La transizione verde deve essere ecologica, economica, e non ideologica.

La transizione verde deve essere ecologica, economica, e non ideologica.

 

Meloni alla cop28: “serve una transizione

ecologica e non ideologica.

L’Italia fa la sua parte”.

Italiaveranews.it – (2-12-2023) – Redazione – ci dice:

 

“L’Italia sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione, lo fa in modo pragmatico, con un approccio di neutralità tecnologica, libero dal radicalismo”.

 Il premier, Giorgia Meloni, è intervenuto alla sessione dei capi di Stato e di governo della Cop28 di Dubai parlando del futuro dell’energia e ribadendo il ruolo di Roma nel processo.

“Se vogliamo essere efficaci dobbiamo perseguire una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economico-sociale: serve una transizione ecologica, non ideologica”, ha aggiunto.

“L’Italia sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione (Co2), e lo fa in modo pragmatico, cioè con un approccio tecnologicamente neutro, libero da inutili radicalismi.

 La mia idea è che se vogliamo essere efficaci, se vogliamo una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economica e sociale, ciò che dobbiamo perseguire è una transizione ecologica, e non ideologica”

“Stiamo gradualmente sostituendo la generazione elettrica a carbone con le rinnovabili, abbiamo adottato un nuovo Piano Energia e Clima e stiamo investendo risorse e attenzione sui biocarburanti, tanto da essere tra i fondatori della “Global Biofuels Alliance”.

Nel contesto europeo, “abbiamo tracciato un percorso verso la neutralità del carbonio (Co2) entro il 2050 e per ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030”, ha aggiunto.

La premier ha ribadito che l’Italia è “anche impegnata a garantire, attraverso il programma UE “Fit for 55”, un approccio multisettoriale che rafforzi i mercati del lavoro e mitighi l’impatto sui nostri cittadini.

E questo è un punto essenziale, perché se pensiamo che la transizione verde possa comportare costi insostenibili, soprattutto per i più’ vulnerabili, la condanniamo al fallimento.”

Obiettivi ancora lontani.

“Questo vertice è un momento chiave dei nostri sforzi per contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi:

 abbiamo raggiunto il primo ‘Global stocktake’ e ci sono ragioni per essere ottimisti.

 Ma l’obiettivo rimane ancora lontano”.

 Lo ha detto la premier, Giorgia Meloni, intervenendo alla sessione dei capi di Stato e di governo della Cop28 di Dubai.

“La COP28 deve essere un punto di svolta – ha aggiunto Meloni – siamo chiamati a dare una direzione chiara e ad attuare azioni ragionevoli ma concrete, come triplicare la capacità mondiale di generazione di energia rinnovabile entro il 2030 e raddoppiare il tasso globale di miglioramento annuale dell’efficienza energetica”.

Il piano Mattei per l’Africa.

“L’Italia intende destinare una quota estremamente significativa del Fondo per il clima – la cui dotazione complessiva è di 4 miliardi di euro – verso il continente africano.

 Non però attraverso un approccio caritativo, perché l’Africa non ha bisogno di carità, ma ha bisogno di essere messa in condizione di competere ad armi pari, per crescere e prosperare grazie alla moltitudine di risorse che il continente possiede. Una cooperazione tra pari, rifiutando approcci paternalistici e predatori”, ricorda il presidente del Consiglio.

“L’energia è uno dei pilastri del Piano Mattei per l’Africa, il piano di cooperazione e sviluppo su cui l’Italia sta lavorando con grande determinazione per costruire partenariati reciprocamente vantaggiosi e sostenere la sicurezza energetica dei Paesi africani e del Mediterraneo – ha ripetuto Meloni – stiamo anche lavorando, così, per diventare un hub strategico per l’energia pulita, sviluppando le infrastrutture e la capacità di generazione necessarie, nella nostra Patria e nel Mediterraneo”.

“Dopo la “Conferenza di Roma sullo sviluppo e la migrazione”, sono stati istituiti due nuovi strumenti finanziari per affrontare le cause profonde della migrazione, combattere i trafficanti di esseri umani e garantire il diritto a non emigrare: continueremo a sostenere il “Green Climate Fund” anche nel prossimo ciclo e, come ho già annunciato ieri, contribuiremo con 100 milioni di euro al “nuovo fondo perdite e danni”, fortemente voluto dalla Presidenza degli Emirati.

Tutte queste priorità saranno al centro anche della Presidenza italiana del G7, nel 2024″, ha concluso.

(agi)

 

 

 

 

Miseria e irrealtà nella

transizione green.

Reteresistenzacrinale.it – (30 dicembre 2021) – Alberto Cuppini – ci dice:

 

Le bollette di Greta, che stanno arrivando e arriveranno sempre più gravose nelle prossime settimane ad imprese e cittadini, riporteranno agli europei, assieme alla minaccia del ritorno della miseria, anche l'ormai smarrito senso della realtà.

(ecco un esempio della miseria:

(Londra 1947. Cittadinanza in coda per ottenere il carbone razionato dalle autorità).

 All'inizio di quest'anno, per adempiere ad uno degli infiniti obblighi burocratici imposti dalla commissione europea per il conseguimento della "neutralità carbonica"(Co2) al 2050, venne trasmessa a Bruxelles la "Strategia nazionale di lungo periodo".

 Il documento governativo prevedeva in particolare una riduzione "spinta" della domanda di energia (al 2050 consumi finali -40%), "grazie soprattutto al calo della mobilità privata e dei consumi civili", e un cambiamento "radicale" del mix energetico a favore delle rinnovabili (Fer all'85-90% dei consumi) coniugato ad una "profonda elettrificazione degli usi finali" (generazione elettrica raddoppiata a 600-700 TWh da raggiungere "grazie al dispiegamento di fonti sinora non sfruttate" e moltiplicando di 10-15 volte la capacità solare fino a 200-300 GW (corrispondenti, per meglio intendere di che cosa stiamo parlando, a 6.000 chilometri quadrati ricoperti di pannelli fotovoltaici).

In tale contesto, "i sistemi di accumulo elettrochimico dovrebbero arrivare a 30-40 GW" (4-5 volte quanto previsto dal “Pniec” al 2030).

 Prima della pandemia la potenza complessiva dei sistemi di accumulo installati in Italia era di 103 MW, valore che quindi dovrebbe essere moltiplicato per 300-400 volte.

Almeno il 25-30% dell'elettricità prodotta, "in particolare nella fase di over generation", sarà destinata alla produzione di idrogeno.

 Nel già lunare “Pniec”, trasmesso all'UE appena un anno prima - ma prima che il governo tedesco (finito in un vicolo cieco con l'energia eolica super incentivata che viene prodotta quando non serve e deve essere regalata all'estero) lo proponesse improvvisamente come “Deus ex machina”nel giugno del 2020 - all'idrogeno c'era solo un timido accenno, per evitare di cadere nel ridicolo, espresso peraltro in termini estremamente generici e cautamente ottativi: "Un contributo potrebbe essere fornito dall'idrogeno, anche per i consumi non elettrici".

Sempre di più e sempre peggio, dunque, e senza più pudori.

Questo nuovo, incredibile documento del governo italiano fu a suo tempo volutamente ignorato da tutta la stampa nazionale, per non rischiare commenti irridenti, controproducenti in tempi di gretismo trionfante, e, soprattutto, per evitare imbarazzi futuri, all'apparir del vero.

Il poeta inglese “Samuel Taylor Coleridge” aveva coniato la formula "volontaria sospensione dell'incredulità" al fine di ignorare le incongruenze nelle creazioni artistiche e godere appieno della poesia, del romanzo, del teatro eccetera.

Ma sempre e comunque di un'opera di fantasia;

e la sospensione dell'incredulità doveva limitarsi a quel momento di intimo godimento estatico.

 È perciò evidente che, nel caso del raggiungimento della "neutralità carbonica"(Co2) nel 2050, non solo non siamo più nel campo della politica, energetica o economica che sia, ma neanche in quello dell'immaginazione artistica, e dunque orbitiamo in una sfera di pura e semplice ideologia, se non addirittura di una “pseudo religione neo pagana”.

(Ma santo iddio … come si fa a non sapere che la CO2 è un gas più pesante dell’aria e non potrà mai “volare nell’atmosfera” come fanno i gas serra! N.D.R.)

Per la “transizione green”, infatti, la sospensione dell'incredulità pare non finire mai e contagia anche chi dovrebbe avere completato il ciclo vaccinale contro le corbellerie, soprattutto in un settore vitale per l'economia come quello della politica energetica.

Proseguendo in questa non-logica, in maggio venne presentato un rapporto dell'”Agenzia internazionale per l'energia” (Aie) che sosteneva il processo mondiale di decarbonizzazione(Co2).

"Nessun nuovo giacimento di petrolio e gas naturale è necessario", si leggeva nel piano “Aie “di riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2050.

 Una presa di posizione drastica, fino ad allora appoggiata solo dagli ambientalisti più gretini (più cretini! N.D.R.)

Come spiegato da” Sissi Bellomo” sul Sole, Il rapporto contraddiceva l'allarme che la stessa agenzia dell'Ocse aveva lanciato sul rischio di carenze e forti rincari del greggio.

Nella Roadmap per la decarbonizzazione(Co2), invece, l'”Aie”, fondata in seno all'”Ocse” dopo lo shock petrolifero del 1973, si spingeva fino a raccomandare lo stop immediato di ogni investimento in idrocarburi:

 una presa di posizione estrema e invero sorprendente da parte di un organismo che era nato (e viene lautamente finanziato. Ndr.) con lo scopo di evitare carenze di greggio, un ruolo che però stride con l'aspirazione di farsi alfiere della transizione energetica.

 L'”Aie” aveva elaborato la Roadmap, proseguiva la Bellomo, su incarico di “Alok Sharma”, parlamentare britannico destinato a presiedere la Cop26 di Glasgow.

Fra le tappe proposte dall'”Aie” molte apparivano già allora ardue se non utopiche, nonostante fino a maggio 2020 l'Agenzia registrasse con allarme "il rischio che i tagli di oggi negli investimenti nel settore idrocarburi conducano a futuri squilibri sul mercato".

(Gli assassini del sistema degli idrocarburi non verranno mai processati da un processo di Norimberga! N.D.R.)

Da questa improvvisa reincarnazione dell'”Aie”, osservava allora “Giuliano Garavini” sul “Fatto Quotidiano”, è uscito un esercizio a metà tra la scienza delle previsioni sociali” stile Asimov” e le “profezie di Nostradamus”, in particolare quando confida che dal 2030 metà delle riduzioni delle emissioni di CO2 avverrà da tecnologie "in via di sviluppo".

Per la giustizia sociale niente paura perché, nonostante una sempre maggiore tassazione del carbonio (Co2), verranno creati milioni di posti di lavoro nel settore green.

La liberalizzazione del settore energetico in Europa è riuscita a generare, insieme, aumenti dei profitti per le imprese e delle bollette per i consumatori.

 Il sempre più massiccio ricorso alle rinnovabili incentivate (che sono costate all'Italia, fino al 2012, circa 220 miliardi di euro), combinato ad altrettanto massicci investimenti a loro ancillari in nuove infrastrutture, hanno incrementato la povertà energetica e la deindustrializzazione.

(Certo è che “i criminali di Vados” vanno fieri di avere previsto la distruzione dell’umanità e la fine della plebaglia denutrita! N.D.R.)

Perciò affermare, come fa l'”Aie”, che una modesta iniezione di 40 miliardi di investimenti all'anno possa garantire l'accesso all'energia del resto del mondo, a partire dall'Africa, appare surreale.

Concludeva sconsolato “Garavini”:

la storia ci dimostra che, a livello globale, aumenti di Pil sono andati di pari passo con aumenti delle emissioni di gas serra.

Anche se miracolosamente diminuisse l'utilizzo di combustibili fossili (carbone e gasolio), aumenterà il consumo di ogni altra risorsa naturale.

Raddoppiare la produzione materiale significa raddoppiare la crisi ecologica, non risolverla.

Ma non importa, dobbiamo fare qualcosa, a tutti i costi:

la Terra è malata, degradata;

gli ecosistemi stanno per collassare; mutamenti climatici e cataclismi inauditi stanno seminando e semineranno sempre più morte e distruzione.

 E i colpevoli siamo solo e unicamente noi Occidentali, sperperatori di risorse, consumatori accaniti, inquinatori seriali.

Per causa nostra le generazioni future riceveranno in eredità un ambiente impoverito e saranno costrette a rivedere drasticamente il loro stile di vita, se non addirittura a lasciare il pianeta.

 Così recitano i fanatici dell'Apocalisse (la cricca di Davos), invocando, in nome di fosche previsioni ripetute con insistenza, la necessità di rinunce immediate e spietate autopunizioni collettive.

Tutto questo, fa notare il filosofo francese “Pascal Bruckner”, rientra in un canovaccio già noto, dai tempi del millenarismo cattolico con il suo contorno di pauperismo e culto della frugalità, fino agli strali marxisti contro il capitalismo e al disprezzo terzomondista per l'Occidente sfruttatore.

Radici profonde, dunque, ma anche altre radici da poco tempo sopite, ridestate dalla pioggia di primavera stimolata dal surriscaldamento del pianeta.

Da qui la “l’assurda politica climatica dell'UE”, da qui “Greta”, da qui la riapparizione della congrega di invecchiati, ma non rinsaviti, sessantottini che vogliono combattere il capitalismo con ogni mezzo e che sobillano le sprovvedute ma presuntuose ragazzine delle piazze mediatiche globalizzate.

 Da qui la solitaria crociata dell'Europa, che appare sempre più isolata, orgogliosa di una leadership proclamata ma sostanzialmente ignorata da tutti.

La sua ormai unica forza consiste nell'essere un mercato di 450 milioni di abitanti. La sua influenza su questioni decisive, se opportunamente indirizzata, potrebbe essere enorme.

 È il cosiddetto «Brussels effect», l’effetto che fa sì che gli standard europei diventino standard mondiali proprio perché adottati da chi non vuole rinunciare a un mercato così importante.

Un'Europa oggi fermamente convinta che aggressive politiche climatiche, ancorché molto costose, porteranno ad una radicale e rapida riconversione delle economie europee verso un nuovo modello di sviluppo e verso nuovi stili di vita, come esplicitamente affermato dal “vicepresidente della commissione Ue” Timmermans.

(Un pazzo furioso che è affascinato dalle fumisterie religiose dell’attacco al “bandito CO2”! N.D.R.)

Non c'è niente di cui meravigliarsi. È la legge della democrazia.

Ursula Von der Leyen interpreta un Parlamento dove un terzo è ambientalista, nota in un'intervista su Panorama “Davide Tabarelli” di Nomisma Energia: abbiamo una classe politica che idolatra la decrescita felice.

 È logico che si vada verso un suicidio economico.

 La vera catastrofe è la morte dell'economia.

In Italia, dove il M5S, partito dalle scie chimiche e dalla pseudo scienza, è tuttora il gruppo parlamentare più numeroso, votato alle ultime elezioni da un terzo degli elettori, si rischia ancor di più.

L'approccio green è diventato fideistico, non scientifico.

Fideistico ma non solo, a dire il vero.

 Le politiche energetiche prevalenti, affermatesi per contrastare l'aumento delle temperature medie, sono guidate da un mix di ignoranza e di sudditanza alle lobbies dell'industria elettrica mondiale.

Quest'ultima dispone di una serie di intellettuali organici della disinformazione, (ben pagati! N.D.R.) che ripropongono posizioni che sono tutt’altro che nuove e che hanno largo seguito in ambito accademico e scientifico corrotto, con ricadute politiche in genere espresse in termini assai più approssimativi e folcloristici.

Da qui la “demagogica legge Ue per il clima” che rende legalmente vincolanti i puerili obiettivi del taglio del 55% delle emissioni entro il 2030 (Fit for 55) e della neutralità climatica entro il 2050.

Da qui i lacci e i lacciuoli imposti dalla commissione Ue al mercato.

Tutta una serie di filiere industriali sottoposte a regolazioni finora inusitate.

 La Border tax.

Addirittura una "tassonomia" per decidere che cosa è Bene - e deve continuare ad esistere - e che cosa no:

un'assurdità perfino per un pianificatore maoista del Grande Balzo in avanti.

 "Tassonomia".

Quasi una bestemmia per gli americani, perfino per Kerry. Gli Stati Uniti non aderirono al protocollo di Kyoto proprio in nome della superiorità del mercato nel contrasto al cambiamento climatico, piuttosto che di regole calate dall'alto.

Ma ormai l'Europa, proprio su questi capisaldi, non può più arretrare.

È troppo compromessa.

La follia dirigistica di contrastare l'innalzamento delle temperature non con politiche che emergono dalla contrattazione nel mercato e con il mercato, denuncia il “professor Sapelli sul Sussidiario”, ma con decisioni tecnocratiche legittimate solo dallo stordimento ideologico, ha appena iniziato a produrre i danni immensi di una transizione non contrattata del tipo di quella che sta inverandosi in una Ue sempre più simile all'Urss.

 (Ma quanti miliardi si sono intascati la “von der line” e marito per distruggere la nostra economia europea? N.D.R.)

I provvedimenti per la transizione verde imposti dalle tecnocrazie europee (sorrette dal” landscape”, come lo definisce Sapelli nel suo stile flamboyant, simbolico ed ideologico che fa del “clima un totem sacrificale”) sostituiscono fonti affidabili e economiche con altre che non sono rodate e sono costose.

Il fine da ricercare (l'eterogenesi dei fini...) cessa di essere il clima e diventa la "decarbonizzazione integrale".

Il fatto che una simile opzione appartenga a un dibattito per così dire "normale" sarebbe già di per sé preoccupante.

 

L'UE marcia spedita sulla transizione energetica e non mostra ripensamenti nemmeno di fronte all'esplosione dei prezzi dei diritti sulla CO2, un mostro partorito dalle COP Onu ma reso operativo solo dai burocrati di Bruxelles.

Quella è stata la miccia che ha innescato la crisi dei prezzi energetici, destinata a trasformarsi presto in crisi economica tout court.

Non avevamo certo bisogno di questi segnali di difficoltà per ipotizzare il fallimento di quelle politiche basate esclusivamente sulle rinnovabili e sull'abiura dei combustibili fossili.

Resta però incredibile che in questo scenario nessuno osi mettere in discussione una transizione energetica costosissima, come se fossimo ancora in piena deflazione e non fosse passata almeno una decina d'anni di non investimenti in idrocarburi, mentre si moltiplicano i costi burocratici per le imprese.

Come se la produzione e le imprese fossero un dato di partenza scontato e il costo dell'energia fosse una variabile indipendente.

Se ne discute troppo poco, ma la chiusura delle fabbriche con le nuove impennate sul prezzo dell'energia sarà la vera apocalisse.

Il carrozzone mediatico-politico preferisce il velo di Maya del Covid, che nasconde la realtà.

Molte cose cambieranno quando i cittadini europei cominceranno a subire le randellate delle bollette.

Specie quando si dovrà tornare ad un certo rigore di bilancio con l'addio alla cuccagna dei deficit pubblici troppo facili, che hanno permesso ai governi italiani non solo di sopravvivere in questi difficili anni di pandemia, ma persino di aumentare i consensi.

Per il momento l’unico problema è lo scontento di una fetta crescente della popolazione e dell’opinione pubblica che forse non riesce a mettere insieme tutti i pezzi del mosaico della transizione ecologica, ma che capisce benissimo che arrivare alla fine del mese è sempre più difficile.

Avere annunciato, prima che i mercati energetici fossero ristrutturati, il trasferimento sui consumatori dei vantaggi delle rinnovabili dando per acquisita la transizione solo perché si erano fissati degli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni per compiacere l’elettorato senza una complessiva analisi dei costi e benefici, si sta rivelando per quello che è: un piano sconsiderato.

E così adesso, allarmati dalla insostenibilità economica e dalle ricadute sociali, e preoccupati di perdere il consenso dei cittadini, i decisori sono pronti a rimangiarsi molto e spingersi anche oltre.

