Con lo sviluppo della “IA” il destino dell’umanità non è più prevedibile.

 



Con lo sviluppo della “IA” il destino dell’umanità non è più prevedibile.

 

 

Intelligenza artificiale.

O della “guerra all’umano.”

 Fuoricollana.it – Prof. Diritto  Costituzionale, Antonio Cantaro - (17/04/2024) – ci dice:

La posta in gioco.

L’ “IA” è sempre più una meta-tecnologia in guerra con l’umano che ci comanda di “Agere sine Intelligere”.

L’uomo connesso è sempre meno un uomo relazionale.

Nessun Dio ci salverà, solo una mobilitazione collettiva può farlo.

Sostiene “Luigi Alfieri” che essere uomini è essere in relazione.

L’uomo è un essere relazionale, ‘naturalmente relazionale’.

Proverò ad aggiungere una postilla a questa, da me condivisa, tranchant contro-antropologia filosofica.

 Naturalmente relazionale, naturalmente artificiale.

Una postilla insita in un cruciale passaggio del suo discorso ‘empirico’:

 «L’origine immediata della mia vita è molto concreta, molto corporea, molto biochimica.

Non un supremo atto creativo dell’Essere, ma l’unione sessuale di due corpi e un corpo materno dentro cui a poco a poco è maturato il mio come una sorta di parassita simbiotico.

 Poi una separazione dolorosa, atrocemente traumatica per entrambe le parti:

 un corpo emerge dall’altro, si strappa dall’altro.

Ma la separazione non è totale, perché uno dei due corpi continua ad avere bisogno dell’altro, dall’altro ricava nutrimento, cura, protezione.

 Nessuno viene al mondo come soggetto razionale capace di libera autodeterminazione e responsabile di sé, ma come esserino inerme urlante e scalciante, capace a stento di respirare e bisognoso di tutto.

Ma la cosa straordinaria è che il bisogno ottiene risposta, che qualcuno, in cambio di niente, è disposto a dare all’esserino urlante tutto ciò che gli consente di sopravvivere, di nutrirsi, di stare al caldo, di crescere, di imparare a parlare e a pensare».

L’uomo, dunque, “impara a parlare e a pensare” per il tramite di parole che non nascono da Lui, “ma che vengono da fuori”.

Da un linguaggio, da un artificio che dà alle parole i suoni, un ordine grammaticale e sintattico, un senso.

L’uomo è ab origine il suo linguaggio (da ultimo E. Dell’Atti, 2022), un essere naturalmente artificiale.

 Produce il proprio mondo, immagina un futuro diverso da quello dato, ne ipotizza altri.

L’uomo è l’animale del possibile (F. Cimatti, 2011).

Da questo punto di vista, l’ “IA” non è altro che un’umana possibilità e modalità di esplorare, interrogare, interpretare e organizzare la nostra vita.

L’animale umano, in virtù della facoltà del linguaggio, segmenta arbitrariamente il reale, traccia confini, discretizza il continuo della materia per conoscere, progettare, agire.

Grazie a tale capacità si emancipa dal contatto in “presa diretta” con la nuda realtà e si colloca in una dimensione simultaneamente naturale e meta-naturale. La natura umana è l’espressione di una dualità: una condizione doppia, in cui vigono, oltre alle leggi fisio-logiche (l’uomo è la più sprovveduta tra tutte le specie per abitare l’ambiente naturale: F. Pasqualetti, 2020) anche norme e abiti precipuamente umani.

È in questo “ossimoro” (D. Gambarara 2005) che risiede la specificità dell’uomo, in questa frizione, in questa originaria “opposizione partecipativa” che tiene uniti due poli: l’uno estensivo (natura), l’altro intensivo (cultura, tecnica, artificio).

Una dimensione che fa dell’uomo un essere naturalmente artificiale (ultimo M. T. Pansera, 2003; E. Dell’Atti, 2022).

 Non è mai esistita una natura umana alla quale, strada facendo, si è aggiunta la tecnica.

“L’essere umano […] è strutturalmente tecnico, ovvero: diventa progressivamente ‘umano’ nel suo diventare ‘tecnico’ (C. Sini, 2016). L’invenzione della scrittura è un processo non dissimile dalla programmazione di un linguaggio macchina.

“Un insieme organico – l’unione di colui che parla, colui al quale si parla (l’ascoltatore), ciò di cui si parla (il contenuto) e ciò attraverso cui si parla (il suono) – viene spezzato per produrre un nuovo mezzo, il testo scritto, a partire dal quale è possibile riprodurre la parola (un simulacro della parola reale).

Questa ‘tecnica’ ha indotto “Walter Ong” a vedere nella scrittura fonetica la tecnologia fondatrice dell’Occidente.

Essa incarna, infatti, per la prima volta la strategia di base impiegata in ogni altra tecnologia: un ‘tutto’ dotato di significato viene frantumato in ‘unità’ prive di significato, che poi vengono assemblate di nuovo in schemi prescelti (Walter J. Ong, 2014).

Con la scrittura l’intera esperienza umana può essere trasferita – narrata, immaginata – in un testo, continuamente rielaborabile e perfettibile. Nasce la coscienza storica grazie al fatto che il passato è conservato in forma scritta, non è semplicemente ripetuto:

si esce da una concezione ciclica della storia e ci si apre all’idea di futuro, un futuro immaginabile e pianificabile.

 Non è un caso che la scrittura inauguri il primo sistema di controllo della popolazione con il censimento e la riscossione delle tasse.

Si strutturano anche le istituzioni fondamentali della società stabilendo un nuovo ordine gerarchico:

nel tempio, nella fortezza e nel granaio di allora possiamo vedere all’opera gli stessi criteri che hanno poi dato vita ad istituzioni come la Chiesa, lo Stato, il Tesoro (F. Pasqualetti, 2020).

La tecnologia non solo, quindi, è l’essenza dell’uomo (U. Galimberti, 2016) ma è il suo modo naturale per relazionarsi con il mondo e di stare al mondo.

Il mondo così come lo conosciamo non esisterebbe senza il linguaggio.

 Il linguaggio per l’uomo è l’interprete e traduttore di tutti i segnali che vengono dai sensori naturali del proprio corpo e di quelli inventati strada facendo per abitare l’ambiente.

La ‘vera’ IA, da questo punto di vista, è quella dell’uomo e non della macchina che usa molto bene delle forme di calcolo che simulano alcune funzioni dell’intelligenza umana (F. Pasqualetti, 2020).

 

 L’IA come simulazione.

Possiamo, dunque, sgombrare il campo da molti equivoci che circolano anche nelle rappresentazioni più attrezzate dell’“artificial intelligence”.

Il primo di questi è la semplicistica contrapposizione tra intelligenza umana e intelligenza artificiale.

L’intelligenza umana è tutt’altro che “naturale” e l’intelligenza artificiale simula, in misura assai superiore che in passato, alcune funzioni tipicamente “umane”.

 Ciò non toglie che l’IA è solo uno dei modi di essere dell’intelligenza umana che ancora oggi viene generalmente dipinta come una realtà più ricca fatta di emotività, empatia, socialità.

Questa considerazione è alla base di molte tranquillizzanti rappresentazioni circa la funzione delle tecnologie digitali.

Perché dovremmo temere da una riproduzione dell’attività intellettuale propria dell’uomo?

 Perché la simulazione del pensiero umano da parte di una macchina dovrebbe preoccuparci se questa si limita ad apprendere e fare in modo più veloce ed efficiente ciò che noi facciamo solo in modo più lento?

 Siamo di fronte – si dice – ad uno strumento certo molto complesso ma per essenza non molto diverso da un tagliaerba automatico, con cui interagiamo senza temere che possa mai prendere il potere, limitandosi a sostituirci nella funzione, noiosa, del tagliare l’erba in giardino.

Non abbiamo del resto sempre chiesto alla tecnologia, sin dall’era dell’ “homo faber”, di assolvere a questa funzione simulatoria?

 

Queste considerazioni inducono tanti a ritenere del tutto infondati i timori che la tecnologia possa sostituirsi agli uomini.

 Questi timori – sostiene “Maurizio Ferraris” – sono «frutto della mancanza di intelligenza naturale, quando non volersi lavare le mani dal sangue di cui sono sporche.

 Ciò che è comprensibile in “Albert Speer”, ministro degli armamenti del Terzo Reich che a Norimberga si difese invocando l’onnipotenza dell’apparato tecnico tedesco, è inspiegabile in “Martin Heidegger»”.

La fiaba del Golem che prende il potere – una macchina artificiale onnipotente – non è che una vana fiaba.

Gli educati componimenti di “ChatGTP” non possono in nessun modo turbare i sonni dell’umanità, prospettandone un prossimo crepuscolo.

 E ciò per la ragione che noi umani abbiamo delle qualità che ci fanno tendere verso qualcosa che nessuna macchina mai possiederà.

Il fatto che esistono macchine che possono svolgere delle operazioni caratteristiche della intelligenza umana meglio di quella intelligenza stessa (risolvere equazioni, riassumere testi) non significa affatto che esse possano stabilire dei fini e deliberare coerentemente.

Nessuna macchina potrebbe autonomamente comportarsi in quella maniera teleologica che caratterizza la forma di vita umana.

Chi parla di un’intelligenza artificiale che possa prendere il potere o quantomeno surrogare l’intelligenza naturale non ha mai visto un bambino davanti a una pasticceria o un adulto o un’adulta disposti a giocarsi per amore, o per qualcosa che ne ha una vaga parvenza, la fama, la rispettabilità, la grandezza (M. Ferraris, 2023).

Un computer non si comporterà mai né come “Cesare Pavese! né come “Dominique Strauss-Kahn”.

Questo non dipende dal fatto che siamo traboccanti di sentimenti preclusi ad altri organismi:

due cervi si sfidano esattamente come due bulli fuori da una birreria.

Deriva dal fatto che noi abbiamo dei bisogni e delle qualità «che ci fanno tendere verso qualcosa con una urgenza che nessuna macchina mai possiederà».

Nessuno, se sano di mente – incalza Maurizio Ferraris” – «ha mai pensato che una enciclopedia sappia di essere una enciclopedia o che un software per giocare a scacchi sa di giocare a scacchi, ed è contento se vince o frustrato se perde».

L’intelligenza artificiale non è in alcun modo una forma di vita, umana o non umana, e questo semplicemente perché le macchine non sono né vive né morte, diversamente dagli organismi.

Il nostro telefonino non è intelligente, giacché non ha alcuna forma di vita ma piuttosto si applica a misurare, registrare e calcolare la nostra forma di vita.

Una sconfinata biblioteca di Babele rappresenta un passo in avanti per chi vuol esercitare il compito fondamentale della intelligenza, ossia stabilire dei fini e deliberare coerentemente.

Un passo indietro per chi vuole copiare una tesi.

 

 L’IA come pilota automatico.

Le rappresentazioni riduzioniste dell’”artificial intelligence” – l’IA non è né una panacea né un apripista di una imminente schiavitù – si propongono di placare il senso di smarrimento suscitato dalla percezione di trovarsi di fronte ad un mondo governato in toto da una tecnologia eterea e sfuggente.

L’intelligenza artificiale non è intelligente nel senso nel quale noi occidentali “colti” continuiamo a rappresentare l’intelligenza.

 L’intelligenza artificiale non è comparabile all’umana intelligenza.

Le odierne macchine operano con successo nel mondo senza essere consapevoli di agire in vista di un risultato.

 Siamo di fronte a una tecnologia fatta di “meravigliose invenzioni” ma nient’affatto dotata di comprensione, coscienza, emotività, intuito, consapevolezza, di tutto ciò che fa ancora ai nostri occhi di un essere umano un’entità unica.

 Il Papa ricorda che sono macchine.

Meccanismi, sistemi, o servizi software che fanno cose al posto nostro, sempre più spesso meglio di noi, ma in modi diversi, nello stesso senso in cui una lavastoviglie lava i piatti al posto nostro e meglio di noi, ma non come noi, e senza alcuna ragione, motivo, aspettative, speranze o timori che abbiamo solo noi.

Sono sistemi di ausilio per il pensiero.

Augmented Intelligence. Agere sine Intelligere, Agency without Intelligence (L. Floridi, F. Cabitza 2021).

 La continuazione con mezzi stupidi dell’intelligenza umana.

Ciò che sfugge anche alle più perspicue rappresentazioni riduzioniste dell’IA è che il crescente scollamento tra intelligenza umana e la possibilità di conseguire risultati a “prescindere” da una contestuale deliberazione consapevole dei fini sta ingenerando una vera e propria cesura epocale dal punto di vista antropologico.

La capacità dell’IA di risolvere problemi e completare compiti sta da tempo “divorziando” dall’intelligenza umana, assumendo sempre più la fisionomia di un pilota automatico che solo esteriormente assomiglia a quello delle navi con le quali il re dei Feaci rimpatrierà Odisseo appena gli dirà chi è:

«Dimmi la terra tua, la gente e la città, perché le navi dirigendosi con le menti là ti conducano.

 Infatti i Feaci non hanno piloti, le navi non hanno timoni come le altre, ma sanno da sé i pensieri e le menti degli uomini» (Omero, Odissea 8.555–563).

Le navi a guida autonoma senza timoni, di cui narra Omero, sono solo una finzione.

Sono navi che «sanno i pensieri e le menti degli uomini», intimamente guidate dallo scopo etico-emotivo del ritorno ad Itaca, un ritorno denso di passione.

L’odierno pilota automatico (L’IA) è, invece, guidato esclusivamente dal risultato empirico da conseguire, dal calcolo su quale sia il percorso più breve per raggiungere un luogo, su quale sia la soluzione meno dispendiosa.

Non vuol sapere chi è “la terra nostra, la nostra gente e la nostra città”, non ci chiede perché vogliamo tornare ad Itaca, ci “informa” sul come tornarci nel modo più “economico”.

Si pensi alle raccomandazioni sulle piattaforme.

 Tutto è digitale, e agenti digitali hanno la vita facile a processare dati, azioni, stati di cose altrettanto digitali, per suggerirci il prossimo film che potrebbe piacerci. Tutto questo non è di per sé un problema.

Ma per far funzionare sempre meglio l’IA stiamo concretamente trasformando il mondo a sua dimensione.

 Paradigmatica è, in questo senso, la discussione su come modificare l’architettura delle strade, della circolazione e delle città per rendere possibile il successo delle auto a guida autonoma.

 Tanto più il mondo è “amichevole” (friendly) nei confronti della tecnologia digitale, tanto meglio questa funziona, tanto più saremo tentati di renderlo maggiormente friendly, fino al punto in cui siamo noi a doverci adattare alle nostre tecnologie e non viceversa (L. Floridi, 2020).

Agire come robot ci rende più familiari ai robot, e noi stiamo ottimizzando la nostra vita a questo scopo. 

Nell’infosfera non si dà più relazione con gli altri uomini nel doppio, dialettico, senso di quel “noi sincronico” e di quel “noi diacronico” di cui ci parla “Luigi Alfieri”.

 

Nell’infosfera, l’altro familiare è solo un pallido ricordo.

 Le differenze con la società della relazione sono abissali.

 Si sentono a pelle quando proviamo a passeggiare nelle strade di città sempre più popolate da fantasmi con gli occhi solipsisticamente e imprudentemente incollati sullo smartphone e le braccia prolungate a fare selfie.

L’IA è il veicolo, oltre che l’esito, di un progetto di mutamento antropologico che «ha perso il senso del completamente Altro.

 Lo ha perso con la cosiddetta morte di Dio prima, e poi con il dominio sulla Natura, prima disincantata e oggi sempre più rovinata.

 La crisi spirituale moderna non è una crisi di attenzione verso noi stessi. Ne abbiamo fin troppa.

 E non è una crisi di introspezione. Anche questa abbonda.

 È una crisi di dialogo interno, anche solo socratico e non necessariamente religioso, con l’Altro.

La vera distrazione (etimologicamente parlando) moderna, il rumore che nasconde il segnale, è l’antropocentrismo individualista che non lascia alcun spazio all’Altro.

Abbiamo sempre più alterità aliene (nel senso etimologico di estranee), spesso conflittuali, tra individui, generi, classi, etnie, nazioni, popoli, religioni e filosofie. Ma sono alterità interne all’umanità, un disconoscerci tra noi, che non corrispondono a un Altro trascendente, cioè fuori dalla storia umana, ma familiare, cioè vissuto e riconosciuto come esperienza quotidiana, sia esso divino, per chi crede, o solo naturale, per chi non crede» (L. Floridi, 2024).

 

 Agere sine Intelligere.

Chi vuol esser lieto sia, lo dico senza ironia.

Non sono in possesso di formule magiche su come ri-umanizzare l’umano nell’era dell’ ”artificial intelligence”.

Ma ci si risparmi, di fronte alla profondità del mutamento del paradigma antropologico da questa indotto, la favola della sua neutralità, una banalità condita con il trito esempio del coltello che può essere usato per tagliare il pane o la gola di una vittima

. Non è mai stato così, per nessuna tecnologia, per nessun artificio, nemmeno per l’“invenzione” del linguaggio, tanto meno per l’IA.

E a svelarcelo sono i suoi stessi “apostoli” che da tempo si adoperano per fare del potere tecnico-economico un potere legibus solutus (non controllato e non bilanciato da un contro-potere) e per ricondurre la condotta degli uomini ad un Agere sine Intelligere (la cui icona è la rappresentazione dell’IA come di un pilota automatico).

Una tecnologia vissuta come un giocattolo, malgrado una app e un social non siano esattamente il vecchio “meccano” o il “piccolo chimico”, ma mezzi diretti di produzione e di accumulazione, di “ingegnerizzazione comportamentale”.

E lo sono perché la tecnoscienza capitalista ha attivamente “lavorato” a fare del modo di produzione una forma di “comunicazione-produzione”, in cui la comunicazione non si limita più solo allo scambio tra produzione e consumo, ma la produzione avviene sotto forma di processo comunicativo (i messaggi sono essi stessi merci: L. Demichelis, 2021).

 

 Non siamo di fronte ad un destino demoniaco, ma ad un preciso sviluppo del modo di produzione.

 Ad una razionalità divenuta totalitaria anche perché «il digitale si aggiunge e si integra con il taylorismo, ma non lo cancella in nome di un lavoro intelligente, semmai lo esaspera nei suoi tempi ciclo, nell’organizzazione, nel comando e nel controllo».

Una razionalità che spoglia progressivamente gli uomini, in nome del calcolo e della sua esattezza, di ogni immaginazione (l’uomo animale del possibile), delegando sempre più alla tecnica l’amministrazione e l’automatizzazione della vita umana, ad un algoritmo capace ormai di darci le risposte prima ancora di avere fatto le domande.

Una razionalità strumentale/calcolante diventata una ontologia (il senso dell’essere uomo è il calcolo, siamo dati e capitale umano), una teleologia (la razionalità calcolante-industriale ordina e predetermina la realtà), una teologia che uniforma le molteplicità del mondo e delle persone, riducendo tutto al pensiero di un dio razionale (L. Demichelis, 2021).

Il digitale si erge – ha scritto “Éric Sadin” – a potenza aletheica, a un’istanza destinata a mostrare l’aletheia, la verità nel senso definito dalla filosofia greca antica, la forma di un “techne logos”, di un dispositivo dotato del potere di dire, con sempre maggiore precisione e immediatezza, lo stato teoricamente esatto delle cose.

 Una logica pensata per essere applicata a tutti gli aspetti della vita individuale e collettiva.

 I dispositivi aletheici sono destinati, per via della loro crescente sofisticatezza, a imporre la loro legge, a orientare dall’alto della loro autorità le condotte umane (É. Sadin, 2019).

Una “verità” sostenuta da una duplice, potente, rappresentazione della legittimazione di cui oggi gode il tecno-capitalismo.

 

 Da una parte, una rappresentazione del tecno-capitalismo come di una forza del passato; dall’altra come di una forza del futuro.

Una forza del passato, mitica, nella misura in cui le tecnologie digitali sono vissute come l’ultimo stadio di una lunga storia della razionalità occidentale che grazie alla tecnica si è assicurata un dominio sempre crescente sul corso del mondo, consentendo all’uomo di porre rimedio alla sua ontologica lacunosità.

Una forza del futuro, rivoluzionaria, nella misura in cui l’uso massiccio delle tecnologie digitali dà vita ad un mondo nuovo:

l’accesso a un bacino inesauribile di informazioni, l’enorme facilitazione delle comunicazioni, l’effettuazione di una grande quantità di azioni a distanza, il tutto accompagnato da un certo senso di compiacimento, di comodità, di potere.

Tutto, magicamente, in tempo reale.

Un tempo nuovo rispetto alle tre modalità temporali – passato, presente e futuro – che scandivano nel ventesimo secolo la nostra forma di vita.

Un tempo inizialmente destinato a facilitare certe pratiche (il riconoscimento dell’identità di un individuo tramite una telecamera di sorveglianza, l’analisi di una radiografia) ma ben presto divenuto un tempo della conoscenza immediata e automatizzata delle situazioni e della conseguente emissione di istruzioni da eseguire seduta stante.

 L’indicazione di seguire questo o quell’itinerario in funzione dello stato del traffico, la trasmissione di segnali agli addetti alla logistica per ordinare loro di andare a ritirare il tal articolo nel tal momento e poi depositarlo nel tal posto.

Cosicché il tempo reale è passato da una iniziale, strumentale, dimensione di comfort che teneva insieme tecnica e attività umana (una accelerazione dell’innovazione tecnologica) alla generalizzazione del fatto che un robot computazionale indica a un essere umano quale comportamento adottare (Èric Sadin, 2022).

