Contro il mondo multipolare.

 

Contro il mondo multipolare.

 

 

 

USA ed Israele: l’Armageddon

Contro il Mondo Multipolare.

Conoscenzealconfine.it – (11 Giugno 2024) - Stefano Zecchinelli – ci dice:

 

Il complesso militare-industriale USA, quindi l’alleanza strategica del Pentagono con la lobby israeliana “AIPAC”

 (“American Israel Public Affairs Committee” è un gruppo di pressione statunitense noto per il forte sostegno allo Stato di Israele) ed il governo israeliano-fascista sostengono l’Armageddon in quanto “male necessario” per fermare la transizione al mondo multipolare, trasformando il genocidio in una mera opzione politica.

La” Corte Penale Internazionale” ha optato per il “soft power” mettendo sullo stesso piano “aggressori” (Israele) ed “aggrediti” (Hamas);

è una logica sistematizzata dalla “sinistra invertebrata” la quale ha abdicato al sostegno delle “Resistenze anti-imperialistiche”, adottando l’”ideologia del Diritti umani” (contrapposta alla “Teoria generale del diritto dei Diritti dell’Uomo”) e del “cosmopolitismo senza radici”.

 Un duplice mandato di cattura, tanto per Netanyahu quanto per Hamas, non coglie la natura storica e sociale della colonizzazione della Palestina:

la “Resistenza palestinese”, una volta che gli Occidentali dismisero il piano sovietico del 1947-’48, detiene il diritto alla lotta contro una potenza occupante.

La “CPI” sostiene la nascita di uno “Stato palestinese” colonizzato dagli anglosassoni, nonostante ciò per la “lobby Usa degli straussiani” chiunque neghi il genocidio in quanto “necessità storica” è un antisemita.

 La nuova global class, eterodiretta da USA ed Israele, ha adottato il Talmud come ideologia di Stato;

un Egemone senza “Stato” o Nazione, che contempla l’annichilimento sociale della gran parte del pianeta per permettere al “regime delle corporation” di pauperizzare il mondo del lavoro.

 Biden, Trump e Netanyahu hanno sistematizzato la transizione alla “società del controllo” globale.

Una Società “Cocainista” Creata dalla Lobby Anglo-Sionista.

In questa congiuntura storica, il controllo dei mezzi di comunicazione, il cosiddetto “Quarto Potere”, è un’arma di distruzione di massa.

 Con la guerra ibrida, USA ed Israele mirano a sistematizzare i conflitti di quinta generazione caratterizzati dall’ “ideologia transumanista”:

 la conquista del Cervello Umano.

Il giornalismo-professionista, rilanciando le menzogne dell’imperialismo USA contro il mondo multipolare, provoca – senza mediazioni di linguaggio – le guerre.

Scrive il giornalista investigativo “Pepe Escobar”:

 “Contraddicendo un po’ “Mao Zedong”, il vero potere non viene dalla canna di un fucile (o da un missile nucleare ipersonico), viene dal controllo della narrazione, o da quello che un tempo si chiamava ‘soft power‘.

La differenza ora è che l’egemone non controlla più il soft power.

La Maggioranza Globale sta perfezionando, in tempo reale, i propri contrattacchi al soft power.”

La transizione al mondo multipolare passa per la democratizzazione dei mezzi di comunicazione, ma i media tradizionali sono un prolungamento della classe capitalistica, nazionale e globale, la quale ha un solo interesse:

sfruttare i lavoratori instaurando un regime “neo-schiavista” nel ventunesimo secolo.

La “destra aziendale” e la “sinistra sintetica” hanno cooperato nella demolizione controllata del sindacalismo di classe, dequalificando la “forza lavoro”;

 i proletari, nel “capitalismo della sorveglianza” sono sempre più soli.

 Il giornalismo-professionista – oltre a provocare le guerre – scrive sotto dettatura del Padronato, un tempo soltanto “nero” ed ora anche “coi tacchi a spillo”.

 Citando il giornalista tedesco “Udo Ulfkotte”, il giornalismo è stato lubrificato (Ulfkotte, in ”Giornalisti comprati”, utilizza il termine lubrificato) dal Capitale, diventando “una macchina delle fake news” contro il mondo del lavoro.

La lobby Anglo-Sionista, egemonizzando la pubblicazione delle fake news, ha creato artificialmente una società cocainista; droga, alcol, pornografia e pseudoculture psichedeliche sono l’ultimo rifugio degli schiavi.

La russofobia (pensiamo all’attentato a Robert Fico, con tutta probabilità eterodiretto dalla SBU) e l’islamofobia hanno qualcosa di patologico; il sistema capitalista genera psicosi.

Lo sproloquio guerrafondaio di Biden al D-day, è un preludio del rilancio della “guerra eterna”; l’antifascismo dei fascisti statunitensi?

Il giornalista investigativo “Andre Damon”, sul “World Socialist Web Site” (WSWS), scrive:

 “In altre parole, la commemorazione in Normandia fece da sfondo all’adozione sempre più diretta da parte delle potenze imperialiste degli aspetti più distintivi della politica di guerra nazista:

 il deliberato targeting dei civili per lo sterminio e la spinta a trascinare il mondo intero in una guerra globale.

Ottant’anni dopo la seconda guerra mondiale, il mondo è ancora una volta sull’orlo di una guerra su vasta scala, questa volta tra stati dotati di armi nucleari.

Tutte le affermazioni secondo cui le prime due guerre mondiali rappresentano un’eccezione storica, che non si ripeterà mai più, devono restare nel passato dopo le dichiarazioni di Biden e degli altri leader imperialisti.”

Un articolo magistrale:

non è un caso che la dittatura ucraino-nazista abbia oscurato il WSWS (con cui solidarizziamo), arrestando il “compagno Bogdan Syrotiuk”, un giovane comunista di 25 anni.

 Il regime di Zelensky è un abominio dei Diritti dell’Uomo, una dittatura razzialista perfettamente inserita nella transizione ad una nuova Architettura di potere.

A Rafah, Israele sta consumando una lunghissima “Notte dei Cristalli”:

l’IDF ed il Mossad hanno ereditato il ruolo storico della Gestapo sperimentando armi di nuova generazione su donne, uomini e bambini innocenti.

Aveva ragione “Hugo Chavez”:

l’esercito israeliano è un esercito di codardi”.

Un giorno,” Biden e Netanyahu” verranno ricordati come noi ricordiamo Mussolini ed Hitler:

 due individui sociopatici che, con cinismo e nell’indifferenza, hanno distrutto una porzione del pianeta.

(Stefano Zecchinelli)

(comedonchisciotte.org/sostenere-il-genocidio-per-fermare-il-multipolarismo/)

(wsws.org/es/articles/2024/06/08/pers-j08.html)

(linterferenza.info/esteri/usa-ed-israele-larmageddon-contro-il-mondo-multipolare/)

 

 

 

Un mondo multipolare non sarà

automaticamente un mondo nuovo.

Lindipendente.online.it – Monica Cillerai – (12 GENNAIO 2024) – ci dice:

L’ordine mondiale geopolitico regolato dal “Washington Consensus”, l’equilibrio internazionale figlio della Seconda guerra mondiale, è finito.

 L’ordine mondiale dei commerci, stabilito dagli accordi di Bretton Woods, non funziona più:

già ammalato da tempo, si è indebolito in pandemia e sta ricevendo l’estrema unzione con la guerra in Ucraina.

Da qualsiasi punto si guardi la faccenda globale, gli USA stanno perdendo il loro ruolo di capo e poliziotto del mondo.

 L’egemonia a stelle e strisce, già in declino da anni, sta definitivamente tramontando.

 Nuovi Stati chiedono voce in capitolo e reclamano potere.

Pretendono istituzioni internazionali meno orientate verso gli Stati Uniti e i privilegi occidentali, esigono la fine del dominio del dollaro, reclamano ruoli guida ai tavoli in cui si decidono le politiche globali.

Le crisi non sono la fine di tutto, sono momenti necessari di rottura per arrivare a un nuovo ordine, dopo una fase di caos.

 Oggi siamo nel momento del disordine.

I fatti in Ucraina hanno semplicemente reso visibile a tutti la tracimazione di un vaso colmo da tempo.

Gli USA cercano storicamente anche così, attraverso guerre esportate e per procura, di stabilizzare il loro potere e la loro egemonia.

 È dalla Cina e da numerosi Paesi ancora considerati in via di sviluppo, i famosi “BRICS” (Brasile, Russia, India e Sud Africa), che arriva la richiesta di un “nuovo ordine internazionale”.

L’attacco militare da parte della Russia verso l’Ucraina e l’impossibilità di operare da parte del “Consiglio di Sicurezza dell’ONU” a causa del veto imposto da Mosca hanno rimesso sul tavolo la questione di una necessaria riforma del “sistema delle Nazioni Unite”.

Unione Europea e USA si sono impegnate nel lancio di numerosi pacchetti di sanzioni economiche contro la Russia, che hanno finito per ricadere sugli interscambi commerciali tra Mosca e varie altre economie ad essa connesse, in primis quelle dei BRICS.

Questi, al contrario, non erano propensi a tali forme sanzionatorie, difficili da aggirare proprio perché basate sulla struttura dollaro-centrica governata dal sistema di transazioni internazionali “SWIFT”, che i BRICS stanno cercando di sostituire.

 

BRICS contro G7: un conflitto solo di potere?

Dal 22 al 24 agosto si è tenuto il vertice dei BRICS a Città del Capo, in Sudafrica.

 Vladmir Putin” è stato costretto a parteciparvi da remoto, per via del mandato d’arresto internazionale che pende sulla sua testa.

 «Il tradizionale sistema di governo globale è diventato disfunzionale, carente e dispersivo» ha detto alla vigilia del vertice “Chen Xiaodong”, ambasciatore cinese a Pretoria, aggiungendo che i BRICS «stanno diventando sempre più una forza di difesa della giustizia internazionale».

Al vertice gli invitati sono 69, tra cui molti Stati africani, verso cui Pechino cerca da anni di estendere la sua influenza.

 L’espansione del gruppo è stata una delle tematiche principali:

 sono almeno 40 i Paesi che vorrebbero aderire e, di questi, 23 hanno presentato domanda formale, compresi Iran e Arabia Saudita.

 A soli quattordici anni dal loro primo summit nel 2009, i BRICS rappresentano il 42% della popolazione mondiale e un quarto dell’economia globale.

 Sono Stati che poco hanno in comune, per la loro geografia e per i loro differenti sistemi e indirizzi politici.

Ad unirli è il desiderio di cambiare un ordine internazionale che considerano sfavorevole ai loro interessi.

 La sera prima dell’inizio del meeting, il presidente sudafricano “Cyril Ramaphosa” ha riassunto la questione dichiarando che «un BRICS allargato rappresenterà un gruppo eterogeneo di nazioni con diversi sistemi politici che condividono il desiderio comune di avere un ordine globale più equilibrato».

Pochi giorni prima, a Camp David, terminava il vertice tra Stati uniti, Giappone e Corea, dove il presidente americano “Joe Biden” ha decretato una «nuova era di cooperazione», chiaramente in funzione anticinese.

 Gli equilibri globali si stanno ridefinendo e in molti parlano di un ritorno a conflitti taciti e meno taciti, a multipolarismi e sfere d’influenza.

È la fine del mondo unipolare basato sul potere americano.

La parata d’arresto della globalizzazione in vesti neoliberali spinta dagli USA e dall’Occidente.

Lo scontro tra USA e Russia è esplicitato nella guerra in Ucraina, con il suo carico di conseguenze e implicazioni geopolitiche ed economiche.

La guerra tra USA e Cina è più sottile oggi:

 commerciale sui chip e le materie prime e forse, un domani, militare per Taiwan.

 Il presidente cinese Xi Jinping non nasconde la sua ambizione di guidare la riforma del sistema di governance globale, modificando le istituzioni e le regole internazionali verso standard che riflettano gli interessi della Repubblica popolare.

Ma non tutti sono d’accordo e all’interno degli stessi BRICS le visioni non sono le stesse.

 L’India vuole uscire dalla governance americana, ma non per entrare in una a guida cinese, con la sostituzione dello yuan al dollaro come moneta di scambio internazionale.

Se Pechino sta lottando per un mondo diviso in sfere d’influenza, in cui la sua area di potere è sempre più ampia (ma soprattutto vorrebbe sostituirsi agli Stati Uniti nella guida senza rivali del mondo), non tutti gli altri Paesi emergenti sono d’accordo.

Gli interessi sono in contrapposizione:

 non si passerà dal “Washington Consensus” al “Beijing Consensus” facilmente come spera la Cina.

 

La prospettiva più realistica è un periodo di disordine globale in cui il mondo si confermerà diviso in sfere d’influenza e alleanze strategiche, in cui nemmeno nuove guerre costituenti sono escluse, nel tentativo di creare un nuovo equilibrio.

Se la Seconda guerra mondiale ha visto scontrarsi ideologie diverse che avrebbero portato a un presente differente (nazi-fascismo, liberalismo e comunismo) e se la guerra fredda ha messo uno contro l’altro due pensieri economici e di organizzazione politica distanti come il comunismo e il liberalismo, oggi la guerra per il nuovo equilibrio è solo egemonica.

 Il modello di sviluppo non è in discussione, non c’è un altro sistema economico o politico che sfidi quello dominante.

Per quanto gli USA utilizzino la retorica di scontro tra democrazie e autocrazie, la verità è che in ballo c’è puro potere economico e politico:

nuovi Stati che pretendono la loro fetta di ricchezza e vecchi Stati che cercano di mantenere i loro privilegi.

 Il capitalismo neoliberale, la finanziarizzazione incontrollata dell’economia, questo sistema che sta causando una crisi ecologica e climatica sempre più forte, non è messo in discussione.

 

Dalla guerra fredda all’unipolarismo, fino al caos.

Gli equilibri internazionali nascono e si rompono tendenzialmente nel conflitto.

 La guerra è uno degli unici strumenti che gli Stati comprendono e accettano.

 Che la natura sia nell’uomo, nel sistema internazionale, o nella natura dello Stato, queste sono filosofie politiche differenti.

Per “Carl Schmitt”, i conflitti si dividono in due categorie: quelli decostruenti e quelli costituenti.

 La Prima Guerra Mondiale si iscrive alla prima categoria:

 i due imperi allora egemoni ma già in declino, quello Austro-Ungarico e quello Ottomano, si infransero con la sua fine.

Ne seguì un periodo di grande instabilità, caratterizzato da dittature in varie parti d’Europa, fino arrivare alla Seconda Guerra Mondiale.

Una guerra costituente, che ha visto scontrarsi ideologie e sistemi economici diversi, dai cui massacri è nato l’ordine geopolitico ed economico che conosciamo oggi.

Da lì arrivano le istituzioni sovranazionali che conosciamo.

Gli accordi di Bretton Woods e le regole monetarie internazionali, con la creazione del FMI (Fondo Monetario Internazionale) e la Banca Mondiale.

 L’egemonia del dollaro.

La nascita dell’ONU nel 1945, l’organizzazione intergovernativa più grande e riconosciuta a livello internazionale, con il suo Consiglio di sicurezza che rappresenta ancora oggi i vincitori e gli sconfitti di quella guerra.

 La costituzione della NATO (1949) e Il Patto di Varsavia (1955).

 La creazione dell’Unione Europea con il Trattato di Roma del 1957.

 Sono queste le istituzioni che hanno più o meno stabilizzato il periodo successivo, quello della Guerra Fredda.

 

Due superpotenze, infatti, si contestavano l’egemonia: URSS e USA, due blocchi che si sono affrontati per procura e attraverso altri conflitti regionali per anni.

Siamo nell’epoca del sistema bipolare, con due soggetti internazionali principali ma affiancati da numerosi altri Stati satellite.

 Il pericolo della distruzione di massa data dal possesso di entrambi di migliaia di testate nucleari, di un equilibrio di pace mantenuto dalla certezza di entrambe le potenze che uno scontro nucleare avrebbe assicurato la mutua distruzione.

Con il crollo dell’URSS inizia l’era dell’unipolarismo americano, caratterizzato da un forte slancio per il liberalismo finanziario e una volontà di svuotare di potere le organizzazioni condivise di carattere multilaterale, come l’ONU.

Gli USA divennero, per un decennio appena, l’unica superpotenza che assommava in sé il potere economico, militare e politico circondata da un certo numero di Stati satelliti che lo appoggiavano e si riconoscevano nel pensiero neo-conservatore liberista.

Ma la guida unica senza nemici non è facile, soprattutto per uno Stato che si era proclamato poliziotto del mondo.

Una esigenza fu quella di iniziare una serie di conflitti costituenti, per cercare di normare attorno alle idee incarnate dal nuovo ordine mondiale e ricreare la narrazione di un conflitto di civiltà, sostituendo la demonizzazione dell’islam a quella del comunismo.

 L’aggressione americana all’Iraq o all’Afghanistan non è molto diversa dall’aggressione russa all’Ucraina, anche se basata su una retorica differente.

Gli USA stanno cercando di guadagnarci il massimo profitto in termini politici – ed economici – possibile.

 Nel 2022 gli investimenti militari mondiali sono schizzati alle stelle, fino a raggiungere un nuovo record.

Sono stati 2.240 i miliardi di dollari spesi in armamenti, con un aumento del 3,7% degli ordini di spesa bellica.

 L’impegno preso in sede ONU fin dal 1970 di destinare lo 0,70% della ricchezza nazionale allo sviluppo non è rispettato da allora (l’Italia ne destina lo 0,31%), mentre i Paesi NATO promettono il 2% del PIL in nuove armi.

E così si aiuta anche il rilancio dell’economia americana attraverso il sostegno al complesso militare.

Ma anche la sottomissione militare, economica e politica dell’Europa, il contenimento delle politiche di espansione della Cina e delle altre nazioni non allineate e soprattutto, forse, l’instabilità politica della Russia con la possibilità della caduta di Putin e dell’arrivo al potere di un leader più incline agli interessi americani.

 Forse sono questi gli obiettivi che gli Usa cercano di raggiungere con il conflitto ucraino, lanciato da Putin ma facilitato dalla volontà statunitense di allargare la NATO fino alle porte della Russia.

Immaginare un mondo realmente nuovo.

Il mondo è interconnesso.

 La globalizzazione ha portato a unire catene di valore, produzione e commercio in tutto il globo.

In questo sistema economico neoliberale, molti Stati non possono più agire da soli: non avrebbero la possibilità di sopravvivere in un mercato le cui interconnessioni internazionali sono la base della sua organizzazione.

 La guerra in Ucraina, per esempio, ha dimostrato quanto l’Europa fosse dipendente dall’importazione di gas e petrolio dalla Russia, mentre la fase pandemica aveva già reso evidente quanto l’Occidente dipendesse dalla Cina nell’importazione di moltissimi beni, anche sanitari.

Su alcuni beni, invece, le tensioni sono inevitabili, connesse direttamente allo sviluppo economico e industriale di tutte le nazioni, che corrono ad accaparrarsi quantità più elevate possibili di un bene finito:

 parliamo innanzitutto delle materie prime necessarie per la tecnologia e la transizione energetica, le cosiddette terre rare.

Ora si parla di de-globalizzazione, ritorno ai nazionalismi, chiusura tra sfere di influenza e futuri scenari di guerra.

 La tendenza alla ricostruzione di barriere commerciali è già iniziata anni fa, proprio a partire da quegli Stati Uniti da sempre fautori massimi del libero mercato.

Le prime avvisaglie si sono manifestate durante l’amministrazione Obama, poi l’esplosione sotto Donald Trump, che con la sua politica America first vinse le elezioni del 2016, lanciando anche una guerra commerciale con la Cina.

Politiche fortemente criticate a parole dai democratici ma lasciate pressoché intatte da “Joe Biden”, segno di come, ancora una volta, le divisioni mediatiche della politica americana nascondano in realtà disegni comuni nella politica globale.