Ne abbiamo vista un'esemplare dimostrazione con l’impennata della bolletta energetica di questi mesi, che ha costretto il governo Draghi ad un immediato intervento, per non dissipare il sostegno e la fiducia dell’opinione pubblica nel Green Deal.

Ma anche la fiducia costa, e se il Pil decrescesse finirebbero anche le risorse per comprarla.

L'Ue inebriata dall'ideologia della transizione ecologica, anche in ragione della crescente influenza dei Verdi in Germania, guarda a scenari di lungo termine, senza rendersi conto del muro contro cui famiglie e imprese stanno per andare a sbattere.

“Enrico Quintavalle”, responsabile dell'ufficio studi di Confartigianato, ammonisce che, se il rialzo dell'inflazione si rafforzasse e si prolungasse nel tempo, si ridurrebbe il potere di acquisto delle famiglie e, contemporaneamente, si anticiperebbe un orientamento restrittivo della politica monetaria.

 Una possibile, pericolosa sincronizzazione di una deflazione monetaria, anche senza essere accompagnata dalla temuta riattivazione delle regole europee di bilancio, avrebbe ulteriori effetti recessivi, esponendo l'economia italiana, oltre alla stagnazione economica da costi, anche ai rischi di una crisi del debito sovrano.

Ma in realtà il problema, nell'immediato, non è solo di costi e di crisi delle finanze pubbliche.

Il paventato rischio di blackout in Francia deve far riflettere sulla situazione del nostro Paese.

Ci spiegava “Francesco Del Pizzo di Terna” in un'intervista su Panorama che quando fa freddo importiamo 4 GW e tra i grandi Paesi europei siamo quello con il maggior deficit di potenza installata affidabile, ossia programmabile.

 Dal 2005 non si investe in nuove centrali tradizionali e dal 2013 abbiamo dismesso impianti programmabili per 14 GW.

In più abbiamo come obiettivo al 2025 di chiudere le centrali a carbone e saranno altri 7,2 GW che mancheranno all'appello. Così ci troveremo a dover affrontare una riduzione di capacità termoelettrica nell'ordine dei 20 GW.

Se confrontati con la domanda di picco, circa 60 GW, stiamo parlando di un taglio del 30%.

Ogni giorno che passa dimostra sempre più che, in caso di bisogno, è inutile fare affidamento su tutto quell'eolico e quel FV che è stato nel frattempo installato dissennatamente.

Quando il tuo approvvigionamento di gas, e quindi la tua sicurezza energetica, dipende dall'estero, devi avere la forza di mandare a quel paese sia Greta sia i suoi accoliti al governo e nei media, riconoscere la transizione ecologica come business del momento e operare sull'esistente.

Avere energia e materie prime abbondanti e a buon mercato oggi come 70 anni fa, dopo la Seconda guerra mondiale, è condizione necessaria per qualsiasi ripresa.

 L’altra è un ambiente con meno burocrazia possibile, attento ai profitti nel lungo periodo delle imprese in libera concorrenza tra loro ed al benessere dei propri cittadini che partecipano, più o meno direttamente, e devono godere dei successi dell'economia.

Invece l'economista “Alessandro Penati” fa osservare che, col Green deal, si è persino abrogato di fatto la politica comunitaria contro gli aiuti di stato, uno dei pilastri della nuova Europa post bellica:

ora, con la giustificazione di sostenere la transizione verde, i governi fanno a gara a sussidiare con finanziamenti agevolati le imprese nazionali, e le rinnovabili elettriche in particolare, creando indebiti vantaggi rispetto alla concorrenza.

La commissione potrebbe minacciare la commissione di agire al di fuori dai Trattati.

E, se volesse essere coerente, dovrebbe aprire davanti alla Corte di Giustizia una procedura d’infrazione contro sé stessa.

Sarebbe coerente con la non-logica che guida le istituzioni europee da almeno dieci anni.

Questa, osserva ironico il “costituzionalista Alessandro Mangia”, è la classe dirigente che sta a Bruxelles e che guida un continente guardando tutti con sufficienza.

E che distribuisce minacce, pagelle e sanzioni in nome di una sua immagine fantasiosa dell’economia, che sono il segno che l’edificio senza fondamenta eretto a fatica nel ’92, dopo la riunificazione tedesca, non tiene più.

La verità, arriva a dedurre Mangia, è che l’Europa è un’istituzione che si sta sgretolando velocemente.

Pensare che l’Unione europea, che non ha una politica estera comune, possa risolvere il problema energetico dei Paesi europei è peggio che illusorio;

 il rischio, semmai, è che si moltiplichino le fratture interne.

 L’Europa in queste settimane è stata costretta ad osservare ogni giorno con preoccupazione le consegne russe di gas senza alcuna certezza di breve-medio termine, mentre ancora vaneggia di transizioni verdi che non si può permettere esattamente come non se le possono permettere Cina, Russia o India, che almeno ammettono questa impossibilità.

La transizione verde gestita da Bruxelles, che dovrebbe unire l’Europa, sta ottenendo l’effetto contrario, mentre il mondo assiste a una dimostrazione di inconsistenza difficile anche solo da credere.

 La candida dichiarazione di Draghi, nella conferenza stampa di fine anno, sull'impotenza europea di ritorsioni nei confronti della minaccia militare russa all'Ucraina ha colpito di più l'opinione pubblica anglo-sassone che quella continentale.

Caricare l’Unione europea di una sfida sull'energia che richiede tempi brevissimi è distruttivo.

 Sarebbe molto meglio, per l’Europa in primis, che i singoli Stati, che sono attrezzati, facessero, in questa specifica emergenza, ciascuno per conto proprio.

La soluzione del problema del recupero e del mantenimento della sicurezza energetica non è semplice perché richiede molto tempo;

 richiede l’apertura di nuovi impianti che non possono sopravvivere se i costi energetici sono questi.

La prima reazione dovrebbe essere difendere quello che c’è, e invece quello che c'è oggi chiude schiacciato da costi insostenibili e da fardelli burocratici.

Estrarre gas non è facile come l’immissione di liquidità della Banca centrale europea; esige anni ed investimenti ingenti.

Dopo troppi anni di investimenti ridotti al lumicino perché bisogna decarbonizzare, molti Paesi europei si rifiutano di spiegare ai propri cittadini che la rigidità, giusta o sbagliata che sia, verso la Russia e la transizione verde ci consegnano uno scenario complicato:

le imprese europee, come minimo, non potranno programmare la loro produzione. A proposito di “Banca centrale europea”, “Paolo Annoni”, che nei suoi articoli quasi quotidiani sul “Sussidiario” è il più assiduo fustigatore delle follie green, segnala che la Bce, in sovrappiù, ha ricevuto il compito di impegnarsi per il clima, con opzioni che sono assolutamente politiche.

 Nei fatti, i soldi di tutti sono messi al servizio, e svalutati via inflazione, di obiettivi politici mascherati da scelte “scientifiche”.

La Bce si avvia dunque a scrutinare i bilanci delle banche europee per misurare il rischio climatico.

Vuol dire che trovare in Europa una banca disposta a finanziare un progetto energetico tradizionale sarà estremamente complicato.

Un'autentica pazzia, proprio mentre il gas rischia di non arrivare più in quantità sufficienti.

 Pazzie su pazzie, senza più freni.

È allora necessario pretendere un ritorno alla ragionevolezza e al confronto intellettuale.

Solo gli intellettuali e i ricercatori indipendenti possono produrre una svolta sempre più necessaria.

Per far questo sono indispensabili élite nuove e alcune pre-condizioni, di cui tratteremo altrove.

Occorre però, nell'immediato, essere consapevoli degli insanabili limiti delle fonti rinnovabili non programmabili, la cui fisiologica intermittenza oggi richiede, come l'attuale drammatica esperienza dell'esplosione dei costi dell'energia elettrica sta dimostrando, che al loro utilizzo si affianchi un oculato ricorso a fonti tradizionali ad impatto più contenuto quali il gas naturale.

A ciò si dovrebbe accompagnare, nel breve periodo, un'ulteriore promozione dell’efficienza energetica in tutto il mondo, ispirandosi proprio al virtuoso modello dell'industria italiana.

Tutto questo permetterebbe di realizzare fin da subito enormi riduzioni di emissioni globali di gas clima-alteranti, in modo tale da guadagnare tempo, in attesa di pervenire a nuove tecnologie chiave di cui il settore energetico ha bisogno ma che, come fatto rilevare anche dall'Agenzia Internazionale dell'Energia nel suo recente report, non sono ancora disponibili.

 Sarà infatti necessaria un'ampia gamma di tecniche e metodologie che, sempre secondo l'”Aie”, sono in fasi molto diverse di sviluppo.

La priorità della politica energetica italiana, europea e mondiale per la transizione - e l'immenso sforzo finanziario che ciò comporterà nel medio periodo - non dovrà quindi essere la proliferazione incontrollata di impianti di rinnovabili elettriche, quanto piuttosto la ricerca e lo sviluppo di queste nuove tecnologie davvero alternative alle fonti tradizionali e necessarie per soddisfare gli ambiziosi obiettivi che ci siamo riproposti.

Facciamolo mettendo - da subito - fine alla retorica del "continente climaticamente neutro" nel 2050.

Perché si compia la rivoluzione energetica sarebbe il caso di arrivarci, al 2050, vivi e non morti di inedia o assiderati.

Tenendo sempre presente chi siamo e da dove veniamo, il sistema di valori della nostra civiltà industriale e l'importanza di un'economia basata sulla facile disponibilità di energia a basso costo che ci ha permesso di raggiungere, per la prima volta nella storia umana, il benessere diffuso e di condividerlo con il resto del mondo.

 La nostra civiltà industriale dipende dagli idrocarburi per tantissimi aspetti che trascendono la mobilità, la luce o il gas.

Non seghiamo il ramo sul quale stiamo comodamente appollaiati prima di averne trovato uno ancora più comodo.

 Ci vorranno generazioni di sforzi e di tentativi, ma, se siamo arrivati fin qui uscendo dalle Età Oscure, ce la faremo anche stavolta, a patto di mantenere, per muoverci in territori in gran parte ignoti, la razionalità e quelle stesse bussole culturali adoperate allora.

(Alberto Cuppini)

 

 

 

Cop28, il messaggio di Papa Francesco:

“Devastazione Creato è offesa a Dio”.

Meloni: “Serve transizione ecologica non ideologica.”

Cronachedi.it – (02 -12- 2023) - Mauro Vignola – ci dice:

 

Terzo giorno di lavori alla Cop28, la conferenza del clima sotto l’egida dell’Onu in corso a Dubai fino al 12 dicembre.

“La mia idea è che se noi vogliamo essere efficaci, se vogliamo una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economico-sociale, quello che dobbiamo ricercare è una transizione ecologica, non ideologica”.

Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervenendo in plenaria alla Cop28 in corso all’Expo City di Dubai.

 

“È un momento chiave per contenere la crescita delle temperature mondiali entro 1,5 gradi.

Anche se ci sono ragioni per essere ottimisti, l’obiettivo rimane molto lontano.

 La Cop28 deve essere una svolta, ci viene chiesto di fissare una chiara direzione e agire in modo ragionevole ma concreto”.

 Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervenendo in plenaria alla Cop28 in corso all’Expo City di Dubai.

“L’Italia sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione – ha quindi aggiunto la premier – e lo fa in modo pragmatico.

Questo significa con un approccio neutrale alla tecnologia, libero da un radicalismo”.

Parlando in plenaria, Meloni ha ricordato che “siamo chiamati a stabilire una direzione chiara e a mettere in atto azioni ragionevoli ma concrete, come triplicare la capacità di generazione di energia rinnovabile nel mondo entro il 2030 e raddoppiare il tasso globale di miglioramento annuale dell’efficienza energetica, come indicato anche dalla Presidenza” della Cop28.

 La premier nel suo intervento ha quindi ricordato che l’Italia sta “gradualmente sostituendo la produzione di energia elettrica da carbone con le rinnovabili, abbiamo adottato un nuovo Piano per l’energia e il clima e stiamo investendo risorse e attenzione sui biocarburanti, tanto che siamo tra i fondatori della Global Biofuels Alliance.

Nel contesto europeo, abbiamo tracciato un percorso per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050 e per ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030. Ma siamo anche impegnati a garantire, attraverso il programma Ue ‘Fit for 55’, un approccio multisettoriale che rafforzi i mercati del lavoro e mitighi l’impatto sui nostri cittadini.

 E questo è un punto essenziale, perché se pensiamo che la transizione verde possa comportare costi insostenibili, soprattutto per i più vulnerabili, la condanniamo al fallimento”.

 

“Devastazione creato offesa a Dio, l’ora è urgente.”

Il messaggio di Papa Francesco alla Cop28, la conferenza del clima sotto l’egida dell’Onu in corso a Dubai fino al 12 dicembre.

“Purtroppo non posso essere insieme a voi, come avrei desiderato, ma sono con voi perché l’ora è urgente – le parole del Pontefice lette dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin – Sono con voi perché, ora come mai, il futuro di tutti dipende dal presente che scegliamo.

Sono con voi perché la devastazione del Creato è un’offesa a Dio, un peccato non solo personale ma strutturale che si riversa sull’essere umano, soprattutto sui più deboli, un grave pericolo che incombe su ciascuno e che rischia di scatenare un conflitto tra le generazioni”.

“È acclarato – continua il Papa – che i cambiamenti climatici in atto derivano dal surriscaldamento del pianeta, causato principalmente dall’aumento dei gas serra nell’atmosfera, provocato a sua volta dall’attività umana, che negli ultimi decenni è diventata insostenibile per l’ecosistema.

L’ambizione di produrre e possedere si è trasformata in ossessione ed è sfociata in un’avidità senza limiti, che ha fatto dell’ambiente l’oggetto di uno sfruttamento sfrenato”.

Papa Francesco nel messaggio letto a Dubai dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, rilancia poi una proposta:

 “Con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e realizzare attività che promuovano lo sviluppo sostenibile dei Paesi più poveri, contrastando il cambiamento climatico”.

 

 

 

Meloni a Cop28 contesta il “radicalismo

ambientale”: “Serve una transizione

ecologica, non ideologica.”

Larepubblica.it – (02-12-2023) - redazione Politica – ci dice:

 

Meloni a Cop28 contesta il “radicalismo ambientale”: “Serve una transizione ecologica, non ideologica” (afp).

La premier interviene a Dubai alla plenaria della conferenza Onu sui cambiamenti climatici:

“Serve un approccio che non comprometta la sfera economica e sociale”.

Barelli (Forza Italia): “La fonte di energia primaria che può garantire al nostro Paese la piena autonomia è il nucleare”

"La mia idea è che se vogliamo essere efficaci, se vogliamo una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economica e sociale”.

Giorgia Meloni si presenta con queste parole alla plenaria della Cop28, la conferenza Onu sui cambiamenti climatici in corso a Dubai.

La premier rivendica che "l'Italia sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione in modo pragmatico" e promuove quello che definisce “un approccio tecnologicamente neutro, libero da inutili radicalismi” sull’ambiente: “Ciò che dobbiamo perseguire – dice Meloni – è una transizione ecologica, e non ideologica”.

Parole a cui il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli, risponde: “L'indipendenza energetica del nostro Paese è indispensabile per garantire crescita e benessere stabile ed evitare che l'Italia debba sottostare al mercato dettato dai paesi produttori, mai tanto penalizzante come negli ultimi anni.

Va valorizzata sicuramente la produzione di energia 'naturale' che madre natura ci può regalare - fotovoltaico, eolico, biomasse -, ma Forza Italia da sempre ha indicato che la fonte di energia primaria - che può garantire al nostro Paese la piena autonomia - è il nucleare".

 

Il messaggio di papa Francesco alla Cop28: “No ai nazionalismi, serve una conversione ecologica multilaterale”.

(Iacopo Scaramuzzi -2 Dicembre 2023).

 

La presidente del Consiglio ha ribadito che l'Italia è "anche impegnata a garantire, attraverso il “programma Ue Fit for 55”, un approccio multisettoriale che rafforzi i mercati del lavoro e mitighi l'impatto sui nostri cittadini.

E questo – ha sottolineato – è un punto essenziale, perché se pensiamo che la transizione verde possa comportare costi insostenibili, soprattutto per i più vulnerabili, la condanniamo al fallimento”.

 

CAMBIAMENTO CLIMATICO.

(Come salvare la Cop28 - Riccardo Luna -02 Dicembre 2023)

Meloni ha definito il vertice in corso “un momento chiave” negli sforzi per contenere l'aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi:

“Abbiamo raggiunto il primo 'Global stocktake' e ci sono ragioni per essere ottimisti. Ma l'obiettivo rimane ancora lontano”, ha però aggiunto.

 La Cop28 deve essere un punto di svolta siamo chiamati a dare una direzione chiara e ad attuare azioni ragionevoli ma concrete, come triplicare la capacità mondiale di generazione di energia rinnovabile entro il 2030 e raddoppiare il tasso globale di miglioramento annuale dell'efficienza energetica”.

 

 

 

Assemblea di Assolombarda.

Meloni: la transizione ecologica non può smantellare le nostre imprese. Bonomi: noi paghiamo già più del salario minimo.

La premier all’assemblea degli industriali: metteremo a terra il Pnrr, costi quel che costi.

Ilsole24ore.com – (3 luglio 2023) – Giorgia Meloni – ci dice:

 

Meloni: "Abbiamo portato un approccio pragmatico all'ambientalismo in Europa"

I punti chiave.

Bonomi: bene Meloni su nuova narrazione dell’industria.

«Transizione non può smantellare le nostre imprese»

«Inspiegabile sminuire l’industria italiana».

«Ue parla di sovranità, impensabile pochi mesi fa».

«Stiamo dimostrando una affidabilità maggiore rispetto al resto dell’eurozona»:

lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nell’intervento all’assemblea di Assolombarda citando i dati sul Pil dell’Italia che «ha mostrato una ripresa post-Covid che ci consegna un’economia in crescita oltre le aspettative, con la stima di una previsione al rialzo a +1,2% nel 2023, una crescita superiore alla media Ue».

Ma la premier ha parlato anche di transizione ecologica per avvertire che non può portare a «smantellare la nostra economia e le nostre imprese, la transizione ecologica e la sostenibilità ambientale devono camminare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica».

 E Sul Pnrr garantisce:

«Vi assicuro che i fondi li metteremo a terra costi quel che costi».

Poi l’annuncio: Il governo lavora per varare a breve un Chips Act italiano».

Bonomi: bene Meloni su nuova narrazione dell’industria.

«Mi sono piaciute molto le parole della presidente del Consiglio, una narrazione diversa sull’industria» è stato il commento del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.

 «Nella legge di bilancio - ha detto - abbiamo visto i provvedimenti sull’energia e poi avremmo gradito che le altre risorse andavano su altro che ritenevamo importanti».

 

Bonomi: noi paghiamo più del salario minimo a 9 euro.

«Se vogliamo parlare di salario minimo - ha aggiunto Bonomi - con una soglia di 9 euro non è un problema di Confindustria. I nostri contratti sono tutti superiori. Se prendiamo ad esempio i metalmeccanici di terzo livello il prezzo è di undici euro. L’industria non è vero che paga poco ma paga il giusto. Non c’è un veto anzi è una grande sfida ed entriamo nel pieno dei temi».

(17 novembre 2023)

«Transizione non può smantellare le nostre imprese»

Nel suo intervento Meloni ha sottolineato che «non può ritenersi che noi, per avviare la transizione ecologica, possiamo smantellare la nostra economia e le nostre imprese, la transizione ecologica e la sostenibilità ambientale devono camminare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica».

 La transizione - detto - va fatta con l’uomo al centro».

Meloni ad Assolombarda: l'Italia è sempre la nave più bella del mondo.

«Inspiegabile sminuire l’industria italiana»:

«Se i numeri del settore sono incontrovertibili quelli dei territori rappresentanti da Assolombarda sono addirittura sorprendenti, e nonostante questi numeri assistiamo ancora ad una inspiegabile tendenza a sminuire il portato dell’industria italiana, mentre si prendono a punto di riferimento realtà esterne ai confini nazionali da cui nulla avete da imparare semmai da insegnare» ha detto la presidente del Consiglio.

