I capi globalisti usano la loro ricchezza per ottenere sempre più potere.
I capi
globalisti usano la loro ricchezza per ottenere sempre più potere.
Stato
minimo, dollaro e individualismo
autoritario.
Il programma
dell’anarco-capitalista
Milei
per
l’Argentina.
Transform-italia.it
– (29 Novembre 2023) – Alessandro Scassellati – ci dice:
La
vittoria dell’anarco-capitalista “Javier Milei” alle elezioni presidenziali del
19 novembre 2023 ha spiegazioni nella storia recente argentina e apre un
orizzonte di incertezza e caos riguardo al prossimo futuro del paese e alla sua
infinita crisi socioeconomica.
Il
programma di “Milei” combina gli elementi più radicali dell’estrema destra
globale con gli episodi più oscuri della storia nazionale
argentina
(i golpe e le dittature).
L’unica cosa certa è che la popolazione vivrà
altri quattro anni molto difficili.
L’ascesa
dell’estrema destra è un fenomeno globale associato all’attuale fase “implosiva”
del capitalismo, un modo di produzione che ha coperto ogni centimetro del
pianeta e non è più in grado di crescere verso l’esterno.
Nuovi
e vecchi leader della destra promettono cambiamenti epocali, ma la loro reale
missione è quella di assecondare le esigenze di un capitalismo che continua ad
essere disastrosamente regolato dal neoliberismo e può quindi sostenere il
tasso di profitto solo esercitando una maggiore pressione autoritaria e repressiva
sulla popolazione,
aumentando
precarietà e sfruttamento, togliendo diritti e welfare, monetizzando e
riducendo il tempo libero, facendo pagare sempre meno tasse a ricchi e imprese,
e appropriandosi di quel che resta dello Stato.
Al
ballottaggio per le elezioni presidenziali del 19 novembre il libertario di
estrema destra “Javier Milei” ha battuto il peronista centrista “Sergio Massa”,
ministro dell’Economia in carica, di quasi il 12% (55,7% a 44,3%).
Una
vittoria molto netta: Milei ha vinto in quasi tutte le province argentine (20
su 24) e ha ottenuto più voti di qualunque altro presidente argentino da quando
il paese è tornato alla democrazia nel 1983.
Milei
è un 53enne outsider rispetto all’establishment politico argentino. È emerso
come personaggio politico nel 2020; non ha alcuna esperienza
politico-amministrativa e ha pochi collaboratori: la sua principale consigliera
è sua sorella, soprannominata “la jefa”, la capa.
Ha un piccolo partito alle spalle, La “Libertad
Avanza”, privo di una seria organizzazione territoriale e che alla Camera può contare solo su 38
deputati su 257 (mentre i peronisti ne hanno 104) e al Senato solo su 7
senatori su 72 (dove la maggioranza è di nuovo peronista con 32 seggi ). Deve
cercare alleanze nei partiti tradizionali, soprattutto in quello della destra
tradizionale dell’ex presidente “Mauricio Macri” , per creare una coalizione
politica che sostenga il suo governo e per reclutare il personale
tecnicopolitico necessario per ricoprire le cariche governative e
istituzionali.
Dovrà entrare in carica il 10 dicembre avendo
formato un proprio governo che dovrà presentare il budget dello Stato per il
2024 e portare avanti il suo ambizioso e controverso programma economico.
Molti
sperano che l’influenza su “Milei” di “Macri” e di altri politici
dell’establishment della destra tradizionale possa contribuire a moderare
l’estremismo del nuovo presidente e delle sue proposte economiche più radicali
(abolizione sia della moneta argentina, il peso, con la dollarizzazione dell’economia,
sia della Banca centrale).
Al momento, sembra che” Milei” non abbia altra
scelta che assecondare “Macri” e i suoi alleati più moderati, cambiandole, ma
non è chiaro cosa potrà succedere in futuro.
Lunedì
“Milei “è volato negli Stati Uniti dove prima ha fatto una visita alla tomba
del rabbino ortodosso” Menachem Mendel Schneerson”, il Rebbe dei Lubavitch, nel
Queens a New York, che “Milei” considera la sua guida spirituale (Milei dice
che sta valutando di convertirsi dal cattolicesimo al giudaismo).
Ha
anche incontrato l’ex presidente Bill Clinton e l’inviato di Biden per
l’America Latina, “Christopher Dodd”. Poi è andato a Washington dove ha avuto
un incontro con il “Consigliere per la Sicurezza Nazionale” Jake Sullivan e
funzionari del Dipartimento di Stato con i quali ha “parlato di quale sarà il
nuovo inquadramento della nazione argentina all’interno delle nazioni che
rispettano la libertà”.
Altri
contatti con funzionari del “Dipartimento del Tesoro” e del “Fondo Monetario Internazionale”
sono stati tenuti da un ristretto gruppo di collaboratori (al viaggio hanno
partecipato, tra gli altri, “Luis Caputo”, che dovrebbe essere il nuovo
ministro dell’Economia, e “Gerardo Werthein”, imprenditore ed ex presidente del
“Comitato Olimpico argentino “che dovrebbe essere l’ambasciatore di “Milei”
negli Stati Uniti).
Milei
è una figura sconosciuta a Washington e i suoi piani per la dollarizzazione e
la chiusura della “Banca Centrale” hanno causato una certa sfiducia non solo al”
FMI” ma anche al “Tesor”o e a “Wall Street”. Il sostegno degli Stati Uniti è
vitale per qualsiasi negoziato con il FMI ed è probabile che i funzionari
statunitensi abbiano voluto sentire le posizioni di Milei in materia di “difesa
della democrazia e dei diritti umani” visto che si è dichiarato sostenitore di
Donald Trump e “Jair Bolsonaro”, due figure avversate dall’amministrazione
Biden.
Gli avranno anche fatto notare che per la Casa
Bianca, il “riscaldamento globale e gli obiettivi dell’energia pulita “– due questioni
che Milei ha sempre minimizzato
– sono questioni importanti per gli Stati
Uniti.
Il
fenomeno Milei.
L’ascesa
politica di Milei è stata rapidissima.
Milei
era stato eletto deputato nel novembre 2021 (con il 16,5% dei voti a Buenos
Aires), dopo una lunga carriera da economista (consulente del miliardario argentino
“Eduardo Eurnekian” proprietario di “Corporación América” e di “Antonio Domingo
Bussi”, generale di “Videla” successivamente condannato per crimini contro
l’umanità) e da onnipresente ospite dei talk show televisivi (dal 2016) in cui,
nella veste di una sorta di “clown mediatico” che apparentemente nessuno
prendeva sul serio, esponeva le sue controverse opinioni come il” rifiuto di farsi
vaccinare contro il CoVid-19 e il negazionismo sul surriscaldamento climatico”.
È
conosciuto soprattutto per le sue qualità stravaganti: i quattro mastini
clonati, che prendono il nome da economisti neoliberisti come “Milton Friedman”,
“Murray Rothbard” e “Robert Lucas”, ai quali presumibilmente Milei si ispira;
il suo
passato da portiere di calcio, da frontman di una “cover band dei Rolling
Stones” e da “allenatore del sesso tantrico”; e il suo appello a privatizzare e
immettere sul mercato letteralmente tutto ciò che ha valore sociale (compresi
organi umani e bambini, in contrapposizione all’attuale sistema di donazione e adozione
regolato dallo Stato), oltre a liberalizzare la vendita di droghe e armi da
fuoco.
Durante
la campagna elettorale si è presentato sul palco con una “iconica motosega” –
la cui violenza richiama l’immaginario dell’estrema destra globale - e lo
slogan “¡Que se vayan todos!”, mutuato dalla crisi del 2001, per indicare la
sua volontà di distruggere la presenza dello Stato nell’economia e il potere
della “casta peronista”.
Ha
anche espresso apprezzamento per “Margaret Thatcher” (persona considerata non
grata in Argentina per la guerra delle Malvinas/Falklands), definendola “uno
dei grandi leader della storia dell’umanità”.
Prima
di essere eletto, Milei ha attaccato virulentemente “Papa Francesco”,
definendolo un “gesuita che promuove il comunismo”, e addirittura il
“rappresentante del maligno [il Diavolo] sulla Terra” per aver promosso la
dottrina della “giustizia sociale” per aiutare i meno privilegiati,
dichiarazioni che hanno causato attriti con la Chiesa cattolica locale e il
Vaticano.
Al
tempo stesso, Milei è un fenomeno profondamente argentino.
Ciò
potrebbe essere meno ovvio in un paese caratterizzato dalla fissazione dei
prezzi, dal controllo dei movimenti dei capitali e da un’elevata densità
sindacale – tutto ciò contro cui si oppone – ma Milei sta attingendo a una gran
parte della storia nazionale caratterizzata dal liberismo (in particolare,
quello associato alla maggior parte dei colpi di Stato e dittature del paese –
1930, 1943, 1955, 1962, 1966 e 1976 nel XX secolo), promuovendo la sua versione
di come “Fare di nuovo Grande l’Argentina”.
Lo
storico argentino” Ezequiel Adamovsky” sostiene che il “neoliberismo
autoritario” proposto da Milei è una versione “radicale” del liberismo che è
sempre stata presente in forme diverse nel corso della storia argentina e che
fa leva su un “individualismo autoritario” che esalta il successo economico individuale
ed esprime un’aperta animosità e ostilità verso qualsiasi progetto di vita che
non sia inquadrato negli obiettivi dell’accumulazione capitalistica.
Milei
vuole trasformare l’Argentina in un paradiso libertario dove l’efficienza
capitalista sostituisce l’assistenza sociale, le tasse sono ridotte al minimo e
gli individui a corto di soldi possono vendere i propri organi nel libero
mercato.
Adamovsky ritiene che “la vera novità del
momento attuale sembra essere che questo impulso autoritario e aggressivo
sembra provenire sia dal basso che dall’alto.
Vediamo
nella società argentina espressioni sempre più forti di animosità e
risentimento tra vicini e gente comune.
Questa
dinamica è particolarmente palpabile tra coloro che si sentono ‘convalidati’
dal mercato e coloro i cui ‘fallimenti’li hanno portati a fare affidamento sui
sussidi statali”.
Le
enormi dimensioni della crisi economico-finanziaria e sociale.
L’Argentina
è un grande paese di 45 milioni di abitanti che fa parte del G20 ed è la
seconda economia del Sud America (al 90% basata su produzioni agroindustriali).
Ma oggi si trova nel mezzo di una tempesta
perfetta, una crisi economico-finanziaria iniziata otto anni fa con il governo
di destra di “Mauricio Macri” (2015-2019) e poi proseguita e peggiorata con il
governo peronista di “Alberto Fernández” (2020-2023).
Un’inflazione ad oltre il 10% al mese, ossia
intorno al 140% all’anno (nel 2015 era al 10%), con salari e stipendi che non
tengono il passo.
Un
debito pubblico che si aggira intorno ai $ 419 miliardi.
Il 40%
della popolazione vive sotto la soglia della povertà (nel 2015 era il 7%) e
dipende da sussidi e welfare pubblico per le prime necessità e i beni di largo consumo,
come elettricità, trasporti e carburante per le auto. La fame e i senzatetto
sono in aumento.
Una
grave siccità durata tre anni ha privato il paese di quasi un quarto dei
proventi delle esportazioni di cereali (grano e mais), soia, agrumi e carne che
normalmente riceve (il governo ha stimato una perdita di $ 23 miliardi).
Inoltre, l’eredità della pandemia ha lasciato
ferite profonde a livello soggettivo.
Le misure di quarantena in Argentina sono
state molto severe e questo tipo di intervento statale dalla mano pesante ha
lasciato un’impressione sfavorevole nella mente delle persone.
Dagli
anni ’60 del secolo scorso in poi l’Argentina ha vissuto in una costante
instabilità politica, in cui si sono susseguiti una serie di governi (o in
certi casi di dittature) che ciclicamente hanno ribaltato del tutto la politica
economica argentina.
Ci
sono stati periodi di generosissime ed economicamente insostenibili politiche
sociali, a cui poi sono seguite fasi di rigida austerità e di forte riduzione
della spesa pubblica.
Periodi ciclici che gli argentini racchiudono
nella formula “illusione disincanto” e dai quali la maggior parte dei governi
sono usciti tutt’altro che indenni.
Nei
decenni i governi che hanno finanziato gli ingenti piani sociali accumulando un
enorme debito pubblico lo Stato minimo, dollaro e individualismo autoritario.
Il programma dell’anarco-capitalista Milei per
l’Argentina
hanno
finanziato soprattutto grazie alla collaborazione della Banca centrale, che ha
stampato moneta proprio con questo fine.
Una
politica di “monetizzazione del debito” – una pratica nota localmente come la
“piccola macchina” – che è stata progressivamente abbandonata nei paesi delle economie
avanzate (con l’indipendenza della Banca centrale dal ministero del Tesoro) per
tutte le distorsioni che comporta, tra cui un’altissima probabilità di creare
inflazione.
La
vittoria di Milei, con le sue proposte economiche radicali, va vista in questo
contesto: molti argentini hanno perso fiducia nel fatto che le misure
economiche offerte dai partiti tradizionali – peronismo e destra moderata –
possano risolvere questi problemi di lungo corso e hanno dunque visto come
allettanti proposte come la dollarizzazione dell’economia.
La
dollarizzazione prospettata da Milei consentirebbe di ottenere tre obiettivi
che dal suo punto di vista sono auspicabili:
– si
fermerebbe istantaneamente la crescita dei prezzi, perché il dollaro americano
non subisce la stessa inflazione del peso argentino, moneta molto debole e
storicamente instabile;
–
semplificherebbe notevolmente la vita degli argentini, perché renderebbe
ufficiale la valuta che spesso oggi è ottenuta in modo clandestino; con la
dollarizzazione gli stipendi verrebbero pagati in dollari e gli argentini li
riceverebbero dunque dai canali ufficiali;
– con
la dollarizzazione verrebbe tolto qualsiasi potere alla Banca centrale
argentina (definita da Milei “la peggior schifezza mai esistita sulla terra”),
che in questo modo non potrebbe più stampare moneta perché il dollaro americano
viene stampato solo dalla “Federal Reserve (FED) degli Stati Uniti”.
Un
enorme ostacolo politico è che abbandonare la” Banca Centrale” e rendere il
dollaro statunitense a corso legale richiederebbe l’approvazione del Congresso
argentino dove Milei non ha una
maggioranza,
e potrebbe persino richiedere la modifica della costituzione.
Inoltre,
la maggior parte degli esperti riconosce che non solo questa politica non è
concretamente attuabile nel breve termine, ma che non risolverebbe affatto i
problemi del paese.
Innanzitutto,
la dollarizzazione richiederebbe una quantità di dollari (tra i 35 e i 50
miliardi) di cui l’Argentina, già fortemente indebitata, non dispone e non può
avere in prestito nell’immediato (non ha un credit rating).
Attualmente,
l’Argentina non riesce neanche a ripagare gli interessi sul proprio debito ($
44 miliardi) in dollari nei confronti del “Fondo Monetario Internazionale”, il
suo principale creditore.
Ma l’economista
“Emilio Ocampo,” consulente di Milei, sostiene che la carenza di dollari è più
apparente che reale perché è già in atto una “dollarizzazione spontanea”, con
gli argentini che hanno più di $ 200 miliardi in banconote nascoste nelle
cassette di sicurezza delle banche o a casa “sotto il materasso”.
L’abolizione
della “Banca centrale “eliminerebbe la possibilità di usare la politica
monetaria per stabilizzare l’economia quando ce n’è bisogno (come quando si
aumentano i tassi di interesse per combattere l’inflazione).
L’Argentina
sarebbe dipendente dalla politica monetaria degli Stati Uniti e si
alimenterebbe il tossico legame del paese con il dollaro, che è da sempre un
grosso problema per la maggior parte dei paesi emergenti/poveri e un grosso
ostacolo allo sviluppo.
L’imposizione
di una valuta forte, come il dollaro statunitense, a un’economia debole e
sull’orlo del default, come quella Argentina, creerebbe una serie di
distorsioni che finirebbero solo per danneggiare ulteriormente il sistema
economico.
L’economia
argentina sarebbe più vulnerabile agli shock esterni che coinvolgono il dollaro
statunitense, ad esempio improvvisi aumenti dei prezzi delle importazioni di
petrolio e carburante, che potrebbero rendere gli aggiustamenti interni ancora
più dolorosi nel paese.
La
ricetta economica di Milei per risolvere la crisi argentina contempla anche una
“terapia d’urto” con ampie privatizzazioni dell’industria di Stato e dei
servizi pubblici (compresi energia, trasporti e comunicazioni),
liberalizzazioni, eliminazione dei controlli valutari e dei limiti
all’esportazione di cereali e carne, e taglio a bilancio dello Stato, ministeri
e dazi all’importazione.
Sebbene
venerdì scorso Milei abbia affermato che la chiusura della Banca centrale è
“non negoziabile”, prima di tutto servirà un programma di stabilizzazione
dell’economia.
Incontrando i rappresentanti delle banche “Caputo”
ha detto che affrontare con forza l’inflazione è una priorità assoluta, anche
se non ha fornito dettagli su come il futuro governo intende contenere i
prezzi.
Ridurre
drasticamente il deficit fiscale significherà smettere di fare lavori pubblici,
di investire in istruzione e sanità pubbliche, di erogare sussidi sociali e, se
i soldi non bastano, dover vendere aziende statali.
