
Già
due mesi fa “Sunak” aveva tirato bruscamente il freno sulla transizione,
rinviando al 2035 l’introduzione del divieto di vendita di automobili con
motore diesel e benzina e mandando in soffitta l’obbligo per i proprietari di
case di cambiare le caldaie a gas con sistemi elettrici o a idrogeno.
Con il
discorso del re di martedì, il governo inglese attua quanto aveva già promesso
proprio lo scorso settembre, ossia la concessione di nuove licenze di
perforazione per avere maggiori quantità di petrolio e gas nazionali e
aumentare, quindi, strategicamente, la propria sicurezza energetica.
Come
dimenticare, del resto, l’episodio verificatosi nel febbraio scorso, quando in
Scozia alcune turbine eoliche furono alimentate in emergenza con generatori
diesel dopo un guasto sulla rete.
(…) Londra dà segno di accodarsi ad altri
governi che in queste settimane stanno venendo a patti con la realtà.
In
Svezia, per esempio, il governo ha annunciato che taglierà la spesa legata alle
politiche energetiche.
Inoltre,
il governo di Stoccolma ha annunciato che le emissioni di Co2, nel breve
termine, sono destinate ad aumentare.
Dati
gli stretti vincoli di bilancio, il governo ha annunciato di voler dare
priorità nella spesa pubblica alla difesa, considerato l’ingresso nella Nato,
al sostegno alle famiglie appesantite dall’inflazione, alle spese per giustizia
e per l’ordine pubblico.
Il problema delle baby-gang in Svezia è,
infatti, diventato un’emergenza nazionale, tanto che è stato chiamato pure
l’esercito per fronteggiare la situazione.
Anche
il governo canadese di Justin Trudeau è costretto a prendere atto della
difficoltà politica e tecnica nel raggiungimento di obiettivi di riduzione
delle emissioni che appaiono sempre più velleitari.
Qualche
giorno fa, Trudeau ha deciso di sospendere per tre anni l’applicazione di una
tassa sull’uso del gasolio per il risaldamento, utilizzato soprattutto nelle
regioni sull’Atlantico.
La
sospensione della tassa aiuta le famiglie a pagare meno pe riscaldarsi, ma ha
subito provocato la levata di scudi degli ambientalisti che temono una frenata
delle politiche di decarbonizzazione.
Inoltre
due giorni fa il commissario canadese per l’ambiente ha emesso un rapporto nel
quale afferma che, nonostante tutte le tasse e i divieti imposti ai cittadini, il
Canada non raggiungerà gli obiettivi climatici nel 2030.
Secondo
il rapporto, Ottawa riuscirà a ridurre le emissioni del 36 %, contro il 40-45%
cui il governo si era impegnato ad arrivare.
Peccato,
però, che il Canada sia anche il quarto produttore mondiale di petrolio.
La
presa di coscienza dei costi esorbitanti ma necessari per arrivare agli
obiettivi “ambiziosi” di decarbonizzazione si sta diffondendo tra i governi.
In
vista della Cop28, prevista per fine mese a Dubai, è possibile che questi ed altri rallentamenti
nella transizione possano spingere i Paesi in via di sviluppo a rallentare a
loro volta.
L’onere
della transizione è, infatti, soprattutto su di loro, tanto che le discussioni
sul fondo che dovrebbe finanziare la transizione sono accesissime.
La
Cop28 rischia di diventare un Vietnam per i verdi.
Impianti
cerebrali per Neuralink di Elon Musk:
secondo
quanto riferito, migliaia di persone
si
stanno mettendo in fila per farsi
rimuovere
una parte del cranio.
Globalresearch.ca
- The LakeTribune - Redazione – (08 novembre 2023) – ci dice:
Secondo
un rapporto di “Bloomberg”, migliaia di persone si starebbero mettendo in fila
per avere l'opportunità di ricevere un impianto cerebrale da “Neuralink”, la
società di neurotecnologie co-fondata da “Elon Musk”.
Questo
entusiasmo persiste nonostante la natura invasiva della procedura, che prevede
la rimozione di una porzione del cranio per impiantare il dispositivo.
“Neuralink”,
fondata nel 2016, ha piani ambiziosi per condurre sperimentazioni sull'uomo,
con l'obiettivo di operare su 11 individui il prossimo anno ed espandersi a
oltre 22.000 entro il 2030.
Gli obiettivi dell'azienda non sono modesti;
Cerca
di forgiare una nuova frontiera in cui gli esseri umani e le macchine possono
interagire senza soluzione di continuità, consentendo potenzialmente agli individui
di comunicare o controllare i giochi attraverso il solo pensiero.
Inizialmente, tuttavia, l'attenzione si
concentra sull'aiutare le persone con condizioni neurologiche.
“Neuralink”
di “Elon Musk” potrebbe essere sperimentato sugli esseri umani nel 2023.
Ecco
cosa c'è da sapere.
La “Food
and Drug Administration” (FDA) degli Stati Uniti ha dato il via libera a “Neuralink
“per iniziare i test sull'uomo, un significativo passo avanti dopo le
preoccupazioni iniziali sulla sicurezza.
Queste
preoccupazioni includevano la possibilità che i fili del dispositivo si
spostassero all'interno del cervello o che il chip si surriscaldasse.
Nonostante
i rischi, il fascino di essere all'avanguardia in questa tecnologia
rivoluzionaria ha suscitato un'ondata di interesse da parte di potenziali
volontari.
La procedura, che prevede l'inserimento di
elettrodi nel cervello da parte di un robot, rappresenta un passo avanti
significativo nelle tecniche neurochirurgiche e solleva interrogativi sul
futuro delle interazioni uomo-computer.
L'urgenza
di “Musk” di far progredire “Neuralink” è guidata dalla concorrenza di altre
startup di interfacce cervello-computer che stanno già conducendo test
sull'uomo.
Il suo
approccio, caratterizzato da un "maniacale senso di urgenza",
rispecchia l'intensa etica del lavoro vista nelle sue altre imprese, “Tesla” e
“SpaceX”. Tuttavia, la leadership di “Neuralink” riconosce l'alta posta in
gioco, sottolineando la necessità di cautela nei loro sforzi chirurgici
pionieristici.
Mentre
“Neuralink” si prepara per la sua prima sperimentazione umana, il mondo osserva
con il fiato sospeso, anticipando i potenziali benefici e consapevole delle
sfide che ci attendono in questa audace intersezione tra tecnologia e biologia.
La
"carne finta" di Bill Gates
vietata
dall'Italia citando
"gravi
problemi di salute"
Globalresearch.ca
- Ethan Huff - NaturalNews.com – (8 Novembre 2023) – ci dice:
La
carne sintetica coltivata in laboratorio promossa dall'eugenista miliardario “Bill
Gates” sta innescando la formazione di turbo tumori negli esseri umani.
Per la
prima volta nel mondo sviluppato, l'Italia ha deciso di vietare tutta la carne
finta dal paese, citando "gravi problemi di salute".
Numerosi
studi recenti dimostrano che la carne sintetica coltivata in laboratorio del
tipo promosso dall'eugenista miliardario Bill Gates sta innescando la
formazione di turbo tumori negli esseri umani –
I
famosi "vaccini" delinquenziali contro il coronavirus di Wuhan
(COVID-19) stanno facendo la stessa cosa, tra l'altro.
In
contrasto con la recente decisione del regime di Biden di accelerare
l'approvazione della carne sintetica qui in America, l'Italia sta adottando
l'approccio opposto, vietando completamente la roba prima che abbia la
possibilità di danneggiare il popolo italiano.
(Ma per quale motivo Bill Gates che ha
comprato i migliori alberghi turistici in Italia a Portofino, Roma, Venezia,
ecc. vuole assassinare gli italiani “povera gente”? N.D.R.).
"L'Italia
è la prima nazione a dire no al cibo sintetico, alla cosiddetta 'carne
sintetica'", ha annunciato il ministro della Salute “Orazio Schillaci”.
"Lo
fa con un atto formale e ufficiale".
"La
risoluzione chiede un impegno a vietare la produzione, la commercializzazione e
l'importazione di alimenti sintetici all'interno del nostro territorio".
Secondo
Schillaci, le nuove norme italiane contro le carni sintetiche mirano a
proteggere il pubblico da qualsiasi situazione in cui "la salute pubblica
ambientale possa essere a rischio, o quando vi sia incertezza sugli effetti di
determinati prodotti che vengono o saranno immessi sul mercato o
consumati".
"È
fondamentale disporre di misure per affrontare questi potenziali rischi e
garantire la sicurezza dell'ambiente e della salute pubblica in questi
casi", ha aggiunto.
Il
regime di Biden accelera l'approvazione della carne sintetica, compresa la
"carne di pollo" coltivata in laboratorio di Gates.
Gran
parte della spinta a favore della carne sintetica proviene non solo da Gates,
ma anche da altri globalisti come Klaus Schwab, il “sicario delinquente” a capo
del World Economic Forum (WEF), che sostengono che è necessario fermare il
"riscaldamento globale" e il "cambiamento climatico" (con opportune dosi di veleno per
topi? N.D.R)
Nel
2021, per promuovere il suo libro "Come evitare un disastro
climatico", Gates ha dichiarato al “MIT Technology Review” che "tutti
i paesi ricchi dovrebbero passare al 100% di carne sintetica".
Il
sogno di Gates per il mondo probabilmente non si realizzerà, almeno per come lo
aveva immaginato, perché la scienza continua a dimostrare che il consumo di
carne sintetica è collegato al cancro attraverso le linee cellulari immortalate
che il corpo utilizza per produrre cellule tumorali in presenza di una sostanza
provocante, in questo caso carne finta.
Il
regime del falso presidente “Joe Biden” ha finora indicato il suo pieno
sostegno allo scatenamento della carne finta qui negli Stati Uniti, dove gli
interessi delle multinazionali private sembrano controllare praticamente tutto.
Con
una mossa senza precedenti, il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti
(USDA) di Biden ha approvato la vendita della "carne di pollo"
coltivata in laboratorio di Gates alla fine di giugno.
Questa approvazione da parte delle autorità di
regolamentazione consentirà alle aziende di carne finta di tutto il mondo di inondare
il mercato alimentare degli Stati Uniti con i loro prodotti tossici e mortali.
"Ora
dobbiamo vietare qualsiasi prodotto o messaggio del “WEF” e dell'NOW (nuovo
ordine mondiale)", ha scritto un commentatore in risposta alla buona
notizia dall'Italia.
(Il covo degli assassini globalisti si
trova a Davos, Svizzera. N.D.R.)
"Tornando
alla vecchia piaga, le “nostre puttane corruttrici nel parlamento delle Nazioni
Unite” saranno felici di spingerci addosso questa “merda", ha scritto un altro,
presumibilmente dal Regno Unito dove, come negli Stati Uniti, “la carne
finta e altri rifiuti” sono più facilmente approvati e spinti sul pubblico a
causa della corruzione del governo.
"Aspettatevi
una diffusa “BS “e una campagna pubblicitaria finanziata dai contribuenti per promuovere questo nuovo prodotto
altamente tossico".
Putin
promette «armi basate
su
nuovi principi della fisica».
E
«avverte» gli oligarchi
Corriere.it
- Marco Imarisio – (12 settembre 2023) – ci dice:
Il
presidente russo al “Forum di Vladivostok” afferma che lo stato di salute
dell’economia russa è eccellente, condanna gli errori dell’Urss nel mandare i
carri armati in Ungheria e Cecoslovacchia, non mostra segni di aperture al
negoziato con l’Ucraina.
E su
Trump dice: «Vittima di una persecuzione, ma la politica estera Usa non
cambierà»
Putin
promette «armi basate su nuovi principi della fisica». E «avverte» gli
oligarchi.
Come
vivere, e bene, senza l’Occidente.
Il
senso delle fluviali dichiarazioni odierne di Vladimir Putin è questo.
Il
palcoscenico era quello giusto.
Il
Forum economico orientale di Vladivostok nasce nel 2015 come risposta diretta
alle prime sanzioni degli Usa e dell’Unione europea per l’invasione del Donbass
e l’annessione della Crimea, con l’intento di raccogliere investimenti per la
Russia asiatica da parte di tutti i principali Paesi limitrofi, poco importa se
amici o meno, dal Giappone all’India, dalla Corea del sud alla Mongolia, fino
alla Corea del nord, con l’attesa visita del leader supremo “Kim Jong-un”,
prevista per domani.
Lo
stato dell’economia russa, secondo Putin
Ma
quella del presidente russo, presente di persona sul palco del campus
universitario della principale città dell’Estremo Oriente, era una lunga
intervista condotta da un presentatore televisivo, non un discorso scritto e
previsto da tempo.
E per
quanto concordate, le domande hanno coperto una quantità notevole di temi.
A cominciare da quelle di natura
«commerciale», fatte in buona sostanza per vendere a investitori stranieri la
solidità e la convenienza del prodotto-Russia, è stata forse l’uscita più
interessante e meno scontata degli ultimi mesi.
Putin
ha sminuito le difficoltà russe sul mercato interno, sostenendo che
l’inflazione è un rischio ben gestito e per questo i tassi di interesse sono
saliti al 12%, che la continua caduta del rublo non ha bisogno di essere
contrastata con il controllo dei capitali, e che non sono previste nuove tasse
di nessun genere.
Tutto va bene, insomma, la resistenza
economica russa è efficace, la politica delle sanzioni danneggerà solo chi la
promuove.
È una interpretazione
della realtà che fa a pugni persino con i dati ufficiali, anche questa non una
novità, ma dato il contesto di promozione del proprio Paese, era difficile
aspettarsi qualcosa di diverso.
Per rendere l’idea, Putin ha anche aggiunto
che tutti i funzionari statali dovranno usare soltanto auto prodotte in Russia,
«che non hanno nulla da invidiare alle marche straniere».
Il
«mea culpa» su Ungheria e Cecoslovacchia (ma non sull’Ucraina).
