Corruzione e conflitto di interessi nel governo europeo.
Corruzione
e conflitto di interessi nel governo europeo.
Conflitto
di interessi, corruzione,
abuso
di potere: gli scandali
del
parlamento europeo.
Irpimedia.irpi.eu
– (31.01.24) - Raffaele Angius - Beatrice Cambarau - Simone Olivelli – ci
dicono:
Un’inchiesta
coordinata da “Follow The Money”, con “Irpi Media “e numerosi media partner,
rivela l’estensione degli scandali che coinvolgono centinaia di parlamentari
europei.
È
passato poco più di un anno dall’operazione della polizia belga che, il 9
dicembre del 2022, ha tratto in arresto la vicepresidente del Parlamento
europeo, la greca” Eva Kaili”, insieme al compagno italiano “Francesco Giorgi”
e l’ex parlamentare europeo “Antonio Panzeri”, di cui “Giorgi” era
collaboratore.
L’accusa
a vario titolo è di aver ricevuto denaro dal “Qatar” e dal “Marocco” in cambio
di politiche compiacenti e lobbismo favorevole ai due Paesi arabi.
In più
di una dozzina di perquisizioni la polizia ha trovato quasi 900.000 euro in
contanti – di cui circa 720.000 in banconote da 50 euro, nascosti in una
valigia piena di biberon e pannolini appartenenti alla figlia di 21 mesi di “Kaili”.
A oggi
l’indagine è ancora in corso.
Sebbene
gli imputati neghino qualsiasi responsabilità personale, la catena di sequestri
ha rappresentato uno spartiacque nel modo in cui sono percepite le istituzioni
di Bruxelles:
è un caso isolato, ci si potrebbe chiedere, o
la punta dell’iceberg di un sistema politico troppo distante dalle persone che
pretende di rappresentare?
L’INCHIESTA
IN BREVE.
Il
prossimo giugno si terranno le elezioni per eleggere la composizione del nuovo
Parlamento europeo:
il primo dallo scoppio del caso “Qatargate”,
che ha messo in grave crisi la percezione d’integrità delle istituzioni
comunitarie.
In
vista di questo appuntamento, “Follow the Money”, “Irpi Medi”a e giornalisti di
tutta Europa, hanno analizzato la copertura mediatica degli ultimi dieci anni
per esaminare l’integrità del Parlamento europeo uscente.
Questa
indagine dimostra che il “Qatargate” non è un incidente isolato, ma la punta di
un iceberg di condotte discutibili e illecite che minano la credibilità e
l’efficacia dell’intero “sistema Europa”.
Almeno
253 vicende hanno fatto notizia a livello locale o internazionale e riguardano
163 degli attuali 704 legislatori dell’Ue.
Comportamenti inappropriati, corruzione e
scandali legati a frodi o furti hanno macchiato le loro carriere il più delle
volte.
In
totale, 23 rappresentanti hanno perso cause legali.
Secondo
“Nick Aiossa”, direttore di “Transparency International Ue”, anche questa cifra
è probabilmente solo la punta dell’iceberg.
Con
questa inchiesta ha inizio il lavoro di monitoraggio di “Irpi Media” in vista
delle prossime elezioni europee, accorpate dal governo alla tornata di
consultazioni amministrative, che si terranno a giugno.
Per
trovare una risposta, il consorzio “Follow The Money” ha avviato un’indagine
transnazionale coinvolgendo trentasei giornalisti da venti Paesi diversi – “Irpi
Media” per l’Italia – per misurare l’integrità delle istituzioni europee
attraverso la ricerca di qualsiasi scheletro negli armadi dei rappresentanti
che siedono nel più alto emiciclo comunitario.
Quante
macchie nascondono i membri del Parlamento (Mep)?
Quali gruppi politici ospitano il maggior
numero di trasgressori e qual è il comportamento scorretto più ricorrente?
LA
METODOLOGIA DI RICERCA.
Il
lavoro di ricerca dei giornalisti ha permesso di identificare ben 253 episodi
in cui i Parlamentari europei sono stati coinvolti in scandali, indagini o
accuse di gravità variabile, sia a livello locale sia internazionale.
Questi
scandali riguardano un totale di 163 membri attuali del Parlamento europeo – un
quarto dei 704 legislatori.
Il 3% di loro (23 persone), ha subito una
condanna o è stato multato in seguito all’accertamento di illeciti e reati.
Questo
dato si estende a tutta l’Ue:
in
quasi tutti i Paesi comunitari c’è almeno uno o più legislatori coinvolti in
comportamenti discutibili o del tutto illegali, sebbene la gravità dei singoli
episodi possa variare molto.
Prendiamo
ad esempio il caso relativamente minore dell’eurodeputato estone ”Jack Madison”,
che ha pagato una multa di 100 euro per aver rivenduto uno smartphone trovato a
bordo del traghetto sul quale lavorava, anziché denunciarlo alle autorità
competenti.
Oppure
l’europarlamentare tedesco “Gunnar Beck”, uno dei due vicepresidenti del gruppo
di destra” Identità e Democrazia Europea,” multato per essersi attribuito
impropriamente il titolo di “professore” sulla scheda elettorale per le
elezioni europee del 2019.
Episodi
minori, appunto, se raffrontati ad altri nei quali il politico di turno è stato
destinatario di condanne o addirittura rischia di finire in carcere.
È il
caso di “Lara Comi”, europarlamentare di “Forza Italia”, che lo scorso ottobre
è stata condannata da un giudice italiano quattro anni e due mesi di carcere
per aver intascato 500 mila euro di denaro pubblico.
“Comi”,
che è stata anche sottoposta a misure cautelari, ha annunciato ricorso ed è
ancora in carica come legislatrice del Parlamento europeo.
Ma
ancora, spiccano i guai dell’europarlamentare della Lega “Massimo Casanova”,
titolare del celebre “Papeete”, dove ormai il leader, “Matteo Salvini”, ha
stabilito il quartier generale estivo del partito.
Nel
2021 il Gip di Ravenna ha disposto, su richiesta della Procura, il sequestro
preventivo di circa 500 mila euro sulle due società che gestiscono la discoteca
e i bagni di Casanova.
L’accusa è di evasione fiscale.
Anche
in questo caso, il parlamentare proclama la sua innocenza e mantiene il suo
scranno a Strasburgo.
Ma gli
italiani sono in buona compagnia con i propri colleghi provenienti da altri
Paesi, alcuni dei quali registrano una propensione ben più decisa dell’Italia
nell’inviare a Strasburgo, sede del Parlamento europeo, rappresentanti
invischiati in indagini e scandali.
Ultimo
in ordine di tempo – e per questa ragione non incluso nel database di “Follow
The Money” – riguarda la parlamentare lettone “Tatjana Ždanoka”, accusata dalla
testata russa “The Insider” di essere in realtà una spia al soldo di Mosca nel
cuore delle istituzioni europee.
Spicca
poi il parlamentare greco di estrema destra “Ioannis Lagos”, condannato con
l’accusa di essere a capo di “un’organizzazione criminale” a causa della sua
partecipazione alla guida del partito greco di destra” Alba Dorata”.
Nonostante
sia stato condannato a quasi 14 anni di carcere, è ancora attivo come legislatore
dell’Unione europea, dalla sua cella in Grecia, dalla quale partecipa
virtualmente alle commissioni parlamentari, scrive emendamenti e percepisce lo
stipendio da parlamentare.
Armi
spuntate.
L’Europa
manca di strumenti efficaci per tutelare le sue stesse istituzioni.
Nonostante
il Parlamento europeo sia in grado di emettere sanzioni e trattenere la paga
dei “Mep” responsabili di violazioni gravi, le conseguenze politiche e
reputazionali per i trasgressori non sembrano arrivare, sia perché spesso
queste vicende passano in sordina e non arrivano alla conoscenza dei cittadini,
sia perché lo status “internazionale” del Parlamento europeo ne limita la
capacità di prendere misure drastiche.
Come
nel caso di “Ioannis Lagos”, la gravità della condanna non permette comunque a
Strasburgo di rimuovere un parlamentare, nemmeno quando questo sia in
prigione.
«Il
mandato di un deputato al PE è un mandato nazionale e non può essere revocato
da un’altra autorità», si legge nei documenti che regolano l’attività di
Strasburgo:
«Poiché i deputati al Parlamento europeo sono eletti
in base alla legge elettorale nazionale, se sono giudicati colpevoli di un
reato spetta alle autorità dello Stato membro decidere sull’eventuale decadenza
del suo mandato».
In tal
senso interviene, per quanto riguarda l’Italia, la legge Severino, grazie alla quale in caso di gravi
condanne, può essere revocato il mandato di un deputato europeo.
Tuttavia
non tutti i Paesi sono attrezzati con leggi di questo tipo, creando uno
squilibrio di fatto nel diritto di ciascun Paese di mandare in Europa
parlamentari più o meno integri.
A
creare un bilanciamento dovrebbe essere in primis il quarto potere, quello
dell’informazione, ma anche in questo caso le vicende che coinvolgono i parlamentari
europei vengono eventualmente riportate nell’immediato, ma raramente si dà
seguito alla “notizia” attraverso approfondimenti e pressione pubblica.
Questa
disattenzione tradisce il ruolo del giornalismo come “guardiano” della
democrazia, e a sua volta contribuisce a ritardare la formazione di una
“coscienza europea”.
Sia
esso belga, italiano o greco, un parlamentare europeo rappresenta tutti i
cittadini europei, non solo quelli del suo Paese di provenienza.
Pertanto
dovrebbe essere un diritto di tutti quello di essere informati di notizie o
crimini avvenuti tra chi occupa i banchi del parlamento.
A
passare inosservati sono soprattutto i casi “minori”, che annoverano episodi di
mobbing, molestie e altri comportamenti mortificanti nei confronti del prossimo.
È quanto emerge dall’indagine di “Follow the
Money”, che ha trovato più di 46 casi relativi a 37 legislatori finiti sulle
prime pagine dei giornali per presunti comportamenti inadeguati.
A
questo proposito il Parlamento incorpora conseguenze tiepide e formali, che
possono portare a sanzioni comminate dallo stesso presidente dell’organo.
Una
delle ultime, in ordine di tempo, è quella che ha colpito la parlamentare
spagnola “Mónica Silvana González”, ritenuta responsabile di aver compiuto
pressioni psicologiche indebite nei confronti di tre assistenti parlamentari.
Ma c’è
anche un italiano tra i destinatari delle reprimende europee:
è “Angelo Ciocca”, in quota Lega, che a
novembre del 2019 è stato sanzionato «per il suo comportamento aggressivo
e irrispettoso nei confronti dei suoi colleghi e del Parlamento» si legge in una nota della presidenza.
La sanzione è stata il trattenimento di dieci
giorni di indennità giornaliere e la temporanea sospensione dalla
partecipazione di alcune attività del Parlamento, fatte salve quelle dove il “Mep”
ha diritto di voto.
L’Italia
di mezzo.
Nonostante
si tenda spesso a considerare l’Italia un Paese poco serio quando si parla di
tavoli internazionali, alla luce delle ricerche condotte da “Irpi Media” i
rappresentanti nazionali costituiscono una piccola fetta dei casi di scandali
tra Bruxelles e Strasburgo.
Su
venticinque Paesi presi in considerazione, l’Italia è la diciassettesima per
numero di rappresentanti coinvolti in scandali noti, rispetto al totale dei
parlamentari.
Questi
sono il 18,4% di tutti i “Mep” provenienti da sotto le Alpi, relativamente meno
rispetto a quelli ad esempio del Belgio (28,5%), dell’Irlanda (38,4%) o
dell’Ungheria – il Paese con più scandali in assoluto per numero di
parlamentari – con il 61,9% delle ricorrenze.
Tuttavia,
l’Italia rappresenta uno dei Paesi con il maggior numero di scandali in numeri
assoluti, con 18 episodi registrati – che posiziona il Paese al quarto posto
dopo Ungheria, Francia e Polonia con rispettivamente 21, 25 e 31 episodi
segnalati.
«Quando
si parla di corruzione e, più in generale, di atti inopportuni rispetto a
quelli che ci si aspetterebbe da un rappresentante delle istituzioni, è
importante sottolineare che da tempo esiste un grande dibattito tra quanti
sostengono che nel nostro Paese la percezione della corruzione da parte dei
cittadini sia estremamente più elevata rispetto a quella che i dati concreti –
in termini di esercizio dell’azione penale e soprattutto di accertamento dei
fatti in sede processuale – dicono»,
spiega
a “Irpi Media” “Federico Anghelé”, direttore di “The Good Lobby”:
«Quello
che possiamo dire con certezza è che in Italia la piccola corruzione, intesa
come quell’insieme di atti che puntano a ottenere un vantaggio immediato da un
pubblico ufficiale, non è così diffusa come si potrebbe pensare; resta però il
grave problema dei cosiddetti scandali, che vedono coinvolti politici,
funzionari e imprenditori».
Fenomeni
in cui a emergere sono «reti di relazioni che si innestano in un sistema
caratterizzato da opacità e clientelismo – prosegue l’esperto – ed è naturale
che muoversi in un contesto in cui la trasparenza degli atti è ancora scarsa
porta ad amplificare anche la percezione del problema».
PARLAMENTARI
EUROPEI: GLI ITALIANI SANZIONATI.
Maggiori
indicazioni sull’Italia possono essere evinte dalla distribuzione politica dei
casi registrati da “Irpi Media”.
Su un
totale di 18 episodi registrati e riguardanti i parlamentari italiani, sei
coinvolgono “Forza Italia” e altrettanti “la Lega”, mentre cinque riguardano
esponenti di “Fratelli d’Italia”
.
Secondo i criteri adottati per l’analisi, solamente un episodio coinvolge il “Partito
Democratico”:
è il
caso di Andrea Cozzolino”, che ha scontato quattro mesi ai domiciliari sempre
nell’ambito del “Qatargate”, dal quale si dichiara completamente estraneo.
Successivamente rilasciato, anche lui attende
notizie dell’inchiesta, che al momento non sembra aver fatto alcun passo
avanti.
Corruzione:
favoritismo e mazzette.
Circa
45 episodi catalogati dal consorzio giornalistico riguardano varie forme di
corruzione, frode o appropriazione indebita.
In particolare, 29 scandali identificano
episodi di nepotismo e clientelismo.
Sono
16 invece gli episodi di corruzione vera e propria.
Naturalmente
il caso più eclatante è quello del “Qatargate,” ma non è certo l’unico in cui i
legislatori dell’Ue sono accusati di essersi appropriati in modo discutibile di
ingenti somme di denaro.
Un
esempio è quello di “Tamás Deutsch”, leader della delegazione parlamentare
europea del “partito Fidesz” del primo ministro ungherese “Viktor Órban”.
Sebbene
“Deutsch”, deputato al Parlamento europeo dal 2009, sia solito accusare le
istituzioni europee di essere corrotte, sembra che la sua stessa famiglia abbia
beneficiato in modo significativo della sua posizione da quando è salito al
potere.
Circa
dieci anni fa, dopo che lui e suo fratello hanno rilevato le organizzazioni
associate al “club sportivo Mtk” in Ungheria, il medesimo ha iniziato a
ricevere milioni di euro di fondi statali.
Di
recente, lo stesso fratello, in qualità di amministratore delegato di una
società pubblica originariamente incaricata di organizzare i Campionati
mondiali di atletica leggera di Budapest del 2023, ha firmato a sua volta un
contratto che assegnava un’ingente somma di fondi statali al club sportivo
dell’eurodeputato.
Deutsch respinge qualsiasi accusa di conflitto
d’interessi o favoritismi.
Come
in molti altri casi, l’episodio è interno al Paese di provenienza del
parlamentare e non coinvolge le istituzioni europee.
È questa una caratteristica per la quale
tipicamente i cittadini comunitari non sono al corrente del passato dei
politici comunitari.
In un
caso simile, il parlamentare ed ex ministro bulgaro “Sergei Stanishev” è stato
accusato di corruzione.
Quando
si è candidato per la prima volta al Parlamento europeo nel 2014, una società
di pubbliche relazioni guidata dalla moglie aveva vinto un contratto da 60 mila
euro dal Parlamento per un progetto di promozione delle elezioni europee in
Bulgaria.
«Questo
sa di favori politici», fu il commento dei cristiano-democratici europei.
Sebbene
la coppia e il Parlamento abbiano respinto le accuse, la moglie di Stanishev si
è ritirata dal progetto e ha restituito l’anticipo di quasi 30.000 euro.
Anche
il partito guidato dalla leader della destra francese “Marine Le Pen”, “Rassemblement
National”, è coinvolto in diversi scandali, con cinque eurodeputati provenienti
dalle sue fila sospettati di aver accettato viaggi di lusso in cambio di
relazioni favorevoli allo svolgimento di elezioni in regimi autoritari dal
2021, in questo caso nella “Crimea” annessa alla Russia e in “Kazakistan”.
Frodi
e furti di risorse.
L’analisi
ha portato alla luce anche 44 scandali legati a frodi e furti di risorse.
Considerando gli alti stipendi e le indennità
aggiuntive – gli eurodeputati guadagnano circa 8mila euro al mese al netto
delle tasse e possono richiedere quasi 5mila euro di spese generali – la posta
in gioco è alta.
“Nick Aiossa”, direttore di “Transparency
International Eu”, ha affermato che il sistema di indennità dei deputati per le
spese generali – che ammonta a più di 40 milioni di euro in totale all’anno per
gli oltre 700 legislatori – potrebbe facilmente innescare abusi.
«Si
tratta di 40 milioni di euro all’anno senza controllo finanziario, senza
gestione», ha detto.
«Sfortunatamente, il semplice armeggiare con
le indennità e le spese è uno dei passatempi preferiti di molti eurodeputati di
molti partiti».
Ha
anche notato una «enorme pressione» da parte di alcuni partiti politici per
utilizzare questi lucrosi benefici extra «per ripagare i partiti che li hanno
fatti eleggere».
«Di
solito esistono degli accordi», ha detto, spiegando che spesso gli eurodeputati
usano le loro indennità generali per sovvenzionare gli uffici dei loro partiti
nazionali nei loro Paesi d’origine.
Uno
dei casi più eclatanti di utilizzo di fondi europei per finanziare attività di
partito in patria riguarda quattro eurodeputati, sempre del Rassemblement
National (affiliato al gruppo Identità e Democrazia), partito di estrema destra
francese.
Sono
coinvolti in una vasta vicenda di assunzioni fittizie di assistenti
parlamentari, venuta alla luce otto anni fa in seguito a una relazione del
Parlamento.
Il caso dovrebbe essere giudicato dal
tribunale penale francese a novembre.
La
vicenda è costata all’istituzione europea circa 6,8 milioni di euro:
il
Parlamento ha infatti pagato assistenti che in realtà lavoravano per il partito
francese e non per il gruppo europeo.
Il
Parlamento è riuscito a recuperare solo una parte di questa somma.
Ma la
colpa non è solo dei singoli legislatori disonesti.
Secondo
“Aiossa”, la colpa è anche di un Parlamento negligente nell’affrontare l’abuso
di indennità.
«Penso
che ci siano più casi», ha detto a proposito dei risultati di questa indagine.
«Penso
che ci siano molte informazioni, ma non disponibili pubblicamente, sui
parlamentari europei che non sono alla luce del sole».
Ciò è
dovuto a una cultura problematica all’interno del Parlamento, ha affermato
l’attivista anti-corruzione, soprattutto per quanto riguarda l’abuso delle
indennità.
«Se si
violano le regole, non si viene sanzionati.
C’è una malsana propensione a considerare
questi casi solo come un’irregolarità amministrativa finanziaria», ha detto.
