Per la conquista vogliono uccidere l’umanità.

 

Per la conquista vogliono uccidere l’umanità.

 

 

 

TRE FLAGELLI, LE NUOVE SFIDE.

  Unachiesaapiuvoci.it – Redazione – (23-02-2024) – Notizie – ci dice:

(Newsletter n.330)

 

Cari Amici,

a Roma si svolge in questi giorni il “Congresso del Movimento Nonviolento gandhiano di Mao Valpiana”, ed è una cosa straordinaria che la Nonviolenza sia ancora così viva nella coscienza di tanti, quando proprio la Violenza in questo nostro tempo è stata intronizzata come nuova regina del mondo:

una violenza che domina sovrana, e in quanto “sovrana” non riconosce alcuno sopra di sé, come accade  oggi prima di tutto a Gaza e in Palestina, la terra del buon Samaritano, e al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove la maggiore Potenza mondiale vota contro il “cessate il fuoco, ed anche in Ucraina dove a combattere sono la seconda Potenza mondiale e un disgraziato Paese dove “i capi dei sacerdoti e i governanti” offrono il popolo in sacrificio, e dove è proibito per legge il negoziato col Nemico, e nel mar Rosso dove basterebbe che la vita delle vittime stesse a cuore   ai potenti come la libertà delle merci, e in cento altre guerre che nemmeno sono nominate e sembrano non interessare nessuno, mentre sono altrettante fasi della guerra civile mondiale che è in corso.

Ma anche a Napoli c’è l’incontro promosso da “Il coraggio della pace”, e anche a Piombino c’è una manifestazione per la pace con le donne in nero, e a l’Aquila si lotta contro l’estradizione del giovane palestinese “Yanan Yaeesh” di cui Israele pretende la consegna da parte dell’Italia perché accusato di connivenza con la resistenza palestinese;

e c’è la giornata del “Tavolo della pace” di Viterbo e le iniziative del Centro per la pace di “Peppe Sini” per la liberazione di “Leonard Peltier”, il nativo americano da 48 anni in carcere per la difesa da lui fatta di tutti i viventi, e ancora la fiaccolata e il presidio della “Rete pace” di Rimini, e le iniziative di Empoli, come la grande manifestazione contro le morti sul lavoro di Firenze, e tante altre.

Sono tutte espressioni della volontà popolare, le quali dimostrano che, se la guerra è sovrana, la pace non è sconfitta, e anzi di sicuro vincerà.

Alla “Rete pace” di Rimini, che ci ha chiesto un saluto, e con essa a tutti gli altri, abbiamo scritto così:

 «Caro Popolo della Pace, e manifestanti per la pace, voi sapete bene quali sono le vie della pace - nonviolenza, disarmo;

vogliamo però dirvi quali sono le tre cose nuove che si devono assolutamente capire e su cui bisogna aprire gli occhi del mondo.

La prima cosa è che la vittoria, perseguita come conclusione della guerra, oggi non è più possibile e non c’è più.

Una volta questo era l’obiettivo normale e più rapido delle guerre, fin dai tempi di Cesare: Venni, vidi, vinsi, e lui conquistò il Ponto.

 Ma oggi dov’è la vittoria?

Per Israele consisterebbe nell’uccidere l’ultimo palestinese assimilato ad “Hamas”, ma dopo averne uccisi già 30.000 e scacciato tutta la popolazione di Gaza, ci sarebbero sempre nuovi palestinesi contro Israele che non vogliono essere annientati come popolo.

«E che significherebbe la vittoria per l’Ucraina?

Significherebbe sconfiggere la Russia, ma l’Ucraina stessa sarebbe distrutta, una intera generazione sarebbe perduta, un dittatore narcisista resterebbe al potere, e l’Ucraina avrebbe accanto una belva ferita di 150 milioni di abitanti che metterebbe a soqquadro il mondo.

E quale sarebbe il prezzo della vittoria degli Stati Uniti sulla Cina per il primato nel mondo, se non la terza guerra mondiale?

«La seconda cosa nuova è che se anche c’è una guerra mondiale a pezzi, come dice il Papa, ogni guerra è una guerra civile.

Infatti ormai tutti noi, di ogni Paese del mondo, siamo inclusi in un unico ordinamento, dominati da un’unica finanza, soggiogati dagli stessi poteri, e la guerra che si fa dentro un unico ordinamento è una guerra civile.

E “la guerra civile - come ha scritto il giurista tedesco sopravvissuto al nazismo “Carl Schmitt” - ha qualcosa di particolarmente crudele;

 essa è guerra civile perché è condotta all'interno di una comune unità politica comprendente anche l'avversario e nell'ambito del medesimo ordinamento giuridico...

Perciò il dubbio sul proprio diritto è considerato tradimento, l'interesse per l'argomentazione dell'avversario, slealtà;

 il tentativo di una discussione diviene intesa col nemico.

 Ciò avvelena la lotta.

La porta a durezza estrema, facendo degli strumenti e dei metodi della giustizia gli strumenti e i metodi dell'annientamento”.

Dunque ogni guerra non è una guerra contro gli altri, è una guerra contro sé stessi.

«La terza cosa nuova è che prima la guerra era legittima, e a fare eccezione erano i “crimini di guerra”, mentre “sia in tempo di pace che in tempo di guerra” il genocidio era considerato un “crimine contro l’umanità condannato da tutto il mondo civile”.

Oggi la guerra stessa è un crimine ed ogni guerra è un genocidio, perché diretta non a qualche conquista, ma allo sterminio di popoli interi;

 tuttavia la guerra è oggi di nuovo rivendicata ed esaltata tra gli altri “valori”, ed il genocidio è perpetrato, e perfino incoraggiato nell’attuale mondo civile».

Ci sono dunque tre nuovi flagelli, tre sfide.

Si dice che il rimedio sarebbe fare appello alla ragione e al diritto.

E infatti non ci sarebbe la guerra se ci fosse la ragione, perché essa, come dice la “Pacem in terris”, è “fuori della ragione”.

 Ma è proprio con la ragione che oggi il genocidio viene convalidato, quando   la ragione lo giudica “proporzionato”, in base a una macabra contabilità tra offesa e difesa.

E il razionalismo, staccato dallo spirito che rende umano l’umano, è quella “sorta di deserto di sabbia” in cui, secondo il teologo tedesco autore dell’“Idea di Europa”,” Erich Przyvara”,  è caduta, a partire dal XVII secolo di Kant e di Cartesio, la cultura europea.

Per combattere contro questi flagelli, bisogna fare appello dunque non solo a un astrattismo ingannevole, razionale o normativo, ma a tutte le risorse della politica e dell’umano.

A questo siamo chiamati e all’azione conseguente, immersa nella storia che viviamo.

 

 

 

 

Torna la Leva Obbligatoria?

Conoscenzealconfine.it – (15 Maggio 2024) - Alessandro Cipolla – ci dice:

 

Tornare alla leva obbligatoria (di 6 mesi): ecco la legge voluta da Salvini.

Matteo Salvini ha annunciato che la Lega sta per presentare in Parlamento un progetto di legge per reintrodurre la leva obbligatoria per tutti in Italia che sarà di 6 mesi.

Matteo Salvini e la leva obbligatoria… ci risiamo. Negli ultimi anni – molti dei quali passati al governo – il ministro ogni tanto è tornato sull’argomento del servizio militare rimpiangendo i vecchi tempi della naja per tutti gli uomini.

Questa volta però Salvini sembrerebbe volere fare sul serio, tanto da annunciare durante un’adunata degli Alpini a Vicenza che la Lega presto presenterà in Parlamento un progetto di legge per una sorta di ritorno della leva obbligatoria.

In Italia la leva obbligatoria è stata abolita a partire dal primo gennaio 2005: prima di allora ogni ragazzo al compimento dei 18 anni riceveva la famosa cartolina; adesso invece avviene tutto per base volontaria sia per gli uomini sia per le donne.

Alla base del testo della Lega però non ci sarebbe una necessità di rinfoltire le fila dell’Esercito – magari in virtù dei venti di guerra che spirano in Europa – ma un fine quasi educativo visto che Salvini ha parlato di un “grande progetto di educazione civica “.

L’idea sarebbe quella di una leva universale:

 6 mesi obbligatori per ragazzi e ragazze, ma non si tratterebbe di imbracciare le armi visto che i giovani passerebbero questo tempo a servizio della comunità.

Questo progetto però non sembrerebbe piacere a tutti all’interno del governo, con Guido Crosetto che ha criticato duramente la mossa di Matteo Salvini:

il ministro della Difesa si vocifera poi che non abbia gradito particolarmente la decisione della Lega di candidare alle elezioni europee il generale Roberto Vannacci.

 

La Nuova Leva Obbligatoria in Italia.

Con la guerra in Ucraina che rischia di allargarsi al resto dell’Europa, diversi Paesi del Vecchio Continente di recente hanno deciso di rivedere i propri meccanismi relativi al servizio militare, il tutto per aumentare le fila dei rispettivi eserciti.

In Italia il ministro Guido Crosetto ha espresso la necessità di creare un corpo di 10.000 riservisti da utilizzare in caso di necessità, mentre il titolare del dicastero della Difesa nelle scorse ore si è scagliato contro la proposta fatta da Matteo Salvini su questa sorta di nuova leva obbligatoria.

“Le forze armate non possono essere pensate come un luogo per educare i giovani, cosa che deve essere fatta dalla famiglia e dalla scuola – ha spiegato Crosetto.

Le forze armate servono per fare professionisti, che difendono le istituzioni e la pace. Il servizio civile universale non è una cosa che riguarda le forze armate “.

Nel dettaglio la proposta di legge della Lega sulla leva obbligatoria si dovrebbe snodare su base regionale, diventando obbligatoria per ragazzi e ragazze e dalla durata di sei mesi.

“È una grande forma di educazione civica – ha aggiunto Salvini – con persone che si possono dedicare al salvataggio, alla protezione civile, al pronto soccorso, alla protezione dei boschi da svolgere vicino a casa “.

 

Ci sarà la possibilità di essere esonerati da questa leva universale?

I ragazzi verranno pagati? Ci sono le coperture economiche per un progetto del genere?

Tutte domande al momento senza risposta, ma ne sapremo di più quando la Lega presenterà in Parlamento il testo annunciato dal suo segretario.

Il sentore è che Salvini più che riportare in qualche modo in auge la leva obbligatoria voglia soltanto guadagnare qualche voto in più in vista delle elezioni europee, continuando così a cavalcare quell’onda inaugurata con la candidatura del generale Vannacci.

(Alessandro Cipolla)

(money.it/torna-leva-obbligatoria-6-mesi-progetto-legge-salvini)

 

 

 

 

Metteremo fine al genere umano

o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?

Il Manifesto Einstein-Russell.

Pasqualepugliese.wordpress.com – (17-4-2022) – Pasquale Pugliese – ci dice:

Quando qualche giorno fa (lunedì 11 aprile) sono stato invitato a parlare di disarmo nucleare a TV2000, la televisione della CEI, durante il programma Siamo Noi ed ho citato il Manifesto Einstein-Russell – non potevo immaginare che oggi 17 aprile – domenica di Pasqua – papa Francesco avrebbe…

(Pasquale Pugliese - aprile 17, 2022)

 

Quando qualche giorno fa (lunedì 11 aprile) sono stato invitato a parlare di disarmo nucleare a TV2000, la televisione della CEI, durante il programma “Siamo Noi “ed ho citato il “Manifesto Einstein-Russell” – non potevo immaginare che oggi 17 aprile – domenica di Pasqua – papa Francesco avrebbe citato lo stesso Manifesto durante il Messaggio Urbi et Orbi in Piazza San Pietro.

 Ancora una volta segno della grande sintonia tra la lungimiranza di Bergoglio e l’impegno pacifista universale di tutti i tempi, laico e religioso.

Il Manifesto Einstein-Russell, reso noto nel luglio 1955, chiedeva ai governi del mondo il disarmo atomico e la ricerca di “mezzi pacifici per la soluzione di tutti i loro motivi di contesa”.

 È frutto dell’impegno comune del filosofo inglese “Bertrand Russel” e del fisico tedesco “Albert Einstein” nel quale, qualche mese prima, il primo scriveva al secondo

 «penso che eminenti uomini di scienza dovrebbero fare qualcosa di spettacolare per aprire gli occhi ai governi sui disastri che possono verificarsi», in un fitto carteggio che, infine, diede vita al Manifesto, firmato da eminenti scienziati ed intellettuali del tempo, tra i quali anche i premi Nobel Max Born e Linus Pauling.

 È un manifesto di grande attualità, nel quale Einstein e Russell pongono il tema cruciale per la loro come per la nostra generazione:

Dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo. Dobbiamo imparare a domandarci non già quali misure adottare affinché il gruppo che preferiamo possa conseguire una vittoria militare, poiché tali misure ormai non sono più contemplabili; la domanda che dobbiamo porci è:

Quali misure occorre adottare per impedire un conflitto armato il cui esito sarebbe catastrofico per tutti?”

 Di seguito la versione integrale del Manifesto.

Nella tragica situazione che l’umanità si trova ad affrontare, riteniamo che gli scienziati debbano riunirsi per valutare i pericoli sorti come conseguenza dello sviluppo delle armi di distruzione di massa e per discutere una risoluzione nello spirito del documento che segue.

 Non parliamo, in questa occasione, come appartenenti a questa o a quella nazione, continente o credo, bensì come esseri umani, membri del genere umano, la cui stessa sopravvivenza è ora in pericolo.

Il mondo è pieno di conflitti, e su tutti i conflitti domina la titanica lotta tra comunismo e anticomunismo.

Chiunque sia dotato di una coscienza politica avrà maturato una posizione a riguardo.

Tuttavia noi vi chiediamo, se vi riesce, di mettere da parte le vostre opinioni e di ragionare semplicemente in quanto membri di una specie biologica la cui evoluzione è stata sorprendente e la cui scomparsa nessuno di noi può desiderare. Tenteremo di non utilizzare parole che facciano appello soltanto a una categoria di persone e non ad altre.

Gli uomini sono tutti in pericolo, e solo se tale pericolo viene compreso vi è speranza che, tutti insieme, lo si possa scongiurare.

Dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo.

Dobbiamo imparare a domandarci non già quali misure adottare affinché il gruppo che preferiamo possa conseguire una vittoria militare, poiché tali misure ormai non sono più contemplabili;

 la domanda che dobbiamo porci è:

 “Quali misure occorre adottare per impedire un conflitto armato il cui esito sarebbe catastrofico per tutti?”

La gente comune, così come molti uomini al potere, ancora non ha ben compreso quali potrebbero essere le conseguenze di una guerra combattuta con armi nucleari.

Si ragiona ancora in termini di città distrutte.

 Si sa, per esempio, che le nuove bombe sono più potenti delle precedenti e che se una bomba atomica è riuscita a distruggere Hiroshima, una bomba all’idrogeno potrebbe distruggere grandi città come Londra, New York e Mosca.

È fuor di dubbio che in una guerra con bombe all’idrogeno verrebbero distrutte grandi città.

 Ma questa non sarebbe che una delle tante catastrofi che ci troveremmo a fronteggiare, e nemmeno la peggiore.

Se le popolazioni di Londra, New York e Mosca venissero sterminate, nel giro di alcuni secoli il mondo potrebbe comunque riuscire a riprendersi dal colpo.

Tuttavia ora sappiamo, soprattutto dopo l’esperimento di Bikini, che le bombe atomiche possono portare gradatamente alla distruzione di zone molto più vaste di quanto si fosse creduto.

 

Fonti autorevoli hanno dichiarato che oggi è possibile costruire una bomba 2500 volte più potente di quella che distrusse Hiroshima.

 Se fatta esplodere a terra o in mare, tale bomba disperde nell’atmosfera particelle radioattive che poi ridiscendono gradualmente sulla superficie sotto forma di pioggia o pulviscolo letale.

 È stato questo pulviscolo a contaminare i pescatori giapponesi e il loro pescato. Nessuno sa con esattezza quanto si possono diffondere le particelle radioattive, ma tutti gli esperti sono concordi nell’affermare che una guerra con bombe all’idrogeno avrebbe un’alta probabilità di portare alla distruzione della razza umana.

Si teme che l’impiego di molte bombe all’idrogeno possa portare alla morte universale – morte che sarebbe immediata solo per una minoranza, mentre alla maggior parte degli uomini toccherebbe una lenta agonia dovuta a malattie e disfacimento.

 In più occasioni eminenti uomini di scienza ed esperti di strategia militare hanno lanciato l’allarme.

 Nessuno di loro afferma che il peggio avverrà per certo

. Ciò che dicono è che il peggio può accadere e che nessuno può escluderlo.

 Non ci risulta, per ora, che le opinioni degli esperti in questo campo dipendano in alcuna misura dal loro orientamento politico e dai loro preconcetti.

Dipendono, a quanto emerso dalle nostre ricerche, dalla misura delle loro competenze.

 E abbiamo riscontrato che i più esperti sono anche i più pessimisti.

Questo dunque è il problema che vi poniamo, un problema grave, terrificante, da cui non si può sfuggire: metteremo fine al genere umano, o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?

È una scelta con la quale la gente non vuole confrontarsi, poiché abolire la guerra è oltremodo difficile.

Abolire la guerra richiede sgradite limitazioni alla sovranità nazionale.

Ma forse ciò che maggiormente ci impedisce di comprendere pienamente la situazione è che la parola “umanità” suona vaga e astratta.

 Gli individui faticano a immaginare che a essere in pericolo sono loro stessi, i loro figli e nipoti e non solo una generica umanità.

 Faticano a comprendere che per essi stessi e per i loro cari esiste il pericolo immediato di una mortale agonia.

E così credono che le guerre potranno continuare a esserci, a patto che vengano vietate le armi moderne.

Ma non è che un’illusione.

Gli accordi conclusi in tempo di pace di non utilizzare bombe all’idrogeno non verrebbero più considerati vincolanti in tempo di guerra.

Con lo scoppio di un conflitto armato entrambe le parti si metterebbero a fabbricare bombe all’idrogeno, poiché se una parte costruisse bombe e l’altra no, la parte che ha fabbricato le bombe risulterebbe inevitabilmente vittoriosa.

Tuttavia, anche se un accordo alla rinuncia all’armamento nucleare nel quadro di una generale riduzione degli armamenti non costituirebbe la soluzione definitiva del problema, avrebbe nondimeno una sua utilità.

In primo luogo, ogni accordo tra Oriente e Occidente è comunque positivo poiché contribuisce a diminuire la tensione internazionale.

 In secondo luogo, l’abolizione delle armi termonucleari, nel momento in cui ciascuna parte fosse convinta della buona fede dell’altra, diminuirebbe il timore di un attacco improvviso come quello di Pearl Harbour, timore che al momento genera in entrambe le parti uno stato di agitazione.

 Dunque un tale accordo andrebbe accolto con sollievo, quanto meno come un primo passo.

La maggior parte di noi non è neutrale, ma in quanto esseri umani dobbiamo tenere ben presente che affinché i contrasti tra Oriente e Occidente si risolvano in modo da dare una qualche soddisfazione a tutte le parti in causa, comunisti e anticomunisti, asiatici, europei e americani, bianchi e neri, tali contrasti non devono essere risolti mediante una guerra.

 È questo che vorremmo far capire, tanto all’Oriente quanto all’Occidente.

Ci attende, se lo vogliamo, un futuro di continuo progresso in termini di felicità, conoscenza e saggezza.

Vogliamo invece scegliere la morte solo perché non siamo capaci di dimenticare le nostre contese?

Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità, e dimenticate il resto.

Se ci riuscirete, si aprirà la strada verso un nuovo Paradiso; altrimenti, vi troverete davanti al rischio di un’estinzione totale.

Invitiamo questo congresso, e per suo tramite gli scienziati di tutto il mondo e la gente comune, a sottoscrivere la seguente mozione:

In considerazione del fatto che in una futura guerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi sono una minaccia alla sopravvivenza del genere umano, ci appelliamo con forza a tutti i governi del mondo affinché prendano atto e riconoscano pubblicamente che i loro obbiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e di conseguenza li invitiamo a trovare mezzi pacifici per la risoluzione di tutte le loro controversie.

 

(Albert Einstein, Bertrand Russell, Max Born (Premio Nobel per la fisica), Percy W. Bridgman (Premio Nobel per la fisica), Leopold Infeld (Professore di fisica teorica),

Frédéric Joliot-Curie (Premio Nobel per la chimica), Herman J. Muller (Premio Nobel per la fisiologia e medicina), Linus Pauling (Premio Nobel per la chimica),

Cecil F. Powell (Premio Nobel per la fisica), Józef Rotblat (Professore di fisica),

Hideki Yukawa -Premio Nobel per la fisica).

 

 

 

 

Israele, Youval Noah Harari a Sky TG24:

"Dobbiamo vincere questa guerra di anime".

Tg24.sky.it - Renato Coen - Youval Noah Harari – (20 ott. 2023) – ci dicono:

 

Le ragioni dietro all'attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre, il dolore di due popoli, il ruolo di Netanyahu: questi i temi affrontati con lo scrittore, storico e saggista israeliano.

“Vincere questa guerra di anime non significa solo disarmare Hamas. Significa anche preservare l’umanità di Israele".

