Chi governerà il mondo del futuro.
Chi
governerà il mondo del futuro.
Il
buono delle teorie
del
complotto.
Iltascabile.com
– Andrea Daniele Signorelli – (7-1-2022) – ci dice:
Quali
intuizioni salvare nel (e dal) complottismo.
(Andrea
Daniele Signorelli è giornalista freelance, si occupa del rapporto tra nuove
tecnologie, politica e società. Scrive per Domani, Wired, Repubblica, Il
Tascabile e altri. È autore del podcast” Crash - La chiave per il digitale”.)
Nata
nel 1776 a Ingolstadt, in Baviera, la setta segreta degli Illuminati fu
definitivamente stroncata nel 1787 dal principe Carlo Teodoro, che ne temeva le
rivendicazioni illuministe, anticlericali e antimonarchiche.
O almeno così vuole la narrazione ufficiale:
secondo
una delle più diffuse teorie del complotto, gli Illuminati sono ancora tra noi.
Altro
che svanire nel nulla:
il loro potere, nel corso di due secoli, si è
espanso enormemente.
Col
tempo, alcune delle più potenti e influenti famiglie del mondo hanno preso le
redini degli Illuminati.
Tredici
famiglie, per la precisione: Rothschild, Rockefeller, Onassis, Kennedy, Li,
Astor , DuPont e altre ancora, che messe assieme possiedono il 99% delle
ricchezze mondiali.
Un
vero e proprio cartello.
Un
potentissimo cartello che domina il mondo a livello economico, finanziario e
politico.
I
governi democraticamente eletti non sono altro che marionette, al servizio
degli Illuminati e dei loro scopi.
E quale sarebbe però questo scopo?
Semplice:
eliminare dalla faccia della Terra gli stati, le nazioni e le loro differenti
culture e particolarità.
Rendere
tutta l’umanità parte di un’unica famiglia, di un unico governo. Un governo
mondiale.
Questo è il piano:
dare
vita a un Nuovo Ordine Mondiale, a una dittatura globalista in cui l’intero
pianeta è asservito ai voleri delle 13 famiglie degli Illuminati.
Vista
così, quella degli Illuminati – di cui ho raccontato storia e leggenda in una
puntata del podcast Complottismi – è una teoria del complotto assurda e
distaccata dalla realtà, spesso e volentieri intrecciata con l’antisemitismo.
Siamo
però sicuri che la posizione più logica da adottare nei confronti di questa
teoria e dei suoi seguaci sia di totale e sdegnato rifiuto?
“Gli Illuminati non controllano alcun
governo mondiale, né gli ebrei hanno il controllo del sistema bancario, ma è
così sbagliato dire che la classe dirigente faccia parte di una ‘cospirazione’
volta a inseguire i propri interessi?”,
scrive
“Erica Lagalisse” in “Anarcoccultismo” (D Editore).
“Le
persone hanno davvero torto a sospettare che i governi e le sue strutture
agiscano coscientemente ai danni degli individui?”.
Come
sarebbe folle credere alla “teoria del complotto degli Illuminati”, altrettanto
ingenuo sarebbe pensare che le élite del mondo imprenditoriale e finanziario non abbiano
la volontà (e la capacità) di influire direttamente sulla politica e sulla
società.
Per
molti versi, quella degli Illuminati è una lente che distorce e ingigantisce
una chiave di lettura non necessariamente scorretta.
Sarebbe
ingenuo pensare che le élite del mondo imprenditoriale e finanziario non
abbiano la volontà di influire direttamente sulla politica.
La
benevolenza di una ricercatrice dichiaratamente anarchica come “Erica Lagalisse”
(antropologa alla “London School of Economics”) nei confronti di una tesi
complottista facilmente interpretabile in chiave anticapitalista è
comprensibile.
Per
molti versi, gli Illuminati si possono considerare il frutto malato della sana
pianta della critica radicale.
Lo stesso non sembrerebbe certo potersi dire
della famigerata
“teoria del complotto di QAnon”, secondo cui Donald Trump è l’eroe che deve salvare gli
Stati Uniti dalla dominazione di un’élite di sinistra formata da pedofili
satanisti e che ha le sue radici nel terrore reazionario verso un mondo che
cambia;
in cui
chi non si oppone strenuamente alle trasformazioni sociali e culturali è un
pervertito corrotto che punta a distruggere la propria nazione.
E
infatti QAnon è una teoria del complotto nata sui forum della alt-right,
adottata da paranoici di estrema destra con il fucile sempre in braccio, legata
ai più radicali movimenti no-vax e che ha fatto breccia su chi, per esempio,
era già convinto che “Barack Obama” fosse letteralmente l’Anticristo.
QAnon
sembra confermare, come scrive “Leonardo Bianchi in Complotti!” (Minimum Fax),
“l’idea
generale sui complottisti che chiunque si è fatto consultando i media o la
cultura popolare (…): si tratta di persone disturbate, ai margini della
società, che vanno in giro con cappelli di carta stagnola in testa o pensano di
essere inseguiti da elicotteri neri”.
Le
cose, in realtà, non sono così semplici:
“Le teorie del complotto”, scrive sempre Bianchi,
“permeano ogni strato della società e si distribuiscono più o meno equamente
sullo spettro demografico, socioeconomico, occupazionale, di genere, culturale
e ideologico”.
Questo aspetto a prima vista sorprendente è stato in
realtà confermato anche dai reporter che si sono intrufolati tra i seguaci di “QAnon”
che hanno assaltato il campidoglio il 6 gennaio 2021, scoprendo che tra essi
c’erano parecchi ex elettori centristi e di sinistra disillusi, alcuni che in
passato avevano votato Obama e Hillary Clinton o, alle primarie, addirittura
Bernie Sanders.
Tra le
idee politiche che potrebbero sorprendere chi aderisce a una lettura
superficiale dei seguaci delle teorie del complotto ci sono anche quelle di “Jacob
Chansley”, meglio noto come “Jake Angeli”:
lo
sciamano di QAnon che con il suo cappello con le corna è diventato il simbolo
dell’insurrezione del 6 gennaio.
Nel
corso della sua vita, “Chansley” si è dedicato anche alla scrittura,
autopubblicando su Amazon un romanzo e un saggio.
Quest’ultimo,
intitolato” One Mind at a Time”, è stato letto dal docente di “Storia Nicolas
Guilho”t, che sulla “Boston Review” ne ha sintetizzato la visione del mondo,
tanto distorta quanto ingenuamente progressista.
In “One
Mind at a Time”, “Chansley” descrive il mondo che emergerà quando il ‘fascismo aziendale militarizzato’
sarà sconfitto assieme al Deep State:
le
prigioni saranno eliminate e la pena di morte abolita, i confini scompariranno
e tutti potranno muoversi liberamente;
ci saranno ‘un sacco di soldi’ per gli
insegnanti, la sanità coprirà tutti i cittadini, i senzatetto avranno le case e
nessun essere umano e animale sarà affamato.
Questa
ingenua” utopia socialisteggiante”, dalla quale “Donald Trump” sarebbe
disgustato, ci racconta quale possa essere il retroterra socioculturale di
alcuni dei seguaci di QAnon.
Com’è possibile che un confuso adepto delle “ideologie
new age”, vegano e ambientalista, finisca a rifugiarsi – come già era stato
osservato nella diffusione di QAnon nel mondo yoga – in una teoria del
complotto di estrema destra?
Sempre secondo” Guilhot,” ciò dimostra più che
altro “la
capacità della alt-right di di assorbire idee progressiste o controculturali e
incanalarle in una direzione reazionaria”.
Teorie
trasversali.
Accogliendo
le teorie del complotto, l’estrema destra le trasforma in una specie di terreno
di conquista elettorale.
Non solo: radunando sotto un’unica bandiera
ideologica seguaci di QAnon, antivaccinisti, chi pensa che la pandemia sia un
complotto, seguaci della Grande Sostituzione, ecc. la destra reazionaria
contribuisce attivamente a dare forma a una visione complottista del mondo.
Una
visione complessiva in cui ogni singola cospirazione rappresenta un tassello di
un puzzle più grande, in cui il fine ultimo è sempre, in un modo o nell’altro,
la conquista del mondo.
Come
segnala “Leonardo Bianchi” rifacendosi a “Karl Popper”, immaginando
cospirazioni secolari di dominazione planetaria, le teorie del complotto ingigantiscono
oltre ogni misura l’intenzionalità: tutto si svolge seguendo meticolosamente i
piani dei cospiratori; non ci sono mai intoppi, e nessuna persona coinvolta
nella cospirazione si lascia sfuggire il minimo segreto. In ultima istanza, la
storia è pianificabile e completamente manovrabile dagli esseri umani.
Nel
mondo reale, precisa ovviamente” Bianchi”, le cose non vanno mai così e c’è
sempre qualcosa che va storto.
È per
questo che, sempre secondo “Karl Popper,” le teorie del complotto rappresentano
una forma di superstizione primitiva che indica l’incapacità di comprendere
come gli eventi sociali siano in realtà l’esito di vari processi indipendenti e
in cui invece essi vengono visti come l’espressione di un singolo e onnipotente
volere.
Nella lettura di “Popper”, quindi, i
cospirazionisti sono vittima di un problema cognitivo, che impedisce loro di
“pensare bene” e li rende incapaci di elaborare correttamente le informazioni.
La
visione che tende a patologizzare chi crede nelle teorie del complotto rischia
però di essere eccessivamente parziale e soprattutto di individualizzare un
problema che è invece sociale.
Sempre
nel saggio pubblicato dalla “Boston Review”, “Guilhot” riporta una lettura
diametralmente opposta, elaborata già nel 1971 dal sociologo “Edgar Morin”, che
– ricostruendo una vicenda di cronaca nera avvenuta a Orléans, in seguito alla
quale si era scatenato un ingiustificato e complottista panico morale – spiegò
come questa dovesse essere messa in relazione ai cambiamenti nella struttura
demografica delle città, alle nuove identità di genere, al ruolo della donna
nel mondo del lavoro, ai processi di modernizzazione economica che avevano
travolto il tessuto sociale e morale e il lento declino di una città che era
passata dall’essere un’ex capitale medievale a banlieue di Parigi.
Anche
a cinquant’anni di distanza, una lettura di questo tipo appare molto più
sofisticata e robusta dell’interpretazione patologizzante.
Le cause della diffusione delle teorie del
complotto non sarebbero quindi da cercare (esclusivamente) in eventuali deficit
cognitivi o nella “infodemia” provocata dai social network, ma troverebbero
origine – semplificando – nei mutamenti e nei terremoti sociali, le cui vittime
vanno in cerca di cause univoche e di responsabili diretti.
È anche per questo che – come racconta sempre “Bianchi”
in Complottismi! – “le teorie del complotto hanno un andamento oscillante, che
raggiunge i picchi più elevati in coincidenza dei cicli di grandi cambiamenti e
grande incertezza”.
I
problemi del debunking.
La
ridicolizzazione dei teorici del complotto – trattati come fenomeni da
baraccone, come casi patologici – è quindi una lettura sbrigativa e parziale.
Non
solo: è una lettura pericolosa.
La
ragione la spiega la docente di Filosofia “Donatella di Cesare” nel suo libro”
Il complotto al potere” (Einaudi).
Quando si parla di teorie del complotto,
scrive “di Cesare”,
le
linee interpretative sono per lo più due:
il
complottismo viene visto o come una patologia psichica oppure come un’anomalia
logica.
Nel
primo caso si risale ai recessi oscuri della mente.
Nel
secondo si giunge invece alla logica delle fake news che si propagano
nell’epoca della ‘post-verità’.
In entrambi i casi si pensa che il presunto
complottista dovrebbe essere avviato a una rieducazione cognitiva.
Malgrado
ogni sforzo, però, nessuna delle due terapie funziona, mentre l’onda
complottista aumenta.
“Una
tale stigmatizzazione, oltre a restare inefficace, è controproducente”, scrive
ancora “di Cesare”.
Come
sempre, la sanzione poliziesca del pensiero e la denuncia inquisitoriale
servono a poco.
Da
qualche tempo si è andata affermando una vulgata anti complottista che,
reclamando il possesso della verità, ridicolizza e delegittima le teorie
giudicate devianti, irrazionali, nocive.
Ma
questo approccio polemico e patologizzante, che squalifica ogni critica alle
istituzioni, non fa che confermare il gioco delle parti e aggravare una
frattura sempre più profonda:
da un
canto chi, tacciato di essere complottista, rivendica di essere antisistema,
dall’altro chi, ricorrendo ai canoni della propria ragione, è accusato di
sostenere l’ideologia dominante.
In breve: l’anti complottismo semplicistico
rischia di assecondare lo scarto tra “verità ufficiale” e ‘verità nascosta’
impedendo di comprendere un fenomeno complesso e poliedrico.
Alcune
di queste forme di “anti complottismo semplicistico” assumono anche derive
inquietanti e paternaliste, come i programmi di “debiasing” (una sorta di decostruzione della
percezione errata che porta a credere alle teorie del complotto) proposti dallo scienziato “Steven
Pinker”, e, in misura minore, in una certa forma di “debunking feroce” che mira
a smontare su una base esclusivamente fattuale ciò che ha fondamenta
differenti.
Il
debunking,
inoltre, non ha praticamente nessuna utilità “rieducativa”, visto che i
complottisti hanno gioco facile a interpretarlo come un ulteriore ingranaggio della
macchina del fumo dei “poteri forti”.
Forzando
il paragone, sarebbe come credere che sia possibile smontare la fede di un
credente facendo “fact-checking” dell’esistenza di Dio.
Buona
fortuna.
Avete
presente il “meme” dei “giovani del PD” che urlano ironicamente al “komplotto!”
per sminuire ogni tesi che non sia perfettamente aderente alla narrazione
ufficiale?
Allo
stesso modo, un certo approccio iper-rigido nei confronti del cospirazionismo
rischia di trasformarsi – come segnala “Guilhot” – in una “difesa dello status
quo”, in
cui le teorie del complotto vengono utilizzate come arma contundente per
“restringere ulteriormente lo spazio della politica”.
Come
dire: per”
Big Pharma” non c’è nulla di più utile che essere presa di mira dai
complottisti, se ciò permette di far passare per “complottista” chiunque
critichi “Big Pharma”.
Applicando
l’etichetta di “complottista”, tanto gli scienziati sociali quanto gli
attivisti non riescono a distinguere tra teorie che potrebbero avere delle
linee di critica valide (“il sistema sanitario privato è interessato solo ai
soldi”) da quelle più fantascientifiche (“il sistema bancario mondiale è in
mano a lucertole ebree aliene”) scrive “Lagalisse” in “Anarcoccultismo”.
Etichettare troppo facilmente le
interpretazioni anticonformiste come complottiste rischia di ritorcersi contro
la ricerca della verità.
E in
un paese come l’Italia, dove di complotti reali negati in ogni modo dalla
narrazione istituzionale ne abbiamo visti in quantità, dovremmo essere
perfettamente consapevoli di questo pericolo.
Come
evitare allora di diventare tutti – complottisti e anti complottisti – gli
utili idioti della narrazione mainstream? Probabilmente, evitando prima di
tutto che questa contrapposizione diventi troppo rigida.
Come
sottolinea “Leonardo Bianchi”, “la propensione a credere in una teoria del complotto
è universale:
tutti,
almeno una volta nella vita, siamo finiti nella ‘tana del bianconiglio’ – ci siamo convinti dell’esistenza di
qualche cospirazione fittizia”.
In
secondo luogo, sostiene invece “Lagalisse”, “sarebbe utile concedere ai
complottisti che vi siano realmente delle ‘piramidi’ che sovrastano e dominano
lo spazio sociale, e che le persone ai vertici lottano senza sosta per rimanere
al potere, che lo ammettano o meno”.
È
questo il nucleo centrale della tesi ottimista e propositiva di “Lagalisse”.
Che ci
permette di giungere al punto del nostro discorso:
se la
destra più reazionaria tende ad abbracciare le teorie del complotto – da QAnon
alla Grande Sostituzione, passando per le posizioni ambigue su Covid e vaccini
– al solo scopo di conquistare quella fascia di elettorato e incurante delle
conseguenze, il compito della sinistra dovrebbe invece essere di estrarre il buono
(l’anticapitalismo, la critica ai poteri forti, lo scetticismo nei confronti
delle multinazionali) di alcune teorie del complotto, separandole però da tutto
ciò che è irrazionale, paranoico e spesso razzista.
Mentre
i teorici delle cospirazioni sviluppano allegorie che riescono a descrivere
l’estrazione capitalista, il fatto che i protagonisti di queste storie siano
banchieri ebrei, alieni, Templari o massoni ci distrae da alcune intuizioni che
invece meriterebbero più attenzione e che rischiano di restare orfane di
approfondimenti politici o sociologici ,spiega “Lagalisse”, secondo la quale è
fondamentale prendere le teorie del complotto – che in alcuni casi individuano
problemi corretti attribuendoli però erroneamente alla volontà di un manipoli
di singoli –
e
trasformarle in teorie critiche, che si concentrano invece “sulla costruzione
di una teoria dei cambiamenti sociali in cui gli eventi si svolgono a causa di
forze impersonali”.
È
quanto scrive anche “Bianchi” (seguendo lo psicologo “Jovan Boyford”):
I
nuclei di verità su cui si basano le teorie cospirative sono degli ottimi punti
di partenza per intavolare una discussione proficua.
L’obiettivo, infatti, non è quello di rendere
un complottista meno curioso o meno scettico, ma di “cambiare la direzione
della sua curiosità e del suo scetticismo”.
La
fine delle grandi narrazioni.
Seguendo
queste indicazioni, si può leggere in controluce un altro elemento d’importanza
cruciale, vale a dire la possibilità che la fine delle grandi ideologie (e il
declino della religione) abbia lasciato strada alla costruzione di nuove
macro-interpretazioni politiche paranoiche e spesso fai-da-te, nello stesso
modo in cui anche la religione sta diventando una questione sempre più
personale e personalizzata.
L’epoca
post-moderna, in poche parole, avrebbe fatto sì che i vuoti lasciati venissero
colmati (anche) con una lettura cospirazionista del mondo.
L’antropologo
delle religioni “Ernesto De Martino”, citato da” Guilhot” sulla “Boston Review”,
aveva anticipato già nel 1964 come “l’esaurimento delle ideologie del
progresso e il declino della religione avesse lasciato il mondo scarsamente
equipaggiato per affrontare la possibilità della catastrofe”.
“De
Martino” si riferiva al rischio di apocalisse nucleare della Guerra Fredda.
Adesso,
la catastrofe che le masse non sempre hanno i mezzi per affrontare, inquadrare
e razionalizzare è quella delle diseguaglianze economiche, della fine dell’era
dell’ottimismo, della precarietà, della pandemia, della crisi climatica.
Privati
delle mediazioni culturali comunitarie delle grandi ideologie e delle
religioni, le persone – spiega “De Martino” – si sentono
al
centro di una rete di insidie diffuse, di forze ostili, di oscure trame
cospirative tessute ai loro danni, esperendo al tempo stesso un continuo
spossessamento di sé, un esser esposti irresistibilmente alla perdita di
qualsiasi intimità e a un continuo deflusso dissipatore nel mondo esterno.
Considerare
il complottismo come se fosse causato da un deficit cognitivo o dai social
network (che comunque, ovviamente, un ruolo lo giocano) non è solo
un’interpretazione parziale e scorretta, ma è anche una lettura possibile solo
da una posizione di privilegio.
Lo spiega chiaramente” Guilhot”:
È solo
grazie alla posizione di privilegio in cui la certezza del loro mondo viene
data per scontata che gli opinionisti odierni possono considerare le teorie del
complotto come delle deficienze cognitive che devono essere corrette, rimanendo
invece sordi all’ansia esistenziale che esse esprimono (…).
Dobbiamo invece recuperare la capacità
politica di gettare ponti che attraversano un presente cataclismatico.
Ciò può iniziare solo dalla ricostruzione
della visione di un mondo comune e di un futuro inclusivo per tutti coloro i
quali stanno smarrendo i loro.
Più in
concreto, un lavoro di questo tipo passa (anzi, probabilmente parte) da un
rapporto differente con le teorie del complotto e i loro sostenitori, che non
li rifiuti in toto, ma che cerchi di depurarne le visioni dalle componenti più
assurde, senza gettare via il bambino con l’acqua sporca.
“Chi
accetta queste teorie”, prosegue “Lagalisse”, “potrebbe essere convertito a
un’analisi anticapitalista meno roboante e più aderente ai fatti. (…)
Sarebbe
opportuno cercare di articolare questi miti all’interno di teorie sociali
anticapitaliste per avvicinare queste persone ai movimenti sociali”.
È
evidente che – se si accetta la necessità politica di cooptare e depurare le
teorie del complotto – non è attraverso “il debunking”, la ridicolizzazione o il
semplice razionalismo che è possibile mettere a frutto delle energie che a
volte partono da embrioni critici corretti per poi naufragare, approdando
spesso nella destra estrema.
E se
fosse invece possibile accogliere le premesse di alcune teorie del complotto,
disinnescare gli elementi più odiosi (paranoia, razzismo, antisemitismo) e inquadrarle all’interno di una più
ampia cornice di senso e politica, offrendo risposte alle domande poste da chi
sta precipitando nella tana del bianconiglio? Forse, per dirla sempre con “Lagalisse”,
“non è
necessario disincantare il mondo per permettere a un moderno antiautoritarismo
di emergere; al contrario, è necessario re-incartarlo”.
