Con lo sviluppo della “IA” il destino dell’umanità non è più prevedibile.
Con lo sviluppo della “IA” il destino dell’umanità non è più prevedibile.
Intelligenza
artificiale.
O
della “guerra all’umano.”
Fuoricollana.it – Prof. Diritto Costituzionale, Antonio Cantaro - (17/04/2024)
– ci dice:
La
posta in gioco.
L’
“IA” è sempre più una meta-tecnologia in guerra con l’umano che ci comanda di “Agere sine Intelligere”.
L’uomo
connesso è sempre meno un uomo relazionale.
Nessun
Dio ci salverà, solo una mobilitazione collettiva può farlo.
Sostiene
“Luigi Alfieri” che essere uomini è essere in relazione.
L’uomo
è un essere relazionale, ‘naturalmente relazionale’.
Proverò
ad aggiungere una postilla a questa, da me condivisa, tranchant
contro-antropologia filosofica.
Naturalmente relazionale, naturalmente artificiale.
Una
postilla insita in un cruciale passaggio del suo discorso ‘empirico’:
«L’origine immediata della mia vita è molto
concreta, molto corporea, molto biochimica.
Non un
supremo atto creativo dell’Essere, ma l’unione sessuale di due corpi e un corpo
materno dentro cui a poco a poco è maturato il mio come una sorta di parassita
simbiotico.
Poi una separazione dolorosa, atrocemente
traumatica per entrambe le parti:
un corpo emerge dall’altro, si strappa
dall’altro.
Ma la
separazione non è totale, perché uno dei due corpi continua ad avere bisogno
dell’altro, dall’altro ricava nutrimento, cura, protezione.
Nessuno viene al mondo come soggetto razionale
capace di libera autodeterminazione e responsabile di sé, ma come esserino
inerme urlante e scalciante, capace a stento di respirare e bisognoso di tutto.
Ma la
cosa straordinaria è che il bisogno ottiene risposta, che qualcuno, in cambio
di niente, è disposto a dare all’esserino urlante tutto ciò che gli consente di
sopravvivere, di nutrirsi, di stare al caldo, di crescere, di imparare a
parlare e a pensare».
L’uomo,
dunque, “impara a parlare e a pensare” per il tramite di parole che non nascono
da Lui, “ma che vengono da fuori”.
Da un
linguaggio, da un artificio che dà alle parole i suoni, un ordine grammaticale
e sintattico, un senso.
L’uomo
è ab origine il suo linguaggio (da ultimo E. Dell’Atti, 2022), un essere naturalmente artificiale.
Produce il proprio mondo, immagina un futuro diverso
da quello dato, ne ipotizza altri.
L’uomo
è l’animale del possibile (F. Cimatti, 2011).
Da
questo punto di vista, l’ “IA” non è altro che un’umana possibilità e modalità
di esplorare, interrogare, interpretare e organizzare la nostra vita.
L’animale
umano, in virtù della facoltà del linguaggio, segmenta arbitrariamente il
reale, traccia confini, discretizza il continuo della materia per conoscere,
progettare, agire.
Grazie
a tale capacità si emancipa dal contatto in “presa diretta” con la nuda realtà
e si colloca in una dimensione simultaneamente naturale e meta-naturale. La
natura umana è l’espressione di una dualità: una condizione doppia, in cui
vigono, oltre alle leggi fisio-logiche (l’uomo è la più sprovveduta tra tutte
le specie per abitare l’ambiente naturale: F. Pasqualetti, 2020) anche norme e
abiti precipuamente umani.
È in
questo “ossimoro” (D. Gambarara 2005) che risiede la specificità dell’uomo, in
questa frizione, in questa originaria “opposizione partecipativa” che tiene
uniti due poli: l’uno estensivo (natura), l’altro intensivo (cultura, tecnica,
artificio).
Una
dimensione che fa dell’uomo un essere naturalmente artificiale (ultimo M. T. Pansera, 2003; E.
Dell’Atti, 2022).
Non è mai esistita una natura umana alla
quale, strada facendo, si è aggiunta la tecnica.
“L’essere
umano […] è strutturalmente tecnico, ovvero: diventa progressivamente ‘umano’
nel suo diventare ‘tecnico’ (C. Sini, 2016). L’invenzione della scrittura è un processo
non dissimile dalla programmazione di un linguaggio macchina.
“Un
insieme organico – l’unione di colui che parla, colui al quale si parla
(l’ascoltatore), ciò di cui si parla (il contenuto) e ciò attraverso cui si
parla (il suono) – viene spezzato per produrre un nuovo mezzo, il testo
scritto, a partire dal quale è possibile riprodurre la parola (un simulacro
della parola reale).
Questa
‘tecnica’ ha indotto “Walter Ong” a vedere nella scrittura fonetica la
tecnologia fondatrice dell’Occidente.
Essa
incarna, infatti, per la prima volta la strategia di base impiegata in ogni
altra tecnologia: un ‘tutto’ dotato di significato viene frantumato in ‘unità’
prive di significato, che poi vengono assemblate di nuovo in schemi prescelti
(Walter J. Ong, 2014).
Con la
scrittura l’intera esperienza umana può essere trasferita – narrata, immaginata
– in un testo, continuamente rielaborabile e perfettibile. Nasce la coscienza
storica grazie al fatto che il passato è conservato in forma scritta, non è
semplicemente ripetuto:
si
esce da una concezione ciclica della storia e ci si apre all’idea di futuro, un
futuro immaginabile e pianificabile.
Non è un caso che la scrittura inauguri il
primo sistema di controllo della popolazione con il censimento e la riscossione
delle tasse.
Si
strutturano anche le istituzioni fondamentali della società stabilendo un nuovo
ordine gerarchico:
nel
tempio, nella fortezza e nel granaio di allora possiamo vedere all’opera gli
stessi criteri che hanno poi dato vita ad istituzioni come la Chiesa, lo Stato,
il Tesoro (F. Pasqualetti, 2020).
La
tecnologia non solo, quindi, è l’essenza dell’uomo (U. Galimberti, 2016) ma è
il suo modo naturale per relazionarsi con il mondo e di stare al mondo.
Il
mondo così come lo conosciamo non esisterebbe senza il linguaggio.
Il linguaggio per l’uomo è l’interprete e
traduttore di tutti i segnali che vengono dai sensori naturali del proprio
corpo e di quelli inventati strada facendo per abitare l’ambiente.
La
‘vera’ IA, da questo punto di vista, è quella dell’uomo e non della macchina
che usa molto bene delle forme di calcolo che simulano alcune funzioni
dell’intelligenza umana (F. Pasqualetti, 2020).
L’IA come simulazione.
Possiamo,
dunque, sgombrare il campo da molti equivoci che circolano anche nelle
rappresentazioni più attrezzate dell’“artificial intelligence”.
Il
primo di questi è la semplicistica contrapposizione tra intelligenza umana e
intelligenza artificiale.
L’intelligenza
umana è tutt’altro che “naturale” e l’intelligenza artificiale simula, in
misura assai superiore che in passato, alcune funzioni tipicamente “umane”.
Ciò non toglie che l’IA è solo uno dei modi di
essere dell’intelligenza umana che ancora oggi viene generalmente dipinta come
una realtà più ricca fatta di emotività, empatia, socialità.
Questa
considerazione è alla base di molte tranquillizzanti rappresentazioni circa la
funzione delle tecnologie digitali.
Perché
dovremmo temere da una riproduzione dell’attività intellettuale propria
dell’uomo?
Perché la simulazione del pensiero umano da
parte di una macchina dovrebbe preoccuparci se questa si limita ad apprendere e
fare in modo più veloce ed efficiente ciò che noi facciamo solo in modo più
lento?
Siamo di fronte – si dice – ad uno strumento
certo molto complesso ma per essenza non molto diverso da un tagliaerba
automatico, con cui interagiamo senza temere che possa mai prendere il potere,
limitandosi a sostituirci nella funzione, noiosa, del tagliare l’erba in
giardino.
Non
abbiamo del resto sempre chiesto alla tecnologia, sin dall’era dell’ “homo
faber”, di assolvere a questa funzione simulatoria?
Queste
considerazioni inducono tanti a ritenere del tutto infondati i timori che la
tecnologia possa sostituirsi agli uomini.
Questi timori – sostiene “Maurizio Ferraris” –
sono «frutto
della mancanza di intelligenza naturale, quando non volersi lavare le mani dal
sangue di cui sono sporche.
Ciò che è comprensibile in “Albert Speer”,
ministro degli armamenti del Terzo Reich che a Norimberga si difese invocando l’onnipotenza dell’apparato
tecnico tedesco, è inspiegabile in “Martin Heidegger»”.
La
fiaba del Golem che prende il potere – una macchina artificiale
onnipotente – non è che una vana fiaba.
Gli
educati componimenti di “ChatGTP” non possono in nessun modo turbare i sonni
dell’umanità, prospettandone un prossimo crepuscolo.
E ciò per la ragione che noi umani abbiamo delle
qualità che ci fanno tendere verso qualcosa che nessuna macchina mai possiederà.
Il
fatto che esistono macchine che possono svolgere delle operazioni
caratteristiche della intelligenza umana meglio di quella intelligenza stessa
(risolvere equazioni, riassumere testi) non significa affatto che esse possano
stabilire dei fini e deliberare coerentemente.
Nessuna
macchina potrebbe autonomamente comportarsi in quella maniera teleologica che
caratterizza la forma di vita umana.
Chi
parla di un’intelligenza artificiale che possa prendere il potere o quantomeno
surrogare l’intelligenza naturale non ha mai visto un bambino davanti a una
pasticceria o un adulto o un’adulta disposti a giocarsi per amore, o per
qualcosa che ne ha una vaga parvenza, la fama, la rispettabilità, la grandezza
(M. Ferraris, 2023).
Un
computer non si comporterà mai né come “Cesare Pavese! né come “Dominique
Strauss-Kahn”.
Questo
non dipende dal fatto che siamo traboccanti di sentimenti preclusi ad altri
organismi:
due
cervi si sfidano esattamente come due bulli fuori da una birreria.
Deriva
dal fatto che noi abbiamo dei bisogni e delle qualità «che ci fanno tendere
verso qualcosa con una urgenza che nessuna macchina mai possiederà».
Nessuno,
se sano di mente – incalza Maurizio Ferraris” – «ha mai pensato che una
enciclopedia sappia di essere una enciclopedia o che un software per giocare a
scacchi sa di giocare a scacchi, ed è contento se vince o frustrato se perde».
L’intelligenza
artificiale non è in alcun modo una forma di vita, umana o non umana, e questo
semplicemente perché le macchine non sono né vive né morte, diversamente dagli
organismi.
Il
nostro telefonino non è intelligente, giacché non ha alcuna forma di vita ma
piuttosto si applica a misurare, registrare e calcolare la nostra forma di
vita.
Una
sconfinata biblioteca di Babele rappresenta un passo in avanti per chi vuol
esercitare il compito fondamentale della intelligenza, ossia stabilire dei fini
e deliberare coerentemente.
Un
passo indietro per chi vuole copiare una tesi.
L’IA come pilota automatico.
Le
rappresentazioni riduzioniste dell’”artificial intelligence” – l’IA non è né
una panacea né un apripista di una imminente schiavitù – si propongono di
placare il senso di smarrimento suscitato dalla percezione di trovarsi di
fronte ad un mondo governato in toto da una tecnologia eterea e sfuggente.
L’intelligenza
artificiale non è intelligente nel senso nel quale noi occidentali “colti”
continuiamo a rappresentare l’intelligenza.
L’intelligenza artificiale non è comparabile
all’umana intelligenza.
Le
odierne macchine operano con successo nel mondo senza essere consapevoli di
agire in vista di un risultato.
Siamo di fronte a una tecnologia fatta di
“meravigliose invenzioni” ma nient’affatto dotata di comprensione, coscienza,
emotività, intuito, consapevolezza, di tutto ciò che fa ancora ai nostri occhi
di un essere umano un’entità unica.
Il Papa ricorda che sono macchine.
Meccanismi,
sistemi, o servizi software che fanno cose al posto nostro, sempre più spesso
meglio di noi, ma in modi diversi, nello stesso senso in cui una lavastoviglie
lava i piatti al posto nostro e meglio di noi, ma non come noi, e senza alcuna
ragione, motivo, aspettative, speranze o timori che abbiamo solo noi.
Sono
sistemi di ausilio per il pensiero.
Augmented
Intelligence. Agere sine Intelligere, Agency without Intelligence (L. Floridi, F. Cabitza 2021).
La continuazione con mezzi stupidi
dell’intelligenza umana.
Ciò
che sfugge anche alle più perspicue rappresentazioni riduzioniste dell’IA è che
il crescente scollamento tra intelligenza umana e la possibilità di conseguire
risultati a “prescindere” da una contestuale deliberazione consapevole dei fini
sta ingenerando una vera e propria cesura epocale dal punto di vista
antropologico.
La
capacità dell’IA di risolvere problemi e completare compiti sta da tempo
“divorziando” dall’intelligenza umana, assumendo sempre più la fisionomia di un
pilota automatico che solo esteriormente assomiglia a quello delle navi con le
quali il re dei Feaci rimpatrierà Odisseo appena gli dirà chi è:
«Dimmi
la terra tua, la gente e la città, perché le navi dirigendosi con le menti là
ti conducano.
Infatti i Feaci non hanno piloti, le navi non
hanno timoni come le altre, ma sanno da sé i pensieri e le menti degli uomini»
(Omero, Odissea 8.555–563).
Le
navi a guida autonoma senza timoni, di cui narra Omero, sono solo una finzione.
Sono
navi che «sanno i pensieri e le menti degli uomini», intimamente guidate dallo
scopo etico-emotivo del ritorno ad Itaca, un ritorno denso di passione.
L’odierno
pilota automatico (L’IA) è, invece, guidato esclusivamente dal risultato
empirico da conseguire, dal calcolo su quale sia il percorso più breve per
raggiungere un luogo, su quale sia la soluzione meno dispendiosa.
Non
vuol sapere chi è “la terra nostra, la nostra gente e la nostra città”, non ci
chiede perché vogliamo tornare ad Itaca, ci “informa” sul come tornarci nel
modo più “economico”.
Si
pensi alle raccomandazioni sulle piattaforme.
Tutto è digitale, e agenti digitali hanno la
vita facile a processare dati, azioni, stati di cose altrettanto digitali, per
suggerirci il prossimo film che potrebbe piacerci. Tutto questo non è di per sé
un problema.
Ma per
far funzionare sempre meglio l’IA stiamo concretamente trasformando il mondo a
sua dimensione.
Paradigmatica è, in questo senso, la
discussione su come modificare l’architettura delle strade, della circolazione
e delle città per rendere possibile il successo delle auto a guida autonoma.
Tanto più il mondo è “amichevole” (friendly)
nei confronti della tecnologia digitale, tanto meglio questa funziona, tanto
più saremo tentati di renderlo maggiormente friendly, fino al punto in cui
siamo noi a doverci adattare alle nostre tecnologie e non viceversa (L. Floridi, 2020).
Agire
come robot ci rende più familiari ai robot, e noi stiamo ottimizzando la nostra
vita a questo scopo.
Nell’infosfera
non si dà più relazione con gli altri uomini nel doppio, dialettico, senso di
quel “noi sincronico” e di quel “noi diacronico” di cui ci parla “Luigi Alfieri”.
Nell’infosfera,
l’altro familiare è solo un pallido ricordo.
Le differenze con la società della relazione
sono abissali.
Si sentono a pelle quando proviamo a
passeggiare nelle strade di città sempre più popolate da fantasmi con gli occhi
solipsisticamente e imprudentemente incollati sullo smartphone e le braccia
prolungate a fare selfie.
L’IA è
il veicolo, oltre che l’esito, di un progetto di mutamento antropologico che
«ha perso il senso del completamente Altro.
Lo ha perso con la cosiddetta morte di Dio
prima, e poi con il dominio sulla Natura, prima disincantata e oggi sempre più
rovinata.
La crisi spirituale moderna non è una crisi di
attenzione verso noi stessi. Ne abbiamo fin troppa.
E non è una crisi di introspezione. Anche
questa abbonda.
È una crisi di dialogo interno, anche solo
socratico e non necessariamente religioso, con l’Altro.
La
vera distrazione (etimologicamente parlando) moderna, il rumore che nasconde il
segnale, è l’antropocentrismo individualista che non lascia alcun spazio
all’Altro.
Abbiamo
sempre più alterità aliene (nel senso etimologico di estranee), spesso
conflittuali, tra individui, generi, classi, etnie, nazioni, popoli, religioni
e filosofie. Ma sono alterità interne all’umanità, un disconoscerci tra noi, che non
corrispondono a un Altro trascendente, cioè fuori dalla storia umana, ma
familiare, cioè vissuto e riconosciuto come esperienza quotidiana, sia esso
divino, per chi crede, o solo naturale, per chi non crede» (L. Floridi, 2024).
Agere sine Intelligere.
Chi
vuol esser lieto sia, lo dico senza ironia.
Non
sono in possesso di formule magiche su come ri-umanizzare l’umano nell’era
dell’ ”artificial intelligence”.
Ma ci
si risparmi, di fronte alla profondità del mutamento del paradigma
antropologico da questa indotto, la favola della sua neutralità, una banalità
condita con il trito esempio del coltello che può essere usato per tagliare il
pane o la gola di una vittima
. Non
è mai stato così, per nessuna tecnologia, per nessun artificio, nemmeno per
l’“invenzione” del linguaggio, tanto meno per l’IA.
E a
svelarcelo sono i suoi stessi “apostoli” che da tempo si adoperano per fare del
potere tecnico-economico un potere legibus solutus (non controllato e non
bilanciato da un contro-potere) e per ricondurre la condotta degli uomini ad un
Agere sine Intelligere (la cui icona è la rappresentazione dell’IA come di un pilota
automatico).
Una
tecnologia vissuta come un giocattolo, malgrado una app e un social non siano
esattamente il vecchio “meccano” o il “piccolo chimico”, ma mezzi diretti di
produzione e di accumulazione, di “ingegnerizzazione comportamentale”.
E lo
sono perché la tecnoscienza capitalista ha attivamente “lavorato” a fare del
modo di produzione una forma di “comunicazione-produzione”, in cui la
comunicazione non si limita più solo allo scambio tra produzione e consumo, ma
la produzione avviene sotto forma di processo comunicativo (i messaggi sono essi stessi merci:
L. Demichelis, 2021).
Non siamo di fronte ad un destino demoniaco,
ma ad un preciso sviluppo del modo di produzione.
Ad una razionalità divenuta totalitaria anche
perché «il digitale si aggiunge e si integra con il taylorismo, ma non lo
cancella in nome di un lavoro intelligente, semmai lo esaspera nei suoi tempi
ciclo, nell’organizzazione, nel comando e nel controllo».
Una
razionalità che spoglia progressivamente gli uomini, in nome del calcolo e
della sua esattezza, di ogni immaginazione (l’uomo animale del possibile),
delegando sempre più alla tecnica l’amministrazione e l’automatizzazione della
vita umana, ad un algoritmo capace ormai di darci le risposte prima ancora di
avere fatto le domande.
Una
razionalità strumentale/calcolante diventata una ontologia (il senso
dell’essere uomo è il calcolo, siamo dati e capitale umano), una teleologia (la
razionalità calcolante-industriale ordina e predetermina la realtà), una
teologia che uniforma le molteplicità del mondo e delle persone, riducendo
tutto al pensiero di un dio razionale (L. Demichelis, 2021).
Il
digitale si erge – ha scritto “Éric Sadin” – a potenza aletheica, a un’istanza
destinata a mostrare l’aletheia, la verità nel senso definito dalla filosofia
greca antica, la forma di un “techne logos”, di un dispositivo dotato del
potere di dire, con sempre maggiore precisione e immediatezza, lo stato
teoricamente esatto delle cose.
Una logica pensata per essere applicata a
tutti gli aspetti della vita individuale e collettiva.
I dispositivi aletheici sono destinati, per
via della loro crescente sofisticatezza, a imporre la loro legge, a orientare
dall’alto della loro autorità le condotte umane (É. Sadin, 2019).
Una
“verità” sostenuta da una duplice, potente, rappresentazione della legittimazione
di cui oggi gode il tecno-capitalismo.
Da una parte, una rappresentazione del
tecno-capitalismo come di una forza del passato; dall’altra come di una forza
del futuro.
Una
forza del passato, mitica, nella misura in cui le tecnologie digitali sono
vissute come l’ultimo stadio di una lunga storia della razionalità occidentale
che grazie alla tecnica si è assicurata un dominio sempre crescente sul corso
del mondo, consentendo all’uomo di porre rimedio alla sua ontologica
lacunosità.
Una
forza del futuro, rivoluzionaria, nella misura in cui l’uso massiccio delle
tecnologie digitali dà vita ad un mondo nuovo:
l’accesso
a un bacino inesauribile di informazioni, l’enorme facilitazione delle
comunicazioni, l’effettuazione di una grande quantità di azioni a distanza, il
tutto accompagnato da un certo senso di compiacimento, di comodità, di potere.
Tutto,
magicamente, in tempo reale.
Un
tempo nuovo rispetto alle tre modalità temporali – passato, presente e futuro –
che scandivano nel ventesimo secolo la nostra forma di vita.
Un
tempo inizialmente destinato a facilitare certe pratiche (il riconoscimento
dell’identità di un individuo tramite una telecamera di sorveglianza, l’analisi
di una radiografia) ma ben presto divenuto un tempo della conoscenza immediata
e automatizzata delle situazioni e della conseguente emissione di istruzioni da
eseguire seduta stante.
L’indicazione di seguire questo o
quell’itinerario in funzione dello stato del traffico, la trasmissione di
segnali agli addetti alla logistica per ordinare loro di andare a ritirare il
tal articolo nel tal momento e poi depositarlo nel tal posto.
Cosicché
il tempo reale è passato da una iniziale, strumentale, dimensione di comfort
che teneva insieme tecnica e attività umana (una accelerazione dell’innovazione
tecnologica) alla generalizzazione del fatto che un robot computazionale indica
a un essere umano quale comportamento adottare (Èric Sadin, 2022).
