I capi globalisti usano la loro ricchezza per ottenere sempre più potere.

 

I capi globalisti usano la loro ricchezza per ottenere sempre più potere.

 

 

 

Stato minimo, dollaro e individualismo

autoritario. Il programma

dell’anarco-capitalista Milei

per l’Argentina.

Transform-italia.it – (29 Novembre 2023)Alessandro Scassellati – ci dice:

La vittoria dell’anarco-capitalista “Javier Milei” alle elezioni presidenziali del 19 novembre 2023 ha spiegazioni nella storia recente argentina e apre un orizzonte di incertezza e caos riguardo al prossimo futuro del paese e alla sua infinita crisi socioeconomica.

Il programma di “Milei” combina gli elementi più radicali dell’estrema destra globale con gli episodi più oscuri della storia nazionale

argentina (i golpe e le dittature).

 L’unica cosa certa è che la popolazione vivrà altri quattro anni molto difficili.

L’ascesa dell’estrema destra è un fenomeno globale associato all’attuale fase “implosiva” del capitalismo, un modo di produzione che ha coperto ogni centimetro del pianeta e non è più in grado di crescere verso l’esterno.

Nuovi e vecchi leader della destra promettono cambiamenti epocali, ma la loro reale missione è quella di assecondare le esigenze di un capitalismo che continua ad essere disastrosamente regolato dal neoliberismo e può quindi sostenere il tasso di profitto solo esercitando una maggiore pressione autoritaria e repressiva sulla popolazione,

aumentando precarietà e sfruttamento, togliendo diritti e welfare, monetizzando e riducendo il tempo libero, facendo pagare sempre meno tasse a ricchi e imprese, e appropriandosi di quel che resta dello Stato.

Al ballottaggio per le elezioni presidenziali del 19 novembre il libertario di estrema destra “Javier Milei” ha battuto il peronista centrista “Sergio Massa”, ministro dell’Economia in carica, di quasi il 12% (55,7% a 44,3%).

Una vittoria molto netta: Milei ha vinto in quasi tutte le province argentine (20 su 24) e ha ottenuto più voti di qualunque altro presidente argentino da quando il paese è tornato alla democrazia nel 1983.

 

Milei è un 53enne outsider rispetto all’establishment politico argentino. È emerso come personaggio politico nel 2020; non ha alcuna esperienza politico-amministrativa e ha pochi collaboratori: la sua principale consigliera è sua sorella, soprannominata “la jefa”, la capa.

 Ha un piccolo partito alle spalle, La “Libertad Avanza”, privo di una seria organizzazione territoriale  e che alla Camera può contare solo su 38 deputati su 257 (mentre i peronisti ne hanno 104) e al Senato solo su 7 senatori su 72 (dove la maggioranza è di nuovo peronista con 32 seggi ). Deve cercare alleanze nei partiti tradizionali, soprattutto in quello della destra tradizionale dell’ex presidente “Mauricio Macri” , per creare una coalizione politica che sostenga il suo governo e per reclutare il personale tecnicopolitico necessario per ricoprire le cariche governative e istituzionali.

 Dovrà entrare in carica il 10 dicembre avendo formato un proprio governo che dovrà presentare il budget dello Stato per il 2024 e portare avanti il suo ambizioso e controverso programma economico.

Molti sperano che l’influenza su “Milei” di “Macri” e di altri politici dell’establishment della destra tradizionale possa contribuire a moderare l’estremismo del nuovo presidente e delle sue proposte economiche più radicali (abolizione sia della moneta argentina, il peso, con la dollarizzazione dell’economia, sia della Banca centrale).

 Al momento, sembra che” Milei” non abbia altra scelta che assecondare “Macri” e i suoi alleati più moderati, cambiandole, ma non è chiaro cosa potrà succedere in futuro.

Lunedì “Milei “è volato negli Stati Uniti dove prima ha fatto una visita alla tomba del rabbino ortodosso” Menachem Mendel Schneerson”, il Rebbe dei Lubavitch, nel Queens a New York, che “Milei” considera la sua guida spirituale (Milei dice che sta valutando di convertirsi dal cattolicesimo al giudaismo).

Ha anche incontrato l’ex presidente Bill Clinton e l’inviato di Biden per l’America Latina, “Christopher Dodd”. Poi è andato a Washington dove ha avuto un incontro con il “Consigliere per la Sicurezza Nazionale” Jake Sullivan e funzionari del Dipartimento di Stato con i quali ha “parlato di quale sarà il nuovo inquadramento della nazione argentina all’interno delle nazioni che rispettano la libertà”.

Altri contatti con funzionari del “Dipartimento del Tesoro” e del “Fondo Monetario Internazionale” sono stati tenuti da un ristretto gruppo di collaboratori (al viaggio hanno partecipato, tra gli altri, “Luis Caputo”, che dovrebbe essere il nuovo ministro dell’Economia, e “Gerardo Werthein”, imprenditore ed ex presidente del “Comitato Olimpico argentino “che dovrebbe essere l’ambasciatore di “Milei” negli Stati Uniti).

Milei è una figura sconosciuta a Washington e i suoi piani per la dollarizzazione e la chiusura della “Banca Centrale” hanno causato una certa sfiducia non solo al” FMI” ma anche al “Tesor”o e a “Wall Street”. Il sostegno degli Stati Uniti è vitale per qualsiasi negoziato con il FMI ed è probabile che i funzionari statunitensi abbiano voluto sentire le posizioni di Milei in materia di “difesa della democrazia e dei diritti umani” visto che si è dichiarato sostenitore di Donald Trump e “Jair Bolsonaro”, due figure avversate dall’amministrazione Biden.

 Gli avranno anche fatto notare che per la Casa Bianca, il “riscaldamento globale e gli obiettivi dell’energia pulita “– due questioni che Milei ha sempre minimizzato

 – sono questioni importanti per gli Stati Uniti.

Il fenomeno Milei.

L’ascesa politica di Milei è stata rapidissima.

Milei era stato eletto deputato nel novembre 2021 (con il 16,5% dei voti a Buenos Aires), dopo una lunga carriera da economista (consulente del miliardario argentino “Eduardo Eurnekian” proprietario di “Corporación América” e di “Antonio Domingo Bussi”, generale di “Videla” successivamente condannato per crimini contro l’umanità) e da onnipresente ospite dei talk show televisivi (dal 2016) in cui, nella veste di una sorta di “clown mediatico” che apparentemente nessuno prendeva sul serio, esponeva le sue controverse opinioni come il” rifiuto di farsi vaccinare contro il CoVid-19 e il negazionismo sul surriscaldamento climatico”.

È conosciuto soprattutto per le sue qualità stravaganti: i quattro mastini clonati, che prendono il nome da economisti neoliberisti come “Milton Friedman”, “Murray Rothbard” e “Robert Lucas”, ai quali presumibilmente Milei si ispira;

il suo passato da portiere di calcio, da frontman di una “cover band dei Rolling Stones” e da “allenatore del sesso tantrico”; e il suo appello a privatizzare e immettere sul mercato letteralmente tutto ciò che ha valore sociale (compresi organi umani e bambini, in contrapposizione all’attuale sistema di donazione e adozione regolato dallo Stato), oltre a liberalizzare la vendita di droghe e armi da fuoco.

Durante la campagna elettorale si è presentato sul palco con una “iconica motosega” – la cui violenza richiama l’immaginario dell’estrema destra globale - e lo slogan “¡Que se vayan todos!”, mutuato dalla crisi del 2001, per indicare la sua volontà di distruggere la presenza dello Stato nell’economia e il potere della “casta peronista”.

Ha anche espresso apprezzamento per “Margaret Thatcher” (persona considerata non grata in Argentina per la guerra delle Malvinas/Falklands), definendola “uno dei grandi leader della storia dell’umanità”.

Prima di essere eletto, Milei ha attaccato virulentemente “Papa Francesco”, definendolo un “gesuita che promuove il comunismo”, e addirittura il “rappresentante del maligno [il Diavolo] sulla Terra” per aver promosso la dottrina della “giustizia sociale” per aiutare i meno privilegiati, dichiarazioni che hanno causato attriti con la Chiesa cattolica locale e il Vaticano.

 

Al tempo stesso, Milei è un fenomeno profondamente argentino.

Ciò potrebbe essere meno ovvio in un paese caratterizzato dalla fissazione dei prezzi, dal controllo dei movimenti dei capitali e da un’elevata densità sindacale – tutto ciò contro cui si oppone – ma Milei sta attingendo a una gran parte della storia nazionale caratterizzata dal liberismo (in particolare, quello associato alla maggior parte dei colpi di Stato e dittature del paese – 1930, 1943, 1955, 1962, 1966 e 1976 nel XX secolo), promuovendo la sua versione di come “Fare di nuovo Grande l’Argentina”.

Lo storico argentino” Ezequiel Adamovsky” sostiene che il “neoliberismo autoritario” proposto da Milei è una versione “radicale” del liberismo che è sempre stata presente in forme diverse nel corso della storia argentina e che fa leva su un “individualismo autoritario” che esalta il successo economico individuale ed esprime un’aperta animosità e ostilità verso qualsiasi progetto di vita che non sia inquadrato negli obiettivi dell’accumulazione capitalistica.

Milei vuole trasformare l’Argentina in un paradiso libertario dove l’efficienza capitalista sostituisce l’assistenza sociale, le tasse sono ridotte al minimo e gli individui a corto di soldi possono vendere i propri organi nel libero mercato.

 Adamovsky ritiene che “la vera novità del momento attuale sembra essere che questo impulso autoritario e aggressivo sembra provenire sia dal basso che dall’alto.

Vediamo nella società argentina espressioni sempre più forti di animosità e risentimento tra vicini e gente comune.

Questa dinamica è particolarmente palpabile tra coloro che si sentono ‘convalidati’ dal mercato e coloro i cui ‘fallimenti’li hanno portati a fare affidamento sui sussidi statali”.

Le enormi dimensioni della crisi economico-finanziaria e sociale.

L’Argentina è un grande paese di 45 milioni di abitanti che fa parte del G20 ed è la seconda economia del Sud America (al 90% basata su produzioni agroindustriali).

 Ma oggi si trova nel mezzo di una tempesta perfetta, una crisi economico-finanziaria iniziata otto anni fa con il governo di destra di “Mauricio Macri” (2015-2019) e poi proseguita e peggiorata con il governo peronista di “Alberto Fernández” (2020-2023).

 Un’inflazione ad oltre il 10% al mese, ossia intorno al 140% all’anno (nel 2015 era al 10%), con salari e stipendi che non tengono il passo.

Un debito pubblico che si aggira intorno ai $ 419 miliardi.

Il 40% della popolazione vive sotto la soglia della povertà (nel 2015 era il 7%) e dipende da sussidi e welfare pubblico per le prime necessità e i beni di largo consumo, come elettricità, trasporti e carburante per le auto. La fame e i senzatetto sono in aumento.

Una grave siccità durata tre anni ha privato il paese di quasi un quarto dei proventi delle esportazioni di cereali (grano e mais), soia, agrumi e carne che normalmente riceve (il governo ha stimato una perdita di $ 23 miliardi).

 Inoltre, l’eredità della pandemia ha lasciato ferite profonde a livello soggettivo.

 Le misure di quarantena in Argentina sono state molto severe e questo tipo di intervento statale dalla mano pesante ha lasciato un’impressione sfavorevole nella mente delle persone.

Dagli anni ’60 del secolo scorso in poi l’Argentina ha vissuto in una costante instabilità politica, in cui si sono susseguiti una serie di governi (o in certi casi di dittature) che ciclicamente hanno ribaltato del tutto la politica economica argentina.

Ci sono stati periodi di generosissime ed economicamente insostenibili politiche sociali, a cui poi sono seguite fasi di rigida austerità e di forte riduzione della spesa pubblica.

 Periodi ciclici che gli argentini racchiudono nella formula “illusione disincanto” e dai quali la maggior parte dei governi sono usciti tutt’altro che indenni.

Nei decenni i governi che hanno finanziato gli ingenti piani sociali accumulando un enorme debito pubblico lo Stato minimo, dollaro e individualismo autoritario.

 Il programma dell’anarco-capitalista Milei per l’Argentina

hanno finanziato soprattutto grazie alla collaborazione della Banca centrale, che ha stampato moneta proprio con questo fine.

Una politica di “monetizzazione del debito” – una pratica nota localmente come la “piccola macchina” – che è stata progressivamente abbandonata nei paesi delle economie avanzate (con l’indipendenza della Banca centrale dal ministero del Tesoro) per tutte le distorsioni che comporta, tra cui un’altissima probabilità di creare inflazione.

La vittoria di Milei, con le sue proposte economiche radicali, va vista in questo contesto: molti argentini hanno perso fiducia nel fatto che le misure economiche offerte dai partiti tradizionali – peronismo e destra moderata – possano risolvere questi problemi di lungo corso e hanno dunque visto come allettanti proposte come la dollarizzazione dell’economia.

La dollarizzazione prospettata da Milei consentirebbe di ottenere tre obiettivi che dal suo punto di vista sono auspicabili:

– si fermerebbe istantaneamente la crescita dei prezzi, perché il dollaro americano non subisce la stessa inflazione del peso argentino, moneta molto debole e storicamente instabile;

– semplificherebbe notevolmente la vita degli argentini, perché renderebbe ufficiale la valuta che spesso oggi è ottenuta in modo clandestino; con la dollarizzazione gli stipendi verrebbero pagati in dollari e gli argentini li riceverebbero dunque dai canali ufficiali;

– con la dollarizzazione verrebbe tolto qualsiasi potere alla Banca centrale argentina (definita da Milei “la peggior schifezza mai esistita sulla terra”), che in questo modo non potrebbe più stampare moneta perché il dollaro americano viene stampato solo dalla “Federal Reserve (FED) degli Stati Uniti”.

Un enorme ostacolo politico è che abbandonare la” Banca Centrale” e rendere il dollaro statunitense a corso legale richiederebbe l’approvazione del Congresso argentino dove Milei non ha una

maggioranza, e potrebbe persino richiedere la modifica della costituzione.

Inoltre, la maggior parte degli esperti riconosce che non solo questa politica non è concretamente attuabile nel breve termine, ma che non risolverebbe affatto i problemi del paese.

Innanzitutto, la dollarizzazione richiederebbe una quantità di dollari (tra i 35 e i 50 miliardi) di cui l’Argentina, già fortemente indebitata, non dispone e non può avere in prestito nell’immediato (non ha un credit rating).

Attualmente, l’Argentina non riesce neanche a ripagare gli interessi sul proprio debito ($ 44 miliardi) in dollari nei confronti del “Fondo Monetario Internazionale”, il suo principale creditore.

Ma l’economista “Emilio Ocampo,” consulente di Milei, sostiene che la carenza di dollari è più apparente che reale perché è già in atto una “dollarizzazione spontanea”, con gli argentini che hanno più di $ 200 miliardi in banconote nascoste nelle cassette di sicurezza delle banche o a casa “sotto il materasso”.

L’abolizione della “Banca centrale “eliminerebbe la possibilità di usare la politica monetaria per stabilizzare l’economia quando ce n’è bisogno (come quando si aumentano i tassi di interesse per combattere l’inflazione).

L’Argentina sarebbe dipendente dalla politica monetaria degli Stati Uniti e si alimenterebbe il tossico legame del paese con il dollaro, che è da sempre un grosso problema per la maggior parte dei paesi emergenti/poveri e un grosso ostacolo allo sviluppo.

L’imposizione di una valuta forte, come il dollaro statunitense, a un’economia debole e sull’orlo del default, come quella Argentina, creerebbe una serie di distorsioni che finirebbero solo per danneggiare ulteriormente il sistema economico.

L’economia argentina sarebbe più vulnerabile agli shock esterni che coinvolgono il dollaro statunitense, ad esempio improvvisi aumenti dei prezzi delle importazioni di petrolio e carburante, che potrebbero rendere gli aggiustamenti interni ancora più dolorosi nel paese.

La ricetta economica di Milei per risolvere la crisi argentina contempla anche una “terapia d’urto” con ampie privatizzazioni dell’industria di Stato e dei servizi pubblici (compresi energia, trasporti e comunicazioni), liberalizzazioni, eliminazione dei controlli valutari e dei limiti all’esportazione di cereali e carne, e taglio a bilancio dello Stato, ministeri e dazi all’importazione.

Sebbene venerdì scorso Milei abbia affermato che la chiusura della Banca centrale è “non negoziabile”, prima di tutto servirà un programma di stabilizzazione dell’economia.

 Incontrando i rappresentanti delle banche “Caputo” ha detto che affrontare con forza l’inflazione è una priorità assoluta, anche se non ha fornito dettagli su come il futuro governo intende contenere i prezzi.

Ridurre drasticamente il deficit fiscale significherà smettere di fare lavori pubblici, di investire in istruzione e sanità pubbliche, di erogare sussidi sociali e, se i soldi non bastano, dover vendere aziende statali.