In ogni occasione e situazione.

 Che studi intraprendere, quale attività lavorativa, quale sia il profilo ideale del proprio partner.

O, persino, indurre – pare sia ‘realmente’ accaduto – una settantaduenne single statunitense a sposarsi con sé stessa.

 

 La robotizzazione dei gesti, tipicamente incarnata dal nostro rapporto con gli schermi dei computer, degli smartphone, dei tablet, produce in noi il “cartesiano” sentimento di agire in solitaria.

Tutti i “messaggi” che riceviamo «in quanto risultato di operazioni algoritmiche sono automatizzati e non hanno un firmatario identificato».

 Lo schermo fa letteralmente schermo al dialogo, alla possibilità di discutere e di negoziare.

 Cosicché, «la natura del gesto, oggi divenuto normale in ambito professionale, di posizionarsi di fronte a uno schermo» rinvia l’“homo digitalis” «unicamente a sé stesso e alla propria responsabilità in una sorta di nudità senza appello».

Una mobilitazione totalitaria che investe non solo il lavoro ma, sempre più, l’insieme delle nostre vite quotidiane (É. Sadin, 2022).

Senza tregua, senza aria, senza fiato, come se le cose si fossero bloccate, se non ci fosse più spazio per quell’animale del possibile che è l’uomo di fronte ad un ordine che assume i contorni di un ordine naturale, eterno, inscalfibile.

 Il muskismo che è in noi.

A inizio novembre 2023, si è svolta in Gran Bretagna una due giorni sull’intelligenza artificiale organizzata da “Rishi Sunak”. 

Un evento nel quale il Primo ministro del Regno Unito non si è limitato a sedere al tavolo con un CEO, ma ha intervistato” Elon Musk” per avere lumi su come procedere per regolamentare l’IA, su quali sono i suoi rischi e le sue opportunità.

Un politico che intervista un CEO è un evento che non desta più meraviglia.

 Musk non è solo uno degli uomini più ricchi al mondo, quello delle auto elettriche Tesla, quello degli Shuttle che portano i “turisti” nello spazio.

Oggi Musk ambisce ad essere un attore geopolitico assoluto. Quello dei satelliti “Starlink” che offrono Internet agli Ucraini sotto assedio degli hacker russi, quello che decide se fornire o meno la connettività.

Un Capo di Stato, di uno Stato che non ha confini.

Un guru, un visionario, che può parlare da pari dall’alto con tutti.

 Leader democratici e autoritari lo interpellano come fosse un oracolo, una fonte di saggi consigli sull’essere umano e di profezie sul domani (legrandcontinent.eu/it/2023/11/06/il-potere-geopolitico-di-elon-musk-deve-essere-tenuto-sotto-controllo-una). 

Non è un caso che la conferenza tenuta in Gran Bretagna fosse incentrata sui “rischi esistenziali” dell’IA.

 «Cosa succede se l’IA diventa generale e super intelligente?».

Cosa succede se l’IA supererà nel giro di uno-due anni l’intelligenza umana?

 L’ “inventore” delle auto elettriche dice di avere la ricetta giusta per questi “rischi esistenziali”.

Un “megalomane”, un “pallone gonfiato”? Può darsi.

Ma questo è il problema minore, quello maggiore è che riteniamo degne di attenzione le sue profezie, le sue ricette.

Il problema con la P maiuscola non è Musk, ma il muskismo che è in noi.

Il muskismo non è un deus ex machina.

È il “deus” della neo-filosofia dell’umano della Silicon Valley. Nessuno ci aveva detto, si è ironicamente osservato, che la fine del mondo sarebbe stata la cosa più noiosa che potessimo immaginare:

si devono leggere dati complicati, ascoltare notizie provenienti da città che in Occidente non abbiamo mai sentito nominare, misurare i gradi e i centimetri di oceano.

 E poi stare dietro agli anziani, agli infermieri in burnout, impastare la pizza per tutta la famiglia e seguire lezioni universitarie su Zoom.

 Il futuro arriva, noioso, e bisogna farci i conti.

A farlo si candida una ideologia – quella degli apostoli della Silicon Valley: “filosofi” di Oxford, miliardari, ideologi e guru degli ultraricchi – che si fa strada non solo tra grandi fondazioni filantropiche, aziende multinazionali, istituzioni, ma anche nel senso comune.

 Il fascino che questa neo filosofia esercita è comprensibile.

 Mentre il mondo arranca tra clima impazzito, povertà, epidemie, guerre e diseguaglianze crescenti, questo piccolo e agguerrito gruppo di potenti sostiene di avere in tasca le soluzioni scientifiche ai dilemmi esistenziali dell’umanità. Promette di farci prosperare tra millenni, addirittura milioni di anni. Il suo nome è lungotermismo (I. Doda, 2024).

 

 In una società sempre più povera di relazioni, i lungotermisti ci dicono che siamo tutti uniti da un destino comune, ci parlano di una fiorente civiltà multi planetaria.

Riabilitano l’utopia, restituiscono miticità al tempo lungo che loro stessi – gli apostoli della Silicon Valley – hanno cancellato in nome della mistica del tempo reale.

E Musk, tra le tante cose, è un adepto anche del longtermism, uno che si (pre)occupa dell’uomo come genere, del suo bene in quanto tale.

Un “abilitatore del progresso” investito da una missione superiore, salvifica, epica, non diversa, da quella del “Ciclo delle fondazioni” con cui Asimov dipinge i suoi robot.

 Esseri perfettamente razionali cui viene programmato all’interno del codice genetico l’idea che non possano fare del male all’umanità.

Ma, soprattutto, che per farlo possano violare tutte le regole che ne ostacolano la salvezza.

Perché l’imperativo è quello di massimizzare il bene dell’intera umanità, non solo di quella esistente ma anche di quella che esisterà.

Un argomento con cui Musk giustifica le sue mire di colonizzare lo spazio, al fine di consentire la nascita di miliardi di individui del cui benessere prendersi cura da subito.

In vista del ‘nobile fine’ di non cadere nella “barbarie” della fine della civiltà umana (F. Chiusi, 2023).

 

 Umano, troppo umano.

I lungotermisti e Musk proiettano la vita umana milioni di anni nel futuro, promettono un’umanità multi planetaria florida e felice.

 A patto che seguiremo qui e ora una logica iper-utilitarista, la loro.

 Il lungotermismo e il suo predecessore, l’altruismo efficace, “suggeriscono” di risolvere qualsivoglia sfida in modo completamente apolitico.

Annullano il conflitto, persino il dilemma:

basta fare tanti soldi e donarli alle cause giuste, e con la magia di un’equazione matematica si possono affrontare tutte le grandi sfide del mondo.

Si può fare del bene, si può agire in maniera etica, in modo perfettamente efficace. Non serve chiedersi da che parte si sta.

Le risposte ai dilemmi del nostro tempo stanno in una formula, in valori concreti e misurabili.

 Stanno nelle quantità: di soldi, di crescita, di persone che possono abitare la Terra o il cosmo senza mettere in nessun modo in discussione lo status quo dell’ordine tecno capitalista.

Un umanitarismo futurista e utilitarista che postula che nel nome del benessere futuro di un numero infinito di individui qualunque numero finito di individui è qui e ed ora sacrificabile (F. Chiusi, 2023).

Un orrore con la “o” minuscola, se fossimo certi che le nostre democrazie occidentali possiedano ancora degli antidoti efficaci per combattere questa deriva; se fossimo certi che l’orrore che questa “religione” suscita ancora in coloro che conservano memoria delle tragedie del XX secolo fosse universalmente, largamente, condiviso.

Il problema con la “P” Maiuscola che abbiamo è che a ritenere degne di considerazione le ‘verità ‘di Musk non sono solo dei fanatici di una setta esoterica e millenarista.

 Il brodo di cultura del muskismo è in ognuno di noi, nella nostra quotidiana impotenza di fronte a un mondo un passo più in là della nostra comprensione.

 Un mondo in cui fare individualmente la cosa giusta ci appare impossibile e, in fin dei conti, inutile.

 Possiamo certo decidere di consumare meno acqua quando facciamo la doccia, di diventare vegetariani, di usare meno l’automobile, di fare volontariato.

Tuttavia, la realtà è troppo complessa per arrivare a comprendere la vasta rete di conseguenze delle nostre azioni.

Mentre digito sulla tastiera sto utilizzando energia elettrica che proviene in parte da fonti fossili estratte con conseguenze disastrose sull’ambiente.

 L’applicazione cloud che uso per scrivere è alimentata da data center che consumano una spaventosa quantità di energia.

I metalli presenti nelle batterie del mio smartphone sono estratti da multinazionali occidentali in Paesi del continente africano, nel totale spregio dei diritti umani basilari.

Molti beni di consumo comuni sono prodotti da persone che lavorano senza tutele, venduti da colossi del commercio mondiale che hanno potere di negoziare alla pari con Stati nazionali (I. Doda, 2024).

È precisamente all’altezza di questa “crisi esistenziale”, che la narrazione “alternativa” di Musk si colloca

 «Forza uomini», il suo motto, è un fervente invito a sondare il futuro al fine di partecipare ad una esaltante avventura collettiva.

 Il cui visionario punto di caduta è l’occupazione di Marte, un luminoso spazio extra-terrestre nel quale le promesse ancora non mantenute dalle tecnologie digitali di un mondo libero da ogni difetto (a disposizione di coloro che intendono realizzare profitti) possano pienamente realizzarsi.

Diventare una specie multi planetaria per massimizzare la possibilità di sopravvivenza ed evitare che un evento cataclismatico causi la scomparsa di quella che è l’unica specie altamente intelligente presente nell’universo.

Da qui l’inferenza che non è importante solo che l’essere umano sopravviva, è fondamentale anche che si moltiplichi il più possibile.

 E poi, l’ulteriore inferenza, che non ha senso battersi per il cambiamento climatico, per ridurre diseguaglianze e marginalità, per occuparsi delle conseguenze che la diffusione dell’intelligenza artificiale genera nel campo della sanità, del welfare, del lavoro.

Fare profitti qui ed ora lucrando sulle paure, sul nostro senso di impotenza. L’ultima frontiera della guerra all’umano.

Agli apostoli della Silicon Valley piace vincere, vincere facile.

Una “paranoia” che fa disinvoltamente dire loro che salvare una vita in un paese ricco è più importante che salvarne una in un paese povero, perché la vita salvata nel primo ha maggiori probabilità di creare valore nel lungo termine e, quindi, di salvare a sua volta altre vite.

Umano, troppo umano.

 Perché non ci ribelliamo?

Non c’è da meravigliarsi, dunque, se tutti i “buoni propositi” dei lungotermisti alla Musk di essere responsabili, di porre dei limiti allo sfruttamento infinito del lavoro e delle risorse della Terra, vengano, un minuto dopo la loro proclamazione, disinvoltamente messi da parte.

In linea di principio, i lungotermisti dicono di temere un eccesso di tecnologia.

 Ma prestissimo scatta in loro una coazione a ripetere, la fede nel credo che solo con un suo uso crescente si possa governare il mondo.

“Naturale”, mettono in forma i loro interessi e le loro umane paure, rifugiandosi nella favola che sia a portata di mano la possibilità di pianificare il loro personale destino e quello del mondo.

 Perché ci credono e, soprattutto, perché in tanti credono in questa capacità magica del tecno-capitalismo?

Semplicemente perché è “vero”.

Vero in senso normativo, come in sostanza aveva sostenuto nel 1966 “Martin Heidegger “in una fulminante intervista al direttore del “Der Spiegel”, pubblicata dieci anni dopo con il titolo” Ormai solo un dio ci può salvare”:

«Tutto funziona. Questo è appunto l’inquietante, che funziona e che il funzionare spinge sempre oltre verso un ulteriore funzionare. Tutto ciò che resta [sono problemi] di pura tecnica».

Heidegger non era, a differenza di ciò che pensa “Maurizio Ferraris”, un pazzo. Sapeva bene che gli uomini hanno sempre affinato la tecnica come elemento di razionalizzazione e affidato ad essa la loro vita.

 Sapeva bene che la società moderna è orientata ad una tecnica che funziona e che questo suo funzionare è per gli uomini una impareggiabile “rassicurazione” per il loro “antropologico” desiderio di risolvere i problemi.

 Ad inquietarlo era che la tecnica in sé non prevede altro che l’azione di calcolo e che se resta in campo solo questo codice «tutto ciò che resta [sono problemi] di pura tecnica» (M. Heidegger,2011).

Giunti a questa soglia, la tecnica non ha più bisogno per funzionare degli uomini che diventano – ha ripetutamene osservato “Umberto Galimberti” – funzione di un apparato, di «un ingranaggio che serve all’apparato per il suo funzionamento. L’apparato analizza, valuta, razionalizza, assegna ruoli, premia e penalizza (…) secondo regole che non richiedono l’essere umano. L’apparato creato dall’uomo non necessita dell’uomo per rimanere in vita e vivere» (E. Limone, 2013).

L’IA non solo per funzionare può non aver bisogno dell’essere umano, ma gli uomini sono «in grado di risolvere problemi o svolgere compiti con successo, senza la necessità di essere intelligenti» (L. Floridi, 2020).

Con tutte le conseguenze socio-antropologiche che ciò comporta:

 la razionalità digitale nella misura in cui marginalizza l’apprendimento discorsivo (gli algoritmi imitano ma non argomentano: Byung-Chul Han, 2023) marginalizza l’intelligenza relazionale che viene rimpiazzata dal sostituto funzionale della continua possibilità di connettersi.

Soluzionismo e concretismo:

 se “google maps “mi porta a destinazione non mi preoccupo di ciò che perdo in termini di esperienza.

Salvo, se il mio cellulare “non funziona”, scoprirmi totalmente disorientato.

Ad inquietare “Heidegger” è che la pretesa della tecnica a escludere a priori tutto ciò che non è funzionale faccia venir meno le “passioni” degli umani per ciò che è giusto e ingiusto, buono o cattivo, bello o brutto. 

Heidegger non aveva forse del tutto intravisto l’ancor più inquietante evenienza che gli uomini risolvano problemi senza essere intelligenti (anche nel limitato senso in cui lo è l’IA).

 Un cambio di passo che non è da imputare esclusivamente all’“ontologico” funzionalismo della tecnica.

 A differenza delle rivoluzioni scientifiche del passato che hanno prevalentemente riguardato la capacità del genere umano di creare manufatti per meglio controllare un ambiente ostile, l’odierna razionalità tecno-scientifica non si propone semplicemente di dotare gli uomini di macchine che ne agevolano l’esistenza (homo faber), ma li espropria della capacità di servirsi della macchina (homo sapiens) per accrescere la loro intelligenza relazionale.

 E non soltanto nel senso che “Google Dream” emula la visione umana, che le “IA” di terzo livello producono in modo autonomo dipinti e brani musicali, ma altresì nel senso di comandare gli uomini ad agire come delle macchine.

 

Ascoltiamo con attenzione il messaggio veicolato dal continuo, tambureggiante, marketing sulle magnificenze della società digitalizzata.

La narrazione su “la forza delle connessioni” – il martellante mantra che occupa le nostre giornate – conferisce al processo di digitalizzazione della società e all’uso dell’IA in tutte le attività umane il prisma di una rivoluzione della quale siamo tutti partecipi e che sta meravigliosamente migliorando la nostra vita ‘relazionale’.

In questa narrazione non c’è niente di innocente.

Essendo la digitalizzazione rappresentata come il frutto esclusivo di una rivoluzione tecnologica, ne consegue ineluttabilmente che le più autentiche e vitali innovazioni non possono che essere quelle tecnologiche.

 E che le altre innovazioni – sociali, culturali, artistiche – che per lungo tempo la tradizione occidentale ha considerato altrettanto essenziali per il progresso e la civilizzazione dell’umanità vanno considerate come secondarie, se non irrilevanti.

Assumere che l’innovazione per eccellenza sia quella tecnologica presuppone e ingenera la convinzione «che la tecnologia procede nel suo sviluppo in maniera pressoché autonoma», che il potere tecnologico sia, “legittimamente”, a monte, un potere “legibus solutus”.

 E che è bene, dunque, a valle, che gli investimenti nella formazione vadano «prevalentemente, se non esclusivamente, a favore di attività creative e produttive direttamente ed esplicitamente connesse con lo sviluppo tecnologico». 

Che è bene sacrificare abilità e capacità che provengono da altri saperi.

 Che è bene tagliare, in materia di istruzione e formazione, «i costi di tutto ciò che non prepara futuri tecnologi e tecnici» (S. Silardi, 2023).

Nulla di neutrale e di innocente a valle, perché nulla di neutrale e di innocente v’è a monte.

Perché, allora, non ci ribelliamo e, anzi, diamo crescente credito alla razionalità digitale?

 Innanzitutto, perché il suo dominio totalitario è velato dal “fatto” che le conversioni tecniche delle scoperte scientifiche aprono oggi nuovi scenari di azione, allargano gli orizzonti di scelta.

L’avvento di Internet che ha allontanato il problema della distanza fisica.

 Le tecniche di riproduzione assistita che consentono la riproduzione senza rapporto sessuale.

E le promesse di un futuro in cui la quasi totalità delle malattie verranno sconfitte, di una vita attiva molto più lunga, di un migliore controllo dell’ambiente.

 Una fiera delle meraviglie alla quale è difficile resistere.

L’unica libertà visibile è oggi, per tanti, nelle prestazioni delle tecnologie digitali.

È a questa altezza che si colloca la sfida politico-antropologica che abbiamo di fronte.

 Che fare?

Per contrastare l’egemonia del tecno-capitalismo non basta fare appello ai buoni sentimenti.

Dobbiamo fare profondamente i conti con una fenomenologia che viaggia a velocità supersonica nella direzione di quell’”Agere sine Intelligere” sul quale si è qui ripetutamente richiamata l’attenzione.

 La verità digitale ha portato allo scoperto elementi della nostra antropologia a lungo addomesticati anche nel corso della modernità.

Lo dico a pelle, senza pretesa di scientificità.

Si tratta di una considerazione frutto della mia poco accademica tentazione di guardarmi in giro.

E vedo in giro, per tornare ancora una volta al discorso di “Maurizio Ferraris”, poca gente desiderosa di «stabilire dei fini e deliberare coerentemente» e molta gente desiderosa di “copiare”.

Desiderosa di delegare in toto funzioni e attività un tempo tipicamente umane (tecniche, cognitive, emotive, esistenziali) al potere taumaturgico di una macchina che le riduce a sua goffa appendice.

E mi torna alla mente la provocatoria domanda che un giovane manager ha posto nel 1981 a “Shoshana Zuboff”:

 «Lavoreremo tutti per una macchina intelligente o sarà quella macchina ad essere usata da persone intelligenti?» (S. Zuboff, 2019,).

 

La “profezia” di quel giovane manager è oggi, in larga misura, ciò che accade nell’infosfera.

 Mi affido alla penna tutt’altro che apocalittica di “Tomas Chamorro-Premuzic”. Internet, è la sua realistica constatazione, è un sistema di interruzione.

Conquista la nostra attenzione per strapazzarla. 

E ricorda, a supporto di questa fulminante immagine, che oggi il 62 percento degli studenti usa i social media durante le ore di lezione.

 Che gli studenti universitari passano dalle otto alle dieci ore al giorno sui siti di social media.

 Che il tempo trascorso online è correlato inversamente con le prestazioni accademiche.

Che i dati delle ricerche collegano livelli più elevati di uso dei social media con livelli più elevati di distrazione, che a loro volta abbassano i risultati accademici.

Notifiche, messaggi, post, like e altri feedback gratificanti sequestrano l’attenzione degli studenti e creano uno stato costante di iper-vigilanza, interruzione e distrazione che producono livelli significativi di ansia, stress e sintomi da astinenza.

E questo perché si affidano a processi decisionali intuitivi o euristici, facilmente preda di distorsioni, stereotipi e pregiudizi, tutte cose che rendono i giovani – e, ormai, anche i meno giovani – di mentalità meno inclusiva.

Mentre per avere una mente aperta, bisogna essere disposti a cercare attivamente informazioni che contraddicono i nostri stessi atteggiamenti (T. Chamorro-Premuzic, 2023).

Vale per tutti? Vale allo stesso modo? No.

 Lo stato costante di iper-vigilanza e interruzione non colpisce tutti nell’identica maniera.

Le persone “intelligenti” di cui parla “Maurizio Ferraris” provengono da famiglie con un denso “back ground culturale” e frequentano “scuole di eccellenza” che non sono quelle dalla maggioranza dei loro coetanei.

Per i quali è sempre più improbabile diventare persone “intelligenti” nel senso in cui ne parla il manager del libro di” Shoshana Zuboff”:

non entreranno a fare parte della casta dei funzionari dell’intelligenza artificiale.

 E non v’entreranno perché ad esse è stato “insegnato” a non essere curiose. Eppure, osserva “Tomas Chamorro-Premuzic,” più la curiosità è rara più è ricercata, esaltata come una competenza cruciale per l’ambiente di lavoro moderno, come un predittore significativo della possibilità di ottenere e conservare un posto di lavoro attraente.

 I posti di lavoro futuri diventano meno prevedibili, e un maggior numero di organizzazioni assumerà le persone sulla base di quello che potrebbero apprendere, non di quello che già sanno.

Chi è più disposto a sviluppare nuove competenze è meno probabile che verrà sostituito dall’automazione.

Viceversa, se ci concentriamo – come fanno oggi la maggior parte delle scuole – sull’ottimizzazione delle cosiddette performance, il nostro lavoro finirà per consistere di azioni ripetitive e standardizzate dettate da una macchina che già le esegue meglio.