Nel frattempo, da Johannesburg, i Paesi emergenti guidati dalla Cina hanno lanciato la sfida.

Ma sarebbe troppo ottimistico credere che una ridefinizione degli equilibri globali possa significare automaticamente un cambio di paradigma.

Il multipolarismo non è altro che una forma di potere basata sulla lotta per l’egemonia di più poli:

non più un singolo capobranco, ma più soggetti forti in lotta per la spartizione del potere.

 Quello da costruire sarebbe invece un mondo basato su meccanismi di gestione politica globale basati sugli interessi della maggioranza dei cittadini del globo.

Un multilateralismo che non è di moda oggi, ma non è nemmeno morto. Forse va reinventato, ricostruito e rimpolpato di significato e legittimità.

Unirsi negli intenti invece di farsi la guerra, che sia commerciale, politica o mediatica, sarebbe fondamentale per affrontare le sfide globali che tutti gli umani hanno di fronte, a cominciare dall’esigenza di dare da mangiare a dieci miliardi di persone e da quella di salvare la specie dalla crisi ecologica generata da un modello di sviluppo nocivo.

 Ma ovviamente, nonostante le parole di facciata nei summit dell’ONU, questa non è una priorità di nessuno.

Nemmeno dei BRICS.

Nel sistema di mercato neoliberale a governare, in fondo, rimane il mercato.

Scontri tra gruppi economici per il controllo di segmenti di ricchezza:

gli Stati rispondono, rappresentano e agiscono anche per loro conto.

 Finché l’architettura capitalista del sistema non verrà messa in discussione, e con essa anche l’organizzazione statale e gerarchica del mondo, il ciclo di guerre costituenti e destituenti, di crisi ed equilibri rotti e ristabiliti, continuerà a ripetersi all’infinito.

(Monica Cillerai).

 

 

 

Breaking: Il professore di legge che ha scritto la legge sulle armi biologiche e antiterrorismo del 1989 fornisce una dichiarazione giurata secondo cui le iniezioni di nanoparticelle di mRNA COVID 19 sono armi biologiche e armi di distruzione di massa.

Josephsansone.substack.com - DOTT. GIUSEPPE SANSONE – (GIU. 06, 2024) - ci dice:

Il “dottor Francis Boyle”, il professore di legge istruito ad Harvard che ha redatto la legge sulle armi biologiche e l'antiterrorismo del 1989, che è stata approvata all'unanimità da entrambe le camere del Congresso, ha fornito una dichiarazione giurata in cui afferma che le iniezioni di Covid 19 e le iniezioni di nanoparticelle di mRNA violano la legge che ha scritto.

Il “Dr. Boyle” ha affermato che le "iniezioni di COVID 19", le "iniezioni di nanoparticelle COVID 19" e le "iniezioni di nanoparticelle di mRNA" sono armi biologiche e armi di distruzione di massa e violano le armi biologiche 18 USC § 175; Armi e armi da fuoco § 790.166 Fla. Stat. (2023).

Il “dottor Boyle” ha fornito questa dichiarazione giurata in un caso in Florida presentato dal dottor Joseph Sansone che coinvolge una petizione di emergenza per un mandato di “mandamus che cerca di costringere il governatore De Santis a vietare la distribuzione di "iniezioni di COVID 19", "iniezioni di nanoparticelle COVID 19" e "iniezioni di nanoparticelle di mRNA", nello stato della Florida.

Cerca anche di costringere il procuratore generale “Ashley Moody” a confiscare le fiale.

La petizione di emergenza originale per un mandato di” mandamus” è stata depositata il 3 marzo 2024 presso la Corte Suprema della Florida.

Il 20 marzo 2024 è stato poi trasferito al tribunale circondariale della contea di Leon.

Il 9 aprile 2024, la Corte Circondariale ha archiviato il caso.

 Il caso è ora in corte d'appello.

La memoria d'appello è stata depositata il Memorial Day, il 27 maggio 2024.

Gli atti processuali affermano che esiste la distribuzione di «iniezioni di COVID 19», «iniezioni di nanoparticelle di COVID 19» e «iniezioni di nanoparticelle di mRNA» violano - Armi biologiche 18 USC § 175; Armi e armi da fuoco § 790.166 Fla. Stat. (2023); Reato federale di tradimento, 18 USC, § 2381; Tradimento § 876.32 Fla. Stat. (2023); Terrorismo interno, 18 USC § 2331; Terrorismo § 775.30 Fla. Stat. (2023); Omicidio § 782.04 (1)(a) Fla. Stat. (2023); e Genocidio 18 USC §1091; Legge sui farmaci e sui cosmetici della Florida § 499.005 (2) Fla. Stat. (2023); Frode § 817.034 Fla Stat. (2023); Accessorio dopo il fatto § 777.03 Fla. Stat. (2023); e Florida Medical Consent Law § 766.103 Fla Stat. (2023).

Il Dr. Boyle è considerato uno dei maggiori esperti legali al mondo in materia di armi biologiche.

 L'affidavit del Dr. Boyle aggiunge un'enorme quantità di credibilità al caso, che ha già un enorme corpo di prove fornite nel mandato di “mandamus”.

 Dichiarazioni giurate che affermano che le iniezioni sono armi biologiche e tecnologiche, sono state fornite anche dal consulente legale medico e analista biotecnologico” Karen Kingston”, che ha ricercato le prove che rendono la sezione Fatti del caso del “Mandamus”, e da “Ana Mihalcea”, M.D., PhD.

La ricerca del Dr. Mihalcea è inclusa nel “Mandamus”.

 Il Dr. Mihalcea è uno dei principali ricercatori al mondo sugli effetti della nanotecnologia autoreplicante nel sangue degli iniettati e sugli effetti nel sangue dei non iniettati a seguito dello spargimento.

La dichiarazione giurata del Dr. Boyle esiste.

(josephsansone.substack.com/p/breaking-law-professor-that-wrote?utm=).

 

 

 

MONDO: È IN VIA DI FORMAZIONE

UN NUOVO ORDINE MULTIPOLARE

FORIERO DI AMPI IMPATTI.

Credendo.com – redazione - Raphaël Cecchi – (26-3-2024) – ci dice:

 

PUNTI SALIENTI.

Il nuovo ordine mondiale multipolare aumenterà la probabilità di conflitti e sarà più caotico, minando la sicurezza e la stabilità globale.

L’eterogeneo “Global South “preme per ottenere maggiore influenza, con conseguenti impatti su economia globale, istituzioni internazionali e norme.

La rivalità tra Cina e America spinge a riconfigurare le catene di approvvigionamento globali, con conseguente aumento delle distorsioni negli scambi commerciali in tutto il mondo.

A loro volta anche i rischi climatici, che risultano più complessi da gestire in un mondo frammentato, avranno un notevole impatto.

 

Gli ultimi due anni sono stati segnati da due gravi conflitti:

 la guerra in Ucraina dal febbraio del 2022 e la guerra a Gaza dall’ottobre del 2023.

Oltre ad alimentare l’instabilità nelle due regioni, aumentare l’incertezza e danneggiare l’economia globale, questi rischi geopolitici evidenziano e accelerano anche la transizione verso un nuovo ordine multipolare.

 Insieme al cambiamento climatico avranno delle profonde conseguenze a lungo termine sulle fondamenta economiche, finanziarie, politiche e istituzionali del mondo.

L'aumento dei conflitti mina la sicurezza e la stabilità mondiale 

L’anno 2023 ha dato ulteriore prova della nuova era di incertezza e di crescenti rischi di conflitto.

In ottobre 2023, mentre il primo grave conflitto di questo secolo, la guerra in Ucraina, era ancora in corso, è scoppiata la guerra a Gaza, che ha fatto riemergere un conflitto latente con ampie ramificazioni politiche ed economiche.

La determinazione di Israele nel voler eradicare Hamas, la grave crisi umanitaria a Gaza e il rischio di escalation regionale con il coinvolgimento di importanti potenze (in particolare USA e Iran), rendono gli sforzi di contenimento e di pace molto complessi.

Analogamente alla guerra in Ucraina, anche la guerra a Gaza ha portato allo spiegamento dei giochi geopolitici, con gli attacchi Houthi contro le navi cargo occidentali nel Mar Rosso e una flotta di alleati in maggioranza occidentali per difenderle.

Oltre ai conflitti effettivi, il mondo si trova ad affrontare gravi conflitti latenti, che vedono come epicentro l’Asia.

 La regione è al centro dell’attenzione per il suo importante ruolo nel commercio e nell’economia mondiali, e per la presenza della Cina, che compete con gli USA per la leadership mondiale.

In questo secolo la regione ha già registrato una maggiore e più rapida corsa agli armamenti, in particolare (ma non solo) per sviluppare le capacità difensive per far fronte alla crescente assertività regionale della Cina.

Taiwan, che rappresenta l’oggetto del contendere più rischioso tra USA e Cina, è il principale rischio bellico della regione.

 Dall’estate del 2022, la Cina ha intensificato le pressioni militari nello stretto di Taiwan.

 La possibilità di un esito pacifico appare meno probabile con il reinsediamento al governo di Taiwan del partito indipendente dopo le elezioni tenutesi a gennaio.

Ne consegue che nei prossimi anni la probabilità di una invasione, di un embargo o di operazioni ibride da parte della Cina continuerà ad aumentare.

 Anche nel Mar Cinese Meridionale, dove restano irrisolte molte dispute di sovranità territoriale, le tensioni sono aumentate, portando a frequenti scontri marittimi tra imbarcazioni filippine e le navi della Guardia Costiera cinese.

 Le tensioni e il rischio di errori di valutazione sembrano destinati a perdurare, data l’incapacità di raggiungere un compromesso tra la Cina e gli altri contendenti. Per quanto riguarda la penisola coreana, la capacità di armamenti nucleari avanzati di Pyongyang e l’intensificarsi del lancio di missili ha fatto crescere il rischio di conflitto con la Corea del Sud e gli USA.

Un nuovo ordine mondiale per sua natura multipolare e instabile.

Il fattore comune delle guerre a Gaza e in Ucraina è la rapida trasformazione dell’ordine mondiale.

Questo permette ai conflitti congelati di prendere corpo in un contesto basato su

l’equilibrio del potere, in cui i conflitti vengono risolti sempre più con l’uso della forza anziché attraverso le norme internazionali e le soluzioni diplomatiche.

 La conclusione militare lampo dell’annoso conflitto del “Nagorno Karabakh” da parte dell’”Azerbaijan” nel settembre del 2023, e la minaccia di intervento militare da parte del “Venezuela” per impadronirsi della regione di “Essequibo” in “Guyana”, ricca di petrolio, non sarebbero potute accadere fino a poco tempo fa, quando gli USA agivano da poliziotti del mondo.

È un dato di fatto che l’ordine mondiale multipolare vede l’informale ed eterogeneo “Global South” in ripetuta contrapposizione con l’Occidente su moltissime questioni, con rivendicazioni di maggiore influenza, il che avrà ampie ripercussioni in materia di sicurezza, stabilità, economia, istituzioni e norme globali.

La trasformazione del nuovo ordine mondiale si è tradotta in una espansione dei BRICS (che da gennaio sono passati da cinque a undici membri, e molti se ne aggiungeranno in futuro) e in una crescente de-dollarizzazione del commercio Sud-Sud e dei finanziamenti (principalmente a beneficio del renminbi cinese).

 Inoltre, la logica di un blocco guidato da USA e Cina, con un folto gruppo di paesi non allineati nel mezzo, favorisce una maggiore cooperazione militare tra Russia, Corea del Nord e Iran.

A questo si aggiunga che, a seguito delle sanzioni economiche, la Russia è diventata il principale fornitore di petrolio dell’India, mentre le esportazioni di chip cinesi alla Russia sono cresciute esponenzialmente e la Cina ha ora preso il posto dell’UE quale maggior partner commerciale della Russia.

È in atto una frammentazione geoeconomica.

Il nuovo ordine mondiale si traduce anche in una riconfigurazione delle catene di approvvigionamento globali.

 La guerra commerciale ed economica tra Cina e USA, seguita dalla crisi della pandemia da Covid-19, hanno innescato un processo di frammentazione geoeconomica.

Le strategie di friend/nearshoring (filiere produttive spostate in paesi amici o più vicini) e di de-risking adottate di recente e destinate a proseguire in futuro configureranno nuove catene di approvvigionamento e nuovi flussi commerciali e di investimento, soprattutto per beni e servizi strategici.

In un contesto di elevate tensioni sinoamericane, sono state introdotte restrizioni commerciali sui chip (dall’Occidente con gli USA capofila) e sui minerali critici (da pate della Cina), che con grande probabilità ostacoleranno gli sviluppi futuri della transizione verde ed energetica in entrambi i “blocchi” USA e cinese.

 Inoltre, l’indagine UE sui sussidi cinesi per la produzione di veicoli elettrici potrebbe far scattare futuri dazi UE e probabili ritorsioni cinesi.

 La crescente tendenza verso distorsioni commerciali a livello mondiale sembra destinata a proseguire nel nuovo contesto geopolitico.

 In generale in futuro risulterà più complesso e rischioso navigare tra gli ostacoli commerciali e politici con conseguenze sulle decisioni commerciali, societarie e di investimento.

Cambiamento climatico: un ulteriore elemento di destabilizzazione dell’ordine mondiale.

Insieme ai rischi geopolitici, il cambiamento climatico rappresenta l’altro notevole rischio globale che impatterà l’ordine mondiale.

Il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato, e in combinazione con “El Niño,” ha riportato un numero crescente di eventi naturali estremi, da siccità gravi nelle Amazzoni, in Africa Orientale e Asia Centrale, a ondate di calore in India, vasti incendi in Europa e Canada, e perdite record da disastri climatici negli USA.

Ancora una volta la COP28 ha confermato una triste verità, ossia che il mondo non riesce a trovare un accordo in merito agli sforzi necessari per mitigare e per adattarsi a questa eccezionale sfida del cambiamento climatico, andando così inevitabilmente ad alimentare ulteriori aggravi economici, finanziari e politici futuri.

Sono diversi i fattori che motivano la lentezza dei progressi, quali resistenza al cambiamento e cortotermismo, e ovviamente la portata senza precedenti della trasformazione economica e dei fabbisogni finanziari richiesti nel breve periodo.

Tuttavia, anche la mancanza di cooperazione globale rappresenta un fattore primario, in quanto le elevate tensioni geopolitiche rendono più difficile raggiungere un accordo su misure collettive coraggiose.

Nel nuovo ordine mondiale multipolare che sta emergendo, le grandi e medie potenze competeranno tra loro per ottenere una fetta maggiore della torta geopolitica ed economica, o almeno nel caso dell’Occidente per conservare quella attuale.

Non vogliono correre il rischio di vedere il proprio sviluppo eroso a vantaggio di altre potenze a causa di una dismissione accelerata dei combustibili fossili, o per aver fornito ai paesi in via di sviluppo un immenso finanziamento climatico a fronte del maggiore contributo dato storicamente al cambiamento climatico.

In futuro, i rischi climatici avranno profonde conseguenze sull’ordine mondiale in termini di accesso alle risorse naturali (acqua, cibo, minerali critici), di conflitti e di danno socioeconomico ai singoli paesi e ai loro ecosistemi.

 Ne consegue che le proiezioni economiche e geopolitiche di lungo termine di oggi potrebbero risultare molto incerte, a seconda di come si evolveranno in realtà i rischi climatici nel lungo termine.

 Inoltre, il cambiamento climatico ha visibili ripercussioni sui flussi commerciali globali attraverso le restrizioni commerciali.

 Di fronte all’impatto negativo del cambiamento climatico sulla produzione agricola interna, un numero crescente di paesi ha deciso di limitare le esportazioni di alcuni beni alimentari di base, apparentemente per proteggere la sicurezza alimentare interna (vedi l’India per le esportazioni di riso e zucchero).

In generale, i paesi (medi e grandi) si avvalgono sempre più della sicurezza nazionale, energetica e alimentare quali obiettivi politici per giustificare misure protezionistiche, che hanno un impatto negativo sulle catene di approvvigionamento globali, sull’accesso alle materie prime essenziali, e fanno rialzare i prezzi globali, in particolare di beni alimentari di prima necessità.

Queste dinamiche in futuro saranno sempre più frequenti.

Sarà quindi essenziale costruire una rete diversificata e affidabile di partner commerciali per assicurare la resilienza di ogni singolo paese, specialmente in vista della frammentazione dell’ordine mondiale.

(Raphaël Cecchi)

 

 

 

 

 

Bipolare, multipolare e non-polare:

Il mondo contraddittorio al tempo

dell’invasione russa dell’Ucraina.

  Affarinternazionali.it - Nathalie Tocci – (19 Settembre 2023) – ci dice:

 

Sapevamo da tempo che il vecchio ordine sarebbe scomparso.

Il nuovo secolo è iniziato con gli attacchi terroristici dell’11 settembre e le conseguenti guerre in Afghanistan e in Iraq.

Soprattutto quest’ultima è stata associata agli eccessi dell’egemonia americana e, di conseguenza, all’inizio della sua fine.

 Sapevamo da almeno due decenni che la Pax Americana sarebbe finita.

 Quello che non sapevamo è da cosa sarebbe stata sostituita.

 

Crisi finanziaria, BRICS e G20.

Solo pochi anni dopo, a partire dal 2008, la crisi finanziaria globale e la conseguente crisi dell’Eurozona sembravano fornire le prime risposte.

La crisi finanziaria globale è stata una crisi dell’Occidente, che ha messo a nudo le profonde vulnerabilità dell’iper liberismo che permeava il capitalismo occidentale.

Ha stimolato un dibattito sul multipolarismo come alternativa all’unipolarismo statunitense:

si sono formati raggruppamenti come i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), è stata istituita la” Banca asiatica per gli investimenti nelle infrastrutture”, che ha messo in luce i fallimenti delle riforme delle istituzioni finanziarie internazionali guidate dall’Occidente.

 

Nuovi raggruppamenti multilaterali come il G20 sembravano più rappresentativi della distribuzione globale del potere e meglio attrezzati per affrontare le crisi dell’economia globale.

 La crisi finanziaria ha anche acceso il dibattito sui problemi di una globalizzazione senza freni che, pur riducendo le disuguaglianze tra i Paesi e facendo uscire un miliardo di persone dalla povertà, aveva aumentato in modo massiccio le disparità socioeconomiche all’interno dell’Occidente.

La crisi della democrazia.

La crisi finanziaria ed economica, in particolare la sua cattiva gestione in Europa culminata nella crisi del debito sovrano del 2011-2012, ha fornito terreno fertile per una terza crisi, quella della democrazia, accentuata dalla cosiddetta crisi migratoria in Europa.

 La crisi della democrazia, caratterizzata dall’elezione di Donald Trump, dal referendum sulla Brexit, dall’ondata nazionalista-populista in Europa e altrove, dalla Turchia al Brasile, nonché dalla crisi dello Stato di diritto nell’UE con il regresso democratico dell’Ungheria e della Polonia, indicava un mondo in cui la promozione della democrazia era ormai lontana.

Le democrazie liberali si occupano ora della protezione della democrazia, mentre Paesi autoritari come la Russia di Vladimir Putin iniziano a dipingersi esplicitamente come leader di un mondo illiberale.

Poi è arrivata la pandemia, una crisi che ha rivelato esplicitamente che il sistema internazionale si stava effettivamente frammentando ancora una volta;

 piuttosto che una chiara struttura multipolare, tuttavia, stava emergendo una nuova forma di bipolarismo, in cui la natura dei sistemi politici era centrale (democrazia contro autocrazia) e che gravitava attorno alla crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina.

La pandemia è stata spesso dipinta in termini di competizione (quale sistema politico è meglio attrezzato per affrontare le grandi sfide globali?), ma ha anche dimostrato che i risultati efficaci dipendono dallo sforzo aggregato e dalle risposte multilaterali.

Lo stesso vale per altre sfide transnazionali come la crisi climatica, l’intelligenza artificiale e la non proliferazione.