«Quando
i deputati spendono male i soldi, il Parlamento emette un avviso di recupero e
chiede la restituzione del denaro. Non fanno il secondo passo: è stata una
frode intenzionale?».
Ma c’è
di più.
Anche quando l’”OLAF”, l’organo europeo di
vigilanza sulle frodi, indaga sul caso, le sue raccomandazioni non portano
spesso alla condanna dei sospetti da parte dei pubblici ministeri.
Questo
potrebbe spiegare perché, rispetto al totale degli scandali di corruzione,
frode o furto, il numero di condanne penali da parte dei tribunali degli Stati
membri sembra essere particolarmente basso.
«Il
tasso medio di incriminazione secondo le raccomandazioni dell’”OLAF” per i
procuratori dei 27 Stati membri si aggira intorno al 33% all’anno.
Il che è tragicamente basso, dato che questi
casi si basavano su mesi o anni di indagini», ha detto “Aiossa”.
Le
indagini condotte da “OLAF “infatti, per ragioni di giurisdizione e perché l’Unione europea non è dotata
di un sistema penale proprio, dovrebbero continuare nelle mani dei procuratori degli
Stati membri coinvolti, ma solo un terzo di queste indagini vengono poi prese
in considerazione dalle magistrature dei vari paesi europei.
Il
che, secondo “Aiossa”, «dice molto sul sistema giudiziario di alcuni Stati
Membri».
Nel
frattempo, la manomissione delle indennità non è l’unica forma di frode.
Alcuni
deputati spagnoli hanno cercato di evadere le tasse del loro Paese presentando
il modulo fiscale in Belgio, dove l’aliquota fiscale è più bassa.
Il
Tesoro spagnolo li ha sanzionati.
Alcuni
di loro hanno impugnato la decisione dell’autorità in tribunale, dove hanno
perso.
Tre di
loro sono attuali legislatori spagnoli dell’Ue.
A uno
degli eurodeputati più noti, il deputato polacco “Ryszard Czarnecki”, il
Parlamento ha chiesto nel 2021 di restituire circa 100.000 euro di rimborsi
spesi in viaggi.
Questo
dopo che è stato scoperto che, ogni volta che guidava da Bruxelles alla
Polonia, prolungava il viaggio sulla carta di 340 chilometri.
Ha inoltre dichiarato di aver utilizzato auto
non sue, una delle quali – come scoperto dall’agenzia antifrode OLAF – era
stata rottamata 11 anni prima.
Il
processo a carico di “Czarnecki” in un tribunale polacco è ancora in corso dopo
quasi 4 anni.
Paesi
diversi, differenti politiche.
Sebbene
i dati mostrino differenze sostanziali – da zero in Portogallo a 31 in Polonia
– ciò non fornisce un’indicazione di quanti illeciti si siano effettivamente
verificati.
Ciò è
dovuto a una serie di fattori.
Ad esempio, l’interesse per i temi dell’Ue e
il ruolo dei legislatori variano, portando a una copertura minore in alcuni
Paesi rispetto ad altri, così come il numero di giornalisti (investigativi).
In parte, anche perché l’efficacia – e
l’indipendenza – delle magistrature è molto diversa da Paese a Paese.
Ciò significa che alcuni tribunali potrebbero
semplicemente archiviare dei casi che in altri Paesi avrebbero portato a
condanne, oppure non avviare mai un’indagine.
Per
quanto riguarda il numero di scandali relativi a specifici gruppi politici del
Parlamento, il più problematico è quello dei membri non iscritti.
Uno su
cinque scandali presenti nel database riguarda deputati indipendenti, ovvero
non appartenenti ai gruppi politici in cui è diviso il parlamento europeo.
Secondo
“Aiossa” questo potrebbe essere spiegato dal fatto che molti di loro, come “Kaili”
e “Tarabella” dopo il “Qatargate”, sono stati estromessi dal proprio partito o
gruppo dopo lo scoppio di uno scandalo.
I dati
suggeriscono anche che gli eurodeputati di destra e conservatori sono coinvolti
relativamente più spesso in scandali rispetto ai politici di centro-sinistra,
liberali e verdi.
In effetti, dai casi raccolti sembra che in
alcuni partiti di estrema destra avere uno o due scandali legati al proprio
nome non impedisca di ottenere un posto di rilievo nella lista per le prossime
elezioni europee.
L’eurodeputato”
Harald Vilimsky “del partito di estrema destra austriaco “FPÖ”, ad esempio, è
stato in Parlamento per quasi un decennio nonostante le numerose preoccupazioni
relative alla sua condotta o a quella del suo gruppo politico, come lo “Champagne-gate”
che ruotava intorno alle spese elevate per beni di lusso.
Nel
2021, il Parlamento ha accettato la richiesta dei procuratori austriaci di revocare l’immunità a Vilimsky per il suo potenziale coinvolgimento
nell’aiutare l’ex leader del partito, “Heinz-Christian Strache”, a far passare
spese personali – come ristoranti, bollette telefoniche o acquisti online –
come spese del partito.
Cionondimeno
“Vilimsky” guiderà la lista dei candidati per conto del suo partito alle
elezioni di giugno.
Ma
questo non mette al riparo dalle responsabilità nemmeno i partiti più
tradizionali.
«Posso solo dire che ho visto scandali in
tutto lo spettro politico», ha detto “Aiossa”.
(Raffaele
Angius, Beatrice Cambarau, Simone Olivelli. Editing: Giulio Rubino)
INVALSI
e PNRR: a Scuola Nasce
il
Mostro Tecnocratico-Predittivo
che
Segnerà il Futuro dei Nostri Figli.
Conoscenzealconfine.it
– (2 Aprile 2024) - Elisabetta Frezza – ci dice:
Il “PNRR”,
che vomita denaro a fiotti, ha inondato di dobloni anche l’“INVALSI” (Istituto
Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di istruzione e formazione),
il quale se ne esce in grande spolvero col trucco rifatto.
Beninteso,
è sempre il mostro di prima, ma tirato a lustro, e finalmente libero di esibire
tutte le perverse potenzialità con cui era stato concepito nel lontano 1999.
Perché
i tempi, ora, sono maturi.
Come
per gli altri mille tentacoli dell’apparato – una giungla di sigle cacofoniche
che sbucano da ogni dove – anche l’evoluzione dell’INVALSI serve l’obiettivo
principe di completare il processo di smaterializzazione e disumanizzazione di
tutto quanto su questa terra pulsi di vita.
E il mondo della scuola è, per sua natura, un
concentrato di vita:
per
questo è urgente intrappolarlo nella prigione ermetica del digitale,
neutralizzando tutto il suo contenuto di carne e di spirito.
L’INVALSI
è uno strumento di valutazione, che opera attraverso la somministrazione di
test standardizzati composti da quesiti a risposta chiusa o a risposta aperta
univoca.
Inizialmente
ce lo avevano venduto come strumento di valutazione delle scuole, e non degli
studenti: l’analisi dei risultati su larga scala avrebbe permesso – ci era
detto – di monitorare l’andamento generale del sistema scolastico.
Ci
avevano altresì venduto le prove come non obbligatorie, e infatti qualcuno le
schivava, infastidito da tutte quelle richieste di informazioni su status
familiare, titoli di studio e professione dei genitori, numero di locali in
casa, numero di auto possedute, di libri, eccetera eccetera.
Insomma,
con la scusa di valutare le scuole, qualcuno intanto acquisiva una fotografia
socio-economica delle famiglie, scattata dai figli.
Ci
avevano assicurato che, comunque, tutto si svolgeva in regime di totale
anonimato, non essendo possibile risalire in nessun modo dai codici
alfanumerici all’identità dell’autore della prova.
Di
fatto, l’INVALSI ha invaso le scuole e, grazie alla carica intimidatoria insita
nella sua funzione, si è circondato di un’aura di sacralità, fino a convincere
molti docenti a sperperare ore su ore di lezione ad allenare gli sventurati
alunni con batterie di test a crocette, invece che insegnare la propria
materia.
Perché sì, accade anche questo: la didattica
tarata sull’INVALSI.
Comunque,
non tutti se l’erano bevuta.
C’era
qualcosa che non tornava nel libretto di istruzioni dello strambo marchingegno.
E infatti, un po’ alla volta, il mostro è
sbocciato, secondo la sua natura. A un certo punto le prove Invalsi sono
diventate propedeutiche agli esami di terza media e di maturità, cioè requisito
necessario per l’ammissione, cioè obbligatorie.
Ma non
è finita là.
Ora,
il “decreto legge PNRR” stabilisce che i risultati delle prove Invalsi
entreranno a fare parte del curriculum dello studente allegato al diploma
finale di scuola superiore e contenuto nell’E-Portfolio cui si accede tramite
la” piattaforma Unica”.
Il mostro si è finalmente trasfigurato.
Conviene
aprire una breve parentesi per spiegare a grandi linee cos’è “UNICA”.
A proposito di mostri…
Ce la
presentano come un sublime incrocio tra: una scatola nera (sic!), perché
contiene e ricorda tutto ciò che uno studente ha fatto nel suo percorso
scolastico;
una piazza virtuale, a cui possono avere
accesso docenti, famiglie, tutor, orientatori, e chi più ne ha più ne metta;
e una bussola, che serve a capire dove andare.
O
meglio: dove altri vogliono farti andare.
“UNICA
è una piattaforma” nella quale vengono raccolti tutti i dati di tutti gli studenti
italiani, e che promette di far dialogare gli studenti con le famiglie, il
territorio, le imprese, le università, nonché di realizzare i quattro obiettivi
fondamentali della scuola 4.0, che sono: orientamento, personalizzazione,
digitalizzazione, semplificazione (le quattro parole d’ordine del ministro che
sintetizzano la devastazione in programma).
“INVALSI
stesso” suggerisce agli studenti di scaricare le certificazioni ottenute in
italiano, matematica, inglese, “per arricchire il proprio curriculum o
e-portfolio, evidenziare i livelli di competenze raggiunti sui social network o
su altre piattaforme professionali, fornire una rappresentazione visiva delle
proprie competenze su un sito web”; insomma, per farsi profilare al meglio,
anche attraverso un “Open Badge” (ed ecco spuntare un altro mostro).
Dunque,
come si diceva, con l’avvento del PNRR i risultati delle prove INVALSI,
stabiliti insindacabilmente dagli algoritmi, entreranno a fare parte del
curriculum dello studente contenuto nell’E-Portfolio che sta nella piattaforma
Unica.
Cioè, il curriculum si arricchirà di una
specifica sezione dedicata ai livelli di apprendimento raggiunti nelle prove
Invalsi per ciascuna disciplina.
L’inserimento
dei risultati INVALSI nel curriculum dello studente consentirebbe – così ci è
detto – oltre al riconoscimento delle competenze acquisite durante il percorso
formativo, anche la valorizzazione delle eccellenze, ovvero di “premiare gli
studenti che si sono distinti nelle diverse discipline, offrendo loro un
vantaggio in vista di future attività formative e lavorative”.
Dal
che risulta evidente come, nella “mens del legislatore”, i dati raccolti e
immortalati nel profilo virtuale dello studente lungo il corso della sua storia
personale sono tali da condizionarne le opportunità future.
Vale a dire che sono in grado di rappresentare, nel
bene e nel male, uno stigma indelebile.
Ciò
significa che, all’esito di una specifica prestazione, localizzata nel tempo e
nello spazio, viene ricondotta la etichettatura definitiva di un soggetto in
via di formazione:
l’etichetta
scolpita nella memoria delle banche dati gli resterà appiccicata addosso,
facendo strame del suo potenziale di crescita e di maturazione, delle
metamorfosi imprevedibili, delle salite e delle discese, delle cadute e dei
miracoli che costellano la vita di ogni essere umano, soprattutto se in fase di
crescita.
Le
sorti dell’umano, insomma, le decide in anticipo la macchina valutando delle
crocette sulla base di automatismi imponderabili, senza che all’umano sia
possibile financo verificare ex post la correttezza del procedimento usato e
del risultato ottenuto dalla macchina, e quindi senza alcuna possibilità di
ripeterlo e di correggerlo, e nemmeno di ottenerne l’oblio.
È
evidente dunque che, attraverso il PNRR e la sovrastruttura tecnologica che ad
esso è legata, è stato portato a compimento un mastodontico piano di raccolta
dati (non solo relativi al rendimento scolastico, ma anche al contesto sociale
e culturale di appartenenza) e di schedatura capillare degli studenti italiani,
affidata integralmente agli algoritmi e affrancata da qualsiasi interferenza
umana.
Dal
2022, INVALSI ha introdotto un nuovo indicatore individuale per identificare
gli studenti in condizione di fragilità, alla cui scuola di appartenenza
saranno destinate risorse aggiuntive per attuare didattiche differenziate.
Si
tratta di un bollino assegnato sempre algoritmicamente in base ai risultati dei
test standardizzati, il quale, certificando il rischio di dispersione implicita
o abbandono scolastico, permetterebbe di predisporre precocemente misure ad
hoc, non si sa bene di che tipo.
Ne ha scritto diffusamente” Rossella La tempa”
su Roars: e a lei si rimanda per
un’analisi più approfondita del tema.
È
chiaro che INVALSI, in questo modo, assume una funzione non più solo
valutativa, ma anche predittiva, intestandosi un’operazione di schedatura di
massa degli studenti supposti fragili.
Lo ha confermato il suo presidente” Roberto
Ricci”, nel maldestro tentativo di negare tutto:
“Nessuna certificazione, nessuna
etichettatura. L’idea è proprio quella di fornire indicatori che
probabilisticamente individuano dei fragili.
Come
dire: se ho determinate caratteristiche fisiche, sono esposto a determinati
rischi, e mi controllerò per prevenirli. Un’altra lettura delle cose favorisce
l’oscurantismo”.
Commento che si commenta da solo.
Egli
poi, sempre tentando di negarlo, ammette anche che i codici identificativi
consentono di associare il valore dell’indicatore di fragilità alla scheda
personale di ogni studente;
e che il bollino viene loro appiccicato a
totale insaputa delle famiglie. Un capolavoro assoluto di trasparenza e di democrazia,
non c’è che dire.
Tutta
la procedura si dispiega al riparo da ogni controllo esterno;
non è
contestabile né riproducibile;
sono
ignoti i criteri utilizzati per segnare la soglia di fragilità, tutto è
secretato.
I risultati, come dice “La tempa”, vanno
accettati come puro atto di fede. Ipse (dove ipse è INVALSI) dixit.
Le
parole della stessa Autorità Garante per la protezione dei dati personali (in
un recente dibattito dal titolo: “Intelligenza artificiale: come proteggere i
dati e come utilizzarli per la dispersione scolastica?”) rendono ragione della
gravità di questo potenziamento dell’INVALSI con la ridefinizione dei test in
senso predittivo. Di seguito alcuni stralci del suo discorsi.
“Quando uniamo” IA e dati” la miscela
diventa esplosiva.
I dati sono di fatto proiezioni, frammenti
dell’identità di una persona. Messi insieme rappresentano la persona.
Il chi siamo nella dimensione digitale”.
E
ancora:
“In
una stagione in cui il tecnologicamente impossibile non esiste più e il
tecnologicamente possibile è tutto, se cedo all’idea che quello che è
tecnologicamente possibile e legittimo è democraticamente sostenibile, il
risultato finale (…) è che il governo diventa della tecnologia.
La tecnocrazia travolge la democrazia perché la vera regola la fissa la
soluzione tecnologica (…) Rischiamo di consegnarci mani e piedi agli algoritmi
e alla tecnologia (…) che esce dai laboratori di ricerca ormai sempre più nelle
mani dei privati e quindi è sviluppata nel loro legittimo interesse”.
Il
Garante ha fatto anche un esempio delle aberrazioni cui questo sistema può
condurre:
“Pensiamo
all’accesso abusivo a quell’informazione con il dato di” Paolo Rossi”, che per
colpa di un algoritmo che ha messo in fila in maniera non corretta dei fattori
si ritrova classificato come a rischio dispersione, poi quando quello proverà
ad entrare in un’Università X o Y che cerca solo quelli bravi resterà fuori
dalla porta;
o quando ci sarà qualcuno che dovrà
selezionarlo per un lavoro e avrà accesso ai dati dirà ma era addirittura ‘a
rischio dispersione’ “.
È solo un esempio, e nemmeno il più grave, nel
“panopticon” che ci aspetta.
Per
concludere:
attraverso
una valutazione standardizzata che fuoriesce completamente dal controllo umano
si pretende non soltanto di fotografare il presente, in termini di livello di
apprendimento dello studente, ma anche di prevedere statisticamente i futuri
possibili e di intervenire per modificarli;
si
pretende, tecnicamente, di influenzare il futuro ingabbiando le vite in fiore
dentro una prigione informatica dalla quale diventa impossibile evadere.
Come
dice “Rossella La tempa”, “L’effetto immediato è quello di rendere presenti
quei futuri selezionati come più probabili, non solo attraverso la
classificazione individuale, la cui traccia sociale è imprevedibile, ma
soprattutto per mezzo della catena di interventi attivati (progetti di
potenziamento didattico, recupero…)”. In sostanza, dice sempre La tempa: “la
valutazione automatizzata è un processo performativo, cioè coinvolto nella
creazione della realtà che pretende di rappresentare. Il potere
auto-rappresentante di una classificazione come quella di fragilità emessa
dall’INVALSI non è paragonabile al giudizio umano di un insegnante, negoziabile
e revisionabile.
Automatizzare
le valutazioni significa naturalizzare le disuguaglianze e rafforzarle”.
Nell’incommensurabilità
tra il giudizio umano, che implica una relazione interpersonale in divenire, e
la tassonomia computerizzata, che sigilla una prestazione in un dato
indelebile, risiede il nucleo di questa perversione.
Insomma,
la mole imponente di dati raccolti dall’INVALSI per ciascuno studente lungo tutto il corso della
sua carriera scolastica alimenta un database da cui trarre informazioni
personali e premonizioni oracolari.
In
pratica, un mostro cibernetico inafferrabile – programmato e reso onnipotente
da frotte di “poveri nerd inconsapevoli” – traccia e pilota le biografie dei
nostri figli, obbligati a viaggiare per la vita ciascuno con la propria scatola
nera cucita addosso.
Non
per nulla li chiamano “capitale umano”.
Non
bisogna dimenticare, a margine, la contestuale stretta sul cosiddetto
“orientamento”, il quale – sempre grazie al decreto PNRR – si avvia a grandi
passi a diventare vincolante, ovvero sottratto alla volontà della famiglia (nel
sito del MIM si legge: “si valorizza il consiglio di orientamento, rilasciato
dalle istituzioni scolastiche agli alunni della classe terza della Scuola
secondaria di I grado, demandando a un decreto del Ministro l’adozione di un
modello unico nazionale di consiglio di orientamento, da integrare
nell’E-Portfolio”.
Ecco a
voi le meraviglie del progresso.
Chi in
questi anni avvertiva qualche disagio nel prestare la prole ai rilevamenti
statistici richiesti per il miglioramento della scuola, della specie,
dell’ecosistema, del pianeta;
chi magari pensava addirittura che l’INVALSI, in
realtà, fosse una polpetta avvelenata a lento rilascio, beh, ora sa che aveva
ragione.
Stavano
preparando il pasto perpetuo per il “gigantesco Minotauro tecnocratico”.
Aspettiamo
Teseo.
(Elisabetta
Frezza)
(renovatio21.com/invalsi-e-pnrr-a-scuola-nasce-il-mostro-tecnocratico-predittivo-che-segnera-il-futuro-dei-nostri-figli/)
COMUNICAZIONE
CONGIUNTA AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO
ECONOMICO
E SOCIALE EUROPEO
sulla
lotta contro la corruzione.