Quello
che appare chiaro è che ora, finita la campagna elettorale e dovendo governare,
Milei deve confrontarsi con la realtà e assumere un approccio quanto meno
graduale e pragmatico nel costruire un programma di governo e trattare le
questioni economiche e sociali (una sorta di revival del “menemismo” o un
“macrismo 2.0”?).
Probabilmente Milei nel breve/medio periodo
(almeno fino alle elezioni parlamentari di medio termine del 2025) concentrerà
la sua attenzione sulla riduzione del peso economico dello Stato, con
l’obiettivo di raggiungere il pareggio del bilancio fiscale attraverso il
taglio dei sussidi dei programmi antipovertà e delle pensioni (quindi colpendo
milioni di famiglie già povere) e dei dipendenti pubblici, e con una campagna
di privatizzazioni: dalla “TV pubblica” alla compagnia aerea “Aerolineas
Argentinas” (AA) e alla” compagnia petrolifera YPF” (Yacimientos
Petrolíferos
Fiscales, controllata dallo Stato al 51%) che, come la compagnia aerea “AA”,
era stata rinazionalizzata dal governo argentino dell’allora presidente “Cristina
Fernandez de Kirchner”, togliendola al controllo della spagnola “Repsol” nel
2012-17.
È
assai probabile che allo scontento e alle proteste di piazza delle vittime
delle sue politiche economiche e sociali (lavoratori, poveri, sindacati, associazioni,
peronisti, sinistra) risponderà con la politica repressiva della “mano dura”.
Il rischio reale è che l’Argentina crolli a
seguito del tentativo di Milei di trasformare radicalmente l’economia, con uno
scenario oscuro caratterizzato da un massiccio disordine sociale, scioperi
nazionali da parte dei sindacati, potenziale violenza politica e pressioni
contro le istituzioni democratiche.
Milei
aveva anche annunciato l’intenzione di bloccare l’ingresso argentino nei “BRICS
Plus”, previsto a partire dal prossimo primo gennaio.
Si propone di “lavorare fianco a fianco con
tutte le nazioni del mondo libero per contribuire a costruire un mondo
migliore“, sostenendo di “non voler stringere patti con i comunisti“, il che è
stato letto come l’intendimento di rompere i legami con la Cina (destinataria
dell’8,6% delle esportazioni del paese, oltre che il secondo acquirente dei
prodotti argentini nel mondo dopo il Brasile e con importanti rapporti
finanziari con Buenos Aires), e assumendo come potenze di riferimento Stati
Uniti e Israele.
Alcuni
giorni dopo le elezioni, tuttavia, sembrano esserci chiari segnali che non è
prevista alcuna rottura importante nei rapporti con Cina e Brasile (né con
altri paesi con governi di sinistra come Colombia, Cile e Messico).
Milei ha
ricevuto una lettera personale di “congratulazioni e auguri” dal “presidente
cinese Xi Jinping” e lo stesso Milei ha voluto ringraziare” Xi” sui social
media.
Anche
la scelta di Milei per il “ministro degli Esteri”, “Diana Mondino”, ha respinto
come “assurdità” qualsiasi suggerimento che ci sarebbe stata una rottura nelle
“relazioni commerciali” con Cina o Brasile.
Il
tramonto del “progetto kirchnerista.”
Quando
l’esercito argentino governava il paese (1976-1983), il “FMI” prestò
generosamente denaro, facendo lievitare il debito del paese dai $ 7 miliardi
nel momento in cui l’esercito prese il potere a $ 42 miliardi quando l’esercito
fu deposto.
Chiaramente,
la fornitura di fondi da parte del” FMI” alla giunta militare argentina mise in
moto il terribile ciclo di debito e disperazione che continua fino ad oggi.
Con il
ritorno alla democrazia, dopo la presidenza di “Raul Alfonsin” (con la
coalizione centrista “Unión Civica Radical”), arrivò al potere il peronista di
destra “Carlos Saúl Menem”, che fu presidente tra il 1989 e il 1999 e che è
generalmente accusato di aver portato l’Argentina alla grande crisi del 2001/2002,
che provocò il collasso dell’economia gettando nella povertà milioni di
argentini.
Menem diede
vita al menemismo.
Sebbene
durante la sua campagna elettorale avesse promesso di rilanciare l’industria
nazionale e aumentare i salari, cambiò rotta mentre era in carica e tentò di
portare a termine ciò che la dittatura aveva iniziato: privatizzare le aziende
pubbliche (la compagnia petrolifera YPF, la compagnia aerea Aerolineas
Argentina, etc.), smantellare gli ultimi resti dello stato sociale e
ricostruire l’Argentina sull’immagine del “Washington Consensus”.
Il
neoliberista “Domingo Cavallo”, il ministro dell’Economia, ancorò il valore del
peso a quello del dollaro, riuscendo a far scendere l’inflazione, ma creando
anche le condizioni per un disastro finanziario, economico esociale.
Durante gli anni ’90 la povertà divenne
endemica, la disoccupazione aumentò e l’economia informale si espanse.
Tali
problemi furono aggravati dalla gravissima crisi finanziaria nel 2001 che investì
il peso.
Tuttavia,
quando il peronista “Nestor Kirchner” vinse le elezioni nazionali nel 2003,
l’economia cominciò a vedere i benefici del boom globale delle materie prime.
Seguì
un periodo di relativa prosperità, con politiche di welfare più forti e
standard di vita più elevati.
La moglie “Cristina Fernández de Kirchner” è
succeduta a Kirchner nel 2007 e ha mantenuto queste disposizioni socialdemocratiche,
vincendo la rielezione nel 2011 con oltre il 54% dei voti.
Con loro, in meno di 5 anni, anche grazie ai
crescenti prezzi sul mercato mondiale delle materie prime agricole (soia, grano
e carne), l’Argentina aveva recuperato il PIL perduto, ricostituito la base
industriale, riportato al lavoro oltre 6 milioni di persone e ridotto il
rapporto debito/PIL dal 120% al 40%, mantenendo però l’inflazione al 20% per
via del finanziamento del deficit e della scala mobile che indicizzava i salari
al 100% dell’aumento dei prezzi.
Dal
2012 il crollo dei prezzi delle materie prime agricole ha ridotto il valore
delle esportazioni e gli introiti derivanti dalla loro tassazione (l’export di
soia era tassato al 35%, quello di mais al 20% e quello di grano al 23%), e
reso difficile l’afflusso di valuta forte per le crescenti importazioni ed il
risparmio della ri-nascente classe media.
Oggi,
quello a cui stiamo assistendo è l’esaurimento del “progetto kirchnerista”
all’interno del peronismo, cioè del movimento politico associato ai coniugi “Néstor
e Cristina Fernández de Kirchner”, che ha perseguito il ritorno all’idea di uno
Stato forte e presente, di aziende nazionalizzate e di garanzie di aiuti
economici e sociali ai più vulnerabili. Quel progetto di stampo socialdemocratico
suscitò grande entusiasmo e dominò la politica argentina nei primi due decenni del
XXI secolo.
Il
kirchnerismo riuscì a mettere insieme gli affollati sobborghi intorno a Buenos Aires,
dove coloro che avevano lavori a basso reddito vivevano insieme ai lavoratori
informali, con un settore strategico della classe media che aveva beneficiato
del boom delle materie prime.
L’istruzione
universitaria gratuita e l’assegno universale per i figli sono state tra le
principali conquiste.
La
gente riponeva molta speranza in quel movimento, con i suoi slogan progressisti
come “la patria es el otro” (la patria sono gli altri), che aveva promesso di
rimodellare la patria in una direzione progressista. Così, negli ultimi due
decenni l’Argentina è diventata un paese dove hanno fatto enormi passi avanti i
diritti umani e civili, le richieste collettive delle femministe, del movimento
LGBTQI+, degli antirazzisti o dei sindacati.
Di
recente, ci sono stati cambiamenti molto drammatici nella posizione dello Stato
argentino sulle questioni di genere e sulle minoranze LGBTQI+.
Negli ultimi
anni, l’Argentina ha visto l’emergere di un movimento femminista molto potente
(la “marea verde”) la cui intensa presenza pubblica ha portato il governo a
legalizzare l’aborto prima delle 14 settimane nel 2020-22.
Allo
stesso tempo, lo Stato ha annunciato un cambio di paradigma nella sua politica
verso i diritti LGBTQI+, legalizzando, tra le altre cose, il matrimonio tra
persone dello stesso sesso nel 2010 e creando quote di lavoro per le persone
transgender nel 2021.
Lo
Stato ha anche compiuto progressi in termini di legislazione antirazzista per
proteggere i diritti di coloro che sono spesso discriminati razzialmente dalla
società argentina:
popolazioni
indigene (Mapuche), persone di colore e altri. Tradizionalmente i movimenti
sociali hanno mantenuto una forte capacità di influenzare l’agenda pubblica,
soprattutto attraverso la politica della protesta nelle strade, ma i nuovi
movimenti per i diritti civili (spesso guidati da esponenti della sinistra
politica) hanno avuto
difficoltà
a tradurre la loro influenza in vittorie elettorali e nella ricomposizione
della leadership peronista (con la quale hanno deciso di allearsi, ma dalla
quale sono stati fagocitati).
Lo
stesso “progetto kichnerista” ha via via esaurito la sua forza e la prova è che
questa ultima competizione presidenziale è stata la terza elezione consecutiva
in cui i kirchneristi non sono stati in grado di presentare un candidato di
loro scelta.
Probabilmente ora il kirchnerismo verrà
riassorbito nell’ombrello più ampio del peronismo, che è una formazione molto
più eterogenea del kirchnerismo.
Il
movimento conta ancora alcune figure forti, come “Axel Kicillof” rieletto
governatore della provincia di Buenos Aires (fortemente sostenuto da Cristina
Kirchner), dove vivono oltre 16,6 milioni dei 45 milioni del paese.
Ma la leadership kirchnerista, impersonata da
Cristina, sembra disintegrarsi e riassorbirsi nel “Partito Giustizialista” (il
partito peronista).
Nessuno
sa dove questo lascia il numero considerevole di elettori kirchneristi che
desiderano cambiamenti più profondi di quelli che il
peronismo
può offrire.
Il
fallimento del “progetto kirchnerista” sembra aver rafforzato l’unica altra
alternativa a disposizione, ovvero l’idea che non esiste altro che l’interesse
individuale e che ognuno deve battersi da solo per sé stesso per sviluppare il
proprio progetto di vita senza essere disturbato dagli altri.
In
Argentina, come altrove nel mondo occidentale, è emersa una nuova soggettività,
che “Adamovsky” chiama “individualismo autoritario” e che nel mio libro ho
incluso come una delle manifestazioni del “suprematismo bianco”, secondo cui
gli individui credono di avere il diritto di difendere il proprio spazio vitale
dai vicini, che percepiscono come una minaccia, con un fucile automatico in
mano se necessario.
E
cercano figure autoritarie come “Donald Trump”, “Jair Bolsonaro”, “Giorgia
Meloni” o “Javier Milei,” che promettono di ripristinare quello spazio
personale usando la violenza e andando oltre la legge, se necessario.
I
sostenitori di Milei.
Secondo
gli osservatori, la vittoria di Milei alle elezioni segnala che esiste un
nucleo di elettori “ideologici” di Milei, convinti del suo programma di estremo
neoliberismo autoritario.
C’è anche un altro settore, come le forze
militari e di sicurezza, che hanno votato a stragrande maggioranza per Milei
perché garantiti dalla scelta dell’avvocato noto per essere figlia di un
militare attivo durante la dittatura al potere tra il ’76 e l’83, “Victoria
Villarruel”, come sua vice, e che vogliono dare libero sfogo alla violenza
statale.
Ma ce
ne sono altri che sono semplicemente antiperonisti, cioè persone che detestano
il peronismo e voterebbero letteralmente per qualsiasi cosa si opponga a questo
movimento politico.
Altri sono soltanto frustrati e stufi della
sistematica incapacità ultra decennale della classe politica argentina (vista
come il “sistema”) di affrontare la crisi economico-finanziaria, il malgoverno,
le inefficienze e la corruzione di politici, magistrati, leader sociali e
imprenditori che hanno lasciato briglia sciolta a evasione fiscale e fuga di
capitali.
Tra
loro c’è una parte importante di elettori delle classi subalterne che
tradizionalmente sostengono il peronismo, ma che questa volta hanno votato per
Milei.
Secondo
gli analisti Milei avrebbe ricevuto un ampio sostegno dalla fascia più povera
della società e da quella più giovane.
Alcuni
di questi elettori meno ideologici potrebbero diventare disincantati mentre il
suo governo porta al disastro – cosa che senza dubbio accadrà se manterrà
alcune delle promesse economiche più radicali.
Ma è
importante sottolineare il fatto che molti di quegli elettori un tempo non
ideologici si sono spostati verso la destra autoritaria, e che quella parte
dell’elettorato sarà presente nel breve e medio termine.
Milei
ha anche cavalcato la reazione negativa e la profonda ostilità di parte della
società argentina (machista e patriarcale) nei confronti del femminismo e di
tutte le rivendicazioni di genere.
Per Milei, la questione di genere è di per sé
un abominio totale.
Si nasconde dietro la tipica idea liberale secondo
cui ciò che si fa a porte chiuse sono affari propri.
Ma è
ovviamente una visione molto omofobica perché nega il diritto alla visibilità
pubblica.
Per Milei, la questione centrale è che a nessun
gruppo collettivo dovrebbe essere consentito avanzare pretese nei confronti del
pubblico in modi che possano interferire con il regolare funzionamento del
mercato.
In questo senso, le opinioni di Milei sono
completamente compatibili con quelle dei conservatori più reazionari.
L’opposizione
che verrà.
Gli
argentini hanno voluto punire il governo peronista in carica di “Alberto
Fernández” – e i quasi due decenni della “versione kirchnerista del peronismo”.
La
gente ha votato contro lo status quo perché vuole che il Paese ritorni “sulla
strada giusta”.
Non ha votato per sostenere tutti gli
esperimenti economici radicali per i quali Milei si è battuto e che non sono
stati tentati da nessun’altra parte.
Dopotutto,
al primo turno, Milei ha ricevuto meno del 30% dei voti. Poiché gli manca una maggioranza
effettiva nella legislatura, Milei dovrà dimostrare di poter essere un
giocatore di squadra e un costruttore di consenso se vuole evitare che la nave
affondi ulteriormente sotto il suo controllo.
Lo
status quo in Argentina è insostenibile.
Milei non può permettersi di limitarsi a
riforme annacquate.
Abolire
la Banca Centrale e procedere con la dollarizzazione non sarà possibile.
Ma tagliare i sussidi governativi e ridurre il
numero dei lavoratori del settore pubblico è fattibile, a condizione che si
riesca a mettere insieme il sostegno politico necessario al Congresso.
I voti
più probabili saranno tra i deputati di centrodestra del partito di “Mauricio
Macri”, del “Partito radicale” e forse anche di alcuni membri dell’”ala destra
del partito peronista”.
Per
raggiungere l’obiettivo di formare una maggioranza legislativa, Milei dovrà
mantenere il sostegno popolare. La sua luna di miele sarà breve.
Gli
argentini approveranno Milei se vedranno prove che il Paese si sta muovendo
nella giusta direzione.
Se
Milei continua con la sua strategia elettorale e polarizza l’elettorato
parlando di argentini buoni e cattivi, i moderati inizieranno a respingerlo.
Per avere successo, Milei dovrebbe mettere da
parte la motosega e capire che gli argentini lo hanno eletto non perché
credevano veramente nel suo programma economico, ma perché pensavano che lo
status quo in carica fosse insostenibile.
Sarà necessario un approccio misurato e
calcolato.
In
realtà, il futuro di Milei e del suo governo dipenderà soprattutto dal
chiarimento interno al movimento peronista che rimane la prima forza
parlamentare e per capacità di mobilitazione popolare, dalla sua capacità di
arrivare ad un accordo sul significato del peronismo nel 21° secolo, ovvero
sulla necessità della sua reinvenzione in un nuovo contesto politico-culturale
caratterizzato da una potenziale ondata reazionaria.
Negli ultimi quattro anni due posizioni
interne si sono scontrate duramente su come poter ridurre l’inflazione e
stimolare la crescita:
da un
lato, “Fernandez” (con il tecnocrate centrista “Sergio Massa”) era più
desideroso di ridurre la spesa pubblica e migliorare le condizioni per gli
investitori internazionali, dall’altro i kichneristi volevano mantenere vivo
l’assistenzialismo attraverso una tassazione più progressiva.
Mentre
“Perón” era riuscito a incorporare la classe operaia nello Stato e ad approvare
politiche redistributive, i suoi successori peronisti non hanno avuto tale
successo.
Dal 2011, l’assenza di un motore di crescita
economica li ha privati di un programma riformista praticabile.
Nonostante la speranza inizialmente ispirata
dal kirchnerismo, i peronisti non sono riusciti a sanare le divisioni strutturali
dell’Argentina – tra settori economici altamente integrati nei mercati globali
e industrie/attività informali dove i lavoratori lottano per sopravvivere anche
come “imprenditori di sé stessi”.
Secondo
i dati più recenti del Ministero del Lavoro, oltre il 27% dei lavoratori sono
lavoratori autonomi.
