Per la conquista vogliono uccidere l’umanità.
Per la
conquista vogliono uccidere l’umanità.
TRE
FLAGELLI, LE NUOVE SFIDE.
Unachiesaapiuvoci.it – Redazione – (23-02-2024) –
Notizie – ci dice:
(Newsletter
n.330)
Cari
Amici,
a Roma
si svolge in questi giorni il “Congresso del Movimento Nonviolento gandhiano di
Mao Valpiana”, ed è una cosa straordinaria che la Nonviolenza sia ancora così
viva nella coscienza di tanti, quando proprio la Violenza in questo nostro
tempo è stata intronizzata come nuova regina del mondo:
una
violenza che domina sovrana, e in quanto “sovrana” non riconosce alcuno sopra
di sé, come accade oggi prima di tutto a
Gaza e in Palestina, la terra del buon Samaritano, e al Consiglio di Sicurezza
dell’ONU, dove
la maggiore Potenza mondiale vota contro il “cessate il fuoco”, ed anche in Ucraina dove a
combattere sono la seconda Potenza mondiale e un disgraziato Paese dove “i capi
dei sacerdoti e i governanti” offrono il popolo in sacrificio, e dove è
proibito per legge il negoziato col Nemico, e nel mar Rosso dove basterebbe che
la vita delle vittime stesse a cuore ai
potenti come la libertà delle merci, e in cento altre guerre che nemmeno sono
nominate e sembrano non interessare nessuno, mentre sono altrettante fasi della
guerra civile mondiale che è in corso.
Ma
anche a Napoli c’è l’incontro promosso da “Il coraggio della pace”, e anche a
Piombino c’è una manifestazione per la pace con le donne in nero, e a l’Aquila
si lotta contro l’estradizione del giovane palestinese “Yanan Yaeesh” di cui
Israele pretende la consegna da parte dell’Italia perché accusato di connivenza
con la resistenza palestinese;
e c’è
la giornata del “Tavolo della pace” di Viterbo e le iniziative del Centro per
la pace di “Peppe Sini” per la liberazione di “Leonard Peltier”, il nativo
americano da 48 anni in carcere per la difesa da lui fatta di tutti i viventi,
e ancora la fiaccolata e il presidio della “Rete pace” di Rimini, e le
iniziative di Empoli, come la grande manifestazione contro le morti sul lavoro
di Firenze, e tante altre.
Sono
tutte espressioni della volontà popolare, le quali dimostrano che, se la guerra è sovrana, la pace non è
sconfitta, e anzi di sicuro vincerà.
Alla
“Rete pace” di Rimini, che ci ha chiesto un saluto, e con essa a tutti gli
altri, abbiamo scritto così:
«Caro Popolo della Pace, e manifestanti per la
pace, voi sapete bene quali sono le vie della pace - nonviolenza, disarmo;
vogliamo
però dirvi quali sono le tre cose nuove che si devono assolutamente capire e su
cui bisogna aprire gli occhi del mondo.
La
prima cosa è che la vittoria, perseguita come conclusione della guerra, oggi
non è più possibile e non c’è più.
Una
volta questo era l’obiettivo normale e più rapido delle guerre, fin dai tempi
di Cesare: Venni, vidi, vinsi, e lui conquistò il Ponto.
Ma oggi dov’è la vittoria?
Per
Israele consisterebbe nell’uccidere l’ultimo palestinese assimilato ad “Hamas”,
ma dopo averne uccisi già 30.000 e scacciato tutta la popolazione di Gaza, ci
sarebbero sempre nuovi palestinesi contro Israele che non vogliono essere
annientati come popolo.
«E che
significherebbe la vittoria per l’Ucraina?
Significherebbe
sconfiggere la Russia, ma l’Ucraina stessa sarebbe distrutta, una intera
generazione sarebbe perduta, un dittatore narcisista resterebbe al potere, e
l’Ucraina avrebbe accanto una belva ferita di 150 milioni di abitanti che
metterebbe a soqquadro il mondo.
E
quale sarebbe il prezzo della vittoria degli Stati Uniti sulla Cina per il
primato nel mondo, se non la terza guerra mondiale?
«La
seconda cosa nuova è che se anche c’è una guerra mondiale a pezzi, come dice il
Papa, ogni guerra è una guerra civile.
Infatti
ormai tutti noi, di ogni Paese del mondo, siamo inclusi in un unico
ordinamento, dominati da un’unica finanza, soggiogati dagli stessi poteri, e la
guerra che si fa dentro un unico ordinamento è una guerra civile.
E “la
guerra civile - come ha scritto il giurista tedesco sopravvissuto al nazismo “Carl
Schmitt” - ha qualcosa di particolarmente crudele;
essa è guerra civile perché è condotta
all'interno di una comune unità politica comprendente anche l'avversario e
nell'ambito del medesimo ordinamento giuridico...
Perciò
il dubbio sul proprio diritto è considerato tradimento, l'interesse per
l'argomentazione dell'avversario, slealtà;
il tentativo di una discussione diviene intesa
col nemico.
Ciò avvelena la lotta.
La
porta a durezza estrema, facendo degli strumenti e dei metodi della giustizia
gli strumenti e i metodi dell'annientamento”.
Dunque
ogni guerra non è una guerra contro gli altri, è una guerra contro sé stessi.
«La
terza cosa nuova è che prima la guerra era legittima, e a fare eccezione erano
i “crimini di guerra”, mentre “sia in tempo di pace che in tempo di guerra” il
genocidio era considerato un “crimine contro l’umanità condannato da tutto il
mondo civile”.
Oggi
la guerra stessa è un crimine ed ogni guerra è un genocidio, perché diretta non
a qualche conquista, ma allo sterminio di popoli interi;
tuttavia la guerra è oggi di nuovo rivendicata
ed esaltata tra gli altri “valori”, ed il genocidio è perpetrato, e perfino
incoraggiato nell’attuale mondo civile».
Ci
sono dunque tre nuovi flagelli, tre sfide.
Si
dice che il rimedio sarebbe fare appello alla ragione e al diritto.
E
infatti non ci sarebbe la guerra se ci fosse la ragione, perché essa, come dice
la “Pacem in terris”, è “fuori della ragione”.
Ma è proprio con la ragione che oggi il
genocidio viene convalidato, quando la
ragione lo giudica “proporzionato”, in base a una macabra contabilità tra
offesa e difesa.
E il
razionalismo, staccato dallo spirito che rende umano l’umano, è quella “sorta
di deserto di sabbia” in cui, secondo il teologo tedesco autore dell’“Idea di
Europa”,” Erich Przyvara”, è caduta, a
partire dal XVII secolo di Kant e di Cartesio, la cultura europea.
Per
combattere contro questi flagelli, bisogna fare appello dunque non solo a un
astrattismo ingannevole, razionale o normativo, ma a tutte le risorse della
politica e dell’umano.
A
questo siamo chiamati e all’azione conseguente, immersa nella storia che
viviamo.
Torna
la Leva Obbligatoria?
Conoscenzealconfine.it
– (15 Maggio 2024) - Alessandro Cipolla – ci dice:
Tornare
alla leva obbligatoria (di 6 mesi): ecco la legge voluta da Salvini.
Matteo
Salvini ha annunciato che la Lega sta per presentare in Parlamento un progetto
di legge per reintrodurre la leva obbligatoria per tutti in Italia che sarà di
6 mesi.
Matteo
Salvini e la leva obbligatoria… ci risiamo. Negli ultimi anni – molti dei quali
passati al governo – il ministro ogni tanto è tornato sull’argomento del
servizio militare rimpiangendo i vecchi tempi della naja per tutti gli uomini.
Questa
volta però Salvini sembrerebbe volere fare sul serio, tanto da annunciare
durante un’adunata degli Alpini a Vicenza che la Lega presto presenterà in
Parlamento un progetto di legge per una sorta di ritorno della leva
obbligatoria.
In
Italia la leva obbligatoria è stata abolita a partire dal primo gennaio 2005:
prima di allora ogni ragazzo al compimento dei 18 anni riceveva la famosa
cartolina; adesso invece avviene tutto per base volontaria sia per gli uomini
sia per le donne.
Alla
base del testo della Lega però non ci sarebbe una necessità di rinfoltire le
fila dell’Esercito – magari in virtù dei venti di guerra che spirano in Europa
– ma un
fine quasi educativo visto che Salvini ha parlato di un “grande progetto di
educazione civica “.
L’idea
sarebbe quella di una leva universale:
6 mesi obbligatori per ragazzi e ragazze, ma
non si tratterebbe di imbracciare le armi visto che i giovani passerebbero
questo tempo a servizio della comunità.
Questo
progetto però non sembrerebbe piacere a tutti all’interno del governo, con
Guido Crosetto che ha criticato duramente la mossa di Matteo Salvini:
il
ministro della Difesa si vocifera poi che non abbia gradito particolarmente la
decisione della Lega di candidare alle elezioni europee il generale Roberto
Vannacci.
La
Nuova Leva Obbligatoria in Italia.
Con la
guerra in Ucraina che rischia di allargarsi al resto dell’Europa, diversi Paesi
del Vecchio Continente di recente hanno deciso di rivedere i propri meccanismi
relativi al servizio militare, il tutto per aumentare le fila dei rispettivi eserciti.
In
Italia il ministro Guido Crosetto ha espresso la necessità di creare un corpo
di 10.000 riservisti da utilizzare in caso di necessità, mentre il titolare del
dicastero della Difesa nelle scorse ore si è scagliato contro la proposta fatta
da Matteo Salvini su questa sorta di nuova leva obbligatoria.
“Le
forze armate non possono essere pensate come un luogo per educare i giovani,
cosa che deve essere fatta dalla famiglia e dalla scuola – ha spiegato
Crosetto.
Le
forze armate servono per fare professionisti, che difendono le istituzioni e la
pace. Il
servizio civile universale non è una cosa che riguarda le forze armate “.
Nel
dettaglio la proposta di legge della Lega sulla leva obbligatoria si dovrebbe
snodare su base regionale, diventando obbligatoria per ragazzi e ragazze e
dalla durata di sei mesi.
“È una
grande forma di educazione civica – ha aggiunto Salvini – con persone che si
possono dedicare al salvataggio, alla protezione civile, al pronto soccorso,
alla protezione dei boschi da svolgere vicino a casa “.
Ci
sarà la possibilità di essere esonerati da questa leva universale?
I
ragazzi verranno pagati? Ci sono le coperture economiche per un progetto del
genere?
Tutte
domande al momento senza risposta, ma ne sapremo di più quando la Lega
presenterà in Parlamento il testo annunciato dal suo segretario.
Il
sentore è che Salvini più che riportare in qualche modo in auge la leva
obbligatoria voglia soltanto guadagnare qualche voto in più in vista delle
elezioni europee, continuando così a cavalcare quell’onda inaugurata con la
candidatura del generale Vannacci.
(Alessandro
Cipolla)
(money.it/torna-leva-obbligatoria-6-mesi-progetto-legge-salvini)
Metteremo
fine al genere umano
o
l’umanità saprà rinunciare alla guerra?
Il
Manifesto Einstein-Russell.
Pasqualepugliese.wordpress.com
– (17-4-2022) – Pasquale Pugliese – ci dice:
Quando
qualche giorno fa (lunedì 11 aprile) sono stato invitato a parlare di disarmo
nucleare a TV2000, la televisione della CEI, durante il programma Siamo Noi ed
ho citato il Manifesto Einstein-Russell – non potevo immaginare che oggi 17
aprile – domenica di Pasqua – papa Francesco avrebbe…
(Pasquale Pugliese - aprile 17, 2022)
Quando
qualche giorno fa (lunedì 11 aprile) sono stato invitato a parlare di disarmo
nucleare a TV2000, la televisione della CEI, durante il programma “Siamo Noi “ed
ho citato il “Manifesto Einstein-Russell” – non potevo immaginare che oggi 17
aprile – domenica di Pasqua – papa Francesco avrebbe citato lo stesso Manifesto
durante il Messaggio Urbi et Orbi in Piazza San Pietro.
Ancora una volta segno della grande sintonia
tra la lungimiranza di Bergoglio e l’impegno pacifista universale di tutti i
tempi, laico e religioso.
Il
Manifesto Einstein-Russell, reso noto nel luglio 1955, chiedeva ai governi del
mondo il disarmo atomico e la ricerca di “mezzi pacifici per la soluzione di
tutti i loro motivi di contesa”.
È frutto dell’impegno comune del filosofo inglese “Bertrand
Russel” e del fisico tedesco “Albert Einstein” nel quale, qualche mese prima,
il primo scriveva al secondo
«penso che eminenti uomini di scienza dovrebbero fare
qualcosa di spettacolare per aprire gli occhi ai governi sui disastri che
possono verificarsi», in un fitto carteggio che, infine, diede vita al Manifesto,
firmato da eminenti scienziati ed intellettuali del tempo, tra i quali anche i
premi Nobel Max Born e Linus Pauling.
È un manifesto di grande attualità, nel quale
Einstein e Russell pongono il tema cruciale per la loro come per la nostra
generazione:
“Dobbiamo imparare a pensare in modo
nuovo. Dobbiamo imparare a domandarci non già quali misure adottare affinché il
gruppo che preferiamo possa conseguire una vittoria militare, poiché tali
misure ormai non sono più contemplabili; la domanda che dobbiamo porci è:
Quali
misure occorre adottare per impedire un conflitto armato il cui esito sarebbe
catastrofico per tutti?”
Di seguito la versione integrale del
Manifesto.
Nella
tragica situazione che l’umanità si trova ad affrontare, riteniamo che gli
scienziati debbano riunirsi per valutare i pericoli sorti come conseguenza
dello sviluppo delle armi di distruzione di massa e per discutere una
risoluzione nello spirito del documento che segue.
Non parliamo, in questa occasione, come
appartenenti a questa o a quella nazione, continente o credo, bensì come esseri
umani, membri del genere umano, la cui stessa sopravvivenza è ora in pericolo.
Il
mondo è pieno di conflitti, e su tutti i conflitti domina la titanica lotta tra
comunismo e anticomunismo.
Chiunque
sia dotato di una coscienza politica avrà maturato una posizione a riguardo.
Tuttavia
noi vi chiediamo, se vi riesce, di mettere da parte le vostre opinioni e di
ragionare semplicemente in quanto membri di una specie biologica la cui
evoluzione è stata sorprendente e la cui scomparsa nessuno di noi può
desiderare. Tenteremo di non utilizzare parole che facciano appello soltanto a
una categoria di persone e non ad altre.
Gli
uomini sono tutti in pericolo, e solo se tale pericolo viene compreso vi è
speranza che, tutti insieme, lo si possa scongiurare.
Dobbiamo
imparare a pensare in modo nuovo.
Dobbiamo
imparare a domandarci non già quali misure adottare affinché il gruppo che
preferiamo possa conseguire una vittoria militare, poiché tali misure ormai non
sono più contemplabili;
la domanda che dobbiamo porci è:
“Quali misure occorre adottare per impedire un
conflitto armato il cui esito sarebbe catastrofico per tutti?”
La
gente comune, così come molti uomini al potere, ancora non ha ben compreso
quali potrebbero essere le conseguenze di una guerra combattuta con armi
nucleari.
Si
ragiona ancora in termini di città distrutte.
Si sa, per esempio, che le nuove bombe sono
più potenti delle precedenti e che se una bomba atomica è riuscita a
distruggere Hiroshima, una bomba all’idrogeno potrebbe distruggere grandi città
come Londra, New York e Mosca.
È fuor
di dubbio che in una guerra con bombe all’idrogeno verrebbero distrutte grandi
città.
Ma questa non sarebbe che una delle tante
catastrofi che ci troveremmo a fronteggiare, e nemmeno la peggiore.
Se le
popolazioni di Londra, New York e Mosca venissero sterminate, nel giro di
alcuni secoli il mondo potrebbe comunque riuscire a riprendersi dal colpo.
Tuttavia
ora sappiamo, soprattutto dopo l’esperimento di Bikini, che le bombe atomiche
possono portare gradatamente alla distruzione di zone molto più vaste di quanto
si fosse creduto.
Fonti
autorevoli hanno dichiarato che oggi è possibile costruire una bomba 2500 volte
più potente di quella che distrusse Hiroshima.
Se fatta esplodere a terra o in mare, tale bomba
disperde nell’atmosfera particelle radioattive che poi ridiscendono
gradualmente sulla superficie sotto forma di pioggia o pulviscolo letale.
È stato questo pulviscolo a contaminare i
pescatori giapponesi e il loro pescato. Nessuno sa con esattezza quanto si
possono diffondere le particelle radioattive, ma tutti gli esperti sono
concordi nell’affermare che una guerra con bombe all’idrogeno avrebbe un’alta
probabilità di portare alla distruzione della razza umana.
Si
teme che l’impiego di molte bombe all’idrogeno possa portare alla morte
universale – morte che sarebbe immediata solo per una minoranza, mentre alla
maggior parte degli uomini toccherebbe una lenta agonia dovuta a malattie e
disfacimento.
In più occasioni eminenti uomini di scienza ed
esperti di strategia militare hanno lanciato l’allarme.
Nessuno di loro afferma che il peggio avverrà
per certo
. Ciò
che dicono è che il peggio può accadere e che nessuno può escluderlo.
Non ci risulta, per ora, che le opinioni degli
esperti in questo campo dipendano in alcuna misura dal loro orientamento
politico e dai loro preconcetti.
Dipendono,
a quanto emerso dalle nostre ricerche, dalla misura delle loro competenze.
E abbiamo riscontrato che i più esperti sono
anche i più pessimisti.
Questo
dunque è il problema che vi poniamo, un problema grave, terrificante, da cui
non si può sfuggire: metteremo fine al genere umano, o l’umanità saprà
rinunciare alla guerra?
È una
scelta con la quale la gente non vuole confrontarsi, poiché abolire la guerra è
oltremodo difficile.
Abolire
la guerra richiede sgradite limitazioni alla sovranità nazionale.
Ma
forse ciò che maggiormente ci impedisce di comprendere pienamente la situazione
è che la parola “umanità” suona vaga e astratta.
Gli individui faticano a immaginare che a essere in
pericolo sono loro stessi, i loro figli e nipoti e non solo una generica
umanità.
Faticano a comprendere che per essi stessi e
per i loro cari esiste il pericolo immediato di una mortale agonia.
E così
credono che le guerre potranno continuare a esserci, a patto che vengano
vietate le armi moderne.
Ma non
è che un’illusione.
Gli
accordi conclusi in tempo di pace di non utilizzare bombe all’idrogeno non
verrebbero più considerati vincolanti in tempo di guerra.
Con lo
scoppio di un conflitto armato entrambe le parti si metterebbero a fabbricare
bombe all’idrogeno, poiché se una parte costruisse bombe e l’altra no, la parte
che ha fabbricato le bombe risulterebbe inevitabilmente vittoriosa.
Tuttavia,
anche se un accordo alla rinuncia all’armamento nucleare nel quadro di una
generale riduzione degli armamenti non costituirebbe la soluzione definitiva
del problema, avrebbe nondimeno una sua utilità.
In
primo luogo, ogni accordo tra Oriente e Occidente è comunque positivo poiché
contribuisce a diminuire la tensione internazionale.
In secondo luogo, l’abolizione delle armi
termonucleari, nel momento in cui ciascuna parte fosse convinta della buona
fede dell’altra, diminuirebbe il timore di un attacco improvviso come quello di
Pearl Harbour, timore che al momento genera in entrambe le parti uno stato di
agitazione.
Dunque un tale accordo andrebbe accolto con
sollievo, quanto meno come un primo passo.
La
maggior parte di noi non è neutrale, ma in quanto esseri umani dobbiamo tenere
ben presente che affinché i contrasti tra Oriente e Occidente si risolvano in
modo da dare una qualche soddisfazione a tutte le parti in causa, comunisti e
anticomunisti, asiatici, europei e americani, bianchi e neri, tali contrasti
non devono essere risolti mediante una guerra.
È questo che vorremmo far capire, tanto
all’Oriente quanto all’Occidente.
Ci
attende, se lo vogliamo, un futuro di continuo progresso in termini di
felicità, conoscenza e saggezza.
Vogliamo
invece scegliere la morte solo perché non siamo capaci di dimenticare le nostre
contese?
Ci
appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra
umanità, e dimenticate il resto.
Se ci
riuscirete, si aprirà la strada verso un nuovo Paradiso; altrimenti, vi
troverete davanti al rischio di un’estinzione totale.
Invitiamo
questo congresso, e per suo tramite gli scienziati di tutto il mondo e la gente
comune, a sottoscrivere la seguente mozione:
In
considerazione del fatto che in una futura guerra mondiale verrebbero
certamente impiegate armi nucleari e che tali armi sono una minaccia alla
sopravvivenza del genere umano, ci appelliamo con forza a tutti i governi del
mondo affinché prendano atto e riconoscano pubblicamente che i loro obbiettivi
non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e di conseguenza li
invitiamo a trovare mezzi pacifici per la risoluzione di tutte le loro
controversie.
(Albert
Einstein, Bertrand Russell, Max Born (Premio Nobel per la fisica), Percy W.
Bridgman (Premio Nobel per la fisica), Leopold Infeld (Professore di fisica
teorica),
Frédéric
Joliot-Curie (Premio Nobel per la chimica), Herman J. Muller (Premio Nobel per
la fisiologia e medicina), Linus Pauling (Premio Nobel per la chimica),
Cecil
F. Powell (Premio Nobel per la fisica), Józef Rotblat (Professore di fisica),
Hideki
Yukawa -Premio Nobel per la fisica).
Israele,
Youval Noah Harari a Sky TG24:
"Dobbiamo
vincere questa guerra di anime".
Tg24.sky.it
- Renato Coen - Youval Noah Harari – (20 ott. 2023) – ci dicono:
Le
ragioni dietro all'attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre, il dolore di due
popoli, il ruolo di Netanyahu: questi i temi affrontati con lo scrittore,
storico e saggista israeliano.
