Noi non possiamo più aspettare.
Noi
non possiamo più aspettare.
Donne,
posti, paga, equità e carriera:
perché
non possiamo più aspettare.
Corriere.it
– (8-3-2024) - Diana Cavalcoli, Rita Querzé e Irene Soave – ci dicono:
Il
mercato del lavoro ha bisogno delle donne, le donne hanno bisogno del lavoro. I
piccoli progressi degli ultimi 30 anni sono visibili, sì. Ma troppo lenti.
Bisogna
cambiare passo.
Non
possiamo più aspettare.
Il
mercato del lavoro ha bisogno delle donne, le donne hanno bisogno del lavoro.
I piccoli progressi degli ultimi 30 anni sono
visibili, sì. Ma troppo lenti. Bisogna cambiare passo.
Per il
Paese e il suo sistema produttivo, che ha fame di personale competente e
qualificato.
Per le
famiglie che senza due stipendi non possono permettersi il secondo figlio.
E in
primis per le donne che hanno bisogno di autonomia economica per essere davvero
libere.
Libere
anche di sottrarsi alla violenza.
Segnaliamo
qui i tre principali gap di genere quando si parla di lavoro: tasso di
occupazione, retribuzioni e carriera.
Insieme
con le politiche in campo in questo momento.
E
quelle con cui altri Paesi stanno colmando il divario.
Donne,
posti, paga, equità e carriera: perché non possiamo più aspettare.
Occupazione,
ultimi in Europa.
È il
padre di tutti i problemi:
sono
troppo poche le italiane ad accedere al mercato del lavoro. Durante la pandemia
il tasso di occupazione era sceso sotto il 50%: lavorava meno di una donna su
due.
Ora
abbiamo superato il 52%.
Potrebbe sembrare un grande risultato ma non è
così:
restiamo
ultimi in Europa.
Ed è
vero che sono aumentate le occupate ma crescono anche gli occupati maschi.
Tant’è che tra tasso di occupazione maschile e
femminile c’è sempre un gap vicino al 18%, anche questo un record in ambito Ue.
A essere spinte fuori dal mercato del lavoro
sono le donne con retribuzioni medio basse.
Diciamo intorno ai mille euro al mese o poco
più.
Per loro la libertà di scegliere se lavorare o
meno di fatto non esiste.
Lo
spartiacque è la maternità.
Visto
che in Italia si fanno 1,24 figli per donna, prima o poi capita a (quasi)
tutte.
Al
rientro in ufficio bisogna fare i conti con il fatto che il posto al nido
(ammesso che ci sia) costa almeno 400-500 euro, fino a 800 in città come
Milano.
Spesso
poi gli orari del nido non coincidono con quelli del lavoro e servirebbe anche
l’aiuto di una colf o di una baby sitter.
Alla fine lavorare non conviene.
II tasso di occupazione delle donne con figli
è pari al 58,6%, quello degli uomini con figli all’89,3%.
Il
divario a scapito delle donne è di 30,7 punti percentuali, mentre in Germania è
pari a 17,4, in Francia a 14,4, in Spagna a 19 e in Grecia a 29,1.
Le dimissioni delle donne nel primo anno di
vita del bambino sono aumentate: 44.699 nel 2022 contro le 37.662 del 2021.
Le
cose potrebbero cambiare se aumentasse l’offerta dei nidi (oggi la copertura è
aumentata al 28% solo perché sono diminuiti di molto di nuovi nati, ormai sotto
i 400 mila l’anno).
L’obiettivo
del “Pnrr” è garantire il posto al nido al 33% anche se nel 2021 una
risoluzione del Consiglio Ue ha portato il target al 45% .
È
fondamentale che i nidi siano anche gratuiti.
Con
l’ultima legge di bilancio il governo ha mobilitato risorse sotto forma di
sgravi sulle rette dei nidi.
Il
contributo massimo (a condizione che i figli siano due e l’Isee sia sotto i 40
mila euro l’anno) potrà arrivare a 327 euro al mese.
È un passo nella direzione giusta ma siamo
solo all’inizio.
A dare
la svolta potrebbero essere anche sgravi più sostanziosi per gli aiuti
domestici.
I francesi regolarizzano colf e badanti perché
conviene.
In
pratica, fatto 100 il netto che finisce in busta paga del lavoratore e 50 le
varie tasse e contributi, lo Stato rimborsa 70 sotto forma di credito
d’imposta.
In pratica, la colf assunta costa meno di
quella in nero.
Il governo ha appena fatto un passo in questa
direzione con l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali per
l’assunzione di badanti, esonero destinato agli anziani over-80 non
autosufficienti con Isee fino a 6mila euro.
Ma per
consentire alle donne di liberarsi di una parte del lavoro di cura servono
stanziamenti maggiori.
Da
notare:
in Italia colf, badanti e baby sitter sono
circa 2 milioni, poco meno della metà in nero, nella stragrande maggioranza
donne.
Laureate:
10 mila euro in meno.
Le
poche donne che lavorano si scontrano poi con il “gender pay gap”, il divario
rispetto ai salari orari lordi percepiti dagli uomini, che cresce nell’arco
della vita lavorativa.
Come
mostrano i dati Eurostat
Se per il 2022 il gap si attesta al 3% sotto i
25 anni sale già al 4,7% dopo i 35 e tocca il 9,2 % dopo i 55.
Una
dinamica che è evidente in tutti i paesi Ue.
Come a dire che le donne iniziano a correre
con un sassolino nella scarpa e a fine marcia, sempre che si tagli il traguardo
della pensione, calzano un macigno.
Il
gap, va detto, non risparmia nessuna.
In Italia la differenza retributiva tra i
generi è maggiore tra gli impiegati (10,5%), con una diminuzione della forbice
nel caso di operai (9,2%), dirigenti (5,2%) e quadri (4,9%) categorie dove le
donne sono però meno presenti.
A
stoppare le lavoratrici le interruzioni di carriera, il peso del lavoro
domestico e di cura.
Aggiungiamo:
l’assurda
pretesa di una società che chiede ancora alle madri di lavorare come se non
avessero figli.
I dati
evidenziano anche una beffa.
Al
Nord, spesso ritenuto un modello per l’occupazione femminile, il divario
retributivo a parità di mansione è maggiore.
Il salario delle operaie in Lombardia (24.196
euro) è più basso del 10,3% rispetto alla “Ral” (la retribuzione annua lorda)
dei colleghi (26.978 euro).
Il gap è superiore a quello nazionale (10.3%
vs 9,2%).
E vale lo stesso per le posizioni
dirigenziali:
lo
scarto è al 7,9% a livello lombardo.
Anche
il titolo può essere un’arma a doppio taglio.
Se in
talia una laureata ha valori medi di “Ral” inferiori di 10 mila euro rispetto
ai colleghi uomini la differenza sale a quasi 15 mila euro in Lombardia con un
gap da maglia nera del 28,2%.
Tre i
motivi:
la
parte variabile della retribuzione, che al Nord pesa di più, i superminimi
concessi e il fatto che più spesso le donne lavorano part time.
Elementi
che dovrebbero spingere a una riflessione sulla necessità di un’operazione
trasparenza per non tenere le relazioni sulla parità di genere (obbligatorie
sopra i 50 dipendenti) nei cassetti delle aziende.
Pensioni
più povere.
Anche
perché a valle del mercato tutti questi ostacoli si riflettono sulle pensioni.
Nel
2022 il nostro Paese contava 16,1 milioni di pensionati.
Il 52%
è donna ma le pensionate percepiscono solo il 44% dei redditi pensionistici,
141 miliardi.
L’
importo medio mensile è di 1.416 euro, del 36% inferiore rispetto a quello
maschile che si attesta a 1932 euro.
Dice
l’Inps:
«Le
donne sono rappresentate nelle classi di reddito pensionistico più basso (fino
a 1.500 euro mensili) mentre oltre il 70% dei percettori nella classe più alta
(oltre i 3mila euro) è di genere maschile».
L’ultimo
capitolo di una parità retributiva non pervenuta.
La
classifica.
Le
miliardarie d’Italia sono 19 (e l’Italia è quarta al mondo):
da
Prada a Zampillo e Aleotti, di Redazione Economia.
Al
vertice: parità nel 2050.
C’è
poi lo scoglio della carriera:
l’accesso
alle posizioni più prestigiose e gratificanti, e ai compensi corrispondenti, è
ancora una strada assai più impervia per le donne che per i loro colleghi
uomini.
Non solo in Italia:
per la
sua analisi dello svantaggio sistemico delle donne nelle carriere (cioè
«impieghi molto cercati, che durano molti anni e nei quali spesso si definisce
anche una propria identità») la storica dell’economia Claudia Goldin ha meritato, nel
2023, il Nobel per l’Economia.
Succede
nelle aziende:
secondo
l’ultimo Report sui manager privati di” Manageritalia”, su dati Inps, le donne
manager nel 2022 erano il 21,6%, mentre nel 2021 erano il 20,5%.
Nel 2020 il 19%.
Una
crescita, sì, ma dell’1% l’anno:
di
questo passo si arriverà al 50% non prima del 2050.
C’è
più parità nei quadri, dove gli uomini sono il 58% e le femmine il 42%;
nel
terziario, dove le donne manager sono il 25%, e meno nell’industria, dove sono
il 16%.
E tra
i giovani manager, per la verità pochi.
Tra i
25 e i 29 anni hanno ruoli dirigenziali, in Italia, in 592, ma tra loro è donna
il 45%.
Tra le
ragioni del divario, «un fattore culturale, che fa sì che si pensi che la donna
non deve lavorare per realizzarsi», spiega Mario Mantovani, presidente di “Manageritalia”.
E
anche un’organizzazione del lavoro penalizzante,
«che però molte aziende stanno rivedendo nel segno di
una maggiore flessibilità, dando ai dipendenti più obiettivi da raggiungere che
cartellini da timbrare».
Tradotto,
smartworking e una diversa gestione dei tempi.
Il
cambio di mentalità riguarda per ora un’azienda su quattro, «e farà da volano al cambiamento
della cultura del Paese. La parità accelera: ci arriveremo in dieci anni».
Sarà.
Ma il
divario al vertice e l’arrancare delle donne delle carriere non avviene solo in
azienda.
Solo dieci università italiane su 88 hanno una
rettrice, meno di un professore ordinario su 4 è donna, e a ritroso:
è
donna il 41% degli associati, il 46% dei ricercatori, il 49% dei dottori di
ricerca e il 57% dei laureati.
Una
piramide: tante in basso, sempre meno via via che si sale.
Tra le ragioni del divario, una quasi impalpabile che
tre economiste della Banca d’Italia hanno individuato in un paper presentato a
febbraio.
Hanno
analizzato 8 mila lettere di presentazione di dottorandi ambosessi, che
facevano domanda per una posizione accademica in Italia:
mentre
i maschi venivano più spesso definiti «brillanti» e «intelligenti», le femmine
erano «laboriose» e «diligenti».
Osservandone i percorsi di carriera, le
studiose hanno notato poi che queste etichette sono correlate con tassi più
bassi di successo.
Il bicchiere mezzo pieno: i balzi in avanti.
Solo
vent’anni fa le ordinarie erano il 13%, le manager dal 2008 sono raddoppiate, e
se oggi le donne in magistratura sono più degli uomini (ma il 71% delle
posizioni direttive è ricoperto da uomini) è stato solo nel 1963 che hanno
potuto entrarvi, perché prima d’allora si riteneva che il loro giudizio, una
settimana al mese, fosse offuscato...
Passi
in avanti. Ma
che lentezza.
Con
che Diritto Meloni ci
Avvicina
alla Guerra
Senza Dire
Nulla al Paese?
Conoscenzealconfine.it
– (3 Maggio 2024) – Andrea ZhoK – ci dice:
Imbarazzante
silenzio dell’Italia sui missili offensivi destinati all’Ucraina ma al ministro
britannico della Difesa sfugge una frase sugli aiuti militari di Roma a Kiev.
Tra
questi, anche le armi usate per colpire la Crimea.
Chi ha
dato a Giorgia Meloni il diritto di rendere gli italiani nemici dei russi?
Con
che Diritto Meloni ci Avvicina alla Guerra?
Vivendo
nella civiltà della trasparenza e delle regole, il pubblico italiano ha appreso
della consegna italiana dei missili “Storm Shadow” dall’incontinenza verbale
del segretario della Difesa britannico.
Qualche
giorno dopo, anche il governo italiano ha confermato a mezza bocca la consegna
di questi missili, capaci, come si dice con compiacimento, di colpire in profondità il
territorio russo.
Ora,
anche i più lenti hanno capito che il conflitto in Ucraina è compromesso, salvo
un intervento diretto e massivo delle truppe Nato (cioè la Terza Guerra Mondiale).
La
Russia sta conquistando uno o due villaggi al giorno, l’ultima roccaforte
ucraina nel Donbass,” Chasov Yar”, sta per cadere, e gli ucraini non mancano
tanto di armi quanto di truppe, visto che hanno sacrificato al fronte quasi tutta la
propria meglio gioventù per difendere gli interessi geopolitici degli Stati
Uniti.
Di
solito in Italia si è spesso considerato un particolare talento quello di
saltare sul carro del vincitore, ma scopriamo che ci sono eccezioni:
se una
causa è sbagliata, controproducente per il proprio paese, e massimamente
sanguinosa, allora in via del tutto eccezionale si può abbracciarla anche se
perdente.
Lo scopriamo in Ucraina come in Israele.
Tornando
ai missili “Storm Shadow”, apprendiamo che sono armi di ultima generazione, del costo di un milione e mezzo di
euro l’uno, che riusciranno probabilmente a uccidere un po’ di russi nelle
retrovie (senza
cambiare di una virgola le sorti del conflitto).
Ora,
io capisco che avendo nel governo gente che vive di commercio d’armi la
prospettiva di essere chiamati a rimpinguare, a spese dell’erario pubblico, le
nostre donazioni all’Ucraina, deve avere il suo fascino.
Non
c’è niente di meglio della retorica della
“difesa-della-patria-come-bene-superiore” come scusa per spiegare che, no, i
soldi per gli ospedali, per l’istruzione, per il recupero dell’inflazione, per
i lavori di assestamento idrogeologico, ecc. non ci sono più, ma che potevamo
fare?
Avremmo
tanto voluto, ma poi, sapete, la guerra, il covid, il clima, le cavallette, il
destino cinico e baro…
Tanto
con i 9/10 dell’informazione che per mestiere fa l’amplificatore delle veline
di Washington, non c’è pericolo che qualcuno si svegli.
Qualcuno
potrebbe chiedersi chi ha dato a Giorgia Meloni il diritto di rendere gli
italiani nemici dei russi, quando non lo sono e non lo sono mai stati.
Ma
posta così la domanda sarebbe fuorviante, perché se al governo ci fosse stato
Draghi o Schlein sarebbe stato esattamente lo stesso.
Al netto di tutte le anime belle che “cianciano
di complessità”, nella politica italiana è tutto di una linearità sorprendente.
È così
che andremo tra un mese a votare potendo scegliere tra varianti estetiche dei
servi di bottega di Biden.
(Andrea
Zhok - facebook.com/andrea.zhok.5)
(kulturjam.it/in-evidenza/con-che-diritto-meloni-ci-avvicina-alla-guerra-senza-dire-nulla-al-paese/).
Migranti,
Meloni: «Scritto a leader
Ue,
non possiamo più aspettare».
Ilroma.net
– Redazione – (21 Marzo 2023) – ci dice:
"Ho
scritto ai leader europei per ribadire che noi non possiamo attendere oltre,
non possiamo aspettare inermi il prossimo naufragio".
Lo ha
detto in Aula al Senato la premier Giorgia Meloni, nel corso delle
comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 marzo.
"Le
frontiere marittime dell'Italia sono le frontiere dell'Europa, che è chiamata a
difendere quelle frontiere", ha rimarcato la presidente del Consiglio.
Un
"tema centrale" del prossimo Consiglio Ue è quindi "quello
dell'immigrazione, un tema che il nostro governo ha ottenuto che venisse
discusso in gran parte nell'ultimo Consiglio europeo.
Noi
siamo di fronte a un'emergenza che sta diventando strutturale, è una
definizione che può sembrare un "ossimoro è la fotografia" di quel
che sta accadendo.
"Stiamo assistendo a una pressione
migratoria senza precedenti", "come ben dimostra la tragedia di
Cutro", l'immigrazione "è il primo banco di prova" per l'Europa,
ha spiegato la premier.
Meloni
ritiene che "adeguati stanziamenti" di fondi europei debbano essere
"dedicati a contrastare i flussi irregolari lungo le rotte del
Mediterraneo centrale" così come è stato fatto con la Turchia.
L'Europa,
ha sottolineato, deve rispondere alle sfide che ha davanti, "con visione e
tempestività" e "l'Italia ha tutte carte in regole per recitare in Ue
un ruolo da protagonista e non da comprimario".
Nella
battaglia da condurre in Europa sul dossier immigrazione "sono certa di
avere dalla mia la maggioranza degli italiani, e spero anche di avere la più
ampia maggioranza" in Parlamento, "anche delle opposizioni.
Perché, vedete, la battaglia politica si può
efficacemente fare senza dipingere l'avversario come un mostro.
C'è un limite che non andrebbe mai oltrepassato, il
limite che, per gettare ombre sull'avversario, si finisce per mettere in
cattiva luce l'Italia, mettendo in dubbio anche l'operato" delle forze
dell'ordine e di polizia, della marina, della guardia Costiera e della guardia
di finanza, nonostante l'"Italia si stia assumendo responsabilità che
sarebbero anche di altri", ma colpendo l'Italia "si finisce anche per
indebolire la nostra capacità negoziale", ha aggiunto Meloni.
"Quindi
criticate ferocemente il governo, me e le scelte che questo governo sta
portando avanti, i nostri provvedimenti - dice il premier - ma fermatevi un
secondo prima di danneggiare l'Italia, perché questo fa la differenza".
UCRAINA.
"Questo governo non ha mai fatto mistero
di voler aumentare i propri stanziamenti in spese militari, come del resto
hanno fatto i governi precedenti senza il coraggio di metterci la faccia.
Noi
non abbiamo paura di dire che rispettare gli impegni assunti è vitale per la
nostra credibilità e sovranità nazionale", ha poi detto la premier
intervenendo a Palazzo Madama sul conflitto russo-ucraino.
"La
libertà - ha rimarcato la presidente del Consiglio - ha un prezzo:
se non ti difendi tu lo faranno altri, ma non
gratuitamente".
"Giudico
puerile - ha poi aggiunto - la propaganda di chi racconta che l'Italia spende
soldi inviando armi sottraendo risorse alle necessità degli italiani, è falso e
in questa Aula lo sappiamo tutti.
L'Italia
sta inviando" all'Ucraina "armi di cui è già in suo possesso e che
per fortuna non dobbiamo utilizzare, e le inviamo anche per tenere lontana la
guerra da casa nostra.
Raccontare agli italiani il contrario è una
menzogna che intendo chiamare col suo nome".
"Le
pressioni esercitate su Mosca sono fondamentali per assicurare il rispetto del
diritto internazionale e favorire il percorso negoziale per il raggiungimento
di una pace giusta", condizioni "che non sono ancora maturate ma che
dobbiamo perseguire con tenacia", ha quindi sottolineato.
GREEN.
"Il processo verso l'economia verde deve
essere sostenibile dal punto di vista sociale ed economico.
Per questo ci opponiamo a proposte come il regolamento
sulle emissioni di anidride carbonica delle auto e la direttiva
sull'efficientamento energetico degli edifici",
provvedimenti
che "rischiano
di esporci a nuove dipendenze strategiche proprio quando stanno andando in
porto gli sforzi per liberarci dalla dipendenza dal gas russo", hanno
detto ancora.