Nella
seconda metà di quest’anno, secondo l’Indec (l’Istat argentino), solo il 9,9%
dei giovani fino a 29 anni aveva un lavoro formale.
Il
movimento peronista non si è fatto carico della rappresentanza politica di
questi settori precari del mondo del lavoro e della società argentina, abbandonandoli
quindi alle lusinghe dell’estrema destra.
Milei
ha vinto le elezioni capitalizzando la delusione nei confronti del
kirchnerismo.
Ma
anche Milei e la destra tradizionale con cui si è alleato faranno fatica a
costruire una maggioranza politica stabile, poiché la loro visione ideologica
si fonda sulla convinzione di lunga data che i problemi dell’Argentina saranno
risolti e che, una volta che avrà rotto con il peronismo, diventerà finalmente una
tipica nazione sviluppata.
Questa convinzione, che ha guidato i colpi di
Stato degli anni ’50 e
’70,
significa che la destra argentina è sempre stata priva di un progetto politico
distintivo.
In
questo senso, nessuna delle due principali forze politiche argentine è in grado
di presentare una visione egemonica.
Ai peronisti kirchneristi manca una diagnosi
unitaria dei problemi del Paese, mentre i macristi si aggrappano a un approccio
palesemente sbagliato.
È
stata questa paralisi che ha creato un’apertura affinché un outsider come Milei
potesse presentare una soluzione radicale.
Il
programma di Milei è simile a quello di Bolsonaro in Brasile. Presentandosi come
un outsider, incolpa l’espansione della spesa pubblica e la forza dei sindacati
– insieme ai costumi culturali liberali – per i mali che affliggono
l’Argentina.
La sua soluzione è abolire la Banca centrale,
eliminare ogni regolamentazione del mercato, sostenere la repressione statale e
promuovere la famiglia tradizionale (per esempio, vietando l’aborto e
restringendo i diritti dello Stato minimo, dollaro e individualismo
autoritario.
Il programma dell’anarco-capitalista Milei per
l’Argentina.
Dopo
quarant’anni di democrazia, le persone sono frustrate nei confronti della
classe politica tradizionale e molto preoccupate per il futuro – una
combinazione che l’estrema destra ha sfruttato per arrivare al potere ottenendo
la legittimazione e il sostegno da parte della destra tradizionale.
Il paese
avrà bisogno di sindacati, movimenti sociali e di una sinistra attiva e
resiliente per contrastarla. La storia argentina è costellata di numerosi
esempi di resistenza e, sebbene la società sia molto cambiata negli ultimi
anni, non è detto che forme di resistenza e rivolta popolare non possano
riapparire con forza, anche in assenza di strutture organizzative adeguate.
“Myriam
Bregman”, avversaria di Milei al primo turno delle presidenziali, dove correva
col trotskista “Frente de Izquierda”, ha espresso il suo pensiero riguardo al
nuovo presidente, il quale:
“usando la demagogia ha vinto il voto popolare,
contrapponendosi ad un governo dove i ricchi si sono arricchiti a discapito di
lavoratori e lavoratrici” e ha ricordato che il neopresidente si troverà a
operare “senza governatori locali né maggioranza parlamentare con ampi settori
sociali contrari alle sue proposte.
Saremo
in piazza di fronte ad ogni attacco, perché la ‘libertà’ di cui parla è la
libertà di sfruttare senza limiti”.
“L’Argentina
ha perso sovranità, potere economico e quello che abbiamo di fronte sarà ancora
peggiore: verranno per il litio, per il petrolio, per un sacco di risorse che
abbiamo e di cui dovremmo prenderci cura. Prepariamoci a scendere in strada
ogni giorno”,
sostiene
“Nora Cortiñas”, una delle mamme e nonne di “Plaza de Mayo”.
“Mi fa paura perché non basteranno 20 anni per
rifare tutte le cose che distruggeranno, se rispetteranno quello che hanno
promesso: privatizzazioni, apertura delle importazioni, indottrinamento nelle
scuole… Bisogna parlare con i giovani, organizzare delle campagne per reagire”.
(Alessandro
Scassellati).
GERMANIA:
DOVE PROTESTANO
GLI
AGRICOLTORI.
Comedonchisciotte.org
- Redazione CDC – (08 Gennaio 2024) – taggesschau.de – ci dice:
(Traduzione di Massimo A. Cascone).
Blocchi
autostradali, convogli e traffico incessante:
le
proteste degli agricoltori sono iniziate questa mattina in Germania. Gli
agricoltori manifestano contro la cancellazione dei sussidi.
Ecco
una panoramica di dove e cosa è previsto.
Sebbene
il governo tedesco abbia parzialmente annullato i tagli previsti per il settore
agricolo, da oggi gli agricoltori scenderanno sulle barricate in tutto il
Paese.
Anche
altri settori vogliono partecipare.
La polizia e le autorità prevedono gravi
disagi al traffico.
Anche
le scuole e numerosi altri settori della società saranno probabilmente colpiti.
Il
Ministro delle Finanze e leader del” FDP” “Christian Lindner” ha criticato i
piani di protesta definendoli sproporzionati.
La
polizia ha inoltre segnalato rischi per la circolazione e minacce per la
sicurezza e l’ordine pubblico.
Le autorità federali temono inoltre una
radicalizzazione e un’infiltrazione delle proteste.
Nei
singoli Stati federali sono previste azioni diverse.
Ecco
una panoramica:
Baden-Württemberg.
Sono
previste diverse azioni, come raduni, convogli di trattori e veglie.
Il Ministero degli Interni del
Baden-Württemberg ha avvertito di forti limitazioni al traffico stradale –
quasi tutti i distretti sono interessati.
“Le proteste si svolgeranno principalmente sotto forma
di cosiddetti raduni di trattori, occasionalmente anche come cortei con
trattori sulle principali vie di comunicazione, per cui si prevedono gravi
interruzioni del traffico“.
Grandi
campagne sono state organizzate a “Mannheim”, “Heilbronn”, “Ravensburg”,
“Karlsruhe” e “Stoccarda”.
Nella
capitale dello Stato si terrà una manifestazione sulla “Cannstatter Wasen”
seguita da un corteo di auto.
Secondo
gli organizzatori, parteciperanno almeno 150 veicoli.
Un’altra
protesta con più di 1.000 veicoli avrà luogo venerdì.
Baviera.
Numerosi
agricoltori in tutta la Baviera hanno manifestato contro i piani fiscali.
Sin
dalle prime ore del mattino, migliaia di trattori hanno occupato le strade e le
autostrade, causando in molti punti intralci al traffico.
A mezzogiorno è iniziata una manifestazione
principale nella “Odeonsplatz” di Monaco, con 10.000 partecipanti attesi.
“Thorsten
Grimm”, vice presidente regionale del sindacato di polizia tedesco (DPolG) in
Baviera, teme che le proteste degli agricoltori di questa settimana
sovraccarichino in modo massiccio le forze dell’ordine:
“Molte
azioni non solo oltrepassano il limite legale, ma in alcuni casi rappresentano
anche un pericolo per il traffico e una minaccia per la sicurezza e l’ordine
pubblico “.
“Grimm”
ha poi aggiunto:
“La polizia sta proteggendo gli assembramenti
e quindi la Costituzione con grandi forze in tutta la Baviera e in Germania,
che ci porteranno al limite assoluto la prossima settimana “.
Berlino.
Circa
550 manifestanti e i loro veicoli hanno partecipato alla protesta alla Porta di
Brandeburgo lunedì mattina.
La
polizia ha contato 566 trattori, camion, auto, furgoni e rimorchi e 550 persone
sulla” Straße des 17”.
Juni
(“Via del 17 giugno”), tra la Porta di Brandeburgo e la Colonna della Vittoria,
entro le 10 del mattino, secondo quanto riferito da una portavoce.
Oltre
agli agricoltori, hanno partecipato alla protesta anche molti autisti di
autobus e camion e molti artigiani.
La
Straße des 17.
Juni
era già chiusa domenica sera. Non ci sono informazioni su blocchi stradali
previsti, è stato riferito.
La polizia era in stretto contatto con
l’organizzatore della manifestazione, ha dichiarato il portavoce.
Brandeburgo.
Gli
agricoltori in protesta hanno bloccato le strade di accesso alle autostrade e
causato ingorghi nel Brandeburgo questa mattina.
Hanno bloccato le strade con i loro trattori,
causando ingorghi massicci. Più di 500 veicoli sono partiti da “Beelitz” e
hanno attraversato “Potsdam” fino alla “Cancelleria di Stato”.
134 raduni sono stati registrati nel
Brandeburgo, secondo la sede della polizia di Potsdam.
La polizia del nord del Brandeburgo ha
valutato il comportamento degli agricoltori in protesta durante i blocchi
stradali come ampiamente pacifico e collaborativo.
“Abbiamo notato che tutto è molto civile. C’è anche un
senso delle proporzioni“, ha dichiarato in mattinata un portavoce della “Direzione
della Polizia del Nord”.
Tuttavia,
ci sono stati anche alcuni incidenti perché gli automobilisti hanno cercato di
superare i blocchi.
Brema.
A
causa delle proteste degli agricoltori, il traffico è bloccato in molti punti
della città di Brema.
I primi incroci sono stati bloccati dagli
agricoltori dalle 5 del mattino, ha dichiarato un portavoce della polizia.
Il
portavoce ha fatto riferimento alla panoramica del centro di gestione del
traffico.
Nel
corso della giornata, la polizia si aspettava fino a 2.000 veicoli in viaggio
dalla Bassa Sassonia alla città anseatica in un percorso a stella. Dopo che
un’auto di pattuglia è stata bloccata da un trattore mentre si recava a
un’operazione, l’agricoltore è stato segnalato alla polizia.
Amburgo.
Gli
agricoltori hanno attraversato Amburgo con migliaia di trattori e altri
veicoli.
Secondo
l’associazione “Land schafft Verbindung”, che ha registrato la manifestazione,
in mattinata più di 4.000 veicoli provenienti dall’area circostante hanno
raggiunto il centro della città in varie colonne.
La polizia ha parlato di circa 2.000 veicoli.
Tuttavia,
il temuto caos del traffico non si è verificato.
Secondo
gli organizzatori, un altro convoglio proveniente dalla “Bassa Sassonia”
sarebbe dovuto arrivare in centro nel pomeriggio.
Secondo gli organizzatori, erano attesi altri
600 veicoli.
Assia.
La più
grande azione di protesta in Assia è prevista a “Wiesbaden”. Lì si terrà una
manifestazione congiunta con centinaia di trattori. Nel corso della settimana
sono previste numerose altre azioni regionali in Assia, ad esempio a “Kassel”, “Francoforte,
“Limburgo” e nella regione del “Basso Taunus”.
In
relazione alle proteste degli agricoltori previste, le autorità di sicurezza
tedesche temono che estremisti di destra e partecipanti della scena
“Querdenker” possano infiltrarsi nelle proteste.
Secondo
un articolo di “Welt am Sonntag”, l’Ufficio federale di polizia criminale ha
trovato su Internet appelli in tal senso.
Si
parla di sciopero generale e di sommosse.
Meclemburgo-Pomerania
occidentale.
Agricoltori
e autotrasportatori con centinaia di trattori e camion hanno bloccato per
diverse ore circa 60 strade di accesso alle autostrade in tutto lo Stato.
Secondo
l’associazione degli agricoltori del MV, più di 1.500 trattori e camion hanno partecipato
all’azione.
Non ci
sono stati incidenti, secondo l’associazione, che ha dichiarato ufficialmente
conclusa l’azione dopo circa tre ore.
Bassa
Sassonia.
Le
proteste degli agricoltori hanno avuto un impatto significativo sul traffico
stradale in Bassa Sassonia.
Non
solo le strade sono state bloccate in numerosi centri urbani, ma il traffico si
è fermato anche sulle strade federali e statali e sulle autostrade.
Nel
distretto di “Cloppenburg”, un partecipante è stato presumibilmente ferito in
modo grave da un automobilista.
È stato trasportato in ospedale in elicottero.
Secondo la polizia, non è ancora chiaro se il
conducente abbia deliberatamente ferito il partecipante aggirandolo.
Blocchi,
raduni e drive-bys sono stati pianificati in numerose regioni e città, tra cui”
Braunschweig”, “Cloppenburg”, “Cuxhaven”, “Gottinga” e l’”Heidekreis”.
Si prevede che la città di “Hannover “e la
regione saranno interessate da proteste per tutta la settimana.
Nord
Reno-Westfalia.
Numerosi
agricoltori hanno protestato con i loro trattori nella” Renania
Settentrionale-Vestfalia”.
Secondo
la polizia, nel distretto di “Borken”, ad esempio, si sono verificate “massicce
ostruzioni del traffico”.
Nel
corso della giornata, si prevedeva la partecipazione di oltre 1.000 trattori a
circa 25 manifestazioni.
Secondo
un portavoce della polizia, in mattinata si sono verificate “ostruzioni di
accesso” a diversi incroci delle autostrade 59 e 560 nel distretto di “Rhein-Sieg”,
dove in seguito era prevista una manifestazione per “Siegburg”.
A “Wuppertal”, gli agricoltori hanno causato
la chiusura di una strada di scorrimento della A46 in mattinata.
È stata bloccata anche una strada di raccordo
sull’autostrada A61 vicino a “Heimerzheim”.
Nel
centro di “Essen”, otto trattori hanno raggiunto lo “studio WDR” nel centro
della città.
A “Düsseldorf”,
in mattinata erano previste sei manifestazioni con trattori e una con camion.
Renania-Palatinato.
La “Renania-Palatinato
“potrebbe diventare uno dei punti focali delle proteste.
L’Associazione
degli agricoltori e dei viticoltori intende organizzare dimostrazioni e raduni
in tutti i 14 distretti.
L’associazione
si aspetta più di 10.000 partecipanti.
Secondo
la polizia, in mattinata un convoglio di oltre 1.000 trattori e camion, lungo
18-20 chilometri, si è mosso lungo l’autostrada 63 in direzione della capitale “Mainz”.
L’autostrada
è stata quindi completamente chiusa.
Secondo
il Ministero dell’Interno, gli agricoltori hanno ricevuto un quadro di
riferimento per le loro proteste:
l’obiettivo è garantire che le vie di
emergenza e di soccorso possano essere utilizzate in ogni momento e che venga
bloccata solo la corsia di destra dell’autostrada.
Inoltre,
il blocco delle strade di accesso all’autostrada deve durare al massimo un’ora.
Saarland.
Secondo
le stime della polizia, la manifestazione degli agricoltori del “Saarland “causerà
una notevole congestione del traffico in tutto il Land.
Inoltre, è probabile che alcune strade di
scorrimento autostradali vengano bloccate, ad esempio a “Freisen”, “Braunshausen”,
“Waldmohr” e “Perl”.
Il
raduno finale con comizio è previsto per il pomeriggio al castello di “Saarbrücken”.
Alcune
strade limitrofe saranno chiuse al traffico a partire da mezzogiorno.
Potrebbero
verificarsi intralci fino a sera.
Sassonia.
Nello Stato federale orientale sono in programma centinaia di azioni
che potrebbero interrompere in modo massiccio il traffico.
Si va dai cortei con trattori e automobili al
blocco delle strade di scorrimento autostradali e degli incroci, fino ai
comizi.
Secondo
i manifestanti, il 95% di tutti i raccordi autostradali della Sassonia saranno
bloccati.
Mercoledì
è prevista una grande manifestazione a “Dresda”.
L’associazione
statale degli agricoltori collabora con l’associazione “Land schafft Verbindung” per la settimana di azione.
I
gruppi stanno ricevendo il sostegno di altre associazioni, come l’”Associazione
alberghiera e della ristorazione della Sassonia” (DEHOGA), le “corporazioni dei
macellai “e l’”Associazione sassone della frutta”.
Allo
stesso tempo, gli agricoltori affermano di prendere le distanze dalle azioni
pianificate da attori come i “Sassoni liberi” di estrema destra sulla scia
delle proteste degli agricoltori.
Gli
esperti hanno osservato che gli estremisti di destra stanno combattendo
specificamente per ottenere il favore degli agricoltori.
Ad esempio, i “Sassoni liberi” agiscono come
“curatori” degli interessi degli agricoltori per perseguire obiettivi
antidemocratici, secondo il “Kulturbüro Sachsen” su “MDR”.
Secondo
le sue stesse informazioni, l’ufficio culturale consiglia i politici locali su
come contrastare le strutture estremiste di destra con una società civile
democratica;
pubblica
il rapporto annuale “Sachsen rechts unten”.
Anche
la popolarità dell’”AfD” tra gli agricoltori è molto alta. Nelle ultime
elezioni statali, ad esempio, il 34% degli agricoltori ha votato per l’”AfD”,
che ora è classificato come decisamente estremista di destra.
Sassonia-Anhalt.
Diverse
migliaia di agricoltori e persone di altre professioni hanno manifestato nella
piazza della “cattedrale di Magdeburgo” a favore del mantenimento delle
agevolazioni fiscali.
Lo
stato attuale deve essere mantenuto, ha dichiarato il” presidente
dell’associazione statale degli agricoltori”, “Olaf Feuerborn”.
Secondo
gli organizzatori, circa 5.000 manifestanti si sono radunati sulla piazza della
cattedrale, di fronte al parlamento statale;
la
polizia ha parlato di circa 2.000.