I
Rockefeller annunciarono
la
pandemia
e il
governo unico mondiale.
Lacrunadellago.net
– Cesare Sacchetti – (07/04/2020) -Globalismo – ci dice:
I
Rockefeller avevano previsto tutto. Non solo la pandemia di un virus
sconosciuto, ma tutto ciò che sta accadendo in conseguenza ad essa.
Dalla
sorveglianza di massa dei cittadini alla sospensione dei diritti
costituzionali.
È
tutto scritto in un documento del 2010 intitolato “Scenari per il futuro della
tecnologia e dello sviluppo internazionale” dove praticamente si descrive alla
perfezione la situazione attuale.
Chi ha
scritto questo rapporto evidentemente aveva una idea ben precisa di che tipo di
direzione avrebbe preso il mondo negli anni a venire.
La
pandemia e la sorveglianza di massa della popolazione mondiale.
Come
nella simulazione finanziata dal padre di Microsoft, Evento 201, anche in questa occasione la pandemia
esplode per una mutazione di un agente virale da animale a uomo.
Nel
caso di Bill Gates, il “colpevole” era il maiale, mentre nel rapporto della
facoltosa famiglia americana, la mutazione avviene attraverso le oche.
Lo
scenario in questione si intitola “lock step”, un’espressione che in inglese sta ad identificare una condizione di totale
inflessibilità.
Questo
nome non è stato scelto a caso, perché come si vedrà successivamente, da questa crisi emerge un sistema
politico completamente autoritario nel quale non è ammesso il minimo dissenso.
In
questa simulazione, la pandemia affligge il 20% della popolazione mondiale e
causa la morte di 8 milioni di persone.
A
differenza del Covid-19, questo virus non colpisce la popolazione più anziana
affetta da precedenti patologie, ma giovani in età adulta.
Ad
ogni modo, tutti vengono colti impreparati, persino “le nazioni più attrezzate per una
pandemia si ritrovano sopraffatte quando il virus inizia a spargersi nel
mondo.”
La
conseguenza immediata è la sospensione dei viaggi aerei con pesanti ricadute
sul settore del turismo.
Nel
rapporto, si elogia in modo particolare la Cina per la risposta che ha saputo
dare all’emergenza.
Nei
passi successivi del documento si legge praticamente la descrizione fedele di
quanto sta accadendo ora.
“Durante
la pandemia, i leader nazionali nel mondo hanno esibito la loro autorità, e
hanno imposto regole ferree e restrizioni, dall’obbligo di indossare mascherine
al controllo della temperatura corporea negli spazi comuni, come stazioni
ferroviarie e supermercati.”
Suona
familiare?
In Italia e in Francia attualmente per uscire
dalla propria abitazione è necessario firmare un pezzo di carta dove si
dichiara il motivo del proprio spostamento.
Alcune
regioni italiane, in ordine sparso, hanno reso obbligatorie le mascherine e
diversi supermercati utilizzano già il sistema di rilevamento della temperatura
corporea.
Non
solo.
La
simulazione dei “Rockefeller” descrive i passi successivi che porterà
l’emergenza pandemica.
Chi
vuole sapere come andrà a finire questa storia non deve fare altro che leggere
queste righe.
“Anche
dopo la fine della pandemia, questo controllo autoritario e questa sorveglianza
dei cittadini e delle loro attività è rimasto inalterato e si è persino
intensificato.
Per proteggere loro stessi dalla diffusione di
crescenti problemi globali – dalla pandemia al terrorismo internazionale
passando per le crisi ambientali e la crescente povertà – i leader nel mondo
hanno assunto un controllo ancora più stringente del potere.”
I
controlli intimidatori che si stanno vedendo in questi giorni non sono quindi
qualcosa di passeggero.
I droni che passano sopra la testa di
innocenti cittadini e gli elicotteri che sorvegliano continuamente i centri
abitati non andranno via.
Vengono
in mente a questo proposito le parole del ministro delle Sport, “Vincenzo
Spadafora”.
“Niente
sarà più come prima.”
Il
mondo che emergerà da questa pandemia sarà uno nel quale non ci sarà più posto
per il dissenso.
Il documento prevede infatti la nascita di un “autoritarismo
globale” nel quale saranno i cittadini stessi a consegnare ai governi i loro
diritti fondamentali in nome di una “presunta sicurezza”.
Si
delinea quindi il “totalitarismo perfetto” annunciato da “Aldous Huxley”, nel
quale il dissenso non c’è perché sono le masse stesse a chiedere al tiranno di
spogliarle dei loro diritti.
I
passi successivi: il microchip e il governo unico mondiale.
La
fase successiva della simulazione prevede una sorta di schedatura digitale di
tutti i cittadini.
“Nei
Paesi più avanzati, questa elevata sorveglianza ha assunto molte forme:
identità biometriche, ad esempio, per tutti i cittadini e regolazione più
stringenti per le industrie più importanti.”
Per
identità biometrica si intende anche, tra l’altro, un tipo di tecnologia che
permette l’uso di un microchip in grado di registrare tutte le informazioni dei
cittadini.
Questo
microchip contiene tutti i dati personali di un individuo e si inserisce
generalmente sotto la mano.
Ma chi
è che sta investendo su questo tipo di tecnologia? Proprio “Rockefeller “che 10 anni fa
prevedeva lo scoppio di una pandemia.
La
famiglia americana infatti ha finanziato lo sviluppo di “ID2020”, una
partnership “pubblica – privata” del quale si era parlato già in un’altra
occasione.
ID2020
prevede
sostanzialmente che questi microchip vengano inseriti nel corpo di una persona
che verrebbe di fatto inserita in un archivio digitale globale.
Gli
abitanti del pianeta sarebbero quindi tutti schedati e questo strumento
consentirebbe alle autorità di tracciare in tempo reale tutti i loro movimenti. (Cina attuale docet! N.D.R.).
Alla
fine l’emergenza pandemica si rivela quindi uno strumento per raggiungere un
solo obbiettivo: il controllo totale della popolazione mondiale.
Ma perché
le élite vogliono arrivare a questa sorta di totalitarismo globalista?
La
risposta va cercata nelle pagine successive del rapporto.
I
Rockefeller difatti prevedono il tramonto degli stati nazionali.
“Gli
stati nazionali hanno perduto alcuni dei loro poteri e della loro importanza
mentre l’architettura globale si è rafforzata e strutture di governo regionale
sono emerse.
Entità di supervisione internazionale come l’”ONU”
(corrotta
sino al midollo! N.D.R.) hanno raggiunto nuovi livelli di autorità, così come sistemi
regionali come l’”ASEAN”, la “NEPAD”, e la “Banca di sviluppo asiatica.”
In
altre parole, questa è la” visione geopolitica del globalismo” nella quale gli
stati nazionali vengono progressivamente sostituiti da queste entità sovranazionali eterodirette dalle
élite internazionali.
Ed è
proprio il tipo di società che i “Rockefeller & C.” sognano da generazioni.
Nessuna
dietrologia.
Sono
loro stessi a dirlo e a rivendicarlo nell’autobiografia Memorie di “David
Rockefeller”.
“Alcuni
credono che siamo parte di una congrega segreta che lavora contro gli interessi
degli Stati Uniti, caratterizzando me e la mia famiglia come internazionalisti
e cospirando con altri nel mondo per costruire una struttura economica e
politica più integrata, un mondo unico, per così dire.
Se
quella è l’accusa, mi dichiaro colpevole e ne sono fiero.”
Il
globalismo è il quarto totalitarismo, più autoritario e più repressivo di tutti
i suoi predecessori.
Per poter costruire un governo unico mondiale,
con un’unica economia e un’unica religione è necessario avere il controllo
totale della popolazione mondiale.
Questo
sistema politico non può nascere senza la sorveglianza di massa.
La cifra del globalismo è la repressione e il
controllo perchè si propone di unificare sotto un unico governo sovranazionale
popoli e culture opposti che entrerebbero necessariamente in conflitto.
Ecco
perchè le élite hanno bisogno della sorveglianza di massa e dell’eliminazione
del dissenso.
La
violenza e la sopraffazione sono l’unico modo per raggiungere questo
obbiettivo.
Le
élite avevano detto chiaramente dove volevano arrivare già molto tempo prima.
Ma
molti non ci hanno creduto o non hanno preso sul serio quanto dicevano.
Probabilmente
ora qualcuno inizia a capire che non c’era nessun complottismo.
Era
tutto vero e ora tutti lo stanno toccando con mano.
(Presto
nella “Ue” sarà eliminata la “moneta a debito” attuale, di proprietà dei
cittadini, che verrà sostituita con la “monera elettronica buona” in mano solo
della élite finanziaria globalizzata e predatoria! N.D.R.).
Il
Segretario Generale – Osservazioni
alla Riunione Ministeriale
sul Vertice del Futuro.
Unric.org
– Redazione - Dichiarazione del Portavoce del Segretario Generale - sulla
situazione a Gaza – (21 Settembre, 2023) – ci dice:
Il
Segretario Generale ONU Guterrers :
Eccellenze,
illustri ministri e delegati,
Il mio
rapporto sulla nostra agenda comune ha invocato una rinnovata fiducia e
solidarietà tra i popoli, i Paesi e le generazioni.
Proponeva
un multilateralismo riformato che riflettesse e affrontasse le realtà politiche
ed economiche di oggi.
Oggi,
la necessità di tali riforme è più evidente che mai.
Ci
troviamo di fronte a una serie di rischi sistemici, senza i sistemi
multilaterali necessari per gestirli.
Ci
stiamo muovendo verso un mondo multipolare.
Il
multipolarismo sta creando nuove opportunità per diversi Paesi di essere
protagonisti sulla scena globale.
Ma la
storia insegna che il multipolarismo senza istituzioni multilaterali forti crea
gravi rischi.
Potrebbe
portare a tensioni geopolitiche ancora maggiori, a una competizione caotica e a
un’ulteriore frammentazione.
Le
istituzioni multilaterali sopravviveranno solo se saranno veramente universali.
Il “Vertice
del futuro” rappresenta un’opportunità unica per contribuire a ricostruire la
fiducia e ad adeguare le istituzioni e i quadri multilaterali obsoleti al mondo
di oggi, basato sull’equità e sulla solidarietà.
Ma è
più di un’opportunità.
È un
mezzo essenziale per ridurre i rischi e creare un mondo più sicuro e pacifico.
Illustri
Ministri,
accolgo
con favore il vostro accordo sul fatto che il “Vertice del Futuro adotterà un “Patto
per il Futuro” negoziato a livello intergovernativo, che riaffermi la” Carta
delle Nazioni Unite”, rafforzi il multilateralismo, dia impulso all’attuazione
degli impegni esistenti e concordi soluzioni per le nuove sfide.
Accolgo
inoltre con favore la vostra decisione di lavorare per un “Patto” che copra
cinque ambiti:
–
Sviluppo sostenibile e finanziamento dello sviluppo;
– Pace
e sicurezza internazionale;
–
Scienza, tecnologia e innovazione e cooperazione digitale;
–
Giovani e generazioni future;
– Trasformazione
della governance globale.
Mi
congratulo per il vostro impegno a far progredire i diritti umani,
l’emancipazione di donne e ragazze e l’accelerazione verso gli Obiettivi di
Sviluppo Sostenibile.
Sarete
voi, Stati membri, a decidere cosa portare avanti all’interno di questi cinque
gruppi di questioni nel” Patto per il futuro”.
Abbiamo
condiviso una serie di proposte concrete da sottoporre alla vostra attenzione
in undici “Policy Brief”W.
Queste
proposte riguardano:
– una
Nuova agenda per la pace che rafforzi il nostro quadro di sicurezza collettiva;
– un
sistema finanziario globale più equo;
–
strumenti di misurazione economica che vadano oltre il PIL per sostenere le
decisioni politiche;
– un
patto che sfrutti i benefici e gestisca i rischi delle tecnologie digitali e
dell’intelligenza artificiale;
– un
codice di condotta volontario sull’integrità delle informazioni online;
–
nuovi protocolli per gestire in modo più efficace gli shock globali;
– una
cooperazione più forte nello spazio extra-atmosferico;
– una
trasformazione dei sistemi educativi;
–
l’inclusione significativa dei giovani nei processi decisionali globali;
– modi
per salvaguardare il futuro e difendere i diritti delle generazioni future;
– e
un’“ONU 2.0”, meglio attrezzata per sostenere gli Stati membri, attraverso
l’uso di dati, strumenti digitali, innovazione, previsione e scienza
comportamentale.
Le
nostre proposte approfondiscono la visione della “nostra Agenda comune”,
trasformando le raccomandazioni originali in passi concreti e realizzabili
verso sistemi globali più equi, sostenibili, universali ed efficaci.
Accolgo
con favore anche i contributi del “Comitato consultivo di alto livello” sul
multilateralismo efficace, che meritano la vostra seria considerazione e
ringrazio il co-presidente per l’eccellente lavoro svolto dal gruppo.
Mi
congratulo inoltre per i progressi già compiuti su molte delle raccomandazioni
dell’”Agenda comune”, attraverso i dibattiti convocati l’anno scorso dal “Presidente
dell’Assemblea generale”, l’istituzione dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i giovani,
le cinque misure trasformative per l’uguaglianza di genere, la nuova visione
dello Stato di diritto, l’acceleratore globale per l’occupazione e la
protezione sociale e i piani per il proposto “Vertice biennale” aperto tra i
membri del” G20”, l’”ECOSOC”, i leader delle istituzioni finanziarie internazionali e me
stesso in qualità di Segretario generale delle Nazioni Unite.
Illustri
Ministri,
il “Patto
per il futuro” sarà il vostro contratto tra di voi e con i vostri popoli.
Rappresenta
il vostro impegno a utilizzare tutti gli strumenti a vostra disposizione a
livello globale per risolvere le sfide contemporanee prima che queste ci
travolgano.
Le
sfide che dobbiamo affrontare sono universali.
Richiedono soluzioni universali e non possono
essere risolte attraverso piccoli raggruppamenti di Stati o coalizioni di
volenterosi.
Le
Nazioni Unite sono l’unico forum in cui questo può avvenire.
Sarà
inoltre importante accogliere i contributi della società civile, del mondo
accademico, del settore privato e di altre importanti parti interessate.
La
posta in gioco è alta.
Un”
Patto per il Futuro sostanziale e completo” ha il potenziale per accelerare
l’attuazione dell’”Agenda 2030” e degli “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, in
linea con la dichiarazione del “Vertice SDG”.
Contribuirà
a determinare se saremo in grado di affrontare le gravi sfide di oggi e di
domani o
se continueremo a percorrere la strada del collasso sociale, finanziario,
politico e ambientale.
Vorrei
sottolineare che questo Patto integrerà e rafforzerà pienamente i nostri sforzi
per raggiungere gli “SDG” e creare un mondo più pacifico, sostenibile ed equo.
Ma
siamo chiari.
Il
tempo non è dalla nostra parte.
Nei
due anni trascorsi dal mio rapporto sulla “Nostra agenda comune”, sono emersi
nuovi conflitti e le tensioni geopolitiche sono più alte che mai.
Abbiamo
incontrato il nuovo ostacolo dell’”IA generativa.”
Stiamo
vedendo i segni del “collasso climatico”.
Miliardi
di persone in tutto il mondo sono state colpite dalla crisi del costo della
vita.
E più
Paesi che mai stanno lottando contro il debito o l’insolvenza.
Non
possiamo avvicinarci a un accordo mentre il mondo corre verso il precipizio.
Dobbiamo
dare una nuova urgenza ai nostri sforzi e un senso di comunanza di intenti.
Ispiriamoci
ai recenti accordi globali sulla biodiversità mondiale, sulle acque d’altura,
sulla perdita e i danni climatici e sul diritto umano a un ambiente pulito,
sano e sostenibile.
Raggiungere
un accordo sarà difficile. Ma è possibile.
Vi
esorto a raddoppiare gli sforzi nel corso del prossimo anno per garantire che
il Patto per il futuro sia ambizioso e trasformativo.
Illustri
Ministri,
il “Vertice
sul futuro” deve essere anche un momento per rafforzare il legame tra la
governance globale e i popoli del mondo.
Il “Patto
per il futuro” deve riflettere le priorità e le preoccupazioni delle donne e
degli uomini che lottano per sfamare le loro famiglie, e delle comunità che
sopportano il peso dell’emergenza climatica.
Deve
offrire soluzioni per un mondo migliore, più giusto, più pacifico e più
sostenibile.
Soprattutto,
deve dimostrare che il multilateralismo può dare risultati per tutti, ovunque.
Grazie.
(Guterres
– Il Segretario Generale).
Guterres
invita Israele e Hamas
a
porre fine alla guerra di Gaza.
Unric.org
– Antonio Guterres – (1-5-2024) – ci dice:
Il
Segretario generale Antonio Guterres informa la stampa sulla situazione a Gaza.
Con la
situazione a Gaza che “peggiora di giorno in giorno”, il Segretario Generale
delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha lanciato un appello affinché i leader
israeliani e di Hamas, attualmente impegnati in intensi negoziati, raggiungano
un accordo per il cessate il fuoco, in modo da porre fine alla guerra.
“Per
il bene della popolazione di Gaza, per il bene degli ostaggi e delle loro
famiglie in Israele e per il bene della regione e del mondo intero, incoraggio
vivamente il governo di Israele e la leadership di Hamas a raggiungere ora un
accordo”,
ha detto parlando con i giornalisti a New York.
Guterres
ha espresso il timore che senza un accordo “la guerra, con tutte le sue
conseguenze sia a Gaza che in tutta la regione, peggiorerà esponenzialmente”.
Prevenire
l’escalation di Rafah.
Sono
passati quasi sette mesi dai brutali attacchi di “Hamas” contro Israele che
hanno scatenato le attuali ostilità.
Nelle
ultime settimane sono stati compiuti attacchi aerei contro l’area di Rafah, nel
sud della Striscia di Gaza, dove più di 1,2 milioni di persone si sono
rifugiate con un accesso limitato al cibo, alle cure mediche e ad altri servizi
e senza un posto sicuro dove andare.
Guterres
ha affermato che un attacco militare in quella zona “sarebbe un’escalation
insopportabile, che ucciderebbe altre migliaia di civili e costringerebbe
centinaia di migliaia di persone a fuggire “.
Inoltre,
avrebbe un impatto devastante sui palestinesi di Gaza, con gravi ripercussioni
nella Cisgiordania occupata e in tutta la regione.
“Tutti
i membri del Consiglio di Sicurezza e molti altri governi hanno espresso
chiaramente la loro opposizione a questa operazione. Faccio appello a tutti
coloro che hanno influenza su Israele affinché facciano tutto il possibile per
impedirla”, ha dichiarato.
Evitare
la “carestia di origine umana.”
Rivolgendosi
al nord, dove le persone vulnerabili stanno già morendo di fame e malattie, ha
esortato la comunità internazionale a “fare tutto il possibile per evitare
una carestia di origine umana del tutto evitabile “.
Sebbene
si siano compiuti progressi incrementali, è necessario fare molto di più,
inclusa l’apertura promessa di due punti di passaggio tra Israele e il nord di
Gaza, per permettere il trasporto di aiuti dal porto di Ashdod e dalla
Giordania.
La
mancanza di sicurezza è uno dei principali ostacoli alla distribuzione degli
aiuti a Gaza, e ha sottolineato che i convogli umanitari, le strutture e il
personale, così come le persone bisognose, “non devono essere obiettivi”.
“Accogliamo
con favore la consegna degli aiuti per via aerea e marittima, ma non c’è
alternativa all’uso massiccio delle vie terrestri“, ha dichiarato, prima di chiedere
nuovamente a Israele di consentire e facilitare un accesso umanitario sicuro,
rapido e senza ostacoli in tutta Gaza, anche per l’agenzia di soccorso palestinese
delle Nazioni Unite, l’UNRWA.
La
gente si sta radunando davanti ai resti dell’ospedale “Al Shifa”, la più grande
struttura sanitaria di Gaza.
Sistema
sanitario “decimato.”
Guterres
ha anche sottolineato come la guerra abbia “decimato” il sistema sanitario
dell’enclave, dove due terzi degli ospedali e dei centri sanitari sono fuori
uso, mentre molti di quelli rimasti sono gravemente danneggiati.
“Alcuni
ospedali assomigliano ormai a cimiteri,“ ha detto, esprimendo profondo allarme
per le notizie sulla scoperta di fosse comuni in diverse località, tra cui gli
ospedali “Al-Shifa” e Nasser.
Fosse
comuni e responsabilità.
Solo
all’”ospedale Nasser” sarebbero stati riesumati più di 390 corpi e “ci sono narrazioni contrastanti
intorno a molte di queste fosse comuni, incluse gravi accuse che alcune delle
persone sepolte siano state uccise illegalmente”, ha aggiunto.
Il
capo delle Nazioni Unite ha detto che è imperativo che agli investigatori
forensi internazionali indipendenti sia consentito l’accesso immediato a questi
siti per determinare le circostanze precise in cui centinaia di Palestinesi
hanno perso la vita e sono stati sepolti o riseppelliti.