«Ue parla di sovranità, impensabile pochi mesi fa».

Sulle materie prime e sull’industria, ha proseguito Meloni, si lavora con «un approccio congiunto per una Ue che oggi inizia a parlare nientemeno che di sovranità, cosa impensabile qualche mese fa quando veniva confuso con un approccio autarchico, una pericolosa tendenza dei partiti di destra».

 Che ha fatto notare:

«Non era così, chi opera nel campo del reale e non dell’ideologia e dell’utopia ha più facilità a vedere cosa poi si materializza».

«Metteremo a terra il Pnrr, costi quel che costi».

Sul Pnrr, ha affermato Meloni, «non è in gioco il governo ma la modernizzazione dell’Italia e la sua credibilità a livello internazionale. C’è chi tifa perché si fallisca come se non fosse interesse» di tutto il Paese.

 «Vi assicuro che i fondi li metteremo a terra costi quel che costi, modificheremo le parti che non vanno bene privilegeremo il profilo strategico» negli investimenti, «contratteremo con la Ue, faremo le norme necessarie a superare le lungaggini e le difficolta degli enti locali. Se qualcuno vuole rimanere a guardare vorrà dire che quando avremo terminato avrà imparato una lezione».

Meloni: "I soldi del Pnrr li metteremo a terra, costi quel che costi"

«A breve un Chips Act italiano»

Il governo, ha annunciato Meloni, lavora per «varare a breve un Chips act italiano».

 «La politica dei semiconduttori si inserisce in un piano più ampio, volto a rendere l’Italia competitiva in settori ad alto contenuto tecnologico - ha aggiunto -.

Il ramo Hi Tech deve attrarre imprese dall’estero ed evitare la fuga di quelle che operano in Italia».

 

 

 

Giorgia Meloni:

"La transizione ecologica non

 deve smantellare la nostra economia"

quattroruote.it – Redazione online – Giorgia Meloni – (3-7- 2023) – ci dice:

 

Giorgia Meloni torna a parlare delle politiche europee per la decarbonizzazione imposte a numerosi settori industriali, incluso l'auto motive.

 "La transizione ecologica è indispensabile, ma va fatta con criterio:

 non possiamo smantellare la nostra economia e le nostre imprese", ha detto la premier durante un intervento all'Assemblea Generale di Assolombarda.

 "La sostenibilità ambientale - ha aggiunto Meloni - deve camminare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica.

Difendiamo la natura, ma con l'uomo dentro: è questa la sfida che ci caratterizza con un approccio molto pragmatico rispetto a un ambientalismo ideologico e un po' miope su alcuni dossier. Penso al regolamento sui veicoli leggeri:

 c’è ancora da lavorare sul riconoscimento dei biocarburanti, ma intanto siamo riusciti a imporre il principio della naturalità tecnologica, ponendoci in testa al fronte del no alla nuova normativa che oggi raggruppa otto Paesi europei".

Libertà tecnologica e tensioni geopolitiche.

Meloni ha fatto un riferimento esplicito a diktat europei come l'ormai famoso stop alla vendita di nuove auto a benzina e diesel nel 2035 e la relativa imposizione dell'elettrico quale unica soluzione per la riduzione delle emissioni nel campo dei trasporti:

 "Se da una parte è giusto che l'Europa definisca gli obiettivi della transizione ecologica, dall'altra la tecnologia con cui ogni nazione sceglie di raggiungere gli obiettivi deve essere lasciata alla definizione degli Stati nazionali per salvaguardare l'economia e non consegnarci a nuove pericolose dipendenze".

La premier ha poi ricordato il "quadro globale in continuo mutamento", le "nuove logiche e i nuovi assetti dei mercati globali", la "nuova fase nella storia della politica industriale" e una situazione geopolitica alla "quale eravamo disabituati", con le tensioni tra l'Occidente e la Cina:

 "L'Europa non può non reagire, non rispondere e non coordinarsi, a maggior ragione perché Europa e Stati Uniti guardano allo stesso rivale sistemico, la Cina. Anzi, il tentativo degli Stati Uniti di rendersi più indipendenti da Pechino offre a noi l'opportunità di porci come fornitore alternativo, almeno per alcune materie prime critiche estratte e processate in Europa nei segmenti più carichi di innovazione, di contenuto tecnologico".

Del resto, "quella delle materie prime critiche è una delle principali sfide del nostro tempo, se consideriamo soprattutto la loro importanza per la transizione ecologica".

Cambio di passo.

L'Europa, però, deve cambiare passo e in tal senso Meloni ha indicato alcuni segnali favorevoli:

"Oggi la Ue inizia a parlare nientemeno che di sovranità, cosa impensabile qualche mese fa quando veniva confusa con un approccio autarchico, una pericolosa tendenza dei partiti di destra.

Non era così: chi opera nel campo del reale e non dell'ideologia e dell'utopia ha più facilità a vedere cosa poi si materializza".

Di sicuro, per Meloni, "qualcosa non ha funzionato se il primo embrione dell'unificazione europea si chiamava “Ceca”, Comunità economica del carbone e dell'acciaio, cioè nasceva per mettere in relazione e coordinare il lavoro delle nazioni sull'approvvigionamento energetico e delle materie prime.

E oggi, quando sono arrivati i primi shock, abbiamo scoperto che quello su cui eravamo più esposti era l'approvvigionamento energetico e di materie prime. Oggi, finalmente, si torna a parlare di catene di approvvigionamento, di controllo dei propri asset strategici, di autonomia strategica, e in questa consapevolezza c'è anche un ruolo geopolitico che l'Europa deve giocare".

 Infine, il presidente del consiglio ha affrontato alcuni temi cari agli imprenditori.

 Il governo sta infatti lavorando "per varare a breve un Chips Act italiano", procedendo con i necessari "correttivi" al Pnrr e definendo "un documento globale di politica industriale 'Made in Italy 2030'" che sarà presentato il prossimo anno.

 

 

 

LE PAROLE DELLA MELONI.

Il Governo (ma non tutto) dichiara

guerra all'ideologia green.

Lanuovabq.it – Ruben Razzante – (4 -7-2023) – ci dice:

 

La premier Meloni all'assemblea di Assolombarda dice che la transizione ecologica non deve smantellare l'economia e deve avere l'uomo al centro.

 Ma Picheto Fratin (Ambiente) rilancia un lockdown green.

L’ideologia green rischia di diventare il cappio al collo del sistema produttivo italiano e di provocare un vero e proprio impoverimento di famiglie, imprese e Stati.

 L’Unione europea, che su tanti temi si dimostra divisa e in balia delle situazioni, su questo tema della sostenibilità sta portando avanti una vera e propria crociata ideologica, che contiene certamente alcuni aspetti positivi in ordine al rispetto della natura e dell’ambiente, ma rischia di ritorcersi contro lo sviluppo delle società e degli Stati.

 

Si è avuta prova tangibile del fastidio crescente che i nostri governanti, nazionali e locali, stanno maturando rispetto all’ideologia green durante i lavori dell’Assemblea annuale di Assolombarda, che si è svolta ieri a Milano.

Anche su questo tema si è confermata la piena sintonia tra Governo e Regione Lombardia.

Sia il Presidente del Consiglio che il Governatore lombardo, in materia di transizione green, hanno ribadito che un conto è proteggere l’ambiente e la natura altra cosa è rinunciare alla crescita delle aziende per proteggere l’ambiente e la natura.

Senza sviluppo industriale si ferma tutto e imporre troppi vincoli alle imprese e agli Stati in materia di emissioni e di risparmio energetico significa alimentare una spirale autodistruttiva che elimina risorse anziché moltiplicarle.

Giorgia Meloni ha raccolto applausi scroscianti dalla platea confindustriale quando si è soffermata sulla transizione green:

 «Non può ritenersi che noi per avviare la transizione ecologica possiamo smantellare la nostra economia e le nostre imprese.

La transizione ecologica e la sostenibilità ambientale devono – ha chiarito il premier – camminare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica; la transizione va fatta con l'uomo al centro».

 Guardando sempre all’agenda comunitaria, in particolare sulle materie prime e sull'industria, Meloni ha sottolineato che si lavora con «un approccio congiunto per una Ue che oggi inizia a parlare nientemeno che di sovranità, cosa impensabile qualche mese fa quando veniva confuso con un approccio autarchico, una pericolosa tendenza dei partiti di destra».

 

Duro anche il Governatore lombardo, Attilio Fontana, che ha chiarito che lo sviluppo sostenibile è in cima alle priorità della sua giunta e che i dati della Lombardia sulle emissioni inquinanti sono confortanti e migliori di quelli di altre realtà territoriali. 

«Tuttavia - ha detto - le direttive Ue in materia ambientale rischiano di tarpare le ali allo sviluppo della Lombardia perché impongono tutta una serie di vincoli che impediscono alle aziende di produrre».

 Fontana ha anche rilanciato il tema dell’autonomia, che considera indispensabile per conferire maggiore dinamismo alle spinte verso la crescita che le imprese lombarde stanno imprimendo da un anno a questa parte.

 «Chiedo di valutare come il modello lombardo funzioni e per funzionare ancora meglio avrebbe bisogno di più autonomia che ci consentirebbe di competere con quelle realtà europee che già hanno questi elementi di autonomia che permette loro di rendere più snelli i processi e avere maggiori competenze e più flessibilità fiscale», ha concluso il Governatore. 

Il centralismo di Bruxelles e quello di Roma sono i due nemici della ripartenza concreta del Paese.

Sull’autonomia la battaglia è tra forze politiche centraliste e forze federaliste e queste ultime oggi sono ben rappresentate nella maggioranza di governo.

 Dunque esistono concrete possibilità di approvare l’autonomia differenziata, che darebbe maggiore flessibilità alle iniziative regionali.

Sul fronte green, invece, l’ideologia rischia di produrre danni notevoli, perché anche nelle file del Governo italiano si registrano posizioni ben diverse da quelle espresse ieri dalla Meloni.

Hanno destato scalpore, ad esempio, le dichiarazioni del Ministro per l’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, che ha annunciato di aver inviato alla Commissione europea un documento sulla strategia green dell’esecutivo.

Per riassumerne i contenuti il quotidiano La Verità ha utilizzato ieri un’espressione fortemente evocativa: “lockdown green”.

In altri termini, l’esponente del Governo Meloni, per compiacere l’Ue e il suo delirio ideologico green, sostiene che non basta aumentare la produzione di rinnovabili e accelerare sui veicoli elettrici, ma è necessario far spostare meno le persone, dunque estendere lo smart working e introdurre la settimana lavorativa corta.

Per soddisfare i desiderata di Bruxelles in ordine agli obiettivi di decarbonizzazione dei settori “non Ets”£ (non Emission Trading System), l’Italia dovrebbe quindi promuovere la progressiva diffusione di mezzi caratterizzati da consumi energetici ridotti e spostare l’utenza dal trasporto privato a quello pubblico

Si tratta di ricette pericolose, che assolutizzano in maniera integralista l’elemento climatico ponendo in secondo piano lo sviluppo produttivo e la crescita delle imprese e delle società.

Una deriva indotta da un ambientalismo ideologico e miope che, se non frenato per tempo, può portare l’Europa a scivolare verso scenari inimmaginabili di povertà ed emergenza sociale ed economica.

(Non tutti i pazzi che governano i paesi occidentali hanno come destinazione politica il manicomio! N.D.R.)

 

 

 

Carne e sostenibilità. Nuove metriche

rivelano l'impatto del settore agricolo

europeo, creditore netto di emissioni.

Eunews.it – (25 ottobre 2023) – Simone De La Feld – ci dice:

 

Al Parlamento europeo l'evento di presentazione del libro “Meats And Cured Meats: The New Frontiers of Sustainability”, ospitato dall'eurodeputato di Forza Italia, Salvatore De Meo.

Per Luigi Scordamaglia, di Filiera Italia, "la sostenibilità non può essere smantellare le attività agricole e delegare ai laboratori la produzione di quello che mangiamo.”

 

Bruxelles – Il settore zootecnico europeo rappresenta il 38,5 per cento dell’intero comparto agricolo per un valore di 206 miliardi di euro con circa 4 milioni di addetti.

Un comparto che ha ridotto le proprie emissioni di oltre il 18 per cento negli ultimi trent’anni e che rappresenta “l’unica attività umana che, oltre a emettere carbonio (Co2), contemporaneamente lo sequestra”.

 

Questa la fotografia scattata al Parlamento Europeo durante l’evento di presentazione del libro “Meats And Cured Meats: The New Frontiers of Sustainability”, (Franco Angeli editore) scritto da Elisabetta Bernardi, Ettore Capri e Giuseppe Pulina.

All’evento, introdotto e promosso dall’eurodeputato di Forza Italia, Salvatore De Meo, Presidente della Commissione Affari Costituzionali e membro della Commissione Agricoltura, e con la partecipazione di Luigi Scordamaglia, Amministratore Delegato di Filiera Italia.

 

“Oggi il settore zootecnico europeo è al centro della sfida ambientale – ha dichiarato in apertura De Meo – ma la transizione va perseguita in maniera pragmatica, non impositiva e soprattutto non ideologica”.

 Perché se siamo tutti d’accordo che la sostenibilità è l’obiettivo verso cui tendere, l’eurodeputato azzurro ha rilanciato con decisione l’idea che “la sostenibilità non può avere solo una declinazione ambientale, ma necessariamente anche sociale, produttiva ed economica”.

 Una transizione verde che non può prescindere dalla zootecnia, “parte di quell’azione che ci serve per raggiungere la neutralità climatica”.

L’impatto ambientale del settore zootecnico: le nuove unità di misura proposte da Oxford.

Sugli impatti ambientali del settore si è espresso Giuseppe Pulina, professore di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti all’Università di Sassari e presidente di Carni Sostenibili, organizzazione no profit che riunisce le associazioni dei produttori di carni e salumi italiani con lo scopo di promuovere un consumo consapevole e la produzione sostenibile degli alimenti di origine animale.

 Il punto è che l’agricoltura è l’unica attività umana che, oltre a emettere carbonio, contemporaneamente lo sequestra.

Ecco perché, anche quando si parla di zootecnia, non si deve parlare solamente di emissioni inquinanti, ma di bilancio fra queste e sequestro di carbonio da parte degli agroecosistemi.

Pulina ha suggerito però un ulteriore sviluppo:

“In questi anni la comunità scientifica e le istituzioni hanno evidenziato la necessità di introdurre nuove metriche per calcolare le emissioni, capaci di tenere in considerazione la tipologia di gas climalteranti e della loro permanenza in atmosfera”.

 Un’urgenza fatta presente già nel 1990 dal Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Ipcc), per superare limitazioni e incertezze delle unità di misura utilizzate fino a quel momento.

Un team di fisici dell’Università di Oxford ha proposto una revisione radicale, con dei risultati sconvolgenti:

“Così ricalcolate, le emissioni dell’intero settore agricolo europeo peserebbero non l’11,8 per cento, o il 4,6 per cento se compensate dai riassorbimenti, del totale, ma diventerebbero addirittura negative”.

La spiegazione risiede nel fatto che per la prima volta i ricercatori di Oxford hanno preso in considerazione la differenza in termini di azione sul riscaldamento globale tra gli inquinanti climatici a vita breve, quale il metano, e gli inquinanti climatici a vita lunga, quale l’anidride carbonica (Co2).

 “Una differenza sostanziale – spiega Pulina -se consideriamo che il metano ha una emivita di circa 10 anni, mentre l’anidride carbonica permane in atmosfera per circa mille anni”.

(Ma come fa la” CO2” - pur essendo un gas più pesante dell’atmosfera – a frequentare il salotto buono dei gas serra nella stratosfera e a non precipitare sul suolo terrestre od in mare a cui la gravità della terra ha sempre provveduto “alla bisogna”! N.D.R)

 

“L’attacco violento” dell’Ue alla zootecnia e il valore degli alimenti di origine animale.

(Tutto l’attacco violento della UE è diretto dal “Gruppo Gates & C”. che finanzia i comandanti attuali della UE! N.D.R).

Ma nelle valutazioni di rischio e di impatto che tengono in piedi il Green Deal europeo, le metriche utilizzate non sono quelle sviluppate ad Oxford.

 E il rischio è quello denunciato da Filiera Italia e dal suo amministratore delegato, Luigi Scorda maglia:

“La risposta alla domanda di sostenibilità non può essere quella di smantellare le attività agricole e delegare ai laboratori la produzione di quello che mangiamo”.

Anche perché nel mondo 1,3 miliardi di persone devono esclusivamente il loro sostentamento ad attività legate all’allevamento.

 

Secondo Scorda maglia Bruxelles sta portando avanti “un attacco violento alla zootecnia”, e in particolare sulla carne artificiale ricorda che “secondo FAO e OMS esistono almeno 53 potenziali pericoli per la nostra salute legati al possibile consumo di carne artificiale”.

Perché mancano ancora “gli studi necessari che dicano che il consumo di questo prodotto, addizionato di ormoni, antibiotici e antimicotici necessari per farla crescere, non comporti rischi”.

Rischi che non riguardano gli alimenti di origine animale.

La dottoressa Elisabetta Bernardi ne ha evidenziato il valore nell’ambito dell’alimentazione umana:

 “Se è vero che i prodotti di origine animale apportano solo il 18 per cento delle calorie, essi contribuiscono per il 34 per cento delle proteine e per il 55 per cento degli aminoacidi essenziali“.

Inoltre, ha sottolineato Bernardi, l’impronta ecologica – come uso del suolo e come emissioni- degli alimenti di origine animale “è pressoché simile o addirittura inferiore a quella relativa alla produzione di proteine vegetali, a eccezione della soia, che però non è nella tradizione mediterranea”.

 

 

 

Sul tema della sostenibilità degli allevamenti, in particolare quelli italiani, si è soffermato infine” Ettore Capri”, che ha ricordato come il sistema zootecnico italiano sia un modello avanzato di economia circolare a livello mondiale: oggi, infatti, l’Italia è il quarto produttore al mondo di biogas e secondo in Europa dopo la Germania.

 Grande rilievo, secondo Capri, ha lo sviluppo di attività di “Carbon Farming”, “una serie di pratiche agricole volte alla produzione alimentare che nel contempo sono in grado di sequestrare con maggiore efficienza il carbonio atmosferico (Co2)”.

Le virtù del comparto zootecnico europeo sono sul piatto.

 Ma la Commissione europea sembra non volersene accorgere: “La più grande preoccupazione – ha sottolineato l’eurodeputato De Meo – è che stiamo esternalizzando l’inquinamento per poi riportare sulle nostre tavole quello che in Europa non si può più fare “.

 

 

 

 

Gregorini (Cna), un errore

smantellare Rete Imprese Italia,

insieme si conta di più.

Ildiariodellavoro.it - Massimo Mascini – “27 gennaio 2023) – ci dice

 

Otello Gregorini, il segretario generale della Cna, grande associazione di imprese artigiane, guarda al prossimo futuro con una punta di ottimismo.

Il peggio è alle spalle, afferma, se si riesce a imbrigliare il prezzo dei carburanti tanti problemi perdono di vigore, l’inflazione, il costo del denaro.

Lo preoccupa di più il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, perché trovare dipendenti è sempre più difficile, tanto più per alcune competenze che non si trovano e sono invece indispensabili, specie in un momento di grande transizione come quello che stiamo attraversando.

 Il punto, confessa, è che abbiamo sbagliato un po’ tutti, noi, le famiglie, la scuola, ci siamo fatti sopraffare dai problemi e il lavoro ha perso di attrattiva, specie quello manuale.

 Si è perso, dice, il gusto del lavorare bene, che era ed è la caratteristica del lavoro artigiano.

Delle proteste di Confindustria che si lamenta perché le associazioni artigiane, ma anche quelle del terziario, associano imprese industriali, che sarebbero fuori dalla loro competenza, non se ne cura.

 La verità, afferma Gregorini, è che quegli steccati non esistono più.

Le imprese sono sul mercato, dice, e si rivolgono alle associazioni più intraprendenti, più capaci di attirare consenso.