In
ogni occasione e situazione.
Che studi intraprendere, quale attività
lavorativa, quale sia il profilo ideale del proprio partner.
O,
persino, indurre – pare sia ‘realmente’ accaduto – una settantaduenne single
statunitense a sposarsi con sé stessa.
La robotizzazione dei gesti, tipicamente
incarnata dal nostro rapporto con gli schermi dei computer, degli smartphone,
dei tablet, produce in noi il “cartesiano” sentimento di agire in solitaria.
Tutti
i “messaggi” che riceviamo «in quanto risultato di operazioni algoritmiche sono
automatizzati e non hanno un firmatario identificato».
Lo schermo fa letteralmente schermo al
dialogo, alla possibilità di discutere e di negoziare.
Cosicché, «la natura del gesto, oggi divenuto normale
in ambito professionale, di posizionarsi di fronte a uno schermo» rinvia l’“homo
digitalis” «unicamente a sé stesso e alla propria responsabilità in una sorta
di nudità senza appello».
Una
mobilitazione totalitaria che investe non solo il lavoro ma, sempre più,
l’insieme delle nostre vite quotidiane (É. Sadin, 2022).
Senza
tregua, senza aria, senza fiato, come se le cose si fossero bloccate, se non ci
fosse più spazio per quell’animale del possibile che è l’uomo di fronte ad un
ordine che assume i contorni di un ordine naturale, eterno, inscalfibile.
Il muskismo che è in noi.
A
inizio novembre 2023, si è svolta in Gran Bretagna una due giorni sull’intelligenza
artificiale organizzata da “Rishi Sunak”.
Un
evento nel quale il Primo ministro del Regno Unito non si è limitato a sedere
al tavolo con un CEO, ma ha intervistato” Elon Musk” per avere lumi su come
procedere per regolamentare l’IA, su quali sono i suoi rischi e le sue
opportunità.
Un
politico che intervista un CEO è un evento che non desta più meraviglia.
Musk non è solo uno degli uomini più ricchi al
mondo, quello delle auto elettriche Tesla, quello degli Shuttle che portano i
“turisti” nello spazio.
Oggi
Musk ambisce ad essere un attore geopolitico assoluto. Quello dei satelliti “Starlink” che
offrono Internet agli Ucraini sotto assedio degli hacker russi, quello che
decide se fornire o meno la connettività.
Un
Capo di Stato, di uno Stato che non ha confini.
Un
guru, un visionario, che può parlare da pari dall’alto con tutti.
Leader democratici e autoritari lo interpellano come
fosse un oracolo, una fonte di saggi consigli sull’essere umano e di profezie
sul domani (legrandcontinent.eu/it/2023/11/06/il-potere-geopolitico-di-elon-musk-deve-essere-tenuto-sotto-controllo-una).
Non è
un caso che la conferenza tenuta in Gran Bretagna fosse incentrata sui “rischi
esistenziali” dell’IA.
«Cosa succede se l’IA diventa generale e super
intelligente?».
Cosa
succede se l’IA supererà nel giro di uno-due anni l’intelligenza umana?
L’ “inventore” delle auto elettriche dice di
avere la ricetta giusta per questi “rischi esistenziali”.
Un
“megalomane”, un “pallone gonfiato”? Può darsi.
Ma
questo è il problema minore, quello maggiore è che riteniamo degne di
attenzione le sue profezie, le sue ricette.
Il
problema con la P maiuscola non è Musk, ma il muskismo che è in noi.
Il
muskismo non è un deus ex machina.
È il
“deus” della neo-filosofia dell’umano della Silicon Valley. Nessuno ci aveva detto, si è
ironicamente osservato, che la fine del mondo sarebbe stata la cosa più noiosa
che potessimo immaginare:
si
devono leggere dati complicati, ascoltare notizie provenienti da città che in
Occidente non abbiamo mai sentito nominare, misurare i gradi e i centimetri di
oceano.
E poi stare dietro agli anziani, agli
infermieri in burnout, impastare la pizza per tutta la famiglia e seguire
lezioni universitarie su Zoom.
Il futuro arriva, noioso, e bisogna farci i conti.
A
farlo si candida una ideologia – quella degli apostoli della Silicon Valley:
“filosofi” di Oxford, miliardari, ideologi e guru degli ultraricchi – che si fa
strada non solo tra grandi fondazioni filantropiche, aziende multinazionali,
istituzioni, ma anche nel senso comune.
Il fascino che questa neo filosofia esercita è
comprensibile.
Mentre il mondo arranca tra clima impazzito,
povertà, epidemie, guerre e diseguaglianze crescenti, questo piccolo e
agguerrito gruppo di potenti sostiene di avere in tasca le soluzioni
scientifiche ai dilemmi esistenziali dell’umanità. Promette di farci prosperare
tra millenni, addirittura milioni di anni. Il suo nome è lungotermismo (I. Doda, 2024).
In una società sempre più povera di relazioni,
i lungotermisti ci dicono che siamo tutti uniti da un destino comune, ci
parlano di una fiorente civiltà multi planetaria.
Riabilitano
l’utopia, restituiscono miticità al tempo lungo che loro stessi – gli apostoli
della Silicon Valley – hanno cancellato in nome della mistica del tempo reale.
E
Musk, tra le tante cose, è un adepto anche del longtermism, uno che si
(pre)occupa dell’uomo come genere, del suo bene in quanto tale.
Un
“abilitatore del progresso” investito da una missione superiore, salvifica,
epica, non diversa, da quella del “Ciclo delle fondazioni” con cui Asimov
dipinge i suoi robot.
Esseri perfettamente razionali cui viene
programmato all’interno del codice genetico l’idea che non possano fare del
male all’umanità.
Ma,
soprattutto, che per farlo possano violare tutte le regole che ne ostacolano la
salvezza.
Perché
l’imperativo è quello di massimizzare il bene dell’intera umanità, non solo di
quella esistente ma anche di quella che esisterà.
Un
argomento con cui Musk giustifica le sue mire di colonizzare lo spazio, al fine
di consentire la nascita di miliardi di individui del cui benessere prendersi
cura da subito.
In
vista del ‘nobile fine’ di non cadere nella “barbarie” della fine della civiltà
umana (F.
Chiusi, 2023).
Umano, troppo umano.
I
lungotermisti e Musk proiettano la vita umana milioni di anni nel futuro,
promettono un’umanità multi planetaria florida e felice.
A patto che seguiremo qui e ora una logica
iper-utilitarista, la loro.
Il lungotermismo e il suo predecessore, l’altruismo
efficace, “suggeriscono” di risolvere qualsivoglia sfida in modo completamente
apolitico.
Annullano
il conflitto, persino il dilemma:
basta
fare tanti soldi e donarli alle cause giuste, e con la magia di un’equazione
matematica si possono affrontare tutte le grandi sfide del mondo.
Si può
fare del bene, si può agire in maniera etica, in modo perfettamente efficace.
Non serve chiedersi da che parte si sta.
Le
risposte ai dilemmi del nostro tempo stanno in una formula, in valori concreti
e misurabili.
Stanno nelle quantità: di soldi, di crescita,
di persone che possono abitare la Terra o il cosmo senza mettere in nessun modo
in discussione lo status quo dell’ordine tecno capitalista.
Un
umanitarismo futurista e utilitarista che postula che nel nome del benessere
futuro di un numero infinito di individui qualunque numero finito di individui
è qui e ed ora sacrificabile (F. Chiusi, 2023).
Un
orrore con la “o” minuscola, se fossimo certi che le nostre democrazie
occidentali possiedano ancora degli antidoti efficaci per combattere questa
deriva; se fossimo certi che l’orrore che questa “religione” suscita ancora in
coloro che conservano memoria delle tragedie del XX secolo fosse
universalmente, largamente, condiviso.
Il
problema con la “P” Maiuscola che abbiamo è che a ritenere degne di
considerazione le ‘verità ‘di Musk non sono solo dei fanatici di una setta
esoterica e millenarista.
Il brodo di cultura del muskismo è in ognuno
di noi, nella nostra quotidiana impotenza di fronte a un mondo un passo più in
là della nostra comprensione.
Un mondo in cui fare individualmente la cosa
giusta ci appare impossibile e, in fin dei conti, inutile.
Possiamo certo decidere di consumare meno
acqua quando facciamo la doccia, di diventare vegetariani, di usare meno
l’automobile, di fare volontariato.
Tuttavia,
la realtà è troppo complessa per arrivare a comprendere la vasta rete di
conseguenze delle nostre azioni.
Mentre
digito sulla tastiera sto utilizzando energia elettrica che proviene in parte
da fonti fossili estratte con conseguenze disastrose sull’ambiente.
L’applicazione cloud che uso per scrivere è
alimentata da data center che consumano una spaventosa quantità di energia.
I
metalli presenti nelle batterie del mio smartphone sono estratti da
multinazionali occidentali in Paesi del continente africano, nel totale spregio
dei diritti umani basilari.
Molti
beni di consumo comuni sono prodotti da persone che lavorano senza tutele,
venduti da colossi del commercio mondiale che hanno potere di negoziare alla
pari con Stati nazionali (I. Doda, 2024).
È
precisamente all’altezza di questa “crisi esistenziale”, che la narrazione
“alternativa” di Musk si colloca
«Forza uomini», il suo motto, è un fervente
invito a sondare il futuro al fine di partecipare ad una esaltante avventura
collettiva.
Il cui visionario punto di caduta è
l’occupazione di Marte, un luminoso spazio extra-terrestre nel quale le
promesse ancora non mantenute dalle tecnologie digitali di un mondo libero da
ogni difetto (a disposizione di coloro che intendono realizzare profitti)
possano pienamente realizzarsi.
Diventare
una specie multi planetaria per massimizzare la possibilità di sopravvivenza ed
evitare che un evento cataclismatico causi la scomparsa di quella che è l’unica
specie altamente intelligente presente nell’universo.
Da qui
l’inferenza che non è importante solo che l’essere umano sopravviva, è
fondamentale anche che si moltiplichi il più possibile.
E poi, l’ulteriore inferenza, che non ha senso
battersi per il cambiamento climatico, per ridurre diseguaglianze e
marginalità, per occuparsi delle conseguenze che la diffusione
dell’intelligenza artificiale genera nel campo della sanità, del welfare, del
lavoro.
Fare
profitti qui ed ora lucrando sulle paure, sul nostro senso di impotenza.
L’ultima frontiera della guerra all’umano.
Agli
apostoli della Silicon Valley piace vincere, vincere facile.
Una
“paranoia” che fa disinvoltamente dire loro che salvare una vita in un paese
ricco è più importante che salvarne una in un paese povero, perché la vita
salvata nel primo ha maggiori probabilità di creare valore nel lungo termine e,
quindi, di salvare a sua volta altre vite.
Umano,
troppo umano.
Perché non ci ribelliamo?
Non
c’è da meravigliarsi, dunque, se tutti i “buoni propositi” dei lungotermisti
alla Musk di essere responsabili, di porre dei limiti allo sfruttamento
infinito del lavoro e delle risorse della Terra, vengano, un minuto dopo la
loro proclamazione, disinvoltamente messi da parte.
In
linea di principio, i lungotermisti dicono di temere un eccesso di tecnologia.
Ma prestissimo scatta in loro una coazione a
ripetere, la fede nel credo che solo con un suo uso crescente si possa
governare il mondo.
“Naturale”,
mettono in forma i loro interessi e le loro umane paure, rifugiandosi nella
favola che sia a portata di mano la possibilità di pianificare il loro
personale destino e quello del mondo.
Perché ci credono e, soprattutto, perché in
tanti credono in questa capacità magica del tecno-capitalismo?
Semplicemente
perché è “vero”.
Vero
in senso normativo, come in sostanza aveva sostenuto nel 1966 “Martin Heidegger
“in una fulminante intervista al direttore del “Der Spiegel”, pubblicata dieci
anni dopo con il titolo” Ormai solo un dio ci può salvare”:
«Tutto
funziona. Questo è appunto l’inquietante, che funziona e che il funzionare
spinge sempre oltre verso un ulteriore funzionare. Tutto ciò che resta [sono
problemi] di pura tecnica».
Heidegger
non era, a differenza di ciò che pensa “Maurizio Ferraris”, un pazzo. Sapeva bene che gli uomini hanno
sempre affinato la tecnica come elemento di razionalizzazione e affidato ad
essa la loro vita.
Sapeva bene che la società moderna è orientata
ad una tecnica che funziona e che questo suo funzionare è per gli uomini una
impareggiabile “rassicurazione” per il loro “antropologico” desiderio di
risolvere i problemi.
Ad inquietarlo era che la tecnica in sé non
prevede altro che l’azione di calcolo e che se resta in campo solo questo
codice «tutto ciò che resta [sono problemi] di pura tecnica» (M. Heidegger,2011).
Giunti
a questa soglia, la tecnica non ha più bisogno per funzionare degli uomini che
diventano – ha ripetutamene osservato “Umberto Galimberti” – funzione di un
apparato, di «un ingranaggio che serve all’apparato per il suo funzionamento.
L’apparato analizza, valuta, razionalizza, assegna ruoli, premia e penalizza
(…) secondo regole che non richiedono l’essere umano. L’apparato creato
dall’uomo non necessita dell’uomo per rimanere in vita e vivere» (E. Limone, 2013).
L’IA
non solo per funzionare può non aver bisogno dell’essere umano, ma gli uomini
sono «in grado di risolvere problemi o svolgere compiti con successo, senza la
necessità di essere intelligenti» (L. Floridi, 2020).
Con
tutte le conseguenze socio-antropologiche che ciò comporta:
la razionalità digitale nella misura in cui
marginalizza l’apprendimento discorsivo (gli algoritmi imitano ma non
argomentano: Byung-Chul Han, 2023) marginalizza l’intelligenza relazionale che
viene rimpiazzata dal sostituto funzionale della continua possibilità di
connettersi.
Soluzionismo
e concretismo:
se “google maps “mi porta a destinazione non
mi preoccupo di ciò che perdo in termini di esperienza.
Salvo,
se il mio cellulare “non funziona”, scoprirmi totalmente disorientato.
Ad
inquietare “Heidegger” è che la pretesa della tecnica a escludere a priori
tutto ciò che non è funzionale faccia venir meno le “passioni” degli umani per
ciò che è giusto e ingiusto, buono o cattivo, bello o brutto.
Heidegger
non aveva forse del tutto intravisto l’ancor più inquietante evenienza che gli
uomini risolvano problemi senza essere intelligenti (anche nel limitato senso
in cui lo è l’IA).
Un cambio di passo che non è da imputare
esclusivamente all’“ontologico” funzionalismo della tecnica.
A differenza delle rivoluzioni scientifiche
del passato che hanno prevalentemente riguardato la capacità del genere umano
di creare manufatti per meglio controllare un ambiente ostile, l’odierna
razionalità tecno-scientifica non si propone semplicemente di dotare gli uomini
di macchine che ne agevolano l’esistenza (homo faber), ma li espropria della
capacità di servirsi della macchina (homo sapiens) per accrescere la loro
intelligenza relazionale.
E non soltanto nel senso che “Google Dream” emula la
visione umana, che le “IA” di terzo livello producono in modo autonomo dipinti
e brani musicali, ma altresì nel senso di comandare gli uomini ad agire come
delle macchine.
Ascoltiamo
con attenzione il messaggio veicolato dal continuo, tambureggiante, marketing
sulle magnificenze della società digitalizzata.
La
narrazione su “la forza delle connessioni” – il martellante mantra che occupa
le nostre giornate – conferisce al processo di digitalizzazione della società e
all’uso dell’IA in tutte le attività umane il prisma di una rivoluzione della
quale siamo tutti partecipi e che sta meravigliosamente migliorando la nostra
vita ‘relazionale’.
In
questa narrazione non c’è niente di innocente.
Essendo
la digitalizzazione rappresentata come il frutto esclusivo di una rivoluzione
tecnologica, ne consegue ineluttabilmente che le più autentiche e vitali innovazioni
non possono che essere quelle tecnologiche.
E che le altre innovazioni – sociali,
culturali, artistiche – che per lungo tempo la tradizione occidentale ha
considerato altrettanto essenziali per il progresso e la civilizzazione
dell’umanità vanno considerate come secondarie, se non irrilevanti.
Assumere
che l’innovazione per eccellenza sia quella tecnologica presuppone e ingenera
la convinzione «che la tecnologia procede nel suo sviluppo in maniera pressoché
autonoma», che il potere tecnologico sia, “legittimamente”, a monte, un potere “legibus
solutus”.
E che è bene, dunque, a valle, che gli investimenti
nella formazione vadano «prevalentemente, se non esclusivamente, a favore di
attività creative e produttive direttamente ed esplicitamente connesse con lo
sviluppo tecnologico».
Che è
bene sacrificare abilità e capacità che provengono da altri saperi.
Che è bene tagliare, in materia di istruzione
e formazione, «i costi di tutto ciò che non prepara futuri tecnologi e tecnici» (S. Silardi, 2023).
Nulla
di neutrale e di innocente a valle, perché nulla di neutrale e di innocente v’è
a monte.
Perché,
allora, non ci ribelliamo e, anzi, diamo crescente credito alla razionalità
digitale?
Innanzitutto, perché il suo dominio
totalitario è velato dal “fatto” che le conversioni tecniche delle scoperte
scientifiche aprono oggi nuovi scenari di azione, allargano gli orizzonti di
scelta.
L’avvento
di Internet che ha allontanato il problema della distanza fisica.
Le tecniche di riproduzione assistita che
consentono la riproduzione senza rapporto sessuale.
E le
promesse di un futuro in cui la quasi totalità delle malattie verranno
sconfitte, di una vita attiva molto più lunga, di un migliore controllo
dell’ambiente.
Una fiera delle meraviglie alla quale è
difficile resistere.
L’unica
libertà visibile è oggi, per tanti, nelle prestazioni delle tecnologie
digitali.
È a
questa altezza che si colloca la sfida politico-antropologica che abbiamo di
fronte.
Che fare?
Per
contrastare l’egemonia del tecno-capitalismo non basta fare appello ai buoni
sentimenti.
Dobbiamo
fare profondamente i conti con una fenomenologia che viaggia a velocità
supersonica nella direzione di quell’”Agere sine Intelligere” sul quale si è
qui ripetutamente richiamata l’attenzione.
La verità digitale ha portato allo scoperto
elementi della nostra antropologia a lungo addomesticati anche nel corso della
modernità.
Lo
dico a pelle, senza pretesa di scientificità.
Si
tratta di una considerazione frutto della mia poco accademica tentazione di
guardarmi in giro.
E vedo
in giro, per tornare ancora una volta al discorso di “Maurizio Ferraris”, poca
gente desiderosa di «stabilire dei fini e deliberare coerentemente» e molta
gente desiderosa di “copiare”.
Desiderosa
di delegare in toto funzioni e attività un tempo tipicamente umane (tecniche,
cognitive, emotive, esistenziali) al potere taumaturgico di una macchina che le
riduce a sua goffa appendice.
E mi
torna alla mente la provocatoria domanda che un giovane manager ha posto nel
1981 a “Shoshana Zuboff”:
«Lavoreremo tutti per una macchina
intelligente o sarà quella macchina ad essere usata da persone intelligenti?» (S. Zuboff, 2019,).
La
“profezia” di quel giovane manager è oggi, in larga misura, ciò che accade
nell’infosfera.
Mi affido alla penna tutt’altro che
apocalittica di “Tomas Chamorro-Premuzic”. Internet, è la sua realistica
constatazione, è un sistema di interruzione.
Conquista
la nostra attenzione per strapazzarla.
E
ricorda, a supporto di questa fulminante immagine, che oggi il 62 percento
degli studenti usa i social media durante le ore di lezione.
Che gli studenti universitari passano dalle
otto alle dieci ore al giorno sui siti di social media.
Che il tempo trascorso online è correlato
inversamente con le prestazioni accademiche.
Che i
dati delle ricerche collegano livelli più elevati di uso dei social media con
livelli più elevati di distrazione, che a loro volta abbassano i risultati
accademici.
Notifiche,
messaggi, post, like e altri feedback gratificanti sequestrano l’attenzione
degli studenti e creano uno stato costante di iper-vigilanza, interruzione e
distrazione che producono livelli significativi di ansia, stress e sintomi da
astinenza.
E
questo perché si affidano a processi decisionali intuitivi o euristici,
facilmente preda di distorsioni, stereotipi e pregiudizi, tutte cose che
rendono i giovani – e, ormai, anche i meno giovani – di mentalità meno
inclusiva.
Mentre
per avere una mente aperta, bisogna essere disposti a cercare attivamente
informazioni che contraddicono i nostri stessi atteggiamenti (T. Chamorro-Premuzic, 2023).
Vale
per tutti? Vale allo stesso modo? No.
Lo stato costante di iper-vigilanza e
interruzione non colpisce tutti nell’identica maniera.
Le
persone “intelligenti” di cui parla “Maurizio Ferraris” provengono da famiglie
con un denso “back ground culturale” e frequentano “scuole di eccellenza” che
non sono quelle dalla maggioranza dei loro coetanei.
Per i
quali è sempre più improbabile diventare persone “intelligenti” nel senso in
cui ne parla il manager del libro di” Shoshana Zuboff”:
non
entreranno a fare parte della casta dei funzionari dell’intelligenza
artificiale.
E non v’entreranno perché ad esse è stato
“insegnato” a non essere curiose. Eppure, osserva “Tomas Chamorro-Premuzic,”
più la curiosità è rara più è ricercata, esaltata come una competenza cruciale
per l’ambiente di lavoro moderno, come un predittore significativo della
possibilità di ottenere e conservare un posto di lavoro attraente.
I posti di lavoro futuri diventano meno
prevedibili, e un maggior numero di organizzazioni assumerà le persone sulla
base di quello che potrebbero apprendere, non di quello che già sanno.
Chi è
più disposto a sviluppare nuove competenze è meno probabile che verrà
sostituito dall’automazione.
Viceversa,
se ci concentriamo – come fanno oggi la maggior parte delle scuole –
sull’ottimizzazione delle cosiddette performance, il nostro lavoro finirà per
consistere di azioni ripetitive e standardizzate dettate da una macchina che
già le esegue meglio.