“Le
famiglie dei morti e degli scomparsi hanno il diritto di sapere cosa è successo
e il mondo ha il diritto di rendere conto di qualsiasi violazione del diritto
internazionale che possa aver avuto luogo”, ha affermato.
Elogio
dell’UNRWA.
Il
Segretario generale ha concluso le sue osservazioni richiamando l’attenzione
sull’UNRWA e sul suo “lavoro insostituibile e indispensabile” a sostegno di
milioni di palestinesi a Gaza, in Cisgiordania, Giordania, Siria e Libano.
“La
presenza dell’UNRWA in tutta la regione è fonte di speranza e stabilità.
L’istruzione, l’assistenza sanitaria e altri servizi forniscono un senso di
normalità, sicurezza e stabilità a comunità disperate”, ha dichiarato.
L’agenzia
ha recentemente richiesto 1,2 miliardi di dollari per affrontare la crisi
umanitaria a Gaza e per rispondere ai bisogni in Cisgiordania, dove la violenza
è in aumento.
L’UNRWA
dipende in larga misura dai donatori e circa 16 Paesi hanno interrotto i loro
contributi all’inizio di quest’anno in seguito alle accuse israeliane di
coinvolgimento di 12 membri del personale negli attacchi del 7 ottobre.
L’ONU
ha nominato un organismo indipendente per esaminare gli sforzi dell’agenzia per
garantire il principio umanitario della neutralità.
Il
gruppo di esperti, guidato dall’ex ministro degli Esteri francese “Catherine
Colonna”, ha recentemente pubblicato il suo rapporto, secondo il quale “l’insieme delle regole, dei
meccanismi e delle procedure in vigore [all’UNRWA] sono i più elaborati
all’interno del sistema delle Nazioni Unite”.
“Guterres”
ha dichiarato che è in corso un piano d’azione per attuare le raccomandazioni
del rapporto e ha fatto appello alla cooperazione dei donatori, dei Paesi
ospitanti e del personale.
Aumentare
il sostegno.
Nel
frattempo, la maggior parte dei Paesi che avevano sospeso i contributi
all’UNRWA li ha ripresi e il Segretario generale ha dichiarato che “siamo
ottimisti sul fatto che altri si uniranno”.
Inoltre,
per la prima volta, alcuni Stati membri delle Nazioni Unite hanno donato fondi
all’agenzia e anche dei donatori privati hanno fornito il loro sostegno.
Tuttavia,
poiché persiste una carenza di fondi, il Segretario generale ha esortato gli
Stati membri e i donatori a impegnarsi generosamente per garantire il
proseguimento del lavoro dell’agenzia.
“Questo
è il momento di riaffermare la nostra speranza e i nostri contributi per una
soluzione a due Stati – l’unica strada sostenibile per la pace e la sicurezza
per gli israeliani, i palestinesi e l’intera regione”, ha concluso.
Inchiesta
su Vannacci per le
spese
a Mosca. Ira della Lega:
'Inchiesta a orologeria.'
Ansa.it
– (26 – 2 – 2024) – Massimo Nesticò – ci dice:
Accuse
di peculato e truffa. Il generale: 'Continuo a testa alta'.
A pochi
giorni dall'uscita del suo nuovo libro e - qualcuno ipotizza - dall'annuncio
della sua candidatura per le elezioni Europee di giugno, tegola sul generale
Roberto Vannacci.
Dovrà
rispondere delle accuse di peculato e truffa, in seguito agli esiti di
un'ispezione svolta dallo Stato Maggiore della Difesa e trasmessi alla Procura
militare sul suo periodo da addetto militare italiano a Mosca.
"Non
sono preoccupato. Sono molto sereno e continuo per la mia strada a testa
alta", fa sapere l'ufficiale, mentre per il suo legale le attività
d'ufficio sono "già accuratamente ricostruibili dall'interessato oltreché
del tutto regolari".
E si schiera in sua difesa anche la Lega, che
parla di "inchiesta ad orologeria.
È un
uomo amato dai cittadini e scomodo al Palazzo.
Visto
che non riescono a intimidirlo in altro modo ci provano con inchieste e
minacce.
La
nostra stima nei suoi confronti non cambia, anzi aumenta".
Indennità
di servizio per i familiari percepite illecitamente (perché moglie e figlie non
erano a Mosca nel periodo considerato), una spesa di 9 mila euro legata
all'auto di servizio non autorizzata, rimborsi per l'organizzazione di eventi e
cene che in realtà non si sarebbero svolti.
Queste,
riporta il Corriere della sera, le contestazioni degli ispettori al generale
per il suo servizio in Russia, tra il febbraio 2021 ed il maggio del 2022,
quando venne espulso dal Cremlino insieme ad altri 23 diplomatici ed esperti
militari italiani, in risposta all'analoga mossa dal governo Draghi dopo
l'invasione dell'Ucraina.
La
procura militare procede per peculato e truffa.
E la
relazione degli ispettori ministeriali sarebbe stata inviata, per quanto di
competenza, anche alla procura ordinaria e alla Corte dei Conti.
Sul
parà-scrittore pendeva già un'inchiesta formale avviata dai suoi superiori per
accertare eventuali infrazioni disciplinari in relazione ai contenuti del suo
bestseller (oltre 200mila copie vendute) 'Il mondo al contrario'.
Gli
accertamenti in questo caso seguono complesse procedure burocratiche e non è
detto si concludano in tempi brevi.
Rischia
sanzioni che vanno dalla sospensione dell'impiego da un mese ad un anno alla
"cessazione della ferma", che equivale all'espulsione dal servizio;
possibile anche la perdita del grado per rimozione.
Il
nuovo inciampo coglie Vannacci sempre alle prese con la sua doppia vita.
In
servizio a Palazzo Esercito, da capo di Stato Maggiore del Comando delle forze
operative terrestri.
Nel
tempo libero in tour promozionale per le sue fatiche letterarie.
Venerdì
prossimo farà tappa a Milano.
C'è da
presentare la sua opera seconda, in uscita il 12 marzo (Piemme editore):
272
pagine (su Amazon in vendita a 18,90 euro) per raccontare "Vita e valori
di un generale incursore".
Quali
siano i suoi valori, oltre ai libri, lo dice il "Comitato promotore dei
pensieri espressi nel libro 'Il mondo al contrario' del generale Roberto
Vannacci', che può sembrare un vero e proprio comitato elettorale, con tanto di
tesseramento (30 euro la quota annuale per diventare socio) e coordinatori
territoriali.
Chi
non diventerà socio è sicuramente il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che
nell'agosto scorso definì "farneticazioni" i concetti espressi dal
generale, stigmatizzando il "polverone che ogni singola notizia sul tema
che riguarda la sua posizione solleva".
Il
vicepremier Matteo Salvini ha invece più volte espresso il proprio
apprezzamento per l'ufficiale, lasciando aperta la porta per una candidatura
nelle liste del Carroccio per le Europee.
Ed
ecco la Lega che urla all'"inchiesta ad orologeria".
Un'uscita
che si può inquadrare nelle vivaci schermaglie con “FdI” in vista proprio
dell'appuntamento con le urne di questa primavera.
Un
nome come Vannacci pescherebbe infatti nell'elettorato di centrodestra.
Il generale, comunque, non ha ancora sciolto
le riserve.
Domenico
Leggiero, presidente dell'Osservatorio Militare, ha parlato molto con lui in
queste ore.
"
E' abbattuto - spiega - ma determinato a salvaguardare la sua immagine, il suo
operato e la sua onestà.
Sono
accuse senza fondamento fatte uscire dal ministero per bruciare politicamente
il generale.
Ma lui andrà avanti".
Si
vedrà presto se lascerà la divisa per la prospettiva di un seggio in Europa,
con la Lega o con altri.
Da
buon incursore, il generale non si lancia all'assalto senza aver prima studiato
attentamente l'obiettivo, le difficoltà sul terreno e le possibili vie di fuga.
Rebuilding
America:
“Civil
War” di
Alex Garland.
Carmillaonline.com
– (25 Aprile 2024) - Sandro Moiso – ci dice:
– Chi
siete?
–
Siamo americani.
– Sì,
che tipo di americani? (Civil War, 2024)
È
racchiuso tutto in questo brevissimo dialogo, contenuto in una delle scene più
drammatiche del film scritto e diretto dal britannico Alex Garland (classe
1970), non soltanto il senso di una delle opere cinematografiche più intense
degli ultimi tempi, ma anche delle divisioni che hanno fatto precipitare il cuore
dell’impero occidentale nella guerra civile rappresentata sullo schermo e che,
anche nella realtà, covano sotto le cenerei di quel che resta dell’”American
Dream”.
Un
film che già ha fatto discutere e che in un panorama politico e culturale
asfittico come quello italiano, diviso tra l’intimismo cinematografico troppo spesso
travestito da impegno civile e lo sciapo dibattito “antifascista” sulla censura all’ancor
più insipido monologo di chi vorrebbe atteggiarsi a novello Matteotti, esplode
letteralmente sullo schermo e nello sguardo dello spettatore.
Con
una forza e una virulenza ormai lontane da qualsiasi prodotto della nostra
intellighenzia vacua e perbenista.
Alexander
Medawar Garland, scrittore di romanzi e già sceneggiatore di 28 giorni dopo (28
Days Later, 2002) di Danny Boyle, non è la prima volta che porta sullo schermo le
possibili conseguenze di una violenza a lungo repressa e negata che può, però,
trasformarsi in autentica guerra interna alle società che si credono più
evolute e liberali.
Ma se nell’opera che gli ha dato la celebrità
come sceneggiatore il tema era ancora collegato ad un contesto di carattere
grosso modo fantascientifico e anticipatorio, Civil War ci parla, sostanzialmente,
del qui e adesso.
Il
viaggio della veterana fotoreporter di guerra “Lee”, dei due giornalisti “Joel”
e “Sammy” e dell’aspirante e acerba fotoreporter “Jessie”, non è un viaggio in un futuro
distopico, ma fa precipitare lo spettatore nelle contraddizioni di una guerra
civile latente già visibile oggi, per gli osservatori più attenti, nelle pieghe
di una società sorta da una guerra civile mai del tutto risolta e che da anni
torna a presentarsi come inevitabile necessità storica.
Sono
758 miglia quelle che separano New York, punto di partenza dell’equipe di
reporter, da Washington, punto di arrivo programmato per un’ultima e incerta
intervista a un Presidente degli Stati Uniti ferocemente abbarbicato al potere,
ma ormai
circondato dalle truppe del Fronte Occidentale, dell’alleanza tra Texas e
California (i due stati più grandi dell’Unione), che hanno mantenuto le strisce
bianche e rosse della bandiera nazionale riducendo però le stelle a due, e
dell’Alleanza della Florida.
New
York è sconvolta dalle proteste per le miserabili condizioni di vita e dagli
attentati suicidi dei più disperati delle tendopoli che si sono sviluppate
nelle vie della ex-Grande Mela, sul modello di quelle attuali e reali di Los
Angeles.
Così
il viaggio, per motivi di convenienza, punterà prima ad ovest per poi rientrare
verso est all’altezza di Charlottesville in Virginia.
Quella
Virginia che, nel 1862, durante la guerra civile “storica” vide una importante
vittoria delle armate secessioniste del Sud e che proprio da lì, sotto la guida
del generale Lee, decisero di attraversare il Potomac per marciare su
Washington.
È un
paesaggio di autostrade piene di mezzi civili e militari distrutti e
abbandonati, di centri commerciali diventati zona di guerra e di campi profughi
organizzati negli stadi;
di
crudeltà di ogni genere compiute da una parte contro l’altra, anche se ben si
recepisce che le parti in gioco siano ben più di due, animate spesso da
motivazioni diverse eppure guidate dalla stessa ferocia.
Di cadaveri abbandonati nei parcheggi dei mall
oppure nelle fosse comuni e cosparsi di calce oppure di corpi seviziati,
umiliati e offesi in ogni modo, appesi ai cavalcavia se non negli autolavaggi.
Di uccisioni a sangue freddo dopo
interrogatori sommari oppure senza neanche il bisogno di quelli:
la”
Land of the Free” viene fotografata, letteralmente, in tutta la sua possibile
barbarie, mentre la musica dei Suicide, da Rocket USA a Dream Baby Dream, funge
egregiamente da viatico per l’impresa.
È come
se la guerra e la violenza esportata per decenni dall’impero occidentale nel
resto del mondo, spesso sotto le spoglie di colpi di stato e guerre civili,
avesse deciso di rientrare nel grembo materno, per divorare il corpo della
madre dall’interno.
Eppure,
anche se qui e là appaiono cecchini dalle unghie smaltate, le camicie hawaiane
dei Boogaloo Boys o gli sguardi esaltati che ricordano gli assalitori di
Capitol Hill, non sono le milizie locali o le armi “casalinghe” a determinare
il gioco delle parti, ma forze armate ben addestrate al compito di uccidere e
distruggere, dotate di un arsenale e un potenziale di fuoco che comprende armi
pesanti, carri armati, elicotteri, blindati Humvee e di ogni altro genere.
L’esercito
si è evidentemente disgregato come la Guardia Nazionale, ma la macchina bellica
e i suoi armamenti sono rimasti ben oliati e funzionanti e così, mentre le
ultime truppe lealiste difendono Washington e il presidente annuncia
ripetutamente, come d’uopo anche in questi giorni a proposito di Ucraina e
Medio Oriente, la prossima storica vittoria delle forze del bene, tutto viene
distrutto oppure violato, insieme alle ultime difese, al Lincoln Memorial e
alla stessa Casa Bianca.
La
violenza dispiegata è ben più terribile di quella immaginata ai tempi dei film
che prevedevano invasioni sovietiche e nord-coreane degli Stati Uniti, come “Alba
rossa” (Red Dawn, 1984) di “John Milius”. Quarant’anni non sono trascorsi
invano, né nella storia reale del declino dell’impero né, tanto meno, per
l’immaginario cinematografico americano che spesso, anche là dove non osa
parlare della possibile guerra civile che attende l’impero, non smorza certo i
toni della critica al dominio imperiale sul resto del mondo, sia nelle serie
televisive che, in maniera mediata dalla fantascienza epica, in produzioni come
“Dune I e “II” del canadese “Denis Villeneuve”.
Non ci
dice il film a quale campo appartenga il presidente, se repubblicano o
democratico, in fin dei conti non occorre, anche se certamente tanta critica
ben pensante nostrana e tanto pubblico avrebbero preferito una situazione più
definita, per poter almeno parteggiare per una delle due parti in causa.
Ma ciò che realmente conta è che il dollaro
americano ha perso il suo valore e che la vita può esser considerata normale
soltanto una volta accettata la normalità della guerra.
La
produzione anglo-americana è seria.
Sa che
una guerra civile di tali proporzioni non è il prodotto di una semplice e
retorica battaglia tra democrazia e autoritarismo oppure riconducibile ad una
“lotta di classe” ridotta a teatrino tra due facilmente riconoscibili e “pure”
classi in lotta: borghesia e proletariato. Come si è già affermato in un testo
di alcuni anni or sono, la categoria di guerra civile può infatti costituire:
un
elemento più adeguato per l’interpetrazione di un insieme di contraddizioni
sociali e di lotte manifestatesi a livello internazionale con una certa
frequenza e intensità nel corso degli ultimi anni, la cui eterogeneità
organizzativa e di scopi può difficilmente essere ancora rinchiusa soltanto
all’interno della più tradizionale, e forse riduttiva, formula di lotta o
guerra di classe. Contraddizioni sul piano sociale, economico e ambientale
agite da attori multipli, cui gli Stati, indipendentemente dalla loro
collocazione geopolitica, hanno dato, quasi sempre, risposte di carattere
repressivo ed autoritario.
Ma che
proprio negli Stati Uniti potrebbe trovare, come ci indica il film di Garland,
il suo punto finale di espressione. Anche se non è soltanto Garland a
suggerirlo, ma anche svariati e attenti studi sulla realtà americana.
Tralasciando,
per ora, il contenuto più evidentemente politico e sociologico del film, oltre
a sottolineare l’essenzialità della regia di un film a medio costo e la bravura
delle interpreti e degli attori, da Kirsten Dunst (Lee), Wagner Moura (Joel),
Stephen McKinley Henderson (Sammy), Cailee Spaeny (Jessie) fino a Jesse Piemons
(nei panni di un militare ultranazionalista), quello che occorre qui ancora
sottolineare è un altro e importante aspetto delle vicende narrate.
Si
tratta della differenza che intercorre tra fotografare la realtà della guerra
oppure descriverla in un articolo.
La
differenza tra lo sguardo e la parola e il diverso collegamento tra occhio e
mente rispetto a quello tra la facoltà di scrivere e la riflessione necessaria
per metterla in atto.
La prima azione è immediata e non può
permettersi il lusso della mediazione, mentre la seconda fa della capacità di
mediazione interpretativa il suo punto di forza.
In altre parole: il reporter, se vuole, può re-inventarsi la
guerra, rimuovendo ciò che potrebbe ferirlo di più, mentre il fotoreporter deve per forza accettarne gli
aspetti più dolorosi, pena il venir meno alla sua funzione.
Questa
semplice e immediata considerazione sembra riflettersi nel carattere dei
personaggi, nelle loro scelte e nel loro destino. Apparentemente più cinica e
distaccata appare la fotoreporter più vecchia, pienamente in grado, però, di
trasmettere alla sua giovane “erede” la capacità di cogliere il momento
attraverso lo scatto, costi quel che costi sia sul piano fisico che emozionale.
Uno
sporco mestiere in cui l’”attimo fuggente” è tutto e richiede di saper
scollegare la sensibilità dalla disposizione ad agire automaticamente per mezzo
della macchina fotografica, anche a costo di perdere la propria umanità,
proprio per trasmettere al grande pubblico la disumanità di ogni guerra.
Oppure
conservarla dentro di sé, fimo ad esserne straziati, come accade a “Lee”, che
proprio in virtù di questo è, però, ancora l’unica capace di un gesto estremo.
Mentre
il giornalista può comunque prendere tempo per narrare i fatti attraverso la
mediazione della scrittura.
In
viaggio, sul campo di battaglia oppure in uno di quegli hotel per giornalisti
tipici delle zone di guerra che nel film, almeno per una volta, non sono più
soltanto in Medio Oriente, Asia, Africa o sui confini orientali d’Europa, ma in una New York in cui l’attentato
alle torri gemelle dell’11 settembre 2001 sembra costituire, più che un
preavviso o un avvertimento, soltanto un pallido ricordo, mentre il cratere di Ground Zero
sembra aver davvero inghiottito definitivamente tutto.
Chi
comanda nel mondo?
Gognablog.sherpa-gate.com – (2 Aprile 2023) - Roberto
Pecchioli – ci dice:
(ereticamente.net)
Un
amico, conversando davanti a un caffè, ci ha posto la domanda da un miliardo di
dollari: chi comanda nel mondo?
Ha
aggiunto di non volere una risposta complessa e che gli interessa sapere nomi e
cognomi.
Vasto,
arduo programma, rispondere a un quesito che ci tiene chini sui libri da anni;
ancora
più difficile indicare persone fisiche in un tempo in cui il potere – più
oligarchico e chiuso che mai – ha una dimensione reticolare, in cui ogni snodo,
ciascun anello è strettamente legato in una ragnatela che, tuttavia, ha un
centro che può essere identificato.
Al
nostro amico abbiamo ripetuto un concetto espresso da “Giano Accame”, grande
giornalista e finissimo intellettuale:
comandano coloro dei quali non si può dire
male.
Sembra
una battuta – o un’elusione della risposta – e invece è il primo gradino per
arrivare alla verità.
In ogni ambiente – tutti ne abbiamo esperienza
– c’è qualcuno (persona, gruppo, consorteria, grumo di interessi) di cui non si
può dir male, pena le rappresaglie, la discriminazione, la punizione.
Così funziona il mondo, in basso e in alto, alla
faccia delle anime belle.
Possiamo
allora formulare un primo livello di risposta: comanda chi può far diventare legge o
senso comune la propria volontà – applicando sanzioni a chi trasgredisce o
dissente – ed è in grado di screditare prima, vietare poi, rendere illegale o
pericoloso formulare critiche o sollevare obiezioni nei suoi confronti.
Non è
– ancora – una risposta.
Un
altro livello di riflessione è in negativo:
chi non comanda, ossia chi, in fatto e in diritto, non
è in grado di esercitare un potere?
Qui il
setaccio si fa più fitto e comprende una quantità immensa di soggetti:
i popoli, i poveri, chi non possiede beni e
istruzione, la stragrande maggioranza degli esseri umani, ma anche gran parte
degli Stati teoricamente indipendenti che rappresentano le nazioni, le civiltà
e le popolazioni del mondo.
La risposta si fa meno opaca.
Comandare,
ossia decidere, governare, impartire disposizioni che dovranno essere eseguite
o imposte coattivamente, significa non riconoscere – di fatto o in diritto –
autorità superiori:
la
vecchia formula latina dell’auctoritas – o potestas – superiorem non
recognoscens.
Appare
dunque evidente quanto le istituzioni pubbliche, a partire dagli Stati
nazionali – non comandino più.
Qualche esempio relativo all’Italia:
le
leggi dell’Unione Europea – promulgate sotto forma di regolamenti – e ogni
normativa comunitaria non solo sono inappellabili e immediatamente esecutive,
ma abrogano ogni contraria disposizione nazionale.