Ciafani
(Legambiente): “Basta
speculazione
politica, il passaggio
all’elettrico
non può più aspettare.”
Giffonihub.com – (Marzo 12, 2024) – Redazione
– Ciafani – ci dice:
(Adnkronos)
– “Il governo Meloni avrebbe dovuto fare di più per il trasporto pubblico,
considerando che ha deciso di spendere 11 miliardi di euro (9 a carico dello
Stato, 2 a carico di Sicilia e Calabria) per realizzare il Ponte sullo Stretto
di Messina, un’opera la cui utilità è assolutamente dubbia, per usare un
eufemismo”, queste le prime dichiarazioni del presidente nazionale di
Legambiente Stefano Ciafani sentito dall’Adnkronos per commentare i risultati
del rapporto “Pendolaria 2024 – Speciale aree urbane”.
Dal
report emerge il grave ritardo del Belpaese nelle infrastrutture di trasporto
sui binari, fondamentali per far diminuire l’uso delle auto private e le
emissioni di CO2.
Alla base di questo gap con le altre ricchezze
europee, gli annosi problemi strutturali e gli investimenti troppo scarsi:
“Mentre
si spendono 9 miliardi delle casse dello Stato per il Ponte di Messina –
continua Ciafani – si lasciano i soliti problemi agli italiani che usano il
trasporto pubblico per spostarsi.
Per molti prendere un mezzo pubblico per
andare al lavoro è semplicemente impossibile, qual è la conseguenza?
Che milioni di italiani usano ogni giorno la
propria macchina con inevitabili ricadute sull’ambiente e sulla vivibilità
delle città”.
Parole che trovano riscontro anche
nell’indagine “Better Connected” di Heitachi Rail da cui emerge che solo il 15%
dei milanesi usa esclusivamente il trasporto pubblico per andare al lavoro.
Il
tutto considerando che Milano è la città italiana con il trasporto pubblico più
diffuso.
Il rapporto di Legambiente, dal canto suo,
evidenzia come la legge di Bilancio 2024 abbia gravemente ridimensionato i
contributi statali per una mobilità pubblica e sostenibile, in favore di una
scelta che “per noi – conclude Ciafani – è assolutamente incomprensibile:
puntare sulla cattedrale nel deserto della mobilità”.
“Il flop delle auto elettriche è dovuto al
fatto che siamo partiti con grandissimo ritardo nell’implementare le
infrastrutture lungo la penisola.
Un
discorso che – specifica il presidente di Legambiente – vale per le colonnine
nelle aree pubbliche ma anche in quelle private come garage e altre pertinenze
private e condominiali”.
Un problema strutturale che l’Italia sta
provando a ridimensionare grazie alle risorse del “Pnrr”:
“Oggi
in città, soprattutto nelle città più grandi, le colonnine si vedono in ogni
quartiere, compaiono anche sulle autostrade, un po’ meno sulle superstrade
anche se – nota il presidente di Legambiente – c’è carenza di queste strutture
nei comuni medio-piccoli”.
La
mancanza di infrastrutture non è l’unica causa del flop dell’elettrico in
Italia secondo “Stefano Ciafani”:
“è mancato un sistema di incentivazione
paragonabile a quello di altri Paesi europei, che permetta ai cittadini di
poter acquistare l’auto elettrica al posto di quella di quella a combustione
interna”.
Anche qui la situazione è in leggero
miglioramento:
“All’attuale
governo va riconosciuto che i nuovi incentivi fanno uno sforzo in più rispetto
a quelli precedenti.
Innanzitutto,
sono strutturati in maniera più logica e sono modulati in base al reddito
prevedendo un tetto massimo di spesa”, dichiara Ciafani che spiega:
“Se tu
vuoi l’auto elettrica più costosa o comunque oltre una certa soglia di valore è
giusto che te la compri da solo, perché evidentemente ne hai le possibilità”.
La
strada degli incentivi soddisfa a metà perché si continua a incentivare,
seppure in misura minore, anche l’acquisto di auto ibride e a motore termico:
“Questo è un errore, una sciocchezza che
impedisce di virare con decisione sulle auto elettriche che sono il futuro”.
Proprio
sul passaggio alle auto elettriche si accende il dibattito “green”.
Da una parte c’è chi lo ritiene indispensabile per
contrastare il surriscaldamento climatico, dall’altra chi sostiene che in questo
modo si consegni alla Cina la produzione delle auto e quindi una grossa fetta
dell’economia europea.
Per il presidente Ciafani questo contrasto porta a
“fomentare polemiche inutili tirando fuori dati sbagliati o decontestualizzati.
A
inizio anno si è fatto un gran parlare della diminuzione delle auto elettriche
vendute in Italia, ma la realtà era ben diversa.
Tutti
sapevano che i cittadini stavano aspettando che arrivassero gli incentivi del
governo Meloni che sono arrivati e arriveranno tra marzo e aprile, eppure si è
preferito montare la polemica e nutrire il complotto contro l’auto elettrica”.
Le
divergenze sono esplose dopo il Regolamento europeo che impone lo stop alla
produzione di auto a motore termico dal 2035.
Anche
in questo caso, per il presidente Ciafani la polemica va ridimensionata:
“Le
principali case automobilistiche mondiali hanno deciso di chiudere le linee
produttive dei motori endotermici già dal 2030.
Non perché siano ambientaliste, ma perché
sanno che il mercato sta andando sulla trazione elettrica.
Insomma,
bisogna smetterla con tutte queste polemiche contro l'Europa e l’auto elettrica
che avrà un ruolo fondamentale nell’abbassare il livello di inquinamento e
rendere più vivibili le città”.
C’è
stato uno squilibrio tra il clamore mediatico rivolto a bici e monopattini
elettrici e l’investimento in infrastrutture, piste ciclabili in primis?
“C’è uno squilibrio oggettivo tra la domanda
di micromobilità e le infrastrutture presenti nelle città italiane”, osserva il
presidente di Legambiente.
“Tutte
quelle norme approvate dopo la pandemia hanno migliorato la situazione, anche
realizzando corsie ciclabili e non piste ciclabili.
Anche se non separate fisicamente dal resto
della strada le corsie ciclabili hanno comunque dato un segnale forte, la cui
portata non va sottovalutata:
in strada si riduce la larghezza della
carreggiata al servizio delle automobili e si aumenta quella dedicata a bici e
monopattini”.
Per il
presidente di Legambiente anche questi segnali giocano un ruolo importante nel
percorso di transizione:
“Bisogna creare un percorso di
educazione alla mobilità, un grande vulnus del nostro Paese dove chi si muove
sulle quattro ruote pensa di essere il padrone della strada e mette a
repentaglio la vita di dei soggetti più deboli, che sono chi si muove con le
due ruote e chi si muove con le sue due gambe, i pedoni”.
L’educazione stradale è il canale che più di ogni
altro può rivoluzionare il modo di concepire gli spazi urbani e diffondere le
“Città 30”, fortemente sostenute dal presidente di Legambiente.
“La
riduzione della velocità in città è fondamentale.
Lo sanno bene le amministrazioni di
centrosinistra e di centrodestra che hanno già adottato questa rivoluzione”,
dichiara Stefano Ciafani che non risparmia una stoccata alla polemica sul
progetto di “Bologna Città 30”:
“È stata fatta una grande speculazione
politico-partitica contro il comune di Bologna all'inizio di quest'anno.
Ma è bene ricordare che il Comune di Olbia,
guidato da un sindaco di Forza Italia, e con una giunta di centrodestra, ha
realizzato la Città 30 già da un anno e mezzo.
Lo
stesso dicasi per il comune di Treviso, guidato da un sindaco leghista e con
una giunta di centrodestra che già dall’anno scorso è Città 30”. Casi che esistono da mesi, ma sui quali non è
stato sollevato alcun polverone a differenza di quanto avvenuto con il Comune
di Bologna, guidato da una giunta e un sindaco di centrosinistra.
“Bisogna
smetterla con queste speculazioni perché la vita delle persone, la sicurezza
delle persone, è molto più importante delle scaramucce partitiche”, chiosa
Ciafani.
A questo punto, il presidente di Legambiente
aggiunge:
“C’è un aspetto veramente curioso di tutta
questa controversia. Matteo Salvini da ministro dell’Interno del primo governo
Conte approvò dei decreti sicurezza per noi assolutamente insopportabili contro
la supposta ‘minaccia migranti’.
Trovo
assurdo che oggi lo stesso Salvini stia facendo una campagna per rendere più
insicure le strade italiane con la direttiva del ministero dei Trasporti contro
l'uso degli Autovelox in città, gli attacchi alle “Città 30” e le modifiche al
codice della strada che sono in corso di discussione in Parlamento”.
Stefano Ciafani espone tutta la
disapprovazione dell’associazione verso quella che definisce:
“Una sicurezza a giorni alterni, a fasi politiche
alterne, agitata in base alle convenienze politiche del momento. Un metodo che
noi non sopportiamo e non condividiamo.
C'è
una strage silenziosa che miete migliaia di morti ogni anno lungo le strade
delle città e dei comuni italiani e va fermata rendendo le strade più sicure.
Come lo si fa? Introducendo velocità più basse
e sistemi di controlli adeguati”.
Vista
l’annosa arretratezza del trasporto pubblico italiano, cosa si può fare per
contrastare da subito l’inquinamento atmosferico?
“La risposta non può essere una sola”,
chiarisce subito Ciafani.
“In Italia in base ai dati dell'Agenzia per
l'ambiente ci sono 50.000 morti premature ogni anno per PM 2.5, quindi serve
una risposta articolata.
C'è il
fronte delle emissioni causate dal traffico che va affrontato come visto prima,
poi c'è la questione relativa al come rendere meno inquinante il trasporto
pubblico se non a impatto zero”.
Un
altro aspetto evidenziato dal presidente nazionale di Legambiente all’Adnkronos
riguarda il riscaldamento degli edifici.
“Con il superbonus è stato un grandissimo
errore in materia di riscaldamento, ovvero finanziare l'acquisto delle caldaie
a gas nonostante fosse già disponibile la tecnologia alternativa delle pompe di
calore che rinfrescano e riscaldano gli ambienti utilizzando l’energia
elettrica”.
I costanti record di temperature registrati sul
pianeta lanciano un messaggio chiaro:
bisogna
intervenire subito e su più fronti per contrastare il surriscaldamento
climatico.
“Occorre
rivedere l’impatto ambientale generato dall’agricoltura e dall’allevamento”
aggiunge Ciafani che spiega: “entrambe le filiere immettono ammoniaca
nell’atmosfera.
Queste
polveri sottili denominate PM secondario inficiano pesantemente sulla salute
dell’aria e dei cittadini.
Bisogna
quindi aiutare le imprese ad acquistare nuovi impianti e ad innovare i sistemi
produttivi.
Per
risolvere il problema ambientale, particolarmente grave nel Nord Italia e nella
pianura padana bisogna introdurre queste soluzioni tutte insieme”.
Quando?
Al più
presto possibile, conclude Stefano Ciafani:
“Perché
non possiamo aspettare il 2050. Quando avremo decarbonizzato il nostro Paese
non avremo più il problema dell’inquinamento atmosferico nelle nostre città.
Ma –
chiosa il presidente di Legambiente – non possiamo aspettare ancora 26 anni
mentre ogni anno, a causa dello smog, muoiono prematuramente 50.000 persone”.
(sostenibilita/mobilitawebinfo@adnkronos.com
-Web Info).
Il
futuro del made
in
Italy
è nel
suo passato.
Huffingtonpost.it - Confimi Industria – (3 –
5- 2024) – ci dice:
Per
essere competitive e crescere non basta la qualità:
quando
si parla di Pmi più che nei requisiti di prodotto la crisi economica è nel
confronto con gli altri Paesi in termini di costi.
Un
viaggio tra le immagini del passato può innescare un cambio di prospettiva.
Va
bene concentrarsi sull’oggi tenendo ben presente gli obiettivi da raggiungere
in futuro, ma
se fosse uno sguardo nostalgico al passato a traghettare da una crisi all’altra
le imprese della manifattura nostrana?
Si fa
un gran parlare del made in Italy, e non solo da quando il ministero per lo
Sviluppo economico ha cambiato nome in ministero delle Imprese e del “Made in
Italy”W, appunto.
Il
marchio di fabbrica del bel paese è la qualità, dei suoi prodotti e delle idee
progettuali.
Gli
italiani lo sanno e il merito è giustamente riconosciuto in tutto il mondo
tanto che il governo ha deciso di istituire il 15 aprile di ogni anno la
“Giornata Nazionale del made Italy”.
Per festeggiare il primo compleanno, anche la
nostra Confederazione ha voluto rendere omaggio a tutte le imprese
manifatturiere, che hanno contribuito a creare quei prodotti che oggi sono il
segno distintivo di un’eccellenza nel mondo, allestendo una mostra fotografica:
“
Opificio Italia”.
In
esposizione più di 150 immagini di oltre cinquanta imprese nate nel Novecento,
principalmente piccole aziende di famiglia nate attorno a un’idea prima che a
un marchio.
La
mostra è un viaggio in quattro tappe nella manifattura italiana.
Si
parte con Logos che racchiude le evoluzioni dei loghi per raccontare la
trasformazione del marchio in logo grafico, quando ancora il prodotto era più
importante del brand.
In “Interno Opificio” le immagini entrano negli antichi
magazzini, nelle officine, negli stabilimenti, nei ricoveri per i mezzi di
trasporto, tra i grembiuli delle donne operarie e le tute da lavoro degli
uomini.
Fotografano
i bambini in posa che abbracciano nuovi macchinari come persone di famiglia, e
lavoratori e fondatori si confondono attorno alle macchine perché il lavoro
suggerisce lo stesso impegno.
In “Esterno Opificio” è racchiuso il mostrarsi al mondo,
farsi vetrina.
I
prodotti escono dai capannoni, diventano strumenti per conquistare il mercato.
Sono le immagini delle pubblicità, tra
bozzetti, claim, slogan e cartoline, gli stampi e i registri, i diplomi e i
francobolli, le sponsorizzazioni sportive.
Il “Poveri ma belli” di Carrera Jeans, il frame dello
spot tv più longevo di Pennelli Cinghiale “per dipingere una parete grande…”,
il poster della prima dinamo di “Tre spade”, i bozzetti per i videogames Atari
di “Publitrust”.
In “Memorabilia Opificio”, l’ultima tappa e forse per questo
con un sapore amarcord, ci sono le aziende che hanno lasciato il segno,
conquistando un posto nei ricordi non soltanto di tutti gli italiani. Imprese
che diventano prodotto:
“Baldassarre
Agnelli” è lo spremi agrumi per l’Andrea Doria e la borraccia in alluminio
scambiata tra Coppi e Bartali,
“Belleli”
è il primo trasporto fluviale per galleggiamento dei manufatti, Cartoni sono le cineprese dei film di
Fellini, Rossellini e De Sica, “Sgaravatti!” è i giardini del Vaticano, “Titanus”
è il ciak del Gattopardo, “Barzanò e Zanardo” è il documento di registrazione
del brevetto “L’uomo lavora, il pavesino ristora” della Pavesi.
Manifattura,
artigianato, mani che forgiano un’idea: saper fare.
Ma,
certo, i tempi sono cambiati e per superare una crisi economica e sociale non
basta né la buona volontà dei singoli né la qualità di un prodotto.
Ma
allora perché le Pmi della Confederazione, le industrie italiane, non hanno
ancora perso il vizio di puntare sulla qualità?
Il
viaggio di Opificio Italia, allestito nella sede nazionale di “Confimi
Industria”, in via Tagliamento, 25 a Roma, rimarrà aperto sino al 21 agosto, “Giornata nazionale dell’imprenditore”.
In
mostra anche brevi citazioni, schermi e cataloghi, proiezioni di immagini che
permettono di varcare soglie di antiche botteghe e di indagare i volti degli
operai intenti a lavorare una passione, per calarsi nelle atmosfere di quei
primi tentativi che il tempo ha mutato in maestria.
Menzogne
insostenibili.
Gognablog.sherpa-gate.com – (26 Febbraio 2024)
- Alberto Peruffo – ci dice:_
(vocidicortina.it/a4527-Olimpiadi-pista-bob-per-il-CIO-tempi-stretti-per-Cortina-si-valuta-anche-u
n-piano-B)
Anche
la menzogna ha la sua dignità, negativa.
Costoro,
soprattutto” Luca Zaia”, sono riusciti a togliere il “riconoscimento” pure alla
menzogna, la quale, per quanto e in quanto menzogna, ha bisogno di un minimo di
verosimiglianza ai fatti, alla realtà, per essere credibile.
Lasciamo
stare lo scivolone di “Armin Zöggeler” (campione olimpico di slittino del
passato), peraltro grave e che fa intuire che chi pratica certi sport
esageratamente artificiali ed elitari (lo slittino e il bob moderno sono
“discese” su di un budello di ghiaccio costruito ad hoc e riservato a pochi
eletti) sia troppo distaccato dai territori.
Mi
riferisco alle sue affermazioni comparse strategicamente poche ore prima della conferenza del 23 febbraio 2024 a
Venezia, per dare alimento alla menzogna e al crimine vero in atto quello
stesso giorno, al mattino, quello che vedete nella foto, grazie a Zaia-Vaia
(come sarà chiamato d’ora in poi dagli attivisti e dai veneti consapevoli) e al
silenzio su di esso da parte dell’autorità (Zöggeler è pure un carabiniere
pagato dallo Stato e dovrebbe pensarci prima di parlare per interessi laterali,
di carriera), affermazioni secondo le quali la pista di Cortina ha
caratteristiche migliori rispetto a quella di Cesana, perché è costruita a
nord.
Quando invece l’ex bosco di Ronco è rivolto a
sud-est (prende il sole dal mattino), in una delle zone più calde di Cortina,
ragione principale perché la vecchia pista fu abbandonata a se stessa, come ci
ha spiegato uno dei vecchi operatori di pista, che sistemava le curve e dava il
passaggio “radio” degli atleti durante le gare negli anni ‘80/’90.
Pensate
che furono provate delle soluzioni con dei teli ombreggianti, posizionati sui
grandi alberi, per tentare di proteggere dal caldo la pista ai tempi ancora
poco-sospetti di cambiamenti climatici e di stagioni sempre più povere di neve.
Non
possiamo invece lasciare stare le dichiarazioni di”Giovanni Malagò” e “Zaia”,
in uscita dalla Conferenza Stampa blindata e militarizzata con truppe della
celere in assetto da guerra per poche decine di noi che hanno sfidato il freddo
e la pioggia, tentando di entrare e di farsi accreditare, giungendo perfino
dall’ampezzano, rifiutati con scuse di comodo.
Volevamo solo portare la nostra testimonianza
e contrarietà, con delle domande pertinenti.
La
voce delle cittadinanze escluse dai processi partecipativi, informativi, come
accaduto a Cortina e in decine di altre occasioni.
Torniamo
alla fantastica coppia di bob a due.
I due
sono palesemente alle corde. Sul bordo della scivolata finale.
Della
tangente senza ritorno.
“Malagò”
(presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano) è infatti costretto a
parlare di finanziamenti privati, trascurando le finanze e gli oneri pubblici,
gli espropri e le devastazioni collettive, che già incombono sulle comunità
devastate dalla finanza di progetto o da Vaia.
O
Zaia?
