Il potere del denaro.
Il potere del denaro.
Il
Potere del denaro
svuota
le democrazie.
Lanuovcontrocorrente.it
- Giano Accame -autore – (20-5-2022) – ci dice:
Descrizione.
Questo
è più un libro di politica, che di economia: tratta del denaro come di una
forza che è diventata sovrana.
Un grande elettore straniero, il mercato finanziario,
vota ogni giorno in casa nostra ed ha più potere di noi corpo elettorale sui
governi e sul Parlamento.
L’usurpazione
s’avvale di un’immensa liquidità calcolata in dollari per la maggior parte
virtuali.
Alla
fine del 1997 il circolante degli Stati Uniti aveva un valore di 475 miliardi
di dollari, ma la liquidità internazionale è valutata sui 9mila miliardi di
dollari, mentre i prodotti finanziari derivati (consistenti in scommesse su
prezzi futuri) raggiungono la cifra fantastica di 60mila miliardi di dollari.
Con
una massa d’urto di dollari inesistenti il mercato svuota e piega le
democrazie.
Protagonisti
della globalizzazione finanziaria, i money manager dei fondi pensione, dei
fondi d’investimento, delle assicurazioni, contano più dei ministri e dei
deputati, non ancora giunti culturalmente a comprendere la trasformazione che
li espropria, insieme ai popoli, del loro potere.
Milioni
di disoccupati sono vittime della finanza speculativa, che per movimentare ogni
giorno migliaia di miliardi di dollari nelle Borse e sul mercato dei cambi non
investe in durevoli imprese volte all’occupazione.
Giano
Accame, riprendendo anche altri suoi scritti, lo ha spiegato in sei lezioni
tenute ad Atri per un corso di perfezionamento in valori monetari promosso
dall’Università di Teramo.
Le ripropone qui alla classe politica ignara,
sollecitando da parte delle democrazie nazionali e continentali (l’Europa
dell’euro) una presa di coscienza.
Per
una riscossa delle nazioni dallo strapotere di una plutocrazia apolide ed
irresponsabile (nel senso che non è tenuta oggi a rispondere a nessun potere elettivo), che destabilizza gli equilibri
economici e politici del pianeta.
Cronache
della Pandemenza.
Un
Natale in Modalità “Brain off”.
Conoscenzealconfine.it
– (24 Dicembre 2023) - Piero Cammerinesi – ci dice:
Se
cerco, magari al mattino, ancora a metà tra sonno e veglia, di collegare i
puntini del momento storico attuale, a volte mi sembra di essere un marziano
appena sceso su questo pianeta.
Forse
sarò stato suggestionato da “Elon Musk”, che ci ha promesso di portarci entro
pochi anni sul pianeta rosso, ma tant’è, le immagini che mi vengono incontro
sono di un delirio senza fine.
La
pandemenza è stata contagiosa, non solo dal punto di vista della ‘viralità‘
fisica o psicologica, ma anche perché la “modalità brain off”,
spegni-il-cervello, mi pare abbia conquistato un gran numero di nuovi adepti.
Mentre
escono studi su studi che dimostrano la relazione causale tra i “sieri
salvifici” e ogni sorta di patologie gravissime, con un numero crescente di
morti improvvise tra giovani e meno giovani, gran parte delle persone
continuano a non accorgersi dell’abisso che si sta aprendo sotto i loro piedi.
Mai
come in questo Natale ho percepito insensata, volgare, finanche blasfema la
corsa agli acquisti, la gara nel dilapidare la tredicesima – per chi ha ancora
la fortuna di riceverla – in cibarie e doni, la maggior parte dei quali
destinata a finire nel dimenticatoio, quando non nella spazzatura.
Il
tutto intasando di traffico le città con buona pace del “nuovo credo green”.
Ma, naturalmente, si deve permettere ai
sudditi qualche licenza, quindi di combustibili fossili in questi giorni non si
parla, né tantomeno del gas che i Paesi NATO – Turchia in primis – continuano
ad acquistare sottobanco dalla Russia, mentre a gran voce lo negano.
Panem
et circenses.
Lasciateli
svagare, poi la festa finirà e riprenderemo a strangolarli.
Si
parla però dell’argomento del giorno:
i
pandori e le uova di Pasqua della Ferragni.
Tutti preoccupati per il silenzio social
dell’influencer che dura ormai da più di 5 giorni.
Dopo
essersi vestita praticamente da monaca senza un filo di trucco per mostrarsi
contrita e quasi “umana”, la cosa incredibile – per un marziano come me – è che
la tuta del “pentimento” è andata a ruba in poche ore al trascurabile costo di
600 euro.
Che
volete che siano 600 euro di tuta grigio topo per chi segue l’influencer più
ricca d’Italia?
Si fa
questo ed altro per disattivare il cervello e crederci non come siamo ma come
vorremmo essere.
Così
tra una corsa nelle cittadelle degli acquisti ed una vacanza esotica si
avvicina questa orgia di baldoria, che nei Paesi anglofoni non chiamano più da
tempo” Christmas” – non sarebbe inclusivo e poi potrebbe offendere i non
cristiani – ma “Xmas”.
Avete
notato che “Christ” viene sostituito da una croce non dritta ma di traverso?
Sarà un caso.
In fondo sono i complottisti e i negazionisti
che parlano di correlazioni, no?
Infatti,
che c’entra Gesù Cristo con quella che viene definita “holiday season”?
Magari
sarebbe il Suo compleanno… ma che importa?
In
fondo è così “woke” festeggiare un compleanno senza ricordarsi di “Chi è la
festa”, no?
Da
perenni imbucati.
Dicevo,
tra una corsa per gli acquisti ed una discesa sugli sci, si guarda ormai con
distacco quasi infastidito al sistematico genocidio che si sta compiendo in
Terra Santa – scusate se noi marziani la chiamiamo ancora così in questo
pianeta ormai proiettato verso la vita (quasi) eterna e il microchip sottopelle
– nella totale indifferenza, complicità o – nel migliore dei casi – impotenza
dell’intero mondo cosiddetto civile.
Con
l’ONU in prima fila, dove, a parte le coraggiose esternazioni di “Antonio
Guterres”, siamo in mano ad una genìa di servi sciocchi che prendono ordini da
criminali psicopatici.
Non
vengono mostrati più le immagini dei cadaveri degli oltre 5.000 bambini
macellati a Gaza, rovinerebbero l’apericena e la corsa agli acquisti.
Ma
qualcuno ha dedicato un solo pensiero al fatto che proprio nei luoghi dove è
nato il Protagonista del Natale si sta compiendo una strage al cui confronto
quella di Erode impallidisce?
Al
fatto che avrà pure un senso questa recrudescenza di inciviltà e barbarie in un
mondo che ci ostiniamo a chiamare civile?
In
effetti, la celebrazione del Natale a Betlemme quest’anno è stata annullata.
I leader cristiani hanno rinunciato all’albero
di Natale in “Manager Square,” alle decorazioni stradali ed alle celebrazioni
di ogni genere per solidarietà con i palestinesi di Gaza.
Quest’anno,
insomma, Gesù non nasce a Betlemme.
Dell’Ucraina,
poi, non si parla più da un pezzo;
anche quella è una storia ormai obsoleta.
Dopo
esserci sgolati a sostenere una parte o l’altra, tra insulti e minacce, cosa ci
interessa in fondo delle centinaia di migliaia di ragazzi che hanno perso la
vita su entrambi i fronti?
E poi,
se non ne parlano in TV, ci sarà pure un motivo, no?
Già,
la TV.
Un
aneddoto personale:
mi
ricordo che quando, quasi vent’anni fa ormai, ci trasferimmo a Los Angeles,
anche se non guardavamo da tempo la televisione in Italia, acquistammo un
abbonamento di TV via cavo, per poter meglio conoscere il Paese e essere al
corrente di quanto accadeva.
C’erano
allora oltre 200 canali, la cui qualità era persino inferiore a quella già
scadente delle emittenti europee, italiane in testa.
Possibile,
direte voi, ancora più bassa? Ebbene sì.
Ovviamente
dopo pochi mesi decidemmo di interrompere l’abbonamento lasciando solo l’ADSL
(in genere negli USA i due sono collegati) per il collegamento al Web.
Parlammo
con un operatore che, incredulo alla nostra richiesta, iniziò a farci delle
offerte al ribasso:
“Se
mantenete la “cableTV” vi dimezzo il costo”.
“No
guardi, non ci interessa…” “Come, non vi interessa? Vi tolgo altri 20 dollari…”
“No, grazie, proprio no.”
Alla
fine prese atto della nostra scelta anche se, nei mesi seguenti, venimmo
contattati ancora diverse volte finché si rassegnarono alla nostra – per loro
incredibile – decisione.
Questo
breve aneddoto evidenzia una cosa molto semplice:
la TV
– e con essa tutti i mezzi di comunicazione in mano a chi dirige l’umanità con
modalità zootecnica – è la droga cui non si può rinunciare.
Questo,
sì, il vero virus contagioso che infetta quotidianamente i pensieri
dell’umanità.
Umanità
che crede di vivere su un pianeta normale dove si parla della tuta monacale
della Ferragni e non del genocidio di Gaza;
dei nuovi sieri magici e non delle morti
improvvise;
dell’ultimo
femminicidio (termine insensato e mistificatorio) e non della quotidiana
violenza sui bambini causata dall’ideologia gender;
della
mancanza di neve sulle piste e non delle migliaia di giovani morti nelle gelide
trincee ucraine.
Ecco,
tutto sommato, mi piacerebbe molto essere il marziano dell’incipit, prendere la
mia astronave e ritornare da dove sono venuto, anche se poi, in fondo, so che
la lascerei ripartire senza di me, restando qui a combattere quotidianamente
per questa umanità in “modalità brain off”, sperando di essere in grado di
trasmettere qualche pensiero sensato…
E dopo
questi poco festosi pensieri, auguro comunque a tutti un “Natale brain on”, in
modalità “accendi-il-tuo cervello”.
E
possibilmente anche il cuore, ce n’è davvero bisogno perché il Natale non è
solo il centro della cultura e della civiltà occidentale ma anche un evento
spirituale universale, persino per noi… marziani.
(Piero
Cammerinesi -
liberopensare.com/cronache-della-pandemenza-un-natale-in-modalita-brain-off/).
Mes:
la freddezza del Quirinale e il silenzio
della
Banca d’Italia sul sorprendente
No
della Meloni.
Msm.com – First Online - Franco Locatelli –
(26-12-2023) – ci dice:
Per un
Paese altamente indebitato come l’Italia, che deve ogni giorno sperare nella
benevolenza dei mercati finanziari e dei partner occidentali per finanziare il
proprio debito pubblico, rifiutare lo scudo protettivo del Mes è autolesionismo
puro e dilettantesco infantilismo.
Incrociare le dita nella speranza che non ci capiti
addosso una crisi finanziaria o bancaria è il meno che si possa fare ma, anche
se non arrivasse tra di noi un nuovo cigno nero, con la sorprendente bocciatura
del Mes abbiamo offerto il petto alla speculazione che ha buon gioco a
individuare nell’Italia il punto debole del sistema finanziario internazionale.
Le banche italiane, per quanto siano solide, hanno
qualche ragione in più di preoccuparsi e per convincersi che il Governo Meloni,
in aggiunta allo scivolone di luglio sull’extra tassa sui profitti bancari, è a
tutti gli effetti un Governo anti-mercato.
Quando
scatta il combinato disposto sovranista Salvini-Meloni arriva sempre qualche
guaio:
finanziario
ma anche politico ed istituzionale.
Sono
in molti a pensare, e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti lo ha
preannunciato, che la sciocca furbata sul Mes la pagheremo cara.
Non
solo perché siamo nel mirino dei mercati ma perché ci siamo rivelati
inaffidabili agli occhi dei nostri partner europei, Francia e Germania in
testa, che non ci faranno sconti su tutti i prossimi dossier comunitari.
Questa
preoccupazione è forte nell’establishment italiano e ai vertici delle nostre
istituzioni e due elementi la simboleggiano più di altri:
la
freddezza del Quirinale verso la premier Giorgia Meloni e il silenzio della
Banca d’Italia.
La
freddezza del Quirinale nasce dagli atteggiamenti irriguardosi di Meloni che il
No al Mes enfatizza.
La
collaborazione istituzionale tra il Presidente Sergio Mattarella e la premier
Giorgia Meloni era nata sotto i migliori auspici ed è durata per tutta la prima
parte dell’esperienza del Governo di destra-centro, ma si è inceppata
dall’estate scorsa e da quando la Presidente del Consiglio ha cominciato a
collezionare passi falsi e atteggiamenti irriguardosi verso il Quirinale.
A
partire dal suo viaggio ferragostano a Tirana e dal controverso accordo di
trasferimento di migranti dall’Italia i canali della comunicazione tra
Quirinale e Palazzo Chigi si sono raffreddati.
Il Presidente Mattarella ha saputo solo a cose
fatte dell’accordo Italia-Albania, così come a cose fatte ha saputo
dell’intenzione del Governo di non onorare il trattato internazionale sul Mes.
Ma il
gelo è calato anche dopo le ripetute bugie della Meloni sul premierato e sui
conseguenti effetti della riforma costituzionale sulle prerogative e sulle
funzioni del Presidente della Repubblica.
Meloni
non perde occasione per rassicurazione sulla difesa del ruolo di garanzia
istituzionale del Capo dello Stato, ma è la prima a sapere che, nella forma
attuale, la proposta di premierato lede i poteri del Presidente della
Repubblica, non fosse altro perché si immagina il futuro premier eletto dal
popolo e il Capo dello Stato no.
Gli
scomposti attacchi del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, a Mattarella
hanno fatto il resto.
Il Capo dello Stato è persona estremamente
corretta e non interferirà nel gioco politico ma di sicuro non lascerà che si
offuschi il ruolo della Presidenza della Repubblica, almeno finché non verrà
realmente approvata la confusa riforma costituzionale del Governo.
Ma
negli ultimi giorni è stato ed è soprattutto l’isolamento europeo dell’Italia
con il No al Mes ad allarmare il Quirinale e ora tutti aspettano, con ancora
maggior curiosità del solito, il messaggio televisivo di fine anno del
Presidente.
Pur
con tutto il garbo istituzionale che gli è proprio, nella sera del 31 dicembre
Mattarella ne accennerà?
No al
Mes: il silenzio della Banca d’Italia non è sinonimo di assenso.
Attesa
per il pronunciamento di Panetta.
La
preoccupazione per i pericoli di isolamento europeo ed internazionale
dell’Italia e per l’indebolimento delle difese del Paese rispetto a eventuali crisi
finanziarie e bancarie è anche della Banca d’Italia.
Tutti
sanno che il “nuovo Governatore Fabio Panetta” è amico della premier Giorgia
Meloni, ma che è anche un fervido europeista, come ha dimostrato nel board
della Bce, e aspettano di mettere alla prova la sua indipendenza dal potere
politico.
La prassi istituzionale non prevede che il
nuovo Governatore insorga all’improvviso contro il No al Mes del Governo ma
tutti pensano che Panetta saprà trovare il modo, l’occasione e le parole giuste
per segnalare i pericoli ai quali la mancata adesione al Mes espone l’Italia
sia sul piano finanziario che su quello bancario.
L’occasione giusta potrebbe essere quella del
debutto di Panetta al Forex di Genova dove dovrà intervenire il prossimo 10
febbraio.
Ma non
è detto che il nuovo Governatore non trovi il modo per pronunciarsi sul rifiuto
del Mes anche prima.
Di
certo il provvisorio silenzio di via Nazionale sul voltafaccia dell’Italia sul
Mes non è un segnale di assenso.
Le
banche e il potere
di
creare moneta.
Sbilanciamoci.info - Andrea Baranes – (5
Maggio 2014) – ci dice:
Oggi
la finanza privata crea oltre il 90 per cento della moneta circolante. Un
gigantesco buco al cuore delle nostre economie di mercato.
“Tutto
quello che avete imparato sulla moneta dai libri di testo di economia è
sbagliato”.
Parola
della Banca Centrale d’Inghilterra che rimette in discussione le teorie
classiche riconoscendo che, all’opposto di quanto solitamente considerato, non
sono le banche centrali ma quelle commerciali a creare moneta ogni volta che
concedono un prestito e a determinare la quantità di moneta circolante.
In
pratica i prestiti concessi dalle banche non sono legati alla massa di depositi
a disposizione, ma è il contrario. Quando una banca concede un prestito non preleva la somma dai
conti dei correntisti ma “crea” del denaro.
Tale
denaro scompare successivamente dal sistema con il ripagamento del prestito
(come avviene con il pagamento delle rate di un mutuo).
Alla
fine ci sarà un saldo pari agli interessi pagati.
(Le
banche creano denaro dal nulla. Ad esempio in un anno l’insieme delle
principali banche italiane concedono prestiti alla clientela, creando denaro
dal nulla, per circa 1.500 miliardi di euro.
Nei
libri dei bilanci bancari però, viene registrato come “Passivo “l’importo
totale annuale che l’insieme delle principali banche italiane concede in
prestito, ossia l’importo di 1.500 miliardi di euro annuali.
Ormai
è assodato che il denaro creato dal nulla durante un anno è un vero e proprio
“Attivo “creato dal nulla, ma registrato dalle banche nel bilancio annuale come
un “Passivo”.
Questo
significa che alla fine di un anno l’insieme delle maggiori banche italiane su
1.500 miliardi di prestiti concessi alla clientela (registrati come “passivo”
mentre che è un vero “attivo” contabile) le banche “frodano “allo Stato italiano
un importo di un “Attivo non dichiarato” pari al 20% dell’importo totale dei
prestiti annuali concessi.
Ossia
ogni anno circa 300 miliardi di euro (che fanno parte dell’attivo non
dichiarato al fisco) vengono sottratti in Italia alla tassazione fiscale
obbligatoria.
A
molti sembra oscuro o incredibile questo fatto. Ma così è nella realtà.
Lo
“scandalo” finanziario deriva dal fatto incontrovertibile che generare denaro
dal nulla significa creare nuova ricchezza per le banche.
Tanto
più che l’”utile tassabile creato ogni anno” ammonta a 1.500 miliardi di euro
relativi alla somma dei prestiti concessi alla clientela con il sistema della
creazione di denaro creato dal nulla. N.D.R.)
Con il
diffondersi delle cartolarizzazioni tale quantità di denaro creata può crescere
a dismisura.
Semplificando,
una cartolarizzazione permette di trasformare un credito in un titolo
finanziario da rivendere sui mercati.
In pratica la banca concede un mutuo, ma non
aspetta mese dopo mese il rimborso delle rate.
Costruisce
invece un’obbligazione che dipende dal pagamento di queste rate.
I vantaggi per la banca sono diversi:
da un lato si disfa del rischio che il
mutuatario smetta di pagare (sono ora gli acquirenti delle obbligazioni a farsi
carico di tale rischio), dall’altro toglie dai propri bilanci il mutuo, e
rientra immediatamente dei capitali corrispondenti, potendoli utilizzare per un
nuovo prestito, e quindi per nuova creazione di moneta.
