La scienza politica può indicare le modalità necessarie per opporsi alla dittatura di potere

 

La scienza politica può indicare le modalità necessarie per opporsi alla dittatura di potere.

 

 

27 maggio 2024: firma

del “Trattato Pandemico.”

Conoscenzealconfine.it – Redazione – (21-5-2024)  - ci dice:

Mancano pochi giorni. Un certo presidente, in un momento raro, forse anche unico, di franchezza, aveva detto:

“La bestia dell’evento è qui e sta arrivando”.

“Tedros Adhanom Ghebreyesus” è l’archetipo ideale. L’OMS è il suo cavallo di Troia che, grazie al trattato pandemico che sarà formalizzato il 27 maggio 2024, avrà la priorità sui governi firmatari dei 194 paesi membri.

Si farà senza tamburi o trombe, così discretamente che di fatto la maggior parte della gente non vedrà accadere nulla.

Tedros, come direttore dell’OMS, avrà la priorità sui governi legittimi non solo in materia di pandemia ma anche in tutto ciò che riguarda: la salute (“One Health” delle Nazioni Unite), il tempo, l’economia, il trasporto, la guerra, l’ambiente, l’istruzione, la casa.

Tutto alla fine sarà un pretesto per usurpare legalmente l’autorità dei governi, “al fine di proteggere la salute umana, quella delle piante, degli animali e della Terra”.

 Né di più, né di meno.

I suoi dettami saranno vincolanti al di là delle leggi nazionali.

 

L’OMS e la sua società madre, l’ONU, serviranno da schermo e cinghia di trasmissione degli ordini del “Nuovo Governo Mondiale”.

Questo massiccio trasferimento di potere e sovranità è davanti a noi, arriverà tra poco, dal 77° congresso annuale dell’OMS a Ginevra.

Sarà una grande biforcazione sociale, un cambiamento di scala mai visto prima al mondo.

Il mondo dopo sarà irriconoscibile.

Gli Stati membri riprenderanno dunque i negoziati sul “Trattato” a maggio, tra pochi giorni, dopo il fallimento dell’ultimo round tenutosi a marzo scorso.

Questo di fatto è un segno che c’è speranza, ma non si è ancora guadagnato nulla.

 Questo colpo di stato globale mascherato da trattato di “salute” DEVE FALLIRE.

Se siete della stessa opinione, allora potete utilizzare tutti i social network, e non solo, per sensibilizzare e far luce sul tema.

 Spargete la voce…

Alla nostra vittoria e al loro fallimento.

(t.me/+RgVqdy7j2kM5YTE0).

 

 

 

 

Bill Gates: "Ecco come fare

per evitare un disastro climatico."

 It.euronews.com - Jeremy Wilks & Euronews – (15/02/2021) – ci dice:

 

Il filantropo miliardario Bill Gates parla del suo libro, intitolato 'Come evitare un disastro climatico', e del suo impegno contro il riscaldamento globale.

È il cofondatore di Microsoft, un filantropo miliardario, che si è concentrato su povertà e salute, e adesso è impegnato a salvare il pianeta:

 Bill Gates è l'ospite di Euronews in “The Global Conversation”.

Gates ha appena pubblicato un libro intitolato 'Come evitare un disastro climatico', in uscita in contemporanea mondiale il 16 febbraio.

 Nel suo libro lei avanza un parallelo tra l'approccio alla pandemia e quello al cambiamento climatico.

 Come per le pandemie, pensavamo di essere preparati ma non lo siamo veramente.

 Cos'è che non capiamo del cambiamento climatico?

"Intanto, le fonti di emissione sono molto diverse - precisa Gates - e per tante di esse non abbiamo ancora iniziato a capire come evitare le emissioni.

 L'intero settore manifatturiero, il trasporto aereo, persino i piani per far crescere la rete elettrica ci richiederebbero di fare molto di più rispetto a quello che stiamo facendo oggi, compresa la necessità di spingere ancora un bel po' nell'innovazione. Quindi, è fantastico che i giovani abbiano a cuore questa causa, è fantastico che abbiamo un obiettivo, ma il mio libro è qui per dire: 'ecco come potrebbe essere un piano', organizziamo un piano".

La gestione della pandemia

- Affrontiamo il tema della pandemia, velocemente, prima di addentrarci ancora nel cambiamento climatico.

È passato più di un anno, ormai. Non la stiamo ancora gestendo bene. Ne è sorpreso?"

 

"Ogni Paese ha fatto alcune cose bene e ha fatto degli errori.

Quando ho tenuto il mio discorso al TED nel 2015, dicendo che non eravamo pronti alla prossima pandemia, ho parlato di diagnostica e pratica e di come si coordinano diverse cose.

La realizzazione del vaccino è andata più veloce di quanto ci saremmo aspettati.

La nostra Fondazione aveva sostenuto la tecnologia dell'mRNA, ma non era stato realizzato nessun vaccino.

 Quindi, almeno questa parte è molto promettente. E, alla fine, è ciò che porrà fine a questa epidemia".

 Ma quando si parla di gestione politica, non è stato un grande successo, mi pare. Cosa si può leggere in questo? Anche in considerazione del modo in cui siamo chiamati ad affrontare l'altra grande sfida, quella del cambiamento climatico?

 

"Nessuno si aspetta che i governi siano perfetti.

 Ma i governi, nel complesso, fanno cose fantastiche:

 istruzione, giustizia, salute.

 Noi spingiamo sempre perché siamo cittadini e possiamo parlare di come vogliamo vederli migliorare.

Nel caso del clima, saranno necessarie molte politiche creative.

E la voce politica, in particolare quella dei giovani, deve rimanere forte.

Quindi, usiamo tutti i 30 anni per riuscirci perché sarà difficile, ma non impossibile".

 

Cambiamento climatico e divario tra ricchi e poveri.

 Il lancio del vaccino ha evidenziato le differenze tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri.

 Il cambiamento climatico probabilmente farà la stessa cosa, è d'accordo?

"Assolutamente sì. Il motivo per cui sono così coinvolto è che il lavoro, che la Gates Foundation fa per contribuire alla salute nei Paesi poveri e per aiutare gli agricoltori in quei luoghi, è legato al fatto che - con il passare degli anni e queste temperature più alte - gli agricoltori di sussistenza non saranno in grado di coltivare abbastanza e i loro raccolti non saranno sufficienti.

Tutto questo porterà a malnutrizione, migrazione e assoluta instabilità a causa del clima".

 Mentre leggevo il libro, ho avuto l'impressione che lei stesse cercando di convincere qualcuno dell'importanza del cambiamento climatico.

Chi?

 I politici americani, il pubblico americano, o stava effettivamente cercando di convincere sé stesso?

 Ho avuto davvero questa sensazione, ho percepito il tentativo di trasmettere, ora, con forza, l'importanza della questione.

 

"Ho partecipato a molte sessioni di apprendimento nel 2005 e, proprio come quando ho fatto un “TED talk” nel 2015 mettendo in guardia sulla pandemia, ho anche tenuto un “TED talk “nel 2010 per mettere in guardia sul cambiamento climatico.

Perché ne stiamo già vedendo gli effetti, gli effetti negativi sui più poveri che non hanno fatto nulla per creare il problema.

 La ragione per cui è il momento di pubblicare il libro ora non è a causa delle mie opinioni, che sono sempre state molto chiare su quale sia il problema, ma piuttosto per il fatto che, vista l'energia dei sostenitori, c'è la possibilità che le giuste priorità politiche e la giusta spinta verso l'innovazione prendano piede.

Anche lavorando su questioni complicate come le emissioni nei settori dell'acciaio, del cemento e del carburante per l'aviazione, c'è una possibilità che il cambiamento possa accadere.

 In particolare, quest'anno, con i fondi programmati per il clima e l'imminente incontro di Glasgow (COP26), ho pensato che un quadro di quanto possa risultare difficile, di come ho visto l'innovazione progredire e di quello che io chiamo il “Green Premium”, fosse molto opportuno.

 Il libro è parte di queste discussioni".

 

Il ruolo degli Stati Uniti di Biden.

 Ritiene che sia il momento appropriato anche per inviare forse un messaggio al presidente Joe Biden.

 L'ha già fatto?

E pensa che le persone a Washington lo ascolteranno?

"Sì, ho certamente parlato non solo con il Presidente, ma anche con tutte le sue persone chiave che lavorano sul clima, come “John Kerry”, l'inviato per il clima.

 Sto parlando molto anche con il Regno Unito in merito alla Conferenza e su come ci si debba assicurare che copra non solo le questioni facili, ma anche quelle difficili.

 Quindi, sì, il dialogo con l'amministrazione Biden è molto promettente".

 Cosa mi dice del popolo americano? Perché l'America è uno dei Paesi in cui si sentono alcune delle voci più scettiche riguardo al clima.

Cosa pensa di questo, in relazione al libro?

Ovviamente, lei l'ha scritto per un vasto pubblico.

"Beh, ci sono sempre più giovani, anche repubblicani, che vedono questa come la 'causa morale'.

 I partiti possono avere punti di vista diversi, ma sempre di più si tratta di cosa si stia facendo per il cambiamento climatico, non se sia un problema o meno".

 

C'è spazio per il nucleare?

- Parliamo di alcune tecnologie, perché il suo libro è una grande panoramica sulla tecnologia. Lei parla del potenziamento del solare, dell'eolico e di come queste soluzioni stiano diventando più economiche. Parla anche molto della tecnologia nucleare, che non incontra il favore degli attivisti verdi. Pensa che il nucleare debba essere presente in un futuro a zero emissioni?

 

"Beh, il settore dell'elettricità sarà molto più esteso perché ci vorrà tutta l'energia per le autovetture, il riscaldamento, il raffreddamento degli edifici e per molti processi industriali. Mantenere l'affidabilità, anche durante i periodi di maltempo, sarà un problema enorme. Perciò, o arriva un miracolo nello stoccaggio, che forse non avremo, o abbiamo bisogno di qualche fonte verde che non dipenda dal meteo. Quindi, con un approccio che parte da zero, una nuova generazione può sostenere i costi, la sicurezza, il trattamento delle scorie, e cioè tutti i problemi che riguardano il nucleare? Vale la pena di lavorare su questo, anche perché potrebbe essere necessario per affrontare il cambiamento climatico. Dunque, sì, penso che dovremmo approfondire la questione. Questo non ha niente a che fare con l'attuale generazione di reattori. Si tratta di un progetto in cui la sicurezza si basa unicamente sulla fisica, non su quello che fanno o non fanno gli operatori".

 

- Quindi, lei sostiene che debba evolversi così da qui al 2050? Avremo probabilmente più nucleare di quanto ne abbiamo ora?

 

"No. Se riuscissimo a ottenere un'invenzione miracolosa che ci permettesse di immagazzinare una quantità incredibilmente grande di elettricità, tipo due settimane - che è più di ogni batteria mai prodotta per 10 volte - se riuscissimo ad arrivarci, allora si potrebbero avere le fonti intermittenti, insieme allo stoccaggio, come soluzione. Ma poiché questo è incerto, dobbiamo perseguire ogni strada che possa portarci a zero emissioni entro il 2050. Con il nucleare c'è molto da capire: ad esempio, l'opinione pubblica sarà di larghe vedute una volta che sarà stato verificato nei prossimi cinque anni? Sarà aperta a un progetto completamente nuovo o no?".

 

Reti e connessioni

- Inoltre, come si gestisce la distribuzione? Per dire, ad esempio, negli Stati Uniti c'è molto sole nel sud-ovest, ma come si riesce a far arrivare l'energia dall'altra parte del Paese e poi attraverso i confini? Come si fa ad affrontare queste sfide?

 

"Beh, in qualsiasi scenario, l'Europa e gli Stati Uniti dovranno sviluppare molte più connessioni. Perché puoi avere un fronte di freddo e avere tutto l'eolico e il solare bloccati. Quindi, bisogna sperare che le dimensioni del continente permettano che, da qualche parte, ci sia una fonte di energia. Abbiamo realizzato un modello open-source che permetterà alle persone di fare delle simulazioni: quello che vedranno è che molta più rete di trasmissione è un tassello necessario".

 

- Lei parla anche di geoingegneria, ad esempio di come rendere le parti alte delle nuvole più bianche in modo da riflettere più luce, come ultima risorsa per affrontare il cambiamento climatico. Siete davvero convinti di queste tecnologie?

 

"No, non è una soluzione al cambiamento climatico. Ho pensato che fosse importante menzionarla nel libro, perché ci sono persone che studiano la materia. Al massimo, ritarderebbe il problema di 10 o 15 anni mentre ci liberiamo delle fonti di emissione. Ma, sapete, non parlarne sarebbe stato un errore, perché è una realtà e la gente dovrebbe capire che non è in alcun modo una soluzione permanente. È probabile che non venga utilizzata affatto. Ma quando si è di fronte a questo scenario catastrofico, valutando quali numeri siano a un vicolo cieco e quali no, dobbiamo iniziare da questo".

Riorganizzare il sistema globale

- Possiamo ingegnarci per uscire dai guai? Abbiamo riposto molta fiducia nella tecnologia e il libro spiega tutto. Ma è davvero una soluzione o dobbiamo solo riorganizzare il nostro sistema globale?

 

"Le persone nei Paesi in via di sviluppo meritano di avere un alloggio di base. Meritano di avere la luce di notte. A causa di quanto caldo farà vicino all'equatore, meritano di avere l'aria condizionata. E, poi, non fermeremo tutti i voli, tutti gli edifici, tutti i trasporti, tutto il bestiame. Dobbiamo essere in grado di moltiplicare per zero qualunque sia l'unità di questi fattori, altrimenti non si può arrivare a zero emissioni. Quindi, è fantastico che le persone nei Paesi ricchi riducano i loro consumi, questo riduce le emissioni. Ma questo non è assimilabile a un piano completo per portare il pianeta a zero emissioni".

 

- Lei parla molto della necessità di essere equi e giusti. Pensa che sia effettivamente possibile arrivare al 2050 e che accada quello che lei vorrebbe vedere: raggiungere l'obiettivo delle zero emissioni?

 

"Sì. Basta vedere alcune innovazioni, come il chip del computer, le comunicazioni wireless. Voglio dire, è fenomenale come la qualità della vita sia stata migliorata e la durata della vita sia molto più lunga. Anche questi vaccini per la pandemia sono grandi esempi di questo. Ma ci arriveremo solo se usiamo tutti i 30 anni, da qui al 2050, e lavoriamo su tutte le fonti di emissione in tutti i diversi Paesi. Per ora, non abbiamo tutte le giuste misurazioni. Non abbiamo davvero cambiato cose come la rete elettrica. Quindi, il libro è una specie di chiamata all'azione. Riuniamoci per elaborare un piano perché è davvero importante".

Le soluzioni basate sulla natura sono sufficienti?

- Molti dei nostri spettatori ci hanno chiesto delle soluzioni basate sulla natura, cose come piantare alberi per togliere la CO2 dall'atmosfera. È un modo valido di procedere?

"Beh, purtroppo, con 51 miliardi di tonnellate di emissioni all'anno non è semplice. La natura è brava a far crescere alberi in molti posti, ma la quantità di riduzione non sarebbe in percentuale elevata. E bisognerebbe finanziare il reimpianto di quegli alberi per migliaia di anni, perché quando si immette CO2 nell'atmosfera rimane lì per migliaia di anni. Quindi, se si dice che si vuole compensare qualcosa, allora bisogna valutare che gli alberi bruciano o muoiono ogni 40 anni. Per finanziare davvero questo, il costo per tonnellata, diciamo per 4.000 anni, è molto, molto alto. Sbarazzarsi delle emissioni in questi processi sarà l'unico modo per gestire tutti i 51 miliardi di tonnellate di gas serra emessi".

 

- E cosa pensa della possibilità di togliere la CO2 dall'atmosfera meccanicamente, usando delle macchine?

"Sto finanziando un sacco di aziende che si occupano di cattura diretta dell'aria. Anche qui, il costo per tonnellata è ancora troppo alto, ma ci sono molte nuove idee. Sapete, oggi costa più di 400 dollari a tonnellata. Perciò non è sostenibile risolvere il problema in questo modo. Se riusciamo a portarlo sotto i 100 dollari a tonnellata, può essere parte della soluzione. E, quindi, è come l'idrogeno verde o il carburante verde per l'aviazione. La cattura diretta dell'aria è una delle cose che i governi dovrebbero sostenere e generare una domanda per le migliori soluzioni".

 

Il Green Deal europeo, secondo Gates.

- Lei parla nel libro di governi, legislazioni, politiche. Mi chiedo cosa pensi del “Green Deal europeo”, che lega i fondi del “Recovery Fund” agli investimenti verdi. Non si ottiene il denaro se non si investe in qualcosa di verde. Pensa che stiano andando abbastanza lontano con questo?

 

"Beh, penso che sia fantastico. È un grande impegno. Penso che l'impatto dipenderà dalla qualità di quei progetti. Così, il nostro team scientifico che ha finanziato tutte queste start-up cercherà di collaborare con l'Europa il più possibile su quei progetti perché bisogna provare le cose in scala. E quel denaro può accelerare il lavoro. La discussione è legata al fatto di usarlo per molte delle fonti di emissioni, non solo per l'elettricità rinnovabile o per le autovetture, ma anche per le questioni più complesse. Quindi, è fantastico che abbiano preso questo impegno per andare avanti e finanziare quei progetti".

Più tasse per i ricchi: una soluzione.

- Abbiamo bisogno di innovare su tutti i fronti, e tutto ciò richiederà molto denaro. Pensa che i miliardari di questo mondo - e lei fa parte del club - dovrebbero essere tassati di più? Dovrebbero essere obbligati a investire di più in queste cose?

 

"La politica fiscale è una questione che riguarda ogni singolo paese. Ho parlato delle tasse americane, del fatto che potrebbero essere più alte. Ma non sono un esperto di tasse europee. I governi dovranno fare un passo avanti in materia. Richiederà risorse, proprio come quando si tratta di istruzione e la sanità".

- Ma come si fa a motivare la politica? Perché c'è molta determinazione sulla salute al momento, ma dov'è la motivazione per perseguire quel tipo di innovazione e di cambiamento di cui lei sta parlando?

"Beh, i costi. Come abbiamo visto con la pandemia, il costo per realizzare questi nuovi strumenti è stato di miliardi, e si risparmierà la tragedia economia che è di trilioni e trilioni di dollari".

 

- Come si fa a creare la volontà politica? Voglio dire, non so se sia facile, perché i politici non vedono lontano, e lo sappiamo.

 

"A meno che le giovani generazioni non parlino in maniera costante - e mi congratulo con i sostenitori che l'hanno guidata - e a meno che non esprimano fortemente ancora le loro opinioni, è possibile che non si facciano i giusti compromessi. E il livello di morti sarà drammaticamente più alto di qualsiasi cosa si sia vista durante la pandemia. Non sarà possibile uscirne se si lascia che ci piombi addosso. In questo caso, si soffrirà per molti decenni".

 

Esiste un vaccino contro il cambiamento climatico?

- Voglio concludere facendo riferimento alla pandemia e al vaccino, ora. Esiste un vaccino per il cambiamento climatico?

"No, abbiamo bisogno di più di una dozzina di innovazioni rivoluzionarie per far fronte a tutte queste fonti di emissioni. E, quindi, non sono solo le auto elettriche, non è solo il carburante verde per l'aviazione, non è solo la carne artificiale. C'è molto da fare nella produzione e nell'agricoltura, nelle costruzioni e nel trasporto. Ma la distruzione permanente degli ecosistemi naturali è molto, molto peggio rispetto anche al picco della pandemia. Dovrebbe quindi essere una causa attorno alla quale l'umanità può unirsi. Sarà difficile, ma se ci riusciremo, sarà la cosa migliore che abbiamo mai fatto".

 

In che senso bisogna “Salvare il Pianeta.”

Pagellapolitica.it – Redazione – (30 SETTEMBRE 2019) – ci dice:       

 

Il 27 settembre 2019, il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha scritto un post sui social a sostegno del “Global Strike for Future”, la manifestazione mondiale per il clima, dicendo che «se la Terra muore non c’è più posto per nessuno […] Salvare il pianeta è una responsabilità di tutte e tutti».

Ma è vero che il riscaldamento globale può “uccidere” il nostro Pianeta – tutta la vita sul nostro Pianeta, compresa la specie umana? E da un punto di vista comunicativo, messaggi di questo tipo sono efficaci?

Di che cosa stiamo parlando?

 

Il riscaldamento globale è un fenomeno reale e il consenso della comunità scientifica è pressoché unanime sulla responsabilità almeno parziale della nostra specie.

La ricerca più autorevole e recente sul tema è stata pubblicata a ottobre 2018 dall”’Intergovernmental Panel on Climate Change£ (Ipcc), il principale organismo internazionale delle Nazioni Unite che studia il fenomeno del riscaldamento globale.

Nel “Sommario per i decisori politici” (tradotto in italiano a luglio 2019 dalla Società italiana per la scienza del clima) si legge che le attività umane hanno causato un riscaldamento globale di circa 1°C rispetto ai livelli preindustriali e che «è probabile che il riscaldamento globale raggiungerà 1,5°C tra il 2030 e il 2052 se continuerà ad aumentare al tasso attuale».

Secondo diversi ricercatori nonostante gli accordi tra gli Stati si rischia di superare comunque l’aumento medio di 2°C – superando addirittura i 3°C appena dopo il 2100 – ma questo scenario dipende dalle scelte future, dal cosa si farà per rallentare il riscaldamento globale.

In questo contesto, le conseguenze per il nostro Pianeta (anche solo con l’aumento di mezzo grado, da +1,5°C a +2°C) potrebbero essere disastrose. In realtà anche solo un decimo di grado in più – che può sembrare poca cosa – potrebbe causare danni irreparabili, dal momento che gli effetti di questi aumenti non sono lineari, ma possono essere repentini ed estremi.

Tra questi, è compresa anche la “morte della Terra”?

La scomparsa della vita.

 

«“Uccidere il Pianeta” è una cosa molto difficile da fare: tutti gli studi più recenti propendono per il fatto che anche un effetto serra incontrollato e irreversibile non dovrebbe riuscire a portare all’estinzione completa della vita sulla Terra», ha spiegato a “Pagella Politica”” Stefano Caserini”, ingegnere ambientale e professore di “Mitigazione dei cambiamenti climatici” al Politecnico di Milano.