Quello che appare chiaro è che ora, finita la campagna elettorale e dovendo governare, Milei deve confrontarsi con la realtà e assumere un approccio quanto meno graduale e pragmatico nel costruire un programma di governo e trattare le questioni economiche e sociali (una sorta di revival del “menemismo” o un “macrismo 2.0”?).

 Probabilmente Milei nel breve/medio periodo (almeno fino alle elezioni parlamentari di medio termine del 2025) concentrerà la sua attenzione sulla riduzione del peso economico dello Stato, con l’obiettivo di raggiungere il pareggio del bilancio fiscale attraverso il taglio dei sussidi dei programmi antipovertà e delle pensioni (quindi colpendo milioni di famiglie già povere) e dei dipendenti pubblici, e con una campagna di privatizzazioni: dalla “TV pubblica” alla compagnia aerea “Aerolineas Argentinas” (AA) e alla” compagnia petrolifera YPF” (Yacimientos

Petrolíferos Fiscales, controllata dallo Stato al 51%) che, come la compagnia aerea “AA”, era stata rinazionalizzata dal governo argentino dell’allora presidente “Cristina Fernandez de Kirchner”, togliendola al controllo della spagnola “Repsol” nel 2012-17.

È assai probabile che allo scontento e alle proteste di piazza delle vittime delle sue politiche economiche e sociali (lavoratori, poveri, sindacati, associazioni, peronisti, sinistra) risponderà con la politica repressiva della “mano dura”.

 Il rischio reale è che l’Argentina crolli a seguito del tentativo di Milei di trasformare radicalmente l’economia, con uno scenario oscuro caratterizzato da un massiccio disordine sociale, scioperi nazionali da parte dei sindacati, potenziale violenza politica e pressioni contro le istituzioni democratiche.

Milei aveva anche annunciato l’intenzione di bloccare l’ingresso argentino nei “BRICS Plus”, previsto a partire dal prossimo primo gennaio.

 Si propone di “lavorare fianco a fianco con tutte le nazioni del mondo libero per contribuire a costruire un mondo migliore“, sostenendo di “non voler stringere patti con i comunisti“, il che è stato letto come l’intendimento di rompere i legami con la Cina (destinataria dell’8,6% delle esportazioni del paese, oltre che il secondo acquirente dei prodotti argentini nel mondo dopo il Brasile e con importanti rapporti finanziari con Buenos Aires), e assumendo come potenze di riferimento Stati Uniti e Israele.

Alcuni giorni dopo le elezioni, tuttavia, sembrano esserci chiari segnali che non è prevista alcuna rottura importante nei rapporti con Cina e Brasile (né con altri paesi con governi di sinistra come Colombia, Cile e Messico).

Milei ha ricevuto una lettera personale di “congratulazioni e auguri” dal “presidente cinese Xi Jinping” e lo stesso Milei ha voluto ringraziare” Xi” sui social media.

Anche la scelta di Milei per il “ministro degli Esteri”, “Diana Mondino”, ha respinto come “assurdità” qualsiasi suggerimento che ci sarebbe stata una rottura nelle “relazioni commerciali” con Cina o Brasile.

Il tramonto del “progetto kirchnerista.”

Quando l’esercito argentino governava il paese (1976-1983), il “FMI” prestò generosamente denaro, facendo lievitare il debito del paese dai $ 7 miliardi nel momento in cui l’esercito prese il potere a $ 42 miliardi quando l’esercito fu deposto.

Chiaramente, la fornitura di fondi da parte del” FMI” alla giunta militare argentina mise in moto il terribile ciclo di debito e disperazione che continua fino ad oggi.

Con il ritorno alla democrazia, dopo la presidenza di “Raul Alfonsin” (con la coalizione centrista “Unión Civica Radical”), arrivò al potere il peronista di destra “Carlos Saúl Menem”, che fu presidente tra il 1989 e il 1999 e che è generalmente accusato di aver portato l’Argentina alla grande crisi del 2001/2002, che provocò il collasso dell’economia gettando nella povertà milioni di argentini.

Menem diede vita al menemismo.

Sebbene durante la sua campagna elettorale avesse promesso di rilanciare l’industria nazionale e aumentare i salari, cambiò rotta mentre era in carica e tentò di portare a termine ciò che la dittatura aveva iniziato: privatizzare le aziende pubbliche (la compagnia petrolifera YPF, la compagnia aerea Aerolineas Argentina, etc.), smantellare gli ultimi resti dello stato sociale e ricostruire l’Argentina sull’immagine del “Washington Consensus”.

Il neoliberista “Domingo Cavallo”, il ministro dell’Economia, ancorò il valore del peso a quello del dollaro, riuscendo a far scendere l’inflazione, ma creando anche le condizioni per un disastro finanziario, economico esociale.

 Durante gli anni ’90 la povertà divenne endemica, la disoccupazione aumentò e l’economia informale si espanse.

Tali problemi furono aggravati dalla gravissima crisi finanziaria nel 2001 che investì il peso.

Tuttavia, quando il peronista “Nestor Kirchner” vinse le elezioni nazionali nel 2003, l’economia cominciò a vedere i benefici del boom globale delle materie prime.

Seguì un periodo di relativa prosperità, con politiche di welfare più forti e standard di vita più elevati.

 La moglie “Cristina Fernández de Kirchner” è succeduta a Kirchner nel 2007 e ha mantenuto queste disposizioni socialdemocratiche, vincendo la rielezione nel 2011 con oltre il 54% dei voti.

 Con loro, in meno di 5 anni, anche grazie ai crescenti prezzi sul mercato mondiale delle materie prime agricole (soia, grano e carne), l’Argentina aveva recuperato il PIL perduto, ricostituito la base industriale, riportato al lavoro oltre 6 milioni di persone e ridotto il rapporto debito/PIL dal 120% al 40%, mantenendo però l’inflazione al 20% per via del finanziamento del deficit e della scala mobile che indicizzava i salari al 100% dell’aumento dei prezzi.

Dal 2012 il crollo dei prezzi delle materie prime agricole ha ridotto il valore delle esportazioni e gli introiti derivanti dalla loro tassazione (l’export di soia era tassato al 35%, quello di mais al 20% e quello di grano al 23%), e reso difficile l’afflusso di valuta forte per le crescenti importazioni ed il risparmio della ri-nascente classe media.

Oggi, quello a cui stiamo assistendo è l’esaurimento del “progetto kirchnerista” all’interno del peronismo, cioè del movimento politico associato ai coniugi “Néstor e Cristina Fernández de Kirchner”, che ha perseguito il ritorno all’idea di uno Stato forte e presente, di aziende nazionalizzate e di garanzie di aiuti economici e sociali ai più vulnerabili. Quel progetto di stampo socialdemocratico suscitò grande entusiasmo e dominò la politica argentina nei primi due decenni del XXI secolo.

Il kirchnerismo riuscì a mettere insieme gli affollati sobborghi intorno a Buenos Aires, dove coloro che avevano lavori a basso reddito vivevano insieme ai lavoratori informali, con un settore strategico della classe media che aveva beneficiato del boom delle materie prime.

L’istruzione universitaria gratuita e l’assegno universale per i figli sono state tra le principali conquiste.

La gente riponeva molta speranza in quel movimento, con i suoi slogan progressisti come “la patria es el otro” (la patria sono gli altri), che aveva promesso di rimodellare la patria in una direzione progressista. Così, negli ultimi due decenni l’Argentina è diventata un paese dove hanno fatto enormi passi avanti i diritti umani e civili, le richieste collettive delle femministe, del movimento LGBTQI+, degli antirazzisti o dei sindacati.

Di recente, ci sono stati cambiamenti molto drammatici nella posizione dello Stato argentino sulle questioni di genere e sulle minoranze LGBTQI+.

Negli ultimi anni, l’Argentina ha visto l’emergere di un movimento femminista molto potente (la “marea verde”) la cui intensa presenza pubblica ha portato il governo a legalizzare l’aborto prima delle 14 settimane nel 2020-22.

Allo stesso tempo, lo Stato ha annunciato un cambio di paradigma nella sua politica verso i diritti LGBTQI+, legalizzando, tra le altre cose, il matrimonio tra persone dello stesso sesso nel 2010 e creando quote di lavoro per le persone transgender nel 2021.

Lo Stato ha anche compiuto progressi in termini di legislazione antirazzista per proteggere i diritti di coloro che sono spesso discriminati razzialmente dalla società argentina:

popolazioni indigene (Mapuche), persone di colore e altri. Tradizionalmente i movimenti sociali hanno mantenuto una forte capacità di influenzare l’agenda pubblica, soprattutto attraverso la politica della protesta nelle strade, ma i nuovi movimenti per i diritti civili (spesso guidati da esponenti della sinistra politica) hanno avuto

difficoltà a tradurre la loro influenza in vittorie elettorali e nella ricomposizione della leadership peronista (con la quale hanno deciso di allearsi, ma dalla quale sono stati fagocitati).

Lo stesso “progetto kichnerista” ha via via esaurito la sua forza e la prova è che questa ultima competizione presidenziale è stata la terza elezione consecutiva in cui i kirchneristi non sono stati in grado di presentare un candidato di loro scelta.

 Probabilmente ora il kirchnerismo verrà riassorbito nell’ombrello più ampio del peronismo, che è una formazione molto più eterogenea del kirchnerismo.

Il movimento conta ancora alcune figure forti, come “Axel Kicillof” rieletto governatore della provincia di Buenos Aires (fortemente sostenuto da Cristina Kirchner), dove vivono oltre 16,6 milioni dei 45 milioni del paese.

 Ma la leadership kirchnerista, impersonata da Cristina, sembra disintegrarsi e riassorbirsi nel “Partito Giustizialista” (il partito peronista).

Nessuno sa dove questo lascia il numero considerevole di elettori kirchneristi che desiderano cambiamenti più profondi di quelli che il

peronismo può offrire.

Il fallimento del “progetto kirchnerista” sembra aver rafforzato l’unica altra alternativa a disposizione, ovvero l’idea che non esiste altro che l’interesse individuale e che ognuno deve battersi da solo per sé stesso per sviluppare il proprio progetto di vita senza essere disturbato dagli altri.

In Argentina, come altrove nel mondo occidentale, è emersa una nuova soggettività, che “Adamovsky” chiama “individualismo autoritario” e che nel mio libro ho incluso come una delle manifestazioni del “suprematismo bianco”, secondo cui gli individui credono di avere il diritto di difendere il proprio spazio vitale dai vicini, che percepiscono come una minaccia, con un fucile automatico in mano se necessario.

E cercano figure autoritarie come “Donald Trump”, “Jair Bolsonaro”, “Giorgia Meloni” o “Javier Milei,” che promettono di ripristinare quello spazio personale usando la violenza e andando oltre la legge, se necessario.

I sostenitori di Milei.

Secondo gli osservatori, la vittoria di Milei alle elezioni segnala che esiste un nucleo di elettori “ideologici” di Milei, convinti del suo programma di estremo neoliberismo autoritario.

 C’è anche un altro settore, come le forze militari e di sicurezza, che hanno votato a stragrande maggioranza per Milei perché garantiti dalla scelta dell’avvocato noto per essere figlia di un militare attivo durante la dittatura al potere tra il ’76 e l’83, “Victoria Villarruel”, come sua vice, e che vogliono dare libero sfogo alla violenza statale.

Ma ce ne sono altri che sono semplicemente antiperonisti, cioè persone che detestano il peronismo e voterebbero letteralmente per qualsiasi cosa si opponga a questo movimento politico.

 Altri sono soltanto frustrati e stufi della sistematica incapacità ultra decennale della classe politica argentina (vista come il “sistema”) di affrontare la crisi economico-finanziaria, il malgoverno, le inefficienze e la corruzione di politici, magistrati, leader sociali e imprenditori che hanno lasciato briglia sciolta a evasione fiscale e fuga di capitali.

Tra loro c’è una parte importante di elettori delle classi subalterne che tradizionalmente sostengono il peronismo, ma che questa volta hanno votato per Milei.

Secondo gli analisti Milei avrebbe ricevuto un ampio sostegno dalla fascia più povera della società e da quella più giovane.

Alcuni di questi elettori meno ideologici potrebbero diventare disincantati mentre il suo governo porta al disastro – cosa che senza dubbio accadrà se manterrà alcune delle promesse economiche più radicali.

Ma è importante sottolineare il fatto che molti di quegli elettori un tempo non ideologici si sono spostati verso la destra autoritaria, e che quella parte dell’elettorato sarà presente nel breve e medio termine.

Milei ha anche cavalcato la reazione negativa e la profonda ostilità di parte della società argentina (machista e patriarcale) nei confronti del femminismo e di tutte le rivendicazioni di genere.

 Per Milei, la questione di genere è di per sé un abominio totale.

 Si nasconde dietro la tipica idea liberale secondo cui ciò che si fa a porte chiuse sono affari propri.

Ma è ovviamente una visione molto omofobica perché nega il diritto alla visibilità pubblica.

 Per Milei, la questione centrale è che a nessun gruppo collettivo dovrebbe essere consentito avanzare pretese nei confronti del pubblico in modi che possano interferire con il regolare funzionamento del mercato.

 In questo senso, le opinioni di Milei sono completamente compatibili con quelle dei conservatori più reazionari.

L’opposizione che verrà.

Gli argentini hanno voluto punire il governo peronista in carica di “Alberto Fernández” – e i quasi due decenni della “versione kirchnerista del peronismo”.

La gente ha votato contro lo status quo perché vuole che il Paese ritorni “sulla strada giusta”.

 Non ha votato per sostenere tutti gli esperimenti economici radicali per i quali Milei si è battuto e che non sono stati tentati da nessun’altra parte.

Dopotutto, al primo turno, Milei ha ricevuto meno del 30% dei voti. Poiché gli manca una maggioranza effettiva nella legislatura, Milei dovrà dimostrare di poter essere un giocatore di squadra e un costruttore di consenso se vuole evitare che la nave affondi ulteriormente sotto il suo controllo.

Lo status quo in Argentina è insostenibile.

 Milei non può permettersi di limitarsi a riforme annacquate.

Abolire la Banca Centrale e procedere con la dollarizzazione non sarà possibile.

 Ma tagliare i sussidi governativi e ridurre il numero dei lavoratori del settore pubblico è fattibile, a condizione che si riesca a mettere insieme il sostegno politico necessario al Congresso.

I voti più probabili saranno tra i deputati di centrodestra del partito di “Mauricio Macri”, del “Partito radicale” e forse anche di alcuni membri dell’”ala destra del partito peronista”.

Per raggiungere l’obiettivo di formare una maggioranza legislativa, Milei dovrà mantenere il sostegno popolare. La sua luna di miele sarà breve.

Gli argentini approveranno Milei se vedranno prove che il Paese si sta muovendo nella giusta direzione.

Se Milei continua con la sua strategia elettorale e polarizza l’elettorato parlando di argentini buoni e cattivi, i moderati inizieranno a respingerlo.

 Per avere successo, Milei dovrebbe mettere da parte la motosega e capire che gli argentini lo hanno eletto non perché credevano veramente nel suo programma economico, ma perché pensavano che lo status quo in carica fosse insostenibile.

 Sarà necessario un approccio misurato e calcolato.

In realtà, il futuro di Milei e del suo governo dipenderà soprattutto dal chiarimento interno al movimento peronista che rimane la prima forza parlamentare e per capacità di mobilitazione popolare, dalla sua capacità di arrivare ad un accordo sul significato del peronismo nel 21° secolo, ovvero sulla necessità della sua reinvenzione in un nuovo contesto politico-culturale caratterizzato da una potenziale ondata reazionaria.

 Negli ultimi quattro anni due posizioni interne si sono scontrate duramente su come poter ridurre l’inflazione e stimolare la crescita:

da un lato, “Fernandez” (con il tecnocrate centrista “Sergio Massa”) era più desideroso di ridurre la spesa pubblica e migliorare le condizioni per gli investitori internazionali, dall’altro i kichneristi volevano mantenere vivo l’assistenzialismo attraverso una tassazione più progressiva.

Mentre “Perón” era riuscito a incorporare la classe operaia nello Stato e ad approvare politiche redistributive, i suoi successori peronisti non hanno avuto tale successo.

 Dal 2011, l’assenza di un motore di crescita economica li ha privati di un programma riformista praticabile.

 Nonostante la speranza inizialmente ispirata dal kirchnerismo, i peronisti non sono riusciti a sanare le divisioni strutturali dell’Argentina – tra settori economici altamente integrati nei mercati globali e industrie/attività informali dove i lavoratori lottano per sopravvivere anche come “imprenditori di sé stessi”.

Secondo i dati più recenti del Ministero del Lavoro, oltre il 27% dei lavoratori sono lavoratori autonomi.