Chiaramente
le banche centrali continuano a mantenere un ruolo di primo piano, e la
quantità di denaro creata dipende dalle politiche monetarie, sia fissando i
tassi di interesse (il cosiddetto “costo del denaro”) sia tramite operazioni di
“quantitative easing” (ovvero l’emissione di moneta da parte di una banca
centrale per acquistare titoli).
Di
fatto, però, oggi oltre il 90% della moneta circolante viene creato dalla
finanza privata, non da quella pubblica.
Il
“Chicago Plan.”
Partendo
da tali considerazioni già negli anni ’30 dello scorso secolo alcuni economisti
pubblicarono un “Programma per la riforma monetaria” e un memorandum successivamente
conosciuto come “Chicago Plan” che proponeva tra le altre cose di abolire la riserva
frazionaria e di obbligare le banche ad avere il 100% di riserve sui depositi.
Di
fatto, obbligare le banche ad avere 100 di depositi per potere prestare 100
equivaleva a rimettere in questione la possibilità che le banche private
possano creare denaro, restituendo tale prerogativa delle banche centrali.
Alla
luce dei disastri degli ultimi anni e dell’evidente ipertrofia della finanza,
proposte analoghe sono ora tornate prepotentemente in primo piano.
Sono quelle portate avanti dal “movimento
Positive Money” , e addirittura recentemente riprese dal FMI.
È però ancora più clamoroso che le stesse idee
siano state rilanciate nei giorni scorsi dal “Financial Times”, in un articolo
intitolato “togliete alle banche private il loro potere di creare moneta” a firma di “Martin Wolf”, uno dei
suoi giornalisti più importanti.
Già
dall’attacco la posizione è chiara:
“stampare banconote false è illegale”, ma
creare moneta privata no.
L’interdipendenza
tra lo Stato e il privato che rende ciò possibile è la fonte di gran parte
dell’attuale instabilità delle nostre economie.
Potrebbe
– e dovrebbe – essere terminata”.
Secondo”
Wolf” addirittura il 97% della moneta viene oggi creata dalla finanza privata.
La soluzione più forte sarebbe come accennato
quella di obbligare le banche ad avere il 100% di riserve sui depositi.
Già
gli estensori dell’originale “Chicago Plan” degli anni ’30 segnalavano come
questo avrebbe enormemente ridotto i problemi associati ai cicli economici, le
crisi bancarie e il debito pubblico.
Danno
o vantaggio per l’economia?
Se
sono diversi i vantaggi che potrebbero derivare da un tale cambiamento, la
critica che viene più spesso ripetuta riguarda i presunti impatti sull’economia
a seguito di un crollo nell’erogazione di credito.
Se le
banche private per concedere un prestito devono interamente dipendere dalla
moneta messa in circolazione dalle banche centrali e dai depositi dei
correntisti, non si rischia un drastico taglio, se non una vera e propria
paralisi, nel finanziamento alle imprese e ai cittadini?
In
realtà la mancanza di credito per le imprese e l’economia esiste ed è
drammatica anche con l’attuale sistema, che si dimostra del tutto incapace di
operare nell’interesse generale.
Da un lato abbiamo una sterminata massa di denaro alla
continua ed esasperata ricerca del massimo profitto nel minore tempo possibile,
dall’altra parte moltissime imprese e attività sono escluse dai servizi
finanziari.
Il
problema nell’erogazione del credito non è quindi quanta moneta venga creata e
da chi, ma più propriamente come assicurarsi che il denaro messo in circolo
finisca alla “economia reale”.
Tale
evidenza sembra rafforzare la considerazione che creazione di moneta ed
erogazione di credito sono due cose separate.
La
prima non ha ricadute positive sulla seconda, mentre la crescita a dismisura
della moneta circolante esaspera instabilità e crisi, e sottrae strumenti di
politica monetaria e finanziaria a Stati e banche centrali.
Riguardo
l’accesso al credito, la questione è quindi come riportare la finanza a essere
uno strumento al servizio dell’economia e delle persone, e non un fine in sé
stesso per fare soldi dai soldi e come incanalare il denaro verso i bisogni dell’economia
e non verso finalità speculative.
In questa direzione sono diverse le proposte sul
tavolo, sia per tenere distinte le diverse attività, come avverrebbe con la
separazione tra banche commerciali e banche di investimento, sia
disincentivando e rendendo meno convenienti le operazioni speculative, per
indirizzare il denaro verso l’intermediazione creditizia e l’economia
produttiva (vanno
in questa direzione una tassa sulle transazioni finanziarie, dei limiti sui
derivati, la chiusura del sistema bancario ombra e altre proposte analoghe).
Quali
politiche monetarie.
Un
problema del tutto simile si pone anche per le banche centrali e l’efficacia
delle attuali politiche monetarie, posta l’ipertrofia e l’instabilità
intrinseca di una finanza che assorbe sempre più capitali.
Come
fare sì che la liquidità arrivi all’economia e non rimanga “incastrata” in una
finanza autoreferenziale?
Per
riprendere le parole con cui “Keynes” illustrava la trappola della liquidità, “puoi portare un cavallo al fiume ma
non puoi obbligarlo a bere”.
Dal
2008 le banche centrali hanno inondato di liquidità i mercati nel tentativo
prima di salvare il sistema finanziario dalla crisi che aveva provocato, e poi
di fare ripartire l’economia.
Il
primo obiettivo è stato raggiunto, il secondo molto meno.
Basta
vedere la situazione in Italia, dove le banche hanno ottenuto 250 miliardi
all’1% tramite il LTRO della BCE ma prosegue il “credit crunch”.
In
altre parole, le attuali politiche monetarie delle banche centrali sembrano
inefficaci per fare ripartire il credito e l’economia, e addirittura
all’opposto rischiano di porre le basi per un’ulteriore espansione della sfera
finanziaria, fino all’inevitabile formazione di bolle.
Per
superare il problema sono stati fatti diversi tentativi di “fare bere il
cavallo”. La
Banca d’Inghilterra ha vincolato alcuni prestiti a tassi bassissimi alle banche
all’erogazione di crediti, altre banche centrali hanno imboccato percorsi
diversi, in particolare accettando in garanzia titoli frutto di
cartolarizzazioni per fornire liquidità al sistema bancario, sperando così di
incentivare quest’ultimo ad aumentare i crediti erogati.
Una
sorta di “quantitative easing” in cui la banca centrale emette liquidità non
per comprare titoli di Stato, ma obbligazioni frutto di operazioni di
cartolarizzazione (in gergo Asset Backed Securities o ABS).
È in
questa direzione, o in quella di un nuovo “LTRO” per le banche, che sembrerebbe
oggi volersi muovere la “BCE” di fronte a una Europa sull’orlo della
deflazione.
Il rischio evidente è quello di aumentare
ulteriormente la massa di denaro in circolazione, e di replicare e amplificare
gli attuali problemi e instabilità finanziaria, senza che il denaro immesso
vada dove serve.
Oltre
alla creazione di moneta, quindi, è centrale anche esaminare i meccanismi con
cui la stessa moneta creata viene poi immessa nel sistema economico.
Oggi è
evidentemente fallimentare l’idea dello “sgocciolamento” o “trickle down”, per
cui i soldi immessi nel sistema bancario o finanziario finiranno poi a imprese
e cittadini.
In questo senso – dati per assodati i disastri
provocati dalle politiche di austerità – appare decisamente pericolosa l’idea
che sembra oggi circolare in Europa di un intervento espansivo della” BCE”
tramite un “quantitative easing” inteso come strumento meramente monetario.
In direzione opposta sarebbe necessario introdurre
tali operazioni come strumenti fiscali.
Non
aumentare tout court la massa di moneta circolante, ma permettere agli Stati di
operare in deficit per un rilancio degli investimenti e dell’occupazione, nella
“direzione di una riconversione ecologica dell’economia”.
Cambiare
strada.
Da qui
bisogna ripartire per un cambiamento di rotta radicale, nel senso etimologico
del termine:
rimettendo in questione le stesse radici su
cui poggia l’attuale sistema monetario e finanziario, a partire dalla
considerazione che le banche e il sistema finanziario privato controllano la
fornitura di due beni essenziali ma molto diversi.
Da un lato la funzione di creazione di moneta,
dall’altro quella di intermediazione finanziaria.
Le
banche sono nate per raccogliere denaro ed erogarlo, facendosi carico di
gestire tempi e rischi.
Solo
successivamente a questa funzione si è affiancata quella di creare moneta “dal
nulla”.
Non ci
sono motivi per cui le due funzioni debbano coesistere e non debbano essere
tenute ben separate, “lasciando in particolare la creazione di moneta
unicamente al pubblico”.
Oggi è
lo stesso “Financial Times” a ricordarci che l’attuale situazione in cui la
finanza privata crea oltre il 90% della moneta circolante è niente di meno che
“un gigantesco buco al cuore delle nostre economie di mercato.
Potrebbe
essere chiuso separando l’offerta di denaro, una funzione propriamente dello
Stato, dall’offerta finanziaria, una funzione del settore privato”.
In
altri termini, uno dei problemi centrali, se non il principale, è un eccesso di
denaro nel sistema finanziario e una sua carenza in quello economico.
La
crisi non è dovuta al fatto che non ci sono soldi, ma che ce ne sono troppi.
Solo che sono (quasi) tutti dalla parte
sbagliata.
Una
finanza che non solo non è in grado di svolgere il proprio compito di strumento
al servizio delle attività economiche, ma che all’opposto è diventata un
insostenibile fardello che condiziona le vite di tutti noi.
Argomenti
che andrebbero esaminati anche alla luce delle tesi riportate nel libro
probabilmente più discusso nelle ultime settimane, ovvero “Capital in the Twenty-First Century”
di Thomas Piketty, secondo il quale il capitale, e il denaro che produce, si
accumulano più velocemente della crescita dell’economia.
Un
andamento che è diventato ancora più predominante dagli anni ’80 del secolo
scorso in poi.
La
tendenza dell’attuale modello è quindi un accumulo sempre maggiore delle
ricchezze in sempre meno mani e una crescita delle disuguaglianze, a un ritmo
sempre più veloce.
Secondo
l’autore per invertire la rotta è necessaria
“una
tassazione progressiva e globale, fondata sulla tassazione della proprietà
privata. È l’unica soluzione civile.
Le altre soluzioni, credo, sono molto più
barbare – con questo intendo l’istituzione di un sistema oligarchico quale quello russo, nel quale non credo, o
l’inflazione, che in realtà è unicamente una tassa sui poveri”.
Queste
considerazioni dovrebbero essere alla base dell’attuale dibattito:
chi
crea moneta, come questa viene immessa nel sistema, quanto rimane in circuiti
meramente finanziari rispetto a quella a disposizione delle imprese e dei
cittadini, quali sono gli impatti sulle nostre vite e sulla distribuzione della
ricchezza.
Non è
detto che le proposte di tassazione avanzate da Piketty siano praticabili, così
come non è detto che quelle monetarie sostenute da movimenti come “Positive
Money” e riprese dal “Financial Times” siano le uniche, né le migliori
possibili.
La
domanda è però se per cambiare rotta rispetto ad un sistema monetario e
finanziario inefficace quanto inefficiente sia davvero necessario aspettare
nuove bolle e nuove inevitabili crisi.
Patto
di Stabilità e crescita:
una
storia di fallimenti.
Sbilanciamoci.info
– (24-12-2023) - Roberto Romano – ci dice:
Il
nuovo Patto di Stabilità deve ancora essere votato dal Parlamento europeo, che
– speriamo – può emendarlo.
Anche
se migliore del vecchio, il testo della Commissione divide i Paesi in buoni,
meno buoni e cattivi, di fatto aumentando il divario tra paesi ricchi e poveri.
Rassegna
e storia dei patti di stabilita in Europa.
La
storia dei vincoli europei sui bilanci pubblici inizia nel 1992. Con il “Trattato Maastricht” gli
Stati membri dell’UE non solo avviano il processo economico-finanziario per
adottare l’euro, ma per raggiungere l’obbiettivo della moneta unica sono
introdotti dei limiti ai deficit pubblici pari al 3% e al 60% del PIL per il
debito pubblico.
Per
assicurarsi sull’inevitabilità del processo, nel 1997 appare per la prima volta
il “Patto di Stabilità e Crescita” che, tecnicamente, doveva rafforzare il
monitoraggio e il coordinamento delle politiche fiscali ed economiche nazionali
al fine di far rispettare i limiti di deficit e debito stabiliti dal “Trattato
di Maastricht”, regole che nel 1999 e nel 2005 sono rafforzate.
Infatti,
nel 2005 sono stabilite delle regole in una sorte di “Codice di condotta”.
Nel
frattempo, arriva la crisi economica internazionale legata ai subprime (2008),
che in Europa si allunga ai debiti sovrani (2010).
L’Europa,
proseguendo la via dell’austerità, introduce alcune riforme importantissime;
il
Patto di Stabilità è affiancato da nuove regole note come Six Pact (2011) e Two
Pact (2013) che rafforzano il coordinamento economico e introducono nuovi
strumenti di monitoraggio. Sempre nel solco del sentiero dell’austerità;
nel gennaio 2015 la Commissione pubblica una guida
dettagliata su come applicherà le regole del Patto esistenti per rafforzare il
legame tra riforme strutturali, investimenti e responsabilità fiscale.
In
sintesi, la storia economica europea è lastricata da continue e incessanti
riforme restrittive dell’agibilità pubblica, interrotta solo con la sospensione
dello stesso Patto in ragione della crisi pandemica del 2020.
Si
arriva così alla “proposta della Commissione del novembre 2022” che delinea le linee guida della riforma
del Patto di Stabilità e crescita, per chi scrive apprezzabile, la quale contemplava
una riforma del quadro di governance economica e una riforma (ampia) della
concezione e del funzionamento del Patto di Stabilità;
nel
marzo 2023 la Commissione adotta una proposta-comunicazione che gli Stati
devono adottare.
È una proposta che si allontana dal progetto
iniziale, ma diventa ancora più amara con la decisione presa dai ministri
dell’Economia di giovedì 20 dicembre 2023.
Quadro
generale del “nuovo Patto di Stabilità e Crescita”.
Il
quadro generale del nuovo Patto non è propriamente un organico e chiaro
progetto di rilancio della politica economica europea, la quale attraversa una
fase economica incerta nel presente e, ancor di più, povera nell’immediato
futuro;
se
consideriamo le sfide geopolitiche in corso, le questioni e riflessioni da fare
dovevano essere di ben altro livello e consapevolezza.
In
effetti, la distribuzione del PIL a prezzi costanti di quasi tutti i Paesi
europei è una frazione di quello che sarebbe necessario per giocare alla pari
con il colosso US e cinese.
Inoltre,
nel tempo l’Europa è diventata via via sempre più marginale nel consesso
internazionale.
Proviamo
a fissare i passaggi fondamentali del nuovo Patto di Stabilità e Crescita
pattuito durante l’ultima riunione dei ministri dell’Economia europei del 20
dicembre 2023, con una avvertenza:
il
nuovo Patto deve ancora essere votato dal Parlamento europeo e l’esito del voto
non è poi così scontato.
La
bocciatura del Fiscal Compact del Parlamento europeo del 2018 dovrebbe almeno
suggerire un po’ di cautela.
Proviamo
a fare una sintesi ragionata:
Il
primo e condizionate passaggio del nuovo Patto è il seguente:
la
Commissione Europea metterà a punto i piani nazionali di spesa che diventano
una sorta di indicatore per valutare e giudicare i piani predisposti dai
singoli Paesi.
Questi
piani hanno una durata di 4 anni e devono assicurare la riduzione del deficit e
del debito pubblico.
La
durata del Piano può allungarsi a 7 anni solo se sono assicurati investimenti e
riforme per la crescita.
Una
ipotesi complessa e difficile, non tanto per i piani di investimento che
dovrebbero seguire lo schema di “Next Generation EU”, forse il primo e credo
ultimo piano europeo di politica economica, piuttosto per i presupposti sottesi
al piano europeo che segue logiche e modelli econometrici che assumono come
riferimento il così detto prodotto potenziale.
Il
secondo oggetto del “nuovo Patto” riguarda il debito pubblico.
Per garantire il rientro del debito pubblico,
fortunatamente cresciuto durante la pandemia, si chiede agli Stati con un
debito superiore al 90% del PIL, per esempio Italia, Francia, Spagna,
Portogallo, Grecia e Belgio, una riduzione media annua del rapporto pari a 1
punto, che diventa 0,5 per i Paesi con un debito pubblico tra il 60 e il 90%
del PIL.
La Commissione antepone il taglio del debito
(numeratore) alla crescita (denominatore), in profonda discontinuità con la
proposta della stessa Commissione del novembre 2022, che metteva al centro
della sua proposta la sostenibilità del debito e non la riduzione dello stesso.
La formulazione del nuovo Patto divide i Paesi
in:
buoni,
meno buoni e in cattivi.
In qualche misura, la Commissione fornisce
degli indicatori (ideali?) alla speculazione finanziaria e concorre in questo
modo a far crescere il costo del servizio del debito pubblico.
Nei
fatti aumenta la forbice tra paesi “ricchi” e “poveri”.
Il
terzo snodo del Patto è legato al deficit;
formalmente
rimane al 3% del PIL, ma in realtà l’obbiettivo (benchmark) è l’1,5% del PIL,
con delle implicazioni “strutturali” che possono financo aggravare il
raggiungimento di questo obbiettivo.
Questo obbiettivo sarebbe una sorta di
“clausola di salvaguardia” per assicurare ai governi uno spazio finanziario
sufficiente per rispondere a eventuali shock economici.
Questa
definizione è migliore del pareggio di bilancio del “vecchio” Patto di
stabilità, ma i presupposti sottesi a questo rientro sono quelli del primo
punto, cioè dei piani di spesa di 4 o 7 anni delineati dalla Commissione
europea a cui i governi devono in qualche modo adeguarsi.
Sempre
sul tema del deficit, in particolare rispetto alle procedure di infrazione ogni
volta che il deficit supera la soglia del 3%, i Paesi devono ridurre il deficit
di 0,5 punti di PIL.
Una
volta che il deficit ha raggiunto il 3%, l’entità del miglioramento annuale
deve essere pari a 0,4% se il Paese sceglie un percorso di rientro di 4 anni
e/o dello 0,25% se il percorso di rientro è di 7 anni, fino a quando non si
raggiunge il benchmark dell’1,5% del rapporto deficit/PIL.
Visto
che i Paesi partono da situazioni di finanza pubblica diverse e hanno anche
prospettive economiche diverse, questi ultimi obiettivi sembrerebbero per forza
richiedere invece un percorso di aggiustamento differenziato.
Matematicamente,
il sistema appare sopra-determinato, con troppi vincoli da rispettare
simultaneamente.
Conclusione.
Il
quadro generale che emerge dal Patto è il seguente:
è a
margine migliore del vecchio Patto, ma elude completamente la politica
economica pubblica predisponendo piani di austerità che intaccheranno la
struttura dei sistemi economici europei, lo Stato sociale e indeboliscono
l’intera Europa nella nuova geografia economica internazionale.
