Corruzione e conflitto di interessi nel governo europeo.

 

Corruzione e conflitto di interessi nel governo europeo.

 

 

 

Conflitto di interessi, corruzione,

abuso di potere: gli scandali

del parlamento europeo.

Irpimedia.irpi.eu – (31.01.24) - Raffaele Angius - Beatrice Cambarau - Simone Olivelli – ci dicono:

 

Un’inchiesta coordinata da “Follow The Money”, con “Irpi Media “e numerosi media partner, rivela l’estensione degli scandali che coinvolgono centinaia di parlamentari europei.

È passato poco più di un anno dall’operazione della polizia belga che, il 9 dicembre del 2022, ha tratto in arresto la vicepresidente del Parlamento europeo, la greca” Eva Kaili”, insieme al compagno italiano “Francesco Giorgi” e l’ex parlamentare europeo “Antonio Panzeri”, di cui “Giorgi” era collaboratore.

L’accusa a vario titolo è di aver ricevuto denaro dal “Qatar” e dal “Marocco” in cambio di politiche compiacenti e lobbismo favorevole ai due Paesi arabi.

In più di una dozzina di perquisizioni la polizia ha trovato quasi 900.000 euro in contanti – di cui circa 720.000 in banconote da 50 euro, nascosti in una valigia piena di biberon e pannolini appartenenti alla figlia di 21 mesi di “Kaili”.

A oggi l’indagine è ancora in corso.

Sebbene gli imputati neghino qualsiasi responsabilità personale, la catena di sequestri ha rappresentato uno spartiacque nel modo in cui sono percepite le istituzioni di Bruxelles:

 è un caso isolato, ci si potrebbe chiedere, o la punta dell’iceberg di un sistema politico troppo distante dalle persone che pretende di rappresentare?

 

L’INCHIESTA IN BREVE.

Il prossimo giugno si terranno le elezioni per eleggere la composizione del nuovo Parlamento europeo:

 il primo dallo scoppio del caso “Qatargate”, che ha messo in grave crisi la percezione d’integrità delle istituzioni comunitarie.

In vista di questo appuntamento, “Follow the Money”, “Irpi Medi”a e giornalisti di tutta Europa, hanno analizzato la copertura mediatica degli ultimi dieci anni per esaminare l’integrità del Parlamento europeo uscente.

Questa indagine dimostra che il “Qatargate” non è un incidente isolato, ma la punta di un iceberg di condotte discutibili e illecite che minano la credibilità e l’efficacia dell’intero “sistema Europa”.

Almeno 253 vicende hanno fatto notizia a livello locale o internazionale e riguardano 163 degli attuali 704 legislatori dell’Ue.

 Comportamenti inappropriati, corruzione e scandali legati a frodi o furti hanno macchiato le loro carriere il più delle volte.

In totale, 23 rappresentanti hanno perso cause legali.

Secondo “Nick Aiossa”, direttore di “Transparency International Ue”, anche questa cifra è probabilmente solo la punta dell’iceberg.

Con questa inchiesta ha inizio il lavoro di monitoraggio di “Irpi Media” in vista delle prossime elezioni europee, accorpate dal governo alla tornata di consultazioni amministrative, che si terranno a giugno.

Per trovare una risposta, il consorzio “Follow The Money” ha avviato un’indagine transnazionale coinvolgendo trentasei giornalisti da venti Paesi diversi – “Irpi Media” per l’Italia – per misurare l’integrità delle istituzioni europee attraverso la ricerca di qualsiasi scheletro negli armadi dei rappresentanti che siedono nel più alto emiciclo comunitario.

Quante macchie nascondono i membri del Parlamento (Mep)?

 Quali gruppi politici ospitano il maggior numero di trasgressori e qual è il comportamento scorretto più ricorrente?

 

LA METODOLOGIA DI RICERCA.

Il lavoro di ricerca dei giornalisti ha permesso di identificare ben 253 episodi in cui i Parlamentari europei sono stati coinvolti in scandali, indagini o accuse di gravità variabile, sia a livello locale sia internazionale.

Questi scandali riguardano un totale di 163 membri attuali del Parlamento europeo – un quarto dei 704 legislatori.

 Il 3% di loro (23 persone), ha subito una condanna o è stato multato in seguito all’accertamento di illeciti e reati.

Questo dato si estende a tutta l’Ue:

in quasi tutti i Paesi comunitari c’è almeno uno o più legislatori coinvolti in comportamenti discutibili o del tutto illegali, sebbene la gravità dei singoli episodi possa variare molto.

 

Prendiamo ad esempio il caso relativamente minore dell’eurodeputato estone ”Jack Madison”, che ha pagato una multa di 100 euro per aver rivenduto uno smartphone trovato a bordo del traghetto sul quale lavorava, anziché denunciarlo alle autorità competenti.

Oppure l’europarlamentare tedesco “Gunnar Beck”, uno dei due vicepresidenti del gruppo di destra” Identità e Democrazia Europea,” multato per essersi attribuito impropriamente il titolo di “professore” sulla scheda elettorale per le elezioni europee del 2019.

Episodi minori, appunto, se raffrontati ad altri nei quali il politico di turno è stato destinatario di condanne o addirittura rischia di finire in carcere.

È il caso di “Lara Comi”, europarlamentare di “Forza Italia”, che lo scorso ottobre è stata condannata da un giudice italiano quattro anni e due mesi di carcere per aver intascato 500 mila euro di denaro pubblico.

“Comi”, che è stata anche sottoposta a misure cautelari, ha annunciato ricorso ed è ancora in carica come legislatrice del Parlamento europeo.

 

Ma ancora, spiccano i guai dell’europarlamentare della Lega “Massimo Casanova”, titolare del celebre “Papeete”, dove ormai il leader, “Matteo Salvini”, ha stabilito il quartier generale estivo del partito.

Nel 2021 il Gip di Ravenna ha disposto, su richiesta della Procura, il sequestro preventivo di circa 500 mila euro sulle due società che gestiscono la discoteca e i bagni di Casanova.

 L’accusa è di evasione fiscale.

Anche in questo caso, il parlamentare proclama la sua innocenza e mantiene il suo scranno a Strasburgo.

 

Ma gli italiani sono in buona compagnia con i propri colleghi provenienti da altri Paesi, alcuni dei quali registrano una propensione ben più decisa dell’Italia nell’inviare a Strasburgo, sede del Parlamento europeo, rappresentanti invischiati in indagini e scandali.

Ultimo in ordine di tempo – e per questa ragione non incluso nel database di “Follow The Money” – riguarda la parlamentare lettone “Tatjana Ždanoka”, accusata dalla testata russa “The Insider” di essere in realtà una spia al soldo di Mosca nel cuore delle istituzioni europee.

Spicca poi il parlamentare greco di estrema destra “Ioannis Lagos”, condannato con l’accusa di essere a capo di “un’organizzazione criminale” a causa della sua partecipazione alla guida del partito greco di destra” Alba Dorata”.

Nonostante sia stato condannato a quasi 14 anni di carcere, è ancora attivo come legislatore dell’Unione europea, dalla sua cella in Grecia, dalla quale partecipa virtualmente alle commissioni parlamentari, scrive emendamenti e percepisce lo stipendio da parlamentare.

 

Armi spuntate.

L’Europa manca di strumenti efficaci per tutelare le sue stesse istituzioni.

Nonostante il Parlamento europeo sia in grado di emettere sanzioni e trattenere la paga dei “Mep” responsabili di violazioni gravi, le conseguenze politiche e reputazionali per i trasgressori non sembrano arrivare, sia perché spesso queste vicende passano in sordina e non arrivano alla conoscenza dei cittadini, sia perché lo status “internazionale” del Parlamento europeo ne limita la capacità di prendere misure drastiche.

Come nel caso di “Ioannis Lagos”, la gravità della condanna non permette comunque a Strasburgo di rimuovere un parlamentare, nemmeno quando questo sia in prigione.  

«Il mandato di un deputato al PE è un mandato nazionale e non può essere revocato da un’altra autorità», si legge nei documenti che regolano l’attività di Strasburgo:

 «Poiché i deputati al Parlamento europeo sono eletti in base alla legge elettorale nazionale, se sono giudicati colpevoli di un reato spetta alle autorità dello Stato membro decidere sull’eventuale decadenza del suo mandato».

In tal senso interviene, per quanto riguarda l’Italia, la legge Severino, grazie alla quale in caso di gravi condanne, può essere revocato il mandato di un deputato europeo.

Tuttavia non tutti i Paesi sono attrezzati con leggi di questo tipo, creando uno squilibrio di fatto nel diritto di ciascun Paese di mandare in Europa parlamentari più o meno integri.

A creare un bilanciamento dovrebbe essere in primis il quarto potere, quello dell’informazione, ma anche in questo caso le vicende che coinvolgono i parlamentari europei vengono eventualmente riportate nell’immediato, ma raramente si dà seguito alla “notizia” attraverso approfondimenti e pressione pubblica.

Questa disattenzione tradisce il ruolo del giornalismo come “guardiano” della democrazia, e a sua volta contribuisce a ritardare la formazione di una “coscienza europea”. 

Sia esso belga, italiano o greco, un parlamentare europeo rappresenta tutti i cittadini europei, non solo quelli del suo Paese di provenienza.

Pertanto dovrebbe essere un diritto di tutti quello di essere informati di notizie o crimini avvenuti tra chi occupa i banchi del parlamento.

A passare inosservati sono soprattutto i casi “minori”, che annoverano episodi di mobbing, molestie e altri comportamenti mortificanti nei confronti del prossimo.

 È quanto emerge dall’indagine di “Follow the Money”, che ha trovato più di 46 casi relativi a 37 legislatori finiti sulle prime pagine dei giornali per presunti comportamenti inadeguati.

 

A questo proposito il Parlamento incorpora conseguenze tiepide e formali, che possono portare a sanzioni comminate dallo stesso presidente dell’organo.

Una delle ultime, in ordine di tempo, è quella che ha colpito la parlamentare spagnola “Mónica Silvana González”, ritenuta responsabile di aver compiuto pressioni psicologiche indebite nei confronti di tre assistenti parlamentari.

Ma c’è anche un italiano tra i destinatari delle reprimende europee:

 è “Angelo Ciocca”, in quota Lega, che a novembre del 2019 è stato sanzionato «per il suo comportamento aggressivo e irrispettoso nei confronti dei suoi colleghi e del Parlamento» si legge in una nota della presidenza.

 La sanzione è stata il trattenimento di dieci giorni di indennità giornaliere e la temporanea sospensione dalla partecipazione di alcune attività del Parlamento, fatte salve quelle dove il “Mep” ha diritto di voto.

 

L’Italia di mezzo.

Nonostante si tenda spesso a considerare l’Italia un Paese poco serio quando si parla di tavoli internazionali, alla luce delle ricerche condotte da “Irpi Media” i rappresentanti nazionali costituiscono una piccola fetta dei casi di scandali tra Bruxelles e Strasburgo.

Su venticinque Paesi presi in considerazione, l’Italia è la diciassettesima per numero di rappresentanti coinvolti in scandali noti, rispetto al totale dei parlamentari.

Questi sono il 18,4% di tutti i “Mep” provenienti da sotto le Alpi, relativamente meno rispetto a quelli ad esempio del Belgio (28,5%), dell’Irlanda (38,4%) o dell’Ungheria – il Paese con più scandali in assoluto per numero di parlamentari – con il 61,9% delle ricorrenze.

Tuttavia, l’Italia rappresenta uno dei Paesi con il maggior numero di scandali in numeri assoluti, con 18 episodi registrati – che posiziona il Paese al quarto posto dopo Ungheria, Francia e Polonia con rispettivamente 21, 25 e 31 episodi segnalati.

«Quando si parla di corruzione e, più in generale, di atti inopportuni rispetto a quelli che ci si aspetterebbe da un rappresentante delle istituzioni, è importante sottolineare che da tempo esiste un grande dibattito tra quanti sostengono che nel nostro Paese la percezione della corruzione da parte dei cittadini sia estremamente più elevata rispetto a quella che i dati concreti – in termini di esercizio dell’azione penale e soprattutto di accertamento dei fatti in sede processuale – dicono»,

spiega a “Irpi Media” “Federico Anghelé”, direttore di “The Good Lobby”:

«Quello che possiamo dire con certezza è che in Italia la piccola corruzione, intesa come quell’insieme di atti che puntano a ottenere un vantaggio immediato da un pubblico ufficiale, non è così diffusa come si potrebbe pensare; resta però il grave problema dei cosiddetti scandali, che vedono coinvolti politici, funzionari e imprenditori».

Fenomeni in cui a emergere sono «reti di relazioni che si innestano in un sistema caratterizzato da opacità e clientelismo – prosegue l’esperto – ed è naturale che muoversi in un contesto in cui la trasparenza degli atti è ancora scarsa porta ad amplificare anche la percezione del problema».

 

PARLAMENTARI EUROPEI: GLI ITALIANI SANZIONATI.

Maggiori indicazioni sull’Italia possono essere evinte dalla distribuzione politica dei casi registrati da “Irpi Media”.

Su un totale di 18 episodi registrati e riguardanti i parlamentari italiani, sei coinvolgono “Forza Italia” e altrettanti “la Lega”, mentre cinque riguardano esponenti di “Fratelli d’Italia”

. Secondo i criteri adottati per l’analisi, solamente un episodio coinvolge il “Partito Democratico”:

è il caso di Andrea Cozzolino”, che ha scontato quattro mesi ai domiciliari sempre nell’ambito del “Qatargate”, dal quale si dichiara completamente estraneo.

 Successivamente rilasciato, anche lui attende notizie dell’inchiesta, che al momento non sembra aver fatto alcun passo avanti.

Corruzione: favoritismo e mazzette.

Circa 45 episodi catalogati dal consorzio giornalistico riguardano varie forme di corruzione, frode o appropriazione indebita.

 In particolare, 29 scandali identificano episodi di nepotismo e clientelismo.

Sono 16 invece gli episodi di corruzione vera e propria.

 

Naturalmente il caso più eclatante è quello del “Qatargate,” ma non è certo l’unico in cui i legislatori dell’Ue sono accusati di essersi appropriati in modo discutibile di ingenti somme di denaro.

Un esempio è quello di “Tamás Deutsch”, leader della delegazione parlamentare europea del “partito Fidesz” del primo ministro ungherese “Viktor Órban”.

Sebbene “Deutsch”, deputato al Parlamento europeo dal 2009, sia solito accusare le istituzioni europee di essere corrotte, sembra che la sua stessa famiglia abbia beneficiato in modo significativo della sua posizione da quando è salito al potere.

Circa dieci anni fa, dopo che lui e suo fratello hanno rilevato le organizzazioni associate al “club sportivo Mtk” in Ungheria, il medesimo ha iniziato a ricevere milioni di euro di fondi statali.

Di recente, lo stesso fratello, in qualità di amministratore delegato di una società pubblica originariamente incaricata di organizzare i Campionati mondiali di atletica leggera di Budapest del 2023, ha firmato a sua volta un contratto che assegnava un’ingente somma di fondi statali al club sportivo dell’eurodeputato.

 Deutsch respinge qualsiasi accusa di conflitto d’interessi o favoritismi.

 

Come in molti altri casi, l’episodio è interno al Paese di provenienza del parlamentare e non coinvolge le istituzioni europee.

 È questa una caratteristica per la quale tipicamente i cittadini comunitari non sono al corrente del passato dei politici comunitari.

In un caso simile, il parlamentare ed ex ministro bulgaro “Sergei Stanishev” è stato accusato di corruzione.

Quando si è candidato per la prima volta al Parlamento europeo nel 2014, una società di pubbliche relazioni guidata dalla moglie aveva vinto un contratto da 60 mila euro dal Parlamento per un progetto di promozione delle elezioni europee in Bulgaria.

«Questo sa di favori politici», fu il commento dei cristiano-democratici europei.

Sebbene la coppia e il Parlamento abbiano respinto le accuse, la moglie di Stanishev si è ritirata dal progetto e ha restituito l’anticipo di quasi 30.000 euro.

Anche il partito guidato dalla leader della destra francese “Marine Le Pen”, “Rassemblement National”, è coinvolto in diversi scandali, con cinque eurodeputati provenienti dalle sue fila sospettati di aver accettato viaggi di lusso in cambio di relazioni favorevoli allo svolgimento di elezioni in regimi autoritari dal 2021, in questo caso nella “Crimea” annessa alla Russia e in “Kazakistan”.

 

Frodi e furti di risorse.

L’analisi ha portato alla luce anche 44 scandali legati a frodi e furti di risorse.

 Considerando gli alti stipendi e le indennità aggiuntive – gli eurodeputati guadagnano circa 8mila euro al mese al netto delle tasse e possono richiedere quasi 5mila euro di spese generali – la posta in gioco è alta.

 

Nick Aiossa”, direttore di “Transparency International Eu”, ha affermato che il sistema di indennità dei deputati per le spese generali – che ammonta a più di 40 milioni di euro in totale all’anno per gli oltre 700 legislatori – potrebbe facilmente innescare abusi.

 

«Si tratta di 40 milioni di euro all’anno senza controllo finanziario, senza gestione», ha detto.

 «Sfortunatamente, il semplice armeggiare con le indennità e le spese è uno dei passatempi preferiti di molti eurodeputati di molti partiti».

Ha anche notato una «enorme pressione» da parte di alcuni partiti politici per utilizzare questi lucrosi benefici extra «per ripagare i partiti che li hanno fatti eleggere».

«Di solito esistono degli accordi», ha detto, spiegando che spesso gli eurodeputati usano le loro indennità generali per sovvenzionare gli uffici dei loro partiti nazionali nei loro Paesi d’origine.

Uno dei casi più eclatanti di utilizzo di fondi europei per finanziare attività di partito in patria riguarda quattro eurodeputati, sempre del Rassemblement National (affiliato al gruppo Identità e Democrazia), partito di estrema destra francese.

Sono coinvolti in una vasta vicenda di assunzioni fittizie di assistenti parlamentari, venuta alla luce otto anni fa in seguito a una relazione del Parlamento.

 Il caso dovrebbe essere giudicato dal tribunale penale francese a novembre.

La vicenda è costata all’istituzione europea circa 6,8 milioni di euro:

il Parlamento ha infatti pagato assistenti che in realtà lavoravano per il partito francese e non per il gruppo europeo.

Il Parlamento è riuscito a recuperare solo una parte di questa somma.

Ma la colpa non è solo dei singoli legislatori disonesti.

Secondo “Aiossa”, la colpa è anche di un Parlamento negligente nell’affrontare l’abuso di indennità.

«Penso che ci siano più casi», ha detto a proposito dei risultati di questa indagine.

«Penso che ci siano molte informazioni, ma non disponibili pubblicamente, sui parlamentari europei che non sono alla luce del sole».

 

Ciò è dovuto a una cultura problematica all’interno del Parlamento, ha affermato l’attivista anti-corruzione, soprattutto per quanto riguarda l’abuso delle indennità.

«Se si violano le regole, non si viene sanzionati.