Nella seconda metà di quest’anno, secondo l’Indec (l’Istat argentino), solo il 9,9% dei giovani fino a 29 anni aveva un lavoro formale.

Il movimento peronista non si è fatto carico della rappresentanza politica di questi settori precari del mondo del lavoro e della società argentina, abbandonandoli quindi alle lusinghe dell’estrema destra.

Milei ha vinto le elezioni capitalizzando la delusione nei confronti del kirchnerismo.

Ma anche Milei e la destra tradizionale con cui si è alleato faranno fatica a costruire una maggioranza politica stabile, poiché la loro visione ideologica si fonda sulla convinzione di lunga data che i problemi dell’Argentina saranno risolti e che, una volta che avrà rotto con il peronismo, diventerà finalmente una tipica nazione sviluppata.

 Questa convinzione, che ha guidato i colpi di Stato degli anni ’50 e

’70, significa che la destra argentina è sempre stata priva di un progetto politico distintivo.

In questo senso, nessuna delle due principali forze politiche argentine è in grado di presentare una visione egemonica.

 Ai peronisti kirchneristi manca una diagnosi unitaria dei problemi del Paese, mentre i macristi si aggrappano a un approccio palesemente sbagliato.

È stata questa paralisi che ha creato un’apertura affinché un outsider come Milei potesse presentare una soluzione radicale.

Il programma di Milei è simile a quello di Bolsonaro in Brasile. Presentandosi come un outsider, incolpa l’espansione della spesa pubblica e la forza dei sindacati – insieme ai costumi culturali liberali – per i mali che affliggono l’Argentina.

 La sua soluzione è abolire la Banca centrale, eliminare ogni regolamentazione del mercato, sostenere la repressione statale e promuovere la famiglia tradizionale (per esempio, vietando l’aborto e restringendo i diritti dello Stato minimo, dollaro e individualismo autoritario.

 Il programma dell’anarco-capitalista Milei per l’Argentina.

Dopo quarant’anni di democrazia, le persone sono frustrate nei confronti della classe politica tradizionale e molto preoccupate per il futuro – una combinazione che l’estrema destra ha sfruttato per arrivare al potere ottenendo la legittimazione e il sostegno da parte della destra tradizionale.

Il paese avrà bisogno di sindacati, movimenti sociali e di una sinistra attiva e resiliente per contrastarla. La storia argentina è costellata di numerosi esempi di resistenza e, sebbene la società sia molto cambiata negli ultimi anni, non è detto che forme di resistenza e rivolta popolare non possano riapparire con forza, anche in assenza di strutture organizzative adeguate.

“Myriam Bregman”, avversaria di Milei al primo turno delle presidenziali, dove correva col trotskista “Frente de Izquierda”, ha espresso il suo pensiero riguardo al nuovo presidente, il quale:

 “usando la demagogia ha vinto il voto popolare, contrapponendosi ad un governo dove i ricchi si sono arricchiti a discapito di lavoratori e lavoratrici” e ha ricordato che il neopresidente si troverà a operare “senza governatori locali né maggioranza parlamentare con ampi settori sociali contrari alle sue proposte.

Saremo in piazza di fronte ad ogni attacco, perché la ‘libertà’ di cui parla è la libertà di sfruttare senza limiti”.

“L’Argentina ha perso sovranità, potere economico e quello che abbiamo di fronte sarà ancora peggiore: verranno per il litio, per il petrolio, per un sacco di risorse che abbiamo e di cui dovremmo prenderci cura. Prepariamoci a scendere in strada ogni giorno”,

sostiene “Nora Cortiñas”, una delle mamme e nonne di “Plaza de Mayo”.

 “Mi fa paura perché non basteranno 20 anni per rifare tutte le cose che distruggeranno, se rispetteranno quello che hanno promesso: privatizzazioni, apertura delle importazioni, indottrinamento nelle scuole… Bisogna parlare con i giovani, organizzare delle campagne per reagire”.

(Alessandro Scassellati).

 

 

 

 

GERMANIA: DOVE PROTESTANO

GLI AGRICOLTORI.

Comedonchisciotte.org - Redazione CDC – (08 Gennaio 2024) – taggesschau.de – ci dice: 

(Traduzione di Massimo A. Cascone).

 

Blocchi autostradali, convogli e traffico incessante:

le proteste degli agricoltori sono iniziate questa mattina in Germania. Gli agricoltori manifestano contro la cancellazione dei sussidi.

Ecco una panoramica di dove e cosa è previsto.

Sebbene il governo tedesco abbia parzialmente annullato i tagli previsti per il settore agricolo, da oggi gli agricoltori scenderanno sulle barricate in tutto il Paese.

Anche altri settori vogliono partecipare.

 La polizia e le autorità prevedono gravi disagi al traffico.

Anche le scuole e numerosi altri settori della società saranno probabilmente colpiti.

Il Ministro delle Finanze e leader del” FDP” “Christian Lindner” ha criticato i piani di protesta definendoli sproporzionati.

La polizia ha inoltre segnalato rischi per la circolazione e minacce per la sicurezza e l’ordine pubblico.

 Le autorità federali temono inoltre una radicalizzazione e un’infiltrazione delle proteste.

Nei singoli Stati federali sono previste azioni diverse.

Ecco una panoramica:

Baden-Württemberg.

Sono previste diverse azioni, come raduni, convogli di trattori e veglie.

 Il Ministero degli Interni del Baden-Württemberg ha avvertito di forti limitazioni al traffico stradale – quasi tutti i distretti sono interessati.

 “Le proteste si svolgeranno principalmente sotto forma di cosiddetti raduni di trattori, occasionalmente anche come cortei con trattori sulle principali vie di comunicazione, per cui si prevedono gravi interruzioni del traffico“.

Grandi campagne sono state organizzate a “Mannheim”, “Heilbronn”, “Ravensburg”, “Karlsruhe” e “Stoccarda”.

Nella capitale dello Stato si terrà una manifestazione sulla “Cannstatter Wasen” seguita da un corteo di auto.

Secondo gli organizzatori, parteciperanno almeno 150 veicoli.

Un’altra protesta con più di 1.000 veicoli avrà luogo venerdì.

Baviera.

Numerosi agricoltori in tutta la Baviera hanno manifestato contro i piani fiscali.

Sin dalle prime ore del mattino, migliaia di trattori hanno occupato le strade e le autostrade, causando in molti punti intralci al traffico.

 A mezzogiorno è iniziata una manifestazione principale nella “Odeonsplatz” di Monaco, con 10.000 partecipanti attesi.

 

“Thorsten Grimm”, vice presidente regionale del sindacato di polizia tedesco (DPolG) in Baviera, teme che le proteste degli agricoltori di questa settimana sovraccarichino in modo massiccio le forze dell’ordine:

“Molte azioni non solo oltrepassano il limite legale, ma in alcuni casi rappresentano anche un pericolo per il traffico e una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico “.

“Grimm” ha poi aggiunto:

 “La polizia sta proteggendo gli assembramenti e quindi la Costituzione con grandi forze in tutta la Baviera e in Germania, che ci porteranno al limite assoluto la prossima settimana “.

Berlino.

Circa 550 manifestanti e i loro veicoli hanno partecipato alla protesta alla Porta di Brandeburgo lunedì mattina.

La polizia ha contato 566 trattori, camion, auto, furgoni e rimorchi e 550 persone sulla” Straße des 17”.

Juni (“Via del 17 giugno”), tra la Porta di Brandeburgo e la Colonna della Vittoria, entro le 10 del mattino, secondo quanto riferito da una portavoce.

 

Oltre agli agricoltori, hanno partecipato alla protesta anche molti autisti di autobus e camion e molti artigiani.

La Straße des 17.

Juni era già chiusa domenica sera. Non ci sono informazioni su blocchi stradali previsti, è stato riferito.

 La polizia era in stretto contatto con l’organizzatore della manifestazione, ha dichiarato il portavoce.

Brandeburgo.

Gli agricoltori in protesta hanno bloccato le strade di accesso alle autostrade e causato ingorghi nel Brandeburgo questa mattina.

 Hanno bloccato le strade con i loro trattori, causando ingorghi massicci. Più di 500 veicoli sono partiti da “Beelitz” e hanno attraversato “Potsdam” fino alla “Cancelleria di Stato”.

 134 raduni sono stati registrati nel Brandeburgo, secondo la sede della polizia di Potsdam.

 La polizia del nord del Brandeburgo ha valutato il comportamento degli agricoltori in protesta durante i blocchi stradali come ampiamente pacifico e collaborativo.

 “Abbiamo notato che tutto è molto civile. C’è anche un senso delle proporzioni“, ha dichiarato in mattinata un portavoce della “Direzione della Polizia del Nord”.

Tuttavia, ci sono stati anche alcuni incidenti perché gli automobilisti hanno cercato di superare i blocchi.

 

Brema.

A causa delle proteste degli agricoltori, il traffico è bloccato in molti punti della città di Brema.

 I primi incroci sono stati bloccati dagli agricoltori dalle 5 del mattino, ha dichiarato un portavoce della polizia.

Il portavoce ha fatto riferimento alla panoramica del centro di gestione del traffico.

Nel corso della giornata, la polizia si aspettava fino a 2.000 veicoli in viaggio dalla Bassa Sassonia alla città anseatica in un percorso a stella. Dopo che un’auto di pattuglia è stata bloccata da un trattore mentre si recava a un’operazione, l’agricoltore è stato segnalato alla polizia.

Amburgo.

Gli agricoltori hanno attraversato Amburgo con migliaia di trattori e altri veicoli.

Secondo l’associazione “Land schafft Verbindung”, che ha registrato la manifestazione, in mattinata più di 4.000 veicoli provenienti dall’area circostante hanno raggiunto il centro della città in varie colonne.

 La polizia ha parlato di circa 2.000 veicoli.

Tuttavia, il temuto caos del traffico non si è verificato.

Secondo gli organizzatori, un altro convoglio proveniente dalla “Bassa Sassonia” sarebbe dovuto arrivare in centro nel pomeriggio.

 Secondo gli organizzatori, erano attesi altri 600 veicoli.

Assia.

La più grande azione di protesta in Assia è prevista a “Wiesbaden”. Lì si terrà una manifestazione congiunta con centinaia di trattori. Nel corso della settimana sono previste numerose altre azioni regionali in Assia, ad esempio a “Kassel”, “Francoforte, “Limburgo” e nella regione del “Basso Taunus”.

In relazione alle proteste degli agricoltori previste, le autorità di sicurezza tedesche temono che estremisti di destra e partecipanti della scena “Querdenker” possano infiltrarsi nelle proteste.

Secondo un articolo di “Welt am Sonntag”, l’Ufficio federale di polizia criminale ha trovato su Internet appelli in tal senso.

Si parla di sciopero generale e di sommosse.

 

Meclemburgo-Pomerania occidentale.

Agricoltori e autotrasportatori con centinaia di trattori e camion hanno bloccato per diverse ore circa 60 strade di accesso alle autostrade in tutto lo Stato.

Secondo l’associazione degli agricoltori del MV, più di 1.500 trattori e camion hanno partecipato all’azione.

Non ci sono stati incidenti, secondo l’associazione, che ha dichiarato ufficialmente conclusa l’azione dopo circa tre ore.

 

Bassa Sassonia.

Le proteste degli agricoltori hanno avuto un impatto significativo sul traffico stradale in Bassa Sassonia.

Non solo le strade sono state bloccate in numerosi centri urbani, ma il traffico si è fermato anche sulle strade federali e statali e sulle autostrade.

 

Nel distretto di “Cloppenburg”, un partecipante è stato presumibilmente ferito in modo grave da un automobilista.

 È stato trasportato in ospedale in elicottero.

 Secondo la polizia, non è ancora chiaro se il conducente abbia deliberatamente ferito il partecipante aggirandolo.

Blocchi, raduni e drive-bys sono stati pianificati in numerose regioni e città, tra cui” Braunschweig”, “Cloppenburg”, “Cuxhaven”, “Gottinga” e l’”Heidekreis”.

 Si prevede che la città di “Hannover “e la regione saranno interessate da proteste per tutta la settimana.

 

Nord Reno-Westfalia.

Numerosi agricoltori hanno protestato con i loro trattori nella” Renania Settentrionale-Vestfalia”.

Secondo la polizia, nel distretto di “Borken”, ad esempio, si sono verificate “massicce ostruzioni del traffico”.

Nel corso della giornata, si prevedeva la partecipazione di oltre 1.000 trattori a circa 25 manifestazioni.

Secondo un portavoce della polizia, in mattinata si sono verificate “ostruzioni di accesso” a diversi incroci delle autostrade 59 e 560 nel distretto di “Rhein-Sieg”, dove in seguito era prevista una manifestazione per “Siegburg”.

 A “Wuppertal”, gli agricoltori hanno causato la chiusura di una strada di scorrimento della A46 in mattinata.

 È stata bloccata anche una strada di raccordo sull’autostrada A61 vicino a “Heimerzheim”.

Nel centro di “Essen”, otto trattori hanno raggiunto lo “studio WDR” nel centro della città.

A “Düsseldorf”, in mattinata erano previste sei manifestazioni con trattori e una con camion.

 

Renania-Palatinato.

La “Renania-Palatinato “potrebbe diventare uno dei punti focali delle proteste.

L’Associazione degli agricoltori e dei viticoltori intende organizzare dimostrazioni e raduni in tutti i 14 distretti.

L’associazione si aspetta più di 10.000 partecipanti.

Secondo la polizia, in mattinata un convoglio di oltre 1.000 trattori e camion, lungo 18-20 chilometri, si è mosso lungo l’autostrada 63 in direzione della capitale “Mainz”.

L’autostrada è stata quindi completamente chiusa.

Secondo il Ministero dell’Interno, gli agricoltori hanno ricevuto un quadro di riferimento per le loro proteste:

 l’obiettivo è garantire che le vie di emergenza e di soccorso possano essere utilizzate in ogni momento e che venga bloccata solo la corsia di destra dell’autostrada.

Inoltre, il blocco delle strade di accesso all’autostrada deve durare al massimo un’ora.

Saarland.

Secondo le stime della polizia, la manifestazione degli agricoltori del “Saarland “causerà una notevole congestione del traffico in tutto il Land.

 Inoltre, è probabile che alcune strade di scorrimento autostradali vengano bloccate, ad esempio a “Freisen”, “Braunshausen”, “Waldmohr” e “Perl”.

Il raduno finale con comizio è previsto per il pomeriggio al castello di “Saarbrücken”.

Alcune strade limitrofe saranno chiuse al traffico a partire da mezzogiorno.

Potrebbero verificarsi intralci fino a sera.

Sassonia.

Nello Stato federale orientale sono in programma centinaia di azioni che potrebbero interrompere in modo massiccio il traffico.

 Si va dai cortei con trattori e automobili al blocco delle strade di scorrimento autostradali e degli incroci, fino ai comizi.

Secondo i manifestanti, il 95% di tutti i raccordi autostradali della Sassonia saranno bloccati.

Mercoledì è prevista una grande manifestazione a “Dresda”.

L’associazione statale degli agricoltori collabora con l’associazione “Land schafft Verbindung” per la settimana di azione.

I gruppi stanno ricevendo il sostegno di altre associazioni, come l’”Associazione alberghiera e della ristorazione della Sassonia” (DEHOGA), le “corporazioni dei macellai “e l’”Associazione sassone della frutta”.

Allo stesso tempo, gli agricoltori affermano di prendere le distanze dalle azioni pianificate da attori come i “Sassoni liberi” di estrema destra sulla scia delle proteste degli agricoltori.

Gli esperti hanno osservato che gli estremisti di destra stanno combattendo specificamente per ottenere il favore degli agricoltori.

 Ad esempio, i “Sassoni liberi” agiscono come “curatori” degli interessi degli agricoltori per perseguire obiettivi antidemocratici, secondo il “Kulturbüro Sachsen” su “MDR”.

Secondo le sue stesse informazioni, l’ufficio culturale consiglia i politici locali su come contrastare le strutture estremiste di destra con una società civile democratica;

pubblica il rapporto annuale “Sachsen rechts unten”.

Anche la popolarità dell’”AfD” tra gli agricoltori è molto alta. Nelle ultime elezioni statali, ad esempio, il 34% degli agricoltori ha votato per l’”AfD”, che ora è classificato come decisamente estremista di destra.

Sassonia-Anhalt.

Diverse migliaia di agricoltori e persone di altre professioni hanno manifestato nella piazza della “cattedrale di Magdeburgo” a favore del mantenimento delle agevolazioni fiscali.

Lo stato attuale deve essere mantenuto, ha dichiarato il” presidente dell’associazione statale degli agricoltori”, “Olaf Feuerborn”.

Secondo gli organizzatori, circa 5.000 manifestanti si sono radunati sulla piazza della cattedrale, di fronte al parlamento statale;

la polizia ha parlato di circa 2.000.