Lo ha detto a Sky TG24 lo scrittore, storico e saggista “Yuval Noah Harari”, nel corso di una lunga intervista in onda, in versione ridotta, questa sera alle 19.15 all’interno di 'Mondo', mentre nella versione integrale alle 21.00 di sabato e alle 15.00 di domenica.

Signor Harari, in un articolo sul Times lei parla di “guerra di anime” in corso con Hamas, cosa vuole dire?

Voglio dire, Hamas non sta cercando di conquistare un territorio.

 È ovvio a tutti, compreso Hamas, che non hanno la capacità militare di conquistare un villaggio israeliano e tenerlo.

Non hanno nemmeno cercato di attaccare le capacità militari di Israele.

Non hanno il potere di farlo.

Quello che hanno fatto è stato attaccare soprattutto villaggi civili e massacrare intere popolazioni, non solo uccidendo civili, ma torturando e giustiziando le persone nei modi più raccapriccianti che potessero immaginare e assicurandosi anche che tutto questo venisse pubblicizzato e raggiungesse un vasto pubblico in Israele e fuori.

Ora abbiamo sempre più storie di orrore inenarrabile che provengono da quei villaggi.

Questo è stato un comportamento intenzionale perché non volevano solo uccidere i civili.

 Volevano seminare l'odio e la violenza nelle menti e nelle anime di milioni di persone per assicurarsi che non ci sarà mai la pace.

Questo è l'obiettivo di Hamas.

 

La base geopolitica immediata di questo attacco è che Israele era sul punto di firmare lo storico trattato di pace con l'Arabia Saudita, che avrebbe dovuto normalizzare le relazioni tra Israele e la maggior parte del mondo arabo per alleviare le sofferenze di milioni di palestinesi nei territori palestinesi occupati e per riavviare, si spera, il processo di pace.

Questo ha spaventato Hamas.

Quindi Hamas ha lanciato di nuovo questo attacco, non solo per fermare l'immediato trattato di pace, ma per assicurarsi che non ci sia mai pace, seminando questi semi di odio nell'anima di milioni di persone.

 C'è un altro livello in questa guerra di anime, perché se ci si chiede: come può Hamas fare tutto questo?

Come possono gli esseri umani fare tutto questo

? Che cosa vogliono, in realtà?

 E come mai non si preoccupano nemmeno delle sofferenze del loro stesso popolo? Ok, non gliene importa nulla degli israeliani.

Non si preoccupano degli israeliani.

Ma per loro era chiaro che questo avrebbe scatenato una guerra terribile in cui avrebbero sofferto anche milioni di palestinesi.

E a loro non sembra interessare la sofferenza dei palestinesi, perché si tratta di persone fissate su un altro mondo.

Hanno credenze religiose fanatiche che affermano che ciò che conta davvero è solo l'aldilà.

Secondo loro, se un palestinese viene ucciso da Israele, è un martire e va immediatamente in paradiso.

 Nella visione del mondo di Hamas questo è un bene, ed è per questo che sono disposti a bruciare l'intera regione.

 Sono disposti a bruciare questo mondo affinché le loro anime possano godere di pace e beatitudine eterne in un altro mondo.

Dobbiamo vincere questa guerra di anime, che non significa solo disarmare Hamas.

Significa anche preservare l'umanità di Israele.

Perché, sapete, quando si assiste a tali orrori, si perde la fiducia nell'umanità, quindi si perde la propria umanità.

Questa è una battaglia che noi israeliani non possiamo perdere, altrimenti perdiamo la nostra umanità e scendiamo al livello barbarico di Hamas.

 Qual è il punto?

Diventiamo come loro anche nel bel mezzo di questa terribile guerra.

Dobbiamo ricordare che la maggior parte dei palestinesi non è Hamas, che la maggior parte di loro sono civili innocenti e che dobbiamo tenere conto dei loro diritti umani fondamentali e offrire loro un futuro al di là degli orrori della guerra.

Da sabato 7 si è iniziato a dibattere sulle sacrosante ragioni storiche dei palestinesi e su quelle degli israeliani, crede sia giusto di fronte a un massacro simile fatto da Hamas che metteva le bombe anche durante il processo di pace degli anni '90?

Chiunque incolpi Israele per questo attacco, beh, io da anni critico il regime di Netanyahu per molte delle sue politiche.

 Anche per aver bloccato il processo di pace con i palestinesi.

C'è molto da criticare al riguardo.

Ma chiunque incolpi Israele per questo attacco non solo approva il terribile terrorismo, ma approva anche le persone che hanno fatto di tutto per distruggere ogni possibilità di pace per anni e anni.

È stato Hamas a far deragliare, in larga misura, il processo di pace di Oslo.

Questo attacco non aveva lo scopo di riavviare il processo di pace.

Era destinato ad assicurare che non ci sarà mai la pace.

 Gli israeliani in questo momento hanno la mente così piena di dolore che non possono simpatizzare con i palestinesi.

 Nella loro mente non c'è spazio per nulla se non per il loro dolore.

 Provate a parlare con loro del dolore di chiunque altro e lo sentono adesso come un tradimento, idem per i palestinesi.

Sono anch’essi così pieni di dolore che non mi aspetto che simpatizzino con il dolore degli altri.

Ma per gli stranieri, per gli italiani, se voi stessi venite da Israele, dalla Palestina o avete parenti lì, allora anche questo si capisce, ma se non ci si immerge in questo mare di dolore non si capisce.

Non siate intellettualmente pigri. Non essere emotivamente pigri. Non vedere solo una parte della realtà.

Cercate di apprezzare la complessità della situazione e di pensare in modo costruttivo a come poter raggiungere un giorno un luogo di pace che scompare lentamente.

 

Lei nei suoi libri ci ha spiegato che l'uomo si distingue dagli altri animali per il suo potere di astrazione e di immaginazione. Non le sembra a volte proprio ciò che manca a tutti quando si tratta di Medio Oriente?

 

Non in tutti.

 Voglio dire, alcune persone sono capaci e alcune di loro raccontano le storie più orribili che ho sentito su ciò che è accaduto, si tratta di persone che sono rimaste impegnate per la pace nonostante tutti gli orrori degli ultimi anni.

Come i miei zii, che vivono in una di queste comunità nel Kibbutz Buri. Quindi conosco molte storie da loro.

Un membro del kibbutz, Vivian Silver, ha 74 anni.

È un'anziana signora che ha vissuto per anni sotto una minaccia costante, sotto gli attacchi di Hamas, i colpi di mortaio, il lancio di razzi sul suo kibbutz.

Non ha mai perso la fiducia nella pace.

 È diventata un'attivista per la pace. Per anni ha accompagnato i malati di Gaza, civili palestinesi di Gaza, a farsi curare negli ospedali israeliani.

 È scomparsa dopo l'attacco al kibbutz. Il suo corpo non è stato trovato. Speriamo che sia in ostaggio a Gaza.

C’è un'altra storia che ho sentito, la storia della famiglia che vive in un altro luogo, la gente la sta ancora aspettando a Gaza.

Per 4 anni, sotto l'attacco di Hamas, sono rimasti impegnati per la pace.

Ogni anno organizzavano un festival di aquiloni con persone che fanno volare aquiloni vicino alla barriera con Gaza con messaggi di pace, per mostrare ai cittadini di Gaza che ci sono israeliani che non vogliono far volare aerei da guerra, ma aquiloni.

 Il festival di quest'anno avrebbe dovuto svolgersi il 7 ottobre.

 La mattina di quel giorno, i terroristi di Hamas hanno circondato il kibbutz e ucciso l'intera famiglia.

 E al momento, di nuovo, la mente è così piena di dolore che è quasi impossibile sperare in una svolta futura.

Ma, sapete, in Israele, ora paragoniamo costantemente tutto questo a ciò che è accaduto durante l'Olocausto, dopo tutto ciò che è accaduto durante l'Olocausto, israeliani e tedeschi, tedeschi ed ebrei sono ora amici.

Quindi, se questo è possibile, so che, ancora una volta, per israeliani e palestinesi al momento è impossibile pensarci.

Ma per una prospettiva storica più ampia, il tempo guarisce le ferite se le persone danno la possibilità di fare guarire il loro popolo.

 So che una delle cose terribili della storia è che le persone usano le ferite del passato per infliggere le ferite del presente.

 Invece di cercare di guarire la ferita, la usano come scusa per infliggere altre ferite.

Se si segue questa strada, per secoli sarà solo una gara di sofferenza.

Ma a volte le persone possono scegliere diversamente.

E spero che alla fine le persone facciano la scelta giusta anche nella mia regione.

 

Cosa di ciò che sta avvenendo è un già visto anche se in una scala maggiore e cosa invece è totalmente nuovo?

Beh, sapete, ci sono state cinque, quattro o cinque guerre di Gaza negli ultimi 15 anni circa.

E c'era la sensazione che Israele e Hamas avessero scoperto questa nuova, cosiddetta coesistenza violenta.

Hamas non riconosce lo Stato di Israele, non è interessato alla pace, non offre alcuna possibilità di pace.

 Ma per anni, sapete, quasi ogni settimana c'è qualche attacco.

Ogni anno o due, c'è una grande operazione militare, ma la gente se ne va.

 E ora la portata dell'attacco, la portata delle atrocità e degli orrori è tale che, come sapete, ci sono decine di migliaia di profughi in Israele, persone costrette a fuggire dalle regioni di confine con Gaza.

Non possono tornare indietro.

E hanno detto anche al governo, molto rapidamente, che è finita.

O Israele o Hamas.

Non possiamo tornare a vivere in queste comunità intorno alla Striscia di Gaza finché Hamas sarà al potere a Gaza.

 Quindi, qualsiasi cosa ci sia stata nei 15 anni passati, deve cambiare.

E di nuovo, alla fine, ci sono sempre delle scelte.

15 anni fa, Israele si è ritirato completamente dalla Striscia di Gaza, ha rimosso tutti i soldati israeliani dalla Striscia di Gaza, ha rimosso tutti gli insediamenti israeliani dalla Striscia di Gaza, è tornato al confine internazionale.

Si dice che Israele abbia mantenuto l'assedio a Gaza.

C'è stato un blocco parziale. È vero.

Ma Gaza ha un confine con l'Egitto.

Non è completamente circondata da Israele e i palestinesi avevano la possibilità di scegliere cosa fare con questa situazione perché gli era stato dato loro il pieno controllo di Gaza e avrebbero potuto scegliere di riprovarci.

Molto difficile a causa del blocco parziale israeliano, ma avrebbero potuto comunque cercare di investire nello sviluppo economico, nello sviluppo sociale, nell'istruzione.

Se lo avessero fatto, ci sarebbe stata un'immensa pressione su Israele, sia dall'esterno che dall'opinione pubblica israeliana, per rimuovere il blocco parziale. Queste persone stanno solo cercando di costruire la loro patria o la loro vita. Perché ostacolarlo?

Hamas ha preso il controllo di Gaza e l'ha usata come base per ripetuti attacchi.

E ora l'obiettivo immediato della guerra è disarmare Hamas.

Ma la domanda principale è: cosa succederà ora?

La comunità internazionale deve assicurarsi che i civili palestinesi di Gaza siano sovrani.

Hanno un futuro che possono provare a costruire, non solo una vita lì, ma una vita significativa e dignitosa per loro stessi.

 E questo non può farlo Israele.

Spero di vedere più attori internazionali intervenire per garantire che il vuoto lasciato quando Hamas sarà sconfitto e disarmato non si riempia di disperazione e cose ancora più brutte di Hamas.

 

Se si vuole capire e spiegare il conflitto bisogna comprenderne la complessità. Lei sul Washington post ha parlato delle colpe del populismo, che ha un approccio esattamente contrario alla complessità. Quanto è responsabile il populismo di ciò che sta accadendo?

Molto è su due livelli, sia sulla scena interna di Israele che su quella internazionale. Quando guardo alla scena interna di Israele la domanda più grande che la gente si pone è: cosa è successo allo Stato?

Dove era lo stato di Israele quando Hamas ha preso il controllo di queste comunità e le ha massacrate?

La risposta è che lo Stato di Israele si è perso in azione a causa di quattro anni di populismo.

Siamo stati governati per quasi 14 anni da un uomo forte e populista, Benjamin Netanyahu, che ha costruito la sua carriera politica sulla divisione della nazione israeliana contro se stessa, sull'aumento dell'odio tra gli israeliani, sull'attacco alle istituzioni statali che potevano limitare il suo potere, sull'attacco alle élite di servizio del Paese nelle forze di sicurezza, nel servizio governativo, in altre istituzioni, attaccandole come profondi traditori dello Stato e diffondendo teorie cospirative su di loro.

Al punto che la stessa parola élite è diventata come un insulto, che se vuoi essere in prima linea nel servire il tuo Paese nell'esercito o nel sistema giudiziario o in qualsiasi altro luogo, questo ti rende una persona cattiva perché sei un'élite.

E ora ne stiamo pagando il prezzo.

Dopo 14 anni di divisione della nazione, di distruzione delle istituzioni statali, di distruzione dell'élite del Paese.

 

 Questo è il motivo per cui Israele manca di azione. E questo può accadere a qualsiasi Paese, a qualsiasi democrazia che scelga la strada del populismo.

 Su un altro piano, quello internazionale, dieci anni fa, quando ho scritto “Sapiens”, il mondo aveva molti problemi, ma avevamo un ordine liberale globale basato su valori universali.

Il messaggio fondamentale dell'ordine liberale era che tutti gli esseri umani appartengono alla stessa specie.

 

 Abbiamo tutti condiviso le stesse esperienze di base. Proviamo dolore. Amiamo i nostri genitori. Amiamo i nostri figli.

Questo vale per israeliani, palestinesi, italiani, iraniani, tutti.

 E sulla base di queste esperienze condivise, ci sono una serie di valori e interessi universali che tutti gli esseri umani dovrebbero collaborare a proteggere.

 Poi c'è stata questa ondata di populismo, non solo in Paesi come la Russia, ma anche negli Stati Uniti e nell'Unione Europea.

I populisti che attaccano i valori e le idee liberali distruggendo dall'interno l'ordine globale contro l'idea stessa di cooperazione globale, sono diventati sinonimo di tradimento.

Si dovrebbe avere a cuore solo il proprio Paese.

E il risultato è stato che l'ordine è crollato.

Non hanno offerto nulla per sostituirlo.

Se avessero attaccato l'ordine liberale e avessero detto: "Va bene, ma noi abbiamo un'idea per un ordine diverso".

Questi sono i valori universali in cui crediamo. Queste sono le istituzioni globali che sosteniamo. Ok, parliamone.

 Ma hanno distrutto l'ordine senza offrire nulla per sostituirlo.

 E quando si distrugge l'ordine si ottiene disordine, caos, violenza.

E se non ripristiniamo un ordine globale, le scene che vediamo ora in Israele e a Gaza, purtroppo, le vedremo in un numero sempre maggiore di luoghi nel mondo.

Visto che lei è riuscito a mettere ordine e a dare un senso alla storia passata dell’uomo sapiens, ad interpretare quella presente e a dare una prospettiva per il futuro, riuscirebbe a fare lo stesso per il conflitto israelo-palestinese?

Sì, ho cercato di dare qualche spunto in questi ultimi minuti.

 Devo sottolineare che, soprattutto in questo momento, posso presentare solo la parte israeliana.

Non ho la conoscenza e, in questo momento, non ho la capacità emotiva o l'autorità morale per parlare di come stanno le cose dal lato palestinese.

Invito chiunque abbia guardato questa intervista a guardare anche altre interviste con persone che possano presentare la parte palestinese, auspicabilmente da una posizione compassionevole e non solo da persone il cui intento è quello di diffondere ulteriormente l'odio e la violenza.

È una situazione molto complessa.

Ancora una volta, il mio messaggio di base per le persone che non provengono da questa regione, che non hanno famiglia in questa regione, che vivono a Napoli o a Milano o a Roma e che guardano questa intervista in televisione, per loro è semplicemente un'altra notizia proveniente dall’estero.

Non siate intellettualmente pigri. Non siate emotivamente pigri. Non limitatevi a scegliere una parte e a costruire una storia semplicistica come quella che avete qui.

Bene contro male.

 Il 100% del bene è da una parte. Il 100% del male è dall'altra parte.

Tutto qui.

No, voglio dire, se non avete il tempo di approfondire, almeno siate consapevoli che la realtà è molto, molto complessa.

Si tratta di un conflitto che dura da più di 100 anni.

C'è un'immensa sofferenza da entrambe le parti. Non prendete la via d'uscita più facile.

Professor Harari, come vede il futuro d’Israele?

Dipende dalle decisioni che prenderemo nei prossimi giorni.

 Israele deve prendere alcune delle decisioni più importanti della sua storia. Non si tratta solo di come sconfiggere Hamas.

Si tratta anche di come preservare la nostra umanità.

Si tratta anche di come preservare qualche possibilità di pace con i palestinesi.

Si tratta anche di come ricostruire il nostro Paese in democrazia, di liberarsi delle idee populiste e delle fantasie messianiche che hanno eroso la società israeliana negli ultimi anni per tornare agli ideali fondanti del Paese, la democrazia in patria e la pace all'estero.

E su questa base costruire un Paese migliore.

 

 

 

 

A GAZA È GENOCIDIO? CHE COS’È

UN CRIMINE CONTRO L’UMANITÀ?

LE PAROLE PER CAPIRE IL CONFLITTO

It.gariwo.net – Marcello Flores - Joshua Evangelista – (12-1-2024)

 

Intervista allo storico Marcello Flores, tra i principali esperti di genocide studies.

Giovedì 11 gennaio, presso la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Uniti all'Aja, sono iniziate le udienze sul caso presentato dal Sudafrica, secondo il quale la guerra nella Striscia di Gaza costituirebbe un atto di genocidio contro il popolo palestinese.

 Si tratta in un processo complesso, dall'alto significato politico: mai la Corte internazionale di giustizia, fino ad oggi, ha condannato per genocidio nessuno stato.

A prescindere da come si pronuncerà la Corte - probabilmente ci vorranno molti anni -, si può dire che a Gaza è in corso un atto genocidario?

 Se no, come si può definire quello che sta accadendo?

 Dopo l'attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre e della successiva guerra condotta da Israele, nei media e sui social network è aumentato in maniera esponenziale l'utilizzo dei termini "genocidio", "crimini di guerra", "crimini contro l'umanità", "pogrom".

Abbiamo chiesto al professore Marcello Flores, uno dei maggiori esperti italiani di Genocide Studies, il suo punto di vista su ciascuno di questi termini e sulla applicazione al contesto mediorientale.

 

Marcello Flores, facciamo chiarezza sulle parole.

Che cos'è il genocidio?

Per la Convenzione sul genocidio che è stata promulgata il 9 dicembre 1948, genocidio è la distruzione parziale o completa di un gruppo etnico, religioso o nazionale.

Nel caso in cui, però, c'è l'intenzione da parte di chi commette quella violenza di distruggere il gruppo in quanto tale.

 

Che cosa significa questo? Cosa cambia rispetto agli altri crimini?

Significa che non si tratta di una violenza, sia pure terribile, dovuta a motivazioni quali possono essere una guerra, una volontà di conquista, una sopraffazione di potere.

Deve essere il risultato di una volontà di far scomparire dall'umanità un preciso gruppo etnico, religioso o nazionale.

 Evidentemente, i carnefici che stanno compiendo quella violenza ritengono che quel gruppo non possa e non debba avere il diritto di vivere.

L'attacco del 7 ottobre di Hamas può essere considerato una pratica genocidaria?

Quando i giuristi affronteranno questa questione lo faranno con estrema difficoltà e insieme delicatezza, come in genere è accaduto in tutti i vari momenti in cui la giustizia internazionale ha dovuto decidere se qualche episodio di violenza fosse o meno un genocidio.

 Personalmente non ritengo che possa essere considerata un'opera di genocidio, ma un crimine contro l'umanità, perché è la volontà di compiere un massacro indiscriminato che colpisce coloro che si incontrano, andandoli a cercare nei kibbutz e nel rave – che presumibilmente i massacratori sapevano che si stesse svolgendo in quel momento.

 È stato fatto con una programmazione sicuramente generale, ma senza la volontà di compiere qualche cosa che andasse, oltre a un massacro violento, dimostrativo, fatto per colpire improvvisamente e probabilmente anche per suscitare una reazione.

 

La risposta di Israele a Gaza può essere considerata genocidaria? Che cosa possiamo dire della denuncia del Sudafrica alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia?

 

La denuncia del Sudafrica credo che rappresenti la volontà di portare al più presto possibile il governo di Israele di fronte alla giustizia internazionale.

 L'accusa di genocidio è l'accusa più grave, quindi è quella che in qualche modo smuove più rapidamente la possibilità di un giudizio, sia pure di tipo iniziale.

Ricordiamo, per esempio, che dopo l'operazione Piombo Fuso perpetuata una quindicina d'anni fa dall'esercito israeliano a Gaza, una commissione delle Nazioni Unite aveva individuato sia le azioni dell'esercito israeliano sia quelle di Hamas come crimini contro l'umanità.

Ma non era intervenuta la Corte internazionale di giustizia.