 C’è una malsana propensione a considerare questi casi solo come un’irregolarità amministrativa finanziaria», ha detto.

«Quando i deputati spendono male i soldi, il Parlamento emette un avviso di recupero e chiede la restituzione del denaro. Non fanno il secondo passo: è stata una frode intenzionale?».

 

Ma c’è di più.

 Anche quando l’”OLAF”, l’organo europeo di vigilanza sulle frodi, indaga sul caso, le sue raccomandazioni non portano spesso alla condanna dei sospetti da parte dei pubblici ministeri.

Questo potrebbe spiegare perché, rispetto al totale degli scandali di corruzione, frode o furto, il numero di condanne penali da parte dei tribunali degli Stati membri sembra essere particolarmente basso.

«Il tasso medio di incriminazione secondo le raccomandazioni dell’”OLAF” per i procuratori dei 27 Stati membri si aggira intorno al 33% all’anno.

 Il che è tragicamente basso, dato che questi casi si basavano su mesi o anni di indagini», ha detto “Aiossa”.

Le indagini condotte da “OLAF “infatti, per ragioni di giurisdizione e perché l’Unione europea non è dotata di un sistema penale proprio, dovrebbero continuare nelle mani dei procuratori degli Stati membri coinvolti, ma solo un terzo di queste indagini vengono poi prese in considerazione dalle magistrature dei vari paesi europei.

Il che, secondo “Aiossa”, «dice molto sul sistema giudiziario di alcuni Stati Membri».

 

Nel frattempo, la manomissione delle indennità non è l’unica forma di frode.

Alcuni deputati spagnoli hanno cercato di evadere le tasse del loro Paese presentando il modulo fiscale in Belgio, dove l’aliquota fiscale è più bassa.

Il Tesoro spagnolo li ha sanzionati.

Alcuni di loro hanno impugnato la decisione dell’autorità in tribunale, dove hanno perso.

Tre di loro sono attuali legislatori spagnoli dell’Ue.

 

A uno degli eurodeputati più noti, il deputato polacco “Ryszard Czarnecki”, il Parlamento ha chiesto nel 2021 di restituire circa 100.000 euro di rimborsi spesi in viaggi.

Questo dopo che è stato scoperto che, ogni volta che guidava da Bruxelles alla Polonia, prolungava il viaggio sulla carta di 340 chilometri.

 Ha inoltre dichiarato di aver utilizzato auto non sue, una delle quali – come scoperto dall’agenzia antifrode OLAF – era stata rottamata 11 anni prima.

Il processo a carico di “Czarnecki” in un tribunale polacco è ancora in corso dopo quasi 4 anni.

 

Paesi diversi, differenti politiche.

Sebbene i dati mostrino differenze sostanziali – da zero in Portogallo a 31 in Polonia – ciò non fornisce un’indicazione di quanti illeciti si siano effettivamente verificati.

Ciò è dovuto a una serie di fattori.

 Ad esempio, l’interesse per i temi dell’Ue e il ruolo dei legislatori variano, portando a una copertura minore in alcuni Paesi rispetto ad altri, così come il numero di giornalisti (investigativi).

 In parte, anche perché l’efficacia – e l’indipendenza – delle magistrature è molto diversa da Paese a Paese.

 Ciò significa che alcuni tribunali potrebbero semplicemente archiviare dei casi che in altri Paesi avrebbero portato a condanne, oppure non avviare mai un’indagine.

Per quanto riguarda il numero di scandali relativi a specifici gruppi politici del Parlamento, il più problematico è quello dei membri non iscritti.

Uno su cinque scandali presenti nel database riguarda deputati indipendenti, ovvero non appartenenti ai gruppi politici in cui è diviso il parlamento europeo.

Secondo “Aiossa” questo potrebbe essere spiegato dal fatto che molti di loro, come “Kaili” e “Tarabella” dopo il “Qatargate”, sono stati estromessi dal proprio partito o gruppo dopo lo scoppio di uno scandalo.

 

I dati suggeriscono anche che gli eurodeputati di destra e conservatori sono coinvolti relativamente più spesso in scandali rispetto ai politici di centro-sinistra, liberali e verdi.

 In effetti, dai casi raccolti sembra che in alcuni partiti di estrema destra avere uno o due scandali legati al proprio nome non impedisca di ottenere un posto di rilievo nella lista per le prossime elezioni europee.

 

L’eurodeputato” Harald Vilimsky “del partito di estrema destra austriaco “FPÖ”, ad esempio, è stato in Parlamento per quasi un decennio nonostante le numerose preoccupazioni relative alla sua condotta o a quella del suo gruppo politico, come lo “Champagne-gate” che ruotava intorno alle spese elevate per beni di lusso.

Nel 2021, il Parlamento ha accettato la richiesta dei procuratori austriaci di revocare l’immunità a Vilimsky per il suo potenziale coinvolgimento nell’aiutare l’ex leader del partito, “Heinz-Christian Strache”, a far passare spese personali – come ristoranti, bollette telefoniche o acquisti online – come spese del partito.

Cionondimeno “Vilimsky” guiderà la lista dei candidati per conto del suo partito alle elezioni di giugno.

Ma questo non mette al riparo dalle responsabilità nemmeno i partiti più tradizionali.

 «Posso solo dire che ho visto scandali in tutto lo spettro politico», ha detto “Aiossa”.

(Raffaele Angius, Beatrice Cambarau, Simone Olivelli. Editing: Giulio Rubino)

 

 

 

INVALSI e PNRR: a Scuola Nasce

il Mostro Tecnocratico-Predittivo

che Segnerà il Futuro dei Nostri Figli.

Conoscenzealconfine.it – (2 Aprile 2024) - Elisabetta Frezza – ci dice:

 

Il “PNRR”, che vomita denaro a fiotti, ha inondato di dobloni anche l’“INVALSI” (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di istruzione e formazione), il quale se ne esce in grande spolvero col trucco rifatto.

Beninteso, è sempre il mostro di prima, ma tirato a lustro, e finalmente libero di esibire tutte le perverse potenzialità con cui era stato concepito nel lontano 1999.

Perché i tempi, ora, sono maturi.

Come per gli altri mille tentacoli dell’apparato – una giungla di sigle cacofoniche che sbucano da ogni dove – anche l’evoluzione dell’INVALSI serve l’obiettivo principe di completare il processo di smaterializzazione e disumanizzazione di tutto quanto su questa terra pulsi di vita.

 E il mondo della scuola è, per sua natura, un concentrato di vita:

per questo è urgente intrappolarlo nella prigione ermetica del digitale, neutralizzando tutto il suo contenuto di carne e di spirito.

L’INVALSI è uno strumento di valutazione, che opera attraverso la somministrazione di test standardizzati composti da quesiti a risposta chiusa o a risposta aperta univoca.

Inizialmente ce lo avevano venduto come strumento di valutazione delle scuole, e non degli studenti: l’analisi dei risultati su larga scala avrebbe permesso – ci era detto – di monitorare l’andamento generale del sistema scolastico.

Ci avevano altresì venduto le prove come non obbligatorie, e infatti qualcuno le schivava, infastidito da tutte quelle richieste di informazioni su status familiare, titoli di studio e professione dei genitori, numero di locali in casa, numero di auto possedute, di libri, eccetera eccetera.

Insomma, con la scusa di valutare le scuole, qualcuno intanto acquisiva una fotografia socio-economica delle famiglie, scattata dai figli.

Ci avevano assicurato che, comunque, tutto si svolgeva in regime di totale anonimato, non essendo possibile risalire in nessun modo dai codici alfanumerici all’identità dell’autore della prova.

 

Di fatto, l’INVALSI ha invaso le scuole e, grazie alla carica intimidatoria insita nella sua funzione, si è circondato di un’aura di sacralità, fino a convincere molti docenti a sperperare ore su ore di lezione ad allenare gli sventurati alunni con batterie di test a crocette, invece che insegnare la propria materia.

 Perché sì, accade anche questo: la didattica tarata sull’INVALSI.

Comunque, non tutti se l’erano bevuta.

C’era qualcosa che non tornava nel libretto di istruzioni dello strambo marchingegno.

 E infatti, un po’ alla volta, il mostro è sbocciato, secondo la sua natura. A un certo punto le prove Invalsi sono diventate propedeutiche agli esami di terza media e di maturità, cioè requisito necessario per l’ammissione, cioè obbligatorie.

Ma non è finita là.

 

Ora, il “decreto legge PNRR” stabilisce che i risultati delle prove Invalsi entreranno a fare parte del curriculum dello studente allegato al diploma finale di scuola superiore e contenuto nell’E-Portfolio cui si accede tramite la” piattaforma Unica”.

 Il mostro si è finalmente trasfigurato.

Conviene aprire una breve parentesi per spiegare a grandi linee cos’è “UNICA”.

 A proposito di mostri…

Ce la presentano come un sublime incrocio tra: una scatola nera (sic!), perché contiene e ricorda tutto ciò che uno studente ha fatto nel suo percorso scolastico;

 una piazza virtuale, a cui possono avere accesso docenti, famiglie, tutor, orientatori, e chi più ne ha più ne metta;

 e una bussola, che serve a capire dove andare.

O meglio: dove altri vogliono farti andare.

 

“UNICA è una piattaforma” nella quale vengono raccolti tutti i dati di tutti gli studenti italiani, e che promette di far dialogare gli studenti con le famiglie, il territorio, le imprese, le università, nonché di realizzare i quattro obiettivi fondamentali della scuola 4.0, che sono: orientamento, personalizzazione, digitalizzazione, semplificazione (le quattro parole d’ordine del ministro che sintetizzano la devastazione in programma).

“INVALSI stesso” suggerisce agli studenti di scaricare le certificazioni ottenute in italiano, matematica, inglese, “per arricchire il proprio curriculum o e-portfolio, evidenziare i livelli di competenze raggiunti sui social network o su altre piattaforme professionali, fornire una rappresentazione visiva delle proprie competenze su un sito web”; insomma, per farsi profilare al meglio, anche attraverso un “Open Badge” (ed ecco spuntare un altro mostro).

Dunque, come si diceva, con l’avvento del PNRR i risultati delle prove INVALSI, stabiliti insindacabilmente dagli algoritmi, entreranno a fare parte del curriculum dello studente contenuto nell’E-Portfolio che sta nella piattaforma Unica.

 Cioè, il curriculum si arricchirà di una specifica sezione dedicata ai livelli di apprendimento raggiunti nelle prove Invalsi per ciascuna disciplina.

 

L’inserimento dei risultati INVALSI nel curriculum dello studente consentirebbe – così ci è detto – oltre al riconoscimento delle competenze acquisite durante il percorso formativo, anche la valorizzazione delle eccellenze, ovvero di “premiare gli studenti che si sono distinti nelle diverse discipline, offrendo loro un vantaggio in vista di future attività formative e lavorative”.

Dal che risulta evidente come, nella “mens del legislatore”, i dati raccolti e immortalati nel profilo virtuale dello studente lungo il corso della sua storia personale sono tali da condizionarne le opportunità future.

 Vale a dire che sono in grado di rappresentare, nel bene e nel male, uno stigma indelebile.

 

Ciò significa che, all’esito di una specifica prestazione, localizzata nel tempo e nello spazio, viene ricondotta la etichettatura definitiva di un soggetto in via di formazione:

l’etichetta scolpita nella memoria delle banche dati gli resterà appiccicata addosso, facendo strame del suo potenziale di crescita e di maturazione, delle metamorfosi imprevedibili, delle salite e delle discese, delle cadute e dei miracoli che costellano la vita di ogni essere umano, soprattutto se in fase di crescita.

Le sorti dell’umano, insomma, le decide in anticipo la macchina valutando delle crocette sulla base di automatismi imponderabili, senza che all’umano sia possibile financo verificare ex post la correttezza del procedimento usato e del risultato ottenuto dalla macchina, e quindi senza alcuna possibilità di ripeterlo e di correggerlo, e nemmeno di ottenerne l’oblio.

È evidente dunque che, attraverso il PNRR e la sovrastruttura tecnologica che ad esso è legata, è stato portato a compimento un mastodontico piano di raccolta dati (non solo relativi al rendimento scolastico, ma anche al contesto sociale e culturale di appartenenza) e di schedatura capillare degli studenti italiani, affidata integralmente agli algoritmi e affrancata da qualsiasi interferenza umana.

Dal 2022, INVALSI ha introdotto un nuovo indicatore individuale per identificare gli studenti in condizione di fragilità, alla cui scuola di appartenenza saranno destinate risorse aggiuntive per attuare didattiche differenziate.

Si tratta di un bollino assegnato sempre algoritmicamente in base ai risultati dei test standardizzati, il quale, certificando il rischio di dispersione implicita o abbandono scolastico, permetterebbe di predisporre precocemente misure ad hoc, non si sa bene di che tipo.

 Ne ha scritto diffusamente” Rossella La tempa” su Roars:  e a lei si rimanda per un’analisi più approfondita del tema.

 

È chiaro che INVALSI, in questo modo, assume una funzione non più solo valutativa, ma anche predittiva, intestandosi un’operazione di schedatura di massa degli studenti supposti fragili.

 Lo ha confermato il suo presidente” Roberto Ricci”, nel maldestro tentativo di negare tutto:

 “Nessuna certificazione, nessuna etichettatura. L’idea è proprio quella di fornire indicatori che probabilisticamente individuano dei fragili.

Come dire: se ho determinate caratteristiche fisiche, sono esposto a determinati rischi, e mi controllerò per prevenirli. Un’altra lettura delle cose favorisce l’oscurantismo”.

 Commento che si commenta da solo.

Egli poi, sempre tentando di negarlo, ammette anche che i codici identificativi consentono di associare il valore dell’indicatore di fragilità alla scheda personale di ogni studente;

 e che il bollino viene loro appiccicato a totale insaputa delle famiglie. Un capolavoro assoluto di trasparenza e di democrazia, non c’è che dire.

Tutta la procedura si dispiega al riparo da ogni controllo esterno;

non è contestabile né riproducibile;

sono ignoti i criteri utilizzati per segnare la soglia di fragilità, tutto è secretato.

 I risultati, come dice “La tempa”, vanno accettati come puro atto di fede. Ipse (dove ipse è INVALSI) dixit.

Le parole della stessa Autorità Garante per la protezione dei dati personali (in un recente dibattito dal titolo: “Intelligenza artificiale: come proteggere i dati e come utilizzarli per la dispersione scolastica?”) rendono ragione della gravità di questo potenziamento dell’INVALSI con la ridefinizione dei test in senso predittivo. Di seguito alcuni stralci del suo discorsi.

 

Quando uniamo” IA e dati” la miscela diventa esplosiva.

 I dati sono di fatto proiezioni, frammenti dell’identità di una persona. Messi insieme rappresentano la persona.

 Il chi siamo nella dimensione digitale”.

E ancora:

“In una stagione in cui il tecnologicamente impossibile non esiste più e il tecnologicamente possibile è tutto, se cedo all’idea che quello che è tecnologicamente possibile e legittimo è democraticamente sostenibile, il risultato finale (…) è che il governo diventa della tecnologia.

 La tecnocrazia travolge la democrazia perché la vera regola la fissa la soluzione tecnologica (…) Rischiamo di consegnarci mani e piedi agli algoritmi e alla tecnologia (…) che esce dai laboratori di ricerca ormai sempre più nelle mani dei privati e quindi è sviluppata nel loro legittimo interesse”.

Il Garante ha fatto anche un esempio delle aberrazioni cui questo sistema può condurre:

“Pensiamo all’accesso abusivo a quell’informazione con il dato di” Paolo Rossi”, che per colpa di un algoritmo che ha messo in fila in maniera non corretta dei fattori si ritrova classificato come a rischio dispersione, poi quando quello proverà ad entrare in un’Università X o Y che cerca solo quelli bravi resterà fuori dalla porta;

 o quando ci sarà qualcuno che dovrà selezionarlo per un lavoro e avrà accesso ai dati dirà ma era addirittura ‘a rischio dispersione’ “.

 È solo un esempio, e nemmeno il più grave, nel “panopticon” che ci aspetta.

 

Per concludere:

attraverso una valutazione standardizzata che fuoriesce completamente dal controllo umano si pretende non soltanto di fotografare il presente, in termini di livello di apprendimento dello studente, ma anche di prevedere statisticamente i futuri possibili e di intervenire per modificarli;

si pretende, tecnicamente, di influenzare il futuro ingabbiando le vite in fiore dentro una prigione informatica dalla quale diventa impossibile evadere.

 

Come dice “Rossella La tempa”, “L’effetto immediato è quello di rendere presenti quei futuri selezionati come più probabili, non solo attraverso la classificazione individuale, la cui traccia sociale è imprevedibile, ma soprattutto per mezzo della catena di interventi attivati (progetti di potenziamento didattico, recupero…)”. In sostanza, dice sempre La tempa: “la valutazione automatizzata è un processo performativo, cioè coinvolto nella creazione della realtà che pretende di rappresentare. Il potere auto-rappresentante di una classificazione come quella di fragilità emessa dall’INVALSI non è paragonabile al giudizio umano di un insegnante, negoziabile e revisionabile.

Automatizzare le valutazioni significa naturalizzare le disuguaglianze e rafforzarle”.

Nell’incommensurabilità tra il giudizio umano, che implica una relazione interpersonale in divenire, e la tassonomia computerizzata, che sigilla una prestazione in un dato indelebile, risiede il nucleo di questa perversione.

Insomma, la mole imponente di dati raccolti dall’INVALSI per ciascuno studente lungo tutto il corso della sua carriera scolastica alimenta un database da cui trarre informazioni personali e premonizioni oracolari.

In pratica, un mostro cibernetico inafferrabile – programmato e reso onnipotente da frotte di “poveri nerd inconsapevoli” – traccia e pilota le biografie dei nostri figli, obbligati a viaggiare per la vita ciascuno con la propria scatola nera cucita addosso.

Non per nulla li chiamano “capitale umano”.

Non bisogna dimenticare, a margine, la contestuale stretta sul cosiddetto “orientamento”, il quale – sempre grazie al decreto PNRR – si avvia a grandi passi a diventare vincolante, ovvero sottratto alla volontà della famiglia (nel sito del MIM si legge: “si valorizza il consiglio di orientamento, rilasciato dalle istituzioni scolastiche agli alunni della classe terza della Scuola secondaria di I grado, demandando a un decreto del Ministro l’adozione di un modello unico nazionale di consiglio di orientamento, da integrare nell’E-Portfolio”.

Ecco a voi le meraviglie del progresso.

Chi in questi anni avvertiva qualche disagio nel prestare la prole ai rilevamenti statistici richiesti per il miglioramento della scuola, della specie, dell’ecosistema, del pianeta;

 chi magari pensava addirittura che l’INVALSI, in realtà, fosse una polpetta avvelenata a lento rilascio, beh, ora sa che aveva ragione.

Stavano preparando il pasto perpetuo per il “gigantesco Minotauro tecnocratico”.

Aspettiamo Teseo.