Molti agricoltori sono arrivati in convogli
con trattori e altri veicoli – secondo la polizia, erano 1.500 quelli che
potevano essere assegnati alla manifestazione.
I
convogli hanno causato intralci al traffico.
Secondo
l’associazione degli agricoltori, un’altra manifestazione si terrà nel centro
di “Halle” per dare il via alla “settimana di azione”.
La
polizia raccomanda di guidare il più possibile intorno al centro della città e
di evitare spostamenti inutili.
Riebeckplatz
e le aree di traffico limitrofe saranno chiuse tra le 8.00 e le 16.00 circa.
Schleswig-Holstein.
All’inizio
della settimana di “azione nazionale”, questa mattina centinaia di agricoltori
hanno bloccato il traffico nello “Schleswig-Holstein”.
L’associazione statale degli agricoltori aveva
precedentemente annunciato che ci sarebbero state manifestazioni in tutto lo
Stato per tre giorni.
I convogli che si muovono lentamente
causeranno ostruzioni al traffico.
A “Kiel”
sono previste diverse manifestazioni tra le 9:00 e le 18:00. “Wilhelmplatz” e “Exerzierplatz”
saranno chiuse a questo scopo.
È stato inoltre comunicato alle autorità che
le strade di scorrimento dell’”autostrada A7” da “Bad Bramstedt “al confine con
la Danimarca saranno bloccate.
Mercoledì
sono previste azioni a “Flensburg”, “Ostholstein”, “Stormarn”, “Herzogtum
Lauenburg” e “Lubecca”.
Venerdì,
gli agricoltori dei distretti di “Plön” e “Rendsburg-Eckernförde” intendono
recarsi a” Kiel” per una manifestazione.
Turingia.
L’”Associazione
degli agricoltori della Turingia” ha previsto che lunedì 900 trattori
provenienti da ogni angolo dello Stato si dirigano verso “Erfurt”.
Secondo
l’associazione, non è stato richiesto il blocco degli incroci o delle strade,
ma gli automobilisti e i passeggeri del sistema di trasporto pubblico di “Erfurt”
dovranno prepararsi a subire notevoli restrizioni in alcuni casi, secondo l’”associazione
e i servizi pubblici di Erfurt”.
Per
oggi sono state annunciate assemblee anche in altre città della Turingia.
(tagesschau.de/inland/bauern-proteste-verkehr-montag-100.html)
(… E gli agricoltori italiani cosa
stanno facendo? … Nulla! N.D.R)
IL
GENERALE SOLEIMANI:
“LA
SCONFITTA STA NELLA
NATURA
DIABOLICA DEL NEMICO”
Comedonchisciotte.org - Redazione CDC – (10
Gennaio 2024) - Bobana M. Andjelkovic, geopolitika.ru – ci dice:
In
memoria di “Hajj Qassem”:
“La
sconfitta del nemico è assoluta. Voglio dire al nemico che tutti i fattori
della sconfitta sono dentro di voi e che non potrete mai ritirarvi dalla vostra
mentalità diabolica e dai problemi che causano la vostra sconfitta.”
(Generale
Qassem Soleimani, 28 febbraio2019)
Durante
la guerra Iran-Iraq, ad “Hafez al-Assad” fu chiesto:
“Perché
lei, lei che è un arabo e uno dei capi del partito “Ba’th”, sostiene il governo
iraniano contro Saddam nella guerra?”.
Haffez
al-Assad ha
risposto: “
Verrà
un giorno nella Storia in cui solo gli iraniani vi difenderanno, mentre gli
arabi affonderanno i loro pugnali nel petto dei siriani”.
Il
ruolo del generale Soleimani e dell’Iran in generale in Siria dimostra solo che
Hafez al-Assad aveva ragione.
Lo stesso vale per l’Iraq, il Libano e lo
Yemen.
L’obiettivo comune dell’”Asse della Resistenza”
è la liberazione della Palestina.
La
dottrina della guerra asimmetrica del generale Soleimani si basa su due
approcci diversi per sconfiggere il nemico – l’entità sionista come fonte del
male in Asia occidentale (e il suo alleato, il “Sindacato del crimine
occidentale”, profondamente intrecciato con l’entità sionista).
Un approccio significa sconfiggere il nemico
senza ricorrere alla guerra convenzionale e l’altro significa sconfiggerlo
utilizzando tattiche di guerra irregolare o asimmetrica in sei fronti:
Siria,
Iraq, Yemen, Libano, Striscia di Gaza e Cisgiordania.
Tutti
e sei i fronti sono stati gradualmente attivati dall’inizio dell’operazione “Al-Aqsa
Flood”, il 7 ottobre dello scorso anno.
Dopo
l’assassinio di” Hajj Qassem” nel 2020, il capo delle “Forze Quds” dell’”IRGC”,
il generale di brigata “Esmail Ghaani”, ha dichiarato:
“La punizione minima per noi è rimuovere l’America
dalla regione”.
Poco
dopo, il Parlamento iracheno ha approvato una risoluzione non vincolante che
chiede il ritiro delle forze statunitensi dal Paese.
Le
postazioni e le basi militari statunitensi illegali in tutta l’Asia occidentale
sono gli stessi obiettivi legittimi, così come gli insediamenti sionisti
illegali nella Palestina occupata, in Libano e sulle alture del Golan.
Sebbene
la criminalità occidentale abbia accusato il generale Soleimani di istigare il
settarismo all’interno del mondo musulmano (mentre, in realtà, lo stavano
facendo), sembra che “Hajj Qassem” sia diventato una figura ispiratrice per i
musulmani, sia sciiti che sunniti.
Il loro inevitabile avvicinamento e raduno è
un’eredità della saggezza militare, diplomatica e religiosa del generale “Soleimani”.
Un certo “Jonathan Coleman” ha scritto nel
gennaio 2020 che “gli Stati Uniti possono ottenere una leva strategica nella
sua [del generale Soleimani] assenza dal campo di battaglia”.
Anche
questo sembra essere completamente falso.
Non
c’è alcuna “leva” che gli Stati Uniti possano ottenere da qualsiasi cosa accada
in Asia occidentale.
Possono
solo perdere, come sarebbe giusto e corretto.
Lo stesso vale per l’UE, il Regno Unito e gli
altri suoi compari.
Il
comportamento del regime sionista nella Palestina occupata riflette il “nucleo
del globalismo e i valori del sindacato criminale occidentale” e riassume gli
ultimi tre decenni della sua politica internazionale nel mondo.
Il cosiddetto “ordine basato sulle regole” si manifesta come “dittatura del
gruppo criminale” organizzato su scala globale.
Ha il suo ambito fluido di regole applicate in
modo opportunistico e il mondo dovrebbe accettare di obbedire a queste regole
come ordini.
Una
domanda sorge spontanea:
in quali circostanze l’occupante ha diritto
all’autodifesa quando viene affrontato da un popolo occupato che vuole porre
fine all’occupazione?
Il
mantra costantemente ripetuto dai media occidentali/sionisti, secondo cui i
sionisti hanno il diritto di difendersi, perché sono stati attaccati (lo
erano?), serve solo come pretesto per introdurre una nuova regola nell’“ordine basato sulle regole”, secondo cui anche i territori
ufficialmente occupati possono diventare colonie dell’occupante, che aggira il
diritto internazionale e le consuetudini di guerra.
Alla
vigilia dell’anniversario dell’”assassinio del generale Soleimani, di “Abu
Mahdi al-Muhandis” e dei loro collaboratori, “Saleh el-Arouri, vice direttore
del Politburo di “HAMAS”, e i suoi tre assistenti sono stati assassinati da un
drone nell’ufficio di Beirut.
“El-Arouri”
è stato uno dei fondatori dell’ala militare di “HAMAS”, le “Brigate Al Qassam”,
e ha trascorso 15 anni in una prigione sionista.
L’assassinio
è avvenuto solo una settimana dopo quello di “Seyyed Razi Mousavi”, alto
consigliere militare dell’”IRGC in Siria” e stretto collaboratore del generale “Soleimani”,
assassinato a “Damasco”.
Già
prima dell’inizio dell’”operazione Al-Aqsa Flood”, “Hassan Sayyed Nasrallah”
aveva annunciato che qualsiasi attacco ai “membri dell’Asse della Resistenza” o
ai “loro leader” avrebbe provocato un’enorme rappresaglia.
Tutti
i sei fronti sono stati attivati.
I
gruppi armati terroristici sionisti che si presentano come militari sono
incapaci di affrontare la Resistenza in sei campi di battaglia.
I loro
amici, clienti, alleati, burattini, padroni, mercenari (trasportati
dall’Ucraina) e altri ancora non sono pronti a entrare in un pasticcio più
grande, anche se sostengono lo squilibrato regime sionista.
Sia il
sindacato criminale occidentale” che i sionisti soffrono di una mania di
ricerca.
Sono
ancora sotto shock e non riescono a capire come le persone imprigionate siano
riuscite a lanciare un’operazione su più fronti contro l’occupazione.
Quindi, non devono essere loro.
Devono
essere gli Hezbollah. E l’Iran. E forse anche la Russia.
Per
non parlare degli “Houthi isolati dal suolo che hanno bloccato il Mar Rosso” e
non c’è nulla che il regime sionista o gli occidentali possano fare.
Tranne
che per gli omicidi di stampo terroristico di cui saranno ritenuti
responsabili.
L’assassinio
di tre ostaggi sionisti da parte dell’esercito terroristico sionista, pensando
che fossero palestinesi, evidenzia ancora una volta la mania di ricerca e la
natura autodistruttiva dell’entità sionista e di coloro che gestiscono quel
manicomio massacratore.
Ricorda una storia simile, quando due gruppi
di fuggitivi ucraini in Francia si sono scontrati pensando di essere russi.
“Haaretz”:
“Decine di psichiatri israeliani sono
partiti per la Gran Bretagna, sfuggendo al crescente carico di lavoro in
seguito all’aumento dei casi di problemi psicologici tra i soldati dell”’IOF”
di ritorno dalla Striscia di Gaza”.
“Hajj
Qassem” aveva ragione:
la
sconfitta sta nella natura diabolica del nemico che lo porterà alla sua imminente
(auto)distruzione, prima o poi. Così come quella dei loro alleati occidentali.
(Bobana
M. Andjelkovic, geopolitika.ru)
(geopolitika.ru/en/article/general-soleimani-defeat-lies-within-enemys-devilish-nature)
(Traduzione
di Costantino Ceoldo)
Israele si Prepara a Influenzare
la
Decisione della Corte Internazionale
di
Giustizia sulla Questione del
Genocidio
a Gaza.
Conoscenzealconfine.it
– (9 Gennaio 2024) – Redazione – t.me/Rossella Fidanza – ci dice:
Israele
chiede aiuto al mondo per influenzare la sentenza della Corte internazionale di
giustizia (CIG) sulla questione del genocidio a Gaza, con udienza programmata
il prossimo 11 gennaio.
Il
Ministro degli Esteri israeliano ha emanato istruzioni al riguardo per tutte le
sue ambasciate, riporta “Axios”.
Israele
ha chiesto alle ambasciate di contattare diplomatici e politici nei paesi
ospiti chiedendo di fare dichiarazioni a supporto di Tel Aviv contro l’accusa
di genocidio.
Questo
serve per creare tensione internazionale sulla “CIG” per non ammettere la
richiesta del Sud Africa:
Israele
teme che questo possa portare all’obbligo di bloccare la sua azione a Gaza.
L’obiettivo
strategico di Israele è il rigetto della richiesta di ingiunzione da parte della
Corte, che si astenga dal determinare che Israele sta commettendo genocidio a
Gaza e riconoscere
che l’esercito israeliano opera nella Striscia secondo il diritto
internazionale.
Le
ambasciate sono state istruite per chiedere ai diplomatici e politici al più
alto livello di riconoscere pubblicamente che Israele sta lavorando per
incrementare gli aiuti umanitari a Gaza, oltre a minimizzare i danni ai civili,
mentre agisce per auto-difesa, dopo il terribile attacco di una organizzazione
terroristica e genocida il 7 ottobre.
Il
messaggio inviato dal Ministro degli Esteri israeliano sostiene che, ai sensi
della convenzione del 1948, il genocidio è definito come la creazione di
condizioni che non consentono la sopravvivenza della popolazione, coniugato con
l’intento di annientarla.
Non è quello che sta facendo Israele… (questi sono dei folli totali, dei
demoni: credono che basti affermare qualcosa per nascondere ciò che stanno
facendo e che è sotto gli occhi del mondo – nota di conoscenze al confine.)
Netanyahu
invierà lettere sulla stessa falsariga a decine di leader mondiali.
Il
portavoce del governo israeliano ha dichiarato che il Sud Africa è complice
criminale del regime stupratore di Hamas.
L’amministrazione
Biden si è espressa in supporto di Israele e ha respinto le dichiarazioni di
Pretoria, sostenendo che il dipartimento di stato americano non ha assistito ad
alcun genocidio in atto a Gaza.
(t.me/Rossella
Fidanza).
TRA LA
CARIDDI UCRAINA E
LA
SCILLA MEDIORIENTALE
O
dell’assurdità delle guerre anglosassoni.
Comedonchisciotte.org
- Redazione CDC – (10 Gennaio 2024) - Amar Djerrad – ci dice:
In un
Occidente avido che non impara le lezioni della Storia, guidato da un’entità
cosiddetta “anglosassone” (con a capo gli americani), si decidono guerre
(spesso per procura), cambi di regime attraverso rivoluzioni “colorate”, colpi
di stato o guerre civili […] come in Ucraina […] e Medio Oriente.
La
sfida del Medio Oriente: dal vagabondaggio alla Palestina.
Il
martirio degli ebrei è sempre stato opera degli anglosassoni e non dei
musulmani, tra i quali gli ebrei stessi hanno sempre convissuto in buona
armonia sia in Medio Oriente che in Nord Africa.
Essi
hanno trovato presso i musulmani aiuto e protezione, offertigli anche a rischio
della loro stessa vita.
Il rettore della Grande Moschea di Parigi,”
Kaddour Benghabrit”, ad esempio, aiutò centinaia di ebrei travestendoli da
musulmani per sfuggire alla deportazione durante la Seconda guerra mondiale.
In Algeria, durante la colonizzazione francese, gli
algerini (a differenza dei coloni) rifiutarono categoricamente di impossessarsi
delle proprietà ebraiche confiscate dal regime di Vichy.
Gli
imam algerini rifiutarono questa offerta di spoliazione in quanto contraria
all’Islam.
Stiamo
parlando di veri ebrei semiti, e non di sionisti o convertiti al giudaismo
“convertito”; non di semiti divenuti sionisti.
Questa
negazione ebraica viene in realtà dai sionisti che hanno adottato gli stessi
metodi del sistema coloniale.
Incoraggiati,
va chiarito, dagli ambienti coloniali e nazisti (non certo per gentilezza e
“umanità”) per sbarazzarsene e tenerli lontani da loro.
Riferimento, a tal proposito, all’ “Accordo di
trasferimento” di Black Edwin (o “Accordo Havaara”) del 1933 conclusosi tra
nazisti e Agenzia ebraica (il quale permetteva agli ebrei tedeschi di emigrare
in Palestina. Il sionismo è infatti un concetto occidentale (Eichmann era una figura centrale del
nazismo nell’alleanza sionista), allettante, permettendo agli ebrei impuri di diventare
come i loro carnefici.
In
effetti, gli ebrei non sono mai stati accettati nei luoghi dove si stabilirono
in Occidente.
Sono
stati respinti ovunque (principalmente a causa del loro temperamento, del loro
modo di pensare comunitario e settario forgiato in reazione ai loro tormenti).
Il
loro “parcheggio” in Palestina, lontano dall’Europa, non ha impedito loro di
utilizzare le stesse pratiche ripugnanti dei loro “martirizzatori”, in primis
nei confronti dei palestinesi.
E con
il “vento in poppa”, si sono permessi di dettare la politica agli occidentali
sapendo benissimo che essi sono lì per difendere in primo luogo gli interessi
di coloro che li hanno insediati in questa regione (vedasi in proposito gli
Accordi “Sykes-Picot tra Francia e Regno Unito) nel contesto della continua
dominazione coloniale.
In Palestina, questi nuovi coloni vorrebbero
ora realizzare questo Accordo nella sua interezza, aggiungendo alcuni territori
dei paesi vicini per creare il “Grande Israele”.
A
sottolineare comunque che moltissimi ebrei sono sempre stati, per così dire,
truffati (i “tacchini dello scherzo), ad esempio con l’idea e l’alibi del
Grande Capitale che è posseduto da pseudo-ebrei.
Truffati
in primis dagli anglosassoni, i quali utilizzano Israele come avamposto per i
propri obiettivi imperialisti soprattutto nell’Asia occidentale.
Infatti,
ci sono molti ebrei (fra di essi, intellettuali, storici e organizzazioni come “Neturei
Karta”) che continuano a spiegare l’ingiustizia sulle terre palestinesi e le
manipolazioni a cui sono soggetti gli ebrei con la loro religione così come
altri popoli.
Ma con
chi possono parlare quando i media sionisti dominanti hanno un tale potere di
indottrinamento delle masse che, anche se il manipolatore ammette di averli
manipolati, queste ultime non ci credono?