E questo sta già determinando, aggiunge “Yuval
Noah Harari”, l’apparizione di una «classe globale inutile».
La
combinazione di biotech e tecnologie digitali potrebbe giungere a un punto in
cui sistemi e algoritmi ci capiscono meglio di quanto comprendiamo noi stessi.
E «nel
momento che hai un qualcuno di esterno che ti capisce meglio di quanto tu ti
capisca, la democrazia liberale è condannata» a diventare simile a uno
spettacolo di marionette.
Nei
prossimi decenni – osserva “Harari” – dovremo affrontare la discriminazione
individuale e potrebbe essere basata su una buona valutazione su chi sei.
Se gli
algoritmi impiegati da un’azienda cercano il tuo profilo Facebook o il tuo DNA,
potrebbero capire con precisione chi sei.
«Non
sarai in grado di fare nulla per questa discriminazione, prima di tutto perché
sei soltanto tu. Non discriminano il tuo essere perché sei ebreo o gay, ma
perché sei te stesso» (Yuval Noah Harari, 2024).
A
fronte di questi scenari “Harari” auspica una rinnovata moralità che
“regolamenti” il lato pericoloso delle nuove tecnologie.
E chiama in causa storici, filosofi,
sociologi, diffidando di corporazioni, ingegneri, persone che lavorano nei
laboratori che si concentrano esclusivamente sui benefici della ragione
digitale.
Temo
si tratti di una impresa che va attualmente al di là delle possibilità delle
scienze umane.
Trovo
più convincente l’orizzonte indicato da “Èric Sadin”:
«(…) presto ci renderemo conto che abbiamo
bisogno molto più di mobilitazione che di regolamentazione.
È stato il caso degli sceneggiatori di
Hollywood che si sono resi conto che il loro lavoro era in pericolo e così nel
maggio 2023 si sono opposti in gran numero, con coraggio e determinazione, per
vincere la loro causa.
Non si
sono semplicemente affidati alla regolamentazione, che per salvare capre e
cavoli li avrebbe mandati al patibolo.
Sarebbe bene che tutte le professioni messe a rischio
dall’ “IA generativa” (giornalisti, grafici, traduttori, avvocati, mesici,
professori, ecc.) si mobilitassero a livello nazionale, ma anche
internazionale, per gruppi e dicessero in nome delle loro rivendicazioni cosa
sono pronti ad accettare e cosa rifiutano categoricamente.
Sarebbe
bene che lo facessero senza attendersi qualcosa, anticipando il legislatore,
che spesso è cieco di fronte a tante realtà della nostra vita quotidiana» (È. Sadin, 2024).
Fare
diventare le mobilitazioni collettive il motore di una consapevolezza più vasta
è la strada giusta.
Non
esistono scorciatoie.
Primo, ricostruire la genealogia del dominio
della tecnoscienza.
Secondo,
mobilitarsi contro di esso.
Infine, “lavorare” contestualmente a mettere
in forma un’altra antropologia, riabilitare l’essere relazionale dell’uomo
contro il suo essere permanentemente connesso e calcolante.
Perché
se è vero che il pensiero, senza il controllo del calcolo, è delirio, il
calcolo, sottratto al governo della vita pensante, è insensatezza (A. Masullo, 2011).
Conclusivamente.
La
guerra all’umano è la madre di tutte le guerre.
Le tecnologie
digitali agite dal tecno-capitalismo irrompono in un “mondo” che ha già
ampiamente interiorizzato la convinzione che “stabilire dei fini e deliberare
coerentemente” è una qualità superflua.
Le tecnologie digitali lasciate libere di
dispiegarsi incentivano all’ennesima potenza questa convinzione.
L’esposizione
ripetuta e intensiva alle tecnologie on line sta già cambiando il nostro
cervello, spostando l’attività neurale dall’ippocampo (l’area del cervello
coinvolta nel pensiero profondo) verso la corteccia prefrontale (la parte del
cervello coinvolta nelle transazioni rapide, subconsce).
Non
esistono risposte individuali per combattere la guerra all’umano, per
contrastare l’etica dell’essere permanentemente connessi.
La
tecnofobia è astrattamente un’opzione allettante, ma ha un terribile costo
sociale poiché ci trasforma in cittadini inutili e improduttivi.
Essere
offline equivale ad avere un’esistenza totalmente ignorata, come l’albero
secolare che crolla nella foresta quando non c’è nessuno a sentire il rumore
dello schianto.
Bloccare
le app o limitare l’accesso a Internet è un compromesso intermedio, dato che ci
consente di evitare almeno alcune “distrazioni digitali”.
Tuttavia,
è difficile rinunciarvi (T. Chamorro-Premuzic, 2023).
L’intelligenza
artificiale rende in molti casi la nostra vita molto comoda. Controlliamo l’app delle previsioni
del tempo prima di scegliere che cosa indossare; usiamo “Vivino” per vedere la
valutazione data a un vino dagli utenti, senza dover pensare troppo e al
contempo cercando di aumentare la soddisfazione per le nostre scelte.
In
questo modo, l’AI ci esime dalla sofferenza mentale causata dall’eccesso di
scelte.
Non è
affatto peregrina l’idea di un mondo futuro – anzi è già una realtà – in cui
chiederemo a “Google” cosa studiare, dove lavorare, chi sposare.
Così,
riduciamo la nostra vita all’ovvio, al monotono e al ripetitivo, e il modello
che abbiamo di noi crescerà rapidamente in potenza predittiva.
Se il
nostro modello è quello di un essere umano che passerà le giornate a guardare
vari schermi e a fare clic, tap e scorrere pagine diverse in modo sempre più
ripetitivo, il computer è oggi in grado di capire, meglio di noi, chi siamo,
chi siamo diventati.
D’altra parte, sostituire una versione
spiacevole della realtà con una che invece è rassicurante come quella che ci
propongono le tecnologie digitali, flirta con il modo indulgente e tollerante
in cui oggi vediamo noi stessi.
Per combattere le nostre stesse autoillusioni,
dovremmo avere meno fiducia nelle nostre idee, opinioni e conoscenze.
Credere
che fare domande – essere disposti ad accettare feedback dagli altri che
colmano la lacuna fra come noi ci vediamo e come ci vedono gli altri – sia più
importante che ottenere risposte.
Ma è
un compito impegnativo e l’era dell’AI ha annacquato i feedback facendoli
diventare un rituale senza senso, ripetitivo e semiautomatico che produce solo
circuiti di retroazione positiva.
Quando
pubblichiamo qualcosa su Facebook, Snapchat, TikTok, Twitter o Instagram, non è
difficile ottenere qualche “mi piace”, perché mettere un like richiede
relativamente poca energia e ha un costo molto basso.
La
maggior parte di noi metterà il “mi piace”.
Anche
se il feedback è fasullo, ciascuno di noi sa che è probabile che venga
ricambiato in futuro.
Questo rende il feedback di gran lunga meno
utile di quello che dovrebbe essere, in quanto siamo incentivati a ignorare i
pochi feedback critici che riceviamo.
Essere curiosi o di mente aperta è più facile
a dirsi che a farsi.
‘Distrarci’ dai social media tende a indurre stress,
come tenere lontani i fumatori o i bevitori dalle sostanze da cui sono
dipendenti (T.
Chamorro-Premuzic, 2023).
D’altra
parte, essere permanentemente connessi ci rende complici della guerra
all’umano.
Nessun
Dio ci salverà.
Solo
una mobilitazione collettiva può farlo.
ChatGPT,
i rischi per l’umanità
e la
sindrome “SkyNet”.
Valigiablu.it – (14 Aprile 2023) - Bruno Saetta – Fabio Chiusi – ci dicono:
(Questo
articolo è stato scritto con la collaborazione di ChatGPT)
ChatGPT
come Frankenstein?
Il risultato
più probabile della realizzazione di un’intelligenza artificiale avanzata è che
letteralmente sulla Terra tutti moriranno.
Questa
la certezza di “Eliezer Yudkowsky” che scrive sulla rivista “Time”.
Ma che
le “AI” siano un rischio per la civiltà umana è opinione ormai piuttosto
diffusa.
Lo
sostiene Elon Musk, ma lo dice anche “Sam Altman”, il CEO di “chatGPT”.
Quindi,
sarà vero?
In
realtà, da buon “venditore”, “Altman” non fa altro che stuzzicare le ataviche
paure occidentali dell’ignoto, un novello Frankenstein che costruisce il
“mostro” che poi immancabilmente si ribella al suo padrone.
Nella
società occidentale è presente il terrore verso l’ignoto, la diversità, verso
tutto ciò che non è umano e che in quanto tale minaccia l’integrità e
l’individualità dell’essere umano come la tecnologia che mira a modificarci.
Si
tratta di retaggi religiosi che riguardano l’anima universale e incorruttibile
che deve essere preservata nella sua interezza e nella sua essenza.
L’intelligenza
artificiale generativa è qui. Siamo pronti?
Conversazione
con “Fabio Chiusi “.
Ma
Altman sa bene che per “vendere” il suo prodotto, cioè ChatGPT, deve
magnificarne le potenzialità, anche distruttive, il che spiega le sue uscite
sul rischio che le “AI” possano diventare pericolose per la civiltà umana.
E qui
trova facilmente la sponda dei mass media.
Niente
di nuovo. Anche
con “Cambridge Analytica” si parlò di enormi rischi per la società in quanto
evidenziarono le infinite possibilità di manipolazione della mente umana con
rischi di alterarne il funzionamento, modificarne le scelte, fino a distruggere
la democrazia.
Considerato tutt’oggi uno dei più grandi
scandali riguardanti la tecnologia, in realtà “Cambridge Analytica” non ha mai
dimostrato di poter fare quello che sosteneva.
Anzi,
in un’inchiesta su” Channel 4” si vede il CEO di “Cambridge Analytica” che,
ripreso di nascosto, illustra il “piano” a un potenziale cliente.
E il
piano consiste nell’iniettare (cioè diffondere, ma “iniettare” appare più
“sinistro”) internet di video di corruzione del candidato politico da
sconfiggere e di suoi incontri con prostitute.
Se davvero “Cambridge Analytica” avesse potuto
fare ciò che prometteva avrebbe fatto ricorso alle prostitute?
Ed
ecco che, forse, il problema si inquadra meglio, in una dimensione
pubblicitaria. Ma anche concorrenziale.
Con
Elon Musk che, dopo aver cercato di mettere le mani su “ChatGPT “(Altman
rifiutò) senza riuscirci (lui sostiene che lo ha fatto per poterla
controllare), oggi avverte che le AI sono pericolose (la volpe e l’uva?) e
quindi dovremmo fermarle.
E poi?
E poi
c’è il suo di progetto, inscritto a pieno titolo nella nuova ideologia
nascente, il "lungotermismo" (vedi anche Fabio Chiusi, "L'uomo
che vuole risolvere il futuro"), in base alla quale più che pensare agli
esseri umani di oggi dovremmo concentrarci sul garantire il potenziale a lungo
termine dell’umanità.
Perché
preoccuparsi dei poveri e dei migranti se quello che importa è il potenziale a
lungo termine?
E
soprattutto è l’Occidente, in particolare gli USA, che hanno contribuito a
realizzare i progressi tecnologici e che quindi presumibilmente contribuiranno
a favorire questo fantomatico potenziale umano.
Perché,
quindi, preoccuparci degli altri?
E in
questa prospettiva “Musk” propone di colonizzare altri pianeti, abbandonando il
nostro al suo destino.
Ecco perché anni fa lanciò “SpaceX”.
Evidentemente
il costo oggi è importante anche per un riccone come lui, e i finanziamenti che
ottengono le AI (circa 92 miliardi di dollari nel 2022 secondo l'ultimo
rapporto dello “Stanford Institute for Human-Centered AI”) gli farebbero
proprio comodo.
Insomma
niente altro che un tentativo di distrarre i finanziamenti dalle AI verso il
suo piano, il suo progetto, il suo prodotto.
Quindi,”
Altman” fa pubblicità superlativa del suo stesso prodotto,” Musk” fa pubblicità
comparativa tra il suo e il prodotto concorrente. A chi dobbiamo credere?
Le AI sono davvero pericolose come dicono?
E se
lo sono, perché?
Ma
andiamo per ordine.
Cosa è
chatGPT?
ChatGPT
(GPT sta per “generative pre-trained transformer”), rilasciato nel dicembre
2022 da “OpenAI” (nel marzo 2023 è stato lanciato GPT-4) – come viene precisato
sul sito – è un modello linguistico addestrato per produrre testo e ottimizzato
per il dialogo con gli esseri umani.
Riferendosi a chatGPT spesso si parla di “LLM”,
ovvero “large language model”, una tecnologia che è in grado di generare testo
su una gamma apparentemente infinita di argomenti.
Tra di
essi abbiamo i “Foundation Models”, cioè Modelli di base, e i modelli di
trasformazione del linguaggio (BERT) che utilizzano tecniche di apprendimento
non supervisionato per la comprensione del linguaggio.
Un “LLM”
non è altro che una rete neurale di enormi dimensioni, laddove rete neurale
indica un modello di apprendimento automatico basato su una serie di piccole
funzioni matematiche (definite “neuroni” in analogia col cervello umano) che
costituiscono il livello più basso di calcolo.
Un “neurone” calcola un output in base a un
input ricevuto, ma è il complesso della rete neuronale che è importante.
Questa
può essere costituita da poche connessioni, tuttavia, gli “LLM” ne hanno
miliardi.
Se la
rete ha molti livelli di connessione, viene definita “profonda” (deep learning).
Un “LLM
“utilizza una particolare architettura di rete neurale chiamata trasformatore
(sviluppato nel 2017 dai ricercatori di Google per migliorare la traduzione
automatica) che è specificamente progettata per generare dati in sequenza, come
il testo.
In un “trasformatore” alcuni neuroni sono
connessi più fortemente ad altri neuroni (in gergo tecnico si dice che
“prestano più attenzione”).
Questo
perché un testo viene letto in sequenza, parola dopo parola, per questo
l’architettura è stata progettata per funzionare in questo modo.
Come
per tutti i modelli di “machine learning”, anche per gli “LLM “i programmatori
non scrivono l'algoritmo in modo esplicito, cioè le istruzioni da fornire al
computer che elabora, bensì definiscono l’architettura del modello e le regole
in base alle quali verrà costruito.
Non creano i “neuroni” né definiscono il
“peso” degli stessi.
Questo avviene nel processo definito
“addestramento”, realizzato con poche centinaia di miliardi di parole di testo
(i dati di addestramento sono estratti da siti pubblici e selezionati, da
articoli, libri, ecc...), durante il quale il modello definisce da sé le
variabili (self-supervised).
Si tratta di un processo lungo e costoso.
Il
risultato della fase di addestramento è proprio la rete neurale costituita da
centinaia di miliardi di connessioni tra i “neuroni”.
Il
peso di ogni neurone è una formula matematica che viene calcolata per ogni
parola o parte di parola (definiti token) fornita al modello come input, e per
ogni parola che genera come output.
Le
reti neurali sono impostate per avere una rete essenzialmente fissa di neuroni,
ciò che viene modificato è il peso delle connessioni tra di loro.
Poiché
l’attività di base di “ChatGPT” è capire come continuare una parte di testo che
gli è stato fornito in input, tutto ciò che si fa nell’addestramento è
mascherare la fine di un testo e fornirlo in input di allenamento.
Poi è possibile dare un feedback a ChatGPT
utilizzando il testo completo. Ovviamente diverse frasi simili generano
statistiche che poi possono consentire a ChatGPT di variare le risposte
(compreso le risposte errate).
Un vantaggio di questi sistemi è che non è
necessario taggare i dati per l’addestramento.
Ad esempio, per i sistemi di riconoscimento
delle immagini vengono fornite immagini con etichette (tag), tipo “questo è un
cane”, “questo è un gatto”. Per ChatGPT non serve, il modello può imparare
direttamente da qualsiasi testo fornito.
Il
modello, quindi, impara a “produrre” testo che alla fine diventa intellegibile
e sempre più indistinguibile dal testo scritto da un umano.
“ChatGPT”
incorpora anche un sistema di “ricompensa”, cioè gli utenti possono fornire
feedback (pollice su o pollice giù) così precisando se il testo “generato” è
leggibile o no (ha senso).
Questo è l’apprendimento basato su rinforzo
dal feedback umano (RLHF) che utilizzano sia OpenAI che Google.
In
questo modo il modello, tenendo conto del feedback, si migliora continuamente.
Questa fase è stata un'idea chiave nella costruzione di ChatGPT, una messa a
punto che sembra avere un grande effetto sul successo del sistema nel produrre
un output simile all'uomo.
Inoltre l’impressione è che se gli si dice
qualcosa di bizzarro e inaspettato che non si adatta completamente alla
struttura che conosce, non sembra che sarà in grado di "integrarlo"
con successo.
L’utente
di ChatGPT o in generale di un LLM fornisce un input sotto forma di testo. Il modello dietro ChatGPT suddivide
l’input (prompt) in token e calcola le relazioni tra le parole.
Quindi
comincia a generare una risposta in base ai suoi calcoli (miliardi).
Il modello non ha una “memoria” dove cercare
le singole parole dell’input, il testo di addestramento non viene archiviato
direttamente, tutto ciò che fa è semplicemente generare un token in base ai
“pesi” stabiliti per i token nella fase di addestramento, in modo che abbia la
più alta probabilità di “suonare bene”.
Cioè “genera” al volo una sequenza di parole
che sono coerenti con il contesto e in genere col linguaggio umano.
L’abilità
di un LLM non sta nel ricordare i fatti (per quello ci sono i database), il
modello non capisce realmente quello che dice l’utente, non ha una comprensione
effettiva delle parole, bensì utilizza modelli statistici e algoritmi di
apprendimento automatico per produrre una “continuazione ragionevole” di
qualunque testo abbia ottenuto finora, cioè quello che ci si potrebbe aspettare
che qualcuno scriva dopo aver visto ciò che le persone hanno scritto su
miliardi di altri testi.
Ciò che fa ChatGPT è semplicemente chiedersi,
dato il testo di input, quale dovrebbe essere la parola successiva.
E
continuando parola per parola, genera l’intera risposta.
Il modello sottostante ChatGPT ha 175 miliardi
di parametri per calcolare le probabilità della parola successiva che suoni
abbastanza bene da fornire delle risposte ragionevoli e simili al linguaggio
umano.
Per
questo un LLM può fornire anche risposte imprecise o errate (anche del tutto
inventate) se la risposta appare più coerente col contesto.
Ovviamente l’evoluzione di questi “chatbot”
avanza velocemente, e già con GPT-3 abbiamo modelli estremamente complessi e
sofisticati che riescono a fornire risposte sorprendentemente precise.
Ma è
importante avere sempre bene in mente le limitazioni di questi software.
La risposta può anche “suonare bene”, ma non è
detto che sia sempre giusta.
I
rischi degli “LLM”.
Il
principale problema degli LLM sta nel fatto che questi sistemi potrebbero
essere utilizzati per funzioni per le quali non sono stati pensati e non sono
adeguati.
In
teoria si potrebbe utilizzarlo per fargli riconoscere dei sintomi ed eseguire
diagnosi, o per la terapia psicologica.
Ma il
modello non è stato realizzato per questo.
Data
la sua tendenza a “inventare” frasi che suonino bene può introdurre nelle
risposte delle informazioni che per un non esperto della materia specifica
appaiono plausibili e quindi degne di considerazione, ma che in realtà
potrebbero essere errate o del tutto inventate.
Vi sono stati dei casi nei quali ChatGPT ha
inventato delle intere opere compreso citazioni con link (che ovviamente non
portavano a nessuna pagina web).
Uno
dei problemi principali riguardanti gli LLM e in generale le AI è
l’antropomorfizzazione di questi sistemi.
Anche
la stessa dizione “intelligenza artificiale” è sbagliata, perché evoca
ambientazioni fantascientifiche, con robot senzienti in grado di comprendere il
linguaggio umano e di agire di conseguenza.
Nella
realtà una AI (Artificial intelligence) non è altro che un software complesso,
programmato per prendere specifiche decisioni sulla base degli input ricevuti,
e finora questi sistemi non hanno dimostrato nessuna vera intelligenza, ma per
come sono presentati in particolare dai mass media vengono considerati come
fossero quasi umani.
Da qui il passo ad attribuirgli sentimenti o
emozioni è piuttosto breve.
Anche ChatGPT sembra generare emozioni in fin dei
conti.
Inoltre,
sono modelli basati sulla matematica, sui dati, una enorme quantità di dati, e
questo porta immancabilmente a considerarli “autorevoli”.
È lo stesso problema che riguarda gli “algoritmi
predittivi” utilizzati dalla polizia, oppure in altri campi, il presupposto
implicito è che le previsioni di un algoritmo, essendo basate su grandi
quantità di dati (Big Data), siano intrinsecamente migliori di quelle umane, ma il problema è che i dati di input
sui quali si addestra l’algoritmo sono dati selezionati dai programmatori e
quindi possono soffrire di pregiudizi.
Un
problema analogo si ha con gli algoritmi che si addestrano da soli, come gli”
LLM”.
Alla
fine la selezione dei dati di addestramento è sempre demandata ai
programmatori, ma la quantità è talmente vasta che, si dice, il problema dei “bias”
dei dati di addestramento dovrebbe essere risolto.
Ma non
è così.
Quei
dati vengono da libri, articoli, anche dal web, e quindi sono i dati che noi,
come società nel suo complesso, produciamo, e che quindi soffrono sempre degli
stessi pregiudizi che sono presenti nella nostra società.
L’algoritmo
che prevede chi commetterà un crimine, tra poca trasparenza e pregiudizi.
E così
mentre assegniamo loro un’autorevolezza dovuta alla matematica, in realtà
stiamo solo creando un amplificatore dei pregiudizi sociali, su larga scala, le
cui risposte vengono prese per buone a prescindere.
È il
mito dell’efficienza tecnologica che ha portato l’“NSA” a raccogliere ogni
possibile dato giustificandosi che serve a prevenire il terrorismo, anche se poi risulta indimostrata
l’utilità dei sistemi di sorveglianza.