L’aspetto curioso del “nuovo Patto di
Stabilità” è relativo a una sorta di regime transitorio:
nessun governo sembra voler assumersi la
responsabilità del Patto.
Infatti,
le norme contemplano un regime transitorio tra il 2025 e il 2027 che considera
alcune attenuanti, quali il costo del servizio del debito e alcune spese
strategiche come quelle per la difesa.
Forse
il Parlamento europeo potrebbe intervenire per correggere i più gravi errori
del Patto e potrebbe diventare una occasione per riconsegnare al Parlamento il
ruolo di vero “gendarme” della democrazia.
Come
sottolinea con “amarezza” l’economista “Gustavo Piga”, la riforma del Patto
avvia un processo di disgregazione dell’Unione e in particolare del nostro
Paese.
Inoltre,
la riforma è disastrosa sul piano democratico, economico e geopolitico.
In
aggiunta ai problemi appena ricordati, il sistema delle regole fiscali che
emerge dalla contrattazione tra Paesi è molto più complicato di quello
originariamente proposto dalla Commissione.
Se uno
degli obiettivi della riforma era la semplificazione delle regole fiscali, la
versione uscita dall’accordo certamente non lo soddisfa.
La speranza è che nella contrattazione finale
con la Commissione e il Parlamento si riesca almeno a ridurre le inconsistenze
o a chiarirne meglio i passaggi.
Il
regime transitorio valido fino al 2027 è un espediente per affrancarsi dalle
proprie responsabilità.
Quello
che manca è un progetto europeo all’altezza della sfida che dovrebbe
affrontare.
Emergenza
climatica:
banchieri
contromano.
Sbilanciamoci.info-
(6 Dicembre 2023) - Guglielmo Ragozzino – ci dice:
La Cop
28 di Dubai, a cominciare dal principe Al Jaber che la presiede, è la
conferenza del fossile più che del clima. Un rapporto di 504 associazioni
ambientaliste di 54 paesi denuncia la rete di banche che regge l’architettura
del “sistema carbonio”.
L’”Arabia
esaudita” è il titolo scelto dal manifesto mercoledì 29 novembre per spiegare
l’esito della gara tra Riad, Busan e Roma per la conquista della sede
dell’esposizione universale del 2030.
Le cifre sono deludenti per gli appassionati di “Forza
Roma, Forza Lupi” e quel che segue;
Riad
(capitale dell’Arabia) vince con 119 voti su 182 paesi votanti, la coreana
Busan ne riceve 29 e, ultima, Roma solo 17 voti;
neppure gli amici fidati l’hanno sostenuta.
Da
notare ancora l’intelligente articolo di “Alberto Negri”:
Smacco
Italia. La trappola dell’“amico” bin-Salman e la segnalazione che ne fa,
brillantemente, “Beda Romano” responsabile per la settimana di Prima pagina, la
rubrica giornalistica delle 7,15 di ogni mattina – da tempo immemorabile – di
Rai radio tre.
1.Il
voto per la capitale saudita (e il consenso generale che esprime) è la prova,
per quasi tutti, di un vero e proprio ridisegno della carta mondiale delle
rotte e dei traffici (e delle alleanze).
Sparisce – al primo livello di riflessione –
il fascino del famoso “Bel Paese”, con tanto di ineguagliabili bellezze
rinascimentali, da mettere alla base dell’”Esposizione universale”, al punto
che, sembra acclarato, perfino l’amica “Albania” abbia scelto diversamente.
Se
però il destino di Roma, negli spazi mondiali, è poco significativo, o per così
dire secondario, molto più importante è un altro segnale che il gran voto per
Riad lascia intendere:
quali
conseguenze ci saranno per il clima per il tanto temuto e tanto combattuto –
anche se per lo più a parole – aumento di temperatura di un grado e mezzo, o
due e più gradi centigradi, rispetto al passato preindustriale?
I famosi giuramenti del Cop 21 di Parigi del
2015 sono ancora coerenti?
E l’avvento di nuove energie, considerate poco
o punto inquinanti, è ancora attendibile?
2.Si è
aperta in effetti il giorno seguente, il 30 novembre, in un’altra città
mediorientale, anzi degli Emirati Arabi Uniti, Dubai, la riunione, decisiva,
del Cop 28.
Durerà
fino al 12 dicembre.
I
giornali notano che il principotto locale, “Sultan Al Jaber”, presidente e
ospite di Cop28, è capo in testa, o “Ceo sia” dell’azienda statale del petrolio
sia di quella statale per le rinnovabili.
Per
dirla tutta, in una sua intervista a “Luigi Ippolito”, corrispondente da Londra
del Corriere della Sera, (29 /11) risulta che ci tenga a farsi chiamare “dottor
Sultan” e che l’implacabile “Greta Thunberg” abbia detto, con qualche ragione,
che “la sua nomina era assolutamente ridicola”.
Essendo
lui a guidare “Cop 28”, ciò significa, a prima vista, che in “Cop 28” il
fossile non verrà condannato, anzi farà buoni nuovi affari, mentre le
rinnovabili saranno oggetto di vasti apprezzamenti: magnifici progetti, per il
duemila ottanta; insomma, la guerra per l’ambiente rinnovato e il clima sicuro non è
ancora cominciata;
semmai sta per fare, nella stagione dicembrina
di Dubai, qualche passo indietro.
3.Per
rimanere ancora un attimo – per meglio dire: un barile – su Dubai e gli
Emirati, risulta alla stampa specializzata che l’”Adnoc”, (Abu Dhabi National
Oil Company) società del governo di laggiù, ha 55 mila dipendenti con entrate
di 60 miliardi di dollari.
Abu
Dhabi è la capitale degli Emirati.
Il dottor Sultan obietta di essere anche il
capo di Masdar, impresa specializzata in energia rinnovabile.
Di
quest’ultima società non sono noti i numeri ufficiali, ma nella stessa stampa
competente, prima chiamata in causa, circola la cifra di entrate pari a 172
milioni di dollari con 650 lavoratori.
Come è
facile capire, nella penisola arabica c’è di meglio, qualora ci sia voglia di
puntare sul sicuro, e ci sia denaro per farlo.
Al
primo posto c’è “Saudi Aramco”, grande impresa del governo saudita, che con “161
miliardi di introiti nel 2022” per 11,5 mbg, (milioni di barili al giorno)
estratti, lavorati, venduti, ha sbaragliato tutti:
esperti,
lobbisti, ricercatori, sultani secondari, petrolieri dei tempi di Rockefeller. Non però i banchieri.
INTERMEZZO.
Ma
prima di toccare il tasto, quello finale di questo breve excursus sul fossile e
il nostro futuro altrettanto sicuro
altrettanto
oscuro, aggiungiamo – gratis – un’informazione sulle 7 sorelle. Erano, quando
sono state inventate, quelle che seguono:
“Anglo-Iranian
Oil Company.
Royal
Dutch Shell.
Standard
Oil Company of California.
Gulf
Oi.l
Texaco.
Standard
Oil Company of New Jersey.
Standard
Oil Company of New York.”
Tra
alti e bassi, finanziari o politici di varia natura, guerre e rivoluzioni, solo
Shell, ha mantenuto il nome, una parte almeno;
le altre sorelle si sono fuse tra loro o sono
state afferrate da poteri più forti.
Le Standard Oil, erano tutte di Rockefeller.
Le
ultime due dell’elenco, riunite, hanno dato luogo a Exxon e poi a Exxon Mobil;
l’Anglo Iranian è divenuta Bp.
Standard California è all’origine di Chevron;
e così via.
Aramco,
per esempio, significa “Arabian American Oil Company”, essendo il risultato
della nazionalizzazione della compagnia che oggi è di proprietà dei reali
sauditi.
Mattei
non ha forse inventato l’espressione Sette Sorelle, l’ha utilizzata in tono non
reverente, ma, per così dire, realistico per spiegare che nel campo dei petroli
c’erano odiose streghe, tutte sorelle, e tutte in perenne lite tra loro, come
nelle fiabe;
ma che
in verità ciascuna di esse operava anche al di fuori dal mondo fiabesco.
Oltretutto esse erano tutte d’accordo contro di lui, convinto com’era che il
mondo fosse diverso da una fiaba per bambini piccoli.
Così
esse lo odiavano perché bambino credulone non era più, anzi non lo era mai
stato; e voleva fare da sé e diventare grande altrimenti;
per
esempio comprando, senza il loro permesso, petrolio dall’allora Urss.
Quando
la storia/finisce in gloria.
4.Beati
i tempi delle sette sorelle!
Oggi
le streghe sono molte di più.
Se si
guarda soltanto alle dieci compagnie che hanno ricevuto più finanziamenti dalle
banche, ben cinque sono estranee al mondo dell’energia, almeno a quello
generalmente noto nel secolo scorso.
Queste dieci compagnie energetiche
indipendenti hanno ottenuto ciascuna finanziamenti tra 91 miliardi di dollari e
61miliardi.
(Attenzione!
Qui si tratta di miliardi, indicati con la B di billion. T che significa
Trillion è il nostro bilione, cioè mille miliardi di quel che sia, di dollari,
per esempio) Si noti che gli anni considerati dagli interventi bancari a favore
dei “fossili” sono 2016-2021, sei anni in tutto.
Il
conto è di 4.586 T (quanto a dire quattromila miliardi più gli spiccioli di 586
miliardi di dollari).
Le banche, perché è di esse che si tratta,
hanno conferito al sistema “fossile” 723 miliardi nel 2016, l’anno successivo
al Cop 21 di Parigi; e poi, via via, 738 miliardi nel 2017, 799 nel 2018, 830
nel 2019, 750 nel 2020, 742 nel 2021.
Ecco l’elenco dei dieci maggiori clienti
“fossili delle 80 maggiori banche del mondo:
Enbridge,98
B; Exxon, 87 B; Aramco, 78 B; TC Energy, 77 B; Occidental Petroleum, 66 B;
Shell,66 B; China National Petroleum Corp., 64 B; Shanxi, 61 B; Sempra
Energy,61 B.
“Enbridge”
è un’impresa canadese per origine e attività di distribuzione;
“TC Energy” più o meno lo stesso;
Occidental Petroleum è una società indipendente, assai
forte in California e Texas.
Questa
impresa ha avuto un breve storia con l’Eni, unendo per qualche mese nel 1982,
le attività chimiche e formando Enoxi, per separarsi subito dopo;
“
China” e “Shanxi” sono imprese cinesi;
“Sempra”
è una società statunitense emergente;
essa ha però abbandonato una parte del suo
nome, “Energy”, dichiarando così pubblicamente che di energie soprattutto nuove
non sa che farsene e tenderà a non venderne più.
Le
“nuove” sono tutte imprese con migliaia di addetti e progetti potenti; rimane
probabile la scarsa disponibilità, come nel caso di “Sempra”, a sostenere
l’energia rinnovabile, in qualunque forma rappresentata.
5.Per
entrare nel dettaglio (viene da ridere, se non da piangere, a parlare di
“dettaglio”) Exxon è finanziata per 15 miliardi di dollari da ciascuna di tre
banche Usa: Bank of America, Morgan Chase e Citi: in tutto 45 miliardi di
dollari circa. Il resto è un affare delle altre 77 banche della comitiva.
6.La
questione è però assai seria.
Il
caso di Exxon e delle banche degli Usa è solo un esempio, notevole fin che si
vuole, di una associazione di affari tra le imprese mondiali che agiscono nel
“sistema carbonio” – che in altre parole creano anidride carbonica producendo
carbone, petrolio, gas – e le maggiori banche mondiali.
La ricerca che stiamo saccheggiando è il
risultato di un’altra associazione, contraria alla prima, cresciuta tra 504
organizzazioni ambientaliste di 54 diversi paesi.
Sono decine di attività ambientaliste, che
vanno da “Extinction Rebellion San Francisco Bay” a “Catholic Network Area”, da
“American Jewish World Service” a “1000 Grandmother for Future Generations”, da
“350 Humboldt” a “Veterans for Climate Justice”, da “Stamps our Poverty” a “Greenpeace”,
da “No Fracked Gas in Mass” a “Stop the
Money Pipelin”.
Quest’ultima
organizzazione, quale che sia – non ci è dato di saperlo – rappresenta il
pensiero comune delle altre cinquecentotre e delle altre non collegate.
Tutte
insieme, hanno messo in movimento decine di ricercatori per raccontare al mondo
il caos climatico dovuto alle banche.
(BankingonClimateChaos.org).
Il risultato è uno studio di un’ottantina di
pagine, fatto con poche frasi, moltissime tabelle e figure: da leggere,
guardare e provare a capire.
“La
pubblicazione di questo rapporto segna un altro anno in cui molte tra le
maggiori banche mondiali non hanno saputo assumere la scelta necessaria di
ridurre la propria partecipazione al caos climatico.
Il
tempo fugge e l’espansione del combustibile fossile deve cessare subito.
Ogni
dollaro che le banche usano per nuovi progetti di combustibile fossile e le
imprese collegate, è incompatibile con la stabilità climatica e l’impegno per
emissioni nette pari a zero.
Finirla con l’appoggio all’espansione del
combustibile fossile è il prossimo urgente passo per annullare il sostegno
bancario al combustibile fossile in un termine compatibile con 1,5°”.
7.Il
Rapporto esamina le principali banche del globo nel loro rapporto con le
imprese che operano nei combustibili fossili.
Tutte
le specie di fossili, indicate una per una:
gli
scavi e l’attività che ne deriva.
Sono
indicate le banche finanziatrici, le imprese che ottengono i fondi, le attività
che esse svolgono;
il
tutto viene spiegato scientificamente, nel senso che non c’è quasi mai un tono
di rimprovero.
C’è
solo una scheda nella quale si coglie un po’ di dissenso se non di disprezzo
per banchieri corrivi e per imprese arraffone.
Il
rapporto tocca infatti il tema delle popolazioni indigene che vengono spogliate
dei loro beni e costrette a diventare nemiche di madre natura.
Durante Cop26 a Glasgow in Scozia si è parlato
lungamente di tutto questo.
Con grandissime promesse, ma senza particolari
conseguenze.
Nel
rapporto in esame è scritto che “La resistenza degli indigeni al colonialismo è basato
sulla responsabilità della difesa del loro spazio e della loro sovranità e sul
fatto che facendo così essi difendono la Terra stessa”.
Il
Rapporto, sostenuto dalle 504 associazioni è firmato da “Rainforest Action
Network”, “Banktrack”, “Indigenous Network”,” Oilchange”, “Reclaim Finance”, “Sierra
Club”,” Urgewald”
(Banking
on CLIMATE CHAOS ).
LA
GRANDE TRUFFA DELLE BANCHE.
Luigiboschi.it
– Redazione -Luigi Boschi – (21 Settembre 2016) – ci dice:
DALLA
GRANDE TRUFFA DELLE BANCHE E DEI BANCHIERI ALLA BANCA DELLA TRUFFA.
Sembra
che mi abbiano letto nel pensiero.
È da questa estate che mi sto documentando
sulla truffa delle Banche, sulla necessità di avviare procedimenti giudiziari
nei confronti di questi istituti criminali che ci rubano la vita.
I
magistrati arrestino i banchieri e con la GDF facciano indagini serie sulla
contabilità bancaria e il signoraggio.
Sui derivati. Sulla moneta-debito. Sulle
Banche Centrali.
È
compito della Magistratura liberare il Paese da questa schiavitù monetaria e
dal signoraggio.
La
politica è troppo coinvolta, da sola, non ce la può fare.
E il popolo potrebbe solo fare una vera rivoluzione
quando si renderà conto che il sudore del proprio lavoro e i sacrifici delle
famiglie sono serviti per arricchire banchieri senza scrupoli.
E allora dovranno temere di circolare, di
essere riconosciuti.
Sarà
uno scontro aperto, come tra i fascisti e i partigiani dopo la guerra.
Si
iniziano ora a intravedere i primi passi della Magistratura di una certa
rilevanza:
È di
questi giorni la notizia che la Procura regionale per il Lazio della Corte dei
Conti ha invitato a comparire la” banca d’affari Usa Morgan Stanley” e i
responsabili del “Tesoro italiano” Cannata, La Via, Siniscalco, Grilli, Mario
Monti che hanno stipulato contratti con la controparte statunitense.
L’italiano
Mario Draghi da dove proviene?
Da
Goldman Sachs;
il
portoghese Manuel Barroso finito il suo incarico di Presidente della
Commissione UE finisce anche lui in Goldman Sachs.
Mario
Monti, international advisor dal 2005 al 2011 della stessa Goldman, Romano
Prodi, Gianni Letta, Massimo Tononi (ex Presidente MPS), Padoa Schioppa, Visco,
Passera, Profumo, tutti fiduciari di quegli ambientini in cui si esercita
l’arte dei falsari.
“Pier
Carlo Padoan” Direttore esecutivo per l’Italia del “Fondo Monetario
Internazionale” dal 2001 al 2005.
Da qui si capisce chi ha tirato le fila del
nostro disastro nazionale e Europeo.
Chi ha
tramato sulla testa dei cittadini, trasformati da sovrani a eterni debitori e
servi di una oligarchia finanziaria e bancaria.
Mentre
questi signori passano, infatti, dai sistemi politici, a quelli finanziari e
viceversa, gli italiani cadono nella povertà e perdono le loro principali
industrie perché i loro governanti svendevano i gioielli produttivi di famiglia. Questo è stato fatto.
La deindustrializzazione
dell’Italia, perché dava fastidio ai Francesi e ai Tedeschi (eravamo divenuti
la 4 potenza economica).
La gente non capiva la spoliazione che veniva prodotta
del sistema industriale Italia.
Maledetti.
Le
chiamavano liberalizzazioni (ossia privatizzazioni).
Hanno svenduto a prezzi di magazzino i
gioielli industriali del Paese.
A
fronte di tutte queste svendite il debito pubblico è aumentato.
Il
debito è una forma di controllo tipico degli usurai.
Bankitalia.
Con la
privatizzazione degli Istituti di credito voluta con la legge numero 35/1992
Amato- Carli, cui, l’ex governatore della Banca d’Italia, ha fatto subito
seguire la legge 82/1992, che dava facoltà alla Banca d’Italia di decidere
autonomamente il costo del denaro.
In
altri termini con queste due leggi la Banca d’Italia è divenuta proprietà di
banche private che si decidevano da sole il costo del denaro sancendo così,
definitivamente, il dominio della finanza privata sullo Stato.
Nel luglio 1981 venne avviata, per decisione
dell’allora Ministro del tesoro “Beniamino Andreatta”, la separazione
consensuale fra lo Stato e la sua banca centrale.
A
questo stato di cose seguono i noti scandali bancari (Sindona, Calvi, Bond
argentini, Cirio, Parmalat, scalata Unipol con il rinvio a giudizio del governatore di Banca d’Italia Fazio,
ecc..) con grande danno per migliaia di risparmiatori.
