Contro il mondo multipolare.
Contro
il mondo multipolare.
USA ed
Israele: l’Armageddon
Contro
il Mondo Multipolare.
Conoscenzealconfine.it
– (11 Giugno 2024) - Stefano Zecchinelli – ci dice:
Il
complesso militare-industriale USA, quindi l’alleanza strategica del Pentagono
con la lobby israeliana “AIPAC”
(“American Israel Public Affairs Committee” è un
gruppo di pressione statunitense noto per il forte sostegno allo Stato di
Israele) ed
il governo israeliano-fascista sostengono l’Armageddon in quanto “male
necessario” per fermare la transizione al mondo multipolare, trasformando il
genocidio in una mera opzione politica.
La”
Corte Penale Internazionale” ha optato per il “soft power” mettendo sullo
stesso piano “aggressori” (Israele) ed “aggrediti” (Hamas);
è una
logica sistematizzata dalla “sinistra invertebrata” la quale ha abdicato al
sostegno delle “Resistenze anti-imperialistiche”, adottando l’”ideologia del
Diritti umani” (contrapposta alla “Teoria generale del diritto dei Diritti
dell’Uomo”) e del “cosmopolitismo senza radici”.
Un duplice mandato di cattura, tanto per
Netanyahu quanto per Hamas, non coglie la natura storica e sociale della
colonizzazione della Palestina:
la “Resistenza
palestinese”, una volta che gli Occidentali dismisero il piano sovietico del
1947-’48, detiene
il diritto alla lotta contro una potenza occupante.
La “CPI”
sostiene la nascita di uno “Stato palestinese” colonizzato dagli anglosassoni,
nonostante ciò per la “lobby Usa degli straussiani” chiunque neghi il genocidio
in quanto “necessità storica” è un antisemita.
La nuova global class, eterodiretta da USA ed
Israele, ha adottato il Talmud come ideologia di Stato;
un
Egemone senza “Stato” o Nazione, che contempla l’annichilimento sociale della
gran parte del pianeta per permettere al “regime delle corporation” di
pauperizzare il mondo del lavoro.
Biden, Trump e Netanyahu hanno sistematizzato
la transizione alla “società del controllo” globale.
Una
Società “Cocainista” Creata dalla Lobby Anglo-Sionista.
In
questa congiuntura storica, il controllo dei mezzi di comunicazione, il
cosiddetto “Quarto Potere”, è un’arma di distruzione di massa.
Con la guerra ibrida, USA ed Israele mirano a
sistematizzare i conflitti di quinta generazione caratterizzati dall’ “ideologia
transumanista”:
la conquista del Cervello Umano.
Il
giornalismo-professionista, rilanciando le menzogne dell’imperialismo USA
contro il mondo multipolare, provoca – senza mediazioni di linguaggio – le
guerre.
Scrive
il giornalista investigativo “Pepe Escobar”:
“Contraddicendo un po’ “Mao Zedong”, il vero
potere non viene dalla canna di un fucile (o da un missile nucleare
ipersonico), viene dal controllo della narrazione, o da quello che un tempo si
chiamava ‘soft
power‘.
La
differenza ora è che l’egemone non controlla più il soft power.
La
Maggioranza Globale sta perfezionando, in tempo reale, i propri contrattacchi
al soft power.”
La
transizione al mondo multipolare passa per la democratizzazione dei mezzi di
comunicazione, ma i media tradizionali sono un prolungamento della classe capitalistica,
nazionale e globale, la quale ha un solo interesse:
sfruttare
i lavoratori instaurando un regime “neo-schiavista” nel ventunesimo secolo.
La “destra
aziendale” e la “sinistra sintetica” hanno cooperato nella demolizione
controllata del sindacalismo di classe, dequalificando la “forza lavoro”;
i proletari, nel “capitalismo della
sorveglianza” sono sempre più soli.
Il giornalismo-professionista – oltre a
provocare le guerre – scrive sotto dettatura del Padronato, un tempo soltanto
“nero” ed ora anche “coi tacchi a spillo”.
Citando il giornalista tedesco “Udo Ulfkotte”, il
giornalismo è stato lubrificato (Ulfkotte, in ”Giornalisti comprati”, utilizza il termine
lubrificato)
dal
Capitale, diventando “una macchina delle fake news” contro il mondo del lavoro.
La
lobby Anglo-Sionista, egemonizzando la pubblicazione delle fake news, ha creato
artificialmente una società cocainista; droga, alcol, pornografia e
pseudoculture psichedeliche sono l’ultimo rifugio degli schiavi.
La
russofobia (pensiamo
all’attentato a Robert Fico, con tutta probabilità eterodiretto dalla SBU) e l’islamofobia hanno qualcosa di
patologico; il sistema capitalista genera psicosi.
Lo
sproloquio guerrafondaio di Biden al D-day, è un preludio del rilancio della
“guerra eterna”; l’antifascismo dei fascisti statunitensi?
Il
giornalista investigativo “Andre Damon”, sul “World Socialist Web Site” (WSWS),
scrive:
“In altre parole, la commemorazione in
Normandia fece da sfondo all’adozione sempre più diretta da parte delle potenze
imperialiste degli aspetti più distintivi della politica di guerra nazista:
il deliberato targeting dei civili per lo
sterminio e la spinta a trascinare il mondo intero in una guerra globale.
Ottant’anni
dopo la seconda guerra mondiale, il mondo è ancora una volta sull’orlo di una
guerra su vasta scala, questa volta tra stati dotati di armi nucleari.
Tutte
le affermazioni secondo cui le prime due guerre mondiali rappresentano
un’eccezione storica, che non si ripeterà mai più, devono restare nel passato
dopo le dichiarazioni di Biden e degli altri leader imperialisti.”
Un
articolo magistrale:
non è
un caso che la dittatura ucraino-nazista abbia oscurato il WSWS (con cui solidarizziamo), arrestando il “compagno Bogdan
Syrotiuk”, un giovane comunista di 25 anni.
Il regime di Zelensky è un abominio dei Diritti
dell’Uomo, una dittatura razzialista perfettamente inserita nella transizione ad una nuova Architettura
di potere.
A
Rafah, Israele sta consumando una lunghissima “Notte dei Cristalli”:
l’IDF
ed il Mossad hanno ereditato il ruolo storico della Gestapo sperimentando armi
di nuova generazione su donne, uomini e bambini innocenti.
Aveva
ragione “Hugo Chavez”:
“l’esercito israeliano è un esercito
di codardi”.
Un
giorno,” Biden e Netanyahu” verranno ricordati come noi ricordiamo Mussolini ed
Hitler:
due individui sociopatici che, con cinismo e
nell’indifferenza, hanno distrutto una porzione del pianeta.
(Stefano
Zecchinelli)
(comedonchisciotte.org/sostenere-il-genocidio-per-fermare-il-multipolarismo/)
(wsws.org/es/articles/2024/06/08/pers-j08.html)
(linterferenza.info/esteri/usa-ed-israele-larmageddon-contro-il-mondo-multipolare/)
Un
mondo multipolare non sarà
automaticamente
un mondo nuovo.
Lindipendente.online.it
– Monica Cillerai – (12 GENNAIO 2024) – ci dice:
L’ordine
mondiale geopolitico regolato dal “Washington Consensus”, l’equilibrio
internazionale figlio della Seconda guerra mondiale, è finito.
L’ordine mondiale dei commerci, stabilito
dagli accordi di Bretton Woods, non funziona più:
già
ammalato da tempo, si è indebolito in pandemia e sta ricevendo l’estrema
unzione con la guerra in Ucraina.
Da
qualsiasi punto si guardi la faccenda globale, gli USA stanno perdendo il loro ruolo
di capo e poliziotto del mondo.
L’egemonia a stelle e strisce, già in declino
da anni, sta definitivamente tramontando.
Nuovi Stati chiedono voce in capitolo e
reclamano potere.
Pretendono
istituzioni internazionali meno orientate verso gli Stati Uniti e i privilegi
occidentali, esigono la fine del dominio del dollaro, reclamano ruoli guida ai
tavoli in cui si decidono le politiche globali.
Le
crisi non sono la fine di tutto, sono momenti necessari di rottura per arrivare
a un nuovo ordine, dopo una fase di caos.
Oggi siamo nel momento del disordine.
I
fatti in Ucraina hanno semplicemente reso visibile a tutti la tracimazione di
un vaso colmo da tempo.
Gli
USA cercano storicamente anche così, attraverso guerre esportate e per procura,
di stabilizzare il loro potere e la loro egemonia.
È dalla Cina e da numerosi Paesi ancora
considerati in via di sviluppo, i famosi “BRICS” (Brasile, Russia, India e Sud
Africa), che arriva la richiesta di un “nuovo ordine internazionale”.
L’attacco
militare da parte della Russia verso l’Ucraina e l’impossibilità di operare da
parte del “Consiglio di Sicurezza dell’ONU” a causa del veto imposto da Mosca
hanno rimesso sul tavolo la questione di una necessaria riforma del “sistema
delle Nazioni Unite”.
Unione
Europea e USA si sono impegnate nel lancio di numerosi pacchetti di sanzioni
economiche contro la Russia, che hanno finito per ricadere sugli interscambi
commerciali tra Mosca e varie altre economie ad essa connesse, in primis quelle
dei BRICS.
Questi,
al contrario, non erano propensi a tali forme sanzionatorie, difficili da
aggirare proprio perché basate sulla struttura dollaro-centrica governata dal
sistema di transazioni internazionali “SWIFT”, che i BRICS stanno cercando di
sostituire.
BRICS
contro G7: un conflitto solo di potere?
Dal 22
al 24 agosto si è tenuto il vertice dei BRICS a Città del Capo, in Sudafrica.
“Vladmir Putin” è stato costretto a parteciparvi da
remoto, per via del mandato d’arresto internazionale che pende sulla sua testa.
«Il tradizionale sistema di governo globale è
diventato disfunzionale, carente e dispersivo» ha detto alla vigilia del
vertice “Chen Xiaodong”, ambasciatore cinese a Pretoria, aggiungendo che i
BRICS «stanno diventando sempre più una forza di difesa della giustizia
internazionale».
Al
vertice gli invitati sono 69, tra cui molti Stati africani, verso cui Pechino
cerca da anni di estendere la sua influenza.
L’espansione del gruppo è stata una delle
tematiche principali:
sono almeno 40 i Paesi che vorrebbero aderire
e, di questi, 23 hanno presentato domanda formale, compresi Iran e Arabia
Saudita.
A soli quattordici anni dal loro primo summit nel
2009, i BRICS rappresentano il 42% della popolazione mondiale e un quarto
dell’economia globale.
Sono Stati che poco hanno in comune, per la
loro geografia e per i loro differenti sistemi e indirizzi politici.
Ad
unirli è il desiderio di cambiare un ordine internazionale che considerano
sfavorevole ai loro interessi.
La sera prima dell’inizio del meeting, il
presidente sudafricano “Cyril Ramaphosa” ha riassunto la questione dichiarando
che «un BRICS allargato rappresenterà un gruppo eterogeneo di nazioni con
diversi sistemi politici che condividono il desiderio comune di avere un ordine
globale più equilibrato».
Pochi
giorni prima, a Camp David, terminava il vertice tra Stati uniti, Giappone e
Corea, dove il presidente americano “Joe Biden” ha decretato una «nuova era di cooperazione», chiaramente in funzione
anticinese.
Gli equilibri globali si stanno ridefinendo e
in molti parlano di un ritorno a conflitti taciti e meno taciti, a
multipolarismi e sfere d’influenza.
È la
fine del mondo unipolare basato sul potere americano.
La
parata d’arresto della globalizzazione in vesti neoliberali spinta dagli USA e
dall’Occidente.
Lo
scontro tra USA e Russia è esplicitato nella guerra in Ucraina, con il suo
carico di conseguenze e implicazioni geopolitiche ed economiche.
La
guerra tra USA e Cina è più sottile oggi:
commerciale sui chip e le materie prime e
forse, un domani, militare per Taiwan.
Il presidente cinese Xi Jinping non nasconde
la sua ambizione di guidare la riforma del sistema di governance globale,
modificando le istituzioni e le regole internazionali verso standard che
riflettano gli interessi della Repubblica popolare.
Ma non
tutti sono d’accordo e all’interno degli stessi BRICS le visioni non sono le
stesse.
L’India vuole uscire dalla governance
americana, ma non per entrare in una a guida cinese, con la sostituzione dello
yuan al dollaro come moneta di scambio internazionale.
Se
Pechino sta lottando per un mondo diviso in sfere d’influenza, in cui la sua
area di potere è sempre più ampia (ma soprattutto vorrebbe sostituirsi agli Stati Uniti
nella guida senza rivali del mondo), non tutti gli altri Paesi emergenti
sono d’accordo.
Gli
interessi sono in contrapposizione:
non si passerà dal “Washington Consensus” al “Beijing
Consensus” facilmente come spera la Cina.
La
prospettiva più realistica è un periodo di disordine globale in cui il mondo si
confermerà diviso in sfere d’influenza e alleanze strategiche, in cui nemmeno
nuove guerre costituenti sono escluse, nel tentativo di creare un nuovo
equilibrio.
Se la
Seconda guerra mondiale ha visto scontrarsi ideologie diverse che avrebbero
portato a un presente differente (nazi-fascismo, liberalismo e comunismo) e se
la guerra fredda ha messo uno contro l’altro due pensieri economici e di
organizzazione politica distanti come il comunismo e il liberalismo, oggi la
guerra per il nuovo equilibrio è solo egemonica.
Il modello di sviluppo non è in discussione,
non c’è un altro sistema economico o politico che sfidi quello dominante.
Per
quanto gli USA utilizzino la retorica di scontro tra democrazie e autocrazie,
la verità è che in ballo c’è puro potere economico e politico:
nuovi
Stati che pretendono la loro fetta di ricchezza e vecchi Stati che cercano di
mantenere i loro privilegi.
Il capitalismo neoliberale, la finanziarizzazione incontrollata
dell’economia, questo sistema che sta causando una crisi ecologica e climatica
sempre più forte, non è messo in discussione.
Dalla
guerra fredda all’unipolarismo, fino al caos.
Gli
equilibri internazionali nascono e si rompono tendenzialmente nel conflitto.
La guerra è uno degli unici strumenti che gli Stati
comprendono e accettano.
Che la natura sia nell’uomo, nel sistema
internazionale, o nella natura dello Stato, queste sono filosofie politiche
differenti.
Per “Carl
Schmitt”, i conflitti si dividono in due categorie: quelli decostruenti e
quelli costituenti.
La Prima Guerra Mondiale si iscrive alla prima
categoria:
i due imperi allora egemoni ma già in declino,
quello Austro-Ungarico e quello Ottomano, si infransero con la sua fine.
Ne
seguì un periodo di grande instabilità, caratterizzato da dittature in varie
parti d’Europa, fino arrivare alla Seconda Guerra Mondiale.
Una
guerra costituente, che ha visto scontrarsi ideologie e sistemi economici
diversi, dai cui massacri è nato l’ordine geopolitico ed economico che
conosciamo oggi.
Da lì
arrivano le istituzioni sovranazionali che conosciamo.
Gli
accordi di Bretton Woods e le regole monetarie internazionali, con la creazione
del FMI (Fondo Monetario Internazionale) e la Banca Mondiale.
L’egemonia del dollaro.
La
nascita dell’ONU nel 1945, l’organizzazione intergovernativa più grande e
riconosciuta a livello internazionale, con il suo Consiglio di sicurezza che
rappresenta ancora oggi i vincitori e gli sconfitti di quella guerra.
La costituzione della NATO (1949) e Il Patto
di Varsavia (1955).
La creazione dell’Unione Europea con il
Trattato di Roma del 1957.
Sono queste le istituzioni che hanno più o
meno stabilizzato il periodo successivo, quello della Guerra Fredda.
Due
superpotenze, infatti, si contestavano l’egemonia: URSS e USA, due blocchi che
si sono affrontati per procura e attraverso altri conflitti regionali per anni.
Siamo
nell’epoca del sistema bipolare, con due soggetti internazionali principali ma
affiancati da numerosi altri Stati satellite.
Il pericolo della distruzione di massa data
dal possesso di entrambi di migliaia di testate nucleari, di un equilibrio di
pace mantenuto dalla certezza di entrambe le potenze che uno scontro nucleare
avrebbe assicurato la mutua distruzione.
Con il
crollo dell’URSS inizia l’era dell’unipolarismo americano, caratterizzato da un
forte slancio per il liberalismo finanziario e una volontà di svuotare di
potere le organizzazioni condivise di carattere multilaterale, come l’ONU.
Gli
USA divennero, per un decennio appena, l’unica superpotenza che assommava in sé
il potere economico, militare e politico circondata da un certo numero di Stati
satelliti che lo appoggiavano e si riconoscevano nel pensiero neo-conservatore
liberista.
Ma la
guida unica senza nemici non è facile, soprattutto per uno Stato che si era
proclamato poliziotto del mondo.
Una
esigenza fu quella di iniziare una serie di conflitti costituenti, per cercare
di normare attorno alle idee incarnate dal nuovo ordine mondiale e ricreare la
narrazione di un conflitto di civiltà, sostituendo la demonizzazione dell’islam
a quella del comunismo.
L’aggressione americana all’Iraq o
all’Afghanistan non è molto diversa dall’aggressione russa all’Ucraina, anche
se basata su una retorica differente.
Gli
USA stanno cercando di guadagnarci il massimo profitto in termini politici – ed
economici – possibile.
Nel 2022 gli investimenti militari mondiali
sono schizzati alle stelle, fino a raggiungere un nuovo record.
Sono
stati 2.240 i miliardi di dollari spesi in armamenti, con un aumento del 3,7%
degli ordini di spesa bellica.
L’impegno preso in sede ONU fin dal 1970 di
destinare lo 0,70% della ricchezza nazionale allo sviluppo non è rispettato da
allora (l’Italia ne destina lo 0,31%), mentre i Paesi NATO promettono il 2% del
PIL in nuove armi.
E così
si aiuta anche il rilancio dell’economia americana attraverso il sostegno al
complesso militare.
Ma
anche la sottomissione militare, economica e politica dell’Europa, il
contenimento delle politiche di espansione della Cina e delle altre nazioni non
allineate e soprattutto, forse, l’instabilità politica della Russia con la
possibilità della caduta di Putin e dell’arrivo al potere di un leader più
incline agli interessi americani.
Forse sono questi gli obiettivi che gli Usa
cercano di raggiungere con il conflitto ucraino, lanciato da Putin ma
facilitato dalla volontà statunitense di allargare la NATO fino alle porte
della Russia.
Immaginare
un mondo realmente nuovo.
Il
mondo è interconnesso.
La globalizzazione ha portato a unire catene
di valore, produzione e commercio in tutto il globo.
In
questo sistema economico neoliberale, molti Stati non possono più agire da
soli: non avrebbero la possibilità di sopravvivere in un mercato le cui
interconnessioni internazionali sono la base della sua organizzazione.
La guerra in Ucraina, per esempio, ha dimostrato
quanto l’Europa fosse dipendente dall’importazione di gas e petrolio dalla
Russia, mentre la fase pandemica aveva già reso evidente quanto l’Occidente
dipendesse dalla Cina nell’importazione di moltissimi beni, anche sanitari.
Su
alcuni beni, invece, le tensioni sono inevitabili, connesse direttamente allo
sviluppo economico e industriale di tutte le nazioni, che corrono ad
accaparrarsi quantità più elevate possibili di un bene finito:
parliamo innanzitutto delle materie prime necessarie
per la tecnologia e la transizione energetica, le cosiddette terre rare.
Ora si
parla di de-globalizzazione, ritorno ai nazionalismi, chiusura tra sfere di
influenza e futuri scenari di guerra.
La tendenza alla ricostruzione di barriere
commerciali è già iniziata anni fa, proprio a partire da quegli Stati Uniti da
sempre fautori massimi del libero mercato.
Le
prime avvisaglie si sono manifestate durante l’amministrazione Obama, poi
l’esplosione sotto Donald Trump, che con la sua politica America first vinse le
elezioni del 2016, lanciando anche una guerra commerciale con la Cina.
Politiche
fortemente criticate a parole dai democratici ma lasciate pressoché intatte da “Joe
Biden”, segno di come, ancora una volta, le divisioni mediatiche della politica
americana nascondano in realtà disegni comuni nella politica globale.
Nel
frattempo, da Johannesburg, i Paesi emergenti guidati dalla Cina hanno lanciato
la sfida.
