La transizione verde deve essere ecologica, economica, e non ideologica.
La
transizione verde deve essere ecologica, economica, e non ideologica.
Meloni
alla cop28: “serve una transizione
ecologica
e non ideologica.
L’Italia
fa la sua parte”.
Italiaveranews.it
– (2-12-2023) – Redazione – ci dice:
“L’Italia
sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione, lo fa in modo
pragmatico, con un approccio di neutralità tecnologica, libero dal
radicalismo”.
Il premier, Giorgia Meloni, è intervenuto alla
sessione dei capi di Stato e di governo della Cop28 di Dubai parlando del
futuro dell’energia e ribadendo il ruolo di Roma nel processo.
“Se
vogliamo essere efficaci dobbiamo perseguire una sostenibilità ambientale che non
comprometta la sfera economico-sociale: serve una transizione ecologica,
non ideologica”, ha aggiunto.
“L’Italia
sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione (Co2), e lo fa in
modo pragmatico, cioè con un approccio tecnologicamente neutro, libero da
inutili radicalismi.
La mia idea è che se vogliamo essere efficaci,
se vogliamo una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economica
e sociale, ciò che dobbiamo perseguire è una transizione ecologica, e non
ideologica”
“Stiamo
gradualmente sostituendo la generazione elettrica a carbone con le rinnovabili,
abbiamo adottato un nuovo Piano Energia e Clima e stiamo investendo risorse e
attenzione sui biocarburanti, tanto da essere tra i fondatori della “Global
Biofuels Alliance”.
Nel
contesto europeo, “abbiamo tracciato un percorso verso la neutralità del
carbonio (Co2) entro il 2050 e per ridurre le emissioni di almeno il 55% entro
il 2030”, ha aggiunto.
La
premier ha ribadito che l’Italia è “anche impegnata a garantire, attraverso il
programma UE “Fit for 55”, un approccio multisettoriale che rafforzi i mercati
del lavoro e mitighi l’impatto sui nostri cittadini.
E
questo è un punto essenziale, perché se pensiamo che la transizione verde possa comportare
costi insostenibili, soprattutto per i più’ vulnerabili, la condanniamo al
fallimento.”
Obiettivi
ancora lontani.
“Questo
vertice è un momento chiave dei nostri sforzi per contenere l’aumento della
temperatura globale entro 1,5 gradi:
abbiamo raggiunto il primo ‘Global stocktake’
e ci sono ragioni per essere ottimisti.
Ma l’obiettivo rimane ancora lontano”.
Lo ha detto la premier, Giorgia Meloni,
intervenendo alla sessione dei capi di Stato e di governo della Cop28 di Dubai.
“La
COP28 deve essere un punto di svolta – ha aggiunto Meloni – siamo chiamati a
dare una direzione chiara e ad attuare azioni ragionevoli ma concrete, come
triplicare la capacità mondiale di generazione di energia rinnovabile entro il
2030 e raddoppiare il tasso globale di miglioramento annuale dell’efficienza
energetica”.
Il
piano Mattei per l’Africa.
“L’Italia
intende destinare una quota estremamente significativa del Fondo per il clima –
la cui dotazione complessiva è di 4 miliardi di euro – verso il continente
africano.
Non però attraverso un approccio caritativo,
perché l’Africa non ha bisogno di carità, ma ha bisogno di essere messa in
condizione di competere ad armi pari, per crescere e prosperare grazie alla
moltitudine di risorse che il continente possiede. Una cooperazione tra pari,
rifiutando approcci paternalistici e predatori”, ricorda il presidente del
Consiglio.
“L’energia
è uno dei pilastri del Piano Mattei per l’Africa, il piano di cooperazione e
sviluppo su cui l’Italia sta lavorando con grande determinazione per costruire
partenariati reciprocamente vantaggiosi e sostenere la sicurezza energetica dei
Paesi africani e del Mediterraneo – ha ripetuto Meloni – stiamo anche
lavorando, così, per diventare un hub strategico per l’energia pulita,
sviluppando le infrastrutture e la capacità di generazione necessarie, nella
nostra Patria e nel Mediterraneo”.
“Dopo
la “Conferenza di Roma sullo sviluppo e la migrazione”, sono stati istituiti
due nuovi strumenti finanziari per affrontare le cause profonde della
migrazione, combattere i trafficanti di esseri umani e garantire il diritto a
non emigrare: continueremo a sostenere il “Green Climate Fund” anche nel
prossimo ciclo e, come ho già annunciato ieri, contribuiremo con 100 milioni di
euro al “nuovo fondo perdite e danni”, fortemente voluto dalla Presidenza degli
Emirati.
Tutte
queste priorità saranno al centro anche della Presidenza italiana del G7, nel
2024″, ha concluso.
(agi)
Miseria
e irrealtà nella
transizione
green.
Reteresistenzacrinale.it
– (30 dicembre 2021) – Alberto Cuppini – ci dice:
Le
bollette di Greta, che stanno arrivando e arriveranno sempre più gravose nelle
prossime settimane ad imprese e cittadini, riporteranno agli europei, assieme
alla minaccia del ritorno della miseria, anche l'ormai smarrito senso della
realtà.
(ecco
un esempio della miseria:
(Londra
1947. Cittadinanza in coda per ottenere il carbone razionato dalle autorità).
All'inizio di quest'anno, per adempiere ad uno
degli infiniti obblighi burocratici imposti dalla commissione europea per il
conseguimento della "neutralità carbonica"(Co2) al 2050, venne trasmessa a Bruxelles la "Strategia
nazionale di lungo periodo".
Il documento governativo prevedeva in
particolare una riduzione "spinta" della domanda di energia (al 2050
consumi finali -40%), "grazie soprattutto al calo della mobilità privata e
dei consumi civili", e un cambiamento "radicale" del mix
energetico a favore delle rinnovabili (Fer all'85-90% dei consumi) coniugato ad
una "profonda elettrificazione degli usi finali" (generazione
elettrica raddoppiata a 600-700 TWh da raggiungere "grazie al
dispiegamento di fonti sinora non sfruttate" e moltiplicando di 10-15
volte la capacità solare fino a 200-300 GW (corrispondenti, per meglio
intendere di che cosa stiamo parlando, a 6.000 chilometri quadrati ricoperti di
pannelli fotovoltaici).
In
tale contesto, "i sistemi di accumulo elettrochimico dovrebbero arrivare a
30-40 GW" (4-5 volte quanto previsto dal “Pniec” al 2030).
Prima della pandemia la potenza complessiva
dei sistemi di accumulo installati in Italia era di 103 MW, valore che quindi
dovrebbe essere moltiplicato per 300-400 volte.
Almeno
il 25-30% dell'elettricità prodotta, "in particolare nella fase di over generation",
sarà destinata alla produzione di idrogeno.
Nel già lunare “Pniec”, trasmesso all'UE
appena un anno prima - ma prima che il governo tedesco (finito in un vicolo cieco con
l'energia eolica super incentivata che viene prodotta quando non serve e deve
essere regalata all'estero) lo proponesse improvvisamente come “Deus ex machina”nel
giugno del 2020 - all'idrogeno c'era solo un timido accenno, per evitare di
cadere nel ridicolo, espresso peraltro in termini estremamente generici e
cautamente ottativi: "Un contributo potrebbe essere fornito dall'idrogeno,
anche per i consumi non elettrici".
Sempre
di più e sempre peggio, dunque, e senza più pudori.
Questo
nuovo, incredibile documento del governo italiano fu a suo tempo volutamente
ignorato da tutta la stampa nazionale, per non rischiare commenti irridenti,
controproducenti in tempi di gretismo trionfante, e, soprattutto, per evitare
imbarazzi futuri, all'apparir del vero.
Il
poeta inglese “Samuel Taylor Coleridge” aveva coniato la formula "volontaria sospensione
dell'incredulità" al fine di ignorare le incongruenze nelle creazioni
artistiche e godere appieno della poesia, del romanzo, del teatro eccetera.
Ma
sempre e comunque di un'opera di fantasia;
e la
sospensione dell'incredulità doveva limitarsi a quel momento di intimo
godimento estatico.
È perciò evidente che, nel caso del
raggiungimento della "neutralità carbonica"(Co2) nel 2050, non solo non siamo più nel campo
della politica, energetica o economica che sia, ma neanche in quello
dell'immaginazione artistica, e dunque orbitiamo in una sfera di pura e semplice ideologia,
se non addirittura di una “pseudo religione neo pagana”.
(Ma
santo iddio … come si fa a non sapere che la CO2 è un gas più pesante dell’aria
e non potrà mai “volare nell’atmosfera” come fanno i gas serra! N.D.R.)
Per la
“transizione green”, infatti, la sospensione dell'incredulità pare non finire
mai e contagia anche chi dovrebbe avere completato il ciclo vaccinale contro le
corbellerie, soprattutto in un settore vitale per l'economia come quello della
politica energetica.
Proseguendo
in questa non-logica, in maggio venne presentato un rapporto dell'”Agenzia internazionale per l'energia”
(Aie) che sosteneva il processo mondiale di decarbonizzazione(Co2).
"Nessun
nuovo giacimento di petrolio e gas naturale è necessario", si leggeva nel
piano “Aie “di riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2050.
Una presa di posizione drastica, fino ad allora
appoggiata solo dagli ambientalisti più gretini (più cretini! N.D.R.)
Come
spiegato da” Sissi Bellomo” sul Sole, Il rapporto contraddiceva l'allarme che
la stessa agenzia dell'Ocse aveva lanciato sul rischio di carenze e forti
rincari del greggio.
Nella
Roadmap per la decarbonizzazione(Co2), invece, l'”Aie”, fondata in seno
all'”Ocse” dopo lo shock petrolifero del 1973, si spingeva fino a raccomandare
lo stop immediato di ogni investimento in idrocarburi:
una presa di posizione estrema e invero
sorprendente da parte di un organismo che era nato (e viene lautamente finanziato. Ndr.) con lo scopo di evitare carenze di
greggio, un ruolo che però stride con l'aspirazione di farsi alfiere della
transizione energetica.
L'”Aie” aveva elaborato la Roadmap, proseguiva
la Bellomo, su incarico di “Alok Sharma”, parlamentare britannico destinato a
presiedere la Cop26 di Glasgow.
Fra le
tappe proposte dall'”Aie” molte apparivano già allora ardue se non utopiche,
nonostante fino a maggio 2020 l'Agenzia registrasse con allarme "il
rischio che i tagli di oggi negli investimenti nel settore idrocarburi
conducano a futuri squilibri sul mercato".
(Gli
assassini del sistema degli idrocarburi non verranno mai processati da un
processo di Norimberga! N.D.R.)
Da
questa improvvisa reincarnazione dell'”Aie”, osservava allora “Giuliano
Garavini” sul “Fatto Quotidiano”, è uscito un esercizio a metà tra la scienza
delle previsioni sociali” stile Asimov” e le “profezie di Nostradamus”, in
particolare quando confida che dal 2030 metà delle riduzioni delle emissioni di
CO2 avverrà da tecnologie "in via di sviluppo".
Per la
giustizia sociale niente paura perché, nonostante una sempre maggiore
tassazione del carbonio (Co2), verranno creati milioni di posti di lavoro nel
settore green.
La
liberalizzazione del settore energetico in Europa è riuscita a generare,
insieme, aumenti dei profitti per le imprese e delle bollette per i consumatori.
Il sempre più massiccio ricorso alle
rinnovabili incentivate (che sono costate all'Italia, fino al 2012, circa 220
miliardi di euro), combinato ad altrettanto massicci investimenti a loro
ancillari in nuove infrastrutture, hanno incrementato la povertà energetica e
la deindustrializzazione.
(Certo è che “i criminali di Vados”
vanno fieri di avere previsto la distruzione dell’umanità e la fine della
plebaglia denutrita! N.D.R.)
Perciò
affermare, come fa l'”Aie”, che una modesta iniezione di 40 miliardi di
investimenti all'anno possa garantire l'accesso all'energia del resto del
mondo, a partire dall'Africa, appare surreale.
Concludeva
sconsolato “Garavini”:
la
storia ci dimostra che, a livello globale, aumenti di Pil sono andati di pari
passo con aumenti delle emissioni di gas serra.
Anche
se miracolosamente diminuisse l'utilizzo di combustibili fossili (carbone e
gasolio), aumenterà il consumo di ogni altra risorsa naturale.
Raddoppiare
la produzione materiale significa raddoppiare la crisi ecologica, non
risolverla.
Ma non
importa, dobbiamo fare qualcosa, a tutti i costi:
la
Terra è malata, degradata;
gli
ecosistemi stanno per collassare; mutamenti climatici e cataclismi inauditi
stanno seminando e semineranno sempre più morte e distruzione.
E i colpevoli siamo solo e unicamente noi
Occidentali, sperperatori di risorse, consumatori accaniti, inquinatori
seriali.
Per
causa nostra le generazioni future riceveranno in eredità un ambiente
impoverito e saranno costrette a rivedere drasticamente il loro stile di vita,
se non addirittura a lasciare il pianeta.
Così recitano i fanatici dell'Apocalisse (la
cricca di Davos), invocando, in nome di fosche previsioni ripetute con
insistenza, la necessità di rinunce immediate e spietate autopunizioni
collettive.
Tutto
questo, fa notare il filosofo francese “Pascal Bruckner”, rientra in un
canovaccio già noto, dai tempi del millenarismo cattolico con il suo contorno
di pauperismo e culto della frugalità, fino agli strali marxisti contro il
capitalismo e al disprezzo terzomondista per l'Occidente sfruttatore.
Radici
profonde, dunque, ma anche altre radici da poco tempo sopite, ridestate dalla
pioggia di primavera stimolata dal surriscaldamento del pianeta.
Da qui
la “l’assurda politica climatica dell'UE”, da qui “Greta”, da qui la
riapparizione della congrega di invecchiati, ma non rinsaviti, sessantottini
che vogliono combattere il capitalismo con ogni mezzo e che sobillano le
sprovvedute ma presuntuose ragazzine delle piazze mediatiche globalizzate.
Da qui la solitaria crociata dell'Europa, che
appare sempre più isolata, orgogliosa di una leadership proclamata ma
sostanzialmente ignorata da tutti.
La sua
ormai unica forza consiste nell'essere un mercato di 450 milioni di abitanti.
La sua influenza su questioni decisive, se opportunamente indirizzata, potrebbe
essere enorme.
È il cosiddetto «Brussels effect», l’effetto
che fa sì che gli standard europei diventino standard mondiali proprio perché
adottati da chi non vuole rinunciare a un mercato così importante.
Un'Europa
oggi fermamente convinta che aggressive politiche climatiche, ancorché molto
costose, porteranno ad una radicale e rapida riconversione delle economie
europee verso un nuovo modello di sviluppo e verso nuovi stili di vita, come
esplicitamente affermato dal “vicepresidente della commissione Ue” Timmermans.
(Un
pazzo furioso che è affascinato dalle fumisterie religiose dell’attacco al “bandito
CO2”! N.D.R.)
Non
c'è niente di cui meravigliarsi. È la legge della democrazia.
Ursula
Von der Leyen interpreta un Parlamento dove un terzo è ambientalista, nota in
un'intervista su Panorama “Davide Tabarelli” di Nomisma Energia: abbiamo una classe politica che
idolatra la decrescita felice.
È logico che si vada verso un suicidio
economico.
La vera catastrofe è la morte dell'economia.
In
Italia, dove il M5S, partito dalle scie chimiche e dalla pseudo scienza, è
tuttora il gruppo parlamentare più numeroso, votato alle ultime elezioni da un
terzo degli elettori, si rischia ancor di più.
L'approccio
green è diventato fideistico, non scientifico.
Fideistico
ma non solo, a dire il vero.
Le politiche energetiche prevalenti, affermatesi per
contrastare l'aumento delle temperature medie, sono guidate da un mix di
ignoranza e di sudditanza alle lobbies dell'industria elettrica mondiale.
Quest'ultima
dispone di una serie di intellettuali organici della disinformazione, (ben pagati! N.D.R.) che ripropongono posizioni che
sono tutt’altro che nuove e che hanno largo seguito in ambito accademico e
scientifico corrotto, con ricadute politiche in genere espresse in termini
assai più approssimativi e folcloristici.
Da qui
la “demagogica
legge Ue per il clima” che rende legalmente vincolanti i puerili obiettivi del
taglio del 55% delle emissioni entro il 2030 (Fit for 55) e della neutralità
climatica entro il 2050.
Da qui
i lacci e i lacciuoli imposti dalla commissione Ue al mercato.
Tutta
una serie di filiere industriali sottoposte a regolazioni finora inusitate.
La Border tax.
Addirittura
una "tassonomia" per decidere che cosa è Bene - e deve continuare ad
esistere - e che cosa no:
un'assurdità
perfino per un pianificatore maoista del Grande Balzo in avanti.
"Tassonomia".
Quasi
una bestemmia per gli americani, perfino per Kerry. Gli Stati Uniti non
aderirono al protocollo di Kyoto proprio in nome della superiorità del mercato
nel contrasto al cambiamento climatico, piuttosto che di regole calate
dall'alto.
Ma
ormai l'Europa, proprio su questi capisaldi, non può più arretrare.
È
troppo compromessa.
La
follia dirigistica di contrastare l'innalzamento delle temperature non con
politiche che emergono dalla contrattazione nel mercato e con il mercato,
denuncia il “professor Sapelli sul Sussidiario”, ma con decisioni tecnocratiche
legittimate solo dallo stordimento ideologico, ha appena iniziato a produrre i
danni immensi di una transizione non contrattata del tipo di quella che sta
inverandosi in una Ue sempre più simile all'Urss.
(Ma quanti miliardi si sono intascati la “von der
line” e marito per distruggere la nostra economia europea? N.D.R.)
I
provvedimenti per la transizione verde imposti dalle tecnocrazie europee
(sorrette dal” landscape”, come lo definisce Sapelli nel suo stile flamboyant,
simbolico ed ideologico che fa del “clima un totem sacrificale”) sostituiscono fonti affidabili e
economiche con altre che non sono rodate e sono costose.
Il
fine da ricercare (l'eterogenesi dei fini...) cessa di essere il clima e
diventa la "decarbonizzazione
integrale".
Il
fatto che una simile opzione appartenga a un dibattito per così dire
"normale" sarebbe già di per sé preoccupante.
L'UE
marcia spedita sulla transizione energetica e non mostra ripensamenti nemmeno
di fronte all'esplosione dei prezzi dei diritti sulla CO2, un mostro partorito
dalle COP Onu ma reso operativo solo dai burocrati di Bruxelles.
Quella
è stata la miccia che ha innescato la crisi dei prezzi energetici, destinata a
trasformarsi presto in crisi economica tout court.
Non
avevamo certo bisogno di questi segnali di difficoltà per ipotizzare il
fallimento di quelle politiche basate esclusivamente sulle rinnovabili e
sull'abiura dei combustibili fossili.
Resta
però incredibile che in questo scenario nessuno osi mettere in discussione una
transizione energetica costosissima, come se fossimo ancora in piena deflazione
e non fosse passata almeno una decina d'anni di non investimenti in
idrocarburi, mentre si moltiplicano i costi burocratici per le imprese.
Come
se la produzione e le imprese fossero un dato di partenza scontato e il costo
dell'energia fosse una variabile indipendente.
Se ne
discute troppo poco, ma la chiusura delle fabbriche con le nuove impennate sul
prezzo dell'energia sarà la vera apocalisse.
Il
carrozzone mediatico-politico preferisce il velo di Maya del Covid, che
nasconde la realtà.
Molte
cose cambieranno quando i cittadini europei cominceranno a subire le randellate
delle bollette.
Specie
quando si dovrà tornare ad un certo rigore di bilancio con l'addio alla
cuccagna dei deficit pubblici troppo facili, che hanno permesso ai governi
italiani non solo di sopravvivere in questi difficili anni di pandemia, ma
persino di aumentare i consensi.
Per il
momento l’unico problema è lo scontento di una fetta crescente della
popolazione e dell’opinione pubblica che forse non riesce a mettere insieme
tutti i pezzi del mosaico della transizione ecologica, ma che capisce benissimo
che arrivare alla fine del mese è sempre più difficile.
Avere
annunciato, prima che i mercati energetici fossero ristrutturati, il
trasferimento sui consumatori dei vantaggi delle rinnovabili dando per
acquisita la transizione solo perché si erano fissati degli ambiziosi obiettivi
di riduzione delle emissioni per compiacere l’elettorato senza una complessiva
analisi dei costi e benefici, si sta rivelando per quello che è: un piano sconsiderato.
E così
adesso, allarmati dalla insostenibilità economica e dalle ricadute sociali, e
preoccupati di perdere il consenso dei cittadini, i decisori sono pronti a
rimangiarsi molto e spingersi anche oltre.