“ Zaia”
questa volta supera sé stesso dimostrando quello che è sempre stato, un
governatore a spanne dei territori e delle parole con cui tenta di nascondere i
fatti, le morti, gli inquinamenti, le sottrazioni ai pubblici bilanci (12
miliardi incombenti per la sola Superstrada Pedemontana Veneta-SPV).
Mise i
limiti ai “PFAS”, sostanze cancerogene, “spannograficamente”, nel 2017.
Parole sue.
La
stessa “SPV” è stata disegnata a spanne rovinando la Vallugana, la Valbona, le
Poscole, la Marosticana.
Valli
e pianure un tempo ricche di acqua e di vita.
Ora di
morte e di cemento.
Anche
se tenta di nascondersi dietro a effimere eccellenze, il Veneto è tra le
regioni più inquinate del mondo occidentale, con tassi di mortalità, morbilità,
denatalità altissimi.
Superiori
a molti paesi e nazioni. Civili o passati per meno civili.
Mi
domando quanto civile sia un luogo dove si avvelenano i figli.
La
contaminazione da “PFAS” è la più grande del mondo, dovuta in buona parte per
parole e procedure falsificanti di chi lo ha governato per anni.
Le informazioni sulle matrici alimentari e
sanitarie sono state sottratte alle cittadinanze dalla Regione Veneto.
Giudizio dell’ONU a Ginevra, 13 luglio 2022.
Ora,
dire che la pista sarà molto più “ipogea”, letteralmente, come poi dirà “sotto
terra”, non è solo una panzanata da sagra di paese, o una sparata di un uomo
fortunato (guardate gli occhi di quest’uomo, sparati come fossero plagiati dal
suo stesso incrollabile credo di essere un “fortunato” nella terra degli
ottimisti, come recita il titolo di un suo sfortunato libro), ma è un’offesa
senza precedenti alla stessa menzogna a cui stiamo assistendo in questi giorni,
documentata dalla foto:
quella di essere di fronte ad Olimpiadi
Sostenibili.
Che si
inventano un profilo “ipogeo” per sotterrare l’infamia di quanto sta accadendo.
Trascurando
che la “bellezza” perversa delle discipline di “scivolamento forzato” è di
creare spettacolo a filo e a rischio di geo, spettacolo visibilissimo per chi
ama questo piacere fulmineo, adrenalinico, pericoloso, riservato a pochi, ma
trasmissibile a tutti.
Come
la Formula Uno.
Ora,
chiederemo al commissario francese che chiude il servizio del “TGR” (lo faremo
tramite lettera), in che modo si può dichiarare “sostenibile” quello che si
vede in foto, a partire anche solo dal tipo di taglio criminale (ecologicamente
parlando), a raso, per non parlare degli inizi dei lavori fatti alle 6.45 del
mattino del 22 febbraio 2024 senza delimitare il cantiere con reti e cartelli,
in forma abusiva, clandestina, illegale, mettendo a rischio la vita delle
persone, con l’aggravante menzognero di dimostrare alla Commissione Olimpica –
che arrivava poche ore dopo – che i lavori alla pista da bob erano iniziati.
Iniziati,
sì, poche ore prima!
Non certo a buon punto, cantierizzati,
regolari, secondo un cronoprogramma rispettabile.
Mai
menzogna è stata più alta e criminosa, visto come oggi è il lariceto. “Zaia” e”
Malagò”, in fatto di sostenibilità e rispettabilità, dovrebbero vergognarsi di
camminare per le strade dei nostri monti e delle nostre città, per quello che
hanno fatto e stanno facendo ai nostri territori.
La
stessa menzogna – reificata – farebbe fatica a riconoscersi nelle loro parole.
Hanno passato il limite di ogni sostenibilità.
Perfino di significato delle parole e di significanza per il futuro.
Grazie
a questi due figuri, a questa foto, l’Italia e il Veneto stanno facendo una
figura “insostenibile” a livello planetario.
Stanno
provocando un danno enorme, d’immagine ed ecosistemico, a un paese intero.
Diffidate e diffidiamoli dai loro ruoli.
Un
nuovo modo
di
fare giornalismo.
Meer.com
– (14 novembre 2021) - PATRIZIA BOI – ci dice:
(Il
controcanto di Francesco Maria Toscano)
La manifestazione
di Milano del 13 Novembre in cui era presente” Robert Kennedy Jr”.
Così
come la figlia di un panettiere si sveglia al mattino con il profumo di pane
caldo, io - essendo figlia di un tipografo - mi svegliavo con l’odore di
giornale ancora caldo di rotativa.
Potevo
leggere già all’alba le notizie fresche, frutto di un intenso lavoro di
composizione che avveniva nella notte.
E non ho mai pensato che quelle informazioni
potessero essere false, per me erano una sorta di Bibbia.
E
immagino lo fossero per tutti i lettori.
E non solo per loro, ma anche per quelli che
le sentivano dalle televisioni.
Erano
come delle verità calate da un cielo luminoso che tutto sa e tutto vede.
Ero davvero convinta che il giornalista fosse
il mestiere più nobile al mondo, lo consideravo un assoluto portatore di
verità, come un atleta dall’indiscutibile talento che illumina la via con la
sua fiaccola olimpionica.
Quel
sogno sembra essersi infranto:
negli
ultimi anni i giornali hanno perso la loro luce, il loro aroma incantato, così
come i telegiornali hanno perduto il loro racconto magico che rischiarava le
nostre giornate.
Chi di
noi ora crede più a quello che scrivono e dicono i professionisti
dell’informazione?
Tutti
i giornali sembrano un copia e incolla di slogan creati apposta per programmare
i cittadini inconsapevoli, nutrendoli di menzogne e terrorismo.
La
gente si rivolge allora a voci fuori dal coro di giornali e telegiornali di
varia estrazione politica che non recitano le stesse formule coraniche.
Scrutando
nel panorama dei giornalisti indipendenti che hanno deciso di ribellarsi a
questa forma di giornalismo, emerge una voce nuova, quella del calabrese “Francesco
Maria Toscano”, giornalista pubblicista, avvocato, scrittore, che col suo “controcanto”
giornaliero, rivestito da una verve ironico-sarcastica, punta l’attenzione sulla veridicità
delle notizie come un avvocato del diavolo fa con le sue pratiche oscure o
forse come un
luciferino portatore di luce tra le ombre insinuatesi nelle nostre società
pseudo-democratiche.
E devo dire che tra le assordanti verità che
ci svela stupito e lasciandoci increduli, il suo talento comico riesce anche a
farci sorridere, ammesso che la situazione contingente lasci spazio al riso.
Siamo
tutti attoniti per quello che ci propinano i media, non sappiamo davvero più a
cosa credere, le notizie dei giornalisti indipendenti spesso sono censurate,
mentre il sistema sembra dedito alla fantascienza.
Tra le
bande di virologi che terrorizzano la popolazione, gli incalzanti decreti-legge
prodotti dal Governo, le futili notizie del mercato calcistico, le forme di
delirio delle primedonne dello spettacolo e i ‘bonus’ continui che riducono la
vita a un gioco di roulette dove il banco vince sempre, “Francesco Maria” ha
creato il suo disegno melodico sovrapposto a quello melodico principale, non
arricchisce il canto principale, facendosi “tappeto”, ma costruisce una voce
originale di pari dignità che crea una melodia con la stessa forza dinamica di
quella canonica, fino a diventare quasi contrappunto.
Quello
di Toscano vuole essere un modo rivoluzionario di fare informazione:
smonta le notizie false che circolano nei “giornali
mainstream”, trovando i documenti, gli atti o i testimoni che gli consentano di
arrivare alla verità.
La
comicità non è solo un suo talento, ma la nostra classe politica e i
giornalisti di sistema sono così ridicoli che il Controcanto del nostro
giornalista diventa naturalmente esilarante.
La
verità non è un concetto di semplice realizzazione, ma è piuttosto una
condizione a cui tendere.
Per
dirla alla maniera della “Metafisica aristotelica”:
…dire
di ciò che è che non è, o di ciò che non è che è, è falso; dire di ciò che è
che è, o di ciò che non è che non è, è vero.
Toscano
cerca con onestà intellettuale di arrivare oggettivamente al vero, di
analizzare con studi e conoscenze del passato, quello che apparentemente appare
reale, di studiare dietro ad ogni facciata, la verità nascosta, per giungere il
più possibile a comprendere quello che ogni atto significhi.
La verità è mettere continuamente in dubbio
ogni parola per trovare le prove che la confermano o la smentiscono.
Significa
cercare quello che nell’ultimo secolo è stato sempre volutamente occultato,
facendo in modo che ogni disegno misterioso venga alla luce.
Toscano
a volte ci riesce, a volte ci prova e ci arriva vicino.
Oggi è
difficile discernere nel frastuono delle informazioni spesso contradditorie
quelle che davvero hanno qualche presupposto di verità, perché tutti i canali
ufficiali sposano la stessa tesi, senza dibattito e senza dissenso.
Abbiamo
attraversato momenti della storia come la strategia della tensione, come
l’abbattimento delle Torri Gemelle, le guerre degli Stati Uniti per portare nei
Paesi del Terzo Mondo la civiltà e la democrazia;
perciò,
siamo abituati a vedere oltre quello che la stampa asservita al potere ci vuole
far credere,
propagandando come sommo bene le scelte dettate dal governo anche se si tratta
di obblighi o provvedimenti del tutto discriminatori.
Un
vero giornalista dovrebbe osservare i fatti da tutti i possibili punti di
vista, mettere a confronto studiosi, scienziati, intellettuali, politici che
professano tesi diverse, che sposano differenti convinzioni, favorire il
dibattito che poi possa condurre a un dettato condiviso, o anche a posizioni
alternative ma dibattute.
Dovrebbe
essere una sorta di controllore dell’operato dei governi, cercando di
denunciare truffe e abusi come fa “Visione TV”, l’emittente indipendente
fondata appunto da “Francesco Toscano”.
Nei
suoi divertenti appuntamenti delle undici del mattino, Francesco evidenzia dove
il sistema dell’informazione sembra incepparsi.
Quando
gli organi di informazione appartengono agli stessi attori che gestiscono
l’economia, laddove si generi un conflitto di interessi tra chi informa e chi
vende un prodotto, allora qualcosa non funziona.
Come è successo col berlusconismo, come sta succedendo adesso con i
giornali degli Agnelli-Elkann…
Ci
sono, infatti, motivi di interesse economico legati al business - oggi delle
mascherine, dei tamponi e dei vaccini - ragioni politiche per orientare i
cittadini a favore di un partito o di un altro, ma anche obiettivi nascosti come - in
questo momento - la transizione digitale attraverso la quale si condurrà la
popolazione ad accettare strumenti di controllo via via più stringenti a causa
di “presunte emergenze sanitarie”.
Inoltre,
tra la pandemia e il virus, ogni tanto ci si mettono dentro gli attentati dei
Talebani, perché la “sacra stampa unita” vuole distogliere l’opinione pubblica
da altri problemi.
Nei
mesi scorsi, infatti, invece che ammettere che la campagna vaccinale non ha
portato da nessuna parte - visto che i contagi tra i vaccinati crescevano e i
vaccinati si ammalavano come gli altri - che l’efficacia dei vaccini era molto
più bassa del 90% che si affermava all’inizio, che la durata della copertura
vaccinale era oscillante tra il trenta e il cinquanta per cento e che gli
effetti collaterali ci sono, possono essere gravi e fatali, si preferiva
spostare l’attenzione sulla questione talebana in Afghanistan, sul pericolo
della nuova Variante Delta, sulle infinite nuove varianti che si preparano in”
saecula saeculorum”.
Secondo
Mahatma Gandhi:
L'uomo
si distrugge con la politica senza princìpi, col piacere senza la coscienza,
con la ricchezza senza lavoro, con la conoscenza senza carattere, con gli
affari senza morale, con la scienza senza umanità, con la fede senza sacrifici.
Quale umanità
ci riserva il prossimo futuro?
Afferma
Toscano nel suo intervento alla manifestazione di Milano in Piazza Duomo di
fronte a trentamila persone lo scorso agosto:
Voglio
credere che possiamo ritornare ad avere un futuro di verità e giustizia, valori
che sono stati svenduti da un potere che ha creato una grandissima illusione di
massa esasperando gli animi, come sta facendo anche oggi ponendo i cittadini
pro-vaccino contro quelli no-vaccino senza tener conto che la maggior parte di
persone sono per il vaccino libero. Come sentinella di verità è la nostra unità
cementata dall’empatia, dobbiamo riscoprire un senso della dignità, del decoro,
dell’amicizia, della solidarietà. Per Aristotele: “Esiste un solo bene, la
conoscenza, ed un solo male, l'ignoranza”, ma quando il castello di carta
sembra crollare, forse che come sommo bene resta solo il dubbio?
Secondo
il nostro giornalista:
Il
dubbio ci deve guidare per ricostruire una società sana e coesa, di uomini che
credono ancora nei valori di chi ha dato la vita per rimanere coraggiosi e
liberi come Aldo Moro, Enrico Mattei, che hanno pagato con il sangue il
rispetto per la sovranità italiana…
Chi ha
messo in croce Cristo e il popolo sovrano? Il nuovo ordine mondiale? Il Papa? O
sono solo incredibili complottismi? Secondo Francesco Maria il complottismo non
è di chi lo afferma, ma di chi lo compie.
Sembra
certo strano sentire un Presidente del Consiglio che si permette di dire:
L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente. Non ti
vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali,
contagi, qualcuno muore.
Oppure
un Presidente della Repubblica che a proposito del vaccino sostiene “non vuole
farlo non invochi la libertà, mette a rischio la vita altrui. Violenza e
minacce vanno sanzionate”.
E
addirittura il Papa in persona che pontifica: “Vaccinarsi, con vaccini
autorizzati dalle autorità competenti, è un atto di amore”.
Come
vogliamo chiamare questa trinità che santifica il siero divino? Se non fosse
drammatico, sarebbe quasi esilarante…
“Se
comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto
può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate:
anche le nostre”, scriveva Primo Levi molti anni fa, cosa scriverebbe oggi?
“Che
la propaganda ha fatto un buon lavoro, ha arruolato un esercito di uomini che
si sono conformati e li ha messi contro quelli che non si sono conformati,
creando a bella posta il pericoloso No Vax, una specie di ebreo untore così
abietto da non poter essere ammesso in nessun luogo. Si comincia così e poi si
finisce in un ‘lager’…”, continua il presidente di Ancora Italia – sì perché
Francesco Toscano ha fondato anche un partito politico nuovo.
Alla
luce di tutte queste considerazioni non è sbagliato pensare che la storia debba
essere riscritta mettendo in luce ogni abominevole e sotterranea manipolazione,
magari affidandoci a uno storico come Alessandro Barbero.
Francesco
Toscano ha un’altra missione.
Io
penso che la sovranità popolare sia ferita ma non defunta. Le coscienze si
risveglieranno e il torpore metallico di una informazione infame che protegge
le manipolazioni del potere, che ha costruito un deserto in cui isolarci, dovrà
essere trasformato.
Esistono
due modi per manipolare le masse: o per il tramite del controllo asfissiante di
un’informazione schiava fino al midollo, o attraverso l’esercizio puro della
violenza, quello che Gramsci chiamava ‘il meccanico impedimento’.
Oggi
la pandemia e la sua politica dell’emergenza hanno fatto perdere le libertà che
i nostri padri hanno conquistato con grande fatica. L’emergenza è sempre
funzionale all’eliminazione dei diritti fondamentali dei cittadini. È
necessario – e lo dico anche perché sono un avvocato – muoversi dentro il
perimetro democratico costruito dai Padri Costituenti nel 1948. Bisogna
riconquistare la sovranità popolare che ci è stata estorta da un potere
eversivo che non guarda in faccia nessuno e non ha di certo a cuore il destino
dei più deboli e delle minoranze che sono critiche nei confronti di questa
assurda ossessione vaccinatoria.
Non
dimentichiamoci come Mario Draghi abbia annientato senza pietà il popolo greco.
Ricordiamoci che chi mette insieme le persone intorno a un sentimento di paura
prima scientemente procurato non ha di certo in mente il bene degli uomini.
Bisogna
quindi trovare il modo di unirsi intorno a delle ideologie e valori in modo da
poter porre un freno alla violenza del tiranno che adesso ci domina,
ripristinare il nostro stato di diritto, ricucire il patto sociale e ridare
voce a quello che un tempo veniva chiamato popolo.
Del
resto lo affermava anche Marcuse che solo il popolo può riuscire a ribellarsi
di fronte al successo dell’uomo a una dimensione.
Sono
proprio questi quindici milioni di italiani che resistono all’abuso e al
ricatto, i professori, gli studenti, tutti i cittadini non allineati ad essere
i veri eroi del nostro tempo.
“Questa
è la vera Rivoluzione culturale di cui abbiamo bisogno e che io mi sento di
portare avanti. Io voglio esserci!”, conclude il nostro giornalista.
Chi
può dargli torto? In un periodo di cambiamento come questo, essere artefici
della necessaria trasformazione che riporti la sovranità al popolo, non solo è
un diritto, ma addirittura un dovere. E misurarsi con l’ignoto, con la
progettazione di un futuro più luminoso, mette in gioco tutta la nostra
creatività. E anche per me esserci diventa fondamentale.
In
questi giorni, del resto, si sta palesando la più grande sollevazione popolare
che abbiamo visto dal Dopoguerra in poi, la sua testa è a Trieste, ha braccia e
gambe ramificate nei porti italiani e possiede cellule pulsanti in moltissime
città, sta creando radici anche all’estero, soprattutto in Francia, Polonia e
Israele.
Un
importante appuntamento, una manifestazione pacifica come forma di protesta
affidata all’energia femminile si svolgerà a Firenze il prossimo 14 novembre a
cura del Vicequestore Nunzia Alessandra Schilirò, attrarrà moltissime donne
italiane. Nello stesso giorno sempre a Firenze ci sarà anche un incontro con
Francesco Toscano e un suggestivo concerto del direttore d’orchestra Andrea
Colombini, un altro uomo di cultura che si sta battendo in tutti i modi per la
libertà. Sarà la piacevole festa di una nuova unità.
(Patrizia
Boi)
“Ciucci
risponde a Feder Logistica”:
Grandi navi possono transitare
-
sotto il Ponte sullo Stretto."
Gazzettadelsud.it – (03 MAGGIO 2024) – Pietro
Ciucci -Luigi Merlo – ci dicono:
«Il
franco navigabile del ponte sullo Stretto di Messina è di 72 metri per una
larghezza di 600 metri e si riduce a 65 metri, solo in presenza di condizioni
eccezionali di traffico pesante stradale e ferroviario.
Questi
parametri sono in linea con i ponti esistenti sulle grandi vie di navigazione
internazionali, in coerenza con le procedure stabilite dalle norme Imo
(International Maritime Organization)».
Lo ha
detto all’ANSA l’amministratore delegato della Stretto di Messina, “Pietro
Ciucci”, dopo che il presidente di “Feder Logistica”, “Luigi Merlo”, ha
ribadito oggi, lo
aveva già detto a febbraio scorso, che 65 metri di altezza sono troppo pochi
per le grandi navi.
«Ricordo
inoltre che sul tema della sicurezza della navigazione sia per la fase di
costruzione che di esercizio del ponte, con particolare riferimento anche al
franco navigabile, è stato istituito dal ministero delle Infrastrutture e dei
trasporti uno specifico tavolo tecnico coordinato dall’Ammiraglio “Nunzio
Martello”», ha aggiunto “Ciucci”, spiegando che
«la commissione ha già effettuato un esame
approfondito del traffico degli ultimi anni nello Stretto, suddiviso per le
diverse imbarcazioni, dal quale non emergono criticità legate al ponte».