“Vincere
questa guerra di anime non significa solo disarmare Hamas. Significa anche
preservare l’umanità di Israele".
Lo ha
detto a Sky TG24 lo scrittore, storico e saggista “Yuval Noah Harari”, nel
corso di una lunga intervista in onda, in versione ridotta, questa sera alle
19.15 all’interno di 'Mondo', mentre nella versione integrale alle 21.00 di
sabato e alle 15.00 di domenica.
Signor
Harari, in un articolo sul Times lei parla di “guerra di anime” in corso con
Hamas, cosa vuole dire?
Voglio
dire, Hamas non sta cercando di conquistare un territorio.
È ovvio a tutti, compreso Hamas, che non hanno
la capacità militare di conquistare un villaggio israeliano e tenerlo.
Non
hanno nemmeno cercato di attaccare le capacità militari di Israele.
Non
hanno il potere di farlo.
Quello
che hanno fatto è stato attaccare soprattutto villaggi civili e massacrare
intere popolazioni, non solo uccidendo civili, ma torturando e giustiziando le
persone nei modi più raccapriccianti che potessero immaginare e assicurandosi
anche che tutto questo venisse pubblicizzato e raggiungesse un vasto pubblico
in Israele e fuori.
Ora
abbiamo sempre più storie di orrore inenarrabile che provengono da quei
villaggi.
Questo
è stato un comportamento intenzionale perché non volevano solo uccidere i
civili.
Volevano seminare l'odio e la violenza nelle
menti e nelle anime di milioni di persone per assicurarsi che non ci sarà mai
la pace.
Questo
è l'obiettivo di Hamas.
La
base geopolitica immediata di questo attacco è che Israele era sul punto di
firmare lo storico trattato di pace con l'Arabia Saudita, che avrebbe dovuto
normalizzare le relazioni tra Israele e la maggior parte del mondo arabo per
alleviare le sofferenze di milioni di palestinesi nei territori palestinesi
occupati e per riavviare, si spera, il processo di pace.
Questo
ha spaventato Hamas.
Quindi
Hamas ha lanciato di nuovo questo attacco, non solo per fermare l'immediato
trattato di pace, ma per assicurarsi che non ci sia mai pace, seminando questi
semi di odio nell'anima di milioni di persone.
C'è un altro livello in questa guerra di
anime, perché se ci si chiede: come può Hamas fare tutto questo?
Come
possono gli esseri umani fare tutto questo
? Che
cosa vogliono, in realtà?
E come mai non si preoccupano nemmeno delle
sofferenze del loro stesso popolo? Ok, non gliene importa nulla degli
israeliani.
Non si
preoccupano degli israeliani.
Ma per
loro era chiaro che questo avrebbe scatenato una guerra terribile in cui
avrebbero sofferto anche milioni di palestinesi.
E a
loro non sembra interessare la sofferenza dei palestinesi, perché si tratta di
persone fissate su un altro mondo.
Hanno
credenze religiose fanatiche che affermano che ciò che conta davvero è solo
l'aldilà.
Secondo
loro, se un palestinese viene ucciso da Israele, è un martire e va
immediatamente in paradiso.
Nella visione del mondo di Hamas questo è un bene, ed
è per questo che sono disposti a bruciare l'intera regione.
Sono disposti a bruciare questo mondo affinché
le loro anime possano godere di pace e beatitudine eterne in un altro mondo.
Dobbiamo
vincere questa guerra di anime, che non significa solo disarmare Hamas.
Significa
anche preservare l'umanità di Israele.
Perché,
sapete, quando si assiste a tali orrori, si perde la fiducia nell'umanità,
quindi si perde la propria umanità.
Questa
è una battaglia che noi israeliani non possiamo perdere, altrimenti perdiamo la
nostra umanità e scendiamo al livello barbarico di Hamas.
Qual è il punto?
Diventiamo
come loro anche nel bel mezzo di questa terribile guerra.
Dobbiamo
ricordare che la maggior parte dei palestinesi non è Hamas, che la maggior
parte di loro sono civili innocenti e che dobbiamo tenere conto dei loro
diritti umani fondamentali e offrire loro un futuro al di là degli orrori della
guerra.
Da
sabato 7 si è iniziato a dibattere sulle sacrosante ragioni storiche dei
palestinesi e su quelle degli israeliani, crede sia giusto di fronte a un
massacro simile fatto da Hamas che metteva le bombe anche durante il processo
di pace degli anni '90?
Chiunque
incolpi Israele per questo attacco, beh, io da anni critico il regime di
Netanyahu per molte delle sue politiche.
Anche per aver bloccato il processo di pace
con i palestinesi.
C'è
molto da criticare al riguardo.
Ma
chiunque incolpi Israele per questo attacco non solo approva il terribile
terrorismo, ma approva anche le persone che hanno fatto di tutto per
distruggere ogni possibilità di pace per anni e anni.
È
stato Hamas a far deragliare, in larga misura, il processo di pace di Oslo.
Questo
attacco non aveva lo scopo di riavviare il processo di pace.
Era
destinato ad assicurare che non ci sarà mai la pace.
Gli israeliani in questo momento hanno la
mente così piena di dolore che non possono simpatizzare con i palestinesi.
Nella loro mente non c'è spazio per nulla se
non per il loro dolore.
Provate a parlare con loro del dolore di
chiunque altro e lo sentono adesso come un tradimento, idem per i palestinesi.
Sono
anch’essi così pieni di dolore che non mi aspetto che simpatizzino con il
dolore degli altri.
Ma per
gli stranieri, per gli italiani, se voi stessi venite da Israele, dalla
Palestina o avete parenti lì, allora anche questo si capisce, ma se non ci si
immerge in questo mare di dolore non si capisce.
Non
siate intellettualmente pigri. Non essere emotivamente pigri. Non vedere solo
una parte della realtà.
Cercate
di apprezzare la complessità della situazione e di pensare in modo costruttivo
a come poter raggiungere un giorno un luogo di pace che scompare lentamente.
Lei
nei suoi libri ci ha spiegato che l'uomo si distingue dagli altri animali per
il suo potere di astrazione e di immaginazione. Non le sembra a volte proprio
ciò che manca a tutti quando si tratta di Medio Oriente?
Non in
tutti.
Voglio dire, alcune persone sono capaci e
alcune di loro raccontano le storie più orribili che ho sentito su ciò che è
accaduto, si tratta di persone che sono rimaste impegnate per la pace
nonostante tutti gli orrori degli ultimi anni.
Come i
miei zii, che vivono in una di queste comunità nel Kibbutz Buri. Quindi conosco molte storie da
loro.
Un
membro del kibbutz, Vivian Silver, ha 74 anni.
È
un'anziana signora che ha vissuto per anni sotto una minaccia costante, sotto
gli attacchi di Hamas, i colpi di mortaio, il lancio di razzi sul suo kibbutz.
Non ha
mai perso la fiducia nella pace.
È diventata un'attivista per la pace. Per anni ha accompagnato i malati di
Gaza, civili palestinesi di Gaza, a farsi curare negli ospedali israeliani.
È scomparsa dopo l'attacco al kibbutz. Il suo corpo
non è stato trovato. Speriamo che sia in ostaggio a Gaza.
C’è
un'altra storia che ho sentito, la storia della famiglia che vive in un altro
luogo, la gente la sta ancora aspettando a Gaza.
Per 4
anni, sotto l'attacco di Hamas, sono rimasti impegnati per la pace.
Ogni
anno organizzavano un festival di aquiloni con persone che fanno volare
aquiloni vicino alla barriera con Gaza con messaggi di pace, per mostrare ai
cittadini di Gaza che ci sono israeliani che non vogliono far volare aerei da
guerra, ma aquiloni.
Il festival di quest'anno avrebbe dovuto
svolgersi il 7 ottobre.
La mattina di quel giorno, i terroristi di
Hamas hanno circondato il kibbutz e ucciso l'intera famiglia.
E al momento, di nuovo, la mente è così piena
di dolore che è quasi impossibile sperare in una svolta futura.
Ma,
sapete, in Israele, ora paragoniamo costantemente tutto questo a ciò che è
accaduto durante l'Olocausto, dopo tutto ciò che è accaduto durante
l'Olocausto, israeliani e tedeschi, tedeschi ed ebrei sono ora amici.
Quindi,
se questo è possibile, so che, ancora una volta, per israeliani e palestinesi
al momento è impossibile pensarci.
Ma per
una prospettiva storica più ampia, il tempo guarisce le ferite se le persone
danno la possibilità di fare guarire il loro popolo.
So che una delle cose terribili della storia è
che le persone usano le ferite del passato per infliggere le ferite del
presente.
Invece di cercare di guarire la ferita, la
usano come scusa per infliggere altre ferite.
Se si
segue questa strada, per secoli sarà solo una gara di sofferenza.
Ma a
volte le persone possono scegliere diversamente.
E
spero che alla fine le persone facciano la scelta giusta anche nella mia
regione.
Cosa
di ciò che sta avvenendo è un già visto anche se in una scala maggiore e cosa
invece è totalmente nuovo?
Beh,
sapete, ci sono state cinque, quattro o cinque guerre di Gaza negli ultimi 15
anni circa.
E
c'era la sensazione che Israele e Hamas avessero scoperto questa nuova,
cosiddetta coesistenza violenta.
Hamas
non riconosce lo Stato di Israele, non è interessato alla pace, non offre
alcuna possibilità di pace.
Ma per anni, sapete, quasi ogni settimana c'è
qualche attacco.
Ogni
anno o due, c'è una grande operazione militare, ma la gente se ne va.
E ora la portata dell'attacco, la portata
delle atrocità e degli orrori è tale che, come sapete, ci sono decine di
migliaia di profughi in Israele, persone costrette a fuggire dalle regioni di
confine con Gaza.
Non
possono tornare indietro.
E
hanno detto anche al governo, molto rapidamente, che è finita.
O
Israele o Hamas.
Non
possiamo tornare a vivere in queste comunità intorno alla Striscia di Gaza
finché Hamas sarà al potere a Gaza.
Quindi, qualsiasi cosa ci sia stata nei 15
anni passati, deve cambiare.
E di
nuovo, alla fine, ci sono sempre delle scelte.
15
anni fa, Israele si è ritirato completamente dalla Striscia di Gaza, ha rimosso
tutti i soldati israeliani dalla Striscia di Gaza, ha rimosso tutti gli
insediamenti israeliani dalla Striscia di Gaza, è tornato al confine
internazionale.
Si
dice che Israele abbia mantenuto l'assedio a Gaza.
C'è
stato un blocco parziale. È vero.
Ma
Gaza ha un confine con l'Egitto.
Non è
completamente circondata da Israele e i palestinesi avevano la possibilità di
scegliere cosa fare con questa situazione perché gli era stato dato loro il
pieno controllo di Gaza e avrebbero potuto scegliere di riprovarci.
Molto
difficile a causa del blocco parziale israeliano, ma avrebbero potuto comunque
cercare di investire nello sviluppo economico, nello sviluppo sociale,
nell'istruzione.
Se lo
avessero fatto, ci sarebbe stata un'immensa pressione su Israele, sia
dall'esterno che dall'opinione pubblica israeliana, per rimuovere il blocco
parziale. Queste persone stanno solo cercando di costruire la loro patria o la
loro vita. Perché ostacolarlo?
Hamas
ha preso il controllo di Gaza e l'ha usata come base per ripetuti attacchi.
E ora
l'obiettivo immediato della guerra è disarmare Hamas.
Ma la
domanda principale è: cosa succederà ora?
La
comunità internazionale deve assicurarsi che i civili palestinesi di Gaza siano
sovrani.
Hanno
un futuro che possono provare a costruire, non solo una vita lì, ma una vita
significativa e dignitosa per loro stessi.
E questo non può farlo Israele.
Spero
di vedere più attori internazionali intervenire per garantire che il vuoto
lasciato quando Hamas sarà sconfitto e disarmato non si riempia di disperazione
e cose ancora più brutte di Hamas.
Se si
vuole capire e spiegare il conflitto bisogna comprenderne la complessità. Lei
sul Washington post ha parlato delle colpe del populismo, che ha un approccio
esattamente contrario alla complessità. Quanto è responsabile il populismo di
ciò che sta accadendo?
Molto
è su due livelli, sia sulla scena interna di Israele che su quella
internazionale. Quando guardo alla scena interna di Israele la domanda più
grande che la gente si pone è: cosa è successo allo Stato?
Dove
era lo stato di Israele quando Hamas ha preso il controllo di queste comunità e
le ha massacrate?
La
risposta è che lo Stato di Israele si è perso in azione a causa di quattro anni
di populismo.
Siamo
stati governati per quasi 14 anni da un uomo forte e populista, Benjamin
Netanyahu, che ha costruito la sua carriera politica sulla divisione della
nazione israeliana contro se stessa, sull'aumento dell'odio tra gli israeliani, sull'attacco alle istituzioni
statali che potevano limitare il suo potere, sull'attacco alle élite di
servizio del Paese nelle forze di sicurezza, nel servizio governativo, in altre
istituzioni, attaccandole come profondi traditori dello Stato e diffondendo
teorie cospirative su di loro.
Al
punto che la stessa parola élite è diventata come un insulto, che se vuoi
essere in prima linea nel servire il tuo Paese nell'esercito o nel sistema
giudiziario o in qualsiasi altro luogo, questo ti rende una persona cattiva
perché sei un'élite.
E ora
ne stiamo pagando il prezzo.
Dopo
14 anni di divisione della nazione, di distruzione delle istituzioni statali,
di distruzione dell'élite del Paese.
Questo è il motivo per cui Israele manca di azione. E
questo può accadere a qualsiasi Paese, a qualsiasi democrazia che scelga la
strada del populismo.
Su un altro piano, quello internazionale,
dieci anni fa, quando ho scritto “Sapiens”, il mondo aveva molti problemi, ma
avevamo un ordine liberale globale basato su valori universali.
Il
messaggio fondamentale dell'ordine liberale era che tutti gli esseri umani
appartengono alla stessa specie.
Abbiamo tutti condiviso le stesse esperienze
di base. Proviamo dolore. Amiamo i nostri genitori. Amiamo i nostri figli.
Questo
vale per israeliani, palestinesi, italiani, iraniani, tutti.
E sulla base di queste esperienze condivise,
ci sono una serie di valori e interessi universali che tutti gli esseri umani
dovrebbero collaborare a proteggere.
Poi c'è stata questa ondata di populismo, non solo in
Paesi come la Russia, ma anche negli Stati Uniti e nell'Unione Europea.
I
populisti che attaccano i valori e le idee liberali distruggendo dall'interno
l'ordine globale contro l'idea stessa di cooperazione globale, sono diventati
sinonimo di tradimento.
Si
dovrebbe avere a cuore solo il proprio Paese.
E il
risultato è stato che l'ordine è crollato.
Non
hanno offerto nulla per sostituirlo.
Se
avessero attaccato l'ordine liberale e avessero detto: "Va bene, ma noi
abbiamo un'idea per un ordine diverso".
Questi
sono i valori universali in cui crediamo. Queste sono le istituzioni globali
che sosteniamo. Ok, parliamone.
Ma hanno distrutto l'ordine senza offrire
nulla per sostituirlo.
E quando si distrugge l'ordine si ottiene
disordine, caos, violenza.
E se
non ripristiniamo un ordine globale, le scene che vediamo ora in Israele e a
Gaza, purtroppo, le vedremo in un numero sempre maggiore di luoghi nel mondo.
Visto
che lei è riuscito a mettere ordine e a dare un senso alla storia passata
dell’uomo sapiens, ad interpretare quella presente e a dare una prospettiva per
il futuro, riuscirebbe a fare lo stesso per il conflitto israelo-palestinese?
Sì, ho
cercato di dare qualche spunto in questi ultimi minuti.
Devo sottolineare che, soprattutto in questo momento,
posso presentare solo la parte israeliana.
Non ho
la conoscenza e, in questo momento, non ho la capacità emotiva o l'autorità
morale per parlare di come stanno le cose dal lato palestinese.
Invito
chiunque abbia guardato questa intervista a guardare anche altre interviste con
persone che possano presentare la parte palestinese, auspicabilmente da una
posizione compassionevole e non solo da persone il cui intento è quello di
diffondere ulteriormente l'odio e la violenza.
È una
situazione molto complessa.
Ancora
una volta, il mio messaggio di base per le persone che non provengono da questa
regione, che non hanno famiglia in questa regione, che vivono a Napoli o a
Milano o a Roma e che guardano questa intervista in televisione, per loro è
semplicemente un'altra notizia proveniente dall’estero.
Non
siate intellettualmente pigri. Non siate emotivamente pigri. Non limitatevi a
scegliere una parte e a costruire una storia semplicistica come quella che
avete qui.
Bene
contro male.
Il 100% del bene è da una parte. Il 100% del
male è dall'altra parte.
Tutto
qui.
No,
voglio dire, se non avete il tempo di approfondire, almeno siate consapevoli
che la realtà è molto, molto complessa.
Si
tratta di un conflitto che dura da più di 100 anni.
C'è
un'immensa sofferenza da entrambe le parti. Non prendete la via d'uscita più
facile.
Professor
Harari, come vede il futuro d’Israele?
Dipende
dalle decisioni che prenderemo nei prossimi giorni.
Israele deve prendere alcune delle decisioni
più importanti della sua storia. Non si tratta solo di come sconfiggere Hamas.
Si
tratta anche di come preservare la nostra umanità.
Si
tratta anche di come preservare qualche possibilità di pace con i palestinesi.
Si
tratta anche di come ricostruire il nostro Paese in democrazia, di liberarsi
delle idee populiste e delle fantasie messianiche che hanno eroso la società
israeliana negli ultimi anni per tornare agli ideali fondanti del Paese, la
democrazia in patria e la pace all'estero.
E su
questa base costruire un Paese migliore.
A GAZA
È GENOCIDIO? CHE COS’È
UN
CRIMINE CONTRO L’UMANITÀ?
LE
PAROLE PER CAPIRE IL CONFLITTO
It.gariwo.net
– Marcello Flores - Joshua Evangelista – (12-1-2024)
Intervista
allo storico Marcello Flores, tra i principali esperti di genocide studies.
Giovedì
11 gennaio, presso la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Uniti all'Aja,
sono iniziate le udienze sul caso presentato dal Sudafrica, secondo il quale la
guerra nella Striscia di Gaza costituirebbe un atto di genocidio contro il
popolo palestinese.
Si tratta in un processo complesso, dall'alto
significato politico: mai la Corte internazionale di giustizia, fino ad oggi,
ha condannato per genocidio nessuno stato.
A
prescindere da come si pronuncerà la Corte - probabilmente ci vorranno molti
anni -, si può dire che a Gaza è in corso un atto genocidario?
Se no, come si può definire quello che sta
accadendo?
Dopo l'attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre
e della successiva guerra condotta da Israele, nei media e sui social network è
aumentato in maniera esponenziale l'utilizzo dei termini "genocidio",
"crimini di guerra", "crimini contro l'umanità",
"pogrom".
Abbiamo
chiesto al professore Marcello Flores, uno dei maggiori esperti italiani di
Genocide Studies, il suo punto di vista su ciascuno di questi termini e sulla
applicazione al contesto mediorientale.
Marcello
Flores, facciamo chiarezza sulle parole.
Che
cos'è il genocidio?
Per la
Convenzione sul genocidio che è stata promulgata il 9 dicembre 1948, genocidio
è la distruzione parziale o completa di un gruppo etnico, religioso o
nazionale.
Nel
caso in cui, però, c'è l'intenzione da parte di chi commette quella violenza di
distruggere il gruppo in quanto tale.
Che
cosa significa questo? Cosa cambia rispetto agli altri crimini?
Significa
che non si tratta di una violenza, sia pure terribile, dovuta a motivazioni
quali possono essere una guerra, una volontà di conquista, una sopraffazione di
potere.
Deve
essere il risultato di una volontà di far scomparire dall'umanità un preciso
gruppo etnico, religioso o nazionale.
Evidentemente, i carnefici che stanno
compiendo quella violenza ritengono che quel gruppo non possa e non debba avere
il diritto di vivere.
L'attacco
del 7 ottobre di Hamas può essere considerato una pratica genocidaria?
Quando
i giuristi affronteranno questa questione lo faranno con estrema difficoltà e
insieme delicatezza, come in genere è accaduto in tutti i vari momenti in cui
la giustizia internazionale ha dovuto decidere se qualche episodio di violenza
fosse o meno un genocidio.
Personalmente non ritengo che possa essere
considerata un'opera di genocidio, ma un crimine contro l'umanità, perché è la
volontà di compiere un massacro indiscriminato che colpisce coloro che si
incontrano, andandoli a cercare nei kibbutz e nel rave – che presumibilmente i
massacratori sapevano che si stesse svolgendo in quel momento.
È stato fatto con una programmazione
sicuramente generale, ma senza la volontà di compiere qualche cosa che andasse,
oltre a un massacro violento, dimostrativo, fatto per colpire improvvisamente e
probabilmente anche per suscitare una reazione.
La
risposta di Israele a Gaza può essere considerata genocidaria? Che cosa
possiamo dire della denuncia del Sudafrica alla Corte internazionale di
giustizia dell’Aia?
La
denuncia del Sudafrica credo che rappresenti la volontà di portare al più
presto possibile il governo di Israele di fronte alla giustizia internazionale.
L'accusa di genocidio è l'accusa più grave,
quindi è quella che in qualche modo smuove più rapidamente la possibilità di un
giudizio, sia pure di tipo iniziale.
Ricordiamo,
per esempio, che dopo l'operazione Piombo Fuso perpetuata una quindicina d'anni
fa dall'esercito israeliano a Gaza, una commissione delle Nazioni Unite aveva
individuato sia le azioni dell'esercito israeliano sia quelle di Hamas come
crimini contro l'umanità.