Ne
abbiamo vista un'esemplare dimostrazione con l’impennata della bolletta
energetica di questi mesi, che ha costretto il governo Draghi ad un immediato
intervento, per non dissipare il sostegno e la fiducia dell’opinione pubblica
nel Green Deal.
Ma
anche la fiducia costa, e se il Pil decrescesse finirebbero anche le risorse
per comprarla.
L'Ue
inebriata dall'ideologia della transizione ecologica, anche in ragione della
crescente influenza dei Verdi in Germania, guarda a scenari di lungo termine,
senza rendersi conto del muro contro cui famiglie e imprese stanno per andare a
sbattere.
“Enrico
Quintavalle”, responsabile dell'ufficio studi di Confartigianato, ammonisce
che, se il rialzo dell'inflazione si rafforzasse e si prolungasse nel tempo, si
ridurrebbe il potere di acquisto delle famiglie e, contemporaneamente, si
anticiperebbe un orientamento restrittivo della politica monetaria.
Una possibile, pericolosa sincronizzazione di una
deflazione monetaria, anche senza essere accompagnata dalla temuta
riattivazione delle regole europee di bilancio, avrebbe ulteriori effetti
recessivi, esponendo l'economia italiana, oltre alla stagnazione economica da
costi, anche ai rischi di una crisi del debito sovrano.
Ma in
realtà il problema, nell'immediato, non è solo di costi e di crisi delle
finanze pubbliche.
Il
paventato rischio di blackout in Francia deve far riflettere sulla situazione
del nostro Paese.
Ci
spiegava “Francesco Del Pizzo di Terna” in un'intervista su Panorama che quando
fa freddo importiamo 4 GW e tra i grandi Paesi europei siamo quello con il
maggior deficit di potenza installata affidabile, ossia programmabile.
Dal 2005 non si investe in nuove centrali
tradizionali e dal 2013 abbiamo dismesso impianti programmabili per 14 GW.
In più
abbiamo come obiettivo al 2025 di chiudere le centrali a carbone e saranno
altri 7,2 GW che mancheranno all'appello. Così ci troveremo a dover
affrontare una riduzione di capacità termoelettrica nell'ordine dei 20 GW.
Se
confrontati con la domanda di picco, circa 60 GW, stiamo parlando di un taglio
del 30%.
Ogni
giorno che passa dimostra sempre più che, in caso di bisogno, è inutile fare
affidamento su tutto quell'eolico e quel FV che è stato nel frattempo
installato dissennatamente.
Quando
il tuo approvvigionamento di gas, e quindi la tua sicurezza energetica, dipende
dall'estero, devi avere la forza di mandare a quel paese sia Greta sia i suoi
accoliti al governo e nei media, riconoscere la transizione ecologica come business del
momento e operare sull'esistente.
Avere
energia e materie prime abbondanti e a buon mercato oggi come 70 anni fa, dopo
la Seconda guerra mondiale, è condizione necessaria per qualsiasi ripresa.
L’altra è un ambiente con meno burocrazia
possibile, attento ai profitti nel lungo periodo delle imprese in libera
concorrenza tra loro ed al benessere dei propri cittadini che partecipano, più
o meno direttamente, e devono godere dei successi dell'economia.
Invece
l'economista “Alessandro Penati” fa osservare che, col Green deal, si è persino
abrogato di fatto la politica comunitaria contro gli aiuti di stato, uno dei
pilastri della nuova Europa post bellica:
ora,
con la giustificazione di sostenere la transizione verde, i governi fanno a
gara a sussidiare con finanziamenti agevolati le imprese nazionali, e le
rinnovabili elettriche in particolare, creando indebiti vantaggi rispetto alla
concorrenza.
La
commissione potrebbe minacciare la commissione di agire al di fuori dai
Trattati.
E, se
volesse essere coerente, dovrebbe aprire davanti alla Corte di Giustizia una
procedura d’infrazione contro sé stessa.
Sarebbe
coerente con la non-logica che guida le istituzioni europee da almeno dieci
anni.
Questa,
osserva ironico il “costituzionalista Alessandro Mangia”, è la classe dirigente
che sta a Bruxelles e che guida un continente guardando tutti con sufficienza.
E che
distribuisce minacce, pagelle e sanzioni in nome di una sua immagine fantasiosa
dell’economia, che sono il segno che l’edificio senza fondamenta eretto a fatica nel
’92, dopo la riunificazione tedesca, non tiene più.
La
verità, arriva a dedurre Mangia, è che l’Europa è un’istituzione che si sta
sgretolando velocemente.
Pensare
che l’Unione europea, che non ha una politica estera comune, possa risolvere il
problema energetico dei Paesi europei è peggio che illusorio;
il rischio, semmai, è che si moltiplichino le
fratture interne.
L’Europa in queste settimane è stata costretta ad
osservare ogni giorno con preoccupazione le consegne russe di gas senza alcuna
certezza di breve-medio termine, mentre ancora vaneggia di transizioni verdi
che non si può permettere esattamente come non se le possono permettere Cina,
Russia o India, che almeno ammettono questa impossibilità.
La
transizione verde gestita da Bruxelles, che dovrebbe unire l’Europa, sta
ottenendo l’effetto contrario, mentre il mondo assiste a una dimostrazione di
inconsistenza difficile anche solo da credere.
La candida dichiarazione di Draghi, nella conferenza
stampa di fine anno, sull'impotenza europea di ritorsioni nei confronti della
minaccia militare russa all'Ucraina ha colpito di più l'opinione pubblica
anglo-sassone che quella continentale.
Caricare
l’Unione europea di una sfida sull'energia che richiede tempi brevissimi è
distruttivo.
Sarebbe molto meglio, per l’Europa in primis, che i
singoli Stati, che sono attrezzati, facessero, in questa specifica emergenza,
ciascuno per conto proprio.
La
soluzione del problema del recupero e del mantenimento della sicurezza
energetica non è semplice perché richiede molto tempo;
richiede l’apertura di nuovi impianti che non
possono sopravvivere se i costi energetici sono questi.
La
prima reazione dovrebbe essere difendere quello che c’è, e invece quello che
c'è oggi chiude schiacciato da costi insostenibili e da fardelli burocratici.
Estrarre
gas non è facile come l’immissione di liquidità della Banca centrale europea;
esige anni ed investimenti ingenti.
Dopo
troppi anni di investimenti ridotti al lumicino perché bisogna decarbonizzare,
molti Paesi europei si rifiutano di spiegare ai propri cittadini che la
rigidità, giusta o sbagliata che sia, verso la Russia e la transizione verde ci
consegnano uno scenario complicato:
le
imprese europee, come minimo, non potranno programmare la loro produzione. A
proposito di “Banca centrale europea”, “Paolo Annoni”, che nei suoi articoli
quasi quotidiani sul “Sussidiario” è il più assiduo fustigatore delle follie
green, segnala che la Bce, in sovrappiù, ha ricevuto il compito di impegnarsi
per il clima, con opzioni che sono assolutamente politiche.
Nei fatti, i soldi di tutti sono messi al servizio, e
svalutati via inflazione, di obiettivi politici mascherati da scelte
“scientifiche”.
La Bce
si avvia dunque a scrutinare i bilanci delle banche europee per misurare il
rischio climatico.
Vuol
dire che trovare in Europa una banca disposta a finanziare un progetto
energetico tradizionale sarà estremamente complicato.
Un'autentica
pazzia, proprio mentre il gas rischia di non arrivare più in quantità
sufficienti.
Pazzie su pazzie, senza più freni.
È
allora necessario pretendere un ritorno alla ragionevolezza e al confronto
intellettuale.
Solo
gli intellettuali e i ricercatori indipendenti possono produrre una svolta
sempre più necessaria.
Per
far questo sono indispensabili élite nuove e alcune pre-condizioni, di cui
tratteremo altrove.
Occorre
però, nell'immediato, essere consapevoli degli insanabili limiti delle fonti
rinnovabili non programmabili, la cui fisiologica intermittenza oggi richiede,
come l'attuale drammatica esperienza dell'esplosione dei costi dell'energia
elettrica sta dimostrando, che al loro utilizzo si affianchi un oculato ricorso
a fonti tradizionali ad impatto più contenuto quali il gas naturale.
A ciò
si dovrebbe accompagnare, nel breve periodo, un'ulteriore promozione
dell’efficienza energetica in tutto il mondo, ispirandosi proprio al virtuoso
modello dell'industria italiana.
Tutto
questo permetterebbe di realizzare fin da subito enormi riduzioni di emissioni
globali di gas clima-alteranti, in modo tale da guadagnare tempo, in attesa di
pervenire a nuove tecnologie chiave di cui il settore energetico ha bisogno ma
che, come fatto rilevare anche dall'Agenzia Internazionale dell'Energia nel suo
recente report, non sono ancora disponibili.
Sarà infatti necessaria un'ampia gamma di
tecniche e metodologie che, sempre secondo l'”Aie”, sono in fasi molto diverse
di sviluppo.
La
priorità della politica energetica italiana, europea e mondiale per la
transizione - e l'immenso sforzo finanziario che ciò comporterà nel medio
periodo - non dovrà quindi essere la proliferazione incontrollata di impianti
di rinnovabili elettriche, quanto piuttosto la ricerca e lo sviluppo di queste
nuove tecnologie davvero alternative alle fonti tradizionali e necessarie per
soddisfare gli ambiziosi obiettivi che ci siamo riproposti.
Facciamolo
mettendo - da subito - fine alla retorica del "continente climaticamente
neutro" nel 2050.
Perché
si compia la rivoluzione energetica sarebbe il caso di arrivarci, al 2050, vivi
e non morti di inedia o assiderati.
Tenendo
sempre presente chi siamo e da dove veniamo, il sistema di valori della nostra
civiltà industriale e l'importanza di un'economia basata sulla facile
disponibilità di energia a basso costo che ci ha permesso di raggiungere, per
la prima volta nella storia umana, il benessere diffuso e di condividerlo con
il resto del mondo.
La nostra civiltà industriale dipende dagli
idrocarburi per tantissimi aspetti che trascendono la mobilità, la luce o il
gas.
Non
seghiamo il ramo sul quale stiamo comodamente appollaiati prima di averne
trovato uno ancora più comodo.
Ci vorranno generazioni di sforzi e di
tentativi, ma, se siamo arrivati fin qui uscendo dalle Età Oscure, ce la faremo
anche stavolta, a patto di mantenere, per muoverci in territori in gran parte
ignoti, la razionalità e quelle stesse bussole culturali adoperate allora.
(Alberto
Cuppini)
Cop28,
il messaggio di Papa Francesco:
“Devastazione
Creato è offesa a Dio”.
Meloni:
“Serve transizione ecologica non ideologica.”
Cronachedi.it
– (02 -12- 2023) - Mauro Vignola – ci dice:
Terzo
giorno di lavori alla Cop28, la conferenza del clima sotto l’egida dell’Onu in
corso a Dubai fino al 12 dicembre.
“La
mia idea è che se noi vogliamo essere efficaci, se vogliamo una sostenibilità
ambientale che non comprometta la sfera economico-sociale, quello che dobbiamo ricercare è una
transizione ecologica, non ideologica”.
Lo ha
detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervenendo in plenaria
alla Cop28 in corso all’Expo City di Dubai.
“È un
momento chiave per contenere la crescita delle temperature mondiali entro 1,5
gradi.
Anche
se ci sono ragioni per essere ottimisti, l’obiettivo rimane molto lontano.
La Cop28 deve essere una svolta, ci viene
chiesto di fissare una chiara direzione e agire in modo ragionevole ma
concreto”.
Lo ha detto la presidente del Consiglio,
Giorgia Meloni, intervenendo in plenaria alla Cop28 in corso all’Expo City di
Dubai.
“L’Italia
sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione – ha quindi aggiunto
la premier – e lo fa in modo pragmatico.
Questo
significa con un approccio neutrale alla tecnologia, libero da un radicalismo”.
Parlando
in plenaria, Meloni ha ricordato che “siamo chiamati a stabilire una direzione
chiara e a mettere in atto azioni ragionevoli ma concrete, come triplicare la
capacità di generazione di energia rinnovabile nel mondo entro il 2030 e
raddoppiare il tasso globale di miglioramento annuale dell’efficienza
energetica, come indicato anche dalla Presidenza” della Cop28.
La premier nel suo intervento ha quindi ricordato che
l’Italia sta “gradualmente sostituendo la produzione di energia elettrica da
carbone con le rinnovabili, abbiamo adottato un nuovo Piano per l’energia e il
clima e stiamo investendo risorse e attenzione sui biocarburanti, tanto che
siamo tra i fondatori della Global Biofuels Alliance.
Nel
contesto europeo, abbiamo tracciato un percorso per raggiungere la neutralità
del carbonio entro il 2050 e per ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il
2030. Ma
siamo anche impegnati a garantire, attraverso il programma Ue ‘Fit for 55’, un
approccio multisettoriale che rafforzi i mercati del lavoro e mitighi l’impatto
sui nostri cittadini.
E questo è un punto essenziale, perché se pensiamo che la transizione
verde possa comportare costi insostenibili, soprattutto per i più vulnerabili,
la condanniamo al fallimento”.
“Devastazione
creato offesa a Dio, l’ora è urgente.”
Il
messaggio di Papa Francesco alla Cop28, la conferenza del clima sotto l’egida
dell’Onu in corso a Dubai fino al 12 dicembre.
“Purtroppo
non posso essere insieme a voi, come avrei desiderato, ma sono con voi perché
l’ora è urgente – le parole del Pontefice lette dal cardinale segretario di
Stato Pietro Parolin – Sono con voi perché, ora come mai, il futuro di tutti
dipende dal presente che scegliamo.
Sono
con voi perché la devastazione del Creato è un’offesa a Dio, un peccato non
solo personale ma strutturale che si riversa sull’essere umano, soprattutto sui
più deboli, un grave pericolo che incombe su ciascuno e che rischia di
scatenare un conflitto tra le generazioni”.
“È
acclarato – continua il Papa – che i cambiamenti climatici in atto derivano dal
surriscaldamento del pianeta, causato principalmente dall’aumento dei gas serra
nell’atmosfera, provocato a sua volta dall’attività umana, che negli ultimi
decenni è diventata insostenibile per l’ecosistema.
L’ambizione
di produrre e possedere si è trasformata in ossessione ed è sfociata in
un’avidità senza limiti, che ha fatto dell’ambiente l’oggetto di uno
sfruttamento sfrenato”.
Papa
Francesco nel messaggio letto a Dubai dal cardinale segretario di Stato Pietro
Parolin, rilancia poi una proposta:
“Con il denaro che si impiega nelle armi e in
altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la
fame e realizzare attività che promuovano lo sviluppo sostenibile dei Paesi più
poveri, contrastando il cambiamento climatico”.
Meloni
a Cop28 contesta il “radicalismo
ambientale”:
“Serve una transizione
ecologica,
non ideologica.”
Larepubblica.it
– (02-12-2023) - redazione Politica – ci dice:
Meloni
a Cop28 contesta il “radicalismo ambientale”: “Serve una transizione ecologica,
non ideologica” (afp).
La
premier interviene a Dubai alla plenaria della conferenza Onu sui cambiamenti
climatici:
“Serve
un approccio che non comprometta la sfera economica e sociale”.
Barelli
(Forza Italia): “La fonte di energia primaria che può garantire al nostro Paese la piena
autonomia è il nucleare”
"La
mia idea è che se vogliamo essere efficaci, se vogliamo una sostenibilità
ambientale che non comprometta la sfera economica e sociale”.
Giorgia
Meloni si presenta con queste parole alla plenaria della Cop28, la conferenza
Onu sui cambiamenti climatici in corso a Dubai.
La
premier rivendica che "l'Italia sta facendo la sua parte nel processo di
decarbonizzazione in modo pragmatico" e promuove quello che definisce “un
approccio tecnologicamente neutro, libero da inutili radicalismi” sull’ambiente: “Ciò che dobbiamo perseguire – dice
Meloni – è una transizione ecologica, e non ideologica”.
Parole
a cui il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli, risponde: “L'indipendenza energetica del nostro
Paese è indispensabile per garantire crescita e benessere stabile ed evitare
che l'Italia debba sottostare al mercato dettato dai paesi produttori, mai
tanto penalizzante come negli ultimi anni.
Va
valorizzata sicuramente la produzione di energia 'naturale' che madre natura ci
può regalare - fotovoltaico, eolico, biomasse -, ma Forza Italia da sempre ha indicato
che la fonte di energia primaria - che può garantire al nostro Paese la piena
autonomia - è il nucleare".
Il
messaggio di papa Francesco alla Cop28: “No ai nazionalismi, serve una conversione
ecologica multilaterale”.
(Iacopo
Scaramuzzi -2 Dicembre 2023).
La
presidente del Consiglio ha ribadito che l'Italia è "anche impegnata a
garantire, attraverso il “programma Ue Fit for 55”, un approccio
multisettoriale che rafforzi i mercati del lavoro e mitighi l'impatto sui
nostri cittadini.
E
questo – ha sottolineato – è un punto essenziale, perché se pensiamo che la
transizione verde possa comportare costi insostenibili, soprattutto per i più
vulnerabili, la condanniamo al fallimento”.
CAMBIAMENTO
CLIMATICO.
(Come
salvare la Cop28 - Riccardo Luna -02 Dicembre 2023)
Meloni
ha definito il vertice in corso “un momento chiave” negli sforzi per contenere
l'aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi:
“Abbiamo
raggiunto il primo 'Global stocktake' e ci sono ragioni per essere ottimisti.
Ma l'obiettivo rimane ancora lontano”, ha però aggiunto.
La Cop28 “deve essere un punto di svolta siamo
chiamati a dare una direzione chiara e ad attuare azioni ragionevoli ma
concrete,
come triplicare la capacità mondiale di generazione di energia rinnovabile
entro il 2030 e raddoppiare il tasso globale di miglioramento annuale
dell'efficienza energetica”.
Assemblea
di Assolombarda.
Meloni:
la transizione ecologica non può smantellare le nostre imprese. Bonomi: noi
paghiamo già più del salario minimo.
La
premier all’assemblea degli industriali: metteremo a terra il Pnrr, costi quel
che costi.
Ilsole24ore.com
– (3 luglio 2023) – Giorgia Meloni – ci dice:
Meloni:
"Abbiamo portato un approccio pragmatico all'ambientalismo in Europa"
I
punti chiave.
Bonomi:
bene Meloni su nuova narrazione dell’industria.
«Transizione
non può smantellare le nostre imprese»
«Inspiegabile
sminuire l’industria italiana».
«Ue
parla di sovranità, impensabile pochi mesi fa».
«Stiamo
dimostrando una affidabilità maggiore rispetto al resto dell’eurozona»:
lo ha
detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nell’intervento all’assemblea
di Assolombarda citando i dati sul Pil dell’Italia che «ha mostrato una ripresa
post-Covid che ci consegna un’economia in crescita oltre le aspettative, con la
stima di una previsione al rialzo a +1,2% nel 2023, una crescita superiore alla
media Ue».
Ma la
premier ha parlato anche di transizione ecologica per avvertire che non può
portare a «smantellare la nostra economia e le nostre imprese, la transizione
ecologica e la sostenibilità ambientale devono camminare di pari passo con la
sostenibilità sociale ed economica».
E Sul Pnrr garantisce:
«Vi
assicuro che i fondi li metteremo a terra costi quel che costi».
Poi
l’annuncio: Il governo lavora per varare a breve un Chips Act italiano».
Bonomi:
bene Meloni su nuova narrazione dell’industria.
«Mi
sono piaciute molto le parole della presidente del Consiglio, una narrazione
diversa sull’industria» è stato il commento del presidente di Confindustria,
Carlo Bonomi.
«Nella legge di bilancio - ha detto - abbiamo
visto i provvedimenti sull’energia e poi avremmo gradito che le altre risorse
andavano su altro che ritenevamo importanti».
Bonomi:
noi paghiamo più del salario minimo a 9 euro.
«Se
vogliamo parlare di salario minimo - ha aggiunto Bonomi - con una soglia di 9
euro non è un problema di Confindustria. I nostri contratti sono tutti
superiori. Se prendiamo ad esempio i metalmeccanici di terzo livello il prezzo
è di undici euro. L’industria non è vero che paga poco ma paga il giusto. Non
c’è un veto anzi è una grande sfida ed entriamo nel pieno dei temi».
(17
novembre 2023)
«Transizione
non può smantellare le nostre imprese»
Nel
suo intervento Meloni ha sottolineato che «non può ritenersi che noi, per
avviare la transizione ecologica, possiamo smantellare la nostra economia e le
nostre imprese, la transizione ecologica e la sostenibilità ambientale devono
camminare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica».