Nessun ripensamento, quindi, semmai rimpianto per l’uscita di scena di Rete Imprese Italia, che raggruppava tutte le associazioni artigiane e del terziario.

Se vogliamo contare di più, afferma il segretario generale di Cna, dobbiamo rimetterci assieme.

 

Gregorini, che previsioni economiche fanno gli artigiani per questo anno appena iniziato?

Il 2022 è stato un anno positivo, per quest’anno abbiamo preoccupazioni forti. Legate soprattutto al tema dell’energia, e giustamente il governo ha dedicato la gran parte della manovra a questo capitolo.

Il “price cap” è stato importante, ha portato una forte riduzione del prezzo del gas e non ha nemmeno scaricato tutti gli effetti positivi possibili.

Adesso dobbiamo pensare ai carburanti, perché se si riesce a imbrigliarne il costo perdono di forza anche gli altri temi difficili, l’inflazione e il costo del denaro.

 È tutto legato.

Gli economisti dicono che forse è già stato raggiunto il picco dell’inflazione.

Me lo auguro, perché il paese fa fatica con un’inflazione a due cifre. 

E perché se cala il potere di acquisto calano i consumi.

Ma le imprese devono poter vendere i loro prodotti, altrimenti crescono i problemi.

 

Possiamo dire che tra gli artigiani prevale l’ottimismo?

Chi ha intenzione di fare investimenti forse ci va un po’ più cauto, ma le nostre aziende sono flessibili, si adattano facilmente.

E comunque anche crescendo trovano altri problemi, primo tra gli altri quello della forza lavoro.

Tante imprese artigiane non riescono a reperire certe competenze, certe specializzazioni.

 Credo che debba essere meglio allineata la relazione tra scuola e lavoro.

Problema complesso, tanto più in un momento come questo dove le transizioni si moltiplicano e chiedono competenze anche molto diverse.

 

Si, soprattutto per noi artigiani, perché nelle nostre imprese il lavoro è fondamentale, non ci sono le macchine che fanno tutto. Il rapporto con i dipendenti è sempre molto stretto, non a caso se una persona lavora bene l’artigiano non se la fa scappare, se la tiene e gli dà prospettive.

Avete difficoltà per alcune competenze o in generale mancano lavoratori?

Diciamo che per certe competenze c’è un problema, ma in generale non si trova manodopera, specie per certi lavori.

Pensi a cosa è accaduto per l’edilizia, che sta vivendo un picco per il superbonus.

I lavoratori non ci sono e tutti quelli impegnati adesso sono per l’80% stranieri, nella mia regione, le Marche, tutti dell’Est Europa.

Gli italiani vogliono fare altro.

 

Perché rifiutano il lavoro artigiano, in generale il lavoro manuale?

Rimanendo nell’esempio dell’edilizia, è un dato di fatto che per tanto tempo si è pensato e si è detto che non era bene fare il muratore.

 Per questo penso che dobbiamo tornare indietro, correggerci, come famiglia e come scuola.

Dobbiamo far capire che fare imprenditoria è un valore positivo, che fare il muratore o un altro lavoro manuale è una cosa buona, che dà reddito e gratificazioni sociali.

Abbiamo mandato messaggi sbagliati, dobbiamo recuperare.

 

Un problema di formazione o di istruzione?

Di istruzione, tanto che dobbiamo partire dalla scuola. Fare l’artigiano è una cosa positiva, ma non è sentito e vissuto così.

 

Per responsabilità di chi?

 

Anche nostra, abbiamo sentito troppo lo stress, il lavoro, le tasse, tanti impegni diversi.

Troppi elementi negativi, che alla fine hanno prevalso.

Fino al 2000 fare l’artigiano dava tante soddisfazioni, la cosa principale era fare bene il proprio mestiere, era la garanzia di successo e di reddito.

Poi questo è stato dato per scontato, sono cresciute le difficoltà, hanno pesato altri aspetti, finanziari, giuridici, soprattutto la capacità di comunicare bene quello che facevi.

Tanti artigiani si sono trovati in difficoltà. C’è stato un riposizionamento generale, qualcuno è riuscito ad andare avanti bene, molti si sono trovati a mal partito.

 

È sempre viva la polemica sulle dimensioni aziendali? Il piccolo è sempre bello?

 

Questa è una polemica eterna.

 Io so che nel nostro paese ci sono troppo poche grandi aziende, che sono indispensabili perché ci aiutano a competere e noi possiamo seguirle nelle filiere.

Detto ciò, è altrettanto vero che l’Italia è fatta di piccole imprese.

 La quasi totalità sono imprese con pochi, pochissimi dipendenti.

 E del resto, con la tecnologia di cui disponiamo anche un’impresa di 10 dipendenti può agire come fosse una grande azienda.

Ma il problema principale è che i decisori politici dovrebbero smetterla di tarare i provvedimenti sulle grandi imprese.

Il percorso dovrebbe essere rovesciato.

Si dovrebbero fare i provvedimenti per le piccole imprese e questi dovrebbero essere poi aggiustati per le imprese di grandi dimensioni.

Non dimentichiamo che noi facciamo coesione sociale, partecipiamo attivamente al contesto in cui siamo inseriti. In momenti di difficoltà siamo stati in grado di attenuare le tensioni sociali.

 

Quante sono le imprese artigiane?

 

In tutto oltre un milione, 350mila aderiscono alla Cna.

 

Le associazioni artigiane, tutte, tendono da qualche tempo ad associare non più solo artigiani, ma in generale piccole imprese, tanto è vero che Confindustria protesta per questo.

Dove è la ragione?

 

Non è un problema di chi ha ragione e chi torto.

Tutte le associazioni artigiane hanno una percentuale di iscritti, attorno al 20%, che non sono artigiani.

 Lo stesso accade nel mondo del commercio e in quello dell’agricoltura.

Le tarature precise di una volta non ci sono più. Le piccole imprese sono sul loro territorio, dove le associazioni più capaci, meglio organizzate raccolgono il consenso. È la capacità delle diverse associazioni a fare la differenza.

 

Sono tante le associazioni di imprese e pescano tutte nello stesso mare.

 

Sì, sono tante, ma io non credo che potremo durare tanto con tutte queste sigle. Fino a poco tempo fa esisteva “Rete Imprese Italia”, che raggruppava tutte le associazioni artigiane e del commercio.

Però è stata sciolta. Ma se vogliamo contare di più, avere maggiori risultati, dovremo quanto prima ritrovare una convergenza.

 

In “Rete Imprese Italia” c’era sufficiente collaborazione?

 

Quella era la modalità per stare assieme. Oggi le diverse associazioni collaborano, ma rimanendo ciascuna nel suo campo. Ma non funziona così, se devi andare da un decisore politico ottiene molto di più se ci vai con le altre associazioni che se ci vai da solo.

 È un dato di fatto. Del resto, se chiedi a dieci artigiani cosa pensano di questa divisione loro non distinguono, a loro interessa solo se difendi i loro interessi, ma lo puoi fare meglio se si sta tutti assieme.

Ripeto, dobbiamo ritrovare le modalità per tornare assieme.

 

Ci sono già spinte in tal senso?

 

Noi siamo convinti della necessità di un passo del genere.

Ma è come nei matrimoni, bisogna essere in due.

Dobbiamo trovare altre associazioni convinte della opportunità di stare assieme. Ma una cosa deve essere chiara.

“Rete Imprese Italia” avrebbe funzionato, avrebbe avuto un ruolo più importante se le singole associazioni avessero ceduto proprio potere.

O le singole associazioni si sgonfiano o la cosa non funziona.

 

Avete problemi con il sindacato?

 

No, proprio no. Se dobbiamo rimproverare qualcosa al sindacato è che troppo spesso tende a riproporre con le piccole imprese l’approccio che hanno con le grandi imprese. Ma non funziona, noi siamo diversi.

 

Quindi è giusto mantenere distinti i modelli contrattuali?

Certo, sono stati distinti proprio per questa diversità. Ma con il sindacato non abbiamo problemi o conflitti.

C’è grande rispetto delle regole che ci siamo dati e che proprio nel pieno della pandemia abbiamo cambiato per adeguarci a quello che si prevedeva sarebbe accaduto nel mercato del lavoro.

Un ottimo lavoro che ci ha portato a rafforzare gli istituti della bilateralità, che hanno aiutato ad alleviare le difficoltà dei lavoratori.

(Massimo Mascini)

 

 

 

 

 

Lascia stare i contanti”: i canadesi

 si oppongono fermamente al piano

del governo di creare un “dollaro digitale”

lifesitenews.com – (1° dicembre 2023) – Antonio Murdoch – ci dice:

 

La stragrande maggioranza degli intervistati ha affermato che dovrebbero essere introdotte norme per imporre ai commercianti di accettare contanti come forma di pagamento.

OTTAWA ( LifeSiteNews ) –

La stragrande maggioranza dei canadesi vuole che il governo e la sua principale banca “lascino stare i contanti” e non procedano con la creazione del cosiddetto “dollaro digitale”, definendo la valuta elettronica una “idea orribile” che potrebbe portare a “un ulteriore modo in cui il governo può controllarci e rintracciarci”.

Mercoledì, la Banca del Canada (BOC) ha pubblicato i risultati tanto attesi del sondaggio sul “potenziale dollaro canadese digitale”.

 I risultati mostrano che la stragrande maggioranza, l’86% dei canadesi, è contraria alla creazione di un dollaro digitale nazionale.

Il rapporto includeva molte risposte scritte di partecipanti contrari all’idea di un “dollaro digitale”.

"Lascia stare i contanti!" ha scritto un intervistato, mentre un altro ha scritto: “Non ne abbiamo bisogno! Quindi non sprecare altre risorse.”

Un altro ha scritto:

“Un dollaro digitale sembrava fantastico finché non abbiamo visto il governo federale congelare i conti bancari privati ​​dei suoi stessi cittadini per aver sostenuto un movimento politico con cui non era d’accordo. Non ho più alcuna fiducia nel sistema”.

Questa risposta si riferiva senza dubbio al “Freedom Convoy” dell’inizio del 2022, quando il ministro delle Finanze “Chrystia Freeland”, sotto gli ordini del primo ministro “Justin Trudeau”, fece il passo senza precedenti di chiedere alle banche di congelare i conti di chiunque fosse coinvolto nella protesta del convoglio a Ottawa, senza un provvedimento del tribunale.

Un partecipante ha notato come un dollaro digitale abbia il potenziale per essere abusato sotto un governo autoritario al potere.

"Pensate a quanto velocemente tutto questo potrebbe andare storto con le persone sbagliate al potere", ha scritto la persona.

Un altro ha scritto: “È l’inizio della fine della libertà”.

Un partecipante al sondaggio ha notato come i canadesi abbiano già un dollaro digitale, sotto forma di carta di debito o di credito.

“I canadesi non hanno bisogno di un dollaro digitale, ce n’è già uno. È la tua carta di debito”, ha scritto un intervistato.

L'indagine della BOC ha inoltre chiesto ai partecipanti al sondaggio le loro opinioni sui potenziali consigli ai politici e ai decisori riguardanti la possibile creazione di un "dollaro digitale".

Secondo il sondaggio, “la stragrande maggioranza degli intervistati concorda sul fatto che dovrebbe essere introdotta una regolamentazione per imporre ai commercianti di accettare contanti come forma di pagamento”.

La BOC ha affermato che questa tendenza è “coerente in tutti i gruppi demografici”.

“Allo stesso modo, la maggior parte degli intervistati concorda sul fatto che la Banca del Canada dovrebbe continuare a fornire ai canadesi un mezzo di pagamento ufficiale garantito dalla banca centrale”, osservano i risultati del rapporto.

Inoltre, la maggior parte degli intervistati ha affermato che la BOC “non dovrebbe svolgere ricerche e sviluppare la capacità di emettere un dollaro canadese digitale”.

"Inoltre, la maggior parte degli intervistati non crede che la Banca del Canada prenderà in considerazione il feedback del pubblico su un potenziale dollaro canadese digitale", afferma il rapporto.

Nel complesso, il rapporto ha rilevato che, combinando tutte le risposte, la creazione di un dollaro digitale ha raccolto l’86% di feedback negativi.

Una "idea orribile."

 

Alcuni partecipanti al sondaggio della BOC si sono affrettati a sottolineare che se dovesse essere creato un dollaro digitale sarebbe una “idea orribile” e sarebbe utilizzato come strumento di controllo governativo.

“Penso che sia… solo un altro modo in cui il governo può controllarci e rintracciarci. Il contante è facile ed è anonimo, ed è stato così per migliaia e migliaia di anni. Nessuno può hackerare denaro contante.

 I contanti sono infallibili.

I bambini possono usare contanti. Cosa succede ai senzatetto?

Non possono permettersi un telefono o un computer per accedere a questo denaro digitale", ha scritto un partecipante.

Il partecipante ha notato come i senzatetto o i meno privilegiati “facciano affidamento sul contante”.

Il mondo [fa affidamento] sui contanti. Quando vado in un altro paese, prendo contanti perché ogni paese ha la propria valuta", ha scritto il partecipante.

Lo stesso partecipante ha espresso preoccupazione su come un dollaro digitale sia aperto agli hacker online, qualcosa da cui il denaro è immune.

“Cosa succede quando la banca viene hackerata o va in bancarotta? Tutti i nostri soldi sono finiti”, hanno scritto.

“Con i contanti possiamo portarlo fuori ed è fisicamente con noi. È una rete di sicurezza. Sono molto contrario a questo dollaro digitale”.

I principali risultati dell’indagine della BOC mostrano che i canadesi attribuiscono “un valore elevato al possesso di contanti garantiti dalla loro banca centrale e vogliono mantenere l’accesso alle banconote”.

Circa il 93% degli intervistati della BOC ha affermato di continuare a utilizzare i contanti come forma di pagamento oltre all'uso delle carte di debito e di credito. Un totale di 66% degli intervistati ha affermato che avere accesso a una valuta digitale non è importante.

Secondo la BOC, una valuta digitale della Banca centrale (CBDC) dovrebbe offrire “vantaggi convincenti per motivare questi consumatori – in particolare i consumatori tipici e ben collegati che rappresentano la maggior parte del mercato – ad adottare e utilizzare CBDC su scala sufficiente per generare un’ampia accettazione da parte dei commercianti”.

Le valute digitali sono state pubblicizzate da alcuni funzionari governativi come un modo per sostituire il contante tradizionale.

Come osservato in un rapporto di “ LifeSiteNews”, gli esperti avvertono che le valute digitali delle banche centrali sono uno "strumento di controllo" dei governi.

Il leader conservatore “Pierre Poilievre” ha promesso che, se sarà eletto primo ministro, fermerà qualsiasi implementazione di una “valuta digitale” o di un sistema obbligatorio di “identità digitale”.

La BOC all’epoca affermò che qualsiasi decisione finale su quando e se verrà emesso un dollaro canadese digitale spetterebbe al governo e non ha escluso la creazione di un dollaro digitale nonostante i risultati del rapporto.

Come riportato da “Life Site News” a maggio, la BOC stava cercando un feedback pubblico sulla fattibilità per i canadesi di una tale forma di valuta digitale, che secondo gli esperti potrebbe significare la fine dell'anonimato negli acquisti.

Il sondaggio, aperto dall’8 maggio al 19 giugno 2023, ha ricevuto 89.423 risposte. Un totale di 87% degli intervistati ha dichiarato di essere “consapevole” dei discorsi riguardanti la creazione di un dollaro digitale.

I risultati del sondaggio arrivano dopo che la BOC in agosto ha ammesso che la creazione di una valuta digitale della banca centrale (CBDC) non è necessaria poiché molte persone fanno affidamento sui “contanti” per pagare le cose.

La banca ha concluso che l’introduzione di una valuta digitale sarebbe fattibile solo se i consumatori ne richiedessero il rilascio.

 

 

 

SMART CITY ITALIA: L’URBANISTICA

DELLA SORVEGLIANZA E

DELLA SCHIAVITÙ DIGITALE.

Comedonchisciotte.org – Sonia Milone – (4 dicembre 2023) – ci dice:

 

Avanzano le Smart Cities in tutta Italia architettando la riprogettazione digitale del territorio e la rifondazione delle città sulle fondamenta del capitalismo della sorveglianza, della società del controllo e del disciplinamento sociale.

Prima Venezia, poi Trento e dopo Firenze, Roma, Milano, Palermo. Avanzano le Smart Cities in tutta Italia architettando la riprogettazione digitale del territorio e la rifondazione delle città sulle fondamenta del capitalismo della sorveglianza, della società del controllo e del disciplinamento sociale.

Avanzano nel silenzio generale, espugnando, una dopo l’altra, le nostre città. Non ci sono soldati a difenderne le antiche mura, non sono bastati secoli di storia, di cultura, di monumenti, di diritti e di conquiste.

Dalle videocamere ai sensori, dalle smart control room alle ZTL, dal 5G all’IoT (Internet of things), dalla profilazione individuale alla premialità del diritto e dei servizi, il grande cantiere dello spazio panottico è aperto in tutta la Penisola.

Secondo l’”Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano” un Comune italiano su tre (il 28%) ha avviato almeno un progetto relativo alla città intelligente nell’ultimo triennio.

La percentuale sale al 50% nei Comuni più grandi, con oltre 15 mila abitanti, ed è destinata a crescere ancora nel prossimo triennio, con il 33% dei Comuni che vuole investire nelle città intelligenti entro il 2024 grazie anche alla spinta del PNRR che prevede oltre 10 miliardi di finanziamenti dedicati alle diverse missioni.

Le città più digitali d’Italia sono Milano, Firenze e Bologna, seguite da Bergamo, Torino, Trento, Venezia, Parma, Modena e Reggio Emilia, come ha rilevato l’ultimo rapporto” ICity Rank 2023” che stila, ogni anno, la classifica.

 

Già, ma cosa è una Smart City?

È un progetto di rivoluzione urbana che, dietro la retorica della sicurezza, dell’ecologia, dell’innovazione e della crescita economica, persegue uno sviluppo “intelligente” (“smart“) allo scopo di rispondere alle nuove sfide della contemporaneità.

 

Le città sono una bomba di emissioni di “CO2” che causano il riscaldamento globale e la concentrazione è destinata ad aumentare.

 L’”ONU” (corrotta! N.D.R) prevede, infatti, che, nel 2050, il 70% della popolazione mondiale (data in forte crescita demografica) vivrà in aree urbanizzate che corrispondono solo al 3% della superficie terrestre, mentre l’”OMS” (corrotta! N.D.R) stima che, ogni anno, 8 milioni di persone (lo 0,1% della popolazione mondiale) perdono la vita per cause correlabili all’inquinamento atmosferico.

 

La pandemia Covid-19 avrebbe evidenziato, una volta per tutte guarda caso, la scarsa sostenibilità del modello di vita urbano tradizionale obbligando a pensare a forme di sviluppo più “sostenibili, efficienti ed inclusive” che, naturalmente, passano attraverso i processi di digitalizzazione anche in ambito urbano e di implementazione delle nuove tecnologie.

Per il Bene della vita dei cittadini.

Inizia il “Grande Reset del territorio”, letteralmente una tabula rasa.

L’intelligenza artificiale entra nella gestione e nel controllo delle città portando alla completa automazione e tecnicizzazione dello spazio, imponendo un nuovo paradigma nel rapporto fra cittadino, territorio e pubblica amministrazione.

Già, perché la “Smart City”, prima di qualsiasi altra cosa (tecnologia inclusa), implica “un nuovo patto di cittadinanza”, come affermato da Mario Monti che, nel 2012, ne importò l’idea in Italia dalla Silicon Valley.

 

La città come luogo della politica viene completamente stravolta, istituzionalizzando forme rivoluzionarie di partenariato pubblico-privato.

Le Smart Cities sono una nuova frontiera per l’elaborazione delle politiche pubbliche con ricadute enormi sulla società intera senza che siano mai state discusse in Parlamento o sottoposte all’attenzione dei cittadini nel dibattito pubblico.