Ma
sarebbe troppo ottimistico credere che una ridefinizione degli equilibri
globali possa significare automaticamente un cambio di paradigma.
Il
multipolarismo non è altro che una forma di potere basata sulla lotta per
l’egemonia di più poli:
non
più un singolo capobranco, ma più soggetti forti in lotta per la spartizione
del potere.
Quello da costruire sarebbe invece un mondo basato su
meccanismi di gestione politica globale basati sugli interessi della
maggioranza dei cittadini del globo.
Un
multilateralismo che non è di moda oggi, ma non è nemmeno morto. Forse va reinventato, ricostruito e
rimpolpato di significato e legittimità.
Unirsi
negli intenti invece di farsi la guerra, che sia commerciale, politica o
mediatica, sarebbe fondamentale per affrontare le sfide globali che tutti gli
umani hanno di fronte, a cominciare dall’esigenza di dare da mangiare a dieci
miliardi di persone e da quella di salvare la specie dalla crisi ecologica
generata da un modello di sviluppo nocivo.
Ma ovviamente, nonostante le parole di facciata nei
summit dell’ONU, questa non è una priorità di nessuno.
Nemmeno
dei BRICS.
Nel
sistema di mercato neoliberale a governare, in fondo, rimane il mercato.
Scontri
tra gruppi economici per il controllo di segmenti di ricchezza:
gli
Stati rispondono, rappresentano e agiscono anche per loro conto.
Finché l’architettura capitalista del sistema
non verrà messa in discussione, e con essa anche l’organizzazione statale e
gerarchica del mondo, il ciclo di guerre costituenti e destituenti, di crisi ed
equilibri rotti e ristabiliti, continuerà a ripetersi all’infinito.
(Monica
Cillerai).
Breaking:
Il professore di legge che ha scritto la legge sulle armi biologiche e
antiterrorismo del 1989 fornisce una dichiarazione giurata secondo cui le iniezioni
di nanoparticelle di mRNA COVID 19 sono armi biologiche e armi di distruzione
di massa.
Josephsansone.substack.com
- DOTT. GIUSEPPE SANSONE – (GIU. 06, 2024) - ci dice:
Il “dottor
Francis Boyle”, il professore di legge istruito ad Harvard che ha redatto la
legge sulle armi biologiche e l'antiterrorismo del 1989, che è stata approvata
all'unanimità da entrambe le camere del Congresso, ha fornito una dichiarazione giurata
in cui afferma che le iniezioni di Covid 19 e le iniezioni di nanoparticelle di
mRNA violano la legge che ha scritto.
Il “Dr.
Boyle” ha affermato che le "iniezioni di COVID 19", le
"iniezioni di nanoparticelle COVID 19" e le "iniezioni di
nanoparticelle di mRNA" sono armi biologiche e armi di distruzione di
massa e
violano le armi biologiche 18 USC § 175; Armi e armi da fuoco § 790.166 Fla.
Stat. (2023).
Il “dottor
Boyle” ha fornito questa dichiarazione giurata in un caso in Florida presentato
dal dottor Joseph Sansone che coinvolge una petizione di emergenza per un
mandato di “mandamus che cerca di costringere il governatore De Santis a
vietare la distribuzione di "iniezioni di COVID 19", "iniezioni
di nanoparticelle COVID 19" e "iniezioni di nanoparticelle di
mRNA", nello stato della Florida.
Cerca
anche di costringere il procuratore generale “Ashley Moody” a confiscare le
fiale.
La
petizione di emergenza originale per un mandato di” mandamus” è stata
depositata il 3 marzo 2024 presso la Corte Suprema della Florida.
Il 20
marzo 2024 è stato poi trasferito al tribunale circondariale della contea di
Leon.
Il 9
aprile 2024, la Corte Circondariale ha archiviato il caso.
Il caso è ora in corte d'appello.
La
memoria d'appello è stata depositata il Memorial Day, il 27 maggio 2024.
Gli
atti processuali affermano che esiste la distribuzione di «iniezioni di COVID
19», «iniezioni di nanoparticelle di COVID 19» e «iniezioni di nanoparticelle
di mRNA» violano - Armi biologiche 18 USC § 175; Armi e armi da fuoco § 790.166
Fla. Stat. (2023); Reato federale di tradimento, 18 USC, § 2381; Tradimento §
876.32 Fla. Stat. (2023); Terrorismo interno, 18 USC § 2331; Terrorismo §
775.30 Fla. Stat. (2023); Omicidio § 782.04 (1)(a) Fla. Stat. (2023); e
Genocidio 18 USC §1091; Legge sui farmaci e sui cosmetici della Florida §
499.005 (2) Fla. Stat. (2023); Frode § 817.034 Fla Stat. (2023); Accessorio
dopo il fatto § 777.03 Fla. Stat. (2023); e Florida Medical Consent Law §
766.103 Fla Stat. (2023).
Il Dr.
Boyle è considerato uno dei maggiori esperti legali al mondo in materia di armi
biologiche.
L'affidavit del Dr. Boyle aggiunge un'enorme
quantità di credibilità al caso, che ha già un enorme corpo di prove fornite
nel mandato di “mandamus”.
Dichiarazioni giurate che affermano che le
iniezioni sono armi biologiche e tecnologiche, sono state fornite anche dal
consulente legale medico e analista biotecnologico” Karen Kingston”, che ha
ricercato le prove che rendono la sezione Fatti del caso del “Mandamus”, e da “Ana
Mihalcea”, M.D., PhD.
La
ricerca del Dr. Mihalcea è inclusa nel “Mandamus”.
Il Dr. Mihalcea è uno dei principali
ricercatori al mondo sugli effetti della nanotecnologia autoreplicante nel
sangue degli iniettati e sugli effetti nel sangue dei non iniettati a seguito
dello spargimento.
La dichiarazione giurata del Dr.
Boyle esiste.
(josephsansone.substack.com/p/breaking-law-professor-that-wrote?utm=).
MONDO:
È IN VIA DI FORMAZIONE
UN
NUOVO ORDINE MULTIPOLARE
FORIERO
DI AMPI IMPATTI.
Credendo.com
– redazione - Raphaël Cecchi – (26-3-2024) – ci dice:
PUNTI
SALIENTI.
Il
nuovo ordine mondiale multipolare aumenterà la probabilità di conflitti e sarà
più caotico, minando la sicurezza e la stabilità globale.
L’eterogeneo
“Global South “preme per ottenere maggiore influenza, con conseguenti impatti
su economia globale, istituzioni internazionali e norme.
La
rivalità tra Cina e America spinge a riconfigurare le catene di
approvvigionamento globali, con conseguente aumento delle distorsioni negli
scambi commerciali in tutto il mondo.
A loro
volta anche i rischi climatici, che risultano più complessi da gestire in un
mondo frammentato, avranno un notevole impatto.
Gli
ultimi due anni sono stati segnati da due gravi conflitti:
la guerra in Ucraina dal febbraio del 2022 e
la guerra a Gaza dall’ottobre del 2023.
Oltre
ad alimentare l’instabilità nelle due regioni, aumentare l’incertezza e
danneggiare l’economia globale, questi rischi geopolitici evidenziano e
accelerano anche la transizione verso un nuovo ordine multipolare.
Insieme al cambiamento climatico avranno delle
profonde conseguenze a lungo termine sulle fondamenta economiche, finanziarie,
politiche e istituzionali del mondo.
L'aumento
dei conflitti mina la sicurezza e la stabilità mondiale
L’anno
2023 ha dato ulteriore prova della nuova era di incertezza e di crescenti
rischi di conflitto.
In
ottobre 2023, mentre il primo grave conflitto di questo secolo, la guerra in
Ucraina, era ancora in corso, è scoppiata la guerra a Gaza, che ha fatto
riemergere un conflitto latente con ampie ramificazioni politiche ed economiche.
La
determinazione di Israele nel voler eradicare Hamas, la grave crisi umanitaria
a Gaza e il rischio di escalation regionale con il coinvolgimento di importanti
potenze (in particolare USA e Iran), rendono gli sforzi di contenimento e di
pace molto complessi.
Analogamente
alla guerra in Ucraina, anche la guerra a Gaza ha portato allo spiegamento dei
giochi geopolitici, con gli attacchi Houthi contro le navi cargo occidentali
nel Mar Rosso e una flotta di alleati in maggioranza occidentali per
difenderle.
Oltre
ai conflitti effettivi, il mondo si trova ad affrontare gravi conflitti
latenti, che vedono come epicentro l’Asia.
La regione è al centro dell’attenzione per il
suo importante ruolo nel commercio e nell’economia mondiali, e per la presenza
della Cina, che compete con gli USA per la leadership mondiale.
In
questo secolo la regione ha già registrato una maggiore e più rapida corsa agli
armamenti, in particolare (ma non solo) per sviluppare le capacità difensive
per far fronte alla crescente assertività regionale della Cina.
Taiwan,
che rappresenta l’oggetto del contendere più rischioso tra USA e Cina, è il
principale rischio bellico della regione.
Dall’estate del 2022, la Cina ha intensificato
le pressioni militari nello stretto di Taiwan.
La possibilità di un esito pacifico appare
meno probabile con il reinsediamento al governo di Taiwan del partito
indipendente dopo le elezioni tenutesi a gennaio.
Ne
consegue che nei prossimi anni la probabilità di una invasione, di un embargo o
di operazioni ibride da parte della Cina continuerà ad aumentare.
Anche nel Mar Cinese Meridionale, dove restano
irrisolte molte dispute di sovranità territoriale, le tensioni sono aumentate,
portando a frequenti scontri marittimi tra imbarcazioni filippine e le navi
della Guardia Costiera cinese.
Le tensioni e il rischio di errori di
valutazione sembrano destinati a perdurare, data l’incapacità di raggiungere un
compromesso tra la Cina e gli altri contendenti. Per quanto riguarda la
penisola coreana, la capacità di armamenti nucleari avanzati di Pyongyang e
l’intensificarsi del lancio di missili ha fatto crescere il rischio di
conflitto con la Corea del Sud e gli USA.
Un
nuovo ordine mondiale per sua natura multipolare e instabile.
Il
fattore comune delle guerre a Gaza e in Ucraina è la rapida trasformazione
dell’ordine mondiale.
Questo
permette ai conflitti congelati di prendere corpo in un contesto basato su
l’equilibrio
del potere, in cui i conflitti vengono risolti sempre più con l’uso della forza
anziché attraverso le norme internazionali e le soluzioni diplomatiche.
La conclusione militare lampo dell’annoso
conflitto del “Nagorno Karabakh” da parte dell’”Azerbaijan” nel settembre del
2023, e la minaccia di intervento militare da parte del “Venezuela” per
impadronirsi della regione di “Essequibo” in “Guyana”, ricca di petrolio, non
sarebbero potute accadere fino a poco tempo fa, quando gli USA agivano da
poliziotti del mondo.
È un
dato di fatto che l’ordine mondiale multipolare vede l’informale ed eterogeneo “Global
South” in ripetuta contrapposizione con l’Occidente su moltissime questioni,
con rivendicazioni di maggiore influenza, il che avrà ampie ripercussioni in
materia di sicurezza, stabilità, economia, istituzioni e norme globali.
La
trasformazione del nuovo ordine mondiale si è tradotta in una espansione dei
BRICS (che da gennaio sono passati da cinque a undici membri, e molti se ne
aggiungeranno in futuro) e in una crescente de-dollarizzazione del commercio
Sud-Sud e dei finanziamenti (principalmente a beneficio del renminbi cinese).
Inoltre, la logica di un blocco guidato da USA
e Cina, con un folto gruppo di paesi non allineati nel mezzo, favorisce una
maggiore cooperazione militare tra Russia, Corea del Nord e Iran.
A
questo si aggiunga che, a seguito delle sanzioni economiche, la Russia è
diventata il principale fornitore di petrolio dell’India, mentre le
esportazioni di chip cinesi alla Russia sono cresciute esponenzialmente e la
Cina ha ora preso il posto dell’UE quale maggior partner commerciale della
Russia.
È in
atto una frammentazione geoeconomica.
Il
nuovo ordine mondiale si traduce anche in una riconfigurazione delle catene di
approvvigionamento globali.
La guerra commerciale ed economica tra Cina e
USA, seguita dalla crisi della pandemia da Covid-19, hanno innescato un
processo di frammentazione geoeconomica.
Le
strategie di friend/nearshoring (filiere produttive spostate in paesi amici o
più vicini) e di de-risking adottate di recente e destinate a proseguire in
futuro configureranno nuove catene di approvvigionamento e nuovi flussi
commerciali e di investimento, soprattutto per beni e servizi strategici.
In un
contesto di elevate tensioni sinoamericane, sono state introdotte restrizioni
commerciali sui chip (dall’Occidente con gli USA capofila) e sui minerali
critici (da pate della Cina), che con grande probabilità ostacoleranno gli
sviluppi futuri della transizione verde ed energetica in entrambi i “blocchi”
USA e cinese.
Inoltre, l’indagine UE sui sussidi cinesi per
la produzione di veicoli elettrici potrebbe far scattare futuri dazi UE e
probabili ritorsioni cinesi.
La crescente tendenza verso distorsioni
commerciali a livello mondiale sembra destinata a proseguire nel nuovo contesto
geopolitico.
In generale in futuro risulterà più complesso
e rischioso navigare tra gli ostacoli commerciali e politici con conseguenze
sulle decisioni commerciali, societarie e di investimento.
Cambiamento
climatico: un ulteriore elemento di destabilizzazione dell’ordine mondiale.
Insieme
ai rischi geopolitici, il cambiamento climatico rappresenta l’altro notevole
rischio globale che impatterà l’ordine mondiale.
Il
2023 è stato l’anno più caldo mai registrato, e in combinazione con “El Niño,”
ha riportato un numero crescente di eventi naturali estremi, da siccità gravi
nelle Amazzoni, in Africa Orientale e Asia Centrale, a ondate di calore in
India, vasti incendi in Europa e Canada, e perdite record da disastri climatici
negli USA.
Ancora
una volta la COP28 ha confermato una triste verità, ossia che il mondo non
riesce a trovare un accordo in merito agli sforzi necessari per mitigare e per
adattarsi a questa eccezionale sfida del cambiamento climatico, andando così
inevitabilmente ad alimentare ulteriori aggravi economici, finanziari e
politici futuri.
Sono
diversi i fattori che motivano la lentezza dei progressi, quali resistenza al
cambiamento e cortotermismo, e ovviamente la portata senza precedenti della
trasformazione economica e dei fabbisogni finanziari richiesti nel breve
periodo.
Tuttavia,
anche la mancanza di cooperazione globale rappresenta un fattore primario, in
quanto le elevate tensioni geopolitiche rendono più difficile raggiungere un
accordo su misure collettive coraggiose.
Nel
nuovo ordine mondiale multipolare che sta emergendo, le grandi e medie potenze
competeranno tra loro per ottenere una fetta maggiore della torta geopolitica
ed economica, o almeno nel caso dell’Occidente per conservare quella attuale.
Non
vogliono correre il rischio di vedere il proprio sviluppo eroso a vantaggio di
altre potenze a causa di una dismissione accelerata dei combustibili fossili, o
per aver fornito ai paesi in via di sviluppo un immenso finanziamento climatico
a fronte del maggiore contributo dato storicamente al cambiamento climatico.
In
futuro, i rischi climatici avranno profonde conseguenze sull’ordine mondiale in
termini di accesso alle risorse naturali (acqua, cibo, minerali critici), di
conflitti e di danno socioeconomico ai singoli paesi e ai loro ecosistemi.
Ne consegue che le proiezioni economiche e
geopolitiche di lungo termine di oggi potrebbero risultare molto incerte, a
seconda di come si evolveranno in realtà i rischi climatici nel lungo termine.
Inoltre, il cambiamento climatico ha visibili
ripercussioni sui flussi commerciali globali attraverso le restrizioni
commerciali.
Di fronte all’impatto negativo del cambiamento
climatico sulla produzione agricola interna, un numero crescente di paesi ha
deciso di limitare le esportazioni di alcuni beni alimentari di base,
apparentemente per proteggere la sicurezza alimentare interna (vedi l’India per
le esportazioni di riso e zucchero).
In
generale, i paesi (medi e grandi) si avvalgono sempre più della sicurezza
nazionale, energetica e alimentare quali obiettivi politici per giustificare
misure protezionistiche, che hanno un impatto negativo sulle catene di
approvvigionamento globali, sull’accesso alle materie prime essenziali, e fanno
rialzare i prezzi globali, in particolare di beni alimentari di prima
necessità.
Queste
dinamiche in futuro saranno sempre più frequenti.
Sarà
quindi essenziale costruire una rete diversificata e affidabile di partner
commerciali per assicurare la resilienza di ogni singolo paese, specialmente in
vista della frammentazione dell’ordine mondiale.
(Raphaël
Cecchi)
Bipolare,
multipolare e non-polare:
Il
mondo contraddittorio al tempo
dell’invasione
russa dell’Ucraina.
Affarinternazionali.it - Nathalie Tocci – (19
Settembre 2023) – ci dice:
Sapevamo
da tempo che il vecchio ordine sarebbe scomparso.
Il
nuovo secolo è iniziato con gli attacchi terroristici dell’11 settembre e le
conseguenti guerre in Afghanistan e in Iraq.
Soprattutto
quest’ultima è stata associata agli eccessi dell’egemonia americana e, di
conseguenza, all’inizio della sua fine.
Sapevamo da almeno due decenni che la Pax
Americana sarebbe finita.
Quello che non sapevamo è da cosa sarebbe
stata sostituita.
Crisi
finanziaria, BRICS e G20.
Solo
pochi anni dopo, a partire dal 2008, la crisi finanziaria globale e la
conseguente crisi dell’Eurozona sembravano fornire le prime risposte.
La
crisi finanziaria globale è stata una crisi dell’Occidente, che ha messo a nudo
le profonde vulnerabilità dell’iper liberismo che permeava il capitalismo
occidentale.
Ha
stimolato un dibattito sul multipolarismo come alternativa all’unipolarismo
statunitense:
si
sono formati raggruppamenti come i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina,
Sudafrica), è stata istituita la” Banca asiatica per gli investimenti nelle
infrastrutture”, che ha messo in luce i fallimenti delle riforme delle
istituzioni finanziarie internazionali guidate dall’Occidente.
Nuovi
raggruppamenti multilaterali come il G20 sembravano più rappresentativi della
distribuzione globale del potere e meglio attrezzati per affrontare le crisi
dell’economia globale.
La crisi finanziaria ha anche acceso il
dibattito sui problemi di una globalizzazione senza freni che, pur riducendo le
disuguaglianze tra i Paesi e facendo uscire un miliardo di persone dalla
povertà, aveva aumentato in modo massiccio le disparità socioeconomiche
all’interno dell’Occidente.
La
crisi della democrazia.
La
crisi finanziaria ed economica, in particolare la sua cattiva gestione in
Europa culminata nella crisi del debito sovrano del 2011-2012, ha fornito
terreno fertile per una terza crisi, quella della democrazia, accentuata dalla
cosiddetta crisi migratoria in Europa.
La crisi della democrazia, caratterizzata
dall’elezione di Donald Trump, dal referendum sulla Brexit, dall’ondata
nazionalista-populista in Europa e altrove, dalla Turchia al Brasile, nonché
dalla crisi dello Stato di diritto nell’UE con il regresso democratico
dell’Ungheria e della Polonia, indicava un mondo in cui la promozione della
democrazia era ormai lontana.
Le
democrazie liberali si occupano ora della protezione della democrazia, mentre
Paesi autoritari come la Russia di Vladimir Putin iniziano a dipingersi
esplicitamente come leader di un mondo illiberale.
Poi è
arrivata la pandemia, una crisi che ha rivelato esplicitamente che il sistema
internazionale si stava effettivamente frammentando ancora una volta;
piuttosto che una chiara struttura
multipolare, tuttavia, stava emergendo una nuova forma di bipolarismo, in cui
la natura dei sistemi politici era centrale (democrazia contro autocrazia) e
che gravitava attorno alla crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina.
La
pandemia è stata spesso dipinta in termini di competizione (quale sistema
politico è meglio attrezzato per affrontare le grandi sfide globali?), ma ha
anche dimostrato che i risultati efficaci dipendono dallo sforzo aggregato e
dalle risposte multilaterali.
Lo
stesso vale per altre sfide transnazionali come la crisi climatica,
l’intelligenza artificiale e la non proliferazione.