Bankitalia
è una SPA PRIVATA con sede, pare, alle Isole Cayman di proprietà e controllata
dagli stessi istituti che dovrebbe controllare.
A Roma
Capitale, nel Palazzo Kock in Via Nazionale 91, vi è la sede centrale in Italia.
L’affaire Tanzi-Parmalat è il modello per
capire il vortice criminale della finanza mondiale: fare soldi indebitando
tutti.
Dal
1992, un gruppo di banche private decide autonomamente per lo Stato italiano il
costo del denaro.
Lo
Stato Italiano delegato dal popolo ad esercitare la funzione sovrana di
politica monetaria, dal 1992 l’ha di fatto ceduta a soggetto diverso dallo
Stato:
prima
alla Banca d’Italia (di proprietà al 95% di privati), quindi alla BCE (soggetto
privato, soprannazionale ed extraterritoriale).
Così
facendo lo Stato viola il primo articolo della Costituzione:
L’articolo
1 che recita:
“… La sovranità appartiene al popolo, che la
esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Infatti il popolo aveva delegato i suoi
rappresentanti ad esercitare la funzione sovrana di politica monetaria, non a
cederla a soggetti privati.
I soci
di Bankitalia.
il 95%
in mano a banche private e società di assicurazione (Intesa, San Paolo,
Unicredit, Generali, ecc..). Solo il 5% è dell’INPS.
Soci
Bankitalia:
BCE
(Banca Centrale Europea)
La BCE
è un soggetto privato con sede a Francoforte;
come,
ex articolo 107 del Trattato di Maastricht, è esplicitamente sottratta ad ogni
controllo e governo democratico da parte degli organi dell’Unione Europea.
La BCE
è un soggetto sovranazionale ed extraterritoriale; è la Banca Centrale che
gestisce e controlla tutta l’emissione delle banconote in Europa;
Tra i
sottoscrittori della BCE, vi sono tre Stati (Svezia, Danimarca ed Inghilterra)
che non hanno adottato come moneta l’euro, ma che, in virtù delle loro quote,
possono influire sulla politica monetaria dei Paesi dell’euro;
I soci
della BCE:
Banca
Nazionale del Belgio (2,83%).
Banca
centrale del Lussemburgo (0,17%).
Banca
Nazionale della Danimarca (1,72%).
Banca
d’Olanda (4,43%).
Banca
Nazionale della Germania (23,40%) (BCE).
Banca
Nazionale d’Austria (2,30%).
Banca
della Grecia (2,16%).
Banca
del Portogallo (2,01%).
Banca
della Spagna (8,78%).
Banca
di Finlandia (1,43%).
Banca
della Francia (16,52%).
Banca
Centrale di Svezia (2,66%).
Banca
Centrale d’Irlanda (1,03%).
Banca
d’Inghilterra (15,98%).
Banca
d’Italia (14,57%).
La Sovranità Monetaria in Europa è oggi nelle
mani di un manipolo di banche private, e quindi è nelle mani dei pochissimi
banchieri che controllano queste banche!
Bankitalia
e BCE sono quindi nelle mani delle organizzazioni finanziarie private che
governano il mondo.
E gli
italiani a pagare con le loro tasse gli interessi di questo debito pubblico
inestinguibile, che finisce in gran parte alle grandi organizzazioni
finanziarie mondiali:
Goldman,
City Group, Bank of Scottland, Deutschebank, Unicredit, frutto del raggiro
prodotto con la moneta a debito, all’insaputa della gente.
Una
vera truffa.
Mentre le Banche commerciali e Centrali
evadono le tasse in quanto attraverso artifizi contabili nascondono i veri
utili.
Occorre
una nuova Norimberga dove tutti questi nazisti della finanza mondiale siano
processati e condannati a vita.
Il
popolo con l’appoggio degli intellettuali liberi deve ribellarsi a questa folle
ingiustizia perpetrata consapevolmente contro la loro vita.
Riprendiamo,
quindi, da dove ci eravamo lasciati.
L’incontro annuale al Regio di Parma dell’UPI
(Unione Parmense Industriali).
Quell’incontro
mi dà la possibilità di fare alcune nuove considerazioni e rivelare dai fatti
avvenuti, la qualità della classe dirigente della città, del suo sistema
bancario e sulla dichiarata “ripresa” in quella sede sbandierata.
Una
vera bufala servita a teatro (ma non c’era né il Ballo in maschera, né i
Masnadieri);
“ripresa” inesistente come poi si è
dimostrato, in questi mesi.
Di ripresa, infatti, non si vede l’ombra.
Anzi
la stessa Confindustria nazionale dichiara un ribasso del PIL:
”Il
Centro Studi ha abbassato le stime sul Pil italiano rispetto a quelle di
dicembre 2015 che erano per un +1,4% nel 2016 e +1,3% nel 2017, mentre ora si
stima un +0,8% nel 2016 e +0,6% nel 2017”.
Istat: PIL italiano crescita zero nel secondo
trimestre ritoccata a +0,8% il dato annuo.
Ma la
UE manda a dire a Renzi che il fiscal compact (il patto di bilancio Europeo)
non si tocca.
Insomma,
una assise, quella di Parma, con ricette semplicistiche, palliative, purtroppo,
e questo è molto grave, senza verità. Un incontro di nessun interesse per
la collettività, ma per mentirsi mediaticamente fra loro stessi su cose che già
sanno.
Perché
non può esserci ripresa? Semplice, non ci sono le condizioni!
Il
sistema bancario è al tracollo non per i crediti inesigibili (rappresentano
circa dall’ 1 al 10% dei titoli tossici), ma sono proprio i titoli tossici
presenti in tutte le banche e nelle istituzioni pubbliche che costituiscono la
bomba finanziaria ad orologeria.
C’è un
vortice di tossicità finanziaria impressionante in cui sono coinvolti Banche,
Stati e Comuni.
“Pizzarotti”,
a quanto ammontano i derivati (una scommessa a perdere sempre) nei conti del
Comune di Parma?
Sappiamo che li ha ricevuti in eredità ma
perché non lo comunica chiaramente ai parmigiani?
Possibile che non si possano intentare azioni
di responsabilità dopo una approfondita due diligence sui conti bancari del
Comune affidata a uno studio esterno?
Come
vede, qualcosa si sta ora muovendo in altri ambiti:
La
Deutsche Bank è una delle più esposte.
È di
questi giorni la richiesta degli USA alla Germania di 14 Miliardi di dollari
alla banca tedesca per i suoi subprime che causarono la crisi del 2008. (ha emesso derivati per 75mila
miliardi di euro, 20 volte il Pil tedesco).
La
Procura della Corte dei Conti del Lazio ha chiesto 4 miliardi di Euro per
l’operazione derivati tra “Morgan Stanley” e il “Tesoro Italiano” chiusa tra il
2011 e il 2012 provocando questo enorme danno erariale.
Appunto
di circa 4 miliardi di euro.
Negli
ultimi 10 anni gli USA hanno prodotto “denaro inesistente” per 1.000 trilioni
di euro ossia 15/18 volte il PIL del nostro pianeta (1 trilione di dollari vale
1.000 miliardi di dollari).
Un debito così grande che nessuno è più in grado di
pagare.
O si va al fallimento o si va in guerra.
Dieci
anni dopo la grande crisi economica del 1929 scoppiò la seconda Guerra Mondiale
(1939-1945).
Se
continuiamo così andiamo incontro a un crack più grande di quello del ‘29.
Pensate
che la “Blakrock” (la più grande società di investimento del Mondo) ha più
capitali del PIL tedesco.
Il Pil
della Cina cresce ogni anno del 10%, con una popolazione di circa 1.300.000.000
di persone.
L’Occidente
nel suo totale vale circa 1.000.000.000 di persone.
In Italia
non può esserci, ripresa se non si aumentano i consumi che si ottengono:
-aumentando
i salari;
-o
perché riprende la spesa pubblica in disavanzo ovvero riduci le tasse
mantenendo la spesa pubblica.
Non si
è mai visto alcuna impresa riprendersi mercati e fatturato con politiche di
austerity che sono una sciagura.
Finalmente ne ha pagato le conseguenze anche
Angela Merkel, perché i tedeschi, costretti dal loro premier, erano stanchi di
vivere con le pezze al culo, nonostante le ottime performance industriali.
Ministro
Galletti: ….
Perché
non ha approfondito il tema Banche il loro modo di prender tutto e non dare
nulla?
È qui che cova il marcio della società.
E la
ripresa non può esserci se non si pone mano al sistema monetario, al ruolo
delle banche e le necessarie nuove regole di contabilità bancaria.
Non è
più tollerabile che queste con il loro sistema contabile e i loro artifizi, da
anni evadano le tasse.
E i
politici a chiederle agli italiani!
Il
sistema bancario nazionale e internazionale è un sistema criminale, banche e
banchieri dovrebbero essere messi tutti a processo.
Così
scrivono “Marco Della Luna” e “Antonio Miclavez”:
“I
reati più gravi inerenti al sistema monetario e bancario sono innanzitutto i
crimini di genocidio nei confronti di intere popolazioni ridotte a morir di
fame e di sete per effetto diretto delle speculazioni monetarie – crimini
punibili dal Tribunale Internazionale dell’Aja in base alle convenzioni sui
diritti dell’uomo.
Per
quanto riguarda l’Italia quelli di eversione della Costituzione, commessi col
trasferire il potere sovrano a organismi privati, quali la Banca d’Italia è
(dove il controllore è nelle mani dei controllati suoi azionisti).
Subito
dopo viene il ricatto monetario delle banche allo Stato, al Parlamento, al
Governo.
Il
delitto di peculato potrebbe ravvisarsi nel fatto che il Governo fa pagare allo
Stato il denaro emesso a costo zero da una banca privata, senza alcuna
necessità, con danno per lo Stato e vantaggio per i banchieri privati.
Poi vi
sarebbe il falso in bilancio delle Banche Centrali e la conseguente evasione
fiscale.
Infine
andrebbe contestata l’associazione a delinquere, trattandosi di una pluralità
di reati commessi da una pluralità di soggetti organizzati al fine di
commetterli.
Questi
comportamenti di reato vengono compiuti da molti anni senza essere perseguiti.
I dirigenti delle banche, dei Ministeri, i
finanzieri, qualche Ministro, non possono essere inconsapevoli di ciò che
stanno facendo, perché è il loro mestiere”.
Si
agisca quindi giudiziariamente per ottenere il risarcimento di tutti i danni
erariali cagionati da chi ha concorso a cedere alle banche private la sovranità
monetaria e il signoraggio, indebitando il Paese.
Parliamo di oltre 2.230 miliardi di euro ad
aprile 2016.
Questa
è la priorità per far ripartire l’economia:
riprenderci la nostra sovranità monetaria e
riportiamo le banche nelle mani pubbliche.
In
primo luogo la Banca d’Italia che deve essere degli Italiani, come recita l’art
1 della nostra Costituzione:
“La
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”.
Il
perverso meccanismo dell’indebitamento pubblico a favore dei banchieri privati
funziona in questo modo:
una
banconota da 100 euro costa alla BCE 3 centesimi di euro e allo Stato Italiano
102,5 euro.
100 è il valore nominale che lo Stato deve
restituire alla BCE e 2,5 euro il cosiddetto “Tasso di sconto” o TUS che la BCE
vuole per effettuare la cessione di denaro allo Stato.
Paghiamo
interessi sul valore nominale di una moneta inesistente.
E questa è usura. Non si possono chiedere
interessi su ciò che non si ha.
E come
vengono pagati gli interessi?
Con
una nuova emissione di denaro dalla BCE. E il debito cresce sempre perché è
inestinguibile.
E gli italiani che devono fare sacrifici e
pagare tasse per consegnarli ai banditi. Questo è da criminali.
Praticamente
indebitati in eterno per la truffa monetaria.
Sempre
al Regio di Parma, il “presidente Confindustria Boccia”: “Fare riforme per dare stabilità
all’Italia”.
Mancava
il banale dejà vu.
Ecco
sì, facciamole queste riforme sul sistema bancario e finanziario.
Presidente
Boccia chiedete stabilità, ma voi producete precarietà di lavoro con cui le
persone e le famiglie non riescono più a darsi un progetto di vita.
C’è
una bella differenza, Presidente, tra ciò che chiedete e ciò che producete.
Lei sa, che le cose non si comprano, si pagano
con la vita.
Quel
tempo della vita necessario per guadagnare quel denaro che la gente usa per i
propri consumi.
Quindi
paga, di fatto, ogni cosa, con la propria vita.
E in
cambio viene continuamente truffata.
E se
vogliamo fare riforme, allora partiamo appunto dalle banche;
perché non avete il coraggio di denunciare la
truffa perpetrata da anni?
Modifichiamo
questo modello fraudolento che si basa sul Signoraggio producendo un debito
pubblico contabile, ma non reale, che impoverisce i popoli e arricchisce solo i
banchieri mondiali ossia società private comprese le Banche centrali.
Dobbiamo
uscire da questo perverso girone monetario e finanziario, senza uscire
dall’Europa, ma tornando alla sovranità nazionale, magari producendo noi stessi
una moneta fiduciaria e complementare, Questa è la vera riforma!
Non
stravolgendo la nostra Costituzione o distruggendo istituzioni senza un vero
cambiamento.
Servono
politiche che abbiano effetti immediati e diretti sull’economia reale.
Si
deve dare corso a una nuova moneta fiduciaria garantita dallo Stato e a una
nuova contabilità bancaria. Questo si può e si deve fare rimanendo sempre in Europa.
Nessuno trattato vieta di batter moneta è
nella facoltà dello Stato sovrano.
E non
c’è trattato che può togliere la sovranità.
La gente lo deve sapere, ma pochi media, purtroppo, ne
parlano.
Boccia
se vogliamo parlare di ripresa si abbia il coraggio della verità.
Ma la
trasparenza è qualcosa di complementare in Confindustria.
Che la brava Milena Gabanelli in una
trasmissione di Report vi ha smascherato.
La
verità è che ci si ritrova a vivere per pagare un debito inestinguibile a una oligarchia bancaria
istituzionalizzata nella BCE e nascosta dietro mistificazioni pseudodemocratiche e pseudo europeiste.
A
Parma c’erano tre banche locali: Banca Emiliana, Cassa di Risparmio di Parma e
Piacenza, Banca Monte Parma.
Il sistema Parma se le è bevute tutte e tre.
Banca
Emiliana fu incorporata nel 1992 da Cariparma che a sua volta (Presidente il nullatenente
Silingardi, un criminale poi condannato che ha sempre rubato ai poveri per dare
ai ricchi)
fu venduta a Banca Intesa (dopo 6 anni di perdite per circa 3000 miliardi di
lire) poi costretta, dietro congruo guadagno, a cederla a Credit Agricole;
la
Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza confluita in Banca Intesa, si scoprirà
nel 2014 controllata al voto per oltre il 70 % , attraverso interposte persone fisiche
in realtà studi legali (Trevisan Giulio) da 1991 banche straniere in realtà
concentrate in una decina di hedge fund anglo-americani, ma in gran parte
caucasici azionisti di Goldman e Deutsche;
Banca
Monte Parma dopo travagliate presidenze (Beniamino Ciotti-emissario di
Ligresti; Franco Gorreri- dirigente Parmalat; Alberto Guareschi- un collocato
dalla politica civica parmigiana), fu assorbita da Banca Intesa, attraverso una fusione
per incorporazione, che si appropriò per valori irrisori (si parla di circa 150/200 milioni
di Euro. Ma la cifra esatta non la si trova pur avendo copia dell’atto di
fusione per incorporazione);
comunque
una vera rapina.
Intesa
si portò a casa:
la banca fondata nel 1488 con lo storico
Palazzo San Vitale restaurato e il Palazzo in via Covour disegnato
dall’architetto Lusignoli con i calcoli in cemento di Nervi.
Un’altra
opera storica dell’architettura contemporanea.
Insomma quel che ha pagato l’allora Passera
(fondatore di Italia Unica, un flop politico) nemmeno si comprava gli immobili
in capo a Banca Monte.
Una
città che per causa della sua politica si beve tre banche in poco tempo, quando
sento parlare di ripresa mi domando se le parole abbiano ancora un senso
nell’era di Renzi.
Da
tempo dopo attente letture dei libri di “Nino Galloni”, “Marco della Luna”, “Nando
Ioppolo”, loro video e interviste rilasciate sul sistema bancario sono convinto
che finché non si metterà mano a questo piano di truffa legalizzata il Paese
non potrà riprendersi e quindi parlare di ripresa è un eufemismo, una presa in
giro per tutti, industriali e Istituzioni compresi.
“La vita è bella” se non ci fosse chi con
oppressione, violenza e rapina alle persone, ne impedisce di goderla nel suo
splendore.
I
gesti di disperazione non portano nessun cambiamento al sistema e non servono
che a rendere più facili agli usurpatori le loro feroci scorribande.
Se l’emissione del denaro fosse stata affidata
allo Stato, senza creare debito, oggi non avremmo un solo euro di debito
pubblico.
Senza
il Signoraggio delle Banche Centrali, gli Stati non avrebbero più debiti e non
sarebbero più costretti a tassare e tartassare i propri cittadini.
Finché
gli Stati sovrani non torneranno ad emettere moneta saranno le oligarchie
finanziarie a tirare le fila dei Paesi.
L’economia italiana è definita “bancocentrica”
in quanto la maggior parte delle imprese non avendo una capitalizzazione
propria è alla mercede dei banchieri e infatti tutti gli imprenditori tacciono
su questa rapina.
E si
battono invece per un lavoro sempre più precario e malpagato.
Come
se chi lavora (se riesce a trovarlo o a inventarselo) non avesse diritto a un
progetto di vita e dignità.
Ma è un gatto che si morde la coda:
più si
tolgono risorse ai lavoratori e si impoverisce la borghesia, e si agevola
l’arricchimento dei più ricchi o delle grandi organizzazioni finanziarie, più
si allontana la ripresa del Paese.
Le grandi ricchezze fanno speculazioni
finanziarie, con loro i consumi non crescono.
Cosa che è stata fatta anche con il “bail-in”,
con cui si rastrella a favore dei banchieri il risparmio (la ricchezza mobile)
delle persone (che in Italia è stimata in circa 200.000 euro pro capite.
Draghi
–uomo Goldman- vuole rastrellare pure quelli!).
Con il “bail-in” cambia radicalmente il
paradigma del correntista bancario che, in caso di difficoltà finanziarie
dell’istituto, può diventare compartecipe delle perdite.
Oltre
l’indebitamento finanziario l’attività dello Stato arricchisce i banchieri,
proprietari della Banca d’Italia, e di conseguenza della BCE, a spese dei
cittadini.
È
devastante il potere che le banche hanno sui popoli e sulle economie attraverso
l’arcano del debito pubblico (prodotto da un sistema monetario a debito senza
un reale controvalore) e profitti gratuiti per mezzo del signoraggio.
“W.
Paterson”:
”la
banca trae profitto da tutti i denari che essa crea dal nulla”.
Chiunque
controlli il “money supplay” è padrone dell’economia e del Paese intero.