Anche la profilazione di massa instaurata
dalle piattaforme del web si appoggia sull’idea che più dati significa
conoscere meglio l’individuo e quindi potergli “vendere” pubblicità
personalizzata più utile.
Ma in
realtà non esiste alcuna effettiva prova che tutto ciò funzioni realmente, è
per questo che la pubblicità online costa pochissimo, perché col digitale ci si
è resi conto che la sua efficacia è estremamente bassa.
Uno
studio del 2013, infatti, analizza l’efficacia del micro targeting di Facebook,
evidenziando un tasso di conversione dello 0,05%.
Lo
scarso tasso di successo della pubblicità personalizzata significa che le
piattaforme devono incentivare gli utenti per far generare abbastanza
visualizzazioni di pagina per salvaguardare i propri profitti.
Quindi,
i rischi più comuni degli LLM sono:
Bias, possono riprodurre e amplificare i
pregiudizi e i bias presenti nei dati utilizzati per addestrarli, portando a risultati
imprecisi o discriminatori.
Disinformazione,
possono
essere utilizzati per creare e distribuire rapidamente grandi quantità di
contenuti dannosi, come la disinformazione, i deepfake e i contenuti
inappropriati.
Sicurezza
dei dati,
richiedendo quantità enormi di dati per l’addestramento potrebbero essere
inclusi dati personali e informazioni sensibili e quindi diffonderli.
Dipendenza
tecnologica,
potrebbero portare a una dipendenza eccessiva dalle tecnologie basate sull'IA.
Controllo, potendo essere utilizzati per
creare velocemente contenuti senza supervisione umana, potrebbero portare a
situazioni di abuso o di controllo sulle informazioni.
Una
problematica emersa con gli LLM è quella delle “allucinazioni”.
Definite così in analogia con quelle umane, le “allucinazioni
artificiali” sono le risposte dell’AI fornite quando non trova alcun dato utile
e quindi inventa.
Ad esempio, quando la “AI” sostiene di essere
“umana”.
È un
fenomeno noto dal 2018 quando ne iniziarono a discutere i ricercatori di
Google.
Proprio
per questo motivo Google ha sostenuto di avere delle remore ad aprire al
pubblico la sua LLM, anche se poi è stata costretta per non perdere terreno
rispetto a” OpenAI” e “Microsoft”, laddove quest’ultima, che finanzia “OpenAI”,
ha inglobato “ChatGPT” nel suo motore di ricerca “Bing”.
Le
"allucinazioni" si verificano proprio perché gli LLM non hanno alcuna
comprensione della realtà sottostante al linguaggio, generano un testo che
suona bene ma ha l'unico scopo di soddisfare la coerenza statistica col prompt
(la domanda).
La
risposta segue costantemente questo principio delle relazioni tra le parole
precedenti, per cui più lungo è l'output più c'è la possibilità di ottenere
allucinazioni.
La
conoscenza umana non è solo linguistica, ma è basata su una serie di elementi
che i computer non utilizzano.
Non
avendo un'esperienza diretta del mondo reale, non sono in grado di avere una
consapevolezza della realtà, che noi umani otteniamo attraverso un procedimento
di tentativi ed errori.
Questo
è un serio problema - pensate se la “AI” fosse utilizzata per fornire una
consulenza medica - ma nasce proprio dal fatto che c'è la tendenza a umanizzare
le AI e fornire loro una sorta di autorevolezza.
A ciò si aggiunge l’efficienza economica, se applicate
su larga scala le AI consentirebbero alle aziende di risparmiare sui costi
umani (di contro inducendo una dipendenza dalla tecnologia nell’azienda) da cui
un forte incentivo a utilizzarle comunque.
Si
tratta di problemi noti che però non vengono correttamente spiegati al grande
pubblico, nel
mentre si aprono questi sistemi agli utenti invitandoli a sperimentare con
essi.
ChatGPT in particolare in alcune occasioni
ha addirittura inventato un curriculum di persone esistenti, producendo un output con articoli mai
scritti, libri mai pubblicati e link a pagine web del tutto inesistenti.
In questo senso ChatGPT è stata accusata di produrre
“dati inesatti” fino a possibili diffamazioni.
Ad
esempio, il sindaco di Hepburn Shire in Australia, che è stato erroneamente
indicato da ChatGPT di essere il colpevole di una corruzione laddove in realtà
era colui che ha denunciato la corruzione alla polizia.
Ma gli
LLM non sono motori di ricerca e non hanno una base fattuale con la quale
interagiscono, non hanno una memoria dove ritrovare dati e fatti.
Un LLM
produce un risultato che sia coerente con l’input, indifferentemente dalla
verità fattuale di quel risultato.
In
alcuni casi, le "allucinazioni" potrebbero anche dipendere dal fatto
che i dati di addestramento sono inesatti.
È un
problema che si è presentato in passato anche con “Google Auto complete”,
inizialmente accusato addirittura di diffamazione nel momento in cui alcune
persone notavano suggerimenti di Google come “truffa”, “setta”, abbinati al
loro nome.
Il
tribunale di Milano sentenziò che Auto complete si limitava a riprodurre
statisticamente i risultati delle ricerche più frequenti effettuate dagli
utenti, non si trattava di un archivio, di contenuto strutturato o influenzato
da Google.
l search engine, infatti, non sono in grado di
comprendere realmente il significato delle parole nella “query”, ma sono
semplici sistemi probabilistici che restituiscono un risultato basato anche
sulle precedenti ricerche di altri utenti.
Se un certo risultato, ad esempio, ottiene un “feedback
positivo” (il click), viene registrato e progressivamente può diventare il
primo risultato fornito in caso di reiterazione di quella ricerca.
Allo
stesso modo “ChatGPT” non ha un archivio proprio nel quale conserva dati,
esatti o inesatti, semplicemente elabora i dati di input per creare la rete
neurale che di fatto è una opera trasformativa rispetto ai dati forniti in
input.
La
risposta di ChatGPT è quindi l’elaborazione statistica dei dati, sia la base di
addestramento che il prompt fornito dall’utente.
E il
prompt influenza molto l'output (è importante tenerlo a mente, se ricevete risposte
"strane" indagate meglio su cosa gli avete chiesto).
ChatGPT produce disinformazione come la
producono i motori di ricerca (che però hanno un proprio database di dati
conservati) e come la produce un qualsiasi giornale o anche la stessa
Wikipedia.
Il
problema della disinformazione è diffuso e serio ma di sicuro non è il rischio
più importante riguardo ChatGPT.
Con la
diffusione di ChatGPT molti si affannarono a scrivere che era una minaccia al
motore di ricerca di Google perché più facile da utilizzare, e quindi lo
avrebbe soppiantato nell’uso da parte degli utenti per le ricerche.
Ciò
ovviamente non è accaduto (i rischi per Google sono ben altri, tra i quali rimanere
indietro nello sviluppo delle AI in conseguenza delle elefantiache proporzioni
assunte dall'azienda che rende più difficile una reale innovazione) perché ChatGPT ha prodotto
accidentalmente (non intenzionalmente) risultati inesatti e
"allucinazioni", per cui come motore di ricerca si è rivelato ben
poco affidabile.
Ma questo ci fa capire come manchi una effettiva
comprensione di come funziona questa tecnologia, e quindi i mass media tendono
a “inventare” storie (dati inesatti?!) solo per vendere di più speculando sul
timore per le nuove tecnologie.
Non è
la prima volta, non sarà l’ultima.
I
rischi per gli LLM non sono dissimili da quelli per le altre tecnologie.
Ad
esempio la dipendenza tecnologica che può portare a disturbi dell’attenzione
essendo progettate per attirare l’attenzione degli utenti e coinvolgerli (come
Facebook), la diminuzione della capacità critica dipendente dall’affidamento
alle risposte dell’AI, fino alla vera e propria dipendenza emotiva perché per
alcune persone diventano dei sostituti delle interazioni sociali.
Ma in questi casi i problemi sono
effettivamente dell’AI oppure sono problemi sociali che non trovano una
efficace soluzione nella vita reale?
Se
qualcuno si isola dipende dalle sue difficoltà a integrarsi in una società
sempre più competitiva e che lascia sempre meno spazio alle persone, oppure è
colpa dell’AI?
Paure
finte e paure vere.
Alcuni
hanno suggerito (lettera firmata da Elon Musk e altri) di fermare le AI per sei
mesi al fine di riflettere sui danni derivanti dal loro uso diffuso.
L’opinionista
di Bloomberg, “Tyler Cowen”, fa un paragone coi social media.
Se nel
2006 avessimo deciso di sospenderli per riflettere sull’impatto sulla società
cosa avremmo ottenuto?
Anche oggi gli effetti non sono chiari, e ampiamente
contestati.
E se
anche sospendessimo le AI in Europa e Usa, chi ci dice che la Cina lo farà?
Nel frattempo la Cina ha annunciato la sua
regolamentazione delle” AI tipo ChatGPT”.
Le
“capacità” di ChatGPT appaiono strabilianti:
vedendolo all’opera, si è portati a pensare
che sia in grado di capire cosa gli diciamo, e che quindi sia dotato di una
sorta di pensiero.
Questo non è vero, anche se è possibile che in futuro i
sistemi evolveranno enormemente.
Ad
esempio gli LLM saranno integrati con delle basi di conoscenza per fornire
risposte sui fatti utilizzando un linguaggio naturale convincente.
Si
tratta di una tecnologia che potrebbe impattare sulla nostra società in molti
modi, e ovviamente alcuni sono positivi, ma altri negativi.
Il
problema è che raramente siamo a conoscenza di come si evolvono queste
tecnologie.
Occorre
che i cittadini se ne approprino e che le aziende ci lavorino, ma difficilmente
sappiamo in anticipo cosa avrà successo e cosa no.
È difficile regolamentare cose che non ci aspettiamo
che accadano.
Nel
frattempo il dibattito è fortemente polarizzato, tra coloro che hanno interessi
nello sviluppo della AI e quelli che hanno interessi concorrenti, e nel mezzo
ci sono i cittadini che faticano a capire cosa sta accadendo anche perché i
media vagano tra la magnificazione dei prodotti e gli allarmi per il rischio che le AI
diventino come Skynet.
Ma
molte delle promesse degli sviluppatori di AI sono ancora distanti nel tempo, stiamo ancora aspettando le famose
auto a guida autonoma che fanno tutto da sole, che ci avevano promesso decenni
fa.
È
importante capire esattamente cosa abbiamo realmente tra le mani prima di
giudicare, e ChatGPT in fin dei conti non è altro che un potente strumento di
predizione della parola successiva che suona meglio in linguaggio umano.
Ovviamente
si tratta anche di una tecnologia dalle molteplici applicazioni, che potrebbe
portare vantaggi a uno Stato rispetto a un altro. Per cui è sostanzialmente
impossibile fermarne lo sviluppo.
Ci sarà sempre qualcuno che continuerà a
svilupparla.
Ecco
perché occorre una regolamentazione che non sia tale da bloccarla, ma sia in
grado di guidarne lo sviluppo in modo da eliminare o limitare le negatività.
Non
dobbiamo dimenticare che le AI hanno consentito studi di enorme utilità per
l’uomo, ad esempio, “AlphaFold” di “Deep Mind” ha determinato le strutture di
circa 200 milioni di proteine.
È
ovvio che alcune cose dovranno cambiare, sarà necessario che le nuove
tecnologie si adeguino alle leggi, ma nel contempo dobbiamo anche adeguare i
nostri strumenti legali alle nuove tecnologie.
Ad
esempio gli sviluppatori di AI devono essere in grado di garantire la
conformità alle leggi in relazione all’acquisizione dei dati di addestramento
per i modelli.
Ma ciò comporta che le leggi siano adeguate
alle nuove tecnologie.
Forse
occorrono nuove licenze, molto probabilmente occorrerà adeguare anche il “GDPR”
perché è difficile ritenere al momento che nell’ambito della normativa in
materia di protezione dei dati personali lo “scraping dei dati dal web” sia
giustificato sulla base dei legittimi interessi del titolare del trattamento.
Il fatto che quei dati siano stati resi
pubblici non implica necessariamente che tutti gli usi siano legittimi.
Infatti
nell’”AI Act europeo” è previsto che l’azienda deve seguire modelli di gestione
adeguati, con riferimento alla raccolta dei dati e l’etichettatura (tagging),
nonché esaminare le possibili distorsioni del modello (dati inesatti e
allucinazioni). Quindi si allargano le possibilità di riuso dei dati ma allo
stesso tempo si aggiungono oneri di trasparenza verso l’utente.
In
tema di copyright, invece, lo scraping è considerato legale (uso trasformativo) negli Usa sulla base di una decisione
che riguardava Google, ma il problema si può porre con riferimento alle AI che
generano immagini, e quindi sono addestrate con immagini prese dal web.
È noto che “Stable Diffusion” e “Midjourney” hanno
creato i loro modelli sulla base del set di dati “LAION-5B”, che contiene quasi
sei miliardi di immagini con tag, raccolte indiscriminatamente dal web.
Occorrono
nuove regole per una valutazione etica delle AI, regole per la mitigazione dei “bias”
e regole per un monitoraggio delle AI al fine di individuare prontamente i
possibili rischi, le politiche devono essere pro-innovazione senza minare la
fiducia di questi strumenti.
Ma è altrettanto importante che i politici, i
legislatori, si facciano trovare preparati a questa sfida, di comprendere e
quindi essere in grado di regolamentare correttamente le nuove tecnologie così
da non doverne lasciare la regolamentazione nelle mani delle stesse aziende
produttrici (il mercato) o semplicemente scadere nel panico ingiustificato.
Occorre
consapevolezza, non panico.
Le AI
sono una tecnologia ancora agli albori, ma già adesso le capacità
computazionali moderne ci stanno dimostrando che dei compiti (es. scrivere un
saggio) ritenuti fondamentalmente troppo difficili per i computer in realtà
sono più facili di quel che pensavamo, e quindi sono risolvibili dai computer
moderni.
ChatGPT,
infatti, non ha alcuna conoscenza delle regole sintattiche e grammaticali, ma
in qualche modo durante il suo addestramento le scopre implicitamente e poi le
segue quando genera un output.
Non è
chiaro come, ma funziona.
Un
cervello umano ha una rete di 100 miliardi di neuroni, adesso con ChatGPT
sappiamo che una rete neurale artificiale con circa 175 miliardi di neuroni
artificiali è in grado di fare un lavoro sorprendentemente buono nel generare
linguaggio umano.
Quello che ci mostra ChatGPT in fin dei conti
è anche come funziona un essere umano. Forse è questo che ci fa davvero paura.
Putin: “Nell’aprile del 2022 era
tutto
pronto per la fine della guerra
ma
l’Occidente ha costretto Kiev a non cedere.”
Lastampa.it
– Alberto Simoni – (29-2-2024) – ci dice:
Nel
colloquio con Tucker Carlson, ex conduttore della Fox News, il presidente russo
ha parlato anche del reporter “Evan Gershkovich”: «Potrebbe consegnarlo, non è
una spia».
Si una spia”.
La replica: “Un accordo si farà.”
Un’intervista
fiume quella realizzata da” Tucker Carlson”, ex conduttore della “Fox News”, a
colloquio per oltre due ore con “Vladimir Putin”.
È la prima che il capo del Cremlino concede a
un giornalista statunitense dall’invasione dell’Ucraina nel febbraio del 2022.
Annunciata da tre giorni, ieri sera è stata trasmessa su “X” e sulla
piattaforma di “Carlson”.
L’intervista era sottotitolata in inglese.
L’ultimo colloquio di Putin con un media
statunitense risale all’ottobre del 2021.
Fu “Hadley
Gamble” della “CNBS” a parlare con lui.
“Putin”:
"Non
voglio invadere la Polonia, ma lo farei se ci attaccassero"
«L’Occidente
si renderà conto che la Russia non può essere sconfitta”, ha detto il capo del Cremlino che
ha dedicato la prima mezz’ora del colloquio a una lezione di storia russa e
cercando di spiegare a un esterrefatto (e sin annoiato) Tucker Carlson, i motivi per cui l’Ucraina è – a
suo dire – uno Stato artificiale e perché la Russia era minacciata tornando a
pigiare il tasto del mancato rispetto della Nato della promessa di non
allargarsi a Est.
Putin
ha detto che l’estensione è avvenuta “non una ma cinque volte”. Ha citato
missioni e colloqui diplomatici in cui Washington e i diplomatici occidentali
avevano garantito che l’ossatura della sicurezza in Europa non sarebbe cambiata
e citato anche un episodio in cui chiese all’allora presidente Clinton se –
ipoteticamente – era “possibile per la Russia aderire o meno all’Alleanza”.
Clinton
non lo escluse, ma la sera poi- ha rivelato Putin – tornò da me e disse che i
suoi consiglieri gli avevano detto che non si poteva fare.
La
prefazione-choc dell’ex capo di stato maggiore russo “Baluevskij”: l’artiglieria Nato è superiore, i
carri armati russi bersaglio facile in Ucraina.
E i
sistemi di difesa aerea hanno annullato la superiorità dell’aviazione russa.
Il
presidente russo ha detto di “non aver alcun interesse a espandere il
conflitto” rifiutando la tesi che i russi stanno cercando di allargarlo a
Polonia e Lituania.
“L’unico
motivo per attaccare la Polonia, è se questa attacca la Russia”, ha spiegato
Putin attribuendo queste idee alla propaganda occidentale e all’isteria.
Quindi
ha aggiunto due cose:
la
prima è che nell’aprile del 2022 era tutto pronto per finalizzare la fine delle
ostilità con l’Ucraina ma che l’Occidente – e in primo luogo l’allora primo
ministro britannico “Boris Johnson” – ha costretto Kiev a non cedere;
quindi,
il leader si è chiesto “se non sarebbe meglio negoziare con la Russia, fare un
accordo”.
“Noi siamo pronti a dialogare”.
“Questa
mobilitazione senza fine in Ucraina, l’isteria, i problemi interni prima o poi
condurranno a un’intesa” ha detto Putin che ha anche ricordato – in un
messaggio evidentemente rivolto all’elettorato americano – i soldi che
Washington ha speso per armare l’Ucraina, “soldi dei contribuenti che potevano
forse servire a qualcos’altro”.
“Volete
la fine della guerra?
E
allora smettete di fornire armi all’Ucraina”, ha detto Putin.
Tucker
Carlson l’ha stuzzicato sui rapporti con i leader americani.
Putin
ha replicato di «non ricordare l’ultima volta in cui ha parlato con Biden», ma
ha confermato che mai è avvenuto dallo scoppio del conflitto.
Ha
però rimarcato in più occasioni, senza entrare nei dettagli, che canali di
dialogo ci sono, a livello di servizi e anche diplomatico.
L’ultimo colloquio fra Biden e Putin risale a dicembre
del 2021.
Il
capo del Cremlino ha dichiarato di aver «un buono rapporto con lui, ma non è
una questione di leader nelle relazioni fra Usa e Russia, ma di mentalità».
L’elogio
l’ha riservato a George W. Bush.
«So
che negli Stati Uniti veniva dipinto come una specie di ragazzo di campagna che
capiva poco, ma non era così.
Ha
commesso tanti errori riguardo alla Russia ma ha fatto anche pressioni sugli
europei e non era peggiore di qualsiasi politico americano o europeo.
Capiva quello che stava facendo meglio degli
altri».
L’intervista
è stata diffusa mentre al Senato Usa si sta discutendo un pacchetto
straordinario di aiuti all’Ucraina del valore di 60 miliardi.
L’ultima
domanda di Tucker Carlson è stata su “Evan Gershkovich”, il reporter del Wall
Street Journal in carcere da quasi un anno.
“Potrebbe fare un buon gesto e
consegnarlo a noi”, gli ha suggerito Carlson sottolineando che Gershkovich è un
giornalista “non una spia”.
Putin
non ha fatto una piega e ha detto che un accordo si farà, che è disposto a
liberarlo, ma che serve una contropartita.
Ha
quindi motivato la detenzione di “Gershkovich” dicendo che è entrato in
possesso di materiale classificato e anche se è un giornalista questo lo rende
passibile di spionaggio.
Il
capo del Cremlino ha suggerito – pur senza menzionarlo – che Mosca potrebbe
chiedere in cambio la liberazione di “Vadim Krasikov”, attualmente detenuto in
Germania e accusato per l’omicidio di un dissidente ceceno nel 2019 a Berlino.
“Ci sono tanti esempi di dialogo
coronato dal successo”, ha detto Putin.
L’intervista
concessa a Tucker Carlson, che sino a qualche mese fa era l’anchorman di punta
della Fox News capace di parlare sino a tre milioni di americani ogni sera
(indiscusso dominatore del prime time fra le cinque tv all news) era attesa con
trepidazione.
Carlson è assai vicino a Donald Trump e ha
sempre avuto posizioni molto scettiche sul sostegno americano all’Ucraina.
Ucraina-Russia: una pace negoziata
per
mettere fine alla guerra.
Sbilanciamoci.info – (29 Marzo 2024) - Hajo
Funke e Horst Teltschik, Harald Kujat, Peter Brandt – ci dicono:
Di
fronte alla situazione di stallo della guerra in Ucraina, dopo il mancato
successo della controffensiva di Kiev, una proposta articolata di apertura di
negoziati di pace è stata avanzata nei mesi scorsi da quattro voci autorevoli:
Peter Brandt, storico e figlio del cancelliere Willy Brandt, il politologo Hajo
Funke, il generale in pensione Harald […]
4 settembre 2023.
Dall’inizio
della guerra di aggressione russa, il 24 febbraio 2022, l’Ucraina sta
combattendo una legittima guerra difensiva per la sua sopravvivenza come Stato,
la sua indipendenza nazionale e la sua sicurezza.
Quest’affermazione vale a prescindere dalla
qualità democratica e dalla realtà costituzionale, e anche a prescindere dalla
storia molto più complicata dell’Ucraina, e dall’altrettanto complicato
contesto politico globale della guerra.
Tuttavia,
la legittimità dell’autodifesa armata sulla base dell’articolo 51 della Carta
delle Nazioni Unite non esime il governo di Kiev e gli Stati che lo sostengono
dall’obbligo – anche nei confronti del proprio popolo – di esercitare il buon
senso, di non cedere a un aumento della violenza e della distruzione e di
promuovere politicamente il raggiungimento di una pace giusta e duratura.