 Io credo che la reazione - sicuramente sproporzionata in termini di diritto internazionale - che l'esercito israeliano ha fatto e sta facendo a Gaza, non possa essere considerata genocidio, ma possa essere sicuramente considerata un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità.

Perché l'attacco e il coinvolgimento di civili sono assolutamente evidenti da tutte le documentazioni che abbiamo, anche se dovremmo analizzare meglio le informazioni che ricaviamo in modo generico dai media.

Escluderei però che si possa parlare di genocidio, se non da un punto di vista propagandistico che secondo me serve a poco.

 

A proposito di chiarezza sull’uso dei termini, che differenza c’è tra un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità?

I crimini di guerra sono elencati nelle convenzioni di Ginevra.

 Se si va a vedere lo statuto della Corte penale Internazionale, ci sono decine di atti che possono essere considerati crimini di guerra.

Ad esempio il bombardamento e la distruzione di ospedali, di scuole, di edifici religiosi, di culto o di edifici culturali, così come il coinvolgimento di civili nelle uccisioni.

Analizzare è estremamente complicato: almeno a partire dalla Seconda guerra mondiale ogni guerra è in larga parte rivolta contro i civili.

Però sicuramente rientrano nei crimini di guerra una serie di torture nei confronti di prigionieri.

I crimini contro l'umanità si hanno quando le popolazioni civili sono maggiormente colpite in quanto tali, non in quanto vittime secondarie di azioni militari, magari perché ritenute in qualche modo corresponsabili di quel potere che si vuole colpire. Ma ci sono delle evoluzioni giuridiche.

Quali?

Per esempio, dalla seconda metà degli anni ‘90 lo stupro di massa è un crimine di guerra e un crimine contro l'umanità e può essere anche considerato come un mezzo di genocidio.

 Lo è stato nel caso del Ruanda, in un paio di sentenze. E questa è una delle novità più rilevanti del diritto internazionale, se pensiamo che nelle prime due guerre mondiali le centinaia di migliaia di stupri che ci sono stati erano considerati in qualche modo una inevitabile necessità o comunque una parte della guerra.

 Da questo punto di vista credo che la lunga inchiesta del New York Times sulla violenza nei confronti delle donne perpetrata da Hamas il 7 ottobre, sia una raccolta di prove significative per la giustizia internazionale.

A proposito di parole legate al 7 ottobre, molti hanno descritto l’attacco di Hamas come un pogrom.

 

Pogrom è diventato a livello simbolico un termine che indica un massacro indiscriminato.

Se vogliamo essere rigorosi, quello del 7 ottobre non mi sembra un pogrom.

I pogrom erano violenze spontanee di massa accadute verso la fine dell'800 in una serie di città della Russia e della Polonia nei confronti di comunità ebree locali, in cui ci fu la tolleranza e a volte anche la stessa sollecitazione delle forze dell'ordine.

Ma erano il frutto di qualcosa di abbastanza spontaneo.

In risposta al ferimento accidentale da parte di ebrei di un bambino non ebreo, la comunità ebraica veniva assalita, molti venivano feriti o uccisi, la sinagoga veniva bruciata e così via.

 In quel clima molto particolare nasce il termine pogrom.

 Nel caso del 7 ottobre il carattere spontaneo manca del tutto, nel senso che è stato un'azione organizzata di tipo militare, sebbene vi abbiano partecipato non solo militari, da quello che si è capito, ma anche cittadini della Striscia di Gaza non organizzati militarmente.

Però il cuore di quella azione non è stata una rivolta spontanea.

Sono anche dell'idea che questa parola sia diventata un modo per definire una violenza di massa concentrata nei confronti di qualcuno.

Ma siccome non tutti sanno davvero che cosa vuol dire e come sia nata, si può tollerare questo utilizzo.

Un’altra parola utilizzata per descrivere le gravi discriminazioni subite dai palestinesi è apartheid.

Nel corso della sua carriera lei si è occupato molto di apartheid in Sudafrica.

 

Apartheid è qualcosa di molto preciso che appartiene alla storia del Sudafrica.

 Si riferisce a quella legislazione nata negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale, che tende a codificare e a concretizzare quella che era una politica razzista già esistente precedentemente.

 Implica una separazione netta e totale, da tutti i punti di vista, della popolazione nera - che in quel caso era la popolazione di maggioranza – da quella bianca che era quella minoritaria e dominante.

Dal punto di vista del potere politico, questo significava che i neri non potevano vivere nelle stesse parti della città dei bianchi, tant'è vero che furono costruite le “township” come Soweto, che era la più famosa.

 C'erano mezzi di trasporto per neri e altri per i bianchi. Negli Stati Uniti del caso di Rosa Parks, che dette inizio alla lotta per i diritti civili nel 1954, nello stesso mezzo di trasporto c'era una parte riservata ai bianchi e una parte ai neri.

 In Sudafrica, invece, un nero non poteva salire in nessun mezzo di trasporto dei bianchi. I neri per lavorare avevano dei permessi e dei percorsi obbligatori, quindi c'era veramente questa separazione voluta e completa, che era anche e forte da un punto di vista simbolico.

Ora mi sembra che si possono dare vari giudizi sull'occupazione o l'oppressione dello Stato di Israele nei confronti della Striscia di Gaza e in parte anche della Cisgiordania, ma direi che non si tratta di apartheid.

 Da una parte perché all'interno dello Stato di Israele, per esempio, i cittadini arabi e palestinesi israeliani hanno diritti di voto come gli altri cittadini.

Quelli che vivono nei territori occupati hanno intanto un margine di autorganizzazione che si può giudicare essere più o meno fittizio, ma che comunque esiste.

Ad esempio, se ci fosse una politica di apartheid i palestinesi non potrebbero entrare negli ospedali israeliani.

Quindi direi che è una forzatura ideologico-propagandistica da parte di tutti quelli che vogliono sottolineare le colpe dello Stato di Israele, alla luce delle sofferenze che effettivamente i palestinesi da decenni hanno in quei territori.

Se secondo lei non possiamo parlare di apartheid, dal momento che questa parola ha un perimetro così preciso, quale termine può definire la condizione dei palestinesi oggi?

Le difficoltà di accesso a servizi di base sono forme di discriminazione e di oppressione diversificate.

Anche perché negli ultimi venti trent'anni le condizioni sono cambiate.

 Sono diverse da quando la Striscia di Gaza era occupata militarmente dallo Stato di Israele e ha lasciato l’autonomia

. Nei primi anni c'era una un'oppressione generale, ma non quel controllo che, per esempio, aumenterà molto di più dopo con l'operazione Piombo Fuso, una reazione violenta a degli attacchi missilistici di Hamas e che ha provocato questa struttura di contenimento/oppressione della Striscia nel suo insieme.

 Non riesco a trovare una parola simbolo, se non “forme di oppressione e di discriminazione”, che vanno elencate e valutate e che sono difficili da riassumere.

 

Un'altra parola molto evocativa è ghetto.

“Masha Gessen” sul” Newyorker “ha paragonato Gaza ai ghetti della seconda guerra mondiale e ne è scaturita un’ampia polemica.

Che cos’è un ghetto?

Si può dire che Gaza sia un ghetto?

 

I ghetti hanno una storia molto precisa.

Ci sono quelli dell'epoca medievale o inizio dell'età moderna e quelli della Seconda guerra mondiale, che l'occupazione tedesca ha instaurato nelle città europee.

Di nuovo.

Credo che sia un modo per cercare di dare un'idea emotiva forte di una condizione che sicuramente è spesso analoga a quella di un ghetto, nel senso che è non facile se non addirittura impossibile, per la gran parte dei palestinesi, uscire quando vogliono.

 Però la struttura del ghetto era molto diversa e quindi se si usano questi paralleli storici bisognerebbe adeguarli e spiegarli in questo modo.

Il rischio è proprio di non far capire la diversità che c'è tra una struttura di oppressione di oggi rispetto a strutture di oppressione che erano presenti nel passato.

 Del resto il ghetto di Varsavia era diverso dal ghetto di Venezia del 1400.

Il nome era lo stesso solo perché riguardava gli ebrei.

 

Torniamo a parlare di genocidio.

“Raphael Lemkin”, il coniatore di questo termine, scrisse anche degli aspetti culturali delle politiche genocidarie.

Alla fine, però, nella Convenzione sul genocidio del 1948 questo concetto fu lasciato cadere.

Dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina si è parlato dell’intenzione del Cremlino di perpetuare un genocidio culturale verso le popolazioni invase.

Dal momento che questa definizione non fa parte della Convenzione, secondo lei ha senso parlare di genocidio culturale e quindi denunciarlo?

 

L’dea che Lemkin aveva di genocidio culturale era molto ampia e non particolarmente specificata.

Il genocidio culturale non fu inserito nella Convenzione del ’48 perché grandi potenze come la Francia e la Gran Bretagna erano all'epoca potenze coloniali e quindi rischiavano di poter essere accusate di genocidio culturale.

Inoltre ci fu l'intervento del delegato siriano alle Nazioni Unite che disse che non si possono equiparare la distruzione di una biblioteca e la distruzione di un gruppo umano.

 La risposta ovvia è che le cose sono collegate, perché nel momento in cui si distrugge la biblioteca di un gruppo spesso si sta anche distruggendo il gruppo stesso.

Oggi ci sono giudizi della giustizia internazionale e una serie di prese di posizione che hanno ampliato la possibilità di considerare il genocidio culturale.

Credo che sia difficile che possa essere usato come elemento del genocidio, se non in presenza di una volontà di sterminio fisico anche del gruppo stesso.

Per quello che riguarda l’Ucraina, io credo che forse l'unico esempio in cui si potrebbe parlare di genocidio è il caso di “Bucha”, che è analogo a quello di “Srebrenica”. Sono casi in cui un evento particolare ha avuto un carattere genocida.

 Per quanto riguarda la Russia di Putin, al netto di questo singolo episodio, sicuramente ci sono stati crimini di guerra e crimini contro l'umanità.

L’ultima domanda non può che essere sulla prevenzione del genocidio oggi.

Quali sono i contesti più a rischio oggi, di cui si parla però meno a livello mediatico?

 

Se guardiamo alle violenze nei confronti di minoranze o gruppi specifici che stanno accadendo oggi nel mondo, ci accorgiamo che quelle che - da un punto di vista numerico e spesso anche dal punto di vista della potenza distruttrice - sono totalmente messe in silenzio rispetto ai due casi più in vista, quello israelo-palestinese e quello russo-ucraino.

Anche quest’ultimo, tra l'altro, dopo l'attacco del 7 ottobre è diventato in qualche modo meno rilevante.

Se noi pensiamo che il numero di uccisi ogni giorno in Siria o nello Yemen era decine di volte superiore, capiamo che c'è un una diversità di atteggiamento che rende estremamente complicato poter affrontare il tema della prevenzione dei genocidi.

Nei confronti di quello che sta accadendo in Medio Oriente l'attenzione mediatica del mondo intero rende di fatto impossibile un genocidio, tant’è vero che si parla di genocidio già prima che questo venga compiuto.

Negli altri casi non sappiamo se sta avvenendo o no, perché non sappiamo se i gruppi che sono colpiti oggi in Siria, nello Yemen o in altre parti del mondo, pensiamo all'Africa e altre parti dell'Asia, siano dei gruppi che rischiano davvero. Perché c'è una logica geopolitica e mediatica che ovviamente fa una forte distinzione.

 

In questo contesto, quali sono gli strumenti concreti che si hanno oggi per prevenire un genocidio?

 

La prevenzione può esistere su due piani.

 Mettendo in evidenza i primi livelli di discriminazione che avvengono nei confronti di qualche gruppo.

E oggi avviene per lo meno in una cinquantina di Paesi, nei confronti dei quali però la comunità internazionale non ha gli strumenti o non vuole avere gli strumenti per poter far nulla.

 L'altra è quella di poter intervenire nei momenti in cui la violenza diventa più forte e in cui l'intervento può essere possibile.

Non solo per il genocidio, ma anche per i crimini di guerra o per i crimini contro l'umanità.

 Ricordiamo il caso della Siria, uno dei luoghi con il numero maggiore di vittime degli ultimi anni, in cui il presidente Obama aveva annunciato un intervento qualora si fosse superata la linea dell'uso ripetuto di un'arma letale e proibita come i gas.

Poi invece non se ne fece nulla, continuarono i massacri indiscriminati di civili e in più venne lasciata alla Russia di Putin la possibilità di inserirsi in quella zona come potenza rilevante.

 Credo che questo vada ricondotto alla difficoltà che oggi esiste a livello interno nazionale di garantire un equilibrio e un diritto che, per quanto parziali, nel corso della Guerra fredda avevano avuto delle proprie regole grazie alle due superpotenze e che in questo secolo, invece, sono messe continuamente in discussione.

 Il nuovo mondo multipolare non ha ancora trovato le sue fondamenta dal punto di vista sia politico sia del diritto.

(Marcello Flores). (Joshua Evangelista, Responsabile comunicazione Gariwo).

 

 

Smascherati 12 falsi miti sulla

guerra della Russia in Ucraina

italy.representation.ec.europa.eu – Redazione- Commissione Europea – (24-2-2023) ci dice:

Un anno fa la Russia ha lanciato una guerra di aggressione non provocata contro il suo pacifico vicino, l'Ucraina, mostrando al mondo la vera natura delle ambizioni imperiali del Cremlino.

 Oggi l'Ucraina continua a combattere, facendo prova di resilienza e determinazione, per respingere l'aggressione russa.

 

La Russia si è preparata alla guerra contro l'Ucraina diffondendo una serie di falsi miti sul paese.

Ben prima dell'invasione su vasta scala del 24 febbraio 2022, un flusso costante di disinformazione ha preparato la strada all'aggressione militare russa.

 Nel corso della guerra abbiamo individuato e smascherato gli interventi di disinformazione a vantaggio del Cremlino.

 In questa rassegna esporremo alcuni dei falsi miti principali sulla guerra attivamente propagati dall'ecosistema di disinformazione del Cremlino.

 

Falso mito: è inevitabile che la Russia esca vincitrice dalla guerra. O la Russia vince la guerra o sarà la terza guerra mondiale. Il sostegno militare dell'Occidente all'Ucraina provoca un'escalation della situazione e prolunga le sofferenze. L'unica via verso la pace è la demilitarizzazione dell'Ucraina.

 

La notevole resilienza dell'Ucraina, la sua determinazione e il suo indomito spirito combattivo hanno dimostrato una volta di più che le prospettive del Cremlino nella guerra di aggressione contro lasciano presagire tutto tranne una vittoria.

Il mondo ha boicottato la Russia chiedendo un'immediata cessazione dell'offensiva in Ucraina e il ritiro incondizionato delle truppe russe al di fuori dei confini dell'Ucraina riconosciuti a livello internazionale.

Da quando la Russia ha avviato questa non provocata "guerra dei tre giorni", l'Ucraina ha contrastato con successo l'avanzata degli invasori, contrattaccando e liberando un numero considerevole di territori dal controllo militare temporaneo della Russia.

Le forze ucraine hanno inoltre fortemente eroso l'arsenale militare russo.

 

La perseveranza dell'Ucraina di fronte all'aggressione di una superpotenza è un esempio di cosa significhino coraggio e determinazione. Il sostegno militare occidentale all'Ucraina si sta rivelando ogni giorno decisivo sul campo di battaglia, aiutando l'Ucraina a esercitare il proprio diritto all'autodifesa sancito dalla Carta delle Nazioni Unite.

 

Le proposte russe per un cessate il fuoco o negoziati di pace non sono sincere e rappresentano soltanto una serie di acrobazie nel campo delle pubbliche relazioni.

Tali proposte rivelano, a un'attenta analisi, l'atteggiamento imperialistico della Russia che chiede all'Ucraina di arrendersi e di consegnare ulteriori parti del suo territorio e della sua sovranità.

 

La vera strada verso la pace è il ritiro completo delle forze russe fuori dai confini dell'Ucraina riconosciuti a livello internazionale e il completo abbandono da parte della Russia della sua politica di aggressione.

 La Russia ha avviato in Europa una guerra non provocata in palese violazione del diritto internazionale e in particolare della Carta delle Nazioni Unite.

 La pace non può essere ottenuta lasciando un'Ucraina disarmata di fronte a una Russia fortemente militarizzata che non ne riconosce la sovranità e non nasconde gli appelli popolari al genocidio.

 

Falso mito: la Russia è in guerra con l'Occidente. In Ucraina è in atto una guerra per procura della NATO in cui l'Ucraina è solo il campo di battaglia. La Russia si limita a difendersi dall'aggressore ucraino.

 

Dal 24 febbraio 2022, giorno in cui la Russia ha lanciato un'invasione su larga scala del paese, l'Ucraina non ha smesso di difendersi.

 Le false affermazioni secondo cui l'Ucraina sarebbe l'aggressore costituiscono una classica tattica di manipolazione al servizio del Cremlino tesa a rappresentare la Russia come vittima e a distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dal fatto che il vero aggressore è la Russia.

Benché questa versione dei fatti sia chiaramente assurda per la maggior parte del mondo, in Russia, grazie a un contesto dell'informazione sempre più chiuso in sé stesso, essa funge da esortazione a serrare le fila per mobilitare il sostegno dell'opinione pubblica alle politiche autoritarie del Cremlino.

 

Le attività di disinformazione al servizio del Cremlino, intese a diffondere la menzogna che in Ucraina la Russia stia combattendo contro l'Occidente, sono aumentate di intensità dopo il successo della controffensiva ucraina contro gli invasori russi.

Gli esperti di disinformazione pro-Cremlino sono particolarmente inclini a diffondere questa versione dei fatti ogni volta che l'Ucraina riceve sostegno militare dai suoi partner occidentali o quando la Russia perde terreno nei territori ucraini temporaneamente occupati.

Né l'UE, né l'Occidente o la NATO hanno dichiarato guerra alla Russia.

 L'UE, gli USA e molti Stati membri della NATO forniscono assistenza militare all'Ucraina per aiutare il paese a respingere l'aggressione non provocata della Russia, ma non sono coinvolti nei combattimenti.

Falso mito: l'Ucraina cerca di procurarsi ordigni nucleari, attacca le infrastrutture nucleari civili e nasconde armi nelle centrali nucleari.

 L'Ucraina sta mettendo a punto una "bomba sporca". Per questo sarebbe legittimo l'uso da parte della Russia di armi nucleari tattiche contro l'Ucraina.

 

Si tratta qui di un groviglio di informazioni difficile da sbrogliare, benché nel complesso la tattica sia chiara.

La retorica allarmista punta a sfruttare la naturale avversione dell'opinione pubblica agli armamenti nucleari e una retorica nucleare sempre più belligerante nei confronti dell'Ucraina è stata uno dei fili conduttori delle narrazioni della guerra al servizio del Cremlino.

Nonostante le continue accuse del Cremlino, non vi sono prove del fatto che l'Ucraina abbia mai lavorato allo sviluppo di armi nucleari da utilizzare contro la Russia o chiunque altro.

Di fatto l'Ucraina è un paese libero da armi nucleari dal 1994, anno in cui ha firmato il memorandum di Budapest.

 È uno dei pochi paesi al mondo ad aver rinunciato a un arsenale nucleare, avendo eliminato gli armamenti ereditati dall'Unione sovietica.

 La Russia, invece, ha agevolmente dimenticato l'impegno assunto con la firma del trattato, ovvero quello di rispettare l'indipendenza, la sovranità e i confini dell'Ucraina.

Il Cremlino è inoltre sempre pronto a utilizzare l'argomento delle armi nucleari per allontanare da sé le colpe, a proferire minacce appena velate o a fare ricorso al ricatto nucleare a sostegno dell'aggressione.

Creare l'immagine di un animale braccato e però dotato di armamenti nucleari (come sottolineato a più riprese dai demagoghi pro-Cremlino) va a tutto vantaggio di quest'ultimo.

La Russia ha utilizzato le sue accuse secondo cui l'Ucraina sta cercando di sviluppare una "bomba sporca" come pretesto per un'ulteriore escalation. L'Ucraina ha invitato l'AIEA a ispezionare i siti che, secondo la Russia, sarebbero utilizzati per lo sviluppo di una bomba sporca.

L'Agenzia non ha ravvisato alcuna prova del fatto che l'Ucraina stia mettendo a punto materiali nucleari da usare contro la Russia.

Altrettanto infondate sono le accuse che l'Ucraina starebbe danneggiando intenzionalmente le proprie infrastrutture nucleari.

 In realtà, l'Ucraina e gli USA hanno cercato a più riprese di allentare la tensione intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia.

La Russia si è invece resa protagonista di molte azioni sconsiderate aventi per oggetto tale impianto.

 Ha trasferito attrezzature militari e truppe all'interno della centrale, ha utilizzato le zone circostanti come base per il lancio razzi e missili, assumendo di fatto il controllo della struttura e interrompendone la linea elettrica principale a più riprese.

 L'AIEA non ha confermato alcun bombardamento o attacco da parte dell'Ucraina alla centrane nucleare, né prima né dopo le accuse in tal senso formulate dal Cremlino.

 

Falso mito: tutta l'Europa aveva sostenuto l'invasione dell'Unione Sovietica da parte della Germania nazista, come ora l'Europa sostiene l'Ucraina nazista. La Russia non fa che proseguire la grande guerra patriottica in Ucraina per sradicarvi l'universo nazista.