Questo
conflitto a Gaza, che ha messo in luce la loro impostura e la loro disumanità
agli occhi del mondo che sfidano, difficilmente nasconderà il loro destino.
Incapaci
di fondare uno “Stato ebraico” nonostante i mezzi a loro disposizione, gli
anglosassoni saranno costretti a recuperarli, anche 75 anni dopo essersi
sbarazzati di loro.
Rimarranno
solo i veri ebrei indigeni.
La
soluzione dei “due Stati” è resa irrealizzabile.
Questa
terra tornerà interamente ai palestinesi così come l’Algeria è tornata agli
algerini dopo 132 anni di colonizzazione.
Una
guerra ad alta intensità accelererà la sconfitta di Israele e la sua “morte”
verrà dal suo spopolamento.
Ebrei
che muoiono a causa dei coloni che rubano le terre.
Dopo i
soldati e le loro bugie raccontate dai media, il canale I24 ha recentemente
portato alla ribalta la vicenda di una donna che, avendo perso il figlio
militare, ha espresso una forma mentis tipica del pensiero errato negli
ambienti sionisti.
La sua
performance ha dimostrato l’alienazione che vive: “siamo un paese con la bomba
atomica, … nessuno dovrebbe vivere in questa terra okay.
Nessuno, tranne il popolo ebraico“…” (mio
figlio) è andato a combattere per la terra e il popolo d’Israele!“.
Questa
donna non è l’unica a dire sciocchezze del genere.
L’hanno
fatto Ministri e Generali – per difendere i loro interessi legati a quelli dei
coloni – mandando a morte i figli di altri che non avevano interessi.
I loro sono ben riparati e conducono la bella
vita altrove.
Sembra proprio un “prestami tuo figlio da
sacrificare al posto del mio”. Questa donna possiamo forse “capirla”, dopo aver
perso un figlio franco-israeliano ucciso a Gaza.
Un figlio che ha dovuto cedere al canto delle
sirene facendosi arruolare, a differenza di quelli degli oligarchi sionisti.
Un figlio di 23 anni che ha dovuto uccidere
bambini e neonati palestinesi.
Tuttavia,
essa è responsabile del suo destino avendolo educato all’odio e al razzismo.
Poiché
il suo razzismo, la sua avidità e la sua imbecillità la dominavano, forse si
aspettava che uccidesse senza rischiare nulla, ma invece è stato ucciso per una
terra che non è la sua […].
A
differenza delle coraggiose donne palestinesi, questa donna non lo è, non si
assume responsabilità e non ha principi.
Suo
figlio è stato uno dei più dei 4000 franco-israeliani coinvolti come carne da
cannone.
Codesti
non saranno mai al sicuro a causa dei loro atti e gesti orribili […],
specializzatisi nell’eliminazione di massa dei civili (compresi bambini e
neonati) […].
Israele:
un investimento affondato.
Investono
in modo dispendioso in un gruppo di furfanti che pensa di essere forte grazie
alla loro protezione.
Questa
regione è, per gli anglosassoni, lo spazio in cui perpetuare il proprio
benessere e preservare la propria ricchezza grazie alle notevoli quantità di
petrolio che il sottosuolo contiene, soprattutto dopo la scoperta di giacimenti
di gas offshore vicino Gaza che hanno portato gli americani a “sbavare”.
Tutto
nella previsione che questo gas trasformerà Israele in una potenza energetica
in grado di sostituire l’energia proveniente da Russia, Iran e altri Stati del
Golfo.
Viene
detto anche che i membri BRICS+ si siano coordinati con lo Yemen (pe quanto riguarda gli ultimi
avvenimenti).
È logico nella loro propaganda nascondere il
fallimento di fronte a qualcosa […] che impone un altro paradigma in un luogo
strategico del mondo tra Europa, Asia e Africa (crocevia del commercio
mondiale, luogo di sorveglianza degli interessi e delle politiche
neocoloniali).
Certamente,
i BRICS+ beneficiano indirettamente da questa situazione vedendo la loro
strategia geopolitica portata avanti senza spese eccessive, a differenza
dell’Occidente che perde molto senza ritorni significativi […], nonostante
considerevoli spese.
Questa
situazione viene descritta come la “Scilla mediorientale dopo la Cariddi
ucraina”: sciocchezze atlantiste.
È stato sufficiente che un piccolo paese di “Houthi
“(“pastori di capre” e “sandali”), lontano dalla scena dei combattimenti, si
impegnasse in piccole azioni – a seguito del proprio codice di solidarietà e
attraverso la sua azione semplice, legittima, legale e umana – per mettere gli
Stati Uniti e i sionisti nel fallimento geostrategico e politico più evidente.
Capiranno,
gli anglo-sionisti, che le loro “unità di deterrenza” in questa regione non
sono per loro utili nella misura in cui creano più difficoltà di quante ne
risolvano?
In
definitiva, cos’hanno guadagnato con la loro “stravaganza” nell’uccidere
civili, tra cui decine di migliaia di donne, bambini e neonati?
Non elimineranno “Hamas” (almeno in quanto
idea), stanno perdendo molti soldati, parte della loro popolazione è fuggita
[…], vari ostaggi non sono stati recuperati, l’operazione di terra non va
certamente in modo trionfale […], il nord del paese è stato abbandonato dai
coloni, la loro economia dipendente dal turismo è al collasso e c’è una forte
instabilità interna (anche dovuta ai procedimenti giudiziari che toccano lo
stesso Primo Ministro israeliano) che turba la vita sociale.
Una guerra estesa sarà loro fatale.
Stiamo
osservando l’inevitabile fine di un’avventura coloniale e dello spaventapasseri
sionista anglosassone.
Forse
Israele è stato quindi solo “un progetto distopico”.
(Amar Djerrad)
(reseauinternational.net/du-charybde-ukrainien-au-scylla-moyen-oriental-ou-labsurdite-des-guerres-anglo-saxonnes/)
IL
GENOCIDIO AMERICANO.
Comedonchisciotte.org – Redazione - Markus – (09 Gennaio 2024) – Julian
Macfarlane – ci dice:
(julianmacfarlane.substack.com).
I
nazisti si erano fatti il loro Olocausto, quello degli americani è anche
peggio.
Che
cos’è il genocidio?
Il
genocidio ha assunto diverse forme nel corso della storia.
Non
significa uccidere ogni singolo membro di un gruppo etnico, ma solo ucciderne
un numero abbastanza elevato da neutralizzare il gruppo e renderlo impotente e
sfruttabile.
I
nazisti, infatti, non avevano ucciso tutti gli Ebrei.
Avevano
tenuto quelli che erano utili ai loro scopi.
Non volevano nemmeno uccidere tutti i russi,
ma solo la maggior parte, e i rimanenti usarli come schiavi.
I Rom dovevano essere eliminati totalmente
perché non avevano alcuna utilità.
Nel
XIX secolo, tuttavia, non c’erano stati “genocidi”, ma solo uccisioni di massa,
come è sempre avvenuto nel corso della storia.
Come
quando, per esempio, la Chiesa aveva eliminato i Catari.
Il Papato aveva un suo particolare concetto di
impero spirituale.
(I
Catari) … per lo più consideravano uomini e donne come uguali e non avevano
obiezioni dottrinali alla contraccezione, all’eutanasia o al suicidio.
Per alcuni aspetti, la Chiesa catara e quella
cattolica erano esattamente all’opposto.
Per
esempio, la Chiesa catara insegnava che il sesso non procreativo era migliore
di quello procreativo.
La Chiesa cattolica insegnava – e insegna
tuttora – esattamente il contrario.
Entrambe
le posizioni hanno prodotto risultati interessanti.
Seguendo i loro principi, i cattolici erano
giunti alla conclusione che la masturbazione era un peccato molto più grave
dello stupro (come confermano i penitenziali medievali).
“Uccideteli
tutti. Dio riconoscerà i suoi “.
Cosa
c’è in un nome?
Il
termine genocidio era stato coniato pensando all’Olocausto nazista.
Ma il concetto di base è lo stesso.
“In
generale, genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di
una nazione…
Si
intende piuttosto un piano coordinato di azioni diverse che mirano alla
distruzione dei fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali.
(Raphael
Lemkin. Axis Rule in Occupied Europe -Washington, D.C., 1944).
“Un
piano coordinato”?
“Coordinamento” significa solo persone
che lavorano insieme verso un certo obiettivo, il “piano”, che non è
necessariamente un’unica strategia globale e logicamente organizzata.
In
base a questa definizione, gli Stati Uniti sono una delle nazioni più genocide
in assoluto.
Prendiamo il caso dei nativi americani.
La
maggior parte della popolazione era stata uccisa, i sopravvissuti relegati in
“riserve” e le loro culture e tradizioni cancellate.
Ma non
c’era un piano coordinato, né un’unica strategia organizzata.
I neri
sono un altro esempio.
Come schiavi, avevano un valore economico.
Dopo
l’abolizione della schiavitù, non potevano essere comprati e venduti, ma solo
sfruttati.
A quel punto era iniziato il vero massacro.
Dovevano essere mantenuti impotenti, incapaci
di sfidare lo sfruttamento e di sviluppare una propria cultura e una propria
identità. Erano
stati tenuti in povertà ed erano morti in gran numero a causa delle malattie.
I neri
muoiono ancora.
La
durata media della vita di un nero è di circa sei anni inferiore a quella di un
bianco.
Le persone di colore erano – e sono –
sacrificabili e superflue.
Questo
non è il risultato dell’odio per i pregiudizi dei bianchi: è il sistema.
L’odio
non causa il genocidio.
L’idea
popolare è che il genocidio sia causato dall'”odio”, una parola che, come il
termine “amore”, si usa senza che nessuno capisca veramente cosa sia.
Ma gli
esseri umani, per natura, non odiano o amano uccidere altri esseri umani.
L’odio
è uno strumento che viene insegnato alle persone – di solito alle elementari,
ma anche dai media e dalla cultura – un comportamento appreso.
Non è
possibile liberarsi dell’odio: la società ne ha bisogno.
La
vera causa del genocidio risiede nella brama di potere e nell’avidità dei
potenti.
Nel
caso degli Stati Uniti, dopo la Seconda Guerra Mondiale l’America sognava un
impero globale, cioè più soldi e potere per le persone che gestivano il Paese.
Gli oligarchi americani avevano progettato di
devastare l’Unione Sovietica con le armi nucleari e di appropriarsi delle sue
risorse, quello
che era stato il piano principale di Hitler e il motore della sua speciale e
peculiare nozione di “genocidio tecnocratico”.
I
sovietici, tuttavia, erano riusciti a creare le proprie armi nucleari; così gli
Stati Uniti erano passati alla Corea e al Vietnam, alla guerra per procura
Iran-Iraq, alla guerra in Iraq, Afghanistan, Libia ecc.
“Noi
siamo il mondo”, giusto?
Sono
morte circa 20 milioni di persone.
Si
potrebbe dire che si era trattato di un” genocidio seriale”.
Se l’”Olocausto
era tecnocratico” – campi di concentramento, camere a gas e contabili a tenere
i registri in ordine – “le guerre americane erano state tecnologiche” – le uccisioni, più indiscriminate.
“Noi
non contiamo i cadaveri”. (Gen. Tommy Franks).
Le
guerre dell’America contro il mondo possono non essere state un genocidio nel
senso stretto dell’Olocausto.
Ma
sono state un genocidio in senso più ampio, altrettanto orribile, perché per
uccidere tutte queste persone gli Stati Uniti hanno dovuto creare intere
generazioni di piccoli Eichmann.
È così
che il governo e il mondo accademico degli Stati Uniti sono diventati dominati
da apologeti dell’omicidio di innocenti.
Migliaia
di piccoli “Himmlers” e “Goebbels”.
Una
nazione con un’infrastruttura di inganni.
Il che
significa che, dal 1945 in poi, quasi tutti i presidenti degli Stati Uniti sono
stati dei mostri, anche se nessuno aveva i baffetti.
Questo
vale certamente per Joseph Biden.
Ma non
solo per lui.
Il
Congresso?
Congresso
USA: “Siamo dalla parte del genocidio.” “Consortium News” 31.12.2023
Una
volta i nostri governanti potevano controllare i media in modo che tutti
ricevessero la stessa “narrazione” – una storia e una sola storia.
Ma
oggi non possono farlo a causa dei media digitali – da qui la necessità di mantenere
l’ortodossia cercando di cancellare le opinioni dissenzienti.
“Cercando”
è l’espressione più appropriata.
È
difficile cancellare dalla mente le immagini di bambini morti e morenti – non
in Medio Oriente, almeno.
Lì le cose si stanno scaldando.
Se si
trattasse di una partita di poker, gli Stati Uniti avrebbero già mandato fin
troppi “segnali”.
E i
popoli della regione ormai li leggono fin troppo bene.
L’”Iran”
dispiega una nave da guerra nel Mar Rosso in mezzo a tensioni crescenti.
“Al
Jazeera” 01.01.2024.
Questa
nave da guerra trasmetterà ovviamente agli “Houthi “informazioni su che navi
attaccare e informazioni sulla difesa nel caso in cui gli americani o i
britannici dovessero lanciare attacchi missilistici contro le loro basi.
Questo
è il modo in cui gli Stati Uniti e i britannici sostengono gli attacchi
terroristici dell’Ucraina contro la Russia, perché l’Iran non potrebbe fare
altrettanto?
Chi la
fa l’aspetti.
In
ogni caso, gli “Houthi” non devono affondare una nave perché la loro strategia
sia efficace.
Maersk
continuerà a sospendere tutte le spedizioni nel Mar Rosso.
Reuters, 02.01.2024
“Maersk”
non perderà denaro mettendo in pausa le spedizioni nel Mar Rosso.
Sarà solo una scusa per gonfiare i costi e
aumentare i loro già lauti guadagni.
Tuttavia,
questa non è una buona notizia per le economie di base di Europa e Stati Uniti,
che avrebbero bisogno di tirare il fiato.
Bisognava
fare qualcosa.
Israele
sta ritirando migliaia di truppe da Gaza, come possibile preludio a
un’offensiva ridimensionata.
“ AP
News”, 02.01.2024
È
improbabile che questa “offensiva ridimensionata” avvenga ora, anche se si
parla molto del piano israeliano di trasferire i gazesi in Congo o in qualche
altro posto in Africa.
Forse
ricorderete che anche Hitler voleva scaricare gli ebrei in Africa.
Non aveva funzionato.
Questo
aveva portato ad Auschwitz, il precursore di “Gaza City”.
MA…!
Gli
Stati Uniti e gli israeliani stanno perdendo dappertutto: a Gaza, nel Mar
Rosso, contro Hezbollah e certamente nei confronti dell’opinione pubblica
mondiale.
Si
potrebbe anche dire che entrambi i Paesi stanno perdendo contro sé stessi.
Il centro non reggerà.
Ogni
cosa crolla; il centro non può reggere;
Assoluta
l’anarchia dilaga nel mondo,
Dilaga
la marea sporca di sangue, e ovunque
Il
rito dell’innocenza annega.
(La seconda venuta – William Butler
Yeats)
Ridurre
l’intensità del conflitto dovrebbe servire a guadagnare spazio per una spinta
finale, ma invece comunica la debolezza fondamentale dell’Occidente.
Ci si
può aspettare che l’Iran, gli Houthi, Hezbollah e i gruppi militanti in Iraq e
Siria alzino la posta in gioco.
“Ansar
Allah” ha già annunciato l’addestramento di 20.000 riservisti “Houthi”, già
collaudati, per combattere gli israeliani a Gaza – o forse in Libano.
Se la
Corte internazionale di giustizia si pronuncerà contro Israele – come dovrebbe
accadere – le cose peggioreranno.
E non
solo per Israele.
Come
possono allora gli Stati Uniti vantarsi di essere un difensore del diritto
internazionale?
L’imperatore è nudo e i suoi attributi
penzolano al vento.
Non è
bello da vedere, soprattutto in un anno di elezioni.
Si
teme un’escalation dopo l’uccisione di un deputato di “Hamas”.
“ SBS
News”, 03.01.2024
La
situazione si farà più calda.
Come
avete visto nel mio ultimo articolo, gli Stati Uniti e Israele sono molto bravi
a fare cose sempre più stupide, proprio come lo è stato l’assassinio di “Mousavi”.
Mentre
fingono di apparire razionali e di ridurre la tensione, intensificano gli
attentati.
Questi
sono segni di disperazione – non diversamente da come ha fatto “Zelensky”,
ordinando gli attacchi terroristici a “Belgorod”, con l’aiuto del Regno Unito e
degli Stati Uniti.
Gli
Stati Uniti hanno il diritto di esistere?
Presto
dovremo mettere in discussione non solo il diritto all’esistenza di Israele, ma
anche il diritto all’esistenza di Stati Uniti e Regno Unito.
Una
nazione che conduce guerre contro l’umanità ha il diritto di esistere, anche se
lo fa con il consenso e la complicità della sua popolazione?
Queste
erano le domande che erano state poste alla Germania e al Giappone dopo la
Seconda Guerra Mondiale.
E, semplicemente, la risposta era stata che
non potevano esistere come avevano fatto in precedenza.
Presto
ci saranno le elezioni negli Stati Uniti.
Supponendo
che “Genocide Joe” non abbia un ictus o non venga assassinato dal “Mossad”,
Trump sarà il prossimo presidente.