Anche
durante la guerra – e soprattutto durante la guerra – lo sforzo di trovare una
soluzione diplomatica non deve diminuire.
Ciò
vale anche per i soggetti indirettamente coinvolti, tra cui la Repubblica
Federale di Germania, che ha un obbligo speciale in base al principio di pace
della Legge fondamentale.
Inoltre,
il 2 marzo 2022, pochi giorni dopo l’inizio dell’attacco russo, il governo
tedesco ha approvato una risoluzione introdotta dall’Ucraina e adottata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che chiede una “soluzione pacifica
del conflitto tra la Federazione Russa e l’Ucraina attraverso il dialogo
politico, i negoziati, la mediazione e altri mezzi pacifici”.
Il 23
febbraio 2023, un’altra risoluzione delle Nazioni Unite ha invitato gli Stati
membri e le organizzazioni internazionali a “raddoppiare il loro sostegno agli
sforzi diplomatici per raggiungere una pace globale, giusta e duratura in
Ucraina”.
Questo
impegno vale anche per il governo ucraino, che continua a rifiutare i negoziati
con la Russia.
L’Ucraina
ha finora resistito alla guerra di aggressione russa grazie al pieno sostegno
dell’Occidente.
Tuttavia, non è possibile lasciare al solo
governo ucraino la decisione finale sui costi che si dovranno sostenere per
continuare la guerra, contro ogni logica e nonostante l’impossibilità di
raggiungere gli obiettivi politici dichiarati. L’intensificazione della guerra
ha già portato a un gran numero di soldati caduti e di civili ucraini uccisi,
oltre che a una vasta distruzione.
Più a
lungo durerà la guerra, maggiori saranno le perdite ucraine e la distruzione
del Paese, e più difficile sarà raggiungere una pace negoziata giusta e
duratura che garantisca anche la sicurezza degli Stati che sono dalla parte
dell’Ucraina.
Esiste
già la minaccia di un’ulteriore escalation attraverso le prevedibili offensive
delle forze armate russe, nella battaglia per Odessa e attraverso il rinnovato
conflitto sulle esportazioni di grano ucraino.
Dal 4
giugno 2023, le forze armate ucraine stanno cercando di sfondare le difese
russe profondamente radicate e di bloccare il ponte di terra tra la Russia e la
Crimea, al fine di tagliare fuori le forze armate russe dal centro logistico
della Crimea.
Le
forze armate ucraine stanno subendo pesanti perdite in termini di uomini e
materiali (occidentali) nei combattimenti, senza ottenere finora alcun successo
significativo.
Se
l’offensiva fallisce, è prevedibile che l’Ucraina chieda che i soldati
occidentali seguano le armi occidentali.
Questo perché anche le previste forniture di
armi occidentali non possono compensare le enormi perdite di personale delle
forze armate ucraine.
La
Russia, invece, non ha ancora schierato la maggior parte delle sue truppe da
combattimento attive.
Si può
quindi ipotizzare che, dopo ulteriori perdite ucraine nei contrattacchi, la
Russia procederà a mettere in sicurezza i territori annessi, raggiungendo così
l’obiettivo dell'”operazione militare speciale”.
Nessuno
può vincere questa guerra.
È
chiaro da tempo che né la Russia né l’Ucraina possono vincere questa guerra,
perché nessuno dei due raggiungerà gli obiettivi politici per cui la stanno
combattendo.
Anche con il sostegno occidentale sotto forma
di forniture di armi e munizioni e di addestramento dei soldati ucraini,
l’Ucraina non può sconfiggere militarmente la Russia.
Anche
la consegna di “armi miracolose”, più volte richiesta dai non addetti ai
lavori, non è l’auspicato “game changer” che potrebbe cambiare la situazione
strategica a favore dell’Ucraina.
Allo stesso tempo, però, aumenta il rischio di
un’escalation “estrema”, un conflitto militare tra la NATO e la Russia, con il
pericolo reale di una guerra nucleare limitata al continente europeo, anche se
gli Stati Uniti e la Russia vogliono evitarla.
Non
dovremmo aspettare questo sviluppo.
Dopo tutto, sarebbe nell’interesse
dell’Ucraina cercare un cessate il fuoco il prima possibile per aprire la porta
ai negoziati di pace.
È
anche nell’interesse degli Stati europei, che sostengono l’Ucraina incondizionatamente
ma senza una strategia riconoscibile.
Il crescente logoramento delle forze armate
ucraine aumenta il rischio che la guerra in Ucraina degeneri in una guerra
europea per l’Ucraina.
L’Ucraina
sta aumentando questo rischio effettuando sempre più spesso attacchi contro le
infrastrutture strategiche della Russia con il sostegno dell’Occidente, come il
26 dicembre 2022 contro la base strategica nucleare Engels, vicino a Saratov, o
il ponte di Kerch in Crimea.
Inoltre, l’Occidente potrebbe sentirsi
costretto a prevenire una devastante sconfitta militare dell’Ucraina
intervenendo attivamente.
Sta
crescendo la consapevolezza che questo sia un pericolo reale.
È
possibile negoziare con Putin?
Finora
non ci sono prove che l’obiettivo politico dell'”operazione militare speciale”
sia la conquista e l’occupazione dell’intera Ucraina e che la Russia stia
pianificando un attacco agli Stati della NATO.
Non
c’è nemmeno alcuna indicazione che Russia e Stati Uniti si stiano preparando a
questa eventualità.
Dal
punto di vista militare, tuttavia, non si può escludere del tutto che le forze
armate russe intendano conquistare le zone a ovest del Dnieper, dato che non
hanno ancora distrutto i ponti sul fiume, anche se questo sarebbe di grande
vantaggio nella situazione attuale.
Putin
nega vigorosamente che – come spesso si sostiene – stia perseguendo l’obiettivo
imperialista di ricostruire l’Unione Sovietica:
“Chiunque
non abbia nostalgia dell’Unione Sovietica non ha cuore, chiunque la rivoglia
non ha cervello”.
Putin
era e certamente è ancora disposto a negoziare con l’Ucraina – sempre a
condizione che anche l’altra parte, cioè quella americana, ucraina e
occidentale, sia disposta a negoziare.
Putin
si è espresso in tal senso in diverse occasioni.
Ad
esempio, in occasione della dichiarazione di mobilitazione parziale del 21
settembre 2022:
“Vorrei
renderlo pubblico per la prima volta oggi. Dopo l’inizio dell’operazione
militare speciale, e soprattutto dopo i colloqui di Istanbul, i rappresentanti
di Kiev sono stati abbastanza positivi nei confronti delle nostre proposte. […]
Ma una
soluzione pacifica ovviamente non piaceva all’Occidente, ed è per questo che a
Kiev, dopo aver accettato alcuni compromessi, è stato di fatto ordinato di
annullare tutti questi accordi”.
Sempre
il 30 settembre 2022 nella dichiarazione sull’annessione delle quattro regioni:
“Chiediamo
al regime di Kiev di cessare immediatamente il fuoco, di porre fine a tutte le
ostilità, di porre fine a questa guerra, iniziata già nel 2014, e di tornare al
tavolo dei negoziati. Siamo pronti a farlo, come abbiamo già dichiarato più
volte”.
Il 17
giugno 2023, Putin ha detto alla delegazione di pace africana:
“Siamo
aperti a un dialogo costruttivo con tutti coloro che vogliono la pace basata
sui principi di giustizia e sulla considerazione degli interessi legittimi
delle diverse parti”.
In
questa occasione, Putin ha mostrato una copia siglata della bozza di trattato
dei negoziati di Istanbul.
Il 23
giugno 2023, “Die Welt” ha scritto in un dettagliato editoriale che anche i
media russi hanno parlato di negoziati; si può presumere che ciò sia avvenuto
con l’approvazione del Cremlino.
L’iniziativa
africana è stata ampiamente ripresa dalla stampa russa in occasione del vertice
russo-africano e commentata positivamente.
L’agenzia
di stampa statale “RIA” ha pubblicato un commento in cui deplora il fallimento
delle iniziative di pace fino ad oggi.
Il caporedattore “Margarita Simonjan”, che in
precedenza aveva chiesto un’azione più dura da parte dell’esercito russo, ha
auspicato un cessate il fuoco e una zona demilitarizzata assicurata dalle
truppe di pace delle Nazioni Unite.
Era giusto fermare subito lo spargimento di
sangue.
Gli
ucraini dovrebbero poi indire dei referendum per decidere da soli a quale Paese
vogliono appartenere.
“Abbiamo
bisogno di territori che non vogliono vivere con noi? Non ne sono sicura. Per
qualche ragione, mi sembra che nemmeno il Presidente ne abbia bisogno”, ha
detto “Simonjan”.
La
guerra avrebbe potuto essere evitata se l’Occidente avesse accettato uno status
di neutralità per l’Ucraina – cosa che “Zelenkskyi” era inizialmente abbastanza
disposto a fare – rinunciando all’adesione alla NATO e applicando l’”accordo di
Minsk II” sui diritti delle minoranze per la popolazione russofona.
La guerra sarebbe potuta finire all’inizio
dell’aprile 2022 se l’Occidente avesse permesso di concludere i negoziati di
Istanbul.
Ora è
di nuovo, e forse per l’ultima volta, la responsabilità dell'”Occidente
collettivo” e degli Stati Uniti in particolare, di tracciare la rotta verso il
cessate il fuoco e i negoziati di pace.
C’è
una via d’uscita dal pericolo.
Le
rivalità imperiali, l’arroganza nazionale e l’ignoranza hanno scatenato la
Prima Guerra Mondiale, che è stata descritta come la catastrofe originaria del
XX secolo.
La
guerra in Ucraina non deve diventare la catastrofe primordiale del XXI secolo!
La crescente europeizzazione del conflitto minaccia di portare a una grande
guerra tra la Russia e la NATO, che nessuna delle due parti vuole e, vista la
grave minaccia di catastrofe nucleare, non può volere.
È
quindi urgente fermare l’escalation prima che prenda uno slancio proprio, che
non può più essere controllato politicamente.
Spetta
ora agli Stati europei e all’Unione Europea, il cui peso politico globale è
costantemente ridotto dalla guerra, concentrare tutti i loro sforzi per
ripristinare una pace stabile nel continente ed evitare così una grande guerra
europea.
Per
evitarlo è necessario l’impegno dei principali politici europei, in particolare
del Presidente francese e del Cancelliere tedesco, in uno sforzo congiunto e in
coordinamento con i Presidenti degli Stati Uniti e della Turchia, finché si è
ancora in tempo e il “punto di non ritorno”, a cui “Jürgen Habermas” ha fatto
riferimento in modo impressionante, non è ancora stato superato.
La
pace è possibile: come si può trovare una via d’uscita dalla guerra.
Le
posizioni iniziali delle parti in conflitto sono le seguenti:
Ucraina:
–
Negoziati solo dopo il ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino o dopo
la liberazione di tutti i territori occupati dalla Russia.
–
L’obbligo della Russia di sostenere i costi della ricostruzione.
–
Condanna della leadership russa responsabile dell’attacco.
–
L’adesione alla Nato dopo la fine della guerra.
–
Garanzie di sicurezza da parte di Stati designati dall’Ucraina.
Russia:
–
Neutralità consolidata dell’Ucraina – nessuna adesione alla NATO.
–
Nessun dispiegamento di truppe americane e di altre truppe della NATO sul
territorio ucraino.
–
Riconoscimento delle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhya come
territorio russo.
–
Limiti massimi per le forze armate ucraine nel loro complesso e per i singoli
tipi di armi.
–
Negoziati sul controllo degli armamenti con gli USA/NATO, in particolare sui
meccanismi di verifica del sistema di difesa balistica/BMDS della NATO in
Polonia e Romania.
Dopo
il ritiro dell’Ucraina dagli accordi di Istanbul, entrambe le parti in
conflitto hanno posto delle condizioni preliminari per l’avvio dei negoziati,
con il presidente ucraino che ha addirittura vietato i negoziati per decreto.
Entrambe
le parti hanno anche avanzato richieste per i risultati dei negoziati che non
possono essere realizzati in questo modo.
Sarebbe quindi necessario garantire che tutte
le condizioni per l’avvio dei negoziati vengano prima abbandonate.
Il documento cinese offre un approccio
ragionevole a questo proposito.
Chiede
che i negoziati di Istanbul vengano ripresi al livello raggiunto all’epoca
(“riprendere i colloqui di pace […] riprendere i negoziati”).
Gli
Stati Uniti hanno un ruolo importante da svolgere nella realizzazione dei
negoziati.
Gli
Stati Uniti devono esortare il Presidente ucraino a negoziare.
Inoltre,
gli Stati Uniti (e la NATO) devono essere pronti a impegnarsi in negoziati sul
controllo degli armamenti, comprese le misure militari volte a rafforzare la
fiducia.
Le
fasi e i contenuti del negoziato possibile.
Fase I
– Cessate il fuoco.
Il
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite:
Decide,
ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della Carta delle Nazioni Unite, in
conformità con la responsabilità primaria per il mantenimento della pace e
della sicurezza internazionale affidatagli dai suoi membri, un calendario e un
programma per un cessate il fuoco e per i negoziati per porre fine alla guerra
in Ucraina e ripristinare la pace,
Decide
un cessate il fuoco generale e completo tra le parti belligeranti Russia e
Ucraina con effetto dal “giorno X”.
Il
cessate il fuoco avrà luogo senza eccezioni e senza alcuna restrizione o
regolamentazione speciale, indipendentemente dallo schieramento delle forze
armate e dei sistemi d’arma contrapposti, e sarà attuato in modo generale e
completo,
incarica
un Alto Commissario per la pace e la sicurezza in Ucraina con la responsabilità
politica dell’attuazione del calendario e del programma e di tutte le misure
adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in questo contesto,
Decide
di dispiegare una forza di pace delle Nazioni Unite in conformità con il
Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, con il compito di osservare e far
rispettare il cessate il fuoco e le misure di sicurezza e militari concordate
tra le parti,
2). le
parti in conflitto cessano tutte le ostilità alla data stabilita dal Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite (“Giorno X”).
3). a
partire da questa data, non saranno più fornite armi e munizioni all’Ucraina.
La Russia smetterà inoltre di fornire armi e munizioni alle sue forze armate
nel territorio occupato dal 24 febbraio 2022 e in Crimea.
4).
tutte le forze straniere irregolari, i consiglieri militari e i membri dei
servizi segreti di entrambe le parti in guerra saranno ritirati dal territorio
ucraino entro il “giorno X” +10.
Fase II – Negoziati di pace.
1. i
negoziati di pace iniziano il “giorno X” +15 sotto la presidenza del Segretario
Generale delle Nazioni Unite e/o dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per
la pace e la sicurezza in Ucraina presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra.
2.
entrambe le parti in conflitto riaffermano la loro determinazione a condurre i
negoziati con la ferma intenzione di porre fine alla guerra e di cercare una
soluzione pacifica e duratura di tutte le questioni controverse. Esse intendono
tenere conto delle lettere della Russia agli Stati Uniti e alla NATO del 17
dicembre 2021, nella misura in cui sono rilevanti per i negoziati bilaterali, e
del documento di posizione dell’Ucraina per i negoziati del 29 marzo 2022, e
basarsi sui risultati dei negoziati di Istanbul.
3.
elementi di una soluzione negoziata:
a) Le
parti in conflitto.
Non si
vedono come avversari e
si
impegnano a tornare ai principi di sicurezza uguale e indivisibile,
si
impegnano ad astenersi dalla minaccia e dall’uso della violenza,
si
impegnano a non prendere alcuna misura in preparazione di una guerra contro la
Parte contraente,
si
impegnano alla trasparenza nella pianificazione e nelle esercitazioni militari
e a una maggiore prevedibilità delle loro azioni militari e politiche,
accettare
il dispiegamento di una forza di pace delle Nazioni Unite sul territorio
ucraino in una zona larga cinquanta chilometri fino al confine con la Russia,
includendo le regioni di Luhansk, Donetsk, Zaporizhia e Kherson entro i loro
confini amministrativi,
si
impegnano a risolvere tutte le controversie senza l’uso della forza con la
mediazione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite o, se necessario, degli
Stati garanti. Il diritto dell’Ucraina all’autodifesa individuale e collettiva,
in conformità con l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, rimane
inalterato.
b)
Russia.
Sta
ritirando le sue forze armate sul territorio ucraino allo stato del 23 febbraio
2022.
Ritira
le forze armate presenti sul suo territorio da una zona larga cinquanta
chilometri fino al confine ucraino, dispiegate in questa zona dal 24 febbraio
2022.
c)
Ucraina.
Sta
ritirando le proprie forze da una zona larga cinquanta chilometri fino al
confine con la Russia, che comprende le regioni di Luhansk, Donetsk, Zaporizhia
e Kherson,
dichiara
il suo status permanente di Stato neutrale e non aderisce ad alcuna alleanza
militare, compresa l’Alleanza Nord Atlantica.
La
sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza statale dell’Ucraina sono
garantite da corrispondenti assicurazioni da parte delle potenze garanti.
Gli impegni di garanzia non si applicano alla
Crimea e a Donetsk, Luhansk, Zaporizhia e Kherson all’interno degli ex confini
amministrativi,
rinuncia
allo sviluppo, al possesso e al dispiegamento di armi nucleari sul proprio
territorio,
non
permetterà lo stazionamento permanente o temporaneo delle forze armate di una
potenza straniera o delle sue infrastrutture militari sul proprio territorio,
non
permetterà esercitazioni e manovre di forze armate straniere sul proprio
territorio,
attuerà
i massimali concordati per le forze armate ucraine entro due anni.
d) I problemi relativi alla Crimea e a
Sebastopoli saranno negoziati bilateralmente attraverso i canali diplomatici
entro quindici anni e risolti senza l’uso della forza militare.
e) Lo status futuro delle regioni di
Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhya e Kherson sarà concordato reciprocamente nei
negoziati.
La
Russia consentirà il ritorno dei rifugiati.
Se i partner negoziali non dovessero
raggiungere un accordo sulla questione, l’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per la pace e la sicurezza in Ucraina organizzerà un referendum entro due
anni dall’entrata in vigore del trattato di pace, in cui la popolazione
deciderà sul futuro status.
Possono
partecipare i cittadini ucraini che avevano la residenza permanente in queste
regioni al 31 dicembre 2021.
La
Russia e l’Ucraina si impegnano a riconoscere il risultato del referendum e ad
attuarlo nelle rispettive legislazioni nazionali entro la fine dell’anno in cui
si svolge il referendum.
Per la
popolazione di una o più regioni che decidono di rimanere parte dello Stato
ucraino, il governo ucraino incorporerà e implementerà i diritti delle
minoranze secondo gli standard europei nella costituzione entro la fine
dell’anno in cui si è svolto il referendum (in conformità con l’Accordo di
Minsk II).
f) Gli Stati garanti membri dell’Unione
europea promuoveranno l’adesione dell’Ucraina sostenendo lo Stato di diritto e
le riforme democratiche.
g) La ricostruzione dell’economia e
delle infrastrutture ucraine sarà sostenuta da una conferenza internazionale di
donatori.
h) Entrambe le Parti parteciperanno e
sosterranno in modo costruttivo una Conferenza sulla sicurezza e la
cooperazione in Europa nel formato CSCE con l’obiettivo di stabilire un ordine
di sicurezza e di pace europeo. La conferenza si terrà entro un anno dall’entrata
in vigore del trattato di pace.
(i) Il Trattato entrerà in vigore non
appena entrambe le Parti e cinque Stati garanti lo avranno firmato e, se
necessario, i parlamenti di questi Stati lo avranno approvato e l’Ucraina avrà
codificato il suo status di Stato neutrale, indipendente e non allineato (senza
l’obiettivo dell’adesione alla NATO) modificando la Costituzione.
k) Eventuali ritardi non giustificano
una violazione del cessate il fuoco o il ritiro dagli accordi raggiunti fino a
quel momento.
Fase
III – Un ordine di sicurezza e di pace
europeo.
A
lungo termine, solo un ordine di sicurezza e di pace europeo può garantire la
sicurezza e la libertà dell’Ucraina, in cui l’Ucraina e la Russia hanno il loro
posto. Un’architettura di sicurezza europea in cui la posizione geostrategica
dell’Ucraina non giochi più un ruolo chiave nella rivalità geopolitica tra
Stati Uniti e Russia.
Il modo per raggiungere questo obiettivo è una
conferenza in formato “CSCE” che si basi sui grandi progressi compiuti con la
“Carta di Parigi” e li sviluppi ulteriormente, tenendo conto delle attuali
condizioni della politica di sicurezza e del quadro strategico.
A
giugno si vota, ma
per
quale Europa?
Sbilanciamoci.info
– (26 Aprile 2024) - Elena Granaglia, Gloria Riva – ci dicono:
Le
elezioni europee sono alle porte.
Per
contribuire alla discussione, è uscito il volume del “Forum Disuguaglianze
Diversità”: “Quale Europa. Capire, discutere, scegliere”.
Fra meno di due mesi si vota. Eppure, di cosa ha fatto
l’Unione, di cosa potrebbe fare o non fare ben poco si discute.
Non è
questo un buon segno per la vita democratica. Per contribuire concretamente
alla discussione, è uscito da poco il volume del Forum Disuguaglianze Diversità
a cura di Elena Granaglia e Gloria Riva, Quale Europa. Capire, discutere,
scegliere (Donzelli, 2024).
Di
seguito, dall’Introduzione del volume.
…Noi,
con l’Assemblea del Forum Disuguaglianze Diversità (ForumDD), che ha dato
mandato a scrivere questo libro, pensiamo che
“l’Unione
Europea abbia un ruolo centrale nella strada verso la giustizia sociale e
ambientale per tutti e tutte noi, per le motivazioni di pace e coesione che
hanno mosso questo tentativo senza precedenti nella storia, perché la scala
continentale è in molti ambiti indispensabile per espandere la nostra libertà
sostanziali” e per i molti risultati raggiunti in questi oltre sessanta anni.
Ma i
limiti dell’Unione sono evidenti.
Non
solo quelli delle politiche errate di austerità specie dopo la crisi del 2008.