Il
fatto più sorprendente è che – nonostante il dettato costituzionale assegni la
sovranità al popolo (italiano) – è stata la stessa giurisdizione, con apposite
sentenze, a spogliarsi della “potestas” per statuire la superiorità del diritto
comunitario, detto “acquis”, norma, ma anche conquista acquisita una volta per
tutte.
La
Repubblica non ha più un potere legislativo autonomo: la costituzione è un
foglio di carta o un libro dei sogni.
Niccolò Machiavelli, fondatore della scienza politica,
riteneva che i fondamenti della sovranità dello Stato fossero l’esercito e la
moneta.
Nessuno
può negare che le nostre forze armate siano dirette dai comandi della “NATO”,
il cui vertice sta negli Usa.
Attraverso
la copertura atlantica, gli Usa possiedono in Italia almeno cento basi
militari, alcune delle quali dotate di armi atomiche che sfuggono al controllo
italiano.
Tutte sono giuridicamente extraterritoriali e
i reati militari non possono essere perseguiti, come sa chi tentò invano di
portare alla sbarra gli aviatori americani che distrussero la funivia del
Cermis a Cavalese, con vittime e danni.
Discutere non diciamo l’appartenenza alla” Nato”, ma i suoi termini, è sostanzialmente vietato in Italia e
pone chi ci prova fuori dal dibattito politico, al limite della
criminalizzazione.
Basterebbe
questo per far disperare “Machiavelli”.
Il
peggio è tuttavia l’ inesistenza della sovranità monetaria”, ossia il controllo
privato e straniero dell’emissione e circolazione della moneta legale.
Il bastone del comando è nelle mani di chi
crea il denaro dal nulla, attribuendosene la proprietà: i banchieri.
Il
primato del denaro sulla dimensione pubblica è stato conquistato dai “mercati”,
pseudonimo del potere finanziario di pochi giganti, con la creazione delle
banche centrali di cui essi hanno assunto il controllo, appropriandosi della
fonte primaria del comando: l’emissione della moneta.
Finti enti pubblici per mascherarne la natura
di giganteschi poteri privati in mano ai signori del denaro, le banche centrali
sono controllate dalla cupola della finanza internazionale e godono di
privilegi e immunità ben celate al grande pubblico.
(Solo
per l’Italia 1.550 miliardi forniti ogni anno - quale prestiti concessi dalle
grandi banche italiane - e registrati come” PASSIVO bancario” con moneta CREATA
DAL NULLA, quale prestiti alla clientela
bancaria,DIVENTANO -dopo l’approvazione del bilancio con tutto il
passivo reale - un succulente ATTIVO bancario registrato da parte di apposite organizzazioni (situate all’estero) e adibite
al controllo definitivo dei bilanci bancari.
Queste
organizzazioni di controllo dei bilanci bancari, sono state create a questo preciso
scopo di traferire il vero ATTIVO bancario -creato
dal nulla - ai legittimi proprietari bancari con recapito – ovviamente - nei
paradisi fiscali esentasse! N.D.R)
Il
trucco non è soltanto la difficile comprensione del concetto di monetazione
come creazione ex nihilo – ma la diffusione di un’ideologia economica e
finanziaria presentata come scienza esatta – benché arcana nei fondamenti – in
base alla quale solo le “autorità monetarie”, altro nome d’arte dei signori
privati del denaro, hanno le competenze, la capacità e l’esperienza per creare,
distribuire e dirigere i flussi monetari.
Di qui
la pretesa di indipendenza (ossia onnipotenza e assenza di controllo) del
sistema delle banche centrali, che, dicono i loro statuti approvati dagli
Stati, “non possono sollecitare o ricevere consigli o disposizioni”, formula
acrobatica per mettere nero su bianco il diritto di fare ciò che vogliono.
Chi si
azzarda a dir male dei “mercati”, totem e tabù del nostro tempo?
Tanto meno delle banche centrali, i cui
mitizzati centri studi distillano un indiscutibile sapere quasi esoterico, una
dogmatica non dissimile da quella della Chiesa del passato
.
Peraltro – per restare in patria – gran parte dei connazionali non sa che la
Banca d’Italia (oggi semplice socio della BCE) mente sin dalla denominazione:
non
solo non è pubblica – come farebbe pensare il nome – ma non è neppure italiana,
giacché i suoi azionisti, detti pudicamente partecipanti, sono in maggioranza
istituiti privati controllati da banche estere, a cominciare da Unicredit e
Intesa-San Paolo.
Mayer
Amschel Rothschild, l’uomo che creò l’immenso potere della dinastia che porta il
suo nome –
una delle monarchie ereditarie senza corona che dominano il mondo – affermò una
volta:
permettetemi
di emettere e controllare la moneta di una nazione e non mi importa chi fa le
sue leggi.
Chi
osa criticare il sistema bancario e finanziario, padrone degli intoccabili
mercati, depositari di un potere arcano e di conoscenze iniziatiche?
I mercati, afferma una vulgata indiscutibile,
votano tutti i giorni e vogliono la santa “stabilità”, cioè un sistema immobile
che perpetua sé stesso.
Ovvio:
comandano loro e le critiche, gli attacchi, il rancore popolare è
opportunamente deviato sui governi e i politici, amministratori delegati pro
tempore del potere finanziario.
Il
voto popolare “libero e universale” è una finzione, una farsa a uso degli ingenui. Il
potere del denaro svuota le democrazie: chi pensate che vinca –
indipendentemente da programmi e slogan – tra un partito o un candidato
provvisto di fondi e un altro che ne è privo?
E chi ha più denaro da gettare nella competizione
drogata di coloro che lo creano con un tratto di penna, un clic sulla tastiera
del mega computer?
Eppure,
mentre è possibile, spesso istigato ed eterodiretto, l’attacco ai politici,
esecutori di ordini superiori, camerieri e sguatteri dei cosiddetti “poteri
forti”, quasi nessuno attacca le intangibili “autorità monetarie”, il sistema
bancario, i mercati sovrani e le oligarchie finanziarie che pagano l’orchestra
e decidono la musica.
Un’altra
lezione di “Accame” sull’identificazione di chi comanda riguarda coloro a cui
paghiamo, in un modo o in un altro, le tasse.
Teoricamente,
lo Stato.
In
realtà gran parte del denaro che ci viene sottratto legalmente è destinato a
pagare il debito pubblico, anzi gli interessi da cui è gravato.
Infatti, nonostante l’esproprio a monte, ossia la
sovranità monetaria conferita al sistema finanziario privato e il relativo,
gigantesco falso in bilancio, l’Italia ha un saldo primario (la differenza tra
le entrate e le uscite) attivo sin dagli anni Novanta, mentre il debito pubblico continua ad
aumentare a causa degli interessi, estorti con la truffa del debito, dovuto a
chi si è arrogato la proprietà iniziale del denaro.
Gli
interessi pagati nell’ultimo trentennio al sistema usurario sono quasi pari
all’intero debito accumulato.
Nessuno
Stato, dal dopoguerra, lo ha mai ripagato interamente: ragioni aritmetiche.
Napoleone
Bonaparte, che pure esportò in armi la rivoluzione francese borghese e
mercantile, disse:
“quando
un governo dipende dai banchieri per il denaro, questi ultimi, e non il
governo, controllano la situazione, dato che la mano che dà è al di sopra della
mano che riceve”.
E il
generale corso aveva l’esercito e lo Stato…
Un grande politico e legislatore, “Thomas
Jefferson”, padre della costituzione americana, lottò con tutte le forze contro
il potere finanziario che allungava gli artigli sulla nuova nazione.
“Credo che, per la nostra libertà, le istituzioni
bancarie rappresentino un pericolo più grande degli eserciti.
Se i cittadini americani permettessero ad esse
di controllare l’emissione della valuta, le banche toglierebbero loro ogni
proprietà, fino a quando i loro figli si sveglierebbero senza più una casa “.
Il
sistema finanziario è un’oligarchia “estrattiva”, nel senso che estrae la
ricchezza dei popoli e dei cittadini comuni per trasferirla a sé stessa, un
drenaggio verso l’alto che tutto divora.
Un
esempio è la recente norma dell’UE – voluta dalla lobby finanziarie e
industriali convertite per interesse a un’equivoca ideologia green – che esproprierà di fatto la casa di
abitazione se non verranno eseguite costose innovazioni “energetiche”.
Chi non ci riuscirà – dopo essersi indebitato con i soliti
usurai – dovrà cedere per quattro soldi la sua proprietà agli iper padroni, che
stanno cercando di convincere che non avere nulla è la suprema felicità, alla
quale però essi si sottraggono.
Singolari
filantropi.
In
Italia vi è un’ulteriore tassa, un’estrazione in più:
il
pizzo pagato dalle attività economiche alle mafie.
Chi
può esigere tasse comanda e naturalmente, non gradisce che si parli male di
lui.
Pericoloso è contrastare le mafie, ma anche rivelare
il potere del sistema finanziario e lo storico inganno del debito con cui
stringe ogni giorno il cappio attorno al collo degli Stati, dei popoli, delle
persone.
Per
non parlare della difficoltà di parlar male di un’altra estrazione a nostro
danno, l’inganno del denaro elettronico.
Al di
là di ogni considerazione legata alla libertà e alla sorveglianza, pochi citano
l’immenso profitto di milioni di commissioni – anche piccole e minime –
applicate alle nostre transazioni.
I beneficiari sono i soliti, ed è a loro che
paghiamo un’ulteriore imposta.
Un
saggio amico di origini contadine usa ripetere: se non paghi a lino, paghi a
lana; le vittime siamo sempre noi che non comandiamo.
Tuttavia,
per costruire un antagonismo c’è bisogno di identificare i volti di chi
comanda.
La risposta vaga, impersonale, che il mondo –
e naturalmente l’Italia – è in mano dell’oligarchia finanziaria non soddisfa e
non significa molto agli occhi della gente, vittima dei giochi di prestigio,
delle menzogne e di un raffinato bombardamento psichico e mediatico al cervello
rettiliano e all’area limbica, istintuale, dell’encefalo.
Inoltre,
è una verità parziale.
Il
potere è ramificato e raffinatissimo:
non
può essere liquidato con un’accusa a carico del solo sistema finanziario.
Il dominio ha molti rivoli e comanda chi è in
grado di determinare le opinioni, le visioni del mondo, le parole per
esprimerle, le agende da seguire in economia, politica, nella società e nella
vita quotidiana, nei gusti e nella cultura in senso lato.
Ancora
una volta, sono coloro di cui è vietato, sconveniente e pericoloso dire male.
Ne parleremo ancora con la sconsiderata promessa di
non censurare noi stessi.
LA
PSYOP PIÙ FURTIVA E SOVVERSIVA
DELLA
STORIA RECENTE DEGLI STATI UNITI.
Stateofthenation.co – (1° maggio 2024) –
Redazione – ci dice:
LA
LIBERTÀ DI PAROLA IN AMERICA CHE VIVRÀ O MORIRÀ ALLA FINE
DI
QUESTE PROTESTE UNIVERSITARIE.
C'è
qualcosa di molto GRANDE che sta succedendo in tutti gli Stati Uniti, ma
pochissime persone lo capiscono.
Non
solo, ma tutta la burocrazia sembra essere dalla parte sbagliata della storia.
I
CAMPUS UNIVERSITARI DI TUTTI GLI STATI UNITI ESPLODONO
CONTRO
L'ORRIBILE GENOCIDIO DI GAZA E L'INFINITO OLOCAUSTO PALESTINESE DI ISRAELE.
Ora,
mettiamo da parte tutte le posizioni politiche e le differenze personali solo
per un momento e consideriamo questi due fatti indiscutibili:
In primo
luogo, che lo Stato sionista di Israele dell'apartheid sta perpetrando un vero
e proprio genocidio a Gaza dall'8 ottobre 2023.
In
secondo luogo, che ogni singolo cittadino degli Stati Uniti ha il diritto del
Primo Emendamento di protestare vigorosamente contro quel genocidio,
specialmente quando i soldi delle loro tasse lo finanziano direttamente e viene
portato avanti in nome del popolo americano.
(Una
volta che il presidente Joe Biden (POTUS illegittimo, ovviamente) e il
presidente” Mike Johnson” e il leader della maggioranza al Senato “Chuck
Schumer” hanno tutti dato il loro pieno sostegno alla guerra di Israele a Gaza
e al genocidio del popolo palestinese, noi il popolo abbiamo tutto il
diritto di protestare contro tale sostegno riprovevole e immorale.)
Con
questa corretta comprensione, ciò che sta accadendo nei campus di tutta
l'America è un tentativo senza precedenti da parte della burocrazia di mettere
a tacere tutte le espressioni di libertà di parola sul genocidio di Gaza in
corso fino al punto di sventrare il Primo Emendamento.
Allo
stesso modo, tutte le critiche giustificabili a Israele sono ora bandite dalle
università di molti stati in cui sono in corso queste proteste pacifiche.
Il
deputato “Thomas Massie” avverte che il Congresso sta cercando di approvare
leggi sull'incitamento all'odio per mettere fuori legge le critiche a Israele.
PUNTO
CHIAVE:
La
cosa più allarmante di queste proteste perfettamente legali è il modo in cui
vengono interrotte dalle autorità attraverso così tanti arresti illegali.
In
alcuni casi, le tattiche di brutalità della polizia sono state deliberatamente
utilizzate per nessun'altra ragione se non per intimidire gli studenti
universitari che protestavano e le manifestazioni pacifiche (quei pochi che sono diventati
violenti di recente sono stati infiltrati dagli agenti provocatori del “COINTELPRO”
dell'FBI, dagli agenti del “MOSSAD” e dagli agenti della” CIA”).
(bbc.com/news/live/world-us-canada-68924299?src_origin=BBCS_BBC)
Questa
cancellazione del tutto intenzionale della “Libertà di Parola” viene portata
avanti in una varietà di modi che sono ben spiegati nell'eccellente analisi che
segue.
Ogni patriota è altamente incoraggiato a
leggere ogni singola parola di questa dettagliata analisi del complotto furtivo
per abrogare efficacemente l'importantissimo Primo Emendamento nel 2024.
(Stato
della nazione)
«Non
hai il senso del pudore?»
Le
audizioni congressuali riguardanti i rettori delle università sulle rivolte
studentesche.
A cura
del Prof. Michael Hudson.
The
Unz Review.
Le
recenti audizioni del Congresso che hanno portato a un bagno di sangue dei
rettori universitari riportano alla mente i ricordi della mia adolescenza negli
anni '50, quando gli occhi di tutti erano incollati alla trasmissione
televisiva delle audizioni di “McCarthy”.
E le
rivolte studentesche incitate dai feroci presidenti dei college che cercano di
soffocare la libertà accademica quando si oppone alle guerre straniere ingiuste
risvegliano i ricordi delle proteste degli anni '60 contro la guerra del
Vietnam e le repressioni nei campus di fronte alla violenza della polizia.
Ero il membro più giovane dei "tre della
Columbia" insieme a Seymour Melman e al mio mentore Terence McCarthy
(entrambi insegnavano alla Seeley Mudd School of Industrial Engineering della
Columbia; il mio lavoro consisteva principalmente nel gestire la pubblicità e
la pubblicazione).
Alla
fine di quel decennio, gli studenti occupavano il mio ufficio e tutti gli altri
della facoltà di specializzazione della New School a New York City, in modo
molto pacifico, senza disturbare nessuno dei miei libri e documenti.
Sono
cambiati solo gli epiteti.
L'invettiva "comunista" è stata
sostituita da "antisemita" e la ripresa della violenza della polizia
nel campus non ha ancora portato a una raffica di fucili in stile Kent State
contro i manifestanti.
Ma i
denominatori comuni sono tutti qui, ancora una volta.
È
stato organizzato uno sforzo concertato per condannare e persino punire le
odierne rivolte studentesche a livello nazionale contro il genocidio che si sta
verificando a Gaza e in Cisgiordania.
Proprio
come il Comitato per le Attività Antiamericane della Camera (HUAC) mirava a
porre fine alle carriere di attori, registi, professori e funzionari del
Dipartimento di Stato progressisti antipatici a Chiang Kai-Shek o simpatizzanti
dell'Unione Sovietica dal 1947 al 1975, la versione odierna mira a porre fine
a ciò che resta della libertà accademica negli Stati Uniti.
L'epiteto
di "comunismo" di 75 anni fa è stato aggiornato in
"antisemitismo". Il senatore “Joe McCarth”y del Wisconsin è stato
sostituito da “Elise Stefanik”, repubblicana della Camera dello stato di New
York, e il senatore "Scoop" Jackson è stato promosso a presidente con
Joe Biden.
Il
presidente dell'Università di Harvard, Claudine Gay (ora costretta a
dimettersi), l'ex presidente dell'Università della Pennsylvania, Elizabeth
Magill, e il presidente del Massachusetts Institute of Technology, Sally
Kornbluth, sono stati chiamati ad abbassarsi promettendo di accusare di
antisemitismo i sostenitori della pace critici della politica estera degli
Stati Uniti.
La
vittima più recente è stata la presidente della Colombia Nemat
"Minouche" Shafik, un'opportunista cosmopolita con cittadinanza
trilaterale che ha applicato la politica economica neoliberista come
funzionario di alto rango del FMI (dove non era estranea alla violenza delle
"rivolte del FMI") e della Banca Mondiale, e che ha portato con sé i
suoi avvocati per aiutarla ad acconsentire alle richieste del Comitato del
Congresso.
Ha
fatto questo e molto altro, da sola.
Nonostante
le fosse stato detto di non farlo dai comitati per gli affari della facoltà e
degli studenti, ha chiamato la polizia per arrestare i manifestanti pacifici.
Questa violazione radicale della violenza
della polizia contro i manifestanti pacifici (la polizia stessa ha attestato la
loro pacificità) ha scatenato rivolte solidali in tutti gli Stati Uniti,
incontrate risposte ancora più violente della polizia all'Emory College di
Atlanta e al California State Polytechnic, dove i video dei telefoni cellulari
sono stati rapidamente pubblicati su varie piattaforme mediatiche.
Proprio
come la libertà intellettuale e la libertà di parola sono state attaccate
dall'HUAC 75 anni fa, la libertà accademica è ora sotto attacco in queste
università.
La polizia ha fatto irruzione nel cortile
della scuola per accusare gli studenti stessi di violazione di domicilio, con
una violenza che ricorda le manifestazioni che raggiunsero l'apice nel maggio
1970, quando la Guardia Nazionale dell'Ohio sparò agli studenti dello Stato del
Kent che cantavano e parlavano contro la guerra americana in Vietnam.
Le
manifestazioni di oggi sono in opposizione al genocidio Biden-Netanyahu a Gaza
e in Cisgiordania.
La
crisi più sotterranea può essere ricondotta all'insistenza di Benjamin
Netanyahu sul fatto che criticare Israele è antisemita.
Questo
è l'"insulto abilitante" dell'odierno assalto alla libertà
accademica.
Per
"Israele", Biden e Netanyahu intendono specificamente il partito di
destra Likud e i suoi sostenitori teocratici che mirano a creare "una
terra senza un popolo [non ebraico]".
Affermano
che gli ebrei devono la loro lealtà non alla loro attuale nazionalità (o
umanità), ma a Israele e alla sua politica di spingere i milioni di palestinesi
della Striscia di Gaza in mare bombardandoli fuori dalle loro case, ospedali e
campi profughi.
L'implicazione
è che sostenere le accuse della “Corte Internazionale di Giustizia” secondo cui
Israele sta plausibilmente commettendo un genocidio è un atto antisemita.
Sostenere le risoluzioni dell'ONU su cui gli
Stati Uniti hanno posto il veto è antisemita.
L'affermazione
è che Israele si sta difendendo e che protestare contro il genocidio dei
palestinesi a Gaza e in Cisgiordania spaventa gli studenti ebrei.
Ma una
ricerca condotta dagli studenti della Columbia School of Journalism ha scoperto
che le denunce citate dal New York Times e da altri media filo-israeliani sono
state fatte da non studenti che cercavano di diffondere la storia che la
violenza di Israele era per legittima difesa.
La
violenza studentesca è stata perpetrata da cittadini israeliani.
La
Columbia ha un programma di scambio di studenti con Israele per gli studenti
che terminano la loro formazione obbligatoria con le Forze di Difesa
Israeliane. Sono stati alcuni di questi studenti di scambio ad attaccare i
manifestanti pro-Gaza, spruzzandoli con la “Skunk”, un'arma chimica
maleodorante e indelebile dell'esercito israeliano che segna i manifestanti per
il successivo arresto, tortura o assassinio.
Gli unici studenti in pericolo sono stati le
vittime di questo attacco.
La Colombia sotto “Shafiq” non ha fatto nulla
per proteggere o aiutare le vittime.
Le
audizioni a cui si è sottoposta parlano da sole. Il presidente della Colombia “Shafiq”
è stato in grado di evitare il primo attacco alle università non
sufficientemente pro-Likud tenendo incontri fuori dal paese.
Eppure
si è mostrata disposta a sottomettersi alle stesse percosse che avevano portato
i suoi due colleghi presidenti a essere licenziati, sperando che i suoi
avvocati l'avessero spinta a sottomettersi in un modo che sarebbe stato
accettabile per la commissione.