 Molti agricoltori sono arrivati in convogli con trattori e altri veicoli – secondo la polizia, erano 1.500 quelli che potevano essere assegnati alla manifestazione.

I convogli hanno causato intralci al traffico.

Secondo l’associazione degli agricoltori, un’altra manifestazione si terrà nel centro di “Halle” per dare il via alla “settimana di azione”.

La polizia raccomanda di guidare il più possibile intorno al centro della città e di evitare spostamenti inutili.

Riebeckplatz e le aree di traffico limitrofe saranno chiuse tra le 8.00 e le 16.00 circa.

 

Schleswig-Holstein.

All’inizio della settimana di “azione nazionale”, questa mattina centinaia di agricoltori hanno bloccato il traffico nello “Schleswig-Holstein”.

 L’associazione statale degli agricoltori aveva precedentemente annunciato che ci sarebbero state manifestazioni in tutto lo Stato per tre giorni.

 I convogli che si muovono lentamente causeranno ostruzioni al traffico.

A “Kiel” sono previste diverse manifestazioni tra le 9:00 e le 18:00. “Wilhelmplatz” e “Exerzierplatz” saranno chiuse a questo scopo.

 È stato inoltre comunicato alle autorità che le strade di scorrimento dell’”autostrada A7” da “Bad Bramstedt “al confine con la Danimarca saranno bloccate.

Mercoledì sono previste azioni a “Flensburg”, “Ostholstein”, “Stormarn”, “Herzogtum Lauenburg” e “Lubecca”.

Venerdì, gli agricoltori dei distretti di “Plön” e “Rendsburg-Eckernförde” intendono recarsi a” Kiel” per una manifestazione.

Turingia.

L’”Associazione degli agricoltori della Turingia” ha previsto che lunedì 900 trattori provenienti da ogni angolo dello Stato si dirigano verso “Erfurt”.

Secondo l’associazione, non è stato richiesto il blocco degli incroci o delle strade, ma gli automobilisti e i passeggeri del sistema di trasporto pubblico di “Erfurt” dovranno prepararsi a subire notevoli restrizioni in alcuni casi, secondo l’”associazione e i servizi pubblici di Erfurt”.

Per oggi sono state annunciate assemblee anche in altre città della Turingia.

(tagesschau.de/inland/bauern-proteste-verkehr-montag-100.html)

(… E gli agricoltori italiani cosa stanno facendo? … Nulla! N.D.R)

 

 

IL GENERALE SOLEIMANI:

“LA SCONFITTA STA NELLA

NATURA DIABOLICA DEL NEMICO”

 Comedonchisciotte.org - Redazione CDC – (10 Gennaio 2024) - Bobana M. Andjelkovic, geopolitika.ru – ci dice:

 

In memoria di “Hajj Qassem”:

 

“La sconfitta del nemico è assoluta. Voglio dire al nemico che tutti i fattori della sconfitta sono dentro di voi e che non potrete mai ritirarvi dalla vostra mentalità diabolica e dai problemi che causano la vostra sconfitta.”

(Generale Qassem Soleimani, 28 febbraio2019)

 

Durante la guerra Iran-Iraq, ad “Hafez al-Assad” fu chiesto:

“Perché lei, lei che è un arabo e uno dei capi del partito “Ba’th”, sostiene il governo iraniano contro Saddam nella guerra?”.

Haffez al-Assad ha risposto: “

Verrà un giorno nella Storia in cui solo gli iraniani vi difenderanno, mentre gli arabi affonderanno i loro pugnali nel petto dei siriani”.

 

Il ruolo del generale Soleimani e dell’Iran in generale in Siria dimostra solo che Hafez al-Assad aveva ragione.

 Lo stesso vale per l’Iraq, il Libano e lo Yemen.

 L’obiettivo comune dell’”Asse della Resistenza” è la liberazione della Palestina.

La dottrina della guerra asimmetrica del generale Soleimani si basa su due approcci diversi per sconfiggere il nemico – l’entità sionista come fonte del male in Asia occidentale (e il suo alleato, il “Sindacato del crimine occidentale”, profondamente intrecciato con l’entità sionista).

 Un approccio significa sconfiggere il nemico senza ricorrere alla guerra convenzionale e l’altro significa sconfiggerlo utilizzando tattiche di guerra irregolare o asimmetrica in sei fronti:

Siria, Iraq, Yemen, Libano, Striscia di Gaza e Cisgiordania.

Tutti e sei i fronti sono stati gradualmente attivati dall’inizio dell’operazione “Al-Aqsa Flood”, il 7 ottobre dello scorso anno.

 

Dopo l’assassinio di” Hajj Qassem” nel 2020, il capo delle “Forze Quds” dell’”IRGC”, il generale di brigata “Esmail Ghaani”, ha dichiarato:

 “La punizione minima per noi è rimuovere l’America dalla regione”.

Poco dopo, il Parlamento iracheno ha approvato una risoluzione non vincolante che chiede il ritiro delle forze statunitensi dal Paese.

Le postazioni e le basi militari statunitensi illegali in tutta l’Asia occidentale sono gli stessi obiettivi legittimi, così come gli insediamenti sionisti illegali nella Palestina occupata, in Libano e sulle alture del Golan.

Sebbene la criminalità occidentale abbia accusato il generale Soleimani di istigare il settarismo all’interno del mondo musulmano (mentre, in realtà, lo stavano facendo), sembra che “Hajj Qassem” sia diventato una figura ispiratrice per i musulmani, sia sciiti che sunniti.

 Il loro inevitabile avvicinamento e raduno è un’eredità della saggezza militare, diplomatica e religiosa del generale “Soleimani”.

 Un certo “Jonathan Coleman” ha scritto nel gennaio 2020 che “gli Stati Uniti possono ottenere una leva strategica nella sua [del generale Soleimani] assenza dal campo di battaglia”.

Anche questo sembra essere completamente falso.

Non c’è alcuna “leva” che gli Stati Uniti possano ottenere da qualsiasi cosa accada in Asia occidentale.

Possono solo perdere, come sarebbe giusto e corretto.

 Lo stesso vale per l’UE, il Regno Unito e gli altri suoi compari.

Il comportamento del regime sionista nella Palestina occupata riflette il “nucleo del globalismo e i valori del sindacato criminale occidentale” e riassume gli ultimi tre decenni della sua politica internazionale nel mondo.

 Il cosiddetto “ordine basato sulle regolesi manifesta come “dittatura del gruppo criminale” organizzato su scala globale.

 Ha il suo ambito fluido di regole applicate in modo opportunistico e il mondo dovrebbe accettare di obbedire a queste regole come ordini.

Una domanda sorge spontanea:

 in quali circostanze l’occupante ha diritto all’autodifesa quando viene affrontato da un popolo occupato che vuole porre fine all’occupazione?

Il mantra costantemente ripetuto dai media occidentali/sionisti, secondo cui i sionisti hanno il diritto di difendersi, perché sono stati attaccati (lo erano?), serve solo come pretesto per introdurre una nuova regola nell’“ordine basato sulle regole”, secondo cui anche i territori ufficialmente occupati possono diventare colonie dell’occupante, che aggira il diritto internazionale e le consuetudini di guerra.

Alla vigilia dell’anniversario dell’”assassinio del generale Soleimani, di “Abu Mahdi al-Muhandis” e dei loro collaboratori, “Saleh el-Arouri, vice direttore del Politburo di “HAMAS”, e i suoi tre assistenti sono stati assassinati da un drone nell’ufficio di Beirut.

“El-Arouri” è stato uno dei fondatori dell’ala militare di “HAMAS”, le “Brigate Al Qassam”, e ha trascorso 15 anni in una prigione sionista.

L’assassinio è avvenuto solo una settimana dopo quello di “Seyyed Razi Mousavi”, alto consigliere militare dell’”IRGC in Siria” e stretto collaboratore del generale “Soleimani”, assassinato a “Damasco”.

Già prima dell’inizio dell’”operazione Al-Aqsa Flood”, “Hassan Sayyed Nasrallah” aveva annunciato che qualsiasi attacco ai “membri dell’Asse della Resistenza” o ai “loro leader” avrebbe provocato un’enorme rappresaglia.

 

Tutti i sei fronti sono stati attivati.

I gruppi armati terroristici sionisti che si presentano come militari sono incapaci di affrontare la Resistenza in sei campi di battaglia.

I loro amici, clienti, alleati, burattini, padroni, mercenari (trasportati dall’Ucraina) e altri ancora non sono pronti a entrare in un pasticcio più grande, anche se sostengono lo squilibrato regime sionista.

Sia il sindacato criminale occidentale” che i sionisti soffrono di una mania di ricerca.

Sono ancora sotto shock e non riescono a capire come le persone imprigionate siano riuscite a lanciare un’operazione su più fronti contro l’occupazione.

 Quindi, non devono essere loro.

Devono essere gli Hezbollah. E l’Iran. E forse anche la Russia.

Per non parlare degli “Houthi isolati dal suolo che hanno bloccato il Mar Rosso” e non c’è nulla che il regime sionista o gli occidentali possano fare.

Tranne che per gli omicidi di stampo terroristico di cui saranno ritenuti responsabili.

L’assassinio di tre ostaggi sionisti da parte dell’esercito terroristico sionista, pensando che fossero palestinesi, evidenzia ancora una volta la mania di ricerca e la natura autodistruttiva dell’entità sionista e di coloro che gestiscono quel manicomio massacratore.

 Ricorda una storia simile, quando due gruppi di fuggitivi ucraini in Francia si sono scontrati pensando di essere russi.

“Haaretz”:

Decine di psichiatri israeliani sono partiti per la Gran Bretagna, sfuggendo al crescente carico di lavoro in seguito all’aumento dei casi di problemi psicologici tra i soldati dell”’IOF” di ritorno dalla Striscia di Gaza”.

“Hajj Qassem” aveva ragione:

la sconfitta sta nella natura diabolica del nemico che lo porterà alla sua imminente (auto)distruzione, prima o poi. Così come quella dei loro alleati occidentali.

(Bobana M. Andjelkovic, geopolitika.ru)

(geopolitika.ru/en/article/general-soleimani-defeat-lies-within-enemys-devilish-nature)

(Traduzione di Costantino Ceoldo)

 

 

 

Israele si Prepara a Influenzare

la Decisione della Corte Internazionale

di Giustizia sulla Questione del

Genocidio a Gaza.

Conoscenzealconfine.it – (9 Gennaio 2024) – Redazione – t.me/Rossella Fidanza – ci dice:

 

Israele chiede aiuto al mondo per influenzare la sentenza della Corte internazionale di giustizia (CIG) sulla questione del genocidio a Gaza, con udienza programmata il prossimo 11 gennaio.

Il Ministro degli Esteri israeliano ha emanato istruzioni al riguardo per tutte le sue ambasciate, riporta “Axios”.

Israele ha chiesto alle ambasciate di contattare diplomatici e politici nei paesi ospiti chiedendo di fare dichiarazioni a supporto di Tel Aviv contro l’accusa di genocidio.

 

Questo serve per creare tensione internazionale sulla “CIG” per non ammettere la richiesta del Sud Africa:

Israele teme che questo possa portare all’obbligo di bloccare la sua azione a Gaza.

L’obiettivo strategico di Israele è il rigetto della richiesta di ingiunzione da parte della Corte, che si astenga dal determinare che Israele sta commettendo genocidio a Gaza e riconoscere che l’esercito israeliano opera nella Striscia secondo il diritto internazionale.

Le ambasciate sono state istruite per chiedere ai diplomatici e politici al più alto livello di riconoscere pubblicamente che Israele sta lavorando per incrementare gli aiuti umanitari a Gaza, oltre a minimizzare i danni ai civili, mentre agisce per auto-difesa, dopo il terribile attacco di una organizzazione terroristica e genocida il 7 ottobre.

Il messaggio inviato dal Ministro degli Esteri israeliano sostiene che, ai sensi della convenzione del 1948, il genocidio è definito come la creazione di condizioni che non consentono la sopravvivenza della popolazione, coniugato con l’intento di annientarla.

 Non è quello che sta facendo Israele… (questi sono dei folli totali, dei demoni: credono che basti affermare qualcosa per nascondere ciò che stanno facendo e che è sotto gli occhi del mondo – nota di conoscenze al confine.)

Netanyahu invierà lettere sulla stessa falsariga a decine di leader mondiali.

Il portavoce del governo israeliano ha dichiarato che il Sud Africa è complice criminale del regime stupratore di Hamas.

L’amministrazione Biden si è espressa in supporto di Israele e ha respinto le dichiarazioni di Pretoria, sostenendo che il dipartimento di stato americano non ha assistito ad alcun genocidio in atto a Gaza.

(t.me/Rossella Fidanza).

 

 

 

TRA LA CARIDDI UCRAINA E

LA SCILLA MEDIORIENTALE

O dell’assurdità delle guerre anglosassoni.

Comedonchisciotte.org - Redazione CDC – (10 Gennaio 2024) - Amar Djerrad – ci dice:

 

In un Occidente avido che non impara le lezioni della Storia, guidato da un’entità cosiddetta “anglosassone” (con a capo gli americani), si decidono guerre (spesso per procura), cambi di regime attraverso rivoluzioni “colorate”, colpi di stato o guerre civili […] come in Ucraina […] e Medio Oriente.

La sfida del Medio Oriente: dal vagabondaggio alla Palestina.

Il martirio degli ebrei è sempre stato opera degli anglosassoni e non dei musulmani, tra i quali gli ebrei stessi hanno sempre convissuto in buona armonia sia in Medio Oriente che in Nord Africa.

Essi hanno trovato presso i musulmani aiuto e protezione, offertigli anche a rischio della loro stessa vita.

 Il rettore della Grande Moschea di Parigi,” Kaddour Benghabrit”, ad esempio, aiutò centinaia di ebrei travestendoli da musulmani per sfuggire alla deportazione durante la Seconda guerra mondiale.

 In Algeria, durante la colonizzazione francese, gli algerini (a differenza dei coloni) rifiutarono categoricamente di impossessarsi delle proprietà ebraiche confiscate dal regime di Vichy.

Gli imam algerini rifiutarono questa offerta di spoliazione in quanto contraria all’Islam.

Stiamo parlando di veri ebrei semiti, e non di sionisti o convertiti al giudaismo “convertito”; non di semiti divenuti sionisti.

 

Questa negazione ebraica viene in realtà dai sionisti che hanno adottato gli stessi metodi del sistema coloniale.

Incoraggiati, va chiarito, dagli ambienti coloniali e nazisti (non certo per gentilezza e “umanità”) per sbarazzarsene e tenerli lontani da loro.

 Riferimento, a tal proposito, all’ “Accordo di trasferimento” di Black Edwin (o “Accordo Havaara”) del 1933 conclusosi tra nazisti e Agenzia ebraica (il quale permetteva agli ebrei tedeschi di emigrare in Palestina. Il sionismo è infatti un concetto occidentale (Eichmann era una figura centrale del nazismo nell’alleanza sionista), allettante, permettendo agli ebrei impuri di diventare come i loro carnefici.

In effetti, gli ebrei non sono mai stati accettati nei luoghi dove si stabilirono in Occidente.

Sono stati respinti ovunque (principalmente a causa del loro temperamento, del loro modo di pensare comunitario e settario forgiato in reazione ai loro tormenti).

Il loro “parcheggio” in Palestina, lontano dall’Europa, non ha impedito loro di utilizzare le stesse pratiche ripugnanti dei loro “martirizzatori”, in primis nei confronti dei palestinesi.

E con il “vento in poppa”, si sono permessi di dettare la politica agli occidentali sapendo benissimo che essi sono lì per difendere in primo luogo gli interessi di coloro che li hanno insediati in questa regione (vedasi in proposito gli Accordi “Sykes-Picot tra Francia e Regno Unito) nel contesto della continua dominazione coloniale.

 In Palestina, questi nuovi coloni vorrebbero ora realizzare questo Accordo nella sua interezza, aggiungendo alcuni territori dei paesi vicini per creare il “Grande Israele”.

A sottolineare comunque che moltissimi ebrei sono sempre stati, per così dire, truffati (i “tacchini dello scherzo), ad esempio con l’idea e l’alibi del Grande Capitale che è posseduto da pseudo-ebrei.

Truffati in primis dagli anglosassoni, i quali utilizzano Israele come avamposto per i propri obiettivi imperialisti soprattutto nell’Asia occidentale.

Infatti, ci sono molti ebrei (fra di essi, intellettuali, storici e organizzazioni come “Neturei Karta”) che continuano a spiegare l’ingiustizia sulle terre palestinesi e le manipolazioni a cui sono soggetti gli ebrei con la loro religione così come altri popoli.

Ma con chi possono parlare quando i media sionisti dominanti hanno un tale potere di indottrinamento delle masse che, anche se il manipolatore ammette di averli manipolati, queste ultime non ci credono?