«I danni del riscaldamento globale sulle specie viventi sono comunque qualcosa di straordinario, di veramente nuovo nella storia della civiltà umana».

 

Questa tesi è confermata da numerosi studi scientifici, secondo i quali è molto probabile che ci troviamo all’inizio di un’estinzione di massa (la sesta nella storia della Terra), anche se è presto per averne la certezza – come abbiamo scritto di recente.

 

Secondo le stime del 2019 dell’”Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes) dell’Onu – l’equivalente dell’Ipcc per la biodiversità – l’emergenza climatica sta mettendo a rischio di estinzione molte più specie che in passato.

Un milione circa, tra animali e piante, potrebbe sparire per sempre nel giro di pochi decenni.

«È da tempo che si discute sul “Salvare il Pianeta” perché è un’espressione nata in una cornice concettuale e verbale che arriva da lontano: si è diffusa nel mondo dell’ecologismo e sta a indicare il salvataggio di alcuni aspetti del Pianeta che stanno scomparendo, come le specie viventi», ha spiegato a “Pagella Politica” “Massimo Sandal”, ex ricercatore di biologia molecolare che oggi scrive di scienza e di comunicazione scientifica per riviste come “Le Scienze” e “Il Tascabile”.

«Nei fatti la Terra, intesa come “ammasso di roccia che vaga nello Spazio”, ovviamente se la caverà, ma intesa come insieme di ecosistemi riceverà danni immensi».

Esistono poi delle specie che potrebbero trarre giovamento da un aumento medio delle temperature, o più in generale da eventuali catastrofi ambientali.

«In biologia si parla di “disaster taxa”: sono specie, per così dire, “approfittatrici” che nel momento in cui gli ecosistemi vengono alterati e disintegrati riescono a proliferare bene e a prendere il sopravvento», ha sottolineato “Sandal”.

 

Per esempio, con la terza estinzione di massa, avvenuta circa 250 milioni di anni fa alla fine del “Permiano”, presero il sopravvento alcuni organismi tra i cosiddetti “bentonici”, ossia quelle forme di vita che se ne stanno sui fondali, fissati su superficie solide.

Secondo studi recenti, per esempio, le meduse sarebbero una delle forme di vita a “beneficiare” di più dell’attuale riscaldamento globale, così come alcuni tipi di alghe, come sottolineato dal rapporto del 2018 dell’Ipcc.

L’estinzione degli esseri umani.

L’implausibilità di una scomparsa totale della vita sulla Terra vale nello specifico anche per un’eventuale scomparsa della specie umana.

La risposta alla domanda “il cambiamento climatico causerà l’estinzione umana?” è infatti con ogni probabilità “no”, anche se, dalla scarsità di cibo alla diffusione di nuove malattie, i rischi per la nostra specie sono moltissimi – come ha sottolineato in un articolo di maggio 2019 su “The Conversation” “Anders Sandberg”, ricercatore dell’Università di Oxford.

«Da un punto di vista scientifico, non si può parlare di estinzione della specie umana causata dal riscaldamento globale, perché non sappiamo cosa succederà con certezza nei prossimi decenni. Un conto è un possibile olocausto nucleare, un altro è l’aumento medio delle temperature», ha spiegato “Sandal”.

 

«In ogni caso il modello sociale ed economico in cui viviamo dovrà cambiare: vuoi che cambi perché l’emergenza climatica avrà effetti irreversibili, vuoi che cambi perché decidiamo noi di evitare che questo possa avvenire. Le cose non potranno rimanere così».

Fare leva su questo aspetto è più efficace che ripetere “Salviamo la Terra”? Su questo aspetto, il dibattito è in corso.

 Vediamo perché.

 

Un’utile metafora?

In un citatissimo monologo intitolato “Saving the Planet,” il comico statunitense “George Carlin” (morto nel 2008) si prendeva gioco della retorica ambientalista, dicendo che con il riscaldamento globale «il Pianeta se la passerà bene: a essere fottuti saranno gli esseri umani».

Un concetto simile è stato espresso anche in un altro episodio famoso, quello dell’attore “Charlton Heston”, che nel 1995 lesse in diretta telefonica al programma tv “The Rush Limbaugh Show” una versione editata di un capitolo del libro “Jurassic Park “di “Michael Crichton”.

«Pensate di poter distruggere il Pianeta? È una vanità che dà alla testa», disse Heston. «Prima o poi, quando la Terra sarà inospitale, la vita si diffonderà di nuovo. L’evoluzione ricomincerà di nuovo».

 

Entrambi questi commenti, come abbiamo visto, sono in un senso strettamente scientifico condivisi anche da una buona parte della comunità scientifica.

«A costo di ripetere l’ovvio: non si tratta di “Salvare il pianeta”, ma la qualità della vita del numero più grande possibile di esseri umani – inclusi i nostri figli e nipoti – e di tenere in piedi una qualche forma di civiltà.

Il pianeta se la cava da solo, tranquilli», ha scritto su Twitter il 19 settembre 2019 l’astrofisico e divulgatore scientifico “Amedeo Balbi”.

 

Ma quanto è utile, a fini comunicativi, fare leva sulla possibile morte della Terra per mobilitare le persone contro il riscaldamento globale, come ha fatto Zingaretti?

«“La Terra muore” è una metafora: sulla sua utilità bisogna partire dal presupposto che i messaggi non hanno su tutti lo stesso effetto», ha spiegato “Caserini”.

 «Trent’anni di comunicazione sulla scienza del clima ci dicono che magari per delle persone, penso al maschio, adulto, cinquantenne, “Salviamo il Pianeta” non ha un effetto, su ragazzi di 18 anni è una cosa diversa».

Secondo “Sandal”, invece, «dire che “Il Pianeta è in pericolo” può essere verosimile da un punto di vista metaforico, ma secondo me non è un messaggio estremamente utile.

Il rischio è quello di dire: “Vabbè, sono la Terra e gli animali a rischiare di più, a me che cosa importa?”.

È una metafora che ha un’utilità limitata, ha più senso premere a livello mediatico sul fatto che nel breve periodo a morire rischia di essere il modello sociale ed economico in cui viviamo».

In questo dibattito, si ripropone su un piano più generale una questione analizzata da tempo all’interno della comunicazione scientifica:

come si è chiesto un articolo pubblicato da “Vox” a giugno 2019, è meglio descrivere il cambiamento climatico come un fenomeno catastrofico per il Pianeta o come una minaccia esistenziale per lo più per la nostra specie?

 

La risposta potrebbe essere entrambe le opzioni.

 

Da un lato, c’è chi come “David Wallace-Wells” (autore nel 2019 del fortunato libro “The Uninhabitable Earth: Life After Warming”, non ancora pubblicato in italiano) sostiene che il panico e la paura del riscaldamento globale «potrebbero essere l’unica cosa in grado di salvarci».

 Parole che riecheggiano quelle dell’attivista “Greta Thunberg”, che al “World Economic Forum di Davos” di gennaio 2019 aveva detto ai leader mondiali: «Non voglio la vostra speranza, voglio il vostro panico».

 

Dall’altro lato, c’è chi sostiene che il fatalismo, legato a una inevitabile distruzione della vita sul Pianeta, possa condurre all’immobilismo, e non all’azione.

Uno studio di maggio 2019, pubblicato su “Frontiers in Communication”, è giunto alla conclusione che “speranza” e “dubbio” debbano essere entrambi due elementi centrali nella comunicazione dell’emergenza climatica, se proposti in maniera costruttiva.

In conclusione.

Un messaggio che si sente spesso ripetere a sostegno della lotta ai cambiamenti climatici è che bisogna salvare il Pianeta:

che «se la Terra muore non c’è più posto per nessuno», come ha scritto su Facebook il segretario del Pd Zingaretti.

Da un punto di vista strettamente scientifico, non è vero che il riscaldamento globale possa cancellare la vita sul nostro Pianeta, sia quella animale in generale, che quella umana.

È vero però che i tassi di estinzione stanno aumentando sempre di più, e che l’emergenza climatica è innanzitutto una sfida per il nostro modello sociale ed economico.

Su quale dei due aspetti bisogna focalizzarsi per fare divulgazione scientifica, e responsabilizzare i lettori (o gli elettori all’azione)?

Da un punto di vista comunicativo, c’è chi sostiene che la morte della Terra possa essere un’utile metafora, mentre secondo alcuni rischia di avere un’efficacia limitata.

In conclusione, entrambi gli aspetti sembrano necessari: descrivere l’emergenza climatica solo come una catastrofe per il Pianeta è un’operazione monca per mobilitare le persone, se non accompagnata dal presupposto che è anche – se non soprattutto – una minaccia esistenziale per noi.

 

 

 

Israele non sospenderà la guerra.

Italiaoggi.it - Paolo Rossetti - Giallongo, col. dei Carabinieri – (10-12-2023) – ci dicono:

Fino alla distruzione di Hamas.

Il dopo sarà gestito con alcuni paesi arabi affidabili.

“Continueremo l'operazione militare anche senza il sostegno internazionale».

 La risoluzione dell'Assemblea generale dell'Onu che chiede il cessate il fuoco non è piaciuta a Israele che però, alla fine, ha reagito annunciando che continuerà a bombardare per arrivare a raggiungere il suo obiettivo: eliminare Hamas.

 E lo farà anche al di là delle dichiarazioni di Biden avverse a Netanyahu.

Sarà difficile raggiungerlo al 100 per cento, osserva “Vincenzo Giallongo”, colonnello dei carabinieri in congedo con all'attivo diverse missioni in Albania, Iraq, Kuwait e Kosovo, ma Tel Aviv, ammesso che riesca a raggiungere il suo obiettivo, si fermerà solo quando avrà raggiunto un sufficiente livello di sicurezza.

Quanto ci vorrà, è difficile dirlo, probabilmente più delle quattro settimane auspicate dagli americani.

 Il pericolo di un allargamento del conflitto adesso sembra venire solo dal confine con il Libano, anche se sarebbero in corso delle trattative per spostare le forze di Hezbollah a nord del fiume Litani, proprio per neutralizzare la pericolosità degli attacchi provenienti da quella zona.

Per il dopoguerra, invece, gli israeliani non vogliono trattare né con Hamas né con Fatah, ma con i Paesi dell'area, probabilmente visti come possibili garanti della sicurezza di Gaza, per scongiurare che diventi ancora la base di attacchi contro Israele.

Domanda.

Colonnello, Israele per l'ennesima volta non ascolta l'Onu dopo che l'Assemblea generale ha chiesto il cessate il fuoco:

continuerà davvero l'operazione militare senza curarsi del sostegno internazionale, come ha detto il ministro degli Esteri “Eli Cohen”, anche nonostante le dichiarazioni di Biden contro Netanyahu e il suo esecutivo?

 

Risposta.

Gli Usa in precedenza, in Consiglio di sicurezza, avevano già messo il veto al cessate il fuoco.

Quindi, al di là delle dichiarazioni di Biden, continuano a sostenere Israele:

 fanno finta di prendere le distanze ma ancora materialmente non le hanno prese. L'ultima risoluzione Onu lascia il tempo che trova perché le Nazioni Unite non hanno veri poteri.

Anche per questo gli israeliani andranno avanti:

questo conferma la tesi secondo cui non erano all'oscuro dell'attacco del 7 ottobre ma lo hanno sfruttato come pretesto per la resa dei conti con Hamas.

Quello che vogliono fare è chiudere con Hamas:

le loro posizioni, molto rigide, sul non volere un governo palestinese a Gaza lo dimostrano.

L'intenzione è di eliminare Hamas, possibilmente anche Fatah, e poi si discuterà del futuro della Striscia.

 

D.) Israele attacca al Sud della Striscia ma i combattimenti proseguono anche al Nord, che sembrava già bonificato: distruggere Hamas potrebbe essere più difficile del previsto?

R.) Credo sia più difficile di quello che pensano.

 Hamas ha usato i finanziamenti per realizzare i tunnel e armarsi.

 Uomini ne ha.

Anche la dichiarazione degli Usa per cui i combattimenti dureranno un altro mese in realtà è solo un loro auspicio.

Sulla vittoria di Israele non ho dubbi, anche perché gli altri Paesi del Medio Oriente vogliono tenersi lontani da questa polveriera.

Così è per Giordania, Egitto, e al di là dei proclami, anche per l'Iran.

Gli unici che potrebbero rappresentare un pericolo sono gli uomini di Hezbollah.

Il conflitto potrebbe allargarsi lì.

 

D.) Secondo il “Jerusalem Post,” tuttavia, Israele sta trattando diplomaticamente, appoggiandosi anche a Gran Bretagna e Francia, per un allontanamento di Hezbollah dalla linea del fronte.

 Si tratta di un gruppo sostenuto dagli iraniani: può alzare lo scontro con Tel Aviv senza il beneplacito di Teheran?

R.) Hezbollah non è completamente sotto il controllo iraniano, non è escluso che ci siano sacche autonome che vogliono continuare una guerra di logoramento di Israele.

 Le trattative cercano di riposizionare Hezbollah e garantire un certo margine di sicurezza, non escluderei che qualche frangia integralista, però, continui.

D.) Gli israeliani riusciranno a controllare totalmente la Striscia di Gaza come dicono di voler fare?

R.” Il controllo ci sarà, bisogna vedere in che percentuale: sacche di resistenza ci saranno sempre, non si possono eliminare tutti i fanatici di Hamas.

Faranno dei conti, capiranno di aver eliminato il 70-80-90 per cento della presenza terroristica, la percentuale che riterranno sufficiente.

 Il 100 per cento non si può raggiungere.

 Raggiunto il livello di controllo che avranno deciso, senza farsi influenzare da nessuno, neanche dagli americani, cominceranno le trattative.

Senza parlare con Hamas e Fatah, con un tavolo più alto.

 

D.) Quindi con chi vogliono discutere il futuro di Gaza?

R.) Con il Qatar, ad esempio, e aprendo un tavolo allargato ai Paesi vicini, interlocutori più credibili di terroristi come Hamas.

Lo farebbero partendo da un punto di forza, dal controllo di Gaza.

Discutere con uno Stato è più credibile.

D.) Se però Hamas è distrutta all'80 per cento vuol dire che qualcuno può ancora ricominciare ad attaccare Israele: come si scongiura questo pericolo?

R.) Dagli altri Paesi Israele vuole garanzie che non fomentino più il terrorismo di Hamas.

Vogliono trattare chiedendo di avere queste assicurazioni.

Un obiettivo che vedo raggiungibile con il Qatar, con tutti i Paesi, meno che con l'Iran.

(Il Sussidiario.net)

Perché sarà difficile distruggere Hamas.

Parla Vidino (George Washington University)

Starmag.it – Redazione – Lorenzo Vidino – (14-1-2024) – ci dice:

 

La guerra di Israele nella Striscia di Gaza ha l'obiettivo quello di sradicare il gruppo terroristico Hamas: ma è davvero possibile?

(L'intervista di Affarinternazionali a Lorenzo Vidino, direttore del Programma sull’estremismo della George Washington University.)

Nelle sue ricerche si è occupato in più occasioni del movimento terroristico Hamas, autore del barbaro pogrom di ebrei in Israele il 7 ottobre dello scorso anno.

Riesce a farci comprendere struttura, organizzazione, obiettivi, punti di forza e debolezza del “Movimento Islamico di Resistenza”?

Hamas, come lo statuto dell’organizzazione dice chiaramente, è il ramo palestinese dei “Fratelli Musulmani”, il più grande “movimento globale islamista”, che ha come obiettivo quello dell’islamizzazione della società e la creazione di regimi governati dalla “Sharia”, la legge islamica.

I Fratelli Musulmani utilizzano, al contrario di gruppi che definirei jihadisti, come “Al Qaeda” o lo” Stato Islamico, un mix di attivismo a livello sociale, politica e violenza.

Al contrario quindi di gruppi che utilizzano praticamente solo la violenza, hanno un approccio di più lungo termine per l’islamizzazione della società, fornendo servizi sociali alla popolazione.

Questa lunga opera di ingegneria sociale, volta appunto a islamizzare la società, a portare la società a vivere l’Islam come il gruppo ritiene corretto, ha un obiettivo politico: quello della creazione di uno stato islamico.

A seconda delle circostanze, i Fratelli optano per soluzioni di attivismo sociale, politico o attività militari, quindi in sostanza scelgono le tattiche a seconda del contesto.

Hamas, come ogni branchia dei Fratelli Musulmani, agisce su questi tre campi, quello sociale, quello politico e quello militare.

 Opera all’interno della comunità palestinese, ha partecipato alle elezioni politiche, offre servizi sociali alla popolazione, ma utilizza per ottenere i propri risultati anche la violenza, in maniera anche brutale come abbiamo visto il 7 ottobre, in un certo senso non dissimile da Stato Islamico e Al Qaeda.

Diciamo che Hamas ha avuto la capacità, negli ultimi anni, di creare un sistema e di inserirsi in un sistema internazionale ancora più grande di alleanze che, se da una parte lo ha isolato politicamente, gli ha però permesso di ottenere fondi e supporto militare, inserendosi in quello che è il cosiddetto “asse della resistenza a direzione iraniana”.

 Hamas è parte della costellazione di vari gruppi sciiti, pur essendo sunnita, legati a stretto filo all’Iran, di cui fanno parte Hezbollah, gli Houthi dello Yemen, le varie milizie sciite in Siria e Iraq.

Grazie a questa sponsorship iraniana, il movimento ha potuto contare e soprattutto svilupparsi militarmente.

Dal punto di vista finanziario ha invece potuto contare sul supporto del “Qatar”. Questo sistema di alleanze a livello internazionale, ha consentito all’organizzazione di sopravvivere e rinforzare la propria posizione.

 

La guerra scatenata da Israele contro la Striscia di Gaza ha come obiettivo quello di sradicare il gruppo terroristico dall’area.

 Crede sia un’operazione realizzabile?

“John Kirby”, coordinatore del “Consiglio di Sicurezza Nazionale USA”, ha affermato – durante una recente conferenza stampa – che Israele può indebolire Hamas, ma che “probabilmente” il gruppo non verrà annientato.

Qual è la sua opinione e che idea si è fatto della strategia militare israeliana?

È chiaramente molto in fieri e tutto in progress, quindi è difficile risponderle. Ritengo però che “Kirby” possa probabilmente avere ragione.

 Come più di 20 anni fa, quando Bush sulle macerie delle Torri Gemelle parlava di porre fine al terrorismo, obiettivo poco realizzabile, ma che suonava bene, anche in questo caso, sebbene si tratti di un obiettivo più limitato, distruggere Hamas risulta comunque difficile per vari motivi.

Prima di tutto perché Hamas ha una forte presenza di leadership, alta e di medio livello, in una serie di altri paesi.

 E se in alcuni di questi i leader possono essere colpiti dagli israeliani, come abbiamo visto in Libano qualche giorno fa, in altri paesi, come Turchia o Qatar, risulta molto più difficile.

Ricordiamoci che quando il nemico numero uno di Israele era l’”OLP”, l’organizzazione palestinese pur vedendo i suoi leader cacciati dal territorio palestinese, riuscì a ricostituire una leadership a Tunisi, in Giordania, in Siria, in Libano.

 Il gruppo rimase in piedi.

 

Inoltre siamo in presenza di un movimento che ha forti radici nella società palestinese, soprattutto a Gaza, ma non solo, anche nella Cisgiordania.

 Non stiamo parlando di gruppi come “Al Qaeda” o “ISIS” – che comunque gli americani in più di venti anni non sono riusciti a spazzare via – ma di un gruppo che per questa vocazione sociale di cui parlavo prima è molto legato alla società palestinese.

Questo non vuol dire che tutti i palestinesi siano membri di Hamas, o supporter di Hamas, ma che comunque Hamas abbia dei legami forti nella società è evidente.

Visto dunque che l’evoluzione del conflitto pare stia andando in direzione di una certa de-escalation israeliana, cioè la riduzione di operazioni militari – soprattutto in virtù delle pressioni americane e internazionali – è chiaro come risulti molto difficile pensare che si possa riuscire ad annientare, far sparire o fare evaporare il movimento.

Si entrerà probabilmente in una fase nuova in cui Hamas avrà di sicuro una presenza più debole nella Striscia di Gaza.

La grande incognita è quanto rimarrà a Gaza dell’organizzazione.

Anche negli Stati Uniti d’America, come si evince dal suo paper “The Hamas Network in America: A Short History” – pubblicato per il Programma sull’Estremismo della George Washington University – individui e reti che forniscono varie forme di sostegno ad Hamas sono attivi in America da decenni.

Di che fenomeno si tratta?

Il discorso fatto in quel paper per quanto riguarda gli Stati Uniti, è più o meno identico a quello di tutti i Paesi europei, chi più chi meno, Italia inclusa.

Ossia, esiste una diaspora palestinese, una parte composta da soggetti legati ad Hamas, che svolgono una serie di attività sociali, politiche e di supporto finanziario a favore dell’organizzazione.

Sono comunità che esistono da 30/40 anni, con numeri relativamente ridotti, però ben insediate nei vari Paesi occidentali in cui operano, legate alla più grande famiglia dei “Fratelli Musulmani”, supportate dai Fratelli egiziani, siriani, algerini, giordani e via dicendo.

Nel tempo questi piccoli network hanno saputo creare una serie di strutture, formali e informali, che svolgono una serie di attività a supporto di Hamas.

Sono attività di mobilitazione delle comunità, come le manifestazioni di piazza a cui assistiamo da anni e che abbiamo visto in modo particolare dopo il 7 ottobre. Sono molto bravi nello svolgere questa attività anche perché, oltre a nuotare nella galassia islamista, hanno creato tutta una serie di legami con mondi diversi, per esempio con la sinistra, anche quella non estrema.

Riescono a creare legami con soggetti che, pensando semplicemente di aiutare la causa palestinese, non sono magari neanche consci del fatto che si tratti di network legati a Hamas.

 Sono cellule che operano con un piede nella legalità e un piede nell’illegalità, raccogliendo fondi che poi dirigono a Hamas, ma che le autorità occidentali – se si esclude quanto avvenuto negli Stati Uniti – hanno avuto difficoltà a dimostrare con delle prove nei tribunali”.