Ma non
era intervenuta la Corte internazionale di giustizia.
Io credo che la reazione - sicuramente
sproporzionata in termini di diritto internazionale - che l'esercito israeliano
ha fatto e sta facendo a Gaza, non possa essere considerata genocidio, ma possa
essere sicuramente considerata un crimine di guerra o un crimine contro
l'umanità.
Perché
l'attacco e il coinvolgimento di civili sono assolutamente evidenti da tutte le
documentazioni che abbiamo, anche se dovremmo analizzare meglio le informazioni
che ricaviamo in modo generico dai media.
Escluderei
però che si possa parlare di genocidio, se non da un punto di vista
propagandistico che secondo me serve a poco.
A
proposito di chiarezza sull’uso dei termini, che differenza c’è tra un crimine
di guerra e un crimine contro l’umanità?
I
crimini di guerra sono elencati nelle convenzioni di Ginevra.
Se si va a vedere lo statuto della Corte
penale Internazionale, ci sono decine di atti che possono essere considerati
crimini di guerra.
Ad
esempio il bombardamento e la distruzione di ospedali, di scuole, di edifici
religiosi, di culto o di edifici culturali, così come il coinvolgimento di
civili nelle uccisioni.
Analizzare
è estremamente complicato: almeno a partire dalla Seconda guerra mondiale ogni
guerra è in larga parte rivolta contro i civili.
Però
sicuramente rientrano nei crimini di guerra una serie di torture nei confronti
di prigionieri.
I
crimini contro l'umanità si hanno quando le popolazioni civili sono
maggiormente colpite in quanto tali, non in quanto vittime secondarie di azioni
militari, magari perché ritenute in qualche modo corresponsabili di quel potere
che si vuole colpire. Ma ci sono delle evoluzioni giuridiche.
Quali?
Per
esempio, dalla seconda metà degli anni ‘90 lo stupro di massa è un crimine di
guerra e un crimine contro l'umanità e può essere anche considerato come un
mezzo di genocidio.
Lo è stato nel caso del Ruanda, in un paio di
sentenze. E questa è una delle novità più rilevanti del diritto internazionale,
se pensiamo che nelle prime due guerre mondiali le centinaia di migliaia di
stupri che ci sono stati erano considerati in qualche modo una inevitabile
necessità o comunque una parte della guerra.
Da questo punto di vista credo che la lunga
inchiesta del New York Times sulla violenza nei confronti delle donne
perpetrata da Hamas il 7 ottobre, sia una raccolta di prove significative per
la giustizia internazionale.
A
proposito di parole legate al 7 ottobre, molti hanno descritto l’attacco di
Hamas come un pogrom.
Pogrom
è diventato a livello simbolico un termine che indica un massacro
indiscriminato.
Se
vogliamo essere rigorosi, quello del 7 ottobre non mi sembra un pogrom.
I
pogrom erano violenze spontanee di massa accadute verso la fine dell'800 in una
serie di città della Russia e della Polonia nei confronti di comunità ebree
locali, in cui ci fu la tolleranza e a volte anche la stessa sollecitazione
delle forze dell'ordine.
Ma
erano il frutto di qualcosa di abbastanza spontaneo.
In
risposta al ferimento accidentale da parte di ebrei di un bambino non ebreo, la
comunità ebraica veniva assalita, molti venivano feriti o uccisi, la sinagoga
veniva bruciata e così via.
In quel clima molto particolare nasce il
termine pogrom.
Nel caso del 7 ottobre il carattere spontaneo
manca del tutto, nel senso che è stato un'azione organizzata di tipo militare,
sebbene vi abbiano partecipato non solo militari, da quello che si è capito, ma
anche cittadini della Striscia di Gaza non organizzati militarmente.
Però
il cuore di quella azione non è stata una rivolta spontanea.
Sono
anche dell'idea che questa parola sia diventata un modo per definire una
violenza di massa concentrata nei confronti di qualcuno.
Ma
siccome non tutti sanno davvero che cosa vuol dire e come sia nata, si può
tollerare questo utilizzo.
Un’altra
parola utilizzata per descrivere le gravi discriminazioni subite dai
palestinesi è apartheid.
Nel
corso della sua carriera lei si è occupato molto di apartheid in Sudafrica.
Apartheid
è qualcosa di molto preciso che appartiene alla storia del Sudafrica.
Si riferisce a quella legislazione nata negli
anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale, che tende a
codificare e a concretizzare quella che era una politica razzista già esistente
precedentemente.
Implica una separazione netta e totale, da
tutti i punti di vista, della popolazione nera - che in quel caso era la
popolazione di maggioranza – da quella bianca che era quella minoritaria e
dominante.
Dal
punto di vista del potere politico, questo significava che i neri non potevano
vivere nelle stesse parti della città dei bianchi, tant'è vero che furono
costruite le “township” come Soweto, che era la più famosa.
C'erano mezzi di trasporto per neri e altri
per i bianchi. Negli Stati Uniti del caso di Rosa Parks, che dette inizio alla
lotta per i diritti civili nel 1954, nello stesso mezzo di trasporto c'era una
parte riservata ai bianchi e una parte ai neri.
In Sudafrica, invece, un nero non poteva
salire in nessun mezzo di trasporto dei bianchi. I neri per lavorare avevano
dei permessi e dei percorsi obbligatori, quindi c'era veramente questa
separazione voluta e completa, che era anche e forte da un punto di vista
simbolico.
Ora mi
sembra che si possono dare vari giudizi sull'occupazione o l'oppressione dello
Stato di Israele nei confronti della Striscia di Gaza e in parte anche della
Cisgiordania, ma direi che non si tratta di apartheid.
Da una parte perché all'interno dello Stato di
Israele, per esempio, i cittadini arabi e palestinesi israeliani hanno diritti
di voto come gli altri cittadini.
Quelli
che vivono nei territori occupati hanno intanto un margine di autorganizzazione
che si può giudicare essere più o meno fittizio, ma che comunque esiste.
Ad
esempio, se ci fosse una politica di apartheid i palestinesi non potrebbero
entrare negli ospedali israeliani.
Quindi
direi che è una forzatura ideologico-propagandistica da parte di tutti quelli
che vogliono sottolineare le colpe dello Stato di Israele, alla luce delle
sofferenze che effettivamente i palestinesi da decenni hanno in quei territori.
Se
secondo lei non possiamo parlare di apartheid, dal momento che questa parola ha
un perimetro così preciso, quale termine può definire la condizione dei
palestinesi oggi?
Le
difficoltà di accesso a servizi di base sono forme di discriminazione e di
oppressione diversificate.
Anche
perché negli ultimi venti trent'anni le condizioni sono cambiate.
Sono diverse da quando la Striscia di Gaza era
occupata militarmente dallo Stato di Israele e ha lasciato l’autonomia
. Nei
primi anni c'era una un'oppressione generale, ma non quel controllo che, per
esempio, aumenterà molto di più dopo con l'operazione Piombo Fuso, una reazione
violenta a degli attacchi missilistici di Hamas e che ha provocato questa
struttura di contenimento/oppressione della Striscia nel suo insieme.
Non riesco a trovare una parola simbolo, se
non “forme di oppressione e di discriminazione”, che vanno elencate e valutate
e che sono difficili da riassumere.
Un'altra
parola molto evocativa è ghetto.
“Masha
Gessen” sul” Newyorker “ha paragonato Gaza ai ghetti della seconda guerra
mondiale e ne è scaturita un’ampia polemica.
Che
cos’è un ghetto?
Si può
dire che Gaza sia un ghetto?
I
ghetti hanno una storia molto precisa.
Ci
sono quelli dell'epoca medievale o inizio dell'età moderna e quelli della
Seconda guerra mondiale, che l'occupazione tedesca ha instaurato nelle città
europee.
Di
nuovo.
Credo
che sia un modo per cercare di dare un'idea emotiva forte di una condizione che
sicuramente è spesso analoga a quella di un ghetto, nel senso che è non facile
se non addirittura impossibile, per la gran parte dei palestinesi, uscire
quando vogliono.
Però la struttura del ghetto era molto diversa
e quindi se si usano questi paralleli storici bisognerebbe adeguarli e
spiegarli in questo modo.
Il
rischio è proprio di non far capire la diversità che c'è tra una struttura di
oppressione di oggi rispetto a strutture di oppressione che erano presenti nel
passato.
Del resto il ghetto di Varsavia era diverso
dal ghetto di Venezia del 1400.
Il
nome era lo stesso solo perché riguardava gli ebrei.
Torniamo
a parlare di genocidio.
“Raphael
Lemkin”, il coniatore di questo termine, scrisse anche degli aspetti culturali
delle politiche genocidarie.
Alla
fine, però, nella Convenzione sul genocidio del 1948 questo concetto fu
lasciato cadere.
Dopo
l’invasione su larga scala dell’Ucraina si è parlato dell’intenzione del
Cremlino di perpetuare un genocidio culturale verso le popolazioni invase.
Dal
momento che questa definizione non fa parte della Convenzione, secondo lei ha
senso parlare di genocidio culturale e quindi denunciarlo?
L’dea
che Lemkin aveva di genocidio culturale era molto ampia e non particolarmente
specificata.
Il
genocidio culturale non fu inserito nella Convenzione del ’48 perché grandi
potenze come la Francia e la Gran Bretagna erano all'epoca potenze coloniali e
quindi rischiavano di poter essere accusate di genocidio culturale.
Inoltre
ci fu l'intervento del delegato siriano alle Nazioni Unite che disse che non si
possono equiparare la distruzione di una biblioteca e la distruzione di un
gruppo umano.
La risposta ovvia è che le cose sono
collegate, perché nel momento in cui si distrugge la biblioteca di un gruppo
spesso si sta anche distruggendo il gruppo stesso.
Oggi
ci sono giudizi della giustizia internazionale e una serie di prese di
posizione che hanno ampliato la possibilità di considerare il genocidio
culturale.
Credo
che sia difficile che possa essere usato come elemento del genocidio, se non in
presenza di una volontà di sterminio fisico anche del gruppo stesso.
Per
quello che riguarda l’Ucraina, io credo che forse l'unico esempio in cui si
potrebbe parlare di genocidio è il caso di “Bucha”, che è analogo a quello di “Srebrenica”.
Sono casi in cui un evento particolare ha avuto un carattere genocida.
Per quanto riguarda la Russia di Putin, al netto di
questo singolo episodio, sicuramente ci sono stati crimini di guerra e crimini
contro l'umanità.
L’ultima
domanda non può che essere sulla prevenzione del genocidio oggi.
Quali
sono i contesti più a rischio oggi, di cui si parla però meno a livello
mediatico?
Se
guardiamo alle violenze nei confronti di minoranze o gruppi specifici che
stanno accadendo oggi nel mondo, ci accorgiamo che quelle che - da un punto di
vista numerico e spesso anche dal punto di vista della potenza distruttrice -
sono totalmente messe in silenzio rispetto ai due casi più in vista, quello
israelo-palestinese e quello russo-ucraino.
Anche
quest’ultimo, tra l'altro, dopo l'attacco del 7 ottobre è diventato in qualche
modo meno rilevante.
Se noi
pensiamo che il numero di uccisi ogni giorno in Siria o nello Yemen era decine
di volte superiore, capiamo che c'è un una diversità di atteggiamento che rende
estremamente complicato poter affrontare il tema della prevenzione dei
genocidi.
Nei
confronti di quello che sta accadendo in Medio Oriente l'attenzione mediatica
del mondo intero rende di fatto impossibile un genocidio, tant’è vero che si
parla di genocidio già prima che questo venga compiuto.
Negli
altri casi non sappiamo se sta avvenendo o no, perché non sappiamo se i gruppi
che sono colpiti oggi in Siria, nello Yemen o in altre parti del mondo,
pensiamo all'Africa e altre parti dell'Asia, siano dei gruppi che rischiano
davvero. Perché
c'è una logica geopolitica e mediatica che ovviamente fa una forte distinzione.
In
questo contesto, quali sono gli strumenti concreti che si hanno oggi per
prevenire un genocidio?
La
prevenzione può esistere su due piani.
Mettendo in evidenza i primi livelli di
discriminazione che avvengono nei confronti di qualche gruppo.
E oggi
avviene per lo meno in una cinquantina di Paesi, nei confronti dei quali però
la comunità internazionale non ha gli strumenti o non vuole avere gli strumenti
per poter far nulla.
L'altra è quella di poter intervenire nei
momenti in cui la violenza diventa più forte e in cui l'intervento può essere
possibile.
Non
solo per il genocidio, ma anche per i crimini di guerra o per i crimini contro
l'umanità.
Ricordiamo il caso della Siria, uno dei luoghi
con il numero maggiore di vittime degli ultimi anni, in cui il presidente Obama
aveva annunciato un intervento qualora si fosse superata la linea dell'uso
ripetuto di un'arma letale e proibita come i gas.
Poi
invece non se ne fece nulla, continuarono i massacri indiscriminati di civili e
in più venne lasciata alla Russia di Putin la possibilità di inserirsi in
quella zona come potenza rilevante.
Credo che questo vada ricondotto alla
difficoltà che oggi esiste a livello interno nazionale di garantire un
equilibrio e un diritto che, per quanto parziali, nel corso della Guerra fredda
avevano avuto delle proprie regole grazie alle due superpotenze e che in questo
secolo, invece, sono messe continuamente in discussione.
Il nuovo mondo multipolare non ha ancora
trovato le sue fondamenta dal punto di vista sia politico sia del diritto.
(Marcello
Flores). (Joshua Evangelista, Responsabile comunicazione Gariwo).
Smascherati
12 falsi miti sulla
guerra
della Russia in Ucraina
italy.representation.ec.europa.eu
– Redazione- Commissione Europea – (24-2-2023) ci dice:
Un
anno fa la Russia ha lanciato una guerra di aggressione non provocata contro il
suo pacifico vicino, l'Ucraina, mostrando al mondo la vera natura delle
ambizioni imperiali del Cremlino.
Oggi l'Ucraina continua a combattere, facendo
prova di resilienza e determinazione, per respingere l'aggressione russa.
La
Russia si è preparata alla guerra contro l'Ucraina diffondendo una serie di
falsi miti sul paese.
Ben
prima dell'invasione su vasta scala del 24 febbraio 2022, un flusso costante di
disinformazione ha preparato la strada all'aggressione militare russa.
Nel corso della guerra abbiamo individuato e
smascherato gli interventi di disinformazione a vantaggio del Cremlino.
In questa rassegna esporremo alcuni dei falsi
miti principali sulla guerra attivamente propagati dall'ecosistema di
disinformazione del Cremlino.
Falso
mito: è inevitabile che la Russia esca vincitrice dalla guerra. O la Russia
vince la guerra o sarà la terza guerra mondiale. Il sostegno militare
dell'Occidente all'Ucraina provoca un'escalation della situazione e prolunga le
sofferenze. L'unica via verso la pace è la demilitarizzazione dell'Ucraina.
La
notevole resilienza dell'Ucraina, la sua determinazione e il suo indomito
spirito combattivo hanno dimostrato una volta di più che le prospettive del
Cremlino nella guerra di aggressione contro lasciano presagire tutto tranne una
vittoria.
Il
mondo ha boicottato la Russia chiedendo un'immediata cessazione dell'offensiva
in Ucraina e il ritiro incondizionato delle truppe russe al di fuori dei
confini dell'Ucraina riconosciuti a livello internazionale.
Da
quando la Russia ha avviato questa non provocata "guerra dei tre
giorni", l'Ucraina ha contrastato con successo l'avanzata degli invasori,
contrattaccando e liberando un numero considerevole di territori dal controllo
militare temporaneo della Russia.
Le
forze ucraine hanno inoltre fortemente eroso l'arsenale militare russo.
La
perseveranza dell'Ucraina di fronte all'aggressione di una superpotenza è un
esempio di cosa significhino coraggio e determinazione. Il sostegno militare
occidentale all'Ucraina si sta rivelando ogni giorno decisivo sul campo di
battaglia, aiutando l'Ucraina a esercitare il proprio diritto all'autodifesa
sancito dalla Carta delle Nazioni Unite.
Le
proposte russe per un cessate il fuoco o negoziati di pace non sono sincere e
rappresentano soltanto una serie di acrobazie nel campo delle pubbliche
relazioni.
Tali
proposte rivelano, a un'attenta analisi, l'atteggiamento imperialistico della
Russia che chiede all'Ucraina di arrendersi e di consegnare ulteriori parti del
suo territorio e della sua sovranità.
La
vera strada verso la pace è il ritiro completo delle forze russe fuori dai
confini dell'Ucraina riconosciuti a livello internazionale e il completo
abbandono da parte della Russia della sua politica di aggressione.
La Russia ha avviato in Europa una guerra non
provocata in palese violazione del diritto internazionale e in particolare
della Carta delle Nazioni Unite.
La pace non può essere ottenuta lasciando
un'Ucraina disarmata di fronte a una Russia fortemente militarizzata che non ne
riconosce la sovranità e non nasconde gli appelli popolari al genocidio.
Falso
mito: la Russia è in guerra con l'Occidente. In Ucraina è in atto una guerra
per procura della NATO in cui l'Ucraina è solo il campo di battaglia. La Russia
si limita a difendersi dall'aggressore ucraino.
Dal 24
febbraio 2022, giorno in cui la Russia ha lanciato un'invasione su larga scala
del paese, l'Ucraina non ha smesso di difendersi.
Le false affermazioni secondo cui l'Ucraina
sarebbe l'aggressore costituiscono una classica tattica di manipolazione al
servizio del Cremlino tesa a rappresentare la Russia come vittima e a
distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dal fatto che il vero
aggressore è la Russia.
Benché
questa versione dei fatti sia chiaramente assurda per la maggior parte del
mondo, in Russia, grazie a un contesto dell'informazione sempre più chiuso in
sé stesso, essa funge da esortazione a serrare le fila per mobilitare il
sostegno dell'opinione pubblica alle politiche autoritarie del Cremlino.
Le
attività di disinformazione al servizio del Cremlino, intese a diffondere la
menzogna che in Ucraina la Russia stia combattendo contro l'Occidente, sono
aumentate di intensità dopo il successo della controffensiva ucraina contro gli
invasori russi.
Gli
esperti di disinformazione pro-Cremlino sono particolarmente inclini a
diffondere questa versione dei fatti ogni volta che l'Ucraina riceve sostegno
militare dai suoi partner occidentali o quando la Russia perde terreno nei
territori ucraini temporaneamente occupati.
Né
l'UE, né l'Occidente o la NATO hanno dichiarato guerra alla Russia.
L'UE, gli USA e molti Stati membri della NATO
forniscono assistenza militare all'Ucraina per aiutare il paese a respingere
l'aggressione non provocata della Russia, ma non sono coinvolti nei
combattimenti.
Falso mito:
l'Ucraina cerca di procurarsi ordigni nucleari, attacca le infrastrutture
nucleari civili e nasconde armi nelle centrali nucleari.
L'Ucraina sta mettendo a punto una "bomba
sporca". Per questo sarebbe legittimo l'uso da parte della Russia di armi
nucleari tattiche contro l'Ucraina.
Si
tratta qui di un groviglio di informazioni difficile da sbrogliare, benché nel
complesso la tattica sia chiara.
La
retorica allarmista punta a sfruttare la naturale avversione dell'opinione
pubblica agli armamenti nucleari e una retorica nucleare sempre più
belligerante nei confronti dell'Ucraina è stata uno dei fili conduttori delle
narrazioni della guerra al servizio del Cremlino.
Nonostante
le continue accuse del Cremlino, non vi sono prove del fatto che l'Ucraina
abbia mai lavorato allo sviluppo di armi nucleari da utilizzare contro la
Russia o chiunque altro.
Di
fatto l'Ucraina è un paese libero da armi nucleari dal 1994, anno in cui ha
firmato il memorandum di Budapest.
È uno dei pochi paesi al mondo ad aver
rinunciato a un arsenale nucleare, avendo eliminato gli armamenti ereditati
dall'Unione sovietica.
La Russia, invece, ha agevolmente dimenticato
l'impegno assunto con la firma del trattato, ovvero quello di rispettare
l'indipendenza, la sovranità e i confini dell'Ucraina.
Il
Cremlino è inoltre sempre pronto a utilizzare l'argomento delle armi nucleari
per allontanare da sé le colpe, a proferire minacce appena velate o a fare
ricorso al ricatto nucleare a sostegno dell'aggressione.
Creare
l'immagine di un animale braccato e però dotato di armamenti nucleari (come
sottolineato a più riprese dai demagoghi pro-Cremlino) va a tutto vantaggio di
quest'ultimo.
La
Russia ha utilizzato le sue accuse secondo cui l'Ucraina sta cercando di
sviluppare una "bomba sporca" come pretesto per un'ulteriore
escalation. L'Ucraina ha invitato l'AIEA a ispezionare i siti che, secondo la
Russia, sarebbero utilizzati per lo sviluppo di una bomba sporca.
L'Agenzia
non ha ravvisato alcuna prova del fatto che l'Ucraina stia mettendo a punto
materiali nucleari da usare contro la Russia.
Altrettanto
infondate sono le accuse che l'Ucraina starebbe danneggiando intenzionalmente
le proprie infrastrutture nucleari.
In realtà, l'Ucraina e gli USA hanno cercato a
più riprese di allentare la tensione intorno alla centrale nucleare di
Zaporizhzhia.
La
Russia si è invece resa protagonista di molte azioni sconsiderate aventi per
oggetto tale impianto.
Ha trasferito attrezzature militari e truppe
all'interno della centrale, ha utilizzato le zone circostanti come base per il
lancio razzi e missili, assumendo di fatto il controllo della struttura e
interrompendone la linea elettrica principale a più riprese.