 La pandemia ha messo in luce anche un’altra contraddizione:

 il mondo è più connesso e interdipendente che mai, ma aumentano anche le spinte alla “de-globalizzazione”, alla chiusura, alla protezione, alla ridondanza e all’accorciamento delle catene di approvvigionamento.

 

Infine, l’invasione russa dell’Ucraina, toccando così tante dimensioni della sicurezza, del (dis)ordine e della governance globale, sta mettendo a nudo le contraddizioni del nostro tempo in tutta la loro forza.

Ha dimostrato che il mondo è bipolare, multipolare e non-polare allo stesso tempo.

Sì, c’è una forma crescente di bipolarismo, con un rafforzamento delle relazioni transatlantiche e della cooperazione all’interno del G7 Plus, e una Russia strategicamente rimpicciolita e sempre più relegata a vassallo della Cina.

Allo stesso tempo, il mondo ha rivelato anche caratteristiche di multipolarismo, in particolare l’azione di ambiziose medie potenze che hanno rifiutato di allinearsi con l’Occidente o la Russia, cercando opportunità da entrambi i lati.

Un mondo “non polare.”

L’India, il Brasile, il Sudafrica, l’Arabia Saudita e, in parte, la Turchia, piuttosto che stare con le mani in mano, sono intenzionati a sfruttare appieno i vantaggi derivanti dal confronto globale.

Tuttavia, il mondo ha anche dimostrato di essere non polare.

 L’ampia maggioranza dei Paesi che si sono astenuti dalle risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che condannavano l’invasione russa voleva essenzialmente tenersi alla larga dal conflitto, preoccupandosi principalmente delle sue conseguenze globali piuttosto che delle sue cause regionali.

Questi Paesi, in Africa, America Latina e Sud-Est asiatico, ritengono di avere già abbastanza da fare a livello nazionale e regionale e non sono semplicemente disposti a farsi trascinare in una guerra che non considerano loro.

Sono preoccupati per i loro affari locali e non sono legati gli uni agli altri da un collante ideologico globale:

 in questo senso, gli attuali “indecisi” sono fondamentalmente diversi dal movimento dei non allineati della Guerra Fredda.

La guerra ha anche rivelato che il mondo è allo stesso tempo più integrato e più frammentato.

L’invasione russa dell’Ucraina è una guerra sia europea sia globale.

A renderla globale sono sia i principi in gioco, dal diritto internazionale, al colonialismo, alla democrazia e ai diritti, sia le sue ripercussioni, dalla crisi energetica alla sicurezza alimentare e alla proliferazione nucleare.

L’utilizzo dell’energia e del cibo come arma (weaponization) ha evidenziato nella sua forma più cruda i rischi per la sicurezza di un mondo sempre più interdipendente.

 Allo stesso tempo, la guerra ha portato alla ribalta la realtà che idee universali come la sovranità e l’integrità territoriale hanno relativamente poca presa a livello globale:

 i Paesi che difficilmente saranno direttamente colpiti dalla violazione di tali principi semplicemente non saranno disposti a pagarne il prezzo per difendersi. Per quanto triste, la guerra ha portato un nuovo livello di onestà nel dibattito internazionale.

La guerra tra Russia e Ucraina, che segue altre crisi che hanno segnato il XXI secolo, ci ha permesso di vedere con maggiore chiarezza il mondo in cui viviamo.

Tuttavia, tale chiarezza ha rivelato la complessità, in particolare le contraddizioni nella natura e nella distribuzione del potere, nonché nelle forze centripete e centrifughe che lo guidano.

Queste contraddizioni non sono affatto vicine a una risoluzione, rendendo sempre più sfuggente la ricerca di un’efficace governance globale incentrata su istituzioni esistenti, riformate o nuove.

 Siamo destinati ad arrancare ancora per un po’ nella nebbia della guerra, alternando competizione e cooperazione ad hoc, proseguendo per tentativi nel fornire soluzioni provvisorie e spesso non ottimali alle principali sfide della nostra epoca.

 

 

 

Il Progetto Segreto degli Stati Uniti

del 1945 per “Cancellare

l’Unione Sovietica dalla Mappa”

Conoscenzealconfine.it – (12 Giugno 2024) – Redazione - Michel Chossudovsky – ci dice:

 

La “prova generale” di Hiroshima e Nagasaki e il progetto segreto del Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti del 15 settembre 1945 per “Cancellare l’Unione Sovietica dalla mappa”.

Scrive “Michel Chossudovsky”:

“Il mio impegno di lunga data è rivolto al ‘valore della vita umana’, alla ‘criminalizzazione della guerra’, alla ‘coesistenza pacifica’ tra gli Stati nazionali e al ‘futuro dell’umanità’, attualmente minacciato dalla guerra nucleare.

Da oltre 10 anni mi occupo di ricerca sulla guerra nucleare, concentrandomi sulle sue dimensioni storiche, strategiche e geopolitiche, nonché sulle sue caratteristiche criminali come mezzo per attuare quello che è meglio descritto come ‘genocidio su vasta scala’.

Quella che viene presentata di seguito è la storia della guerra nucleare:

una successione di piani di guerra nucleare degli Stati Uniti che risale al “Progetto Manhattan” (1939-1945) e che porta al bombardamento di Hiroshima e Nagasaki nell’agosto 1945.

 

Sconosciuto al grande pubblico, il primo ‘Doomsday Blueprint’ (Progetto del giorno del giudizio) statunitense di un attacco nucleare diretto contro l’Unione Sovietica fu formulato dal Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti il 15 settembre 1945, quando gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica erano alleati.

Nella formulazione della politica estera degli Stati Uniti c’è un elemento di ignoranza politica e di paranoia.

 Il “Doomsday Scenario” è stato messo a punto dal Pentagono per quasi 78 anni.

Se non fosse stato per il piano del settembre 1945 di ‘cancellare l’Unione Sovietica dalla carta geografica’ (66 aree urbane e più di 200 bombe atomiche), né la Russia né la Cina avrebbero sviluppato armi nucleari.

Non ci sarebbe stata una corsa agli armamenti nucleari.

Numerosi piani di guerra nucleare degli Stati Uniti sono stati formulati fin dall’inizio, fino alloStrategic Air Command SAC Atomic Weapons Requirements Study’ del 1956 (declassificato nel dicembre 2015), che consisteva nel colpire 1200 aree urbane in Unione Sovietica, Europa orientale e Cina.

Il mondo è a un bivio pericoloso:

 bisogna capire che l’uso di armi nucleari in relazione al confronto tra USA-NATO e Russia porterebbe inevitabilmente a un’escalation e alla fine dell’umanità come la conosciamo.

(È necessario un movimento mondiale per la pace e la messa al bando delle armi nucleari”.

 (M. Ch., 2 agosto 2023).

 

Un Estratto dell’Articolo: “Il piano del 15 settembre 1945 per cancellare l’Unione Sovietica dalla carta geografica.”

Appena due settimane dopo la fine ufficiale della Seconda Guerra Mondiale (2 settembre 1945), il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti pubblicò un progetto (15 settembre 1945) per “cancellare l’Unione Sovietica dalla mappa” (66 città con 204 bombe atomiche), quando Stati Uniti e URSS erano alleati. Questo famigerato progetto è confermato da documenti declassificati. (Per ulteriori dettagli si veda Chossudovsky, 2017).

 

Esiste l’immagine delle 66 città dell’Unione Sovietica che erano state previste come obiettivo dal Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti.

La “Prova Generale” di Hiroshima e Nagasaki.

I documenti preparatori confermano che i dati relativi agli attacchi di Hiroshima e Nagasaki venivano utilizzati per valutare la fattibilità e i costi di un attacco molto più grande contro l’Unione Sovietica.

Questi documenti furono ultimati 5-6 settimane dopo i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto 1945).

“Per Garantire la Nostra Sicurezza Nazionale”

Si noti la corrispondenza tra il maggiore generale “Norstad “e il capo del “Progetto Manhattan”, il generale “Leslie Groves”, che era in collegamento permanente con il” dottor J. Robert Oppenheimer”, capo del team di scienziati nucleari di Los Alamos.

Il 15 settembre 1945 “Norstad” inviò un memorandum al tenente “Leslie Groves” chiedendo una stima del “numero di bombe necessarie per garantire la nostra sicurezza nazionale”.

(Il primo fabbisogno di scorte atomiche).

Il “Piano Dropshot” del 1949.

300 bombe nucleari per colpire più di 100 città sovietiche.

Numerosi piani di guerra degli Stati Uniti (sotto la presidenza Truman) per attaccare l’Unione Sovietica furono “formulati e rivisti su base regolare tra il 1945 e il 1950”.

 La maggior parte di essi era totalmente disfunzionale, come descritto da “J.W. Smith” nel suo libro intitolato “The World’s Wasted Wealth 2”.

“I nomi assegnati a questi piani ne descrivono graficamente lo scopo offensivo:

Bushwhacker, Broiler, Sizzle, Shakedown, Offtackle, Dropshot, Trojan, Pincher e Frolic.

Le forze armate statunitensi conoscevano la natura offensiva del lavoro che il Presidente Truman aveva ordinato loro di preparare e avevano chiamato i loro piani di guerra di conseguenza”.

“Michio Kaku” e “Daniel Axelrod”, nel loro libro intitolato “To Win a Nuclear War: the Pentagon’s Secret War Plans” (Per vincere una guerra nucleare: i piani di guerra segreti del Pentagono), forniscono le prove (basate su documenti declassificati) che il progetto del settembre 1945 è stato seguito da un piano continuo da parte del governo degli Stati Uniti per bombardare l’Unione Sovietica (così come la Russia nell’era successiva alla Guerra Fredda):

“Questo libro [prefazione di Ramsey Clark] ci costringe a ripensare e riscrivere la storia della Guerra Fredda e della corsa agli armamenti… Fornisce uno sguardo sorprendente sui piani segreti degli Stati Uniti per iniziare una guerra nucleare dal 1945 a oggi”.

Il piano del settembre 1945 (66 città) fu seguito nel 1949 da un altro progetto insidioso, il piano Dropshot:

Secondo Kaku e Axelrod, il DropShot del 1949 consisteva in un piano diretto contro l’Unione Sovietica per “sganciare almeno 300 bombe nucleari e 20.000 tonnellate di bombe convenzionali su 200 obiettivi in 100 aree urbane, tra cui Mosca e Leningrado (San Pietroburgo)”.

Secondo il piano, Washington avrebbe iniziato la guerra il 1° gennaio 1957.

Il piano Dropshot era stato formulato prima dell’annuncio della Russia, nell’agosto 1949, di testare la propria bomba nucleare.

Esiste l’Elenco delle 1200 Città Bersaglio della Guerra Fredda.

Il progetto iniziale del 1945, che prevedeva l’attacco di 66 città, e il successivo Piano Dropshot del 1949 (che mirava a 100 città) furono aggiornati nel corso della Guerra Fredda.

 Il piano del 1956 comprendeva circa 1200 città dell’URSS, dei Paesi del blocco sovietico dell’Europa orientale e della Cina (si vedano i documenti declassificati).

Le bombe previste per l’attacco erano significativamente più potenti in termini di capacità esplosiva di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki.

Stiamo parlando di un genocidio pianificato contro l’Unione Sovietica, la Cina e l’Europa orientale…

Estratto dall’elenco delle 1200 città bersaglio di attacchi nucleari in ordine alfabetico.

Archivio della sicurezza nazionale, op. cit. I dettagli relativi al “The SAC [Strategic Air Command] Atomic Weapons Requirements Study for 1959, produced in June 1956” sono stati declassificati il 22 dicembre 2015.

Secondo il National Security Archive (nsarchive.org£, il SAC del 1956, fornisce l’elenco più completo e dettagliato di obiettivi nucleari e sistemi di obiettivi che sia mai stato declassificato. Per quanto è dato sapere, nessun documento analogo è mai stato declassificato per nessun periodo della storia della Guerra Fredda.

Lo studio del SAC include dettagli agghiaccianti… gli autori svilupparono un piano per la “distruzione sistematica” degli obiettivi urbano-industriali del blocco sovietico che mirava specificamente ed esplicitamente alla “popolazione” in tutte le città, comprese Pechino, Mosca, Leningrado, Berlino Est e Varsavia.

Il documento del SAC include elenchi di oltre 1100 campi di aviazione nel blocco sovietico, con un numero di priorità assegnato a ciascuna base… Un secondo elenco era quello delle aree urbane-industriali identificate per la “distruzione sistematica”. Il SAC elencava oltre 1200 città del blocco sovietico, dalla Germania Est alla Cina, anch’esse con priorità stabilite.

Mosca e Leningrado avevano rispettivamente la prima e la seconda priorità. Mosca comprendeva 179 Designated Ground Zeros (DGZ), mentre Leningrado ne aveva 145, compresi gli obiettivi “popolazione”.

Secondo lo studio, il SAC avrebbe preso di mira gli obiettivi dell’Air Power con bombe da 1,7 a 9 megatoni.

Farle esplodere a livello del suolo, come previsto, avrebbe prodotto un significativo rischio di ricaduta per i civili vicini.

 Il SAC voleva anche un’arma da 60 megatoni, che riteneva necessaria per la deterrenza, ma anche perché avrebbe prodotto “risultati significativi” nel caso di un attacco sovietico a sorpresa.

Un megatone sarebbe stato 70 volte la resa esplosiva della bomba che distrusse Hiroshima.

Leggete attentamente:

se questo diabolico progetto fosse stato realizzato contro l’Unione Sovietica e i suoi alleati, il bilancio delle vittime sarebbe stato indescrivibile (cioè, se paragonato a Hiroshima, 100.000 morti immediate).

La più piccola bomba nucleare contemplata aveva una resa esplosiva di 1,7 megatoni, 119 volte più “potente” di una bomba di Hiroshima (15 chilotoni di TNT).

La bomba da 9 megatoni di cui sopra era 630 volte una bomba di Hiroshima, la bomba da 60 megatoni: 4200 volte una bomba di Hiroshima.

Il Bollettino: Fondato dagli Scienziati del Progetto Manhattan nel settembre 1945.

Per un’amara ironia, subito dopo Hiroshima e Nagasaki, il “Bulletin of the Atomic Scientists fu fondato” nel 1945 a Chicago da scienziati del Progetto Manhattan, che erano stati coinvolti nello sviluppo della bomba atomica.

Due anni dopo, nel 1947, “The Bulletin” ideò il “Doomsday Clock”, “con un’impostazione originale di sette minuti a mezzanotte”.

L’iniziativa fu formulata in un periodo in cui non c’era la corsa agli armamenti: esisteva un solo Stato dotato di armi nucleari, gli Stati Uniti, intenzionati a realizzare lo scenario del Giorno del Giudizio (genocidio) contro l’Unione Sovietica, formulato nel settembre 1945.

Nel 1947, quando fu creato l’Orologio del Giorno del Giudizio, la “giustificazione” sostenuta dal Bollettino fu che:

 “il più grande pericolo per l’umanità derivava… dalla prospettiva che gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica fossero diretti verso una corsa agli armamenti nucleari”.

La premessa alla base di questa affermazione era quella di garantire agli Stati Uniti il monopolio delle armi nucleari.

Mentre nel 1947 il “Piano per cancellare l’Unione Sovietica dalla carta geografica” era ancora in fase di elaborazione al Pentagono, i documenti relativi furono declassificati trent’anni dopo, nel 1975.

La maggior parte degli ex scienziati del progetto Manhattan non era a conoscenza del piano del settembre 1945 contro l’Unione Sovietica.

L’Unione Sovietica è emersa come potenza nucleare nell’agosto del 1949, due anni dopo il lancio dell’Orologio del Giorno del Giudizio, in gran parte in vista dell’applicazione di ciò che in seguito è stato chiamato “deterrenza”, ossia un’azione volta a scoraggiare un attacco nucleare da parte degli Stati Uniti.

All’apice della Guerra Fredda e della corsa agli armamenti, questo concetto si è poi evoluto in quello che è stato definito “Distruzione reciproca assicurata”.

Mentre diversi autori e scienziati presentati dal “Bulletin” hanno fornito una prospettiva critica sul programma americano di armi nucleari, non c’è stato alcun tentativo coeso di mettere in discussione la storia o la legittimità del “Progetto Manhattan”.

 La tendenza più generale è stata quella di “cancellare la storia”, sostenendo la “giustezza” del bombardamento Hiroshima e Nagasaki e attribuendo la colpa alla Russia, alla Cina e alla Corea del Nord.

La Guerra Nucleare Contro i “Pericoli Imminenti della CO2”

Negli ultimi anni, il “Bulletin of the Atomic Scientists “cerca di fornire informazioni rilevanti sulle armi nucleari, sui cambiamenti climatici e su altre questioni di sicurezza globale”.

Secondo “Mary Robinson”, presidente degli “Anziani del Doomsday Clock” ed ex presidente della Repubblica d’Irlanda (dichiarazione del 2023):

“Il Doomsday Clock sta suonando un allarme per l’intera umanità. Siamo sull’orlo del precipizio. Dalla riduzione delle emissioni di anidride carbonica al rafforzamento dei trattati sul controllo degli armamenti e agli investimenti nella preparazione alle pandemie, sappiamo cosa è necessario fare. Siamo di fronte a crisi multiple ed esistenziali. I leader devono avere una mentalità da crisi”.

Questa prospettiva rasenta il ridicolo.

La CO2 viene disinvoltamente presentata come un pericolo per l’umanità paragonabile alla guerra nucleare.

Si dice che il Doomsday Clock “rappresenti le minacce per l’umanità da una varietà di fonti”, secondo un collettivo di Premi Nobel.

Che assurdità.

Presentare la Co2 o il Covid come un pericolo paragonabile alla guerra nucleare è una vera e propria menzogna.

 Il suo intento è quello di fuorviare l’opinione pubblica.

 Fa parte di una campagna di propaganda piuttosto sottile che fornisce legittimità alla dottrina statunitense della “guerra nucleare preventiva”, cioè della guerra nucleare come mezzo di “autodifesa” (formulata nella Nuclear Posture Review del 2001).

Ciò che preoccupa è che i decisori statunitensi, tra cui “Joe Biden”, credono nella loro stessa propaganda che una guerra nucleare preventiva contro la Russia sia “vincente”.

E che le armi nucleari tattiche siano “strumenti di pace”.

Nel frattempo la storia viene cancellata.

 Il ruolo persistente dell’America nello sviluppare “un’agenda dell’apocalisse” (alias genocidio) fin dall’attacco del Progetto Manhattan nel 1939 non viene semplicemente menzionato.

Ciò che preoccupa è che esiste una storia continua di numerosi progetti e scenari di terza guerra mondiale che consistono nel “cancellare la Russia dalla mappa” e scatenare una terza guerra mondiale.

La guerra nucleare contro la Russia è stata incorporata nella dottrina militare statunitense fin dal 1945.

(Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta da Global Research il 7 febbraio 2023. “Verso uno scenario di terza guerra mondiale: I pericoli della guerra nucleare”).

(Michel Chossudovsky).

(Articolo di Michel Chossudovsky (Michel Chossudovsky è professore di economia all’Università di Ottawa e direttore del Centre for Research on Globalization (CRG), che ospita il sito web www.globalresearch.ca Collabora con l’Enciclopedia Britannica. I suoi scritti sono stati tradotti in più di 20 lingue.)

(michelchossudovsky.substack.com/p/hiroshima-nagasaki-dress-rehearsal-doomsday)

(nogeoingegneria.com/tecnologie/nucleare/oppenheimer-e-il-progetto-segreto-degli-stati-uniti-del-1945-per-cancellare-lunione-sovietica-dalla-mappa/).

 

 

 

 

 

L’illusione di un mondo multipolare:

intervista a Vijay Prashad.