Questo
è l’uomo che aveva fatto uscire “John Bolton” dalla gabbia. Come sostenevo già
nel 2020, non c’è fondamentalmente alcuna differenza tra “Democratici e
Repubblicani” – e certamente non tra Biden e Trump – è solo una questione di
stile.
I
“Neocons”, “Biden”, “Trump”…
In
definitiva, la colpa non è loro, ma del popolo americano.
(Julian
Macfarlane)
(julianmacfarlane.substack.com)
(julianmacfarlane.substack.com/p/american-genocide)
LA
MONTAGNA DELLA “UE” E
IL
TOPOLINO DEL” NUOVO
PATTO
DI STABILITÀ”
Comedonchisciotte.org
- Redazione CDC – (09 Gennaio 2024) - Domenico Moro – ci dice:
Patto-di-Stabilità.
Con la
pandemia di Covid-19 e la forte crisi economica ad essa connessa, il Patto di
Stabilità, basato sui vincoli del 3% al deficit e del 60% al debito, era stato
sospeso fino alla fine del 2023.
In circa 20 anni in cui sono stati in vigore, i
vincoli al debito e al deficit hanno dato una pessima prova di sé, contribuendo
a determinare la stagnazione dell’economia della UE.
La crescita europea è stata talmente risicata
da determinare la perdita di posizioni economiche a livello mondiale nei
confronti dei Paesi emergenti, in particolare della Cina.
Ad esempio, la UE a 27 è scesa, tra 2003 e
2022, dal 19,1% al 13,8% delle esportazioni mondiali, mentre la Cina è salita
dal 7,6% al 18,3%.
Consci
di questa situazione di decadenza economica, dovuta non solamente ma certamente
almeno in parte a come era stato congegnato il Patto di Stabilità, la
Commissione europea e molti Paesi hanno colto al balzo l’occasione della
sospensione del Patto di stabilità per chiederne una modifica sostanziale.
Il
fronte della riforma è composto dai Paesi con maggiori difficoltà debitorie
pubbliche, specialmente quelli con debito superiore al 100%: Grecia (160,9%),
Italia (139,8%), Francia (109,6%), Spagna (107,5%), Belgio (106,3%) e
Portogallo (103,4%).
Come
si può facilmente osservare si tratta di una fetta molto ampia della
popolazione della UE, che comprende la seconda, la terza e la quarta economia
europea.
Non
proprio una bazzecola.
A contrastare il fronte della riforma si è
eretto il solito fronte dell’austerity e della severità di bilancio, che è
rappresentato dalla Germania, unica tra le grandi economie, e dai suoi
satelliti, i cosiddetti “frugali”, in particolare l’Olanda, la Danimarca,
l’Austria e la Finlandia.
Il
primo passaggio nella riforma del Patto di Stabilità è stata la riunione dell’ Eco
Fin”, ossia il consesso dei Ministri finanziari della UE, che, su
sollecitazione della Commissione europea, hanno stilato una bozza di nuovo
Patto, che dovrà passare al vaglio del Parlamento europeo e della Commissione
europea, probabilmente entro gennaio 2024.
Per ora, quindi, limitiamoci a vedere in cosa
consiste la bozza concordata dai vari governi per il tramite dei loro Ministri
dell’Economia e delle Finanze.
Quello
che appare evidente è che la montagna della “UE” (o del debito pubblico
europeo, se si preferisce) ha partorito un vero topolino.
Chi
avesse pensato che la riforma del Patto avrebbe tenuto conto delle esigenze di
maggiori flessibilità e trasparenza e soprattutto della necessità di maggiori
investimenti pubblici manifestate da alcuni Paesi, da molti economisti e dalla
Commissione europea stessa è rimasto deluso.
Il
nuovo piano è più complesso e meno trasparente, frutto pasticciato com’è della
mediazione tra la Francia – capofila dei riformatori – e la Germania – capofila
dei conservatori.
L’approccio
è sempre lo stesso:
i
Paesi con debito eccessivo devono impegnarsi, sotto la tutela degli organismi
europei, in un percorso di drastica riduzione del debito, proponendo un piano
di aggiustamento di durata quadriennale che è allungabile a sette anni se il
Paese si impegna a seguire un programma di investimenti e riforme approvato e
monitorato dalla Commissione.
Ma
come avverrà la diminuzione del debito?
Ricordiamo che il “vecchio Patto” prevedeva
che si dovesse ridurre il debito in 20 anni riducendo di un ventesimo all’anno
l’eccedenza di debito rispetto al limite “virtuoso” del 60%.
Si trattava di un obiettivo così
irraggiungibile e di un meccanismo così lontano dalle specificità dell’economia
dei singoli Paesi che nessuno l’ha mai messo in pratica.
La sua modificazione era quindi inevitabile.
Il
nuovo Patto di Stabilità prevede, per i Paesi che superano il 90% di debito sul
Pil, una riduzione del debito stesso di almeno un punto percentuale all’anno in
media.
Questa
regola vale per tutti, contraddicendo quanto aveva raccomandato la Commissione
in merito alla differenziazione da adottarsi per rispettare le specificità dei
singoli Paesi.
L’altra
novità riguarda il vincolo al deficit.
Nel
vecchio Patto il vincolo di cui tener conto era di non superare un deficit del
3% del Pil.
Ora il
vincolo per i Paesi con debito superiore al 90% prevede che il deficit non
possa superare l’1,5% del Pil.
Un drastico inasprimento del vincolo.
In particolare si prevede un miglioramento del
deficit primario (al netto della spesa degli interessi) dello 0,4% all’anno in
media se si è in presenza di un piano di aggiustamento di quattro anni e dello
0,25% se si è in presenza di un piano di aggiustamento della durata di sette
anni. Come si vede il piano si incentra su troppi vincoli da rispettare
simultaneamente e su regole matematiche valide per tutti senza tenere conto
delle condizioni specifiche dei singoli Paesi.
In
tutto questo appare evidente come il grande sconfitto dell’accordo
franco-tedesco sia il governo italiano della Meloni, che era partito pretendendo lo
scorporo dal computo del deficit e del debito di tre importanti capitoli di
spesa statali:
difesa,
transizione ecologica e transizione digitale.
Nessuna
di queste richieste è stata accolta, neanche quella riguardante le spese
militari, malgrado le dichiarazioni entusiastiche in merito del Ministro della
Difesa Crosetto.
Piuttosto
ambiguamente le spese per la difesa saranno considerate “un fattore rilevante
nella definizione dell’aggiustamento”.
L’unica
concessione dei Paesi fautori della severità di bilancio ai riformatori, in
particolare alla Francia, è quella del regime transitorio tra 2025 e 2027,
durante il quale il costo del servizio al debito – cioè il pagamento degli interessi sui
titoli di Stato – non verrà considerato, permettendo di limitare l’onere
dell’aggiustamento del deficit.
È un escamotage utile a molti governi
attualmente in carica, che non varrà per i governi successivi.
Significative
dei limiti del nuovo Patto e della sconfitta del governo Meloni sono le parole
del Ministro dell’Economia e delle Finanze italiano, Giancarlo Giorgetti:
“Noi
abbiamo chiesto un trattamento diverso per le spese nella difesa e negli
investimenti per le transizioni digitale e verde per ragioni che nascono dal
senso della storia.
Nei
prossimi anni questi sono i filoni fondamentali dello sviluppo, e l’Europa li
affronterà con le mani legate dietro la schiena mentre Stati Uniti e Cina ci arriveranno
con ben altro slancio.
Purtroppo
però l’Europa non è riuscita a darsi una postura politica e a spiccare il
volo”.
Infatti, l’investimento europeo in questi
settori appare veramente esiguo, specie se consideriamo che gli USA hanno
stanziato per la doppia transizione, soprattutto quella digitale, 280 miliardi
di dollari attraverso il “Chips and Science Act” e 369 miliardi di dollari
attraverso l’”Inflation Reduction Act”.
Il
giudizio complessivo di Giorgetti sul nuovo Patto è lapidario:
“…il testo finale è frutto di un lavoro di
aggiunta e superfetazione, una sorta di Zibaldone in cui sono perfettamente
riconoscibili le parti chieste dalla Germania, dalla Francia dall’Italia e così
via.
Questo
non faciliterà i passaggi successivi, da quello nel Parlamento europeo fino al
trilogo”.
Quindi,
il nuovo Patto, nella sua formulazione provvisoria peggiora la proposta
originaria della Commissione europea fino a ottenere un quadro più complesso e
meno trasparente.
Soprattutto non rappresenta un vero
miglioramento rispetto al Patto precedente, anzi per qualche verso presenta
addirittura un peggioramento.
Eppure
le crisi che si sono succedute negli ultimi anni – la crisi dei mutui del 2008,
la crisi del debito del 2011 e la crisi del covid-19 del 2020 – hanno
dimostrato che le rigidità delle regole sul deficit e sul debito rendono le
crisi, che ricorrentemente interessano il modo di produzione capitalistico,
ancora più devastanti.
Ai vincoli di bilancio si è sommata la stretta
sui tassi d’interesse – il costo del denaro – praticata dalla BCE per
combattere l’inflazione, che ha reso ancora più difficile per le imprese
prendere a prestito denaro per fare nuovi investimenti e ha contribuito a far
ripiombare l’UE nella stagnazione dopo la ripresa post lock down del 2021.
Di
fronte alla carenza di investimenti produttivi privati, che mette piombo sulle
ali dell’economia europea, l’unica soluzione sarebbe l’intervento dello Stato
mediante investimenti pubblici.
Ma, come abbiamo visto, le regole europee lo
impediscono, senza contare che l’esigenza di tagliare il debito dell’1% in
media annua determina il restringimento delle spese sociali, a partire dalla
spesa sanitaria.
Secondo gli analisti del “Bruegel”, un “think
tank belga”, le nuove regole obbligano l’Italia a un avanzo primario (cioè
all’eccedenza delle entrate sulle uscite, al netto degli interessi sul debito)
del 3,3% del Pil fino ad arrivare al 4,7%, per rispettare la clausola della
discesa media del debito dell’1%.
Si
tratterebbe di accantonare nel bilancio pubblico una cifra enorme, pari a circa
90 miliardi all’anno, prima di pagare gli interessi.
L’impossibilità
a dare luogo a una vera riforma del Patto di Stabilità è l’ulteriore conferma
della strutturale irriformabilità della UE e soprattutto della conseguente
impossibilità a far fronte alla decadenza economica dell’Europa di fronte alle
altre principali realtà geopolitiche, quali USA e Cina.
La UE del resto non è un vero organismo
sovrannazionale bensì un organismo intergovernativo, che prende le sue
decisioni mediante una faticosa negoziazione tra Stati con economie diverse e
con interessi non conciliabili. Appare così chiaro che i trattati europei rappresentano una
gabbia per le economie continentali, che per i singoli stati non è possibile
superare se non con l’uscita dalla UE stessa.
(Domenico
Moro).
(Domenico
Moro si occupa di globalizzazione e di economia politica internazionale. È
autore di Globalizzazione e decadenza industriale e Nuovo compendio del
Capitale; Eurosovranità o democrazia? Perché uscire dall’euro è necessario,
Meltemi, Milano 2020.)
(Eppure una via d’uscita ci sarebbe:
Basterebbe
che in veri Padroni del sistema bancario europeo si decidessero a smettere di
mettersi in tasca segreta (Paradisi Fiscali) ogni anno cifre folli di denaro!
Solo
per l’Italia è a suo carico la bella sommetta di 300 miliardi di euro (che
invece di essere di competenza degli stati dell’UE) prende la VIA DEI PARADISI
FISCALI ogni anno.
COME?
“Loro”
hanno inventato un metodo di redazione dei Bilanci Bancari per cui tutto
l’importo dato in prestito alla clientela in un anno viene registrato come “PASSIVO”
di bilancio.
(Nella
realtà i prestiti alla clientela sono stati effettuati mediante la creazione
istantanea di denaro dal nulla : ossia un “attivo bancario”- a tutti gli effetti - creato dal nulla! ).
A
questo punto le organizzazioni internazionali create appositamente per il
controllo dei bilanci bancari a livello internazionale si trovano in mano un
“ATTIVO” incredibile al posto del “PASSIVO” registrato.
Questo
“nuovo attivo ”viene inviato alle banche
dei padroni del mondo situate nei paradisi fiscali nei rispettivi conti
segreti. Ed Il gioco è fatto.
Tutti
contenti e felici.
Certo
rimangono stupiti solo i coglioni che accettano queste vere truffe contabili!
N.D.R.).
Il
Potere del Popolo.
Conoscenzealconfine.it
– (10 Gennaio 2024) - Gloria Callarelli – ci dice:
Se ne
parla da mesi e dunque, anche se il via libera riportato in Gazzetta Ufficiale
è arrivato solo ora, era già tutto scritto.
Quello
che l’”Europa”, l’”Oms”, le “lobby” dettano è praticamente cosa fatta. A meno che il popolo non decida di
dire basta.
Se
anche solo per un attimo ne sentite parlare su qualche giornale mainstream, o
in qualche programma, o esce dalla bocca di qualche personaggio famoso, sia che
salga su un palco o che reciti in Parlamento, significa che hanno aperto “la
finestra di Overton” e che tutto ciò che vogliono che entri, entrerà.
È solo
questione di tempo.
Inutile
protestare sui social, inutile ribellarsi seduti comodamente sul divano o al
tavolino di un bar.
Tutto quello che chiamano transizione o nuova
normalità è già qui o la faranno passare.
Non ha
più senso lamentarsi a meno che, appunto, non ci si attivi in prima persona.
Nel
nostro umilissimo giornale, come in altri indipendenti, si è parlato mesi fa di
farina di insetti, di insetti, di multinazionali e sondaggi sugli insetti, di
insetti e battaglia contro Dio, di carne modificata geneticamente, di colture
geneticamente modificate, di programmi europei, di fiumi di denari che questi
organismi spendono per la ricerca, per creare il cibo artificiale del futuro.
Magari
a otto zampe,
ma
suvvia nutriente… sostenibile e in grado di sconfiggere la fame nel pianeta.
Esistono
già dei filmati, visibili su “Your Tube”, di famose organizzazioni
internazionali che vanno mostrando un sacchetto o una barretta pronta per nutrire le
popolazioni del Terzo mondo.
Cosa pensate possa esserci in quella barretta
“miracolosa”?
E
nonostante tutto quanto detto, quanti hanno protestato nelle piazze? Chi si è
indignato a voce alta?
Di
certo i soliti, quelli che magari vengono presi e condannati.
Non certo quelli che fanno le passerelle, non
quelli che sulle poltrone ci stanno comodi, non quelli che fondano estemporanei
partiti di protesta (e poi magari fanno dietrofront).
E, purtroppo, non tutto il popolo…
Ecco,
questo è il punto:
il
popolo deve rifiutare in massa, unito, denunciando senza se e senza ma, queste
schifezze.
Chi ci
assicura che non le troveremo presto nei ristoranti?
Chi ci assicura che domani una legge non ne
permetterà un maggiore utilizzo?
Chi ci
assicura che nel 2050 potremmo ancora scegliere cosa mangiare?
Ci
avevano pensato le multinazionali, i Davos, i Bill Gates, fondazioni come la
Barilla, insieme a tante altre realtà e strutture, a preparare i “consumatori”
molto tempo fa.
Non ci
stupisca dunque questa pubblicazione a firma dei solerti Lollobrigida, Urso,
Schillaci.
Le
delibere europee degli ultimi anni hanno dato il là a tutto questo e reso
legale la commercializzazione di questi nuovi “alimenti”, non ponendo nessun
limite ad essi purché l’utilizzo sia indicato in etichetta.
L’Italia della sovranità ormai perduta – checché ne
dica il nome del ministero e qualche slogan di partito di governo – ubbidisce.
E
allora zitti e mangiatevi gli insetti, perché ne va della salute.
Mica
la vostra (a proposito attenzione alle allergie), ma quella del pianeta
ovviamente.
Invece
no:
boicottiamo, uniamoci in piazza a chi sta già
facendo sentire la propria voce, cominciamo a spenderci in prima persona per
informare altri e rifiutare, nei modi legittimi, questo schifo.
Unitevi
e fate le vostre opportune rimostranze.
Non
lasciamo che le notizie passino oltre, non accontentiamoci di scrivere una riga
di protesta su un social.
L’Agenda
2030 è lunga e fitta di nefandezze:
“ Ztl
green”, “controllo sociale” e “auto elettriche per i ricchi”, “intelligenza
artificiale”:
chi
più ne ha più ne metta.
Se non ci si oppone quando si è ancora in tempo, come
vedrete, sarà troppo tardi poi per lamentarsi.
(Gloria
Callarelli)
(fahrenheit2022.it/2024/01/05/farina-di-insetti-cibo-europa/)
(comedonchisciotte.org/il-potere-del-popolo/)
LE
MODERNE TECNICHE DI TORTURA
SONO
UN’INVENZIONE DELLA GRAN BRETAGNA.
Comedonchisciotte.org
- Markus – (10 Gennaio 2024) - Kit Klarenberg - english.almayadeen.net – ci
dice:
Frank
Kitson aveva paragonato le tecniche di contro insurrezione alla cattura di un
pesce e le popolazioni civili delle aree in cui operano i gruppi nemici come
"l'acqua in cui nuota il pesce".