L'AIEA non ha confermato alcun bombardamento o
attacco da parte dell'Ucraina alla centrane nucleare, né prima né dopo le
accuse in tal senso formulate dal Cremlino.
Falso
mito: tutta l'Europa aveva sostenuto l'invasione dell'Unione Sovietica da parte
della Germania nazista, come ora l'Europa sostiene l'Ucraina nazista. La Russia
non fa che proseguire la grande guerra patriottica in Ucraina per sradicarvi
l'universo nazista.
Per
anni abbiamo seguito da vicino l'utilizzo da parte del Cremlino
dell'argomentazione dello "spettro nazista".
Per tutto il corso della guerra il Cremlino ha
utilizzato ripetutamente questo comodo elemento di disinformazione al fine di
disumanizzare e diffamare gli ucraini.
La rappresentazione di una Russia capace di
domare il nazismo, proposta da Putin, è un classico esempio di proiezione – una
strategia per allontanare da sé la colpa delle proprie azioni distruttive.
Le
accuse secondo cui l'intera Europa avrebbe sostenuto l'invasione dell'Unione
Sovietica da parte della Germania nazista sono del tutto stravaganti e
stravolgono completamente la storia.
In
realtà, già nel 1942 la coalizione antihitleriana comprendeva 26 Stati, come
pure i governi in esilio dei paesi europei occupati.
L'asserzione
della Russia secondo cui starebbe combattendo il nazismo, finalizzata a
provocare una forte risposta psicologica o emotiva, non costituisce soltanto
una manipolazione ma è assolutamente ridicola, in particolare considerando il
fatto che il Cremlino fa perno su una retorica apertamente antisemita.
Falso
mito: l'Ucraina è una creazione artificiale e non uno Stato sovrano.
Il
territorio ucraino fa storicamente parte della Russia.
Le
popolazioni che vi abitano hanno liberamente espresso la volontà politica di
fare ritorno in Russia e la Russia ha pertanto un dovere patriottico di
liberare e proteggere tali popolazioni.
L'Ucraina
è uno Stato sovrano con identità propria e una lunga storia.
Negare
l'esistenza dell'Ucraina come Stato e la sua sovranità è una strategia di
disinformazione che i fautori del Cremlino utilizzano ormai da anni.
Quando
la Russia ha cercato di giustificare l'annessione illegale di territori
organizzando referendum farsa nei territori temporaneamente occupati in
Ucraina, non è stata una sorpresa che l'ecosistema di disinformazione al
servizio del Cremlino si sia messo nuovamente in azione per mettere in
discussione la sovranità dell'Ucraina.
I
sostenitori del Cremlino hanno spesso utilizzato il revisionismo storico come
tattica di manipolazione per orientare il discorso pubblico verso il sostegno
alle attuali politiche del Cremlino, compresi i tentativi di annessione
illegale di territori temporaneamente occupati in Ucraina.
L'ossessione
di Putin di voler riscrivere la storia è altrettanto ben documentata.
I
referendum farsa non avevano nulla di libero o democratico.
Gli
elettori sono stati costretti a votare da soldati armati che sono passati di
porta in porta a raccogliere voti, in diretta violazione della costituzione
ucraina.
L'intero processo ha rappresentato una
violazione del diritto internazionale ed è stato condannato dalle risoluzioni
delle Nazioni Unite sull'annessione
. La
decisione di annettersi tali territori illustra il carattere imperialistico
della guerra avviata dalla Russia.
Falso
mito: in Ucraina la Russia combatte contro l'imperialismo e il neocolonialismo
occidentali per creare un ordine mondiale multipolare in cui i paesi non
interferiscono nei rispettivi affari interni.
Il
regime del Cremlino cerca da tempo di profilarsi pubblicamente come
antimperialista e anticolonialista.
Tuttavia,
la brutale guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina ha messo in luce
le ambizioni imperiali e coloniali della Russia nei confronti dei paesi vicini
in Europa, nel Caucaso e in Asia.
Con
l'avvio della guerra nell'Ucraina orientale nel 2014, l'annessione illegale
della Crimea lo stesso anno e l'inizio di un'invasione su vasta scala nel 2022,
la Russia ha palesemente violato il diritto internazionale e la Carta delle
Nazioni Unite, minacciando la pace, la sicurezza e la stabilità mondiali.
Il 2
marzo 2022 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, a stragrande
maggioranza, una risoluzione che respingeva la brutale invasione dell'Ucraina
da parte della Federazione russa e chiedeva alla Russia di ritirare
immediatamente le sue truppe e di rispettare il diritto internazionale.
Nell'ottobre
2022 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha condannato a stragrande
maggioranza i tentativi della Russia di annettere quattro regioni
temporaneamente occupate dell'Ucraina a seguito di referendum farsa.
La
condanna a livello mondiale dell'aggressione militare della Russia a un
pacifico paese vicino dimostra che la Russia è sola e isolata.
Falso
mito: poiché l'Ucraina per anni si è resa colpevole di un genocidio nel Donbas,
la Russia è dovuta intervenire per difenderne la popolazione.
L'Ucraina,
inoltre, conduce operazioni sotto falsa bandiera e inscena atrocità per poi
accusare la Russia di crimini di guerra.
Accusare
l'Ucraina di crimini di guerra e genocidio è probabilmente una delle più odiose
menzogne diffuse dalla campagna di disinformazione al servizio del Cremlino.
Con genocidio si intende l'annientamento
deliberato e sistematico di un gruppo di persone a causa dell'origine etnica,
della nazionalità, della religione o della razza. Un piano di questo tipo non è
mai esistito in Ucraina e non vi è alcuna prova a sostegno delle accuse della
Russia.
Uno
degli esempi più lampanti di come la Russia cerchi di far ricadere sull'Ucraina
i propri crimini riguarda le atrocità commesse dai soldati russi a “Bucha”.
L'accusa
che l'Ucraina abbia condotto operazioni "sotto falsa bandiera" per
incolpare la Russia è tanto vergognosa quanto falsa.
Al
contrario, i crimini di guerra della Russia sono già stati oggetto di indagini
a “Bucha”,” Irpin”, “Mariupol” e in molti altri luoghi.
Inoltre,
attacchi deliberati della Russia contro civili e infrastrutture, tra cui
scuole, ospedali e quartieri residenziali, sono stati ben documentati, ad
esempio a Chernihiv, Mariupol, Kharkiv e altrove.
Secondo
l'ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, essi potrebbero configurarsi
come crimini di guerra.
Falso
mito: la Russia combatte in Ucraina una guerra santa contro satanisti
sacrileghi per proteggere il cristianesimo e i valori tradizionali.
Per
quanto eccentrica possa sembrare questa accusa, la Russia ha frequentemente
asserito di combattere una guerra santa contro lo stesso Satana, per
giustificare la guerra contro l'Ucraina.
Nelle
prime settimane e nei primi mesi di guerra il Cremlino ha fatto spesso
riferimento a una presunta diabolica alleanza dell'Ucraina con le forze
dell'Ade per spiegare la mancanza di progressi delle forze russe sul campo di
battaglia.
Spesso
i fautori della disinformazione al servizio del Cremlino, in particolare “Vladimir
Solovyov”, associano al flusso di false informazioni accuse infondate nei
confronti dell'Ucraina, secondo le quali il paese starebbe cercando di
distruggere la chiesa ortodossa.
Queste tattiche di manipolazione hanno preso
vigore nel 2019, anno in cui la chiesa ortodossa ucraina ha ottenuto lo status
di chiesa indipendente, e poi nuovamente nel novembre 2022, dopo l'annuncio del
governo ucraino che intendeva proporre una legge per bandire le chiese
affiliate alla Russia.
Demonizzare
l'Ucraina e i suoi partner occidentali come infedeli senza Dio va di pari passo
con la disinformazione al servizio del Cremlino secondo cui l'Occidente intende
distruggere i "valori tradizionali".
E
presentano invece la Russia come protettore di questi valori tradizionali.
La
retorica sulla protezione dei valori minacciati, impregnata di omofobia, sfocia
spesso in un vero e proprio incitamento all'odio.
Falso
mito: gli Stati Uniti hanno finanziato, sviluppato e gestito in laboratori
ucraini programmi segreti per la messa a punto di armi biologiche,
sperimentando quest'ultime sulla popolazione locale, e dotando l'Ucraina di
armi biologiche per attaccare la Russia.
Storie
inventate come quelle sui "laboratori biologici clandestini degli Stati
Uniti" costituiscono un classico esempio di teoria della cospirazione, una
tattica basata sulla retorica allarmista utilizzata spesso dal Cremlino per
distrarre e confondere. Inizialmente utilizzata per ostacolare il partenariato
tra USA e Ucraina finalizzato a ridurre le minacce biologiche, l'ecosistema di
disinformazione al servizio del Cremlino ha riorientato una vecchia campagna di
disinformazione per giustificare l'invasione non provocata dell'Ucraina da
parte della Russia.
La
disinformazione al servizio del Cremlino mira a confondere la linea di
demarcazione tra le armi biologiche e ricerca biologica, per suscitare paura,
screditando al contempo l'Ucraina.
Fonti
autorevoli, tra cui l'alto rappresentante delle Nazioni Unite per gli affari
del disarmo “Izumi Nakamitsu”, hanno ripetutamente smascherato le accuse
secondo cui i laboratori finanziati dagli Stati Uniti in Ucraina sarebbero
utilizzati per scopi militari.
Falso
mito: l'UE non può sopravvivere senza le risorse energetiche russe.
Gli
Stati Uniti hanno spinto l'UE ad attuare politiche che hanno causato una crisi
energetica globale a tutto vantaggio delle imprese energetiche statunitensi.
Il
Cremlino vanta una lunga tradizione di strumentalizzazione dell'energia nelle
sue relazioni esterne e la diffusione della disinformazione è parte integrante
di queste tattiche.
Solo
che questa volta il tentativo della Russia di intimidire l'UE interrompendo i
flussi del gas si è ritorto in modo spettacolare contro il Cremlino.
Quando la Russia ha chiesto all'Europa di
scegliere tra l'Ucraina e l'energia russa, la risposta europea è stata
inequivocabile: l'Ucraina.
L'UE e
i suoi Stati membri hanno rapidamente adottato varie contromisure per aumentare
la sicurezza energetica, quali il piano “REPowerEU” e il piano
"Risparmiare gas per un inverno sicuro", che prevede una riduzione
volontaria del 15% della domanda di gas naturale.
Le
riserve di gas sotterranee dell'UE sono state riempite di oltre il 95% della
loro capacità, ben più di quanto previsto per il 1º novembre 2022, termine
fissato per raggiungere la capacità dell'80%.
L'Europa,
che si era preparata ad affrontare l'inverno, è riuscita così a non sottostare
al ricatto energetico della Russia.
La
disinformazione al servizio del Cremlino cerca inoltre di incrinare l'unità
transatlantica, diffondendo la falsa immagine di una perdita di sovranità
dell'UE. Più nello specifico, secondo queste fonti gli Stati Uniti avrebbero
sottomesso l'Europa, traendo benefici dalle turbolenze sui mercati mondiali
dell'energia.
Tuttavia,
la diversificazione dell'approvvigionamento energetico è una pietra angolare
della politica energetica dell'UE.
Contribuisce
a rafforzare la sicurezza energetica europea, a prevenire la monopolizzazione e
a introdurre una maggiore concorrenza nel mercato dell'energia.
Falso
mito: l'UE ha causato una carenza alimentare a livello mondiale vietando i
prodotti agricoli e i fertilizzanti russi. La Russia non ha alcuna
responsabilità per la crisi alimentare mondiale. L'UE tiene per sé tutti i
cereali provenienti dall'Ucraina, riducendo alla fame altri paesi.
Invadendo
l'Ucraina, la Russia ha di fatto estromesso i prodotti alimentari ucraini dai
mercati mondiali e ha esacerbato la situazione economica mondiale.
Le azioni della Russia sono alla base dei
prezzi elevati dell'energia e dei fertilizzanti a livello mondiale, con un
impatto particolare sull'Africa e sui paesi più vulnerabili, ma con
un'incidenza crescente anche su altre regioni e altri paesi.
A
livello mondiale, i conflitti, i cambiamenti climatici e gli effetti duraturi
della COVID-19 hanno un impatto devastante sui sistemi alimentari e sulle
persone che ne dipendono.
Tuttavia,
l'aggressione non provocata della Russia all'Ucraina ha significativamente
aggravato questi problemi e vulnerabilità.
Bombardando
le infrastrutture ucraine nei settori dell'energia, dell'acqua e dei trasporti,
bruciando le colture e rubando i cereali ucraini, distruggendo le attrezzature
agricole ucraine e lo stoccaggio di carburante e minando i terreni agricoli, la
Russia ha compromesso la produzione alimentare a lungo termine in Ucraina e le
capacità di esportazione del paese.
La
Russia, inoltre, continua ad applicare tasse e contingenti all'esportazione sia
sui concimi che sui cereali come frumento, frumento segalato, segale, orzo e
granturco.
Le
sanzioni dell'UE escludono esplicitamente le forniture alimentari e i
fertilizzanti: le esportazioni russe di prodotti alimentari verso i mercati
mondiali non sono soggette a sanzioni.
Chiunque
può gestire, acquistare, trasportare e mettere a disposizione alimenti e
fertilizzanti provenienti dalla Russia.
Contrariamente alle false notizie diffuse
dalla Russia, nessuno Stato membro dell'UE impedisce la donazione di
fertilizzanti russi a paesi che ne hanno bisogno.
Secondo
le Nazioni Unite, la maggior parte delle esportazioni alimentari agevolate
grazie all'iniziativa sui cereali del Mar Nero è destinata a paesi non UE.
Solo il 34% di questo importo ha avuto come
destinazione l'UE.
E il
64% del frumento esportato ha avuto per destinazione le economie in via di
sviluppo.
L'Unione
europea e i suoi partner internazionali sono in prima linea negli interventi a
livello mondiale per affrontare l'insicurezza alimentare.
Dall'attuazione dei corridoi di solidarietà e
dell'iniziativa sui cereali del Mar Nero, i prezzi dei prodotti alimentari non
hanno fatto che diminuire, ritornando ai livelli precedenti la guerra.
Falso mito: le sanzioni occidentali nei confronti
della Russia sono illegali e causano danni a livello mondiale. Esse
destabilizzano l'economia mondiale e fanno aumentare il costo della vita per i
comuni cittadini di tutto il mondo. Le sanzioni non hanno alcun effetto
sull'economia russa e la Russia ha dimostrato che esse non funzionano.
Le
false informazioni diffuse dai fautori del Cremlino riguardo alle sanzioni
dell'UE e dell'Occidente sono un esempio di contraddizioni.
Da un
lato le sanzioni sono una forma illegale e inaccettabile di coercizione, ma
dall'altro esse non hanno alcun impatto sulla Russia.
Questo
esercizio di disinformazione sminuisce l'impatto delle sanzioni per l'opinione
pubblica in Russia, diffondendo la falsa immagine che l'Occidente sia sul punto
di crollare.
A livello internazionale, invece, la Russia
vuole fomentare paure ingiustificate, secondo cui le azioni dell'Occidente
contro la Russia avrebbero conseguenze negative sul piano mondiale.
Tutte
le sanzioni dell'UE sono pienamente conformi gli obblighi derivanti dal diritto
internazionale.
Esse
riducono le capacità della Russia di finanziare la guerra e acquisire
componenti fondamentali per il suo complesso militare-industriale.
Gli effetti delle sanzioni sono visibili in
tutti i principali settori dell'economia russa. Nel 2022 il disavanzo di
bilancio della Russia è aumentato in modo esponenziale (di ben 14 volte).
Nel
2022 si è registrata una contrazione dell'economia che ha raggiunto il 5%.
Le
sanzioni funzionano.
La
decisione internazionale di fissare un massimale ai prezzi del petrolio, che
mira a limitare i picchi di prezzo determinati da condizioni di mercato
straordinarie, ridurrà drasticamente gli introiti che la Russia ottiene dal
petrolio da quando ha avviato l'invasione dell'Ucraina.
Il
massimale al prezzo del petrolio servirà anche a stabilizzare i prezzi
dell'energia a livello mondiale, riducendo le conseguenze negative
sull'approvvigionamento energetico dei paesi terzi.
Le
sanzioni dell'UE prevedono deroghe significative.
Esse
escludono esplicitamente le forniture alimentari e i fertilizzanti.
Inoltre,
sebbene lo spazio aereo europeo non sia aperto agli aeromobili russi, gli Stati
membri dell'UE possono autorizzare il sorvolo del loro spazio aereo da parte di
aeromobili russi, se ciò è necessario per scopi umanitari.
Meloni:
"Lanceremo un piano
d'azione
sull'intelligenza artificiale."
Msm.com
-web.info – Adnkronos.com – (16-5-2024) – ci dice:
(Adnkronos)
- La presidente del Consiglio Giorgia Meloni annuncia oggi "un piano
d'azione sull'Intelligenza artificiale" che sarà al centro dei lavori del
G7.
"Non possiamo da una parte fermare"
la "rivoluzione", "ma dobbiamo lavorare per fare in modo che
questo processo sia sempre a misura d'uomo, che sia cioè incentrato sull'uomo,
controllato dall'uomo e che abbia l'uomo come suo ultimo fine".
"L'intelligenza
artificiale sarà una risorsa se il suo sviluppo migliorerà la qualità del
lavoro, se lo renderà più efficiente, sempre più a misura di persona.
Non
sarà una risorsa, al contrario, se condurrà semplicemente alla sostituzione dei
lavoratori o all'espulsione di milioni di lavoratori dal mercato del
lavoro".
"L'intelligenza
artificiale investirà prima o poi, e con accenti diversi, tutto il mondo del
lavoro, e non sarà limitato a profili di eccellenza tecnologica.
In futuro continueremo ad avere bisogno di
operai, di insegnanti, di artigiani, di medici sarà il modo di svolgere quei
lavori e sarà necessario acquisire le competenze necessarie per farlo.
Per
questo io sono convinta che sia fondamentale lavorare tutti insieme per
promuovere un vasto programma di re-skilling e up-skilling per tutti, giovani e adulti, lungo
tutto l'arco della vita e nei luoghi di lavoro e nelle società.
Perché
come ci dice la Banca Mondiale, l'80% della ricchezza delle nazioni più
avanzate è rappresentata dal sapere.
È il sapere, è la competenza che fanno la
differenza in questo tempo.
È una priorità sulla quale dobbiamo avere il
coraggio e la forza di investire".
"Allora
sono temi che stanno a cuore a questo governo e che questo governo porterà
anche in ambito G7 in quest'anno di Presidenza italiana.
Stiamo
lavorando per lanciare, nell'ambito della nostra Presidenza - dice dunque la
presidente del Consiglio - un piano d'azione sull'uso dell'Intelligenza
artificiale, particolarmente nel mondo del lavoro.
È una
sfida che io considero particolarmente impegnativa, ne siamo ovviamente
consapevoli però sono anche convinta che il sistema Italia in tutte le sue
articolazioni abbia il coraggio, la visione, la capacità che servono per
occuparsi anche dei temi più difficili e individuare le soluzioni più
innovative".
Il
lavoro è "al centro del nostro impegno alla guida della nazione".
"In
questo anno e mezzo di governo abbiamo fatto le nostre scelte - spiega la
presidente del Consiglio -,
abbiamo
adottato i modi di esercitare dello
Stato, cioè mettere le aziende e i lavoratori nella condizione di creare
occupazione e ricchezza e redistribuire nel modo più giusto possibile quella
quota di ricchezza che con le tasse torna nelle mani dello Stato e che deve
essere utilizzata per aiutare le persone più fragili e più esposte.
Allora, fin dal nostro insediamento abbiamo
lavorato esattamente in questa direzione e i primi risultati ci dicono che
siamo sulla strada giusta".
"Da
quando siamo al governo - dice la presidente del Consiglio - abbiamo 600mila
occupati in più, il tasso occupazionale ha toccato il record dei 62,1%.
Abbiamo
superato per la prima volta il tetto dei 10 milioni di lavoratrici, i contratti
stabili aumentano, la precarietà diminuisce e si riducono anche gli inattivi,
cioè coloro che non solo non lavorano ma che hanno anche smesso di cercarlo un
lavoro.
È un
segnale molto positivo, di grande fiducia nell'economia e nel futuro che voglio
ringraziare ancora una volta e salutato con soddisfazione. Non intendiamo ovviamente cullarci
sugli allori, cioè non significa che vada tutto bene.
Noi
continuiamo a lavorare per consolidare questi dati e migliorarli ancora.
Proprio per questo in occasione del 1° maggio
abbiamo approvato un ulteriore pacchetto di norme che libera circa 3 miliardi
di euro per incentivare l'assunzione di donne, giovani, lavoratori più fragili,
soprattutto al sud".
"Il
lavoro è dignitoso a 360 gradi, autonomo e subordinato. Nel dl coesione abbiamo
messo quasi 3 miliardi per il lavoro, buona parte per l'auto impiego.
Rappresenta
una grande opportunità ad esempio per i giovani per finanziare gli studi
professionali".
Lo ha
detto” Marina Calderone”, ministro del Lavoro, intervenendo al Festival del
lavoro in corso a Firenze.
"Abbiamo
detto no al salario minimo perché portiamo avanti un principio che è diverso e
cioè che è giusto che attraverso dialogo e concertazione siano i contratti
nazionali di lavoro a fare la differenza.
E
questi devono esser aiutati anche attraverso investimenti da parte dello Stato,
con un sostegno per il recupero della produttività".
"Ricevo
spesso attacchi strumentali, ma nessuno viene mai a sedersi davanti a me a
sostenere una discussione con un linguaggio giuridico: vuol dire che allora qualcosa in
trenta anni di professione l'ho imparato.
Mi
piace confrontarmi con qualcuno che non la pensa come me, una critica reale
insegna molto di più di un apprezzamento non spontaneo. Io sono sempre orgogliosa di quando
qualcuno presentandomi dirà il ministro del lavoro è un consulente del lavoro".
