La difesa della salute è diventata una ricerca del vaccino della vita eterna.
La
difesa della salute è diventata una ricerca del vaccino della vita eterna.
La
Dengue e il Disastro Sanofi.
Conoscenzealconfine.it
– (21 Marzo 2024) – Redazione – ci dice:
Questa
storia inizia con una bambina di circa 9 anni, seduta su una sedia su un palco
a Manila e circondata da funzionari della sanità delle filippine.
Indossava
una maglietta gialla brillante con la scritta “La dengue è pericolosa”.
Stringeva gli occhi e si mordeva il labbro mentre il Segretario della Salute,
la “Dott.ssa Janette Garin”, le faceva un’iniezione sul braccio.
Era
l’aprile 2016 e 3 anni dopo “Janette Garin “e altri 38 funzionari, venivano
incriminati per omicidio, proprio in relazione all’approvazione e alla
massiccia vaccinazione infantile contro “la dengue” che causò la morte di
diversi bambini.
Quell’iniezione
ha dato il via ad una massiccia campagna vaccinale per quasi 1 milione di
bambini con il vaccino “Dengvaxia” della “Sanofi Pasteur”.
L’obiettivo era quello di salvare la vita di
migliaia di bambini e prevenire circa 10.000 ricoveri in un periodo di cinque
anni, alla fine, però, si stima che più di 100.000 bambini filippini abbiano
ricevuto un vaccino che avrebbe aumentato il rischio di una condizione grave e
talvolta mortale.
L’azienda
farmaceutica “Sanofi Pasteur “ha speso 20 anni – e circa 2 miliardi di dollari
– per sviluppare il vaccino contro “la dengue”, il “Dengvaxia”.
L’ha
testato in diversi studi su oltre 30.000 bambini in tutto il mondo e ha
pubblicato i risultati sul prestigioso “New England Journal of Medicine”, ma
non tutta la comunità scientifica era concorde sotto l’aspetto dell’efficacia e
della sicurezza.
Ad
esempio, il” Dott. Scott Halstead”, ex presidente dell’organizzazione sanitaria
globale “American Society of Tropical Medicine and Hygiene”, che ha studiato
“la dengue” per più di 50 anni, nell’esaminare i dati della” Sanofi” sulla
sicurezza del vaccino nella sperimentazione clinica, ha capito subito che c’era
un problema:
quel
vaccino sembrava essere inefficace e dannoso.
Nello
stesso periodo il “Dott. Antonio Dans” e la pediatra” Leonila Dans”, entrambi
epidemiologi clinici al “Manila College of Medicine” dell’ “Università delle
Filippine”, insieme ad altri professionisti del settore medico, avevano scritto
all’allora Segretario della Salute “Janette Garin”, facendo notare che il
vaccino poteva essere rischioso per alcuni bambini e che forse le Filippine non
avevano abbastanza operatori sanitari qualificati per monitorare gli eventuali
effetti nocivi su così tante persone e, aggiungevano, che tra i bambini dai due
ai cinque anni, quelli che avevano ricevuto il vaccino, si aveva una
probabilità sette volte maggiore rispetto ai bambini non vaccinati di essere
ricoverati per “dengue grave” nei tre anni dopo l’inoculazione.
Da lì a poco i timori di questi professionisti
si fecero realtà e veniva segnalato il primo decesso post-vaccinazione…
Da qui
in poi il copione è già visto:
il “Dott.
Halstead” scrisse almeno sei editoriali per riviste scientifiche e realizzò un
video per mettere in guardia il governo filippino dei problemi di sicurezza del
vaccino.
I dottori “Antonio Dans e Leonila Dans” fecero
altrettanto avvisando della possibilità del “potenziamento dipendente
dall’anticorpo” (ADE) come conseguenza alla “vaccinazione dengue”, ma la
comunità scientifica vicina al governo rispose all’unisono:
i
medici che avessero preso parte alla “disinformazione” su “Dengvaxia” sarebbero
stati responsabili di ciascuna morte per “dengue” che si sarebbe potuta
prevenire con il vaccino.
La solita sistematica negazione insomma.
Un
anno e mezzo dopo, nel novembre 2017, la campagna vaccinale “contro la dengue”
si interruppe bruscamente quando” Sanofi,” pubblicando un comunicato sul
proprio sito web, confermava tutto ciò che prima era tacciato come
“disinformazione” e confermando pertanto ciò che molti medici denunciavano da
mesi:
i bambini vaccinati con” Dengvaxia”, se non
avevano mai avuto precedenti infezioni da “dengue” e se successivamente alla
vaccinazione venivano in contatto con il virus, il vaccino peggiorava di molto
la malattia stessa, aumentando il rischio di una complicazione mortale chiamata
“sindrome da perdita di plasma”, insomma, l’ADE.
Un
mese dopo, l’OMS (corrotto) ha pubblicato nuove linee guida in cui raccomandava
il vaccino solo a chi avesse “un precedente contagio di dengue documentato”.
A quel
punto erano già stati vaccinati più di 830.000 bambini in età scolare.
Il
panico colpì profondamente tutte le Filippine, scoppiarono proteste e
iniziarono le prime notizie di genitori che denunciavano che il vaccino aveva
causato la morte dei loro figli, almeno 10 bambini inizialmente.
Il
Congresso avviò delle indagini sull’acquisto del vaccino e sulla campagna di
vaccinazione e si disposero le prime autopsie;
entro
pochissimo il numero dei decessi attenzionati superò i 600 bambini e la stima
continuava ad aumentare.
Per capire la portata del problema, ricordiamo
che nel luglio 2016, tre mesi dopo il lancio della campagna di vaccinazione di
massa, l’OMS aveva raccomandato a Sanofi di condurre ulteriori studi per
comprendere meglio i problemi di sicurezza del vaccino e nella sua valutazione
si sottolineava che il vaccino “potrebbe essere inefficace o potrebbe
teoricamente anche aumentare il rischio futuro di essere ricoverati in ospedale
o di ammalarsi di dengue grave” nelle persone che non erano mai state esposte
alla dengue, ovvero tra il 10% e il 20% dei bambini filippini vaccinati…
parliamo di un numero che oscilla tra i 100.000 e i 200.000 bambini esposti ad
un problema potenzialmente mortale.
Il 27
febbraio 2019 il gruppo di esperti scientifici del” Dipartimento di Giustizia”
e i procuratori che condussero le indagini preliminari sui primi decessi, hanno
pubblicato una risoluzione di 127 pagine, dalla quale si iniziò a incriminare
il “Segretario della Salute”, la” Dott.ssa Janette” e altri nove funzionari,
insieme ai funzionari dell’“FDA”, dell’Istituto di ricerca per la medicina
tropicale e di “Sanofi Pasteur”, per un totale di 39 imputati.
L’accusa
era di imprudenza sconsiderata con conseguente omicidio.
Il
gruppo di esperti ha inoltre rilevato che gli studi clinici per il “Dengvaxia”
non erano ancora stati completati, quando è stato acquistato e distribuito il”
Dengvaxia” per l’uso, nel programma di immunizzazione di massa.
Tuttavia,
nonostante gli studi clinici in corso, la “FDA” ha approvato la registrazione
del vaccino e in base ai documenti presentati, erano in corso due studi clinici
paralleli in cinque Paesi asiatici per testare, tra l’altro, la sicurezza e
l’efficacia del vaccino.
Il primo di questi studi è stato condotto per
bambini di età compresa tra i due e i quattordici anni, mentre il secondo per
bambini di età compresa tra i 9 e i 16 anni.
Entrambi
gli studi prevedevano una sorveglianza attiva per 13 mesi dopo la
somministrazione dell’ultima dose di vaccino e 4 anni per un’ulteriore
valutazione della sicurezza.
Il primo e il secondo studio clinico dovevano
essere completati rispettivamente nel novembre 2017 e nell’aprile 2018, invece “Sanofi
“ha presentato la domanda di registrazione di “Dengvaxia” nel gennaio 2015,
pertanto prima della conclusione degli studi.
Nel
dicembre dello stesso anno, l’ “FDA” ha approvato la commercializzazione di”
Dengvaxia” e ne ha rilasciato la registrazione del prodotto, anch’essa ben
prima del completamento dei due studi clinici.
In seguito, “Garin” e gli altri indagati,
hanno accelerato l’esenzione dall’obbligo di registrazione e hanno acquistato
il vaccino e lo hanno utilizzato per vaccinare i bambini delle scuole
attraverso il programma di immunizzazione di massa del governo.
Con un
prezzo di 3 miliardi di pesos (57,5 milioni di dollari) solo per la fornitura,
la campagna di vaccinazione con “Dengvaxia” è costata più di tutto il programma
nazionale di vaccinazione del 2015, pur raggiungendo meno dell’1 per cento dei
circa 105 milioni di residenti nel paese.
E anche se si stimava che in media nelle
Filippine ne morissero circa 750 persone all’anno, la “dengue” non rientrava
neanche tra le prime dieci cause di morte.
L’11
dicembre 2020, sono state presentate ulteriori 157 denunce penali al
Dipartimento di Giustizia per 155 vittime e due sopravvissuti dopo
l’istituzione, da parte della Corte suprema, di un tribunale esclusivo che si
occupa di tutti i casi relativi alla “Dengvaxia”.
Il
triste conteggio del “disastro Sanofi” è per ora arrivato a 166 vittime, questo
almeno secondo l’ufficio del pubblico ministero (PAO) che il 14 marzo 2022 ha
certificato il decesso di un quindicenne vaccinato tre volte con “Dengvaxi”a,
nell’aprile e ottobre 2016 e poi di nuovo il 27 settembre 2017.
Nel
2018 aveva iniziato a soffrire di epistassi, mal di testa, mal di stomaco e
convulsioni, per poi rimanere completamente paralizzato nel 2019.
I suoi
genitori avevano chiesto aiuto al PAO e al suo team per eseguire gli
accertamenti del caso e gli esami forensi sono stati coerenti con i risultati
delle altre 165 vittime.
La
forza dei genitori che riescono a denunciare ciò che è accaduto ai loro figli è
immensa.
Sanno di essere la punta di un iceberg le cui
reali dimensioni sono impossibili da stimare e per sensibilizzare l’opinione
pubblica, per ogni singolo decesso, pubblicano un video mostrando il corpo
esanime del loro figlio, sdraiato su un freddo lettino di un obitorio.
Questo
è il disastro Sanofi.
(corvelva.it/)
Algoritmi
e “AI”
corrompono
l’uomo?
Nexusedizioni.it
- Redazione – Adriano Segatori - (19 Marzo 2024) – ci dice:
Algoritmi
e “AI”, tecnica e tecnologia, sono nostri amici o nostri nemici?
Algoritmi
e “AI”, tecnica e tecnologia sono strumenti straordinari se usati per il bene
dell’umanità, ma anche delle vere e proprie trappole del pensiero che possono
corrompere mente e animo umani.
Ne
parliamo con “Adriano Segatori”, psichiatra e psicoterapeuta, noto anche per il
video in cui definiva Macron uno psicopatico, ne parliamo verso fine video.
Con
questa puntata prosegue la nostra collaborazione con la casa editrice “Nexus
Edizioni”, che oltre ai libri edita la prestigiosa rivista bimestrale “Nexus
New Times”, una rivista di 100 pagine, con notizie uniche e approfondimenti in
diverse materie, notizie senza scadenza, da leggere con e rileggere, contenuti
unici che non troviamo in nessun altro prodotto editoriale.
Un
periodico che fa vedere le cose da un altro punto di vista, con contenuti
elevati ma alla portata di tutti, una lettura indispensabile per comprendere i
fatti di oggi e intuire quelli di domani.
Adriano
Segatori, ha scritto due interessantissimi articoli su” Nexus New Times” N. 158
(disponibile anche in versione digitale) e “Nexus New Times” N. 159
(disponibile anche in versione digitale)
NexusNT-158-
articolo di Adriano Segatori su anziani, AI e tecnica.
NexusNT-158- articolo di Adriano Segatori su AI,
tecnica e psiche.
Iniziamo
dalla figura dell’anziano che da custode del passato e delle tradizioni, da
depositario della saggezza è oggi relegato alla “rottamazione”, un pezzo
inutile per questa società perché non in grado di produrre,” AI” (intelligenza)
artificiale o “deficienza naturale”?
In
questa società dell’usa e getta, non c’è posto per i vecchi, che oltretutto
pesano sul sistema pensionistico e sanitario, infatti c’è chi propone senza
mezzi termini di sopprimerli con l’eutanasia.
Distruggere
la figura dell’anziano però significa lasciare i giovani senza un passato,
senza cultura e tradizioni, creare cioè giovani fluidi senza riferimenti
(sessuali, religiosi, culturali, patriottici, familiari …), giovani senza
sogni, senza valori o morale, facilmente manipolabili.
Ma
anche questo serve per spianare la strada all’AI e al transumanesimo.
Gli
anziani sono scarti da abbandonare nelle RSA?
Non
sempre si invecchia bene, ma c’è una funzione sana e costruttiva “che i vecchi
hanno sempre svolto: la conservazione e la trasmissione della conoscenza e la
proposizione di modelli di carattere a difesa della vita.”
La
contemporaneità è il tempo delle negazioni:
negazione
della Storia, negazione della cultura, negazione della diversità, negazione
dell’educazione, negazione della stessa Natura.
È
scontato, perciò, che in questa deriva nichilistica, nella quale non c’è
passato cui riferirsi né futuro da immaginare – se non quello diabolico
proposto dalla narrazione transumanista – anche la biografia venga scomunicata
e, con essa, ogni narrazione familiare, questa sarebbe “AI”, intelligenza
artificiale?
Esagerazione?
Certamente no, se sulla cronaca viene diffusa la domanda di una tale Emma
Marrone che si chiede: “Perché in Italia puoi fare un figlio solo con un
uomo?”. (del bimbo non parla mai nessuno)
Tra i
“riproduttori” – termine volutamente scandaloso – cioè il padre e la madre, ci
sono i due estremi: la memoria e il futuro.
Quella memoria che è condensazione non solo di eventi
concreti, ma è carica simbolica di una genealogia investita di identità e di
individualità.
Chi,
se non il vecchio, è il portatore – il testimone – di questo passaggio?
È lui
l’agente di trasmissione di ciò che è stato prima, affinché questa eredità
possa diventare seme e radice della nuova esistenza.
Ad un
certo punto, però, è accaduto qualcosa che ha stoppato questa secolare
consuetudine.
Da un
lato, l’irruzione nel contesto generale della Storia umana del “relativismo” e,
con esso, del “novum,” citando Dionigi.
Il
progresso ha introdotto la superstizione della moda, della novità,
dell’originalità, bollando come stantio, di naftalina, l’antico, la tradizione.
Dall’altro,
la vecchiaia è stata derubricata ad anzianità:
una
nuova categoria antropologica che sa di scaduto, di inutile, di sorpassato.
Mentre algoritmi e AI rappresentano il nuovo e il futuro.
La
senilità, che quando non è intesa come ‘rimbambimento’ diventa sinonimo di
inutilità sociale.
Transumanesimo,
AI e utero in affitto.
È
l’epoca di tante religiosità laiche:
la
difesa delle razze di animali in estinzione, la tutela dell’ambiente
terracqueo, la lotta contro il cambiamento climatico, la protezione delle
minoranze antropofaghe e via via impegnandosi, e piagnucolando indignarsi.
Però
nessuno si preoccupa di tutelare: il bambino, l’anziano e la famiglia in quanto
organismo sociale.
Ma si
sa l’IA, l’intelligenza artificiale, che tanto intelligente non è, non possiede
sentimento né coscienza, quindi ci vuole un essere umano fluido senza coscienza
né anima.
La
maternità surrogata, un eufemismo per non dire “utero in affitto” che suona
disdicevole per le anime belle dell’anticonformismo di genere?
Tutta
la letteratura psichiatrica e psicoanalitica viene invalidata ed estromessa, di
fronte a perverse rivendicazioni, e la stessa legge di Natura è – in misura più
o meno efficacemente – confutata.
Così
come un problema psicologico insormontabile per i ragazzi adottati è non
conoscere il loro passato, le loro origini, non sapere rispondere a queste
domande:
Da
dove vengo?
Quali
sono i miei genitori?
Da che
famiglia discendo? Io chi sono?
Così
per i bambini nati con l’utero in affitto, chi risponde alla domanda “Da dove
discendo”?
Anche
questo è il ruolo dei nonni, rappresentano il legame tra il passato, l’oggi e
il futuro, un ruolo che non potrà mai essere sostituito da algoritmi o “IA”.
Conseguenza
di ‘adultizzare’ il bambino, di emarginare il vecchio e di infantilizzare
l’adulto.
Risultato:
la giovinezza come entità antropologica alla
quale dedicare tempi e considerazioni politiche, l’età adulta come bacino di
spazi pubblicitari e commerciali, l’età senile come scarto improduttivo e
svantaggioso.
L’anziano
come oggetto di attenzioni del mercato dell’eterna giovinezza, ovvero la
commercializzazione del giovanilismo:
un anziano oggetto del consumismo che vuole,
attraverso ogni forma di manipolazione biologica, allontanare il pensiero della
morte, quando non rinnegarla.