(Elisabetta Frezza)

(renovatio21.com/invalsi-e-pnrr-a-scuola-nasce-il-mostro-tecnocratico-predittivo-che-segnera-il-futuro-dei-nostri-figli/)

 

 

 

COMUNICAZIONE CONGIUNTA AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO

ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

sulla lotta contro la corruzione.

 

Eur-lex.europea.eu – Redazione – (3-5-2023) – Join(2023)12 Final – ci dice:

1.        INTRODUZIONE.

La corruzione è molto dannosa per la società, per le nostre democrazie, per l'economia e per i cittadini.

 Indebolisce le istituzioni a cui facciamo affidamento, riducendone la credibilità e la capacità di dar corso alle politiche pubbliche e a servizi pubblici di qualità.

Agisce da catalizzatore per la criminalità organizzata e le ingerenze straniere ostili.

Prevenire e combattere efficacemente la corruzione è fondamentale sia per salvaguardare i valori dell'UE e l'efficacia delle politiche dell'Unione, sia per preservare lo Stato di diritto e mantenere la fiducia nei confronti di governanti e istituzioni pubbliche.

La corruzione è un ostacolo alla crescita economica sostenibile che distrae risorse dai risultati produttivi, compromette l'efficienza della spesa pubblica e inasprisce le disuguaglianze sociali.

Ostacola il funzionamento efficace e regolare del mercato unico, crea incertezze nel fare impresa e frena gli investimenti.

 È per sua natura difficile da quantificare, ma anche le stime prudenti inducono a ritenere che costi all'economia dell'UE almeno 120 miliardi di EUR l'anno.

Gli effetti negativi della corruzione sono avvertiti in tutto il mondo, compromettendo gli sforzi volti a garantire il buon governo e la prosperità e a conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

 

La vigenza di politiche anticorruzione efficaci è uno degli elementi fondamentali del contesto favorevole necessario per preservare lo Stato di diritto, unitamente al rispetto dell'indipendenza della magistratura, alla libertà e al pluralismo dei media, alla trasparenza e all'elevata qualità della pubblica amministrazione e a una società civile libera e attiva.

Per tenere sotto controllo la corruzione è richiesto un impegno costante per la prevenzione, la preservazione di una cultura dell'integrità e l'applicazione attiva della normativa anticorruzione, compreso l'effettivo perseguimento dei reati di corruzione.

Questa linea trova riscontro anche nell'azione di contrasto della corruzione che l'UE conduce all'esterno poggiandosi sul sostegno allo Stato di diritto e alla gestione delle finanze pubbliche dei paesi partner.

 

Gli indici di corruzione a livello mondiale collocano molti Stati membri dell'UE tra i paesi considerati meno corrotti al mondo.

Tuttavia, come indicato anche nelle relazioni sullo Stato di diritto, le questioni da affrontare sono molte e la corruzione continua a destare preoccupazione in tutta l'UE, come dimostrato dai dati dell'Eurobarometro.

 Nel 2022 quasi sette europei su dieci (il 68 %) ritenevano che la corruzione fosse diffusa nel loro paese e solo il 31 % era del parere che l'impegno del proprio governo per combattere la corruzione fosse efficace.

Inoltre più della metà delle imprese aventi sede nell'UE (il 51 %) ritiene improbabile che nel loro paese le persone o le imprese corrotte siano intercettate o denunciate alla polizia o alla procura.

 

Nel discorso sullo stato dell'Unione del 2022 la presidente “von der Leyen” (ora (2024) sotto processo su denuncia di corruzione miliardaria sugli acquisti di vaccini contro virus Covid! La Procura europea vuol fare chiarezza sulle oscure procedure del vaccino Pfizer da parte della capa della UE. N.D.R.)

ha sottolineato la necessità di un'azione risoluta contro la corruzione. L'UE può svolgere un ruolo importante:

 non solo nel modo in cui gestisce il proprio lavoro, ma anche con iniziative continue per integrare misure volte a prevenire la corruzione nell'elaborazione delle proprie politiche e dei propri programmi e sostenendo attivamente il lavoro degli Stati membri volto a predisporre solide politiche e normative anticorruzione.

 

Oggi la Commissione ha adottato due proposte mirate a rafforzare il diritto dell'Unione in questo settore.

In primo luogo la Commissione propone una direttiva volta ad aggiornare e ad armonizzare le norme dell'UE in materia di definizione dei reati di corruzione e relative sanzioni, a garantire standard elevati nel contrastare l'intera varietà dei reati di corruzione, a prevenire meglio il fenomeno e a migliorare l'applicazione della normativa.

In secondo luogo l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, con il sostegno della Commissione, propone di integrare nello strumentario della politica estera e di sicurezza comune in tema di misure restrittive (sanzioni PESC) un regime di sanzioni PESC specifiche per combattere la corruzione laddove atti di corruzione ledano o rischino di ledere gravemente gli interessi fondamentali dell'Unione e gli obiettivi della PESC, come stabilito all'articolo 21 del trattato sull'Unione europea.

L'alto rappresentante presenta pertanto una proposta di decisione del Consiglio e, insieme alla Commissione, una proposta di regolamento del Consiglio relativo a un quadro tematico per le sanzioni PESC contro la corruzione, al fine di integrare le azioni di politica interna ed esterna condotte dall'Unione per contrastarla.

 

La Commissione intensificherà l'azione:

le proposte anticorruzione oggi presentate costituiscono una pietra miliare nella lotta contro la corruzione a livello nazionale e dell'UE.

La presente comunicazione illustra le modalità con cui questi elementi fondamentali accompagneranno uno sforzo più ampio volto a elaborare un approccio strategico globale e sistematico.

 Si dovranno far convergere i lavori esistenti ed elaborare nuovi orientamenti e strumenti a livello sia dell'UE che degli Stati membri, contribuendo anche a un chiaro impegno a combattere la corruzione a livello mondiale.

Il successo dipenderà da uno sforzo comune e continuo a livello di unione, nazionale, regionale e locale che coinvolga le autorità pubbliche, la società civile, il settore privato nonché le organizzazioni internazionali.

Ciò non solo sensibilizzerà la collettività sulle conseguenze della corruzione, ma infonderà anche ai cittadini e alle imprese la fiducia necessaria per farvi fronte.

 

2.        CHE COS'È LA CORRUZIONE.

La corruzione è comunemente definita come abuso del potere di cui si dispone per il proprio tornaconto.

Sebbene la natura e la portata della corruzione possano variare da un paese all'altro, nessun paese può proclamarsene esente.

Trattandosi di un problema globale con importanti implicazioni transfrontaliere, è oggetto di una specifica convenzione delle Nazioni Unite, la convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC).

La convenzione, unico strumento anticorruzione universale giuridicamente vincolante, definisce le varie manifestazioni della corruzione, comprendenti reati che vanno dalla piccola corruzione ai grandi scandali politici.

 L'UE e tutti gli Stati membri sono parti della convenzione.

 La lotta contro la corruzione ha rappresentato un tema importante anche per il Consiglio d'Europa, che ha elaborato strumenti come le convenzioni penale e civile sulla corruzione.

Inoltre l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) lavora a misure volte a prevenire la corruzione, stabilendo disposizioni giuridicamente vincolanti per configurare come reato la corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali.

 

Un sistema politico e istituzionale fondato sull'integrità, la trasparenza e la responsabilità nella vita pubblica rappresenta la migliore garanzia contro la corruzione.

Laddove vi sia una solida cultura del servizio pubblico e una remunerazione equa, i servizi pubblici risultano più resilienti nei confronti della corruzione.

 Tutte le autorità pubbliche devono difendersi dal rischio di corruzione. Sebbene la corruzione sia innanzitutto un reato e gli atti specifici in cui si esplica siano definiti nel diritto nazionale e internazionale, anche le lacune nell'integrità, i conflitti di interessi o le gravi violazioni delle norme etiche possono far ravvisare rischi in tal senso.

 Ecco il motivo per cui gli approcci anticorruzione efficaci si fondano spesso su misure volte a migliorare la trasparenza, l'etica e l'integrità, nonché a regolamentare ambiti quali il conflitto di interessi, l'attività di lobbying e il fenomeno delle porte girevoli.

Gli enti pubblici dovrebbero perseguire i più elevati standard di integrità, trasparenza e indipendenza quali elementi importanti della lotta contro la corruzione in senso lato.

La corruzione è parte integrante di quasi tutte le attività della criminalità organizzata, che per il 60 % la usa per infiltrarsi nel settore pubblico o privato.

La strategia dell'UE per l'Unione della sicurezza  e la strategia dell'UE per la lotta alla criminalità organizzata 2021-2025  hanno riconosciuto il collegamento e sottolineato il particolare rischio di corruzione in settori specifici, tra cui la sanità, i trasporti, l'edilizia, la gestione dei rifiuti, i settori aerospaziale e della difesa, l'agricoltura, l'alimentazione, il lavoro e la protezione sociale.

Una recente relazione dimostra come la corruzione sia il principale elemento che facilita l'infiltrazione nei porti e nelle catene logistiche, ove reti criminali cercano di allacciare reti di corruzione in molteplici sedi per agevolare la commissione di reati quali il traffico di stupefacenti.

 

In alcuni di questi ambiti anche la corruzione nel settore privato rappresenta un rischio significativo e costituisce un asse portante dell'azione, poiché le operazioni di corruzione tra privati incidono sull'intera catena di approvvigionamento, distorcono i mercati, compromettono la concorrenza e aumentano i costi per le imprese.

 Il fenomeno è oggetto di un vasto corpus di norme, di programmi in tema di dovere di diligenza e di conformità al diritto, nonché di strumenti più "morbidi", volti a promuovere una cultura generale dell'etica e dell'integrità nelle attività commerciali, favorendo il più ampio quadro anticorruzione a livello sia globale che dell'UE.

 

3.    IL QUADRO ANTICORRUZIONE DELL'UE.

Il contributo dell'UE nel prevenire, accertare e combattere la corruzione a tutti i livelli può fondarsi su un solido corpus di misure già in atto. Dovrebbe servire di base per il processo di sviluppo di una linea strategica più globale, che comprenda nuovi approcci e filoni di lavoro per essere all'altezza della sfida e tenere il passo con l'evoluzione dei rischi di corruzione.

Come riconosciuto nelle relazioni sullo Stato di diritto, un quadro anticorruzione strategico offre un'importante occasione di tradurre l'impegno e la visione politici in azioni concrete.

 Le strategie anticorruzione possono far sì che le singole lacune normative o istituzionali non siano corrette isolatamente e che le disposizioni anticorruzione siano integrate in tutti i settori politici pertinenti.

Ne consegue la necessità di una strategia anticorruzione dell'UE che, per essere efficace, dovrà poggiare su un consenso forte e su una consultazione ampia, in particolare con il Parlamento europeo e gli Stati membri.

Dovrà anche essere accompagnata da obiettivi specifici e misurabili, da un bilancio e da una dotazione di personale chiari e da responsabilità ben definite.

 

La preparazione delle prospettate riforme può trarre grande vantaggio dalla condivisione delle competenze e delle esperienze a livello dell'UE. Una prima fase del processo consisterà nell'istituzione di una rete dell'UE contro la corruzione.

Dal 2015 il programma dell'UE di condivisione delle esperienze anticorruzione offre agli operatori degli Stati membri che intervengono nella lotta contro la corruzione un consesso in cui possono trarre ispirazione e insegnamenti alla luce delle riforme legislative, istituzionali e politiche avviate in altri Stati membri.

Questo lavoro sarà ampliato e approfondito attraverso una rete che fungerà da catalizzatore per i lavori volti alla prevenzione della corruzione in tutta l'UE.

La rete sarà incaricata di elaborare le migliori prassi e orientamenti pratici in vari settori di comune interesse. Sosterrà una raccolta più sistematica di dati e prove che possano costituire una solida base per le azioni anticorruzione e per monitorarne il successo.

 La rete si baserà sull'esperienza di collaborazione, non solo con le autorità pubbliche e di contrasto, e riunirà tutti i portatori di interessi, compresi operatori del settore, esperti e ricercatori, così come i rappresentanti della società civile e delle organizzazioni internazionali.

 

3.1    La corruzione come reato.

L'UE dispone di norme penali per combattere la corruzione, ma sono frammentarie, obsolete e di portata limitata.

La principale normativa penale anticorruzione dell'UE consiste nella convenzione del 1997 relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea  e nella decisione quadro del Consiglio del 2003 relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato , entrambe anteriori al trattato di Lisbona ed integrate da strumenti più recenti, quali la direttiva relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale 16 ("direttiva TIF") e la proposta di direttiva relativa al recupero e alla confisca dei beni 17 .

 

La proposta di direttiva adottata contestualmente alla presente comunicazione stabilisce norme sulla definizione dei reati di corruzione e sulle relative sanzioni.

Amplia l'elenco dei reati al fine di includervi, oltre a quelli più classici, l'appropriazione indebita, il traffico d'influenza, l'abuso di ufficio e l'intralcio alla giustizia e l'arricchimento illecito legato ai reati di corruzione.

Stabilisce inoltre livelli coerenti di sanzioni, nonché le circostanze aggravanti e attenuanti.

Potrebbero configurarsi circostanze aggravanti quando, ad esempio, l'autore del reato detiene una carica pubblica di alto livello o è incaricato dell'applicazione della legge.

 Tra le circostanze attenuanti potrebbero figurare situazioni in cui l'autore del reato identifica altri autori o contribuisce ad assicurarli alla giustizia.

 Per la prima volta a livello dell'UE, la proposta fa convergere la corruzione nei settori pubblico e privato in un unico atto giuridico. Stabilisce inoltre chiari obblighi di monitoraggio e comunicazione per favorire l'applicazione della normativa.

L'azione contro la corruzione inizia con la prevenzione e con la creazione di una cultura dell'integrità in cui la corruzione non è tollerata.

 La direttiva proposta impone agli Stati membri di adottare provvedimenti quali campagne di informazione e sensibilizzazione, nonché programmi di ricerca e istruzione, e di incoraggiare la società civile e le organizzazioni delle comunità di base a partecipare a iniziative anticorruzione.

 Impone loro di predisporre strumenti di prevenzione fondamentali quali il libero accesso alle informazioni di interesse pubblico e norme efficaci sulla divulgazione e gestione dei conflitti di interessi nel settore pubblico, sulla dichiarazione e verifica della situazione patrimoniale dei funzionari pubblici e sull'interazione tra il settore privato e quello pubblico.

Offre una normativa coerente per combattere meglio la corruzione nell'UE e rafforzare il coordinamento delle azioni a livello nazionale e dell'Unione.

 

La proposta rafforzerà inoltre l'applicazione della normativa.

Le relazioni sullo Stato di diritto hanno dimostrato che sistemi giudiziari penali efficienti dotati di strumenti adeguati a combattere la corruzione sono fondamentali per mantenere standard elevati.

La direttiva faciliterà una lotta efficace contro la corruzione in tutta l'UE, prevedendo norme minime per contrastare la complessa rete di attività interconnesse che alimentano la corruzione nelle società odierne.

Tratterà i fattori cruciali per un'efficace attività anticorruzione, tra cui la capacità, la specializzazione e l'accesso ai necessari strumenti investigativi, così come gli ostacoli all'efficacia delle indagini e dei procedimenti penali, quali la macchinosità e l'opacità delle procedure di revoca delle immunità o l'eccessiva brevità dei termini di prescrizione per i reati di corruzione.

 

3.2    Integrare la lotta contro la corruzione nell'elaborazione delle politiche dell'UE.

 

La lotta contro la corruzione occupa un posto di rilievo nelle politiche interne ed esterne dell'UE.

Nella sua attività la Commissione ha sempre puntato a prevedere garanzie contro la corruzione, colmando le potenziali lacune, provvedendo a che la trasparenza e la chiarezza riducano gli spazi in cui la corruzione può prosperare e assicurando che le istituzioni e gli organi responsabili dell'attuazione delle politiche dell'UE a tutti i livelli soddisfino criteri elevati di indipendenza e integrità.

 Il coordinamento dei grandi attori dell'UE contribuisce sia a ridurre al minimo il rischio di corruzione lesiva delle politiche dell'UE sia a sostenere l'azione a livello nazionale e mondiale.

Le misure di esecuzione che garantiscono l'accertamento e la sanzione degli atti di corruzione costituiscono un deterrente efficace.

 Le politiche e i programmi dell'UE comprendono pertanto un'ampia varietà di misure atte non solo a scoraggiare e ad accertare i casi di corruzione, ma anche a rafforzare l'efficacia dell'azione volta a indagare su tali atti e a sanzionarli al loro verificarsi.

La direttiva proposta rafforzerà ulteriormente questo quadro.

 

Creare una cultura dell'integrità e della trasparenza.

 

Un sistema politico e istituzionale fondato sull'integrità, la trasparenza e la responsabilità nella vita pubblica rappresenta la migliore garanzia contro la corruzione.

Ecco il motivo per cui gli approcci anticorruzione efficaci si fondano spesso su misure volte a migliorare la trasparenza, l'etica e l'integrità, nonché a regolamentare ambiti quali il conflitto di interessi, l'attività di lobbying e il fenomeno delle porte girevoli.

L'esperienza acquisita anche attraverso le relazioni sullo Stato di diritto dimostra che, a livello sia nazionale che dell'UE, una risposta forte alla corruzione si fonda su sistemi atti a prevenire e ad affrontare i conflitti di interessi, istituendo registri delle lobby e per la trasparenza e predisponendo validi meccanismi per la dichiarazione e la verifica della situazione patrimoniale e degli interessi dei funzionari pubblici.

La trasparenza non è solo un elemento fondamentale della responsabilità politica, ma è anche determinante per costruire l'integrità.

Per eliminare le occasioni di corruzione è fondamentale un sistema basato sulla trasparenza del processo decisionale e della fase attuativa.

Anche le transazioni digitali e la pubblicazione di dati finanziari e di altro tipo da parte degli enti pubblici rendono più difficile la corruzione negli scambi.

Quadri etici solidi e chiari, con le strutture e le istituzioni necessarie per funzionare correttamente, sono strumenti potenti.

 Vi è anche un'importante dimensione internazionale:

nell'ambito della prossima iniziativa per la difesa della democrazia, la Commissione presenterà una normativa sulla trasparenza della rappresentanza di interessi stranieri, al fine di limitare il rischio di ingerenze occulte nei processi democratici a livello dell'UE e degli Stati membri.

 

Negli ultimi decenni sono state elaborate importanti norme in materia di integrità e lotta contro la corruzione in questi ambiti.

 Il funzionamento delle principali istituzioni e l'elaborazione di solidi quadri anticorruzione e per l'integrità hanno tratto grande beneficio dall'operato di organizzazioni quali il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), la Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa, l'OCSE e l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC).

Muovendo da queste norme, le politiche per l'integrità e le riforme politiche devono tuttavia essere adattate al contesto affinché possano essere efficaci.