"Di
fronte ai mutamenti profondi dettati anche dall'affermazione dell'economia
digitale e dell'intelligenza artificiale, dobbiamo orientare la nostra azione
tenendo fermo il valore della persona, in modo da trasformare un’apparente
minaccia per i lavori tradizionali in una vera opportunità di sviluppo e di
crescita"
ha detto il ministro delle Riforme
istituzionali e la Semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati, in un messaggio letto alla 15esima
edizione del Festival del Lavoro.
Israele
Non si Ferma:
Pioggia
di Fuoco su Gaza.
Conoscenzealconfine.it
– (16 Maggio 2024) - Alessandro Ferretti – c i dice:
Approfittando
del costante scudo offerto dalla disinformazione diffusa da media e politici
occidentali, Israele sta alzando ulteriormente il livello dei suoi crimini,
bombardando non solo Rafah, ma tutta la Striscia.
Pioggia
di Fuoco su Gaza.
(I
pallini blu su una mappa indicano i bombardamenti/attacchi dell’esercito di
occupazione e sono relativi agli ultimi giorni.)
Vale
la pena notare che quattro mesi fa il portavoce dell’esercito israeliano aveva
trionfalmente annunciato il completo smantellamento della struttura militare di
“Hamas” nel nord della Striscia, al punto che l’esercito si era ritirato da
quella zona.
Ancora
pochi giorni fa, Netanyahu affermava che Israele ha completamente distrutto
venti battaglioni di “Hamas” e che i quattro battaglioni rimanenti si trovano
tutti a “Rafah”… eppure, dopo aver ordinato l’evacuazione di 300.000 abitanti a
Rafah, domenica scorsa l’IOF ha intimato una gigantesca evacuazione immediata
dei 100-150.000 abitanti del “campo profughi di Jabaliya”, a nord di “Gaza City”.
Strano
comportamento da adottare su un territorio dove, a detta degli stessi
israeliani, “Hamas” è stato totalmente sradicato.
Il
risultato di questo diluvio di ferocia sono otto massacri perpetrati
bombardando case di civili, in cui sono state ammazzate almeno 63 persone (e
114 ferite) nel giro di 24 ore.
E
purtroppo nel conto ci sono solo i corpi che sono arrivati negli ospedali senza
i dispersi (morti sotto le macerie).
Se
davvero crediamo che lo scopo di Israele è quello di smantellare Hamas, allora
l’attacco a Jabaliya è la palese dimostrazione che lo scopo non solo non è
stato raggiunto, ma che non è raggiungibile.
Israele ha già occupato Jabaliya per settimane e l’ha
ridotta a un cumulo di macerie popolato da una popolazione sul punto di morire
di fame, e adesso ci dice che deve tornare di nuovo con i carri armati a
distruggere nuovamente tutto perché ci sono “segnali di risorgenza”?
La
realtà, ovviamente, è un’altra:
Israele non sta smantellando “Hamas”, ma sta
semplicemente conducendo una guerra di sterminio che finirà solo quando non ci
sarà un intervento esterno a bloccare la follia genocida, intervento che i
politici dell’Occidente non hanno la minima intenzione di effettuare.
I
poveri idioti che ancora giustificano gli orrendi crimini israeliani con la
lotta contro Hamas non hanno più scuse.
La realtà è che senza una vasta ribellione di
tutti gli esseri umani che abitano in Occidente, questo massacro finirà solo
quando finiranno i palestinesi.
E se non sei parte della soluzione, sappi che
sei parte del problema.
(Alessandro
Ferretti)
(kulturjam.it/in-evidenza/israele-non-si-ferma-pioggia-di-fuoco-su-gaza/)
La
grande illusione
della
fine della guerra...
Ildubbio.news.it
– 14 febbraio 2022 – Redazione – Smusco – ci dice:
Il
mondo col fiato sospeso.
Papà,
che era andato giovanissimo volontario in Africa e fu poi catturato dagli
Inglesi, comandava un piccolo gruppo di Ascari.
Di
loro, mi raccontava con stupore e rispetto, il coraggio in combattimento, e
anche una certa bizzarria:
se capitava uno scontro a fuoco, dai ripari da
dove sparavano, quelle “teste matte” di Ascari volevano schizzare fuori e
andare a inseguire la pallottola, per vedere dove impattava sul corpo del
nemico – come fosse una qualunque zagaglia, e lui doveva faticare per tenerli
giù.
Dei suoi racconti, mi restava quest’idea della
guerra come una cosa ancora “umana”.
Che si tocca con il dito.
Ma
forse, è proprio dei sopravvissuti, dei veterani, dei narratori, dei reduci – è
la parola, il racconto a rendere ancora umana la guerra.
Quanta
straordinaria letteratura ha prodotto il primo conflitto mondiale!
Ma
umana, la guerra non lo è più da tempo.
E il
Novecento, con le sue due guerre mondiali, con il bombardamento di Dresda e
l’atomica su Hiroshima e Nagasaki, con la sua potenza pronta a evocare in terra
l’Apocalisse ha reso ormai fuori da ogni controllo.
Se scoppiasse una nuova guerra mondiale,
sarebbe la fine del mondo.
Questa
consapevolezza non ci impedisce di destinare agli armamenti e a tecnologie
sempre più sofisticate ovunque nel mondo una quota di risorse sempre più
consistente – e non ci impedisce di farla, la guerra:
si
contano oggi più di venti guerre a alta intensità, e decine e decine di
conflitti armati.
Non
smettiamo mai di fare la guerra. Non abbiamo mai smesso.
A pensarci, che sollievo era dover fare la
guerra a al Qaeda – come erano “alieni” i suoi combattenti, con quelle barbe
lunghe, quelle goffe tuniche, quegli asciugamani avvolti intorno la testa:
non
erano come noi, quella non era una guerra “tra noi”.
Noi,
eravamo tutti americani – e loro no.
Non
era una guerra convenzionale, e come avrebbe potuto esserla?
E
invece una guerra convenzionale – quella con gli uomini nel fango e nella neve,
con le stesse tute mimetiche, gli stessi fucili mitragliatori e d’assalto, le
stesse tecniche di combattimento, gli stessi mezzi corazzati, gli stessi droni,
la stessa faccia la stessa razza – potrebbe esploderci adesso vicino.
Nel
cuore dell’Europa.
Ciò
che avevamo esorcizzato con la paura nucleare, che la stessa “cortina di ferro”
aveva allontanato, che la stessa Guerra fredda aveva mandato in soffitta, la
guerra reale, con gli uomini nel fango e nella neve, può esploderci adesso
vicino.
Si sta
come / d’autunno / sugli alberi / le foglie – i versi di “Ungaretti” scritti
nel Bosco di Courton, luglio 1918,
per
dire della condizione di soldati in trincea, che aspettano l’ordine di assalto,
per andare a morire, uccidere e essere uccisi, descrivono ora questi nostri
giorni in attesa degli accadimenti di Ucraina.
Come
al cinema c’è chi ride alle scene horror e splatter per allontanare la propria
paura, oggi in tanti dicono che è solo un’ammoina, quella tra i potenti, e non
succederà nulla – io invece la sento la paura, e non mi viene da ridere per
nulla.
«Diciamo
5% uccisi dal loro stesso sbarramento, una concessione molto generosa. Un altro
10% nell’attraversare la terra di nessuno, e un 20% nel passare i reticolati.
Resta un 65%, con la parte peggiore superata.
Diciamo
un altro 25% nella conquista vera e propria del Formicaio.
Ci
restano ancora forze più che sufficienti per tenerlo» – così, crudamente e
crudelmente il generale Mireau illustra al colonnello Dax (Kirk Douglas) in Orizzonti
di gloria, di Stanley Kubrik, quale sarà il prezzo da pagare in vite umane per
prendere il Formicaio, l’avamposto nemico, che noi non vediamo mai, come non
vediamo mai i nemici.
Come
fossero tartari che non arrivano mai.
Perché
i nemici non sono di là – sono di qua, nei “giochi di guerra” dei generali e
nel disprezzo delle vite dei soldati.
Kubrik
ha raccontato più volte la guerra, e la stessa figura del generale Mireau la si
ritrova “aggiornata” nel generale Turgidson del Dottor Stranamore, in piena Guerra fredda e pericolo
della bomba atomica, che suggerisce al presidente americano di sferrare il
primo colpo, anche se poi i russi farebbero scoppiare la bomba detta “La Fine
del Mondo”:
«Noi distruggeremmo il 90% della loro potenza
nucleare e pertanto vinceremmo, subendo perdite modeste e accettabili fra i
civili, mentre il nemico riporterebbe perdite dalle quali non potrebbe
risollevarsi.
Signor
Presidente, io non dico che non ci costerà proprio niente. Però io dico non più
di 10-20 milioni di morti.
Massimo, ah… questione di fortuna».
Questione
di fortuna – la precisione crudele dei calcoli del generale Mireau, si fa qui
più aleatoria e, d’altronde, chi può prevedere esattamente la devastazione di
una guerra nucleare sulle città, sui civili?
E chi può prevedere la devastazione sulle
città e sui civili di una guerra convenzionale?
Centinaia
di migliaia di profughi, intrappolati, in cerca di una via di salvezza.
L’abbiamo visto in Siria.
Ieri
l’altro.
Nel
1937 uscì al cinema La Grande Illusione di Jean Renoir – su un gruppo di
prigionieri francesi nelle mani di ufficiali tedeschi nella Prima guerra
mondiale e sul rapporto che si instaura tra loro.
Scrisse,
tanti anni dopo, “Truffaut”:
«Vi si pratica una guerra ancora
improntata sul fair-play, una guerra senza bombe atomiche e senza torture.
Un
film di cavalleria, sulla guerra considerata, se non come una delle belle arti,
per lo meno come uno sport, come un'avventura in cui si tratta di cimentarsi
tanto quanto di distruggersi.
La grande illusione consiste quindi nel
credere che questa guerra sia l’ultima».
Ma,
come sapeva “Truffaut”, quella guerra non è stata l’ultima.
L’attentato
al primo ministro
slovacco
Fico e l’ombra di Soros.
Lacrunadellago.net
- Cesare Sacchetti – (15/05/2024) – ci dice:
Sono
attimi drammatici per la vita del primo ministro della Slovacchia, Robert Fico.
Non
appena finito un incontro governativo nella città di “Handlova”, Fico si era
avvicinato per salutare la folla che lo aspettava fuori dalla sede dei palazzi
del governo, ed è lì che un uomo gli ha sparato contro diversi colpi di arma da
fuoco.
Il
servizio di sicurezza è riuscito a fermare l’attentatore la cui identità
risulta essere quella di “Juraj Cintula”, un sostenitore del “partito di
sinistra progressista£ del Paese, “Slovacchia progressista”.
Sorgono
diversi dubbi sulla facilità con la quale l’uomo sia riuscito ad estrarre una
pistola a pochi passi da Fico e su come la sicurezza che era con lui non abbia
agito tempestivamente per impedire che “Cintula” sparasse dei colpi verso il
primo ministro.
Non
appena l’attentatore ha sparato, sono giunte ricostruzioni contrastanti, come
spesso accade in questi casi, sulla dinamica degli eventi.
Inizialmente
si era detto che erano almeno 3 o 4 i colpi che avrebbero colpito il primo
ministro slovacco, ma poi i successivi resoconti riferiscono che invece ad
andare a segno sarebbe stato soltanto un proiettile e Fico non sarebbe, il
condizionale in queste d’ore è d’obbligo, in pericolo di vita anche se le
prossime ore saranno decisive per essere sicuri delle condizioni di salute del
politico slovacco.
Robert
Fico e lo scontro con Soros.
Fico
era stato già in passato primo ministro del Paese e aveva servito due mandati
in questa carica; il primo dal 2006 al 2010 e il secondo dal 2012 al 2018.
Leader
del partito conservatore “Smer”, il politico slovacco si era ripresentato alle
elezioni politiche lo scorso anno e aveva già manifestato tutta la sua
opposizione al fatto che la Slovacchia inviasse armi all’Ucraina e aveva
suggerito che i due Paesi coinvolti nel conflitto procedessero ad una negoziazione
separata.
Fico
si era inimicato anche non pochi attori ed entità di vario tipo in Slovacchia,
quando già nel 2018 accusò George Soros di ingerire negli affari del suo Paese.
La
Slovacchia è un Paese nel quale da diversi anni la presenza della ONG della
rete di George Soros è alquanto vasta e radicata.
“Soros”
che si descrive nel suo sito come un “filantropo” può essere definito a tutti
gli effetti come un principe della sovversione e della destabilizzazione dei
Paesi nei quali opera la sua nota, o famigerata, “Open Society”.
Un
fiume di denaro è stato speso dallo speculatore americano di “origini
askenazite” pari a più di 30 miliardi di dollari.
Soros
ha lo scopo di esportare ovunque il modello di società aperta che non è altro
che la “demolizione
degli Stati nazionali, dei loro confini e delle loro tradizioni religiose da
sostituirsi invece con una filosofia di tipo liberal-marxista” nella quale tutte le istituzioni di
stampo cristiano e cattolico, soprattutto la famiglia, finiscono per l’essere
spazzate via dall’idea di una società liquida, dove “non c’è più patria, né
famiglia né religione”.
“Soros”
in questo senso può essere considerato a tutti gli effetti come il degno erede
di “Adam Weishaupt,” fondatore degli “Illuminati di Baviera” nel 1776, che già
al tempo della società dei lumi aveva di fatto concepito una idea di società
universale dove le patrie e loro tradizioni sarebbero state rimosse.
La
Slovacchia non è rimasta immune suo malgrado da questo tipo di infiltrazione e
se si dà uno sguardo alla relazione scritta dal sito ungherese “Tuzfalcsoport”
si ha una idea più precisa di quanto questo processo di ingerenza da parte del
“filantropo” nella società slovacca sia profonda e alquanto invasiva.
La
rete di Soros in Slovacchia.
La”
Open Society Foundation” del magnate di New York si è stabilita nella capitale
slovacca, Bratislava, già nel 1992.
Da
allora la rete della “OSF “si è inserita in ogni settore della società civile
della Slovacchia e si stima che soltanto dal 2016 al 2021 almeno 6 milioni di
dollari siano stati spesi da Soros a favore di organizzazioni e gruppi
mediatici che promuovono gli interessi della società aperta.
Tra
queste organizzazioni c’è anche quella dell’attuale presidente slovacco, “Zuzana
Caputova”, che è considerata vicinissima a “Soros” e che aveva avuto degli scontri durissimi con
“Fico” proprio per via della sua devozione alla causa dello speculatore
americano.
Fico
non aveva girato troppo intorno alla questione e aveva chiaramente accusato la “Caputova”
di non essere altro che un agente di Soros in Slovacchia sotto mentite spoglie.
Il
presidente slovacco aveva risposto a queste accuse con una causa per
diffamazione nei confronti di Fico, eppure il profilo della “Caputova” sembra
essere a tutti gli effetti proprio quello del politico che si è formato in seno
alle organizzazioni statunitensi che sono il cuore dell’anglosfera.
La “Caputova
“infatti ha completato almeno due corsi presso la “USAID”, l’agenzia americana
per lo sviluppo internazionale, dove la presenza e l’influenza di Soros è molto
marcata tanto che si ritiene questa agenzia una di quelle più frequentemente
utilizzate dai servizi di intelligence americani per rovesciare capi di Stato o
di governo che vengono considerati una “minaccia” per gli interessi
dell’anglosfera e della governance mondiale, come accaduto, tra gli altri,
all’ex presidente ucraino “Yanukovich” rovesciato da Washington su ordine di
Soros.
I
legami del presidente slovacco con la “Open Society” non si fermano qui.
La “Caputova”
è autrice di diversi studi e ricerche che sono stati sovvenzionati attraverso
la fondazione di Soros, e dunque quando Fico affermava che il presidente del
Paese aveva un rapporto di stretta dipendenza con il magnate americano
difficilmente gli si poteva dare torto.
Soros
poi ha esteso la sua influenza anche ai media slovacchi.
Attualmente il secondo gruppo mediatico più grande del
Paese risulta essere il “Petit Press”, nel cui azionariato si trova la presenza
del gruppo “Media Development Investment Fund” (MDIF).
L’MDIF
tra il 2016 e il 2019 ha ricevuto dalla fondazione di Soros 21,5 milioni di
dollari e quindi affermare che George Soros oggi sia il secondo più grosso
editore della Slovacchia non è affatto azzardato, in quanto è stato lui a
fornire all’MDIF la liquidità necessaria per acquistare un importante gruppo
mediatico slovacco.
La
lista dei beneficiari di Soros in Slovacchia si allunga poi ad altre ONG quali
la onnipresente “Transparency International Slovacchia “oltre ad associazioni
quali “Inakost “che ha come scopo quello di promuovere i “diritti” delle
minoranze omosessuali.
La
destrutturazione della società slovacca dove l’osservanza della fede
cattolica è maggioritaria è il proposito di Soros e di questa infinita rete di
ONG e associazioni mondialiste che agiscono come quinte colonne della finanza e
delle élite liberali Occidentali.
L’uomo
che ha sparato a Fico come si diceva precedentemente risulta essere “Juraj
Cintula”, un attivista del “partito progressista della Caputova”, vicinissima,
come si è visto, a George Soros.
Il
premier slovacco attraverso la sua politica ostile alla NATO e aperta ad un
dialogo con la Russia stava suscitando non poche irritazioni dalle parti
dell’anglosfera.
In
questo momento, l’anglosfera si trova in una profonda crisi e la sua stessa
esistenza è messa in discussione da un processo politico che sta portando alla
graduale fine dell’ordine liberale internazionale partorito dopo la seconda
guerra mondiale che vedeva l’assoluta supremazia di Washington e del pensiero
liberale sulla sfera Occidentale.
Questo
mondo si trova di fronte ad una crisi esistenziale per via della rinuncia degli
Stati Uniti ad esercitare il ruolo di garante di questa architettura
geopolitica e, al tempo stesso, per la nascita del mondo multipolare che sta
riportando al centro della scena gli Stati nazionali.
Fico
attraverso le sue posizioni ostili a sostegno della NATO in Ucraina aveva
probabilmente irritato più di qualche atlantista a Bruxelles.
Attorno
all’attentato alla sua vita, sembra vedersi l’ombra dell’anglosfera.
Attorno a questo attentato, sembra vedersi l’ombra di
uno degli uomini simbolo di questo potere.
Attorno
a questo attentato, sembra vedersi l’ombra di George Soros.
Attenzione
Bruxelles, in arrivo
il nuovo governo olandese
di Geert Wilders.
Politico.eu
– Redazione Staff Politico – (15 – 5 – 2024) – ci dicono:
Le
priorità del leader di estrema destra includono lo smantellamento della
politica migratoria dell’UE e la diluizione degli impegni verdi.
I
Paesi Bassi hanno raggiunto un accordo di governo per una nuova coalizione di
governo di destra dopo sei mesi di negoziati seguiti alla vittoria elettorale a
sorpresa di Geert Wilders a novembre.
Il
partito di estrema destra di Geert Wilders è destinato a entrare a far parte
del governo olandese – e le onde d’urto non tarderanno a colpire la macchina
dell’UE a Bruxelles.
Dopo
sei mesi di discussioni e negoziati dolorosi, i Paesi Bassi hanno finalmente
raggiunto un accordo di governo per una nuova coalizione di governo di destra.
Da
quando Wilders ha sorpreso l’Europa con la sua vittoria elettorale lo scorso
anno, le possibilità che il veterano del fuoco diventi primo ministro e si
unisca al tavolo del vertice UE sono svanite.
Ha
anche ammorbidito alcune delle sue politiche anti-islamiche più dure e la sua
precedente proposta di un referendum sull’uscita dall’UE, nel tentativo di
raggiungere un accordo per condividere il potere con altri partiti.
Ma
Bruxelles è preparata allo shock.
Se
l’accordo di coalizione sarà confermato, il nuovo governo avrà come
protagonista il Partito per la Libertà (PVV) di estrema destra di Wilders, il Partito
Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) di centro-destra e il movimento
populista di destra Movimento Contadini-Cittadini (BBB) ) e il Nuovo Contratto
Sociale (NSC) centrista.
È
improbabile che rappresenti il “business as usual”.
Il
grattacapo più immediato per l’establishment dell’UE saranno probabilmente i
nuovi piani di migrazione olandesi.
La
coalizione vuole avere la “politica di asilo più rigorosa di sempre” attraverso
una legge di crisi temporanea.
Vuole
rinunciare ad alcune regole dell’UE sulla migrazione, ponendo L’Aia in rotta di
collisione con Bruxelles, che ha appena concordato un nuovo patto su migrazione
e asilo.
Una
seconda questione spinosa è l’allargamento del blocco dei 27 paesi.
I Paesi Bassi erano già uno degli attori più
severi nell’UE, sostenendo che i paesi dovrebbero muoversi verso l’adesione
all’Europa sulla base di riforme interne, non di considerazioni geopolitiche.
La nuova coalizione si concentrerà ancora di
più su questo processo basato sul merito.
Questa
è una notizia potenzialmente negativa per paesi come l’Ucraina, che sta
spingendo per una corsia preferenziale verso l’adesione all’UE.
Ci
sono anche implicazioni politiche più ampie.
L'euroscetticismo
e la frugalità fiscale di Wilders legheranno le mani del nuovo primo ministro
olandese e dei diplomatici olandesi nell'UE, che hanno la reputazione di
spingersi oltre il peso della loro nazione nella sala negoziale.
È improbabile che abbiano la stessa
flessibilità di manovra e di trattativa che avevano sotto il primo ministro
uscente Mark Rutte, ad esempio sui prestiti congiunti per la difesa o
sull’espansione del prossimo bilancio dell’UE.