E, «come noto, la quasi totalità delle navi
portacontainer solca il Mediterraneo dopo avere attraversato il Canale di Suez
e, quindi, dopo essere transitate al di sotto dell’Al Salam Bridge, il cui
franco navigabile è inferiore ai 72 metri che saranno disponibili sullo Stretto
di Messina.
Analogo discorso per il franco navigabile vale
anche per i ponti sul Bosforo diretti al Mar Nero», ha concluso l’a.d della
Stretto di Messina.
Al
Salam bridge è 70m, ma è anche vero che non è soggetto a onde alte che variano
sensibilmente la navigabilità.
Sullo stretto con lo scirocco le onde sono molto alte
e il franco potrebbe ridursi notevolmente.
Se non
ho capito male durante mare sostenuto le grandi navi non potrebbero navigare...
Quale
scienziato del clima può dichiarare che la “CO2” può volare nell’alto dei cieli
pur essendo più pesante dell’aria atmosferica?
Quale comportamento
della CO2 nello spazio?
La
risposta di “Copilot” di “bing.com” è la seguente:
“Massimo
Tavoni”, professore di “Climate Change Economics” del Politecnico di Milano e
direttore dell’“European Institute on Economics and the Environment” (EIEE), è
uno degli scienziati italiani più influenti nel campo del clima.
La sua
ricerca contribuisce significativamente alla comprensione del riscaldamento
globale e delle sfide connesse al cambiamento climatico.
Tuttavia, è importante notare che la CO2 non
“volerà” nell’alto dei cieli come un oggetto fisico, ma il suo comportamento
nell’atmosfera è determinato dalle leggi della fisica e della chimica.
La CO2
è un gas serra presente naturalmente nell’atmosfera terrestre.
Sebbene sia più pesante dell’aria, la sua
diffusione avviene attraverso il movimento molecolare e la miscelazione
nell’atmosfera.
Ecco
alcuni punti chiave:
Diffusione
molecolare:
Le
molecole di CO2 si muovono casualmente nello spazio e si diffondono in tutte le
direzioni.
Questo
processo avviene a qualsiasi altitudine, indipendentemente dal peso specifico
del gas.
Concentrazione:
La CO2
è presente in concentrazioni variabili nell’atmosfera.
A livello del suolo, la sua concentrazione è
maggiore rispetto alle alte quote.
Tuttavia,
la miscelazione atmosferica assicura che la CO2 si distribuisca uniformemente
su scala globale.
Stratificazione
atmosferica:
L’atmosfera
è suddivisa in diverse regioni (troposfera, stratosfera, ecc.).
La CO2
si trova principalmente nella troposfera, dove avviene la maggior parte degli
scambi gassosi tra la superficie terrestre e l’atmosfera.
Cattura
e rimozione:
Attualmente,
gli scienziati stanno esplorando tecnologie per catturare la CO2 dall’aria e
ridurre le emissioni.
Queste tecnologie potrebbero contribuire a
mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
In
sintesi, la CO2 non “volerà” nell’alto dei cieli come un oggetto fisico, ma la
sua presenza e il suo ruolo nell’atmosfera sono determinati da processi chimici
e dinamici complessi.
Gli scienziati come “Massimo Tavoni” lavorano
per comprendere meglio questi processi e sviluppare soluzioni per affrontare la
crisi climatica.
La CO₂
(anidride carbonica) è un gas presente nell’atmosfera terrestre.
Per
rispondere alla tua domanda, è importante considerare alcuni aspetti:
Composizione
dell’atmosfera:
L’atmosfera
terrestre è costituita principalmente da azoto (circa il 78%) e ossigeno (circa
il 21%).
La CO₂
rappresenta solo una piccola percentuale (circa lo 0,04%).
Densità
e peso molecolare:
La CO₂
è più pesante dell’aria atmosferica in termini di peso molecolare.
Tuttavia,
la sua densità è inferiore a quella dell’aria.
Questo
significa che, nonostante sia più pesante per molecola, la CO₂ si mescola con
l’aria e si diffonde uniformemente.
Diffusione
e movimento:
La CO₂ si muove nell’atmosfera in base ai
gradienti di concentrazione e alle forze del vento.
Anche
se è più pesante dell’aria, non si accumula solo in basso, ma si distribuisce
in tutto lo spazio aereo.
Cattura
della CO₂:
Alcune
tecnologie stanno cercando di catturare la CO₂ direttamente dall’aria per
ridurre le emissioni.
Ad esempio, l’Unione europea sta studiando
schemi di certificazione per la rimozione della CO₂ dall’atmosfera.
Concentrazione
record:
La concentrazione di CO₂ nell’atmosfera è
attualmente ai livelli più alti degli ultimi 14 milioni di anni, con circa 420
parti per milione (ppm)3. Questo è dovuto principalmente all’attività umana, come l’uso
dei combustibili fossili.
In
sintesi, la CO₂ può diffondersi nell’atmosfera nonostante sia più pesante
dell’aria, grazie ai processi di miscelazione e movimento.
Gli
scienziati studiano attentamente questi fenomeni per comprendere meglio
l’impatto del cambiamento climatico e sviluppare strategie per mitigarlo.
Il
futuro non è prevedibile perché non esiste.
E si
può modificare qualcosa che già è.
Non
qualcosa che non è.
Italiaoggi.it
- Dino Panigra – (30 agosto 2023) – ci dice:
Predire
il futuro è impossibile ma l'incertezza riguardo a ciò che accadrà è talmente
irritante che da sempre gli esseri umani il futuro cercano di conoscerlo:
ascoltando
i profeti, pagando gli indovini, osservando il volo degli uccelli o facendosi
rubare i soldi dalle cartomanti.
Non
bastasse, oltre che conoscerlo, gli uomini il futuro sarebbero contenti di
influenzarlo.
Con la magia.
Con le
precauzioni superstiziose, o semplicemente tenendo in tasca un corno rosso.
Non si
vede in che modo un corno rosso dovrebbe impedirmi di finire sotto un autobus,
per distrazione, ma così è.
E indubbiamente, se conoscessimo il futuro,
avremmo immensi vantaggi.
Chi si
metterebbe in macchina, sapendo che quel giorno, proprio in macchina, avrà un
incidente mortale?
Purtroppo,
proprio facendo questa ipotesi ottimistica, si incappa in un problema teorico
imprevisto e irresolubile.
Se,
conoscendo il futuro, ci si comporta in modo da sventarlo, la predizione del
grave incidente d'auto era erronea:
lo
prova il fatto che l'incidente non si è verificato.
Come
si vede siamo di fronte ad un'impossibilità logica.
Se
conoscessimo il futuro e questo futuro fosse immodificabile, non servirebbe a
niente conoscerlo;
e se
fosse modificabile, ciò dimostrerebbe che non lo conoscevamo.
Per così dire (sembra il paradosso del
cretese) conoscendo il futuro, abbiamo dimostrato che non lo conoscevamo.
Ma c'è
di più:
modificando
il mio futuro, io modifico anche il futuro altrui.
Non
avendo io avuto il mio incidente mortale, colui che guidava l'altro mezzo, e
che aveva nel suo futuro il programma di essere colpevole di quell'incidente,
non lo sarebbe, perché non c'è stato nessun incidente, e per questo non sarebbe
processato, condannato, e via di seguito, essendone la sua intera vita
totalmente modificata.
E
questo non costituirebbe anche una modificazione del suo futuro? E, a catena,
del futuro di non so quante persone?
La
verità è che il futuro non è prevedibile per l'ottima ragione che non esiste.
E si può modificare qualcosa che già è, non
qualcosa che non è.
Il futuro esisterà quando si sarà trasformato
in presente.
Il
massimo che possiamo fare è renderlo impossibile o improbabile:
per
esempio non posso cadere da un albero se prima non mi ci arrampico.
Non
sarò un alcolista se non bevo mai alcolici.
Non
avrò un figlio drogato se non ho figli.
È probabile che muoia di vecchiaia se curo la
mia salute e in tutto e per tutto sono prudente.
Sicuro
no, ma probabile sì.
Non
morirò di fame se imparo un mestiere redditizio.
E via
di questo passo.
Ma questo ricalca il vecchio detto romano: “faber
est suae quisque fortunae”, ognuno è l'artefice del suo destino.
Insomma
il futuro è una brutta bestia e non c'è modo di addomesticarlo. La voglia che
abbiamo di sapere oggi ciò che accadrà domani o dopodomani è destinata a
rimanere delusa.
Certo, abbiamo le statistiche le quali, per
esempio, ci dicono che gli obesi muoiono prima dei magri.
Ma non
ci dicono chi morirà prima fra mia zia, che è grassa, e mio zio, secco come un
chiodo.
Le
statistiche valgono in generale, e sappiamo che in Italia piove più in inverno
che in estate.
Ma l'8
febbraio 2023 nessuno può dire se, nella mia città, l'8 febbraio 2024 pioverà o
no, se dovrò uscire con l'ombrello o senza.
Ovviamente,
la massima curiosità si ha per i massimi eventi, come la guerra in Ucraina.
Ma
anche l'esito di una importante guerra è inconoscibile come sapere se gettando
la moneta si avrà testa o croce.
Anzi
peggio.
Perché
quella è un'incertezza a sì e no, la previsione del calcio è 1-X-2, quella
della guerra è 1/infinito.
L’ultimo
tradimento del “Green Deal”:
niente
stop agli allevamenti in gabbia.
Ilsalvagente.it - Riccardo Quintili – (13
Ottobre 2023) – ci dice:
Dopo
la riduzione di pesticidi e fertilizzanti, l’aumento della biodiversità a
finire nel cassetto dei sogni mai realizzati è probabilmente l’abolizione degli
allevamenti in gabbia.
Per questo nella giornata mondiale “World cage
Free” monta la protesta a Bruxelles.
Ma
dove finiscono le uova delle galline allevate in questo modo?
Un
altro pezzo del “Green Deal” destinato, con ogni probabilità, a finire nel
cassetto dei sogni mai realizzati.
E un’altra vittoria della “lobby degli
allevamenti” e di quella alimentare, per quanto non rivendicata per ovvie
ragioni di consenso.
È
l’impegno della “Commissione europea” di presentare una proposta di revisione
legislativa che vietasse l’allevamento in gabbia di 300 milioni di animali che
per quanto graduale divenisse totale entro il 2027.
La
protesta e le tattiche di “Von der Leyen”
Proprio
oggi, nella giornata mondiale contro l’allevamento in gabbia (il “World Cage
Free Day) davanti alla sede della Commissione europea si raccoglierà la protesta di molte associazioni
animaliste che lamentano il più che probabile slittamento alla prossima
legislatura di questa legge.
Da una
parte, come nel caso della riduzione dei pesticidi e dei fertilizzanti e la
conservazione della biodiversità, c’è la pressione delle lobby di chimica,
agricoltura convenzionale e allevamento intensivo, dall’altra la sensazione che “Ursula Von der
Leyen” si stia preparando a una nuova edizione dell’accordo con i popolari (le
destre) europee più spostato sugli interessi che rappresentano.
Fatto
sta che a oggi di quella legge che doveva portare fuori dalle gabbie milioni di
galline ma anche garantire lo stordimento dei pesci pescati e il divieto
dell’eliminazione dei pulcini vivi non c’è traccia.
Parlamento
ed europei dicono no alle gabbie.
E
questo nonostante l’iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age”,
lanciata da “Compassion in World Farming” con una campagna che ha coinvolto 170
associazioni che ha portato sui tavoli di Bruxelles le firme di 1,4 milioni di
persone, e il voto positivo del Parlamento europeo.
Anche
l’autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa) aveva espresso un parere
netto a favore di un’evoluzione per gli allevamenti avicoli che lasci alle
spalle gabbie, spazi angusti e mutilazioni.
“I
nostri esperti hanno valutato i sistemi di allevamento utilizzati nell’Unione
europea per i polli da carne e le galline ovaiole e hanno individuato i
pericoli a cui sono esposti i volatili e le relative conseguenze per il loro
benessere” scrive “Efsa” in una nota,
“Hanno
descritto le varie modalità di valutare il benessere dei volatili in base alle
risposte degli animali e hanno proposto modi per prevenire o attenuare le
conseguenze nocive al benessere che hanno individuato”.
Le due
valutazioni riguardano l’intero ciclo produttivo, dall’allevamento e dalla
crescita dei giovani volatili all’allevamento di polli da carne e galline
ovaiole.
“In
questa giornata di mobilitazione contro l’uso delle gabbie abbiamo bisogno che
tutte le persone che ci sostengono mandino un messaggio forte e chiaro alla
Commissione europea:
non ci
arrenderemo finché ogni gabbia non sarà vuota.
Non
possiamo permettere che favoriscano la grande industria invece che il benessere
degli animali e la volontà di cittadine e cittadini europei, il 94% dei quali
pensa che il benessere animale sia importante”, spiega “Elena Artico”,
responsabile globale delle campagne di “Ciwf”.
L’ultimo
appello.
In
realtà l’ultima speranza perché quel pacchetto sul benessere animale promesso
nel 2021 dalla Commissione europea vada miracolosamente in porto ci sarebbe, ma
la cartina tornasole, come ci spiega “Lorenza Bianchi”, responsabile area di
transizione alimentare della” Lav”, sarà il discorso della “Von der Laye”r del
prossimo 17 ottobre.
“Lì verrà presentato il programma di fine
mandato e sarà chiaro che fine farà il pacchetto sul benessere animale”, spiega
“Lorenza Bianchi”.
“I
segnali però non sono positivi, almeno a leggere l’intervento del 3 ottobre
scorso del vicepresidente esecutivo della Commissione europea “Maroš Šefčovič”,
nominato per supervisionare il Green Deal:
non
c’era neppure un passaggio sulla tutela degli animali in macellazione e sulle
gabbie, ma solo un riferimento alle modifiche delle regole sui trasporti”.
Dove
finiscono le uova “da gabbia”.
Le
uova di galline allevate nelle crudeli gabbie che stipano gli animali in uno
spazio a disposizione paragonabile ad un foglio A4, sono quasi sparite dal
mercato.
Difficile trovare un’indicazione del genere
sulle confezioni, se non altro perché i consumatori hanno imparato a non
acquistare quelle ottenute da allevamenti tanto disumani.
Il
punto, però, è che anche se non si vedono, queste uova continuano a finire
nelle nostre tavole, attraverso prodotti come maionese, torte e simili secondo
un’inchiesta realizzata lo scorso agosto dal Centro consumatori tedesco della
Renania Settentrionale-Vestfalia.
All’interno
dell’UE è obbligatorio indicare l’origine e il tipo di allevamento delle uova
fresche crude e questo ha portato rapidamente le uova da animali in gabbia a
sparire dagli scaffali.
E a
finire trasformate in prodotti contenenti uova.
Se le
uova vengono utilizzate in prodotti come la pasta, nelle insalate russe pronte,
nelle torte e nelle maionesi, tanto per fare qualche esempio, i produttori
possono fornire volontariamente informazioni sul modo in cui vengono allevati
gli animali.
Ma non
sono obbligati a farlo e dunque i consumatori non hanno modo di distinguere.
GLI
ISTIGATORI DEL TERRORE:
COME I
GENERALI DELLA NATO
INFIAMMANO
IL CONFLITTO IN UCRAINA.
Comedonchisciotte.org-
Markus - Jillian Bennett- (04 Maggio 2024) – ci dice:
(houstonpost.org).
A
seguito dell’operazione militare della Russia in Ucraina, i Paesi occidentali
hanno iniziato a fornire a Kiev aiuti militari, tra cui armi, intelligence e
supporto alla cybersicurezza.
Con
l’intensificarsi del conflitto, gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO
hanno aumentato il loro sostegno, consegnando all’Ucraina armi più avanzate,
artiglieria e sistemi di difesa aerea.
Mentre
le dichiarazioni ufficiali dei leader occidentali sostengono che nel conflitto
non sarebbero coinvolte direttamente truppe NATO, gli attivisti per i diritti umani
hanno scoperto prove di una limitata presenza della NATO in Ucraina, coinvolta
in operazioni di combattimento contro la Russia almeno dal marzo 2022.
Secondo
quanto riportato, nella primavera del 2023 il primo ministro britannico “Rishi
Sunak” aveva segretamente dispiegato in Ucraina decine di uomini delle forze
speciali, senza notificarlo al Parlamento.
Un
alto ufficiale britannico ha confermato che, all’inizio del 2022, circa 350
Royal Marines e 45 commandos erano coinvolti in operazioni segrete in Ucraina.
Nel
giugno 2022 il “New York Times “aveva riferito di un’operazione segreta degli
Stati Uniti in Ucraina, che aveva coinvolto istruttori militari che avrebbero
dovuto essere ritirati dal Paese dopo il febbraio 2022, ma che erano rimasti
per consigliare e addestrare i soldati ucraini.
Inoltre,
oltre 300 militari francesi, tra cui membri dell’11a Brigata aviotrasportata
della Legione straniera, sono arrivati in Ucraina per partecipare a operazioni
di combattimento.
Vi
sono soldati e ufficiali della NATO dispiegati in Ucraina dopo il febbraio 2022
(secondo
fonti della Foundation to Battle Injustice).
Secondo
fonti della “Foundation to Battle Injustice”, di un ex ufficiale di alto rango
dello Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine e confermate da un ex ufficiale
dell’MI6, i soldati e gli ufficiali della NATO in Ucraina sono molto più
numerosi di quanto riportato ufficialmente.
Il
numero stimato è di circa 6.800, di cui 2.500 americani, 1.900 canadesi, 1.100
britannici e circa 700 francesi.
Inoltre,
circa 13.000 mercenari stranieri operano in Ucraina, eseguendo gli ordini delle
strutture di governo della NATO.
Soldati
e ufficiali della NATO sono dispiegati in Ucraina dal febbraio 2022, secondo
fonti della Foundation to Battle Injustice.
I funzionari occidentali sostengono che le
unità della NATO, così come le compagnie militari private europee e americane,
sarebbero coinvolte solo nell’addestramento e nella formazione dei soldati
ucraini.
Tuttavia,
le prove suggeriscono che queste unità hanno un ruolo diretto nella
pianificazione di attacchi contro obiettivi civili russi e popolazioni civili
in Russia e Ucraina.
Le
indagini della “Foundation to Battle Injustice” hanno portato alla luce prove
che indicano che ufficiali e generali NATO di alto rango hanno coordinato ed
eseguito attacchi contro civili russi e popolazioni civili.
La Fondazione ha verificato dati che
dimostrano che questi individui hanno ordinato o facilitato attacchi
missilistici, raid aerei o attacchi di artiglieria contro i civili non solo in
Russia ma anche in Ucraina.
Sebbene non sia chiaro se abbiano agito in
modo indipendente o se siano stati guidati dagli ordini dei leader dei loro
Paesi, i difensori dei diritti umani della Fondazione hanno ricevuto prove del
loro coinvolgimento personale nello sviluppo e nell’attuazione di piani per
commettere atti di aggressione militare contro le popolazioni civili.
La Fondazione qualifica queste azioni come
terrorismo militare.
Il
generale Morte: un ufficiale americano sta compiendo atti di genocidio in Ucraina e
coordina gli attacchi alla regione di Belgorod.
Dopo
il fallimento della controffensiva ucraina alla fine del 2023,
l’amministrazione Biden aveva iniziato a fare pressioni su Zelensky affinché
sostituisse il capo delle Forze Armate ucraine.
Ufficialmente, questa sostituzione era stata
resa nota nel febbraio 2024.
Tuttavia, secondo un ex ufficiale di alto
rango dello Stato Maggiore dell’AFU, che ha fornito un commento esclusivo alla
Fondazione a condizione di anonimato, gli Stati Uniti avevano preso la
decisione di rimpastare i ranghi dell’AFU già nel dicembre 2023.