Il 2
gennaio, Frank Kitson, ufficiale dell’esercito britannico per tutta la vita,
scrittore e teorico militare, è morto serenamente nel sonno alla veneranda età
di 97 anni.
È stata un’uscita di scena immeritatamente
dignitosa per un individuo che, per gran parte della sua vita, era stato
responsabile, direttamente e indirettamente, di sofferenze inflitte a
moltissime persone. Probabilmente, molti continueranno a subire le conseguenze
negative dei suoi insegnamenti per decenni a venire.
Kitson
era stato un pioniere nel campo della contro insurrezione, definita come
“l’insieme delle azioni volte a sconfiggere le forze irregolari“.
I suoi
vari punti di vista sull’argomento erano stati influenzati dall’esperienza
britannica nelle brutali e asimmetriche guerre contro le ribellioni
nazionaliste e i tentativi di rivoluzioni in tutto il Sud globale, mentre, alla
fine della Seconda Guerra Mondiale, L’Impero Britannico si disintegrava
rapidamente.
In molti casi, si era letteralmente trovato in
prima linea in queste sanguinose dispute.
Kitson
aveva scritto una serie di libri sulle tecniche di contro insurrezione che
avevano avuto un’enorme influenza a livello internazionale.
La cosa più nota è che le strategie da lui
proposte per “sconfiggere le forze irregolari” erano state impiegate durante i
“Troubles“, la guerra sporca segreta di Londra contro la popolazione cattolica
dell’Irlanda del Nord e l’Esercito Repubblicano Irlandese (IRA).
Da allora, questi metodi sono stati utilizzati
più volte con effetti devastanti in teatri di guerra nazionali ed esteri, da
parte di diversi governi.
Persino
i necrologi mainstream più comprensivi nei confronti di Kitson sono stati
costretti a riconoscere questa eredità altamente controversa.
Il Times di Londra ha osservato come, nei suoi
ultimi anni di vita, Kitson “fosse ancora perseguitato da cause legali” per
aver guidato la guerra della Gran Bretagna contro i Cattolici durante i
Troubles.
Come
risultato del suo incarico, “le minacce alla sua sicurezza personale e a quella della sua
famiglia sono continuate fino alla fine “, ha scritto il giornale.
In
questi elogi funebri è mancato qualsiasi riferimento ad una componente centrale
e clandestina del credo brevettato di Kitson nei riguardi della contro insurrezione:
una forma di tortura molto specifica e
unicamente britannica.
Praticate
attivamente ed esportate all’estero da Londra per decenni, queste tecniche di
maltrattamento sono state adottate da moltissimi eserciti, agenzie di sicurezza
e di intelligence e forze di polizia.
Così
come le vittime principali delle battaglie contro le “forze irregolari” sono
invariabilmente civili innocenti, i comuni cittadini del mondo sono stati le
vittime finali di questa spinta mefitica.
La
“copertura propagandistica.”
Nell’autunno
del 1969, le alte sfere dell’esercito britannico avevano personalmente affidato
a Kitson una missione estremamente delicata.
Doveva
iscriversi all’Università di Oxford e produrre una tesi “per rendere l’esercito
pronto ad affrontare la sovversione, l’insurrezione e le operazioni di
mantenimento della pace” nel decennio successivo, se non oltre.
Il 42enne tenente colonnello era il candidato
ideale per questo ruolo.
La
vittoria di Pirro sui nazisti aveva gravemente indebolito Londra dal punto di
vista finanziario e militare, spingendo le popolazioni delle sue colonie e dei
suoi possedimenti imperiali a sollevarsi in massa contro i loro oppressori.
Questo
aveva portato ad aspre guerre di fine impero in tutti i continenti. Kitson era
stato un veterano di due guerre:
la
ribellione Mau Mau del 1952-1960 in Kenya e l’emergenza malese del 1948-1960.
Lì aveva assistito in prima persona
all’innovazione da parte dei Britannici di nuovi e feroci modi per affrontare
minacce non convenzionali in tempo reale.
Kitson
era stato inviato ad Oxford in un momento in cui Londra lottava disperatamente
per contenere un’altra ribellione popolare.
Nell’Irlanda
del Nord, l’escalation delle tensioni tra cattolici indigeni e colonizzatori
protestanti aveva portato nell’agosto 1969 al formale al dispiegamento
dell’esercito britannico in tutta la regione.
Dopo
essere stati accolti come protettori, [per i soldati inglesi] la situazione era
rapidamente andata fuori controllo.
Le “forze di pace” si erano trovate
invischiate in interminabili battaglie senza via d’uscita contro l’insurrezione
dell’IRA e i civili cattolici ostili.
Nel
settembre 1970, Kitson aveva assunto il comando della 39a Brigata dell’esercito
britannico, responsabile del mantenimento della pace a Belfast e in gran parte
della parte orientale dell’Irlanda del Nord.
Casualmente,
la sua tesi era stata pubblicata non molto tempo dopo con il titolo “Low Intensity Operations: Subversion,
Insurgency and Peacekeeping” [Operazioni a bassa intensità: sovversione,
insurrezione e mantenimento della pace].
Accolto
con un certo sollievo da soldati, capi militari e funzionari governativi alle
prese con la gestione dei “Troubles“, il suo contenuto aveva provocato
indignazione in alcuni ambienti pubblici.
Particolarmente
preoccupanti erano i passaggi in cui Kitson sosteneva che non sarebbe stato
possibile condurre azioni di contro insurrezione “contro coloro che praticano
la sovversione” rispettando le tipiche condizioni civili, legali e politiche.
Sosteneva
invece che le libertà, le protezioni e i normali diritti civili avrebbero
dovuto essere sospesi, prima di intraprendere operazioni militari contro
“obiettivi irregolari“.
In
tali contesti, le leggi non avrebbero potuto “rimanere imparziali ed [essere
amministrate] senza alcuna direzione da parte del governo “.
“La
legge dovrebbe essere usata come un’altra arma nell’arsenale del governo… una
copertura propagandistica per eliminare i membri indesiderati del pubblico.
Affinché
ciò avvenga in modo efficiente, le attività dei servizi legali devono essere
connesse allo sforzo bellico nel modo più discreto possibile “.
Altrove,
Kitson aveva paragonato le operazioni di contro insurrezione alla cattura di un
pesce, e le popolazioni civili delle aree in cui operano i gruppi nemici come
“l’acqua in cui nuota il pesce “.
Aveva
sostenuto che, se un pesce non può essere catturato con mezzi tradizionali come
una rete o una canna, “potrebbe essere necessario fare qualcosa all’acqua che
costringa il pesce in una posizione in cui possa essere catturato.
Potrebbe essere necessario uccidere il pesce
inquinando l’acqua “.
Le
Cinque Tecniche.
Nell’agosto
del 1971, nell’Irlanda del Nord era iniziata l’operazione “Demetrius”.
I soldati britannici erano andati di casa in
casa in tutta la regione, arrestando in massa i sospetti dell’IRA e i loro
familiari, spesso sulla base di informazioni obsolete o del tutto false, al
servizio dell'”internamento”.
Questa
politica era del tutto in linea con le dichiarazioni di Kitson sulla contro insurrezione
ed era stata eseguita sotto il suo diretto controllo.
Il risultato era stato una lunga detenzione senza
processo per centinaia di sospetti di “terrorismo”.
Durante
la detenzione, affinché confessassero, gli internati venivano sottoposti ad
alcune o a tutte le “Cinque Tecniche” di tortura studiate da Londra.
Questi metodi, in linea con la filosofia della
contro insurrezione di Kitson, si erano evoluti nel corso dei vari conflitti
britannici di fine impero.
Ai
Cattolici erano stati risparmiati i peggiori eccessi degli orrori inflitti alle
popolazioni indigene.
Per
esempio, alle donne cattoliche internate non venivano abitualmente conficcate
nei genitali, bottiglie rotte, canne di fucile, coltelli, serpenti e uova
bollenti, come avveniva in Kenya con le donne sospettate di essere “Mau Mau”.
Tuttavia,
ciò che veniva fatto ai detenuti può essere considerato estremamente barbaro.
Nel
novembre di quell’anno, un alto comandante dei corpi di intelligence
dell’esercito britannico aveva redatto una storia ufficiale dello sviluppo dei
metodi di interrogatorio militare di Londra a partire dalla Seconda Guerra
Mondiale.
I suoi
contenuti erano così delicati e scioccanti che gli alti funzionari governativi
avevano espresso il desiderio che il rapporto rimanesse segreto per un secolo.
Invece, il documento è stato declassificato dopo soli
trent’anni.
In
breve, la Gran Bretagna aveva messo a punto un sistema di tortura che combinava
posizioni di stress prolungate, esposizione a rumore bianco, privazione dei
sensi e interruzione di cibo, bevande e sonno.
Le
Cinque Tecniche potevano essere applicate a chiunque in quasi ogni contesto,
costavano poco o nulla e non lasciavano segni fisici sulle vittime.
Pertanto, la denuncia pubblica, lo scandalo o
l’incriminazione per abusi dei diritti umani e/o crimini di guerra erano
estremamente improbabili, se non impossibili.
Il
dolore fisico e la devastazione psicologica inflitti dalle Cinque Tecniche
erano comunque sempre enormi.
Nelle
posizioni di stress, i detenuti venivano spogliati, poi costretti ad indossare
tute da lavoro e cappucci senza bottoni, prima di essere obbligati a stare in
piedi con le gambe divaricate, piegati in avanti con le braccia tenute in alto
contro un muro, sostenendo tutto il loro peso con le sole dita.
Contemporaneamente,
nelle loro celle veniva immesso un incessante rumore bianco.
Se un
prigioniero non manteneva la posizione di stress, veniva picchiato fino a
fargliela rispettare.
Un
sistema molto semplice.
Il
rapporto dell’”Intelligence Corps” spiega che questi metodi sono stati
applicati negli ultimi tre decenni a prigionieri di guerra, rifugiati,
guerriglieri e spie.
Il rapporto contiene una lunga sezione che
documenta l’impiego e il perfezionamento delle “Cinque Tecniche” in numerose
contro insurrezioni, discutendone l’efficacia e i risultati.
Ad esempio, l’autore cita il modo in cui i
“terroristi Mau Mau” in Kenya “erano stati persuasi sotto interrogatorio a
cambiare credo politico e, successivamente, a guidare le pattuglie britanniche
contro i loro ex compagni “.
Nel
Camerun britannico del 1960/1, “i membri di un gruppo sovversivo della vicina Repubblica
del Camerun erano stati arrestati sul territorio controllato dalla Gran
Bretagna, che stavano usando come base “.
Una
squadra dell’esercito si era installata in una “dependance di un hotel
convertito” per interrogare 20 “soggetti di alto livello“, 15 dei quali
“avevano cooperato in pieno dopo essere stati torturati.”
“Le
informazioni ottenute includevano tutti i dettagli sui campi di addestramento
dei ribelli in Marocco e in altri Paesi dell’Africa nord-occidentale, persino i
programmi dei corsi “.
Nel
giugno 1963, gli interrogatori dell’esercito britannico si erano recati nello “Swaziland”,
un protettorato di Londra, dopo che 1.500 lavoratori di una miniera di amianto
di proprietà britannica avevano scioperato, chiedendo un salario base di 1
sterlina al giorno.
Per un’ironia perversa, “si pensava che il problema delle
richieste salariali fosse stato creato da un’organizzazione sovversiva”, piuttosto che da legittime e
ragionevoli rimostranze per i bassi salari pagati dai loro padroni coloniali.
Dopo
che agli scioperanti erano state applicate le Cinque Tecniche e, data la loro
estrazione razziale, anche metodi sicuramente più raccapriccianti, “non era stata trovata alcuna
organizzazione sovversiva” dietro gli scioperi.
Questo
“risultato negativo” era stato comunque considerato “prezioso “, in quanto
“aveva rapidamente dimostrato che la causa delle agitazioni erano le lamentele
locali “.
Lo
sforzo era stato anche “efficace nel chiarire i problemi di lavoro “, aveva
commentato il rapporto.
Ovviamente, quando la politica industriale si
traduce in tortura, i lavoratori imparano rapidamente a stare in riga.
Nel
marzo 1971, nell’Irlanda del Nord era stato allestito un centro di
interrogatori dell’esercito britannico in una “base dismessa“.
Il sito “non era perfettamente idoneo al compito, ma
era il migliore disponibile “, si legge nel rapporto.
La
scena era quindi pronta perché i Cattolici potessero essere sottoposti alle
Cinque Tecniche nella più totale impunità.
Le tattiche selvagge sperimentate e affinate contro
Africani, Asiatici e Latino-americani venivano portate “a casa” sul suolo
britannico.
Gli
autori del rapporto avevano compreso la mostruosità che avevano creato.
Avevano
sottolineato l’importanza di addestrare i soldati britannici a resistere a
tecniche di interrogatorio comparabili e a sapere “cosa aspettarsi dalle mani
di un nemico senza scrupoli “.
È
comunque probabile che alle reclute britanniche sia stata risparmiata
l’indegnità di essere picchiati, presi a calci nei genitali ed avere la testa
fracassata contro i muri, come era successo a molti internati cattolici.
Il
risultato in tutti i casi era dolore prolungato, esaurimento fisico e mentale,
grave ansia, depressione, allucinazioni, disorientamento e ripetute perdite di
coscienza.
Nessun
detenuto si è mai ripreso completamente dall’internamento:
il trauma psicologico a lungo termine era
universale.
Tuttavia,
sembra che solo 14 prigionieri siano stati sottoposti a tutte le Cinque
Tecniche.
Erano
diventati noti come gli “Incappucciati” e, nel 1976, il loro caso era stato
esaminato dalla “Commissione Europea per i Diritti Umani”.
La
Commissione aveva stabilito che le tecniche costituivano tortura.
Il
caso era stato poi deferito alla “Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”, che,
due anni dopo, aveva sorprendentemente deliberato che le Cinque Tecniche, pur
essendo “inumane e degradanti” e violando l’articolo 3 della “Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo”, non costituivano tortura.
Nel
2014, dopo che era stato rivelato che i ministri del governo britannico avevano
espressamente autorizzato l’uso delle Cinque Tecniche nell’Irlanda del Nord,
Dublino aveva chiesto alla CEDU di rivedere la sua decisione.
Quattro anni dopo, la Corte aveva rifiutato.
Il
rapporto declassificato dell’”Army Intelligence Corps” britannico rileva che
molti Paesi stranieri “mostrano un notevole interesse” per le Cinque Tecniche,
e che studenti provenienti da Stati Uniti, Paesi Bassi, Giordania, Belgio,
Germania, Norvegia e Danimarca partecipavano regolarmente alle sessioni di formazione
convocate da Londra.
“I nostri alleati europei guardano al Regno Unito per
avere consigli… il nostro sistema, anche se molto semplice, è ammirato “, si
vanta il rapporto.
Questo
sicuramente spiega perché le Cinque Tecniche non possono essere formalmente
riconosciute [come tortura] dal tribunale per i diritti umani più influente e potente
del mondo.
(Kit
Klarenberg)
(english.almayadeen.net)
(english.almayadeen.net/articles/analysis/how-britain-invented-modern-torture)
(Kit
Klarenberg è un giornalista investigativo che esplora il ruolo dei servizi di
intelligence nel plasmare la politica e l’opinione pubblica).
GLI
IRANIANI CHE PIACCIONO AI
POLITICI
OCCIDENTALI SONO DEI TERRORISTI.
Comedonchisciotte.org
- Redazione CDC – (09 Gennaio 2024) - Alireza Niknam – ci dice:
Vietato
l'ingresso in Albania a “Rajavi”, leader terrorista del “MEK”.
L’”Organizzazione
Mojahedin del Popolo dell’Iran” (MEK) è un’entità paramilitare che ha iniziato
le sue attività in Iran nel 1966.
Dopo
la vittoria della “Rivoluzione Islamica iraniana” nel 1979, questa
organizzazione affermò che la” Rivoluzione Islamica dell’Iran” aveva avuto
luogo grazie a loro.
I”
Mujahedin del Popolo”, fallito l’assalto al potere, iniziarono a combattere
contro Teheran nel 1981.
Il “MEK”
si è reso responsabile di molti atti terroristici contro la Repubblica
Islamica.
Ha
compiuto operazioni terroristiche grandi e piccole.
In
totale, più di 17.000 iraniani sono stati uccisi nella sua guerra contro
l’Iran.
Il più
importante degli attacchi del “MEK” è stato il bombardamento dell’ufficio del
Primo Ministro e della “sede del partito della Repubblica Islamica”.
Il
Presidente “Mohammad Ali Radjaie”, il Primo Ministro “Mohammad Bahonar” e il “capo
della Corte Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran” furono martirizzati in
questi due attacchi.
Il “MEK” fuggì dall’Iran in Iraq e, con il
sostegno di “Saddam Hussein”, prese le armi contro il proprio Paese e partecipò
a due operazioni contro la propria nazione.
Dopo
il cessate il fuoco tra Iran e Iraq, l’”Organizzazione Mojahedin del Popolo”,
sostenuta con le armi dal dittatore iracheno, attaccò l’Iran per conquistare
Teheran in pochi giorni.
Una
volta giunto in Iran, questo gruppo commise atti efferati come dare fuoco a
persone, bruciarle e impiccarle.