Tolstoj:
“il
denaro è una nuova forma di schiavitù, diversa dalla vecchia solo per il fatto
che è impersonale”
il potere di emissione dovrebbe essere tolto
alle banche centrali e restituito allo Stato, a cui esso propriamente
appartiene.
I banchieri producono inflazione e deflazione
per aumentare la loro ricchezza e il proprio potere a spese e a scapito della
nazione.
“Napoleone”
disse:
“Quando
uno Stato dipende per il denaro dai banchieri, sono questi stessi e non i capi
dello Stato che dirigono le cose, siccome la mano che dà sta sopra a quella che
prende”.
“Lincoln”
fece approvare dal Congresso una legge autorizzante il Ministero del tesoro a
emettere biglietti di Stato come valuta legale.
Lo Stato che può provvedere al proprio denaro
senza costi e al proprio interno stabilire l’equilibrio della moneta
circolante, salderebbe i debiti, avrebbe i fondi per svolgere i propri compiti.
Con
gli accordi di “Bretton Woods” (1944) si formò un sistema imperialistico di
signoraggio monetario globale.
Si stabilirono le regole delle relazioni
commerciali e finanziarie tra i principali paesi industrializzati del mondo.
Ora
occorre una nuova Bretton Wood per fare chiarezza sul sistema monetario e
finanziario internazionale e stabilire nuove regole prima dell’esplosione della
bomba finanziaria globale.
Dal
1991 ci hanno tolto la sovranità della moneta, dal 2001 l’austerity tedesca e
la spending review non hanno ridotto il debito pubblico (che è invece
aumentato) e hanno creano solo una grande depressione.
Lo
Stato Italiano con gli stessi trattati europei potrebbe emettere moneta
fiduciaria e farla circolare, pagarci lavori per l’assetto del territorio,
stiamo parlando di 350 miliardi, di 1 milione di posti di lavoro, e questa
stessa moneta fiduciaria lo Stato dovrebbe accettarla per il pagamento di
tasse.
Dobbiamo
ripartire dall’economia reale e locale.
Non può esserci ripresa senza cambiare questo
modello finanziario di rapina e recuperare la nostra sovranità monetaria.
Dopo i
devastanti terremoti dell’Aquila e ora di Amatrice lo Stato italiano torni a
stampare moneta necessaria per le ricostruzioni, senza indebitarsi con la BCE.
Si
ritorni ad esercitare la nostra sovranità monetaria affiancando l’Euro che è
una moneta a debito infinito progressivo.
Grazie
poi alle “agenzie di rating di proprietà e gestite dalle banche”, gli Stati non sono più liberi di
decidere sui loro investimenti.
Tutti scommettevano sulla ripresa anche al
Regio di Parma:
Ma
come si può parlare di ripresa quando ci sono miliardi di dollari di titoli
tossici nelle banche e nelle istituzioni?
Alcuni
dati:
nel
2001 il sistema bancario era saltato, la massa delle perdite bancarie superava
i depositi.
In 14
anni sono stati prodotti derivati per 800.000 miliardi di dollari e a questi,
altri derivati su derivati, e caos producendo titoli tossici per 3,2 milioni di
miliardi di dollari, che sommati agli 800.000 miliardi di dollari iniziali fa 4
milioni di miliardi di dollari.
Se noi
dividiamo questa cifra per il PIL mondiale 74.000 miliardi di dollari viene una
cifra di 54 volte il PIL MONDIALE.
Con questa tossicità circolante che ripresa
volete che ci sia?
Oltre
ai titoli tossici vi è il Signoraggio e la contabilità bancaria che è una
truffa legalizzata.
O si cambia
il modello o saremo solo schiavi di banchieri senza scrupoli.
Tutte
le volte che una banca concede un prestito (con denaro creato dal nulla che
crea ricchezza alla banca!) , questo diventa patrimonio all’attivo da subito , infatti si incredita;
se non
lo incassa è un minor guadagno, ma non perde nulla perché non ha dato nessun
valore.
Quando
viene restituito il prestito la banca acquisisce il valore che non aveva,
questo è il valore reale che chi si indebita produce al momento della
restituzione.
La
banca si incredita e vi indebita ma, in realtà, non vi da’ niente.
Tutta
la moneta viene emessa a debito.
Il “Governo
Ciampi” nel suo disegno legge presentato il 10 febbraio 1993, definì la moneta
come “debito inesigibile” per la banca di emissione.
Se è
inesigibile, non è una passività, non è un debito.
E ciò
che non è esigibile, non è dovuto; e ciò che non è dovuto, non è debito.
Insomma
lo Stato realmente dà, e apparentemente riceve dalla banca centrale di
emissione;
ma alla fine lo Stato rimane con un debito e
la banca centrale con un incasso o un credito vendibile sul mercato.
Se si va a verificare che cosa essa abbia
effettivamente dato allo Stato come valore economico in contropartita non si
trova alcunché.
Se per contro lo Stato emette in proprio
moneta lo Stato si procura ugualmente la carta moneta di cui ha bisogno, con la
sola differenza che non si trova indebitato e in deficit di bilancio. Ed è una gran bella differenza, che
si traduce in meno tasse, minori costi, minori prezzi, più sviluppo e più
occupazione.
Non
solo, lo Stato chiede continuamente denaro alla Banca Centrale di emissione per
coprire il proprio disavanzo di bilancio, causato proprio dagli interessi sul
debito pubblico e non riduce mai il capitale di debito pubblico.
Questo
disastro sociale ed economico è prodotto dalla BCE.
È
assurdo che uno Stato sovrano si indebiti per comprare da una Banca Centrale
privata la carta moneta che potrebbe stamparsi (prodursi) da solo con un costo
quasi a zero;
è
assurdo che uno Stato sovrano si privi di un suo potere economico e di
investimento per una moneta a debito creata dal nulla.
Non
dimentichiamoci poi che il reddito prodotto come signoraggio non è dichiarato
nel conto economico dei bilanci delle Banche Centrali, mentre nella situazione
patrimoniale l’attivo dato dal signoraggio è ingiustamente neutralizzato
dall’appostazione di un passivo irreale corrispondente al valore aggregato
delle banconote in circolazione.
Ecco
tutto questo nell’incontro al Regio di Parma non lo ho sentito dire.
Eppure tutti i relatori e i partecipanti
conoscono molto bene ciò che scrivo.
Ma tutti zitti.
Con interventi convenuti e senza verità.
Giacinto
Auriti: “Io non sostengo che voi banchieri sei dei delinquenti, LO
AFFERMO!”
La
finanza non svolge alcun lavoro socialmente utile ma si limita a trasferire
sempre più velocemente, enormi capitali da un continente ad un altro, onde
poter gonfiare i titoli azionari di valori monetari creati dalle popolazioni.
L’attività finanziaria che specula sui popoli,
dovrebbe essere inibita.
Dovrebbe
essere resa illegale.
È
paragonabile al mercato delle armi.
Nell’attuale
sistema digitale potrebbe essere tutto monitorato e in casi di necessità si
dovrebbe intervenire anche militarmente a livelli governativi internazionali
per impedire sanguinose guerre finanziarie funzionali ad arricchire sempre le
solite realtà e organizzazioni private mondiali.
Avrei voluto ascoltare queste cose al Regio di
Parma.
Denunce serie e proposte strategiche non il
resoconto di balle e crescite decimali di settori produttivi.
L’economista
“Federico Caffè”:
“Sono convinto che sia compito
dell’intellettuale quello di rimanere fedele al dubbio sistematico come appropriato
antidoto alla riaffermazione intransigente di formule di cui spesso si finisce
per essere prigionieri”.
Un
cauto Invito a tutto il mondo imprenditoriale a riflettere su quanto poco giovi
un rifiuto ostinato al ripensamento come metodo di convivenza.
Montale:
Ah l’uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a
sé stesso amico,
e
l’ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro!
Questo,
signori politici, imprenditori, banchieri e magistrati vi faccio presente.
Questo è ciò che siamo oggi ed è ciò che non vogliamo.
Questo
è il nostro male oscuro!… da rimuovere con urgenza.
Caso contrario questa criminale tirannide
economico-finanziaria ci porterà a una guerra globale di cui conosciamo nomi e
cognomi e organizzazioni di coloro che l’avranno prodotta.
(Parma,
21/09/2016)
Luigi
Boschi.
(Nota
postuma tratta dal “il Sole 24 ore”.
Sulla
banca, oltre a una montagna di derivati pari, secondo il Fmi, a circa quindici
volte il Pil tedesco, pesa la multa da 14 miliardi di dollari che il
dipartimento di Giustizia intende far pagare al gruppo per il suo
coinvolgimento.
Se il
FMI ammette l’ipotesi che la Deutsche Bank ha in cassa qualcosa come
40.000.000.000.000 (quarantamila miliardi) di euro di cartastraccia, ovvero
quasi 3 volte il valore della sua capitalizzazione, qualcuno mi spiega come fa
a rimanere in piedi?
Fuga
da Deutsche Bank. Dieci hedge fund, secondo un documento interno diffuso da
Bloomberg, hanno ritirato liquidità da Deutsche Bank e ridotto la loro
esposizione nei confronti dell’istituto di credito tedesco, in virtù della
preoccupazione per le sue condizioni finanziarie.)
LE
BANCHE: UNA TRUFFA LEGALIZZATA.
Tempopresenteepassato.wordpress.com
- Giuseppe Recchia – (7 agosto 2016) – ci dice:
L’attuale creazione di denaro dal nulla,
operata dal sistema bancario, è identica alla creazione di moneta da parte dei
falsari.
La
sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto”.
(Maurice
Allais)
“Che
cos’è rapinare una banca, in confronto al fondarla”? (Bertolt Brecht)
Il
primo grande problema da risolvere in Italia è quello delle Banche che sono
diventate le vere artefici dei danni ‘a favore’ dei cittadini.
Le Banche rubano, truffano e si sono
equiparate allo stesso livello delle grandi associazioni a delinquere che sono
protette, sostenute e garantite dallo
Stato e dai Partiti politici.
Secondo
la nostra Costituzione, lo Stato, come emanazione politica del Popolo, ha il
potere e il dovere costituzionale di esercitare la sovranità politica e
monetaria nell’interesse supremo dei cittadini dai quali ha ricevuto il mandato
popolare.
L’articolo
1 della Costituzione al comma 2 stabilisce che
“La
Sovranità appartiene al Popolo, anche se la esercita nelle forme e nei limiti
stabiliti dalla costituzione”.
Allora
risulta che, a norma della sovranità del Popolo, dovrebbe esercitare questo suo
legittimo diritto sulla emissione della propria moneta.
Infatti la maggior parte delle persone è
convinta che il nostro denaro sia emesso per decreto dal governo o dalla zecca
dello Stato.
Purtroppo
però le cose non stanno assolutamente così.
In realtà lo Stato ha consentito alla Banca
Centrale, controllata da privati, di esercitare in sua vece il potere sovrano
di creare moneta e gestire il credito, di conseguenza le banche hanno acquisito
il monopolio sulla emissione della moneta creata dal nulla, attraverso la gestione privatistica
del credito e il controllo del debito pubblico, determinano e condizionano il
sistema monetario e quindi il destino economico del nostro paese.
Attualmente
il nostro sistema bancario è nelle mani di un ristretto gruppo di banchieri
privati che, in perfetta sintonia e complicità con la classe politica corrotta
e attraverso vari sotterfugi istituzionali, è riuscito ad assumere il totale
controllo sull’emissione della moneta divenendo di fatto proprietario e gestore
di tutto il denaro in circolazione.
Questo
colossale inganno ha permesso al sistema bancario privato di acquisire il monopolio
sulla creazione della moneta creata dal nulla trasformando il Popolo da Sovrano
in eterno “debitore” e schiavo di questo sistema bancario fondato sulla truffa
monetaria del Signoraggio primario e secondario.
È fondamentale capire che il Signoraggio è lo
strumento utilizzato dai banchieri per imporre ai popoli il proprio dominio ed
è praticamente sconosciuto alla stragrande maggioranza delle persone che, a
causa di questa “ignoranza di sistema”, programmata dallo stesso potere
bancario, lo subisce passivamente.
Uno
Stato, defraudato della propria Sovranità monetaria, non può dirsi davvero
Indipendente e Sovrano e un Popolo, privato dal diritto di gestire la sua
moneta, automaticamente cessa di essere libero e diventa schiavo di quei
Signori che fanno un uso distorto della Democrazia.
Il meccanismo del Signoraggio è maledettamente
geniale proprio per la sua diabolica semplicità.
“La
B.C.E. (Banca Centrale Europea, con sede a Francoforte, in Germania), gestisce l’euro, la moneta unica europea,
garantisce la stabilità dei prezzi nell’UE, contribuisce anche a definire ed
attuare la politica economica e monetaria e, per conto della Banca d’Italia,
mette le euro banconote in circolazione stampate a costo zero mettendole a
disposizione degli Stati, in cambio di titoli del tesoro (B.O.T o C.C.T), ma
attenzione:
non ‘accreditando’ bensì introducendo nel
capitolo addebiti agli stati sovrani, ovvero cedendo le banconote non al costo
tipografico ma al valore nominale (50, 100, 500 euro), gravandole poi degli
interessi, al tasso che la stessa Banca Centrale decide in totale autonomia e
senza un reale controllo da parte delle istituzioni pubbliche.
Tutti
possono prestare il proprio denaro, ad esclusione della Banca Centrale che non
ha il diritto di emissione poiché non ne ha la proprietà ed è denaro creato dal
nulla”.
Per
chiarire ogni dubbio dobbiamo cercare di capire bene il sistema del Signoraggio
che è sostanzialmente la differenza di valore che c’è tra i costi tipografici
per emettere carta-moneta e il valore nominale, ovvero, la cifra che è scritta
sopra.
Questa
differenza di valore tra il costo tipografico e quello indicato sulla facciata
della banconota costituisce il Signoraggio e, che come potete immaginare, è una
cifra molto elevata.
Nel
momento in cui la Banca Centrale compra delle cose utilizzando questa moneta,
che a lei è costata quasi nulla (il costo tipografico risulta dalle spese della
carta filigranata e degli inchiostri) ottiene un potere di acquisto enorme che
solo lei può avere.
Quindi
per quanto riguarda la carta-moneta solamente la Banca Centrale che la emette
gode di questo beneficio.
Da qui
prende forma la truffa colossale:
la
Banca Centrale nella parte del bilancio che riguarda il passivo non scrive il
costo tipografico di emissione delle banconote ma il valore nominale.
(Ma il
denaro creato dal nulla è da subito un attivo quale nuova ricchezza della Banca
e quindi deve essere registrato come attivo tassabile in ogni momento! N.D.R).
Cosicché quello che in realtà è un attivo, il
Signoraggio, diventa un passivo per la banca!
Quindi
non è tassabile e dunque diviene evasione fiscale.
Questo
potere equivale alla quantità di carta-moneta che è in circolazione.
Le
banche però sono autorizzate a mettere in circolazione denaro senza valore in
virtù di leggi e provvedimenti di comodo approvati in parlamento dai politici
compiacenti se non direttamente coinvolti nella colossale truffa del
Signoraggio.
Inoltre,
questo è possibile grazie alle direttive impartite dal Trattato di Maastricht. La Banca Centrale Europea, quando
fabbrica una qualunque banconota, sostiene un costo materiale di soli 0.3
centesimi di euro.
Vi
ricordiamo che il signoraggio è l’insieme dei redditi del governo derivanti
dall’emissione di moneta.
Inoltre,
questo è possibile grazie alle direttive impartite dal famigerato, nonché
incostituzionale, “Trattato di Maastricht”, che è un trattato sulla moneta
unica europea, entrato in vigore il 1° novembre 1993.
Tale
documento non chiarisce assolutamente nulla, cosa che in realtà un vero ed
informato documento tecnico dovrebbe fare.
La
Banca Centrale Europea, quando fabbrica una qualunque banconota, sostiene un
costo materiale di soli 0.3 centesimi di euro.
La differenza tra il costo di stampa e il valore
facciale delle banconote viene comunemente definito “Reddito da Signoraggio”e
viene attribuito alla Banca Centrale per la sua funzione di emissione.
Ad esempio:
su un
biglietto da 100 la Banca Centrale incamera 100 euro più gli interessi, diciamo
del 2,50%, meno il costo di produzione di circa 3 centesimi, perciò il guadagno
da Signoraggio per la banca è pari a euro 102.47, che in parte vanno ad
incrementare il debito pubblico e in parte vengono incassati come interessi
dalla stessa Banca Centrale.
Ora
non rimane che moltiplicare questa semplice operazione contabile per il valore
totale delle banconote in circolazione e si avrà l’entità reale della truffa
monetaria che la B.C.E. in accordo con la Banca d’Italia realizza frodando lo
Stato “consenziente” e truffando tutti i cittadini pressoché ignari
dell’inganno.
“In
effetti, la Banca Centrale Europea non è altro che una normalissima tipografia
ma si comporta e trae cospicui benefici dalla stampa delle banconote come se
fosse proprietaria della moneta.
(Stessa
cosa accade con la moneta creata dal nulla che quindi crea ricchezza alla
banca, cioè attivo, senza neppure spendere un solo euro per la stampa
tipografica inutile! N.D.R.)
Questo espediente contabile procura alla Banca
Centrale e ai suoi azionisti privati enormi profitti che andrebbero perlomeno
tassati dal fisco”.
(Ogni anno -anche oggi- in Italia il fisco non incassa come tassa un totale di 300 miliardi di euro che sono il
20% della somma di 1.500 miliardi di ricchezza bancaria di prestiti annuali
alla clientela effettuata dalle banche con il denaro creato dal nulla! N.D.R.)
Gli
utili reali però vengono occultati attraverso semplici e collaudati artifici
contabili.
In
effetti si falsificano i bilanci, iscrivendo nelle poste passive il valore
nominale delle banconote in circolazione e nell’attivo il controvalore dei
titoli di stato avuti in cambio dal Ministero del Tesoro, ottenendo così un
finto pareggio di bilancio che produce l’occultamento della maggior parte del
reddito da Signoraggio.
Il
falso in bilancio consiste nel dichiarare come reddito solo gli interessi, che
sono decine di miliardi di euro all’anno, ma allora come andrebbero
contabilizzati in bilancio i 1.900 miliardi di debito pubblico che in
larghissima parte gli italiani hanno contratto con la Banca Centrale e più in
generale col sistema bancario nazionale e internazionale?
Quindi
i conti non tornano, infatti non vengono tassati dal fisco i 99,70 euro più gli
interessi bensì solo gli interessi (meno le spese) e, visto che gli importi
occultati sono davvero notevoli, la Banca Centrale, falsificando il proprio
bilancio, ottiene enormi e illeciti profitti anche dalla conseguente evasione
fiscale.
Quanto
poi alle banconote in circolazione, non si possono considerare un debito per la
Banca Centrale, lo sarebbero se la stessa emettesse moneta a fronte di una
riserva aurea, ma così non è dal 1971 con l’abolizione degli accordi di Breton
Wood, da allora infatti tutte le Banche Centrali emettono moneta creandola dal
nulla, cioè senza riserva, insomma cartastraccia.