C’è un Paese, il “Qatar”, che ha assunto una notevole rilevanza nella diplomazia internazionale.

È uno stato ricco di contraddizioni, finanzia Hamas e ospita un’importante base degli Stati Uniti d’America.

 Che idea si è fatto sulla politica dell’Emirato?

Il Qatar è un Paese che da anni svolge una politica molto interessante, molto aggressiva, mirata a ritagliarsi un ruolo indipendente, rispetto ai suoi due cugini più grandi, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, con cui storicamente non va d’accordo.

L’emirato lo fa attraverso una politica particolare, all’apparenza piena di contraddizioni.

Cerca di ‘comprare’ – e non uso la parola a caso perché ha molto a che fare con il suo enorme potere economico – amici in mondi molto diversi.

Il “Qatar “è un amico apparente dell’Occidente, perché svolge una serie di attività che piacciono all’Occidente.

Ospita la più grande base americana in Medioriente, fa investimenti molto mirati e strategici in quasi tutti i paesi occidentali, “Italia inclusa”, investe in attività che non solo sono fruttifere, ma che portano il Qatar a presentarsi come partner importante alle élite dominanti dei vari paesi occidentali.

Pensiamo all’organizzazione dei mondiali di calcio o alla proprietà di grandi club calcistici.

Nello stesso tempo, il piccolo emirato supporta, sponsorizza, finanzia una serie di attori islamisti che vanno dai talebani, a Hamas, a una serie di altre milizie islamiste, se non jihadiste, in Siria e in altri paesi.

 Il Qatar fa ciò per tre motivi.

 Il primo è quello che di considerare questi attori come una lunga manus del Paese. Soprattutto durante il periodo delle primavere arabe, mentre Arabia Saudita e Emirati Arabi optavano per la stabilità, cioè per supportare i regimi esistenti contro le primavere arabe, il Qatar decideva di supportare la Fratellanza Musulmana e le varie rivoluzioni in cui Fratelli giocavano un ruolo, in Egitto, in Siria, in Tunisia e in altri Paesi.

Il secondo motivo è un motivo ideologico, di affinità ideologica.

 

Il Qatar ha una visione, un approccio all’Islam che è molto simile a quello dei Fratelli Musulmani.

Personaggi come “Yusuf al-Qaradawi”, leader spirituale dei Fratelli Musulmani, scomparso due anni fa, ha creato in sostanza il sistema educativo islamico in Qatar.

C’è un legame ideologico tra” Qatar” e “Fratellanza” che risale fino agli anni ’60. La terza motivazione infine è il volersi accreditare nei confronti della Comunità internazionale come interlocutore necessario verso attori problematici.

Il protagonismo nelle trattative sugli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas è solo l’ultimo esempio della loro strategia.

 

Qual è il ruolo della Repubblica Islamica d’Iran nella destabilizzazione del quadrante mediorientale e in che maniera viene pianificata? Quali reazioni sarebbero auspicabili da parte della comunità internazionale?

È chiaro ormai a tutti che l’Iran ha creato e supporta un sistema di gruppi destinati alla destabilizzazione dei singoli paesi mediorientali. Questa è una dinamica che esiste in alcuni casi da decenni, come in Libano, in altri da tempo più recente, come nello Yemen. La Repubblica Islamica segue questa strategia di creare una serie di gruppi o di cooptarli – per lo più sciiti, ma anche sunniti come nel caso di Hamas – supportandoli militarmente e operativamente, con un ruolo di destabilizzazione interna – vedasi Yemen, Bahrain, Iraq, Siria – creando una serie di dinamiche nei paesi favorevoli a Teheran.

 

Ma non solo, c’è anche un ruolo più globale di destabilizzazione regionale attraverso una internazionalizzazione del loro operato. Come si evince in questa fase, nel momento in cui gli Huthi si rendono protagonisti di azioni come quelle che stanno facendo nel Mar Rosso, è chiaro come si trasformino da attore locale in Yemen, ad attore di importanza regionale e globale. La strategia iraniana, che è sotto gli occhi di tutti, è a Washington fonte di un dibattito senza soluzione finale.

 

Come affrontare la questione iraniana? Il gap è spesso politico tra democratici e repubblicani. Ad una visione democratica di appeasement –convincere gli iraniani a cambiare strategie e ammorbidirsi – si contrappone quella repubblicana che vede l’Iran un come un attore destabilizzante, che non può essere affrontato in altro modo se non con durezza. Stiamo entrando nel vivo della campagna elettorale americana e i due approcci tra Biden e Trump non potrebbero essere più diversi, dove Biden è un fautore dell’approccio soft, Trump di quello radicale.

 

Secondo alcuni analisti, l’allargamento degli “Accordi di Abramo” attraverso un’alleanza tra Israele e Arabia Saudita, sarebbe stata l’effettiva causa scatenante il feroce attacco a Israele del 7 ottobre. Quali sviluppi sono immaginabili in questa fase così cruenta che vive il Medio Oriente?

È molto complicato prevedere questi sviluppi. Ritengo che quello che sta succedendo in Medio Oriente ritardi solamente un processo che di fatto è più o meno inevitabile, sebbene con tutte le difficoltà del caso: l’inclusione di Israele nel blocco sunnita, con un rapprochement con l’Arabia Saudita.

 

È un fatto – e questo penso possa aver stupito molti – che nessuno dei paesi degli Accordi di Abramo, abbia preso negli ultimi mesi nessuna misura importante contro Israele. I vari governi arabi hanno sì espresso condanna nei confronti di alcune azioni di Israele, hanno espresso supporto alla popolazione civile palestinese, hanno mandato aiuti, non c’è dubbio, ma nessuno di questi paesi ha tagliato le relazioni diplomatiche con Israele, nessuno ha neanche ritirato i propri ambasciatori.

 

Diciamo che paesi come Arabia Saudita, Emirati, Bahrain, capiscono perfettamente cosa stia succedendo, cioè che Hamas è una lunga manus iraniana e che quanto avviene è parte di una strategia di Teheran, che vede l’Iran contrapposto ad Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto, insomma il blocco sunnita. Non vanno trascurate le dinamiche interne, con simpatie profonde delle popolazioni arabe per i palestinesi e sentimenti anti israeliani molto diffusi, ma ritengo che il processo di inclusione di Israele, pur subendo un ritardo, pur tra tante difficoltà, alla fine proseguirà.

(Affari internazionali).

 

 

 

 

L'Iran attacca Israele, Gantz:

"Teheran pagherà un prezzo

nei modi e nei tempi opportuni"

La crisi.

Rainews.it – Redazione – (15 aprile 2024) – ci dice:

Khamenei: "Gerusalemme sarà dei musulmani".

Il G7 condanna l'attacco.

Fonti interne: rimandata reazione immediata per le pressioni americane.

 Riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza Onu.

L'Iran attacca Israele, Gantz: "Teheran pagherà un prezzo nei modi e nei tempi opportuni" . LaPresse.

Droni iraniani su Israele.

Iran all'Onu: Non vogliamo la guerra con gli Stati Uniti.

"L'Iran non ha intenzione di impegnarsi in un conflitto con gli Stati Uniti nella regione.

Tuttavia, se gli Stati Uniti avviassero operazioni militari contro l'Iran, i suoi cittadini, o la sua sicurezza e i suoi interessi, l'Iran utilizzerà il suo diritto intrinseco a rispondere in modo proporzionato".

Lo ha detto l'ambasciatore iraniano all'Onu “Saed Iravani “al Consiglio di Sicurezza.

 23:31- 14 Aprile.

L'ambasciatore israeliano all'Onu Gilad Erdan:" IL regime iraniano non è diverso dal Terzo Reich".

"Il regime iraniano non è diverso dal Terzo Reich e l'ayatollah “Ali Khamanei “non è diverso da Hitler".

 Lo ha detto l'ambasciatore israeliano all'Onu” Gilad Erdan” al Consiglio di Sicurezza chiedendo "tutte le sanzioni possibili" contro l'Iran.

"L'escalation senza precedenti di ieri sera mostra cosa succede quando gli avvertimenti non sono ascoltati - ha continuato - Il fatto che ieri Israele si sia mostrato superiore non toglie la brutalità dell'attacco".

23:28- 14 Aprile.

Hamas propone una nuova bozza accordo e chiede una tregua di 6 settimane.

Hamas ha presentato ai mediatori un accordo di cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi in cui chiede a Israele di osservare una tregua di sei settimane prima di avviare uno scambio con i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane.

Secondo quanto riferisce il quotidiano ebraico “Haaretz”, la proposta è stata presentata dopo che il gruppo terroristico ha rifiutato l'accordo mediato dagli Stati Uniti nella tarda serata di ieri.

Nella proposta, Hamas chiede che l'“Idf” cessi tutte le operazioni a Gaza e si ritiri dalle aree urbane per sei settimane, consentendo ai palestinesi sfollati di tornare a nord.

Solo dopo gli ostaggi verrebbero rilasciati, con una proporzione di 30 detenuti per ogni prigioniero, un netto rialzo rispetto alla proporzione di 1 a 3 valida fino all'ultimo scambio.

Richiede inoltre che per ogni soldato catturato siano rilasciati 50 prigionieri palestinesi - 30 dei quali condannati all'ergastolo.

 Hamas sostiene che utilizzerà le settimane di pausa nelle ostilità per localizzare gli ostaggi e accertare in quali condizioni si trovano.

Israele ha precedentemente respinto richieste simili definendole "deliranti" e il numero di prigionieri palestinesi richiesti da Hamas, così come la gravità dei loro crimini, è stato un punto critico in diversi precedenti cicli di negoziati.

22:48 -14 Aprile.

Usa, discuteremo nuove misure punitive contro l'Iran all'Onu.

"Nei prossimi giorni discuteremo con i nostri partner nuove misure punitive per rendere l'Iran responsabile in accordo con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e per ora vogliamo la condanna dell'attacco dell'Iran a Israele". Lo ha detto l'ambasciatore americano all'Onu Robert Wood durante la riunione del Cds, alludendo alla possibilità di presentare un progetto di risoluzione con nuove sanzioni contro Teheran. "Gli Usa non vogliono una escalation - ha aggiunto - mail modo migliore per evitarla è condannare le azioni sconsiderate dell'Iran"

 

22:15 14 Aprile

Antonio Guterres alle Nazioni Unite:" Siamo sull'orlo del tracollo."

"Condanno con fermezza l'escalation rappresentata dall'attacco su larga scala dell'Iran a Israele. La la carta delle Nazioni Unite proibisce l'uso della forza contro l'integrità di ogni Stato. Bisogna tornare indietro dall'orlo del tracollo in cui ci troviamo". Lo ha detto il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, nel suo intervento al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

 

"Né la regione mediorientale né il mondo possono permettersi un'altra guerra", ha detto il Segretario generale delle Nazioni Unite, chiedendo - durante un Consiglio di sicurezza convocato dopo l'attacco dell'Iran contro Israele - "la massima moderazione"."Il Medio Oriente è sull'orlo del precipizio. Le popolazioni della regione si trovano ad affrontare il pericolo reale di un conflitto devastante e diffuso. Questo è il momento di allentare la tensione", ha insistito Guterres

 

22:43 14 Aprile

L'ayatollah Khamenei: "Gerusalemme sarà nelle mani dei musulmani"

"Gerusalemme sarà nelle mani dei musulmani e il mondo musulmano celebrerà la liberazione della Palestina". Lo scrive su X in ebraico l'ayatollah Khamenei, guida suprema dell'Iran, allegando al post un video dell'attacco della scorsa notte a Israele.

 

22:12 14 Aprile

Il presidente Biden ha avuto un colloquio con i leader del Congresso sulla situazione in Medio Oriente.

Il presidente americano Joe Biden ha avuto un colloquio con i leader del Congresso per discutere la situazione in Medio Oriente dopo l'attacco iraniano a Israele. Lo ha dichiarato un assistente del leader della maggioranza democratica, “Chuck Schumer”. Oltre a Schumer, Biden ha parlato con il leader della minoranza al Senato “Mitch McConnell”, il presidente della Camera “Mike  Johnson” e il leader della minoranza alla Camera “Hakeem Jeffries”.

 

22:12 14 Aprile

il ministro della Difesa Crosetto: "Questo è uno dei periodi più pericolosi degli ultimi decenni."

"Più che le parole preoccupano i fatti concreti. Le organizzazioni estremistiche islamiche da sempre vogliono cacciare ogni ebreo da Israele e riportare Gerusalemme sotto il dominio dell'Islam". Lo dice ai microfoni di "Dritto e Rovescio", su Rete4, il ministro della Difesa Guido Crosetto, in merito al tweet di Khamenei su Gerusalemme. Per Crosetto "questo è uno dei periodi più pericolosi degli ultimi decenni, quello che è successo a Gaza infiamma gli animi"

 

22:03 14 Aprile

Parigi convoca l'ambasciatore iraniano.

Il ministro degli Esteri francese” Stephane Sejourne” ha annunciato che convocherà domani l'ambasciatore iraniano in Francia per "inviare un messaggio di fermezza" dopo l'attacco della notte scorsa contro Israele. "Domani ho chiesto ai servizi del Ministero degli Affari Esteri di convocare l'ambasciatore iraniano per trasmettere" questo "messaggio di fermezza", ha dichiarato domenica il ministro alla televisione pubblica France 2. "Non dobbiamo invertire le responsabilità", ha aggiunto "Sono stati gli iraniani ad attaccare Israele. Dal 1979, l'Iran ha posto l'odio contro Israele al centro della sua diplomazia". Teheran aveva precedentemente annunciato di aver convocato gli ambasciatori di Regno Unito, Francia e Germania per protestare contro "le posizioni irresponsabili di alcuni funzionari di questi Paesi riguardo alla risposta dell'Iran". La Francia ha intercettato diversi di questi proiettili per proteggere le basi francesi nella regione, in Giordania, negli Emirati Arabi Uniti o in Iraq, ha spiegato il ministro. "Ci siamo assunti le nostre responsabilità perché siamo attori della sicurezza regionale", ha dichiarato Sejourne. "L'attacco iraniano non solo ha implicato Israele, ma ha anche minato la sicurezza delle nostre forze e violato lo spazio aereo dei nostri partner arabi", ha continuato, chiedendo una "de-escalation" nella regione.

 

21:47 14 Aprile

L'Idf: neutralizzato obiettivo aereo sospetto a sud.

Le forze armate israeliane hanno reso noto che l'aviazione israeliana e le forze navali hanno identificato e neutralizzato un obiettivo aereo sospetto che ha attraversato il Mar Rosso nello spazio aereo israeliano, a sud, nei pressi di Eilat. L'obiettivo è stato monitorato dalle forze e non rappresentava una minaccia. Secondo il protocollo non è stata suonata alcuna sirena. Allo stesso tempo non sono stati segnalati feriti e non è stato causato alcun danno.

 

21:45 14 Aprile

Il sistema di difesa israeliano: Iron Dome ha vinto il duello con i droni, ma è stato Arrow il vero "ombrello" che ha protetto Israele.

Non solo i jet dell'aviazione: la scorsa notte fondamentale è stato il ruolo di Iron Dome, soprattutto contro i droni kamikaze iraniani. Ma contro i missili balistici, lo scudo impenetrabile è stato il sistema antimissile intercettore

 

21:36 14 Aprile

Khamenei: "Gerusalemme sarà nelle mani dei musulmani"

"Gerusalemme sarà nelle mani dei musulmani e il mondo musulmano celebrerà la liberazione della Palestina". Lo ha scritto in ebraico su X la guida suprema dell'Iran, Ali Khamenei, pubblicando un video di droni iraniani che, durante l'attacco di ieri notte, sorvolano la spianata delle moschee a Gerusalemme e vengono intercettati.

 

21:17 14 Aprile

Tajani: "Ci sono segnali incoraggianti."

"Ci sono segnali incoraggianti, al momento Israele ha deciso di non effettuare attacchi contro obiettivi iraniani". Così il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani intervenendo a Rete4.

 

19:58 14 Aprile

Iran, l'Idf: "Al momento non estenderemo le operazioni militari."

"Al momento non intendiamo estendere le nostre operazioni militari". Lo ha detto il portavoce dell'esercito israeliano “Daniel Hagari”, rispondendo in conferenza stampa ad una domanda sulla volontà o meno di reagire all'attacco dell'Iran.

"Siamo pronti, stiamo monitorando tutti i teatri nella regione e valutiamo ogni scenario, ma al momento non intendiamo estendere le nostre operazioni militari. Il nostro ruolo è salvaguardare gli israeliani", ha spiegato il portavoce dell'esercito. "Rimaniamo in allerta, abbiamo approvato piani offensivi e difensivi, continueremo a proteggere lo Stato di Israele e costruire un futuro più stabile per la regione. L'Iran non è una minaccia solo per Israele ma per tutta la regione", ha aggiunto “Hagari”.

 

19:32 14 Aprile

 Le difese aeree abbattono i droni iraniani.

In questo video pubblicato dall'Idf, jet da combattimento israeliani intercettano e abbattono droni e missili lanciati dall'Iran la scorsa notte contro Israele.

 

18:36 14 Aprile

Hezbollah si congratula con l'Iran: "Attacco di alta qualità."

Hezbollah si è congratulato con l'Iran per "l'attacco di alta qualità e senza precedenti contro Israele" e ha elogiato la "decisione coraggiosa e saggia" di rispondere all'attacco di Damasco.

 

"L'Iran ha esercitato il suo diritto naturale e legale, nonostante le minacce, le intimidazioni e le pressioni, e ha attuato con coraggio la sua vera promessa", ha affermato Hezbollah, sostenendo che "l'operazione ha raggiunto gli obiettivi militari ben definiti, nonostante la partecipazione degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Gli obiettivi politici e strategici a lungo termine di questo grande sviluppo emergeranno nel tempo". Lo riporta “Ynet”.

 

18:33 14 Aprile

Fonti mediche a Gaza: l'Idf spara contro palestinesi in viaggio verso Nord, 5 morti.

L'esercito israeliano spara contro palestinesi che stavano cercando di tornare nel nord della Striscia di Gaza causando cinque morti. Lo riferiscono fonti mediche di Gaza, come riporta il quotidiano Haaretz.

 

18:26 14 Aprile

“Haaretz”: l'Idf richiama due brigate di riservisti per Gaza.

L'esercito israeliano ha richiamato due brigate di riservisti per prestare servizio a Gaza. Lo ha riferito il quotidiano Haaretz.

 

L'Idf ha motivato la mossa dopo "una valutazione della situazione" sul campo. Le brigate - ha aggiunto il portavoce militare - sono destinate "ad attività operative sul fronte di Gaza".  Il loro richiamo - ha concluso la fonte - consentirà "gli sforzi continui e la preparazione per difendere lo Stato di Israele e la sicurezza dei civili".

 

17:24 14 Aprile

Da Iran sola risposta possibile. Israele accetti invito a moderazione."

Il Generale “Giorgio Cuzzelli,” docente di studi strategici e sicurezza internazionale all'Università Lumsa, spiega ragioni e risvolti dell'attacco.

 

17:35 14 Aprile

La Bbc svela un video fake della tv iraniana che mostra l'attacco a Israele.

Secondo la BBC, la tv di stato iraniana ha trasmesso ripetutamente il video di un incendio in Cile sostenendo che si trattava dei missili che colpivano con successo obiettivi in Israele.

 La clip, trasmessa più volte durante la diretta della rappresaglia iraniana, mostra un'autostrada mentre un enorme incendio tinge di rosso il cielo notturno.

 Si può sentire una donna parlare in spagnolo.

Il video era una delle tante clip che secondo la tv statale mostravano missili e droni iraniani passare con successo attraverso la difesa aerea israeliana, tuttavia - spiega la BBC- il filmato non è né recente né correlato all'attacco dell'Iran contro Israele.

La versione originale della clip pubblicata su Tiktok a febbraio, riguarda in realtà un incendio a Vina del Mar, in Cile.

 

 

17:06 14 Aprile

Casa Bianca, “John Kirby”: "Israele non è solo, ma non vogliamo escalation."

"Non cerchiamo una guerra con l’Iran. Non cerchiamo un'escalation delle tensioni nella regione", ha precisato il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana.

 

16:56 14 Aprile

Gallant: "Alleanza strategica contro l'Iran."

"Abbiamo qui l’opportunità di stabilire un’alleanza strategica contro questa grave minaccia proveniente dall’Iran, che minaccia di piazzare esplosivi nucleari sulle testate di questi missili. Questa cosa potrebbe essere una minaccia molto seria. Gli Stati Uniti, Israele e i loro alleati stanno fianco a fianco per difendersi da questa minaccia".

 Lo ha detto il ministro israeliano della Difesa, “Yoav Gallant”, visitando le postazioni degli Arrow 3 insieme all'ambasciatore americano in Israele,” Jack Lew”.

Lo riporta “The Times of Israel.” "Insieme agli Stati Uniti e ad altri Paesi, abbiamo stabilito un’alleanza forte e potente, con coordinamento e sincronizzazione tra le istituzioni di difesa dello Stato di Israele, degli Stati Uniti e dei nostri partner. Il risultato è un contenimento completo delle minacce, tranne che per un margine molto, molto piccolo, e a questo proposito voglio dire complimenti all’establishment della difesa, complimenti all’Idf e complimenti ai nostri partner", ha continuato “Gallant”.

 

16:48 14 Aprile

Lufthansa: i voli per il Medio Oriente riprenderanno martedì.

La compagnia aerea tedesca Lufthansa ha annunciato di aver interrotto sino a domani i voli da e per Tel Aviv, Amman ed Erbil, precisando che i viaggi per queste destinazioni verranno probabilmente ripristinati da martedì mentre resteranno sospesi almeno fino a giovedì quelli per Beirut e Teheran. "La sicurezza dei nostri passeggeri e dell'equipaggio ha sempre la massima priorità", si legge in una nota inviata via email nella quale la società tedesca afferma che sta monitorando l'evoluzione della situazione in Medi Oriente in stretto contatto con le autorità.

 

16:20 14 Aprile

Iniziata la riunione del G7, la premier Meloni collegata da Palazzo Chigi.