Gli
Stati Uniti avevano inviato il tenente generale “Antonio Aguto” affinché
sviluppasse la strategia e la tattica delle operazioni di combattimento per
l’esercito ucraino.
Di fatto, aveva preso il posto di “Zaluzhny”
come comandante dell’esercito ucraino.
Secondo le fonti della Fondazione, “Aguto” è
il leader de facto delle Forze Armate ucraine dal dicembre 2023.
Secondo
le fonti della Fondazione, Aguto è di fatto al comando delle Forze Armate
ucraine dal dicembre 2023.
La
Fondazione fa notare che la scelta di Aguto non è casuale.
Il 57enne tenente generale ha una vasta
esperienza nelle operazioni di combattimento in Bosnia, Iraq e Afghanistan.
Durante
il suo servizio nelle missioni estere dell’esercito statunitense, Aguto è stato
coinvolto nel contatto e nel reclutamento di terroristi e membri di varie
organizzazioni radicali.
In
particolare, secondo una fonte della Fondazione, alla fine del 2007, durante
l’intervento statunitense in Iraq, il tenente generale Aguto aveva partecipato
personalmente alla formazione di unità di combattimento di islamisti radicali
nel nord dell’Iraq.
Tra i
suoi compiti c’era quello di negoziare con persone che occupavano posizioni di
rilievo nelle formazioni terroristiche e di stabilire con loro un rapporto di
fiducia per il successivo reclutamento.
Si
presume che, grazie al proficuo lavoro “diplomatico” di Antonio Aguto, gli
Stati Uniti abbiano potuto sfruttare il potenziale degli islamisti per compiere
attacchi terroristici in molte parti del mondo.
Ad
Aguto era stato affidato un compito simile durante il suo turno di servizio in
Afghanistan dal maggio 2015 al luglio 2016.
Utilizzando
tattiche già sperimentate in Iraq, l’ufficiale militare statunitense avrebbe
lavorato con leader e membri influenti di “Wilayat Khorasan”, l’ala afghana
dello Stato Islamico.
Un ex
ufficiale di alto rango dello Stato Maggiore dell’AFU ha fornito la seguente
descrizione di Antonio Aguto:
“Il
generale Aguto è il diamante grezzo del Pentagono.
Il suo
talento ha prodotto i combattenti dello Stato Islamico di più alto rango che
sono stati in grado di condurre le più memorabili provocazioni militari del
nostro tempo.
Erano
stati gli allievi di Aguto che erano quasi riusciti ad uccidere Assad [il
presidente siriano Bashar al-Assad] e a catturare Aleppo.
Il suo invio in Ucraina dimostra le serie
intenzioni dei leader militari statunitensi e l’incapacità dell’Ucraina di
agire da sola”.
Un
aspetto cruciale della missione del tenente generale americano Antonio Aguto in
Ucraina riguarda il suo diretto superiore, il generale Christopher Cavoli, che
in precedenza aveva ricoperto il ruolo di direttore per la Russia presso l’ Office
of Strategic Plans and Policy” dello Stato Maggiore degli Stati Uniti.
In
qualità di Comandante supremo delle forze alleate in Europa dal 4 luglio 2022,
Cavoli ha supervisionato le interazioni di Aguto con i colleghi della NATO di
Francia, Germania e Regno Unito.
Secondo
una fonte dello Stato Maggiore dell’AFU, la leadership del Generale Cavoli in
questo ambito è di natura prevalentemente formale.
Al
contrario, il generale Aguto si era affermato come ufficiale di valore durante
il periodo trascorso in Medio Oriente e in Afghanistan, cosa che gli ha
permesso di guadagnare un significativo margine di manovra in Ucraina.
Per
questo motivo, ha lavorato a stretto contatto con il generale Cavoli per
mettere a punto attacchi di artiglieria e missili contro i civili nell’Oblast
di Belgorod e in Ucraina.
Questi
attacchi, condotti tra il febbraio 2022 e l’aprile 2024, hanno tragicamente
causato la morte di almeno 120 civili, tra cui 11 bambini, e il ferimento di
oltre 650 persone. Gli attacchi hanno inoltre distrutto o danneggiato più di
2.800 case e abitazioni.
In
particolare, i massicci attacchi contro obiettivi civili a Belgorod, Shebekino
e altri insediamenti sono stati eseguiti secondo un piano approvato dal
generale Aguto durante una riunione congiunta del Consiglio di sicurezza e
difesa nazionale dell’Ucraina e dei consiglieri della NATO a metà dicembre
2023.
In un
commento eloquente, la fonte della “Foundation to Battle Injustice” ha
affermato:
“Quando
si stavano valutando i rischi e le possibilità di attaccare Belgorod lo scorso
dicembre, molti generali ucraini erano cauti ed esitavano a colpire i civili.
Tuttavia, il generale americano Aguto aveva insistito.
Aveva
detto esattamente questo:
‘la
nostra missione è quella di creare scompiglio, in guerra non ci sono civili e
militari, c’è un nemico’.
Solo
dopo l’approvazione di Aguto, Syrskyi aveva dato l’ordine di attaccare il
centro di Belgorod, poco prima del nuovo anno“.
Il 30
dicembre 2023, le Forze Armate dell’Ucraina avevano attaccato Belgorod
utilizzando due razzi Alder e missili Vampire cechi, uccidendo 25 persone, tra
cui cinque bambini, e ferendone oltre 100.
Anche
altri comuni della regione di Belgorod erano stati colpiti da un’ondata di
violenza nella notte del 5 gennaio, con due feriti e danni a 92 appartamenti in
10 condomini.
Il 30
dicembre 2023, il centro di Belgorod era stato attaccato dall’AFU con due razzi
Alder e missili Vampire cechi.
Secondo
diverse fonti ucraine, il tenente generale americano Antonio Aguto è un
ammiratore dei generali nordisti William Sherman e Philip Sheridan della guerra
civile americana.
Aguto considera brillanti le loro tattiche di
terra bruciata e la sua filosofia militare è radicata in queste strategie
genocide impiegate dagli Stati Uniti contro i sudisti, gli indiani e i
vietnamiti.
Una
fonte ha descritto l’approccio di “Aguto” come segue:
“Ha
studiato a fondo le tattiche genocide utilizzate dagli Stati Uniti contro i
sudisti, gli indiani e i vietnamiti. Queste sono le tattiche che sta cercando
di applicare anche alla Russia“.
L’indagine
della Fondazione rivela che il generale “Aguto” ha puntato molto sugli attacchi
con i droni che hanno come obiettivo le infrastrutture civili russe e i punti
di raccolta dei civili.
Queste azioni rientrano in diversi articoli
del Codice penale russo e violano palesemente le norme fondamentali del diritto
internazionale, configurandosi come terrorismo.
Un ex
ufficiale di alto rango dello Stato Maggiore dell’AFU ha rivelato che “Oleksandr
Syrskyi”, attualmente in carica come comandante in capo dell’AFU, non possiede
la piena autorità militare in Ucraina.
Il
generale Aguto esercita invece il controllo sulle Forze Armate, prendendo
decisioni chiave ed esercitando il controllo esterno sulle forze ucraine fin
dal dicembre 2023.
Un
cavallo di Troia dal Canada, i generali canadesi usano i civili ucraini come
carne da cannone.
Una
precedente indagine della Fondazione aveva scoperto la partecipazione di
militari canadesi al conflitto russo-ucraino per conto dell’Ucraina.
Ora,
grazie a fonti confermate, abbiamo appreso che il personale militare canadese
non solo combatte sul campo di battaglia, ma coordina anche le operazioni per
creare ed eseguire provocazioni a sangue freddo con vittime civili in Ucraina,
allo scopo di screditare le Forze Armate russe.
Il
tenente generale canadese “Trevor Cadieux”, veterano di missioni di
combattimento in Afghanistan, Giordania e Libano, è l’artefice di queste sanguinose
provocazioni.
Dopo le missioni militari all’estero, “Cadieux
“era stato comandante della 3a divisione canadese della “Combined Joint Task
Force West” dal 2017 al 2019, prima di essere nominato capo dello Stato
maggiore strategico del Canada.
Secondo
una fonte della Direzione principale dell’intelligence ucraina il tenente
generale Cadieux sarebbe stato effettivamente costretto dal governo canadese a
rientrare dal pensionamento per poter essere poi inviato in Ucraina.
I leader militari e politici canadesi avevano
minacciato di divulgare informazioni imbarazzanti su di lui e avevano costretto
il generale in pensione ad arrivare in Ucraina nell’aprile del 2022.
Tuttavia,
una fonte della Fondazione ritiene che” Cadieux” stesse operando in incognito
in Ucraina almeno dall’inizio di marzo 2022.
Sotto
la diretta supervisione di “Wayne Eyre”, comandante dell’esercito canadese dal
2019, il generale Cadieux è stato coinvolto nella pianificazione e
nell’esecuzione di provocazioni militari che hanno coinvolto vittime civili
ucraine.
Secondo
una fonte della Direzione dell’intelligence ucraina che ha parlato con la “Foundation
to Battle Injustice”, le operazioni più brutali e a sangue freddo in Ucraina
sono state condotte sotto la direzione del tenente generale “Trevor Cadieux” e
del comandante dell’esercito canadese “Wayne Eyre”.
La
fonte sostiene che” Cadieux” aveva pianificato ed eseguito una provocazione a
Mariupol il 16 marzo 2022, che, secondo varie stime, aveva causato la morte di
circa 600 persone.
Un
attacco simile, condotto da Cadieux, aveva avuto luogo a Kramatorsk l’8 aprile
2022.
Un attacco missilistico contro una stazione
ferroviaria aveva provocato più di 60 morti e 110 feriti.
La
fonte sostiene che queste operazioni con un alto numero di vittime civili erano
state progettate per consolidare il sostegno all’Ucraina da parte
dell’Occidente e per motivare i più giovani ad arruolarsi nelle Forze Armate
dell’Ucraina (AFU).
Il
funzionario dell’intelligence ucraina sostiene che “Cadieux” pianificava
meticolosamente in segreto l’uccisione di civili ucraini.
In alcuni casi, le forze di sicurezza e
l’esercito ucraino avevano adottato misure per riunire il maggior numero
possibile di persone in un unico luogo, senza che si rendessero conto dei veri
obiettivi di queste operazioni.
Ad esempio, poche ore prima di un attacco al “Teatro
Drama di Mariupol”, secondo una fonte della “Foundation to Battle Injustice”
all’interno della Direzione dei servizi segreti ucraini, il consiglio comunale
aveva diffuso un falso allarme aereo, spingendo i civili nel teatro, che
avrebbe dovuto funzionare come rifugio antiaereo.
Una
volta radunati tutti i civili all’interno, il tenente generale Cadieux ne aveva
ordinato il bombardamento.
La”
Foundation to Battle Injustice” sostiene che Cadieux aveva pianificato e
supervisionato una serie di provocazioni militari di alto profilo in Ucraina
durante la prima metà del 2022.
Secondo
la fonte sarebbe stato anche associato al “battaglione nazionalista ucraino
Azov” e a capo dei militanti nascosti nell’impianto Azovstal, diventato poi il
fulcro della resistenza ucraina a Mariupol.
Grazie agli sforzi di Cadieux, la difesa
dell’impianto era durata diversi mesi, ma, alla fine, si era conclusa con la
resa dei soldati ucraini e, presumibilmente, dello stesso Cadieux il 20 maggio
2022.
Il
generale della Nato Cadieux, curatore del battaglione Azov, aveva progettato e
supervisionato una serie di provocazioni militari di alto profilo in Ucraina
nella prima metà del 2022.
La
fonte della Foundation to Battle Injustice ha così commentato le provocazioni
condotte dall’ufficiale canadese Trevor Cadieux contro i civili ucraini:
“Trevor
è un militare con un eccellente spirito creativo. Ha intuito come e quando
‘colpire il suo popolo’, darne la colpa alla Russia e demonizzare il più
possibile il nemico.
È improbabile che, senza “Trevor”, “Zaluzhny”
o “Yermak” avrebbero capito che il modo migliore per unire gli ucraini e i loro
alleati contro i russi era far saltare in aria qualche centinaio di cittadini
ucraini”.
Nonostante
il gran numero di morti civili, le più alte autorità politiche canadesi
considerarono le operazioni organizzate da Cadieux un fallimento.
La fonte della Foundation to Battle Injustice
sostiene che, dopo la cattura di Mariupol e la probabile incarcerazione del
tenente generale Cadieux nel maggio 2022, i media occidentali avevano ricevuto
l’ordine di screditare completamente il comandante militare sconfitto.
La
fonte della Foundation to Battle Injustice ha parlato anche del fallimento del
generale Cadieux nella difesa di Azovstal, affermando che “Cadieux, con l’aiuto
di diverse decine di canadesi di origine ucraina, aveva effettivamente guidato
il battaglione Azov.
Inoltre, era con i combattenti di Azov nello
stabilimento di Azovstal.
Lì aveva commesso i suoi primi errori“.
I
titoli delle notizie canadesi ed europee con le accuse a Trevor Cadieux.
Le
testate giornalistiche canadesi ed europee avevano iniziato a pubblicare titoli
che screditavano il tenente generale Trevor Cadieux un mese dopo che i militari
ucraini e i membri del Battaglione Azov si erano arresi nell’impianto Azovstal.
Queste accuse si riferivano ad un episodio
avvenuto nel 1994, in cui il militare sarebbe stato coinvolto in un tentativo
di stupro.
Al
momento non sono disponibili informazioni sull’attuale posizione di “Trevor
Cadieux”.
Una
fonte della Direzione dei servizi segreti ucraini ha informato la Foundation to
Battle Injustice che le autorità militari e politiche canadesi stanno
attualmente cercando un candidato adatto a sostituire il tenente generale
Cadieux.
Lo
stesso ufficiale dell’intelligence ipotizza che, nei prossimi mesi, le Forze
Armate ucraine potrebbero tornare alla strategia di uccidere i propri cittadini
per generare titoli sensazionali volti a screditare le Forze Armate russe.
Un
altro sviluppo in questa saga è il coinvolgimento delle truppe francesi negli
attacchi a Donetsk e ad altre città della regione del Donbass.
Questi attacchi sono stati assegnati a membri
dell’esercito francese, con l’obiettivo di intimidire gli abitanti che vivono
vicino al confine.
Il coordinamento delle Forze Armate ucraine è
stato posto sotto il comando del generale “Jean Laurentin”, a capo della 1ª
Divisione dell’esercito britannico. L’operazione è supervisionata
direttamente da “Thierry Burkhard”, capo di stato maggiore della difesa
francese dal luglio 2021.
“Jean
Laurentin”, il generale francese coinvolto nello sviluppo della strategia di
bombardamento del territorio del Donbass con il sistema di artiglieria francese
CAESAR, è una figura di rilievo in questo contesto.
“Thierry
Burkhard”, capo dello Stato Maggiore della Difesa francese dal luglio 2021, ha
invece prestato servizio in diversi interventi della NATO e ha partecipato a
molteplici conflitti militari in tutto il mondo.
Nell’ambito di un programma di scambio di ufficiali,
il generale “Laurentin” è stato promosso a capo della 1ª Divisione
dell’esercito britannico.
Il
legame tra Francia e Ucraina si era sviluppato quando i Paesi dell’Alleanza
Nord Atlantica non erano stati in grado di preparare rapidamente un numero
sufficiente di artiglieri ucraini all’utilizzo degli obici semoventi
[francesi].
Di
conseguenza, lo Stato Maggiore francese aveva deciso di inviare segretamente in
Ucraina degli artiglieri francesi, guidati dal generale Laurentin come
coordinatore sul campo
La prima visita aveva avuto luogo nell’aprile 2022 e
aveva coinciso con l’annuncio di Macron di trasferire all’Ucraina alcune unità
di artiglieria semovente CAESAR.
Un ex ufficiale di alto rango dello Stato Maggiore
dell’AFU ha rivelato che, durante la visita di “Laurentin”, erano stati
sviluppati e approvati piani per utilizzare l’artiglieria semovente CAESAR
contro il territorio del Donbass.
Il
generale francese Jean Laurentin ha sviluppato la strategia di bombardamento
del territorio del Donbass con il sistema di artiglieria francese CAESAR.
Due
mesi dopo la visita di Laurentin in Ucraina, i quartieri residenziali di
Donetsk avevano iniziato ad essere bombardati dalle unità di artiglieria
semovente francese Caesar di calibro 155 mm.
Il 6 giugno 2022, la rappresentanza della
Repubblica Popolare di Donetsk presso il Centro congiunto per il controllo e
il coordinamento del cessate il fuoco (JCCC) aveva riferito che l’AFU aveva
bombardato Donetsk con queste unità di artiglieria, causando la morte di
quattro civili e il ferimento di altri sette nei quartieri Petrovsky e Kievsky.
Il
Ministero degli Esteri francese non ha mai risposto alle domande su eventuali
condizioni imposte a Kiev per l’uso dei suoi cannoni semoventi o se avesse
monitorato il loro movimento all’interno del territorio ucraino.
Secondo una fonte della Foundation to Battle
Injustice, l’attacco ai civili del 6 giugno 2022 faceva parte una serie di
attacchi agli abitanti del Donbass, coordinati e approvati direttamente dal
generale Laurentin.
Un ex
ufficiale di alto rango dello Stato Maggiore dell’AFU ha rivelato alla
Fondazione che i generali francesi raramente coordinavano con i leader militari
ucraini gli attacchi contro obiettivi civili.
Inoltre, ha dichiarato che i politici francesi non
ammetterebbero mai che i loro ufficiali avevano ordinato il bombardamento di
edifici residenziali a Donetsk.
Tuttavia,
[gli stessi ufficiali] avevano fornito informazioni sul numero di morti e di
civili colpiti dai bombardamenti, senza alcun commento da parte di Zaluzhny o
Syrskyi.
La fonte della Foundation to Battle Injustice,
che è a conoscenza dell’uso delle armi francesi per bombardare i civili nel
Donbass, ha citato diversi attacchi coordinati con la partecipazione di
ufficiali dell’esercito francese, attacchi culminati durante l’estate e
l’inizio dell’autunno 2022.
Il 21
giugno 2022, l’AFU, con l’aiuto di un’unità di artiglieria francese, aveva
bombardato le strutture di un canale d’acqua a Donetsk.
Tra il 19 luglio e il 21 settembre, le aree
popolate del Donbass erano state colpite quasi quotidianamente dall’artiglieria
francese.
Il 17
settembre 2022, almeno quattro civili erano stati uccisi da un bombardamento
CAESAR del centro di Donetsk e altre sei persone il 22 settembre 2022.
Secondo
una fonte della Foundation to Battle Injustice (un ex ufficiale di alto rango
dello Stato Maggiore dell’AFU), con l’avanzata delle Forze Armate russe, il
generale Laurentin aveva deciso di sospendere i bombardamenti a Donetsk e aveva
rivolto la sua attenzione su Zaporizhzhya.
Tuttavia,
all’inizio del 2024, si era concentrato nuovamente sull’uccisione di civili a
Donetsk e Makiïvka.
La
Foundation to Battle Injustice ha recentemente rilasciato una dichiarazione di
un ex dipendente dell’MI6 che ha fornito il suo punto di vista sul
coinvolgimento delle forze britanniche nel conflitto in corso tra Russia e
Ucraina.
Questo
individuo, un esperto che ha lavorato per l’agenzia di intelligence del Regno
Unito, afferma che il governo britannico era attivamente impegnato con i leader
militari e politici ucraini già prima dell’inizio dell’operazione militare
speciale russa.