Anche
i limiti che quotidianamente viviamo, dall’iper-regolazione al peso dei gruppi
di interesse, dagli stalli decisionali alla insufficiente democraticità e allo
svilimento delle politiche pubbliche quale leva di giustizia sociale e
ambientale, all’incapacità di costruire una politica estera unitaria e
autonoma.
E siamo consapevoli della tante, ingiuste
disuguaglianze, fra territori e fra persone, nonché delle tante persone povere
e impoverite che popolano l’Unione e che nell’Unione non trovano risposta.
La
strada da prendere non è, però, quella dell’indifferenza o dell’opposizione
all’Unione.
L’Unione
può essere una risorsa preziosa per i destini del mondo, proprio in questa fase
in cui è il suo destino a essere messo in discussione.
Il
2024 sarà un anno speciale:
4
miliardi di persone in 76 paesi andranno al voto e noi ci chiediamo se sarà
l’inizio della rivincita della democrazia, che in questi anni abbiamo visto
progressivamente arretrare, oppure, al contrario un altro passo verso
l’autoritarismo.
Dobbiamo fare la nostra parte.
Mentre
dall’altro lato dell’Oceano Atlantico Donald Trump rischia di tornare alla Casa
Bianca, e anche il suo sfidante non offre garanzie di pace internazionale,
mentre la Cina entra in modo repentino nella geopolitica mondiale, mentre
guerre cruente divampano nel mondo e la Corte Internazionale di Giustizia,
osservando una “situazione umanitaria catastrofica”, giudica “plausibile” il “diritto dei
Palestinesi a Gaza di essere protetti da atti di genocidio”,
in questo disordine internazionale, l’Unione Europa deve riprendere la
sua missione fondante, dimostrando che è possibile coniugare pace, libertà,
sviluppo armonioso, democrazia, diritti
sociali e essere, oggi, anche avamposto della transizione ecologica, non più opzionabile
o derogabile.
In
questa prospettiva, allora, le imminenti elezioni europee non sono l’occasione
per premiare questo o quel politico e tantomeno sono il termometro della
vitalità del governo italiano.
La posta in gioco è ben più alta.
L’Unione Europea è indispensabile nella strada verso
la giustizia sociale e ambientale e nel necessario percorso di pace e sviluppo
armonioso oggi ad altissimo rischio.
Non
serve, però, una “Unione qualunque”.
Serve un’Unione che faccia vivere i diritti
fondamentali della Carta e dei Trattati; un’Unione aperta, capace di tutelare
la concorrenza dall’espansione di posizioni dominanti nei mercati, di offrire a
tutte e tutti i suoi cittadini beni pubblici che solo a quella scala si possono
produrre, di far partecipare tutti e tutte al miglioramento delle condizioni di
vita e di garantire sicurezza e benessere anche di fronte ai rischi provocati
dalla crisi climatica, di svolgere un’azione di pace e giustizia nel mondo.
Si
sfidano oggi, e continueranno a sfidarsi dopo le elezioni, tre idee diverse di
Europa:
quella che ha governato gli ultimi cinque
anni, che, pur compiendo passi in avanti in campo digitale, ambientale e di
autonoma capacità di investimento, resta profondamente segnata dalla cultura
neoliberista;
quella
conservatrice-autoritaria, che al neoliberismo cerca di affiancare nazionalismo
e corporativismo, giocando “sociale” contro “ambientale”, “noi” contro “loro”;
e,
poi, una terza idea di un’Europa di giustizia sociale e ambientale e di pace.
Quest’ultima
è l’aspirazione del Forum DD, che vogliamo delineare in questo libro.
I
risultati elettorali di Spagna e Polonia dello scorso anno ci dicono che la
partita è aperta e, in ogni caso, è necessario provarci.
E
dunque il Forum DD ha deciso di pubblicare questo libro, costruito a partire
dalle sue tesi e integrato con contributi esterni condivisi, per offrire ai
cittadini e alle cittadine la base di un confronto pubblico da attivare nel
paese.
Tutte
e tutti noi, autori e membri del Forum DD, inizieremo ad attivarlo subito dopo
la pubblicazione di questo volume, con un viaggio per l’Italia, un tour per
offrire un luogo, un foro, in cui confrontarci con le proposte che altre
organizzazioni stanno costruendo come” Il libro verde del Movimento Europeo”,
discutere e, perché no, sfidare candidati e candidate che chiederanno il voto
sul loro programma elettorale.
Attenzione.
Non
troverete in questo libro un’indicazione al voto e questa non è neppure una
discesa in campo del Forum DD nell’arena elettorale, piuttosto il volume vuole
offrire ai cittadini e alle cittadine dell’Italia e dell’Europa una lucida
analisi dello stato dell’arte dell’Unione oggi e le necessarie proposte che un
politico/una politica progressista e lungimirante, serio/a e attento/a,
dovrebbe proporre ai propri elettori e sostenere durante i successivi cinque
anni.
L’obiettivo,
in altri termini, è offrire un contributo informativo a chi vota;
dare
uno sprone e una motivazione a quanti percepiscono l’Europa come entità inutile
o dannosa;
essere un metro per giudicare, prima e dopo le
elezioni, programmi, partiti, candidature e eletti ed avere una bussola per
valutare le politiche che l’Unione Europea introdurrà nella prossima
legislatura, così sostenendo anche il monitoraggio da parte delle organizzazioni della
cittadinanza attiva.
In breve, l’ambizione è quella di offrire idee
e proposte capaci di enucleare l’Unione che serve al fermento sociale e operoso
del paese, che prova ogni giorno a costruire un futuro più giusto.
Il
volume si concentra sui temi su cui il Forum DD ha più lavorato in questi anni:
le disuguaglianze, il welfare, la transizione
ambientale, la conoscenza come bene comune, ma in questo libro abbiamo fatto
uno sforzo in più, provando a dire la nostra su temi nuovi, come la governance,
le istituzioni europee, le migrazioni.
E abbiamo sottolineato con forza la necessità
di un Europa in cui l’equità di genere sia pratica quotidiana.
Su
tutti questi temi troverete indicazioni concrete su cosa non ha funzionato e su
come l’Unione può fare la differenza, riducendo contestualmente divergenze
territoriali e disuguaglianze economiche e di opportunità;
promuovendo un welfare universale e, dentro di
esso, la salute quale bene pubblico europeo;
accelerando
una trasformazione ecologica nell’interesse prima di tutto dei più
vulnerabili;
democratizzando
il governo societario delle imprese e la gestione dei dati; lottando contro i
pregiudizi e gli stereotipi che ancora bloccano l’equità di genere; combattendo
la retorica dell’invasione da parte dei migranti, impegnandosi sia in percorsi
di accoglienza dignitosi e di diversificazione delle vie legali di accesso, sia
in politiche comuni che favoriscano lo sviluppo dei paesi di origine;
contrastando
i processi di monopolizzazione della conoscenza che favoriscono la
proliferazione di un’industria militarizzata e il rischio dell’escalation
bellica.
Tocchiamo
così, seppure entro i limiti delle competenze del Forum DD, il tema della
guerra e della pace, convinti, come ha scritto l’Assemblea del Forum DD,
dell’”incapacità” mostrata dall’Europa nella guerra Ucraina “dietro l’angolo di
casa” di “sapere lavorare per la pace”.
Un’incapacità
manifestata in modo ancor più grave di fronte alla “guerra di Gaza”, quando la
disunità fra i membri dell’Unione ha fatto sì che alla formula di compromesso
del “diritto di Israele di difendersi in linea con il diritto internazionale”
di fronte al disumano massacro del 7 ottobre, non abbia fatto seguito alcun
atto di coerenza morale e di opportunità politica con riguardo al “diritto
internazionale”, neppure dopo la deliberazione della Corte Internazionale di
Giustizia.
Per
andare nella direzione da noi auspicata nel volume, agevolerebbero il compito
una riforma dei Trattati che allenti il vincolo dell’unanimità e la
costituzione di partiti europei.
E in questa direzione anche il prossimo
Parlamento Europeo deve lavorare.
Ma l’assenza di questa situazione ora non deve
essere una scusa per rinunciare a fare le cose.
Molto
si può fare a Trattati dati, dando luogo a cambiamenti anche radicali, come
questo libro dimostra con le sue tante proposte.
La
prospettiva (o soluzione) è a portata di mano:
si
tratta di riprendere la via di quel metodo di governo che ha segnato i momenti
migliori dell’Unione, in cui a forti missioni e obiettivi generali elaborati
con un forte ruolo di Commissione e Parlamento Europeo, si affianchi la
capacità di declinarli a misura delle nazioni e dei luoghi, sempre attraverso
spazi informati di partecipazione democratica e sempre pronti ad apprendere e a
rivedere standard e regole.
Così
procedendo, l’Unione può anche rappresentare una risposta alla crisi diffusa
della democrazia che vivono le nostre società e una sponda per il Sud del
mondo.
Per
tutti questi motivi, quindi, comunque la pensiate, questo libro vuole essere un
compagno per le prossime elezioni e uno strumento nelle mani di cittadini e
cittadine, per sollecitare negli anni che ci aspettano l’Unione che sarà a riprendere
con decisione la strada della giustizia sociale che oggi non può che essere
anche ambientale.
Pensare
al futuro è
il segreto del successo,
i
consigli dello psicologo.
Rapubblica.it
- Giuliano Aluffi – (08 FEBBRAIO 2023) – ci dice
Soltanto
la specie Homo prevede e programma il domani. Grazie all’area del cervello che
assorbe ed elabora i ricordi, che sono la base dell’innovazione.
In un saggio i consigli per farlo meglio.
Anche
quest'anno inizio la dieta l'anno prossimo...":
è un
fatto noto che per la maggior parte di noi i propositi per il nuovo anno
rimangono lettera morta.
Eppure
continuiamo a formularli anno dopo anno, convinti che questa volta sarà quella
buona.
"Individualmente fatichiamo a prevedere come ci
comporteremo nei prossimi mesi, eppure la progettazione è stato un vero
superpotere per il successo della nostra specie" osserva “Thomas Suddendorf”,
docente di psicologia all'Università di Queensland.
Nel
saggio “The invention of tomorrow: A natural history of foresight”
(L'invenzione del domani: una storia naturale della previsione, Basic Books) “Suddendorf
“indaga - insieme al collega” Jonathan Redshaw”, ricercatore in psicologia, e a
“Adam Bulley”, scienziato cognitivo all'Università di Harvard - proprio sulla
discrasia tra i successi collettivi e le carenze individuali nella
lungimiranza.
"Riuscire
a immaginarci in situazioni ipotetiche, che esulano dal "qui ed ora",
è alla base di ogni innovazione, fin dai nostri lontanissimi antenati:
l' “Homo
erectus” già 1,8 milioni di anni fa costruiva asce bifacciali scheggiando delle
pietre.
Fu il primo essere vivente a impadronirsi
dell'idea di futuro:
passare
ore a scheggiare una pietra per poterla usare in un secondo momento e in un
altro luogo, quello della caccia, è molto diverso dal semplice raccogliere un
ramo per reagire sul posto all'aggressione di una belva" spiega “Suddendorf”.
"Riuscire
a vedere oltre il "qui e ora" è anche alla base di ogni contratto
sociale: perché sia possibile un patto tra noi due, e io ti conceda qualcosa
oggi, è necessario che io abbia in mente che verrà un momento in cui tu farai
la tua parte e il mio "io futuro" ne beneficerà".
Il
ruolo dell'ippocampo.
Immaginarsi
nel futuro è una capacità unica dell'Homo sapiens:
"Animali che in apparenza sembrano in grado di
farlo, come gli scoiattoli che fanno scorta di noci per l'inverno, in realtà
agiscono per puro istinto, in reazione a stimoli ambientali come l'accorciarsi
delle giornate" spiega” Adam Bulley”.
"Lo
dimostra il fatto che quello è un comportamento comune anche ai giovani
scoiattoli che non hanno mai sperimentato prima l'inverno e patito la
difficoltà di trovare cibo".
Nel
nostro cervello, sorprendentemente, futuro e passato hanno un legame molto
stretto:
"Se
chiediamo a qualcuno di ricordare un episodio dell'anno scorso, e poi di
immaginare un evento che potrebbe vivere tra un anno, vedremo che ad attivarsi
sono le stesse strutture neuronali" spiega “Bulley”.
"Un
ruolo cruciale in entrambi i casi è quello dell'ippocampo: permette ai
frammenti di ricordi di combinarsi insieme sia per ricostruire un ricordo nella
sua interezza, sia per pensare a un evento futuro".
Succede
così perché la nostra memoria non incamera ogni singola esperienza come se
fosse un filmato iperdettagliato e immutabile:
sarebbe
poco efficiente. "Invece ciò che conserviamo sono dei "pezzetti" di
ricordi (ad esempio il volto di un conoscente, uno scorcio di città, il colore
della nostra auto) che vengono riassemblati - grazie all'ippocampo, che agisce
come un indice - sul momento, quando vogliamo rievocare un episodio specifico
del passato" spiega Bulley. "E usiamo questi stessi "mattoncini
Lego" mentali anche per visualizzare eventi che potrebbero coinvolgerci
nel futuro".
Iniziamo
a padroneggiare quest'arte intorno ai quattro anni di età.
Lo
suggeriscono diversi studi, come quelli della psicologa “Janie Busby Grant”,
che mostrano come solo il 40 per cento dei genitori credono che, a tre anni, i
figli usino correttamente la parola "domani".
Al quarto anno invece i bambini ne colgono il
significato.
E
sempre a quell'età capiscono che il futuro può prendere diverse strade
alternative, ed è bene prepararsi:
"Lo
dimostra anche un nostro esperimento" spiega “Suddendorf”.
"Di fronte a un tubo a "Y" rovesciata
nel quale si fa cadere una caramella, solo dai quattro anni in poi si capisce
che, invece di cercare di indovinare l'uscita giusta, conviene tenere entrambe
le mani sotto le due estremità della "Y", così da avere sempre
successo".
Pensieri
dominanti.
"Pensare
a ciò che sarà è così importante per prepararci alle sfide della vita che i
suoi meccanismi rientrano nella routine quotidiana del cervello" spiega
Bulley.
"Il
pensiero sul futuro non è associato solo all'ippocampo, ma anche al “default
mode network”, ovvero l'insieme di neuroni che è molto attivo quando la nostra
attenzione non è concentrata su un compito preciso.
Insomma, quando il cervello è
"libero" è molto probabile che iniziamo a pensare a ciò che dobbiamo
fare domani, tra una settimana o più in là".
Però
più lontano è il futuro, meno lo sentiamo nostro:
alcuni studi mostrano che quando visualizziamo
noi stessi in una situazione futura, di qualsiasi tipo, che sia una vacanza o
un esame, più la data dell'evento è lontana, più si attivano i neuroni che
usiamo per immaginare un'altra persona in quelle circostanze.
E non
è un bene:
"È questa "depersonalizzazione"
del futuro più lontano a portarci a sottovalutare l'importanza di precauzioni
come le pensioni integrative o la cura del corpo per minimizzare gli acciacchi
che avremo da anziani" spiega Bulley.
La
soluzione?
Considerare
anche il nostro futuro più lontano come più "vicino" - magari
contando il tempo che ci separa da un evento in giorni anziché in anni, come
mostra uno studio della psicologa “Daphna Oyserman” - e anche come più
"nostro":
uno
studio dello psicologo “Hal Hershfield” sostiene che se ci mostrano un'immagine
di noi stessi invecchiata dal computer, siamo più inclini a mettere via soldi
per la pensione.
E in
ogni caso programmare conviene:
un
recente studio dello psicologo “Robert Thorstad”, condotto sull'analisi dei
tweet di 38 mila persone, dimostra che le persone che più twittano riguardo al
futuro più distante, e quindi ci pensano di più, sono anche quelle che nel
presente prendono decisioni più lungimiranti.
"Però
va detto che quando ci proponiamo di visualizzare il futuro lontano possiamo
sbagliarci di grosso" spiega Bulley.
"Molti studi oggi convergono nel dirci
che ci inganniamo soprattutto quando pensiamo a quanto una certa condizione -
come dimagrire, vincere alla lotteria - potrà renderci felici o infelici”.
L'importanza
del contesto.
Questo
perché, come abbiamo visto, per costruire mentalmente il futuro assembliamo in
modo nuovo frammenti già esistenti nei nostri ricordi, ma la nostra memoria può
tradirci:
sia
perché fallace di suo, sia perché inadatta a rappresentare una situazione mai
vissuta prima, come appunto una vincita alla lotteria o perfino la nascita di
un figlio.
Inoltre
quando cerchiamo di predire le emozioni che proveremo nel futuro riguardo a un
certo evento, le decontestualizziamo:
ci
basiamo su quelle dell'oggi, trascurando il fatto che il nostro contesto
potrebbe cambiare e così le nostre reazioni".
I più
lungimiranti - consci che il comportamento dipende fortemente dal contesto, e
che quindi il loro "io futuro" può avere intenzioni (come l'impulso
irresistibile di controllare i messaggi su Facebook o Instagram) diverse da
quelle che hanno nel presente - usano sistemi per assicurarsi che il proprio
"io futuro" non soccomba alle tentazioni, come fece Ulisse con le
sirene.
Ad
esempio chi deve consegnare un lavoro e ha poche ore per finirlo, può oggi
usare app come “Freedom” o “StayFocusd” che bloccano l'uso del web per un tempo
prestabilito.
Joe
Biden e l'Unipartito colpevole del
peggiore
insabbiamento del genocidio
della
storia.
Allnewspipeline.com
- Stefan Stanford – (27 aprile 2024) – Redazione – ci dice:
Un
programmatore medico fornisce la PROVA che il governo degli Stati Uniti ha
compiuto omicidi di massa e genocidio assolutamente ORRIBILI contro gli
americani!
L'"agenda
di spopolamento" dimostrata dalle stesse parole di “Kamala Harris”.
Se
dovessi chiedere a chiunque, in quest'anno 2024, cosa pensa dell’"agenda
di spopolamento" portata avanti da “Joe Biden”, “Kamala Harris”,
dall'intero apparato mediatico mainstream e dall'intero governo degli Stati
Uniti, otterresti sicuramente un'espressione del tipo "sei pazzo,
amico" e un'affermazione del tipo "questa è una folle teoria del
complotto di destra", almeno fino a quando non hai risposto con le loro
stesse dichiarazioni e parole.
Con “All
News Pipeline” che è stata pesantemente attaccata e addirittura de-finanziata
nel corso degli anni per aver pubblicato articoli sull'"agenda di spopolamento", nonostante abbia condiviso
con voi fatti e dichiarazioni fatte da vari membri dell'"élite globale", a cui raccomandiamo di
abbandonare definitivamente quella frase "globale" ‘élite' per
chiamarli per quello che sono veramente, 'assassini di massa genocidi', dobbiamo dare un'occhiata
all'interno di questa storia per trovare ulteriori prove che avevamo ragione
fin dall'inizio, che questi 'assassini di massa genocidi ' hanno da tempo piani molto REALI,
per UCCIDERE TE e i tuoi familiari , oltre a ulteriori prove che la "grande tecnologia" sta nascondendo questo
omicidio di massa compiuto in tutta l'America e nel mondo intero dal
nostro PROPRIO GOVERNO.
E
mentre psicopatici come "l'assassino di massa Joe Biden" e
"l'assassino di massa Kamala Harris" potrebbero chiamarci pazzi,
daremo ora uno sguardo alle osservazioni fatte proprio di recente dalla
"assassino di massa Kamala Harris", a cui la invitiamo a confutare,
ma possiamo garantirvi che non sarà mai in grado di farlo.
Come
Kamala balbettava di recente in questo video salvato su “X” perché tutti voi
potessi sentirlo:
“Quando
investiamo in energia pulita e veicoli elettrici e “RIDUCIAMO LA POPOLAZIONE”,
ma più bambini potranno respirare aria
pulita e bere acqua pulita."
Ebbene,
come intendi procedere con la “riduzione della popolazione” di cui parli adesso, “Kamala”?
E come
mai la " riduzione della popolazione " è solo una " folle teoria
della cospirazione " se il vicepresidente americano ne parla ora?
Suggerisco che se Kamala vuole VERAMENTE
"ridurre la popolazione", INIZIA DA SÉ STESSA e mostri a TUTTO il
resto del paese e del pianeta come si fa!
Allora
lasciamo che sia il resto del mondo a decidere da solo se vogliamo davvero
portare a termine questo suo piano subdolo e psicopatico!
Altrimenti,
questa “riduzione della popolazione” di cui parla “Kamala” è un palese omicidio
di massa su scala globale, portato avanti niente meno che da “Joe Biden”, “Kamala
Harris” e il resto degli psicopatici a Washington DC e nel mondo.
E se
si tratta davvero di un omicidio di massa, non è ormai da tempo che il popolo
americano inizia a utilizzare alcuni degli oltre 500 milioni di modi a
disposizione per difendersi da questi psicopatici?
Naturalmente,
essendo un attivista pacifista di lunga data, non avevo mai sostenuto la
violenza.
Ma
credo sempre nell'autodifesa contro gli psicopatici che lavorano segretamente e
silenziosamente per ucciderci in modo da poter effettuare la "riduzione
della popolazione".
E di
seguito potete leggere da un programmatore medico ospedaliero quanti americani
innocenti in tutto il paese questo nostro governo ha già ucciso!
(Quindi
devi assolutamente dare un'occhiata al video imperdibile che abbiamo
incorporato come primo video in fondo a questa storia.)
Venendo da noi da un "codificatore medico
ospedaliero" che è stato intervistato dalla Difesa della salute dei
bambini, siamo andati avanti e abbiamo ripubblicato le sue osservazioni
affinché tutti voi possiate leggerle se non avete il tempo o l'interesse per
ascoltarla voi stessi.
Dimostrare
ancora una volta che le morti assolutamente orribili di cui abbiamo parlato su”
ANP” tramite i "vax" che Joe Biden e Kamala Harris e il resto degli
psicopatici e maniaci di Washington DC stavano FORZANDO gli americani a subire
erano davvero reali, è questa la “riduzione della popolazione” di cui “Kamala”
blaterava?