Ha preso il via la riunione in videoconferenza del G7 convocata dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni - collegata da Palazzo Chigi - per discutere dell'attacco iraniano contro Israele. Al vertice partecipano in collegamento tutti i leader dei Paesi del G7, oltre all'Unione europea, rappresentata dal presidente del Consiglio Ue Charles Michel e da quella della Commissione Ursula von der Leyen.

 

16:18 14 Aprile

Tajani: "Dobbiamo lavorare per essere sempre più costruttori di pace."

 

16:16 14 Aprile

 

I dati delle Forze di difesa israeliane: oltre 300 lanci, 99% degli attacchi intercettati.

 

15:42 14 Aprile

Tel Aviv, la vita è tornata alla normalità dopo l'attacco missilistico iraniano.

Dopo gli attacchi dell'Iran a Israele, nella notte tra il 13 e il 14 aprile, in Israele le persone sono tornate in strada, nei bar e sulle spiagge

 

15:30 14 Aprile

Il ministro del Gabinetto di guerra “Gantz”: "L'Iran pagherà un prezzo nei modi e nei tempi opportuni."

"Costruiremo una coalizione regionale contro la minaccia dell'Iran ed esigeremo un prezzo nel modo e nel momento che ci conviene".

 Lo ha detto il ministro del Gabinetto di guerra “Benny Gantz”. "L'incidente non è finito -ha aggiunto - l'alleanza strategica e il sistema di cooperazione regionale che abbiamo costruito devono essere rafforzati". Poi ha sottolineato che Israele non ha ancora portato a termine "i suoi compiti: il ritorno delle persone rapite e l'eliminazione delle minacce per gli abitanti del nord e del sud".

 

15:10 14 Aprile

Il cardinale “Pierbattista Pizzaballa”, patriarca latino di Gerusalemme, annulla viaggio a Roma.

Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, che avrebbe dovuto prendere possesso della sua parrocchia a Roma lunedì 15 aprile, ha annullato il suo viaggio a causa dell'aggravarsi della situazione in Medio Oriente. Lo ha appreso il quotidiano cattolico francese “La Croix” dall'entourage del cardinale. Domani sera alle ore 18, “Pizzaballa”, creato cardinale da papa Francesco nel concistoro dello scorso 30 settembre, avrebbe dovuto prendere possesso del “Titolo di Sant'Onofrio”.

 

15:00 14 Aprile

“New York Times”: Netanyahu ha annullato un attacco di ritorsione immediato su richiesta di Biden.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annullato un attacco di ritorsione immediato a quello  subito dall'Iran nella notte dopo essere stato dissuaso dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

Lo scrive il “New York Times”, sottolineando che diversi membri del gabinetto di guerra avevano chiesto a Netanyahu di rispondere subito. Ma la mancanza di gravi danni in Israele e il colloquio tra Biden e Netanyahu hanno fatto sì che la rappresaglia non avesse luogo nell'immediato.

 

14:56 14 Aprile

Fonti Usa: gli Stati Uniti hanno abbattuto 70 droni lanciati dall'Iran contro Israele.

Gli Stati Uniti hanno abbattuto 70 droni lanciati dall'Iran contro Israele. Lo rendono noto fonti Usa all'”Abcnews”, precisando che uno dei caccia torpediniere dispiegati nel Mediterraneo orientale hanno abbattuto anche un numero non determinato di missili balistici iraniani, secondo una fonte almeno tre. Secondo gli israeliani, Teheran ha sparato 170 droni, più di 30 missili da crociera e di 120 missili balistici.

 

14:50 14 Aprile

G7 attorno alle 16, la premier Giorgia Meloni si collegherà da Palazzo Chigi.

La riunione del G7 in videoconferenza inizierà intorno alle 16. Il vertice sarà presieduto da Palazzo Chigi dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni: i leader faranno il punto della situazione dopo l'attacco dell'Iran a Israele.

 

 14:35 14 Aprile

Borrell: "Martedì riunione straordinaria dei ministri europei."

 "In seguito agli attacchi iraniani contro Israele, martedì ho convocato una riunione straordinaria dei ministri degli Affari Esteri dell'Unione europea". Lo ha annunciato su “X” l'Alto rappresentante dell'Ue per gli Affari esteri, “Josep Borrell”. "Il nostro obiettivo è contribuire alla riduzione della tensione e alla sicurezza della regione", ha detto “Borrell”.

 

14:31 14 Aprile

Parigi: i francesi dovrebbero lasciare temporaneamente l'Iran."

La Francia ha dichiarato che i suoi cittadini dovrebbero lasciare temporaneamente l'Iran, mentre le tensioni nella regione salgono alle stelle dopo l'attacco senza precedenti di Teheran a Israele. L'ambasciata francese a Teheran "raccomanda ai francesi residenti in Iran che possono farlo di lasciare temporaneamente il Paese", ha dichiarato l'ambasciata in una dichiarazione sul suo sito web. "Si chiede loro di esercitare la massima cautela negli spostamenti" e di "evitare qualsiasi assembramento".

 

14:22 14 Aprile

Iran: i Paesi vicini informati 72 ore prima dell'attacco.

L'Iran ha informato 72 ore prima dell'attacco i paesi vicini dicendo che la risposta di Teheran contro Israele era "certa, legittima e irrevocabile". Lo ha affermato il ministro degli Esteri iraniano “Hossein Amirabdollahian” in una conferenza stampa con gli ambasciatori stranieri. Il ministro ha anche fatto sapere agli Stati Uniti che i suoi attacchi contro Israele saranno "limitati" e per autodifesa. È la prima volta che Teheran lancia un attacco militare diretto contro Israele, malgrado l'inimicizia che risale alla Rivoluzione islamica del 1979.

 

14:05 14 Aprile

Cnn: "Israele ha deciso di reagire all'attacco iraniano."

Israele risponderà all'attacco iraniano, ma la portata della reazione deve ancora essere decisa. Lo scrive il sito della “Cnn”, citando un alto funzionario dell'amministrazione israeliana. La stessa fonte ha aggiunto che Israele deve ancora determinare se scatenare una reazione molto violenta o fare qualcosa di più misurato. Le diverse opzioni dovrebbero essere discusse in dettaglio durante la riunione del gabinetto di guerra israeliano convocato nel pomeriggio, ha concluso la stessa fonte.

 

14:00 14 Aprile

Pasdaran: "Chi supporta Israele sui social sarà perseguito."

Gli iraniani che nei loro post sui social media sostengono il regime sionista in relazione all'attacco iraniano di ieri sera, avvenuto in risposta all'attacco al consolato del regime, saranno identificati e perseguiti". L'avvertimento è stato lanciato dai servizi segreti delle Guardie della Rivoluzione. Allo stesso modo, il procuratore di Teheran ha annunciato che il quotidiano Jahan-e Sanat ('Mondo dell'industria') sarà perseguito per aver pubblicato articoli nella sua edizione domenicale contro l'attacco iraniano a Israele la scorsa notte. Il quotidiano è accusato di "minare la sicurezza psicologica della società e l'atmosfera economica del Paese", ha affermato la procura citata dall'Isna. Jahan-e Sanat, in un articolo in prima pagina, ha espresso preoccupazione per le conseguenze economiche dell'attacco iraniano, tra cui il crollo della borsa e la svalutazione del rial sul mercato dei cambi. Da ieri sera, un gran numero di iraniani ha espresso preoccupazione sui social media per gli attacchi lanciati stanotte su Israele. Molti criticano il fatto che tale "avventurismo" si aggiungerà al caos nella regione e alla crisi economica e politica in Iran. Alcuni hanno sottolineato che la mossa è legata al governo iraniano, non al popolo iraniano, e altri hanno definito l'attacco una propaganda e non un'azione forte, come rivendicato dal governo. Al contrario, sempre ieri sera, ci sono stati diversi raduni organizzati per celebrare l'attacco dell'Iran.

 

13:15 14 Aprile

Sunak conferma: "Jet britannici hanno abbattuto droni iraniani."

Il primo ministro “Rishi Sunak” ha confermato che gli aerei militari britannici hanno abbattuto "diversi" droni iraniani durante l'attacco di Teheran contro Israele la notte scorsa.   "Posso confermare che i nostri piloti hanno abbattuto diversi droni d'attacco iraniani", ha detto Sunak in un videomessaggio trasmesso da Downing Street, poco prima di una riunione dei leader dei paesi del G7.  "Ciò di cui ora abbiamo bisogno è che prevalga la calma", ha poi detto Sunak, aggiungendo che il Regno Unito lavorerà con i suoi alleati per allentare la situazione.

 

13:35 14 Aprile

Le reazioni su “X” dei leader mondiali dopo l'attacco dell'Iran a Israele.

Nella notte tra il 13 e il 14 aprile l'Iran ha attaccato con centinaia di droni e missili Israele, i leader mondiali hanno espresso sui social preoccupazione, esiste  una raccolta dei loro post.

 

 

12:50 14 Aprile

Il ministro della Difesa israeliano Gallant: "Il confronto con l'Iran non è ancora finito."

Il confronto fra Iran e Israele "non è ancora terminato", ha affermato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant. "Lo Stato di Israele è stato attaccato con centinaia di missili e droni e le forze di Israele hanno sventato l'attacco in modo impressionante", ha dichiarato chiedendo al Paese di rimanere "allerta e attento alle istruzioni che saranno pubblicate dall'Idf e dal comando per il fronte interno", ha aggiunto, sottolineando che "Israele deve prepararsi per ogni scenario".

 

 

12:39 14 Aprile

L'appello della Giordania: "Ridurre l'escalation da parte di tutte le parti."

Il primo ministro giordano” Bisher Khasawneh” ha affermato che qualsiasi escalation nella regione porterà a "percorsi pericolosi" e che è necessario ridurre l'escalation da parte di tutte le parti. In un discorso al governo, Khasawneh ha detto che le forze armate del paese affronteranno qualsiasi tentativo da parte di chiunque cerchi di mettere in pericolo la sicurezza del regno. Le difese aeree del fedele alleato degli Stati Uniti hanno nella notte intercettato e abbattuto dozzine di droni e missili iraniani che sorvolavano lo spazio aereo del paese in direzione di obiettivi israeliani, hanno fatto sapere fonti della sicurezza.

 

12:32 14 Aprile

La segretaria del Pd Schlein sente Meloni: "Collaborazione per l'interesse Italia."

L'attacco iraniano a Israele va condannato con forza. L'impegno della comunità internazionale dev'essere tutto teso a evitare l'escalation, far cessare il fuoco e a costruire la pace in Medio Oriente. Su questo ho già sentito la Presidente del Consiglio per esprimere tutta la nostra preoccupazione e offrire collaborazione nell'interesse dell'Italia." Lo afferma in una nota la segretaria del Pd Elly Schlein.

 

12:28 14 Aprile

L'Iran convoca gli ambasciatori di Gran Bretagna, Francia e Germania: "Posizione irresponsabile"

Il ministero degli Esteri iraniano ha convocato gli ambasciatori di Regno Unito, Francia e Germania per chiedere chiarimenti di quella che ha definito la loro "posizione irresponsabile" riguardo agli attacchi di rappresaglia di Teheran contro Israele.

 

12:20 14 Aprile

Il Papa: "In Medio Oriente si fermi la spirale di violenza."

"Seguo nella preghiera e con preoccupazione, anche dolore, le notizie giunte nelle ultime ore sull'aggravamento della situazione in Israele a causa dell'intervento da parte dell'Iran", così il Papa al Regina Coeli: "Faccio un accorato appello affinché si fermi ogni azione che possa alimentare una spirale di violenza col rischio di trascinare il Medio Oriente in un conflitto bellico ancora più grande. Nessuno deve minacciare l'esistenza altrui. Tutte le nazioni si schierino invece dalla parte della pace e aiutino gli israeliani e i palestinesi a vivere in due Stati, fianco a fianco, in sicurezza è un loro profondo e lecito desiderio, ed è un loro diritto".

 

12:20 14 Aprile

Accorato appello del Papa per la pace: "Sono preoccupato, basta con la violenza"

 

12:19 14 Aprile

Israele riapre lo spazio aereo e l'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv

 

12:10 14 Aprile

Tajani: "Ora occorre prudenza. Mercoledì incontrerò il segretario di Stato Usa Blinken"

 

11:15 14 Aprile

La Nato: "L'attacco iraniano è un'escalation, usare moderazione."

La Nato condanna l'attacco notturno dell'Iran su Israele come una "escalation "dell'instabilità regionale, invitando con urgenza "moderazione" da tutte le parti. "Condanniamo l'escalation notturna iraniana, invitiamo alla moderazione, mentre monitoriamo gli eventi da vicino. E' di vitale importanza che il conflitto in Medio Oriente non vada fuori controllo", ha dichiarato il portavoce dell'Alleanza atlantica “Farah Dakhlallah”.

 

11:49 14 Aprile

Attacco a Israele. Il prefetto di Roma Giannini: "C'è massima attenzione."

"C'è la massima attenzione". Così il prefetto di Roma Lamberto Giannini, al termine del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza in prefettura. "E' stato un incontro per testare le misure di sicurezza che sono già molto alte - aggiunge -. I servizi da quando è iniziata la crisi sono già molto alti, però era bene fare il punto e ragionare sulla situazione. Nella città di Roma e in Italia c'è sempre tantissima attenzione". Giannini ha poi sottolineato: "Stiamo lavorando per fare bene, per garantire la sicurezza e la percezione di sicurezza. Con la comunità ebraica c'è uno scambio informativo e di impressione continuo".

 

11:30 14 Aprile

Vertice del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza a Roma.

Vertice del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza a Roma convocato dopo l'attacco dell'Iran a Israele. Alla riunione, presieduta dal prefetto Lamberto Giannini, stanno partecipando i vertici delle forze dell'ordine capitoline, il sindaco Roberto Gualtieri e il presidente della comunità ebraica di Roma “Victor Fadlun”. 

 

11:20 14 Aprile

Teheran, festeggiamenti in strada dopo l'attacco a Israele.

Bandiere dell'Iran, caroselli di macchine e canti: a Teheran le persone sono scese in strada per festeggiare l'attacco su Israele, contro cui sono stati lanciati circa 300 droni e missili, per la maggior parte intercettati.

 

11:15 14 Aprile

Mosca: "Massima preoccupazione per pericolosa escalation."

Il ministero degli Esteri russo ha espresso "massima preoccupazione per un’altra pericolosa escalation" In Medioriente dopo l'attacco israeliano nei confronti di Israele. "Abbiamo ripetutamente avvertito che la natura instabile di numerose crisi in Medio Oriente, principalmente nella zona del conflitto israelo-palestinese, che sono spesso alimentate da azioni provocatorie irresponsabili, porterà. all'aumento della tensione Invitiamo tutte le parti coinvolte a dare prova di moderazione. Ci aspettiamo che gli Stati regionali risolvano i problemi esistenti con mezzi politici e diplomatici. Consideriamo importante che gli attori internazionali contribuiscano a questo", si legge.

 

11:15 14 Aprile

Bambina israeliana ferita nell'attacco dell'Iran sottoposta a intervento.

La bambina di 7 anni, gravemente ferita durante l'intercettazione di un missile lanciato dall'Iran la scorsa notte, è stata sottoposta a un intervento chirurgico per una grave ferita alla testa. Lo riporta Haaretz citando fonti ospedaliere. La bambina originaria di una cittadina beduina vicino ad Arad, si trova ora nel reparto di terapia intensiva pediatrica dell'ospedale. Il suo ferimento si è verificato quando le schegge del missile balistico intercettato sono cadute sulla casa della sua famiglia intorno alle 2 del mattino.

 

11:00 14 Aprile

Media: "Pressioni Usa perché Israele non risponda all'Iran."

Ci sono "pressioni Usa" che il Gabinetto di guerra di Israele previsto per le 15.30 (le 14.30 in Italia) non decida un contrattacco nei confronti dell'Iran. Lo hanno riferito media israeliani, citando fonti israeliane che stimano che "una riposta israeliana non arriverà immediatamente". Il problema - aggiungono le fonti - è individuare una "risposta che non porti necessariamente a un'escalation".

 

10:40 14 Aprile

“Piantedosi” sente i prefetti: domani Comitato sicurezza.

Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi è in contatto con i prefetti delle città italiane. Domani alle 15 è convocato il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica al Viminale, con i vertici delle forze di polizia e dell'intelligence. Si farà il punto dopo l'acuirsi del conflitto Iran-Israele.

 

10:45 14 Aprile

Macron condanna attacco dell'Iran, appello a moderazione.

Il presidente francese Emmanuel  Macron ha condannato "con la più grande fermezza l'attacco senza precedenti lanciato dall'Iran contro Israele" e ha fatto appello alla "moderazione" tutte le parti in causa. In un messaggio pubblicato su “X”, ha scritto che l'attacco della notte scorsa "minaccia di destabilizzare la regione. Esprimo la mia solidarietà al popolo israeliano e l'importanza per la Francia della sicurezza di Israele, dei nostri alleati e della stabilità regionale. La Francia lavora con i suoi alleati per una de-escalation e fa appello alla moderazione".

 

10:25 14 Aprile

La premier Meloni annulla la visita a Vinitaly, prevista per domani.

A seguito dell'attacco iraniano contro Israele, la premier Giorgia Meloni ha annullato alcuni impegni previsti in agenda, compresa la visita al Vinitaly di Verona di domani lunedì 15 aprile.

 

10:15 14 Aprile

Iran: basi Usa nel mirino se aiuteranno Israele ad attaccarci.

“Sardar Bagheri”, capo di Stato maggiore delle Forze armate iraniane, ha affermato che l'Iran ha inviato un messaggio agli Stati Uniti attraverso l'ambasciata svizzera avvertendo Washington che se coopererà con Israele in possibili azioni future contro la Repubblica islamica, le basi statunitensi "non avranno alcuna sicurezza" e saranno "trattate" come obiettivo da colpire. Bagheri ha detto che, dal punto di vista dell'Iran, l'operazione militare contro Israele "si è conclusa". Il capo di Stato maggiore iraniano ha sottolineato d'altra parte che le forze armate di Teheran rimangono in massima allerta e sono pronte ad "agire se necessario", secondo un'intervista rilasciata questa mattina alla TV statale IRINN. "Se il regime sionista risponderà, la nostra prossima operazione sarà molto più grande", ha detto Bagheri, confermando le indicazioni già fatte circolare nella notte da Teheran. "Le azioni di Israele contro il consolato sono state condannate, quindi si doveva dare una risposta", ha aggiunto” Bagheri”.

 

10:07 14 Aprile

Meloni: "Condanna per attacco Iran, evitare destabilizzazione."

"Il Governo italiano ribadisce la condanna agli attacchi iraniani contro Israele. La presidenza italiana del G7 ha organizzato per il primo pomeriggio di oggi una conferenza in collegamento a livello dei leader. Esprimiamo forte preoccupazione per una destabilizzazione ulteriore della regione e continuiamo a lavorare per evitarla". Lo scrive su X la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

 

09:53 14 Aprile

Hamas: "Risposta Iran è meritata per i crimini sionisti.'

"Consideriamo l'operazione militare dell'Iran contro l'occupante sionista come un diritto naturale e una risposta meritata al crimine di aver preso di mira il consolato iraniano a Damasco e di aver assassinato il leader delle Guardie Rivoluzionarie"- Lo ha detto “Hamas” su Telegram, facendo appello "alle nazioni arabe e islamiche, ai popoli liberi del mondo e alle forze della resistenza nella regione di continuare l'appoggio alla nostra operazione 'Inondazione di Al Aqsa".

 

09:51 14 Aprile

“Typhoon Bb “coinvolti in abbattimento droni Iran su Siria e Iraq.

Aerei militari “Typhoon” britannici sono  stati coinvolti nella notte nell'abbattimento di droni iraniani sui  cieli della Siria e dell'Iraq, hanno reso noto fonti della difesa  britannica citate dal Guardian. L'intervento è considerato come una estensione della missione "Shader" contro l'Is in Iraq e in Siria. Gli aerei militari britannici hanno anche sostituito unità Usa dirottate dalla missione per contrastare l'attacco iraniano.

 

09:40 14 Aprile

Hamas: "Attacco Iran è diritto naturale e risposta meritata."

Il movimento estremista palestinese Hamas ha difeso questa mattina l'attacco iraniano contro Israele della notte con circa 300 droni e missili da crociera. "Noi di Hamas consideriamo l'operazione militare condotta dalla Repubblica islamica dell'Iran un diritto naturale e una meritata risposta al crimine di aver preso di mira il consolato iraniano a Damasco e all'assassinio di diversi leader delle Guardie rivoluzionarie", ha affermato Hamas in una nota.

 

09:39 14 Aprile

Tajani: L'iran ha assicurato incolumità contingente italiano."

"L'Iran ci ha assicurato che sarà rispettata l'incolumità del nostro contingente che, come ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, è stato messo in sicurezza. Quindi da questo punto di vista voglio tranquillizzare tutti gli italiani su quanto sta avvenendo nel nord di Israele" seppur "in un contesto certamente complicato". Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Speciale Tg2, in riferimento agli oltre mille militari italiani della missione Unifil al confine tra Libano e Israele.

 

09:31 14 Aprile

Tajani: "La situazione sta migliorando."

"Fortunatamente la situazione sta migliorando, almeno in questo momento, perché è stato riaperto lo spazio aereo nei luoghi dove era stato chiuso, cioè Israele, Giordania e Iraq. L'offensiva iraniana è stata respinta, quindi c'è stata una positiva reazione militare da parte di Israele, perché quasi tutti i missili e i droni sono stati abbattuti, soltanto un paio di missili hanno colpito una base aerea israeliana nel deserto senza provocare gravi danni". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervenendo allo Speciale del tg2 sull'attacco iraniano a Israele.

 

09:20 14 Aprile

Anche l'Iraq e il Libano riaprono lo spazio aereo.