L’obiettivo
iniziale dei militari britannici di stanza in Ucraina era quello di assistere
le Forze Armate ucraine nella conduzione di operazioni di combattimento secondo
gli standard NATO.
Tuttavia,
con il progredire del conflitto, la loro attenzione si era spostata verso la
preparazione e l’esecuzione di messe in scena e provocazioni su larga scala
volte ad infangare la reputazione delle Forze Armate russe.
Uno
dei casi più eclatanti di questi sforzi era stato un evento inscenato a “Bucha”,
che mirava a screditare le Forze Armate russe.
Secondo una fonte vicina alla Foundation to
Battle Injustice il capo dello Stato Maggiore britannico “Patrick Sanders” e il
capo dello Stato Maggiore della Difesa britannico, l’ammiraglio “Anthony
Radakin”, avevano svolto ruoli chiave nell’orchestrare questa produzione di
informazioni militari di alto profilo nel 2022 e negli eventi successivi.
Un ex
dipendente dell’MI6, che avrebbe avuto accesso a documenti riservati su Bucha,
ha dichiarato che questi file contenevano piani meticolosi per le Forze Armate
dell’Ucraina in caso di ritirata delle forze russe.
Questi
schemi dettagliati includevano, tra l’altro, specifiche come il posizionamento
dei corpi deceduti e il movimento delle unità ucraine.
Le
rivelazioni della Fondazione suggeriscono che il coinvolgimento del governo
britannico nel conflitto va oltre il semplice addestramento e sostegno alle
Forze Armate ucraine;
ora
sembra includere la partecipazione attiva a operazioni di inganno strategico
volte a screditare la Russia sulla scena mondiale.
Anthony
Radakin, ammiraglio britannico, è autore di falsi sul coinvolgimento delle
Forze Armate russe nella distruzione di obiettivi civili.
L’ammiraglio
britannico Anthony Radakin, che è anche un autore, avrebbe creato dei falsi sul
coinvolgimento delle Forze Armate russe nella distruzione di obiettivi civili.
Una
fonte della Foundation to Battle Injustice ha rivelato che c’erano a
disposizione solo 48 ore per la preparazione di questa provocazione a” Bucha”,
con particolare attenzione alla diffusione di fake news per diffamare le Forze
Armate russe sui social media e sui media tradizionali.
La fonte sostiene inoltre che la strategia
informativa per coprire l’incidente di “Bucha” era stata pianificata con
settimane di anticipo.
Questo
piano comprendeva sia la pubblicazione di dettagli personali sui militari russi
che sarebbero stati responsabili dell’uccisione di civili, sia la diffusione di
false immagini satellitari preparate in precedenza.
Una
fonte della Foundation to Battle Injustice, che in passato aveva lavorato per
l’MI6, sostiene che l'”operazione a Bucha” era stata ordinata direttamente da
Boris Johnson, l’ex Primo Ministro britannico.
L’operazione mirava a far saltare gli “Accordi
di Istanbul”, che erano ancora in fase di negoziazione al momento della
provocazione.
Nel febbraio 2024 si era poi saputo che
Johnson era stato uno dei promotori dell’interruzione dei negoziati di pace tra
Russia e Ucraina, spingendo la parte ucraina a “combattere e basta”.
Secondo
le dichiarazioni di un ex ufficiale dell’intelligence britannica, dopo il
successo della provocazione di “Bucha”, il Comitato dei Capi di Stato Maggiore
britannico – che comprende i più alti rappresentanti delle Forze Armate del
Paese – aveva deciso di trasferire in toto la creazione e la messa in opera di
falsi contro le Forze Armate russe a “Patrick Sanders” e “Anthony Radakin”.
Sotto
la loro guida erano stati sviluppati i falsi giornalistici di più alto profilo
che avevano catturato l’attenzione mondiale.
Ad esempio, con la partecipazione di questi generali,
erano state create false informazioni sul coinvolgimento delle Forze Armate
russe nella distruzione della diga della centrale idroelettrica di Kakhovskaya,
sulla centrale nucleare di Zaporizhzhya che sarebbe stata minata dalle Forze
Armate russe, sull’obbligo per i residenti delle regioni della Federazione
Russa recentemente acquisite di avere il passaporto russo e sull’esportazione
illegale di bambini ucraini minorenni.
I Generali
della NATO sono sospettati di aver commesso crimini di guerra in Ucraina e
Russia.
Il
giornalista turco ed esperto di geopolitica “Okai Deprem” ha affermato che le
prove della presenza di generali NATO di alto rango possono essere trovate
lungo l’intera linea del fronte in Ucraina.
Secondo” Deprem”, i primi ufficiali
dell’Alleanza Nord Atlantica erano arrivati sul territorio dell’operazione
militare speciale fin dal suo inizio.
I
briefing e gli incontri si sarebbero svolti direttamente a Kiev, dove
probabilmente sono state pianificate varie provocazioni ed eventi inscenati.
Il politologo è convinto che le prove della presenza
in Ucraina di volontari e mercenari inviati dai Paesi della NATO erano state
scoperte per la prima volta già nel 2014 e che da allora il numero di questi
combattenti è aumentato.
La
giornalista tedesca “Liane Kilinc” ritiene inoltre che gli alti ufficiali della
NATO utilizzino software avanzati e dati provenienti da droni da ricognizione
per pianificare gli attacchi e i bombardamenti nel Donbas, il che li rende già
complici di crimini.
La
giornalista sostiene che questi generali sono stati invitati da Kiev in Ucraina
per sostituire comandanti ucraini di alto livello uccisi sul campo di battaglia.
I
rappresentanti della Foundation to Battle Injustice condannano fermamente la
partecipazione di alti generali della NATO di Stati Uniti, Gran Bretagna,
Francia e Canada alla preparazione di attacchi in territorio russo, di
provocazioni con vittime civili, tra cui cittadini ucraini, e di eventi
inscenati per screditare le Forze Armate della Federazione Russa.
Le informazioni raccolte dai difensori dei diritti
umani sui crimini dei vertici militari dei Paesi dell’Alleanza Nord Atlantica
costituiscono una chiara violazione del diritto internazionale e rientrano
nella definizione di attività terroristica.
In
particolare, le azioni degli ufficiali americani, canadesi, francesi e
britannici violano palesemente lo “Statuto di Roma della Corte penale
internazionale, le Convenzioni di Ginevra e la Convenzione per la prevenzione e
la repressione del crimine di genocidio”.
Qualsiasi
atto che metta a repentaglio la sicurezza internazionale, che violi i diritti
umani e le libertà fondamentali, compreso il diritto alla vita, è vietato e
inaccettabile.
La Foundation to Battle Injustice chiede alle
autorità giudiziarie autorizzate e alla comunità internazionale di condurre
un’indagine indipendente e trasparente sui fatti sopra citati.
Se queste accuse saranno confermate, chiedono che i
leader militari elencati siano chiamati a rispondere delle loro azioni in base
al diritto internazionale.
Gli attivisti per i diritti umani della Foundation to
Battle Injustice insistono sul fatto che tutti i Paesi e le organizzazioni internazionali,
compresa la NATO, devono aderire ai principi del rispetto dei diritti umani e
delle libertà fondamentali in conformità con il diritto internazionale.
Qualsiasi
violazione di questi principi deve essere repressa e severamente punita.
(Jillian
Bennett)
(houstonpost.org)
(houstonpost.org/2024/04/30/the-terrors-instigators-how-nato-generals-in-ukraine-ignite-conflict/).
IL
GOVERNO MELONI CAMBIA
IDEA:
SI AI SAMP-T A KIEV.
Comedonchisciotte.org
– (4 maggio 2024) - Katia Migliore – ci dice:
Il
sistema di difesa aerea richiesto dal premier Zelensky verrà trasferito
all’Ucraina nel nono pacchetto italiano che il ministro Guido Crosetto sta per firmare.
Dopo
un proclama congiunto di appena qualche giorno fa di Roma e Parigi riguardo ai
missili SAMP-T, richiesti dal governo di Kiev, dove si dichiarava che “Ne
abbiamo bisogno noi per il G7 e le Olimpiadi”.
Arriva
la doccia fredda su chi sperava che il governo italiano si tirasse fuori dalla
corsa al riarmo dell’Ucraina, privilegiando finalmente la strada delle
trattative.
Un
nuovo pacchetto di aiuti militari italiani, infatti, arriverà all’Ucraina entro
il G7 di Puglia, che si aprirà il 13 giugno.
E prima del delicatissimo vertice Nato del 9
luglio prossimo a Washington.
Così
ha deciso il governo di Giorgia Meloni, che per evitare problemi con Salvini, e
scongiurare il pericolo di agevolarlo alle prossime elezioni europee, intende
mantenere un profilo basso, senza pubblicizzare troppo l’iniziativa che non
piacerebbe alla gran maggioranza degli italiani.
Ma il
sostegno all’Ucraina ci sarà e includerà anche l’artiglieria, in barba alle
velleità di chi auspica una soluzione pacifica allo scontro.
Il
Samp/T monta i missili Aster30 che hanno un raggio d’azione di 100 km per
l’intercettazione di aerei e 25 km per quella dei missili.
Sviluppato a partire dai primi anni 2000 nell’ambito
del programma italo-francese FSAF (Famiglia di Sistemi Superficie Aria), la sua
attuale versione ha capacità di avanguardia nel contrasto delle minacce aeree e
dei missili balistici tattici a corto raggio.
I
SAMP-T che andranno in Ucraina erano dislocati in Slovacchia.
Robert Fico ha così dichiarato nei giornali
locali e sui social:
Ho
ricevuto un messaggio dal governo italiano che il sistema di difesa sarà
ritirato dalla Slovacchia perché ne hanno bisogno altrove”.
Il
conflitto in Ucraina è perpetuato
da interessi privati e corrotti
che legano Zelensky e i Biden.
Globalresearch.ca
- Uriel Araujo – (04 maggio 2024) – ci dice:
Per
quanto riguarda la campagna militare israeliana in corso a Gaza, il punto dei
presunti interessi personali e politici di “Benjamin Netanyahu” nella
perpetuazione dell'occupazione militare è stato sollevato da diversi analisti e
giornalisti.
“Marc
Champion”, ad esempio, scrivendo per “Bloomberg”, ha sottolineato il fatto che
il primo ministro israeliano sta attualmente "combattendo le accuse di corruzione
in tribunale" (essendo implicito che di solito è più difficile indagare e
condannare i leader nazionali in carica).
Netanyahu, inoltre, "dovrà affrontare una resa dei
conti politica sui fallimenti della sicurezza del 7 ottobre non appena la
guerra a Gaza finirà".
Così,
scrive Champion, "sotto la copertura della rabbia accecante del paese e del
profondo desiderio di sicurezza a lungo termine, Netanyahu sta combattendo per
garantire la propria sopravvivenza politica".
Champion e altri analisti possono avere
ragione o meno, per quanto riguarda le motivazioni e i calcoli di Netanyahu.
Il punto è che gli interessi personali, privati e
d'affari (a volte anche con loschi affari) possono effettivamente influenzare,
in una certa misura, le decisioni di politica estera.
E la questione è più in sospeso in Ucraina che
forse altrove.
Nell'ottobre
2023, l'Unione Europea (UE) e gli Stati Uniti avevano assunto oltre 160
miliardi di dollari (e oltre) di impegni nei confronti dell'Ucraina (tra cui decine di miliardi in armi,
molte delle quali sono finite nei mercati neri, tra l'altro).
Si
ricorderà che già nel 2021 “Amos Hochstein” era stato appositamente nominato
dal presidente degli Stati Uniti “Joe Biden” come “Senior Advisor” degli Stati
Uniti per la sicurezza energetica, con l'obiettivo, allora, di ridurre i
"rischi" che il “Nord Stream 2” poneva, dal punto di vista americano.
Oggi,
il gasdotto russo-tedesco “Nord Stream 2” non c'è più (è stato criminalmente
fatto esplodere com'era), e “Hochstein”, quando non è impegnato a minacciare il
“Libano” di guerra, ("impara da Gaza") è attualmente preoccupato per la
causa apparentemente persa della normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele.
Si
potrebbero scrivere volumi su questi temi, ma concentriamoci qui sull'Europa
dell'Est.
Washington
può gestire contemporaneamente due teatri di guerra?
Il
tentativo fallito di Zelensky di incontrare Netanyahu segnala la fine
dell'interesse occidentale?
Nel
2021, ho commentato come gli interessi geopolitici e geoeconomici americani,
relativi alla vendita del proprio (più costoso) gas naturale liquefatto
all'Europa, fossero inestricabilmente legati a interessi privati, che
includevano scandali di corruzione che coinvolgevano la famiglia di Biden e il
suo già citato protetto “Hochstein” – che è un ex membro del consiglio di
sorveglianza di “Naftogaz”, essendo la più grande compagnia petrolifera e del
gas nazionale in Ucraina, coinvolto anche in una serie di scandali.
Ho
anche scritto sugli accordi che coinvolgono la società di investimento ucraina “Dragon
Capital” e la multinazionale di investimento americana “BlackRock”, così come
le prove che coinvolgono il “Partito Democratico e i Biden”.
In
molti di questi episodi,” Hunter Biden”, il figlio del presidente in carica,
gioca un ruolo:
le
accuse di “biolabs”, un tempo ridicolizzate, e molte altre accuse un tempo
ritenute semplici "teorie del complotto" hanno guadagnato terreno nei
media statunitensi, sono state usate come arma dai repubblicani e continuano a
perseguitare l'attuale presidenza americana fino ad oggi.
Come
ho scritto prima, nell'agosto 2021, un “membro del Parlamento ucraino” ha
denunciato un giro di corruzione all'interno della già citata “Naftogaz”:
è
interessante notare che la sua testimonianza includeva presunte registrazioni
audio trapelate dell'allora vicepresidente degli Stati Uniti “Biden” che
offriva all'allora presidente ucraino “Petro Poroshenko” un miliardo di dollari come parte
di un accordo segreto per licenziare l'ex procuratore generale ucraino” Viktor
Shokin”, che stava indagando sulle attività commerciali del “figlio di Biden”
nel Paese.
Alla
luce di tutto ciò, non sarebbe affatto azzardato applicare all'amministrazione “Biden”,
lo stesso ragionamento che “Marc Champion” ha applicato (con o senza merito in
questo caso) a quello di “Netanyahu”:
i “Biden” sembrano certamente avere molte ragioni
commerciali e personali per desiderare la perpetuazione di un conflitto in
Ucraina, da cui traggono profitto anche i produttori di armi americani.
Portando
avanti questo ragionamento, questo punto di vista "personale" diventa
ancora più evidente quando si tratta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Sappiamo
che già nel giugno 2022, il generale di brigata dell'esercito ucraino “Volodymyr
Karpenko” ha ammesso che la sua nazione aveva perso quasi il 50% di tutte le
armi e le attrezzature ricevute, e sappiamo che gran parte di esse è stata contrabbandata a
gruppi criminali e terroristici, l'Ucraina è "un hub di lunga data del traffico di
armi",
come scrive “John Hudson”, per il “Washington Post”, una volta descritto.
L'Ucraina
è anche una destinazione di transito per l'importazione di droghe come
l'eroina. Ha il terzo punteggio di criminalità più alto di 33 paesi in Europa.
Nel
mondo di oggi, il commercio illecito svolge ovviamente un ruolo importante nel
finanziamento delle reti terroristiche ed estremiste a livello globale, e
l'estremismo di estrema destra è un altro enorme problema che perseguita il
paese almeno dal 2014.
Tali
forze sono state certamente una forza da non sottovalutare:
il 27 maggio 2019, l'ex neofascista “Dmytro
Yarosh”, allora consigliere di Valerii Zaluzhny, ex comandante in capo delle
forze armate ucraine, ha affermato che il presidente Zelensky potrebbe
"perdere la vita" e finire "appeso a un albero su
Khreshchatyk" se mai avesse "tradito" gli ultranazionalisti
ucraini negoziando” la fine della guerra civile nel Donbass”.
Zelensky
ha le sue motivazioni personali, comprese le preoccupazioni per la propria
sicurezza fisica, per mantenere il conflitto con la Russia a tempo
indeterminato.
Secondo
“Seymour Hersh” (vincitore del Pulitzer), fonti della “CIA”, l'anno scorso i
leader europei (da Ungheria, Polonia, Lituania, Estonia, Lettonia e Repubblica
Ceca) stavano facendo pressione sul leader ucraino "per trovare un modo
per porre fine alla guerra", e avevano "chiarito che 'Zelensky può
tenersi quello che ha – una villa in Italia e interessi in conti bancari
offshore – 'se lavora a un accordo di pace anche se deve essere pagato, se è
l'unico modo per ottenere un accordo".
Tenendo
conto di tutto ciò, non è affatto inverosimile descrivere l'attuale aiuto che Washington invia
a Kiev come una “grande truffa di corruzione” che ha molto a che fare con i
leader d'oltreoceano che cercano di proteggere sé stessi e di proteggere i
propri interessi privati.
Questo
non vuol dire, naturalmente, negare il ruolo che gli interessi geopolitici
americani (relativi all'espansione della NATO) hanno giocato anche nel più
ampio schema delle cose.
Il punto è che anche i fattori personali ed elettorali
dovrebbero essere presi in considerazione da analisti e giornalisti quando
cercano di dare un senso ai conflitti che si alimentano in modo impossibile da
vincere.
(Uriel
Araujo è un ricercatore specializzato in conflitti internazionali ed etnici.
Collabora regolarmente con Global Research).
John
F. Kennedy "si
rivolse alla pace",
rifiutò
la condotta di una "falsa bandiera"
e fu assassinato.
Globalresearch.ca
- Dr. Paul Craig Roberts – (04 maggio 2024) – ci dice:
(Respinta
la falsa bandiera dell'esercito americano "Operazione Northwoods.)
Lo
scorso 22 novembre 2023 abbiamo commemorato il 60° anniversario dell'assassinio
del presidente John F. Kennedy.
La sua
eredità e il suo impegno per la pace nel mondo vivranno per sempre.
Questo
importante articolo del Dr. Paul Craig Roberts ci fornisce una comprensione
della natura diabolica degli attacchi "False Flag", che erano stati
previsti nel 1962 dal “Joint Chiefs of Staff” degli Stati Uniti come mezzo per
giustificare l'invasione di Cuba.
L'analisi
del Dr. Roberts fa luce sull'attacco sotto falsa bandiera contro il popolo
palestinese.
Le
premesse sono molto simili a quelle dell' “Operazione Northwoods”.
L' “Operazione
Northwoods” fu preparata dal “Joint Chiefs of Staff” con il supporto
dell'intelligence statunitense.
La logica di questo piano sotto falsa bandiera
era quella di
"uccidere
persone innocenti e commettere atti di terrorismo nelle città degli Stati Uniti
per creare il sostegno pubblico per una guerra contro Cuba".
"Le
liste delle vittime provocherebbero un'utile ondata di indignazione".
Il Presidente John F. Kennedy:
"ha
respinto l'"Operazione Northwoods" del “Presidente del Capo di Stato
Maggiore Congiunto” Lemnitzer”, un piano per effettuare attacchi terroristici
sotto falsa bandiera contro gli americani e incolpare Castro al fine di creare
sostegno per un'invasione statunitense di Cuba".
Questo
accadde un anno prima del suo assassinio, nel novembre del 1963.
(Michel
Chossudovsky, 20 novembre 2023)
I ricercatori che hanno indagato
sull'assassinio del presidente John F. Kennedy per 30 o più anni hanno concluso
che è stato assassinato da una cospirazione del Joint Chiefs of Staff, della
CIA e dei servizi segreti.