La transizione - detto - va fatta con l’uomo
al centro».
Meloni
ad Assolombarda: l'Italia è sempre la nave più bella del mondo.
«Inspiegabile
sminuire l’industria italiana»:
«Se i
numeri del settore sono incontrovertibili quelli dei territori rappresentanti
da Assolombarda sono addirittura sorprendenti, e nonostante questi numeri
assistiamo ancora ad una inspiegabile tendenza a sminuire il portato
dell’industria italiana, mentre si prendono a punto di riferimento realtà
esterne ai confini nazionali da cui nulla avete da imparare semmai da
insegnare» ha detto la presidente del Consiglio.
«Ue
parla di sovranità, impensabile pochi mesi fa».
Sulle
materie prime e sull’industria, ha proseguito Meloni, si lavora con «un
approccio congiunto per una Ue che oggi inizia a parlare nientemeno che di
sovranità, cosa impensabile qualche mese fa quando veniva confuso con un
approccio autarchico, una pericolosa tendenza dei partiti di destra».
Che ha fatto notare:
«Non
era così, chi opera nel campo del reale e non dell’ideologia e dell’utopia ha
più facilità a vedere cosa poi si materializza».
«Metteremo
a terra il Pnrr, costi quel che costi».
Sul
Pnrr, ha affermato Meloni, «non è in gioco il governo ma la modernizzazione dell’Italia
e la sua credibilità a livello internazionale. C’è chi tifa perché si fallisca
come se non fosse interesse» di tutto il Paese.
«Vi assicuro che i fondi li metteremo a terra
costi quel che costi, modificheremo le parti che non vanno bene privilegeremo
il profilo strategico» negli investimenti, «contratteremo con la Ue, faremo le
norme necessarie a superare le lungaggini e le difficolta degli enti locali. Se
qualcuno vuole rimanere a guardare vorrà dire che quando avremo terminato avrà
imparato una lezione».
Meloni:
"I soldi del Pnrr li metteremo a terra, costi quel che costi"
«A
breve un Chips Act italiano»
Il
governo, ha annunciato Meloni, lavora per «varare a breve un Chips act
italiano».
«La politica dei semiconduttori si inserisce
in un piano più ampio, volto a rendere l’Italia competitiva in settori ad alto
contenuto tecnologico - ha aggiunto -.
Il
ramo Hi Tech deve attrarre imprese dall’estero ed evitare la fuga di quelle che
operano in Italia».
Giorgia
Meloni:
"La
transizione ecologica non
deve smantellare la nostra economia"
quattroruote.it
– Redazione online – Giorgia Meloni – (3-7- 2023) – ci dice:
Giorgia
Meloni torna a parlare delle politiche europee per la decarbonizzazione imposte
a numerosi settori industriali, incluso l'auto motive.
"La transizione ecologica è indispensabile, ma va
fatta con criterio:
non possiamo smantellare la nostra economia e
le nostre imprese", ha detto la premier durante un intervento
all'Assemblea Generale di Assolombarda.
"La sostenibilità ambientale - ha
aggiunto Meloni - deve camminare di pari passo con la sostenibilità sociale ed
economica.
Difendiamo
la natura, ma con l'uomo dentro: è questa la sfida che ci caratterizza con un
approccio molto pragmatico rispetto a un ambientalismo ideologico e un po'
miope su alcuni dossier. Penso al regolamento sui veicoli leggeri:
c’è ancora da lavorare sul riconoscimento dei
biocarburanti, ma intanto siamo riusciti a imporre il principio della
naturalità tecnologica, ponendoci in testa al fronte del no alla nuova
normativa che oggi raggruppa otto Paesi europei".
Libertà
tecnologica e tensioni geopolitiche.
Meloni
ha fatto un riferimento esplicito a diktat europei come l'ormai famoso stop
alla vendita di nuove auto a benzina e diesel nel 2035 e la relativa
imposizione dell'elettrico quale unica soluzione per la riduzione delle
emissioni nel campo dei trasporti:
"Se da una parte è giusto che l'Europa
definisca gli obiettivi della transizione ecologica, dall'altra la tecnologia
con cui ogni nazione sceglie di raggiungere gli obiettivi deve essere lasciata
alla definizione degli Stati nazionali per salvaguardare l'economia e non
consegnarci a nuove pericolose dipendenze".
La
premier ha poi ricordato il "quadro globale in continuo mutamento",
le "nuove logiche e i nuovi assetti dei mercati globali", la
"nuova fase nella storia della politica industriale" e una situazione
geopolitica alla "quale eravamo disabituati", con le tensioni tra
l'Occidente e la Cina:
"L'Europa non può non reagire, non
rispondere e non coordinarsi, a maggior ragione perché Europa e Stati Uniti
guardano allo stesso rivale sistemico, la Cina. Anzi, il tentativo degli Stati
Uniti di rendersi più indipendenti da Pechino offre a noi l'opportunità di
porci come fornitore alternativo, almeno per alcune materie prime critiche
estratte e processate in Europa nei segmenti più carichi di innovazione, di
contenuto tecnologico".
Del
resto, "quella delle materie prime critiche è una delle principali sfide
del nostro tempo, se consideriamo soprattutto la loro importanza per la
transizione ecologica".
Cambio
di passo.
L'Europa,
però, deve cambiare passo e in tal senso Meloni ha indicato alcuni segnali
favorevoli:
"Oggi
la Ue inizia a parlare nientemeno che di sovranità, cosa impensabile qualche
mese fa quando veniva confusa con un approccio autarchico, una pericolosa
tendenza dei partiti di destra.
Non
era così: chi opera nel campo del reale e non dell'ideologia e dell'utopia ha
più facilità a vedere cosa poi si materializza".
Di
sicuro, per Meloni, "qualcosa non ha funzionato se il primo embrione
dell'unificazione europea si chiamava “Ceca”, Comunità economica del carbone e
dell'acciaio, cioè nasceva per mettere in relazione e coordinare il lavoro
delle nazioni sull'approvvigionamento energetico e delle materie prime.
E
oggi, quando sono arrivati i primi shock, abbiamo scoperto che quello su cui
eravamo più esposti era l'approvvigionamento energetico e di materie prime.
Oggi, finalmente, si torna a parlare di catene di approvvigionamento, di
controllo dei propri asset strategici, di autonomia strategica, e in questa
consapevolezza c'è anche un ruolo geopolitico che l'Europa deve giocare".
Infine, il presidente del consiglio ha
affrontato alcuni temi cari agli imprenditori.
Il governo sta infatti lavorando "per
varare a breve un Chips Act italiano", procedendo con i necessari
"correttivi" al Pnrr e definendo "un documento globale di
politica industriale 'Made in Italy 2030'" che sarà presentato il prossimo
anno.
LE
PAROLE DELLA MELONI.
Il
Governo (ma non tutto) dichiara
guerra
all'ideologia green.
Lanuovabq.it
– Ruben Razzante – (4 -7-2023) – ci dice:
La
premier Meloni all'assemblea di Assolombarda dice che la transizione ecologica
non deve smantellare l'economia e deve avere l'uomo al centro.
Ma Picheto Fratin (Ambiente) rilancia un
lockdown green.
L’ideologia
green rischia di diventare il cappio al collo del sistema produttivo italiano e
di provocare un vero e proprio impoverimento di famiglie, imprese e Stati.
L’Unione europea, che su tanti temi si
dimostra divisa e in balia delle situazioni, su questo tema della sostenibilità
sta portando avanti una vera e propria crociata ideologica, che contiene
certamente alcuni aspetti positivi in ordine al rispetto della natura e
dell’ambiente, ma rischia di ritorcersi contro lo sviluppo delle società e
degli Stati.
Si è
avuta prova tangibile del fastidio crescente che i nostri governanti, nazionali
e locali, stanno maturando rispetto all’ideologia green durante i lavori
dell’Assemblea annuale di Assolombarda, che si è svolta ieri a Milano.
Anche
su questo tema si è confermata la piena sintonia tra Governo e Regione
Lombardia.
Sia il
Presidente del Consiglio che il Governatore lombardo, in materia di transizione
green, hanno ribadito che un conto è proteggere l’ambiente e la natura altra
cosa è rinunciare alla crescita delle aziende per proteggere l’ambiente e la
natura.
Senza
sviluppo industriale si ferma tutto e imporre troppi vincoli alle imprese e
agli Stati in materia di emissioni e di risparmio energetico significa
alimentare una spirale autodistruttiva che elimina risorse anziché
moltiplicarle.
Giorgia
Meloni ha raccolto applausi scroscianti dalla platea confindustriale quando si
è soffermata sulla transizione green:
«Non può ritenersi che noi per avviare la
transizione ecologica possiamo smantellare la nostra economia e le nostre
imprese.
La
transizione ecologica e la sostenibilità ambientale devono – ha chiarito il
premier – camminare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica; la
transizione va fatta con l'uomo al centro».
Guardando sempre all’agenda comunitaria, in
particolare sulle materie prime e sull'industria, Meloni ha sottolineato che si
lavora con «un approccio congiunto per una Ue che oggi inizia a parlare
nientemeno che di sovranità, cosa impensabile qualche mese fa quando veniva
confuso con un approccio autarchico, una pericolosa tendenza dei partiti di
destra».
Duro
anche il Governatore lombardo, Attilio Fontana, che ha chiarito che lo sviluppo
sostenibile è in cima alle priorità della sua giunta e che i dati della
Lombardia sulle emissioni inquinanti sono confortanti e migliori di quelli di
altre realtà territoriali.
«Tuttavia
- ha detto - le direttive Ue in materia ambientale rischiano di tarpare le ali
allo sviluppo della Lombardia perché impongono tutta una serie di vincoli che
impediscono alle aziende di produrre».
Fontana ha anche rilanciato il tema
dell’autonomia, che considera indispensabile per conferire maggiore dinamismo
alle spinte verso la crescita che le imprese lombarde stanno imprimendo da un
anno a questa parte.
«Chiedo di valutare come il modello lombardo
funzioni e per funzionare ancora meglio avrebbe bisogno di più autonomia che ci
consentirebbe di competere con quelle realtà europee che già hanno questi
elementi di autonomia che permette loro di rendere più snelli i processi e
avere maggiori competenze e più flessibilità fiscale», ha concluso il
Governatore.
Il
centralismo di Bruxelles e quello di Roma sono i due nemici della ripartenza
concreta del Paese.
Sull’autonomia
la battaglia è tra forze politiche centraliste e forze federaliste e queste
ultime oggi sono ben rappresentate nella maggioranza di governo.
Dunque esistono concrete possibilità di
approvare l’autonomia differenziata, che darebbe maggiore flessibilità alle
iniziative regionali.
Sul
fronte green, invece, l’ideologia rischia di produrre danni notevoli, perché
anche nelle file del Governo italiano si registrano posizioni ben diverse da
quelle espresse ieri dalla Meloni.
Hanno
destato scalpore, ad esempio, le dichiarazioni del Ministro per l’Ambiente,
Gilberto Pichetto Fratin, che ha annunciato di aver inviato alla Commissione
europea un documento sulla strategia green dell’esecutivo.
Per
riassumerne i contenuti il quotidiano La Verità ha utilizzato ieri
un’espressione fortemente evocativa: “lockdown green”.
In
altri termini, l’esponente del Governo Meloni, per compiacere l’Ue e il suo
delirio ideologico green, sostiene che non basta aumentare la produzione di
rinnovabili e accelerare sui veicoli elettrici, ma è necessario far spostare
meno le persone, dunque estendere lo smart working e introdurre la settimana
lavorativa corta.
Per
soddisfare i desiderata di Bruxelles in ordine agli obiettivi di
decarbonizzazione dei settori “non Ets”£ (non Emission Trading System),
l’Italia dovrebbe quindi promuovere la progressiva diffusione di mezzi
caratterizzati da consumi energetici ridotti e spostare l’utenza dal trasporto
privato a quello pubblico.
Si
tratta di ricette pericolose, che assolutizzano in maniera integralista
l’elemento climatico ponendo in secondo piano lo sviluppo produttivo e la
crescita delle imprese e delle società.
Una
deriva indotta da un ambientalismo ideologico e miope che, se non frenato per
tempo, può portare l’Europa a scivolare verso scenari inimmaginabili di povertà
ed emergenza sociale ed economica.
(Non
tutti i pazzi che governano i paesi occidentali hanno come destinazione
politica il manicomio! N.D.R.)
Carne
e sostenibilità. Nuove metriche
rivelano
l'impatto del settore agricolo
europeo,
creditore netto di emissioni.
Eunews.it
– (25 ottobre 2023) – Simone De La Feld – ci dice:
Al
Parlamento europeo l'evento di presentazione del libro “Meats And Cured Meats:
The New Frontiers of Sustainability”, ospitato dall'eurodeputato di Forza
Italia, Salvatore De Meo.
Per
Luigi Scordamaglia, di Filiera Italia, "la sostenibilità non può essere
smantellare le attività agricole e delegare ai laboratori la produzione di
quello che mangiamo.”
Bruxelles
– Il settore zootecnico europeo rappresenta il 38,5 per cento dell’intero
comparto agricolo per un valore di 206 miliardi di euro con circa 4 milioni di
addetti.
Un
comparto che ha ridotto le proprie emissioni di oltre il 18 per cento negli
ultimi trent’anni e che rappresenta “l’unica attività umana che, oltre a
emettere carbonio (Co2), contemporaneamente lo sequestra”.
Questa
la fotografia scattata al Parlamento Europeo durante l’evento di presentazione
del libro “Meats And Cured Meats: The New Frontiers of Sustainability”, (Franco
Angeli editore) scritto da Elisabetta Bernardi, Ettore Capri e Giuseppe Pulina.
All’evento,
introdotto e promosso dall’eurodeputato di Forza Italia, Salvatore De Meo,
Presidente della Commissione Affari Costituzionali e membro della Commissione
Agricoltura, e con la partecipazione di Luigi Scordamaglia, Amministratore
Delegato di Filiera Italia.
“Oggi
il settore zootecnico europeo è al centro della sfida ambientale – ha
dichiarato in apertura De Meo – ma la transizione va perseguita in maniera
pragmatica, non impositiva e soprattutto non ideologica”.
Perché se siamo tutti d’accordo che la
sostenibilità è l’obiettivo verso cui tendere, l’eurodeputato azzurro ha
rilanciato con decisione l’idea che “la sostenibilità non può avere solo
una declinazione ambientale, ma necessariamente anche sociale, produttiva ed
economica”.
Una transizione verde che non può prescindere dalla
zootecnia, “parte di quell’azione che ci serve per raggiungere la neutralità
climatica”.
L’impatto
ambientale del settore zootecnico: le nuove unità di misura proposte da Oxford.
Sugli
impatti ambientali del settore si è espresso Giuseppe Pulina, professore di
Etica e Sostenibilità degli Allevamenti all’Università di Sassari e presidente
di Carni Sostenibili, organizzazione no profit che riunisce le associazioni dei
produttori di carni e salumi italiani con lo scopo di promuovere un consumo
consapevole e la produzione sostenibile degli alimenti di origine animale.
Il punto è che l’agricoltura è l’unica
attività umana che, oltre a emettere carbonio, contemporaneamente lo sequestra.
Ecco
perché, anche quando si parla di zootecnia, non si deve parlare solamente di
emissioni inquinanti, ma di bilancio fra queste e sequestro di carbonio da
parte degli agroecosistemi.
Pulina
ha suggerito però un ulteriore sviluppo:
“In
questi anni la comunità scientifica e le istituzioni hanno evidenziato la
necessità di introdurre nuove metriche per calcolare le emissioni, capaci di
tenere in considerazione la tipologia di gas climalteranti e della loro
permanenza in atmosfera”.
Un’urgenza fatta presente già nel 1990 dal
Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Ipcc),
per superare limitazioni e incertezze delle unità di misura utilizzate fino a
quel momento.
Un
team di fisici dell’Università di Oxford ha proposto una revisione radicale,
con dei risultati sconvolgenti:
“Così
ricalcolate, le emissioni dell’intero settore agricolo europeo peserebbero non
l’11,8 per cento, o il 4,6 per cento se compensate dai riassorbimenti, del
totale, ma diventerebbero addirittura negative”.
La
spiegazione risiede nel fatto che per la prima volta i ricercatori di Oxford
hanno preso in considerazione la differenza in termini di azione sul
riscaldamento globale tra gli inquinanti climatici a vita breve, quale il
metano, e gli inquinanti climatici a vita lunga, quale l’anidride carbonica
(Co2).
“Una differenza sostanziale – spiega Pulina
-se consideriamo che il metano ha una emivita di circa 10 anni, mentre
l’anidride carbonica permane in atmosfera per circa mille anni”.
(Ma
come fa la” CO2” - pur essendo un gas più pesante dell’atmosfera – a
frequentare il salotto buono dei gas serra nella stratosfera e a non
precipitare sul suolo terrestre od in mare a cui la gravità della terra ha
sempre provveduto “alla bisogna”! N.D.R)
“L’attacco
violento” dell’Ue alla zootecnia e il valore degli alimenti di origine animale.
(Tutto
l’attacco violento della UE è diretto dal “Gruppo Gates & C”. che finanzia
i comandanti attuali della UE! N.D.R).
Ma
nelle valutazioni di rischio e di impatto che tengono in piedi il Green Deal
europeo, le metriche utilizzate non sono quelle sviluppate ad Oxford.
E il rischio è quello denunciato da Filiera
Italia e dal suo amministratore delegato, Luigi Scorda maglia:
“La
risposta alla domanda di sostenibilità non può essere quella di smantellare le
attività agricole e delegare ai laboratori la produzione di quello che mangiamo”.
Anche
perché nel mondo 1,3 miliardi di persone devono esclusivamente il loro
sostentamento ad attività legate all’allevamento.
Secondo
Scorda maglia Bruxelles sta portando avanti “un attacco violento alla
zootecnia”, e in particolare sulla carne artificiale ricorda che “secondo FAO e
OMS esistono almeno 53 potenziali pericoli per la nostra salute legati al
possibile consumo di carne artificiale”.
Perché
mancano ancora “gli studi necessari che dicano che il consumo di questo
prodotto, addizionato di ormoni, antibiotici e antimicotici necessari per farla
crescere, non comporti rischi”.
Rischi
che non riguardano gli alimenti di origine animale.
La
dottoressa Elisabetta Bernardi ne ha evidenziato il valore nell’ambito
dell’alimentazione umana:
“Se è vero che i prodotti di origine animale
apportano solo il 18 per cento delle calorie, essi contribuiscono per il 34 per
cento delle proteine e per il 55 per cento degli aminoacidi essenziali“.
Inoltre,
ha sottolineato Bernardi, l’impronta ecologica – come uso del suolo e come
emissioni- degli alimenti di origine animale “è pressoché simile o addirittura
inferiore a quella relativa alla produzione di proteine vegetali, a eccezione
della soia, che però non è nella tradizione mediterranea”.
Sul
tema della sostenibilità degli allevamenti, in particolare quelli italiani, si
è soffermato infine” Ettore Capri”, che ha ricordato come il sistema zootecnico
italiano sia un modello avanzato di economia circolare a livello mondiale:
oggi, infatti, l’Italia è il quarto produttore al mondo di biogas e secondo in
Europa dopo la Germania.
Grande rilievo, secondo Capri, ha lo sviluppo
di attività di “Carbon Farming”, “una serie di pratiche agricole volte alla
produzione alimentare che nel contempo sono in grado di sequestrare con
maggiore efficienza il carbonio atmosferico (Co2)”.
Le
virtù del comparto zootecnico europeo sono sul piatto.
Ma la Commissione europea sembra non volersene
accorgere: “La più grande preoccupazione – ha sottolineato l’eurodeputato De
Meo – è che stiamo esternalizzando l’inquinamento per poi riportare sulle
nostre tavole quello che in Europa non si può più fare “.
Gregorini
(Cna), un errore
smantellare
Rete Imprese Italia,
insieme
si conta di più.
Ildiariodellavoro.it
- Massimo Mascini – “27 gennaio 2023) – ci dice
Otello
Gregorini, il segretario generale della Cna, grande associazione di imprese
artigiane, guarda al prossimo futuro con una punta di ottimismo.
Il
peggio è alle spalle, afferma, se si riesce a imbrigliare il prezzo dei
carburanti tanti problemi perdono di vigore, l’inflazione, il costo del denaro.
Lo
preoccupa di più il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, perché trovare
dipendenti è sempre più difficile, tanto più per alcune competenze che non si
trovano e sono invece indispensabili, specie in un momento di grande
transizione come quello che stiamo attraversando.
Il punto, confessa, è che abbiamo sbagliato un
po’ tutti, noi, le famiglie, la scuola, ci siamo fatti sopraffare dai problemi
e il lavoro ha perso di attrattiva, specie quello manuale.