La
modernità, l’AI e gli algoritmi escludono la spiritualità, i vecchi nelle RSA
si trovano a dover convivere con il silenzio e il vuoto affettivo nel
crepuscolo della propria esistenza, dover accettare la solitudine e
l’indifferenza, è come aver contratto la più terribile delle malattie.
Come
se ne esce?
il
brutto, il perverso, il falso e disumano, siano sostituiti da un ritorno al
bello, all’etico, al vero e al trascendente.
In una
parola all’uomo, nella sua più alta accezione di ospite della Natura.
La
tecnologia prenderà il posto del Dio di Abramo?
Il
cambiamento è insito nella ricerca dell’Uomo, ma anche di cambiamento si può
morire e morire di IA non è certo una bella prospettiva.
È
l’epoca della Tecnarchia:?
“Galimberti” afferma che “la tecnica
avanzata dell’Occidente non è una variante della tecnica antica, ma la sua
antitesi”
“Andrea
Zhok” ha chiamato “Tecnarchia” la tecnica come dominio dei mezzi posta a
principio guida di tutte le decisioni finanziarie e politiche.
Tecnocrazia:
dietro
alla tentazione dell’albero della conoscenza era acquattata la trappola della
superbia umana e, oltre al mancato riconoscimento del bene e del male, anche la
negazione e il rigetto di ogni regola.
Già
oggi la tecnica che guida le decisioni finanziarie e politiche, impone l’”IA”
che sta già sostituendo migliaia di lavoratori che resteranno disoccupati.
“Se
bastasse l’intelligenza, la cultura e la buona volontà per superare i problemi
psichici, a noi (psichiatri ndr) chi ci pagherebbe il mutuo?”
Le
equivocità derivano dalla mancata considerazione di un dispositivo inconscio e
incontrollabile che fa capo alla psiche umana.
Facciamo
degli esempi.
È
intelligente l’omicida seriale che pianifica l’agguato alla sua vittima
predestinata?
Certamente
sì.
È intelligente lo psicopatico che seduce la
preda per intrappolarla nella rete di violenza?
Certamente
sì.
È
intelligente il politico che affascina gli elettori per ottenere degli
obiettivi disonesti?
Certamente sì.
È
intelligente l’esperto finanziario che lusinga i clienti per poi depredarli
degli averi?
Certamente sì.
Tutti questi personaggi hanno la prerogativa
dell’intelligenza, ma tutti anche spregiudicatezza, egocentrismo,
determinazione, assenza di etica, efficacia ed efficienza nel raggiungere i
propri obiettivi.
E poi,
la necessità.
Termine
altrettanto ambivalente ed equivoco.
È
necessario il sensore per il controllo della glicemia?
Certamente
sì.
È
necessario l’innesto cerebrale di un neurotrasmettitore per governare i sintomi
del Parkinson?
Certamente sì.
È
necessario il pacemaker per mantenere regolare la frequenza cardiaca?
Certamente
sì.
Questi,
e molti altri dispositivi tecnologici che hanno radicalmente migliorato la vita
dei pazienti, rispondono alla necessità.
Niente
da eccepire, tranne che da diversi anni si sta confondendo il termine di
necessità vitale con quello di voglia futile.
In
sostanza, quello che è venuto a mancare è il senso del limite, quel margine
invalicabile che divide la realtà dalla fantasia, il lecito dall’interdetto
l’indispensabile dal superfluo, il ragionevole dallo sproporzionato.
Si
potrebbe (anche) riassumere, con il bene dal male.
Ma
anche tra l’intelligenza naturale e l’AI.
“La
tecnica dispone solo di una ragione strumentale” – specifica Galimberti” – “che
l’identità di un mezzo ad un fine”, e quindi risponde solo ai parametri di
efficacia ed efficienza, non delle conseguenze delle sue sperimentazioni,
esattamente come l’AI.
Del
resto, tecnica e capitale sono andate e stanno andando a braccetto per creare
una nuova realtà, infiltrando ogni aspetto dell’umanità, dal lavoro allo sport,
dall’informatica all’educazione, dalla procreazione all’estetica e via via
elencando, infiltrando ovunque algoritmi e IA.
Perché,
allora, non intervenire eugeneticamente sulla vita e sulla morte?
Il
superuomo di Nietzsche equivale al mito del transumanesimo, dell’immortalità e
dell’IA?
Decisamente no.
Ma per
“Eliezer Yudkowsky” la tecnologia prenderà il posto del Dio di Abramo, non a
caso è in atto una specie di “gara” per costruire tramite l’AI il cosiddetto “Computer
dio”.
Ma non
può funzionare perché una cosa è affermare “Sono depresso”, e così attivare il
sentimento e l’empatia dell’interlocutore, altro è riempire dei moduli digitali
per inquadrare e attivare gli algoritmi della depressione.
In altre parole, l’Uomo comunica stati
psichici mentre la macchina (e l’AI) elabora dati tecnici.
Quanto
corrompe l’Uomo nelle sue facoltà e competenze la funzionale delega alla
macchina?
Ci
sono esperimenti di neuroscienziati che hanno documentato l’atrofizzazione di
precise aree cerebrali preposte all’orientamento tempo- spaziale in tassisti
francesi dopo l’uso del navigatore per tre anni di attività.
Quindi
l’AI ci rende meno intelligenti, su questo non c’è dubbio.
Altrettanta
dimostrazione esiste per la diminuita capacità di attenzione a causa
dell’eccesso delle informazioni provenienti e visualizzate nei social media:
tanto per essere chiari, dagli otto secondi
dei pesci rossi, ai tre-quattro secondi nei ragazzi testati.
Insomma,
arrivare senza sforzi alla meta è comodo, come gratificante può essere
l’attivazione continua nelle comunicazioni, ma quanto corrompe l’Uomo nelle sue
facoltà e competenze la funzionale delega alla macchina?
Il
tutto avviene tramite algoritmi e AI, che ci traccino e ci propongono i
contenuti.
Nel
finale “Adriano Segatori” spiega come è arrivato alla conclusione che il
presidente francese Macron è uno psicopatico.
(Adriano
Segatori,
Classe
’51, è psichiatra-psicoterapeuta, membro della sezione scientifica “Psicologia
Giuridica e Psichiatria Forense” dell’Accademia Italiana di Scienze Forensi,
Ph.D. in Filosofia delle Scienze Sociali e Comunicazione Simbolica (Università
dell’Insubria- Varese), cultore della materia in Filosofia della politica
presso l’Università degli Studi di Trieste. Autore di numerosi articoli e saggi
di politica, filosofia e analisi sociale. È inoltre giornalista e Vice
Direttore di Electomagazine.it).
Le
vaccinazioni per
la
difesa della salute.
Aifa.gov.it
– Redazione – (20 gennaio 2015) – ci dice:
Disponibile
il “Report” della Conferenza internazionale “The State of Health of Vaccination
in the EU”, organizzata dall’”Agenzia Italiana del Farmaco e dal Ministero
della Salute”.
La
vaccinazione è l'intervento medico più efficace che sia mai stato introdotto
nella pratica clinica:
dalle
scoperte dei secoli scorsi ad oggi la vaccinazione ha evitato oltre 3 miliardi
di malattie ed evitato oltre 500 milioni di morti nel mondo.
Tra il
2011 e il 2020 si prevede che saranno evitati 25 milioni di morti che
significano 2,5 milioni /anno, 7,000/giorno, 300/ora, 5/minuto.
In un
periodo di recessione come quello attuale, investire nella prevenzione e
promozione di stili di vita attivi e salutari e nelle pratiche vaccinali, non
solo è eticamente corretto, perché la salute è un diritto universalmente
riconosciuto, ma anche un importante contributo verso la creazione di un
modello più sostenibile della società.
Ad esempio la minaccia sempre più pesante dell’Ebola
sulla vita delle persone, non solo in Africa ma nel nostro mondo, ci fa capire
quanto sia necessario un vaccino efficace, anzi, ancora di più, una risposta
globale e consolidata del mondo sanitario.
Oggi
sappiamo che è fondamentale avere programmi efficienti per il controllo delle
malattie croniche non trasmissibili, ma è ancora più drammatica la necessità di
disporre di programmi efficienti con strategie in grado di diffondere e
facilitare le vaccinazioni e la scelta di corretti stili di vita, secondo il
principio della "Salute in tutte le politiche".
È per questo che, insieme ad AIFA, il Ministro della
Salute ha voluto inserire nell’Agenda del Semestre di Presidenza Italiana una
giornata interamente dedicata a “The State of Health of Vaccination in the EU”
(3 novembre 2014, Roma) e ha portato, insieme alle forze politiche e
scientifiche dell’Unione Europea e non solo, il tema vaccinale nelle
conclusioni del Consiglio di Dicembre 2014.
Non va
dimenticato che all’Italia è stato, infatti, affidato dalla “Global Health
Security Agenda” il ruolo di leader mondiale nel piano di azione per
l’immunizzazione.
Le
minacce alla salute derivano da almeno 5 fonti:
1)-la
nascita e la diffusione di “nuovi” agenti patogeni;
2)-la
globalizzazione dei viaggi e dei consumi alimentari;
3)l'aumento
di agenti patogeni resistenti ai farmaci;
4)-il rischio
di rilascio accidentale o intenzionale di agenti patogeni dai numerosi
laboratori di ricerca e sviluppo che vari Paesi hanno attivato;
5)-l'acquisizione
da parte di terroristi di pratiche per lo sviluppo e l'uso di agenti biologici
come armi.
L’Italia,
nell’assumere questo impegno, può basarsi sulla solida consapevolezza
dell’importanza delle vaccinazioni quale strumento di prevenzione e di lotta
alle malattie infettive;
nel
nostro Paese, infatti, la cultura delle vaccinazioni ha radici profonde ed il
nostro sistema sanitario e vaccinale è tra i migliori al mondo.
C’è
anche un altro obiettivo da raggiungere:
sviluppare un atteggiamento di vita diverso,
che consenta il coinvolgimento attivo della persona nella protezione della
propria salute, iniziando già in famiglia e nel mondo della scuola.
Non
ultimo si deve tenere conto che il vaccino ha aperto e sta confermando anche
una prevenzione di alcuni tumori nella donna e nell’uomo.
Appare
quindi chiaro che il percorso efficace del vaccino non può fermarsi nel mondo
degli operatori sanitari, ma deve entrare con forza nel percorso di salute di
una intera popolazione, di ogni singolo individuo e anche dell’economia per la
salute:
tutto
questo richiede una attenzione obbligatoria che superi i confini di ogni
singolo paese e oltrepassi il concetto dei continenti tuttora erroneamente ed
inefficacemente differenziati.
Ancora
una volta l’influenza ne è un esempio efficace, ma più efficace è capire quanto
è possibile fare ad esempio per evitare lo svilupparsi dei tumori collegati al
HPV e, soprattutto, quanto si potrebbe fare per Ebola, se ci fosse un vaccino
disponibile oggi.
Questo
significa che lo studio, lo sviluppo, l’applicazione e il controllo di
efficacia dei vaccini non si limitano a un luogo o a una nazione, ma
rappresentano un tema di interesse mondiale.
La salute della persona non ha confini
geografici.
(Le”
BIG Pharma S.P.A” ringraziano! N.D.R.)
Avviso
di prossima cessazione
della continuità terapeutica dei
medicinali
allergeni per
immunoterapia.
Aifa.gov.it
– Redazione – (21-3 – 2024) – ci dice:
In
riferimento alla procedura di conclusione della fase transitoria per il
rilascio dell’”AIC “ai sensi della “Determinazione AIFA DG 2130/2017 e s.m.i., i Titolari dei medicinali allergeni
per immunoterapia che non sono stati ammessi alla procedura, in quanto non rispondenti ai
criteri di ammissione definiti dalla predetta Determinazione, sono stati destinatari di un
provvedimento di diniego, col quale, al fine di garantire la
continuità terapeutica ai pazienti già in trattamento, è stato consentito
comunque il completamento del ciclo di terapia.
Tenuto
conto del tempo trascorso dall’adozione di tali provvedimenti, si informano i Titolari dei
medicinali allergeni, nei cui confronti sia stato emesso il diniego, che l’Agenzia provvederà a
pubblicare uno specifico provvedimento relativo alla cessazione della
continuità terapeutica, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente
avviso sul sito istituzionale dell’AIFA.
Dalla
data che sarà indicata in detto provvedimento, pertanto, i medicinali allergeni
per immunoterapia non potranno essere commercializzati ai fini della continuità
terapeutica.
Analoghe
disposizioni si applicheranno con riferimento ai medicinali allergeni per
immunoterapia, rispetto ai quali, i Titolari che hanno presentato domanda di AIC ai
sensi della Determinazione AIFA DG 2130/2017 e S.M.I. hanno successivamente
rinunciato all’iter di conclusione della fase transitoria per il rilascio
dell’AIC.
In
conclusione, non potranno essere commercializzati ai fini della continuità
terapeutica i prodotti per immunoterapia presenti negli elenchi denominati
“Allegato 2” e “Allegato 3”, reperibili dal box "Link correlati".
La
presente comunicazione è resa con anticipo rispetto al succitato specifico
provvedimento, al fine di fornire un congruo preavviso ai Titolari dei
medicinali, ai medici prescrittori e alle centrali di acquisto territoriali.
(Le “BIG
Pharma S.P.A”. sono dispiaciute per i milioni di morti causati dai suoi ritardi
in merito! N.D.R)
(Pubblicato
il: 21 marzo 2024).
Prevenzione
e Vaccini.
Fondazioneveronesi.it
– Redazione – (6-3-2024) – ci dice:
Un
percorso interattivo per promuovere tra i ragazzi l’apprendimento di come
funziona il sistema immunitario e di qual è il ruolo delle vaccinazioni nella
prevenzione e nella tutela della salute pubblica.
PERCHÉ
PARLIAMO DI VACCINAZIONI NELLE SCUOLE
Le
vaccinazioni sono uno dei traguardi scientifici più importanti nella storia
dell’umanità.
Hanno
permesso di tenere sotto controllo molte malattie, anche mortali, migliorando
la qualità e l’aspettativa di vita di milioni di persone.
Sono tra gli strumenti di prevenzione e tutela
della salute pubblica più efficaci e sicuri.
Nonostante
questo, c’è ancora molta confusione e disinformazione sul tema, alimentata da
notizie spesso errate e disorientanti che circolano soprattutto in rete.
Per
questo ci impegniamo a promuovere concretamente una cultura della prevenzione e
della salute, diffondendo informazioni scientifiche corrette e accurate su un
tema controverso e delicato qual è quello dei vaccini.
COSA
FACCIAMO IN CONCRETO.
Cosa
sono i vaccini e come funzionano?
Perché
sono così importanti?
Come
riconoscere le notizie false da quelle attendibili in tema di salute?
Il
progetto Io Vivo Sano.
Prevenzione
e vaccini vogliono rispondere alle tante domande sul tema attraverso un format
coinvolgente che combina una parte di approfondimento teorico con attività
ludiche, in cui gli studenti prendono parte attivamente al percorso formativo
facilitando il processo di apprendimento.
IL
NOSTRO INTERVENTO: I CONTENUTI DEL LABORATORIO.
Fondazione
Umberto Veronesi propone un percorso innovativo dove, grazie alla guida di un
divulgatore scientifico, i ragazzi potranno esplorare e interagire e
approfondire due macro tematiche legate al mondo dei vaccini:
Primo
incontro:
laboratorio sul sistema immunitario e sul funzionamento dei vaccini.
- i principi alla base delle nostre
difese immunitarie e gli strumenti di prevenzione a nostra disposizione in un
percorso dove confluiscono nozioni storiche, biologiche e di natura sociale.
- Durante l'incontro ci sarà occasione di approfondire
anche le questioni legate al COVID -19:
quali
sono e come funzionano i vaccini di ultima generazione?
In che
cosa differiscono dagli altri?
Quali
sono i rischi e i vantaggi?
Secondo
incontro:
laboratorio sulla salute pubblica.
- i
ragazzi, attraverso il gioco digitale «Pandemia – scrivi la tua storia»,
potranno esplorare e vivere il concetto di salute pubblica, le misure di
contenimento di un’epidemia e i comportamenti da mettere in pratica per
proteggere la salute nostra e di chi ci circonda.
-
Un’esperienza che aiuterà gli studenti a leggere l’attualità e ad acquisire
maggiore consapevolezza rispetto al contesto storico che stiamo vivendo.
Webinar
formativo per i docenti:
crediamo
che sia fondamentale dare ai docenti gli strumenti necessari per poter parlare
di temi riguardanti la salute pubblica con chiarezza e consapevolezza.
IL
PROGETTO IO VIVO SANO: LA NOSTRA IDEA DI PREVENZIONE A 360°.
Con il
progetto “Io Vivo Sano” vogliamo promuovere nelle scuole una corretta
informazione scientifica e fare prevenzione portando in primo piano i risultati
della ricerca scientifica.