Si
veda, ad esempio,” JFK e l'indicibile di James W. Douglass”.
Poco
prima di essere assassinato, il presidente John F. Kennedy tenne un discorso straordinario
all'American University.
Nel
discorso si è espresso contro la continuazione della Guerra Fredda che ha messo
a rischio tutta la vita sulla terra a beneficio dei profitti del complesso
militare-di sicurezza e dei bilanci e del potere del Pentagono e della CIA.
Il
presidente Kennedy era già stato condannato all'assassinio.
Rifiutò
la belligeranza dei Joint Chiefs nei confronti dell'Unione Sovietica e la loro
convinzione che la guerra nucleare potesse essere vinta.
Ha
respinto l'"Operazione Northwoods" del capo di stato maggiore
congiunto Lemnitzer, un piano per effettuare attacchi terroristici sotto falsa
bandiera contro gli americani e incolpare Castro al fine di creare sostegno per
un'invasione statunitense di Cuba.
Ha
rifiutato il sostegno dell'aviazione statunitense all'invasione della Baia dei
Porci da parte della CIA a Cuba.
IL 03
giugno 1961 Il presidente Kennedy incontra il presidente Krusciov nella
residenza dell'ambasciata degli Stati Uniti, a Vienna.
Lavorò
al di fuori dei canali con Krusciov per disinnescare la crisi dei missili
cubani.
Gli
anticomunisti paranoici che controllavano l'esercito e le forze di sicurezza
degli Stati Uniti conclusero che il presidente Kennedy non serviva i loro
interessi di carriera ed era morbido con il comunismo e quindi incapace di
opporsi all'Unione Sovietica.
Vedevano
Kennedy come una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti che doveva
essere rimossa.
Un
nuovo movimento per la pace, “NoWar2016”, ha utilizzato parte del discorso del
presidente Kennedy per creare interesse per la sua conferenza del 23-25
settembre presso l'American University.
“David
Swanson” sottolinea la differenza tra l'approccio del presidente Kennedy
all'Unione Sovietica e l'approccio di Washington alla Russia di oggi.
C'era
speranza nell'approccio di Kennedy. Oggi non c'è speranza nell'approccio.
Leggete
o ascoltate il discorso di Kennedy e disperate per il fatto che una leadership così brillante e
impavida sia stata spenta dal complesso militare-di sicurezza.
Come
quasi tutti gli americani dell'epoca, il senatore John F. Kennedy considerava
l'Unione Sovietica un avversario minaccioso.
Ha
fatto campagna per la presidenza sul "divario missilistico", la cui
presunzione era che i sovietici stessero guadagnando la supremazia militare
sugli Stati Uniti.
Ma una
volta nello Studio Ovale, Kennedy fu testimone dei rischi estremi che la
leadership militare degli Stati Uniti era disposta a imporre alle vite
americane in nome di una guerra di cui nessuno aveva bisogno.
Si
rese conto che il complesso militare-di sicurezza degli Stati Uniti era una
grande minaccia per la vita come i sovietici.
Capì che le tensioni tra le due potenze
nucleari dovevano essere disinnescate, non aumentate.
Una
volta rieletto, intendeva porre fine all'intervento statunitense in Vietnam e
disciplinare la CIA.
L'approccio
di Kennedy non era accettabile per il complesso militare-di sicurezza, e fu
eliminato.
(Paul
Craig Roberts, 2024).
(Il
Dr. Paul Craig Roberts è stato Assistente Segretario del Tesoro per la Politica
Economica e redattore associato del Wall Street Journal.
È stato editorialista per Business Week,
Scripps Howard News Service e Creators Syndicate.
Ha
avuto molti incarichi universitari.
Le sue rubriche su Internet hanno attirato un
seguito in tutto il mondo.
Gli
ultimi libri di Roberts sono “Il fallimento del capitalismo laissez faire e la
dissoluzione economica dell'Occidente”, “Come l'America è stata perduta” e “La
minaccia neoconservatrice all'ordine mondiale”.
La
fonte originale di questo articolo è Paul Craig Roberts.)
La
mossa di Israele per distruggere
l'Autorità
Palestinese è un piano
calcolato,
in preparazione da tempo.
Prof.ssa
Tanya Rheinart.
Globalresearch.ca
- Tanya Reinhart – (04 maggio 2024) – ci dice:
Questo
articolo, che a prima vista sembra indicare l'attuale e in corso "Evil
Unleashed" del governo Netanyahu, è stato scritto 23 anni fa dalla defunta
professoressa “Tanya Reinhart.”
L'autore
rivela il processo storico e l'intento di distruggere la Palestina e le sue
istituzioni politiche.
Con
lungimiranza, Reinhart documenta i piani formulati per la prima volta a metà
degli anni '90 sotto “Ariel Sharon” per attuare un atto di genocidio
diretto contro il popolo palestinese:
"Il
loro obiettivo immediato è quello di togliere i palestinesi dall'agenda
internazionale, in modo che il massacro, la fame, l'evacuazione forzata e la
'migrazione' possano continuare indisturbati, portando, possibilmente, alla
realizzazione finale della visione di lunga data di Sharon, incarnata nei piani
militari.
L'obiettivo
immediato di chiunque abbia a cuore il futuro del mondo dovrebbe essere quello
di fermare questo processo di malvagità scatenato”.
(Tanya Reinhart)
Questo
incisivo e accuratamente documentato contributo della Prof.ssa Tanya Reinhart è
stato tra i primi articoli pubblicati da Global Research nel dicembre 2001.
Possa
l'eredità del professor Reinhart a sostegno del popolo palestinese vivere per
sempre.
(Michel
Chossudovsky, Ricerca globale, 4 maggio 2024).
Già
nell'ottobre 2000, all'inizio dell'insurrezione palestinese, i circoli militari
erano pronti con piani operativi dettagliati per rovesciare Arafat e l'Autorità
palestinese.
Questo
accadeva prima che iniziassero gli attacchi terroristici palestinesi. (Il primo attacco contro civili
israeliani è stato il 3 novembre 2000, in un mercato di Gerusalemme).
Un
documento preparato dai servizi di sicurezza, su richiesta dell'allora primo
ministro Barak, affermava il 15 ottobre 2000 che
"Arafat,
la persona, è una grave minaccia per la sicurezza dello Stato [di Israele] e il
danno che deriverà dalla sua scomparsa è minore del danno causato dalla sua
esistenza".
(I
dettagli del documento sono stati pubblicati su Ma'ariv, il 6 luglio 2001.)
Il
piano operativo, noto come "Campi di spine", era stato preparato nel
1996 ed è stato poi aggiornato durante l'Intifada. (Amir Oren, Ha'aretz, 23 novembre
2001).
Il
piano include tutto ciò che Israele ha eseguito ultimamente, e anche di più.
Il
livello politico, da parte sua (i circoli di Barak), ha lavorato per preparare
l'opinione pubblica al rovesciamento di Arafat.
Il 20
novembre 2000, “Nahman Shai”, allora coordinatore degli affari pubblici del “governo
Barak”, pubblicò in un incontro con la stampa, un documento di 60 pagine
intitolato
"L'inadempienza dell'Autorità
Palestinese... Un record di malafede e cattiva condotta", Il documento,
informalmente indicato come il "Libro Bianco", è stato preparato
dall'aiuto di Barak, “Danny Yatom”.
Secondo
il "Libro Bianco", l'attuale crimine di Arafat – "orchestrare
l'Intifada" – è solo l'ultima di una lunga catena di prove che egli non ha
mai abbandonato "l'opzione della violenza e della 'lotta'".
"Già
nel discorso di Arafat sul prato della Casa Bianca, il 13 settembre 1993,
c'erano indicazioni che per lui la D.O.P. [dichiarazione di principi] non
significava necessariamente la fine del conflitto.
Non ha
mai rinunciato alla sua uniforme, simbolo del suo status di comandante
rivoluzionario".
Questa
uniforme, per inciso, è l'unica "indicazione" che la relazione cita
delle intenzioni nascoste di Arafat, in quell'occasione.
Un'ampia
sezione del documento è dedicata a stabilire "l'ambivalenza e
l'accondiscendenza" di Arafat nei confronti del terrorismo.
"Nel
marzo 1997 c'è stato ancora una volta più di un accenno di 'via libera' da
Arafat ad Hamas, prima dell'attentato di Tel Aviv... Questo è implicito nella
dichiarazione fatta da un membro del gabinetto di Arafat affiliato ad Hamas,
Imad Faluji, a un giornale americano (Miami Herald, 5 aprile 1997).
Non
vengono forniti ulteriori indizi su come questo colleghi Arafat a
quell'attentato, ma questo è il tema del "via libera al terrore" che
l'Intelligence Militare (Aman) ha promosso dal 1997, quando la sua linea
anti-Oslo si è consolidata.
Da
allora questo tema è stato ripetuto più e più volte dai circoli militari, e
alla fine è diventato il mantra della propaganda israeliana:
Arafat è ancora un terrorista ed è personalmente
responsabile delle azioni di tutti i gruppi, da Hamas e la Jihad islamica a
Hezbollah.
Il
'Foreign Report' (informazioni di Jane) del 12 luglio 2001 ha rivelato che
l'esercito israeliano (sotto il governo di Sharon) ha aggiornato i suoi piani
per un
"assalto
a tutto campo per distruggere l'Autorità Palestinese, cacciare il leader Yasser
Arafat e uccidere o detenere il suo esercito".
Il
progetto, intitolato:
"La
distruzione dell'Autorità palestinese e il disarmo di tutte le forze
armate", è stato presentato al governo israeliano dal capo di stato maggiore “Shaul
Mofaz, l'8 luglio.
L'assalto sarebbe stato lanciato, a
discrezione del governo, dopo un grande attentato suicida in Israele, causando
morti e feriti diffusi, citando lo spargimento di sangue come giustificazione.
È
accaduto che Il Capo di Stato Maggiore Generale “Shaul Mofaz” ha incontrato a
suo tempo il Vice Segretario alla Difesa
degli Stati Uniti “Paul Wolfowitz” e altri alti funzionari del Dipartimento
della Difesa degli Stati Uniti al Pentagono.
(Fonte:
Wikimedia Commons)
Molti
in Israele sospettano che l'assassinio del terrorista di Hamas Mahmoud Abu
Hanoud, proprio quando Hamas stava rispettando da due mesi il suo accordo con
Arafat di non attaccare all'interno di Israele, sia stato progettato per creare
l'appropriata "giustificazione dello spargimento di sangue", alla
vigilia della visita di Sharon negli Stati Uniti.
(Alex Fishman – corrispondente senior per la
sicurezza di 'Yediot' – ha osservato che "chiunque abbia deciso la
liquidazione di Abu Hanoud sapeva in anticipo che quello sarebbe stato il
prezzo).
L'argomento
è stato ampiamente discusso sia dal livello militare israeliano che da quello
politico, prima che si decidesse di effettuare la liquidazione."
(Yediot Aharonot, 25 novembre 2001).
Le
mosse di Israele per distruggere l'Autorità Palestinese, quindi, non possono
essere viste come un "atto di rappresaglia" spontaneo.
È un
piano calcolato, in lavorazione da tempo.
L'esecuzione
richiede, in primo luogo, di indebolire la resistenza dei palestinesi, cosa che
Israele ha fatto sistematicamente dall'ottobre 2000, attraverso uccisioni,
bombardamenti di infrastrutture, imprigionamento di persone nelle loro città
natale e portandole vicino alla fame.
Il tutto, in attesa che le condizioni
internazionali 'maturino' per le fasi più 'avanzate' del piano.
Ora le
condizioni sembrano essere "maturate". Nell'atmosfera politica ubriaca di
potere negli Stati Uniti, tutto è permesso.
Se
all'inizio sembrava che gli Stati Uniti avrebbero cercato di tenere il mondo
arabo dalla loro parte con qualche segno di persuasione, come hanno fatto
durante la guerra del Golfo, ora è chiaro che a loro non gliene può fregare di
meno.
La
politica degli Stati Uniti non si basa più sulla costruzione di coalizioni o
sull'investimento nella persuasione, ma sulla pura forza.
La schiacciante "vittoria" in
Afghanistan ha inviato un chiaro messaggio al Terzo Mondo:
nulla
può impedire agli Stati Uniti di prendere di mira qualsiasi nazione per
l'annientamento.
Sembrano
credere che le armi più sofisticate del ventunesimo secolo, combinate con la
totale assenza di qualsiasi considerazione di principi morali, di diritto
internazionale o di opinione pubblica, possano sostenerli come gli unici
governanti del mondo per sempre.
D'ora in poi, la paura dovrebbe essere la
condizione sufficiente per l'obbedienza.
I
falchi statunitensi, che spingono per espandere la guerra in Iraq e oltre,
vedono Israele come una risorsa:
ci sono pochi regimi al mondo come Israele,
così desiderosi di rischiare la vita dei loro cittadini per una nuova guerra
regionale.
Come ha scritto il Prof. Alain Joxe, direttore
del CIRPES francese (studi sulla pace e strategici) su “Le Monde”,
"La
leadership americana è attualmente plasmata da pericolosi estremisti di destra
del Sud, che cercano di usare Israele come strumento offensivo per
destabilizzare l'intera area del Medio Oriente" (17 dicembre 2001).
Gli
stessi falchi stanno anche parlando di espandere la futura zona di guerra a
obiettivi nell'agenda di Israele, come “Hezbollah” e la “Siria”.
In
queste circostanze, Sharon ha ottenuto il via libera a Washington. Mentre i
media israeliani continuano a delirare,
"Bush
è stufo di questo personaggio [Arafat]", "Powell ha detto che Arafat
deve smetterla con le sue bugie" (Barnea e Schiffer, Yediot, 7 dicembre 2001).
Mentre
Arafat si nasconde nel suo bunker, i bombardieri F-16 israeliani solcano il
cielo, e la brutalità di Israele sta generando, ogni giorno, nuove disperate
bombe umane, gli Stati Uniti, accompagnati per un po' dall'Unione Europea,
continuano a sollecitare Arafat ad "agire".
Ma
qual è la logica dietro la sistematica spinta di Israele per eliminare
l'Autorità Palestinese e annullare gli accordi di Oslo?
Certamente
non può basarsi sulla "delusione" per l'operato di Arafat, come
comunemente si sostiene.
Il nocciolo della questione è che, dal punto
di vista degli interessi di Israele nel mantenere l'occupazione, Arafat ha
soddisfatto le aspettative di Israele in tutti questi ultimi anni.
Per
quanto riguarda la sicurezza israeliana, non c'è niente di più lontano dalla
verità delle false accuse contenute nel "Libro Bianco", o della
successiva propaganda israeliana.
Per
fare solo un esempio, nel 1997 – l'anno citato nel "Libro Bianco"
come esempio del "via libera al terrore" di Arafat – è stato firmato
un "accordo di sicurezza" tra Israele e l'Autorità palestinese, sotto
gli auspici del capo della stazione di Tel Aviv della CIA,” Stan Muskovitz”.
L'accordo
impegna l'Autorità Palestinese a prendersi cura attivamente della sicurezza di
Israele, a combattere "i terroristi, la base terroristica e le condizioni
ambientali che portano al sostegno del terrorismo" in cooperazione con
Israele, compreso "lo scambio reciproco di informazioni, idee e
cooperazione militare".
[Tradotto
dal testo ebraico, Ha'aretz 12 dicembre 1997].
I servizi di sicurezza di Arafat hanno svolto
fedelmente questo lavoro, con l'assassinio di terroristi di Hamas (camuffati da
"incidenti") e l'arresto di leader politici di Hamas.
Ampie
informazioni sono state pubblicate dai media israeliani su queste attività, e
le "fonti della sicurezza" erano piene di elogi per i successi di
Arafat.
Ad
esempio, Ami Ayalon, allora capo dei servizi segreti israeliani (Shab"ak),
annunciò, nella riunione di governo del 5 aprile 1998, che "Arafat sta
facendo il suo lavoro: sta combattendo il terrorismo e mette tutto il suo peso
contro Hamas" (Ha'aretz, 6 aprile 1998).
Il tasso di successo dei servizi di sicurezza
israeliani nel contenere il terrorismo non è mai stato superiore a quello di
Arafat; anzi, molto più basso.
Nei
circoli di sinistra e critici, difficilmente si può trovare compassione per il
destino personale di Arafat (in contrapposizione alla tragedia del popolo
palestinese).
Come
scrive “David Hirst” sul “Guardian”, quando Arafat tornò nei territori
occupati, nel 1994,
"E'
venuto sia come collaboratore che come liberatore. Per gli israeliani, la
sicurezza – la loro, non quella dei palestinesi – era l'essenza e la fine di
Oslo.
Il suo compito era quello di fornirlo per loro
conto.
Ma avrebbe potuto sostenere il ruolo del
collaboratore solo se avesse ottenuto il quid pro quo politico che, attraverso
una serie di "accordi provvisori" che avrebbero portato allo
"status finale", avrebbe dovuto arrivare.
Non avrebbe mai potuto. . . [Lungo la strada],
ha acconsentito ad accumulare concessioni che non hanno fatto altro che
allargare il divario tra ciò che stava effettivamente ottenendo e ciò che aveva
assicurato al suo popolo che avrebbe ottenuto, con questo metodo, alla fine.
Era
ancora Mr. Palestine, con un carisma e una legittimità storica tutta sua.
Ma si
stava dimostrando gravemente carente in quell'altro grande e complementare
compito, costruire il suo stato in divenire.
La miseria economica, la corruzione, l'abuso
dei diritti umani, la creazione di un vasto apparato di repressione:
tutto
questo derivava, in tutto o in parte, dall'Autorità da lui presieduta". (Hirst, "L'ultima resistenza di
Arafat?" The Guardian, 14 dicembre 2001).
Ma dal
punto di vista dell'occupazione israeliana, tutto questo significa che il piano
di Oslo è stato, essenzialmente, un successo.
Arafat riuscì, attraverso duri mezzi di
oppressione, a contenere la frustrazione del suo popolo e a garantire la
sicurezza dei coloni, mentre Israele continuava indisturbato a costruire nuovi
insediamenti e ad appropriarsi di altra terra palestinese.
La
macchina oppressiva, le varie forze di sicurezza di Arafat, sono state formate
e addestrate in collaborazione con Israele.
Molta
energia e risorse sono state impiegate nella costruzione di questo complesso
apparato di Oslo.
Spesso si ammette che le forze di sicurezza
israeliane non riescono a prevenire il terrorismo meglio di quanto possa aver
fatto Arafat.
Perché,
allora, i vertici militari e politici erano così determinati a distruggere
tutto questo già nell'ottobre 2000, anche prima che iniziassero le ondate
terroristiche?
Per
rispondere a questa domanda è necessario dare un'occhiata alla storia.
Fin
dall'inizio del "processo di Oslo", nel settembre 1993, nel sistema
politico e militare israeliano si sono confrontate due concezioni.
Quello,
guidato da “Yosi Beilin”, si stava sforzando di attuare una qualche versione
del “piano Alon”, che il partito laburista ha sostenuto per anni.
Il piano originale prevedeva l'annessione di
circa il 35% dei territori a Israele, e il governo giordano, o una qualche
forma di autogoverno per il resto – la terra su cui vivono effettivamente i
palestinesi.
Agli
occhi dei suoi sostenitori, questo piano rappresentava un compromesso
necessario, rispetto alle alternative di rinunciare del tutto ai territori o di
spargere sangue eterno (come vediamo oggi).