 Le raccomandazioni contenute nella relazione sullo Stato di diritto mirano a sostenere gli Stati membri nell'approvazione di tali riforme rafforzando le norme sull'integrità, prevenendo i conflitti di interessi, migliorando la trasparenza delle attività di lobbying e regolamentando il fenomeno delle "porte girevoli" tra cariche pubbliche e private, e nell'applicazione delle relative norme e nello sviluppo di efficaci sistemi di dichiarazione della situazione patrimoniale e degli interessi.

 

Politiche di prevenzione per far fronte ai rischi di corruzione.

 

Come tutti i reati, la corruzione si nutre di opportunità.

L'elaborazione delle politiche dell'UE mira a ridurre il potenziale di corruzione individuando i rischi e creando gli strumenti necessari per farvi fronte.

Uno dei primi compiti della nuova rete dell'UE contro la corruzione sarà la mappatura dei settori comuni ad alto rischio entro il 2024. L'intervento, che sarà guidato dalla Commissione in stretta consultazione con gli Stati membri, costituirà una componente importante dello sviluppo delle future iniziative di unioni di lotta contro la corruzione.

 

L'intervento prospettato si fonderà sul lavoro già svolto in settori di rischio palese.

 Particolare attenzione è rivolta agli appalti pubblici, che rappresentano il 14 % del PIL degli Stati membri dell'UE.

 Un'importante riforma del 2014 ha rafforzato le garanzie sul conflitto di interessi, prevedendo l'esclusione obbligatoria degli offerenti qualora siano stati coinvolti in precedenti casi di corruzione.

Nell'UE gli appalti completamente elettronici sono obbligatori dal 2018 e si continua a lavorare alla creazione di una cultura della trasparenza che preveda la pubblicazione di tutti i contratti di appalto pubblico e l'obbligo degli Stati membri di segnalare i casi di corruzione legati agli appalti dell'UE.

Per eliminare le occasioni di corruzione è fondamentale organizzare gare pubbliche condotte da professionisti qualificati in un contesto di trasparenza.

La corruzione prospera laddove non può essere individuata o dimostrata.

Le pratiche di corruzione sono spesso associate alla frode, all'evasione e all'elusione fiscali.

Le norme sulla trasparenza nella normativa fiscale contribuiscono ad accertare tali pratiche.

Gli aggiornamenti delle norme sulla cooperazione amministrativa nel settore dell'imposizione diretta e sull'imposta sul valore aggiunto mirano a intensificare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, contribuendo a rilevare i casi di corruzione prima dell'avvio di indagini penali formali.

Un problema particolare che ostacola l'individuazione dei casi di corruzione è il ricorso a società di comodo e ad altri veicoli societari opachi e complessi al fine di occultare operazioni e l'identità dei titolari effettivi.

La direttiva antiriciclaggio dell'UE è stata periodicamente riveduta e rafforzata per introdurre registri obbligatori dei titolari effettivi delle società e di altri soggetti giuridici.

Tali registri contribuiscono a divulgare i conflitti di interessi, a denunciare la corruzione ad alto livello e a promuovere le indagini sui flussi illeciti di denaro.

La direttiva ha anche un importante valore di prevenzione, poiché impone ai soggetti obbligati del settore privato di condurre una più adeguata verifica della clientela nei casi in cui si siano individuati rischi più elevati, ad esempio in relazione a persone politicamente esposte.

La proposta relativa al pacchetto di misure antiriciclaggio del luglio 2021 rafforza ulteriormente il quadro dell'UE per difenderne l'integrità del sistema finanziario e il mercato interno.

 

Anche le iniziative volte a contrastare i rischi specifici della criminalità organizzata contribuiscono a limitare le occasioni di corruzione.

 Un esempio è dato dal traffico di beni culturali:

il piano d'azione dell'UE contro il traffico di beni culturali del dicembre 2022 offre all'UE e agli Stati membri un quadro globale per promuovere la prevenzione e l'accertamento di tale traffico e la relativa risposta della giustizia penale.

La prevenzione della corruzione fin dalla fase di progettazione richiede indipendenza e imparzialità da parte degli organismi nazionali istituiti in base al diritto dell'Unione, siano essi autorità nazionali garanti della concorrenza, organi di ricorso nel settore degli appalti pubblici oppure organismi preposti alla regolamentazione.

Ciò fa confluire il livello dell'UE e quello degli Stati membri in un'unica cultura della prevenzione e dell'integrità.

Ad esempio, la normativa sulla concorrenza stabilisce garanzie minime di indipendenza per le autorità nazionali che applicano le norme dell'UE sulla concorrenza. 

Tra queste figurano le norme sul conflitto di interessi e la tutela dal licenziamento ingiustificato.

La normativa sul mercato interno, che stabilisce norme per le autorità nazionali di regolamentazione e sicurezza in settori quali comunicazioni elettroniche, media, energia elettrica, gas, alimenti e mangimi, spazio ferroviario europeo unico e sicurezza ferroviaria, impone agli Stati membri di garantire che gli organismi interessati siano funzionalmente indipendenti ed esercitino i loro poteri in modo imparziale e trasparente.

 

Per un'azione efficace contro la corruzione sono fondamentali l'individuazione e la mappatura dei settori a rischio.

Le attività di corruzione, in costante evoluzione, si adattano alle nuove opportunità e le pratiche variano da uno Stato membro all'altro.

Nessun settore o ambito di attività è al sicuro dai rischi di corruzione, ma meritano particolare attenzione i settori comuni ad alto rischio, solitamente quelli che comportano la gestione di ingenti fondi pubblici o l'accesso a permessi o a servizi essenziali.

Sono quindi vulnerabili settori come la sanità, l'edilizia o l'urbanistica; inoltre improvvisi aumenti degli investimenti pubblici possono creare nuovi rischi legati alla corruzione.

Necessitano di un monitoraggio costante anche le aree a rischio di criminalità elevata, come i porti, che costituiscono focolai di tensione per i gruppi della criminalità organizzata che gestiscono il traffico di stupefacenti.

Tra gli esempi del modo in cui intervenire in settori emergenti figurano i programmi di soggiorno e cittadinanza per investitori (programmi relativi ai "visti d'oro" e ai "passaporti d'oro") da cui la Commissione ha messo in guardia poiché possono essere utilizzati per occultare reati finanziari, tra cui la corruzione attiva e passiva.

 La Commissione ritiene che i programmi di cittadinanza per investitori, nei quali è sistematicamente concessa la cittadinanza di uno Stato membro, e quindi dell'Unione, in cambio di pagamenti o investimenti d'importo prestabilito senza che esista un autentico legame con lo Stato membro che la concede, violino il diritto dell'Unione;

ha infatti adottato misure nei confronti degli Stati membri che offrono tali programmi.

 Lo sport è un altro esempio di settore individuato come ad alto rischio in tempi relativamente recenti, nel quale gruppi della criminalità organizzata vanno alla ricerca di profitti truccando incontri e gare mediante corruzione ed estorsione.

 

Accertamento dei casi di corruzione.

Sebbene la disponibilità di meccanismi di controllo interni ed esterni, il lavoro delle autorità del settore pubblico e la presenza di autorità di contrasto attive e dotate di risorse costituiscano i presupposti migliori per individuare i segnali di attività di corruzione, è la società nel suo complesso che deve svolgere un ruolo fondamentale nel portare alla luce il fenomeno.

Molti casi recenti di rilievo sono stati segnalati grazie alle persone che levano la loro voce contro le irregolarità nel contesto lavorativo.

 Il ruolo chiave dei segnalanti nella difesa dell'interesse pubblico è riconosciuto nella direttiva del 2019 sulla protezione degli informatori. Tale direttiva contribuisce alla lotta contro la corruzione in molti settori strategici fondamentali dell'UE, quali gli appalti pubblici, i servizi finanziari, la tutela degli interessi finanziari dell'UE, la protezione dell'ambiente, la sicurezza dei trasporti, la salute pubblica e la sicurezza nucleare.

Stabilisce norme efficaci di tutela dalle ritorsioni nei confronti degli informatori che segnalano attività illegali.

 Impone agli Stati membri di istituire chiari canali di segnalazione interna ed esterna in grado di garantire la riservatezza degli informatori sia nel settore pubblico che in quello privato nonché di dare riscontro e seguito alle segnalazioni.

 L'efficace attuazione della direttiva sulla protezione degli informatori è un passo fondamentale verso una rigorosa applicazione delle norme anticorruzione.

La direttiva proposta consentirebbe di compiere un ulteriore passo avanti estendendo la protezione alle persone che segnalano reati di corruzione.

Ciò incoraggerebbe le persone a segnalare i reati di corruzione senza temere ritorsioni e migliorerebbe l'efficacia delle indagini anticorruzione.

 

I giornalisti svolgono un ruolo particolarmente importante nella scoperta dei casi di corruzione.

Tuttavia molte imprese che operano nel settore dei mezzi di comunicazione e numerosi giornalisti sono sottoposti a vessazioni e ad altre minacce quando sollevano questioni di interesse pubblico e denunciano fenomeni di corruzione.

 La Commissione ha recentemente proposto misure volte a migliorarne la sicurezza e a tutelarli meglio dall'abuso del contenzioso.

La proposta di atto normativo europeo sulla libertà dei media del 2022 stabilisce disposizioni importanti a rafforzamento dell'indipendenza dei media.

Contro le ingerenze politiche nelle decisioni editoriali è necessario predisporre garanzie sotto forma di obblighi d'indipendenza, congruità e stabilità del finanziamento dei media del servizio pubblico e regole sulla trasparenza della proprietà dei media e l'assegnazione della pubblicità statale, così da consentire ai mezzi di informazione di svolgere meglio il loro importante ruolo sociale, anche in termini di vigilanza e denuncia dei casi di corruzione.

 La proposta stabilisce altresì misure volte a tutelare l'indipendenza dei direttori politici dei media e a divulgare i conflitti di interessi.

Il settore privato è un partner importante nella lotta contro la corruzione.

 Nel settore finanziario i soggetti privati hanno obblighi di dovere di diligenza che contribuiscono a proteggere il sistema finanziario dell'UE.

Necessitano di sostegno nei loro sforzi volti a individuare e a segnalare i casi di riciclaggio dei proventi della corruzione;

 il quadro antiriciclaggio dell'UE mira infatti a migliorare la comprensione dei rischi da parte dei soggetti del settore privato e a rafforzarne le capacità di individuazione e segnalazione.

A ciò si aggiungano le informazioni fornite dalle Unità di informazione finanziaria e dalle autorità di contrasto in merito alle tipologie di corruzione, alle tendenze e agli indicatori di rischio.

Per promuovere la cultura dell'integrità, la direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità del 2022 impone ai soggetti del settore privato che rientrano nel suo ambito applicazione l'obbligo di includere nelle relazioni sulla gestione informazioni riguardanti l'etica degli affari e la cultura aziendale, compresa la lotta contro la corruzione.

 

Un giro di vite alla corruzione.

Le indagini, il perseguimento dei reati e le sanzioni contro la corruzione rientrano in gran parte nelle competenze delle autorità di contrasto degli Stati membri.

 Il monitoraggio effettuato nell'ambito delle relazioni sullo Stato di diritto rivela la presenza di problemi nelle indagini, nel perseguimento dei reati e nel giudizio dei casi di corruzione;

la proposta di direttiva sulla lotta contro la corruzione mediante il diritto penale tratta invece di specifiche carenze.

La lotta contro la corruzione presuppone sistemi giudiziari indipendenti ed efficienti, dotati di mezzi finanziari sufficienti, di risorse umane adeguate e della possibilità di sfruttare appieno gli strumenti digitali, e in grado di applicare effettivamente e far rispettare la normativa anticorruzione all'insegna di un'attività investigativa e un'azione penale imparziali.

La vigenza di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per i casi di corruzione e le debite attività di recupero e confisca dei proventi dei reati di corruzione favoriscono la credibilità della magistratura e delle autorità di contrasto fungendo da deterrenti.

Intensificare la cooperazione tra il livello dell'UE e quello degli Stati membri può fornire una risposta più incisiva alla corruzione.

Norme armonizzate sui reati e sulle sanzioni, norme sulla cooperazione giudiziaria in materia penale basate sul principio del riconoscimento reciproco e l'operato di agenzie e organismi specializzati quali Eurojust, Europol, Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e Procura europea (EPPO) contribuiscono ad accertare, investigare e perseguire i casi di corruzione.

 

La Commissione ha adottato misure importanti volte a dotare gli Stati membri di strumenti migliori per privare i criminali delle ricchezze acquisite illecitamente, compresi i beni ottenuti con reati di corruzione. 

Il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento rende più rapidi e più semplici il congelamento e la confisca dei beni di origine illecita in tutta l'UE.

Più di recente, nel maggio 2022 la Commissione ha proposto una direttiva riguardante il recupero e la confisca dei beni volta a garantire che i profitti derivanti da attività criminali, compresa la corruzione, possano essere efficacemente tracciati, individuati, congelati, gestiti e confiscati.

 

Fra le altre norme dell'UE a sostegno delle attività di contrasto alla corruzione si annovera il pacchetto sulle prove elettroniche di recente adozione, che rispecchia il maggiore utilizzo dei canali di comunicazione elettronica da parte dei criminali e delle strutture della criminalità organizzata.

 Il pacchetto consentirà alle autorità nazionali di richiedere prove elettroniche per le cause penali direttamente ai prestatori di servizi in altri Stati membri.

 La corruzione è uno dei reati per cui sarà possibile ricorrere agli ordini europei di produzione e di conservazione.

Il mandato d'arresto europeo già consente una rapida procedura di consegna transfrontaliera tra le autorità giudiziarie degli Stati membri ai fini dell'azione penale o dell'esecuzione di una pena detentiva, anche nei casi di corruzione.

L'operato delle autorità di contrasto, in particolare degli uffici per il recupero dei beni e delle autorità anticorruzione, è agevolato anche dalla possibilità di accedere alle informazioni finanziarie e sui conti bancari e di utilizzarle.

 

Il lavoro dell'UE nella lotta contro la frode sostiene le iniziative anticorruzione.

L'UE e i suoi Stati membri condividono la responsabilità di tutelare gli interessi finanziari dell'Unione.

Molto spesso la lotta contro la frode – reato in cui si mira ad assicurarsi profitti illeciti a danno del bilancio dell'UE – favorisce anche l'azione contro la corruzione – reato in cui i poteri pubblici sono utilizzati impropriamente con la stessa finalità.

 

Al fine di ridurre al minimo i rischi di corruzione a danno dei fondi dell'Unione, il regolamento finanziario dell'UE prevede disposizioni generali sulla prevenzione e l'accertamento delle frodi e stabilisce norme in materia di appalti pubblici e concessione di finanziamenti.

Sono comprese in quest'ambito norme volte a evitare i conflitti di interessi.

L'attuale strategia antifrode della Commissione struttura l'applicazione coordinata delle norme a tutela del bilancio dell'UE dalla frode, dalla corruzione e da altre irregolarità intenzionali.

Ai fini dell'esecuzione del bilancio dell'UE sono disponibili diversi strumenti atti a garantire lo svolgimento di controlli rigorosi, adattati a seconda che i programmi finanziari siano attuati dalla Commissione in regime di gestione diretta, in regime di gestione indiretta o in regime di gestione concorrente con gli Stati membri.

 Strumenti quali il sistema di individuazione precoce e di esclusione (EDES) contribuiscono a intercettare gli operatori economici fraudolenti o inaffidabili e a precludere loro l'ottenimento di fondi dell'UE.

 Una recente proposta di revisione del regolamento finanziario migliorerebbe la qualità dei dati raccolti sui beneficiari dei finanziamenti dell'UE (compresi i titolari effettivi), anche tramite l'obbligatorietà di usare uno stesso sistema informatico integrato per l'estrazione di dati e mediante il punteggio di rischio messo a disposizione dalla Commissione.

La proposta estenderebbe peraltro l'EDES a nuovi settori di spesa.

 

Rigorose valutazioni ex ante contribuiscono ad accertare che i soggetti incaricati dell'esecuzione di fondi dell'UE dispongano di efficaci sistemi di controllo interno.

 La presenza di garanzie antifrode e anticorruzione è presupposto essenziale dei sistemi nazionali di controllo sui fondi dell'UE e gli Stati membri sono tenuti a prevenire, accertare, risolvere e segnalare le irregolarità, che è possibile siano collegate alla corruzione.

Anche gli organismi di audit hanno un ruolo importante nel garantire l'esistenza di sistemi efficaci per accertare e prevenire le pratiche di corruzione.

 La Corte dei conti europea e il servizio di audit interno della Commissione integrano gli audit degli Stati membri e gli audit specifici ai programmi, e a tutti i fondi dell'UE interessati da corruzione sono applicati meccanismi di recupero.

 

Oltre a prevenire la corruzione nei fondi dell'UE, l'Unione ha sviluppato una solida architettura istituzionale che contribuisce a individuare e a perseguire qualsiasi forma di corruzione legata al bilancio dell'UE.

 In quest'ambito rientrano l'OLAF, l'EPPO, Eurojust come coordinatore ed Europol con la sua capacità analitica, tutti operanti in stretta collaborazione con le autorità nazionali.

L'EPPO, operativa dal giugno 2021, è responsabile delle indagini, dei procedimenti penali e del rinvio a giudizio degli autori e dei complici di reati che ledono gli interessi finanziari dell'UE, compresa la corruzione a danno del bilancio dell'Unione.

In tale ambito svolge indagini ed esercita le funzioni di pubblico ministero dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri partecipanti.

Per garantire il rispetto dello Stato di diritto è fondamentale che i servizi investigativi e le procure funzionino adeguatamente nella lotta contro la corruzione.

 Il regime generale di condizionalità tutela il bilancio dell'UE dalle violazioni dei principi dello Stato di diritto che incidono o rischiano seriamente di incidere sul bilancio, comprese le carenze sistemiche degli Stati membri nella lotta contro la corruzione.

 A norma del regolamento sulla condizionalità, su proposta della Commissione il Consiglio può sospendere impegni o pagamenti oppure adottare altre misure qualora le violazioni dei principi dello Stato di diritto nello Stato membro in questione  compromettano o rischino seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell'UE o la tutela degli interessi finanziari dell'UE.

 

4.    IL SOSTEGNO ALLA LOTTA CONTRO LA CORRUZIONE NEGLI STATI MEMBRI.

La corruzione si manifesta in molte forme e le pratiche corruttive variano da uno Stato membro all'altro, a livello nazionale e locale e nei vari settori.

Sebbene siano necessarie regole, norme e buone prassi comuni per combattere la corruzione, per essere efficaci le risposte politiche devono adattarsi a sfide, rischi ed esigenze specifici.

Pertanto l'UE sta avviando iniziative su misura volte a sostenere ciascuno Stato membro nella lotta contro la corruzione a livello nazionale.

 

Il sostegno dell'UE alle riforme anticorruzione nazionali.

L'UE contribuisce in prima persona all'elaborazione e alla condivisione delle migliori prassi attraverso le relazioni annuali sullo Stato di diritto.

Dal 2020 la Commissione monitora gli sviluppi della lotta contro la corruzione a livello nazionale in quanto aspetto fondamentale dello Stato di diritto.