 E questo sta già determinando, aggiunge “Yuval Noah Harari”, l’apparizione di una «classe globale inutile».

La combinazione di biotech e tecnologie digitali potrebbe giungere a un punto in cui sistemi e algoritmi ci capiscono meglio di quanto comprendiamo noi stessi.

E «nel momento che hai un qualcuno di esterno che ti capisce meglio di quanto tu ti capisca, la democrazia liberale è condannata» a diventare simile a uno spettacolo di marionette. 

Nei prossimi decenni – osserva “Harari” – dovremo affrontare la discriminazione individuale e potrebbe essere basata su una buona valutazione su chi sei.

Se gli algoritmi impiegati da un’azienda cercano il tuo profilo Facebook o il tuo DNA, potrebbero capire con precisione chi sei.

«Non sarai in grado di fare nulla per questa discriminazione, prima di tutto perché sei soltanto tu. Non discriminano il tuo essere perché sei ebreo o gay, ma perché sei te stesso» (Yuval Noah Harari, 2024).

A fronte di questi scenari “Harari” auspica una rinnovata moralità che “regolamenti” il lato pericoloso delle nuove tecnologie.

 E chiama in causa storici, filosofi, sociologi, diffidando di corporazioni, ingegneri, persone che lavorano nei laboratori che si concentrano esclusivamente sui benefici della ragione digitale.

Temo si tratti di una impresa che va attualmente al di là delle possibilità delle scienze umane.

Trovo più convincente l’orizzonte indicato da “Èric Sadin”:

 «(…) presto ci renderemo conto che abbiamo bisogno molto più di mobilitazione che di regolamentazione.

 È stato il caso degli sceneggiatori di Hollywood che si sono resi conto che il loro lavoro era in pericolo e così nel maggio 2023 si sono opposti in gran numero, con coraggio e determinazione, per vincere la loro causa.

Non si sono semplicemente affidati alla regolamentazione, che per salvare capre e cavoli li avrebbe mandati al patibolo.

 Sarebbe bene che tutte le professioni messe a rischio dall’ “IA generativa” (giornalisti, grafici, traduttori, avvocati, mesici, professori, ecc.) si mobilitassero a livello nazionale, ma anche internazionale, per gruppi e dicessero in nome delle loro rivendicazioni cosa sono pronti ad accettare e cosa rifiutano categoricamente.

Sarebbe bene che lo facessero senza attendersi qualcosa, anticipando il legislatore, che spesso è cieco di fronte a tante realtà della nostra vita quotidiana» (È. Sadin, 2024).

Fare diventare le mobilitazioni collettive il motore di una consapevolezza più vasta è la strada giusta.

Non esistono scorciatoie.

 Primo, ricostruire la genealogia del dominio della tecnoscienza.

Secondo, mobilitarsi contro di esso.

 Infine, “lavorare” contestualmente a mettere in forma un’altra antropologia, riabilitare l’essere relazionale dell’uomo contro il suo essere permanentemente connesso e calcolante.

Perché se è vero che il pensiero, senza il controllo del calcolo, è delirio, il calcolo, sottratto al governo della vita pensante, è insensatezza (A. Masullo, 2011).

 Conclusivamente.

La guerra all’umano è la madre di tutte le guerre.

Le tecnologie digitali agite dal tecno-capitalismo irrompono in un “mondo” che ha già ampiamente interiorizzato la convinzione che “stabilire dei fini e deliberare coerentemente” è una qualità superflua.

 Le tecnologie digitali lasciate libere di dispiegarsi incentivano all’ennesima potenza questa convinzione.

L’esposizione ripetuta e intensiva alle tecnologie on line sta già cambiando il nostro cervello, spostando l’attività neurale dall’ippocampo (l’area del cervello coinvolta nel pensiero profondo) verso la corteccia prefrontale (la parte del cervello coinvolta nelle transazioni rapide, subconsce).

Non esistono risposte individuali per combattere la guerra all’umano, per contrastare l’etica dell’essere permanentemente connessi.

La tecnofobia è astrattamente un’opzione allettante, ma ha un terribile costo sociale poiché ci trasforma in cittadini inutili e improduttivi.

Essere offline equivale ad avere un’esistenza totalmente ignorata, come l’albero secolare che crolla nella foresta quando non c’è nessuno a sentire il rumore dello schianto.

Bloccare le app o limitare l’accesso a Internet è un compromesso intermedio, dato che ci consente di evitare almeno alcune “distrazioni digitali”.

Tuttavia, è difficile rinunciarvi (T. Chamorro-Premuzic, 2023).

L’intelligenza artificiale rende in molti casi la nostra vita molto comoda. Controlliamo l’app delle previsioni del tempo prima di scegliere che cosa indossare; usiamo “Vivino” per vedere la valutazione data a un vino dagli utenti, senza dover pensare troppo e al contempo cercando di aumentare la soddisfazione per le nostre scelte.

In questo modo, l’AI ci esime dalla sofferenza mentale causata dall’eccesso di scelte.

Non è affatto peregrina l’idea di un mondo futuro – anzi è già una realtà – in cui chiederemo a “Google” cosa studiare, dove lavorare, chi sposare.

Così, riduciamo la nostra vita all’ovvio, al monotono e al ripetitivo, e il modello che abbiamo di noi crescerà rapidamente in potenza predittiva.

Se il nostro modello è quello di un essere umano che passerà le giornate a guardare vari schermi e a fare clic, tap e scorrere pagine diverse in modo sempre più ripetitivo, il computer è oggi in grado di capire, meglio di noi, chi siamo, chi siamo diventati.

 D’altra parte, sostituire una versione spiacevole della realtà con una che invece è rassicurante come quella che ci propongono le tecnologie digitali, flirta con il modo indulgente e tollerante in cui oggi vediamo noi stessi.

 Per combattere le nostre stesse autoillusioni, dovremmo avere meno fiducia nelle nostre idee, opinioni e conoscenze.

Credere che fare domande – essere disposti ad accettare feedback dagli altri che colmano la lacuna fra come noi ci vediamo e come ci vedono gli altri – sia più importante che ottenere risposte.

Ma è un compito impegnativo e l’era dell’AI ha annacquato i feedback facendoli diventare un rituale senza senso, ripetitivo e semiautomatico che produce solo circuiti di retroazione positiva.

Quando pubblichiamo qualcosa su Facebook, Snapchat, TikTok, Twitter o Instagram, non è difficile ottenere qualche “mi piace”, perché mettere un like richiede relativamente poca energia e ha un costo molto basso.

La maggior parte di noi metterà il “mi piace”.

Anche se il feedback è fasullo, ciascuno di noi sa che è probabile che venga ricambiato in futuro.

 Questo rende il feedback di gran lunga meno utile di quello che dovrebbe essere, in quanto siamo incentivati a ignorare i pochi feedback critici che riceviamo.

 Essere curiosi o di mente aperta è più facile a dirsi che a farsi.

 Distrarci’ dai social media tende a indurre stress, come tenere lontani i fumatori o i bevitori dalle sostanze da cui sono dipendenti (T. Chamorro-Premuzic, 2023).

D’altra parte, essere permanentemente connessi ci rende complici della guerra all’umano.

Nessun Dio ci salverà.

Solo una mobilitazione collettiva può farlo.

 

 

 

 

 

ChatGPT, i rischi per l’umanità

e la sindrome “SkyNet”.

  Valigiablu.it – (14 Aprile 2023) - Bruno Saetta –  Fabio Chiusi – ci dicono:

(Questo articolo è stato scritto con la collaborazione di ChatGPT)

 

ChatGPT come Frankenstein?

Il risultato più probabile della realizzazione di un’intelligenza artificiale avanzata è che letteralmente sulla Terra tutti moriranno.

Questa la certezza di “Eliezer Yudkowsky” che scrive sulla rivista “Time”.

Ma che le “AI” siano un rischio per la civiltà umana è opinione ormai piuttosto diffusa.

Lo sostiene Elon Musk, ma lo dice anche “Sam Altman”, il CEO di “chatGPT”.                       

Quindi, sarà vero?

In realtà, da buon “venditore”, “Altman” non fa altro che stuzzicare le ataviche paure occidentali dell’ignoto, un novello Frankenstein che costruisce il “mostro” che poi immancabilmente si ribella al suo padrone.

Nella società occidentale è presente il terrore verso l’ignoto, la diversità, verso tutto ciò che non è umano e che in quanto tale minaccia l’integrità e l’individualità dell’essere umano come la tecnologia che mira a modificarci.

Si tratta di retaggi religiosi che riguardano l’anima universale e incorruttibile che deve essere preservata nella sua interezza e nella sua essenza.

L’intelligenza artificiale generativa è qui. Siamo pronti?

Conversazione con “Fabio Chiusi “.

 

Ma Altman sa bene che per “vendere” il suo prodotto, cioè ChatGPT, deve magnificarne le potenzialità, anche distruttive, il che spiega le sue uscite sul rischio che le “AI” possano diventare pericolose per la civiltà umana.

E qui trova facilmente la sponda dei mass media.

Niente di nuovo. Anche con “Cambridge Analytica” si parlò di enormi rischi per la società in quanto evidenziarono le infinite possibilità di manipolazione della mente umana con rischi di alterarne il funzionamento, modificarne le scelte, fino a distruggere la democrazia.

 Considerato tutt’oggi uno dei più grandi scandali riguardanti la tecnologia, in realtà “Cambridge Analytica” non ha mai dimostrato di poter fare quello che sosteneva.

Anzi, in un’inchiesta su” Channel 4” si vede il CEO di “Cambridge Analytica” che, ripreso di nascosto, illustra il “piano” a un potenziale cliente.

E il piano consiste nell’iniettare (cioè diffondere, ma “iniettare” appare più “sinistro”) internet di video di corruzione del candidato politico da sconfiggere e di suoi incontri con prostitute.

 Se davvero “Cambridge Analytica” avesse potuto fare ciò che prometteva avrebbe fatto ricorso alle prostitute?

 

Ed ecco che, forse, il problema si inquadra meglio, in una dimensione pubblicitaria. Ma anche concorrenziale.

Con Elon Musk che, dopo aver cercato di mettere le mani su “ChatGPT “(Altman rifiutò) senza riuscirci (lui sostiene che lo ha fatto per poterla controllare), oggi avverte che le AI sono pericolose (la volpe e l’uva?) e quindi dovremmo fermarle.

 E poi?

E poi c’è il suo di progetto, inscritto a pieno titolo nella nuova ideologia nascente, il "lungotermismo" (vedi anche Fabio Chiusi, "L'uomo che vuole risolvere il futuro"), in base alla quale più che pensare agli esseri umani di oggi dovremmo concentrarci sul garantire il potenziale a lungo termine dell’umanità.

Perché preoccuparsi dei poveri e dei migranti se quello che importa è il potenziale a lungo termine?

E soprattutto è l’Occidente, in particolare gli USA, che hanno contribuito a realizzare i progressi tecnologici e che quindi presumibilmente contribuiranno a favorire questo fantomatico potenziale umano.

Perché, quindi, preoccuparci degli altri?

E in questa prospettiva “Musk” propone di colonizzare altri pianeti, abbandonando il nostro al suo destino.

 Ecco perché anni fa lanciò “SpaceX”.

Evidentemente il costo oggi è importante anche per un riccone come lui, e i finanziamenti che ottengono le AI (circa 92 miliardi di dollari nel 2022 secondo l'ultimo rapporto dello “Stanford Institute for Human-Centered AI”) gli farebbero proprio comodo.

Insomma niente altro che un tentativo di distrarre i finanziamenti dalle AI verso il suo piano, il suo progetto, il suo prodotto.

 

Quindi,” Altman” fa pubblicità superlativa del suo stesso prodotto,” Musk” fa pubblicità comparativa tra il suo e il prodotto concorrente. A chi dobbiamo credere?

 Le AI sono davvero pericolose come dicono?

E se lo sono, perché?

 

Ma andiamo per ordine.

 

Cosa è chatGPT?

ChatGPT (GPT sta per “generative pre-trained transformer”), rilasciato nel dicembre 2022 da “OpenAI” (nel marzo 2023 è stato lanciato GPT-4) – come viene precisato sul sito – è un modello linguistico addestrato per produrre testo e ottimizzato per il dialogo con gli esseri umani.

 Riferendosi a chatGPT spesso si parla di “LLM”, ovvero “large language model”, una tecnologia che è in grado di generare testo su una gamma apparentemente infinita di argomenti.

Tra di essi abbiamo i “Foundation Models”, cioè Modelli di base, e i modelli di trasformazione del linguaggio (BERT) che utilizzano tecniche di apprendimento non supervisionato per la comprensione del linguaggio.

Un “LLM” non è altro che una rete neurale di enormi dimensioni, laddove rete neurale indica un modello di apprendimento automatico basato su una serie di piccole funzioni matematiche (definite “neuroni” in analogia col cervello umano) che costituiscono il livello più basso di calcolo.

 Un “neurone” calcola un output in base a un input ricevuto, ma è il complesso della rete neuronale che è importante.

Questa può essere costituita da poche connessioni, tuttavia, gli “LLM” ne hanno miliardi.

Se la rete ha molti livelli di connessione, viene definita “profonda” (deep learning).

 

Un “LLM “utilizza una particolare architettura di rete neurale chiamata trasformatore (sviluppato nel 2017 dai ricercatori di Google per migliorare la traduzione automatica) che è specificamente progettata per generare dati in sequenza, come il testo.

 In un “trasformatore” alcuni neuroni sono connessi più fortemente ad altri neuroni (in gergo tecnico si dice che “prestano più attenzione”).

Questo perché un testo viene letto in sequenza, parola dopo parola, per questo l’architettura è stata progettata per funzionare in questo modo.

Come per tutti i modelli di “machine learning”, anche per gli “LLM “i programmatori non scrivono l'algoritmo in modo esplicito, cioè le istruzioni da fornire al computer che elabora, bensì definiscono l’architettura del modello e le regole in base alle quali verrà costruito.

 Non creano i “neuroni” né definiscono il “peso” degli stessi.

 Questo avviene nel processo definito “addestramento”, realizzato con poche centinaia di miliardi di parole di testo (i dati di addestramento sono estratti da siti pubblici e selezionati, da articoli, libri, ecc...), durante il quale il modello definisce da sé le variabili (self-supervised).

 Si tratta di un processo lungo e costoso.

 

Il risultato della fase di addestramento è proprio la rete neurale costituita da centinaia di miliardi di connessioni tra i “neuroni”.

Il peso di ogni neurone è una formula matematica che viene calcolata per ogni parola o parte di parola (definiti token) fornita al modello come input, e per ogni parola che genera come output.

Le reti neurali sono impostate per avere una rete essenzialmente fissa di neuroni, ciò che viene modificato è il peso delle connessioni tra di loro.

Poiché l’attività di base di “ChatGPT” è capire come continuare una parte di testo che gli è stato fornito in input, tutto ciò che si fa nell’addestramento è mascherare la fine di un testo e fornirlo in input di allenamento.

 Poi è possibile dare un feedback a ChatGPT utilizzando il testo completo. Ovviamente diverse frasi simili generano statistiche che poi possono consentire a ChatGPT di variare le risposte (compreso le risposte errate).

 Un vantaggio di questi sistemi è che non è necessario taggare i dati per l’addestramento.

 Ad esempio, per i sistemi di riconoscimento delle immagini vengono fornite immagini con etichette (tag), tipo “questo è un cane”, “questo è un gatto”. Per ChatGPT non serve, il modello può imparare direttamente da qualsiasi testo fornito.

Il modello, quindi, impara a “produrre” testo che alla fine diventa intellegibile e sempre più indistinguibile dal testo scritto da un umano.

“ChatGPT” incorpora anche un sistema di “ricompensa”, cioè gli utenti possono fornire feedback (pollice su o pollice giù) così precisando se il testo “generato” è leggibile o no (ha senso).

 Questo è l’apprendimento basato su rinforzo dal feedback umano (RLHF) che utilizzano sia OpenAI che Google.

In questo modo il modello, tenendo conto del feedback, si migliora continuamente. Questa fase è stata un'idea chiave nella costruzione di ChatGPT, una messa a punto che sembra avere un grande effetto sul successo del sistema nel produrre un output simile all'uomo.

 Inoltre l’impressione è che se gli si dice qualcosa di bizzarro e inaspettato che non si adatta completamente alla struttura che conosce, non sembra che sarà in grado di "integrarlo" con successo.

L’utente di ChatGPT o in generale di un LLM fornisce un input sotto forma di testo. Il modello dietro ChatGPT suddivide l’input (prompt) in token e calcola le relazioni tra le parole.

Quindi comincia a generare una risposta in base ai suoi calcoli (miliardi).

 Il modello non ha una “memoria” dove cercare le singole parole dell’input, il testo di addestramento non viene archiviato direttamente, tutto ciò che fa è semplicemente generare un token in base ai “pesi” stabiliti per i token nella fase di addestramento, in modo che abbia la più alta probabilità di “suonare bene”.

 Cioè “genera” al volo una sequenza di parole che sono coerenti con il contesto e in genere col linguaggio umano.

 

L’abilità di un LLM non sta nel ricordare i fatti (per quello ci sono i database), il modello non capisce realmente quello che dice l’utente, non ha una comprensione effettiva delle parole, bensì utilizza modelli statistici e algoritmi di apprendimento automatico per produrre una “continuazione ragionevole” di qualunque testo abbia ottenuto finora, cioè quello che ci si potrebbe aspettare che qualcuno scriva dopo aver visto ciò che le persone hanno scritto su miliardi di altri testi.

 Ciò che fa ChatGPT è semplicemente chiedersi, dato il testo di input, quale dovrebbe essere la parola successiva.

E continuando parola per parola, genera l’intera risposta.

 Il modello sottostante ChatGPT ha 175 miliardi di parametri per calcolare le probabilità della parola successiva che suoni abbastanza bene da fornire delle risposte ragionevoli e simili al linguaggio umano.

 

Per questo un LLM può fornire anche risposte imprecise o errate (anche del tutto inventate) se la risposta appare più coerente col contesto.

 Ovviamente l’evoluzione di questi “chatbot” avanza velocemente, e già con GPT-3 abbiamo modelli estremamente complessi e sofisticati che riescono a fornire risposte sorprendentemente precise.

Ma è importante avere sempre bene in mente le limitazioni di questi software.

 La risposta può anche “suonare bene”, ma non è detto che sia sempre giusta.

 

I rischi degli “LLM”.

Il principale problema degli LLM sta nel fatto che questi sistemi potrebbero essere utilizzati per funzioni per le quali non sono stati pensati e non sono adeguati.

In teoria si potrebbe utilizzarlo per fargli riconoscere dei sintomi ed eseguire diagnosi, o per la terapia psicologica.

Ma il modello non è stato realizzato per questo.

Data la sua tendenza a “inventare” frasi che suonino bene può introdurre nelle risposte delle informazioni che per un non esperto della materia specifica appaiono plausibili e quindi degne di considerazione, ma che in realtà potrebbero essere errate o del tutto inventate.

 Vi sono stati dei casi nei quali ChatGPT ha inventato delle intere opere compreso citazioni con link (che ovviamente non portavano a nessuna pagina web).

 

Uno dei problemi principali riguardanti gli LLM e in generale le AI è l’antropomorfizzazione di questi sistemi.

Anche la stessa dizione “intelligenza artificiale” è sbagliata, perché evoca ambientazioni fantascientifiche, con robot senzienti in grado di comprendere il linguaggio umano e di agire di conseguenza.

Nella realtà una AI (Artificial intelligence) non è altro che un software complesso, programmato per prendere specifiche decisioni sulla base degli input ricevuti, e finora questi sistemi non hanno dimostrato nessuna vera intelligenza, ma per come sono presentati in particolare dai mass media vengono considerati come fossero quasi umani.

 Da qui il passo ad attribuirgli sentimenti o emozioni è piuttosto breve.

 Anche ChatGPT sembra generare emozioni in fin dei conti.

 

Inoltre, sono modelli basati sulla matematica, sui dati, una enorme quantità di dati, e questo porta immancabilmente a considerarli “autorevoli”.

 È lo stesso problema che riguarda gli “algoritmi predittivi” utilizzati dalla polizia, oppure in altri campi, il presupposto implicito è che le previsioni di un algoritmo, essendo basate su grandi quantità di dati (Big Data), siano intrinsecamente migliori di quelle umane, ma il problema è che i dati di input sui quali si addestra l’algoritmo sono dati selezionati dai programmatori e quindi possono soffrire di pregiudizi.

Un problema analogo si ha con gli algoritmi che si addestrano da soli, come gli” LLM”.

Alla fine la selezione dei dati di addestramento è sempre demandata ai programmatori, ma la quantità è talmente vasta che, si dice, il problema dei “bias” dei dati di addestramento dovrebbe essere risolto.

Ma non è così.

Quei dati vengono da libri, articoli, anche dal web, e quindi sono i dati che noi, come società nel suo complesso, produciamo, e che quindi soffrono sempre degli stessi pregiudizi che sono presenti nella nostra società.

L’algoritmo che prevede chi commetterà un crimine, tra poca trasparenza e pregiudizi.

E così mentre assegniamo loro un’autorevolezza dovuta alla matematica, in realtà stiamo solo creando un amplificatore dei pregiudizi sociali, su larga scala, le cui risposte vengono prese per buone a prescindere.

È il mito dell’efficienza tecnologica che ha portato l’“NSA” a raccogliere ogni possibile dato giustificandosi che serve a prevenire il terrorismo, anche se poi risulta indimostrata l’utilità dei sistemi di sorveglianza.