Anzi, l” utopia di urbanisti come Carlos Moreno e di tecnofili inginocchiati al mito del progresso, concorre ad occultare il carattere autoritario, antidemocratico e tecnocratico della Smart City, accelerando la corsa verso la realizzazione di una inquietante distopia urbana.

 

La parola cittadino deriva, infatti, da civitas perché la struttura sociale di appartenenza primaria in Italia è la città e non la gens, il clan o la tribù.

L’urbe, la città romana fondata col tracciamento del solco sul terreno su cui vengono poi erette le mura della città, è il modello fondativo della nostra civitas che, a sua volta, deriva dalla polis greca, la città quale spazio della politeia (letteralmente molti, pluralità), della democrazia e della politica in senso nobile quale “prendersi cura del bene comune” (Aristotele).

Con le “Smart Cities”, le frontiere fisiche che un tempo delimitavano le città vengono trasformate in frontiere tecnologiche che selezionano il passaggio in base alla capacità di accesso che è una delle forme più selettive di controllo del dominio tecno-burocratico.

 La smaterializzazione digitale della città porta nuovi meccanismi identitari che confluiscono nella comunità virtuale e non più nell’appartenenza a una città, una cultura, una tradizione.

 

La prima città intelligente è stata Venezia, implementata da una “smart control room” – la centrale operativa della Smart City – per monitorare in tempo reale tutto il territorio.

 Qui confluiscono i dati raccolti dalle videocamere e dai sensori posizionati capillarmente ovunque che vengono poi trasmessi al “datalake”, un magazzino virtuale accessibile al Comune, alla Polizia e ad altri soggetti pubblico-privati.

I dati sono interpretati da algoritmi intelligenti che sarebbero in grado di “realizzare analisi predittive”.

Dopo Venezia, è toccato a Caorle, Comune a pochi chilometri di distanza, dove nel maggio del 2021 è partita una singolare sperimentazione: la pre-crimine o polizia predittiva.

 Il Comune è ricorso a un software (“Pelta Suite”) che interseca big data e informazioni inserite dalla polizia allo scopo di prevedere episodi di microcriminalità, assembramenti non autorizzati, condotte che potenzialmente osteggiano la sicurezza pubblica.

 E poiché l’esperimento è riuscito, il 5 giugno è stato introdotto “Giove”, uno strumento più avanzato di previsione e prevenzione dei reati destinato alle questure italiane e gestito dalla Polizia di Stato.

Il terzo Comune a collaudare l’applicazione dell’intelligenza artificiale alla sicurezza urbana è Trento che ne diventa presto città capofila in tutta Europa (infatti, ospiterà il prossimo G7 sull’Intelligenza artificiale).

“Occhi e orecchie elettroniche” sono in funzione nelle piazze, nelle strade e nei punti sensibili, trasmettendo incessantemente immagini e voci agli algoritmi.

Qui inizia anche la sperimentazione italiana dell’E-Wallert, “il portafoglio digitale che consentirà a cittadini, residenti e imprese dell’Unione europea di certificare la propria identità in sicurezza accedendo ai servizi pubblici e privati in tutti gli Stati membri”. Una tessera virtuale, comprensiva di tutte le informazioni personali, che inter-medierà l’accesso alla città, ai suoi spazi e ai servizi della pubblica amministrazione, con potenzialità spaventose in termini di profilazione, di tracciamento, di controllo e di disciplinamento tramite dinamiche di consenso-dissenso che diventano immediatamente dinamiche di inclusione-esclusione dallo spazio pubblico della città.

 

Intanto a Firenze l’11 aprile la polizia municipale ha sperimentato l’uso dei droni per il controllo del territorio, che vanno ad aggiungersi all’armamentario di videocamere, sensori, microfoni, celle telefoniche e agli altri strumenti tipici della sorveglianza urbana.

La città toscana punta a diventare “elettrica, a volumi zero, green, sostenibile, resiliente, in una parola smart”, come ha dichiarato “Giacomo Parenti”, direttore generale del Comune presentando un piano di riduzione delle emissioni di “CO2” del 40% entro il 2030 e del 70% nel 2050.

(Ma la “Co2” essendo un gas più pesante dell’aria non può svolazzare nell’atmosfera! N.D.R.)

Divenuta famosa per il “paziente uno” durante la pandemia, a Codogno è stata introdotta da settembre del 2022 l’”app Ecoattivi” che permette di certificare i comportamenti virtuosi (come, ad esempio, andare al lavoro in bici) a cui il sistema attribuisce punti, gestisce classifiche, badge e indicatori di performance, utilizzando tecniche di gamification (sfide, missioni, classifiche).

 In pratica, un sistema di credito sociale vero e proprio con profilazione delle abitudini, tracciamento degli spostamenti, logiche premiali e disciplinari a rinforzo positivo (per ora) per incoraggiare i comportamenti ritenuti virtuosi secondo la nuova morale stabilita dall’Agenda 2030.

La vita ridotta ad un videogioco, trascorsa ad inseguire bonus in costante competizione con il vicino di casa.

 Il sistema è già applicato in oltre cento città italiane, come attesta il portale del “Club dei Comuni Ecoattivi – cittadinanza attiva, Smart City e sostenibilità”.

Ma arriviamo a Milano una delle città più esemplificative nella corsa verso il futuro, grazie all’incessante lavoro di “Giuseppe Sala”, membro di “C40”, l’influente network di sindaci creato e finanziato nel 2005 dalla “Fondazione Clinton”.

Ai primi posti tra le città italiane per “Smarties”, come certificato dal rapporto annuale” iCity Rank” e dal “Booklet Smart City”, il capoluogo lombardo è in linea anche con le più moderne città europee come Berlino, Monaco, Amsterdam, Barcellona e Parigi per le infrastrutture di rete digitali e per la capillarità del wi-fi e della copertura broadband.

Ma Milano è all’avanguardia perché inaugura la sperimentazione della “Città dei 15 minuti” nel quartiere Loreto con il progetto “LOC, Loreto 15 Minuti” che vede l’intervento di N-Hood, società immobiliare responsabile del progetto.

Palazzo Marino punta a ridisegnare la metropoli ispirandosi a “Carlos Moreno”, l’ideatore del nuovo modello urbano e consulente del sindaco di Parigi” Anne Hidalgo”, che ne ha adottato la formula fin dalla campagna elettorale del 2019.

L”idea è suddividere la città in quartieri autosufficienti, dotati di tutti i servizi essenziali (negozi, scuole, ospedali, parchi, impianti sportivi e ricreativi, ecc.) prossimi alla residenza dei cittadini:

 tutto deve essere raggiungibile in 15 minuti a piedi, in monopattino o in bicicletta, allo scopo di disincentivare l’uso dell’automobile, riducendo l’inquinamento, la “CO2” e la congestione del traffico.

 

Dietro la retorica di abitare la prossimità riscoprendo i valori comunitari di quartiere si nasconde, in realtà, una concezione riduttivamente distanziometrica dell’idea di città che porta alla creazione di una vera e propria crono-gabbia con cui ridurre la libertà di movimento delle persone.

L’esempio di Oxford, il laboratorio vivente dove il progetto è più avanzato, è illuminante:

 i residenti hanno a disposizione 100 permessi all’anno per uscire in auto dal loro quartiere superati i quali ogni infrazione viene pesantemente sanzionata.

 Dopo le numerose contestazioni, il Comune inglese ha chiarito che non sono previste barriere fisiche per l’uscita delle auto ma “solo” telecamere in grado di leggere le targhe per applicare le multe.

 Resta comunque l’idea pericolosissima del “recinto” in cui rinchiudere i cittadini, un vero e proprio carcere a cielo aperto, e lo sdoganamento del concetto di limitare la libertà di movimento sul suolo pubblico, garantita, in Italia, dalla Costituzione.

Peraltro, da un punto di vista prettamente urbanistico, l’idea di un simile modello non è nemmeno nuova e ha sempre portato solo a dei disastri, come dimostrano gli esempi delle “neighborhood unit”, ideate negli Stati Uniti nel 1923, o, più vicini a noi, il Corviale a Roma, Le Vele a Napoli, lo Zen a Palermo, il Rozzol Melara a Trieste:

tutti tentativi di applicare modelli semplicistici, fondamentalmente rigidi e non curanti delle complessità sociali, culturali ed economiche tipiche della vita urbana.

A fine ottobre, la “città dei 15 minuti” è stata dichiarata “movimento globale” e pilastro per la lotta al cambiamento climatico durante il “C40 Summit”, tenutosi in Argentina, l’evento annuale del “Cities Climate Leadership Group”, una rete formata da 97 metropoli internazionali dove – insieme a Londra, Parigi, Barcellona, Copenaghen, Stoccolma, Bogotá, Rio, Los Angeles, New York, Tokyo, Seul, Cape Town, tanto per citarne alcune – compaiono Milano e Roma.

Nella Capitale, infatti, il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato che uno dei suoi obiettivi principali è realizzare la “Città dei 15 minuti”, vagheggiando interconnessioni e corsie stradali per macchine a guida autonoma, mentre continuano ad aprirsi voragini nell’asfalto, con una città che affonda nel degrado, nell’incuria, nella sporcizia, nel mal funzionamento dei mezzi di trasporto pubblico.

Dalla grande bellezza analogica all’immensa distesa di algoritmi, dall’Urbe alla City, tutte le strade portano al digitale e al capitalismo della sorveglianza che, nella Capitale, impianta le sue fondamenta con la ZTL più grande d’Italia, dotata di 51 varchi, inaccessibile a tutte le auto che non corrispondono a certi parametri.

Ufficialmente per criteri ecologisti di riduzione del riscaldamento globale, di fatto per rivoluzionare la conformazione urbana, lo spazio di movimento sul suolo pubblico, l’accesso alle strutture e ai servizi principali della pubblica amministrazione, la vita di tutti gli abitanti.

Le “zone a traffico limitato” attuali non hanno nulla a che vedere con quelle applicate a partire dagli anni ’60 in seguito allo sviluppo di massa della mobilità automobilistica, a protezione dei nostri centri storici di origine medioevale – spesso sotto la tutela dell’Unesco o delle Belle Arti – caratterizzati da un dedalo di viuzze nate per il transito di persone e cavalli.

La “ZTL Smart”, invece, ispirata all’ideologia green del fantomatico riscaldamento globale, del tutto inutile anche per ridurre l’inquinamento, nasce per erigere nuovi confini invisibili e invalicabili per tutti tranne per chi, come a Milano ad esempio, può permettersi di pagare 7,50 euro per l’ingresso portando ad una gerarchizzazione del territorio con zone di inclusione ed esclusione basate sulle fasce di reddito.

 Il capoluogo lombardo è stato, infatti, il primo ad introdurre nel 2011 l'”Area C” per motivi ecologisti sotto la giunta di Letizia Moratti – ispiratasi, come ha dichiarato, direttamente a Londra – e del tutto inutile nel ridurre lo smog dato che viene applicata nel centro della città a scapito del fatto che le punte del traffico automobilistico avvengono sulla cintura esterna delle circonvallazioni e delle tangenziali.

La Smart City dilaga anche nel Sud Italia con Messina città sperimentale del progetto “MesM@RT”, finanziato direttamente dall’Unione europea con il fondo “PON GOV”.

La retorica della transizione digitale, ecologica ed energetica qui assume una coloritura particolare: la lotta all’abbandono dei rifiuti.

Centinaia di telecamere dotate di “AI” sorveglieranno capillarmente tutte le strade e segnaleranno, in tempo reale, atti illeciti alle forze dell’ordine raccogliendo dati sulle targhe delle auto.

Nelle video-trappole anti zozzoni sono stati installati anche algoritmi di riconoscimento facciale allo scopo di tracciare tutti gli spostamenti dei cittadini.

La mappatura delle Smart Cities italiane mostra l’espansione dei nuovi meccanismi di controllo sempre più pervasivi e invasivi che mettono a rischio i diritti costituzionali e le libertà fondamentali dei cittadini.

 

Nei prossimi articoli ripercorreremo l’origine e lo sviluppo della città intelligente, per passare poi ad analizzarne alcune caratteristiche cruciali quali la normalizzazione dello spazio panottico della sorveglianza e la legalizzazione del credito sociale alla cinese;

l’avanzata sempre più aggressiva delle tecno-politiche della deterritorializzazione che mortificano la storia e la cultura dei luoghi;

 le narrative e le campagne mediatiche che ne occultano l’utopia distopica;

 gli esempi esteri, da Oxford fino al progetto “The Line”, lanciato nel 2021 in Arabia Saudita; per concludere, infine, con un approfondimento dedicato al caso simbolico di Milano.

(Sonia Milone -Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano)

 

 

 

 

La Banca Mondiale e lo Studio

che Annuncia l’Apocalisse

Energetica dell’Europa.

Conoscenzealconfine.it – (5 Dicembre 2023) - Alessia C. F. (ALKA) – ci dice:

L’offensiva israeliana a Gaza ha implicazioni non solo per il Medio Oriente, ma anche per l’Europa occidentale.

 Una controffensiva del mondo arabo contro Tel Aviv potrebbe far precipitare il “Vecchio Continente” in una crisi energetica.

Se ne sta discutendo negli uffici statali occidentali, dove si teme che l’UE perderà un altro fornitore di petrolio e gas, dopo che le importazioni dalla Russia saranno state vietate per volere della Casa Bianca.

Lo Stretto di Hormuz è al centro dell’attenzione globale. Qui avviene infatti gran parte del commercio mondiale di petrolio greggio.

Scenari della Banca Mondiale.

In seguito alla rappresaglia di Israele del 7 ottobre per l’attacco di Hamas, la Banca Mondiale ha condotto un’analisi del rischio geopolitico per valutare l’impatto di questo conflitto armato sui prezzi globali del petrolio.

Lo studio divide l’escalation delle tensioni israelo-palestinesi in tre livelli: basso, medio e alto.

 In uno scenario di “bassa tensionesimile alla guerra in Libia del 2011, la Banca Mondiale prevede che l’offerta globale di petrolio diminuirà di una misura compresa tra 500.000 fino a 2 milioni di barili al giorno.

 Ciò comporterebbe un aumento iniziale del prezzo del petrolio compreso tra il 3% e il 13%, da 93 a 102 dollari al barile.

Nello scenario di “stress medio”, paragonabile alla guerra in Iraq del 2003, la Banca Mondiale prevede che l’offerta globale di petrolio diminuirà da 3 a 5 milioni di barili al giorno.

Di conseguenza, questo scenario innescherebbe un aumento iniziale del prezzo del petrolio dal 21% al 35% (costo compreso tra 109 e 121 dollari al barile).

Infine, in uno scenario di “massimo stress”, paragonabile, ad esempio, all’embargo petrolifero arabo del 1973, la Banca Mondiale prevede una riduzione globale dell’offerta di petrolio da 6 a 8 milioni di barili al giorno.

Qui stiamo parlando di una vera e propria Apocalisse energetica, perché l’aumento del prezzo del greggio sarà compreso tra il 56% e il 75%, con un costo di vendita che esploderà a 157 dollari al barile!

Per l’Europa ciascuno dei tre scenari rappresenta una catastrofe, la cui portata dipende dall’intensità del conflitto israelo-palestinese.

In ogni caso si tratta di una catastrofe, poiché l’UE è già costretta ad acquistare risorse energetiche a prezzi gonfiati per compensare la perdita di importazioni dalla Federazione Russa.

Sebbene lo studio della Banca Mondiale non abbia approfondito l’impatto delle crescenti tensioni sui prezzi del gas naturale nella regione, ha comunque evidenziato la natura interconnessa delle fonti energetiche.

Man mano che la fornitura di petrolio diminuisce, l’effetto a catena si estende ad altre fonti energetiche, questo è certo!

 

L’Europa, Sottomessa Energeticamente.

L’Europa è il continente che più probabilmente sarà colpito da un aumento significativo dei prezzi del gas, essendo stato disconnesso dalla sua principale fonte energetica nell’ultimo secolo e oltre.

Oggi l’UE dipende dal gas naturale liquefatto (GNL), che viene trasportato dagli Stati Uniti e venduto a caro prezzo ai suoi vassalli… scusate, partner europei.

 

Ma oltre all’impatto immediato dell’escalation della guerra regionale israelo-palestinese, che sta facendo salire i prezzi del petrolio e del gas, l’Europa si trova ad affrontare una serie di altri fattori che potrebbero avere un impatto duraturo sulle esportazioni di energia dal mondo arabo.

Il coinvolgimento dei paesi dell’“Asse della Resistenza” come Iran, Yemen, Iraq, Siria e Libano nella difesa della causa palestinese potrebbe avere gravi conseguenze.

Questi stati, che hanno tutti accesso al mare e agli stretti, sono nella posizione di interrompere le rotte commerciali verso l’Europa, compreso il trasporto di petrolio e gas naturale liquefatto.

Lo Stretto di Hormuz di cui parlavo si trova tra l’Oman e l’Iran ed è di immensa importanza in quanto via principale per il trasporto globale del petrolio greggio.

 I principali paesi esportatori di petrolio – Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Iraq – fanno affidamento su questo corridoio.

 Inoltre, il Qatar, il più grande esportatore mondiale di gas naturale liquefatto, trasporta il suo gas naturale liquefatto attraverso lo Stretto di Hormuz.

Dati recenti mostrano che il 20% dei flussi mondiali di gas naturale liquefatto passano attraverso questo stretto.

È quindi facile capire che una chiusura dello Stretto di Hormuz da parte dell’Iran e/o dei suoi alleati interromperebbe le forniture di petrolio e gas all’Europa.

 Mentre la Palestina sanguina, l’Europa pagherà il prezzo della sua doppiezza.

 

Oltre a Hormuz, è anche in gioco la sicurezza dello Stretto di Bab El-Mandeb, il passaggio strategico al largo della costa yemenita che funge da elemento chiave nella rotta commerciale marittima che collega il Mar Mediterraneo e l’Oceano Indiano attraverso il Mar Rosso e il Canale di Suez.

Molte delle esportazioni di GNL dal Golfo Persico percorrono questa rotta, oltre a circa il 10% di tutto il petrolio e i prodotti raffinati trasportati via mare; oltre la metà di tutto questo è destinato all’Europa!

La chiusura dello Stretto di Bab el-Mandeb costringerebbe le petroliere provenienti dal Golfo Persico a dirottare verso l’Africa meridionale, aumentando i tempi di transito e i costi di trasporto.

L’Europa si Trova di Fronte ad una Decisione Epocale.

L’Europa deve decidere.

 O accetta di pagare prezzi eccessivi per un flusso continuo di petrolio e gas, col rischio di subire forti pressioni economiche, oppure riconsidera la sua posizione nei confronti delle importazioni russe e si siede nuovamente al tavolo delle trattative con Mosca.

 In quest’ultimo caso, l’UE incorrerà nell’ira dello “Zio Sam”, se non di più!

Sulla mappa del gioco geopolitico, è così che l’OPEC+, con il sostegno di Cina e Russia (accogliendo l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti nel BRICS+), sta dimostrando al mondo di avere le capacità e le opzioni di far venire i brividi lungo la schiena all’Occidente a partire da Washington fino a Bruxelles, rimodellando radicalmente il mercato energetico globale come lo conosciamo ora.

Tempi interessanti si prospettano!

(Alessia C. F. - ALKA)

(national.ro/0pp/banca-mondiala-si-studiul-care-anunta-apocalipsa-energetica-in-europa-806456.html)

(orazero.org/la-banca-mondiale-e-lo-studio-che-annuncia-lapocalisse-energetica-delleuropa/)

 

 

 

 

L'informatore chiede l'arresto

del fondatore del WEF Klaus Schwab

per "crimini contro l'umanità."

Globalresearch.ca – (04 dicembre 2023) -Pascal Najadi - Redazione – ci dice:

 

Il co-fondatore del World Economic Forum (WEF).

Le giornate del World Economic Forum (WEF) co-founder potrebbe avere i giorni contati.

Il figlio del co-fondatore del WEF, sta parlando come informatore contro l'attuale capo della fondazione globalista, accusando lui e altri leader di "crimini contro l'umanità".