Questo conflitto a Gaza, che ha messo in luce la loro impostura e la loro disumanità agli occhi del mondo che sfidano, difficilmente nasconderà il loro destino.

Incapaci di fondare uno “Stato ebraico” nonostante i mezzi a loro disposizione, gli anglosassoni saranno costretti a recuperarli, anche 75 anni dopo essersi sbarazzati di loro.

Rimarranno solo i veri ebrei indigeni.

La soluzione dei “due Stati” è resa irrealizzabile.

Questa terra tornerà interamente ai palestinesi così come l’Algeria è tornata agli algerini dopo 132 anni di colonizzazione.

Una guerra ad alta intensità accelererà la sconfitta di Israele e la sua “morte” verrà dal suo spopolamento.

Ebrei che muoiono a causa dei coloni che rubano le terre.

Dopo i soldati e le loro bugie raccontate dai media, il canale I24 ha recentemente portato alla ribalta la vicenda di una donna che, avendo perso il figlio militare, ha espresso una forma mentis tipica del pensiero errato negli ambienti sionisti.

La sua performance ha dimostrato l’alienazione che vive: “siamo un paese con la bomba atomica, … nessuno dovrebbe vivere in questa terra okay.

 Nessuno, tranne il popolo ebraico“…” (mio figlio) è andato a combattere per la terra e il popolo d’Israele!“.

Questa donna non è l’unica a dire sciocchezze del genere.

L’hanno fatto Ministri e Generali – per difendere i loro interessi legati a quelli dei coloni – mandando a morte i figli di altri che non avevano interessi.

 I loro sono ben riparati e conducono la bella vita altrove.

 Sembra proprio un “prestami tuo figlio da sacrificare al posto del mio”. Questa donna possiamo forse “capirla”, dopo aver perso un figlio franco-israeliano ucciso a Gaza.

 Un figlio che ha dovuto cedere al canto delle sirene facendosi arruolare, a differenza di quelli degli oligarchi sionisti.

 Un figlio di 23 anni che ha dovuto uccidere bambini e neonati palestinesi.

Tuttavia, essa è responsabile del suo destino avendolo educato all’odio e al razzismo.

Poiché il suo razzismo, la sua avidità e la sua imbecillità la dominavano, forse si aspettava che uccidesse senza rischiare nulla, ma invece è stato ucciso per una terra che non è la sua […].

A differenza delle coraggiose donne palestinesi, questa donna non lo è, non si assume responsabilità e non ha principi.

Suo figlio è stato uno dei più dei 4000 franco-israeliani coinvolti come carne da cannone.

Codesti non saranno mai al sicuro a causa dei loro atti e gesti orribili […], specializzatisi nell’eliminazione di massa dei civili (compresi bambini e neonati) […].

 

Israele: un investimento affondato.

Investono in modo dispendioso in un gruppo di furfanti che pensa di essere forte grazie alla loro protezione.

Questa regione è, per gli anglosassoni, lo spazio in cui perpetuare il proprio benessere e preservare la propria ricchezza grazie alle notevoli quantità di petrolio che il sottosuolo contiene, soprattutto dopo la scoperta di giacimenti di gas offshore vicino Gaza che hanno portato gli americani a “sbavare”.

Tutto nella previsione che questo gas trasformerà Israele in una potenza energetica in grado di sostituire l’energia proveniente da Russia, Iran e altri Stati del Golfo.

Viene detto anche che i membri BRICS+ si siano coordinati con lo Yemen (pe quanto riguarda gli ultimi avvenimenti).

 È logico nella loro propaganda nascondere il fallimento di fronte a qualcosa […] che impone un altro paradigma in un luogo strategico del mondo tra Europa, Asia e Africa (crocevia del commercio mondiale, luogo di sorveglianza degli interessi e delle politiche neocoloniali).

Certamente, i BRICS+ beneficiano indirettamente da questa situazione vedendo la loro strategia geopolitica portata avanti senza spese eccessive, a differenza dell’Occidente che perde molto senza ritorni significativi […], nonostante considerevoli spese.

Questa situazione viene descritta come la “Scilla mediorientale dopo la Cariddi ucraina”: sciocchezze atlantiste.

 È stato sufficiente che un piccolo paese di “Houthi “(“pastori di capre” e “sandali”), lontano dalla scena dei combattimenti, si impegnasse in piccole azioni – a seguito del proprio codice di solidarietà e attraverso la sua azione semplice, legittima, legale e umana – per mettere gli Stati Uniti e i sionisti nel fallimento geostrategico e politico più evidente.

Capiranno, gli anglo-sionisti, che le loro “unità di deterrenza” in questa regione non sono per loro utili nella misura in cui creano più difficoltà di quante ne risolvano?

In definitiva, cos’hanno guadagnato con la loro “stravaganza” nell’uccidere civili, tra cui decine di migliaia di donne, bambini e neonati?

 Non elimineranno “Hamas” (almeno in quanto idea), stanno perdendo molti soldati, parte della loro popolazione è fuggita […], vari ostaggi non sono stati recuperati, l’operazione di terra non va certamente in modo trionfale […], il nord del paese è stato abbandonato dai coloni, la loro economia dipendente dal turismo è al collasso e c’è una forte instabilità interna (anche dovuta ai procedimenti giudiziari che toccano lo stesso Primo Ministro israeliano) che turba la vita sociale.

 Una guerra estesa sarà loro fatale.

Stiamo osservando l’inevitabile fine di un’avventura coloniale e dello spaventapasseri sionista anglosassone.

Forse Israele è stato quindi solo “un progetto distopico”.

 (Amar Djerrad)

(reseauinternational.net/du-charybde-ukrainien-au-scylla-moyen-oriental-ou-labsurdite-des-guerres-anglo-saxonnes/)

 

 

 

 

IL GENOCIDIO AMERICANO.

 Comedonchisciotte.org – Redazione -  Markus – (09 Gennaio 2024) – Julian Macfarlane – ci dice: 

(julianmacfarlane.substack.com).

 

I nazisti si erano fatti il loro Olocausto, quello degli americani è anche peggio.

Che cos’è il genocidio?

Il genocidio ha assunto diverse forme nel corso della storia.

Non significa uccidere ogni singolo membro di un gruppo etnico, ma solo ucciderne un numero abbastanza elevato da neutralizzare il gruppo e renderlo impotente e sfruttabile.

I nazisti, infatti, non avevano ucciso tutti gli Ebrei.

Avevano tenuto quelli che erano utili ai loro scopi.

 Non volevano nemmeno uccidere tutti i russi, ma solo la maggior parte, e i rimanenti usarli come schiavi.

 I Rom dovevano essere eliminati totalmente perché non avevano alcuna utilità.

Nel XIX secolo, tuttavia, non c’erano stati “genocidi”, ma solo uccisioni di massa, come è sempre avvenuto nel corso della storia.

Come quando, per esempio, la Chiesa aveva eliminato i Catari.

 Il Papato aveva un suo particolare concetto di impero spirituale.

 

(I Catari) … per lo più consideravano uomini e donne come uguali e non avevano obiezioni dottrinali alla contraccezione, all’eutanasia o al suicidio.

 Per alcuni aspetti, la Chiesa catara e quella cattolica erano esattamente all’opposto.

Per esempio, la Chiesa catara insegnava che il sesso non procreativo era migliore di quello procreativo.

 La Chiesa cattolica insegnava – e insegna tuttora – esattamente il contrario.

Entrambe le posizioni hanno prodotto risultati interessanti.

 Seguendo i loro principi, i cattolici erano giunti alla conclusione che la masturbazione era un peccato molto più grave dello stupro (come confermano i penitenziali medievali).

“Uccideteli tutti. Dio riconoscerà i suoi “.

Cosa c’è in un nome?

Il termine genocidio era stato coniato pensando all’Olocausto nazista.

 Ma il concetto di base è lo stesso.

“In generale, genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…

Si intende piuttosto un piano coordinato di azioni diverse che mirano alla distruzione dei fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali.

(Raphael Lemkin. Axis Rule in Occupied Europe -Washington, D.C., 1944).

 

“Un piano coordinato”?

Coordinamento” significa solo persone che lavorano insieme verso un certo obiettivo, il “piano”, che non è necessariamente un’unica strategia globale e logicamente organizzata.

In base a questa definizione, gli Stati Uniti sono una delle nazioni più genocide in assoluto.

 Prendiamo il caso dei nativi americani.

La maggior parte della popolazione era stata uccisa, i sopravvissuti relegati in “riserve” e le loro culture e tradizioni cancellate.

Ma non c’era un piano coordinato, né un’unica strategia organizzata.

I neri sono un altro esempio.

 Come schiavi, avevano un valore economico.

Dopo l’abolizione della schiavitù, non potevano essere comprati e venduti, ma solo sfruttati.

 A quel punto era iniziato il vero massacro.

 Dovevano essere mantenuti impotenti, incapaci di sfidare lo sfruttamento e di sviluppare una propria cultura e una propria identità. Erano stati tenuti in povertà ed erano morti in gran numero a causa delle malattie.

I neri muoiono ancora.

La durata media della vita di un nero è di circa sei anni inferiore a quella di un bianco.

 Le persone di colore erano – e sono – sacrificabili e superflue.

Questo non è il risultato dell’odio per i pregiudizi dei bianchi: è il sistema.

L’odio non causa il genocidio.

L’idea popolare è che il genocidio sia causato dall'”odio”, una parola che, come il termine “amore”, si usa senza che nessuno capisca veramente cosa sia.

Ma gli esseri umani, per natura, non odiano o amano uccidere altri esseri umani.

L’odio è uno strumento che viene insegnato alle persone – di solito alle elementari, ma anche dai media e dalla cultura – un comportamento appreso.

Non è possibile liberarsi dell’odio: la società ne ha bisogno.

La vera causa del genocidio risiede nella brama di potere e nell’avidità dei potenti.

Nel caso degli Stati Uniti, dopo la Seconda Guerra Mondiale l’America sognava un impero globale, cioè più soldi e potere per le persone che gestivano il Paese.

 Gli oligarchi americani avevano progettato di devastare l’Unione Sovietica con le armi nucleari e di appropriarsi delle sue risorse, quello che era stato il piano principale di Hitler e il motore della sua speciale e peculiare nozione di “genocidio tecnocratico”.

I sovietici, tuttavia, erano riusciti a creare le proprie armi nucleari; così gli Stati Uniti erano passati alla Corea e al Vietnam, alla guerra per procura Iran-Iraq, alla guerra in Iraq, Afghanistan, Libia ecc.

“Noi siamo il mondo”, giusto?

Sono morte circa 20 milioni di persone.

Si potrebbe dire che si era trattato di un” genocidio seriale”.

Se l’”Olocausto era tecnocratico” – campi di concentramento, camere a gas e contabili a tenere i registri in ordine – “le guerre americane erano state tecnologiche” – le uccisioni, più indiscriminate.

“Noi non contiamo i cadaveri”. (Gen. Tommy Franks).

Le guerre dell’America contro il mondo possono non essere state un genocidio nel senso stretto dell’Olocausto.

Ma sono state un genocidio in senso più ampio, altrettanto orribile, perché per uccidere tutte queste persone gli Stati Uniti hanno dovuto creare intere generazioni di piccoli Eichmann.

È così che il governo e il mondo accademico degli Stati Uniti sono diventati dominati da apologeti dell’omicidio di innocenti.

Migliaia di piccoli “Himmlers” e “Goebbels”.

Una nazione con un’infrastruttura di inganni.

 

Il che significa che, dal 1945 in poi, quasi tutti i presidenti degli Stati Uniti sono stati dei mostri, anche se nessuno aveva i baffetti.

Questo vale certamente per Joseph Biden.

Ma non solo per lui.

Il Congresso?

Congresso USA: “Siamo dalla parte del genocidio.” “Consortium News” 31.12.2023

Una volta i nostri governanti potevano controllare i media in modo che tutti ricevessero la stessa “narrazione” – una storia e una sola storia.

Ma oggi non possono farlo a causa dei media digitali – da qui la necessità di mantenere l’ortodossia cercando di cancellare le opinioni dissenzienti.

“Cercando” è l’espressione più appropriata.

È difficile cancellare dalla mente le immagini di bambini morti e morenti – non in Medio Oriente, almeno.

 Lì le cose si stanno scaldando.

Se si trattasse di una partita di poker, gli Stati Uniti avrebbero già mandato fin troppi “segnali”.

E i popoli della regione ormai li leggono fin troppo bene.

L’”Iran” dispiega una nave da guerra nel Mar Rosso in mezzo a tensioni crescenti.

“Al Jazeera” 01.01.2024.

Questa nave da guerra trasmetterà ovviamente agli “Houthi “informazioni su che navi attaccare e informazioni sulla difesa nel caso in cui gli americani o i britannici dovessero lanciare attacchi missilistici contro le loro basi.

Questo è il modo in cui gli Stati Uniti e i britannici sostengono gli attacchi terroristici dell’Ucraina contro la Russia, perché l’Iran non potrebbe fare altrettanto?

Chi la fa l’aspetti.

In ogni caso, gli “Houthi” non devono affondare una nave perché la loro strategia sia efficace.

Maersk continuerà a sospendere tutte le spedizioni nel Mar Rosso.

 Reuters, 02.01.2024

 

“Maersk” non perderà denaro mettendo in pausa le spedizioni nel Mar Rosso.

 Sarà solo una scusa per gonfiare i costi e aumentare i loro già lauti guadagni.

Tuttavia, questa non è una buona notizia per le economie di base di Europa e Stati Uniti, che avrebbero bisogno di tirare il fiato.

Bisognava fare qualcosa.

Israele sta ritirando migliaia di truppe da Gaza, come possibile preludio a un’offensiva ridimensionata.

“ AP News”, 02.01.2024

È improbabile che questa “offensiva ridimensionata” avvenga ora, anche se si parla molto del piano israeliano di trasferire i gazesi in Congo o in qualche altro posto in Africa.

Forse ricorderete che anche Hitler voleva scaricare gli ebrei in Africa.

 Non aveva funzionato.

Questo aveva portato ad Auschwitz, il precursore di “Gaza City”.

MA…!

Gli Stati Uniti e gli israeliani stanno perdendo dappertutto: a Gaza, nel Mar Rosso, contro Hezbollah e certamente nei confronti dell’opinione pubblica mondiale.

Si potrebbe anche dire che entrambi i Paesi stanno perdendo contro sé stessi.

 Il centro non reggerà.

Ogni cosa crolla; il centro non può reggere;

Assoluta l’anarchia dilaga nel mondo,

Dilaga la marea sporca di sangue, e ovunque

Il rito dell’innocenza annega.

(La seconda venuta – William Butler Yeats)

Ridurre l’intensità del conflitto dovrebbe servire a guadagnare spazio per una spinta finale, ma invece comunica la debolezza fondamentale dell’Occidente.

Ci si può aspettare che l’Iran, gli Houthi, Hezbollah e i gruppi militanti in Iraq e Siria alzino la posta in gioco.

“Ansar Allah” ha già annunciato l’addestramento di 20.000 riservisti “Houthi”, già collaudati, per combattere gli israeliani a Gaza – o forse in Libano.

Se la Corte internazionale di giustizia si pronuncerà contro Israele – come dovrebbe accadere – le cose peggioreranno.

E non solo per Israele.

Come possono allora gli Stati Uniti vantarsi di essere un difensore del diritto internazionale?

 L’imperatore è nudo e i suoi attributi penzolano al vento.

Non è bello da vedere, soprattutto in un anno di elezioni.

Si teme un’escalation dopo l’uccisione di un deputato di “Hamas”.

“ SBS News”, 03.01.2024

La situazione si farà più calda.

Come avete visto nel mio ultimo articolo, gli Stati Uniti e Israele sono molto bravi a fare cose sempre più stupide, proprio come lo è stato l’assassinio di “Mousavi”.

Mentre fingono di apparire razionali e di ridurre la tensione, intensificano gli attentati.

Questi sono segni di disperazione – non diversamente da come ha fatto “Zelensky”, ordinando gli attacchi terroristici a “Belgorod”, con l’aiuto del Regno Unito e degli Stati Uniti.

 

Gli Stati Uniti hanno il diritto di esistere?

Presto dovremo mettere in discussione non solo il diritto all’esistenza di Israele, ma anche il diritto all’esistenza di Stati Uniti e Regno Unito.

Una nazione che conduce guerre contro l’umanità ha il diritto di esistere, anche se lo fa con il consenso e la complicità della sua popolazione?

Queste erano le domande che erano state poste alla Germania e al Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale.

 E, semplicemente, la risposta era stata che non potevano esistere come avevano fatto in precedenza.

Presto ci saranno le elezioni negli Stati Uniti.

Supponendo che “Genocide Joe” non abbia un ictus o non venga assassinato dal “Mossad”, Trump sarà il prossimo presidente.