POLITICO
analizza cosa significherà il nuovo governo per la politica dell’UE nei
prossimi anni.
Finanze
dell’UE: tasche poco profonde.
Rutte
era già conosciuto come “Mr No” a Bruxelles per essersi opposto al prestito
congiunto dell’UE in qualsiasi forma.
Le
cose non potranno che peggiorare con Wilders come kingmaker del nuovo governo
olandese.
Quando
Rutte approvò a malincuore il fondo UE per la ripresa post-pandemia da 700
miliardi di euro nel 2020, Wilders lo accusò di buttare via i soldi dei
contribuenti olandesi per salvare gli italiani che evadevano le tasse.
Il
nuovo governo vuole ridurre i pagamenti dei Paesi Bassi all’UE.
Ciò va
direttamente contro le richieste dei leader europei come il presidente francese
Emmanuel Macron di espandere il bilancio del blocco o di aumentare il prestito
congiunto per finanziare la difesa.
Queste
discussioni saranno al centro dei prossimi negoziati sul nuovo bilancio
pluriennale dell’UE, che entrerà in vigore nel 2028.
L’ultima volta, i colloqui sono culminati in
un vertice maratona di leader di cinque giorni.
Date
le attuali sfide dell’UE – dalla difesa alla transizione verde – i colloqui sartanno
probabilmente già più difficili, e questo prima della richiesta da parte dei
Paesi Bassi di versare meno nel piatto.
Azione
climatica: una tonalità di verde più chiara.
Sotto
Rutte, i Paesi Bassi sono diventati uno dei paesi europei più ambiziosi in
materia di clima. La nuova coalizione di destra sta mettendo fine a tutto ciò.
Sotto
Mark Rutte, i Paesi Bassi sono diventati uno dei paesi europei più ambiziosi in
materia di clima.
La nuova coalizione di destra sta mettendo fine a
tutto ciò.
Il PVV
di Wilders, che minimizza i pericoli del riscaldamento globale, non ha ottenuto
l'approvazione dei partner della coalizione per le sue richieste di stravolgere
gli obiettivi climatici del paese e di uscire dall'accordo di Parigi:
"Ci atteniamo agli accordi [sul clima]
esistenti", dice. Cosi si legge nell'accordo quadripartito.
Ma il
testo non fornisce alcuna indicazione su come il nuovo governo intende
rispettare i propri impegni ai sensi del diritto nazionale, europeo o
internazionale.
Invece,
la
coalizione ha accettato di eliminare una serie di misure climatiche, tra cui un aumento previsto della
tassa sulla CO2 del paese e l’obbligo di sostituire le caldaie a gas fossile
con pompe di calore elettriche.
Vuole inoltre espandere le trivellazioni di gas nel
Mare del Nord, evitando idealmente la costruzione di nuove turbine eoliche
sulla terraferma.
Il
testo menziona il sostegno ai proprietari di case con ristrutturazioni
efficienti dal punto di vista energetico, nonché investimenti nell’idrogeno e
nella cattura del carbonio.
Eppure,
proprio come il manifesto elettorale del PVV, l’attenzione della politica
climatica della coalizione è quasi esclusivamente sull’”adattamento” –
preparando il paese alle condizioni meteorologiche estreme e ad altri effetti
del riscaldamento globale.
C’è solo un vago accenno alla riduzione delle
emissioni che riscaldano il pianeta: “Con le giuste misure, si promuove la
crescita verde e si riducono le emissioni nocive”.
Commercio:
perno protezionistico.
Dopo
una campagna elettorale decisamente a tema nazionale, temi come il commercio e
gli affari esteri sono ancora in qualche modo scatole nere.
L’accordo
a quattro sostiene a parole l’autonomia strategica e la “riduzione delle
dipendenze strategiche, ad esempio quando si tratta della Cina per le materie
prime critiche.”
Allo stesso tempo, il capitolo sul commercio è
significativamente breve e molto meno dettagliato di quelli su alloggi,
migrazione e agricoltura.
Dopo
una campagna elettorale decisamente a tema nazionale, temi come il commercio e
gli affari esteri sono ancora in qualche modo scatole nere.
Due
partiti di coalizione – NSC e BBB – sono nuovi sulla scena, mentre il PVV di
Wilders non è mai stato pienamente coinvolto in una coalizione.
Bruxelles,
tuttavia, sarà senza dubbio sollevata nel leggere che “i Paesi Bassi rimarranno
un partner costruttivo all’interno dell’UE” e che il suo “sostegno politico,
militare, finanziario e morale all’Ucraina per resistere all’aggressione russa”
continuerà.
Tuttavia,
con gli agricoltori rappresentati in modo più prominente nel nuovo governo,
l’Aia sarà probabilmente più critica nei confronti degli accordi di libero
scambio.
L’ultimo
parlamento del marzo 2023 ha criticato l’accordo commerciale a lungo ritardato
con il blocco Mercosur dei paesi sudamericani, e un ministero dell’agricoltura BBB
si opporrebbe sicuramente a qualsiasi accordo del genere.
L’accordo
collega esplicitamente gli accordi commerciali (in particolare non gli “accordi
di libero scambio”) alla “conservazione” della ricchezza a livello nazionale.
In
questo caso sono fondamentali "standard uguali e ragionevoli",
scrivono le parti.
Agricoltura:
lotte per l'agricoltura.
Le
mucche olandesi fanno molto la cacca, e questo ha reso incerto il futuro degli
agricoltori del paese – e ha lasciato alla coalizione Wilders un compito
potenzialmente impossibile.
Per
rispettare i limiti UE sull’inquinamento da azoto, i Paesi Bassi dovranno
ridurre il numero di capi di bestiame e persino chiudere alcune delle loro
aziende agricole. Gli sforzi del precedente governo per rispettare le regole
hanno portato a proteste di massa da parte degli agricoltori.
Nell’accordo
di coalizione, il nuovo governo ha affermato che rivedrà le norme
sull’inquinamento da azoto per consentire agli agricoltori di spruzzare più
letame sui loro campi e prevenire acquisizioni forzate di aziende agricole.
Prevede
inoltre di fare pressione su Bruxelles per rinegoziare la politica dell'UE
sull'azoto e ottenere una nuova deroga alle regole, oltre ad ammorbidire la
definizione delle aree più inquinate.
“I
Paesi Bassi hanno designato l’intero Paese come vulnerabile, quindi la cosa può
essere rivista”, si legge nell’accordo, aggiungendo che il governo “dimostrerà
a Bruxelles che alcune aree non sono più vulnerabili”.
Digitale:
riflettori puntati sulla tecnologia.
I
Paesi Bassi sono orgogliosi di essere all’avanguardia nel digitale in Europa,
con la loro economia dei dati aperti e la promozione di politiche tecnologiche
favorevoli all’innovazione (leggi: soft-hard).
Il
paese ospita la sede europea di Uber, mentre il colosso della stampa di
microchip ASML è il fiore all’occhiello della sua vivace scena tecnologica.
Sotto
il nuovo governo, quell’immagine potrebbe risentirne.
Nella loro lista di 10 priorità, i leader del
partito non hanno menzionato la leadership digitale o tecnologica;
le
poche nuove proposte di politica tecnologica supportano questioni più ampie
come la sicurezza nazionale e la crescita dell’economia.
Gli
osservatori tecnologici si preoccupano meno del fatto che un governo populista
di destra possa ribaltare le posizioni olandesi sulla tecnologia, piuttosto che
del fatto che non sembri affatto eccessivamente interessato alla tecnologia.
Un
motivo per festeggiare:
un’agevolazione fiscale per gli espatriati che serviva
ad attrarre lavoratori della conoscenza era inizialmente nel mirino del
promettente “Nuovo Contratto Sociale del governo”, ma il testo della coalizione
non faceva menzione dell’abolizione o dell’allentamento della misura.
Ciò rappresenterà un grande sollievo per “ASML”,
che all’inizio di quest’anno ha minacciato di spostare i suoi investimenti
altrove se il regime degli espatriati fosse stato abolito.
(Reportage
di Barbara Moens, Gregorio Sorgi, Zia Weise, Koen Verhelst, Bartosz Brzeziński
e Laurens Cerulus)
La
Russia sfonda le linee.
Ora la
Nato pensa di inviare
le
truppe: cosa può succedere.
Msn.com - Filippo Jacopo Carpani – il
Giornale.it – (17-5-2024) – ci dice:
La
Russia sfonda le linee. Ora la Nato pensa di inviare le truppe: cosa può
succedere.
L’avanzata
russa a Kharkiv e in Donbass ha notevolmente peggiorato la posizione
dell’esercito ucraino sul campo di battaglia e acuito il problema della carenza
di uomini di cui soffre da mesi.
Di
conseguenza, i funzionari di Kiev hanno chiesto agli alleati della Nato di
contribuire all’addestramento di 150mila nuove reclute vicino alla linea del
fronte, in modo da poterle rapidamente schierare.
Questo significherebbe l’invio di personale
militare occidentale nel Paese invaso, un passo che porterebbe Unione europea e
Stati Uniti più vicini alla guerra con Mosca.
Il
Cremlino, infatti, ha più volte sottolineato che soldati dell’Alleanza
schierati in Ucraina sarebbero considerati come un obiettivo legittimo.
Fino
ad ora, Washington ha respinto le richieste di Kiev, ma il capo del Joint
Chiefs of Staff “Charles Q. Brown” ha affermato giovedì 16 maggio che “con il
tempo, alla fine ci arriveremo”.
Il
generale ha però sottolineato che, ad oggi, un impegno diretto nel Paese invaso
“metterebbe a rischio gli addestratori della Nato” e significherebbe decidere
se impiegare i pochi sistemi di difesa aerea a disposizione di Kiev per
proteggere il personale occidentale o le infrastrutture critiche.
In
quanto parte del Patto atlantico, inoltre, gli Usa sarebbero tecnicamente
obbligati a rispondere a qualunque attacco contro militari alleati.
Fin
dall’inizio del conflitto, l’amministrazione Biden ha sempre categoricamente
negato la possibilità dei” boots on the ground”, una posizione ribadita anche
di recente, e ha invitato gli alleati della Nato a fare altrettanto.
Negli ultimi mesi, però, il presidente francese
“Emmanuel Macron” ha più volte ventilato la possibilità dell’invio di un
contingente a sostegno delle forze ucraine, sottolineando come “nessuna scelta
deve essere esclusa” per garantire la sconfitta della Russia.
Inizialmente,
gli altri membri dell’Alleanza si sono opposti a questa eventualità, ma negli
ultimi giorni il governo dell’Estonia ha dichiarato di star valutando l’opzione di mandare truppe
nel Paese affinché assumano ruoli di retroguardia, in modo da permettere alle
forze di Kiev impegnate dietro le linee di raggiungere il fronte.
In più, il ministro degli Esteri lituano “Gabrielius
Landsbergis”
ha appoggiato le posizioni di Macron in un’intervista rilasciata al The
Guardian.
"Le nostre truppe hanno addestrato gli ucraini in
Ucraina prima della guerra”, ha affermato. “Quindi tornare a questa tradizione
potrebbe essere abbastanza fattibile”.
(Ora I
militari ucraini combattono per tenere” Vovchansk”.)
Un
cambiamento di vedute non da poco, questo, che si scontra con la posizione
ufficiale della Nato ripetuta più volte dal segretario generale “Jens
Stoltenberg” e, almeno sulla carta, fermamente impostata sulla linea del non
intervento diretto.
Potrebbe
essere un’indicazione del fatto che la situazione per gli ucraini sia destinata
a peggiorare nei prossimi mesi, nonostante le dichiarazioni del capo supremo
delle forze dell’Alleanza in Europa “Christopher Cavoli “secondo cui i russi
non hanno “i numeri” e le “capacità” per ottenere successi strategici lungo il
fronte.
In
ogni caso, la presenza di truppe occidentali nel Paese invaso segnerà il
passaggio di una linea rossa da cui sarà molto difficile tornare indietro.
‘Linea
di difesa ucraina’ che
qualcuno
si è rubato,
denuncia
la BBC.
Remocontro.it - Piero Orteca – (13 Maggio 2024)
– ci dice:
Le cose in Ucraina vanno di male in peggio. E
la BBC, il prestigioso network televisivo britannico cerca di capire il perché,
andando a fare giornalismo d’inchiesta ‘al fronte’. Spedisce i suoi corrispondenti in
prima linea, sotto il fuoco incrociato dei cecchini e li fa parlare con
ufficiali e soldati.
Giornalismo d’assalto, che non ha nulla a che
vedere con le rimasticate notizie d’agenzia che molti giornali ci propongono
tutte le mattine.
Giornalismo
d’assalto in prima linea.
Putin,
fiutato il vento impetuoso della crisi mediorientale, che sta squassando
l’America e l’Occidente, coglie l’attimo.
E attacca.
Lo fa in un preciso settore del fronte, nell’area di “Kharkiv”,
ottenendo risultati insperati, nel giro di una settimana.
Villaggio dopo villaggio, i piccoli centri
cadono a uno a uno, mentre il capoluogo viene sottoposto a furiosi
bombardamenti.
Secondo
l’ISW
(l’Istituto per lo Studio della Guerra) di Washington, l’obiettivo di Mosca
potrebbe essere quello di costringere l’esercito ucraino a richiamare le sue
riserve dal Donbass.
Sguarnendo
quel fronte e consentendo ai russi di avanzare verso ovest sud-ovest.
Quella
contro Kharkiv, insomma, sarebbe solo una ‘finta’, dato che i rilevamenti
satellitari indicano una presenza di truppe insufficiente a sostenere
l’eventuale conquista di quella città.
Sono state segnalate, infatti, unità schierate
per un totale di circa 50 mila soldati.
Le
‘linee di difesa’ scomparse.
Piuttosto,
quello che stupisce gli analisti è la facilità con la quale sono avanzati i
russi.
“Jonathan Beale”, corrispondente di
guerra della BBC, ha intervistato un ufficiale comandante di un “Gruppo
speciale da ricognizione ucraino”.
I suoi
chiarimenti (ma sarebbe meglio dire il suo sfogo) sono, allo stesso tempo,
indicativi e frustranti.
“Non
esisteva una prima linea di difesa. L’abbiamo visto – dice – i russi sono
entrati semplicemente, senza campi minati”.
La “BBC”
poi rivela i contenuti filmati di un drone, mostratogli dall’ufficiale ucraino,
dove si possono vedere le truppe russe che attraversano tranquillamente il
confine senza essere disturbate.
Eppure,
lì avrebbero dovuto esserci opere di difesa ben costruite, “realizzate a costi
enormi” secondo il militare di Kiev.
Ma non
c’era niente. “
O si è
trattato di un atto di negligenza – conclude amaro – o di corruzione.
Non è
stato un fallimento. È stato un tradimento”.
Errori,
corruzione e tradimento.
Un
errore di calcolo grave, quello commesso dagli americani.
Perché,
anche se nessuno lo dice apertamente, le strategie di difesa ucraine vengono
elaborate sotto la supervisione del Pentagono.
E, non
a caso, proprio la BBC scrive che “tutti sapevano che probabilmente questa incursione
russa sarebbe avvenuta. Sia l’Intelligence ucraina che quella occidentale
sapevano che la Russia stava ammassando forze oltre il confine”.
Ma si
è scelto di non intervenire, perché non si poteva azzardare lo spostamento di
ulteriori riserve dal fronte di Donetsk.
Già in quell’area, dopo la presa di “Avdiivka”
le truppe russe stanno adottando la “tattica del carciofo”:
inglobano i villaggi più piccoli uno a uno,
fino a chiudere le linee di rifornimento dei centri più grandi.
Per
poi soffocarli.
Non hanno né problemi di uomini e nemmeno di
proiettili.
La BBC dice che l’esercito di Zelensky riesce
a sparare una cannonata, per ogni 10 che ne sparano i russi.
Inoltre,
l’assoluto dominio dei cieli, da parte di Mosca, le consente di utilizzare una
nuova arma, la “bomba planante”, capace di colpire bersagli anche molto lontani con letale
precisione.
La
‘bomba planante’ e il colpo finale.
Ma, in
definitiva, che piega hanno preso gli avvenimenti in Ucraina?
Le
linee di difesa, dopo mesi di pressione e di martellanti bombardamenti, sono
forse vicine al collasso?
Certo,
tutti gli analisti pensano che questo sia il momento più difficile della guerra
per Kiev.
E non è solo una questione di rifornimenti
bellici o di assistenza finanziaria.
La strategia americana, lungamente studiata al
Pentagono, era quella di “cronicizzare la guerra” per dissanguare la Russia.
Tutto questo, naturalmente, grazie soprattutto
alle sanzioni economiche adottate in più pacchetti e in modo sempre più
stringente e selettivo.
Non è
stato, però, calcolato che altre crisi planetarie avrebbero potuto distogliere
attenzione e risorse dall’Ucraina.
Come
poi in effetti è avvenuto.
E, inoltre, non si è pensato che una “guerra
di logoramento”, alla fine logora tutti.
A cominciare dalle grandi democrazie, che
hanno un’opinione pubblica capace di mandare a casa i loro “logorati” governi.
LA
(NON) SORPRESA.
Cpomedonchisciotte.org
- Markus – (17 Maggio 2024) – Alexs - bmanalysis.substack.com- ci dice:
L’Ucraina
è alle corde.
La
recente incursione della Russia a Kharkov è stata uno shock per alcuni, mentre
per altri era prevista. Per l’Ucraina, potrebbe significare la fine.
Approfondiamo l’attuale crisi ucraina.
L’Ucraina.
Nel
gennaio del 2023, avevo scritto un articolo che delineava quella che ritenevo
la più probabile sequenza di eventi nel conflitto in Ucraina.
Con mio grande stupore, gli eventi dei 18 mesi
successivi si sono svolti quasi esattamente come avevo previsto.
Invito tutti a rileggere questo articolo,
perché le mie previsioni sono ancora attuali e siamo entrati nella quarta fase
(di cinque).
La quinta fase deve ancora svolgersi.
Ribadirò
alcuni dei presupposti di questo articolo.
Nella
mappa esistente potete vedere la divisione del confine ucraino in cinque fasi o
teatri di guerra, attualmente stiamo assistendo all’attivazione del quarto
teatro.
Nel
vecchio articolo avevo dato la seguente spiegazione:
Teatro
4.
Il
teatro 4 è lungo e si estende molto a nord e a ovest.
Per il
momento, mentre scrivo questo articolo, non vedo alcuna possibilità fisica di condurre
un’offensiva su larga scala dalla Bielorussia verso l’Ucraina.
Non ci sono né attrezzature sufficienti né la
logistica necessaria.
Quindi,
grandi manovre dalla Bielorussia sono attualmente impossibili.
Quello
che presumo, in effetti, è quanto segue.
Vedremo localmente, non solo nella zona numero
4, ma in alcuni punti (non so dove), piccole incursioni per bloccare e
impegnare il nemico in prossimità del confine.
Per tenere a nord il maggior numero possibile
di truppe, equipaggiamenti e impegni logistici.
Allo
stesso tempo, presumo che potremmo assistere all’inizio di una campagna aerea
russa su obiettivi al di là del confine settentrionale dell’Ucraina.
Poiché
la maggior parte delle difese aeree sono attualmente concentrate intorno alle
infrastrutture critiche o già esaurite, molto probabilmente assisteremo al
nuovo ruolo del generale “Surovikin”.
Colpire
e degradare le risorse ucraine nel nord.
E
l’Ucraina dovrà sostituirle costantemente, per non aprire la porta a Kiev.
Allo
stesso tempo, potremmo forse assistere al concentramento di truppe e materiale
in Bielorussia.
Questo
potrebbe andare avanti forse fino all’inizio dell’estate 2023.
Si
verificherà la stessa situazione di” Artemovsk”.
Non
appena i rifornimenti di truppe ed equipaggiamenti inizieranno a diminuire nel
nord, la Russia potrà ritenere che sia il momento giusto per mettere in
sicurezza Kiev.
Requisiti
per una mossa su Kiev:
Crollo completo del fronte del Donbass.
Crollo
completo del fronte settentrionale.
A
seconda della situazione politica, potremmo assistere già a una resa completa o
solo allo spostamento delle truppe russe in prossimità di Kiev.
Forse anche all’inizio dell’accerchiamento di
Kiev.
Sono
necessarie ulteriori spiegazioni?
Sì.
Sono successe molte cose da quell’articolo e credo sia opportuno aggiornare la
mia valutazione e spiegare cosa sta succedendo (almeno quello che penso stia
succedendo), e se le mie previsioni erano state corrette.
Innanzitutto,
cosa è successo?
A
qualcuno potrebbe essere sfuggito.
La Russia ha attraversato il confine con
l’oblast’ “ucraino” di “Kharkov” dalla regione di Belgorod e ha rapidamente
conquistato più di una dozzina di villaggi e città in prossimità del confine.
Al
momento in cui scriviamo, la Russia sta conquistando le importanti città di “Volchansk”
e” Liptsy”.
Perché
queste città sono importanti?
Perché
sono ostacoli all’interdizione di alcune linee di rifornimento vitali per città
come” Izyum” e “Kupyansk.”
E ricordate,” Izyum” è la chiave per” Slavyansk”
e “Kramatorsk”, che sarebbero il punto di arrivo del teatro di guerra del
Donbass. Lo possiamo vedere sulla mappa.
Ma
prima parliamo di tattica, operazioni e strategia.
Perché
la Russia punta su Kharkov da questa angolazione?
Ad
essere onesti, non ho informazioni interne, ma offrirò la mia valutazione.
La Russia è entrata nella regione di “Kharkov”
per prendere la città di “Kharkov”?
Sicuramente
no. Non ci saranno combattimenti, almeno non combattimenti importanti, nelle
grandi città russe.
Cosa
che “Kharkov” sicuramente è.
Quindi,
no, la Russia non si avvicinerà a Kharkov con l’intenzione di liberarla con la
forza.