I
titoli di giornata saranno tutti per il curioso mea culpa sui carri armati
sovietici inviati nel 1956 in Ungheria e nel 1968 nell’allora Cecoslovacchia.
«Abbiamo ammesso da tempo che questa parte
della politica dell’Unione Sovietica era sbagliata e ha portato solo
all’escalation delle tensioni» ha detto il presidente russo.
Fino a qui tutto bene, e nulla di nuovo.
La chiosa sul fatto che è sbagliato fare atti
ostili «in contrasto con gli interessi degli altri popoli» suggerisce invece
qualche ragionamento sul pulpito da cui proviene, data l’attualità dell’Operazione militare speciale in
Ucraina.
Che
non finirà presto, a giudicare da quanto sostiene Putin, perché al momento di
cessazione delle ostilità non se ne parla proprio.
«L’Ucraina comincerà a parlare di pace solo
quando sarà a corto di uomini e armi come conseguenza di una controffensiva che
sta fallendo, ma al tempo stesso Kiev userebbe ogni tregua per implementare la
capacità di combattimento del proprio esercito».
Quindi,
niente.
Anche perché, l’Ucraina dovrebbe prima
cancellare la legge votata l’anno scorso che vieta trattative di pace con la
Russia.
«Dopo che l’avrà fatto, vedremo» ha aggiunto
con fare elusivo il presidente russo, che invece della pace pensa ad armi
inedite, «basate su nuovi principi della fisica, alle quali stiamo lavorando».
Trump,
gli Usa e la Cina.
A
domanda sullo stato di salute degli Stati Uniti, Putin ha risposto che a suo
avviso Donald Trump è oggetto di una «persecuzione motivata solo da ragioni
politiche» che dimostra «il marciume» del sistema americano.
In
ogni caso, ha aggiunto, poco importa chi sarà il prossimo inquilino della Casa
Bianca.
«Gli Usa ci percepiscono come un nemico
esistenziale, e non ci saranno cambi fondamentali nelle linee guida della loro
politica estera».
Anche per questo, ha difeso la sua svolta
«asiatica», che a suo dire è stata accelerata dai tentativi statunitensi «di
imbrigliare la nostra economia» e per dimostrare l’impotenza del «vecchio
mondo», si è fatto beffe dei tentativi dell’Occidente di frenare la Cina nella
sua marcai di avvicinamento a Mosca. «L’unico risultato ottenuto è che i
nostri rapporti e i nostri scambi con Pechino hanno raggiunto un livello senza
precedenti».
Un
esercito di volontari.
Avanti
così, insomma.
Putin promuove a pieni voti la linea di Putin.
E
aggiunge che il popolo sta dalla sua parte, come dimostrano le 270 mila persone
che negli ultimi sette mesi hanno siglato un contratto di arruolamento al
fronte con il ministero della Difesa, al ritmo di 1.500 nuovi soldati al
giorno.
Tutti
uomini che si offrono «volontariamente e consapevolmente», e che allontanano
l’ipotesi di una mobilitazione generale, che nell’anno delle elezioni
presidenziali, si voterà il prossimo marzo, potrebbe avere spiacevoli effetti
collaterali.
L’avvertimento
agli oligarchi.
Tra le
molte domande varie ed eventuali, ne segnaliamo una più curiosa delle altre.
L’intervistatore
ha sentito il bisogno di chiedere a Putin un suo parere sulla fuga all’estero
dell’economista “Anatoly Chubais”, che quando ha lasciato il Paese nel marzo
del 2022 guidava la “Rosnano”, l’Agenzia statale per lo sviluppo delle
tecnologie avanzate.
«Mi hanno mostrato una sua foto dove
appare con il nome di “Moisha Israelievich”… non so perché è scappato, forse
teme di finire nei guai per via dell’enorme buco che ha lasciato nella società
che dirigeva…».
Negli
anni Novanta, durante la presidenza di “Boris Eltsin”, “Chubais” costruì il
sistema delle privatizzazioni forzate.
È il
papà di tutti gli oligarchi, categoria ben poco amata dal russo medio.
La
frase di Putin che lo riguarda va catalogata alla voce «parlare a nuora perché
suocera intenda».
Una
specialità della casa.
NYTimes:
America in forte crisi
con
Israele sui crimini di guerra.
Remocontro.it
- Piero Orteca – (8 Novembre 2023) – ci dice:
Per
ora più l’opinione pubblica che il governo, ma anche alla Casa Bianca e nel
Congresso, le ‘sofferenze’ crescono.
I
dubbi sui crimini di guerra che si teme possano essere contestati ad Israele
per i bombardamenti indiscriminati su Gaza, ma non soltanto.
E il
giurista avverte, «Gli attacchi israeliani a cui abbiamo assistito dovrebbero
sollevare seri interrogativi su come vengono utilizzate le armi americane».
Israele,
Stati Uniti e resto del mondo.
Più
Gaza viene polverizzata dalle bombe israeliane e più aumenta lo sconcerto dei
giornali americani.
E quelli ‘liberal’, come il New York Times,
non fanno più sconti.
Secondo
il NYT, gli americani stanno perdendo la pazienza con gli israeliani.
Pubblicamente li difendono, ma dietro le quinte li criticano.
La
risposta militare assomiglia più a una rappresaglia, che avvelenerà
definitivamente i pozzi.
La
manifesta noncuranza verso i civili, poi, rischia di creare un fossato sempre
più largo tra Israele, gli Stati Uniti e il resto del mondo.
Crimini
di guerra uguali per tutti?
Ma in
questa riflessione, si inseriscono anche preoccupanti valutazioni di tipo
giuridico.
Praticamente,
il New York Times rilancia gli echi di un dibattito che si è già aperto
nell’Ufficio per i Diritti umani delle Nazioni Unite.
Quegli
attacchi aerei israeliani in cui ci sia ‘palese sproporzione’, tra obiettivi e
vittime civili collaterali potrebbe essere giudicati ‘crimini di guerra’.
Significa
che se per colpire un capo di “Hamas” uccido anche cento innocenti, allora sono
passibile di essere accusato di ‘crimini di guerra’.
Certo,
si dirà, poi la legge la applica (o la interpreta) chi vince.
Ma
resta, comunque, il giudizio morale.
Armi
Usa usate come?
Di
più.
Il New
York Times avvisa anche il suo governo.
Ci
sono inchieste interne, al Dipartimento di Stato, sull’eventuale utilizzo
illegale di armi cedute dagli Stati Uniti agli alleati.
Si
tratta, in particolare, di casi in cui l’uso di questi mezzi bellici provochi
vittime civili.
«Ad
agosto il Dipartimento di Stato ha inviato un cablogramma alle sue ambasciate e
ai consolati, annunciando un’indagine sulla questione», scrive il NYT. Come mai
tutti questi scrupoli?
Il
caso delle bombe ai sauditi.
Il NYT
rivela che nel 2016 l’Ufficio legale del Dipartimento di Stato ha messo in
guardia il governo:
vendere bombe all’Arabia Saudita, che le impiegava
nello Yemen, ammazzando civili, era un crimine di guerra.
Un’accusa
che avrebbe potuto essere estesa alla Casa Bianca.
Ora,
conclude il New York Times, citando “Brian Finucane”, un ex avvocato del
Dipartimento e attuale componente dell’”International Crisis Group”, «gli attacchi israeliani a cui
abbiamo assistito dovrebbero sollevare seri interrogativi su come vengono
utilizzate le armi americane».
Retroscena
a mala politica.
Ancora
il report del New York Times.
«Di fronte alle critiche globali per la
sanguinosa campagna militare a Gaza, che ha ucciso migliaia di civili – scrive
il NYT – i funzionari israeliani si sono rivolti alla storia in loro difesa.
E hanno sulle labbra i nomi di numerosi
famigerati luoghi di morte e distruzione». In sostanza, le riservate fonti
diplomatiche del NYT hanno rivelato che, nei colloqui privati, gli esponenti
dello Stato ebraico hanno giustificato il loro approccio ‘con pochi scrupoli’,
ricordando come, in caso di necessità, avessero già fatto lo stesso anche gli
americani.
Pro
memoria di Israele agli Usa
Si
comincia sempre con le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, che hanno
causato quasi 200 mila morti, e la cosa fa venire i brividi, dopo la sparata
del “Ministro Eliyahu” per una atomica su Gaza.
Quindi,
niente di paragonabile ai «‘soli’ 10 mila palestinesi finora uccisi -per ora- a
Gaza».
Inoltre, scrive sempre il New York Times, gli
informatissimi israeliani hanno ricordato, ai diplomatici statunitensi, tutte
le vittime civili provocate dall’US Army durante gli attacchi di Falluja e di
Mosul, in Irak.
Quindi,
loro vanno avanti e la tregua se la possono scordare:
Onu e
Washington per primi.
La
Casa Bianca e la trappola.
La
Casa Bianca si è infilata in una trappola, e il vento gira male: nell’ultimo
sondaggio per le Presidenziali (NYT-Siena), il plurinquisito Trump supera
largamente Biden.
Se si votasse domani, lo Studio Ovale
cambierebbe inquilino.
Insomma,
dopo il disastro ucraino, anche in Medio Oriente gli Stati Uniti devono trovare
il modo per limitare i ‘danni collaterali’ in politica interna.
Tutta
la solidarietà di questo mondo allo Stato ebraico, colpito dal bestiale attacco
di “Hamas”, ma, come dicevano i latini, «est modus in rebus».
Cioè,
c’è modo e modo di fare le cose.
E a
molti la reazione ciecamente truculenta di Tel Aviv non sta piacendo per
niente.
Israele
in crisi di identità.
Non si
può rispondere a un indegno massacro con uno sterminio, che non distingue
minimamente il bene dal male.
Specialmente,
poi, se le giustificazioni che accompagnano la furia iconoclasta israeliana non
convincono nessuno.
Le esigenze di ‘sicurezza nazionale’
impallidiscono, infatti, di fronte alla catasta di morti, quasi tutti civili,
che l’aviazione con la stella di David sta provocando quotidianamente nella
Striscia.
Dunque,
sotto questa narrazione spuntano probabilmente altre verità, molto più
complesse.
A
cominciare da un sofisticato gioco di ricerca del consenso, che ha molto a che
fare con la cronica instabilità istituzionale del Paese, che appare ormai
spaccato in due.
Dall’incapacità
israeliana di pensare e di parlare con una voce unica, nasce oggi la montagna
di problemi che deve affrontare tutto il Paese, nella sua interezza.
La
questione palestinese.
E,
proprio in questo senso, deve essere sottolineato come la ‘questione
palestinese’ sia stata brutalmente trascurata, negli ultimi anni o, peggio
ancora, affrontata con un approccio pericolosamente conflittuale.
Questo
gli americani lo sanno, ma tutti presi com’erano dalla guerra in Ucraina e dal
confronto con la Cina, hanno completamente messo da parte il Medio Oriente.
Netanyahu
sfida Biden: prenderemo il controllo di Gaza.
Nel
giorno che segna l’ingresso nel secondo mese di guerra, con l’esercito
israeliano che avanza in profondità a Gaza e mentre per quattro ore è stato
aperto un corridoio per consentire ai palestinesi di spostarsi nel sud e
sfuggire ai combattimenti, è il premier israeliano Netanyahu a tracciare il
perimetro di «dell’impegno di Israele a Gaza».
«Israele
avrà la responsabilità complessiva della sicurezza della Striscia di Gaza per
un periodo di tempo indefinito dopo la fine della guerra contro “Hamas».
In
un’intervista alla tv americana Abc, Netanyahu sfida apertamente la Casa
Bianca, contraria a una rioccupazione israeliana di Gaza.
«Non
va bene per Israele, non va bene per il popolo israeliano», ha chiarito il
portavoce Usa, “John Kirby”.
Tutto
questo mentre si è aggravato ancora il bilancio delle vittime palestinesi,
salite a 10.328.
Tra queste – secondo i dati del ministero
della Sanità di Gaza, 4.237 sono i minori e 2.741 le donne.
La
Croce Rossa ha denunciato che un suo convoglio umanitario è stato colpito a
Gaza.
Voti e
veti. Alle radici del caos italiano.
Formiche.net - Francesco Sisci – (29/07/2022)
– ci dice:
Voti e
veti. Alle radici del caos italiano.
Negare
l’influenza russa e le ingerenze cinesi sulla politica italiana significa
negare la realtà.
Ma il
caos istituzionale e politico che aleggia nei palazzi romani ha radici più
profonde.
Il
commento di Francesco Sisci.
Il
sistema politico italiano nasce alla fine della seconda guerra mondiale con
pesi e contrappesi per evitare che la vecchia forza dei fascisti e la nuova
forza dei comunisti prendano il potere.
Oltre
alle misure formali c’erano poi misure informali che cementano la situazione –
un veto culturale/politico a allearsi con fascisti e comunisti portandoli al
governo.
Poi, i
partiti di destra e di sinistra erano esclusi dal governo con un accordo
informale, e il Paese era governato da un centro massiccio e magmatico, che
ruotava attorno alla Democrazia Cristiana (DC).
Con il
partito comunista più forte dell’Occidente, dalla fine degli anni ‘60 l’Italia
divenne un campo di battaglia informale della guerra fredda.
Il
terrorismo rosso e nero minacciava la stabilità del paese.
Questo
culminò con il rapimento e l’assassinio nel 1978 del politico più potente del
paese, il leader della Dc Aldo Moro.
Dopo
il rapimento di Moro, negli anni ’80, il governo attuò una serie di misure che
avrebbero dovuto diminuire lo scontento sociale e eliminare le basi in cui
pescava il terrorismo.
Roma
distribuì soldi a pioggia raddoppiando il deficit di bilancio dello stato.
La
distribuzione di benefici sociali effettivamente contribuì a drenare il Paese
dalla protesta sociale.
Una simile politica era stata usata agli inizi
degli anni ‘60, sempre per limitare le proteste sociali.