 Anche la profilazione di massa instaurata dalle piattaforme del web si appoggia sull’idea che più dati significa conoscere meglio l’individuo e quindi potergli “vendere” pubblicità personalizzata più utile.

Ma in realtà non esiste alcuna effettiva prova che tutto ciò funzioni realmente, è per questo che la pubblicità online costa pochissimo, perché col digitale ci si è resi conto che la sua efficacia è estremamente bassa.

Uno studio del 2013, infatti, analizza l’efficacia del micro targeting di Facebook, evidenziando un tasso di conversione dello 0,05%.

Lo scarso tasso di successo della pubblicità personalizzata significa che le piattaforme devono incentivare gli utenti per far generare abbastanza visualizzazioni di pagina per salvaguardare i propri profitti.

Quindi, i rischi più comuni degli LLM sono:

Bias, possono riprodurre e amplificare i pregiudizi e i bias presenti nei dati utilizzati per addestrarli, portando a risultati imprecisi o discriminatori.

Disinformazione, possono essere utilizzati per creare e distribuire rapidamente grandi quantità di contenuti dannosi, come la disinformazione, i deepfake e i contenuti inappropriati.

Sicurezza dei dati, richiedendo quantità enormi di dati per l’addestramento potrebbero essere inclusi dati personali e informazioni sensibili e quindi diffonderli.

Dipendenza tecnologica, potrebbero portare a una dipendenza eccessiva dalle tecnologie basate sull'IA.

Controllo, potendo essere utilizzati per creare velocemente contenuti senza supervisione umana, potrebbero portare a situazioni di abuso o di controllo sulle informazioni.

Una problematica emersa con gli LLM è quella delle “allucinazioni”.

 Definite così in analogia con quelle umane, le “allucinazioni artificiali” sono le risposte dell’AI fornite quando non trova alcun dato utile e quindi inventa.

 Ad esempio, quando la “AI” sostiene di essere “umana”.

È un fenomeno noto dal 2018 quando ne iniziarono a discutere i ricercatori di Google.

Proprio per questo motivo Google ha sostenuto di avere delle remore ad aprire al pubblico la sua LLM, anche se poi è stata costretta per non perdere terreno rispetto a” OpenAI” e “Microsoft”, laddove quest’ultima, che finanzia “OpenAI”, ha inglobato “ChatGPT” nel suo motore di ricerca “Bing”.

Le "allucinazioni" si verificano proprio perché gli LLM non hanno alcuna comprensione della realtà sottostante al linguaggio, generano un testo che suona bene ma ha l'unico scopo di soddisfare la coerenza statistica col prompt (la domanda).

La risposta segue costantemente questo principio delle relazioni tra le parole precedenti, per cui più lungo è l'output più c'è la possibilità di ottenere allucinazioni.

La conoscenza umana non è solo linguistica, ma è basata su una serie di elementi che i computer non utilizzano.

Non avendo un'esperienza diretta del mondo reale, non sono in grado di avere una consapevolezza della realtà, che noi umani otteniamo attraverso un procedimento di tentativi ed errori.

Questo è un serio problema - pensate se la “AI” fosse utilizzata per fornire una consulenza medica - ma nasce proprio dal fatto che c'è la tendenza a umanizzare le AI e fornire loro una sorta di autorevolezza.

 A ciò si aggiunge l’efficienza economica, se applicate su larga scala le AI consentirebbero alle aziende di risparmiare sui costi umani (di contro inducendo una dipendenza dalla tecnologia nell’azienda) da cui un forte incentivo a utilizzarle comunque.

Si tratta di problemi noti che però non vengono correttamente spiegati al grande pubblico, nel mentre si aprono questi sistemi agli utenti invitandoli a sperimentare con essi.

ChatGPT in particolare in alcune occasioni ha addirittura inventato un curriculum di persone esistenti, producendo un output con articoli mai scritti, libri mai pubblicati e link a pagine web del tutto inesistenti.

 In questo senso ChatGPT è stata accusata di produrre “dati inesatti” fino a possibili diffamazioni.

Ad esempio, il sindaco di Hepburn Shire in Australia, che è stato erroneamente indicato da ChatGPT di essere il colpevole di una corruzione laddove in realtà era colui che ha denunciato la corruzione alla polizia.

Ma gli LLM non sono motori di ricerca e non hanno una base fattuale con la quale interagiscono, non hanno una memoria dove ritrovare dati e fatti.

Un LLM produce un risultato che sia coerente con l’input, indifferentemente dalla verità fattuale di quel risultato.

In alcuni casi, le "allucinazioni" potrebbero anche dipendere dal fatto che i dati di addestramento sono inesatti.

È un problema che si è presentato in passato anche con “Google Auto complete”, inizialmente accusato addirittura di diffamazione nel momento in cui alcune persone notavano suggerimenti di Google come “truffa”, “setta”, abbinati al loro nome.

Il tribunale di Milano sentenziò che Auto complete si limitava a riprodurre statisticamente i risultati delle ricerche più frequenti effettuate dagli utenti, non si trattava di un archivio, di contenuto strutturato o influenzato da Google.

 l search engine, infatti, non sono in grado di comprendere realmente il significato delle parole nella “query”, ma sono semplici sistemi probabilistici che restituiscono un risultato basato anche sulle precedenti ricerche di altri utenti.

 Se un certo risultato, ad esempio, ottiene un “feedback positivo” (il click), viene registrato e progressivamente può diventare il primo risultato fornito in caso di reiterazione di quella ricerca.

Allo stesso modo “ChatGPT” non ha un archivio proprio nel quale conserva dati, esatti o inesatti, semplicemente elabora i dati di input per creare la rete neurale che di fatto è una opera trasformativa rispetto ai dati forniti in input.

La risposta di ChatGPT è quindi l’elaborazione statistica dei dati, sia la base di addestramento che il prompt fornito dall’utente.

E il prompt influenza molto l'output (è importante tenerlo a mente, se ricevete risposte "strane" indagate meglio su cosa gli avete chiesto).

ChatGPT produce disinformazione come la producono i motori di ricerca (che però hanno un proprio database di dati conservati) e come la produce un qualsiasi giornale o anche la stessa Wikipedia.

Il problema della disinformazione è diffuso e serio ma di sicuro non è il rischio più importante riguardo ChatGPT.

Con la diffusione di ChatGPT molti si affannarono a scrivere che era una minaccia al motore di ricerca di Google perché più facile da utilizzare, e quindi lo avrebbe soppiantato nell’uso da parte degli utenti per le ricerche.

Ciò ovviamente non è accaduto (i rischi per Google sono ben altri, tra i quali rimanere indietro nello sviluppo delle AI in conseguenza delle elefantiache proporzioni assunte dall'azienda che rende più difficile una reale innovazione) perché ChatGPT ha prodotto accidentalmente (non intenzionalmente) risultati inesatti e "allucinazioni", per cui come motore di ricerca si è rivelato ben poco affidabile.

 Ma questo ci fa capire come manchi una effettiva comprensione di come funziona questa tecnologia, e quindi i mass media tendono a “inventare” storie (dati inesatti?!) solo per vendere di più speculando sul timore per le nuove tecnologie.

Non è la prima volta, non sarà l’ultima.

 

I rischi per gli LLM non sono dissimili da quelli per le altre tecnologie.

Ad esempio la dipendenza tecnologica che può portare a disturbi dell’attenzione essendo progettate per attirare l’attenzione degli utenti e coinvolgerli (come Facebook), la diminuzione della capacità critica dipendente dall’affidamento alle risposte dell’AI, fino alla vera e propria dipendenza emotiva perché per alcune persone diventano dei sostituti delle interazioni sociali.

 Ma in questi casi i problemi sono effettivamente dell’AI oppure sono problemi sociali che non trovano una efficace soluzione nella vita reale?

Se qualcuno si isola dipende dalle sue difficoltà a integrarsi in una società sempre più competitiva e che lascia sempre meno spazio alle persone, oppure è colpa dell’AI?

 

Paure finte e paure vere.

Alcuni hanno suggerito (lettera firmata da Elon Musk e altri) di fermare le AI per sei mesi al fine di riflettere sui danni derivanti dal loro uso diffuso.

L’opinionista di Bloomberg, “Tyler Cowen”, fa un paragone coi social media.

Se nel 2006 avessimo deciso di sospenderli per riflettere sull’impatto sulla società cosa avremmo ottenuto?

 Anche oggi gli effetti non sono chiari, e ampiamente contestati.

E se anche sospendessimo le AI in Europa e Usa, chi ci dice che la Cina lo farà?

 Nel frattempo la Cina ha annunciato la sua regolamentazione delle” AI tipo ChatGPT”.

 

Le “capacità” di ChatGPT appaiono strabilianti:

 vedendolo all’opera, si è portati a pensare che sia in grado di capire cosa gli diciamo, e che quindi sia dotato di una sorta di pensiero.

 Questo non è vero, anche se è possibile che in futuro i sistemi evolveranno enormemente.

Ad esempio gli LLM saranno integrati con delle basi di conoscenza per fornire risposte sui fatti utilizzando un linguaggio naturale convincente.

 

Si tratta di una tecnologia che potrebbe impattare sulla nostra società in molti modi, e ovviamente alcuni sono positivi, ma altri negativi.

Il problema è che raramente siamo a conoscenza di come si evolvono queste tecnologie.

Occorre che i cittadini se ne approprino e che le aziende ci lavorino, ma difficilmente sappiamo in anticipo cosa avrà successo e cosa no.

 È difficile regolamentare cose che non ci aspettiamo che accadano.

Nel frattempo il dibattito è fortemente polarizzato, tra coloro che hanno interessi nello sviluppo della AI e quelli che hanno interessi concorrenti, e nel mezzo ci sono i cittadini che faticano a capire cosa sta accadendo anche perché i media vagano tra la magnificazione dei prodotti e gli allarmi per il rischio che le AI diventino come Skynet.

Ma molte delle promesse degli sviluppatori di AI sono ancora distanti nel tempo, stiamo ancora aspettando le famose auto a guida autonoma che fanno tutto da sole, che ci avevano promesso decenni fa.

È importante capire esattamente cosa abbiamo realmente tra le mani prima di giudicare, e ChatGPT in fin dei conti non è altro che un potente strumento di predizione della parola successiva che suona meglio in linguaggio umano.

 

Ovviamente si tratta anche di una tecnologia dalle molteplici applicazioni, che potrebbe portare vantaggi a uno Stato rispetto a un altro. Per cui è sostanzialmente impossibile fermarne lo sviluppo.

 Ci sarà sempre qualcuno che continuerà a svilupparla.

Ecco perché occorre una regolamentazione che non sia tale da bloccarla, ma sia in grado di guidarne lo sviluppo in modo da eliminare o limitare le negatività.

Non dobbiamo dimenticare che le AI hanno consentito studi di enorme utilità per l’uomo, ad esempio, “AlphaFold” di “Deep Mind” ha determinato le strutture di circa 200 milioni di proteine.

È ovvio che alcune cose dovranno cambiare, sarà necessario che le nuove tecnologie si adeguino alle leggi, ma nel contempo dobbiamo anche adeguare i nostri strumenti legali alle nuove tecnologie.

Ad esempio gli sviluppatori di AI devono essere in grado di garantire la conformità alle leggi in relazione all’acquisizione dei dati di addestramento per i modelli.

 Ma ciò comporta che le leggi siano adeguate alle nuove tecnologie.

Forse occorrono nuove licenze, molto probabilmente occorrerà adeguare anche il “GDPR” perché è difficile ritenere al momento che nell’ambito della normativa in materia di protezione dei dati personali lo “scraping dei dati dal web” sia giustificato sulla base dei legittimi interessi del titolare del trattamento.

 Il fatto che quei dati siano stati resi pubblici non implica necessariamente che tutti gli usi siano legittimi.

Infatti nell’”AI Act europeo” è previsto che l’azienda deve seguire modelli di gestione adeguati, con riferimento alla raccolta dei dati e l’etichettatura (tagging), nonché esaminare le possibili distorsioni del modello (dati inesatti e allucinazioni). Quindi si allargano le possibilità di riuso dei dati ma allo stesso tempo si aggiungono oneri di trasparenza verso l’utente.

In tema di copyright, invece, lo scraping è considerato legale (uso trasformativo) negli Usa sulla base di una decisione che riguardava Google, ma il problema si può porre con riferimento alle AI che generano immagini, e quindi sono addestrate con immagini prese dal web.

 È noto che “Stable Diffusion” e “Midjourney” hanno creato i loro modelli sulla base del set di dati “LAION-5B”, che contiene quasi sei miliardi di immagini con tag, raccolte indiscriminatamente dal web.

 

Occorrono nuove regole per una valutazione etica delle AI, regole per la mitigazione dei “bias” e regole per un monitoraggio delle AI al fine di individuare prontamente i possibili rischi, le politiche devono essere pro-innovazione senza minare la fiducia di questi strumenti.

 Ma è altrettanto importante che i politici, i legislatori, si facciano trovare preparati a questa sfida, di comprendere e quindi essere in grado di regolamentare correttamente le nuove tecnologie così da non doverne lasciare la regolamentazione nelle mani delle stesse aziende produttrici (il mercato) o semplicemente scadere nel panico ingiustificato.

Occorre consapevolezza, non panico.

Le AI sono una tecnologia ancora agli albori, ma già adesso le capacità computazionali moderne ci stanno dimostrando che dei compiti (es. scrivere un saggio) ritenuti fondamentalmente troppo difficili per i computer in realtà sono più facili di quel che pensavamo, e quindi sono risolvibili dai computer moderni.

ChatGPT, infatti, non ha alcuna conoscenza delle regole sintattiche e grammaticali, ma in qualche modo durante il suo addestramento le scopre implicitamente e poi le segue quando genera un output.

Non è chiaro come, ma funziona.

Un cervello umano ha una rete di 100 miliardi di neuroni, adesso con ChatGPT sappiamo che una rete neurale artificiale con circa 175 miliardi di neuroni artificiali è in grado di fare un lavoro sorprendentemente buono nel generare linguaggio umano.

 Quello che ci mostra ChatGPT in fin dei conti è anche come funziona un essere umano. Forse è questo che ci fa davvero paura.

 

 

 

Putin: “Nell’aprile del 2022 era

tutto pronto per la fine della guerra

ma l’Occidente ha costretto Kiev a non cedere.”

Lastampa.it – Alberto Simoni – (29-2-2024) – ci dice:

Nel colloquio con Tucker Carlson, ex conduttore della Fox News, il presidente russo ha parlato anche del reporter “Evan Gershkovich”: «Potrebbe consegnarlo, non è una spia».

 Si una spia”.

 La replica: “Un accordo si farà.”

 

Un’intervista fiume quella realizzata da” Tucker Carlson”, ex conduttore della “Fox News”, a colloquio per oltre due ore con “Vladimir Putin”.

 È la prima che il capo del Cremlino concede a un giornalista statunitense dall’invasione dell’Ucraina nel febbraio del 2022. Annunciata da tre giorni, ieri sera è stata trasmessa su “X” e sulla piattaforma di “Carlson”.

 L’intervista era sottotitolata in inglese.

 L’ultimo colloquio di Putin con un media statunitense risale all’ottobre del 2021.

Fu “Hadley Gamble” della “CNBS” a parlare con lui.

“Putin”: "Non voglio invadere la Polonia, ma lo farei se ci attaccassero"

«L’Occidente si renderà conto che la Russia non può essere sconfitta”, ha detto il capo del Cremlino che ha dedicato la prima mezz’ora del colloquio a una lezione di storia russa e cercando di spiegare a un esterrefatto (e sin annoiato) Tucker Carlson, i motivi per cui l’Ucraina è – a suo dire – uno Stato artificiale e perché la Russia era minacciata tornando a pigiare il tasto del mancato rispetto della Nato della promessa di non allargarsi a Est.

Putin ha detto che l’estensione è avvenuta “non una ma cinque volte”. Ha citato missioni e colloqui diplomatici in cui Washington e i diplomatici occidentali avevano garantito che l’ossatura della sicurezza in Europa non sarebbe cambiata e citato anche un episodio in cui chiese all’allora presidente Clinton se – ipoteticamente – era “possibile per la Russia aderire o meno all’Alleanza”.

Clinton non lo escluse, ma la sera poi- ha rivelato Putin – tornò da me e disse che i suoi consiglieri gli avevano detto che non si poteva fare.

 

La prefazione-choc dell’ex capo di stato maggiore russo “Baluevskij”: l’artiglieria Nato è superiore, i carri armati russi bersaglio facile in Ucraina.

E i sistemi di difesa aerea hanno annullato la superiorità dell’aviazione russa.

Il presidente russo ha detto di “non aver alcun interesse a espandere il conflitto” rifiutando la tesi che i russi stanno cercando di allargarlo a Polonia e Lituania.

“L’unico motivo per attaccare la Polonia, è se questa attacca la Russia”, ha spiegato Putin attribuendo queste idee alla propaganda occidentale e all’isteria.

Quindi ha aggiunto due cose:

la prima è che nell’aprile del 2022 era tutto pronto per finalizzare la fine delle ostilità con l’Ucraina ma che l’Occidente – e in primo luogo l’allora primo ministro britannico “Boris Johnson” – ha costretto Kiev a non cedere;

quindi, il leader si è chiesto “se non sarebbe meglio negoziare con la Russia, fare un accordo”.

 “Noi siamo pronti a dialogare”.

“Questa mobilitazione senza fine in Ucraina, l’isteria, i problemi interni prima o poi condurranno a un’intesa” ha detto Putin che ha anche ricordato – in un messaggio evidentemente rivolto all’elettorato americano – i soldi che Washington ha speso per armare l’Ucraina, “soldi dei contribuenti che potevano forse servire a qualcos’altro”.

“Volete la fine della guerra?

E allora smettete di fornire armi all’Ucraina”, ha detto Putin.

 

Tucker Carlson l’ha stuzzicato sui rapporti con i leader americani.

Putin ha replicato di «non ricordare l’ultima volta in cui ha parlato con Biden», ma ha confermato che mai è avvenuto dallo scoppio del conflitto.

Ha però rimarcato in più occasioni, senza entrare nei dettagli, che canali di dialogo ci sono, a livello di servizi e anche diplomatico.

 L’ultimo colloquio fra Biden e Putin risale a dicembre del 2021.

Il capo del Cremlino ha dichiarato di aver «un buono rapporto con lui, ma non è una questione di leader nelle relazioni fra Usa e Russia, ma di mentalità».

L’elogio l’ha riservato a George W. Bush.

«So che negli Stati Uniti veniva dipinto come una specie di ragazzo di campagna che capiva poco, ma non era così.

Ha commesso tanti errori riguardo alla Russia ma ha fatto anche pressioni sugli europei e non era peggiore di qualsiasi politico americano o europeo.

 Capiva quello che stava facendo meglio degli altri».

L’intervista è stata diffusa mentre al Senato Usa si sta discutendo un pacchetto straordinario di aiuti all’Ucraina del valore di 60 miliardi.

L’ultima domanda di Tucker Carlson è stata su “Evan Gershkovich”, il reporter del Wall Street Journal in carcere da quasi un anno.

Potrebbe fare un buon gesto e consegnarlo a noi”, gli ha suggerito Carlson sottolineando che Gershkovich è un giornalista “non una spia”.

Putin non ha fatto una piega e ha detto che un accordo si farà, che è disposto a liberarlo, ma che serve una contropartita.

Ha quindi motivato la detenzione di “Gershkovich” dicendo che è entrato in possesso di materiale classificato e anche se è un giornalista questo lo rende passibile di spionaggio.

Il capo del Cremlino ha suggerito – pur senza menzionarlo – che Mosca potrebbe chiedere in cambio la liberazione di “Vadim Krasikov”, attualmente detenuto in Germania e accusato per l’omicidio di un dissidente ceceno nel 2019 a Berlino.

Ci sono tanti esempi di dialogo coronato dal successo”, ha detto Putin.

L’intervista concessa a Tucker Carlson, che sino a qualche mese fa era l’anchorman di punta della Fox News capace di parlare sino a tre milioni di americani ogni sera (indiscusso dominatore del prime time fra le cinque tv all news) era attesa con trepidazione.

 Carlson è assai vicino a Donald Trump e ha sempre avuto posizioni molto scettiche sul sostegno americano all’Ucraina.

 

 

 

 

Ucraina-Russia: una pace negoziata

per mettere fine alla guerra.

 Sbilanciamoci.info – (29 Marzo 2024) - Hajo Funke e Horst Teltschik, Harald Kujat, Peter Brandt – ci dicono:

 

Di fronte alla situazione di stallo della guerra in Ucraina, dopo il mancato successo della controffensiva di Kiev, una proposta articolata di apertura di negoziati di pace è stata avanzata nei mesi scorsi da quattro voci autorevoli: Peter Brandt, storico e figlio del cancelliere Willy Brandt, il politologo Hajo Funke, il generale in pensione Harald […]

 

 4 settembre 2023.

Dall’inizio della guerra di aggressione russa, il 24 febbraio 2022, l’Ucraina sta combattendo una legittima guerra difensiva per la sua sopravvivenza come Stato, la sua indipendenza nazionale e la sua sicurezza.

 Quest’affermazione vale a prescindere dalla qualità democratica e dalla realtà costituzionale, e anche a prescindere dalla storia molto più complicata dell’Ucraina, e dall’altrettanto complicato contesto politico globale della guerra.