Ho
trovato che l'attacco più demagogico è stato quello del deputato repubblicano “Rick
Allen” della Georgia, che ha chiesto alla dottoressa “Shafik “se avesse
familiarità con il passaggio di Genesi 12.3.
Come
ha spiegato:
"Era
un patto che Dio aveva fatto con Abramo. E quel patto era molto chiaro. ...
"Se tu benedici Israele, io ti benedirò. Se maledici Israele, io ti
maledirò'. Ritiene che questo sia un problema serio? Voglio dire, vuoi che la
Columbia University sia maledetta dal Dio della Bibbia?"
“Shafiq”
sorrise e fu amichevole per tutto il tempo di questo tonfo biblico, e rispose
docilmente: "Assolutamente no".
Avrebbe
potuto scongiurare questa domanda sconvolgente dicendo: "La tua domanda è
bizzarra. Siamo nel 2024 e l'America non è una teocrazia. E l'Israele dei primi
1San Il secolo a.C. non era l'Israele di Netanyahu di oggi".
Accettò
tutte le accuse che Allen e i suoi colleghi inquisitori del Congresso le
lanciarono.
La sua
principale nemesi è stata “Elise Stefanik,” presidente della Conferenza
repubblicana della Camera, che fa parte della Commissione per i servizi armati
della Camera e della Commissione per l'istruzione e la forza lavoro.
Deputata
Stefanik: Le è stato chiesto se ci sono state proteste antiebraiche e lei ha
risposto 'No'.
Presidente
Shafik: Quindi la protesta non è stata etichettata come una protesta
anti-ebraica. E' stato etichettato come un governo anti-israeliano. Ma sono
accaduti incidenti antisemiti o sono state dette cose antisemite. Quindi volevo
solo finire.
Deputata
Stefanik: E lei sa che in quel disegno di legge, che ha ottenuto 377 deputati
su 435 membri del Congresso, condanna "dal fiume al mare" come
antisemita?
Dr.
Shafik: Sì, ne sono consapevole.
Deputata
Stefanik: Ma
lei non crede che 'dal fiume al mare' sia antisemita?
Gli
studenti stanno prendendo l'iniziativa nel denunciare le atrocità di Gaza.
Dr.
Shafik: Abbiamo già rilasciato una dichiarazione alla nostra comunità dicendo
che il linguaggio è offensivo e preferiremmo non sentirlo nel nostro campus.
Quale
sarebbe stata la risposta appropriata al sopracciglio di “Stefanik”?
“Shafiq”
avrebbe potuto dire:
"Il
motivo per cui gli studenti stanno protestando è contro il genocidio israeliano
contro i palestinesi, come ha stabilito la “Corte Internazionale di Giustizi”a,
e la maggior parte delle Nazioni Unite è d'accordo.
Sono
orgoglioso di loro per aver preso una posizione morale che la maggior parte del
mondo sostiene, ma che è sotto attacco qui in questa stanza".
Invece,
Shafiq sembrava più disposto dei leader di Harvard o della Penn a condannare e
potenzialmente punire studenti e docenti per aver usato l'espressione "dal
fiume al mare, la Palestina sarà libera".
Avrebbe potuto dire che è assurdo dire che
questo è un appello per eliminare la popolazione ebraica di Israele, ma è un
appello per dare ai palestinesi la libertà invece di essere trattati come
Untermenschen.
Alla
domanda esplicita se gli appelli al genocidio violino il codice di condotta
della Columbia, il dottor Shafik ha risposto affermativamente: "Sì, lo
fa".
Lo stesso hanno fatto gli altri leader della
Columbia che l'hanno accompagnata all'udienza.
Non hanno detto che non è affatto questo
l'obiettivo delle proteste.
Né Shafiq né nessun altro funzionario
dell'università dice:
"La
nostra università è orgogliosa che i nostri studenti svolgano un ruolo politico
e sociale attivo nella protesta contro l'idea della pulizia etnica e
dell'omicidio delle famiglie semplicemente per accaparrarsi la terra in cui
vivono. Difendere questo principio morale è l'essenza dell'educazione e la
civiltà".
L'unico
punto saliente che ricordo delle audizioni di McCarthy fu la risposta di “Joseph
Welch”, il Consiglio Speciale dell'Esercito degli Stati Uniti, il 9 giugno 1954
all'accusa del senatore repubblicano “Joe McCarthy” secondo cui uno degli
avvocati di” Welch” aveva legami con un'organizzazione comunista di facciata.
«Fino
a questo momento, senatore», rispose Welsh, «credo di non aver mai valutato la
sua crudeltà o la sua imprudenza. ... Non ha alcun senso del pudore, signore?
Alla
fine, non hai più il senso del pudore?"
Il
pubblico scoppiò in un applauso scrosciante.
La
denigrazione di Welch è riecheggiata negli ultimi 70 anni nella mente di coloro
che guardavano la televisione allora (come me, all'età di 15 anni).
Una
risposta simile da parte di uno qualsiasi degli altri tre presidenti del
college avrebbe dimostrato che “Stefanik” è la volgare che è.
Ma
nessuno si azzardò a opporsi all'umiliazione.
L'attacco
del Congresso che accusa gli oppositori del genocidio di Gaza come antisemiti
che sostengono il genocidio contro gli ebrei è bipartisan.
Già a
dicembre, la deputata Suzanne Bonamici (D-Oregon) ha contribuito a far
licenziare i presidenti di Harvard e Penn per il loro inciampo sul suo
adescamento rosso.
Ha
ripetuto la sua domanda a Shafik il 17 aprile:
"Invocare
il genocidio degli ebrei viola il codice di condotta della Colombia?"
Bonamici ha chiesto ai quattro nuovi testimoni della Columbia. Tutti hanno
risposto: "Sì".
Quello
è stato il momento in cui avrebbero dovuto dire che gli studenti non stavano
chiedendo il genocidio degli ebrei, ma stavano cercando di mobilitare
l'opposizione al genocidio commesso dal governo del Likud contro i palestinesi
con il pieno sostegno del presidente Biden.
Durante
una pausa del procedimento, il deputato Stefanik ha detto alla stampa che
"i testimoni sono stati ascoltati discutere di quanto bene pensavano che
la loro testimonianza stesse andando per la Columbia".
Questa
arroganza ricorda in modo inquietante i precedenti tre rettori universitari
che, uscendo dall'udienza, credevano che la loro testimonianza fosse
accettabile.
"La
Columbia è pronta per una resa dei conti delle responsabilità.
Se ci
vuole un membro del Congresso per costringere il rettore di un'università a
licenziare un presidente di facoltà pro-terrorismo e antisemita, allora la
leadership della Columbia University sta deludendo gli studenti ebrei e la sua
missione accademica", ha aggiunto Stefanik.
"Nessuna
quantità di testimonianze troppo avvocate, troppo preparate e troppo consultate
coprirà l'incapacità di agire".
“Shafiq”
avrebbe potuto correggere le insinuazioni degli inquisitori della Casa secondo
cui erano gli studenti ebrei ad aver bisogno di protezione.
La realtà era esattamente l'opposto:
il pericolo veniva dagli studenti israeliani
dell'”IDF” che attaccavano i manifestanti con la puzzola militare, senza alcuna
punizione da parte della Colombia.
Nonostante
le fosse stato detto di non farlo dalla facoltà e dai gruppi studenteschi (che
Shafik era ufficialmente obbligata a consultare), ha chiamato la polizia, che
ha arrestato 107 studenti, ha legato loro le mani dietro la schiena e li ha
tenuti in quel modo per molte ore come punizione, accusandoli di aver violato
la proprietà della Columbia.
“Shafiq”
li ha poi sospesi dalle lezioni.
Lo
scontro tra due tipi di ebraismo: sionista e assimilazionista.
Un
buon numero di questi manifestanti criticati erano ebrei.
Netanyahu
e l'AIPAC hanno affermato – giustamente, a quanto pare – che il più grande
pericolo per le loro attuali politiche genocide viene dalla popolazione della
classe media ebraica, tradizionalmente liberale.
Gruppi
ebraici progressisti si sono uniti alle rivolte alla Columbia e in altre
università.
Il
primo sionismo sorse alla fine del 19esimo-secolo l'Europa come risposta ai
violenti pogrom che uccidevano gli ebrei nelle città ucraine come Odessa e in
altre città dell'Europa centrale che erano il centro dell'antisemitismo.
Il
sionismo ha promesso di creare un rifugio sicuro.
Aveva senso in un momento in cui gli ebrei
fuggivano dai loro paesi per salvarsi la vita in paesi che li accettavano.
Erano
gli "abitanti di Gaza" del loro tempo.
Dopo
la seconda guerra mondiale e gli orrori dell'Olocausto, l'antisemitismo è
diventato superato.
La maggior parte degli ebrei negli Stati Uniti
e in altri paesi venivano assimilati e diventavano prosperi, con maggior
successo negli Stati Uniti.
Il
secolo scorso ha visto questo successo permettere loro di assimilarsi, pur
mantenendo lo standard morale secondo cui la discriminazione etnica e religiosa
come quella subita dai loro antenati è sbagliata in linea di principio.
Gli attivisti ebrei erano in prima linea nella
lotta per le libertà civili, in particolare contro i pregiudizi e le violenze
anti-nere negli anni '60 e '70, e contro la guerra del Vietnam.
Molti
dei miei compagni di scuola ebrei negli anni '50 compravano obbligazioni
israeliane, ma pensavano a Israele come a un paese socialista e pensavano di
offrirsi volontari per lavorare in un kibbutz in estate.
Non
c'è stato alcun pensiero di antagonismo, e non ho sentito alcuna menzione della
popolazione palestinese quando è stata pronunciata la frase "un popolo
senza terra in una terra senza popolo".
Ma i
leader del sionismo sono rimasti ossessionati dai vecchi antagonismi sulla scia
degli omicidi di così tanti ebrei da parte del nazismo.
In molti modi hanno rovesciato il nazismo,
temendo un nuovo attacco da parte dei non ebrei.
Cacciare gli arabi da Israele e trasformarlo
in uno stato di apartheid era esattamente l'opposto di ciò a cui miravano gli
ebrei assimilazionisti.
La
posizione morale degli ebrei progressisti, e l'ideale che ebrei, neri e membri
di tutte le altre religioni e razze dovrebbero essere trattati allo stesso
modo, è l'opposto del sionismo israeliano.
Nelle
mani del partito Likud di Netanyahu e dell'afflusso di sostenitori di destra,
il sionismo afferma la pretesa di distinguere il popolo ebraico dal resto della
popolazione nazionale, e persino dal resto del mondo, come stiamo vedendo oggi.
Affermando
di parlare a nome di tutti gli ebrei, vivi e morti, Netanyahu afferma che
criticare il suo genocidio e l'olocausto palestinese, la “nakba”, è antisemita.
Questa è la posizione di “Stefanik” e dei suoi colleghi membri della
commissione.
È un'affermazione che gli ebrei devono la loro
prima fedeltà a Israele, e quindi alla sua pulizia etnica e al suo omicidio di
massa dallo scorso ottobre. Anche il presidente Biden ha etichettato le
manifestazioni studentesche come "proteste antisemite".
Questa
affermazione, nelle circostanze del genocidio in corso da parte di Israele, sta
causando più antisemitismo di chiunque altro dai tempi di Hitler.
Se le
persone in tutto il mondo adottano la definizione di antisemitismo di Netanyahu
e del suo gabinetto, quanti, disgustati dalle azioni di Israele, diranno: "Se è così, allora credo di
essere antisemita".
La
calunnia di Netanyahu contro l'ebraismo e cosa dovrebbe rappresentare la
civiltà
Il
primo ministro Benjamin Netanyahu ha dato un messaggio sulla guerra di Israele
contro Hamas il 10 gennaio 2024.
Netanyahu
ha descritto le proteste degli Stati Uniti in un discorso estremista il 24
aprile che attacca la libertà accademica americana.
Quello
che sta succedendo nei campus universitari americani è orribile.
Folle antisemite hanno preso il controllo
delle principali università.
Invocano l'annientamento di Israele, attaccano
gli studenti ebrei, attaccano i docenti ebrei.
Questo
ricorda ciò che accadde nelle università tedesche negli anni '30.
Vediamo questo aumento esponenziale
dell'antisemitismo in tutta l'America e in tutte le società occidentali mentre
Israele cerca di difendersi dai terroristi genocidi, terroristi genocidi che si
nascondono dietro i civili.
È
inconcepibile, deve essere fermato, deve essere condannato e condannato in modo
inequivocabile.
Ma non è quello che è successo.
La
risposta di diversi rettori universitari è stata vergognosa.
Ora,
fortunatamente, i funzionari statali, locali, federali, molti di loro hanno
risposto in modo diverso, ma devono essercene di più.
Bisogna fare di più.
Questo
è un appello a trasformare le università americane in braccia di uno stato di
polizia, imponendo politiche dettate dallo stato colonizzatore di Israele.
Questo
appello è finanziato da un flusso circolare:
il Congresso dà enormi sussidi a Israele, che
ricicla parte di questo denaro nelle campagne elettorali dei politici disposti
a servire i loro donatori.
È la
stessa politica che l'Ucraina usa quando impiega gli "aiuti" degli
Stati Uniti creando” organizzazioni di lobbying ben finanziate” per sostenere i
politici clienti.
Che
tipo di espressioni di protesta studentesche e accademiche potrebbero opporsi
al genocidio di Gaza e della Cisgiordania senza minacciare esplicitamente gli
studenti ebrei?
Che ne
dici di "Anche i palestinesi sono esseri umani!"
Questo non è aggressivo.
Per renderlo più ecumenico, si potrebbe
aggiungere:
"E
lo sono anche i russi, nonostante quello che dicono i neonazisti ucraini".
Posso
capire perché gli israeliani si sentano minacciati dai palestinesi.
Sanno quanti ne hanno uccisi e brutalizzati
per accaparrarsi la loro terra, uccidendo solo per "liberare" la
terra per sé stessi.
Devono
pensare:
"Se i palestinesi sono come noi, devono volerci uccidere, a causa di
quello che abbiamo fatto loro, e non ci potrà mai essere una soluzione a due
stati e non potremo mai vivere insieme, perché questa terra ci è stata data da
Dio".
Netanyahu
ha soffiato sul fuoco dopo il suo discorso del 24 aprile elevando il conflitto
odierno al livello di una lotta per la civiltà:
"Ciò
che è importante ora è che tutti noi, tutti noi che siamo interessati e abbiamo
a cuore i nostri valori e la nostra civiltà, ci alziamo insieme e diciamo basta".
Quello
che Israele sta facendo, e ciò a cui si oppongono le Nazioni Unite, la Corte
Internazionale di Giustizia e la maggior parte della Maggioranza Mondiale, è
davvero "la nostra civiltà"?
La
pulizia etnica, il genocidio e il trattamento della popolazione palestinese
come conquistata ed espulsa come subumana è un attacco ai principi più basilari
della civiltà.
Gli
studenti pacifici che difendono quel concetto universale di civiltà sono
chiamati terroristi e antisemiti dal terrorista primo ministro israeliano.
Sta
seguendo le tattiche di “Joseph Goebbels”:
il
modo per mobilitare una popolazione per combattere il nemico è quello di
dipingersi come sotto attacco.
Questa era la strategia di pubbliche relazioni
nazista, ed è la strategia di pubbliche relazioni di Israele oggi – e di molti
nel Congresso americano, nell'AIPAC e in molte istituzioni collegate che
proclamano un'idea moralmente offensiva di civiltà come supremazia etnica di un
gruppo sanzionato da Dio.
Il
vero fulcro delle proteste è la politica degli Stati Uniti che sostiene la
pulizia etnica e il genocidio di Israele, sostenuto dagli "aiuti"
stranieri della scorsa settimana.
È
anche una protesta contro la corruzione dei politici del Congresso che
raccolgono denaro dai lobbisti che rappresentano gli interessi stranieri
rispetto a quelli degli Stati Uniti.
Il disegno di legge sugli "aiuti"
della scorsa settimana ha anche sostenuto l'Ucraina, l'altro paese attualmente
impegnato nella pulizia etnica, con i membri della Camera che hanno sventolato
bandiere ucraine, non quelle degli Stati Uniti. Poco prima, un membro del
Congresso ha indossato la sua uniforme dell'esercito israeliano al Congresso
per pubblicizzare le sue priorità.
Il
sionismo è andato ben oltre l'ebraismo. Ho letto che ci sono nove sionisti
cristiani per ogni sionista ebreo. È come se entrambi i gruppi chiedessero
l'arrivo della Fine dei Tempi, mentre insistono sul fatto che il sostegno alle
Nazioni Unite e alla Corte Internazionale di Giustizia che condanna Israele per
genocidio è antisemita.
Cosa
possono chiedere gli studenti della Columbia.
Gli
studenti della Columbia e di altre università hanno chiesto alle università di
disinvestire in azioni israeliane, e anche in quelle dei produttori di armi
statunitensi che esportano in Israele.
Dato che le università sono diventate
organizzazioni aziendali, non credo che questa sia la richiesta più pratica al
momento. Ancora più importante, non va al cuore dei principi in gioco.
Quello
che è davvero il grande problema delle pubbliche relazioni è il sostegno
incondizionato degli Stati Uniti a Israele, qualunque cosa accada, con
"antisemitismo" l'attuale epiteto propagandistico per caratterizzare
coloro che si oppongono al genocidio e al brutale accaparramento delle terre.
Dovrebbero
insistere su un annuncio pubblico da parte della Columbia (e anche di Harvard e
dell'Università della Pennsylvania, che sono stati ugualmente ossequiosi nei
confronti del deputato Stefanik) che riconoscono che non è antisemita condannare il
genocidio, sostenere le Nazioni Unite e denunciare il veto degli Stati Uniti.
Dovrebbero
insistere sul fatto che la Columbia e le altre università facciano una promessa
sacrosanta di non chiamare la polizia per motivi accademici su questioni di
libertà di parola.
Dovrebbero
insistere sul fatto che la presidente sia licenziata per il suo sostegno
unilaterale alla violenza israeliana contro i suoi studenti.
In
questa richiesta sono d'accordo con il principio del deputato “Stefanik” di
proteggere gli studenti, e che il dottor “Shafik” deve andarsene.
Ma c'è
una classe di grandi trasgressori che dovrebbe essere accusata di disprezzo: i
donatori che cercano di attaccare la libertà accademica usando i loro soldi per
influenzare la politica universitaria e allontanare le università dal ruolo di
sostegno alla libertà accademica e alla libertà di parola.
Gli
studenti dovrebbero insistere sul fatto che gli amministratori universitari –
gli sgradevoli opportunisti che stanno al di sopra della facoltà e degli
studenti – non solo devono rifiutare tali pressioni, ma dovrebbero unirsi nell'esprimere
pubblicamente shock per tale influenza politica nascosta.
Il
problema è che le università americane sono diventate come il Congresso nel
basare la loro politica sull'attrazione di contributi da parte dei loro
donatori.
Questo
è l'equivalente accademico della sentenza della Corte Suprema Citizens United.
Numerosi finanziatori sionisti hanno
minacciato di ritirare i loro contributi ad Harvard, alla Columbia e ad altre
scuole che non seguiranno le richieste di Netanyahu di reprimere gli oppositori
del genocidio e i difensori delle Nazioni Unite.
Questi finanziatori sono i nemici degli
studenti di tali università, e sia gli studenti che i docenti dovrebbero
insistere sulla loro rimozione.
Proprio
come il Fondo Monetario Internazionale del Dr. Shafik è caduto soggetto alla
protesta dei suoi economisti che ci devono essere "Mai più
argentini", forse gli studenti della Columbia potrebbero cantare "Mai
più Shafiq".
(Michael
Hudson è presidente dell'Institute for the Study of Long-Term Economic Trends
(ISLET), analista finanziario di Wall Street).
Ogni
Giorno Spariscono dai
Centri
di Accoglienza 50 Bambini!
Conoscenzealconfine.it
– (2 Maggio 2024) – Redazione – Renovatio21.com – ci dice:
Oltre cinquanta
bambini e ragazzi ogni giorno risultano dispersi dai centri di accoglienza per
minori stranieri soli in Europa, con un totale di almeno 51.439 nel corso di
tre anni.
Lo riporta l’agenzia ANSA.
Si
tratta di migranti bambini giunti nel continente senza la presenza di adulti di
riferimento.
In
Italia, solamente, sono stati segnalati circa 23.000 casi di sparizione.
I dati
sono stati raccolti dal gruppo di giornalisti “Lost in Europe” nel periodo
2021-2023 in 30 Paesi, tra cui 27 membri dell’Unione Europea, il Regno Unito,
la Svizzera e la Norvegia.
L’Italia
si colloca al primo posto con 22.899 casi di allontanamento registrati in tre
anni, di cui 10.100 solo nel 2023.
Segue
l’Austria con oltre 20.000 minori scomparsi complessivamente.
Le
nazionalità più rappresentate tra i minori dispersi sono quelle provenienti
dall’Afghanistan, dalla Siria, dalla Tunisia, dall’Egitto e dal Marocco.
“I
minori stranieri che si allontanano sono spesso preda della malavita o di
sfruttatori” ha dichiarato all’ANSA “Carla Garlatti”, garante nazionale
dell’Infanzia.
“In un
centro per ragazze minorenni ci hanno raccontato di come ogni notte sparissero
una o due giovani e del fatto che spesso ci fossero macchine appostate
all’esterno con persone che offrivano lavoro alle ragazze”.