Allora
il deficit venne prosciugato negli anni ‘70 in poco tempo attraverso
un’inflazione a due cifre e rigorose misure di bilancio.
Forse
il governo italiano pensava di ricorrere all’inflazione e a una grande
disciplina di bilancio per riportare i conti in ordine negli anni ‘90.
In realtà la fine della guerra fredda nel 1989
è connessa con la fine di fatto di tutti i parametri politici ed economici che
avevano retto l’Italia fino a quel momento.
Con la
crisi del 1994 le colonne del sistema politico italiano, la DC, il PSI e i
partiti minori, crollarono e vennero invece sdoganato i comunisti del PCI.
La
stessa cosa non accadde completamente per gli eredi del partito fascista,
nonostante che anch’essi avevano cambiato nome.
D’altro
canto emersero forze politiche nuove, con agende diverse, che raccolsero parti
delle eredità passate ma con pulsioni nuove, Forza Italia di Silvio Berlusconi
e la Lega di Umberto Bossi.
Inoltre l’Italia si accordò per entrare nella
moneta unica europea, l’euro.
Infine
ci fu una riforma elettorale, che avrebbe dovuto dare maggiore governabilità al
paese.
Tutto
ciò avvenne però senza cambiare la Costituzione, pensata invece per affrontare
sfide politiche diverse, che a quel punto non esistevano più.
Si
creò quindi un insieme di vincoli esterni, con l’Unione europea, e fragilità
interne, la mancanza di partiti di continuità di governo ed un mix di paletti
istituzionali vecchi, e partiti nuovi.
In questo magma nei fatti nessun partito ha
avuto la forza politica di affrontare radicalmente il deficit di bilancio e le
arretratezze dello stato sociale e burocratico italiano.
Quindi
siamo ad oggi.
La
combinazione di un rapporto debito/Pil arrivato al 150% e tante restrizioni
nella libertà di mercato del paese sono un freno enorme per lo sviluppo
nazionale.
Ci sono rendite di posizione, ciascuna
comprensibile e giustificabile che però messe insieme paralizzano il paese.
I
monopoli dei piccoli imprenditori sulle spiagge, i tassisti, ma anche i
farmacisti, i giornalisti eccetera ciascuno ha una sua ragione, ma tutti
insieme paralizzano il Paese.
In una
situazione di confusione e debolezza strutturale estrema, con un’astensione
crescente dal voto, nel 2018 arrivano al potere gli M5s.
Essi
non diventano in realtà una forza di governo, ma con la loro insipienza
aumentano la enorme confusione nazionale.
In tale frangente, nel mezzo del Covid arriva
il governo di Mario Draghi l’anno scorso senza passare da un voto popolare.
Ciò è
possibile perché l’Italia ha appunto un sistema di pesi e contrappesi, e la
democrazia è indiretta:
il
premier è tale non se votato dagli elettori ma se votato dal parlamento.
Giusto
o meno, occorre una riforma costituzionale per cambiare il sistema.
Intanto
in questi trent’anni l’ex Pci ha cambiato nome, ha assorbito parte della ex Dc,
e come la Dc di una volta è diventato un partito/sistema, parte
dell’amministrazione dello Stato, garantisce la governabilità del Paese.
Tale
governabilità è minima, e per alcuni è un problema perché non affronta i
problemi di fondo accumulati in questi tre decenni.
Intanto negli ultimi anni è tornata anche la
guerra fredda e la pericolosa influenza di Mosca in Italia.
In
tale contesto dire che Mosca ha fatto cadere il governo Draghi significa
attribuire un grande successo politico alla Russia.
D’altro
canto negare l’influenza russa nella politica italiana significa negare la
realtà.
Così
comincia ad allargarsi un nuovo veto informale politico in Italia su Mosca.
Oggi Giorgia Meloni, secondo i sondaggi leader del
maggiore partito dopo le elezioni, si muove quindi fra due veti, uno vecchio ma
mai del tutto eliminato, quello di essere “neo fascista”, e uno nuovo, non suo
ma dei suoi alleati, quello di essere filorussi.
È un passaggio molto difficile, al di là del
numero dei voti raccolti alle urne.
Per
governare in ciascun Paese contano sia i voti che i veti.
Quindi,
con la guerra in Ucraina aperta, con una Italia che chiaramente traballa, con
la Russia che si vanta a torto o a ragione di avere fatto cadere il premier
inglese, avere tagliato le gambe al presidente francese facendo eleggere una
maggioranza parlamentare contraria, con una Germania in stato di confusione,
gli Usa mandano la speaker del Congresso Nancy Pelosi a Taiwan irritando la
Cina.
Da
Pechino tutto questo non si capisce.
La Cina ha un animo estremamente pratico.
Se la Russia perde militarmente in Ucraina e
politicamente in Europa Pechino si spaventa e forse potrebbe cominciare a
cambiare.
Se
viceversa la Russia vince su questi due fronti allora la Cina seguirà la
Russia.
La
concordanza tra partita Ucraina e partita cinese deve essere anche chiara a
Washington visto che il segretario per la sicurezza nazionale ha recentemente
spiegato che vincere la Russia significa rassicurare Taiwan.
Certo
la politica americana non è un leviatano onnisciente, è fatta di mille rivoli,
tendenze e controtendenze che devono trovare continuamente una mediazione, ma
oggettivamente in queste condizioni internazionali e senza un obiettivo preciso
da perseguire il viaggio della Pelosi a Taiwan rischia di creare confusione non
solo in Asia ma anche in Europa, e in Ucraina.
Sarebbe
meglio piuttosto concentrarsi sulla guerra e sulla stabilizzazione politica in
alcuni paesi europei, per dare un messaggio importante alla Cina ma anche in
Europa, e in Ucraina.
Del
resto durante la prima Guerra fredda la guerra di Corea e la lunga guerra in
Indocina prima dei francesi e poi degli americani avevano un effetto politico
diretto e importante anche nelle vicende europee.
Oggi
le vicende e le guerre europee possono essere fondamentali per le questioni
asiatiche.
Viceversa, muoversi in maniera scoordinata tra
est e ovest dà a Pechino un messaggio di confusione oppure di complotti
invisibili da parte americana. Entrambi sono segnali pericolosi.
La domanda quindi oggi sarebbe cosa può fare
la Pelosi in Italia per aiutare Taiwan?
Per
certi versi la questione cinese si vede anche in Italia.
La
Meloni oggi candidato premier in pectore ha anche l’onere e l’onore di
rispondere a tale questione.
Hanno
reciso le radici dell’Europa,
siamo passati dal Cosmo al Caos”:
dialogo
con Renato Cristin.
Pangea.news
– (17 luglio 2018) – Renato Cristin – Redazione – ci dice:
Il
problema è sempre quello.
Capire
cosa sta accadendo.
Io
faccio la parte della bella lavanderina, che ignora tutto tranne di essere al
mondo:
non mi
fido di chi ha risposte impanate nell’ideologia;
non sopporto chi semplifica il problema in un
claim pubblicitario, tipo ‘sovranisti vs. globalisti’.
Ora.
Renato Cristin è professore di Ermeneutica filosofica
all’Università degli Studi di Trieste, è, tra l’altro, un raffinato esegeta di
Husserl, e per Donzelli, nel 2001, ha firmato un saggio a suo modo profetico,
“La rinascita dell’Europa”, in cui ci si poneva la domanda – da allora ripetuta
fino alla follia – “che cosa vuol dire, oggi, essere europei?”.
L’anno scorso, per “Liberi libri”, Cristin ha
pubblicato un libro illuminante, dal titolo che ricorda un livido romanzo di
“Anthony Burgess”,” I padroni del caos”.
In 500
pagine, con provvidenziale chiarezza, Cristin assembla tutti i problemi cocenti
del nostro tempo – identità europea, Islam, fenomeno migratorio, libertà
sociali e sessuali, neo-pauperismo, capitalismo, sovranismo – senza
‘risolverli’, ma dandoci gli strumenti – cioè, mettendo sale e concetti nella
nostra zucca – per comprenderli nella loro profondità.
“Aver
voluto stroncare le nazioni è stato un errore capitale commesso dai
buro-politici europeisti, ignari o dimentichi del fatto che le nazioni europee
non sono entità artificiali, ma organismi viventi tanto quanto i popoli che le
hanno formate, come insegnava Herder opponendosi a Kant”, scrive Cristin
nell’introduzione, ad esempio.
Particolarmente interessante – giusto per capire il
profilo del discorso – la combutta descritta da Cristin tra Sade, il Marchese
che, a braccetto con Marx, è l’artefice della filosofia sessantottina tesa,
sadicamente, appunto, a sostituire il Cosmo con il Caos, e Cervantes.
“Sade scatena la follia per distruggere la ragione,
Cervantes cerca e vivifica la follia per recuperare la ragione.
Impossibile
trovare in Don Chisciotte qualcosa anche di solo vagamente analogo alla frase
con cui il libertino Dolmancé gioisce delle sue scelleratezze:
«non
mangio mai meglio, non dormo mai più tranquillo di quando mi sono macchiato
sufficientemente di quelli che gli sciocchi chiamano crimini»…
Sade,
giacobino, lotta contro l’autorità, sia quella dell’ancien régime sia quella
napoleonica, che lo imprigiona;
Cervantes,
cattolico, lotta contro i musulmani per difendere la tradizione europea”.
La
‘liberazione’ sessuale e sociale, in realtà, ci ha reso schiavi delle nostre
pulsioni, soli, frustrati:
non
più uomini con un destino – piccolo o grande che sia – ma consumatori con un
portafogli, da sbandierare quando andiamo in deficit di ego.
Il
libro di Cristin non si può ridurre nel format di un articolo:
per questo ho preferito che fosse lui a
raccontarlo, esplicitando alcuni passaggi decisivi.
La sua
ricetta, in fondo, in un libro pieno di agudeza (“i veri guerrafondai si sono camuffati
da pacifisti, senza però perdere l’antico vizio dell’odio, anzi, rinnovandolo e
adattandolo alle esigenze del presente, mascherandolo da amore incondizionato
per l’altro, purché non sia l’avversario politico, al quale viene negato lo
statuto di «altro» e affibbiato quello di malefico”), è quella di guardare le cose come
sono, faccia dentro faccia, sfacciatamente, senza filtri ideologici.
“Si
tratta, diceva Husserl, di guardare, semplicemente di guardare, anche se lo
sguardo immediato deve essere accompagnato da una teoria che lo sostenga nel
suo movimento estrinseco e nella sua esplicitazione.
In
questo caso, guardare direttamente significa cogliere l’essenza delle cose
senza i veli delle opinioni, dei dogmatismi o, peggio ancora, degli
strumentalismi con cui una propaganda di tipo immigrazionista, anti-identitario
e sostituzionista cerca di sviare l’attenzione e confondere il giudizio degli
individui e, quindi, dei popoli”.
Tra
ordine e caos.
Lo
stato di eccezione in Carl Schmitt.
di Torquato G. Tasso.
Giustiziainsieme.it
– (20 ottobre 2021) – Torquato G.Tasso
– ci dice:
Sommario:
1. “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”. Il punto di partenza. - 2.
Carl Schmitt. Un giurista e la sua epoca. - 3. Tra ordine e caos. L’eccezione
in Carl Schmitt. - 4. Dall’eccezione della regola alla regola dell’eccezione. -
5. Per una (prima e necessariamente interlocutoria) conclusione. L’intuizione
politica della tesi schmittiana. - 6. La suggestione dell’incipit o l’incipit
di una suggestione. - 7. In conclusione. La parola a Carl Schmitt.
1.
“Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”. Il punto di partenza.
“Sovrano
è chi decide sullo stato di eccezione”. Questo celeberrimo incipit dell’opera Teologia politica di Carl Schmitt,
in questo periodo pandemico, è stato molto spesso richiamato nei vari
contributi pubblicati, al punto da poter quasi essere assunto come il manifesto
dello stato emergenziale che sta flagellando l’intero globo.
Se non
si può certo nascondere che la facilità e l’impatto emotivo ed evocativo di
questa suggestiva immagine ne ha decretato un successo per certi versi non del
tutto inaspettato, è anche vero che proprio questi caratteri ne hanno
comportato un uso indiscriminato che rischia di far perdere l’autentico
significato che Carl Schmitt voleva attribuirgli.
Senza
spirito di polemica alcuno, preso atto di questa larga diffusione, riteniamo
sia opportuno soffermarci proprio su questo incipit per verificare se e in che
misura sia possibile coglierne l’originario significato e, quindi, comprendere
se e in che misura le citazioni che hanno arricchito i vari contributi apparsi
in questo periodo, hanno rispettato il pensiero schmittiano.
Per fare questo sarà quindi necessario
ricostruire, anche se, ai fini del presente contributo, solo brevemente, la
figura di Carl Schmitt e del periodo storico in cui maturò la sua dottrina.
2.
Carl Schmitt. Un giurista e la sua epoca.
Ricordiamo
che all’inizio del Novecento, in Europa imperava il positivismo giuridico,
secondo il quale è diritto solo il diritto positivo e, quindi, unica possibile
fonte del diritto è il legislatore.
È
singolare evidenziare come i due movimenti politici che nacquero in quel
periodo in Italia e in Germania, rispettivamente il fascismo e il
nazionalsocialismo, che presentavano molti aspetti comuni o comunque simili da
punto di vista ideologico e culturale, ebbero un rapporto ben diverso con il
giuspositivismo.
In
Italia si può affermare che il fascismo non ebbe e, probabilmente neppure
ricercò, inizialmente, una dottrina che ne teorizzasse i caratteri, in quanto
nacque come movimento prettamente politico in cui confluivano interessi di
diversa estrazione e sentimenti politici a volte molto diversi, accomunati
dalla volontà di un cambiamento politico che portasse alla conquista del
potere.
Fu
solo nel 1932 che il fascismo si diede una dottrina, quando Giovanni Gentile
scrisse la famosa voce dell’Enciclopedia del Diritto, dal titolo Fascismo,
dottrina che, in gran parte, veniva a teorizzare una realtà già esistente da
tempo.