Eur-lex.europea.eu
– Redazione – (3-5-2023) – Join(2023)12 Final – ci dice:
1. INTRODUZIONE.
La
corruzione è molto dannosa per la società, per le nostre democrazie, per
l'economia e per i cittadini.
Indebolisce le istituzioni a cui facciamo
affidamento, riducendone la credibilità e la capacità di dar corso alle
politiche pubbliche e a servizi pubblici di qualità.
Agisce
da catalizzatore per la criminalità organizzata e le ingerenze straniere
ostili.
Prevenire
e combattere efficacemente la corruzione è fondamentale sia per salvaguardare i
valori dell'UE e l'efficacia delle politiche dell'Unione, sia per preservare lo
Stato di diritto e mantenere la fiducia nei confronti di governanti e
istituzioni pubbliche.
La
corruzione è un ostacolo alla crescita economica sostenibile che distrae
risorse dai risultati produttivi, compromette l'efficienza della spesa pubblica
e inasprisce le disuguaglianze sociali.
Ostacola
il funzionamento efficace e regolare del mercato unico, crea incertezze nel
fare impresa e frena gli investimenti.
È per sua natura difficile da quantificare, ma
anche le stime prudenti inducono a ritenere che costi all'economia dell'UE
almeno 120 miliardi di EUR l'anno.
Gli
effetti negativi della corruzione sono avvertiti in tutto il mondo,
compromettendo gli sforzi volti a garantire il buon governo e la prosperità e a
conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
La
vigenza di politiche anticorruzione efficaci è uno degli elementi fondamentali
del contesto favorevole necessario per preservare lo Stato di diritto,
unitamente al rispetto dell'indipendenza della magistratura, alla libertà e al
pluralismo dei media, alla trasparenza e all'elevata qualità della pubblica
amministrazione e a una società civile libera e attiva.
Per
tenere sotto controllo la corruzione è richiesto un impegno costante per la
prevenzione, la preservazione di una cultura dell'integrità e l'applicazione
attiva della normativa anticorruzione, compreso l'effettivo perseguimento dei
reati di corruzione.
Questa
linea trova riscontro anche nell'azione di contrasto della corruzione che l'UE
conduce all'esterno poggiandosi sul sostegno allo Stato di diritto e alla
gestione delle finanze pubbliche dei paesi partner.
Gli
indici di corruzione a livello mondiale collocano molti Stati membri dell'UE
tra i paesi considerati meno corrotti al mondo.
Tuttavia,
come indicato anche nelle relazioni sullo Stato di diritto, le questioni da
affrontare sono molte e la corruzione continua a destare preoccupazione in
tutta l'UE, come dimostrato dai dati dell'Eurobarometro.
Nel 2022 quasi sette europei su dieci (il 68
%) ritenevano che la corruzione fosse diffusa nel loro paese e solo il 31 % era
del parere che l'impegno del proprio governo per combattere la corruzione fosse
efficace.
Inoltre
più della metà delle imprese aventi sede nell'UE (il 51 %) ritiene improbabile
che nel loro paese le persone o le imprese corrotte siano intercettate o
denunciate alla polizia o alla procura.
Nel
discorso sullo stato dell'Unione del 2022 la presidente “von der Leyen” (ora (2024) sotto processo su
denuncia di corruzione miliardaria sugli acquisti di vaccini contro virus
Covid! La Procura europea vuol fare chiarezza sulle oscure procedure del
vaccino Pfizer da parte della capa della UE. N.D.R.)
ha
sottolineato la necessità di un'azione risoluta contro la corruzione. L'UE può
svolgere un ruolo importante:
non solo nel modo in cui gestisce il proprio
lavoro, ma anche con iniziative continue per integrare misure volte a prevenire
la corruzione nell'elaborazione delle proprie politiche e dei propri programmi
e sostenendo attivamente il lavoro degli Stati membri volto a predisporre
solide politiche e normative anticorruzione.
Oggi
la Commissione ha adottato due proposte mirate a rafforzare il diritto
dell'Unione in questo settore.
In
primo luogo la Commissione propone una direttiva volta ad aggiornare e ad
armonizzare le norme dell'UE in materia di definizione dei reati di corruzione
e relative sanzioni, a garantire standard elevati nel contrastare l'intera
varietà dei reati di corruzione, a prevenire meglio il fenomeno e a migliorare
l'applicazione della normativa.
In
secondo luogo l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la
politica di sicurezza, con il sostegno della Commissione, propone di integrare
nello strumentario della politica estera e di sicurezza comune in tema di
misure restrittive (sanzioni PESC) un regime di sanzioni PESC specifiche per
combattere la corruzione laddove atti di corruzione ledano o rischino di ledere
gravemente gli interessi fondamentali dell'Unione e gli obiettivi della PESC,
come stabilito all'articolo 21 del trattato sull'Unione europea.
L'alto
rappresentante presenta pertanto una proposta di decisione del Consiglio e,
insieme alla Commissione, una proposta di regolamento del Consiglio relativo a
un quadro tematico per le sanzioni PESC contro la corruzione, al fine di
integrare le azioni di politica interna ed esterna condotte dall'Unione per
contrastarla.
La
Commissione intensificherà l'azione:
le
proposte anticorruzione oggi presentate costituiscono una pietra miliare nella
lotta contro la corruzione a livello nazionale e dell'UE.
La
presente comunicazione illustra le modalità con cui questi elementi
fondamentali accompagneranno uno sforzo più ampio volto a elaborare un
approccio strategico globale e sistematico.
Si dovranno far convergere i lavori esistenti
ed elaborare nuovi orientamenti e strumenti a livello sia dell'UE che degli
Stati membri, contribuendo anche a un chiaro impegno a combattere la corruzione
a livello mondiale.
Il
successo dipenderà da uno sforzo comune e continuo a livello di unione,
nazionale, regionale e locale che coinvolga le autorità pubbliche, la società
civile, il settore privato nonché le organizzazioni internazionali.
Ciò
non solo sensibilizzerà la collettività sulle conseguenze della corruzione, ma
infonderà anche ai cittadini e alle imprese la fiducia necessaria per farvi
fronte.
2. CHE COS'È LA CORRUZIONE.
La
corruzione è comunemente definita come abuso del potere di cui si dispone per
il proprio tornaconto.
Sebbene
la natura e la portata della corruzione possano variare da un paese all'altro,
nessun paese può proclamarsene esente.
Trattandosi
di un problema globale con importanti implicazioni transfrontaliere, è oggetto
di una specifica convenzione delle Nazioni Unite, la convenzione delle Nazioni
Unite contro la corruzione (UNCAC).
La
convenzione, unico strumento anticorruzione universale giuridicamente
vincolante, definisce le varie manifestazioni della corruzione, comprendenti
reati che vanno dalla piccola corruzione ai grandi scandali politici.
L'UE e tutti gli Stati membri sono parti della
convenzione.
La lotta contro la corruzione ha rappresentato
un tema importante anche per il Consiglio d'Europa, che ha elaborato strumenti
come le convenzioni penale e civile sulla corruzione.
Inoltre
l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) lavora a
misure volte a prevenire la corruzione, stabilendo disposizioni giuridicamente
vincolanti per configurare come reato la corruzione di pubblici ufficiali
stranieri nelle operazioni economiche internazionali.
Un
sistema politico e istituzionale fondato sull'integrità, la trasparenza e la
responsabilità nella vita pubblica rappresenta la migliore garanzia contro la
corruzione.
Laddove
vi sia una solida cultura del servizio pubblico e una remunerazione equa, i
servizi pubblici risultano più resilienti nei confronti della corruzione.
Tutte le autorità pubbliche devono difendersi
dal rischio di corruzione. Sebbene la corruzione sia innanzitutto un reato e
gli atti specifici in cui si esplica siano definiti nel diritto nazionale e
internazionale, anche le lacune nell'integrità, i conflitti di interessi o le
gravi violazioni delle norme etiche possono far ravvisare rischi in tal senso.
Ecco il motivo per cui gli approcci
anticorruzione efficaci si fondano spesso su misure volte a migliorare la
trasparenza, l'etica e l'integrità, nonché a regolamentare ambiti quali il
conflitto di interessi, l'attività di lobbying e il fenomeno delle porte
girevoli.
Gli
enti pubblici dovrebbero perseguire i più elevati standard di integrità,
trasparenza e indipendenza quali elementi importanti della lotta contro la
corruzione in senso lato.
La
corruzione è parte integrante di quasi tutte le attività della criminalità
organizzata, che per il 60 % la usa per infiltrarsi nel settore pubblico o
privato.
La
strategia dell'UE per l'Unione della sicurezza
e la strategia dell'UE per la lotta alla criminalità organizzata
2021-2025 hanno riconosciuto il
collegamento e sottolineato il particolare rischio di corruzione in settori
specifici, tra cui la sanità, i trasporti, l'edilizia, la gestione dei rifiuti,
i settori aerospaziale e della difesa, l'agricoltura, l'alimentazione, il
lavoro e la protezione sociale.
Una
recente relazione dimostra come la corruzione sia il principale elemento che
facilita l'infiltrazione nei porti e nelle catene logistiche, ove reti
criminali cercano di allacciare reti di corruzione in molteplici sedi per
agevolare la commissione di reati quali il traffico di stupefacenti.
In
alcuni di questi ambiti anche la corruzione nel settore privato rappresenta un
rischio significativo e costituisce un asse portante dell'azione, poiché le
operazioni di corruzione tra privati incidono sull'intera catena di
approvvigionamento, distorcono i mercati, compromettono la concorrenza e
aumentano i costi per le imprese.
Il fenomeno è oggetto di un vasto corpus di
norme, di programmi in tema di dovere di diligenza e di conformità al diritto,
nonché di strumenti più "morbidi", volti a promuovere una cultura
generale dell'etica e dell'integrità nelle attività commerciali, favorendo il
più ampio quadro anticorruzione a livello sia globale che dell'UE.
3. IL QUADRO ANTICORRUZIONE DELL'UE.
Il
contributo dell'UE nel prevenire, accertare e combattere la corruzione a tutti
i livelli può fondarsi su un solido corpus di misure già in atto. Dovrebbe
servire di base per il processo di sviluppo di una linea strategica più
globale, che comprenda nuovi approcci e filoni di lavoro per essere all'altezza
della sfida e tenere il passo con l'evoluzione dei rischi di corruzione.
Come
riconosciuto nelle relazioni sullo Stato di diritto, un quadro anticorruzione
strategico offre un'importante occasione di tradurre l'impegno e la visione
politici in azioni concrete.
Le strategie anticorruzione possono far sì che
le singole lacune normative o istituzionali non siano corrette isolatamente e
che le disposizioni anticorruzione siano integrate in tutti i settori politici
pertinenti.
Ne
consegue la necessità di una strategia anticorruzione dell'UE che, per essere
efficace, dovrà poggiare su un consenso forte e su una consultazione ampia, in
particolare con il Parlamento europeo e gli Stati membri.
Dovrà
anche essere accompagnata da obiettivi specifici e misurabili, da un bilancio e
da una dotazione di personale chiari e da responsabilità ben definite.
La
preparazione delle prospettate riforme può trarre grande vantaggio dalla
condivisione delle competenze e delle esperienze a livello dell'UE. Una prima
fase del processo consisterà nell'istituzione di una rete dell'UE contro la
corruzione.
Dal
2015 il programma dell'UE di condivisione delle esperienze anticorruzione offre
agli operatori degli Stati membri che intervengono nella lotta contro la
corruzione un consesso in cui possono trarre ispirazione e insegnamenti alla
luce delle riforme legislative, istituzionali e politiche avviate in altri
Stati membri.
Questo
lavoro sarà ampliato e approfondito attraverso una rete che fungerà da
catalizzatore per i lavori volti alla prevenzione della corruzione in tutta
l'UE.
La
rete sarà incaricata di elaborare le migliori prassi e orientamenti pratici in
vari settori di comune interesse. Sosterrà una raccolta più sistematica di dati
e prove che possano costituire una solida base per le azioni anticorruzione e
per monitorarne il successo.
La rete si baserà sull'esperienza di
collaborazione, non solo con le autorità pubbliche e di contrasto, e riunirà
tutti i portatori di interessi, compresi operatori del settore, esperti e
ricercatori, così come i rappresentanti della società civile e delle
organizzazioni internazionali.
3.1 La corruzione come reato.
L'UE
dispone di norme penali per combattere la corruzione, ma sono frammentarie,
obsolete e di portata limitata.
La
principale normativa penale anticorruzione dell'UE consiste nella convenzione
del 1997 relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti
funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea e nella decisione quadro del Consiglio del
2003 relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato , entrambe
anteriori al trattato di Lisbona ed integrate da strumenti più recenti, quali
la direttiva relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi
finanziari dell'Unione mediante il diritto penale 16 ("direttiva
TIF") e la proposta di direttiva relativa al recupero e alla confisca dei
beni 17 .
La
proposta di direttiva adottata contestualmente alla presente comunicazione
stabilisce norme sulla definizione dei reati di corruzione e sulle relative
sanzioni.
Amplia
l'elenco dei reati al fine di includervi, oltre a quelli più classici,
l'appropriazione indebita, il traffico d'influenza, l'abuso di ufficio e
l'intralcio alla giustizia e l'arricchimento illecito legato ai reati di
corruzione.
Stabilisce
inoltre livelli coerenti di sanzioni, nonché le circostanze aggravanti e
attenuanti.
Potrebbero
configurarsi circostanze aggravanti quando, ad esempio, l'autore del reato
detiene una carica pubblica di alto livello o è incaricato dell'applicazione
della legge.
Tra le circostanze attenuanti potrebbero
figurare situazioni in cui l'autore del reato identifica altri autori o
contribuisce ad assicurarli alla giustizia.
Per la prima volta a livello dell'UE, la
proposta fa convergere la corruzione nei settori pubblico e privato in un unico
atto giuridico. Stabilisce inoltre chiari obblighi di monitoraggio e
comunicazione per favorire l'applicazione della normativa.
L'azione
contro la corruzione inizia con la prevenzione e con la creazione di una
cultura dell'integrità in cui la corruzione non è tollerata.
La direttiva proposta impone agli Stati membri
di adottare provvedimenti quali campagne di informazione e sensibilizzazione,
nonché programmi di ricerca e istruzione, e di incoraggiare la società civile e
le organizzazioni delle comunità di base a partecipare a iniziative
anticorruzione.
Impone loro di predisporre strumenti di
prevenzione fondamentali quali il libero accesso alle informazioni di interesse
pubblico e norme efficaci sulla divulgazione e gestione dei conflitti di
interessi nel settore pubblico, sulla dichiarazione e verifica della situazione
patrimoniale dei funzionari pubblici e sull'interazione tra il settore privato
e quello pubblico.
Offre
una normativa coerente per combattere meglio la corruzione nell'UE e rafforzare
il coordinamento delle azioni a livello nazionale e dell'Unione.
La
proposta rafforzerà inoltre l'applicazione della normativa.
Le
relazioni sullo Stato di diritto hanno dimostrato che sistemi giudiziari penali
efficienti dotati di strumenti adeguati a combattere la corruzione sono
fondamentali per mantenere standard elevati.
La
direttiva faciliterà una lotta efficace contro la corruzione in tutta l'UE,
prevedendo norme minime per contrastare la complessa rete di attività
interconnesse che alimentano la corruzione nelle società odierne.
Tratterà
i fattori cruciali per un'efficace attività anticorruzione, tra cui la
capacità, la specializzazione e l'accesso ai necessari strumenti investigativi,
così come gli ostacoli all'efficacia delle indagini e dei procedimenti penali,
quali la macchinosità e l'opacità delle procedure di revoca delle immunità o
l'eccessiva brevità dei termini di prescrizione per i reati di corruzione.
3.2 Integrare la lotta contro la corruzione
nell'elaborazione delle politiche dell'UE.
La
lotta contro la corruzione occupa un posto di rilievo nelle politiche interne
ed esterne dell'UE.
Nella
sua attività la Commissione ha sempre puntato a prevedere garanzie contro la
corruzione, colmando le potenziali lacune, provvedendo a che la trasparenza e
la chiarezza riducano gli spazi in cui la corruzione può prosperare e
assicurando che le istituzioni e gli organi responsabili dell'attuazione delle
politiche dell'UE a tutti i livelli soddisfino criteri elevati di indipendenza
e integrità.
Il coordinamento dei grandi attori dell'UE
contribuisce sia a ridurre al minimo il rischio di corruzione lesiva delle
politiche dell'UE sia a sostenere l'azione a livello nazionale e mondiale.
Le
misure di esecuzione che garantiscono l'accertamento e la sanzione degli atti
di corruzione costituiscono un deterrente efficace.
Le politiche e i programmi dell'UE comprendono
pertanto un'ampia varietà di misure atte non solo a scoraggiare e ad accertare
i casi di corruzione, ma anche a rafforzare l'efficacia dell'azione volta a
indagare su tali atti e a sanzionarli al loro verificarsi.
La
direttiva proposta rafforzerà ulteriormente questo quadro.
Creare
una cultura dell'integrità e della trasparenza.
Un
sistema politico e istituzionale fondato sull'integrità, la trasparenza e la
responsabilità nella vita pubblica rappresenta la migliore garanzia contro la
corruzione.
Ecco
il motivo per cui gli approcci anticorruzione efficaci si fondano spesso su
misure volte a migliorare la trasparenza, l'etica e l'integrità, nonché a
regolamentare ambiti quali il conflitto di interessi, l'attività di lobbying e
il fenomeno delle porte girevoli.
L'esperienza
acquisita anche attraverso le relazioni sullo Stato di diritto dimostra che, a
livello sia nazionale che dell'UE, una risposta forte alla corruzione si fonda
su sistemi atti a prevenire e ad affrontare i conflitti di interessi,
istituendo registri delle lobby e per la trasparenza e predisponendo validi
meccanismi per la dichiarazione e la verifica della situazione patrimoniale e
degli interessi dei funzionari pubblici.
La
trasparenza non è solo un elemento fondamentale della responsabilità politica,
ma è anche determinante per costruire l'integrità.
Per
eliminare le occasioni di corruzione è fondamentale un sistema basato sulla
trasparenza del processo decisionale e della fase attuativa.
Anche
le transazioni digitali e la pubblicazione di dati finanziari e di altro tipo
da parte degli enti pubblici rendono più difficile la corruzione negli scambi.
Quadri
etici solidi e chiari, con le strutture e le istituzioni necessarie per
funzionare correttamente, sono strumenti potenti.
Vi è anche un'importante dimensione
internazionale:
nell'ambito
della prossima iniziativa per la difesa della democrazia, la Commissione
presenterà una normativa sulla trasparenza della rappresentanza di interessi
stranieri, al fine di limitare il rischio di ingerenze occulte nei processi
democratici a livello dell'UE e degli Stati membri.
Negli
ultimi decenni sono state elaborate importanti norme in materia di integrità e
lotta contro la corruzione in questi ambiti.
Il funzionamento delle principali istituzioni
e l'elaborazione di solidi quadri anticorruzione e per l'integrità hanno tratto
grande beneficio dall'operato di organizzazioni quali il Gruppo di Stati contro
la corruzione (GRECO), la Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa, l'OCSE
e l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC).
Muovendo
da queste norme, le politiche per l'integrità e le riforme politiche devono
tuttavia essere adattate al contesto affinché possano essere efficaci.
Le raccomandazioni contenute nella relazione
sullo Stato di diritto mirano a sostenere gli Stati membri nell'approvazione di
tali riforme rafforzando le norme sull'integrità, prevenendo i conflitti di
interessi, migliorando la trasparenza delle attività di lobbying e
regolamentando il fenomeno delle "porte girevoli" tra cariche
pubbliche e private, e nell'applicazione delle relative norme e nello sviluppo
di efficaci sistemi di dichiarazione della situazione patrimoniale e degli
interessi.