“Najadi” afferma che i crimini di Schwab e dei suoi amici sono così grandi che è necessario arrestare immediatamente sia Schwab che altri dirigenti del WEF in quanto Najadi dice che i crimini di Schwab e dei suoi amici sono così grandi che ci deve essere un arresto immediato sia di Schwab che di altri dirigenti del WEF vengono, così come i leader dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Big Pharma e Big Tech.

(È noto che Klaus Schwab ha creato in Sud Africa una fabbrica con 20 mila operai per la costruzione di bombe atomiche tattiche! N.D.R.)

In collaborazione con Schwab, il padre di Najadi ha fondato il WEF nel 1971. Si è dimesso un decennio dopo, citando il disgusto per la visione distopica di Schwab per il futuro dell'umanità non elitaria.

Pascal Najadi è anche sconvolto dal fatto che lui e sua madre siano stati entrambi indotti con l'inganno a farsi "vaccinare" per il coronavirus di Wuhan (COVID-19), una falsa "pandemia" che è stata spinta in modo aggressivo dal WEF e da altri.

Secondo Najadi, lui e sua madre stanno morendo a causa delle iniezioni, che secondo lui sono "veleno" che è stato spinto nel mondo da persone come Schwab.

 

Bambina di 11 anni ha chiamato Klaus Schwab e i suoi scagnozzi globalisti.

"Il diavolo vive a Ginevra", dice Najadi.

Insieme ai pubblici ministri, Najadi sta spingendo per ritenere Schwab responsabile di aver scatenato l'inferno nel mondo.

 Il suo caso sta anche attirando l'attenzione su altri organismi globalisti come le Nazioni Unite (ONU) che hanno cooperato al piano malvagio.

In questo momento, i leader del WEF, delle Nazioni Unite e dell'OMS mantengono l'immunità diplomatica, il che significa che non possono essere accusati e processati, ma Najadi vuole che l'immunità diplomatica venga revocata, seguita dall'emissione di mandati di arresto.

Najadi è lo stesso ragazzo, tra l'altro, che ha intentato una causa contro il primo ministro svizzero di lunga data “Alain Berset” per aver mentito al pubblico sulle iniezioni di COVID.

Quella causa alla fine ha portato Berset a dimettersi dal suo incarico lo scorso giugno.

Ora, con quel successo alle spalle, Najadi sta passando ai pesci più grossi dell'ONU, del Gavi, del WEF e dell'OMS.

Secondo Najadi, il ventre della bestia è Ginevra, in Svizzera, che secondo lui è lì che

"Tutto ciò che c'è di male nel mondo legato al democidio purtroppo viene da Ginevra", ha detto Najadi.

"C'è l'OMS [Organizzazione Mondiale della Sanità] a Ginevra, c'è Gavi [l'Alleanza per i vaccini di Bill Gates], poi c'è il WEF, di cui mio padre è stato co-fondatore e che ha lasciato Klaus Schwab disgustato nei primi anni Ottanta, che ha l'immunità diplomatica".

In qualità di cittadino svizzero, Najadi ha dichiarato in sé e per sé che il WEF non può più beneficiare dell'immunità diplomatica.

Le autorità svizzere, dice, devono arrestare immediatamente i capibanda per aver sostenuto quella che descrive come una "iniezione di umanità globale con un'arma biologica", riferendosi ai vaccini COVID.

Najadi e sua madre sono vittime di questa arma biologica, sostenendo, e ora è responsabilità delle autorità svizzere fare qualcosa al riguardo, assicurando alla giustizia ogni singola persona che è stata coinvolta nella perpetrazione di queste armi biologiche nel mondo.

"Chiedo alle autorità svizzere e alla sicurezza di arrestare immediatamente queste persone", ha dichiarato Najadi.

 "Perché? Il WEF, l'OMS, Gavi, Big Pharma, Big Tech e Bill Gates hanno tutti sostenuto un'iniezione globale di umanità attraverso l'iniezione di nano lipidi con armi biologiche in 5,7 miliardi di persone. E noi svizzeri li stiamo ospitando. È terribile".

"Non possiamo tollerare che un'entità che promuove il veleno che viene poi iniettato nell'umanità.

Ma ce l'ha fatta. Io sono la vittima. Sto morendo per questo, e anche mia madre.

 È un demo-cidio e sarà giudicato. Sarà corretto in nome dell'umanità".

 

 

 

L'orribile agenda segreta dell'ONU e dell'OMS:

schiavitù totale dell'umanità attraverso

una "dittatura sanitaria globale."

Globalresearch.ca – (03 dicembre 2023) - Peter Koenig, Dott.ssa Astrid Stuckelberger e Mike Adams – ci dicono:

Le dichiarazioni conclusive ufficiali dell'ONU e dell'OMS al termine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA) a New York.

Nazioni Unite.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha accolto con favore l'impegno storico dimostrato oggi dai leader globali, all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per rafforzare la cooperazione internazionale, il coordinamento, la governance e gli investimenti necessari per prevenire il ripetersi dell'impatto devastante sanitario e socioeconomico causato dal COVID-19, rendere il mondo meglio preparato per la futura pandemia e tornare sulla buona strada per raggiungere gli “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”.

 

"Il primo vertice dei capi di Stato sulla prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie è una pietra miliare storica nell'urgente sforzo per rendere tutte le persone del mondo più sicure e meglio protette dagli impatti devastanti delle pandemie", ha dichiarato “Tedros Adhanom Ghebreyesu”s, direttore generale dell'OMS.

"Accolgo con favore questo impegno da parte dei leader mondiali a fornire il sostegno politico e la direzione necessaria in modo che l'OMS, i governi e tutte le parti coinvolte possano proteggere la salute delle persone e adottare misure concrete per investire nelle capacità locali, garantire l'equità e sostenere l'architettura sanitaria di emergenza globale di cui il mondo ha bisogno".

La dichiarazione politica, approvata dal presidente della 78esima Assemblea generale delle Nazioni Unite (2023) è il risultato dei negoziati sotto l'abile guida degli ambasciatori dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (2023) e degli ambasciatori di Israele e Omar Hilale del Marocco, hanno sottolineato il ruolo centrale svolto dall'OMS come" di Israele e" e la necessità di " impegnarsi ulteriormente per un finanziamento sostenibile che fornisce finanziamenti adeguati e prevedibili all' OMS, che le consente di disporre delle risorse necessarie per svolgere le sue funzioni fondamentali", del Marocco, ha sottolineato il ruolo centrale svolto dall'OMS"

 

Però né la dichiarazione dell'ONU né quella dell'OMS menzionano il numero di leader mondiali o capi di stato che hanno approvato i documenti cruciali dell'OMS, quelli severamente rivisti (più di 90 punti di revisione).

Poiché non esistono resoconti ufficiali di questi incontri "a porte chiuse" dell'ONU/OMS, possiamo fare affidamento solo su "dicerie", secondo le quali diversi Stati membri si sono astenuti e altri si sono opposti alla revisione del RSI. Tra gli oppositori c'era, a quanto pare, la Federazione Russa.

Non c'è nulla di costruttivo, nulla che il mondo possa aspettarsi da questi incontri e dibattiti segreti.

Segreto, come un culto della morte, che pianifica un genocidio mondiale come parte della "nuova" agenda OMS/ONU.

Immaginate dove è finito il mondo?

 E dove intende portarci l'intera Agenda 2030 delle Nazioni Unite?

Con un “sistema ONU” corrotto, un'”Organizzazione Mondiale della Sanità” corrotta  che non si occupa più della salute e delle malattie della popolazione, ma promuove la morte.

E questo su base mondiale.

Tutti i governi – più di 190 governi nazionali, sono stati tutti cooptati, corrotti, coerciti e apertamente minacciati – se non vanno avanti e mentono alle persone che piacevolmente li hanno eletti, e se non tradiscono la fiducia e il denaro (delle tasse) che queste persone hanno confidato loro – fondi popolari che sono utilizzati per pagare anche i burocrati del governo, generalmente con salari generosi.

 

Ecco alcuni dei punti chiave che la dottoressa Astrid Stuckelberger ha sollevato durante l'intervista a BOMBSHELL.

 Per aver coraggiosamente parlato sin dall'inizio dello scoppio di questa criminale plandemia, il dottor Stuckelberger è stato un faro per la verità.

 In risposta, l'Università di Ginevra le ha tagliato tutti i corsi e l'ha privata del suo posto di docente.

Viene anche minacciata e costretta, spesso censurata – senza alcun risultato: Astrid continua a parlare, a diffondere la verità il più lontano e ampiamente possibile – in modo che le persone alla fine possano svegliarsi – alzarsi in piedi – e smettere di obbedire.

La non obbedienza è un diritto di tutti.

Ecco alcuni dei punti salienti dell'intervista del Dr. Stuckelberger:

Mentre all'inizio dell'organizzazione l'OMS si batteva per proteggere la vita degli anziani e dei bambini, oggi l'OMS promuove il suicidio per gli anziani e la vaccinazione killer forzata per i bambini.

L'OMS sta eliminando il personale – scienziati, medici e ricercatori, che sono esperti etici e veri studiosi, sostituendoli con persone che non sono esperti, non sono etici ma solo corrotti.

 

I programmi dell'OMS sul cibo, la nutrizione oi servizi igienico-sanitari di base, si sono trasformati in programmi che stanno in gran parte supervisionando lo sterminio delle persone sul pianeta terra, piuttosto che promuovere la salute delle persone.

Negli anni '1990 l'OMS metteva ancora in guardia sui pericoli delle microonde 5G, sugli effetti negativi del tenere il telefono all'orecchio... come ha influenzato il cervello – ora non più.

Queste avvertenze sono state eliminate dal sito web dell'OMS.

Questo fa parte dell'accelerazione dell'eliminazione delle persone anziane e dell'istupidimento del cervello dei bambini e dei giovani adulti.

Inoltre, l'OMS ha avvertito del pericolo di costruire antenne 5G sugli edifici scolastici – poiché l'effetto sul cervello umano e sullo sviluppo del cervello umano è devastante – anche questo avvertimento è scomparso dal sito web dell'OMS.

Intorno all'anno 2000, il settore privato, con le lobby è entrato in vigore e “Bill Gates” ha messo il piede nella porta dell'OMS. Nel 2012 è stato letteralmente responsabile dei programmi di vaccinazione/immunizzazione dell'OMS.

 

Oggi l'OMS da sola ha il monopolio di tutto ciò che riguarda la salute – è un diktat tirannico – ed è seguita da una severa censura, anche con punizioni per chi non segue il mandato.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, sta facendo eco a ciò che sta facendo l'OMS, promuovendo la censura [vietando le "fake news"] e digitalizzando le informazioni sanitarie – con il monopolio dell'OMS.

Ma l'OMS da sola non può controllare il mondo, poiché i Ministri della Salute, di solito i rappresentanti dei paesi all'Assemblea Mondiale della Sanità, possono non essere d'accordo con alcuni dettami e devono ascoltare i loro governi [anche se, la maggior parte dei quali sono stati corrotti], hanno bisogno di un organismo globale per garantire la piena conformità, le Nazioni Unite.

Pertanto l'ONU rivendicherà il diritto generale di controllare la censura e i dettami sulla salute, cioè la vaccinazione / programmi sull'immunizzazione, delegati all'OMS - senza fare domande, il tutto con l'obiettivo di ridurre massicciamente la popolazione mondiale, un obiettivo che è stato sul piano politico un tavolo da disegno dal 1970.

Si veda il Rapporto Kissinger pubblicato nel 1974, nell'anno successivo al colpo di stato militare sponsorizzato dagli Stati Uniti in Cile (11 settembre 1973).

L'OMS è la porta d'accesso ai punti più sensibili e vulnerabili della nostra vita: la vita e la morte, la salute e la malattia.

È l'ingresso alla loro – la Bestia – neuro-arma biotecnologica che è il cosiddetto vaccino iniettivo – e vogliono lanciare migliaia di nuovi tipi di vaccini, miliardi da somministrare nei prossimi anni – un programma perpetuo, che alimenta l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite – per aiutare a raggiungere i "17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile" (SDG).

 

Il primo paragrafo della pandemia delle pandemie, si riferisce al pericolo costante e ripetizione di covid e pandemie legate al covid... innescando una paura eterna, poiché il covid è stato sancito nel cervello delle persone come “LA pandemia” e il pericolo potenzialmente letale.

Stanno generando una paura costante con qualcosa che non esisteva nemmeno, che non è mai stato analizzato scientificamente, che non è mai stato isolato nei laboratori, né con gli strumenti dell'OMS – si tratta sempre di infezioni, perché non si possono vedere (i virus) e la gente non lo sa.

L'OMS, insieme ai media (comprati), è un'organizzazione terroristica psicologica.

In base alla nuova dichiarazione, l'OMS sta diventando un meccanismo permanente di campagna di paura, con l'autorità tirannica mondiale di richiedere la quarantena "preventiva" anche contro le politiche dei singoli paesi sovrani, e le stanno attuando applicate dalla polizia e dall’ esercito – a cui i governi dei paesi devono obbedire, sotto minaccia.

Ma, dice Astrid, "la Bestia sta perdendo potere, perché stiamo diventando più consapevoli, ci stiamo svegliando e resistendo.

L'RSI riveduto e la Convenzione sulla pandemia – sì, non è un trattato, poiché sarà adottato e nemmeno votato.

Questa è l’imposizione delle Nazioni Unite – sponsorizzata o imposta dagli Stati Uniti.

La Convenzione RSI/ Pandemia sarà adottata dall’OMS nel maggio 2024, senza votazione.

E durante l’UNGA 2023, l’OMS e i suoi sponsor pubblici (principalmente la Casa Bianca) e privati ​​(principalmente l’industria farmaceutica) chiedono la benedizione delle Nazioni Unite;

e “loro” hanno ricevuto la benedizione dell’ONU.

L'Australia sta già addestrando la polizia e l'esercito a far rispettare le vaccinazioni obbligatorie, sfondando le porte delle case delle famiglie e assicurandosi che le scuole rispettino gli “ordini di vaccinazione.

Vogliono risparmiare dei bambini per spopolare il mondo – e naturalmente degli anziani, che non contribuiscono all'economia, ma usano i soldi dello Stato per vivere in pensione (pensioni) – che il consigliere israeliano di Klaus Schwab, Yuval Noah Hariri, chiama "mangiatori inutili".

Questo è il motivo per cui l'ex presidente Trump ha già detto che, se sarà rieletto presidente, proporrà l'home shooting.

 

L'OMS è gestita dalla McKinsey Consulting– il – il dottor Stuckelberger ha visto il contratto – e dai media comprati.

Loro, "la Bestia", inventeranno un'emergenza pubblica, "naturale" o una plandemia di un'epidemia mostruosa, per diffondere la paura e bloccare le persone.

Stanno mettendo in atto un piano per bloccare le persone, vogliono che i vax tornino – è già visibile dai media.

[In India è già stata dichiarata una nuova pandemia, con l'obbligo delle mascherine. In India è stata confermata un'epidemia di virus Nipah (NiV). Sono stati segnalati sei casi di Nipah, inclusi due decessi .

 

 

Tre grandi media corporativi controllano il mondo:

AP = Stampa Americana;

AFP = Stampa francese; e

Reuters.

Sono pagati per mentire.

Non possono essere creduti, ma distribuiscono le loro notizie a tutti i media mainstream locali, che devono riportare quasi testualmente la narrazione in corso.

Dobbiamo creare i nostri contro-media.

 

Loro – "la Bestia" – stanno facendo tutto il possibile con l'aiuto dei governi, che non sono più i VOSTRI governi.

I governi di oggi, in tutto il mondo, sono costretti a fare ciò che "la Bestia" vuole che facciano, comprandoli o minacciandoli.

Creeranno qualsiasi cosa per mantenere il livello di paura, anche la peste è una possibilità.

Tutto quello che devono fare è creare una falsa malattia in una città, e poi dichiararla una pandemia – e tutto ciò che viene con la pandemia –blocchi, sbattere le porte per le vaccinazioni forzate anche nelle scuole.

 Poi useranno la loro vera arma, o con il vaccino, o negli ospedali, come a New York, dove hanno incubato le persone... fino a quando non sono morti.

Oppure utilizzando il 5G. Il 5G può essere diretto nel cervello delle persone, paralizzandole o programmandole, alla maniera del transumanesimo di Klaus Schwab, digitalizzato, robotizzato che obbedisce ai transumani.

Con il 5G possono fare quello che vogliono; Il 5G non viene emesso solo dalle infinite antenne in giro per il mondo, ma anche dai lampioni, o da altri oggetti che meno te lo aspetti, e non lo sai; possibilmente anche attraverso il televisore.

"Vaccinazione" – le persone saranno iniettate da un'arma binaria, che può essere attivata da una segnalazione remota... attraverso il 5G, forse presto arrivo il 6G.

Ciò è reso possibile grazie all'ossido di grafene nel corpo delle persone [coloro che sono stati vaccinati] – a cui sono stati iniettati i falsi vaccini covid, alcuni dei quali contengono ossido di grafene, una sostanza sensibile altamente elettromagnetica che reagirà alle micro- sul 5G.

 

Bio-n-Tech vaxx di Pfizer = bionanotecnologia, o bioneuro tech bio ... e mRNA – un programma per computer – "modalità" RNA – renderanno gli esseri umani altamente vulnerabili al 5G.

 Come esseri umani, siamo bio elettromagnetici, elettroencefalografici, rendendo il nostro cervello vulnerabile alla manipolazione del 5G.

Astrid Stuckelberger: "L'hacking della mente è al centro di ciò che sta succedendo."

Dr. James Giordano: Il cervello è il campo di battaglia del futuro.

La "Sindrome dell'Avana" è una delle manipolazioni cerebrali: è apparsa per la prima volta nel 2016 nelle ambasciate degli Stati Uniti e del Canada a L'Avana, Cuba. Da allora, la sindrome si è manifestata in molti altri luoghi: a Pechino, Mosca, in Serbia...

Noi esseri umani emettiamo onde – "onde d'amore" così come "onde di rabbia" – i nostri stati d'animo sono espressi in onde elettromagnetiche.

Opposizione controllata che parla di virus, covid, mRNA, PCR-test, la vaccinazione che tutti possono tornare... questo è il loro piano, il piano della Bestia, la perpetuazione di una frode assoluta.

Mike Adams:

"Stiamo assistendo alla completa perversione della scienza che distruggerà la credibilità della scienza e della medicina. – Non c'è nessun isolato di SARS-Covid-2, non c'è mai stato – è una frode totale".

"Mentre la prossima plandemia viene lanciata – e sempre più persone sono vittime di questa frode – il genocidio si sta svolgendo di fronte a noi".

Noi, il Popolo, non possiamo permettere che ciò accada;

Queste sono le ultime parole parafrasate di Astrid Stuckelberger :

"Avremo un'ondata di tempo difficile, che potrebbe durare 6 mesi all'anno... Chissà.

Quindi, prenditi cura di te stesso. Se sei ben informato, sei meglio preparato per ciò che potrebbe accadere e prenditi cura degli anziani e dei bambini.

 Sono preoccupato per i bambini.

Andranno a caccia dei bambini..."

"C'è già un avvertimento: in Norvegia devono vaccinare tutti i giovani... Non prenderete alcun vaccino, stanno cercando di vendervi tutti i tipi di vaccini comuni - non prendeteli, sono tutti falsi vaccini a mRNA.

Concludendo con una nota positiva: "Penso che siamo tutelati per quello che siamo...".

(Peter Koenig è un analista geopolitico ed ex economista senior presso la Banca Mondiale e l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dove ha lavorato per oltre 30 anni in tutto il mondo).

 

 

 

“COLLASSO DELLA

METALLURGIA EUROPEA»

 Inchiostronero.it - Riccardo Alberto Quattrini – (14 Settembre 2022) – ci dice:

 

”La deindustrializzazione del continente procede a grandi passi”

con il collasso della metallurgia europea.

La deindustrializzazione del continente procede a grandi passi:

 non passa giorno senza che un’azienda ad alta intensità energetica sia costretta a chiudere a causa dei prezzi fuori controllo delle forniture elettriche.