Tuttavia, la legittimità dell’autodifesa armata sulla base dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite non esime il governo di Kiev e gli Stati che lo sostengono dall’obbligo – anche nei confronti del proprio popolo – di esercitare il buon senso, di non cedere a un aumento della violenza e della distruzione e di promuovere politicamente il raggiungimento di una pace giusta e duratura.

Anche durante la guerra – e soprattutto durante la guerra – lo sforzo di trovare una soluzione diplomatica non deve diminuire.

 

Ciò vale anche per i soggetti indirettamente coinvolti, tra cui la Repubblica Federale di Germania, che ha un obbligo speciale in base al principio di pace della Legge fondamentale.

Inoltre, il 2 marzo 2022, pochi giorni dopo l’inizio dell’attacco russo, il governo tedesco ha approvato una risoluzione introdotta dall’Ucraina e adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che chiede una “soluzione pacifica del conflitto tra la Federazione Russa e l’Ucraina attraverso il dialogo politico, i negoziati, la mediazione e altri mezzi pacifici”.

Il 23 febbraio 2023, un’altra risoluzione delle Nazioni Unite ha invitato gli Stati membri e le organizzazioni internazionali a “raddoppiare il loro sostegno agli sforzi diplomatici per raggiungere una pace globale, giusta e duratura in Ucraina”.

Questo impegno vale anche per il governo ucraino, che continua a rifiutare i negoziati con la Russia.

L’Ucraina ha finora resistito alla guerra di aggressione russa grazie al pieno sostegno dell’Occidente.

 Tuttavia, non è possibile lasciare al solo governo ucraino la decisione finale sui costi che si dovranno sostenere per continuare la guerra, contro ogni logica e nonostante l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi politici dichiarati. L’intensificazione della guerra ha già portato a un gran numero di soldati caduti e di civili ucraini uccisi, oltre che a una vasta distruzione.

Più a lungo durerà la guerra, maggiori saranno le perdite ucraine e la distruzione del Paese, e più difficile sarà raggiungere una pace negoziata giusta e duratura che garantisca anche la sicurezza degli Stati che sono dalla parte dell’Ucraina.

Esiste già la minaccia di un’ulteriore escalation attraverso le prevedibili offensive delle forze armate russe, nella battaglia per Odessa e attraverso il rinnovato conflitto sulle esportazioni di grano ucraino.

Dal 4 giugno 2023, le forze armate ucraine stanno cercando di sfondare le difese russe profondamente radicate e di bloccare il ponte di terra tra la Russia e la Crimea, al fine di tagliare fuori le forze armate russe dal centro logistico della Crimea.

Le forze armate ucraine stanno subendo pesanti perdite in termini di uomini e materiali (occidentali) nei combattimenti, senza ottenere finora alcun successo significativo.

 

Se l’offensiva fallisce, è prevedibile che l’Ucraina chieda che i soldati occidentali seguano le armi occidentali.

 Questo perché anche le previste forniture di armi occidentali non possono compensare le enormi perdite di personale delle forze armate ucraine.

La Russia, invece, non ha ancora schierato la maggior parte delle sue truppe da combattimento attive.

Si può quindi ipotizzare che, dopo ulteriori perdite ucraine nei contrattacchi, la Russia procederà a mettere in sicurezza i territori annessi, raggiungendo così l’obiettivo dell'”operazione militare speciale”.

Nessuno può vincere questa guerra.

È chiaro da tempo che né la Russia né l’Ucraina possono vincere questa guerra, perché nessuno dei due raggiungerà gli obiettivi politici per cui la stanno combattendo.

 Anche con il sostegno occidentale sotto forma di forniture di armi e munizioni e di addestramento dei soldati ucraini, l’Ucraina non può sconfiggere militarmente la Russia.

Anche la consegna di “armi miracolose”, più volte richiesta dai non addetti ai lavori, non è l’auspicato “game changer” che potrebbe cambiare la situazione strategica a favore dell’Ucraina.

 Allo stesso tempo, però, aumenta il rischio di un’escalation “estrema”, un conflitto militare tra la NATO e la Russia, con il pericolo reale di una guerra nucleare limitata al continente europeo, anche se gli Stati Uniti e la Russia vogliono evitarla.

Non dovremmo aspettare questo sviluppo.

 Dopo tutto, sarebbe nell’interesse dell’Ucraina cercare un cessate il fuoco il prima possibile per aprire la porta ai negoziati di pace.

È anche nell’interesse degli Stati europei, che sostengono l’Ucraina incondizionatamente ma senza una strategia riconoscibile.

 Il crescente logoramento delle forze armate ucraine aumenta il rischio che la guerra in Ucraina degeneri in una guerra europea per l’Ucraina.

L’Ucraina sta aumentando questo rischio effettuando sempre più spesso attacchi contro le infrastrutture strategiche della Russia con il sostegno dell’Occidente, come il 26 dicembre 2022 contro la base strategica nucleare Engels, vicino a Saratov, o il ponte di Kerch in Crimea.

 Inoltre, l’Occidente potrebbe sentirsi costretto a prevenire una devastante sconfitta militare dell’Ucraina intervenendo attivamente.

Sta crescendo la consapevolezza che questo sia un pericolo reale.

È possibile negoziare con Putin?

Finora non ci sono prove che l’obiettivo politico dell'”operazione militare speciale” sia la conquista e l’occupazione dell’intera Ucraina e che la Russia stia pianificando un attacco agli Stati della NATO.

Non c’è nemmeno alcuna indicazione che Russia e Stati Uniti si stiano preparando a questa eventualità.

Dal punto di vista militare, tuttavia, non si può escludere del tutto che le forze armate russe intendano conquistare le zone a ovest del Dnieper, dato che non hanno ancora distrutto i ponti sul fiume, anche se questo sarebbe di grande vantaggio nella situazione attuale.

Putin nega vigorosamente che – come spesso si sostiene – stia perseguendo l’obiettivo imperialista di ricostruire l’Unione Sovietica:

“Chiunque non abbia nostalgia dell’Unione Sovietica non ha cuore, chiunque la rivoglia non ha cervello”.

Putin era e certamente è ancora disposto a negoziare con l’Ucraina – sempre a condizione che anche l’altra parte, cioè quella americana, ucraina e occidentale, sia disposta a negoziare.

Putin si è espresso in tal senso in diverse occasioni.

Ad esempio, in occasione della dichiarazione di mobilitazione parziale del 21 settembre 2022:

“Vorrei renderlo pubblico per la prima volta oggi. Dopo l’inizio dell’operazione militare speciale, e soprattutto dopo i colloqui di Istanbul, i rappresentanti di Kiev sono stati abbastanza positivi nei confronti delle nostre proposte. […]

Ma una soluzione pacifica ovviamente non piaceva all’Occidente, ed è per questo che a Kiev, dopo aver accettato alcuni compromessi, è stato di fatto ordinato di annullare tutti questi accordi”.

Sempre il 30 settembre 2022 nella dichiarazione sull’annessione delle quattro regioni:

“Chiediamo al regime di Kiev di cessare immediatamente il fuoco, di porre fine a tutte le ostilità, di porre fine a questa guerra, iniziata già nel 2014, e di tornare al tavolo dei negoziati. Siamo pronti a farlo, come abbiamo già dichiarato più volte”.

Il 17 giugno 2023, Putin ha detto alla delegazione di pace africana:

“Siamo aperti a un dialogo costruttivo con tutti coloro che vogliono la pace basata sui principi di giustizia e sulla considerazione degli interessi legittimi delle diverse parti”.

In questa occasione, Putin ha mostrato una copia siglata della bozza di trattato dei negoziati di Istanbul.

Il 23 giugno 2023, “Die Welt” ha scritto in un dettagliato editoriale che anche i media russi hanno parlato di negoziati; si può presumere che ciò sia avvenuto con l’approvazione del Cremlino.

L’iniziativa africana è stata ampiamente ripresa dalla stampa russa in occasione del vertice russo-africano e commentata positivamente.

 

L’agenzia di stampa statale “RIA” ha pubblicato un commento in cui deplora il fallimento delle iniziative di pace fino ad oggi.

 Il caporedattore “Margarita Simonjan”, che in precedenza aveva chiesto un’azione più dura da parte dell’esercito russo, ha auspicato un cessate il fuoco e una zona demilitarizzata assicurata dalle truppe di pace delle Nazioni Unite.

 Era giusto fermare subito lo spargimento di sangue.

Gli ucraini dovrebbero poi indire dei referendum per decidere da soli a quale Paese vogliono appartenere.

“Abbiamo bisogno di territori che non vogliono vivere con noi? Non ne sono sicura. Per qualche ragione, mi sembra che nemmeno il Presidente ne abbia bisogno”, ha detto “Simonjan”.

 

La guerra avrebbe potuto essere evitata se l’Occidente avesse accettato uno status di neutralità per l’Ucraina – cosa che “Zelenkskyi” era inizialmente abbastanza disposto a fare – rinunciando all’adesione alla NATO e applicando l’”accordo di Minsk II” sui diritti delle minoranze per la popolazione russofona.

 La guerra sarebbe potuta finire all’inizio dell’aprile 2022 se l’Occidente avesse permesso di concludere i negoziati di Istanbul.

Ora è di nuovo, e forse per l’ultima volta, la responsabilità dell'”Occidente collettivo” e degli Stati Uniti in particolare, di tracciare la rotta verso il cessate il fuoco e i negoziati di pace.

C’è una via d’uscita dal pericolo.

Le rivalità imperiali, l’arroganza nazionale e l’ignoranza hanno scatenato la Prima Guerra Mondiale, che è stata descritta come la catastrofe originaria del XX secolo.

La guerra in Ucraina non deve diventare la catastrofe primordiale del XXI secolo! La crescente europeizzazione del conflitto minaccia di portare a una grande guerra tra la Russia e la NATO, che nessuna delle due parti vuole e, vista la grave minaccia di catastrofe nucleare, non può volere.

È quindi urgente fermare l’escalation prima che prenda uno slancio proprio, che non può più essere controllato politicamente.

Spetta ora agli Stati europei e all’Unione Europea, il cui peso politico globale è costantemente ridotto dalla guerra, concentrare tutti i loro sforzi per ripristinare una pace stabile nel continente ed evitare così una grande guerra europea.

Per evitarlo è necessario l’impegno dei principali politici europei, in particolare del Presidente francese e del Cancelliere tedesco, in uno sforzo congiunto e in coordinamento con i Presidenti degli Stati Uniti e della Turchia, finché si è ancora in tempo e il “punto di non ritorno”, a cui “Jürgen Habermas” ha fatto riferimento in modo impressionante, non è ancora stato superato.

 

La pace è possibile: come si può trovare una via d’uscita dalla guerra.

Le posizioni iniziali delle parti in conflitto sono le seguenti:

Ucraina:

– Negoziati solo dopo il ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino o dopo la liberazione di tutti i territori occupati dalla Russia.

– L’obbligo della Russia di sostenere i costi della ricostruzione.

– Condanna della leadership russa responsabile dell’attacco.

– L’adesione alla Nato dopo la fine della guerra.

– Garanzie di sicurezza da parte di Stati designati dall’Ucraina.

Russia:

– Neutralità consolidata dell’Ucraina – nessuna adesione alla NATO.

– Nessun dispiegamento di truppe americane e di altre truppe della NATO sul territorio ucraino.

– Riconoscimento delle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhya come territorio russo.

– Limiti massimi per le forze armate ucraine nel loro complesso e per i singoli tipi di armi.

– Negoziati sul controllo degli armamenti con gli USA/NATO, in particolare sui meccanismi di verifica del sistema di difesa balistica/BMDS della NATO in Polonia e Romania.

 

Dopo il ritiro dell’Ucraina dagli accordi di Istanbul, entrambe le parti in conflitto hanno posto delle condizioni preliminari per l’avvio dei negoziati, con il presidente ucraino che ha addirittura vietato i negoziati per decreto.

Entrambe le parti hanno anche avanzato richieste per i risultati dei negoziati che non possono essere realizzati in questo modo.

 Sarebbe quindi necessario garantire che tutte le condizioni per l’avvio dei negoziati vengano prima abbandonate.

 Il documento cinese offre un approccio ragionevole a questo proposito.

Chiede che i negoziati di Istanbul vengano ripresi al livello raggiunto all’epoca (“riprendere i colloqui di pace […] riprendere i negoziati”).

Gli Stati Uniti hanno un ruolo importante da svolgere nella realizzazione dei negoziati.

Gli Stati Uniti devono esortare il Presidente ucraino a negoziare.

Inoltre, gli Stati Uniti (e la NATO) devono essere pronti a impegnarsi in negoziati sul controllo degli armamenti, comprese le misure militari volte a rafforzare la fiducia.

 

Le fasi e i contenuti del negoziato possibile.

Fase I – Cessate il fuoco.

 

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite:

Decide, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della Carta delle Nazioni Unite, in conformità con la responsabilità primaria per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale affidatagli dai suoi membri, un calendario e un programma per un cessate il fuoco e per i negoziati per porre fine alla guerra in Ucraina e ripristinare la pace,

Decide un cessate il fuoco generale e completo tra le parti belligeranti Russia e Ucraina con effetto dal “giorno X”.

Il cessate il fuoco avrà luogo senza eccezioni e senza alcuna restrizione o regolamentazione speciale, indipendentemente dallo schieramento delle forze armate e dei sistemi d’arma contrapposti, e sarà attuato in modo generale e completo,

incarica un Alto Commissario per la pace e la sicurezza in Ucraina con la responsabilità politica dell’attuazione del calendario e del programma e di tutte le misure adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in questo contesto,

Decide di dispiegare una forza di pace delle Nazioni Unite in conformità con il Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, con il compito di osservare e far rispettare il cessate il fuoco e le misure di sicurezza e militari concordate tra le parti,

2). le parti in conflitto cessano tutte le ostilità alla data stabilita dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (“Giorno X”).

3). a partire da questa data, non saranno più fornite armi e munizioni all’Ucraina. La Russia smetterà inoltre di fornire armi e munizioni alle sue forze armate nel territorio occupato dal 24 febbraio 2022 e in Crimea.

4). tutte le forze straniere irregolari, i consiglieri militari e i membri dei servizi segreti di entrambe le parti in guerra saranno ritirati dal territorio ucraino entro il “giorno X” +10.

 

 Fase II – Negoziati di pace.

1. i negoziati di pace iniziano il “giorno X” +15 sotto la presidenza del Segretario Generale delle Nazioni Unite e/o dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per la pace e la sicurezza in Ucraina presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra.

2. entrambe le parti in conflitto riaffermano la loro determinazione a condurre i negoziati con la ferma intenzione di porre fine alla guerra e di cercare una soluzione pacifica e duratura di tutte le questioni controverse. Esse intendono tenere conto delle lettere della Russia agli Stati Uniti e alla NATO del 17 dicembre 2021, nella misura in cui sono rilevanti per i negoziati bilaterali, e del documento di posizione dell’Ucraina per i negoziati del 29 marzo 2022, e basarsi sui risultati dei negoziati di Istanbul.

3. elementi di una soluzione negoziata:

 

a) Le parti in conflitto.

Non si vedono come avversari e

si impegnano a tornare ai principi di sicurezza uguale e indivisibile,

si impegnano ad astenersi dalla minaccia e dall’uso della violenza,

si impegnano a non prendere alcuna misura in preparazione di una guerra contro la Parte contraente,

si impegnano alla trasparenza nella pianificazione e nelle esercitazioni militari e a una maggiore prevedibilità delle loro azioni militari e politiche,

accettare il dispiegamento di una forza di pace delle Nazioni Unite sul territorio ucraino in una zona larga cinquanta chilometri fino al confine con la Russia, includendo le regioni di Luhansk, Donetsk, Zaporizhia e Kherson entro i loro confini amministrativi,

si impegnano a risolvere tutte le controversie senza l’uso della forza con la mediazione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite o, se necessario, degli Stati garanti. Il diritto dell’Ucraina all’autodifesa individuale e collettiva, in conformità con l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, rimane inalterato.

 

b) Russia.

Sta ritirando le sue forze armate sul territorio ucraino allo stato del 23 febbraio 2022.

Ritira le forze armate presenti sul suo territorio da una zona larga cinquanta chilometri fino al confine ucraino, dispiegate in questa zona dal 24 febbraio 2022.

 

c) Ucraina.

Sta ritirando le proprie forze da una zona larga cinquanta chilometri fino al confine con la Russia, che comprende le regioni di Luhansk, Donetsk, Zaporizhia e Kherson,

dichiara il suo status permanente di Stato neutrale e non aderisce ad alcuna alleanza militare, compresa l’Alleanza Nord Atlantica.

La sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza statale dell’Ucraina sono garantite da corrispondenti assicurazioni da parte delle potenze garanti.

 Gli impegni di garanzia non si applicano alla Crimea e a Donetsk, Luhansk, Zaporizhia e Kherson all’interno degli ex confini amministrativi,

rinuncia allo sviluppo, al possesso e al dispiegamento di armi nucleari sul proprio territorio,

non permetterà lo stazionamento permanente o temporaneo delle forze armate di una potenza straniera o delle sue infrastrutture militari sul proprio territorio,

non permetterà esercitazioni e manovre di forze armate straniere sul proprio territorio,

attuerà i massimali concordati per le forze armate ucraine entro due anni.

d) I problemi relativi alla Crimea e a Sebastopoli saranno negoziati bilateralmente attraverso i canali diplomatici entro quindici anni e risolti senza l’uso della forza militare.

e) Lo status futuro delle regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhya e Kherson sarà concordato reciprocamente nei negoziati.

La Russia consentirà il ritorno dei rifugiati.

 Se i partner negoziali non dovessero raggiungere un accordo sulla questione, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per la pace e la sicurezza in Ucraina organizzerà un referendum entro due anni dall’entrata in vigore del trattato di pace, in cui la popolazione deciderà sul futuro status.

Possono partecipare i cittadini ucraini che avevano la residenza permanente in queste regioni al 31 dicembre 2021.

La Russia e l’Ucraina si impegnano a riconoscere il risultato del referendum e ad attuarlo nelle rispettive legislazioni nazionali entro la fine dell’anno in cui si svolge il referendum.

Per la popolazione di una o più regioni che decidono di rimanere parte dello Stato ucraino, il governo ucraino incorporerà e implementerà i diritti delle minoranze secondo gli standard europei nella costituzione entro la fine dell’anno in cui si è svolto il referendum (in conformità con l’Accordo di Minsk II).

f) Gli Stati garanti membri dell’Unione europea promuoveranno l’adesione dell’Ucraina sostenendo lo Stato di diritto e le riforme democratiche.

g) La ricostruzione dell’economia e delle infrastrutture ucraine sarà sostenuta da una conferenza internazionale di donatori.

h) Entrambe le Parti parteciperanno e sosterranno in modo costruttivo una Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa nel formato CSCE con l’obiettivo di stabilire un ordine di sicurezza e di pace europeo. La conferenza si terrà entro un anno dall’entrata in vigore del trattato di pace.

(i) Il Trattato entrerà in vigore non appena entrambe le Parti e cinque Stati garanti lo avranno firmato e, se necessario, i parlamenti di questi Stati lo avranno approvato e l’Ucraina avrà codificato il suo status di Stato neutrale, indipendente e non allineato (senza l’obiettivo dell’adesione alla NATO) modificando la Costituzione.

k) Eventuali ritardi non giustificano una violazione del cessate il fuoco o il ritiro dagli accordi raggiunti fino a quel momento.

 

Fase III Un ordine di sicurezza e di pace europeo.

A lungo termine, solo un ordine di sicurezza e di pace europeo può garantire la sicurezza e la libertà dell’Ucraina, in cui l’Ucraina e la Russia hanno il loro posto. Un’architettura di sicurezza europea in cui la posizione geostrategica dell’Ucraina non giochi più un ruolo chiave nella rivalità geopolitica tra Stati Uniti e Russia.

 Il modo per raggiungere questo obiettivo è una conferenza in formato “CSCE” che si basi sui grandi progressi compiuti con la “Carta di Parigi” e li sviluppi ulteriormente, tenendo conto delle attuali condizioni della politica di sicurezza e del quadro strategico.

A giugno si vota, ma

per quale Europa?

Sbilanciamoci.info – (26 Aprile 2024) - Elena Granaglia, Gloria Riva – ci dicono:

 

Le elezioni europee sono alle porte.

Per contribuire alla discussione, è uscito il volume del “Forum Disuguaglianze Diversità”: “Quale Europa. Capire, discutere, scegliere”.

 

 Fra meno di due mesi si vota. Eppure, di cosa ha fatto l’Unione, di cosa potrebbe fare o non fare ben poco si discute.

Non è questo un buon segno per la vita democratica. Per contribuire concretamente alla discussione, è uscito da poco il volume del Forum Disuguaglianze Diversità a cura di Elena Granaglia e Gloria Riva, Quale Europa. Capire, discutere, scegliere (Donzelli, 2024).

Di seguito, dall’Introduzione del volume.

 

…Noi, con l’Assemblea del Forum Disuguaglianze Diversità (ForumDD), che ha dato mandato a scrivere questo libro, pensiamo che

“l’Unione Europea abbia un ruolo centrale nella strada verso la giustizia sociale e ambientale per tutti e tutte noi, per le motivazioni di pace e coesione che hanno mosso questo tentativo senza precedenti nella storia, perché la scala continentale è in molti ambiti indispensabile per espandere la nostra libertà sostanziali” e per i molti risultati raggiunti in questi oltre sessanta anni.

Ma i limiti dell’Unione sono evidenti.

Non solo quelli delle politiche errate di austerità specie dopo la crisi del 2008.