Politiche
di prevenzione per far fronte ai rischi di corruzione.
Come
tutti i reati, la corruzione si nutre di opportunità.
L'elaborazione
delle politiche dell'UE mira a ridurre il potenziale di corruzione individuando
i rischi e creando gli strumenti necessari per farvi fronte.
Uno
dei primi compiti della nuova rete dell'UE contro la corruzione sarà la
mappatura dei settori comuni ad alto rischio entro il 2024. L'intervento, che
sarà guidato dalla Commissione in stretta consultazione con gli Stati membri,
costituirà una componente importante dello sviluppo delle future iniziative di unioni
di lotta contro la corruzione.
L'intervento
prospettato si fonderà sul lavoro già svolto in settori di rischio palese.
Particolare attenzione è rivolta agli appalti
pubblici, che rappresentano il 14 % del PIL degli Stati membri dell'UE.
Un'importante riforma del 2014 ha rafforzato
le garanzie sul conflitto di interessi, prevedendo l'esclusione obbligatoria
degli offerenti qualora siano stati coinvolti in precedenti casi di corruzione.
Nell'UE
gli appalti completamente elettronici sono obbligatori dal 2018 e si continua a
lavorare alla creazione di una cultura della trasparenza che preveda la
pubblicazione di tutti i contratti di appalto pubblico e l'obbligo degli Stati
membri di segnalare i casi di corruzione legati agli appalti dell'UE.
Per
eliminare le occasioni di corruzione è fondamentale organizzare gare pubbliche
condotte da professionisti qualificati in un contesto di trasparenza.
La
corruzione prospera laddove non può essere individuata o dimostrata.
Le
pratiche di corruzione sono spesso associate alla frode, all'evasione e
all'elusione fiscali.
Le
norme sulla trasparenza nella normativa fiscale contribuiscono ad accertare
tali pratiche.
Gli
aggiornamenti delle norme sulla cooperazione amministrativa nel settore
dell'imposizione diretta e sull'imposta sul valore aggiunto mirano a
intensificare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, contribuendo a
rilevare i casi di corruzione prima dell'avvio di indagini penali formali.
Un
problema particolare che ostacola l'individuazione dei casi di corruzione è il
ricorso a società di comodo e ad altri veicoli societari opachi e complessi al
fine di occultare operazioni e l'identità dei titolari effettivi.
La
direttiva antiriciclaggio dell'UE è stata periodicamente riveduta e rafforzata
per introdurre registri obbligatori dei titolari effettivi delle società e di
altri soggetti giuridici.
Tali
registri contribuiscono a divulgare i conflitti di interessi, a denunciare la
corruzione ad alto livello e a promuovere le indagini sui flussi illeciti di
denaro.
La
direttiva ha anche un importante valore di prevenzione, poiché impone ai
soggetti obbligati del settore privato di condurre una più adeguata verifica
della clientela nei casi in cui si siano individuati rischi più elevati, ad
esempio in relazione a persone politicamente esposte.
La
proposta relativa al pacchetto di misure antiriciclaggio del luglio 2021
rafforza ulteriormente il quadro dell'UE per difenderne l'integrità del sistema
finanziario e il mercato interno.
Anche
le iniziative volte a contrastare i rischi specifici della criminalità
organizzata contribuiscono a limitare le occasioni di corruzione.
Un esempio è dato dal traffico di beni
culturali:
il
piano d'azione dell'UE contro il traffico di beni culturali del dicembre 2022
offre all'UE e agli Stati membri un quadro globale per promuovere la
prevenzione e l'accertamento di tale traffico e la relativa risposta della
giustizia penale.
La
prevenzione della corruzione fin dalla fase di progettazione richiede
indipendenza e imparzialità da parte degli organismi nazionali istituiti in
base al diritto dell'Unione, siano essi autorità nazionali garanti della
concorrenza, organi di ricorso nel settore degli appalti pubblici oppure
organismi preposti alla regolamentazione.
Ciò fa
confluire il livello dell'UE e quello degli Stati membri in un'unica cultura
della prevenzione e dell'integrità.
Ad
esempio, la normativa sulla concorrenza stabilisce garanzie minime di
indipendenza per le autorità nazionali che applicano le norme dell'UE sulla
concorrenza.
Tra
queste figurano le norme sul conflitto di interessi e la tutela dal
licenziamento ingiustificato.
La
normativa sul mercato interno, che stabilisce norme per le autorità nazionali
di regolamentazione e sicurezza in settori quali comunicazioni elettroniche,
media, energia elettrica, gas, alimenti e mangimi, spazio ferroviario europeo
unico e sicurezza ferroviaria, impone agli Stati membri di garantire che gli
organismi interessati siano funzionalmente indipendenti ed esercitino i loro
poteri in modo imparziale e trasparente.
Per
un'azione efficace contro la corruzione sono fondamentali l'individuazione e la
mappatura dei settori a rischio.
Le
attività di corruzione, in costante evoluzione, si adattano alle nuove
opportunità e le pratiche variano da uno Stato membro all'altro.
Nessun
settore o ambito di attività è al sicuro dai rischi di corruzione, ma meritano
particolare attenzione i settori comuni ad alto rischio, solitamente quelli che
comportano la gestione di ingenti fondi pubblici o l'accesso a permessi o a
servizi essenziali.
Sono
quindi vulnerabili settori come la sanità, l'edilizia o l'urbanistica; inoltre
improvvisi aumenti degli investimenti pubblici possono creare nuovi rischi
legati alla corruzione.
Necessitano
di un monitoraggio costante anche le aree a rischio di criminalità elevata,
come i porti, che costituiscono focolai di tensione per i gruppi della
criminalità organizzata che gestiscono il traffico di stupefacenti.
Tra
gli esempi del modo in cui intervenire in settori emergenti figurano i
programmi di soggiorno e cittadinanza per investitori (programmi relativi ai
"visti d'oro" e ai "passaporti d'oro") da cui la
Commissione ha messo in guardia poiché possono essere utilizzati per occultare
reati finanziari, tra cui la corruzione attiva e passiva.
La Commissione ritiene che i programmi di
cittadinanza per investitori, nei quali è sistematicamente concessa la
cittadinanza di uno Stato membro, e quindi dell'Unione, in cambio di pagamenti
o investimenti d'importo prestabilito senza che esista un autentico legame con
lo Stato membro che la concede, violino il diritto dell'Unione;
ha
infatti adottato misure nei confronti degli Stati membri che offrono tali
programmi.
Lo sport è un altro esempio di settore
individuato come ad alto rischio in tempi relativamente recenti, nel quale
gruppi della criminalità organizzata vanno alla ricerca di profitti truccando
incontri e gare mediante corruzione ed estorsione.
Accertamento
dei casi di corruzione.
Sebbene
la disponibilità di meccanismi di controllo interni ed esterni, il lavoro delle
autorità del settore pubblico e la presenza di autorità di contrasto attive e
dotate di risorse costituiscano i presupposti migliori per individuare i
segnali di attività di corruzione, è la società nel suo complesso che deve
svolgere un ruolo fondamentale nel portare alla luce il fenomeno.
Molti
casi recenti di rilievo sono stati segnalati grazie alle persone che levano la
loro voce contro le irregolarità nel contesto lavorativo.
Il ruolo chiave dei segnalanti nella difesa
dell'interesse pubblico è riconosciuto nella direttiva del 2019 sulla
protezione degli informatori. Tale direttiva contribuisce alla lotta contro la
corruzione in molti settori strategici fondamentali dell'UE, quali gli appalti
pubblici, i servizi finanziari, la tutela degli interessi finanziari dell'UE,
la protezione dell'ambiente, la sicurezza dei trasporti, la salute pubblica e
la sicurezza nucleare.
Stabilisce
norme efficaci di tutela dalle ritorsioni nei confronti degli informatori che
segnalano attività illegali.
Impone agli Stati membri di istituire chiari
canali di segnalazione interna ed esterna in grado di garantire la riservatezza
degli informatori sia nel settore pubblico che in quello privato nonché di dare
riscontro e seguito alle segnalazioni.
L'efficace attuazione della direttiva sulla
protezione degli informatori è un passo fondamentale verso una rigorosa
applicazione delle norme anticorruzione.
La
direttiva proposta consentirebbe di compiere un ulteriore passo avanti
estendendo la protezione alle persone che segnalano reati di corruzione.
Ciò
incoraggerebbe le persone a segnalare i reati di corruzione senza temere
ritorsioni e migliorerebbe l'efficacia delle indagini anticorruzione.
I
giornalisti svolgono un ruolo particolarmente importante nella scoperta dei
casi di corruzione.
Tuttavia
molte imprese che operano nel settore dei mezzi di comunicazione e numerosi
giornalisti sono sottoposti a vessazioni e ad altre minacce quando sollevano
questioni di interesse pubblico e denunciano fenomeni di corruzione.
La Commissione ha recentemente proposto misure
volte a migliorarne la sicurezza e a tutelarli meglio dall'abuso del
contenzioso.
La
proposta di atto normativo europeo sulla libertà dei media del 2022 stabilisce
disposizioni importanti a rafforzamento dell'indipendenza dei media.
Contro
le ingerenze politiche nelle decisioni editoriali è necessario predisporre
garanzie sotto forma di obblighi d'indipendenza, congruità e stabilità del
finanziamento dei media del servizio pubblico e regole sulla trasparenza della
proprietà dei media e l'assegnazione della pubblicità statale, così da
consentire ai mezzi di informazione di svolgere meglio il loro importante ruolo
sociale, anche in termini di vigilanza e denuncia dei casi di corruzione.
La proposta stabilisce altresì misure volte a
tutelare l'indipendenza dei direttori politici dei media e a divulgare i
conflitti di interessi.
Il
settore privato è un partner importante nella lotta contro la corruzione.
Nel settore finanziario i soggetti privati
hanno obblighi di dovere di diligenza che contribuiscono a proteggere il
sistema finanziario dell'UE.
Necessitano
di sostegno nei loro sforzi volti a individuare e a segnalare i casi di
riciclaggio dei proventi della corruzione;
il quadro antiriciclaggio dell'UE mira infatti
a migliorare la comprensione dei rischi da parte dei soggetti del settore
privato e a rafforzarne le capacità di individuazione e segnalazione.
A ciò
si aggiungano le informazioni fornite dalle Unità di informazione finanziaria e
dalle autorità di contrasto in merito alle tipologie di corruzione, alle
tendenze e agli indicatori di rischio.
Per
promuovere la cultura dell'integrità, la direttiva relativa alla comunicazione
societaria sulla sostenibilità del 2022 impone ai soggetti del settore privato
che rientrano nel suo ambito applicazione l'obbligo di includere nelle
relazioni sulla gestione informazioni riguardanti l'etica degli affari e la
cultura aziendale, compresa la lotta contro la corruzione.
Un
giro di vite alla corruzione.
Le
indagini, il perseguimento dei reati e le sanzioni contro la corruzione
rientrano in gran parte nelle competenze delle autorità di contrasto degli
Stati membri.
Il monitoraggio effettuato nell'ambito delle
relazioni sullo Stato di diritto rivela la presenza di problemi nelle indagini,
nel perseguimento dei reati e nel giudizio dei casi di corruzione;
la
proposta di direttiva sulla lotta contro la corruzione mediante il diritto
penale tratta invece di specifiche carenze.
La
lotta contro la corruzione presuppone sistemi giudiziari indipendenti ed
efficienti, dotati di mezzi finanziari sufficienti, di risorse umane adeguate e
della possibilità di sfruttare appieno gli strumenti digitali, e in grado di
applicare effettivamente e far rispettare la normativa anticorruzione
all'insegna di un'attività investigativa e un'azione penale imparziali.
La
vigenza di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per i casi di
corruzione e le debite attività di recupero e confisca dei proventi dei reati
di corruzione favoriscono la credibilità della magistratura e delle autorità di
contrasto fungendo da deterrenti.
Intensificare
la cooperazione tra il livello dell'UE e quello degli Stati membri può fornire
una risposta più incisiva alla corruzione.
Norme
armonizzate sui reati e sulle sanzioni, norme sulla cooperazione giudiziaria in
materia penale basate sul principio del riconoscimento reciproco e l'operato di
agenzie e organismi specializzati quali Eurojust, Europol, Ufficio europeo per
la lotta antifrode (OLAF) e Procura europea (EPPO) contribuiscono ad accertare,
investigare e perseguire i casi di corruzione.
La
Commissione ha adottato misure importanti volte a dotare gli Stati membri di
strumenti migliori per privare i criminali delle ricchezze acquisite
illecitamente, compresi i beni ottenuti con reati di corruzione.
Il
riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento rende più rapidi e
più semplici il congelamento e la confisca dei beni di origine illecita in
tutta l'UE.
Più di
recente, nel maggio 2022 la Commissione ha proposto una direttiva riguardante
il recupero e la confisca dei beni volta a garantire che i profitti derivanti
da attività criminali, compresa la corruzione, possano essere efficacemente
tracciati, individuati, congelati, gestiti e confiscati.
Fra le
altre norme dell'UE a sostegno delle attività di contrasto alla corruzione si
annovera il pacchetto sulle prove elettroniche di recente adozione, che
rispecchia il maggiore utilizzo dei canali di comunicazione elettronica da
parte dei criminali e delle strutture della criminalità organizzata.
Il pacchetto consentirà alle autorità
nazionali di richiedere prove elettroniche per le cause penali direttamente ai
prestatori di servizi in altri Stati membri.
La corruzione è uno dei reati per cui sarà
possibile ricorrere agli ordini europei di produzione e di conservazione.
Il
mandato d'arresto europeo già consente una rapida procedura di consegna
transfrontaliera tra le autorità giudiziarie degli Stati membri ai fini
dell'azione penale o dell'esecuzione di una pena detentiva, anche nei casi di
corruzione.
L'operato
delle autorità di contrasto, in particolare degli uffici per il recupero dei
beni e delle autorità anticorruzione, è agevolato anche dalla possibilità di
accedere alle informazioni finanziarie e sui conti bancari e di utilizzarle.
Il
lavoro dell'UE nella lotta contro la frode sostiene le iniziative
anticorruzione.
L'UE e
i suoi Stati membri condividono la responsabilità di tutelare gli interessi
finanziari dell'Unione.
Molto
spesso la lotta contro la frode – reato in cui si mira ad assicurarsi profitti
illeciti a danno del bilancio dell'UE – favorisce anche l'azione contro la
corruzione – reato in cui i poteri pubblici sono utilizzati impropriamente con
la stessa finalità.
Al
fine di ridurre al minimo i rischi di corruzione a danno dei fondi dell'Unione,
il regolamento finanziario dell'UE prevede disposizioni generali sulla
prevenzione e l'accertamento delle frodi e stabilisce norme in materia di
appalti pubblici e concessione di finanziamenti.
Sono
comprese in quest'ambito norme volte a evitare i conflitti di interessi.
L'attuale
strategia antifrode della Commissione struttura l'applicazione coordinata delle
norme a tutela del bilancio dell'UE dalla frode, dalla corruzione e da altre
irregolarità intenzionali.
Ai
fini dell'esecuzione del bilancio dell'UE sono disponibili diversi strumenti
atti a garantire lo svolgimento di controlli rigorosi, adattati a seconda che i
programmi finanziari siano attuati dalla Commissione in regime di gestione
diretta, in regime di gestione indiretta o in regime di gestione concorrente
con gli Stati membri.
Strumenti quali il sistema di individuazione
precoce e di esclusione (EDES) contribuiscono a intercettare gli operatori
economici fraudolenti o inaffidabili e a precludere loro l'ottenimento di fondi
dell'UE.
Una recente proposta di revisione del
regolamento finanziario migliorerebbe la qualità dei dati raccolti sui
beneficiari dei finanziamenti dell'UE (compresi i titolari effettivi), anche
tramite l'obbligatorietà di usare uno stesso sistema informatico integrato per
l'estrazione di dati e mediante il punteggio di rischio messo a disposizione
dalla Commissione.
La
proposta estenderebbe peraltro l'EDES a nuovi settori di spesa.
Rigorose
valutazioni ex ante contribuiscono ad accertare che i soggetti incaricati
dell'esecuzione di fondi dell'UE dispongano di efficaci sistemi di controllo
interno.
La presenza di garanzie antifrode e
anticorruzione è presupposto essenziale dei sistemi nazionali di controllo sui
fondi dell'UE e gli Stati membri sono tenuti a prevenire, accertare, risolvere
e segnalare le irregolarità, che è possibile siano collegate alla corruzione.
Anche
gli organismi di audit hanno un ruolo importante nel garantire l'esistenza di
sistemi efficaci per accertare e prevenire le pratiche di corruzione.
La Corte dei conti europea e il servizio di
audit interno della Commissione integrano gli audit degli Stati membri e gli
audit specifici ai programmi, e a tutti i fondi dell'UE interessati da
corruzione sono applicati meccanismi di recupero.
Oltre
a prevenire la corruzione nei fondi dell'UE, l'Unione ha sviluppato una solida
architettura istituzionale che contribuisce a individuare e a perseguire
qualsiasi forma di corruzione legata al bilancio dell'UE.
In quest'ambito rientrano l'OLAF, l'EPPO,
Eurojust come coordinatore ed Europol con la sua capacità analitica, tutti
operanti in stretta collaborazione con le autorità nazionali.
L'EPPO,
operativa dal giugno 2021, è responsabile delle indagini, dei procedimenti
penali e del rinvio a giudizio degli autori e dei complici di reati che ledono
gli interessi finanziari dell'UE, compresa la corruzione a danno del bilancio
dell'Unione.
In
tale ambito svolge indagini ed esercita le funzioni di pubblico ministero
dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri partecipanti.
Per
garantire il rispetto dello Stato di diritto è fondamentale che i servizi
investigativi e le procure funzionino adeguatamente nella lotta contro la
corruzione.
Il regime generale di condizionalità tutela il
bilancio dell'UE dalle violazioni dei principi dello Stato di diritto che
incidono o rischiano seriamente di incidere sul bilancio, comprese le carenze
sistemiche degli Stati membri nella lotta contro la corruzione.
A norma del regolamento sulla condizionalità,
su proposta della Commissione il Consiglio può sospendere impegni o pagamenti
oppure adottare altre misure qualora le violazioni dei principi dello Stato di
diritto nello Stato membro in questione
compromettano o rischino seriamente di compromettere in modo
sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell'UE o la
tutela degli interessi finanziari dell'UE.
4. IL SOSTEGNO ALLA LOTTA CONTRO LA CORRUZIONE
NEGLI STATI MEMBRI.
La
corruzione si manifesta in molte forme e le pratiche corruttive variano da uno
Stato membro all'altro, a livello nazionale e locale e nei vari settori.
Sebbene
siano necessarie regole, norme e buone prassi comuni per combattere la
corruzione, per essere efficaci le risposte politiche devono adattarsi a sfide,
rischi ed esigenze specifici.
Pertanto
l'UE sta avviando iniziative su misura volte a sostenere ciascuno Stato membro
nella lotta contro la corruzione a livello nazionale.
Il
sostegno dell'UE alle riforme anticorruzione nazionali.
L'UE
contribuisce in prima persona all'elaborazione e alla condivisione delle
migliori prassi attraverso le relazioni annuali sullo Stato di diritto.
Dal
2020 la Commissione monitora gli sviluppi della lotta contro la corruzione a
livello nazionale in quanto aspetto fondamentale dello Stato di diritto.