 

Per anni abbiamo seguito da vicino l'utilizzo da parte del Cremlino dell'argomentazione dello "spettro nazista".

 Per tutto il corso della guerra il Cremlino ha utilizzato ripetutamente questo comodo elemento di disinformazione al fine di disumanizzare e diffamare gli ucraini.

 La rappresentazione di una Russia capace di domare il nazismo, proposta da Putin, è un classico esempio di proiezione – una strategia per allontanare da sé la colpa delle proprie azioni distruttive.

Le accuse secondo cui l'intera Europa avrebbe sostenuto l'invasione dell'Unione Sovietica da parte della Germania nazista sono del tutto stravaganti e stravolgono completamente la storia.

In realtà, già nel 1942 la coalizione antihitleriana comprendeva 26 Stati, come pure i governi in esilio dei paesi europei occupati.

L'asserzione della Russia secondo cui starebbe combattendo il nazismo, finalizzata a provocare una forte risposta psicologica o emotiva, non costituisce soltanto una manipolazione ma è assolutamente ridicola, in particolare considerando il fatto che il Cremlino fa perno su una retorica apertamente antisemita.

 

Falso mito: l'Ucraina è una creazione artificiale e non uno Stato sovrano.

Il territorio ucraino fa storicamente parte della Russia.

Le popolazioni che vi abitano hanno liberamente espresso la volontà politica di fare ritorno in Russia e la Russia ha pertanto un dovere patriottico di liberare e proteggere tali popolazioni.

 

L'Ucraina è uno Stato sovrano con identità propria e una lunga storia.

Negare l'esistenza dell'Ucraina come Stato e la sua sovranità è una strategia di disinformazione che i fautori del Cremlino utilizzano ormai da anni.

Quando la Russia ha cercato di giustificare l'annessione illegale di territori organizzando referendum farsa nei territori temporaneamente occupati in Ucraina, non è stata una sorpresa che l'ecosistema di disinformazione al servizio del Cremlino si sia messo nuovamente in azione per mettere in discussione la sovranità dell'Ucraina.

I sostenitori del Cremlino hanno spesso utilizzato il revisionismo storico come tattica di manipolazione per orientare il discorso pubblico verso il sostegno alle attuali politiche del Cremlino, compresi i tentativi di annessione illegale di territori temporaneamente occupati in Ucraina.

L'ossessione di Putin di voler riscrivere la storia è altrettanto ben documentata.

 

I referendum farsa non avevano nulla di libero o democratico.

Gli elettori sono stati costretti a votare da soldati armati che sono passati di porta in porta a raccogliere voti, in diretta violazione della costituzione ucraina.

 L'intero processo ha rappresentato una violazione del diritto internazionale ed è stato condannato dalle risoluzioni delle Nazioni Unite sull'annessione

. La decisione di annettersi tali territori illustra il carattere imperialistico della guerra avviata dalla Russia.

 

Falso mito: in Ucraina la Russia combatte contro l'imperialismo e il neocolonialismo occidentali per creare un ordine mondiale multipolare in cui i paesi non interferiscono nei rispettivi affari interni.

Il regime del Cremlino cerca da tempo di profilarsi pubblicamente come antimperialista e anticolonialista.

Tuttavia, la brutale guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina ha messo in luce le ambizioni imperiali e coloniali della Russia nei confronti dei paesi vicini in Europa, nel Caucaso e in Asia.

 

Con l'avvio della guerra nell'Ucraina orientale nel 2014, l'annessione illegale della Crimea lo stesso anno e l'inizio di un'invasione su vasta scala nel 2022, la Russia ha palesemente violato il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite, minacciando la pace, la sicurezza e la stabilità mondiali.

Il 2 marzo 2022 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, a stragrande maggioranza, una risoluzione che respingeva la brutale invasione dell'Ucraina da parte della Federazione russa e chiedeva alla Russia di ritirare immediatamente le sue truppe e di rispettare il diritto internazionale.

Nell'ottobre 2022 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha condannato a stragrande maggioranza i tentativi della Russia di annettere quattro regioni temporaneamente occupate dell'Ucraina a seguito di referendum farsa.

La condanna a livello mondiale dell'aggressione militare della Russia a un pacifico paese vicino dimostra che la Russia è sola e isolata.

Falso mito: poiché l'Ucraina per anni si è resa colpevole di un genocidio nel Donbas, la Russia è dovuta intervenire per difenderne la popolazione.

L'Ucraina, inoltre, conduce operazioni sotto falsa bandiera e inscena atrocità per poi accusare la Russia di crimini di guerra.

 

Accusare l'Ucraina di crimini di guerra e genocidio è probabilmente una delle più odiose menzogne diffuse dalla campagna di disinformazione al servizio del Cremlino.

 Con genocidio si intende l'annientamento deliberato e sistematico di un gruppo di persone a causa dell'origine etnica, della nazionalità, della religione o della razza. Un piano di questo tipo non è mai esistito in Ucraina e non vi è alcuna prova a sostegno delle accuse della Russia.

Uno degli esempi più lampanti di come la Russia cerchi di far ricadere sull'Ucraina i propri crimini riguarda le atrocità commesse dai soldati russi a “Bucha”.

L'accusa che l'Ucraina abbia condotto operazioni "sotto falsa bandiera" per incolpare la Russia è tanto vergognosa quanto falsa.

Al contrario, i crimini di guerra della Russia sono già stati oggetto di indagini a “Bucha”,” Irpin”, “Mariupol” e in molti altri luoghi.

Inoltre, attacchi deliberati della Russia contro civili e infrastrutture, tra cui scuole, ospedali e quartieri residenziali, sono stati ben documentati, ad esempio a Chernihiv, Mariupol, Kharkiv e altrove.

Secondo l'ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, essi potrebbero configurarsi come crimini di guerra.

 

Falso mito: la Russia combatte in Ucraina una guerra santa contro satanisti sacrileghi per proteggere il cristianesimo e i valori tradizionali.

 

Per quanto eccentrica possa sembrare questa accusa, la Russia ha frequentemente asserito di combattere una guerra santa contro lo stesso Satana, per giustificare la guerra contro l'Ucraina.

Nelle prime settimane e nei primi mesi di guerra il Cremlino ha fatto spesso riferimento a una presunta diabolica alleanza dell'Ucraina con le forze dell'Ade per spiegare la mancanza di progressi delle forze russe sul campo di battaglia.

Spesso i fautori della disinformazione al servizio del Cremlino, in particolare “Vladimir Solovyov”, associano al flusso di false informazioni accuse infondate nei confronti dell'Ucraina, secondo le quali il paese starebbe cercando di distruggere la chiesa ortodossa.

 Queste tattiche di manipolazione hanno preso vigore nel 2019, anno in cui la chiesa ortodossa ucraina ha ottenuto lo status di chiesa indipendente, e poi nuovamente nel novembre 2022, dopo l'annuncio del governo ucraino che intendeva proporre una legge per bandire le chiese affiliate alla Russia.

Demonizzare l'Ucraina e i suoi partner occidentali come infedeli senza Dio va di pari passo con la disinformazione al servizio del Cremlino secondo cui l'Occidente intende distruggere i "valori tradizionali".

E presentano invece la Russia come protettore di questi valori tradizionali.

La retorica sulla protezione dei valori minacciati, impregnata di omofobia, sfocia spesso in un vero e proprio incitamento all'odio.

 

Falso mito: gli Stati Uniti hanno finanziato, sviluppato e gestito in laboratori ucraini programmi segreti per la messa a punto di armi biologiche, sperimentando quest'ultime sulla popolazione locale, e dotando l'Ucraina di armi biologiche per attaccare la Russia.

Storie inventate come quelle sui "laboratori biologici clandestini degli Stati Uniti" costituiscono un classico esempio di teoria della cospirazione, una tattica basata sulla retorica allarmista utilizzata spesso dal Cremlino per distrarre e confondere. Inizialmente utilizzata per ostacolare il partenariato tra USA e Ucraina finalizzato a ridurre le minacce biologiche, l'ecosistema di disinformazione al servizio del Cremlino ha riorientato una vecchia campagna di disinformazione per giustificare l'invasione non provocata dell'Ucraina da parte della Russia.

La disinformazione al servizio del Cremlino mira a confondere la linea di demarcazione tra le armi biologiche e ricerca biologica, per suscitare paura, screditando al contempo l'Ucraina.

Fonti autorevoli, tra cui l'alto rappresentante delle Nazioni Unite per gli affari del disarmo “Izumi Nakamitsu”, hanno ripetutamente smascherato le accuse secondo cui i laboratori finanziati dagli Stati Uniti in Ucraina sarebbero utilizzati per scopi militari.

 

Falso mito: l'UE non può sopravvivere senza le risorse energetiche russe.

Gli Stati Uniti hanno spinto l'UE ad attuare politiche che hanno causato una crisi energetica globale a tutto vantaggio delle imprese energetiche statunitensi.

 

Il Cremlino vanta una lunga tradizione di strumentalizzazione dell'energia nelle sue relazioni esterne e la diffusione della disinformazione è parte integrante di queste tattiche.

Solo che questa volta il tentativo della Russia di intimidire l'UE interrompendo i flussi del gas si è ritorto in modo spettacolare contro il Cremlino.

 Quando la Russia ha chiesto all'Europa di scegliere tra l'Ucraina e l'energia russa, la risposta europea è stata inequivocabile: l'Ucraina.

L'UE e i suoi Stati membri hanno rapidamente adottato varie contromisure per aumentare la sicurezza energetica, quali il piano “REPowerEU” e il piano "Risparmiare gas per un inverno sicuro", che prevede una riduzione volontaria del 15% della domanda di gas naturale.

Le riserve di gas sotterranee dell'UE sono state riempite di oltre il 95% della loro capacità, ben più di quanto previsto per il 1º novembre 2022, termine fissato per raggiungere la capacità dell'80%.

L'Europa, che si era preparata ad affrontare l'inverno, è riuscita così a non sottostare al ricatto energetico della Russia.

La disinformazione al servizio del Cremlino cerca inoltre di incrinare l'unità transatlantica, diffondendo la falsa immagine di una perdita di sovranità dell'UE. Più nello specifico, secondo queste fonti gli Stati Uniti avrebbero sottomesso l'Europa, traendo benefici dalle turbolenze sui mercati mondiali dell'energia.

Tuttavia, la diversificazione dell'approvvigionamento energetico è una pietra angolare della politica energetica dell'UE.

Contribuisce a rafforzare la sicurezza energetica europea, a prevenire la monopolizzazione e a introdurre una maggiore concorrenza nel mercato dell'energia.

 

Falso mito: l'UE ha causato una carenza alimentare a livello mondiale vietando i prodotti agricoli e i fertilizzanti russi. La Russia non ha alcuna responsabilità per la crisi alimentare mondiale. L'UE tiene per sé tutti i cereali provenienti dall'Ucraina, riducendo alla fame altri paesi.

 

Invadendo l'Ucraina, la Russia ha di fatto estromesso i prodotti alimentari ucraini dai mercati mondiali e ha esacerbato la situazione economica mondiale.

 Le azioni della Russia sono alla base dei prezzi elevati dell'energia e dei fertilizzanti a livello mondiale, con un impatto particolare sull'Africa e sui paesi più vulnerabili, ma con un'incidenza crescente anche su altre regioni e altri paesi.

A livello mondiale, i conflitti, i cambiamenti climatici e gli effetti duraturi della COVID-19 hanno un impatto devastante sui sistemi alimentari e sulle persone che ne dipendono.

Tuttavia, l'aggressione non provocata della Russia all'Ucraina ha significativamente aggravato questi problemi e vulnerabilità.

Bombardando le infrastrutture ucraine nei settori dell'energia, dell'acqua e dei trasporti, bruciando le colture e rubando i cereali ucraini, distruggendo le attrezzature agricole ucraine e lo stoccaggio di carburante e minando i terreni agricoli, la Russia ha compromesso la produzione alimentare a lungo termine in Ucraina e le capacità di esportazione del paese.

 

La Russia, inoltre, continua ad applicare tasse e contingenti all'esportazione sia sui concimi che sui cereali come frumento, frumento segalato, segale, orzo e granturco.

Le sanzioni dell'UE escludono esplicitamente le forniture alimentari e i fertilizzanti: le esportazioni russe di prodotti alimentari verso i mercati mondiali non sono soggette a sanzioni.

Chiunque può gestire, acquistare, trasportare e mettere a disposizione alimenti e fertilizzanti provenienti dalla Russia.

 Contrariamente alle false notizie diffuse dalla Russia, nessuno Stato membro dell'UE impedisce la donazione di fertilizzanti russi a paesi che ne hanno bisogno.

Secondo le Nazioni Unite, la maggior parte delle esportazioni alimentari agevolate grazie all'iniziativa sui cereali del Mar Nero è destinata a paesi non UE.

 Solo il 34% di questo importo ha avuto come destinazione l'UE.

E il 64% del frumento esportato ha avuto per destinazione le economie in via di sviluppo.

L'Unione europea e i suoi partner internazionali sono in prima linea negli interventi a livello mondiale per affrontare l'insicurezza alimentare.

 Dall'attuazione dei corridoi di solidarietà e dell'iniziativa sui cereali del Mar Nero, i prezzi dei prodotti alimentari non hanno fatto che diminuire, ritornando ai livelli precedenti la guerra.

 

 Falso mito: le sanzioni occidentali nei confronti della Russia sono illegali e causano danni a livello mondiale. Esse destabilizzano l'economia mondiale e fanno aumentare il costo della vita per i comuni cittadini di tutto il mondo. Le sanzioni non hanno alcun effetto sull'economia russa e la Russia ha dimostrato che esse non funzionano.

 

Le false informazioni diffuse dai fautori del Cremlino riguardo alle sanzioni dell'UE e dell'Occidente sono un esempio di contraddizioni.

Da un lato le sanzioni sono una forma illegale e inaccettabile di coercizione, ma dall'altro esse non hanno alcun impatto sulla Russia.

Questo esercizio di disinformazione sminuisce l'impatto delle sanzioni per l'opinione pubblica in Russia, diffondendo la falsa immagine che l'Occidente sia sul punto di crollare.

 A livello internazionale, invece, la Russia vuole fomentare paure ingiustificate, secondo cui le azioni dell'Occidente contro la Russia avrebbero conseguenze negative sul piano mondiale.

Tutte le sanzioni dell'UE sono pienamente conformi gli obblighi derivanti dal diritto internazionale.

Esse riducono le capacità della Russia di finanziare la guerra e acquisire componenti fondamentali per il suo complesso militare-industriale.

 Gli effetti delle sanzioni sono visibili in tutti i principali settori dell'economia russa. Nel 2022 il disavanzo di bilancio della Russia è aumentato in modo esponenziale (di ben 14 volte).

Nel 2022 si è registrata una contrazione dell'economia che ha raggiunto il 5%.

Le sanzioni funzionano.

La decisione internazionale di fissare un massimale ai prezzi del petrolio, che mira a limitare i picchi di prezzo determinati da condizioni di mercato straordinarie, ridurrà drasticamente gli introiti che la Russia ottiene dal petrolio da quando ha avviato l'invasione dell'Ucraina.

Il massimale al prezzo del petrolio servirà anche a stabilizzare i prezzi dell'energia a livello mondiale, riducendo le conseguenze negative sull'approvvigionamento energetico dei paesi terzi.

Le sanzioni dell'UE prevedono deroghe significative.

Esse escludono esplicitamente le forniture alimentari e i fertilizzanti.

Inoltre, sebbene lo spazio aereo europeo non sia aperto agli aeromobili russi, gli Stati membri dell'UE possono autorizzare il sorvolo del loro spazio aereo da parte di aeromobili russi, se ciò è necessario per scopi umanitari.

 

 

 

 

Meloni: "Lanceremo un piano

d'azione sull'intelligenza artificiale."

Msm.com -web.info – Adnkronos.com – (16-5-2024) – ci dice:

(Adnkronos) - La presidente del Consiglio Giorgia Meloni annuncia oggi "un piano d'azione sull'Intelligenza artificiale" che sarà al centro dei lavori del G7.

 "Non possiamo da una parte fermare" la "rivoluzione", "ma dobbiamo lavorare per fare in modo che questo processo sia sempre a misura d'uomo, che sia cioè incentrato sull'uomo, controllato dall'uomo e che abbia l'uomo come suo ultimo fine". 

"L'intelligenza artificiale sarà una risorsa se il suo sviluppo migliorerà la qualità del lavoro, se lo renderà più efficiente, sempre più a misura di persona.

Non sarà una risorsa, al contrario, se condurrà semplicemente alla sostituzione dei lavoratori o all'espulsione di milioni di lavoratori dal mercato del lavoro". 

"L'intelligenza artificiale investirà prima o poi, e con accenti diversi, tutto il mondo del lavoro, e non sarà limitato a profili di eccellenza tecnologica.

 In futuro continueremo ad avere bisogno di operai, di insegnanti, di artigiani, di medici sarà il modo di svolgere quei lavori e sarà necessario acquisire le competenze necessarie per farlo.

Per questo io sono convinta che sia fondamentale lavorare tutti insieme per promuovere un vasto programma di re-skilling e up-skilling per tutti, giovani e adulti, lungo tutto l'arco della vita e nei luoghi di lavoro e nelle società.

Perché come ci dice la Banca Mondiale, l'80% della ricchezza delle nazioni più avanzate è rappresentata dal sapere.

 È il sapere, è la competenza che fanno la differenza in questo tempo.

 È una priorità sulla quale dobbiamo avere il coraggio e la forza di investire". 

 

"Allora sono temi che stanno a cuore a questo governo e che questo governo porterà anche in ambito G7 in quest'anno di Presidenza italiana.

Stiamo lavorando per lanciare, nell'ambito della nostra Presidenza - dice dunque la presidente del Consiglio - un piano d'azione sull'uso dell'Intelligenza artificiale, particolarmente nel mondo del lavoro.

È una sfida che io considero particolarmente impegnativa, ne siamo ovviamente consapevoli però sono anche convinta che il sistema Italia in tutte le sue articolazioni abbia il coraggio, la visione, la capacità che servono per occuparsi anche dei temi più difficili e individuare le soluzioni più innovative".

 

Il lavoro è "al centro del nostro impegno alla guida della nazione".

"In questo anno e mezzo di governo abbiamo fatto le nostre scelte - spiega la presidente del Consiglio -,

abbiamo adottato i  modi di esercitare dello Stato, cioè mettere le aziende e i lavoratori nella condizione di creare occupazione e ricchezza e redistribuire nel modo più giusto possibile quella quota di ricchezza che con le tasse torna nelle mani dello Stato e che deve essere utilizzata per aiutare le persone più fragili e più esposte.

 Allora, fin dal nostro insediamento abbiamo lavorato esattamente in questa direzione e i primi risultati ci dicono che siamo sulla strada giusta". 

"Da quando siamo al governo - dice la presidente del Consiglio - abbiamo 600mila occupati in più, il tasso occupazionale ha toccato il record dei 62,1%.

Abbiamo superato per la prima volta il tetto dei 10 milioni di lavoratrici, i contratti stabili aumentano, la precarietà diminuisce e si riducono anche gli inattivi, cioè coloro che non solo non lavorano ma che hanno anche smesso di cercarlo un lavoro.

È un segnale molto positivo, di grande fiducia nell'economia e nel futuro che voglio ringraziare ancora una volta e salutato con soddisfazione. Non intendiamo ovviamente cullarci sugli allori, cioè non significa che vada tutto bene.

Noi continuiamo a lavorare per consolidare questi dati e migliorarli ancora.

 Proprio per questo in occasione del 1° maggio abbiamo approvato un ulteriore pacchetto di norme che libera circa 3 miliardi di euro per incentivare l'assunzione di donne, giovani, lavoratori più fragili, soprattutto al sud".

 

"Il lavoro è dignitoso a 360 gradi, autonomo e subordinato. Nel dl coesione abbiamo messo quasi 3 miliardi per il lavoro, buona parte per l'auto impiego.

Rappresenta una grande opportunità ad esempio per i giovani per finanziare gli studi professionali".

Lo ha detto” Marina Calderone”, ministro del Lavoro, intervenendo al Festival del lavoro in corso a Firenze.

"Abbiamo detto no al salario minimo perché portiamo avanti un principio che è diverso e cioè che è giusto che attraverso dialogo e concertazione siano i contratti nazionali di lavoro a fare la differenza.

E questi devono esser aiutati anche attraverso investimenti da parte dello Stato, con un sostegno per il recupero della produttività".

"Ricevo spesso attacchi strumentali, ma nessuno viene mai a sedersi davanti a me a sostenere una discussione con un linguaggio giuridico: vuol dire che allora qualcosa in trenta anni di professione l'ho imparato.

Mi piace confrontarmi con qualcuno che non la pensa come me, una critica reale insegna molto di più di un apprezzamento non spontaneo. Io sono sempre orgogliosa di quando qualcuno presentandomi dirà il ministro del lavoro è un consulente del lavoro".