Questo è l’uomo che aveva fatto uscire “John Bolton” dalla gabbia. Come sostenevo già nel 2020, non c’è fondamentalmente alcuna differenza tra “Democratici e Repubblicani” – e certamente non tra Biden e Trump – è solo una questione di stile.

I “Neocons”, “Biden”, “Trump”…

In definitiva, la colpa non è loro, ma del popolo americano.

(Julian Macfarlane)

(julianmacfarlane.substack.com)

(julianmacfarlane.substack.com/p/american-genocide)

 

 

 

 

LA MONTAGNA DELLA “UE” E

IL TOPOLINO DEL” NUOVO

PATTO DI STABILITÀ”

Comedonchisciotte.org - Redazione CDC – (09 Gennaio 2024) - Domenico Moro – ci dice:

 

Patto-di-Stabilità.

Con la pandemia di Covid-19 e la forte crisi economica ad essa connessa, il Patto di Stabilità, basato sui vincoli del 3% al deficit e del 60% al debito, era stato sospeso fino alla fine del 2023.

 In circa 20 anni in cui sono stati in vigore, i vincoli al debito e al deficit hanno dato una pessima prova di sé, contribuendo a determinare la stagnazione dell’economia della UE.

 La crescita europea è stata talmente risicata da determinare la perdita di posizioni economiche a livello mondiale nei confronti dei Paesi emergenti, in particolare della Cina.

 Ad esempio, la UE a 27 è scesa, tra 2003 e 2022, dal 19,1% al 13,8% delle esportazioni mondiali, mentre la Cina è salita dal 7,6% al 18,3%.

Consci di questa situazione di decadenza economica, dovuta non solamente ma certamente almeno in parte a come era stato congegnato il Patto di Stabilità, la Commissione europea e molti Paesi hanno colto al balzo l’occasione della sospensione del Patto di stabilità per chiederne una modifica sostanziale.

Il fronte della riforma è composto dai Paesi con maggiori difficoltà debitorie pubbliche, specialmente quelli con debito superiore al 100%: Grecia (160,9%), Italia (139,8%), Francia (109,6%), Spagna (107,5%), Belgio (106,3%) e Portogallo (103,4%).

Come si può facilmente osservare si tratta di una fetta molto ampia della popolazione della UE, che comprende la seconda, la terza e la quarta economia europea.

Non proprio una bazzecola.

 A contrastare il fronte della riforma si è eretto il solito fronte dell’austerity e della severità di bilancio, che è rappresentato dalla Germania, unica tra le grandi economie, e dai suoi satelliti, i cosiddetti “frugali”, in particolare l’Olanda, la Danimarca, l’Austria e la Finlandia.

Il primo passaggio nella riforma del Patto di Stabilità è stata la riunione dell’ Eco Fin”, ossia il consesso dei Ministri finanziari della UE, che, su sollecitazione della Commissione europea, hanno stilato una bozza di nuovo Patto, che dovrà passare al vaglio del Parlamento europeo e della Commissione europea, probabilmente entro gennaio 2024.

 Per ora, quindi, limitiamoci a vedere in cosa consiste la bozza concordata dai vari governi per il tramite dei loro Ministri dell’Economia e delle Finanze.

 

Quello che appare evidente è che la montagna della “UE” (o del debito pubblico europeo, se si preferisce) ha partorito un vero topolino.

Chi avesse pensato che la riforma del Patto avrebbe tenuto conto delle esigenze di maggiori flessibilità e trasparenza e soprattutto della necessità di maggiori investimenti pubblici manifestate da alcuni Paesi, da molti economisti e dalla Commissione europea stessa è rimasto deluso.

Il nuovo piano è più complesso e meno trasparente, frutto pasticciato com’è della mediazione tra la Francia – capofila dei riformatori – e la Germania – capofila dei conservatori.

L’approccio è sempre lo stesso:

i Paesi con debito eccessivo devono impegnarsi, sotto la tutela degli organismi europei, in un percorso di drastica riduzione del debito, proponendo un piano di aggiustamento di durata quadriennale che è allungabile a sette anni se il Paese si impegna a seguire un programma di investimenti e riforme approvato e monitorato dalla Commissione.

Ma come avverrà la diminuzione del debito?

 Ricordiamo che il “vecchio Patto” prevedeva che si dovesse ridurre il debito in 20 anni riducendo di un ventesimo all’anno l’eccedenza di debito rispetto al limite “virtuoso” del 60%.

 Si trattava di un obiettivo così irraggiungibile e di un meccanismo così lontano dalle specificità dell’economia dei singoli Paesi che nessuno l’ha mai messo in pratica.

 La sua modificazione era quindi inevitabile.

Il nuovo Patto di Stabilità prevede, per i Paesi che superano il 90% di debito sul Pil, una riduzione del debito stesso di almeno un punto percentuale all’anno in media.

Questa regola vale per tutti, contraddicendo quanto aveva raccomandato la Commissione in merito alla differenziazione da adottarsi per rispettare le specificità dei singoli Paesi.

L’altra novità riguarda il vincolo al deficit.

Nel vecchio Patto il vincolo di cui tener conto era di non superare un deficit del 3% del Pil.

Ora il vincolo per i Paesi con debito superiore al 90% prevede che il deficit non possa superare l’1,5% del Pil.

 Un drastico inasprimento del vincolo.

 In particolare si prevede un miglioramento del deficit primario (al netto della spesa degli interessi) dello 0,4% all’anno in media se si è in presenza di un piano di aggiustamento di quattro anni e dello 0,25% se si è in presenza di un piano di aggiustamento della durata di sette anni. Come si vede il piano si incentra su troppi vincoli da rispettare simultaneamente e su regole matematiche valide per tutti senza tenere conto delle condizioni specifiche dei singoli Paesi.

In tutto questo appare evidente come il grande sconfitto dell’accordo franco-tedesco sia il governo italiano della Meloni, che era partito pretendendo lo scorporo dal computo del deficit e del debito di tre importanti capitoli di spesa statali:

difesa, transizione ecologica e transizione digitale.

Nessuna di queste richieste è stata accolta, neanche quella riguardante le spese militari, malgrado le dichiarazioni entusiastiche in merito del Ministro della Difesa Crosetto.

Piuttosto ambiguamente le spese per la difesa saranno considerate “un fattore rilevante nella definizione dell’aggiustamento”.

L’unica concessione dei Paesi fautori della severità di bilancio ai riformatori, in particolare alla Francia, è quella del regime transitorio tra 2025 e 2027, durante il quale il costo del servizio al debito – cioè il pagamento degli interessi sui titoli di Stato – non verrà considerato, permettendo di limitare l’onere dell’aggiustamento del deficit.

 È un escamotage utile a molti governi attualmente in carica, che non varrà per i governi successivi.

 

Significative dei limiti del nuovo Patto e della sconfitta del governo Meloni sono le parole del Ministro dell’Economia e delle Finanze italiano, Giancarlo Giorgetti:

“Noi abbiamo chiesto un trattamento diverso per le spese nella difesa e negli investimenti per le transizioni digitale e verde per ragioni che nascono dal senso della storia.

Nei prossimi anni questi sono i filoni fondamentali dello sviluppo, e l’Europa li affronterà con le mani legate dietro la schiena mentre Stati Uniti e Cina ci arriveranno con ben altro slancio.

Purtroppo però l’Europa non è riuscita a darsi una postura politica e a spiccare il volo”.

 Infatti, l’investimento europeo in questi settori appare veramente esiguo, specie se consideriamo che gli USA hanno stanziato per la doppia transizione, soprattutto quella digitale, 280 miliardi di dollari attraverso il “Chips and Science Act” e 369 miliardi di dollari attraverso l’”Inflation Reduction Act”.

Il giudizio complessivo di Giorgetti sul nuovo Patto è lapidario:

 “…il testo finale è frutto di un lavoro di aggiunta e superfetazione, una sorta di Zibaldone in cui sono perfettamente riconoscibili le parti chieste dalla Germania, dalla Francia dall’Italia e così via.

Questo non faciliterà i passaggi successivi, da quello nel Parlamento europeo fino al trilogo”.

 

Quindi, il nuovo Patto, nella sua formulazione provvisoria peggiora la proposta originaria della Commissione europea fino a ottenere un quadro più complesso e meno trasparente.

 Soprattutto non rappresenta un vero miglioramento rispetto al Patto precedente, anzi per qualche verso presenta addirittura un peggioramento.

Eppure le crisi che si sono succedute negli ultimi anni – la crisi dei mutui del 2008, la crisi del debito del 2011 e la crisi del covid-19 del 2020 – hanno dimostrato che le rigidità delle regole sul deficit e sul debito rendono le crisi, che ricorrentemente interessano il modo di produzione capitalistico, ancora più devastanti.

 Ai vincoli di bilancio si è sommata la stretta sui tassi d’interesse – il costo del denaro – praticata dalla BCE per combattere l’inflazione, che ha reso ancora più difficile per le imprese prendere a prestito denaro per fare nuovi investimenti e ha contribuito a far ripiombare l’UE nella stagnazione dopo la ripresa post lock down del 2021.

Di fronte alla carenza di investimenti produttivi privati, che mette piombo sulle ali dell’economia europea, l’unica soluzione sarebbe l’intervento dello Stato mediante investimenti pubblici.

 Ma, come abbiamo visto, le regole europee lo impediscono, senza contare che l’esigenza di tagliare il debito dell’1% in media annua determina il restringimento delle spese sociali, a partire dalla spesa sanitaria.

 Secondo gli analisti del “Bruegel”, un “think tank belga”, le nuove regole obbligano l’Italia a un avanzo primario (cioè all’eccedenza delle entrate sulle uscite, al netto degli interessi sul debito) del 3,3% del Pil fino ad arrivare al 4,7%, per rispettare la clausola della discesa media del debito dell’1%.

Si tratterebbe di accantonare nel bilancio pubblico una cifra enorme, pari a circa 90 miliardi all’anno, prima di pagare gli interessi.

L’impossibilità a dare luogo a una vera riforma del Patto di Stabilità è l’ulteriore conferma della strutturale irriformabilità della UE e soprattutto della conseguente impossibilità a far fronte alla decadenza economica dell’Europa di fronte alle altre principali realtà geopolitiche, quali USA e Cina.

 La UE del resto non è un vero organismo sovrannazionale bensì un organismo intergovernativo, che prende le sue decisioni mediante una faticosa negoziazione tra Stati con economie diverse e con interessi non conciliabili. Appare così chiaro che i trattati europei rappresentano una gabbia per le economie continentali, che per i singoli stati non è possibile superare se non con l’uscita dalla UE stessa.

(Domenico Moro).

(Domenico Moro si occupa di globalizzazione e di economia politica internazionale. È autore di Globalizzazione e decadenza industriale e Nuovo compendio del Capitale; Eurosovranità o democrazia? Perché uscire dall’euro è necessario, Meltemi, Milano 2020.)

(Eppure una via d’uscita ci sarebbe:

Basterebbe che in veri Padroni del sistema bancario europeo si decidessero a smettere di mettersi in tasca segreta (Paradisi Fiscali) ogni anno cifre folli di denaro!

Solo per l’Italia è a suo carico la bella sommetta di 300 miliardi di euro (che invece di essere di competenza degli stati dell’UE) prende la VIA DEI PARADISI FISCALI ogni anno.

COME?

“Loro” hanno inventato un metodo di redazione dei Bilanci Bancari per cui tutto l’importo dato in prestito alla clientela in un anno viene registrato come “PASSIVO” di bilancio.

(Nella realtà i prestiti alla clientela sono stati effettuati mediante la creazione istantanea di denaro dal nulla : ossia un “attivo  bancario”- a tutti gli effetti -   creato dal nulla! ).

A questo punto le organizzazioni internazionali create appositamente per il controllo dei bilanci bancari a livello internazionale si trovano in mano un “ATTIVO” incredibile al posto del “PASSIVO” registrato.

Questo “nuovo  attivo ”viene inviato alle banche dei padroni del mondo situate nei paradisi fiscali nei rispettivi conti segreti. Ed Il gioco è fatto.

Tutti contenti e felici.

Certo rimangono stupiti solo i coglioni che accettano queste vere truffe contabili! N.D.R.).

 

 

 

 

 

Il Potere del Popolo.

Conoscenzealconfine.it – (10 Gennaio 2024) - Gloria Callarelli – ci dice:

Se ne parla da mesi e dunque, anche se il via libera riportato in Gazzetta Ufficiale è arrivato solo ora, era già tutto scritto.

Quello che l’”Europa”, l’”Oms”, le “lobby” dettano è praticamente cosa fatta. A meno che il popolo non decida di dire basta.

Se anche solo per un attimo ne sentite parlare su qualche giornale mainstream, o in qualche programma, o esce dalla bocca di qualche personaggio famoso, sia che salga su un palco o che reciti in Parlamento, significa che hanno aperto “la finestra di Overton” e che tutto ciò che vogliono che entri, entrerà.

È solo questione di tempo.

 

Inutile protestare sui social, inutile ribellarsi seduti comodamente sul divano o al tavolino di un bar.

 Tutto quello che chiamano transizione o nuova normalità è già qui o la faranno passare.

Non ha più senso lamentarsi a meno che, appunto, non ci si attivi in prima persona.

Nel nostro umilissimo giornale, come in altri indipendenti, si è parlato mesi fa di farina di insetti, di insetti, di multinazionali e sondaggi sugli insetti, di insetti e battaglia contro Dio, di carne modificata geneticamente, di colture geneticamente modificate, di programmi europei, di fiumi di denari che questi organismi spendono per la ricerca, per creare il cibo artificiale del futuro.

Magari a otto zampe,

ma suvvia nutriente… sostenibile e in grado di sconfiggere la fame nel pianeta.

Esistono già dei filmati, visibili su “Your Tube”, di famose organizzazioni internazionali che vanno mostrando un sacchetto o una barretta pronta per nutrire le popolazioni del Terzo mondo.

 Cosa pensate possa esserci in quella barretta “miracolosa”?

E nonostante tutto quanto detto, quanti hanno protestato nelle piazze? Chi si è indignato a voce alta?

Di certo i soliti, quelli che magari vengono presi e condannati.

 Non certo quelli che fanno le passerelle, non quelli che sulle poltrone ci stanno comodi, non quelli che fondano estemporanei partiti di protesta (e poi magari fanno dietrofront).

 E, purtroppo, non tutto il popolo…

Ecco, questo è il punto:

il popolo deve rifiutare in massa, unito, denunciando senza se e senza ma, queste schifezze.

Chi ci assicura che non le troveremo presto nei ristoranti?

 Chi ci assicura che domani una legge non ne permetterà un maggiore utilizzo?

Chi ci assicura che nel 2050 potremmo ancora scegliere cosa mangiare?

Ci avevano pensato le multinazionali, i Davos, i Bill Gates, fondazioni come la Barilla, insieme a tante altre realtà e strutture, a preparare i “consumatori” molto tempo fa.

Non ci stupisca dunque questa pubblicazione a firma dei solerti Lollobrigida, Urso, Schillaci.

Le delibere europee degli ultimi anni hanno dato il là a tutto questo e reso legale la commercializzazione di questi nuovi “alimenti”, non ponendo nessun limite ad essi purché l’utilizzo sia indicato in etichetta.

 L’Italia della sovranità ormai perduta – checché ne dica il nome del ministero e qualche slogan di partito di governo – ubbidisce.

E allora zitti e mangiatevi gli insetti, perché ne va della salute.

Mica la vostra (a proposito attenzione alle allergie), ma quella del pianeta ovviamente.

Invece no:

 boicottiamo, uniamoci in piazza a chi sta già facendo sentire la propria voce, cominciamo a spenderci in prima persona per informare altri e rifiutare, nei modi legittimi, questo schifo.

Unitevi e fate le vostre opportune rimostranze.

Non lasciamo che le notizie passino oltre, non accontentiamoci di scrivere una riga di protesta su un social.

L’Agenda 2030 è lunga e fitta di nefandezze:

“ Ztl green”, “controllo sociale” e “auto elettriche per i ricchi”, “intelligenza artificiale”:

chi più ne ha più ne metta.

 Se non ci si oppone quando si è ancora in tempo, come vedrete, sarà troppo tardi poi per lamentarsi.

(Gloria Callarelli)

(fahrenheit2022.it/2024/01/05/farina-di-insetti-cibo-europa/)

(comedonchisciotte.org/il-potere-del-popolo/)

 

 

 

 

LE MODERNE TECNICHE DI TORTURA

SONO UN’INVENZIONE DELLA GRAN BRETAGNA.

Comedonchisciotte.org - Markus – (10 Gennaio 2024) - Kit Klarenberg - english.almayadeen.net – ci dice:

 

Frank Kitson aveva paragonato le tecniche di contro insurrezione alla cattura di un pesce e le popolazioni civili delle aree in cui operano i gruppi nemici come "l'acqua in cui nuota il pesce".