Sembra
proprio che “Kamala Harris” abbia segnato il proprio destino con le sue stesse
parole.
"
Non sapevo che fosse possibile per un essere umano morire in modo così
orribile, così rapidamente, prima che venissero somministrate le iniezioni di
mRNA ... [Per] giorni, i pazienti avrebbero avuto convulsioni, e nessun farmaco
sarebbe riuscito a fermarlo, e alla fine loro ...dovevano essere soppressi."
Un
programmatore medico ospedaliero che per questa intervista si fa chiamare solo
"Zoe" descrive per “Children's Health Defense” gli orrori a cui ha
assistito in seguito al lancio delle iniezioni di COVID.
Tra le
malattie impensabili e mortali c’erano cose come l’ “encefalite”,” la cancrena
della colonna vertebrale”, “i coaguli di sangue”, gli “ictus” e l’ “insufficienza
multiorgano”.
"Non
sapevo che fosse possibile per un essere umano morire in modo così orribile,
così velocemente, prima che iniziassero le iniezioni di mRNA...
Era
pazzesco, non avevo mai visto niente del genere.
I
peggiori di loro, li chiamavano che si trattava di” sepsi”, ma era come
un'insufficienza multiorgano istantanea.
Nel
giro di poche ore i pazienti sarebbero morti di fegato, polmoni, reni...
insufficienza [tutto in una volta]..." dice Zoe a CHD.
Aggiunge
che "Alcuni dei documenti...[della] squadra di emergenza che li ha trovati
[le vittime dell'iniezione], è come se il loro corpo avesse cercato di
rigettare tutto e [in] alcuni di questi casi la loro famiglia sarebbe arrivata
30 minuti prima, e poi nel giro di un'ora sono morti."
Zoe
nota che " c'erano pazienti che arrivavano con convulsioni come non avevo
mai visto prima " e che il personale ospedaliero "non riusciva a
controllarne alcuni".
Il
programmatore aggiunge: "[Per] giorni, i pazienti avrebbero avuto
convulsioni, e nessun farmaco sarebbe riuscito a fermarle, e alla fine...
dovevano essere soppressi."
"L'hanno
chiamata encefalite, o encefalopatia, e più tardi, anche l'organizzazione di
codifica... [l'hanno chiamata] encefalite associata a COVID-19", dice Zoe.
"[I]
coaguli erano pazzeschi", osserva il programmatore.
"Mai
visti coaguli del genere prima, nemmeno i radiologi interventisti che si
recavano con... endoscopi dove possono eseguire interventi cardiaci e applicare
uno stent [uno stent è un tubo solitamente costruito con una lega metallica o
un polimero] nell'arteria carotide (se hai un ictus al cervello), normalmente è
raro inserire più di uno stent e stavano documentando... più posizioni
contemporaneamente.
Avevano casi di infarto che erano simili a
quelli in cui avevano bisogno di quantità massicce di “stent” di cui non
avevano mai avuto bisogno prima. ”
Zoe
continua dicendo che:
"C'erano persone che facevano escursioni
quando avevano vent'anni ed erano totalmente sane, che avevano corso maratone,
che all'improvviso avevano bisogno di una gamba amputata perché avevano un
enorme coagulo di sangue che andava dall'anca fino ai fianchi e gamba che non
poteva essere salvata."
"Ci
sono stati alcuni casi di cancrena spinale durante la notte, che non avevo mai
visto prima", aggiunge il programmatore.
"E,
sai, non puoi amputare la colonna vertebrale quando va in cancrena. Normalmente
tagliano il tessuto che sta morendo in quel modo in modo da prevenire ulteriori
infezioni e non sapevano cosa fare.
L'unica
cosa che potevano fare era. ...sostituire praticamente quella parte della
[loro] colonna vertebrale con un impianto, è il meglio che potevano fare... È
stato davvero intenso."
Per
quanto riguarda le risposte dei medici a questi orrori, Zoe dice: "[erano] sconcertati, non
stavano unendo i punti".
Tuttavia, aggiunge che " Sapendo quali
potrebbero essere i potenziali sintomi di un danno da vaccino, avevamo al 100%
tutte le cose che ho appena descritto ".
Nonostante questa conoscenza, "i medici
non lo direbbero mai [ai pazienti]. Direbbero semplicemente: " È un ictus.
È un attacco di cuore. E poi non collegherebbero mai le due cose."
E i
media mainstream hanno CONTINUATO a nascondere questo VERO GENOCIDIO per questi
ASSASSINI DI MASSA a Washington DC e in tutto il pianeta che follemente
pensavano che fosse loro compito “ridurre la popolazione” come stava
balbettando “Kamala Harris”!
Com'è
possibile che questi assassini di massa respirino ancora e non siano stati
ancora completamente accusati di crimini contro l'umanità e di genocidio?
Quindi,
mentre “Joe Biden “diceva agli americani che non avrebbero mai contratto il
COVID se avessero fatto "l'iniezione", qualcosa che ormai tutti sanno
era una grossa bugia, e l'establishment medico in realtà diceva alla gente che se
avessero fatto le iniezioni e i richiami, sarebbero al sicuro dall'ammalarsi
mortalmente del "virus", come abbiamo visto tutti negli ultimi anni, non ci sono mai state dette bugie
così enormi e mostruose da coloro di cui una volta ci fidavamo per proteggerci
da queste cose.
Con
"il vax" che invece porta effettivamente a morti mostruose e orribili
in coloro che hanno deciso di prenderlo, come ci racconta coraggiosamente
"Zoe" nel primo video direttamente qui sotto, e l'establishment
medico che copre quelle orribili morti per conto del diabolico governo degli
Stati Uniti che dovrebbero tutti pagare con la vita per i propri crimini di
guerra e di genocidio ( dopo i processi e le condanne, ovviamente! ), chiunque si aspetti davvero che le
"grandi aziende farmaceutiche" e il governo degli Stati Uniti AMMETTANO
di aver compiuto un genocidio… si sbaglia gravemente.
Ecco
perché ci aspettiamo invece che vere e proprie organizzazioni criminali e
assassini di massa come l’”OMS” e le “big pharma”, insieme ai terroristi
all’interno del governo e delle forze armate statunitensi, “raddoppino” nei
prossimi mesi scatenando nuove armi biologiche su di noi, gli americani
dovrebbero avere la nostra testa su un perno e saremo pienamente preparati a
tutto e a tutto nei prossimi giorni.
Come
sentiamo nel secondo video qui sotto, c'è stata un'ESPLOSIONE assoluta di nuovi
misteriosi tumori tra i "vaxxed" e, a causa in gran parte di queste
armi biologiche e veleni che si " diffondono " anche sui " non
vaccinati ", ci aspettiamo assolutamente che questi terroristi psicopatici
se ne vadano fuori dai loro modi per evitare di essere ritenuti responsabili
dei loro crimini contro l’umanità.
Eppure, come ci dice "Zoe" nel primo
video qui sotto, questi sono crimini assolutamente orribili di cui questi
demoni DEVONO ESSERE RITENUTI RESPONSABILI, altrimenti non esiste più lo "stato
di diritto."
Eppure,
come ci dice Kamala Harris con le sue stesse parole, stanno semplicemente
“riducendo la popolazione”.
Compiendo
un omicidio di massa.
E “Joe
Biden” sorride, credendo nella sua mente folle che "se la caveranno con il
genocidio ".
Un
giorno più vicino all'Armageddon nucleare:
la “DC”
si sta preparando per un 'fulmine a ciel sereno', ovvero un attacco nucleare
inaspettato contro il Pentagono dalla fine della seconda guerra mondiale.
Allnewspipeline.com
- Susan Duclos – Redazione – (15 aprile 2024) – ci dice:
Abbiamo
discusso della possibilità di una guerra nucleare derivante dal conflitto
Russia/Ucraina, e abbiamo menzionato la probabilità che il Medio Oriente, per
quanto instabile, possa provocare la Terza Guerra Mondiale, ma gli eventi
recenti ci hanno portato un passo avanti più vicino a quello scenario.
Invece
di utilizzare intermediari, come “Hamas” e “Hezbollah”, l’ “Iran” ha lanciato
direttamente circa 300 droni e missili contro Israele, in un’escalation
piuttosto ampia di attacchi colpo per colpo, sempre utilizzando intermediari.
Che si
tratti di attacchi da parte di Israele contro Hezbollah o Hamas, o contro i due
gruppi sostenuti dall’Iran che attaccano Israele, un attacco diretto a Israele
da parte dell’Iran, o viceversa, rappresenta un’enorme escalation.
Ora,
vorrei essere chiaro, questo pezzo non è un invito a inveire e ad inveire
contro i musulmani o gli ebrei nella sezione commenti, ma piuttosto sulle
maggiori possibilità che scoppi una guerra nucleare, che porterebbe automaticamente a un
caldo tipo di stivali sul terreno della Terza Guerra Mondiale.
Sono
ancora della mia opinione che, con tutte le nazioni che già prendono parte alle
sanzioni contro la Russia e ad altri atti di guerra, siamo già nelle fasi
iniziali della Terza Guerra Mondiale.
Detto
questo, abbiamo notato che alcuni rapporti seri avvertono come sarebbe
veramente una guerra nucleare.
Il “Daily
Mail”, all’inizio di aprile 2024, ha pubblicato un pezzo sull’ “Armageddon
nucleare” e su come quelli vaporizzati istantaneamente da un attacco diretto
sarebbero in realtà i fortunati.
Le
informazioni contenute nell'articolo del “Daily Mail” sono state raccolte da
nuovi documenti classificati, inseriti in un libro, da interviste con
"consiglieri presidenziali, membri del gabinetto, ingegneri di armi
nucleari, scienziati, soldati, aviatori, operatori speciali, servizi segreti,
esperti di gestione delle emergenze, intelligence analisti, funzionari pubblici
e altri che hanno lavorato su questi macabri scenari per decenni."
Lo
scenario immaginato inizia con un "fulmine a ciel sereno", ovvero un
attacco nucleare inaspettato, e il primo obiettivo nel loro scenario è il
Pentagono.
Questo
attacco alla “DC” avvia l’inizio di una guerra nucleare simile ad “Armageddon”
che quasi certamente seguirà.
"Non
esiste una piccola guerra nucleare", è una frase spesso ripetuta a
Washington.
Alcuni
punti chiave dell'articolo “DM “elencati di seguito.
• La
detonazione di un'arma termonucleare da un megatone inizia con un lampo di luce
e calore così tremendo che è impossibile da comprendere per la mente umana. Centottanta milioni di gradi
Fahrenheit sono quattro o cinque volte più caldi della temperatura al centro
del Sole.
• Viaggiando alla velocità della luce,
il calore irradiato dalla palla di fuoco accende tutto ciò che è infiammabile
per diversi chilometri in ogni direzione.
• A
coloro che vengono inceneriti viene risparmiato l'orrore che comincia a essere
inflitto a uno o due milioni di persone gravemente ferite ma non ancora morte.
• Più
di un milione di persone sono morte o stanno morendo e sono trascorsi meno di
due minuti dalla detonazione.
Adesso
comincia l'inferno.
•
Coloro che in qualche modo riescono a sfuggire alla morte dovuta
all'esplosione, all'onda d'urto e alla tempesta di fuoco, si rendono
improvvisamente conto di un'insidiosa verità sulla guerra nucleare: sono completamente
soli.
Come
fa il governo degli Stati Uniti a conoscere così tanti fatti legati agli
effetti nucleari, mentre il grande pubblico rimane cieco?
La
risposta è grottesca quanto le domande stesse perché, per tutti questi anni,
dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il governo degli Stati Uniti si è
preparato e ha provato i piani per una guerra nucleare generale.
Il
pezzo di “DM “è molto più lungo, descrive ogni momento dal momento in cui la
bomba nucleare colpisce il Pentagono, e vale la pena leggerlo.
Alla fine, due miliardi sono morti.
Sappiamo
tutti che se gli Stati Uniti verranno colpiti per primi, noi reagiremo, quindi
la stessa quantità di morte e distruzione si verificherà anche dall’altra parte
del paese colpito.
Il
punto qui è l'ultimo punto dell'elenco sopra, l'insidiosa verità sulla guerra
nucleare è nel periodo successivo, nessuno verrà in aiuto, i sopravvissuti sono
da soli e ciò che hanno è tutto ciò di cui avranno per vivere.
I NON
PREPARATI NON AVRANNO ALCUNA POSSIBILITÀ...
I “non-prepper”, quelli che acquistano abbastanza
cibo per la settimana per sé e/o per le loro famiglie, e non hanno scorte
extra, probabilmente moriranno di fame subito dopo, a meno che non vivano
vicino a un “prepper disposto a condividerlo.
A
causa dell'”OP SEC” ( Operazioni/Sicurezza operativa ), molti prepper non
pubblicizzano ciò che hanno o quanto ne hanno, quindi a meno che un non prepper
non sia un amico molto intimo, probabilmente non sapranno chi può aiutare.
Ce ne
sono altri milioni, morti, solo per quell'unico colpo. Se una nazione si ferma
solo al colpo contro gli Stati Uniti, nessuno lo sa.
Quindi,
quello che ci chiediamo, e chiediamo a coloro che leggono questo di fare lo
stesso, è se una bomba atomica venisse lanciata oggi, ne avreste abbastanza per
sopravvivere finché non potrete coltivare/cercare/barattare di più?
In
caso contrario, in fondo a questo articolo sono presenti collegamenti per
alimenti liofilizzati, per coloro che desiderano aggiungerli alle proprie
scorte, o anche semplicemente rifornire ciò che è stato utilizzato o aumentare
le preparazioni.
Alcuni
suggerimenti di seguito:
1) Se
non stai già coltivando il tuo cibo indoor, inizia ora. Un giardino tutto
esterno può essere visto dai vicini e da chiunque abbia voglia di guardare,
quindi gli animali non saranno un problema solo per i giardinieri.
Come
fare il giardinaggio in casa e coltivare il proprio cibo tutto l'anno: guida
definitiva al giardinaggio verticale, in contenitori e idroponico (proprietari
di casa creativi) Verdure, erbe aromatiche, progetti fai-da-te, compostaggio,
luci e altro
Giardinaggio
in cucina indoor: trasforma la tua casa in un orto tutto l'anno - Microgreens -
Germogli - Erbe - Funghi - Pomodori, Peperoni e altro.
2) Armi. Pistole meteorologiche e, per
favore, in tal caso, ricevere un'adeguata formazione sulla sicurezza.
Per
coloro che non si sentono a proprio agio con armi da fuoco, oggetti di difesa
personale , siano essi coltelli, accette, mazze o taser. Tutto per proteggere
te stesso e le tue azioni.
3)
Acqua.
Seriamente, c'è solo un certo limite all'acqua che si può immagazzinare a casa
propria, quindi barili per la pioggia per raccogliere i propri e
filtri/compresse nel caso in cui si utilizzi acqua di lago/fiume.
Nota :
tenere a portata di mano scorte d'acqua prima di un attacco, per le prime
settimane.
Marchio
del membro (16,9 Oz) - Pallet completo - 40 bottiglie per cassa, pallet d'acqua
48 casse (totale 1920 bottiglie).
4)
Equipaggiamento protettivo. Guanti , tute ignifughe , maschera antigas . Anche
un contatore Geiger .
5)
Iodio di potassio.
6) Se
hai un seminterrato, allestiscilo come rifugio e, in caso contrario, cerca
nella tua zona un edificio che abbia un seminterrato e/o stanze senza finestre.
7)
Radioamatori o ad onde corte. Una radio amatoriale può comunicare e una radio a
onde corte può essere usata per ascoltare.
Come
detto in precedenza in questo articolo, i collegamenti agli alimenti
liofilizzati e ai generatori si troveranno in fondo a questo articolo.
CONCLUSIONE...
SIMULAZIONE.
La
conclusione qui è un video, intitolato "La terrificante simulazione rivela
come la guerra 'apocalittica' tra Iran e Israele "diventerebbe rapidamente
nucleare", originariamente su “The Sun” , ma poiché non è stato possibile
incorporarlo, lo abbiamo trovato altrove.
Washington
passa
al
piano forte “B.”
Unz.com - MIKE WHITNEY – (26 APRILE 2024) – ci
dice:
(“twitter.com/MyLordBebo/status/1777632746128523351”)
Ecco
cosa tutti devono capire sull'Ucraina:
Gli
Stati Uniti sono già passati al piano B.
No,
l'amministrazione Biden non ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in
merito, ma il cambiamento è già iniziato.
Il
Washington Brain-trust ha abbandonato ogni speranza di vincere la guerra a
titolo definitivo (Piano A) e ha, quindi, adottato una strategia completamente
diversa. (Piano B)
Il
piano B è una combinazione di due elementi principali:
R: Una
strategia di negazione, che è "un approccio difensivo progettato per
impedire a un avversario" di raggiungere i suoi obiettivi.
In
questo caso, l'obiettivo è prolungare il conflitto il più a lungo possibile per
impedire alla Russia di ottenere una chiara vittoria.
Questa
è la priorità assoluta.
B)
Continuare ad aumentare e intensificare gli attacchi asimmetrici alle
infrastrutture vitali e alle aree civili in Russia, al fine di infliggere il
maggior danno possibile alla Russia.
Questo,
in sostanza, è il piano B.
Qualsiasi preoccupazione per il popolo ucraino
o per la futura vitalità dello Stato ucraino non è stata presa in
considerazione nel cinico calcolo di Washington.
Ciò
che conta impedisce una vittoria russa e infliggere più dolore possibile alla
Russia.
Questi
sono gli obiettivi primari.
In termini pratici, ciò significa che più
soldati ucraini saranno massacrati in massa per continuare a utilizzare
l'Ucraina come trampolino di lancio per attacchi alla Russia.
In effetti, i signori della guerra del Regno
Unito hanno già confermato ciò che stiamo dicendo qui.
Dai
un'occhiata a questo estratto da un articolo di “Zero Hedge” :
... Il
capo della difesa del Regno Unito, l'ammiraglio Sir Tony Radakin, ha dichiarato
al Financial Times che la nuova infusione di aiuti militari dell'Occidente
aiuterà l'Ucraina ad aumentare i suoi attacchi a lungo raggio sul territorio
russo:
L'Ucraina
è destinata ad aumentare gli attacchi a lungo raggio all'interno della Russia
poiché un afflusso di aiuti militari occidentali mira ad aiutare Kiev a
plasmare la guerra "in modi molto più forti", ha affermato il capo
dell'esercito britannico.
L'ammiraglio
Radakin ha continuato:
" Man mano che l'Ucraina acquisisce
maggiori capacità per la lotta a lungo raggio . . . La sua capacità di
continuare le operazioni in profondità diventerà [sempre più] una
caratteristica" della guerra... ..
Altre
parole di Radakin indicano un'escalation (e non negoziati) nel seguente... Il
capo della difesa del Regno Unito afferma che l'Ucraina aumenterà gli attacchi
a lungo raggio in Russia, senza copertura.
Capisci
cosa intendo? Questo è il Piano B scritto nero su bianco.
Non
c'è più alcuna aspettativa che l'Ucraina vinca la guerra. Nessuno.
Il paese sarà semplicemente usato come
piattaforma per tormentare, molestare e terrorizzare il popolo russo.
Questo
è il piano B in poche parole.
Ma
come possiamo essere certi che il piano B sia già iniziato?
Innanzitutto,
si considera l'allocazione delle risorse previste dal nuovo "National Security Supplemental" che “Biden” ha firmato
all'inizio di questa settimana.
Il
disegno di legge prevede 61 miliardi di dollari per l'Ucraina, di cui solo 13
miliardi di dollari saranno spesi in armi e sistemi d'arma.
In che modo questa misera somma aiuterà a
sconfiggere l'esercito russo?
Tenete
presente che gli Stati Uniti e gli alleati della NATO hanno già speso più di
200 miliardi di dollari per finanziare la guerra in Ucraina e gli ucraini
stanno perdendo.
In che modo altri 13 miliardi di dollari dovrebbero
fare la differenza?
Non lo
farà, né è previsto che lo faccia. Come abbiamo detto in precedenza, il vero
scopo del denaro è quello di impedire una chiara vittoria russa lanciando
attacchi casuali su infrastrutture critiche e aree civili in Russia.
Una
volta compreso che il piano operativo di base è cambiato, gli sviluppi sul
campo iniziano ad avere un senso.
L'obiettivo
è quello di inimicarsi un rivale geopolitico, non di vincere una guerra.
Capisce?
Ecco
cosa non farà il pacchetto di aiuti da 61 miliardi di dollari: (Secondo
l'analista politico “Ted Snider”)
Non
fornire abbastanza denaro. Non fornire le armi di cui c'è estremo bisogno, né
le consegnerà in tempo. Non forniremo le truppe di cui c'è ancora più bisogno.
E non porterà la vittoria....
Il
presidente degli Stati Uniti “Joe Biden” ha recentemente firmato un pacchetto
da 95 miliardi di dollari, di cui 61 miliardi di dollari in aiuti per
l'Ucraina. A
lmeno
13,8 miliardi di dollari di questa somma saranno utilizzati per fornire armi,
come missili “ATACMS” a lungo raggio e aerei da combattimento F-16.
"I
13,8 miliardi di dollari di assistenza militare che saranno forniti all'Ucraina
saranno insufficienti per fermare sostanzialmente l'avanzata russa in
corso" e "per cambiare l'esito sul campo di battaglia", ha
affermato.
La
Russia gode attualmente di "superiorità militare, se non di supremazia
assoluta, lungo l'intera linea di contatto, non solo sulle linee del fronte, ma
che si estende ben nelle aree retrostanti delle aree di difesa ucraina".
...
Il
popolo americano che crede stupidamente che il nuovo pacchetto di aiuti
supplementari aiuterà a espellere i russi "malvagi" dall'Ucraina vive
a “ La Land”.
Niente
potrebbe essere più lontano dalla verità.
Nessuno
che segua gli eventi sul campo pensa che l'Ucraina abbia alcuna possibilità di
battere un esercito russo ben equipaggiato e altamente motivato che vanta
riserve quasi illimitate, capacità industriale illimitata, risorse illimitate e
la ferma convinzione che l'Occidente sta usando l'Ucraina per dividere il
proprio paese e installare il proprio fantoccio a Mosca.