"Di fronte ai mutamenti profondi dettati anche dall'affermazione dell'economia digitale e dell'intelligenza artificiale, dobbiamo orientare la nostra azione tenendo fermo il valore della persona, in modo da trasformare un’apparente minaccia per i lavori tradizionali in una vera opportunità di sviluppo e di crescita"

 ha detto il ministro delle Riforme istituzionali e la Semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati, in un messaggio letto alla 15esima edizione del Festival del Lavoro.

 

 

 

Israele Non si Ferma:

Pioggia di Fuoco su Gaza.

Conoscenzealconfine.it – (16 Maggio 2024) - Alessandro Ferretti – c i dice:

 

Approfittando del costante scudo offerto dalla disinformazione diffusa da media e politici occidentali, Israele sta alzando ulteriormente il livello dei suoi crimini, bombardando non solo Rafah, ma tutta la Striscia.

Pioggia di Fuoco su Gaza.

(I pallini blu su una mappa indicano i bombardamenti/attacchi dell’esercito di occupazione e sono relativi agli ultimi giorni.)

 

Vale la pena notare che quattro mesi fa il portavoce dell’esercito israeliano aveva trionfalmente annunciato il completo smantellamento della struttura militare di “Hamas” nel nord della Striscia, al punto che l’esercito si era ritirato da quella zona.

Ancora pochi giorni fa, Netanyahu affermava che Israele ha completamente distrutto venti battaglioni di “Hamas” e che i quattro battaglioni rimanenti si trovano tutti a “Rafah”… eppure, dopo aver ordinato l’evacuazione di 300.000 abitanti a Rafah, domenica scorsa l’IOF ha intimato una gigantesca evacuazione immediata dei 100-150.000 abitanti del “campo profughi di Jabaliya”, a nord di “Gaza City”.

Strano comportamento da adottare su un territorio dove, a detta degli stessi israeliani, “Hamas” è stato totalmente sradicato.

 

Il risultato di questo diluvio di ferocia sono otto massacri perpetrati bombardando case di civili, in cui sono state ammazzate almeno 63 persone (e 114 ferite) nel giro di 24 ore.

E purtroppo nel conto ci sono solo i corpi che sono arrivati negli ospedali senza i dispersi (morti sotto le macerie).

 

Se davvero crediamo che lo scopo di Israele è quello di smantellare Hamas, allora l’attacco a Jabaliya è la palese dimostrazione che lo scopo non solo non è stato raggiunto, ma che non è raggiungibile.

 Israele ha già occupato Jabaliya per settimane e l’ha ridotta a un cumulo di macerie popolato da una popolazione sul punto di morire di fame, e adesso ci dice che deve tornare di nuovo con i carri armati a distruggere nuovamente tutto perché ci sono “segnali di risorgenza”?

La realtà, ovviamente, è un’altra:

 Israele non sta smantellando “Hamas”, ma sta semplicemente conducendo una guerra di sterminio che finirà solo quando non ci sarà un intervento esterno a bloccare la follia genocida, intervento che i politici dell’Occidente non hanno la minima intenzione di effettuare.

I poveri idioti che ancora giustificano gli orrendi crimini israeliani con la lotta contro Hamas non hanno più scuse.

 La realtà è che senza una vasta ribellione di tutti gli esseri umani che abitano in Occidente, questo massacro finirà solo quando finiranno i palestinesi.

 E se non sei parte della soluzione, sappi che sei parte del problema.

(Alessandro Ferretti)

(kulturjam.it/in-evidenza/israele-non-si-ferma-pioggia-di-fuoco-su-gaza/)

 

 

 

 

La grande illusione

della fine della guerra...

 

Ildubbio.news.it – 14 febbraio 2022 – Redazione – Smusco – ci dice:

Il mondo col fiato sospeso.

Papà, che era andato giovanissimo volontario in Africa e fu poi catturato dagli Inglesi, comandava un piccolo gruppo di Ascari.

Di loro, mi raccontava con stupore e rispetto, il coraggio in combattimento, e anche una certa bizzarria:

 se capitava uno scontro a fuoco, dai ripari da dove sparavano, quelle “teste matte” di Ascari volevano schizzare fuori e andare a inseguire la pallottola, per vedere dove impattava sul corpo del nemico – come fosse una qualunque zagaglia, e lui doveva faticare per tenerli giù.

 Dei suoi racconti, mi restava quest’idea della guerra come una cosa ancora “umana”.

 Che si tocca con il dito.

Ma forse, è proprio dei sopravvissuti, dei veterani, dei narratori, dei reduci – è la parola, il racconto a rendere ancora umana la guerra.

Quanta straordinaria letteratura ha prodotto il primo conflitto mondiale!

Ma umana, la guerra non lo è più da tempo.

E il Novecento, con le sue due guerre mondiali, con il bombardamento di Dresda e l’atomica su Hiroshima e Nagasaki, con la sua potenza pronta a evocare in terra l’Apocalisse ha reso ormai fuori da ogni controllo.

 Se scoppiasse una nuova guerra mondiale, sarebbe la fine del mondo.

Questa consapevolezza non ci impedisce di destinare agli armamenti e a tecnologie sempre più sofisticate ovunque nel mondo una quota di risorse sempre più consistente – e non ci impedisce di farla, la guerra:

si contano oggi più di venti guerre a alta intensità, e decine e decine di conflitti armati.

Non smettiamo mai di fare la guerra. Non abbiamo mai smesso.

 A pensarci, che sollievo era dover fare la guerra a al Qaeda – come erano “alieni” i suoi combattenti, con quelle barbe lunghe, quelle goffe tuniche, quegli asciugamani avvolti intorno la testa:

non erano come noi, quella non era una guerra “tra noi”.

Noi, eravamo tutti americani – e loro no.

Non era una guerra convenzionale, e come avrebbe potuto esserla?

E invece una guerra convenzionale – quella con gli uomini nel fango e nella neve, con le stesse tute mimetiche, gli stessi fucili mitragliatori e d’assalto, le stesse tecniche di combattimento, gli stessi mezzi corazzati, gli stessi droni, la stessa faccia la stessa razza – potrebbe esploderci adesso vicino.

Nel cuore dell’Europa.

Ciò che avevamo esorcizzato con la paura nucleare, che la stessa “cortina di ferro” aveva allontanato, che la stessa Guerra fredda aveva mandato in soffitta, la guerra reale, con gli uomini nel fango e nella neve, può esploderci adesso vicino.

Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie – i versi di “Ungaretti” scritti nel Bosco di Courton, luglio 1918,

per dire della condizione di soldati in trincea, che aspettano l’ordine di assalto, per andare a morire, uccidere e essere uccisi, descrivono ora questi nostri giorni in attesa degli accadimenti di Ucraina.

Come al cinema c’è chi ride alle scene horror e splatter per allontanare la propria paura, oggi in tanti dicono che è solo un’ammoina, quella tra i potenti, e non succederà nulla – io invece la sento la paura, e non mi viene da ridere per nulla.

«Diciamo 5% uccisi dal loro stesso sbarramento, una concessione molto generosa. Un altro 10% nell’attraversare la terra di nessuno, e un 20% nel passare i reticolati. Resta un 65%, con la parte peggiore superata.

Diciamo un altro 25% nella conquista vera e propria del Formicaio.

Ci restano ancora forze più che sufficienti per tenerlo» – così, crudamente e crudelmente il generale Mireau illustra al colonnello Dax (Kirk Douglas) in Orizzonti di gloria, di Stanley Kubrik, quale sarà il prezzo da pagare in vite umane per prendere il Formicaio, l’avamposto nemico, che noi non vediamo mai, come non vediamo mai i nemici.

Come fossero tartari che non arrivano mai.

Perché i nemici non sono di là – sono di qua, nei “giochi di guerra” dei generali e nel disprezzo delle vite dei soldati.

Kubrik ha raccontato più volte la guerra, e la stessa figura del generale Mireau la si ritrova “aggiornata” nel generale Turgidson del Dottor Stranamore, in piena Guerra fredda e pericolo della bomba atomica, che suggerisce al presidente americano di sferrare il primo colpo, anche se poi i russi farebbero scoppiare la bomba detta “La Fine del Mondo”:

 «Noi distruggeremmo il 90% della loro potenza nucleare e pertanto vinceremmo, subendo perdite modeste e accettabili fra i civili, mentre il nemico riporterebbe perdite dalle quali non potrebbe risollevarsi.

Signor Presidente, io non dico che non ci costerà proprio niente. Però io dico non più di 10-20 milioni di morti.

 Massimo, ah… questione di fortuna».

Questione di fortuna – la precisione crudele dei calcoli del generale Mireau, si fa qui più aleatoria e, d’altronde, chi può prevedere esattamente la devastazione di una guerra nucleare sulle città, sui civili?

 E chi può prevedere la devastazione sulle città e sui civili di una guerra convenzionale?

Centinaia di migliaia di profughi, intrappolati, in cerca di una via di salvezza. L’abbiamo visto in Siria.

Ieri l’altro.

Nel 1937 uscì al cinema La Grande Illusione di Jean Renoir – su un gruppo di prigionieri francesi nelle mani di ufficiali tedeschi nella Prima guerra mondiale e sul rapporto che si instaura tra loro.

Scrisse, tanti anni dopo, “Truffaut”:

«Vi si pratica una guerra ancora improntata sul fair-play, una guerra senza bombe atomiche e senza torture.

Un film di cavalleria, sulla guerra considerata, se non come una delle belle arti, per lo meno come uno sport, come un'avventura in cui si tratta di cimentarsi tanto quanto di distruggersi.

 La grande illusione consiste quindi nel credere che questa guerra sia l’ultima».

Ma, come sapeva “Truffaut”, quella guerra non è stata l’ultima.

 

 

 

 

L’attentato al primo ministro

slovacco Fico e l’ombra di Soros.

Lacrunadellago.net - Cesare Sacchetti – (15/05/2024) – ci dice:

 

Sono attimi drammatici per la vita del primo ministro della Slovacchia, Robert Fico.

Non appena finito un incontro governativo nella città di “Handlova”, Fico si era avvicinato per salutare la folla che lo aspettava fuori dalla sede dei palazzi del governo, ed è lì che un uomo gli ha sparato contro diversi colpi di arma da fuoco.

Il servizio di sicurezza è riuscito a fermare l’attentatore la cui identità risulta essere quella di “Juraj Cintula”, un sostenitore del “partito di sinistra progressista£ del Paese, “Slovacchia progressista”.

Sorgono diversi dubbi sulla facilità con la quale l’uomo sia riuscito ad estrarre una pistola a pochi passi da Fico e su come la sicurezza che era con lui non abbia agito tempestivamente per impedire che “Cintula” sparasse dei colpi verso il primo ministro.

Non appena l’attentatore ha sparato, sono giunte ricostruzioni contrastanti, come spesso accade in questi casi, sulla dinamica degli eventi.

Inizialmente si era detto che erano almeno 3 o 4 i colpi che avrebbero colpito il primo ministro slovacco, ma poi i successivi resoconti riferiscono che invece ad andare a segno sarebbe stato soltanto un proiettile e Fico non sarebbe, il condizionale in queste d’ore è d’obbligo, in pericolo di vita anche se le prossime ore saranno decisive per essere sicuri delle condizioni di salute del politico slovacco.

 

Robert Fico e lo scontro con Soros.

Fico era stato già in passato primo ministro del Paese e aveva servito due mandati in questa carica; il primo dal 2006 al 2010 e il secondo dal 2012 al 2018.

Leader del partito conservatore “Smer”, il politico slovacco si era ripresentato alle elezioni politiche lo scorso anno e aveva già manifestato tutta la sua opposizione al fatto che la Slovacchia inviasse armi all’Ucraina e aveva suggerito che i due Paesi coinvolti nel conflitto procedessero ad una negoziazione separata.

Fico si era inimicato anche non pochi attori ed entità di vario tipo in Slovacchia, quando già nel 2018 accusò George Soros di ingerire negli affari del suo Paese.

La Slovacchia è un Paese nel quale da diversi anni la presenza della ONG della rete di George Soros è alquanto vasta e radicata.

“Soros” che si descrive nel suo sito come un “filantropo” può essere definito a tutti gli effetti come un principe della sovversione e della destabilizzazione dei Paesi nei quali opera la sua nota, o famigerata, “Open Society”.

 

Un fiume di denaro è stato speso dallo speculatore americano di “origini askenazite” pari a più di 30 miliardi di dollari.

 

Soros ha lo scopo di esportare ovunque il modello di società aperta che non è altro che la “demolizione degli Stati nazionali, dei loro confini e delle loro tradizioni religiose da sostituirsi invece con una filosofia di tipo liberal-marxista” nella quale tutte le istituzioni di stampo cristiano e cattolico, soprattutto la famiglia, finiscono per l’essere spazzate via dall’idea di una società liquida, dove “non c’è più patria, né famiglia né religione”.

“Soros” in questo senso può essere considerato a tutti gli effetti come il degno erede di “Adam Weishaupt,” fondatore degli “Illuminati di Baviera” nel 1776, che già al tempo della società dei lumi aveva di fatto concepito una idea di società universale dove le patrie e loro tradizioni sarebbero state rimosse.

La Slovacchia non è rimasta immune suo malgrado da questo tipo di infiltrazione e se si dà uno sguardo alla relazione scritta dal sito ungherese “Tuzfalcsoport” si ha una idea più precisa di quanto questo processo di ingerenza da parte del “filantropo” nella società slovacca sia profonda e alquanto invasiva.

 

La rete di Soros in Slovacchia.

La” Open Society Foundation” del magnate di New York si è stabilita nella capitale slovacca, Bratislava, già nel 1992.

Da allora la rete della “OSF “si è inserita in ogni settore della società civile della Slovacchia e si stima che soltanto dal 2016 al 2021 almeno 6 milioni di dollari siano stati spesi da Soros a favore di organizzazioni e gruppi mediatici che promuovono gli interessi della società aperta.

Tra queste organizzazioni c’è anche quella dell’attuale presidente slovacco, “Zuzana Caputova”, che è considerata vicinissima a “Soros”  e che aveva avuto degli scontri durissimi con “Fico” proprio per via della sua devozione alla causa dello speculatore americano.

Fico non aveva girato troppo intorno alla questione e aveva chiaramente accusato la “Caputova” di non essere altro che un agente di Soros in Slovacchia sotto mentite spoglie.

Il presidente slovacco aveva risposto a queste accuse con una causa per diffamazione nei confronti di Fico, eppure il profilo della “Caputova” sembra essere a tutti gli effetti proprio quello del politico che si è formato in seno alle organizzazioni statunitensi che sono il cuore dell’anglosfera.

La “Caputova “infatti ha completato almeno due corsi presso la “USAID”, l’agenzia americana per lo sviluppo internazionale, dove la presenza e l’influenza di Soros è molto marcata tanto che si ritiene questa agenzia una di quelle più frequentemente utilizzate dai servizi di intelligence americani per rovesciare capi di Stato o di governo che vengono considerati una “minaccia” per gli interessi dell’anglosfera e della governance mondiale, come accaduto, tra gli altri, all’ex presidente ucraino “Yanukovich” rovesciato da Washington su ordine di Soros.

I legami del presidente slovacco con la “Open Society” non si fermano qui.

La “Caputova” è autrice di diversi studi e ricerche che sono stati sovvenzionati attraverso la fondazione di Soros, e dunque quando Fico affermava che il presidente del Paese aveva un rapporto di stretta dipendenza con il magnate americano difficilmente gli si poteva dare torto.

 

Soros poi ha esteso la sua influenza anche ai media slovacchi.

 Attualmente il secondo gruppo mediatico più grande del Paese risulta essere il “Petit Press”, nel cui azionariato si trova la presenza del gruppo “Media Development Investment Fund” (MDIF).

L’MDIF tra il 2016 e il 2019 ha ricevuto dalla fondazione di Soros 21,5 milioni di dollari e quindi affermare che George Soros oggi sia il secondo più grosso editore della Slovacchia non è affatto azzardato, in quanto è stato lui a fornire all’MDIF la liquidità necessaria per acquistare un importante gruppo mediatico slovacco.

La lista dei beneficiari di Soros in Slovacchia si allunga poi ad altre ONG quali la onnipresente “Transparency International Slovacchia “oltre ad associazioni quali “Inakost “che ha come scopo quello di promuovere i “diritti” delle minoranze omosessuali.

La destrutturazione della società slovacca dove l’osservanza della fede cattolica è maggioritaria è il proposito di Soros e di questa infinita rete di ONG e associazioni mondialiste che agiscono come quinte colonne della finanza e delle élite liberali Occidentali.

L’uomo che ha sparato a Fico come si diceva precedentemente risulta essere “Juraj Cintula”, un attivista del “partito progressista della Caputova”, vicinissima, come si è visto, a George Soros.

Il premier slovacco attraverso la sua politica ostile alla NATO e aperta ad un dialogo con la Russia stava suscitando non poche irritazioni dalle parti dell’anglosfera.

In questo momento, l’anglosfera si trova in una profonda crisi e la sua stessa esistenza è messa in discussione da un processo politico che sta portando alla graduale fine dell’ordine liberale internazionale partorito dopo la seconda guerra mondiale che vedeva l’assoluta supremazia di Washington e del pensiero liberale sulla sfera Occidentale.

Questo mondo si trova di fronte ad una crisi esistenziale per via della rinuncia degli Stati Uniti ad esercitare il ruolo di garante di questa architettura geopolitica e, al tempo stesso, per la nascita del mondo multipolare che sta riportando al centro della scena gli Stati nazionali.

Fico attraverso le sue posizioni ostili a sostegno della NATO in Ucraina aveva probabilmente irritato più di qualche atlantista a Bruxelles.

Attorno all’attentato alla sua vita, sembra vedersi l’ombra dell’anglosfera.

 Attorno a questo attentato, sembra vedersi l’ombra di uno degli uomini simbolo di questo potere.

Attorno a questo attentato, sembra vedersi l’ombra di George Soros.

 

 

 

Attenzione Bruxelles, in arrivo

 il nuovo governo olandese

 di Geert Wilders.

Politico.eu – Redazione Staff Politico – (15 – 5 – 2024) – ci dicono:

Le priorità del leader di estrema destra includono lo smantellamento della politica migratoria dell’UE e la diluizione degli impegni verdi.

I Paesi Bassi hanno raggiunto un accordo di governo per una nuova coalizione di governo di destra dopo sei mesi di negoziati seguiti alla vittoria elettorale a sorpresa di Geert Wilders a novembre.

Il partito di estrema destra di Geert Wilders è destinato a entrare a far parte del governo olandese – e le onde d’urto non tarderanno a colpire la macchina dell’UE a Bruxelles.

Dopo sei mesi di discussioni e negoziati dolorosi, i Paesi Bassi hanno finalmente raggiunto un accordo di governo per una nuova coalizione di governo di destra.

Da quando Wilders ha sorpreso l’Europa con la sua vittoria elettorale lo scorso anno, le possibilità che il veterano del fuoco diventi primo ministro e si unisca al tavolo del vertice UE sono svanite.

Ha anche ammorbidito alcune delle sue politiche anti-islamiche più dure e la sua precedente proposta di un referendum sull’uscita dall’UE, nel tentativo di raggiungere un accordo per condividere il potere con altri partiti.

Ma Bruxelles è preparata allo shock.

Se l’accordo di coalizione sarà confermato, il nuovo governo avrà come protagonista il Partito per la Libertà (PVV) di estrema destra di Wilders, il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) di centro-destra e il movimento populista di destra Movimento Contadini-Cittadini (BBB) ) e il Nuovo Contratto Sociale (NSC) centrista.

È improbabile che rappresenti il ​​“business as usual”.

Il grattacapo più immediato per l’establishment dell’UE saranno probabilmente i nuovi piani di migrazione olandesi.

La coalizione vuole avere la “politica di asilo più rigorosa di sempre” attraverso una legge di crisi temporanea.

Vuole rinunciare ad alcune regole dell’UE sulla migrazione, ponendo L’Aia in rotta di collisione con Bruxelles, che ha appena concordato un nuovo patto su migrazione e asilo.

Una seconda questione spinosa è l’allargamento del blocco dei 27 paesi.

 I Paesi Bassi erano già uno degli attori più severi nell’UE, sostenendo che i paesi dovrebbero muoversi verso l’adesione all’Europa sulla base di riforme interne, non di considerazioni geopolitiche.

 La nuova coalizione si concentrerà ancora di più su questo processo basato sul merito.

Questa è una notizia potenzialmente negativa per paesi come l’Ucraina, che sta spingendo per una corsia preferenziale verso l’adesione all’UE.

Ci sono anche implicazioni politiche più ampie.

L'euroscetticismo e la frugalità fiscale di Wilders legheranno le mani del nuovo primo ministro olandese e dei diplomatici olandesi nell'UE, che hanno la reputazione di spingersi oltre il peso della loro nazione nella sala negoziale.

 È improbabile che abbiano la stessa flessibilità di manovra e di trattativa che avevano sotto il primo ministro uscente Mark Rutte, ad esempio sui prestiti congiunti per la difesa o sull’espansione del prossimo bilancio dell’UE.

 

POLITICO analizza cosa significherà il nuovo governo per la politica dell’UE nei prossimi anni.

 

Finanze dell’UE: tasche poco profonde.