Dinamopress.it - Francesco Brusa e Luca Peretti – (28 Marzo 2023) – ci dice:

 

Alla radice dell’invasione dell’Ucraina c’è anche la totale indisponibilità degli Stati Uniti a integrare nella propria sfera di influenza commerciale e politica i nuovi “attori” dello scenario globale come Russia e Cina.

Questa intervista è stata pubblicata originariamente in versione cartacea sul quinto numero di  Dinamoprint, “Guerra alla scienza”, uscito nel mese di luglio del 2022 (l’intervista è stata realizzata due mesi prima).

La ripubblichiamo oggi sul sito assieme all’articolo “Multipolarimo: il mantra dell’autoritarismo” di Kavita Krishnan come parte di un dibattito sul multipolarismo nel mondo contemporaneo che ospitiamo su Dinamopress a partire dalla guerra in Ucraina e dal dispiegarsi di nuovi imperialismi.

Sono passati poco più di due mesi dall’inizio della guerra di aggressione russa all’Ucraina quando parliamo con “Vijay Prashad”.

Direttore della “Tricontinental” (l’istituto e rivista che ha le sue radici nel movimento dei paesi non allineati negli anni ’60), storico di anticolonialismo e Terzo Mondo inteso come progetto politico, è uno dei più importanti studiosi  del sud globale.

 Ci risponde dall’America Latina, dove vive adesso dopo essere stato per molti anni negli Stati Uniti e prima in India, da cui è originario e dove mantiene forti legami militanti e lavorativi.

 La capacità di muoversi e leggere il mondo da diversi punti di vista è una delle caratteristiche di “Prashad”, unita alla vastissima rete di contatti e interazioni che ha creato in mezzo mondo.

 In Italia è relativamente poco conosciuto, anche se i due libri più importanti sono stati tradotti (Storia del Terzo mondo per Rubbettino e Proiettili a stelle e strisce per Red Star Press).

Quando lo abbiamo contattato, poco prima della data fatidica del 9 maggio (“Giornata della vittoria”, in commemorazione della sconfitta della Germania nazista), si faceva un gran parlare di nuova guerra fredda e mondo multipolare; proprio da qui cominciamo la nostra conversazione.

«Dobbiamo partire da lontano, da quando l’Unione Sovietica ha iniziato a indebolirsi, cioè dagli anni ’70, e gli Stati Uniti d’America iniziarono a mettere in atto piani di ristrutturazione degli equilibri mondiali:

la formazione del G7, un nuovo e deciso programma relativo all’ “Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio”, in particolare l’Uruguay Round [che ha posto le basi per la creazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, ndr].

Insomma, almeno dieci anni prima del collasso dell’Unione Sovietica, gli Usa hanno iniziato a consolidare ulteriormente la propria potenza in termini militari, diplomatici ed economici (e in special modo finanziari).

Questo consolidamento di potere si è reso estremamente visibile subito dopo l’89. Pensiamo, per esempio, al modo in cui gli Usa hanno esercitato il proprio potere militare senza alcun contro-bilanciamento o freno:

Iraq (1991), la distruzione della Yugoslavia nel 1999, la guerra al terrore, e via dicendo.

Alcuni sostengono che la ragione profonda di tanti interventi fosse quella di limitare il ruolo geopolitico della Germania ma – quale che fosse la ragione – gli Usa hanno potuto agire senza alcun tipo di controllo esterno.

 Era dunque chiaro che non ci fosse alcuna competizione in termini militari (e basta guardare alle voci di spesa).

Pensiamo poi al piano diplomatico:

 gli Usa hanno sempre imposto le loro condizioni anche alle Nazioni Unite.

Ero amico personale dell’ex-segretario dell’Onu Boutros Boutros-Ghali e, quando stava pensando a un suo possibile secondo mandato, mi diceva che gli Usa non lo avrebbero mai accettato.

In sostanza, gli Usa hanno iniziato a comandare tutta una serie di organismi internazionali, come il “Fondo Monetario”che ha sempre guardato al Dipartimento del Tesoro statunitense per formare la propria leadership; la Nato, che non è una “allenza” ma un vero e proprio strumento nelle mani degli Usa; e infine bisogna guardare alla “Banca Centrale Europea”: se durante la crisi del 2016/17 gli Stati Uniti non avessero pompato soldi nel sistema europeo, le conseguenze della crisi sarebbero state molto più severe ma, in questo modo, anche gli organismi economici europei sono caduti sotto una maggiore influenza statunitense».

 

Cosa rimane fuori dall’influenza USA?

 

Dopo il “collasso economico” del 2008 è diventato molto chiaro come la Cina fosse una delle poche nazioni che, in sostanza, era riuscita a “schivare” la crisi, riuscendo a introdurre una crescita senza pari nello scenario globale.

A quel punto, nel 2009, ci fu un tentativo di costruire il cosiddetto blocco dei Brics, assieme a India, Brasile e Russia.

Non è andato molto lontano visto che le élites al potere, soprattutto in India e Brasile, non ne erano particolarmente entusiaste;

così Cina e Russia si sono avvicinate sempre di più.

 E qui arriviamo alla questione della multipolarità:

inizialmente, sembrava dunque che si stessero creando dei nuovi blocchi di potenza ma la realtà è che un tale processo non si è mai sviluppato appieno.

Come dicevo, infatti, Brasile e India hanno continuato ad appoggiarsi a un sistema di scambio e di sviluppo economico basato sul dollaro, il che è comprensibile visto che non erano delle grandi potenze.

Nel 2018 poi in un documento strategico, gli Stati Uniti affermano essenzialmente che la guerra al terrore era finita e ora gli sforzi andavano orientati a prevenire l’emergenza del blocco di potere composto da Russia e Cina.

L’allora segretario della Difesa “James Mattis” disse che non bisognava lasciare a questa coppia di “quasi-alleati” (near peers) la possibilità di crescere.

Indebolire la Russia e indebolire la Cina in sostanza diventavano dei principi fondanti della politica estera statunitense.

Donald Trump annunciò che gli Usa si sarebbero ritirati dal “Trattato sulle Forze Nucleari a medio-raggio”, mentre già nel 2002 Bush si era ritirato dal “Trattato anti-missili balistici”.

Queste due decisioni hanno di fatto messo fine al regime di controllo internazionale sugli armamenti.

Ciò significa – ed è terribile farlo notare – che un conflitto nucleare rappresenta uno scenario di fatto accettato come possibile, dato che non c’è più nessun regime di protezione contro una tale eventualità.

Secondo me quello a cui si assiste dal 2018 in poi è quindi un contesto in cui gli Stati Uniti non consentono l’ascesa di qualsiasi altra potenza globale.

E per fare ciò viene introdotto l’intero arsenale a propria disposizione:

dalla forza militare a quella diplomatica, fino alla pressione economica.

Il segretario della difesa “Lloyd Austin” ha detto che gli aiuti all’Ucraina non servono a rimuovere le truppe russe dal paese invaso ma, esplicitamente, a «indebolire la Russia».

Quindi non ci credi all’idea di un mondo multipolare?

No, è, sostanzialmente, un’illusione neoliberale.

 Perché la formazione di nuovi blocchi di potenze viene troncata alla radice e ostacolata in tutti i modi dal principale attore unipolare, ovvero gli Stati Uniti.

Ci troviamo invece, a mio modo di vedere, in un interregno gramsciano in cui appaiono sulla scena “nuovi mostri” che ancora non sono fascismo compiuto.

Solo che ora la minaccia non è più, come ai tempi di Gramsci, quella della costituzione del fascismo in un solo paese ma è l’annichilimento totale di stampo nucleare.

Che ruolo dovrebbe avere la sinistra in un contesto così complesso?

Proviamo a prendere la domanda da questa prospettiva:

quale dovrebbe essere, per esempio, la relazione della sinistra con l’Iran?

Io sono ovviamente sfavorevole alla prospettiva di una teocrazia.

Ma allo stesso tempo penso che la politica degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran sia una politica criminale:

l’intero regime delle sanzioni e il sabotaggio delle infrastrutture nucleari dell’Iran sono, ripeto, atti criminali.

 Penso dunque che si debba difendere il progetto politico dell’Iran (nonostante non si concordi con la sua specificità) contro il bullismo e la pressione esercitata nei suoi confronti dalla potenza statunitense.

Ed è lo stesso per molte altre nazioni che sono sotto questa minaccia.

Non sono d’accordo con il progetto politico che si sviluppa in Russia, perché non si tratta certo di un progetto socialista, ma difendo la Russia contro l’imperialismo statunitense.

Noi eravamo contro le due guerre condotte in Cecenia, prima da Elstin e poi da Putin.

Ma penso che siano state principalmente le élites statunitensi ad aver distrutto lo stato russo e ad aver facilitato, fra le altre cose, che Eltsin e Putin consolidassero il proprio potere e bombardassero la Cecenia.

La Russia rappresenta un progetto politico capitalistico, non dissimile da quello degli Usa.

È ridicolo chiamare i miliardari russi “oligarchi”, perché allora tutti i miliardari del mondo dovrebbero essere chiamati in questo modo.

Vogliamo parlare della corruzione politica in Italia, per esempio?

 

Penso che come sinistra dobbiamo riconoscere e tener presente il fatto che siamo in un momento in cui la maggiore potenza mondiale vuole mettersi contro e indebolire una delle maggiori potenze euroasiatiche, rischiando di trascinarci in una guerra di annullamento totale.

Putin non è l’unico attore aggressivo in questo contesto, per quanto ovviamente abbia preso la decisione di violare l’integrità territoriale di un altro stato.

E non sto parlando dell’allargamento a est della Nato, che non ritengo il punto centrale della faccenda.

Ripeto, credo che una delle questioni fondamentali sia quella relativa ai già menzionati trattati sulla sicurezza nucleare.

 Non è stato Putin a ritirarsi per primo da quei trattati e questi per lui rappresentano un serio motivo di preoccupazione.

Lo va ripetendo sin dalla conferenza di Monaco del 2007.

 

Impossibile schierarsi, dunque?

Io mi schiero affinché si ritorni ad avere un regime di controllo sugli armamenti nucleari e sto dalla parte dei popoli e degli attori internazionali che vogliono abolire le armi nucleari (ricordo che venne assegnato nel 2017 il Premio Nobel per questa iniziativa).

 Insomma, vorrei un mondo senza armamenti nucleari e questo rappresenta il mio primo obiettivo.

Dobbiamo essere consapevoli che il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina non risolve nulla.

La questione della Crimea, per esempio, non può essere abbandonata da un giorno all’altro da parte della Russia:

non dobbiamo dimenticarci che nel 2014 l’Ucraina decise di tagliare ogni rifornimento d’acqua verso la penisola ed è per questo che la Russia costruì con grande dispendio di risorse un ponte che connettesse la Crimea al proprio territorio.

 In più, c’è la base di Sebastopoli che è di grande interesse militare per la Russia.

Dobbiamo quindi essere capaci di mettere in piedi dei negoziati che tengano in conto di tali questioni e che, soprattutto, partano dalla considerazione di quanto il mondo in cui viviamo non sia fatto di certezze granitiche ma di contraddizioni e di relazioni di totale interdipendenza fra stati.

Prendiamo il caso del Giappone, che compra quasi il 10% della propria energia dalla Russia, ma allo stesso tempo sta inviando aiuti militari all’Ucraina.

Inoltre, col proprio capitale statale, il Giappone partecipa ai progetti relativi al gas di Sakhalin e Sakhalin-II.

Anche l’India non ha certo interrotto le proprie relazioni commerciali con la Russia. Perché?

Perché sono paesi euroasiatici, che devono confrontarsi con la realtà del contesto in cui vivono.

In questo senso, io penso che l’Ucraina, purtroppo, si trova stretta fra le “fantasie” anglo-americane e la realtà euroasiatica e il popolo ucraino sta pagando tragicamente il prezzo di questo scontro che si svolge a un piano più alto.

 

Quindi con chi schierarsi in un tale scenario? Io mi schiero a favore dell’integrazione del campo euroasiatico dentro le relazioni di potenza globali.

Perché è proprio la volontà di impedire una tale integrazione da parte delle élites angloamericane che sta in parte alla base del conflitto in Ucraina.

 

Le lotte anticoloniali del secolo scorso, che tu hai studiato, possono insegnarci qualcosa?

Ci sono un sacco di lezioni che possono essere tratte da quell’esperienza.

La principale credo consista nel fatto che le nazioni che non sono allineate con gli Stati Uniti o quei paesi che non sono al cento per cento integrati nella sfera d’influenza russa debbano far sentire la propria voce e debbano essere ascoltate. Perché non hanno opinioni identiche.

 

È stato chiesto al Ministro degli Esteri indiano, in modo molto aggressivo, quand’è che avrebbe smesso di comprare gas dalla Russia e lui ha sostanzialmente fatto notare come ciò che l’India compra dalla Russia in un mese corrisponde più o meno a quanto i paesi occidentali comprano nell’arco di un solo pomeriggio.

 Ho trovato questa risposta bellissima.

Insomma, vorrei che ci fosse più spazio affinché i leader del Sud Globale possano dire liberamente ciò che pensano.

Proviamo a dare respiro al dibattito in questo senso.

Prima di pensare al multipolarismo, dobbiamo intanto diversificare e “decolonizzare” la discussione a livello globale.

In questo momento, in pratica, stiamo ascoltando solo l’opinione dell’Occidente e di Biden.

Vale la pena ritornare quindi all’idea dei paesi non allineati, che durate la Guerra Fredda provavano a pensare a un’alternativa oltre i due blocchi?

Sì, credo che dovremmo ambire a una sorta di nuovo movimento dei paesi non-allineati.

Dovremmo spingere affinché le leadership del Sud Globale costruiscano maggiori relazioni e siano più convinte nel far sentire la propria voce ed esprimere le proprie opinioni.

 Non devono avere paura degli Stati Uniti!

 

 

 

 

DAL MONDO UNIPOLARE VERSO

UN MONDO MULTIPOLARE.

 

Calabriapost.net - Enrico Vigna – (20 Marzo 2024) – ci dice:

                                 

Da alcuni anni il mondo è mutato e si stanno trasformando gli equilibri e le architetture geopolitiche, economiche e strategiche mondiali.

 Una mutazione veloce, quasi debordante, che procede tuttora ad un ritmo incalzante.

 I vecchi equilibri/relazioni/alleanze fra le potenze mondiali e i rispettivi campi di influenza, vengono bruscamente rimessi in discussione, sul piano militare, politico, economico, culturale e persino spirituale.

Piaccia o meno, la storia ci presenta questa situazione.

Come evolverà o si svilupperà o regredirà sarà, come sempre la storia e i fatti a sancirlo.

Ma negare ciò che sta avvenendo o sottovalutarlo equivale, oggettivamente vivere fuori dalla realtà o in dimensioni autoreferenziali dottrinarie, allo stesso tempo si tratta di NON IDEALIZZARE o rendere idilliaco un processo che è storico e materiale, QUINDI suscettibile ed esposto nei suoi passaggi, a continue modifiche, limiti, contraddizioni o reversibilità oggettive.

Dalla seconda metà del XX secolo fino al 1989 il mondo ha vissuto un’era bipolare, con due campi:

 da una parte l’URSS, i paesi socialisti, ma in questo campo rappresentato dall’URSS, va ricordato vi erano collocati, spesso in modo non formalizzato o organica, i ¾ dell’umanità:

Movimento Non allineati, i paesi liberatisi dal colonialismo, i movimenti o Fronti antimperialisti in lotta, o paesi come la Francia che in difesa della propria indipendenza non aderiva alla NATO.

Dall’altra parte il blocco USA/NATO con i paesi subalterni atlantisti.

Questa fase storica si concluse di fatto con la distruzione e dissolvimento dell’URSS e del suo campo, a inizio anni ’90, ed è stata di fatto un’era unipolare, esauritasi da poco.

Il nostro tempo è segnato dal multipolarismo:

 in cui molteplici attori rivendicano il diritto di operare sul palcoscenico mondiale, pretendendo rapporti più egualitari fra gli stati, indipendenza, sovranità.

 Il binomio dominatori/dominati viene rimesso in discussione, non in modo ideologico o di classe in senso marxista, ma come RICERCA di risposte sicuramente più sperimentali, meno delineate analiticamente, con mille contraddizioni anche profonde, ma i popoli e i paesi ne hanno una esigenza ormai di sopravvivenza per trovare vie di sviluppo, contro sfruttamento, rapina e saccheggio delle loro ricchezze, per cercare soluzioni di pace alle centinaia di micro o dispiegati conflitti interni, finanziati e sostenuti da potenze straniere per interessi imperialisti e di dominio.

I quattro cardini basilari su cui si regge e si qualifica una prospettiva di Mondo Multipolare, molto sinteticamente si possono identificare in:

La progettualità economica, dove non è messa in discussione la struttura delle classi sociali, di letture circa plusvalore e sfruttamento della forza lavoro o del sistema capitalistico in generale.

La cooperazione reciprocamente vantaggiosa, come motore per lo sviluppo nazionale di ciascun paese.

Con un interscambio commerciale, di materie prime e infrastrutture.

 A condizioni non certamente “socialistiche” ma sicuramente molto più favorevoli ai piccoli paesi del terzo e quarto mondo, che non gli ultimi trent’anni di mondo multipolare, fondati su rapine, saccheggi e ricatti, che hanno cancellato l’interesse nazionale di ogni paese più debole.

Il principio della NON ingerenza degli affari interni di ciascun paese, come principio di rispetto delle indipendenze e sovranità nazionali.

Con la salvaguardia così di un rispetto reciproco delle caratteristiche intrinseche delle identità e peculiarità di ciascun popolo e paese.

Forse il punto più basilare per guardare al futuro:

quello che fonda le relazioni tra paesi e stati sulla base di proposte, percorsi, sforzi indirizzati a soluzioni di PACE, negoziali, di conciliazione delle contraddizioni o conflitti.

 Questo dopo trent’anni di decine e decine di guerre e conflitti (in questo momento sono 37 in corso…), penso che dovrebbe farci riflettere come militanti e attivisti contro la guerra e per la pace.

Penso sia una prospettiva verso il futuro, perlomeno positiva da verificare e sperimentare.

Questo scenario apre ad un futuro incerto ma gravido di speranze per chi si batte affinché fra i popoli prevalga il dialogo e non lo scontro, la lotta per la pace e non la guerra.

Dagli anni ’90 siamo stati abituati ad uno scenario di “guerre infinite”, prevaricazioni, ricatti, umiliazioni di interi popoli e paesi.

 Il mutamento attuale, pur con tutte le sue inevitabili contraddizioni, è foriero di una radicale inversione di rotta.

A chi finora ha tratto vantaggio dalla vecchia configurazione dei rapporti internazionali basata sulla prevaricazione dei più deboli, si impone un nuovo modello, basato sulla pacificazione dei conflitti, sulla cooperazione, sul rispetto delle reciproche sfere di influenza, storiche, geografiche, culturali e spirituali.

 SI’ perché in questi ultimi anni, i conflitti e le aggressioni hanno anche un aspetto, molto sottile e non evidente, di  annientamento dei diritti dei popoli di mantenere e difendere proprie tradizioni, usi, identità e radici nazionali in nome di un presunta democratizzazione del mondo, che in realtà è un processo di “occidentalizzazione” del mondo, con l’uso dei “diritti umani”, ma solo quelli stabiliti o appartenenti al mondo occidentale, con l’imposizione di concezioni dei “diritti civili” ma solo di quelli funzionali al perpetrarsi dell’egemonia atlantista.

Con l’uso e la fomentazione dello scontro di religioni sciiti/sunniti (Iran/Iraq, Yemen/RASaudita)), o Islam/Induismo (India/Pakistan), Cristiani/Musulmani (Sudan,Siria), Ortodossi/Ortodossi (Ucraina, Moldavia, Romania), ecc., tutto in una strategia politica di divisione/frammentazione di popoli e paesi per indebolire o soggiogare pezzi di mondo e restare egemoni e dominanti.