Questo è ciò per cui stanno combattendo, ed è
per questo che vinceranno.
Ecco di più da” Snider”:
"61
miliardi di dollari non cambieranno l'esito di questa guerra", ha
dichiarato “Valery Zaluzhny”, professore di Scienze Politiche all'Università di
Rodi e autore di T”he Tragedy of Ukraine”, (secondo) Valery Zaluzhny.....
Quella.. . richiederebbe da cinque a sette volte tale importo, ovvero 350-400
miliardi di dollari".
(Ma)
Anche se il denaro fosse sufficiente, non fornirebbe all'Ucraina le armi di cui
ha bisogno perché le armi non sono disponibili per l'acquisto.
A
questo punto, (Secondo) Il colonnello in pensione dell'esercito americano “Daniel
Davis”, Senior Fellow di “Defense Priorities”:
"Anche
se si arriveranno i soldi, non si avrà il numero di proiettili di fanteria,
missili intercettori per la difesa aerea. Non si possono fare i proiettili di
fanteria più velocemente di quanto lo siamo noi in questo momento. È una
questione di capacità fisica: non possiamo farlo". ...
Anche
se l'Occidente poteva fornire le armi all'Ucraina in tempo, il "grande
problema per l'Ucraina", dice “Davis”, non è la fornitura di armi, ma la
"questione della manodopera".
Le perdite dell'Ucraina sul campo di battaglia, con
morti e feriti, hanno lasciato l'Ucraina con un problema di manodopera più
grande del problema del fascista. anche se gli Stati Uniti hanno dato
all'Ucraina tutte le armi di cui ha bisogno, "non hanno gli uomini per
usarle".
Quello
che 61 miliardi di dollari per l'Ucraina non faranno, detto da un conservatore
americano.
Questa
è tutta roba piuttosto semplice.
Ovviamente,
se non hai gli uomini, i soldi o le armi, perderai.
E i maniacali amministratori di questa fallita
crociata anti-Russia sanno che l'Ucraina perderà, ma hanno scelto di continuare
comunque la guerra.
Perchè?
Perché
le vite, la distruzione e la dissoluzione dello Stato ucraino non contano per
loro.
Tutto ciò che conta è infliggere dolore alla
Russia, costi quel che costi. Questa è la "nobile causa" per la quale
500.000 ucraini hanno dato la vita.
Ed è per questo che questa sanguinosa debacle
continua a trascinarsi all'infinito, anche se l'esito non è mai stato in
dubbio.
Come
una "bufala dell'antisemitismo"
ha
soffocato la scoperta di
fosse
comuni a Gaza.
Unz.com - JONATHAN COOK - (26 APRILE 2024) –
ci dice:
Confezionando
una polemica mediatica sulla polizia delle marce di Londra contro il genocidio,
la lobby israeliana sapeva che avrebbe ottenuto una vittoria, qualunque cosa
fosse accaduta.
Una
macabra scoperta è stata fatta a Gaza lo scorso fine settimana. Circa 300 corpi
palestinesi – di uomini, donne e bambini – sono stati rinvenuti in una fossa
comune anonima nel cortile dell'ospedale Nasser di “Khan Younis”.
Anche
considerando il record di Israele che ha commesso atrocità implacabili a Gaza
negli ultimi sei mesi – uccidendo decine di migliaia di palestinesi, la maggior
parte dei quali donne e bambini – questo si è distinto.
Alcuni
corpi sono stati trovati con le mani e i piedi legati e spogliati dei vestiti,
suggerendo fortemente che fossero stati giustiziati durante un'invasione di tre
mesi della città da parte dei soldati israeliani.
Si diceva che altri fossero stati decapitati,
o che la loro pelle e i loro organi fossero stati rimossi.
Circa
10.000 persone si erano rifugiate nel secondo ospedale più grande di Gaza
quando è stato attaccato a febbraio.
All'epoca
ci sono state segnalazioni di pazienti e personale che sono stati presi di mira
dal fuoco dei cecchini.
La
struttura medica è stata lasciata in rovina.
Altre
400 persone risultano ancora disperse a Khan Younis.
Altre fosse comuni sono già state scoperte.
Riferendosi
ad alcuni dei corpi, “Yamen Abu Suleiman”, un leader della protezione civile a “Khan
Younis”, ha detto alla” CNN”:
"Non sappiamo se sono stati sepolti vivi
o giustiziati. La maggior parte dei corpi sono decomposti".
Le
rivelazioni di “Khan Younis” si inseriscono in uno schema che sta gradualmente
emergendo man mano che le truppe israeliane si sono ritirate.
La
scorsa settimana, l'ultima di una serie di fosse comuni sono state trovate nel
più grande ospedale di Gaza, “al-Shifa”.
Israele
ha lasciato l'area all'inizio di questo mese dopo aver distrutto l'ospedale.
Insieme,
si dice che le tombe contenessero centinaia di corpi.
Altre
tombe senza nome sono state scoperte a “Beit Lahiya.
Il
capo dei diritti umani delle Nazioni Unite, “Volker Turk”, si è detto "
inorridito " dai rapporti.
Ondata
di rabbia.
Negli
anni '90, l'identificazione delle fosse comuni di migliaia di uomini musulmani
della città bosniaca di “Srebrenica” ha portato all'istituzione di un tribunale
speciale per i crimini di guerra della “Corte penale internazionale”.
Nel
2001 ha stabilito che a “Srebrenica” si era verificato un genocidio commesso
dai serbo-bosniaci, una sentenza poi confermata dalla “Corte Internazionale di
Giustizia”, a volte indicata come “Corte Mondiale”.
Date
le circostanze, ci si sarebbe potuto aspettare che la scoperta di fosse comuni
di centinaia di palestinesi fosse una notizia da prima pagina – soprattutto da
quando la stessa “Corte Mondiale” ha stabilito tre mesi fa che era stato
presentato un caso " plausibile " secondo cui Israele stava commettendo
atti di genocidio a Gaza.
Eppure,
come tante altre atrocità israeliane, questa ha causato a malapena un'ondata di
notizie nel ciclo delle notizie.
Mesi
fa, i media britannici dell'establishment hanno perso gran parte dell'interesse
nel riferire sui continui massacri a Gaza.
Il
contrasto con la prima copertura mediatica dell'Ucraina è stato netto. La
scoperta di una fossa comune contenente circa 100 corpi nel sobborgo di” Bucha “a
Kiev – attribuita alle truppe russe – ha suscitato indignazione internazionale.
“Bucha”
divenne rapidamente sinonimo della ferocia russa, e la scoperta sostenne per
mesi le richieste di processare i leader russi per genocidio.
L'indifferenza
generale dei media britannici nei confronti delle fosse comuni trovate a Gaza è
estremamente conveniente per i due principali partiti politici britannici.
Il
Regno Unito ha evitato di spingere per un cessate il fuoco per porre fine allo
spargimento di sangue di Israele a Gaza.
Si rifiuta di smettere di vendere a Israele armi e
componenti che hanno contribuito all'uccisione di palestinesi – e
potenzialmente anche operatori umanitari.
Il
partito laburista ha offerto solo un'opposizione in sordina.
Il
sostegno bipartisan nel Regno Unito al plausibile genocidio di Israele ha
provocato un'ondata di rabbia pubblica, comprese le proteste regolari a Londra
che attirano centinaia di migliaia di manifestanti.
Una
bufala filo-israeliana.
È
stato abbastanza straordinario che la scoperta di fosse comuni nell'enclave sia
stata quasi completamente soffocata da una bufala fin troppo ovvia messa in
atto da un lobbista israeliano.
“Gideon
Falter”, amministratore delegato della “Campagna contro l'antisemitismo”, ha cercato di fermare le marce
pacifiche di Londra che chiedevano la fine del massacro di uomini, donne e
bambini a Gaza da quando Israele ha iniziato il suo assalto militare più di sei
mesi fa.
Nelle
parole di “Falter”, le centinaia di migliaia di persone che si recano
regolarmente per chiedere un cessate il fuoco – compreso un vasto blocco di
ebrei – sono " folle senza legge " che rappresentano una minaccia
diretta per gli ebrei come lui.
Ha
trovato potenti alleati nel governo.
Il ministro degli Interni” James Cleverly” ha
affermato che gli organizzatori della marcia hanno " intenzioni davvero malvagie ", mentre il suo predecessore “Suella
Braverman” ha etichettato le proteste che chiedono un cessate il fuoco come "
marce
dell'odio
".
Entrambi
hanno esercitato pressioni sulla polizia affinché vieti le proteste perché
presumibilmente antisemite.
Non
esiste proprio alcuna prova per nessuna di queste affermazioni. Infatti, secondo i dati della
polizia, i partecipanti al festival musicale di “Glastonbury “avevano quasi
quattro volte più probabilità di essere arrestati rispetto a quelli che
partecipavano alle marce di Londra.
Ciò ha
lasciato le continue marce di massa in grande imbarazzo sia per il governo
britannico che per il partito laburista di opposizione, evidenziando la loro continua
complicità in quello che è diventato – con rivelazioni come la scoperta di
fosse comuni – sempre più chiaramente un genocidio.
'Attraversare
la strada.'
Questo
è il contesto adatto per comprendere l'ultimo intervento di Falter.
Come
la polizia metropolitana è fin troppo consapevole, il gruppo di Falter, insieme
ad altri attivisti filo-israeliani, ha tutto l'incentivo a architettare
una provocazione per aumentare la già considerevole pressione sulla polizia per vietare le marce di Londra e
limitare ulteriormente una libertà civile fondamentale: il diritto di
protestare.
Un
video sui social media mostra “Falter” affrontato dalla polizia in un
precedente incidente in cui aveva cercato di guidare un grande furgone con
messaggi filo-israeliani lungo il percorso della marcia.
Ma la
sua svolta è arrivata questo mese quando, accompagnato da una squadra di
sicurezza addestrata in Israele e da una troupe cinematografica, ha tentato
ripetutamente di sfondare una linea di polizia lungo il percorso e di camminare
contro il flusso della marcia.
Responsabile
del mantenimento dell'ordine pubblico durante le grandi proteste, gli agenti
del” Met” lo hanno fermato.
Ci
sono regole ben note imposte dalla polizia che circondano le grandi proteste su
questioni ideologiche molto cariche come questa.
Ai
manifestanti non è permesso allontanarsi dal percorso stabilito dalla polizia,
e gli oppositori – che si tratti di apologeti di Israele come “Falter” o di
nazionalisti bianchi islamofobi – non sono autorizzati ad avvicinarsi e
inimicarsi i manifestanti.
Il compito della polizia è quello di tenere
separate le parti.
Bloccato
dagli agenti, “Falter” aveva il suo copione pronto.
Ha
semplicemente insistito sul suo diritto di "attraversare la strada"
come ebreo che si occupa dei suoi affari.
Dato
il modo in cui il discorso pubblico su Israele e l'antisemitismo è stato
malevolmente manipolato dall'establishment britannico negli ultimi otto anni –
dopo che l'attivista di lunga data per la solidarietà con i palestinesi “Jeremy
Corbyn” è stato eletto leader laburista – “Falter” non poteva perdere in questo
incontro.
Se la
polizia lo aveva arrestato, avrebbe filmato le prove che era stato vittima in
quanto ebreo da parte di una forza di polizia antisemita.
Se si
fossero rifiutati di lasciarlo "attraversare la strada", avrebbe
filmato la prova che il corteo era davvero pieno di odiatori degli ebrei che
rappresentavano una minaccia per la sua sicurezza.
E se
la polizia venisse meno ai suoi doveri e lasciasse lui e il suo seguito
camminare contro il flusso della protesta gremita, lui – come chiunque tenti di
farlo – come minimo verrebbe urtato.
Basandosi sulla consolidata credulità dei
media dell'establishment nel coprire l'antisemitismo, “Falter” era
presumibilmente fiducioso che questo potesse essere interpretato come un
crimine d'odio contro di lui.
Politica
brutta.
La
polizia sembrava chiaramente comprendere il piano d'azione di Falter.
Sono apparsi estremamente riluttanti ad
arrestarlo, anche se un ex commissario capo, “Dal Babu”, ha osservato che , nel
tentativo di spingersi oltre,” Falter” avrebbe potuto essere accusato di
"aggressione a un agente di polizia e violazione dell'ordine
pubblico".
Invece,
gli agenti hanno pazientemente discusso per almeno un quarto d'ora con “Falter”,
sottolineando che avrebbe potuto aggirare il corteo utilizzando un percorso
diverso.
Ma in
questo lungo e teso incontro, il capo della Campagna contro l'antisemitismo ha
finalmente ottenuto ciò che voleva.
Un
ufficiale ha commesso un errore, suggerendo che il problema era che il” Falter”
che indossava lo zucchetto era "apertamente ebreo".
L'errore
dell'ufficiale era comprensibile.
Gli
apologeti di Israele e l'establishment britannico hanno passato anni a
manipolare il discorso pubblico per confondere Israele, l'ideologia politica
nazionalista del sionismo e l'ebraicità in un palese stratagemma per diffamare
i sostenitori di Corbyn, el'ex leader laburista antirazzista, ora diviene
antisemita.
Il
problema non è che” Falter” sia "apertamente ebreo", ma che è un
sostenitore di Israele, apertamente sionista, uno che trova scuse per il suo
genocidio e denigra coloro che si oppongono allo spargimento di sangue.
Non è la sua etnia o la sua religione ad
essere una provocazione, è la sua brutta politica.
Ma con
il commento dell'ufficiale nel barattolo, “Falter” ha rilasciato una versione
pesantemente modificata del suo confronto con la polizia a un media
dell'establishment fin troppo disposto – almeno inizialmente – a inghiottire
due idee completamente inverosimili che “Falter” stava spacciando.
In
primo luogo, che il commento dell'ufficiale di polizia era la prova che il “Met”
è istituzionalmente razzista contro gli ebrei ed è per questo che ha permesso
alle marce anti-genocidio di andare avanti.
“Falter”
chiede il licenziamento del capo del “Met”, Sir Mark Rowley.
In
secondo luogo, e cosa ancora più importante, il commento dell'ufficiale è stato
la prova che le marce sono effettivamente "marce dell'odio" composte
da – come ha dichiarato a un intervistatore della BBC – "razzisti,
estremisti e simpatizzanti del terrorismo".
Accusa
di 'falsità'.
Potrebbero
essere state tutte fake news, ma si adattavano a un'agenda che i media hanno
promosso per anni:
che
qualsiasi cosa che vada oltre la più leggera critica a Israele è una prova di
antisemitismo.
La
classe politica e i media hanno lottato sempre più per sostenere in modo
credibile questa idea di fronte al genocidio commesso da Israele – ma il video
di “Falter” è servito brevemente come una boccata d'aria.
Dal
breve errore verbale di un agente di polizia, è stato in grado di accendere un
dibattito nazionale che prendeva come premessa l'idea che la polizia fosse
collusa con le "marce dell'odio antisemita".
Sulla
difensiva, il “Met” accettò frettolosamente di incontrare “Falter” e i
"leader della comunità ebraica", apparentemente per ottenere il loro
consiglio su cosa fosse necessario fare riguardo alle marce.
Il
notiziario serale della BBC di domenica ha riferito che la pressione sul “Met”
stava crescendo "per trovare il giusto equilibrio tra consentire la protesta legittima
e reprimere l'incitamento all'odio e l'intimidazione".
Lunedì
mattina i padroni di casa britannici hanno adulato “Falter” , accettando
acriticamente che la marcia rappresentasse una minaccia per lui in quanto ebreo
ed
esprimendo preoccupazione per il fatto che la polizia non stesse ottenendo il
giusto equilibrio.
Ma a
differenza delle “accuse di falso antisemitismo” lanciate da anni da “Falter e
da altri per spodestare “Corbyn, che sono stati entusiasticamente amplificati
dai media statali e corporativi, il “Met” ha avuto potenti alleati all'interno
dell'establishment che hanno reagito.
Prima
che la “bufala di Falter” potesse prendere piede, “Sky” ha pubblicato un video
molto più lungo del suo confronto con la polizia.
Ciò dimostrava che gli avevano bloccato la
strada dopo averlo identificato come un provocatore.
Si sente la polizia accusarlo di essere
"falso" e dirgli di smettere di " incontrare i manifestanti
".
Ex
agenti di polizia, tra cui “Babu”, sono stati invitati in TV per offrire una
contro-narrazione che ha gettato “Falter” in una luce molto meno simpatica.
Martedì,
il capo del Met “Rowley” si sentiva abbastanza sicuro da passare all'attacco, lodando l'ufficiale al centro della
fila e accusando gli attivisti filo-israeliani di usare "falsità" per
indebolire il “Met”.
Tattica
preferita.
Ma
anche ferito, “Falter” ne uscì decisamente vincitore.
Nessuno
sta parlando – come dovrebbero – del motivo per cui gruppi come la “Campagna
contro l'antisemitismo”, che regolarmente e in modo così visibile si
intromettono profondamente nella politica britannica nell'interesse di una
potenza straniera, Israele, siano trattati come enti di beneficenza.
Invece,
“Falter” ha dato alla classe politica e mediatica più utili per sostenere che
le marce devono essere vietate, e ha messo il processo decisionale della
polizia sotto un controllo ancora maggiore.
Qualunque
sia l'ottimismo che “Rowley” ha mostrato in pubblico, le sue battaglie dietro le quinte
contro un governo desideroso di mettere a tacere le marce saranno state rese
molto più complicate.
Ma,
cosa ancora più importante, “Falter” ha svolto un ruolo inestimabile nel
rafforzare la tattica preferita di Israele.
Ha
distolto l'attenzione del Regno Unito dai suoi crimini di guerra – comprese le
fosse comuni di” Khan Younis” – a battibecchi completamente avulsi dalla realtà sul
fatto che gli ebrei sono al sicuro dal movimento contro la guerra.
Esattamente
la stessa dinamica si sta verificando negli Stati Uniti, dove l'establishment –
dal presidente “Joe Biden” in giù – sta dipingendo le proteste pacifiche nei
campus universitari contro il genocidio come focolai di odio e antisemitismo.
Lì le
cose sono ancora più sfuggite di mano, con la polizia chiamata ad arrestare
studenti e docenti.
In
entrambi i casi, il vero dibattito – sul perché Gran Bretagna e Stati Uniti
stanno ancora sostenendo attivamente i bombardamenti e la fame della
popolazione di Gaza dopo sei mesi di genocidio – è stato ancora una volta
soffocato dalle “fake news” della lobby israeliana.
I
media dell'establishment hanno ancora una volta colto ogni pretesto a loro
disposizione per concentrarsi su un ramoscello piuttosto che sulla foresta.
Verità
oscurata.
È
difficile non notare lo schema:
l'establishment
britannico, compreso il governo e la BBC, stanno lavorando fianco a fianco per
aiutare Israele e i suoi apologeti del genocidio a vincere la battaglia delle
pubbliche relazioni.
Solo
brevemente, quando l'onore della polizia – il pugno dell'establishment – si è
fatto insanguinare il naso, si è verificata una certa reazione.
Prendiamo,
ad esempio, il giorno di gennaio in cui la “Corte Mondiale” ha stabilito che
esisteva un caso "plausibile" avanzato dagli avvocati del Sud Africa
secondo cui Israele stava commettendo un genocidio a Gaza.
Quello
stesso giorno Israele sabotò con successo la devastante notizia con uno scoop.
Ha
affermato che circa 12 membri dello staff dell' Unrwa” che aveva sequestrato a
Gaza – su un totale di 13.000 nell'enclave sul libro paga dell'agenzia – avevano confessato di aver preso
parte all'attacco di “Hamas” del 7 ottobre, in cui sono stati uccisi circa
1.150 israeliani.
Israele
ha chiesto agli stati occidentali di tagliare immediatamente tutti i
finanziamenti all' “Unrwa”.
L'obiettivo
a lungo termine di Israele è stato quello di eliminare l'agenzia per i
rifugiati e cancellare definitivamente i diritti dei palestinesi a tornare alle
case da cui le loro famiglie sono state espulse nel 1948 in quello che oggi è
Israele.
La
maggior parte dei capitali occidentali, compreso il Regno Unito, si sono
diligentemente conformate, anche se la decisione avrebbe sicuramente fatto sprofondare
Gaza ancora più in profondità in una carestia che Israele ha architettato come
parte delle sue politiche genocide.
Ma
anche la tempistica dell'annuncio è stata importante.
I
media occidentali hanno concentrato la loro copertura su una storia sull' “Unrwa”
che avrebbe dovuto essere marginale, anche se fosse vera.
La
conclusione della Corte Mondiale che Israele stava plausibilmente commettendo
un genocidio è stata molto più significativa.
Ciononostante,
la cronaca della sentenza – in particolare il fatto che la corte sospettava che
Israele stesso compiendo atti di genocidio – è stata completamente oscurata
dalle accuse contro l' “Unrwa”.
Questa
settimana, mesi dopo, un'analisi indipendente commissionata dalle Nazioni Unite
e guidata dall'ex ministro degli Esteri francese “Catherine Colonna”, ha
rilevato che Israele non è ancora riuscita a produrre alcuna prova a sostegno
delle sue accuse contro l'“Unrwa”.
Ma
proprio come con la “bufala di Falter”, l'obiettivo di tali accuse da parte di
Israele non è mai quello di esporre la verità.
L'obiettivo
è quello di distrarre dalla verità.
Lo
stesso si può dire delle affermazioni, ancora infondate, di Israele riguardo ad una ferocia senza precedenti
commessa da Hamas il 7 ottobre, dalla decapitazione di bambini allo stupro di
massa sistematico.
Nessuna
di queste accuse, ampiamente rigurgitate dai media occidentali, è mai stata
supportata da prove.
Ogni
volta che le testimonianze sono state esaminate, sono state svelate.
Ma
tutte queste affermazioni hanno avuto uno scopo.
Mantengono
l'attenzione dell'opinione pubblica occidentale sui malvagi operatori umanitari
e sui malvagi manifestanti contro la guerra, piuttosto che sul tipo di male che
osa in pieno giorno uccidere 15.000 bambini, distruggere ospedali e nascondere
corpi in fosse comuni.
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