Per
quanto riguarda l’aspetto più squisitamente giuridico, il fascismo in gran
parte sposò le posizioni del positivismo giuridico in quanto la riduzione del
diritto a legge dello Stato che questi operava, fu ampiamente utilizzata dal
movimento per consolidare il proprio potere.
In
Germania, invece, l’analogo movimento, il nazionalsocialismo, assunse una
posizione diametralmente opposta, opponendosi al giuspositivismo per realizzare
una radicale trasformazione della concezione del diritto e dello Stato.
Pur
partendo anch’esso da una prospettiva anti individualistica, all’individuo non
viene contrapposto lo Stato ma un ente che a questo è anteriore la
Volksgemeinschaft ossia la “comunità del popolo” che si pone come fonte
primaria del diritto e che, sotto la guida di un proprio capo, il Führer, usa
lo Stato come un proprio strumento.
Il giuspositivismo venne quindi sostituito con
una teoria del diritto libero che trovava la propria fonte nella
Volksgemeinschaft il cui massimo interprete sarebbe stato proprio il Führer con
la conseguenza che il giudice, per esempio, non avrebbe neppure dovuto farsi
interprete della volontà generale della comunità ma avrebbe semplicemente
dovuto seguire le indicazioni dello stesso Führer.
Conseguenze
di questa visione è che “la comunità del popolo” viene ad escludere la
possibile esistenza (che sarebbe antitetica) della comunità giuridica, la
Rechtsgemeinschaft, figlia di una visione contrattualistica del diritto, e gli
individui si vedono riconosciuti dei diritti solo ed esclusivamente in quanto
membri della comunità prestatale, della Volksgemeinschaft appunto e nella
misura in cui questa realizza i propri fini.
In
questo clima culturale si inserisce la dottrina e l'opera di Carl Schmitt,
certamente uno dei più autorevoli studiosi di diritto pubblico, che è stato
considerato uno dei più importanti teorici del nazionalsocialismo. Secondo il
giurista tedesco, ispirato, quanto meno nella fase iniziale della propria
ricerca, da Machiavelli ed Hobbes, il diritto è essenzialmente decisione
politica in quanto ogni legge richiede necessariamente in ultima istanza per
essere valida una decisione politica presa ed assunta da colui che è titolare
del potere. Possiamo quindi dire che secondo Schmidt il diritto si risolve
nella politica.
La
politica viene vista come indipendente dalla razionalità, non è espressione di
valori di bene o di giustizia, ma è espressione di pura volontà, legata alla
dialettica “amico-nemico”, cioè ricollegata al fatto che un gruppo di uomini
combatte per la propria sopravvivenza contrapponendosi sempre comunque ad un
altro gruppo che fa altrettanto.
Se
l'originaria posizione di Schmitt può essere definita decisionismo, nel 1934 lo
stesso autore passa ad una posizione molto più vicina alle tesi del
nazionalsocialismo, quella della “concezione concreta dell'ordinamento” a cui
mal si adatta il positivismo giuridico espressione di decisionismo (secondo il
quale il diritto è atto di volontà personale del legislatore) e normativismo
(secondo il quale il diritto è un insieme di regole astratte e generali e non
riconducibile alla volontà del legislatore storico). La “concezione concreta
dell'ordinamento” vede il diritto nella sua evoluzione effettiva e nella realtà
della vita, il fatto che continuamente si rinnova nella concreta attuazione da
parte della comunità, la quale spontaneamente sì dà ordine e nella cui
prospettiva la regola e la norma che la esprime sono solo secondarie.
Questa
tesi che avvicina l’autore alle posizioni istituzionalistiche di Houriou e di
Santi Romano, che il giurista tra l’altro espressamente cita, allontana
radicalmente Schmitt dal positivismo e, di conseguenza, dall’individualismo che
questo presuppone. Il giurista tedesco, infatti, supera il dualismo
Stato-società in quanto lo Stato non può più essere considerato il detentore di
ciò che è politico ma semplicemente uno degli ordini che costituiscono l'unità
politica insieme al Movimento (nazionalsocialista) e al Popolo, alla Comunità
popolare. Il diritto deve essere espressione del Movimento e della Comunità
popolare, in funzione di questa che è la fonte della legittimità
dell'ordinamento.
3. Tra
ordine e caos. L’eccezione in Carl Schmitt
A
questo punto, alla luce di quanto abbiamo anticipato ed illustrato, possiamo
passare ad una lettura più attenta e contestualizzata del passo del giurista
tedesco e verificare se, e in che termini, il frequente richiamo allo stesso da
parte degli studiosi sia condivisibile o meno o se sia dettato da mera
suggestione concettuale e stilistica.
Va
subito detto che il famoso incipit è stato oggetto di diverse interpretazioni.
Pur dovendo ammettere che l’autore non è sempre stato lineare nell’esposizione
della propria tesi, creando il presupposto per possibili fraintendimenti
interpretativi, ci pare di poter dire invece che il concetto di eccezione sia
stato, complessivamente, delineato in maniera chiara dal giurista tedesco.
Dobbiamo
focalizzare l’attenzione sul fatto che il più volte citato incipit della
Teologia Politica, viene subito seguito da un ulteriore passaggio che viene a
chiarirlo e che deve orientarci nella lettura dell’intero contributo di
Schmitt.
Dopo aver esordito con “Sovrano è chi decide sullo stato di
eccezione”,
infatti, lo stesso immediatamente aggiunge
“Questa
definizione può essere appropriata al concetto di sovranità, solo in quanto
questo si assuma come concetto limite (…) A ciò corrisponde il fatto che la sua
definizione non può applicarsi al caso normale, ma ad un caso limite” . Solo in quanto questo si assuma come concetto
limite. E proprio questo ci deve illuminare nel proseguo della nostra
riflessione sulle tesi di Schmitt.
Stato
di eccezione è quindi una situazione limite.
È quella situazione tale per cui le normali
regole giuridiche, dettate dalle leggi statali non sono operanti, non sono
osservate e, ancor di più, non sono osservabili. Si tratta di una situazione
nella quale gli strumenti normativi che si erano usati all’interno di un
determinato ordinamento giuridico, improvvisamente, non sono più in grado di
svolgere la propria funzione regolatrice e di garantire quell’ordine che è
proprio di un ordinamento giuridico.
Stabilità.
Certezza. Efficacia. Effettività. Tutto scompare nello stato di eccezione. “Il
caso d'eccezione” - dice Schmitt è “il caso non descritto nell'ordinamento
giuridico vigente” .
Infatti, è proprio Schmitt che precisa che
“nel caso di eccezione, lo stato sospende il diritto” anche perché “non esiste
nessuna norma che sia applicabile ad un caos. Prima dev’essere stabilito
l’ordine: solo allora ha un senso l’ordinamento giuridico”.
Prima
si riporta l’ordine. Poi ha senso parlare di ordinamento.
Schmitt
non spiega quali possono essere i motivi per cui un ordinamento improvvisamente
non è più in grado di garantire l’ordine attraverso le ordinarie regole. Ma,
per certi versi, questo è del tutto coerente con la sua visione dell’eccezione,
in quanto la stessa si pone come altro dall’ordine, come negazione dell’ordine
costituito e, per questo, non prevedibile e, quindi, non regolabile. Se invece
l’eccezione fosse prevedibile, sarebbe possibile prevedere preventivamente una
regola che la disciplinasse ma, a questo punto, non sarebbe un’eccezione (nella
prospettiva schmittiana) ma sarebbe una regola, o meglio un fatto suscettibile
di regolamentazione e, per questo, non una autentica eccezione. Ecco perché
l’immediata precisazione del giurista che aggiunge “non si può affermare con
chiarezza incontrovertibile quando sussista un caso di emergenza, né si può
descrivere dal punto di vista del contenuto che cosa possa accadere quando
realmente si tratta del caso estremo di emergenza e del suo superamento” .
Comincia
ad emergere il motivo per cui è solo il sovrano “che decide sullo stato di
eccezione” in quanto si dimostrerà sovrano colui che è in grado di decidere che
sussiste lo stato di eccezione, che ci si trova in uno stato di eccezione e,
all’esito, che decide “cosa si debba fare per superarlo”.
Il
giurista tedesco, infatti, precisa che “allora diventa automaticamente chiaro
chi è il sovrano. Egli decide tanto sul fatto se sussista il fatto estremo di
emergenza, quanto sul fatto di che cosa si debba fare per superarlo”. Quindi
sovrano è colui che riesce, in questa situazione eccezionale ed emergenziale,
innanzitutto a riconoscere che ci si trova in questa situazione eccezionale e,
poi, a porvi rimedio con un proprio intervento.
Solo
questi si può dire sia Sovrano, non perché si proclami tale ma perché, nei
fatti, opera come sovrano. Fa ciò che fa e deve fare un sovrano. Dimostra nei
fatti di esserlo.
Secondo
Schmitt, l’azione del vero sovrano non può incontrare alcun limite. Non può
trovare un limite politico, perché l’individuazione dell’eccezione e la
capacità di risolvere lo stato di eccezione è l’atto politico per eccellenza,
in quanto è l’atto originario, il nuovo atto originario che darà vita ad un
nuovo ordine, ad un nuovo ordinamento, ponendo fine al disordine. È l’atto che
crea i presupposti per parlare di politica e, per traslato, che crea la nuova
politica.
Ma
l’intervento del vero sovrano e la sua decisione non può trovare nemmeno un
limite giuridico. Un limite giuridico dovrebbe essere un limite fissato
dall’ordinamento giuridico ma, come abbiamo appena detto, lo stato di eccezione
si caratterizza proprio come una sospensione dell’ordinamento giuridico, come
il necessario riconoscimento della limitatezza dell’ordinamento giuridico. L’eccezione è la negazione
dell’ordinamento.
Se,
per risolvere l’eccezione, si potesse ricorrere a delle regole già previste per
risolverlo, allora non saremmo in uno stato di eccezione, ma ci troveremmo in
una situazione prevista (e prevedibile) che l’ordinamento è in grado di
risolvere proprio perché lo ha preventivamente regolato.
E questo è uno dei motivi per cui, secondo Schmitt, il sovrano “sta al
di fuori dell'ordinamento giuridico normalmente vigente”.
È
anche vero che, con quella ambiguità a cui si è accennato in precedenza,
Schmitt aggiunge che il sovrano “tuttavia appartiene ad esso” (ossia
all’ordinamento), ma in realtà, questa appartenenza è assolutamente labile e
impalpabile (per non dire logicamente contraddittoria) in quanto si fonda su
una originaria creazione dell’ordine e del relativo ordinamento giuridico, e
quindi non è una vera appartenenza. Se sovrano è colui che ha posto le
fondamenta dell’ordinamento e ha creato l’attuale ordinamento, è evidente che
gli eventuali limiti che questi avesse posto a sé stesso e alla propria azione
non sono dei veri limiti, perché come ha creato quei limiti, disegnandosi come
appartenente (anche inteso come parte) di un determinato ordinamento, tale
appartenenza potrebbe essere messa nel nulla per una sua decisione, preso atto
dello stato di eccezione, che l’ordine ha scardinato. Ecco perché Schmitt,
resosi forse conto che questa affermazione poteva essere fuorviante, si
affretta ad aggiungere che “a lui tocca la competenza di decidere se la
costituzione in toto possa essere sospesa” . Se a lui tocca il compito di
decidere di sospendere la costituzione da lui stesso disegnata e nella quale si
è posto (e anche eventualmente vincolato) ovviamente vuol dire che quei vincoli
sarebbero solamente un flatus voci e potrebbero essere liberamente sciolti.
Ma
questo assunto può essere portato alle estreme conseguenze e rapportato anche
alla realtà giuridica ordinaria della Costituzione.
Il sovrano – per quanto siamo venuti a dire -
si colloca sempre e comunque al di fuori della stessa Costituzione. Per decidere se ci si trova in uno
stato di eccezione e, una volta preso atto dell’esistenza di uno stato di
eccezione, per decidere cosa fare per superare questo stato di eccezione, è e
sarebbe logicamente inutile far riferimento a colui che viene indicato dalla
Costituzione vigente come sovrano, perché lo stato di eccezione presuppone
proprio la concreta inapplicabilità e, quindi, la non vigenza della
Costituzione. Il riconoscimento della sovranità, quindi, non è mai desumibile
dalla Costituzione vigente né dalla normativa vigente in quel regime
costituzionale dato, proprio perché l’eccezione è la negazione di quella
Costituzione e di quell’ordinamento. Sovrano sarà colui che, non limitato da
alcuna norma e regola, sarà in grado di decide in modo concreto ed effettivo
sull’ordine.
Certamente
più efficaci sono le parole di Schmitt che infatti precisa “se fosse possibile
stabilire le competenze che vengono attribuite per il caso d'eccezione - sia
mediante un reciproco controllo, sia mediante una delimitazione temporale (…)
mediante l'enumerazione delle competenze straordinarie - in tal caso il
problema riguardante la sovranità compirebbe un grosso passo indietro” .
4.
Dall’eccezione della regola alla regola dell’eccezione.
Lo
sviluppo del pensiero schmittiano ci conduce ad una inevitabile e già intuita
conseguente conclusione che, se ben compresa, è molto più profonda di quanto le
apparentemente semplici parole del giurista tedesco possono far pensare. Se
l’eccezione è la negazione dell’ordinamento, se l’eccezione è la negazione sia
fattuale che logica della regola, l’eccezione, vista sotto una corretta luce,
diviene la vera regola. È più importante della regola stessa perché è il punto
di fusione (come lo definisce Agamben della regola che porterà alla necessità
di una nuova regola, dettandone l’urgenza e l’ineluttabilità. Possiamo dire che
l’eccezione è il prius da cui nasce una nuova regola, è il segno di ciò che non
è più e l’origine del nuovo ordinamento.