Con
“Io Vivo Sano”, Fondazione Umberto Veronesi sostiene l’adozione di stili di
vita sani e di scelte responsabili in materia di salute fin dalla giovane età.
Oltre
al ruolo indispensabile dei vaccini per proteggere la salute di tutti, con “Io
Vivo Sano” parliamo anche della relazione tra alimentazione e Dna, e delle
dipendenze da alcol, fumo e droga, che purtroppo colpiscono i giovanissimi con
sempre maggiore frequenza.
"Ecco
il prossimo grave
problema del mondo".
L'annuncio
spiazzante di Elon Musk.
msn.com- Il Giornale – (23-3-2024) - Federico
Garau – ci dice:
“Elon
Musk” rilancia un allarme già segnalato dallo scienziato “Juan Carlos Bolcich”:
"Il prossimo problema sarà la mancanza di
energia elettrica".
Il
fisico argentino, che si sta occupando di studiare e perfezionare l'uso di
idrogeno per la propulsione dei veicoli, aveva già parlato delle difficoltà
globali che sarebbero derivate dall'eccessiva domanda di energia,
preannunciando che, anche a causa di ciò, la presenza di auto elettriche sul
totale delle vetture prodotte del mondo non avrebbe potuto superare la soglia
del 50%.
Un
allarme lanciato nel 2023 di recente ripreso dallo stesso Elon Musk:
l'elettricità non pare sufficiente a garantire la copertura della domanda di
energia, e le auto con questo genere di alimentazione subiranno le conseguenze
di questa situazione.
Per comprendere la portata del problema si possono
studiare i dati provenienti dall'Olanda, dove si assiste già a una chiara crisi
delle reti elettriche a cui partecipa con un ruolo di primaria importanza
l’elevatissima richiesta di energia da parte dei numerosi mezzi plug-in
circolanti nel Paese.
In
sostanza il problema non è lo scarso numero di colonnine di ricarica, ma sono
proprio le città olandesi a non avere disponibilità di energia tale da
garantire la copertura totale:
Utrecht,
ad esempio, fa già registrare un trend negativo, e si attende lo stesso destino
anche a L'aia, Rotterdam e Amsterdam.
In
Italia per ora non c'è il rischio, dato che le auto elettriche nel nostro Paese
sono davvero pochissime: si parla di 163.000 unità, con lo 0,6% del totale
circolante (dati Aci 2023).
Ora è
Musk a rilanciare l'allarme durante il suo discorso alla “conferenza Bosch
Connected World 2024”.
"Prima
c’era una carenza di chip per reti neurali.
Poi,
il problema della disponibilità ha riguardato i trasformatori di tensione.
Questo
susseguirsi di eventi mi porta a pensare che il prossimo problema sarà la
mancanza di elettricità", considera il “Ceo di Tesla”.
Il New
York Times pare confermare il problema, dato che in un recente report ha
affermato che l'eccessiva domanda sta già spingendo al limite le reti
elettriche e minando gli obiettivi della cosiddetta "green economy"
non solo negli Usa ma anche nel Vecchio Continente:
in
Georgia, solo per citare un esempio, la domanda è superiore 17 volte rispetto
ad appena 10 anni fa.
"La
crescita simultanea della mobilità elettrica e dell’intelligenza artificiale
sta creando una domanda eccessiva per la produzione di energia elettrica”,
ha precisato ancora Musk, collegando il
problema al mondo delle auto alimentate a batteria.
L'uso
dell'AI anche nelle auto elettriche porta ad aumentare ulteriormente i loro
consumi e quindi a chiedere più energia elettrica e a caricare oltre il peso
sopportabile le reti esistenti nel Paese.
Produrre
microchip e batterie in quantità industriale, allo stesso tempo, aggiunge
un'ulteriore pesante voce alla necessità di approvvigionamento, nettamente
superiore rispetto a pochi anni fa.
L'unico
rimedio pare quello di costruire altre centrali elettriche le quali,
ovviamente, non potranno essere alimentate esclusivamente in modo ecologico,
dato che già da ora è impossibile soddisfare in quel modo l'intera domanda
mondiale:
il
timore dell'economia globale è quello di dover giocoforza tornare a percorrere
la via del nucleare, del carbone e del gas, con buona pace degli ambientalisti.
In
Italia Potrebbero Essere
Coltivati
Duecento Tipi di OGM!
Conoscenzealconfine.it
– (22 Marzo 2024) – Redazione – ci dice:
Recentemente,
Giorgia Meloni e Sergio Mattarella hanno ricevuto a Palazzo Chigi e al
Quirinale Bill Gates, il più grande Latifondista OGM degli Stati Uniti (1.200
kmq).
Ogm?
Roba
vecchia, ora c'è “Crispr”, per il futuro e l'innovazione si guarda al passato
–“News food” –“ Nutrimento e Nutri mente.”
News
dal “mondo Food”.
Riportiamo
qui di seguito i nominativi di 3 esponenti Politici, rappresentanti del “PD”,”
FDI” e “FI” che stanno agendo al Parlamento Europeo per legittimare l’entrata
in Italia di quasi 200 tipi di OGM, da coltivare direttamente in Italia, molti
dei quali di seconda generazione (Editing OGM/CRISPR), sempre basati su “RNA
infettivo”, con cui modificare in maniera irreversibile il “Patrimonio genetico
delle NOSTRE SEMENTI”, antiche, sacre e sempre più rare.
Paolo
De Castro (Partito Democratico), Francesco Lollobrigida (Fratelli d’Italia) e
Antonio Tajani (Forza Italia).
Fanno
da corollario Ettore Prandini (Coldiretti) e Massimiliano Giansanti
(Confagricoltura).
Essi
sono i principali responsabili di questo” Progetto economico voluto dalle Lobby
dei Padroni di Davos”, e che risulta contrario al “Principio di Precauzione
sancito dalla Legge”, in presenza di pericolose sperimentazioni su larga scala
e in campo aperto…
Questi
Esponenti politici sono già riusciti, dalla “Primavera-Estate 2023”, ad
introdurre anche in Italia la libera vendita di verdure, ortaggi e frutta OGM,
prodotte all’Estero fuori dall’Europa, e cioè in USA, Canada e Ucraina, in gran
parte fatte arrivare poi nei nostri porti di Genova, Trieste, Napoli, Bari,
Gioia Tauro, Palermo e Cagliari.
La
frutta non reca scritto in etichetta l’indicazione di essere OGM, ma soltanto,
e non sempre, la dicitura “SENZA SEMI”, e quindi OGM.
Nel
caso dei Legumi, come ad esempio i Piselli, viene fatta la seguente pubblicità
alla televisione “…contenenti tutti e NOVE gli Aminoacidi Essenziali…”, e
quindi compresa la Metionina, e pertanto OGM, poiché i Piselli naturali non
contengono la Metionina, e quindi non risultano essere proteici (non avendo
TUTTI e Nove gli Aminoacidi Essenziali), e pertanto non risultano essere
pericolosi per le persone malate di Reni, o di altre malattie dove risulta
sbagliata l’alimentazione iper-proteica.
I Nove
Aminoacidi Essenziali, dalla cui unione si formano le PROTEINE, sono la Valina,
la Isoleucina, la Leucina, la Lisina, la Metionina, la Istidina, il Triptofano,
la Fenilalanina e la Treonina.
Viceversa, nei Cereali naturali manca invece
la Lisina, che viene invece aggiunta nel Grano OGM, nel Mais OGM, nel Riso OGM…
Recentemente,
Giorgia Meloni e Sergio Mattarella hanno ricevuto a Palazzo Chigi e al Quirinale Bill Gates, il più grande
Latifondista OGM degli Stati Uniti (1.200 kmq), già promotore del “Vaccino
anti-COVID ad RNA infettante”, uno dei principali Padroni di Davos.
Non
sappiamo il motivo del loro incontro, ma possiamo immaginarlo benissimo…
(sovranitapopolare.org/2024/03/15/agricoltura-e-contadini/)
La
ricchezza mondiale in mano a pochi.
Asvis.it
- Gianni Bottalico – (10 -1-2017) – ci dice:
(Gianni
Bottalico, Fondatore dell'Alleanza contro la Povertà)
L’attuale
sistema economico continua ad alimentare le disuguaglianze.
Anche in Italia, di fronte al dilagare della
povertà, servono piani mirati e nuove politiche economiche e monetarie, come
suggerisce l'ultimo “Rapporto Oxfam”.
Occorre
prendere atto che l'impegno per la lotta alla povertà e per la riduzione delle
disuguaglianze appare sempre più arduo.
Ma
proprio per questo si tratta di un impegno che va rafforzato, perché da qui
passa in larga misura la possibilità di realizzare integralmente l'Agenda 2030.
Si
deve partire da una realistica constatazione di quale sia l'andamento
dell'economia globale rispetto a povertà e disuguaglianze.
L'ultimo “rapporto Oxfam” delinea in modo
inequivocabile una tendenza che continua a non essere rallentata o fermata,
alla concentrazione della ricchezza in mano a pochissimi individui e famiglie,
l'1% della popolazione globale a scapito del restante 99%.
Il sistema economico e finanziario attuale
funziona benissimo come meccanismo di prelievo di risorse dalle famiglie, dai
lavoratori, dalle imprese, dagli Stati e di trasferimento della ricchezza
appartenente ai suddetti soggetti dell'economia reale nelle tasche di una “super casta”, la quale persegue
un progetto di “governo mondiale per espandere e istituzionalizzare questo
sfruttamento”.
Non è
un caso che nel mondo occidentale alla tradizionale dialettica politica tra
destra e sinistra si stia sostituendo la dialettica tra establishment e popolo.
L'ultimo
rapporto Oxfam non fa che confermare l'esistenza di una tale questione sociale
globale che costituisce il contesto entro cui collocare il percorso per
l’Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Oggi
nel mondo, ci dice l'Oxfam, otto persone possiedono la stessa ricchezza (426
miliardi di dollari) di 3,6 miliardi di persone.
Sette
persone su dieci vivono in Paesi dove la disuguaglianza è aumentata negli
ultimi trent’anni.
Le
multinazionali, la finanza speculativa, con la complicità delle istituzioni
economiche internazionali continuano a produrre la crescita delle
disuguaglianze, facendo ricorso al dumping sociale, all’evasione fiscale, e traendo il
massimo dei profitti dal livellamento verso il basso dei salari e dal taglio
dei diritti dei lavoratori e dei cittadini, smantellando i sistemi di
protezione sociali soprattutto laddove, come nel caso dell'Europa, erano più
avanzati.
L'Oxfam
ci avverte che «è necessario un profondo ripensamento dell’attuale sistema economico che
fin qui ha funzionato a beneficio di pochi fortunati e non della stragrande
maggioranza della popolazione mondiale».
Si sta
verificando quella che si potrebbe definire, mutuando un'espressione di “Wilhelm
Wundt”, una “Heterogonie der Zwecke”, una eterogenesi dei fini:
i passi fin qui compiuti verso la globalizzazione si
stanno rivelando in realtà le cause della crisi profonda del commercio mondiale.
La
forte pressione di organismi come “Fmi”, “Banca Mondiale”, “Bce” per declinare
fino all'esasperazione la competitività delle economie europee sta producendo
tre grandi e terribili conseguenze:
Siccome
le economie sono state rimodellate e riorientate all'esportazione, si è
costruito un mondo dove tutti producono per esportare e nessuno ha più i soldi
per comprare.
E così
si genera il blocco del commercio mondiale, anziché la sua crescita.
Le
politiche di austerità, di compressione dei salari, di taglio degli
investimenti per il welfare (tra cui le risorse che andrebbero con urgenza
stanziate per la lotta alla povertà) hanno sfiancato la domanda interna e hanno
generato il circolo vizioso della deflazione, che va temuta come la peste, in
quanto significa che le famiglie non hanno capacità di spesa, le aziende a
fronte di un mercato che si restringe non fanno investimenti, non assumono,
anzi riducono salari e occupati e così la domanda interna viene ulteriormente
indebolita.
Uno
scenario da incubo, rispetto a cui c'è da domandarsi quanta consapevolezza dei
rischi vi sia nelle classi dirigenti.
Anziché
avere un livellamento globale verso l'alto del tenore di vita, degli orari,
della qualità, della sicurezza, della retribuzione, dei diritti del lavoro, si
assiste ad un livellamento verso il basso che sta distruggendo la classe media
occidentale e gettando milioni di persone nel baratro della povertà.
Si
tratta di tendenze che possiamo riscontrare, purtroppo, anche nel nostro Paese.
Oltre
all'Oxfam che ci dice che nel 2016 la ricchezza dell’1% degli italiani è pari
al 25% della ricchezza nazionale, vi è il recente Annuario dell'Istat che
ricorda che vi sono nel Paese 6,5 milioni di persone escluse dal lavoro,
insieme ai circa 5 milioni di cittadini in povertà assoluta.
Il report annuale Istat 2016 relativo all'anno
2015, attesta che l'incidenza della povertà assoluta si mantiene
sostanzialmente stabile sui livelli stimati negli ultimi tre anni per le
famiglie, con variazioni annuali statisticamente non significative (6,1% delle
famiglie residenti nel 2015, 5,7% nel 2014, 6,3% nel 2013) e con differenze
territoriali marcate tra Centro-Nord e Sud.
A
livello territoriale è il Mezzogiorno a registrare i valori più elevati di
povertà assoluta (9,1% di famiglie, 10,0% di persone) e il Centro quelli più
bassi (4,2% di famiglie, 5,6% di persone).
L'incidenza
della povertà assoluta cresce invece se misurata in termini di persone,
toccando il 7,6% della popolazione residente nel 2015, contro il 6,8% nel 2014
e 7,3% nel 2013.
Alla
luce quindi, delle tendenze rilevate nel contesto italiano, che confermano il
profilo di un Paese la cui economia si sta progressivamente spegnendo con dei
risvolti sociali difficilmente governabili, si rendono necessari due tipi di
interventi.
In primo luogo occorre fronteggiare il
dilagare della povertà e l'aumento delle disuguaglianze con dei piani mirati e
strutturali.
In
secondo luogo occorre un cambiamento delle politiche economiche e monetarie
tale da interrompere l'impoverimento dei ceti medi e lavoratori e l'aumento
delle distanze sociali fra una esigua fascia di cittadini sempre più ricchi ed
il resto della società che si depaupera, creando in prospettiva dei seri rischi
per la democrazia.
Su
entrambi i fronti, l’”Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile” può
svolgere un ruolo importante nei confronti delle istituzioni e dell’opinione
pubblica al fine di porli al centro del dibattito civile e politico, in
relazione all'orizzonte generale di un cambiamento del modello di sviluppo
nella direzione delle opportunità che l’”Agenda 2030” e gli “Obiettivi di
Sviluppo Sostenibile” rappresentano per il Paese.
Le
teorie di “Malthus”: ridurre
la popolazione per far
crescere l’economia.
Nicolaporro.it - Fabrizio V. Catullo – (17
Dicembre 2021) – ci dice:
ECONOMIA.
No,
fermi, fugate in voi ogni idea o percezione di complottismo che vi sia balenata
nella mente nel leggere il titolo.
Chi
scrive pensa che simili tesi siano semplici e chiare idiozie.
Anche
se, come diceva la buon’anima di “Giulio Andreotti”, “a pensar male si fa
peccato, ma non si sbaglia quasi mai”.
Il
fatto è che qui non si tratta di supporre complotti o fantasiose teorie di
dominazione di una non meglio identificata “Elite” ai danni del popolino
inerme.
Qui si
tratta di leggere i fatti economici e le dichiarazioni di personaggi influenti
nel campo sociale, culturale e soprattutto economico del nostro caro mondo.
Nella lettura dei primi vi posso aiutare
essendo un economista, per le seconde vi basta il vostro intelletto e buona
volontà.
Vediamo,
dunque.
Intanto,
per chi non lo conoscesse, chi era Malthus:
Robert
Malthus fu un noto economista di fine ‘700 inizio ‘800 divenuto famoso per la
sua teoria sull’eccesso della popolazione.
In
pratica (e grossolanamente) affermava che quando un’economia cresce in modo
sostenuto, l’aumento del benessere medio e della numerosità della popolazione
fa sì che ad un certo punto la produzione non sia più in grado di soddisfare la
domanda di consumo (la domanda supera l’offerta) e quindi, sostanzialmente,
l’unica soluzione per riequilibrare le cose è evitare che la parte più povera
di essa cresca ulteriormente e, se possibile, quasi “sperare” in qualche
catastrofe (terremoti, carestie, guerre) che sfoltiscano un po’ tale
popolazione.
Puzza
di nazismo, eh? Così sì…
peccato
che, come spesso accade, il suo pensiero fosse molto più complesso di quello
che pedissequamente i commentatori (attuali ma anche della sua stessa epoca)
gli attribuivano ed addirittura esso era diretto a salvare la popolazione più
povera, ad aiutarla ad uscire dalla povertà, altro che sterminarla.
Basti
pensare che Malthus era, pensate un po’, un reverendo, un uomo di chiesa!