 

In questi anni, prima la CINA con la proposta della” Silk Road/Via della Seta”, un progetto strategico epocale, poi attraverso il ruolo centrale della RUSSIA con la progettualità dei BRICS, si è rotta l’egemonia politica, economica, militare, culturale e spirituale…UNIPOLARE nel mondo.

Pensiamo a quanta ricchezza intesa come materie prime, tradizioni storiche, produzioni industriali o artigianali, ambientali, saperi millenari, valori spirituali entra in campo e diventa patrimonio di popoli, al di là di ideologie, letture politiche o di fede, o laiche o differenti, ma che si mettono in gioco in una prospettiva paritaria, di interessi diversi ma comuni, di non ingerenze, di rispetto delle differenze…PUR RESTANDO OGNUNO CON LE PROPRIE, ma stando allo stesso tavolo di costruzione, di confronto, con obiettivi proficui, negoziali, di pacificazione, non di aggressione, sottomissione o di dominio, ma di scambio.

Non è idillico o idealista, questa lettura è materialismo storico concreto.

Perché la proposta strategica di un “Mondo Multipolare,” non è fondato su letture ideologiche o di alleanze politiche teoriche, MA FONDATE su necessità e proposte di sviluppo ECONOMICHE e PACIFICHE, dove però anche le forze che hanno una visione comunista, socialista, di cambiamenti più profondi, hanno un terreno fertile di impegno e proposte più avanzate, a difesa delle classi popolari e lavoratrici, ma solo se sono interni a questa lettura (e ci sono…come in Russia).

Quei paesi a cui non interessa ne restano fuori e continua la sua strada nel solco atlantista egemonizzato dal dollaro e dagli USA.

Per i popoli e paesi NON servili si è riaccesa una speranza, una ipotesi di vie per uno sviluppo non più da soggiogati e sottomessi, ma da attori alla pari e non ricattati o costretti.

Questa è una prospettiva che, come dicevo prima, è tutta da vedere nei suoi sviluppi, nelle sue contraddizioni o arretramenti.

Ma per ogni uomo o popolo liberi e dignitosi, o che aspirano a questo, la speranza rappresenta un moto, una spinta positiva o in avanti.

Questo è un fatto reale non un’idea.

Quanto sta avvenendo impone un profondo ripensamento di giudizi e prospettive, anche nel campo di chi cerca una alternativa all’attuale sistema.

 Sorgono nuovi paradigmi, nuove chiavi interpretative.

Pur restando fermo l’orientamento principale, a difesa dei popoli e delle classi subalterne, è necessario ampliare la propria visione del mondo.

Lo sviluppo dirompente dei BRICS, della Nuova Via della Seta sono un DATO di Fatto della realtà e del mondo che stanno cambiando e, comunque la si pensi chi non si confronterà con tutto ciò, resterà fuori dalla storia, in primis, quelle forze che hanno come obiettivo di cambiare il mondo.

Gli imperi sorgono e gli imperi cadono, spesso attraverso il rifrangersi delle loro stesse contraddizioni internamente distruttive o loro inflitte dal mondo esterno.

 

Le più massicce tendenze nell’ordine mondiale moderno, si stanno manifestando nel rivolgersi da parte di decine di paesi in via di sviluppo, a richieste di adesione ai BRICS o di definire con questa associazione azioni congiunte.

 Allo stesso tempo, il progetto più rilevante e strategica è l’obiettivo della de-dollarizzazione del mondo moderno, cioè il passaggio a normative commerciali internazionali in valute nazionali.

 Anche il piano di creare una nuova moneta comune, viene discussa sempre più attivamente tra i membri dei BRICS.

Quasi ogni giorno ora porta nuove prove di politiche più indipendenti dei paesi in via di sviluppo.

 Nel 42° Summit dell’”ASEAN”, tenutosi in Indonesia, è stato deciso di resistere alle pressioni di Washington volte a limitare la Cina nella regione indo-pacifica, questa è una ulteriore dimostrazione che anche l’ASEAN non intende essere una mera pedina nella geopolitica statunitense.

Per analizzare una prospettiva di Mondo Multipolare occorre sinteticamente vedere la situazione di chi guida, orienta e assoggetta il blocco Unipolare:

 gli Stati Uniti.

Tra le cause primarie del crollo dell’Impero Romano, furono tra le altre, il debito sempre più insostenibile guidato dalla moneta imperiale fiat, dalle mire insaziabili di guerra e di conquista, la disintegrazione del tessuto morale e sociale, dalla degenerazione corrotta della sua élite.

L’Impero Statunitense Globale, vettore e guida assoluta del Mondo Unipolare, a volte indicato come “Impero del Caos” sembra identificarsi pienamente in questo scenario e potrebbe incontrare una fine simile, se continuerà con le sue attuali strategie aggressive e non disposte a trovare soluzioni negoziali o di cooperazione col resto del mondo.

 Per ora il partito unipolare e di guerra negli USA, su entrambi i fronti politici nazionali, si caratterizza piuttosto occupato da esponenti del fervore sciovinistico nazionalistico, quasi xenofobo contro tutto ciò che non è Stati Uniti o Atlantista.

Zbigniew Brzezinski, uno degli architetti storici della politica globalista statunitense, aveva avvertito già molti anni fa che la Russia e la Cina avrebbero gradualmente superato gli USA come superpotenze mondiali, inaugurando una nuova era di multipolarità.

L’insostenibile debito nazionale, l’esternalizzazione economico produttiva  e un sistema finanziario controllato dalla “Federal Reserve Bank privata” che ha controlla saldamente i destini del popolo statunitense creando una sempre più crescente disparità di reddito con una classe media impoverita e sempre più larghe parti di popolazione in stato di miseria, sono indicatori di prospettive pessimistiche per il futuro degli  USA, che trascinerà nel baratro anche i paesi atlantisti fedeli o ricattati.

Questo potrebbe far capire perché decine di paesi in via di sviluppo o non soggiogati, africani, asiatici, sudamericani stanno volgendo i propri destini verso BRICS, Silk Road, cioè un Mondo Multipolare, in primis per sganciarsi dai cappi e ricatti che li hanno immiseriti e per trattare a condizioni meno capestri le loro ricchezze e perché il bisogno primario che hanno è quello di infrastrutture, mentre il blocco unipolare è più propenso e abituato a prendere e imporre anche militarmente, che a trattare.

 Oltre che avere negli armamenti l’investimento più importante e proficuo.

Per mantenere un ordine mondiale unipolare, l’Occidente atlantista ha bisogno del dominio imperialista.

Deve avere la grande maggioranza dei paesi del mondo come stati vassalli, di fatto in un sistema internazionale neocoloniale.

L'élite dirigente imperialista utilizza la maschera ideologica pseudo-progressista della “globalizzazione democratica”, della difesa dei diritti umani e civili, MAI di quelli sociali e collettivi, del superamento degli stati nazionali come pretesto per il proprio dominio.

 Usano istituzioni come l’UE, la Banca Mondiale, il FMI e il WEF per imporre il dominio economico e la NATO per imporre il dominio militare.

In contrasto a tutto questo c’è ora una proposta strategica che sta realizzando il più grande progetto di sviluppo economico e di costruzione strutturale mai intrapreso al mondo: la Nuova Via della Seta. I

l progetto se si realizzerà determinerà un cambiamento sovvertitore della mappa economica ( e non solo) del mondo…

L’epocale obiettivo è quella di far risorgere l’antica Via della Seta come un moderno corridoio di transito, commercio ed economico che va da Shanghai al mare del Nord, creando una zona economica e di cooperazione, che si estenderà per oltre un terzo della circonferenza della terra, con la costruzione di ferrovie, strade e autostrade moderne, reti di trasferimento e distribuzione di energia e reti in fibra ottica, gasdotti, oleodotti, ecc.

Oltre ad un'altra parte altrettanto straordinaria che è la componente marittima la “Via della seta marittima” (MSR), grandiosa quanto il progetto terrestre, che collegherà la Cina con il Golfo Persico e il Mar Mediterraneo attraverso l’Asia centrale e l’Oceano Indiano.

Una volta completata, collegherà quattro continenti: Asia, Europa e Africa e l’America Latina.

La catena di progetti infrastrutturali creerà il più grande corridoio economico del mondo, coprendo una popolazione di 4,4 miliardi di abitanti e una produzione economica di 21 trilioni di dollari…

Questo significherà una nuova rinascita nel commercio, nell’industria, nelle scoperte, nelle invenzioni e nella cultura e decine di milioni di posti di lavoro e possibilità di prosperità e sviluppo per le classi popolari.

 

La Silk Road alla fine includerà più di 150 paesi e migliaia di organismi internazionali. Il più grande progetto infrastrutturale e di investimento della storia, che comprenderà il 65% della popolazione mondiale e inizialmente il 40% del PIL globale e sostituirà l’attuale fatiscente ordine “basato su regole funzionali all’egemonismo unipolare, con un impianto che rispetti l’indipendenza e la sovranità delle nazioni, rifiuti l’unilateralismo e si basi su principi basati sul mercato per favorire una ripartizione più equa della produzione e della ricchezza.

 

Esempi che possono far capire che questo processo mondiale di cambiamento è per ora dilagante, nonostante le dure contromisure e contro proposizioni da parte di Washington, che in questi ultimi anni ha attuato enormi pressioni e minacce, per esempio sugli Stati arabi, chiedendo che non permettessero il ritorno della Siria nella Lega degli Stati arabi, operazione fallita, vista la normalizzazione delle relazioni con Damasco di quasi tutti i paesi arabi e musulmani. Fatto che nel concreto della realtà siriana, significa da un lato la ripresa di aiuti umanitari per la popolazione e dall’altro un ulteriore passo verso la pace per il martoriato paese.

 

Gli stati arabi, come altri paesi del sud, capiscono che devono difendere da soli la loro sicurezza e i loro interessi nazionali senza sottomissioni agli USA, questo ha prodotto dopo decenni, la riconciliazione dell’Iran e dell’Arabia Saudita e l’inizio delle discussioni su sistemi di sicurezza nel Golfo senza gli Stati Uniti.

 

Un'altra dimostrazione forte e rischiosa, che evidenzia un ruolo più indipendente degli stati del Sud del mondo, è il loro rifiuto di aderire alle sanzioni anti-russe imposte dall’Occidente.

È interessante notare che nessun Paese a maggioranza musulmana, nonostante le dure pressioni di Washington, ha accettato di sostenere le misure restrittive delle potenze occidentali contro Mosca.

 Al contrario dall’inizio del conflitto russo-ucraino, il commercio della Russia con Cina, India, Brasile, Iran e molti altri paesi in via di sviluppo è cresciuto notevolmente.

In un sondaggio condotto lo scorso anno dall’”Arab Research Center” di Doha, il 78% degli intervistati in 14 paesi arabi, ha affermato che gli Stati Uniti sono la principale fonte di minacce e instabilità nella regione e allo stesso tempo, la maggioranza definisce gli Stati Uniti “una potenza imperialista ipocrita che rispetta solo a parole i diritti umani e la democrazia…”.

 

Come scrisse già nel 2019, il giornalista e analista finanziario statunitense “Robert Berke”, su “Oil Price”:

 “…La nuova via della seta potrebbe cambiare per sempre l’economia del globo…”. Tutto questo, mentre la nostra epoca è ormai costellata di conflitti geopolitici e guerre che stanno portando ad uno scontro devastante per l’umanità.

QUESTA è la proposta di un Mondo Multipolare, l’alternativa è sotto gli occhi di tutti.

Guerre, conflitti, odio e soggiogamenti dispiegati.

Nei nostri sistemi di “DEMOCRATURE” (democrazia nella forma, dittatura/egemonica nella sostanza), la guerra è una necessità economica, un completo connubio tra sussidio pubblico e profitto privato: socialismo per i ricchi, capitalismo per i poveri.

 Il giorno dopo l’11 settembre i prezzi delle azioni dell’industria bellica salirono alle stelle.

Si preparavano nuovi spargimenti di sangue, fu definita la “guerra infinita”, il che è positivo per gli affari delle multinazionali delle armi.

E questo è rimasto da allora un marchio di business: “guerra infinita”, garantiscono produzione, profitti, affari e assoggettamenti.

Dall’Afghanistan, all’Iraq, Palestina, Siria, Sudan, Somalia, Libia, Yemen, Ucraina, Haiti.

Nel mondo Unipolare ci raccontano quanto siano malvagi i Talebani: non che il furto di 7 miliardi di dollari delle riserve bancarie del paese da parte degli USA, stia causando migliaia di morti per fame e sofferenze ad altri milioni di civili. 

Al vertice di Madrid, la Nato, controllata dagli Stati Uniti, ha adottato un documento strategico che militarizza il continente europeo e prevede la prospettiva di una guerra con Russia e Cina.

Proponendo una “guerra a più parti” contro rivali che sono alla pari e dotati di armi nucleari”.

In altre parole, una guerra nucleare.

CONCLUDENDO:

penso che proprio oggi, qui in questo evento che raccoglie persone e attivisti che hanno nella lotta per la pace, contro le guerre un impegno concreto, sia importante comprendere che:

per le guerre in Palestina, Yemen, Donbass, Libano, Siria, Libia, Sudan, Kosovo, Saharawi, Somalia, Eritrea, per la crisi in Ucraina, per le crisi esplosive vicine ad esplodere come in Transnistria, Moldova, Bielorussia, Taiwan, Coree, ecc. ( sono 37  in questo momento…) i venti di guerra sempre più forti nei Balcani, in Kosovo, Serbia, Repubb.SRPSKA.

 Per i popoli coinvolti, anche solo prospettive di fermare la guerra e i relativi massacri, creare tavoli di negoziazione, come è nella prospettiva di un Mondo Multipolare, credetemi E’ TANTO, ma proprio TANTO.

Qualcuno dirà che è troppo poco, ma per i popoli aggrediti che resistono E’ TANTO.

Per essi è una necessità di sopravvivenza.

Nel mondo oggi è ormai chiara una frattura destinata ad allargarsi:

da una parte i tre quarti dell’umanità, dall’altra un gruppo elitario/egemonico che pretende di continuare a stabilire le regole del gioco a suo uso e consumo, per mantenere i suoi privilegi e interessi.

I popoli e paesi del mondo liberi e indipendenti non paiono più disponibili ad accettarlo e a continuare a sottomettersi.

Nel dicembre 2021 la Russia propose pubblicamente un tavolo di confronto e tra tutte le parti per varare un piano di sicurezza di vasta portata, che tenesse conto delle esigenze di tutti.

Fu respinto, deriso o liquidato dai media occidentali.

Chi ha letto quelle proposte punto per punto?

Era una proposta di negoziazione e conciliazione.

 Era una proposta di PACE.

 Respinta, rifiutata. Perché?

PERCHE’ in un Mondo Unipolare, essi hanno bisogno di guerre, di imposizioni, di conflitti tra i popoli…per continuare a dominare il mondo.

 Ma i tempi stanno cambiando e anche velocemente.

Penso che sia necessario e utile per tutti creare momenti di riflessione, approfondimento, conoscenza, come questo, cercando l’interazione con studiosi di vari indirizzi ed esperti internazionali interni e direttamente coinvolti in questo mutamento epocale.

Noi, nel nostro piccolo ma con forti relazioni e collaborazioni internazionali, come “Sezione italiana dell’Osservatorio Internazionale” della Silk Road e come Iniziativa Mondo Multipolare/Centro Iniziative per la Verità e Giustizia, che esiste ormai da quattro anni, cerchiamo e cercheremo di organizzare momenti di approfondimento, confronto, con seminari, incontri pubblici e anche progetti internazionali, finalizzati a creare un tavolo di analisi e discussione aperta, laica e non dogmatica sul tema del mondo multipolare.

 

I nostri compiti possibili.

Impegnarci e lavorare sull’informazione e rivolti ai giovani.

Denunciare l'invio di armi, munizioni, equipaggiamenti e personale militare nei teatri di guerra e nei conflitti.

Attuare campagne informative costanti e capillari su cos’è e cosa fa la NATO e quanto costa ai cittadini italiani e rilanciare una cultura di indipendenza e sovranità, che significano liberarsi da una cultura storica di asservimento politico, economico e culturale.

Insieme ad una continua Solidarietà concreta con i popoli aggrediti e resistenti, questo è un lavoro fattibile e concreto di sostegno e solidarietà verso i popoli del mondo che resistono.

Non dimentichiamoci cosa disse nel lontano 1917, ma resta come una pietra miliare tutt’oggi, il direttore del “Manchester Guardian”, “C.P. Scott”, affermò, in una conversazione, poi rivelata nelle sue memorie, al primo ministro britannico “Lloyd George”:

"…Se la gente sapesse davvero la verità, la guerra finirebbe domani, ma loro non lo sanno e non possono saperlo..."

(Enrico Vigna)

 

 

 

 

Putin da Xi a Pechino, "mondo

 sia multipolare": intesa Russia

 e Cina su Ucraina e Taiwan contro Usa.

It.euronews.com - Gabriele Barbati – (16/05/2024) – ci dice:

Il presidente russo Vladimir Putin e il presidente Xi Jinping a Pechino.

Primo giorno di visita di Putin in Cina. Una dichiarazione congiunta con il presidente cinese Xi Jinping al termine dei loro incontri sancisce intesa tra Russia e Cina su Ucraina e Taiwan con numerosi riferimenti contro gli Stati Uniti.

"Gli Stati Uniti sono guidati dalla logica del confronto tra blocchi" e ciò crea una "minaccia alla sicurezza di tutti i Paesi" si legge in una dichiarazione congiunta pubblicata giovedì al termine del primo giorno di colloqui del presidente russo, Vladimir Putin, a Pechino con il collega cinese Xi Jinping.

"Gli Stati Uniti devono abbandonare questo comportamento" prosegue la dichiarazione, riassumendo il senso della visita di Putin in Cina, il primo viaggio all'estero dopo la riconferma nelle presidenziali di marzo.

Putin accolto da Xi Jinping in piazza Tiananmen a Pechino.

I due presidenti hanno promesso una "nuova era" di collaborazione, dopo l'accoglienza con tutti gli onori di Putin su un tappeto rosso all'esterno della Grande Sala del Popolo di Pechino, tra ventuno colpi di cannone e bandiere sventolate da bambini.

L'alleanza "senza limiti", proclamata nel viaggio precedente di Putin in Cina nel febbraio 2022 pochi giorni prima dell'invasione dell'Ucraina, si basa su una condivisione di vedute su varie questioni internazionali tra cui quelle dell'Ucraina e di Taiwan, si legge dai comunicati ufficiali.

Gli Stati Uniti non hanno fatto mistero di vedere la rivalità con la Cina come la maggiore sfida di questo secolo e Putin come un'enorme minaccia per la sicurezza globale.

In passato, il presidente Biden ha chiamato Xi come un "dittatore" e Putin un "assassino".

Cina e Russia: "Ordine mondiale sia multipolare."

"Stiamo lavorando insieme per formare un ordine mondiale multipolare più giusto e democratico" ha detto Putin alla stampa dopo l'incontro con Xi.

I due Paesi guidano da anni un gruppo di Paesi, noto come Brics, che cerca equilibri mondiali più vicini ai loro interessi, senza apertamente rompere con le potenze del G7 nel caso di altri fondatori come Brasile, India e Sud Africa.

Xi e Putin hanno allargato il messaggio contro gli Stati Uniti impegnandosi anche a rafforzare la cooperazione militare.

 La Cina viene criticata da Usa e Ue da tempo proprio per avere offerto una sponda diplomatica ed economica a Mosca dall'inizio della guerra in Ucraina.

"Mosca e Pechino espanderanno la portata delle esercitazioni congiunte e dell'addestramento al combattimento" riferisce l'agenzia di stampa russa, Tass.

La "pace" di Cina e Russia per chiudere la guerra in Ucraina.

La visita ha rilanciato l'ipotesi una soluzione non militare per chiudere la guerra in Ucraina.

 Per Xi Jinping, Cina e Russia concordano che la "soluzione politica" sia "la via giusta per risolvere la crisi ucraina e ripristinare la pace".