Anche i limiti che quotidianamente viviamo, dall’iper-regolazione al peso dei gruppi di interesse, dagli stalli decisionali alla insufficiente democraticità e allo svilimento delle politiche pubbliche quale leva di giustizia sociale e ambientale, all’incapacità di costruire una politica estera unitaria e autonoma.

 E siamo consapevoli della tante, ingiuste disuguaglianze, fra territori e fra persone, nonché delle tante persone povere e impoverite che popolano l’Unione e che nell’Unione non trovano risposta.

La strada da prendere non è, però, quella dell’indifferenza o dell’opposizione all’Unione.

L’Unione può essere una risorsa preziosa per i destini del mondo, proprio in questa fase in cui è il suo destino a essere messo in discussione.

Il 2024 sarà un anno speciale:

4 miliardi di persone in 76 paesi andranno al voto e noi ci chiediamo se sarà l’inizio della rivincita della democrazia, che in questi anni abbiamo visto progressivamente arretrare, oppure, al contrario un altro passo verso l’autoritarismo.

 Dobbiamo fare la nostra parte.

Mentre dall’altro lato dell’Oceano Atlantico Donald Trump rischia di tornare alla Casa Bianca, e anche il suo sfidante non offre garanzie di pace internazionale, mentre la Cina entra in modo repentino nella geopolitica mondiale, mentre guerre cruente divampano nel mondo e la Corte Internazionale di Giustizia, osservando una “situazione umanitaria catastrofica”, giudica “plausibile” il “diritto dei Palestinesi a Gaza di essere protetti da atti di genocidio”,  in questo disordine internazionale, l’Unione Europa deve riprendere la sua missione fondante, dimostrando che è possibile coniugare pace, libertà, sviluppo armonioso, democrazia,  diritti sociali e essere, oggi, anche avamposto della transizione ecologica, non più opzionabile o derogabile.

In questa prospettiva, allora, le imminenti elezioni europee non sono l’occasione per premiare questo o quel politico e tantomeno sono il termometro della vitalità del governo italiano.

 La posta in gioco è ben più alta.

 L’Unione Europea è indispensabile nella strada verso la giustizia sociale e ambientale e nel necessario percorso di pace e sviluppo armonioso oggi ad altissimo rischio.

Non serve, però, una “Unione qualunque”.

 Serve un’Unione che faccia vivere i diritti fondamentali della Carta e dei Trattati; un’Unione aperta, capace di tutelare la concorrenza dall’espansione di posizioni dominanti nei mercati, di offrire a tutte e tutti i suoi cittadini beni pubblici che solo a quella scala si possono produrre, di far partecipare tutti e tutte al miglioramento delle condizioni di vita e di garantire sicurezza e benessere anche di fronte ai rischi provocati dalla crisi climatica, di svolgere un’azione di pace e giustizia nel mondo.

Si sfidano oggi, e continueranno a sfidarsi dopo le elezioni, tre idee diverse di Europa:

 quella che ha governato gli ultimi cinque anni, che, pur compiendo passi in avanti in campo digitale, ambientale e di autonoma capacità di investimento, resta profondamente segnata dalla cultura neoliberista;

quella conservatrice-autoritaria, che al neoliberismo cerca di affiancare nazionalismo e corporativismo, giocando “sociale” contro “ambientale”, “noi” contro “loro”;

e, poi, una terza idea di un’Europa di giustizia sociale e ambientale e di pace.

Quest’ultima è l’aspirazione del Forum DD, che vogliamo delineare in questo libro.

I risultati elettorali di Spagna e Polonia dello scorso anno ci dicono che la partita è aperta e, in ogni caso, è necessario provarci.

E dunque il Forum DD ha deciso di pubblicare questo libro, costruito a partire dalle sue tesi e integrato con contributi esterni condivisi, per offrire ai cittadini e alle cittadine la base di un confronto pubblico da attivare nel paese.

Tutte e tutti noi, autori e membri del Forum DD, inizieremo ad attivarlo subito dopo la pubblicazione di questo volume, con un viaggio per l’Italia, un tour per offrire un luogo, un foro, in cui confrontarci con le proposte che altre organizzazioni stanno costruendo come” Il libro verde del Movimento Europeo”, discutere e, perché no, sfidare candidati e candidate che chiederanno il voto sul loro programma elettorale.

Attenzione.

Non troverete in questo libro un’indicazione al voto e questa non è neppure una discesa in campo del Forum DD nell’arena elettorale, piuttosto il volume vuole offrire ai cittadini e alle cittadine dell’Italia e dell’Europa una lucida analisi dello stato dell’arte dell’Unione oggi e le necessarie proposte che un politico/una politica progressista e lungimirante, serio/a e attento/a, dovrebbe proporre ai propri elettori e sostenere durante i successivi cinque anni.

L’obiettivo, in altri termini, è offrire un contributo informativo a chi vota;

dare uno sprone e una motivazione a quanti percepiscono l’Europa come entità inutile o dannosa;

 essere un metro per giudicare, prima e dopo le elezioni, programmi, partiti, candidature e eletti ed avere una bussola per valutare le politiche che l’Unione Europea introdurrà nella prossima legislatura, così sostenendo anche il monitoraggio da parte delle organizzazioni della cittadinanza attiva.

 In breve, l’ambizione è quella di offrire idee e proposte capaci di enucleare l’Unione che serve al fermento sociale e operoso del paese, che prova ogni giorno a costruire un futuro più giusto. 

Il volume si concentra sui temi su cui il Forum DD ha più lavorato in questi anni:

  le disuguaglianze, il welfare, la transizione ambientale, la conoscenza come bene comune, ma in questo libro abbiamo fatto uno sforzo in più, provando a dire la nostra su temi nuovi, come la governance, le istituzioni europee, le migrazioni.

 E abbiamo sottolineato con forza la necessità di un Europa in cui l’equità di genere sia pratica quotidiana.

Su tutti questi temi troverete indicazioni concrete su cosa non ha funzionato e su come l’Unione può fare la differenza, riducendo contestualmente divergenze territoriali e disuguaglianze economiche e di opportunità;

 promuovendo un welfare universale e, dentro di esso, la salute quale bene pubblico europeo;

accelerando una trasformazione ecologica nell’interesse prima di tutto dei più vulnerabili; 

democratizzando il governo societario delle imprese e la gestione dei dati; lottando contro i pregiudizi e gli stereotipi che ancora bloccano l’equità di genere; combattendo la retorica dell’invasione da parte dei migranti, impegnandosi sia in percorsi di accoglienza dignitosi e di diversificazione delle vie legali di accesso, sia in politiche comuni che favoriscano lo sviluppo dei paesi di origine;

contrastando i processi di monopolizzazione della conoscenza che favoriscono la proliferazione di un’industria militarizzata e il rischio dell’escalation bellica.

 

Tocchiamo così, seppure entro i limiti delle competenze del Forum DD, il tema della guerra e della pace, convinti, come ha scritto l’Assemblea del Forum DD, dell’”incapacità” mostrata dall’Europa nella guerra Ucraina “dietro l’angolo di casa” di “sapere lavorare per la pace”.

Un’incapacità manifestata in modo ancor più grave di fronte alla “guerra di Gaza”, quando la disunità fra i membri dell’Unione ha fatto sì che alla formula di compromesso del “diritto di Israele di difendersi in linea con il diritto internazionale” di fronte al disumano massacro del 7 ottobre, non abbia fatto seguito alcun atto di coerenza morale e di opportunità politica con riguardo al “diritto internazionale”, neppure dopo la deliberazione della Corte Internazionale di Giustizia.

Per andare nella direzione da noi auspicata nel volume, agevolerebbero il compito una riforma dei Trattati che allenti il vincolo dell’unanimità e la costituzione di partiti europei.

 E in questa direzione anche il prossimo Parlamento Europeo deve lavorare.

 Ma l’assenza di questa situazione ora non deve essere una scusa per rinunciare a fare le cose.

Molto si può fare a Trattati dati, dando luogo a cambiamenti anche radicali, come questo libro dimostra con le sue tante proposte.

La prospettiva (o soluzione) è a portata di mano:

si tratta di riprendere la via di quel metodo di governo che ha segnato i momenti migliori dell’Unione, in cui a forti missioni e obiettivi generali elaborati con un forte ruolo di Commissione e Parlamento Europeo, si affianchi la capacità di declinarli a misura delle nazioni e dei luoghi, sempre attraverso spazi informati di partecipazione democratica e sempre pronti ad apprendere e a rivedere standard e regole.

Così procedendo, l’Unione può anche rappresentare una risposta alla crisi diffusa della democrazia che vivono le nostre società e una sponda per il Sud del mondo.

Per tutti questi motivi, quindi, comunque la pensiate, questo libro vuole essere un compagno per le prossime elezioni e uno strumento nelle mani di cittadini e cittadine, per sollecitare negli anni che ci aspettano l’Unione che sarà a riprendere con decisione la strada della giustizia sociale che oggi non può che essere anche ambientale.

 

 

 

 

Pensare al futuro è il segreto del successo,

i consigli dello psicologo.

Rapubblica.it - Giuliano Aluffi – (08 FEBBRAIO 2023) – ci dice

 

Soltanto la specie Homo prevede e programma il domani. Grazie all’area del cervello che assorbe ed elabora i ricordi, che sono la base dell’innovazione.

 In un saggio i consigli per farlo meglio.

Anche quest'anno inizio la dieta l'anno prossimo...":

è un fatto noto che per la maggior parte di noi i propositi per il nuovo anno rimangono lettera morta.

Eppure continuiamo a formularli anno dopo anno, convinti che questa volta sarà quella buona.

 "Individualmente fatichiamo a prevedere come ci comporteremo nei prossimi mesi, eppure la progettazione è stato un vero superpotere per il successo della nostra specie" osserva “Thomas Suddendorf”, docente di psicologia all'Università di Queensland.

Nel saggio “The invention of tomorrow: A natural history of foresight” (L'invenzione del domani: una storia naturale della previsione, Basic Books) “Suddendorf “indaga - insieme al collega” Jonathan Redshaw”, ricercatore in psicologia, e a “Adam Bulley”, scienziato cognitivo all'Università di Harvard - proprio sulla discrasia tra i successi collettivi e le carenze individuali nella lungimiranza.

"Riuscire a immaginarci in situazioni ipotetiche, che esulano dal "qui ed ora", è alla base di ogni innovazione, fin dai nostri lontanissimi antenati:

l' “Homo erectus” già 1,8 milioni di anni fa costruiva asce bifacciali scheggiando delle pietre.

 Fu il primo essere vivente a impadronirsi dell'idea di futuro:

passare ore a scheggiare una pietra per poterla usare in un secondo momento e in un altro luogo, quello della caccia, è molto diverso dal semplice raccogliere un ramo per reagire sul posto all'aggressione di una belva" spiega “Suddendorf”.

"Riuscire a vedere oltre il "qui e ora" è anche alla base di ogni contratto sociale: perché sia possibile un patto tra noi due, e io ti conceda qualcosa oggi, è necessario che io abbia in mente che verrà un momento in cui tu farai la tua parte e il mio "io futuro" ne beneficerà".

 

Il ruolo dell'ippocampo.

Immaginarsi nel futuro è una capacità unica dell'Homo sapiens:

 "Animali che in apparenza sembrano in grado di farlo, come gli scoiattoli che fanno scorta di noci per l'inverno, in realtà agiscono per puro istinto, in reazione a stimoli ambientali come l'accorciarsi delle giornate" spiega” Adam Bulley”.

"Lo dimostra il fatto che quello è un comportamento comune anche ai giovani scoiattoli che non hanno mai sperimentato prima l'inverno e patito la difficoltà di trovare cibo".

Nel nostro cervello, sorprendentemente, futuro e passato hanno un legame molto stretto:

"Se chiediamo a qualcuno di ricordare un episodio dell'anno scorso, e poi di immaginare un evento che potrebbe vivere tra un anno, vedremo che ad attivarsi sono le stesse strutture neuronali" spiega “Bulley”.

"Un ruolo cruciale in entrambi i casi è quello dell'ippocampo: permette ai frammenti di ricordi di combinarsi insieme sia per ricostruire un ricordo nella sua interezza, sia per pensare a un evento futuro".

Succede così perché la nostra memoria non incamera ogni singola esperienza come se fosse un filmato iperdettagliato e immutabile:

sarebbe poco efficiente. "Invece ciò che conserviamo sono dei "pezzetti" di ricordi (ad esempio il volto di un conoscente, uno scorcio di città, il colore della nostra auto) che vengono riassemblati - grazie all'ippocampo, che agisce come un indice - sul momento, quando vogliamo rievocare un episodio specifico del passato" spiega Bulley. "E usiamo questi stessi "mattoncini Lego" mentali anche per visualizzare eventi che potrebbero coinvolgerci nel futuro".

Iniziamo a padroneggiare quest'arte intorno ai quattro anni di età.

Lo suggeriscono diversi studi, come quelli della psicologa “Janie Busby Grant”, che mostrano come solo il 40 per cento dei genitori credono che, a tre anni, i figli usino correttamente la parola "domani".

 Al quarto anno invece i bambini ne colgono il significato.

E sempre a quell'età capiscono che il futuro può prendere diverse strade alternative, ed è bene prepararsi:

"Lo dimostra anche un nostro esperimento" spiega “Suddendorf”.

 "Di fronte a un tubo a "Y" rovesciata nel quale si fa cadere una caramella, solo dai quattro anni in poi si capisce che, invece di cercare di indovinare l'uscita giusta, conviene tenere entrambe le mani sotto le due estremità della "Y", così da avere sempre successo".

 

Pensieri dominanti.

"Pensare a ciò che sarà è così importante per prepararci alle sfide della vita che i suoi meccanismi rientrano nella routine quotidiana del cervello" spiega Bulley.

"Il pensiero sul futuro non è associato solo all'ippocampo, ma anche al “default mode network”, ovvero l'insieme di neuroni che è molto attivo quando la nostra attenzione non è concentrata su un compito preciso.

 Insomma, quando il cervello è "libero" è molto probabile che iniziamo a pensare a ciò che dobbiamo fare domani, tra una settimana o più in là".

Però più lontano è il futuro, meno lo sentiamo nostro:

 alcuni studi mostrano che quando visualizziamo noi stessi in una situazione futura, di qualsiasi tipo, che sia una vacanza o un esame, più la data dell'evento è lontana, più si attivano i neuroni che usiamo per immaginare un'altra persona in quelle circostanze.

E non è un bene:

 "È questa "depersonalizzazione" del futuro più lontano a portarci a sottovalutare l'importanza di precauzioni come le pensioni integrative o la cura del corpo per minimizzare gli acciacchi che avremo da anziani" spiega Bulley.

La soluzione?

Considerare anche il nostro futuro più lontano come più "vicino" - magari contando il tempo che ci separa da un evento in giorni anziché in anni, come mostra uno studio della psicologa “Daphna Oyserman” - e anche come più "nostro":

uno studio dello psicologo “Hal Hershfield” sostiene che se ci mostrano un'immagine di noi stessi invecchiata dal computer, siamo più inclini a mettere via soldi per la pensione.

E in ogni caso programmare conviene:

un recente studio dello psicologo “Robert Thorstad”, condotto sull'analisi dei tweet di 38 mila persone, dimostra che le persone che più twittano riguardo al futuro più distante, e quindi ci pensano di più, sono anche quelle che nel presente prendono decisioni più lungimiranti.

"Però va detto che quando ci proponiamo di visualizzare il futuro lontano possiamo sbagliarci di grosso" spiega Bulley.

 "Molti studi oggi convergono nel dirci che ci inganniamo soprattutto quando pensiamo a quanto una certa condizione - come dimagrire, vincere alla lotteria - potrà renderci felici o infelici”.

 

L'importanza del contesto.

Questo perché, come abbiamo visto, per costruire mentalmente il futuro assembliamo in modo nuovo frammenti già esistenti nei nostri ricordi, ma la nostra memoria può tradirci:

sia perché fallace di suo, sia perché inadatta a rappresentare una situazione mai vissuta prima, come appunto una vincita alla lotteria o perfino la nascita di un figlio.

Inoltre quando cerchiamo di predire le emozioni che proveremo nel futuro riguardo a un certo evento, le decontestualizziamo:

ci basiamo su quelle dell'oggi, trascurando il fatto che il nostro contesto potrebbe cambiare e così le nostre reazioni".

I più lungimiranti - consci che il comportamento dipende fortemente dal contesto, e che quindi il loro "io futuro" può avere intenzioni (come l'impulso irresistibile di controllare i messaggi su Facebook o Instagram) diverse da quelle che hanno nel presente - usano sistemi per assicurarsi che il proprio "io futuro" non soccomba alle tentazioni, come fece Ulisse con le sirene.

Ad esempio chi deve consegnare un lavoro e ha poche ore per finirlo, può oggi usare app come “Freedom” o “StayFocusd” che bloccano l'uso del web per un tempo prestabilito.

 

 

 

 

Joe Biden e l'Unipartito colpevole del

peggiore insabbiamento del genocidio

della storia.

Allnewspipeline.com - Stefan Stanford – (27 aprile 2024) – Redazione – ci dice:

 

Un programmatore medico fornisce la PROVA che il governo degli Stati Uniti ha compiuto omicidi di massa e genocidio assolutamente ORRIBILI contro gli americani!

L'"agenda di spopolamento" dimostrata dalle stesse parole di “Kamala Harris”.

Se dovessi chiedere a chiunque, in quest'anno 2024, cosa pensa dell’"agenda di spopolamento" portata avanti da “Joe Biden”, “Kamala Harris”, dall'intero apparato mediatico mainstream e dall'intero governo degli Stati Uniti, otterresti sicuramente un'espressione del tipo "sei pazzo, amico" e un'affermazione del tipo "questa è una folle teoria del complotto di destra", almeno fino a quando non hai risposto con le loro stesse dichiarazioni e parole.

Con “All News Pipeline” che è stata pesantemente attaccata e addirittura de-finanziata nel corso degli anni per aver pubblicato articoli sull'"agenda di spopolamento", nonostante abbia condiviso con voi fatti e dichiarazioni fatte da vari membri dell'"élite globale", a cui raccomandiamo di abbandonare definitivamente quella frase "globale" ‘élite' per chiamarli per quello che sono veramente, 'assassini di massa genocidi', dobbiamo dare un'occhiata all'interno di questa storia per trovare ulteriori prove che avevamo ragione fin dall'inizio, che questi 'assassini di massa genocidi ' hanno da tempo piani molto REALI, per UCCIDERE TE e i tuoi familiari , oltre a ulteriori prove che la "grande tecnologia" sta nascondendo questo omicidio di massa compiuto in tutta l'America e nel mondo intero dal nostro  PROPRIO GOVERNO.

 

E mentre psicopatici come "l'assassino di massa Joe Biden" e "l'assassino di massa Kamala Harris" potrebbero chiamarci pazzi, daremo ora uno sguardo alle osservazioni fatte proprio di recente dalla "assassino di massa Kamala Harris", a cui la invitiamo a confutare, ma possiamo garantirvi che non sarà mai in grado di farlo.

Come Kamala balbettava di recente in questo video salvato su “X” perché tutti voi potessi sentirlo:

“Quando investiamo in energia pulita e veicoli elettrici e “RIDUCIAMO LA POPOLAZIONE”, ma  più bambini potranno respirare aria pulita e bere acqua pulita."

Ebbene, come intendi procedere con la “riduzione della popolazione”  di cui parli adesso, “Kamala”?

E come mai la " riduzione della popolazione " è solo una " folle teoria della cospirazione " se il vicepresidente americano ne parla ora?

 Suggerisco che se Kamala vuole VERAMENTE "ridurre la popolazione", INIZIA DA SÉ STESSA e mostri a TUTTO il resto del paese e del pianeta come si fa!

Allora lasciamo che sia il resto del mondo a decidere da solo se vogliamo davvero portare a termine questo suo piano subdolo e psicopatico!

Altrimenti, questa “riduzione della popolazione” di cui parla “Kamala” è un palese omicidio di massa su scala globale, portato avanti niente meno che da “Joe Biden”, “Kamala Harris” e il resto degli psicopatici a Washington DC e nel mondo.

E se si tratta davvero di un omicidio di massa, non è ormai da tempo che il popolo americano inizia a utilizzare alcuni degli oltre 500 milioni di modi a disposizione per difendersi da questi psicopatici? 

Naturalmente, essendo un attivista pacifista di lunga data, non avevo mai sostenuto la violenza.

Ma credo sempre nell'autodifesa contro gli psicopatici che lavorano segretamente e silenziosamente per ucciderci in modo da poter effettuare la "riduzione della popolazione".

E di seguito potete leggere da un programmatore medico ospedaliero quanti americani innocenti in tutto il paese questo nostro governo ha già ucciso!

(Quindi devi assolutamente dare un'occhiata al video imperdibile che abbiamo incorporato come primo video in fondo a questa storia.)

 Venendo da noi da un "codificatore medico ospedaliero" che è stato intervistato dalla Difesa della salute dei bambini, siamo andati avanti e abbiamo ripubblicato le sue osservazioni affinché tutti voi possiate leggerle se non avete il tempo o l'interesse per ascoltarla voi stessi.

 

Dimostrare ancora una volta che le morti assolutamente orribili di cui abbiamo parlato su” ANP” tramite i "vax" che Joe Biden e Kamala Harris e il resto degli psicopatici e maniaci di Washington DC stavano FORZANDO gli americani a subire erano davvero reali, è questa la “riduzione della popolazione” di cui “Kamala” blaterava?