Dopo lo stesso Israele e la Giordania, anche l'Iraq e il Libano hanno annunciato la riapertura del loro spazio aereo, che era stato chiuso da sabato sera a causa dell'attacco diretto senza precedenti lanciato dall'Iran contro lo Stato ebraico.   In un comunicato, l'Autorità per l'aviazione civile ha confermato che "lo spazio aereo è stato riaperto" ai voli in arrivo o in partenza dagli aeroporti iracheni, assicurando in particolare che "tutti i rischi per la sicurezza degli aerei civili in Iraq - Paese confinante con l'Iran - sono stati esclusi".   In Libano, Paese confinante con Israele, il ministro dei Trasporti “Ali Hamie” ha detto che "i voli sono ripresi dalle 7del mattino e stiamo monitorando la situazione".

 

09:18 14 Aprile

Sirene di allerta antiaerea nel nord di Israele.

Le sirene dell'allerta anti-aerea sono suonate in alcune comunità israeliane vicino al confine il Libano. Lo riporta il “Times of Israel”

 

09:16 14 Aprile

Metsola: "C'è rischio grave escalation, allentare tensione"

"Gli attacchi senza precedenti di droni e missili da parte dell'Iran contro Israele rappresentano una grave escalation. Rischia di innescare ulteriore caos in tutto il Medio Oriente. L'UE condanna l'attacco nei termini più forti possibili e continuerà a lavorare per allentare la tensione e impedire che la situazione si trasformi in ulteriori spargimenti di sangue". Lo scrive il presidente del Parlamento europeo, “Roberta Metsola”, su “X.”

 

09:15 14 Aprile

Un drone senza pilota dell’aeronautica militare israeliana sorvola Israele, domenica 14 aprile 2024.

09:14 14 Aprile

Iran: "L'attacco ha distrutto due siti militari israeliani."

Lo Stato Maggiore iraniano sostiene che l'attacco di ieri notte ha portato alla distruzione di due importanti siti militari israeliani.  Si legge in una nota che "Israele ha oltrepassato i limiti prendendo di mira il nostro consolato in Siria, e si è dovuto rispondere. Il nostro attacco è terminato e non desideriamo continuarlo ma risponderemo con forza se Israele prenderà di mira i nostri interessi. Se Washington partecipasse ad un attacco contro di noi, prenderemo di mira le sue basi nella regione e non sarà sicuro".

 

Intanto un Comandante della Guardia rivoluzionaria iraniana ha spiegato all'emittente al Jazeera che "avremmo potuto lanciare un'operazione su vasta scala, ma abbiamo individuato obiettivi specifici nei territori occupati. La nostra operazione è stata limitata e di successo e abbiamo colpito i siti che costituivano il punto di partenza per prendere di mira il nostro consolato in Siria".  Nel frattempo la televisione di stato iraniana ha affermato che Teheran ha messo in guardia Washington, attraverso la Svizzera, dal prendere di mira le sue basi se avesse sostenuto una qualsiasi risposta israeliana.

 

09:08 14 Aprile

Giordania: "Per fermare escalation serve stop guerra a Gaza."

Il ministro degli Esteri giordano “Ayman al-Safadi” ha fatto riferimento oggi all'attacco notturno con missili e droni dell'Iran contro Israele ed ha affermato che "il modo per fermare l'escalation nella regione è fermare gli attacchi a Gaza e porre fine all'occupazione" israeliana dei territori palestinesi.

 

09:07 14 Aprile

Tajani: "A Israele chiedo di usare la massima prudenza."

"Come ho già fatto con l'Iran", in una telefonata con il ministro degli Esteri “Hossein Amirabdollahian”, "dico anche a Israele di usare la massima prudenza". Così il ministro degli Esteri Antonio Tajani intervenendo a uno speciale del Tg2. "L'Iran ci ha assicurato che sarà rispettata l'incolumità del nostro contingente" in Libano, ha aggiunto Tajani. “Voglio tranquillizzare, in questo contesto complicato, tutti gli italiani su quanto accade nel Nord di Israele”.

 

09:05 14 Aprile

Riaperto lo spazio aereo di Israele.

Riaperto questa mattina alle 7.30 (ora locale) lo spazio aereo israeliano. Molti voli in partenza dall'aeroporto di Tel Aviv Ben Gurion tuttavia sono stati cancellati.

 

08:55 14 Aprile

Iran all'Onu: "Con il nostro attacco la questione è conclusa."

"Pur esprimendo la propria adesione ai principi sanciti dall'Onu e dal diritto internazionale, l'Iran è determinato a difendere le proprie sovranità, integrità territoriale e interesse nazionale contro qualsiasi uso illegale della forza e dell'aggressione", ha detto ancora nel suo messaggio il rappresentante di Teheran alle Nazioni Unite, citato dall'agenzia Irna. "Le misure adottate difensive dall'Iran - continua il messaggio - indicano il suo approccio responsabile alla pace e alla sicurezza regionali e internazionali, in un momento in cui il regime di apartheid di Israele continua a praticare atti illegali e di genocidio contro la Palestina, aggressioni militari ripetute contro stati vicini oltre a manovre foriere di guerra nella regione e oltre". Teheran, si aggiunge, "senza dubbio intraprenderà ulteriori misure difensive, se necessario, per salvaguardare i propri legittimi interessi contro qualsiasi tipo di aggressione militare o di uso illegale della forza".

 

08:47 14 Aprile

Idf: "Agito in stretto contatto con Usa, Gb e Francia"

"La Francia ha un'ottima tecnologia, jet, radar - e stanno contribuendo al pattugliamento dello spazio aereo", ha aggiunto “Hagari” spiegando di non avere dettagli esatti sul fatto che i jet francesi abbiano abbattuto qualcuno dei missili lanciati da Iran. Funzionari israeliani hanno fatto sapere che anche gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Giordania hanno contribuito a intercettare la massiccia raffica di droni che l'Iran ha lanciato contro Israele durante la notte.

 

08:42 14 Aprile

Blinken: "Consultazioni con gli alleati in prossime ore e giorni."

Il segretario di Stato americano “Antony Blinken “"si consulterà con gli alleati e i partner nella regione e in tutto il mondo nelle ore e nei giorni a venire "dopo l'attacco iraniano contro Israele. Lo riferisce la” Cnn online”.

 

"Gli Stati Uniti condannano con la massima fermezza l'attacco iraniano contro Israele", ha dichiarato Blinken. "Pur non cercando un'escalation, continueremo a sostenere la difesa di Israele e, come ha chiarito il presidente, difenderemo il personale statunitense".

08:37 14 Aprile

Iran: "Se Israele non commette altri errori questione è chiusa."

"Sulla base dell'articolo 51 delle Nazioni Unite relativo alla legittima difesa l'azione militare dell’Iran è stata una risposta all’aggressione del regime sionista contro le nostre sedi diplomatiche a Damasco. La questione può dirsi conclusa". Lo ha affermato la rappresentanza iraniana all'Onu in una lettera.

"Tuttavia, se il regime israeliano dovesse commettere un altro errore, la risposta dell’Iran sarebbe notevolmente più severa "e porterebbe a "un conflitto tra l’Iran e il regime canaglia israeliano, dal quale gli Stati Uniti devono stare lontani", si legge ancora.

08:38 14 Aprile

Parlamento Iran celebra attacco "senza precedenti" a Israele.

I membri del Parlamento iraniano hanno celebrato oggi, con applausi e scene di giubilo, l'assalto notturno contro Israele, con circa 300 droni e missili da crociera. Il presidente del parlamento iraniano “Mohammad Bagher Ghalibaf “ha rilasciato una dichiarazione in assemblea, affermando: "Il popolo iraniano ha sferrato un attacco senza precedenti contro il nemico. È una risposta ai crimini sionisti ed è in linea con le convenzioni delle Nazioni Unite".

 

07:50 14 Aprile

Giappone condanna escalation: "Profonda preoccupazione."

Il governo del Giappone ha espresso la sua "profonda preoccupazione" per la situazione in Medio Oriente dopo l'attacco iraniano contro Israele e ha condannato l'escalation della tensione nel territorio, invitando le parti coinvolte alla moderazione. "Il Giappone e' profondamente preoccupato che questo attacco peggiorerà ulteriormente l'attuale situazione in Medio Oriente e condanna fermamente questa escalation": è quanto si legge in una nota del ministero degli Esteri di Tokyo in seguito all'attacco iraniano di droni e missili sui territori israeliani. Il ministero degli Esteri giapponese ha assicurato che la pace e la stabilità in Medio Oriente sono "estremamente importanti per il Giappone" e ha invitato "fortemente" le parti interessate a calmare la situazione. Il governo giapponese ha affermato che adotterà le misure necessarie per garantire la sicurezza dei suoi cittadini nei territori colpiti e ha ribadito la propria determinazione a continuare a compiere gli sforzi diplomatici necessari per evitare che la situazione peggiori ulteriormente.

 

07:40 14 Aprile

Meloni convoca il G7 per discutere dell'attacco dell'Iran

La Presidenza italiana del G7 ha convocato per il primo pomeriggio di oggi una videoconferenza a livello leader, per discutere dell'attacco iraniano contro Israele. Lo si apprende da fonti di Palazzo Chigi.

 

07:27 14 Aprile

Biden: "Sostegno Usa a Israele è incrollabile"

Il sostegno americano alla difesa di Israele contro gli attacchi dell'Iran e dei suoi alleati è "incrollabile". Lo ha assicurato il presidente Usa, “Joe Biden”.

 

07:25 14 Aprile

Von der Leyen: "Astenersi da escalation, lavorare a stabilità"

"Condanno fermamente l'attacco palese e ingiustificabile dell'Iran contro Israele. E invito l'Iran e i suoi delegati a cessare immediatamente questi attacchi". Lo ha scritto oggi su “X “la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. "Tutti gli attori devono ora astenersi da un'ulteriore escalation e lavorare per ripristinare la stabilità nella regione", ha aggiunto la leader europea.

 

07:23 14 Aprile

Germania condanna attacco Iran, rischio caos regione.

La Germania condanna "con la massima fermezza l'attacco" dell'Iran a Israele "che potrebbe gettare un'intera regione nel caos": lo ha scritto sul suo profilo “X la ministra degli Esteri tedesca “Annalena Baerbock”. "L'Iran e i suoi alleati devono fermare tutto questo immediatamente", si legge ancora nel post che conclude riaffermando che Berlino resta "con fermezza al fianco di Israele".

 

07:19 14 Aprile

Stasera riunione del Consiglio di Sicurezza Onu.

Una riunione d'urgenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si terrà alle 22 ora italiana dopo l'attacco dell'Iran a Israele. La riunione è stata chiesta da Tel Aviv.

07:18 14 Aprile

Mossad: "Hamas ha respinto proposta tregua a Gaza."

L'agenzia di intelligence israeliana Mossad ha fatto sapere che i rappresentanti di Hamas hanno respinto l'ultima proposta dei mediatori internazionali per una tregua nella guerra a Gaza. "Il rifiuto della proposta dimostra che (il capo di Hamas a Gaza “Yahya”) “Sinwar” non vuole un accordo umanitario e la restituzione degli ostaggi e continua a sfruttare la tensione con l'Iran", rischiando "un'escalation generale nella regione", ha affermato il Mossad in un comunicato. Israele continuerà a perseguire i suoi obiettivi a Gaza "con tutta la sua forza", si legge nella nota diffusa dall'ufficio del premier Benjamin Netanyahu.

 

07:07 14 Aprile

Iran: "Se Israele reagirà, la risposta più forte e risoluta."

L'Iran ha avvertito che risponderà con maggiore forza se Israele reagirà agli attacchi di questa notte, che secondo Teheran hanno rappresentato una risposta al raid israeliano di inizio aprile contro un edificio del consolato iraniano a Damasco, in Siria." La Repubblica islamica dell'Iran non esiterà a esercitare il suo diritto intrinseco all'autodifesa quando richiesto", ha dichiarato in una nota l'ambasciatore iraniano e rappresentante permanente presso le Nazioni Unite, “Amir Saeid Iravani”. "Se il regime israeliano dovesse commettere nuovamente un'aggressione militare, la risposta dell'Iran sarà sicuramente e decisamente più forte e risoluta", ha aggiunto l'ambasciatore “Iravani”.

 

06:58 14 Aprile

Israele, una trentina i feriti. Tra loro anche una bimba.

Secondo quanto riporta la “Cnn”, che cita fonti israeliane, l'attacco dell'Iran a Israele, avrebbe causato nella notte una trentina di feriti lievi. Una bimba di 7 anni sarebbe stata ricoverata a causa di un trauma cranico.

 

06:57 14 Aprile

Tajani: "Spirale molto pericolosa, mobiliteremo Paesi G7"

"La ritorsione partita ieri notte potrebbe mettere in moto una spirale pericolosissima: le prossime ore saranno cruciali". È quanto ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani in un'intervista al Corriere della Sera. "Auspico che l'Iran si fermi ma è troppo presto per dirlo, bisognerà capire per quanto tempo si protrarranno gli attacchi, quali danni provocheranno, quanto saranno stati condotti in profondità e su quali obiettivi. È chiaro che ora le dinamiche della regione subiscono una impennata, una accelerazione che potrebbe essere pericolosissima", ha aggiunto.

Tajani ha spiegato che "come prima cosa" l'Italia mobiliterà "i Paesi del G7 di cui abbiamo la presidenza di turno". "Non possiamo rinunciare all'azione politica che deve viaggiare in parallelo con la valutazione della intensità dell'azione militare iraniana e dei danni prodotti. Il primo obiettivo è gettare acqua sul fuoco. Il pensiero va in primo luogo alla Striscia di Gaza ma anche al Libano dove abbiamo 1.100 militari, al confine fra Israele e aree in cui è presente Hezbollah: agiamo in ogni modo per la loro sicurezza e dall'Iran abbiamo ricevuto garanzie che non ci saranno ripercussioni. Non vogliamo una spirale che la politica potrebbe non riuscire più a controllare". Per l'Italia che conseguenze avrebbe un conflitto? "L'Italia è al centro del Mediterraneo: una nuova crisi rappresenterebbe una tragedia che non voglio nemmeno immaginare. Già adesso la regione del Mar Rosso è in crisi: può sembrarci un'area molto lontana, ma dal Canale di Suez passa gran parte del nostro export. Il governo è comunque pronto a gestire qualsiasi tipo di scenario", ha commentato il ministro.

 

06:54 14 Aprile

Tel Aviv, i droni iraniani intercettati nel cielo. Il video di un testimone

06:48 14 Aprile

Netanyahu su “X”: "Abbiamo intercettato. Abbiamo bloccato. Insieme vinceremo."

l primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha pubblicato un breve messaggio su “X”, dicendo che il sistema di difesa dello Stato ebraico è riuscito a fermare l'attacco iraniano di questa notte. "Abbiamo intercettato. Abbiamo bloccato. Insieme vinceremo", ha scritto il premier.

La dichiarazione è il suo primo commento pubblico dopo l'attacco dell'Iran.

Il messaggio di Netanyahu arriva dopo una valutazione della situazione durata due ore con il ministro del gabinetto di guerra “Benny Gantz” e il ministro della Difesa “Yoav Gallant”.

 

06:40 14 Aprile

Biden a Netanyahu: quella di stanotte è stata vittoria Israele.

 

06:39 14 Aprile

Idf: oltre 300 droni e missili lanciati da Iran contro Israele.

L'Iran ha lanciato più di 300 "minacce di vario tipo" verso Israele, inclusi missili balistici, droni e missili da crociera, ha detto il portavoce dell'Idf, “Avichay Adraee”. "Abbiamo intercettato il 99% delle minacce verso il territorio israeliano. Questo è un risultato strategico molto importante", ha affermato “Adraee”. In un post su” X”, il portavoce dell'Idf ha fornito un dettaglio del numero di armi utilizzate per prendere di mira Israele.

 

06:37 14 Aprile

Netanyahu e Biden al telefono dopo l'attacco iraniano.

Il confronto telefonico è avvenuto da una località segreta. L'immagine diffusa dall'ufficio stampa israeliano

 

06:09 14 Aprile

Usa: "Non vogliamo conflitto con Iran ma difenderemo truppe."

"Non cerchiamo un conflitto con l'Iran ma non esiteremo ad agire per proteggere le nostre forze e sostenere la difesa di Israele". Lo afferma il ministro della Difesa americano “Lloyd Austin”.

 

06:08 14 Aprile

Rappresentante Mosca a Onu: "Si rischia nuova acuta crisi."

L'escalation del conflitto tra Iran e Israele "potrebbe portate a una nuova acuta crisi in Medio Oriente". Lo ha dichiarato alla “Tass “il vice rappresentante permanente russo alle Nazioni Unite, “Dmitry Polyansky”. "Tutto dipende dai prossimi passi delle parti coinvolte o dalla loro scelta di non compierne", ha detto il diplomatico.

 

06:07 14 Aprile

Il sistema di difesa aerea israeliano” Iron Dome” contro i missili lanciati dall'Iran

Il sistema di difesa aerea israeliano Iron Dome contro i missili lanciati dall'Iran, nel centro di Israele.

Il sistema di difesa aerea israeliano Iron Dome viene lanciato per intercettare i missili lanciati dall'Iran. AP.

06:00 14 Aprile

Israele: Iran ha lanciato 185 droni e 36 missili da crociera.

L'Iran ha lanciato 185 droni, 36 missili da crociera e 110 missili terra-terra contro Israele, anche dall'Iraq e dallo Yemen: è quanto riporta il” New York Times”, citando fonti governative dello Stato ebraico. Il Pentagono da parte sua ha reso noto che la Marina militare statunitense ha intercettato oltre 70 droni e tre missili da crociera, mentre altri droni sono stati abbattuti dall'aviazione.

 

05:59 14 Aprile

Cina preoccupata da escalation, chiede calma e moderazione.

La Cina si dice preoccupata da una possibile escalation dopo l'attacco dell'Iran a Israele e chiede alle parti di "rimanere calme ed esercitare moderazione". Lo afferma un portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, sottolineando che le tensioni sono una conseguenza del conflitto nella Striscia di Gaza: una guerra che va repressa il prima possibile

 

05:54 14 Aprile

Israele, bimba di 7 anni gravemente ferita da schegge drone Iran.

Una bambina di sette anni nel sud di Israele è in gravi condizioni dopo essere stata colpita da schegge in seguito all'intercettazione di un drone iraniano nell'area di Arad, dove la bimba si trovava. Lo riporta “Times of Israel”.

05:49 14 Aprile

Biden: "Usa non parteciparono a operazioni contro Iran". Lo riporta la “Cnn”.

Gli Stati Uniti non parteciperanno ad alcuna operazione offensiva contro l'Iran: lo ha ribadito il presidente degli Stati Uniti Joe Biden nel corso di una conversazione telefonica con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, secondo quanto riporta la Cnn.

 

05:41 14 Aprile

Hezbollah rivendica nuovo lancio di razzi sul Golan.

Hezbollah ha rivendicato il lancio di "decine di razzi Katiuscia" su posizioni militari israeliane sulle alture del Golan, che Tel Aviv strappo' alla Siria nella Guerra dei Sei Giorni del 1967. La milizia sciita libanese nelle ore precedenti aveva contribuito all'attacco iraniano e lancia di frequente proiettili contro il Nord dello Stato ebraico.

 

05:41 14 Aprile

Intercettati da Usa più di 70 droni e almeno 3 missili Iran.

Gli Stati Uniti hanno intercettato più di 70 droni e almeno tre missili balistici durante l'attacco dell'Iran contro Israele. Lo riporta “Cnn”, citando fonti del Pentagono.

05:23 14 Aprile

Biden, abbiamo aiutato ad abbattere quasi tutti i droni.

Le forze americane hanno aiutato Israele ad abbattere "quasi tutti" i droni e i missili sparati dall'Iran. Lo ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha confermato il "ferreo" impegno di Washington alla difesa dello Stato ebraico.

 

05:15 14 Aprile

Biden convoca riunione del G7 per discutere attacco Iran.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha convocato domani una riunione dei leader del G7 per discutere una risposta diplomatica comune all'attacco missilistico iraniano contro Israele: lo ha reso noto lo stesso Biden in un comunicato diffuso dalla Casa Bianca. "Rimarremo in contatto con i dirigenti di Israele, e anche se oggi non abbiamo visto alcun attacco contro le nostre forze o infrastrutture, continueremo ad essere vigili e non esiteremo a prendere tutte le misure necessarie per proteggere il nostro personale", ha proseguito. "Su mio ordine, per sostenere la difesa di Israele, nel corso dell'ultima settimana le forze armate statunitensi hanno dispiegato aerei e sistemi di difesa aerea nella regione e grazie alla straordinaria abilità dei nostri militari abbiamo aiutato Israele ad abbattere quasi tutti i droni e i missili", ha concluso.

 

 05:04 14 Aprile

Iraniani sono in piazza a sostegno dell'attacco a Israele.

Migliaia di persone invadono le strade dell'Iran in segno di supporto all'attacco contro Israele. Lo riporta “France Presse,” sottolineando che i dimostranti sventolano le bandiere iraniana e palestinese e cantano “Morte a Israele, morte all'America”.

 

05:00 14 Aprile

Teheran a Onu: "Esercitato diritto all'autodifesa."

L'ambasciatore dell'Iran alle Nazioni Unite, “Saed Iravani”, ha inviato una lettera alla Presidenza del Consiglio di sicurezza Onu  e al Segretario generale” Antonio Guterres” affermando che l'attacco contro Israele “rientra nell'esercizio del diritto di  Teheran all'autodifesa, sancito nell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, e in risposta alle ricorrenti aggressioni  militari israeliane e in particolare dopo il raid del 1° aprile”.

 

04:53 14 Aprile

Israele coordinerà risposta ad attacco Iran con alleati.

Israele coordinerà la sua risposta all'attacco dell'Iran con i suoi alleati. Lo scrive il New York Times, citando fonti ben informate. Non viene specificato a quali alleati ci si riferirebbe.

 

04:35 14 Aprile

Il Consiglio di sicurezza dell'Onu si tiene oggi alle 22 (ora italiana).

Il Consiglio di sicurezza dell'Onu si riunirà oggi alle 22, ora italiana. Lo afferma l'ambasciatrice maltese Vanessa Frazier. Malta è al momento presidente di turno del Consiglio di Sicurezza.

04:26 14 Aprile

Biden teme che Netanyahu voglia trascinare di più gli Usa in un conflitto.