L’eccezione
è la regola. L’eccezione è la regola delle regole.
L’eccezione
suscita maggior interesse anche per uno studioso del diritto perché è in grado
di disvelare allo stesso la radicale ed essenziale natura della sovranità, è in
grado di far comprendere ciò che il naturale evolversi della quotidianità
giuridica, della normalità della vita quotidiana, regolata dalle norme, non è
in grado di far percepire e che l’ordinamento vigente non è in grado di
disvelare. L’origine. L’atto originario
con cui la sovranità, con una decisione (che non vuol dire forza) pone fine al
caos, alla sospensione del diritto, al disordine e si pone come nuova regola,
rendendo palese la limitatezza e la non autosufficienza della precedente
regola.
Ed è
questo che, in fondo, ci dice Schmitt quando con quello che può sembrare una
tautologia, scrive: “l'eccezione è più interessante del caso normale.
quest'ultimo non prova nulla, l'eccezione prova tutto; non solo essa conferma
la regola: la regola stessa vive solo dell'eccezione. Nell'eccezione, la forza
della vita reale rompe la crosta di una meccanica irrigidita nella ripetizione”
.
5. Per
una (prima e necessariamente interlocutoria) conclusione. L’intuizione politica
della tesi schmittiana.
Molti
autori evidenziano che lo stato di eccezione comporta la necessità da parte del
sovrano di intervenire e che, a seguito del suo intervento, gli si prospettano
due opzioni. O restaurare, conservare (a seconda delle prospettive)
l’ordinamento giuridico vigente o ristabilire l’ordine attraverso un nuovo
ordinamento giuridico che si sostituisca al precedente.
Tra
questi Agamben il quale evidenzia come la tesi schmittiana prevede due forme
diverse di dittature, entrambe riconducibili al concetto di eccezione ma
distinte tra di loro dal diverso fine operativo.
Da un
lato, “la
‘dittatura commissaria’, che ha lo scopo di difendere o restaurare la costituzione
vigente, e dall’altro la ‘dittatura sovrana’, nella quale, come figura
dell’eccezione, essa raggiunge per così dire la sua massa critica o il suo
punto di fusione”.
Da un
punto di vista squisitamente pratico, questa tesi è del tutto condivisibile in
quanto, colui che è sovrano, può ricostituire un precedente ordinamento,
confermandone la vigenza o dar vita ad un nuovo ordinamento che sostituisca, in
tutto o in parte, il precedente.
Sovrano è colui che ha il potere di farlo, di
mettere ordine nel caos, è l’unico che può ricostituire l’ordinamento e, quindi
e a maggior ragione, è assolutamente libero di decidere quale sia l’ordine per
il futuro.
Da un
punto di vista teoretico, però, temiamo che questa conclusione, che pur trova
sostegno nelle pagine di Schmitt, non colga fino in fondo il significato del
concetto di eccezione che abbiamo in precedenza delineato proprio grazie ai
contributi del giurista tedesco, vi è il timore che questa lettura finisca per
incorrere in una possibile aporia.
Abbiamo
detto che eccezione è una situazione nella quale le ordinarie regole
giuridiche, di origine statale non sono in grado di operare, non vengono
osservate e, in maniera ancora più pregante, non sono osservabili. È il momento
storico nel quale un determinato ordinamento giuridico non è più in grado di
regolare la vita dei consociati, non è più in grado di garantire l’ordine.
Tutto svanisce nello stato di eccezione che è “il caso non descritto
nell'ordinamento giuridico vigente” .
È
proprio Schmitt che precisa, infatti, che “nel caso di eccezione, lo stato
sospende il diritto” anche perché “non esiste nessuna norma che sia applicabile
ad un caos. Prima dev’essere stabilito l’ordine: solo allora ha un senso
l’ordinamento giuridico”.
Di
fronte al caos, non vi è ordine e, quindi e a maggior ragione, non vi è più un
ordinamento.
Anzi,
prima di tutto si deve ristabilire l’ordine, perché solo allora ha un senso
l’ordinamento giuridico.
Richiamandoci
a quanto abbiamo detto in precedenza circa la natura dell’eccezione, come il
momento originario, l’origine partendo dalla quale si giungerà all’ordine e,
per l’effetto, all’ordinamento, dire che il sovrano può essere chiamato a
“difendere o restaurare la costituzione vigente” può apparire contraddittorio
in sé e contraddittorio rispetto alla stessa tesi schmittiana.
Può
apparire contraddittorio in sé perché difendere e restaurare sono due concetti
tra loro molto diversi e tra loro in antitesi, che richiamano due presupposti
diversi. Difendere vuol dire impedire che un elemento esterno faccia venir meno
(nel nostro caso) l’ordinamento, ossia, presuppone che l’ordinamento non sia
venuto meno grazie proprio anche all’intervento sovrano. Sovrano che ponendosi a baluardo
dell’ordinamento ne garantisce la sopravvivenza.
Restaurare,
invece, vuol dire ricostruire ciò che c’era prima, vuol dire che un elemento
esterno ha fatto venir meno (nel nostro caso) l’ordinamento, ossia, presuppone
che l’ordinamento sia venuto meno ma il sovrano, accertata l’eccezione e
decidendo di superarla, con un ritorno all’ordine, decida di costituire come
nuovo ordine, un ordine ad immagine e somiglianza del primo. Un nuovo ordine
che è esattamente identico a quello precedente, restaurando il precedente.
Vediamo,
quindi, che i due casi sono molto diversi l’uno dall’altro (al punto
dall’essere tra loro contraddittori). Nel primo caso, vi è un’opera di difesa
che garantisce la continuità dell’ordinamento, impedisce che vi sia quel punto
di non ritorno e, di conseguenza, pare un’ipotesi che mal si concilia con il
concetto di eccezione nel significato che, come evidenziato in precedenza,
Schmitt sembra voler elaborare. Nel secondo caso, invece, vi è un’azione del
sovrano che, accertata l’eccezione, ricostruisce il precedente ordine. Ma, in
questo secondo caso, l’idea schmittiana di eccezione, come interruzione,
sospensione dell’ordinamento, come caos che deve prima di tutto essere
ordinato, per poter poi parlare di ordinamento giuridico, viene confermata,
perché il sovrano, nella sua assoluta libertà, può decidere come superare
l’eccezione, quale ordine ridisegnare, creando un nuovo ordine, diverso dal
precedente, o, come detto, restaurando il precedente. Ma, in ogni caso,
l’interruzione, l’eccezione in senso autentico vi è stata.
Ecco
perché, quando si parla dell’ordine che il sovrano crea per superare
l’eccezione, è giusto parlare sempre di nuovo ordine. Nuovo perché l’eccezione è sempre una
interruzione. Nuovo perché non è più il precedente ordine. Nuovo perché
l’eccezione è comunque l’origine del nuovo ordine. Ovviamente, però, proprio
perché il sovrano è il Sovrano, ossia la figura onnipotente che garantirà
l’ordine, nella sua assoluta libertà potrà decidere come configurare il nuovo
ordine, se ad immagine e somiglianza del precedente (ossia restaurando il
precedente) o se, invece, in un modo del tutto originale. Ma la diversa scelta
dipende dalla volontà del sovrano che è sempre e comunque una volontà
originaria.
6. La
suggestione dell’incipit o l’incipit di una suggestione
Alla
luce di quanto siamo venuti a dire, possiamo ora cercare di dare una risposta
(o quanto meno una nostra valutazione relativa) alla domanda originaria, ossia
se alla luce di una analisi attenta del ricordato incipit del celeberrimo passo
di Schmitt, opportunamente contestualizzato all’interno della sua opera, si
possa sostenere che questo sia stato correttamente citato e sia, quindi,
utilizzabile e applicabile al periodo pandemico che stiamo vivendo o invece sia
stato, in questo periodo, impropriamente richiamato, per far (probabilmente)
leva sulla sua forza evocativa e suggestiva.
Come
noto, lo stato di emergenza è stato dichiarato con Delibera del Consiglio dei
ministri del 31 gennaio 2020 e, al momento in cui scriviamo, è ancora in
essere. Gli interventi normativi con cui l’ordinamento sta reagendo
all’emergenza sono certamente molto numerosi e provengono da una pluralità di
numerose fonti diverse. Se guardiamo agli atti di natura governativa troviamo
Decreti Legge (portati poi alla conversione), Decreti del Consiglio dei
Ministri, Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, Decreti
Ministeriali dei vari Ministeri (Salute, Economia, Sviluppi Economico e
Giustizia principalmente), Decreti del Dipartimento della Protezione Civile,
Decreti del Commissario Straordinario a cui si devono aggiungere le singole
circolari interpretative e applicative.
A
queste si aggiungono gli atti emanati dalle singole Regioni e da organi della
Regione quali Leggi ma anche Decreti della Giunta Regionale, Ordinanze del
Presidente e Decreti dei Direttori di Direzioni, Delibere di Giunta
principalmente. In maniera un po' semplicistica possiamo dire che nel periodo
pandemico sono stati emanati migliaia di provvedimenti normativi, provvedimenti
provenienti da fonti diverse, anche di grado diverso, e non sempre di facile
ricostruzione.
La
premessa che illustra il copioso intervento normativo in materia, ad opera dei
diversi organi interessati, nel periodo pandemico ci evidenzia una produzione
ipertrofica, che mira a dare soluzione ai problemi di volta in volta emergenti
dalla contingenza, ma che inevitabilmente, si presta ad una serie di critiche.
Se ci soffermiamo sugli effetti e sulle conseguenze che questa copiosa
produzione può comportare, diviene inevitabile sollevare una serie di
perplessità e di critiche, sia da una prospettiva pratica che giuridica.
Da un
punto di vista pratico perché questa eterna rincorsa a dare una
regolamentazione a fattispecie impreviste (e comunque, va detto, spesso
imprevedibili), da un lato evidenzia le difficoltà che l’ordinamento sta
affrontando nel porre rimedio alla pandemia e dall’altro inevitabilmente
incorre in alcuni errori e antinomie, con inevitabili conseguenti difficoltà
interpretative e applicative, che si prestano facilmente a critiche.
Da un
punto di vista giuridico, perché questa produzione ipertrofica, se naturale
sviluppo delle tesi positivistiche, rischia però di incorrere in contraddizioni
logiche rispetto alle proprie premesse teoretiche, non riuscendo a garantire la
certezza del diritto, per il tramite della coerenza e della completezza
dell’ordinamento giuridico.
Date
queste premesse, possiamo comunque concludere che l’attuale stato emergenziale
rientri nel concetto di stato di eccezione schmittiano o, viceversa, dobbiamo
concludere che i richiami alle tesi del giurista tedesco sono sproporzionate
rispetta all’autentico significato di questo concetto?
Abbiamo
appena illustrato il fatto che il concetto di eccezione è un concetto estremo,
che rappresenta una situazione limite (o meglio ancora ove il limite è già
stato superato) in cui l’ordinamento cessa di essere applicato, perché
inapplicabile, e si ha una vera e propria sospensione dell’ordinamento
giuridico. Un caso in cui vi è un assoluto vuoto normativo.
Riguardo
a questo aspetto risulta difficile poter sostenere che questo sia ciò a cui
stiamo assistendo in questo periodo. Un periodo nel quale lo Stato non solo è
presente ma, in una determinata prospettiva, forse anche troppo presente, e
dove l’ordinamento giuridico non è assolutamente sospeso ma, anzi, sembra quasi
essere eccessivamente attivo, proprio per questa reazione ipertrofica alla
difficoltà affrontata. Certo, sviluppo forse criticabile che porta a doversi
porre altre questioni teoretiche, per esempio, su quale sarebbe il giusto
equilibrio tra attività politica e attività amministrativa, che pare essere in
questo periodo in parte smarrito, ma che non ci può certo portare a pensare che
vi sia una paralisi e una sospensione dell’ordinamento.
Abbiamo
poi detto che eccezione è una situazione costituzionale che richiede la
riemersione del sovrano alla ricerca della ricostituzione di un ordine che
l’ordinamento giuridico costituito non è più in grado garantire. Anche a questo
proposito, risulta difficile poter sostenere teoreticamente che nell’attuale
contingenza vi sia un disordine, dovuto al fatto che l’ordinamento giuridico
non riesce a garantire l’ordine, al punto tale da richiedere l’intervento di un
sovrano che sia in grado di riportare ordine nel caos, superandolo con un nuovo
ordinamento giuridico.
La reazione dell’ordinamento giuridico
attuale, forse criticabile per la sua ipertroficità, certamente criticabile per
le non infrequenti antinomie e contraddizioni, non si può dire che non sia
applicabile e applicato, e che ad oggi ci sia un caos a cui reagire. La
particolare contingenza sta certamente sottoponendo ad una forte sollecitazione
il nostro ordinamento giuridico, ma non è tale da poter dire che di fatto lo
stesso sia sospeso ed inapplicato perché inapplicabile.
Abbiamo
inoltre sottolineato come l’eccezione sia una situazione che si pone al di
fuori dall’ordinamento giuridico. Anche sotto questo aspetto diviene non
credibile che la situazione attuale si ponga al di fuori dell’ordinamento
giuridico; forse possiamo dire che ci troviamo in una situazione che si pone ai
margini dell’ordinamento. Ma questa non è eccezione perché, invece, si tratta
di vigenza dell’ordinamento che, benché messo in difficoltà dalla contingenza,
è in grado di dare risposte, confermando la propria valenza ordinatoria.
E, per
quanto detto e a maggior ragione, non possiamo concludere che, attualmente, ci
si trovi in una situazione che richieda un atto originario, che crei un nuovo
ordinamento giuridico, situazione che invece viene disegnata dalle tesi
schmittiane, perché, ripetiamo, per quanto la reazione dell’ordinamento sia
sotto vari profili criticabili, è pur sempre testimonianza della esistenza di
un ordinamento, che reagisce alle sollecitazioni esterne, rivendicando il
proprio ruolo regolatore.