Dal 2022 le relazioni riportano raccomandazioni per paese volte a sostenere gli Stati membri nell'impegno di portare avanti le riforme pianificate o in corso, a incoraggiare sviluppi positivi e a contribuire a individuare gli ambiti in cui potrebbe essere necessario apportare miglioramenti o dare seguito a recenti cambiamenti o riforme.

Le valutazioni per paese contenute nelle relazioni annuali sullo Stato di diritto mostrano come ogni Stato membro si adoperi per prevenire la corruzione, adattando le leggi per tenere il passo con le nuove tendenze e facendo tesoro degli insegnamenti appresi.

Mostrano altresì come gli Stati membri si adoperino per creare una cultura anticorruzione e si impegnino per migliorare l'applicazione della normativa.

Attraverso le raccomandazioni e il seguito dato a ciascuna relazione, la Commissione interagisce con gli Stati membri a livello tecnico e politico per mettere a disposizione competenze, assisterli nel superare le sfide individuate e promuovere le riforme necessarie.

Il processo offre preziosi spunti comuni, evidenziando temi specifici che la nuova rete può portare avanti.

Unitamente all'indipendenza e all'efficienza del sistema giudiziario e alla qualità e all'inclusività del processo legislativo, la lotta contro la corruzione è parte integrante del semestre europeo.

Data l'importanza economica che rivestono e l'impatto diretto che producono sul contesto imprenditoriale, sugli investimenti, sulla crescita economica e sull'occupazione, le valutazioni riportate nelle relazioni del semestre europeo includono le sfide cui alcuni Stati membri devono far fronte a causa della corruzione.

Tra gli esempi specifici si annoverano una maggiore efficacia nella tutela degli informatori, il rafforzamento del quadro anticorruzione mediante l'istituzione di nuovi organismi di controllo indipendenti, un maggior rigore nelle procedure di controllo, controlli sistematici delle dichiarazioni patrimoniali, la creazione di percorsi indipendenti per perseguire i casi di corruzione e norme più rigorose sul conflitto di interessi e relativa applicazione.

 

Le raccomandazioni specifiche per paese formulate nell'ambito del semestre europeo hanno orientato riforme e investimenti concreti in diversi Stati membri al fine di migliorarne la capacità di combattere la corruzione.

Si rispecchiano nei traguardi concreti previsti dai piani nazionali di ripresa e resilienza.

Gli impegni specifici in materia di riforme assunti in questi piani da diversi Stati membri garantiranno la prevenzione, l'accertamento e la risoluzione dei conflitti di interessi, dei casi di corruzione e delle frodi relative all'uso di fondi pubblici.

La Commissione si avvale inoltre di programmi settoriali per sostenere le iniziative anticorruzione negli Stati membri.

 Lo strumento di sostegno tecnico fornisce competenze tecniche su misura per aiutare gli Stati membri a sviluppare la capacità amministrativa e a progettare e attuare riforme, molte delle quali incentrate sull'aumento delle difese contro la corruzione.

Tra gli esempi di riforme promosse dallo strumento di sostegno tecnico figurano l'integrazione della trasparenza e dell'assunzione di responsabilità nelle strutture nazionali, il sostegno tecnico per l'elaborazione e l'attuazione di orientamenti etici e strategie anticorruzione e antifrode e il sostegno al recepimento e all'attuazione della normativa dell'UE in materia di lotta contro la corruzione.

 

Nell'ambito del Fondo Sicurezza interna l'UE finanzia fra l'altro una serie di azioni contro la corruzione, volte principalmente a rafforzare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità di contrasto e tra altre autorità nazionali, anche con organismi fondamentali quali Europol e le pertinenti organizzazioni internazionali.

 Tra gli esempi figurano lo sviluppo delle capacità delle autorità nazionali anticorruzione e il sostegno ai progetti realizzati dalle organizzazioni della società civile.

Il programma antifrode dell'Unione offre sostegno agli Stati membri nella lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell'Unione.

In particolare il programma assiste le autorità nazionali nel rafforzare la capacità investigativa e comprende una sezione formazione.

 

Esempio:

il progetto "Speak Up Europe" mira a consentire ai cittadini europei di levare la loro voce contro i comportamenti scorretti nelle organizzazioni pubbliche e private e della società civile.

 Incoraggia canali sicuri per segnalare casi di corruzione e fornisce assistenza tecnica, legale e di patrocinio.

La Commissione finanzia anche progetti nazionali che in Austria hanno compreso un programma dell'Ufficio federale per la prevenzione e la lotta contro la corruzione per sensibilizzare sia nei ranghi della pubblica amministrazione che nella società civile.

 In Lituania il servizio investigativo speciale ha ricevuto nel 2021 sostegno per lanciare una piattaforma di e-learning con materiale per la formazione professionale anticorruzione destinato ai dipendenti pubblici e ad altri soggetti interessati a creare un ambiente anticorruzione.

 

Il sostegno alle autorità giudiziarie e di contrasto.

 

La cooperazione tra le autorità di contrasto può offrire un contributo importante alle indagini e al perseguimento dei reati di corruzione.

“Eurojust” promuove la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri nella lotta contro la corruzione.

Nel 2021 ha sostenuto gli Stati membri in 326 casi di corruzione, ha istituito 11 squadre investigative comuni e ha tenuto 13 riunioni di coordinamento su casi specifici.

Le politiche anticorruzione occupano un posto preminente nella strategia europea di formazione giudiziaria per il periodo 2021-2024 volta alla formazione dei professionisti della giustizia sul diritto dell'Unione.

Nel 2023 la rete europea di formazione giudiziaria ha organizzato diversi seminari sulla lotta contro la corruzione.

Nel 2021, nei suoi primi sette mesi di attività, l'EPPO ha indagato su 40 casi di corruzione a danno del bilancio dell'UE.

Nel 2022 il numero è salito a 87.

I legami tra corruzione e criminalità organizzata comportano che “Europol” sostenga attivamente gli Stati membri nella lotta contro la corruzione effettuando analisi strategiche e fornendo sostegno alle indagini penali e alle operazioni di intelligence criminale.

Europol dispone di un Centro europeo per la criminalità finanziaria ed economica per fornire sostegno operativo e analitico ai partner e agli Stati membri nelle indagini sulla criminalità finanziaria ed economica, compresa la corruzione, e nel congelamento e sequestro dei beni di origine illecita.

 

Esempio:

il Centro europeo per la criminalità economica e finanziaria di Europol ha coadiuvato la guardia civile (Guardia Civil) e la polizia nazionale (Policía Nacional) spagnole per individuare manifestazioni di corruzione tra operatori delle dogane e della polizia che agevolano il traffico di stupefacenti verso l'UE.

Il sistema di corruzione mirava a facilitare la spedizione in Europa occidentale di cocaina e hashish per un valore di centinaia di milioni di EUR.

 Il Centro ha contribuito alle indagini mettendo a disposizione intelligence operativa e supporto di analisi così come sostegno operativo diretto.

 

5.    LE ISTITUZIONI DELL'UE E LOTTA CONTRO LA CORRUZIONE.

La credibilità dell'azione dell'UE volta a contrastare la corruzione nelle politiche dell'UE e a sostenere gli sforzi degli Stati membri si fonda sull'efficienza e sulla reputazione delle sue istituzioni e dei suoi organi e organismi.

 A partire dagli anni '90 del secolo scorso l'UE ha elaborato normative e processi volti a ridurre al minimo il rischio di corruzione riguardo al proprio personale e a livello politico.

Si è adoperata per stabilire una serie di norme in materia di etica, integrità e trasparenza che contribuiscono a prevenire la corruzione, e per istituire nuovi organismi incaricati di perseguire eventuali casi di corruzione.

Tuttavia gli avvenimenti recenti hanno ricordato che le istituzioni dell'UE non sono immuni alla corruzione e che la disciplina vigente non solo deve essere applicata con rigore e coerenza, ma deve anche essere aggiornata continuamente.

Le istituzioni dell'UE e gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a rispettare gli stessi standard, assumendo lo stesso impegno a prevenire la corruzione, a promuovere una cultura dell'integrità e ad applicare norme rigorose.

 

All'interno delle istituzioni dell'UE vige una politica di tolleranza zero nei confronti della corruzione.

La prevenzione della corruzione si fonda su un solido quadro in materia di etica, integrità e trasparenza.

 Lo statuto dei funzionari dell'Unione europea stabilisce gli obblighi etici personali che incombono al personale dell'UE.

Contiene norme specifiche in ambiti quali conflitti di interessi, favori e doni, onorificenze e decorazioni, attività esterne e cariche pubbliche, attività dei coniugi, obblighi dopo la cessazione dal servizio, riservatezza, segnalazione di eventuali attività illecite, denunce di irregolarità e sanzioni disciplinari.

 Ogni istituzione, organo o organismo dell'UE ha la responsabilità di applicare il quadro giuridico al proprio personale e di garantire la conformità, tramite, fra l'altro, l'aggiornamento periodico delle regole interne, azioni di sensibilizzazione, consulenza al personale e sanzioni in caso di violazione delle norme.

Ai sensi dello statuto dei funzionari, il personale può essere soggetto a sanzioni disciplinari in caso di violazione delle norme;

le istituzioni, gli organi e gli organismi possono decidere di istituire servizi interni dedicati e specializzati per le indagini e le questioni disciplinari.

Gli obblighi previsti dallo statuto si applicano in aggiunta a quelli imposti dal regolamento finanziario dell'UE.

 

Per consentire il controllo pubblico e dare ai cittadini e ad altri gruppi di interessi la possibilità di monitorare le attività di lobbying a livello dell'UE, nel 2021 il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno adottato un nuovo quadro congiunto per la cooperazione in materia di registro per la trasparenza al fine di promuovere ulteriormente la rappresentanza etica e trasparente degli interessi a livello dell'Unione.

Il quadro congiunto stabilisce un codice di condotta con norme e principi etici che devono rispettare i rappresentanti di interessi iscritti nel registro ed è integrato da misure di trasparenza interna alle istituzioni per quanto riguarda le riunioni e altre interazioni con i rappresentanti di interessi.

Per quanto riguarda i membri delle istituzioni dell'UE, ossia i deputati al Parlamento europeo, il presidente del Consiglio europeo, la Commissione europea, la Corte di giustizia dell'Unione europea, la Banca centrale europea e la Corte dei conti, i trattati stabiliscono le diverse discipline degli obblighi etici personali e le sanzioni delle violazioni compiute dai membri di ciascuna istituzione.

Discipline e sanzioni sono solitamente integrate da norme più dettagliate, in particolare regolamenti o codici di condotta, che variano secondo l'istituzione.

 Per aumentare ulteriormente la trasparenza, l'integrità e l'assunzione di responsabilità nelle istituzioni dell'UE occorre che la disciplina etica sia aggiornata a cadenza periodica.

La Commissione proporrà pertanto di istituire un organo etico interistituzionale incaricato di stabilire norme comuni rigorose e misure di rafforzamento della trasparenza.

 

Uno dei compiti principali dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) consiste nello svolgere indagini amministrative su frodi, corruzione o qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell'UE.

 Nel 1999 le istituzioni dell'Unione europea hanno deciso di estendere il mandato dell'OLAF a tutti i casi di colpa grave imputabili ai loro funzionari o a membri di istituzioni, organi e organismi dell'UE, indipendentemente dall'impatto sugli interessi finanziari dell'Unione.

 Si tratta, ad esempio, di gravi questioni relative all'esercizio dei doveri d'ufficio o di violazioni del codice di condotta.

 Altre istituzioni e altri organi possono aderire all'accordo, seppur vi siano ostacoli in termini di applicazione pratica relativamente all'accesso dell'OLAF alle informazioni o ai locali di alcune istituzioni. Nell'ambito dei suoi poteri generali di trattare i casi di cattiva amministrazione nelle istituzioni dell'UE, anche il Mediatore europeo svolge un importante ruolo di vigilanza.

 

Gli organi giurisdizionali nazionali sono competenti a trattare i casi relativi a reati, tra cui corruzione e frode, commessi dai funzionari o dai membri delle istituzioni.

Tali casi possono essere portati in giudizio dai procuratori nazionali o, se sono in gioco gli interessi finanziari dell'UE, dall'EPPO.

Se i membri o i funzionari godono dell'immunità per gli atti compiuti in veste ufficiale, l'istituzione dell'UE interessata deve revocarla qualora la revoca non sia contraria agli interessi dell'Unione;

la decisione dell'istituzione è soggetta al controllo della Corte di giustizia dell'Unione europea.

 

6.    CREARE UNA CULTURA COMUNE PER CONTRASTARE LA CORRUZIONE.

Una cultura collettiva estesa a tutta la società e basata sulla tolleranza zero nei confronti della corruzione è una forte espressione dell'impegno europeo a favore dello Stato di diritto e di elevati standard di integrità nella vita pubblica.

La promozione di questi valori è complemento essenziale di un'azione più immediata in materia di prevenzione, accertamento e azione penale.

La creazione di tale cultura richiede un'azione su numerosi fronti: dall'inclusione dell'etica e dell'integrità nelle aspettative dei giovani attraverso l'istruzione all'agevolazione degli scambi tra attori a livello nazionale ed europeo per migliorare la comprensione delle sfide e aumentare la determinazione ad agire.

 È fondamentale uno stretto e regolare coordinamento con tutte le autorità pubbliche competenti, le organizzazioni multilaterali, la società civile, i media e il settore privato.

 

I partenariati con il settore privato, la società civile, il mondo accademico e della ricerca, i media e i cittadini possono contribuire a creare una cultura dell'integrità attraverso un approccio esteso a tutta la società.

La Commissione darà la priorità alle campagne di sensibilizzazione e ai programmi di educazione civica, sottolineando il ruolo fondamentale che ciascuno svolge nel sostenere una cultura dell'integrità, anche valutando in che modo i partecipanti a tali programmi possano fungere da ambasciatori dell'integrità in veste di moltiplicatori.

La Commissione procederà alla mappatura delle possibilità di finanziamento dell'UE esistenti per la lotta contro la corruzione, così da aumentarne visibilità e coerenza.

 

Il programma “Erasmus+” abbraccia tematiche anticorruzione nelle sue attività in materia di istruzione, formazione, giovani e sport in Europa.

Le iniziative anticorruzione sono trattate nell'ambito di diverse priorità politiche, quali l'impegno civico e la cittadinanza responsabile.

L'UE sostiene ad esempio il master congiunto “Erasmus Mundus” in etica e integrità dello sport a livello universitario ed “Erasmus+” ha promosso approcci innovativi all'educazione anticorruzione nelle scuole in Ungheria, Italia e Slovenia.

 Anche i programmi quadro per la ricerca e l'innovazione sostengono la ricerca e raccolgono elementi di prova sulle nuove forme di corruzione nell'ottica di elaborare soluzioni innovative a favore delle autorità anticorruzione e degli operatori che intervengono nella lotta contro la corruzione.

 

Un ruolo fondamentale spetta alla società civile, non solo come sentinella per individuare potenziali rischi o casi di corruzione, ma anche come catalizzatrice per la promozione e la preservazione della cultura anticorruzione tramite attività di sensibilizzazione, istruzione e patrocinio.

 In molti Stati membri le organizzazioni della società civile sono partner importanti nell'attuazione delle strategie nazionali anticorruzione. Questo ruolo può essere ampliato.

Un esempio è costituito dai "patti d'integrità" istituiti come strumento per prevenire la corruzione negli appalti pubblici, sulla base dell'impegno dell'amministrazione aggiudicatrice e degli offerenti a rispettare le migliori prassi e a massimizzare la trasparenza.

Il monitoraggio è effettuato da una parte terza, solitamente un'organizzazione della società civile. I patti d'integrità sono promossi nei programmi finanziari dell'UE per il periodo 2021-2027 e gli Stati membri sono incoraggiati a inserirli gradualmente nei rispettivi programmi.

Mezzi d'informazione liberi e pluralistici e un contesto in cui i giornalisti possono lavorare senza vessazioni o intimidazioni sono fattori fondamentali per garantire che i media possano svolgere il loro lavoro di sentinella.

 La Commissione sostiene azioni che promuovono un ambiente mediatico libero, diversificato e pluralistico, fra cui il sostegno al giornalismo collaborativo e transfrontaliero, il monitoraggio dei rischi per il pluralismo dei media, la mappatura delle violazioni della libertà dei media e la difesa dei giornalisti minacciati.

 Ad esempio, dal 2021 l'UE finanzia un meccanismo di risposta rapida a livello europeo per le violazioni della libertà di stampa e dei media e gestisce un fondo di sostegno di emergenza per i giornalisti investigativi e le imprese che operano nel settore dei mezzi di comunicazione.

 

7.    LA LOTTA CONTRO LA CORRUZIONE NELLE POLITICHE ESTERNE DELL'UE.

 

Integrare le azioni contro la corruzione nelle politiche esterne è una parte significativa degli sforzi volti a promuovere il buon governo e la prosperità a livello mondiale.

La coerenza d'impostazione fra politiche anticorruzione interne ed esterne è importante per la credibilità dell'UE.

L'UE promuove i diritti umani, la governance democratica, lo Stato di diritto e la lotta contro la corruzione in quanto priorità nella sua azione esterna.

 L'alto rappresentante, sostenuto dalla Commissione, presenta oggi una proposta relativa all'istituzione di un sistema trasversale di sanzioni PESC.

Più in generale, nell'azione esterna l'UE sostiene riforme giuridiche e politiche volte a creare istituzioni anticorruzione e organismi di controllo e a rafforzare la società civile, gli informatori, i difensori dei diritti umani e i media indipendenti in qualità di sentinelle contro la corruzione.

Criteri d'integrità rigorosi nei programmi dell'UE contribuiscono a promuovere standard elevati tra i partner.

La lotta contro la corruzione rientra anche nei dialoghi politici e sulla sicurezza con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali che l'alto rappresentante conduce per conto dell'Unione.

L'UE sostiene la cooperazione internazionale in quest'ambito, collaborando con partner che condividono gli stessi principi per innalzare gli standard.

 

Il ricorso alle sanzioni della politica estera e di sicurezza comune (PESC) per contrastare la corruzione.

 

Oltre all'attuazione degli strumenti giuridici internazionali vigenti in materia di lotta contro la corruzione, a livello dell'UE è attualmente in corso un importante dibattito sul ricorso alle sanzioni PESC per contrastare la corruzione sistematica o ampiamente diffusa nei paesi terzi qualora tale corruzione incida o rischi seriamente di incidere sui valori e sugli interessi fondamentali dell'UE o qualora sia necessario intraprendere azioni per conseguire altri obiettivi della PESC, come il sostegno alla democrazia e allo Stato di diritto.

Finora il regime di sanzioni PESC è stato concepito solo per consentire all'UE di contrastare la corruzione in due specifici paesi terzi.

Un quadro tematico trasversale (non limitato a uno specifico contesto geografico) sulla corruzione aggiungerebbe una dimensione supplementare e una maggiore flessibilità alla strumentazione dell'Unione in tema di sanzioni.