Nella dichiarazione congiunta diffusa dal Cremlino, la Cina ha respinto le accuse sul suo sostegno a Mosca nella guerra contro l'Ucraina e ha accusato piuttosto "l'Occidente di esacerbare il conflitto" inviando armi all'Ucraina, con un chiaro riferimento a Stati Uniti e Unione Europea.

Non è chiaro tuttavia quale siano i termini di un'eventuale pace dei russi, mentre l'Ucraina ha ripetuto a più riprese le sue condizioni:

 ritiro completo da tutti i territori occupati, inclusa la Crimea e il Donbass.

 

 

 

BUENA VISTA PSYCHOPATHIC CLUB.

Inchiostronero.it – Redazione – (12-6-2024) – ci dice:

 

Ma guarda che strano:

 l’Occidente si può impadronire di interi Paesi a ridosso della Russia sostenendo che Mosca non possa e non debba dire nulla, poi basta che quattro navi russe si dirigano verso i Caraibi per una visita ufficiale al porto dell’Avana, il prossimo 12 giugno, che immediatamente si leva la canea degli scalzacani per aborrire questa violazione di quelli che si ritengono i dintorni di casa degli Usa.

Era già successo in passato quando i russi arrivarono con i loro missili a Cuba non per provocare, ma per indure gli Stati Uniti a togliere i propri missili dalla Turchia, cosa che in effetti poi avvenne.

 Solo che il soft power occidentale, ossia i media che già cominciavano a lobotomizzare la popolazione, convinse tutti che si era trattato di una sfida gratuita con cui gli americani non avevano nulla a che fare.

Crisi dei missili di Cuba.

Mappa dei servizi di intelligence statunitensi che mostra la stima dei siti militari sovietici a Cuba.

Il sottomarino Kazan.

Certo gli Usa sfrigolano come su uno di quei miliardi di barbecue dove bruciacchiano la carne cospargendola di irrimediabili salse in un mix chimico praticamente letale, per il fatto che la missione russa oltre a una nave rifornimento e a un rimorchiatore militare, comprende la fregata Gorshkov e il sottomarino nucleare Kazan che nel complesso trasportano 32 missili tra Onyx, Zircon, Kalibrs e Otvet, e altri 32 missili balistici oltre a siluri nucleari. 

Ma questo fa il paio con le basi Nato poste ai confini della Russia.

Per le persone che da tempo si sono liberate delle stupide narrazioni distribuite alla gente come formaggio anticoncezionale per topi, è assolutamente chiaro che queste armi possono devastare tutta la costa orientale degli Usa e quella del Canada, ma anche che non sono lì per questo motivo.

No, sia il Gorshkov che il Kazan sono lì per dimostrare che possono raggiungere qualsiasi nave da combattimento o nave strategica di trasporto marittimo che imbarca uomini o qualsiasi set di combattimento militare dal Nord America all’Europa nel caso in cui qualche pazzo decidesse di provare a sopravvivere a una guerra convenzionale con la Russia in Ucraina.

Un solo sottomarino della classe Yasen (cui appartiene appunto il Kazan) anche se armato unicamente di missili Onyx può pattugliate l’Atlantico a largo raggio, mentre i missili Zircon possono colpire al di fuori del raggio di azione anche degli aerei di allarme rapido.

Insomma, la flottiglia russa sta lanciando un messaggio chiaro:

 in caso di guerra gli Stati Uniti non saranno in grado di rifornire e schierare ulteriori truppe in Europa.

Si tratta anche di una risposta al teatrino che ha commemorato l’80° anniversario del D-Day, dove non è nemmeno stato menzionato il ruolo chiave svolto dall’Armata Rossa nel rendere possibile lo sbarco alleato.

Dove sarebbero finiti gli invasori se i tre milioni e mezzo di soldati tedeschi del fronte orientale, insieme a tutta l’aviazione, le divisioni panzer, i cannoni e via dicendo fossero stati ad attendere lo sbarco?

Semplicemente non ci sarebbe stato, non avrebbero nulla da commemorare.

La Russia sta dicendo che ora questo non sarebbe più possibile, che le cose sono cambiate e che l’“insularità continentale” degli Usa, se mi passate questo ossimoro, è giunta alla sua perfetta rappresentazione.

 I nuovi sistemi di armamento pongono in svantaggio le potenze marittime che una volta potevano contare su una rapida proiezione della forza senza dover temere troppe perdite, mentre agli avversari non occorrono più enormi flotte per poter sventare il pericolo.

 É un’era che finisce.

 Stranamente e pericolosamente questo messaggio è del tutto trascurato dagli europei la cui minaccia di guerra alla Russia dipende in maniera totale dall’intervento degli Usa.

Ma forse le teste di legno burattinate da Washington e i loro seguaci da tg, hanno bisogno di alcune settimane per comprendere il significato della crociera russa.

Anzi nemmeno lo vogliono comprendere perché si troverebbero a dover contemplare la loro fine.

 Ormai dipendono da una guerra che non sono in grado di combattere e tanto meno di vincere:

proprio per questo sono loro il vero pericolo per i cittadini ignari.

 

 

 

NON C’È PIÙ NULLA

DA CONSERVARE.

Comedonchiosciotte.org – Roberto Sestito - Redazione CDC – (12 Giugno 2024) – ci dice: 

 

«Non c’è più nulla da conservare. Religione, famiglia, aristocrazia, le antiche incarnazioni dell’autorità, sono ridotte in polvere», scriveva con senso profetico “Pierre Drieu La Rochelle”un “maledetto” della letteratura francese in uno dei primi saggi politici, “Mesure de la France”, che pubblicò, reduce dal fronte della Grande guerra, nel 1922 quando non aveva ancora compiuto trent’anni.

«Oggi ci sono i moderni, gente che vive o di profitti o di salari, e pensa e parla solo di questo argomento.

Sono tutti senza passione, preda dei vizi corrispondenti: alcol = droga; unione libera e sterile = omosessualità = corse al cinema in comune. Non c’è possibilità di scelta…

Tutti passeggiano soddisfatti nell’incredibile inferno, nell’enorme illusione, nell’universo di spazzatura che è il mondo moderno e in cui, ben presto, non penetrerà nemmeno più un raggio di luce spirituale».

“Non c’è più niente da conservare”:

quelle sparse luci di spiritualità che ancora illuminavano il cammino dei volenterosi negli anni 60-70 sono stati ormai definitivamente e brutalmente spazzati via dalla tempesta distruttiva che sconvolge il mondo.

 Si fa tutto maledettamente più complicato e difficile, dovendo ricominciare daccapo e senza sapere da dove.

Cerchiamo nei maestri del passato la parola che segna il cammino, la fiaccola che illumina il sentiero, ma anche loro sembrano stanchi, delusi, scocciati e spesso ripetono:

 abbiamo parlato, ma non ci avete ascoltati, abbiamo scritto, ma non ci avete letti e quando dicevate di ascoltarci e di leggerci in verità pensavate già ad altro ed eravate distratti.

 

Ma noi reclamiamo la nostra parte di giustizia, la nostra buona fede e forse così facendo, dimostriamo la nostra incapacità di capire che il nostro dovere non consiste nel “conservare”, ma nel “trasmettere” forse nel “testimoniare” qualcosa.

Sul nostro mondo si è addensato uno strato di fango che il fiume della storia e della stupidità umana hanno depositato nel tempo: vogliamo “conservare” il fango?

vogliamo ignorare che anche noi siamo parte di questa vertiginosa rovina?

e che il nostro bisogno di vivere e di respirare senza ossigeno fresco è solo una velleità di morte?

Ci prepariamo forse a vivere in un mondo di fantasmi?

 e se è così, ci siamo già rassegnati?

 

Occorre trovare la forza e la volontà di calarsi nel fango, senza sporcarsi le mani e come un palombaro che si tuffa nell’oceano, tentare di riportare alla luce, in superfice, quella perla nascosta nell’ostrica degli abissi e che i nostri maestri di proposito avevano lasciato affondare e occultare quando la folla tumultuante e tumultuosa, li incalzava, si accaniva dietro di loro, e stava loro addosso con il respiro puzzolente e malvagio.

Ecco quale dovrebbe essere il nostro compito attuale: “ridare vita e luce alla perla sacrificata e nascosta”.

Osiride deve tornare e risplendere a ad accecare con la sua luce e la sua energia i pavidi e i disonesti, bruciare col suo fuoco l’immensa spazzatura che sta coprendo la terra e ridare speranza a quei fantasmi che si aggirano desolati nelle deserte contrade in cerca di pace e di intuizioni.

Più che dei vizi e delle illusioni, siamo stanchi dell’odio del fanatismo e delle ingiurie che hanno corrotto i cuori degli uomini.

“Non c’è più nulla da conservare”.

 Bisogna solo cominciare daccapo, consapevoli che il nuovo c’è già stato, che il nuovo non aveva una dimensione temporale e spaziale e che diventa nuovo solo nella mente umana ristretta e ripetitiva.

Bisogna invece “ricordare” ciò che siamo stati, “ricordare” con la memoria del cuore, perché se c’è ancora qualcosa che ci mantiene ancora vivi e attivi è questa “memoria” che si affaccia dentro di noi con lampi rapidi e saettanti.

(Roberto Sestito).

 

 

 

 

VERSO UNA NUOVA STRATEGIA

DELLA TENSIONE?

Comedonchisciotte.org - Redazione CDC – (12 Giugno 2024) - Konrad Nobile – ci dice

Tanto il recente attentato al primo ministro slovacco “Robert Fico”, premier distintosi per la sua avversione alle spinte più guerrafondaie della NATO, quanto l’aggressione subita da “Gabriele Rubini”, in arte “Chef Rubio”, fervente e noto attivista filo palestinese, per quanto fatti diversi tra loro sono il sintomo di un fenomeno che – dato il fermento dell’attuale periodo storico e la forte polarizzazione in atto (che appare come la divisione tra fautori del globalismo da un lato e del sovranismo dall’altro, tra sostenitori dell’egemonia occidentale da una parte e del multipolarismo dall’altra) – potrebbe diventare assai più frequente e, per così dire, sistemico.

In quest’occidente sempre più traballante ed isterico siamo già stati testimoni, negli ultimi anni, di una evidente compressione degli spazi concessi o tollerati di critica e di dissenso.

Le democrazie si sono blindate e hanno imposto la loro autorità a suon di censura, coprifuochi, propaganda terroristica, ricatti, militarizzazione e repressione giudiziaria quando non addirittura fisica.

Tra un “DPCM e l’altro lo Stato ha messo le mani avanti e, sui vari fronti e poli, anche opposti, ha ben pensato di colpire anche piccole ma determinate voci dissenzienti, oltre che mettere la sua museruola alle teste più calde e meno controllabili, temute come potenziali spine nel fianco dell’ordine costituito in questo scenario politico e sociale sempre più teso.

E così, per esempio, mentre all’inflessibile e coerente (con i suoi princìpi) anarchico insurrezionalista “Alfredo Cospito” è stata inflitta la punizione esemplare del 41 Bis, monito rivolto a tutte le frange più radicali ed estreme, anche molti “semplici militanti” e “normali cittadini” si ritrovano a fare i conti con condanne e persecuzioni legali finalizzate a punire e stroncare la militanza e la partecipazione a manifestazioni di dissenso.

Esemplare è la moltitudine (di cui purtroppo poco si parla) di condanne, processi e indagini che hanno visto e vedono tuttora nel mirino persone attivatisi per protestare contro lockdown, Green Pass e obblighi vaccinali (la repressione relativa a questi eventi persevera e, ancora adesso e a distanza di qualche anno dai fatti, continuano a fioccare nuove procedure e azioni penali).

 

A questa opera repressiva, realizzata ufficialmente e legalmente dai vari rami statali, potrebbe però ben presto associarsi un’azione ben più sporca e brutale, svolta non direttamente dalle istituzioni bensì da individui, reti o organizzazioni terze formalmente estranee alle direttive dello Stato.

Nel prossimo futuro potremmo assistere ad un moltiplicarsi di aggressioni e intimidazioni, se non addirittura di attentati, ai danni di figure o realtà indigeste per una ragione o per l’altra alle direttive dettate dai centri decisionali nazionali ed internazionali dell’occidente collettivo, sempre più rabbioso e intollerante in questo periodo di incipiente conflitto mondiale.

Pur trattandosi di due cose distinte, le aggressioni a Fico e a Rubio, anche qualora non si sia trattato di operazioni eterodirette, sono emblematiche del clima che sta via via delineandosi.

Esse potrebbero essere solo un’anticipazione di un prossimo scenario da nuovi anni di piombo, sebbene la situazione attuale presenti dimensioni diverse e tratti innovativi e divergenti rispetto al passato degli anni ’70.

 Qui e ora i vecchi schieramenti di un tempo sono infatti totalmente saltati e, nel caos politico nel quale navighiamo, i nuovi mastini del sistema possono  essere tranquillamente democratici, progressisti (come nel caso dell’attentatore di Fico) e financo “antagonisti” (esemplari in tal senso alcuni gruppi “antifa” tedeschi, feroci sostenitori delle discriminazioni del periodo Covid come del sostegno al regime ucraino e, sorprendentemente, pure restii ad esprimere solidarietà alla causa palestinese).

Nei Paesi occidentali potrebbero nascere nuove “Gladio 2.0” (come sostenuto anche dal giornalista Pepe Escobar), una rete atlantica di organizzazioni extra statali votate alla protezione interna dei regimi democratico-imperialisti, alla promozione più o meno occulta delle loro agende nonché al contrasto delle eresie più scomode all’ordine imperial -atlantista.

 

Se però la vecchia Gladio, organizzazione paramilitare segreta intimamente anticomunista promossa da NATO, CIA e MI6 , finiva spesso e volentieri per collaborare con fazioni destrorse e neofasciste e a manovrarle, le nuove “Gladio 2.0” potrebbero oggigiorno contare verosimilmente su gladiatori del progressismo e di “sinistra”, utili pedine sfruttate e usate (magari nell’inconsapevolezza di queste stesse “pedine”) nel comune interesse dell’atlantismo e del tecno capitalismo globalista di stampo occidentale.

D’altronde un sistema minacciato arriva, pur di tutelarsi e mantenersi al potere, a ricorrere ad ogni mezzo.

Se nel secondo dopoguerra i padroni dei giochi sentirono la necessità di costituire organizzazioni paramilitari segrete nell’Europa occidentale o, nell’Italia di fine anni ’60 e degli anni ’70, di ricorrere alla “Strategia della tensione”, ora in tutta la traballante galassia occidentale, minata dalla crisi economica strutturale e dagli sconvolgimenti geopolitici internazionali, potrebbe farsi strada l’idea che sia necessaria una nuova rete “Stay Behind interna” e una nuova tensione, opportunamente modellata in base alle esigenze attuali e programmata per fiaccare, intimidire e distruggere efficacemente, se necessario anche con le cattive maniere, l’opposizione interna.

Nuovi squadrismi, magari non più in camicia nera ma in quella gialloblu (colori che sono sia quelli della bandiera ucraina che di quella europea), rossa o arcobaleno potranno tornare in tal caso utili strumenti dell’ordine democratico-imperialista che, in nome della democrazia, del progresso, dei diritti e, perché no, pure dell’ “antifascismo”, perseguiterà le più concrete forme di dissenso interno e difenderà spietatamente la sua egemonia su un globo che ormai recalcitra e vuole rompere i vecchi equilibri imposti dall’impero di “Washington & Friends”.

Queste per ora sono solo speculazioni, tuttavia prepariamoci al peggio perché, a due passi dalla guerra mondiale, potremmo essere testimoni di un nuovo periodo di tensione e piombo.

Nel mirino ci stanno coloro che possono rappresentare una scomoda e reale opposizione alle politiche e alle direttive imposte dai potentati di Washington, Wall Street, Bruxelles e Tel Aviv.

 Quindi, in profondità, sotto tiro ci sono pure le masse tutte che, per quanto in occidente siano dormienti, se risvegliate fuori dal controllo istituzionale possono ancora rappresentare una minaccia esiziale per il sistema.

I casi di Fico e di Rubio ce lo dimostrano:

dall’altra parte c’è chi è disposto a menare e sparare.

Sono questi i personaggi che potrebbero essere, presto o tardi, usati e sguinzagliati contro coloro i quali non accetteranno di arrendersi e chinare il capo.

(Konrad Nobile)

 

I media, il governo sapeva da sempre

l'identità del laptop di Hunter Biden,

rivela il processo del Delaware (USA).

 Naturalnews.com – (06/12/2024) - Ethan Huff – ci dice:

 

È stato finalmente confermato dal sistema giudiziario che il famigerato laptop legato a Hunter Biden è, in realtà, di proprietà del figlio tossicodipendente del presidente Biden.

Nel processo in corso nel Delaware contro Hunter Biden, il suddetto laptop è stato inserito come prova come verificato come tale attraverso numeri di serie e registri Apple, questo ha affermato anche l'agente dell'FBI Erika Jensen.

Come forse ricorderete, 51 importanti funzionari dell'intelligence statunitense hanno definito il laptop una "bufala russa" nei mesi precedenti le elezioni rubate del 2020.

A partire dal 5 giugno, tuttavia, è stato dimostrato che quella "bufala russa" non è vera, dopo tutto.

Secondo Jensen, non c'erano prove scoperte dall'FBI che suggerissero che il dispositivo fosse stato manomesso, essendo questa un'altra delle affermazioni errate fatte prima delle elezioni del 2020 per proteggere la famiglia criminale Biden dal controllo.

L'FBI ha ricevuto per la prima volta il laptop nel dicembre 2019 dall'officina di riparazione di computer dove Hunter lo avrebbe lasciato.

 Da quel momento fino ad ora, la comunità dell'intelligence in generale ha coperto i Biden sostenendo che si trattava di una "bufala russa".

 

(Ricordate quando Twitter ha mentito sul fatto che il laptop di Hunter fosse stato "hackerato", un'affermazione che è stata facilmente smentita semplicemente guardando il contratto di riparazione?)

È ora che la famiglia criminale Biden paghi.

Come forse ricorderete, è stato il” New York Post” a sganciare le prime bombe sul contenuto del laptop di Hunter.

Ciò ha provocato un massiccio sforzo di insabbiamento guidato dall'allora consigliere senior della campagna di Biden, “Antony Blinken”, che ha orchestrato i 51 funzionari dell'intelligence definendoli una "bufala russa".

Sia i media mainstream che i social media hanno seguito l'esempio sopprimendo la storia come "falsa", almeno fino a quando Biden non è stato in grado di superare i dibattiti prima di essere insediato alla Casa Bianca.

Ora, quattro anni dopo, sappiamo che il portatile è molto reale e molto schiacciante.

Nell'aprile 2023, la “Commissione Giustizia della Camera”(USA) ha inviato una lettera a “Blinken” affrontandolo nell'insabbiamento, questo dopo che la testimonianza del Congresso ha rivelato che c'è stata una soppressione coordinata dello scandalo dei laptop.

Nel 2022, il deputato Matt Gaetz (R-Fla.) ha interrogato l'assistente direttore della Cyber Division dell'FBI Bryan Vorndran in merito a dove si trovasse il laptop, al che Vorndran ha detto di non "avere alcuna informazione sul laptop di Hunter Biden". Gaetz ha poi inserito una copia del portatile nel registro ufficiale del Congresso.

"Mentre il laptop continua a esporre la corruzione della famiglia Biden, forse anche leggermente peggiore è la corruzione dell'FBI a causa dell'enorme numero di persone coinvolte nell'insabbiamento", ha scritto un commentatore su “LifeSiteNews” sulla questione.

 

"È stato ben documentato che se il popolo americano avesse saputo del laptop prima delle elezioni, Biden avrebbe perso.

 Questo è ciò che accade quando si ha un'agenzia che riceve i suoi ordini di marcia dal Partito Democratico.