Cercando
di trovare un punto di contatto con chi sostiene che attualmente ci si trovi in
uno stato di eccezione secondo i parametri di Carl Schmitt, possiamo riprendere
la distinzione (ma anche la relativa avvertenza) su cui ci siamo soffermati in
precedenza, tra difesa e restaurazione dell’ordinamento giuridico. Il sovrano,
secondo alcuni, può intervenire per difendere o per restaurare l’ordinamento
giuridico superato dallo iato posto dall’eccezione.
Possiamo
certamente dire che gli attuali organi politici stanno attivamente operando in
difesa dell’ordinamento giuridico vigente, con quotidiani e numerosi interventi
normativi, nel difficile e difficoltoso compito di difendere l’ordinamento
giuridico esistente, ma, richiamandoci a quando ampiamente premesso, questo non
è il vuoto, l’assenza dell’ordinamento secondo l’autentico senso che Schmitt
voleva dare alla propria idea di eccezione. È la quotidiana lotta per la sua
difesa e riconferma.
Una
cosa è dunque certa.
Una
cosa è l’eccezione disegnata da Schmitt (intesa come sospensione
dell’ordinamento giuridico, come origine del nuovo ordine) e una cosa ben
diversa è la situazione contingente in cui l’ordinamento reagisce con
l’ipertrofica (e certamente per questo criticabile) produzione normativa che
comunque rimane nell’alveo di un ordinamento tutt’ora vigente e che, anzi,
proprio con questa frequente, quasi quotidiana, produzione normativa rivendica
e ribadisce il proprio ruolo (costituzionale). Nell’attuale contingenza,
l’ordinamento giuridico sta reagendo, certamente evidenziando diverse criticità
e difficoltà, ma sempre muovendosi all’interno dell’ordinamento giuridico
esistente.
7. In
conclusione. La parola a Carl Schmitt
Abbiamo
quindi detto che una cosa è il vuoto, il caos. Cosa ben diversa sono i singoli
provvedimenti normativi (per quanto numerosi e nel merito qualche volta
criticabili) che lo Stato emana per cercare di risolvere i problemi
dell’emergenza sanitaria.
Ma, a
questo punto, ci si deve chiedere se questa lettura possa trovare conferma
nelle pagine di Schmitt o sia frutto di un tradimento delle sue posizioni.
A confortarci in questa lettura è proprio
l’opera di Schmitt che, se anziché essere citato (bisogna riconoscerlo) ad
pompam, fosse stato letto nella sua interezza, ci avrebbe fornito lo spunto per
trovare la risposta alla nostra domanda.
Abbiamo già detto che, immediatamente dopo
aver affermato che “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione” lo stesso
Schmitt nelle righe immediatamente successive aggiunge “Questa definizione può
essere appropriata al concetto di sovranità, solo in quanto questo si assuma
come concetto limite (…) A ciò corrisponde il fatto che la sua definizione non
può applicarsi al caso normale, ma ad un caso limite”.
Ma
soprattutto poco dopo è lo stesso giurista di Plettenberg che precisa
anticipando nelle premesse la propria tesi:
“Risulterà
dal seguito che qui con stato d’eccezione va inteso un concetto generale della
dottrina dello Stato, e non qualsiasi ordinanza d’emergenza o stato d’assedio”;
quindi con eccezione non si intende identificare singoli atti o provvedimenti
governativi (neppure quando questi sono molto numerosi come nel nostro caso) ma
una concetto generale che affonda le radici nella dottrina dello Stato, ponendo
le basi per una riflessione profonda sull’essere Stato e la sua negazione, ma
non avente ad oggetto dei provvedimenti (per quanto numerosi) giustificati da
emergenze specifiche.
Schmitt,
tra l’altro, era probabilmente preoccupato che la sua visione potesse essere in
qualche modo, volontariamente o involontariamente (?) fraintesa che, ribadisce:
“infatti non ogni competenza inconsueta, non ogni misura o ordinanza poliziesca
di emergenza è già una situazione d’eccezione: a questa pertiene piuttosto una
competenza illimitata in via di principio, cioè la sospensione dell’intero
ordinamento vigente”.
In
definitiva conclusione, si può quindi dire che, proprio una attenta lettura
dell’opera di Schmitt ci porta a concludere che il famoso incipit schmittiano è
stato spesso richiamato per la sua forza evocativa e per l’inevitabile
suggestione che questo poteva creare ma spesso si è caduti nell’errore di
trarre da questo un significato che non aveva, non solo alla luce di un
doveroso approfondimento teoretico ma anche e soprattutto proprio alla luce
delle chiare lettere usate dallo stesso giurista tedesco nella medesima opera.
Errore
che, con una attenta lettura della sua Teologia Politica, sarebbe stato
evitabile.
La
Francia prepara un piano
anti-sommosse
contro
il
caos banlieue.
:
Agi.it
– (28 ottobre 2023) - Elisabeth Borne – Redazione – ci dice:
La
premier Elisabeth Borne promette pugno duro contro i delinquenti e una serie di
interventi per i quartieri popolari.
AGI -
Pugno duro contro i delinquenti, dispiegamento di 'Forze d'azione
repubblicane', 100 milioni di euro per riparare gli edifici danneggiati,
alloggi sociali e scuole aperte ad agosto: sono questi alcuni dei punti del
piano anti sommosse del governo presentato in due tempi dalla premier Elisabeth
Borne.
Il piano per le banlieue e i quartieri
popolari francesi era atteso da settimane, quale risposta delle autorità alle
devastanti violenze urbane scoppiate lo scorso giugno, sulla scia
dell'uccisione del giovane “Nahel” a Nanterre da parte di un agente di polizia.
Gli
annunci della capa del governo sono passati in secondo piano della cronaca
mediatica, quasi del tutto incentrata sul conflitto in Medio Oriente e gli
ostaggi francesi uccisi da “Hamas”.
Davanti
ai sindaci, all'Università della Sorbona, “Borne” ha assicurato di essere al
loro fianco, annunciando un fondo da 100 milioni di euro per "contribuire
alla riparazione e alla ricostruzione" degli edifici colpiti dai
disordini, "oltre al risarcimento assicurativo".
Il
piano stabilisce la "responsabilità finanziaria per il danno causato"
per i genitori di un figlio minorenne, che siano separati oppure no.
"Proporremo
al Parlamento che si possano imporre corsi sulla responsabilità genitoriale o
condanne a servizio comunitario ai genitori che si sottraggono ai loro doveri
educativi", ha indicato “Borne”.
Come provvedimento ad hoc, è stata annunciata
la creazione di 'Forze d'azione repubblicane’ che dovranno "concentrare le
risorse in un quartiere" in termini di sicurezza, ma anche di
"risposte giudiziarie, educative o sociali", con i primi
dispiegamenti previsti a Besancon, Valence e Maubeuge entro la fine dell'anno.
Queste
forze saranno composte da agenti di polizia, agenti di polizia giudiziaria,
funzionari finanziari, personale educativo e assistenti sociali, che insieme
contribuiranno alla messa in sicurezza dei quartieri più complessi. Tale
dispositivo, promessa elettorale di Emmanuel Macron nel 2022, sarà pilotato sul
campo "dal sindaco, dal prefetto e dal pubblico ministero", ha
precisato Matignon.
La
premier ha poi anticipato il lancio di un nuovo piano nazionale per combattere
la droga, "matrice di ogni delinquenza" e "causa di tanta
violenza".
Per rispondere a quella che ha definito una
"crisi di autorità", per arginare la violenza dei giovani
delinquenti, oltre al controllo dei militari, sarà introdotta una multa da 750
euro - cinque volte l'importo attuale - in caso di violazione del coprifuoco
oltre alla rimozione temporanea dai social network.
Dopo
questi annunci, oggi a Chanteloup-les-Vignes (Yvelines) si è tenuto un Comitato
interministeriale delle città, più volte rinviato. Deve fornire soluzioni ai
problemi ricorrenti dei quartieri prioritari, in termini di occupazione,
alloggio, istruzione e discriminazione.
Gang
di giovanissimi si affrontano con coltelli, asce da guerra e Kalashnikov per il
controllo del territorio, anche in pieno giorno. Le radici delle rivolte
affondano nel colonialismo.
Le
banlieue francesi e l'integrazione fallita.
L'equazione secondo cui queste violenze sono
state la prerogativa dei quartieri più disagiati "non è esatta", ha
evidenziato Matignon.
La metà dei quartieri prioritari delle città
(QPV) non sono stati colpiti dalle ultime violenze, ma al contrario, un terzo
dei comuni colpiti da questi disordini non sono stati classificati come QPV,
hanno spiegato i servizi del primo ministro.
In
particolare è stato proposto di riabilitare i 700 condomini che in Francia
versano in condizioni pessime, per pericolosità e insalubrità, minacciando la
vita stessa dei residenti.
Nei
quartieri cosiddetti prioritari, il tasso di disoccupazione al 18,6% è il
doppio rispetto alle altre aree, motivo per cui dal 2024 il governo intende
avviare un dispositivo per generare occupazione e lotta alle discriminazioni
all'impiego sulla base della zona di provenienza del lavoratore.
Saranno
eseguiti dei test di controllo di 500 aziende per verificare l'accesso a stage,
lavoro, case e prestiti bancari da parte dei residenti in quelle aree.
Inoltre,
le scuole riapriranno prima, a fine agosto, per ridurre la pausa delle vacanze
estive, valutata da Macron come "troppo lunga e generatrice di
diseguaglianze tra studenti".
Infine,
"per non concentrare tutte le difficoltà negli stessi quartieri", il
governo ha chiesto alle istituzioni competenti "migliori criteri di
ripartizione delle case popolari".
Le
rivolte scoppiate lo scorso giugno, più brevi per durata, hanno superato quelle
del 2005 per l'entità dei danni, segnando profondamente il paese.
In agosto, 2.107 persone coinvolte nelle
violenze sono state processate e 1.989 condannate, al 90% a una pena detentiva.
La
guerra di Gaza minaccerà il potere
ebraico negli Stati Uniti e il loro
status di occupare l'altura morale?
Unz.com
- KEVIN MACDONALD – (7 NOVEMBRE 2023) – ci dice:
Il
potere ebraico negli Stati Uniti è in bella mostra.
La
guerra di Gaza ci sta portando un'impressionante dimostrazione del potere
ebraico sui media e sulla cultura politica degli Stati Uniti.
E' una dimostrazione che potrebbe
effettivamente risvegliare gli americani su quanto profondamente radicati gli
ebrei siano radicati nella struttura di potere americana.
Anche
i media mainstream stanno riportando immagini di sofferenze di Gaza, bambini
insanguinati e oltre 10000 morti di Gaza, per lo più donne e bambini.
Anche
gli sprovveduti liberali bianchi devono iniziare a svegliarsi riguardo a
Israele, ma naturalmente chiuderanno un occhio sul potere ebraico in America
come se permettesse tutto questo, come ad esempio il fatto che stanno
fondamentalmente finanziando il partito democratico e la sua agenda “woke”, il
partito che predica una visione utopica dell'armonia etnica come imperativo
morale a sostegno di un altro round di distruzione e violenza etnica contro i
palestinesi che dura da decenni.
L'amministrazione
Biden sembra rendersi conto che il loro cieco sostegno alla violenza israeliana
non può essere venduto ai loro elettori e sta supplicando gli israeliani di
fare pause umanitarie.
Inutilmente.
Come
sempre, "il più grande alleato dell'America" mette il naso
all'America quando vuole.
E
perché no? Solo un esempio: l'America ha implorato invano Israele di fermare
gli insediamenti in Cisgiordania per oltre 50 anni.
A
nessun effetto. E in questo momento i coloni stanno attaccando violentemente i
palestinesi della Cisgiordania.
I soldi e il sostegno diplomatico continuano
ad arrivare.
Il New York Times di oggi.
C'è
una lunga storia di presidenti degli Stati Uniti che si sono resi conto di non
avere così tanta influenza su Israele come pensavano", ha detto il
deputato Seth Moulton, un democratico del Massachusetts ed ex marine che ha
prestato servizio in quattro missioni in Iraq.
E ha detto che lo stesso vale per l'Ucraina,
"dove questa è prima di tutto la loro lotta, anche se abbiamo enormi
interessi nel risultato.
L'atmosfera
nei circoli ebraici in questo momento può essere meglio descritta come
"Sete
di sangue. Uccidete tutti i palestinesi, o almeno gli abitanti di Gaza.
Non
c'è alcun contesto nei messaggi che emanano dall'alto della cultura americana:
poca o nessuna menzione dell'occupazione decennale, della pulizia etnica e
dell'apartheid, o dello status di prigione a cielo aperto di Gaza e del blocco
di 17 anni.
Ed è ovvio che l'influenza dei media ebraici è
fondamentale per questo.
Tuttavia,
come sempre, la causa ultima del potere ebraico è semplicemente il denaro, che
ovviamente finanzia una potente infrastruttura di influenza, organizzazioni
come l'ADL. AIPAC, JINSA, gruppi di pressione di sinistra e guerrafondai come
WINEP – il tipo di organizzazioni a cui i politici ambiziosi (e sociopatici)
prestano necessariamente attenzione.
Il peso finanziario ebraico è quindi in piena
mostra, ad esempio punendo le università e i manifestanti pro-“Hamas” per aver
permesso discorsi anti-israeliani.
Gli
studenti pro-“Hamas” e i manifestanti nelle università della Ivy League sono
stati doxxati e inseriti nella lista nera dei posti di lavoro che erano stati
loro offerti in prestigiosi studi legali.
Il
miliardario Bill Ackman ha chiesto una lista nera di studenti che avevano
protestato contro Israele, in modo che lui e altri non li assumessero
inavvertitamente in futuro.
Un
cartello mobile girava per Harvard Square con i nomi degli studenti che avevano
sostenuto i palestinesi anche mentre le atrocità di Hamas si stavano svolgendo.