 L'alto rappresentante presenta pertanto una proposta di decisione del Consiglio e, insieme alla Commissione, una proposta di regolamento del Consiglio relativo a un quadro tematico per le sanzioni PESC contro la corruzione, al fine di integrare le azioni di politica interna ed esterna condotte dall'Unione per contrastarla.

 

La proposta relativa all'istituzione di un sistema trasversale di sanzioni PESC integrerà e rafforzerà la capacità dell'Unione di contrastare i gravi atti di corruzione, dotandola di uno strumento per adottare misure restrittive qualora tali atti ledano o rischino seriamente di ledere gli interessi fondamentali dell'UE e gli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune.

 La corruzione attiva o passiva di un funzionario pubblico e il peculato o l'appropriazione indebita da parte di questi potrebbero costituire atti di corruzione così gravi da porre considerevoli minacce per il sistema finanziario dell'Unione, in particolare se il caso interessa un paese che figura nella lista dell'UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali o che presenta carenze strategiche nei regimi nazionali antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo.

 

La lotta contro la corruzione come priorità delle politiche di allargamento e di vicinato dell'UE.

 

Nel processo di allargamento, l'allineamento al diritto vigente dell'Unione, il rispetto dello Stato di diritto e le riforme anticorruzione determinano in larga misura il ritmo di avanzamento dei paesi candidati verso l'adesione all'UE.

Le stesse priorità valgono per il partenariato orientale, nel cui ambito si sostengono strategie anticorruzione per promuovere elevati standard di integrità e trasparenza negli enti pubblici e per rafforzare le agenzie anticorruzione, la capacità investigativa, le riforme giudiziarie e la società civile.

Il monitoraggio periodico della lotta contro la corruzione e delle relative riforme nell'ambito del "pacchetto allargamento" annuale comprende sia una valutazione dettagliata dello stato di avanzamento in ciascun paese candidato e potenziale candidato sia orientamenti sulle future priorità di riforma.

 La Commissione passa in rassegna il quadro legislativo e istituzionale riferito sia alla prevenzione che alla repressione, ponendo l'accento sui risultati effettivi delle indagini proattive, dei procedimenti di rinvio a giudizio e delle sentenze giudiziarie (in particolare per quanto riguarda la corruzione ad alto livello).

 Nel 2022 la Commissione ha altresì avviato un ciclo di missioni di valutazione” inter pares” incentrate sulla lotta contro la corruzione, la criminalità organizzata e il riciclaggio di denaro.

Le ultime relazioni analitiche su Ucraina, Moldova e Georgia valutano la capacità di questi paesi di assumersi gli obblighi derivanti dall'adesione all'UE;

la lotta alla corruzione è indicata come prioritaria in tali relazioni.

Una questione importante è la "de-oligarchizzazione", che mira a eliminare l'eccessiva ingerenza degli interessi di parte nella vita economica, politica e pubblica.

Tra le iniziative concrete figura una nuova piattaforma elettronica per la raccolta sistematica di dati sulla criminalità organizzata e la corruzione ad alto livello, che può servire di ausilio per valutare i progressi compiuti da ciascun paese partner nell'affermare lo Stato di diritto.

 L'obiettivo della piattaforma è consentire alle autorità nazionali dei paesi candidati e potenziali candidati di incanalare la raccolta dei dati permettendone l'aggregazione e rilevando le tendenze grazie all'ausilio di un quadro operativo basato sugli indicatori chiave di prestazione (ICP) che individuano tendenze e anomalie.

 

Esempio:

l'UE contribuisce con quasi 6 milioni di EUR a un progetto attuato dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa volto a monitorare i procedimenti giudiziari per corruzione grave e criminalità organizzata individuando le questioni sistemiche e formulando raccomandazioni per rafforzare lo Stato di diritto nei Balcani occidentali.

 

Promuovere riforme anticorruzione nell'azione esterna e nelle relazioni commerciali dell'UE.

 

Il piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024 è fortemente incentrato sullo Stato di diritto e comprende linee d'azione contro la corruzione.

 Il dialogo condotto su temi politici, sui diritti umani e sulle politiche settoriali figura tra gli strumenti utilizzati per attuare le azioni in tal senso.

Ciò si riflette anche nei finanziamenti nell'ambito del programma Europa globale/strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI).

 

L'UE promuove la governance democratica e lo Stato di diritto tramite programmi tematici, bilaterali e regionali e il sostegno a una migliore gestione delle finanze pubbliche.

Tale sostegno è incentrato sulla riforma della pubblica amministrazione, una sana gestione delle finanze pubbliche, lo sviluppo delle capacità delle autorità giudiziarie e di contrasto, l'istituzione di un solido quadro giuridico in linea con le norme internazionali, l'istituzione e il rafforzamento di organismi specializzati nella lotta contro la corruzione e il supporto alla società civile, ai media, agli informatori e ai difensori dei diritti umani.

 Al quadro anticorruzione giova anche un più ampio sostegno allo Stato di diritto nelle istituzioni fondamentali e al miglioramento del clima degli affari e delle condizioni di investimento.

 I dialoghi politici svolgono un ruolo fondamentale, sostenuto dalla conformazione del sostegno finanziario dell'UE.

Il sostegno al bilancio fornito dall'UE è uno strumento importante per migliorare la trasparenza e l'assunzione di responsabilità a livello nazionale: la corruzione è infatti uno dei rischi analizzati nel contesto di queste operazioni di finanziamento.

 

Sono in via di perfezionamento misure volte a rafforzare la dimensione anticorruzione in tutti i settori in cui si manifesta.

Oltre ai programmi mirati di cui sopra, rientrano in quest'ambito orientamenti operativi volti a offrire consulenza approfondita alle delegazioni dell'UE che operano al di fuori dei settori di governance tradizionali, compresi quelli interessati dall'iniziativa “Global Gateway” dell'Unione.

Il fondamento dell'iniziativa risiede nel più ampio approccio” Team Europa” alla minaccia della corruzione, grazie alla cooperazione con gli Stati membri e le istituzioni finanziarie internazionali (IFI) sulla base delle norme e delle migliori prassi internazionali.

 Anche alcuni programmi tematici globali sostengono lo Stato di diritto e la lotta contro la corruzione. L'iniziativa Team Europa sulla democrazia (TED), che riunisce 14 Stati membri, favorisce il sostegno allo Stato di diritto, con particolare attenzione all'assunzione di responsabilità. L'UE coopera inoltre con la società civile per prevenire la corruzione e promuovere un'amministrazione pubblica aperta.

 

Una recente valutazione del sostegno dell'UE allo Stato di diritto e alla lotta alla corruzione nei paesi partner 69 ha concluso che la visibilità ed efficacia dell'Unione nella lotta contro la corruzione sono state inferiori a quelle dimostrate nella promozione dello Stato di diritto, e ha raccomandato all'UE di assumere nel mondo la leadership nella lotta contro la corruzione.

 Uno dei vantaggi di un quadro anticorruzione dell'UE chiaro e solido, ancorato all'UNCAC, sarà fungere da punto di riferimento nei partenariati con altri paesi terzi.

 

Anche la politica commerciale dell'UE sostiene la lotta contro la corruzione.

Dal 2015 le disposizioni anticorruzione sono incluse negli accordi commerciali dell'UE con i paesi terzi.

Gli strumenti commerciali autonomi, come il sistema di preferenze generalizzate (SPG) dell'UE, comprendono anche disposizioni volte ad affrontare il problema della corruzione.

Nell'ambito dell'SPG è possibile aprire ulteriormente l'accesso ai mercati (SPG+) per i paesi in via di sviluppo che ratificano e attuano efficacemente i principali accordi internazionali, tra cui l'UNCAC.

Il monitoraggio svolto dall'UE in virtù delle norme SPG prevede scambi di informazioni, dialogo e visite nel paese, oltre alla pubblicazione di relazioni intermedie periodiche.

 

Sostenere le attività anticorruzione nei consessi multilaterali.

 

L'UE funge da esempio nel contrasto della corruzione e promuove i valori del rispetto della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto proponendo la lotta contro la corruzione nell'agenda globale.

Per assistere gli Stati membri e amplificare la propria voce, l'Unione intensificherà gli sforzi volti a favorire la discussione e a coordinare le posizioni nei consessi multilaterali, oltre a continuare l'operato in veste di parte dell'UNCAC.

 

Il processo di revisione dell'attuazione dell'UNCAC da parte dell'UE è ben avviato, coordinato dalla Commissione.

A dicembre 2020 la Commissione ha adottato la comunicazione sulla revisione dell'Unione europea nell'ambito del meccanismo di revisione dell'attuazione della convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC), nella quale stabilisce le tappe della cooperazione tra le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'UE che partecipano al processo di revisione dal luglio 2021.

 Nel settembre 2022 l'UE ha presentato e pubblicato la propria autovalutazione per il primo ciclo del meccanismo di revisione.

 La Commissione si impegna a promuovere la trasparenza e la partecipazione della società civile al processo di revisione e ne sosterrà il completamento nell'ambito del primo ciclo entro il 2024.

 

Sulla base delle precedenti azioni intraprese nel 2021 dai segretariati del GRECO, dell'OCSE e dell'UNODC, l'UE contribuirà al dibattito internazionale sulle modalità per migliorare le sinergie e razionalizzare le revisioni dell'attuazione delle misure anticorruzione.

L'esperienza tratta dalle relazioni annuali sullo Stato di diritto e la revisione in corso da parte dell'UE del meccanismo di revisione dell'attuazione della convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione contribuiranno a garantire una forte partecipazione dell'Unione alla prossima conferenza degli Stati parte dell'UNCAC, che si terrà nel dicembre 2023.

L'UE detiene attualmente lo status di osservatore nel GRECO, il che le offre la possibilità di partecipare a un importante forum di esperti e costituisce un valido complemento alle relazioni annuali sullo Stato di diritto.

 Il GRECO si è dimostrato una preziosa fonte di competenze e un motore di riforme.

 La Commissione intensificherà ulteriormente l'impegno con il GRECO istituendo un dialogo più regolare e formale, anche invitando il GRECO a partecipare alla rete su base stabile.

Contestualmente la Commissione continuerà a discutere con le altre istituzioni sulla possibilità di compiere passi avanti verso la piena partecipazione dell'UE al GRECO.

 

8.    CONCLUSIONI: PROSPETTIVE.

Integrità, trasparenza e lotta contro la corruzione sono chiari impegni politici dell'Unione.

 L'attuale pacchetto di proposte rafforzerà ulteriormente la lotta contro la corruzione nell'UE, innalzando gli standard del diritto dell'Unione per migliorare la prevenzione della corruzione e l'attività di contrasto e prevedendo un meccanismo per le sanzioni internazionali.

 La Commissione invita il Parlamento europeo e il Consiglio a prendere rapidamente in esame la proposta di direttiva sulla lotta contro la corruzione mediante il diritto penale.

La Commissione e l'alto rappresentante invitano il Consiglio a prendere rapidamente in esame la proposta di istituire un nuovo quadro di sanzioni PESC contro la corruzione.

 

Le proposte che accompagnano la presente comunicazione integreranno gli sforzi costantemente compiuti per intensificare la lotta contro la corruzione in un'ampia varietà di settori, fra cui l'aggiornamento periodico della disciplina per promuovere l'integrità e prevenire i rischi di corruzione, mantenendo disposizioni anticorruzione rigorose in tutta la normativa applicabile, trasversale così come settoriale.

Garantire un'adeguata integrazione delle attività di prevenzione della corruzione nello sviluppo di politiche e programmi nuovi e nella valutazione di quelli esistenti continuerà a essere una priorità per la Commissione.

L'intervento in questo senso si baserà sul nuovo filone di attività volto a mappare i rischi di corruzione nei settori ad alto rischio.

 

La corruzione non può essere combattuta isolatamente.

 La cooperazione e lo scambio di esperienze, così come il dialogo costante tra gli Stati membri e l'UE sul modo in cui elaborare e applicare riforme e strumenti per prevenire, accertare e perseguire i casi di corruzione, sono elementi fondamentali per il successo sul campo delle iniziative anticorruzione. Istituendo la rete dell'UE contro la corruzione la Commissione darà nuovo impulso all'opera di prevenzione della corruzione in tutta l'UE.

 

La lotta contro la corruzione giova alla società nel suo complesso e i singoli cittadini dovrebbero essere pienamente coinvolti in quest'attività, al pari delle organizzazioni della società civile e del settore privato.

 La Commissione darà la priorità alle campagne di sensibilizzazione e ai programmi di educazione civica, oltre a mappare le vigenti possibilità di finanziamento dell’unione a favore delle azioni anticorruzione, al fine di aumentarne visibilità e coerenza e migliorarne l'impatto.

 

La lotta contro la corruzione all'interno dell'Unione è importante per la credibilità dell'azione dell'UE sulla scena internazionale.

Oltre all'ampliamento del regime di sanzioni, il maggiore impegno in consessi multilaterali quali l'UNCAC e il GRECO aiuterà l'UE a infondere una comprensione profonda e coerente dei motivi per cui politiche efficaci in materia di integrità e lotta contro la corruzione siano fattori fondamentali per la sicurezza e la prosperità a livello mondiale.

L'UE continuerà ad adoperarsi per combattere la corruzione e promuovere il buon governo e lo Stato di diritto: questa è e resterà una delle grandi priorità del processo di allargamento e, più in generale, delle relazioni esterne dell'Unione.

 

I filoni di lavoro illustrati nella presente comunicazione costituiscono un grande impegno dell'Unione a proseguire l'opera di contrasto della corruzione e ad adoperarsi per un approccio globale e strategico tramite una strategia anticorruzione dell'UE.

Si tratta di una componente fondamentale delle modalità con cui l'UE potrà garantire un futuro prospero e democratico all'altezza delle aspettative dei suoi cittadini.

 

 

 

 

Dal turismo all’immobiliare, ecco

 i conflitti di interesse potenziali

di parlamentari e membri del governo.

Ilsole24ore.com - Riccardo Ferrazza – (22 febbraio 2024) - Rapporto Transparency Italia – ci dice:

 

Ci sono 14 parlamentari (11 deputati e 3 senatori) che sono membri di una commissione competente sul settore in cui è attiva un’azienda in cui hanno un ruolo.

Inchiesta Report, Gasparri:

 “Non c’è conflitto di interesse, solo trasparenza.”

I punti chiave:

Il primato di Casasco (Fi);

Il conflitto di interessi per 14;

Il caso Zucconi nel turismo;

C’è chi è proprietario di un’azienda agricola ed è membro della commissione del Senato competente su industria, commercio, turismo e agricoltura.

Ci sono due politici con partecipazioni in aziende del settore dell’edilizia che, allo stesso tempo, appartengono alla commissione della Camera che si occupa di Ambiente, territorio e lavori pubblici.

 Sono alcuni esempi di interessi privati in aziende da parte di figure pubbliche:

senatori e deputati della XIX legislatura e ministri e sottosegretari. L’elenco completato (153 aziende e 97 politici) di questo pericoloso incrocio è stato stilato da “Transparency International Italia” nel suo ultimo rapporto.

Tre i settori principali in cui queste aziende operano: turismo e ristorazione (11,76%), immobiliare (11,11%) e agroalimentare (7,84%, 12 aziende).

 

Il primato di Casasco (Fi).

«Gli interessi privati - si legge nel rapporto - potrebbero diventare una minaccia per la condotta etica dei parlamentari, aumentando i conflitti di interesse potenziali o reali nel momento in cui il parlamentare si dovesse trovare difronte alla scelta tra il dovere pubblico e i propri legami con aziende private».

 

 Il più esposto a questo rischio, a giudicare dai numeri, sembra essere “Maurizio Casasco”, deputato di “Forza Italia” con ben 12 “interessi privati unici”.

L’esponente azzurro, medico dello sport, è membro della commissione Attività produttive, commercio e turismo:

 compare in veste di azionista, amministratore unico, consigliere, presidente di “Cda” o semplice socio in aziende che operano in vari settori tra cui sanità (5) e immobiliare (2).

 

Il conflitto di interessi per 14.

Trasparency ha calcolato che 14 parlamentari (11 deputati e 3 senatori) «hanno interessi nelle aziende che operano in un determinato settore, e sono contemporaneamente membri di una commissione permanente che è competente su quel determinato settore».

 «Esiste la possibilità che i conflitti d’interesse, potenziali o percepibili, possano aumentare, nel momento in cui i politici partecipano o detengono azioni in aziende che operano nel settore che supervisionano».

Il caso Zucconi nel turismo.

Come detto il settore in cui più ricorrono maggiormente i casi di conflitti di interesse è quello del turismo.

Qui si segnala il caso di “Riccardo Zucconi”, deputato toscano di “Fratelli d’Italia”:

 ha interessi in quattro aziende turistiche ed è allo stesso tempo membro della decima commissione a Montecitorio.

Quella che si occupa di Attività produttive, commercio e appunto turismo.

 

 

 

Vaccini Covid, indagine Ue

su” von der Leyen”. Per ora

nessuna accusa.

Sanità33.it – Redazione – (2-04-2024) – ci dice:

 

Negli ultimi mesi gli investigatori della Procura Europea hanno preso il posto dei procuratori belgi nelle indagini sulle accuse di illecito penale in relazione alle trattative sui vaccini tra il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e l'amministratore delegato di Pfizer.

Negli ultimi mesi gli investigatori della Procura Europea (EPPO) hanno preso il posto dei procuratori belgi nelle indagini sulle accuse di illecito penale in relazione alle trattative sui vaccini tra il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e l'amministratore delegato di Pfizer.

Le indagini, riporta “Politico”, sono per "interferenza nelle funzioni pubbliche, distruzione di SMS, corruzione e conflitto di interessi".

I procuratori dell'EPPO stanno indagando su presunti reati penali, ma nessuno è stato ancora accusato in relazione al caso. 

L'indagine è stata originariamente aperta dalle autorità giudiziarie belghe nella città di Liegi all'inizio del 2023 dopo una denuncia penale presentata dal lobbista locale Frédéric Baldan.

 A lui si sono aggiunti in seguito i governi ungherese e polacco, anche se quest'ultimo "sta per ritirare la denuncia dopo la vittoria elettorale del governo pro-Ue guidato da Donald Tusk", sottolinea “Politico”.

 Lo sviluppo arriva in un momento delicato per “von der Leyen”, che sta affrontando la transizione verso quello che gli osservatori di Bruxelles prevedono sarà un secondo mandato alla guida del Berlaymont.

 Finora la Commissione si è rifiutata di rivelare il contenuto degli SMS o di confermarne l'esistenza.

 

 

 

Conflitto d’interessi dei parlamentari,

lavori per società private e regali:

 come funziona in Ue. In Francia

rischio carcere. L’Italia? Senza una legge.

  Ilfattoquotidiano.it - Giuseppe Pipitone – (11 GENNAIO 2024) – ci dice:

 

Quasi ovunque è vietato accettare i regali, soprattutto se superano il valore di uno stipendio mensile come avviene in Ungheria.