Sembra proprio che “Kamala Harris” abbia segnato il proprio destino con le sue stesse parole.

" Non sapevo che fosse possibile per un essere umano morire in modo così orribile, così rapidamente, prima che venissero somministrate le iniezioni di mRNA ... [Per] giorni, i pazienti avrebbero avuto convulsioni, e nessun farmaco sarebbe riuscito a fermarlo, e alla fine loro ...dovevano essere soppressi."

 

Un programmatore medico ospedaliero che per questa intervista si fa chiamare solo "Zoe" descrive per “Children's Health Defense” gli orrori a cui ha assistito in seguito al lancio delle iniezioni di COVID.

Tra le malattie impensabili e mortali c’erano cose come l’ “encefalite”,” la cancrena della colonna vertebrale”, “i coaguli di sangue”, gli “ictus” e l’ “insufficienza multiorgano”.

"Non sapevo che fosse possibile per un essere umano morire in modo così orribile, così velocemente, prima che iniziassero le iniezioni di mRNA...

Era pazzesco, non avevo mai visto niente del genere.

I peggiori di loro, li chiamavano che si trattava di” sepsi”, ma era come un'insufficienza multiorgano istantanea.

Nel giro di poche ore i pazienti sarebbero morti di fegato, polmoni, reni... insufficienza [tutto in una volta]..." dice Zoe a CHD.

Aggiunge che "Alcuni dei documenti...[della] squadra di emergenza che li ha trovati [le vittime dell'iniezione], è come se il loro corpo avesse cercato di rigettare tutto e [in] alcuni di questi casi la loro famiglia sarebbe arrivata 30 minuti prima, e poi nel giro di un'ora sono morti."

Zoe nota che " c'erano pazienti che arrivavano con convulsioni come non avevo mai visto prima " e che il personale ospedaliero "non riusciva a controllarne alcuni".

Il programmatore aggiunge: "[Per] giorni, i pazienti avrebbero avuto convulsioni, e nessun farmaco sarebbe riuscito a fermarle, e alla fine... dovevano essere soppressi."

"L'hanno chiamata encefalite, o encefalopatia, e più tardi, anche l'organizzazione di codifica... [l'hanno chiamata] encefalite associata a COVID-19", dice Zoe.

"[I] coaguli erano pazzeschi", osserva il programmatore.

"Mai visti coaguli del genere prima, nemmeno i radiologi interventisti che si recavano con... endoscopi dove possono eseguire interventi cardiaci e applicare uno stent [uno stent è un tubo solitamente costruito con una lega metallica o un polimero] nell'arteria carotide (se hai un ictus al cervello), normalmente è raro inserire più di uno stent e stavano documentando... più posizioni contemporaneamente.

 Avevano casi di infarto che erano simili a quelli in cui avevano bisogno di quantità massicce di “stent” di cui non avevano mai avuto bisogno prima. ”

Zoe continua dicendo che:

 "C'erano persone che facevano escursioni quando avevano vent'anni ed erano totalmente sane, che avevano corso maratone, che all'improvviso avevano bisogno di una gamba amputata perché avevano un enorme coagulo di sangue che andava dall'anca fino ai fianchi e gamba che non poteva essere salvata."

"Ci sono stati alcuni casi di cancrena spinale durante la notte, che non avevo mai visto prima", aggiunge il programmatore.

"E, sai, non puoi amputare la colonna vertebrale quando va in cancrena. Normalmente tagliano il tessuto che sta morendo in quel modo in modo da prevenire ulteriori infezioni e non sapevano cosa fare.

L'unica cosa che potevano fare era. ...sostituire praticamente quella parte della [loro] colonna vertebrale con un impianto, è il meglio che potevano fare... È stato davvero intenso."

Per quanto riguarda le risposte dei medici a questi orrori, Zoe dice: "[erano] sconcertati, non stavano unendo i punti".

 Tuttavia, aggiunge che " Sapendo quali potrebbero essere i potenziali sintomi di un danno da vaccino, avevamo al 100% tutte le cose che ho appena descritto ".

 Nonostante questa conoscenza, "i medici non lo direbbero mai [ai pazienti]. Direbbero semplicemente: " È un ictus. È un attacco di cuore. E poi non collegherebbero mai le due cose."

E i media mainstream hanno CONTINUATO a nascondere questo VERO GENOCIDIO per questi ASSASSINI DI MASSA a Washington DC e in tutto il pianeta che follemente pensavano che fosse loro compito “ridurre la popolazione” come stava balbettando “Kamala Harris”!

Com'è possibile che questi assassini di massa respirino ancora e non siano stati ancora completamente accusati di crimini contro l'umanità e di genocidio?

Quindi, mentre “Joe Biden “diceva agli americani che non avrebbero mai contratto il COVID se avessero fatto "l'iniezione", qualcosa che ormai tutti sanno era una grossa bugia, e l'establishment medico in realtà diceva alla gente che se avessero fatto le iniezioni e i richiami, sarebbero al sicuro dall'ammalarsi mortalmente del "virus", come abbiamo visto tutti negli ultimi anni, non ci sono mai state dette bugie così enormi e mostruose da coloro di cui una volta ci fidavamo per proteggerci da queste cose.

Con "il vax" che invece porta effettivamente a morti mostruose e orribili in coloro che hanno deciso di prenderlo, come ci racconta coraggiosamente "Zoe" nel primo video direttamente qui sotto, e l'establishment medico che copre quelle orribili morti per conto del diabolico governo degli Stati Uniti che dovrebbero tutti pagare con la vita per i propri crimini di guerra e di genocidio ( dopo i processi e le condanne, ovviamente! ), chiunque si aspetti davvero che le "grandi aziende farmaceutiche" e il governo degli Stati Uniti AMMETTANO di aver compiuto un genocidio… si sbaglia gravemente.

Ecco perché ci aspettiamo invece che vere e proprie organizzazioni criminali e assassini di massa come l’”OMS” e le “big pharma”, insieme ai terroristi all’interno del governo e delle forze armate statunitensi, “raddoppino” nei prossimi mesi scatenando nuove armi biologiche su di noi, gli americani dovrebbero avere la nostra testa su un perno e saremo pienamente preparati a tutto e a tutto nei prossimi giorni.

Come sentiamo nel secondo video qui sotto, c'è stata un'ESPLOSIONE assoluta di nuovi misteriosi tumori tra i "vaxxed" e, a causa in gran parte di queste armi biologiche e veleni che si " diffondono " anche sui " non vaccinati ", ci aspettiamo assolutamente che questi terroristi psicopatici se ne vadano fuori dai loro modi per evitare di essere ritenuti responsabili dei loro crimini contro l’umanità.

 Eppure, come ci dice "Zoe" nel primo video qui sotto, questi sono crimini assolutamente orribili di cui questi demoni DEVONO ESSERE RITENUTI RESPONSABILI, altrimenti non esiste più lo "stato di diritto." 

Eppure, come ci dice Kamala Harris con le sue stesse parole, stanno semplicemente “riducendo la popolazione”.

Compiendo un omicidio di massa.

E “Joe Biden” sorride, credendo nella sua mente folle che "se la caveranno con il genocidio ".

 

 

Un giorno più vicino all'Armageddon nucleare:

la “DC” si sta preparando per un 'fulmine a ciel sereno', ovvero un attacco nucleare inaspettato contro il Pentagono dalla fine della seconda guerra mondiale.

Allnewspipeline.com - Susan Duclos – Redazione – (15 aprile 2024) – ci dice:

 

Abbiamo discusso della possibilità di una guerra nucleare derivante dal conflitto Russia/Ucraina, e abbiamo menzionato la probabilità che il Medio Oriente, per quanto instabile, possa provocare la Terza Guerra Mondiale, ma gli eventi recenti ci hanno portato un passo avanti più vicino a quello scenario.

Invece di utilizzare intermediari, come “Hamas” e “Hezbollah”, l’ “Iran” ha lanciato direttamente circa 300 droni e missili contro Israele, in un’escalation piuttosto ampia di attacchi colpo per colpo, sempre utilizzando intermediari.

Che si tratti di attacchi da parte di Israele contro Hezbollah o Hamas, o contro i due gruppi sostenuti dall’Iran che attaccano Israele, un attacco diretto a Israele da parte dell’Iran, o viceversa, rappresenta un’enorme escalation.

Ora, vorrei essere chiaro, questo pezzo non è un invito a inveire e ad inveire contro i musulmani o gli ebrei nella sezione commenti, ma piuttosto sulle maggiori possibilità che scoppi una guerra nucleare, che porterebbe automaticamente a un caldo tipo di stivali sul terreno della Terza Guerra Mondiale.

Sono ancora della mia opinione che, con tutte le nazioni che già prendono parte alle sanzioni contro la Russia e ad altri atti di guerra, siamo già nelle fasi iniziali della Terza Guerra Mondiale.

Detto questo, abbiamo notato che alcuni rapporti seri avvertono come sarebbe veramente una guerra nucleare.

Il “Daily Mail”, all’inizio di aprile 2024, ha pubblicato un pezzo sull’ “Armageddon nucleare” e su come quelli vaporizzati istantaneamente da un attacco diretto sarebbero in realtà i fortunati.

Le informazioni contenute nell'articolo del “Daily Mail” sono state raccolte da nuovi documenti classificati, inseriti in un libro, da interviste con "consiglieri presidenziali, membri del gabinetto, ingegneri di armi nucleari, scienziati, soldati, aviatori, operatori speciali, servizi segreti, esperti di gestione delle emergenze, intelligence analisti, funzionari pubblici e altri che hanno lavorato su questi macabri scenari per decenni."

Lo scenario immaginato inizia con un "fulmine a ciel sereno", ovvero un attacco nucleare inaspettato, e il primo obiettivo nel loro scenario è il Pentagono.

Questo attacco alla “DC” avvia l’inizio di una guerra nucleare simile ad “Armageddon” che quasi certamente seguirà.

"Non esiste una piccola guerra nucleare", è una frase spesso ripetuta a Washington.

Alcuni punti chiave dell'articolo “DM “elencati di seguito.

• La detonazione di un'arma termonucleare da un megatone inizia con un lampo di luce e calore così tremendo che è impossibile da comprendere per la mente umana. Centottanta milioni di gradi Fahrenheit sono quattro o cinque volte più caldi della temperatura al centro del Sole.

Viaggiando alla velocità della luce, il calore irradiato dalla palla di fuoco accende tutto ciò che è infiammabile per diversi chilometri in ogni direzione.

• A coloro che vengono inceneriti viene risparmiato l'orrore che comincia a essere inflitto a uno o due milioni di persone gravemente ferite ma non ancora morte.

• Più di un milione di persone sono morte o stanno morendo e sono trascorsi meno di due minuti dalla detonazione.

Adesso comincia l'inferno.

• Coloro che in qualche modo riescono a sfuggire alla morte dovuta all'esplosione, all'onda d'urto e alla tempesta di fuoco, si rendono improvvisamente conto di un'insidiosa verità sulla guerra nucleare: sono completamente soli.

Come fa il governo degli Stati Uniti a conoscere così tanti fatti legati agli effetti nucleari, mentre il grande pubblico rimane cieco?

La risposta è grottesca quanto le domande stesse perché, per tutti questi anni, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il governo degli Stati Uniti si è preparato e ha provato i piani per una guerra nucleare generale.

Il pezzo di “DM “è molto più lungo, descrive ogni momento dal momento in cui la bomba nucleare colpisce il Pentagono, e vale la pena leggerlo.

 Alla fine, due miliardi sono morti.

Sappiamo tutti che se gli Stati Uniti verranno colpiti per primi, noi reagiremo, quindi la stessa quantità di morte e distruzione si verificherà anche dall’altra parte del paese colpito.

Il punto qui è l'ultimo punto dell'elenco sopra, l'insidiosa verità sulla guerra nucleare è nel periodo successivo, nessuno verrà in aiuto, i sopravvissuti sono da soli e ciò che hanno è tutto ciò di cui avranno per vivere.

I NON PREPARATI NON AVRANNO ALCUNA POSSIBILITÀ...

I “non-prepper”, quelli che acquistano abbastanza cibo per la settimana per sé e/o per le loro famiglie, e non hanno scorte extra, probabilmente moriranno di fame subito dopo, a meno che non vivano vicino a un “prepper disposto a condividerlo.

A causa dell'”OP SEC” ( Operazioni/Sicurezza operativa ), molti prepper non pubblicizzano ciò che hanno o quanto ne hanno, quindi a meno che un non prepper non sia un amico molto intimo, probabilmente non sapranno chi può aiutare.

Ce ne sono altri milioni, morti, solo per quell'unico colpo. Se una nazione si ferma solo al colpo contro gli Stati Uniti, nessuno lo sa.

Quindi, quello che ci chiediamo, e chiediamo a coloro che leggono questo di fare lo stesso, è se una bomba atomica venisse lanciata oggi, ne avreste abbastanza per sopravvivere finché non potrete coltivare/cercare/barattare di più?

In caso contrario, in fondo a questo articolo sono presenti collegamenti per alimenti liofilizzati, per coloro che desiderano aggiungerli alle proprie scorte, o anche semplicemente rifornire ciò che è stato utilizzato o aumentare le preparazioni.

Alcuni suggerimenti di seguito:

1) Se non stai già coltivando il tuo cibo indoor, inizia ora. Un giardino tutto esterno può essere visto dai vicini e da chiunque abbia voglia di guardare, quindi gli animali non saranno un problema solo per i giardinieri.

Come fare il giardinaggio in casa e coltivare il proprio cibo tutto l'anno: guida definitiva al giardinaggio verticale, in contenitori e idroponico (proprietari di casa creativi) Verdure, erbe aromatiche, progetti fai-da-te, compostaggio, luci e altro

Giardinaggio in cucina indoor: trasforma la tua casa in un orto tutto l'anno - Microgreens - Germogli - Erbe - Funghi - Pomodori, Peperoni e altro.

 

 2) Armi. Pistole meteorologiche e, per favore, in tal caso, ricevere un'adeguata formazione sulla sicurezza.

Per coloro che non si sentono a proprio agio con armi da fuoco, oggetti di difesa personale , siano essi coltelli, accette, mazze o taser. Tutto per proteggere te stesso e le tue azioni.

3) Acqua. Seriamente, c'è solo un certo limite all'acqua che si può immagazzinare a casa propria, quindi barili per la pioggia per raccogliere i propri e filtri/compresse nel caso in cui si utilizzi acqua di lago/fiume.

Nota : tenere a portata di mano scorte d'acqua prima di un attacco, per le prime settimane.

Marchio del membro (16,9 Oz) - Pallet completo - 40 bottiglie per cassa, pallet d'acqua 48 casse (totale 1920 bottiglie).

4) Equipaggiamento protettivo. Guanti , tute ignifughe , maschera antigas . Anche un contatore Geiger .

5) Iodio di potassio.

6) Se hai un seminterrato, allestiscilo come rifugio e, in caso contrario, cerca nella tua zona un edificio che abbia un seminterrato e/o stanze senza finestre.

7) Radioamatori o ad onde corte. Una radio amatoriale può comunicare e una radio a onde corte può essere usata per ascoltare.

Come detto in precedenza in questo articolo, i collegamenti agli alimenti liofilizzati e ai generatori si troveranno in fondo a questo articolo.

CONCLUSIONE... SIMULAZIONE.

La conclusione qui è un video, intitolato "La terrificante simulazione rivela come la guerra 'apocalittica' tra Iran e Israele "diventerebbe rapidamente nucleare", originariamente su “The Sun” , ma poiché non è stato possibile incorporarlo, lo abbiamo trovato altrove.

 

 

 

 

Washington passa

al piano forte “B.”

 Unz.com - MIKE WHITNEY – (26 APRILE 2024) – ci dice:

(“twitter.com/MyLordBebo/status/1777632746128523351”)

 

Ecco cosa tutti devono capire sull'Ucraina:

Gli Stati Uniti sono già passati al piano B.

No, l'amministrazione Biden non ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in merito, ma il cambiamento è già iniziato.

Il Washington Brain-trust ha abbandonato ogni speranza di vincere la guerra a titolo definitivo (Piano A) e ha, quindi, adottato una strategia completamente diversa. (Piano B)

Il piano B è una combinazione di due elementi principali:

R: Una strategia di negazione, che è "un approccio difensivo progettato per impedire a un avversario" di raggiungere i suoi obiettivi.

In questo caso, l'obiettivo è prolungare il conflitto il più a lungo possibile per impedire alla Russia di ottenere una chiara vittoria.

Questa è la priorità assoluta.

B) Continuare ad aumentare e intensificare gli attacchi asimmetrici alle infrastrutture vitali e alle aree civili in Russia, al fine di infliggere il maggior danno possibile alla Russia.

Questo, in sostanza, è il piano B.

 Qualsiasi preoccupazione per il popolo ucraino o per la futura vitalità dello Stato ucraino non è stata presa in considerazione nel cinico calcolo di Washington.

Ciò che conta impedisce una vittoria russa e infliggere più dolore possibile alla Russia.

Questi sono gli obiettivi primari.

 In termini pratici, ciò significa che più soldati ucraini saranno massacrati in massa per continuare a utilizzare l'Ucraina come trampolino di lancio per attacchi alla Russia.

 In effetti, i signori della guerra del Regno Unito hanno già confermato ciò che stiamo dicendo qui.

Dai un'occhiata a questo estratto da un articolo di “Zero Hedge” :

... Il capo della difesa del Regno Unito, l'ammiraglio Sir Tony Radakin, ha dichiarato al Financial Times che la nuova infusione di aiuti militari dell'Occidente aiuterà l'Ucraina ad aumentare i suoi attacchi a lungo raggio sul territorio russo:

L'Ucraina è destinata ad aumentare gli attacchi a lungo raggio all'interno della Russia poiché un afflusso di aiuti militari occidentali mira ad aiutare Kiev a plasmare la guerra "in modi molto più forti", ha affermato il capo dell'esercito britannico.

L'ammiraglio Radakin ha continuato:

 " Man mano che l'Ucraina acquisisce maggiori capacità per la lotta a lungo raggio . . . La sua capacità di continuare le operazioni in profondità diventerà [sempre più] una caratteristica" della guerra... ..

Altre parole di Radakin indicano un'escalation (e non negoziati) nel seguente... Il capo della difesa del Regno Unito afferma che l'Ucraina aumenterà gli attacchi a lungo raggio in Russia, senza copertura.

 

Capisci cosa intendo? Questo è il Piano B scritto nero su bianco.

Non c'è più alcuna aspettativa che l'Ucraina vinca la guerra. Nessuno.

 Il paese sarà semplicemente usato come piattaforma per tormentare, molestare e terrorizzare il popolo russo.

Questo è il piano B in poche parole.

Ma come possiamo essere certi che il piano B sia già iniziato?

Innanzitutto, si considera l'allocazione delle risorse previste dal nuovo "National Security Supplemental" che “Biden” ha firmato all'inizio di questa settimana.

Il disegno di legge prevede 61 miliardi di dollari per l'Ucraina, di cui solo 13 miliardi di dollari saranno spesi in armi e sistemi d'arma.

 In che modo questa misera somma aiuterà a sconfiggere l'esercito russo?

Tenete presente che gli Stati Uniti e gli alleati della NATO hanno già speso più di 200 miliardi di dollari per finanziare la guerra in Ucraina e gli ucraini stanno perdendo.

 In che modo altri 13 miliardi di dollari dovrebbero fare la differenza?

Non lo farà, né è previsto che lo faccia. Come abbiamo detto in precedenza, il vero scopo del denaro è quello di impedire una chiara vittoria russa lanciando attacchi casuali su infrastrutture critiche e aree civili in Russia.

Una volta compreso che il piano operativo di base è cambiato, gli sviluppi sul campo iniziano ad avere un senso.

L'obiettivo è quello di inimicarsi un rivale geopolitico, non di vincere una guerra.

 Capisce?

 

Ecco cosa non farà il pacchetto di aiuti da 61 miliardi di dollari: (Secondo l'analista politico “Ted Snider”)

Non fornire abbastanza denaro. Non fornire le armi di cui c'è estremo bisogno, né le consegnerà in tempo. Non forniremo le truppe di cui c'è ancora più bisogno. E non porterà la vittoria....

Il presidente degli Stati Uniti “Joe Biden” ha recentemente firmato un pacchetto da 95 miliardi di dollari, di cui 61 miliardi di dollari in aiuti per l'Ucraina. A

lmeno 13,8 miliardi di dollari di questa somma saranno utilizzati per fornire armi, come missili “ATACMS” a lungo raggio e aerei da combattimento F-16.

"I 13,8 miliardi di dollari di assistenza militare che saranno forniti all'Ucraina saranno insufficienti per fermare sostanzialmente l'avanzata russa in corso" e "per cambiare l'esito sul campo di battaglia", ha affermato.

La Russia gode attualmente di "superiorità militare, se non di supremazia assoluta, lungo l'intera linea di contatto, non solo sulle linee del fronte, ma che si estende ben nelle aree retrostanti delle aree di difesa ucraina". ...

 

Il popolo americano che crede stupidamente che il nuovo pacchetto di aiuti supplementari aiuterà a espellere i russi "malvagi" dall'Ucraina vive a “ La Land”.

Niente potrebbe essere più lontano dalla verità.

Nessuno che segua gli eventi sul campo pensa che l'Ucraina abbia alcuna possibilità di battere un esercito russo ben equipaggiato e altamente motivato che vanta riserve quasi illimitate, capacità industriale illimitata, risorse illimitate e la ferma convinzione che l'Occidente sta usando l'Ucraina per dividere il proprio paese e installare il proprio fantoccio a Mosca.