Si è perso, dice, il gusto del lavorare bene,
che era ed è la caratteristica del lavoro artigiano.
Delle
proteste di Confindustria che si lamenta perché le associazioni artigiane, ma
anche quelle del terziario, associano imprese industriali, che sarebbero fuori
dalla loro competenza, non se ne cura.
La verità, afferma Gregorini, è che quegli
steccati non esistono più.
Le
imprese sono sul mercato, dice, e si rivolgono alle associazioni più
intraprendenti, più capaci di attirare consenso.
Nessun
ripensamento, quindi, semmai rimpianto per l’uscita di scena di Rete Imprese
Italia, che raggruppava tutte le associazioni artigiane e del terziario.
Se
vogliamo contare di più, afferma il segretario generale di Cna, dobbiamo
rimetterci assieme.
Gregorini,
che previsioni economiche fanno gli artigiani per questo anno appena iniziato?
Il
2022 è stato un anno positivo, per quest’anno abbiamo preoccupazioni forti.
Legate soprattutto al tema dell’energia, e giustamente il governo ha dedicato
la gran parte della manovra a questo capitolo.
Il “price
cap” è stato importante, ha portato una forte riduzione del prezzo del gas e
non ha nemmeno scaricato tutti gli effetti positivi possibili.
Adesso
dobbiamo pensare ai carburanti, perché se si riesce a imbrigliarne il costo
perdono di forza anche gli altri temi difficili, l’inflazione e il costo del
denaro.
È tutto legato.
Gli
economisti dicono che forse è già stato raggiunto il picco dell’inflazione.
Me lo
auguro, perché il paese fa fatica con un’inflazione a due cifre.
E
perché se cala il potere di acquisto calano i consumi.
Ma le
imprese devono poter vendere i loro prodotti, altrimenti crescono i problemi.
Possiamo
dire che tra gli artigiani prevale l’ottimismo?
Chi ha
intenzione di fare investimenti forse ci va un po’ più cauto, ma le nostre
aziende sono flessibili, si adattano facilmente.
E
comunque anche crescendo trovano altri problemi, primo tra gli altri quello
della forza lavoro.
Tante
imprese artigiane non riescono a reperire certe competenze, certe
specializzazioni.
Credo che debba essere meglio allineata la
relazione tra scuola e lavoro.
Problema
complesso, tanto più in un momento come questo dove le transizioni si
moltiplicano e chiedono competenze anche molto diverse.
Si,
soprattutto per noi artigiani, perché nelle nostre imprese il lavoro è
fondamentale, non ci sono le macchine che fanno tutto. Il rapporto con i
dipendenti è sempre molto stretto, non a caso se una persona lavora bene
l’artigiano non se la fa scappare, se la tiene e gli dà prospettive.
Avete
difficoltà per alcune competenze o in generale mancano lavoratori?
Diciamo
che per certe competenze c’è un problema, ma in generale non si trova
manodopera, specie per certi lavori.
Pensi
a cosa è accaduto per l’edilizia, che sta vivendo un picco per il superbonus.
I
lavoratori non ci sono e tutti quelli impegnati adesso sono per l’80%
stranieri, nella mia regione, le Marche, tutti dell’Est Europa.
Gli
italiani vogliono fare altro.
Perché
rifiutano il lavoro artigiano, in generale il lavoro manuale?
Rimanendo
nell’esempio dell’edilizia, è un dato di fatto che per tanto tempo si è pensato
e si è detto che non era bene fare il muratore.
Per questo penso che dobbiamo tornare
indietro, correggerci, come famiglia e come scuola.
Dobbiamo
far capire che fare imprenditoria è un valore positivo, che fare il muratore o
un altro lavoro manuale è una cosa buona, che dà reddito e gratificazioni
sociali.
Abbiamo
mandato messaggi sbagliati, dobbiamo recuperare.
Un
problema di formazione o di istruzione?
Di
istruzione, tanto che dobbiamo partire dalla scuola. Fare l’artigiano è una
cosa positiva, ma non è sentito e vissuto così.
Per
responsabilità di chi?
Anche
nostra, abbiamo sentito troppo lo stress, il lavoro, le tasse, tanti impegni
diversi.
Troppi
elementi negativi, che alla fine hanno prevalso.
Fino
al 2000 fare l’artigiano dava tante soddisfazioni, la cosa principale era fare
bene il proprio mestiere, era la garanzia di successo e di reddito.
Poi
questo è stato dato per scontato, sono cresciute le difficoltà, hanno pesato
altri aspetti, finanziari, giuridici, soprattutto la capacità di comunicare
bene quello che facevi.
Tanti
artigiani si sono trovati in difficoltà. C’è stato un riposizionamento
generale, qualcuno è riuscito ad andare avanti bene, molti si sono trovati a
mal partito.
È
sempre viva la polemica sulle dimensioni aziendali? Il piccolo è sempre bello?
Questa
è una polemica eterna.
Io so che nel nostro paese ci sono troppo
poche grandi aziende, che sono indispensabili perché ci aiutano a competere e
noi possiamo seguirle nelle filiere.
Detto
ciò, è altrettanto vero che l’Italia è fatta di piccole imprese.
La quasi totalità sono imprese con pochi,
pochissimi dipendenti.
E del resto, con la tecnologia di cui
disponiamo anche un’impresa di 10 dipendenti può agire come fosse una grande
azienda.
Ma il
problema principale è che i decisori politici dovrebbero smetterla di tarare i
provvedimenti sulle grandi imprese.
Il
percorso dovrebbe essere rovesciato.
Si
dovrebbero fare i provvedimenti per le piccole imprese e questi dovrebbero
essere poi aggiustati per le imprese di grandi dimensioni.
Non
dimentichiamo che noi facciamo coesione sociale, partecipiamo attivamente al
contesto in cui siamo inseriti. In momenti di difficoltà siamo stati in grado
di attenuare le tensioni sociali.
Quante
sono le imprese artigiane?
In
tutto oltre un milione, 350mila aderiscono alla Cna.
Le
associazioni artigiane, tutte, tendono da qualche tempo ad associare non più
solo artigiani, ma in generale piccole imprese, tanto è vero che Confindustria
protesta per questo.
Dove è
la ragione?
Non è
un problema di chi ha ragione e chi torto.
Tutte
le associazioni artigiane hanno una percentuale di iscritti, attorno al 20%,
che non sono artigiani.
Lo stesso accade nel mondo del commercio e in
quello dell’agricoltura.
Le
tarature precise di una volta non ci sono più. Le piccole imprese sono sul loro
territorio, dove le associazioni più capaci, meglio organizzate raccolgono il
consenso. È
la capacità delle diverse associazioni a fare la differenza.
Sono
tante le associazioni di imprese e pescano tutte nello stesso mare.
Sì,
sono tante, ma io non credo che potremo durare tanto con tutte queste sigle.
Fino a poco tempo fa esisteva “Rete Imprese Italia”, che raggruppava tutte le
associazioni artigiane e del commercio.
Però è
stata sciolta. Ma se vogliamo contare di più, avere maggiori risultati, dovremo
quanto prima ritrovare una convergenza.
In “Rete
Imprese Italia” c’era sufficiente collaborazione?
Quella
era la modalità per stare assieme. Oggi le diverse associazioni collaborano, ma
rimanendo ciascuna nel suo campo. Ma non funziona così, se devi andare da un
decisore politico ottiene molto di più se ci vai con le altre associazioni che
se ci vai da solo.
È un dato di fatto. Del resto, se chiedi a
dieci artigiani cosa pensano di questa divisione loro non distinguono, a loro
interessa solo se difendi i loro interessi, ma lo puoi fare meglio se si sta
tutti assieme.
Ripeto,
dobbiamo ritrovare le modalità per tornare assieme.
Ci
sono già spinte in tal senso?
Noi
siamo convinti della necessità di un passo del genere.
Ma è
come nei matrimoni, bisogna essere in due.
Dobbiamo
trovare altre associazioni convinte della opportunità di stare assieme. Ma una
cosa deve essere chiara.
“Rete
Imprese Italia” avrebbe funzionato, avrebbe avuto un ruolo più importante se le
singole associazioni avessero ceduto proprio potere.
O le
singole associazioni si sgonfiano o la cosa non funziona.
Avete
problemi con il sindacato?
No,
proprio no. Se dobbiamo rimproverare qualcosa al sindacato è che troppo spesso
tende a riproporre con le piccole imprese l’approccio che hanno con le grandi
imprese. Ma non funziona, noi siamo diversi.
Quindi
è giusto mantenere distinti i modelli contrattuali?
Certo,
sono stati distinti proprio per questa diversità. Ma con il sindacato non
abbiamo problemi o conflitti.
C’è
grande rispetto delle regole che ci siamo dati e che proprio nel pieno della
pandemia abbiamo cambiato per adeguarci a quello che si prevedeva sarebbe
accaduto nel mercato del lavoro.
Un
ottimo lavoro che ci ha portato a rafforzare gli istituti della bilateralità,
che hanno aiutato ad alleviare le difficoltà dei lavoratori.
(Massimo
Mascini)
“Lascia stare i contanti”: i canadesi
si oppongono fermamente al piano
del
governo di creare un “dollaro digitale”
lifesitenews.com
– (1° dicembre 2023) – Antonio Murdoch – ci dice:
La
stragrande maggioranza degli intervistati ha affermato che dovrebbero essere
introdotte norme per imporre ai commercianti di accettare contanti come forma
di pagamento.
OTTAWA
( LifeSiteNews ) –
La
stragrande maggioranza dei canadesi vuole che il governo e la sua principale
banca “lascino stare i contanti” e non procedano con la creazione del cosiddetto
“dollaro digitale”, definendo la valuta elettronica una “idea orribile” che
potrebbe portare a “un ulteriore modo in cui il governo può controllarci e
rintracciarci”.
Mercoledì,
la Banca del Canada (BOC) ha pubblicato i risultati tanto attesi del sondaggio
sul “potenziale dollaro canadese digitale”.
I risultati mostrano che la stragrande
maggioranza, l’86% dei canadesi, è contraria alla creazione di un dollaro
digitale nazionale.
Il
rapporto includeva molte risposte scritte di partecipanti contrari all’idea di
un “dollaro digitale”.
"Lascia
stare i contanti!" ha scritto un intervistato, mentre un altro ha scritto:
“Non ne abbiamo bisogno! Quindi non sprecare altre risorse.”
Un
altro ha scritto:
“Un
dollaro digitale sembrava fantastico finché non abbiamo visto il governo
federale congelare i conti bancari privati dei suoi stessi cittadini per aver
sostenuto un movimento politico con cui non era d’accordo. Non ho più alcuna
fiducia nel sistema”.
Questa
risposta si riferiva senza dubbio al “Freedom Convoy” dell’inizio del 2022,
quando il ministro delle Finanze “Chrystia Freeland”, sotto gli ordini del
primo ministro “Justin Trudeau”, fece il passo senza precedenti di chiedere
alle banche di congelare i conti di chiunque fosse coinvolto nella protesta del
convoglio a Ottawa, senza un provvedimento del tribunale.
Un
partecipante ha notato come un dollaro digitale abbia il potenziale per essere
abusato sotto un governo autoritario al potere.
"Pensate
a quanto velocemente tutto questo potrebbe andare storto con le persone
sbagliate al potere", ha scritto la persona.
Un
altro ha scritto: “È l’inizio della fine della libertà”.
Un
partecipante al sondaggio ha notato come i canadesi abbiano già un dollaro
digitale, sotto forma di carta di debito o di credito.
“I
canadesi non hanno bisogno di un dollaro digitale, ce n’è già uno. È la tua
carta di debito”, ha scritto un intervistato.
L'indagine
della BOC ha inoltre chiesto ai partecipanti al sondaggio le loro opinioni sui
potenziali consigli ai politici e ai decisori riguardanti la possibile
creazione di un "dollaro digitale".
Secondo
il sondaggio, “la stragrande maggioranza degli intervistati concorda sul fatto
che dovrebbe essere introdotta una regolamentazione per imporre ai commercianti
di accettare contanti come forma di pagamento”.
La BOC
ha affermato che questa tendenza è “coerente in tutti i gruppi demografici”.
“Allo
stesso modo, la maggior parte degli intervistati concorda sul fatto che la
Banca del Canada dovrebbe continuare a fornire ai canadesi un mezzo di
pagamento ufficiale garantito dalla banca centrale”, osservano i risultati del
rapporto.
Inoltre,
la maggior parte degli intervistati ha affermato che la BOC “non dovrebbe
svolgere ricerche e sviluppare la capacità di emettere un dollaro canadese
digitale”.
"Inoltre,
la maggior parte degli intervistati non crede che la Banca del Canada prenderà
in considerazione il feedback del pubblico su un potenziale dollaro canadese
digitale", afferma il rapporto.
Nel
complesso, il rapporto ha rilevato che, combinando tutte le risposte, la
creazione di un dollaro digitale ha raccolto l’86% di feedback negativi.
Una
"idea orribile."
Alcuni
partecipanti al sondaggio della BOC si sono affrettati a sottolineare che se
dovesse essere creato un dollaro digitale sarebbe una “idea orribile” e sarebbe
utilizzato come strumento di controllo governativo.
“Penso
che sia… solo un altro modo in cui il governo può controllarci e rintracciarci.
Il contante è facile ed è anonimo, ed è stato così per migliaia e migliaia di
anni. Nessuno può hackerare denaro contante.
I contanti sono infallibili.
I
bambini possono usare contanti. Cosa succede ai senzatetto?
Non
possono permettersi un telefono o un computer per accedere a questo denaro
digitale", ha scritto un partecipante.
Il
partecipante ha notato come i senzatetto o i meno privilegiati “facciano
affidamento sul contante”.
“Il mondo [fa affidamento] sui
contanti. Quando vado in un altro paese, prendo contanti perché ogni paese ha
la propria valuta", ha scritto il partecipante.
Lo
stesso partecipante ha espresso preoccupazione su come un dollaro digitale sia
aperto agli hacker online, qualcosa da cui il denaro è immune.
“Cosa
succede quando la banca viene hackerata o va in bancarotta? Tutti i nostri
soldi sono finiti”, hanno scritto.
“Con i
contanti possiamo portarlo fuori ed è fisicamente con noi. È una rete di
sicurezza. Sono molto contrario a questo dollaro digitale”.
I
principali risultati dell’indagine della BOC mostrano che i canadesi
attribuiscono “un valore elevato al possesso di contanti garantiti dalla loro
banca centrale e vogliono mantenere l’accesso alle banconote”.
Circa
il 93% degli intervistati della BOC ha affermato di continuare a utilizzare i
contanti come forma di pagamento oltre all'uso delle carte di debito e di
credito. Un totale di 66% degli intervistati ha affermato che avere accesso a
una valuta digitale non è importante.
Secondo
la BOC, una valuta digitale della Banca centrale (CBDC) dovrebbe offrire
“vantaggi convincenti per motivare questi consumatori – in particolare i
consumatori tipici e ben collegati che rappresentano la maggior parte del
mercato – ad adottare e utilizzare CBDC su scala sufficiente per generare
un’ampia accettazione da parte dei commercianti”.
Le
valute digitali sono state pubblicizzate da alcuni funzionari governativi come
un modo per sostituire il contante tradizionale.
Come
osservato in un rapporto di “ LifeSiteNews”, gli esperti avvertono che le
valute digitali delle banche centrali sono uno "strumento di
controllo" dei governi.
Il
leader conservatore “Pierre Poilievre” ha promesso che, se sarà eletto primo
ministro, fermerà qualsiasi implementazione di una “valuta digitale” o di un
sistema obbligatorio di “identità digitale”.
La BOC all’epoca affermò che qualsiasi
decisione finale su quando e se verrà emesso un dollaro canadese digitale
spetterebbe al governo e non ha escluso la creazione di un dollaro digitale
nonostante i risultati del rapporto.
Come
riportato da “Life Site News” a maggio, la BOC stava cercando un feedback
pubblico sulla fattibilità per i canadesi di una tale forma di valuta digitale,
che secondo gli esperti potrebbe significare la fine dell'anonimato negli
acquisti.
Il
sondaggio, aperto dall’8 maggio al 19 giugno 2023, ha ricevuto 89.423 risposte.
Un totale di 87% degli intervistati ha dichiarato di essere “consapevole” dei
discorsi riguardanti la creazione di un dollaro digitale.
I
risultati del sondaggio arrivano dopo che la BOC in agosto ha ammesso che la
creazione di una valuta digitale della banca centrale (CBDC) non è necessaria
poiché molte persone fanno affidamento sui “contanti” per pagare le cose.
La
banca ha concluso che l’introduzione di una valuta digitale sarebbe fattibile solo se i consumatori ne
richiedessero il rilascio.
SMART
CITY ITALIA: L’URBANISTICA
DELLA SORVEGLIANZA E
DELLA
SCHIAVITÙ DIGITALE.
Comedonchisciotte.org
– Sonia Milone – (4 dicembre 2023) – ci dice:
Avanzano
le Smart Cities in tutta Italia architettando la riprogettazione digitale del
territorio e la rifondazione delle città sulle fondamenta del capitalismo della
sorveglianza, della società del controllo e del disciplinamento sociale.
Prima Venezia,
poi Trento e dopo Firenze, Roma, Milano, Palermo. Avanzano le Smart Cities in
tutta Italia architettando la riprogettazione digitale del territorio e la
rifondazione delle città sulle fondamenta del capitalismo della sorveglianza,
della società del controllo e del disciplinamento sociale.
Avanzano
nel silenzio generale, espugnando, una dopo l’altra, le nostre città. Non ci
sono soldati a difenderne le antiche mura, non sono bastati secoli di storia,
di cultura, di monumenti, di diritti e di conquiste.
Dalle
videocamere ai sensori, dalle smart control room alle ZTL, dal 5G all’IoT
(Internet of things), dalla profilazione individuale alla premialità del
diritto e dei servizi, il grande cantiere dello spazio panottico è aperto in
tutta la Penisola.
Secondo
l’”Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano” un Comune italiano su tre
(il 28%) ha avviato almeno un progetto relativo alla città intelligente
nell’ultimo triennio.
La
percentuale sale al 50% nei Comuni più grandi, con oltre 15 mila abitanti, ed è
destinata a crescere ancora nel prossimo triennio, con il 33% dei Comuni che
vuole investire nelle città intelligenti entro il 2024 grazie anche alla spinta
del PNRR che prevede oltre 10 miliardi di finanziamenti dedicati alle diverse
missioni.
Le
città più digitali d’Italia sono Milano, Firenze e Bologna, seguite da Bergamo,
Torino, Trento, Venezia, Parma, Modena e Reggio Emilia, come ha rilevato
l’ultimo rapporto” ICity Rank 2023” che stila, ogni anno, la classifica.
Già,
ma cosa è una Smart City?
È un
progetto di rivoluzione urbana che, dietro la retorica della sicurezza,
dell’ecologia, dell’innovazione e della crescita economica, persegue uno
sviluppo “intelligente” (“smart“) allo scopo di rispondere alle nuove sfide
della contemporaneità.
Le
città sono una bomba di emissioni di “CO2” che causano il riscaldamento globale
e la concentrazione è destinata ad aumentare.
L’”ONU” (corrotta! N.D.R) prevede, infatti, che, nel 2050, il
70% della popolazione mondiale (data in forte crescita demografica) vivrà in
aree urbanizzate che corrispondono solo al 3% della superficie terrestre,
mentre l’”OMS” (corrotta! N.D.R) stima che, ogni anno, 8 milioni di persone (lo 0,1% della
popolazione mondiale) perdono la vita per cause correlabili all’inquinamento
atmosferico.
La
pandemia Covid-19 avrebbe evidenziato, una volta per tutte guarda caso, la
scarsa sostenibilità del modello di vita urbano tradizionale obbligando a
pensare a forme di sviluppo più “sostenibili, efficienti ed inclusive” che,
naturalmente, passano attraverso i processi di digitalizzazione anche in ambito
urbano e di implementazione delle nuove tecnologie.
Per il
Bene della vita dei cittadini.
Inizia
il “Grande Reset del territorio”, letteralmente una tabula rasa.
L’intelligenza
artificiale entra nella gestione e nel controllo delle città portando alla
completa automazione e tecnicizzazione dello spazio, imponendo un nuovo
paradigma nel rapporto fra cittadino, territorio e pubblica amministrazione.
Già, perché
la “Smart City”, prima di qualsiasi altra cosa (tecnologia inclusa), implica
“un nuovo patto di cittadinanza”, come affermato da Mario Monti che, nel 2012,
ne importò l’idea in Italia dalla Silicon Valley.
La
città come luogo della politica viene completamente stravolta,
istituzionalizzando forme rivoluzionarie di partenariato pubblico-privato.