Non
fraintendetemi.
Kharkov
sarà molto presto di nuovo sotto la bandiera russa.
Ma, in
questo caso, direi piuttosto che la probabilità più alta è che, ad un certo
punto, l’esercito ucraino si ritiri da Kharkov.
E le
truppe russe si troveranno nelle vicinanze per entrare in azione quando ciò
accadrà.
Ma
perché gli ucraini dovrebbero ritirarsi da Kharkov?
È la seconda città “ucraina” per grandezza.
E un
importante centro industriale.
Semplicemente
perché non ha più valore per l’Occidente.
Tutti
sanno che il territorio a est del Dnieper è comunque perso.
Sprecare
altre risorse, che saranno necessarie per tenere il sud, non è nell’interesse
della NATO.
La
miglior difesa per il momento è tenere il sud.
Mantenere
una testa di ponte verso la Crimea, che è la priorità N° 2 per l’Ucraina. La
priorità N°1 è tenere Odessa, poiché ha implicazioni militari strategiche per
la NATO.
L’ho
spiegato nella mia recente analisi. Odessa è ancora più importante di
Kiev.
Quindi
sì, ci sarà o un collasso delle forze ucraine sul lato orientale del Dnieper o
un ritiro strategico non appena le riserve disponibili raggiungeranno un
livello critico.
Considerando
le recenti ammissioni di Budanov, Syrskyi e dello stesso Zelensky, non siamo lontani da questo
momento.
Tenetevi pronti per alcuni cambiamenti
importanti a breve.
La Russia è entrata per colpire Kharkov come
rappresaglia per gli attacchi su Belgorod?
Sicuramente
no.
E la
Russia non colpirà Kharkov, nemmeno quando la città sarà a distanza di tiro
dell’artiglieria. Non succederà.
Kharkov è una città russa con abitanti russi.
Sarebbe come prendere di mira se stessi.
La
Russia prenderà di mira le installazioni militari a Kharkov e dintorni e la
logistica a Kharkov e dintorni.
Così
facendo, accelererà la decisione delle autorità naziste di abbandonare la città
perché, a questo punto, sarà diventata un peso enorme.
Soprattutto
considerando gli enormi tritacarne in preparazione nel Donbass.
La Russia è entrata per proteggere il confine
da ulteriori incursioni?
Sì, è
uno dei motivi di questa incursione.
È
l’unica ragione? No, non credo. Ma è un bell’effetto collaterale. Ci sono molti
più luoghi al confine dove le provocazioni ucraine possono ancora avere luogo.
E le armi a lungo raggio ucraine, purtroppo, continuano a colpire le
installazioni civili a Belgorod.
La Russia è entrata per logorare le forze
ucraine?
Assolutamente
sì.
Questa
è una delle ragioni principali dell’incursione.
Assicurarsi che l’Ucraina si sovra estenda su
tutte le altre linee del fronte, visto che le sue riserve strategiche sono
esaurite.
Completamente esaurite.
Le
brigate devono presidiare centinaia di chilometri di fronte e non vengono più
rimandate nelle retrovie per essere ricostituite ma vengono ripristinate in
modo frammentario con i coscritti.
Ciò
significa che la densità delle brigate nelle sezioni di prima linea è ridotta, il che accelererà ulteriormente il
collasso di queste sezioni avanzate.
Me
l’ero già chiesto nel mio precedente articolo, “Chasov Yar “dovrà essere presa
d’assalto o trasformata in un tritacarne, o la linea del fronte crollerà prima
ancora a causa della mancanza di rinforzi?
Oppure
“Kharkov” sarà sacrificata per cercare di difendere il Donbass un po’ più a
lungo?
Non lo
so. Vedremo.
Non dimenticate che ci sono molte altre
sezioni critiche del fronte oltre a “Kharkov” e “Chasov Yar”.
E tutte hanno bisogno di uomini… Questa situazione
finirà molto male, molto presto… Almeno per gli ucraini nella parte orientale
del fiume Dnieper.
La Russia è entrata per alleggerire altre
linee del fronte?
Penso
che se la Russia riuscirà ad avanzare, passo dopo passo, man mano che il crollo
del nemico glielo consentirà a sud-est della città di “Kharkov”, sarà in grado
di prendere sotto tiro le linee di rifornimento vitali degli ucraini.
Le
linee di rifornimento dalla città di “Kharkov” alle postazioni del fronte
orientale nella regione di Kharkov (Kupyansk, per esempio).
Ecco
alcuni aspetti da discutere:
Come
sempre, dobbiamo distinguere tra strategia, operazione e tattica.
Le mosse strategiche hanno un impatto significativo sulla
guerra nel suo complesso.
Le mosse operative hanno un impatto significativo su un
particolare teatro di guerra.
La mossa stessa potrebbe avvenire nel teatro
di guerra in cui si vuole ottenere l’effetto oppure potrebbe avvenire in un
teatro di guerra remoto per provocare una reazione da qualche altra parte.
Le mosse tattiche servono esclusivamente a cercare di
migliorare una certa situazione in un particolare settore del fronte.
La
Russia entrerebbe a Volchansk e Liptsy solo per il gusto di infastidire le
truppe ucraine a Kharkov e dintorni (una mossa tattica)?
NO!
Se la
Russia si fosse mossa per mettere sotto controllo di fuoco le vie di
rifornimento di Kharkov, sarebbe una mossa operativa.
Questo
non è ancora possibile, poiché la Russia si è spinta solo a est di Kharkov e le
vie di rifornimento sono a ovest della città.
Ulteriori
sviluppi riveleranno le intenzioni delle forze russe.
Per
bloccare Kharkov, sarebbe necessaria un’incursione da un’altra angolazione,
forse da qualche parte intorno alla città russa di confine di “Greyvoron”
(segnata sulla mappa).
Inoltre,”
Slatyne” dovrebbe essere liberata e [a questo punto] la logistica sul fronte
orientale dell’Oblast di” Kharkov “diventerebbe insostenibile per l’Ucraina.
In
questo caso, le forze ucraine stanziate in loco si troverebbero in una
situazione disastrosa e dovrebbero essere ritirate.
Queste
azioni tattiche e operative, se attuate correttamente, culminerebbero in un
successo strategico, come la conquista della città di “Kharkov “senza un’azione
diretta (costosa) che comporti combattimenti cittadini strada per strada.
Questa è la situazione che si sta sviluppando
intorno a Kharkov e mi aspetto che questa strategia complessiva includa
ulteriori incursioni a ovest della città di Kharkov e a Sumy.
In definitiva, questa strategia potrebbe
includere un’azione a ovest di Kiev, anche se prevedo che la campagna di Kiev
inizierà più tardi, quando le Forze Armate dell’Ucraina saranno quasi
sconfitte.
Per
Kiev si tratterebbe di una campagna simile a quella di Kharkov, con l’obiettivo
di creare dei cunei a est e a ovest di Kiev, come era stato fatto nel 2022.
Ma
torniamo alla strategia.
Come
già detto, l’Ucraina ha perso quasi completamente le sue riserve strategiche.
Può solo tappare i buchi nelle brigate esistenti con i coscritti.
Il
piccolo numero di soldati addestrati dalla NATO che arriva occasionalmente è
troppo esiguo per fare la differenza.
L’apertura
di una nuova linea del fronte, che richiede una nuova infrastruttura logistica
per le operazioni più importanti, può essere considerata una mossa strategica
indipendentemente dalle sue dimensioni.
È una
mossa strategica per finire un nemico già in difficoltà e questa è la
condizione delle truppe ucraine a est del Dnieper.
Il che
mi porta alla conclusione:
se una
mossa, anche se piccola come l’attuale incursione russa a nord della città di
Kharkov, ha una grande influenza sui principali teatri di guerra, allora è una
mossa strategica.
In
altre parole, la Russia ha fatto il primo passo di una catena strategica di
eventi per sconfiggere completamente l’Ucraina e portarla ad una resa
incondizionata.
Sfortunatamente,
molti ucraini e russi moriranno ancora prima della conclusione dell’operazione.
È
interessante chiedersi perché non ci fossero fortificazioni sul lato ucraino
[davanti a Kharkov].
La
questione è un po’ più complicata di quanto sembri.
C’è un
approccio facile: la corruzione ucraina.
E sì,
sono sicuro che la corruzione ucraina abbia avuto un ruolo.
Ma non
può essere l’unica ragione.
Un’organizzazione militare è grande e composta
da molti ufficiali. Alcuni degli ufficiali ucraini combattono, almeno in parte,
perché credono alla propaganda occidentale.
Quindi, vogliono difendere sé stessi, i loro uomini e
il loro Paese.
È
impossibile che non ci sia un solo ufficiale tra i tanti che non si sia
lamentato o non abbia riferito o fatto trapelare in qualche modo la mancanza di
fortificazioni al confine.
Dopo tutto, la mancanza di fortificazioni
comporta un tasso di vittime significativamente più alto da parte ucraina e,
potenzialmente, anche per questi stessi ufficiali, se le prime linee non
riescono a trattenere il nemico.
Inoltre,
c’è la NATO.
La
maggior parte delle operazioni sono coordinate dalla NATO.
E un
certo numero di personale della NATO si aggira per l’Ucraina e ispeziona le
installazioni militari per verificarne la prontezza.
Il personale americano è molto attivo nella
supervisione dei propri investimenti.
Quindi,
c’erano sia unità militari ucraine che forze speciali del GUR che compivano
incursioni in territorio russo in questa direzione.
Avrebbero dovuto attraversare queste “linee
difensive” per raggiungere il confine russo.
“Budanov”,
che è a capo del “GUR” e che ora sta attaccando “Syirsky”, avrebbe avuto
informazioni molto precise sulla situazione.
Il suo dipartimento aveva pianificato in
dettaglio le operazioni in questa regione.
Tutto
questo è una stronzata. E sì, anche corruzione. Una buona combinazione per gli
ucraini.
Personalmente
penso che la situazione fosse ben nota a Kiev e anche a Washington.
Ma si è deciso di non concentrare risorse in
questa direzione, perché era più importante tappare le falle su altri fronti.
Quindi,
dopo aver valutato il rischio di un’invasione dal nord ed essere giunti alla
conclusione che il rischio era basso, potrebbero aver deciso di non far nulla.
Quando
è diventato chiaro che la Russia avrebbe potuto invadere, era ormai troppo
tardi.
Non si
possono costruire fortificazioni con il nemico alle porte.
Almeno
non fortificazioni efficaci.
E con quali risorse?
Per
usare un eufemismo, le “risorse” ucraine stanno morendo ovunque più velocemente
che mai.
Per quanto ne so, gli ucraini stanno morendo
in numero molto maggiore rispetto al passato.
Numeri
di 1700 morti e feriti gravi al giorno non sono ormai niente di insolito.
E la
Russia ha sfruttato questa situazione.
Per
quanto ne so, la Russia ha invaso con un piccolo numero di truppe mobili, la
maggior parte delle quali erano forze speciali altamente addestrate per
superare i primi ostacoli.
In seguito sono stati introdotti battaglioni
regolari dell’esercito motorizzato, che sono continuati ad arrivare anche dopo
l’apertura del confine.
Ad
essere onesti, è estremamente difficile anticipare un attacco con una simile
strategia.
Tuttavia, sono sicuro che era un fatto noto a
tutti coloro che avrebbero dovuto saperlo.
Persino
io avevo scritto dell’imminente incursione qualche giorno prima che avvenisse.
Anche molti altri lo avevano fatto.
Ecco
del mio precedente articolo, due giorni prima che accadesse:
Credo
che Budanov, Syirsky e Zelensky fossero a conoscenza dello stato delle
“fortificazioni” e stiano sfruttando la situazione l’uno contro l’altro. E…
anche i russi lo sapevano.
Voglio
comunque lanciare un avvertimento importante.
“Budanov” ha parlato pubblicamente della situazione
disastrosa delle forze ucraine e della disponibilità di risorse umane.
È il
capo dell’intelligence militare. Tutto ciò che dice ha uno scopo.
E no,
la struttura di comando ucraina non si sta ancora sgretolando, quindi ognuno fa
e dice quello che vuole.
“Budanov”
ha uno scopo.
Anche
se gli ucraini fossero vicini al collasso totale (cosa che potrebbe salvare
molte vite), penso che saranno in grado di tenere il lato est del Dnieper per
almeno uno o due mesi, se non di più.
Forse
le lagnanze e le zuffe pubbliche tra Budanov, Syirsky e Zelensky sono dirette sopra tutto all’opinione
pubblica europea e americana e ai loro politici per ottenere più armi, truppe
sul terreno, l’approvazione a colpire le infrastrutture russe, ecc.
Dopo
tutto, abbiamo visto “Anthony Blinken” arrivare immediatamente in Ucraina.
Il bisticcio pubblico ha avuto un certo effetto.
“(Aleks)
(bmanalysis.substack.com)
(bmanalysis.substack.com/p/the-nonsurprise-i?utm_source=post-)
Xi
Jinping rafforza l’asse
con
Putin ma avverte: non
sfidare
l’Occidente.
Msn.com - Paolo Guzzanti -Il Riformista –
(17-5-2024) – ci dice:
A
sorpresa, la dichiarazione congiunta di Putin e Xi Jinping auspica che la
guerra in Ucraina non evolva peggiorando.
Il che in apparenza è bizzarro perché la
Russia sta sfondando sul fronte ucraino e Putin è partito per Pechino lasciando
Mosca tappezzata di manifesti e grandi led elettronici inneggianti alla
vittoria.
Ma per la logica interna della relazione, Xi
Jinping non mostra entusiasmo per una vittoria del suo ospite perché teme il
regolamento dei conti con gli Stati Uniti, i quali soltanto ora hanno capito in
quale raffinato modo i cinesi abbiano permesso a Putin di vincere.
Lo hanno fatto fornendo alla Russia non le
armi, ma macchine che fabbricano macchine.
Sono
chiamate macchine “duali” perché possono produrre due generi: armi per la
guerra e utensili per la pace.
I
rifornimenti.
La
Russia, dunque, ha avuto dalla Cina molto più che armi e munizioni da impiegare
in battaglia, come l’Ucraina dagli americani prima che sospendessero i
rifornimenti a causa delle posizioni repubblicane.
La
Cina ha fornito ai russi la tecnologia con cui si fabbricano armi intelligenti
sfornate ad un ritmo mai visto neanche ai tempi della guerra fredda.
Non
per questo Xi Jinping è stato entusiasta della vittoria di Putin in Ucraina e
per segnalarlo ha vietato di registrare sulle carte geografiche cinesi
l’annessione russa della Crimea, che per Pechino seguita ad essere ucraina con
grande disappunto dell’ospite Putin.
Oggi
Xi Jinping è molto preoccupato per gli effetti che la sua collaborazione al
successo russo già sta provocando negli Stati Uniti, che chiudono bruscamente
al mercato cinese proprio perché alla Casa Bianca hanno capito che se
l’esercito di Mosca sta vincendo in Ucraina dopo due anni di sconfitte e
sostanziale paralisi è soltanto per un motivo:
la
Cina compera da tre anni enormi quantità di petrolio russo che paga in
tecnologia raffinata, autoveicoli elettrici anche pesanti, terre rare per
microchip e queste nuovissime macchine che sanno costruire altre macchine e che
cioè possono essere usate per progettare e produrre sia lavastoviglie che carri
armati, missili o spremi limoni, ma più che altro vere strategie produttive.
La
mostra pubblica delle armi della NATO.
Prima
di partire per Pechino, Putin ha fatto allestire davanti al Museo della
Vittoria una mostra pubblica delle tanto temute armi della NATO catturate in
Ucraina, come i formidabili ma inservibili carri armati M1 Abrams americani e
il tedesco Leopard, mostrando all’opinione pubblica che la Russia è sempre più
forte e armata con tecnologia molto più sofisticata di quella degli eserciti
occidentali.
Grazie a una concessione di “Xi Jinping” – che
solo da pochi mesi è venuta alla luce – le nuove e vincenti armi sono state
costruite direttamente dai russi nelle officine che utilizzano macchine duali
cinesi, accoppiati con i più sofisticati computer che sanno calcolare e
organizzare la guerra.
Ma i
cinesi, come sottolinea l’Economist, non sono affatto felici di un’eventuale
vittoria russa perché sanno che una sconfitta clamorosa dell’Occidente
esporrebbe in maniera crescente alle rappresaglie economiche americane e
inglesi, ma specialmente americane visto che il mercato degli Stati Uniti copre
più del 70% dell’export cinese.
Il gigantesco Xi e il minuto Vladimir hanno però
voluto ribadire un principio che allarma Stati Uniti ed Europa:
quello
secondo cui i due Paesi sono legati da un patto d’amicizia “illimitato”.
Un
aggettivo estraneo al linguaggio diplomatico.
Che
cosa significhi è il rovello delle capitali occidentali perché l’architrave
ideologico di una tale alleanza è il comune nemico americano con i suoi
alleati.
Secondo
la dottrina cinese il nemico occidentale non deve essere distrutto con la
guerra, ma tenuto a bada con la minaccia della guerra.
L’esercito
cinese.
Questo
è il motivo per cui la Cina si è dotata di esercito, aeronautica e una marina
di grandi dimensioni (ma priva di esperienza di combattimento) di pura
rappresentanza militare.
Cina e
Russia sono state per decenni sul punto di farsi guerra lungo il fiume Ussuri.
E di
quella inimicizia approfittò il presidente americano Richard Nixon che riuscì
ad allearsi con Mao Zedong contro l’Unione Sovietica.
Oggi tutto ciò è sepolto nella memoria.
La
visita di Putin dimostra il ribaltamento di quell’antica inimicizia: le due
potenze sono “illimitatamente amiche” perché unite dal comune nemico, ma non
necessariamente alleate.
Il
loro è un matrimonio di convenienza perché la Cina non ha alcuna intenzione di
combattere contro gli Stati Uniti che hanno già avviato una politica di
sanzioni al sistema bancario cinese.
Come
definire dunque il cuore dell’alleanza fra Mosca e Pechino?
Xi Jinping usa l’espressione “bainian bianju” che vuol dire:
“il
futuro che noi vogliamo”.
E
vorrebbe che Putin adottasse la sua idea di futuro, senza essere trascinato in
uno scontro diretto con l’Occidente.
Il
complotto ebraico
per
schiavizzare l'umanità.
Unz.com - PIERRE SIMON – “14 MAGGIO 2024) –
ci dice:
Con
una bugia si può andare molto lontano, ma non si può tornare indietro.
(Proverbio
ebraico)
Alle
radici dell'ebraismo politico.
Gli
ebrei globalisti e i loro vassalli hanno la brutta abitudine di infangare i
loro oppositori con accuse di "teorici della cospirazione",
sottintendendo con questo insulto che le cospirazioni esistono solo nella
fertile immaginazione dei loro critici, che sono comunemente ritratti come un
branco di pazzi bugiardi.
Tuttavia, secondo il professore di
antropologia biologica dell'”Università di Harvard”, “Richard Wrangham” , ci dice:
“L'innovazione
vitale che ha dato origine a un nuovo tipo di sistema politico è la trama.
La
capacità di complottare [cospirare] piuttosto che la capacità di fabbricare
armi è ciò che bilancia le forze tra i classici maschi alfa e la coalizione dei
deboli.
La
capacità di tracciare è un esempio di ciò che lo psicologo “Michael Tomasello”
ha definito "intenzionalità condivisa", un tipo di collaborazione in
cui i partecipanti hanno stati psicologici in comune.
Questa
capacità è stata recentemente ritenuta dallo psicologo Michael Tomasello unica
per la specie umana.
Gli
esseri umani eccellono nell'intenzionalità condivisa, che è già presente nei
bambini di appena un anno, mentre gli scimpanzé non ne mostrano quasi alcun
segno.
Secondo
Tomasello, lo sviluppo tipicamente umano dell'intenzionalità condivisa spiega
perché gli esseri umani possono fare molte cose speciali, dall'uso della
matematica alla costruzione di grattacieli, dal suonare una sinfonia alla
formazione di governi.”
Se,
come crede “Richard Wrangham”, la selezione contro l'aggressività reattiva in
persone impulsive che hanno difficoltà con la frustrazione ha effettivamente
portato all'auto-addomesticamento degli esseri umani, il globalismo e la sua propaggine
sionismo sarebbero in questo senso un tentativo di addomesticare l'umanità un
passo avanti nella schiavitù.
Questo tentativo è reso possibile solo
dall'intenzionalità condivisa dei principali belligeranti. È una cospirazione nel senso più puro
del termine. Uno dei più importanti cospiratori del globalismo, il vassallo ebreo “David
Rockefeller”, non fa mistero del fatto:
Alcune
persone pensano addirittura che noi [la famiglia Rockefeller] siamo parte di
una “Cabala segreta” che lavora contro i migliori interessi degli Stati Uniti,
che siamo internazionalisti che cospirano con altri in tutto il mondo per
costruire una struttura politica ed economica globale più integrata, un unico
mondo, se volete. Se questa è l'accusa, ne sono colpevole e orgoglioso.
Questo
complotto ebraico contro l'umanità è confermato anche in un libro di “Joseph W.
Bendersky” intitolato” The Jewish Threat”.
Politica
antisemita nell'esercito degli Stati Uniti.
"In
parole povere", scrive “Ron Unz”, caporedattore ebreo e proprietario di
uno dei siti web di informazione più affidabili d'America, “The Unz Review”, "i capi militari statunitensi in
quei decenni credevano ampiamente che il mondo si trovasse di fronte a una
minaccia diretta da parte dell'ebraismo organizzato, che aveva preso il
controllo della Russia e allo stesso modo cercava di sovvertire e ottenere il
controllo sull'America e sul resto della civiltà occidentale".
Gli
esseri umani sono fatti così, per portare a termine un progetto, hanno bisogno
di un piano generale, di una strategia, di un metodo, e per evitare di allertare i loro
avversari, devono necessariamente pianificare in segreto, cioè complottare. L'intenzionalità condivisa è infatti
uno dei nostri istinti.