Sembrava che “Rabin” fosse disposto a seguire
questa linea, almeno all'inizio, e che in cambio dell'impegno di Arafat a
controllare la frustrazione del suo popolo e a garantire la sicurezza di
Israele, avrebbe permesso all'Autorità Palestinese di gestire le enclave in cui
i palestinesi risiedono ancora, in una qualche forma di autogoverno, che può
anche essere chiamato uno "stato" palestinese.
Ma
l'altro polo si opponeva anche a questo.
Questo
era visibile soprattutto nei circoli militari, il cui portavoce più esplicito
nei primi anni di Oslo era l'allora capo di stato maggiore,” Ehud Barak”.
Un altro centro di opposizione era, naturalmente,
Sharon e l'estrema destra, che erano contrari al processo di Oslo fin
dall'inizio.
Questa affinità tra i circoli militari e Sharon non
sorprende.
Sharon,
l'ultimo dei leader della "generazione del 1948", era una figura
leggendaria nell'esercito, e molti dei generali erano suoi discepoli, come
Barak.
Come
ha scritto “Amir Oren”,
"La
profonda e duratura ammirazione di Barak per le intuizioni militari di Ariel
Sharon è un'altra indicazione delle sue opinioni; Barak e Sharon appartengono
entrambi a una stirpe di generali politici che ha avuto inizio con Moshe
Dayan" (Ha'aretz, 8 gennaio 1999).
Questa
razza di generali è stata allevata sul mito della redenzione della terra.
Uno
sguardo a questa visione del mondo è offerto nell'intervista di Sharon con Ari Shavit
(Ha'aretz,
supplemento del fine settimana, 13 aprile 2001).
Tutto
si intreccia in un'unica cornice romantica:
i
campi, la fioritura dei frutteti, l'aratro e le guerre.
Il cuore di questa ideologia è la sacralità
della terra.
In
un'intervista del 1976, Moshe Dayan, che era ministro della difesa nel 1967,
spiegò cosa portò alla decisione di attaccare la Siria.
Nella
coscienza collettiva israeliana dell'epoca, la Siria era concepita come una
seria minaccia alla sicurezza di Israele e un costante iniziatore di
aggressioni contro i residenti del nord di Israele. Ma secondo Dayan, questa è
una "stronzata" – la Siria non era una minaccia per Israele prima del
'67:
"Lascia
perdere. . . So come almeno l'80% di tutti gli incidenti con la Siria sono
iniziati. Stavamo mandando un trattore nella zona demilitarizzata e sapevamo
che i siriani avrebbero sparato".
Secondo
“Dayan” (che in un momento dell'intervista ha confessato alcuni rimpianti), ciò
che ha portato Israele a provocare la Siria in questo modo è stata l'avidità
per la terra – l'idea che sia possibile "afferrare un pezzo di terra e
tenerlo, fino a quando il nemico non si stancherà e ce lo darà" (Yediot Aharonot, 27 aprile 1997)
Alla
vigilia di Oslo, la maggioranza della società israeliana era stanca delle
guerre.
Ai
loro occhi, le lotte per la terra e le risorse erano finite.
La
maggior parte degli israeliani crede che la guerra d'indipendenza del 1948, con
le sue orribili conseguenze per i palestinesi, sia stata necessaria per
stabilire uno stato per gli ebrei, ossessionato dalla memoria dell'Olocausto.
Ma ora che hanno uno stato, desiderano vivere
normalmente con tutto ciò che hanno.
Tuttavia, l'ideologia della redenzione della
terra non si è mai spenta nell'esercito, né nei circoli dei "generali
politici", che sono passati dall'esercito al governo.
Ai
loro occhi, l'alternativa di Sharon di combattere i palestinesi fino alla fine
e imporre nuovi ordini regionali – come tentò di fare in Libano nel 1982 –
potrebbe essere fallita a causa della debolezza della viziata società
israeliana.
Ma data la nuova filosofia di guerra stabilita
in Iraq, Kosovo e Afghanistan, credono che con la massiccia superiorità
dell'aviazione israeliana, potrebbe essere ancora possibile vincere questa
battaglia in futuro.
Mentre
il partito di Sharon era all'opposizione all'epoca di Oslo, Barak, in qualità
di capo di stato maggiore, partecipò ai negoziati e svolse un ruolo cruciale
nel plasmare gli accordi e l'atteggiamento di Israele nei confronti
dell'Autorità palestinese.
Cito
da un articolo che scrissi nel febbraio 1994, perché riflette ciò che chiunque
leggesse attentamente i media israeliani poteva vedere all'epoca:
"Fin
dall'inizio, è stato possibile identificare due concezioni che sono alla base
del processo di Oslo.
La prima è che questo permetterà di ridurre il costo
dell'occupazione, usando un regime clientelare palestinese, con Arafat come
poliziotto responsabile della sicurezza di Israele.
L'altra
è che il
processo dovrebbe portare al crollo di Arafat e dell'OLP. L'umiliazione di
Arafat, e l'amplificazione della sua resa, porteranno gradualmente alla perdita
del sostegno popolare.
Di
conseguenza, l'OLP crollerà, o entrerà in conflitto di potere.
Così, la società palestinese perderà la sua
leadership laica e le sue istituzioni.
Nella mente di coloro che sono ansiosi di
mantenere l'occupazione israeliana, il crollo della leadership laica è
interpretato come una conquista, perché ci vorrebbe molto tempo prima che il
popolo palestinese si riorganizzi e, in ogni caso, è più facile giustificare
anche i peggiori atti di oppressione, quando il nemico è un'organizzazione
musulmana fanatica.
Molto
probabilmente, il conflitto tra le due concezioni in competizione non è ancora
risolto, ma al momento la seconda sembra più dominante: per realizzare la
prima, lo status di Arafat avrebbe dovuto essere rafforzato, con almeno alcune
conquiste che avrebbero potuto generare il sostegno dei palestinesi, piuttosto
che la politica israeliana di costante umiliazione e violazione delle promesse.
Ciononostante,
lo scenario del collasso dell'Autorità Palestinese non si è concretizzato.
La
società palestinese ha fatto ricorso ancora una volta alla sua meravigliosa
strategia di "zumud" – attaccarsi alla terra e sostenere la
pressione.
Fin dall'inizio, la leadership politica di Hamas, e
altri, hanno avvertito che Israele sta cercando di spingere i palestinesi in
una guerra civile, in cui la nazione si massacra.
Tutti
i frammenti della società cooperarono per prevenire questo pericolo e calmarono
i conflitti non appena si stavano deteriorando in armi.
Sono
anche riusciti, nonostante la tirannia del governo di Arafat, a costruire una
quantità impressionante di istituzioni e infrastrutture. L'Autorità Palestinese non è composta
solo dai governanti corrotti e dalle varie forze di sicurezza. Il consiglio
palestinese eletto, che opera sotto infinite restrizioni, è ancora un quadro
politico rappresentativo, una base per le istituzioni democratiche del futuro.
Per
coloro il cui obiettivo è la distruzione dell'identità palestinese e
l'eventuale redenzione della loro terra, Oslo è stato un fallimento.
Nel
1999 l'esercito è tornato al potere, attraverso i "generali politici"
– prima Barak e poi Sharon. (Hanno collaborato alle ultime elezioni per garantire che
nessun altro candidato civile sarà autorizzato a correre).
Si è
aperta la strada per correggere quello che considerano il grave errore di Oslo.
Per arrivarci, è stato necessario prima convincere la
viziata società israeliana che i palestinesi non sono disposti a vivere in pace
e stanno minacciando la nostra semplice esistenza.
Sharon da sola non avrebbe potuto raggiungere
questo obiettivo, ma Barak ci è riuscito, con la sua frode della "generosa
offerta".
Dopo
un anno di orribili attacchi terroristici, combinati con una massiccia
propaganda e menzogne, Sharon e l'esercito sentono che nulla può impedire loro
di passare alla piena esecuzione.
Perché
è così urgente per loro rovesciare Arafat? Shabtai Shavit, ex capo del Servizio
di Sicurezza ('Mossad'), che non è vincolato da restrizioni poste alle fonti
ufficiali, lo spiega apertamente:
"Nei
trent'anni che [Arafat] ha guidato, è riuscito a raggiungere risultati reali
nella sfera politica e internazionale... Ha ricevuto il premio Nobel per la
pace e, con una sola telefonata, può ottenere un incontro con tutti i leader
del mondo.
Non c'è nessuno nella galleria palestinese che
possa mettersi nei suoi panni in questo contesto di status internazionale.
Se
loro [i palestinesi] perderanno questa conquista, per noi questo è un risultato
enorme.
La
questione palestinese uscirà dall'agenda internazionale". (intervista in Yediot's Weekend
Supplement, 7 dicembre 2001).
Il
loro obiettivo immediato è quello di togliere i palestinesi dall'agenda
internazionale, in modo che il massacro, la fame, l'evacuazione forzata e la
"migrazione" possano continuare indisturbati, portando,
possibilmente, alla realizzazione finale della visione di lunga data di Sharon,
incarnata nei piani militari.
L'obiettivo
immediato di chiunque abbia a cuore il futuro del mondo dovrebbe essere quello
di fermare questo processo di malvagità scatenato.
Come “Alain
Joxe” concludeva il suo articolo su” Le Monde”:
"E'
tempo che l'opinione pubblica occidentale prenda il sopravvento e costringa i
governi a prendere una posizione morale e politica di fronte al disastro
previsto, vale a dire una situazione di guerra permanente contro il popolo e
gli stati arabi e musulmani – la realizzazione della doppia fantasia di Bin
Laden e Sharon".
(17 dicembre 2001).
I
"funzionari sanitari" genocidi stanno già svelando i nuovi
"Vaxx" per la "prossima grande cosa" e si dà il caso che
stiano lanciando questa “mostruosità” per un altro anno elettorale.
Allnewspipeline.com
– (4-5-2024) - Stefan Stanford - Vivi libero o muori – ci dice:
La
nuova storia di “NBC News” riporta che due nuovi "vaccini contro l'influenza aviaria"
potrebbero essere pronti in poche settimane secondo "funzionari
sanitari" del governo statunitense, riportando come sottotitolo che il “virus
H5N”1 ha infettato almeno 36 allevamenti in nove stati, aumentando il rischio di potenziale
diffusione umana.
Avvertendo
che questa "nuova influenza" ha già iniziato a "diffondersi
facilmente agli esseri umani,"
hanno anche dichiarato che spediranno queste
nuove dosi di vaccini in tutto il paese, ma da nessuna parte nella loro storia
menzionano che ciò accadrà in un'altra elezione.
Niente
per l’anno in quella che sembra essere la loro prossima mostruosità per
mantenere il potere con qualunque mezzo necessario.
Affermando
che
i vaccini offriranno una buona protezione
incrociata contro i virus delle epidemie bovine e che abbiamo investito in una
libreria di antigeni da diffondere il più rapidamente possibile nel caso in cui
iniziassimo a vedere circolare un ceppo influenzale altamente trasmissibile,
avvertono anche nei “loro storia” che i
funzionari sanitari globali rimangono preoccupati a causa del suo alto tasso di
mortalità, che si aggira intorno al 50% .
Spingendo
ancora una volta quel "fattore paura" per convincere quante più persone
possibile a mettersi in fila e prendere i loro ultimi veleni, chi altro fiuta
un altro governo e una mega-bufala creata dalle grandi aziende farmaceutiche
come il COVID per convincere le masse ad allinearsi e fare quello che dicono ,
molto probabilmente includendo ulteriori blocchi e l’introduzione della “legge
marziale medica” nei giorni, nelle settimane e nei mesi a venire, raggiungendo
molto probabilmente il loro punto più alto subito prima delle elezioni di
novembre?
Come
avevo riportato su “ANP il 5 aprile” in questo articolo intitolato "Mentre sempre più giovani
muoiono di cancro turbo, i globalisti lanciano la loro prossima operazione
psicologica, un candidato perfetto per la 'malattia X' - I medici avvertono che
l'H5N1 potrebbe essere 100 volte peggiore" Rispetto al COVID ",
ogni giorno ci porta prove sempre più
spaventose che il COVID fosse un'"Operazione DOD" per sterminare gli
americani, pensate solo a cosa ci porteranno dopo!
L'
articolo di “NBC News” riporta inoltre che oltre 100 persone sono già
monitorate per rilevare eventuali segni di contagio con l'H5N1, la maggior
parte delle quali affermano di "lavorare con animali da fattoria",
riferiscono che " la preparazione è in corso " e che "gli Stati
Uniti dovrebbero aver bisogno del vaccini, il governo federale potrebbe spedire
“centinaia di migliaia di dosi” entro poche settimane, con oltre 100 milioni di
dosi spedite entro tre o quattro mesi.
Riferendo
anche che "i
funzionari sanitari del CDC” si aspettano che le persone avranno bisogno di due
dosi di quel vaccino , il che significa che 100 milioni di dosi sono
sufficienti solo per 50 milioni di persone ", speriamo che le persone
abbiano imparato la lezione con il” COVID vax”, che questi cosiddetti “funzionari sanitari”
avevano promesso che avrebbero impedito alle persone di contrarre il “COVID”,
ma invece hanno portato a un’esplosione di “tumori turbo” tra i giovani e una
volta sani, per non parlare di milioni di persone che “semplicemente muoiono,
improvvisamente e misteriosamente”.
E ora,
come riporta il “Daily Mail” in questa nuovissima storia a cui “Steve Quayle£
si è collegato sul suo sito web , la prima foto raccapricciante di un
lavoratore di un'azienda lattiero-casearia del Texas (vista sopra) che presumibilmente aveva contratto
l'influenza aviaria da una mucca mostra come soffriva sanguinante nei suoi
occhi, quello che Steve chiamava "Ebola
Light bio-armata" inserito nell'H5N1, progettato per distruggere
l'industria lattiero-casearia.
Progettato
anche per distruggere l’industria del bestiame e spaventare gli americani
inducendoli a smettere di mangiare carne, in particolare manzo (in modo che i globalisti possano
avere tutte le bistecche e il roast beef che vogliono senza che noi, i loro
schiavi, li mangiamo tutti nei mesi e negli anni a venire) hai davvero impedito loro di portare
avanti un piano del genere?
Come
riportato da “Zero Hedge” in questo articolo intitolato "MSM tira fuori 'influenza
aviaria-pocalisse' dopo che un lavoratore del settore lattiero-caseario del
Texas si è ammalato," stanno già diffondendo gli avvertimenti dei cosiddetti
esperti, avvertimenti chiaramente progettati per convincere le masse della
popolazione americana è pronta e in attesa di correre a prendere i “nuovi
vaccini.”
Da
quella storia…
naturalmente,
una cacofonia di “esperti” avverte ora che una pandemia di influenza aviaria
potrebbe essere “100 volte peggiore” di quella del COVID.
"Questo
virus [è stato] in cima alla lista delle pandemie per molti, molti anni e
probabilmente decenni", ha affermato il dottor “Suresh Kuchipudi”,
ricercatore sull'influenza aviaria di Pittsburgh, durante un recente panel
citato dal “Daily Mail”.
"E
ora ci stiamo avvicinando pericolosamente a questo virus che potrebbe causare
una pandemia ", ha continuato.
"Quindi,
a mio avviso, penso che questo sia il virus che presenta la più grande minaccia
pandemica [cioè] che si manifesta in bella vista e presente a livello globale.
"
Il “Mail”
cita anche “John Fulton”, consulente farmaceutico per i vaccini e fondatore di “BioNiagra”,
che durante lo stesso incontro ha affermato: "Sembra essere 100 volte
peggiore del “COVID” - o potrebbe esserlo se mutasse e mantenesse il suo alto
tasso di mortalità".
"Una
volta che sarà mutato per infettare gli esseri umani, possiamo solo sperare che
il [tasso di mortalità] diminuisca", ha aggiunto.
Nel
frattempo c'è questo “Feigl-Ding”, che è diventato famoso durante la pandemia
come estremista allarmista.
Quindi,
con questi globalisti che lavorano per distruggere l’industria
lattiero-casearia e l’industria della carne bovina e tutta questa follia fa
chiaramente parte dell’agenda di spopolamento dei globalisti, con loro che
sperano che il “fattore paura” convinca tutti a precipitarsi a prendere i
“nuovi vaccini” che loro stanno ora lanciando prodotti che, possiamo essere
certi, conterranno ancora più veleni bio-armati.
E per
quanto riguarda la preoccupazione per l'industria lattiero-casearia, date
un'occhiata anche a questa storia del 1° maggio su “Gateway Pundit” che riporta che
secondo il “CDC” USA , oltre una dozzina di gatti sono morti dopo aver bevuto
"latte crudo" da mucche presumibilmente infette da influenza aviaria.
Riferendo
che quei gatti vivevano anche in una fattoria del Texas, sembra proprio che stiano intensificando tutta questa
"propaganda medica" in una volta.
E
siamo ancora a 6 mesi dalle elezioni di novembre!
Immagina
cosa vedremo nei prossimi sei mesi!
Da
quella storia di “Gateway Pundit”:
“The
Hill” riporta:
“Gli
scienziati hanno riferito che a metà marzo, circa 24 gatti sono stati nutriti
con latte crudo in una fattoria del Texas prima che si sapesse che le mucche
erano malate.
Un
giorno dopo che le mucche avevano mostrato segni visibili di malattia, anche i
gatti si ammalarono e, uno o due giorni dopo, più della metà dei gatti si
ammalò e morì”.
“All’inizio
di marzo 2024, casi clinici simili sono stati segnalati nei bovini da latte nel
Kansas sudoccidentale e nel New Mexico nordorientale; sono state osservate
morti di uccelli selvatici e gatti domestici anche nei siti colpiti nel “Texas
Panhandle”, ha scritto il “CDC USA” nel nuovo rapporto.
"In
più di un allevamento da latte in Texas, sono morti gatti domestici nutriti con
colostro crudo e latte di mucche malate che si trovavano nella sala
dell'ospedale. I segni
clinici “ante mortem” nei gatti colpiti erano stato mentale depresso, movimenti
corporei rigidi, atassia, cecità, movimenti in circolo, e copiosa “secrezione
oculonasale”.
Gli
esami neurologici dei gatti affetti hanno rivelato l'assenza di riflessi di
minaccia e risposte pupillari alla luce con una debole risposta
all'ammiccamento.
Gli
scienziati hanno scritto:
“Questa
serie di casi differisce dalla maggior parte dei precedenti rapporti
sull’infezione da “IAV nei bovini”, che indicavano che i bovini erano
apparentemente infetti o resistenti all’infezione”.
“Descriviamo
un ceppo “H5N1 di IAV” nei bovini da latte che ha provocato un’apparente
malattia sistemica, una ridotta produzione di latte e un’abbondante diffusione
del virus nel latte.
L’entità
di questo risultato è ulteriormente enfatizzata dall’alto tasso di mortalità
(≈50%) dei gatti negli allevamenti che erano stati alimentati con colostro
crudo e latte di mucche colpite”
La FDA
USA
mette in guardia contro il consumo di latte
crudo da parte degli esseri umani.
Quindi,
con tutto ciò che ora si sta riunendo per un’altra massiccia operazione
psicologica da effettuare contro il popolo americano che non solo si collega all’agenda di
spopolamento dei globalisti ma anche alle elezioni di novembre, per non parlare
anche del legame con gli obiettivi dei globalisti di prenderci tutti per
smettere di mangiare carne, preghiamo che tutti abbiano gli occhi e le orecchie aperti
nei giorni a venire, continuando a pensare in modo critico, soprattutto quando
inizieranno a spingerci addosso questi “nuovi vax”, cosa che possiamo essere
certi che lo faranno molto presto.
(Dobbiamo agire subito. Non possiamo più aspettare…! N.D.R.)
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