Amava
le creature di Dio ma essendo un genio ed un realista, non chiudeva gli occhi
davanti ai problemi oggettivi della sovrappopolazione, come invece facevano
tutti i suoi colleghi.
Quello
che Malthus davvero diceva, se si riusciva a leggere i suoi saggi fino in fondo
e non solo i primi capitoli, era che la soluzione della sovrappopolazione
consisteva nella redistribuzione!
Insomma,
l’uovo di Colombo:
se le risorse in eccesso della popolazione più
ricca, anziché farle restare nelle mani dei ricchi che, non sapendo più in cosa
investire finiscono con l’aumentare i prezzi dei loro prodotti pur di far
rendere il loro capitale (inflazione), le si distribuissero da parte dello
Stato dando lavoro ai poveri e facendoli produrre qualcosa di utile, ecco che
il mondo avrebbe spazio per tutti, ci sarebbe benessere per tutti e senza
inflazione.
Quanti
a quel tempo lessero per intero e con attenzione i suoi saggi secondo voi?
Nessuno.
O certo non chi non aveva convenienza a farlo.
Ed
infatti con sorriso illuminato in volto il governo inglese, nel 1845, adottò
proprio le teorie Malthusiane per ridurre volutamente alla fame la popolazione
rurale irlandese che versava in un evidente stato di sovrappopolamento:
Malthus
(mal interpretato) divenne la giustificazione per letteralmente far fuori
affamandola, buona parte di essa con leggi apposite che sottraevano i raccolti
alla disponibilità irlandese per convogliarli verso l’export che arricchiva i
grandi latifondisti e commercianti britannici.
Il
governo britannico, insomma, nascose il proprio fallimento politico nel
prendersi cura dei sudditi di Sua Maestà (e gli irlandesi lo erano, anche se
da sempre considerati degli “inferiori” dai britannici) ammantandosi del fatto che un insigne
luminare e reverendo anglicano sosteneva ed aveva dimostrato come questo
“sterminio” fosse l’unica soluzione razionale ed inevitabile.
Capito?
Uno sterminio autorizzato da un governo
occidentale “civile” e su cui nessuno ha più fiatato nel corso della storia (certo gli irlandesi non hanno
conservato simpatie per gli inglesi, e il terrorismo separatista dei nostri
tempi è solo una naturale prosecuzione di antichi livori, ma in generale, nel
mondo, la cosa fu ed è accettata come uno dei tanti episodi storici).
In
realtà, credo, gli inglesi non lo fecero apposta.
Certo,
non amavano gli irlandesi e a molti questa sorta di sterminio sembrava davvero
una cosa doverosa.
Ma in
generale, il fatto era solo che la società occidentale del tempo non era pronta
per un simile pensiero rivoluzionario Malthusiano (quello vero):
come è
evidente non c’era nessuna élite di ricchi che complottavano per conservare
privilegi a danno dei poveri, era semplicemente una società estremamente
conservatrice e troppo legata a pensieri classici.
Pensieri
tra l’altro alimentati dal mainstream economico imperante all’epoca che era
quello di “David Ricardo”, economista classico per eccellenza, per il quale
l’offerta crea la domanda, quindi proprio era chiedere troppo di cambiare in
modo rivoluzionario il pensiero e prendere l’iniziativa stravolgendo le regole
classiche:
bisognava
fare un atto di fede ed un salto nel buio che, sinceramente, è dura chiedere a
chicchessia, mettiamoci nei loro panni.
Molto
più semplice seguire le tesi di luminari come “Ricardo e tutta la scuola
economica” del tempo che garantivano che il problema era solo monetario, far sì che la moneta fosse
sufficiente ad alimentare la produzione e quindi l’offerta e che fosse
equilibrata con essa, non era certo un problema di domanda della popolazione!
Bisognerà
aspettare Marx e il comunismo per ammettere e prendere coscienza da parte del
mondo occidentale del fatto che un’altra via, che ponesse attenzione alle
classi disagiate, esisteva, anche se quella proposta apparve fin da subito
maldestra e disastrosa forse più di quella già difettosa occidentale, ma
intanto se ne prese coscienza:
il
disagio degli strati bassi come qualcosa di cui in qualche modo si doveva e
poteva far carico lo Stato, la collettività, era finalmente affermata e
riconosciuta.
Toccò
a “Keynes” proporre, sviluppando ciò che “Malthus” aveva in realtà già detto ma
inascoltato, una “terza via” che riuscisse a riequilibrare, “redistribuire” le
risorse di un paese in modo da agevolare le classi meno abbienti senza sfociare
nella “iattura comunista”.
Toccò
a lui far prendere atto di un’idea che appariva rivoluzionaria e cioè che, a
volte, è
la domanda che crea l’offerta e non viceversa come si era sempre ritenuto (tralasciamo in questa sede i difetti
che pure l’idea keynesiana presenta in alcuni casi: per chi volesse
approfondimenti tecnici può trovarli in un mio saggio).
Un’idea
“mediana”, quindi, finalmente più accettabile da parte della classe dirigente
dei paesi occidentali che, giustamente, aborrivano il comunismo.
Ma non
fu facile!
Ci volle una crisi epocale come la “Grande Depressione
del ’29” perché i governanti (degli USA prima e poi del mondo) prendessero in considerazione le idee
rivoluzionarie keynesiane.
Infatti la prima reazione alla crisi del ’29,
fu da parte del presidente “Hoover” di alzare le tasse, in ossequio alla
dottrina classica:
il
mercato si sarebbe ripreso da solo, l’importante era non fare spesa pubblica
aumentando il già notevole deficit dello stato (andato in rosso proprio perché a
causa della crisi, le entrate erano scese drasticamente) e cercare di coprire il deficit
esistente alzando enormemente la tassazione.
Pazzesco
vero?
Non
v’è chi tra voi non sia saltato sulla sedia a leggere queste parole: ma come,
in piena crisi tu alzi le tasse alla gente!
Sei
una folle criminale!
No.
Era soltanto la teoria classica economica, quella di “Ricardo”,
quella dei monetaristi, quella dominante all’epoca.
Prima
che arrivasse la rivoluzione keynesiana.
Fu
così difficile far cambiare idea alla classe dirigente occidentale che persino
il presidente “Roosevelt”, ricevuto “Keynes” nello studio ovale per sentire le
sue idee “nuove”, quando questi uscì dalla stanza, lo prese in giro
rivolgendosi ai suoi ministri, dicendo “questo tizio è un matematico, non un economista: mi
ha lasciato qui solo un mucchio di grafici e calcoli inutili!”.
Poi
però, per fortuna, almeno in parte, seguì le sue indicazioni e spese il bilancio pubblico a rotta di
collo, allargando di un bel po’ il deficit (pur cercando sempre di mantenere
alta la tassazione per coprire la spesa, rendendo così la sua politica
economica solo “mezza-keynesiana” come fu poi definita).
Insomma, vedete?
Fu
durissima far cambiare alla classe dirigente americana e poi internazionale la
loro visione della realtà, le loro convinzioni economiche e politiche, la loro
“weltanshauung”, come direbbero i filosofi tedeschi dell’800.
Questo
breve sunto di storia economica ve l’ho fatto solo per rendere chiaro come non
ci fosse, anche allora, nessun complotto, nessuna cospirazione da parte di
potenti mondiali ai danni dei più deboli.
C’era solo l’enorme difficoltà del cambiare
idea;
quando
questa idea è così a lungo rimasta dentro di te, dentro tuo padre, dentro tuo
nonno, dentro la società in cui hai sempre vissuto e sei cresciuto, chi di noi,
davvero, francamente, sarebbe capace in uno schiocco di dita, di buttare tutto
all’aria e gettarsi nel buio?
Gente come i visionari “Steve Jobs”, “Elon Musk” e,
per rimanere in tema,” Malthus” e poi” Keynes, lo hanno fatto.
Ma
sono Jobs, Musk, Malthus, Keynes.
Non so
se mi spiego.
Ma il
sindaco del tuo comune, il presidente della tua regione o il ministro del
governo del tuo paese, o il governo della UE… beh..
Non li
biasimo.
E
veniamo a oggi, così capite dove voglio andare a parare.
“Ruschi
Sharma”, economista della “Morgan Stanley”, in un articolo recente apparso sul “Financial
Times”, dice che il benessere di una nazione bisognerebbe calcolarlo non più
sul “PIL totale” ma sul “PIL pro capite”:
se facciamo così, ecco che i governi possono
evitare di affannarsi a rincorrere la crescita sempre maggiore del PIL perché,
attenzione seguite bene,
“se la
popolazione scende in numero più velocemente di quanto scenda il PIL totale,
allora automaticamente il PIL pro capite sale, quindi stiamo tutti meglio!
E
inquiniamo anche di meno, risolto anche il problema climatico!”.
Bisogna
sfoltire la gente.
Il
nostro ministro della transizione ecologica “Cingolani”, ha chiaramente
affermato poche settimane fa, che “il nostro pianeta è stato progettato per 3
miliardi di persone, siamo 7 miliardi, siamo troppi, ovvio che poi abbiamo un
problema ecologico, qualcosa bisogna fare.”
Bisogna
sfoltire la gente, insomma.
“Bill
Gates “afferma continuamente (lo potete controllare anche sul sito della sua
fondazione dove frasi simili sono disseminate ovunque) che “per ridurre la povertà bisogna
ridurre la natalità, soprattutto nei paesi poveri, sono in troppi, la domanda
supera l’offerta”.
Bisogna
sfoltire la gente.
Tutti
concentrati su quello a cui sono stati sempre abituati:
l’economia sta bene, la produzione cresce, le
innovazioni ci sono, l’energia verde, la digitalizzazione avanzata, la
robotica… quindi quello che non va è la domanda:
c’è
troppa gente.
Questo
è un modo comodo, non volontario o perverso o cattivo, ma semplicemente comodo,
come il governo inglese in Irlanda, come comode sono le situazioni che non ti
fanno sforzare a trovare soluzioni diverse e difficili e sconosciute, un modo
comodo, dicevo, per affrontare il problema…
ma il rischio, come dice” Elon Musk”, è
l’estinzione del genere umano! Se punti sulla continua diminuzione della
popolazione per stare meglio tutti, poi finisce che spariamo dalla faccia della
terra.
Il
Covid,
affrontato come terribile malattia che miete vittime e riduce la domanda grazie
alla riduzione di popolazione e riduzione di consumi grazie alle restrizioni, è
una soluzione comoda.
È difficile per chi è sempre stato abituato a
ragionare dal lato dell’”offerta”, come la “generazione” ideologica di Ricardo,
che in realtà il problema sia opposto, cioè sia sul lato della “domanda” e non
nel senso di doverla ridurre, bensì di migliorarne la qualità.
E’
difficile avere il coraggio e la “visione” rivoluzionaria di pensare che forse
il problema è investire di più sulle persone, sulla loro formazione, sulla
predisposizione (ad esempio nel caso Covid) di strutture territoriali più
capillari e personale medico più formato e pro-attivo, in modo tale che i
soggetti che disgraziatamente e sfortunatamente (come è noto solo l’1 o 2% di
chi contrae l’infezione ha una malattia grave o muore) contraggono il malanno
in modo pesante, possano essere curati tempestivamente e guarire.
La
popolazione così curata si ridurrebbe meno perché si morirebbe di meno, ma
migliorerebbe nella sua produttività alzando quindi il PIL pro capite comunque,
senza ricorrere a quella bieca soluzione sterminatrice di sfruttare de facto (de facto, ripeto, perché abituati a
pensare in quel modo, non certo per le idiozie cospirazioniste, come detto) il Covid per eliminare alla radice il
problema dell’eccesso di domanda e della povertà.
Del
resto anche questo era già stato detto, nell’800, dal grande “Marshall”
(maestro di Keynes):
il
difetto delle teorie di “Ricardo” ma anche di “Malthus” è che non avevano colto
una cosa, ovvero l’importanza della produttività del lavoro.
È
questa che fa sì che la curva dei rendimenti decrescenti, come si chiama in
economia (cioè,
tradotto in termini attuali, una domanda che tende ad eccedere l’offerta
creando la situazione odierna) non sia per sempre tale.
Se il
lavoratore, per esempio, lo formi e diventa più produttivo, quella curva
cresce.
E così
non devi più pensare a come eliminarlo dalla faccia della terra per far sì che
la domanda non sia troppa.
Ma non
si chiamano tutti “Steve Jobs” o” Marshall” o “Keynes”, forse era pretendere
troppo.
E poi,
diciamocelo, dal punto di vista politico, se ti si offre la possibilità di
ergerti a paladino protettore della salute pubblica e guadagnare (o rafforzare) il tuo consenso politico con
facilità, semplicemente disperandoti pubblicamente e chiudendo e limitando
libertà (facilissimo
e di effetto), anziché provare difficili e rischiose (in termini di tornaconto politico) soluzioni “rivoluzionarie” alla
Keynes, beh, tu che faresti? E poi, scusa, considera che così facendo, senza volerlo, “per-carità-Dio-mi-fulmini”,
riduci pure la domanda e quindi la povertà!
Sì,
forse è un segno divino, era proprio così che si doveva fare.
D’altro
canto, “Malthus” non era forse un reverendo?
(Fabrizio
Catullo, 16 dicembre 2021)
La
popolazione mondiale cresce:
non
per destino, ma per ragioni economiche.
Volerelaluna.it
– (24-08-2023) - Maurizio Pallante – ci dice:
Commentando
le mie riflessioni contro l’antropocentrismo e sulla svolta della Laudato sì (volerelaluna.it/ambiente/2023/08/11/contro-lantropocentrismo-la-svolta-della-laudato-si/)
“Angelo
Giuliani “sostiene che non sia possibile rientrare nei limiti della
sostenibilità ambientale se non si affronta il tema della crescita della specie
umana.
La sollecitazione è opportuna e interessante e
ripropongo, quindi, le considerazioni che ho svolto in proposito nel libro “L’imbroglio dello sviluppo
sostenibile”
(Lindau, 2022).
Secondo
i calcoli del” Footprint Institute” dagli anni ’80 del secolo scorso la specie
umana consuma più risorse rinnovabili di quelle che vengono riprodotte
annualmente dalla fotosintesi clorofilliana.
Nel
2022 le ha esaurite il 2 agosto.
Se non si riduce il consumo delle risorse
rinnovabili non si può rientrare nei limiti della sostenibilità ambientale, ma
non si può ridurre il consumo delle risorse rinnovabili se la specie umana
continuerà a crescere.
La popolazione mondiale nel mese di gennaio del 2022
ha raggiunto gli 8 miliardi.
Era di
4 miliardi nel 1974 e di 7 miliardi nel 2011.
In base a questa tendenza, secondo le
previsioni dei demografi nel 2050 raggiungerà i 10 miliardi e il fabbisogno di
cibo aumenterà in misura più che proporzionale.
Non
tutta la specie umana contribuisce nella stessa misura né alla crescita della
popolazione mondiale, né al consumo delle risorse.
Il
contributo maggiore alla crescita della popolazione lo danno i popoli poveri,
ma il maggior contributo pro-capite alla crescita dei consumi lo danno i popoli
ricchi.
Per ricondurre gradualmente il consumo delle risorse
rinnovabili nei limiti della sostenibilità ambientale occorre pertanto che i
popoli ricchi riducano i loro consumi pro-capite e che si riducano i tassi di
crescita demografica dei popoli poveri.
Sul primo aspetto si pone generalmente meno
attenzione che sul secondo.
E sul secondo ci si limita per lo più ad
auspicare una riduzione dei tassi di natalità mediante la diffusione delle
pratiche anticoncezionali, che sono ostacolate dal basso livello d’istruzione e
dal peso che su questi popoli esercitano alcune forme di oscurantismo religioso.
Questi aspetti influiscono sui comportamenti e
non possono essere sottovalutati, ma sui tassi di natalità più dei fattori
culturali incidono i fattori biologici, che invece non vengono presi nella
dovuta considerazione.
La
specie umana appartiene alla classe dei mammiferi e l’appartenenza alla specie
influenza le decisioni degli individui.
La finalità di ogni specie è di non
estinguersi e per proseguire nel tempo è necessario non solo che gli individui
si riproducano, ma che i figli arrivino all’età di fare figli.
Per
questo i mammiferi generano un numero tanto maggiore di piccoli quanto più
bassa è l’aspettativa che possano raggiungere l’età di procreare per dare
continuità alla specie.
Per
questo il tasso di riproduzione degli erbivori, che sono prede, è più alto di
quello dei carnivori, che sono predatori, e la durata della loro gestazione è
più breve.
Anche
nella specie umana i tassi di natalità sono tanto più alti quanto più bassa è
l’aspettativa della durata di vita dei neonati.
Se
questa aspettativa diventa più alta, i tassi di natalità diminuiscono. Non c’è
oscurantismo pseudo-religioso o ignoranza che possano contrastare questa
tendenza, come dimostra la storia dei Paesi nord-occidentali, compresi quelli
in cui la religione prevalente è il cattolicesimo, che ha sempre condannato le
pratiche anticoncezionali.