Fino a quando l'FBI non sarà messa in ginocchio, la corruzione non potrà che peggiorare (se sarà possibile)".

Un altro ha scritto che è ovvio che Biden ha perso le elezioni del 2020 anche senza il laptop.

"Troppe prove del contrario, ma la menzogna è ripetuta abbastanza, anche dai 'bravi ragazzi'".

La famiglia criminale Biden assumerà un altro mandato presidenziale questo autunno?

(LifeSiteNews.com)

(NaturalNews.com)

 

 

 

L'Occidente politico è determinato a iniziare la Terza Guerra Mondiale? La NATO e la giunta neonazista ora minacciano la Russia con una campagna di terrore se "la Russia vince la guerra".

Globalresearch.ca – (12 giugno 2024) – Drago Bosnic – ci dice:

Dopo l'attentato al primo ministro slovacco” Robert Fico”, gli autori di “InfoBRICS” (me compreso) hanno sostenuto che non si trattava certamente di una cosa da "pistolero solitario", ma di qualcosa di molto più sinistro e (geo)politico.

Com'era prevedibile, tali ipotesi sono state immediatamente respinte come presunte "teorie del complotto" e quasi tutte le piattaforme di social media occidentali avrebbero "verificato i fatti" di queste opinioni fino all'oblio, con conseguenti "punti negativi" (cioè ban e shadow banning) per chiunque avesse "osato" promuoverle.

Eppure, subito dopo il tentativo di assassinio del primo ministro Fico, sponsorizzato dall'UE e dalla NATO, il commissario per l'allargamento del blocco in difficoltà, “Oliver Varhelyi”, ha chiamato il primo ministro georgiano “Irakli Kobakhidze” per dirgli, senza mezzi termini, che sarebbe stato il prossimo se Tbilisi non avesse cambiato la sua posizione anticoloniale.

 Mi chiedo come Facebook e i simili faranno a "verificarlo".

 

Eppure, se pensavate che questo fosse un male, aspettate di sentire parlare delle minacce più recenti che stanno apparendo in vari punti vendita della macchina della propaganda mainstream.

 Ma prima di addentrarci più a fondo in questo, vorrei ricordare ai nostri rispettabili lettori di un "fact-checking" molto simile che è avvenuto alla fine di marzo, quando ha avuto luogo un altro atto di terrorismo sponsorizzato dalla NATO.

Vale a dire, tutti ricordiamo il mostruoso massacro del municipio di Crocus, quando centinaia di civili russi furono spietatamente assassinati dai radicali islamici.

Tuttavia, subito dopo l'attacco terroristico, ho sostenuto che, anche se non prendiamo in considerazione l'aberrante gioia della giunta neonazista, le prove suggeriscono che il suo coinvolgimento era praticamente garantito.

E ancora una volta, questo punto di vista è stato anche esposto a un "fact-checking" senza fine.

È qui che arriviamo alle ultime minacce alla Russia, l'ennesima pistola fumante di chi c'era dietro il massacro del municipio di Crocus.

Vale a dire, il “Daily Express” riporta ora che il regime di Kiev potrebbe "lanciare una campagna terroristica, bombardando le scuole se la Russia vince la guerra".

Citando un "esperto", il tabloid britannico afferma che "il piano dell'Ucraina è più terrificante per Vladimir Putin di una guerra convenzionale perché potrebbe perdere il potere molto rapidamente in Russia".

La prima cosa che qualsiasi lettore assennato noterebbe è che la parola "campagna del terrore" viene pronunciata con una certa disinvoltura, come se fosse la cosa più "normale di sempre".

Quindi questo piano viene presentato come "terrificante per Vladimir Putin", in quanto potrebbe "perdere il potere".

 In altre parole, il “Daily Express” vuole farci dimenticare il fatto che bombardare le scuole e uccidere civili (in questo caso gli scolari, ovviamente) è un mostruoso atto di terrorismo che non può essere giustificato da nulla e si concentra interamente sulla deposizione del "malvagio" Putin.

Chi, sano di mente, penserebbe di "razionalizzare" tali inquietanti opinioni?

Un fatidico momento della storia è alle porte.

Tuttavia, questo è esattamente ciò che il famigerato tabloid britannico sta effettivamente cercando di fare.

 L'"esperto" intervistato, “Nicholas Drummond,” afferma che "l'Ucraina sta pianificando un'attività terroristica che vedrebbe prese di mira le scuole russe e altre infrastrutture civili".

Il “Daily Express” ha anche cercato di giustificare questo usando il solito tropo della macchina della propaganda mainstream sulla Russia che presumibilmente "prende di mira le aree residenziali dell'Ucraina in modo coerente nella guerra", mentre "l'Ucraina si è limitata a colpire il territorio russo vicino al confine", con "Belgorod, una città a sole 25 miglia dal confine, ha visto il maggior numero di attacchi ucraini nell'ultimo anno".

Ovviamente, il tabloid britannico sta completamente ignorando il fatto che la giunta neonazista ha assassinato la popolazione del Donbass per oltre un decennio a questo punto e che le sue forze stanno ora prendendo di mira anche le aree che hanno perso nelle fasi iniziali dell'operazione militare speciale (SMO).

 

"Ma l'Ucraina sta pianificando attacchi molto più dannosi.

Gli ucraini potrebbero lanciare attività terroristiche in Russia, compreso il bombardamento di scuole.

 Penso che qualsiasi attacco sarà limitato alle regioni di confine, perché gli attacchi in profondità in Russia sarebbero una grande escalation.

L'Ucraina vorrà condurre attività terroristiche in Russia... se la Russia vince in Ucraina o ottiene qualsiasi tipo di vittoria, penso che l'Ucraina condurrà una campagna di contro-insurrezione all'interno della Russia, e questo sarebbe molto più devastante di qualsiasi cosa abbiamo visto in prima linea.

 Sarà davvero spiacevole.

 L'attività terroristica includerebbe il bombardamento di scuole, il bombardamento di infrastrutture... che inizierebbe sul serio se venisse imposto un accordo di pace a Zelensky", ha detto “Drummond” al “Daily Express”, aggiungendo:

"Stanno assolutamente pianificando questo tipo di attacchi ora. Non c'è dubbio. Penso che questo sia più terrificante per Putin di una guerra convenzionale, perché se gli ucraini scatenano questa campagna di terrore in Russia, perderà il potere molto rapidamente perché la gente dirà 'non stai facendo abbastanza per fermarla'".

Proprio come un alto funzionario dell'UE ha effettivamente ammesso che l'Occidente politico è dietro il tentativo di assassinio del primo ministro Fico minacciando un altro leader straniero "non conforme", la macchina della propaganda mainstream ammette anche chi c'era dietro l'attacco terroristico al municipio di Crocus (o "sparatorie" come amano dire).

 Peggio ancora, ora stanno minacciando apertamente la Russia, una superpotenza militare globale con il più grande e potente arsenale strategico, che le cose diventeranno "molto peggiori" se il Cremlino vincerà in Ucraina.

Prima di tutto, il regime di Kiev non sta "vincendo"?

Non è quello che la macchina della propaganda mainstream sta dicendo da più di due anni?

E se sta "vincendo", se tutte queste "wunderwaffen" provenienti dalla NATO stanno "sconfiggendo" l'esercito russo, perché la giunta neonazista dovrebbe aver bisogno di lanciare una campagna di terrore in tutta la Russia?

E in secondo luogo, come potrebbe mai essere giustificato?

È abbastanza chiaro che l'Occidente politico è determinato a dare inizio alla Terza Guerra Mondiale, poiché l'idea stessa che se ne discuta apertamente in Occidente politico non farà altro che far infuriare Mosca.

 O chiunque sia anche solo lontanamente sano di mente, perché come reagirebbe il vostro paese se qualcuno minacciasse i vostri scolari di attacchi terroristici?

Per non parlare del tentativo di "disumanizzare" i civili russi, come se le loro vite fossero meno importanti di quelle dei civili di qualsiasi altra parte del pianeta.

Anche se la macchina della propaganda mainstream ama chiamare la leadership russa "intransigente", cos'altro dovrebbe essere il Cremlino quando ha a che fare con l'Occidente politico che è sprofondato nella follia più totale?

Se sostenere e giustificare il terrorismo così apertamente sta diventando la "nuova normalità" nei paesi della NATO, quanto tempo ci vorrà prima che il mondo intero venga spinto nell'abisso?

 Quanto tempo abbiamo prima che la Russia decida di averne avuto più che abbastanza?

(Drago Bosnic)

 

 

 

Il governo neonazista ucraino è sostenuto dalla comunità internazionale. Adolf Hitler è "il tedoforo della democrazia" in Ucraina

Globalesearch.ca – (12 giugno 2024) - Prof. Michel Chossudovsky – ci dice:

"Quasi 90 paesi e organizzazioni, la metà europei, hanno confermato                                                

la loro partecipazione al vertice di pace in Ucraina ospitato dalla Svizzera", al quale la Russia non è stata invitata.

La presidente della Confederazione “Viola Amherd “ha dichiarato ai giornalisti che la conferenza "avrà lo scopo di tracciare un percorso verso una possibile pace quasi 28 mesi dopo che le forze russe hanno invaso l'Ucraina e la guerra è in corso".

Il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz sono destinati a svolgere un ruolo chiave.

Questa conferenza promossa dal governo svizzero (15-16 giugno 2024) ha tutte le sembianze di uno stratagemma di pubbliche relazioni un po' caotico piuttosto che di un'iniziativa di pace.

Per un'amara ironia, i due partiti neonazisti del cosiddetto governo di coalizione ucraino sono attivamente sostenuti dai nostri governi.

La storia e la natura del regime neonazista di Kiev non vengono affrontate. La fazione nazista dominante all'interno del governo di Kiev esercita il suo potere nel campo dell'intelligence, degli affari interni, della sicurezza nazionale e dell'esercito.

Si tratta di un regime per procura in collegamento con i suoi sponsor USA-NATO.

Ampiamente documentato, il colpo di stato sponsorizzato dagli Stati Uniti a “EuroMaidan nel 2014 è stato effettuato con il sostegno delle due fazioni naziste: “Svoboda” e “Right Sektor” guidate da “Dmytro Yarosh”.

Questo articolo solleva anche la questione della negazione dell'Olocausto:

 i nostri governi, che affermano di essere fermamente impegnati nella socialdemocrazia, stanno sostenendo attivamente un movimento nazista ucraino che ha collaborato con le forze di occupazione della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.

In particolare, il codice penale tedesco vieta la "negazione dell'Olocausto" e la "diffusione della propaganda nazista".

Abbiamo a che fare con qualcosa di molto più grave dell'incitamento all'odio, vale a dire il rapporto del governo tedesco con il movimento nazista ucraino.

(Consultate le procedure legali del Parlamento europeo relative alla negazione dell'Olocausto.)

Indiscutibilmente, la decisione del governo tedesco del cancelliere Scholz di sostenere il movimento nazista ucraino costituisce un atto criminale ai sensi del diritto tedesco, vale a dire la violazione del codice penale.

Mentre i governi occidentali stanno attivamente reprimendo i movimenti di protesta contro l'atto di genocidio di Israele, con arresti di massa con l'accusa di antisemitismo, questi stessi governi stanno sostenendo il movimento nazista ucraino che ha attivamente partecipato e collaborato con la Germania nazista nel genocidio diretto contro la popolazione ebraica dell'Ucraina.

(Michel Chossudovsky)

 

 

 

 

Il fiasco del cessate il fuoco di Biden.

Unz.com - MIKE WHITNEY – (GIUGNO 11, 2024) ci dice:

 

Biden: Israele offre un cessate il fuoco.

Biden: Ho negoziato questo cessate il

Fuoco.

Israele: Non c'è un accordo di cessate il fuoco.

Biden: Il cessate il fuoco inizierà presto.

Israele: Non lo farà.

Risciacquare e ripetere.

 

La risoluzione del cessate il fuoco dell'amministrazione Biden è una cinica frode volta a cancellare l'immagine sbrindellata di Israele mentre getta le basi per l'espulsione finale del popolo palestinese.

In realtà, non ci sarà un cessate il fuoco perché Netanyahu e tutto il suo gabinetto sono fermamente contrari alla fine delle ostilità.

 Non c'è nemmeno una zona grigia qui.

Dopo che la risoluzione redatta dagli Stati Uniti è stata approvata lunedì, l'ufficio del primo ministro israeliano ha rilasciato una dichiarazione concisa che afferma quanto segue:

"L'affermazione che Israele abbia accettato di porre fine alla guerra prima di raggiungere tutti i suoi obiettivi è una menzogna totale", afferma il “PMO”.

Il documento completo, sostenendo l'ufficio di Netanyahu, dimostrerebbe che "Israele non porrà fine alla guerra fino a quando tutte le sue condizioni non saranno soddisfatte – cioè, combattendo fino a quando Hamas non sarà eliminato, restituendo tutti i nostri ostaggi e assicurando che Gaza non rappresenta mai più una minaccia per Israele".

(Tempi di Israele).

 

Ripetete: "Israele non porrà fine alla guerra fino a quando tutte le sue condizioni non saranno soddisfatte – (e) fino a quando Hamas non sarà eliminato".

Quindi, che senso aveva far passare una risoluzione per il cessate il fuoco quando non aveva alcuna possibilità di essere attuata?

Era solo una trovata pubblicitaria?

E perché il Segretario di Stato “Anthony Blinken” – non solo dice che Israele sostiene la proposta – ma che Israele ha effettivamente avuto una mano nella creazione del suo linguaggio?

 Ecco Blinken lunedì:

"Innanzitutto, lasciatemi essere molto chiaro, Israele ha accettato la proposta, anzi, è stato fondamentale nel portarla avanti.

È la posizione ufficiale del governo israeliano, del primo ministro.

Quindi, l'unico partito che non ha detto "Sì" è Hamas. Ecco chi tutti stanno aspettando.

Ecco chi stanno aspettando i palestinesi, è quello che stanno aspettando gli israeliani, ed è quello che stanno aspettando gli ostaggi e le loro famiglie è quello che l'intera regione e il mondo intero stanno aspettando.

 Quindi, vedremo, Hamas vuole porre fine a questa guerra che ha iniziato o no?

Ma è chiaro che praticamente tutto il mondo si è unito a sostegno della proposta. (@AssalRad).

Questa è una totale invenzione e “Blinken” lo sa:

Israele NON ha accettato la proposta.

Israele NON è stato "fondamentale nel presentare la risoluzione del cessate il fuoco."

La risoluzione del cessate il fuoco NON è "la posizione ufficiale del governo israeliano (e) del primo ministro".

Queste sono menzogne sfacciate, e bugie molto stupide, perché possono essere facilmente verificate e confutate.

Dai un'occhiata:

Ripeto: "In una risposta preventiva alla decisione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, Netanyahu dice: "Non accetteremo alcun accordo che porti alla fine della guerra".

La posizione di Netanyahu è chiarissima e lo è stata per molto tempo:

la furia continuerà per il prossimo futuro.

Allora, perché Blinken sta deliberatamente fuorviando il pubblico?

Qual è l'obiettivo?

Questo è stato detto dalla “CNN” poche ore dopo che la risoluzione è stata approvata dal “Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”:

Israele ha promesso di persistere con la sua operazione militare a Gaza, dicendo che non si impegnerà nei negoziati "senza senso" con Hamas, poco dopo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato a stragrande maggioranza un piano di cessare il fuoco sostenuto dagli Stati Uniti destinati a porre fine alla guerra di otto mesi.

L'alto diplomatico (israeliano) (Reut Shapir Ben-Naftaly) ha detto che la guerra non finirà fino a quando tutti gli ostaggi non saranno restituiti e le capacità di Hamas non saranno "smantellate", accusando il gruppo militante palestinese di usare "negoziati" senza fine... come mezzo per prendere tempo".

I suoi commenti sono arrivati dopo che 14 dei 15 membri del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno votato a favore della risoluzione redatta dagli Stati Uniti lunedì, con la sola Russia che si è astenuta – la prima volta che il consiglio ha approvato un racconto piano per porre fine alla guerra...

Il segretario di Stato americano “Antony Blinken”, che è in viaggio diplomatico in Medio Oriente, ha dichiarato martedì che in un incontro con il primo ministro “Benjamin Netanyahu” il leader israeliano "ha riaffermato il suo impegno" per l'attuale proposta di garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, che è ancora in attesa di una risposta da parte di Hamas.

“Blinken” ha detto di aver ricevuto un'assicurazione esplicita da “Netanyahu” che continua a sostenere l'accordo e lo accetterà se Hamas accetterà ciò che è sul tavolo. …

Ma una dichiarazione israeliana di martedì ha indicato che era pronta a firmare formalmente l'attuale piano di cessare il fuoco per Gaza, mantenendo allo stesso tempo la libertà di continuare a combattere.

Israele promette di andare avanti a Gaza dopo che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la proposta di cessare il fuoco, “CNN”.

 

Riuscite a vedere quanto sia ridicolo e orwelliano?

Israele accetterà un cessate il fuoco finché avrà "la libertà di continuare a combattere".

Eh?

Nel caso ve lo stiate chiedendo, la definizione di "cessate il fuoco" e "una sospensione dei combattimenti".

Pertanto, dobbiamo presumere che se i combattimenti continuano, non c'è cessate il fuoco.

A proposito, Hamas ha già accettato i termini del cessate il fuoco, il che è un altro colpo al folle piano di “Blinken” per cercare di far apparire Israele come il pacificatore.

Ecco di più dalla” CNN”:

Hamas ha accolto con favore l'adozione della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, affermando in una dichiarazione di essere pronta ad impegnarsi con i mediatori per attuare misure come il ritiro delle forze israeliane a Gaza, lo scambio di prigionieri, il ritorno dei residenti alle loro case e il "rifiuto di qualsiasi cambiamento demografico o riduzione nell'area della Striscia di Gaza". ...

L'inviato palestinese alle Nazioni Unite, “Riyad Mansour,” ha detto che l'Autorità palestinese – che governa la Cisgiordania occupata da Israele – ha accolto l'accordo come un "passo nella giusta direzione". …

"Vogliamo un cessate il fuoco", ma "l'onere di attuare questa risoluzione è a carico di Israele".

"La prova è nel budino.

 Vedremo chi sono quelli che sono interessati a vedere questa risoluzione diventare realtà e quelli che la stanno ostacolando e vogliono continuare la guerra di genocidio contro il nostro popolo", ha aggiunto.”CNN”

(twitter.com/Alonso_GD/status/1800267019561881938)

 

Vale la pena notare che solo pochi giorni fa, i diplomatici israeliani hanno incontrato l'inviata degli Stati Uniti “Linda Thomas-Greenfield” per esprimere la loro opposizione alla risoluzione del cessate il fuoco di “Biden”.

 Gli israeliani si sono persino opposti al fatto che venisse chiamato "cessate il fuoco".

 Preferivano l'espressione dal suono meno permanente, "cessazione delle ostilità".

Israele si è anche opposto alla "richiesta della bozza aggiornata a entrambe le parti di attuare pienamente l'ultima proposta di accordo sugli ostaggi. La versione precedente chiedeva solo ad Hamas di accettare la proposta". (Tempi di Israele)

 

Israele si è anche opposto a una clausola della risoluzione che "respinge qualsiasi tentativo di cambiamento demografico o territoriale nella Striscia di Gaza". (il che suggerisce che la popolazione nativa potrebbe affrontare la pulizia etnica).

 L'inviato israeliano ha anche voluto omettere qualsiasi menzione del "fermo impegno dell'America a realizzare la visione di una soluzione negoziata a due stati... coerente con il diritto internazionale e le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, ea questo proposito sottolinea l'importanza di unificare la Striscia di Gaza con la Cisgiordania sotto l'Autorità palestinese".

Secondo il” Times of Israel”:

Il quadro dei due Stati è respinto dal governo del primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha anche lavorato per indebolire l'Autorità Palestinese, paragonando l'organo di governo ad Hamas.