“Lost
in Europe” aveva precedentemente condotto un’inchiesta simile nel 2021,
riguardante il periodo compreso tra il 2018 e il 2020.
In
quel periodo, il numero di minori stranieri non accompagnati dispersi risultava
essere di 18.000 in tre anni.
L’articolo
dell’agenzia, che parla genericamente di “malavita” e “sfruttatori”, non
specifica con chiarezza che tipo di tratta sia – né adombra l’idea che forse
molti immigrati minorenni in realtà minorenni non sono (per avere un’idea dell’età, le
autorità arrivano a fare le radiografie delle ossa).
Ci
resta quindi il dubbio: dove possono essere finiti questi 51 mila ragazzini
spariti.
Una
cifra davvero immensa, che apre a diverse possibilità, non sempre però
enunciabili pubblicamente.
Ad
esempio, l’ipotesi di un mercato degli organi non è qui discussa.
Né
quella, sussurrata in certi ambienti di fronte all’ennesimo caso di cronaca di
bimbo svanito del nulla, di un traffico di bambini per sette para-sataniche,
che userebbero i piccoli in rituali di sacrificio umano.
Il
fenomeno della sparizione dei bambini tiene spesso banco anche nelle cronache
USA.
Come
riportato da “Renovatio 21”, l’anno passato nell’arco di sole due settimane, 27
bambini sono scomparsi nella città di “Cleveland”, nello Stato americano
dell’Ohio.
Nessuno
ha idea di che fine questi bimbi possano aver fatto.
Nel
2021 il “Tennessee Bureau of Investigations” (TBI) aveva invece annunciato di
essere stato in grado di localizzare 150 bambini scomparsi in quei mesi.
La
storia, tuttavia, invita a diffidare di alcune istituzioni, come chiaro nella
vicenda dei “Finders”, un gruppo che i media definirono una “setta satanica”.
Nel
1987 la polizia di “Tallahassee”, in Florida, intervenne dopo una telefonata
anonima che segnalava, in un parco pubblico, sei bambini malnutriti coperti di
punture di insetti e graffi, accompagnati da due uomini ben vestiti in un parco
pubblico.
I due uomini vennero arrestati per abusi su
minori e sospetto di traffico di bambini attraverso i confini statali.
I due
uomini arrestati avevano più documenti d’identità falsi e venne compreso che si
trattava di membri di un movimento noto come” Finders”.
Un po’
comunità e un po’ setta, i “Finders” possedevano più proprietà nell’area di
Washington.
Secondo quanto riferito, l’indagine su queste
proprietà ha trovato prove di pedopornografia e fotografie che mostravano
l’allucinante scena di tre bambini e tre uomini vestiti di bianco che
smembravano due capre.
In
altre foto erano ritratti rituali con sangue, in altre ancora bimbi in catene.
Era
stato notato che gli esami medici dei bambini mostravano segni di abuso
sessuale e malnutrizione, nonché segni di morsi potenzialmente appartenenti a
un essere umano adulto.
Ad oggi, tuttavia, i rapporti medici e
psicologici completi non sono stati resi disponibili per la visione pubblica.
Le
indagini sui “Finders” sembrarono arenarsi più volte, tanto più che nel tempo
emersero legami che il gruppo avrebbe avuto con la” CIA”.
Su
tutto, emerge con evidenza un fatto: c’è sempre un grande appetito, da parte di
mostri indicibili, per i bambini.
E
quindi, dove sono quei 51 mila bambini immigrati spariti?
Ulteriore
mistero, ulteriore orrore, che si aggiunge alla tragedia civile a lungo termine
dell’immigrazione massiva, aumentata, invece che diminuire, con il governo
“nazionalista” e “sovranista” di Giorgia Meloni.
(renovatio21.com/ogni-giorno-spariscono-dai-centri-di-accoglienza-50-bambini/)
Chi è
Donald Tusk, vincitore
delle
elezioni in Polonia.
Vanityfair.it
- CHIARA PIZZIMENTI – (16 ottobre 2023) – ci dice:
L'opposizione
europeista esce vincitrice dalle urne anche se il primo partito, senza però
possibili alleanze, è quello sovranista.
Tusk:
«Sono l’uomo più felice del mondo, è finita la stagione populista»
La
Polonia è tornata in Europa con Donald Tusk.
Non
che ne fosse mai uscita ufficialmente, ma la politica di “Jaroslav Kaczynski” e
del suo “Pis”, “Diritto e Giustizia”, aveva preso, negli ultimi otto anni, una
strada che portava in direzione opposta rispetto a quella di Bruxelles, più
vicina a quella dell'ungherese Orban, e con forti limitazioni soprattutto per
le donne.
Il suo
partito è ancora il primo nel paese, ma senza la possibilità di coalizioni, non
governerà.
Il
vincitore delle elezioni in Polonia è l'europeista Donald Tusk che è arrivato
secondo, ma ha ampie possibilità di accordi.
Secondo
gli exit poll, il partito di governo ha ottenuto il 36,8% dei voti, circa il 7%
in meno rispetto al 2019, Coalizione Civica (Ko) il 31,6%, Terza Via il 13%
(loro il vero exploit) e La Sinistra (Lewica) l’8,6%.
Insieme
Coalizione Civica, Terza Via e Sinistra avrebbero la maggioranza nel parlamento
polacco.
La
scelta polacca è stata di massa.
Raramente avevano votato in tanti e le regioni
europeiste del Nord lo hanno fatto più delle altre, già alle 17 di domenica qui
l'affluenza era oltre il 60%.
L’affluenza
alle urne del 72,9% è la più alta dalla caduta del comunismo nel 1989.
«La
democrazia ha vinto. La Polonia ha vinto» ha detto Donald Tusk, ex primo
ministro polacco ed ex presidente del Consiglio europeo.
«Sono
l’uomo più felice della terra. Con questi dati, finisce l’epoca populista», ha
detto il politico 66enne ai suoi elettori a Varsavia.
Donald
Tusk è nato il 22 aprile 1957 a Danzica.
Lui stesso ha spesso raccontato quanto questo
luogo sia fondamentale nella storia d'Europa e come sia un luogo che ha insieme
la cultura polacca, quella tedesca, quella svedese, della comunità ebraica e di
quella della 2minoranza slava dei casciubi2, cui Tusk appartiene. «Danzica permette di conoscere la
storia di tutta l'Europa. Io mi sento fortemente europeo».
Suo
padre, morto quando Tusk aveva 14 anni, lavorava come carpentiere nelle
ferrovie e sua madre come segretaria presso un ospedale.
Ha
descritto il padre che severo e la madre come tutto amore.
Ha
sorelle maggiori che pensavano sarebbe stato trasportato verso strade diverse
dalla sua passione per il calcio.
Nella
sua città ha studiato, storia all'università (con una passione per quella greca
e quella che si faceva attorno a lui), e iniziato a partecipare alla politica
sotterranea e alternativa al governo comunista.
All'università
ha conosciuto la moglie “Małgorzata”, con la quale ha avuto due figli.
Ha
collaborato con i sindacati clandestini, incontrando anche il futuro leader di “Solidarność”
Lech Wałęsa.
Nel
1980 ha fondato un'associazione indipendente di studenti, la” NZS”. Ha lavorato
come giornalista per una pubblicazione legata a “Solidarność” ed è stato
rappresentante del sindacato.
Nel
dicembre 1981, quando il generale “Jaruzelski” ha decretato la legge marziale,
ha vissuto in clandestinità.
Ha lavorato come panettiere e come operaio
specializzato fino al 1989 restando sempre nel sindacato del futuro presidente “Wałęsa”
e venendo anche arrestato.
Nei
suoi scritti e giornali ha sempre promosso il liberalismo economico.
Alla
caduta del comunismo ha partecipato a elezioni e governo da leader del primo
partito polacco favorevole all'impresa e all'Europa, il congresso liberaldemocratico.
Negli
anni Novanta è stato vicepresidente del Senato polacco.
Oltre alla politica ha pubblicato una serie di
libri sulla storia di Danzica, alcuni dei quali diventati dei bestseller, che,
racconta, gli hanno dato più soddisfazioni della politica.
Nel
2001 è stato fra i fondatori del nuovo partito di centro Platforma Obywatelska.
Nel
2007 è diventato primo ministro ed è rimasto in carica per sette anni,
diventando il primo ministro più longevo della Polonia democratica e il primo
ad essere rieletto.
Con
lui la Polonia ha avuto una crescita economica continua con picchi di quasi il
20%.
Nel 2014 Donald Tusk è stato eletto presidente
del Consiglio europeo e nel 2017 è stato rieletto per un secondo mandato di due
anni e mezzo.
Da allora a oggi ha lavorato nel suo paese
all'opposizione per tornare ora al governo.
La
posizione europeista non è l'unica che cambierà in Polonia.
Nel
campo dei diritti Tusk ha annunciato un'apertura.
Due i disegni di legge già pronti.
Uno
vuole semplificare in modo significativo le procedure per le persone che
decidono di affrontare il percorso del cambio di genere.
Attualmente il sistema impone alle persone di citare
in giudizio i propri genitori per cambiare il proprio genere legalmente
riconosciuto.
Il
secondo disegno di legge vuole introdurre il diritto alle unioni civili per le
coppie dello stesso sesso.
Una
nuova visione di Bari, ma chi
la
governerà dovrà «sporcarsi» le mani.
Laazzettadelmezzogiorno.it - Biagio Marzo – (05 APRILE
2024) – ci dice:
Una
nuova visione di Bari, ma chi la governerà dovrà «sporcarsi» le mani.
A
Bari, mala tempora currunt, capita.
Non ci sono «città del sole», semmai,
nell’opera del filosofo del frate domenicano calabrese, “Tommaso Campanella”.
A
Bari, “mala tempora currunt”, capita.
L’inchiesta
«Codice interno» - parte seconda - continua a mietere arresti: dieci misure
cautelari.
Si
dimette l’assessore regionale già indagata, arrestato, altresì, il marito e il
sindaco di Triggiano.
Per voti comprati a 50 euro a testa.
Quando
finisce il ciclo politico non sempre è pronto il nuovo. Gramscianamente
parlando:
«La
crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può
nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni più morbosi e i più
svariati».
Questa
considerazione, purtroppo, adesso, a Bari, è di grande attualità. Il problema
dei problemi è che a Bari si voterà alle elezioni comunali a giugno e la
politica non sta dando il meglio di sé, per fattori endogeni ed esogeni.
Gli
animi si sono accalorati e chi ne va di mezzo è Bari.
Cui
prodest?
Non
alla buona politica né ai baresi.
Per
come si sono svolte le vicende, l’arrivo degli ispettori del Ministero
dell’interno non deve essere visto come una iniziativa punitiva verso il
sindaco e la sua maggioranza e l’opposizione non deve sperare che «c’è del
marcio in Danimarca», per arrivare allo scioglimento e, di qui, al
commissariamento del Comune.
Come
ci ha insegnato “Paolo Sisto” il garantismo è a 360 gradi e non a corrente
alternata.
Convinti
come siamo che, all’Eduardo De Filippo, deve passare la nottata, per
posizionare Bari verso il futuro.
E alle elezioni vinca il migliore tra gli
schieramenti.
Al
momento, non hanno dato esempi tali da poter affermare che la «Primavera»
politica, se mai c’è stata, continuerà con rose e fiori, per un verso;
e che il vento del cambiamento nazionale, non
ancora alle viste, porterà anche a Bari i suoi sospirati frutti attesi da
decenni, per l’altro.
Schematizzando,
uno schieramento sta facendo campagna elettorale nella campagna elettorale di
giugno per scegliere il proprio candidato a sindaco.
Michele Laforgia ha fatto ieri il comizio con
Conte e Vendola e, oggi, Leccese con la Schlein.
Come se chi vincerà alle primarie, - che si
svolgeranno in albergo per evitare infiltrazioni delinquenziali, - uno dei due
sarà il sindaco, non facendo i conti con lo schieramento avverso, la destra,
che sta cercando il candidato come Diogene cercava l’uomo.
Bari città metropolitana la più popolosa che
si affaccia sul Mare Adriatico, ha le sue contraddizioni politico - economico e
sociali e, purtroppo, in questa fase, sono scoppiate e si vedono le conseguenze
drammatiche.
Epperò,
come recita il proverbio inglese: non gettiamo via il bambino e l’acqua sporca.
Vale a dire Bari con la sua gente in carne e
ossa e con le conquiste di identità e di immagine, al di fuori di una cosmesi
decorativa.
Consapevoli
che ci sono stati, «Codice interno» - parte prima - 130 tra arresti e indagati,
con infiltrazioni criminali nella vita politica e un fatto di sangue:
un
assassinio di un pregiudicato nei pressi di Torre a Mare.
Un
allarmismo normale, ma non strappiamoci le vesti se lo Stato è presente e
funziona, con le sue istituzioni e con suoi apparati giudiziari e con l’ente
comunale che, in questi anni, ha dato il meglio di sé.
Solo
quando le istituzioni si indeboliscono le organizzazioni criminali se ne
approfittano, spadroneggiando come nei decenni passati.
Motivo
per cui, non abbassiamo la guardia della legalità e della sicurezza.
Bari è
di antica tradizione mercantile-imprenditoriale e di forte vivacità culturale,
anche per la presenza di importanti case editrici e dell’”università Aldo Moro”.
Da
sempre il suo porto è scalo di passeggeri verso i Balcani e il Levante. In
questi ultimi decenni, ha molto sviluppato il pellegrinaggio religioso, per via
delle reliquie del santo più venerato al mondo, “San Nicola”, nella cui
Basilica sono esposte, diventando centro di culto di credenti di rito cattolico
e ortodosso.
Inoltre
è sede interconfessionale tra ortodossi e cattolici.
Piaccia
o no, Bari ha fatto un salto di qualità, si è modernizzata, ha bonificato
alcuni quartieri, in specie la “Bari vecchia” trasformata in un cuore pulsante
economico molto frequentato dai turisti.
E ha “riscoperto” il mare per la sua posizione
geopolitica e turistica.
Detto
questo, occorre una nuova visione della Città e la prossima amministrazione
comunale dovrà mettere le mani e sporcarsele nelle sacche povere, laddove si
annida la criminalità.
La primaria ragione è diminuire la forbice tra
governanti e governati. Sicché, la politica e la gestione della cosa pubblica
non si delegano alle agenzie di comunicazione, il cui potere è diventato
enorme, così come le società di consulenza fanno, il buono e il cattivo tempo,
nelle imprese, nei governi nazionali e locali e nell’economia.
D’altro
canto, avendo rifiutato il manifatturiero e avendo puntato tutto sulla cultura,
sull’economia digitare, servizi e turismo si è dato spazio, altresì, a un
terziario povero, al precariato, all’occupazione stagionalizzata, alla poca
specializzazione professionale e alla crescita del fenomeno del lavoro in nero.
Bari
città metropolitana, è il capoluogo della Puglia ed è anche la seconda città
più importante del Mezzogiorno d’Italia.
E, comunque, Bari «appare nella sua storia millenaria,
nella sua attualità e nei sogni futuri» - Guido Piovene -.
Per
intanto, aspettiamo a sinistra «l’albergarie», pardon le primarie, a destra
«Godot».
CHE
FUTURO CI ASPETTA?
IL
MONDO DA QUI AL 2030.
Conartigianatovicenza.it
– (4-2-2024) – Redazione – ci dice:
Cosa
accadrà da qui al 2030? In che tipo di mondo vivremo e lavoreremo?
A
queste domande tentano di rispondere i “megatrend”.
In
pratica, “tendenze” che hanno diverse caratteristiche in comune e aiutano a
pensare il futuro passando da infinite possibilità a un più ristretto ambito.
Inoltre
sono legati al presente, su fenomeni che si possono già osservare oggi.
Scenari che è bene conoscere come cittadini,
ma anche come imprenditori potendo così, per quanto possibile, programmare
interventi e indirizzi aziendali.
Vediamoli, quindi, questi trend.
Poiché
sono misurabili e interessano molti e per un lungo periodo di tempo, i
megatrend conferiscono a un futuro “nebbioso” un maggiore grado di visibilità.
Gli
ultimi fungono come sfondo sul quale ambientare qualsiasi futuro dell’Europa
nel 2030.
A
guardare in avanti è il recente Report dell’“ESPAS” (European Strategy and
Policy Analysis System) che illustra i megatrend che si verificano su larga
scala;
toccano grandi gruppi di esseri umani, Stati,
regioni e, in molti casi, il mondo intero.
I
megatrend si dispiegano anche su un lungo periodo di tempo: almeno un decennio,
e spesso anche di più.
I
MEGATREND.
Partiamo
dal clima: farà sempre più caldo.
E infatti già oggi gli effetti del
riscaldamento globale iniziano a farsi sentire sia dalla popolazione che dai
responsabili politici, suscitando profonde preoccupazioni sociali.
Di conseguenza, decisioni precedentemente
impopolari che ridurranno le emissioni possono diventare più facili da prendere
e attuare.
Un aumento di 1,5 gradi è il massimo che il
pianeta può tollerare;
se le
temperature dovessero aumentare ulteriormente oltre il 2030, dovremo affrontare
ancora più siccità, inondazioni, caldo estremo e povertà per centinaia di
milioni di persone.
Il
principale responsabile delle emissioni di gas serra è la produzione di
energia.
Entro
il 2030, l’Europa trarrà il 32% della sua energia da fonti energetiche
rinnovabili:
sebbene
siamo leader in questo settore, questo dato non è sufficiente contenere le
temperature.
L’aumento delle temperature si farà sentire
soprattutto nelle città, rendendo la pianificazione urbana ancora più
importante.
Più
grande è la città, maggiore sarà l’aumento.
Le condizioni meteorologiche estreme, in
particolare il caldo, colpiscono più duramente le persone più anziane, e
l’Europa ne avrà di più.
Temperature
più elevate significheranno un calo della produttività e ancora più emissioni.
Entro
il 2030, la perdita di produttività dovuta al clima più caldo comporterà la
perdita di oltre 1,7 trilioni di euro a livello globale.
L’aridificazione
e le condizioni meteorologiche estreme spingeranno le persone dalle campagne
verso le città e metteranno sotto pressione le linee di frattura dei conflitti
esistenti.
I
trasporti sono un altro responsabile delle emissioni, che cresceranno
ulteriormente con l’aumento della mobilità in tutto il mondo.
A livello globale, l’energia verde ripulirà questo
settore solo gradualmente e in modo irregolare nel prossimo decennio.
In
parte, il cambiamento climatico è determinato da ciò che mangiamo: il 14,5%
delle emissioni di gas serra deriva dal bestiame, in particolare dal bestiame
allevato sia per la carne che per il latte.
Ciò
che mangiamo è intrinsecamente connesso non solo al cambiamento climatico, ma
anche a come invecchiamo: le due questioni vanno affrontate insieme.
Al
momento solo pochi Stati, come Germania e Svezia, hanno sviluppato linee guida
dietetiche ambientalmente sostenibili.
Nel
2030 ci saranno 1 miliardo di persone in più.
Il
calo del tasso di natalità in Europa è, in parte, un effetto collaterale di
un’uguaglianza di genere incompleta.
Le
politiche che faciliterebbero il lavoro delle madri avranno un impatto positivo
sulla demografia, l’economia e l’uguaglianza.
Sebbene
l’Europa sia leader in questo senso, siamo ancora lontani dall’obiettivo
prefissato:
le
donne europee svolgono più del doppio del lavoro domestico, guadagnano il 16,2%
in meno rispetto ai colleghi maschi e presentano tassi di occupazione inferiori
del 10% rispetto agli uomini.
Molte
delle future sfide demografiche dell’Europa saranno più facili da gestire
quando ci sarà uguaglianza.
La
crescita della popolazione in Africa ha portato alcuni a supporre che queste
popolazioni “rimarranno senza spazio” e si trasferiranno in Europa.
Però
non solo la densità di popolazione dell’Africa è molto inferiore a quella
dell’Europa o dell’Asia, ma la migrazione sarà determinata da molti altri fattori
piuttosto che dallo spazio.
La
popolazione abiterà in città.
Laddove
la crescita urbana avviene in modo incontrollato, porta all’espansione
incontrollata e allo “sprawl”: bassa produttività, segregazione, congestione e
criminalità.
Detto
questo, c’è una serie di motivi per cui una città è una destinazione attraente:
in media, il trasferimento in città ha
migliorato la vita anche di coloro che vivono in circostanze difficili, ad
esempio consentendo un migliore accesso all’acqua e all’elettricità.
Le città sono considerate responsabili
dell’aumento dell’inquinamento e del cambiamento climatico, ma non è
l’agglomerato umano in sé a essere il principale colpevole, bensì diversi altri
fattori:
come e
quanto bene è collegata la città, quanto sono numerose le famiglie, qual è
l’età media della popolazione, quante industrie si trovano all’interno della
città e quanto è densamente popolata.
La
tecnologia moderna ha il potenziale per trasformare le aree urbane in luoghi
più puliti, più sicuri e più efficienti, le cosiddette “città intelligenti”, a
condizione che vi sia connettività e un minimo di sviluppo infrastrutturale.
Le città sono associate alla criminalità, ma
l’urbanizzazione non è l’unica variabile rilevante.
Al
contrario, la criminalità urbana è fortemente correlata a disoccupazione,
disuguaglianza e inflazione.