Il Presidente americano Joe Biden ha espresso privatamente il timore che il premier israeliano Netanyahu stia cercando di trascinare di più gli Stati Uniti nel conflitto. Lo riporta Nbc citando alcune fonti, secondo le quali c'è preoccupazione fra i funzionari americani sulla possibilità che Israele risponda rapidamente agli attacchi dell'Iran senza pensare alle potenziali conseguenze.

 

04:20 14 Aprile

Israele convoca Consiglio guerra per valutare risposta.

Il Consiglio di Sicurezza israeliano ha dato mandato al Consiglio di Guerra, che si riunirà nelle prossime ore, di valutare la risposta adeguata all'attacco iraniano. Lo riferiscono i media israeliani.

 

04:03 14 Aprile

Biden a Netanyahu, non rispondere ad attacco dell' iran.

Si è conclusa la telefonata tra il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il quale ha chiesto all'interlocutore di astenersi dal rispondere all'attacco iraniano di questa notte. Lo riporta “Israel Hayom”.

 

03:20 14 Aprile

Israele, popolazione può allontanarsi dai rifugi.

La Sicurezza interna di Israele ha reso noto che la popolazione non dovrà più rimanere vicino ai rifugi, ma che le restrizioni sugli assembramenti e la chiusura delle scuole rimarranno in vigore: è quanto riporta il Times of Israel. L'annuncio dell'”Home Front Command” arriva circa cinque ore dopo l'inizio dell'attacco missilistico iraniano, che al momento non ha causato vittime e che sembrerebbe quindi terminato anche se l'Idf non ha emesso alcun comunicato ufficiale in questo senso.

 

03:16 14 Aprile

Attacco iraniano a base Negev, Israele: "danni minimi".

L'attacco iraniano alla base aerea israeliana nel deserto del Negev ha causato "danni minimi". Lo ha riferito un portavoce dell'esercito israeliano, secondo quanto riporta l'”agenzia Tass”.

 

03:12 14 Aprile

Convocata riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu.

È stata convocata per la giornata di oggi una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in relazione all'attacco iraniano a Israele. Lo riferisce l'organo internazionale.

 02:56 14 Aprile

Appello dell'Egitto alla moderazione.

Il governo egiziano ha lanciato un appello a Israele e Iran perché esercitino una "estrema moderazione" dopo l'attacco missilistico iraniano verso il territorio dello Stato ebraico, per "evitare ulteriori tensioni e instabilità nella regione". Il Cairo "è in costante contatto con le parti in causa per contenere la crisi e fermare l'escalation", si legge in un post del Ministero degli Esteri egiziano diffuso su “X”.

 

 02:29 14 Aprile

Idf, non possiamo considerare l'attacco iraniano terminato.

L'Esercito israeliano non considera ancora terminato l'attacco iraniano. “Ci sono ancora minacce, la nostra allerta è alta, i nostri caccia sono ancora in volo”, ha detto il Portavoce dell'Idf “Daniel Hagari” nel corso di un briefing con la stampa.

 

02:25 14 Aprile

Previsto colloquio Biden-Netanyahu.

È previsto nelle prossime ore un colloquio tra il presidente Joe Biden e il premier Benjamin Netanyahu. Lo riferiscono i media di Israele.

02:23 14 Aprile

Guterres, né la regione né il mondo possono permettersi un'altra guerra.

Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha chiesto un'immediata distensione in Medio Oriente e ha dichiarato in un comunicato: "Condanno fermamente la grave escalation rappresentata dall'attacco su larga scala lanciato stasera contro Israele dalla Repubblica Islamica dell'Iran".

Il segretario dell'Onu ha affermato che la regione rischia di precipitare in una guerra più profonda e più ampia su più fronti. "Ho ripetutamente sottolineato che né la regione né il mondo possono permettersi un'altra guerra".

 

02:20 14 Aprile

Iran, attaccata base aerea israeliana in deserto Negev.

L'Iran afferma di aver attaccato una base aerea israeliana nel deserto del Negev con missili balistici “Khayba”r. Lo riferisce l'agenzia iraniana “Irna”.

02:06 14 Aprile

Tajani: "Bisogna spingere alla prudenza, si rischia situazione incandescente."

Bisogna spingere "a non esagerare, alla prudenza perché si rischia una situazione incandescente". Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani dopo l'attacco lanciato dall'Iran contro Israele. "Lavoriamo per la pace, perché prevalga sempre il buon senso, siamo in costante contatto con le ambasciate a Teheran e a Tel Aviv. Il governo è pronto a gestire qualsiasi evento", ha aggiunto, precisando che il "governo è in grado di gestire qualsiasi evento".

 

02:03 14 Aprile

Israele, intercettato il 99% dei missili e dei droni lanciati dall'Iran.

Il 99% dei missili e droni lanciati contro Israele è stato intercettato. Lo ha riferito una fonte delle Forze di difesa israeliane a “Ynet”.

 

02:01 14 Aprile

Israele chiede a Guterres una condanna esplicita dell'Iran.

Israele ha chiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di condannare esplicitamente l'Iran per l'attacco di oggi al suo territorio, prima con droni e poi con missili balistici. L'ambasciatore israeliano all'Onu,” Gilad Erdan”, che dall'inizio della guerra è stato molto bellicoso nei confronti di Guterres, ha scritto sul suo account X un messaggio al segretario generale: "L'Iran ha violato la carta dell'ONU (...) dove sono le tue parole, dove è la tua condanna? Svegliati!".

Il Segretario generale non ha ancora commentato l'attacco, che ha già ricevuto messaggi di condanna da Stati Uniti, Unione Europea, Francia e Germania.

01:57 14 Aprile

“Nehammer”: "Austria sta dalla parte di Israele:"

"Condanno fermamente l'attacco iraniano a Israele. L'Austria sta dalla parte di Israele e chiediamo all'Iran di porre immediatamente fine a qualsiasi ostilità. L'attacco dell'Iran contro Israele deve essere condannato nella maniera più forte  possibile. L'Austria è fermamente impegnata nella sicurezza di Israele". Lo ha scritto il cancelliere austriaco “Karl  Nehammer” su “X” in due diversi post, uno in lingua tedesca e uno in lingua inglese. Il ministro degli esteri austriaco  “Alexander Schallenberg” ha scritto, "si tratta di un nuovo livello di escalation in una situazione già altamente pericolosa,  invitiamo l'Iran e i suoi delegati a smettere di aggiungere benzina sul fuoco e a invertire urgentemente la rotta".

 

01:48 14 Aprile

Fonte Usa, lanciati dall'Iran contro Israele 150 missili.

L'Iran ha lanciato due ondate di missili contro Israele, la prima di 80 e la seconda di 70, per un totale di 150. Lo ha riferito una fonte dell'amministrazione americana ad “Abc News”.

 

01:38 14 Aprile

Biden: "Il nostro impegno verso Israele è incrollabile."

“Ho appena incontrato il mio team della sicurezza nazionale per un aggiornamento sugli attacchi dell'Iran contro Israele. Il nostro impegno per la sicurezza di Israele contro le minacce provenienti dall'Iran e dai suoi alleati è incrollabile”. Lo ha scritto Joe Biden su “X” postando una foto dell'incontro nella situation room.

 

01:22 14 Aprile

Sirene in Israele, esplosioni in cielo di Gerusalemme.

Il canale Telegram dell'esercito israeliano avverte che le sirene antiaeree hanno suonato nel Sud e nel Nord del Paese, a Gerusalemme, e nelle aree di Shomron, Negev e del Mar Morto. L'agenzia Anadolu riferisce che esplosioni, forse batterie antiaeree in azione, sono state udite nel cielo di Gerusalemme.

 

01:19 14 Aprile

Gabinetto di guerra approva risposta militare a Iran.

Il gabinetto di guerra israeliano ha approvato una risposta militare all'attacco iraniano. Lo indicano i media della Stato ebraico, senza aggiungere ulteriori dettagli.

 01:17 14 Aprile

Diverse esplosioni sentite a Damasco.

Diverse esplosioni sono state sentite a Damasco, capitale della Siria. Lo riporta “France Presse”.

 

00:51 14 Aprile

 

Teheran, questione può dirsi conclusa.

Con la risposta iraniana all'operazione israeliana a Damasco contro i Guardiani della Rivoluzione "la questione può dirsi conclusa". Lo scrive su “X” la rappresentanza permanente dell'Iran alle Nazioni Unite in un messaggio nel quale invita gli Usa a stare fuori del conflitto e minaccia Israele di una "risposta ancora più severa" nel caso di un altro attacco contro obiettivi iraniani.

 

00:38 14 Aprile

Crosetto: "Condanno con fermezza attacco, rischio escalation."

"Ricevo costanti aggiornamenti e seguo con apprensione quanto sta accedendo in Medio Oriente. Condanno con fermezza l'attacco dell'Iran e dei suoi alleati, contro Israele, un'azione senza precedenti che può provocare un'escalation drammatica. Continuiamo a lavorare per evitarla". Lo scrive su “X” il ministro della Difesa Guido Crosetto.

 00:35 14 Aprile

Fonte Iran, usati missili ipersonici e “kheibar”.

L'Iran ha utilizzato missili ipersonici e “kheibar” nella sua operazione contro Israele, chiamata “Vadeh Sadegh” ‘Vera Promessa’ ha detto una fonte informata al sito di notizie del Consiglio supremo per la sicurezza iranaiana, “Nournews”.

 

00:31 14 Aprile

Iran agli Usa, state fuori dal conflitto con Israele.

L'Iran avverte gli Stati Uniti di “stare fuori” dal conflitto con Israele.

 

00:29 14 Aprile

Gli Usa hanno intercettato alcuni droni iraniani

Gli Usa hanno intercettato alcuni droni iraniani. Lo riferiscono funzionari americani alla “Cnn.”

 

00:20 14 Aprile

Ue condanna fermamente attacco Iran a Israele.

L'Ue condanna fermamente l'attacco dell'Iran a Israele. “Si tratta di un'escalation senza precedenti e di una grave minaccia alla sicurezza regionale”. Lo scrive su” X”  l'Alto Rappresentante Ue per la politica estera “Josep Borrell”.

 

 

 

 

La verità è menzogna. La menzogna è verità.

Appelloalpopolo.it - RENATA PESCATORI – (13 APRILE 2021) - QELSI (Roberto Pecchioli) – ci dice:

 

Diceva Mark Twain che è più facile ingannare la gente che convincerla di essere stata ingannata.

 L’autore delle (censuratissime!)” Avventure di Huckleberry Finn”, nel XIX secolo non poteva conoscere la potenza di fuoco del dispositivo mediatico di informazione e deformazione della verità.

Il problema della verità e della menzogna è diventato centrale nella “società dello spettacolo”, delle news che si rincorrono e della post –verità, diventata il nome d’arte della menzogna.

 In fin dei conti, tutte le contorsioni verbali del nostro tempo sono attentati contro la verità, la chiarezza e, in ultima analisi, negazione della realtà.

Multi, poli, trans, bi sono maschere, fumisterie tese ad allontanare l’uomo dalla verità e dalla sua ricerca.

 

Uno dei pochi filosofi che combattano una lotta impari a favore della verità è “Francesco Lamendola”.

In tempi normali, sarebbe un “venerato maestro” colmato di onori e riconoscimenti.

 Nel buio del presente può solo levare la sua voce, quasi inascoltata, “vox clamantis in deserto.”

 Chi scrive non ha né la cultura, né la forma mentis del filosofo.

 Tenta di svolgere la riflessione intorno al drammatico problema della verità e della menzogna con le armi e il linguaggio dell’uomo comune, sbigottito da ciò che vede e sente.

Un immenso apparato culturale, mediatico e di intrattenimento, un’officina a ciclo continuo è impegnata allo scopo di non farci più credere ai nostri occhi.

 

 Lo comprese George Orwell, con la folgorante invenzione, nel romanzo 1984, delle tre grandi scritte sull’immenso palazzo del partito unico al potere:

 la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.

 

Capovolgere i significati significa capovolgere la realtà.

L’esito è ovvio: la verità è menzogna.

E poiché, come insegnò Aristotele, se A è uguale a B, B deve essere uguale ad A, la menzogna diventa verità.

La verità, scrive il Vangelo di Giovanni, rende liberi, dunque la menzogna ci trasforma in schiavi.

Il cerchio si chiude, il rapporto tra verità e libertà diventa un futile esercizio filosofico per metafisici ritardatari.

 Il pensiero occidentale si è liberato con fastidio della metafisica, ossia di tutto ciò che eccede la nuda materia, e impone una religione provvisoria e impalpabile, la scienza, definita “esatta”. Tuttavia, l’esattezza è concetto assai diverso dalla verità.

 La scienza non si prefigge l’obiettivo della verità; si limita, attraverso l’osservazione e la sperimentazione, a chiarire regole e invarianze del mondo fisico.

 Infatti una retta scienza non si considera mai definitiva, accetta la prova contraria, tanto che “Karl Popper” considerava la confutazione uno dei pilastri della conoscenza scientifica.

“Paul Feyerabend”, filosofo della scienza, sosteneva che l’unico corretto metodo scientifico è l’assenza di metodo.

 

Negli ultimi decenni il relativismo radicale della cultura occidentale si è mutato nel suo contrario:

da un lato, l’assunzione della scienza a nuova religione, dall’altro l’idea che esiste un’unica verità, ovvero l’assenza di verità elevata a totem invalicabile.

A nessuno sfugge la deriva nichilistica e la disperante condizione umana che ne consegue.

Di qui, la riduzione della vita a mero fatto biologico, da preservare a ogni costo (il culto superstizioso della vaccinazione) o cancellare a richiesta (l’eutanasia), e, paradossalmente, la necessità di diffondere, ad uso delle masse impaurite, orfane di principi, private di ogni appiglio comune, nuove “verità”, cioè, per dirla chiaramente, menzogne utili al potere.

 

Stiamo arrivando al punto in cui, guardando un albero, ci convincono indifferentemente che è un lampione o un unicorno, chiamando pazzi e visionari quanti continuassero a chiamarlo albero, vederlo e considerarlo per quello che è.

Ci è capitato, in una discussione con un intellettuale sedicente progressista sul concetto di matrimonio, di chiedergli che cosa pensasse del fatto che a nessuna civiltà, in nessun tempo, sia venuto in mente di ritenere matrimonio l’unione tra persone dello stesso sesso.

La risposta è stata raggelante e disarmante:

il passato era pieno di errori, oscurità e pregiudizi, noi abbiamo finalmente raggiunto la liberazione e la verità.

Dunque, non è vero che “maschio e femmina li creò”.

L’albero ha cambiato nome definitivamente e non è più un albero.

Il Ministero della Verità ha vinto la sua battaglia e imposto il capovolgimento intuito da Orwell: la menzogna è diventata verità. E viceversa.

Poiché alcuni contestatori non sono d’accordo, la menzogna diventata neo-verità deve essere imposta, inizialmente attraverso il dispiegamento di tutto l’apparato a disposizione del potere, poi con il divieto legale di dissentire.

“Montesquieu” scrisse già a metà del secolo XVIII che non esiste tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra della legge e con i colori della giustizia.

Potremmo aggiungere, di quella che fa appello alla morale, a un’etica rovesciata a cui il potere finge di credere.

Un esempio è una notizia che sarebbe esilarante se non fosse la dimostrazione del bis-pensiero orwelliano, cioè della deliberata inversione a fini di dominio.

L’Agenzia Europea del Farmaco (EMA), alto consesso di “esperti” e scienziati a cui, in tempo di virus, abbiamo consegnato la salute e quel che resta delle nostre facoltà intellettuali, sta valutando se consigliare il divieto del vaccino russo anti Covid Sputnik – utilizzato già in 59 paesi- per motivi “etici”.

Premesso che dovremmo ridere a squarciagola dell’etica di costoro come di un elogio della castità pronunciato da Cicciolina, sapete qual è la virtuosa motivazione degli alti burocrati della salute europoide?

Chi ha partecipato alle ricerche potrebbe essere stato costretto a farlo dal governo russo.

Sputnik, quindi, non sarebbe un vaccino “etico”.

 L’ EMA, incapace di risolvere il dramma del virus, occupa il suo tempo ad indagare se “militari e scienziati russi che hanno partecipato alle ricerche, lo hanno fatto senza costrizione “.

Si possono salvare vite (pare che Sputnik ci riesca) si chiede l’EMA con la mano sul cuore e una lacrima sul viso, con un vaccino che potrebbe essere stato realizzato e prodotto infrangendo “diritti”?

Evitiamo di ricordare i drammatici esiti delle prove su popolazioni del Terzo Mondo di brevetti di Big Pharma o del grande filantropo Bill Gates: troppo facile.

Evitiamo anche di ricordare le cavie – animali e umane – utilizzate largamente dalla scienza.

Il problema non è il merito delle affermazioni dell’Ema, ma il fatto che vengano prese sul serio, che si giochi senza vergogna sulla vita di centinaia di milioni di europei torcendo la verità in nome – udite, della “morale” e dei “diritti”.

 Gli interessi non c’entrano, nevvero?

La menzogna ha scacciato la verità, ma è pericolosissimo affermarlo: il re è nudo, ma non lo può dire neppure il bimbo della fiaba di Andersen.

Altrettanto poco salutare è avanzare dubbi- come stanno facendo alcuni scienziati – sul principio attivo dei vaccini anti Covid scelti dall’oligarchia.

 La scommessa terapeutica è legata al cosiddetto RNA messaggero, ossia a molecole di acido ribonucleico chimicamente sintetizzate che portano un messaggio al DNA delle nostre cellule.

Forniscono cioè istruzioni- perdonate il linguaggio semplicistico – su quali proteine produrre.

 Straordinario tentativo, da salutare con entusiasmo, senonché non vi è certezza che i vaccini mRNA non influenzino – cioè modifichino – il DNA.

I più lo negano: chissà se Big Pharma ha fatto pressioni, ossia “violato diritti” affinché si diffonda questa narrazione rassicurante; fatto sta che non ci sono prove e i dubbi persistono.

È “etico” modificare il DNA umano, o rischiare che accada? Verità, menzogna, o menzogna che diviene verità per coazione a ripetere?

Forse il vero profeta fu “Lewis Carroll”, l’autore di “Alice nel paese delle meraviglie”, che inventò “Humpty Dumpty”, l’ometto a forma di uovo dal linguaggio incomprensibile. 

Alla meravigliata Alice dice:

quando io uso una parola, essa significa esattamente ciò che io voglio che significhi.

All’osservazione di Alice, bambina semplice ma non sciocca, che le parole possono avere tanti significati, replica:

“quando faccio fare a una parola un simile lavoro, la pago sempre di più”.

 Le parole diventano strumenti di menzogna per i fini più loschi e indicibili. È la sconfitta del principio di realtà e la sua sostituzione con la “narrazione”, imposta da un implacabile dispositivo di lavaggio del cervello la cui funzione è opposta a quella delle applicazioni informatiche che “puliscono” la spazzatura nella memoria del computer.

 Alla verità è sostituito il suo contrario:

 il “grande Reset”, che significa cancellazione.

Penso, vedo, percepisco A, ma il dispositivo mentale traduce l’informazione al contrario: A diventa Zeta.

Chissà che non sia il caso di ritornare al vecchio reato di cui all’articolo 661 del codice penale, l’abuso della credulità popolare, derubricato a infrazione amministrativa nel momento in cui la menzogna diventa più estesa, pervasiva e proveniente.

Ma l’ignoranza è forza (di chi la diffonde), spiegava Orwell.

L’appello morale diventa quindi il suo contrario, poiché arriva da chi mente sapendo di mentire, la peggiore delle immoralità. Forniamo un altro esempio.

Nello Stato americano della Georgia, oggetto di polemiche violentissime per i possibili brogli nelle elezioni presidenziali, è stata modificata la legge elettorale.

Quella nuova prevede l’accertamento con documento ufficiale dell’identità del votante.

 Strano o normale?

La decisione della Georgia ha suscitato un’immensa levata di scudi da parte dei progressisti americani, che oggi si chiamano “woke”, i “risvegliati”.

 Ecco un’altra menzogna diventata verità:

il risveglio consiste nella cancellazione della civiltà e della cultura d’origine!

 Ne sono banditori le grandi corporazioni industriali e tecnologiche.

Ben 1.119 tra loro, tra cui Amazon, McDonalds, Microsoft, PayPal, Uber, Airbnb, Best Buy, Capitol One, Dow, Hewlett Packard, Macy’s, Starbucks, United Airlines, Pepsi, hanno dato vita a un’incredibile “Alleanza Civica” unita nel rifiuto della nuova legge elettorale georgiana.

Il loro comunicato è un perfetto esercizio di stile orwelliano, il capovolgimento sfacciato della realtà.

 “Noi sosteniamo elezioni sicure, accessibili e incitiamo i nostri dipendenti e collaboratori a partecipare alla vita civica.

Come imprese, siamo solidali con gli elettori nel nostro impegno non partigiano per l’uguaglianza e la democrazia.

Riteniamo minacciosi i progetti di legge per rendere più difficile il voto “.

Non conoscono la vergogna:

è immorale chiedere a chi si presenta a un seggio una carta d’identità e la prova di far parte delle liste elettorali, non il broglio.

 Il sistema è talmente forte che non solo mente spudoratamente, ma chiama apertamente male il bene.

 

Nello specifico, sembra una confessione di colpevolezza, la prova provata che la democrazia è oggi la più grande delle menzogne.

Scelgono chi può candidarsi attraverso meccanismi preventivi fatti per escludere, scelgono gli eletti (chi riceve finanziamenti e appoggi).

Ora scelgono anche gli elettori.

 Il prossimo passaggio – la finestra di Overton non è ancora spalancata, ma ci stanno lavorando – sarà abolire anche la pallida democrazia rappresentativa, che rappresenta non i popoli, ma l’oligarchia.

O forse no, meglio che la gente menta a sé stessa, credendo di vivere nella libertà.

Facile ingannare se si è padroni delle carte, si dettano le regole del gioco e si scelgono i giocatori.

 Arduo far capire l’enormità dell’operazione e il pericolo mortale.

Si sentono tanto forti da divulgare con chiarezza i loro intenti. Tanto non capiremo o applaudiremo l’imbroglio.

L’Agenda 2030 dell’ONU, il Grande Reset del Forum di Davos hanno messo le carte in tavola, ma la verità non è stata presa sul serio.