In
Italia la Banca Centrale di emissione è denominata Banca d’Italia ma in realtà
non è pubblica o dello Stato come ingenuamente è indotta a credere la gente
comune.
La
banca d’Italia in pratica è e si comporta come una S.p.A. ed è gestita da
privati e anche se continua ad apparire a tutti come la Banca Centrale dello
Stato Italiano, in realtà Bankitalia è di fatto privata perché controllata per
il 90%, attraverso le quote dalle maggiori banche private italiane e da alcune
grandi Assicurazioni come Le Generali e solamente il 5% di quote è posseduto
dall’INPS come “ente pubblico” (più una
parte trascurabile della stessa I.N.A.I.L.).
Tutto
questo è in contrasto con quanto stabiliva lo Statuto di Bankitalia che
all’Art. 3, affermava che: “in ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della
partecipazione maggioritaria al capitale da parte di Enti pubblici”.
Il 16
dicembre 2006 il Governo Prodi approva una modifica dell’Art. 3 dello Statuto,
che ora si legge così:
“il
trasferimento delle quote avviene, su proposta del Direttorio, nel rispetto
dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto”.
Cioè
la Banca stessa decide chi può detenere le quote/azioni, sia esso pubblico o
privato, senza dover rendere conto di nulla a nessuno.
Se la
Banca Centrale non fosse stata di fatto ‘privatizzata’ e fosse lo Stato ad
emettere la nostra moneta, il cosiddetto reddito da Signoraggio tornerebbe allo
Stato e non sarebbe sottratto al Popolo sotto forma di interessi sul delirante
e famoso debito pubblico.
Lo
Stato Italiano infatti è oberato da un debito pubblico che ormai supera 1.900
miliardi di euro a causa di questo strategico e vile indebitamento statale in
larga parte nei confronti della Banca Centrale e per pagare gli interessi sul
debito pubblico, il governo tassa impunemente i cittadini, il lavoro e tutto
ciò che è tassabile.
Nel
caso dell’Italia, l’azionariato della Banca d’Italia, uno dei maggiori soci
della BCE, è composto da istituti di credito che hanno come oggetto sociale il
profitto e non il bene della comunità nazionale.
Ciò
significa che ogni volta che la BCE presta denaro all’Italia, l’interesse
applicato al prestito servirà a creare un utile che verrà diviso tra i vari
azionisti.
Ecco, allora, che una parte delle tasse pagate
al governo servirà ad arricchire i banchieri che partecipano al capitale delle
Banche Centrali.
Tuttavia
la situazione ha un significato drammatico e le sue conseguenze sono
assurdamente nocive in questo meccanismo monetario, se esaminiamo gli aspetti
della sproporzione che esiste tra il valore materiale e valore nominale della
moneta e l’inestinguibilità del debito pubblico.
La
triste realtà è che i cittadini italiani sono costretti a sborsare, su questo
debito pubblico consumato da politici e banchieri, oltre 80 miliardi di euro di
interessi all’anno, estorti dal Governo con l’imposizione fiscale e attraverso
il prelievo forzoso di innumerevoli tasse.
In
definitiva, noi dobbiamo allo Stato quel che lo Stato ci toglie.
Se
fossimo Cittadini e non semplici schiavi, e fosse ancora valido l’articolo
scomparso della nostra Costituzione dovremmo ribellarci giustamente contro lo
strapotere delle banche e questa classe politica corrotta ed il paese avrebbe
pure diritto a un Governo in cui il cittadino si riconosca pienamente e non lo
avverta invece come una minaccia, ostile ed estranea.
Sarebbe troppo pretendere un governo in grado
di esercitare la propria Sovranità politica e monetaria nell’interesse sovrano
del Popolo?
Ma la
parte inverosimile della faccenda è che solo il 10% della massa monetaria è
costituito da denaro fisico, ossia banconote emesse dalla B.C.E. e monete
metalliche coniate dallo Stato.
Il
restante 90% della moneta viene messo in circolazione dalle banche ordinarie o
commerciali, sotto forma di credito e prestiti, ovvero denaro virtuale:
assegni, carte di credito e cifre sulla
memoria informatica di un computer, cioè moneta fittizia perché senza
copertura, che non costa nulla alla banca ma che trasforma i cittadini, solo
perché obbligati a spendere questa moneta privata, in eterni schiavi del debito
ma, in compenso, fa diventare ricchi e potenti i Signori e Padroni del denaro.
“Ora è
chiaro che il denaro viene letteralmente creato dal nulla dalle banche, infatti
sulla base degli accordi interbancari di Basilea 2, le suddette banche
ordinarie o commerciali si sono date come regola quella di detenere come
riserva obbligatoria a garanzia soltanto il 2% dei depositi per poi prestare il
restante 98% ad altri clienti, ma si badi bene, non utilizzando il denaro depositato
dai correntisti, bensì inventandolo ad ogni successiva richiesta, sotto forma di denaro creditizio
ovvero nuovo credito, sulla base del deposito iniziale moltiplicato quasi
all’infinito.
(Ma il
denaro creato dal nulla quale nuova ricchezza delle banche viene indicato nel
bilancio bancario come “Passivo” e non come un “Attivo” di nuova ricchezza
creata dal nulla e solo dalle banche quale autorizzazione divina! N.D.R)
Facciamo un esempio, quello del Governo
Italiano che, per far quadrare il bilancio del 2013, aveva bisogno di 100€.
Non
potendolo emettere autonomamente, lo chiede in prestito alla BCE.
La
BCE, dopo aver chiesto per l’ennesima volta le riforme strutturali per
garantire il ritorno del debito, decide di concedere il prestito di 100€
all’Italia, con un aggravio di interesse pari al 2%”.
La
BCE, come in un gioco di prestigio, creerà dal nulla i 100€, stampandoli.
“Per
stampare la banconota da 100€, la BCE spenderà tra carta, inchiostro,
elettricità, trasporto e manodopera circa 0,01€ (un centesimo di euro).
Essendo
un ente privato, ci si aspetta che la BCE venda la banconota all’Italia ad un
prezzo ottenuto dalla somma del costo di produzione (0,01€), più un lecito
ricarico di guadagno (un altro 0,01€, per esempio).
Quindi, in un mondo logico e sano, la
banconota costerebbe all’Italia 0,02€. Invece, la BCE che fa?
Ecco
in cosa consiste l’artificio dell’operazione:
la
Banca Centrale Europea scriverà nelle voci in uscita del suo bilancio 100€ e
non 0,01 come ci si aspetterebbe.
Mentre
nelle voci in entrata scriverà 102€ e non 0,02€ come sarebbe giusto.
Ciò
significa che i banchieri, a fronte di una banconota costata 0,01€,
guadagneranno la bellezza di 101,99€.
Sì, perché l’Italia si indebiterà per il
valore nominale della banconota, invece del suo valore materiale.
Infatti,
a fine anno, l’Italia dovrà sborsare 102€ reali spremendo i suoi cittadini con
le tasse.
Questo
meccanismo, in termini tecnici, si chiama Signoraggio Bancario, mentre in
termini sociali si chiama truffa”.
Facciamo
un altro esempio:
se depositiamo, 1.000 euro in una banca, il
sistema bancario nel suo insieme, sulla base di quei 1.000 euro, può prestare,
creando altro denaro dal nulla, come ormai è abituata a fare col consenso dello
Stato, sotto forma di credito, con la moltiplicazione del valore dei depositi,
fino a 50.000 euro per ogni 1.000 depositati.
Tale
sistema, in gergo bancario, è noto col nome di moltiplicatore monetario.
Così
il sistema bancario, indebitando i cittadini, incassa interessi, non sui mille
euro iniziali e che, peraltro non sono nemmeno suoi ma del correntista, bensì
sui 50.000 creati con poca fatica e a costo zero.
Questo
meccanismo di espansione della massa monetaria, nell’oscura terminologia
bancaria, viene definita “Riserva frazionaria o Signoraggio secondario”.
Non
tragga in inganno il termine ‘secondario’ poiché in quanto a danni e potere
distruttivo per la comunità esso non è secondario ma anzi è ben maggiore del
Signoraggio primario sulle banconote che fa capo alla B.C.E. in accordo con
Bankitalia.
La
banca concede prestiti con denaro che non possiede e che inventa sul momento realizzando
pezzi di carta senza valore reale, che poi il debitore deve restituire alla banca come
denaro ‘vero’, guadagnato con lavoro e con fatica sotto il ricatto del pignoramento dei
beni dati a garanzia in caso di insolvenza.
(Ma
ciò che è più stupefacente è che la banca considera il prestito concesso alla
clientela come “Passivo “ contabile.
Mentre
di fatto il prestito viene concesso creando una istantanea ricchezza bancaria
che dovrebbe essere annoverata da subito nel bilancio bancario come “UTILE”
tassabile! N.D.R.)
Infatti, come se non bastasse, la banca concede il
prestito solamente se esso è garantito dai beni materiali dei cittadini. La
banca in definitiva stampa denaro fasullo e lo presta in termini di usura
accumulando sostanziali profitti, sottraendoli a chi produce vera ricchezza.
Un
Paese è ricco se il Popolo lavora e produce moneta che è stata inventata per
agevolare gli scambi dei beni e dei servizi prodotti.
Di
conseguenza la moneta ha valore solo perché gli stessi cittadini la accettano e
la fanno circolare usandola come mezzo di scambio dei beni.
Le
banche non producono nessuna vera ricchezza ma solo l’unità di misura dei beni
oggetto dello scambio, esse creano dal nulla il nostro denaro, ne assumono
illecitamente la proprietà e poi ce lo prestano lucrando enormi profitti con
l’applicazione di un interesse che noi permettiamo.
Perché?
Presto detto.
Perché
chi ci governa, pur essendo a conoscenza di queste inimmaginabili truffe da
parte delle banche, ha tutto l’interesse ad ignorarle e quindi ad appoggiarle,
in quanto ha guadagni e favori incalcolabili come moneta di scambio in queste
subdole manovre di puro commercio criminale.
E non
solo.
Sapete
quanto danaro sparisce sul conto dei pensionati, dei disabili e dei vecchi che
vengono ritenuti incapaci di intendere e di volere e a quanto ammontano
realmente le spese che detraggono mensilmente dal deposito dei loro clienti?
Si
tratta sempre di miliardi di euro.
Questi
atti criminali dovrebbero mandare in galera con pene fino all’ergastolo tutti i
responsabili delle truffe, ma siccome i responsabili siedono nei grandi scanni
del Governo, nessuno può denunciare nessuno, né può far nulla.
(Perché
non dire che nessun cittadino ha l’ardire di mettersi a combattere in giudizio
contro il muro inattaccabile dei regolamenti bancari truffaldini! N.D.R)
Ma le
conclusioni di questa colossale truffa sono ancora da venire.
In parte abbiamo già subito le conseguenze
della crisi che viviamo malamente oggi e che potrebbe sprofondarci in
definitiva nel burrone dell’inflazione.
Perché
la moneta emessa in questo modo crea debito pubblico. Ciò è dovuto al fatto che il
Ministero del Tesoro quando vende i Buoni del Tesoro alla Banca Centrale,
invece di pagare anche lui le banconote al costo tipografico (costi irrisori)
in realtà le paga al costo nominale indicato sopra, più gli interessi, perché
paga con i Buoni del Tesoro.
Questo
debito eterno ovviamente va a carico dei cittadini ignari!
Quindi
per essere chiari, l’ammontare totale del debito pubblico che ammonta oggi a
circa 25.000 euro a testa, in realtà è un credito, e i cittadini potrebbero
richiederlo indietro.
Alla
Banca Centrale. Ma non è finita qui.
Oltre
al Signoraggio, ci sono le truffe anche delle banche commerciali.
Ad
esempio:
se una
persona porta 100 euro in banca, la banca mette questi 100 euro in Riserva, e
poi, cosa accade?
Il
tasso di Riserva oggi è al 2%.
Significa
che per 100.000 euro virtuali scritti nei loro computer, basta che ne abbiamo
realmente 2000 euro di carta.
Questo
è di fatto una bancarotta tecnica, perché loro hanno in realtà un cinquantesimo
del denaro che vantano.
Vuol
dire che se tutti andassero a ritirare i propri soldi allo sportello accadrebbe
una cosa molto semplice:
le
banche chiuderebbero per una settimana l’erogazione del denaro chiamando
immediatamente la Banca Centrale europea a Francoforte, la quale si metterebbe
a stampare giorno e notte banconote per riuscire a soddisfare la richiesta e
impedire che la banca fallisca realmente.
Questa
situazione aumenterebbe la massa monetaria creando ulteriore inflazione. E per questo che la Banca Centrale
viene chiamata il “Prestatore di ultima istanza”, però visto che crea denaro
dal niente, sarebbe meglio chiamarla il “Prestigiatore di ultima istanza2.
Per
cui questi soldi che noi depositiamo fisicamente in banca vengono messi in
Riserva e i Signori bancari creano dal nulla il denaro e ci mettono pure gli
interessi. Ma questi interessi sono solamente la ciliegina sulla torta, perché
non appena questi hanno emesso dal niente il capitale fatato hanno fatto già
Bingo.
Che
cosa pensa l’utente bancario normale?
L’utente
normale pensa che versando 100 euro in banca prende l’1% all’anno di interessi
attivi, mentre la banca prestando quei 100 euro ne prende l’8% ogni anno da chi
li prende a prestito.
Quindi
la differenza 8%-1%=7% sarebbe l’utile delle banche.
In
realtà non è così, anzi siamo molto lontani dalla verità.
La
banca con 100 euro da all’utente 1 euro di interessi all’anno all’utente;
però
la banca mettendo questi soldi in Riserva ne crea ben 5000 dal nulla.
Supponendo che prenda un 8% di interessi sul prestito, ne prende 400 (8% di
5000 euro) tolto l’1 che ha dato a chi ha versato fisicamente i soldi,
rimangono 399 solamente per quanto riguarda l’interesse.
In più
c’è il capitale creato dal nulla che sono 4900 (5000-100 euro iniziali).
In totale la banca crea 4900+399 e cioè 5299
euro virtuali partendo da 100 euro fisici.
E poi
c’è il fenomeno delle valute complementari che sono le monete locali.
Nel mondo ce ne sono più di 5000, di cui 700
solamente in Giappone.
Sono
nate un po’ come funghi, come sono nate anche in altri periodi storici, per
esempio durante la crisi del marco negli Anni 20.
Quando il sistema bancario, basato sull’usura, come
abbiamo fin qui descritto, esagera, e quindi la crisi si diffonde tra i
cittadini italiani che hanno fantasia, è chiaro che le masse reagiscono
spontaneamente con questa creazione di valuta complementare.
Ricordiamo
che in Giappone, all’indomani del 1995 c’erano circa 30.000 suicidi economici
all’anno, per bancarotta o fallimento, e un personaggio importante
dell’ambiente bancario è uscito dal sistema e ha cominciato a creare queste
valute alternative per cercare di risolvere la situazione di povertà.
Qualcosa di simile è successo anche in
Argentina dove le province si sono messe a stampare ed emettere della valuta
locale complementare.
Per
risolvere questa situazione drammatica bisogna partire non certamente dalla
comicità ma dal buon senso.
Ci sono anche delle comunità che lo fanno.
Non
c’è una regola vera e propria:
basta
che sia una comunità inquadrata giuridicamente come provincia in Argentina o
piuttosto comune in Giappone.
Le
valute complementari sono strumenti di commutazione con cui è possibile
scambiare beni e servizi affiancando il denaro ufficiale (rispetto al quale sono
complementari).
Solitamente
le valute complementari non hanno corso legale e sono accettate su base
volontaria, ciò contribuisce al loro aspetto identitario, cioè al loro
identificare la comunità all’interno della quale sono usate alla stregua dei
vantaggi di una tessera associativa.
Un
sistema di valuta complementare è infatti accettato e utilizzato all’interno di
un gruppo, di una rete, di una comunità per facilitare e favorire lo scambio di
merci, la circolazione di beni e servizi all’interno di quella rete sociale,
rispetto al resto della comunità.
Previsioni
2024 secondo Bill Gates,
ecco cosa
ci attende.
Msn.com - Investire Oggi - Daniele Magliuolo –
(27-12-2023) – ci dice:
Non ci
sono più misteri sulle previsioni del 2024 secondo Bill Gates.
Il
boss di Microsoft ha infatti pubblicato quello che secondo lui accadrà nel
prossimo anno ormai alle porte.
Parliamo
di un imprenditore che, da quando ha indovinato l'arrivo della pandemia con 10
anni di anticipo, fa tremar le vene e i polsi ogni qual volta azzarda una
previsione.
Parla
Bill Gates:
Cosa
ci attende per il prossimo anno ormai in dirittura d'arrivo?
Manca
una manciata di giorni all'arrivo di quello che per molti potrebbe essere una
vera e propria nuova era.
Secondo
lo stesso Gates, infatti, l'arrivo dell'intelligenza artificiale verrà ulteriormente
sdoganato nei prossimi 12 mesi.
Il
fondatore di Microsoft afferma che l'AI sarà dominante, poiché l'uomo è
finalmente pronto ad adottarla come strumento basilare di ogni sua azione.
Dopo
questa fase conoscitiva che ha caratterizzato il 2023, arriverà quella
applicativa:
"Quest'anno
ci hanno fatto vedere come l'AI plasmerà il futuro. Ora abbiamo una migliore
comprensione delle tipologie di lavoro che l'AI sarà in grado di svolgere da
sola e di quelle per le quali fungerà da assistente.
Ed è
ancora più evidente che può essere utilizzata per migliorare l'accesso
all'istruzione, la salute mentale e altro ancora”.
Le
previsioni del 2024 non sono però l'unica meta del miliardario, ma
rappresentano anzi un trampolino di lancio.
Gates infatti guarda a più ampio raggio e si concentra
in special modo su quel che davvero farà l'intelligenza artificiale nei
prossimi anni.
E dire che non sono mancate le brusche
frenate, se è vero che “ChatGPT” sta vivendo la sua prima crisi, tanto da
necessitare di nuovi test di “machine Learning” per apprendere altre
informazioni.
Bill
Gates però non sembra preoccupato di questo dietrofront, forse perché sa bene
che in realtà il potenziale dell'”AI” va ben oltre “ChatGPT” ed è ben radicato
nella nostra tecnologia già da qualche decennio.
Previsioni
2024 e oltre.
Che
l'intelligenza artificiale sia arrivata con “OpenAI” è una bufala che ormai
nessun può dare credito.
A
livello quantitativo è vero che oggi l'AI può fare cose che qualche anno fa
erano impossibili.
Concettualmente
però tale tecnologia esiste da decenni, anche se aveva costi mostruosamente
proibiti e poteva essere utilizzata solo da pochi.
Un
esempio importante per chiarire il concetto è quello della “PlayStation”.
Le
nuove versioni esistono molti anni prima che vengano lanciate sul mercato, ma i
costi di produzione (e anche attente scelte di marketing) invitano gli
sviluppatori a posticipare il lancio.