Dal
2022 le relazioni riportano raccomandazioni per paese volte a sostenere gli
Stati membri nell'impegno di portare avanti le riforme pianificate o in corso,
a incoraggiare sviluppi positivi e a contribuire a individuare gli ambiti in
cui potrebbe essere necessario apportare miglioramenti o dare seguito a recenti
cambiamenti o riforme.
Le
valutazioni per paese contenute nelle relazioni annuali sullo Stato di diritto
mostrano come ogni Stato membro si adoperi per prevenire la corruzione,
adattando le leggi per tenere il passo con le nuove tendenze e facendo tesoro
degli insegnamenti appresi.
Mostrano
altresì come gli Stati membri si adoperino per creare una cultura
anticorruzione e si impegnino per migliorare l'applicazione della normativa.
Attraverso
le raccomandazioni e il seguito dato a ciascuna relazione, la Commissione
interagisce con gli Stati membri a livello tecnico e politico per mettere a
disposizione competenze, assisterli nel superare le sfide individuate e
promuovere le riforme necessarie.
Il
processo offre preziosi spunti comuni, evidenziando temi specifici che la nuova
rete può portare avanti.
Unitamente
all'indipendenza e all'efficienza del sistema giudiziario e alla qualità e
all'inclusività del processo legislativo, la lotta contro la corruzione è parte
integrante del semestre europeo.
Data
l'importanza economica che rivestono e l'impatto diretto che producono sul
contesto imprenditoriale, sugli investimenti, sulla crescita economica e
sull'occupazione, le valutazioni riportate nelle relazioni del semestre europeo
includono le sfide cui alcuni Stati membri devono far fronte a causa della
corruzione.
Tra
gli esempi specifici si annoverano una maggiore efficacia nella tutela degli
informatori, il rafforzamento del quadro anticorruzione mediante l'istituzione
di nuovi organismi di controllo indipendenti, un maggior rigore nelle procedure
di controllo, controlli sistematici delle dichiarazioni patrimoniali, la
creazione di percorsi indipendenti per perseguire i casi di corruzione e norme
più rigorose sul conflitto di interessi e relativa applicazione.
Le
raccomandazioni specifiche per paese formulate nell'ambito del semestre europeo
hanno orientato riforme e investimenti concreti in diversi Stati membri al fine
di migliorarne la capacità di combattere la corruzione.
Si
rispecchiano nei traguardi concreti previsti dai piani nazionali di ripresa e
resilienza.
Gli
impegni specifici in materia di riforme assunti in questi piani da diversi
Stati membri garantiranno la prevenzione, l'accertamento e la risoluzione dei
conflitti di interessi, dei casi di corruzione e delle frodi relative all'uso
di fondi pubblici.
La
Commissione si avvale inoltre di programmi settoriali per sostenere le
iniziative anticorruzione negli Stati membri.
Lo strumento di sostegno tecnico fornisce
competenze tecniche su misura per aiutare gli Stati membri a sviluppare la
capacità amministrativa e a progettare e attuare riforme, molte delle quali
incentrate sull'aumento delle difese contro la corruzione.
Tra
gli esempi di riforme promosse dallo strumento di sostegno tecnico figurano
l'integrazione della trasparenza e dell'assunzione di responsabilità nelle
strutture nazionali, il sostegno tecnico per l'elaborazione e l'attuazione di
orientamenti etici e strategie anticorruzione e antifrode e il sostegno al
recepimento e all'attuazione della normativa dell'UE in materia di lotta contro
la corruzione.
Nell'ambito
del Fondo Sicurezza interna l'UE finanzia fra l'altro una serie di azioni
contro la corruzione, volte principalmente a rafforzare il coordinamento e la
cooperazione tra le autorità di contrasto e tra altre autorità nazionali, anche
con organismi fondamentali quali Europol e le pertinenti organizzazioni
internazionali.
Tra gli esempi figurano lo sviluppo delle
capacità delle autorità nazionali anticorruzione e il sostegno ai progetti
realizzati dalle organizzazioni della società civile.
Il
programma antifrode dell'Unione offre sostegno agli Stati membri nella lotta
contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli
interessi finanziari dell'Unione.
In
particolare il programma assiste le autorità nazionali nel rafforzare la
capacità investigativa e comprende una sezione formazione.
Esempio:
il
progetto "Speak Up Europe" mira a consentire ai cittadini europei di
levare la loro voce contro i comportamenti scorretti nelle organizzazioni
pubbliche e private e della società civile.
Incoraggia canali sicuri per segnalare casi di
corruzione e fornisce assistenza tecnica, legale e di patrocinio.
La
Commissione finanzia anche progetti nazionali che in Austria hanno compreso un
programma dell'Ufficio federale per la prevenzione e la lotta contro la
corruzione per sensibilizzare sia nei ranghi della pubblica amministrazione che
nella società civile.
In Lituania il servizio investigativo speciale
ha ricevuto nel 2021 sostegno per lanciare una piattaforma di e-learning con
materiale per la formazione professionale anticorruzione destinato ai
dipendenti pubblici e ad altri soggetti interessati a creare un ambiente
anticorruzione.
Il
sostegno alle autorità giudiziarie e di contrasto.
La
cooperazione tra le autorità di contrasto può offrire un contributo importante
alle indagini e al perseguimento dei reati di corruzione.
“Eurojust”
promuove la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri nella lotta contro la
corruzione.
Nel
2021 ha sostenuto gli Stati membri in 326 casi di corruzione, ha istituito 11
squadre investigative comuni e ha tenuto 13 riunioni di coordinamento su casi
specifici.
Le
politiche anticorruzione occupano un posto preminente nella strategia europea
di formazione giudiziaria per il periodo 2021-2024 volta alla formazione dei
professionisti della giustizia sul diritto dell'Unione.
Nel
2023 la rete europea di formazione giudiziaria ha organizzato diversi seminari
sulla lotta contro la corruzione.
Nel
2021, nei suoi primi sette mesi di attività, l'EPPO ha indagato su 40 casi di
corruzione a danno del bilancio dell'UE.
Nel
2022 il numero è salito a 87.
I
legami tra corruzione e criminalità organizzata comportano che “Europol”
sostenga attivamente gli Stati membri nella lotta contro la corruzione
effettuando analisi strategiche e fornendo sostegno alle indagini penali e alle
operazioni di intelligence criminale.
Europol
dispone di un Centro europeo per la criminalità finanziaria ed economica per
fornire sostegno operativo e analitico ai partner e agli Stati membri nelle
indagini sulla criminalità finanziaria ed economica, compresa la corruzione, e
nel congelamento e sequestro dei beni di origine illecita.
Esempio:
il
Centro europeo per la criminalità economica e finanziaria di Europol ha
coadiuvato la guardia civile (Guardia Civil) e la polizia nazionale (Policía
Nacional) spagnole per individuare manifestazioni di corruzione tra operatori
delle dogane e della polizia che agevolano il traffico di stupefacenti verso
l'UE.
Il
sistema di corruzione mirava a facilitare la spedizione in Europa occidentale
di cocaina e hashish per un valore di centinaia di milioni di EUR.
Il Centro ha contribuito alle indagini
mettendo a disposizione intelligence operativa e supporto di analisi così come
sostegno operativo diretto.
5. LE ISTITUZIONI DELL'UE E LOTTA CONTRO LA
CORRUZIONE.
La credibilità
dell'azione dell'UE volta a contrastare la corruzione nelle politiche dell'UE e
a sostenere gli sforzi degli Stati membri si fonda sull'efficienza e sulla
reputazione delle sue istituzioni e dei suoi organi e organismi.
A partire dagli anni '90 del secolo scorso
l'UE ha elaborato normative e processi volti a ridurre al minimo il rischio di
corruzione riguardo al proprio personale e a livello politico.
Si è
adoperata per stabilire una serie di norme in materia di etica, integrità e
trasparenza che contribuiscono a prevenire la corruzione, e per istituire nuovi
organismi incaricati di perseguire eventuali casi di corruzione.
Tuttavia
gli avvenimenti recenti hanno ricordato che le istituzioni dell'UE non sono
immuni alla corruzione e che la disciplina vigente non solo deve essere
applicata con rigore e coerenza, ma deve anche essere aggiornata continuamente.
Le
istituzioni dell'UE e gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a rispettare
gli stessi standard, assumendo lo stesso impegno a prevenire la corruzione, a
promuovere una cultura dell'integrità e ad applicare norme rigorose.
All'interno
delle istituzioni dell'UE vige una politica di tolleranza zero nei confronti
della corruzione.
La
prevenzione della corruzione si fonda su un solido quadro in materia di etica,
integrità e trasparenza.
Lo statuto dei funzionari dell'Unione europea
stabilisce gli obblighi etici personali che incombono al personale dell'UE.
Contiene
norme specifiche in ambiti quali conflitti di interessi, favori e doni,
onorificenze e decorazioni, attività esterne e cariche pubbliche, attività dei
coniugi, obblighi dopo la cessazione dal servizio, riservatezza, segnalazione
di eventuali attività illecite, denunce di irregolarità e sanzioni
disciplinari.
Ogni istituzione, organo o organismo dell'UE
ha la responsabilità di applicare il quadro giuridico al proprio personale e di
garantire la conformità, tramite, fra l'altro, l'aggiornamento periodico delle
regole interne, azioni di sensibilizzazione, consulenza al personale e sanzioni
in caso di violazione delle norme.
Ai
sensi dello statuto dei funzionari, il personale può essere soggetto a sanzioni
disciplinari in caso di violazione delle norme;
le
istituzioni, gli organi e gli organismi possono decidere di istituire servizi
interni dedicati e specializzati per le indagini e le questioni disciplinari.
Gli
obblighi previsti dallo statuto si applicano in aggiunta a quelli imposti dal
regolamento finanziario dell'UE.
Per
consentire il controllo pubblico e dare ai cittadini e ad altri gruppi di
interessi la possibilità di monitorare le attività di lobbying a livello
dell'UE, nel 2021 il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno
adottato un nuovo quadro congiunto per la cooperazione in materia di registro
per la trasparenza al fine di promuovere ulteriormente la rappresentanza etica
e trasparente degli interessi a livello dell'Unione.
Il
quadro congiunto stabilisce un codice di condotta con norme e principi etici
che devono rispettare i rappresentanti di interessi iscritti nel registro ed è
integrato da misure di trasparenza interna alle istituzioni per quanto riguarda
le riunioni e altre interazioni con i rappresentanti di interessi.
Per
quanto riguarda i membri delle istituzioni dell'UE, ossia i deputati al
Parlamento europeo, il presidente del Consiglio europeo, la Commissione
europea, la Corte di giustizia dell'Unione europea, la Banca centrale europea e
la Corte dei conti, i trattati stabiliscono le diverse discipline degli
obblighi etici personali e le sanzioni delle violazioni compiute dai membri di
ciascuna istituzione.
Discipline
e sanzioni sono solitamente integrate da norme più dettagliate, in particolare
regolamenti o codici di condotta, che variano secondo l'istituzione.
Per aumentare ulteriormente la trasparenza,
l'integrità e l'assunzione di responsabilità nelle istituzioni dell'UE occorre
che la disciplina etica sia aggiornata a cadenza periodica.
La
Commissione proporrà pertanto di istituire un organo etico interistituzionale
incaricato di stabilire norme comuni rigorose e misure di rafforzamento della
trasparenza.
Uno
dei compiti principali dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF)
consiste nello svolgere indagini amministrative su frodi, corruzione o
qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell'UE.
Nel 1999 le istituzioni dell'Unione europea
hanno deciso di estendere il mandato dell'OLAF a tutti i casi di colpa grave
imputabili ai loro funzionari o a membri di istituzioni, organi e organismi
dell'UE, indipendentemente dall'impatto sugli interessi finanziari dell'Unione.
Si tratta, ad esempio, di gravi questioni
relative all'esercizio dei doveri d'ufficio o di violazioni del codice di
condotta.
Altre istituzioni e altri organi possono
aderire all'accordo, seppur vi siano ostacoli in termini di applicazione
pratica relativamente all'accesso dell'OLAF alle informazioni o ai locali di
alcune istituzioni. Nell'ambito dei suoi poteri generali di trattare i casi di
cattiva amministrazione nelle istituzioni dell'UE, anche il Mediatore europeo
svolge un importante ruolo di vigilanza.
Gli
organi giurisdizionali nazionali sono competenti a trattare i casi relativi a
reati, tra cui corruzione e frode, commessi dai funzionari o dai membri delle
istituzioni.
Tali
casi possono essere portati in giudizio dai procuratori nazionali o, se sono in
gioco gli interessi finanziari dell'UE, dall'EPPO.
Se i
membri o i funzionari godono dell'immunità per gli atti compiuti in veste
ufficiale, l'istituzione dell'UE interessata deve revocarla qualora la revoca
non sia contraria agli interessi dell'Unione;
la
decisione dell'istituzione è soggetta al controllo della Corte di giustizia
dell'Unione europea.
6. CREARE UNA CULTURA COMUNE PER CONTRASTARE
LA CORRUZIONE.
Una
cultura collettiva estesa a tutta la società e basata sulla tolleranza zero nei
confronti della corruzione è una forte espressione dell'impegno europeo a
favore dello Stato di diritto e di elevati standard di integrità nella vita
pubblica.
La
promozione di questi valori è complemento essenziale di un'azione più immediata
in materia di prevenzione, accertamento e azione penale.
La
creazione di tale cultura richiede un'azione su numerosi fronti:
dall'inclusione dell'etica e dell'integrità nelle aspettative dei giovani
attraverso l'istruzione all'agevolazione degli scambi tra attori a livello
nazionale ed europeo per migliorare la comprensione delle sfide e aumentare la
determinazione ad agire.
È fondamentale uno stretto e regolare
coordinamento con tutte le autorità pubbliche competenti, le organizzazioni
multilaterali, la società civile, i media e il settore privato.
I
partenariati con il settore privato, la società civile, il mondo accademico e
della ricerca, i media e i cittadini possono contribuire a creare una cultura
dell'integrità attraverso un approccio esteso a tutta la società.
La
Commissione darà la priorità alle campagne di sensibilizzazione e ai programmi
di educazione civica, sottolineando il ruolo fondamentale che ciascuno svolge
nel sostenere una cultura dell'integrità, anche valutando in che modo i
partecipanti a tali programmi possano fungere da ambasciatori dell'integrità in
veste di moltiplicatori.
La
Commissione procederà alla mappatura delle possibilità di finanziamento dell'UE
esistenti per la lotta contro la corruzione, così da aumentarne visibilità e
coerenza.
Il
programma “Erasmus+” abbraccia tematiche anticorruzione nelle sue attività in
materia di istruzione, formazione, giovani e sport in Europa.
Le
iniziative anticorruzione sono trattate nell'ambito di diverse priorità
politiche, quali l'impegno civico e la cittadinanza responsabile.
L'UE
sostiene ad esempio il master congiunto “Erasmus Mundus” in etica e integrità
dello sport a livello universitario ed “Erasmus+” ha promosso approcci
innovativi all'educazione anticorruzione nelle scuole in Ungheria, Italia e
Slovenia.
Anche i programmi quadro per la ricerca e
l'innovazione sostengono la ricerca e raccolgono elementi di prova sulle nuove
forme di corruzione nell'ottica di elaborare soluzioni innovative a favore
delle autorità anticorruzione e degli operatori che intervengono nella lotta
contro la corruzione.
Un
ruolo fondamentale spetta alla società civile, non solo come sentinella per
individuare potenziali rischi o casi di corruzione, ma anche come
catalizzatrice per la promozione e la preservazione della cultura
anticorruzione tramite attività di sensibilizzazione, istruzione e patrocinio.
In molti Stati membri le organizzazioni della
società civile sono partner importanti nell'attuazione delle strategie
nazionali anticorruzione. Questo ruolo può essere ampliato.
Un
esempio è costituito dai "patti d'integrità" istituiti come strumento
per prevenire la corruzione negli appalti pubblici, sulla base dell'impegno
dell'amministrazione aggiudicatrice e degli offerenti a rispettare le migliori
prassi e a massimizzare la trasparenza.
Il
monitoraggio è effettuato da una parte terza, solitamente un'organizzazione
della società civile. I patti d'integrità sono promossi nei programmi
finanziari dell'UE per il periodo 2021-2027 e gli Stati membri sono
incoraggiati a inserirli gradualmente nei rispettivi programmi.
Mezzi
d'informazione liberi e pluralistici e un contesto in cui i giornalisti possono
lavorare senza vessazioni o intimidazioni sono fattori fondamentali per
garantire che i media possano svolgere il loro lavoro di sentinella.
La Commissione sostiene azioni che promuovono
un ambiente mediatico libero, diversificato e pluralistico, fra cui il sostegno
al giornalismo collaborativo e transfrontaliero, il monitoraggio dei rischi per
il pluralismo dei media, la mappatura delle violazioni della libertà dei media
e la difesa dei giornalisti minacciati.
Ad esempio, dal 2021 l'UE finanzia un
meccanismo di risposta rapida a livello europeo per le violazioni della libertà
di stampa e dei media e gestisce un fondo di sostegno di emergenza per i
giornalisti investigativi e le imprese che operano nel settore dei mezzi di
comunicazione.
7. LA LOTTA CONTRO LA CORRUZIONE NELLE
POLITICHE ESTERNE DELL'UE.
Integrare
le azioni contro la corruzione nelle politiche esterne è una parte
significativa degli sforzi volti a promuovere il buon governo e la prosperità a
livello mondiale.
La
coerenza d'impostazione fra politiche anticorruzione interne ed esterne è
importante per la credibilità dell'UE.
L'UE
promuove i diritti umani, la governance democratica, lo Stato di diritto e la
lotta contro la corruzione in quanto priorità nella sua azione esterna.
L'alto rappresentante, sostenuto dalla
Commissione, presenta oggi una proposta relativa all'istituzione di un sistema
trasversale di sanzioni PESC.
Più in
generale, nell'azione esterna l'UE sostiene riforme giuridiche e politiche
volte a creare istituzioni anticorruzione e organismi di controllo e a
rafforzare la società civile, gli informatori, i difensori dei diritti umani e
i media indipendenti in qualità di sentinelle contro la corruzione.
Criteri
d'integrità rigorosi nei programmi dell'UE contribuiscono a promuovere standard
elevati tra i partner.
La
lotta contro la corruzione rientra anche nei dialoghi politici e sulla
sicurezza con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali che l'alto
rappresentante conduce per conto dell'Unione.
L'UE
sostiene la cooperazione internazionale in quest'ambito, collaborando con
partner che condividono gli stessi principi per innalzare gli standard.
Il
ricorso alle sanzioni della politica estera e di sicurezza comune (PESC) per
contrastare la corruzione.
Oltre
all'attuazione degli strumenti giuridici internazionali vigenti in materia di
lotta contro la corruzione, a livello dell'UE è attualmente in corso un
importante dibattito sul ricorso alle sanzioni PESC per contrastare la
corruzione sistematica o ampiamente diffusa nei paesi terzi qualora tale
corruzione incida o rischi seriamente di incidere sui valori e sugli interessi
fondamentali dell'UE o qualora sia necessario intraprendere azioni per
conseguire altri obiettivi della PESC, come il sostegno alla democrazia e allo
Stato di diritto.
Finora
il regime di sanzioni PESC è stato concepito solo per consentire all'UE di
contrastare la corruzione in due specifici paesi terzi.
Un
quadro tematico trasversale (non limitato a uno specifico contesto geografico)
sulla corruzione aggiungerebbe una dimensione supplementare e una maggiore
flessibilità alla strumentazione dell'Unione in tema di sanzioni.