La pandemia ha messo in luce anche un’altra
contraddizione:
il mondo è più connesso e interdipendente che
mai, ma aumentano anche le spinte alla “de-globalizzazione”, alla chiusura,
alla protezione, alla ridondanza e all’accorciamento delle catene di
approvvigionamento.
Infine,
l’invasione russa dell’Ucraina, toccando così tante dimensioni della sicurezza,
del (dis)ordine e della governance globale, sta mettendo a nudo le
contraddizioni del nostro tempo in tutta la loro forza.
Ha
dimostrato che il mondo è bipolare, multipolare e non-polare allo stesso tempo.
Sì,
c’è una forma crescente di bipolarismo, con un rafforzamento delle relazioni
transatlantiche e della cooperazione all’interno del G7 Plus, e una Russia
strategicamente rimpicciolita e sempre più relegata a vassallo della Cina.
Allo
stesso tempo, il mondo ha rivelato anche caratteristiche di multipolarismo, in
particolare l’azione di ambiziose medie potenze che hanno rifiutato di
allinearsi con l’Occidente o la Russia, cercando opportunità da entrambi i
lati.
Un
mondo “non polare.”
L’India,
il Brasile, il Sudafrica, l’Arabia Saudita e, in parte, la Turchia, piuttosto
che stare con le mani in mano, sono intenzionati a sfruttare appieno i vantaggi
derivanti dal confronto globale.
Tuttavia,
il mondo ha anche dimostrato di essere non polare.
L’ampia maggioranza dei Paesi che si sono
astenuti dalle risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che
condannavano l’invasione russa voleva essenzialmente tenersi alla larga dal
conflitto, preoccupandosi principalmente delle sue conseguenze globali
piuttosto che delle sue cause regionali.
Questi
Paesi, in Africa, America Latina e Sud-Est asiatico, ritengono di avere già
abbastanza da fare a livello nazionale e regionale e non sono semplicemente
disposti a farsi trascinare in una guerra che non considerano loro.
Sono
preoccupati per i loro affari locali e non sono legati gli uni agli altri da un
collante ideologico globale:
in questo senso, gli attuali “indecisi” sono
fondamentalmente diversi dal movimento dei non allineati della Guerra Fredda.
La
guerra ha anche rivelato che il mondo è allo stesso tempo più integrato e più
frammentato.
L’invasione
russa dell’Ucraina è una guerra sia europea sia globale.
A
renderla globale sono sia i principi in gioco, dal diritto internazionale, al
colonialismo, alla democrazia e ai diritti, sia le sue ripercussioni, dalla
crisi energetica alla sicurezza alimentare e alla proliferazione nucleare.
L’utilizzo
dell’energia e del cibo come arma (weaponization) ha evidenziato nella sua
forma più cruda i rischi per la sicurezza di un mondo sempre più
interdipendente.
Allo stesso tempo, la guerra ha portato alla
ribalta la realtà che idee universali come la sovranità e l’integrità
territoriale hanno relativamente poca presa a livello globale:
i Paesi che difficilmente saranno direttamente
colpiti dalla violazione di tali principi semplicemente non saranno disposti a
pagarne il prezzo per difendersi. Per quanto triste, la guerra ha portato un
nuovo livello di onestà nel dibattito internazionale.
La
guerra tra Russia e Ucraina, che segue altre crisi che hanno segnato il XXI
secolo, ci ha permesso di vedere con maggiore chiarezza il mondo in cui
viviamo.
Tuttavia,
tale chiarezza ha rivelato la complessità, in particolare le contraddizioni
nella natura e nella distribuzione del potere, nonché nelle forze centripete e
centrifughe che lo guidano.
Queste
contraddizioni non sono affatto vicine a una risoluzione, rendendo sempre più
sfuggente la ricerca di un’efficace governance globale incentrata su
istituzioni esistenti, riformate o nuove.
Siamo destinati ad arrancare ancora per un po’
nella nebbia della guerra, alternando competizione e cooperazione ad hoc,
proseguendo per tentativi nel fornire soluzioni provvisorie e spesso non
ottimali alle principali sfide della nostra epoca.
Il
Progetto Segreto degli Stati Uniti
del
1945 per “Cancellare
l’Unione
Sovietica dalla Mappa”
Conoscenzealconfine.it
– (12 Giugno 2024) – Redazione - Michel Chossudovsky – ci dice:
La
“prova generale” di Hiroshima e Nagasaki e il progetto segreto del Dipartimento
della Guerra degli Stati Uniti del 15 settembre 1945 per “Cancellare l’Unione
Sovietica dalla mappa”.
Scrive “Michel Chossudovsky”:
“Il
mio impegno di lunga data è rivolto al ‘valore della vita umana’, alla
‘criminalizzazione della guerra’, alla ‘coesistenza pacifica’ tra gli Stati
nazionali e al ‘futuro dell’umanità’, attualmente minacciato dalla guerra
nucleare.
Da
oltre 10 anni mi occupo di ricerca sulla guerra nucleare, concentrandomi sulle
sue dimensioni storiche, strategiche e geopolitiche, nonché sulle sue
caratteristiche criminali come mezzo per attuare quello che è meglio descritto
come ‘genocidio
su vasta scala’.
Quella
che viene presentata di seguito è la storia della guerra nucleare:
una
successione di piani di guerra nucleare degli Stati Uniti che risale al
“Progetto Manhattan” (1939-1945) e che porta al bombardamento di Hiroshima e
Nagasaki nell’agosto 1945.
Sconosciuto
al grande pubblico, il primo ‘Doomsday Blueprint’ (Progetto del giorno del
giudizio) statunitense di un attacco nucleare diretto contro l’Unione Sovietica
fu formulato dal Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti il 15 settembre
1945, quando gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica erano alleati.
Nella
formulazione della politica estera degli Stati Uniti c’è un elemento di
ignoranza politica e di paranoia.
Il “Doomsday Scenario” è stato messo a punto
dal Pentagono per quasi 78 anni.
Se non
fosse stato per il piano del settembre 1945 di ‘cancellare l’Unione Sovietica
dalla carta geografica’ (66 aree urbane e più di 200 bombe atomiche), né la
Russia né la Cina avrebbero sviluppato armi nucleari.
Non ci
sarebbe stata una corsa agli armamenti nucleari.
Numerosi
piani di guerra nucleare degli Stati Uniti sono stati formulati fin
dall’inizio, fino allo ‘Strategic Air Command SAC Atomic Weapons Requirements Study’
del 1956 (declassificato
nel dicembre 2015), che consisteva nel colpire 1200 aree urbane in Unione
Sovietica, Europa orientale e Cina.
Il
mondo è a un bivio pericoloso:
bisogna capire che l’uso di armi nucleari in relazione
al confronto tra USA-NATO e Russia porterebbe inevitabilmente a un’escalation e
alla fine dell’umanità come la conosciamo.
(È
necessario un movimento mondiale per la pace e la messa al bando delle armi
nucleari”.
(M. Ch., 2 agosto 2023).
Un
Estratto dell’Articolo: “Il piano del 15 settembre 1945 per cancellare l’Unione
Sovietica dalla carta geografica.”
Appena
due settimane dopo la fine ufficiale della Seconda Guerra Mondiale (2 settembre
1945), il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti pubblicò un progetto (15
settembre 1945) per “cancellare l’Unione Sovietica dalla mappa” (66 città con
204 bombe atomiche), quando Stati Uniti e URSS erano alleati. Questo famigerato
progetto è confermato da documenti declassificati. (Per ulteriori dettagli si veda
Chossudovsky, 2017).
Esiste
l’immagine delle 66 città dell’Unione Sovietica che erano state previste come
obiettivo dal Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti.
La
“Prova Generale” di Hiroshima e Nagasaki.
I
documenti preparatori confermano che i dati relativi agli attacchi di Hiroshima
e Nagasaki venivano utilizzati per valutare la fattibilità e i costi di un
attacco molto più grande contro l’Unione Sovietica.
Questi
documenti furono ultimati 5-6 settimane dopo i bombardamenti di Hiroshima e
Nagasaki (6 e 9 agosto 1945).
“Per
Garantire la Nostra Sicurezza Nazionale”
Si
noti la corrispondenza tra il maggiore generale “Norstad “e il capo del
“Progetto Manhattan”, il generale “Leslie Groves”, che era in collegamento
permanente con il” dottor J. Robert Oppenheimer”, capo del team di scienziati
nucleari di Los Alamos.
Il 15
settembre 1945 “Norstad” inviò un memorandum al tenente “Leslie Groves”
chiedendo una stima del “numero di bombe necessarie per garantire la nostra
sicurezza nazionale”.
(Il
primo fabbisogno di scorte atomiche).
Il
“Piano Dropshot” del 1949.
300
bombe nucleari per colpire più di 100 città sovietiche.
Numerosi
piani di guerra degli Stati Uniti (sotto la presidenza Truman) per attaccare
l’Unione Sovietica furono “formulati e rivisti su base regolare tra il 1945 e
il 1950”.
La maggior parte di essi era totalmente
disfunzionale, come descritto da “J.W. Smith” nel suo libro intitolato “The
World’s Wasted Wealth 2”.
“I
nomi assegnati a questi piani ne descrivono graficamente lo scopo offensivo:
Bushwhacker,
Broiler, Sizzle, Shakedown, Offtackle, Dropshot, Trojan, Pincher e Frolic.
Le
forze armate statunitensi conoscevano la natura offensiva del lavoro che il
Presidente Truman aveva ordinato loro di preparare e avevano chiamato i loro
piani di guerra di conseguenza”.
“Michio
Kaku” e “Daniel Axelrod”, nel loro libro intitolato “To Win a Nuclear War: the Pentagon’s
Secret War Plans” (Per vincere una guerra nucleare: i piani di guerra segreti
del Pentagono), forniscono le prove (basate su documenti declassificati) che il
progetto del settembre 1945 è stato seguito da un piano continuo da parte del
governo degli Stati Uniti per bombardare l’Unione Sovietica (così come la
Russia nell’era successiva alla Guerra Fredda):
“Questo
libro [prefazione di Ramsey Clark] ci costringe a ripensare e riscrivere la
storia della Guerra Fredda e della corsa agli armamenti… Fornisce uno sguardo
sorprendente sui piani segreti degli Stati Uniti per iniziare una guerra
nucleare dal 1945 a oggi”.
Il
piano del settembre 1945 (66 città) fu seguito nel 1949 da un altro progetto
insidioso, il
piano Dropshot:
Secondo
Kaku e Axelrod, il DropShot del 1949 consisteva in un piano diretto contro
l’Unione Sovietica per “sganciare almeno 300 bombe nucleari e 20.000 tonnellate
di bombe convenzionali su 200 obiettivi in 100 aree urbane, tra cui Mosca e
Leningrado (San Pietroburgo)”.
Secondo
il piano, Washington avrebbe iniziato la guerra il 1° gennaio 1957.
Il
piano Dropshot era stato formulato prima dell’annuncio della Russia,
nell’agosto 1949, di testare la propria bomba nucleare.
Esiste
l’Elenco delle 1200 Città Bersaglio della Guerra Fredda.
Il
progetto iniziale del 1945, che prevedeva l’attacco di 66 città, e il
successivo Piano Dropshot del 1949 (che mirava a 100 città) furono aggiornati
nel corso della Guerra Fredda.
Il piano del 1956 comprendeva circa 1200 città
dell’URSS, dei Paesi del blocco sovietico dell’Europa orientale e della Cina
(si vedano i documenti declassificati).
Le
bombe previste per l’attacco erano significativamente più potenti in termini di
capacità esplosiva di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
Stiamo
parlando di un genocidio pianificato contro l’Unione Sovietica, la Cina e
l’Europa orientale…
Estratto
dall’elenco delle 1200 città bersaglio di attacchi nucleari in ordine
alfabetico.
Archivio
della sicurezza nazionale, op. cit. I dettagli relativi al “The SAC [Strategic
Air Command] Atomic Weapons Requirements Study for 1959, produced in June 1956”
sono stati declassificati il 22 dicembre 2015.
Secondo
il National Security Archive (nsarchive.org£, il SAC del 1956, fornisce
l’elenco più completo e dettagliato di obiettivi nucleari e sistemi di
obiettivi che sia mai stato declassificato. Per quanto è dato sapere, nessun
documento analogo è mai stato declassificato per nessun periodo della storia della
Guerra Fredda.
Lo
studio del SAC include dettagli agghiaccianti… gli autori svilupparono un piano
per la “distruzione sistematica” degli obiettivi urbano-industriali del blocco
sovietico che mirava specificamente ed esplicitamente alla “popolazione” in
tutte le città, comprese Pechino, Mosca, Leningrado, Berlino Est e Varsavia.
Il
documento del SAC include elenchi di oltre 1100 campi di aviazione nel blocco
sovietico, con un numero di priorità assegnato a ciascuna base… Un secondo
elenco era quello delle aree urbane-industriali identificate per la
“distruzione sistematica”. Il SAC elencava oltre 1200 città del blocco
sovietico, dalla Germania Est alla Cina, anch’esse con priorità stabilite.
Mosca
e Leningrado avevano rispettivamente la prima e la seconda priorità. Mosca
comprendeva 179 Designated Ground Zeros (DGZ), mentre Leningrado ne aveva 145,
compresi gli obiettivi “popolazione”.
Secondo
lo studio, il SAC avrebbe preso di mira gli obiettivi dell’Air Power con bombe
da 1,7 a 9 megatoni.
Farle
esplodere a livello del suolo, come previsto, avrebbe prodotto un significativo
rischio di ricaduta per i civili vicini.
Il SAC voleva anche un’arma da 60 megatoni,
che riteneva necessaria per la deterrenza, ma anche perché avrebbe prodotto
“risultati significativi” nel caso di un attacco sovietico a sorpresa.
Un
megatone sarebbe stato 70 volte la resa esplosiva della bomba che distrusse
Hiroshima.
Leggete
attentamente:
se
questo diabolico progetto fosse stato realizzato contro l’Unione Sovietica e i
suoi alleati, il bilancio delle vittime sarebbe stato indescrivibile (cioè, se
paragonato a Hiroshima, 100.000 morti immediate).
La più
piccola bomba nucleare contemplata aveva una resa esplosiva di 1,7 megatoni,
119 volte più “potente” di una bomba di Hiroshima (15 chilotoni di TNT).
La
bomba da 9 megatoni di cui sopra era 630 volte una bomba di Hiroshima, la bomba
da 60 megatoni: 4200 volte una bomba di Hiroshima.
Il
Bollettino: Fondato dagli Scienziati del Progetto Manhattan nel settembre 1945.
Per
un’amara ironia, subito dopo Hiroshima e Nagasaki, il “Bulletin of the Atomic
Scientists fu fondato” nel 1945 a Chicago da scienziati del Progetto Manhattan,
che erano stati coinvolti nello sviluppo della bomba atomica.
Due
anni dopo, nel 1947, “The Bulletin” ideò il “Doomsday Clock”, “con
un’impostazione originale di sette minuti a mezzanotte”.
L’iniziativa
fu formulata in un periodo in cui non c’era la corsa agli armamenti: esisteva
un solo Stato dotato di armi nucleari, gli Stati Uniti, intenzionati a
realizzare lo scenario del Giorno del Giudizio (genocidio) contro l’Unione
Sovietica, formulato nel settembre 1945.
Nel
1947, quando fu creato l’Orologio del Giorno del Giudizio, la “giustificazione”
sostenuta dal Bollettino fu che:
“il più grande pericolo per l’umanità
derivava… dalla prospettiva che gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica fossero
diretti verso una corsa agli armamenti nucleari”.
La
premessa alla base di questa affermazione era quella di garantire agli Stati
Uniti il monopolio delle armi nucleari.
Mentre
nel 1947 il “Piano per cancellare l’Unione Sovietica dalla carta geografica”
era ancora in fase di elaborazione al Pentagono, i documenti relativi furono
declassificati trent’anni dopo, nel 1975.
La
maggior parte degli ex scienziati del progetto Manhattan non era a conoscenza
del piano del settembre 1945 contro l’Unione Sovietica.
L’Unione
Sovietica è emersa come potenza nucleare nell’agosto del 1949, due anni dopo il
lancio dell’Orologio del Giorno del Giudizio, in gran parte in vista
dell’applicazione di ciò che in seguito è stato chiamato “deterrenza”, ossia
un’azione volta a scoraggiare un attacco nucleare da parte degli Stati Uniti.
All’apice
della Guerra Fredda e della corsa agli armamenti, questo concetto si è poi
evoluto in quello che è stato definito “Distruzione reciproca assicurata”.
Mentre
diversi autori e scienziati presentati dal “Bulletin” hanno fornito una
prospettiva critica sul programma americano di armi nucleari, non c’è stato
alcun tentativo coeso di mettere in discussione la storia o la legittimità del “Progetto
Manhattan”.
La tendenza più generale è stata quella di
“cancellare la storia”, sostenendo la “giustezza” del bombardamento Hiroshima e
Nagasaki e attribuendo la colpa alla Russia, alla Cina e alla Corea del Nord.
La
Guerra Nucleare Contro i “Pericoli Imminenti della CO2”
Negli
ultimi anni, il “Bulletin of the Atomic Scientists “cerca di fornire
informazioni rilevanti sulle armi nucleari, sui cambiamenti climatici e su
altre questioni di sicurezza globale”.
Secondo
“Mary Robinson”, presidente degli “Anziani del Doomsday Clock” ed ex presidente
della Repubblica d’Irlanda (dichiarazione del 2023):
“Il
Doomsday Clock sta suonando un allarme per l’intera umanità. Siamo sull’orlo
del precipizio. Dalla riduzione delle emissioni di anidride carbonica al
rafforzamento dei trattati sul controllo degli armamenti e agli investimenti
nella preparazione alle pandemie, sappiamo cosa è necessario fare. Siamo di
fronte a crisi multiple ed esistenziali. I leader devono avere una mentalità da
crisi”.
Questa
prospettiva rasenta il ridicolo.
La CO2
viene disinvoltamente presentata come un pericolo per l’umanità paragonabile
alla guerra nucleare.
Si
dice che il Doomsday Clock “rappresenti le minacce per l’umanità da una varietà
di fonti”, secondo un collettivo di Premi Nobel.
Che
assurdità.
Presentare
la Co2 o il Covid come un pericolo paragonabile alla guerra nucleare è una vera
e propria menzogna.
Il suo intento è quello di fuorviare
l’opinione pubblica.
Fa parte di una campagna di propaganda
piuttosto sottile che fornisce legittimità alla dottrina statunitense della
“guerra nucleare preventiva”, cioè della guerra nucleare come mezzo di
“autodifesa” (formulata nella Nuclear Posture Review del 2001).
Ciò
che preoccupa è che i decisori statunitensi, tra cui “Joe Biden”, credono nella
loro stessa propaganda che una guerra nucleare preventiva contro la Russia sia
“vincente”.
E che
le armi nucleari tattiche siano “strumenti di pace”.
Nel
frattempo la storia viene cancellata.
Il ruolo persistente dell’America nello sviluppare
“un’agenda dell’apocalisse” (alias genocidio) fin dall’attacco del Progetto
Manhattan nel 1939 non viene semplicemente menzionato.
Ciò
che preoccupa è che esiste una storia continua di numerosi progetti e scenari
di terza guerra mondiale che consistono nel “cancellare la Russia dalla mappa”
e scatenare una terza guerra mondiale.
La
guerra nucleare contro la Russia è stata incorporata nella dottrina militare
statunitense fin dal 1945.
(Questo
articolo è stato pubblicato per la prima volta da Global Research il 7 febbraio
2023. “Verso uno scenario di terza guerra mondiale: I pericoli della guerra
nucleare”).
(Michel
Chossudovsky).
(Articolo
di Michel Chossudovsky (Michel Chossudovsky è professore di economia
all’Università di Ottawa e direttore del Centre for Research on Globalization
(CRG), che ospita il sito web www.globalresearch.ca Collabora con
l’Enciclopedia Britannica. I suoi scritti sono stati tradotti in più di 20
lingue.)
(michelchossudovsky.substack.com/p/hiroshima-nagasaki-dress-rehearsal-doomsday)
(nogeoingegneria.com/tecnologie/nucleare/oppenheimer-e-il-progetto-segreto-degli-stati-uniti-del-1945-per-cancellare-lunione-sovietica-dalla-mappa/).
L’illusione
di un mondo multipolare:
intervista
a Vijay Prashad.
Dinamopress.it
- Francesco Brusa e Luca Peretti – (28 Marzo 2023) – ci dice:
Alla
radice dell’invasione dell’Ucraina c’è anche la totale indisponibilità degli
Stati Uniti a integrare nella propria sfera di influenza commerciale e politica
i nuovi “attori” dello scenario globale come Russia e Cina.