 Ma è vietato anche avere incarichi retribuiti di qualsiasi tipo in aziende private durante il mandato:

una violazione punita con la decadenza in Belgio ma anche con una pesante multa o addirittura con la detenzione in Francia.

Sono alcune delle leggi sui conflitti d’interesse per i parlamentari, i ministri e i funzionari pubblici nei Paesi dell’Unione europea.

A elencarle è studio non ufficiale, compiuto qualche tempo fa dall’”Associazione dei Public policy Advocates” (esperti di politiche pubbliche) accreditati a Bruxelles, che però restituisce una panoramica sul quadro normativo in vigore nei principali Paesi comunitari in tema di trasparenza dei decisori pubblici.

 

Un tema che dovrebbe essere di stringente attualità anche in Italia. Ancora nel luglio scorso, infatti, la “Commissione Ue” sottolineava nell’ultima “Relazione sullo Stato di diritto” come nel nostro Paese non fosse ancora stata “adottata una legislazione globale sul conflitto di interessi “.

E in effetti la normativa italiana per regolare gli impegni e i guadagni extra dei parlamentari sembra tra le più blande:

non sono previste norme o sanzioni per gli eletti che portano avanti impieghi per società private o addirittura estere, parallelamente al loro incarico pubblico.

In Italia liberi tutti.

 Solo per fare un esempio:

in molti Paesi dell’Ue non potrebbe esistere il caso di Matteo Renzi, senatore in carica, leader di partito e allo stesso tempo consulente retribuito da società e Stati esteri.

Ma non potrebbe esistere neanche il caso di un parlamentare che ha una sua società privata di consulenza:

 l’esempio è sempre quello di “Renzi”, che ha fondato la “Ma.Re. Consulting”.

 In alcuni dei più importanti Paesi Ue è vietata anche una situazione simile a quella di “Maurizio Gasparri”, senatore e presidente di “Cyberealm”, società attiva nella cybersicurezza.

 Un incarico che recentemente è stato considerato “compatibile col mandato parlamentare” dalla “Giunta delle immunità di Palazzo Madama”.

Questo perché l’Italia è l’unico grande Paese dell’Unione Europea a non avere una legge chiara sul conflitto d’interessi per i componenti di Camera e Senato.

 

In Francia si rischia il carcere.

 In Francia, invece, i deputati non possono avere incarichi di alcun tipo in imprese private:

 a stabilirlo è il “Codice elettorale del 1964”, modificato nel 2015 e “la legge sui diritti e gli obblighi dei funzionari del 1983”, aggiornata nel 2016.

In caso di violazioni si rischiano pene fino a tre anni di reclusione e una multa fino a 200mila euro.

I parlamentari rischiano anche la decadenza se la situazione di conflitto di interessi non viene eliminata dopo apposito iter di segnalazione.

Sono previste poi ulteriori multe se si usano i poteri conferiti dal mandato per favorire una determinata azienda.

 In Germania, invece,” la legge sui ministri federali risale al 1953” (modificata nel 2015):

vieta ai componenti del governo di avere impieghi retribuiti per società private.

 Nel 2009 è stata approvata una norma sui “civil servant” che vieta ai funzionari pubblici di accettare doni e ricoprire incarichi in agenzie governative o finanziate dal governo mentre si svolge una funzione legislativa.

Divieto di accettare doni.

 In Spagna la modifica della legge elettorale del 2016 vieta ai parlamentari di avere qualsiasi incarico diretto o indiretto in società private.

 In Austria esiste un’apposita commissione per le incompatibilità che può concedere a ministri e parlamentari di avere interessi nel settore privato o in imprese statali:

vuol dire dunque che ogni caso viene analizzato e discusso.

In Belgio per evitare conflitti d’interessi tutti i parlamentari non possono mantenere una posizione retribuita in società private durante il mandato.

Inoltre non si possono accettare regali.

Ministri, parlamentari e funzionari pubblici che violano le leggi sul conflitto d’interesse rischiano sanzioni che vanno dalla decadenza dalla carica alla reclusione.

 

Nessun secondo lavoro.

 Non possono ricoprire funzioni in imprese private anche “i componenti del Parlamento della Repubblica Ceca”.

La stessa cosa avviene in Danimarca, dove una modifica della Costituzione del 2015 ha vietato ai ministri e ai membri del Parlamento di ricevere consulenze da società private.

In Finlandia il codice penale, che risale al 1889 ma è stato modificato nel 2016, vieta a ministri, parlamentari e funzionari pubblici di accettare regali.

In caso di violazione si rischia una multa o la reclusione fino a due anni. Anche in Ungheria è vietato accettare regali per i Parlamentari, ma solo se superano il valore di uno stipendio mensile.

 Lo stesso divieto vale anche in Irlanda, a Malta, in Polonia (dove la violazione è punita con la decadenza) e in Estonia, dove i componenti del governo e del Parlamento non possono ricoprire incarichi in società private.

In Slovenia la legge impedisce al capo dello Stato, ai ministri e ai membri del Parlamento di accettare doni e avere qualsiasi altro impiego che genera reddito.

 

Quello che ci chiede davvero l’Europa – Insomma il quadro è chiaro.

“Tutte le grandi democrazie europee hanno nel loro ordinamento delle leggi che regolano i conflitti d’interesse”, dice “Sabrina Pignedoli”, europarlamentare del “Movimento 5 Stelle”. La deputata fa notare come a chiedere una legge sul conflitto d’interesse all’Italia sia da tempo la Commissione Ue.

“Nel rapporto 2022 sulla condizione dello Stato di diritto – dice – è stato evidenziato come la pratica di incanalare le donazioni ai partiti attraverso fondazioni e associazioni politiche rappresenta un serio ostacolo alla responsabilità pubblica, dal momento in cui le transazioni sono difficili da tracciare e la corruzione è sempre più utilizzata per infiltrarsi nell’economia legale”.

Anche nell’ultima relazione sullo “Stato di Diritto”, a luglio 2023, la commissione Ue ricordava che in Italia

 “i precedenti tentativi di adottare una legislazione globale sul conflitto di interessi per i titolari di cariche politiche, compresi i parlamentari, sono in sospeso da anni.

Il regime relativo al conflitto di interessi rimane finora frammentato”.

Bruxelles ha fatto il punto sulla situazione nei due rami del Parlamento:

“La Camera dei deputati si era accinta a inserire formalmente il proprio Codice di condotta nel suo Regolamento interno, ma non ha terminato il lavoro nella legislatura precedente e ha ripreso le discussioni in proposito nell’attuale legislatura, senza fissare un termine per il completamento.

Il Senato ha adottato un Codice di condotta per i propri membri il 26 aprile 2022, ma il testo non è disponibile al pubblico e non sono state ancora pubblicate linee guida dettagliate.

Come l’anno scorso, non si sono registrati ulteriori sviluppi per quanto riguarda la pubblicazione obbligatoria delle dichiarazioni patrimoniali dei membri della Camera dei deputati e del Senato, che rimane soggetta a un regime frammentario”.

 

 

 

“Pfizer-gate”, cosa c'è dietro

 l'inchiesta dell'Ue che può

terremotare il bis di “Ursula

 von der Leyen”.

Ilmattino.it – Redazione – (02-04-2024) – ci dice:

 

Un nuovo terremoto giudiziario rischia di scuotere le istituzioni europee.

Dopo il Qatar-gate, un nuovo terremoto giudiziario rischia di scuotere le istituzioni europee.

Dagli effetti imprevedibili sui futuri assetti dell'Ue, a tre mesi dalle elezioni Europee di giugno.

 L'hanno già ribattezzato “Pfizer-gate”.

È il "caso" su cui indagano da mesi gli investigatori della Procura europea (Eppo) in merito alle accuse di illecito penale riguardanti una trattativa sui vaccini anti-Covid tra la presidente della Commissione europea “Ursula von der Leyen “e l'Ad di Pfizer “Albert Bourla”.

 

Di che si tratta?

Andiamo con ordine.

 Le indagini, ha riportato” Politico”, vertono su quattro ipotesi di reato: interferenza nelle funzioni pubbliche, corruzione, conflitto d'interessi e distruzione di sms.

Nessuno è stato però ancora formalmente accusato.

La prima inchiesta è partita dalle autorità giudiziarie del Belgio, nella città di Liegi all'inizio del 2023, e ha preso le mosse dalla denuncia presso la Procura di Liegi di un lobbista belga di 36 anni, “Frédéric Baldan”, contro “von der Leyen”, accusata di essere stata protagonista di una trattativa privata, tramite un giro di sms, con l' “Ad” di Pfizer “Bourla” per negoziare l'acquisto di decine di miliardi di euro di dosi di vaccini durante l'emergenza pandemica.

Le accuse.

La querela di Baldan non era rimasta isolata.

Segnalazioni simili sono arrivate, nei confronti della Commissione europea, dal governo polacco e quello ungherese, riporta “Politico”. Anche il “New York Times”, primo giornale a rivelare il caso – aveva fatto causa alla Commissione europea perché non aveva rivelato il contenuto dei messaggi con “Bourla”, nonostante una richiesta formale.

Ad oggi la Commissione non ha reso noto lo scambio tra von der Leyen e Bourla né ha confermato che sia effettivamente avvenuto.

Secondo indiscrezioni di stampa, l'accordo siglato tra Palazzo Berlaymont, sede della Commissione, e la multinazionale “Pfizer” aveva un valore intorno ai 20 miliardi di euro.

L’”Eppo”, la procura che ora ha in mano il caso, conduce indagini paneuropee sui crimini finanziari e potrebbe sequestrare telefoni e altro materiale rilevante dagli uffici della Commissione.

A rischio l'Ursula bis.

In attesa di nuovi sviluppi sul fronte giudiziario, si è aperto un fronte politico.

Vacilla oggi più di ieri la candidatura di “von der Leyen” alla presidenza della prossima “Commissione europe”.

 Un asse trasversale a Bruxelles inizia a mostrare apertamente dubbi sul mandato bis dell'ex ministro della Difesa tedesco, lanciata un mese fa dal “Partito popolare europeo”.

Un rebus che riguarda da vicino anche il governo italiano.

 In un anno e mezzo di navigazione a Palazzo Chigi la premier Giorgia Meloni ha intessuto un rapporto sempre più stretto con "Ursula".

 

Dalle passeggiate in mezzo al fango dell'alluvione in Emilia-Romagna alle missioni in Africa per stringere accordi di cooperazioni sui migranti - Tunisia, Egitto, Marocco - e lanciare il Piano Mattei, il sodalizio politico è cresciuto e ha attirato occhi indiscreti a Bruxelles.

Ora la candidatura scricchiola.

Anche a Roma, sono in tanti i “Fratelli d'Italia” che frenano, prendono tempo, o addirittura le distanze dalla presidente popolare.

Del resto, la storia recente insegna che la nomina a "Spitzenkandidat", la candidatura ufficiale per una famiglia europea, non è di buon auspicio.

Ora l'inchiesta della “procura Ue” sulla trattativa miliardaria per le dosi di vaccino può diventare la goccia che fa traboccare il vaso.

 

 

 

Consiglio europeo del 21 e 22 marzo,

le Comunicazioni al Senato.

Governo.it – Redazione – (19 Marzo 2024) – ci dice:

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi,

 

ci avviciniamo a uno degli ultimi Consigli europei di questa legislatura comunitaria. 

Superato lo scoglio della revisione del Quadro Finanziario Pluriennale, che è stata oggetto dell’ultimo Consiglio straordinario, una parte molto significativa delle discussioni in agenda di questa riunione verterà sui grandi temi della politica internazionale.

Si partirà naturalmente dalla situazione in Ucraina e dalla risposta europea all’aggressione russa.

Insieme agli altri leader europei ribadiremo ancora una volta il nostro sostegno all’Ucraina.

Un sostegno che ho voluto riaffermare, a nome dell’Italia, convocando la prima riunione dei leader del G7 sotto presidenza italiana proprio da Kiev, nel secondo, tragico, anniversario della brutale invasione russa e dell’eroica resistenza ucraina.

Voglio cogliere l’occasione per rivendicare con orgoglio il ruolo che il nostro Governo ha svolto, dapprima nel Consiglio del dicembre scorso per contribuire a sbloccare il negoziato per l’avvio del percorso di adesione dell’Ucraina all’Unione europea, e poi nel Consiglio straordinario di febbraio, per favorire una soluzione positiva proprio sulla revisione del quadro finanziario pluriennale, comprensivo di un adeguato stanziamento per l’Ucraina, ma anche di risorse fondamentali per affrontare alcune delle principali questioni di nostro interesse, dal sostegno alla competitività fino alla lotta all’immigrazione illegale.

Non era una trattativa facile, e probabilmente non avrebbe avuto questo epilogo se avessimo seguito i consigli di quanti, anche in quest’aula, da tempo sostengono che non si debba dialogare con tutti ma solo con alcuni, in questa bizzarra idea di un’Europa distinta tra Nazioni di serie A e altre di serie B.

Pare che linea vincente, e più utile all’Italia, oltre che alla comune causa europea e occidentale, sia invece quella sostenuta da chi – come la sottoscritta – ha sempre considerato tutti i partner europei degni di rispetto e considerazione.

Sempre in tema di Ucraina, in questi giorni si è molto discusso della proposta avanzata in particolare dalla Francia circa un possibile intervento diretto di truppe di Nazioni dell’Unione europea in Ucraina.

Approfitto per ribadire, anche in quest’aula, come fatto ampiamente dal Ministro degli Esteri “Tajani”, che la nostra posizione non è favorevole in alcun modo a questa ipotesi, che consideriamo foriera di una escalation pericolosa, da evitare, invece, ad ogni costo.

Spero che questo Parlamento sia compatto nel rispondere con noi sul punto.

Come ho più volte ribadito, anche in quest’Aula, sostenere l’Ucraina vuol dire tutelare il nostro interesse nazionale, e il nostro impegno rimane finalizzato, su tutto, alla creazione delle condizioni per una pace giusta, duratura e rispettosa della dignità della Nazione aggredita.

Ogni nostra azione ha prevalentemente questo scopo.

 

E mi stupisce, ma forse non dovrebbe, che proprio chi più si riempie la bocca con la parola pace abbia contestato la sottoscrizione da parte italiana di un accordo pluriennale di cooperazione di sicurezza con l’Ucraina.

Perché la cooperazione di lungo termine sulla sicurezza che abbiamo offerto riguarda più la pace che non il conflitto.

 

La ragione è semplice: gli ucraini fanno presente che un ostacolo fondamentale a qualsiasi possibile negoziato sta nel fatto che la Russia, fin qui, ha sistematicamente violato gli accordi sottoscritti e il diritto internazionale.

 Basti pensare che dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, con il “Memorandum di Budapest del 1994”, Kiev ha consegnato a Mosca le numerose testate atomiche in suo possesso in cambio del rispetto dell’inviolabilità dei confini ucraini.

A nessuno sfugge che una potenza atomica non sarebbe stata invasa dai russi nel 2014 e poi di nuovo nel 2022, come invece è accaduto in violazione di quel “Memorandum”.

Quindi, come ci si può ragionevolmente sedere a un tavolo di trattative con qualcuno che non ha mai rispettato gli impegni assunti?

Ecco, perché degli impegni internazionali di sicurezza in favore dell’Ucraina sono il prerequisito indispensabile a qualsiasi accordo di pace tra Ucraina e Russia.

 

E non si tratta, come qualcuno prova oggi a raccontare, dell’impegno a fornire armi per i prossimi dieci anni.

Si tratta invece di un’intesa multidimensionale, che fa seguito ad analoghi accordi sottoscritti da altri Stati europei ed occidentali, che riguarda una cooperazione a 360 gradi, compresa la ricostruzione, l’assistenza umanitaria e una rafforzata collaborazione politica e di sicurezza.

Come è naturale che avvenga nei confronti di uno Stato che ha avviato il percorso di adesione all’Unione Europea.  

 

Detto questo, l’Italia saluta con favore l’ingresso definitivo della Svezia e della Finlandia nell’Alleanza Atlantica e condanna ogni atteggiamento aggressivo da parte della Federazione Russa nei confronti di queste due Nazioni amiche e alleate, così come nei confronti dei Paesi Baltici.

Allo stesso modo, ribadiamo la nostra condanna allo svolgimento di elezioni farsa in territorio ucraino e alle vicende che hanno portato al decesso in carcere di “Alexei Navalny”, il cui sacrificio in nome della libertà non sarà dimenticato.

 

Il “Consiglio Europeo” tratterà naturalmente anche dell’altro drammatico conflitto in corso, quello tra “Israele e Hamas”.

Come sapete sono reduce da una missione in Egitto, sulla quale tornerò anche dopo, nel corso della quale insieme alla Presidente della Commissione europea e diversi leader europei abbiamo incontrato il presidente “Al Sisi”, con il quale abbiamo discusso della “situazione a Gaza” e della necessità di continuare a lavorare senza sosta per evitare una estensione del conflitto che, come ho già detto, avrebbe conseguenze potenzialmente inimmaginabili.

Siamo fortemente impegnati affinché il “Consiglio europeo” possa adottare una posizione autorevole sulla crisi e sul contributo che l’Europa può offrire alla soluzione.

 

Ribadiremo ancora una volta la nostra ferma condanna della brutale aggressione perpetrata da” Hamas il 7 ottobre scorso” e ribadiremo la richiesta di un immediato rilascio di tutti gli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza.

Perché non possiamo dimenticare chi è stato a scatenare questo conflitto, massacrando civili inermi, donne e bambini compresi, e mostrando al mondo i loro corpi oltraggiati.

 È stato “Hamas”, e lo sottolineo perché la reticenza che sempre più spesso si incontra nel ribadirlo tradisce “un antisemitismo latente, ma dilagante”, che ci deve preoccupare tutti.

 

Ribadiremo anche che il legittimo diritto all’autodifesa di Israele deve esercitarsi con proporzionalità e nel rispetto del” diritto internazionale umanitario”.

 Non possiamo restare insensibili di fronte all’enorme tributo di vittime civili innocenti a Gaza, vittime due volte:

 prima del cinismo di Hamas che le utilizza come scudi umani e poi delle operazioni militari israeliane.

 

Ribadiremo la nostra contrarietà a un’azione militare di terra da parte di Israele a Rafah che potrebbe avere conseguenze ancora più catastrofiche sui civili ammassati in quell’area;

 riaffermeremo la necessità di assicurare la consegna in sicurezza degli aiuti umanitari e il sostegno all’iniziativa “Amalthea” per un canale marittimo da “Cipro a Gaza” finalizzato alla consegna degli aiuti stessi. Ferma restando, naturalmente, la necessità di aprire nuove vie terrestri che rimangono prioritarie.

 

Confermeremo il nostro sostegno agli sforzi di mediazione portati avanti, in particolare, da Stati Uniti, Egitto e Qatar per un prolungato cessate il fuoco che possa consentire il rilascio incondizionato degli ostaggi e massicci aiuti umanitari alla popolazione civile.

E proprio sul piano umanitario prosegue l’incessante lavoro dell’Italia a favore della popolazione civile di Gaza, che dopo l’invio della “nave ospedale Vulcano” e le iniziative congiunte con i Paesi del Golfo, in particolare, vede ora anche l’arrivo di bambini palestinesi nei nostri principali ospedali pediatrici, che voglio ringraziare, per poter essere curati.