L'alto rappresentante presenta pertanto una
proposta di decisione del Consiglio e, insieme alla Commissione, una proposta
di regolamento del Consiglio relativo a un quadro tematico per le sanzioni PESC
contro la corruzione, al fine di integrare le azioni di politica interna ed
esterna condotte dall'Unione per contrastarla.
La
proposta relativa all'istituzione di un sistema trasversale di sanzioni PESC
integrerà e rafforzerà la capacità dell'Unione di contrastare i gravi atti di
corruzione, dotandola di uno strumento per adottare misure restrittive qualora
tali atti ledano o rischino seriamente di ledere gli interessi fondamentali
dell'UE e gli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune.
La corruzione attiva o passiva di un
funzionario pubblico e il peculato o l'appropriazione indebita da parte di
questi potrebbero costituire atti di corruzione così gravi da porre
considerevoli minacce per il sistema finanziario dell'Unione, in particolare se
il caso interessa un paese che figura nella lista dell'UE delle giurisdizioni
non cooperative a fini fiscali o che presenta carenze strategiche nei regimi
nazionali antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo.
La
lotta contro la corruzione come priorità delle politiche di allargamento e di
vicinato dell'UE.
Nel
processo di allargamento, l'allineamento al diritto vigente dell'Unione, il
rispetto dello Stato di diritto e le riforme anticorruzione determinano in
larga misura il ritmo di avanzamento dei paesi candidati verso l'adesione
all'UE.
Le
stesse priorità valgono per il partenariato orientale, nel cui ambito si
sostengono strategie anticorruzione per promuovere elevati standard di
integrità e trasparenza negli enti pubblici e per rafforzare le agenzie
anticorruzione, la capacità investigativa, le riforme giudiziarie e la società
civile.
Il
monitoraggio periodico della lotta contro la corruzione e delle relative
riforme nell'ambito del "pacchetto allargamento" annuale comprende
sia una valutazione dettagliata dello stato di avanzamento in ciascun paese
candidato e potenziale candidato sia orientamenti sulle future priorità di
riforma.
La Commissione passa in rassegna il quadro
legislativo e istituzionale riferito sia alla prevenzione che alla repressione,
ponendo l'accento sui risultati effettivi delle indagini proattive, dei
procedimenti di rinvio a giudizio e delle sentenze giudiziarie (in particolare
per quanto riguarda la corruzione ad alto livello).
Nel 2022 la Commissione ha altresì avviato un
ciclo di missioni di valutazione” inter pares” incentrate sulla lotta contro la
corruzione, la criminalità organizzata e il riciclaggio di denaro.
Le
ultime relazioni analitiche su Ucraina, Moldova e Georgia valutano la capacità
di questi paesi di assumersi gli obblighi derivanti dall'adesione all'UE;
la
lotta alla corruzione è indicata come prioritaria in tali relazioni.
Una
questione importante è la "de-oligarchizzazione", che mira a
eliminare l'eccessiva ingerenza degli interessi di parte nella vita economica,
politica e pubblica.
Tra le
iniziative concrete figura una nuova piattaforma elettronica per la raccolta
sistematica di dati sulla criminalità organizzata e la corruzione ad alto
livello, che può servire di ausilio per valutare i progressi compiuti da
ciascun paese partner nell'affermare lo Stato di diritto.
L'obiettivo della piattaforma è consentire
alle autorità nazionali dei paesi candidati e potenziali candidati di
incanalare la raccolta dei dati permettendone l'aggregazione e rilevando le
tendenze grazie all'ausilio di un quadro operativo basato sugli indicatori
chiave di prestazione (ICP) che individuano tendenze e anomalie.
Esempio:
l'UE
contribuisce con quasi 6 milioni di EUR a un progetto attuato
dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa volto a
monitorare i procedimenti giudiziari per corruzione grave e criminalità
organizzata individuando le questioni sistemiche e formulando raccomandazioni
per rafforzare lo Stato di diritto nei Balcani occidentali.
Promuovere
riforme anticorruzione nell'azione esterna e nelle relazioni commerciali
dell'UE.
Il
piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024 è
fortemente incentrato sullo Stato di diritto e comprende linee d'azione contro
la corruzione.
Il dialogo condotto su temi politici, sui
diritti umani e sulle politiche settoriali figura tra gli strumenti utilizzati
per attuare le azioni in tal senso.
Ciò si
riflette anche nei finanziamenti nell'ambito del programma Europa
globale/strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione
internazionale (NDICI).
L'UE
promuove la governance democratica e lo Stato di diritto tramite programmi
tematici, bilaterali e regionali e il sostegno a una migliore gestione delle
finanze pubbliche.
Tale
sostegno è incentrato sulla riforma della pubblica amministrazione, una sana
gestione delle finanze pubbliche, lo sviluppo delle capacità delle autorità
giudiziarie e di contrasto, l'istituzione di un solido quadro giuridico in
linea con le norme internazionali, l'istituzione e il rafforzamento di
organismi specializzati nella lotta contro la corruzione e il supporto alla
società civile, ai media, agli informatori e ai difensori dei diritti umani.
Al quadro anticorruzione giova anche un più
ampio sostegno allo Stato di diritto nelle istituzioni fondamentali e al
miglioramento del clima degli affari e delle condizioni di investimento.
I dialoghi politici svolgono un ruolo
fondamentale, sostenuto dalla conformazione del sostegno finanziario dell'UE.
Il
sostegno al bilancio fornito dall'UE è uno strumento importante per migliorare
la trasparenza e l'assunzione di responsabilità a livello nazionale: la
corruzione è infatti uno dei rischi analizzati nel contesto di queste
operazioni di finanziamento.
Sono
in via di perfezionamento misure volte a rafforzare la dimensione
anticorruzione in tutti i settori in cui si manifesta.
Oltre
ai programmi mirati di cui sopra, rientrano in quest'ambito orientamenti
operativi volti a offrire consulenza approfondita alle delegazioni dell'UE che
operano al di fuori dei settori di governance tradizionali, compresi quelli
interessati dall'iniziativa “Global Gateway” dell'Unione.
Il
fondamento dell'iniziativa risiede nel più ampio approccio” Team Europa” alla
minaccia della corruzione, grazie alla cooperazione con gli Stati membri e le
istituzioni finanziarie internazionali (IFI) sulla base delle norme e delle
migliori prassi internazionali.
Anche alcuni programmi tematici globali
sostengono lo Stato di diritto e la lotta contro la corruzione. L'iniziativa
Team Europa sulla democrazia (TED), che riunisce 14 Stati membri, favorisce il
sostegno allo Stato di diritto, con particolare attenzione all'assunzione di
responsabilità. L'UE coopera inoltre con la società civile per prevenire la
corruzione e promuovere un'amministrazione pubblica aperta.
Una
recente valutazione del sostegno dell'UE allo Stato di diritto e alla lotta
alla corruzione nei paesi partner 69 ha concluso che la visibilità ed efficacia
dell'Unione nella lotta contro la corruzione sono state inferiori a quelle
dimostrate nella promozione dello Stato di diritto, e ha raccomandato all'UE di
assumere nel mondo la leadership nella lotta contro la corruzione.
Uno dei vantaggi di un quadro anticorruzione
dell'UE chiaro e solido, ancorato all'UNCAC, sarà fungere da punto di
riferimento nei partenariati con altri paesi terzi.
Anche
la politica commerciale dell'UE sostiene la lotta contro la corruzione.
Dal
2015 le disposizioni anticorruzione sono incluse negli accordi commerciali
dell'UE con i paesi terzi.
Gli
strumenti commerciali autonomi, come il sistema di preferenze generalizzate
(SPG) dell'UE, comprendono anche disposizioni volte ad affrontare il problema
della corruzione.
Nell'ambito
dell'SPG è possibile aprire ulteriormente l'accesso ai mercati (SPG+) per i
paesi in via di sviluppo che ratificano e attuano efficacemente i principali
accordi internazionali, tra cui l'UNCAC.
Il
monitoraggio svolto dall'UE in virtù delle norme SPG prevede scambi di
informazioni, dialogo e visite nel paese, oltre alla pubblicazione di relazioni
intermedie periodiche.
Sostenere
le attività anticorruzione nei consessi multilaterali.
L'UE
funge da esempio nel contrasto della corruzione e promuove i valori del
rispetto della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto
proponendo la lotta contro la corruzione nell'agenda globale.
Per
assistere gli Stati membri e amplificare la propria voce, l'Unione
intensificherà gli sforzi volti a favorire la discussione e a coordinare le
posizioni nei consessi multilaterali, oltre a continuare l'operato in veste di
parte dell'UNCAC.
Il
processo di revisione dell'attuazione dell'UNCAC da parte dell'UE è ben
avviato, coordinato dalla Commissione.
A
dicembre 2020 la Commissione ha adottato la comunicazione sulla revisione
dell'Unione europea nell'ambito del meccanismo di revisione dell'attuazione
della convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC), nella quale
stabilisce le tappe della cooperazione tra le istituzioni, gli organi e gli
organismi dell'UE che partecipano al processo di revisione dal luglio 2021.
Nel settembre 2022 l'UE ha presentato e
pubblicato la propria autovalutazione per il primo ciclo del meccanismo di
revisione.
La Commissione si impegna a promuovere la
trasparenza e la partecipazione della società civile al processo di revisione e
ne sosterrà il completamento nell'ambito del primo ciclo entro il 2024.
Sulla
base delle precedenti azioni intraprese nel 2021 dai segretariati del GRECO,
dell'OCSE e dell'UNODC, l'UE contribuirà al dibattito internazionale sulle
modalità per migliorare le sinergie e razionalizzare le revisioni
dell'attuazione delle misure anticorruzione.
L'esperienza
tratta dalle relazioni annuali sullo Stato di diritto e la revisione in corso
da parte dell'UE del meccanismo di revisione dell'attuazione della convenzione
delle Nazioni Unite contro la corruzione contribuiranno a garantire una forte
partecipazione dell'Unione alla prossima conferenza degli Stati parte
dell'UNCAC, che si terrà nel dicembre 2023.
L'UE
detiene attualmente lo status di osservatore nel GRECO, il che le offre la
possibilità di partecipare a un importante forum di esperti e costituisce un
valido complemento alle relazioni annuali sullo Stato di diritto.
Il GRECO si è dimostrato una preziosa fonte di
competenze e un motore di riforme.
La Commissione intensificherà ulteriormente
l'impegno con il GRECO istituendo un dialogo più regolare e formale, anche
invitando il GRECO a partecipare alla rete su base stabile.
Contestualmente
la Commissione continuerà a discutere con le altre istituzioni sulla
possibilità di compiere passi avanti verso la piena partecipazione dell'UE al
GRECO.
8. CONCLUSIONI: PROSPETTIVE.
Integrità,
trasparenza e lotta contro la corruzione sono chiari impegni politici
dell'Unione.
L'attuale pacchetto di proposte rafforzerà
ulteriormente la lotta contro la corruzione nell'UE, innalzando gli standard
del diritto dell'Unione per migliorare la prevenzione della corruzione e
l'attività di contrasto e prevedendo un meccanismo per le sanzioni
internazionali.
La Commissione invita il Parlamento europeo e
il Consiglio a prendere rapidamente in esame la proposta di direttiva sulla
lotta contro la corruzione mediante il diritto penale.
La
Commissione e l'alto rappresentante invitano il Consiglio a prendere
rapidamente in esame la proposta di istituire un nuovo quadro di sanzioni PESC
contro la corruzione.
Le
proposte che accompagnano la presente comunicazione integreranno gli sforzi
costantemente compiuti per intensificare la lotta contro la corruzione in
un'ampia varietà di settori, fra cui l'aggiornamento periodico della disciplina
per promuovere l'integrità e prevenire i rischi di corruzione, mantenendo
disposizioni anticorruzione rigorose in tutta la normativa applicabile,
trasversale così come settoriale.
Garantire
un'adeguata integrazione delle attività di prevenzione della corruzione nello
sviluppo di politiche e programmi nuovi e nella valutazione di quelli esistenti
continuerà a essere una priorità per la Commissione.
L'intervento
in questo senso si baserà sul nuovo filone di attività volto a mappare i rischi
di corruzione nei settori ad alto rischio.
La
corruzione non può essere combattuta isolatamente.
La cooperazione e lo scambio di esperienze,
così come il dialogo costante tra gli Stati membri e l'UE sul modo in cui
elaborare e applicare riforme e strumenti per prevenire, accertare e perseguire
i casi di corruzione, sono elementi fondamentali per il successo sul campo
delle iniziative anticorruzione. Istituendo la rete dell'UE contro la
corruzione la Commissione darà nuovo impulso all'opera di prevenzione della
corruzione in tutta l'UE.
La
lotta contro la corruzione giova alla società nel suo complesso e i singoli
cittadini dovrebbero essere pienamente coinvolti in quest'attività, al pari
delle organizzazioni della società civile e del settore privato.
La Commissione darà la priorità alle campagne
di sensibilizzazione e ai programmi di educazione civica, oltre a mappare le
vigenti possibilità di finanziamento dell’unione a favore delle azioni
anticorruzione, al fine di aumentarne visibilità e coerenza e migliorarne
l'impatto.
La
lotta contro la corruzione all'interno dell'Unione è importante per la
credibilità dell'azione dell'UE sulla scena internazionale.
Oltre
all'ampliamento del regime di sanzioni, il maggiore impegno in consessi
multilaterali quali l'UNCAC e il GRECO aiuterà l'UE a infondere una
comprensione profonda e coerente dei motivi per cui politiche efficaci in
materia di integrità e lotta contro la corruzione siano fattori fondamentali
per la sicurezza e la prosperità a livello mondiale.
L'UE
continuerà ad adoperarsi per combattere la corruzione e promuovere il buon
governo e lo Stato di diritto: questa è e resterà una delle grandi priorità del
processo di allargamento e, più in generale, delle relazioni esterne
dell'Unione.
I
filoni di lavoro illustrati nella presente comunicazione costituiscono un
grande impegno dell'Unione a proseguire l'opera di contrasto della corruzione e
ad adoperarsi per un approccio globale e strategico tramite una strategia
anticorruzione dell'UE.
Si
tratta di una componente fondamentale delle modalità con cui l'UE potrà
garantire un futuro prospero e democratico all'altezza delle aspettative dei
suoi cittadini.
Dal
turismo all’immobiliare, ecco
i conflitti di interesse potenziali
di
parlamentari e membri del governo.
Ilsole24ore.com
- Riccardo Ferrazza – (22 febbraio 2024) - Rapporto Transparency Italia – ci
dice:
Ci
sono 14 parlamentari (11 deputati e 3 senatori) che sono membri di una
commissione competente sul settore in cui è attiva un’azienda in cui hanno un
ruolo.
Inchiesta
Report, Gasparri:
“Non c’è conflitto di interesse, solo
trasparenza.”
I
punti chiave:
Il
primato di Casasco (Fi);
Il
conflitto di interessi per 14;
Il
caso Zucconi nel turismo;
C’è
chi è proprietario di un’azienda agricola ed è membro della commissione del
Senato competente su industria, commercio, turismo e agricoltura.
Ci
sono due politici con partecipazioni in aziende del settore dell’edilizia che,
allo stesso tempo, appartengono alla commissione della Camera che si occupa di
Ambiente, territorio e lavori pubblici.
Sono alcuni esempi di interessi privati in
aziende da parte di figure pubbliche:
senatori
e deputati della XIX legislatura e ministri e sottosegretari. L’elenco
completato (153 aziende e 97 politici) di questo pericoloso incrocio è stato
stilato da “Transparency International Italia” nel suo ultimo rapporto.
Tre i
settori principali in cui queste aziende operano: turismo e ristorazione
(11,76%), immobiliare (11,11%) e agroalimentare (7,84%, 12 aziende).
Il
primato di Casasco (Fi).
«Gli
interessi privati - si legge nel rapporto - potrebbero diventare una minaccia
per la condotta etica dei parlamentari, aumentando i conflitti di interesse
potenziali o reali nel momento in cui il parlamentare si dovesse trovare
difronte alla scelta tra il dovere pubblico e i propri legami con aziende
private».
Il più esposto a questo rischio, a giudicare dai
numeri, sembra essere “Maurizio Casasco”, deputato di “Forza Italia” con ben 12
“interessi privati unici”.
L’esponente
azzurro, medico dello sport, è membro della commissione Attività produttive,
commercio e turismo:
compare in veste di azionista, amministratore
unico, consigliere, presidente di “Cda” o semplice socio in aziende che operano
in vari settori tra cui sanità (5) e immobiliare (2).
Il
conflitto di interessi per 14.
Trasparency
ha calcolato che 14 parlamentari (11 deputati e 3 senatori) «hanno interessi nelle aziende che
operano in un determinato settore, e sono contemporaneamente membri di una
commissione permanente che è competente su quel determinato settore».
«Esiste la possibilità che i conflitti
d’interesse, potenziali o percepibili, possano aumentare, nel momento in cui i
politici partecipano o detengono azioni in aziende che operano nel settore che
supervisionano».
Il
caso Zucconi nel turismo.
Come
detto il settore in cui più ricorrono maggiormente i casi di conflitti di
interesse è quello del turismo.
Qui si
segnala il caso di “Riccardo Zucconi”, deputato toscano di “Fratelli d’Italia”:
ha interessi in quattro aziende turistiche ed
è allo stesso tempo membro della decima commissione a Montecitorio.
Quella
che si occupa di Attività produttive, commercio e appunto turismo.
Vaccini
Covid, indagine Ue
su”
von der Leyen”. Per ora
nessuna
accusa.
Sanità33.it
– Redazione – (2-04-2024) – ci dice:
Negli
ultimi mesi gli investigatori della Procura Europea hanno preso il posto dei
procuratori belgi nelle indagini sulle accuse di illecito penale in relazione
alle trattative sui vaccini tra il presidente della Commissione europea Ursula
von der Leyen e l'amministratore delegato di Pfizer.
Negli
ultimi mesi gli investigatori della Procura Europea (EPPO) hanno preso il posto
dei procuratori belgi nelle indagini sulle accuse di illecito penale in
relazione alle trattative sui vaccini tra il presidente della Commissione
europea Ursula von der Leyen e l'amministratore delegato di Pfizer.
Le
indagini, riporta “Politico”, sono per "interferenza nelle funzioni
pubbliche, distruzione di SMS, corruzione e conflitto di interessi".
I
procuratori dell'EPPO stanno indagando su presunti reati penali, ma nessuno è
stato ancora accusato in relazione al caso.
L'indagine
è stata originariamente aperta dalle autorità giudiziarie belghe nella città di
Liegi all'inizio del 2023 dopo una denuncia penale presentata dal lobbista
locale Frédéric Baldan.
A lui si sono aggiunti in seguito i governi
ungherese e polacco, anche se quest'ultimo "sta per ritirare la denuncia
dopo la vittoria elettorale del governo pro-Ue guidato da Donald Tusk",
sottolinea “Politico”.
Lo sviluppo arriva in un momento delicato per “von
der Leyen”, che sta affrontando la transizione verso quello che gli osservatori
di Bruxelles prevedono sarà un secondo mandato alla guida del Berlaymont.
Finora la Commissione si è rifiutata di
rivelare il contenuto degli SMS o di confermarne l'esistenza.
Conflitto
d’interessi dei parlamentari,
lavori
per società private e regali:
come funziona in Ue. In Francia
rischio
carcere. L’Italia? Senza una legge.
Ilfattoquotidiano.it - Giuseppe Pipitone – (11
GENNAIO 2024) – ci dice:
Quasi
ovunque è vietato accettare i regali, soprattutto se superano il valore di uno
stipendio mensile come avviene in Ungheria.