In questi Paesi tra i primi e gli ultimi anni
del secolo passato il numero dei figli di ogni coppia si è drasticamente
ridotto perché il benessere è aumentato e i tassi di mortalità infantile sono
diminuiti.
La
possibilità di sopravvivenza dei piccoli fino al raggiungimento della maturità
sessuale dipende da un’alimentazione sufficiente, dall’igiene, dalla
possibilità di prevenire e curare le malattie, da un’abitazione che difenda
dagli effetti nocivi del clima sulla salute.
I
popoli poveri o, impoveriti, come qualcuno propone a ragione di definirli, non
hanno le risorse sufficienti per garantire queste condizioni ai loro piccoli,
perché i popoli ricchi non si preoccupano di privarli del necessario per
alimentare i propri sprechi e i propri consumi superflui.
Non
solo per egoismo, ma anche perché il sistema economico fondato sulla crescita
della produzione di merci ha bisogno di un apporto crescente di risorse,
altrimenti crollerebbe trascinando con sé nella rovina tutto il sistema
sociale.
Questa difficoltà oggettiva può essere
sbloccata solo se i Paesi ricchi smetteranno di finalizzare le loro economie
alla crescita della produzione di merci e le indirizzeranno a rientrare nei
limiti della sostenibilità ambientale.
Solo se diminuirà il loro fabbisogno di
risorse potranno aumentare le risorse disponibili per i Paesi poveri, che
potrebbero così migliorare le loro condizioni di vita.
Di
conseguenza aumenterebbero le possibilità che i loro figli arrivino all’età di
fare figli e si realizzerebbero le condizioni che consentono di ridurre i loro
tassi di natalità senza forzature, nel pieno rispetto delle leggi biologiche
che governano la riproduzione in tutte le specie dei mammiferi.
Al
contrario di quanto usualmente si pensa, non è vero che la prospettiva della
decrescita non si può realizzare se non smette di crescere la popolazione
mondiale, ovvero se non si riduce il tasso di natalità dei Paesi poveri.
Il loro tasso di natalità può smettere di
crescere soltanto se l’economia dei Paesi sviluppati non viene più finalizzata
alla crescita.
Non è
la crescita demografica dei popoli poveri a impedire la decrescita economica,
ma la crescita economica dei popoli ricchi a impedire la decrescita
demografica.
Le
uniche alternative per ridurre la popolazione mondiale sono le pandemie e le
guerre.
Due soluzioni drastiche, ma certamente non
auspicabili, che purtroppo si stanno verificando nuovamente in questi anni.
Quella
pericolosa deriva verso
la Terza guerra mondiale.
Volerelaluna.it
– (05-03-2024) - Domenico Quirico – la Stampa – ci dice:
Le
parole del leader francese ci dicono che un coinvolgimento diretto non è più un
tabù.
Finora
politica e guerra in Ucraina erano, per signori e signore del nostro occidente,
un tira e molla, un’altalena, un dai che io do, un va e vieni dai quali tutti
in fondo pensavano di uscirne salvi, alla fine.
Gli
astuti perfino con qualche bel gruzzolo da spendere politicamente all’interno.
Tutt’al
più si trattava di pagare qualche milione di euro e di svuotare gli arsenali
del vecchiume;
ma alla prima occasione, ridotto come vogliono
logica ed economia “Putin” al lumicino, si recuperava il perduto e il pagato.
Si sa
che le ricostruzioni sono affari lucrosi…
Agli
ucraini, quelli scampati al macello in prima linea, rimasti liberi per merito
proprio, si riservava la amarognola soddisfazione della medaglia degli eroi.
L’importante
era che nessuno ad occidente uscisse con le ossa rotte. Altrimenti il bel gioco
della politica e della guerra fatta con gli altri sarebbe finito.
Poi un
giorno il presidente francese “Macron” pronuncia alcune parolette:
che
non può escludere di spedire soldati a combattere a fianco degli ucraini, non
solo, sarebbe ansioso di costruire una coalizione di volenterosi (formuletta dietro cui abbiamo
posizionato alcune delle nostre peggiori sconfitte) e così accingersi virilmente a
vincere la guerra del Donbass.
Ci si
incammina da Parigi sulle luttuose tracce della “Grande Armata”?
“Macron”
è un azzimato “Napoleoncino” che si tiene bigottamente stretto alla lettera
della superiorità gallicana pur essendo, come impongono i mutati tempi della
potenza, uomo di nebbia e di vento;
che
illazioni sproporzionate, con ipocrita reverenza, hanno etichettato come
macigno europeista.
Con
indicativa miopia provinciale, da questa parte delle Alpi, le sue ardite e
allarmanti escogitazioni belliciste (insomma: la Terza guerra mondiale a pezzi
da noiosa cantilena diverrebbe Terza guerra mondiale e basta) sono state
interpretate come legate al gioco di dispetti tra monsieur le président e la
Meloni, una grottesca batracomiomachia dell’Unione.
Lei si trasferisce a Kiev come capo dei Grandi
o di quel che resta di loro con un misterioso, forse un pacco vuoto forse no,
“Patto d’acciaio” con Zelensky.
E lui replica dichiarando, nientemeno, quasi
guerra alla Russia.
“Macron”
non ha fatto altro che compiere un passo verbale ulteriore in una pericolosa
progressione che dura da mesi.
Con
cui le cancellerie d’occidente in modo omeopatico preparano le opinioni
pubbliche dei rispettivi Paesi a scavalcare il limite estremo: ovvero la
necessità se non si vuole ingoiare, dopo due anni di sacrifici, il mal passo
della sconfitta ucraina, di scendere in campo.
Per piegare la Russia rimasta putiniana
bisogna passare dalla non belligeranza milionaria (armi e sostegno economico)
alla belligeranza diretta.
È così che da sempre le guerre diventano
mondiali e “inevitabili”.
Il
presidente francese gioca d’anticipo, dir per primo ciò che gli altri ancora
occultano sotto formule vaghe potrebbe rendere i gradi di capitano della
futura” Gran Coalizione dei generosi”.
La politica rispetto a come risolvere il
problema ucraina finora si è mossa nell’arte dell’assicurazione e della contro
assicurazione, dell’inganno e del para-inganno, dallo scavar buche per far
inciampare “Putin” da non saper poi come camminare trovandosele intorno ai
propri piedi.
Ci pareva possibile curare i conti della
nostra aritmetica, preparar le elezioni Usa, nell’Unione e nei Paesi satelliti
e intanto pagar altri per far la guerra necessaria.
I
signori presidenti, buoni a seccar tasche per il conflitto, eran pieni di
entusiasmo:
con Kiev comunque, fino alla vittoria.
E
aguzzavano gli occhi, nei tavoloni dei Vertici, su realtà caparbie e avverse
aggruppate sotto nomi poco familiari che i loro aiutanti leggevano sillabando
su carte geografiche dell’Ucraina.
Alcuni
di loro conoscono il mestiere ma questa faccenda ucraina è diversa, non una
“small war”, una “guerruccia”, ci sono città piene di uomini che fuggono nei
rifugi ed eserciti in marcia nella steppa con i piedi indolenziti da ritirate e
avanzate.
Con le armi donate uomini correvano incontro
alla morte attraversando fiumi gelati e, equipaggiati in carri armati,
soffocavano solcando le nevi sterili dell’Ucraina.
La
brutale aggressione russa ha restituito alla “Morte” il posto che da un quarto
di secolo non avevamo più dinanzi ai nostri occhi di europei.
Pace e
benessere ne avevano sbocconcellato il dominio che per secoli era stato in
questa parte del mondo assoluto.
La
guerra restava una realtà dell’uomo, ma una realtà nascosta e lontana.
Circondata
da precauzioni era per gli europei spettacolo televisivo.
Per trovarla bisognava viaggiare in Africa e
in oriente dove i suoi trionfi sembravano essersi rifugiati.
La
furiosa mischia ucraina ha riportato i morti, i morti dappertutto, non
onorevolmente coperti come si usa ma nudi con il loro odore e colore di morte,
ridotti a lembi nelle strade e nei fossi, orride gonfiezze dondolanti a fior
d’acqua.
Era una morte europea.
Ma
finora degli altri.
Che
sta per diventare anche nostra? Attenti, qui ora si parla di noi.
Nel
sipario di mezze verità, ottimismi e bugie di chiassoni e gabbadei spunta che
l’Ucraina, armi o non armi, è in gravi difficoltà:
dopo
mesi di mutua distruzione e nulla più il fronte cambia faccia.
Kiev
manca di uomini perché li ha consumati in due anni.
Gli arsenali in occidente son quasi asciutti,
bisogna produrre a gran forza ma per esser sicuri noi.
Il
bellicismo disinvolto dei due anni precedenti, la gigantesca fata morgana della
vittoria sparisce, si cambia tono.
Diventa
preoccupato, allarmista, da corsa contro il tempo:
ahimè,
per fermare “Putin” gli ucraini non bastano!
Ci si
arma e riarma, si restaurano le leve, ci si strofina con il formare nuclei di
riservisti.
Perché
non si sa mai,” Putin” è goloso, bisogna esser pronti.
L’entrata
in “guerra light”, dopo aver ammorbidito le coscienze.
Come era chiaro fin dall’inizio, con armi e
denaro si poteva tenere in vita l’Ucraina non portarla alla vittoria, liberare
le terre occupate fino all’ultimo centimetro.
Per quello ci vuole la Terza guerra mondiale.
Morire
per Kiev: ma davvero, non solo nel portafoglio.
Forse è davvero necessario per salvare
l’occidente ma bisogna avere il coraggio di dirlo.
E a
condurla non potranno essere coloro che hanno causato il disastro.
Dopo i
trattori: un “protezionismo
intelligente”
per l’agricoltura.
Volererlaluna.it
– (22-03-2024) - Sergio Simonazzi – ci dice:
Non
intendo qui riprendere ciò che è stato scritto fino ad ora, talvolta con grande
competenza, sulle proteste degli agricoltori in tutta Europa, ma soffermarmi
sul contesto in cui si sono inserite.
In particolare voglio ricordare cosa
rappresenta per la comunità umana l’attività agro-zootecnica.
L‘agricoltura,
anche se poco considerata (e proprio per questo retta in Europa esclusivamente
da cospicui e iniqui provvedimenti della Politica Agricola Comunitaria),
costituisce il settore primario dell’economia classica, mentre l’industria ne è
componente secondaria.
Essa è
l’unica l’attività che, se gestita secondo i principi della agroecologia,
garantisce un’economia eterna.
Oltre che produrre derrate alimentari, poi,
assicura equilibri territoriali e biodiversità così costituendo uno dei
principali ostacoli al diffondersi delle pandemie.
Il
terreno agricolo assorbe, secondo l’ISPRA, 500 kg/ha/anno di CO₂ e trattiene
quasi 4 milioni di litri d’acqua per ettaro sì che l’attività produttiva si
intreccia con la riduzione dei disagi prodotti dall’ormai acclarato cambiamento
climatico:
non a caso le poche figure istituzionali
“illuminate”, in Italia e nel mondo, tendono a diminuire la cementificazione
del territorio.
Di
più, in termini di salute, il buon cibo prodotto da un’agricoltura naturale e
sana è, insieme all’aria non inquinata, uno dei cardini della “prevenzione
primaria”:
più
della stessa diagnosi precoce delle malattie che, al contrario di ciò che si
pensa, è uno strumento di prevenzione secondaria.
A ciò
consegue anche che adeguati investimenti nel settore agricolo sono ampiamente
compensati dai risparmi in spese per costose e dolorose terapie.
Alla
luce di queste considerazioni vorrei formulare alcune semplici proposte di
intervento nel settore agricolo, da sempre trascurato dalla politica.
Primo.
Occorre anzitutto dare concreta applicazione alla
proposta di “sovranità alimentare” elaborata nel 1996 dall’associazione
sudamericana Via Campesina.
Tale
proposta afferma il diritto dei popoli a definire le proprie politiche e
strategie di produzione, distribuzione e consumo di cibo:
tutt’altra
cosa, rispetto alla agro- zootecnia industriale, che si caratterizza per
monocoltura (antitesi della biodiversità) e allevamenti intensivi le cui
produzioni sono destinare precipuamente alla esportazione e alla grande
distribuzione.
Secondo.
Bisogna, poi, annullare gli accordi internazionali che
prevedono prezzi fissi per i prodotti agricoli poiché, in agricoltura, le
produzioni sono condizionate non solo dalla professionalità degli agricoltori,
ma soprattutto da condizioni climatiche differenziate da paese a paese e dalla
imprevedibilità delle stesse a causa dei cambiamenti climatici.
Terzo.
La
razionalità indica che l’ortofrutta, prodotto ad alto contenuto di acqua (che –
come noto è il maggior attivatore di fermentazione…), deve essere consumata
quanto più possibile vicino al luogo di produzione al fine di permetterne la
raccolta a maturazione adeguata e, conseguentemente, al massimo delle qualità
organolettiche.
Al contrario, se questo alimento viene
prodotto a migliaia di km di distanza, si impongono alcuni procedimenti
impropri:
raccolta prematura, trattamenti chimici per
impedirne la decomposizione, confezioni più complesse per la conservazione etc.
Senza
contare l’utilizzo di energia fossile per il trasporto, alla faccia della
prevenzione primaria e delle sostenibilità!
Questa
forma di autarchia avrebbe anche l’effetto di consentire, nei paesi più poveri,
l’orientamento delle produzioni alimentari verso i consumi interni e non verso
il bulimico e ricco mondo occidentale.
Quarto.
Occorre,
infine, diminuire il consumo di carne, come indicato dall’OMS, a 4-500 grammi
pro capite alla settimana (ovvero circa 20 kg annui).
Vi
sono attualmente nazioni in cui se ne consumano oltre 100 kg all’anno (USA e
Australia: dati 2020);
in
Italia se ne consumano 60-70 kg annui (dati Slow Food).
Una
minore ingestione di carne garantirebbe infatti, oltre a un miglioramento della
salute umana, una migliore gestione del territorio: basti considerare che la
diminuzione del carico di bestiame (bovini in primis) per ettaro comporta
minori deiezioni, con conseguente rispetto della “Direttiva nitrati” al fine di
non inquinare le falde acquifere.
In
sintesi, occorre affidarsi, in agricoltura, a un “protezionismo intelligente”.
Lo
impongono, come si è visto, il mantenimento di una buona salute e il risparmio
energetico da combustibili fossili.
Ciò
non vuol dire negare la possibilità di scambi internazionali.
Ma devono essere ragionevoli…
(P.S.
A
supporto di quanto esposto ricordo un articolo di una grande femminista,
saggista ed ecologista, “Carla Ravaioli”, dal titolo “Keynes e l’arte della
vita”, risalente a 20 anni fa, che cita la seguente frase dello stesso Keynes:
«Ho simpatia per coloro che vogliono
minimizzare piuttosto che massimizzare l’intreccio economico tra le nazioni.
Le idee, la conoscenza, l’arte, l’ospitalità,
i viaggi, sono tutte cose che per natura sono internazionali.
Ma le
merci dovrebbero essere di fabbricazione nazionale ogni volta che ciò è
possibile e comodo».)
Quanto
tempo rimane all’Ucraina?
E alla Russia?
Volerelaluna.it
– (22-03-2024) - Alberto Negri – ci dice:
Il
tempo dell’Ucraina si sta esaurendo?
Non lo
dice qualche pericoloso sovversivo, oppure Papa Francesco, ma un saggio di
“Foreign Affairs” di “Dara Massico”t esperta del “Carnegie Endowment for
International Peace”.
Kiev e
i suoi alleati fronteggiano una questione fondamentale:
come fermare l’avanzata russa e invertire la
tendenza. Dopo la conquista di “Avdiika”, Mosca
si sta rafforzando lungo tutto il fronte e la sua industria bellica produce a
pieno ritmo mentre l’Ucraina aspetta ancora gli aiuti militari americani
bloccati dall’impasse del Congresso.
E se gli europei hanno approvato un pacchetto
di aiuti Ue, a Kiev manca ancora la consegna di armi pesanti come i missili
tedeschi “Taurus”:
come hanno rivelato le intercettazioni i
generali tedeschi sono favorevoli ma non il cancelliere “Scholtz” che teme
un’altra escalation del conflitto.
La
realtà è che l’Ucraina deve razionare sia le munizioni che gli uomini da
inviare al fronte.
Quello
cui assistiamo oggi è dovuto essenzialmente al fatto che mentre la Russia ha
mobilitato la sua economia di guerra l’Occidente non l’ha fatto e l’Ucraina non
è in grado di farlo perché la sua base industriale, dopo due anni di conflitto
e distruzioni, è ridotta al minimo.
La
Russia è riuscita a produrre o importare milioni di proiettili di artiglieria e
si è procurata migliaia di droni dai suoi partner (Iran e Corea del Nord)
mentre le forniture occidentali non hanno tenuto il passo e si sta raschiando
il fondo del barile degli arsenali militari.
Non
solo.
E qui viene il punto più importante.
Nonostante
i conflitti siano sempre più tecnologici, la guerra, anche questa, divora la
carne da cannone, ovvero i soldati.