  Le prove sono innumerevoli, anche se a esporle ci sentiamo come Sisifo al termine della sua fatica.

Sisifo era il più scaltro e astuto ingannatore, ma nell’orizzonte mentale greco, nessuno poteva sfidare attraverso la hybris, la dismisura, la collera degli dèi.

La punizione fu terribile: spingere eternamente un masso dalla base alla cima di un monte.

Ogni volta che raggiungeva la cima, la pietra rotolava e Sisifo doveva ricominciare l’inutile scalata.

 

“Alex Pentland”, direttore del “Laboratorio di Dinamiche Umane” del celebre “MIT” (Massachusetts Institute of Technology), consigliere del Foro Economico Mondiale, di grandi multinazionali, destinatario di ingenti finanziamenti delle maggiori ONG del mondo, ha affermato di avere la soluzione dei problemi dell’umanità.

Non è un pazzo o un ciarlatano, ma uno scienziato che lavora alla modifica inconscia dei comportamenti umani.

Ha formulato una “nuova scienza sociale computazionale basata sulla matematica”, sull’aggregazione di dati e metadati, che ha chiamato “Fisica Sociale”, come un testo del filosofo positivista del XIX secolo Auguste Comte.

 

Attraverso le informazioni tratte dalle numerose fonti di raccolta di dati personali esistenti – telefoni, reti sociali, carte di credito, Internet, posta elettronica- essa permette la previsione più accurata dei comportamenti umani e sociali, superando la sociologia della conoscenza di “Max Scheler”, intendendola come miniera della realtà in grado di prevedere ogni nostra condotta.

Il “principio di influenza sociale” permetterà di sapere perché si prendono le decisioni e di anticiparle, non tanto per coazione, interesse razionale o persuasione, ma per imitazione.

 Così, in base a una vaga epistemologia comportamentista, faremo spontaneamente ciò che i padroni universali vorranno.

In anni più sinceri, si chiamava lavaggio del cervello. Oggi è scienza, predizione, progresso.

I nuovi demiurghi cibernetici rivelano cinicamente di essere in grado di farci fare ciò che vogliono.

Lo chiamano, con il moralismo peloso e invertito di cui sono maestri, “orientare le masse verso obiettivi adeguati”.

Ci riuscì assai bene anche il pifferaio di Hamelin dei fratelli Grimm.

Si presentano come “filantropi”, una delle parole più sospette e invertite del nostro tempo.

Apostoli del Bene capovolto, sanno di poter contare, per il successo dei loro progetti, su un’umanità rotta a ogni menzogna.

Viene in mente il lupo di Cappuccetto Rosso: che orecchie grandi hai.

È per sentirti meglio.

Che occhi grossi! Per vederti meglio.

La verità era nella domanda finale: nonna, che bocca grande hai.

È per divorarti meglio! Cappuccetto Rosso se la cavò, ma era una fiaba.

Se ciò che ci viene proposto – cioè imposto- ha il marchio della scienza e il respiro del progresso, lo accogliamo con entusiasmo infantile.

 La scienza è “verità” e pazienza se proprio la parte più alta e speculativa della scienza ha riconosciuto da tempo i suoi limiti.

Pensiamo al “principio di indeterminazione di Heisenberg”, al “teorema di incompletezza di Goedel”, alla” fisica quantistica” che ha introdotto il concetto di probabilità e enunciato l’assurdo logico del gatto di “Schroedinger”, morto e vivo nella scatola, “a certe condizioni”.

Sofismi, eccesso di complessità per l’uomo postmoderno dal ragionamento binario, sequenze di zero e uno come in informatica.

Facile imporre la menzogna e travestirla da verità in salsa moraleggiante.

 I lupi non si prendono più il disturbo di mascherarsi da nonnina di Cappuccetto Rosso.

Alla luce di quanto detto, è evidente che il tema della verità e della menzogna non è un ozioso gioco di parole per filosofi o una sterile diatriba bizantina sul sesso degli angeli, ma un concretissimo strumento di inganno e dominio.

 Per proseguire la battaglia della verità occorrono la pazienza di Giobbe, l’eloquenza di Cicerone e il coraggio di Don Chisciotte, poiché i giganti nemici si sono travestiti da mulini a vento.

 Speriamo che avesse ragione Abramo Lincoln: si può ingannare qualcuno per sempre e tutti per un po’, ma non si possono ingannare tutti per sempre.

(qelsi.it/2021/la-verita-e-menzogna-la-menzogna-e-verita/)

 

 

 

Come le parole costruiscono la realtà.

 Volerelaluna.it – (15-06-2023) - Daniela Calzolaio – ci dice:

Una delle cose che accade quando gli Stati entrano in guerra – come in qualche modo suggerisce lo stesso “Einstein” nella sua lettera del ’32 a” Sigmund Freud(volerelaluna.it/cultura/2023/06/05/il-pacifismo-di-albert-einstein/) è che le minoranze al potere attivino dei meccanismi di influenzamento della popolazione al fine di ottenere l’adesione alla propria politica.

 I vari mezzi di comunicazione di massa sono ovviamente un ottimo strumento in tal senso.

Di solito, quando si pensa a questo fenomeno, la mente corre alla propaganda bellica.

Non è in questo tema, però, che mi voglio addentrare qui:

proverò, invece, a dire qualcosa sul linguaggio, con l’obiettivo di persuadervi di quanto le parole siano potenti e incredibilmente concrete nei loro effetti.

A tal fine, lancerò delle rapide suggestioni volutamente colte da terreni estremamente distanti tra loro.

 

Comincio dunque col primo riferimento.

Sono sicura che tutti conosciate Alice nel Paese delle Meraviglie (1865), ma forse pochi sanno che il suo autore, Lewis Carroll, era un professore di matematica all’Università di Oxford e uno studioso appassionato di logica, e che quel libro e il suo meno noto “sequel” Attraverso lo Specchio (1871) sono citati in testi importanti sulla comunicazione.

 C’è un personaggio di questo racconto – Humpty Dumpty – che, al termine di una bizzarra conversazione con Alice, sostiene qualcosa che qui, per noi, è di grande interesse:

«Quando io uso una parola» […] «questa significa esattamente quello che decido io… né più né meno».

«Bisogna vedere» disse Alice «se lei può dare tanti significati diversi alle parole».

«Bisogna vedere» disse Humpty Dumpty «chi è che comanda… è tutto qua».

(L. Carroll, Attraverso lo Specchio e Quello che Alice vi trovò, in Alice annotata, ed. annotata da M. Gardner, trad. M. D’Amico, Rizzoli, p. 248).

 

Andiamo adesso in un territorio lontanissimo da questo: quello dell’effetto placebo.

 In sintesi estrema, si può definirlo come l’effetto della somministrazione di un farmaco finto o, in generale, di una terapia finta.

Questa comune e striminzita definizione non lascia vedere un aspetto fondamentale del fenomeno, ovvero il suo stretto legame con il contesto psicosociale intorno alla terapia, che include cose come i rituali terapeutici e le parole usate dal personale sanitario.

“Fabrizio Benedetti”, professore di Fisiologia umana e Neurofisiologia all’Università di Torino, è considerato uno dei massimi esperti al mondo di effetto placebo.

 Nel suo libro “La speranza” è un farmaco.

“Come le parole possono vincere la malattia” (2018), parla delle parole in un modo che è davvero d’impatto (ma attenzione a non trarne facili generalizzazioni: quanto riporto qui di seguito non significa in alcun modo che i farmaci possano essere sostituiti da parole né che le parole “funzionino” sempre, per tutti, in ogni malattia).

 Così scrive “Benedetti”:

«Oggi la scienza ci dice che le parole sono delle potenti frecce che colpiscono precisi bersagli nel cervello, e questi bersagli sono gli stessi dei farmaci che la medicina usa nella routine clinica.

 Le parole innescano gli stessi meccanismi dei farmaci, e in questo modo si trasformano da suoni e simboli astratti in vere e proprie armi che modificano il cervello e il corpo di chi soffre».

(F. Benedetti, La speranza è un farmaco. Come le parole possono vincere la malattia, Mondadori, 2018 [ebook], p. 8)

 

Facciamo un nuovo salto.

 Voglio raccontarvi ora di George Lakoff e Mark Johnson, il primo linguista di stampo cognitivo e il secondo filosofo.

Nel 1980 esce il loro libro” Metafora e vita quotidiana”, in cui si legge che non possiamo considerare la metafora semplicemente come una figura retorica, perché di natura metaforica è (almeno in gran parte) il nostro stesso sistema concettuale e i concetti sono ciò che struttura il nostro pensiero, ciò che percepiamo, il modo in cui agiamo (ovvero il modo in cui ci comportiamo nel mondo).

 La metafora ha il potere – scrivono – di «creare una realtà piuttosto che semplicemente concettualizzare una realtà preesistente» (G. Lakoff e M. Johnson, Metafora e vita quotidiana, trad. italiana, Roi Edizioni, Macerata, 2022, p. 193).

È interessante notare che, più o meno negli stessi anni, qualcosa di (per certi versi) molto simile veniva affermato da “Paul Watzlawick”, uno dei massimi studiosi della comunicazione, che sosteneva che

«un linguaggio non rispecchia la realtà, ma piuttosto crea una realtà» (P. Watzlawick, Il linguaggio del cambiamento. Elementi di comunicazione terapeutica, trad. italiana Feltrinelli, 1980, p. 24 [ed. Originale 1977]).

 

Ci sono molti modi in cui possiamo dire ed esemplificare che un linguaggio “crea una realtà”: per esempio, potremmo riferirci alle singole parole usate per nominare le cose, alle metafore adoperate, a modelli comunicativi più ampi. Ho qui lo spazio per fare un solo esempio.

L’esempio di cui voglio discutere è legato a una parola: “sfida”.

 In questi mesi, l’abbiamo ascoltata o letta, in associazione alla guerra in Ucraina, un numero enorme di volte: «Putin sfida le nostre democrazie», «Questa è una sfida per l’Europa», «Dobbiamo raccogliere questa sfida per difendere i nostri valori».

Potrei continuare quasi all’infinito.

Non dovremmo stupirci più di tanto, perché si tratta di un termine davvero alla moda da parecchi anni, che troviamo dunque accostato a una grande varietà di situazioni e fenomeni (“sfida climatica”, “sfida energetica”, e così via).

Ma possiamo pensare che l’assidua associazione tra “guerra” e “sfida” sia priva di conseguenze?

Sino ad ora, in effetti, ho cercato di convincervi del fatto che le parole potenzialmente hanno conseguenze, e queste spesso sono legate ai loro poco appariscenti richiami semantici, valoriali, emotivi.

Desidero, a questo punto, condividere due mie riflessioni su questa parola.

La prima è che, una volta entrati nell’ambito concettuale della “sfida”, cioè – potremmo dire – dentro la realtà creata da questa parola, ci troviamo dinanzi a certe alternative di comportamento tra cui scegliere (e non ad altre):

quando siamo di fronte a una sfida, possiamo raccogliere oppure non raccogliere il guanto e, se decidiamo di farlo, disponiamo di certe mosse e di certe armi per cercare di vincere.

Quanto ho detto significa anche che ci sono dei comportamenti che in questo ambito non sono contemplati, cioè “non esistono”:

per esempio, trattare con lo sfidante è un’azione che non fa parte del nostro senso comune circa la sfida.

La seconda riflessione che voglio esplicitare è che, dentro l’ambito concettuale disposto da questa parola, le alternative di comportamento disponibili non sono tutte uguali.

Alcune risultano, infatti, più desiderabili di altre: confrontati con una sfida, sentiamo di doverla accettare, perché nella nostra cultura la sfida intrattiene tradizionalmente un legame molto intenso con l’onore.

Se accettiamo la sfida, restiamo degni di fronte agli altri e a noi stessi.

 Di converso, non raccogliere il guanto getta nell’infamia (a questo proposito, è il caso di notare che il discorso pubblico sulla guerra in Ucraina è pieno di parole che fanno riferimento all’ambito semantico-valoriale del coraggio-onorabilità da una parte e della viltà-indegnità dall’altra: un possibile modo per spiegare questa osservazione può essere trovato – io credo – in quanto ho sostenuto poc’anzi).

 

Per portare un po’ di acqua al mulino delle mie riflessioni, chiamerò ora in mio aiuto “Lakoff e Johnson”, gli studiosi della metafora che ho citato più sopra.

C’è, in particolare, un esempio molto eloquente che i due hanno portato a sostegno delle loro argomentazioni:

 essi hanno notato come nelle nostre società occidentali sia diffusissima la metafora secondo cui «la discussione è una guerra» (il che – per inciso – è già di per sé interessante, perché ci mostra come noi concettualizziamo in termini di “guerra”, senza neanche accorgercene, una quantità di cose).

Questa metafora è visibile in numerosissime espressioni di uso comune usate per riferirsi alle discussioni:

 per esempio, diciamo cose come “attaccare il punto debole” dell’argomentazione altrui, “colpire nel segno” con una critica, “avere la meglio” sull’interlocutore.

Noi diciamo queste cose, e noi anche concettualizziamo le discussioni in termini di guerra: per esempio, vediamo il nostro interlocutore come un “nemico da battere”, pensiamo di dover “difendere la nostra posizione” e “attaccare la sua” e così via.

Non sorprende, allora, che molte delle cose che noi concretamente facciamo, quando siamo impegnati in una discussione, siano strutturate dal concetto di guerra.

Tutto questo perché – dicono gli studiosi – «l’essenza della metafora è comprendere e vivere un tipo di cosa in termini di un altro» (Lakoff e Johnson, opera citata, pp. 31-32).

Comprendere e vivere.

È ora interessante notare che, in un’ipotetica cultura in cui le discussioni fossero viste in modo differente, per esempio come una danza – suggeriscono ancora “Lakoff e Johnson” –, le persone le vivrebbero in modo diverso, si comporterebbero differentemente nel corso delle stesse, ne parlerebbero in modi altri.

Allora mi spingo a dire che cambiare metafore – in generale cambiare parole – può significare innescare cambiamenti che sono oltre e al di là di una pura questione linguistica o, meglio, che c’è un altro modo di vedere le “questioni linguistiche”: come qualcosa che è molto oltre e al di là di quanto abitualmente pensiamo di esse.

Le parole possono avere un potere straordinario, come ben sapeva “Humpty Dumpty”, e questo significa anche che il dare alle parole la giusta attenzione può essere un grande strumento di cittadinanza attiva nelle nostre mani.

 

 

 

 

 

La Grande Menzogna globalista,

 militarizzata e americano-centrica,

che condiziona anche il Medio Oriente.

(A. Bradanini).

Farodiroma.it - Redazione – (02/04/2023) – A.Bradanini – ci dice.

 

La doverosa attenzione alla nozione di complessità consiglia cautela quando si tenta un’analisi della scena mediorientale, dove sedimentazioni storiche e interessi delle Grandi Potenze (ex o attuali) si mescolano con sovrastrutture religiose, arretratezza culturale, assenza di prospettive di vita e lavoro per popolazioni giovani e frustrate, cui si aggiunge un acuto, e non senza ragione, risentimento contro l’Occidente, quello del passato coloniale e del presente neocoloniale.

Davanti alla Grande Menzogna (globalista, militarizzata e americano-centrica) che anche in Medio Oriente controlla la narrazione degli eventi, far emergere qualche aspetto di plausibile riflessione non è impresa facile.

Ci si limiterà qui a qualche misurata ponderazione, con un cauto sguardo sull’orizzonte.

 

Come altrove, anche in Medio Oriente i fattori identitari sono costituiti da lingua, etnia, colore della pelle, religione (o anche famiglie religiose), tutti intrecciati tra loro e su cui soffiano i detentori di privilegi e le Grandi Potenze, in primis gli Stati Uniti, per estrarre benefici politici e ricchezze materiali.

A seconda di tempi e luoghi, alcuni fattori prevalgono su altri.

 La religione – per sua natura messaggera di orizzonti messianici – occupa un posto centrale, vittima e insieme protagonista di fanatismi, arretratezze socioculturali e posture antimoderne, su cui prosperano gerarchie ecclesiastiche e oligarchie di ogni risma.

 È invece storicamente deficitaria un’agenda di rivendicazioni sociali alla luce dell’emarginazione politica e culturale nella quale sono relegate le classi subalterne.

Il cammino verso l’uscita dal sottosviluppo, oltre che da scarsa consapevolezza, è ostacolato dalla perenne instabilità politica, deliberatamente alimentata dalle istanze dominanti per impedire l’emergere di priorità centrate sullo sviluppo umano e la giustizia sociale.

 Invece di aggredire la polarizzazione dei redditi, la precarietà, l’assenza di lavoro e le misere prospettive di vita, gli strati sociali emarginati vengono sedotti dall’ideologia dell’appartenenza etnica o religiosa, divenendo vittime di fanatismo, sfruttamento e miraggi migratori.

La regione è così divenuta teatro di predazione delle corporazioni occidentali sostenute dai rispettivi eserciti, spesso in complicità con le oligarchie locali.

Anche il terrorismo, filiazione di tale intelaiatura, affonda le radici nel lago delle frustrazioni politiche, delle ingiustizie sociali e delle interferenze (neo-)coloniali delle potenze occidentali attratte dalle ricchezze della regione.

Il terrorismo è un fenomeno politico e sociale.

Combatterlo al meglio, come pure occorre fare, senza affrontare tali aspetti, non sarà sufficiente.

Oggi, nella regione della turbolenza che va dal Caspio al Mediterraneo fino al Nord-Africa, la collocazione degli schieramenti sfida la logica aristotelica. Vediamo.

 Israele è contro i palestinesi, in verità più contro Hamas che contro l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP).

ANP e Hamas si fronteggiano a Gaza, ma sono unite (con modalità diverse) contro lo Stato Ebraico.

L’Egitto appoggia l’ANP, ma non Hamas, e ha relazioni politiche con Israele. Hamas e Iraq hanno lo stesso nemico, Israele, ma non hanno buone relazioni tra di loro.

 La Turchia sostiene Hamas, ma ha rapporti distesi con Israele (il tragico episodio della “Mavi Marmara” del 2010 è archiviato).

Hezbollah ha pessime relazioni con i paesi sunniti ed è alleata di Iran e Siria. Damasco è in sintonia con Bagdad e ha relazioni distese con l’ANP.

L’Iraq è ostile all’Arabia Saudita (AS), ma è vicino all’Egitto, che ha invece buoni rapporti con Riad.

Al-Sisi, in linea con i suoi predecessori, ha qualche problema con l’Iran, diffida di al-Assad, ma diffida ancor più di Ankara (che in Libia, infatti, è schiarata sul fronte opposto).

 L’AS è (o meglio era) ai ferri corti con Siria, Iraq e Hezbollah, ha ora rapporti distesi con Israele – per la verità un po’ meno dopo la recente distensione Riad-Teheran – ma è sospettosa della Turchia.

L’AS finanzia Hamas, ma è nemica dei Fratelli Mussulmani, i quali, pur coltivando agende nazionali diverse, tornano compatti a favore di Hamas e contro Israele. Quest’ultimo è nemico di Hezbollah, Siria e beninteso Iran, il quale finanzia Hamas, a sua volta sostenuto soprattutto dalle monarchie sunnite e freddo nei riguardi di al-Assad.

Dunque, l’evento politico di maggior rilievo recentemente occorso è stata la ripresa delle relazioni tra Riad e Teheran con la mediazione cinese.

Una positiva evoluzione che costituisce plastica evidenza che la scena internazionale è ormai divenuta plurale/multipolare, a detrimento di quell’unipolarismo americano che era sorto nel 1991 dalle ceneri dell’Unione Sovietica.

L’irrompere della Cina quale potenza mediatrice – che abbiamo visto prendere corpo anche sulla crisi ucraina, sebbene invano per ora – conferma che la Repubblica Popolare è oggi una nazione di pace, espressione di scelte politiche, ideologiche e insieme di diretto interesse (le guerre sono un ostacolo al commercio, strumento fondamentale questo per alimentare la crescita economica cinese).

 

La riappacificazione tra i due principali paesi del Golfo Persico ha già prodotto frutti concreti:

 a) nello Yemen, un primo scambio di 850 prigionieri tra le truppe governative sostenute da sauditi e americani e dall’altra i ribelli houthi, sciiti zaiditi, sostenuti da Teheran.

È verosimile che nei prossimi mesi le tensioni su questo teatro vadano gradualmente riducendosi;

 b) visita a Riad del presidente siriano, Bashar al-Assad, grande alleato di Teheran (d’intesa con Mosca va detto), che segna il primo ritorno della Siria sulla scena internazionale, quale segnale di nuovi schieramenti regionali, fuori dal controllo Usa;

c) al netto di future interferenze di questi ultimi, non dovrebbero mancare ripercussioni positive anche in Siria dove, dal 2011, turchi, americani e quel che resta dell’Isis continuano a saccheggiare una popolazione spossata da guerre e divisioni, mentre la tragedia dei curdi non trova spazio per una prospettiva ragionata.

La cosiddetta opposizione moderata siriana – che insieme ai resti dell’esercito sconfitto di Saddam, ad al-Qaeda e ad altri tagliagole invasati, era poi confluita nel cosiddetto Stato Islamico-Isis – ha goduto sin dal 2011 del sostegno finanziario e militare degli Stati Uniti, dei paesi del Golfo e dell’AS (ora non più, forse), con l’obiettivo primario di spodestare Bashar al-Assad, grande nemico di Israele.

A sua volta, Teheran ha relazioni neutrali con al-Sisi (nemico di Hezbollah) e rapporti meno distesi con le monarchie del Golfo (ad eccezione del Qatar), ma buone relazioni con la Turchia nemica di al-Assad, che l’Iran però sostiene.

Turchia e Iran hanno poi ottimi rapporti tra loro, sia in funzione anti-curda (per entrambi un nemico esiziale) che per ragioni economico-energetiche (Ankara importa gas iraniano).

 

I curdi iracheni godono di un elevato livello di autonomia (grazie all’esercito dei Peshmerga) e hanno rapporti distesi con Ankara, sebbene quest’ultima diffidi di tutti i curdi, ovunque, perché compagni di viaggio persino del PKK, il “Partito Curdo dei Lavoratori”, che si batte da decenni contro il nazionalismo turco monoetnico in conflitto con la storia e incapace di riconoscere agibilità politica al 25% o più dei propri cittadini di etnia curda.