Le
Smart Cities sono una nuova frontiera per l’elaborazione delle politiche
pubbliche con ricadute enormi sulla società intera senza che siano mai state
discusse in Parlamento o sottoposte all’attenzione dei cittadini nel dibattito
pubblico.
Anzi,
l” utopia di urbanisti come Carlos Moreno e di tecnofili inginocchiati al mito
del progresso, concorre ad occultare il carattere autoritario, antidemocratico e
tecnocratico della Smart City, accelerando la corsa verso la realizzazione di una inquietante
distopia urbana.
La
parola cittadino deriva, infatti, da civitas perché la struttura sociale di
appartenenza primaria in Italia è la città e non la gens, il clan o la tribù.
L’urbe,
la città romana fondata col tracciamento del solco sul terreno su cui vengono
poi erette le mura della città, è il modello fondativo della nostra civitas
che, a sua volta, deriva dalla polis greca, la città quale spazio della
politeia (letteralmente molti, pluralità), della democrazia e della politica in
senso nobile quale “prendersi cura del bene comune” (Aristotele).
Con le
“Smart Cities”, le frontiere fisiche che un tempo delimitavano le città vengono
trasformate in frontiere tecnologiche che selezionano il passaggio in base alla
capacità di accesso che è una delle forme più selettive di controllo del
dominio tecno-burocratico.
La smaterializzazione digitale della città
porta nuovi meccanismi identitari che confluiscono nella comunità virtuale e
non più nell’appartenenza a una città, una cultura, una tradizione.
La
prima città intelligente è stata Venezia, implementata da una “smart control
room” – la centrale operativa della Smart City – per monitorare in tempo reale
tutto il territorio.
Qui confluiscono i dati raccolti dalle
videocamere e dai sensori posizionati capillarmente ovunque che vengono poi
trasmessi al “datalake”, un magazzino virtuale accessibile al Comune, alla
Polizia e ad altri soggetti pubblico-privati.
I dati
sono interpretati da algoritmi intelligenti che sarebbero in grado di
“realizzare analisi predittive”.
Dopo
Venezia, è toccato a Caorle, Comune a pochi chilometri di distanza, dove nel
maggio del 2021 è partita una singolare sperimentazione: la pre-crimine o
polizia predittiva.
Il Comune è ricorso a un software (“Pelta
Suite”) che interseca big data e informazioni inserite dalla polizia allo scopo
di prevedere episodi di microcriminalità, assembramenti non autorizzati,
condotte che potenzialmente osteggiano la sicurezza pubblica.
E poiché l’esperimento è riuscito, il 5 giugno
è stato introdotto “Giove”, uno strumento più avanzato di previsione e
prevenzione dei reati destinato alle questure italiane e gestito dalla Polizia
di Stato.
Il
terzo Comune a collaudare l’applicazione dell’intelligenza artificiale alla
sicurezza urbana è Trento che ne diventa presto città capofila in tutta Europa
(infatti, ospiterà il prossimo G7 sull’Intelligenza artificiale).
“Occhi
e orecchie elettroniche” sono in funzione nelle piazze, nelle strade e nei
punti sensibili, trasmettendo incessantemente immagini e voci agli algoritmi.
Qui
inizia anche la sperimentazione italiana dell’E-Wallert, “il portafoglio digitale che
consentirà a cittadini, residenti e imprese dell’Unione europea di certificare
la propria identità in sicurezza accedendo ai servizi pubblici e privati in
tutti gli Stati membri”. Una tessera virtuale, comprensiva di tutte le
informazioni personali, che inter-medierà l’accesso alla città, ai suoi spazi e
ai servizi della pubblica amministrazione, con potenzialità spaventose in
termini di profilazione, di tracciamento, di controllo e di disciplinamento
tramite dinamiche di consenso-dissenso che diventano immediatamente dinamiche
di inclusione-esclusione dallo spazio pubblico della città.
Intanto
a Firenze l’11 aprile la polizia municipale ha sperimentato l’uso dei droni per
il controllo del territorio, che vanno ad aggiungersi all’armamentario di
videocamere, sensori, microfoni, celle telefoniche e agli altri strumenti
tipici della sorveglianza urbana.
La
città toscana punta a diventare “elettrica, a volumi zero, green, sostenibile,
resiliente, in una parola smart”, come ha dichiarato “Giacomo Parenti”,
direttore generale del Comune presentando un piano di riduzione delle emissioni
di “CO2” del 40% entro il 2030 e del 70% nel 2050.
(Ma la
“Co2” essendo un gas più pesante dell’aria non può svolazzare nell’atmosfera!
N.D.R.)
Divenuta
famosa per il “paziente uno” durante la pandemia, a Codogno è stata introdotta
da settembre del 2022 l’”app Ecoattivi” che permette di certificare i
comportamenti virtuosi (come, ad esempio, andare al lavoro in bici) a cui il
sistema attribuisce punti, gestisce classifiche, badge e indicatori di
performance, utilizzando tecniche di gamification (sfide, missioni, classifiche).
In pratica, un sistema di credito sociale vero
e proprio con profilazione delle abitudini, tracciamento degli spostamenti,
logiche premiali e disciplinari a rinforzo positivo (per ora) per incoraggiare
i comportamenti ritenuti virtuosi secondo la nuova morale stabilita dall’Agenda
2030.
La
vita ridotta ad un videogioco, trascorsa ad inseguire bonus in costante
competizione con il vicino di casa.
Il sistema è già applicato in oltre cento
città italiane, come attesta il portale del “Club dei Comuni Ecoattivi –
cittadinanza attiva, Smart City e sostenibilità”.
Ma
arriviamo a Milano una delle città più esemplificative nella corsa verso il
futuro, grazie all’incessante lavoro di “Giuseppe Sala”, membro di “C40”,
l’influente network di sindaci creato e finanziato nel 2005 dalla “Fondazione
Clinton”.
Ai
primi posti tra le città italiane per “Smarties”, come certificato dal rapporto
annuale” iCity Rank” e dal “Booklet Smart City”, il capoluogo lombardo è in linea
anche con le più moderne città europee come Berlino, Monaco, Amsterdam,
Barcellona e Parigi per le infrastrutture di rete digitali e per la capillarità
del wi-fi e della copertura broadband.
Ma
Milano è all’avanguardia perché inaugura la sperimentazione della “Città dei 15
minuti” nel quartiere Loreto con il progetto “LOC, Loreto 15 Minuti” che vede
l’intervento di N-Hood, società immobiliare responsabile del progetto.
Palazzo
Marino punta a ridisegnare la metropoli ispirandosi a “Carlos Moreno”,
l’ideatore del nuovo modello urbano e consulente del sindaco di Parigi” Anne
Hidalgo”, che ne ha adottato la formula fin dalla campagna elettorale del 2019.
L”idea
è suddividere la città in quartieri autosufficienti, dotati di tutti i servizi
essenziali (negozi, scuole, ospedali, parchi, impianti sportivi e ricreativi,
ecc.) prossimi alla residenza dei cittadini:
tutto deve essere raggiungibile in 15 minuti a
piedi, in monopattino o in bicicletta, allo scopo di disincentivare l’uso
dell’automobile, riducendo l’inquinamento, la “CO2” e la congestione del
traffico.
Dietro
la retorica di abitare la prossimità riscoprendo i valori comunitari di
quartiere si nasconde, in realtà, una concezione riduttivamente
distanziometrica dell’idea di città che porta alla creazione di una vera e
propria crono-gabbia con cui ridurre la libertà di movimento delle persone.
L’esempio
di Oxford, il laboratorio vivente dove il progetto è più avanzato, è
illuminante:
i residenti hanno a disposizione 100 permessi
all’anno per uscire in auto dal loro quartiere superati i quali ogni infrazione
viene pesantemente sanzionata.
Dopo le numerose contestazioni, il Comune
inglese ha chiarito che non sono previste barriere fisiche per l’uscita delle
auto ma “solo” telecamere in grado di leggere le targhe per applicare le multe.
Resta comunque l’idea pericolosissima del
“recinto” in cui rinchiudere i cittadini, un vero e proprio carcere a cielo
aperto, e lo sdoganamento del concetto di limitare la libertà di movimento sul
suolo pubblico, garantita, in Italia, dalla Costituzione.
Peraltro,
da un punto di vista prettamente urbanistico, l’idea di un simile modello non è
nemmeno nuova e ha sempre portato solo a dei disastri, come dimostrano gli esempi delle
“neighborhood unit”, ideate negli Stati Uniti nel 1923, o, più vicini a noi, il Corviale a
Roma, Le Vele a Napoli, lo Zen a Palermo, il Rozzol Melara a Trieste:
tutti
tentativi di applicare modelli semplicistici, fondamentalmente rigidi e non
curanti delle complessità sociali, culturali ed economiche tipiche della vita
urbana.
A fine
ottobre, la “città dei 15 minuti” è stata dichiarata “movimento globale” e
pilastro per la lotta al cambiamento climatico durante il “C40 Summit”,
tenutosi in Argentina, l’evento annuale del “Cities Climate Leadership Group”,
una rete formata da 97 metropoli internazionali dove – insieme a Londra,
Parigi, Barcellona, Copenaghen, Stoccolma, Bogotá, Rio, Los Angeles, New York,
Tokyo, Seul, Cape Town, tanto per citarne alcune – compaiono Milano e Roma.
Nella
Capitale, infatti, il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato che uno dei suoi
obiettivi principali è realizzare la “Città dei 15 minuti”, vagheggiando
interconnessioni e corsie stradali per macchine a guida autonoma, mentre
continuano ad aprirsi voragini nell’asfalto, con una città che affonda nel
degrado, nell’incuria, nella sporcizia, nel mal funzionamento dei mezzi di
trasporto pubblico.
Dalla
grande bellezza analogica all’immensa distesa di algoritmi, dall’Urbe alla
City, tutte le strade portano al digitale e al capitalismo della sorveglianza
che, nella Capitale, impianta le sue fondamenta con la ZTL più grande d’Italia,
dotata di 51 varchi, inaccessibile a tutte le auto che non corrispondono a
certi parametri.
Ufficialmente
per criteri ecologisti di riduzione del riscaldamento globale, di fatto per
rivoluzionare la conformazione urbana, lo spazio di movimento sul suolo
pubblico, l’accesso alle strutture e ai servizi principali della pubblica
amministrazione, la vita di tutti gli abitanti.
Le
“zone a traffico limitato” attuali non hanno nulla a che vedere con quelle
applicate a partire dagli anni ’60 in seguito allo sviluppo di massa della
mobilità automobilistica, a protezione dei nostri centri storici di origine
medioevale – spesso sotto la tutela dell’Unesco o delle Belle Arti –
caratterizzati da un dedalo di viuzze nate per il transito di persone e
cavalli.
La “ZTL
Smart”, invece, ispirata all’ideologia green del fantomatico riscaldamento globale, del tutto inutile anche per ridurre
l’inquinamento, nasce per erigere nuovi confini invisibili e invalicabili per
tutti tranne per chi, come a Milano ad esempio, può permettersi di pagare 7,50
euro per l’ingresso portando ad una gerarchizzazione del territorio con zone di
inclusione ed esclusione basate sulle fasce di reddito.
Il capoluogo lombardo è stato, infatti, il primo ad
introdurre nel 2011 l'”Area C” per motivi ecologisti sotto la giunta di Letizia
Moratti – ispiratasi, come ha dichiarato, direttamente a Londra – e del tutto inutile nel ridurre lo
smog dato
che viene applicata nel centro della città a scapito del fatto che le punte del
traffico automobilistico avvengono sulla cintura esterna delle circonvallazioni
e delle tangenziali.
La
Smart City dilaga anche nel Sud Italia con Messina città sperimentale del
progetto “MesM@RT”, finanziato direttamente dall’Unione europea con il fondo “PON
GOV”.
La
retorica della transizione digitale, ecologica ed energetica qui assume una
coloritura particolare: la lotta all’abbandono dei rifiuti.
Centinaia
di telecamere dotate di “AI” sorveglieranno capillarmente tutte le strade e
segnaleranno, in tempo reale, atti illeciti alle forze dell’ordine raccogliendo
dati sulle targhe delle auto.
Nelle
video-trappole anti zozzoni sono stati installati anche algoritmi di
riconoscimento facciale allo scopo di tracciare tutti gli spostamenti dei
cittadini.
La
mappatura delle Smart Cities italiane mostra l’espansione dei nuovi meccanismi
di controllo sempre più pervasivi e invasivi che mettono a rischio i diritti
costituzionali e le libertà fondamentali dei cittadini.
Nei
prossimi articoli ripercorreremo l’origine e lo sviluppo della città
intelligente, per passare poi ad analizzarne alcune caratteristiche cruciali
quali la normalizzazione dello spazio panottico della sorveglianza e la
legalizzazione del credito sociale alla cinese;
l’avanzata
sempre più aggressiva delle tecno-politiche della deterritorializzazione che
mortificano la storia e la cultura dei luoghi;
le narrative e le campagne mediatiche che ne
occultano l’utopia distopica;
gli esempi esteri, da Oxford fino al progetto
“The Line”, lanciato nel 2021 in Arabia Saudita; per concludere, infine, con un
approfondimento dedicato al caso simbolico di Milano.
(Sonia
Milone -Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano)
La
Banca Mondiale e lo Studio
che
Annuncia l’Apocalisse
Energetica
dell’Europa.
Conoscenzealconfine.it
– (5 Dicembre 2023) - Alessia C. F. (ALKA) – ci dice:
L’offensiva
israeliana a Gaza ha implicazioni non solo per il Medio Oriente, ma anche per
l’Europa occidentale.
Una controffensiva del mondo arabo contro Tel
Aviv potrebbe far precipitare il “Vecchio Continente” in una crisi energetica.
Se ne
sta discutendo negli uffici statali occidentali, dove si teme che l’UE perderà
un altro fornitore di petrolio e gas, dopo che le importazioni dalla Russia
saranno state vietate per volere della Casa Bianca.
Lo Stretto
di Hormuz è al centro dell’attenzione globale. Qui avviene infatti gran parte
del commercio mondiale di petrolio greggio.
Scenari
della Banca Mondiale.
In
seguito alla rappresaglia di Israele del 7 ottobre per l’attacco di Hamas, la
Banca Mondiale ha condotto un’analisi del rischio geopolitico per valutare
l’impatto di questo conflitto armato sui prezzi globali del petrolio.
Lo
studio divide l’escalation delle tensioni israelo-palestinesi in tre livelli:
basso, medio e alto.
In uno scenario di “bassa tensione” simile alla guerra in Libia del 2011,
la Banca Mondiale prevede che l’offerta globale di petrolio diminuirà di una
misura compresa tra 500.000 fino a 2 milioni di barili al giorno.
Ciò comporterebbe un aumento iniziale del
prezzo del petrolio compreso tra il 3% e il 13%, da 93 a 102 dollari al barile.
Nello
scenario di “stress medio”, paragonabile alla guerra in Iraq del 2003, la Banca
Mondiale prevede che l’offerta globale di petrolio diminuirà da 3 a 5 milioni
di barili al giorno.
Di
conseguenza, questo scenario innescherebbe un aumento iniziale del prezzo del
petrolio dal 21% al 35% (costo compreso tra 109 e 121 dollari al barile).
Infine,
in uno scenario di “massimo stress”, paragonabile, ad esempio, all’embargo petrolifero
arabo del 1973, la Banca Mondiale prevede una riduzione globale dell’offerta di
petrolio da 6 a 8 milioni di barili al giorno.
Qui
stiamo parlando di una vera e propria Apocalisse energetica, perché l’aumento
del prezzo del greggio sarà compreso tra il 56% e il 75%, con un costo di
vendita che esploderà a 157 dollari al barile!
Per
l’Europa ciascuno dei tre scenari rappresenta una catastrofe, la cui portata
dipende dall’intensità del conflitto israelo-palestinese.
In
ogni caso si tratta di una catastrofe, poiché l’UE è già costretta ad
acquistare risorse energetiche a prezzi gonfiati per compensare la perdita di
importazioni dalla Federazione Russa.
Sebbene
lo studio della Banca Mondiale non abbia approfondito l’impatto delle crescenti
tensioni sui prezzi del gas naturale nella regione, ha comunque evidenziato la
natura interconnessa delle fonti energetiche.
Man
mano che la fornitura di petrolio diminuisce, l’effetto a catena si estende ad
altre fonti energetiche, questo è certo!
L’Europa,
Sottomessa Energeticamente.
L’Europa
è il continente che più probabilmente sarà colpito da un aumento significativo
dei prezzi del gas, essendo stato disconnesso dalla sua principale fonte
energetica nell’ultimo secolo e oltre.
Oggi
l’UE dipende dal gas naturale liquefatto (GNL), che viene trasportato dagli
Stati Uniti e venduto a caro prezzo ai suoi vassalli… scusate, partner europei.
Ma
oltre all’impatto immediato dell’escalation della guerra regionale
israelo-palestinese, che sta facendo salire i prezzi del petrolio e del gas,
l’Europa si trova ad affrontare una serie di altri fattori che potrebbero avere
un impatto duraturo sulle esportazioni di energia dal mondo arabo.
Il
coinvolgimento dei paesi dell’“Asse della Resistenza” come Iran, Yemen, Iraq,
Siria e Libano nella difesa della causa palestinese potrebbe avere gravi
conseguenze.
Questi
stati, che hanno tutti accesso al mare e agli stretti, sono nella posizione di
interrompere le rotte commerciali verso l’Europa, compreso il trasporto di
petrolio e gas naturale liquefatto.
Lo
Stretto di Hormuz di cui parlavo si trova tra l’Oman e l’Iran ed è di immensa
importanza in quanto via principale per il trasporto globale del petrolio
greggio.
I principali paesi esportatori di petrolio –
Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Iraq – fanno affidamento su
questo corridoio.
Inoltre, il Qatar, il più grande esportatore
mondiale di gas naturale liquefatto, trasporta il suo gas naturale liquefatto
attraverso lo Stretto di Hormuz.
Dati
recenti mostrano che il 20% dei flussi mondiali di gas naturale liquefatto
passano attraverso questo stretto.
È
quindi facile capire che una chiusura dello Stretto di Hormuz da parte
dell’Iran e/o dei suoi alleati interromperebbe le forniture di petrolio e gas
all’Europa.
Mentre la Palestina sanguina, l’Europa pagherà
il prezzo della sua doppiezza.
Oltre
a Hormuz, è anche in gioco la sicurezza dello Stretto di Bab El-Mandeb, il passaggio strategico al largo
della costa yemenita che funge da elemento chiave nella rotta commerciale
marittima che collega il Mar Mediterraneo e l’Oceano Indiano attraverso il Mar
Rosso e il Canale di Suez.
Molte
delle esportazioni di GNL dal Golfo Persico percorrono questa rotta, oltre a
circa il 10% di tutto il petrolio e i prodotti raffinati trasportati via mare;
oltre la metà di tutto questo è destinato all’Europa!
La
chiusura dello Stretto di Bab el-Mandeb costringerebbe le petroliere
provenienti dal Golfo Persico a dirottare verso l’Africa meridionale,
aumentando i tempi di transito e i costi di trasporto.
L’Europa
si Trova di Fronte ad una Decisione Epocale.
L’Europa
deve decidere.
O accetta di pagare prezzi eccessivi per un
flusso continuo di petrolio e gas, col rischio di subire forti pressioni
economiche, oppure riconsidera la sua posizione nei confronti delle
importazioni russe e si siede nuovamente al tavolo delle trattative con Mosca.
In quest’ultimo caso, l’UE incorrerà nell’ira
dello “Zio Sam”, se non di più!
Sulla
mappa del gioco geopolitico, è così che l’OPEC+, con il sostegno di Cina e
Russia (accogliendo l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti nel BRICS+), sta
dimostrando al mondo di avere le capacità e le opzioni di far venire i brividi
lungo la schiena all’Occidente a partire da Washington fino a Bruxelles, rimodellando
radicalmente il mercato energetico globale come lo conosciamo ora.
Tempi
interessanti si prospettano!
(Alessia
C. F. - ALKA)
(national.ro/0pp/banca-mondiala-si-studiul-care-anunta-apocalipsa-energetica-in-europa-806456.html)
(orazero.org/la-banca-mondiale-e-lo-studio-che-annuncia-lapocalisse-energetica-delleuropa/)
L'informatore
chiede l'arresto
del
fondatore del WEF Klaus Schwab
per
"crimini contro l'umanità."
Globalresearch.ca
– (04 dicembre 2023) -Pascal Najadi - Redazione – ci dice:
Il
co-fondatore del World Economic Forum (WEF).
Le
giornate del World Economic Forum (WEF) co-founder potrebbe avere i giorni
contati.