Rutte era già conosciuto come “Mr No” a Bruxelles per essersi opposto al prestito congiunto dell’UE in qualsiasi forma.

Le cose non potranno che peggiorare con Wilders come kingmaker del nuovo governo olandese.

 

Quando Rutte approvò a malincuore il fondo UE per la ripresa post-pandemia da 700 miliardi di euro nel 2020, Wilders lo accusò di buttare via i soldi dei contribuenti olandesi per salvare gli italiani che evadevano le tasse.

Il nuovo governo vuole ridurre i pagamenti dei Paesi Bassi all’UE.

Ciò va direttamente contro le richieste dei leader europei come il presidente francese Emmanuel Macron di espandere il bilancio del blocco o di aumentare il prestito congiunto per finanziare la difesa.

Queste discussioni saranno al centro dei prossimi negoziati sul nuovo bilancio pluriennale dell’UE, che entrerà in vigore nel 2028.

 L’ultima volta, i colloqui sono culminati in un vertice maratona di leader di cinque giorni.

Date le attuali sfide dell’UE – dalla difesa alla transizione verde – i colloqui sartanno probabilmente già più difficili, e questo prima della richiesta da parte dei Paesi Bassi di versare meno  nel piatto.

Azione climatica: una tonalità di verde più chiara.

Sotto Rutte, i Paesi Bassi sono diventati uno dei paesi europei più ambiziosi in materia di clima. La nuova coalizione di destra sta mettendo fine a tutto ciò.

 

Sotto Mark Rutte, i Paesi Bassi sono diventati uno dei paesi europei più ambiziosi in materia di clima.

 La nuova coalizione di destra sta mettendo fine a tutto ciò.

Il PVV di Wilders, che minimizza i pericoli del riscaldamento globale, non ha ottenuto l'approvazione dei partner della coalizione per le sue richieste di stravolgere gli obiettivi climatici del paese e di uscire dall'accordo di Parigi:

 "Ci atteniamo agli accordi [sul clima] esistenti", dice. Cosi si legge nell'accordo quadripartito.

Ma il testo non fornisce alcuna indicazione su come il nuovo governo intende rispettare i propri impegni ai sensi del diritto nazionale, europeo o internazionale.

Invece, la coalizione ha accettato di eliminare una serie di misure climatiche, tra cui un aumento previsto della tassa sulla CO2 del paese e l’obbligo di sostituire le caldaie a gas fossile con pompe di calore elettriche.

 Vuole inoltre espandere le trivellazioni di gas nel Mare del Nord, evitando idealmente la costruzione di nuove turbine eoliche sulla terraferma.

Il testo menziona il sostegno ai proprietari di case con ristrutturazioni efficienti dal punto di vista energetico, nonché investimenti nell’idrogeno e nella cattura del carbonio.

Eppure, proprio come il manifesto elettorale del PVV, l’attenzione della politica climatica della coalizione è quasi esclusivamente sull’”adattamento” – preparando il paese alle condizioni meteorologiche estreme e ad altri effetti del riscaldamento globale.

 C’è solo un vago accenno alla riduzione delle emissioni che riscaldano il pianeta: “Con le giuste misure, si promuove la crescita verde e si riducono le emissioni nocive”.

Commercio: perno protezionistico.

Dopo una campagna elettorale decisamente a tema nazionale, temi come il commercio e gli affari esteri sono ancora in qualche modo scatole nere.

L’accordo a quattro sostiene a parole l’autonomia strategica e la “riduzione delle dipendenze strategiche, ad esempio quando si tratta della Cina per le materie prime critiche.”

 Allo stesso tempo, il capitolo sul commercio è significativamente breve e molto meno dettagliato di quelli su alloggi, migrazione e agricoltura.

Dopo una campagna elettorale decisamente a tema nazionale, temi come il commercio e gli affari esteri sono ancora in qualche modo scatole nere.

Due partiti di coalizione – NSC e BBB – sono nuovi sulla scena, mentre il PVV di Wilders non è mai stato pienamente coinvolto in una coalizione.

Bruxelles, tuttavia, sarà senza dubbio sollevata nel leggere che “i Paesi Bassi rimarranno un partner costruttivo all’interno dell’UE” e che il suo “sostegno politico, militare, finanziario e morale all’Ucraina per resistere all’aggressione russa” continuerà.

Tuttavia, con gli agricoltori rappresentati in modo più prominente nel nuovo governo, l’Aia sarà probabilmente più critica nei confronti degli accordi di libero scambio.

L’ultimo parlamento del marzo 2023 ha criticato l’accordo commerciale a lungo ritardato con il blocco Mercosur dei paesi sudamericani, e un ministero dell’agricoltura BBB si opporrebbe sicuramente a qualsiasi accordo del genere.

L’accordo collega esplicitamente gli accordi commerciali (in particolare non gli “accordi di libero scambio”) alla “conservazione” della ricchezza a livello nazionale.

In questo caso sono fondamentali "standard uguali e ragionevoli", scrivono le parti.

Agricoltura: lotte per l'agricoltura.

Le mucche olandesi fanno molto la cacca, e questo ha reso incerto il futuro degli agricoltori del paese – e ha lasciato alla coalizione Wilders un compito potenzialmente impossibile.

 

Per rispettare i limiti UE sull’inquinamento da azoto, i Paesi Bassi dovranno ridurre il numero di capi di bestiame e persino chiudere alcune delle loro aziende agricole. Gli sforzi del precedente governo per rispettare le regole hanno portato a proteste di massa da parte degli agricoltori.

Nell’accordo di coalizione, il nuovo governo ha affermato che rivedrà le norme sull’inquinamento da azoto per consentire agli agricoltori di spruzzare più letame sui loro campi e prevenire acquisizioni forzate di aziende agricole.

Prevede inoltre di fare pressione su Bruxelles per rinegoziare la politica dell'UE sull'azoto e ottenere una nuova deroga alle regole, oltre ad ammorbidire la definizione delle aree più inquinate.

“I Paesi Bassi hanno designato l’intero Paese come vulnerabile, quindi la cosa può essere rivista”, si legge nell’accordo, aggiungendo che il governo “dimostrerà a Bruxelles che alcune aree non sono più vulnerabili”.

Digitale: riflettori puntati sulla tecnologia.

I Paesi Bassi sono orgogliosi di essere all’avanguardia nel digitale in Europa, con la loro economia dei dati aperti e la promozione di politiche tecnologiche favorevoli all’innovazione (leggi: soft-hard).

Il paese ospita la sede europea di Uber, mentre il colosso della stampa di microchip ASML è il fiore all’occhiello della sua vivace scena tecnologica.

Sotto il nuovo governo, quell’immagine potrebbe risentirne.

 Nella loro lista di 10 priorità, i leader del partito non hanno menzionato la leadership digitale o tecnologica;

le poche nuove proposte di politica tecnologica supportano questioni più ampie come la sicurezza nazionale e la crescita dell’economia.

Gli osservatori tecnologici si preoccupano meno del fatto che un governo populista di destra possa ribaltare le posizioni olandesi sulla tecnologia, piuttosto che del fatto che non sembri affatto eccessivamente interessato alla tecnologia.

Un motivo per festeggiare:

 un’agevolazione fiscale per gli espatriati che serviva ad attrarre lavoratori della conoscenza era inizialmente nel mirino del promettente “Nuovo Contratto Sociale del governo”, ma il testo della coalizione non faceva menzione dell’abolizione o dell’allentamento della misura.

 Ciò rappresenterà un grande sollievo per “ASML”, che all’inizio di quest’anno ha minacciato di spostare i suoi investimenti altrove se il regime degli espatriati fosse stato abolito.

(Reportage di Barbara Moens, Gregorio Sorgi, Zia Weise, Koen Verhelst, Bartosz Brzeziński e Laurens Cerulus)

 

 

 

La Russia sfonda le linee.

Ora la Nato pensa di inviare

le truppe: cosa può succedere.

 Msn.com - Filippo Jacopo Carpani – il Giornale.it – (17-5-2024) – ci dice:

La Russia sfonda le linee. Ora la Nato pensa di inviare le truppe: cosa può succedere.

L’avanzata russa a Kharkiv e in Donbass ha notevolmente peggiorato la posizione dell’esercito ucraino sul campo di battaglia e acuito il problema della carenza di uomini di cui soffre da mesi.

Di conseguenza, i funzionari di Kiev hanno chiesto agli alleati della Nato di contribuire all’addestramento di 150mila nuove reclute vicino alla linea del fronte, in modo da poterle rapidamente schierare.

 Questo significherebbe l’invio di personale militare occidentale nel Paese invaso, un passo che porterebbe Unione europea e Stati Uniti più vicini alla guerra con Mosca.

 

Il Cremlino, infatti, ha più volte sottolineato che soldati dell’Alleanza schierati in Ucraina sarebbero considerati come un obiettivo legittimo.

Fino ad ora, Washington ha respinto le richieste di Kiev, ma il capo del Joint Chiefs of Staff “Charles Q. Brown” ha affermato giovedì 16 maggio che “con il tempo, alla fine ci arriveremo”.

Il generale ha però sottolineato che, ad oggi, un impegno diretto nel Paese invaso “metterebbe a rischio gli addestratori della Nato” e significherebbe decidere se impiegare i pochi sistemi di difesa aerea a disposizione di Kiev per proteggere il personale occidentale o le infrastrutture critiche.

In quanto parte del Patto atlantico, inoltre, gli Usa sarebbero tecnicamente obbligati a rispondere a qualunque attacco contro militari alleati.

Fin dall’inizio del conflitto, l’amministrazione Biden ha sempre categoricamente negato la possibilità dei” boots on the ground”, una posizione ribadita anche di recente, e ha invitato gli alleati della Nato a fare altrettanto.

 Negli ultimi mesi, però, il presidente francese “Emmanuel Macron” ha più volte ventilato la possibilità dell’invio di un contingente a sostegno delle forze ucraine, sottolineando come “nessuna scelta deve essere esclusa” per garantire la sconfitta della Russia.

Inizialmente, gli altri membri dell’Alleanza si sono opposti a questa eventualità, ma negli ultimi giorni il governo dell’Estonia ha dichiarato di star valutando l’opzione di mandare truppe nel Paese affinché assumano ruoli di retroguardia, in modo da permettere alle forze di Kiev impegnate dietro le linee di raggiungere il fronte.

 In più, il ministro degli Esteri lituano “Gabrielius Landsbergis” ha appoggiato le posizioni di Macron in un’intervista rilasciata al The Guardian.

 "Le nostre truppe hanno addestrato gli ucraini in Ucraina prima della guerra”, ha affermato. “Quindi tornare a questa tradizione potrebbe essere abbastanza fattibile”.

(Ora I militari ucraini combattono per tenere” Vovchansk”.)

 

Un cambiamento di vedute non da poco, questo, che si scontra con la posizione ufficiale della Nato ripetuta più volte dal segretario generale “Jens Stoltenberg” e, almeno sulla carta, fermamente impostata sulla linea del non intervento diretto.

Potrebbe essere un’indicazione del fatto che la situazione per gli ucraini sia destinata a peggiorare nei prossimi mesi, nonostante le dichiarazioni del capo supremo delle forze dell’Alleanza in Europa “Christopher Cavoli “secondo cui i russi non hanno “i numeri” e le “capacità” per ottenere successi strategici lungo il fronte.

In ogni caso, la presenza di truppe occidentali nel Paese invaso segnerà il passaggio di una linea rossa da cui sarà molto difficile tornare indietro.

 

 

 

‘Linea di difesa ucraina’ che

qualcuno si è rubato,

denuncia la BBC.

 Remocontro.it - Piero Orteca – (13 Maggio 2024) – ci dice:

 

 Le cose in Ucraina vanno di male in peggio. E la BBC, il prestigioso network televisivo britannico cerca di capire il perché, andando a fare giornalismo d’inchiesta ‘al fronte’. Spedisce i suoi corrispondenti in prima linea, sotto il fuoco incrociato dei cecchini e li fa parlare con ufficiali e soldati.

 Giornalismo d’assalto, che non ha nulla a che vedere con le rimasticate notizie d’agenzia che molti giornali ci propongono tutte le mattine.

Giornalismo d’assalto in prima linea.

Putin, fiutato il vento impetuoso della crisi mediorientale, che sta squassando l’America e l’Occidente, coglie l’attimo.

 E attacca.

 Lo fa in un preciso settore del fronte, nell’area di “Kharkiv”, ottenendo risultati insperati, nel giro di una settimana.

 Villaggio dopo villaggio, i piccoli centri cadono a uno a uno, mentre il capoluogo viene sottoposto a furiosi bombardamenti.

Secondo l’ISW (l’Istituto per lo Studio della Guerra) di Washington, l’obiettivo di Mosca potrebbe essere quello di costringere l’esercito ucraino a richiamare le sue riserve dal Donbass.

Sguarnendo quel fronte e consentendo ai russi di avanzare verso ovest sud-ovest.

Quella contro Kharkiv, insomma, sarebbe solo una ‘finta’, dato che i rilevamenti satellitari indicano una presenza di truppe insufficiente a sostenere l’eventuale conquista di quella città.

 Sono state segnalate, infatti, unità schierate per un totale di circa 50 mila soldati.

Le ‘linee di difesa’ scomparse.

Piuttosto, quello che stupisce gli analisti è la facilità con la quale sono avanzati i russi.

Jonathan Beale”, corrispondente di guerra della BBC, ha intervistato un ufficiale comandante di un “Gruppo speciale da ricognizione ucraino”.

I suoi chiarimenti (ma sarebbe meglio dire il suo sfogo) sono, allo stesso tempo, indicativi e frustranti.

“Non esisteva una prima linea di difesa. L’abbiamo visto – dice – i russi sono entrati semplicemente, senza campi minati”.

La “BBC” poi rivela i contenuti filmati di un drone, mostratogli dall’ufficiale ucraino, dove si possono vedere le truppe russe che attraversano tranquillamente il confine senza essere disturbate.

Eppure, lì avrebbero dovuto esserci opere di difesa ben costruite, “realizzate a costi enormi” secondo il militare di Kiev.

Ma non c’era niente. “

O si è trattato di un atto di negligenza – conclude amaro – o di corruzione.

Non è stato un fallimento. È stato un tradimento”.

Errori, corruzione e tradimento.

Un errore di calcolo grave, quello commesso dagli americani.

Perché, anche se nessuno lo dice apertamente, le strategie di difesa ucraine vengono elaborate sotto la supervisione del Pentagono.

E, non a caso, proprio la BBC scrive che “tutti sapevano che probabilmente questa incursione russa sarebbe avvenuta. Sia l’Intelligence ucraina che quella occidentale sapevano che la Russia stava ammassando forze oltre il confine”.

Ma si è scelto di non intervenire, perché non si poteva azzardare lo spostamento di ulteriori riserve dal fronte di Donetsk.

 Già in quell’area, dopo la presa di “Avdiivka” le truppe russe stanno adottando la “tattica del carciofo”:

 inglobano i villaggi più piccoli uno a uno, fino a chiudere le linee di rifornimento dei centri più grandi.

Per poi soffocarli.

 Non hanno né problemi di uomini e nemmeno di proiettili.

 La BBC dice che l’esercito di Zelensky riesce a sparare una cannonata, per ogni 10 che ne sparano i russi.

Inoltre, l’assoluto dominio dei cieli, da parte di Mosca, le consente di utilizzare una nuova arma, la “bomba planante”, capace di colpire bersagli anche molto lontani con letale precisione.

 

La ‘bomba planante’ e il colpo finale.

Ma, in definitiva, che piega hanno preso gli avvenimenti in Ucraina?

Le linee di difesa, dopo mesi di pressione e di martellanti bombardamenti, sono forse vicine al collasso?

Certo, tutti gli analisti pensano che questo sia il momento più difficile della guerra per Kiev.

 E non è solo una questione di rifornimenti bellici o di assistenza finanziaria.

 La strategia americana, lungamente studiata al Pentagono, era quella di “cronicizzare la guerra” per dissanguare la Russia.

 Tutto questo, naturalmente, grazie soprattutto alle sanzioni economiche adottate in più pacchetti e in modo sempre più stringente e selettivo.

Non è stato, però, calcolato che altre crisi planetarie avrebbero potuto distogliere attenzione e risorse dall’Ucraina.

Come poi in effetti è avvenuto.

 E, inoltre, non si è pensato che una “guerra di logoramento”, alla fine logora tutti.

 A cominciare dalle grandi democrazie, che hanno un’opinione pubblica capace di mandare a casa i loro “logorati” governi.

 

 

 

LA (NON) SORPRESA.

Cpomedonchisciotte.org - Markus – (17 Maggio 2024) – Alexs - bmanalysis.substack.com- ci dice:

 

L’Ucraina è alle corde.

La recente incursione della Russia a Kharkov è stata uno shock per alcuni, mentre per altri era prevista. Per l’Ucraina, potrebbe significare la fine. Approfondiamo l’attuale crisi ucraina.

L’Ucraina.

Nel gennaio del 2023, avevo scritto un articolo che delineava quella che ritenevo la più probabile sequenza di eventi nel conflitto in Ucraina.

 Con mio grande stupore, gli eventi dei 18 mesi successivi si sono svolti quasi esattamente come avevo previsto.

 Invito tutti a rileggere questo articolo, perché le mie previsioni sono ancora attuali e siamo entrati nella quarta fase (di cinque).

 La quinta fase deve ancora svolgersi.

Ribadirò alcuni dei presupposti di questo articolo.

Nella mappa esistente potete vedere la divisione del confine ucraino in cinque fasi o teatri di guerra, attualmente stiamo assistendo all’attivazione del quarto teatro.

Nel vecchio articolo avevo dato la seguente spiegazione:

Teatro 4.

Il teatro 4 è lungo e si estende molto a nord e a ovest.

Per il momento, mentre scrivo questo articolo, non vedo alcuna possibilità fisica di condurre un’offensiva su larga scala dalla Bielorussia verso l’Ucraina.

 Non ci sono né attrezzature sufficienti né la logistica necessaria.

Quindi, grandi manovre dalla Bielorussia sono attualmente impossibili.

Quello che presumo, in effetti, è quanto segue.

 Vedremo localmente, non solo nella zona numero 4, ma in alcuni punti (non so dove), piccole incursioni per bloccare e impegnare il nemico in prossimità del confine.

 Per tenere a nord il maggior numero possibile di truppe, equipaggiamenti e impegni logistici.

Allo stesso tempo, presumo che potremmo assistere all’inizio di una campagna aerea russa su obiettivi al di là del confine settentrionale dell’Ucraina.

Poiché la maggior parte delle difese aeree sono attualmente concentrate intorno alle infrastrutture critiche o già esaurite, molto probabilmente assisteremo al nuovo ruolo del generale “Surovikin”.

Colpire e degradare le risorse ucraine nel nord.

E l’Ucraina dovrà sostituirle costantemente, per non aprire la porta a Kiev.

Allo stesso tempo, potremmo forse assistere al concentramento di truppe e materiale in Bielorussia.

Questo potrebbe andare avanti forse fino all’inizio dell’estate 2023.

Si verificherà la stessa situazione di” Artemovsk”.

Non appena i rifornimenti di truppe ed equipaggiamenti inizieranno a diminuire nel nord, la Russia potrà ritenere che sia il momento giusto per mettere in sicurezza Kiev.

Requisiti per una mossa su Kiev:

 Crollo completo del fronte del Donbass.

Crollo completo del fronte settentrionale.

A seconda della situazione politica, potremmo assistere già a una resa completa o solo allo spostamento delle truppe russe in prossimità di Kiev.

 Forse anche all’inizio dell’accerchiamento di Kiev.

Sono necessarie ulteriori spiegazioni?

Sì. Sono successe molte cose da quell’articolo e credo sia opportuno aggiornare la mia valutazione e spiegare cosa sta succedendo (almeno quello che penso stia succedendo), e se le mie previsioni erano state corrette.

Innanzitutto, cosa è successo?

A qualcuno potrebbe essere sfuggito.

 La Russia ha attraversato il confine con l’oblast’ “ucraino” di “Kharkov” dalla regione di Belgorod e ha rapidamente conquistato più di una dozzina di villaggi e città in prossimità del confine.

Al momento in cui scriviamo, la Russia sta conquistando le importanti città di “Volchansk” e” Liptsy”.

 

Perché queste città sono importanti?

Perché sono ostacoli all’interdizione di alcune linee di rifornimento vitali per città come” Izyum” e “Kupyansk.”

 E ricordate,” Izyum” è la chiave per” Slavyansk” e “Kramatorsk”, che sarebbero il punto di arrivo del teatro di guerra del Donbass. Lo possiamo vedere sulla mappa.

Ma prima parliamo di tattica, operazioni e strategia.

Perché la Russia punta su Kharkov da questa angolazione?

Ad essere onesti, non ho informazioni interne, ma offrirò la mia valutazione.

 La Russia è entrata nella regione di “Kharkov” per prendere la città di “Kharkov”?

Sicuramente no. Non ci saranno combattimenti, almeno non combattimenti importanti, nelle grandi città russe.

Cosa che “Kharkov” sicuramente è.

Quindi, no, la Russia non si avvicinerà a Kharkov con l’intenzione di liberarla con la forza.

Non fraintendetemi.

Kharkov sarà molto presto di nuovo sotto la bandiera russa.