Che si tratti di una squadra sportiva, di un
esercito, di un partito politico o dell'idra globalista, senza un piano di
gioco o un playbook, fallirai.
Se si
vuole, in altre parole, sterminare 6 milioni di ebrei nelle camere a gas, c'è
bisogno di un piano, non avverrà per telepatia o per "un incredibile
incontro di menti, un consenso, una lettura della mente da parte di una
burocrazia lontana", come dice il più prestigioso specialista
dell'Olocausto “Raul Hilberg” in quella che è considerata la bibbia
dell'Olocausto: La
distruzione degli ebrei europei.
Cos'altro
poteva dire!
Contrariamente
alle affermazioni ebraiche, come dimostrato in modo conclusivo in entrambi i
processi Zundel e in un numero enorme di libri e articoli contraddittori, non
ci sono documenti, non c'è ordine firmato da Hitler o da chiunque altro, non ci
sono piani per la costruzione di camere a gas, non ci sono immagini di una
camera a gas omicida, non ci sono tracce di gas nelle presunte camere a gas
presentate al pubblico, non ci sono fatture per le centinaia di tonnellate di
carbone necessarie per incenerire milioni di corpi, niente fosse comuni, niente
ceneri da nessuna parte, solo testimonianze e finzioni hollywoodiane che non
provano nulla.
Dichiarazioni circolari come la seguente sono
ciò che i fanatici dell'Olocausto come “Deborah Lipstadt” considerano una prova
sufficiente:
Non
c'è bisogno di chiedersi come, tecnicamente, sia stato possibile un tale
omicidio di massa.
Era
tecnicamente possibile perché ha avuto luogo.
Questo
è il punto di partenza obbligato di ogni indagine storica su questo argomento.
Era
nostro dovere ricordarvi semplicemente questa verità: non c'è, né ci può
essere, alcun dibattito sull'esistenza delle camere a gas.
Ma
attenzione, signora “Lipstadt”, con l'avvento dell'intelligenza artificiale,
questo tipo di prove "schiaccianti" potrebbero non essere più
sufficienti.
Ad
esempio, se poni a” infoChatbot” le seguenti domande, come ha fatto
l'intellettuale cattolico” Dr. E. Michael Jones”, ottieni le seguenti risposte:
Quanti
ebrei sono morti ad Auschwitz?
Il
chatbot ha
risposto: "Si
stima che almeno 1,1 milioni di persone siano morte ad Auschwitz, la maggior
parte delle quali erano ebrei.
Gli
ebrei uccisi ad Auschwitz furono cremati?
Sì, i
corpi degli assassinati ad Auschwitz furono cremati.
Quanti
forni crematori c'erano ad Auschwitz?
Ad
Auschwitz c'erano un totale di quattro crematori.
Quanto
tempo impiega un crematorio a cremare un corpo?
Di
solito ci vogliono tra le due e le tre ore per cremare un corpo in un
crematorio.
È
possibile cremare 1,1 milioni di corpi usando solo quattro forni crematori in
quattro anni?"
No.
Quanti
anni ci vorrebbero?"
Ci
vorrebbero più di 78 anni per cremare 1,1 milioni di corpi utilizzando solo
quattro forni crematori.
Lasciamo
che sia la signora “Lipstadt” a lavorare attraverso il pantano dell'”infoChatbot”
mentre torniamo al nostro argomento:
Il
complotto ebraico per schiavizzare l'umanità.
Quindi,
qual è il piano generale che viene utilizzato dai Globo-Sionisti Ebrei per
raggiungere il loro obiettivo di dominio egemonico?
Ce ne sono diversi, come vedremo più avanti,
ma uno è più importante degli altri.
Torah.
Il
Pentateuco o la Bibbia ebraica chiamata Torah, che è composta dai cinque libri,
Genesi, Esilio, Levitico, Numeri e Deuteronomio, non è il piano principale in
quanto tale, ma è posto al primo posto perché contiene un tema ricorrente
nell'ebraismo politico:
il mondo appartiene agli ebrei e tutti i non
ebrei sul pianeta sono alla mercé e al capriccio degli interessi ebraici.
Il
seguente passaggio del capitolo 7 del Deuteronomio è a dir poco agghiacciante:
Poiché
voi siete un popolo consacrato all'Eterno, vostro dio; Egli vi ha scelti da
tutte le nazioni sulla faccia della terra per essere un popolo che gli
appartiene in modo particolare.
Tu
consumerai tutte le nazioni che l'Eterno, tuo Dio, ti consegnerà.
Sconfiggili
completamente fino a quando non saranno annientati.
Egli
ti darà in mano i loro re, perché tu faccia perire i loro nomi di sotto i
cieli.
Nessuno
potrà opporsi a te finché non li avrai eliminati.
La
Torah, in altre parole, è il fondamento su cui sono costruite tutte le seguenti
espressioni dell'ebraismo politico.
"La
sua ideologia centrale si riassume in “Yahweh,” il dio nazionale degli
israeliti, che, attraverso il “patto mosaico”, promise al suo popolo il dominio
sulle nazioni a condizione che fossero separate", osserva lo storico e
saggista francese “Laurent Guyénot” nel suo libro “Il nostro Dio è anche il tuo
Dio”, ma ci ha scelti.
La
Torah è quindi uno dei modelli che la razza ebraica usa per schiavizzare
l'umanità.
Il
manuale della “Open Society” di “George Soros”, nato “Schwartz”, per esempio, è
infatti derivato dalla Torah, più precisamente da Deuteronomio 20-10 e 20-11:
Quando
vi avvicinate a una città per combatterla, proclamatele un'offerta di pace. E
se accetteranno la tua offerta di pace e ti apriranno, allora tutte le persone
che si troveranno in essa saranno poste sotto tributo a te e ti serviranno.
Come
ha osservato il dottore in filosofia “Lucien Cerise”:
La
fraseologia dell'apertura è infatti progettata per disarmare le comunità umane
facendole sentire in colpa per essere chiuse.
Nel
2007, il governo tedesco e il Consiglio d'Europa hanno lanciato un progetto
chiamato “Giorni di tolleranza nelle città interculturali dell'Ucraina”,
progettato per aprire le menti degli ucraini e prepararli ad accogliere gli
immigrati non europei.
Aprire le porte e far aprire le porte sono
principi di ingegneria sociale, distruggere un sistema non perforando le sue
difese, ma facendole aprire, con il suo consenso e abusando della sua fiducia
dopo aver usurpato l'identità della vittima o del salvatore.
Talmud.
Questa
raccolta di commenti continuamente aggiornati è la legge ebraica comune, il
codice giuridico-religioso, che funge da forza unificante e punto di raccolta
spirituale del popolo ebraico.
Il
Talmud ha dato vita all'ebreo universalmente adattabile, fornendogli "una struttura
invisibile per il governo dell'uomo", dice lo storico ebreo “Max Dimont”.
La
filosofia di questo libro è il fondamento primario dell'ebraismo politico
odierno e la guida virtuale per l'obiettivo ebraico di un impero globale.
In
poche parole, il Talmud può essere visto come "una strategia evolutiva di
gruppo usata dagli ebrei nella loro competizione per il dominio sociale,
politico e culturale con i non ebrei", osserva lo psicologo evoluzionista “Dr.
Kevin MacDonald” nel suo libro di riferimento, “The Culture of Critique”.
Un'analisi evolutiva del coinvolgimento ebraico nei movimenti intellettuali e
politici del XX secolo.
Nella
sua opera, Sionismo e apartheid” (1975), lo scrittore russo “Valery Skurlatov”
afferma che "sia l'ebraismo che il sionismo hanno la stessa base di classe
socio-economica – e quindi uno scopo comune – il dominio del mondo.
L'ebraismo
contiene in forma codificata la strategia, universale nelle società classiste,
del "popolo eletto".
Solo i
'loro' sono iniziati a questa strategia segreta".
Fu il
rabbino spagnolo “Moses ben Maimon” (1135-1204), oggi ricordato come “Maimonide”
e come” Ramban” che, nel 12esimo secolo,
contribuì
a istituzionalizzare il Talmud come forza trainante del pensiero ebraico mondiale.
Nessuno studioso serio del “Nuovo Ordine Mondiale “può
contestare il fatto che ciò che il Talmud e altri scritti fondamentali hanno
proposto è precisamente il concetto che viene portato in essere oggi come
conseguenza del potere ebraico globale nelle mani dell'”Impero Rothschild”.
Mentre
l'”Impero Rothschild” inizialmente si oppose alla creazione di uno stato
ebraico, una volta riconosciuto il beneficio di uno stato ebraico
strategicamente posizionato in Palestina come base per macchinazioni globali,
divennero i più grandi sostenitori del sionismo.
In quanto tale, “Edmond Rothschild” è salutato
come "il Padre di Israele" e onorato sulla valuta israeliana oggi.
La
Cabala di Isaac Luria.
Secondo
un concetto della “Cabala di Isaac Luria” chiamato “tikkun olam “o
"riparazione del mondo" in ebraico, la creazione dell'”Albero della
Vita”, il simbolo cabalistico dell'universo, fu un incidente che produsse un
grande disordine che solo il popolo ebraico ha il potere di riparare
affrettando la venuta del suo Messia in Terra Santa attraverso la cooperazione
sociale e azioni politiche e militari.
Nei
16esimo secolo, questa credenza religiosa, che ha avuto origine nel 13esimo
secolo, entrò a far parte dell'ortodossia ebraica.
Così,
da quel momento, un certo numero di élite ebraiche hanno lavorato
instancabilmente dalla mattina alla sera, direttamente o indirettamente, con
l'aiuto dei loro vassalli non ebrei, per la realizzazione di questa utopia
messianica nata dalla fertile immaginazione di un pugno di mistici ebrei come Moses Nahmanide, Abraham
Abulafia, Solomon Molcho, David Reubeni, Isaac Luria, Sabbataï Tsevi, e Jacob
Frank.
L'oligarca
ebreo Jacques Attali, la poliedrica eminenza grigia di diversi presidenti
francesi, più
volte condannato per plagio è un ardente seguace della “Cabala Lurianica” e del “Tikkun
Olam”:
Perché
il mondo dovrebbe essere riparato?
Dio è lì per questo, se il mondo ha bisogno di
essere riparato, è perché Dio ha deciso di non farlo più, quindi questo apre
prospettive vertiginose e bisogna aver letto e capito qualcosa in “Luria”
almeno per poter riflettere su questo argomento, quindi si riferisce alla
responsabilità della condizione umana, e in prima linea nella responsabilità
umana, alla responsabilità ebraica.
Siamo
soli, e Auschwitz ce lo ha confermato, per tutti coloro che non hanno voluto
sentirlo, la riparazione del mondo siamo noi e nessun altro.
Penso che questa missione si riferisca
fondamentalmente all'aspettativa ebraica che "siamo qui per riparare il
mondo"
Anche
il miliardario ebreo e guerrafondaio “Bernard-Henri Lévy” (BHL) giura su “tikkun
olam”:
Non
dovrai più salvare il mondo. Non importa ricominciare.
Ma
solo per ripararlo, come si riparano i vasi rotti.
La parola "riparare" è molto bella.
E' modesto. E' saggio.
Ma è
anche vertiginoso.
Era di
“Isaac Luria”, naturalmente.
E
anche il promotore ebreo dei vaccini “Peter Hotez è convinto di fare la sua
parte per riparare il mondo.
Nel
suo saggio “Science Tikkun”:
Repairing
the World through the Science of Neglected Diseases, Science Diplomacy, and
Public Engagement, Hotez sostiene, come notato da Karl Hamaers, autore di
Covert Covid Culprits. An Inquest Chronicle, che
uno
dei modi in cui il mondo è rotto è nel sistema immunitario umano, e che uno dei
modi in cui gli ebrei risolveranno questo problema a beneficio del resto di noi
gentili è attraverso i vaccini.
Ma non
fatevi ingannare dalle apparenze.
Con il
pretesto di sante intenzioni, scrive “Karl Haemer”s, "il signor Hofez fa parte di una
vasta cabala decisa a proteggere l'industria farmaceutica e l'infrastruttura
sanitaria pubblica globale dal controllo".
Per quanto riguarda” Bernard-Henri Lévy”, che ha
sempre affermato pubblicamente che la sua lotta fa parte di un approccio
universalista ai diritti umani, ha ammesso in un discorso tenuto durante un
convegno ebraico che, come "rappresentante della tribù di Israele",
si era impegnato per il rovesciamento di Gheddafi "sotto la bandiera"
della sua "lealtà al sionismo e a Israele".
E aggiungendo che era "come ebreo" che aveva
"preso parte a questa avventura politica".
Sempre in anticipo sui tempi, il modo di Jacques
Attali di riparare il mondo è quello di promuovere l'universalismo e la
mescolanza razziale planetaria per tutti tranne che per gli ebrei.
Quando ebrei come Hofez, BHL e Attali "riparano il mondo", lo
stanno riparando per meglio adattarsi a loro stessi e alla loro agenda ebraica.
La
Cabala di “Sabbateï Tsevi”.
Ma se
il” tikkun olam” di J. Attali, BHL e Hofez sembra piuttosto positivo e innocente
in superficie, poiché si tratta semplicemente di incollare metaforicamente i
pezzi rotti del vaso dell'universo, c'è anche un lato oscuro della Cabala,
quello del cabalista ebreo Sabbataï Tsevi (1626-1676) l'enfant terrible della
Cabala.
Nella
sua versione delle cose, invece di riparare i vasi rotti incollandoli di nuovo
insieme, si devono distruggere i vasi che sono giudicati difettosi dalle parti
coinvolte.
Questo
è il principio della redenzione attraverso il peccato predicato dal caduto in
disgrazia “Weinstein” che crede di poter salvare l'umanità a modo suo
assumendosi il peso della violenza sessuale.
Secondo
fonti vicine al famoso produttore caduto (ora riscattato dal colpo di bacchetta
magica), si è infatti rassegnato ad essere punito come martire per il
cambiamento sociale.
Weinstein
potrebbe essere visto come un discepolo di “Sabbataï Tsevi” che si dichiarò “il
Messia nel 1666", scherza il filosofo ebreo e musicista jazz” Gilad Atzmon”,
"e la transizione da peccatore a tutto tondo a nuova figura messianica è
stata certamente rapida per il predatore sessuale seriale Weinstein.
Ma questo non dovrebbe sorprenderci.
Il
fatto che Weinstein si consideri un martire del cambiamento sociale è
perfettamente in linea con il “tikkun olam”, l'errata convinzione ebraica che
spetti agli ebrei aggiustare il mondo".
La
dottrina sabbataista è stata predicata anche dal cantante ebreo canadese “Leonard
Cohen” (1934-2016) nel suo ultimo album uscito nell'ottobre 2016.
Nell'omonima
canzone di quel disco, “You Want It Darker”, Cohen dichiara la sua fede nella
dottrina di “Sabbataï Tsevi”, un “maniaco-depressivo” che pensava di essere il “Messia
degli ebrei.
Durante
una delle sue fasi maniacali, “Tsevi “proclamò l'abolizione dei comandamenti di
Dio e la
sua fede in Satana, "colui che permette ciò che è proibito".
Nella
sua mente malata, il peccato diventa virtù e il normale diventa anormale.
Quella che all'inizio era solo una grave patologia mentale è diventata il “dogma
centrale del globalismo e della sua derivazione, il sionismo”:
per
fare il bene, per purificarsi dall'impuro, bisogna prima fare il male.
La
Cabala di Jacob Frank.
L'antinomismo
sabbataista sarebbe stato poi ripreso dal discepolo di Tsevi, Jacob Frank
(1726-1791), che dichiarò che la fine dei tempi e la distruzione di tutte le
leggi non saranno complete fino a quando la depravazione non si sarà diffusa
nell'intera società:
"Non sono venuto per elevare, sono venuto
per distruggere e far crollare tutte le cose fino a quando tutto non sarà
inghiottito così in profondità da non poter sprofondare più in basso...
Non
c'è ascensione senza prima scendere".
C'è un
aspetto nichilista familiare nella concezione “sabbato-francista” delle cose
che non si può non riconoscere nella società occidentale di oggi, dove cose
come le desacralizzazioni blasfeme alla “Charlie Hebdo”, la pedofilia, la zoofilia, il
transgenderismo, l'omosessualità, l'adulterio, il femminismo, l'aborto su
richiesta e la pornografia sono incoraggiate, persino esaltate.
In questa politica di tabula rasa, tutti i
valori e le religioni tradizionali vengono annientati, aprendo la strada
all'ateismo e alle tendenze laiche e anticlericali incarnate dalla “Massoneria”, dal “liberalismo” e dal
“giacobinismo” [comunismo].
Questo
è ciò che Leonard Cohen dichiara metaforicamente nel verso della sua canzone
che ripete come un mantra: "You want it darker we kill the flame".
Così,
per ricostruire meglio sulle rovine dell'impuro, bisogna distruggere i”
kellipot”, quelle cortecce impure dell'”Albero della Vita” che si frappongono
alla redenzione dell'umanità:
i
confini territoriali, le nazioni, il patriottismo, l'identità, l'ordine, la
legge, la famiglia, il matrimonio, il patriarcato, il sesso biologico, la
diversità etnica e razziale che la natura ha creato, la morale e la religione,
Il governo, la proprietà e i diritti di eredità, il protezionismo economico,
sociale e culturale, tutto, assolutamente tutto.
Una
strategia di nascita nel dolore e nel caos che si tradurrà essenzialmente nella
resurrezione del mondo ebraico non solo sulle rovine dell'ordine fondato sui
principi della civiltà cristiana, come ha giustamente sostenuto “Mons. Henri
Delassus”, in un'epoca in cui il cristianesimo era dominante, ma sulle rovine
di tutte le razze, religioni e civiltà non ebraiche.
Sono
queste idee della Torah, del Talmud e della Cabala che animano il “partito Likud”,
l'esercito Tsahal, così come i media ebraici, gli accademici, le banche, i
finanzieri, le corporazioni e le decine di migliaia di sinagoghe, associazioni
ebraiche, fondazioni e think tank sparsi come una ragnatela in tutto il mondo.
Queste
idee sono i modelli o i protocolli che la razza ebraica segue per imporre la
sua volontà sul mondo e per schiavizzare l'umanità.
Come
ha affermato l'amatissimo rabbino sefardita di Israele, “Ovadia Yosef”,
scomparso nel 2013:
I
goyim [non ebrei] sono nati solo per servirci. Senza questo, non hanno posto
nel mondo, ma solo per servire il popolo di Israele.
In
Israele, la morte non ha alcun dominio su di loro... Con i Gentili, sarà come
qualsiasi persona: hanno bisogno di morire, ma [Dio] darà loro la longevità.
Perché?
Immaginate che il proprio asino muoia, che
perda i suoi soldi.
Questo
è il suo servo... Ecco perché ha una lunga vita, per lavorare bene per questo
ebreo.
Perché
c'è bisogno dei Gentili? Lavoreranno, arano, mieteranno. Ci siederemo come un
effendi e mangeremo... Questo è il motivo per cui furono creati i Gentili.
(—
Sermone settimanale del sabato sera nell'ottobre 2010).
Queste
non sono solo parole vuote.
Questo
grande saggio ebreo sta semplicemente seguendo un passaggio della Bibbia
ebraica che si trova nel libro di Isaia (61:5-6).
Fino
alla sua morte, avvenuta nel 2013, “Ovadia Yosef”, che per trent'anni è stato
un'autorità religiosa molto rispettata e ascoltata dai leader israeliani, tra
cui il primo ministro israeliano “Benjamin Netanyahu”, è stata l'incarnazione
per eccellenza delle idee che prevalgono oggi in Israele e nella diaspora
ebraica.
Quando
Yosef morì nel 2003, 800.000 israeliani parteciparono al suo funerale, il più
grande nella storia di Israele.
Nel
suo numero del 7 ottobre 2013, il “Times of Israel “ha definito Yosef un
"gigante del pensiero ebraico".
Per
ricapitolare:
il globalismo e la sua derivazione, il sionismo, è
fondamentalmente un progetto mistico-politico multiforme il cui scopo
dichiarato è la redenzione dell'umanità, ma il cui scopo segreto è la
schiavitù dell'umanità.
Il vero obiettivo dei “Globo-Sionisti” è una
"utopia ebraica" in cui tutte le ricchezze del mondo saranno detenute dagli
ebrei e tutte le nazioni della terra saranno sottomesse a loro e al loro
"Dio".
In altre parole, il globalismo e il suo sionismo non
riguardano solo uno stato ebraico, ma un ordine mondiale basato sull'ebraismo. Come dice l'eminente scrittore
ebreo” Israel Shamir”:
La
Palestina non è l'obiettivo finale degli ebrei, lo è il mondo.
La Palestina è il posto giusto per il quartier
generale degli stati mondiali.
Gli
ebrei intendono fare di Gerusalemme la capitale suprema del mondo, e il suo tempio ricostruito il punto
focale della terra [...].
Dovremmo
preoccuparci del carattere egemonico, rivoluzionario, persino tirannico e
genocida del globalismo e del suo sionismo derivato?
Guardare
"l'esercito più morale del mondo", dell'"unica democrazia in
Medio Oriente", torturare, stuprare e sterminare sfacciatamente i bambini,
le donne e gli anziani palestinesi di Gaza, senza un briciolo di rimorso umano,
di fronte all'intero pianeta, e con il consenso dei governi occidentali controllati dagli
ebrei, è
giunto il momento di porsi alcune domande serie.
La
prego, signor” Bernard-Henry Levy,” ci rassicuri su questo argomento, si scopre che la sua tribù, quando
viene catturata dalla sua cattiva volontà di potere, "può diventare un grande
assassino, tra i più grandi conosciuti nella storia moderna".
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