Il 2 gennaio, Frank Kitson, ufficiale dell’esercito britannico per tutta la vita, scrittore e teorico militare, è morto serenamente nel sonno alla veneranda età di 97 anni.

 È stata un’uscita di scena immeritatamente dignitosa per un individuo che, per gran parte della sua vita, era stato responsabile, direttamente e indirettamente, di sofferenze inflitte a moltissime persone. Probabilmente, molti continueranno a subire le conseguenze negative dei suoi insegnamenti per decenni a venire.

Kitson era stato un pioniere nel campo della contro insurrezione, definita come “l’insieme delle azioni volte a sconfiggere le forze irregolari“.

I suoi vari punti di vista sull’argomento erano stati influenzati dall’esperienza britannica nelle brutali e asimmetriche guerre contro le ribellioni nazionaliste e i tentativi di rivoluzioni in tutto il Sud globale, mentre, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, L’Impero Britannico si disintegrava rapidamente.

 In molti casi, si era letteralmente trovato in prima linea in queste sanguinose dispute.

Kitson aveva scritto una serie di libri sulle tecniche di contro insurrezione che avevano avuto un’enorme influenza a livello internazionale.

 La cosa più nota è che le strategie da lui proposte per “sconfiggere le forze irregolari” erano state impiegate durante i “Troubles“, la guerra sporca segreta di Londra contro la popolazione cattolica dell’Irlanda del Nord e l’Esercito Repubblicano Irlandese (IRA).

 Da allora, questi metodi sono stati utilizzati più volte con effetti devastanti in teatri di guerra nazionali ed esteri, da parte di diversi governi.

Persino i necrologi mainstream più comprensivi nei confronti di Kitson sono stati costretti a riconoscere questa eredità altamente controversa.

 Il Times di Londra ha osservato come, nei suoi ultimi anni di vita, Kitson “fosse ancora perseguitato da cause legali” per aver guidato la guerra della Gran Bretagna contro i Cattolici durante i Troubles.

Come risultato del suo incarico, “le minacce alla sua sicurezza personale e a quella della sua famiglia sono continuate fino alla fine “, ha scritto il giornale.

In questi elogi funebri è mancato qualsiasi riferimento ad una componente centrale e clandestina del credo brevettato di Kitson nei riguardi della contro insurrezione:

 una forma di tortura molto specifica e unicamente britannica.

Praticate attivamente ed esportate all’estero da Londra per decenni, queste tecniche di maltrattamento sono state adottate da moltissimi eserciti, agenzie di sicurezza e di intelligence e forze di polizia.

Così come le vittime principali delle battaglie contro le “forze irregolari” sono invariabilmente civili innocenti, i comuni cittadini del mondo sono stati le vittime finali di questa spinta mefitica.

La “copertura propagandistica.”

Nell’autunno del 1969, le alte sfere dell’esercito britannico avevano personalmente affidato a Kitson una missione estremamente delicata.

Doveva iscriversi all’Università di Oxford e produrre una tesi “per rendere l’esercito pronto ad affrontare la sovversione, l’insurrezione e le operazioni di mantenimento della pace” nel decennio successivo, se non oltre.

 Il 42enne tenente colonnello era il candidato ideale per questo ruolo.

La vittoria di Pirro sui nazisti aveva gravemente indebolito Londra dal punto di vista finanziario e militare, spingendo le popolazioni delle sue colonie e dei suoi possedimenti imperiali a sollevarsi in massa contro i loro oppressori.

Questo aveva portato ad aspre guerre di fine impero in tutti i continenti. Kitson era stato un veterano di due guerre:

la ribellione Mau Mau del 1952-1960 in Kenya e l’emergenza malese del 1948-1960.

 Lì aveva assistito in prima persona all’innovazione da parte dei Britannici di nuovi e feroci modi per affrontare minacce non convenzionali in tempo reale.

 

Kitson era stato inviato ad Oxford in un momento in cui Londra lottava disperatamente per contenere un’altra ribellione popolare.

Nell’Irlanda del Nord, l’escalation delle tensioni tra cattolici indigeni e colonizzatori protestanti aveva portato nell’agosto 1969 al formale al dispiegamento dell’esercito britannico in tutta la regione.

Dopo essere stati accolti come protettori, [per i soldati inglesi] la situazione era rapidamente andata fuori controllo.

 Le “forze di pace” si erano trovate invischiate in interminabili battaglie senza via d’uscita contro l’insurrezione dell’IRA e i civili cattolici ostili.

Nel settembre 1970, Kitson aveva assunto il comando della 39a Brigata dell’esercito britannico, responsabile del mantenimento della pace a Belfast e in gran parte della parte orientale dell’Irlanda del Nord.

Casualmente, la sua tesi era stata pubblicata non molto tempo dopo con il titolo “Low Intensity Operations: Subversion, Insurgency and Peacekeeping” [Operazioni a bassa intensità: sovversione, insurrezione e mantenimento della pace].

Accolto con un certo sollievo da soldati, capi militari e funzionari governativi alle prese con la gestione dei “Troubles“, il suo contenuto aveva provocato indignazione in alcuni ambienti pubblici.

Particolarmente preoccupanti erano i passaggi in cui Kitson sosteneva che non sarebbe stato possibile condurre azioni di contro insurrezione “contro coloro che praticano la sovversione” rispettando le tipiche condizioni civili, legali e politiche.

Sosteneva invece che le libertà, le protezioni e i normali diritti civili avrebbero dovuto essere sospesi, prima di intraprendere operazioni militari contro “obiettivi irregolari“.

In tali contesti, le leggi non avrebbero potuto “rimanere imparziali ed [essere amministrate] senza alcuna direzione da parte del governo “.

 

“La legge dovrebbe essere usata come un’altra arma nell’arsenale del governo… una copertura propagandistica per eliminare i membri indesiderati del pubblico.

Affinché ciò avvenga in modo efficiente, le attività dei servizi legali devono essere connesse allo sforzo bellico nel modo più discreto possibile “.

Altrove, Kitson aveva paragonato le operazioni di contro insurrezione alla cattura di un pesce, e le popolazioni civili delle aree in cui operano i gruppi nemici come “l’acqua in cui nuota il pesce “.

Aveva sostenuto che, se un pesce non può essere catturato con mezzi tradizionali come una rete o una canna, “potrebbe essere necessario fare qualcosa all’acqua che costringa il pesce in una posizione in cui possa essere catturato.

 Potrebbe essere necessario uccidere il pesce inquinando l’acqua “.

Le Cinque Tecniche.

Nell’agosto del 1971, nell’Irlanda del Nord era iniziata l’operazione “Demetrius”.

 I soldati britannici erano andati di casa in casa in tutta la regione, arrestando in massa i sospetti dell’IRA e i loro familiari, spesso sulla base di informazioni obsolete o del tutto false, al servizio dell'”internamento”.

Questa politica era del tutto in linea con le dichiarazioni di Kitson sulla contro insurrezione ed era stata eseguita sotto il suo diretto controllo.

 Il risultato era stato una lunga detenzione senza processo per centinaia di sospetti di “terrorismo”.

Durante la detenzione, affinché confessassero, gli internati venivano sottoposti ad alcune o a tutte le “Cinque Tecniche” di tortura studiate da Londra.

 Questi metodi, in linea con la filosofia della contro insurrezione di Kitson, si erano evoluti nel corso dei vari conflitti britannici di fine impero.

Ai Cattolici erano stati risparmiati i peggiori eccessi degli orrori inflitti alle popolazioni indigene.

Per esempio, alle donne cattoliche internate non venivano abitualmente conficcate nei genitali, bottiglie rotte, canne di fucile, coltelli, serpenti e uova bollenti, come avveniva in Kenya con le donne sospettate di essere “Mau Mau”.

Tuttavia, ciò che veniva fatto ai detenuti può essere considerato estremamente barbaro.

Nel novembre di quell’anno, un alto comandante dei corpi di intelligence dell’esercito britannico aveva redatto una storia ufficiale dello sviluppo dei metodi di interrogatorio militare di Londra a partire dalla Seconda Guerra Mondiale.

I suoi contenuti erano così delicati e scioccanti che gli alti funzionari governativi avevano espresso il desiderio che il rapporto rimanesse segreto per un secolo.

 Invece, il documento è stato declassificato dopo soli trent’anni.

In breve, la Gran Bretagna aveva messo a punto un sistema di tortura che combinava posizioni di stress prolungate, esposizione a rumore bianco, privazione dei sensi e interruzione di cibo, bevande e sonno.

Le Cinque Tecniche potevano essere applicate a chiunque in quasi ogni contesto, costavano poco o nulla e non lasciavano segni fisici sulle vittime.

 Pertanto, la denuncia pubblica, lo scandalo o l’incriminazione per abusi dei diritti umani e/o crimini di guerra erano estremamente improbabili, se non impossibili.

 

Il dolore fisico e la devastazione psicologica inflitti dalle Cinque Tecniche erano comunque sempre enormi.

Nelle posizioni di stress, i detenuti venivano spogliati, poi costretti ad indossare tute da lavoro e cappucci senza bottoni, prima di essere obbligati a stare in piedi con le gambe divaricate, piegati in avanti con le braccia tenute in alto contro un muro, sostenendo tutto il loro peso con le sole dita.

Contemporaneamente, nelle loro celle veniva immesso un incessante rumore bianco.

Se un prigioniero non manteneva la posizione di stress, veniva picchiato fino a fargliela rispettare.

Un sistema molto semplice.

 

Il rapporto dell’”Intelligence Corps” spiega che questi metodi sono stati applicati negli ultimi tre decenni a prigionieri di guerra, rifugiati, guerriglieri e spie.

 Il rapporto contiene una lunga sezione che documenta l’impiego e il perfezionamento delle “Cinque Tecniche” in numerose contro insurrezioni, discutendone l’efficacia e i risultati.

 Ad esempio, l’autore cita il modo in cui i “terroristi Mau Mau” in Kenya “erano stati persuasi sotto interrogatorio a cambiare credo politico e, successivamente, a guidare le pattuglie britanniche contro i loro ex compagni “.

Nel Camerun britannico del 1960/1, “i membri di un gruppo sovversivo della vicina Repubblica del Camerun erano stati arrestati sul territorio controllato dalla Gran Bretagna, che stavano usando come base “.

Una squadra dell’esercito si era installata in una “dependance di un hotel convertito” per interrogare 20 “soggetti di alto livello“, 15 dei quali “avevano cooperato in pieno dopo essere stati torturati.”

“Le informazioni ottenute includevano tutti i dettagli sui campi di addestramento dei ribelli in Marocco e in altri Paesi dell’Africa nord-occidentale, persino i programmi dei corsi “.

Nel giugno 1963, gli interrogatori dell’esercito britannico si erano recati nello “Swaziland”, un protettorato di Londra, dopo che 1.500 lavoratori di una miniera di amianto di proprietà britannica avevano scioperato, chiedendo un salario base di 1 sterlina al giorno.

 Per un’ironia perversa, “si pensava che il problema delle richieste salariali fosse stato creato da un’organizzazione sovversiva”, piuttosto che da legittime e ragionevoli rimostranze per i bassi salari pagati dai loro padroni coloniali.

Dopo che agli scioperanti erano state applicate le Cinque Tecniche e, data la loro estrazione razziale, anche metodi sicuramente più raccapriccianti, “non era stata trovata alcuna organizzazione sovversiva” dietro gli scioperi.

Questo “risultato negativo” era stato comunque considerato “prezioso “, in quanto “aveva rapidamente dimostrato che la causa delle agitazioni erano le lamentele locali “.

Lo sforzo era stato anche “efficace nel chiarire i problemi di lavoro “, aveva commentato il rapporto.

 Ovviamente, quando la politica industriale si traduce in tortura, i lavoratori imparano rapidamente a stare in riga.

Nel marzo 1971, nell’Irlanda del Nord era stato allestito un centro di interrogatori dell’esercito britannico in una “base dismessa“.

 Il sito “non era perfettamente idoneo al compito, ma era il migliore disponibile “, si legge nel rapporto.

La scena era quindi pronta perché i Cattolici potessero essere sottoposti alle Cinque Tecniche nella più totale impunità.

 Le tattiche selvagge sperimentate e affinate contro Africani, Asiatici e Latino-americani venivano portate “a casa” sul suolo britannico.

Gli autori del rapporto avevano compreso la mostruosità che avevano creato.

Avevano sottolineato l’importanza di addestrare i soldati britannici a resistere a tecniche di interrogatorio comparabili e a sapere “cosa aspettarsi dalle mani di un nemico senza scrupoli “.

È comunque probabile che alle reclute britanniche sia stata risparmiata l’indegnità di essere picchiati, presi a calci nei genitali ed avere la testa fracassata contro i muri, come era successo a molti internati cattolici.

Il risultato in tutti i casi era dolore prolungato, esaurimento fisico e mentale, grave ansia, depressione, allucinazioni, disorientamento e ripetute perdite di coscienza.

Nessun detenuto si è mai ripreso completamente dall’internamento:

 il trauma psicologico a lungo termine era universale.

Tuttavia, sembra che solo 14 prigionieri siano stati sottoposti a tutte le Cinque Tecniche.

Erano diventati noti come gli “Incappucciati” e, nel 1976, il loro caso era stato esaminato dalla “Commissione Europea per i Diritti Umani”.

La Commissione aveva stabilito che le tecniche costituivano tortura.

Il caso era stato poi deferito alla “Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”, che, due anni dopo, aveva sorprendentemente deliberato che le Cinque Tecniche, pur essendo “inumane e degradanti” e violando l’articolo 3 della “Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”, non costituivano tortura.

Nel 2014, dopo che era stato rivelato che i ministri del governo britannico avevano espressamente autorizzato l’uso delle Cinque Tecniche nell’Irlanda del Nord, Dublino aveva chiesto alla CEDU di rivedere la sua decisione.

 Quattro anni dopo, la Corte aveva rifiutato.

Il rapporto declassificato dell’”Army Intelligence Corps” britannico rileva che molti Paesi stranieri “mostrano un notevole interesse” per le Cinque Tecniche, e che studenti provenienti da Stati Uniti, Paesi Bassi, Giordania, Belgio, Germania, Norvegia e Danimarca partecipavano regolarmente alle sessioni di formazione convocate da Londra.

 “I nostri alleati europei guardano al Regno Unito per avere consigli… il nostro sistema, anche se molto semplice, è ammirato “, si vanta il rapporto.

Questo sicuramente spiega perché le Cinque Tecniche non possono essere formalmente riconosciute [come tortura] dal tribunale per i diritti umani più influente e potente del mondo.

(Kit Klarenberg)

(english.almayadeen.net)

(english.almayadeen.net/articles/analysis/how-britain-invented-modern-torture)

(Kit Klarenberg è un giornalista investigativo che esplora il ruolo dei servizi di intelligence nel plasmare la politica e l’opinione pubblica).

 

 

 

GLI IRANIANI CHE PIACCIONO AI

POLITICI OCCIDENTALI SONO DEI TERRORISTI.

Comedonchisciotte.org - Redazione CDC – (09 Gennaio 2024) - Alireza Niknam – ci dice:

 

Vietato l'ingresso in Albania a “Rajavi”, leader terrorista del “MEK”.

L’”Organizzazione Mojahedin del Popolo dell’Iran” (MEK) è un’entità paramilitare che ha iniziato le sue attività in Iran nel 1966.

Dopo la vittoria della “Rivoluzione Islamica iraniana” nel 1979, questa organizzazione affermò che la” Rivoluzione Islamica dell’Iran” aveva avuto luogo grazie a loro.

I” Mujahedin del Popolo”, fallito l’assalto al potere, iniziarono a combattere contro Teheran nel 1981.

Il “MEK” si è reso responsabile di molti atti terroristici contro la Repubblica Islamica.

Ha compiuto operazioni terroristiche grandi e piccole.

In totale, più di 17.000 iraniani sono stati uccisi nella sua guerra contro l’Iran.

Il più importante degli attacchi del “MEK” è stato il bombardamento dell’ufficio del Primo Ministro e della “sede del partito della Repubblica Islamica”.

Il Presidente “Mohammad Ali Radjaie”, il Primo Ministro “Mohammad Bahonar” e il “capo della Corte Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran” furono martirizzati in questi due attacchi.

 Il “MEK” fuggì dall’Iran in Iraq e, con il sostegno di “Saddam Hussein”, prese le armi contro il proprio Paese e partecipò a due operazioni contro la propria nazione.

Dopo il cessate il fuoco tra Iran e Iraq, l’”Organizzazione Mojahedin del Popolo”, sostenuta con le armi dal dittatore iracheno, attaccò l’Iran per conquistare Teheran in pochi giorni.

Una volta giunto in Iran, questo gruppo commise atti efferati come dare fuoco a persone, bruciarle e impiccarle.