Il
figlio del co-fondatore del WEF, sta parlando come informatore contro l'attuale
capo della fondazione globalista, accusando lui e altri leader di "crimini
contro l'umanità".
“Najadi”
afferma che i crimini di Schwab e dei suoi amici sono così grandi che è
necessario arrestare immediatamente sia Schwab che altri dirigenti del WEF in
quanto Najadi dice che i crimini di Schwab e dei suoi amici sono così grandi
che ci deve essere un arresto immediato sia di Schwab che di altri dirigenti
del WEF vengono, così come i leader dell'Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS), Big Pharma e Big Tech.
(È
noto che Klaus Schwab ha creato in Sud Africa una fabbrica con 20 mila operai
per la costruzione di bombe atomiche tattiche! N.D.R.)
In
collaborazione con Schwab, il padre di Najadi ha fondato il WEF nel 1971. Si è
dimesso un decennio dopo, citando il disgusto per la visione distopica di
Schwab per il futuro dell'umanità non elitaria.
Pascal
Najadi è anche sconvolto dal fatto che lui e sua madre siano stati entrambi
indotti con l'inganno a farsi "vaccinare" per il coronavirus di Wuhan
(COVID-19), una falsa "pandemia" che è stata spinta in modo
aggressivo dal WEF e da altri.
Secondo
Najadi, lui e sua madre stanno morendo a causa delle iniezioni, che secondo lui
sono "veleno" che è stato spinto nel mondo da persone come Schwab.
Bambina
di 11 anni ha chiamato Klaus Schwab e i suoi scagnozzi globalisti.
"Il
diavolo vive a Ginevra", dice Najadi.
Insieme
ai pubblici ministri, Najadi sta spingendo per ritenere Schwab responsabile di
aver scatenato l'inferno nel mondo.
Il suo caso sta anche attirando l'attenzione
su altri organismi globalisti come le Nazioni Unite (ONU) che hanno cooperato
al piano malvagio.
In
questo momento, i leader del WEF, delle Nazioni Unite e dell'OMS mantengono
l'immunità diplomatica, il che significa che non possono essere accusati e
processati, ma Najadi vuole che l'immunità diplomatica venga revocata, seguita
dall'emissione di mandati di arresto.
Najadi
è lo stesso ragazzo, tra l'altro, che ha intentato una causa contro il primo
ministro svizzero di lunga data “Alain Berset” per aver mentito al pubblico
sulle iniezioni di COVID.
Quella
causa alla fine ha portato Berset a dimettersi dal suo incarico lo scorso
giugno.
Ora,
con quel successo alle spalle, Najadi sta passando ai pesci più grossi
dell'ONU, del Gavi, del WEF e dell'OMS.
Secondo
Najadi, il ventre della bestia è Ginevra, in Svizzera, che secondo lui è lì che
"Tutto
ciò che c'è di male nel mondo legato al democidio purtroppo viene da
Ginevra", ha detto Najadi.
"C'è
l'OMS [Organizzazione Mondiale della Sanità] a Ginevra, c'è Gavi [l'Alleanza
per i vaccini di Bill Gates], poi c'è il WEF, di cui mio padre è stato
co-fondatore e che ha lasciato Klaus Schwab disgustato nei primi anni Ottanta,
che ha l'immunità diplomatica".
In
qualità di cittadino svizzero, Najadi ha dichiarato in sé e per sé che il WEF
non può più beneficiare dell'immunità diplomatica.
Le
autorità svizzere, dice, devono arrestare immediatamente i capibanda per aver
sostenuto quella che descrive come una "iniezione di umanità globale con
un'arma biologica", riferendosi ai vaccini COVID.
Najadi
e sua madre sono vittime di questa arma biologica, sostenendo, e ora è
responsabilità delle autorità svizzere fare qualcosa al riguardo, assicurando
alla giustizia ogni singola persona che è stata coinvolta nella perpetrazione
di queste armi biologiche nel mondo.
"Chiedo
alle autorità svizzere e alla sicurezza di arrestare immediatamente queste
persone", ha dichiarato Najadi.
"Perché? Il WEF, l'OMS, Gavi, Big Pharma,
Big Tech e Bill Gates hanno tutti sostenuto un'iniezione globale di umanità
attraverso l'iniezione di nano lipidi con armi biologiche in 5,7 miliardi di
persone. E noi svizzeri li stiamo ospitando. È terribile".
"Non
possiamo tollerare che un'entità che promuove il veleno che viene poi iniettato
nell'umanità.
Ma ce
l'ha fatta. Io sono la vittima. Sto morendo per questo, e anche mia madre.
È un demo-cidio e sarà giudicato. Sarà
corretto in nome dell'umanità".
L'orribile
agenda segreta dell'ONU e dell'OMS:
schiavitù
totale dell'umanità attraverso
una
"dittatura sanitaria globale."
Globalresearch.ca
– (03 dicembre 2023) - Peter Koenig, Dott.ssa Astrid Stuckelberger e Mike Adams
– ci dicono:
Le
dichiarazioni conclusive ufficiali dell'ONU e dell'OMS al termine
dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA) a New York.
Nazioni
Unite.
L'Organizzazione
Mondiale della Sanità ha accolto con favore l'impegno storico dimostrato oggi
dai leader globali, all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per rafforzare
la cooperazione internazionale, il coordinamento, la governance e gli
investimenti necessari per prevenire il ripetersi dell'impatto devastante
sanitario e socioeconomico causato dal COVID-19, rendere il mondo meglio
preparato per la futura pandemia e tornare sulla buona strada per raggiungere
gli “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”.
"Il
primo vertice dei capi di Stato sulla prevenzione, la preparazione e la
risposta alle pandemie è una pietra miliare storica nell'urgente sforzo per
rendere tutte le persone del mondo più sicure e meglio protette dagli impatti
devastanti delle pandemie", ha dichiarato “Tedros Adhanom Ghebreyesu”s,
direttore generale dell'OMS.
"Accolgo
con favore questo impegno da parte dei leader mondiali a fornire il sostegno
politico e la direzione necessaria in modo che l'OMS, i governi e tutte le
parti coinvolte possano proteggere la salute delle persone e adottare misure
concrete per investire nelle capacità locali, garantire l'equità e sostenere
l'architettura sanitaria di emergenza globale di cui il mondo ha bisogno".
La
dichiarazione politica, approvata dal presidente della 78esima Assemblea
generale delle Nazioni Unite (2023) è il risultato dei negoziati sotto l'abile
guida degli ambasciatori dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (2023) e
degli ambasciatori di Israele e Omar Hilale del Marocco, hanno sottolineato il
ruolo centrale svolto dall'OMS come" di Israele e" e la necessità di
" impegnarsi ulteriormente per un finanziamento sostenibile che fornisce
finanziamenti adeguati e prevedibili all' OMS, che le consente di disporre
delle risorse necessarie per svolgere le sue funzioni fondamentali", del
Marocco, ha sottolineato il ruolo centrale svolto dall'OMS"
Però né
la dichiarazione dell'ONU né quella dell'OMS menzionano il numero di leader
mondiali o capi di stato che hanno approvato i documenti cruciali dell'OMS,
quelli severamente rivisti (più di 90 punti di revisione).
Poiché
non esistono resoconti ufficiali di questi incontri "a porte chiuse"
dell'ONU/OMS, possiamo fare affidamento solo su "dicerie", secondo le
quali diversi Stati membri si sono astenuti e altri si sono opposti alla
revisione del RSI. Tra gli oppositori c'era, a quanto pare, la Federazione
Russa.
Non
c'è nulla di costruttivo, nulla che il mondo possa aspettarsi da questi
incontri e dibattiti segreti.
Segreto,
come un culto della morte, che pianifica un genocidio mondiale come parte della
"nuova" agenda OMS/ONU.
Immaginate
dove è finito il mondo?
E dove intende portarci l'intera Agenda 2030
delle Nazioni Unite?
Con un
“sistema ONU” corrotto, un'”Organizzazione Mondiale della Sanità” corrotta che non si occupa più della salute e delle
malattie della popolazione, ma promuove la morte.
E
questo su base mondiale.
Tutti
i governi – più di 190 governi nazionali, sono stati tutti cooptati, corrotti,
coerciti e apertamente minacciati – se non vanno avanti e mentono alle persone
che piacevolmente li hanno eletti, e se non tradiscono la fiducia e il denaro
(delle tasse) che queste persone hanno confidato loro – fondi popolari che sono
utilizzati per pagare anche i burocrati del governo, generalmente con salari
generosi.
Ecco
alcuni dei punti chiave che la dottoressa Astrid Stuckelberger ha sollevato
durante l'intervista a BOMBSHELL.
Per aver coraggiosamente parlato sin
dall'inizio dello scoppio di questa criminale plandemia, il dottor
Stuckelberger è stato un faro per la verità.
In risposta, l'Università di Ginevra le ha
tagliato tutti i corsi e l'ha privata del suo posto di docente.
Viene
anche minacciata e costretta, spesso censurata – senza alcun risultato: Astrid
continua a parlare, a diffondere la verità il più lontano e ampiamente
possibile – in modo che le persone alla fine possano svegliarsi – alzarsi in
piedi – e smettere di obbedire.
La non
obbedienza è un diritto di tutti.
Ecco
alcuni dei punti salienti dell'intervista del Dr. Stuckelberger:
Mentre
all'inizio dell'organizzazione l'OMS si batteva per proteggere la vita degli
anziani e dei bambini, oggi l'OMS promuove il suicidio per gli anziani e la
vaccinazione killer forzata per i bambini.
L'OMS
sta eliminando il personale – scienziati, medici e ricercatori, che sono
esperti etici e veri studiosi, sostituendoli con persone che non sono esperti,
non sono etici ma solo corrotti.
I
programmi dell'OMS sul cibo, la nutrizione oi servizi igienico-sanitari di
base, si sono trasformati in programmi che stanno in gran parte supervisionando
lo sterminio delle persone sul pianeta terra, piuttosto che promuovere la
salute delle persone.
Negli
anni '1990 l'OMS metteva ancora in guardia sui pericoli delle microonde 5G,
sugli effetti negativi del tenere il telefono all'orecchio... come ha
influenzato il cervello – ora non più.
Queste
avvertenze sono state eliminate dal sito web dell'OMS.
Questo
fa parte dell'accelerazione dell'eliminazione delle persone anziane e dell'istupidimento
del cervello dei bambini e dei giovani adulti.
Inoltre,
l'OMS ha avvertito del pericolo di costruire antenne 5G sugli edifici
scolastici – poiché l'effetto sul cervello umano e sullo sviluppo del cervello
umano è devastante – anche questo avvertimento è scomparso dal sito web
dell'OMS.
Intorno
all'anno 2000, il settore privato, con le lobby è entrato in vigore e “Bill
Gates” ha messo il piede nella porta dell'OMS. Nel 2012 è stato letteralmente
responsabile dei programmi di vaccinazione/immunizzazione dell'OMS.
Oggi
l'OMS da sola ha il monopolio di tutto ciò che riguarda la salute – è un diktat
tirannico – ed è seguita da una severa censura, anche con punizioni per chi non
segue il mandato.
Il
segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, sta facendo eco a
ciò che sta facendo l'OMS, promuovendo la censura [vietando le "fake
news"] e digitalizzando le informazioni sanitarie – con il monopolio
dell'OMS.
Ma
l'OMS da sola non può controllare il mondo, poiché i Ministri della Salute, di
solito i rappresentanti dei paesi all'Assemblea Mondiale della Sanità, possono
non essere d'accordo con alcuni dettami e devono ascoltare i loro governi
[anche se, la maggior parte dei quali sono stati corrotti], hanno bisogno di un
organismo globale per garantire la piena conformità, le Nazioni Unite.
Pertanto
l'ONU rivendicherà il diritto generale di controllare la censura e i dettami
sulla salute, cioè la vaccinazione / programmi sull'immunizzazione, delegati
all'OMS - senza fare domande, il tutto con l'obiettivo di ridurre
massicciamente la popolazione mondiale, un obiettivo che è stato sul piano
politico un tavolo da disegno dal 1970.
Si veda
il Rapporto Kissinger pubblicato nel 1974, nell'anno successivo al colpo di
stato militare sponsorizzato dagli Stati Uniti in Cile (11 settembre 1973).
L'OMS
è la porta d'accesso ai punti più sensibili e vulnerabili della nostra vita: la
vita e la morte, la salute e la malattia.
È
l'ingresso alla loro – la Bestia – neuro-arma biotecnologica che è il
cosiddetto vaccino iniettivo – e vogliono lanciare migliaia di nuovi tipi di
vaccini, miliardi da somministrare nei prossimi anni – un programma perpetuo,
che alimenta l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite – per aiutare a raggiungere i
"17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile" (SDG).
Il
primo paragrafo della pandemia delle pandemie, si riferisce al pericolo
costante e ripetizione di covid e pandemie legate al covid... innescando una
paura eterna, poiché il covid è stato sancito nel cervello delle persone come “LA
pandemia” e il pericolo potenzialmente letale.
Stanno
generando una paura costante con qualcosa che non esisteva nemmeno, che non è
mai stato analizzato scientificamente, che non è mai stato isolato nei
laboratori, né con gli strumenti dell'OMS – si tratta sempre di infezioni,
perché non si possono vedere (i virus) e la gente non lo sa.
L'OMS,
insieme ai media (comprati), è un'organizzazione terroristica psicologica.
In
base alla nuova dichiarazione, l'OMS sta diventando un meccanismo permanente di
campagna di paura, con l'autorità tirannica mondiale di richiedere la
quarantena "preventiva" anche contro le politiche dei singoli paesi
sovrani, e le stanno attuando applicate dalla polizia e dall’ esercito – a cui
i governi dei paesi devono obbedire, sotto minaccia.
Ma,
dice Astrid, "la Bestia sta perdendo potere, perché stiamo diventando più
consapevoli, ci stiamo svegliando e resistendo.
L'RSI
riveduto e la Convenzione sulla pandemia – sì, non è un trattato, poiché sarà
adottato e nemmeno votato.
Questa
è l’imposizione delle Nazioni Unite – sponsorizzata o imposta dagli Stati
Uniti.
La
Convenzione RSI/ Pandemia sarà adottata dall’OMS nel maggio 2024, senza
votazione.
E
durante l’UNGA 2023, l’OMS e i suoi sponsor pubblici (principalmente la Casa
Bianca) e privati (principalmente l’industria farmaceutica) chiedono la
benedizione delle Nazioni Unite;
e
“loro” hanno ricevuto la benedizione dell’ONU.
L'Australia
sta già addestrando la polizia e l'esercito a far rispettare le vaccinazioni
obbligatorie, sfondando le porte delle case delle famiglie e assicurandosi che
le scuole rispettino gli “ordini di vaccinazione.
Vogliono
risparmiare dei bambini per spopolare il mondo – e naturalmente degli anziani,
che non contribuiscono all'economia, ma usano i soldi dello Stato per vivere in
pensione (pensioni) – che il consigliere israeliano di Klaus Schwab, Yuval Noah
Hariri, chiama "mangiatori inutili".
Questo
è il motivo per cui l'ex presidente Trump ha già detto che, se sarà rieletto
presidente, proporrà l'home shooting.
L'OMS
è gestita dalla McKinsey Consulting– il – il dottor Stuckelberger ha visto il
contratto – e dai media comprati.
Loro,
"la Bestia", inventeranno un'emergenza pubblica, "naturale"
o una plandemia di un'epidemia mostruosa, per diffondere la paura e bloccare le
persone.
Stanno
mettendo in atto un piano per bloccare le persone, vogliono che i vax tornino –
è già visibile dai media.
[In
India è già stata dichiarata una nuova pandemia, con l'obbligo delle
mascherine. In India è stata confermata un'epidemia di virus Nipah (NiV). Sono
stati segnalati sei casi di Nipah, inclusi due decessi .
Tre
grandi media corporativi controllano il mondo:
AP =
Stampa Americana;
AFP =
Stampa francese; e
Reuters.
Sono
pagati per mentire.
Non
possono essere creduti, ma distribuiscono le loro notizie a tutti i media
mainstream locali, che devono riportare quasi testualmente la narrazione in
corso.
Dobbiamo
creare i nostri contro-media.
Loro –
"la Bestia" – stanno facendo tutto il possibile con l'aiuto dei
governi, che non sono più i VOSTRI governi.
I
governi di oggi, in tutto il mondo, sono costretti a fare ciò che "la
Bestia" vuole che facciano, comprandoli o minacciandoli.
Creeranno
qualsiasi cosa per mantenere il livello di paura, anche la peste è una
possibilità.
Tutto
quello che devono fare è creare una falsa malattia in una città, e poi
dichiararla una pandemia – e tutto ciò che viene con la pandemia –blocchi,
sbattere le porte per le vaccinazioni forzate anche nelle scuole.
Poi useranno la loro vera arma, o con il vaccino, o
negli ospedali, come a New York, dove hanno incubato le persone... fino a
quando non sono morti.
Oppure
utilizzando il 5G. Il 5G può essere diretto nel cervello delle persone,
paralizzandole o programmandole, alla maniera del transumanesimo di Klaus
Schwab, digitalizzato, robotizzato che obbedisce ai transumani.
Con il
5G possono fare quello che vogliono; Il 5G non viene emesso solo dalle infinite
antenne in giro per il mondo, ma anche dai lampioni, o da altri oggetti che
meno te lo aspetti, e non lo sai; possibilmente anche attraverso il televisore.
"Vaccinazione"
– le persone saranno iniettate da un'arma binaria, che può essere attivata da
una segnalazione remota... attraverso il 5G, forse presto arrivo il 6G.
Ciò è
reso possibile grazie all'ossido di grafene nel corpo delle persone [coloro che
sono stati vaccinati] – a cui sono stati iniettati i falsi vaccini covid,
alcuni dei quali contengono ossido di grafene, una sostanza sensibile altamente
elettromagnetica che reagirà alle micro- sul 5G.
Bio-n-Tech
vaxx di Pfizer = bionanotecnologia, o bioneuro tech bio ... e mRNA – un
programma per computer – "modalità" RNA – renderanno gli esseri umani
altamente vulnerabili al 5G.
Come esseri umani, siamo bio elettromagnetici,
elettroencefalografici, rendendo il nostro cervello vulnerabile alla
manipolazione del 5G.
Astrid
Stuckelberger: "L'hacking della mente è al centro di ciò che sta
succedendo."
Dr.
James Giordano: Il cervello è il campo di battaglia del futuro.
La
"Sindrome dell'Avana" è una delle manipolazioni cerebrali: è apparsa
per la prima volta nel 2016 nelle ambasciate degli Stati Uniti e del Canada a
L'Avana, Cuba. Da allora, la sindrome si è manifestata in molti altri luoghi: a
Pechino, Mosca, in Serbia...
Noi
esseri umani emettiamo onde – "onde d'amore" così come "onde di
rabbia" – i nostri stati d'animo sono espressi in onde elettromagnetiche.
Opposizione
controllata che parla di virus, covid, mRNA, PCR-test, la vaccinazione che
tutti possono tornare... questo è il loro piano, il piano della Bestia, la
perpetuazione di una frode assoluta.
Mike
Adams:
"Stiamo
assistendo alla completa perversione della scienza che distruggerà la
credibilità della scienza e della medicina. – Non c'è nessun isolato di
SARS-Covid-2, non c'è mai stato – è una frode totale".
"Mentre
la prossima plandemia viene lanciata – e sempre più persone sono vittime di
questa frode – il genocidio si sta svolgendo di fronte a noi".
Noi,
il Popolo, non possiamo permettere che ciò accada;
Queste
sono le ultime parole parafrasate di Astrid Stuckelberger :
"Avremo
un'ondata di tempo difficile, che potrebbe durare 6 mesi all'anno... Chissà.
Quindi,
prenditi cura di te stesso. Se sei ben informato, sei meglio preparato per ciò
che potrebbe accadere e prenditi cura degli anziani e dei bambini.
Sono preoccupato per i bambini.
Andranno
a caccia dei bambini..."
"C'è
già un avvertimento: in Norvegia devono vaccinare tutti i giovani... Non
prenderete alcun vaccino, stanno cercando di vendervi tutti i tipi di vaccini
comuni - non prendeteli, sono tutti falsi vaccini a mRNA.
Concludendo
con una nota positiva: "Penso che siamo tutelati per quello che
siamo...".
(Peter
Koenig è un analista geopolitico ed ex economista senior presso la Banca
Mondiale e l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dove ha lavorato per
oltre 30 anni in tutto il mondo).
“COLLASSO
DELLA
METALLURGIA
EUROPEA»
Inchiostronero.it - Riccardo Alberto Quattrini
– (14 Settembre 2022) – ci dice:
”La
deindustrializzazione del continente procede a grandi passi”
con il
collasso della metallurgia europea.