La prima vittima designata è ovviamente il settore metallurgico che richiede molta energia e così la produzione di zinco, alluminio e silicio all’interno dell’UE si è già ridotta della metà.

Tutto questo non arriva certo a sorpresa visti i pasticci che l’Ue è andata facendo da due anni a questa parte sui prezzi del gas e tuttavia la società europea è entrata in un periodo di tale confusione che le vittime stesse non riescono a credere ai loro occhi.

 Forse perché queste vittime illustri hanno tratto vantaggi dalle narrazioni che si susseguivano e ora fanno fatica a credere che i cannoni si siano rivolti contro di loro:

così non sanno che fare sul piano politico per evitare il suicidio a cui sono destinate.

In una lettera a Ursula von der Leyen, “Eurometaux”, l’associazione dell’industria metallurgica europea, conferma che circa il 50 per cento della capacità di produzione di alluminio e zinco dell’UE è già stato tolto dalla rete a causa della crisi elettrica”, ma invece di affondare la critica nel corpo molliccio e inconsistente delle pseudo ideologie sulle quali si fonda l’euro delirio, preferiscono non toccare la narrazione e si limitano a far notare a Bruxelles che se la produzione metallurgica dovesse cessare allora si dovrebbero importare metalli che vengono prodotti in Cina con un maggior sviluppo di CO2. (P.I.)

Possibile che questi signori non sappiano o non abbiano compreso che quello della “Co2” e del “riscaldamento globale antropico” non è che l’ennesima mitologia il cui scopo è proprio la deindustrializzazione europea?

 Possibile che questi padroni delle ferriere non capiscano che della” Co2” non gliene importa nulla a nessuno dei falsi profeti, tanto che essi sono ampiamente disposti a tornare al carbone e ad appoggiare il modo di estrazione del gas più pesante per l’ambiente, ovvero il fracking il quale non solo devasta il territorio dove si pratica ma è accompagnato da notevoli dispersione di metano in atmosfera; per non parlare del gigantesca emissione di CO2 relativa alla liquefazione gas e al suo trasporto.

(Ecco come funziona il fracking.

(Inflazione e rincari energetici, in Umbria metallurgia il settore più colpito).

 

Pensare di riportare alla ragione questi mentitori con l’argomentazione del surplus di anidride carbonica che si starebbe producendo in Cina, ammesso e non concesso che sia poi vero, è come andare a denunciare un furto in casa dei ladri:

 non si può ottenere alcun risultato restando dentro la narrazione del potere e magari cercando di individuarne le falle.

Solo smontando e rifiutando l’intera narrazione mostrandone l’inconsistenza si può davvero mettere in difficoltà il potere e destabilizzare i suoi rappresentanti.

Naturalmente le aziende metallurgiche temono di rompere un fronte che ha portato loro grandi vantaggi negli ultimi 20 anni, anche se adesso sono loro a dover bere l’amaro calice.

 Ma questo vale per tutti, anche per i cittadini che vogliono resistere alla espropriazione di democrazia, di dignità e di futuro:

 non si può vincere se non si smonta completamente la macchina scenica del potere che in quanto tale è sempre portatrice di una menzogna.

Così se  “Eurometaux” e 40 amministratori della maggiori aziende metallurgiche chiedono “ai capi di Stato e di governo dell’UE e degli Stati membri di adottare misure immediate per preservare le loro industrie strategiche ad alta intensità di elettricità e prevenire la perdita permanente di posti di lavoro”, non servirà a nulla “se non smonteranno la fiaba della Co2” di cui peraltro l’Europa produce una minima parte che di certo ha una parte assolutamente marginale anche a dar retta a logori modelli climatici.

 

 

 

 «FOTOSINTESI CLOROFILLIANA:

LA CONOSCE, MINISTRO?»

Inchiostronero.it - Maurizio Blondet – (24 Maggio 2021) – ci dice:

 

”Consapevole di buttare parole al vento, vorrei ricordare alcune  nozioni

Fotosintesi clorofilliana. La conosce ministro?

 Sento alla radio che il nostro (loro) ministro della transizione ecologica, il fisico Cingolani, è impegnato allo spasimo nell’attuare “la de carbonizzazione” comandata dalla UE.

Il che significa: ridurre ad ogni costo il “CO2”, spegnendo motori eccetera.

Cingolani, 80 miliardi in 5 anni per la decarbonizzazione.

Consapevole di buttare parole al vento, vorrei ricordare alcune nozioni. Nozioni scientifiche.

Quindi chiedo il rispetto che questi tributano alla Scienza…

Il CO2 è l’anidride carbonica.

 L’anidride carbonica NON è un inquinante; anzi è “l’alimento” di base delle piante verdi, con il quale esse producono il glucosio – la base della nutrizione per le specie animali – e una enorme quantità di ossigeno, che viene liberato nell’aria dalle piante verdi.

Quindi, quando aumenta l’anidride carbonica, le piante producono più ossigeno a noi necessario per respirare.

Se mi chiedete da quale pubblicazione scientifica traggo queste strane affermazioni, non so davvero rispondervi:

 sono cose che ai miei tempi ci insegnavano in terza elementare, e si leggevano sulla Enciclopedia dei Ragazzi di Mondadori.

 Posso copiare da Wikipedia, che spiega in modo chiaro:

“La fotosintesi clorofilliana è un processo chimico per mezzo del quale le piante verdi producono sostanze organiche – principalmente carboidrati [zuccheri]  – a partire dal primo reagente, l’anidride carbonica atmosferica  (CO2!) e l’acqua metabolica, in presenza di luce solare.

Una meravigliosa quercia.

Durante la fotosintesi, con la mediazione della clorofilla, la luce solare o artificiale permette di convertire sei molecole di CO2 e sei molecole d’H2O in una molecola di glucosio (C6H12O6), zucchero fondamentale per la vita della pianta.

 Come sottoprodotto della reazione si producono sei molecole di ossigeno, che la pianta libera nell’atmosfera attraverso gli stomi che si trovano nella foglia.

“Si tratta del processo di produzione primario di composti organici [nutritivi] da sostanze inorganiche nettamente dominante sulla Terra (trasforma circa 115×109 tonnellate di carbonio atmosferico in biomassa [nutrimento!]  ogni anno, ed è inoltre l’unico processo biologicamente importante in grado di raccogliere l’energia solare, da cui, fondamentalmente, dipende la vita sulla Terra (la quantità di energia solare catturata dalla fotosintesi è immensa, dell’ordine dei 100 terawattora, che è circa sei volte quanto consuma attualmente la civiltà umana”.

Il ministro Cingolani essendo un fisico,  e non avendo letto la Enciclopedia dei Ragazzi, ignora la fotosintesi clorofilliana;

o l’ha dimenticata lavorando con Leonardo SpA e confricandosi coi politici e coi magistrati come perito dei tribunali.

Dunque non sa che una cura radicale contro la de-carbonizzazione, come la vuole la UE, avrebbe come conseguenza una riduzione del glucosio (alimento di piante e animali) e dell’Ossigeno atmosferico.

Parole al vento.

Aumenta l’anidride carbonica nell’atmosfera terrestre? Apparentemente sì.

 E qual è la conseguenza?

Che la vegetazione si fa più densa, che la natura verdeggia di più – e produce più ossigeno e zucchero –.

Le foto satellitari mostrano infatti che l’arido altipiano indiano del Deccan, steppa in via di desertificazione 40 anni fa (ci sono stato) appare più “verde”.

La NASA afferma che la Terra è più verde oggi di 20 anni fa.

Ecco una Mappa dell’inverdimento relativo (aumento del verde)- anche in Italia il verde è più denso; in Grecia ancor di più.

Ma basta   guardarsi attorno, alzare lo sguardo dallo smartphone:

 qui in Lombardia le foglie degli alberi sono più dense di quand’ero giovanotto, nei giardini ho visto apparire piante spontanee che la Lombardia ignorava (non ne so il nome, non sono un botanico), erbe infestanti a foglia larga, che captano più anidride carbonica e acqua.

C’è più clorofilla [dal greco: verde delle foglie] e la clorofilla, con la forza della luce del Sole  – quel Sole che Bill Gates vuole oscurare (P.I.) un po’, perché a suo giudizio illumina troppo –  cattura sei volte l’energia prodotta coi suoi mezzi artificiali dalla razza umana industrializzata.

Il sistema naturale deve averlo inventato un genio scientifico, da cui Cingolani potrebbe imparare qualche lezione:

è estremamente economico e ad altissimo rendimento, parte da due elementi chimici semplicissimi  e inorganici – CO2 e H2O –  e produce moltissimo materiale organico e una quantità immane di ossigeno – sei molecole ogni  6 molecole di CO2 – , con la sola luce del Sole come apporto di energia;

niente diesel, niente energia atomica né lignite; quindi insuperabilmente ecologico.

Non c’è nulla di più “green” della fotosintesi clorofilliana.

Ora dei tecnocrati miliardari vogliono intromettersi nel sistema biologico vegetale, oscurare un po’ il Sole, ridurre l’anidride (Co2).

Soprattutto, il sistema naturale è autoregolante; ripeto: si corregge da sé; se c’è nell’aria “troppo” CO2, le piante la consumano e liberano nell’aria più ossigeno, quindi “purificano” l’aria che respiriamo.

E quando c’è  “tanto” ossigeno nell’aria che respiriamo, la porzione di “CO2” relativa è inferiore.

Sto gettando parole al vento, lo so, a questa dittatura di neo-primitivi che si credono scientifici, e invece obbediscono ad una pseudo-scienza oscurantista e ignorante, malvagia ed anti-umana e nemica del vivente. 

Ma a futura memoria.

 

 

 

«BILL GATES VUOLE OSCURARE IL SOLE».

 

 Inchiostronero.it - Roberto Pecchioli – (26 Aprile 2021) ci dice:

 

”Bill Gates e l’oligarchia finanziaria, scientifica e tecnologica hanno oltrepassato da tempo la soglia dell’umano.

(Dal film “Il dottor Stranamore” – un film del 1964 diretto da Stanley Kubrick).

BILL GATES VUOLE OSCURARE IL SOLE.

Bill Gates e l’oligarchia finanziaria, scientifica e tecnologica hanno oltrepassato da tempo la soglia dell’umano:

ormai si considerano creatori araldi di un mondo che persegue un progetto prometeico opposto a quello della natura.

Di seguito, offriamo ai lettori la traduzione di un intervento apparso su «mondialisation.ca», e presto rimbalzato su diversi siti internazionali di controinformazione.

 Lasciamo il commento alla sensibilità di ciascuno, ma non sfugge l’immensa portata morale e simbolica di progetti volti addirittura ad oscurare il sole.

Bill Gates e l’oligarchia finanziaria, scientifica e tecnologica hanno oltrepassato da tempo la soglia dell’umano.

Si considerano creatori, araldi di un mondo che persegue un progetto prometeico opposto a quello della natura.(P.I.)

A tale scopo, non lesinano mezzi e, a quanto pare, menzogne.

Non possiamo prendere posizione – per assoluta mancanza di cognizioni – sulle tesi esposte nell’articolo.

 Il suo autore, tuttavia,” F. William Engdahl”, è un famoso scrittore, ricercatore scientifico e storico di lunga esperienza. Le sue idee, le sue scomode anticipazioni, hanno spesso sbugiardato la narrazione ufficiale in campo scientifico, politico e tecnologico.

“La Svezia condanna il folle piano di Gates sul riscaldamento globale”.

 

Fonte: “mondialisation.ca” – di F.William Engdahl.

 

Per più di un decennio, Bill Gates ha investito milioni di dollari in un progetto scientificamente folle, studiare la possibilità del “raffreddamento planetario artificiale”.

 Il progetto, guidato da un fisico di Harvard, si propone di inviare satelliti nell’atmosfera per rilasciare tonnellate di sostanze chimiche nel tentativo di bloccare l’irraggiamento solare.

Oggi, una forte resistenza in Svezia ha costretto Gates & soci ad abbandonare il previsto lancio di un satellite svedese. 

Quest’ultima avventura di geo-ingegneria di Gates mostra quanto sia antiscientifica la messinscena del riscaldamento globale.

Come senza dubbio Bill Gates sa, la Terra si è in effetti lentamente raffreddata [negli ultimi anni] ed entriamo in un tempo che alcuni astrofisici pensano durerà decenni, di raffreddamento globale causato da un ciclo del “minimo solare” in cui siamo entrati nel 2020.

Il 2 aprile, l’Agenzia spaziale svedese ha annunciato che il programma SCoPEx  (Stratospheric Controlled Perturbation Experiment), finanziato da Bill Gates, ha “diviso la comunità scientifica” e quindi non sarebbe stato realizzato.

“Scopex” stato un progetto finanziato per diversi anni da fondi personali di Bill Gates per testare la fattibilità dell’attenuazione dei raggi del sole attraverso lo strumento della geoingegneria umana. 

Il piano consiste nel rilasciare aerosol di polveri di carbonato di calcio nell’atmosfera attraverso palloncini ad alta quota, nel quadro di un folle progetto volto a “bloccare” il sole e quindi impedire il riscaldamento globale del pianeta.

(SCoPEx - youtu.be/w_qkmavwE54).

L‘Agenzia svedese ha deciso di annullare l’esperimento a causa della forte opposizione non solo della comunità scientifica e ambientalista, ma anche degli abitanti della” Lapponia svedese”, allevatori di renne che temono che le particelle provochino un grave inquinamento ambientale ed effetti sconosciuti sulle renne.

Il Consiglio della popolazione Sami (i Lapponi di Svezia) ha avvertito in particolare che l’esperimento di Gates “essenzialmente tenta di imitare le eruzioni vulcaniche sputando continuamente particelle che attenuano [la luce del] sole.” 

Almeno dal 2010, Gates ha chiesto la mitigazione artificiale del sole.

Ha fornito al fisico di Harvard “David Keith” fondi per 5,6 milioni di dollari per portare avanti questo progetto.

“Keith” è consulente di Gates dal 2005.

Insieme al colosso petrolifero Chevron, Gates è anche un investitore significativo nell’impresa di “Keith”, “Carbon Engineering”, una società di cattura diretta dell’aria con sede in Canada.

 La cattura diretta dell’aria è un altro folle progetto, un processo che prevede la cattura di diossido di carbonio (CO2) direttamente dall’atmosfera, utilizzando grandi ventilatori per spingere l’aria attraverso un filtro dove viene trattata con un solvente caustico per estrarre il CO2.

Questo processo richiede quantità astronomiche di acqua ed energia, oltre a un’area equivalente a quella dell’India, secondo alcune stime.

Stime prudenti suggeriscono che sequestrare il carbonio per ottenere zero CO2 dai combustibili fossili costerebbe più di 5.000 miliardi di dollari all’anno, anche se fosse possibile farlo su larga scala.

“Keith” sembra felice di divertirsi con progetti così bizzarri per conto del miliardario pseudo scienziato Bill Gates.

Carbon Engineering.

In una conferenza del 2010, organizzata dalla “Sapling Foundation”, Gates ha così risposto a una domanda sul blocco solare per tentare di compensare il riscaldamento climatico.

 “Dobbiamo iniziare a prendere misure di emergenza per mantenere stabile la temperatura terrestre?

C’è una linea di ricerca in quella che viene chiamata geo-ingegneria, le tecniche che ritarderebbero il riscaldamento per comprarci 20 o 30 anni di tempo per rimetterci in sesto.”

“Keith” ha detto che, nonostante la battuta d’arresto svedese, il gruppo cercherà il sostegno dell’amministrazione Biden per condurre i test negli Stati Uniti.

 Le Accademie Nazionali di Scienza, Ingegneria e Medicina degli Stati Uniti hanno recentemente pubblicato un rapporto che chiede di iniettare cento-duecento milioni annui nella geo-ingegneria solare nei prossimi cinque anni. 

 

Fino a poco tempo, il governo degli Stati Uniti negava di ricorrere alla geo-ingegneria e chiamava “teoria del complotto” qualsiasi discussione su progetti come l’irrorazione delle cosiddette “scie chimiche” nel cielo.

Ora, sembrano essere più aperti a progetti di geo-ingegneria, sempre assolutamente riservati.

Nel novembre 2017, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, dominata dai repubblicani, ha tenuto le prime audizioni su “Geo-ingegneria: innovazione, ricerca e tecnologia”.

Si è discussa la necessità di ulteriori ricerche sulla geo-ingegneria per riflessione solare, nota come iniezione di aerosol atmosferici.

Una delle sostanze prese in considerazione per il progetto di Bill Gates e per altri progetti di schermatura solare è noto come ceneri volanti di carbone, ossia i residui rilasciati in una centrale elettrica dopo la combustione del carbone.

 Tuttavia, le ceneri volanti di carbone, che vengono catturate e smaltite in modo sicuro nelle moderne centrali elettriche a carbone, potrebbero, se introdotte nelle nuvole per oscurare il sole, causare piogge acide tossiche sulla Terra.

Gli aerosol, ad esempio particelle di zolfo, sono liberati nell’atmosfera per formare una specie di schermo che riflette una parte dei raggi solari. (Hughhunt)

Secondo l’Associazione “Physicians for Social Responsibility” (Fisici per la responsabilità sociale), a seconda di dove è stato estratto il carbone, la cenere di carbone contiene metalli pesanti, tra cui arsenico, piombo, mercurio, cadmio, cromo e selenio, ed anche alluminio, antimonio, bario, berillio, boro, cloro, cobalto, manganese, molibdeno, nichel, tallio, vanadio e zinco”.

Il gruppo osserva che l’Environmental Protection Agency (EPA), l’agenzia ambientale statunitense, ha scoperto che

“se mangiati, bevuti o inalati, questi prodotti tossici possono causare cancro ed effetti sul sistema nervoso, come deficit cognitivi, ritardi nello sviluppo e problemi comportamentali.

 Possono anche causare danni al cuore, malattie polmonari, stress respiratorio, malattie renali, problemi riproduttivi, malattie gastrointestinali, difetti congeniti e disturbi della crescita ossea nei bambini”.

C’è molto da dire contro il progetto Gates-Harvard.

 L’affermazione del “Consiglio Sami” secondo cui l’impresa di protezione solare di Gates-Keith è un tentativo di “imitare le eruzioni vulcaniche vomitando continuamente particelle che attenuano il sole nel cielo” è molto rilevante, e per ragioni che non sono discusse così ampiamente come dovrebbero.

Eruzione dell’Etna.

Ciò che il “Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici” (IPCC) delle “Nazioni Unite” rifiuta di discutere è il rapporto tra il sole e il cambiamento climatico sulla Terra.

 Il fattore di gran lunga più importante del cambiamento climatico e del tempo sulla Terra è il sole, i suoi cicli di eruzione solare e, ciclicamente, la loro mancanza.

Il punto fondamentale sull’attuale cambiamento climatico è che la Terra non è all’inizio di un riscaldamento globale, ma di un periodo di raffreddamento globale, chiamato dagli astrofisici Grande Minimo Solare.

Se questo è corretto, fa presagire il cambiamento climatico più drammatico e di gran lunga più pericoloso che si possa immaginare.

 Secondo la NASA, il nostro pianeta è entrato in quello che si crede possa essere il ciclo minimo solare più forte in circa 200 anni.

2020-2025, in arrivo mini era glaciale?

Ciò che Al Gore e altri stanno cercando di nascondere è che la Terra non si riscalda più all’incirca dall’estate del 2020, ed è entrata in quella che sarà una fase di raffreddamento che durerà, secondo alcuni, fino al 2055.

Storicamente, i periodi di grande minimo solare, che si verificano ogni 200 anni circa, creano modelli meteorologici molto instabili, inondazioni gravi e prolungate, massicce perdite di raccolto e variazioni selvagge di temperatura (sia verso l’alto che verso il basso).

Nonché perturbazioni di correnti-jet ad alta quota, che creano, tra gli altri eventi estremi, singolari ondate di calore e incendi.

 Tutti questi effetti sono stati registrati anche in periodi che precedono di almeno un secolo l’invenzione del motore a combustione interna.