 In Iraq, i curdi iracheni, prevalentemente sunniti, sono ostili agli arabi iracheni-sunniti per ragioni etniche, mentre per ragioni etniche e insieme religiose sono ostili agli iracheni sciiti.

 Sempre in Iraq, l’appartenenza etnica prevale su quella religiosa.

Almeno per il momento, invece, in Iran è l’appartenenza religiosa, insieme alla repressione, a prevalere su quella etnica (il 90% della popolazione iraniana è sciita, ma solo il 50% è di etnia persiana), sebbene per ora i curdi iraniani, divisi tra sunniti e sciiti, siano silenti (ma non rassegnati).

 

Tutti, sulla carta, sono nemici dell’Isis.

 L’AS, le monarchie del Golfo e gli americani però, per ragioni diverse, hanno puntato alla caduta di al-Assad e al ridimensionamento del ruolo di Iran e Hezbollah, tutti obiettivi mancati.

Oggi poi, come detto, la scena è cambiata:

il recente smarcamento dell’Arabia Saudita, insieme al ruolo che l’Iran riuscirà a giocare in questo passaggio storico, saranno centrali per comprendere gli sviluppi futuri.

 

Sul piano religioso, i sunniti, avversi agli sciiti (iraniani/duodecimani, alawiti, aleviti, ismaeliti, houthi o altro), restano a loro volta divisi tra loro:

wahabiti contro salafiti, al-Qaeda contro governi sunniti; fratelli mussulmani contro altri fratelli e contro i wahabiti-sauditi;

emiri, principi o sovrani di sorta tornano però alleati contro chiunque attenti ai loro privilegi di classe.

 

Sulla carta, gli Stati Uniti sono nemici di Isis e al-Qaeda (come detto tuttavia, a seconda di contingenze e convenienze), ma sono soprattutto nemici di Hamas e Hezbollah, entrambi avversari di Israele.

 Hezbollah è un gruppo terrorista per gli Stati Uniti, i quali tuttavia (come gli europei) distinguono il braccio militare da quello politico e mantengono un Ambasciatore accreditato in Libano, dove il “Partito di Dio” è al governo con Sunniti, Drusi e Cristiani.

Hezbollah non è però considerato un gruppo terrorista dalla Turchia, sebbene combatta a fianco di al-Assad, nemico di Ankara.

Gli Stati Uniti, inoltre, nemici di Iran e al-Assad, sostengono al-Sisi e sono alleati dell’Iraq, che è vicino a Siria, Iran e Hezbollah, tutti nemici degli Stati Uniti.

Questi ultimi sono anche i principali sponsor politici e militari di Israele, ma finanziano l’ANP e sono alleati dell’AS, diventata ora un alleato pragmatico dello Stato Ebraico e occulta finanziatrice di talebani, Al-Qaeda e Isis, che sempre sulla carta sarebbero nemici degli Stati Uniti.

In tempi recenti, Russia e Turchia hanno ritrovato una buona intesa politica ed energetica (il gasdotto Turkish Stream collega la città russa di Russkaya a Luleburgaz a nord di Istanbul).

Mosca coltiva finanche il sogno di una crepa nelle relazioni tra Nato-Stati Uniti e Turchia, che manifesta un crescente malessere verso Washington, sospettata persino di aver orchestrato il fallito golpe del 2016 contro Erdogan.

Senza aggiungere altre ramificazioni di alleanze/ostilità di Libia, Libano, Afghanistan, Giordania e paesi minori del Golfo, è di tutta evidenza che siamo di fronte a un vero e proprio rompicapo.

Che fare dunque?

 

Un primo sussulto figlio di buon senso, etica politica e di quel poco di diritto internazionale che la comunità delle nazioni è riuscita a costruire al termine del secondo conflitto mondiale (e che gli Stati Uniti, considerandolo un ostacolo alla loro bulimia di potere, stanno cercando di smantellare) imporrebbe alle potenze esterne di lasciare la regione.

In tal caso, è infatti verosimile che, una volta eliminate le interferenze neocoloniali di grandi potenze e corporazioni, la regione si avvierebbe gradualmente verso un suo naturale riequilibrio.

A quel momento, la comunità internazionale, da intendersi non solo come il cosiddetto Occidente, potrebbe contribuire alla costruzione in quei paesi di istituzioni che pongano al centro la persona umana e l’equità sociale nella legittima diversità di tutti i popoli dell’area.

Non è tutto, ma sarebbe molto.

È ben evidente che con tale arditezza prospettica siamo entrati nel mondo dei sogni, ma questo, come noto, è spesso preferibile alla realtà.

Oggi, per concludere, non è più l’Europa o l’Occidente a far avanzare la storia.

Da decenni gli Stati Uniti, il suo paese-guida, hanno scelto di imporsi con la forza senza disporre di egemonia, per promuovere i loro interessi, utilizzando strumenti e linguaggi che non riescono più a sedurre nemmeno le menti dei popoli sprovveduti, nonostante l’asfissiante manipolazione mediatica.

L’uomo si conferma dunque creatore del proprio destino, smentendo la velenosa assiologia del “Tina” (there is no alternative), poiché l’alternativa esiste, ed è quella sempiterna di un mondo più giusto, più libero e più umano.

Alberto Bradanini.

(Fonte: lafionda.org)

 

 

 

Le accuse della CPI a Netanyahu e Gallant: “crimini contro l’umanità commessi come parte di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile palestinese.”

  Fartodiroma.it - Redazione – (22/05/2024) – ci dice:

 

Ci sono motivazioni molto fondate e argomentate alla base della decisione della “Corte Penale Internazionale” (CPI) di spiccare mandati d’arresto per Netanyahu e la sua banda, ma nessun media occidentale ha pubblicato finora la dichiarazione del procuratore “Karim A.A. Khan”.

Il motivo di questa censura è semplice: non fare comprendere all’opinione pubblica la fondatezza della decisione e poter così denigrarla stravolgendo la dichiarazione stessa.

“Faro di Roma “pubblica il testo integrale della dichiarazione per offrire una visione chiara e obiettiva dell’operato della “CPI” per fermare la violenza e i crimini di guerra e contro l’umanità in atto a Gaza.

 

“Statement of ICC Prosecutor Karim A.A. Khan KC: Applications for arrest warrants in the situation in the State of Palestine”.

 

“Sulla base delle prove raccolte ed esaminate dal mio Ufficio, ho ragionevoli motivi per ritenere che Benjamin NETANYAHU, il Primo Ministro israeliano, e Yoav GALLANT, il Ministro della Difesa israeliano, siano responsabili penalmente dei seguenti crimini di guerra e crimini contro l’umanità impegnata sul territorio dello Stato di Palestina (nella Striscia di Gaza) almeno dall’8 ottobre 2023:

La fame dei civili come metodo di guerra come crimine di guerra contrario all’articolo 8(2)(b)(xxv) dello Statuto;

Causare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi lesioni al corpo o alla salute contrari all’articolo 8(2)(a)(iii), o trattamenti crudeli come crimine di guerra contrario all’articolo 8(2)(c)(i);

Omicidio intenzionale contrario all’articolo 8(2)(a)(i), o omicidio come crimine di guerra contrario all’articolo 8(2)(c)(i);

Dirigere intenzionalmente attacchi contro una popolazione civile come crimine di guerra contrario agli articoli 8(2)(b)(i), o 8(2)(e)(i);

Sterminio e/o omicidio contrario agli articoli 7(1)(b) e 7(1)(a), anche nel contesto di morti per fame, come crimine contro l’umanità;

Persecuzione come crimine contro l’umanità contrario all’articolo 7, paragrafo 1, lettera h);

Altri atti disumani costituiscono crimini contro l’umanità contrari all’articolo 7, paragrafo 1, lettera k).

 

Il mio ufficio sostiene che i crimini di guerra presunti in queste domande sono stati commessi nel contesto di un conflitto armato internazionale tra Israele e Palestina e di un conflitto armato non internazionale tra Israele e Hamas (insieme ad altri gruppi armati palestinesi) che si svolgeva in parallelo.

Riteniamo che i crimini contro l’umanità accusati siano stati commessi come parte di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile palestinese in conformità alla politica statale. Questi crimini, secondo la nostra valutazione, continuano ancora oggi.

 

Il mio ufficio sostiene che le prove che abbiamo raccolto, comprese interviste con sopravvissuti e testimoni oculari, video autenticati, foto e materiale audio, immagini satellitari e dichiarazioni del presunto gruppo colpevole, dimostrano che Israele ha intenzionalmente e sistematicamente privato la popolazione civile in tutte le parti del Gaza di oggetti indispensabili alla sopravvivenza umana.

Ciò è avvenuto attraverso l’imposizione di un assedio totale su Gaza che ha comportato la chiusura completa dei tre valichi di frontiera, Rafah, Kerem Shalom ed Erez, dall’8 ottobre 2023 per periodi prolungati e poi limitando arbitrariamente il trasferimento di forniture essenziali – inclusi cibo e medicine – attraverso i valichi di frontiera dopo la loro riapertura.

L’assedio comprendeva anche il taglio delle condutture idriche transfrontaliere da Israele a Gaza – la principale fonte di acqua pulita degli abitanti di Gaza – per un periodo prolungato a partire dal 9 ottobre 2023, e l’interruzione e l’impedimento delle forniture di elettricità almeno dall’8 ottobre 2023 fino ad oggi.

Ciò è avvenuto insieme ad altri attacchi contro i civili, compresi quelli in coda per il cibo; ostacolo alla consegna degli aiuti da parte delle agenzie umanitarie; e attacchi e uccisioni di operatori umanitari, che hanno costretto molte agenzie a cessare o limitare le loro operazioni a Gaza.

 

Il mio ufficio sostiene che questi atti sono stati commessi come parte di un piano comune volto a utilizzare la fame come metodo di guerra e altri atti di violenza contro la popolazione civile di Gaza come mezzo per (i) eliminare Hamas; (ii) garantire il ritorno degli ostaggi che Hamas ha rapito e (iii) punire collettivamente la popolazione civile di Gaza, che percepiscono come una minaccia per Israele.

Gli effetti dell’uso della fame come metodo di guerra, insieme ad altri attacchi e punizioni collettive contro la popolazione civile di Gaza, sono acuti, visibili e ampiamente conosciuti, e sono stati confermati da numerosi testimoni intervistati dal mio Ufficio, compresi quelli locali e internazionali. medici.

 

Tra questi figurano malnutrizione, disidratazione, profonda sofferenza e un numero crescente di morti tra la popolazione palestinese, tra cui neonati, altri bambini e donne.

La carestia è presente in alcune zone di Gaza ed è imminente in altre. Come ha avvertito il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres più di due mesi fa, “1,1 milioni di persone a Gaza stanno affrontando una fame catastrofica – il numero più alto mai registrato – ovunque e in qualsiasi momento” a causa di un “disastro interamente causato dall’uomo”.

 

Oggi il mio Ufficio cerca di incriminare due dei maggiori responsabili, NETANYAHU e GALLANT, sia come co-perpetratori che come superiori ai sensi degli articoli 25 e 28 dello Statuto di Roma.

Israele, come tutti gli Stati, ha il diritto di agire per difendere la propria popolazione. Tale diritto, tuttavia, non esonera Israele o qualsiasi Stato dall’obbligo di rispettare il diritto internazionale umanitario.

Nonostante gli obiettivi militari che possono avere, i mezzi che Israele ha scelto per raggiungerli a Gaza – vale a dire causare intenzionalmente morte, fame, grandi sofferenze e gravi lesioni fisiche o alla salute della popolazione civile – sono criminali.

 

Dall’anno scorso, a Ramallah, al Cairo, in Israele e a Rafah, ho costantemente sottolineato che il diritto internazionale umanitario richiede che Israele intraprenda azioni urgenti per consentire immediatamente l’accesso su vasta scala agli aiuti umanitari a Gaza.

Ho sottolineato in particolare che la fame come metodo di guerra e il rifiuto degli aiuti umanitari costituiscono reati previsti dallo Statuto di Roma. Non avrei potuto essere più chiaro.

Come ho più volte sottolineato anche nelle mie dichiarazioni pubbliche, chi non rispetta la legge non dovrebbe presentare reclamo successivamente quando il mio Ufficio interviene. Quel giorno è arrivato.

 

Nel presentare queste richieste di mandato d’arresto, il mio Ufficio agisce in conformità al mandato conferitogli dallo Statuto di Roma. Il 5 febbraio 2021, la Camera preliminare I ha deciso che la Corte può esercitare la sua giurisdizione penale sulla situazione nello Stato di Palestina e che l’ambito territoriale di tale giurisdizione si estende a Gaza e alla Cisgiordania, compresa Gerusalemme est.

Questo mandato è in corso e prevede l’escalation delle ostilità e della violenza dal 7 ottobre 2023. Il mio Ufficio ha giurisdizione anche sui crimini commessi da cittadini di Stati Parte e da cittadini di non Stati Parte sul territorio di uno Stato Parte.

Le domande di oggi sono il risultato di un’indagine indipendente e imparziale condotta dal mio Ufficio. Guidato dal nostro obbligo di indagare allo stesso modo sulle prove incriminanti e a discarico, il mio Ufficio ha lavorato scrupolosamente per separare le accuse dai fatti e per presentare con sobrietà conclusioni basate sulle prove alla Camera preliminare.

 

Come ulteriore salvaguardia, sono stato anche grato per il consiglio di un gruppo di esperti di diritto internazionale, un gruppo imparziale che ho convocato per supportare la revisione delle prove e l’analisi legale in relazione a queste richieste di mandato d’arresto.

Il Gruppo è composto da esperti di immenso prestigio nel diritto internazionale umanitario e nel diritto penale internazionale, tra cui Sir Adrian Fulford PC, ex Lord giudice d’appello ed ex giudice della Corte penale internazionale; la Baronessa Helena Kennedy KC, Presidente dell’Istituto per i Diritti Umani dell’International Bar Association; Elizabeth Wilmshurst CMG KC, ex vice consigliere legale presso il Foreign and Commonwealth Office del Regno Unito; Danny Friedman KC; e due dei miei consiglieri speciali: Amal Clooney e Sua Eccellenza il giudice Theodor Meron CMG.

Questa analisi di esperti indipendenti ha supportato e rafforzato le domande presentate oggi dal mio Ufficio. Sono stato grato anche per il contributo di molti altri miei consiglieri speciali a questa revisione, in particolare Adama Dieng e il professor Kevin Jon Heller.

 

Oggi sottolineiamo ancora una volta che il diritto internazionale e le leggi sui conflitti armati si applicano a tutti. Nessun soldato di fanteria, nessun comandante, nessun leader civile – nessuno – può agire impunemente.

Niente può giustificare la privazione volontaria di esseri umani, tra cui tante donne e bambini, dei beni di prima necessità necessari alla vita. Niente può giustificare la presa di ostaggi o l’attacco contro i civili.

I giudici indipendenti della Corte penale internazionale sono gli unici arbitri riguardo al rispetto degli standard necessari per l’emissione di mandati di arresto. Se dovessero accogliere le mie richieste ed emettere i mandati richiesti, lavorerò a stretto contatto con il Cancelliere in tutti gli sforzi per arrestare le persone nominate.

 

Conto su tutti gli Stati parti dello Statuto di Roma affinché prendano queste richieste e la conseguente decisione giudiziaria con la stessa serietà che hanno dimostrato in altre situazioni, adempiendo ai loro obblighi ai sensi dello Statuto. Sono inoltre pronto a collaborare con i non-Stati parti nella nostra comune ricerca di responsabilità.

È fondamentale in questo momento che al mio Ufficio e a tutte le parti della Corte, compresi i suoi giudici indipendenti, sia consentito di svolgere il proprio lavoro con piena indipendenza e imparzialità.

Insisto affinché tutti i tentativi di ostacolare, intimidire o influenzare indebitamente i funzionari di questa Corte debbano cessare immediatamente. Il mio Ufficio non esiterà ad agire ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma se tale condotta dovesse continuare.

Rimango profondamente preoccupato per le continue accuse e le prove emergenti di crimini internazionali avvenuti in Israele, Gaza e in Cisgiordania. La nostra indagine continua. Il mio ufficio sta portando avanti ulteriori linee di indagine molteplici e interconnesse, tra cui quelle relative alle denunce di violenza sessuale durante gli attacchi del 7 ottobre e in relazione ai bombardamenti su larga scala che hanno causato e continuano a causare così tante morti, feriti e sofferenze civili in Gaza. Incoraggio coloro che dispongono di informazioni pertinenti a contattare il mio ufficio e a inviare informazioni tramite OTP Link.

 

Il mio Ufficio non esiterà a presentare ulteriori richieste di mandati di arresto se e quando riterremo che sia stata raggiunta la soglia di una prospettiva realistica di condanna. Rinnovo il mio appello a tutte le parti coinvolte nell’attuale conflitto affinché rispettino subito la legge.

Desidero inoltre sottolineare che il principio di complementarità, che è al centro dello Statuto di Roma, continuerà a essere valutato dal mio Ufficio mentre agiamo in relazione ai presunti crimini e ai presunti autori sopra elencati e andiamo avanti con altri linee di indagine.

La complementarità, tuttavia, richiede un rinvio alle autorità nazionali solo quando queste si impegnano in processi giudiziari indipendenti e imparziali che non proteggano i sospettati e non siano una farsa. Richiede indagini approfondite a tutti i livelli che affrontino le politiche e le azioni alla base di queste applicazioni.

 

Cerchiamo oggi di essere chiari su una questione fondamentale: se non dimostriamo la nostra volontà di applicare la legge in modo equo, se viene vista come applicata in modo selettivo, creeremo le condizioni per il suo crollo.

In tal modo, allenteremo i restanti legami che ci tengono uniti, le connessioni stabilizzanti tra tutte le comunità e gli individui, la rete di sicurezza a cui tutte le vittime guardano nei momenti di sofferenza. Questo è il vero rischio che corriamo in questo momento.

Ora più che mai dobbiamo dimostrare collettivamente che il diritto internazionale umanitario, la base fondamentale della condotta umana durante i conflitti, si applica a tutti gli individui e si applica equamente nelle situazioni affrontate dal mio Ufficio e dalla Corte. Dimostreremo così, concretamente, che la vita di tutti gli esseri umani ha lo stesso valore.”

(Traduzione di Aurelio Tarquini).

 

 

 

 

Spagna, Irlanda e Norvegia

Riconoscono Ufficialmente

lo Stato di Palestina.

Conoscenzealconfine.it – (22 Maggio 2024) - Dario Lucisano – ci dice:

 

Mercoledì 22 maggio i Paesi di Irlanda, Norvegia e Spagna hanno annunciato il proprio riconoscimento ufficiale della Palestina, comunicando che a partire da questo momento inizieranno tutti i procedimenti formali dovuti, perché il riconoscimento prenda piena effettività il 28 maggio.

Spagna, Irlanda e Norvegia verso il riconoscimento dello Stato Palestinese.

A comunicarlo sono i Primi Ministri dei rispettivi Paesi, apparsi in conferenza stampa alle 09.00.

 Il Governo norvegese, inoltre, ha rilasciato un comunicato in cui spiega le proprie motivazioni e annuncia che “altri Paesi” si accoderanno a tale decisione, a conferma dell’annuncio congiunto firmato anche da Malta e Slovenia il passato 22 marzo.

Di tutta risposta, il Ministro degli Affari Esteri Israeliano “Israel Katz” ha pubblicato un post su “X “in cui comunica di avere “ordinato l’immediato richiamo degli ambasciatori israeliani in Irlanda e Norvegia”, lanciando ai due Paesi un “chiaro messaggio: Israele non resterà in silenzio davanti a coloro che minano la sua sovranità e mettono a repentaglio la sua sicurezza”.

 

Nel corso della propria conferenza stampa il Primo Ministro irlandese “Simon Harris” ha annunciato il prossimo riconoscimento della Palestina in linea con la “soluzione dei due Stati”, che egli definisce come l’unica possibile strada percorribile per pacificare le parti in nome del diritto internazionale.

 Parole più dure invece dal Primo Ministro spagnolo “Pedro Sanchez” che, pur sottoscrivendo quanto detto dal proprio omologo dublinese riguardo alla soluzione dei due Stati, ha attaccato duramente il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sostenendo che egli “non ha un progetto di pace per la Palestina”, e starebbe invece remando contro la stessa soluzione pacificatrice.

 

Israele non ha fatto tardare la propria risposta:

l’annuncio “a caldo” di “Katz” è arrivato infatti prima delle conferenze stampa e in particolare delle dichiarazioni di Sanchez, tanto che nel post si legge che “se la Spagna confermerà le proprie intenzioni di riconoscere uno Stato palestinese, una simile misura (il ritiro degli ambasciatori) verrà presa anche nei suoi confronti”.

L’annuncio in particolare da parte di Irlanda e Spagna segue la dichiarazione congiunta rilasciata assieme a “Malta” e “Slovenia” il passato 22 marzo e suggerisce che a breve potrebbero confermare le proprie decisioni almeno anche questi altri due Paesi.

Esso inoltre arriva poco più di una settimana dopo la seduta tenutasi in seno all’Assemblea generale ONU, durante la quale gli Stati membri hanno votato a favore della piena adesione della Palestina, invitando tanto il Consiglio di Sicurezza dello stesso organo, quanto i singoli Stati a esprimersi con forza sulla questione.

 

Resta per ora invece la solita la posizione dell’Italia, che in occasione della votazione del passato 10 maggio ha confermato la propria linea di astensione su qualsiasi tematica riguardi la Palestina.

 A oggi sono nove i Paesi dell’Unione Europea che riconoscono la Palestina, e solo la Svezia ha attuato il proprio riconoscimento come membro dell’UE.

Gli altri otto Paesi che già riconoscevano la Palestina prima di diventare membri dell’Unione sono Bulgaria, Cipro, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, e Ungheria.

(Dario Lucisano)

(lindipendente.online/2024/05/22/spagna-irlanda-e-norvegia-riconoscono-ufficialmente-lo-stato-di-palestina/)

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