La
deindustrializzazione del continente procede a grandi passi:
non passa giorno senza che un’azienda ad alta
intensità energetica sia costretta a chiudere a causa dei prezzi fuori
controllo delle forniture elettriche.
La
prima vittima designata è ovviamente il settore metallurgico che richiede molta
energia e così la produzione di zinco, alluminio e silicio all’interno dell’UE
si è già ridotta della metà.
Tutto
questo non arriva certo a sorpresa visti i pasticci che l’Ue è andata facendo
da due anni a questa parte sui prezzi del gas e tuttavia la società europea è
entrata in un periodo di tale confusione che le vittime stesse non riescono a
credere ai loro occhi.
Forse perché queste vittime illustri hanno
tratto vantaggi dalle narrazioni che si susseguivano e ora fanno fatica a
credere che i cannoni si siano rivolti contro di loro:
così
non sanno che fare sul piano politico per evitare il suicidio a cui sono
destinate.
In una
lettera a Ursula von der Leyen, “Eurometaux”, l’associazione dell’industria
metallurgica europea, conferma che “circa il 50 per cento della capacità di produzione di
alluminio e zinco dell’UE è già stato tolto dalla rete a causa della crisi
elettrica”,
ma invece di affondare la critica nel corpo molliccio e inconsistente delle pseudo ideologie sulle quali si fonda
l’euro delirio, preferiscono
non toccare la narrazione e si limitano a far notare a Bruxelles che se la
produzione metallurgica dovesse cessare allora si dovrebbero importare metalli
che vengono prodotti in Cina con un maggior sviluppo di CO2. (P.I.)
Possibile
che questi signori non sappiano o non abbiano compreso che quello della “Co2” e
del “riscaldamento globale antropico” non è che l’ennesima mitologia il cui
scopo è proprio la deindustrializzazione europea?
Possibile che questi padroni delle ferriere non
capiscano che della” Co2” non gliene importa nulla a nessuno dei falsi profeti,
tanto che essi sono ampiamente disposti a tornare al carbone e ad appoggiare il
modo di estrazione del gas più pesante per l’ambiente, ovvero il fracking il
quale non solo devasta il territorio dove si pratica ma è accompagnato da
notevoli dispersione di metano in atmosfera; per non parlare del gigantesca
emissione di CO2 relativa alla liquefazione gas e al suo trasporto.
(Ecco come funziona il fracking.
(Inflazione
e rincari energetici, in Umbria metallurgia il settore più colpito).
Pensare
di riportare alla ragione questi mentitori con l’argomentazione del surplus di
anidride carbonica che si starebbe producendo in Cina, ammesso e non concesso
che sia poi vero, è come andare a denunciare un furto in casa dei ladri:
non si può ottenere alcun risultato restando
dentro la narrazione del potere e magari cercando di individuarne le falle.
Solo
smontando e rifiutando l’intera narrazione mostrandone l’inconsistenza si può
davvero mettere in difficoltà il potere e destabilizzare i suoi rappresentanti.
Naturalmente
le aziende metallurgiche temono di rompere un fronte che ha portato loro grandi
vantaggi negli ultimi 20 anni, anche se adesso sono loro a dover bere l’amaro
calice.
Ma questo vale per tutti, anche per i cittadini che
vogliono resistere alla espropriazione di democrazia, di dignità e di futuro:
non si può vincere se non si smonta
completamente la macchina scenica del potere che in quanto tale è sempre
portatrice di una menzogna.
Così
se “Eurometaux” e 40 amministratori
della maggiori aziende metallurgiche chiedono “ai capi di Stato e di governo dell’UE
e degli Stati membri di adottare misure immediate per preservare le loro
industrie strategiche ad alta intensità di elettricità e prevenire la perdita
permanente di posti di lavoro”, non servirà a nulla “se non smonteranno la fiaba della Co2” di cui peraltro l’Europa produce
una minima parte che di certo ha una parte assolutamente marginale anche a dar
retta a logori modelli climatici.
«FOTOSINTESI CLOROFILLIANA:
LA
CONOSCE, MINISTRO?»
Inchiostronero.it
- Maurizio Blondet – (24 Maggio 2021) – ci dice:
”Consapevole
di buttare parole al vento, vorrei ricordare alcune nozioni…
Fotosintesi
clorofilliana. La conosce ministro?
Sento alla radio che il nostro (loro) ministro
della transizione ecologica, il fisico Cingolani, è impegnato allo spasimo
nell’attuare “la de carbonizzazione” comandata dalla UE.
Il che
significa: ridurre ad ogni costo il “CO2”, spegnendo motori eccetera.
Cingolani,
80 miliardi in 5 anni per la decarbonizzazione.
Consapevole
di buttare parole al vento, vorrei ricordare alcune nozioni. Nozioni
scientifiche.
Quindi
chiedo il rispetto che questi tributano alla Scienza…
Il CO2
è l’anidride carbonica.
L’anidride carbonica NON è un inquinante; anzi
è “l’alimento” di base delle piante verdi, con il quale esse producono il
glucosio – la base della nutrizione per le specie animali – e una enorme
quantità di ossigeno, che viene liberato nell’aria dalle piante verdi.
Quindi,
quando aumenta l’anidride carbonica, le piante producono più ossigeno a noi
necessario per respirare.
Se mi
chiedete da quale pubblicazione scientifica traggo queste strane affermazioni,
non so davvero rispondervi:
sono cose che ai miei tempi ci insegnavano in
terza elementare, e si leggevano sulla Enciclopedia dei Ragazzi di Mondadori.
Posso copiare da Wikipedia, che spiega in modo
chiaro:
“La
fotosintesi clorofilliana è un processo chimico per mezzo del quale le piante
verdi producono sostanze organiche – principalmente carboidrati [zuccheri] – a partire dal primo reagente, l’anidride
carbonica atmosferica (CO2!) e l’acqua
metabolica, in presenza di luce solare.
Una
meravigliosa quercia.
Durante
la fotosintesi, con la mediazione della clorofilla, la luce solare o
artificiale permette di convertire sei molecole di CO2 e sei molecole d’H2O in
una molecola di glucosio (C6H12O6), zucchero fondamentale per la vita della
pianta.
Come sottoprodotto della reazione si producono
sei molecole di ossigeno, che la pianta libera nell’atmosfera attraverso gli
stomi che si trovano nella foglia.
“Si
tratta del processo di produzione primario di composti organici [nutritivi] da
sostanze inorganiche nettamente dominante sulla Terra (trasforma circa 115×109
tonnellate di carbonio atmosferico in biomassa [nutrimento!] ogni anno, ed è inoltre l’unico processo
biologicamente importante in grado di raccogliere l’energia solare, da cui,
fondamentalmente, dipende la vita sulla Terra (la quantità di energia solare
catturata dalla fotosintesi è immensa, dell’ordine dei 100 terawattora, che è
circa sei volte quanto consuma attualmente la civiltà umana”.
Il
ministro Cingolani essendo un fisico, e
non avendo letto la Enciclopedia dei Ragazzi, ignora la fotosintesi
clorofilliana;
o l’ha
dimenticata lavorando con Leonardo SpA e confricandosi coi politici e coi
magistrati come perito dei tribunali.
Dunque
non sa che una cura radicale contro la de-carbonizzazione, come la vuole la UE,
avrebbe come conseguenza una riduzione del glucosio (alimento di piante e
animali) e dell’Ossigeno atmosferico.
Parole
al vento.
Aumenta
l’anidride carbonica nell’atmosfera terrestre? Apparentemente sì.
E qual è la conseguenza?
Che la
vegetazione si fa più densa, che la natura verdeggia di più – e produce più
ossigeno e zucchero –.
Le
foto satellitari mostrano infatti che l’arido altipiano indiano del Deccan,
steppa in via di desertificazione 40 anni fa (ci sono stato) appare più
“verde”.
La
NASA afferma che la Terra è più verde oggi di 20 anni fa.
Ecco
una Mappa dell’inverdimento relativo (aumento del verde)- anche in Italia il
verde è più denso; in Grecia ancor di più.
Ma
basta guardarsi attorno, alzare lo
sguardo dallo smartphone:
qui in Lombardia le foglie degli alberi sono più dense
di quand’ero giovanotto, nei giardini ho visto apparire piante spontanee che la
Lombardia ignorava (non ne so il nome, non sono un botanico), erbe infestanti a
foglia larga, che captano più anidride carbonica e acqua.
C’è
più clorofilla [dal greco: verde delle foglie] e la clorofilla, con la forza
della luce del Sole – quel Sole che Bill Gates vuole
oscurare
(P.I.) un po’, perché a suo giudizio illumina troppo – cattura sei volte l’energia prodotta coi suoi
mezzi artificiali dalla razza umana industrializzata.
Il
sistema naturale deve averlo inventato un genio scientifico, da cui Cingolani
potrebbe imparare qualche lezione:
è
estremamente economico e ad altissimo rendimento, parte da due elementi chimici
semplicissimi e inorganici – CO2 e H2O
– e produce moltissimo materiale
organico e una quantità immane di ossigeno – sei molecole ogni 6 molecole di CO2 – , con la sola luce del
Sole come apporto di energia;
niente
diesel, niente energia atomica né lignite; quindi insuperabilmente ecologico.
Non
c’è nulla di più “green” della fotosintesi clorofilliana.
Ora
dei tecnocrati miliardari vogliono intromettersi nel sistema biologico
vegetale, oscurare un po’ il Sole, ridurre l’anidride (Co2).
Soprattutto,
il sistema naturale è autoregolante; ripeto: si corregge da sé; se c’è
nell’aria “troppo” CO2, le piante la consumano e liberano nell’aria più
ossigeno, quindi “purificano” l’aria che respiriamo.
E
quando c’è “tanto” ossigeno nell’aria
che respiriamo, la porzione di “CO2” relativa è inferiore.
Sto
gettando parole al vento, lo so, a questa dittatura di neo-primitivi che si
credono scientifici, e invece obbediscono ad una pseudo-scienza oscurantista e
ignorante, malvagia ed anti-umana e nemica del vivente.
Ma a
futura memoria.
«BILL
GATES VUOLE OSCURARE IL SOLE».
Inchiostronero.it - Roberto Pecchioli – (26
Aprile 2021) ci dice:
”Bill
Gates e l’oligarchia finanziaria, scientifica e tecnologica hanno oltrepassato
da tempo la soglia dell’umano.
(Dal film “Il dottor Stranamore” – un
film del 1964 diretto da Stanley Kubrick).
BILL
GATES VUOLE OSCURARE IL SOLE.
Bill
Gates e l’oligarchia finanziaria, scientifica e tecnologica hanno oltrepassato
da tempo la soglia dell’umano:
ormai
si considerano creatori araldi di un mondo che persegue un progetto prometeico
opposto a quello della natura.
Di
seguito, offriamo ai lettori la traduzione di un intervento apparso su
«mondialisation.ca», e presto rimbalzato su diversi siti internazionali di
controinformazione.
Lasciamo il commento alla sensibilità di
ciascuno, ma non sfugge l’immensa portata morale e simbolica di progetti volti
addirittura ad oscurare il sole.
Bill
Gates e l’oligarchia finanziaria, scientifica e tecnologica hanno oltrepassato
da tempo la soglia dell’umano.
Si
considerano creatori, araldi di un mondo che persegue un progetto prometeico
opposto a quello della natura.(P.I.)
A tale
scopo, non lesinano mezzi e, a quanto pare, menzogne.
Non
possiamo prendere posizione – per assoluta mancanza di cognizioni – sulle tesi
esposte nell’articolo.
Il suo autore, tuttavia,” F. William Engdahl”,
è un famoso scrittore, ricercatore scientifico e storico di lunga esperienza.
Le sue idee, le sue scomode anticipazioni, hanno spesso sbugiardato la
narrazione ufficiale in campo scientifico, politico e tecnologico.
“La
Svezia condanna il folle piano di Gates sul riscaldamento globale”.
Fonte:
“mondialisation.ca” – di F.William Engdahl.
Per
più di un decennio, Bill Gates ha investito milioni di dollari in un progetto
scientificamente folle, studiare la possibilità del “raffreddamento planetario
artificiale”.
Il progetto, guidato da un fisico di Harvard,
si propone di inviare satelliti nell’atmosfera per rilasciare tonnellate di
sostanze chimiche nel tentativo di bloccare l’irraggiamento solare.
Oggi,
una forte resistenza in Svezia ha costretto Gates & soci ad abbandonare il
previsto lancio di un satellite svedese.
Quest’ultima
avventura di geo-ingegneria di Gates mostra quanto sia antiscientifica la
messinscena del riscaldamento globale.
Come
senza dubbio Bill Gates sa, la Terra si è in effetti lentamente raffreddata
[negli ultimi anni] ed entriamo in un tempo che alcuni astrofisici pensano
durerà decenni, di raffreddamento globale causato da un ciclo del “minimo
solare” in cui siamo entrati nel 2020.
Il 2
aprile, l’Agenzia spaziale svedese ha annunciato che il programma SCoPEx (Stratospheric Controlled Perturbation
Experiment), finanziato da Bill Gates, ha “diviso la comunità scientifica” e
quindi non sarebbe stato realizzato.
“Scopex”
stato un progetto finanziato per diversi anni da fondi personali di Bill Gates
per testare la fattibilità dell’attenuazione dei raggi del sole attraverso lo
strumento della geoingegneria umana.
Il
piano consiste nel rilasciare aerosol di polveri di carbonato di calcio
nell’atmosfera attraverso palloncini ad alta quota, nel quadro di un folle
progetto volto a “bloccare” il sole e quindi impedire il riscaldamento globale
del pianeta.
(SCoPEx
- youtu.be/w_qkmavwE54).
L‘Agenzia
svedese ha deciso di annullare l’esperimento a causa della forte opposizione
non solo della comunità scientifica e ambientalista, ma anche degli abitanti
della” Lapponia svedese”, allevatori di renne che temono che le particelle
provochino un grave inquinamento ambientale ed effetti sconosciuti sulle renne.
Il
Consiglio della popolazione Sami (i Lapponi di Svezia) ha avvertito in
particolare che l’esperimento di Gates “essenzialmente tenta di imitare le
eruzioni vulcaniche sputando continuamente particelle che attenuano [la luce
del] sole.”
Almeno
dal 2010, Gates ha chiesto la mitigazione artificiale del sole.
Ha
fornito al fisico di Harvard “David Keith” fondi per 5,6 milioni di dollari per
portare avanti questo progetto.
“Keith”
è consulente di Gates dal 2005.
Insieme
al colosso petrolifero Chevron, Gates è anche un investitore significativo
nell’impresa di “Keith”, “Carbon Engineering”, una società di cattura diretta
dell’aria con sede in Canada.
La cattura diretta dell’aria è un altro folle
progetto, un processo che prevede la cattura di diossido di carbonio (CO2)
direttamente dall’atmosfera, utilizzando grandi ventilatori per spingere l’aria
attraverso un filtro dove viene trattata con un solvente caustico per estrarre
il CO2.
Questo
processo richiede quantità astronomiche di acqua ed energia, oltre a un’area
equivalente a quella dell’India, secondo alcune stime.
Stime
prudenti suggeriscono che sequestrare il carbonio per ottenere zero CO2 dai
combustibili fossili costerebbe più di 5.000 miliardi di dollari all’anno,
anche se fosse possibile farlo su larga scala.
“Keith”
sembra felice di divertirsi con progetti così bizzarri per conto del
miliardario pseudo scienziato Bill Gates.
Carbon
Engineering.
In una
conferenza del 2010, organizzata dalla “Sapling Foundation”, Gates ha così
risposto a una domanda sul blocco solare per tentare di compensare il
riscaldamento climatico.
“Dobbiamo iniziare a prendere misure di
emergenza per mantenere stabile la temperatura terrestre?
C’è
una linea di ricerca in quella che viene chiamata geo-ingegneria, le tecniche
che ritarderebbero il riscaldamento per comprarci 20 o 30 anni di tempo per
rimetterci in sesto.”
“Keith”
ha detto che, nonostante la battuta d’arresto svedese, il gruppo cercherà il
sostegno dell’amministrazione Biden per condurre i test negli Stati Uniti.
Le Accademie Nazionali di Scienza, Ingegneria
e Medicina degli Stati Uniti hanno recentemente pubblicato un rapporto che
chiede di iniettare cento-duecento milioni annui nella geo-ingegneria solare
nei prossimi cinque anni.
Fino a
poco tempo, il governo degli Stati Uniti negava di ricorrere alla
geo-ingegneria e chiamava “teoria del complotto” qualsiasi discussione su
progetti come l’irrorazione delle cosiddette “scie chimiche” nel cielo.
Ora,
sembrano essere più aperti a progetti di geo-ingegneria, sempre assolutamente
riservati.
Nel
novembre 2017, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, dominata dai
repubblicani, ha tenuto le prime audizioni su “Geo-ingegneria: innovazione,
ricerca e tecnologia”.
Si è
discussa la necessità di ulteriori ricerche sulla geo-ingegneria per
riflessione solare, nota come iniezione di aerosol atmosferici.
Una
delle sostanze prese in considerazione per il progetto di Bill Gates e per altri progetti di schermatura
solare è noto come ceneri volanti di carbone, ossia i residui rilasciati in una
centrale elettrica dopo la combustione del carbone.
Tuttavia, le ceneri volanti di carbone, che vengono
catturate e smaltite in modo sicuro nelle moderne centrali elettriche a
carbone, potrebbero, se introdotte nelle nuvole per oscurare il sole, causare
piogge acide tossiche sulla Terra.
Gli
aerosol, ad esempio particelle di zolfo, sono liberati nell’atmosfera per
formare una specie di schermo che riflette una parte dei raggi solari. (Hughhunt)
Secondo
l’Associazione “Physicians for Social Responsibility” (Fisici per la responsabilità
sociale), a
seconda di dove è stato estratto il carbone, la cenere di carbone contiene
metalli pesanti, tra cui arsenico, piombo, mercurio, cadmio, cromo e selenio,
ed anche alluminio, antimonio, bario, berillio, boro, cloro, cobalto,
manganese, molibdeno, nichel, tallio, vanadio e zinco”.
Il
gruppo osserva che l’Environmental Protection Agency (EPA), l’agenzia ambientale
statunitense, ha scoperto che
“se mangiati,
bevuti o inalati, questi prodotti tossici possono causare cancro ed effetti sul
sistema nervoso, come deficit cognitivi, ritardi nello sviluppo e problemi
comportamentali.
Possono anche causare danni al cuore, malattie
polmonari, stress respiratorio, malattie renali, problemi riproduttivi,
malattie gastrointestinali, difetti congeniti e disturbi della crescita ossea
nei bambini”.
C’è
molto da dire contro il progetto Gates-Harvard.
L’affermazione del “Consiglio Sami” secondo
cui l’impresa di protezione solare di Gates-Keith è un tentativo di “imitare le
eruzioni vulcaniche vomitando continuamente particelle che attenuano il sole
nel cielo” è molto rilevante, e per ragioni che non sono discusse così
ampiamente come dovrebbero.
Eruzione
dell’Etna.
Ciò
che il “Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici” (IPCC)
delle “Nazioni Unite” rifiuta di discutere è il rapporto tra il sole e il
cambiamento climatico sulla Terra.
Il fattore di gran lunga più importante del
cambiamento climatico e del tempo sulla Terra è il sole, i suoi cicli di
eruzione solare e, ciclicamente, la loro mancanza.
Il
punto fondamentale sull’attuale cambiamento climatico è che la Terra non è
all’inizio di un riscaldamento globale, ma di un periodo di raffreddamento
globale, chiamato dagli astrofisici Grande Minimo Solare.
Se
questo è corretto, fa presagire il cambiamento climatico più drammatico e di
gran lunga più pericoloso che si possa immaginare.
Secondo la NASA, il nostro pianeta è entrato
in quello che si crede possa essere il ciclo minimo solare più forte in circa
200 anni.
2020-2025,
in arrivo mini era glaciale?
Ciò
che Al Gore e altri stanno cercando di nascondere è che la Terra non si
riscalda più all’incirca dall’estate del 2020, ed è entrata in quella che sarà
una fase di raffreddamento che durerà, secondo alcuni, fino al 2055.
Storicamente,
i periodi di grande minimo solare, che si verificano ogni 200 anni circa,
creano modelli meteorologici molto instabili, inondazioni gravi e prolungate,
massicce perdite di raccolto e variazioni selvagge di temperatura (sia verso
l’alto che verso il basso).
Nonché
perturbazioni di correnti-jet ad alta quota, che creano, tra gli altri eventi
estremi, singolari ondate di calore e incendi.
Tutti questi effetti sono stati registrati
anche in periodi che precedono di almeno un secolo l’invenzione del motore a
combustione interna.