Questa
intervista è stata pubblicata originariamente in versione cartacea sul quinto
numero di Dinamoprint, “Guerra alla
scienza”, uscito nel mese di luglio del 2022 (l’intervista è stata realizzata
due mesi prima).
La
ripubblichiamo oggi sul sito assieme all’articolo “Multipolarimo: il mantra
dell’autoritarismo” di Kavita Krishnan come parte di un dibattito sul
multipolarismo nel mondo contemporaneo che ospitiamo su Dinamopress a partire
dalla guerra in Ucraina e dal dispiegarsi di nuovi imperialismi.
Sono
passati poco più di due mesi dall’inizio della guerra di aggressione russa
all’Ucraina quando parliamo con “Vijay Prashad”.
Direttore
della “Tricontinental” (l’istituto e rivista che ha le sue radici nel movimento
dei paesi non allineati negli anni ’60), storico di anticolonialismo e Terzo
Mondo inteso come progetto politico, è uno dei più importanti studiosi del sud globale.
Ci risponde dall’America Latina, dove vive
adesso dopo essere stato per molti anni negli Stati Uniti e prima in India, da
cui è originario e dove mantiene forti legami militanti e lavorativi.
La capacità di muoversi e leggere il mondo da
diversi punti di vista è una delle caratteristiche di “Prashad”, unita alla
vastissima rete di contatti e interazioni che ha creato in mezzo mondo.
In Italia è relativamente poco conosciuto,
anche se i due libri più importanti sono stati tradotti (Storia del Terzo mondo
per Rubbettino e Proiettili a stelle e strisce per Red Star Press).
Quando
lo abbiamo contattato, poco prima della data fatidica del 9 maggio (“Giornata
della vittoria”, in commemorazione della sconfitta della Germania nazista), si
faceva un gran parlare di nuova guerra fredda e mondo multipolare; proprio da
qui cominciamo la nostra conversazione.
«Dobbiamo
partire da lontano, da quando l’Unione Sovietica ha iniziato a indebolirsi,
cioè dagli anni ’70, e gli Stati Uniti d’America iniziarono a mettere in atto
piani di ristrutturazione degli equilibri mondiali:
la
formazione del G7, un nuovo e deciso programma relativo all’ “Accordo generale
sulle tariffe doganali e sul commercio”, in particolare l’Uruguay Round [che ha
posto le basi per la creazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio,
ndr].
Insomma,
almeno dieci anni prima del collasso dell’Unione Sovietica, gli Usa hanno
iniziato a consolidare ulteriormente la propria potenza in termini militari,
diplomatici ed economici (e in special modo finanziari).
Questo
consolidamento di potere si è reso estremamente visibile subito dopo l’89.
Pensiamo, per esempio, al modo in cui gli Usa hanno esercitato il proprio
potere militare senza alcun contro-bilanciamento o freno:
Iraq
(1991), la distruzione della Yugoslavia nel 1999, la guerra al terrore, e via
dicendo.
Alcuni
sostengono che la ragione profonda di tanti interventi fosse quella di limitare
il ruolo geopolitico della Germania ma – quale che fosse la ragione – gli Usa
hanno potuto agire senza alcun tipo di controllo esterno.
Era dunque chiaro che non ci fosse alcuna
competizione in termini militari (e basta guardare alle voci di spesa).
Pensiamo
poi al piano diplomatico:
gli Usa hanno sempre imposto le loro
condizioni anche alle Nazioni Unite.
Ero
amico personale dell’ex-segretario dell’Onu Boutros Boutros-Ghali e, quando
stava pensando a un suo possibile secondo mandato, mi diceva che gli Usa non lo
avrebbero mai accettato.
In
sostanza, gli Usa hanno iniziato a comandare tutta una serie di organismi
internazionali, come il “Fondo Monetario”che ha sempre guardato al Dipartimento
del Tesoro statunitense per formare la propria leadership; la Nato, che non è
una “allenza” ma un vero e proprio strumento nelle mani degli Usa; e infine
bisogna guardare alla “Banca Centrale Europea”: se durante la crisi del 2016/17
gli Stati Uniti non avessero pompato soldi nel sistema europeo, le conseguenze
della crisi sarebbero state molto più severe ma, in questo modo, anche gli
organismi economici europei sono caduti sotto una maggiore influenza
statunitense».
Cosa
rimane fuori dall’influenza USA?
Dopo
il “collasso economico” del 2008 è diventato molto chiaro come la Cina fosse
una delle poche nazioni che, in sostanza, era riuscita a “schivare” la crisi,
riuscendo a introdurre una crescita senza pari nello scenario globale.
A quel
punto, nel 2009, ci fu un tentativo di costruire il cosiddetto blocco dei
Brics, assieme a India, Brasile e Russia.
Non è
andato molto lontano visto che le élites al potere, soprattutto in India e
Brasile, non ne erano particolarmente entusiaste;
così
Cina e Russia si sono avvicinate sempre di più.
E qui arriviamo alla questione della
multipolarità:
inizialmente,
sembrava dunque che si stessero creando dei nuovi blocchi di potenza ma la
realtà è che un tale processo non si è mai sviluppato appieno.
Come
dicevo, infatti, Brasile e India hanno continuato ad appoggiarsi a un sistema
di scambio e di sviluppo economico basato sul dollaro, il che è comprensibile
visto che non erano delle grandi potenze.
Nel
2018 poi in un documento strategico, gli Stati Uniti affermano essenzialmente
che la guerra al terrore era finita e ora gli sforzi andavano orientati a
prevenire l’emergenza del blocco di potere composto da Russia e Cina.
L’allora
segretario della Difesa “James Mattis” disse che non bisognava lasciare a
questa coppia di “quasi-alleati” (near peers) la possibilità di crescere.
Indebolire
la Russia e indebolire la Cina in sostanza diventavano dei principi fondanti
della politica estera statunitense.
Donald
Trump annunciò che gli Usa si sarebbero ritirati dal “Trattato sulle Forze
Nucleari a medio-raggio”, mentre già nel 2002 Bush si era ritirato dal
“Trattato anti-missili balistici”.
Queste
due decisioni hanno di fatto messo fine al regime di controllo internazionale
sugli armamenti.
Ciò
significa – ed è terribile farlo notare – che un conflitto nucleare rappresenta
uno scenario di fatto accettato come possibile, dato che non c’è più nessun
regime di protezione contro una tale eventualità.
Secondo
me quello a cui si assiste dal 2018 in poi è quindi un contesto in cui gli
Stati Uniti non consentono l’ascesa di qualsiasi altra potenza globale.
E per
fare ciò viene introdotto l’intero arsenale a propria disposizione:
dalla
forza militare a quella diplomatica, fino alla pressione economica.
Il
segretario della difesa “Lloyd Austin” ha detto che gli aiuti all’Ucraina non
servono a rimuovere le truppe russe dal paese invaso ma, esplicitamente, a
«indebolire la Russia».
Quindi
non ci credi all’idea di un mondo multipolare?
No, è,
sostanzialmente, un’illusione neoliberale.
Perché la formazione di nuovi blocchi di
potenze viene troncata alla radice e ostacolata in tutti i modi dal principale
attore unipolare, ovvero gli Stati Uniti.
Ci
troviamo invece, a mio modo di vedere, in un interregno gramsciano in cui
appaiono sulla scena “nuovi mostri” che ancora non sono fascismo compiuto.
Solo
che ora la minaccia non è più, come ai tempi di Gramsci, quella della
costituzione del fascismo in un solo paese ma è l’annichilimento totale di
stampo nucleare.
Che
ruolo dovrebbe avere la sinistra in un contesto così complesso?
Proviamo
a prendere la domanda da questa prospettiva:
quale
dovrebbe essere, per esempio, la relazione della sinistra con l’Iran?
Io
sono ovviamente sfavorevole alla prospettiva di una teocrazia.
Ma
allo stesso tempo penso che la politica degli Stati Uniti nei confronti
dell’Iran sia una politica criminale:
l’intero
regime delle sanzioni e il sabotaggio delle infrastrutture nucleari dell’Iran
sono, ripeto, atti criminali.
Penso dunque che si debba difendere il
progetto politico dell’Iran (nonostante non si concordi con la sua specificità)
contro il bullismo e la pressione esercitata nei suoi confronti dalla potenza
statunitense.
Ed è
lo stesso per molte altre nazioni che sono sotto questa minaccia.
Non
sono d’accordo con il progetto politico che si sviluppa in Russia, perché non
si tratta certo di un progetto socialista, ma difendo la Russia contro l’imperialismo
statunitense.
Noi
eravamo contro le due guerre condotte in Cecenia, prima da Elstin e poi da
Putin.
Ma
penso che siano state principalmente le élites statunitensi ad aver distrutto
lo stato russo e ad aver facilitato, fra le altre cose, che Eltsin e Putin
consolidassero il proprio potere e bombardassero la Cecenia.
La
Russia rappresenta un progetto politico capitalistico, non dissimile da quello
degli Usa.
È
ridicolo chiamare i miliardari russi “oligarchi”, perché allora tutti i
miliardari del mondo dovrebbero essere chiamati in questo modo.
Vogliamo
parlare della corruzione politica in Italia, per esempio?
Penso
che come sinistra dobbiamo riconoscere e tener presente il fatto che siamo in
un momento in cui la maggiore potenza mondiale vuole mettersi contro e
indebolire una delle maggiori potenze euroasiatiche, rischiando di trascinarci
in una guerra di annullamento totale.
Putin
non è l’unico attore aggressivo in questo contesto, per quanto ovviamente abbia
preso la decisione di violare l’integrità territoriale di un altro stato.
E non
sto parlando dell’allargamento a est della Nato, che non ritengo il punto
centrale della faccenda.
Ripeto,
credo che una delle questioni fondamentali sia quella relativa ai già
menzionati trattati sulla sicurezza nucleare.
Non è stato Putin a ritirarsi per primo da
quei trattati e questi per lui rappresentano un serio motivo di preoccupazione.
Lo va
ripetendo sin dalla conferenza di Monaco del 2007.
Impossibile
schierarsi, dunque?
Io mi
schiero affinché si ritorni ad avere un regime di controllo sugli armamenti
nucleari e sto dalla parte dei popoli e degli attori internazionali che
vogliono abolire le armi nucleari (ricordo che venne assegnato nel 2017 il
Premio Nobel per questa iniziativa).
Insomma, vorrei un mondo senza armamenti
nucleari e questo rappresenta il mio primo obiettivo.
Dobbiamo
essere consapevoli che il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina non risolve
nulla.
La
questione della Crimea, per esempio, non può essere abbandonata da un giorno
all’altro da parte della Russia:
non
dobbiamo dimenticarci che nel 2014 l’Ucraina decise di tagliare ogni
rifornimento d’acqua verso la penisola ed è per questo che la Russia costruì
con grande dispendio di risorse un ponte che connettesse la Crimea al proprio
territorio.
In più, c’è la base di Sebastopoli che è di
grande interesse militare per la Russia.
Dobbiamo
quindi essere capaci di mettere in piedi dei negoziati che tengano in conto di
tali questioni e che, soprattutto, partano dalla considerazione di quanto il
mondo in cui viviamo non sia fatto di certezze granitiche ma di contraddizioni
e di relazioni di totale interdipendenza fra stati.
Prendiamo
il caso del Giappone, che compra quasi il 10% della propria energia dalla
Russia, ma allo stesso tempo sta inviando aiuti militari all’Ucraina.
Inoltre,
col proprio capitale statale, il Giappone partecipa ai progetti relativi al gas
di Sakhalin e Sakhalin-II.
Anche
l’India non ha certo interrotto le proprie relazioni commerciali con la Russia.
Perché?
Perché
sono paesi euroasiatici, che devono confrontarsi con la realtà del contesto in
cui vivono.
In
questo senso, io penso che l’Ucraina, purtroppo, si trova stretta fra le
“fantasie” anglo-americane e la realtà euroasiatica e il popolo ucraino sta
pagando tragicamente il prezzo di questo scontro che si svolge a un piano più
alto.
Quindi
con chi schierarsi in un tale scenario? Io mi schiero a favore
dell’integrazione del campo euroasiatico dentro le relazioni di potenza globali.
Perché
è proprio la volontà di impedire una tale integrazione da parte delle élites
angloamericane che sta in parte alla base del conflitto in Ucraina.
Le
lotte anticoloniali del secolo scorso, che tu hai studiato, possono insegnarci
qualcosa?
Ci
sono un sacco di lezioni che possono essere tratte da quell’esperienza.
La
principale credo consista nel fatto che le nazioni che non sono allineate con
gli Stati Uniti o quei paesi che non sono al cento per cento integrati nella
sfera d’influenza russa debbano far sentire la propria voce e debbano essere
ascoltate. Perché non hanno opinioni identiche.
È
stato chiesto al Ministro degli Esteri indiano, in modo molto aggressivo,
quand’è che avrebbe smesso di comprare gas dalla Russia e lui ha
sostanzialmente fatto notare come ciò che l’India compra dalla Russia in un
mese corrisponde più o meno a quanto i paesi occidentali comprano nell’arco di
un solo pomeriggio.
Ho trovato questa risposta bellissima.
Insomma,
vorrei che ci fosse più spazio affinché i leader del Sud Globale possano dire
liberamente ciò che pensano.
Proviamo
a dare respiro al dibattito in questo senso.
Prima
di pensare al multipolarismo, dobbiamo intanto diversificare e “decolonizzare”
la discussione a livello globale.
In
questo momento, in pratica, stiamo ascoltando solo l’opinione dell’Occidente e
di Biden.
Vale
la pena ritornare quindi all’idea dei paesi non allineati, che durate la Guerra
Fredda provavano a pensare a un’alternativa oltre i due blocchi?
Sì,
credo che dovremmo ambire a una sorta di nuovo movimento dei paesi
non-allineati.
Dovremmo
spingere affinché le leadership del Sud Globale costruiscano maggiori relazioni
e siano più convinte nel far sentire la propria voce ed esprimere le proprie
opinioni.
Non devono avere paura degli Stati Uniti!
DAL
MONDO UNIPOLARE VERSO
UN
MONDO MULTIPOLARE.
Calabriapost.net
- Enrico Vigna – (20 Marzo 2024) – ci dice:
Da
alcuni anni il mondo è mutato e si stanno trasformando gli equilibri e le
architetture geopolitiche, economiche e strategiche mondiali.
Una mutazione veloce, quasi debordante, che
procede tuttora ad un ritmo incalzante.
I vecchi equilibri/relazioni/alleanze fra le
potenze mondiali e i rispettivi campi di influenza, vengono bruscamente rimessi
in discussione, sul piano militare, politico, economico, culturale e persino
spirituale.
Piaccia
o meno, la storia ci presenta questa situazione.
Come
evolverà o si svilupperà o regredirà sarà, come sempre la storia e i fatti a
sancirlo.
Ma
negare ciò che sta avvenendo o sottovalutarlo equivale, oggettivamente vivere
fuori dalla realtà o in dimensioni autoreferenziali dottrinarie, allo stesso
tempo si tratta di NON IDEALIZZARE o rendere idilliaco un processo che è
storico e materiale, QUINDI suscettibile ed esposto nei suoi passaggi, a
continue modifiche, limiti, contraddizioni o reversibilità oggettive.
Dalla
seconda metà del XX secolo fino al 1989 il mondo ha vissuto un’era bipolare,
con due campi:
da una parte l’URSS, i paesi socialisti, ma in
questo campo rappresentato dall’URSS, va ricordato vi erano collocati, spesso
in modo non formalizzato o organica, i ¾ dell’umanità:
Movimento
Non allineati, i paesi liberatisi dal colonialismo, i movimenti o Fronti
antimperialisti in lotta, o paesi come la Francia che in difesa della propria
indipendenza non aderiva alla NATO.
Dall’altra
parte il blocco USA/NATO con i paesi subalterni atlantisti.
Questa
fase storica si concluse di fatto con la distruzione e dissolvimento dell’URSS
e del suo campo, a inizio anni ’90, ed è stata di fatto un’era unipolare,
esauritasi da poco.
Il
nostro tempo è segnato dal multipolarismo:
in cui molteplici attori rivendicano il
diritto di operare sul palcoscenico mondiale, pretendendo rapporti più
egualitari fra gli stati, indipendenza, sovranità.
Il binomio dominatori/dominati viene rimesso
in discussione, non in modo ideologico o di classe in senso marxista, ma come
RICERCA di risposte sicuramente più sperimentali, meno delineate
analiticamente, con mille contraddizioni anche profonde, ma i popoli e i paesi
ne hanno una esigenza ormai di sopravvivenza per trovare vie di sviluppo,
contro sfruttamento, rapina e saccheggio delle loro ricchezze, per cercare
soluzioni di pace alle centinaia di micro o dispiegati conflitti interni,
finanziati e sostenuti da potenze straniere per interessi imperialisti e di
dominio.
I
quattro cardini basilari su cui si regge e si qualifica una prospettiva di
Mondo Multipolare, molto sinteticamente si possono identificare in:
La
progettualità economica, dove non è messa in discussione la struttura delle
classi sociali, di letture circa plusvalore e sfruttamento della forza lavoro o
del sistema capitalistico in generale.
La
cooperazione reciprocamente vantaggiosa, come motore per lo sviluppo nazionale
di ciascun paese.
Con un
interscambio commerciale, di materie prime e infrastrutture.
A condizioni non certamente “socialistiche” ma
sicuramente molto più favorevoli ai piccoli paesi del terzo e quarto mondo, che
non gli ultimi trent’anni di mondo multipolare, fondati su rapine, saccheggi e
ricatti, che hanno cancellato l’interesse nazionale di ogni paese più debole.
Il
principio della NON ingerenza degli affari interni di ciascun paese, come
principio di rispetto delle indipendenze e sovranità nazionali.
Con la
salvaguardia così di un rispetto reciproco delle caratteristiche intrinseche
delle identità e peculiarità di ciascun popolo e paese.
Forse
il punto più basilare per guardare al futuro:
quello
che fonda le relazioni tra paesi e stati sulla base di proposte, percorsi,
sforzi indirizzati a soluzioni di PACE, negoziali, di conciliazione delle
contraddizioni o conflitti.
Questo dopo trent’anni di decine e decine di
guerre e conflitti (in questo momento sono 37 in corso…), penso che dovrebbe
farci riflettere come militanti e attivisti contro la guerra e per la pace.
Penso
sia una prospettiva verso il futuro, perlomeno positiva da verificare e
sperimentare.
Questo
scenario apre ad un futuro incerto ma gravido di speranze per chi si batte
affinché fra i popoli prevalga il dialogo e non lo scontro, la lotta per la
pace e non la guerra.
Dagli
anni ’90 siamo stati abituati ad uno scenario di “guerre infinite”,
prevaricazioni, ricatti, umiliazioni di interi popoli e paesi.
Il mutamento attuale, pur con tutte le sue
inevitabili contraddizioni, è foriero di una radicale inversione di rotta.
A chi
finora ha tratto vantaggio dalla vecchia configurazione dei rapporti
internazionali basata sulla prevaricazione dei più deboli, si impone un nuovo
modello, basato sulla pacificazione dei conflitti, sulla cooperazione, sul
rispetto delle reciproche sfere di influenza, storiche, geografiche, culturali
e spirituali.
SI’ perché in questi ultimi anni, i conflitti
e le aggressioni hanno anche un aspetto, molto sottile e non evidente, di annientamento dei diritti dei popoli di
mantenere e difendere proprie tradizioni, usi, identità e radici nazionali in
nome di un presunta democratizzazione del mondo, che in realtà è un processo di
“occidentalizzazione” del mondo, con l’uso dei “diritti umani”, ma solo quelli
stabiliti o appartenenti al mondo occidentale, con l’imposizione di concezioni
dei “diritti civili” ma solo di quelli funzionali al perpetrarsi dell’egemonia
atlantista.
Con
l’uso e la fomentazione dello scontro di religioni sciiti/sunniti (Iran/Iraq,
Yemen/RASaudita)), o Islam/Induismo (India/Pakistan), Cristiani/Musulmani
(Sudan,Siria), Ortodossi/Ortodossi (Ucraina, Moldavia, Romania), ecc., tutto in
una strategia politica di divisione/frammentazione di popoli e paesi per
indebolire o soggiogare pezzi di mondo e restare egemoni e dominanti.