Ma è vietato anche avere incarichi retribuiti
di qualsiasi tipo in aziende private durante il mandato:
una
violazione punita con la decadenza in Belgio ma anche con una pesante multa o
addirittura con la detenzione in Francia.
Sono
alcune delle leggi sui conflitti d’interesse per i parlamentari, i ministri e i
funzionari pubblici nei Paesi dell’Unione europea.
A
elencarle è studio non ufficiale, compiuto qualche tempo fa dall’”Associazione
dei Public policy Advocates” (esperti di politiche pubbliche) accreditati a
Bruxelles, che però restituisce una panoramica sul quadro normativo in vigore
nei principali Paesi comunitari in tema di trasparenza dei decisori pubblici.
Un
tema che dovrebbe essere di stringente attualità anche in Italia. Ancora nel
luglio scorso, infatti, la “Commissione Ue” sottolineava nell’ultima “Relazione
sullo Stato di diritto” come nel nostro Paese non fosse ancora stata “adottata
una legislazione globale sul conflitto di interessi “.
E in
effetti la normativa italiana per regolare gli impegni e i guadagni extra dei
parlamentari sembra tra le più blande:
non
sono previste norme o sanzioni per gli eletti che portano avanti impieghi per
società private o addirittura estere, parallelamente al loro incarico pubblico.
In
Italia liberi tutti.
Solo per fare un esempio:
in
molti Paesi dell’Ue non potrebbe esistere il caso di Matteo Renzi, senatore in
carica, leader di partito e allo stesso tempo consulente retribuito da società
e Stati esteri.
Ma non
potrebbe esistere neanche il caso di un parlamentare che ha una sua società
privata di consulenza:
l’esempio è sempre quello di “Renzi”, che ha
fondato la “Ma.Re. Consulting”.
In alcuni dei più importanti Paesi Ue è
vietata anche una situazione simile a quella di “Maurizio Gasparri”, senatore e
presidente di “Cyberealm”, società attiva nella cybersicurezza.
Un incarico che recentemente è stato
considerato “compatibile col mandato parlamentare” dalla “Giunta delle immunità
di Palazzo Madama”.
Questo
perché l’Italia è l’unico grande Paese dell’Unione Europea a non avere una
legge chiara sul conflitto d’interessi per i componenti di Camera e Senato.
In
Francia si rischia il carcere.
In Francia, invece, i deputati non possono
avere incarichi di alcun tipo in imprese private:
a stabilirlo è il “Codice elettorale del
1964”, modificato nel 2015 e “la legge sui diritti e gli obblighi dei
funzionari del 1983”, aggiornata nel 2016.
In
caso di violazioni si rischiano pene fino a tre anni di reclusione e una multa
fino a 200mila euro.
I
parlamentari rischiano anche la decadenza se la situazione di conflitto di
interessi non viene eliminata dopo apposito iter di segnalazione.
Sono
previste poi ulteriori multe se si usano i poteri conferiti dal mandato per
favorire una determinata azienda.
In Germania, invece,” la legge sui ministri federali
risale al 1953” (modificata nel 2015):
vieta
ai componenti del governo di avere impieghi retribuiti per società private.
Nel 2009 è stata approvata una norma sui
“civil servant” che vieta ai funzionari pubblici di accettare doni e ricoprire
incarichi in agenzie governative o finanziate dal governo mentre si svolge una
funzione legislativa.
Divieto
di accettare doni.
In Spagna la modifica della legge elettorale del 2016
vieta ai parlamentari di avere qualsiasi incarico diretto o indiretto in
società private.
In Austria esiste un’apposita commissione per le
incompatibilità che può concedere a ministri e parlamentari di avere interessi nel
settore privato o in imprese statali:
vuol
dire dunque che ogni caso viene analizzato e discusso.
In
Belgio per evitare conflitti d’interessi tutti i parlamentari non possono
mantenere una posizione retribuita in società private durante il mandato.
Inoltre
non si possono accettare regali.
Ministri,
parlamentari e funzionari pubblici che violano le leggi sul conflitto
d’interesse rischiano sanzioni che vanno dalla decadenza dalla carica alla
reclusione.
Nessun
secondo lavoro.
Non possono ricoprire funzioni in imprese
private anche “i componenti del Parlamento della Repubblica Ceca”.
La
stessa cosa avviene in Danimarca, dove una modifica della Costituzione del 2015
ha vietato ai ministri e ai membri del Parlamento di ricevere consulenze da
società private.
In
Finlandia il codice penale, che risale al 1889 ma è stato modificato nel 2016,
vieta a ministri, parlamentari e funzionari pubblici di accettare regali.
In
caso di violazione si rischia una multa o la reclusione fino a due anni. Anche
in Ungheria è vietato accettare regali per i Parlamentari, ma solo se superano
il valore di uno stipendio mensile.
Lo stesso divieto vale anche in Irlanda, a
Malta, in Polonia (dove la violazione è punita con la decadenza) e in Estonia,
dove i componenti del governo e del Parlamento non possono ricoprire incarichi
in società private.
In
Slovenia la legge impedisce al capo dello Stato, ai ministri e ai membri del
Parlamento di accettare doni e avere qualsiasi altro impiego che genera
reddito.
Quello
che ci chiede davvero l’Europa – Insomma il quadro è chiaro.
“Tutte
le grandi democrazie europee hanno nel loro ordinamento delle leggi che
regolano i conflitti d’interesse”, dice “Sabrina Pignedoli”, europarlamentare
del “Movimento 5 Stelle”. La deputata fa notare come a chiedere una legge sul
conflitto d’interesse all’Italia sia da tempo la Commissione Ue.
“Nel
rapporto 2022 sulla condizione dello Stato di diritto – dice – è stato
evidenziato come la pratica di incanalare le donazioni ai partiti attraverso
fondazioni e associazioni politiche rappresenta un serio ostacolo alla
responsabilità pubblica, dal momento in cui le transazioni sono difficili da
tracciare e la corruzione è sempre più utilizzata per infiltrarsi nell’economia
legale”.
Anche
nell’ultima relazione sullo “Stato di Diritto”, a luglio 2023, la commissione
Ue ricordava che in Italia
“i precedenti tentativi di adottare una
legislazione globale sul conflitto di interessi per i titolari di cariche
politiche, compresi i parlamentari, sono in sospeso da anni.
Il
regime relativo al conflitto di interessi rimane finora frammentato”.
Bruxelles
ha fatto il punto sulla situazione nei due rami del Parlamento:
“La
Camera dei deputati si era accinta a inserire formalmente il proprio Codice di
condotta nel suo Regolamento interno, ma non ha terminato il lavoro nella
legislatura precedente e ha ripreso le discussioni in proposito nell’attuale
legislatura, senza fissare un termine per il completamento.
Il
Senato ha adottato un Codice di condotta per i propri membri il 26 aprile 2022,
ma il testo non è disponibile al pubblico e non sono state ancora pubblicate
linee guida dettagliate.
Come
l’anno scorso, non si sono registrati ulteriori sviluppi per quanto riguarda la
pubblicazione obbligatoria delle dichiarazioni patrimoniali dei membri della
Camera dei deputati e del Senato, che rimane soggetta a un regime
frammentario”.
“Pfizer-gate”,
cosa c'è dietro
l'inchiesta dell'Ue che può
terremotare
il bis di “Ursula
von der Leyen”.
Ilmattino.it
– Redazione – (02-04-2024) – ci dice:
Un
nuovo terremoto giudiziario rischia di scuotere le istituzioni europee.
Dopo
il Qatar-gate, un nuovo terremoto giudiziario rischia di scuotere le
istituzioni europee.
Dagli
effetti imprevedibili sui futuri assetti dell'Ue, a tre mesi dalle elezioni
Europee di giugno.
L'hanno già ribattezzato “Pfizer-gate”.
È il
"caso" su cui indagano da mesi gli investigatori della Procura
europea (Eppo) in merito alle accuse di illecito penale riguardanti una
trattativa sui vaccini anti-Covid tra la presidente della Commissione europea
“Ursula von der Leyen “e l'Ad di Pfizer “Albert Bourla”.
Di che
si tratta?
Andiamo
con ordine.
Le indagini, ha riportato” Politico”, vertono
su quattro ipotesi di reato: interferenza nelle funzioni pubbliche, corruzione, conflitto
d'interessi e distruzione di sms.
Nessuno
è stato però ancora formalmente accusato.
La
prima inchiesta è partita dalle autorità giudiziarie del Belgio, nella città di
Liegi all'inizio del 2023, e ha preso le mosse dalla denuncia presso la Procura
di Liegi di un lobbista belga di 36 anni, “Frédéric Baldan”, contro “von der
Leyen”, accusata di essere stata protagonista di una trattativa privata,
tramite un giro di sms, con l' “Ad” di Pfizer “Bourla” per negoziare l'acquisto
di decine di miliardi di euro di dosi di vaccini durante l'emergenza pandemica.
Le
accuse.
La
querela di Baldan non era rimasta isolata.
Segnalazioni
simili sono arrivate, nei confronti della Commissione europea, dal governo
polacco e quello ungherese, riporta “Politico”. Anche il “New York Times”,
primo giornale a rivelare il caso – aveva fatto causa alla Commissione europea
perché non aveva rivelato il contenuto dei messaggi con “Bourla”, nonostante
una richiesta formale.
Ad
oggi la Commissione non ha reso noto lo scambio tra von der Leyen e Bourla né
ha confermato che sia effettivamente avvenuto.
Secondo
indiscrezioni di stampa, l'accordo siglato tra Palazzo Berlaymont, sede della
Commissione, e la multinazionale “Pfizer” aveva un valore intorno ai 20
miliardi di euro.
L’”Eppo”,
la procura che ora ha in mano il caso, conduce indagini paneuropee sui crimini
finanziari e potrebbe sequestrare telefoni e altro materiale rilevante dagli
uffici della Commissione.
A
rischio l'Ursula bis.
In
attesa di nuovi sviluppi sul fronte giudiziario, si è aperto un fronte
politico.
Vacilla
oggi più di ieri la candidatura di “von der Leyen” alla presidenza della
prossima “Commissione europe”.
Un asse trasversale a Bruxelles inizia a mostrare
apertamente dubbi sul mandato bis dell'ex ministro della Difesa tedesco,
lanciata un mese fa dal “Partito popolare europeo”.
Un
rebus che riguarda da vicino anche il governo italiano.
In un anno e mezzo di navigazione a Palazzo
Chigi la premier Giorgia Meloni ha intessuto un rapporto sempre più stretto con
"Ursula".
Dalle
passeggiate in mezzo al fango dell'alluvione in Emilia-Romagna alle missioni in
Africa per stringere accordi di cooperazioni sui migranti - Tunisia, Egitto,
Marocco - e lanciare il Piano Mattei, il sodalizio politico è cresciuto e ha
attirato occhi indiscreti a Bruxelles.
Ora la
candidatura scricchiola.
Anche
a Roma, sono in tanti i “Fratelli d'Italia” che frenano, prendono tempo, o
addirittura le distanze dalla presidente popolare.
Del
resto, la storia recente insegna che la nomina a "Spitzenkandidat",
la candidatura ufficiale per una famiglia europea, non è di buon auspicio.
Ora
l'inchiesta della “procura Ue” sulla trattativa miliardaria per le dosi di
vaccino può diventare la goccia che fa traboccare il vaso.
Consiglio
europeo del 21 e 22 marzo,
le
Comunicazioni al Senato.
Governo.it
– Redazione – (19 Marzo 2024) – ci dice:
Signor
Presidente, onorevoli colleghi,
ci
avviciniamo a uno degli ultimi Consigli europei di questa legislatura
comunitaria.
Superato
lo scoglio della revisione del Quadro Finanziario Pluriennale, che è stata
oggetto dell’ultimo Consiglio straordinario, una parte molto significativa
delle discussioni in agenda di questa riunione verterà sui grandi temi della
politica internazionale.
Si
partirà naturalmente dalla situazione in Ucraina e dalla risposta europea
all’aggressione russa.
Insieme
agli altri leader europei ribadiremo ancora una volta il nostro sostegno
all’Ucraina.
Un
sostegno che ho voluto riaffermare, a nome dell’Italia, convocando la prima
riunione dei leader del G7 sotto presidenza italiana proprio da Kiev, nel
secondo, tragico, anniversario della brutale invasione russa e dell’eroica
resistenza ucraina.
Voglio
cogliere l’occasione per rivendicare con orgoglio il ruolo che il nostro
Governo ha svolto, dapprima nel Consiglio del dicembre scorso per contribuire a
sbloccare il negoziato per l’avvio del percorso di adesione dell’Ucraina
all’Unione europea, e poi nel Consiglio straordinario di febbraio, per favorire
una soluzione positiva proprio sulla revisione del quadro finanziario
pluriennale, comprensivo di un adeguato stanziamento per l’Ucraina, ma anche di
risorse fondamentali per affrontare alcune delle principali questioni di nostro
interesse, dal sostegno alla competitività fino alla lotta all’immigrazione
illegale.
Non
era una trattativa facile, e probabilmente non avrebbe avuto questo epilogo se
avessimo seguito i consigli di quanti, anche in quest’aula, da tempo sostengono
che non si debba dialogare con tutti ma solo con alcuni, in questa bizzarra
idea di un’Europa distinta tra Nazioni di serie A e altre di serie B.
Pare
che linea vincente, e più utile all’Italia, oltre che alla comune causa europea
e occidentale, sia invece quella sostenuta da chi – come la sottoscritta – ha
sempre considerato tutti i partner europei degni di rispetto e considerazione.
Sempre
in tema di Ucraina, in questi giorni si è molto discusso della proposta
avanzata in particolare dalla Francia circa un possibile intervento diretto di
truppe di Nazioni dell’Unione europea in Ucraina.
Approfitto
per ribadire, anche in quest’aula, come fatto ampiamente dal Ministro degli
Esteri “Tajani”, che la nostra posizione non è favorevole in alcun modo a
questa ipotesi, che consideriamo foriera di una escalation pericolosa, da
evitare, invece, ad ogni costo.
Spero
che questo Parlamento sia compatto nel rispondere con noi sul punto.
Come
ho più volte ribadito, anche in quest’Aula, sostenere l’Ucraina vuol dire
tutelare il nostro interesse nazionale, e il nostro impegno rimane finalizzato,
su tutto, alla creazione delle condizioni per una pace giusta, duratura e
rispettosa della dignità della Nazione aggredita.
Ogni
nostra azione ha prevalentemente questo scopo.
E mi
stupisce, ma forse non dovrebbe, che proprio chi più si riempie la bocca con la
parola pace abbia contestato la sottoscrizione da parte italiana di un accordo
pluriennale di cooperazione di sicurezza con l’Ucraina.
Perché
la cooperazione di lungo termine sulla sicurezza che abbiamo offerto riguarda
più la pace che non il conflitto.
La
ragione è semplice: gli ucraini fanno presente che un ostacolo fondamentale a
qualsiasi possibile negoziato sta nel fatto che la Russia, fin qui, ha
sistematicamente violato gli accordi sottoscritti e il diritto internazionale.
Basti pensare che dopo la dissoluzione
dell’Unione sovietica, con il “Memorandum di Budapest del 1994”, Kiev ha
consegnato a Mosca le numerose testate atomiche in suo possesso in cambio del
rispetto dell’inviolabilità dei confini ucraini.
A
nessuno sfugge che una potenza atomica non sarebbe stata invasa dai russi nel
2014 e poi di nuovo nel 2022, come invece è accaduto in violazione di quel “Memorandum”.
Quindi,
come ci si può ragionevolmente sedere a un tavolo di trattative con qualcuno
che non ha mai rispettato gli impegni assunti?
Ecco,
perché degli impegni internazionali di sicurezza in favore dell’Ucraina sono il
prerequisito indispensabile a qualsiasi accordo di pace tra Ucraina e Russia.
E non
si tratta, come qualcuno prova oggi a raccontare, dell’impegno a fornire armi
per i prossimi dieci anni.
Si
tratta invece di un’intesa multidimensionale, che fa seguito ad analoghi
accordi sottoscritti da altri Stati europei ed occidentali, che riguarda una
cooperazione a 360 gradi, compresa la ricostruzione, l’assistenza umanitaria e
una rafforzata collaborazione politica e di sicurezza.
Come è
naturale che avvenga nei confronti di uno Stato che ha avviato il percorso di
adesione all’Unione Europea.
Detto
questo, l’Italia saluta con favore l’ingresso definitivo della Svezia e della
Finlandia nell’Alleanza Atlantica e condanna ogni atteggiamento aggressivo da
parte della Federazione Russa nei confronti di queste due Nazioni amiche e
alleate, così come nei confronti dei Paesi Baltici.
Allo
stesso modo, ribadiamo la nostra condanna allo svolgimento di elezioni farsa in
territorio ucraino e alle vicende che hanno portato al decesso in carcere di “Alexei
Navalny”, il cui sacrificio in nome della libertà non sarà dimenticato.
Il “Consiglio
Europeo” tratterà naturalmente anche dell’altro drammatico conflitto in corso,
quello tra “Israele e Hamas”.
Come
sapete sono reduce da una missione in Egitto, sulla quale tornerò anche dopo,
nel corso della quale insieme alla Presidente della Commissione europea e
diversi leader europei abbiamo incontrato il presidente “Al Sisi”, con il quale
abbiamo discusso della “situazione a Gaza” e della necessità di continuare a
lavorare senza sosta per evitare una estensione del conflitto che, come ho già
detto, avrebbe conseguenze potenzialmente inimmaginabili.
Siamo
fortemente impegnati affinché il “Consiglio europeo” possa adottare una
posizione autorevole sulla crisi e sul contributo che l’Europa può offrire alla
soluzione.
Ribadiremo
ancora una volta la nostra ferma condanna della brutale aggressione perpetrata
da” Hamas il 7 ottobre scorso” e ribadiremo la richiesta di un immediato
rilascio di tutti gli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza.
Perché
non possiamo dimenticare chi è stato a scatenare questo conflitto, massacrando
civili inermi, donne e bambini compresi, e mostrando al mondo i loro corpi
oltraggiati.
È stato “Hamas”, e lo sottolineo perché la
reticenza che sempre più spesso si incontra nel ribadirlo tradisce “un
antisemitismo latente, ma dilagante”, che ci deve preoccupare tutti.
Ribadiremo
anche che il legittimo diritto all’autodifesa di Israele deve esercitarsi con
proporzionalità e nel rispetto del” diritto internazionale umanitario”.
Non possiamo restare insensibili di fronte
all’enorme tributo di vittime civili innocenti a Gaza, vittime due volte:
prima del cinismo di Hamas che le utilizza
come scudi umani e poi delle operazioni militari israeliane.
Ribadiremo
la nostra contrarietà a un’azione militare di terra da parte di Israele a Rafah
che potrebbe avere conseguenze ancora più catastrofiche sui civili ammassati in
quell’area;
riaffermeremo la necessità di assicurare la
consegna in sicurezza degli aiuti umanitari e il sostegno all’iniziativa “Amalthea”
per un canale marittimo da “Cipro a Gaza” finalizzato alla consegna degli aiuti
stessi. Ferma restando, naturalmente, la necessità di aprire nuove vie
terrestri che rimangono prioritarie.
Confermeremo
il nostro sostegno agli sforzi di mediazione portati avanti, in particolare, da
Stati Uniti, Egitto e Qatar per un prolungato cessate il fuoco che possa
consentire il rilascio incondizionato degli ostaggi e massicci aiuti umanitari
alla popolazione civile.
E
proprio sul piano umanitario prosegue l’incessante lavoro dell’Italia a favore
della popolazione civile di Gaza, che dopo l’invio della “nave ospedale Vulcano”
e le iniziative congiunte con i Paesi del Golfo, in particolare, vede ora anche
l’arrivo di bambini palestinesi nei nostri principali ospedali pediatrici, che
voglio ringraziare, per poter essere curati.