La Russia ha quindi reclutato militari in tutte le sue
provincie mentre Kiev ha fallito la mobilitazione generale:
molti uomini in età da combattimento – si
parla di circa 300mila – si sono dati alla fuga dal Paese.
I soldati al fronte non hanno possibilità di
avvicendamento, le truppe migliori sono tenute nelle retrovie e il presidente
Zelensky non ha avuto idea migliore di far fuori i vertici militari che erano
diventati anche concorrenti politici.
Secondo “Foreign Affairs” se non ci sarà
un’inversione a breve di questa tendenza la situazione è destinata peggiorare e
raggiungere il punto più basso entro l’estate.
Sia
chiaro, neppure i russi stanno benissimo e presentano diverse vulnerabilità,
come dimostrano alcuni successi ucraini nel Mar Nero.
In
generale c’è stata una certa sottovalutazione della capacità della Russia di
rispondere alle sfide belliche.
Questo
giudizio è stato fortemente influenzato dalle sconfitte della Russia a
“Kharkiv” e “Kherson” ma da allora Mosca si è messa nelle condizioni di
affrontare un conflitto prolungato dove il fattore tempo e quello del
logoramento dell’avversario giocano un ruolo fondamentale.
Quanto
tempo può resistere la Russia?
I russi hanno dovuto ricondizionare migliaia
di carri armati e blindati che giacevano nei magazzini e anche per loro le
riserve non sono infinite:
si stima che Mosca abbia ormai bruciato dal 30
al 40% delle sue riserve strategiche migliori.
Eppure gli strateghi occidentali stimano che
Mosca può resistere altri due anni e due anni per l’Ucraina sono un tempo
infinito.
Se è
vero che il fronte ci appare in gran parte bloccato ci sono segnali
preoccupanti per Kiev:
nel Donetsk, occupato dai russi, i due nemici
nel 2023 schieravano più o meno lo stesso numero di soldati, da febbraio la
Russia ha un vantaggio di due a uno.
Certo anche la Russia non può reclutare
all’infinito ed evita una mobilitazione generale che possa incidere sulla
stabilità interna e la sicurezza del regime.
Ma
oggi, come si è visto, il Cremlino è in grado di programmare nuove offensive
contro le roccaforti ucraine.
L’offensiva
ucraina dei mesi scorsi invece è clamorosamente fallita, al punto che neppure i
più ottimisti (o creduloni) oggi prestano la minima attenzione alla propaganda
bellica di Zelensky.
E
questo è un altro nodo della questione:
il potere del dittatore Putin, che usa tutti i
mezzi a sua disposizione, anche i più crudeli, è incontrastato, la cerchia
intorno al presidente ucraino si sta sfaldando.
Per lui e per l’Ucraina il tempo non è finito
ma si sta esaurendo assai rapidamente.
(“il manifesto”
del 12 marzo 2024).
Il
Governo vuole mano libera
nel
commercio di armi.
Volerelaluna.it
– (21-03-2024) - Marco Manunta – ci dice:
Non
tutti sanno che l’esportazione, l’importazione e anche il semplice transito sul
territorio italiano di materiali di armamento sono disciplinati, dal 1990, da
una legge che reca il numero 185.
E non
c’è solo la legge ordinaria.
La
Costituzione, all’art. 11, afferma in modo categorico che «l’Italia ripudia la
guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali».
Soprattutto
se la prima parte dell’articolo viene collegata alla seconda parte (l’Italia
«consente […] alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che
assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni») risulta evidente che l’unica
via costituzionalmente legittima per comporre i conflitti è quella
dell’intervento degli organismi sovranazionali preposti (ONU) e mai quella
dello scontro armato fra contendenti (a cui è funzionale il commercio delle
armi).
Non a caso la legge 185 prevede (articolo 1,
comma 6) che «L’esportazione e il transito di materiali di armamento sono
altresì vietati: a) verso i paesi in stato di conflitto armato […]».
Quel
divieto così perentorio e opportuno è, peraltro, derogabile per effetto di
«diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere
delle Camere».
E la
deroga è stata ed è applicata per fornire armi all’Ucraina.
Ma, evidentemente, non bastava.
Nel
clima di malsana euforia creato dal boom di affari per produttori e trafficanti
di armi, il Governo presieduto da Giorgia Meloni – come segnalato
dall’”Associazione Movimenti-Cambiamenti” – ha pensato bene di affossare i
principi di trasparenza introdotti con la legge n. 185/1990 per il commercio
degli armamenti.
Nella relazione allegata al disegno di legge
di modifica, presentato al Senato (n. 855 della XIX legislatura), si dichiara
che il provvedimento «apporta alcuni aggiornamenti alla disciplina» della legge
185 «al fine di rendere la normativa nazionale più rispondente alle sfide
derivanti dall’evoluzione del contesto internazionale».
In realtà, come emerge dall’analisi del testo,
l’obiettivo è semplificare il traffico di armi, occultandolo all’opinione
pubblica e rendendolo funzionale all’attuale clima di guerra.
L’introduzione
di un potere insindacabile del Governo sull’export di armi.
Il 17 aprile 2023 il Governo Meloni aveva già
cancellato il provvedimento del gennaio 2021 con cui era stata disposta, dal
secondo Governo Conte, la revoca delle autorizzazioni all’esportazione di
missili e bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (coinvolti nella
guerra in corso nello Yemen).
Ora, però, il nuovo disegno di legge prevede
che in presenza di un divieto di esportazione di armi posto/proposto
dall’”Unità per le Autorizzazioni dei Materiali d’Armamento” (UAMA), il
“Comitato Interministeriale per gli Scambi di Materiali di Armamento per la
Difesa” (CISD, presieduto dal Presidente del Consiglio), può insindacabilmente
rigettare il divieto, purché eserciti tale facoltà entro 15 giorni.
Il
veto governativo (perché si tratta di un vero e proprio “potere di veto”)
prevale su quanto proposto dalla “UAMA”, senza che vi sia la necessità di
informare e/o sentire il Parlamento.
Il
tutto, quindi, avviene al di fuori di ogni trasparenza e tenendo completamente
all’oscuro l’opinione pubblica.
Le
banche etiche vanno bandite.
La “Rivista Italiana Difesa” del 3 luglio
2023, riportando gli interventi succedutisi all’”Assemblea Generale dell’AIAD”
(Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza),
tenutasi a Roma, oltre a sostenere «la necessità di aggiornare la legge 185»,
indica anche un altro tema, a suo giudizio, nevralgico:
la
necessità di superare la “questione delle banche etiche”.
Nella
stessa assemblea” AIAD”, infatti, il ministro Crosetto aveva manifestato tutta
la propria insofferenza verso, a suo parere, incomprensibili scrupoli morali:
«perché una banca non dovrebbe supportare
un’operazione che è legale?».
Evidentemente
sfuggiva e sfugge al Ministro la distinzione tra legge ed etica:
non
tutto quello che è legalmente consentito è anche conforme alla morale religiosa
o laica.
Le banche, del resto, rispetto ai
finanziamenti alla produzione e/o all’esportazione di armamenti, si fanno
portatrici anche di esigenze etiche dei propri clienti, risparmiatori o
investitori.
Per risolvere il “problema” nel disegno di
legge è stato inserito un emendamento, proposto dalla relatrice “Stefania
Craxi” (FdI), che prevede l’abrogazione del comma 4 dell’articolo 27,
cancellando dalla relazione annuale del Governo al Parlamento il «capitolo
sull’attività degli istituti di credito operanti nel territorio italiano
concernente le operazioni disciplinate dalla presente legge» (n. 185/1990,
ndr).
In sostanza non sarà più possibile conoscere
quali banche speculano sulle armi e sulle guerre.
Cancellata
ogni ipotesi di conversione dell’industria militare in civile.
La proposta governativa prevede, inoltre,
l’abrogazione dell’intero articolo 8 della legge n. 185, che affida
all’”Ufficio costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri “il
compito, particolarmente importante e delicato, di studiare la conversione a
scopi civili delle aziende di produzione di armamenti.
Attualmente l’Ufficio deve individuare la
possibile «utilizzazione per usi non militari di materiali derivati da quelli
di cui all’articolo 2, ai fini di tutela dell’ambiente, protezione civile,
sanità, agricoltura, scientifici e di ricerca, energetici, nonché di altre
applicazioni nel campo civile».
Alcuni
senatori del PD avevano proposto un emendamento per mantenere in vita
l’articolo 8, ma il disegno di legge è stato approvato dal Senato il 21
febbraio 2024 nel testo integrale sostenuto dalla maggioranza di governo.
Il
deciso orientamento di cancellare la riconversione delle industrie belliche dal
testo della legge manifesta in modo palese che gli intenti di questo Governo
sono ben lontani da qualunque orizzonte di pace e che l’unica prospettiva
considerata è quella di sostenere e far crescere in ogni modo la proliferazione
delle armi e i profitti relativi.
Eppure, proprio negli anni ’90, dopo
l’approvazione della legge 185, soprattutto per effetto di una coraggiosa
iniziativa delle “operaie della “Vallesella Meccano tecnica” di Castenedolo
(azienda del Gruppo Fiat) la produzione di mine antiuomo fu fermata e l’impresa
fu convertita a scopi civili.
(mceditrice.it/it/articoli/47-articoli/382-finche-ce-guerra-la-legge-sullexport-delle-armi).
Un
caso giudiziario olandese.
“Oxfam
Novib”, “PAX” e “Rights Forum”, associazioni impegnate per la pace, hanno
ottenuto, in Olanda, un’importante sentenza (linkeddata.overheid.nl/front/portal/document-viewer?ext-id=ECLI:NL:GHDHA:2024:191).
Il 12 febbraio 2024 in sede di appello (in
primo grado il Tribunale aveva rigettato il ricorso) una Corte ha deciso che i
Paesi Bassi devono fermare entro sette giorni l’esportazione di parti di aerei
da caccia F35 verso Israele, a causa degli evidenti rischi di gravi violazioni
del diritto umanitario internazionale.
La Corte, sulla base dei rapporti di “Amnesty”
e dell’”ONU”, ha concluso che gli obiettivi civili a Gaza vengono colpiti in
modo sproporzionato, causando numerose vittime civili, tra cui molti bambini.
È la prima pronuncia giurisdizionale sul
traffico di armamenti o di parti di armamenti, ma l’esempio dovrebbe essere
seguito dagli altri paesi, quanto meno da quelli europei, come l’Italia, tenuti
al rispetto di normative analoghe, che vietano l’esportazione di armi in
violazione dei diritti umani.
Se pensiamo alle bombe e ai missili costruiti
in Sardegna e utilizzati in “Yemen”, oppure ai cannoni prodotti dalla “Oto
Melara” che colpiscono “Gaza”, abbiamo evidentemente molto da fare anche in
“casa nostra”.
Aggiornamento
sul procedimento parlamentare.
Come si è detto, il disegno di legge n. 885 è
stato approvato, in tutta fretta, il 21 febbraio 2024.
Ora spetta alla Camera pronunciarsi (il
disegno è in carico alla Camera con il n. C.1730).
Il timore è che, stante la maggioranza
precostituita, si possa arrivare a un’approvazione definitiva senza dibattito e
in tempi ristrettissimi.
Poche
le voci che hanno denunciato i pericoli della “riforma” della legge vigente.
Oltre a “Rete italiana pace e disarmo” solo il
mondo cattolico si è mosso:
il quotidiano “Avvenire” del 5 marzo 2024 ha
ripreso l’allarme delle associazioni “Ac”, “Acli”, “Focolari”, “Giovanni XXIII”,
“Pax Christi”, “Agesci”,” Libera” con gli Evangelici e, in particolare, la
richiesta di non toccare la legge 185.
Il resto del mondo laico e quasi tutti gli
altri organi di informazione (eccettuato Il” Fatto Quotidiano”) non hanno
minimamente ripreso o diffuso la notizia di quanto sta accadendo in Parlamento.
«Bagno
di sangue» ed elezioni
statunitensi: cosa ha
detto davvero Trump.
Facta.news.it
– (Mar 20, 2024) – Redazione – ci dice:
Lo
scorso 16 marzo Donald Trump durante un comizio elettorale all’aeroporto di
Dayton, in Ohio, ha dichiarato a un certo punto che se perdesse alle prossime
elezioni statunitensi ci sarebbe per gli Stati Uniti «un bagno di sangue».
La
frase è stata utilizzata da diverse testate internazionali e italiane per
titolare gli articoli che raccontavano del comizio elettorale in Ohio dell’ex
presidente statunitense di nuovo in corsa per le elezioni presidenziali di
novembre 2024.
L’espressione
«bagno di sangue» e il suo reale significato hanno creato dibattito sui media e
nei social media negli Stati Uniti, e non solo.
Il
video del momento in cui Trump dice questa frase è stato rilanciato su “X”
dall’account ufficiale di “Joe Biden”, con un commento che recita:
«È chiaro che vuole un altro 6 gennaio».
Per il presidente degli Stati Uniti, quindi,
con quell’espressione Trump avrebbe evocato una nuova insurrezione simile
all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 realizzato da parte di estremisti
e suoi sostenitori e che secondo il rapporto finale della commissione
parlamentare d’inchiesta sulla vicenda è stato prevalentemente causato dallo
stesso Trump.
Anche
in Italia esponenti politici e
commentatori hanno fornito la stessa lettura, denunciando anche la pericolosità
sociale del candidato repubblicano.
Con
quell’espressione Trump ha realmente minacciato un’azione violenta nel caso non
diventasse presidente degli Stati Uniti?
Vediamolo insieme.
Il
contesto.
Come
si può ascoltare dal video integrale del comizio in Ohio, Donald Trump dopo
circa 30 minuti di discorso afferma:
«La Cina sta costruendo due enormi impianti
per costruire auto elettriche in Messico, per poi pensare di rivenderle qui
negli Stati Uniti senza pagare tasse al confine».
Trump
si stava riferendo alle recenti notizie secondo cui “BYD auto”, casa
automobilistica cinese, sta progettando di costruire una nuova grande fabbrica
di veicoli elettrici in Messico.
“
Stella Li”, vicepresidente esecutivo di “BYD” e CEO di “BYD Americas”, a fine
febbraio ha tuttavia dichiarato che l’azienda prevede di vendere le auto
prodotte al mercato messicano e di non avere intenzione di venderne alcuna
oltre confine negli Stati Uniti.
«È un mercato interessante, ma è molto
complicato»,
ha aggiunto “Li”.
L’ex
presidente nel suo comizio continua avvertendo che la Cina si sbaglia se pensa
«che otterrai questo, non assumerai americani e ci venderai le macchine».
È a questo punto che Trump parla di «bagno di
sangue»:
«Metteremo
una tariffa del 100 per cento su ogni singola macchina che supera il confine, e
non sarai in grado di vendere quelle macchine.
Se venissi eletto.
Ora,
se non vengo eletto, sarà un bagno di sangue per l’intero Paese, e questo sarà
l’ultimo dei problemi, sarà un bagno di sangue per il Paese. Questo sarà
l’ultimo dei problemi.
Ma non
venderanno quelle auto».
L’ex
presidente stava parlando del presunto rischio per l’industria automobilistica
statunitense e per i suoi lavoratori dell’importazione nel mercato del Paese di
auto cinesi costruite in Messico.
L’espressione «bagno di sangue» si riferiva
dunque a un contesto economico.
Inoltre,
sia il portavoce della campagna elettorale di Trump che lo stesso ex presidente
hanno dichiarato che con quel termine ci si voleva riferire a un bagno di
sangue economico e non voleva essere un richiamo alla violenza.
Come
ha spiegato inoltre il sito di fact-checking statunitense Factcheck.org,
secondo il dizionario “Merriam-Webster” , la parola «bloodbath» oltre a bagno di sangue,
ha come significato anche «un grave disastro economico».
“Factcheck.org”
ha inoltre verificato che questo termine è stato usato in passato in diversi
notiziari televisivi con questo ulteriore significato.
Il
riferimento al 6 gennaio 2021.
Nel
suo discorso in Ohio Trump ha comunque parlato dell’assalto al Campidoglio di
tre anni fa.
Lo ha
fatto all’inizio del suo comizio, elogiando lo «spirito» degli «ostaggi» (con questa parola Trump si riferisce
alle oltre mille persone incriminate in vario modo per aver avuto un ruolo nel
violento attacco a Capitol Hill che ha avuto un bilancio tragico: cinque
persone decedute e centinaia di feriti tra agenti e manifestanti). Trump ha detto che questi «patrioti
incredibili» sarebbero stati trattati «terribilmente e ingiustamente, e voi lo
sapete e lo sanno tutti», promettendo che una volta eletto lavorerà per farli
uscire di prigione.
Da
tempo infatti l’ex presidente e gran parte del partito repubblicano stanno
portando avanti una linea revisionista dei fatti accaduti il 6 gennaio 2021.
Come
abbiamo ricostruito in questo approfondimento, l’obiettivo del revisionismo
sembra essere quello di minimizzare le violenze avvenute quel giorno e negare
la responsabilità di Donald Trump.