In
questi anni, prima la CINA con la proposta della” Silk Road/Via della Seta”, un
progetto strategico epocale, poi attraverso il ruolo centrale della RUSSIA con
la progettualità dei BRICS, si è rotta l’egemonia politica, economica,
militare, culturale e spirituale…UNIPOLARE nel mondo.
Pensiamo
a quanta ricchezza intesa come materie prime, tradizioni storiche, produzioni
industriali o artigianali, ambientali, saperi millenari, valori spirituali
entra in campo e diventa patrimonio di popoli, al di là di ideologie, letture
politiche o di fede, o laiche o differenti, ma che si mettono in gioco in una
prospettiva paritaria, di interessi diversi ma comuni, di non ingerenze, di
rispetto delle differenze…PUR RESTANDO OGNUNO CON LE PROPRIE, ma stando allo
stesso tavolo di costruzione, di confronto, con obiettivi proficui, negoziali,
di pacificazione, non di aggressione, sottomissione o di dominio, ma di scambio.
Non è
idillico o idealista, questa lettura è materialismo storico concreto.
Perché
la proposta strategica di un “Mondo Multipolare,” non è fondato su letture
ideologiche o di alleanze politiche teoriche, MA FONDATE su necessità e
proposte di sviluppo ECONOMICHE e PACIFICHE, dove però anche le forze che hanno
una visione comunista, socialista, di cambiamenti più profondi, hanno un terreno
fertile di impegno e proposte più avanzate, a difesa delle classi popolari e
lavoratrici, ma solo se sono interni a questa lettura (e ci sono…come in
Russia).
Quei
paesi a cui non interessa ne restano fuori e continua la sua strada nel solco
atlantista egemonizzato dal dollaro e dagli USA.
Per i
popoli e paesi NON servili si è riaccesa una speranza, una ipotesi di vie per
uno sviluppo non più da soggiogati e sottomessi, ma da attori alla pari e non
ricattati o costretti.
Questa
è una prospettiva che, come dicevo prima, è tutta da vedere nei suoi sviluppi,
nelle sue contraddizioni o arretramenti.
Ma per
ogni uomo o popolo liberi e dignitosi, o che aspirano a questo, la speranza
rappresenta un moto, una spinta positiva o in avanti.
Questo
è un fatto reale non un’idea.
Quanto
sta avvenendo impone un profondo ripensamento di giudizi e prospettive, anche
nel campo di chi cerca una alternativa all’attuale sistema.
Sorgono nuovi paradigmi, nuove chiavi
interpretative.
Pur
restando fermo l’orientamento principale, a difesa dei popoli e delle classi
subalterne, è necessario ampliare la propria visione del mondo.
Lo
sviluppo dirompente dei BRICS, della Nuova Via della Seta sono un DATO di Fatto
della realtà e del mondo che stanno cambiando e, comunque la si pensi chi non
si confronterà con tutto ciò, resterà fuori dalla storia, in primis, quelle
forze che hanno come obiettivo di cambiare il mondo.
Gli
imperi sorgono e gli imperi cadono, spesso attraverso il rifrangersi delle loro
stesse contraddizioni internamente distruttive o loro inflitte dal mondo
esterno.
Le più
massicce tendenze nell’ordine mondiale moderno, si stanno manifestando nel
rivolgersi da parte di decine di paesi in via di sviluppo, a richieste di
adesione ai BRICS o di definire con questa associazione azioni congiunte.
Allo stesso tempo, il progetto più rilevante e
strategica è l’obiettivo della de-dollarizzazione del mondo moderno, cioè il
passaggio a normative commerciali internazionali in valute nazionali.
Anche il piano di creare una nuova moneta
comune, viene discussa sempre più attivamente tra i membri dei BRICS.
Quasi
ogni giorno ora porta nuove prove di politiche più indipendenti dei paesi in
via di sviluppo.
Nel 42° Summit dell’”ASEAN”, tenutosi in
Indonesia, è stato deciso di resistere alle pressioni di Washington volte a
limitare la Cina nella regione indo-pacifica, questa è una ulteriore
dimostrazione che anche l’ASEAN non intende essere una mera pedina nella
geopolitica statunitense.
Per
analizzare una prospettiva di Mondo Multipolare occorre sinteticamente vedere
la situazione di chi guida, orienta e assoggetta il blocco Unipolare:
gli Stati Uniti.
Tra le
cause primarie del crollo dell’Impero Romano, furono tra le altre, il debito
sempre più insostenibile guidato dalla moneta imperiale fiat, dalle mire
insaziabili di guerra e di conquista, la disintegrazione del tessuto morale e
sociale, dalla degenerazione corrotta della sua élite.
L’Impero
Statunitense Globale, vettore e guida assoluta del Mondo Unipolare, a volte
indicato come “Impero del Caos” sembra identificarsi pienamente in questo
scenario e potrebbe incontrare una fine simile, se continuerà con le sue
attuali strategie aggressive e non disposte a trovare soluzioni negoziali o di
cooperazione col resto del mondo.
Per ora il partito unipolare e di guerra negli
USA, su entrambi i fronti politici nazionali, si caratterizza piuttosto
occupato da esponenti del fervore sciovinistico nazionalistico, quasi xenofobo
contro tutto ciò che non è Stati Uniti o Atlantista.
Zbigniew
Brzezinski, uno degli architetti storici della politica globalista
statunitense, aveva avvertito già molti anni fa che la Russia e la Cina
avrebbero gradualmente superato gli USA come superpotenze mondiali, inaugurando
una nuova era di multipolarità.
L’insostenibile
debito nazionale, l’esternalizzazione economico produttiva e un sistema finanziario controllato dalla “Federal
Reserve Bank privata” che ha controlla saldamente i destini del popolo
statunitense creando una sempre più crescente disparità di reddito con una
classe media impoverita e sempre più larghe parti di popolazione in stato di
miseria, sono indicatori di prospettive pessimistiche per il futuro degli USA, che trascinerà nel baratro anche i paesi
atlantisti fedeli o ricattati.
Questo
potrebbe far capire perché decine di paesi in via di sviluppo o non soggiogati,
africani, asiatici, sudamericani stanno volgendo i propri destini verso BRICS,
Silk Road, cioè un Mondo Multipolare, in primis per sganciarsi dai cappi e
ricatti che li hanno immiseriti e per trattare a condizioni meno capestri le
loro ricchezze e perché il bisogno primario che hanno è quello di
infrastrutture, mentre il blocco unipolare è più propenso e abituato a prendere
e imporre anche militarmente, che a trattare.
Oltre che avere negli armamenti l’investimento
più importante e proficuo.
Per
mantenere un ordine mondiale unipolare, l’Occidente atlantista ha bisogno del
dominio imperialista.
Deve
avere la grande maggioranza dei paesi del mondo come stati vassalli, di fatto
in un sistema internazionale neocoloniale.
L'élite
dirigente imperialista utilizza la maschera ideologica pseudo-progressista
della “globalizzazione democratica”, della difesa dei diritti umani e civili,
MAI di quelli sociali e collettivi, del superamento degli stati nazionali come
pretesto per il proprio dominio.
Usano istituzioni come l’UE, la Banca
Mondiale, il FMI e il WEF per imporre il dominio economico e la NATO per
imporre il dominio militare.
In
contrasto a tutto questo c’è ora una proposta strategica che sta realizzando il
più grande progetto di sviluppo economico e di costruzione strutturale mai
intrapreso al mondo: la Nuova Via della Seta. I
l
progetto se si realizzerà determinerà un cambiamento sovvertitore della mappa
economica ( e non solo) del mondo…
L’epocale
obiettivo è quella di far risorgere l’antica Via della Seta come un moderno
corridoio di transito, commercio ed economico che va da Shanghai al mare del
Nord, creando una zona economica e di cooperazione, che si estenderà per oltre
un terzo della circonferenza della terra, con la costruzione di ferrovie,
strade e autostrade moderne, reti di trasferimento e distribuzione di energia e
reti in fibra ottica, gasdotti, oleodotti, ecc.
Oltre
ad un'altra parte altrettanto straordinaria che è la componente marittima la
“Via della seta marittima” (MSR), grandiosa quanto il progetto terrestre, che
collegherà la Cina con il Golfo Persico e il Mar Mediterraneo attraverso l’Asia
centrale e l’Oceano Indiano.
Una
volta completata, collegherà quattro continenti: Asia, Europa e Africa e
l’America Latina.
La
catena di progetti infrastrutturali creerà il più grande corridoio economico
del mondo, coprendo una popolazione di 4,4 miliardi di abitanti e una
produzione economica di 21 trilioni di dollari…
Questo
significherà una nuova rinascita nel commercio, nell’industria, nelle scoperte,
nelle invenzioni e nella cultura e decine di milioni di posti di lavoro e
possibilità di prosperità e sviluppo per le classi popolari.
La
Silk Road alla fine includerà più di 150 paesi e migliaia di organismi
internazionali. Il più grande progetto infrastrutturale e di investimento della
storia, che comprenderà il 65% della popolazione mondiale e inizialmente il 40%
del PIL globale e sostituirà l’attuale fatiscente ordine “basato su regole
funzionali all’egemonismo unipolare, con un impianto che rispetti
l’indipendenza e la sovranità delle nazioni, rifiuti l’unilateralismo e si basi
su principi basati sul mercato per favorire una ripartizione più equa della
produzione e della ricchezza.
Esempi
che possono far capire che questo processo mondiale di cambiamento è per ora
dilagante, nonostante le dure contromisure e contro proposizioni da parte di
Washington, che in questi ultimi anni ha attuato enormi pressioni e minacce,
per esempio sugli Stati arabi, chiedendo che non permettessero il ritorno della
Siria nella Lega degli Stati arabi, operazione fallita, vista la
normalizzazione delle relazioni con Damasco di quasi tutti i paesi arabi e
musulmani. Fatto che nel concreto della realtà siriana, significa da un lato la
ripresa di aiuti umanitari per la popolazione e dall’altro un ulteriore passo
verso la pace per il martoriato paese.
Gli
stati arabi, come altri paesi del sud, capiscono che devono difendere da soli
la loro sicurezza e i loro interessi nazionali senza sottomissioni agli USA,
questo ha prodotto dopo decenni, la riconciliazione dell’Iran e dell’Arabia
Saudita e l’inizio delle discussioni su sistemi di sicurezza nel Golfo senza
gli Stati Uniti.
Un'altra
dimostrazione forte e rischiosa, che evidenzia un ruolo più indipendente degli
stati del Sud del mondo, è il loro rifiuto di aderire alle sanzioni anti-russe
imposte dall’Occidente.
È
interessante notare che nessun Paese a maggioranza musulmana, nonostante le
dure pressioni di Washington, ha accettato di sostenere le misure restrittive
delle potenze occidentali contro Mosca.
Al contrario dall’inizio del conflitto
russo-ucraino, il commercio della Russia con Cina, India, Brasile, Iran e molti
altri paesi in via di sviluppo è cresciuto notevolmente.
In un
sondaggio condotto lo scorso anno dall’”Arab Research Center” di Doha, il 78%
degli intervistati in 14 paesi arabi, ha affermato che gli Stati Uniti sono la
principale fonte di minacce e instabilità nella regione e allo stesso tempo, la
maggioranza definisce gli Stati Uniti “una potenza imperialista ipocrita che rispetta
solo a parole i diritti umani e la democrazia…”.
Come
scrisse già nel 2019, il giornalista e analista finanziario statunitense “Robert
Berke”, su “Oil Price”:
“…La nuova via della seta potrebbe cambiare
per sempre l’economia del globo…”. Tutto questo, mentre la nostra epoca è ormai
costellata di conflitti geopolitici e guerre che stanno portando ad uno scontro
devastante per l’umanità.
QUESTA
è la proposta di un Mondo Multipolare, l’alternativa è sotto gli occhi di
tutti.
Guerre,
conflitti, odio e soggiogamenti dispiegati.
Nei
nostri sistemi di “DEMOCRATURE” (democrazia nella forma, dittatura/egemonica
nella sostanza), la guerra è una necessità economica, un completo connubio tra
sussidio pubblico e profitto privato: socialismo per i ricchi, capitalismo per
i poveri.
Il giorno dopo l’11 settembre i prezzi delle
azioni dell’industria bellica salirono alle stelle.
Si
preparavano nuovi spargimenti di sangue, fu definita la “guerra infinita”, il
che è positivo per gli affari delle multinazionali delle armi.
E
questo è rimasto da allora un marchio di business: “guerra infinita”,
garantiscono produzione, profitti, affari e assoggettamenti.
Dall’Afghanistan,
all’Iraq, Palestina, Siria, Sudan, Somalia, Libia, Yemen, Ucraina, Haiti.
Nel
mondo Unipolare ci raccontano quanto siano malvagi i Talebani: non che il furto di 7 miliardi di
dollari delle riserve bancarie del paese da parte degli USA, stia causando migliaia di morti per
fame e sofferenze ad altri milioni di civili.
Al
vertice di Madrid, la Nato, controllata dagli Stati Uniti, ha adottato un
documento strategico che militarizza il continente europeo e prevede la
prospettiva di una guerra con Russia e Cina.
Proponendo
una “guerra a più parti” contro rivali che sono alla pari e dotati di armi
nucleari”.
In
altre parole, una guerra nucleare.
CONCLUDENDO:
penso
che proprio oggi, qui in questo evento che raccoglie persone e attivisti che
hanno nella lotta per la pace, contro le guerre un impegno concreto, sia
importante comprendere che:
per le
guerre in Palestina, Yemen, Donbass, Libano, Siria, Libia, Sudan, Kosovo,
Saharawi, Somalia, Eritrea, per la crisi in Ucraina, per le crisi esplosive
vicine ad esplodere come in Transnistria, Moldova, Bielorussia, Taiwan, Coree,
ecc. ( sono 37 in questo momento…) i
venti di guerra sempre più forti nei Balcani, in Kosovo, Serbia, Repubb.SRPSKA.
Per i popoli coinvolti, anche solo prospettive
di fermare la guerra e i relativi massacri, creare tavoli di negoziazione, come
è nella prospettiva di un Mondo Multipolare, credetemi E’ TANTO, ma proprio
TANTO.
Qualcuno
dirà che è troppo poco, ma per i popoli aggrediti che resistono E’ TANTO.
Per
essi è una necessità di sopravvivenza.
Nel
mondo oggi è ormai chiara una frattura destinata ad allargarsi:
da una
parte i tre quarti dell’umanità, dall’altra un gruppo elitario/egemonico che
pretende di continuare a stabilire le regole del gioco a suo uso e consumo, per
mantenere i suoi privilegi e interessi.
I
popoli e paesi del mondo liberi e indipendenti non paiono più disponibili ad
accettarlo e a continuare a sottomettersi.
Nel
dicembre 2021 la Russia propose pubblicamente un tavolo di confronto e tra
tutte le parti per varare un piano di sicurezza di vasta portata, che tenesse
conto delle esigenze di tutti.
Fu
respinto, deriso o liquidato dai media occidentali.
Chi ha
letto quelle proposte punto per punto?
Era
una proposta di negoziazione e conciliazione.
Era una proposta di PACE.
Respinta, rifiutata. Perché?
PERCHE’
in un Mondo Unipolare, essi hanno bisogno di guerre, di imposizioni, di
conflitti tra i popoli…per continuare a dominare il mondo.
Ma i tempi stanno cambiando e anche
velocemente.
Penso
che sia necessario e utile per tutti creare momenti di riflessione, approfondimento, conoscenza, come
questo, cercando l’interazione con studiosi di vari indirizzi ed esperti
internazionali interni e direttamente coinvolti in questo mutamento epocale.
Noi,
nel nostro piccolo ma con forti relazioni e collaborazioni internazionali, come
“Sezione italiana dell’Osservatorio Internazionale” della Silk Road e come
Iniziativa Mondo Multipolare/Centro Iniziative per la Verità e Giustizia, che
esiste ormai da quattro anni, cerchiamo e cercheremo di organizzare momenti di
approfondimento, confronto, con seminari, incontri pubblici e anche progetti
internazionali, finalizzati a creare un tavolo di analisi e discussione aperta,
laica e non dogmatica sul tema del mondo multipolare.
I
nostri compiti possibili.
Impegnarci
e lavorare sull’informazione e rivolti ai giovani.
Denunciare
l'invio di armi, munizioni, equipaggiamenti e personale militare nei teatri di
guerra e nei conflitti.
Attuare
campagne informative costanti e capillari su cos’è e cosa fa la NATO e quanto
costa ai cittadini italiani e rilanciare una cultura di indipendenza e
sovranità, che significano liberarsi da una cultura storica di asservimento
politico, economico e culturale.
Insieme
ad una continua Solidarietà concreta con i popoli aggrediti e resistenti,
questo è un lavoro fattibile e concreto di sostegno e solidarietà verso i
popoli del mondo che resistono.
Non
dimentichiamoci cosa disse nel lontano 1917, ma resta come una pietra miliare
tutt’oggi, il direttore del “Manchester Guardian”, “C.P. Scott”, affermò, in
una conversazione, poi rivelata nelle sue memorie, al primo ministro britannico
“Lloyd George”:
"…Se
la gente sapesse davvero la verità, la guerra finirebbe domani, ma loro non lo
sanno e non possono saperlo..."
(Enrico
Vigna)
Putin
da Xi a Pechino, "mondo
sia multipolare": intesa Russia
e Cina su Ucraina e Taiwan contro Usa.
It.euronews.com
- Gabriele Barbati – (16/05/2024) – ci dice:
Il
presidente russo Vladimir Putin e il presidente Xi Jinping a Pechino.
Primo
giorno di visita di Putin in Cina. Una dichiarazione congiunta con il
presidente cinese Xi Jinping al termine dei loro incontri sancisce intesa tra
Russia e Cina su Ucraina e Taiwan con numerosi riferimenti contro gli Stati
Uniti.
"Gli
Stati Uniti sono guidati dalla logica del confronto tra blocchi" e ciò
crea una "minaccia alla sicurezza di tutti i Paesi" si legge in una
dichiarazione congiunta pubblicata giovedì al termine del primo giorno di
colloqui del presidente russo, Vladimir Putin, a Pechino con il collega cinese
Xi Jinping.
"Gli
Stati Uniti devono abbandonare questo comportamento" prosegue la
dichiarazione, riassumendo il senso della visita di Putin in Cina, il primo
viaggio all'estero dopo la riconferma nelle presidenziali di marzo.
Putin
accolto da Xi Jinping in piazza Tiananmen a Pechino.
I due
presidenti hanno promesso una "nuova era" di collaborazione, dopo
l'accoglienza con tutti gli onori di Putin su un tappeto rosso all'esterno
della Grande Sala del Popolo di Pechino, tra ventuno colpi di cannone e
bandiere sventolate da bambini.
L'alleanza
"senza limiti", proclamata nel viaggio precedente di Putin in Cina
nel febbraio 2022 pochi giorni prima dell'invasione dell'Ucraina, si basa su
una condivisione di vedute su varie questioni internazionali tra cui quelle
dell'Ucraina e di Taiwan, si legge dai comunicati ufficiali.
Gli
Stati Uniti non hanno fatto mistero di vedere la rivalità con la Cina come la
maggiore sfida di questo secolo e Putin come un'enorme minaccia per la
sicurezza globale.
In
passato, il presidente Biden ha chiamato Xi come un "dittatore" e
Putin un "assassino".
Cina e
Russia: "Ordine mondiale sia multipolare."
"Stiamo
lavorando insieme per formare un ordine mondiale multipolare più giusto e
democratico" ha detto Putin alla stampa dopo l'incontro con Xi.
I due
Paesi guidano da anni un gruppo di Paesi, noto come Brics, che cerca equilibri
mondiali più vicini ai loro interessi, senza apertamente rompere con le potenze
del G7 nel caso di altri fondatori come Brasile, India e Sud Africa.
Xi e
Putin hanno allargato il messaggio contro gli Stati Uniti impegnandosi anche a
rafforzare la cooperazione militare.
La Cina viene criticata da Usa e Ue da tempo
proprio per avere offerto una sponda diplomatica ed economica a Mosca
dall'inizio della guerra in Ucraina.
"Mosca
e Pechino espanderanno la portata delle esercitazioni congiunte e
dell'addestramento al combattimento" riferisce l'agenzia di stampa russa,
Tass.
La
"pace" di Cina e Russia per chiudere la guerra in Ucraina.
La
visita ha rilanciato l'ipotesi una soluzione non militare per chiudere la
guerra in Ucraina.
Per Xi Jinping, Cina e Russia concordano che
la "soluzione politica" sia "la via giusta per risolvere la
crisi ucraina e ripristinare la pace".