 Nessun modello computerizzato del riscaldamento globale è in grado integrare gli effetti del nostro sole sul clima terrestre, nonostante le prove scientifiche ben documentate che i cicli solari sono il motore principale del cambiamento climatico nel corso degli anni.

In effetti, non provano nemmeno a farlo.

Le eruzioni solari, note come macchie solari, aumentano e diminuiscono in cicli di circa 11 e 22 anni.

 A questi cicli si aggiungono i grandi cicli di 100 e 200 anni.

Da giugno 2020, siamo entrati in un grande minimo solare, durante il quale l’attività delle macchie solari potrebbe presumibilmente scendere a zero per diversi decenni.

Un numero crescente di ricerche scientifiche sta rivelando che, sebbene il meccanismo motore non sia del tutto chiaro, i periodi di minimo solare e, soprattutto, di “minimo solare massimo”, sono anche associati a un drammatico aumento dei terremoti e dell’attività vulcanica.

Un gruppo di scienziati giapponesi guidati dal professor “Toshikazu Ebisuzaki” ha esaminato la sequenza temporale di 11 eventi vulcanici eruttivi che hanno prodotto del magma ricco di silice in quattro vulcani in Giappone.

Hanno scoperto che “9 degli 11” eventi si sono verificati durante le fasi inattive dell’attività magnetica solare (minimo solare), che è ben indicizzata dal numero di macchie solari.

Questa forte associazione tra il momento dell’eruzione e il minimo solare è statisticamente significativa a un livello di probabilità di 96,7, una correlazione molto alta.

(Esiste il minimo di Dalton nel grafico del numero di macchie solari negli ultimi 400 anni) (Wikipedia p.d.).

Circa 200 anni fa, abbiamo vissuto l’ultimo periodo di grande minimo solare, noto agli scienziati come “Minimo di Dalton”, all’inizio del XIX secolo.

Nel 1816, la copertura nuvolosa del pianeta era così grande da essere chiamato l’Anno senza estate.

Il Minimo di Dalton durò dal 1790 al 1820 circa.

Nel 1815, un’enorme eruzione vulcanica al “Monte Tambora” in Indonesia, la più potente nella storia umana, sputò così tanta cenere vulcanica nell’atmosfera che nel 1816 “Thomas Jefferson” annotò nel suo diario meteorologico in Virginia l’assenza del sole estivo.

Ha innescato condizioni meteorologiche estreme e cattivi raccolti in molte parti del mondo.

Nel giugno 1816, il gelo e la neve nel Nord America distrussero la maggior parte dei raccolti agricoli.

 A livello globale, è stata la peggiore carestia del XIX secolo.

Gli enormi volumi di cenere vulcanica nell’atmosfera per oltre un anno da “Tambora” riflettevano quantità significative di radiazione solare, causando estati insolitamente fresche, che hanno contribuito alla carenza di cibo.

Tambora, la più devastante eruzione degli ultimi 750 anni.

Le prove che siamo nelle prime fasi di un grande minimo solare simile a quello del 19° secolo o peggio sono convincenti.

Il vulcano “Sinabung” di Sumatra è esploso drammaticamente il 2 marzo, gettando cenere vulcanica nell’atmosfera sino a 40.000 piedi (12 km) sopra il livello del mare.

 Le particelle espulse ad altitudini superiori a 32.800 piedi (10 km) e nella stratosfera hanno un effetto di raffreddamento diretto sul pianeta.

L’Islanda, l’isola di St. Vincent nei Caraibi e altre eruzioni nelle ultime settimane suggeriscono che potremmo dover affrontare choc climatici molto più drammatici di quanto ammette l’autoproclamato zar del clima globale Bill Gates.

“Gates”, il” Forum economico mondiale” di Davos e innumerevoli “scienziati” del clima affamati di sovvenzioni rifiutano di prendere in considerazione la realtà solare, preferendo perseguire progetti folli come la mitigazione chimica del sole.

I trilioni di dollari che dovrebbero essere spesi in energia solare ed eolica inefficiente mostrano che la loro agenda non ha nulla a che fare con la salute del pianeta, né con la nostra.

Possiamo essere certi che gli scienziati che consigliano Gates sono ben consapevoli dei cicli solari.

Date loro credito su un punto, sono maestri nell’arte dell’inganno. 

(Roberto Pecchioli)

 

 

 

 

“CAPITALISMO FOSSILE

E CAPITALISMO SUBDOLO”

 Inchiostronero.it - Sonia Savioli – (11 Ottobre 2023) -  ci dice:

 

”L’essenza del capitalismo è produzione di denaro per mezzo del denaro”.

(Deni, Viktor, “La Società delle Nazioni: capitalisti di tutti i paesi, unitevi!” (1919).

CAPITALISMO FOSSILE E CAPITALISMO SUBDOLO.

Il capitalismo è diviso.

Ma sempre fino a un certo punto. Come disse un tassista newyorchese, intervistato sulle elezioni Bush-Clinton, sono due facce della stessa medaglia.

Ogni tanto hanno delle divergenze sulla tattica da seguire, come capita anche ai generali di uno stesso esercito.

Vi ricordate?

Ebbero opinioni diverse, per esempio, su come distruggere il socialismo cubano:

 i “cattivi” volevano affamare Cuba, anche se avrebbero preferito bombardarla ma qualcuno gli spiegò che, per il momento, era un desiderio irrealizzabile;

 i “buoni” volevano corromperla attraverso la visione e l’esempio dell’opulenza e del consumismo orgiastico euro-nord-americano.

 

Anche adesso la masnada global capitalista agisce su due fronti, apparentemente divergenti, riguardo al disastro climatico, che potrebbe tramutarsi in catastrofe irrimediabile entro pochi anni.

Una parte del capitalismo, che potremmo chiamare “capitalismo fossile”, ha negato per decenni il cambiamento climatico.

 Oggi, che negarlo è diventato impossibile, dato che stiamo di volta in volta arrostendo per la siccità e il calore o annegando perché tutta l’acqua evaporata in mesi di siccità si scarica in poche ore, oggi che i ghiacciai si sciolgono e vengono giù le montagne, il Mediterraneo d’estate ha temperature da brodo , la neve è un miraggio persino per le Alpi e in Norvegia a giugno c’erano 34 gradi , il capitalismo fossile s’ingegna e si arrabatta per farci credere che il riscaldamento del pianeta, della sua atmosfera nella quale riversiamo ogni giorno i gas di combustione di 14 miliardi e mezzo di litri di petrolio, un milione e mezzo di tonnellate di carbone, 60 milioni di barili di gas naturale, non dipenda dalle attività umane.

VIVA L’ANIDRIDE CARBONICA?

Dalla petrolchimica alle batterie: la metamorfosi Koch Industries

E allora vediamo chi sono i capitalisti fossili e che strumenti usano per rimbambirci.

I capitalisti fossili sono quelli dalle basi concrete e “storiche”: petrolio, gas, carbone, ma anche fertilizzanti chimici, cartiere, vetrerie, plastica… il che non impedisce loro di occuparsi anche di cibernetica e finanza, cioè di quelle cose astratte che oggi producono ricchezze concrete.

 

Questo sono per esempio le industrie Koch, uno dei colossi statunitensi che con le loro fondazioni finanziano la” co2 Coalition”.

 E cos’è la co2 Coalition?

È il battaglione scientifico dell’esercito che ha dichiarato guerra alla consapevolezza e, giacché c’era, anche al buon senso, all’evidenza, alla ragionevolezza.

La storia del gatto Simon, che celebra la” CO2”.

Sulle competenze scientifiche non c’è da discutere:

sono quelle che permettono loro di trovare ed estrarre gas e petrolio con la maggiore efficienza e il minor costo possibile, o anche quelle necessarie per costruire centrali nucleari.

Basta guardare le biografie dei fondatori e del direttore esecutivo per rendersene conto:

 geologi petroliferi, fisici nucleari, che però dirigono anche le aziende petrolifere e collaborano col governo USA.

Diciamo pure che i capitalisti fossili corrispondono, per strategia, cultura e ideali, alle antiche tradizioni del “West latifondista”, consistenti nel far fuori gli avversari, senza perdere tempo e senza stare a pensarci, non appena si dimostrino avversari, o anche prima che si dimostrino avversari, o anche dopo che sono agonizzanti.

Ultimamente quel capitalismo ha perso qualche punto e adesso è in testa alla masnada un’altra versione del capitalismo:

 il capitalismo subdolo.

 

SALVARE LA CAPRA E I CAVOLI?

 

Il capitalismo subdolo, invece della tattica dello sfracello, della carica a testa bassa, del colpo di pistola alla nuca, essendo più moderno e raffinato e al passo con i tempi, usa metodi un po’ più orientaleggianti, tipo cavalcare la tigre.

Di solito questo significa che, quando si presenta sulla scena un movimento o partito o governo deciso a creare difficoltà agli interessi del global capitalismo, gli atteggiamenti del capitalismo subdolo si susseguono in una prevedibile sequenza: primo, ignora e nascondi;

secondo, quando è ormai impossibile ignorare e nascondere, attacca e diffama; terzo, se ancora insistono, blandisci e corrompi, cioè dividili e falli passare dalla tua parte.

Questo è stato il monotono schema del capitalismo subdolo di fronte, per esempio, al movimento contro la globalizzazione e ai Forum Sociali Mondiali;

e lo stesso è accaduto per il movimento contro il cambiamento climatico, quando chiedeva una vera rivoluzione politica, sociale ed economica al fine di evitare la catastrofe.

 Per anni è stato nascosto e ignorato, poi dileggiato e diffamato, infine blandito e imbesuito con la favola dell’energia verde e del green new deal.

La quale favola ha permesso al capitalismo globale come a quello de noantri, mafie comprese, di cavalcare disinvoltamente la tigre al galoppo sfrenato, ottenendo miliardi di soldi pubblici (cioè derubandoci) per realizzare la grande riconversione energetica, previa privatizzazione dell’energia, nel nostro paese, fatta passare come risolutrice del problema.

 Milioni di tonnellate di minerali, terre rare, metalli, plastica varia, e miliardi di tonnellate di combustibili fossili per realizzare pale eoliche giganti, giganteschi impianti di pannelli fotovoltaici, dighe, centrali a biomasse in cui bruciano ogni giorno intere foreste, e non dimentichiamoci il nucleare, che ogni volta emerge dall’oscurità come l’assassino in agguato.

 Più le batterie elettriche per le elettriche automobili, la cui elettricità continua a venire prodotta dai combustibili fossili.

Batterie auto elettriche- tutto quello che c’è da sapere.

Un disastro ambientale e un consumo spropositato, veloce e inutile di combustibili fossili bruciati e donati al cielo, a quell’atmosfera terrestre già satura di gas serra, con pochi o forse nessun precedente nella storia infame della civiltà industrial-consumista.

Il tutto però travestito da sforzo “verde”, atto a fermare il consumo dei combustibili fossili e l’aumento del riscaldamento dell’atmosfera, e quindi incensato e osannato dalla corte del re, cioè da politici, media e governanti, e persino da una parte, più o meno coinvolta, più o meno corrotta, più o meno imbesuita, delle associazioni ambientaliste.

Tutti sembrano aver dimenticato che solo una diminuzione drastica dei consumi, cioè un cambiamento epocale e rivoluzionario, che coinvolga tutta la società, la politica, la cultura, la vita quotidiana, può salvare il pianeta e l’umanità, e la nostra umanità.

Le quali ultime due, benché siano impersonate dagli stessi esseri viventi, non sono la stessa cosa.

L’umanità siamo quei circa otto miliardi di bipedi che, in questo periodo progredito, sembrano aver perso del tutto o in parte l’orientamento e si aggirano qua e là freneticamente, senza meta e con scopi confusi e contraddittori, calpestando e distruggendo e calpestandosi e distruggendosi a vicenda.

 La nostra umanità è quella capacità di sentirci uguali e uniti, di provare affetto e compassione, di collaborare, gioire e soffrire assieme, avere impulsi di protezione e aiuto verso chi di aiuto ha bisogno, e di sentirci parte, una piccola, minuscola, microscopica ma luminosa parte, dell’universo e della vita, e quindi rispettarla in tutte le sue forme.

Che solo una vita sobria, priva di sprechi e di ostentazione, ricca di cultura e spiritualità, in una società egualitaria e solidale, possa essere la soluzione per l’ambiente e tutte le sue creature, umani compresi, anche gli ambientalisti sembrano averlo dimenticato.

 Una parte di essi sogna di salvare la capra e i cavoli con le cosiddette energie rinnovabili, e non sembra capire la differenza tra impianti di pale eoliche alte come grattacieli di sessanta piani con basamenti di 2500 tonnellate di calcestruzzo, di proprietà di compagnie private, e un piccolo impianto di pale eoliche alte dieci metri e di proprietà di un comune e dei suoi cittadini.

Non sembra dunque fare differenza tra il profitto predatorio delle multinazionali e delle aziende che aspirano a diventarlo, e l’autosufficienza energetica-bene comune.

Perché il grande guaio di una buona parte dell’ambientalismo è il non aver capito che oggi il nemico principale dell’ambiente è il capitalismo e le società da esso modellate.

Ma le energie rinnovabili non esistono.

Il sole e il vento si rinnovano sempre ma i pannelli solari e le pale eoliche si degradano sempre, e sempre consumano e inquinano per essere fatti e per essere smaltiti.

Non parliamo poi di dighe e centrali nucleari, di batterie elettriche caricate con l’elettricità di centrali a gas e a petrolio, almeno per ora, ma, se le auto elettriche diventassero un mezzo di trasporto di massa, l’energia nucleare diventerebbe indispensabile per creare tutta l’energia elettrica necessaria a farle funzionare. Almeno per qualche tempo.

 Il tempo che ci resterebbe prima della fine.

Invece di salvare la capra e i cavoli, con la favola oscura delle energie “verdi”, faremmo affondare direttamente la capra e i cavoli con la barca che li trasporta.

“TANTO NON C’E’ PERICOLO”.

Il capitalismo fossile, invece, ci dà dentro a testa bassa per convincerci che tutto può e deve continuare come prima, tanto non c’è pericolo.

Per questo ha creato e continua a creare e finanziare gruppi di pressione mediatica e politica, di propaganda, confusione e disinformazione.

La capintesta del tentativo di stordimento cerebrale collettivo è la “CO2 Coalition”, ma non sottovalutiamo la dichiarazione di un certo numero di scienziati che, benché risalga al 2005, viene sfoderata come la spada di Artù dalla roccia della sua insulsaggine (falsi parametri, falsi dati).

 

La “CO2 Coalition” è una “fondazione educativa”, una non profit, una ONG che ha tanti soldi, e che vuole educarci ad amare l’anidride carbonica.

Ma, nello stesso tempo, vuole convincerci che l’aumento delle temperature del pianeta non dipenda da quei 14 miliardi e rotti di litri di petrolio più tutto il resto, che bruciamo ogni giorno.

I suoi scienziati gas petroliferi ci dicono che l’anidride carbonica fa bene alle piante e aumenta le rese agricole.

Più ce n’è, di anidride carbonica, e meglio è.

Sarebbe come dire che, poiché la merda è un concime, e lo è tutta la sostanza organica decomposta, versare i liquami fognari, i rifiuti delle discariche e i cadaveri nei campi e nei fiumi sarebbe un vantaggio per noi e per i pesci.

 

Senza i gas serra la terra sarebbe un pianeta morto, e questo una volta ce lo insegnavano a scuola.

Essi sono la nostra stufa e il nostro refrigeratore, ci proteggono dai raggi solari di giorno, trattengono il calore del sole di notte.

Però non ci farebbe bene se la stufa incendiasse la casa e poi, ogni tanto e più raramente, si spegnesse lasciandoci al gelo.

Che è quello che sta succedendo con un aumento dei gas serra che solo dal 1990 è stato del 49%.

 

Comunque, la “CO2 Coalition” se ne infischia del buon senso e della logica, tanto ha visto che scarseggiano tra gli umani più degli albini, e quindi continua con entusiasmo ad ammannire le sue castronate sedicenti “scientifiche”, promuove appelli scientifici di qua e di là dal mare, per lei i soldi ci sono, e quando ci sono i soldi trovi anche i tecnici, detti “scienziati”, del nucleare, del petrolio, del carbone, delle perforazioni sottomarine e, ultimi ma non meno importanti, delle complicità politiche.

SI FA PRESTO A DIRE SCIENZIATI!

Le vicende pandementi avrebbero dovuto insegnarci che non tutti gli scienziati sono attendibili.

Ci sono scienziati che studiano principalmente come far quattrini nel proprio campo scientifico e che quindi come campo sociale hanno scelto quello delle grandi aziende e del profitto ad ogni costo, e costi quel che costi.

Agli altri, naturalmente.

Ci sono altri scienziati che, non avendo capito nulla dell’epoca in cui vivono, si ostinano a studiare per sete di conoscenza, amore del prossimo e della scienza, senso del dovere.

E adesso vediamo a che categoria appartengono “gli scienziati dell’aumento dell’anidride carbonica è bello”, e comunque non dipende da noi.

Cominciamo da quelli della “CO2 Coalition”, finanziata da varie fondazioni create da finanzieri e industriali americani miliardari e, tra gli altri, dalla Koch Foundation.

Le industrie Koch sono il secondo più grande gruppo multinazional-capitalista USA. Possiedono aziende petrolifere, del gas, chimiche, minerarie, cartiere, di allevamento bestiame, di fertilizzanti chimici, prodotti sanitari, finanziarie e, perché no?

Anche aziende per la cosiddetta “energia verde”.

 È sempre meglio tenere i piedi in due staffe, non si sa mai che sfugga proprio il cavallo vincente.

 En passant, il gruppo Kock ha collezionato solo negli ultimi anni 150 cause per inquinamento-violazione delle leggi federali, impestando fiumi, laghi, terre, umani e viventi di ogni specie.

Dunque, i miliardari global capitalisti statunitensi finanziano la “CO2 Coalition” di scienziati del tipo “scienza applicata”, e vediamo a cosa la applicano.

Cominciamo dai tre fondatori, due dei quali passati a miglior vita, o almeno lo speriamo per loro.

 

“Roger Cohen”, ex dirigente della Exxon (!), ricercatore di tecniche per rendere più facile, efficiente e remunerativa l’estrazione del petrolio. )

 

William Happer”, direttore del dipartimento USA dell’energia sotto George Bush con 3 miliardi da gestire per “ricerche su energia, nucleare, fusione nucleare, progetto genoma umano” e altre cosettine sempre da far rizzare i capelli in testa.

 

Rodney W. Nichols”, funzionario del governo USA per il Ministero degli Esteri; consulente della Casa Bianca, del dipartimento della difesa e dell’energia (!); consulente della GTE (compagnia telecomunicazioni), della Shell (petrolio e gas), della Gotham Orient LLC (banca d’investimenti).

Se poi queste candide e scientifiche animucce non vi bastano per diffidare della coalizione “Viva l’anidride carbonica”, passiamo al pezzo unico, il direttore esecutivo della “CO2 Coalition”, Gregory Wrightstone, e qui lasciamo parlare lui, che non tralascia niente.

Magari qualcosa tralasceremo noi, per non annoiarci. Tanto è la solita solfa.

Il Gregory Wrightstone, campione della lotta contro la consapevolezza umana e direttore esecutivo della coalizione amica dell’anidride carbonica e, soprattutto, di ciò che la produce in quantità, dice di sé:

“35 anni di esperienza e successi come geologo esploratore” (s’intende esplorazioni per trovare petrolio), “consulente per lo sfruttamento di giacimenti non convenzionali”, traduco: frantumazione delle rocce bituminose.

Ha lavorato per Mountaineer Keystone, azienda per lo sfruttamento delle rocce bituminose del bacino degli Appalachi;

 ha lavorato per Texas Keystone, azienda di estrazione del petrolio e del gas, per Gulf Keystone Petroleum, per Statoil Energy, per Eagle Resources Corporation, tutte aziende dello stesso settore e, com’è ovvio, insegna anche in due università, tanto per confermare che ormai lo scopo principale delle università è quello di addestrare le nuove leve della grande industria, ignorantizzandole sufficientemente perché siano i servi perfetti.

(Sonia Savioli) 

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