Ma torniamo alle previsioni 2024 di Bill Gates:
"Stiamo
vivendo una fase di transizione, un periodo entusiasmante e confuso. C'è ancora
un ritardo, che però è molto più breve rispetto ai tempi che abbiamo visto con
altre innovazioni".
Secondo
Gates, nei paesi ad alto reddito degli USA nel giro di un paio di anni la
popolazione userà gli strumenti offerti dall'AI.
Nelle zone meno sviluppate a livello
economico, invece, ci vorrà un annetto in più. Per il magnate, l'intelligenza
artificiale ha anche la capacità di ridurre le disuguaglianze nel mondo.
"Se
facciamo investimenti intelligenti oggi, l'AI può rendere il mondo un posto più
equo.
Può
ridurre o addirittura eliminare il ritardo che intercorre tra il momento in cui
un'innovazione arriva nei paesi ricchi e quello in cui raggiunge i paesi
poveri".
Altri
punti cruciali per le previsioni del 2024 sono il dibattito climatico e le
elezioni. Nel
primo caso, secondo il magnate il mondo è pronto a ridiscutere nuovamente sugli
investimenti da impiegare per l'energia nucleare da utilizzare per le
innovazioni verdi.
Per
quanto riguarda le elezioni 2024, Gates si rifà a un dato:
"Di
recente ho letto una statistica che mi ha lasciato di stucco:
nel
2024 potrebbero votare più persone che in qualsiasi altro anno della storia.
L'anno prossimo i cittadini di quasi 60 paesi si recheranno alle urne per
eleggere i loro leader a tutti i livelli di governo".
Secondo
Bill Gates questo fattore potrà avere un'importanza storica e il suo consiglio
è di eleggere politici che ritengono importante investire nello sviluppo umano.
I
punti salienti...
Per
Bill Gates il prossimo anno sarà caratterizzato dalle elezioni politiche;
guardando
più avanti, il fondatore di Microsoft vede l'intelligenza artificiale sempre
più protagonista;
nel
giro di due o tre anni sarà utilizzata sempre più negli Stati Uniti, andando a
ricoprire diversi lavori.
(L'articolo
è stato pubblicato in News - Investireoggi.it.)
Illeciti,
più tutele
a chi
denuncia.
Jusletter.com - Italia Oggi – Redazione –
(22-12-2023) – ci dice:
Estesa
alle imprese da 50 a 249 dipendenti la disciplina del cosiddetto “Whistleblowing”
(strumento di compliance aziendale che permette di segnalare, in modo riservato
e protetto, eventuali illeciti sul proprio luogo di lavoro, ndr);
più
tutele per chi segnala comportamenti illeciti, fra cui anche i reati contro la
pubblica amministrazione;
le
aziende dovranno attivare un canale digitale interno per la trasmissione e
gestione delle segnalazioni.
Sono
queste le principali e importanti novità scattate da domenica 17/12/2023, in
base al decreto legislativo n. 24 del 10/3/2023 che tutela chi denuncia
irregolarità sul luogo di lavoro.
In
base a questa disciplina, stando ai dati diffusi dal presidente dell’”Anac”, “Giuseppe
Busia”, sono state effettuate oltre 600 le segnalazioni, 240 dal settore
privato e 360 dal pubblico.
Il decreto n.24 in generale ha dettato una
disciplina volta da un lato a garantire la libertà di espressione e di
informazione e dall’altro a contrastare e prevenire la corruzione e la cattiva
amministrazione nel settore pubblico e in quello privato.
In
particolare, il decreto di inizio anno ha recepito la “direttiva Ue” stabilendo
che chi denuncia usi inizialmente i canali interni alla propria organizzazione
e ha previsto la tutela anche in favore del «facilitatore» o delle persone
menzionate nella segnalazione.
Un
canale digitale interno per raccogliere le denunce.
Pertanto
nelle imprese da 50 a 249 dipendenti, a partire da lunedì scorso occorre
istituire un canale digitale interno al fine di raccogliere le denunce e la
documentazione del segnalante, assicurando piena riservatezza sulla sua
identità.
In
caso di mancato riscontro alla segnalazione interna, oppure nel caso in cui il
segnalante abbia ragione di ritenere che la segnalazione presenti rischi, anche
di ritorsione, o ancora quando vi è fondato motivo di ritenere che l’illecito
possa costituire un pericolo imminente per l’interesse pubblico, la
segnalazione potrà essere trasmessa direttamente all’”Anac”, l’”Autorità
nazionale anticorruzione”.
Ad “Anac”
si ricorre quindi in un secondo momento, se il “whistleblower” ha già segnalato
l’illecito tramite canale interno, e non ha ricevuto alcun riscontro.
In
tali ipotesi l’Autorità raccoglie le segnalazioni, e le sottopone ad un attento
vaglio, proprio per verificare l’effettiva ritorsività delle misure adottate e,
solo in questo caso, interviene.
Esiste
pertanto una valutazione accurata caso per caso.
Dove
non si ravvisano comportamenti ritorsivi, e quindi emerge un appello
strumentale alle garanzie del “whistleblowing”, la protezione del segnalante
viene meno.
La verifica condotta dall’Anac è quindi
finalizzata a verificare se l’impresa abbia adottato misure di carattere
punitivo nei confronti del segnalante e, al tempo stesso, se la segnalazione
effettuata dal “whistleblower” fosse finalizzata esclusivamente a crearsi un
alibi o uno scudo rispetto a sanzioni che sa essere imminenti.
Sanzione
da 10mila a 50mila euro.
Va
considerato che in base al decreto n. 24/2023, all’articolo 21, è prevista una
sanzione da 10mila a 50mila euro, irrogabile dall’”Anac”, quando essa accerta
che non sono stati istituiti canali di segnalazione;
in tal
caso come soggetto responsabile è considerato l’organo di indirizzo sia negli
enti del settore pubblico che in quello privato.
«I “whistleblower”,
nel pubblico e ora anche nel privato, che segnalano illeciti o illegalità di
interesse generale di cui siano venuti a conoscenza sul luogo di lavoro, stanno
conquistando spazio anche nel nostro Paese», secondo il presidente dell’Autorità
anticorruzione, Busìa.
Va
però precisato che l’Autorità offre protezione solo a chi realmente la merita e
non a chi viene giustamente sanzionato dal proprio datore di lavoro o,
addirittura, effettua una segnalazione come “whistleblower” al solo scopo di
crearsi una sorta di alibi o scudo rispetto a sanzioni che sa essere imminenti.
Per il
ruolo decisivo che chi segnala illeciti può svolgere, è necessario accertare
bene che non vi sia uso strumentale o per finalità private nella denuncia.
La
grande truffa: così Londra
clona
le banche italiane.
Jusletter.com – Redazione - Il Sole 24 Ore –
ci dice:
Una
grande truffa ai danni del sistema bancario italiano, e non solo, si sta
consumando silenziosamente a pochi passi dalla City di Londra.
Decine
di istituzioni finanziarie sono state “clonate” nella capitale britannica
attraverso finte società dai nomi identici o simili a quelli reali.
Le
identità di manager e banchieri sono state rubate e utilizzate illegalmente per
dare una parvenza di veridicità a entità che possono essere utilizzate per
truffare risparmiatori e riciclare denaro sporco.
Basta
qualche esempio per rendersi conto di ciò che sta accadendo sulle rive del
Tamigi.
L’amministratore
delegato di “Intesa SanPaolo”, “Carlo Messina”, risulta azionista – a sua
insaputa – di una sconosciuta società che si chiama “Japan Capital Group Ltd” insieme a “Stefano Firpo”, ex
direttore generale del “Mediocredito Italiano” e oggi capo di Gabinetto del “ministro
per l’Innovazione tecnologica” “Vittorio Colao”.
I due sono in compagnia di un cittadino
ucraino e di uno slovacco che si dichiara avvocato e che amministra 27 società
con nomi uguali a banche esistenti e con lo stesso indirizzo in un edificio nel
centro di Londra.
Tutto
falso, naturalmente.
Istituti
e manager sono vittime ignare di una grande cospirazione.
Ne
sono i primi danneggiati.
Ma nei
documenti ufficiali depositati presso la “Companies House”, il registro delle
imprese britanniche, i loro nomi sono scritti nero su bianco.
Le
identità rubate.
Nomi
come quello di “Fabrizio Palermo”, ex amministratore delegato di “Cassa
Depositi e Prestiti”, divenuto – sempre a sua insaputa – dirigente di una
fantomatica “Cassa Depositi e Prestiti Spa Ltd” che – ancora secondo le carte
londinesi – avrebbe asset per un miliardo di sterline.
Come “Roberto
Mazzotta”, ex presidente di “Cariplo” e di “Bpm”, e come “Rony Hamaui”,
presidente di “Intesa Sanpaolo ForValue”, fatti figurare come soci del
sedicente “Mediocredito Italiano Spa Ltd”, società che stando all’ultimo
bilancio depositato il 31 gennaio 2022 avrebbe asset per il solito miliardo di
pound.
E non
finisce qui.
Perché
tra le banche nel mirino dei presunti truffatori ci sono anche la “Banca
Nazionale del Lavoro”, la “Cassa Lombarda”, il “Credito Emiliano”, una serie di
casse di risparmio locali, e in passato “Intesa SanPaolo”, “Unicredit”, “Cassa
di Compensazione e Garanzia” (oggi Euronext Clearing), “Monte Titoli” e “Assicurazioni
Generali”.
Per
arrivare, infine, a un organismo che banca non è ma che si occupa delle
pensioni dei notai italiani, la “Cassa Nazionale del Notariato”.
Ma
andiamo con ordine, perché tutto accade nel silenzio più assoluto del governo
di “Boris Johnson”.
Il
caso “Bnl.
L’ultima
“banca” italiana a comparire sul registro inglese è stata la “Banca nazionale
del lavoro Spa Ltd”, fondata il 29 novembre 2021.
Secondo
lo statuto depositato nei registri del Regno Unito, la società si occupa di
investment trust, leasing finanziario, finanziamento ipotecario e gestione di
fondi. Gli atti ufficiali raccontano che la “copia” della Bnl avrebbe un
capitale nominale di 5 milioni di sterline.
Gli
azionisti sarebbero due cittadini del Bangladesh residenti a Dubai, “Uzzal
Kamruzzaman” e “Uddin Murad”.
Ma tra
gli amministratori compare anche un italiano.
Si chiama “Enrico Meloni”, è nato nel gennaio
1976 e risiede anche lui nell’emirato.
Nessun
altro particolare viene registrato nei documenti ufficiali, se non che l’uomo amministra
anche la “Cassa di Risparmio di Cento Spa Ltd” e la “Caisse Régionale de Crédit
Maritime Mutuel d’Outre Mer Llp”.
“Bnl”
ha già incaricato un legale per inibire l’utilizzo del nome della banca del
gruppo “Bnp Paribas”.
La
Cassa Depositi e Prestiti.
Il
caso della “Cassa Depositi e Prestiti Spa Ltd” dimostra come i “cloni” talvolta
arrivino a livelli di sofisticazione assai elevati.
Nell’atto
costitutivo della società (il “Certificate of incorporation”), che porta la
data del 2017, l’elenco degli amministratori è da Serie A.
Sfogliandolo si leggono i nomi di “Fabrizio
Palermo”, fino al 31 maggio 2021 amministratore delegato della vera “Cdp”;
“Pierfrancesco
Latini “e “Alessandro Decio”, rispettivamente attuale amministratore delegato
ed ex ad di” Sace”;
“
Simonetta Iarlori”, manager di “Leonardo”; “Antonella Baldino”, manager di “Cdp”;
e infine degli ex dirigenti della” Cassa”, “Alessandro Tonetti”, Leone
Pattofatto” e “Guido Rivolta”.
Quest’ultimo
risulta essere l’unico azionista della società.
Tutto
falso, naturalmente.
Il
“certificato di costituzione” è un documento assai importante: viene spesso
allegato alla richiesta di apertura di conti bancari o quando si sottoscrivono
acquisti immobiliari o importanti contratti.
Leggendo
il documento, però, non sfugge che le date di nascita di tutti gli
amministratori sono sbagliate e che l’azionista a sua insaputa, “Guido Rivolta”,
risulta domiciliato in una inesistente “Via dalle Scatole” a Roma.
Fonti
vicine a “Cdp” riferiscono che la società ha dato mandato a un legale inglese
di presentare denuncia in Gran Bretagna e di chiedere al tribunale la
cancellazione della società.
I
recordman delle banche.
Tra
gli amministratori della falsa “Cassa Depositi e Prestiti” ci sono un ungherese
e uno slovacco presenti in una serie di altre società con nomi simili a banche
realmente esistenti.
Si
chiamano “Gyorgy Varga” e “Dmitriy Mayer”.
Sono due recordman degli incarichi bancari,
perché il primo amministra almeno “29 società”, il secondo non meno di” 26”.
E sono
sempre entità dai nomi altisonanti:
Banque Cantonale Vaudoise Ltd, Banque Centrale
Européenne Ltd, Banque du Canada Ltd, Banque du Japon Ltd, Banque Santander SA
Ltd, Banque Cantonale de Genéve Ltd, ma anche Berkshire Hathaway Inc. Ltd,
Bolsa Mexicana de Valores Ltd e Banque Morgan Stanley Ag Limited, solo per
citarne alcune.
“Varga
e Mayer”, oltre a dichiararsi amministratori della “Cassa Depositi e Prestiti
Spa Ltd”, risultano dirigenti anche della “Caisse des Dépots et Consignations
Ltd”, società che si richiama all’istituto finanziario pubblico francese nato
nel 1816.
Ma non
basta.
Il Sole 24 Ore ha passato al setaccio migliaia
di società registrate presso la Companies House e ne ha incrociato i dati.
È
emerso che le due imitazioni delle Casse depositi e prestiti italiana e
francese hanno la sede nello stesso luogo, un piccolo edificio di mattoni
dipinti di bianco ormai ingrigiti e scrostati a due passi dal British Museum e
dalla fermata di Holborn della metropolitana, nel pieno centro di Londra.
Qui,
al numero “27” di” Old Gloucester Street”, tra le migliaia di società
registrate, c’è un concentrato di finte banche da guinness dei primati.
Non
solo le false “Cdp” e “Cdc”, ma anche la stessa “Banca Nazionale del Lavoro Spa
Ltd” e almeno altre 50 società che imitano i nomi di banche e istituzioni
finanziarie prestigiose di tutto il mondo.
Ecco “Goldman Sachs Italiana”.
L’ultima
nata, il 15 febbraio 2022, è la “Goldman Sachs International Filiale Italiana
Spa Ltd”, creata con un capitale (presunto) di 10 milioni di sterline da un
indiano che risiede negli Emirati e che dice di chiamarsi “Uddin Khaja Riyaz”.
Classe
1990, Uddin pochi giorni prima, il 3 febbraio, aveva fondato la “Goldman Sas
International Filiale Italiana Ltd”.
Gli
era andata bene e ha deciso di replicare affinando il nome del colosso
finanziario statunitense.
Resta un mistero la predilezione per la “filiale
italiana”.
Lo
stesso giorno, Uddin aveva registrato anche il “Credit Mutuel Cis Spa Ltd” al medesimo indirizzo e con lo
stesso capitale di 10 milioni di pound.
In “Old Gloucester Street” si trovano anche la “Cassa
di Risparmio di Cento Spa Ltd” e il “Mediocredito Italiano Spa Ltd”.
La
“banchiera” thailandese.
In
mezz’ora di auto, verso sud, si supera il Blackfriars Bridge e si arriva in
Lambeth Walk, dove al numero 69 sorge un piccolo edificio di due piani dipinto
di bianco.
In questo luogo che non ricorda nemmeno
lontanamente la City di Londra ci sono almeno 14 società con nomi di banche,
alcune italiane.
Eccole: “Cassa di Risparmio di Asti Spa Ltd”,
“Cassa di Risparmio di Orvieto Spa Ltd”, “Cassa Lombarda Spa Ltd” (che però
fino a settembre 2021 si chiamava “Europa Creditbanque Limited”), “Credit
Emiliano Italia Spa Ltd” e poi la “Cassa Nazionale del Notariato Spa Ltd”.
Nessuna
di loro ha mai aperto uno sportello, nessuna ha dipendenti o uffici ma solo una
cassetta postale.
E nessuna di loro – è bene ricordarlo – ha
nulla a che vedere con i veri istituti di credito italiani né con la cassa che
si occupa delle pensioni dei notai. Ma a Londra – ormai è chiaro – tutto è
possibile.
Dietro
le finte Cassa Lombarda, di Asti, di Orvieto e dietro il Credit Emiliano c’è
una signora thailandese di 44 anni, “Rinnatha Piriyawaranant”, che secondo il
registro inglese possiede e dirige almeno 11 società allo stesso indirizzo, tra
le quali una “Commerz Finance Banque Ag Ltd” e una “Swiss Fidelity Investment
Banque Ag Ltd”.
Fino
al 30 agosto 2021, “Rinnatha” era anche la proprietaria del “Credit Agricole
Italia Spa Ltd” ma poi ha pensato di cambiarle nome e ora la società si chiama
“Credit d’Investissement Banque Ltd”.
La
signora thailandese aveva anche fondato ”Unicredit Spa (Faenza Mazzini) Ltd” ma
la società dallo strano nome ha cambiato più volte ragione sociale e ora si
chiama “Credit Libanais Banque Sal Ltd”
I due “Credem”.
Altre
due strane società sono state fondate in una cittadina tra “Leeds e Manchester”
a quattro ore di macchina da Londra.
Al “Listerhills
Science Park” di Bradford, un centro direzionale moderno e tranquillo, un
cinese e un indiano che affermano di risiedere negli Emirati Arabi hanno creato
la “Unione Dibanche Italia Spa Ltd” e la “Unione Italia di Banche Ltd”.
Entrambe
le società hanno lo stesso indirizzo.
Il “Credito
Emiliano” vanta (o vantava), invece, due tentativi di imitazione.
Oltre
al “Credit Emiliano Italia Spa Ltd”, due cittadini turchi hanno registrato una
società che per quattro giorni, tra il 24 e il 28 marzo 2021, si è chiamata
anch’essa “Credit Emiliano Italia Spa Ltd”, ma che nell’arco di otto mesi ha
cambiato tre ragioni sociali e oggi si chiama “Caisse Regionale de Agricole
Mutuel Finance Ltd”.
Generali,
la più imitata.
Le
banche adesso lo sanno:
gli
occhi devono essere puntati attentamente sul Regno Unito.
Alcune
di loro si sono accorte dello “scippo” del nome e sono corse ai ripari
presentando denuncia al “Company Names Tribunal”, presso la stessa “Companies
House”, che può imporre la modifica della ragione sociale.
Lo ha
fatto “Intesa SanPaolo” ottenendo, il 14 settembre 2021, che la società “Intesa
SanPaolo Ltd”, fondata da un cittadino del Bangladesh nel solito edificio al
numero 27 di Old Gloucester Street, cambiasse nome.