Nella
dichiarazione congiunta diffusa dal Cremlino, la Cina ha respinto le accuse sul
suo sostegno a Mosca nella guerra contro l'Ucraina e ha accusato piuttosto
"l'Occidente di esacerbare il conflitto" inviando armi all'Ucraina,
con un chiaro riferimento a Stati Uniti e Unione Europea.
Non è
chiaro tuttavia quale siano i termini di un'eventuale pace dei russi, mentre
l'Ucraina ha ripetuto a più riprese le sue condizioni:
ritiro completo da tutti i territori occupati,
inclusa la Crimea e il Donbass.
BUENA
VISTA PSYCHOPATHIC CLUB.
Inchiostronero.it
– Redazione – (12-6-2024) – ci dice:
Ma
guarda che strano:
l’Occidente si può impadronire di interi Paesi
a ridosso della Russia sostenendo che Mosca non possa e non debba dire nulla,
poi basta che quattro navi russe si dirigano verso i Caraibi per una visita
ufficiale al porto dell’Avana, il prossimo 12 giugno, che immediatamente si
leva la canea degli scalzacani per aborrire questa violazione di quelli che si
ritengono i dintorni di casa degli Usa.
Era
già successo in passato quando i russi arrivarono con i loro missili a Cuba non
per provocare, ma per indure gli Stati Uniti a togliere i propri missili dalla
Turchia, cosa che in effetti poi avvenne.
Solo che il soft power occidentale, ossia i
media che già cominciavano a lobotomizzare la popolazione, convinse tutti che
si era trattato di una sfida gratuita con cui gli americani non avevano nulla a
che fare.
Crisi
dei missili di Cuba.
Mappa
dei servizi di intelligence statunitensi che mostra la stima dei siti militari
sovietici a Cuba.
Il
sottomarino Kazan.
Certo
gli Usa sfrigolano come su uno di quei miliardi di barbecue dove bruciacchiano
la carne cospargendola di irrimediabili salse in un mix chimico praticamente
letale, per il fatto che la missione russa oltre a una nave rifornimento e a un
rimorchiatore militare, comprende la fregata Gorshkov e il sottomarino nucleare
Kazan che nel complesso trasportano 32 missili tra Onyx, Zircon, Kalibrs e
Otvet, e altri 32 missili balistici oltre a siluri nucleari.
Ma
questo fa il paio con le basi Nato poste ai confini della Russia.
Per le
persone che da tempo si sono liberate delle stupide narrazioni distribuite alla
gente come formaggio anticoncezionale per topi, è assolutamente chiaro che
queste armi possono devastare tutta la costa orientale degli Usa e quella del
Canada, ma anche che non sono lì per questo motivo.
No,
sia il Gorshkov che il Kazan sono lì per dimostrare che possono raggiungere
qualsiasi nave da combattimento o nave strategica di trasporto marittimo che
imbarca uomini o qualsiasi set di combattimento militare dal Nord America
all’Europa nel caso in cui qualche pazzo decidesse di provare a sopravvivere a
una guerra convenzionale con la Russia in Ucraina.
Un
solo sottomarino della classe Yasen (cui appartiene appunto il Kazan) anche se
armato unicamente di missili Onyx può pattugliate l’Atlantico a largo raggio,
mentre i missili Zircon possono colpire al di fuori del raggio di azione anche
degli aerei di allarme rapido.
Insomma,
la flottiglia russa sta lanciando un messaggio chiaro:
in caso di guerra gli Stati Uniti non saranno
in grado di rifornire e schierare ulteriori truppe in Europa.
Si
tratta anche di una risposta al teatrino che ha commemorato l’80° anniversario
del D-Day, dove non è nemmeno stato menzionato il ruolo chiave svolto
dall’Armata Rossa nel rendere possibile lo sbarco alleato.
Dove
sarebbero finiti gli invasori se i tre milioni e mezzo di soldati tedeschi del
fronte orientale, insieme a tutta l’aviazione, le divisioni panzer, i cannoni e
via dicendo fossero stati ad attendere lo sbarco?
Semplicemente
non ci sarebbe stato, non avrebbero nulla da commemorare.
La
Russia sta dicendo che ora questo non sarebbe più possibile, che le cose sono
cambiate e che l’“insularità continentale” degli Usa, se mi passate questo
ossimoro, è giunta alla sua perfetta rappresentazione.
I nuovi sistemi di armamento pongono in
svantaggio le potenze marittime che una volta potevano contare su una rapida
proiezione della forza senza dover temere troppe perdite, mentre agli avversari
non occorrono più enormi flotte per poter sventare il pericolo.
É un’era che finisce.
Stranamente e pericolosamente questo messaggio
è del tutto trascurato dagli europei la cui minaccia di guerra alla Russia
dipende in maniera totale dall’intervento degli Usa.
Ma
forse le teste di legno burattinate da Washington e i loro seguaci da tg, hanno
bisogno di alcune settimane per comprendere il significato della crociera
russa.
Anzi
nemmeno lo vogliono comprendere perché si troverebbero a dover contemplare la
loro fine.
Ormai dipendono da una guerra che non sono in
grado di combattere e tanto meno di vincere:
proprio
per questo sono loro il vero pericolo per i cittadini ignari.
NON
C’È PIÙ NULLA
DA
CONSERVARE.
Comedonchiosciotte.org
– Roberto Sestito - Redazione CDC – (12 Giugno 2024) – ci dice:
«Non
c’è più nulla da conservare. Religione, famiglia, aristocrazia, le antiche
incarnazioni dell’autorità, sono ridotte in polvere», scriveva con senso
profetico “Pierre Drieu La Rochelle”un “maledetto” della letteratura francese
in uno dei primi saggi politici, “Mesure de la France”, che pubblicò, reduce
dal fronte della Grande guerra, nel 1922 quando non aveva ancora compiuto
trent’anni.
«Oggi
ci sono i moderni, gente che vive o di profitti o di salari, e pensa e parla
solo di questo argomento.
Sono
tutti senza passione, preda dei vizi corrispondenti: alcol = droga; unione
libera e sterile = omosessualità = corse al cinema in comune. Non c’è
possibilità di scelta…
Tutti
passeggiano soddisfatti nell’incredibile inferno, nell’enorme illusione,
nell’universo di spazzatura che è il mondo moderno e in cui, ben presto, non
penetrerà nemmeno più un raggio di luce spirituale».
“Non
c’è più niente da conservare”:
quelle
sparse luci di spiritualità che ancora illuminavano il cammino dei volenterosi
negli anni 60-70 sono stati ormai definitivamente e brutalmente spazzati via
dalla tempesta distruttiva che sconvolge il mondo.
Si fa tutto maledettamente più complicato e
difficile, dovendo ricominciare daccapo e senza sapere da dove.
Cerchiamo
nei maestri del passato la parola che segna il cammino, la fiaccola che
illumina il sentiero, ma anche loro sembrano stanchi, delusi, scocciati e
spesso ripetono:
abbiamo parlato, ma non ci avete ascoltati, abbiamo
scritto, ma non ci avete letti e quando dicevate di ascoltarci e di leggerci in
verità pensavate già ad altro ed eravate distratti.
Ma noi
reclamiamo la nostra parte di giustizia, la nostra buona fede e forse così
facendo, dimostriamo la nostra incapacità di capire che il nostro dovere non
consiste nel “conservare”, ma nel “trasmettere” forse nel “testimoniare”
qualcosa.
Sul
nostro mondo si è addensato uno strato di fango che il fiume della storia e
della stupidità umana hanno depositato nel tempo: vogliamo “conservare” il
fango?
vogliamo
ignorare che anche noi siamo parte di questa vertiginosa rovina?
e che
il nostro bisogno di vivere e di respirare senza ossigeno fresco è solo una
velleità di morte?
Ci
prepariamo forse a vivere in un mondo di fantasmi?
e se è così, ci siamo già rassegnati?
Occorre
trovare la forza e la volontà di calarsi nel fango, senza sporcarsi le mani e
come un palombaro che si tuffa nell’oceano, tentare di riportare alla luce, in
superfice, quella perla nascosta nell’ostrica degli abissi e che i nostri
maestri di proposito avevano lasciato affondare e occultare quando la folla
tumultuante e tumultuosa, li incalzava, si accaniva dietro di loro, e stava
loro addosso con il respiro puzzolente e malvagio.
Ecco
quale dovrebbe essere il nostro compito attuale: “ridare vita e luce alla perla
sacrificata e nascosta”.
Osiride
deve tornare e risplendere a ad accecare con la sua luce e la sua energia i
pavidi e i disonesti, bruciare col suo fuoco l’immensa spazzatura che sta
coprendo la terra e ridare speranza a quei fantasmi che si aggirano desolati
nelle deserte contrade in cerca di pace e di intuizioni.
Più
che dei vizi e delle illusioni, siamo stanchi dell’odio del fanatismo e delle
ingiurie che hanno corrotto i cuori degli uomini.
“Non
c’è più nulla da conservare”.
Bisogna solo cominciare daccapo, consapevoli
che il nuovo c’è già stato, che il nuovo non aveva una dimensione temporale e
spaziale e che diventa nuovo solo nella mente umana ristretta e ripetitiva.
Bisogna
invece “ricordare” ciò che siamo stati, “ricordare” con la memoria del cuore,
perché se c’è ancora qualcosa che ci mantiene ancora vivi e attivi è questa
“memoria” che si affaccia dentro di noi con lampi rapidi e saettanti.
(Roberto
Sestito).
VERSO
UNA NUOVA STRATEGIA
DELLA
TENSIONE?
Comedonchisciotte.org
- Redazione CDC – (12 Giugno 2024) - Konrad Nobile – ci dice
Tanto
il recente attentato al primo ministro slovacco “Robert Fico”, premier
distintosi per la sua avversione alle spinte più guerrafondaie della NATO,
quanto l’aggressione subita da “Gabriele Rubini”, in arte “Chef Rubio”,
fervente e noto attivista filo palestinese, per quanto fatti diversi tra loro
sono il sintomo di un fenomeno che – dato il fermento dell’attuale periodo
storico e la forte polarizzazione in atto (che appare come la divisione tra
fautori del globalismo da un lato e del sovranismo dall’altro, tra sostenitori
dell’egemonia occidentale da una parte e del multipolarismo dall’altra) – potrebbe diventare assai più
frequente e, per così dire, sistemico.
In
quest’occidente sempre più traballante ed isterico siamo già stati testimoni,
negli ultimi anni, di una evidente compressione degli spazi concessi o
tollerati di critica e di dissenso.
Le
democrazie si sono blindate e hanno imposto la loro autorità a suon di censura,
coprifuochi, propaganda terroristica, ricatti, militarizzazione e repressione
giudiziaria quando non addirittura fisica.
Tra un
“DPCM e l’altro lo Stato ha messo le mani avanti e, sui vari fronti e poli,
anche opposti, ha ben pensato di colpire anche piccole ma determinate voci
dissenzienti, oltre che mettere la sua museruola alle teste più calde e meno
controllabili, temute come potenziali spine nel fianco dell’ordine costituito
in questo scenario politico e sociale sempre più teso.
E
così, per esempio, mentre all’inflessibile e coerente (con i suoi princìpi) anarchico insurrezionalista “Alfredo
Cospito” è stata inflitta la punizione esemplare del 41 Bis, monito rivolto a tutte le frange più
radicali ed estreme, anche molti “semplici militanti” e “normali cittadini” si
ritrovano a fare i conti con condanne e persecuzioni legali finalizzate a
punire e stroncare la militanza e la partecipazione a manifestazioni di
dissenso.
Esemplare
è la moltitudine (di cui purtroppo poco si parla) di condanne, processi e
indagini che hanno visto e vedono tuttora nel mirino persone attivatisi per
protestare contro lockdown, Green Pass e obblighi vaccinali (la repressione
relativa a questi eventi persevera e, ancora adesso e a distanza di qualche
anno dai fatti, continuano a fioccare nuove procedure e azioni penali).
A
questa opera repressiva, realizzata ufficialmente e legalmente dai vari rami
statali, potrebbe però ben presto associarsi un’azione ben più sporca e
brutale, svolta non direttamente dalle istituzioni bensì da individui, reti o
organizzazioni terze formalmente estranee alle direttive dello Stato.
Nel
prossimo futuro potremmo assistere ad un moltiplicarsi di aggressioni e
intimidazioni, se non addirittura di attentati, ai danni di figure o realtà
indigeste per una ragione o per l’altra alle direttive dettate dai centri
decisionali nazionali ed internazionali dell’occidente collettivo, sempre più
rabbioso e intollerante in questo periodo di incipiente conflitto mondiale.
Pur
trattandosi di due cose distinte, le aggressioni a Fico e a Rubio, anche
qualora non si sia trattato di operazioni eterodirette, sono emblematiche del
clima che sta via via delineandosi.
Esse
potrebbero essere solo un’anticipazione di un prossimo scenario da nuovi anni
di piombo, sebbene la situazione attuale presenti dimensioni diverse e tratti
innovativi e divergenti rispetto al passato degli anni ’70.
Qui e ora i vecchi schieramenti di un tempo
sono infatti totalmente saltati e, nel caos politico nel quale navighiamo, i
nuovi mastini del sistema possono essere
tranquillamente democratici, progressisti (come nel caso dell’attentatore di
Fico) e financo “antagonisti” (esemplari in tal senso alcuni gruppi “antifa”
tedeschi, feroci sostenitori delle discriminazioni del periodo Covid come del
sostegno al regime ucraino e, sorprendentemente, pure restii ad esprimere
solidarietà alla causa palestinese).
Nei
Paesi occidentali potrebbero nascere nuove “Gladio 2.0” (come sostenuto anche
dal giornalista Pepe Escobar), una rete atlantica di organizzazioni extra statali
votate alla protezione interna dei regimi democratico-imperialisti, alla
promozione più o meno occulta delle loro agende nonché al contrasto delle
eresie più scomode all’ordine imperial -atlantista.
Se
però la vecchia Gladio, organizzazione paramilitare segreta intimamente
anticomunista promossa da NATO, CIA e MI6 , finiva spesso e volentieri per
collaborare con fazioni destrorse e neofasciste e a manovrarle, le nuove “Gladio
2.0” potrebbero oggigiorno contare verosimilmente su gladiatori del
progressismo e di “sinistra”, utili pedine sfruttate e usate (magari
nell’inconsapevolezza di queste stesse “pedine”) nel comune interesse
dell’atlantismo e del tecno capitalismo globalista di stampo occidentale.
D’altronde
un sistema minacciato arriva, pur di tutelarsi e mantenersi al potere, a
ricorrere ad ogni mezzo.
Se nel
secondo dopoguerra i padroni dei giochi sentirono la necessità di costituire
organizzazioni paramilitari segrete nell’Europa occidentale o, nell’Italia di
fine anni ’60 e degli anni ’70, di ricorrere alla “Strategia della tensione”,
ora in tutta la traballante galassia occidentale, minata dalla crisi economica
strutturale e dagli sconvolgimenti geopolitici internazionali, potrebbe farsi
strada l’idea che sia necessaria una nuova rete “Stay Behind interna” e una
nuova tensione, opportunamente modellata in base alle esigenze attuali e
programmata per fiaccare, intimidire e distruggere efficacemente, se necessario
anche con le cattive maniere, l’opposizione interna.
Nuovi
squadrismi, magari non più in camicia nera ma in quella gialloblu (colori che sono sia quelli della
bandiera ucraina che di quella europea), rossa o arcobaleno potranno tornare
in tal caso utili strumenti dell’ordine democratico-imperialista che, in nome della democrazia, del
progresso, dei diritti e, perché no, pure dell’ “antifascismo”, perseguiterà le più concrete forme
di dissenso interno e difenderà spietatamente la sua egemonia su un globo che
ormai recalcitra e vuole rompere i vecchi equilibri imposti dall’impero di “Washington
& Friends”.
Queste
per ora sono solo speculazioni, tuttavia prepariamoci al peggio perché, a due
passi dalla guerra mondiale, potremmo essere testimoni di un nuovo periodo di
tensione e piombo.
Nel
mirino ci stanno coloro che possono rappresentare una scomoda e reale
opposizione alle politiche e alle direttive imposte dai potentati di
Washington, Wall Street, Bruxelles e Tel Aviv.
Quindi, in profondità, sotto tiro ci sono pure
le masse tutte che, per quanto in occidente siano dormienti, se risvegliate
fuori dal controllo istituzionale possono ancora rappresentare una minaccia
esiziale per il sistema.
I casi
di Fico e di Rubio ce lo dimostrano:
dall’altra
parte c’è chi è disposto a menare e sparare.
Sono
questi i personaggi che potrebbero essere, presto o tardi, usati e
sguinzagliati contro coloro i quali non accetteranno di arrendersi e chinare il
capo.
(Konrad
Nobile)
I
media, il governo sapeva da sempre
l'identità
del laptop di Hunter Biden,
rivela
il processo del Delaware (USA).
Naturalnews.com – (06/12/2024) - Ethan Huff –
ci dice:
È
stato finalmente confermato dal sistema giudiziario che il famigerato laptop
legato a Hunter Biden è, in realtà, di proprietà del figlio tossicodipendente
del presidente Biden.
Nel
processo in corso nel Delaware contro Hunter Biden, il suddetto laptop è stato
inserito come prova come verificato come tale attraverso numeri di serie e
registri Apple, questo ha affermato anche l'agente dell'FBI Erika Jensen.
Come
forse ricorderete, 51 importanti funzionari dell'intelligence statunitense
hanno definito il laptop una "bufala russa" nei mesi precedenti le
elezioni rubate del 2020.
A
partire dal 5 giugno, tuttavia, è stato dimostrato che quella "bufala
russa" non è vera, dopo tutto.
Secondo
Jensen, non c'erano prove scoperte dall'FBI che suggerissero che il dispositivo
fosse stato manomesso, essendo questa un'altra delle affermazioni errate fatte
prima delle elezioni del 2020 per proteggere la famiglia criminale Biden dal
controllo.
L'FBI
ha ricevuto per la prima volta il laptop nel dicembre 2019 dall'officina di
riparazione di computer dove Hunter lo avrebbe lasciato.
Da quel momento fino ad ora, la comunità
dell'intelligence in generale ha coperto i Biden sostenendo che si trattava di
una "bufala russa".
(Ricordate quando Twitter ha mentito
sul fatto che il laptop di Hunter fosse stato "hackerato",
un'affermazione che è stata facilmente smentita semplicemente guardando il
contratto di riparazione?)
È ora
che la famiglia criminale Biden paghi.
Come
forse ricorderete, è stato il” New York Post” a sganciare le prime bombe sul
contenuto del laptop di Hunter.
Ciò ha
provocato un massiccio sforzo di insabbiamento guidato dall'allora consigliere
senior della campagna di Biden, “Antony Blinken”, che ha orchestrato i 51
funzionari dell'intelligence definendoli una "bufala russa".
Sia i
media mainstream che i social media hanno seguito l'esempio sopprimendo la
storia come "falsa", almeno fino a quando Biden non è stato in grado
di superare i dibattiti prima di essere insediato alla Casa Bianca.
Ora,
quattro anni dopo, sappiamo che il portatile è molto reale e molto
schiacciante.
Nell'aprile
2023, la “Commissione Giustizia della Camera”(USA) ha inviato una lettera a “Blinken”
affrontandolo nell'insabbiamento, questo dopo che la testimonianza del
Congresso ha rivelato che c'è stata una soppressione coordinata dello scandalo
dei laptop.
Nel
2022, il deputato Matt Gaetz (R-Fla.) ha interrogato l'assistente direttore
della Cyber Division dell'FBI Bryan Vorndran in merito a dove si trovasse il
laptop, al che Vorndran ha detto di non "avere alcuna informazione sul
laptop di Hunter Biden". Gaetz ha poi inserito una copia del portatile nel
registro ufficiale del Congresso.
"Mentre
il laptop continua a esporre la corruzione della famiglia Biden, forse anche
leggermente peggiore è la corruzione dell'FBI a causa dell'enorme numero di
persone coinvolte nell'insabbiamento", ha scritto un commentatore su
“LifeSiteNews” sulla questione.
"È
stato ben documentato che se il popolo americano avesse saputo del laptop prima
delle elezioni, Biden avrebbe perso.
Questo è ciò che accade quando si ha
un'agenzia che riceve i suoi ordini di marcia dal Partito Democratico.
Fino a
quando l'FBI non sarà messa in ginocchio, la corruzione non potrà che
peggiorare (se sarà possibile)".