Anche
le città sono considerate responsabili dell’aumento della disuguaglianza, ma è lì che la disuguaglianza sta
diminuendo più rapidamente.
L’economia
europea continuerà a crescere.
Le proiezioni mostrano che la crescita
economica media globale sarà di circa il 3% ogni anno nel prossimo decennio,
rendendo il mondo un luogo più ricco di oggi.
La
maggior parte di questa crescita avverrà nelle economie in via di sviluppo.
Anche
le economie sviluppate cresceranno, però a un ritmo molto più lento:
l’Europa,
per esempio, crescerà ma non a sufficienza per migliorare significativamente il
tasso di occupazione, i livelli d’investimento e l’integrazione di giovani nel
mercato del lavoro.
Ne
derivano due dinamiche piuttosto positive, da questi sviluppi globali: in primo
luogo, entro il 2030 la maggior parte del mondo sarà di classe media, cioè con
individui che cadono tra il 67 e il 200% del reddito medio in un Paese.
Attualmente
le stime mostrano che ci saranno 5,3 miliardi di persone classificate come tali
nel 2030, rispetto agli attuali 3,2 miliardi.
L’economia
è al centro dell’attività umana:
settori
come l’ambiente, la sicurezza, l’istruzione, la stabilità politica e persino la
salute sono tutti collegati allo sviluppo economico.
Ma è
proprio a causa della loro natura interconnessa che è così difficile prevedere
alcuni sviluppi economici, come la crisi finanziaria del 2008. Detto questo, poiché l’economia è in
gran parte nelle mani degli esseri umani, è qui che le decisioni normalmente
hanno effetti piuttosto rapidi, sia negativi che positivi.
Il
passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio (Co2), climaticamente
neutra, efficiente sotto il profilo delle risorse e ricca di biodiversità, non
sarà solo vantaggioso per i nostri tassi di occupazione e la crescita, ma ci
aiuterà anche ad affrontare il cambiamento climatico e altre sfide ambientali.
Alcuni studi affermano infatti che i progressi
compiuti nella riduzione della povertà potrebbero essere annullati dal
cambiamento climatico, spingendo più di 100 milioni di persone nella povertà
estrema entro il 2030.
Una
classe media in crescita avrà a disposizione i mezzi per consumare più energia in
Asia e in Africa:
ciò
significherà combustibili fossili.
Contrariamente all’idea comune che la povertà
spinga le persone ad attraversare i confini internazionali, è in realtà un
aumento del reddito che fa questo;
la
creazione di posti di lavoro per la nascente classe media africana è quindi una
priorità.
La
disuguaglianza è più correlata allo scoppio di disordini civili che alla
povertà.
Ridurre
le disuguaglianze aumentando i salari avrà diversi effetti positivi, anche sul
nostro sistema pensionistico e sanitario.
I mercati emergenti realizzeranno il loro
pieno potenziale economico solo se implementeranno le riforme e miglioreranno
le loro istituzioni. Ciò significa investimenti sostanziali nell’istruzione, nelle
infrastrutture e nella tecnologia.
La
crescita economica dipende anche da un regime commerciale globale stabile, cosa
che attualmente è sotto stress.
La
crescita economica e la creazione di posti di lavoro non sono fini a sé stessi:
l’iper connettività sul posto di lavoro
renderà le persone (compresi i responsabili delle decisioni) sempre più
“infelici”:
il
che, a sua volta, riduce la produttività e danneggia la salute.
I
mercati del lavoro occidentali si stanno dirigendo verso la perturbazione
grazie all’innovazione tecnologica, ma non è chiaro quanti posti di lavoro
siano minacciati o verranno creati.
L’innovazione
e le idee saranno la caratteristica chiave delle prossime economie leader e
l’istruzione sarà la chiave per questo. Per l’Europa, la maggior parte del suo
potenziale di crescita risiede nei servizi e nel regno digitale, ma la sua
portata dipende dalla velocità con cui riesce a mettersi al passo con gli altri
Stati.
Se
l’UE vuole rimanere competitiva, dovrà aumentare i suoi investimenti in Ricerca
e Sviluppo (R&S) dall’attuale 2,03% del PIL al 3%.
Il
consumo di energia nel mondo aumenterà dell’1,7% ogni anno.
Il fatto che altre regioni del mondo
consumeranno più energia è spesso etichettato come “concorrenza energetica”;
il
termine suggerisce la scarsità di risorse e che l’Europa potrebbe non essere in
grado di soddisfare le proprie esigenze sul mercato globale, ma questa è una
analisi limitata dell’energia.
Già
oggi circa la metà dell’energia europea è rinnovabile e le riserve di petrolio
e gas significano che entro il 2030 l’energia sarà disponibile a prezzi
ragionevoli.
Detto
questo, l’aumento del consumo di energia può avere molti altri effetti a
catena, che sono preoccupanti o incoraggianti.
La
produzione di energia è già la principale fonte di emissioni globali di gas
serra, il principale motore del cambiamento climatico.
Con
l’aumento del fabbisogno di energia, la pressione per frenare gli effetti del
cambiamento climatico cresce ulteriormente.
Le
energie “verdi” hanno prospettive promettenti per la creazione di posti di
lavoro, il che le rende una risorsa futura.
In un
momento di crescente antagonismo internazionale, la concorrenza aggressiva per
le risorse potrebbe diventare una fonte di rivalità tra gli Stati,
indipendentemente dal fatto che non vi sia una scarsità critica.
Lo sviluppo di nuove fonti energetiche apre la
possibilità di partenariati internazionali sullo sviluppo delle energie
rinnovabili, riducendo potenzialmente l’importanza della dipendenza dai
combustibili fossili.
L’efficienza
energetica sta migliorando e la diversificazione continua, il che potrebbe
cambiare le proiezioni per il 2030.
Ad esempio, si prevede che lo stoccaggio di energia
aumenterà di sei volte nel prossimo decennio, consentendo l’utilizzo di energia
rinnovabile e auto elettriche.
L’aumento
del fabbisogno energetico nei Paesi non OCSE è un effetto collaterale della
rapida motorizzazione:
lo
stock globale di autovetture è destinato a quasi raddoppiare tra il 2012 e il
2030 (mentre diminuirà in Europa).
Ciò ha
effetti sulla connettività economica, politica e sociale.
La
forza delle connessioni.
La
connettività, come altri mega-trend, non è di per sé né positiva né negativa,
ma entrambe le cose.
Agisce
come moltiplicatore del comportamento umano più di ogni altra cosa.
In
questo senso, qualsiasi modello umano, sia dannoso che benefico, sarà
rafforzato dalla connettività.
Ciò significa anche che abbiamo un certo grado
di prevedibilità, poiché abbiamo alcune certezze sul comportamento umano.
Ad esempio, poiché agli esseri umani piace la
comunicazione, possiamo accertare che qualsiasi dispositivo che la faciliti
sarà accolto con entusiasmo.
I
social media, ad esempio, devono essere intesi non come un insieme statico di
fornitori, ma come reti in evoluzione che riflettono lo stato d’animo
dell’umanità.
In un
certo senso, la connettività ha un impatto negativo sull’ambiente, ad esempio
sui viaggi aerei e marittimi.
Veicoli
migliorati, efficienza operativa e carburanti alternativi possono ridurre
questo impatto.
La
tecnologia moderna può aiutare a soddisfare le esigenze occupazionali della
connettività:
ad
esempio, entro il 2030 l’industria dell’aviazione commerciale richiederà il
triplo di piloti rispetto a oggi.
La
vita umana nelle città può essere migliorata attraverso la connettività:
il traffico, la gestione dei rifiuti,
i trasporti e persino la criminalità possono essere affrontati meglio
attraverso la connessione a Internet.
Le
informazioni, in particolare le notizie, saranno tratte principalmente da
Internet, con notizie false, calunnie, e il potenziale di polarizzazione e
ingerenza elettorale in aumento.
Le emozioni nella comunicazione diventeranno
sempre più importanti man mano che la distanza tra cittadini e decisori si
riduce.
Connettività significa che gli individui
possono identificarsi con questioni politiche globali oltre i propri confini,
creando cluster di cittadinanza online.
Questo
potrebbe, o non potrebbe, essere vulnerabile alla manipolazione.
Poiché
le informazioni viaggiano molto più velocemente, le reazioni a determinate
questioni politiche saranno più intense e concentrate. Questo mette i decisori sotto
pressione, affinché agiscano senza il tempo necessario per la riflessione e la
considerazione. L’istituzionalizzazione
di unità di pensiero strategico a lungo termine sarà la chiave per evitare lo
stress del breve termine.
Il
Sistema Europeo di Analisi Strategica e Politica (ESPAS) fornisce un quadro per la
cooperazione e la consultazione a livello amministrativo tra il Parlamento europeo, la Commissione
europea, il Consiglio dell’Unione europea e il Servizio europeo per l’azione
esterna, con la Banca europea per gli investimenti, il Comitato delle regioni,
il Comitato economico e sociale europeo, l’Istituto dell’Unione europea per gli
studi sulla sicurezza e la Corte dei conti europea in qualità di osservatori,
per lavorare insieme sulle tendenze a medio e lungo termine.
Gli obiettivi del processo ESPAS sono:
fornire
un sistema inter-istituzionale per identificare queste tendenze e fornire
analisi comuni dei probabili esiti su questioni importanti per i decisori
politici;
promuovere
una più stretta cooperazione tra i servizi delle varie istituzioni e organi
dell’UE che si occupano dell’analisi di queste tendenze;
fornire
un contributo regolare alle istituzioni dell’UE per alimentare il pensiero
strategico, anche contattando accademici, gruppi di riflessione e altre parti
interessate per fornire un’ampia prospettiva;
sviluppare collegamenti con altri Paesi e
organizzazioni che intraprendono lavori sulle tendenze globali, al fine di
beneficiare della loro esperienza, oltre a fornire la propria esperienza ad
altri Paesi che cercano di seguire tendenze e cambiamenti strategici;
costruire
e mantenere un sito web aperto e un “repository globale” per tutte le
informazioni per facilitare l’accesso ai cittadini, collegando il sito ad altri
funzionanti sulle tendenze a lungo termine in tutto il mondo.
UNIFICAZIONE
DELLE CBDC?
LE
BANCHE GLOBALI CI DICONO
CHE LA
FINE DEL SISTEMA
DEL
DOLLARO È VICINA.
Comedonchisciotte.org
– Markus – (02 Maggio 2024) - Brandon Smith - alt-market.us – ci dice:
Lo
status di riserva mondiale consente un’incredibile libertà di manovra in
termini di politica monetaria.
La
Federal Reserve sa che c’è una costante domanda di dollari all’estero legata
alla necessità di importare ed esportare più facilmente le merci. Lo status
petrolifero del dollaro lo rende inoltre essenziale per il commercio del
petrolio a livello globale.
Ciò
significa che la banca centrale degli Stati Uniti è stata in grado di creare
moneta fiat dal nulla in misura di gran lunga superiore a qualsiasi altra banca
centrale del pianeta, evitando al contempo gli effetti immediati
dell’iperinflazione.
Gran
parte del contante e del debito denominato in dollari (fisico e digitale)
finisce nei forzieri di banche centrali straniere, banche internazionali e
società di investimento, dove viene detenuto come copertura o utilizzato per
aggiustare i tassi di cambio di altre valute per ottenere vantaggi commerciali.
Si
stima che circa la metà del valore di tutta la valuta statunitense circoli
all’estero.
Dopo
il crollo del credito del 2008 lo status di riserva mondiale, insieme a vari
strumenti di debito, ha permesso al governo degli Stati Uniti e alla Fed di
creare decine di trilioni di dollari in nuova valuta, il tutto tenendo sotto
controllo l’inflazione (più o meno).
Il problema è che è possibile tenere tutti
questi dollari all’estero solo per un certo periodo di tempo e, alla fine, le
conseguenze della sovrastampa si fanno sentire.
L’accordo
di Bretton Woods del 1944 aveva creato il quadro di riferimento per l’ascesa
del dollaro USA e, sebbene i vantaggi siano evidenti, soprattutto per le
banche, i costi sono alti.
Pensate
allo status di riserva mondiale come a un “patto con il diavolo”: avrete la
fama, la fortuna, la fidanzata sexy e la bella macchina, ma un giorno il
diavolo verrà a riscuotere e, quando lo farà, si prenderà TUTTO, compresa la
vostra anima.
Sfortunatamente,
sospetto che per gli Stati Uniti il momento stia per arrivare e potrebbe
assumere la forma di un nuovo sistema, simile al vecchio Bretton Woods, che
elimina il dollaro come riserva mondiale e lo sostituisce con una nuova
struttura digitale a paniere.
Le banche globali stanno essenzialmente
ammettendo di avere un piano per una revisione completa del mondo finanziario
basato sul dollaro e la creazione di un sistema incentrato sulle “CBDC” e
costruito su “libri mastri unificati”.
Ci
sono stati tre recenti sviluppi, tutti annunciati in successione, che
suggeriscono che la sostituzione del dollaro è imminente (prima della fine di
questo decennio).
Il
modello “XC del FMI” – Una politica centralizzata per le “CBDC.
La
piattaforma “XC del FM”I è stata rilasciata come modello teorico nel novembre
del 2022 e coincide con il concetto, da tempo discusso, di un paniere globale
di diritti speciali di prelievo, solo che, in questo caso, riunirebbe tutte le “CBDC”W
sotto un unico ombrello insieme alle “valute tradizionali”.
[Questa
piattaforma] viene promossa come una struttura politica per rendere “più
facili” i pagamenti transfrontalieri con le “CBDC” e questo modello si
concentra principalmente sugli scambi di valuta tra governi e banche centrali.
Naturalmente,
questo modello pone il “FMI” come intermediario in termini di controllo del
flusso di transazioni digitali.
Il “FMI”
suggerisce che la” piattaforma XC” renderebbe meno complicata la transizione dalle valute
tradizionali alle CBDC per tutte le nazioni coinvolte.
Come
aveva osservato il FMI in una discussione sui libri mastri centralizzati nel
2023:
“Potremmo
ritrovarci in un mondo in cui abbiamo entità collegate in una certa misura, ma
alcune entità e alcuni Paesi sono esclusi. E noi, in quanto istituzione globale
e multilaterale, puntiamo a fornire una connettività di base, un insieme di
regole e una governance che siano veramente multilaterali e inclusive. Quindi,
credo che l’ambizione sia quella di puntare ad un’innovazione che sia
compatibile con gli obiettivi politici e che sia inclusiva rispetto all’ampia
composizione, ad esempio, del FMI”.
Traducendo,
i sistemi decentralizzati sono cattivi. L'”inclusività” (collettivismo) è
buona. E il FMI vuole lavorare in tandem con altre istituzioni globaliste nel
ruolo di facilitatore (controllore) di questo collettivismo economico.
Il
Libro Mastro Unificato della Banca dei Regolamenti Internazionali.
Il
giorno dopo l’annuncio del FMI sugli obiettivi della sua piattaforma “XC”, la “BRI”
ha rivelato i suoi piani per un libro mastro unificato per tutte le CBDC,
chiamato “BIS Universal Ledger”.
La BRI
sottolinea che il progetto intende “ispirare fiducia nelle valute digitali
delle banche centrali” e “superare la frammentazione degli attuali sforzi di
tokenizzazione”.
Mentre
il “FMI” si concentra sul controllo delle politiche internazionali, la “BRI si
interessa degli aspetti tecnici legati alla globalizzazione delle “CBDC”.
Nei loro libri bianchi affermano chiaramente che una società senza contanti è, di
fatto, l’obiettivo finale e che le transazioni digitali devono essere monitorate da un’entità
centralizzata per mantenere il denaro “sicuro”.
Come
sostiene la “BR”I nella sua ampia panoramica sui” Libri Mastri Unificati”:
“Oggi
il sistema monetario si trova alla vigilia di un altro grande balzo in avanti.
Dopo la dematerializzazione e la digitalizzazione, lo sviluppo chiave è la
tokenizzazione – il processo di rappresentazione digitale dei crediti su una
piattaforma programmabile.
Questo
può essere visto come il prossimo passo logico nella registrazione digitale e
nel trasferimento di beni.
….. Il progetto prevede che questi
elementi vengano riuniti in un nuovo tipo di infrastruttura del mercato
finanziario (FMI) – un ‘libro mastro unificato’.
I vantaggi della tokenizzazione potrebbero
essere sfruttati appieno in un libro mastro unificato, grazie al carattere
definitivo del regolamento che deriva dal fatto che il denaro della banca
centrale risiede nella stessa sede di altri crediti.
Sfruttando la fiducia nella banca centrale,
una sede condivisa di questo tipo ha un grande potenziale per migliorare il
sistema monetario e finanziario”.
Tre
sono le principali affermazioni fatte dalla BRI nel suo programma: primo, la digitalizzazione del denaro è
inevitabile e il contante è destinato a scomparire, soprattutto perché [la
digitalizzazione] rende più facile la circolazione del denaro.
In
secondo luogo, i
metodi di pagamento decentralizzati sono inaccettabili perché “rischiosi” e
solo le banche centrali sono sufficientemente qualificate e “affidabili” per
mediare lo scambio di denaro.
In
terzo luogo,
l’uso dei
libri mastri unificati è in gran parte progettato per tracciare e rintracciare
e persino indagare su tutte le transazioni CBDC, ovviamente per il bene
pubblico.
Il
sistema della BRI si occupa molto di più delle transazioni private rispetto
all’esempio del FMI.
È la
base tecnica per la centralizzazione di tutte le CBDC, sarà governato in parte
dalla BRI e dal FMI, ed è previsto che venga utilizzato su larga scala nei
prossimi due anni.
Già oggi diverse nazioni stanno testando il
libro mastro della BRI.
È
importante capire che chiunque agisca come intermediario nel processo di
scambio globale di denaro avrà tutto il potere, sui governi e sulla
popolazione.
Se
ogni movimento di ricchezza viene monitorato, dal passaggio di miliardi tra i
governi al pagamento di pochi dollari da un individuo a un rivenditore, ogni
aspetto del commercio può essere limitato dai capricci dell’osservatore.
Il
Progetto Transfrontaliero SWIFT: un altro modo per controllare il comportamento degli
Stati nazionali.
Come
abbiamo visto con il tentativo di usare la rete di pagamento SWIFT come
randello contro la Russia, i globalisti hanno un ulteriore motivo per avere un
centro di transazioni monetarie ad alta velocità e su larga scala.
Anche
in questo caso, si tratta di centralizzazione e chi controlla l’hub ha i mezzi
per controllare il commercio… fino a un certo punto.
L’esclusione
dallo SWIFT ha arrecato un danno minimo all’economia della Russia, proprio
perché esistono metodi alternativi per trasferire denaro e mantenere i flussi
commerciali.
Tuttavia,
con un ombrello monetario globale basato sulle CBDC, sarebbe impossibile per
qualsiasi Paese operare al di fuori dei confini.
Non si
tratta solo della facilità di escludere una nazione dalla rete, ma anche di
avere il potere di bloccare immediatamente il trasferimento di fondi alla parte
ricevente dello scambio.
In
altre parole, tutti i fondi provenienti da una qualsiasi fonte russa potrebbero
essere tracciati e bloccati prima che possano arrivare nelle mani, ad esempio,
di un destinatario in Cina o in India.
Una
volta che tutti i governi saranno completamente sotto il controllo di un
sistema monetario centralizzato, di un libro mastro centralizzato e di un hub
di scambio centralizzato, non saranno mai in grado di ribellarsi e questo
controllo si estenderà alla popolazione generale.
Vorrei
anche ricordare ai lettori che la maggior parte delle nazioni sta seguendo
questo programma.
La Cina è la più desiderosa di aderire allo schema
valutario globale.
La Russia fa ancora parte della BRI, ma il suo
coinvolgimento nelle CBDC non è ancora chiaro.
Il
punto è che non dovete aspettarvi che i BRICS contrastino il nuovo ordine
monetario, non succederà.
Le
CBDC richiedono automaticamente la fine del dollaro come riserva mondiale.
Cosa
c’entrano dunque tutti questi progetti globalisti riguardanti le CBDC con il
dollaro e la sua venerata posizione di valuta di riserva mondiale?
Il
nocciolo della questione è questo: un sistema di CBDC unificato esclude completamente la
necessità o il caso d’uso di una valuta di riserva mondiale. Il modello a libro
mastro unificato prende tutte le CBDC e le omogeneizza in una sorta di
liquidità, con caratteristiche simili per ogni CBDC in un breve periodo di
tempo.
In
questo scenario i vantaggi dell’uso del dollaro scompaiono e il valore delle
valute diventa relativo all’intermediario.
In altre parole, il FMI, la BRI e altre istituzioni
correlate dettano le proprietà delle CBDC e quindi non c’è alcun aspetto
distintivo di ogni CBDC che ne renda una più preziosa delle altre.
Certo,
alcuni Paesi potrebbero essere ancora in grado di evidenziare la loro valuta
grazie ad una maggior produzione o ad una tecnologia superiore, ma il vecchio modello di avere un
grande esercito come modo per assicurarsi il Forex e i favori commerciali è
morto.
Alla
fine i globalisti faranno valere due argomenti prevedibili:
1)
“Una moneta di riserva mondiale sotto il controllo di una sola nazione è
ingiusta e noi, come banchieri globali, dobbiamo rendere il sistema “più
equo””.