Nessun modello computerizzato del
riscaldamento globale è in grado integrare gli effetti del nostro sole sul
clima terrestre, nonostante le prove scientifiche ben documentate che i cicli
solari sono il motore principale del cambiamento climatico nel corso degli
anni.
In
effetti, non provano nemmeno a farlo.
Le
eruzioni solari, note come macchie solari, aumentano e diminuiscono in cicli di
circa 11 e 22 anni.
A questi cicli si aggiungono i grandi cicli di
100 e 200 anni.
Da
giugno 2020, siamo entrati in un grande minimo solare, durante il quale
l’attività delle macchie solari potrebbe presumibilmente scendere a zero per
diversi decenni.
Un
numero crescente di ricerche scientifiche sta rivelando che, sebbene il
meccanismo motore non sia del tutto chiaro, i periodi di minimo solare e,
soprattutto, di “minimo solare massimo”, sono anche associati a un drammatico
aumento dei terremoti e dell’attività vulcanica.
Un
gruppo di scienziati giapponesi guidati dal professor “Toshikazu Ebisuzaki” ha
esaminato la sequenza temporale di 11 eventi vulcanici eruttivi che hanno
prodotto del magma ricco di silice in quattro vulcani in Giappone.
Hanno
scoperto che “9 degli 11” eventi si sono verificati durante le fasi inattive
dell’attività magnetica solare (minimo solare), che è ben indicizzata dal
numero di macchie solari.
Questa
forte associazione tra il momento dell’eruzione e il minimo solare è
statisticamente significativa a un livello di probabilità di 96,7, una
correlazione molto alta.
(Esiste
il minimo di Dalton nel grafico del numero di macchie solari negli ultimi 400
anni) (Wikipedia p.d.).
Circa
200 anni fa, abbiamo vissuto l’ultimo periodo di grande minimo solare, noto
agli scienziati come “Minimo di Dalton”, all’inizio del XIX secolo.
Nel
1816, la copertura nuvolosa del pianeta era così grande da essere chiamato
l’Anno senza estate.
Il
Minimo di Dalton durò dal 1790 al 1820 circa.
Nel
1815, un’enorme eruzione vulcanica al “Monte Tambora” in Indonesia, la più
potente nella storia umana, sputò così tanta cenere vulcanica nell’atmosfera
che nel 1816 “Thomas Jefferson” annotò nel suo diario meteorologico in Virginia
l’assenza del sole estivo.
Ha
innescato condizioni meteorologiche estreme e cattivi raccolti in molte parti
del mondo.
Nel
giugno 1816, il gelo e la neve nel Nord America distrussero la maggior parte
dei raccolti agricoli.
A livello globale, è stata la peggiore
carestia del XIX secolo.
Gli
enormi volumi di cenere vulcanica nell’atmosfera per oltre un anno da “Tambora”
riflettevano quantità significative di radiazione solare, causando estati
insolitamente fresche, che hanno contribuito alla carenza di cibo.
Tambora,
la più devastante eruzione degli ultimi 750 anni.
Le
prove che siamo nelle prime fasi di un grande minimo solare simile a quello del
19° secolo o peggio sono convincenti.
Il
vulcano “Sinabung” di Sumatra è esploso drammaticamente il 2 marzo, gettando
cenere vulcanica nell’atmosfera sino a 40.000 piedi (12 km) sopra il livello
del mare.
Le particelle espulse ad altitudini superiori
a 32.800 piedi (10 km) e nella stratosfera hanno un effetto di raffreddamento
diretto sul pianeta.
L’Islanda,
l’isola di St. Vincent nei Caraibi e altre eruzioni nelle ultime settimane
suggeriscono che potremmo dover affrontare choc climatici molto più drammatici
di quanto ammette l’autoproclamato zar del clima globale Bill Gates.
“Gates”,
il” Forum economico mondiale” di Davos e innumerevoli “scienziati” del clima
affamati di sovvenzioni rifiutano di prendere in considerazione la realtà
solare, preferendo
perseguire progetti folli come la mitigazione chimica del sole.
I
trilioni di dollari che dovrebbero essere spesi in energia solare ed eolica
inefficiente mostrano che la loro agenda non ha nulla a che fare con la salute
del pianeta, né con la nostra.
Possiamo
essere certi che gli scienziati che consigliano Gates sono ben consapevoli dei
cicli solari.
Date
loro credito su un punto, sono maestri nell’arte dell’inganno.
(Roberto
Pecchioli)
“CAPITALISMO
FOSSILE
E
CAPITALISMO SUBDOLO”
Inchiostronero.it - Sonia Savioli – (11
Ottobre 2023) - ci dice:
”L’essenza
del capitalismo è produzione di denaro per mezzo del denaro”.
(Deni,
Viktor, “La Società delle Nazioni: capitalisti di tutti i paesi, unitevi!”
(1919).
CAPITALISMO
FOSSILE E CAPITALISMO SUBDOLO.
Il
capitalismo è diviso.
Ma
sempre fino a un certo punto. Come disse un tassista newyorchese, intervistato
sulle elezioni Bush-Clinton, sono due facce della stessa medaglia.
Ogni
tanto hanno delle divergenze sulla tattica da seguire, come capita anche ai
generali di uno stesso esercito.
Vi
ricordate?
Ebbero
opinioni diverse, per esempio, su come distruggere il socialismo cubano:
i “cattivi” volevano affamare Cuba, anche se
avrebbero preferito bombardarla ma qualcuno gli spiegò che, per il momento, era
un desiderio irrealizzabile;
i “buoni” volevano corromperla attraverso la
visione e l’esempio dell’opulenza e del consumismo orgiastico
euro-nord-americano.
Anche
adesso la masnada global capitalista agisce su due fronti, apparentemente
divergenti, riguardo al disastro climatico, che potrebbe tramutarsi in
catastrofe irrimediabile entro pochi anni.
Una
parte del capitalismo, che potremmo chiamare “capitalismo fossile”, ha negato
per decenni il cambiamento climatico.
Oggi, che negarlo è diventato impossibile, dato che stiamo di volta in volta
arrostendo per la siccità e il calore o annegando perché tutta l’acqua
evaporata in mesi di siccità si scarica in poche ore, oggi che i ghiacciai si
sciolgono e vengono giù le montagne, il Mediterraneo d’estate ha temperature da
brodo , la neve è un miraggio persino per le Alpi e in Norvegia a giugno
c’erano 34 gradi , il capitalismo fossile s’ingegna e si arrabatta per farci
credere che il riscaldamento del pianeta, della sua atmosfera nella quale
riversiamo ogni giorno i gas di combustione di 14 miliardi e mezzo di litri di
petrolio, un milione e mezzo di tonnellate di carbone, 60 milioni di barili di
gas naturale, non dipenda dalle attività umane.
VIVA
L’ANIDRIDE CARBONICA?
Dalla
petrolchimica alle batterie: la metamorfosi Koch Industries
E
allora vediamo chi sono i capitalisti fossili e che strumenti usano per
rimbambirci.
I
capitalisti fossili sono quelli dalle basi concrete e “storiche”: petrolio,
gas, carbone, ma anche fertilizzanti chimici, cartiere, vetrerie, plastica… il che non impedisce loro di
occuparsi anche di cibernetica e finanza, cioè di quelle cose astratte che oggi
producono ricchezze concrete.
Questo
sono per esempio le industrie Koch, uno dei colossi statunitensi che con le
loro fondazioni finanziano la” co2 Coalition”.
E cos’è la co2 Coalition?
È il
battaglione scientifico dell’esercito che ha dichiarato guerra alla
consapevolezza e, giacché c’era, anche al buon senso, all’evidenza, alla
ragionevolezza.
La
storia del gatto Simon, che celebra la” CO2”.
Sulle
competenze scientifiche non c’è da discutere:
sono
quelle che permettono loro di trovare ed estrarre gas e petrolio con la
maggiore efficienza e il minor costo possibile, o anche quelle necessarie per
costruire centrali nucleari.
Basta
guardare le biografie dei fondatori e del direttore esecutivo per rendersene
conto:
geologi petroliferi, fisici nucleari, che però
dirigono anche le aziende petrolifere e collaborano col governo USA.
Diciamo
pure che i capitalisti fossili corrispondono, per strategia, cultura e ideali,
alle antiche tradizioni del “West latifondista”, consistenti nel far fuori gli
avversari, senza perdere tempo e senza stare a pensarci, non appena si
dimostrino avversari, o anche prima che si dimostrino avversari, o anche dopo
che sono agonizzanti.
Ultimamente
quel capitalismo ha perso qualche punto e adesso è in testa alla masnada
un’altra versione del capitalismo:
il capitalismo subdolo.
SALVARE
LA CAPRA E I CAVOLI?
Il
capitalismo subdolo, invece della tattica dello sfracello, della carica a testa
bassa, del colpo di pistola alla nuca, essendo più moderno e raffinato e al
passo con i tempi, usa metodi un po’ più orientaleggianti, tipo cavalcare la
tigre.
Di
solito questo significa che, quando si presenta sulla scena un movimento o
partito o governo deciso a creare difficoltà agli interessi del global capitalismo,
gli atteggiamenti del capitalismo subdolo si susseguono in una prevedibile
sequenza: primo,
ignora e nascondi;
secondo,
quando è ormai impossibile ignorare e nascondere, attacca e diffama; terzo, se
ancora insistono, blandisci e corrompi, cioè dividili e falli passare dalla tua
parte.
Questo
è stato il monotono schema del capitalismo subdolo di fronte, per esempio, al
movimento contro la globalizzazione e ai Forum Sociali Mondiali;
e lo
stesso è accaduto per il movimento contro il cambiamento climatico, quando
chiedeva una vera rivoluzione politica, sociale ed economica al fine di evitare
la catastrofe.
Per anni è stato nascosto e ignorato, poi dileggiato e
diffamato, infine blandito e imbesuito con la favola dell’energia verde e del
green new deal.
La
quale favola ha permesso al capitalismo globale come a quello de noantri, mafie
comprese, di cavalcare disinvoltamente la tigre al galoppo sfrenato, ottenendo
miliardi di soldi pubblici (cioè derubandoci) per realizzare la grande
riconversione energetica, previa privatizzazione dell’energia, nel nostro
paese, fatta passare come risolutrice del problema.
Milioni di tonnellate di minerali, terre rare,
metalli, plastica varia, e miliardi di tonnellate di combustibili fossili per
realizzare pale eoliche giganti, giganteschi impianti di pannelli fotovoltaici,
dighe, centrali a biomasse in cui bruciano ogni giorno intere foreste, e non
dimentichiamoci il nucleare, che ogni volta emerge dall’oscurità come
l’assassino in agguato.
Più le batterie elettriche per le elettriche
automobili, la cui elettricità continua a venire prodotta dai combustibili
fossili.
Batterie
auto elettriche- tutto quello che c’è da sapere.
Un
disastro ambientale e un consumo spropositato, veloce e inutile di combustibili
fossili bruciati e donati al cielo, a quell’atmosfera terrestre già satura di
gas serra, con pochi o forse nessun precedente nella storia infame della
civiltà industrial-consumista.
Il
tutto però travestito da sforzo “verde”, atto a fermare il consumo dei
combustibili fossili e l’aumento del riscaldamento dell’atmosfera, e quindi
incensato e osannato dalla corte del re, cioè da politici, media e governanti,
e persino da una parte, più o meno coinvolta, più o meno corrotta, più o meno imbesuita,
delle associazioni ambientaliste.
Tutti
sembrano aver dimenticato che solo una diminuzione drastica dei consumi, cioè
un cambiamento epocale e rivoluzionario, che coinvolga tutta la società, la
politica, la cultura, la vita quotidiana, può salvare il pianeta e l’umanità, e
la nostra umanità.
Le
quali ultime due, benché siano impersonate dagli stessi esseri viventi, non
sono la stessa cosa.
L’umanità
siamo quei circa otto miliardi di bipedi che, in questo periodo progredito,
sembrano aver perso del tutto o in parte l’orientamento e si aggirano qua e là
freneticamente, senza meta e con scopi confusi e contraddittori, calpestando e
distruggendo e calpestandosi e distruggendosi a vicenda.
La nostra umanità è quella capacità di sentirci uguali
e uniti, di provare affetto e compassione, di collaborare, gioire e soffrire
assieme, avere impulsi di protezione e aiuto verso chi di aiuto ha bisogno, e
di sentirci parte, una piccola, minuscola, microscopica ma luminosa parte,
dell’universo e della vita, e quindi rispettarla in tutte le sue forme.
Che
solo una vita sobria, priva di sprechi e di ostentazione, ricca di cultura e
spiritualità, in una società egualitaria e solidale, possa essere la soluzione
per l’ambiente e tutte le sue creature, umani compresi, anche gli ambientalisti
sembrano averlo dimenticato.
Una parte di essi sogna di salvare la capra e
i cavoli con le cosiddette energie rinnovabili, e non sembra capire la
differenza tra impianti di pale eoliche alte come grattacieli di sessanta piani
con basamenti di 2500 tonnellate di calcestruzzo, di proprietà di compagnie
private, e un piccolo impianto di pale eoliche alte dieci metri e di proprietà
di un comune e dei suoi cittadini.
Non
sembra dunque fare differenza tra il profitto predatorio delle multinazionali e
delle aziende che aspirano a diventarlo, e l’autosufficienza energetica-bene
comune.
Perché
il grande guaio di una buona parte dell’ambientalismo è il non aver capito che
oggi il nemico principale dell’ambiente è il capitalismo e le società da esso
modellate.
Ma le
energie rinnovabili non esistono.
Il
sole e il vento si rinnovano sempre ma i pannelli solari e le pale eoliche si
degradano sempre, e sempre consumano e inquinano per essere fatti e per essere
smaltiti.
Non
parliamo poi di dighe e centrali nucleari, di batterie elettriche caricate con
l’elettricità di centrali a gas e a petrolio, almeno per ora, ma, se le auto
elettriche diventassero un mezzo di trasporto di massa, l’energia nucleare
diventerebbe indispensabile per creare tutta l’energia elettrica necessaria a
farle funzionare. Almeno per qualche tempo.
Il tempo che ci resterebbe prima della fine.
Invece
di salvare la capra e i cavoli, con la favola oscura delle energie “verdi”,
faremmo affondare direttamente la capra e i cavoli con la barca che li
trasporta.
“TANTO
NON C’E’ PERICOLO”.
Il
capitalismo fossile, invece, ci dà dentro a testa bassa per convincerci che
tutto può e deve continuare come prima, tanto non c’è pericolo.
Per
questo ha creato e continua a creare e finanziare gruppi di pressione mediatica
e politica, di propaganda, confusione e disinformazione.
La
capintesta del tentativo di stordimento cerebrale collettivo è la “CO2
Coalition”, ma non sottovalutiamo la dichiarazione di un certo numero di
scienziati che, benché risalga al 2005, viene sfoderata come la spada di Artù
dalla roccia della sua insulsaggine (falsi parametri, falsi dati).
La “CO2
Coalition” è una “fondazione educativa”, una non profit, una ONG che ha tanti
soldi, e che vuole educarci ad amare l’anidride carbonica.
Ma,
nello stesso tempo, vuole convincerci che l’aumento delle temperature del
pianeta non dipenda da quei 14 miliardi e rotti di litri di petrolio più tutto
il resto, che bruciamo ogni giorno.
I suoi
scienziati gas petroliferi ci dicono che l’anidride carbonica fa bene alle
piante e aumenta le rese agricole.
Più ce
n’è, di anidride carbonica, e meglio è.
Sarebbe
come dire che, poiché la merda è un concime, e lo è tutta la sostanza organica
decomposta, versare i liquami fognari, i rifiuti delle discariche e i cadaveri
nei campi e nei fiumi sarebbe un vantaggio per noi e per i pesci.
Senza
i gas serra la terra sarebbe un pianeta morto, e questo una volta ce lo
insegnavano a scuola.
Essi
sono la nostra stufa e il nostro refrigeratore, ci proteggono dai raggi solari
di giorno, trattengono il calore del sole di notte.
Però
non ci farebbe bene se la stufa incendiasse la casa e poi, ogni tanto e più
raramente, si spegnesse lasciandoci al gelo.
Che è
quello che sta succedendo con un aumento dei gas serra che solo dal 1990 è
stato del 49%.
Comunque,
la “CO2 Coalition” se ne infischia del buon senso e della logica, tanto ha
visto che scarseggiano tra gli umani più degli albini, e quindi continua con
entusiasmo ad ammannire le sue castronate sedicenti “scientifiche”, promuove
appelli scientifici di qua e di là dal mare, per lei i soldi ci sono, e quando ci
sono i soldi trovi anche i tecnici, detti “scienziati”, del nucleare, del
petrolio, del carbone, delle perforazioni sottomarine e, ultimi ma non meno
importanti, delle complicità politiche.
SI FA
PRESTO A DIRE SCIENZIATI!
Le
vicende pandementi avrebbero dovuto insegnarci che non tutti gli scienziati
sono attendibili.
Ci
sono scienziati che studiano principalmente come far quattrini nel proprio
campo scientifico e che quindi come campo sociale hanno scelto quello delle
grandi aziende e del profitto ad ogni costo, e costi quel che costi.
Agli
altri, naturalmente.
Ci
sono altri scienziati che, non avendo capito nulla dell’epoca in cui vivono, si
ostinano a studiare per sete di conoscenza, amore del prossimo e della scienza,
senso del dovere.
E
adesso vediamo a che categoria appartengono “gli scienziati dell’aumento
dell’anidride carbonica è bello”, e comunque non dipende da noi.
Cominciamo
da quelli della “CO2 Coalition”, finanziata da varie fondazioni create da
finanzieri e industriali americani miliardari e, tra gli altri, dalla Koch
Foundation.
Le
industrie Koch sono il secondo più grande gruppo multinazional-capitalista USA.
Possiedono aziende petrolifere, del gas, chimiche, minerarie, cartiere, di
allevamento bestiame, di fertilizzanti chimici, prodotti sanitari, finanziarie
e, perché no?
Anche
aziende per la cosiddetta “energia verde”.
È sempre meglio tenere i piedi in due staffe,
non si sa mai che sfugga proprio il cavallo vincente.
En passant, il gruppo Kock ha collezionato solo negli
ultimi anni 150 cause per inquinamento-violazione delle leggi federali,
impestando fiumi, laghi, terre, umani e viventi di ogni specie.
Dunque,
i miliardari global capitalisti statunitensi finanziano la “CO2 Coalition” di
scienziati del tipo “scienza applicata”, e vediamo a cosa la applicano.
Cominciamo
dai tre fondatori, due dei quali passati a miglior vita, o almeno lo speriamo
per loro.
“Roger
Cohen”, ex
dirigente della Exxon (!), ricercatore di tecniche per rendere più facile,
efficiente e remunerativa l’estrazione del petrolio. )
“William Happer”, direttore del dipartimento USA
dell’energia sotto George Bush con 3 miliardi da gestire per “ricerche su
energia, nucleare, fusione nucleare, progetto genoma umano” e altre cosettine
sempre da far rizzare i capelli in testa.
“Rodney W. Nichols”, funzionario del governo USA per il
Ministero degli Esteri; consulente della Casa Bianca, del dipartimento della
difesa e dell’energia (!); consulente della GTE (compagnia telecomunicazioni),
della Shell (petrolio e gas), della Gotham Orient LLC (banca d’investimenti).
Se poi
queste candide e scientifiche animucce non vi bastano per diffidare della
coalizione “Viva l’anidride carbonica”, passiamo al pezzo unico, il direttore
esecutivo della “CO2 Coalition”, Gregory Wrightstone, e qui lasciamo parlare lui, che non
tralascia niente.
Magari
qualcosa tralasceremo noi, per non annoiarci. Tanto è la solita solfa.
Il
Gregory Wrightstone, campione della lotta contro la consapevolezza umana e
direttore esecutivo della coalizione amica dell’anidride carbonica e,
soprattutto, di ciò che la produce in quantità, dice di sé:
“35
anni di esperienza e successi come geologo esploratore” (s’intende esplorazioni
per trovare petrolio), “consulente per lo sfruttamento di giacimenti non
convenzionali”, traduco: frantumazione delle rocce bituminose.
Ha
lavorato per Mountaineer Keystone, azienda per lo sfruttamento delle rocce bituminose del
bacino degli Appalachi;
ha lavorato per Texas Keystone, azienda di estrazione del petrolio
e del gas, per Gulf Keystone Petroleum, per Statoil Energy, per Eagle Resources Corporation, tutte aziende dello stesso settore
e, com’è ovvio, insegna anche in due università, tanto per confermare che ormai lo
scopo principale delle università è quello di addestrare le nuove leve della
grande industria, ignorantizzandole sufficientemente perché siano i servi
perfetti.
(Sonia Savioli)
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