Ma lo
ha fatto anche “Unicredit” nel 2020 ottenendo che la “Unicredit Holdings Uk
Ltd” fosse costretta a cambiare identità nella più anonima “12046801 Ltd”.
E
prima ancora, nel 2018, una sentenza dell’”Alta corte di giustizia di Londra” –
emessa dopo un ricorso presentato da “Cassa di Compensazione e Garanzia”
(Cc&G, oggi “Euronext Clearing”) e “Monte Titol”i – ha condannato le
inglesi “Cassa di Compensazione e Garanzia Spa Limited” e “Monte Titoli Spa
Limited”, domiciliate anche loro in “Old Gloucester Street”.
La
Corte ha imposto il cambio di nome e la cancellazione dai documenti di alcune
identità indebitamente utilizzate.
Si trattava di manager e amministratori
italiani, tra i quali “Raffaele Jerusalmi”, ex vicepresidente di “Cc&G” ed
ex amministratore delegato di “Borsa Italiana”;
di “Renato Tarantola”, presidente di” Cc&G”;
di “Alfredo Maria Magri” e “Vincenzo Pontolillo”, amministratori indipendenti
della stessa “Cc&G”.
Nomi
utilizzati illecitamente e a insaputa dei diretti interessati.
Ma chi
più di tutti ha dovuto dispiegare i suoi legali sono state le “Assicurazioni
Generali”, che tra novembre 2019 e giugno 2021 hanno vinto ben sette ricorsi
contro le società “Generali Group Ltd”, “Generali Spa Uk Ltd”, “Generali Spa
Corporate Ltd”, “Generali-Corp Uk Ltd”, “Generali Investments Ltd”, una nuova
“Generali Spa Uk Ltd” e “Generali Group Ltd”.
Chissà qual è stato il motivo di questa
attrazione verso il marchio Generali.
O
forse si comprende molto bene.
Tanto,
per registrare una società a Londra bastano 12 sterline, l’equivalente di una
pizza.
Truffe
telematiche a danno dei correntisti:
quali
sono e come
tutelarsi.
Cybersecurity360.it
- Paolo Grandinetti – Avvocato – (5 gennaio 2023) – ci dice:
Attacchi
hacker e Malware: le ultime news in tempo reale.
Oltre
al “vishing”, la frode del finto operatore che si spaccia al telefono per il
“call center della banca o dell’istituto di credito”, e allo” smishing”, sempre
più spesso i correntisti sono esposti ad attacchi di tipo “man in the browser”.
Ecco come riconoscere le truffe telematiche e
come difendersi.
Con
sempre maggiore frequenza negli ultimi anni – soppiantando il precedente
diffusissimo “phishing “–si stanno verificando a danno dei correntisti:
attacchi
di tipo “vishing” (acronimo di voice “phishing”) consistenti in una truffa con
tanto di finto operatore che chiama al telefono le possibili vittime
dell’attacco, mediante un sistema vocale automatizzato (utilizzando ad esempio
un sistema VoIP), spacciandolo per il “call center della banca” o di un
istituto di credito;
e
attacchi di tipo “smishing”, artifizio con cui l’attaccante utilizza un
messaggio di testo – apparentemente proveniente dal numero dell’Istituto
bancario – al fine di indurre i vari destinatari a cliccare su un link e
inviare al cyber criminale informazioni private o relative ai propri codici di
accesso all’”internet banking”.
Ma
spessissimo vengono sottoposti casi nei quali si sono verificate chiamate in
diretta, con operatori in carne e ossa:
la
telefonata – effettuata direttamente dal falso operatore della Banca dal numero
“ufficiale” dell’Istituto – prevede infatti la comunicazione all’ignaro
correntista di un qualche problema sul conto bancario o sulla carta di credito,
con l’invito a contattare telefonicamente un terzo numero per risolverlo, con
la finalità anche in questo di “carpire i codici di accesso al banking” e
quindi deviare il denaro ivi presente, attraverso ricariche di carte prepagate
o effettuazione di bonifici.
Indice
degli argomenti:
La
truffa del man in the browser.
Definizione
giuridica del man in the browser.
Come
funziona il man in the browser.
Man in
the browser: un caso reale.
Truffe
telematiche: la responsabilità della banca.
La
Direttiva PSD2 e l’autenticazione forte.
La
truffa del man in the browser.
È
opportuno, però, focalizzare l’attenzione su un fenomeno che sta prendendo
sempre più piede, il cosiddetto “man in the browser” (MITB), relativamente al
quale lo scrivente ha avuto modo di occuparsi a tutela di propri clienti caduti
in questo nuovo stratagemma di frode telematica.
Il
MITB, che ha a che fare con i servizi di pagamento predisposti dagli Istituti
bancari, è una sottospecie del più ampio e noto fenomeno del “Man in the
middle”, ossia una minaccia informatica che permette al cyber criminale di
“intercettare e manipolare il traffico internet” che l’utente crede privato e
protetto.
A
differenza delle fattispecie di truffe “classiche” (phishing), dove
l’aggiramento dei presidi informatici di sicurezza e la circonvenzione del
cliente avvengono attraverso metodi ormai più che noti (p.e., email o SMS
civetta; false comunicazioni via telefono) che il cliente, mediamente
diligente, è oggettivamente in grado di schivare, nel MITB l’appropriazione
indebita dei codici di sicurezza personali dell’utente avviene attraverso un
meccanismo più subdolo, in grado di sorprendere la buona fede anche di un pur
normalmente attento fruitore del servizio.
Nel
phishing (e i suoi “derivati” smishing e vishing), infatti, l’utente è vittima
di una “colpevole credulità”, in quanto comunica le proprie credenziali di
autenticazione al di fuori del circuito operativo dell’intermediario,
abboccando a forme di truffa ormai note anche ai non esperti della materia, non
tenendo conto anche delle abbondanti campagne preventive adottate dagli
istituti bancari in tema di cyber crimine:
spesso, infatti, le email truffaldine appaiono
redatte usando un linguaggio maccheronico o comunque con evidenti errori nel
lessico o addirittura nel logo della banca.
Nel “MITB”,
invece, il subdolo congegno di infezione si attua attraverso “un sofisticato
metodo di intrusione” caratterizzato da un effetto sorpresa capace di spiazzare
l’utilizzatore.
Pertanto,
l’esclusione di qualsivoglia tipo di colpa anche lieve è usualmente comprovata
dalla denuncia di frode tempestiva da parte del cliente, sia alle autorità
locali, che alla Banca (secondo le modalità stabilite nel contratto quadro per il
disconoscimento dell’operazione).
Definizione
giuridica del “man in the browser”.
A
livello giuridico, la più significativa definizione del “MITB” è stata fornita
dal “Collegio di Coordinamento dell’ABF” in data 26/10/2012, con la Decisione
n. 34983.
Nello
specifico, il fenomeno viene descritto come l’interposizione che questo genere
di “malware” è in grado di operare fra il sistema centrale dell’intermediario
(banca) e quello del singolo cliente.
Testualmente
si legge nella decisione:
«Nella
sua massima espressione di efficienza aggressiva, il programma malevolo, una
volta annidatosi in un certo numero di computer, genera quella che in gergo
suole definirsi una “botnet”, ossia per l’appunto una rete di macchine
egualmente infettate dallo stesso virus.
Il “malware2
– riconducibile alla più ampia categoria dei cc.dd. trojan (“cavalli di Troia”)
e dotato di sofisticate capacità di elusione dei migliori antivirus – si annida
in modo silenzioso nel computer della vittima senza creare alcun
malfunzionamento o alterazione del sistema tali da attrarre l’attenzione
dell’utente.
Il
malware resta completamente “in sonno” attivandosi solo nel momento in cui
l’utente si colleghi ad un sito finanziario compreso fra quelli che il
programma abbia posto nel mirino (targeted banks).
In
quel preciso istante il malware “si risveglia” ed entra in azione captando il
collegamento dell’utente e propinandogli una pagina-video esattamente identica
a quella che l’utente è abituato a riconoscere in sede di accesso regolare al
sito del proprio intermediario.
L’unica
differenza, obiettivamente impercettibile ad un pur scrupoloso utente, è la
stringa di descrizione della pagina che, a differenza di quella originale, reca
un prefisso di accesso (c.d. protocollo di trasferimento ipertestuale, Hyper
Text Transfer Protocol) “http” e non già “https” (dove la “s” finale sta per
secured, protetto).
Ignaro
dell’intervenuta sostituzione della pagina, l’utente è indotto a ritenere di
trovarsi nel normale ambiente sicuro in cui normalmente egli opera.»
Come
funziona il “man in the browser”.
Nello
specifico, il
“criminal hacker” si mette letteralmente “nel mezzo” tra due entità:
il client (l’utente) e un server o un router,
riuscendo non solo a intercettare i messaggi inviati e ricevuti, ma anche a
modificarli.
Successivamente,
il “malware” attiva una finestra a modulo, che pare sempre di provenienza dal
sito della banca in cui l’utente crede di operare, ove è richiesta una conferma
di sicurezza con l’invito a compilare i campi del modulo con le proprie
credenziali ed il codice OTP (one time password) generato dal token: procedura
che gli intermediari talvolta attivano per ulteriori verifiche di sicurezza,
soprattutto quando l’accesso ai servizi di home banking avvenga da un indirizzo
IP diverso da quello abituale e riconosciuto dal sistema informatico bancario,
il che rafforza nel cliente il convincimento della piena regolarità della
situazione.
L’utente
compila così i campi del modulo fittizio predisposto dal “malware”, il quale ha
così modo di attuare la captatio di tutti i codici di autenticazione e di
utilizzarli in tempo reale;
nel
mentre, l’utente viene ulteriormente ingannato da un messaggio di attesa che,
pochi minuti dopo, si conclude con la comunicazione dell’impossibilità di
procedere all’operazione e ritentare più tardi.
A
questo punto il “criminal hacker” ha libero accesso al servizio online del
cliente (ancora) ignaro della truffa e conseguente potere di disporre
operazioni di pagamento urgenti a terzi soggetti complici, i quali, a loro
volta, adotteranno altre strategie per nascondere i capitali indebitamente
sottratti.
Man in
the browser: un caso reale.
In un
caso recentemente affrontato dallo scrivente studio legale, si era verificata
un’illecita e fraudolenta intromissione da parte di terzi volta a modificare
dall’interno le coordinate bancarie dei destinatari abituali dei bonifici
effettuati dagli ignari clienti, con una grave perdita patrimoniale per il
correntista.
Si
contestava, quindi, l’esistenza di una vera “falla” nel sistema di “home
banking” della “Banca convenuta in giudizio”, che aveva consentito a soggetti
terzi di modificare il destinatario dei bonifici effettuati dalla Società
attrice, pur trattandosi di bonifici usuali, effettuati con cadenza mensile.
Nel
corso del procedimento si sottolineava come fosse necessario evidenziare che l’assetto delle disposizioni
normative e regolamentari in tema di servizi di pagamento (quale
l’effettuazione dei bonifici), individua due categorie di clientela nei cui
confronti le cautele e le garanzie si configurano a differente livello.
Infatti,
la
tassatività delle garanzie offerte ai consumatori può essere in parte derogata qualora “l’utilizzatore dei servizi
di pagamento non è un consumatore” ovvero sia, appunto, una “microimpresa” o
una impresa (cfr. art. 2, comma 4°, lett. b) e c) D.lgs. 27.1.2010 n. 11).
Qualora,
pertanto, l’utilizzatore non sia un consumatore, la facoltà di deroga, per le
imprese, inerisce garanzie fra le quali quella – nel caso di contestazione
dell’utilizzatore circa l’autorizzazione all’esecuzione di una prestazione di
pagamento – relativa all’onere dell’intermediario di provare che la medesima
sia stata correttamente autorizzata e quindi eseguita (art. 10) e l’esclusione
di responsabilità dell’utilizzatore in caso di operazioni fraudolente, fatta
salva la franchigia limitata a 150 euro, in assenza di dolo o colpa grave
dell’utilizzatore.
Quello
che veniva evidenziato era come tale dovesse essere “espressa” e ciò, si badi,
non solo nell’ovvio caso in cui la controparte contrattuale sia rappresentata
da un consumatore (per la quale la deroga espressa non opera in alcun modo) o
da una ma soprattutto anche quando la controparte dell’intermediario sia
costituita da un “non consumatore” cioè un’impresa (per la quale le possibilità
di deroga alla disciplina normativa sono ben più ampie).
L’istituto
bancario, al fine di rendere tale deroga effettivamente opponibile al cliente,
dovrà aver cura di esplicitare, nel testo contrattuale, che di deroga effettiva
si tratti.
Nel
caso di specie sottoposto allo scrivente legale, nessuna deroga al PSD2 (che
approfondiremo più avanti) era stata infatti stata contrattualmente prevista. Dalla lettura del contratto
sottoscritto dalle parti, nessuna deroga era rinvenibile, e nemmeno in forma
tacita (in
alcun punto di esso comparivano riferimenti alla legislazione di cui sopra ed
alla espressa deroga).
Nel
caso de quo trovava quindi applicazione la normativa e il regime di speciale
protezione e di altrettanto speciale” favor probatorio a beneficio degli
utilizzatori”, in quanto l’onere di dimostrare la colpa grave ovvero il
comportamento fraudolento dell’utente rimane in capo al prestatore di servizi:
la
prova dev’essere fornita mediante “indizi chiari, precisi e concordanti”,
idonei a comprovare che l’utente non abbia custodito il mezzo di pagamento con
la dovuta diligenza, ovvero la prova dev’essere fornita dall’intermediario
mediante una serie di elementi di fatto che caratterizzano le modalità
esecutive dell’operazione dai quali possa trarsi la prova, in via presuntiva,
della colpa grave dell’utente.
La
responsabilità dell’utente restava, quindi, circoscritta ai casi di
comportamento fraudolento del medesimo ovvero al suo doloso o gravemente
colposo inadempimento.
E
invece, la prova che l’operazione sia stata autenticata, correttamente
registrata e contabilizzata e che non vi sia stata una défaillance del
servizio, non esauriva l’onere probatorio posto a carico dell’intermediario,
dovendo quest’ultimo dimostrare che non vi siano stati “altri inconvenienti”.
Recentemente
già l’”ABF” (collegio di Roma e Milano) aveva statuito come la captazione dei
codici ad opera di terzi non autorizzati ben possa avvenire in presenza di una
pur diligente condotta da parte dell’utente:
nonostante
la “diligenza del bonus nummarius” ed il sistema di autenticazione a due
fattori, in assenza della provata colpa grave in capo al cliente,
l’intermediario è tenuto al risarcimento del danno per l’uso illecito dello
strumento dallo stesso fornito.
Truffe
telematiche: la responsabilità della banca.
Nei
casi appena descritti, la “teoria del rischio” comporta una responsabilità
oggettiva della Banca per quanto accaduto al correntista, non avendo la stessa
evitato – sui propri sistemi – l’agire fraudolento di terzi ignoti.
Nel
nostro ordinamento, l’utilizzo dei servizi bancari trova un’ampia e completa
tutela, in quanto esso pone a carico del professionista bancario, dotato di
risorse e conoscenze molto più approfondite del cliente, il rischio di utilizzo
improprio del servizio di pagamento da parte di soggetti terzi.
Come
da giurisprudenza consolidata, infatti, l’istituto bancario è tenuto nei
confronti del correntista a tenere una diligenza qualificata, secondo il
modello dell’operatore professionale qual è l’accorto banchiere che, avendo
messo a disposizione del cliente (anche evidentemente per un proprio interesse)
il servizio online, ha accettato il rischio d’impresa inerente al collegamento
telematico messo in atto da un intruso, dovendo porre in essere appropriate
misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla reale
volontà del cliente (con la sola possibilità per essa di essere ammessa a provare
il comportamento negligente del correntista che ha reso, nel caso, possibile
l’intrusione).
A
detta dei Giudici, rientra nell’area del rischio di impresa del prestatore di
servizi di pagamento la possibilità di utilizzazione dei codici di accesso al
sistema da parte di terzi ed il conseguente obbligo di restituire quanto
fraudolentemente sottratto all’utilizzatore per non aver il professionista
bancario prevenuto un simile evento tramite la predisposizione di misure di
sicurezza per
assicurare la riconducibilità dell’operazione alla volontà del titolare,
“blindando” in modo efficace ogni accesso al sistema.
La responsabilità
dell’istituto di credito può essere esclusa solo nel caso in cui quest’ultimo
dimostri di aver adottato tutti i meccanismi necessari alla tutela del cliente
e di aver messo in atto ogni misura idonea a scongiurare il verificarsi di
condotte fraudolente.
In
parole povere, l’unico onere per il correntista è quello di dimostrare la fonte
del proprio diritto – il contratto di conto corrente – e che le proprie
credenziali di accesso ai servizi di “internet banking” non sono state
utilizzate dallo stesso illegittimamente.
La
Direttiva PSD2 e l’autenticazione forte.
In
merito, è bene ricordare che il 14 settembre 2019 è entrata in vigore a livello
europeo la nuova disciplina in tema di “autenticazione forte” (relativa alle credenziali di
accesso online) quale risultante dal combinato disposto dell’art.98.4 comma 2
della direttiva (UE) 2015/2366 (c.d.PSD2) e dall’art.38.2 del regolamento
delegato (UE) n.2018/389.
La
PSD2 in Italia è entrata in vigore il 13 gennaio 2018.
Ai
fini della comprensione del concetto di autenticazione forte è di fondamentale
importanza il documento denominato “Opinion of the European Banking
Authority on the elements of strong customer authentication under PSD2”, emanato dall’European Banking Authority il 21
giugno 2019,
che
contiene le stringenti norme tecniche sottese al concetto di autenticazione
forte.
La
prima e semplice norma che viene sancita è l’ insufficienza del solo codice di
sicurezza (PIN) ad integrare il concetto di autenticazione forte, dovendo
essere previsti due o più elementi classificati nelle categorie della
conoscenza, del possesso e dell’inerenza da parte del cliente.
Pertanto
l’utilizzo esclusivo di credenziali statiche (PIN), non è più considerato un
valido elemento di “conoscenza” a partire dal 14 settembre 2019, data di
applicazione del regolamento sulla SCA, essendo quantomeno necessario, al fine
di una valutazione circa la sussistenza del “livello di sicurezza rafforzato”,
l’invio del cosiddetto codice monouso (OTP).
Recentemente
il nostro studio legale ha ottenuto fra le altre una decisione positiva da
parte dell’ABF con la quale l’arbitro sottolineava la necessità del doppio
elemento per aversi un’autenticazione forte che rispondesse a sufficienti
standard di sicurezza da parte dell’Istituto bancario.
Pertanto,
primo elemento è spesso il nome utente e password dell’home banking o dell’app,
mentre il
secondo può essere il codice OTP ma anche i dati biometrici come l’impronta
digitale.
In
assenza di questo doppio passaggio, statuiva l’ABF, viene a mancare “un sistema
adeguatamente protetto di autenticazione”, con conseguente “colpa grave” della
Banca).
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