 

Il Governo italiano, in ultimo, saluta con favore il cambio di leadership in seno all’”Autorità Nazionale Palestinese”, che ci auguriamo possa consentire di rilanciare la soluzione a “due Stati”, sulla quale continuiamo a ritenere prioritario avviare iniziative concrete, e l’Europa in questo può, e deve, dal nostro punto di vista, giocare un ruolo da protagonista.

 

Come sappiamo, le conseguenze del conflitto tra Israele e Hamas si ripercuotono in modo diretto su tutto il Medio Oriente e la nostra preoccupazione va anche a quanto sta avvenendo nel Mar Rosso.

Permettetemi, in primo luogo, di rivolgere un pensiero di sincera gratitudine alla “Marina Militare italiana” e all’”equipaggio della nave Duilio” che si trova, in questi giorni, nelle acque prospicienti il Mar Rosso, impegnata in una missione dall’alto potenziale di rischio per assicurare la sicurezza e la libertà di navigazione alle nostre navi commerciali.

In questi giorni, “nave Duilio” ha dovuto neutralizzare più di un attacco portatole dai “droni Houthi”, lo ha fatto con prontezza ed efficacia, così come sempre con prontezza ed efficacia operano le nostre Forze Armate.

 

È anche per questo che proprio all’Italia è stato assegnato il comando tattico dell’”operazione europea Aspides”, deliberata con tempestività dalle Istituzioni europee soltanto poche settimane fa.

Tutti noi sappiamo quanto le minacce e le “operazioni degli Houthi” facciano parte di un disegno più vasto che vede, purtroppo, l’ “Iran impegnato in prima linea” nel sostenere non soltanto gli “Houthi” ma anche “Hamas” e “Hezbollah”, nonché a fornire di droni le operazioni russe in Ucraina.

 

E sappiamo anche quanto sia importante quel tratto di mare per i nostri interessi economici e geostrategici e quanto sia concreto il rischio che i maggiori costi sostenuti dalle nostre compagnie di navigazione finiscano non soltanto per comprometterne la competitività, ma anche per scaricarsi sul prezzo finale delle merci, portando a un nuovo aumento dei costi per i consumatori proprio ora che l’inflazione sta finalmente scendendo, e l’Italia si distingue per l’inflazione più bassa registrata tra le economie del G7.

 

La vicenda del Mar Rosso ci dimostra, anche, quanto siano importanti una chiara visione europea a tutela dei nostri interessi e una politica di sicurezza e difesa all’altezza delle nostre ambizioni e delle nostre esigenze difensive.

Nel prossimo Consiglio ci sarà, infatti, un dibattito quanto mai urgente e delicato sulla sicurezza e sulla difesa europea.

Voglio dire con chiarezza che l’Italia è pronta a fare la propria parte nello sviluppo della strategia europea per l’industria della difesa, presentata alcuni giorni fa dalla Commissione.

E qui francamente penso, signori, che occorra smettere di essere ipocriti, perché le accuse di una eccessiva ingerenza americana e gli strali contro una seria politica di difesa nazionale ed europea camminano curiosamente sempre insieme, ma insieme non stanno.

Se chiedi a qualcuno di occuparsi della tua sicurezza devi prendere in considerazione l’ipotesi che quel qualcuno avrà grande voce in capitolo quando si tratterà di discutere di dinamiche internazionali.

Spendere in difesa significa investire nella propria autonomia, nella propria capacità di contare e decidere, nella propria possibilità di difendere al meglio i propri interessi nazionali, ed è la strada che segue qualsiasi Nazione seria.

Ma è la strada che deve seguire anche l’Europa, se vuole essere seria. Per questo, sarà necessario approfondire il tema delle risorse che servono anche al livello UE per fare il salto di qualità necessario nel settore della difesa e l’Italia vuole essere tra i protagonisti di questo dibattito, e tra quanti promuovono anche soluzioni innovative per dotarci dei finanziamenti necessari.

Rivendichiamo da sempre la necessità che la “NATO” sia composta da due colonne, una americana e una europea, con pari dignità e pari peso, ma questo significa anche rispettare i vincoli previsti e sottoscritti, dotarsi di adeguata forza industriale e capacità di deterrenza, senza la quale non potrà esserci né sicurezza né libertà per i nostri popoli.

Sì, la libertà ha un costo, la sovranità ha un costo, e non credete a chi vi dice che tutto può esservi concesso gratuitamente.

Il risultato, spesso, e come si è visto, è che si paga molto di più.

 

Le esigenze di sicurezza e difesa dell’Unione europea sono strettamente connesse al tema dell’allargamento dell’Unione o, meglio, della riunificazione dell’Europa, come preferiamo definirla.

Come sapete l’Italia ha investito molto su questo processo, con particolare attenzione ai Balcani occidentali.

Sosteniamo il percorso di avvicinamento all’Unione europea per tutti i candidati, sia quelli orientali (Ucraina, Moldova e Georgia) sia appunto quelli dei Balcani occidentali.

In questo quadro siamo pronti a sostenere, ancora una volta, e alla luce della raccomandazione contenuta nel relativo rapporto della Commissione, l’apertura dei negoziati di adesione per la Bosnia-Erzegovina.

Si tratta di una decisione che, siamo convinti, possa portare a ulteriori e decisivi progressi da parte di Sarajevo nel percorso di riforme verso l'Unione Europea.

Del resto abbiamo già visto come la concessione, a dicembre del 2022, dello “status di Paese candidato” alla Bosnia-Erzegovina l’abbia portata a realizzare, in poco più di un anno, un numero di riforme superiore a quanto fatto nei precedenti dieci anni.

 

Il Consiglio prossimo sarà anche l’occasione per fare il punto sulla risposta europea in materia di contrasto all’immigrazione clandestina e al traffico di esseri umani.

 Un dossier che ormai viene calendarizzato ad ogni riunione, su esplicita richiesta dell’Italia, per tenere monitorati i progressi grazie a comunicazioni puntuali da parte della Commissione.

Come sapete, sono reduce da una missione molto significativa in Egitto insieme alla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, al Presidente di turno del Consiglio Europeo “De Croco”, al Presidente cipriota Christodoulides, al Cancelliere austriaco Hammer e al Primo Ministro greco Mitsotakis.

Si è trattato di un vertice molto produttivo, che si è concluso con la firma di una “Dichiarazione congiunta UE-Egitto” propedeutica a un accordo di “partenariato strategico e globale” che segna, indubbiamente, un salto di qualità nelle relazioni con un partner fondamentale nel Mediterraneo.

Approvvigionamento energetico, sicurezza e capacità di mediazione nel conflitto mediorientale, gestione dei flussi migratori:

sono i principali punti di un documento comune che fornisce un nuovo quadro di riferimento nei rapporti con quest’importante vicino.

 

Sapete che l’Italia si è molto impegnata per esportare il “modello Tunisia” anche ad altre Nazioni africane del Mediterraneo.

E sapete anche che l’Italia si era già mossa in questa direzione a livello bilaterale, rilanciando la cooperazione con l’Egitto nell’ambito del “Piano Mattei”, cooperazione che domenica scorsa abbiamo ulteriormente concretizzato con la firma di quattordici intese bilaterali.

Grazie a questa rinnovata cooperazione e ai buoni rapporti coltivati abbiamo raggiunto l’importante risultato della “scarcerazione di Patrick Zak”i, ma a differenza di quanto sostenuto da alcuni, non abbiamo interrotto, e non intendiamo interrompere, la ricerca della verità sul caso di “Giulio Regeni”, come dimostra il processo in corso in Italia, che il Governo segue con molta attenzione.

 E rispetto al quale ci siamo costituiti parte civile.

Continuiamo a ritenere che la strada di una cooperazione di lungo periodo, strutturata, con le Nazioni africane e mediterranee sia anche lo strumento più efficace per costruire una soluzione strutturale al problema migratorio.

E l’”accordo Ue-Tunisia”, fortemente promosso dal Governo italiano, che oggi sta dando i suoi frutti proprio sul fronte migratorio, dimostra come la strada intrapresa sia quella giusta.

 Gli ultimi dati forniti da “Frontex certificano”, infatti, un calo di arrivi sulla rotta del Mediterraneo centrale di circa il 60% nei primi mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una sensibile diminuzione proprio di quelli provenienti dalla Tunisia.

E aggiungo l’importante dato che riguarda la drastica riduzione della rotta proveniente dalla Turchia, che negli anni scorsi ha rappresentato una delle maggiori criticità per l’Italia.

Siamo, quindi, particolarmente orgogliosi che il modello di cooperazioni rafforzata con i Paesi del Mediterraneo allargato, su cui il nostro Governo ha investito tante energie in questi mesi, diventi il paradigma di riferimento anche per l’Unione Europea, nel suo complesso.

E mi auguro che non ci siano opposizioni ideologiche o strumentali lungo il percorso che ci porterà all’attuazione dell’accordo con l’Egitto, come purtroppo abbiamo ancora una volta dovuto constatare alcuni giorni fa proprio sulla Tunisia.

 Sul fronte migratorio però non dobbiamo e non possiamo abbassare la guardia.

L’arrivo della bella stagione può incoraggiare i trafficanti di esseri umani nel provare ad intensificare i loro traffici.

Per questa ragione è fondamentale attuare pienamente il piano di azione in dieci punti presentato dalla Commissione europea e attualmente in fase di implementazione.

Così come è importante allargare la cooperazione con i Paesi africani e in tema di lotta alle reti di trafficanti anche oltre i confini europei.

 È la ragione per la quale Africa e migrazioni saranno anche al centro della “Presidenza Italiana del G7”, e il nostro duplice obiettivo è - da una parte - quello di aumentare gli sforzi sul continente africano e - dall’altro - quello di lanciare un’alleanza globale contro i trafficanti di esseri umani.

Il nuovo approccio a carattere onnicomprensivo e multidimensionale alla sfida migratoria, adottato su spinta italiana dall’Unione Europea, è stato ben descritto nella “Comunicazione pubblicata dalla Commissione” in vista del Consiglio, che tratteggia sviluppi e prospettive dell’azione continentale.

Questo nuovo approccio viene confermato anche pro-futuro, in chiave di attuazione e rafforzamento di tutte le misure concordate e con una specifica, forte, attenzione alla prospettiva degli Stati membri mediterranei.

Un approccio dunque ritagliato, in tutte le sue componenti, anche e soprattutto sulle loro esigenze, cioè sulle nostre esigenze.

 Al Consiglio europeo promuoveremo una ulteriore sottolineatura del carattere prioritario della dimensione esterna per una soluzione strutturale alla sfida migratoria, che rimane l’aspetto, per noi, assolutamente cruciale.

Questo Consiglio europeo si occuperà, lasciatemelo dire, finalmente, anche di agricoltura.

 È stata una richiesta avanzata particolarmente dall’Italia che siamo lieti sia stata recepita.

Dopo questa nostra richiesta all’ultimo” Consiglio straordinario” si è poi svolto il “Consiglio Agrifish”, lo scorso 26 febbraio, e già in quella sede i ministri dell’Agricoltura e della Pesca dei 27 hanno espresso una forte volontà di intervenire a sostegno di un settore che è stato troppo a lungo dimenticato e oggetto di attenzioni non sempre benevole.

 La doppia crisi pandemia-guerra ha colpito anche le catene di approvvigionamento alimentare e ha gravato le imprese agricole di un aumento dei costi fissi che ne ha ulteriormente ridotto la redditività.

A questo si sono aggiunti, da un lato, l’appesantimento burocratico introdotto dalle misure di inverdimento della PAC e dall’altro l’accanimento ideologico di molte norme del “Green Deal”, del pacchetto “Fit for 55” e della strategia “Farm to Fork”.

 

L’Europa si è così risvegliata con i trattori nelle strade, in prima battuta in quei Paesi che avevano adottato ulteriori misure nazionali particolarmente penalizzanti per il settore, a cominciare dall’interruzione dei sussidi per il gasolio agricolo, scelta che invece non ha fatto l’Italia, che ha prorogato quei sussidi.

Perché a questo Governo non sono serviti i trattori nelle strade perché si occupasse della materia, grazie anche al confronto costante che il “Ministro Lollobrigida” ha mantenuto con le organizzazioni maggiormente rappresentative che, infatti, a differenza dei loro colleghi e omologhi di Francia, Germania, Belgio, Spagna, Olanda e molti altri, non hanno partecipato alle manifestazioni.

Rivendico, con orgoglio, che il nostro è stato sinora il Governo che più ha investito in agricoltura nella storia repubblicana, arrivando a stanziare - grazie alla tanto vituperata rimodulazione del PNRR - fino a 8 miliardi per il comparto agricolo.

 Una scelta strategica, alla quale si sono aggiunti in questi 17 mesi di Governo molti altri importanti provvedimenti dei quali questo Parlamento ha già avuto modo di discutere alcune settimane fa.

L’ultimo intervento riguarda la questione dell’Irpef agricola, inserita, seppure marginalmente, anche in alcune piattaforme dei manifestanti.

Rivendichiamo la scelta di non esentare dal pagamento dell’IRPEF agricola le imprese di maggiori dimensioni, che possono permettersi di pagarla, e invece la scelta di concentrare le risorse destinate al comparto agricolo in favore di chi ne ha davvero bisogno, non solo esentando questi dal pagamento dell’Irpef ma anche con ulteriori, concrete, misure di sostegno.

Ma soprattutto, gli agricoltori (e con loro i pescatori) sanno che, fin dal primo giorno, il nostro Governo in sede europea ha contrastato quella “visione ideologica della transizione green” che ha individuato proprio nell’agricoltore, nel pescatore, negli operatori economici che lavorano a contatto con la natura, dei nemici da colpire in nome della “guerra santa” contro” il cambiamento climatico”.

Per noi invece l’agricoltore è il primo ambientalista, è il bio-regolatore per eccellenza, è il garante della nostra sicurezza alimentare, è colui che ha il maggiore interesse a preservare la natura – atteso che proprio dalla natura trae il suo reddito – e come tale deve essere pienamente coinvolto nelle politiche di riduzione delle emissioni, perché se lo graviamo di oneri insostenibili – sul piano economico e burocratico – fino a far finire la sua azienda fuori mercato e a farlo chiudere, il giorno dopo quel pezzo del nostro ambiente rurale sarà abbandonato all’incuria e alla fine produrrà maggiori danni.

 

Su questo argomento proprio il nostro Governo ha presentato un documento che è stato sostenuto da tutti” i Ministri dell’Agricoltura”. Ora ci auguriamo che, dalla discussione dei prossimi giorni, possano scaturire indicazioni forti alla Commissione e al successivo “Consiglio Agrifish” del 26 marzo, soprattutto in alcune direzioni. 

Abbiamo accolto, con favore, l’annuncio della “Commissione sul ritiro definitivo della proposta legislativa in materia di agrofarmaci”, che il Parlamento europeo prima e il Consiglio poi avevano bocciato. 

 

Ora è urgente, in primo luogo, intervenire sull’attuazione della Politica Agricola Comune.

Penso possiate convenire con me sul fatto che, quando tutti noi abbiamo sostenuto la “vecchia PAC”, il contesto era molto diverso da quello attuale.

Non si era ancora verificato lo shock dell’invasione russa in Ucraina, in primo luogo, e in secondo luogo la “Politica Agricola Comune” che è stata votata era comunque una mediazione, rispetto alle “folli pretese” dell’allora Vicepresidente “Timmermans”, che voleva una PAC ancora più sbilanciata verso le misure di inverdimento, tanto da voler ricomprendere al suo interno gli obiettivi di riduzione delle emissioni del “Green Deal”.

Queste pretese non si materializzarono allora, ma si sono verificate successivamente con la definizione degli eco-schemi e delle condizionalità verdi, ed è proprio da quelle che si deve partire, semplificando al massimo le procedure ed eliminando con effetto retroattivo l’obbligo di messa a riposo del 4% dei terreni e l’obbligo di rotazione delle colture, che limiterebbe in maniera sensibile la produttività delle nostre imprese.

La recente proposta della “Commissione di ampia revisione della PAC” va nella giusta direzione, riprendendo molte delle proposte italiane.

 Ora è importante lavorare rapidamente alla riforma, a partire dal prossimo “Consiglio Agricoltura e Pesca “di fine marzo. 

E lavoriamo perché possano trovare spazio altre proposte italiane, come l’estensione del “Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato”, prevedendo comunque un incremento del regime “de minimis”, nonché una moratoria dei debiti delle imprese agricole.

 In questo contesto così difficile è indispensabile rafforzare la nostra risposta alla concorrenza sleale dei Paesi terzi, affermando il principio di reciprocità, condurre i futuri negoziati sugli “Accordi di libero scambio” - a partire da quello sul “Mercosur” - con un’accresciuta attenzione al mondo agricolo, intervenire anche sulle importazioni agricole dall’Ucraina affinché i sacrosanti sforzi che hanno portato a ripristinare i corridoi della “Grain Initiative” siano orientati verso i Paesi terzi più bisognosi di grano e di altre materie prime, e non producano ulteriore concorrenza al ribasso a scapito dei produttori europei.

Infine, dato anche questo molto importante, siamo ancora in una fase di asimmetria nella distribuzione del valore lungo le filiere, soprattutto in alcuni settori.

 Oltre all’opera di “moral suasion” che il Governo potrà svolgere tra tutti gli interlocutori, sarà importante “rafforzare la direttiva sulle pratiche commerciali sleali” che potrà aiutare a garantire il giusto prezzo alle nostre imprese agricole.

Infine, voglio cogliere l’occasione di questo dibattito parlamentare per condividere con voi la soddisfazione in merito all’esito del negoziato sul nuovo regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio.

 Sono fiera del risultato raggiunto e sono fiera del grande lavoro di squadra che è stato fatto dall’intero Sistema Italia:

Governo, imprese, associazioni di categoria, Parlamento nazionale, parlamentari europei di diversi schieramenti, col supporto dei nostri funzionari a Bruxelles, hanno remato tutti nella stessa direzione per preservare un modello di eccellenza nell’economia circolare che è stato costruito nel corso degli anni con il contributo straordinario di tante nostre imprese e dei cittadini italiani.

Non soltanto gli addetti ai lavori ma tutti gli italiani devono sapere che, grazie a questo lavoro di squadra, al quale tutto il Governo, a partire dalla sottoscritta, si è dedicato, ma che una volta tanto ci ha visto batterci spalla a spalla anche con esponenti delle opposizioni, abbiamo messo in sicurezza una percentuale significativa del nostro PIL, coniugando sostenibilità e competitività.

Lo voglio citare, e concludo, come esempio virtuoso e come modello per il futuro.

 Perché quando l’Italia ha belle storie da raccontare e buone ragioni da difendere, e soprattutto se riesce a mettere l’interesse nazionale davanti agli interessi di parte, non c’è nulla che non possa fare.

Vi ringrazio.

 Governo Italiano.

 

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