 Questa organizzazione si considera ora come la “paladina dei diritti umani” e l’”alternativa alla Repubblica Islamica”, ma ha sempre cercato con tutte le sue forze e con tutti i mezzi di attaccare l’Iran.

Alla fine del regno di Saddam Hussein sull’Iraq, dopo circa 25 anni, con il sostegno finanziario di alcuni Paesi arabi e il supporto diretto degli americani, il “MEK” fu espulso dall’Iraq e si stabilì in “Albania”.

L’”Organizzazione dei Mujahidin del Popolo,” essendo presente in Europa, ha cambiato il suo comportamento solo in apparenza.

Ha assunto la posizione di opposizione civile e ha iniziato ad agire contro il popolo dell’Iran islamico. Una di queste azioni è l’organizzazione di riunioni annuali.

 Le loro riunioni si tengono da molti anni in Francia e in Albania.

Questi incontri mirano agli obiettivi mediatici di cambiare faccia:

da un volto terroristico a un volto democratico di opposizione o di alternativa alla Repubblica Islamica dell’Iran.

Tuttavia, non sono riusciti a raggiungere questo obiettivo.

Perché i relatori e i partecipanti sono ex figure politiche e pensionati senza alcun potere nei loro Paesi.

In effetti, vale la pena sottolineare che il “MEK” sa che “la stima dei Servizi di Intelligence” che lo sostengono li informa ripetutamente sulla loro irrilevanza tra il popolo e, sollevando questioni come l’alternativa al regime iraniano e il suo rovesciamento, cerca di nascondersi tra gli occidentali.

 Dopo tutto, questo gruppo con tutti i suoi mezzi, le sue capacità e le sue strutture fa parte dell’”opposizione della Repubblica islamica” e i Paesi nemici sono obbligati a rafforzare gruppi come i “Mojahedin del Popolo”, se sperano di causare problemi all’Iran.

Anche se la portata di questo movimento non va oltre la pubblicità mediatica prima e dopo questi incontri, ciò spiega l’identità nascosta di questa falsa propaganda.

Uno sguardo alle altre attività mediatiche e ai sostenitori di questo gruppo mostra che tutti i partecipanti alle conferenze promosse dal “MEK”, anche se sono politici famosi, hanno una cosa in comune:

 si sono ormai ritirati dal mondo della politica e del potere, e non c’è quasi nessuna speranza che vi ritornino.

 

Ecco perché si coordinano così strettamente con i “Mujahedin del Popolo iraniano”.

John Bolton, Gingrich, Lopez, Turki Faisal, ecc…

Personaggi che non hanno ormai più alcun posto nei sistemi politici dei loro rispettivi Paesi.

Per loro, partecipare alla riunione del “MEK” è più che altro un interesse commerciale e professionale.

 L’elenco delle somme pagate dai “Mojahedin del Popolo dell’Iran” a questi pensionati, che a volte arriva a 80 mila dollari per un discorso di due minuti, conferma che questo tipo di eventi è solo parte di una grande e falsa pantomima progettata da un gruppo terroristico.

 È sorprendente che anche i testi dei discorsi siano preparati da membri del “MEK”.

 In altre parole, i relatori a queste riunioni sono prenotati per un’ora.

 Il trattamento riservato a” Rudy Giuliani”, uno dei conferenzieri invitati alla riunione a “Ville pinte” (Parigi), è un esempio del fatto che queste persone, prima di partecipare, non si vedono più come politici all’interno della struttura di potere, ed è per questo che si trovano a un evento del genere:

 per guadagnare più soldi.

In definitiva, va detto che la chiusura delle riunioni del” MEK” richiede una grande forza di volontà, in cui i governi occidentali, compresa la Francia, potrebbero impegnarsi, a condizione che, invece di obiettivi politici, si occupino della vera lotta al terrorismo.

Anche l’Albania dovrebbe intraprendere azioni decise contro il MEK/PMOI per limitare maggiormente questo gruppo terroristico e il popolo albanese dovrebbe essere informato che mantenere questo gruppo nella propria nazione non ha alcun beneficio ed è pericoloso:

ciò ha recentemente causato attacchi informatici massicci a diverse organizzazioni del Paese e questo dovrebbe far capire al Governo di Tirana il prezzo elevato che gli albanesi pagano per mantenere un gruppo terroristico sul proprio territorio.

(Alireza Niknam)

(Alireza Niknam, reporter e ricercatore nel campo dei gruppi terroristici, in particolare il gruppo terroristico di Mujahedin-e Khalq (MEK). Oltre al giornalismo è commentatore politico e consulente del TerrorSpring Institute nel campo dell’antiterrorismo.)

 

 

 

MELONI APPIATTITA ALLA

LOBBY 5G: ITALIA INVASA

DI NUOVE ANTENNE PIÙ POTENTI.

Comdonchisciotte.org - Redazione CDC – (08 Gennaio 2024) - oasisana.com - Maurizio Martucci – ci dice:

Non è bastato il pericolosissimo, contestato e controverso aumento dei limiti sugli d’inquinamento elettromagnetico diventato legge il 31 Dicembre 2023.

Con un nuovo decreto legislativo sul “Codice delle Comunicazioni elettroniche”, già approvato in via preliminare a Palazzo Chigi nel Consiglio dei Ministri, adesso Giorgia Meloni, Adolfo Urso e Raffaele Fitto vogliono pure passare all’incontrollata predazione dei territori per velocizzare senza più freni l’installazione di antenne 5G in tutti i Comuni d’Italia.

 La scusa è quella di velocizzare i tempi nell’agevolazione burocratica della posa di nuove stazioni radio base che, col wireless, irraggiano agenti possibili cancerogeni nell’aria.

 Niente più vincoli, deroghe al controllo delle Arpa regionali, addio ai regolamenti municipali, addio ai Piani per la localizzazione delle antenne (quelli che individuano siti sensibili come scuole, ospedali, case di cura).

 Insomma, ipersemplificazione massima delle procedure come una vera e propria deregolamentazione legalizzata, l’assalto finale alla diligenza di un Paese svenduto nell’aria pubblica e nel proprio suolo:

dopo aver aumentato i livelli di esposizione per la popolazione, ora si aumentano le antenne e ripetitori, ovunque, mentre con “Starlink Elon Musk” – in trattiva con “Open Fiber” e “Governo” – sta pianificando l’assalto dal cielo per inondarci di “radiofrequenze 5G” sopra le nostre teste.

Una manovra particolarmente insidiosa, quella dell’ennesimo decreto legislativo, visto che entro la fine di Aprile proprio Regioni e Comuni saranno chiamati ad esprimersi sulla legge che fa schizzare l’elettrosmog.

 Ma a quanto pare, evidentemente in una botte di ferro tra opposizione assente, maggioranza parlamentare compiacente e municipi poco graffianti e incisivi, il Governo Meloni dimostra apertamente di non temere affatto l’ipotizzata impuntatura degli enti locali, anzi, e con quest’ulteriore decreto ad esclusivo appannaggio delle richieste della lobby del 5G, se ancora ce ne fosse bisogno chiarisce inequivocabilmente di volersi assumere una gravissima responsabilità politica nella predazione dei territori, fregandosene di vincoli ambientali, paesaggistici e di appelli sanitari alla prevenzione del danno.

Il vero volto della transizione digitale è questo.

Totalitario e distopico.

“Il testo aggiorna e adegua le disposizioni vigenti all’evoluzione, veloce e incisiva negli ultimi anni, della tecnologia relativa ai servizi di comunicazione elettronica (connessione 5G) – recita il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri diffuso il 19 Dicembre 2023 – in particolare l’innovazione e la realizzazione delle infrastrutture digitali (ripetitori per le connessioni 5G; cavi in fibra ottica), sostenute anche dal PNRR.

A tal fine sono apportati correttivi anche alle disposizioni procedurali in un’ottica di semplificazione e riduzione dei tempi burocratici”.

 La proposta arriva dal Ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR” Raffaele Fitto” e dal solito Ministro delle imprese e del Made in Italy “Adolfo Urso”.

Per capirne di più, abbiamo ascoltato il parere di “Giuseppe Teodoro”, tecnico, vice-presidente di “Ecoland”, già intervenuto nel teatro d’inchiesta FUORI ONDA per denunciare i pericoli del “5G”.

 Più che un’intervista, quelli che seguono sono commenti di “Teodoro” ad ogni passaggio del decreto legislativo di riforma del” Codice delle Comunicazioni elettroniche”, così come già approvato in sede preliminare dal “Governo Meloni”.

 

I punti incriminati, sono maggiormente tre, eccoli in esclusiva su “OASI SANA”:

 

Art. 1, comma 6. Viene aggiunto all’art. 8 del D.lgs. 259/2003 il comma 2-bis, che dispone che: “Le Regioni e gli Enti locali favoriscono la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica non limitando a particolari aree del territorio la possibilità di installazione”.

COMMENTO di GIUSEPPE TEODORO:

 “Tale disposizione mira a sottrarre ai comuni il potere regolamentare di gestire la localizzazione degli impianti attraverso una analitica pianificazione, secondo i criteri indicati dall’art. 8, comma 6 della Legge 36/2001.

E poiché esso e l’unico strumento a disposizione degli enti locali per razionalizzare nel proprio territorio le infrastrutture, secondo criteri di composizione delle esigenze di copertura del servizio radioelettrico e di tutela della popolazione dalla esposizione ai campi elettromagnetici e di salvaguardia dell’ambiente, non è opportuno accogliere una disposizione che estende illimitatamente la disponibilità dei territori ad accogliere sorgenti di emissione elettromagnetica”.

 

Art. 1, comma 18.

Vengono apportate modifiche all’art. 43 del D.lgs. 259/2003, in particolare all’art. 4 e sostituito dal seguente:

 “L’autorizzazione all’installazione delle reti pubbliche di comunicazione elettronica comprende la valutazione di compatibilità delle relative opere infrastrutturali con la disciplina urbanistica ed edilizia e costituisce titolo unico per la loro installazione”.

COMMENTO di GIUSEPPE TEODORO:

 “Tale disposizione, in un’ottica di eccessiva semplificazione, tende ad accorpare la valutazione dell’autorizzazione alla installazione di infrastrutture con quella relativa alla disciplina urbanistica delle stesse.

Essa rappresenta una pericolosa forzatura, in quanto rischia di privare l’ente locale del suo potere di verificare la compatibilità urbanistica dell’impianto ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 .

(cfr. in tal senso ex multis: Corte Costituzionale, Sentenze: n. 129 del 23 marzo 2006; n. 265 del 21 giugno 2006 e Ord. n. 203 del 18 maggio 2006; Corte di Cassazione Penale, sez. III, n. 12318, del 23 marzo 2007; Consiglio di Stato sez. VI n. 1768 del 2008; Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3534 del 15 giugno 2006; Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4000 del 26 luglio 2005)”.

 

Art. 1, comma 20. Modifiche all’art. 45 del D.lgs. 259/2003, con l’inserimento di un nuovo comma 4-bis:

“…sono soggette ad autocertificazione di attivazione […] le installazioni e le modificazioni, ivi comprese le modificazioni delle caratteristiche trasmissive degli impianti di cui al presente articolo, degli impianti radioelettrici per trasmissione punto-punto e punto-multipunto e degli impianti radioelettrici per l’accesso a reti di comunicazione ad uso pubblico con potenza massima al connettore d’antenna inferiore o uguale a 10 watt e con dimensione della superficie radiante non superiore a 0,5 metri quadrati”.

Comma 4-ter:

 “…l’installazione e l’attivazione di apparati di rete caratterizzati da una potenza massima trasmessa in uplink inferiore o uguale a 100mW, e da una potenza massima di connettore di antenna, in dowlink, inferiore o uguale a 5 W, e aventi un ingombro fisico non superiore a 20 litri, possono essere effettuate senza alcuna comunicazione all’ente locale e agli organismi competenti ad effettuare i controlli di cui all’art. 14 L. 36/2001”.

COMMENTO di GIUSEPPE TEODORO:

 “Tale disposizione introduce l’ennesima procedura semplificativa per le tipologie di impianti che raggiungono una potenza di 10 watt, derogando ai vincoli di controllo che spetterebbero agli “enti locali”, ma anche alle ”Arpa regionali”.

 

 Art. 1, comma 26. Modifiche all’art. 54-bis del D.lgs. 259/2003: “nei casi di installazione delle infrastrutture di cui agli articoli 44, 45, 46, 47 e 49…”.

COMMENTO di GIUSEPPE TEODORO:

 “Con tale disposizione si apportano modifiche alla norma che fa eludere l’applicazione del vincolo paesaggistico di cui all’art. 142, comma 1, lett. h) d.lgs. 42/2004 ad alcune tipologie di impianti radioelettrici, estendendo tale deroga anche agli impianti temporanei (art. 47) e a quelli per il cui impatto e contemplata l’autorizzazione dell’ente locale (art. 44).

Si tratta di una disposizione irricevibile, poiché, estendendo la deroga per il controllo del vincolo paesaggistico ad ogni tipologia di impianto, consente, di fatto, la localizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica in ogni ambito del territorio, senza alcun limite di carattere ambientale”.

(Maurizio Martucci)

(oasisana.com/2024/01/08/governo-meloni-appiattito-alla-lobby-altri-favori-al-5g-litalia-sara-invasa-di-nuove-antenne-piu-potenti-notizia-esclusiva-oasi-sana/).

 

 

 

“CINA” OLTRE I LIMITI:

LA MISSIONE MENGXIANG

VERSO IL MANTELLO TERRESTRE.

  Comdonchisciotte.org – Gianluca Riccio - Redazione CDC – (07 Gennaio 2024) – ci dice: 

(futuroprossimo.it)

La nave cinese “Mengxiang” si prepara per un'impresa senza precedenti: esplorare il mantello terrestre, superando tutte le barriere scientifiche.

C’è un mondo sconosciuto proprio sotto i nostri piedi, e ora un’audace spedizione si prepara a esplorarlo.

La nave cinese “Mengxiang” è come una macchina del tempo che ci porta indietro alla nascita del nostro pianeta, tentando di raggiungere il mantello terrestre.

Questo strato profondo della Terra, mai visto direttamente dagli occhi umani, custodisce segreti eterni sulla storia e la struttura della Terra.

Il viaggio verso l’inesplorato.

Il mantello terrestre, che si estende dalla crosta fino al nucleo esterno del pianeta, è una regione misteriosa e quasi inaccessibile.

 Composto principalmente da roccia solida, questo “strato” ha catturato l’immaginazione degli scienziati per decenni, forse anche più del nucleo.

Ora, la missione cinese della “Mengxiang” è pronta a sfidare i limiti della conoscenza umana, proponendosi di perforare oltre 7.000 metri sotto il fondale oceanico per vedere, cito a braccio, “dove nessun uomo ha mai messo piede “.

Se vi sembra incredibile, pensate che questa straordinaria nave ha il potenziale per perforare fino a 11.000 metri di profondità nel mare.

 

Esplorare il mantello terrestre: tecnologie e sfide.

Per raggiungere il mantello terrestre, la “Mengxiang” dovrà superare sfide tecniche immense.

La nave è dotata delle più moderne tecnologie di perforazione e può operare in aree di navigazione illimitate, anche grazie ad un sistema di propulsione all’avanguardia.

 Ma la sfida non è solo tecnologica; le condizioni estreme di temperatura e pressione del mantello presentano un ostacolo significativo.

Ogni metro perforato e duramente “conquistato” sarà una nuova lezione di geologia.

La missione cinese ci avvicinerà alla comprensione della composizione e del comportamento del mantello terrestre.

La conoscenza di questo strato può letteralmente rivoluzionare la nostra comprensione delle dinamiche terrestri.

Potremo ottenere dettagli cruciali sulla tectonica a placche, sui processi vulcanici e sul ciclo geologico del carbonio.

Questa missione potrebbe anche svelare se la vita è possibile in condizioni estreme, verificando l’eventuale presenza di microbi o organismi nelle profondità della biosfera.

Oltre i confini del possibile.

Nonostante le sue avanzate capacità, il “viaggio” della “Mengxiang” verso il mantello terrestre è un’impresa che richiede collaborazione internazionale e pianificazione strategica.

 Il costo finanziario e le sfide tecniche richiedono un approccio collaborativo e innovativo.

 La missione non è solo un traguardo per la ricerca marina, ma anche un simbolo di progresso nella scienza e tecnologia.

È la cosa più vicina ai racconti di Jules Verne che io abbia visto negli ultimi anni:

 siamo vicini a nuove verità sulla Terra, ma anche ad ispirare future generazioni di scienziati ed esploratori a sognare e a superare i limiti del possibile.

Buon lavoro, ragazzi.

(Gianluca Riccio)

(futuroprossimo.it/2024/01/cina-oltre-i-limiti-la-missione-mengxiang-verso-il-mantello-terrestre/).

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