 Questo è ciò per cui stanno combattendo, ed è per questo che vinceranno.

 Ecco di più da” Snider”:

"61 miliardi di dollari non cambieranno l'esito di questa guerra", ha dichiarato “Valery Zaluzhny”, professore di Scienze Politiche all'Università di Rodi e autore di T”he Tragedy of Ukraine”, (secondo) Valery Zaluzhny..... Quella.. . richiederebbe da cinque a sette volte tale importo, ovvero 350-400 miliardi di dollari".

(Ma) Anche se il denaro fosse sufficiente, non fornirebbe all'Ucraina le armi di cui ha bisogno perché le armi non sono disponibili per l'acquisto.

A questo punto, (Secondo) Il colonnello in pensione dell'esercito americano “Daniel Davis”, Senior Fellow di “Defense Priorities”:

"Anche se si arriveranno i soldi, non si avrà il numero di proiettili di fanteria, missili intercettori per la difesa aerea. Non si possono fare i proiettili di fanteria più velocemente di quanto lo siamo noi in questo momento. È una questione di capacità fisica: non possiamo farlo". ...

 

Anche se l'Occidente poteva fornire le armi all'Ucraina in tempo, il "grande problema per l'Ucraina", dice “Davis”, non è la fornitura di armi, ma la "questione della manodopera".

 Le perdite dell'Ucraina sul campo di battaglia, con morti e feriti, hanno lasciato l'Ucraina con un problema di manodopera più grande del problema del fascista. anche se gli Stati Uniti hanno dato all'Ucraina tutte le armi di cui ha bisogno, "non hanno gli uomini per usarle".

Quello che 61 miliardi di dollari per l'Ucraina non faranno, detto da un conservatore americano.

Questa è tutta roba piuttosto semplice.

Ovviamente, se non hai gli uomini, i soldi o le armi, perderai.

 E i maniacali amministratori di questa fallita crociata anti-Russia sanno che l'Ucraina perderà, ma hanno scelto di continuare comunque la guerra.

Perchè?

Perché le vite, la distruzione e la dissoluzione dello Stato ucraino non contano per loro.

 Tutto ciò che conta è infliggere dolore alla Russia, costi quel che costi. Questa è la "nobile causa" per la quale 500.000 ucraini hanno dato la vita.

 Ed è per questo che questa sanguinosa debacle continua a trascinarsi all'infinito, anche se l'esito non è mai stato in dubbio.

 

 

 

 

 

 

Come una "bufala dell'antisemitismo"

ha soffocato la scoperta di

fosse comuni a Gaza.

 Unz.com - JONATHAN COOK - (26 APRILE 2024) – ci dice:

 

Confezionando una polemica mediatica sulla polizia delle marce di Londra contro il genocidio, la lobby israeliana sapeva che avrebbe ottenuto una vittoria, qualunque cosa fosse accaduta.

Una macabra scoperta è stata fatta a Gaza lo scorso fine settimana. Circa 300 corpi palestinesi – di uomini, donne e bambini – sono stati rinvenuti in una fossa comune anonima nel cortile dell'ospedale Nasser di “Khan Younis”.

Anche considerando il record di Israele che ha commesso atrocità implacabili a Gaza negli ultimi sei mesi – uccidendo decine di migliaia di palestinesi, la maggior parte dei quali donne e bambini – questo si è distinto.

Alcuni corpi sono stati trovati con le mani e i piedi legati e spogliati dei vestiti, suggerendo fortemente che fossero stati giustiziati durante un'invasione di tre mesi della città da parte dei soldati israeliani.

 Si diceva che altri fossero stati decapitati, o che la loro pelle e i loro organi fossero stati rimossi.

Circa 10.000 persone si erano rifugiate nel secondo ospedale più grande di Gaza quando è stato attaccato a febbraio.

All'epoca ci sono state segnalazioni di pazienti e personale che sono stati presi di mira dal fuoco dei cecchini.

La struttura medica è stata lasciata in rovina.

Altre 400 persone risultano ancora disperse a Khan Younis.

 Altre fosse comuni sono già state scoperte.

Riferendosi ad alcuni dei corpi, “Yamen Abu Suleiman”, un leader della protezione civile a “Khan Younis”, ha detto alla” CNN”:

 "Non sappiamo se sono stati sepolti vivi o giustiziati. La maggior parte dei corpi sono decomposti".

Le rivelazioni di “Khan Younis” si inseriscono in uno schema che sta gradualmente emergendo man mano che le truppe israeliane si sono ritirate.

La scorsa settimana, l'ultima di una serie di fosse comuni sono state trovate nel più grande ospedale di Gaza, “al-Shifa”.

Israele ha lasciato l'area all'inizio di questo mese dopo aver distrutto l'ospedale.

Insieme, si dice che le tombe contenessero centinaia di corpi.

 

Altre tombe senza nome sono state scoperte a “Beit Lahiya.

Il capo dei diritti umani delle Nazioni Unite, “Volker Turk”, si è detto " inorridito " dai rapporti.

 

Ondata di rabbia.

 

Negli anni '90, l'identificazione delle fosse comuni di migliaia di uomini musulmani della città bosniaca di “Srebrenica” ha portato all'istituzione di un tribunale speciale per i crimini di guerra della “Corte penale internazionale”.

Nel 2001 ha stabilito che a “Srebrenica” si era verificato un genocidio commesso dai serbo-bosniaci, una sentenza poi confermata dalla “Corte Internazionale di Giustizia”, a volte indicata come “Corte Mondiale”.

Date le circostanze, ci si sarebbe potuto aspettare che la scoperta di fosse comuni di centinaia di palestinesi fosse una notizia da prima pagina – soprattutto da quando la stessa “Corte Mondiale” ha stabilito tre mesi fa che era stato presentato un caso " plausibile " secondo cui Israele stava commettendo atti di genocidio a Gaza.

Eppure, come tante altre atrocità israeliane, questa ha causato a malapena un'ondata di notizie nel ciclo delle notizie.

Mesi fa, i media britannici dell'establishment hanno perso gran parte dell'interesse nel riferire sui continui massacri a Gaza.

Il contrasto con la prima copertura mediatica dell'Ucraina è stato netto. La scoperta di una fossa comune contenente circa 100 corpi nel sobborgo di” Bucha “a Kiev – attribuita alle truppe russe – ha suscitato indignazione internazionale.

“Bucha” divenne rapidamente sinonimo della ferocia russa, e la scoperta sostenne per mesi le richieste di processare i leader russi per genocidio.

L'indifferenza generale dei media britannici nei confronti delle fosse comuni trovate a Gaza è estremamente conveniente per i due principali partiti politici britannici.

 

Il Regno Unito ha evitato di spingere per un cessate il fuoco per porre fine allo spargimento di sangue di Israele a Gaza.

 Si rifiuta di smettere di vendere a Israele armi e componenti che hanno contribuito all'uccisione di palestinesi – e potenzialmente anche operatori umanitari.

 

Il partito laburista ha offerto solo un'opposizione in sordina.

Il sostegno bipartisan nel Regno Unito al plausibile genocidio di Israele ha provocato un'ondata di rabbia pubblica, comprese le proteste regolari a Londra che attirano centinaia di migliaia di manifestanti.

Una bufala filo-israeliana.

È stato abbastanza straordinario che la scoperta di fosse comuni nell'enclave sia stata quasi completamente soffocata da una bufala fin troppo ovvia messa in atto da un lobbista israeliano.

“Gideon Falter”, amministratore delegato della “Campagna contro l'antisemitismo”, ha cercato di fermare le marce pacifiche di Londra che chiedevano la fine del massacro di uomini, donne e bambini a Gaza da quando Israele ha iniziato il suo assalto militare più di sei mesi fa.

Nelle parole di “Falter”, le centinaia di migliaia di persone che si recano regolarmente per chiedere un cessate il fuoco – compreso un vasto blocco di ebrei – sono " folle senza legge " che rappresentano una minaccia diretta per gli ebrei come lui.

 

Ha trovato potenti alleati nel governo.

 Il ministro degli Interni” James Cleverly” ha affermato che gli organizzatori della marcia hanno " intenzioni davvero malvagie ", mentre il suo predecessore “Suella Braverman” ha etichettato le proteste che chiedono un cessate il fuoco come " marce

dell'odio ".

Entrambi hanno esercitato pressioni sulla polizia affinché vieti le proteste perché presumibilmente antisemite.

Non esiste proprio alcuna prova per nessuna di queste affermazioni. Infatti, secondo i dati della polizia, i partecipanti al festival musicale di “Glastonbury “avevano quasi quattro volte più probabilità di essere arrestati rispetto a quelli che partecipavano alle marce di Londra.

Ciò ha lasciato le continue marce di massa in grande imbarazzo sia per il governo britannico che per il partito laburista di opposizione, evidenziando la loro continua complicità in quello che è diventato – con rivelazioni come la scoperta di fosse comuni – sempre più chiaramente un genocidio.

'Attraversare la strada.'

Questo è il contesto adatto per comprendere l'ultimo intervento di Falter.

Come la polizia metropolitana è fin troppo consapevole, il gruppo di Falter, insieme ad altri attivisti filo-israeliani, ha tutto l'incentivo a architettare una provocazione per aumentare la già considerevole pressione sulla polizia per vietare le marce di Londra e limitare ulteriormente una libertà civile fondamentale: il diritto di protestare.

Un video sui social media mostra “Falter” affrontato dalla polizia in un precedente incidente in cui aveva cercato di guidare un grande furgone con messaggi filo-israeliani lungo il percorso della marcia.

Ma la sua svolta è arrivata questo mese quando, accompagnato da una squadra di sicurezza addestrata in Israele e da una troupe cinematografica, ha tentato ripetutamente di sfondare una linea di polizia lungo il percorso e di camminare contro il flusso della marcia.

Responsabile del mantenimento dell'ordine pubblico durante le grandi proteste, gli agenti del” Met” lo hanno fermato.

Ci sono regole ben note imposte dalla polizia che circondano le grandi proteste su questioni ideologiche molto cariche come questa.

Ai manifestanti non è permesso allontanarsi dal percorso stabilito dalla polizia, e gli oppositori – che si tratti di apologeti di Israele come “Falter” o di nazionalisti bianchi islamofobi – non sono autorizzati ad avvicinarsi e inimicarsi i manifestanti.

 Il compito della polizia è quello di tenere separate le parti.

Bloccato dagli agenti, “Falter” aveva il suo copione pronto.

Ha semplicemente insistito sul suo diritto di "attraversare la strada" come ebreo che si occupa dei suoi affari.

Dato il modo in cui il discorso pubblico su Israele e l'antisemitismo è stato malevolmente manipolato dall'establishment britannico negli ultimi otto anni – dopo che l'attivista di lunga data per la solidarietà con i palestinesi “Jeremy Corbyn” è stato eletto leader laburista – “Falter” non poteva perdere in questo incontro.

Se la polizia lo aveva arrestato, avrebbe filmato le prove che era stato vittima in quanto ebreo da parte di una forza di polizia antisemita.

Se si fossero rifiutati di lasciarlo "attraversare la strada", avrebbe filmato la prova che il corteo era davvero pieno di odiatori degli ebrei che rappresentavano una minaccia per la sua sicurezza.

E se la polizia venisse meno ai suoi doveri e lasciasse lui e il suo seguito camminare contro il flusso della protesta gremita, lui – come chiunque tenti di farlo – come minimo verrebbe urtato.

 Basandosi sulla consolidata credulità dei media dell'establishment nel coprire l'antisemitismo, “Falter” era presumibilmente fiducioso che questo potesse essere interpretato come un crimine d'odio contro di lui.

 

Politica brutta.

 

La polizia sembrava chiaramente comprendere il piano d'azione di Falter.

 Sono apparsi estremamente riluttanti ad arrestarlo, anche se un ex commissario capo, “Dal Babu”, ha osservato che , nel tentativo di spingersi oltre,” Falter” avrebbe potuto essere accusato di "aggressione a un agente di polizia e violazione dell'ordine pubblico".

Invece, gli agenti hanno pazientemente discusso per almeno un quarto d'ora con “Falter”, sottolineando che avrebbe potuto aggirare il corteo utilizzando un percorso diverso.

Ma in questo lungo e teso incontro, il capo della Campagna contro l'antisemitismo ha finalmente ottenuto ciò che voleva.

Un ufficiale ha commesso un errore, suggerendo che il problema era che il” Falter” che indossava lo zucchetto era "apertamente ebreo".

L'errore dell'ufficiale era comprensibile.

Gli apologeti di Israele e l'establishment britannico hanno passato anni a manipolare il discorso pubblico per confondere Israele, l'ideologia politica nazionalista del sionismo e l'ebraicità in un palese stratagemma per diffamare i sostenitori di Corbyn, el'ex leader laburista antirazzista, ora diviene antisemita.

Il problema non è che” Falter” sia "apertamente ebreo", ma che è un sostenitore di Israele, apertamente sionista, uno che trova scuse per il suo genocidio e denigra coloro che si oppongono allo spargimento di sangue.

 Non è la sua etnia o la sua religione ad essere una provocazione, è la sua brutta politica.

Ma con il commento dell'ufficiale nel barattolo, “Falter” ha rilasciato una versione pesantemente modificata del suo confronto con la polizia a un media dell'establishment fin troppo disposto – almeno inizialmente – a inghiottire due idee completamente inverosimili che “Falter” stava spacciando.

In primo luogo, che il commento dell'ufficiale di polizia era la prova che il “Met” è istituzionalmente razzista contro gli ebrei ed è per questo che ha permesso alle marce anti-genocidio di andare avanti.

“Falter” chiede il licenziamento del capo del “Met”, Sir Mark Rowley.

In secondo luogo, e cosa ancora più importante, il commento dell'ufficiale è stato la prova che le marce sono effettivamente "marce dell'odio" composte da – come ha dichiarato a un intervistatore della BBC – "razzisti, estremisti e simpatizzanti del terrorismo".

Accusa di 'falsità'.

Potrebbero essere state tutte fake news, ma si adattavano a un'agenda che i media hanno promosso per anni:

che qualsiasi cosa che vada oltre la più leggera critica a Israele è una prova di antisemitismo.

La classe politica e i media hanno lottato sempre più per sostenere in modo credibile questa idea di fronte al genocidio commesso da Israele – ma il video di “Falter” è servito brevemente come una boccata d'aria.

Dal breve errore verbale di un agente di polizia, è stato in grado di accendere un dibattito nazionale che prendeva come premessa l'idea che la polizia fosse collusa con le "marce dell'odio antisemita".

Sulla difensiva, il “Met” accettò frettolosamente di incontrare “Falter” e i "leader della comunità ebraica", apparentemente per ottenere il loro consiglio su cosa fosse necessario fare riguardo alle marce.

Il notiziario serale della BBC di domenica ha riferito che la pressione sul “Met” stava crescendo "per trovare il giusto equilibrio tra consentire la protesta legittima e reprimere l'incitamento all'odio e l'intimidazione".

Lunedì mattina i padroni di casa britannici hanno adulato “Falter” , accettando acriticamente che la marcia rappresentasse una minaccia per lui in quanto ebreo ed esprimendo preoccupazione per il fatto che la polizia non stesse ottenendo il giusto equilibrio.

 

Ma a differenza delle “accuse di falso antisemitismo” lanciate da anni da “Falter e da altri per spodestare “Corbyn, che sono stati entusiasticamente amplificati dai media statali e corporativi, il “Met” ha avuto potenti alleati all'interno dell'establishment che hanno reagito.

Prima che la “bufala di Falter” potesse prendere piede, “Sky” ha pubblicato un video molto più lungo del suo confronto con la polizia.

 Ciò dimostrava che gli avevano bloccato la strada dopo averlo identificato come un provocatore.

 Si sente la polizia accusarlo di essere "falso" e dirgli di smettere di " incontrare i manifestanti ".

Ex agenti di polizia, tra cui “Babu”, sono stati invitati in TV per offrire una contro-narrazione che ha gettato “Falter” in una luce molto meno simpatica.

Martedì, il capo del Met “Rowley” si sentiva abbastanza sicuro da passare all'attacco, lodando l'ufficiale al centro della fila e accusando gli attivisti filo-israeliani di usare "falsità" per indebolire il “Met”.

 

Tattica preferita.

Ma anche ferito, “Falter” ne uscì decisamente vincitore.

Nessuno sta parlando – come dovrebbero – del motivo per cui gruppi come la “Campagna contro l'antisemitismo”, che regolarmente e in modo così visibile si intromettono profondamente nella politica britannica nell'interesse di una potenza straniera, Israele, siano trattati come enti di beneficenza.

Invece, “Falter” ha dato alla classe politica e mediatica più utili per sostenere che le marce devono essere vietate, e ha messo il processo decisionale della polizia sotto un controllo ancora maggiore.

Qualunque sia l'ottimismo che “Rowley” ha mostrato in pubblico, le sue battaglie dietro le quinte contro un governo desideroso di mettere a tacere le marce saranno state rese molto più complicate.

Ma, cosa ancora più importante, “Falter” ha svolto un ruolo inestimabile nel rafforzare la tattica preferita di Israele.

Ha distolto l'attenzione del Regno Unito dai suoi crimini di guerra – comprese le fosse comuni di” Khan Younis” – a battibecchi completamente avulsi dalla realtà sul fatto che gli ebrei sono al sicuro dal movimento contro la guerra.

Esattamente la stessa dinamica si sta verificando negli Stati Uniti, dove l'establishment – dal presidente “Joe Biden” in giù – sta dipingendo le proteste pacifiche nei campus universitari contro il genocidio come focolai di odio e antisemitismo.

Lì le cose sono ancora più sfuggite di mano, con la polizia chiamata ad arrestare studenti e docenti.

In entrambi i casi, il vero dibattito – sul perché Gran Bretagna e Stati Uniti stanno ancora sostenendo attivamente i bombardamenti e la fame della popolazione di Gaza dopo sei mesi di genocidio – è stato ancora una volta soffocato dalle “fake news” della lobby israeliana.

I media dell'establishment hanno ancora una volta colto ogni pretesto a loro disposizione per concentrarsi su un ramoscello piuttosto che sulla foresta.

Verità oscurata.

È difficile non notare lo schema:

l'establishment britannico, compreso il governo e la BBC, stanno lavorando fianco a fianco per aiutare Israele e i suoi apologeti del genocidio a vincere la battaglia delle pubbliche relazioni.

Solo brevemente, quando l'onore della polizia – il pugno dell'establishment – si è fatto insanguinare il naso, si è verificata una certa reazione.

Prendiamo, ad esempio, il giorno di gennaio in cui la “Corte Mondiale” ha stabilito che esisteva un caso "plausibile" avanzato dagli avvocati del Sud Africa secondo cui Israele stava commettendo un genocidio a Gaza.

Quello stesso giorno Israele sabotò con successo la devastante notizia con uno scoop.

Ha affermato che circa 12 membri dello staff dell' Unrwa” che aveva sequestrato a Gaza – su un totale di 13.000 nell'enclave sul libro paga dell'agenzia – avevano confessato di aver preso parte all'attacco di “Hamas” del 7 ottobre, in cui sono stati uccisi circa 1.150 israeliani.

Israele ha chiesto agli stati occidentali di tagliare immediatamente tutti i finanziamenti all' “Unrwa”.

L'obiettivo a lungo termine di Israele è stato quello di eliminare l'agenzia per i rifugiati e cancellare definitivamente i diritti dei palestinesi a tornare alle case da cui le loro famiglie sono state espulse nel 1948 in quello che oggi è Israele.

La maggior parte dei capitali occidentali, compreso il Regno Unito, si sono diligentemente conformate, anche se la decisione avrebbe sicuramente fatto sprofondare Gaza ancora più in profondità in una carestia che Israele ha architettato come parte delle sue politiche genocide.

Ma anche la tempistica dell'annuncio è stata importante.

I media occidentali hanno concentrato la loro copertura su una storia sull' “Unrwa” che avrebbe dovuto essere marginale, anche se fosse vera.

La conclusione della Corte Mondiale che Israele stava plausibilmente commettendo un genocidio è stata molto più significativa.

Ciononostante, la cronaca della sentenza – in particolare il fatto che la corte sospettava che Israele stesso compiendo atti di genocidio – è stata completamente oscurata dalle accuse contro l' “Unrwa”.

Questa settimana, mesi dopo, un'analisi indipendente commissionata dalle Nazioni Unite e guidata dall'ex ministro degli Esteri francese “Catherine Colonna”, ha rilevato che Israele non è ancora riuscita a produrre alcuna prova a sostegno delle sue accuse contro l'“Unrwa”.

Ma proprio come con la “bufala di Falter”, l'obiettivo di tali accuse da parte di Israele non è mai quello di esporre la verità.

L'obiettivo è quello di distrarre dalla verità.

Lo stesso si può dire delle affermazioni, ancora infondate, di Israele riguardo ad una ferocia senza precedenti commessa da Hamas il 7 ottobre, dalla decapitazione di bambini allo stupro di massa sistematico.

Nessuna di queste accuse, ampiamente rigurgitate dai media occidentali, è mai stata supportata da prove.

Ogni volta che le testimonianze sono state esaminate, sono state svelate.

Ma tutte queste affermazioni hanno avuto uno scopo.

Mantengono l'attenzione dell'opinione pubblica occidentale sui malvagi operatori umanitari e sui malvagi manifestanti contro la guerra, piuttosto che sul tipo di male che osa in pieno giorno uccidere 15.000 bambini, distruggere ospedali e nascondere corpi in fosse comuni.

 

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