Ma, in questo caso, direi piuttosto che la probabilità più alta è che, ad un certo punto, l’esercito ucraino si ritiri da Kharkov.

E le truppe russe si troveranno nelle vicinanze per entrare in azione quando ciò accadrà.

Ma perché gli ucraini dovrebbero ritirarsi da Kharkov?

 È la seconda città “ucraina” per grandezza.

E un importante centro industriale.

Semplicemente perché non ha più valore per l’Occidente.

Tutti sanno che il territorio a est del Dnieper è comunque perso.

Sprecare altre risorse, che saranno necessarie per tenere il sud, non è nell’interesse della NATO.

La miglior difesa per il momento è tenere il sud.

Mantenere una testa di ponte verso la Crimea, che è la priorità N° 2 per l’Ucraina. La priorità N°1 è tenere Odessa, poiché ha implicazioni militari strategiche per la NATO.

L’ho spiegato nella mia recente analisi. Odessa è ancora più importante di Kiev.

Quindi sì, ci sarà o un collasso delle forze ucraine sul lato orientale del Dnieper o un ritiro strategico non appena le riserve disponibili raggiungeranno un livello critico.

Considerando le recenti ammissioni di Budanov, Syrskyi e dello stesso Zelensky, non siamo lontani da questo momento.

 Tenetevi pronti per alcuni cambiamenti importanti a breve.

 La Russia è entrata per colpire Kharkov come rappresaglia per gli attacchi su Belgorod?

Sicuramente no.

E la Russia non colpirà Kharkov, nemmeno quando la città sarà a distanza di tiro dell’artiglieria. Non succederà.

 Kharkov è una città russa con abitanti russi. Sarebbe come prendere di mira se stessi.

La Russia prenderà di mira le installazioni militari a Kharkov e dintorni e la logistica a Kharkov e dintorni.

Così facendo, accelererà la decisione delle autorità naziste di abbandonare la città perché, a questo punto, sarà diventata un peso enorme.

Soprattutto considerando gli enormi tritacarne in preparazione nel Donbass.

 La Russia è entrata per proteggere il confine da ulteriori incursioni?

Sì, è uno dei motivi di questa incursione.

È l’unica ragione? No, non credo. Ma è un bell’effetto collaterale. Ci sono molti più luoghi al confine dove le provocazioni ucraine possono ancora avere luogo. E le armi a lungo raggio ucraine, purtroppo, continuano a colpire le installazioni civili a Belgorod.

 La Russia è entrata per logorare le forze ucraine?

Assolutamente sì.

Questa è una delle ragioni principali dell’incursione.

 Assicurarsi che l’Ucraina si sovra estenda su tutte le altre linee del fronte, visto che le sue riserve strategiche sono esaurite. Completamente esaurite.

Le brigate devono presidiare centinaia di chilometri di fronte e non vengono più rimandate nelle retrovie per essere ricostituite ma vengono ripristinate in modo frammentario con i coscritti.

Ciò significa che la densità delle brigate nelle sezioni di prima linea è ridotta, il che accelererà ulteriormente il collasso di queste sezioni avanzate.

Me l’ero già chiesto nel mio precedente articolo, “Chasov Yar “dovrà essere presa d’assalto o trasformata in un tritacarne, o la linea del fronte crollerà prima ancora a causa della mancanza di rinforzi?

Oppure “Kharkov” sarà sacrificata per cercare di difendere il Donbass un po’ più a lungo?

Non lo so. Vedremo.

 Non dimenticate che ci sono molte altre sezioni critiche del fronte oltre a “Kharkov” e “Chasov Yar”.

 E tutte hanno bisogno di uomini… Questa situazione finirà molto male, molto presto… Almeno per gli ucraini nella parte orientale del fiume Dnieper.

 

 La Russia è entrata per alleggerire altre linee del fronte?

Penso che se la Russia riuscirà ad avanzare, passo dopo passo, man mano che il crollo del nemico glielo consentirà a sud-est della città di “Kharkov”, sarà in grado di prendere sotto tiro le linee di rifornimento vitali degli ucraini.

Le linee di rifornimento dalla città di “Kharkov” alle postazioni del fronte orientale nella regione di Kharkov (Kupyansk, per esempio).

Ecco alcuni aspetti da discutere:

Come sempre, dobbiamo distinguere tra strategia, operazione e tattica.

 Le mosse strategiche hanno un impatto significativo sulla guerra nel suo complesso.

 Le mosse operative hanno un impatto significativo su un particolare teatro di guerra.

 La mossa stessa potrebbe avvenire nel teatro di guerra in cui si vuole ottenere l’effetto oppure potrebbe avvenire in un teatro di guerra remoto per provocare una reazione da qualche altra parte.

 Le mosse tattiche servono esclusivamente a cercare di migliorare una certa situazione in un particolare settore del fronte.

La Russia entrerebbe a Volchansk e Liptsy solo per il gusto di infastidire le truppe ucraine a Kharkov e dintorni (una mossa tattica)?

NO!

Se la Russia si fosse mossa per mettere sotto controllo di fuoco le vie di rifornimento di Kharkov, sarebbe una mossa operativa.

Questo non è ancora possibile, poiché la Russia si è spinta solo a est di Kharkov e le vie di rifornimento sono a ovest della città.

Ulteriori sviluppi riveleranno le intenzioni delle forze russe.

Per bloccare Kharkov, sarebbe necessaria un’incursione da un’altra angolazione, forse da qualche parte intorno alla città russa di confine di “Greyvoron” (segnata sulla mappa).

Inoltre,” Slatyne” dovrebbe essere liberata e [a questo punto] la logistica sul fronte orientale dell’Oblast di” Kharkov “diventerebbe insostenibile per l’Ucraina.

In questo caso, le forze ucraine stanziate in loco si troverebbero in una situazione disastrosa e dovrebbero essere ritirate.

Queste azioni tattiche e operative, se attuate correttamente, culminerebbero in un successo strategico, come la conquista della città di “Kharkov “senza un’azione diretta (costosa) che comporti combattimenti cittadini strada per strada.

 Questa è la situazione che si sta sviluppando intorno a Kharkov e mi aspetto che questa strategia complessiva includa ulteriori incursioni a ovest della città di Kharkov e a Sumy.

 In definitiva, questa strategia potrebbe includere un’azione a ovest di Kiev, anche se prevedo che la campagna di Kiev inizierà più tardi, quando le Forze Armate dell’Ucraina saranno quasi sconfitte.

Per Kiev si tratterebbe di una campagna simile a quella di Kharkov, con l’obiettivo di creare dei cunei a est e a ovest di Kiev, come era stato fatto nel 2022.

Ma torniamo alla strategia.

Come già detto, l’Ucraina ha perso quasi completamente le sue riserve strategiche. Può solo tappare i buchi nelle brigate esistenti con i coscritti.

Il piccolo numero di soldati addestrati dalla NATO che arriva occasionalmente è troppo esiguo per fare la differenza.

L’apertura di una nuova linea del fronte, che richiede una nuova infrastruttura logistica per le operazioni più importanti, può essere considerata una mossa strategica indipendentemente dalle sue dimensioni.

È una mossa strategica per finire un nemico già in difficoltà e questa è la condizione delle truppe ucraine a est del Dnieper.

Il che mi porta alla conclusione:

se una mossa, anche se piccola come l’attuale incursione russa a nord della città di Kharkov, ha una grande influenza sui principali teatri di guerra, allora è una mossa strategica.

In altre parole, la Russia ha fatto il primo passo di una catena strategica di eventi per sconfiggere completamente l’Ucraina e portarla ad una resa incondizionata.

Sfortunatamente, molti ucraini e russi moriranno ancora prima della conclusione dell’operazione.

È interessante chiedersi perché non ci fossero fortificazioni sul lato ucraino [davanti a Kharkov].

La questione è un po’ più complicata di quanto sembri.

C’è un approccio facile: la corruzione ucraina.

E sì, sono sicuro che la corruzione ucraina abbia avuto un ruolo.

Ma non può essere l’unica ragione.

 Un’organizzazione militare è grande e composta da molti ufficiali. Alcuni degli ufficiali ucraini combattono, almeno in parte, perché credono alla propaganda occidentale.

 Quindi, vogliono difendere sé stessi, i loro uomini e il loro Paese.

È impossibile che non ci sia un solo ufficiale tra i tanti che non si sia lamentato o non abbia riferito o fatto trapelare in qualche modo la mancanza di fortificazioni al confine.

 Dopo tutto, la mancanza di fortificazioni comporta un tasso di vittime significativamente più alto da parte ucraina e, potenzialmente, anche per questi stessi ufficiali, se le prime linee non riescono a trattenere il nemico.

Inoltre, c’è la NATO.

La maggior parte delle operazioni sono coordinate dalla NATO.

E un certo numero di personale della NATO si aggira per l’Ucraina e ispeziona le installazioni militari per verificarne la prontezza.

 Il personale americano è molto attivo nella supervisione dei propri investimenti.

Quindi, c’erano sia unità militari ucraine che forze speciali del GUR che compivano incursioni in territorio russo in questa direzione.

 Avrebbero dovuto attraversare queste “linee difensive” per raggiungere il confine russo.

“Budanov”, che è a capo del “GUR” e che ora sta attaccando “Syirsky”, avrebbe avuto informazioni molto precise sulla situazione.

 Il suo dipartimento aveva pianificato in dettaglio le operazioni in questa regione.

Tutto questo è una stronzata. E sì, anche corruzione. Una buona combinazione per gli ucraini.

Personalmente penso che la situazione fosse ben nota a Kiev e anche a Washington.

 Ma si è deciso di non concentrare risorse in questa direzione, perché era più importante tappare le falle su altri fronti.

Quindi, dopo aver valutato il rischio di un’invasione dal nord ed essere giunti alla conclusione che il rischio era basso, potrebbero aver deciso di non far nulla.

Quando è diventato chiaro che la Russia avrebbe potuto invadere, era ormai troppo tardi.

Non si possono costruire fortificazioni con il nemico alle porte.

Almeno non fortificazioni efficaci.

 E con quali risorse?

Per usare un eufemismo, le “risorse” ucraine stanno morendo ovunque più velocemente che mai.

 Per quanto ne so, gli ucraini stanno morendo in numero molto maggiore rispetto al passato.

Numeri di 1700 morti e feriti gravi al giorno non sono ormai niente di insolito.

E la Russia ha sfruttato questa situazione.

Per quanto ne so, la Russia ha invaso con un piccolo numero di truppe mobili, la maggior parte delle quali erano forze speciali altamente addestrate per superare i primi ostacoli.

 In seguito sono stati introdotti battaglioni regolari dell’esercito motorizzato, che sono continuati ad arrivare anche dopo l’apertura del confine.

Ad essere onesti, è estremamente difficile anticipare un attacco con una simile strategia.

 Tuttavia, sono sicuro che era un fatto noto a tutti coloro che avrebbero dovuto saperlo.

Persino io avevo scritto dell’imminente incursione qualche giorno prima che avvenisse.

 Anche molti altri lo avevano fatto.

Ecco del mio precedente articolo, due giorni prima che accadesse:

Credo che Budanov, Syirsky e Zelensky fossero a conoscenza dello stato delle “fortificazioni” e stiano sfruttando la situazione l’uno contro l’altro. E… anche i russi lo sapevano.

Voglio comunque lanciare un avvertimento importante.

 “Budanov” ha parlato pubblicamente della situazione disastrosa delle forze ucraine e della disponibilità di risorse umane.

È il capo dell’intelligence militare. Tutto ciò che dice ha uno scopo.

E no, la struttura di comando ucraina non si sta ancora sgretolando, quindi ognuno fa e dice quello che vuole.

“Budanov” ha uno scopo.

Anche se gli ucraini fossero vicini al collasso totale (cosa che potrebbe salvare molte vite), penso che saranno in grado di tenere il lato est del Dnieper per almeno uno o due mesi, se non di più.

Forse le lagnanze e le zuffe pubbliche tra Budanov, Syirsky e Zelensky sono dirette sopra tutto all’opinione pubblica europea e americana e ai loro politici per ottenere più armi, truppe sul terreno, l’approvazione a colpire le infrastrutture russe, ecc.

Dopo tutto, abbiamo visto “Anthony Blinken” arrivare immediatamente in Ucraina.

 Il bisticcio pubblico ha avuto un certo effetto.

“(Aleks)

(bmanalysis.substack.com)

(bmanalysis.substack.com/p/the-nonsurprise-i?utm_source=post-)

 

 

 

Xi Jinping rafforza l’asse

con Putin ma avverte: non

sfidare l’Occidente.

 Msn.com - Paolo Guzzanti -Il Riformista – (17-5-2024) – ci dice:

 

A sorpresa, la dichiarazione congiunta di Putin e Xi Jinping auspica che la guerra in Ucraina non evolva peggiorando.

 Il che in apparenza è bizzarro perché la Russia sta sfondando sul fronte ucraino e Putin è partito per Pechino lasciando Mosca tappezzata di manifesti e grandi led elettronici inneggianti alla vittoria.

 Ma per la logica interna della relazione, Xi Jinping non mostra entusiasmo per una vittoria del suo ospite perché teme il regolamento dei conti con gli Stati Uniti, i quali soltanto ora hanno capito in quale raffinato modo i cinesi abbiano permesso a Putin di vincere.

 Lo hanno fatto fornendo alla Russia non le armi, ma macchine che fabbricano macchine.

Sono chiamate macchine “duali” perché possono produrre due generi: armi per la guerra e utensili per la pace.

I rifornimenti.

La Russia, dunque, ha avuto dalla Cina molto più che armi e munizioni da impiegare in battaglia, come l’Ucraina dagli americani prima che sospendessero i rifornimenti a causa delle posizioni repubblicane.

La Cina ha fornito ai russi la tecnologia con cui si fabbricano armi intelligenti sfornate ad un ritmo mai visto neanche ai tempi della guerra fredda.

Non per questo Xi Jinping è stato entusiasta della vittoria di Putin in Ucraina e per segnalarlo ha vietato di registrare sulle carte geografiche cinesi l’annessione russa della Crimea, che per Pechino seguita ad essere ucraina con grande disappunto dell’ospite Putin.

Oggi Xi Jinping è molto preoccupato per gli effetti che la sua collaborazione al successo russo già sta provocando negli Stati Uniti, che chiudono bruscamente al mercato cinese proprio perché alla Casa Bianca hanno capito che se l’esercito di Mosca sta vincendo in Ucraina dopo due anni di sconfitte e sostanziale paralisi è soltanto per un motivo:

la Cina compera da tre anni enormi quantità di petrolio russo che paga in tecnologia raffinata, autoveicoli elettrici anche pesanti, terre rare per microchip e queste nuovissime macchine che sanno costruire altre macchine e che cioè possono essere usate per progettare e produrre sia lavastoviglie che carri armati, missili o spremi limoni, ma più che altro vere strategie produttive.

 

La mostra pubblica delle armi della NATO.

Prima di partire per Pechino, Putin ha fatto allestire davanti al Museo della Vittoria una mostra pubblica delle tanto temute armi della NATO catturate in Ucraina, come i formidabili ma inservibili carri armati M1 Abrams americani e il tedesco Leopard, mostrando all’opinione pubblica che la Russia è sempre più forte e armata con tecnologia molto più sofisticata di quella degli eserciti occidentali.

 Grazie a una concessione di “Xi Jinping” – che solo da pochi mesi è venuta alla luce – le nuove e vincenti armi sono state costruite direttamente dai russi nelle officine che utilizzano macchine duali cinesi, accoppiati con i più sofisticati computer che sanno calcolare e organizzare la guerra.

Ma i cinesi, come sottolinea l’Economist, non sono affatto felici di un’eventuale vittoria russa perché sanno che una sconfitta clamorosa dell’Occidente esporrebbe in maniera crescente alle rappresaglie economiche americane e inglesi, ma specialmente americane visto che il mercato degli Stati Uniti copre più del 70% dell’export cinese.

 Il gigantesco Xi e il minuto Vladimir hanno però voluto ribadire un principio che allarma Stati Uniti ed Europa:

quello secondo cui i due Paesi sono legati da un patto d’amicizia “illimitato”.

Un aggettivo estraneo al linguaggio diplomatico.

Che cosa significhi è il rovello delle capitali occidentali perché l’architrave ideologico di una tale alleanza è il comune nemico americano con i suoi alleati.

Secondo la dottrina cinese il nemico occidentale non deve essere distrutto con la guerra, ma tenuto a bada con la minaccia della guerra.

L’esercito cinese.

Questo è il motivo per cui la Cina si è dotata di esercito, aeronautica e una marina di grandi dimensioni (ma priva di esperienza di combattimento) di pura rappresentanza militare.

Cina e Russia sono state per decenni sul punto di farsi guerra lungo il fiume Ussuri.

E di quella inimicizia approfittò il presidente americano Richard Nixon che riuscì ad allearsi con Mao Zedong contro l’Unione Sovietica.

 Oggi tutto ciò è sepolto nella memoria.

La visita di Putin dimostra il ribaltamento di quell’antica inimicizia: le due potenze sono “illimitatamente amiche” perché unite dal comune nemico, ma non necessariamente alleate.

Il loro è un matrimonio di convenienza perché la Cina non ha alcuna intenzione di combattere contro gli Stati Uniti che hanno già avviato una politica di sanzioni al sistema bancario cinese.

Come definire dunque il cuore dell’alleanza fra Mosca e Pechino?

 Xi Jinping usa l’espressione “bainian bianju” che vuol dire:

“il futuro che noi vogliamo”.

E vorrebbe che Putin adottasse la sua idea di futuro, senza essere trascinato in uno scontro diretto con l’Occidente.

 

 

 

Il complotto ebraico

per schiavizzare l'umanità.

  Unz.com - PIERRE SIMON – “14 MAGGIO 2024) – ci dice:

 

Con una bugia si può andare molto lontano, ma non si può tornare indietro.

(Proverbio ebraico)

Alle radici dell'ebraismo politico.

Gli ebrei globalisti e i loro vassalli hanno la brutta abitudine di infangare i loro oppositori con accuse di "teorici della cospirazione", sottintendendo con questo insulto che le cospirazioni esistono solo nella fertile immaginazione dei loro critici, che sono comunemente ritratti come un branco di pazzi bugiardi.

 Tuttavia, secondo il professore di antropologia biologica dell'”Università di Harvard”, “Richard Wrangham” , ci dice:

“L'innovazione vitale che ha dato origine a un nuovo tipo di sistema politico è la trama.

La capacità di complottare [cospirare] piuttosto che la capacità di fabbricare armi è ciò che bilancia le forze tra i classici maschi alfa e la coalizione dei deboli.

La capacità di tracciare è un esempio di ciò che lo psicologo “Michael Tomasello” ha definito "intenzionalità condivisa", un tipo di collaborazione in cui i partecipanti hanno stati psicologici in comune.

Questa capacità è stata recentemente ritenuta dallo psicologo Michael Tomasello unica per la specie umana.

Gli esseri umani eccellono nell'intenzionalità condivisa, che è già presente nei bambini di appena un anno, mentre gli scimpanzé non ne mostrano quasi alcun segno.

Secondo Tomasello, lo sviluppo tipicamente umano dell'intenzionalità condivisa spiega perché gli esseri umani possono fare molte cose speciali, dall'uso della matematica alla costruzione di grattacieli, dal suonare una sinfonia alla formazione di governi.”

Se, come crede “Richard Wrangham”, la selezione contro l'aggressività reattiva in persone impulsive che hanno difficoltà con la frustrazione ha effettivamente portato all'auto-addomesticamento degli esseri umani, il globalismo e la sua propaggine sionismo sarebbero in questo senso un tentativo di addomesticare l'umanità un passo avanti nella schiavitù.

 Questo tentativo è reso possibile solo dall'intenzionalità condivisa dei principali belligeranti. È una cospirazione nel senso più puro del termine. Uno dei più importanti cospiratori del globalismo, il vassallo ebreo “David Rockefeller”, non fa mistero del fatto:

Alcune persone pensano addirittura che noi [la famiglia Rockefeller] siamo parte di una “Cabala segreta” che lavora contro i migliori interessi degli Stati Uniti, che siamo internazionalisti che cospirano con altri in tutto il mondo per costruire una struttura politica ed economica globale più integrata, un unico mondo, se volete. Se questa è l'accusa, ne sono colpevole e orgoglioso.

Questo complotto ebraico contro l'umanità è confermato anche in un libro di “Joseph W. Bendersky” intitolato” The Jewish Threat”.

Politica antisemita nell'esercito degli Stati Uniti.

"In parole povere", scrive “Ron Unz”, caporedattore ebreo e proprietario di uno dei siti web di informazione più affidabili d'America, “The Unz Review”, "i capi militari statunitensi in quei decenni credevano ampiamente che il mondo si trovasse di fronte a una minaccia diretta da parte dell'ebraismo organizzato, che aveva preso il controllo della Russia e allo stesso modo cercava di sovvertire e ottenere il controllo sull'America e sul resto della civiltà occidentale".

 

Gli esseri umani sono fatti così, per portare a termine un progetto, hanno bisogno di un piano generale, di una strategia, di un metodo, e per evitare di allertare i loro avversari, devono necessariamente pianificare in segreto, cioè complottare. L'intenzionalità condivisa è infatti uno dei nostri istinti.