"Dobbiamo
assicurarci che questi studenti paghino un prezzo e che i loro vicini, amici e
datori di lavoro sappiano che nutrono queste convinzioni", ha spiegato un
amministratore delegato.
Ha
ripetuto le sue accuse in un tweet del 4 novembre diretto alla presidente
dell'affirmative action di Harvard, “Claudine Gay”:
"Gli
studenti ebrei sono vittime di bullismo, intimiditi fisicamente, sputati
addosso e, in diversi video ampiamente diffusi di uno di questi incidenti,
aggrediti fisicamente.
Le bacheche studentesche di Slack sono piene
di dichiarazioni, meme e immagini antisemite", ha scritto “Ackman”.
“Ackman”,
57 anni, ha anche osservato che gli studenti del campus hanno invocato
"un'insurrezione violenta" e "usano un linguaggio
eliminazionista che cerca la distruzione dello Stato di Israele e del popolo
ebraico".
Supponendo
che questo sia vero, gli ebrei sono decisamente sulla difensiva nelle
università.
Ma il
messaggio è chiaro.
Gli
studenti ambiziosi farebbero bene a dimenticare i loro principi e ad andare con
la prospettiva ebraica sulla guerra.
E,
naturalmente, non c'è solo Ackman: Alan Dershowitz, Leslie Wexner, Marc Rowan,
Richard Wolf, David Magerman, Steven Solomon, Clifford Asness, Leon Cooperman,
Steve Eisman – persone ricche e potenti. L'attivismo di Rowan minaccia di far
esplodere un buco di un miliardo di dollari nel bilancio dell'Università della
Pennsylvania e i posti di lavoro del presidente dell'università e del capo del
consiglio di amministrazione sono a rischio.
Come
sempre, gli ebrei, come élite, mirano il loro attivismo a influenzare le
istituzioni più potenti e prestigiose della società.
L'influenza
ebraica è sempre dall'alto verso il basso: controlla i punti più alti della
piramide di potere mediatica, accademica e politica, e il resto si conformerà o
almeno sarà gestibile.
E per enfatizzare ulteriormente il punto,
l'attivismo di “Ackman” è stato seguito da 27 prestigiosi studi legali che
hanno inviato lettere alle scuole di legge di prestigiose università.
Nelle
ultime settimane, siamo stati allarmati dalle notizie di molestie antisemite,
vandalismo e aggressioni nei campus universitari, comprese manifestazioni che
chiedevano la morte degli ebrei e l'eliminazione dello Stato di Israele.
Tali attività antisemite non sarebbero
tollerate in nessuna delle nostre aziende. Inoltre, non tolleriamo che gruppi
esterni si impegnino in atti di molestia e minacce di violenza, come è accaduto
anche in molti dei vostri campus.
Un
articolo di Reuters ha osservato:
Un
portavoce di Sullivan & Cromwell ha detto giovedì che il presidente senior
Joseph Shenker ha guidato la lettera alle scuole di legge conosciute nel
settore legale come "T-14", come classificato da U.S. News &
World Report.
Tra gli altri firmatari figurano alcuni degli studi
legali più grandi e redditizi della nazione, tra cui Cravath, Swaine &
Moore; Latham & Watkins; Skadden, Arps, Slate, Meagher & Flom; e Paul,
Weiss, Rifkind, Wharton & Garrison.
L'editore
ebreo di” eLife”, una rivista online per le scienze della vita, è stato
licenziato per aver ritwittato un articolo di “Onion “che denunciava
l'indifferenza per la vita dei civili palestinesi con il titolo "'The
Onion' sta con Israele perché sembra che tu ti metta meno nei guai per
questo".
Ottimo
titolo e ovviamente vero.
L'articolo
parla dei probabili costi di qualsiasi critica a Israele, incluso l'essere
inseriti nella lista nera dei loro posti di lavoro.
L'articolo
è troppo vicino a casa per i poteri forti.
Pensiamo
che la sinistra sia la principale responsabile della “cancel culture”, ma la
destra tradizionale, che è tutta dalla parte di Israele, ha le stesse tendenze
nonostante abbia meno potere.
Ma
ecco il senatore repubblicano “Tom Cotton”, Tom Cotton, in una lettera al
malvagio segretario del “DHS Majorkas”, questa settimana:
Le
scrivo per esortarla a espellere immediatamente qualsiasi cittadino straniero –
incluso e soprattutto qualsiasi straniero con un visto per studenti – che abbia
espresso sostegno a “Hamas” e ai suoi attacchi omicidi contro Israele. Questi
quinti colonialisti non hanno posto negli Stati Uniti.
Rimuovere
rapidamente e impedire in modo permanente il futuro rientro di qualsiasi
studente straniero che abbia firmato o condiviso con approvazione la lettera
antisemita del Comitato di Solidarietà per la Palestina di Harvard il 7 ottobre
sarebbe un buon punto di partenza.
Ma “Glenn
Beck” si aggiudica il primo premio come il conservatore più servile e incapace:
Beck,
un cristiano devoto, ha detto nel suo show che vuole fare di più che
semplicemente offrire parole di sostegno per il paese.
Sta
chiedendo la cittadinanza, ha detto, in modo da poter offrire "fatti"
per il popolo ebraico, piuttosto che semplici parole.
"Non
so perché sono nato, ma c'è qualcosa nello stato di Israele che si connette
profondamente a me", ha detto Beck ai suoi ascoltatori.
Ha
aggiunto: "Avere il privilegio di stare con l'ebreo è un enorme onore,
spiritualmente. Quindi, voglio leggere una lettera che ho scritto e che sto
inviando allo Stato di Israele".
“Beck”
ha poi recitato la lettera, che diceva: "Al primo ministro Benjamin Netanyahu
e agli onorevoli funzionari dello Stato di Israele. In questo momento, ho
scelto di chiedervi la cittadinanza nello Stato di Israele.
I
repubblicani sono sicuramente peggiori nei confronti di Israele rispetto ai
democratici, che probabilmente hanno più difficoltà a conciliare il
comportamento di Israele con i loro segnali di virtù sull'odio etnico.
Come
alla recente convention della “Republican Jewish Coalition” a Las Vegas. “Nikki
Haley” è stata la star e ha il sostegno dei neoconservatori che hanno disertato
Trump nel 2016 ma sono riusciti a dominare la politica estera
nell'amministrazione Biden.
“Ramaswamy”
era il cattivo, e con i Never-Trumpers al posto di guida:
Trump
è troppo isolazionista per queste persone, e ha criticato Netanyahu e ha
definito Hezbollah, il gruppo militante libanese, "molto
intelligente".
"Non
criticherò il primo ministro israeliano nel bel mezzo di una tragedia e di una
guerra", ha aggiunto “Haley” mentre Israele espandeva la sua offensiva di
terra a Gaza, con Netanyahu che avvertiva di una guerra lunga e difficile dopo
l'attacco di Hamas del 7 ottobre.
“Ramaswamy”
ha espresso sostegno per il diritto di Israele di respingere il
"mito" di una soluzione a due stati – almeno riconosce che è un mito,
ma non è stato sufficiente.
Dopo
tutto, ha avuto la temerarietà di dire in un'intervista con “Tucker Carlson”
che gli interessi degli Stati Uniti devono venire prima di tutto, anche con
Israele. “Ramaswamy” ha sostenuto che gli Stati Uniti hanno bisogno di
ricordare gli errori del recente passato, come l'indebitamento di trilioni di
dollari per due guerre fallite in Afghanistan e in Iraq, guerre che non erano
ben pianificate e non avevano un obiettivo chiaro.
Inaccettabile!
La guerra è bella!
De Santis,
che ha tenuto la sua prima riunione di gabinetto come governatore in Florida,
ha definito la Cisgiordania come "la più antica terra ebraica risalente
ai tempi biblici, apparentemente dando il via libera alla pulizia etnica.
Il senatore “Tim Scott” della Florida ha
ribadito le sue richieste di espellere gli studenti stranieri che partecipano
alle proteste "antisemite" nei campus universitari.
Fondamentalmente,
i repubblicani sono senza speranza perché lo sono praticamente su tutto.
Per
inciso, “Nikki Haley” è comprata e pagata per:
L'ultima
volta che “Haley” è stata ambasciatrice degli Stati Uniti alle Nazioni Unite,
le finanze della sua famiglia erano un disastro.
I suoi genitori dovevano oltre 1 milione di
dollari e rischiavano di perdere la loro casa di Lexington, nella Carolina del
Sud.
Figlia
devota, Haley aveva prestato loro centinaia di migliaia di dollari in passato
con suo marito.
Ma non
è riuscita a risolvere tutti i problemi dei suoi genitori, con meno di $
100.000 nei suoi conti bancari e $ 185.000 in arrivo ogni anno di stipendio.
Da
allora, il patrimonio netto di “Haley “è passato da meno di $ 1 milione a circa
$ 8 milioni.
Come
ha fatto a fare così tanti soldi in così poco tempo?
Seguendo
un copione collaudato per i politici che cercano di incassare la loro fama. I
discorsi ad aziende come “Barclays” e organizzazioni come il “Centro per
Israele” e gli Affari Ebraici hanno fornito più soldi in un giorno di quanti ne
avesse guadagnati “Haley” in un anno.
Non è
chiaro quanti discorsi abbia tenuto dal 2019 al 2021, ma Haley ha incassato 2,3
milioni di dollari da soli 11 eventi nel 2022.
Vendetta
ebraica.
In un
discorso ai soldati dell'IDF, Netanyahu ha inquadrato l'invasione in termini
biblici, dichiarando che "Dovete ricordare ciò che “Amalek” vi ha fatto,
dice la nostra Sacra Bibbia".
"Ora va' e colpisci Amalek, e
distruggi tutto ciò che possiede, e non risparmiarli; ma uccidete l'uomo e la
donna, il bambino e il lattante il bue e la pecora, il cammello e l'asino" (1 Samuele 15:3)
Ed è
esattamente quello che stanno facendo. Il ripetuto bombardamento di un campo
profughi a Gaza con molte vittime, per non parlare degli ospedali, sembra aver
avuto un impatto anche sui media statunitensi.
Nel caso del campo profughi, centinaia di
civili sono morti per aver presumibilmente ucciso due alti dirigenti di “Hama”s.
Nessuno
crede seriamente che Israele stia cercando di risparmiare i civili.
Gli
ebrei hanno una lunga memoria e un forte senso di vendetta contro coloro che
considerano loro nemici.
Il
problema è che, in ultima analisi, gli ebrei ci vedono come nemici mortali.
Per gli ebrei seri, la loro storia in
Occidente è poco più di una lunga serie di disastri:
la
distruzione del Secondo Tempio da parte dei Romani, le espulsioni e i pogrom medievali,
i pogrom del diciannovesimo secolo in Russia, la legge sull'immigrazione degli
Stati Uniti del 1924 e le quote nelle università della Ivy League e, infine,
l'olocausto.
La trasformazione degli Stati Uniti in un
calderone multietnico e multiculturale e in un'imminente minoranza bianca
dovrebbe far capire ai bianchi americani che alla fine gli ebrei si
rivolteranno contro di loro quando avranno abbastanza potere, come hanno
ottenuto in Unione Sovietica dopo la rivoluzione bolscevica.
Gli
ebrei e l'altura morale.
Forse
la più grande forza che gli ebrei hanno è che dalla seconda guerra mondiale
hanno occupato un terreno moralmente elevato.
I
media occidentali sono stati inondati di messaggi sugli ebrei come vittime di
un antisemitismo irrazionale.
Questo messaggio è stato fatto esplodere dai
media mainstream per decenni ed è un aspetto integrante della cultura
accademica in cui il potere e l'influenza ebraica si sono notevolmente espansi,
specialmente durante gli anni '60.
Naturalmente,
noi, come Americani Bianchi, abbiamo ottime ragioni per opporci all'influenza
ebraica, in particolare la loro influenza nel promuovere i cambiamenti
trasformativi derivanti dalla massiccia immigrazione non bianca che ha già
indebolito il potere degli Americani Bianchi.
Non è un caso che l'attuale Segretario alla Sicurezza
Nazionale sia un ebreo che ha importato circa 4-8 milioni di clandestini che
alla fine andranno a votare, insieme ai loro figli.
Ma
l'immigrazione non-bianca è presentata come un imperativo morale nei media e tu
sei un nazista malvagio se ti opponi.
Il
fatto è che gli sforzi ebraici per alterare l'equilibrio etnico degli Stati
Uniti riflettono l'odio ebraico per l'Occidente tradizionale a causa dei
movimenti antiebraici del passato che risalgono all'Impero Romano, e in
particolare molti attivisti ebrei cercano esplicitamente di prevenire il tipo
di movimento di massa che si è verificato in Germania negli anni '30.
Ci
sono molte dichiarazioni di questo tipo da parte di attivisti ebrei, alcune
citate nel capitolo sull'immigrazione in “The Culture of Critique”, ma la più
recente che ho trovato è quella dello scrittore del Boston Globe “S. I.
Rosenbaum£ che scrive su un organo di stampa molto mainstream, il “Boston Globe”,
che ha affermato nel 2019 che la lezione principale dell'Olocausto è "che
la supremazia bianca potrebbe rivoltarsi contro di noi in qualsiasi momento,
" e che la strategia di appellarsi alla maggioranza bianca "non ha
mai funzionato per noi.
Non ci proteggeva in Spagna, o in Inghilterra,
o in Francia, o in Germania. Non c'è motivo di pensare che funzionerà
ora".
Quindi potete vedere questo odio contro
l'Occidente in piena mostra.
La
questione centrale dell'impegno politico ebraico nelle società occidentali, ha
insistito, è "come sopravvivere come popolazione minoritaria", dove
l'unico grande vantaggio di cui gode l'ebraismo americano è che "a
differenza di altri luoghi in cui l'etno-nazionalismo è fiorito, gli Stati
Uniti si stanno rapidamente avvicinando a una pluralità di minoranze".