2)
“Perché avere una valuta di riserva quando tutte le transazioni sono comunque
sotto il controllo del nostro libro mastro?
Il
dollaro non è più facile da usare per il commercio internazionale rispetto a
qualsiasi altra CBDC, giusto?”.
Infine,
il dollaro deve morire perché è parte integrante del “vecchio mondo” degli
scambi materiali.
I globalisti desiderano una società senza
contanti perché è una società facilmente controllabile.
Pensate
ai lockdown per la Covid e ai tentativi di passaporti vaccinali: se all’epoca
avessero avuto un sistema senza contanti avrebbero ottenuto tutto ciò che
volevano.
Rifiutate
di prendere il vaccino sperimentale?
Chiuderemo
i vostri conti digitali e morirete di fame.
Questo
è stato anche parzialmente tentato (si pensi alle proteste dei camionisti canadesi), ma con il contante fisico c’è sempre
un modo per aggirare un embargo digitale.
Senza
denaro fisico non avrete altre opzioni, a meno che non intendiate vivere
esclusivamente di quello che coltivate e barattare beni e servizi (uno stile di vita a cui la maggior
parte delle persone nel primo mondo ha bisogno di molto tempo per abituarsi).
Credo
che una percentuale consistente della popolazione americana andrà in guerra
prima di accettare una società senza contanti, ma, nel frattempo, c’è ancora da
affrontare l’inevitabilità di un crollo del dollaro.
Le organizzazioni globaliste stanno spingendo affinché
le CBDC diventino attive MOLTO rapidamente e, quando questo accadrà, insieme ai
libri contabili centralizzati, il dollaro tradizionale perderà rapidamente il
suo favore.
Ciò
significa che i trilioni di dollari verdi detenuti all’estero cominceranno ad
affluire in America tutti insieme, causando un disastro inflazionistico ben
superiore a quello a cui stiamo assistendo oggi.
Per
quanto l’economia abbia beneficiato in passato dello status di riserva
mondiale, soffrirà altrettanto quando il dollaro svanirà, per essere sostituito
da una struttura ancora peggiore di quella fiat.
Questo
a meno che non si verifichi un drammatico sconvolgimento che elimini
completamente l’ordine globalista dall’equazione…
(Brandon
Smith).
(alt-market.us).
(alt-market.us/unification-of-cbdcs-global-banks-are-telling-us-the-end-of-the-dollar-system-is-near/).
Il
nemico è tra noi? I gruppi anti-genocidio
sono
nel mirino dei media e del governo.
Globalresearch.ca
- Filippo Giraldi – (02 maggio 2024) – ci dice:
Bene
amici, il verdetto è arrivato!
Se vi
opponete al massacro da parte di Israele di qualcosa come 40.000 palestinesi,
per lo più donne e bambini, o ai piani chiaramente enunciati dal governo di
quella nazione di fare pulizia etnica nel resto della Palestina storica,
rendendo l' “Eretz in via di sviluppo” o il “Grande Israele uno stato
legalmente ebraico”, e siete pronti a protestare o a parlarne, allora siete
antisemiti che odiano gli ebrei e probabilmente anche negazionisti
dell'olocausto.
Se sei
uno studente che manifesta contro il massacro, vieni sempre più spesso definito
dalle teste parlanti e dai media come un terrorista pro-Hamas.
Che tu
debba essere condannato e sanzionato o addirittura criminalizzato come
conseguenza delle etichette è giusto in un paese che apparentemente è arrivato
a credere che gli ebrei e Israele, in modo unico, non possano essere criticati
a causa del loro vittimismo fino alla nausea e della loro unzione da parte di
Dio, indipendentemente da ciò che potrebbe dire il Primo Emendamento della
Costituzione degli Stati Uniti relativo alla libertà di parola.
Dopotutto,
è solo un vecchio pezzo di carta, anche se ad alcuni potrebbe sembrare un po'
strano che a un gruppo di persone che compiono un genocidio venga dato un
lasciapassare, mentre coloro che cercano di fermarlo vengano picchiati,
finiscano in prigione e, in alcuni casi, si vedano negata la laurea che hanno
guadagnato in quattro anni di università.
Che
gli antisemiti e persino i malvagi governi stranieri come la Cina siano dietro
le recenti manifestazioni studentesche per le atrocità a Gaza sta gradualmente
diventando parte del nuovo Vangelo, ritualmente approvato dagli stessi
amministratori universitari e da una larga maggioranza al Congresso, alla Casa
Bianca e ai media mainstream.
I
gruppi pro-palestinesi vengono regolarmente chiusi e i loro sostenitori
bastonati, gasati e arrestati, mentre ai gruppi ebraici che sostengono il
"diritto di Israele di difendersi" viene permesso di esprimere la
loro rabbia in modo violento, come è accaduto all'Università della California a
Los Angeles lo scorso martedì sera, con la polizia pronta a lasciare che gli
aggressori filo-israeliani (che erano per lo più non-studenti) avessero accesso
per picchiare i campeggiatori pro-palestinesi. Era un allineamento di cuori e
menti che apparentemente serve sia la giustizia che Dio, che ha dichiarato gli
ebrei come suoi "eletti".
L'amministrazione
della “University of Southern California” ha etichettato i gruppi
pro-palestinesi come "estremisti violenti locali" come scusa per
chiudere le cerimonie di laurea alla fine di questo mese.
I governatori del Texas e della Florida hanno
dichiarato guerra a questi spregevoli antisemiti, insistendo sul fatto che non
ci saranno odiatori di ebrei nei loro stati ed esprimendo la volontà di usare
la polizia e la guardia nazionale per assicurarsi che sia così.
Il governatore della Florida “Ron DeSantis” ha
promesso che qualsiasi studente che parli o manifesti contro Israele sarà
espulso dal college.
Le
truppe della Guardia Nazionale sono state chiamate anche per sgomberare i
campus in un certo numero di altri stati, con più di mille manifestanti
arrestati e allontanati solo martedì.
Alcuni
scherzano sul fatto che sia Israele a controllare gran parte della politica
estera degli Stati Uniti, per non parlare dell'interferenza nelle elezioni e
dell'imposizione di ciò che deve essere insegnato sul mondo, cioè la storia ebraica nelle scuole
pubbliche, insieme a viaggi obbligatori ai musei dell'olocausto finanziati dai
contribuenti che stanno spuntando come funghi in tutto il paese.
Gli Stati Uniti si stanno impegnando a liberarsi
dall'antisemitismo il più rapidamente possibile, il che è sicuramente la cosa
giusta da fare visti tutti quei sopravvissuti all'olocausto che vivono a Miami
e apparentemente muoiono di fame secondo tutte quelle pubblicità che si vedono
in TV e si sentono alla radio con imbonitori dispensazionalisti come “Mike
Huckabee”.
Il
quale dovrebbe trasferirsi immediatamente in Israele poiché ama così tanto il
posto, portando con sé al Congresso quelli che la pensano allo stesso modo
quando va.
L'America
di Joe Biden e, senza dubbio, anche di Donald Trump, se rieletto, si è
impegnata a prendere l'iniziativa di proteggere gli ebrei in tutto il mondo e
sanzionerà chiunque violi tale fiducia.
Chi altri, per esempio, è così sensibile alle
questioni ebraiche da avere un Inviato Speciale per le Questioni dell'Olocausto
e un Ufficio dell'Inviato Speciale per il Monitoraggio e la Lotta
all'Antisemitismo radicati con lo status di ambasciatore e con il pieno di
personale e budget nel proprio Ministero degli Esteri?
Nemmeno
i rabbrividiti “Kraut” che abitualmente lasciano che Israele menta loro e li
intimidisca, mentre continua a inviare milioni alla serie apparentemente
infinita dei cosiddetti sopravvissuti all'olocausto in Israele, mentre anche
loro stanno inviando armi a Tel Aviv per aiutare a uccidere altri amici.
Ecco a cosa servono i veri amici e alleati!
La
Gran Bretagna ha i conservatori “Friends of Israel” e i” Labour Friends of
Israel”, che insieme costituiscono la maggioranza in Parlamento.
Entrambi
i leader di partito del Regno Unito fanno del loro meglio per fare l'amore con
Israele su base regolare.
E la Francia, il Canada e l'Australia?
Non c'è spazio tra loro e Netanyahu.
Sono
"ferrei" su Israele come Joe Biden si professa costantemente di
essere!
Un
amore più grande non ha né un uomo né una donna paragonabile all'amore dei
politici americani per Israele! Guardate cosa ha fatto “Papa Joe Biden” per
Israele negli ultimi quattro anni in segno di apprezzamento per gli oltre 4
milioni di dollari in donazioni che ha ricevuto dalla lobby israeliana in
donazioni politiche nella sua carriera.
I 26 miliardi di dollari in cantiere per
Netanyahu sono certamente una ricompensa appropriata per il grande uomo che da
solo ha impedito all'Iran di ottenere un arsenale nucleare, qualcosa su cui ha
messo in guardia negli ultimi venticinque anni!
La prima regola politica di Biden, che ha
osservato per quarant'anni, è sempre fare ciò che Israele vuole, non importa a
quale costo, perché lo Stato ebraico e la lobby interna ebraica degli Stati
Uniti, insieme alla sua ala mediatica, sono cruciali per essere nominati ed
eletti!
Il
momento antisemita.
Diffamare
le critiche da parte di gruppi ebraici per "proteggere" Israele non
fa altro che danneggiare la loro credibilità
Solo i
politici americani hanno la faccia tosta di chiamare i direttori delle
principali università e rimproverare o addirittura chiedere il loro
licenziamento se non stanno facendo abbastanza contro l'antisemitismo!
Durante
un 17 aprileesimo Il membro del Congresso degli Stati Uniti “Rick Allen” ha
chiesto al presidente della Columbia University, “Minouche Shafik”, se fosse
preoccupata che Dio potesse "maledire" l'università.
Allen
ha prima citato un passaggio della Bibbia che dice che Dio maledirà coloro che
maledicono Israele e ha aggiunto che personalmente vede Gerusalemme come il
"centro dell'universo".
Ha
anche suggerito che l'università dovrebbe creare un corso che insegni agli
studenti la Bibbia in modo che possano conoscere "l'ira di Dio" e
come i professori "indottrinanti" non riescono a far crescere gli
studenti che non sanno come "saranno maledetti da Dio".
Se
Israele è veramente il più grande amico dell'America nel mondo e il suo
migliore alleato, ci dovrebbe essere qualche prova positiva di ciò
nell'interazione tra i due paesi.
Diamo
quindi un'occhiata in termini di reciprocità in relazione a ciò che è accaduto
nelle ultime due settimane!
Innanzitutto,
a livello macro, cioè continuando i combattimenti, Biden ha avvertito gli
israeliani che se invaderanno Rafah non saranno sostenuti.
Netanyahu
ha risposto:
"Entreremo
a Rafah e cancelleremo tutti i battaglioni di Hamas, con o senza un accordo,
per ottenere la vittoria totale" per evitare che ci sia confusione su ciò che
intende fare, indipendentemente dal fatto che venga organizzato o meno un
cessate il fuoco temporaneo con uno scambio di ostaggi.
Biden
e il suo incredibile cavallo di battaglia “Anthony Blinken” non hanno risposto
se non spingendo ancora di più per un cessate il fuoco alle condizioni di
Israele, che sarebbe comunque un male per gli abitanti di Gaza dato il lavoro
chiave "temporaneo" di fronte al "cessate il fuoco".
Israele
sarà libero di riprendere a uccidere, anche se ulteriori combattimenti saranno
dannosi per le prospettive elettorali di Biden a novembre, e lui lo sa.
Lo stesso vale per Netanyahu.
Blinken
ha chiesto un'indagine internazionale imparziale sulle due fosse comuni
recentemente scoperte nei siti ospedalieri bombardati a Gaza, contenenti
quattrocento o più corpi, molti dei quali sono stati torturati e/o giustiziati
con le mani legate dietro la schiena o trascinati fuori dai letti d'ospedale
per essere sepolti ancora vivi in fosse profonde.
Alcuni corpi mostravano segni di interventi chirurgici
affrettati che indicavano che i loro organi, un bene prezioso, erano stati
rimossi, un pezzo distintivo regolare che appariva sulle vittime delle Forze di
Difesa Israeliane (IDF), l'esercito più morale del mondo secondo quello strano
intellettuale franco-ebreo che si chiamava Bernard-Henri Levy.
Netanyahu
e l'IDF hanno risposto che Israele avrebbe fatto le proprie indagini, dicendo:
"Cosa c'è da indagare?"
Blinken
non ha obiettato.
La
Corte penale internazionale (CPI) si sta preparando a emettere mandati di
arresto per Netanyahu e altri due alti funzionari israeliani in relazione a
crimini di guerra.
Secondo
quanto riferito, Netanyahu si sta rivolgendo selvaggiamente ai suoi molti
"amici" per impedire un tale sviluppo.
Ha
twittato che Israele "non accetterà mai alcun tentativo da parte della CPI
di minare il suo diritto intrinseco all'autodifesa.
La
minaccia di sequestrare i soldati e i funzionari dell'unica democrazia del
Medio Oriente e dell'unico stato ebraico del mondo è oltraggiosa.
Non ci
piegheremo ad essa".
Le deliberazioni della CPI sono segrete,
quindi sembra che un giurista americano o britannico abbia fatto trapelare la
storia per consentire a Netanyahu di montare una campagna contro di essa.
La
Casa Bianca e il Congresso si stanno già muovendo a tutta velocità per far
sparire i mandati fino a includere le minacce di affrontare direttamente e
screditare la corte se gli israeliani saranno effettivamente puniti.
Il presidente sionista Mike Johnson ha fatto
pressione sulla Casa Bianca e sul Dipartimento di Stato affinché "usino
ogni strumento disponibile per prevenire un tale abominio".
Gli
Stati Uniti non hanno mai minacciato la CPI e non hanno nulla da guadagnare e
molto da perdere nel farlo.
Qualcuno
ha lo stato di diritto?
Ci
sono rapporti secondo cui i pubblici ministeri della CPI hanno interrogato il
personale medico di due dei più grandi ospedali di Gaza per indagare su altri
possibili crimini di guerra commessi da Israele in relazione alle fosse comuni.
A dire
il vero, si sta sviluppando una certa opposizione dall'interno del governo
degli Stati Uniti e dagli elettori.
Il 92%
degli israeliani sostiene pienamente il massacro dei palestinesi da parte di
Netanyahu e dei suoi psicopatici, ma il 72% degli americani non approva ciò che
sta accadendo a Gaza, per il quale Biden probabilmente pagherà un pesante
prezzo elettorale.
Un
gruppo di avvocati americani, almeno 20 dei quali lavorano nell'amministrazione
Biden, stanno anche chiedendo al governo degli Stati Uniti di smettere di
vendere armi a Israele e, ovviamente, vengono ignorati.
Ci sono state anche altre cause legali e
dimissioni di alti funzionari governativi che sono rimasti scioccati dal
sostegno degli Stati Uniti al genocidio condotto contro i palestinesi.
Il
Congresso USA ha appena approvato con 320 voti contro 91 l' “Antisemitism
Awareness Act”, che prevede, tra l'altro, l'istituzione di osservatori
dell'antisemitismo nei college e nelle università americane.
La critica a Israele, definito ipso facto come
antisemitismo, farà parte del loro mandato.
È stato spinto da gruppi come la famigerata “Anti-Defamation
League “(ADL), il cui leader “Jonathan Greenblatt” ha definito le
manifestazioni pro-palestinesi "odiatori degli ebrei" e ha chiesto
accuse penali.
Diversi
membri del Congresso USA hanno anche chiesto che tutti i palestinesi siano
uccisi, ma non sembra esserci alcuna richiesta di una legge anti-palestinese
per proteggere i “Pal”.
Anche
Benjamin Netanyahu ha chiamato in causa i manifestanti, dicendo:
"Quello che sta accadendo nei campus
universitari americani è orribile.
Folle
antisemite hanno preso il controllo delle principali università. Invocano
l'annientamento di Israele.
Attaccano
gli studenti ebrei, attaccano i docenti ebrei.
Questo
ricorda ciò che accadde nelle università tedesche negli anni '30.
La risposta di diversi rettori universitari è
stata vergognosa".
Per
vergognoso Netanyahu intende dire che il presidente non ha strisciato
abbastanza e non ha chiesto perdono a sé stesso, a Israele e a tutti gli ebrei
della diaspora, così come al Congresso sionista e alla Casa Bianca.
Joe
Biden intende firmare la legislazione antisemita nonostante il suo attacco
diretto al Primo e al Quarto Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.
La nuova legislazione si unirà al “rinnovo FISA”
recentemente approvato che consentirà al governo degli Stati Uniti di spiare i
cittadini senza un mandato.
Non
dovrebbe sorprendere nessuno apprendere che il disegno di legge FISA è stato
particolarmente spinto da “Greenblatt” e “ADL” per "proteggere gli
ebrei" rendendo più facile spiare i sospetti antisemiti.
Il
divieto del governo degli Stati Uniti su “TikTok” è stato promosso anche da “ADL”
a causa del fatto che il sito include troppe informazioni critiche sul
comportamento israeliano.
Chiaramente,
il Congresso degli Stati Uniti fa ciò che vuole “Greenblatt”.
Infine,
l'impegno degli Stati Uniti a determinare la responsabilità e sanzionare i
responsabili dell'uccisione di cittadini americani in Israele, così come delle
molestie e dell'uccisione di civili palestinesi in Cisgiordania, non è andato
da nessuna parte.
L'indagine
del Dipartimento di Stato ha rilevato che cinque unità dell'IDF avevano
commesso "singoli episodi di gravi violazioni dei diritti umani"
prima del 7 ottobreesimo, tra cui il pestaggio a morte di un
palestinese-americano di 80 anni e l'esecuzione da cecchino della giornalista
palestinese-americana” Shireen Abu-Akleh”.
L'indagine
ha stabilito che c'era un battaglione estremista-fondamentalista “Netzah Yehuda”
particolarmente sgradevole che aveva ucciso l'ottuagenario e altri il cui reato
capitale consisteva nel camminare nella loro città in Cisgiordania.
Avrebbero
potuto unirsi ai circa 10.000 prigionieri palestinesi detenuti in detenzione
"preventiva" senza alcuna accusa da parte del governo israeliano, ma
invece sono stati prelevati per strada, non sono stati accusati di nulla, e poi
sono stati picchiati e uccisi.
L'uccisione
non dovrebbe sorprendere nessuno.
Lunedì
il ministro delle Finanze israeliano “Bezalel Smotrich “ha chiesto la morte di
Gaza dicendo:
"Non
ci sono mezze misure.
Rafah,
Deir al-Balah, Nuseirat – annientamento totale. '
Cancellerai
il ricordo di Amalek da sotto il cielo' – non c'è posto sotto il cielo".
Il
riferimento ad "Amalek" era tratto da un verso della “Bibbia ebraica”
in cui Amalek
era una nazione che agli Israeliti era stato comandato di distruggere, Dio che diceva loro di "uccidere
sia l'uomo che la donna, il bambino e il lattante ".
Il ministro della Sicurezza Nazionale
israeliano “Itamar Ben-Gvir “ha escogitato una soluzione simile al problema del
sovraffollamento carcerario del paese:
molti dei palestinesi dovrebbero essere
rilasciati e poi uccisi per fare più spazio.
“Blinken”,
che non ha commentato né i suggerimenti di “Smotrich “né quelli di “Ben-Gvir”,
si è seduto sul rapporto dell'IDF, ma si è trovato di fronte a una sfida da
parte del presidente della Camera “Mike Johnson” che ha minacciato di prendere
provvedimenti per bloccare qualsiasi azione della Casa Bianca diretta contro il
nostro migliore amico in tutto il mondo, Israele.
Di
conseguenza, il Dipartimento di Stato USA non limiterà gli aiuti militari né
sanzionerà in alcun modo la punizione di nessuna delle unità in questione,
anche se in realtà è illegale secondo la legge degli Stati Uniti fornire armi
ai governi che commettono violazioni dei diritti umani e crimini di guerra.
Il
passo indietro degli Stati Uniti è arrivato anche dopo che Netanyahu ha
dichiarato che agli Stati Uniti non sarebbe stato permesso in alcun modo di
punire o interferire con le unità dell'IDF.
Blinken si è poi ribaltato completamente quando si è
confrontato con il potere dello Stato ebraico, con un portavoce del
Dipartimento di Stato USA che ha affermato che le unità "hanno
efficacemente rimediato a queste violazioni", qualunque cosa ciò
significhi.
Quindi
uccidere gli americani non merita nemmeno uno schiaffo sul polso se c'è di
mezzo Israele...
Questo
è il punto in cui noi americani ci troviamo ora:
i diritti fondamentali stanno scomparendo e il nostro
governo e la nostra società sono vittime di Israele e del suo esercito di amici
pagati qui negli Stati Uniti.
Gli
americani si sveglieranno in tempo per fermare il marciume?
Non è
probabile, dato che le scelte del partito mainstream Biden e Trump faranno tutto ciò che lo Stato
ebraico richiederà.
Questo
è il nostro dilemma.
(Philip M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del
Consiglio per l'interesse nazionale, una fondazione educativa deducibile dalle
tasse 501 (c).
Collabora regolarmente con Global Research.)
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