 Che si tratti di una squadra sportiva, di un esercito, di un partito politico o dell'idra globalista, senza un piano di gioco o un playbook, fallirai.

Se si vuole, in altre parole, sterminare 6 milioni di ebrei nelle camere a gas, c'è bisogno di un piano, non avverrà per telepatia o per "un incredibile incontro di menti, un consenso, una lettura della mente da parte di una burocrazia lontana", come dice il più prestigioso specialista dell'Olocausto “Raul Hilberg” in quella che è considerata la bibbia dell'Olocausto: La distruzione degli ebrei europei.

 

Cos'altro poteva dire!

Contrariamente alle affermazioni ebraiche, come dimostrato in modo conclusivo in entrambi i processi Zundel e in un numero enorme di libri e articoli contraddittori, non ci sono documenti, non c'è ordine firmato da Hitler o da chiunque altro, non ci sono piani per la costruzione di camere a gas, non ci sono immagini di una camera a gas omicida, non ci sono tracce di gas nelle presunte camere a gas presentate al pubblico, non ci sono fatture per le centinaia di tonnellate di carbone necessarie per incenerire milioni di corpi, niente fosse comuni, niente ceneri da nessuna parte, solo testimonianze e finzioni hollywoodiane che non provano nulla.

 Dichiarazioni circolari come la seguente sono ciò che i fanatici dell'Olocausto come “Deborah Lipstadt” considerano una prova sufficiente:

Non c'è bisogno di chiedersi come, tecnicamente, sia stato possibile un tale omicidio di massa.

Era tecnicamente possibile perché ha avuto luogo.

Questo è il punto di partenza obbligato di ogni indagine storica su questo argomento.

Era nostro dovere ricordarvi semplicemente questa verità: non c'è, né ci può essere, alcun dibattito sull'esistenza delle camere a gas.

Ma attenzione, signora “Lipstadt”, con l'avvento dell'intelligenza artificiale, questo tipo di prove "schiaccianti" potrebbero non essere più sufficienti.

Ad esempio, se poni a” infoChatbot” le seguenti domande, come ha fatto l'intellettuale cattolico” Dr. E. Michael Jones”, ottieni le seguenti risposte:

Quanti ebrei sono morti ad Auschwitz?

Il chatbot ha risposto: "Si stima che almeno 1,1 milioni di persone siano morte ad Auschwitz, la maggior parte delle quali erano ebrei.

Gli ebrei uccisi ad Auschwitz furono cremati?

Sì, i corpi degli assassinati ad Auschwitz furono cremati.

Quanti forni crematori c'erano ad Auschwitz?

Ad Auschwitz c'erano un totale di quattro crematori.

Quanto tempo impiega un crematorio a cremare un corpo?

Di solito ci vogliono tra le due e le tre ore per cremare un corpo in un crematorio.

È possibile cremare 1,1 milioni di corpi usando solo quattro forni crematori in quattro anni?"

No.

Quanti anni ci vorrebbero?"

Ci vorrebbero più di 78 anni per cremare 1,1 milioni di corpi utilizzando solo quattro forni crematori.

 

Lasciamo che sia la signora “Lipstadt” a lavorare attraverso il pantano dell'”infoChatbot” mentre torniamo al nostro argomento:

Il complotto ebraico per schiavizzare l'umanità.

Quindi, qual è il piano generale che viene utilizzato dai Globo-Sionisti Ebrei per raggiungere il loro obiettivo di dominio egemonico?

 Ce ne sono diversi, come vedremo più avanti, ma uno è più importante degli altri.

Torah.

Il Pentateuco o la Bibbia ebraica chiamata Torah, che è composta dai cinque libri, Genesi, Esilio, Levitico, Numeri e Deuteronomio, non è il piano principale in quanto tale, ma è posto al primo posto perché contiene un tema ricorrente nell'ebraismo politico:

 il mondo appartiene agli ebrei e tutti i non ebrei sul pianeta sono alla mercé e al capriccio degli interessi ebraici.

Il seguente passaggio del capitolo 7 del Deuteronomio è a dir poco agghiacciante:

Poiché voi siete un popolo consacrato all'Eterno, vostro dio; Egli vi ha scelti da tutte le nazioni sulla faccia della terra per essere un popolo che gli appartiene in modo particolare.

Tu consumerai tutte le nazioni che l'Eterno, tuo Dio, ti consegnerà.

Sconfiggili completamente fino a quando non saranno annientati.

Egli ti darà in mano i loro re, perché tu faccia perire i loro nomi di sotto i cieli.

Nessuno potrà opporsi a te finché non li avrai eliminati.

La Torah, in altre parole, è il fondamento su cui sono costruite tutte le seguenti espressioni dell'ebraismo politico.

"La sua ideologia centrale si riassume in “Yahweh,” il dio nazionale degli israeliti, che, attraverso il “patto mosaico”, promise al suo popolo il dominio sulle nazioni a condizione che fossero separate", osserva lo storico e saggista francese “Laurent Guyénot” nel suo libro “Il nostro Dio è anche il tuo Dio”, ma ci ha scelti.

La Torah è quindi uno dei modelli che la razza ebraica usa per schiavizzare l'umanità.

Il manuale della “Open Society” di “George Soros”, nato “Schwartz”, per esempio, è infatti derivato dalla Torah, più precisamente da Deuteronomio 20-10 e 20-11:

 

Quando vi avvicinate a una città per combatterla, proclamatele un'offerta di pace. E se accetteranno la tua offerta di pace e ti apriranno, allora tutte le persone che si troveranno in essa saranno poste sotto tributo a te e ti serviranno.

Come ha osservato il dottore in filosofia “Lucien Cerise”:

La fraseologia dell'apertura è infatti progettata per disarmare le comunità umane facendole sentire in colpa per essere chiuse.

Nel 2007, il governo tedesco e il Consiglio d'Europa hanno lanciato un progetto chiamato “Giorni di tolleranza nelle città interculturali dell'Ucraina”, progettato per aprire le menti degli ucraini e prepararli ad accogliere gli immigrati non europei.

 Aprire le porte e far aprire le porte sono principi di ingegneria sociale, distruggere un sistema non perforando le sue difese, ma facendole aprire, con il suo consenso e abusando della sua fiducia dopo aver usurpato l'identità della vittima o del salvatore.

 

Talmud.

Questa raccolta di commenti continuamente aggiornati è la legge ebraica comune, il codice giuridico-religioso, che funge da forza unificante e punto di raccolta spirituale del popolo ebraico.

Il Talmud ha dato vita all'ebreo universalmente adattabile, fornendogli "una struttura invisibile per il governo dell'uomo", dice lo storico ebreo “Max Dimont”.

La filosofia di questo libro è il fondamento primario dell'ebraismo politico odierno e la guida virtuale per l'obiettivo ebraico di un impero globale.

In poche parole, il Talmud può essere visto come "una strategia evolutiva di gruppo usata dagli ebrei nella loro competizione per il dominio sociale, politico e culturale con i non ebrei", osserva lo psicologo evoluzionista “Dr. Kevin MacDonald” nel suo libro di riferimento, “The Culture of Critique”. Un'analisi evolutiva del coinvolgimento ebraico nei movimenti intellettuali e politici del XX secolo.

 

Nella sua opera, Sionismo e apartheid” (1975), lo scrittore russo “Valery Skurlatov” afferma che "sia l'ebraismo che il sionismo hanno la stessa base di classe socio-economica – e quindi uno scopo comune – il dominio del mondo.

L'ebraismo contiene in forma codificata la strategia, universale nelle società classiste, del "popolo eletto".

Solo i 'loro' sono iniziati a questa strategia segreta".

Fu il rabbino spagnolo “Moses ben Maimon” (1135-1204), oggi ricordato come “Maimonide” e come” Ramban” che, nel 12esimo secolo,

contribuì a istituzionalizzare il Talmud come forza trainante del pensiero ebraico mondiale.

 Nessuno studioso serio del “Nuovo Ordine Mondiale “può contestare il fatto che ciò che il Talmud e altri scritti fondamentali hanno proposto è precisamente il concetto che viene portato in essere oggi come conseguenza del potere ebraico globale nelle mani dell'”Impero Rothschild”.

Mentre l'”Impero Rothschild” inizialmente si oppose alla creazione di uno stato ebraico, una volta riconosciuto il beneficio di uno stato ebraico strategicamente posizionato in Palestina come base per macchinazioni globali, divennero i più grandi sostenitori del sionismo.

 In quanto tale, “Edmond Rothschild” è salutato come "il Padre di Israele" e onorato sulla valuta israeliana oggi.

 

La Cabala di Isaac Luria.

Secondo un concetto della “Cabala di Isaac Luria” chiamato “tikkun olam “o "riparazione del mondo" in ebraico, la creazione dell'”Albero della Vita”, il simbolo cabalistico dell'universo, fu un incidente che produsse un grande disordine che solo il popolo ebraico ha il potere di riparare affrettando la venuta del suo Messia in Terra Santa attraverso la cooperazione sociale e azioni politiche e militari.

Nei 16esimo secolo, questa credenza religiosa, che ha avuto origine nel 13esimo secolo, entrò a far parte dell'ortodossia ebraica.

Così, da quel momento, un certo numero di élite ebraiche hanno lavorato instancabilmente dalla mattina alla sera, direttamente o indirettamente, con l'aiuto dei loro vassalli non ebrei, per la realizzazione di questa utopia messianica nata dalla fertile immaginazione di un pugno di mistici ebrei come Moses Nahmanide, Abraham Abulafia, Solomon Molcho, David Reubeni, Isaac Luria, Sabbataï Tsevi, e Jacob Frank.

L'oligarca ebreo Jacques Attali, la poliedrica eminenza grigia di diversi presidenti francesi, più volte condannato per plagio è un ardente seguace della “Cabala Lurianica” e del “Tikkun Olam”:

Perché il mondo dovrebbe essere riparato?

 Dio è lì per questo, se il mondo ha bisogno di essere riparato, è perché Dio ha deciso di non farlo più, quindi questo apre prospettive vertiginose e bisogna aver letto e capito qualcosa in “Luria” almeno per poter riflettere su questo argomento, quindi si riferisce alla responsabilità della condizione umana, e in prima linea nella responsabilità umana, alla responsabilità ebraica.

Siamo soli, e Auschwitz ce lo ha confermato, per tutti coloro che non hanno voluto sentirlo, la riparazione del mondo siamo noi e nessun altro.

 Penso che questa missione si riferisca fondamentalmente all'aspettativa ebraica che "siamo qui per riparare il mondo"

 

Anche il miliardario ebreo e guerrafondaio “Bernard-Henri Lévy” (BHL) giura su “tikkun olam”:

Non dovrai più salvare il mondo. Non importa ricominciare.

Ma solo per ripararlo, come si riparano i vasi rotti.

 La parola "riparare" è molto bella. E' modesto. E' saggio.

Ma è anche vertiginoso.

Era di “Isaac Luria”, naturalmente.

E anche il promotore ebreo dei vaccini “Peter Hotez è convinto di fare la sua parte per riparare il mondo.

Nel suo saggio “Science Tikkun”:

Repairing the World through the Science of Neglected Diseases, Science Diplomacy, and Public Engagement, Hotez sostiene, come notato da Karl Hamaers, autore di Covert Covid Culprits. An Inquest Chronicle, che

 

uno dei modi in cui il mondo è rotto è nel sistema immunitario umano, e che uno dei modi in cui gli ebrei risolveranno questo problema a beneficio del resto di noi gentili è attraverso i vaccini.

Ma non fatevi ingannare dalle apparenze.

Con il pretesto di sante intenzioni, scrive “Karl Haemer”s, "il signor Hofez fa parte di una vasta cabala decisa a proteggere l'industria farmaceutica e l'infrastruttura sanitaria pubblica globale dal controllo".

 Per quanto riguarda” Bernard-Henri Lévy”, che ha sempre affermato pubblicamente che la sua lotta fa parte di un approccio universalista ai diritti umani, ha ammesso in un discorso tenuto durante un convegno ebraico che, come "rappresentante della tribù di Israele", si era impegnato per il rovesciamento di Gheddafi "sotto la bandiera" della sua "lealtà al sionismo e a Israele".

 E aggiungendo che era "come ebreo" che aveva "preso parte a questa avventura politica".

 Sempre in anticipo sui tempi, il modo di Jacques Attali di riparare il mondo è quello di promuovere l'universalismo e la mescolanza razziale planetaria per tutti tranne che per gli ebrei.

 Quando ebrei come Hofez, BHL e Attali "riparano il mondo", lo stanno riparando per meglio adattarsi a loro stessi e alla loro agenda ebraica.

 

La Cabala di “Sabbateï Tsevi”.

Ma se il” tikkun olam” di J. Attali, BHL e Hofez sembra piuttosto positivo e innocente in superficie, poiché si tratta semplicemente di incollare metaforicamente i pezzi rotti del vaso dell'universo, c'è anche un lato oscuro della Cabala, quello del cabalista ebreo Sabbataï Tsevi (1626-1676) l'enfant terrible della Cabala.

Nella sua versione delle cose, invece di riparare i vasi rotti incollandoli di nuovo insieme, si devono distruggere i vasi che sono giudicati difettosi dalle parti coinvolte.

Questo è il principio della redenzione attraverso il peccato predicato dal caduto in disgrazia “Weinstein” che crede di poter salvare l'umanità a modo suo assumendosi il peso della violenza sessuale.

Secondo fonti vicine al famoso produttore caduto (ora riscattato dal colpo di bacchetta magica), si è infatti rassegnato ad essere punito come martire per il cambiamento sociale.

Weinstein potrebbe essere visto come un discepolo di “Sabbataï Tsevi” che si dichiarò “il Messia nel 1666", scherza il filosofo ebreo e musicista jazz” Gilad Atzmon”, "e la transizione da peccatore a tutto tondo a nuova figura messianica è stata certamente rapida per il predatore sessuale seriale Weinstein.

 Ma questo non dovrebbe sorprenderci.

Il fatto che Weinstein si consideri un martire del cambiamento sociale è perfettamente in linea con il “tikkun olam”, l'errata convinzione ebraica che spetti agli ebrei aggiustare il mondo".

 

La dottrina sabbataista è stata predicata anche dal cantante ebreo canadese “Leonard Cohen” (1934-2016) nel suo ultimo album uscito nell'ottobre 2016.

Nell'omonima canzone di quel disco, “You Want It Darker”, Cohen dichiara la sua fede nella dottrina di “Sabbataï Tsevi”, un “maniaco-depressivo” che pensava di essere il “Messia degli ebrei.

Durante una delle sue fasi maniacali, “Tsevi “proclamò l'abolizione dei comandamenti di Dio e la sua fede in Satana, "colui che permette ciò che è proibito".

Nella sua mente malata, il peccato diventa virtù e il normale diventa anormale. Quella che all'inizio era solo una grave patologia mentale è diventata il “dogma centrale del globalismo e della sua derivazione, il sionismo”:

per fare il bene, per purificarsi dall'impuro, bisogna prima fare il male.

 

La Cabala di Jacob Frank.

 

L'antinomismo sabbataista sarebbe stato poi ripreso dal discepolo di Tsevi, Jacob Frank (1726-1791), che dichiarò che la fine dei tempi e la distruzione di tutte le leggi non saranno complete fino a quando la depravazione non si sarà diffusa nell'intera società:

 "Non sono venuto per elevare, sono venuto per distruggere e far crollare tutte le cose fino a quando tutto non sarà inghiottito così in profondità da non poter sprofondare più in basso...

Non c'è ascensione senza prima scendere".

 

C'è un aspetto nichilista familiare nella concezione “sabbato-francista” delle cose che non si può non riconoscere nella società occidentale di oggi, dove cose come le desacralizzazioni blasfeme alla “Charlie Hebdo”, la pedofilia, la zoofilia, il transgenderismo, l'omosessualità, l'adulterio, il femminismo, l'aborto su richiesta e la pornografia sono incoraggiate, persino esaltate.

 In questa politica di tabula rasa, tutti i valori e le religioni tradizionali vengono annientati, aprendo la strada all'ateismo e alle tendenze laiche e anticlericali incarnate dalla “Massoneria”, dal “liberalismo” e dal “giacobinismo” [comunismo].

Questo è ciò che Leonard Cohen dichiara metaforicamente nel verso della sua canzone che ripete come un mantra: "You want it darker we kill the flame".

Così, per ricostruire meglio sulle rovine dell'impuro, bisogna distruggere i” kellipot”, quelle cortecce impure dell'”Albero della Vita” che si frappongono alla redenzione dell'umanità:

i confini territoriali, le nazioni, il patriottismo, l'identità, l'ordine, la legge, la famiglia, il matrimonio, il patriarcato, il sesso biologico, la diversità etnica e razziale che la natura ha creato, la morale e la religione, Il governo, la proprietà e i diritti di eredità, il protezionismo economico, sociale e culturale, tutto, assolutamente tutto.

Una strategia di nascita nel dolore e nel caos che si tradurrà essenzialmente nella resurrezione del mondo ebraico non solo sulle rovine dell'ordine fondato sui principi della civiltà cristiana, come ha giustamente sostenuto “Mons. Henri Delassus”, in un'epoca in cui il cristianesimo era dominante, ma sulle rovine di tutte le razze, religioni e civiltà non ebraiche.

Sono queste idee della Torah, del Talmud e della Cabala che animano il “partito Likud”, l'esercito Tsahal, così come i media ebraici, gli accademici, le banche, i finanzieri, le corporazioni e le decine di migliaia di sinagoghe, associazioni ebraiche, fondazioni e think tank sparsi come una ragnatela in tutto il mondo.

Queste idee sono i modelli o i protocolli che la razza ebraica segue per imporre la sua volontà sul mondo e per schiavizzare l'umanità.

Come ha affermato l'amatissimo rabbino sefardita di Israele, “Ovadia Yosef”, scomparso nel 2013:

I goyim [non ebrei] sono nati solo per servirci. Senza questo, non hanno posto nel mondo, ma solo per servire il popolo di Israele.

In Israele, la morte non ha alcun dominio su di loro... Con i Gentili, sarà come qualsiasi persona: hanno bisogno di morire, ma [Dio] darà loro la longevità. Perché?

 Immaginate che il proprio asino muoia, che perda i suoi soldi.

Questo è il suo servo... Ecco perché ha una lunga vita, per lavorare bene per questo ebreo.

Perché c'è bisogno dei Gentili? Lavoreranno, arano, mieteranno. Ci siederemo come un effendi e mangeremo... Questo è il motivo per cui furono creati i Gentili.

(— Sermone settimanale del sabato sera nell'ottobre 2010).

Queste non sono solo parole vuote.

Questo grande saggio ebreo sta semplicemente seguendo un passaggio della Bibbia ebraica che si trova nel libro di Isaia (61:5-6).

Fino alla sua morte, avvenuta nel 2013, “Ovadia Yosef”, che per trent'anni è stato un'autorità religiosa molto rispettata e ascoltata dai leader israeliani, tra cui il primo ministro israeliano “Benjamin Netanyahu”, è stata l'incarnazione per eccellenza delle idee che prevalgono oggi in Israele e nella diaspora ebraica.

Quando Yosef morì nel 2003, 800.000 israeliani parteciparono al suo funerale, il più grande nella storia di Israele.

Nel suo numero del 7 ottobre 2013, il “Times of Israel “ha definito Yosef un "gigante del pensiero ebraico".

 

Per ricapitolare:

 il globalismo e la sua derivazione, il sionismo, è fondamentalmente un progetto mistico-politico multiforme il cui scopo dichiarato è la redenzione dell'umanità, ma il cui scopo segreto è la schiavitù dell'umanità.

 Il vero obiettivo dei “Globo-Sionisti” è una "utopia ebraica" in cui tutte le ricchezze del mondo saranno detenute dagli ebrei e tutte le nazioni della terra saranno sottomesse a loro e al loro "Dio".

 In altre parole, il globalismo e il suo sionismo non riguardano solo uno stato ebraico, ma un ordine mondiale basato sull'ebraismo. Come dice l'eminente scrittore ebreo” Israel Shamir”:

La Palestina non è l'obiettivo finale degli ebrei, lo è il mondo.

 La Palestina è il posto giusto per il quartier generale degli stati mondiali.

Gli ebrei intendono fare di Gerusalemme la capitale suprema del mondo, e il suo tempio ricostruito il punto focale della terra [...].

Dovremmo preoccuparci del carattere egemonico, rivoluzionario, persino tirannico e genocida del globalismo e del suo sionismo derivato?

Guardare "l'esercito più morale del mondo", dell'"unica democrazia in Medio Oriente", torturare, stuprare e sterminare sfacciatamente i bambini, le donne e gli anziani palestinesi di Gaza, senza un briciolo di rimorso umano, di fronte all'intero pianeta, e con il consenso dei governi occidentali controllati dagli ebrei, è giunto il momento di porsi alcune domande serie.

La prego, signor” Bernard-Henry Levy,” ci rassicuri su questo argomento, si scopre che la sua tribù, quando viene catturata dalla sua cattiva volontà di potere, "può diventare un grande assassino, tra i più grandi conosciuti nella storia moderna".

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