(Gage
Skidmore from Peoria, AZ, United States of America, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia
Commons)
Per
capire il cambiamento climatico
i
record sono niente,
la
tendenza è tutto.
Facta.news.it
– (Mar 20, 2024) - Antonio Scalari – ci dice:
Attorno
alla metà di marzo 2024 si sono registrate temperature molto elevate nell’area
di Rio de Janeiro, in Brasile, con valori di 42 °C.
L’indice
di calore ha toccato i 62.3 °C.
Si
tratta del parametro che indica qual è la temperatura percepita dal corpo umano
se quella misurata viene combinata con il valore dell’umidità relativa.
In un
primo momento alcuni media hanno riportato questa notizia in modo impreciso,
suggerendo che 62.3 °C fosse la temperatura effettiva. L’errore ha spinto
alcuni, sui social media, a prendersi gioco della notizia e a trattarla come
una dimostrazione del sensazionalismo che vizierebbe il racconto del
cambiamento climatico.
Nelle
interpretazioni più malevole, il fatto che la temperatura non abbia davvero
raggiunto un valore così estremo diventa la prova che il cambiamento climatico
è un’esagerazione o, peggio, una bufala.
I
media sono attratti dai record perché, come tali, fanno notizia e generano
scalpore.
Ma un
record climatico è significativo se viene collocato all’interno di una tendenza
di medio o lungo periodo.
Una temperatura record, calda o fredda, in una
singola località non conferma né smentisce il riscaldamento globale.
La scienza, peraltro, ha oggi i mezzi per
attribuire singoli eventi estremi, come le ondate di calore, al riscaldamento
globale antropico.
Nello stesso tempo, osserva come sta evolvendo
il sistema climatico terrestre nel suo complesso e a livello globale.
L’ultimo
rapporto dell’”Intergovernmental Panel on Climate Change “(IPCC) afferma che «è
praticamente certo» che gli estremi caldi siano diventati più frequenti e più
intensi nella maggior parte delle regioni terrestri a partire dagli anni ’50,
mentre gli estremi freddi sono diventati meno frequenti e intensi.
Alcuni
caldi estremi che si sono verificati negli ultimi dieci anni, aggiungono l’“IPCC”,
sarebbero stati estremamente improbabili senza l’influenza delle attività umane
sul sistema climatico, rappresentata dalle emissioni dei combustibili fossili.
«Le anomalie della temperatura media
stagionale sono cambiate marcatamente negli ultimi tre decenni», scrivono
alcuni esperti tra cui il celebre climatologo “James Hansen”, sulla rivista
scientifica “PNAS”
Ciò significa che cambia la distribuzione di
probabilità delle anomalie della temperatura, cioè di quei valori che si
discostano da quelli di riferimento.
La
curva della distribuzione delle temperature si sposta verso valori più elevati
della norma (che si tratti o meno di temperature record), che diventano così
più probabili.
Ciò
che fino a non molti anni fa era estremo oggi diventa più ordinario. Anche gli inverni stanno diventando
più caldi e la copertura nevosa durante la stagione sta diminuendo.
Se il
2023 è l’anno più caldo finora registrato è proprio perché il clima sta
cambiando su scala globale e ha imboccato una tendenza che, già nel breve arco
temporale di 150 anni, appare significativa (e preoccupante).
In assenza del riscaldamento globale
antropico, non ci aspetteremmo che i 10 anni più caldi finora registrati
coincidano, tutti, proprio con gli ultimi 10 anni.
Se
fosse stato solo per la variabilità naturale, in assenza di fattori esterni
come le attività umane, non avremmo riscontrato questa tendenza recente.
Perciò,
quando parliamo di cambiamento climatico, i record stanno alla tendenza un po’
come il proverbiale dito sta alla luna:
indicano qualcosa, ma è proprio a quel
qualcosa che dobbiamo rivolgere lo sguardo.
Afferrare
questo concetto è indispensabile per capire cosa sia il cambiamento climatico e
per realizzare la sua portata.
E per
non farsi ingannare dalla disinformazione.
La
«sindrome delle turbine eoliche»
è una
malattia immaginaria.
Facta.news.it
– (Mar 21, 2024) - Antonio Scalari – ci dice:
Il
2023 è stato l’anno in cui, per la prima volta, la quota di produzione di
elettricità generata dal vento in Europa ha superato quella del gas (18 per
cento contro 17).
Dal
2010 al 2022 il costo di un kilowattora di energia prodotto con il vento –
espresso come costo livellato dell’elettricità – è diminuito del 69 per cento
per l’eolico a terra e del 59 per cento per quello in mare.
Nel rapporto “Net Zero 2050” l’Agenzia
internazionale dell’energia (IEA) ha proposto un percorso verso le emissioni
nette zero che assegna all’energia solare e a quella eolica, insieme, circa il
70 per cento della produzione globale di elettricità dal 2050.
L’eolico
occuperà, dunque, un posto sempre più centrale nel sistema energetico del
futuro.
Proprio
per il ruolo che riveste nella transizione energetica, e quindi nell’ormai
inevitabile abbandono dei combustibili fossili, l’energia eolica è un bersaglio
per i critici delle politiche per le emissioni zero e dei negazionisti
climatici.
Su di
essa circolano informazioni parziali, false notizie e narrazioni che la
dipingono come dannosa per l’ambiente e gli animali.
Per qualcuno l’energia eolica sarebbe perfino
la causa di una malattia: la «sindrome delle turbine eoliche».
L’origine
di questa presunta patologia risale a un libro apparso nel 2009 e intitolato
“Wind Turbines Syndrome. A report on a natural experiment”.
L’autrice,
una pediatra e psichiatra americana, “Nina Pierpont”, descrisse le storie di un
gruppo di persone che vivevano nei pressi di turbine eoliche e che denunciavano
vari sintomi, tra cui ronzii alle orecchie, nausea, insonnia, vertigini,
emicrania e palpitazioni.
“Pierpont”
si limitò a raccogliere le interviste telefoniche di 23 soggetti e i sintomi di
alcuni altri.
Non
svolse altre verifiche e valutazioni cliniche dirette, né impiegò gruppi di
controllo, come si fa di norma quando si svolgono ricerche di questo tipo.
Non
effettuò nemmeno una mappatura delle aree geografiche coinvolte, che sarebbe
stata necessaria per stabilire correlazioni tra i presunti sintomi e le loro
sorgenti.
Le uniche prove erano le testimonianze di un
piccolo gruppo di persone.
Il
libro venne autopubblicato e messo in vendita su un sito personale, senza
essere sottoposto a una revisione scientifica indipendente.
Nel
giro di breve tempo è diventato un riferimento per gruppi che si oppongono
all’energia eolica.
Uno di
questi è la “Waubra Foundation”, un’organizzazione australiana che prende il
nome da una cittadina dove è presente un parco eolico.
Il suo fondatore ha alle spalle una lunga
carriera di dirigente nel settore dei combustibili fossili.
Il
potere delle aspettative.
La
«sindrome delle turbine eoliche» è una condizione medica non riconosciuta in
alcun manuale diagnostico.
Si
tratta, in sostanza, di pseudoscienza.
Tuttavia,
ciò non significa che il possibile impatto delle turbine eoliche sulle comunità
che vivono nelle loro vicinanze non sia stato studiato con rigorosi metodi di
ricerca.
Per
capire se e come il rumore delle turbine eoliche possa avere qualche effetto
sulla salute umana, è necessario innanzitutto considerare quali tipi di rumori
producono questi impianti e come si propagano in un territorio.
Una
turbina eolica produce un rumore meccanico e uno aerodinamico.
Il
primo è un ronzio che origina dalla navicella, la struttura, posta in cima alla
torre, che contiene diversi componenti tra cui il generatore che, attraverso il
rotore, trasforma il movimento delle pale in energia elettrica;
il
secondo, quello prevalente, è il fruscio (in inglese, “whoosh”), causato dal
movimento delle pale che, ruotando, fendono l’aria.
Dagli
anni ‘80 a oggi la tecnologia eolica ha fatto progressi.
Le turbine sono diventate sempre più grandi e
potenti, ma anche più silenziose, grazie a diversi cambiamenti introdotti nella
loro progettazione, come il disegno delle pale.
Secondo uno “studio guida todal” “Lawrence
Berkeley National Laboratory” degli Stati Uniti, il gigantismo delle turbine
eoliche, sia nelle dimensioni che nella potenza, è destinato ad avanzare.
Questo sviluppo renderà i parchi eolici più
silenziosi, perché anche se i singoli impianti potranno essere più rumorosi,
grazie alla loro maggiore potenza si potrà installarne di meno.
È
stato misurato che una turbina eolica di grandi dimensioni produce un rumore
che a 300 metri, cioè la distanza minima alla quale di norma si trovano gli
edifici più vicini, si colloca tra i 35 e i 50 decibel.
In
questo intervallo ricadono rumori come quello di un frigorifero, una
lavastoviglie silenziosa o l’insieme di suoni che si può percepire all’interno
di una biblioteca pubblica.
A
ridosso dell’impianto i decibel aumentano e la turbina produce un rumore
dell’intensità di quello di una taglia erba.
Alle
nostre orecchie una conversazione a tono di voce normale o un aspira polvere
risultano più rumorosi di una turbina eolica a centinaia di metri di distanza,
che a sua volta è decisamente meno rumorosa di una strada trafficata.
Tuttavia,
ciò non basterebbe a chiudere la questione dei suoi possibili effetti
indesiderati.
La
propagazione del rumore di una turbina eolica può variare a seconda delle
condizioni meteorologiche, della velocità del vento e della conformazione del
territorio.
Inoltre
una turbina, soprattutto attraverso le pale, genera una gamma di suoni a
diversa frequenza, in particolare a bassa (20-200 hertz) e infrasuoni, cioè
suoni con frequenze inferiori a 20 hertz.
Gli infrasuoni non sono udibili dall’orecchio
umano, anche se c’è una certa variabilità nella loro percezione e alcune
persone possono essere in grado di sentirli se superano un certo livello di
intensità.
I suoni a bassa frequenza sono in grado di
propagarsi a lunga distanza e di interagire con gli edifici che colpiscono,
producendo vibrazioni che le persone al loro interno possono avvertire.
È a questi suoni che è stata attribuita gran
parte dei presunti effetti dannosi delle turbine eoliche.
Tuttavia, i suoni a bassa frequenza e gli
infrasuoni sono ovunque nell’ambiente in cui viviamo e vengono generati da una
quantità di sorgenti, sia naturali che artificiali.
Negli
ultimi vent’anni sono state svolte decine di ricerche, tra singoli studi e
revisioni della letteratura.
L’indagine sui possibili effetti delle turbine
eoliche sulla salute ha ormai accumulato una quantità di dati e di evidenze ed
è possibile trarre delle conclusioni.
Dagli studi emerge una percentuale variabile
di persone che riportano una generale sensazione di fastidio e disturbi, come
l’insonnia, associati a livelli crescenti di percezione del rumore.
Ma,
come scrivono gli autori di una revisione pubblicata nel 2014, «la letteratura
epidemiologica e sperimentale non fornisce prove convincenti o coerenti che il
rumore delle turbine eoliche sia associato a qualche esito patologico ben
definito».
È la stessa conclusione a cui giungono diverse
altre ricerche.
I
sintomi che vengono intuitivamente associati agli infrasuoni delle turbine
eoliche sono piuttosto comuni nella popolazione e possono essere causati da
molte malattie croniche e dallo stress.
È
perciò difficile isolare una singola causa, in qualsiasi contesto vengano
riscontrati.
Una
revisione della letteratura scientifica più recente, pubblicata nel 2021, ha
esaminato 22 studi realizzati tra il 2010 e il 2020. Indipendentemente dal
livello effettivo di rumore, notano gli autori, la percezione generale riguardo
agli impianti eolici sembra essere influenzata da altri fattori, come la
sensibilità soggettiva al rumore, le attitudini personali riguardo all’energia
eolica, i benefici economici collegati, i timori per la salute e le
preoccupazioni di ordine estetico. In uno studio pubblicato nel 2014 un gruppo
di ricercatori neozelandesi, esperti in psicologia e acustica, ha verificato in
modo sperimentale come le aspettative sulle turbine eoliche, sia positive che
negative, possano causare manifestazioni fisiche e psicologiche.
Un campione di persone è stato diviso in due
gruppi:
al
primo è stato mostrato un filmato che poneva le turbine sotto una luce negativa
e allarmante, avvisando gli spettatori che gli infrasuoni di questi impianti
potrebbero rappresentare un rischio per la salute;
al
secondo gruppo è stato fatto vedere un filmato che li descriveva in una cornice
molto più positiva, affermando che gli infrasuoni prodotti dalle turbine sono
identici a quelli di fenomeni naturali, come le onde dell’oceano e il vento, e
che sarebbero benefici per la salute.
In seguito i partecipanti sono stati esposti
contemporaneamente sia a un rumore udibile, a 43 decibel, sia ad infrasuoni,
entrambi registrati da un parco eolico.
Tutti sono stati avvisati che sarebbero stati
esposti anche a stimoli non udibili.
I risultati sono stati chiari:
nel gruppo con aspettative negative si è
verificato un aumento significativo del numero e dell’intensità dei sintomi e
un peggioramento dell’umore;
il gruppo con aspettative positive ha mostrato
un comportamento opposto.
Il potere delle aspettative è tale che, come
ha dimostrato lo stesso gruppo di ricerca, è in grado di condizionare la
psicologia delle persone anche quando vengono esposte a infrasuoni fittizi.
Una
“malattia comunicata.”
I
risultati delle ricerche indicano che la sintomatologia associata alle turbine
eoliche potrebbe essere un caso da manuale di” effetto nocebo”.
Se
l’effetto placebo è il sollievo che si trae da una finta cura quando si è
convinti della sua efficacia, l’”effetto nocebo” è il suo opposto.
Attribuire
a questo effetto, ampiamente documentato, i malesseri che alcune persone
possono lamentare non significa negare o sottovalutare la loro esperienza
soggettiva.
Le percezioni sono reali quanto i meccanismi
cognitivi che le determinano.
La «sindrome delle turbine eoliche» è una
malattia immaginaria, ma non lo sono i fattori psicologici, ideologici e
sociali che possono indurre le persone a credere di soffrirne.
“Simon
Chapman”, professore emerito alla scuola di sanità pubblica dell’”Università di
Sidney”, la definisce una “malattia comunicata” (communicated disease),
un’espressione che in lingua inglese rimanda alle “communicable diseases”, cioè
“le malattie contagiose”.
Nel
caso della «sindrome delle turbine eoliche» il contagio è sociale e mediatico.
Una
«malattia psicogena che si diffonde per l’esposizione alla pubblicità
negativa».
Chapman ha elencato 247 sintomi per i quali
sono state chiamate in causa le turbine eoliche, compresi il cancro e le
emorroidi.
Ma, a parte quelli più bizzarri e improbabili,
la maggior parte hanno a che vedere con l’ansia.
Questa
storia ricalca quella di altre pseudo patologie, come la sensibilità chimica
multipla, l’ipersensibilità ai campi elettromagnetici o il sovraccarico da
vaccini.
Malattie
credute reali a causa della fobia per sostanze chimiche, tecnologie o
trattamenti medici.
Queste
presunte malattie vanno spesso di pari passo con teorie complottiste, come
quelle sui vaccini, la rete 5G e le “scie chimiche “.
In Australia, riporta “Chapman”, le aree dove
si trovano impianti eolici che sono stati presi di mira dai gruppi che si
oppongono al loro sviluppo sono le più colpite dalla presunta sindrome.
Sul
fuoco delle paure soffiano le ideologie, come quella di chi continua ad
alimentare la disinformazione sulle tecnologie che ci stanno liberando dalla
dipendenza dai combustibili fossili.
Gaza e
la bufala
del
clima.
Unz.com
- PIERRE SIMON – (14 FEBBRAIO 2024) – ci dice:
Dal
momento che, secondo la “Jewish Virtual Library”, gli ebrei sono circa lo 0,2%
della popolazione mondiale, la probabilità che la maggior parte delle persone
chiave coinvolte nella bufala del clima siano ebrei è infinitamente piccolo.
Eppure, almeno dagli anni '60, tutti i falsi
allarmi sono stati lanciati quasi esclusivamente dagli ebrei.
Tutto
è iniziato con “Ira Einhorn”, l'assassino satanico-ebreo-della sua fidanzata”
Holly Maddox”, il fondatore del movimento ambientalista "Madre Terra"
che è stato selezionato come il fronte hippy dei globalisti che volevano
promuovere e usare l'ambientalismo come metodo chiave per stabilire una
dittatura marxista della fine dei tempi per il pianeta terra.
Alla
ricerca di un nuovo nemico comune contro cui unirci, ci è venuta l'idea che
l'inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d'acqua, la
carestia e altri problemi simili avrebbero funzionato.
Nella
loro totalità e nelle loro interazioni, questi fenomeni costituiscono
effettivamente una minaccia comune che deve essere affrontata da tutti noi
insieme.
Il
“Dr. Stephen Schneider”, con il suo “Climate Change Journal” , seguito dal “Dr.