Un
altro ha scritto che è ovvio che Biden ha perso le elezioni del 2020 anche
senza il laptop.
"Troppe
prove del contrario, ma la menzogna è ripetuta abbastanza, anche dai 'bravi
ragazzi'".
La
famiglia criminale Biden assumerà un altro mandato presidenziale questo
autunno?
(LifeSiteNews.com)
(NaturalNews.com)
L'Occidente
politico è determinato a iniziare la Terza Guerra Mondiale? La NATO e la giunta
neonazista ora minacciano la Russia con una campagna di terrore se "la
Russia vince la guerra".
Globalresearch.ca
– (12 giugno 2024) – Drago Bosnic – ci dice:
Dopo
l'attentato al primo ministro slovacco” Robert Fico”, gli autori di “InfoBRICS”
(me compreso) hanno sostenuto che non si trattava certamente di una cosa da
"pistolero solitario", ma di qualcosa di molto più sinistro e
(geo)politico.
Com'era
prevedibile, tali ipotesi sono state immediatamente respinte come presunte
"teorie del complotto" e quasi tutte le piattaforme di social media
occidentali avrebbero "verificato i fatti" di queste opinioni fino
all'oblio, con conseguenti "punti negativi" (cioè ban e shadow
banning) per chiunque avesse "osato" promuoverle.
Eppure,
subito dopo il tentativo di assassinio del primo ministro Fico, sponsorizzato
dall'UE e dalla NATO, il commissario per l'allargamento del blocco in
difficoltà, “Oliver Varhelyi”, ha chiamato il primo ministro georgiano “Irakli
Kobakhidze” per dirgli, senza mezzi termini, che sarebbe stato il prossimo se
Tbilisi non avesse cambiato la sua posizione anticoloniale.
Mi chiedo come Facebook e i simili faranno a
"verificarlo".
Eppure,
se pensavate che questo fosse un male, aspettate di sentire parlare delle
minacce più recenti che stanno apparendo in vari punti vendita della macchina
della propaganda mainstream.
Ma prima di addentrarci più a fondo in questo,
vorrei ricordare ai nostri rispettabili lettori di un "fact-checking"
molto simile che è avvenuto alla fine di marzo, quando ha avuto luogo un altro
atto di terrorismo sponsorizzato dalla NATO.
Vale a
dire, tutti ricordiamo il mostruoso massacro del municipio di Crocus, quando
centinaia di civili russi furono spietatamente assassinati dai radicali
islamici.
Tuttavia,
subito dopo l'attacco terroristico, ho sostenuto che, anche se non prendiamo in
considerazione l'aberrante gioia della giunta neonazista, le prove suggeriscono
che il suo coinvolgimento era praticamente garantito.
E
ancora una volta, questo punto di vista è stato anche esposto a un
"fact-checking" senza fine.
È qui
che arriviamo alle ultime minacce alla Russia, l'ennesima pistola fumante di
chi c'era dietro il massacro del municipio di Crocus.
Vale a
dire, il “Daily Express” riporta ora che il regime di Kiev potrebbe
"lanciare una campagna terroristica, bombardando le scuole se la Russia
vince la guerra".
Citando
un "esperto", il tabloid britannico afferma che "il piano
dell'Ucraina è più terrificante per Vladimir Putin di una guerra convenzionale
perché potrebbe perdere il potere molto rapidamente in Russia".
La
prima cosa che qualsiasi lettore assennato noterebbe è che la parola
"campagna del terrore" viene pronunciata con una certa disinvoltura,
come se fosse la cosa più "normale di sempre".
Quindi
questo piano viene presentato come "terrificante per Vladimir Putin",
in quanto potrebbe "perdere il potere".
In altre parole, il “Daily Express” vuole
farci dimenticare il fatto che bombardare le scuole e uccidere civili (in
questo caso gli scolari, ovviamente) è un mostruoso atto di terrorismo che non
può essere giustificato da nulla e si concentra interamente sulla deposizione
del "malvagio" Putin.
Chi,
sano di mente, penserebbe di "razionalizzare" tali inquietanti
opinioni?
Un
fatidico momento della storia è alle porte.
Tuttavia,
questo è esattamente ciò che il famigerato tabloid britannico sta
effettivamente cercando di fare.
L'"esperto" intervistato, “Nicholas
Drummond,” afferma che "l'Ucraina sta pianificando un'attività
terroristica che vedrebbe prese di mira le scuole russe e altre infrastrutture
civili".
Il
“Daily Express” ha anche cercato di giustificare questo usando il solito tropo
della macchina della propaganda mainstream sulla Russia che presumibilmente
"prende di mira le aree residenziali dell'Ucraina in modo coerente nella
guerra", mentre "l'Ucraina si è limitata a colpire il territorio
russo vicino al confine", con "Belgorod, una città a sole 25 miglia
dal confine, ha visto il maggior numero di attacchi ucraini nell'ultimo
anno".
Ovviamente,
il tabloid britannico sta completamente ignorando il fatto che la giunta
neonazista ha assassinato la popolazione del Donbass per oltre un decennio a
questo punto e che le sue forze stanno ora prendendo di mira anche le aree che
hanno perso nelle fasi iniziali dell'operazione militare speciale (SMO).
"Ma
l'Ucraina sta pianificando attacchi molto più dannosi.
Gli
ucraini potrebbero lanciare attività terroristiche in Russia, compreso il
bombardamento di scuole.
Penso che qualsiasi attacco sarà limitato alle
regioni di confine, perché gli attacchi in profondità in Russia sarebbero una
grande escalation.
L'Ucraina
vorrà condurre attività terroristiche in Russia... se la Russia vince in
Ucraina o ottiene qualsiasi tipo di vittoria, penso che l'Ucraina condurrà una
campagna di contro-insurrezione all'interno della Russia, e questo sarebbe
molto più devastante di qualsiasi cosa abbiamo visto in prima linea.
Sarà davvero spiacevole.
L'attività terroristica includerebbe il
bombardamento di scuole, il bombardamento di infrastrutture... che inizierebbe
sul serio se venisse imposto un accordo di pace a Zelensky", ha detto
“Drummond” al “Daily Express”, aggiungendo:
"Stanno
assolutamente pianificando questo tipo di attacchi ora. Non c'è dubbio. Penso
che questo sia più terrificante per Putin di una guerra convenzionale, perché
se gli ucraini scatenano questa campagna di terrore in Russia, perderà il
potere molto rapidamente perché la gente dirà 'non stai facendo abbastanza per
fermarla'".
Proprio
come un alto funzionario dell'UE ha effettivamente ammesso che l'Occidente
politico è dietro il tentativo di assassinio del primo ministro Fico
minacciando un altro leader straniero "non conforme", la macchina
della propaganda mainstream ammette anche chi c'era dietro l'attacco
terroristico al municipio di Crocus (o "sparatorie" come amano dire).
Peggio ancora, ora stanno minacciando
apertamente la Russia, una superpotenza militare globale con il più grande e
potente arsenale strategico, che le cose diventeranno "molto
peggiori" se il Cremlino vincerà in Ucraina.
Prima
di tutto, il regime di Kiev non sta "vincendo"?
Non è
quello che la macchina della propaganda mainstream sta dicendo da più di due
anni?
E se
sta "vincendo", se tutte queste "wunderwaffen" provenienti
dalla NATO stanno "sconfiggendo" l'esercito russo, perché la giunta
neonazista dovrebbe aver bisogno di lanciare una campagna di terrore in tutta
la Russia?
E in
secondo luogo, come potrebbe mai essere giustificato?
È
abbastanza chiaro che l'Occidente politico è determinato a dare inizio alla
Terza Guerra Mondiale, poiché l'idea stessa che se ne discuta apertamente in
Occidente politico non farà altro che far infuriare Mosca.
O chiunque sia anche solo lontanamente sano di
mente, perché come reagirebbe il vostro paese se qualcuno minacciasse i vostri
scolari di attacchi terroristici?
Per
non parlare del tentativo di "disumanizzare" i civili russi, come se
le loro vite fossero meno importanti di quelle dei civili di qualsiasi altra
parte del pianeta.
Anche
se la macchina della propaganda mainstream ama chiamare la leadership russa
"intransigente", cos'altro dovrebbe essere il Cremlino quando ha a
che fare con l'Occidente politico che è sprofondato nella follia più totale?
Se
sostenere e giustificare il terrorismo così apertamente sta diventando la
"nuova normalità" nei paesi della NATO, quanto tempo ci vorrà prima
che il mondo intero venga spinto nell'abisso?
Quanto tempo abbiamo prima che la Russia
decida di averne avuto più che abbastanza?
(Drago
Bosnic)
Il
governo neonazista ucraino è sostenuto dalla comunità internazionale. Adolf
Hitler è "il tedoforo della democrazia" in Ucraina
Globalesearch.ca
– (12 giugno 2024) - Prof. Michel Chossudovsky – ci dice:
"Quasi
90 paesi e organizzazioni, la metà europei, hanno confermato
la
loro partecipazione al vertice di pace in Ucraina ospitato dalla
Svizzera", al quale la Russia non è stata invitata.
La
presidente della Confederazione “Viola Amherd “ha dichiarato ai giornalisti che
la conferenza "avrà lo scopo di tracciare un percorso verso una possibile
pace quasi 28 mesi dopo che le forze russe hanno invaso l'Ucraina e la guerra è
in corso".
Il
presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz sono
destinati a svolgere un ruolo chiave.
Questa
conferenza promossa dal governo svizzero (15-16 giugno 2024) ha tutte le
sembianze di uno stratagemma di pubbliche relazioni un po' caotico piuttosto
che di un'iniziativa di pace.
Per
un'amara ironia, i due partiti neonazisti del cosiddetto governo di coalizione
ucraino sono attivamente sostenuti dai nostri governi.
La
storia e la natura del regime neonazista di Kiev non vengono affrontate. La
fazione nazista dominante all'interno del governo di Kiev esercita il suo
potere nel campo dell'intelligence, degli affari interni, della sicurezza
nazionale e dell'esercito.
Si
tratta di un regime per procura in collegamento con i suoi sponsor USA-NATO.
Ampiamente
documentato, il colpo di stato sponsorizzato dagli Stati Uniti a “EuroMaidan
nel 2014 è stato effettuato con il sostegno delle due fazioni naziste: “Svoboda”
e “Right Sektor” guidate da “Dmytro Yarosh”.
Questo
articolo solleva anche la questione della negazione dell'Olocausto:
i nostri governi, che affermano di essere
fermamente impegnati nella socialdemocrazia, stanno sostenendo attivamente un
movimento nazista ucraino che ha collaborato con le forze di occupazione della
Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.
In
particolare, il codice penale tedesco vieta la "negazione
dell'Olocausto" e la "diffusione della propaganda nazista".
Abbiamo
a che fare con qualcosa di molto più grave dell'incitamento all'odio, vale a
dire il rapporto del governo tedesco con il movimento nazista ucraino.
(Consultate
le procedure legali del Parlamento europeo relative alla negazione
dell'Olocausto.)
Indiscutibilmente,
la decisione del governo tedesco del cancelliere Scholz di sostenere il
movimento nazista ucraino costituisce un atto criminale ai sensi del diritto
tedesco, vale a dire la violazione del codice penale.
Mentre
i governi occidentali stanno attivamente reprimendo i movimenti di protesta
contro l'atto di genocidio di Israele, con arresti di massa con l'accusa di
antisemitismo, questi stessi governi stanno sostenendo il movimento nazista
ucraino che ha attivamente partecipato e collaborato con la Germania nazista
nel genocidio diretto contro la popolazione ebraica dell'Ucraina.
(Michel
Chossudovsky)
Il
fiasco del cessate il fuoco di Biden.
Unz.com
- MIKE WHITNEY – (GIUGNO 11, 2024) ci dice:
Biden:
Israele offre un cessate il fuoco.
Biden:
Ho negoziato questo cessate il
Fuoco.
Israele:
Non c'è un accordo di cessate il fuoco.
Biden:
Il cessate il fuoco inizierà presto.
Israele:
Non lo farà.
Risciacquare
e ripetere.
La
risoluzione del cessate il fuoco dell'amministrazione Biden è una cinica frode
volta a cancellare l'immagine sbrindellata di Israele mentre getta le basi per
l'espulsione finale del popolo palestinese.
In
realtà, non ci sarà un cessate il fuoco perché Netanyahu e tutto il suo
gabinetto sono fermamente contrari alla fine delle ostilità.
Non c'è nemmeno una zona grigia qui.
Dopo
che la risoluzione redatta dagli Stati Uniti è stata approvata lunedì,
l'ufficio del primo ministro israeliano ha rilasciato una dichiarazione concisa
che afferma quanto segue:
"L'affermazione
che Israele abbia accettato di porre fine alla guerra prima di raggiungere
tutti i suoi obiettivi è una menzogna totale", afferma il “PMO”.
Il
documento completo, sostenendo l'ufficio di Netanyahu, dimostrerebbe che
"Israele non porrà fine alla guerra fino a quando tutte le sue condizioni
non saranno soddisfatte – cioè, combattendo fino a quando Hamas non sarà
eliminato, restituendo tutti i nostri ostaggi e assicurando che Gaza non
rappresenta mai più una minaccia per Israele".
(Tempi di Israele).
Ripetete:
"Israele non porrà fine alla guerra fino a quando tutte le sue condizioni
non saranno soddisfatte – (e) fino a quando Hamas non sarà eliminato".
Quindi,
che senso aveva far passare una risoluzione per il cessate il fuoco quando non
aveva alcuna possibilità di essere attuata?
Era
solo una trovata pubblicitaria?
E
perché il Segretario di Stato “Anthony Blinken” – non solo dice che Israele
sostiene la proposta – ma che Israele ha effettivamente avuto una mano nella
creazione del suo linguaggio?
Ecco Blinken lunedì:
"Innanzitutto,
lasciatemi essere molto chiaro, Israele ha accettato la proposta, anzi, è stato
fondamentale nel portarla avanti.
È la
posizione ufficiale del governo israeliano, del primo ministro.
Quindi,
l'unico partito che non ha detto "Sì" è Hamas. Ecco chi tutti stanno
aspettando.
Ecco
chi stanno aspettando i palestinesi, è quello che stanno aspettando gli
israeliani, ed è quello che stanno aspettando gli ostaggi e le loro famiglie è
quello che l'intera regione e il mondo intero stanno aspettando.
Quindi, vedremo, Hamas vuole porre fine a
questa guerra che ha iniziato o no?
Ma è
chiaro che praticamente tutto il mondo si è unito a sostegno della proposta.
(@AssalRad).
Questa
è una totale invenzione e “Blinken” lo sa:
Israele
NON ha accettato la proposta.
Israele
NON è stato "fondamentale nel presentare la risoluzione del cessate il
fuoco."
La
risoluzione del cessate il fuoco NON è "la posizione ufficiale del governo
israeliano (e) del primo ministro".
Queste
sono menzogne sfacciate, e bugie molto stupide, perché possono essere
facilmente verificate e confutate.
Dai
un'occhiata:
Ripeto:
"In una risposta preventiva alla decisione del Consiglio di Sicurezza
dell'ONU, Netanyahu dice: "Non accetteremo alcun accordo che porti alla
fine della guerra".
La
posizione di Netanyahu è chiarissima e lo è stata per molto tempo:
la
furia continuerà per il prossimo futuro.
Allora,
perché Blinken sta deliberatamente fuorviando il pubblico?
Qual è
l'obiettivo?
Questo
è stato detto dalla “CNN” poche ore dopo che la risoluzione è stata approvata
dal “Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”:
Israele
ha promesso di persistere con la sua operazione militare a Gaza, dicendo che
non si impegnerà nei negoziati "senza senso" con Hamas, poco dopo che
il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato a stragrande
maggioranza un piano di cessare il fuoco sostenuto dagli Stati Uniti destinati
a porre fine alla guerra di otto mesi.
L'alto
diplomatico (israeliano) (Reut Shapir Ben-Naftaly) ha detto che la guerra non finirà
fino a quando tutti gli ostaggi non saranno restituiti e le capacità di Hamas
non saranno "smantellate", accusando il gruppo militante palestinese
di usare "negoziati" senza fine... come mezzo per prendere
tempo".
I suoi
commenti sono arrivati dopo che 14 dei 15 membri del consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite hanno votato a favore della risoluzione redatta dagli Stati
Uniti lunedì, con la sola Russia che si è astenuta – la prima volta che il
consiglio ha approvato un racconto piano per porre fine alla guerra...
Il
segretario di Stato americano “Antony Blinken”, che è in viaggio diplomatico in
Medio Oriente, ha dichiarato martedì che in un incontro con il primo ministro “Benjamin
Netanyahu” il leader israeliano "ha riaffermato il suo impegno" per
l'attuale proposta di garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli
ostaggi, che è ancora in attesa di una risposta da parte di Hamas.
“Blinken”
ha detto di aver ricevuto un'assicurazione esplicita da “Netanyahu” che
continua a sostenere l'accordo e lo accetterà se Hamas accetterà ciò che è sul
tavolo. …
Ma una
dichiarazione israeliana di martedì ha indicato che era pronta a firmare
formalmente l'attuale piano di cessare il fuoco per Gaza, mantenendo allo
stesso tempo la libertà di continuare a combattere.
Israele
promette di andare avanti a Gaza dopo che il Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite ha approvato la proposta di cessare il fuoco, “CNN”.
Riuscite
a vedere quanto sia ridicolo e orwelliano?
Israele
accetterà un cessate il fuoco finché avrà "la libertà di continuare a
combattere".
Eh?
Nel
caso ve lo stiate chiedendo, la definizione di "cessate il fuoco" e
"una sospensione dei combattimenti".
Pertanto,
dobbiamo presumere che se i combattimenti continuano, non c'è cessate il fuoco.
A
proposito, Hamas ha già accettato i termini del cessate il fuoco, il che è un
altro colpo al folle piano di “Blinken” per cercare di far apparire Israele
come il pacificatore.
Ecco
di più dalla” CNN”:
Hamas
ha accolto con favore l'adozione della risoluzione del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite, affermando in una dichiarazione di essere pronta ad
impegnarsi con i mediatori per attuare misure come il ritiro delle forze
israeliane a Gaza, lo scambio di prigionieri, il ritorno dei residenti alle
loro case e il "rifiuto di qualsiasi cambiamento demografico o riduzione
nell'area della Striscia di Gaza". ...
L'inviato
palestinese alle Nazioni Unite, “Riyad Mansour,” ha detto che l'Autorità
palestinese – che governa la Cisgiordania occupata da Israele – ha accolto
l'accordo come un "passo nella giusta direzione". …
"Vogliamo
un cessate il fuoco", ma "l'onere di attuare questa risoluzione è a
carico di Israele".
"La
prova è nel budino.
Vedremo chi sono quelli che sono interessati a vedere
questa risoluzione diventare realtà e quelli che la stanno ostacolando e
vogliono continuare la guerra di genocidio contro il nostro popolo", ha
aggiunto.”CNN”
(twitter.com/Alonso_GD/status/1800267019561881938)
Vale
la pena notare che solo pochi giorni fa, i diplomatici israeliani hanno
incontrato l'inviata degli Stati Uniti “Linda Thomas-Greenfield” per esprimere
la loro opposizione alla risoluzione del cessate il fuoco di “Biden”.
Gli israeliani si sono persino opposti al
fatto che venisse chiamato "cessate il fuoco".
Preferivano l'espressione dal suono meno
permanente, "cessazione delle ostilità".
Israele
si è anche opposto alla "richiesta della bozza aggiornata a entrambe le
parti di attuare pienamente l'ultima proposta di accordo sugli ostaggi. La
versione precedente chiedeva solo ad Hamas di accettare la proposta". (Tempi di Israele)
Israele
si è anche opposto a una clausola della risoluzione che "respinge
qualsiasi tentativo di cambiamento demografico o territoriale nella Striscia di
Gaza".
(il che suggerisce che la popolazione nativa potrebbe affrontare la pulizia
etnica).
L'inviato israeliano ha anche voluto omettere
qualsiasi menzione del "fermo impegno dell'America a realizzare la visione
di una soluzione negoziata a due stati... coerente con il diritto
internazionale e le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, ea questo
proposito sottolinea l'importanza di unificare la Striscia di Gaza con la
Cisgiordania sotto l'Autorità palestinese".
Secondo
il” Times of Israel”:
Il
quadro dei due Stati è respinto dal governo del primo ministro Benjamin
Netanyahu, che ha anche lavorato per indebolire l'Autorità Palestinese,
paragonando l'organo di governo ad Hamas.