Quindi, se Israele aveva espresso la sua opposizione a un cessate il fuoco con tanta forza solo pochi giorni prima, allora perché i membri del Consiglio di Sicurezza hanno creduto che loro (Israele) avrebbero improvvisamente cambiato idea?

Non ha senso.

L'unico paese che non è stato ingannato dalla bufala del cessate il fuoco è stata la Russia, che si è astenuto dal voto su una risoluzione proposta dagli Stati Uniti.

Spiegando il motivo per cui la Russia ha scelto di astenersi, il rappresentante permanente “Vassily Nebenzia” ha dichiarato quanto segue:

Abbiamo una serie di domande sul progetto di risoluzione americano, in cui il Consiglio accoglie con favore un certo "accordo" i cui contorni finali sono ancora sconosciuti a chiunque, tranne che agli stessi mediatori.

Le informazioni che circolano nelle fonti aperte sono piuttosto contraddittorie.

 I promotori non hanno informato il Consiglio di Sicurezza dei dettagli degli accordi.

In sostanza, ci viene offerto di comprare "un maiale in un colpo".

Non c'è stato alcun processo negoziale in quanto racconto sul progetto di risoluzione.

Gli sponsor hanno offerto variazioni del testo finale, chiedendo in effetti che i membri del Consiglio di Sicurezza le sottoscrivono sotto la pressione del tempo.

Hamas è stata chiamata ad accettare il cosiddetto "accordo".

Ma non c'è ancora chiarezza sul fatto che Israele abbia formalmente accettato, come previsto dalla risoluzione, l'"accordo" proposto dal presidente “Biden”, date le numerose dichiarazioni di Israele sulla continuazione della guerra fino a quando Hamas non sarà completamente sconfitto.

Che cosa ha accettato esattamente Israele?

Forse oggi sentiremo la risposta a questa domanda dal rappresentante israeliano?

Siamo convinti che il “Consiglio di sicurezza” non debba sottoscrivere accordi con parametri vaghi, senza garanzie della loro attuazione sul campo, e anche senza una chiara comprensione di come le parti li sentono.

In sostanza, il Consiglio dà carta bianca e approva un piano di cui non conosce i dettagli.

 I parametri elencati nei tre paragrafi non sono i dettagli.

Dall'inizio dell'escalation a Gaza, il Consiglio ha già adottato tre risoluzioni la cui attuazione rimane solo sulla carta.

Questo potrebbe diventare il quarto.

Dichiarazione di voto del Rappresentante Permanente Vassily Nebenzia dopo il voto del Consiglio di Sicurezza dell'ONU su una bozza di risoluzione proposta dagli Stati Uniti su Gaza.

 

In breve, l'inviato russo all'ONU ha visto l'assurda truffa di “Blinken” e si è rifiutato di stare al gioco.

 Ora possiamo vedere che ha fatto la cosa giusta.

Ora possiamo vedere che l'amministrazione stava cercando di truccare il voto del Consiglio di Sicurezza suggerendo che Israele sosteneva misure che Israele non sosteneva.

Questo può aver contribuito a far passare la risoluzione, ma non è servito a fare pressione su Netanyahu o a costringerlo a porre fine alle ostilità a Gaza.

 Invece, l'intera faccenda è rimbalzata sull'amministrazione e ha fatto sembrare che si impegneranno in ogni sorta di furbizia controproducente per ottenere ciò che vogliono.

E che cosa vuole l'amministrazione?

Ebbene, a quanto pare, vogliono un cessate il fuoco.

 Apparentemente, l'isolamento sempre più profondo e il danno reputazionale sono diventati così gravi che le élite occidentali sono pronte a gettare la spugna.

 Come ha detto il presidente Biden, "è ora che questa guerra finisca".

Ma se l'amministrazione Biden è seriamente intenzionata a un cessate il fuoco, allora dovrebbe avere il coraggio di alzarsi in piedi e dirlo, invece di manipolare i risultati al Consiglio di sicurezza.

Devono sospendere le spedizioni di armi e tagliare immediatamente i finanziamenti.

Questa è l'unica lingua che Netanyahu e i suoi quadri capiscono.

 

 

 

L'estate del vivere pericolosamente.

  Unz.com - PEPE ESCOBAR- (12 GIUGNO 2024) – ci dice:

 

La plutocrazia crede di poter comprare tutto per una miseria, mentre le mosche continuano a deporre le uova nelle carcasse europee.

Così “Le Petit Roi “a Parigi è stato prevedibilmente schiacciato nei sondaggi europei.

Ha indetto elezioni parlamentari anticipate, sciogliendo l'”Assemblée Nationale” in un atto di cieca e puerile vendetta contro i cittadini francesi, attaccando di fatto la democrazia istituzionale francese.

Questo non significa molto comunque, perché i lineamenti di "libertà, uguaglianza, fraternità" sono stati a lungo usurpati da una grossolana oligarchia.

Il secondo turno di queste nuove elezioni francesi si terrà il 7 luglio, quasi in coincidenza con le elezioni anticipate britanniche dell'11 luglio, e solo pochi giorni prima della catastrofe urbana che saranno le Olimpiadi di Parigi.

I salotti parigini sono in fiamme con intrighi sul motivo per cui il” piccolo fantoccio Rothschild” con un complesso di Napoleone sta gettando tutti i suoi giocattoli fuori dalla carrozzina ora perché non sta ottenendo ciò che vuole.

Dopotutto, ciò che desideri davvero è diventare un "Presidente di Guerra" – insieme al “Cadavere “alla Casa Bianca, a “Starmer” nel Regno Unito, a “Rutte” nei Paesi Bassi, alla “Tossica Medusa von der Lugen” a Bruxelles, a “Tusk” in Polonia, senza dover rendere conto al popolo francese.

È quasi certo che “Le Petit Roi” si troverà di fronte alla reale prospettiva di diventare un presidente zoppo che deve obbedire a un parlamento di destra.

 Al circo si erano già aggiunte le chiacchiere dell'Eliseo, che davano l'impressione che potesse dimettersi (poi smentita).

 Tuttavia, se Le Petit Roi scappa in guerra contro la Russia, nessun cittadino francese lo seguirà, tanto meno il – pietoso – esercito francese.

Tuttavia, sono in gioco cose più grandi.

Dopo i messaggi – di buon auspicio – rivoluzionari rivolti alla maggioranza globale dal forum di San Pietroburgo la scorsa settimana, ancorati all'apertura e all'inclusione, la” riunione dei ministri degli Esteri BRICS 10” a “Nizhny Novgorod “ha portato il testimone all'inizio di questa settimana.

Il ministro degli Esteri “Lavrov” ha sottolineato tre punti chiave:

"I paesi del Sud del mondo non vogliono più dipendere dai doppi standard dell'Occidente e dai suoi capricci".

"Tutti sanno che i paesi BRICS fungono già da locomotiva dell'economia mondiale".

"Noi [all'incontro dei FM BRICS] abbiamo sottolineato la necessità di sforzi coerenti per creare un nuovo ordine mondiale, in cui l'uguaglianza degli stati indipendenti sarà la chiave".

Ora confrontiamolo con il sempre più ristretto incontro del G7 che si terrà questa settimana in Puglia, nel sud Italia: la solita vecchia canzone, da un "nuovo avvertimento duro" alle banche cinesi ("Non fate affari con la Russia o altro!") a minacce rumorose contro il partenariato strategico Cina-Russia.

E, ultimo ma non meno importante, un ulteriore complotto per urlare l'interesse dei massicci beni russi congelati/rubati con l'intento di inviarli al paese 404;

 la stessa “Medusa tossica” ha annunciato che il “paese 404” riceverà 1,5 miliardi di euro dei proventi dei beni russi rubati all'UE a luglio, il 90% dei quali per l'acquisto di armi.

Per quanto riguarda il vice segretario di Stato americano” Kurt Campbell “– l'uomo che ha inventato il defunto "pivot to Asia" durante il mandato di Hillary Clinton nei primi anni 2010 – aveva già anticipato che Washington avrebbe sanzionato le aziende e le banche cinesi per le relazioni di Pechino con il complesso militare-industriale russo.

 

False flag e simmetria perfetta.

Secondo diversi parametri, l'Europa sta per implodere/esplodere non con un fondo, ma con un piagnisteo agonizzante in qualsiasi momento nei prossimi mesi.

 È fondamentale ricordare che le elezioni anticipate in Francia e Gran Bretagna coincideranno anche con il vertice della NATO dell'11 luglio, dove il bellicismo alimentato dalla russofobia raggiungerà il parossismo.

Tra i possibili scenari, ci si dovrebbe aspettare una sorta di falsa bandiera da attribuire direttamente alla Russia.

Potrebbe essere un momento alla “Franz Ferdinand”; un momento del Golfo del Tonchino; o anche una USS Maine prima del momento della guerra americano-spagnola.

Resta il fatto che l'unico modo in cui questi "leader" della “NATOstan” e il loro umile agente dell'MI6 con una maglietta verde sudata a Kiev sopravviveranno è fabbricare un casus belli.

Se ciò accade, si può anticipare una data: tra la seconda settimana di luglio e la fine di agosto; e certamente non oltre la seconda settimana di settembre.

Ottobre sarà troppo tardi: troppo vicino alle elezioni americane.

Quindi preparati per l'estate di vivere pericolosamente.

Nel frattempo, l'Orso non è esattamente in letargo.

 Il presidente Putin, prima e durante il forum di San Pietroburgo, ha spiegato quanto sarà "simmetrica" la risposta di Mosca agli attacchi di Kiev con missili “NATOstan” – già in corso.

Tre sono i membri della “NATOstan” che forniscono missili con una gittata di 350 km e oltre: Stati Uniti, Regno Unito e Francia.

Quindi una risposta "simmetrica" implicherebbe che la Russia fornisse alle nazioni del Sud del mondo armi avanzate – in grado di causare gravi danni ai nodi dell'Impero delle Basi.

Ed ecco i principali candidati a ricevere queste armi – come ampiamente dibattuto non solo sui canali televisivi russi, ma anche nei corridoi del forum di San Pietroburgo.

Asia occidentale: Iran (che già li possiede); Siria (ne ha un disperato bisogno); Yemen; Iraq (sarebbe molto utile a Hashd al-Shaabi) e Libia.

 

Asia centrale, nordorientale, sudorientale: Afghanistan, Myanmar (questi due erano presenti a San Pietroburgo) e Corea del Nord.

America Latina: Cuba, Venezuela e Nicaragua (basta guardare l'attuale incursione russa nei Caraibi).

Africa: Repubblica Centrafricana, Congo, Etiopia, Somalia, Sudan meridionale e Zimbabwe (basta guardare il recente tour africano di Lavrov).

Signor Zircone, saluta.

E questo ci porta alla divertente questione di una forza navale russa in giro per i Caraibi, guidata dalla fregata armata di missili ipersonici Admiral Gorshkov e dal sottomarino nucleare di Kazan.

L'indispensabile Andrei Martyanov ha notato come il Gorshkov" trasporta 32 Onyx, Zircon, Kalibrs e Otvet.

Questi sono i missili da crociera più avanzati e letali della storia, con un serio pedigree di combattimento.

Kazan, che è un SSGN di classe Yasen, trasporta anche 32 VLS e, inoltre, ha 10 tubi lanciasiluri che possono sparare non solo siluri.

 

Ebbene, questa forza navale ovviamente non è lì per lanciare la Terza Guerra Mondiale.

 Martyanov spiega che "mentre entrambi possono colpire tutta la costa orientale degli Stati Uniti e del Canada, non sono lì per questo motivo.

Dio non voglia che se si tratta di una vera e propria Terza Guerra Mondiale, ci sono un sacco di Bulava, Avangard , Sarmat e Yarses per affrontare questa orribile faccenda No, sia Gorshkov che Kazan sono lì per dimostrare che possono raggiungere qualsiasi nave da combattimento o nave da trasporto marittimo strategico che trasporta qualsiasi set di combattimento militare dal Nord America all'Europa nel caso in cui qualche pazzo decide di cercare di sopravvivere a una guerra convenzionale con la Russia nel 404.

Ciò che è ancora più intrigante è che dopo aver trascorso del tempo a l'Avana, la forza navale sarà nei Caraibi per una serie di esercitazioni e sarà affiancata da altre navi della Marina russa.

Rimarranno in queste acque fino alla fine di “The Summer of Living Dangerousl”y. Nel caso in cui qualche pazzo abbia idee fantasiose.

 

Nel frattempo, la possibile escalation verso la guerra calda in Europa procede senza sosta, con la NATO attraverso la sua epilettica lastra di legno norvegese che cambia radicalmente le regole stabilite delle guerre per procura con uno sfogo senza senso dopo l'altro.

Le Forze Armate dell'Ucraina (AFU) sono già in grado, attraverso la NATO, di distruggere risorse russe sia militari che civili: depositi di petrolio, aeroporti, impianti energetici, nodi ferroviari e persino concentrazioni di truppe.

Tutti e il loro vicino aspetteranno le risposte "simmetriche".

A tutti gli effetti pratici, la decisione cruciale è stata presa dalla raffinata plutocrazia che realmente gestisce lo spettacolo:

costringere l'Europa alla guerra contro la Russia.

Questa è la logica alla base di tutta la retorica kabuki su uno "Schengen militare" e una nuova cortina di ferro dall'Artico attraverso i chihuahua baltici fino alla rabbiosa Polonia.

La plutocrazia crede addirittura che poi si potrà comprare tutto per una miseria mentre le mosche continuano a deporre le uova nelle carcasse europee radioattive.

 

 

 

Knds “stacca la spina” all'Italia

 per i tank Leopard 2A8 IT:

 cosa può succedere ora

  Msn.com - Il Giornale - Paolo Mauri – (12-6-2024) – ci dice:

 

“Knds”, il consorzio che riunisce la francese “Nexter” e la tedesca “Krauss-Maffei Wegmann” (Kmw) per la costruzione di “Mbt “(Main Battle Tank), veicoli corazzati e sistemi di artiglieria, ha stracciato l'accordo di collaborazione con Leonardo per la fornitura all'Esercito italiano dei carri armati “Leopard 2A8”.

Dal Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa 2023-2025 è stata stanziata una spesa di 8,2 miliardi di euro per l’acquisto di 271 Leopard 2A8, di cui 133 da combattimento e 138 da supporto, (e un ulteriore miliardo per la modernizzazione di 125 carri armati Ariete C1).

Il 21 febbraio scorso la commissione Difesa della Camera aveva dato il via libera all’acquisto dei carri armati secondo il programma di acquisizione prestabilito della durata complessiva di 14 anni fino al 2037.

La rottura tra Leonardo e Knds.

Leonardo a dicembre dello scorso anno aveva avviato una trattativa con Knds per poter partecipare attivamente alla costruzione dei Leopard 2A8, per i quali appunto si parlava della designazione non ufficiale di 2A8 IT per via dell'installazione di sensoristica nazionale, di una torretta fabbricata in Italia e del possibile assemblaggio finale a La Spezia, ma ora il consorzio franco-tedesco ha chiuso la porta al colosso dell'industria della Difesa italiano.

 

Le prime voci, che riferivano di uno stallo nelle trattative, erano già circolate lunedì mentre martedì è arrivato l'annuncio di Knds successivamente confermato da Leonardo in un comunicato stampa in cui si legge che

“con riferimento al comunicato stampa emesso il 13 dicembre 2023, Leonardo annuncia, nonostante gli sforzi intrapresi, l'interruzione delle trattative con Knds per definire una configurazione comune per il programma Main Battle Tank dell'Esercito Italiano e per sviluppare una più ampia cooperazione”.

 

In ballo, infatti, c'è anche il progetto A2CS (già Aics) per una piattaforma multiruolo corazzata per l'Esercito italiano che attualmente, per i numeri in gioco, è il più grande programma europeo di sviluppo di mezzi corazzati.

Knds e Leonardo quindi non hanno trovato l’accordo sull'italianizzazione dell'Mbt, che era prevista dal decreto del Parlamento italiano che approvava il programma di acquisizione, e Knds nel suo comunicato ha tenuto a sottolineare di aver posto termine alla trattativa per “salvaguardare la configurazione” del Leopard 2.

 

Knds si accorda con la Norvegia.

Stupisce però che, quasi nelle stesse ore in cui Knds troncava le relazioni con Leonardo per l'italianizzazione del Leopard 2A8, la stessa comunicava di aver trovato l'accordo per l'apertura in Norvegia di una linea produttiva per gli stessi Mbt che, guarda caso, monteranno tecnologia locale al punto da essere definiti Leopard 2A8 NOR.

 Apprendiamo, infatti, che il programma norvegese prevede l’acquisto di 54 carri armati con un’opzione per altri 18 esemplari che presenteranno caratteristiche aggiuntive rispetto alla versione tedesca degli A8, come ad esempio il sistema integrato Ics/Cortex della società norvegese Kongsberg, che permette di riconfigurare il trasferimento dei dati nell’Mbt e la comunicazione con altri sistemi di combattimento.

Il governo norvegese ha poi ottenuto di assemblare parte dei 54 Leopard 2A8 direttamente in Norvegia e sarà Ritek, un'azienda che già gestisce diversi programmi per l'esercito norvegese, a farlo.

 A quanto pare la linea produttiva norvegese non si limiterà all’assemblaggio di 37 esemplari ma aspira a divenire un hub di riferimento per il supporto tecnico e logistico dei carri armati Leopard 2A8 che saranno acquistati anche da parte di altri Paesi.

Le motivazioni della rottura tra Knds e Leonardo non sono note ma si vocifera che Knds volesse concedere alla parte italiana al massimo la fornitura di alcune componenti e, secondo alcune fonti, avrebbe chiesto un accordo preliminare tra Leonardo e Iveco (la cui acquisizione da parte del colosso nazionale sono ancora in fase valutativa).

KF-51 o Ariete modernizzati?

Resta ora da capire se questa porta chiusa sul Leopard 2A8 porterà anche alla marginalizzazione dell'Italia nel programma per il carro armato del futuro, l'Mgcs (Main Ground Combat System), per il quale il nostro Paese ha mostrato vivo interesse al punto da averlo direttamente citato nei programmi da finanziare nel Dpp Difesa dello scorso anno.

L'urgenza, invece, è capire quale Mbt acquistare per l'Esercito da qui al 2040/2045, periodo in cui si prevede cominci ad essere prodotto in serie l'Mgcs.

Knds ha fatto velatamente sapere che è disposta a vendere i Leopard 2A8 “off the shelf”, ovvero senza aggiunte di prodotti nazionali, ma questo, oltre a non essere tradizionalmente nelle corde italiche, sarebbe un duro colpo per l'industria nazionale che non avrebbe nessun tipo di ritorno.

Una soluzione potrebbe arrivare da “Rheinmetall”, che col suo KF-51 “Panther” ha sviluppato un Mbt di tipo avanzato (per il quale l'Ungheria ha già dimostrato interesse siglando un contratto di sviluppo a dicembre del 2023) che potrebbe traghettare il nostro Paese verso l'Mgcs, se ovviamente riusciremo a trovare spazio da attori protagonisti e non da comparse.

A tal proposito riteniamo che questa strada sia quella più realistica in quanto i rapporti tra” Rheinmetall” e “Leonardo” appaiono più cordiali, inoltre si tratterebbe di un carro costruito in Europa che allontanerebbe l'incubo di una filiera logistica estremamente lunga qualora il nostro Paese dovesse guardare all'Estremo Oriente col carro sudcoreano K2 “Black Panther”.

Esiste però un'altra soluzione, forse meno all'avanguardia e che porta con sé dei rischi nel medio/lungo termine, ovvero quello di procedere a una radicale modernizzazione degli Ariete C1 arrivando a uno standard C3 per quei carri di cui non è previsto l'adeguamento allo standard C2.

Questo però significa da un lato non avere subito dei carri armati moderni, da un altro investire risorse (sempre troppo scarse per la Difesa) in un mezzo “ad interim” invece di impiegarle per altri programmi molto più innovativi.

 

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