Barry Commone”r, che” Ralph Nade”r ha definito "il più grande
ambientalista" del ventesimo secolo, sono stati, tra molti altri, grandi sostenitori dell'impedimento
del disastro climatico.
Con
loro, siamo passati dalla glaciazione planetaria all'assottigliamento
dell'ozono, alle piogge acide, all'innalzamento del livello del mare e allo
scioglimento delle nevi eterne.
Poi
c'erano le teorie sul riscaldamento globale di” Michael Mann”, un climatologo
canaglia di fama internazionale, membro dell'InterGovernmental Panel on
Climate Change” (IPCC), una costola delle Nazioni Unite (ONU).
Il suo
grafico a bastone da hockey, pubblicato per la prima volta nel 1998 sulla
rivista scientifica Nature,è stato il protagonista del rapporto sul clima delle Nazioni
Unite [2001],
che ha
portato a una massiccia mobilitazione di attivisti ambientali determinati a
combattere per salvare il pianeta.
Secondo
un grafico, la temperatura atmosferica dell'Europa – dove l'uso degli
idrocarburi è iniziato durante la rivoluzione industriale – è aumentata
vertiginosamente dopo più di mille anni di stabilità.
Secondo
“Mann, questo improvviso e senza precedenti aumento della temperatura potrebbe
essere dovuto solo all'attività umana, in particolare alla produzione di “CO 2”,
quella molecola "climatocida" che la giovane attivista ambientale “Greta
Thunberg” sostiene di vedere a occhio nudo.
(…è davvero allucinante che la” CO2,”
pur essendo un gas più pesante dell’ aria atmosferica , possa svolazzare nell’alto dei cieli! N.D.R).
Le
tesi di “Michael Mann” sono state poi rese popolari nel famoso documentario sul
riscaldamento globale, “Una scomoda verità”.
Questo
film di propaganda "guerrafondaio" è valso ad “Al Gore” e all' “IPCC
un premio Nobel nel 2006.
Sulla base dei modelli computerizzati del team
di “Michael Mann”, “Al Gore” predisse un'imminente catastrofe di proporzioni
bibliche.
Ha
anche predetto che sarebbe stata la fine dell'umanità se non avessimo istituito
un governo mondiale entro 10 anni – sarebbe stato nel 2016 – per combattere
questo flagello senza precedenti.
Al
Gore non è ebreo, ma sua figlia è sposata con l'erede della fortuna bancaria
internazionale di “Jacob Schiff”.
Un
rappresentante dell'impero finanziario dei Rothschild che contribuì a
finanziare la rivoluzione bolscevica.
David
Guggenheim, il regista del film,” Jeffrey Skoll”, il produttore esecutivo e
tutti gli altri produttori, invece, sono tutti ebrei.
La
stessa “Greta Thunberg” è la pronipote del famoso banchiere” Lionel Walter
Rothschild”, figlio del primo barone Rothschild.
Lo
yacht da 4 milioni di euro su cui Greta si è recata negli Stati Uniti per
tenere il suo famoso discorso alle Nazioni Unite apparteneva alla famiglia
Rothschild prima di essere venduto a un altro miliardario ebreo coinvolto nella
bufala del clima.
Anche “Luisa-Marie
Neubauer”, allenatrice di “Greta Thunberg,” è imparentata con il fondatore
della dinastia Rothschild, “Mayer Amschel Bauer”, che cambiò il suo cognome in “Rothschild”
dopo essere tornato a Francoforte per rilevare l'attività del padre.
Il "lavoro" di “Luisa Neubauer “è
"attivista per il clima", ed è una volontaria per la campagna “One
Foundation” fondata da “Bono e Bill Gates”, che ha anche legami con lo
speculatore azionario ebreo e predatore “George Soros”.
“Klaus
Schwab”, fondatore e direttore esecutivo del “World Economic Forum”,
“l’epicentro del male nel nostro mondo oggi” è forse ebreo.
Lo
stesso vale per il nuovo zar delle frodi climatiche, “John Kerry”, in parte
ebreo, così come sua figlia, la dottoressa “Vanessa Kerry”.
E non
dimentichiamo l’oligarca ebreo francese” Jacques Attali”, che promuove
costantemente il catastrofismo climatico come mezzo per raggiungere una governance globale
attraverso la paura:
La
storia ci insegna che l'uomo evolve in modo significativo solo quando ha
veramente paura:
allora mette in piedi prima dei meccanismi di
difesa; a volte intollerabili (capri espiatori e totalitarismi);
a volte inutile (distrazione); talvolta
efficaci (terapeutiche che, se necessario, mettono da parte tutti i principi
morali precedenti).
Poi,
una volta superata la crisi, trasforma questi meccanismi per renderli
compatibili con la libertà individuale e parte di una politica sanitaria
democratica.
Il “Bernie
Madoff” della bufala climatica.
C’era
un pesce più grande dietro la bufala del clima e dietro gli ebrei sopra
elencati.
La mente era un socialista fabiano canadese,
il defunto “Maurice Strong”, che si pensa fosse ebreo anche se non è mai stato
dimostrato.
Secondo
il giornalista “John Izzard”, “Strong” è stato “l’uomo che, più di ogni altro,
ha ridefinito il gas traccia come buono pasto per decine di migliaia di
funzionari del clima – le stesse persone i cui eredi dalle dita leggere” stanno
ancora oggi spingendo il cambiamento climatico, per burlare.
In
nome dell’egualitarismo, “Strong” ha utilizzato l’ecologia e la “scienza del
clima” presumibilmente per arricchire i poveri a scapito dei ricchi.
I suoi strumenti sono stati il “Programma
ambientale delle Nazioni Unite” e il “Gruppo intergovernativo sui cambiamenti
climatici” (IPCC).
Ma la
strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, i frutti dei suoi sforzi
e le politiche che hanno generato, come la follia delle turbine eoliche, la
trovata della tassa sul carbonio e la truffa del gas sterco di vacca, stanno
danneggiando i poveri e la classe media in ogni paese del mondo, ossia il mondo
attraverso l’aumento dei costi alimentari ed energetici.
Fortunatamente
per il 99%, nel 2005, “l’uomo più potente nel tentativo di salvare l’umanità”,
scrive”J. Izzard “con deliziosa ironia, “con la continua promozione della
teoria dei gas serra indotti dall’uomo fu colto con le mani nella cassa”.
Aveva girato un assegno di 988.885 dollari
intestato a suo nome da un uomo d'affari sudcoreano, “Tongsun Park”, che fu
condannato nel 2006 da un tribunale federale degli Stati Uniti per aver
cospirato per corrompere funzionari delle Nazioni Unite
“Strong”,
il Bernie Madoff del cambiamento climatico che ha dovuto dimettersi da tutte le
sue funzioni all’ONU, è fuggito da ladro quale era in Canada e poi in Cina dove
viveva la sorella comunista.
Il
dottor canadese Tim Ball.
È
stato il defunto dottor Tim Ball, uno scienziato climatico canadese, a far
uscire il gatto dal sacco.
Grazie
a questo impavido scienziato, molte persone sono riuscite a vedere oltre la
bufala del clima.
Per
produrre la famosa curva dell’hockey che ignora l’ottimo medievale, “MANN” e il
suo collega truffatore “Jacoby” “si sono dimenticati” di prendere in
considerazione i dati che non confermavano l’esplosione climatica.
Fortunatamente
gli archivi sono venuti alla luce e la frode è stata smascherata:
dieci siti di osservazione sono stati
mantenuti e 26 nascosti.
Nel
“processo scientifico del secolo”, il” Dr. Ball” ha vinto una sentenza
multimilionaria contro il “truffatore climatico delle Nazioni Unite “Dr.”
Michael E. Mann”.
L’”errore”
della CO2 è la radice della più grande truffa della storia del mondo, e ha già
sottratto trilioni di dollari a nazioni e cittadini, arricchendo notevolmente i
responsabili.
Alla fine, il loro obiettivo è la tecnocrazia
globale (nota anche come sviluppo sostenibile), che afferra e sequestra tutte
le risorse del mondo nella fiducia collettiva per essere gestite da loro.
Notizie
e tendenze sulla tecnocrazia, 13 settembre 2018.
Il
merito è tutto del “dottor Ball”, perché la causa per diffamazione intentata
contro di lui dal truffatore Michael Mann ha avuto un esito incerto.
“Mann”
è stato moralmente sostenuto da un gran numero di funzionari del clima corrotti
quanto lui;
inoltre
è stato sostenuto finanziariamente non solo dalle “Nazioni Unite”, ma dalla”
Fondazione Suzuki”, un'organizzazione essa stessa finanziata da grandi aziende
e fondazioni come la “Fondazione Rockefeller], un membro influente della “Fabian
Society”.
La curva
ricostituita con i dati mancanti.
Non esiste un grafico tipo mazza da hockey.
Il
periodo caldo medievale era nascosto al pubblico.
Coloro
che regnano supremi.
La
Fabian Society, fondata da due ebrei tedeschi,” Beatrice e Sydney Webb”, all'anagrafe
Weber, una delle miriadi di organizzazioni simili - il cui obiettivo dichiarato
è ricreare il Giardino dell'Eden - annovera tra i suoi membri le persone più
ricche del mondo e le loro numerose emanazioni, procuratori e golem.
Gli
oligarchi di questa plutocrazia non sono tutti Fabiani nella debita forma, ma
questa cabala anglo-americana guidata da ebrei, ovvero la “comunità
internazionale”, che “Alexander Dugin” ha recentemente etichettato “il fenomeno più disgustoso della
storia mondiale”.
È
tutto per un governo mondiale (mondo unipolare) e per il capitalismo
neoliberale, un tipo orwelliano di capitalismo “inclusivo” definito dallo
sfruttamento moralmente illimitato di beni, persone, animali, servizi e
capitali sotto il manto della democrazia, dell’umanesimo, della filantropia,
della bontà e amore.
L'obiettivo
finale di questi lupi travestiti da pecore che nascondono la loro malvagità
nella bontà è davvero quello di ricreare un Giardino dell'Eden, ma solo per sé
stessi.
Vogliono “possedere tutto e controllare
l’intera popolazione globale attraverso una combinazione di disastri sotto
falsa bandiera, tecnologie di ingegneria sociale, politiche di sviluppo “verde”
e “sostenibile”, un sistema alimentare rinnovato di loro creazione e misure di
biosicurezza globale”.
Citazione
completa di ”Dugin”.
Cosa
significa per la Russia separarsi dall’Occidente? È la salvezza.
L’Occidente
moderno – dove trionfano i Rothschild, Soros, Bill Gates e Zuckerberg – è il
fenomeno più disgustoso della storia mondiale.
Non è
più l'Occidente della cultura mediterranea greco-romana, né il Medioevo
cristiano, né il XX secolo violento e contradditorio.
È il
cimitero dei rifiuti tossici della civiltà, è l’anti civilizzazione.
Sebbene
i sionisti siano senza dubbio al timone del progetto del “Nuovo Ordine Mondiale”,
come dice il defunto giornalista investigativo” Michael Collins Piper”,
non
hanno il controllo completo del meccanismo del potere nel nostro mondo oggi.
Tuttavia,
il loro livello di influenza è così consistente, soprattutto in Occidente, che
possono, in un certo senso, essere definiti il fulcro su cui poggiano gli
equilibri del potere moderno:
ogni
giorno lavorano incessantemente per garantire che nel mondo Alla fine
raggiungono il potere assoluto.
Il “progetto
di governo mondiale nella sua forma attuale” è anche, all’origine, un progetto
anglo-americano promosso da una parte dell’Atlantico da “Cecil John Rhodes” e
dai suoi soci, tra cui “Lord Milner”, e dall’altra parte dell’Atlantico da
famiglie pioniere dei ricchissimi protestanti bianchi anglosassoni guidati dai “banchieri
JP Morgan, Andrew Carnegie e dai Rockefeller.
Secondo
il giornalista sudafricano” Ian Benson”, quando questa élite finanziaria
essenzialmente non ebraica perse la sua posizione ai vertici del capitalismo
finanziario internazionale, non fu spazzata via, ma assorbita in una
costellazione di poteri finanziari ebraici che non poteva più controllare, ma
con il quale aveva forti affinità;
entrambi
leggevano l’Antico Testamento ed entrambi si consideravano il “popolo eletto”.
Arma
del denaro, dei media e della scienza.
Con il
denaro come arma, questi psicopatici possono comprare chiunque e qualsiasi cosa;
impoverire qualsiasi paese attraverso l'usura
e il debito;
corrompere,
rovinare, censurare, perseguitare, persino assassinare o “droneare” coloro che
si frappongono sulla loro strada.
I
banchieri del Nuovo Ordine Mondiale non si fermeranno davanti a nulla pur di
realizzare i loro piani distruggendo tutto ciò che ostacola le loro ambizioni
egemoniche.
Per
raggiungere i propri obiettivi, questa plutocrazia che rende senza voce il 99%
nella gestione dei propri governi, ha anche costruito una formidabile macchina
per il lavaggio del cervello che si diffonde a tutte le ore del giorno e della
notte, in tutto il mondo, in tutti gli strati sociali, in tutti tipi di doppi
discorsi, false accuse e false informazioni su eventi storici, atrocità, crisi
demografiche, crisi climatiche e pandemie.
Gran parte di questa realtà creata dai media è
falsa e ingannevole. Questi imbrogli hanno l’unica funzione di umiliare il
gregge e costringerlo a seguire la linea, secondo un metodo chiaramente
descritto da “Noam Chomsky” nel suo libro “The Manufacture of Consent” .
Con
tutte le principali agenzie di informazione e i media in tasca, è facile per
loro nascondere tutto ciò che è dannoso per i loro interessi, come la massiccia
frode elettorale perpetrata contro Trump durante le elezioni del 3 novembre
2020.
Il
sottosegretario generale, ebreo delle Nazioni Unite per le comunicazioni globali, “Melissa
Fleming”, ha ammesso in una discussione al “World Economic Forum “tenutosi
nell'ottobre 2022, che l'istituzione globalista ha collaborato con le
piattaforme Big Tech, come Google di proprietà ebraica, al fine di controllare
la ricerca risultati su argomenti come il cambiamento climatico e la pandemia
di COVID.
La
narrativa dell’establishment è quindi quella predominante, mentre le
informazioni e i dati contrari all’agenda climatica delle Nazioni Unite, ad
esempio, vengono soppressi.
“Fleming”
ha continuato affermando che le “Nazioni Unite “hanno il controllo della
scienza:
“Possediamo la scienza e pensiamo che il mondo
dovrebbe saperlo, e anche le piattaforme stesse lo sanno”.
“Possedendo
la scienza”, possono infatti sostenere una narrazione anche se è falsa mentre
secondo il metodo scientifico dovrebbero abbandonarla se i dati non la
supportano.
Questa
aperta ammissione non fa altro che riconfermare ciò che i “teorici della
cospirazione” dicono da anni:
le grandi aziende tecnologiche come Google,
YouTube e Facebook di proprietà ebraica, i governi, i media mainstream e le
istituzioni globaliste come il” World Economic Forum di Davos”, l’ONU e le sue
emanazioni, come il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici e
l’Organizzazione mondiale della sanità, stanno collaborando attivamente per
censurare dati e opinioni dissenzienti come mezzo per mantenere il pubblico il
più all’oscuro possibile della verità.
Invece
di “verificare i fatti” o combattere la “disinformazione”, gli sforzi
globalisti mirano esclusivamente a elevare la propria propaganda come mezzo per
acquisire maggiore autorità sulla società.
Le
leggi sulle emissioni di carbonio associate all’“Agenda 2030” delle “Nazioni
Unite” conferiscono ai governi un potere immenso e invadente sull’industria,
sulla proprietà privata e sulle libertà individuali.
È logico che le “Nazioni Unite”(super corrotte!N.D.R) cerchino di combattere qualsiasi
fonte di informazione che contraddica l’attuazione di tali leggi;
hanno tutto da guadagnare impedendo al
pubblico di visualizzare tutte le informazioni e di prendere da solo una
decisione informata.
Il
pubblico, tagliato fuori dalla realtà, non è più in grado di esprimere giudizi
informati su nulla.
I
potenti non vogliono che pensino con la loro testa.
È
ancora, in altre parole, tirannia stalinista, ma più sofisticata grazie alla
tecnologia.
Oggi
non sei più rinchiuso in un gulag per metterti fuori combattimento, sei
semplicemente ignorato dal silenzio dinamico e dalla censura totale.
Alla
fine, il
nemico comune contro il quale dobbiamo unirci per salvare l’umanità non è né il cambiamento climatico, né
la follia delle turbine eoliche, né la trovata della carbon tax, né la truffa
del gas sterco di vacca, ma una piccola cricca di miscredenti determinati a soddisfare
la propria avidità e brama di potere sotto il controllo di la maschera
delle buone intenzioni e dei sentimenti indipendentemente dalle conseguenze
sulle popolazioni del mondo.
Con il”
genocidio di Gaza”, la” bufala climatica” è senza dubbio una delle cose più
disgustose della recente storia mondiale.
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