Presiedere
una coalizione di gruppi non-bianchi per opporsi attivamente agli interessi dei
bianchi è il nuovo imperativo etno-politico ebraico:
"Se
gli ebrei vogliono sopravvivere in futuro, dovremo stare dalla parte delle
persone di colore per il nostro reciproco vantaggio".
Lo
stesso vale per il Regno Unito: “Tobias Langdon “cita “Barbara Roche”, ministro
dell'immigrazione nel disastroso governo di Tony Blair:
"Venerdì
ora di punta. Stazione di Euston [a Londra]. Chi c'è qui? Chi non lo è. Un
caleidoscopio di colori della pelle.
Il
mondo in un unico capolinea.
Barbara
Roche può vederlo oltre il bordo della sua tazza di caffè americano.
"Adoro la diversità di Londra", mi dice.
"Mi
sento a mio agio." (Gran Bretagna orribilmente diversa: la 'cospirazione'
dell'immigrazione, The Guardian, 2 marzo 2011)
“Roche”
non stava agendo da sola quando è diventata ministro dell'immigrazione e ha
aperto i confini della Gran Bretagna ai somali e ad altri abitanti del Terzo
Mondo con un basso quoziente intellettivo e un alto tasso di criminalità.
Stava collaborando con altri ebrei per rendere
la Gran Bretagna un posto più "confortevole" per gli ebrei. E da
quando ha lasciato l'incarico, ha continuato a fare campagna per l'apertura
delle frontiere e per una burocrazia più anti-bianca.
Tony
Blair dovrebbe promuovere i benefici dell'immigrazione legale in Gran Bretagna
e "non fare marcia indietro" dai piani per creare una super
commissione per le pari opportunità, ha esortato “Barbara Roche”, l'ex ministro
per le pari opportunità. ...
Figlia
di padre ashkenazita polacco-russo e madre sefardita ispano-portoghese, la
signora Roche ha ragione dei suoi sentimenti sull'immigrazione.
"Il
mio essere ebreo mi informa totalmente, informa la mia politica. Capisco
l'alterità dei gruppi etnici. Gli americani sono più avanti di noi su cose come
l'identità multipla. Sono ebreo ma sono anche londinese; Sono inglese ma anche
britannico".
(Roche esorta i laburisti a promuovere i benefici dell'immigrazione legale, The
Independent, 24 giugno 2003)
In
realtà, “Barbara Roche” non è né inglese né britannica.
Come potrebbe esserlo, quando "l'essere
ebrea la informa totalmente"?
Per
lei e per altri potenti ebrei in Occidente, un termine come
"britannico" o "francese" o "americano" è
puramente geografico.
Questo è il motivo per cui era così ansiosa di
inondare la Gran Bretagna di persone del Terzo Mondo con un basso quoziente
intellettivo, rimodellando la sua demografia in un modo che, pur infliggendo
enormi danni e spese ai bianchi britannici nativi, le permettesse di
"sentirsi a suo agio" mentre sorseggiava "la sua tazza di caffè
americano" alla stazione di Euston.
Nel
loro libro del 2023 “Anglofobia”, Harry Richardson e Frank Salter osservano che
le organizzazioni ebraiche hanno assunto un ruolo di leadership nella
promozione del multiculturalismo e dell'immigrazione in Australia, ad esempio
stringendo alleanze con gruppi etnici meno organizzati e meno motivati.
Questo
fenomeno di leadership si verifica anche negli Stati Uniti, dove le
organizzazioni ebraiche hanno stretto alleanze con un'ampia varietà di
organizzazioni di attivisti etnici non bianchi.
Ma
questa migrazione di massa nelle società occidentali presenta alcuni problemi
per gli ebrei, in particolare l'immigrazione dai paesi musulmani.
Dopo l'invasione di Gaza ci sono state enormi
proteste nei paesi occidentali contro il trattamento dei palestinesi da parte
di Israele, con una rappresentanza molto visibile dei musulmani.
Ho
sempre pensato che gli attivisti ebrei, come “Steven Steinlight,” sapessero che
tale immigrazione avrebbe avuto alcuni aspetti negativi per gli ebrei, ma che
l'establishment ebraico la ritenesse gestibile, e finora hanno certamente avuto
ragione.
In
generale, i musulmani in tutto l'Occidente hanno votato per la sinistra insieme
agli ebrei.
Tuttavia,
a causa del sostegno di Biden a quasi tutto ciò che Israele fa, come fare
l'affermazione oltraggiosa che "Siamo certi che Israele stia facendo del
suo meglio per evitare vittime civili" e opporsi a un cessate il fuoco,
questo potrebbe cambiare.
E gli
ebrei potrebbero voler ripensare il loro sostegno all'immigrazione musulmana se
le cose continuano in questa direzione.
Ma al
momento gli ebrei mantengono il loro status di vittime nei media. Mantenere la superiorità morale è
particolarmente importante nelle società individualiste occidentali.
A
differenza del resto del mondo, dove le relazioni di parentela e la famiglia
allargata sono fondamentali, il collante sociale delle società occidentali è la
reputazione in una comunità morale, uno dei temi principali del mio libro del
2019, “L'individualismo e la tradizione liberale occidentale”.
Vogliamo essere visti come persone moralmente
oneste e buone e valutiamo le persone in base alla loro competenza e ai tratti
della personalità, non ai legami di parentela.
Questa
preoccupazione per una buona immagine è particolarmente caratteristica di
troppe donne bianche per le quali lo status nella cultura politica dominante è
un modo sicuro per evitare i molti pericoli di uscire da questo quadro morale:
ostracismo sociale, perdita del lavoro e persino attacchi fisici da parte degli
antifa, ecc.
Non
sorprende che le donne bianche siano molto più propense a votare per l'agenda
di sinistra per la diversità, l'equità e l'inclusione, a credere nei messaggi
di colpevolezza dei bianchi e nei confronti dei bianchi, ad accogliere i
rifugiati provenienti da stati falliti come Haiti, ad adottare bambini non
bianchi e tutto il resto.
Nella
cultura occidentale tradizionale, il quadro morale era fornito dalle autorità
religiose cristiane che spesso, anche tipicamente, non erano amichevoli con gli
ebrei.
L'antisemitismo
era molto comune negli Stati Uniti negli anni '20 e '30 (ad esempio, Henry
Ford, che finanziò il “Dearborn Independent” che sottolineava il ruolo degli
ebrei nel bolscevismo omicida e i loro sforzi per sradicare il cristianesimo
dalla pubblica piazza, e il prete cattolico padre “Charles Coughlin” che aveva
un programma radiofonico molto popolare a livello nazionale sintonizzato da 30
milioni di ascoltatori in un momento in cui la popolazione degli Stati Uniti
era di 130 milioni – un pubblico del livello del Super Bowl – e attaccò in modo
molto esplicito i banchieri ebrei).
Ma sia Ford che Coughlin furono messi a tacere
dall'attivismo ebraico, e gli atteggiamenti antiebraici diminuirono rapidamente
dopo la seconda guerra mondiale di concerto con l'ascesa degli ebrei ai vertici
della società americana, compresa in particolare la loro profonda influenza nel
mondo accademico e nei media (uno sforzo molto consapevole di una propaggine
degli intellettuali della Scuola di Francoforte) in un momento in cui i media e
la cultura accademica stabiliscono i confini delle comunità morali occidentali.
Voglio
sottolineare questo:
i
tradizionali temi religiosi e patriottici della comunità morale americana sono
stati sostituiti da temi generati dai media che sono stati prodotti dalle élite
ebraiche nei media e nel mondo accademico e che riflettono gli atteggiamenti
della più ampia comunità ebraica.
Questi
temi sono ora tutti inclusi nell'agenda DEI, CRT e LGBTQ+.
La
ricerca psicologica mostra che i messaggi dei media sono in grado di inibire
l'etnocentrismo tra i bianchi, e non c'è dubbio che i mali dell'etnocentrismo
bianco siano in primo piano e al centro dei media.
A ciò
si aggiunga la tendenza generale a volersi conformare alla cultura più ampia
per andare avanti (tutte le ricompense sono dalla parte del conformarsi alle
narrazioni dei media) ed evitare l'ostracismo, la perdita del lavoro e altri
problemi che accadono alle persone che dissentono da queste narrazioni.
Ma
l'orrore del comportamento israeliano in questa guerra, combinato con
l'incessante clamore da parte degli ebrei che l'opposizione o anche la critica
di Israele è antisemitismo, è destinato a produrre una dissonanza cognitiva tra
molti liberali americani (e forse anche alcuni conservatori) quando si rendono
conto della brutalità decennale degli israeliani nei confronti dei palestinesi.
La posizione morale sempre più disperata di
Israele in un momento in cui l'Occidente è inondato di messaggi sui mali
dell'odio etnico è un problema enorme. A parte i conservatori cristiani che
pensano che “la Seconda Venuta” dipenda dalla vittoria di Israele, è probabile
che sia un grosso problema per gli ebrei americani.
Questo
viene messo in scena nelle mailing list della mia facoltà, mentre i professori
di studi etnici e altri liberali richiamano l'attenzione sul comportamento
israeliano, mentre gli attivisti ebrei sono costretti a lasciare la storia al
livello dell'attacco del 7 ottobre contro gli israeliani e a rimuovere
completamente il contesto: l'oppressione decennale dei palestinesi,
specialmente a Gaza come prigione a cielo aperto, insieme al blocco di tutto
tranne che delle necessità della vita è completamente evitato.
Non
hanno più la superiorità morale e, francamente, questo mi fa molto piacere.
Qualche anno fa, quando dicevo molte delle stesse cose su Israele, non ho
ricevuto alcun sostegno per affermazioni simili su Israele (oltre a richiamare
l'attenzione sugli atteggiamenti ebraici nei confronti dell'immigrazione in
Israele rispetto agli atteggiamenti ebraici sull'immigrazione nei paesi
occidentali). Anche ora c'è un movimento per trasferire gli abitanti di Gaza
fuori da Gaza in altri paesi (un think tank israeliano ha suggerito di
trasferirli in Egitto o nei paesi occidentali) e non c'è dubbio che questo
includerà i paesi occidentali, anche se gli ebrei potrebbero pensarci due volte
prima di far entrare milioni di palestinesi che hanno buone ragioni per odiare
gli ebrei.
Il NYTimes:
I
leader e i diplomatici israeliani hanno proposto privatamente l'idea a diversi
governi stranieri, inquadrandola come un'iniziativa umanitaria [sempre efficace
con i governi occidentali – la superiorità morale, ecc.] che consentirebbe ai
civili di sfuggire temporaneamente ai pericoli di Gaza per i campi profughi nel
deserto del Sinai, appena oltre il confine con il vicino Egitto.
Il
suggerimento è stato respinto dalla maggior parte degli interlocutori
israeliani – che includono gli Stati Uniti e la Gran Bretagna – a causa del
rischio che un tale spostamento di massa possa diventare permanente [che è
ovviamente l'intenzione].
Questi
paesi temono che un tale sviluppo possa destabilizzare l'Egitto e bloccare un
numero significativo di palestinesi fuori dalla loro patria, secondo i
diplomatici, che hanno parlato in forma anonima per discutere più liberamente
di una questione delicata.
L'idea
è stata respinta con fermezza anche dai palestinesi, che temono che Israele
stia usando la guerra – iniziata il 7 ottobre dopo che i terroristi di Gaza
hanno fatto irruzione in Israele e ucciso circa 1.400 persone – per sfollare
definitivamente gli oltre due milioni di persone che vivono a Gaza. [Chi l'avrebbe mai detto?]
Molti
scrittori hanno sostenuto che Israele doveva essere a conoscenza dell'attacco
di Hamas, date le sue sofisticate capacità di intelligence, gli informatori, i
droni, ecc.
Se è
così, dobbiamo presumere che Israele abbia avuto un fine di gioco nel
permettere che ciò accadesse, nonostante le morti tra gli israeliani.
Quello
che ora chiedono è la completa pulizia etnica dei palestinesi che hanno
iniziato nel 1948.
Potrebbero ottenerlo, dato che i paesi
occidentali alla fine cedono alle loro richieste.
Ma gli
ebrei non rinunceranno facilmente al loro status di vittime moralmente pure.
Fondamentalmente
gestiscono ancora i nostri media, e la maggior parte degli ebrei accademici sta
ancora pagando per Israele.
Politici
ambiziosi si aggrappano ancora alla narrativa pro-Israele per tutta la vita,
non importa quale sia il livello di ipocrisia, e i media continuano a
promuovere la narrativa vittimistica dell'olocausto che giustifica qualsiasi
comportamento da parte di Israele.
Uno dei nostri più grandi problemi è che i
politici occidentali sono fondamentalmente sociopatici interessati solo al
potere, al denaro e ad avere una grande carriera.
Le discussioni sulla guerra prive di contesto
dominano ancora i media mainstream.
Il
mondo sta cambiando nella direzione di un declino del potere americano e
dell'ascesa economica e militare delle nazioni BRICS.
Lo
status di paria morale di Israele in questi paesi è un problema enorme per la
politica estera americana.
Israele non è mai stato un buon alleato, ma
questa guerra sarà un albatro intorno al collo dell'Occidente a causa della sua
indifendibile storia di sostegno a Israele.
Ma è
facile vedere che molti americani, in particolare i liberali, molte etnie non
bianche e i giovani in generale si stanno ispirando a questa narrazione.
Le
persone dalla nostra parte non credono che gli ebrei siano esempi di virtù e
non facciano mai del male agli altri.
Ricordiamo
il ruolo degli ebrei negli omicidi di massa sovietici e la loro etica
tradizionale in cui i non ebrei non hanno alcun valore morale e in cui lo
sfruttamento dei non ebrei va bene finché non danneggia gli interessi ebraici
in generale.
Ci preoccupiamo di un futuro dominato dai
non-Bianchi in cui gli ebrei vendicativi manterranno o espanderanno il loro
potere.
È giunto il momento che questo diventi il
punto di vista dominante.
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