Quindi,
se Israele aveva espresso la sua opposizione a un cessate il fuoco con tanta
forza solo pochi giorni prima, allora perché i membri del Consiglio di
Sicurezza hanno creduto che loro (Israele) avrebbero improvvisamente cambiato
idea?
Non ha
senso.
L'unico
paese che non è stato ingannato dalla bufala del cessate il fuoco è stata la
Russia, che si è astenuto dal voto su una risoluzione proposta dagli Stati
Uniti.
Spiegando
il motivo per cui la Russia ha scelto di astenersi, il rappresentante
permanente “Vassily Nebenzia” ha dichiarato quanto segue:
Abbiamo
una serie di domande sul progetto di risoluzione americano, in cui il Consiglio
accoglie con favore un certo "accordo" i cui contorni finali sono
ancora sconosciuti a chiunque, tranne che agli stessi mediatori.
Le
informazioni che circolano nelle fonti aperte sono piuttosto contraddittorie.
I promotori non hanno informato il Consiglio
di Sicurezza dei dettagli degli accordi.
In
sostanza, ci viene offerto di comprare "un maiale in un colpo".
Non
c'è stato alcun processo negoziale in quanto racconto sul progetto di
risoluzione.
Gli
sponsor hanno offerto variazioni del testo finale, chiedendo in effetti che i
membri del Consiglio di Sicurezza le sottoscrivono sotto la pressione del tempo.
Hamas
è stata chiamata ad accettare il cosiddetto "accordo".
Ma non
c'è ancora chiarezza sul fatto che Israele abbia formalmente accettato, come
previsto dalla risoluzione, l'"accordo" proposto dal presidente “Biden”,
date le numerose dichiarazioni di Israele sulla continuazione della guerra fino
a quando Hamas non sarà completamente sconfitto.
Che
cosa ha accettato esattamente Israele?
Forse
oggi sentiremo la risposta a questa domanda dal rappresentante israeliano?
Siamo
convinti che il “Consiglio di sicurezza” non debba sottoscrivere accordi con
parametri vaghi, senza garanzie della loro attuazione sul campo, e anche senza
una chiara comprensione di come le parti li sentono.
In
sostanza, il Consiglio dà carta bianca e approva un piano di cui non conosce i
dettagli.
I parametri elencati nei tre paragrafi non
sono i dettagli.
Dall'inizio
dell'escalation a Gaza, il Consiglio ha già adottato tre risoluzioni la cui
attuazione rimane solo sulla carta.
Questo
potrebbe diventare il quarto.
Dichiarazione
di voto del Rappresentante Permanente Vassily Nebenzia dopo il voto del
Consiglio di Sicurezza dell'ONU su una bozza di risoluzione proposta dagli
Stati Uniti su Gaza.
In
breve, l'inviato russo all'ONU ha visto l'assurda truffa di “Blinken” e si è
rifiutato di stare al gioco.
Ora possiamo vedere che ha fatto la cosa
giusta.
Ora
possiamo vedere che l'amministrazione stava cercando di truccare il voto del
Consiglio di Sicurezza suggerendo che Israele sosteneva misure che Israele non
sosteneva.
Questo
può aver contribuito a far passare la risoluzione, ma non è servito a fare
pressione su Netanyahu o a costringerlo a porre fine alle ostilità a Gaza.
Invece, l'intera faccenda è rimbalzata
sull'amministrazione e ha fatto sembrare che si impegneranno in ogni sorta di
furbizia controproducente per ottenere ciò che vogliono.
E che
cosa vuole l'amministrazione?
Ebbene,
a quanto pare, vogliono un cessate il fuoco.
Apparentemente, l'isolamento sempre più
profondo e il danno reputazionale sono diventati così gravi che le élite
occidentali sono pronte a gettare la spugna.
Come ha detto il presidente Biden, "è ora
che questa guerra finisca".
Ma se
l'amministrazione Biden è seriamente intenzionata a un cessate il fuoco, allora
dovrebbe avere il coraggio di alzarsi in piedi e dirlo, invece di manipolare i
risultati al Consiglio di sicurezza.
Devono
sospendere le spedizioni di armi e tagliare immediatamente i finanziamenti.
Questa
è l'unica lingua che Netanyahu e i suoi quadri capiscono.
L'estate
del vivere pericolosamente.
Unz.com - PEPE ESCOBAR- (12 GIUGNO 2024) – ci
dice:
La
plutocrazia crede di poter comprare tutto per una miseria, mentre le mosche continuano
a deporre le uova nelle carcasse europee.
Così
“Le Petit Roi “a Parigi è stato prevedibilmente schiacciato nei sondaggi
europei.
Ha
indetto elezioni parlamentari anticipate, sciogliendo l'”Assemblée Nationale”
in un atto di cieca e puerile vendetta contro i cittadini francesi, attaccando
di fatto la democrazia istituzionale francese.
Questo
non significa molto comunque, perché i lineamenti di "libertà,
uguaglianza, fraternità" sono stati a lungo usurpati da una grossolana
oligarchia.
Il
secondo turno di queste nuove elezioni francesi si terrà il 7 luglio, quasi in
coincidenza con le elezioni anticipate britanniche dell'11 luglio, e solo pochi
giorni prima della catastrofe urbana che saranno le Olimpiadi di Parigi.
I
salotti parigini sono in fiamme con intrighi sul motivo per cui il” piccolo
fantoccio Rothschild” con un complesso di Napoleone sta gettando tutti i suoi
giocattoli fuori dalla carrozzina ora perché non sta ottenendo ciò che vuole.
Dopotutto,
ciò che desideri davvero è diventare un "Presidente di Guerra" –
insieme al “Cadavere “alla Casa Bianca, a “Starmer” nel Regno Unito, a “Rutte”
nei Paesi Bassi, alla “Tossica Medusa von der Lugen” a Bruxelles, a “Tusk” in
Polonia, senza dover rendere conto al popolo francese.
È
quasi certo che “Le Petit Roi” si troverà di fronte alla reale prospettiva di
diventare un presidente zoppo che deve obbedire a un parlamento di destra.
Al circo si erano già aggiunte le chiacchiere
dell'Eliseo, che davano l'impressione che potesse dimettersi (poi smentita).
Tuttavia, se Le Petit Roi scappa in guerra
contro la Russia, nessun cittadino francese lo seguirà, tanto meno il – pietoso
– esercito francese.
Tuttavia,
sono in gioco cose più grandi.
Dopo i
messaggi – di buon auspicio – rivoluzionari rivolti alla maggioranza globale
dal forum di San Pietroburgo la scorsa settimana, ancorati all'apertura e
all'inclusione, la” riunione dei ministri degli Esteri BRICS 10” a “Nizhny
Novgorod “ha portato il testimone all'inizio di questa settimana.
Il
ministro degli Esteri “Lavrov” ha sottolineato tre punti chiave:
"I
paesi del Sud del mondo non vogliono più dipendere dai doppi standard
dell'Occidente e dai suoi capricci".
"Tutti
sanno che i paesi BRICS fungono già da locomotiva dell'economia mondiale".
"Noi
[all'incontro dei FM BRICS] abbiamo sottolineato la necessità di sforzi
coerenti per creare un nuovo ordine mondiale, in cui l'uguaglianza degli stati
indipendenti sarà la chiave".
Ora
confrontiamolo con il sempre più ristretto incontro del G7 che si terrà questa
settimana in Puglia, nel sud Italia: la solita vecchia canzone, da un
"nuovo avvertimento duro" alle banche cinesi ("Non fate affari
con la Russia o altro!") a minacce rumorose contro il partenariato
strategico Cina-Russia.
E,
ultimo ma non meno importante, un ulteriore complotto per urlare l'interesse
dei massicci beni russi congelati/rubati con l'intento di inviarli al paese
404;
la stessa “Medusa tossica” ha annunciato che
il “paese 404” riceverà 1,5 miliardi di euro dei proventi dei beni russi rubati
all'UE a luglio, il 90% dei quali per l'acquisto di armi.
Per
quanto riguarda il vice segretario di Stato americano” Kurt Campbell “– l'uomo
che ha inventato il defunto "pivot to Asia" durante il mandato di
Hillary Clinton nei primi anni 2010 – aveva già anticipato che Washington
avrebbe sanzionato le aziende e le banche cinesi per le relazioni di Pechino
con il complesso militare-industriale russo.
False
flag e simmetria perfetta.
Secondo
diversi parametri, l'Europa sta per implodere/esplodere non con un fondo, ma
con un piagnisteo agonizzante in qualsiasi momento nei prossimi mesi.
È fondamentale ricordare che le elezioni anticipate in
Francia e Gran Bretagna coincideranno anche con il vertice della NATO dell'11
luglio, dove il bellicismo alimentato dalla russofobia raggiungerà il
parossismo.
Tra i
possibili scenari, ci si dovrebbe aspettare una sorta di falsa bandiera da
attribuire direttamente alla Russia.
Potrebbe
essere un momento alla “Franz Ferdinand”; un momento del Golfo del Tonchino; o
anche una USS Maine prima del momento della guerra americano-spagnola.
Resta
il fatto che l'unico modo in cui questi "leader" della “NATOstan” e
il loro umile agente dell'MI6 con una maglietta verde sudata a Kiev
sopravviveranno è fabbricare un casus belli.
Se ciò
accade, si può anticipare una data: tra la seconda settimana di luglio e la
fine di agosto; e certamente non oltre la seconda settimana di settembre.
Ottobre
sarà troppo tardi: troppo vicino alle elezioni americane.
Quindi
preparati per l'estate di vivere pericolosamente.
Nel
frattempo, l'Orso non è esattamente in letargo.
Il presidente Putin, prima e durante il forum
di San Pietroburgo, ha spiegato quanto sarà "simmetrica" la risposta
di Mosca agli attacchi di Kiev con missili “NATOstan” – già in corso.
Tre
sono i membri della “NATOstan” che forniscono missili con una gittata di 350 km
e oltre: Stati Uniti, Regno Unito e Francia.
Quindi
una risposta "simmetrica" implicherebbe che la Russia fornisse alle
nazioni del Sud del mondo armi avanzate – in grado di causare gravi danni ai
nodi dell'Impero delle Basi.
Ed
ecco i principali candidati a ricevere queste armi – come ampiamente dibattuto
non solo sui canali televisivi russi, ma anche nei corridoi del forum di San
Pietroburgo.
Asia
occidentale: Iran (che già li possiede); Siria (ne ha un disperato bisogno);
Yemen; Iraq (sarebbe molto utile a Hashd al-Shaabi) e Libia.
Asia
centrale, nordorientale, sudorientale: Afghanistan, Myanmar (questi due erano
presenti a San Pietroburgo) e Corea del Nord.
America
Latina: Cuba, Venezuela e Nicaragua (basta guardare l'attuale incursione russa
nei Caraibi).
Africa:
Repubblica Centrafricana, Congo, Etiopia, Somalia, Sudan meridionale e Zimbabwe
(basta guardare il recente tour africano di Lavrov).
Signor
Zircone, saluta.
E
questo ci porta alla divertente questione di una forza navale russa in giro per
i Caraibi, guidata dalla fregata armata di missili ipersonici Admiral Gorshkov
e dal sottomarino nucleare di Kazan.
L'indispensabile
Andrei Martyanov ha notato come il Gorshkov" trasporta 32 Onyx, Zircon,
Kalibrs e Otvet.
Questi
sono i missili da crociera più avanzati e letali della storia, con un serio
pedigree di combattimento.
Kazan,
che è un SSGN di classe Yasen, trasporta anche 32 VLS e, inoltre, ha 10 tubi
lanciasiluri che possono sparare non solo siluri.
Ebbene,
questa forza navale ovviamente non è lì per lanciare la Terza Guerra Mondiale.
Martyanov spiega che "mentre entrambi
possono colpire tutta la costa orientale degli Stati Uniti e del Canada, non
sono lì per questo motivo.
Dio
non voglia che se si tratta di una vera e propria Terza Guerra Mondiale, ci
sono un sacco di Bulava, Avangard , Sarmat e Yarses per affrontare questa
orribile faccenda No, sia Gorshkov che Kazan sono lì per dimostrare che possono
raggiungere qualsiasi nave da combattimento o nave da trasporto marittimo
strategico che trasporta qualsiasi set di combattimento militare dal Nord
America all'Europa nel caso in cui qualche pazzo decide di cercare di
sopravvivere a una guerra convenzionale con la Russia nel 404.
Ciò
che è ancora più intrigante è che dopo aver trascorso del tempo a l'Avana, la
forza navale sarà nei Caraibi per una serie di esercitazioni e sarà affiancata
da altre navi della Marina russa.
Rimarranno
in queste acque fino alla fine di “The Summer of Living Dangerousl”y. Nel caso
in cui qualche pazzo abbia idee fantasiose.
Nel
frattempo, la possibile escalation verso la guerra calda in Europa procede
senza sosta, con la NATO attraverso la sua epilettica lastra di legno norvegese
che cambia radicalmente le regole stabilite delle guerre per procura con uno
sfogo senza senso dopo l'altro.
Le
Forze Armate dell'Ucraina (AFU) sono già in grado, attraverso la NATO, di
distruggere risorse russe sia militari che civili: depositi di petrolio,
aeroporti, impianti energetici, nodi ferroviari e persino concentrazioni di
truppe.
Tutti
e il loro vicino aspetteranno le risposte "simmetriche".
A
tutti gli effetti pratici, la decisione cruciale è stata presa dalla raffinata
plutocrazia che realmente gestisce lo spettacolo:
costringere
l'Europa alla guerra contro la Russia.
Questa
è la logica alla base di tutta la retorica kabuki su uno "Schengen
militare" e una nuova cortina di ferro dall'Artico attraverso i chihuahua
baltici fino alla rabbiosa Polonia.
La
plutocrazia crede addirittura che poi si potrà comprare tutto per una miseria
mentre le mosche continuano a deporre le uova nelle carcasse europee
radioattive.
Knds
“stacca la spina” all'Italia
per i tank Leopard 2A8 IT:
cosa può succedere ora
Msn.com - Il Giornale - Paolo Mauri –
(12-6-2024) – ci dice:
“Knds”,
il consorzio che riunisce la francese “Nexter” e la tedesca “Krauss-Maffei
Wegmann” (Kmw) per la costruzione di “Mbt “(Main Battle Tank), veicoli
corazzati e sistemi di artiglieria, ha stracciato l'accordo di collaborazione
con Leonardo per la fornitura all'Esercito italiano dei carri armati “Leopard
2A8”.
Dal
Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa 2023-2025 è stata stanziata
una spesa di 8,2 miliardi di euro per l’acquisto di 271 Leopard 2A8, di cui 133
da combattimento e 138 da supporto, (e un ulteriore miliardo per la
modernizzazione di 125 carri armati Ariete C1).
Il 21
febbraio scorso la commissione Difesa della Camera aveva dato il via libera
all’acquisto dei carri armati secondo il programma di acquisizione prestabilito
della durata complessiva di 14 anni fino al 2037.
La
rottura tra Leonardo e Knds.
Leonardo
a dicembre dello scorso anno aveva avviato una trattativa con Knds per poter
partecipare attivamente alla costruzione dei Leopard 2A8, per i quali appunto
si parlava della designazione non ufficiale di 2A8 IT per via
dell'installazione di sensoristica nazionale, di una torretta fabbricata in
Italia e del possibile assemblaggio finale a La Spezia, ma ora il consorzio
franco-tedesco ha chiuso la porta al colosso dell'industria della Difesa
italiano.
Le
prime voci, che riferivano di uno stallo nelle trattative, erano già circolate
lunedì mentre martedì è arrivato l'annuncio di Knds successivamente confermato
da Leonardo in un comunicato stampa in cui si legge che
“con
riferimento al comunicato stampa emesso il 13 dicembre 2023, Leonardo annuncia,
nonostante gli sforzi intrapresi, l'interruzione delle trattative con Knds per
definire una configurazione comune per il programma Main Battle Tank
dell'Esercito Italiano e per sviluppare una più ampia cooperazione”.
In
ballo, infatti, c'è anche il progetto A2CS (già Aics) per una piattaforma
multiruolo corazzata per l'Esercito italiano che attualmente, per i numeri in
gioco, è il più grande programma europeo di sviluppo di mezzi corazzati.
Knds e
Leonardo quindi non hanno trovato l’accordo sull'italianizzazione dell'Mbt, che
era prevista dal decreto del Parlamento italiano che approvava il programma di
acquisizione, e Knds nel suo comunicato ha tenuto a sottolineare di aver posto
termine alla trattativa per “salvaguardare la configurazione” del Leopard 2.
Knds
si accorda con la Norvegia.
Stupisce
però che, quasi nelle stesse ore in cui Knds troncava le relazioni con Leonardo
per l'italianizzazione del Leopard 2A8, la stessa comunicava di aver trovato
l'accordo per l'apertura in Norvegia di una linea produttiva per gli stessi Mbt
che, guarda caso, monteranno tecnologia locale al punto da essere definiti
Leopard 2A8 NOR.
Apprendiamo, infatti, che il programma
norvegese prevede l’acquisto di 54 carri armati con un’opzione per altri 18
esemplari che presenteranno caratteristiche aggiuntive rispetto alla versione
tedesca degli A8, come ad esempio il sistema integrato Ics/Cortex della società
norvegese Kongsberg, che permette di riconfigurare il trasferimento dei dati
nell’Mbt e la comunicazione con altri sistemi di combattimento.
Il
governo norvegese ha poi ottenuto di assemblare parte dei 54 Leopard 2A8
direttamente in Norvegia e sarà Ritek, un'azienda che già gestisce diversi
programmi per l'esercito norvegese, a farlo.
A quanto pare la linea produttiva norvegese
non si limiterà all’assemblaggio di 37 esemplari ma aspira a divenire un hub di
riferimento per il supporto tecnico e logistico dei carri armati Leopard 2A8
che saranno acquistati anche da parte di altri Paesi.
Le
motivazioni della rottura tra Knds e Leonardo non sono note ma si vocifera che
Knds volesse concedere alla parte italiana al massimo la fornitura di alcune
componenti e, secondo alcune fonti, avrebbe chiesto un accordo preliminare tra
Leonardo e Iveco (la cui acquisizione da parte del colosso nazionale sono ancora in fase
valutativa).
KF-51
o Ariete modernizzati?
Resta
ora da capire se questa porta chiusa sul Leopard 2A8 porterà anche alla
marginalizzazione dell'Italia nel programma per il carro armato del futuro,
l'Mgcs (Main Ground Combat System), per il quale il nostro Paese ha mostrato
vivo interesse al punto da averlo direttamente citato nei programmi da
finanziare nel Dpp Difesa dello scorso anno.
L'urgenza,
invece, è capire quale Mbt acquistare per l'Esercito da qui al 2040/2045,
periodo in cui si prevede cominci ad essere prodotto in serie l'Mgcs.
Knds
ha fatto velatamente sapere che è disposta a vendere i Leopard 2A8 “off the
shelf”, ovvero senza aggiunte di prodotti nazionali, ma questo, oltre a non
essere tradizionalmente nelle corde italiche, sarebbe un duro colpo per
l'industria nazionale che non avrebbe nessun tipo di ritorno.
Una
soluzione potrebbe arrivare da “Rheinmetall”, che col suo KF-51 “Panther” ha
sviluppato un Mbt di tipo avanzato (per il quale l'Ungheria ha già dimostrato
interesse siglando un contratto di sviluppo a dicembre del 2023) che potrebbe
traghettare il nostro Paese verso l'Mgcs, se ovviamente riusciremo a trovare
spazio da attori protagonisti e non da comparse.
A tal
proposito riteniamo che questa strada sia quella più realistica in quanto i
rapporti tra” Rheinmetall” e “Leonardo” appaiono più cordiali, inoltre si
tratterebbe di un carro costruito in Europa che allontanerebbe l'incubo di una
filiera logistica estremamente lunga qualora il nostro Paese dovesse guardare
all'Estremo Oriente col carro sudcoreano K2 “Black Panther”.
Esiste
però un'altra soluzione, forse meno all'avanguardia e che porta con sé dei
rischi nel medio/lungo termine, ovvero quello di procedere a una radicale
modernizzazione degli Ariete C1 arrivando a uno standard C3 per quei carri di
cui non è previsto l'adeguamento allo standard C2.
Questo
però significa da un lato non avere subito dei carri armati moderni, da un
altro investire risorse (sempre troppo scarse per la Difesa) in un mezzo “ad
interim” invece di impiegarle per altri programmi molto più innovativi.
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