Il
Governo italiano, in ultimo, saluta con favore il cambio di leadership in seno
all’”Autorità Nazionale Palestinese”, che ci auguriamo possa consentire di
rilanciare la soluzione a “due Stati”, sulla quale continuiamo a ritenere
prioritario avviare iniziative concrete, e l’Europa in questo può, e deve, dal
nostro punto di vista, giocare un ruolo da protagonista.
Come
sappiamo, le conseguenze del conflitto tra Israele e Hamas si ripercuotono in
modo diretto su tutto il Medio Oriente e la nostra preoccupazione va anche a
quanto sta avvenendo nel Mar Rosso.
Permettetemi,
in primo luogo, di rivolgere un pensiero di sincera gratitudine alla “Marina
Militare italiana” e all’”equipaggio della nave Duilio” che si trova, in questi
giorni, nelle acque prospicienti il Mar Rosso, impegnata in una missione
dall’alto potenziale di rischio per assicurare la sicurezza e la libertà di
navigazione alle nostre navi commerciali.
In
questi giorni, “nave Duilio” ha dovuto neutralizzare più di un attacco
portatole dai “droni Houthi”, lo ha fatto con prontezza ed efficacia, così come
sempre con prontezza ed efficacia operano le nostre Forze Armate.
È
anche per questo che proprio all’Italia è stato assegnato il comando tattico
dell’”operazione europea Aspides”, deliberata con tempestività dalle
Istituzioni europee soltanto poche settimane fa.
Tutti
noi sappiamo quanto le minacce e le “operazioni degli Houthi” facciano parte di
un disegno più vasto che vede, purtroppo, l’ “Iran impegnato in prima linea”
nel sostenere non soltanto gli “Houthi” ma anche “Hamas” e “Hezbollah”, nonché
a fornire di droni le operazioni russe in Ucraina.
E
sappiamo anche quanto sia importante quel tratto di mare per i nostri interessi
economici e geostrategici e quanto sia concreto il rischio che i maggiori costi
sostenuti dalle nostre compagnie di navigazione finiscano non soltanto per
comprometterne la competitività, ma anche per scaricarsi sul prezzo finale
delle merci, portando a un nuovo aumento dei costi per i consumatori proprio
ora che l’inflazione sta finalmente scendendo, e l’Italia si distingue per
l’inflazione più bassa registrata tra le economie del G7.
La
vicenda del Mar Rosso ci dimostra, anche, quanto siano importanti una chiara
visione europea a tutela dei nostri interessi e una politica di sicurezza e
difesa all’altezza delle nostre ambizioni e delle nostre esigenze difensive.
Nel
prossimo Consiglio ci sarà, infatti, un dibattito quanto mai urgente e delicato
sulla sicurezza e sulla difesa europea.
Voglio
dire con chiarezza che l’Italia è pronta a fare la propria parte nello sviluppo
della strategia europea per l’industria della difesa, presentata alcuni giorni
fa dalla Commissione.
E qui
francamente penso, signori, che occorra smettere di essere ipocriti, perché le
accuse di una eccessiva ingerenza americana e gli strali contro una seria
politica di difesa nazionale ed europea camminano curiosamente sempre insieme,
ma insieme non stanno.
Se
chiedi a qualcuno di occuparsi della tua sicurezza devi prendere in
considerazione l’ipotesi che quel qualcuno avrà grande voce in capitolo quando
si tratterà di discutere di dinamiche internazionali.
Spendere
in difesa significa investire nella propria autonomia, nella propria capacità
di contare e decidere, nella propria possibilità di difendere al meglio i
propri interessi nazionali, ed è la strada che segue qualsiasi Nazione seria.
Ma è
la strada che deve seguire anche l’Europa, se vuole essere seria. Per questo,
sarà necessario approfondire il tema delle risorse che servono anche al livello
UE per fare il salto di qualità necessario nel settore della difesa e l’Italia
vuole essere tra i protagonisti di questo dibattito, e tra quanti promuovono
anche soluzioni innovative per dotarci dei finanziamenti necessari.
Rivendichiamo
da sempre la necessità che la “NATO” sia composta da due colonne, una americana
e una europea, con pari dignità e pari peso, ma questo significa anche
rispettare i vincoli previsti e sottoscritti, dotarsi di adeguata forza
industriale e capacità di deterrenza, senza la quale non potrà esserci né
sicurezza né libertà per i nostri popoli.
Sì, la
libertà ha un costo, la sovranità ha un costo, e non credete a chi vi dice che
tutto può esservi concesso gratuitamente.
Il
risultato, spesso, e come si è visto, è che si paga molto di più.
Le
esigenze di sicurezza e difesa dell’Unione europea sono strettamente connesse
al tema dell’allargamento dell’Unione o, meglio, della riunificazione
dell’Europa, come preferiamo definirla.
Come
sapete l’Italia ha investito molto su questo processo, con particolare
attenzione ai Balcani occidentali.
Sosteniamo
il percorso di avvicinamento all’Unione europea per tutti i candidati, sia
quelli orientali (Ucraina, Moldova e Georgia) sia appunto quelli dei Balcani
occidentali.
In
questo quadro siamo pronti a sostenere, ancora una volta, e alla luce della
raccomandazione contenuta nel relativo rapporto della Commissione, l’apertura
dei negoziati di adesione per la Bosnia-Erzegovina.
Si
tratta di una decisione che, siamo convinti, possa portare a ulteriori e
decisivi progressi da parte di Sarajevo nel percorso di riforme verso l'Unione
Europea.
Del
resto abbiamo già visto come la concessione, a dicembre del 2022, dello “status
di Paese candidato” alla Bosnia-Erzegovina l’abbia portata a realizzare, in
poco più di un anno, un numero di riforme superiore a quanto fatto nei
precedenti dieci anni.
Il
Consiglio prossimo sarà anche l’occasione per fare il punto sulla risposta
europea in materia di contrasto all’immigrazione clandestina e al traffico di
esseri umani.
Un dossier che ormai viene calendarizzato ad
ogni riunione, su esplicita richiesta dell’Italia, per tenere monitorati i
progressi grazie a comunicazioni puntuali da parte della Commissione.
Come
sapete, sono reduce da una missione molto significativa in Egitto insieme alla
Presidente della Commissione europea Von der Leyen, al Presidente di turno del
Consiglio Europeo “De Croco”, al Presidente cipriota Christodoulides, al
Cancelliere austriaco Hammer e al Primo Ministro greco Mitsotakis.
Si è
trattato di un vertice molto produttivo, che si è concluso con la firma di una “Dichiarazione
congiunta UE-Egitto” propedeutica a un accordo di “partenariato strategico e
globale” che segna, indubbiamente, un salto di qualità nelle relazioni con un
partner fondamentale nel Mediterraneo.
Approvvigionamento
energetico, sicurezza e capacità di mediazione nel conflitto mediorientale,
gestione dei flussi migratori:
sono i
principali punti di un documento comune che fornisce un nuovo quadro di
riferimento nei rapporti con quest’importante vicino.
Sapete
che l’Italia si è molto impegnata per esportare il “modello Tunisia” anche ad
altre Nazioni africane del Mediterraneo.
E
sapete anche che l’Italia si era già mossa in questa direzione a livello
bilaterale, rilanciando la cooperazione con l’Egitto nell’ambito del “Piano
Mattei”, cooperazione che domenica scorsa abbiamo ulteriormente concretizzato
con la firma di quattordici intese bilaterali.
Grazie
a questa rinnovata cooperazione e ai buoni rapporti coltivati abbiamo raggiunto
l’importante risultato della “scarcerazione di Patrick Zak”i, ma a differenza
di quanto sostenuto da alcuni, non abbiamo interrotto, e non intendiamo
interrompere, la ricerca della verità sul caso di “Giulio Regeni”, come
dimostra il processo in corso in Italia, che il Governo segue con molta
attenzione.
E rispetto al quale ci siamo costituiti parte
civile.
Continuiamo
a ritenere che la strada di una cooperazione di lungo periodo, strutturata, con
le Nazioni africane e mediterranee sia anche lo strumento più efficace per
costruire una soluzione strutturale al problema migratorio.
E l’”accordo
Ue-Tunisia”, fortemente promosso dal Governo italiano, che oggi sta dando i
suoi frutti proprio sul fronte migratorio, dimostra come la strada intrapresa
sia quella giusta.
Gli ultimi dati forniti da “Frontex
certificano”, infatti, un calo di arrivi sulla rotta del Mediterraneo centrale
di circa il 60% nei primi mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente, con una sensibile diminuzione proprio di quelli provenienti dalla
Tunisia.
E
aggiungo l’importante dato che riguarda la drastica riduzione della rotta
proveniente dalla Turchia, che negli anni scorsi ha rappresentato una delle
maggiori criticità per l’Italia.
Siamo,
quindi, particolarmente orgogliosi che il modello di cooperazioni rafforzata
con i Paesi del Mediterraneo allargato, su cui il nostro Governo ha investito
tante energie in questi mesi, diventi il paradigma di riferimento anche per
l’Unione Europea, nel suo complesso.
E mi
auguro che non ci siano opposizioni ideologiche o strumentali lungo il percorso
che ci porterà all’attuazione dell’accordo con l’Egitto, come purtroppo abbiamo
ancora una volta dovuto constatare alcuni giorni fa proprio sulla Tunisia.
Sul fronte migratorio però non dobbiamo e non
possiamo abbassare la guardia.
L’arrivo
della bella stagione può incoraggiare i trafficanti di esseri umani nel provare
ad intensificare i loro traffici.
Per
questa ragione è fondamentale attuare pienamente il piano di azione in dieci
punti presentato dalla Commissione europea e attualmente in fase di
implementazione.
Così
come è importante allargare la cooperazione con i Paesi africani e in tema di
lotta alle reti di trafficanti anche oltre i confini europei.
È la ragione per la quale Africa e migrazioni
saranno anche al centro della “Presidenza Italiana del G7”, e il nostro duplice
obiettivo è - da una parte - quello di aumentare gli sforzi sul continente
africano e - dall’altro - quello di lanciare un’alleanza globale contro i
trafficanti di esseri umani.
Il
nuovo approccio a carattere onnicomprensivo e multidimensionale alla sfida
migratoria, adottato su spinta italiana dall’Unione Europea, è stato ben
descritto nella “Comunicazione pubblicata dalla Commissione” in vista del
Consiglio, che tratteggia sviluppi e prospettive dell’azione continentale.
Questo
nuovo approccio viene confermato anche pro-futuro, in chiave di attuazione e
rafforzamento di tutte le misure concordate e con una specifica, forte,
attenzione alla prospettiva degli Stati membri mediterranei.
Un
approccio dunque ritagliato, in tutte le sue componenti, anche e soprattutto
sulle loro esigenze, cioè sulle nostre esigenze.
Al Consiglio europeo promuoveremo una
ulteriore sottolineatura del carattere prioritario della dimensione esterna per
una soluzione strutturale alla sfida migratoria, che rimane l’aspetto, per noi,
assolutamente cruciale.
Questo
Consiglio europeo si occuperà, lasciatemelo dire, finalmente, anche di
agricoltura.
È stata una richiesta avanzata particolarmente
dall’Italia che siamo lieti sia stata recepita.
Dopo
questa nostra richiesta all’ultimo” Consiglio straordinario” si è poi svolto il
“Consiglio Agrifish”, lo scorso 26 febbraio, e già in quella sede i ministri
dell’Agricoltura e della Pesca dei 27 hanno espresso una forte volontà di
intervenire a sostegno di un settore che è stato troppo a lungo dimenticato e
oggetto di attenzioni non sempre benevole.
La doppia crisi pandemia-guerra ha colpito
anche le catene di approvvigionamento alimentare e ha gravato le imprese
agricole di un aumento dei costi fissi che ne ha ulteriormente ridotto la
redditività.
A
questo si sono aggiunti, da un lato, l’appesantimento burocratico introdotto
dalle misure di inverdimento della PAC e dall’altro l’accanimento ideologico di
molte norme del “Green Deal”, del pacchetto “Fit for 55” e della strategia
“Farm to Fork”.
L’Europa
si è così risvegliata con i trattori nelle strade, in prima battuta in quei
Paesi che avevano adottato ulteriori misure nazionali particolarmente
penalizzanti per il settore, a cominciare dall’interruzione dei sussidi per il
gasolio agricolo, scelta che invece non ha fatto l’Italia, che ha prorogato
quei sussidi.
Perché
a questo Governo non sono serviti i trattori nelle strade perché si occupasse
della materia, grazie anche al confronto costante che il “Ministro Lollobrigida”
ha mantenuto con le organizzazioni maggiormente rappresentative che, infatti, a
differenza dei loro colleghi e omologhi di Francia, Germania, Belgio, Spagna,
Olanda e molti altri, non hanno partecipato alle manifestazioni.
Rivendico,
con orgoglio, che il nostro è stato sinora il Governo che più ha investito in
agricoltura nella storia repubblicana, arrivando a stanziare - grazie alla
tanto vituperata rimodulazione del PNRR - fino a 8 miliardi per il comparto
agricolo.
Una scelta strategica, alla quale si sono
aggiunti in questi 17 mesi di Governo molti altri importanti provvedimenti dei
quali questo Parlamento ha già avuto modo di discutere alcune settimane fa.
L’ultimo
intervento riguarda la questione dell’Irpef agricola, inserita, seppure
marginalmente, anche in alcune piattaforme dei manifestanti.
Rivendichiamo
la scelta di non esentare dal pagamento dell’IRPEF agricola le imprese di
maggiori dimensioni, che possono permettersi di pagarla, e invece la scelta di
concentrare le risorse destinate al comparto agricolo in favore di chi ne ha
davvero bisogno, non solo esentando questi dal pagamento dell’Irpef ma anche
con ulteriori, concrete, misure di sostegno.
Ma
soprattutto, gli agricoltori (e con loro i pescatori) sanno che, fin dal primo
giorno, il nostro Governo in sede europea ha contrastato quella “visione
ideologica della transizione green” che ha individuato proprio
nell’agricoltore, nel pescatore, negli operatori economici che lavorano a
contatto con la natura, dei nemici da colpire in nome della “guerra santa”
contro” il cambiamento climatico”.
Per
noi invece l’agricoltore è il primo ambientalista, è il bio-regolatore per
eccellenza, è il garante della nostra sicurezza alimentare, è colui che ha il
maggiore interesse a preservare la natura – atteso che proprio dalla natura
trae il suo reddito – e come tale deve essere pienamente coinvolto nelle
politiche di riduzione delle emissioni, perché se lo graviamo di oneri
insostenibili – sul piano economico e burocratico – fino a far finire la sua
azienda fuori mercato e a farlo chiudere, il giorno dopo quel pezzo del nostro
ambiente rurale sarà abbandonato all’incuria e alla fine produrrà maggiori
danni.
Su
questo argomento proprio il nostro Governo ha presentato un documento che è
stato sostenuto da tutti” i Ministri dell’Agricoltura”. Ora ci auguriamo che,
dalla discussione dei prossimi giorni, possano scaturire indicazioni forti alla
Commissione e al successivo “Consiglio Agrifish” del 26 marzo, soprattutto in
alcune direzioni.
Abbiamo
accolto, con favore, l’annuncio della “Commissione sul ritiro definitivo della
proposta legislativa in materia di agrofarmaci”, che il Parlamento europeo
prima e il Consiglio poi avevano bocciato.
Ora è
urgente, in primo luogo, intervenire sull’attuazione della Politica Agricola
Comune.
Penso
possiate convenire con me sul fatto che, quando tutti noi abbiamo sostenuto la “vecchia
PAC”, il contesto era molto diverso da quello attuale.
Non si
era ancora verificato lo shock dell’invasione russa in Ucraina, in primo luogo,
e in secondo luogo la “Politica Agricola Comune” che è stata votata era
comunque una mediazione, rispetto alle “folli pretese” dell’allora
Vicepresidente “Timmermans”, che voleva una PAC ancora più sbilanciata verso le
misure di inverdimento, tanto da voler ricomprendere al suo interno gli
obiettivi di riduzione delle emissioni del “Green Deal”.
Queste
pretese non si materializzarono allora, ma si sono verificate successivamente
con la definizione degli eco-schemi e delle condizionalità verdi, ed è proprio
da quelle che si deve partire, semplificando al massimo le procedure ed
eliminando con effetto retroattivo l’obbligo di messa a riposo del 4% dei
terreni e l’obbligo di rotazione delle colture, che limiterebbe in maniera
sensibile la produttività delle nostre imprese.
La
recente proposta della “Commissione di ampia revisione della PAC” va nella
giusta direzione, riprendendo molte delle proposte italiane.
Ora è importante lavorare rapidamente alla
riforma, a partire dal prossimo “Consiglio Agricoltura e Pesca “di fine
marzo.
E
lavoriamo perché possano trovare spazio altre proposte italiane, come
l’estensione del “Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato”, prevedendo
comunque un incremento del regime “de minimis”, nonché una moratoria dei debiti
delle imprese agricole.
In questo contesto così difficile è
indispensabile rafforzare la nostra risposta alla concorrenza sleale dei Paesi
terzi, affermando il principio di reciprocità, condurre i futuri negoziati
sugli “Accordi di libero scambio” - a partire da quello sul “Mercosur” - con
un’accresciuta attenzione al mondo agricolo, intervenire anche sulle
importazioni agricole dall’Ucraina affinché i sacrosanti sforzi che hanno
portato a ripristinare i corridoi della “Grain Initiative” siano orientati
verso i Paesi terzi più bisognosi di grano e di altre materie prime, e non
producano ulteriore concorrenza al ribasso a scapito dei produttori europei.
Infine,
dato anche questo molto importante, siamo ancora in una fase di asimmetria
nella distribuzione del valore lungo le filiere, soprattutto in alcuni settori.
Oltre all’opera di “moral suasion” che il
Governo potrà svolgere tra tutti gli interlocutori, sarà importante “rafforzare
la direttiva sulle pratiche commerciali sleali” che potrà aiutare a garantire
il giusto prezzo alle nostre imprese agricole.
Infine,
voglio cogliere l’occasione di questo dibattito parlamentare per condividere
con voi la soddisfazione in merito all’esito del negoziato sul nuovo
regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio.
Sono fiera del risultato raggiunto e sono
fiera del grande lavoro di squadra che è stato fatto dall’intero Sistema
Italia:
Governo,
imprese, associazioni di categoria, Parlamento nazionale, parlamentari europei
di diversi schieramenti, col supporto dei nostri funzionari a Bruxelles, hanno
remato tutti nella stessa direzione per preservare un modello di eccellenza
nell’economia circolare che è stato costruito nel corso degli anni con il
contributo straordinario di tante nostre imprese e dei cittadini italiani.
Non
soltanto gli addetti ai lavori ma tutti gli italiani devono sapere che, grazie
a questo lavoro di squadra, al quale tutto il Governo, a partire dalla
sottoscritta, si è dedicato, ma che una volta tanto ci ha visto batterci spalla
a spalla anche con esponenti delle opposizioni, abbiamo messo in sicurezza una
percentuale significativa del nostro PIL, coniugando sostenibilità e
competitività.
Lo
voglio citare, e concludo, come esempio virtuoso e come modello per il futuro.
Perché quando l’Italia ha belle storie da
raccontare e buone ragioni da difendere, e soprattutto se riesce a mettere
l’interesse nazionale davanti agli interessi di parte, non c’è nulla che non
possa fare.
Vi
ringrazio.
Governo Italiano.
Commenti
Posta un commento