Questa organizzazione si considera ora come la
“paladina dei diritti umani” e l’”alternativa alla Repubblica Islamica”, ma ha
sempre cercato con tutte le sue forze e con tutti i mezzi di attaccare l’Iran.
Alla
fine del regno di Saddam Hussein sull’Iraq, dopo circa 25 anni, con il sostegno
finanziario di alcuni Paesi arabi e il supporto diretto degli americani, il “MEK”
fu espulso dall’Iraq e si stabilì in “Albania”.
L’”Organizzazione
dei Mujahidin del Popolo,” essendo presente in Europa, ha cambiato il suo
comportamento solo in apparenza.
Ha
assunto la posizione di opposizione civile e ha iniziato ad agire contro il
popolo dell’Iran islamico. Una di queste azioni è l’organizzazione di riunioni
annuali.
Le loro riunioni si tengono da molti anni in
Francia e in Albania.
Questi
incontri mirano agli obiettivi mediatici di cambiare faccia:
da un
volto terroristico a un volto democratico di opposizione o di alternativa alla
Repubblica Islamica dell’Iran.
Tuttavia,
non sono riusciti a raggiungere questo obiettivo.
Perché
i relatori e i partecipanti sono ex figure politiche e pensionati senza alcun
potere nei loro Paesi.
In
effetti, vale la pena sottolineare che il “MEK” sa che “la stima dei Servizi di
Intelligence” che lo sostengono li informa ripetutamente sulla loro irrilevanza
tra il popolo e, sollevando questioni come l’alternativa al regime iraniano e
il suo rovesciamento, cerca di nascondersi tra gli occidentali.
Dopo tutto, questo gruppo con tutti i suoi mezzi, le
sue capacità e le sue strutture fa parte dell’”opposizione della Repubblica
islamica” e i Paesi nemici sono obbligati a rafforzare gruppi come i “Mojahedin
del Popolo”, se sperano di causare problemi all’Iran.
Anche
se la portata di questo movimento non va oltre la pubblicità mediatica prima e
dopo questi incontri, ciò spiega l’identità nascosta di questa falsa
propaganda.
Uno
sguardo alle altre attività mediatiche e ai sostenitori di questo gruppo mostra
che tutti i partecipanti alle conferenze promosse dal “MEK”, anche se sono
politici famosi, hanno una cosa in comune:
si sono ormai ritirati dal mondo della
politica e del potere, e non c’è quasi nessuna speranza che vi ritornino.
Ecco
perché si coordinano così strettamente con i “Mujahedin del Popolo iraniano”.
John
Bolton, Gingrich, Lopez, Turki Faisal, ecc…
Personaggi
che non hanno ormai più alcun posto nei sistemi politici dei loro rispettivi
Paesi.
Per
loro, partecipare alla riunione del “MEK” è più che altro un interesse
commerciale e professionale.
L’elenco delle somme pagate dai “Mojahedin del Popolo
dell’Iran” a questi pensionati, che a volte arriva a 80 mila dollari per un discorso
di due minuti, conferma che questo tipo di eventi è solo parte di una grande e falsa
pantomima progettata da un gruppo terroristico.
È sorprendente che anche i testi dei discorsi
siano preparati da membri del “MEK”.
In altre parole, i relatori a queste riunioni
sono prenotati per un’ora.
Il trattamento riservato a” Rudy Giuliani”,
uno dei conferenzieri invitati alla riunione a “Ville pinte” (Parigi), è un
esempio del fatto che queste persone, prima di partecipare, non si vedono più
come politici all’interno della struttura di potere, ed è per questo che si
trovano a un evento del genere:
per guadagnare più soldi.
In definitiva,
va detto che la chiusura delle riunioni del” MEK” richiede una grande forza di
volontà, in cui i governi occidentali, compresa la Francia, potrebbero
impegnarsi, a condizione che, invece di obiettivi politici, si occupino della vera lotta al
terrorismo.
Anche
l’Albania dovrebbe intraprendere azioni decise contro il MEK/PMOI per limitare
maggiormente questo gruppo terroristico e il popolo albanese dovrebbe essere
informato che mantenere questo gruppo nella propria nazione non ha alcun
beneficio ed è pericoloso:
ciò ha
recentemente causato attacchi informatici massicci a diverse organizzazioni del
Paese e questo dovrebbe far capire al Governo di Tirana il prezzo elevato che
gli albanesi pagano per mantenere un gruppo terroristico sul proprio territorio.
(Alireza
Niknam)
(Alireza
Niknam, reporter e ricercatore nel campo dei gruppi terroristici, in
particolare il gruppo terroristico di Mujahedin-e Khalq (MEK). Oltre al giornalismo è commentatore
politico e consulente del TerrorSpring Institute nel campo dell’antiterrorismo.)
MELONI
APPIATTITA ALLA
LOBBY
5G: ITALIA INVASA
DI
NUOVE ANTENNE PIÙ POTENTI.
Comdonchisciotte.org
- Redazione CDC – (08 Gennaio 2024) - oasisana.com - Maurizio Martucci – ci
dice:
Non è
bastato il pericolosissimo, contestato e controverso aumento dei limiti sugli
d’inquinamento elettromagnetico diventato legge il 31 Dicembre 2023.
Con un
nuovo decreto legislativo sul “Codice delle Comunicazioni elettroniche”, già
approvato in via preliminare a Palazzo Chigi nel Consiglio dei Ministri, adesso
Giorgia Meloni, Adolfo Urso e Raffaele Fitto vogliono pure passare
all’incontrollata predazione dei territori per velocizzare senza più freni
l’installazione di antenne 5G in tutti i Comuni d’Italia.
La scusa è quella di velocizzare i tempi
nell’agevolazione burocratica della posa di nuove stazioni radio base che, col
wireless, irraggiano agenti possibili cancerogeni nell’aria.
Niente più vincoli, deroghe al controllo delle
Arpa regionali, addio ai regolamenti municipali, addio ai Piani per la
localizzazione delle antenne (quelli che individuano siti sensibili come scuole, ospedali,
case di cura).
Insomma, ipersemplificazione massima delle procedure
come una vera e propria deregolamentazione legalizzata, l’assalto finale alla
diligenza di un Paese svenduto nell’aria pubblica e nel proprio suolo:
dopo
aver aumentato i livelli di esposizione per la popolazione, ora si aumentano le
antenne e ripetitori, ovunque, mentre con “Starlink Elon Musk” – in trattiva
con “Open Fiber” e “Governo” – sta pianificando l’assalto dal cielo per
inondarci di “radiofrequenze 5G” sopra le nostre teste.
Una
manovra particolarmente insidiosa, quella dell’ennesimo decreto legislativo,
visto che entro la fine di Aprile proprio Regioni e Comuni saranno chiamati ad
esprimersi sulla legge che fa schizzare l’elettrosmog.
Ma a quanto pare, evidentemente in una botte
di ferro tra opposizione assente, maggioranza parlamentare compiacente e
municipi poco graffianti e incisivi, il Governo Meloni dimostra apertamente di non temere
affatto l’ipotizzata impuntatura degli enti locali, anzi, e con quest’ulteriore decreto
ad esclusivo appannaggio delle richieste della lobby del 5G, se ancora ce ne
fosse bisogno
chiarisce inequivocabilmente di volersi assumere una gravissima responsabilità
politica nella predazione dei territori, fregandosene di vincoli ambientali,
paesaggistici e di appelli sanitari alla prevenzione del danno.
Il
vero volto della transizione digitale è questo.
Totalitario
e distopico.
“Il
testo aggiorna e adegua le disposizioni vigenti all’evoluzione, veloce e
incisiva negli ultimi anni, della tecnologia relativa ai servizi di
comunicazione elettronica (connessione 5G) – recita il comunicato stampa del
Consiglio dei Ministri diffuso il 19 Dicembre 2023 – in particolare
l’innovazione e la realizzazione delle infrastrutture digitali (ripetitori per
le connessioni 5G; cavi in fibra ottica), sostenute anche dal PNRR.
A tal
fine sono apportati correttivi anche alle disposizioni procedurali in un’ottica
di semplificazione e riduzione dei tempi burocratici”.
La proposta arriva dal Ministro per gli Affari
europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR” Raffaele Fitto” e dal
solito Ministro delle imprese e del Made in Italy “Adolfo Urso”.
Per
capirne di più, abbiamo ascoltato il parere di “Giuseppe Teodoro”, tecnico,
vice-presidente di “Ecoland”, già intervenuto nel teatro d’inchiesta FUORI ONDA
per denunciare i pericoli del “5G”.
Più che un’intervista, quelli che seguono sono commenti di “Teodoro” ad ogni
passaggio del decreto legislativo di riforma del” Codice delle Comunicazioni
elettroniche”, così come già approvato in sede preliminare dal “Governo Meloni”.
I
punti incriminati, sono maggiormente tre, eccoli in esclusiva su “OASI SANA”:
Art.
1, comma 6. Viene aggiunto all’art. 8 del D.lgs. 259/2003 il comma 2-bis, che
dispone che: “Le Regioni e gli Enti locali favoriscono la realizzazione delle reti di
comunicazione elettronica non limitando a particolari aree del territorio la
possibilità di installazione”.
COMMENTO
di GIUSEPPE TEODORO:
“Tale disposizione mira a sottrarre ai comuni
il potere regolamentare di gestire la localizzazione degli impianti attraverso
una analitica pianificazione, secondo i criteri indicati dall’art. 8, comma 6
della Legge 36/2001.
E
poiché esso e l’unico strumento a disposizione degli enti locali per
razionalizzare nel proprio territorio le infrastrutture, secondo criteri di
composizione delle esigenze di copertura del servizio radioelettrico e di
tutela della popolazione dalla esposizione ai campi elettromagnetici e di
salvaguardia dell’ambiente, non è opportuno accogliere una disposizione che
estende illimitatamente la disponibilità dei territori ad accogliere sorgenti
di emissione elettromagnetica”.
Art.
1, comma 18.
Vengono
apportate modifiche all’art. 43 del D.lgs. 259/2003, in particolare all’art. 4
e sostituito dal seguente:
“L’autorizzazione all’installazione delle reti
pubbliche di comunicazione elettronica comprende la valutazione di
compatibilità delle relative opere infrastrutturali con la disciplina
urbanistica ed edilizia e costituisce titolo unico per la loro installazione”.
COMMENTO
di GIUSEPPE TEODORO:
“Tale disposizione, in un’ottica di eccessiva
semplificazione, tende ad accorpare la valutazione dell’autorizzazione alla installazione
di infrastrutture con quella relativa alla disciplina urbanistica delle stesse.
Essa
rappresenta una pericolosa forzatura, in quanto rischia di privare l’ente locale del suo potere di verificare
la compatibilità urbanistica dell’impianto ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001 n.
380 .
(cfr.
in tal senso ex multis: Corte Costituzionale, Sentenze: n. 129 del 23 marzo
2006; n. 265 del 21 giugno 2006 e Ord. n. 203 del 18 maggio 2006; Corte di
Cassazione Penale, sez. III, n. 12318, del 23 marzo 2007; Consiglio di Stato
sez. VI n. 1768 del 2008; Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3534 del 15 giugno
2006; Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4000 del 26 luglio 2005)”.
Art.
1, comma 20. Modifiche all’art. 45 del D.lgs. 259/2003, con l’inserimento di un
nuovo comma 4-bis:
“…sono
soggette ad autocertificazione di attivazione […] le installazioni e le
modificazioni, ivi comprese le modificazioni delle caratteristiche trasmissive
degli impianti di cui al presente articolo, degli impianti radioelettrici per
trasmissione punto-punto e punto-multipunto e degli impianti radioelettrici per
l’accesso a reti di comunicazione ad uso pubblico con potenza massima al
connettore d’antenna inferiore o uguale a 10 watt e con dimensione della
superficie radiante non superiore a 0,5 metri quadrati”.
Comma
4-ter:
“…l’installazione e l’attivazione di apparati di rete
caratterizzati da una potenza massima trasmessa in uplink inferiore o uguale a
100mW, e da una potenza massima di connettore di antenna, in dowlink, inferiore
o uguale a 5 W, e aventi un ingombro fisico non superiore a 20 litri, possono
essere effettuate senza alcuna comunicazione all’ente locale e agli organismi
competenti ad effettuare i controlli di cui all’art. 14 L. 36/2001”.
COMMENTO
di GIUSEPPE TEODORO:
“Tale disposizione introduce l’ennesima
procedura semplificativa per le tipologie di impianti che raggiungono una
potenza di 10 watt, derogando ai vincoli di controllo che spetterebbero agli “enti
locali”, ma anche alle ”Arpa regionali”.
Art. 1, comma 26. Modifiche all’art. 54-bis
del D.lgs. 259/2003: “nei casi di installazione delle infrastrutture di cui
agli articoli 44, 45, 46, 47 e 49…”.
COMMENTO
di GIUSEPPE TEODORO:
“Con tale disposizione si apportano modifiche
alla norma che fa eludere l’applicazione del vincolo paesaggistico di cui
all’art. 142, comma 1, lett. h) d.lgs. 42/2004 ad alcune tipologie di impianti
radioelettrici, estendendo tale deroga anche agli impianti temporanei (art. 47)
e a quelli per il cui impatto e contemplata l’autorizzazione dell’ente locale
(art. 44).
Si
tratta di una disposizione irricevibile, poiché, estendendo la deroga per il
controllo del vincolo paesaggistico ad ogni tipologia di impianto, consente, di
fatto, la localizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica in
ogni ambito del territorio, senza alcun limite di carattere ambientale”.
(Maurizio
Martucci)
(oasisana.com/2024/01/08/governo-meloni-appiattito-alla-lobby-altri-favori-al-5g-litalia-sara-invasa-di-nuove-antenne-piu-potenti-notizia-esclusiva-oasi-sana/).
“CINA”
OLTRE I LIMITI:
LA
MISSIONE MENGXIANG
VERSO
IL MANTELLO TERRESTRE.
Comdonchisciotte.org – Gianluca Riccio - Redazione
CDC – (07 Gennaio 2024) – ci dice:
(futuroprossimo.it)
La
nave cinese “Mengxiang” si prepara per un'impresa senza precedenti: esplorare
il mantello terrestre, superando tutte le barriere scientifiche.
C’è un
mondo sconosciuto proprio sotto i nostri piedi, e ora un’audace spedizione si
prepara a esplorarlo.
La
nave cinese “Mengxiang” è come una macchina del tempo che ci porta indietro
alla nascita del nostro pianeta, tentando di raggiungere il mantello terrestre.
Questo
strato profondo della Terra, mai visto direttamente dagli occhi umani,
custodisce segreti eterni sulla storia e la struttura della Terra.
Il
viaggio verso l’inesplorato.
Il
mantello terrestre, che si estende dalla crosta fino al nucleo esterno del
pianeta, è una regione misteriosa e quasi inaccessibile.
Composto principalmente da roccia solida,
questo “strato” ha catturato l’immaginazione degli scienziati per decenni,
forse anche più del nucleo.
Ora,
la missione cinese della “Mengxiang” è pronta a sfidare i limiti della
conoscenza umana, proponendosi di perforare oltre 7.000 metri sotto il fondale
oceanico per vedere, cito a braccio, “dove nessun uomo ha mai messo piede “.
Se vi
sembra incredibile, pensate che questa straordinaria nave ha il potenziale per
perforare fino a 11.000 metri di profondità nel mare.
Esplorare
il mantello terrestre: tecnologie e sfide.
Per
raggiungere il mantello terrestre, la “Mengxiang” dovrà superare sfide tecniche
immense.
La
nave è dotata delle più moderne tecnologie di perforazione e può operare in
aree di navigazione illimitate, anche grazie ad un sistema di propulsione
all’avanguardia.
Ma la sfida non è solo tecnologica; le
condizioni estreme di temperatura e pressione del mantello presentano un
ostacolo significativo.
Ogni
metro perforato e duramente “conquistato” sarà una nuova lezione di geologia.
La
missione cinese ci avvicinerà alla comprensione della composizione e del
comportamento del mantello terrestre.
La
conoscenza di questo strato può letteralmente rivoluzionare la nostra
comprensione delle dinamiche terrestri.
Potremo
ottenere dettagli cruciali sulla tectonica a placche, sui processi vulcanici e
sul ciclo geologico del carbonio.
Questa
missione potrebbe anche svelare se la vita è possibile in condizioni estreme,
verificando l’eventuale presenza di microbi o organismi nelle profondità della
biosfera.
Oltre
i confini del possibile.
Nonostante
le sue avanzate capacità, il “viaggio” della “Mengxiang” verso il mantello
terrestre è un’impresa che richiede collaborazione internazionale e
pianificazione strategica.
Il costo finanziario e le sfide tecniche richiedono un
approccio collaborativo e innovativo.
La missione non è solo un traguardo per la
ricerca marina, ma anche un simbolo di progresso nella scienza e tecnologia.
È la
cosa più vicina ai racconti di Jules Verne che io abbia visto negli ultimi
anni:
siamo vicini a nuove verità sulla Terra, ma
anche ad ispirare future generazioni di scienziati ed esploratori a sognare e a
superare i limiti del possibile.
Buon
lavoro, ragazzi.
(Gianluca
Riccio)
(futuroprossimo.it/2024/01/cina-oltre-i-limiti-la-missione-mengxiang-verso-il-mantello-terrestre/).
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